Ehi, Mona Lisa, che ne dici di smetterla con quello stupido sorriso?

di Pwhore
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


She paints her fingers with a close precision, he starts to notice empty bottles of gin.
"Allora, che facciamo oggi?" domandò di botto la ragazza, soffiandosi dolcemente sulle unghie.
"Non lo so," ammise l'altro, aspirando dalla sigaretta quasi finita.
"Non hai trovato lavoro?" chiese, alzando gli occhi dalla mano.
 Lo guardò con un'aria indecifrabile, ma non sembrava troppo interessata.

"Non ancora," rispose lui, storcendo la bocca. La ragazza annuì, pensierosa.
"Senti, e se ti dicessi che un lavoro l'ho trovato io?" domandò tutto ad un tratto.
L'uomo sgranò gli occhi per qualche secondo, poi serrò lievemente la mascella, come se fosse geloso.
"Che lavoro, Lisa?" disse, fingendo interesse e posando il giornale sul grembo.
"Uno come tanti altri, niente d'importante. Però pagano bene," commentò lei.
Il ragazzo rimuginò per un po', poi cinse le mani e ritornò a guardarla.
"E... quand'è che cominci?" chiese ancora.
"Domani mattina," sorrise debolmente Lisa, annuendo.
"Non sei contento? Finalmente avremo di che vivere," commentò, felice.
Brendon sapeva che la fidanzata non lo faceva apposta, ma lo stava facendo sentire perfettamente inutile.
"Oh. Sì, beh, meraviglioso, -biascicò, dopo lo stupore iniziale.- Stento addirittura a crederci"
"Sapevo che ne saresti stato contento anche tu," mormorò la ragazza, allegra.
Subito dopo sorrise, si alzò, gli diede un bacio sulla fronte e scomparì dal salotto, lasciandolo sulla poltrona a scrutare fuori dalla finestra. Certo che la ventenne ci aveva messo davvero poco a trovare un lavoro, mentre lui arrancava da mesi dietro a ogni possibile lavoretto da quattro soldi. Si sentiva inutile e stupido, ma soprattutto si sentiva umiliato. Decise comunque di lasciar perdere la faccenda ed essere felice per la sua ragazza, visto che ora avrebbero potuto entrambi permettersi una vita un po' più comoda ed agiata, dato che non vivevano per niente nella lussuria. Lisa aveva le spese di un matrimonio saltato alle spalle e lui poteva contare solo su una piccola eredità di un vecchio zio, quindi facevano fatica ad arrivare a fine mese e un altro po' di soldi non li avrebbe di certo schifati, qualunque fosse la loro provenienza. Così si alzò dalla poltrona, posò il giornale sul tavolo ed uscì, alla ricerca di qualche annuncio.

Brendon's POV:
Questa sera sono rientrato prima del solito. Le luci erano offuscate e per casa aleggiava una musica triste e malinconica, ma di Lisa non c'era assolutamente traccia. Se non fosse stato per quella dannata musica mi sarei comportato normalmente e avrei pensato che fosse semplicemente uscita a comprare le sigarette, ma in quel frangennte mi sono terrorizzato a morte. Ho cercato ovunque sperando di trovare anche solo un biglietto in cui mi diceva che era fuori a far qualcosa, ma non c'era niente e stavo solo sparpagliando tutto per il pavimento. Quindi ho deciso di entrare  e concludere le ricerche in camera nostra, l'unica stanza che non avevo ancora 'scandagliato.'
Okay, direte voi, ma non potevi cercarci prima? Non è la cosa più normale e ovvia da fare?
Sì, risponderò, avete ragione. Avrei dovuto farlo da subito; ma sapete com'è, quando uno è in preda all'ansia non riesce mica a ragionare tanto bene e una cosa del genere non gli passa neanche per l'anticamera del cervello. Quindi ho varcato quella soglia solo dopo una ventina di minuti per trovare Lisa stesa sul letto, profondamente addormentata. Mi sono lasciato cadere al suo fianco, sollevato, e mi sono sentito un perfetto idiota; però ero decisamente felice di sapere che non le era successo niente, che era tutto normale e che ero solo un paranoico del cazzo.
Lisa comunque è una ragazza strana. Non so molto del suo passato, perché non le piace parlarne e quando provo a soffermarmi sulla sua infanzia o sulla sua adolescenza lei cambia argomento infastidita. So che ha un matrimonio malriuscito alle spalle, fallito proprio sull'altare, e so che tutti al suo paese pensano che sia una puttana; ma non so perché e neanche lo voglio sapere, per me rimarrà sempre la mia Lisa. Ha tante fissazioni, tante manie, tante ossessioni, e alcune sono strane persino per l'era in cui viviamo, ma non le posso dir niente perché in fondo sono parte di lei. Ci sono tante cose del suo carattere che non arrivo a comprendere, ma invece di allontanarmi e rendermi più schivo queste m'incuriosiscono e mi attraggono, facendomela amare ancora di più. Si potrebbe dire che mi piacciono le persone misteriose, e in effetti è così per qualche aspetto, però sono anche il classico ragazzo geloso, e a volte vorrei tanto sapere che cavolo di lavoro fa Lisa, giusto per levarmi questo tarlo fastidioso dalla testa. Ho come l'impressione che non voglia farmelo sapere, per un motivo o per l'altro, e la cosa m'infastidisce abbastanza, calcolando che comunque lei sa tutto di me e che non le ho mai nascosto niente. Tra l'altro, qualche giorno fa ho notato delle bottiglie vuote di liquore nel cestino, e sono sicuro di non avercele messe io. Lisa continua a ripetermi che le servono per cucinare, per dare più sapore al cibo, ma non mi sembra che i suoi piatti abbiano un qualcosa di più rispetto a prima, quindi mi è difficile crederlo. Comunque i vicini mi hanno detto che non si è mai avvicinato nessun uomo a casa a parte me, quindi posso evitare di farmi ulteriori paranoie e mettermi l'anima in pace. Per quelle bottiglie ci sarà sicuramente una spiegazione, non dubito per niente di lei. Spero solo di capire presto che c'è dietro.


Sono passati quasi due mesi da quando Lisa ha trovato quel dannato lavoro, ormai. Ora anch'io sono pieno di cose da fare e non riesco quasi mai a incrociarla per più di una manciata di minuti, e la cosa mi sta distruggendo dentro. Vorrei riuscire a trovare il tempo necessario per portarla a cena, parlarle, andare a fare shopping, o anche solo per poter passare un pomeriggio al lavoro con lei, come fanno i miei colleghi. Ogni tanto si assentano e il giorno dopo ricompaiono raccontandomi di quanto si siano divertiti con le fidanzate, di quanto siano intelligenti, simpatiche o sempre allegre, di come guadagnino bene o del nuovo capo che si è preso una sbandata per loro e che cerca sempre di invitarle a cena, senza però ottenere risultati. Vorrei poter fare lo stesso e sparire per un giorno, per poi tornare pieno di racconti e con un sorriso radioso stampato sulle labbra, proprio come loro; ma a Lisa l'idea non è piaciuta, ha detto che era una stupidaggine e che il suo lavoro non era niente di speciale, e che quindi sarebbe stato inutile venire a trovarla. Non avevo più insistito e lei mi aveva lasciato solo in cucina, con davanti un piatto di pollo riscaldato, per andare in camera a truccarsi e vestirsi. Ogni giorno aveva un vestito diverso, con colori sgargianti e appariscenti, e mi chiedevo da dove li tirasse fuori, o anche solo perché non mi chiedeva mai di accompagnarla a comprare le sue cose. Le ragazze lo fanno, no, assillare i fidanzati per farsi portare al centro commerciale e provarsi tutti i vestiti immaginabili davanti a loro finché a quelli cadono le braccia. Lisa non l'ha mai fatto e non sembra aver l'intenzione di volerlo mai fare, e la cosa mi lascia un po' stupito, se devo essere sincero. Certe volte mi sento io la donna nella nostra relazione; sono io che vorrei andare fuori con lei, baciarla sotto la pioggia, addormentarmi stringendola tra le mie braccia per poi svegliarla con un bacio al momento di alzarsi, per fare tutte le romanticherie possibili e immaginabili, insomma; però lei mi sembra fredda e distaccata nei confronti delle mie smancerie, quasi dovesse nascondere qualcosa. Nel frattempo le bottiglie vuote sono aumentate e ho notato che ha cominciato a fumare, ma si rifiuta di parlarne o comunque di accettare dei consigli. Non mi racconta più niente e la sento sempre più lontana, dietro il suo sorriso perenne. Dio, Lisa, che cosa ti sta succedendo?

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


A lonely speaker in a conversation, her words are swimming through his ears again.
There's nothing wrong with just a taste of what you paid for.
Ho come l'impressione che la situazione stia lentamente degenerando.
Lisa mi sembra sempre più lontana man mano che i giorni passano, e i suoi colori vivaci mi sembrano solo una scusa per nascondere quello che la tormenta. Non c'è quasi più dialogo tra noi, nonostante io mi sforzi di farle tanti regali e soddisfare ogni suo desiderio, solo che non riesco a capire se lei noti i miei tentativi di esserle amico o si limiti semplicemente ad ignorarli. Ad ogni modo stasera le parlerò e cercherò di chiarire la questione, non riesco più a sopportare questo dolore e questo sentimento di inadeguatezza che mi attanagliano lo stomaco da mesi, ormai, e voglio venire a capo della questione. In fondo, prima o poi dovrà rendersi conto che farei qualsiasi cosa per lei, no? E spero davvero che quel momento sia stasera.

Narrator's POV:
Erano le otto di sera circa, e Lisa era seduta davanti a un grande specchio a truccarsi, come ogni altro giorno della settimana. La testa di Brendon fece timidamente capolino dalla porta, poi il ragazzo entrò e socchiuse silenziosamente la porta alle sue spalle. Lisa gli lanciò uno sguardo annoiato dallo specchio e continuò a stendersi il rossetto sulle labbra, mentre lui si mordeva il labbro, si sedeva sul letto e congiungeva le mani con fare preoccupato.
"C'è qualcosa che ti turba, Bren?" domandò, posando il rossetto sul piano davanti a lei.
"In realtà sì," mormorò il ragazzo, prendendo coraggio con un respiro profondo.
"Mi piacerebbe sapere se va tutto bene," disse.
Lo sguardo della fidanzata vacillò per un istante, mentre chiudeva le dita attorno al mascara.
"Non capisco a che ti riferisci," rispose meccanicamente, sputando le parole il più velocemente possibile.
Brendon tacque per qualche secondo, alla ricerca della frase giusta, poi riprese a parlare.
"Credi che non me ne sia accorto? C'è qualcosa che ti opprime, Lisa, qualcosa d'importante che ti ruba il sorriso dalle labbra. Potrai dipingerle e bagnarle con quanto alcol vuoi, ma se non parli non potrai mai essere felice."
La ragazza digrignò i denti e irrigidì i muscoli della mano, poi li rilassò a forza.
"Non c'è niente che non vada e non c'è niente di cui debba parlare," sentenziò, cruda. "E' tutto?"
"Lisa, lo so che quelle bottiglie sono tue," ribatté il moro, cercando di sembrare sicuro di sè.
"Ti ripeto che non sono un'alcolizzata, Bren"
"E io ti ripeto che se c'è qualcosa che non va, dovresti sentirti libera di dirmelo"
"Non c'è niente che non va, Brendon. Niente".
La ragazza continuò a incurvarsi le ciglia, assorta, e non si sentì neanche addosso lo sguardo preoccupato del fidanzato, che la squadrava ripetutamente da capo a piedi alla ricerca di un qualsiasi particolare che potesse tradirla. Rimase immobile a guardarla finché lei non ebbe finito, si alzò e s'infilò la borsa sotto il braccio. Rimase ferma qualche minuto a guardarsi allo specchio e scompigliarsi i capelli, per darsi un'aria più naturale, poi si lisciò il vestito, agguantò una giacca ed uscì dalla stanza. Brendon rimase seduto, immobile, respirando a fondo e chiedendosi dove sbagliava, finché uno sbattere di porta e un "Non aspettarmi sveglio!" non gli fecero capire che anche quel giorno era da considerarsi buttato. Si alzò mogiamente dal letto e si trascinò in bagno, quindi si guardò in faccia e sospirò nuovamente. Non sarebbe mai riuscito a cavare un ragno dal buco, lo sapeva benissimo; però non riusciva a smettere di sperare che uno di quei giorni la ragazza si sarebbe decisa ad aprirsi con lui e a spiegargli cosa c'era che la faceva star male. Ma per quel momento, lui poteva solo soffrire.


Mona Lisa's POV:
Oh, al diavolo, lui e le sue domande! ''Mi piacerebbe sapere se va tutto bene,'' oh, andiamo, come se fossi felice di fare questa vita! Come se l'avessi scelto io, come se avessi avuto qualche altra possibilità, oltre a questa. "Qual è il tuo lavoro, Lisa, qual è il tuo lavoro?" Dimmi, Brendon, vuoi davvero saperlo? Vuoi davvero sapere i sacrifici che faccio per portare un po' di soldi in più a casa? Vuoi davvero sapere cosa sono costretta a fare, pur di permetterti di lavorare e sentirti parte integrante di questa società del cavolo? Credi davvero che dopo tutti questi mesi un posto di lavoro si sia liberato così, per magia, per pura fortuna? Andiamo, sei grande abbastanza da capire che le cose non funzionano così a questo mondo. Se non ci fossi stata io, se non mi fossi sacrificata per te, a quest'ora saresti ancora un disoccupato senza speranze, e col cavolo che ci saremmo potuti permettere una casa del genere. La verità è che sono molto più importante di quanto pensi, tesoro, e che se non ci fossi io, saremmo ancora in alto mare ad annegare sotto le montagne di debiti che abbiamo accumulato.
Sbattendo la porta alle spalle mi sono sentita meno oppressa, ma il groppo alla gola è rimasto e non credo se ne andrà molto presto. Per carità, ha ragione lui; dovrei parlargli, metterlo al corrente di quello che faccio, ma ci rimarrebbe troppo male e non si perdonerebbe mai per avermelo lasciato fare così a lungo, quindi non posso proprio. Lo faccio per lui, non solo per me; anche perché a questo punto di me m'importa molto poco. D'altra parte, quando varchi una certa soglia non puoi più tornare indietro, no? E anche se ce la fai, anche se esci dal giro, in realtà sei sempre dentro; è un male che ti porti nel cuore, che ti segna a vita e che non riuscirai mai a dimenticare, per quanto tu possa impegnarti. Non ti scorderai mai la tua prima volta, la macchina che si ferma e la tua voce che dice 'No, no, no.' Ma prima o poi devi dire sì, e a quel punto smetti di pensare, perché fa troppo male e non riesci più ad accettare cosa sei diventata, quello che la realtà che ti circonda ti ha fatto, quello che tu stessa ti sei fatta. Non riesci ad accettare più niente, impazzisci e basta; e non pensare ti aiuta, soprattutto quando sei lì in piedi, sul marciapiede, e vedi la gente passare e ridere di te, o fermarsi per guardarti più da vicino. E più sei colorata, più sei in mostra, più sei unica, più gente attiri e più soldi riesci a fare. E quando torni a casa la sera e conti quei soldi, ti viene solo da piangere ripensando al modo in cui li hai ottenuti, così affoghi tutto nell'alcool, nel fumo o piangendo; finché a un certo punto ti finiscono persino le lacrime. A quel punto diventi insensibile, accetti la tua situazione e te ne fai una ragione; pensi che in fin dei conti non stai facendo niente di male, se non aiutare la tua famiglia, e ti concentri solo sui soldi, al benessere che puoi ricavarne e che possono dare agli altri. Cominci a vederti come un semplice strumento e ti senti più leggera, come se non fossi più tu a vivere quell'incubo ma qualcun altro, qualcuno che non conosci e che non conoscerai mai, ma di cui riesci a capire perfettamente lo stato d'animo quando i vostri sguardi s'incontrano; e a quel punto ti senti come svuotata e desideri solo chiudere gli occhi per sempre, per non dover più vedere un simile orrore. Io non sono ancora arrivata a quel punto, comunque, e le bottiglie di gin lo dimostrano perfettamente. Mi dispiace solo non essere stata abbastanza brava da nasconderlo a Bren; anche se in realtà sono stata solo troppo ingenua a non pensare che avrebbe potuto scoprire benissimo il loro nascondiglio senza neanche farlo apposta. Ma ormai il danno è fatto e non c'è modo di rimediarvi, se non lo stare fuori il più possibile e trovare un nuovo passatempo con cui soffocare i problemi; e, malgrado tutto, questo è esattamente quello che ho fatto.
Lui si chiama Ryan. Guarda caso, è il capo di Bren. E' grazie a me che il ragazzo ha ottenuto un lavoro, ma mi guardo bene dal dirglielo; la cosa lo ferirebbe troppo, e poi non riuscirebbe più a guardare il suo capo in faccia. Non tanto perché ha dormito con la sua donna, ma perché ha continuato a farlo e a prenderlo a pesci in faccia chiedendogli come stessi e come andasse la nostra vita domestica di tutti i giorni. Quella era una cosa che proprio non gli perdonavo, ma non c'era verso di farlo smettere - non senza essere costretta a raccontagli la mia storia e il perché sono sulla strada. E' una cosa che ha deciso lui, questa, e mi ha costretta a fare un patto prima di assumere Brendon: avrei dovuto raccontargli il mio passato, in un modo o nell'altro; ma non avevo e non ho tuttora intenzione di farlo. Quel coglione non sa niente di me e le cose devono rimanere così, per il bene di tutti e tre. E poi lui non significa niente per me, non vedo perché dovrei espormi così tanto quando non l'ho mai neanche fatto con il ragazzo che amo e per cui darei la vita. Con questa promessa pretende decisamente un po' troppo. Però finché mi permette di mantenermi senza chiedere aiuto a Brendon, ben venga il suo 'aiuto'; anche se, detto tra noi, a letto fa alquanto schifo. Spero di riuscire a insegnargli qualcosa prima di smettere, perché devo fare davvero tutto io quando sono con lui, e credo sia per questo che non ha una ragazza da tanto, tanto tempo. Il sesso è un fattore importante in una relazione, e lui non lo consiglierei neanche alla morta di cazzo più arrapata di questo mondo, seriamente. Mi spiace per lui. Comunque ora è arrivato a prendermi, quindi non mi resta che salire su quella sua stupida auto nera e pretendere di godere come non so cosa, quando in realtà l'unico a cui penso è Bren. Grandioso.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Say what you mean, tell me I'm right, and let the sun rain down on me.
Give me a sign, I wanna believe.

"Lisa, Lisa!" Brendon le corse incontro con il respiro pesante, mentre lei si lisciava la piega della gonna, davanti alla soglia di casa. Alzò gli occhi e lo guardò spaventata, si sistemò velocemente i capelli e controllò nel riflesso della finestra che il rossetto non fosse sbavato, poi respirò a fondo e sfoggiò il suo miglior sorriso mentre il ragazzo si avvicinava.
"Bren, ciao!" esclamò, rallentando i battiti cardiaci e posando la borsetta nera a terra, aprendo poi le braccia per abbracciarlo.
"Lisa," ansimò lui. "Lisa, cosa ci facevi col signor Ross?"
La ragazza sbiancò completamente in volto e deglutì, irrigidendo i muscoli.
"Con chi, scusa? Non, non capisco," mormorò, cercando di sembrare stupita.
"Lisa, diavolo, cosa ci facevi con lui? Perché eri lì? Cosa stavate facendo?" la assillò il moro, gli occhi sgranati e il sudore che gli correva lungo la tempia. Era visibilmente sconvolto, come se.. Lisa completò la frase da sola quando vide i suoi occhi appannati dalle lacrime sgranarsi sempre di più, fino a sembrare quelli di un gufo. Sembrava un bambino spaventato, uno di quelli che ha paura di perdere la propria mamma il primo giorno d'asilo e che non vuole più lasciarla andare per nessun motivo al mondo. La ragazza si sentì invadere da un senso di nausea e rimorso e fronteggiò lo sguardo del fidanzato solo per un altro paio di secondi, poi il suo corpo gracile cominciò a venir scosso dai singhiozzi e si piegò sotto i tremiti.
"Oh, Brendon; scusami, scusami tanto," mormorò, cercando di fermare le lacrime.
"Abbiamo bisogno di soldi e questo era il modo più semplice per ottenerli," disse con voce strozzata, cercando la sua comprensione con lo sguardo. Lui continuò a fissarla, piangendo silenziosamente e mordendosi il labbro, e aspettò che finisse di parlare. Malgrado tutto credeva ancora in lei, e voleva convincersi che fosse stato tutto un semplice, dannato errore.
"So che non dovevo farlo; credimi, lo so bene; ma non avevo altra scelta," singhiozzò. Cercava le parole giuste ma quelle si rifiutavano di uscire e si rintanavano sempre più a fondo nella sua gola, così non faceva altro che sputare giustificazioni sperando di trovare quella giusta, prima o poi. Si passò una mano sul volto e ci si coprì la bocca, tremante. Brendon rimase in silenzio, ferito, ma non la attaccò. Si limitò ad alzare nuovamente lo sguardo e guardarla fisso negli occhi.
"Lisa.. perché?" domandò in un sussurro forzato.
"I soldi.. i soldi non erano un problema, avrei potuto chiedere un prestito, non dovevi ridurti a questo," mormorò.
"Bren, sai benissimo che non ce lo avrebbero mai dato," ribatté lei in un filo di voce.
"Non importa, avrei trovato un modo," replicò il ragazzo, arcuando le sopracciglia e cercando di apparire sicuro. In realtà era più fragile di un castello di carta e riusciva a percepirlo perfino la sua fidanzata, che si sentiva ancora più in colpa.
"Non dovevi ridurti a questo," ripeté, il corpo magro tremante e spaventato.
"Avresti dovuto parlarmi, ti avrei aiutato," disse nuovamente, sporgendosi verso di lei.
La ventenne abbassò lo sguardo, insicura, e si cinse la vita con le braccia, cercando di fermare i tremiti che la scuotevano violentemente da cima a fondo.
"Lo avrei fatto davvero, credimi," affermò il moro annuendo leggermente e avvicinandosi di più.
"E sono pronto a farlo anche ora," concluse, tendendole la mano con un sorriso pieno di speranza e fiducia. Lisa si voltò a guardarlo, basita, e sui suoi occhi si lesse un puro stupore che venne poi sostituito nuovamente dalle lacrime.
"Oh Bren, non me lo merito proprio," singhiozzò, ritraendo la mano verso il petto, per poi portarla vicino alla bocca e coprirsela in un misto di timore e senso di colpa.
"Non dopo tutto quello che ho fatto," sussurrò, concentrandosi sulla crepa che squarciava il selciato davanti a lei. Brendon rimase in silenzio e ritrasse la mano, conservando il silenzio per quella che a lei sembrò un'eternità. La squadrò e chiuse le sue dita attorno al suo braccio pallido, poi la tirò a se e l'abbracciò, stringendola il più forte possibile contro il suo petto magro.
"Scusa se ti ho costretta a fare questo. Scusa se non sono stato il fidanzato perfetto, se ti ho fatta arrabbiare o se ti ho fatto dubitare dei miei sentimenti e di quanto ci tenga a te. Scusa se ho fatto tanti errori e ne farò tanti altri; scusa se sbaglio e se non mi rendo conto delle mie azioni; scusa se non riesco a farti felice e spero che dei regali possano migliorare la situazione; scusa se torno tardi la sera e non ho tempo per darti tutto l'appoggio di cui hai bisogno, e scusa se sono semplicemente un coglione. Scusa per tutto quanto, Lisa; non mi sono mai reso conto di quanto fosse grave la tua disperazione e se l'avessi fatto avrei cercato di supportarti un po' di più, poco ma sicuro. I soldi non sono importanti - non quanto la tua dignità, e mi dispiace essere arrivato così tardi. Però sappi che non è mai troppo tardi per rimediare," mormorò, liberandola dall'abbraccio.
"Tieni; avrei voluto dartelo in un'altra circostanza, ma credo che in questo frangente dimostri abbastanza quanto io sia deciso ad aiutarti fino in fondo e ad amarti fino alla fine," fece con un sorriso impacciato.
Si tolse dalla giacca una scatolina color panna e la porse alla ragazza, speranzoso. Lei indugiò un attimo e poi la prese, rigirandosela un po' tra le dita prima di guardare il fidanzato negli occhi e aprirla. Di nuovo gli occhi le si riempirono di lacrime e di nuovo dovette sforzarsi per non scoppiare in un pianto pietoso; poi si aggrappò al collo di Bren e lo bagnò con i suoi singhiozzi, mentre lui le accarezzava la schiena e si faceva forza per tutti e due.
"Ti chiedo solo una cosa.." sussurrò.
"Stasera dev'essere l'ultima," disse, prendendola lievemente per le spalle e respirando profondamente.
"Lo sarà," promise lei, annuendo più volte e torturandosi le labbra fine.
"Grazie, Bren," mormorò poi, stringendolo nuovamente.
"Andrà tutto bene, vedrai. Torneremo quelli di sempre, come se non fosse successo nulla," la tranquillizzò lui.
"Solo che non ti lascerò più soffrire come ora, mai e poi mai". Lisa sorrise e rimase immobile tra le braccia del ragazzo per qualche minuto, a farsi cullare dal ritmo tranquillo del suo cuore, poi si staccò e lo guardò negli occhi.
Lo ringraziò silenziosamente e lo baciò, dimenticandosi per un attimo di tutti i suoi problemi.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Woah, Mona Lisa, you're garanteed to run this town.
Woah, Mona Lisa, I'd pay to see you frown.


Ryan si massaggiò il pizzetto, sdraiato sul divano, e ripensò alla giornata appena passata.
Era stato con Lisa un'altra volta, e non era riuscito a cavarle fuori neanche una parola un'altra volta. Era una scena che si ripeteva da tanto ormai, anche se lui si ostinava a non perdere le speranze e a insistere ogni singola volta; poco importavano i ceffoni o gli insulti che si beccava, quello che contava era riuscire a capire il segreto che quella donna nascondeva. Era certo che si trattasse di qualcosa d'importante, calcolando come lei cercasse di tenerlo al sicuro, e voleva a tutti i costi venirne a conoscenza, in modo da poterlo sfruttare a suo piacimento o da poterla ricattare col suo fidanzato. Pagare i suoi prestigi ogni notte era diventato troppo costoso, ormai, e non era più tanto sicuro di poterla far parlare prima di aver prosciugato completamente le sue risorse, quindi aveva bisogno di una strategia nuova e convincente; un qualcosa che riuscisse a smuoverla dentro così tanto da indurla ad aprirsi con lui, per intenderci. Non voleva usare la forza: alla ragazza non sarebbe costato niente mentirgli e raccontargli la prima storia che le passava per la mente, mentre lui voleva la pura e limpida verità. A dire il vero non sapeva neanche lui il perché, era come se si fosse convinto che sapendola si sarebbe sentito molto meglio, per se stesso e per tutti; ma sapeva che molto probabilmente non sarebbe cambiato niente per lui, sarebbe solo stato invaso dalla sensazione di aver buttato una valanga di soldi al vento senza uno scopo davvero preciso e che si sarebbe solo dato dello stupido a lungo, ripensandoci. Continuò comunque a rimuginarci sopra e decise che avrebbe tentato il tutto per tutto e che quella sarebbe stata la volta buona, che lei non avrebbe potuto rifiutare e che lui sarebbe finalmente venuto a conoscenza del suo passato schifio. Era diventata un'ossessione per lui, non riusciva a non pensare al perché una donna bella come lei si fosse ridotta a fare il mestiere più vecchio del mondo, senza neanche aver voglia di raccontare le sue motivazioni ai suoi clienti. Era una cosa che facevano tutte, e il fatto che lei si tenesse tutto per se lo faceva impazzire e rodere dentro; come ogni papagiro che si rispetti pretendeva di sapere almeno qualcosa della persona che voleva aiutare. 'Aiutare', pff, parola grossa. Come ogni papagiro girava attorno alle ragazze imbottendo loro la testa di frasi carine, di 'ti aiuterò', 'scapperemo insieme da qui' e tante belle cose, che puntualmente non arrivava mai a portare a termine. Era da tanto che faceva questa vita, aveva le sue amicizie sul marciapiede e aveva le sue alleanze; ma con Lisa era stato diverso. Non solo lei si era rifiutata di sputargli addosso tutta la sua vita, ma lo aveva anche convinto a diventare il suo cliente di fiducia, con un semplice battito di ciglia, poi! Era rimasto scioccato da lei, riusciva a intuire che c'era qualcosa di diverso dietro a quel bel faccino e che non era sul marciapiede per lo stesso motivo delle altre; ma non riusciva davvero a capire perché. Comunque quella sera gliel'avrebbe chiesto, proprio come la sera precedente e quella successiva. Un buon impiccione non si arrende mai.


He senses something, call it desperation.
Another dollar, another day.

And if she had the proper words to say, she would tell him.
But she'd have nothing left to sell him.

Ryan si rigirò tra le coperte e cinse Lisa tra le sue braccia forti e muscolose, accarezzandole la schiena. Lasciò che le sue mani si soffermassero lungo i fianchi, il seno e i capezzoli della ragazza, per poi arrivare a posarsi sulla sua guancia chiara.
"Sei davvero bella stasera," sussurrò, portando le labbra vicino al suo collo.
Glielo baciò più volte e cominciò a mordicchiarglielo sensualmente, ma l'altra rimase perfettamente immobile e impassibile, così fu costretto a smettere e a guardarla in faccia con aria spaesata.
"Che c'è, Lisa, non hai voglia?" domandò semplicemente.
"Se non vuoi non c'è problema, te la puoi cavare con un lavoretto di bocca," ridacchiò.
Lisa alzò gli occhi al cielo con un movimento impercettibile e Ryan si sentì improvvisamente a disagio, nonostante fosse a casa sua con la donna che 'frequentava' da alcuni mesi e non ci fosse niente di strano.
"Ehy, Lisa, non per fare il guastafeste, ma hai rovinato tutta l'atmosfera," le fece notare, mentre lei si tirava a sedere, spostandosi i capelli dal viso e sistemandoseli dietro le orecchie.
"Voglio dire, non ti ho pagato tutti quei soldi per stare qui a guardarti fissare il soffitto, sai?" fece, sbuffando.
"Mi costi una barca di verdoni e mi lasci qui a masturbarmi da solo? Andiamo, fa' il tuo lavoro e succhiamelo!" sbottò, prendendola per i capelli e tirandola indietro. La bionda strinse i denti e cercò di divincolarsi dalla sua presa, ma Ryan era un osso duro ed era decisamente troppo forte per lei, così fece finta di arrendersi e si avvicinò al suo membro.
"Ecco, vedi che possiamo andare d'accordo quando vogliamo?" commentò l'uomo, compiaciuto. Lisa annuì distrattamente e aprì la bocca, facendocelo entrare tutto. E quello fu decisamente il morso più forte che aveva mai dato in vita sua.
Ryan si spinse all'indietro e urlò di dolore, portandosi velocemente le mani tra le cosce e cercando di alleviare la sofferenza massaggiandosi il membro.
"Brutta puttana, che cazzo mi hai fatto?!" sbraitò, strizzando gli occhi il più possibile.
"Io ti ammazzo, puttana, ti ammazzo!" gridò nuovamente, senza però muoversi dal letto. Lisa lo guardò con disprezzo e si rivestì tranquillamente, lanciandogli ogni tanto qualche occhiata soddisfatta. L'uomo sembrava totalmente senza respiro; un pallone gonfiato così rosso e grande da essere sul punto di esplodere a causa di tutte le sue stupide arie.
"Addio, Ross, questa è l'ultima volta che ci vediamo. Stammi male, feccia umana," lo salutò la ventenne, sfoggiando il migliore dei suoi sorrisi sinceri. Si avvicinò alla porta e si appoggiò allo stipide, giocherellando con le chiavi di casa.
"Sai, non mi mancherai per niente," gli confessò.
"E aspettavo questo momento da molto, molto tempo. Spero davvero che tu possa trovare una donna capace di metterti in riga e fartela pagare pert tutte le cose brutte che hai fatto, perché te lo meriti veramente. Addio, e a mai più rivederci."
Uscì chiudendosi bene la porta alle spalle, poi si sistemò la sciarpa attorno al collo e si avviò verso casa con le mani in tasca, canticchiando una canzone che aveva sentito una volta alla radio che le era sembrato la descrivesse perfettamente. Ryan abitava solo un paio d'isolati lontano da lei, quindi poteva farsi tranquillamente tutto il tragitto a piedi senza neanche affaticarsi troppo. Respirò a fondo, serena, e svoltò l'angolo, imbattendosi in un giovane. Il suo giovane. Sorrise, lo prese sotto braccio e lo baciò, poi s'incamminò con lui sotto il cielo stellato.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Mona Lisa, wear me out.
Mona Lisa, pleased to please ya.

Brendon sorrise, prendendole il viso tra le dita e contaccambiando il suo sguardo felice. La baciò dolcemente, stringendole a se la vita, e assaporò nuovamente le sue labbra morbide, sentendo nascere in lui il bisogno di non staccarsi mai e poi mai da lei. L'abbracciò delicatamente e passò una mano fra i suoi capelli lunghi appena asciugati, poi si allontanò un po' per contemplarla meglio in tutta la sua bellezza e sorrise stupidamente.
"Sì, insomma, sei poco bella oggi, oh," scherzò, le fossette che sprizzavano felicità.
"Aspetta di vedermi dopo i preparativi," ribatté lei con civetteria, avvicinandosi e toccandogli il naso con un dito.
"Sarò Venere in persona," precisò. Poi rise e sospirò allegramente, portandosi una mano alla bocca.
"Mi sembra incredibile che sia oggi," sussurrò, abbassando lo sguardo.
"Anche a me," annuì il ragazzo, scuotendo leggermente la testa.
"Ma d'altronde, se non ora quando?" osservò.
Lisa sorrise nuovamente e rimase a guardare le sue mani tremanti per un po', prima di alzare lo sguardo verso il moro e soffiargli vicino un bacio pieno di speranza e buone intenzioni.
"Da domani si cambia tutto," commentò, dandogli una pacca sulla spalla e uscendo di scena con fare tranquillo.
Brendon rimase immobile a osservare la sua sagoma allontanarsi, pensieroso, poi sospirò e si lisciò i vestiti, si passò una mano tra i capelli per scompigliarli, controllò un'ultima volta lo stato del suo viso e uscì in strada, alla ricerca di Spencer.

Lo trovò sulle scale di casa a torcersi le mani, accanto a una lattina vuota di birra.
"Nervoso?" domandò, sedendosi accanto a lui.
"Abbastanza," ammise l'altro, senza girarsi a guardarlo.
"E tu?" chiese quindi. Brendon rimase un attimo in silenzio.
"Anch'io," commentò dopo un po', lo sguardo perso nell'orizzonte.
"A essere sincero, non pensavo che questo giorno sarebbe mai arrivato," sospirò.
"Sai, ero totalmente convinto che sarei stato io a compiere per primo il grande passo, che tu avresti aspettato di incontrare la persona giusta per evitare ogni tipo di brutta esperienza e che, insomma, saremmo rimasti solo io e te per un bel po' di tempo, prima di trovare una sistemazione decente o comunque un futuro concreto. Però sono contento che tu ce l'abbia fatta, Bren, e spero che vada tutto bene, fino alla fine," sorrise l'amico, malinconico.
"Grazie, Spence," mormorò il moro.
"Non c'è di che," ribatté l'altro, tranquillo.
"Andiamo, è ora di prepararsi," lo informò poi, alzandosi in piedi e battendogli una mano sulla spalla.
"Dobbiamo renderti presentabile, almeno una volta nella vita voglio vederti bello!" scherzò.
Brendon gli diede una botta sulla gamba e si alzò, lasciandosi alle spalle il traffico frenetico della città.

Ricordava benissimo la cerimonia. Il corridoio lungo e sciccoso, i suoi passi che risuonavano sul pavimento di marmo, gli occhi di tutti che si voltavano verso di lui, la tensione nelle sue vene, il sorriso di suo padre. Aveva raggiunto velocemente la sua postazione, poi aveva aspettato pazientemente l'entrata in scena di Lisa, respirando spesso e profondamente. Si era sentito rizzare i capelli in testa nell'udire i commenti sbalorditi della gente, ma aveva deciso di non vederla fino all'ultimo, com'era giusto che fosse, quindi aveva continuato a premere i suoi occhi sul viso anziano del prete. Solo che anche lui guardava la ragazza con sguardo rapito, così il giovane dovette concentrarsi su qualcos'altro per sconfiggere l'ansia e il disagio che gli avevano attanagliato le viscere da quando aveva messo piede nella sala, poco tempo prima.
"Ciao," gli aveva sussurrato lei, sorridendo e sistemandosi velocemente il vestito.
"Ciao," aveva risposto lui, stringendole la mano e accarezzandogliene il dorso.
"Buongiorno a tutti. Siamo qui riuniti quest'oggi, - si era schiarito la voce il prete, pronunciando tutto chiaramente e con enfasi - per unire questi due giovani nel sacro vincolo del matrimonio," e aveva indicato i due con il capo.
"Dio vi benedica, ragazzi," aveva poi sorriso l'uomo, tirandosi indietro e dando il via libera alle promesse degli sposi. Dopo un suo cenno del capo infatti, il ragazzo si era poi voltato e aveva guardato Lisa negli occhi, stupendosi del suo candido splendore, poi aveva respirato a fondo e le aveva cinto delicatamente le mani tra le sue.
"Io, Brendon, accolgo te, Lisa, come mia sposa. Con la grazia di Cristo, prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita," aveva recitato, il più seriamente e dolcemente possibile, senza smettere di ammirarla per un solo secondo.
"Io, Lisa, accolgo te, Brendon, come mio sposo. Con la grazia di Cristo, prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita," aveva replicato lei di buon grado, sorridendo con tutto il viso e stringendogli più forte le mani.
Poi il sacerdote aveva continuato a parlare, della Chiesa, di Dio, dei loro obblighi, dei loro eventuali figli, dei loro doveri, di tante, troppe cose; solo che lui aveva già smesso di ascoltarlo, perso com'era negli occhi della ragazza.
Aveva già dimenticato la formula successiva, ma non gliene importava molto - l'idea di sposarsi in chiesa era stata dei genitori, a loro non poteva importar di meno fin dall'inizio, e anche il prete doveva essersene reso conto. Però aveva taciuto, da bravo professionista qual era, e aveva proseguito con la cerimonia come se niente fosse, saltando velocemente allo scambio degli anelli, in modo da farsi da parte e lasciar parlare gli sposi, una volta tanto.
Brendon aveva respirato a fondo e si era fatto dare gli anelli da Spencer, che gli sorrideva da dietro, e poi si era rivolto nuovamente alla bionda, inumidendosi le labbra con la lingua per guadagnare qualche secondo.
"Vuoi tu, Mona Lisa, accettare quest'anello in segno di tutto il mio amore, per poi ricominciare tutto da capo, insieme, e affrontare le avversità della vità potendo contare sempre l'uno sull'altra? Vuoi tu, nel bene e nel male, concedermi di donarti tutto me stesso e provare a farti felice come meriti d'essere, nel più sincero dei modi? Vuoi tu, splendida, permettermi di essere l'uomo più contento e fortunato della terra, dicendo anche una sola parola, e vuoi tu permettermi di guidarti in questo lungo e misterioso viaggio che è la vita?  Vuoi tu, Lisa, essere la mia amata e adorata sposa, una volta e per tutte, senza più dubbi, segreti, bugie o esitazioni di ogni tipo?" aveva sussurrato.
"Vuoi tu garantirmi la più dolce e lieta delle esistenze, amore mio?" aveva quindi concluso, guardandola speranzoso dritto negli occhi e sfoggiando il sorriso più sincero che avesse mai fatto, prima di tirar fuori l'anello e porgerglielo.
"Sì, Bren, lo voglio," aveva risposto subito lei, gli occhi che le si appannavano velocemente.
"Lo voglio ora, come lo vorrò sempre," aveva mormorato, allungando poi il dito per permettergli d'infilarci la fede. Poi, nel pieno degli applausi e dei flash delle macchinette, Brendon l'aveva tirata a se e l'aveva baciata come non l'aveva mai baciata prima, facendo passare in lei tutto il miscuglio di emozioni che non era mai riuscito a confessarle prima di quel momento e che non avrebbe mai avuto il coraggio di spiegare ad alta voce.
"Ti amo," aveva sorriso, le fossette che gli si facevano sempre più grandi.
"Ti amo anch'io," aveva risposto lei con un movimento impercettibile degli occhi, stringendolo a se il più forte possibile, prima che lui la prendesse in braccio e le facesse fare il giro della chiesa, poco dopo il lancio del boquet. Si erano fatti strada tra la gente e gli amici ed erano usciti da una porta sul retro, dove li aspettava Spencer con una sigaretta accesa in mano. I due ragazzi si erano dati il cinque e poi erano andati via tutti insieme, mentre gli altri continuavano a cercarli ovunque, setacciando chiesa e strada principale. Erano partiti per la loro nuova vita il giorno stesso, in tre, in barba ai festeggiamenti e alle cerimonie coi parenti, e non erano più tornati indietro. Vita nuova, mondo nuovo.

E anche ora, a distanza di anni, Lisa non se ne stava pentendo. Aveva pensato più volte a soluzioni drastiche e stupide, e si era immaginata più volte di venir arrestata per quelle follie, ma alla fine aveva deciso di provare la vita più classica e scontata ed era partita con Bren verso una città completamente nuova, in modo da ricominciare davvero da capo una volta per tutte. Chissene frega del suo matrimonio fallito, chissene frega dei suoi parenti stronzi, chissene frega davvero di tutto quello che le era sempre importato e che l'aveva sempre fermata dal fare ciò che voleva. Chissene frega.
Aveva dato un calcio a tutto, e aspettava con calma il giorno in cui se ne sarebbe pentita.
Che poi, per quello che le importava, poteva anche andare a farsi fottere e non arrivare mai.
Lei era felice. Felice. E questo era tutto quello che le importava.


Ultimo capitolo di merda, lo so, ma a volte la fantasia se ne va proprio in vacanza e mi lascia qui sola come un cane.
Bho, grazie a chi ha letto, e niente, mi scuso con chi si aspettava un finale meno scontato e più figo, insomma. ciao (?)

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