Senza Te

di CABARETdelDIAVOLO
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ...per scelta ***
Capitolo 2: *** ...per forza ***
Capitolo 3: *** ...per passione ***
Capitolo 4: *** ...per errore ***
Capitolo 5: *** ...per paura ***
Capitolo 6: *** ...per amore ***
Capitolo 7: *** ...per affetto ***
Capitolo 8: *** ...per amicizia ***
Capitolo 9: *** ...per fatalità ***
Capitolo 10: *** ...per sempre ***
Capitolo 11: *** ...Epilogo ***



Capitolo 1
*** ...per scelta ***


NOTA IMPORTANTE!

Questa fanfiction è la terza della serie "We belong together" composta dalle precedenti fanfic "Insieme" e "Insieme - Making Of"


...per scelta

Sempre liberi di separarsi senza separarsi mai.

"Chris! Chris! Da questa parte! Chris!" Le voci dei fotografi strepitavano da ogni parte all'uscita della sala mentre i giornalisi finivano di intervistare gli attori presenti alla prima. Chris Hemsworth era appena uscito dal cinema accanto a sua moglie, con cui, oramai a detta di tutti i giornali, stava affrontando una crisi che li vedeva uscire insieme solo per eventi come quello.
Era vero.
Era tutto vero.
Ma la loro era stata una scelta voluta da entrambi e per questo, nessuno, per ora, ne era rimasto sconvolto o dispiaciuto.
Loro erano stati gli ultimi ad andarsene dalla sala e oramai quasi tutti i colleghi si stavano dirigendo alle auto per essere riaccompagnati in albergo. L'australiano si guardò intorno cercando con lo sguardo il suo amico, e star della serata, Jeremy Renner, mentre sua moglie si spostava verso il loro taxi. Dopo diversi minuti riuscì a vederlo mentre si incamminava verso la sua macchina ringraziando i fan; fece per chiamarlo ma la voce gli si bloccò in gola non appeva lo vide accostarsi ad un altro uomo.
Un uomo che non si aspettava in nessuno modo di trovare lì, quella sera.

"Hey, Tom!" Renner diede un pacca sulla schiena di Tom Hiddleston che accusò il colpo e allargò la bocca in un ampio sorriso.

"Ciao Jer! Complimenti! È un film magnifico!" Rispose gentilmente mentre i due si stringevano vigorosamente la mano.

"Grazie! Ti vedo in forma! E quel leggero pizzetto ti dona un sacco!" Disse Renner indicando il poco accenno di barba che copriva il viso dell'inglese.

"Oh! Grazie!" Affermò subito Tom passandosi la mano sul mento con aria da finto intellettuale. Entrambi scoppiarono in una fragorosa risata mentre Jeremy si spostava dirigendosi verso l'auto. "In che camera sei? Vengo a fare due chiacchere dopo!"

"221! Ti aspetto!" Concluse il moro congedando l'amico con un cenno del capo e voltandosi subito dopo, senza pensarci, verso l'uscita della sala. Immediatamente, il suo sguardo si incontrò con l'unica persona che, si rese conto, lo stava guardando. Sentì per un attimo una sensazione, come un vuoto in mezzo al petto, colpirlo senza pietà.
Chris.
Tra incarichi, impegni, lavoro, erano passate più di quattro settimane dal loro ultimo incontro. Quando arrivarono in aeroporto quella sera di un mese prima, si separarono sapendo perfettamente che nulla sarebbe stato più come prima, nonostante cercassero di convincersi che non era vero. C'era stato un attimo, prima di salutarsi in cui tra i loro sguardi avvertirono un brivido, una scossa che li fece sentire terribilmente a disagio. Per la prima volta dopo quella notte, si erano guardati e avevano capito che tutto ciò che speravano, desideravano, sognavano, non poteva rimanere niente di più di ciò che era: un ricordo.
Non erano più riusciti a vedersi. 
Forse...non avevano più voluto vedersi.
E adesso era lì, elegante e bello come sempre, fermo, in piedi, con gli occhi puntati su di lui; solo i suoi capelli erano leggermente diversi, più lunghi di come se li ricordava quando li aveva stretti fra le dita mentre...
Era trascorso un mese dalla premiere in Italia.
Era trascorso un mese da quella notte a Roma.
Era trascorso un mese da...
Tentò di rimanere calmo, ma più si costringeva a comportarsi naturalmente, più sentiva di non riuscire in alcun modo a far rallentare il suo cuore. Fece un profondo respiro, tirò le labbra in un cortese sorriso e sollevò leggermente una mano salutando con un lieve movimento delle dita. Ma l'australiano non rispose, rimase immobile con lo sguardo puntato su di lui senza fare nessun movimento. Pareva arrabbiato, agitato, sconvolto e l'inglese si sentì quasi in imbarazzo vedendo che il suo saluto non veniva ricambiato. Abbassò il braccio ma non smise di guardare il biondo negli occhi e, senza rendersene conto, fece un passo per andare verso di lui.

"Tom!" Ma la voce di Jeremy lo fermò istantaneamente facendolo girare. "Porto qualcosa bere per cui prepare i bicchieri!" Concluse facendo risuonare la sua voce in mezzo alla via prima di infilarsi nella macchina e chiudere la portiera.

Il moro sospirò di nuovo e con uno scatto riportò la sua attenzione sul tappeto rosso ma questa volta, non trovò più nessuno e
il suo sguardo non incontrò più quegli occhi azzurri, gli unici al mondo in grado di farlo sentire così confuso, debole e indifeso.


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Capitolo 2
*** ...per forza ***


...per forza.

Perdona le mie labbra, trovano gioia nei posti più inaspettati.

La sera era scesa velocemente e il buio aveva avvolto tutte le vie della città invadendo tutto con la sua aria gelida e pungente. Tom era nella sua camera a sistemare gli abiti e gli oggetti della sua valigia aspettando l'arrivo di Jeremy. Girava per la stanza sfregandosi il pizzetto con le dita, calpestando a piedi scalzi la moquette rosso scuro che ricopriva tutto il pavimento. Si era appena slacciato qualche bottone della camicia con l'intenzione di cambiarsi e mettersi in abiti più comodi e si era passato le mani in testa spettinandosi completamente i capelli. All'improvviso un energico bussare risuonò sul legno della porta della camera. Il moro si diresse subito verso la porta sorridendo. Non era stato molto allegro nell'ultimo mese e questa serata gli ci voleva proprio. Finalmente avrebbe potuto distrarsi un po', chiaccherando e bevendo qualcosa di forte con Renner. Spalancò l'ingesso pronto ad accogliere il suo invitato.

"Non fare caso al disord..." Il moro si bloccò senza essere più in grado di parlare.

Chris.

Per un attimo Tom si sentì come trasportato nella scena inverosimile di uno smielato film romantico dove tutto accade sempre, inevitabilmente nel momento più giusto. O in quello più sbagliato.

No, era assurdo.

Chris era fermo davanti alla sua porta. Teso, nervoso, con il respiro quasi affannato.

"Non sei Jeremy..." L'inglese tentò di stemperare l'atmosfera dicendo quella che si accorse essere la cosa più stupida gli fosse mai uscita dalla bocca.

"No." L'australiano rispose secco, serissimo, quasi irritato.

Tom avvertì un disagio inaspettato nascere dentro di lui ma non ebbe nemmeno il tempo di realizzarlo completamente. Il biondo gli si era scaraventato addosso afferrandogli il viso, spingendolo fino in fondo alla camera e baciandolo con bruciante foga. In una frazione di secondo si ritrovarono ad andare a sbattere contro il mobiletto poggiato al muro della stanza con uno schianto tanto forte da far cadere la lampada che ci stava poggiata sopra. Tom si teneva con le mani al bordo del tavolino per riuscire a reggersi in piedi mentre l'australiano gli apriva completamente la camicia quasi strappandogli i bottoni, facendo poi lo stesso con la sua. A quel gesto furente, il moro si attaccò alle spalle dell'australiano provando, senza troppa evidente convinzione, a spingerlo lontano da sè. Ma il biondo non accennò minimamente a calmarsi.

Chris sentiva la pelle del compagno contro il suo viso, sentiva il suo profumo e il sapore delle sue labbra. Avvertiva quella stessa sensazione che aveva provato un mese prima, per la prima volta; la sensazione di cui aveva capito non poter più fare a meno nell'istante in cui aveva rivisto Tom, quella sera, sul tappeto rosso. Con uno scatto, portò le dita sul bordo dei pantaloni del moro che finalmente, con uno spintone, riuscì a staccarsi con violenza dal loro bacio, tirando poi l'uomo contro di sè in un violento abbraccio.

"No, ti prego..." La voce dell'inglese era un sospiro disperato, ma nonostante questo, Chris non diede segno di volersi fermare slacciandogli delicatamente il bottone dei pantaloni.

"...ti prego... non farmi fare questo..." Quelle ultime parole uscirono dalla bocca di Tom quasi con riluttanza, facendo finalmente bloccare l'australiano.

"...se non vuoi... non ti costr-"

"Tu non hai idea di quanto io ti desideri..." Il moro gli sussurrò immediatamente nell'orecchio impedendo a Chris di concludere la frase. Il biondo rimase per un attimo stordito, non capendo il perchè di tutto quello che era appena successo e tentò di sollevare la testa per quardare il suo collega negli occhi.

Ma non ci riuscì.

Perchè Tom, spostando lo sguardo verso il soffitto, lo strinse fra le braccia con tanta improvvisa forza da non permettergli di muoversi, sapendo perfettamente che se i loro occhi si fossero incontrati, lui non sarebbe stato in grado resistere. Fare quello che stavano per fare avrebbe significato ricominciare tutto da capo e allora, tutto ciò che aveva affrontato in quel mese, tutti gli sforzi che aveva fatto per convincersi, per supplicarsi di credere che quello che era successo a Roma, quel sentimento che aveva provato, era stato un terribile errore, sarebbe stato totalmente vano.

Ma stava accadendo di nuovo. Contro ogni sua previsione, contro ogni suo più inaspettato desiderio irrealizzabile. E l'unica cosa a cui il moro riusciva a pensare era ciò che tutto questo avrebbe irrimediabilmente causato alla vita dell'uomo fra le sue braccia.

"...non posso farti questo..." L'australiano avvertì la testa di Tom muoversi leggermente a destra e sinistra. "...tu hai una famiglia, hai una mogl-"

"Sssh..." Chris non riuscì, non volle più sentire quelle parole e con uno strattone si sollevò, liberandosi dalla stretta di Tom e portando il viso accanto al suo, arrivando con la bocca a sfiorargli l'orecchio. "Non mi importa..." Dolcemente spostò le mani sui fianchi del moro scendendo poi con le dita fin sopra le sue cosce. "...adesso non mi importa di nulla..." Pian piano allontanò il volto, scivolando sulla guancia dell'inglese fino ad arrivare a far sfiorare i loro nasi. Fu allora che Tom non capì assolutamente più niente. Non riuscì più a controllare i suoi pensieri, non riuscì più a formulare una qualsiasi frase che potesse avere un senso compiuto. Un brivido freddo gli scosse tutto il corpo ed egli sentì le sue stesse labbra tremare nel momento in cui Chris iniziò a guardarle intensamente. "...solo di questo..."

Si baciarono con una tenerezza inaspettatamente piena di passione e, dopo appena un istante, il biondo emise un sonoro sospiro sollevando l'inglese di peso e poggiandoselo sulle anche. Allora si accorse di qualcosa di inusuale, di diverso che gli sfiorava la bocca. Non lo aveva notato prima, probabilmente perchè travolto dalla foga, e fu solo in quel momento di delicatezza che si rese conto della sensazione di solletico che il pizzetto di Tom gli provocava sulle labbra. Una sensazione che iniziò a piacergli sempre di più. Si levò le scarpe calciandole in due punti della stanza mentre sentiva una mano del moro slacciargli i pantaloni. Poi, d'un tratto, Tom staccò affannatamente le loro bocche spostando lo sguardo verso il fondo della stanza.

"Forse è meglio chiudere la porta..." Affermò sottovoce spingendo Chris a ruotare appena di poco il viso, quanto bastava per notare che l'ingresso della camera era rimasto spalancato. Con una lentezza quasi comica, Tom vide il biondo rigirarsi verso di lui con un ghigno beffardo stampato sulla faccia e sentì il suo robusto braccio avvolgersi intorno alla sua vita. La sua espressione cambiò istantaneamente divenendo quasi spaventata e incredula.

Non voleva davvero farlo...vero?

"No..."

Chris sorrise diabolicamente e con uno strattone sollevò totalmente Tom che, per reggersi, fu costretto ad attaccarsi con braccia e gambe al corpo del biondo.

"No, no, no, no, no!"

L'australiano si voltò reggendo senza difficoltà il corpo del moro sentendo il suo sterno praticamente poggiato su una spalla e i suoi arti avvinghiati a lui come un koala. Arrivò alla porta ridendo mentre l'inglese continuava ad imprecare e agitarsi per tentare dei reggersi ed evitare di cadere. Chiuse la porta, e immediatamente lasciò scendere Tom che, appena toccò terra con i piedi, si appoggiò con la schiena alla porta, ansimando, iniziando a ridere e chiudendo gli occhi per evitare di guardare il collega per l'imbarazzo. Lì riaprì quasi subito incrociando il viso del biondo segnato da un delicato sorrisetto divertito.

"Tu sei fuori di testa!" Come la prima volta, Tom rideva davanti a lui, rideva veramente, rideva come solo lui sapeva fare.
E Chris non riuscì a resistere.

"Tu sei-" Senza esitazione, chiuse le labbra dell'inglese con le proprie, sentendosi infiammare da un calore incontenibile. La passione crebbe fra i loro corpi molto rapidamente facendosi sempre più intensa. Il biondo si strappò il portafogli dalla tasca dei pantaloni e lo buttò aperto sul comodino accanto al letto. Tom si avvinghiò con una mano dietro al collo dell'uomo spingendo le loro bocche ancora più l'una contro l'altra e finendo per sbattere la sua schiena contro la porta e spegnere inavvertitamente la luce con un gomito, mentre le sue dita si intrecciavano con ardore fra i biondi capelli del compagno. Si, erano leggermente più lunghi dell'ultima volta, si disse fra se e se divertito dall'inutilià di quel pensiero. Immediatamente, l'australiano infilò le braccia dietro la vita di Tom e, tirandoselo addosso con foga, si spostò verso il materasso.
Arrivarono vicini al letto poi, Chris buttò l'inglese fra le lenzuola e pian piano gli sfilò i pantaloni e la camicia facendo poi lo stesso con i suoi vestiti. Delicatamente strisciarono fino ad arrivare con le testa all'altezza dei cuscini senza staccarsi neanche per un attimo, nemmeno quando i loro corpi nudi si sfiorarono ed entrambi sentirono un brivido attraversarli. Poi, separandosi quanto bastava, rimasero immobili a occhi chiusi, sentendo i loro respiri tiepidi soffiarre l'uno sul viso dell'altro. Il biondo aprì gli occhi solo per una frazione di secondo. Vide il volto del suo compagno e subito si accorse di trovarlo, anche dopo così tante settimane di lontananza, sempre bello, incredibilmente bello, in un modo in cui non aveva mai considerato nessun altra persona al mondo.

"Io sono,cosa...?" Chiese Chris teneramente, sensualmente, quasi divertito. Tom non parlò, si limitò ad avvolgerlo dolcemente con le braccia, piegando una gamba e sollevandola lentamente fino ad poggiarla intorno alla sua vita. Poi, lo tirò energicamente contro di sè e i due si baciarono nuovamente, con una passione ardente, incontrollabile, disperata, tormentandosi le bocche l'un l'altro.
Non sembrava nemmeno che fosse trascorso un mese.

"...mio..."

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Capitolo 3
*** ...per passione ***


...per passione

T'amo come si amano certe cose oscure, segretamente entro l'ombra e l'anima.

La camera era nella quasi completa oscurità, per via delle tende chiare serrate davanti alla finestra, dalle quali filtravano opachi fasci di luce che colpivano le lenzuola spiegazzate, abbandonate in fondo al materasso. Due uomini, stesi sul letto, si agitavano dolcemente piegando e stropicciando i candidi teli sotto di loro. Chris aveva già iniziato a muoversi sopra il corpo di Tom, sentendolo fremere ogni volta che il suo bacino gli sfiorava le gambe. Il loro respiro cresceva ogni istante di più legandosi inesorabilmente al ritmo delle loro spinte. Il moro si reggeva con entrambe le mani alle spalle dell'australiano che stava con i gomiti appoggiati accanto alla sua testa. Teneva lo sguardo puntato sui suoi occhi, azzurri, glaciali e più li guardava più la sua mente e tutto ciò che era rimasto della sua razionalità continuavano senza freni a ripetere "no", "è sbagliato", ma tutto il suo corpo e ogni brandello del suo cuore urlavano, fino allo sfinimento, soltanto "si".
D'un tratto, Chris sentì entrambe le gambe di Tom legarsi intorno alla sua vita e le sue dita stringere la presa sulla sua schiena. I lamenti di piacere dell'inglese erano come una droga per il biondo che non riusciva in nessun modo a smettere di guardarlo agitarsi e gemere sotto di lui. Non aveva mai desiderato tanto gridare un nome come in quel momento, più e più volte ma, a differenza di ciò che avrebbe mai potuto immaginare, non era il nome che aveva inciso sulla fede che portava al dito.

Improvvisamente, come se avesse sentito i suoi pensieri, il moro sollevò il viso e lo portò vicinissimo al suo. "Di il mio nome..." La sua voce era un sussurro soffocato. Era passato più di un mese e in quel momento, solo in quel momento, Tom capì di desiderare con tutto se stesso di voler sentire il suo nome pronunciato dalla labbra di Chris. "...di il mio nome..." Ripetè di nuovo, ma questa volta, la parole uscirono quasi come una preghiera che l'australiano non riuscì ad ignorare.

"Tom..."

Non volle ignorare.

Un singhiozzo sfuggì immediatamente dalla bocca del moro mentre il suo corpo sembrò sciogliersi fra le braccia del biondo che continuava a muoversi sopra di lui dolcemente, senza sosta. Chris sentì ogni briciola del suo corpo fremere di desiderio nel vedere il viso del suo compagno abbandonarsi al piacere.

"...Tom..." Ripetè una seconda volta con più ardore, rendendosi conto di fare molta più fatica a parlare per via del respiro fortemente affannato. Il moro singhiozzò di nuovo, quasi in un lamento disperato che fece perdere all'australiano ogni controllo di sè. Con uno scatto sollevò energicamente il busto e, con un tonfo, si avvinghiò con entrambe le mani alla testiera del letto, sentendo le dita di Tom artigliarsi più focosamente alle sue robuste spalle. Il legno della testata iniziò a colpire il muro ad ogni spinta e a cigolare sotto la presa, sempre più forte, di Chris che oramai aveva le gambe, il petto e la schiena con ogni singolo muscolo teso, imperlato da lucide gocce di sudore, che lo rendevano simile ad una statua di marmo bagnata dalla pioggia. Non lo sapeva ancora, ma qualunque cosa al mondo non sarebbe mai stata paragonbile a quello che stava vivendo in quel momento. Qualunque emozione non sarebbe mai più stata forte abbastanza da eguagliare quella che sentiva per l'uomo steso sotto di lui.

L'unico uomo per cui aveva mai provato tanta dolcezza e passione.

L'unico uomo di cui desiderava follemente toccare, stringere e baciare ogni centimetro del corpo. Dopo qualche istante, pian piano, più di quanto si credesse capace, le sue spinte cominciarono a farsi più lente ma più potenti, intense, profonde trasformando istantaneamente i versi di Tom in violenti gemiti sempre più lunghi e affannati. Poi, con un rapido movimento, l'australiano scese con il volto verso quello del moro fino ad arrivare con la bocca a mordere delicatamente le sue labbra tiepide.

"...Tom." La sua voce si spense in un roco sussurro quasi impercettibile che fece cedere definitivamente l'inglese. Con uno scatto, le sue dita lasciarono le spalle del biondo e, con brutale foga, si artigliarono al lenzuolo fino quasi ad infilare le unghie nel materasso. Il suo corpo si sollevò e fu scosso da un tremito senza controllo per diversi istanti, poi l'uomo finalmente si abbandonò ad un urlo sofferto, rabbrividendo e serrando le cosce intorno alla vita del biondo con più forza, senza lasciare mai i suoi occhi celesti, pieni di passione, ancora puntati su di lui. Dopo solo un'altra spinta anche Chris si sentì travolgere da un potente fremito e si lasciò sfuggire un grido spezzato, tenendo lo sguardo incatenato a quello del suo amante, mentre le sue dita abbandonavano la presa sul letto ed andavano ad intrecciarsi con ardore a quelle di Tom ancora avvinghiate alle coperte. Con l'altra mano rimase fermo stringendosi alla testiera del letto, facendone scricchiolare il legno e sentendo ogni muscolo della sua schiena tendersi in un ultimo doloroso spasmo.

Rimasero immobili, guardandosi per un tempo che parve infinito, respirando più faticosamente di quanto avessero mai fatto nella loro vita fino a quando, delicatamente le mani di Tom allentano la presa sul lenzuolo ma non sulle dita dell'australiano. Poi, improvvisamente, il braccio di Chris cedette e l'uomo si lasciò cadere verso il suo compagno che subito, prontamente, lo afferrò sotto le spalle e i due rapidamente si spostarono su di un lato ritrovandosi l'uno accanto all'altro, faccia a faccia.

Abbracciati, occhi negli occhi, con i nasi che si sfioravano e le dita delle loro mani che ancora si stringevano, ansimavano pesantemente e molto rumorosamente, sentendo l'uno il petto dell'altro salire e scende e i loro cuori battere forte al punto da fargli pensare che volessero schizzargli fuori dal petto. Passarono solo pochi secondi poi, il moro sentì uno strano fastidio colpirgli una gamba e subito si accorse di essere rimasto avvinghiato al corpo dell'australiano e, per questo, il suo ginocchio era finito sotto di lui.

"...mi si sta...addormentando...una gamba..." Stremato, ansimante, si sorprese di essere stato in grado di parlare senza svenire, ma ci era riuscito, anche se era stato costretto a fermarsi dopo quasi ogni parola per riprendere fiato.

Chris si accorse subito dell'arto incastrato sotto di sè e con un piccolo e goffo movimento si spostò per permettere al compagno di toglierlo.
Il moro delicatamente si scostò lasciando però, l'altra gamba, ferma sopra il corpo dell'australiano. Un dolce quiete scese pian piano nella camera, sui corpi nudi, sudati e ancora avvinghiati dei due amanti che teneramente si sorrisero avvertendo il respiro e il battito del cuore calmarsi quel poco che bastava per riuscire a parlare normalmente. Ma in quel momento, non c'era nulla che sentirono di doversi dire perchè i loro sguardi, il loro tocco, erano più intensi di qualsiasi parola avrebbero mai potuto dirsi. Poi, in un attimo, come se qualcosa lo avesse spaventato, il sorriso di Chris scomparve dal suo volto e l'uomo tirò con uno scatto l'inglese vicino a sè, avvinghiandosi a lui e spingendo il viso sotto al suo fino a portare il mento a toccargli la spalla. Tom rimase per un attimo stranito, sospreso poi, strinse lentamente ancora di più le sue dita con quelle dell'australiano e, sentendolo ricambiare la stretta, chiuse dolcemente gli occhi infilando il naso nell'incavo del suo collo e accoccolandosi contro il suo petto tiepido.

"Chris..."

Erano di nuovo loro, soli, insieme.
Talmente vicini da sembrare un unico corpo.
Talmente vicini da non riuscire più nemmeno a riconoscere ognuno il battito del proprio cuore.

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Capitolo 4
*** ...per errore ***


...per errore

Ci sono domande che non dobbiamo fare fino a quando non siamo sicuri di poter sopportare le risposte.

La notte stava portandosi via tutti i rumori e i colori della sera, avvolgendo ogni cosa nel suo abbraccio di oscurità e lasciando nella camera d'albergo un leggero odore di menta emanato dalle lenzula bianche. E un profumo, lieve e soffuso, d'amore. Tom si era appena addormentato steso a pancia in giù sul letto, con il lenzuolo che gli copriva le gambe arrivando appena sopra la base della sua schiena pallida. I suoi muscoli si muovevano ad ogni suo respiro, illuminati dai raggi opachi dell'unico faretto posto fuori dalla porta finestra, creando sul suo corpo ombre che parevano quelle del nudo dipinto di un quadro. Chris era fermo accanto a lui, poggiato con la schiena alla spalliera di legno, con una gamba stesa sul materasso e l'altra piegata giù dal letto. Il viso del moro era girato dalla parte opposta a lui lasciandogli vedere solo i suoi capelli ricci ancora scompigliati. L'australiano portò lo sguardo sulla schiena dell'inglese, lasciandosi cullare dal suono dei suoi respiri e sprofondando in una cascata di pensieri. Pensò a quello che era appena successo, a quello che avevano fatto, a quello che aveva provato per la seconda volta stando insieme a quell'uomo steso accanto a lui. Facendo un profondo sospiro spostò la sua attenzione verso un punto imprecisato del soffitto.
Pensò a quello che avrebbe dovuto fare ora. A quello che sarebbe successo. Pensò a quell'attimo di sguardi con Tom, quell'emozione inaspettata e inarrestabile, quella paura improvvisa che lo aveva spinto a stringersi contro di lui.

"Ti sento..." La voce del moro lo fece improvvisamente scattare.

"Cosa?" Chiese subito perplesso vedendo poi Tom girare il viso dalla sua parte, puntando i suoi occhioni azzurri su di lui.

"Sento gli ingranaggi del tuo cervello impazzire..."

Il biondo tirò la bocca in un sorrisino teso, poi si spostò mettendosi seduto sul bordo del letto. L'inglese lo seguì con lo sguardo sollevadosi e poggiando il gomito al materasso, reggendosi la testa sul palmo di una mano.

"Cambierebbe tutto...non è vero?"

A quella domanda, il moro si accigliò per qualche secondo. Non capì subito ciò di cui il suo compagno stava parlando, ma riuscì a realizzare immediatamente dove voleva portare quella conversazione.

"Giornalisti, fotografi e il resto..."

Ecco dove voleva arrivare. Quelle parole suonarono amare e quasi fastidiose alle orecchie di Tom che subito si portò seduto facendo scendere anch'egli le gambe dal letto.

"Non potremmo evitarlo..." La voce dell'australiano continuò a entrargli nelle orecchie come lo stridio delle unghie sulla lavagna e il moro fece qualsiasi cosa per tentare di non ascoltare ciò che stava dicendo.

Basta. No.

"...sarebbe un tormento per noi e..."

Ti prego fermati.

"..e per lei..."

...fermati...

L'inglese si bloccò come pietrificato chiudendo gli occhi con una tale forza da sentire gli zigomi bruciare. Una orrenda e terribile sensazione invase in pochi attimi la sua mente.
Era successo di nuovo.
E come la prima volta, tutti i sentimenti che aveva provato erano destinati a rimanere schiacciati e nascosti da qualche parte nel suo cuore.
Chris non sarebbe mai potuto essere per lui quello che tanto desiderava nell'angolo più doloroso e buio della sua anima e per questo, non era disposto a soffrire ancora.

"Dovresti tornare in camera..." Disse infine il moro afferrando i pantaloni e infilandoseli in tutta fretta prima di alzarsi e spostarsi verso la finestra, finendo di allacciarli.

Cosa?" L'australiano voltò la testa aggrottando le sopracciglia, vedendo l'uomo dargli le spalle.

"Ti starà aspettando e per quanto tu sia uno a cui piace stare fuori, è davvero tardi adesso..."

Lo sentì paronunciare quelle parole come se fossero le più normali del mondo, mentre si voltava e si incamminava verso la sua camicia, abbandonata ai piedi del letto. "Vuoi che me ne vada?" Domandò il biondo ancora incredulo e scioccato.

"Mi pare sia quello che vuoi tu." Questa volta la voce di Tom sembrò quasi fredda, distaccata mentre indossava la sua maglia molto frettolosamente.

Chris agguantò rapidamente i pantaloni da terra e li indossò sentendosi stranamente irritato, ma ancora stupefatto. "È tutto quello che sai dire? Dopo quello che è succ-"

Tom non lo lasciò nemmeno finire di parlare. Non voleva sentire più niente. "Senti, è tua moglie. La ami. E non vuoi che soffra, ques-"

Ma il biondo non era disposto a tacere. "Certo che non voglio che soffra!Ma non voglio nemmeno..." Anche se non sapeva come riuscire a spiegare quella sensazione che lo invadeva ogni volta che gli occhi dell'inglese incontravano i suoi. "...rinunciare a questo..." Concluse in un sussurro tenendo lo sguardo puntato sui ricci neri del compagno che ancora gli dava le spalle.

"Non sono due cose compatibili..." Tom si obbligò con uno sforzo immenso a non mostrare nessuna reazione, serrò la mandibola e si riprese a camminare andando verso il tavolino in fondo alla stanza.

L'australiano si sentì crescere dentro un disagio e una rabbia apparentemente immotivata nell'udire la voce del moro così impassibile, gelida. "Mi stai dicendo che devo decidere? O te o lei? Andiamo Tom non è-"

"Non ti chiedo di scegliere! Non lo farei mai!" Tom si voltò, bloccandosi sul posto e gettando uno sguardo fulminante verso il biondo.

"Ah, no, scusa... Non mi stai chiedendo di scegliere. Lo stai facendo al posto mio." Chris sostenne il suo sguardo con tutte le sue forze, avvertendo i loro respiri accelerare in maniera molto diversa da come erano cresciuti quella stessa sera, su quel letto che ora si frapponeva tra loro.

Tom fu il primo a distogliere gli occhi, spostandoli di nuovo verso il pavimento. "Ti sto solo semplificando le cose..." Si abbassò lentamente e raccolse la lampada che avevano fatto cadere a terra.

"E chi ti ha detto che voglio le cose semplici..." La voce del biondo fu come un violento e improvviso schiaffo che Tom sentì arrivargli direttamente in faccia senza poter fare nulla per difendersi. Strinse i denti sentendosi vicino a scoppiare. Voleva gridare, correre via, sparire in un posto qualsiasi e nascondersi. E dopo tanti anni, ora, di nuovo, per la seconda volta nel corso di un mese, voleva piangere. Aumentò la presa sul manico della lampada e con un tonfo, la sbatte sul tavolino.
Non era disposto a soffrire ancora.

"Perchè davvero tu sceglieresti una...una..." Non riusciva nemmeno a dirlo.
La voce di Tom uscì scossa da un impercettibilie tremore. "...in una stanza d'albergo, una volta al mese, quando c'è una premiere?" Ma lui fu abilmente in grado di coprirla con un tono più che sarcastico che riuscì a far irritare Chris in un modo inverosimile.

"...non è stato solo questo..." Le sue parole divennero misurate, pronunciate lentamente, con fatica.

Era troppo da sopportare. Il moro scattò, alzando la voce e riportando i suoi occhi, più profondi e lucidi del solito dritti in quelli australiano. "Allora cos'è stato eh? Dimmelo."

L'uomo rimase sconcertato dal tono con cui l'inglese aveva parlato: agitato, nervoso ma non spaventato ne pieno di rabbia. Sembrava quasi disperato.

"Perchè...Perchè non sei rimasto dov'eri?"

Lo vide avvicinarsi sostenendo il suo sguardo con una determinazione che mai gli aveva visto in volto.
Non riuscì a capire perchè, ma il biondo si sentì improvvisamente terrorizzato, invaso da un panico inspiegabile, senza sapere cosa fare, cosa dire o come rispondere. "Non lo so..." Riuscì solo a bisbigliare.

Ma Tom non si fermò, come se non avesse nemmeno sentito le sue parole. "Perchè sei venuto qui?" La sua voce si era alzata leggermente di volume mentre faceva un passo verso di lui.

Il biondo si rese conto di non riuscire più a guardarlo negli occhi e si voltò copletamente verso la porta, armeggiando freneticamente con la cintura dei pantaloni per tentare di chiuderla, senza successo, mentre quella paura priva di ragione continuava a crescere dentro di lui.
"Non lo so..." Il sussurrò questa volta uscì leggermente più forte ma le parole continuavano a tremargli sulle labbra mentre la voce di Tom gli rimbombava nella testa spingendolo a chiude gli occhi.

Tom non si fermò nemmeno questa volta. Non sentiva. Non voleva sentire. Si avvicinò ancora di più arrivando quasi alle spalle dell'australiano. "Dopo un mese! Perchè?"
La sua voce era scossa da un sentimento devastante.
"L'avevo accettato!"
Un sentimento spaventoso, doloroso.
"Era finito tutto là, in Italia!"
Odio?
"Perchè...?"
No, tutt'altro.
"PERCHÈ?"

"NON LO SO!" Chris urlò voltandosi improvvisamnete, mollando la cintura dei pantaloni e agitando un braccio con uno scatto di nervosismo.
Non si era accorto di quanto Tom gli fosse arrivato vicino.

Con un violento schiocco il dorso della sua mano andò a colpire uno zigomo del moro che si sbilanciò all'indietro barcollando e cadde, aggrappandosi al tavolino contro il muro per non finire accasciato sul pavimento. Il biondo si pietrificò per un istante vedendo l'inglese portarsi una mano contro il volto mentre un soffocato lamento gli usciva dalle labbra. Si buttò subito verso di lui, afferrandolo per le spalle e sostenendolo, cercando di risollevarlo. "Oddio...s-scusa...non...non volevo...ti prego scusami..."

Tom si raddrizzò tenendo gli occhi chiusi e le dita premute sul viso.
Sapeva che non aveva fatto apposta. Lo sapeva bene.
Lo so.
Questo voleva dire.
Ma il suo cuore la pensò diversamente.
"Io ti amo."

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Capitolo 5
*** ...per paura ***


...per paura.
Molto spesso, per riuscire a scoprire che siamo innamorati, forse anche per diventarlo, bisogna che arrivi il momento della separazione.

"Vai..." La voce di Tom uscì triste, quasi abbattuta mentre l'uomo continuava a premersi la mano sulla guancia senza ruscire a sollevare lo sguardo. Chris era rimasto immobile, in totale silenzio, a guardare il viso dell'inglese per diversi secondi, sorreggendolo per le spalle. Ma ora pareva essersi pietrificato, quasi avesse perso la capacità di fare un qualsiasi movimento. Si sentì come trascinato in una specie di allucinazione, di sogno, dove le cose accadono senza motivo, senza spiegazione alcuna. Non riusciva a credere alle parole che erano appena uscite dalla bocca di Tom.

"Ti prego, vattene..." La voce del moro era implorante, scossa da un tremito quasi doloroso da ascoltare, mentre la sua testa era sempre più rivolta verso il suolo e i suoi occhi si rifiutavano in ogni modo di aprirsi.

L'australiano lentamente si staccò dalle spalle dell'inglese accorgendosi, con stupore e panico, che le sue stesse mani stavano tremando.
La sua bocca era semiaparta ma nessun suono ne usciva, solo spezzati respiri impauriti. Pian piano si rimise in piedi sempre guardando verso il moro, ancora accasciato sul pavimento, poggiato con un braccio al tavolino. "I-io..." Fu tutto quello che riuscì a dire mentre, indietreggiando a piccoli passi, si allontanava da Tom che solo allora riuscì, quasi involontariamente, a sollevare lo sguardo, incontrando subito il suo. Quello fu il colpo di grazia. Quegli occhi, tanto espressivi quanto misteriosi. Quel viso così familiare eppure, in quel momento, così diverso da come lo aveva sempre visto.

Dispiaciuto, sofferente, innamorato.

Chris scosse impercettibilmente la testa a destra e sinistra, senza smettere di muoversi, avvicinandosi con la schiena alla porta. Non ci riusciva. Non riusciva a dire nulla che potesse essere di una qualche utilità. Si sentiva completamente indifeso. "M-mi..."

Il moro richiuse di nuovo gli occhi molto lentamente inspirando profondamente e allora, l'australiano non fu più in grado di sopportare quello che stava provando.

"...mi dispiace..." Sussurò Chris, poi si voltò con uno scatto afferrando la maniglia e uscendo in tutta fretta dalla stanza, richiudendo l'ingresso dietro di se.

Io ti amo.

Sentì dei passi alle sue spalle e si lanciò a passo svelto giù per il corridoio, fissando il pavimento per paura di incontrare qualcuno ed essere costretto a parlare.

Io ti amo.

Percorse le scale quasi di corsa appoggiandosi al muro per tentare invano di far smettere la sua testa di girare.

Io ti amo.

In pochi secondi arrivò davanti all'ingresso della sua camera, ansimando, la vista quasi annebbiata. Allora si fermò, tentando di riprendere il controllo di sé. Non poteva entrare nella stanza facendo troppo rumore perchè sicuramente sua moglie stava già dormendo. Era da un paio di settimane che oramai lui non si preoccupava più di tornare presto, ma non aveva importanza, perchè lei non si disturbava più ad aspettare il suo rientro. Svegliarla voleva dire doverle spiegare il perchè era così visibilmente sconvolto e di conseguenza, sicuramente, dover fronteggiare l'ennesima lite. Inspirò profondamente ed entrò nella stanza, richiudendo la porta e facendo meno rumore possibile. Si sfilò le scarpe e senza nemmeno cambiarsi scostò il lenzuolo e fece per appoggiarsi sul materasso, ma improvvisamente qualcosa lo fece fermare.
Un sussulto, un brivido, una voce nella sua testa.

Io ti amo.

Non riuscì nemmeno a sedersi. Mollò la presa sulle coperte quasi con disprezzo, con orrore. Orrore per ciò che aveva fatto, orrore verso se stesso. Si allontanò dal letto portandosi una mano alla fronte e sfregandosi le tempie con violenza. Scosse la testa e dopo un attimo si diresse verso la portafinesta, la aprì e uscì sulla terrazza, chiudendosi all'esterno.
Si lasciò cadere seduto su una sdraio e alzò lo sguardo verso il cielo. Solo dopo diversi minuti riuscì finalmente a calmare il respiro e il battito del cuore, tentando di liberare la mente, di allontanare quella paura terribile che sembrava aver piantato radici nel suo petto. Ma, d'un tratto, la sua attenzione fu attirata da qualcosa, un oggetto, semplice e comune, che stava proprio al suo fianco. Lentamente voltò la testa e quel semplice oggetto si trasformò in un fiume di ricordi che gli fece ripartire il cuore a mille, come se un'esplosione gliel'avesse dato alle fiamme.
Una sdraio. Vuota.
La gola gli si chiuse al punto da rendergli quasi doloroso respirare e finalmente si trovò a dover affrontare ciò che fino a quel momento aveva cercato con tutte le sue forze di evitare. Era stata colpa sua.
Ogni cosa.
Un singhiozzo sfuggì dalle sue labbra e rapidamente Chris si portò entrambe le mani sulla bocca, stringendosi il volto e premendo con una forza tale da lasciarsi i segni delle dita, pregando di riuscire a ricacciarsi giù in gola il pianto che sentiva salire. Era stato lui a desiderare quel bacio che non sarebbe mai dovuto accadere, su una veranda, proprio come quella. Lui aveva cercato quell'emozione, quella passione che con tanta tranquillità dopo aveva rinnegato. Ma poi, rivedendo Tom quella sera, non era riuscito a resistere, a frenare quel sentimento che lo aveva travolto come una tempesta e così, aveva fatto del male all'unica persona al mondo a cui mai, mai avrebbe voluto farne. L'uomo che un mese prima aveva rinunciato a ciò che provava solo perchè teneva a lui e non voleva vederlo soffrire. L'uomo che con tanto coraggio gli aveva confessato di amarlo.

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Capitolo 6
*** ...per amore ***


...per amore
L'alcool e' un liquido prezioso: conserva tutto... tranne i segreti.

"Si può?" La voce di Jeremy riempì di allegria la stanza mentre la sua testa sbucava dalla porta. Allegria che subito si spense nel vedere il suo collega risollevarsi da terra reggendosi al comodino in fondo alla camera. "Oddio..." Subito si precipitò verso di lui, poggiando a terra la bottialia di vino che teneva in mano. "Tom, tutto bene?" Lo afferrò per un braccio e lo aiutò ad alzarsi completamente, vedendolo scosso e molto turbato.

"Si, grazie..." Solo allora l'inglese si rivolse con il viso verso di lui e Renner potè notare sopra un suo zigomo, un piccolo segno rosso, come una botta o un graffio a fior di pelle. Senza dire una parola diede un energica spinta sulla schiena del moro, portandolo a sedersi sul letto. Sfilandosi poi la giacca, Jeremy si diresse verso il minibar in un angolo della stanza.

"Sono inciampato nella moquette..." Disse l'inglese quasi ridendo nervosamente, tentando con immensa fatica di recuperare un po' di tranquillità.

"Ah-ah..." Renner rispose quasi senza ascoltare, aprendo il bar ed estraendone rapidamente una fila di stampi per il ghiaccio ed avvolgendola poi con un lembo del suo indumento.

"...e ho sbattuto contro quel mobiletto!" Continuò il moro tentando di dare una spiegazione alla situazione in cui il suo amico lo aveva trovato. Non importava quale spiagazione. Una qualsiasi.

"Immagino che botta!" Jerry rispose ridendo. Andò verso il letto e si inginocchiò a terra davanti al moro, sistemando meglio la sua giacca intorno al ghiaccio.

"Si!...si..." Concluse Tom abbassando il volto verso il pavimento, cercando con ogni mezzo di evitare lo sguardo di Jere. Inutilmente, perchè il collega, senza esitazione, poggiò delicatamente quel kit di soccorso improvvisato sulla sua ferita e con lo sguardo riuscì senza fatica ad attirare gli occhi di Tom dentro ai suoi.

"Bè, sono sicuro che... il comodino..." Parlava con infinta traquillità. La sua voce era rassicurante, delicata come solo quella di un amico poteva essere. "...non voleva farti del male..."

Tom si bloccò.
Perchè non ci aveva pensato prima?
Jeremy era arrivato nella camera quasi subito dopo l'uscita di Chris e probabilmente lo aveva persino visto allontanarsi lungo il corridoio. Si sentì imbarazzato come mai nella sua vita mentre Renner lentamente si alzava e andava a sedersi al suo fianco sul materasso. L'inglese lo seguì con la testa lasciando cadere la giacca a terra e, senza avere la minima idea di cosa dire o fare, rimase con gli occhi fissi in quelli del collega. Solo quando Jere si sistemò accanto a lui, il moro non riuscì più a trattenersi. Si lasciò cadere il volto fra le mani facendo un rumoroso e doloroso sospiro.

"Hey, hey, andiamo..." Jeremy immediatamente si avvicinò a lui poggiandogli una mano intorno alle spalle.

"Che cosa ho fatto..." La voce di Tom uscì scossa, quasi tremante mentre l'uomo prese a scuotere la testa a destra e sinistra vergognandosi terribilmente di sé.
Jere aveva sentito tutto. Tutto.
La sua discussione con Chris, la sua disperazione, la sua confessione...

"Tom..."

"Sono stato un idiota! Non dovevo dirlo, perchè l'ho detto?" Tom alzò la voce stringendosi con più forza il viso con le dita. Fino a quel momento, non aveva ancora avuto il tempo di rendersi conto del significato di ciò che aveva fatto. Non aveva idea di cosa lo avesse spinto, pochi minuti prima, a fare a Chris quell'ammissione inaspettata che era così importante, era sconvolgente, era...

"Era la verità?" La voce di Renner calma, serena, domandò quella cosa tanto semplice e innocente da lasciare l'inglese completamente spiazzato. Il moro sollevò il busto lasciandosi cadere lentamente le mani sulle cosce e riportando timidamente gli occhi sull'amico.

"Tu...lo ami?" Chiese Jere con voce flebile lasciandosi sfuggire un dolce sorriso.

Tom non riuscì a parlare e avvertì le sue stesse dita cominciare visibilmente a tremargli ma subito, all'improvviso, sentì la mano di Jeremy afferrargli il polso mentre il sorriso sul suo volto si faceva più comprensivo e gentile. "Si."


Buona sera cari Hiddlesworthiani! Ho una brutta notizia da darvi (suvvia nemmeno tanto brutta. Solo un pochino). Non sappiamo esattamente quando saremo in grado di uppare il prossimo capitolo poichè giovedì partiamo per la mitica Roma! Torneremo lunedì 23 di conseguenza settimana prossima salterà l'update che verrà quindi probabilmente rimandato al weekend successivo. Ma non temete! Torneremo presto ;)

Un bacione

Cabaret del Diavolo

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Capitolo 7
*** ...per affetto ***


...per affetto

L'amicizia è quella cosa che porta un sorriso laddove l'amore ha lasciato una lacrima.

"Si." L'inglese rispose con un sussurro quasi impercettibile, senza pensare, spaventandosi di quanto quella risposta per lui fosse stata così naturale. "Ma...ma lui non doveva...voglio dire, io...io non volevo che lui..." Si fermò facendo un affranto sospiro, sentendosi confuso e impaurito, senza sapere più come continuare a parlare.

"...non volevi che sapesse quello che provi? Perchè?" Jere parlò alzando leggermente la voce, sorpreso, quasi incredulo, stringendo involontariamente la presa sul polso del collega.

Il moro con delicatezza si liberò dalla presa del suo amico e si alzò in piedi, incamminandosi verso l'altro lato della stanza e rivolgendogli le spalle. "Perchè non voglio che faccia qualcosa di stupido..."

Renner rimase stupefatto e scuotendo la testa si sollevò anch'egli dal materasso, lasciadosi sfuggire una risatina ironica. "Tipo cosa?"

Nessuna risposta arrivò dall'inglese che si limitò ad abbassare il capo, abbandonando lo sguardo verso il pavimento.

Il sorriso di Renner si spense. Istantaneamente. "Tu...tu non hai paura che non ti voglia..." Disse quasi in un sussurro, facendo qualche passo verso Tom. "...tu hai paura che lui scelga davvero di stare con te..." Concluse arrivando dietro le sue spalle e cercando di cogliere con lo sguardo il suo viso per capire cosa stesse provando. Ma prima che potesse riuscirci, le parole del moro lo fecero bloccare.

"Non voglio essere il responsabile dello sconvolgimento della sua vita..."

Jeremy sentì la voce del suo amico tremare come se tutto ciò che stava dicendo lo stesse schiacciando come un macigno.

"...non potrei sopportarne il peso..."

Un macignio dritto sul cuore.

Quelle parole accesero in Tom un'angoscia forte, incontrollabile ed egli improvvisamente si voltò incontrando lo sguardo del suo amico e sentendo i suoi stessi occhi iniziare a bruciargli insistentemente.

"Tom..."

"Jere, adesso ho bisogno che qualcuno mi dica che sto facendo la cosa giusta, perchè quello che provo...mi sta uccidendo..." Le parole dell'inglese morirono nel silenzio mentre l'uomo si girava completamente verso il suo collega che rimase immobile davanti a lui, preoccupato nel vedere quegli occhi sempre così vivaci e sereni, pieni di una sofferenza inaspettata e profonda. "...ti prego..."

A quell'implorante richiesta, Renner si sentì mancare il fiato e senza pesarci un secondo afferrò le spalle del moro stringendole con forza. Sorrise. Nel modo più dolce e rassicurante che riuscì a trovare, sperando con il cuore di poter fare qualcosa per quel caro amico che ogni cosa si meritava tranne tutto quel dispiacere. Con una energica spinta Jere abassò Tom tirandolo verso di sè e stringedolo in un improvviso abbraccio.
Il moro rimase per un attimo spiazzato poi, con un profondo sospiro rispose delicatamente alla stretta abbassando la testa contro la spalla di Renner, appoggiandovi la fronte.

"Va tutto bene Tom, non preoccuparti..." Sussurrò il biondo poggiandogli una mano fra i riccioli neri. Avrebbe tanto voluto dirgli che non era d'accordo, che non doveva rinunciare a Chris così facilmente ma sapeva che quello non era il momento adatto per farglielo capire quindi si limitò a stringere con più forza il suo amico in quell'abbraccio. Poi, dopo quanche secondo, pian piano, Jeremy fece scivolare la sua mano lungo la schiena dell'inglese arrivando a posargliela direttamente appena sopra la coscia e stringendo la presa.

"Mmm...avevo sempre sognato di farlo." Disse Jere divertito, sperando che quel gesto portasse un po' di serenità del cuore dell'amico. Tom, infatti, si lasciò scappare un sorrisino scuotendo impercettibilmente la testa.

"Jere, lascia andare il mio culo..."

"Mmm...no." Renner non gli permise di concludere la frase ed entrambi si misero a ridere senza sciogliere il loro abbraccio. Allora, Jeremy si ritrovò a pensare che magari non poteva fare nulla in quel momento ma si ripromise che avrebbe fatto qualunque cosa per aiutare quei due a capire quanto avessero bisogno l'uno dell'altro. A capire che anche se due persone sono fatte l'una per l'altra non necessariamente significa che siano fatte per stare insieme in questo momento.

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Capitolo 8
*** ...per amicizia ***


...per amicizia

"Meglio essere malvisto e rimanere vivo che essere rispettabile e camminare come un morto vivente." -Tom Hiddlston-

"Evans...Evans...adesso ti siedi e stai fermo ok?" La voce di Robert risuonò per tutto il locale mentre il suo collega continuava ad agitarsi accanto al bancone del bar.

"Sono irrequieto prima dei voli Rob!" Disse Evans accomodandosi su un alto sgabello e poggiando le braccia sul tavolo. Downey scosse la testa e tornò a voltarsi verso Chris Hemsworth, seduto anch'egli al bancone con un drink fra le mani. Era stato proprio Chris a chiedergli di passare in quel bar prima di prendere l'aereo per recarsi alla premiere che si sarebbe tenuta il giorno dopo in Italia, a Milano. Robert era stato subito pronto e, trascinandosi dietro Evans, era passato al locale prima di andare in aereoporto. Stavano ormai parlando da dieci minuti di quello che Rob definiva "L'argomento Inglese" ma in tutto quel tempo, Downey non era riuscito a stappare nulla dalla bocca dell'australiano eccetto che fosse confuso e insicuro.

"Chris, io non posso dirti cosa devi fare, non sono né uno psicologo né un...un maestro in materia, ma credo che dovresti fare quello che...senti..." Robert era piuttosto nervoso. Aveva gesticolato tutto il tempo e si sentiva terribilmente dispiaciuto ogni volta che i suoi occhi incontravano quelli di Hemsworth, così stranamente velati di tristezza.

"Avresti dovuto essere li..." Il biondo portò lo sguardo davanti a sé, sul bancone, dove le sue mani stavano giocherellando con il bicchiere ancora pieno poggiato davanti a lui. "...non lo avevo mai visto così..."

Downey lo guardò per un qualche secondo, incerto su cosa dire o fare per aiutare l'amico. Poi si abbassò, poggiando i gomiti sul bancone e tentando di recuperare il suo sguardo chinando la testa verso la sua. "E tu..." C'era una sola cosa possibile da fare in quel momento. "...cosa provi per lui...?"

A quella domanda tanto semplice ma così spaventosa, Chris fece uno scatto con la testa verso il collega, incrociando i suoi occhi marroni sempre così sereni e rassicuranti. E improvvisamente, non ebbe più dubbi. Sapeva bene qual'era la risposta a quella domanda. Sapeva esattamente cosa il suo cuore gli stava dicendo in quel momento. Sapeva fin troppo bene cosa significava ammettere quel sentimento a se stesso. E sapeva di esserne terrorizzato. Un lieve sorriso gli sfuggì dalle labbra mentre i suoi occhi si chiudevano e il suo volto tornava a rivolgersi verso il bancone. "...non posso Rob..."

"Perchè? Perchè no, Chris?" Incalzò subito Robert chinandosi verso il collega.

"Non voglio che qualcuno soffra e-"

"Chris..." Downey non lo lasciò nemmeno finire. "...è inevitabile che qualcuno soffra per questa storia, ma non vuol dire che sia tu a dover fare il martire della situazione! Stiamo parlando della tua vita, non puoi gettare via tutto così!"

"L'ho già fatto Robert..." La voce di Chris uscì triste, abbattuta, quasi irriconoscibile.

"No, ti sbagli..." A quelle parole il biondo riportò lo sguardo ad incontrare quello dell'amico, vedendolo più tenace e combattivo che mai. Un sorriso si dipinse sulle labbra di Downey. Ci sarebbe riuscito. Sarebbe riuscito a convincere Chris che non doveva arrendersi, che doveva lottare, che doveva alzare le chiappe e andare a prendere ciò che lo avrebbe reso felice. Ma non era facile. Il ragazzo era spaventato, ed era comprensibile, e lui non voleva essere ne brusco ne aggressivo. "Chris...tu..."

Improvvisamente una manata fece sussultare i due uomini. Una manata sbattuta proprio sul bancone in mezzo a loro dove ora stava la mano di Chris Evans. Robert rimase sorpreso nel vedere l'espressione sul viso di Evans: severa, dura, decisa. I suoi occhi blu, glaciali come non li aveva mai visti, erano puntati su quelli di Hemsworth fermo e allibito quanto lui da quell'inaspettata azione del loro collega.

"Ascoltami bene..." Cominciò Evans con una voce secca ed energica.

"Le uniche cosa nella vita che davvero un giorno rimpiangeremo saranno i rischi che non abbiamo avuto il coraggio di correre..."

Hemsworth non ebbe la forza di fare nessun movimento. Era come pietrificato dalle parole di Evans che si susseguivano inesorabilmente...

"...perciò, per dio..."

...e aumentavano di intensità diventando sempre più forti, più violente...

"...se vedi un'occasione di essere felice, afferrala con entrambe le mani..."

...più dolorosamente vere...

"...e vadano a farsi fottere le conseguenze."

Un silenzio innaturale calò fra i tre uomini per diversi secondi, lasciando cadere la stanza in un'atmosfera densa e pesante..quasi imbarazzante. "Oh! Le noccioline!" D'un tratto Evans spezzò l'aria, agguantando la scodellina nera che si trovava sul bancone e tornando allegramente dall'altra parte del locale come se nulla fosse. Robert e Chris lo guardarono allontanarsi senza essere in grado di dire una parola di nessun genere. Downey sospirò pensando a quanto inutile fosse stato tutto il suo tentativo di prendere la cosa da lontano e permettere a Chris di capire, di accettare e di riflettere su cosa stava succedendo. In 15 secondi, Evans aveva espresso violentemente quello che lui aveva tentato di esporre con delicatezza per circa mezz'ora. Il biondo si lasciò scappare una risatina tesa nel vedere Evans saltellare verso l'uscita del locale con in mano una manciata di noccioline.

"Credo abbia bevuto davvero troppo..." Disse infine tornando a rivolgersi verso Robert.

"Già..." Rispose quest'ultimo afferrando da terra la sua valigetta con un profondo respiro. "...ma sai...forse ha ragione..." Concluse dirigendosi verso l'uscita del bar mentre un brivido attraversava la schiena di Chris facendogli quasi mancare il respiro. Gli ci vollero diversi secondi per rispondere al saluto che Downey gli aveva fatto con la mano dal fondo del salone prima di sparire oltre la soglia trascinandosi dietro Evans che ancora sgranocchiava tranquillamente il suo snack.

"...forse..."

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Capitolo 9
*** ...per fatalità ***


...per fatalità

Se hai paura e sei al buio, accendi la luce... Dentro di te.

Chris entrò in casa senza preoccuparsi del rumore che facevano le chiavi gettate sul comò o i suoi passi pesanti sul pavimento di legno scuro.

Era solo.

Tutte le luci erano spente e la temperatura nella casa si era abbassata per via della porta-finestra rimasta leggermente aperta. L'australiano si levò le scarpe, calciandole in un angolo del salone e si diresse verso il balcone slacciandosi il maglione. Uscì all'esterno prendendo un profodo respiro e si appoggiò con i gomiti al bordo della ringhiera. Sapeva già che non sarebbe riuscito a dormire nonostante il volo che lo attendeva la mattina dopo e, per questo, nemmeno si disturbò a tentare di distrarsi dall'unica cosa che aveva in testa.

...forse ha ragione...

Non aveva mai pensato che tutto potesse essere così semplice, così facile...quasi banale. Era rimasto talmente spavenato da ciò che era successo da perdere completamente la necessaria lucidità per capire quello che il suo cuore gli stava dicendo, quello che gli stava chiedendo di fare.

...Non ti chiedo di scegliere! Non lo farei mai!...

Le parole risuonavano nella sua testa con un eco infinita, contringendolo a chiudere gli occhi per tentare di calmare i suoi respiri. Serrò la mandibola e sospirò dolorosamente.

...Ah, no, scusa... Non mi stai chiedendo di scegliere. Lo stai facendo al posto mio...

"Merda..." Il sussurrò gli uscì quasi spontaneo quando si rese conto di quanto stupido fosse stato. Non era stato in grado di affrontare quello che provava con tanta intensità. Non era stato in grado di ammettere la verità a se stesso, per paura, per timore. Non era stato in grado di...scegliere, come invece avrebbe dovuto fare...sin dall'inizio. Si voltò di scatto rientrando nella sala e chiudendo la finestra alle sue spalle. A passo svelto si diresse verso il divano su cui aveva lanciato la giacca appena entrato; la afferrò ed estrasse dalla tasca il telefonino. Solo quando si mise a scorrere i numeri sulla rubrica il cuore iniziò a battergli più forte e le mani sembrarono tremargli leggermente per qualche secondo.
T...

T...

...T...

U...

Chris aggrottò le sopracciglia, sorpreso e confuso. Non aveva il numero? Come era possibile? D'un tratto un battito del suo cuore venne quasi a mancare e l'australiano sentì di perdere il respiro per un istante. L'aveva...cancellato? Con una fatica immensa inghiottì la saliva e subito dopo scosse la testa incredulo e riprese a cercare sulla rubrica ripartendo dall'inizio.
A...

B...

Improvvisamente il dito gli si bloccò sullo schermo. Non lo aveva cancellato, non avrebbe mai potuto. Si era solo scordato di come lo aveva salvato. Lentamente, sul suo volto si disegnò un leggero sorriso, dolce, nostalgico.

Bro.

Si era dimenticato di come tutto era iniziato, semplice, come lo erano loro quando si erano conosciuti. Avevano costruito un rapporto che pareva indistruttibile, sincero, uno di quelli davvero difficile da trovare. Un rapporto che in pochi secondi si era trasformato in qualcosa di ancora più profondo che non erano stati in grado di fermare, ma che li aveva portati a domandarsi con dolore e paura cosa davvero desiderassero dalle loro vite e da loro stessi. Ma adesso era il momento di capirlo. Era il momento di affrontare tutto, prima che fosse troppo tardi e ogni cosa venisse irrimediabilmente distrutta. E spettava a lui compiere il primo passo questa volta...

...io ti amo...

...e decidere cosa fare.

Istintivamente, Chris premette il tasto -chiamata- e portandosi il telefono all'orecchio si mise a camminare nervosamente per tutta la stanza, sempre al buio, finendo anche per sbattere mano contro uno spigolo del mobile in legno.
"Mhh!" Con un mugugno si mise a scuotere energicamente la mano mentre il ritmico suono del cellulare risuonava incessante nella sua testa. Quando, d'un tratto, si accorse amaramente di non avere la più pallida idea di che cosa dire. O meglio, aveva una sola cosa da dire e anche piuttosto semplice, ma non sapeva che parole usare per non risultare banale, stupido e imbarazzante. In pochi secondi tentò di prepararsi mentalmente un discorso sensato e serio che valesse la pena ascoltare, non come quelli che generalmente faceva sul palco quando ringraziava per la vittoria di un premio. Aveva più o meno un milione di cose da dire e spiegare e voleva a tutti i costi che uscissero nel modo giusto anche perchè sapeva che al telefono è difficile esprimere ciò che si prova, specialmente perchè non poteva guardare l'altra persona. Bè, forse era un bene essere al telefono.
Probabilmente non sarebbe riuscito a spiccicare una parola di senso comiputo se si fosse trovato di fronte a quegli occhi così chiari ma mai freddi, e sempre così sinceri e affettuosi e Chris ancora si domandava che razza di mostro era stato per essere riuscito a far diventare quello sguardo tanto sofferente e abbattuto. Doveva rimediare. E adesso. Altrimenti non ci sarebbe mai più riuscito. Era sicuro, sentiva nel cuore che se avesse aspettato, anche solo fino al giorno successivo, sarebbe stato troppo tardi, perchè probabilmente, il coraggio o la follia che lo invadevano quella sera, non si sarebbero mai più ripresentati.
Tentò di misurare le parole, tentò di sis-

"Pronto?"

Per la prima volta nella sua vita, Chris perse un battito del suo cuore. Sentì il viso scaldarsi all'improvviso come se il sangue gli fosse rimbalzato direttamente solo nella parte superiore del corpo, partendo dal centro del petto. E una sensazione di vuoto, incolmabile, spaventoso gli invase il ventre disintegnando tutto il suo coraggio.

"L...Luke...?"

"Oh! Ciao Chris! Mi dispiace, Tom ha dimenticato il telefono in macchina, avevi bisogno di dirgli qualcosa?"

Si, maledizione, si. Aveva bisogno di parlargli. Ne aveva bisogno disperatamente o non sarebbe riuscito a trovare la forza per dirgli che...

"No...no, non preoccuparti. Non era... nulla di importante..."

Mentì.

"Buonanotte Luke..."

Non sapeva nemmeno lui il perchè.

"Ok, buonanotte Chris!"

Ma mentì.

Rimase fermo, in linea, con lo sguardo perso di fronte a sé e gli occhi improvvisamente velati da una tristezza a lui stesso inspiegabile fino a quando l'agente personale di Tom non attaccò dall'altro capo del telefono. Il braccio dell'australiano gli scivolò lungo il corpo quasi senza peso, lasciando che il telefono gli cadesse dalla mano e schiantandosi al suolo con un tonfo sordo.
Quella era la prova che aspettava.
Così era come doveva andare.
Nessun discorso, nessuna confessione, nessun coraggio.
Chiuse pian piano gli occhi inspirando profondamente, dolorosamente.
E finalmente, quelle poche parole che voleva dire gli si disegnarono chiare nella mente come una macchia di inchiostro indelebile.
Avrebbe pensato a quelle parole per tutta la notte e si sarebbe trovato a pensarle anche in aeroporto, prima di salire sull'aereo.

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Capitolo 10
*** ...per sempre ***


...per sempre

È l'affetto che si riceve, non quello che si dà, a procurare questo senso di sicurezza.

"Allora vado un attimo a parlare con l'autista e mi faccio dire bene dov'è il ristorante." L'agente personale di Tom Hiddleston si allontanò dirigendosi verso la macchina parcheggiata all'angolo della strada mentre l'attore si allontanava dall'ingresso del cinema giocherellando con il telefono fra le mani e saettando con lo sguardo tra la gente sul red carpet. Prima della proiezione del film aveva visto arrivare Robert Downey Jr e altri dei suoi amici, ma c'era un volto che non aveva ancora incontrato.
Il volto di chi più di chiunque temeva e sperava di vedere lì quella sera.
Di un uomo che, l'ultima volta, aveva visto in una stanza d'albergo qualche giorno prima.
Di un uomo a cui aveva stupidamente confessato che...

"Tom!"

Qualcuno lo chiamò, ma in tutto quel caos non riuscì ad identificare la voce. Si girò sorprendendosi di quanto il cuore avesse preso a battergli all'improvviso più velocemente.
Poi lo vide...

"Tom!" La voce di Jeremy Renner squillò nuovamente dall'altra parte del tappeto rosso attirando finalmente l'attenzione del moro che con un cenno del capo salutò il collega regalandogli un affettuoso sorriso e tentando in ogni modo di nascondere l'angoscia che sentiva dentro di sé.

"Ci vediamo al ristorante!" Gridò Jere entrando nella macchina e salutando energicamente con la mano.

Tom lo seguì allontanarsi in auto fino a quando non scomparve oltre un palazzo bianco, poi riportò lo sguardo verso folla, oltre le transenne, dove migliaia di flash ancora illuminavano tutto il tappeto in quella serata che sembrava essere improvvisamente più buia. Fece un rapido sospiro e, mordendosi le labbra, riportò lo sguardo verso l'uscita della sala, tra i suoi colleghi che si riversavano all'esterno. Non si accorse che le sue dita avevano iniziato a stringere il telefono con tanta forza da far scricchiolare per un secondo lo schermo. Vide diversi amici uscire e dirigersi pian piano alle loro auto, vide tante facce conosciute, note, ma non quella che voleva vedere. Che doveva vedere.
Aveva trovato una chiamata sul suo cellulare e Luke lo aveva informato che era stata fatta quasi in piena notte, ma che non gli era stato lasciato nessun messaggio. Nessuna parola. Niente.
Non poteva lasciar cadere tutto così. Doveva parlargli, doveva vederlo, doveva dirgli che...

"Chris!"

Un fotografo gridò a pochi metri da lui facendolo istantaneamente pietrificare. Si voltò sentendosi mancare l'aria nei polmoni e i suoi occhi subito incontrarono un gruppo di giornalisti disposti tutti intorno ad una persona. Senza riflettere, senza pensare, fece un passo verso il gruppo di persone fino ad arrivargli quasi alle spalle. Sentì il viso caldo e le mani tremare ancora strette intorno al cellulare mentre una goccia di sudore freddo gli scendeva inesorabilmente lungo la schiena. Una reporter si scostò leggermente quando lo vide avvicinarsi e allora, Tom potè vedere il volto dell'uomo che stavano intervistando.

Evans.

Chris Evans.

Istantaneamente, distolse lo sguardo portandolo al suolo e tornando a voltarsi dall'altro lato del red carpet. Allora, solo allora, quando sentì i battiti del suo cuore pulsargli nelle tempie, quando sentì gli occhi bruciare come non mai, quando sentì di aver distrutto l'amicizia più vera e cara che avesse mai avuto...
Allora capì che non gli importava di nient'altro.
Fece un profondo respiro, sentendo un vuoto doloroso in mezzo al petto, un vuoto quasi insopportabile.
Avrebbe solo voluto vederlo.
Chiuse gli occhi sforzandosi con ogni briciola del suo corpo di controllare quel grido disperato che gli stava salendo in gola.
Non gli interessava come sarebbe arrivato lì. Se come suo collega, suo amante, suo amico.
Non gliene fregava assolutamente niente.
Allora, davanti a fotografi e giornalisti, l'inglese avvertì la sensazione più orribile che avesse mai provato.
Avrebbe solo voluto che fosse lì, al suo fianco.
In quel momento, anche in mezzo a centinaia di persone, Tom si sentì completamente solo.

"Non era il Chris che ti aspettavi?"

La reazione fu involontaria, inaspettata, decisamente brusca. Tom si girò con uno scatto non riuscendo a valutare quanto vicino a lui fosse l'uomo che gli aveva appena parlato.

"Mmmh!"

La gomitata centrò in pieno il ventre di Chris Hemsworth che con un soffocato lamento attutì il colpo piegandosi delicatamente in avanti.

"O...oddio..." L'inglese sgranò gli occhi e senza pensarci afferrò il biondo per i bicipiti per sorreggerlo. "Mi dispiace...scusa, scusa, non mi...ero accorto che tu..." Disse terribilmente dispiaciuto e preoccupato dai leggeri singhiozzi che sentiva uscire dalla bocca dell'australiano mentre cercava di intravedere il suo viso abbassato verso il suolo.
Chris strinse a sua volta le braccia del moro e pian piano risollevò la testa rivelando un divertito sorriso che fece immediatamente rilassare il moro. Vedendolo ridere di nuovo, vicino a sé, Tom non riuscì a trattenersi e una luminosa risata, la prima vera risata da oramai quasi un mese, gli si dipinse sul volto. Si sorrisero per qualche istante e, senza bisogno di dire una parola, spazzarono via in un solo momento quella nottata che li aveva tanto sconvolti e spaventati, al punto da temere quasi di guardarsi nuovamente negli occhi. Poi, pian piano il sorriso di Chris si spense quando il suo sguardo si posò sulla guancia di Tom, appena sotto l'occhio, dove un piccolo livido scuro colorava il suo zigomo. Deglutì con fatica sforzandosi di non pensare che era stato lui la causa di quella ferita.

"Ti ho chiamato..." La voce dell'australiano si fece improvvisamente timida, impacciata mentre le sua mani scivolavano via delle braccia dell'inglese.

"...Lo so..." Rispose il moro riportando anch'egli le mani lungo i fianchi.

"...non...avevi il telefono..." Continuò il biondo cercando di allontanare gli occhi dal segno rosso sul viso di Tom.

"Ehm...si...so anche questo..." Disse l'inglese accorgendosi del modo in cui Chris stava fissando il livido. Imbarazzato, dispiaciuto, triste.

L'australiano sospirò chiudendo per un secondo gli occhi e tentando di ricordare quell'abbozzo di discorso che si era scritto nella sua mente la sera prima, con il telefono appoggiato all'orecchio. "Tom io..."

Come accade, il grande amore?

"...io non volevo farti del male, non...non ho mai voluto ferir-"

"Lo so, tranquillo..." L'inglese lo interruppe. Non gli importavano le sue scuse. Sapeva che quello che era successo in quella camera era stato un errore, uno sbaglio.

Nessuno lo sa...

Chris sospirò riuscendo finalmente a guardare Tom dritto negli occhi.

"Io... non intendevo esagerare in quel modo...non era...giusto..." Disse l'inglese ma il biondo scosse la testa facendo un passo verso di lui.

"No. No, Tom. Quello che volevo dire era che a-"

"Chris!Tom!Una foto!"

...ma quello che posso dirvi è che accade in un batter di ciglia.

I due attori si voltarono verso il giornalista che li aveva appena chiamati e, scambiandosi un rapido sguardo, si sistemarono in posa per la foto, passandosi l'un l'altro le braccia dietro la schiena.
Diversi fotografi iniziarono a far scattare i flash nella loro direzione mentre i due presero a camminare lentamente verso le auto. Chris non riusciva ad allentare la stretta sul fianco di Tom che invece, con sorpresa del biondo, pareva molto più calmo e rilassato.

"...abbiamo...abbiamo combinato un casino...eh? Disse infine ridendo nervosamente.

"...già..." Si limitò a rispondere il moro sorridendo quasi divertito, riuscendo a riaccendere in Chris una serenità apparentemente perduta.

"Cosa...cosa facciamo? Insomma...cosa possiamo fare per...risistemare le cose, per...noi...per..."

"Io lo so." La risposta di Tom fu decisa, improvvista, tanto da costringere Chris a fermarsi involontariamente sul posto. Il moro si arrestò accanto a lui e, senza lasciare la presa sulla sua schiena, voltò la testa verso il biondo. Chris sentì come un brivido attraversargli la schiena quando vide gli occhi di Tom. Per un istante, tutto sembrò finto, come un sogno ad occhi aperti. Poi, il sogno pian piano svanì rivelando la pura, semplice realtà.

Un momento ti stai godendo il mondo...

Tom sospirò, stringendo la mano sulla giacca di Chris. Loro erano due uomini che avevano trasformato il loro rapporto in qualcosa di più profondo, di più intenso, di più passionale. Due uomini che forse avevano commesso un errore, e lui non era disposto a stravolgere tutto ciò che avevano, tutto ciò che erano, rischiando di gettare via un'amicizia tanto straordinaria.

...e quello dopo ti stai chiedendo come hai potuto vivere finora...

Tom sorrise, finalmente sicuro, completamente convinto di quello che stava per dire.
Non gli interessava come sarebbero rimasti. Se colleghi, amanti...o solo amici...
Non gliene fregava assolutamente niente.
Tutto ciò che gli importava era di poter rimanere lì al suo fianco, come aveva sempre fatto.

"...torniamo indietro..."

... senza di lui.


Vi aspettiamo nei prossimi giorni con l'ultimo capitolo di questa lunga vicenda, con il quale saluteremo, dopo tutto questo tempo, i nostri due amici. Buona Notte e grazie mille per ogni vostra magica recensione. A presto.

Cabaret del Diavolo.

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Capitolo 11
*** ...Epilogo ***


Senza Te

3 mesi dopo

Il cellulare di Chris squillò facendo sobbalzare l'uomo che, continuando a camminare lungo il marciapiede, infilò la mano in tasca e rispose alla chiamata. "Si? Pronto?"

La voce di Elsa dall'altro capo del telefono iniziò a parlare molto velocemente, spingendo l'australiano a sbattere le palpebre un paio di volte per far connettere il cervello.

"No...non sono ancora arrivato...no, comincia fra un'ora..." Chris entrò nella stradina recintata che stava sulla sua destra e che portava ad una tipica casa londinese illuminata da quella pallida giornata di sole.

"Sono appena arrivato, si..." Salì le scalette d'ingresso e si fermò davanti alla porta passandosi una mano fra i capelli per risistemarli e spostarli dalla fronte.

"Ok...va bene...ci vediamo a casa..." Concluse la chiamata e ripose rapidamente il telefono in tasca prima di bussare energicamente alla porta. Subito udì dei passi avvicinarsi e dopo un paio di scatti della serratura, l'uscio si aprì ed un uomo apparve sulla soglia con un libro fra le mani.

Tom Hiddleston.

I due si guardarono per un secondo poi, sul volto dell'inglese si disegnò un'espressione dubbiosa e sorpresa.

"Allora?" Lo incitò Chris battendosi una mano sull'orologio, fingendo apparente nervosismo.

L'inglese ci mise qualche secondo a realizzare il perchè il biondo gli stesse mettendo fretta ma quando finalmente lo fece, sgranò gli occhi mentre la bocca gli si apriva leggermente.

"Merda..." Sussurrò mentre con uno scatto si voltò verso l'interno della casa lasciando la porta aperta. "Stavo leggendo! Cavolo, non mi sono accorto dell'ora!" Urlò correndo verso il salotto e abbandonando il libro sul divano mentre Chris entrava in casa richiudendo la porta dietro di sé. "Mi dispiace! Faccio in fretta!"

L'australiano arrivò accanto al sofà rosso, mordendosi con insistenza le labbra e guardando il moro saettare da una parte all'altra della sala in cerca del suo cellulare e di tutto ciò che gli occorreva per andare alla comic convention. Rimase a fissarlo per almeno due minuti trattenendosi con uno sforzo disumano dal mettersi a ridere. Sfortunatamente, Tom se ne accorse. Si bloccò con il telefono tra i denti, la giacca in mano e lo sguardo puntato sul biondo. Pian piano sollevò un braccio, prese il telefono in mano e si ricompose schiarendosi e sollevando le sopracciglia.

"Non siamo in ritardo...vero?"

Allora, Chris non riuscì a trattenersi. Scoppiò in una rumorosa risata piegandosi in avanti verso il divano, davanti agli occhi di Tom rimasto praticamente impassibile e fermo a qualche metro da lui.

"Scusa, non ho resistito!" Disse il biondo cercando di calmare le sue risa.

"Ti odio." Rispose Tom mentre sul suo viso si disegnava un inquietante e falsissimo sorriso. Poi l'uomo gettò la giacca su una sedia e tornò ad accasciarsi sul divano, afferrando nuovamente il suo libro con un divertito broncio sul volto.

"Non è vero." Rispose Chris mentre la sua risata andava pian piano affievolendosi.

"No, ok. Ma sei comunque uno stronzo." Assentì l'inglese fingendosi irritanto, riaprendo il suo romanzo, sbuffando con il naso e accomodandosi contro il morbido schienale del sofà.

L'australiano rimase un attimo a guardarlo poi sorrise lievemente, si sfilò anch'egli il cappotto e lo gettò sopra quello del moro prima di dirigersi verso la cucina. "Intanto che aspettiamo, io ho assoluto bisogno di un caffè!"

Tom non rispose, si limitò a fare verso di assenso rituffandosi nella sua lettura. Dopo quanche secondo sentì le braccia di Chris appoggiarsi sullo schienale del divano, proprio dietro la sua nuca.

"Ne vuoi uno?" La voce dell'australiano era molto più calma, gentile, affettuosa.

L'inglese girò la testa incrociando il viso del biondo che lo fissava con i suoi irresistibili occhi azzurri. "Si..." Disse rispondendo con un soffuso sussurro.

Chris sollevò un sopracciglio ammiccando divertito e Tom si lasciò cadere il libro sulle gambe...

"...grazie..."

... poi, pian piano, i due, senza smettere di guardarsi negli occhi, avvicinarono i volti lasciando solo un respiro fra le loro labbra ancora segnate da un lieve sorriso.

"...Garfield..."

Un bacio.
Un bacio senza più nessun dubbio, paura, incertezza.
Un bacio come quelli che oramai da 3 mesi si scambiavano, perdendosi l'uno fra le braccia dell'altro.

.

.

"Cosa...cosa facciamo? Insomma...cosa possiamo fare per...risistemare le cose, per...noi...per..."

.

.

"Io lo so...torniamo indietro..."

.

.

"...No."

.

.

"...m-ma...Chris... perchè?"

.

.

"...perchè io ti amo."

.

.

.

.

Fine


Grazie per aver seguito la storia di questa coppia fino alla fine, per averli amati insieme a noi, per aver trattenuto il respiro al loro primo bacio ed averli visti pian piano lasciarsi travolgere da quel sentimento che li ha tanto fatti soffrire ma che alla fine, senza dubbi ne incertezze, li ha fatti sentire vivi, l'uno accanto all'altro.

Grazie a tutti voi.

Cabaret del Diavolo

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