Sana's Life

di Melchan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima parte ***
Capitolo 2: *** Seconda parte ***
Capitolo 3: *** Terza parte ***
Capitolo 4: *** Quarta parte ***
Capitolo 5: *** Quinta parte ***



Capitolo 1
*** Prima parte ***


SANA’ S Life

SANA’ S Life

A causa di un problema con la cancellazione del primo capitolo della storia, consistente nella –vecchia- prefazione, che mi è stato cheto di cancellare da un amministratore del sito perché contravveniva alla regola del non esserci capitolo con sola introduzione, ho deciso di cancellare la storia (salvando però i numerosi commenti J) e ripostarla con qualche modifica: a) un codice html in semplice Times New Roman che spero non accavalli le lettere come invece faceva il Mangal (modifica che volevo comunque fare da tempo, aspettavo solo l’occasione –e la voglia, lo ammetto :P- ; b) vari capitoli per parte –che dovrebbero essere 3- c) naturalmente, con la modifica che mi era stata richiesta.

Bene, allora buona lettura a tutti, tantopiù che la fic è finita…forse aggiungerò una parte, una specie di prologo, ma solo se mi verrà un po’ d’ispirazione (chiamiamola così, anche se come riferimento ai momenti di piena delle idee della sottoscritta è un po’ esagerato…in particolar modo per questa fic di svariati anni fa XD).

Grazie a tutti quelli che hanno commentato (ho ancora tutto ciò che mi è stato scritto ^^), che commenteranno e anche solo leggono apprezzando –anche se mi piacerebbe molto se me lo facessero :P riguardo alle critiche lo so che questa non è una fic di prima classe –anzi-, ma tenete conto che l’ho scritta quelli che per me sono secoli fa, e adesso ho completamente cambiato stile –e in meglio, si spera-.

Un bacione

Mel-chan

Il ritorno

Erano ormai un po’ di anni che Sana ed Akito stavano insieme ufficialmente, peccato che il ragazzo, un po’ di tempo dopo aver preso il diploma, fosse dovuto partire per un campus di nove mesi con il gruppo di karaté, a 21anni di età. Quando era partito, i suoi amici lo avevano salutato fino a quando il suo aereo non era diventato che un puntino invisibile, nel cielo terso di quella mattina di gennaio.

Il giorno in cui fece ritorno a casa, Akito trovò tutti i suoi amici di sempre ad aspettarlo: Tsuyoshi; Aya, Fuka e Takaschy, il “nuovo acquisto”, nonché ragazzo di Fuka… più Lei.

Non appena fu sceso dall’ aereo tutti gli si buttarono contro ridendo ed abbracciandolo, senza fare caso a tutta la folla che si voltava sorridendo. Akito salutò tutti, poi Fuka fece segno a gli altri di fermarsi e, guardandolo dolcemente, disse:

-Penso che ci sia qualcun altro che ti vuole salutare-;

lui, che fino a quel momento non l’ aveva ancora vista, guardò nella direzione che gli indicava l’ amica: Lei era lì. Portava una gonna di jeans cha arrivava al ginocchio, un maglione bianco perla che gli si posava delicatamente sugli esili fianchi e un paio di sandali celesti senza tacco. I capelli erano sciolti e splendenti ed un tocco di rimmel le allungava gli occhi, mentre il lucidalabbra le faceva brillare quel punto che lui, per due anni (e 3 volte!), aveva avuto il piacere di toccare a sua volta con le proprie labbra.

Si avvicinò a lei senza toccarla, per paura che al solo contatto potesse svanire, come in un sogno dal quale si viene bruscamente svegliati.

Un sogno che faceva dalla prima notte in cui aveva dormito fuori da Tokio.

-Ciao Sana-

disse lui guardandola negli occhi e facendosi scappare uno dei suoi rari sorrisi, della quale lei era sempre stata sia causa che testimone. La ragazza fece un passo verso di lui, lo fissò, e poi sussurrò, senza riuscire ad avere il tono normale e spensierato che sperava:

- Ciao Akito. Sono contenta che tu sia tornato e…-.

Ma lui non le lasciò il tempo di finire la frase, perchè lasciò cadere a terra la borsa da viaggio e la cinse tra le braccia, potendo finalmente accarezzarle nuovamente i lunghi capelli ramati: nel frattempo udì un “click”, ma lo ignorò.

Poi sentì una la giacca inumidirsi: erano lacrime.

– Da quando ti metti a piangere vedendomi? Di solito ti arrabbi non appena apro bocca e mi prendi a martellate (di gomma)! Non mi dirai che sei diventata una piagnona?-

chiese lui col sua solita faccia seria, che nascondeva però una piccola presa in giro.

Lei tolse il viso dalla sua spalla e disse, ridendo e asciugandosi velocemente gli occhi:

- Sei sempre il solito sbruffone. Per fortuna questi nove mesi non ti hanno cambiato. -

Lui la fissò intensamente e rispose:

- Posso dire lo stesso di te. -

Dopodichè avvicinò nuovamente il suo viso a quello di Sana e la baciò, felice come non lo era da tempo, riassaporando quel tocco così leggero e innocente, al quale per nove mesi aveva dovuto rinunciare. Mentre la baciava le spostò i capelli dal viso e glieli appoggiò dietro le orecchie.

In quel mentre sentì altri due “click”, e, innervosito, la lasciò e si voltò per vedere cosa fosse. Anche Sana, avendo sentito quegli ultimi due scatti, si girò: diventò subito rossa e poi mormorò:

-Oh no! È gia arrivato! Eppure gli avevo detto che lo avrei incontrato dopo…-

Akito strinse gli occhi in modo ostile e chiese a Sana:

-Chi è quel tipo con la macchina fotografica? Giuro che se è uno di quei paparazzi rompiscatole gli mostro in anteprima quello che ho imparato al campus…-

fece per andare verso il fotografo, ma Sana lo trattenne per un braccio, sperando di riuscire a fermarlo prima che potesse mettere in atto le sue minacce.

-Lascia perdere Akito! Quello non è un semplice paparazzo, lui è…-

ma la ragazza non riuscì a finire la frase perché il bellissimo e impomatatissimo reporter si avvicinò con un sorriso a 32 denti e, ignorando la faccia ostile di Akito, si mise davanti a lui e gli porse un biglietto da visita.

- Buongiorno, come le stava dicendo Sana-chan io non sono un paparazzo, bensì un reporter dell’ “Actress News”, l’importante rivista cinematografica nipponica. Mi chiamo Tonami Akasaka, sezione “bester reporter”, e sono veramente lieto di lavorare con una ragazza affascinante come Sana- chan. Lei è veramente fortunato. -

detto ciò fece un perfetto inchino giapponese alla ragazza e disse con uno sguardo pieno di ammirazione:

-Sana, sei bella ogni giorno di più. Dico davvero!-

la ragazza rispose con uno di quei sorrisi smaglianti che l’ avevano resa famosa e fece a sua volta un piccolo inchino al reporter. Da quando aveva girato gli ultimi film le sue capacità diplomatiche erano notevolmente migliorate, anche se continuava ad avere sempre quell’ allegria, quell’ entusiasmo e quella schiettezza nel fare ogni cosa che la rendeva così gradita ed ammirata a tutti i suoi fan ed alla critica.

A quel punto Tsuyoschy, conoscendo Akito meglio di chiunque (forse anche dello stesso ragazzo!), si avvicinò all’ amico e gli mise una mano sulla spalla, per intimargli di non dire o fare niente di quello che stava pensando, poi spiegò velocemente: - Akito, il signor Akasaka-kun sta facendo un servizio MOLTO IMPORTANTE su Sana e la sua vita, intitolato“Sana’s life”, un servizio che probabilmente riscuoterà un gran successo e aumenterà ancora di più la popolarità di Sana e le sue proposte di lavoro, se sarà di esito positivo… questo è quello che ci ha detto lei, non è vero Akasaka-kun? - il reporter annuì e, prima che Akito potesse fare qualsiasi commento, strinse vigorosamente la mano al ragazzo, aggiungendo:

- Sono veramente felice di poterla finalmente vedere di persona signor Hayama! Sana mi ha parlato così tanto di lei.-

Quest’ ultimo commento lo aggiunse con un entusiasmo a dir poco eclatante, se non esagerato.

- Spero che non le dispiaccia se prima ho scattato qualche fotografia, ma sa com’è, i lettori sono molto interessati alla vita privata dei loro idoli, soprattutto per quanto riguarda le faccende sentimentali. -

Dopodichè estrasse penna e taccuino preparandosi a fare qualche domanda ad Akito, ma Sana, vedendo l’ espressione furiosa sul viso del ragazzo, si mise davanti a lui allargando le braccia, e disse:

- Senta Tonami-kun, ha gia intervistato tutti i miei amici, quindi non penso ci sia bisogno di fare domande ad Akì, vero?-

subito si pentì di come lo aveva chiamato: Akì era un soprannome con cui lo chiamavano solo loro 5, ma Sana, sbadata com’ era, si era lasciata scappare quel buffo nomignolo che il ragazzo si portava dietro fin dai tempi dell’ asilo.

Ci fu un terribile e imbarazzato silenzio in cui Akito si liberò con facilità dalla stretta di Tsuyoshy e andò verso l’ uscita dell’ aereo porto, con una faccia che convinse tutti, a parte Sana, a non seguirlo.

- Em… mi scusi… potrebbe tralasciare quest’ ultimo particolare nella scrittura dell’ articolo? È una cosa che sarebbe meglio tenere privata. -

chiese Fuka, sperando di convincere il reporter a lasciar perdere quella indiscrezione, anche se sapeva quanto ai lettori quel piccolo particolare sarebbe piaciuto. A dispetto di tutti, il reporter annuì con fare comprensivo e disse:

- Comprendo benissimo. State certi che di -Akì- nessuno a parte voi e me saprà mai niente. -

I quattro ragazzi tirarono un sospiro di sollievo e andarono verso la strada per raggiungere gli amici… ma era troppo tardi perché dei due non c’era più traccia.

Come sei

Casa Hayama poco dopo

Silenziosamente i due ragazzi scesero dal taxi e si diressero verso la porta. Akito non fece in tempo a suonare che, dall’ interno della casa, giunse una voce femminile alquanto raffreddata che disse, starnutendo poco dopo:

- Babà, è ziguramende lui! Gorro ad aprire! Etcì!!! -

Pochi secondo dopo la porta d’ ingresso si aprì e Natsumi (la sorella di Akito, per chi non ricordasse), in pigiama, saltò praticamente in braccio al fratello, il quale seppur essendo più piccolo la superava in altezza di almeno 3cm.

- Akito, mi dispiace moldissimo di non ezzere boduda venire all’ aereo borto, ma burtrobbo mi sono bresa guesto derribile raffreddore e guindi… ma Sana ci sei anghe du! Che bello vederdi! Endra pure cara ma non mi avvicinare droppo, sono contagiosa!-

- Non ti preoccupare, però ti auguro di guarire presto! Anche se, se fossi in te, non mi fiderei troppo delle capacità infermieristiche di Akito!-

Quest’ ultima cosa la disse ridendo, sperano così di alleviare quel silenzio carico di tensione che si era creato poco prima fra lei e il ragazzo, quando lei ad Akito erano saliti sul taxi davanti all’ aereo porto:

- Ti accompagno a casa. Senti mi dispiace per averti chiamato così, non l’ ho fatto apposta. Ma sappi che se continui a non parlarmi vuol dire che sei veramente noioso -

Aveva detto Sana. Il ragazzo non aveva risposto e l’ unica cosa comunicata da lui durante il viaggio era stato il proprio indirizzo di casa all’ autista.

Poco dopo il padre di Akito uscì dalla cucina: indossava un grembiule blu da cucina tutto bruciacchiato sui lati e aveva la faccia annerita dal fumo.

- Ciao figliolo! Sono veramente contento di vederti! Non sono potuto venirti a prendere all’ aereo porto nemmeno io, visto che Natsumi è malata, ma avevo deciso di preparati una bel pranzetto per farmi perdonare, al posto suo…purtroppo non sono mai stato molto bravo in cucina. -

Quindi mostrò una pentola completamente bruciata, contenente qualcosa che, in precedenza, doveva essere stato pollo o un alimento simile.-

- Non importa papà. Apprezzo comunque lo sforzo. -

Il signor Hayama era davanti a lui: era comunque un po’ più alto ma la distanza che sentiva fra loro era enorme: non sapeva cosa il figlio si aspettava da lui dopo nove mesi di assenza, anche perché, pur essendosi sentiti per telefono, era stata soprattutto Natsumi a parlare e chiedergli le condizioni.

Doveva forse abbracciarlo? Oppure, visto che era presente anche Sana, era preferibile stringere la mano e basta. Escludeva a priori la classica pacca sulla spalla: né lui né il figlio erano tipi da quel genere di cose. Intanto Akito si poneva le sue stesse domande, chiedendosi quale reazione il padre sperasse di ricevere da parte sua. Per un secondo desiderò che fosse come Natsumi, ed avesse la stessa natura espansiva ed estroversa. Purtroppo per entrambi, come caratteri si assomigliavano molto ed erano tutti e due altamente introversi se si trattava di dover dimostrare il proprio affetto.

A sdrammatizzare quel silenzio imbarazzante ci pensò Sana: accortasi dell’ aria tesa che tirava prese la piccola, ma inaspettatamente pesante, valigia che Akito aveva lasciato per terra (sperando che le altre fossero state recuperate dagli amici) e la lasciò cadere pesantemente a terra gridando:

- Cavoli, ma quanto pesa! Aky, hai forse cominciato una raccolta di sassi dai cinque chili in su mentre eri al campus? - il ragazzo si girò e corse a prendere la valigia dicendo:

- Sei la solita imbranata! Qui dentro c’è roba fragile, sai?-

per fortuna dalla valigia non era arrivato nessun rumore di oggetti che si rompevano o cose simili.

- Se vuoi bortare la valigia in camera fa bure! Ho ribulito la tua stanza, ma non ho sbostato nulla del mobilio o dei soprammobili. Etciù! -

Akito ringraziò Natsumi, poi prese la valigia e si avviò su per le scale, senza più considerare Sana.

In risposta allo sguardo interrogativo dell’ altra ragazza, la quale si dirigeva in cucina, Sana fece spallucce.

Poi salì in fretta le scale e disse ad Akito, una volta che furono entrati ed ebbero chiuso la porta:

- Se vuoi ti do una mano a sistemare i vestiti e le altre cose, visto che Natsumi è malata.-

- Fa come vuoi.-

rispose con fare indifferente il ragazzo alla gentile offerta di lei. Detto ciò aprì la valigia e cominciò a tirare fuori le magliette. La ragazza, invece, prese i pantaloni e li sistemò nell’ armadio. Ignorò il fatto che Akito continuava a non parlarle, cercando di fare finta di niente. Poi però vide qualcosa che la distolse dai suoi pensieri e lasciò andare le due paia di jeans che teneva in mano.

Corse verso i due piccoli dinosauri appoggiati sul cassettone laterale al letto, e prese in mano quello che lei stessa aveva regalato ad Akito. Era di un bel rosso splendente, segno che era stato ben lucidato da Natsumi nell’ attesa dell’ arrivo del fratello. Lo accarezzò e poi disse, tutta pimpante:

-Ricordi la sera della vigilia in cui te lo ho regalato? Mi sembra che siano passati secoli! Che nostalgia, vero?-

Il ragazzo non rispose, ma prese la borsa di Sana, che era appoggiata sul suo letto, cercò il portafogli ed estrasse dalle tasche per le carte di credito (belle piene, per la cronaca ;-)) la foto che cercava ed era sicuro di trovare.

- Io invece ti ho regalato questo. -

Indicò la foto di un pupazzo di neve un po’ molliccio appoggiato nel frigorifero di casa Kurata.

I due ragazzi rimasero in silenzio qualche minuto a guardare i due regali che si erano fatti a vicenda. Sana fece per appoggiare la testa sulla spalla di Akito, ma il ragazzo, colto da un brutto pensiero, si scostò e chiese, alzando un sopracciglio:

- Immagino che sul “Sana’ s life” sarà scritto anche quello che è successo dopo, non è vero? Mi dispiace solo che il tuo grande reporter-ammiratore, mister “ Sana-sei-bella-ogni-giorno-di-più”, non abbia potuto scattare una bella istantanea del momento. Che peccato, è? -

Per un momento guardò Sana negli occhi, cercando in lei la traccia di uno sguardo colpevole o imbarazzato, del quale però non vide nemmeno l’ ombra.

Si girò immusonito più del solito, deciso a tornare alla sua valigia, ma qualcosa gli colpì la testa: era il cuscino che teneva sul pavimento quando guardava la tv.

Sana, con in mano il cuscino, lo fissava e rideva scuotendo la testa:

- Adesso ho capito tutto! Tu sei geloso, vero? Ammettilo, dai! A te non ha dato noia solo il fatto che ti abbia chiamato -Aky- davanti a lui, bensì tutte le smancerie che mi faceva, sbaglio? Non ci posso credere, Akito che è geloso! Questa si che è una notizia da prima pagina! Adesso chiamo Tonami-kun e gli racconto tutto! -

Akito, felice di non aver dovuto dare lunghe ed imbarazzanti spiegazioni, le diede una piccola strattonata ai capelli e disse, fingendosi arrabbiato:

- Non ti azzardare a farlo, sai!-

Sana gli fece una linguaccia, si girò, e corse verso la sua borsa, appoggiata sopra al letto: prese il cellulare e, girando le spalle al ragazzo, finse di digitare il numero del reporter, poi bisbigliò:

- Non sai che notizia ho da darti! Adesso ti racconto tutto…-

ma non riuscì a continuare perché da dietro due braccia forti e dai muscoli allenati la strinsero forte. Sana si trovò così abbracciata ad Akito, in una morsa piena d’ affetto che le permetteva di sentire il battito del cuore di lui, tanto era meravigliosamente stretta.

- Mi sei mancata, Sana. -

lei si voltò il viso verso di lui e con un sorriso dolcissimo, uno dei più sinceri che faceva da nove mesi a quella parte, rispose:

- Anche tu mi sei mancato, tanto tanto. E stai tranquillo perché di quel giornalista non mi importa assolutamente niente. È un tipo simpatico e spiritoso, ma lo frequento solo per lavoro, niente di più. -

detto ciò liberò una mano dalla sua presa forte e sicura, e la utilizzò per spostargli la frangetta che gli copriva gli occhi.

- Visto che ti conosco da una vita, so che non sai mentire. Però potresti essere migliorata in mia assenza, chi lo sa. -

mormorò Akito, abbozzando una piccola battuta.

Sana lo guardò, leggermente stupita: quei nove mesi lo avevano reso leggermente più “spiritoso” di quando era partito. Al momento sembrava che questo microscopico cambio di personalità prendesse il sopravvento solo quando era con lei, ma le parve comunque una cosa un po’ strana.

Poi, come un fulmine a ciel sereno, le tornò in mente quando a 12 anni era partita per andare a girare “La villa dell’acqua”, lontano da Tokio, e quello che era successo in sua assenza (leggi: lui si era messo con Fuka); preoccupata, si staccò da lui, lo guardò, e chiese a bruciapelo, senza neanche rendersi di conto di ciò che diceva esattamente:

- Non è successo di nuovo, vero?-

lui la guardò con fare interrogativo e lei mormorò, mordendosi il labbro inferiore:

- Ti ricordi quello che è successo mentre ero a girare “La villa dell’acqua”? Non è che è successo qualcosa di simile mentre eri laggiù? Sembri diverso rispetto a quando sei partito. Cioè, non è che questo sia brutto però… per caso ti piaceva qualche ragazza del campus.. e allora… ti sei messo a fare lo spiritoso per piacerle? -

Dopo quelle poche parole Akito chinò il capo, ma Sana riuscì ugualmente a distinguere un vago rossore sul suo viso. Immediatamente la baldanza di poco prima svanì e lui tornò ad essere il solito, vecchio, taciturno, Akito di sempre, con grande gioia di Sana.

Lui la fissò per un momento, poi scosse la testa e disse:

- Al campus non c’ era nessuna ragazza. Comunque mi sembrava che a te i tipi simpatici e spiritosi piacessero. -

La ragazza, dopo aver finalmente capito come stavano le cose, si avvicinò a lui e gli mise le braccia intorno al collo, poi, sorridendo, rispose:

- Ti sbagli. I tipi simpatici non mi piacciono. È troppo facile farli ridere, non c’è divertimento. Con te invece è sempre una sfida.-

Avvicinò ancora di più il suo viso a quello di Akito e aggiunse:

- E poi a me piaci così come sei. Mi sei sempre piaciuto così come sei. -

Nemmeno lei pensava di essere capace di dire una cosa simile.

Lui, però, ne fu decisamente contento, quindi accostò le sue labbra a quelle di Sana e la baciò. Lei gli accarezzò i capelli, poi si strinse ancora di più a lui e chiese:

- Partirai ancora per un periodo così lungo?-

- No, te lo prometto. E poi questi mesi mi sono serviti a migliorare di molto la mia tecnica di karateka; penso di essere pronto per i campionati che si terranno qui a Tokyo. -

Sana fece per replicare, ma un “piccolo” imprevisto li colse di sorpresa: la porta si aprì e i loro amici, carichi di valige appartenenti ad Akito, si affacciarono alla porta. Nessuno dei due ragazzi aveva fatto attenzione al suono del campanello o alla salita delle scale, essendo troppo “occupati” a parlare, quindi l’ entrata li colse a dir poco di sorpresa…

Per questo motivo Sana ed Akito vennero colti in fragrante mentre stavano abbracciati e, quando il viso perplesso di Fuka, con gli altri dietro, si delineò davanti a loro, Akito sbuffò e si staccò velocemente da lei, mentre Sana alzò le braccia e fece finta di stare stirandosi.

- Ho il sospetto che abbiamo interrotto qualcosa! Scusate ragazzi ma abbiamo bussato e ci ha aperto Natsumi, dicendo che eravate qui a riordinare la roba di Akì. -

disse Aya sorridendo.

Dopodiché entrarono tutti per posare le valige e, in breve tempo, ci fu più confusione nella stanza di Akito che nel quaderno di matematica di Sana (il che è tutto dire!).

- Senti, se vuoi trovo una scusa e ti lascio qui sola con lui. -

Bisbigliò Fuka all’ orecchio di Sana con fare da cospiratrice, mentre tutti davano una mano con le valige (effettivamente c’ erano nove mesi di vestiti ed oggetti vari da risistemare: un compito piuttosto arduo, visto che Natsumi aveva insistito perché il fratello portasse via un sacco di “scorte di sicurezza” in campo di vestiario). Sana scosse la testa e rispose, un po’ imbarazzata, di rimando all’ amica:

- Ok che stiamo insieme, ma lo sai che mi piace quando c’è del movimento… e poi adoro la confusione! -

Fuka rise, e subito dopo il dolce viso di Aya si intromise fra le facce accostate, l’ una vicina all’ altra, delle due amiche, e chiese parlando a voce bassa:

- Vedo che ad Akito è passata l’ arrabbiatura! Che gli hai detto per farlo tornare di buon umore. Insomma, del suo solito umore (finché non ci si parla è difficile capire di che umore è grazie alla faccia, visto che è sempre serio)?-

- Ehi, guarda che Sana si potrebbe arrabbiare se fai allusioni negative rispetto alle espressioni di Aki! -

Sana rispose al tono scherzoso di Fuka dandole una piccola gomitata nei fianchi e ridendo e parlando a voce bassa:

- Senti che parla! Quella che non accetta critiche riguardo al “sensazionale senso dell’ umorismo” di Takaeschy!-

- E di Aya che mi dici? Quando si parla delle “capacità sportive” di Tsoyoschi non ammette repliche sul fatto che…-

- Sul fatto che lui è un tipo intelligente e molto intellettuale, più che un grande sportivo, tutto qui!-

Ribatté violentemente Aya diventando rossa per la foga con cui aveva difeso Tsuyoschi e la sua epica goffaggine.

In quel momento l’ interessato entrò nella stanza (era andato in bagno) e cadde in avanti inciampando nei propri piedi.

Le ragazze, compresa Aya, non poterono fare a meno di scoppiare a ridere. Il poveretto si alzò, rosso in viso per la vergogna, e disse, con fare arrabbiato:

- Non vedo che cosa ci sia da ridire! Non è colpa mia se sono un po’ imbranato. -

Questa risposta fece ridere ancora di più le ragazze, tanto che Fuka dovette aiutare Sana a non cadere a terra dalle risa, ottenendo così di finire sul pavimento tutte e due.

- Certo che l’ estate proprio bella. C’è più gusto a divertirsi!- Sana continuava a ridere, ma si era affacciata alla finestra e guardava fuori… Akito non poté fare a meno di pensare che all’ estate, così vitale e piena di allegria, ma allo stesso dolce e rilassante, Sana gli assomigliava…non era strano se quella era la sua stagione preferita. Poi si accorse di come era sdolcinato quel pensiero e cercò di non pensarci più…ma con scarsi risultati! ^_^

- Certo che le ragazze sono proprio strane! Comunque prima eri “occupato”, vero? Che avete fatto prima che arrivassimo? -

esordì in quel momento Tackaeshy assetato di dettagli, mentre Tsuyoshy li raggiungeva.

- Abbiamo rimesso a posto la roba, che altro avremmo dovuto fare?-

- Buffo. -

Mormorò Tsuyoshy con un sorrisetto sornione, che aveva sentito la domanda di Takaeshy:

- Cosa è che troveresti buffo, sentiamo?-

chiese Akito adirato, il quale desiderava cambiare al più presto argomento.

- No, niente, solo che non sapevo che per rimettere a posto i vestiti si dovessero anche spostare dinosauri e fotografie vecchie di 6 anni, che normalmente stanno da tutt’altra parte. -

- Ma che cavolo dic…?-

Akito e Takaeshy si girarono verso il comodino e videro il dinosauro che Sana aveva preso in mano poco prima, accanto alla fotografia della ragazza traente il pupazzetto di neve nel frigorifero di casa Kurata;

- E quelli da dove saltano fuori? Forza diccelo!-

- Non rompere!-

- Ora sono curioso anch’ io! Come mai avete tirato fuori quella roba?!-

chiesero gli amici di Akito, ridendo e cercando di farlo parlare.

Due chiacchere

Marciapiede di fronte a casa Hayama, dal lato in cui è visibile la finestra di Akito

- In quanto al lavoro, perfetto! Con tutto il materiale che ho scattato adesso, poi, verrà fuori un articolo da prima pagina per qualche altro giornale interessato, oltre che per l’ articolo! … si, certo che prima le farò visionare alla Kurata, mi prendi per scemo?! Nel contratto è scritto a chiare lettere che prima della pubblicazione Sana ha il diritto di visionare ogni cosa, specialmente le fotografie. In ogni caso, sento odor di promozione, il capo sarà entusiasta delle mie proposte …

Si, si, anche l’ altro progettino andrà bene, non ti preoccupare. Ricordati che però mi devi fare quel favorino se vuoi che metta una buona parola per i tuoi articoli! E poi, bella e simpatica com’ è, non è neanche un dispiacere, tutt’ altro…comunque, se ogni cosa va per il verso giusto, penso proprio che lascerò perdere la promozione e ti passerò il testimone e smetterò di lavorare, tanto è ricchissima!

Sicuro, appena so qualcosa in più te lo faccio sapere, stai tranquillo… ok allora ci risentiamo: l’appuntamento sai dov’è. A dopo. -

Akasaka spense il cellulare, con il quale aveva appena chiamato il segretario del capo, nonché aspirante giornalista e suo cugino… visto che doveva scattare delle foto importanti, era meglio che fosse gentile con lui: tanto per esser certo che non si facesse venire scrupoli e cambiasse idea. Quello, d’ altronde, era un mondo fatto così, dove sopravviveva il più forte…e il più forte non era certo il più onesto! Quindi tanto valeva adattarsi.

Guardò le istantanee che aveva appena scattato: Sana che giocava, rideva, scherzava… nessuna foto era adatta a quello che aveva in mente.

Poi, però, ne vide un’ altra molto particolare, e gli occhi gli brillarono di soddisfazione: sarebbe stata quella il modo per introdurre l’ argomento che tanto gli premeva.

Dopodiché prese nuovamente il suo costosissimo e tecnologicissimo cellulare e compose la chiamata rapida numero 3.

- Salve cara… si, sono io. Vorrei discutere di una cosa importante che desidero inserire nell’ articolo… perfetto! Allora fra mezz’ora al Caffè xxx. Ci vediamo fra poco, Sana-chan. -

Poi chiuse la comunicazione e, con un sorriso pieno di soddisfazione, fermò un taxi per andare all’ appuntamento con Sana.

Casa Hayama, pochi minuti dopo

-Mi dispiace ragazzi, ma ho un appuntamento con Akasaka . Che ne dite di andare al ristorante italiano, fra qualche tempo? Tanto per mangiare qualcosa di speciale in onore del ritorno di Akito. Siete tutti d’ accordo?-

I ragazzi presenti nella stanza annuirono entusiasti e Takaeshy aggiunse:

- Evviva! Io adoro la pizza margherita!-

Sana prese il giubbotto e, una volta in strada, chiamò un taxi e partì per andare all’ appuntamento.

Cafè xxx

Non appena entrò nel caffè, vide la mano di Akasaka sventolare verso di lei in segno di saluto. Era seduto su uno dei tavolini in fondo e le sorrideva con aria gioiosa.

- Sana-chan, che piacere vederti! Mi scuso per averti chiesto un appuntamento con così poco preavviso, ma ho un assoluto bisogno di avere un tuo assenso su le fotografie che ho da mostrarti, e che ritengo essenziali per una buona riuscita dell’ articolo. -

Si sedettero al tavolo e subito arrivò un cameriere a prendere le ordinazioni: del sakè per Akasaka e dell’ acqua naturale per lei.

Poi il reporter tirò fuori le foto e le mostrò alla ragazza: rimase immobile, nel vedere le scene che aveva vissuto tranquillamente poco prima impresse sulla pellicola della macchina fotografica di Akasaka.

- Sono venute molto bene, non trovi? Anche perché tu sei molto fotogenica, non c’è che dire. -

Sana, che sfogliava ininterrottamente il mazzetto di istantanee, fermò il proprio sguardo su quelle che la ritraevano con Akito e che erano incorniciate con un tratto di matita rossa; disse, quasi urlando:

- Senti, ma non mi sembra di averti dato il permesso di farmi queste foto. Mi dispiace per te e per l’ articolo, ma puoi scordarti di pubblicare questa roba, in particolar modo quelle con Hayama-kun. -

Lui scosse tristemente la testa e disse:

- Sono veramente dispiaciuto che tu la pensi così. Questo materiale avrebbe contribuito moltissimo ad alzare il grado di interesse del pubblico e dei tuoi fan. Comunque, solo per una cosa non posso contraddirti: le foto con Hayama non sono adatte ad essere pubblicate, era di questo che volevo parlarti, più che altro. Come vedi le ho anche sottolineate. -

- E vorrei ben vedere! Lui è…-

ma prima che potesse finire la frase, il giornalista la interruppe dicendo:

- Lui è il punto debole dell’ articolo! Se non fosse per Hayama verrebbe fuori un lavoro stupendo. Però quello è proprio il tipo di ragazzo che fa una brutta impressione sulla critica. -

- In… in che senso?-

chiese Sana sempre più confusa dalle parole del giornalista, che le gravavano addosso come macigni.

- Vedi, io posso dire solo la verità nell’ articolo, perché la mia professionalità me lo impone. E la verità è che quel ragazzo è un tipo molto problematico. All’ aereo porto si è comportato in modo piuttosto scorretto con me, non credi? E poi mi hai detto tu stessa che in passato è stato un teppista e che ha creato molti problemi a scuola…-

- Ma ho anche ribadito più volte che da anni è molto cambiato e che adesso non farebbe niente a nessuno, se non in caso di grave pericolo. -

- Quello che dici è vero, però io ne dovrò parlare come di un tipo molto chiuso, poco socievole, e questa non sarà una buona pubblicità per te. –

- Ma lui non è così!!! Akito non è un gran parlatore, certo, e ci mette un po’ a fidarsi di chi non conosce, però…-

ma, purtroppo, fu interrotta nuovamente dal reporter:

- Ma, per fare bella figura, tu hai bisogno di un tipo più simile a te, uno che sia gentile, allegro, sociale…un tipo come me, insomma. -

- Che cosa stai insinuando? Ti è andato di volta il cervello?! -

- Sana, ma non lo hai ancora capito? Io e te siamo fatti l’uno per l’ altra! Se ci metteremo insieme stabilmente, riscuoteremo un successo enorme e la tua carriera decollerebbe ancora di più di come non l’abbia gia fatto finora! -

poi le si avvicinò e le mise un braccio intorno alle spalle, sorridendo. Lei rimase immobile a fissarlo incredula, pensando che, da un momento all’a altro, lui si mettesse a ridere e dicesse che era tutto uno scherzo, anche se di pessimo gusto.

- E poi, al di là della fama, io ti amo. E so che tu ami me. Quindi…-

Poi il reporter schioccò le dita, svegliando Sana dalla specie di trans incredula sotto la quale era caduta.

- Tu sei completamente matto! Io non ti amo e tu non ami me! L’ unico motivo per cui ci frequentiamo è che tu devi scrivere quel maledetto articolo. Io credevo che tu fossi un tipo a posto, ma visto le idee che ti sei fatto su di me e quello che pensi di Hayama, ho capito che mi ero completamente sbagliata sul tuo conto. -

Akasaka la guardò stupito: nei suoi piani, lei avrebbe dovuto cascare ai suoi piedi e dire che si era accorta di amarlo alla follia ma non sapeva come dirglielo. Ma, d’ altronde, lui aveva frequentato quella ragazza solo per un paio di mesi, e non aveva ancora fatto i conti con il suo spirito combattivo e con il profondo affetto che nutriva per Akito.

Sana fece per dire qualcosa, ma dovette rimandare a dopo le sue parole perché, allo schioccare delle dita del giornalista, da dietro una pianta piuttosto lontana dal loro tavolo, era sbucato un ragazzo grasso e brufoloso, che era corso vicino ad Akasaka con delle istantanee in mano. Lui le prese in mano e, mostrandole a Sana, disse:

- Come puoi pensare veramente quello che dici? Guarda queste foto che ho fatto scattare: non vedi che siamo una coppia a dir poco perfetta? Sono queste le foto che meritano di essere pubblicate, non credi?!. -

Sana guardò esterrefatta le fotografie che quel ragazzo aveva appena fatto: in tutte si vedevano lei ed Akasaka che parlavano ed in due di quelle lui aveva il proprio braccio intorno alle sue spalle. Altre due, però, ritraevano lei in piedi che gridava contro di lui, il quale se ne stava immobile e con lo sguardo incredulo a fissarla. Evidentemente il ragazzo- fotografo (quello con cui Akasaka parlava prima al cellulare, per chi non lo avesse capito N.D. Mel-chan) aveva scattato foto a ripetizione, per essere certo di non perdersi niente, e il risultato era che anche le ultime scene erano erroneamente state immortalate.

Senza rispondere alla futile domanda del reporter, Sana strinse forte tra le mani le fotografie e corse via, non prima di aver gridato, furente:

- Sappi che non denuncerò alla rivista quello che hai fatto adesso! Ma l’ unico motivo per cui faccio questo, è che, altrimenti, l’ articolo salterà, e non me lo posso permettere. -

Corse, corse come una forsennata, andando alla ceca, senza rendersi conto di imboccare strade che l’ avrebbero portata ad una casa che conosceva molto bene e che aveva visitato tantissime volte.

Si fermò e cominciò a riprendere fiato solo dopo che fu arrivata: casa Hayama.

Bussò e venne ad aprire Natsumi, sorpresa di quella visita inaspettata.

- Ciao Sana! Mi dispiace, ma, se cerchi Akito, non c’è. È agli allenamenti di karate, oggi è mercoledì, ricordi? Comunque se vuoi puoi entrare lo stesso, è chiaro! Ti va di fare due chiacchiere? -

Sana rifletté per un secondo: in fondo, dopo quello che era accaduto, che male poteva farle una chiacchierata fra amiche? Così fece un bel sorriso e rispose, tutta contenta:

- Volentieri!-

rimase lì per quaranta minuti circa, poi, non sentendosela più di incontrare Akito, tornò a casa.

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Capitolo 2
*** Seconda parte ***


Ti pentirai

Ti pentirai

Casa Hayama al ritorno di Akito

- Ciao. Sono a casa. Papà non c’è ancora? -

- Bentornato! Papà non è ancora tornato, però ti devo chiedere un favore: mentre tu eri a karate, è venuta Sana a fare due chiacchiere con me, e ha dimenticato la borsa! Puoi ridargliela quando la vedi, per favore? -

- Ok, gliela ridò io. Adesso vado a fare la doccia. -

- Ti chiamo quando è pronto la cena, stai tranquillo…ah, e, Akito?-

- Che c’è?-

la sorella lo guardò sorridendo e disse dolcemente:

- Sei fortunato ad avere una persona come lei. Vedi di tenertela stretta. Ragazze così, e che per di più ti amano, non si trovano tutti i giorni. -

Akito guardò stupito la sorella, che di solito non faceva osservazioni di quel genere, e rispose, chinando subito il capo per mascherare il rossore che lo aveva colpito improvvisamente:

- Lo so. -

Dopodichè si affrettò a salire le scale che portavano al piano superiore, con la borsa di Sana in mano.

Una volta arrivato la mise distrattamente sul bordo del letto, dal quale cadde prontamente: le foto, scattate quel pomeriggio al cafè e infilate velocemente nella borsa da Sana, scivolarono disordinatamente sul pavimento, in un turbinio di immagini che, non appena fu fra le mani di Akito fu lasciato nuovamente cadere a terra: le riprese in mano e le fissò tutte, una per una, finché non arrivò a quelle che ritraevano Sana urlante e arrabbiata come non mai, subito dopo aver visto quelle in cui Akasaka le teneva un braccio intorno alle spalle. Gli fu chiara ogni cosa, ma quel chiarore dello stato dei fatti fu subito sostituito da una rabbia ceca, che si sfogò sulle foto accusatrici, strappandole tutte in pezzi, a parte una di quelle che ritraevano Sana arrabbiata e urlante, che si mise in tasca.

Senza dire una sola parola, e dimenticandosi della doccia, prese il proprio giubbotto, scese, ed uscì sbattendo la porta, sotto lo sguardo stupito della sorella.

Quella sera, alcune persone videro un ragazzo con casco integrale nero correre a 60\h sopra a un motorino che, in teoria, sarebbe dovuto arrivare massimo ai 45\h.

Una corsa folle.

Akito in mente non aveva altro che la fotografia scattata al bar. Quel giornalista aveva importunato Sana. Chissà che le aveva detto. E chi aveva scattato quelle foto? Questo ed altri mille interrogativi affollavano la mente del ragazzo. Interrogativi che necessitavano di una risposta. Non presto. Immediatamente.

Una volta arrivato al palazzo ospitante la sede dell’ “Actress News”, parcheggiò il motorino in doppia fila, si tolse il casco e guardò l’ elegante edificio, trasparente ed altezzoso: alcune luci, nonostante fosse ormai l’ ora di cena, erano ancora accese. Magari c’era anche LUI. Stringendo la fotografia che aveva preso in mano, riducendola praticamente a carta straccia, bussò alla porta a vetri. Dietro alla porta, trasparente, si stagliò la figura di un nervoso uomo sulla quarantina, con indosso una tuta blu e un cartellino col nome, quasi illeggibile, appuntato sopra: il custode dell’ ufficio.

- Cosa vuole? È chiuso, non vede?! Ritorni domani, dalle 8.00 in poi.-

- No, io devo entrare adesso. –

- Ed io devo tornare al mio posto di controllo. Buonanotte. –

Akito batté un pugno sulla porta e gridò:

- Buonanotte un corno! In questo edificio c’è ancora della gente, il che vuol dire che è ancora aperto. -

Il custode, indispettitosi, rispose sbuffando:

- Ascolta, ragazzo, ti consiglio di non urlare se non vuoi che chiami la polizia. Comunque, quelli che sono ancora all’ interno dell’edificio sono tutti giornalisti qualificati, e possedenti il pass- partù che gli permette di entrare ed uscire quando vogliono, i quali devono finire di sbrigare le ultime cose riguardanti la prossima pubblicazione del giornale. -

Un ricordo risalente a quella mattina all’ aereo porto diede una speranza ad Akito, il quale chiese col tono più gentile possibile per non indispettire ulteriormente il custode:

- Ci sono anche quelli della sezione “Bester Reporter”?-

Il custode sospirò, arrendendosi, e chiese esasperato:

- Se ti rispondo te ne andrai e mi lascerai in pace?-

- Si. - rispose Akito con fare accondiscendente.

- Allora si, sono presenti tutti i rappresentanti di quella sezione. Ora ti dispiace andartene?!-

Ignorando l’ ultima domanda dell’ uomo, il ragazzo fece lui un altro quesito che gli premeva:

- E tra quanto se ne vanno?-

- Non ne ho idea, spesso però fanno le ore piccole. Comunque tu te andrai via immediatamente, altrimenti mi arrabbio sul serio. -

Soddisfatto di quello che aveva appena scoperto, Akito salì sul motorino e finse di svoltare l’ angolo…in realtà, una volta certo che il custode avesse smesso di controllare che non tornasse, abbandonò il motorino sul marciapiede e tornò ad appostarsi vicino alla porta.

Si sedette per terra ed attese due ore e mezza. Dopo un po’ il custode uscì, ma Akito riuscì a non farsi vedere, aiutato dal buio circostante… probabilmente aveva deciso di andarsene prima, visto che non era arrivato nessuno a sostituirlo. L’ ultimo giornalista, ovvero Akasaka, uscì a mezzanotte e mezza.

Non appena fu fuori dall’ edificio, il giornalista notò un’ ombra scura di fianco al muro, vedendoci meglio del vecchio custode: gli era familiare.

- Scusi, lei ch…-

Ma non riuscì a finire la frase perché un calcio potentissimo e ben assestato, avente come mittente un karateca cintura nera secondo Dan praticante de sette anni, lo colpì nello stomaco con una ferocia inaudita:

- Questo è per qualsiasi cosa tu le abbia fatto!-

Tenendosi una mano sullo stomaco dolorante, il reporter gridò:

- Tu?! Ma sei impazzito?!!!! Come ti permetti?-

Poi fece per dargli un cazzotto, ma grazie ai suoi allenatissimi riflessi, Akito lo scansò senza nessuna difficoltà e rispose con una manata dritta nel petto. Il suo avversario finì a terra gridando. Senza dargli il tempo di reagire, il ragazzo gli saltò addosso, tenendo le ginocchia sullo stomaco e le mani sulle spalle di Akasaka, il quale chiese, terrorizzato e senza riuscire a muoversi:

- Che significa tutto questo? Che cosa avrei fatto? A chi? -

Il ragazzo prese la foto dalla tasca e gliela mise davanti al viso: non appena il reporter vide di cosa si trattava, sbiancò.

- Questo! Ecco cosa gli hai fatto, cosa hai fatto a Sana, maledetto! Se ti riazzardi a farle qualcosa, giuro che ti ammazzo! E ricordati che adesso non ti ho fatto nulla in confronto a quello che potresti subire. -

Poi si alzò e lo lasciò andare. Una volta che si fu ricomposto, Akasaka lo fissò e chiese:

- Sana è corsa da te a raccontarti che le avevo dato noia, vero? Sono certo che è andata così. Sappi che io ho solo detto lei quello che pensavo, di te e dell’ articolo. -

Non appena finì al frase, si ritrovò per aria e appiccicato al muro: Akito lo aveva sollevato per il bordo della camicia.

- Tu…brutto…lei non mi ha detto assolutamente nulla, per qualche strano motivo mi ha tenuto all’ oscuro di tutto! Sono stato io ha scoprirlo e…e…sappi che lei non dovrà sapere nulla di tutto quello che sta accadendo, hai capito bene? -

Guardandolo con odio profondo, il giornalista rispose:

- Sta pur certo che non le dirò nulla. Però ricordati che non finisce qui! -

Una volta “ridisceso” corse verso la propria macchina, vi entrò e gridò dal finestrino:

- Ti sei messo contro l’ uomo sbagliato, ragazzino, ricordati queste parole! -

Akito lo ignorò e saltò in sella al motorino, per tornare a casa.

Naturalmente ad attenderlo c’era una Natsumi preoccupatissima, che il padre cercava di calmare, ma con scarsi risultati. Non appena la porta si fu aperta un grido si espanse per tutto il quartiere, svegliando buona parte del vicinato:

- Ma si può sapere dove diavolo sei stato?!!!!!!!!!!!!!!!!!! - .

Ignara di ogni cosa, Sana dormiva placidamente nel suo letto, non sapendo che presto avrebbe dovuto affrontare situazioni piuttosto spinose.

In un appartamento del centro, intanto, un giornalista senza scrupoli si teneva una borsa del ghiaccio sul petto, sul quale era apparso un grosso ematoma. Intanto nella sua mente, il piano per avere una certa ragazza si faceva sempre più congegnato e preciso.

- Akito Hayama, preparati perché ben presto ti pentirai di quello che hai fatto. Te ne pentirai amaramente. - queste parole risuonarono nell’ appartamento semi- vuoto, risuonando ancora così ancora più minacciose.

Il giorno dopo Sana si sveglio alle dieci e mezzo: come al solito era in ritardo. Quel giorno avrebbe partecipato ad una conferenza-stampa riguardante un tele film che l’ avrebbe vista come protagonista e così, in fretta e furia, cominciò a prepararsi: nel mentre squillò il telefono di casa. A parte lei erano tutti usciti (compreso Rei, che sarebbe venuto a prenderla da un momento all’ altro) quindi si affrettò a rispondere.

- Buongiorno qui parla Sana Kurata, chi è? -

- Sana- chan, sono io, Tonami. Volevo scusarmi con te per ieri. Non so cosa mi sia preso e…-

Ma Sana non lo lasciò terminare il discorsetto che si era preparato:

- Akasaka, ho gia detto che con lei non voglio avere più niente a che fare, se non per faccende di ambito lavorativo quindi non mi dist…-

- Per favore, lasciami spiegare! Sto attraversando un periodo molto difficile della mia vita, per via del lavoro, sai… quindi adesso sono psicologicamente instabile. –

- E che problemi ti darebbe il lavoro, visto che sei uno dei reporter più quotati del momento? –

Colto alla sprovvista, il giornalista non seppe cosa rispondere, ma poi trovò un appiglio, anche se completamente falso:

- Purtroppo in questo momento sono pressato tantissimo proprio a causa della mia promozione! Il fatto è che ora tutti si aspettano molte cose da me, facendomi sentire solo e senza nessuno che possa aiutarmi… e io, che non ho nessuno, per quanto riguarda la sfera affettiva, vedendoti praticamente ogni giorno mi sono affezionato molto a te…fino a diventare geloso di Akito. Ti porgo le mie più sentite scuse per quello che ti ho detto ieri. Ti prometto che, nonostante tu mi piaccia molto, non ti farò o dirò niente che possa turbarti. Che ne dici, allora, di tornare a essere amici come prima? -

Sana rimase spiazzata da tutte quelle belle parole. Sapeva che quello che era successo il giorno prima era imperdonabile però…in fondo chi non aveva mai avuto mai avuto momenti di debolezza? Lei che sapeva così bene cosa volesse dire sentirsi stanchi, soffocati, come se ormai nella propria vita non ci fosse altro che il lavoro, solo il lavoro… per fortuna, quando si sentiva così, lei poteva contare sul sostegno della mamma, di Rei, degli amici…e di Akito ^____^ . Lui invece sembrava non avere nessuno: era terribile!

- Forse….forse si, possiamo dimenticare ciò che è successo e metterci una pietra sopra se non si ripeterà più niente di simile. Comunque, se hai bisogno di parlare sappi che, quando ne hai un impellente bisogno, puoi venire da me… -

Dietro alla cornetta, Akasaka ghignò soddisfatto: stava andando tutto secondo i suoi piani.

- Grazie…sei veramente unica, Sana- chan, dico davvero, e ti prometto che non ti darò mai più fastidio. Comunque, se non ti è di troppo disturbo, coglierei al volo al tua offerta: una di questa sere mi piacerebbe proprio vederti…per parlare, naturalmente, solo per questo. -

- Ma certo! Allora poi ci si mette d’ accordo per quando! Tanto oggi alle quattro dobbiamo vederci per continuare l’ intervista, vero? –

- Si. Allora ci vediamo là. –

Ù

Una sola persona

Quella mattinata fu molto impegnativa per Sana, anche perché la conferenza era stata più lunga del previsto, e subito dopo era dovuta correre ad un pranzo di lavoro con Rei e un produttore che era interessato a lei per un telefilm molto importante.

Sana ebbe solo un paio d’ore di riposo prima dell’ incontro con Akasaka, e le utilizzò per passare a salutare Fuka e confermare la cena che avrebbero fatto poche sere dopo. Mentre parlavano della conferenza stampa, squillò il cellulare di Sana : era Akito.

Dall’ espressione gioiosa sul viso di Sana, Fuka capì subito da chi provenisse la telefonata:

- Avanti rispondi! Non vorrai farlo aspettare. -

Sana annuì sorridendo e rispose:

- Pronto Akì! Sono da Fuka, te che fai?-

- Nulla in particolare. Volevo sapere se andava tutto bene. -

Il tono della sua voce era strano, notò la ragazza, ma non ci diede peso più di tanto, sapendo come l’ umore di Akito potesse incrinarsi per poco.

- Si, qui tutto ok. Allora ci stai per la cena italiana, vero? Il festeggiato sei tu! -

- Per ma va bene…ah, Sana, se ci fossero dei problemi, dimmelo. Ciao. –

Poi chiuse la telefonata. La ragazza fissò per un momento l’ apparecchio: certo, Akito non era un tipo molto smanceroso nei convenevoli di saluto e cose simili, però non era mai così secco…che ci fosse sotto qualcosa?

- Tutto bene, amica mia? – chiese Fuka, vedendo l’ espressione stupita sul viso della ragazza.

- Si certo, tutto ok. Adesso però devo andare. Ho un’ incontro con Tonami- kun. Ci vediamo presto. –

Poi salutò e corse con la vespa al luogo dell’ appuntamento: un albergo molto ben frequentato, dal quale Tonami sarebbe uscito da un meeting con dei suoi colleghi.

Quando entrò, Sana trovò il giornalista pronto per l’ intervista ad attenderla alla reception. Vedendola, le sorrise amabilmente, e la invitò ad avvicinarsi.

- Buongiorno, Sana! Direi di cominciare subito, così avremo il tempo per parlare d’ altro, dopo. -

- Va bene! Allora, oggi cosa vuoi sapere? –

Si accomodarono su un paio di sedie di velluto rosso. Tonami si schiarì la voce e, col tono più carezzevole e gentile che riusciva ad avere, rispose:

- Nell’ articolo vorrei mettere una parte che riguarda te e la tue impressioni sulla vita scolastica, come l’ hai vissuta ecc. -

- Molto bene! In questo caso, posso dire che il periodo della scuola è stato molto bello e mi sono sempre divertita tantissimo. Alle elementari ero un vero vulcano! Ricordo che una volta…-

Ma vene interrotta dal reporter:

- Sana, scusa ma devo chiederti un favore. Ormai ho materiale a sufficienza per quanto riguarda la tua vita alle elementari. Quindi mi farebbe molto piacere se tu mi parlassi un po’ della medie. -

La ragazza si fece pensierosa: durante la medie erano successe si un sacco di cose, ma delle quali non voleva che la gente venisse a conoscenza (vedi quando: era partita per il film “La casa nel bosco” e le “scoperte” che erano seguite; quando si era ferita Fuka; la scomparsa di Nakao e tutto ciò che era successo dopo…) no, non voleva assolutamente che quegli avvenimenti fossero resi di dominio pubblico! Però, dalla faccia impaziente di Akasaka, intuì che una semplice filippica su il divertimento, i problemi dello studiare e recitare nello stesso periodo e sciocchezze simili non sarebbero bastate ad Akasaka. Il reporter voleva episodi veri, fatti concreti.

Stava ancora riflettendo su cosa dire, quando il giornalista, gentilmente, le diede un consiglio, vedendola così indecisa:

- Se non mi sbaglio, hai detto che tu e Hayama vi conoscevate gia dalla sesta elementare, vero? -

Sana annuì prontamente.

- Esatto, però a quel tempo non stavamo ancora insieme. Eravamo solo grandi amici. -

Dentro di sé, il reporter sogghignò: l’ intervista stava prendendo la piega che voleva lui.

- Eravate un bel gruppo, proprio come ora, immagino. Mi hai anche accennato il fatto che pure Tsuyoshy-kun e Aya-chan erano alle elementari con te, mentre Fuka-chan e Takaeshy-kun sono arrivati dopo, sbaglio? -

- Esatto! Comunque, a dire la verità, non è che ci siano episodi particolarmente importanti, sai… quindi, potremmo tralasciare l’ argomento, no? –

Il reporter non poté fare a meno di sentirsi contento: Sana le stava rendendo tutto molto più semplice, recitando in quel modo e cercando di glissare così bene sulle domande che le stava facendo. Per un attimo fu tentato dall’ idea di insistere e scoprire quali erano “gli episodi non particolarmente importanti” di cui la ragazza parlava. Poi, però,si ricordò che quello che doveva carpire a Sana erano delle informazioni molto più importanti, che servivano al suo piano per attuarsi regolarmente.

- Se proprio non ti ricordi di cose importanti degne di nota riguardo ai tuoi amici, che ne diresti di parlarmi un po’ dei tuoi professori? -

Per un attimo, Sana rimase sorpresa dalle sue qualità di attrice: non pensava di essere così convincente! Decise, comunque, di ignorare quell’ insospettimento, e cominciò ad elencare i caratteri dei vecchi prof. uno per uno, dicendo sempre la rispettiva materia. Alla fine aveva parlato di tutto il corpo insegnante che faceva lezione nella propria sezione e in quella dei suoi amici, visto che per quel genere di cose aveva una buona memoria.

A parte una sola persona.

Per qualche strano motivo, Akasaka, nonostante l’ abbondanza di informazioni che aveva appena ricevuto ed annotato sul proprio taccuino, non sembrava per niente soddisfatto.

- Sono contento che tu abbia così tanti ricordi dei tuoi insegnanti, Sana-chan, però sarei curioso di sapere una cosa…-

- Che cosa? -

- Vorrei sapere se, tra tutte queste simpatiche persone, con le quali andavi sempre più o meno d’ accordo, ne esiste una con la quale, invece, non…come dire…non scorreva buon sangue, ecco. Si, voglio dire, tutti hanno avuto un insegnante particolarmente odiato durante i propri cicli scolastici, capisci? Sono certo che ai lettori piacerebbe sapere chi era. Allora? Ti viene in mente? –

Per un attimo, il viso di Sana si rabbuiò: aveva volontariamente tralasciato un certo professore, del quale non voleva far nome. Però, era cosciente che sarebbe stato troppo strano che lei andasse d’accordo con tutti i prof. Sarebbe parsa una santarellina, e non voleva che i lettori pensassero questo.

Oltretutto, aveva gia tralasciato parecchie cose che avrebbero fatto bene all’ articolo, e almeno questa voleva concederla.

Non sapeva che, così facendo, dava al malefico reporter tutte le informazioni di cui aveva bisogno.

- A dire il vero c’è un insegnante di cui non porto un buon ricordo con me. -

- Davvero, e chi era? Come mai non ti piaceva? Che materia insegnava? Voglio essere molto preciso su questo punto, quindi sarebbe meglio se tu mi desti tutte le informazioni possibili. –

- Era un professore di scienze terribile ed odioso, convinto di sapere tutto. –

- Hai detto di scienze?- controllò il proprio blocchetto – Ma non avevi detto che era simpatico e disponibile? Un gentile signore con gli occhiali, rappresentante della tua classe? –

- Bè, lui non insegnava nella mia sezione, bensì in quella di Tsuyoshy ed Akito. –

- Akito…e Tsuyoshy, hai detto? Che aveva fatto? –

- Lui…lui…non poteva soffrire Akito. Dal primo giorno di scuola. Ogni volta che poteva cercava di ostacolarlo e dargli dei guai con il preside, sperando che fosse espulso. –

- Che peccato! Non capisco proprio come abbia potuto fare una cosa simile! Non è che potresti dirmi il nome? Naturalmente non lo scriverei nell’ intervista, però sarei curioso di vedere se conosco questo tipo, così per curiosità. –

Sana rimase interdetta per una attimo. Sapeva che il nome non sarebbe stato pubblicato perché, se ciò fosse accaduto, a rischiare la denuncia sarebbe stata anche la rivista. Quindi, che male c’ era?

- Non ricordo il suo nome di battesimo, non ce lo chiamava nessuno. Però il suo cognome era…era…SENGOKU. Aveva i capelli bruni e un perenne ghigno maligno e crudele sul viso, a parte quando le cose non andavano come voleva lui…in quel caso sembrava un serial killer, tanta era la furia che gli si leggeva negli occhi. -

- Sengoku come il periodo storico? No, non l’ ho presente, mi dispiace.

Oddio come è tardi!!!Scusa Sana, ma ora devo proprio andare! Ci risentiamo tra poco per le ultime cose dell’ intervista, sayonara! -

- Molto bene, ciao Tonami- kun. Allora ne riparleremo poi di quel discorso va bene? -

- Em…no, aspetta, volevo anche chiederti se… se domani l’ altro ti va bene. Ci possiamo incontrare al bar dell’ altra volta verso le 8.00, che dici? Almeno potremo parlare in pace.

- Ok, per me va bene…comunque ti ricordi che dovremo parlare solo per cose riguardanti il lavoro, vero? Ci eravamo chiariti, no? –

- Ma certo! Stai tranquilla Sana-chan. Ormai ho capito quanto Akito sia importante per te. A domani l’ altro allora!!!-

Andandosene, il reporter poté finalmente sorridere malignamente senza destare sospetti.

- Ma certo che per te Akito è importante. Solo che presto cambierai idea sul suo conto…basterà fare una bella chiacchierata con il vecchio Sengoku. Di certo non negherà un piccolo favore ad un suo vecchio studente. –

Sana era piuttosto stupita: non riusciva capire la repentina fretta del reporter. Decise però di lasciare perdere e se andò verso casa.

No appena fu arrivata, la mamma la avvisò che Fuka l’ aveva chiamata per sapere come era andata l’ intervista, e Sana la richiamò immediatamente.

- L’ intervista è stata un successo! Quest’ oggi Akasaka voleva informazioni sulle medie: come puoi ben immaginare non è che questo sia il mio argomento preferito…comunque sono riuscita a mettermi a parlare dei professori, quindi tutto si è risolto per il meglio! –

- Hai parlato proprio di tutti…anche di Sengoku? –

La voce di Fuka era esitante.

- A dire la verità… si. Avevo gia tralasciato molte cose importanti, e almeno una gliene ho voluta concedere. Comunque non ho avuto il tempo di raccontargli praticamente nulla, a parte il fatto che detestava Akito. Senti, parlando di cose più allegre, allora per la cena di domani sera è tutto a posto? -

- Naturalmente! Lo sai che sono precisa in queste cose! Ho gia prenotato un tavolo per sei persone al ristorante, non rimane che andarci! –

- Perfetto! Allora ci sentiamo dopo, adesso vado a riposarmi un po’, che fra un paio d’ ore ho la prova costumi per il prossimo spettacolo teatrale…quando hanno saputo che avrei avuto un’ intervista personale sul giornale, hanno immediatamente accolto la proposta di Rei di farmi partecipare, anche se spero proprio di essere all’ altezza e … -

- Te lo meriti! Sei veramente brava! Hai fatto moltissimi sforzi per diventare l’ attrice che sei ora ed il successo che hai te lo meriti in tutto e per tutto! Hai propria da essere orgogliosa!!! –

- Grazie Fuka! Comunque non vedo l’ ora sia domani… anche perché è da un po’ che non.. bè…sai…Akito è tornato da poco e…-

La risata cristallina di Fuka riecheggiò all’ altro capo del telefono: aveva capito cosa, con molto imbarazzo, voleva dire Sana:- Stai tranquilla Sana! Domani potrai tranquillamente scambiare quattro chiacchiere con Akì senza nessuno che vi giri attorno! -

Sana, diventò rossa dal suo capo del filo, pur sapendo che Fuka non poteva vederla.

- Comunque guarda che non è come pensi! E poi mi fa sempre piacere stare con voi e… -

- Si, si ho capito stai tranquilla che non mi offendo! Oh, adesso scusa ma devo andare, ho appuntamento con Takaschy, ci sentiamo dopo. -

- Va bene allora ci si sente! –

Detto questo sia alzò e andò in camera.

Sengoku

QUARTIERE DI ODAIBA

Akasaka fissò le eleganti case che sfilavano davanti a lui. Erano anni che non le vedeva, ma riconobbe subito l’abitazione che cercava. Per anni aveva passato il tempo a farsi dare lezioni supplementari di chimica proprio lì. Se all’ università era il primo della classe anche in quella materia, avrà avuto i suoi motivi. Conscio di essere in perfetto orario, con addirittura qualche minuto di anticipo, suonò l’ elegante campanello di ferro. Venne ad aprire un uomo sulla quarantina, con i capelli in parte castani e in parte bianchi e due profondi occhi scuri, che nascondevano anni ed anni di insegnamento e disonestà.

- Puntuale come al solito, Akasaka. Comunque, sono lieto di rivederti. -

- Anch’ io, professor Sengoku-san, sono lieto di vederla. Posso entrare? –

Senza dire nulla, l ‘ uomo si scostò dall’ ‘uscio e gli lasciò lo spazio che bastava per farlo entrare.

- Vedo che non ha cambiato nulla. -

- Gia. Ma, se non mi sbaglio, al telefono mi hai parlato di una questione importante. Quindi lascia perdere i convenevoli e dimmi il motivo della tua visita. –

- Lei punta sempre al sodo, l’ ho sempre ammirata per questo. Comunque, il motivo per cu ho chiesto di vederla, riguarda una questione della massima delicatezza. –

- Sarebbe? –

- Bé, vede…come sa io faccio parte dell’ ”Actress News” il mensile cinematografico… - ma Sengoku lo interruppe:

- Se non mi sbaglio la critica ha lodato anche i tuoi paragoni tra la scienza e la qualità dei film… ti ha definito “uno degli ultimi giornalisti dotati di una cultura davvero rilevante in ogni campo”, vero? –

- Esatto… non sapevo che lei seguisse lo svolgersi della mia carriera, ne sono veramente onorato! Comunque questa è la prova che, senza il suo aiuto, non sarei mai diventato quello che sono ora.

- Se non mi sbaglio al momento ti è anche stato affidato un articolo importante su quella Kurata, non è vero? Dimmi, sei un suo fan? Hai intenzione di scrivere anche tu uno di quegli articoli melensi su di lei e le sua presunta “simpatia” contagiosa ed il suo “sconfinato talento”, come fanno quegli inetti dei tuoi colleghi? –

Le ultime parole vennero pronunciate con un tono freddo e tagliente come il ghiaccio secco.

- Professore, così mi ferisce! Come può anche solo pensare che io ammiri quella insopportabile ragazzina boriosa?! E poi, ritengo che questo sua simpatia non sia altro che un subdolo metodo per ammaliare il pubblico ed i mass-media…non trova anche lei? -

- Sono perfettamente d’ accordo con te, Akasaka. E poi, se te lo dico io puoi fidarti. Devi sapere che è proprio a causa sua se ho dovuto licenziarmi dall’ impiego alla scuola media… -

Gli occhi del reporter brillarono per la soddisfazione. Era riuscito a condurre il suo vecchio professore proprio sull’ argomento che tanto gli premeva, senza dover insistere minimamente per farlo parlare… quando l’ allievo supera il maestro.

- Sa, ho saputo proprio da Kurata che lei era il professore di scienze del suo attuale ragazzo… un tale scapestrato! Un vero teppista, per altro molto maleducato ed irriverente. Deve averla fatta penare molto ai tempi delle medie…pensi che aveva dato del filo da torcere persino ai suoi insegnanti delle elementari! -

- Un momento… per caso il nome di questo individuo è… mi vengono ancora i brividi solo a pronunciarlo… Akito Hayama?! –

Pronunciare il nome del ragazzo provocò una sottospecie di tremore di rabbia all’ uomo, che stupì persino il diabolico giornalista.

- Allora…lei se lo ricorda! Siccome ho tutta l’intenzione di evidenziare che razza ti teppista è il ragazzo scelto da Kurata, volevo avere una dichiarazione da parte di qualcuno che lo conoscesse bene e potesse giudicare imparzialmente…quando ho saputo che era stato un suo studente, ho pensato che avrebbe potuto concedermi questo favore… pensa che io le possa fare qualche domanda?-

Sengoku lo fissò con uno sguardo carico di odio e rispose, sibilando:

- Se questo contribuirà a distruggere la reputazione di quel diabolico oni, sta pur certo che ti dirò tutto quello che so. -

Akasaka sorrise e si sedette sulla sedia che per anni lo aveva ospitato, davanti al grande e lussuoso tavolo da pranzo.

- Molto bene…allora cominciamo con qualche domanda basilare… -

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Capitolo 3
*** Terza parte ***


Sono qui

Sono qui

CASA HAYAMA , poche per dopo

Akito stava mangiando de sushi in cucina, quando il telefono di casa squillò. Essendo solo (il padre era al lavoro e Natsumi stava facendo la spesa al supermercato) dovette per forza rispondere.

- Pronto, casa Hayama, chi è? -

Chiese secco alla persona all’ altro capo del ricevitore.

- Sono Akasaka. Scendi immediatamente. Sono sotto casa tua. Devo parlarti. -

Akito non fece in tempo a replicare che la linea cadde: il reporter aveva abbassato.

Scese come una furia le scale e, una volta in giardino, si guardò intorno per individuare dove fosse appostato Akasaka.

- Sono qui. -

Akito si girò verso un vicolo di fianco alla casa. Lo spietato giornalista indossava un giubbotto nero e lungo molto elegante, di marca. Aveva un cappello a tesa larga calato sugli occhi e fissava beffardamente il ragazzo. Era decisamente in tinta con il cielo cupo e il vento fastidioso che soffiava in quel momento.

- Come hai avuto il mio indirizzo? -

Chiese Akito con un tono molto, troppo tranquillo. Il giornalista rispose con un ghigno:

- Me lo ha dato Sana durante una delle interviste. So dove vivi tu, i tuoi amici, e conosco persino il nome e la località del cimitero dove si trova tua madre. -

Lo sguardo di Akito avrebbe congelato chiunque, ma non Akasaka. Probabilmente non aveva abbastanza umanità per cogliere tutto l’ odio racchiuso in quello sguardo.

- Sai, non è la prima volta che vengo qui. -

- Ah no? –

Chiese Akito con un tono così piatto da mettere i brividi.

- No. -

- Sei venuto fin qui solo per dirmi questo? In questo caso vedi di andartene… o altrimenti chiamerò la poli…-

- La polizia, forse? E di cosa mi accuserai? Disturbo alla TUA quiete pubblica? Dirai che uno dei più famosi reporter di Tokyo ti sta importunando? E poi no, tu non sei proprio il tipo da chiamare la polizia. A te le cose piace risolvertele personalmente, vero? In questo tu ed io ci assomigliamo molto. –

- Non osare paragonarti a me razza di… -

Ma, per l’ ennesima volta, venne interrotto dalle parole provocatrici di Akasaka:

- Cos’è, pensi di cominciare ad insultarmi ora? E pensi che ti basterà prendermi a male parole, quando mi sarò preso la tua ragazza? -

I pugni di Akito si strinsero forte, tanto da far sanguinare i palmi. Calò un pesantissimo silenzio, interrotto solo dalla risata di Akasaka.

- Lo vedi? Avevo ragione io. Tu non sei proprio il tipo che si accontenta degli insulti. Stai morendo dalla voglia di picchiarmi, come l’ altra volta. Ma sai che non puoi, perché, se lo facessi, potrei non restare zitto, questa volta, e ciò darebbe un dispiacere alla piccola Sana-chan, perché un incidente tanto disdicevole potrebbe dare una svolta diversa all’ articolo… non è vero Akì? -

Questa fu la goccia che fece traboccare il vaso. Akasaka lo sapeva, e quindi non si stupì quando si ritrovò bloccato al muro per la camicetta, con gli occhi di Akito che lo fissavano pieni di odio.

- Non osare chiamarmi a quel modo, razza di viscido insetto. -

- Lo vedi? È questa la sostanziale differenza tra te e me. Tu sei una persona indipendente e decisa, ma hai un difetto che sarà la tua rovina, anzi, che lo è gia stata: l‘ impulsività. Non saresti mai capace di lasciarmi andare, tornare in casa, ed elaborare un modo per rovinarmi. Preferisci picchiarmi e, magari, farmi finire in ospedale. Io invece ho la possibilità di portarti via ciò che hai più caro al mondo, e senza nemmeno sporcarmi le mani. E tu lo sai. Lo sai che se sono qui è per una ragione ben precisa, un motivo importante e che, stanne certo, cambierà la tua vita. Solo se tu mi uccidessi, potresti stare certo di esserti liberato di me. Ma non arriveresti mai a tanto. Non dopo tutto quello che ti ha insegnato Sana sull’ importanza disgustarsi ogni giorno e riconoscerne l’importanza, per quanto ne so. Non potresti mai togliere la vita ad un altro essere umano… o sbaglio? –

Non sbagliava. Akito non rispose, ma lo lasciò pesantemente cadere a terra.

- Parla. Se sei venuto qui per dirmi qualcosa, fallo. Cosa diavolo vuoi da me?!! -

- Lo sai cosa voglio. Voglio Sana. –

- E cosa ti fa pensare che io mi faccia da parte solo per questo? –

Un sorriso sadico illuminò il volto di Tonami Akasaka.

- Questo. –

Il giornalista prese da una tasca interna della giacca un foglio scritto al computer. Portava la data di un mercoledì di due settimane dopo, poi altri dati scritti in piccolo che Akito non si soffermò a leggere. E un titolo.

SANA’S LIFE

“Salve cari lettori. Finalmente è uscito l’ articolo completo su Sana Kurata che tanto aspettavate. Purtroppo, però, non vi troverete riportato ciò che tutti si aspettano. Molti pensano a Kurata come ad una ragazza solare e piena di vita, che incarna l’ idea della positività e della giustizia, ma la realtà è un’ altra: Sana non è la simpatica idol che tutti voi credete. Attraverso l’ intervista che le ho fatto e le preziose informazioni che mi sono state date da un suo ex professore, ho scoperto che le compagnie che frequenta sono tutt’ altro che “solari e piene di vita”. La sua compagnia è composta per lo più da ragazzi e ragazze per bene, certo, ma c’è una pecca che rivela come sia la vera personalità di questa nota attrice: il suo ragazzo. In un’ età importante come la sua, dove una giovane donna deve cominciare a pensare a come gestirà il resto della sua vita e le persone che le sono accanto, vicino a sé dovrebbe volere gente educata e di un buon livello culturale, gentile e dalle idee aperte.

Purtroppo non è cos’, per Kurata

Il suo ragazzo, un teppista che frequenta sin dalla sesta elementare (si, perché in jap c’è anche le sesta elementare, quella che i ragazzi frequentano all’ inizio dell’ anime. N.D. M. -C.), non è altri che un criminale che finge di essersi pentito. Tutti voi ricorderete come, alcuni anni fa, il famosissimo attore Naozumi Kamura, oggi impegnato a migliorare la sua già brillante tecnica di recitazione agli “Actor’s Studios”, avesse manifestato più volte il suo interesse verso Kurata, e di come fosse stato respinto dalla cosiddetta. Come può, una ragazza dal presupposto buon senso e serietà, preferire un qualunque criminale di strada ad un soggetto come Kamura? Mi è stato anche riferito che l’ attuale ragazzo di Kurata è cambiato ed adesso non è più uno scaltro teppista di strada, ma il passato non verrà mai cancellato. Capobanda di una gang di teppisti alle elementari ed insolente soggetto alle medie, è difficile credere che dentro di sé non nasconda più un’ indole malvagia e tremenda, nonché nociva per le persone di cui si circonda.

Molte ragazzine prendono Sana Kurata come modello… alzi la mano chi, tra di voi, non ha mai sentito dire alle proprie figlie adolescenti dire: - Da adulta diventerò bella e famosa coma Sana-chan. - . Scommetto nessuno. Quindi, chi di voi è disposto a lasciare che la nuova generazione di donne che popoleranno il Giappone abbia come esempio una ragazza dalle dubbie compagnie e che vede l’ amore in un teppista violento ed aggressivo con il prossimo, piuttosto che in un attore ben quotato e talentuoso? A voi la risposta, signori. Il giudizio finale che la nostra prestigiosa rivista da all’ attrice Sana Kurata è, quindi, altamente negativo. Un quattro. Scarso. Per quanto riguarda il talento come artista c’è, non lo si può negare, ma il panorama nipponico è pieno di giovani idol pronte ad intraprendere la scalata al successo ed a diventare attrici di un livello come quello di Kurata, in un tempo più o meno lungo.

Il vostro affezionato Tonami Akasaka.”

Una volta terminato di leggere l’ articolo, Akito non disse nulla. Akasaka intuì che aveva letto tutto solo dallo sguardo, passato, dopo alcuni secondi, dalla pagina battuta al computer al giornalista.

- Naturalmente è solo una bozza. Aggiungerò anche parti di intervista e foto, scriverò esattamente quello che ha detto Sana. Ma non ti credere, riuscirò a farla sfigurare anche grazie a quello. Non c’è argomento dove lei non sia riuscita a parlare di te. Ogni volta che le facevo qualche domanda finiva per dire anche quello che tu ne pensavi. Deve conoscerti proprio bene! Perciò, questo non farà che accrescere l’ idea di quanto tu sia importante per lei, e dopo il bel ritrattino che ti ho fatto, sta pur certo che ciò non sarà un punto a suo favore. -

- In tutta la mia vita ho conosciuto una solo persona capace di tanto. E la cosa più tremenda e nauseante, è che non si tratta nemmeno di un mio rivale. Nemmeno Kamura è mai arrivato a farmi tanto schifo e ribrezzo, pur di averla vinta. L’ unico individuo che si è comportato in modo spregevole come te è stato…-

Un nome uscì simultaneamente dalla bocca di entrambi:

- SENGOKU -

Akito spalancò gli occhi per la sorpresa: come poteva sapere che il riferimento andava a quel suo vecchio insegnante? Certo, magari Sana gliene aveva parlato, ma il giornalista non poteva conoscerlo così bene da capire addirittura ciò a cui stava pensando.

- C’ è una cosa cha ancora non ti ho detto. Alcuni anni fa, un aspirante giornalista frequentava la Todai a Tokyo. Per prender la laurea in giornalismo (sorry so che non esiste ma abbozatemela perfavore…NDM-C.) doveva naturalmente passare tutti gli esami, e non poteva permettersi nessun punteggio insufficiente… quello studente, però, aveva una parecchi problemi con le materie scientifiche. Così venne mandato a prendere ripetizioni da un professore di tali materie molto famoso, che si trovava al momento disoccupato perché autolicensiatosi dal suo precedente impiego in una scuola media privata.. Aveva lasciato il lavoro perché la sua autorità era stata minata da alcuni studenti della scuola. Ma in maggior parte a causa di un pericoloso ragazzo: eri proprio tu. -

Akito pensò di non aver sentito bene. Anzi, credette essersi immaginato tutto. Si, di certo stava sognando. Non poteva essere vero, non poteva assolutamente essere vero. Perché una delle persone che più al mondo gli aveva creato problemi e dato difficili prove da affrontare, non poteva essere tornata dal suo passato per toglierli quella che era ormai la sua vita. Non poteva esistere, quell’ uomo così meschino ed ipocrita che si trovava davanti non era possibile fosse stato allievo di Sengoku. Non poteva assolutamente essere così.

- Tu…tu…eri suo allievo? Conosci Sengoku?!!! -

- Gia. E, visti i ricordi cha ha di te, il vecchio Sen non si è fatto certo pregare quando gli ho chiesto un’ intervista in esclusiva su che razza di teppista eri alle medie. Non te la mostro, tanto puoi immaginare quello che vi è scritto sopra.

Quindi, ti pongo le scelte davanti a cui ti trovi: puoi lasciare Sana, senza naturalmente dirle il vero motivo per cui prendi questa decisione, e scomparire per sempre dalla sua vita, lasciando che, quando lei sarà triste e con il cuore infranto, si faccia consolare dal sottoscritto; senza che tu metta bocca o rivendichi quanto lei ti amasse ecc. ecc…e sta pur certo che, se tenterai di dirglielo di nascosto, io lo saprò, perché, come hai potuto ben notare, quando decido di fare qualcosa lo porto sempre a termine. Oppure puoi mandarmi al diavolo, gonfiarmi di botte, e lasciare che Sana scopra tutto e mi consideri un verme, un bastardo, tutto ciò che vuoi. Naturalmente, facendo in tal modo, l’ articolo che hai appena letto e l’ intervista fatta a Sengoku verranno pubblicate e, a questo punto, stà pur certo che la carriera di attrice sarà un capitolo chiuso nella vita di Sana Kurata. Ci pensi? Nessun regista la vorrà più nei suoi film, non verrà più chiamata per nessuno spettacolo teatrale e alcuna pubblicità; se per caso qualcuno si movesse a compassione e la scritturasse, dovrebbe poi vedersela con i commenti sdegnati della gente, e sarebbe costretto a licenziarla. Nemmeno con l’ aiuto del formidabile Sagami riuscirebbe a riprendersi. La nostra rivista ha un tasso di considerazione troppo alto perché la notizia venga dimenticata nel tempo, e le smentite porterebbero solo rogne ai giornali, che quindi lasceranno perdere.

Di certo per Sana sarebbe una brutta storia da mandare giù. Lei stessa mi ha detto come sia stata male quando, per un motivo o per l’ altro, non veniva più scritturata da nessuno. Buffo, non trovi? La prima volta sono stati degli uomini a cui non importava niente di lei, a metterla in difficoltà. Ricordi? La ”SpiroCorporation” era riuscita a farle terra bruciata intorno (solo nell’anime…NDM-C.). Poi, a metterla in seria difficoltà in ambito lavorativo, sono state persone che dicevano di essere pazze di lei, in membri del suo privato fan club, perché non gli piacevano gli impiegucci per i quali era stata scritturata (idem NDM-C.)…un momento! Ora che ci penso, anche quello era stato per colpa tua, non è vero? Eh? Te ne ricordi? -

- Non proseguire. So a cosa ti riferisci. Al fatto che veniva considerata superba dai produttori perché si era rifiutata di dire una battuta che avrebbe potuto ferirmi. -

- Esatto. E adesso, tu, il suo ragazzo, potresti essere anche la causa del DEFINITIVO declino come attrice di Sana. Sarebbe un’ esperienza davvero tremenda per lei, tanto che rischierebbe di cadere in depressione.

Allora, cosa scegli? Non ti darò inutili ultimatum, perché sono certo che hai gia deciso. Cosa mi rispondi? –

Akito rimase un attimo in silenzio, poi mormorò:

- Voglio vedere l’ intervista. Mostramela. -

- Come vuoi. Ma sappi che ogni cosa che ho scritto è esattamente quello che mi ha riferito Sengoku. Possiedo i diritti di tutto quello che è scritto su questo foglio. –

Detto questo tirò fuori dalla tasca interna anche un altro foglio, scritto a mano.

Mentre Akito leggeva, Akasaka disse, ridendo in un modo che avrebbe fatto rabbrividire chiunque:

- Puoi anche strapparlo. Non mi interessa. Ne ho gia fatto delle fotocopie e salvata una copia su cd. Naturalmente negherò tutto so lo mostrerai a qualcuno, proprio come per l’ intervista, e non potrai dimostrare che è un mio pezzo. Farai solo la figura del geloso se racconterai che sono stato io a dartelo. –

Non appena ebbe terminato queste parole, Akito accartocciò i fogli con una mano e cercò di non far trasparire la rabbia che lo stava, lentamente ed inesorabilmente, avvolgendo. Ancora poco tempo e non avrebbe più potuto rispondere delle sue azioni: quel poco di insulti e rivendicazioni per vendetta che aveva letto gli era bastato. E ormai aveva preso la sua decisione. Amava Sana con tutto sé stesso. E proprio per questo doveva fare ciò che riteneva più giusto per lei. Non per sé stesso.

- E va bene. Accetto. La lascerò e tu…tu potrai fare quello che vorrai. Però ad una condizione. -

- Sarebbe? Non mi sembri nella posizione più adatta per dettare legge, ma sono curioso di sentire cosa hai da dire. Parla. –

- Io voglio sapere due cose. –

- Cioè? Quale sarebbe la prima? –

- Tu la ami? –

Akasaka non rispose subito. Dopo un silenzio che parve eterno, disse con tono piatto:

- No. Non posso dire di amarla. Non ho mai amato nessuna donna ( e nessun uomo non essendo gay) nella mia vita. È un sentimento che non mi interessa. -

- Non ti interessa? Non ti interessa?! Tu…tu…stai facendo tutto questo e non sei neppure innamorato di lei?? Non credo che… -

Ma la risposta di Akasaka lo fermò. Per la prima volta, il reporter diede prova di poter provare altri sentimenti, oltre che la perfidia e l’ egoismo. Avrebbe voluto rimanere impassibile, ma quello che il ragazzo aveva detto non aveva permesso al suo animo meschino di dire qualcosa che, lo sapeva, avrebbe fatto soffrire Akito. Era fatto così. La perfidia era radicata in lui da quando era venuto al mondo, e non aveva nessuna intenzione di liberarsene. Solo così facendo poteva sentirsi potente.

- Cosa è che non credi?!! Cosa hai da parlare tu, che una volta, probabilmente, dovevi essere un grande. Ma ti sei guardato? Ai tempi delle elementari eri ancora un bambino, ma avevi gia capito come funziona il mondo. Non so se con questo avesse a che fare la morte prematura di tua madre, e, sinceramente, non mi interessa. Fatto sta che ti sei rovinato crescendo. Dando retta a tutte le storie di Sana, sei diventato un povero e triste omuncolo, pronto a sacrificarsi non appena la ragazza della quale è convinto di essere innamorato è nei minimi guai. Se tu non lo avessi permesso, come ho sempre fatto io, adesso saresti tu a tenere in mano l’ arma per incastrami. E invece quale uomo ha vinto? Quello spietato ed ambizioso, o quello onesto e innamorato? Penso che entrambi sappiamo gia la risposta. -

Detto questo, si girò e si incamminò verso la strada.

Ad un tratto si fermò. Senza girarsi verso il ragazzo disse queste parole con tono gelido, per poi proseguire per la sua strada:

- Domani ho intenzione di chiamarla. Voglio ce tu le abbia già parlato. –

- Un momento…ho detto che le domande erano due!!! –

- E sentiamo, quale sarebbe la seconda? -

- Bé…io…ho detto che accetto il patto, ma c’è una cosa che esigo sapere. –

- Non farla tanto lunga e muoviti a parlare, prima che cambi idea. –

Akito sentì la rabbia fremergli nel corpo, ma si trattenne per fare in modo che Akasaka non se ne andasse prima di avergli risposto.

- Tu…tu non le farai niente che non voglia vero?! -

Un lampo di malizia accese gli occhi di Akasaka.

- Perché ti interessa saperlo? Quello che io e lei faremo in intimità non sono affari che ti riguardano. -

Akito fece un passo minaccioso verso di lui.

- Sappi che, carriera o non carriera, se oserai cercare di farle fare qualcosa che non vuole non risponderò più di me. Hai capito bene? Se ti rimane un briciolo d’ orgoglio, giurami che non mi darai modo di doverti uccidere. Perché se tu facessi, o anche solo provassi, a metterle le mani addosso, potrei anche dimenticare per una frazione di secondo che il karate non va mai usato per scopi personali e, soprattutto, una disciplina da utilizzare per l’autodifesa. - Il tono di Akito fu sicuro e furente, seppure sussurrato in un bisbiglio…i suoi occhi erano tornati duri e spietati come tanti anni prima.

Akasaka sorrise maligno e rispose:

- Se fossi certo che lei è ancora vergine sarei più clemente per quanto riguarda questo punto, ma, essendo sicuro che non è così, non posso prometterti che mi farò tanti problemi quanto vorresti tu. -

- Razza di…di…non so bene cosa, come fai a sapere se lei e io… -

Il giornalista lo interruppe:

- Potrei rispondere a questa patetica quanto inutile domanda con una bugia, e farti credere che sia stata lei a confessarmelo. Ma così tu finiresti per trovare un appiglio e pensare che hai una colpa in meno. Non ho intenzione di concederti un simile privilegio.

No, no ti dirò proprio la verità: ho capito che ti ha concesso le sue grazie proprio grazie a te, che con la tua domandina hai reso chiaro il fatto che la consideri praticamente un bene esclusivamente tuo da quel punto di vista, quanto gli altri. Se tra voi le cose non si fossero già evolute, non avresti potuto fare un pensiero del genere così all’istante, ragazzino. –

Detto ciò, prima cha Akito potesse interpretare appieno quello che lui aveva appena detto ed esplodere, prese e se ne andò furtivamente come era arrivato, lasciandolo lì.

Ti amo…lui

Akito si ritrovò fermò davanti alla propria casa, lo sguardo fisso sul cemento sotto di lui. Non poteva, non voleva credere a quello che stava per fare. Si girò improvvisamente e si mise a correre verso casa Kurata. Correva veloce come non aveva mai fatto. Mai. Era abituato a superare la barriera del dolore e della fatica mentre correva, deciso a fare sempre più di quello che il suo corpo gli permetteva…ma questa volta di più. Era certo che, se avesse sentito molto, troppo male, sarebbe riuscito a non pensare alle conseguenze del gesto che stava per compiere ed a tutto il dolore che avrebbero riportato.

Una fitta stava lacerandogli il fianco, era da parecchi minuti che correva incessantemente, senza mai fermarsi.

Per fare quello che doveva sarebbe stato costretto a soffrire come un cane. Lo sapeva. Ma non importava. Lei veniva prima di tutto.

La fitta si intensificava. Sempre più forte e tremenda.

Quante cose non le aveva mai detto. Quante parole piene si era sempre tenuto dentro, a causa dell’ orgoglio…brutta bestia, l’orgoglio, praticamente sempre presente nelle anime più vere e coraggiose.

Il dolore sempre più attanagliante. Un’ altra persona, anche se arrabbiata e disperata solo un quarto di quanto lo era lui, sarebbe già svenuta, o, perlomeno, rimasta disidratata.

Solo una volta, solo una volta, era riuscito a pronunciare di fronte a lei quelle due parole magiche…quelle parole che avevano acceso nei suoi vispi e castani occhi a mandorla una luce così gioiosa da bagnarsi di lacrime.

Basta. Basta! Era questo che il corpo di Akito gridava. Ma la mente negava lui questo permesso, mentre tentava di concentrarsi sul dolore e non pensare…

Era stato quella notte…quella notte a casa sua…tutto era successo così, come se fosse stato scritto da sempre che sarebbero rimasti insieme. Semplicemente era accaduto. Sana e Akito. Akito e Sana. Due nomi e un destino solo. Da quell’ abbraccio… quell’ abbraccio così caldo, dove lui aveva pronunciato parole che mai avrebbe immaginato uscire dalla sua bocca, si era ritrovato, alle quattro del mattino, sotto le candide lenzuola a fiori rosa del letto a baldacchino di Sana, in una stanza che lo aveva visto crescere. Lui e Lei. Diventare adolescenti, ragazzi, e poi adulti. Ma, dopo quella notte, un fiore più rosso degli altri aveva colorato, seppure temporaneamente, il tessuto bianco*.

Ormai era allo stremo delle forze. Ed era anche quasi arrivato a casa sua.

Lei dormiva placidamente appoggiata sul suo petto, che si alzava ed abbassava ad un ritmo nuovamente normale. Un candido sorriso le illuminava il volto, e gli occhi chiusi le davano un aspetto angelico. La propria mano destra appoggiata sui capelli color rame, tutti spettinati. Ad un tratto, come a poter immaginare che la stava guardando, lei aveva aperto gli occhi e lo aveva fissato, così, seria. Semplicemente era rimato a guardarlo. Poi siera stretta un po’ di più a lui ed aveva mormorato:

- Sono felice. -

Con una sorta di timido imbarazzo ed il solito tono burbero, lui aveva risposto, stringendola:

- Bè… pure io. Sei sicura di stare bene? -

- Sto benissimo, tranquillo. –

- Sana…senti…io non vorrei che tu… insomma…ti fossi sentita obbligata…sei certa che lo volevi? Sai com’è… -

Ma la ragazza, ridendo all’improvviso del leggero colore che avevano preso le guance di Akito, rispose alle sue atipiche premure mettendogli un dito sulle labbra e dicendo:

- Ti ho già detto di non preoccuparti. Mi conosci. Non sono una che si fa condizionare. E nemmeno tu. Se non avessi voluto, ti avrei chiesto di fermarti. Ma… -

A quel punto era stato il suo turno di arrossire:

- Tutto questo…se non avessi deciso di farlo con te, non lo avrei potuto mai fare con nessun altro. Akito…dopo tutti questi anni passati insieme avresti dovuto capirlo che io … -

Ma lui le aveva appoggiato a sua volta un dito sulle labbra, impedendole di finire la frase, e terminando per lei.

- Ti amo. -

Dopo di questo non si erano detti altro. Quelle parole erano bastate. E il sentimento era tornato a colpire, con tutta la sua forza e passione.

In quel momento, stremato e senza forze, si ritrovò davanti al campanello.

Si asciugò la faccia bagnata di sudore, per accorgersi che, stranamente, anche gli occhi si erano bagnati: ma non era sudore. Erano lacrime. Stava piangendo e non se ne era nemmeno accorto.

- Accidenti! Ma guarda te se… - poi, però, tacque. Nel parlare aveva rivolto gli occhi in alto,e si era trovato davanti la villa dei Kurata, in tutta la sua maestosità. Erano anni che entrava e veniva da quella casa, che gli ricordava tanti momenti ed esperienze importanti che mai avrebbe scordato…Doveva smetterla.

Doveva smetterla, di pensare a tutto questo.

Per essere credibile e non farle intuire nulla, avrebbe dovuto essere freddo e impassibile, proprio come lo era stato tanti anni prima. Gli bastò un pensiero per fargli sentire l’ odio e la rabbia che serviva strabordargli nel cuore: Akasaka.

Con l’ immagine del reporter fissa nella mente suonò il campanello. Sperava vivamente che in casa ci fosse solo Sana.

Avrebbe avuto fortuna se ad aprire fosse stata proprio lei e non la madre, rei o la governante. Sana si rifiutava categoricamente di lasciare la casa di famiglia per andare ad abitare da sola, nonostante fossero anni che sua madre le ripeteva incessantemente di andare a vivere in modo indipendente. Non voleva che lei si sentisse sua responsabile solo perché passavano gli anni. Ma Sana non voleva lasciarla sola. Sapeva di poter contare su Rei e la governante, ma era troppo legata alla madre per essere anche solo sfiorata dal pensiero di non poterla vedere almeno una volta al giorno, e sapeva che, visto i suoi impegni di spettacolo e quelli della madre per i libri, se non si fossero viste a casa le occasioni si sarebbero ridotte notevolmente. Tutte queste cose Akito le sapeva solo perché, una volta che era a cena a casa Kurata, aveva avuto la fortuna di sentire un dialogo tra Sana e la Sensei.

-Sana, capisco che tu sia legata ai ricordi, ma ormai dovresti andare a provare a vivere da sola. So bene che saresti tranquillamente capace di badare a te stessa… -

- No,mamma. –

Aveva risposto lei.

- Il giorno in cui io lascerò questa casa sarà quando mi sposerò…e…non so quando io e lui saremo pronti per una cosa del genere. Siamo ancora dei ragazzi, e anche se quello zuccone non lo ammetta mai, so bene che è molto affezionato ad il Signor Hayama ed a Natsumi. E poi…bè…non so se arriverà mai a volere fare una cosa così importante con me. Dal canto mio è scontato che vorrei che,,,bè…-

Poi si era interrotta per via dell’ imbarazzo, essendosi accorta della confidenza che aveva appena fatto alla madre.

Akito si era sentito cedere le gambe, provocando un leggero rumore, udito non da Sana ma distintamente dalla Sensei, che lo aveva visto correre via velocemente da dietro la porta, essendo tra le due la figlia a voltare le spalle ad essa.

Nonostante cercasse i tutti i modi di tenere a mentre l’ odiosa immagine di Akasaka, non poté non ricordare che, dopo la cena, era stata la mamma a volerlo accompagnare alla porta.

Mentre usciva dal cancello e gli voltava ormai le spalle, la Signora Misako aveva mormorato:

- Per una madre è sempre difficile quando i propri figli se ne vanno di casa. Ma conto, e spero che, quando accadrà a Sana, sarai al suo fianco. -

Lui era rimasto un momento in silenzio, poi aveva risposto, correndo via subito dopo:

- Per quanto mi riguarda, io me la sposerei anche subito. -

E adesso avrebbe dovuto dare un taglio netto a tutto. Cercò di ricomporsi, poi suonò deciso.

La visione che gli si parò davanti lo lasciò senza fiato.

Alla fine ad aprire era venuta lei : portava un paio di pantaloni blu da casa, ex di una tuta che avevano comprato insiem eanni prima. Ormai non le stavano più, lui glielo aveva ripetuto moltissime volte, ma lei, testarda, non ne aveva voluto saperne di regalarli o buttarli: diceva sempre che, essendo stati acquistati una delle poche volte in cui era riuscita a trascinarlo per negozi, erano un ricordo troppo singolare per disfarsene.

E poi, erano gli stessi che lei indossava quella famosa sera…indosso aveva anche una felpa larga e avvolgente, con su scritto “Kodocha”, presa evidentemente a uno dei numerosi negozi ispirati al programma che era stato il suo trampolino di lancio come attrice. Avrebbe potuto comprare tutti i vestiti griffati che desiderava, ma preferiva sempre indossare capi semplici e che le ricordavano qualcosa che amava. Era fatta così. E forse era proprio per questo che l’ amava tanto. Scosse la testa, cercando di scacciare quei pensieri, mentre i lunghi capelli lucidi e puliti di lei fluttuavano sulle sue esili spalle a causa del vento ghiaccio che entrava dall’uscio aperto.

- Akito! Che ci fai qui a quest’ora? È forse successo qualcosa? Accidenti, potevi anche avvertirmi, così mi mettevo qualcosa di un minimo presentabile! -

Disse questo ridendo, aspettandosi che il ragazzo rispondesse con una frase del tipo: - Ti ho visto conciata molto peggio di così, quindi potresti anche evitare di pensare a cose così stupide! -

Ma, invece, Akito rimase in silenzio.

La ragazza, cominciando a preoccuparsi seriamente, appoggiò una delle piccole mani sul suo braccio: Akito si ritrasse come scottato. Sana lo fissò a bocca aperta.

- Ascolta…io sono venuto solo per dirti che…bé…è finita. -

Lei continuò a fissarlo, come se non avesse capito bene.

- Stai…stai scherzando vero? Ma cosa…cosa significa? Ti ho forse fatto arrabbiare? Ma…Ehi!!! -

Akito si era messo a correre verso il cancello senza aggiungere altro. Lei, con indosso solo i vestiti leggeri e le pantofole, lo rincorse, riuscendo ad acchiapparlo per una manica un secondo prima che varcasse il cancello.

- Ma si può sapere che ti è preso?!! Sei forse impazzito???! Cosa significa questa storia??! -

Akito, con una rabbia che nemmeno lui pensava di poter provare verso di lei, si girò, e con una facilità estrema si liberò dalla sua stretta. Ma perchè gli rendeva tutto così difficile? Non lo capiva come fosse difficile per lui?! Certo, non poteva saperlo, perché non conosceva la situazione. Comunque, che avrebbe dovuto fare,anche se avesse saputo? Dirle addio con le lacrime agli occhi, dicendo cose stupide quanto vere, tipo che piuttosto che farla soffrire avrebbe preferito farsi ammazzare? Che in quel momento, l’unica cosa che desiderava fare, era stringerla come aveva già fatto tante e tante volte, e non lasciarla andare mai più?! Ma non poteva farlo! Se davvero si fosse comportato così, avrebbe distrutto anni e anni di sacrifici come attrice…e questo non poteva, non doveva assolutamente accadere.

- Kurata! Da oggi dimentica tutto quello che mi riguarda e non farti più vedere né sentire! Hai capito?! Non voglio più vederti finché vivo! E vedi di obbedire o sarà peggio per te! -

La fissò ancora qualche secondo, con gli occhi stretti in fessure e il fiato corto. Gli occhi di lei invece, non appena ebbe finito di parlare, divennero bagnati.

Guardandola impotente, Akito uscì e finse di non far caso allo sguardo vuoto e umido di lei che lo vedeva sparire dietro l’angolo.

Non appena fu uscito dalla visuale di Sana, si buttò a sedere accanto a un muretto, con la fronte sulle ginocchia. Non poteva credere a quello che aveva appena fatto: come in un film, gli tornarono in mente momenti e momenti passati insieme; naturalmente non potevano essere tutti: la conosceva dalla sesta elementare, praticamente una vita. E ora, con poche parole, era riuscito a rovinare tutto. Ma non avrebbe potuto fare altrimenti. Sarebbe stato troppo,da parte sua, credere di essere lui, la sua felicità, piuttosto che qualsiasi altra cosa. Lei amava troppo il suo lavoro, non poteva costringerla a rinunciarvi senza neanche chiederla cosa ne pensasse…cosa che, ormai era stata appurata, non poteva fare.

Ma allora perché continuava a maledire mentalmente Nakao, per non averlo davvero ucciso davvero quella notte nel bosco?Perlomeno, gli avrebbe permesso di non soffrire come un cane, ovvero ciò che stava succedendo in quel momento. Però, in quel caso, le avrebbe comunque fatto del male, perché facendosi uccidere avrebbe mancato a tutto quello che lei si era prodigata tanto a insegnarli sul dono della vita e l’ importanza che bisogna attribuirgli. In ogni caso, il conoscerlo l’ avrebbe comunque fatta soffrire.

- Sarebbe stato meglio se non ci fossimo mai incontrati, allora. -

Furono in due a dire quelle parole, contemporaneamente, senza saperlo.

Nota Mel-chan:

No, non state avendo le allucinazioni : ho davvero postato due capitoli a tre giorni di distanza l’uno dall’altro. ^^’’ Scusate i pesanti ritardi, spero in questo subdolo modo di far dimenticare i miei paurosi abbandoni!

Comunque, volevo comunicare anche un’altra cosa, che per la sottoscritta è molto importante: “Sana’s Life” è stata scritta quando avevo tredici anni, con periodi più o meno ispirati. I capitoli postati li avevo riletti parecchio tempo prima di postare (pura pigrizia di scarabocchiatrice di storie senza cervello!), e devo ammettere che, rileggendola qualche anno dopo, ci sono rimasta, scusate il termine poco elegante… secca. Tralasciando lo, diciamo, “stile”, la cosa che più mi ha lasciata basita è stato il constatare come il grado di zucchero che mettevo nelle storie fosse estremamente maggiore a quello odierno, praticamente inesistente ^^’’ (della serie: “è possibile cambiare completamente stile di vita in meno di cinque anni?”…solo la Prefazione mi ha fatto quasi venire un colpo apoplettico). Comunque, la storia è ormai stata postata fino al suo ottavo capitolo (questo è il nono), quindi penso sarebbe assurdo cambiarla completamente, poiché riscrivendola adesso penso che sembrerebbe di avere iniziato una storia nuova. Sono comunque molto felice nel poter leggere che anche il mio “vecchio” stile è da voi apprezzato. ^_^

Detto questo vi lascio,

al prossimo chap

Mel-chan

Lo giuro…lei

CASA KURATA…

Era rientrata in casa lentamente, come uno zombie stanco. Senza volere, inciampò nel tappeto del soggiorno, il quale era ombreggiato dalla luce della luna, che splendeva ormai alta nel cielo.

Ma non sentiva più niente. Solo quelle parole…- bè, è finita… -. Senza neanche pensare a quello che faceva, si avviò verso un cassettone che stava vicino al camino e prese in mano una grande cornice d’ argento, aprendola da dietro per prendere la foto che vi era stata messa all’ interno: lei ed Akito il primo giorno di Liceo. Ne aveva anche un’ altra, sempre appoggiata sul mobile, che raffigurava lei e tutto il gruppo: Akito, Tsuioshy, Aya, Fuka e gli altri amici delle elementari che si erano iscritti allo stesso liceo. Come se fosse stata stanca dopo una lunga corsa, si lasciò cadere sullo stesso tappeto dove era inciampata poco prima, con la fotografia in mano.

Quella che stringeva tra le mani era speciale: lei ed Akito, con indosso le uniformi, che posavano insieme. Era stato quel mito di Tsuyoshy (scusate, come si capirà nutro una grande simpatia per quest’ ultimo, alias il nostro Terence in versione Mediaset : il fatto è che mi è sempre sembrato un vero amico, sia per Akito che per Sana, soprattutto nella seconda serie ^----^ by M-.C.) ad intuire che Akito avrebbe voluto una foto con lei, ma non aveva il coraggio di chiederlo, mentre tutte le coppie e i vari gruppetti si facevano scattare foto a raffica, proprio come il primo giorno di medie.

Lo aveva notato perché il ragazzo biondo continuava a guardare incessantemente Sana, che si faceva fotografare ripetutamente, e la propria macchina fotografica. Così il suo migliore amico si era avvicinato alla ragazza, pochi minuti prima del suono della campanella, e le aveva sussurrato in un orecchio, ammiccando con lo sguardoal silenzioso Akito:

- Penso che qualcuno voglia una foto con te… -

Lei, che si era chiesta fino a quel momento perché a lui non sembrasse interessare minimamente una foto con lei in quel giorno così importante, aveva risposto:

- A me sembra che non gli importi…non mi ha detto nulla! -

Tsu l’aveva fissata di sott’occhi: era proprio vero che Sana non capiva nulla, quando si trattava di certe cose, anche se si parlava di Akito, del quale, per tutto il resto, sembrava cogliere gli aspetti anche più nascosti.

Sorridendo, Tsu aveva preso la ragazza per un braccio e l’aveva trascinata vicino ad Akito, dicendo:

- Ragazzi, mancate solo voi come duo. Avanti, fatevi scattare una foto-ricordo! .

Poi aveva fatto l’occhiolino ad Akito, che aveva risposto con un semplice cenno del capo, come a ringraziarlo. Quello al gentile ragazzo con gli occhiali era sembrato un segno più che sufficiente della sua gratitudine.

-Avanti, avvicinatevi un po’ di più! Sennò non riesco a prendervi per bene! –

E così la famosa foto era stata scattata, mostrando una posa che , probabilmente, sarebbe rimasta negli annali: Akito che stringeva la vita di Sana, la quale sentendo la stretta aveva appoggiato sorridendo la testa sulla spalla di lui. Erano stati pochi secondi, ma la foto li aveva ritratto così.

Dopo averla scattata, rosso in viso, Akito si era staccato velocemente da lei e si era incamminato verso il portone della scuola senza dire una parola. Sana era rimasta a guardarlo sorridendo, gli occhi che brillavano di quella luce tuttaparticolare che faceva sempre sorridere sua madre.

Con le lacrime che le scendevano lentamente rigandole il viso, guardando la foto, Sana non poté fare a meno di ripensare a sua volta alla notte che, a pochi giorni dalla partenza di Akito, si era donata ad Akito.

Erano a casa di lei, la mamma era a cena con il signor Honda per parlare del prossimo libro, mentre Rei aveva una riunione di lavoro per discutere un suo futuro lavoro a teatro: la chiamata a casa Hayama, l’ invito a venirla a trovare, il suo assenso…c’erano state tante altre serate come quella. Le avevano passate insieme, davanti alla tv, abbracciati, finché, dopo essersi salutati con un bacio e una battuta, che poteva portare o no a un piccolo litigio che si risolveva da solo, lui o lei non tornavano a casa ripensando alla serata appena trascorsa, pronti a rivedersi l’ indomani. Erano sempre loro, certo, i due ragazzi che si conoscevano dalla sesta elementare, che si picchiavano, litigavano, si prendevano in giro …ma che sentivano di non potere fare a meno della reciproca presenza. Akito e Sana. Sana e Akito. Così era da sempre e cos’ sempre sarebbe stato. O almeno, era quello che Sana incoscieamente pensava da anni.

-Ma quella notte è stato diverso-, pensò Sana con le lacrime che continuavano a sgorgarle dagli occhi come non mai, e il cuore che la batteva all’ impazzata. Straordinariamente e assurdamente diverso.

Nonostante lei cercasse in ogni modo di non pensare a quella sera non poteva fare a meno di ricordare, con una morsa che le attanagliava il cuore, il quale era sul punto di scoppiare e uscirle dal petto, ogni minimo particolare, anche il più insignificante.

La faccia indagatrice di Rei, sospinto velocemente verso la porta dopo quella telefonata che lui reputava “alquanto sospetta”, il suono del campanello poco dopo, lui che entrava e, lei che si rendeva conto che momentaneamente le uniche ciabatte disponibili erano quelle di Rei, cosicché la vista di Akito spiaccicato per terra a causa delle calzature troppo grandi le aveva causato un irrefrenabile attacco di risate.

Sana riprese la foto, appoggiata per terra, e fece per strapparla. Non ci riuscì. Appoggiandosi una mano sul viso, si piegò in due e si accasciò sul pavimento.

Come era stato bello quando lui, dicendo che in quella casa si moriva di freddo, aveva deciso di accendere il fuoco nel nuovo camino che era stato installato in salotto. Non appena le fiamme avevano cominciato a crepitare, si era seduto sul divano e aveva incrociato le braccia dietro la testa. Lei si era tolta le ciabatte, e gli si era accoccolata vicino, con le ginocchia sotto il mento.

- Sai che hai avuto proprio una buona idea? Si sta meglio ora. -

Poi aveva acceso la tv e davanti a loro erano comparsi un gruppo di ragazzi che mangiavano allegramente inginocchiati su un kotatsu*. Un ragazzo e una ragazza venivano presi in giro per il fatto che si erano seduti vicino. Lei gridava: –Non è vero!-, arrossendo violentemente, mentre lui non diceva nulla, ma fulminava tutti con occhiatacce e mangiava qualcosa con le bacchette.

- Poverina! Ma perché gli altri ragazzi non la lasciano in pace? Se dice che non gli piace saranno affari suoi, no? Non sei d’accordo?-

aveva detto Sana con la sua solita, completa, incapacità di capire come stavano veramente la faccende sentimentali.

- Sei la solita tonta! È evidente che a lei quello lì le piace. Comunque questo genere di cose melense è veramente noioso. Ma come fa a piacerti questa roba? Io non la guardo mai! -

- Se non la guardi mai, allora come fai a esprimere pareri al riguardo? Mi piacerebbe proprio saperlo!-

- Lo dico solo perché questi film sono sempre tutti uguali e… ma quello è sushi! -

Akito aveva cominciato a guardare con aria vogliosa quello che il ragazzo alla tv stava mangiando.

Sana aveva fato lui cuscinata sulla testa e aveva esclamato con fare scocciato:

- Possibile che ovunque ci sia del sushi tu debba fare quella faccia? Sei sempre il solito! -

- E tu sei veramente noiosa!-

Akito aveva preso il telecomando, appoggiato sul divano, e cambiato canale esclamando:

- Stasera ci sono le semifinali di karate! Me ne ero dimenticato. -

subito dopo sullo schermo del televisore di casa Kurata erano apparsi due tipi che se le davano di santa ragione riempiendosi di colpi ben assestati.

- Se pensi che mi sorbirò il karate anche stasera ti sbagli di grosso! Ora voglio vedere come va a finire il film di prima! -

Era così iniziata un’ allegra lotta per il telecomando, che era terminata quando si erano trovati sdraiati e senza fiato sul tappeto davanti al camino. Sana era rimasta a terra ridendo e ansimando, mentre lui si era sistemato su un fianco e aveva preso a osservarla.

Il volto di Sana, incorniciato dai lunghi capelli castano-ramati, era ancora più bello con l’ ombra delle fiamme del camino crepitante che lo illuminavano.

- Ahi! Accidenti alla fuliggine… mi è entrata in un occhio!-

imprecò lui tenendosi una mano sull’ occhio destro.

- Ti fa molto male? No, non devi tenerci la mano sopra. Dai, fatti vedere…-

ma non appena lei si fu avvicinata abbastanza, lui si sporse per baciarla. Un bacio pieno di sentimenti troppo difficili da descrivere con semplici parole. Quando Akito si staccò, Sana rimase per un attimo come interdetta, poi scattò in piedi e gli diede un pugno in testa.

- Sei il solito! Ma come puoi usare ancora questi trucchetti? Sembri un ragazzino di 13 anni, invece di uno di 17! -

Poi andò verso la poltrona e ci si sedette sopra in orizzontale, con i piedi sui braccioli, e impugnò il telecomando, che nel frattempo era riuscita a recuperare.

Lui, senza dire una parola, si era diretto verso la cucina, tanto per darle il tempo di sbollire quell’ “attacco a sorpresa”; ma una volta arrivato alla porta sentì Sana dire, ridendo:

- Ormai dovresti averlo capito che non mi arrabbio mai veramente, e lo faccio solo perché è divertente vedere la tua faccia dopo, no?-

Akito tornò indietro, le si avvicinò e disse, guardandola male:

- Hai sempre avuto modi strani di divertirti, lo sai vero?-

- Adesso non dirmi che vuoi fare l’offeso! Quanto a senso dell’ umorismo, zero assoluto, eh? -

Akito non rispose, andò a sedersi davanti al televisore, mettendosi sul tappeto. Sana corse invece in cucina, prese qualcosa da un armadietto, e tornò in salotto.

- Pace?- chiese, porgendo lui una ciotola di sushi e mostrandogli la lingua.

Senza riuscire resistere a quella tentazione, Akito prese la ciotola e lasciò che lei gli sedesse vicino.

Però nessuno dei due, ormai, guardava più la tv. L’ attenzione di entrambi era catalizzata sul camino. Il silenzio imperversava nella grande casa, interrotto solo dalla tv, unica onda in un oceano di tranquillità .

Sana, sempre piegata in due, fissò quello stesso camino, improvvisamente tremolante e apparentemente lontano. Era spento, vista la calura e l’ umidità che impregnavano l’ aria, ma non poteva fare a meno di rivederci dentro le fiamme ardenti di quella notte.

Akito, a un certo punto, le aveva preso la mano, e guardandola con quegli occhi di ghiaccio che la avevano già immobilizzata tante e tante volte, l’aveva guardata fisso. Ma non era uno sguardo normale. Era un guardarle nell’ anima, profondamente. Simile a come l’ aveva guardata tanti anni prima, dopo la loro prima festa per il metà compleanno, quando erano rimasti soli in giardino…

Poi, di slancio, fece una cosa che lasciò Sana di sasso.

La abbracciò.

Akito era un ragazzo fondamentalmente duro, restio a mostrare i propri sentimenti, si lasciava andare poche volte a gesti simili.

- Non lasciarmi mai. Devi restare con me, per sempre. Puoi farmi arrabbiare, infuriare, puoi essere ingenua, fare un casino totale in questo mio cavolo di vita già incasinata di suo…ma qualunque cosa accada rimani con me. Giuralo, che rimarrai con me. -

Sana era rimasta tanto scioccata da non riuscire a parlare bene. Erano rimasti così, abbracciati, senza dire o fare niente. Poi lei si era staccata da lui e, sorridendo, aveva risposto semplicemente, con un’improvvisa grande voglia di piangere addosso:

- Lo giuro. -

Sana, in quella casa che le sembrava una prigione, si alzò e si diresse a tentoni, accecata com’ era dalle lacrime, verso il telefono. Due nomi le venivano in mente: Aya e Fuka. Ma, rifletté, Aya stava da sempre con il migliore amico di lui. Probabilmente la avrebbe fatta parlare anche con Tsuyoshi…e quella era l’ ultima cosa di cui sentiva il bisogno. Così compose il numero di Fuka.

- Pronto? Parla Fuka Matsui, chi è?-

- Fuka, sono io. -

- Sana, ciao! Tutto bene? E’ strano sentirti a quest’ora…-

Sana voleva avere un tono calmo e tranquillo, possibilmente allegro come al solito. Non voleva che una delle sue migliori amiche si preoccupasse. Ricordò a sé stessa che l’ unico motivo per cui l’ aveva chiamata era avvertire che non sarebbe andata alla cena di benvenuto, non ora che Akito l’ aveva lasciata.

Era questo che voleva, prima di sentire la voce felice e rassicurante di Fuka.

- V- volevo solo dire che … che… che FUKA, AKITO MI HA LASCIATO. Oh no… l-lascia perdere quello che ho detto, t-tu non…-

- Cosa?! Ma Sana, che è successo? Stai scherzando vero? No, è uno sherzo troppo cretino…Avete litigato allora? Non ti muovere, arrivo subito così…-

- No! Non venire, non ti preoccupare sono solo… solo… un p-po’ scossa, ma non è nulla, capita quindi...-

dopodichè aveva schiantato con forza la cornetta al suo posto, per non far sentire a Fuka i nuovi singhiozzi che le squassavano il petto in un modo tale da impedirle di respirare

- Lo giuro. -

- Grazie-

Poi un nuovo bacio. Diverso. Le proprie mani sulle sue spalle. Quelle di lui sui suoi fianchi. Quel bacio così bello, che era sfociato in qualcosa di più, lentamente. Entrambi consci di quello che stava succedendo. Poi l’ amore. In tutta la sua bellezza e il suo affetto, carico di promesse reciproche. In quella casa, dove ora era tutto apparentemente finito.

Dove lui aveva dato un taglio netto a ogni cosa in modo così veloce e sempre apparentemente insensato. Perché?

Con al testa in subbuglio, piena di domande, Sana se ne stava immobile sul tappeto, a fissare il camino spento, e a chiedersi cosa fare adesso.

Nota di Mel-chan:

Ed ecco un nuovo capitolo! Anche qui ho dovuto fare qualche correzione…ma più grammaticale che altro. La struttura narrativa è rimasta uguale a quella originale. Comunque, spero che il capitolo vi sia piaciuto e che leggerete anche il prossimo, che di certo risolleverà gli animi di quelli che odiano le parti tristi ^^’’ …oltretutto, nella storia farà la sua prima apparizione seria uno dei personaggi che di Kodocha (il manga) mi piace di più, ovvero il mitico Tsuyoshi, inseparabile best frend di Akito e con la testa decisamente meno dura (visto che lo so, allora perché continuo a invaghirmi di personaggi che più testardi e complicati non si può? ç_ç bo, misteri…) ^___^ .

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Capitolo 4
*** Quarta parte ***


Chiedere troppo

Chiedere troppo

CASA HAYAMA 3 GIORNI DOPO…

Tsuyoshy suonò alla porta due volte, visto che era ansioso di entrare. Ad aprire fu Natsumi: vedendo di chi si trattava, fece un sospiro di sollievo e poi disse:

- Meno male che sei venuto tu! Sono molto preoccupata per Akito: è da tre giorni che si comporta in modo strano…è tornatola sera, con una faccia che non prometteva nulla di buono, e si catapultato in camera sua. È sceso solo un paio di volte, mentre ero fuori di casa e ha mangiato qualcosa. Lo so perché ha lasciato le ciotole sporche di sushi nel lavabo! Io volevo andare a parlarci, ma papà mi ha detto di lasciarlo stare…così ho provato a lasciargli la colazione davanti alla porta, ma non l’ha neanche degnata di uno sguardo. Non capisco cosa gli sia preso, di solito al mattino mangiava sempre qualcosa… Sono veramente preoccupata! È successo qualcosa con Sana vero?!!Non vedo altri motivi per cui possa essere…. -

Il ragazzo rimase una attimo interdetto dal fiume di parole di Natsumi, poi, assimilando tutto il discorso che gli era appena stato posto, ringraziò per le informazioni, promettendole di cercare di scoprire qualcosa, e si diresse verso la scala.

Arrivato davanti alla porta di camera dell’ amico bussò forte: nessuna risposta.

- Ak…-

- Natsumi, ti ho gia detto che non ho fame. Adesso sono occupato, puoi pure andar via. –

Tsuyoshy sospirò mesto: quello che lo aspettava non era un compito facile, Akito era decisamente del suo umore peggiore: se usava un termine (teoricamente) gentile come “puoi pure andare via” con un tono sarcastico come quello che aveva appena utilizzato, poteva significare una sola cosa: guai.

- Sono Tsuyoshy. Posso entrare?. -

Il ragazzo sentì dei passi, poi uno scatto di chiave: il viso di Akito, con sopra un’ espressione truce, gli si posò davanti agli occhi. Era spettinato, con due occhiaie enormi, e nei suoi occhi si vedeva una completa assenza di voglia di parlare, anzi, sembravano avere recuperato quel taglio cattivo e ribelle di una volta, che dopo l’ esperienza con Sengoku nessuno aveva più visto, per fortuna.

- Ora ho da fare. Ti chiamo dopo io, è? -

Fece per chiudere la porta, ma l’ amico mise il piede in mezzo e disse con tono gentile ma deciso:

- Ci metterò poco. Giusto 5 minuti, ok? -

- Ho detto di no . Non insistere. –

- Ascolta, so che hai avuto problemi con Sana, quindi se non vuoi che Natsumi ti faccia un interrogatorio di primo grado ti conviene farmi entrare. -

Akito lo guardò di sott’ occhi: nonostante si conoscessero da una vita, aveva sentito l’ amico parlare in modo così determinato solo un paio di volte, e in casi molto particolari…seguiti poi dai suoi tremendi scoppi d’ ira, di quelli in cui diventava completamente furioso e prendeva tutto e tutti a calci! Akito decise che era meglio non rischiare una cosa del genere con in casa Natsumi, e quindi sibilò:

- Aspetta un attimo. -

Poi tornò in camera e Tsuyoschy udì un -clik-. Si chiese cosa potesse essere, ma preferì non indagare per non far indispettire ulteriormente l’ amico. Una volta dentro, la prima cosa che notò, o meglio sentì, fu il forte odore di chiuso: le finestre, infatti, erano chiuse , come pure le persiane. Fece per aprirle, in modo da portare anche un po’ di luce nella stanza in penombra, ma il padrone di casa lo fermò:

- Non aprire nulla. Di primavera c’è troppo sole. -

Tsuioshy non colse inizialmente la logica di quel ragionamento, ma ubbidì per evitare inutili discussioni.

- Tanto per sapere, chi ti avrebbe detto che “ho problemi con Sana?”. Sono fatti miei e me li risolvo da solo, grazie tante. -

Il suo tono era gelido, ma Tsuyoshy, fingendo di non accorgersene, rispose tranquillamente:

- Ma io non voglio aiutarti. Sono venuto solo per soddisfare una mia curiosità. -

- Sarebbe? –

- Nulla di importante, voglio solo sapere cosa può portare una persona sana di mente ha gettare alle ortiche una relazione e un’ amicizia che durano praticamente da una vita, senza un’ apparente motivo. Allora? –

Akito rimase in silenziò per un secondo, fissando la tapparella abbassata. Poi esordì con tono piatto:

- L’ ho fatto perché non la amo più. Tutto qui. Altre domande? -

- Solo una. Se l’ hai fatto perché non la ami più, cosa ti costava dirlo a Sana invece di non darle uno straccio di spiegazione? –

- Ma tu che ne sai di quello che è successo! Chi ti ha raccontato questa storia? –

Senza esitare un secondo, Tsuyoshy mentì tranquillamente rispondendo, candido candido:

- Me lo ha detto Sana. Mi ha chiamato subito dopo che te ne sei andato e mi ha raccontato quello che è successo a casa sua. -

- Raccontane un’ altra. Per come la conosco so che tu sei l’ ultima persona che avrebbe chiamato, perché di sicuro pensava perchè ti saresti preoccupato e mi avresti chiamato. Sicuramente lo hanno scoperto Fuka in qualche modo, e lei non sa niente della tua visituccia perché quella vuole sempre risolvere tutto da sola, è così testarda, accidenti! E…-

Ma non terminò la frase perché si era appena accorto di essersi fregato con le sue mani: era caduto nel tranello di Tsuyoshy come un dilettante, lui che di solito non si faceva mai ingannare. E invece il suo migliore amico era riuscito a incastrarlo e farlo tradire.

- Certo che per essere uno a cui non importa niente e che ha appena mollato la sua ragazza perchè non era più innamorato di lei, di cose su di lei te ne ricordi ancora!. Ora… -

Il suono di un calcio battuto contro il muro lo interruppe.

- Vattene. Se ti dico una cosa vuol dire che ci devi credere! A me di Sana non importa più nulla. Senza di lei sto benissimo, e non capisco perché tu ora debba stressarmi in questo modo! -

- Se stai così bene senza di lei, allora perché non mangi più, stai con le tapparelle abbassate per non vedere la luce del sole, che te la fa ricordare perché questa è la sua stagione preferita, resti rinchiuso in camera e stai a guardare un film di cui lei è la protagonista?! –

Il ragazzo,infatti, aveva notato la custodia del film “La villa dell’ acqua” appoggiata sopra il registratore (Akito sperava che fosse nascosta da ripiano della tv, appoggiato poco sopra, ma avendo anche lui la cassetta, Tsuyoshy l’ aveva riconosciuta benissimo.) Oltretutto il registratore era ancora acceso, e questo spiegava il -clik- sentito poco prima (leggi: la stoppava n.d. M.-c. ).

- Accidenti Akito, sembra che quello lasciato sia tu! Mi vuoi dire cosa è successo VERAMENTE, invece di raccontarmi balle? -

- Se potessi te lo direi, ma visto che non posso dovrai accontentarti di quello che ti dirò ora: in ballo c’è la sua carriera e se vuole che continui ad andare bene come ora, io mi devo levare di torno. È la cosa migliore. –

- Non riesco a capire lo stesso, visto che sono anni che recita e tu non le sei mai stato d’ intralcio…anzi, il contrario. Se in questo modo pensi di fare il suo bene, sappi che ti sbagli di grosso. E poi lei ti vuole bene, un bene che probabilmente puoi immaginare benissimo, visto che per te è la stessa cosa. Secondo te come si è sentita quando te ne sei andato in quel modo e… -

Non terminò il discorso infervorato, perché, gridando, con il bavero della sua maglia nella mano destra e il viso a un palmo dal suo, come se morisse dalla voglia di tirargli un pugno, Akito lo interruppe:

- Lo so che mi vuole bene, non c’è bisogno che tu ti sforzi di farmi venire i sensi di colpa! Ma, visto che non la devo più vedere, faccio prima a farmi odiare, così avrà un motivo in più per dimenticarmi. Se non capisci vuol dire che sei proprio un idiota!!! -

Aveva il fiatone. Era riuscito a dire a Tsuyoshy tutto quello che lui voleva sapere, ovvero che, in realtà, Akito amava ancora tantissimo Sana, anzi, apparentemente il motivo per cui la aveva lasciata e si era comportato in quel modo doveva essere proprio quello.

- Quindi tu sei disposto a mettere in primo piano la sua carriera d’ attrice che, per qualche strano motivo, è in pericolo, giusto? Ma non ci pensi a te stesso? Facendo così, rischi di tornare insofferente e arrabbiato col mondo come eri una volta, e sono certo che questo non lo vuoi, proprio come lei! È stata Sana a salvarti, e in questo modo tu non fai che gettare al vento tutto il suo impegno e la sua buona volontà, oltre che farla soffrire!!! -

- Preferisco che a rimetterci sia il suo orgoglio, piuttosto che la cosa che ama fare di più al mondo. E comunque, fidati, presto si innamorerà di qualcun’ altro, stanne certo. –

- E chi sarebbe questo qualcun’ altro? Lo conosco? E… -

- Senti, ti ho gia detto troppo. Adesso è meglio se te ne vai. –

Capendo che per il momento non gli avrebbe cavato altro di bocca, Tsuyoshy fece per uscire, ma una volta arrivato alla porta urtò con un piede un foglio tutto appallottolato e mezzo strappato buttato vicino alla porta: il pezzo dell’articolo strappato.

Prima che Akito potesse impedirglielo, Tsu lo prese da terra e lo lesse attentamente. Ormai stanco di mentire, Akito lo lasciò fare e si sedette sul letto pronto ad ascoltare le mille e uno domande che gli sarebbero state poste.

Ma ciò non avvenne.

Una volta terminato di leggere Tsu sistemò il foglio spiegazzato e disse, con voce insolitamente tranquilla:

- Qui c’è la firma di Tonami Akasaka. Significa che lo ha scritto lui. -

Dopo un secondo di silenzio, Akito mormorò:

- Ora hai capito perché l’ho lasciata, quindi puoi anche ritenerti soddisfatto. MI sono fatto battere come un pivello e ho perso l’incontro. Fammi un favore se vedi quel giornalista: digli di non mandarmi le partecipazioni di nozze. -

- Allora finisce così. –

- Esatto. -

Poi si mise a guardare dalla finestra, come a dimostrare che il discorso era chiuso.

Sentì i passi di Tsuyoshi scendere le scale e immaginò che se ne stesse andando. Per un momento, giusto una frazione di secondo, sperò che fosse una farsa e che, dì lì a poco, il suo migliore amico tornasse in camera dicendogli che si era comportato da stupido, non aveva avuto fegato e si era arreso come un codardo. Voleva dicesse lui che una soluzione c’era sicuramente, che avrebbero trovato qualcosa per venire fuori da quel gran casino, in un modo o nell’altro…ma sapeva che non sarebbe accaduto. Con il carattere che si ritrovava, chiunque sarebbe stato certo che, insistendo, l’avrebbe solo fatto arrabbiare e che, in cambio di gentilezza e gratitudine, avrebbe ricevuto rabbia e minacce.

Non poteva biasimarlo se aveva preferito abbandonarlo al suo destino e lavarsi le mani di tutta quella storia. - In fondo non erano fatti suoi. E poi chi glielo faceva fare, di mettersi contro un tipo come Akasaka, che può rovinare la vita di chiunque. Sarebbe stato chiedere troppo da lui. -Fu questo che mormorò, prima di sentire la porta di casa sbattere violentemente.

A presto

CASA KURATA NELLO STESSO MOMENTO

Sana stava sdraiata sul letto, fissando il soffitto. Non riusciva a credere che fosse successo davvero. Doveva essere un incubo. Non poteva crederci.

Da 3 giorni non usciva di casa. Era cosciente che le persone preoccupate per lei erano moltissime. Ma non le importava. Non le importava minimamente. Sapeva di essere egoista, però non gli interessava . Ormai, non c’era più niente che le sembrasse seriamente degno di preoccupazione.

Il suo cellulare vibrò. Sapeva già chi era: uno dei suoi amici.

Guardò il display e sospirò: Fuka. Di nuovo.

- Pronto? -

- Sana! Che facevi? –

- Nulla. –

- Senti…lo so che non ti senti bene, però sei proprio sicura di non voler venire a cena fuori, stasera? E dai! Sono 3 giorni che non esci di casa! E poi non puoi restare a rimuginare tutto il tempo. –

Sana sospirò nuovamente. Non le piaceva farsi sentire così da Fuka. Ma sapeva che fingersi allegra non sarebbe servito a nulla, non avrebbe convinto nessuno, tanto meno se stessa.

Dopotutto come poteva far finta di nulla davanti alla persona che, pochi minuti dopo essersi sentita sbattere il telefono in faccia, era arrivata a casa sua, trafelata e unica come poche, nonostante fosse notte? Lei che, entrata senza neanche bussare visto che la porta era aperta, non appena l’aveva vista, accasciata sul tappeto con una vecchia foto stretta tra le mani, era corsa da lei e, senza dire nulla, l’aveva stretta forte senza chiederle niente e lasciandola singhiozzare in pace. La situazione si era interrotta solo quando il cellulare di Fuka era suonato: Aya .

- Fuka-chan che succede?!! Mi hai fatto preoccupare! Ho chiamato a casa tua per chiederti a che ora era l’incontro per la cena (lo so che è tardi ma mi è venuto un attimo di panico, lo sai che sono apprensiva!), ma tua madre mi ha risposto che te ne eri andata tutta trafelata e con addosso solo la vestaglia, le ciabatte e il pigiama. Ma dove sei??! -

Fuka aveva lanciato un’occhiata all’ amica, che le aveva fatto un cenno d’assenso.

- Sono da Sana. Sono successe un po’ di cose, perciò stanotte rimango qui. Sarebbe meglio se venissi pure tu. -

Senza chiedere nulla, la dolce fidanzata di Tsuyoshy aveva risposto:

- Arrivo. -

In quel momento Sana, solo per istante, si era sentita davvero fortunata.

Fortunata di avere due amiche del genere.

- Allora? Vieni oppure no? –

Le parole di Fuka la risvegliarono dai ricordi che le erano venuti in mente.

- Senti Fuka, non lo so. E poi…bé, quella sera sono già impegnata. -

- Come sarebbe a dire “sono già impegnata”? Hai detto che non volevi saperne di uscire e ora mi dici che hai già preso un altro appuntamento! Non per essere indiscreta, ma si può sapere cos’ è più importante di fare una bella ramanzina al signor Hayama e farsi dare delle spiegazioni decenti per il suo comportamento?!–

All’ altro capo del telefono, Sana sorrise. Era uno spettacolo Fuka, quando si arrabbiava a quel modo!

- Bé…sai, la mattina, quando siete andate via, mi ha telefonato Akasaka per sapere quando avremmo potuto concludere l’intervista. Non so come, ma ha intuito che mi era successo qualcosa di brutto. Io sono restata sul vago dicendo che avevo avuto guai con Akito e lui mi ha detto che ci saremmo potuti incontrare per decidere se e come parlare di lui nell’intervista…è stato veramente carino. Akito, invece, è sempre scorbutico e…e…io penso che non mi interessi poi cosi tanto rivederlo, in fondo sto bene anche così, queste cose succedono ma…-

Poi si zittì perché sapeva che quello che, a quello che stava dicendo, non ci credevano né Fuka né lei.

- Ascolta Sana, io sono certa che uscire con un altro per non pensarci è una cosa completamente inutile! E poi lo sai che a me quel tipo non ha mai ispirato più di tanto…-

- Senti mi dispiace ma stasera uscirò con lui, che a voi piaccia o no e…e…farò come voglio va bene?!!! –

Poi buttò giù la cornetta, sapendo di essersi comportata veramente male, ma troppo arrabbiata per fare altro.

POCHE ORE DOPO

Sana stava finendo di prepararsi. Per vari motivi di lavoro, Akasaka non era potuto passare a prenderla, ma per lei questo non era un problema. In fondo era una ragazza, praticamente una donna, emancipata ed indipendente…lo aveva ripetuto milioni di volte ad Akito, che invece insisteva ogni volta per venire a prenderla e riportarla, rispondendo alle sue proteste con un semplice: - Mi piace guidare. Quindi non rompere. -, dopodichè il discorso si chiudeva, lasciando un sorriso sul viso di Sana, consapevole di quella piccola scusa che mascherava un affetto ben diverso di quello dei motori.

Scuotendo la testa, l’attrice tentò di dimenticare quei ricordi che le facevano male al cuore, e si fissò nello specchio, pronta ad uscire: un ombretto dorato, perfettamente in sintonia con il suo leggero abito rosso, metteva in risalto la lucentezza dei suoi bei capelli, puliti e pettinati. Poi il suo sguardo scese sulla boccetta del profumo utilizzato, un regalo di lui: era lo stesso che aveva trovato quando, tornata a casa dopo la sua partenza per il campus, tra le lacrime a lungo trattenute, era andata in bagno: avvolto da un nastro rosso e con un semplice biglietto dicente: -Lo stesso di quella notte…indossalo quando tornerò. A presto. Akito. -. Pur sapendo di rovinare la maschera di elegante trucco che portava, lasciò che alcune lacrime le scivolassero lungo le guance. Era penosa, lo sapeva bene. Si chiese cosa avrebbe pensato la Sana undicenne che tanto detestava quell’ Hayama così scorbutico e prepotente, che passava le giornate a terrorizzare gli insegnanti e commettere atti vandalici, vendendola così addolorata e triste per la storia finita…finita…finita…quella parola così tremenda le rimbombava nelle orecchie senza darle pace…ma perché? Cos’era successo? Come mai, ad un tratto, lui l’aveva lasciata? Perché aveva gettato al vento una vita di amore ed amicizia? Dove aveva sbagliato?

Accorgendosi di essere sul punto di una nuova crisi, mise via il profumo ricacciando indietro le lacrime. Non poteva ridursi così. Assolutamente no! Si fissò allo specchio e, con lo sguardo rivolto nelle pupille della ragazza spaventata e addolorata che la guardava di rimando gridò arrabbiata: - Sana finiscila! Dacci un taglio con questi piagnucolii! Non serve pensare e deprimersi… è inutile sperare…credere…non puoi! Non puoi fare niente, tanto meno puoi correre a farti consolare da lui…perché è per lui che…che…- fu costretta a fermarsi. Qualunque cosa dicesse, ogni incoraggiamento, finiva sempre per farla stare peggio. Era proprio come l’altra volta. Come quando, a 13 anni, aveva desiderato andare a farsi consolare da Akito, perché stava male e soffriva però… - Come posso venire da te se sei proprio tu a farmi soffrire? -. Le stesse parole. Uguali alla prima volta…aveva sperato, ed era anche stata convinta che mai, mai più sarebbe stata costretta a ripeterle, adesso invece era tutto da capo. Ma questa volta non sarebbe bastato disegnare una schema su un foglio, come le era stato consigliato dalla madre, per calmarsi e sentirsi maglio. Anni e situazioni diverse. Tanti più ricordi e molte e diverse speranze che andavano in fumo…non poteva sopportarlo! Certo lei era la mitica Sana, quella che non si deprimeva mai, che viveva con il sorriso sulle labbra…ma quel sorriso sarebbe stato possibile ora che colui che glielo donava la maggior parte delle volte non c’era più? L e venne in mente che, in quel momento, i suoi amici dovevano gia essere arrivati tutti e ormai seduti al solito tavolo. Probabilmente sarebbe stata una serata allegra e divertente…molto più di quella che stava per vivere lei. Per un attimo fu tentata di mandare al diavolo tormenti e preoccupazioni, chiamare Akasaka e annullare l’appuntamento e correre al ristorante con gli altri; ma era un’idea completamente stupida e impossibile, lo sapeva: prima di tutto non poteva scaricare a quel modo il reporter, e poi con che faccia si sarebbe presentata? Avrebbe rovinato la serata a tutti, e non era giusto che tutti pagassero per i suoi problemi. Sospirò, prese la borsa e, dopo aver salutato la madre intenta a scrivere nello studio, uscì per prendere il motorino ed andare a casa dei Akasaka.

Si pentirà

IN UN TAXI

L’automobile gialla correva, sotto le richieste dei suoi passeggeri.

- Tsu…-

fece Akito con un tono di voce che pareva un sibilo.

- Mmm. Che c’è Akì? -

- Bé …Volevo solo dirti che…comunque finisca questa storia, cha Sana capisca o meno, io…io… bè…grazie. –

Con infinita fatica disse quella parola che detestava pronunciare, perché lo faceva sentire in debito col suo destinatario. Quest’ ultimo sorrise, lanciando uno sguardo alla limousine che veniva loro dietro.

- Non preoccuparti. E non pensare che questo sia stato un favore che ho fatto a te. -

Akito lo guardò di sbieco, spiazzato.

- Voglio dire, non l’ho fatto per te. Ero solo troppo curioso di vedere la tua faccia quando sarei tornato. Non so perché, ma quando sono uscito ho avuto come l’impressione che tu pensassi me ne stessi andando davvero…avresti dovuto vederti quando sono rientrato in camera tua con la rivista sotto braccio!!! -

Poi si mise a ridere, procurandosi uno dei micidiali pugni di Akito in testa.

Arrivati davanti all’appartamento, Akito ebbe un momento di incertezza che cercò di non mostrare, ma il suo sguardo truce e l’incertezza dei passi mentre si avvicinava al lussuoso palazzo, non sfuggirono a Tsu. Quando il karateka sentì una mano solidale sulla spalla non poté fare a meno di sospirare.

- Dai Akito, datti una calmata. Andrà tutto bene, ne sono certo. -

Il ragazzo rispose con un’alzata di spalle, come se non gli importasse…poi decise di lasciare perdere e disse:

- Spero che non ti stia sbagliando, ma una cosa è certa: qualunque cosa succeda, quel bastardo si pentirà di essere nato entro domani. -

Poi, con la carica di sicurezza di cui aveva bisogno addosso, marciò verso l’ elegante porta di cristallo girevole davanti a lui,

Intanto, nel moderno appartamento al 15° piano, l’ultimo, Akasaka conversava amabilmente con Sana Kurata, brillante donna di spettacolo. Per quell’ uscita serale aveva prenotato un tavolo in uno dei più eleganti ristoranti di Tokyo, dove, ne era certo, sarebbe stato notato insieme a lei. Entro il giorno dopo tutti avrebbero saputo che si frequentavano e lui avrebbe avuto ancora più gloria e fama di quella che già possedeva come giornalista.

- Tonami-kun, sei stato molto gentile ad invitarmi fuori per discutere dell’articolo. Te ne sono molto grata, visto il periodaccio che sto vivendo una bella uscita non può farmi altro che bene. -

- Sana-chan, per me è un onore poter cenare con te, lo sai bene. Stasera non voglio vederti triste, devi essere allegra e divertirti. Una ragazza meravigliosa come te non merita di stare male per un semplice teppista come quello. –

La ragazza rispose con un sorriso di cortesia, non potendo replicare ciò che desiderava, ovvero che lei sarà anche stata meravigliosa, ma che Akito non era affatto un teppista.

- Molto bene, ora possiamo anche andar…-

Ma non terminò la frase appena iniziata, perché un pugno lo colpì dritto alla mascella. Mentre parlava, infatti, aveva aperto la porta di casa e qualcuno lì fuori lo aveva colpito. Quando, sbalordito, alzò lo sguardo per vedere chi era il cafone che aveva osato picchiarlo rimase esterrefatto: era Oki, o come diavolo si chiamava, l’amico di Sana. Il ragazzo occhialuto lo fissava con odio e respirando a fatica per la rabbia…solo a quel punto Akasaka notò che qualcuno lo teneva da dietro: quando vide che si trattava di Hayama, rinunciò alla possibilità di capire qualcosa in quella situazione apparentemente assurda. Sana non fu meno stupefatta da quello che vedeva: da quando Tsuyoshi, il buon vecchio e pacifista Tsu, prendeva a pugni qualcuno e, ancora più assurdo, come poteva essere quel rissoso di Akito a cercare di controllarlo,visto che si trattava di semplice rabbia e non di uno dei suoi attacchi pseudo-terroristici?

- Brutto bastardo! Il teppista sarà tuo fratello! Come ti permetti di dire cose simili?! Razza di…-

- Ora basta Tsuyoshi! Quello che ha una faccenda in sospeso non sei tu, ma io! Non sprecare fiato per questo topo di fogna. –

Detto ciò lasciò l’amico e si rivolse alla sua ex ragazza, tenendo in mano un foglio stropicciato.

- Sana, dai un’occhiata a questo…-

Poi tirò per terra il testo. La ragazza lo prese e lo lesse come un’autonoma. Akasaka aveva il terribile sospetto di sapere cosa fosse, ma non era stupido, e sapeva che se avesse dimostrato un grande interesse per il foglio il suo coinvolgimento nella vicenda sarebbe stato evidente…decise di fingere non curanza.

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Capitolo 5
*** Quinta parte ***


Fermati

Fermati

Quando ebbe terminato di leggere, Sana fissò prima Akito, poi Tsuyoshi e infine Akasaka: guardandolo con occhi praticamente disperati, disse:

- Dimmi che è tutto uno equivoco. -

Tonami prese il foglio che la ragazza gli porgeva ed ebbe la conferma di tutti i suoi sospetti: era proprio l’articolo con il quale aveva minacciato Hayama poco tempo fa.

Non rispose alla ragazza, ma appallottolò il foglio, lo buttò ai piedi di Hayama e disse con il volto abilmente contratto in una smorfia di disappunto:

- Mi dispiace, Sana. Non è un equivoco. È peggio di un normale equivoco. Questa è una terribile macchinazione ai miei danni: quei due ragazzini devono avere scritto queste cattiverie solo per screditarmi di fronte a te. Sapevo che Hayama era un tipo problematico, ma non posso credere che sia così scaltro da inventare una macchinazione del genere solo per… -

- Faresti meglio a stare zitto, bastardo, se non vuoi che… -

Akito non terminò ciò che stava dicendo perché un urlo lo interruppe: Sana.

- ADESSO BASTA! BASTA! Sono stanca, lo vuoi capire? Non ti basta avermi trattato a quel modo?! Vuoi anche rovinarmi il resto della vita! Come ti permetti di venire qui e prendere a pugni un uomo che non ti ha fatto nulla, per lo più in casa sua? La sai una cosa?! Non ti voglio vedere mai più! Mai più, hai capito? Non voglio sentirmi male per colpa del tuo ricordo! Hai deciso di farla finita con me, va bene. Non hai voluto piegarmi perché, ed a questo punto dubito che lo scoprirò mai; probabilmente ti eri semplicemente stufato, ciò non mi riguarda! Ma non puoi permetterti di rovinarmi anche il resto dell’ esistenza, questo no! Quindi, per favore, prendi quel foglio senza dirmi chi lo abbia scritto, ed esci di qui…TI PREGO! -

Dopodichè dovette smettere di parlare per non scoppiare in lacrime. Si accasciò per terra, stanca e rassegnata. Non c’era nulla da fare: quello era stato il suo addio, l’ultimo saluto. Non si sarebbero visti mai più, ne era certa.

- Se vuoi che me ne vada e non vuoi sapere la verità, non sarò certo io a costringerti. Ti auguro di vivere felice con questo tipo e di dimenticarti di me al più presto, Kurata. -

Quell’ ultima parola fu ciò che le fece più male. Il suo cognome pronunciato in modo così freddo e distaccato. Lo vide allontanarsi e fu certa che tutto finisse lì: Hayama se ne sarebbe andato e non lo avrebbe più rivisto; Akasaka le avrebbe chiesto scusa per quell’ increscioso incidente, e Tsuyoshi avrebbe seguito l’amico senza dire nulla.

Fu proprio quest’ultimo a stupirla: prese per un braccio Akito e sibilò:

- Fermati. -

Il ragazzo rispose con un identico sibilo:

- Lascia perdere. Se a lei va bene così non sarò certo io a correrle dietro. -

“Accidenti a te ed al tuo maledetto orgoglio” fu quello che pensò e desiderò dire Tsu; non lo fece solo perché sapeva che se avesse detto una cosa del genere davanti ad altra gente, l’amico non lo avrebbe mai perdonato. Decise di fare da solo e disse, sempre tenendo stretto l’altro per la manica:

- Sana, non dargli retta! Prima di decidere devi sapere cosa è accaduto veramente… -

- Il pensiero che questa povera ragazza non voglia ascoltarvi non ti entra proprio in testa, vero? Magari lei non vuole sentire le vostre scempiaggini e desidera solo stare un po’ tranquilla, dopo tutti questi anni. Adesso, se non vi dispiace, abbiamo un appuntamento…-

Fece per prenderla per un braccio ma lei si scostò.

- Tsuyoshi…si può sapere di che cosa parli? Ci sono ben poche cose da chiarire, ormai. Perché ti ostini a voler raccontarmi delle bugie per farci rimettere insieme? Se temi che la nostra amicizia finisca ,ti sbagli, continueremo sempre a vederci anche se io e lui non ci frequenteremo più…-

- Non me ne frega un cazzo dell’ amicizia, in questo momento. L’ unica cosa che voglio è che questa situazione si schiarisca una volta per tutte! Io voglio bene sia a te che ad Akito, e desidero che voi non stiate male per colpa di questo idiota! Quindi apri le orecchie e ascoltami! –

Nessuno osò parlare: chi era quella furia scatenata, che non assomigliava minimamente né al normale Tsu né al pazzo furioso ed incontrollabile distruttore che diventava le rarissime volta che si arrabbiava?

Approfittando di quel silenzio, il ragazzo parlò:

- Quell’ articolo lo ha scritto davvero Akasaka, per minacciare Akito, convincerlo a rompere ogni contatto,lasciare che lui si mettesse con te e ricavasse successo riflesso dalla tua fama. Questo deficiente, che ora finge di sbattersene altamente, in realtà ha accettato le sue condizioni solo per evitare che la tua carriera finisse a causa dei commenti negativi. Per puro caso ho scoperto come erano andate veramente le cose e siamo venuti per chiarire una volta definitivamente. Se quello che ti ho appena non bastasse, c’è qui qualcuno ce può confermare proprio tutto… -

Detto ciò si spostò dall’uscio e fece entrate qualcuno che, fino a quel momento, era rimasto nascosto lì dietro.

Quando vide chi era, Akasaka sbiancò e non riuscì a proferire parola.

P.S by Mel-chan: mi scuso per l’improvviso sfogo del nostro amico, se così lo si può chiamare, ma, a mio parere, una volta cresciuto Tsu sarebbe capacissimo di esprimersi in questo modo! Probabilmente è solo un’ idea mia, ma penso che la Obana non volesse che i fan di Kodocha considerassero questo personaggio come un pavido tranquillone che non sa fare altro che il grillo parlante! Anche nel manga e non, abbiamo avuto poche ma bellissime occasioni per vedere la determinazione che, quando vuole, Tsuyoshi sa tirar fuori!

La persona che…

- Buongiorno, Akasaka. Sono veramente mortificato di dovere recarmi qui per un motivo del genere. Purtroppo, però, non potevo restare impassibile a ciò che mi è stato riferito da Hayama ed Oki. A proposito, scusa se non ti salutato, Sana, ma speravo proprio di non dovere intervenire. Purtroppo, sembra che io non abbia altra scelta. -

- Ma tu…tu…s-sei Nakao!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! -

Quella era decisamente la sera delle rivelazioni per lei. Era convinta di sognare. Non era possibile che l’ uomo dinnanzi a lei, un tipo bruno con gli occhi marroni, la carnagione scura ed apparentemente in salute, fosse proprio quel ragazzino squilibrato e malaticcio che per poco non aveva ammazzato Akito anni addietro. Un sorrise un po’ triste avvolse il volto di Nakao.

- Ti stupisce vedermi così in salute? Bé, sai, gli anni passati in campagna hanno dato i loro frutti. Poi ho deciso di proseguire gli studi e diventare giornalista per far conoscere il mondo alla gente anche attraverso gli occhi di chi, come me, non è sempre stato un agguerrito e coraggioso membro della comunità, e che non può permettersi di giudicare chiunque senza sapere prima la sua situazione. Non so come, ma questa mia politica ha riscosso un certo successo tra i lettori, ed adesso sono il responsabile di varie riviste, tra cui l’ “Actress News”…e questo ci porta al motivo per cui sono qui. I ragazzi mi hanno raccontato tutto quello che è successo ed uno dei motivi per cui sono venuto qui è confermarti tutto ciò che ha detto Tsuyoshi. L’altro motivo riguarda Akasaka. -

Detto ciò si voltò verso il reporter con un tono molto meno affettuoso.

- Ho letto personalmente l’ articolo e lo stesso ha fatto il signor Fukashima, mio amico e direttore redazionale dell’ Actress…oltretutto ho appena parlato con tuo cugino, quel pusillanime del mio ex-segretario, e mi ha confessato delle foto e tutta la storia del bar… a questo punto penso tu abbia capito che sei licenziato. -

A queste parole, inizialmente Akasaka non reagì in alcun modo; si limitò a restare fermo immobile e non proferire parola. Poi scoppiò in una risata che aveva dell’ isterico. Il dubbio che fosse impazzito riempì tutti i protagonisti quella assurda vicenda.

- Sei proprio un illuso, lo sai? Pensi davvero che con la fama di cui godo io abbia problemi a trovare un altro posto di lavoro? Se mi licenzi sarà il giornale a rimetterci, non io, questo è certo. -

Nakao scosse la testa e rispose:

- Mi spiace dirti che quello che si illude sei proprio tu. Pensavi forse che uno scandalo come questo rimanesse segreto? Se si, allora hai enormemente sottovalutato il potere del sottoscritto. L’articolo che parla di questa storia e si scusa con i lettori per il fatto che non vedranno più i tuoi articoli per tempo indeterminato su qualunque giornale è gia in stampa e domani mattina sarà in tutte le edicole. Normalmente non avrei voluto agire in modo così drastico, ma visto lo sdegno che provo per ciò che hai fatto e che la persona alla quale ti sei messo contro è colui che mi ha salvato la vita non ho potuto fare altrimenti. Da domani il tuo incarico è ufficialmente sospeso.

Dimenticavo…fosse stato per me, avrei voluto provare pure a sporgere denuncia contro di te, ma Hayama non ha voluto. Detto questo penso di poster anche togliere il disturbo. La limousine è giù che mi aspetta…-

Il ragazzo fece per andare ma Tsuyoshi, che aveva ormai lasciato il braccio di Akito, chiese sorridendo a quello che lui considerava un vero e proprio nuovo amico:

- Prima di andare, che ne dici di fare un salto con me a cena? Ci sono anche la Matsui, il suo ragazzo e Sugita, la mia ragazza. A questo punto credo che verranno anche Kurata ed Hayama. -

Nakao fu estremamente felice di quell’invito ed accettò con entusiasmo.

Sembravano essersi dimenticati di Akasaka, infatti tutti rimasero di sasso quando quello prese Sana per una spalla e le disse, cercando di salvare almeno il motivo per cui aveva perso il lavoro:

- Sana-chan…so di essermi comportato in modo erroneo, ma se l’ho fatto è esclusivamente perché ero accecato dall’amore che provavo per te; magari inizialmente l’ho fatto solo per opportunismo, ma con il tempo mi sono innamorato sul serio e…-

Ma ormai le belle parole non servivano più a nulla. Uno schiaffo potente e rabbioso lo colpì sul viso, stampandogli cinque dita rosso fuoco sulla guancia.

Sana si era finalmente resa conto di chi era veramente la persona che aveva davanti e non aveva nessuna intenzione di farsi abbindolare nuovamente dai suoi discorsi.

- Maledetto! Per colpa tua ho litigato con i miei amici e la persona che amo di più al mondo…se d’ora in poi non mi lascerai in pace ti denuncerò io al posto loro! Quindi non voglio più vedere il tuo viso abominevole davanti ai miei occhi, hai afferrato??!!! –.

dopodichè corse via.

Superò anche Akito, che stava ancora pensando a ciò che lei aveva appena detto: -la persona che amo di più al mondo-…si riferiva veramente a lui? Era disposta sul serio a perdonarlo dopo tutto quello che era successo? Non gli sembrava possibile…si svegliò dalle sue elucubrazioni mentali solo quando Tsu gli diede una gomitata per farlo rinvenire.

- Hai intenzione di farla scappare via? Giuro che se riesci a litigarci anche ora non rispondo più di me! –

Ma le sue parole si persero nell’ aria, perché Akito era già volato per lescale all’ inseguimento di Sana.

Lei correva come una disperata, non riusciva ancora a credere a quello che era accaduto…aveva ordinato ad Akito di non farsi più vedere per poi scoprire che anche nella peggiore delle situazioni lui si era sacrificato per farla felice...chissà quanto era costato ad un tipo scontroso come lui farsi da parte e cedere ad un ricatto schifoso come quello…se non aveva dato ad Akasaka quello che meritava, una scarica di pugni come minimo,e, ancora peggio, si era lasciato manipolare a suo piacimento, era solo per lei…proprio per lei, che gliene aveva dette di tutti colori senza apprezzare minimamente tutto l’amore di cui lui aveva dato prova…e il fatto che non fosse a conoscenza degli avvenimenti non l’aiutava a sentirsi meglio.

Persa come era nei pensieri e nell’angoscia che le attanagliava il petto, non fece nemmeno caso a quell’ ombra veloce dal fisico atletico e scolpito che la inseguiva, come se da quella corsa dipendesse tutta la sua vita; proprio per questo la sua sorpresa fu enorme quando si sentì prendere per una manica: voltandosi trovò proprio chi le causava tanti crucci.

- A-Akito, che ci fai tu qui???!!! Perché non sei con Tsuyoshi? -

Il ragazzo rimase un momento interdetto…possibile che fosse così scema?!

- Ma c’è bisogno di fare certe domande?! Secondo te perché sono qui, accidenti! -

- Io…io non lo so perché sei qui! Cosa diavolo fai dietro a me, dopo tutto quello che è successo? –

- Ma… vuoi dire che pensi ancora che io mi sia inventato tutto?!!!! –

- NO!!!!! È proprio per questo che non capisco! Ti ho detto di andartene e di lasciarmi in pace, e tu invece sei qui! Ma ti rendi conto di che casino è successo? Te ne rendi conto, eh?! Pensi forse che noi possiamo continuare ad amarci anche dopo che ti ho trattato a questo modo???!!!Credi forse che…che per farmi pensare che nonostante i litigi, la confusione e tutto quello che combiniamo ogni giorno, basti guardarmi così, abbracciarmi e… e….e magari baciarmi? E pensi che poi sia sufficiente andare via insieme, salutare gli altri e…-

Ma le sue parole si bloccarono mentre qualcosa, o meglio qualcuno, la attirava verso di sè e le ripassava i capelli indietro come le piaceva tanto.

- A…Akito…- mormorò lei tentando malamente di trattenere il pianto e stringendo forte i lembi della sua giacca.

- Scusa…sono una stupida…mi dispiace, io ti volevo credere…ma quando sei venuto e hai detto che era tutto finito i-io… -

Ma i singhiozzi che combattevano per venire fuori le impedivano di parlare.

- Dai… adesso smettila di fare così… in fondo…bé…forse anche io non sono stato…insomma…proprio chiaro…in effetti….si, ecco, potevo essere leggermente più specifico… -

Le lacrime di San si confusero con le risate, tra le quali mormorò:

- Ma tu non sei mai chiaro! Dimmi una volta che hai parlato in un modo in cui non fosse necessario un traduttore! -

- Molto spiritosa, come al solito! Comunque, anche tu prima hai chiesto perché ti avessi seguito… bé è una domanda stupida visto che il motivo lo sapevi già… -

lei lo fissò senza capire.

- Sbaglio o ti ho gia detto che ti amo? -

A sentire quelle parole Sana sentì gli occhi inumidirsi nuovamente…

- Possibile che oggi piangi sempre?! –

Chiese lui senza il coraggio di guardarla negli occhi.

- E’ colpa tua! Sei tu che mi fai questo effetto! -

- Allora questo non lo vuoi, visto che rischia di costringerti a subire “questo effetto” per un bel po’ di tempo? –

Detto ciò il ragazzo tirò fuori dalla tasca qualcosa che aveva portato per augurio a se stesso di poter far pace con lei.

SUBITO PRIMA DI USCIRE E PARTIRE NEL TAXI CON TSU

Teneva in mano il giubbotto ed una scatola, fissandosi allo specchio e promettendo a se stesso:

- Se tutto finisce bene glielo darai, altrimenti lo regalerai a Tsuyoshi per Aya. -

Dopo aver pronunciato queste parole era uscito in tutta fretta per andare a vedere se era ancora possibile riassemblare i pezzi della sua vita e, magari, dargli anche un ordine più preciso.

FINE FLASHACK

Nota di Mel-chan:

Ok ragazze, questo era il penultimo capitolo…ora manco il brevissimo quindicesimo e poi “Sana’s life” giungerà al regolare termine…devo dire che un po’ mi dispiace, ormai mi divertivo a correggere i capitoli e postarli per vedere se e quanto piacevano.

Pazienza, in fondo tutte le cose belle finiscono ^^’’’ .

Nel caso qualcuna di voi avesse voglia di leggere altre cose made in me, può andare al mio account e dare un’occhiata alle one-shot di Saiyuki (scritte in tutt’ altro tono di questa Fic, avverto…anche se non è detto che vi faccia schifo, almeno lo spero ^_^’’)…sarebbe molto bello ritrovarvi anche lì! ^^

Bacione

Roba fragile

Sana aprì incredula la piccola scatola che lui le porgeva.

- Te l’avevo detto che nella valigia c’era roba fragile! Non potevo mica tornare all’ oreficeria vicino al campus dove fabbricavano queste cose con la cenere del Fuji! -

La ragazza rimase a fissare il piccolo anello dorato ornato con un rubino rosso fuoco, come l’ elemento che sembrava alimentare la sua voglia di vivere che lui amava tanto, nonostante non lo ammettesse mai a voce alta.

- Ma…ma,,,q-questo è un…un anello? -

- No, è una stella marina! Scusa, ma cosa ti sembra? –

La sua battuta per mascherare l’imbarazzo fu interrotta da un bacio di lei lieve a fior di labbra e leggermente tremulo a causa del sapore lacrimoso che aveva:.

- Si, Akì, penso proprio che mi farai piangere ancora per un bel po’ di tempo… -

Detto ciò si strinse a lui ancora un po’, mentre una limousine sfrecciava loro vicino. Tsuyoshi sorrise a Nakao e disse, prendendo il cellulare:

- Meglio avvisare agli altri che due invitati stasera faranno un po’ tardi… - Fine

Nota di Melchan:

come avete visto le parti sono state cinque, sorry ^^''. Spero non sia stata troppo lunga... alla prossima fic. Melchan

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