Too similar for being strangers

di MissAliceLiddle
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sun and rain make a rainbow ***
Capitolo 2: *** Princesses of the universe ***
Capitolo 3: *** Peace, love e vintage ***
Capitolo 4: *** True colors, are beautiful, like a rainbow. ***



Capitolo 1
*** Sun and rain make a rainbow ***


Da Parigi a New York. Finalmente il sogno di Valerie si realizzava. Avrebbe girato tutta la città in meno di 3 giorni, sarebbe andata alle feste migliori e avrebbe goduto di quella settimana di vacanza per poter dare una scossa alla sua vita fin troppo piatta per essere quella di una diciannovenne appena diplomata e con una strada spianata davanti chiamata futuro. Ecco, Valerie non riusciva ad essere triste. Era un sole, proprio come dicevano le sue amiche, riusciva a dare vita a tutti facendo le cose più assurde: che si trattasse di una finta intervista o di una canzone stonata, Valerie era l’anima delle feste, e questo succedeva nell’85% dei casi. 85% perché nel restante 15% dei casi c’era una variabile non indifferente a cambiare le cose: l’amore. Valerie era una dalla cotta facile ma quando si innamorava era finita. Diventava dolce, romantica, melensa fino al midollo. Era capace di parlare del suo innamorato fino allo sfinimento dei suoi interlocutori. Poi arrivavano le delusioni ed eccola diventare la depressione fatta persona: triste, disperata, non vedeva il bicchiere mezzo vuoto, il bicchiere era vuoto e basta. La sua anima e il suo cuore erano stati riempiti dal liquido dell’amore, e una volta prosciugato, Val aveva bisogno di una nuova linfa, di un    qualcosa che non la facesse stare così male, e anche se ci voleva un bel po’ per farla riprendere del tutto, tornava sempre ad essere il sole che tutti amavano. Val era fatta così, e niente e nessuno avrebbe potuto cambiare quel suo carattere così unico.

“C’è un solo sole al mondo, giusto? E tutti sono abituati alla sua luce, alla sua afa, al suo eccessivo calore, alla sua mancanza e alle sue eclissi. Ecco. Io sono quel sole e quindi la gente deve abituarsi ai miei sbalzi d’umore, al mio essere strana e al mio essere Valerie.”

Ecco quello che si ripeteva sempre quella buffa ragazza parigina che si apprestava a passare la settimana più bella della sua vita nella Grande Mela. Non le importava di essere sola. C’era il sole, e questo le dava la miglior compagnia del mondo.

 

Sophie invece era ben diversa da Valerie.

Inglese di nascita, aveva deciso di andare a studiare lingue a NY, un po’ per separarsi da una famiglia che la soffocava e un po’ per cercare quell’indipendenza e quell’io interiore che non riusciva a trovare nella fredda e piovosa Liverpool.

Sophie era come la pioggia: era piacevole, quasi adorabile quando la trattavi bene, ma bastavano una parola, una gesto, un qualcosa che tradisse la sua fiducia, per dare vita ad una tempesta, una di quelle tempeste che non si fermano più, una di quelle fredde tempeste fatte di lacrime e grandine, capaci di bloccare il tuo cuore e il tuo respiro per lunghissimi secondi.

Sophie era molto cinica sull’amore: non credeva nell’amore a prima vista e non credeva nelle relazioni a distanza. Parole, quelle erano solo parole, infatti sul cuore di Sophie le cicatrici più profonde derivano proprio da queste due cose che lei tanto odia.

Sophie era impulsiva e pragmatica. Era di poche parole, ma una volta trovata la sua combinazione era la persona più gentile al mondo. Pronta a tutto per gli amici, Sophie portava le sue esperienze in una branca del suo cuore che nessuno mai avrebbe potuto vedere. Sapeva fingere bene, a volte era così brava che riusciva ad ingannare perfino se stessa.

 

Ci sono degli incontri che ti cambiano la vita: l’incontro fra Sophie e Valerie fu uno di questi.

Un arcobaleno splendeva su NY e così inizia la nostra storia. 

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Capitolo 2
*** Princesses of the universe ***


 

“Radio summer of love, è qui Valerie che vi parla! Oggi mi trovo in cima all’Empire state of building e la vista è meravigliosa. Mi sento come Rose che, abbracciata al suo Jack urlava: Sto volando, sto volando. Gente dovreste provare.”

Valerie aveva una piccola stazione radio personale, una specie di diario radiofonico, dove condivideva le sue esperienze, i suoi sogni, le sue sensazioni, con tutte le persone che ascoltavano quella stazione radio. E, anche se a volte nessuno la ascoltava, Val vedeva tutto questo come una valvola di sfogo e come un nuovo modo di esprimersi.

“Gente, prendete le cuffie e ascoltate Princes of the universe dei Queen, salite su un cornicione o su un qualsiasi punto altissimo e urlate a squarciagola le parole della canzone e vivete il presente”

Ecco, quando Val iniziava ad essere filosofica e sentimentale era anche peggio di quando era innamorata, ma forse così non perdeva la sua unicità.

Mentre Val esprimeva il suo estro in cima all’Empire state building, Sophie prendeva l’ascensore fino al 50° piano e poi cominciò a godersi le scale, il percorso fino alla cima, ascoltando The Climb della Cyrus e Skyscraper della Lovato e si godeva quella salita. A Sophie piaceva fermarsi e guardare tutto quello che la circondava. Amava salire in cima al quel palazzo per disegnare, scrivere racconti, fare foto con la sua Nikon o semplicemente per riflettere.

Sophie rifletteva molto, temporeggiava e spesso perdeva l’attimo. Diciamo che voleva giocare per bene le sue carte, ma spesso, anzi sempre, c’erano quelle variabili che non dipendevano da lei, quelle variabili che rovinavano un momento, quelle variabili che ti spezzavano il cuore, del resto si da, non si può prevedere tutto, ma su questo Soph era testarda: doveva andare tutto secondo i suoi piani.

Arrivata in cima al suo palazzo preferito, Sophie vide un puntino giallo e nero che ballonzolava sul cornicione e che urlava a squarciagola.

“Oddio”

Sophie corse e all’improvviso si trovò accanto a quella buffa ragazza che cantava in cima ad un grattacielo senza aver paura di cadere. Si avvicinò lentamente e parlò con voce tranquilla, cercando di mascherare la sua ansia.

“E-ehi, che stai facendo lassù? Non è pericoloso?”

Valerie non si girò, era troppo impegnata ad ascoltare la musica. Sophie ci riprovò.

“Ehi, ehi, EHI!”

Ecco, Sophie stava iniziando ad innervosirsi, e non era proprio il caso di farla innervosire. Infatti era capace di diventare un violento uragano, pronto a travolgere tutti.

All’improvviso Valerie parlò:

“Gente, prendete per mano la prima persona che vedete e fatevi assecondare nella vostra follia”

Val si girò e vide Sophie, si tolse le cuffie e la prese per mano.

“Ehi, Sali su. E’ semplicemente meraviglioso”

Soph restò immobile.

“M-ma sei impazzita? Potremmo cadere, anzi, potresti cadere, scendi subito”

“Mi fido di me stessa, so che non cadrò” replicò la bionda.

“M-ma, tutto quello che dici è assurdo!” controbatté la mora.

“E chi può dirlo che è assurdo? Forza, fidati di me.” Val tese la mano a Soph.

“Ma se non ti conosco nemmeno!” Sbuffò Soph.

“Tu fidati e basta! Male che va, ci rivedremo all’inferno.” Rispose Val candidamente.

Sophie guardò la ragazza e decise di cogliere l’attimo senza pensare ad altro. Afferrò la mano della ragazza, si diede uno slancio e salì sul cornicione.

“Prendi!” Val passò una cuffia a Soph. “Ora canta” continuò la parigina.

“Tu sei pazza!” replicò Sophie ridacchiando, anche se, effettivamente anche lei si trovava sul cornicione di uno degli edifici più alti di NY, a un passo dal vuoto, ma la vista non era niente male, anzi, dava un certo senso di pace mistica. La prese nuovamente per mano e iniziarono a cantare insieme.

 

“Here we are, born to be kings 
We're the princes of the universe.
Fighting and free 
Got your world in my hand 
I'm here for your love and I'll make my stand 
We were born to be princes of the universe. “


 

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Capitolo 3
*** Peace, love e vintage ***


“Al mio 3 saltiamo e scendiamo ok?”

“o-ok”

“1-2-3 salta!”

Con un balzo Sophie e Valerie scesero dal cornicione e toccarono in contemporanea il pavimento del terrazzo dell’ultimo piano. Sophie guardò la biondina e vide che era assolutamente tranquilla e non aveva le gambe tremolanti come lei. Forse aveva scalato decine di grattacieli e si era messa su un miliardo di cornicioni a urlare e a cantare come una matta, o forse era proprio come aveva detto prima, si fidava così tanto di lei da non avere paura di niente.

“certo che sei strana lo sai?” disse la mora squadrandola da capo a piedi: le ricordava Luna Lovegood di Harry Potter.

“Si, che lo so. La mia amica Juliet dice che io vengo dal Paese delle meraviglie, ma poco importa perché non posso essere diversa, quindi faccio del mio meglio e vado avanti per la mia strada.”

Sophie restò piacevolmente colpita da quella frase, avrebbe dovuto pensarci anche lei invece di farsi mille complessi su ogni cosa. “Comunque io sono Sophie, piacere.” La ragazza allungò dolcemente la mano verso di lei.

“Io sono Valerie, piacere di conoscerti Sophie” La ragazza mostrò un sorriso luminosissimo, un sorriso capace di illuminare l’universo, del resto lei era la ragazza-sole, non dimentichiamolo. “Ehi, tu sei del posto? Io sono appena arrivata da Parigi, conosci qualche buon hotel o un qualcosa di simile?”

Sophie guardò per qualche istante i movimenti che faceva Valerie: sembrava perfettamente tranquilla e a suo agio, e soprattutto, non aveva paura di essere sola in una grande città, come poteva essere possibile tutto ciò? “Beh c’è la butterfly inn, è una bella locanda, certo non un hotel a 5 stelle, ma lì fanno i migliori muffin al mondo, o almeno i migliori muffin di tutta NY”

“Aaah davvero Soph? Oddio ti adoro, hai trovato proprio il posto che fa per me!” replicò la biondina in un fremito di gioia.

Soph, le piaceva il nome Soph, le piaceva l’allegria di quella buffa ragazza. “Di nulla Val” Ecco, ora anche Sophie aveva iniziato con i diminutivi, significava che si stava affezionando davvero. “Senti..se mai non volessi spendere tutti quei soldi alla locanda, che ne dici di venire a casa mia? La mia coinquilina è in vacanza, e quindi non c’è nessuno in casa a parte me. Certo, se lei dovesse tornare prima dovremmo condividere il letto, ma non c’è problema, ho il lettone grande e..” Ma come le era venuto in mente? Ospitare una sconosciuta in casa? E se fosse una ladra? Una maniaca? Una terrorista? Una chissà cosa? E lei aveva appena deciso di ospitarla a casa sua, era semplicemente fuori di testa.

Valerie notò la faccia che fece Sophie dopo aver fatto l’invito e sorrise nuovamente. “Ehi grazie, non c’è bisogno che ti disturbi, e poi non mi sembra il caso, ci siamo appena conosciute. Ehi ho un’idea: scrivimi l’indirizzo della locanda e di casa tua, ti passerò a trovare in questi giorni. Hai la parola di Valerie Violet Duprèè, e la parola di Valerie Violet Duprèè è legge.” Disse la biondina, soddisfatta di sé.

Sophie ridacchiò dolcemente mostrando alla ragazza la sua buffissima e dolcissima risata ad ultrasuoni. “ok, ok, va bene, ti prendo in parola, Violet” Disse ridacchiando, come se sapesse che Val odiava essere chiamata Violet. Sembrava che fossero amiche da sempre, e invece appena 20 minuti fa Sophie aveva visto Valerie in piedi su un cornicione, a chissà quanti metri da terra, e ora invece la stessa timida e insicura Sophie si apprestava a scrivere indirizzi vari, contatti e numeri telefonici sul foglietto azzurro strappato dalla sua agendina. “Ecco a te” La mora porse il fogliettino azzurro alla bionda e lei di rimando scrisse i suoi dati su un foglietto viola, scrivendo alla fine Peace, Love e vintage.

Sophie guardò la scritta “Peace, love e vintage? Ma..? Sei davvero strana, sai?

“me lo hai già detto” ridacchiò Valerie, poi lesse il fogliettino: “alloora, per arrivare alla locanda devo prendere un autobus verde, di quelli che passano ogni ora e mezza, e il prossimo c’è circa…ORA! OMMIODDIO SANTISSIMO SONO IN RITARDO! DEVO RECUPERARE LE VALIGIE E ARRIVARE SUBITO AL PIANO TERRA, SONO IN RITARDO RITARDISSIMO, AAAAH!” Ecco, Valerie quando andava in crisi sbroccava di brutto e sembrava semplicemente una pazza squinternata. “Val respira su, su” la bionda cominciò ad inspirare e ad espirare mentre Sophie rotolava letteralmente dal ridere, la scena era troppo buffa.

“Ma scendi no! Altrimenti perdi il bus per davvero!”

“Giusto! Ora vado, alla prossima Soph.” Abbracciò velocemente la ragazza e cominciò a correre per le scale.

“Ciao piccola, ti aspetto” disse Sophie in tono materno.

Appena Valerie se ne andò, Sophie restò sorpresa dal vedere che le era scesa una lacrimuccia. Si affezionava troppo presto alle persone, e piangeva davvero troppo spesso. Ma quelle lacrime erano un misto di gioia per le risate appena fatte e di tristezza nel vedere quella biondina tutta pepe andare via, senza sapere se quella ragazza avrebbe mantenuto o meno la promessa…

 

All’improvviso sentì il suo cellulare vibrare.

V: Mi sento sola in questo pullman verde, mi fai compagnia?

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Capitolo 4
*** True colors, are beautiful, like a rainbow. ***


S: Certo che si piccola, allora sei riuscita a prendere il pullman? :3

V: Si, se scendi mi trovi qui, ti saluto dal finestrino se vuoi.

S: ok, faccio una cosa e scendo.

Inaspettatamente, Sophie risalì di nuovo su quel cornicione, scattò una foto a quel panorama meraviglioso da cui si vedeva anche il bus verde e, una volta estratta la polari, scrisse nella zona bianca con un pennarello indelebile: lo strano mondo di Valerie.  Sophie scese le scale di corsa, facendo il più velocemente possibile, ma appena arrivò all’ingresso vide che il pullman si stava muovendo già, corse e cercò di intravedere la biondina, ma quest’ultima era troppo impegnata a trovare una canzone decente da ascoltare sul suo i-pod, e quindi non riuscì a salutarla. Disperata per averla “abbandonata” pensò di mandarle un messaggio, ma la vibrazione del cellulare fece prima di lei.

V: Domani pomeriggio vorrei visitare la Grande mela, ma non conosco nessuna guida turistica. Hai forse qualche impegno?

S: Valerie scusami, stavo scendendo, non ce l’ho fatta :/

V: mi devi un gelato u.u

S: sei una scroccona!

V: non è vero u.u

S: si che è vero

V: no, la tua sarà solo un’offerta ospitale ad una povera straniera, nient’altro.

S: è la scusa più assurda che abbia mai sentito, ma devo concedertelo, hai fantasia. Ti offrirò il gelato più buono di NY.

V: Vogliamo incontrarci stasera?

S: a stasera, straniera. <3

Sophie posò il cellulare nella sua borsa nera e sentì che sul suo viso si era formato un larghissimo sorriso, un sorriso inaspettato, non uno di quelli che sfoggiava quando andava a fare shopping con le sue amiche d’infanzia Blair ed Emily, che erano pur sempre sorrisi belli e piacevoli; questo sorriso era un sorriso rilassato e quasi inconscio, uno di quei sorrisi che ti fanno capire che la tua giornata cambierà, proprio come quando vedi il sole dopo tanti giorni di pioggia…

Appena tornò a casa, Sophie prese dalla sua scrivania un block notes, le mappe della città, una guida turistica e il cellulare, accese lo stereo e fece partire Just so you know di Jesse Mc Cartney e per poi filare in doccia.

Dopo una lunga doccia, Sophie indossò una maglietta bianca con la scritta “Coco Who?” una 2.55 di Chanel, scarpe col tacco e pantalone nero, semplice ed elegante, e mandò un sms a Valerie

S: Empire State Buliding, now.

La cosa sorprendente fu trovare Valerie già lì con addosso un vestitino nero con dei piccoli fiorellini, un paio di scarpette da tennis bianche coi laccetti abbinati al vestito, e i capelli ricci che le toccavano le spalle: sembrava appena uscita da Dirty Dancing. Nonostante fosse sola in una grande città e fosse sera inoltrata, Valerie sembrava totalmente a suo agio, stava chiacchierando con una vecchina che era intenta a buttare il mangime ad alcuni piccioni di passaggio. Nonostante fosse sera, e la vecchia sembrasse piuttosto svampita, per non dire pazza, Valerie le parlava e la guardava come se stesse facendo una delle cose più importanti del mondo, e dopo un po’ anche la biondina cominciò a lanciare quel mangime appiccicoso, mentre Sophie la guardava sempre più stranita e divertita al tempo stesso.

“Ma che combini? Non posso lasciarti sola un attimo che subito fai qualcosa di strano e assurdo!” sbuffò divertita la moretta “prima tenti di buttarti giù e ora questo, cosa farai la prossima volta?”

“Volerò legata a mille palloncini come il vecchietto di UP” la risposta pronta di Valerie arrivò veloce come il vento e impedì a Sophie di continuare il loro assurdo discorso.

Sophie era sempre più sorpresa della cosa, lei non faceva subito amicizia, anzi, le ci voleva davvero tanto tempo per aprirsi agli altri, fra i suoi tantissimi conoscenti selezionava alcuni fortunati, e solo quelli avevano il diritto di far parte per davvero della sua vita. Il più delle volte però, quelle erano persone che aveva incontrato anni fa, persone che l’avevano accompagnata e aiutata a superare un passato burrascoso, ma allora perché quella sconosciuta si stava facendo strada così velocemente nel suo cuore? Stava lasciando un segno, uno di quelli che non togli più, né col disinfettante, né con le bende e né col tempo. Il segno di Valerie era un qualcosa destinato a durare, volente o nolente.

“Allora, dove mi porti di bello?” la biondina riattaccò nuovamente il discorso, usando la sua solita vocetta a cantilena

“Aspetta e vedrai, o meglio, vedrà la cartina al posto nostro” battuta stupida, se poteva anche ritenersi tale, Sophie aprì la cartina e decise di prendere una scorciatoia lungo la 57 avenue. La strada era fatta di pietre asimmetriche che davano un aspetto di altissimo design al cemento. Sarebbe stata una strada carina da attraversare, se Sophie non avesse avuto i tacchi.

“Ehm, Valerie, Val…non correre, per favore! Io non ho le scarpette come te, anzi, credo che cadrò se continuo a camminare, aiutami!”

“Ehi, si, corro subito, scusami Soph”

La bionda e la mora camminarono a braccetto per tutta la stradina, nonostante Valerie dimenticasse spesso il fatto che Sophie aveva i tacchi alti, forse perché anche con le scarpette risultava sempre più alta della mora, o forse era solo l’emozione della Grande Mela.

Dopo un quarto d’ora arrivarono a Central Park e Sophie disse dolcemente: “Sorpresa piccola. Ho pensato che una serata di artisti di strada in tutto il parco sarebbe stato l’ideale per una come te.”

“Wooooooooooooooooow! E’ una cosa davvero meravigliosa Sophie!” Inutile dire che la francesina aveva gli occhi a stellina e guardava tutti gli artisti come un bambino davanti al negozio di giocattoli il giorno di Natale. Fortunatamente il suolo era liscio al parco e quindi non fu un problema  per S inseguire V. Mangiarono zucchero filato, comprarono due palloncini a forma di cuore e un braccialetto di cuoio con i loro nomi scritto sopra, ma poi Sohie si fermò davanti allo stand di pittura, dove un artista realizzava i quadri e poi li metteva esposti su dei cavalletti, per farli vedere alla gente e, perché no, anche per venderli.

C’erano ritratti che raffiguravano tramonti, montagne, paesaggi marini e subacquei, animali così reali che sembrano uscire dal quadro, e poi disegni inanimati che raffiguravano i sentimenti. Sophie restò ammaliata nel vedere quei disegni, davvero una macchia contorta era capace di raffigurare l’amore, la gelosia, la rabbia, l’invidia, la speranza, l’auto accettazione e altri sentimenti simili? Ecco, stava arrivando un’idea, le stava tornando l’ispirazione per quel libro di racconti che aveva iniziato anni fa e che non aveva mai avuto modo di continuare, per mancanza di ispirazione. Doveva scrivere qualcosa, ma le parole erano così difficili da trovare..

“L’arte è la tua anima che prende forma nelle mille cose che ti circondano e che ami, non lo pensi anche tu Soph?” la voce di Valerie divenne così seria che Sophie fece fatica a capire che da una persona come lei venissi fuori una cosa del genere.

“Io credo che sia arte tutto ciò che ti sta a cuore, tutto ciò che ti impegni a far bene, tutto quello che fai per qualcuno che non sia tu, mettendoci tutto te stesso. Ecco, per me questa è l’arte.”

“Non capisco il significato di questi quadri deformi, e tu?”

“Beh in effetti nemmeno io, anche se..” La mora si aggiustò gli occhiali e guardò le sfumature di colore dei quadri, e poi arrivò alla soluzione. “Valerie, guarda. Credo che tutto abbia a che fare coi colori e che queste siano persone. Ogni persona, ogni sentimento, ogni cuore è un colore. Qui c’è la sofferenza, ed è legata ad un nero notte con delle sfumature di blu scuro. Mentre qui si parla della speranza, e ci sono azzurro e verde acqua, e qui c’è il dolore di sé e l’auto flagellazione..” Sophie si morse un labbro mentre vedeva i colori “viola e arancione con delle sfumature di rosso, i miei preferiti.” Le parole le si mozzarono in gola, come se quel quadro avesse descritto tutto al posto suo, tutto il dolore che aveva provato finora, esposto agli occhi della gente, nonostante lei avesse fatto di tutto per nasconderlo a occhi e orecchie indiscreti.”

“Però guarda Sophie, rosso, viola e arancione sono anche i colori della pioggia al tramonto, i colori della forza e della tenacia. I colori di chi non si arrende mai. E poi…ecco, sotto a quel quadro c’è scritto che ogni cuore ha un colore. Secondo te quale sarà il nostro?” Andarono dall’altro lato dello stand, dove c’erano altri quadri e lessero tutta la descrizione del quadro”

I colori del cuore sono un’antica arte degli Aztechi che consiste nel mescolare varie tonalità dei colori che si amano di più per poi scoprire a quali parti del nostro carattere corrispondono. La macchina che crea il colore è antica e fragile, con tre giri di manovella è possibile macinare una polverina del proprio colore, con l’apposita descrizione in pergamena del colore ottenuto. Il colore guida è una cosa contorta e complicata da spiegare, perché ci sono così tante sfumature, come nel carattere delle persone, che è impossibile dare una spiegazione soddisfacente, però la macchina distingue le tonalità e numera ogni tipo di sfumatura. Il test è valido sia da singoli che in coppia, bisogna solo provare. Seguite il vostro cuore e affidatevi ai colori.

“Proviamo?” chiese la biondina, accennando un sorriso.

“Assolutamente si. Prima da singole e poi in coppie”

Presero i colori e li mescolarono, aspettarono qualche minuto e poi si voltarono per mostrare i propri risultati.

“Mmm, al centro c’è il giallo e poi c’è una traccia di verde, di grigio, di rosa e di bianco. Cosa significherà? Forse che sono solare, ma allora perché il grigio? E perché gli altri colori sono solo accennati mentre il giallo domina? Bah, chi lo sa. Qual è il tuo risultato Sophie?”

“Rosso, il mio cuore e il mio colore guida, rosso.”

“Questo è perché hai un cuore più grande di quanto immagini.” Disse Valerie come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

“Si vede che non mi conosci. Su mischiamo un po’ di polverina e facciamo il test in coppia”

Passarono tre minuti e arrivò il verdetto: tutti i colori dell’arcobaleno avrebbero guidato la ragazza sole e quella pioggia. Come l’incontro tra sole e pioggia aveva creato l’arcobaleno, così la tempesta e il sole cocente e brillante avevano dato vita a un nuovo arcobaleno. 

 

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Note di BloodyandBlonde

La ff per ora si conclude qui, avrei voluto continuarla, ma diciamo che il destino mi è stato avverso. Un’altra ff che penso non continuerò mai è Long Live. Spero che ci sia davvero qualcuno pronto a leggere queste poche righe, o forse avete letto solo la Samcedes? Pazienza, spero che un giorno queste ff siano davvero l’inizio di un qualcosa di più grande. Io vado, alla prossima, e come direbbe Valerie, che poi sono io: Peace, Love & Vintage. 

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