Inconfessabile segreto

di donteverlookback
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La cercai sotto le fronde del salice ***
Capitolo 2: *** La cercai nella sua camera ***
Capitolo 3: *** La cercai nei miei pensieri ***
Capitolo 4: *** La cercai tra i miei ricordi ***



Capitolo 1
*** La cercai sotto le fronde del salice ***


Mia dolce Elizabeth,
conosco bene te e la tua natura e, leggo nei tuoi comportamenti la noia che ti pervade.
Hai tutti i diritti di lamentarti, mia cara, perché la campagna del Hampshire non offre svaghi adatti ad una signora come te.
Visto che sei una buona moglie e, che mi fido di te come mi fiderei di me stesso, voglio raccontarti una storia, un racconto che nasconde un terribile segreto. Un segreto che ha macchiato indelebilmente la mia anima, che non ho mai rivelato a nessuno. La causa che mi spinge, qui oggi, a scrivertene è il mio voler smettere di sentirmi oppresso da questo peso: perdona la mia scortesia, che mi spinge a sentirmi più leggero scagliandoti addosso questo insopportabile fardello. Spero nel tuo perdono.
Ti dicevo che ti renderò parte di un segreto, un segreto così orribile, che dopo probabilmente non vorrai più saperne di George Haterton.
Vuoi leggere, Elizabeth?
Anche se per te poi non sarò mai più lo stesso?
Sei ancora lì, con questo foglio in mano e l'orrore che ti si legge negli occhi, moglie mia?
O sto parlando ad un fantasma, ad una presenza vuota, ad una stanza buia, ad una porta chiusa?
Io, però, terrò fede alla mia parola e continuerò a scrivere: se stai leggendo, se veramente i tuoi occhi celesti dei quali sono follemente innamorato stanno scorrendo queste poche righe,sicuramente vorrai capire di cosa sto parlando, cos'è che mi spaventa e da anni mi turba nel profondo.
Cominciamo, dunque, prima che l'orrore di quello che sto per confessarti mi stordisca o mi uccida.
Hai mai sentito parlare di Daphne Haterton? Credo di no, e ora sicuramente vorrai sapere a quale corpo, a quale mente appartiene questo nome. Te lo dirò, tesoro, non preoccuparti, la lettera è fatta per questo. La donna a cui apparteneva questo nome era mia sorella minore. Non ne sai nulla, non è vero? Daphne era un'eterea creatura con i capelli scuri, lunghissimi, e due occhi blu in cui parevano sprofondare tutti i peccati e i sentimenti, per poi uscirne purificati. Non ci assomigliavamo molto, ma a quel viso, a quei boccoli scuri, apparteneva la bellezza che, prima di mia sorella era appartenuta a mia madre. Quando è nata, però, mia madre mormorò profetiche parole di una vita orribile per quella creatura, poi reclinò la testa di lato e il suo respiro si fece sempre più profondo, per poi svanire. Daphne, al contrario, sembrò protetta da un incantesimo bello e oscuro, e nemmeno un raffreddore la colse:visse la sua vita in salute, bella e perfetta come se per lei le normali leggi umane non valessero.
Vedendola, nessuno avrebbe potuto credere che quella ragazza assolutamente incantevole non fosse molto più femminile di una neonata. Daphne sapeva tirare di spada, cavalcava come un uomo, ed era profondamente interessata alla scienza, che definì più volte “il modo migliore per capire tutto ciò che ci circonda”. Mio padre, al suo diciassettesimo compleanno, la offrì in sposa al conte Edwards, sapendo che il suo amico cercava disperatamente una sposa: quest'ultimo fu contentissimo di accettare la proposta di mio padre; avrebbe guadagnato una sposa bellissima ed una dote cospicua. Daphne non ebbe voce in capitolo: quando mio padre le comunicò la data del matrimonio, rimase impassibile, ma quella sera e per i successivi tre giorni non si presentò a tavola assieme a noi. Il mattino delle nozze, mia sorella non era in camera, né in nessun'altra stanza del nostro castello. Immagina la nostra disperazione quando entrammo nella sua stanza e trovammo il letto vuoto e il vestito da sposa sul pavimento! Una lunga corda pendeva dalla finestra, ad indicare la via di fuga della giovine.
Io, però, sapevo il luogo dove le nostre ricerche avrebbero conseguito.
Ricordi il salice piangente in fondo al giardino? La prossima volta che vi passerai vicino guarda bene sotto le sue fronde: vi sono i resti di fuochi da campo, e in un cantuccio ci sono delle coperte. Lì, io e Daphne abbiamo trascorsi momenti di infanzia assolutamente splendidi, e fu proprio lì che andai a cercare mia sorella, in quella stranamente soleggiata mattina d'Aprile.
Daphne era appoggiata al tronco rossastro, che leggeva un libro. Indossava solo una camicia bianca e un paio di pantaloni che riconobbi come miei, i capelli erano tutti su una spalla, come li portava di solito, e le sfioravano la vita.
-Che siete venuto a fare?- Mi domandò con voce imperiosa, senza staccare gli occhi dal libro che teneva in mano.
-A supplicarvi di smetterla con questa messinscena. Neanche a teatro ho mai visto queste recite.-
Avrei voluto dire pazzia, e non messinscena, ma bisognava stare attenti quando si parlava con Daphne:per amore dell'orgoglio, si farebbe tagliare una mano.
-Dite a mio padre che, se non ritirerà la promessa, potrà dimenticarsi di me, Perché per lui sarò solo un fantasma, né più né meno.-
-Sorella, siate ragionevole: prima o poi dovrete sposarvi, e questo è solo un momento come un altro.-
-Ditemi quale legge obbliga una donna a sposarsi quando questo avvenimento, che è molto importante nella vita di una persona, non è da lei desiderato, e lo sposo non è da lei amato.-
-E cosa vorreste fare, allora?- Le domandai senza capire: ci hanno insegnato che le donne devo trovare un buon partito e sposarlo, prima che sia troppo tardi.
-Vivrò con voi e la vostra futura moglie. Volete sposarvi, vero fratello?Permetterete a qualche giovane di godere della fortuna degli Haterton?-
.Perchè, voi forse non ne godete?-
-Il denaro non è lo scopo della mia vita, men che meno il denaro di mio padre-
-Ma a me risulta che i vostri cavalli, i vostri cani e i vostri libri siano pagati dal denaro di nostro padre. O volete dirmi che anche questa volta mi sbaglio?-
-Ho detto che non è lo scopo della mia vita, ma il denaro è un ottimo modo per passare il tempo. E ora, fratello, lasciatemi o tacete:questo libro è incredibilmente interessante.-
Mia sorella non mi diede ulteriormente udienza, e io uscii silenziosamente dalla cupola verde dell'albero, per poi dirigermi nuovamente verso il castello. Andai da mio padre che, con le sue carte in mano, sembrava assorto in ragionamenti troppo complessi per essere espressi a voce. Quando gli comunicai le intenzioni di mia sorella, lui non mi guardò nemmeno, non spostò nemmeno un sopracciglio. -Ho già deciso il destino di tua sorella.-
Io chinai il capo, in attesa della sentenza.

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Capitolo 2
*** La cercai nella sua camera ***


La cercai nella sua camera

 

 

Quando mio padre disse quelle cinque parole, rimasi momentaneamente frastornato.
-In convento, padre?siete assolutamente certo di quello che dite?-
-Ne sono certo, George. Ne ho abbastanza delle pretese di Daphne. La manderò in convento, e a quel punto avrà solo due alternative:potrà farsi monaca, e consacrare la sua vita a Dio, oppure tornerà qui, a casa, e sposare il conte Edwards. Questo è quanto. Dobbiamo cingere tua sorella con una catena, figliolo, e non posso essere l'anello debole. Va, e comunica a tua sorella la sua destinazione. La manderò al convento di Scarbourogh, perché la madre badessa mi deve un favore e accoglierà tua sorella con i giusti riguardi.-
Tentai un'ultima,disperata supplica – Padre, vi prego, dovete ascoltarmi...- Non mi fece finire la frase: si girò e urlò -Io non sarò l'anello debole!-In quel momento, mi convinsi che quello non poteva essere mio padre:dov'era l'uomo pragmatico e silenzioso che vive nei miei ricordi?
Mi pareva di avere di fronte un altro uomo, e l'espressione furibonda che adornava il suo volto ancora mi tormenta in sogno.
Atterrito dalla drasticità di quella decisione, mi diressi verso il giardino per tornare da Daphne, ma mia sorella era più vicina i quanto pensassi:agile e silenziosa, si arrampicava su per la corda che sporgeva dalla finestra di camera sua: nessuno aveva provveduto a rimuoverla, e lei ne aveva approfittato. Sorrisi tra me e me e, badando a non farmi vedere da mio padre, andai in camera di mia sorella. Ella stessa aveva scelto i mobili:un letto a baldacchino con le cortine di seta, un armadio di quercia, rigonfio di vestiti da donna che non aveva mai messo, uno scrittoio, di quercia anch'esso, e una libreria che occupava tutta una parete, rigonfia di tomi, libri, fogli con appunti e schemi complessi. Aveva anche un enorme terrazzo, dove ogni tanto leggeva quando c'era sole.
Daphne, con i capelli poggiati su una spalla, era di fronte all'armadio, e prendeva alcuni pantaloni e alcune camicie che aveva voluto quando ero troppo alto per poter continuare a indossarle. Stava riempiendo un grosso sacco con questi e i libri,prendendoli a casaccio.
-Siete sempre stata molto agile, sorella,-esordii con un sorriso- ma nell'arrampicarvi con le corde siete assolutamente una maestra. Mi chino di fronte a tanta bravura.- così dicendo mi esibii in un inchino scherzoso. Lei, che aveva sussultato appena nel sentire la mia voce, aveva continuato imperterrita a riempire il sacco con i libri. Mi domandai come avrebbe fatto a portarli giù.
-Non crederete che io mi sia arresa, vero? Sono qui per recuperare solo alcune delle mie cose. Non dormirò nella mia camera stanotte. Ho già approntato un giaciglio sotto i rami del salice e...-
-Sorella, fermatevi e ascoltate. Lo dico per il vostro bene.-
Continuò a riempire il sacco per qualche secondo, poi si fermò e cominciò a fissarmi, gli occhi blu più indagatori del solito. - Dite, dunque, ma fate in fretta. Ho molte cose da fare prima dell'ora di pranzo-
-Sorella, nostro padre desidera che voi prepariate la vostra roba e partiate immediatamente per Scarbourogh, dove il convento sarà ben felice di accogliervi, in quanto figlia di Charles Haterton.-
Se l'avessi pugnalata, le avrei inferto un male minore. Vidi i suoi occhi colmarsi di orrore e sorpresa alle mie parole, e la bocca rosea spalancarsi in quello che pareva un grido colmo d'orrore, ma assolutamente silenzioso. Sembrava un fiore che, strappato dall'albero, sia apprestasse a scomparire per sempre. Come potevo permettere che accadesse? Come potevo lasciar correre, chiudere gli occhi, e non inorridire all'idea di non vedere più quel sorriso allegro, quegli occhi dolci, quei capelli scuri? Come potevo permettere che mia sorella vivesse tra monache di clausura, o invecchiasse con un uomo che era inadatto a una così delicata ma allo stesso tempo forte creatura? All'improvviso, ebbi la sensazione che la maschera di orrore del mio volto non dovesse poi essere molto diversa dalla sua.
-Mai-
La sua voce risuonò, dura e perentoria, come l'avevo sentita poche volte prima d'allora. I suoi occhi avevano perso la nota d'orrore, e pareva che dietro il blu infuriasse una tempesta ma lei, come una irresistibile imbarcazione, proseguiva.
-Sorella, ve ne prego. Se stamattina aveste indossato quell'abito- Indicai il vestito da sposa, quasi intoccabile nella sua perfezione, ancora sul pavimento- avreste reso mio padre l'uomo più felice dell'Inghilterra. Non dategli un ulteriore dolore:partite per quel convento.-
Lei mi guardò, stavolta con un che di indagatore nell'espressione – Quali sono le intenzioni di mio padre? Vuole forse che mi faccia suora, così da non avermi più tra i piedi?allora posso anche scappare, tanto il risultato sarebbe il medesimo.-
Scossi il capo, pensando a come convincere Daphne ad andare.- Non vuole che voi spariate. Vuole solo che siate felice. Nostro padre vi ha lungamente cercato un marito, non perché vi manchino la bellezza o l'intelligenza, ma perché avete un carattere estremamente complesso da trattare. Il conte Edwards è un'occasione d'oro, vi vuole bene, e vi permetterà di continuare a vivere come siete abituata. È opinione di mio padre che, se non vorrete stare in convento, accettereste qualsiasi compromesso, compreso sposare il conte Edwards.-
Improvvisamente, i suoi bei tratti si composero in un'espressione furibonda- Come osa giocare così con me? Mi farei suora piuttosto che sposare quel perdigiorno buono a nulla del conte Edwards.-
-Sorella, vi prometto che, se partirete, sarò io a convincere nostro padre a farvi scegliere il vostro sposo. Ma, vi prego, per amore di questo vostro fratello, partite per Scarbourogh.-
Dopo questa mia preghiera avevo le lacrime agli occhi. Ero convinto che non avrebbe dato peso alla mia supplica. Daphne, che fino a quel momento aveva tenuto gli occhi chiusi, improvvisamente spalancò le palpebre, e io ebbi l'impressione che qualcuno aveva spento una luce dietro il blu degli occhi di quella fanciulla.
-Andate via.- Disse solo. Io mi girai e chiusi la porte, convinto che sarebbe uscita di nuovo dalla finestra, continuando la lotta con nostro padre. Camminando silenzioso come un fantasma, mi diressi verso la porta della mia stanza, per poi gettarmi sulla sedia accanto al mio scrittoio. Rimasi lì per un po', semi stordito, vagliando le alternative. Improvvisamente, la porta si spalancò. Era Daphne, con un vestito da donna, il primo che mettesse in diciassette anni.
-Farò come dite, ma solo se promettete di convincere mio padre a non farmi sposare il conte Edwards né nessun altro, a meno che non sia io a richiederlo.- Mi limitai ad annuire, incredulo.
-Così sia, dunque- Disse solo.
Tre giorni dopo, con dei vestiti e il suo cavallo, Daphne Haterton partì per Scarbourogh.

 

 

 

Note dell'autrice: Salve a tutti! Questa è la mia prima fanfiction. L'avevo in mente già da un po', ma solo ora ho avuto il coraggio di postarla. Sono rassegnata ad affogare nei pomodori marci,se me lo merito. Volevo scusarmi se nello scorso capitolo non ho scritto nulla, ma non sono ancora molto pratica '^^. La frase " Io non sarò l'anello debole" l'ho presa da "Il pricipe d'Egitto".  è una delle mie scene preferite!
Beh, se non vi crea problemi, vi chiederei di recensire: si accettano consigli o lancio di pomodori, a scelta. Ciao, al prossimo capitolo!

 

P.S. Questi due capitoli sono dedicati a GiulDirectioner, che mi ha dato il coraggio di iniziare a postare.

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Capitolo 3
*** La cercai nei miei pensieri ***


La cercai nei miei pensieri

 

 

Da quando Daphne era partita, non facevo che pensarla.
Dov'era mia sorella? Tutto era così silenzioso. Avevo provato ad andare al salice, per cercare un segno della sua presenza, ma tutto in qualche modo, era diverso :non vi era più nessuno a riempire quel vuoto.
La pensavo, perché non potevo fare altro. La cercavo nei pensieri, nei ricordi. Andai nella sua camera, cercandone l'odore tra le cortine di zendado del letto, rievocandone la presenza suonandone il liuto. Ripensavo al sorriso luminoso, alla voce gentile, agli occhi, accesi sempre di quello strano fuoco, di quella scintilla divertita. Un'ondata di tristezza mi assaliva pensando a mia sorella, sola, a diverse miglia da me:cosa faceva?A chi pensava?Non sentiva quell'onda di nostalgia?

Cercavo di convincere mio padre a cedere qualcosa:”do ut accipias”, non vi pare?

La tesi di mio padre era la seguente “Non vi è nessun motivo per cui Daphne debba scegliere da sola uno sposo,lo farò io, lei si adatterà e mi porterà alleanze e denaro.”. Ignorava tre fatti fondamentali: il primo era che Daphne, al primo accenno di un matrimonio programmato, era fuggita di casa; il secondo che nella zona non vi era una famiglia più ricca della nostra; il terzo che mio padre era benvoluto da tutti perché uomo saggio e allegro. L'unica con cui non fosse minimamente malleabile era proprio Daphne;scossi il capo, pensieroso. Conoscevo l'unico punto debole di mio padre, e mi dispiaceva fare leva proprio sul suo cuore. Ma non avevo molta scelta.
Era un caldo pomeriggio estivo, e mio padre era nel suo studio a leggere un libro. Seduto su una poltrona appartenuta a mia madre, teneva il libro con una postura estremamente elegante, leggendo lentamente, assaporando ogni parola. Bussai delicatamente, come mi era stato insegnato da i miei tutori tanti anni prima. Mio padre alzò lentamente lo sguardo, e mi fece cenno di venire avanti. Mi posizionai esattamente davanti a lui, mi schiarii la gola per attirare la sua attenzione.
-Padre, ditemi, com'era nostra madre?-
Mio padre schioccò le labbra, una sola volta, come chi ha assaggiato un vino squisito. Aveva amato mia madre davvero tanto, e ora le mancava tantissimo.
-Una donna meravigliosa. Una creatura assolutamente deliziosa, una delle più belle donne che il divino disegno abbia mai concepito. Lunghi capelli scuri, occhi intensi, alta e flessuosa, con l'agilità e la classe di un cerbiatto. Assolutamente splendida.-. Sorrisi. Avevo la vittoria in pugno: mio padre non aveva menzionato il carattere di mia madre. Daphne non aveva certo i modi di mio padre.
-E di carattere com'era?-
Storse il naso:capiva dove stavo andando a parare?Probabilmente si. Era un uomo intelligente, dotato di intuito. Ma rispose alla mia domanda.
-Non era proprio la persona più amabile che conoscessi, anzi.-.Scosse il capo, e per un attimo, vi fu un che di amaro nella sue espressione- Era incredibilmente capricciosa, e riusciva a ottenere qualsiasi cosa chiedesse. Ti chiedeva la luna?In un modo o nell'altro l'avrebbe ottenuta, costasse quel che costasse.- Sicuramente prevedeva la mia prossima mossa, ma non aveva potuto evitarlo: conoscevo bene il carattere di mia madre grazie ai racconti di mio padre e della servitù. Aveva delle idee liberali, diverse da quelle impostale dai suoi tutori. Agnes, la mia balia, mi raccontava la volta memorabile in cui mio padre aveva ordinato alla mia balia di pulirmi il viso e mia madre, con fredda determinazione, aveva ordinato a mio padre di farlo al posto suo. Mio padre, incredulo, le aveva chiesto se le paresse il momento opportuno per fare dell'ironia. E lei, imperterrita “Quando impartisco ordini, non sono mai ironica.”. Ricordo ancora mio padre, con le mani incerte e tremanti di chi è incapace di accudire se stesso e gli altri,che mi puliva il viso.
Ma, per tornare alla conversazione con mio padre, posi la domanda seguente, secondo l'ordine che mi ero impartito.
-A chi credi che assomigli, padre?-
Lui distolse lo sguardo. La preda che, nonostante tutto, non vuole cadere nella trappola del cacciatore.
-Di chi stai parlando,George?- . Il suo tono era noncurante, come se discorressimo del tempo o del cavallo appena acquistato.
-Daphne, padre. Non vi pare che assomigli a nostra madre?-
Lui scosse la testa.-Vuoi davvero paragonare...-
Lo interruppi, sapendo qual'era la domanda. La risposta era sì, mia sorella assomigliava moltissimo ad Aliena Haterton.
-Solo perché alla fine, per amore vostro, mia madre si è piegata alle convenzioni sociali mentre Daphne si rifiuta, non vuol dire che non si assomiglino. E,soprattutto...- Mio padre aveva alzato il viso, e io lo avevo fissato negli occhi -Non vuol dire che non vi voglia bene. Perché, padre..- Mi stavano venendo le lacrime agli occhi -Daphne vi vuole molto bene, almeno quanto voi ne volete a lei.-
A quel punto, anche mio padre aveva le lacrime agli occhi.
-Come mi devo comportare, George?Cosa faccio?-
Un piccolo sorriso apparve sul mio volto.
-Offritele un compromesso. Aspettate che sia lei a presentarvi un candidato, e poi discuterete insieme se è adatto oppure no. Farete un compromesso tra la buona società e l'amore.-
-Non credo che ne sarò capace.- Per un attimo, gli occhi di mio padre riacquistarono la loro durezza, poi la persero di nuovo.
-Ma proverò, per amore di mia figlia. George...- Parve esitare per qualche secondo, poi si decise. -Manda una lettera a tua sorella, e dille che la manderemo a prendere...che giorno è oggi?-
-É il dieci di luglio, padre.-
-Bene, uno dei nostri paggi sarà al convento entro il diciotto.-
Feci un piccolo inchino. -Come desiderate, padre. Posso permettermi di chiedervi di andare a prelevarla io stesso?-
Acconsentì col capo, poi mi mandò via con un cenno della mano. Arrivai alla porta senza dargli le spalle, come mi era stato insegnato.
Elizabeth, sei ancora lì?Tieni ancora il foglio tra le dita, divisa tra la voglia e la paura di leggere?O hai abbandonato la lettura?
Io continuerò lo stesso, Perché oramai il peso di questo segreto va affievolendosi, ed io non voglio rinunciare alla liberazione della mia anima. Io continuerò a scrivere e, se ti aggrada, tu continuerai a leggere.
Dopo essere uscito dallo studio di mio padre. Mi diressi in camera mia e, allo scrittoio, cominciai a scrivere a mia sorella, raccontandole della mia vittoria,e riferendole che sarei partito al più presto per andare a prenderla a Scarbourogh. Poi, chiamai un paggio e lo spedii al convento con la lettera, dicendogli di non aspettare la risposta.
Tre giorni dopo, carico di speranze, George Haterton partiva per il convento di Scarbourogh.

 

 

L'autrice

Bene, sono tornata, scusate se sono sparita. Ok, capitolo molto lento, ma dovevo far capire come George avesse convinto suo padre a far tornare Daphne. Dopo l'intervento di un'amica preziosa, ho deciso di continuare un altro po' la storia, invece di finirla entra un paio di capitoli. Grazie a voi che leggete; non siete tanti, ma vi adoro, e non vi nasconderò che vedere il numero di lettori che aumenta, anche se di poco, mi riempie di orgoglio. Ciao a tutti, un bacio!

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Capitolo 4
*** La cercai tra i miei ricordi ***


La cercai trai miei ricordi

 

Ero partito da due giorni, e il convento non era molto lontano. Avevo cavalcato velocemente, spingendo il mio baio al limite della sopportazione.
Avevo voluto andare da solo: il viaggio , in quella stagione, aveva un che di incredibilmente romantico, e ricordava molto uno dei miei romanzi cavallereschi.Era una sera tiepida, ventilata al punto giusto, e io me ne stavo davanti al fuoco a cuocere la carne salata che mi ero portato appresso per nutrirmi durante il cammino. Se non mi sbagliavo, mancava solo mezza giornata perché io giungessi in vista del convento.Durante quei due giorni, centinaia di ricordi mi erano tornati in mente.
Il primo, l'inizio di quella scia di ricordi era anche l'ultimo ricordo che avevo di mia madre.
Ero nella mia camera, e mia madre era entrata senza fare rumore , col passo leggero caratteristico di quella donna forte e silenziosa. Si era fermata a pochi passi da me e aveva cominciato ad osservarmi con un sorriso quasi enigmatico disegnato sulle labbra, per poi passarsi una mano sul pancione rigonfio.
Era il giorno prima che nascesse Daphne,
Quando l'avevo guardata, la sua espressione non era cambiata; solo il suo sorriso si era accentuato.Poi, lentamente, mi aveva fatto cenno di avvicinarmi a lei. Quando avevo obbedito, mi aveva preso la mano e se l'era poggiata sulla pancia, nascosta dal lungo vestito blu.Timoroso, avevo poggiato la mano sulla stoffa. Il corpo di mia madre emanava calore, e il suo profumo era inebriante. Mentre tenevo la mano aperta all'altezza dell'ombelico, avevo sentito un colpo. Ma non da fuori. Quel tonfo leggero proveniva dall'interno della pancia di Aliena.Avevo ritratto il braccio, spaventato. Cos'era successo?
-È il tuo fratellino, o sorellina, che ti saluta.- Disse serena, senza smettere di sorridere.
Mia sorella faceva già sentire la sua forza, ma noi ancora non lo sapevamo.
Aliena Haterton uscì dalla camera di suo figlio. Nessuno lo sapeva, ma quella sarebbe stata l'ultima volta che avrei visto mia madre.Uscii da quel ricordo come si esce da un sogno:frastornato, un po' incredulo. Ma avevo anche le lacrime agli occhi: l'ultima visione che avevo avuto di mia madre era idilliaca, quasi surreale. La polvere che le danzava attorno, il calore, quel colpetto leggero, quasi impercettibile. Ti confesso, Elizabeth,che questo è il ricordo più bello e più triste che io abbia.Ricordo ancora la prima volta che ho visto Daphne: erano passati un paio di giorni dalla sua nascita.Io non riuscivo a capire che fine avesse fatto mia madre, visto che nessuno si era dato la pena di spiegarmi cosa fosse successo. Ancora non sapevo che non avrei più rivisto Aliena, che non ne avrei più osservato le movenze leggere, che non ne avrei più ascoltato la voce idilliaca mentre cantava.Giravo per il castello colmo di curiosità:dov'erano tutti?Perché la mia balia passava quasi tutto il suo tempo nella stanza accanto alla mia?Dovevo scoprirlo.

Mi avvicinai alla massiccia porta di legno scuro lentamente, con passo quasi furtivo, per poi tirare giù la maniglia con delicatezza,cercando di fare meno rumore possibile. Poi, vidi la culla.
Selima, la mia balia saracena, era chinata su una cesta di vimini, piena di coperte, e sussurrava con dolcezza verso qualcosa al suo interno. A quel punto rimasi un attimo impalato sulla porta, incerto sul da farsi. Dopo un paio di minuti di esitazione mi avvicinai alla balia, cercando in mezzo alle cortine di seta il motivo di tutto quel mistero, e fu allora che la vidi.Stava nella culla, supina, e si guardava intorno con curiosità, alla ricerca di suoni e odori. Muoveva la testolina, ricoperta di boccoli scuri, e emetteva versi stupiti quando vedeva qualcosa di nuovo. La balia le teneva un dito sul mento e glielo passava su e giù. Come si accarezza un gatto o un cane.
Ma la cosa che più mi sorprendeva erano gli occhi, blu come zaffiri. Fu proprio quella la parola che sfuggì alle mie labbra di bambino quando la vidi.
-Sapphire.- Dissi solo. La balia,che evidentemente no si era accorta di me, si girò con un'evidente sorpresa sul viso;si ammorbidì, però, quando capì chi fossi.
-No, piccolo- disse Selima sorridendo e prendendomi in braccio per farmi vedere meglio il minuscolo fagotto poggiato nella culla.-Questa, George, è Daphne.-La bambina mi aveva guardato con quei due zaffiri, che già risplendevano di un fuoco interno.-E la mamma?- Domandai. Dov'era mia madre?
-È in lei,piccolo. Tua madre vive dentro Daphne,adesso.-

 

 

Scusa, Elizabeth. Dopo questo ricordo mi sono dovuto fermare Perché tutti quei ricordi mi avevano fatto venire da piangere. Tutto questo fa male, fa molto male. Ma continuerò a raccontare, come ti ho promesso.
Di Daphne ho molti altri ricordi, naturalmente. La prima parola, detta con voce tremula, I primi passi fatti con gambe esitanti, il primo vestito che non aveva mai voluto mettere, la prima volta che, disobbedendo a mio padre, aveva cavalcato come un uomo. Era sempre stata volitiva, Daphne. Come mi aveva detto mio padre quando mi aveva parlato della mamma“Voleva la luna?ebbene, in un modo o nell'altro l'avrebbe ottenuta.”.ù
Comunque, quella notte scivolai in un sonno agitato, popolato da Daphne bambina, da mia madre e e dal suo sorriso e dalla voce di mio padre che ordinava alla mia balia di pulirmi il viso. Il mattino dopo mi alzai e camminai più in fretta, determinato a riportare mia sorella a casa.


Note dell'autrice

 

Capitolo un po' più corto, ma avevo piacere a darvi qualche brandello di passato in più. In realtà avrei voluto scrivere altre cose, ma il mio computer ha cancellato le idee che avevo buttato giù e ho dovuto fare tutto da capo. Mi dispiace, è un brutto periodo :(Ooooooooooooook, siete pochi ma buoni. Alla prossima!

 

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