broken memories

di sihu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** sull'espresso, verso Hogwarts (parte prima) ***
Capitolo 3: *** sull'espresso, verso Hogwarts (parte seconda) ***
Capitolo 4: *** banchetto in sala grande e grandi assenze ***
Capitolo 5: *** morire dentro ***
Capitolo 6: *** stasi ***
Capitolo 7: *** visite e chiarimenti ***
Capitolo 8: *** amnesia ***
Capitolo 9: *** visite ***
Capitolo 10: *** amare scoperte e ritorni inaspettati ***
Capitolo 11: *** riprendere a vivere - parte prima ***
Capitolo 12: *** riprendere a vivere - parte seconda ***
Capitolo 13: *** alla baita in montagna ***
Capitolo 14: *** capodanno ***
Capitolo 15: *** ritorno alla vecchia vita ***
Capitolo 16: *** nuovi acquisti e vecchi compagni ***
Capitolo 17: *** sconfitte e vittorie ***
Capitolo 18: *** rimettere insieme i pezzi ***
Capitolo 19: *** Lieto fine, o quasi ***
Capitolo 20: *** Chiarimenti e nuovi dilemmi ***
Capitolo 21: *** Colloqui e chiacchere nel camino ***
Capitolo 22: *** Si torna a volare ***
Capitolo 23: *** Vittoria ***
Capitolo 24: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** prologo ***


BROKEN MEMORIES
PROLOGO

Remus Lupin odiava con tutto se stesso l'estate, e questa non era certo una novità per nessuno. Il biondo licantropo non ce la faceva proprio a stare per due mesi lontano da quello che ormai era diventato il suo mondo, i suoi amici, le lezioni e tutto quello che poteva significare il castello.
Hogwarts era l'unico posto in cui arrivava quasi a dimenticarsi la sua condizione e riusciva a sentirsi normale.
Tra le mura di quel castello si sentiva vivo e padrone del proprio destino, dover tornare a casa d'estate per lui era sempre stato come una punizione.
Da quando i suoi genitori erano morti poi, le cose erano notevolmente peggiorate. L'anziana donna che lo ospitava d'estate, una lontana zia di sua madre cercava di essere gentile con lui, almeno quanto poteva essere gentile un'anziana strega che vive sola, con i reumatismi, sette gatti, tre cani e un pessimo carattere. Remus era davvero vicino a una crisi di nervi.
Avrebbe certo ricordato per sempre quell'estate come la peggiore della sua sua vita, dato che anche i suoi migliori amici si erano scordati di lui. Peter, James e Sirius sembravano scomparsi nel nulla. Per quanto riguardava Peter non era certo una grossa novità, il ragazzo aveva sempre odiato scrivere e mandare gufi. Sirius invece, che aveva lasciato la sua famiglia il natale precedente, era giro per l'Europa con uno zio che aveva accettato di prendersi cura di lui fino a che non fosse diventato maggiorenne.
Remus lo aveva visto per l'ultima volta alla stazione di Londra, appena scesi dall'espresso di Hogwarts, poi nulla, nemmeno due righe per settimane.
Alla fine, dopo quasi un mese di silenzio Remus si era deciso a scrivergli e Sirius gli aveva mandato un biglietto telegrafico nel quale diceva che stava bene, che aveva passato l'estate a riflettere parecchio e che si sarebbero rivisti a settembre alla stazione come al solito. Il licantropo aveva letto più volte le parole dell'amico, scuotendo la testa.
Il ricordo di quello che era successo alla fine dell'anno era ancora vivo, anche lui, come Sirius, aveva passato quasi tutta l'estate a pensarci. Si trattava probabilmente della prima vera discussione dei malandrini da quando si erano formati. Anche ora, dopo mesi che ci rifletteva sopra, Remus non sapeva dire esattamente che fosse preso a tutti quanti quel giorno.
Forse si era trattato dello stress causato dagli esami di fine anno o forse semplicemente erano uscite tutte quelle cose che si erano sempre tenuti dentro. Passare l'estate separati gli aveva di certo fatto bene, tuttavia Remus non riusciva proprio a smettere di avercela con James.
Quel testone non aveva risposto a nessuna delle lettere che gli aveva mandato per sapere come stava, qualcuna gli era addirittura tornata indietro. Remus non riusciva proprio a capirlo, e più di una volta aveva preso seriamente in considerazione l'idea di piombare a Godric’s Hollow e scuoterlo fino a farlo ragionare. Di tutti loro quello che era uscito peggio dalla loro discussione era sicuramente James. Si era sentito attaccato e messo in discussione sia da Lily che da Peter e Sirius, e aveva scoperto che quella volte lui non avrebbe preso le sue difese. Era rimasto a guardare in silenzio gli amici che discutevano, convinto che una lezione sarebbe servita a tutti quanti, specie a James che forse si sarebbe deciso a crescere una volta per tutte.
Remus sospirò ed intinse la piuma nell'inchiostro, deciso a scrivere un ennesima lettera a James, sperando che almeno a questa avrebbe risposto o quanto meno l'avrebbe letta. Affidò il messaggio al suo gufo, e lanciò uno sguardo al calendario appeso alla parete. Mancavano solo pochi giorni al primo settembre, al momento in cui alla fine si sarebbero rincontrati e avrebbero saputo che ne era stato della loro grande amicizia.

ANGOLO DELL'AUTRICE:


grazie a tutti quelli che sono arrivati a leggere fino a qui.
l'idea per questa storia mi è venuta per caso, e ho deciso non lasciarmi sfuggire l'occasione di metterla per iscritto.

spero che piaccia almeno quanto piace a me.. vi assicurò che ci saranno taaanti colpi di scena.
nel prossimo capitolo vi presenterò per bene tutti i personaggi della mia storia!  XD





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Capitolo 2
*** sull'espresso, verso Hogwarts (parte prima) ***


CAPITOLO 1
SULL'ESPRESSO VERSO HOGWARTS (parte prima)

Il grosso orologio della stazione era vicino a battere le undici e il grosso treno fermo sul binario sbuffava, attirando l’attenzione di tutti coloro che erano sul binario e mettendo loro una certa fretta. Era quasi pronto per partire e una moltitudine di ragazzi di tutte le età si sporgeva dai finestrini cercando di salutare i genitori che davano loro le ultime raccomandazioni. I bambini più piccoli, che si apprestavano ad andare a Hogwarts per la prima volta, erano allo stesso tempo ammirati e intimiditi da quello strano e solenne spettacolo mentre i loro genitori fremevano, cercando di nascondere le lacrime che di lì a poco avrebbero cominciato a versare. Due fratellini biondi si tenevano per mano, mentre il padre caricava i loro due grossi bauli sul treno. Avevano sognato per undici anni il momento in cui avrebbero raggiunto il castello e finalmente stavano partendo. Un ragazzo moro si faceva largo tra la folla, guardandosi intorno sorridendo. Si ricordava bene il primo settembre di sei anni prima, quando era partito alla volta di Hogwarts pieno di sogni, speranze e paure. Anche lui quel giorno era accompagnato dalla sua famiglia, ricordava bene che il suo fratellino piangeva. In quegli anni erano cambiate molte cose, era cresciuto, aveva fatto amicizie importanti, aveva imparato a mettersi in gioco e a capire i propri errori. Nessuno lo aveva accompagnato alla stazione quella giorno, forse la sua famiglia era lì ma sicuramente non per lui. Era Regulus il figlio perfetto ora, l’unico figlio dei Black da quando lui era stato diseredato. Molti ragazzi suoi compagni a Grifondoro lo chiamavano e cercavano di attirare la sua attenzione ma Sirius Black salì sul treno, e solo allora si guardò intorno alla ricerca dei suoi amici. Sul treno regnava più o meno la stessa confusione che c’era sul binario, con la sola differenza che non vi era nessuna traccia dei genitori. I bambini più piccoli erano disorientati, cercavano di fare gruppo per sentirsi meno sperduti. Improvvisamente una voce distrasse Sirius dai suoi pensieri.  
“Solo Black?” chiese una ragazza con dei lunghi capelli biondi legati in due graziosi codini che la facevano apparire più giovane dei suoi sedici anni. I suoi occhi erano intensi, di un azzurro brillante e il suo volto era incorniciato da un bellissimo sorriso. Sirius si voltò verso la ragazza e la fissò intensamente assumendo un’espressione divertita.
“Occhioni, come mai non sei con le tue amiche vipere? Le hai perse?” chiese Sirius in rimando prima di avvicinarsi a salutarla. Cristal gli lanciò un’occhiata carica d’odio, poi alzò le spalle e gli scoccò un bacio sulla guancia. Era bello vedere che Sirius non era cambiato in quei mesi estivi e che era rimasto il solito idiota di sempre.
“Stavo cercando te per dichiararti tutto il mio amore.” lo prese in giro Cristal mentre delle ragazzine del quarto anno seguivano la discussione con interesse. Come gran parte della popolazione femminile del castello erano pazzamente innamorate di Sirius e avevano paura che la biondina glielo portasse via. La biondina in questione però non aveva il minimo interesse a diventare l’ennesima conquista di Sirius, lo conosceva troppo bene per cascarci. I due erano legati da una bella amicizia, niente di più. Essere la migliore amica di Alice Prewet, cugina di James Potter, aveva permesso a Cristal di conoscere meglio i malandrini e di capire che gran parte delle voci che giravano su di loro erano false. Nonostante apparissero come presuntuosi, donnaioli e pieni di sé i ragazzi avevano un cuore d’oro ed erano legati da una salda amicizia. Anche per lei era stato un trauma vederli litigare alla fine dell’anno precedente e si augurava con tutto il cuore che si fossero chiariti.
“Grazie, lo terrò presente. Hai visto gli altri?” chiese Sirius riferendosi ai malandrini. Non aveva visto nessuno di loro sul binario, nemmeno James che era conosciuto per essere un ritardatario cronico. Cristal ci pensò per qualche istante.
“Remus è nella carrozza in fondo insieme a Peter.” mormorò lei alla fine, indicando lo scompartimento più lontano, nel quale erano soliti rintanarsi al riparo da occhi indiscreti per organizzare fin da subito qualche scherzo ai danni dei Serpeverde.
“James?” chiese ancora Sirius aggrottando appena le sopracciglia. Cristal in risposta alzò le spalle e si allontanò per cercare le sue amiche. Non le andava di fare domande su quanto successo, era già stato abbastanza brutto sentire quelle terribili urla e vedere la faccia triste e abbattuta di James. Alice gli era corsa dietro per assicurarsi che stesse bene ma il ragazzo aveva allontanato anche la cugina. Cristal non sapeva come fosse finita ma aveva tutte le intenzioni di chiedere ad Alice tutti gli aggiornamenti del caso.
Sirius riprese a camminare verso la carrozza che gli era stata indicata, chiedendosi che cosa ci avrebbe trovato dentro. Era sparito per tutta l’estate, una vacanza lontano da tutti gli era servita per pensare a quanto successo e valutare cosa fare. All’inizio se l’era presa con Remus, perché non aveva preso le sue difese nella discussione con James, e aveva deciso di ignorarlo. Non lo aveva cercato, non gli aveva nemmeno scritto qualche riga per tranquillizzarlo e per dirgli che stava bene. Poi gli era passata. Con il passare delle settimane però Sirius cominciò a temere di essere stato troppo duro con James, dopo tutto era il suo migliore amico e non sapere nulla di lui gli faceva male. Così , anche se le cose che aveva detto erano assolutamente vere aveva deciso di tornare su suoi passi e cercare di chiarire le cose, così gli aveva scritto una lettera a cui però l’amico non aveva risposto. Questo aveva fatto arrabbiare Sirius ancora di più ed era giunto alla conclusione che alla prima occasione avrebbe discusso ancora con James, anche a costo di arrivare alle mani. Come si permetteva di ignorare una lettera nella quale lui gli proponeva un chiarimento e gli chiedeva scusa per i toni accesi che aveva usato? Era così poco importante per James la loro amicizia?
Preso come era dai suoi pensieri non si accorse di essere arrivato allo scompartimento nei suoi amici fino a che non andò a sbattere contro la porta chiusa. Aprì la porta e vide Peter sussultare appena sul sedile, mentre Remus, che invece stava leggendo, alzò gli occhi dal libro e gli sorrise. Per qualche istante si fissarono senza dire nulla, entrambi imbarazzati.
“È libero?” chiese alla fine Sirius indicando il posto di fronte a Remus che nel frattempo aveva chiuso il libro e lo aveva riposto nella sua tracolla.
“No, stiamo tenendo il posto a un cane pulcioso che risponde alle lettere in maniera telegrafica..” rispose Remus ironicamente. Sirius alzò gli occhi al cielo e Peter si preparò al peggio.
“Grazie per avermi scritto..” mormorò Sirius a bassa voce. La lettera di Remus era arrivata proprio nel momento il cui lui era più in crisi a causa della mancata risposta di James. Sapere che qualcuno si ricordava ancora di lui gli aveva fatto decisamente bene.
“Avresti potuto farlo prima tu.” gli suggerì Remus, deciso a punzecchiare Sirius ancora per un po’. Dopo tutto non si era quasi fatto sentire per tutta l’estate, non poteva pensare di passarla liscia così facilmente.
“Ero arrabbiato con te perché non avevi preso posizione nella nostra ultima discussione.” disse Sirius serio fissando l’amico dritto negli occhi.
“Di che state parlando?” piagnucolò Peter sperduto, senza riuscire a seguire la conversazione degli amici. Il più piccolo dei malandrini non riusciva proprio a capire come mai stessero parlando ancora di quella discussione. Era passato tanto tempo, quasi due mesi, ormai era acqua passata. Possibile che non si fossero ancora chiariti?
“In che mondo vivi Peter!” esclamò Sirius infastidito. Anche Peter aveva assistito al loro litigio, era avvenuto proprio nella stessa carrozza dove si trovavano ora. Sirius chiuse gli occhi e quando li aprì gli sembrò quasi di vedere James, distrutto e arrabbiato come lo aveva visto solo qualche mese prima. Remus scuoteva la testa, rassegnato, mentre Sirius si chiedeva come potevano avere un amico così tonto.
“Che posizioni avrei dovuto prendere? Ti ricordo che siete tutti e due miei amici..” osservò Remus incrociando le braccia. Sirius non poteva avercela con lui solo perché non gli aveva dato ragione. Si stava comportando in modo infantile, esattamente come aveva fatto James.
“Si, ma James aveva torto marcio. Persino Peter lo ha riconosciuto, mentre tu te ne stavi lì, zitto, senza fare niente.” ricordò Sirius, alzando un po’ la voce senza rendersene conto.
“Sirius, ti ricordi come lo hai aggredito? Che avrei dovuto fare, darvi una mano ad ucciderlo? Non è stato un periodo facile per James, prima gli esami, poi la discussione con Lily. La litigata con te lo aveva ridotto già male senza che mi ci mettessi anche io.” esclamò Remus leggermente fuori di sé. Ricordava bene l’espressione persa e abbattuta di James, non avrebbe mai potuto togliersela dalla testa tanto facilmente. Avrebbe voluto fare qualcosa per lui, ma aveva preferito stare zitto e fermo. James aveva bisogno di una lezione, doveva crescere e capire i suoi errori. Questo però Sirius non sembrava capirlo, pareva quasi che a Felpato interessasse solo sfogarsi e fare del male a Ramoso. Aveva torto, certo, ma perché infierire così tanto su di lui, si era chiesto Remus.
“Va bene, ma allora perché non hai preso le sue difese? Perché te ne sei stato lì senza dire o fare nulla? Questo è quello che mi ha fatto infuriare di più, non hai preso posizioni!” ribadì Sirius, questa volta urlando. Remus non aveva dato né torto né ragione a nessuno dei due, aveva fatto finta che non stesse accadendo nulla. Sembrava quasi che quella discussione non lo toccasse, che quelli non fossero i suoi migliori amici. Sirius aveva passato gran parte dell’estate a chiedersi dove avesse trovato la forza di fingersi indifferente fino a tal punto.
“Perché pensavo che tu avessi ragione e che James meritasse una lezione per crescere un po’ e diventare più maturo. Anche tu dovresti però. Volevo tenermi fuori da ogni discussione per una volta, avevi già detto abbastanza tu.” spiegò Remus, cercando di mantenere la calma. Urlare addosso a Sirius arrabbiato non sarebbe servito a nulla, anzi, avrebbe peggiorato solamente le cose. Gli sguardi dei due ragazzi si incontrarono di nuovo, e Sirius poté vedere chiaramente negli occhi di Remus tutta la sofferenza che aveva sopportato quell’estate.  
“Lo so, ho riflettuto molto sul mio comportamento quest’estate.” mormorò Sirius, lasciandosi cadere sul sedile con la testa tra le mani. Finalmente aveva capito di avere esagerato con tutti, con Remus, persino con James anche se lui non si meritava il suo perdono, non dopo essere sparito a quel modo.
“Dove sei stato?” chiese timidamente Peter, cercando di portare la conversazione su argomenti più tranquilli. L’atmosfera si stava scaldando un po’ troppo per i suoi gusti. Non voleva certo essere coinvolto in un altro litigio proprio il primo giorno di scuola.
“Francia, Olanda, Italia.. Un po’ dappertutto.” rispose Sirius distrattamente. Suo zio lo aveva portato in giro per tutta l’Europa ma lui non si era divertito. Ogni volta che vedeva un posto nuovo o conosceva qualcuno non poteva fare a meno di chiedersi come sarebbe stato fare quelle esperienze con i suoi amici, con James, e ogni volta si dava dello stupido per continuare a pensare a loro.
“E questo tu lo chiami riflettere?” esclamò sorpreso Peter. Riusciva a immaginare benissimo Sirius in mezzo a un sacco di donne bellissime, con drink di ogni tipo tra le mani. Remus si lasciò scappare un sorriso divertito senza farsi notare dall’amico.
“Mica pensavo solo alle ragazze..” disse Sirius fulminando il ragazzo con lo sguardo.
“Io ero preoccupato per te e James, e tu te la spassavi all’estero..” obiettò Remus scuotendo la testa. Sirius lo osservò bene e notò che sul suo volto era spuntato un sorriso.
“Pace?” propose Sirius abbracciandolo. In fondo non era stato poi così difficile. Era tornato tutto come prima, come era sempre stato e come doveva essere. “Amici come prima!” rispose Remus mezzo stritolato dall’amico. Era felice che quella terribile estate fosse finita e che tutto stesse iniziando a tornare alla normalità. Ormai mancava solo James all’appello, ritardatario come al solito. Ogni anno non facevano che ripetergli che prima o poi avrebbe perso il treno e lui ogni volta alzava le spalle.
Proprio in quel momento il treno iniziò a muoversi e i due ragazzi ricaddero malamente sui sedili di fronte, uno addosso all’altro.
“Ma James?” chiese Peter con una faccia preoccupata mentre Sirius e Remus si rialzavano.
“Appena arriva mi sente..” ringhiò Sirius massaggiandosi la schiena dolorante per la caduta.
“Che altro è successo?” chiese Peter curioso.
“Mentre andavo da Parigi a Roma mi sono reso conto che forse avevo esagerato dicendo tutte quelle cose a James in quel modo, dopo tutto lui stava già male per la storia di Lily e dell’attentato a suo padre..” iniziò a raccontare Sirius. Remus e Peter ascoltavano interessati, bene attenti a non perdersi nemmeno una virgola.
“Ci hai parlato quindi?” chiese Remus.
“Ci ho provato. Gli ho mandato una lettera nella quale mi scusavo per i toni, gli dicevo che aveva torto marcio ma che era sempre mio fratello e che ci volevo parlare.” continuò Sirius.
“E lui?” chiese ancora Peter, sempre più curioso. Più che la vita dei suoi migliori amici sembrava essere in uno di quei film babbani che ogni tanto guardava con sua madre.
“Fammi indovinare, ha cestinato la lettera oppure si è limitato a non rispondere?” rispose prontamente Remus.
“Come hai fatto ad indovinare?” chiese Sirius stupito dalle abilità divinatorie dell’amico.
“Ho passato tutta l’estate a scrivere a James per sapere come stava. Non mi ha mai risposto, anzi, alcune volte i gufi sono tornati indietro.” rispose Remus sconsolato. James non aveva risposto nemmeno all’ultima lettera, non si era nemmeno disturbato a scrivere due righe per dire che si sarebbero visti alla stazione. Remus non sapeva se era più preoccupato o aveva più voglia di strangolarlo.
“Che diamine gli sta passando per la testa? Non penserà di avere ragione, spero..” commentò Sirius indignato. Remus non disse niente, rimase immobile a fissare il panorama che scorreva veloce sotto i suoi occhi.
“Più che altro, come mai non è qui?” chiese Peter passando lo sguardo da Sirius a Remus. Nessuno dei due sapeva come rispondere. Il treno era partito, questo voleva dire che o James aveva perso il treno, oppure lo aveva preso in tempo e li stava evitando.
“Non voglio pensare a quell’idiota di James fino a che non me lo trovo davanti.” decretò Sirius andando in contro al carrello dei dolci che stava passando in quel momento.
Remus sospirò e riprese a leggere da dove si era interrotto quando era entrato Sirius.
ANGOLO DELL'AUTRICE

graaazie mille a tutti quelli che hanno letto il primo capitolo della mia storia, in particolare quelle tre anime sante che hanno anche commentato!
mi rendo conto che la mia storia per il momento non è nulla di speciale, ma vi assicuro che sono in agguato, esattamente dietro l'angolo, un sacco di colpi di scena. fidatevi, e.. leggete!

HALEY JAMES SCOTT: grazie mille per il commento!
apprezzo davvero tanto il tuo commento, e ti assicuro che è stato davvero tanto d'aiuto. se ho postato così in fretta il capitolo nuovo è sicuramente merito tuo!
ho dato un occhiate alle tue storie, mi ha appassionato l'ultima! XD
ad ogni modo, grazie per i complimenti e spero che commenterai ancora!

MSMONTANA: grazie mille per il commento!
sei un tesoro! grazie, grazie e ancora grazie! XD davvero, sei gentilissima, grazie millissime per i tuoi complimenti!
sono contenta che ti piaccia Remus, ma spero che apprezzerai anche tutti gli altri personaggi, originali e quelli inventati da me.
diciamo che di discussioni che ne sono state due: la prima è quella al lago che la Rowling ci ha raccontato anche nel quinto libro, l'altra invece è di mia invenzione ed è stata sul treno tra i malandrini.. non dico altro sennò ti tolgo la sopresa!

LYRAPOTTER: grazie mille per il commento!
è bello ritrovarti a commentare anche in altre mie storie, mi fa davvero piacere vederti anche qui! XD
per l'inizio mi sono ispirata un po' alle vacanze estive di Harry, solo che la storia di Remus e dei malandrini è mooolto più complicata, e pensa che siamo solo all'inizio..
tranquilla, le spiegazioni arriveranno. nel frattempo Remus, Sirius e Peter si sono chiariti.. resta solo da trovare James..
uff, prima o poi capirò anche io perchè nelle mie storie la gente sparisce sempre e non si trova mai! XD

nel frattempo graaazie mille e arrivederci al prossimo capitolo!

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Capitolo 3
*** sull'espresso, verso Hogwarts (parte seconda) ***


dedico questo capitolo a Lyrapotter, che ha commentato sempre la mia storia! GRAAAZIE!!!

CAPITOLO 2
SULL’ESPRESSO VERSO HOGWARTS (parte seconda)


Il treno era partito da circa un ora, e in uno scompartimento non troppo lontano da quello dei malandrini Cristal stava aggiornando le sue amiche su quanto le era successo quell’estate nonostante lei, Lily e Charleen si fossero scritte quasi ogni giorno. La ragazza aveva passato l’estate con la zia, in un villaggio sperduto e deprimente dell’ Australia dove erano tutti o troppo piccoli o troppo vecchi per lei. Quella che aveva più da raccontare era decisamente Charleen, una brunetta con dei dolcissimi occhi nocciola e dei riccioli vaporosi che era anche il sogno proibito di almeno metà della popolazione maschile di Hogwarts. La ragazza era stata circa un mese in una piccola isola tropicale, dove suo padre, un babbano, aveva aperto un chiosco di bibite proprio sulla spiaggia. Lily Evans la ascoltava sorridendo, mentre giocava con una ciocca dei suoi lunghi capelli rossi che le ricadevano disordinati sulle spalle. Charleen era la sua migliore amica e l’ aveva invitata qualche giorno su quell’ isola da sogno che avevano ribattezzato Neverland. Le due ragazze se l’erano proprio spassata tra danze caraibiche, drink esotici, lunghe spiagge tropicali dove prendere il sole e bellissimi ragazzi dalla pelle mulatta.
L’argomento si esaurì in fretta e le ragazze passarono a domandarsi come sarebbe stato l’anno che andava a cominciare l’indomani. Charleen e Cristal sembravano entusiaste all’idea di frequentare il loro sesto anno a Hogwarts, certe che avrebbero trovato l‘uomo della loro vita, Lily invece si fece più seria improvvisamente.
“Cosa significa quell’aria seria?” chiese Cristal preoccupata. Normalmente Lily faceva quella faccia prima di iniziare una predica sull’importanza dello studio e su quanto fosse dannoso perdere tempo in scherzi e feste notturne.
“Se stai per farci la predica del siamo-al-sesto-anno-dobbiamo-studiare-di-più ti prego fermati. Non siamo ancora arrivate al castello.” la supplicò Charleen. La ragazza non era ancora certa di aver superato del tutto i traumi da troppo studio che la rossa le aveva causato l’anno precedente, anche se doveva ammettere che grazie a Lily era riuscita a prendere buoni voti. Fin dal primo giorno aveva esordito dicendo che quello era un anno importante per il loro futuro in vista degli esami, e aveva concluso l’anno obbligando chiunque conoscesse a studiare almeno otto ore al giorno. Lily aveva organizzato lunghissime e noiosissime sessioni di ripasso collettivo e aveva costretto tutti quanti, persino i malandrini, a parteciparvi. L’unico che aveva trovato quei pomeriggi interessanti e divertenti, oltre a Lily, era stato Remus. Certo, Lily era la sua migliore amica, ma in quegli attimi in cui pensava solo allo studio Charleen non riusciva proprio a sopportarla.
“No, pensavo che vorrei che questo viaggio non finisse mai. È così bello stare qui, solo con voi, senza i ragazzi.” sospirò Lily abbozzando un sorriso triste. Adorava Hogwarts, ed era davvero felice di poter studiare nella scuola magica più prestigiosa che ci fosse nonostante non provenisse da una famiglia di purosangue, ma quell’anno non aveva davvero voglia di ricominciare le lezioni. L’idea di riprendere a discutere con Potter per ogni sciocchezza e di sfuggire alle sue continue richieste di appuntamenti la esauriva, per non parlare di Severus. Cercare di capire che diamine stesse passando per la testa del suo ormai ex migliore amico le faceva passare del tutto la voglia di riprendere gli studi. Lily sapeva già in partenza che sarebbe stato un anno terribile e pieno di problemi.
“In particolare Potter?” suggerì Charleen timidamente. Non appena Lily sentì quel nome fece una smorfia disgustata che fece scoppiare a ridere le sue amiche. Tra i due non vi era mai stato un buon rapporto, nonostante Cristal e Alice avessero sempre cercato di convincere Lily e Charleen che James e i malandrini erano molto meglio di come apparivano, che spesso dietro il loro comportamento infantile c‘era solo tanta paura di mettersi a nudo e mostrare le proprie debolezze. Lily non aveva mai voluto sentire ragioni. Per lei Potter era solo un bambino egoista e viziato, e tale sarebbe rimasto. Alla fine dell’ anno scolastico poi le cose erano notevolmente peggiorate.
“L’idea di rivederlo mi disgusta.” dichiarò imbronciata la rossa.
“È strano che non sia già piombato qui a cercarti per chiederti un appuntamento.” osservò Cristal fissando intensamente la porta del loro scompartimento. Il viaggio verso Hogwarts era sempre stato caratterizzato dai fallimentari tentativi di James con Lily e dagli scherzi dei malandrini. Cristal non riusciva a ricordare un viaggio veramente tranquillo, nemmeno al primo anno erano riuscite a rimanere tranquille. Improvvisamente la ragazza si ritrovò a tremare, scossa da brividi inspiegabili. Qualcosa dentro di lei le diceva che stava succedendo qualcosa di brutto, ma la biondina non riusciva a decifrare fino in fondo quella strana sensazione. Una volta sua nonna le aveva raccontato che la loro famiglia aveva il potere della preveggenza, ma lei era scoppiata a ridere e se n’era andata, non dando troppo peso a quelle parole. Pensava che divinazione fosse una materia stupida a cui prestare poca attenzione, e che il destino fosse troppo imprevedibile per essere scrutato. Mai come in quel momento Cristal aveva desiderato di poter parlare con la nonna per sapere come comprendere fino in fondo quegli strani presentimenti che avvertiva nell’aria.
“Effettivamente è in ritardo.” confermò Lily perplessa, distraendo Cristal dai suoi pensieri.  Cristal avrebbe dovuto essere sollevata all’idea del primo viaggio tranquillo verso Hogwarts, eppure quella strana sensazione non la faceva stare tranquilla.
“Ci hai più parlato dalla discussione dell’anno scorso?” chiese Charleen fissando intensamente l‘amica. Lily scosse la testa e si voltò a guardare fuori dal finestrino.
“Quella dopo l’esame di difesa nella quale gli ho detto che è uguale ai Serpeverde? No, non l’ho fatto e non ci tengo a farlo.” rispose Lily furente. Ricordava benissimo quello che era successo solo qualche mese prima.
***
James, Sirius, Remus e Peter erano seduti in riva al lago, sotto il loro solito faggio. Severus era seduto poco lontano, all’ombra di alcuni cespugli immerso nella lettura dei fogli del G.U.F.O.; il sole splendeva abbagliante sulla superficie del lago e sul gruppetto di ragazze ridenti che si erano tolte calze e scarpe per rinfrescarsi i piedi nell’acqua.
Lupin aveva preso un libro e leggeva. Sirius guardava gli studenti che ciondolavano sul prato. James continuava a giocare con il Boccino: lasciava che si allontanasse sempre di più e lo riacchiappava all’ultimo secondo. Codaliscia lo fissava a bocca aperta, trattenendo il fiato e applaudendo a ogni presa particolarmente difficile. James sembrava godere di tutta quell’attenzione.
“Mettilo via, dai” sbottò finalmente Sirius, mentre James eseguiva un’abile presa e Codaliscia strillava eccitato.
“Prima che il nostro amico se la faccia addosso”. Codaliscia arrossì, ma James sorrise.
“Se ti da fastidio” disse, infilando di nuovo in tasca il Boccino.
“Che noia, vorrei che fosse luna piena” disse Sirius.
“Tu forse, dobbiamo ancora fare trasfigurazione: se ti annoi puoi interrogarmi, tieni..” brontolò Remus prima di tendergli il libro.
“Non ho bisogno di ripassare quella roba, so già tutto” Sbuffò Sirius.
“Questo ti tirerà su, Felpato. Guarda chi c’è..” disse James sommesso. Sirius voltò la testa. E si immobilizzò come un cane che annusa la preda.
“Eccellente, Mocciosus” sussurrò.
Piton si era alzato e stava infilando le pergamene del G.U.F.O. nella borsa. Mentre usciva dall’ombra dei cespugli e si avviava sul prato, anche James e Sirius si alzarono.
Lupin e Codaliscia rimasero seduti: Lupin aveva ancora la testa sul libro, ma gli occhi immobili, e fra le sopracciglia gli era comparsa una ruga sottile; lo sguardo di Codaliscia, invece, guizzava avido da Sirius e James a Piton.
“Tutto bene, Mocciosus?” chiese James ad alta voce. Piton reagì con rapidità sorprendente, come se si fosse aspettato un attacco: lasciò cadere la borsa, infilò una mano nella veste e aveva già la bacchetta a mezz’aria quando James gridò “Expelliarmus!”.
La bacchetta di Piton fece un volo di tre metri e cadde sull’erba dietro di lui. Sirius sbottò in una risata simile a un latrato.(..)
“Aspetta..tu.. Aspetta e vedrai..” ansimò Piton, alzando su James uno sguardo carico d’odio.
“Aspettare cosa? Che farai Mocciosus, ci userai per soffiarti il naso?” chiese gelido Sirius.
Dalla bocca di Piton scaturì un torrente di imprecazioni miste ad incantesimi, ma con la bacchetta a tre metri di distanza era impotente.
“Faresti meglio a lavarti la bocca. Gratta e netta.” commentò freddo James. Un attimo dopo, una saponosa schiuma rosea eruttò dalle labbra di Piton, provocandogli conati di vomito, soffocandolo..
“Lascialo STARE!” James e Sirius si voltarono di scatto. A gridare era stata Lily.
“Tutto bene Evans?” disse James con una voce di colpo più profonda, matura.
“Lascialo stare. Che cosa ti ha fatto?” ripeté Lily, fissandolo disgustata.
“Beh, è più per il fatto che esiste, non so se spiego..”rispose James, fingendo di ponderare la questione.
Parecchi studenti risero, Sirius e Codaliscia compresi, ma non Lupin e nemmeno lei.
“Ti credi divertente, Potter. Ma sei solo un bullo arrogante e prepotente. Lascialo stare.” disse gelida.”
“Solo se esci con me, Evans. Esci  con me, e non alzerò mai più la bacchetta su Mocciosus.” replicò rapido James. Dietro lui l’incantesimo stava svanendo, e sputacchiando bolle di sapone Piton prese a strisciare verso la bacchetta caduta.
“Non accetterei nemmeno se dovesse scegliere tra te e la piovra gigante.” replico Lily.
“Ti è andata male Ramoso.” disse Sirius spicciò, e si voltò verso Piton. Troppo tardi. Piton aveva già puntato la bacchetta contro James: ne scaturì un lampo di luce, e su una guancia di James comparve un taglio che gli schizzò la veste di sangue. James ruotò su se stesso, partì un secondo lampo di luce e un attimo dopo Piton penzolava per aria all’ingiù, la veste che gli ricadeva sopra la testa mostrando le pallide gambe ossute e un paio di mutande grigiastre.
“Mettilo giù!” gridò Lily. La sua espressione furiosa aveva per un attimo quasi ceduto il posto al sorriso.
“Ai tuoi ordini.” James fece scattare la bacchetta all’insù, e Piton si afflosciò a terra. Districandosi dalla veste, si alzò rapido, la bacchetta pronta, ma Sirius gridò “Petrificus Totalus” e Piton cadde di nuovo, rigido come un palo.
“LASCIATELO STARE!” urlò Lily, ed estrasse a sua volta la bacchetta. James e Sirius la fissarono preoccupati.
“Dai Evans, non costringermi a farti un incantesimo.” disse ansioso James.
“Allora liberalo!” ripeté lei.
James sospirò, poi si voltò verso Piton e mormorò un contro incantesimo.
“Ecco fatto, ti è andata bene che ci fosse Evans, Mocciosus..” disse, mentre Piton si rialzava a fatica.
“Non mi serve l’aiuto di una piccola schifosa mezzosangue!” Lily trasalì.
“Molto bene, vuol dire che in futuro non mi prenderò la briga di aiutarti. E se fossi in te mi laverei le mutande, Mocciosus.” replicò Lily freddamente.
“Chiedi scusa ad Evans” ruggì James, puntando la bacchetta contro Piton.
“Non voglio che mi chieda scusa perché l’hai costretto tu. Siete uguali voi due.” urlò Lily.
“Che cosa? Io non ti avrei MAI chiamato una.. Tu-sai-come!” protesto James.
“Sempre a spettinarti i capelli perché ti sembra affascinante avere l’aria di uno che è appena sceso dalla scopa, sempre ad esibirti con quello stupido Boccino e a camminare tronfio nei corridoi e lanciare incantesimi su chiunque ti infastidisca solo perché sei capace.. Sei così pieno di te che non so come fa la tua scopa a staccarsi da terra. Mi dai la NAUSEA” Lily si voltò e corse via mentre James la chiamava..
***
Lily non aveva più parlato con James da allora. Le ultime parole che gli aveva rivolto erano state quel “Mi dai la nausea”, urlato con disprezzo. Lily ci aveva pensato parecchio, ed era giunta alla conclusione di avere esagerato, si vergognava di quelle parole, dopo tutto anche Potter era un essere umano e doveva esserci rimasto male. Certo, Lily aveva passato l’estate a ripetersi anche che lo odiava con tutta se stessa e che non c’era essere peggiore in tutto il castello, ma nonostante questo, una vocina maliziosa nella sua testa le chiedeva di continuo come mai pensava sempre a lui visto che lo odiava così tanto. Anche Charleen le aveva fato la stessa domanda un pomeriggio mentre prendevano il sole, e anche a lei Lily non aveva saputo come rispondere.
“Ragazze, non siate troppo cattive. A me James ha fatto un po’ pena l’anno scorso alla stazione.” mormorò Cristal piano. Lei e Alice avevano sentito i malandrini urlare ed erano corse a vedere che cosa stava succedendo, dopo tutto erano molto legate a quei ragazzi. Pensavano di trovare un litigio in corso con i Serpeverde, come avveniva di solito alla fine dell‘anno, ma loro non c’erano. I malandrini erano soli nello scompartimento, non c’era nessuno. Solo Sirius che urlava cose spaventose in faccia a un James che non aveva nemmeno la forza di replicare, al suo fianco Peter che annuiva deciso e Remus che fissava la scena impassibile. Avevano assistito a quel triste spettacolo da lontano, senza essere viste e senza sapere come reagire. Vedere litigare a quel modo Sirius e James era come vedere crollare tutte le loro certezze in fatto di amicizie, era stato davvero traumatico.
“Quando è corso via da solo dopo il litigio con gli amici?” chiese Lily distrattamente, cercando di convincere le sue amiche e in particolare se stessa che non le importava poi così tanto di quello che facevano i malandrini. Cristal annuì piano, cercando di nascondere alle amiche gli occhi lucidi.
“Alice ci ha parlato, no?” disse Charleen cercando la conferma di Cristal. La ragazza però scosse la testa malinconica. Appena erano arrivati in stazione a Londra, Alice le aveva salutate appena ed era corsa via in fretta per raggiungere James, per parlargli, sapere cosa era successo o come stava lui.
“L’ha mandata via.. Mi aveva detto che avrebbe provato a parlarci nei giorni successivi ma non mi ha più raccontato nulla.” spiegò Cristal. Alice aveva detto che James voleva stare solo e che le aveva chiesto di andare da lui il giorno dopo per parlare con calma. Alice lo aveva abbracciato forte e si era allontanata con un’aria sconfitta. Alice e James erano molto legati, erano praticamente cresciuti insieme come fratelli più che come cugini, ed essere allontanata a quel modo doveva essere stato terribile per lei. Ad ogni modo Alice le era parsa decisa a parlare con James ed a stargli vicina. Cosa fosse successo il giorno dopo però Cristal non lo sapeva, perché Alice non aveva scritto nulla riguardo a James o al litigio tra i ragazzi nelle sue lettere. Nonostante questo Cristal era sicura che Alice sapesse qualcosa. Aveva provato a chiedere molte volte, ma le risposte erano sempre state vaghe. Cristal aveva la sensazione che la sua amica stesse soffrendo davvero molto, ma non sapeva dire perché. Per la prima volta da quando si conoscevano la sua amica Alice non le voleva dire nulla, quasi volesse cavarsela da sola per qualche strano motivo.
“Alice è stata strana tutta estate.” mormorò Lily, spezzando il silenzio che si era creato. Charleen annuì, ripensando alle lettere che aveva ricevuto dall’amica. Era come se l’allegria fosse sparita dalla vita di Alice quell’estate senza una motivazione apparente.
“Già, come.. Sfuggente.” confermò Cristal. Le altre ragazze confermarono che a loro Alice aveva scritto pochissimo e di fretta per tutta l’estate.
“Magari era presa con Frank..” buttò lì Charleen pensierosa. Proprio in quel momento la porta dello scompartimento si aprì e le ragazze sussultarono, con le bacchette alzate, pronte a difendersi dai malandrini. Sulla porta però non apparvero i malandrini bensì due ragazzi della loro casa che se la ridevano senza preoccuparsi di nasconderlo.
“Parlate di me?” chiese con fare gentile Frank, un ragazzo biondo del settimo anno, portiere della squadra, nonché fidanzato ufficiale di Alice da quasi tre anni. Come al solito era accompagnato da Sebastian, il suo inseparabile migliore amico.
“Certo! Ciao Sebastian!” confermò Cristal avvicinandosi a salutare i due ragazzi. Come Frank, anche Sebastian frequentava l’ultimo anno e faceva parte della squadra di Quidditch in qualità di cacciatore. A differenza di Frank però, Sebastian era moro, con dei penetranti occhi verdi e un mare di riccioli che facevano impazzire gran parte del castello. Alcuni erano pronti a sostenere che al castello persino qualche ragazzo era perdutamente innamorato di lui, nonostante Sebastian non avesse mai fatto mistero di essere attratto esclusivamente dalle belle donne.
“Se cerchi Alice, non è qui.” disse Lily sorridendo, anticipando la prevedibile richiesta del ragazzo biondo.
“Lo so, non c’è sul treno. Ha avuto un problema e ci raggiungerà al castello entro stasera.” rispose lui sorridendo tristemente.
“Come un problema?” chiese Cristal preoccupata. Alice non aveva detto niente in proposito. Nella sua ultima lettera aveva lasciato intendere che non era sicura di esserci alla stazione, ma la biondina aveva pensato che l’amica stesse scherzando. Alice non si sarebbe mai persa il primo giorno di scuola per niente al mondo. Almeno, quello era ciò che aveva sempre sostenuto fino a pochi mesi prima.
“Non ne so molto a dire il vero, è stata strana tutta estate. So che ha un problema in famiglia ma non so altro. Lei non me ne ha parlato e io non ho chiesto.” spiegò Frank con un’espressione seria. Lui e Cristal si scambiarono un’occhiata di intesa, entrambi sapevano che Alice aveva qualcosa che non andava ma doveva essere lei a parlarne.
Lily e Charleen si guardarono senza dire nulla, preoccupate. La loro amica Alice aveva un problema e non ne aveva parlato né con Cristal né con il suo ragazzo. Che diamine poteva essere successo per giustificare un comportamento così?
Nello scompartimento si creò un silenzio di tomba, tutti quanti erano preoccupati e pensierosi.
“Cercavamo i malandrini a dire il vero. Volevo sapere se si erano chiariti dopo il litigio dell’anno o se dobbiamo prepararci al peggio.” esclamò Sebastian con un’espressione divertita sul viso per cercare di smorzare tutta quella tensione. Charleen e Lily si guardarono perplesse, stupite che anche loro fossero a conoscenza del litigio. Loro due erano venute a saperlo da Alice e Cristal, non pensavano che anche altre persone ne fossero informate.
“Ultima carrozza, la solita.” disse Cristal sorridendo a Sebastian. La biondina adorava il modo di fare di Seba, sempre allegro e spensierato, era capace di strappare un sorriso a chiunque, anche nella giornata più nera. Tutti lo consideravano un po’ il buffone di Grifondoro, ma allo stesso tempo anche un amico sincero e sempre disponibile per un consiglio e una confidenza. Charleen, inoltre, era innamorata di lui dal suo primo anno, e non faceva che ripetere che lo avrebbe sposato prima o poi e che i loro figli avrebbero avuto gli stessi adorabili riccioli dei loro genitori. Solo Lily era indifferente al fascino dei riccioli di Sebastian.
“Grazie mille, ci vediamo dopo.” salutarono i ragazzi chiudendo la porta alle loro spalle.
“Come lo sai dove sono i malandrini?” chiese Lily guardando Cristal con fare sospettoso.
“Li ho visti, ho visto Sirius prima, era solo.” spiegò Cristal, chiedendosi perché l’amica la stava guardando così male, dopo tutto non aveva fatto nulla di male rivolgendo la parola a Sirius. Lily era convinta che Cristal fosse innamorata di Sirius ma che non fosse pronta per ammetterlo. Quella strana teoria faceva sbellicare dalle risate sia lei che Alice.
“Non vi sembra incredibile? Siamo sul treno dirette a Hogwarts e non sta succedendo nulla, niente intrusi nel nostro scompartimento, niente scherzi..” mormorò Charleen, attirando l’attenzione delle due ragazze e distraendo Lily dai suoi pensieri.
“Che pace!” commento Lily con un’espressione beata.
“Niente malandrini.” esclamò Charleen, fingendo di brindare con un bicchiere immaginario. Lily le rispose facendole un occhiolino.
“Niente Alice.” mormorò sconsolata Cristal. Le mancava terribilmente la sua migliore amica, voleva parlare con lei fino a tarda notte, scoprire cosa non andava. Non riusciva a smettere di tormentarsi pensando allo strano comportamento della ragazza. Persino Frank e le ragazze lo avevano notato, doveva esserci qualcosa di veramente grave sotto.
“Dai Cristal, non fare così. Sono sicura che sta bene e che ha solo perso il treno. Sai che la puntualità non è il suo forte.” disse Lily, cercando di confortarla.
“Deve essere un problema di famiglia, anche James è sempre in ritardo..” commentò Charleen mentre Lily alle sue spalle faceva un sacco di facce buffe. Ancora un volta Cristal avvertì chiaramente un inspiegabile brivido correrle lungo la schiena a mo’ di avvertimento.
Nonostante i tentativi delle amiche, Cristal non si decideva a sorridere così Lily e Charleen optarono per un tentativo estremo. Si scambiarono un preoccupante sguardo di intesa che non sfuggì a Cristal, prima di buttarsi a peso morto addosso alla povera ragazza, facendole il solletico. Nel frattempo Sebastian e Frank avevano raggiunto il vagone che gli aveva indicato Cristal, nel quale si trovavano i malandrini.
“Buon giorno, buona sera e buona notte!” salutò Frank con una faccia particolarmente ebete entrando nello scompartimento dei malandrini senza bussare, seguito a ruota come un’ombra dal suo amico Sebastian.
“Buon pomeriggio Frank!” salutò Sirius con una faccia altrettanto ebete mentre Frank si lasciava cadere a sedere si fianco a Sirius.
“Ma hanno fatto un corso speciale per essere così idioti?” chiese perplesso Sebastian a Remus, sedendosi vicino a lui e costringendolo a interrompere la lettura.
“Non saprei Seba..” rispose il ragazzo alzando le spalle e guardando male l’amico. Sebastian era l’ultima persona da cui si sarebbe aspettato un commento del genere, dato che era lui il terremoto per eccellenza dei Grifondoro, alla pari con James ovviamente. Quando quei due si mettevano a fare i cretini insieme non c’era verso di rimanere seri, nemmeno la seria Lily Evans ci riusciva.
“Che ci fate qui?” chiese Peter guardando curioso i due ragazzi del settimo anno, leggermente intimorito dalla loro presenza.
“Siamo venuti a sondare il terreno..” iniziò Frank cautamente guardandosi con circospezione intorno fingendo di doversi difendere da un immaginario mago oscuro.
“Vogliamo sapere se dobbiamo prepararci ad un anno elettrico o se vi siete chiariti.” spiegò Sebastian, andando incontro al suo migliore amico.
“Certo che le voci corrono, eh?” commentò Remus ridendo. Solo loro quattro erano presenti durante la discussione tra James e Sirius, eppure l’intero espresso, compresi quelli del primo anno, sembravano esserne informati. Persino Alice era corsa da James subito dopo il loro litigio, nonostante James non avesse ancora avuto il tempo di raccontarle nulla di quello che era successo. Remus cominciò a domandarsi se per caso il loro strano preside non avesse incluso quella vicenda nella lettera che mandava ogni anno agli studenti quell’anno.
“Diciamo che la vostra discussione era poco anonima.. Urlavate come dei pazzi!” si difese Sebastian mentre Frank annuiva deciso.
“Mai fatto niente del genere voi, no?” domandò con fare sibillino Sirius mentre sul viso gli si dipingeva un sorriso che in molti avrebbero definito da schiaffi. I due ragazzi in risposta gli lanciarono un’occhiata più minacciosa di qualsiasi fattura. Frank e Sebastian si conoscevano da una vita, erano migliori amici anche prima di arrivare a Hogwarts, ma questo non aveva impedito loro di avere delle discussioni nel corso degli anni. Durante un litigio parecchio movimentato, al loro quarto anno, avevano preso a scagliarsi contro tutti gli incantesimi e le fatture che conoscevano, fino a che non erano intervenuti nell’ordine, i loro compagni di stanza, i malandrini, i prefetti, i caposcuola, la McGranitt e infine il Preside in persona. Alla fine i due avevano fatto pace, ma nel frattempo si erano beccati due settimane di soggiorno in infermeria e tre di punizione a pulire la sala comune dei Grifondoro senza magia e con Pix che gli combinava un disastro dietro l’altro. Entrambi si ricordavano ancora piuttosto bene quel periodo.
“Non cambiare discorso.” obiettò Frank indispettito mentre Sebastian faceva una pernacchia.
“Che vuoi sapere?” sospirò Sirius rassegnato. Quei due sapevano essere davvero molto testardi, era del tutto inutile cercare di sviarli.
“Vi siete chiariti o no?” chiese Frank senza troppi complimenti, centrando il punto che gli interessava trattare.
“Con Peter non ho mai litigato e con Remus ho chiarito ora. Stiamo mangiando le cioccorane della pace.” spiegò Sirius sorridendo indicando delle carte ormai vuote di cioccolato.
“Non si fumava la pipa dell’amicizia?” chiese stupito Sebastian rubando un pezzo di cioccolato che Sirius teneva in mano e facendolo scomparire nella sua bocca prima che l’altro potesse fare qualcosa per fermarlo.
“Non guardare i dettagli.” mormorò Peter timido e leggermente a disagio per la presenza di Frank e Sebastian. Nonostante li conoscesse da sei anni non riusciva ancora a sentirsi a suo agio in loro presenza, forse perchè quei due erano più grandi, più famosi e più ammirati di lui. Solo Sirius e James potevano reggere in confronto, forse anche Remus certo, ma lui certamente No.  
“E James?” chiese Frank, notando solo in quel momento l’assenza del ragazzo.
“Se si fosse degnato di rispondere alle nostre lettere o quanto meno di venire a parlarci invece di nascondersi sul treno..” ribatté Sirius gelido. Ormai anche solo sentire pronunciare il nome del suo migliore amico gli dava noia.
“Ahia, situazione critica..” commentò Sebastian a bassa voce con una faccia preoccupata. Cercò con lo sguardo Frank, ma incontrò invece quello deluso di Remus, quello spaventato di Peter e quello furente di Sirius.
“A me non sembra di averlo visto. Frank?” chiese Sebastian. Frank in risposta scosse la testa pensieroso. Il ragazzo cominciò a chiedersi se i problemi familiari di Alice fossero per caso dovuti a James ma preferì tenersi quel pensiero per sé.  
“Forse dovremmo andare a cercarlo.” propose il portiere dei Grifondoro. James non si trovava nello scompartimento dei malandrini, non era in quello delle ragazze e non era in nessun posto sul treno nel quale erano stati loro due. Le cose erano due, o non era sul treno, oppure era dannatamente bravo a giocare a nascondino.
“Si arrangia. Quando la smetterà di fare il bambino offeso e si farà vedere gliene dirò quattro. Non ho intenzione di fare la fatica di cercarlo.” esclamò Sirius incrociando le braccia e mettendo fine a quella discussione.
“Sirius..” iniziò Remus, preoccupato per l’amico. Sotto quell’apparente odio che mostrava al mondo sapeva bene che il ragazzo stava soffrendo.
“Sto bene Remus, davvero. Dai, facciamo qualcosa. Scherzo ai Serpeverde?” propose Sirius guardando speranzoso gli amici intorno a lui.
I ragazzi alzarono le spalle e decisero di accontentarlo nella speranza che il suo umore migliorasse. Un Sirius arrabbiato e poco socievole poteva risultare pericoloso per l’intero castello. L’idea che aveva proposto Sirius era una delle più strampalate che si fosse mai sentita, ma per fortuna, e Remus fu molto grato al destino per questo, non ci fu il tempo per realizzarla perché un prefetto di Tassorosso li avvisò che in pochi minuti sarebbero arrivati a destinazione. Peter e Remus tirarono un sospiro di sollievo mentre Sirius indossava la sua divisa sbuffando, e Sebastian e Frank si affrettarono a tornare allo scompartimento dove avevano lasciato le loro divise. Una volta scesi dal treno, il viaggio sulle carrozze fu stranamente più silenzioso del solito. Peter continuava a guardarsi intorno, frenetico, cercando James con lo sguardo. Sirius e Remus cercavano di ignorarlo anche se sapeva benissimo chi stava cercando. Nessuno dei due si sentiva dell’umore adatto per trovare James Potter in quel momento, così finsero di essere troppo stanchi persino per parlare con Peter. Arrivarono al castello, attraversarono quei corridoi che ormai conoscevano come le loro tasche e giunsero finalmente nella Sala Grande. Remus sospirò, e poi tirò un sospiro di sollievo. Finalmente era tornato a casa.
ANGOLO DELL'AUTRICE

graaazie mille a chi è arrivato a leggere fino a qui.
mi rendo conto che la storia non presenta particolari colpi di scena fino a questo momento ma era indispensabile presentare i personaggi di questa storia prima di iniziare a raccontarla per davvero..
già dal prossimo capitolo ci saranno GROSSI colpi di scena, che spero apprezzerete!

nel frattempo ringrazio chiunque abbia messo la storia tra i preferiti o tra le seguite, chiunque l'abbia anche solo lette e naturalmente chi ha dedicato qualche minuti della sua vita a commentarla!!!

GRAAAZIE LYRAPOTTER:
mi spiace (e credimi, mi dispiace davvero molto) ma per il momento Peter ce lo dobbiamo tenere almeno fino a quando mi viene un'idea geniale. dato il tipo di storia che ho in mente è difficile che riesca a farlo andare via, ma in ogni caso non penso che avrà troppo peso nella storia. XD
 per quanto riguarda la discussione: ce ne sono state due, la prima è quella che mamma Rowling ci ha raccontato (e che io ho copiato fedelmente in corsivo), la seconda invece ha avuto luogo sul treno a cui hanno assistito solo i malandrini, Cristal e Alice ma che ormai è sulla bocca di tutti. diciamo che questa seconda discussione sarà legata in modo particolare alle sorti di James, quindi tutto verrà svelato piano piano.. non odiarmi per questo!
per quanto riguarda James, diciamo che quando tu immagini che sarà una doccia gelata ci hai preso in pieno, anche se non ti dico in quale senso.. nel prossimo capitolo l'arcano verrà svelato! Lily nel frattempo è ricomparsa. in teoria il capitolo scorso e questo sono una cosa sola, ho dovuto dividerlo per poterlo postare. XD
per il momento non ho idee per le coppie che si verranno a creare, ma ho intenzione di sbizzarrirmi con Cristal, Charleen e Sebastian, i miei tre personaggi nuovi.


GRAAAZIEEE MILLE, CI VEDIAMO AL PROSSIMO CAPITOLO.. SPERO! XD

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Capitolo 4
*** banchetto in sala grande e grandi assenze ***


CAPITOLO 3
BANCHETTO IN SALA GRANDE E GRANDI ASSENZE


Nonostante non fosse di certo la prima volta che i ragazzi la vedevano, faceva sempre un certo effetto trovarsi di fronte il cielo stellato della Sala Grande. Affascinava tutti, sia i grandi che i più piccini che arrivavano al castello per la prima volta. Persino i professori e i fantasmi ne rimanevano incantati, tra tutte le magie e gli oggetti magici che i mitici fondatori avevano lasciato al castello quello venuto meglio, insieme al cappello parlante si intende.Mentre i ragazzini del primo anno si guardavano intorno voraci, bene attenti a non perdersi nemmeno un microscopico angolo di quella sala che li avrebbe ospitati per sette lunghi anni, tutti gli altri erano già seduti ai rispettivi tavoli e attendevano con pazienza la fine dello smistamento per iniziare a mangiare. Il caos regnava sovrano nei tavoli di tutte le case, solo il tavolo di Grifondoro, solitamente il più scatenato, appariva più smorto del solito. Lily Evans non aveva ancora incrociato Potter e questo la rendeva parecchio nervosa. Sicuramente stava tramando qualcosa alle sue spalle. Non se lo era trovato intorno per tutto il viaggio ed aveva il terrore che sbucasse all’improvviso con una delle sue solite trovate. Incrociò lo sguardo di Charleen e non poté fare a meno di notare che la sua amica era perplessa quanto lei e che si guardava intorno come se cercasse qualcuno o qualcosa. Lily sospirò, anche di Alice non c’era traccia. La rossa si chiese che fine avesse fatto l’amica.
“Potter.” disse solamente Charleen. Lily non capì ma Sebastian, che era seduto proprio di fronte a loro, si unì alla loro conversazione.
“Sembra che nemmeno i malandrini lo abbiamo visto.” spiego il ragazzo sorridendo. Quelle parole lasciarono Lily e Charleen di sasso, mentre alle loro spalle alcune ragazze del secondo anno svenivano per l’emozione di avere sentito Sebastian parlare. Lily non poté fare a meno di ridere, nonostante la serietà del momento.
“Ma non può essere sparito nel nulla.” protestò Cristal confusa, cercando una risposta ma trovando solamente le facce confuse e sperdute degli amici.
“Parlate di James, vero?” chiese Frank raggiungendoli e sedendosi nel posto che Sebastian aveva tenuto per lui alla sua sinistra.
“Come lo sai?” chiese Charleen lanciando al portiere dei Grifondoro uno sguardo interrogativo. Frank in risposta alzò le spalle.
“Tutto il castello non parla d’altro..” rispose giocherellando con il calice che aveva di fronte a sé. Anche se cercava con tutte le sue forze di nasconderlo Sebastian si accorse che il suo amico era silenzioso, come perso nei suoi pensieri. Lo fissò a lungo, poi alzò le spalle, pensando che probabilmente si stava chiedendo che fine avesse fatto Alice. Anche la ragazza faceva parte dell’elenco dei Grifondoro che avevano deciso di perdersi il primo giorno di scuola senza motivo. Sebastian cominciò a chiedersi se si trattava di una malattia contagiosa oppure un semplice caso di sbadataggine familiare.
“Ciao ragazzi, possiamo unirci a voi?” chiese Sirius, accompagnato da Remus e Peter, facendosi largo tra una folla di Grifondoro curiosi che li accerchiavano e che li indicavano parlando a bassa voce tra loro. Tutti i presenti si voltarono di scatto e poterono costatare che James non era veramente con loro.  
“Da quando hai bisogno dell’invito Sirius?” esclamò Cristal spostando la borsa e facendo posto al ragazzo. Sirius sembrava molto più irritato di quando l’aveva incrociato sul treno, e Cristal pensava che il ragazzo ne avesse tutte le ragioni.
“Non ci credo, fate le vipere anche quando un povero ragazzo cerca di essere gentile. Siete davvero insensibili, se andate avanti così morirete sole e con tanti gatti.” mormorò Sirius sconsolato, ottenendo come risposta una pacca affettuosa da Remus che gli si sedette di fronte, con da parte Peter, muto come al solito.
“Sono allergica mi spiace.” disse Lily gelida guardando male Sirius. Decisamente iniziare l’anno dividendo il tavolo con il degno compare di James Potter non era quello che si era immaginata, per di più aveva il terrore che Potter comparisse all’improvviso. A differenza delle sue amiche non credeva che Potter e Black avessero davvero litigato, probabilmente stavano solo recitando, e Potter era lì da qualche parte, pronto a spuntare dal nulla e sedersi accanto a lei per poter riprendere a tormentarla.
“Davvero? Pensavo fossi allergica solo a Potter..” ribatté Sirius. I ragazzi rimasero stupiti e allo stesso tempo confusi, non era mai successo che Sirius avesse chiamato l’amico per cognome. Lily rimase zitta per qualche istante, spiazzata anche lei da quelle parole, proprio come gli altri. Il tono che Sirius aveva usato per parlare di Potter era persino più gelido di quello che di solito usava  lei. Sembrava tutto così strano.
“Anche ai gatti, ma meno.” spiegò Lily dopo un po‘, abbozzando un piccolo sorriso. Sirius interpretò il sorriso della rossa come un segno di tregua, e decise di non mettere alla prova oltre la pazienza della ragazza. Quella sera si sentiva quasi in pace con il mondo e non aveva voglia di litigare, tranne con James certo.
“Che fine ha fatto il vostro degno compare?” chiese Charleen passando lo sguardo da Sirius a Remus per poi arrivare a Peter che abbassò subito lo sguardo diventato rosso.
“Non mi importa.” borbottò Sirius fissando intensamente il suo piatto vuoto, sentendo gli sguardi di tutti i presenti posarsi su di lui.
“Pensavo fosse il tuo migliore amico..” protestò Charleen, aspettando una spiegazione che però sembrava destinata a non arrivare.
“Lo pensavo anche io.” mormorò Sirius incrociando le braccia. James stava esagerando e Sirius non capiva dove il suo amico volesse arrivare. Cosa voleva dimostrare sparendo a quel modo? Sirius si tormentava da ore riguardo a James e ormai era livido di rabbia. Più passava il tempo e più si sentiva preso in giro.
Le ragazze si scambiarono occhiate confuse e poi si voltarono verso Remus in cerca di spiegazioni, sperando che almeno lui dicesse qualche parola in più.
“Sta esagerando.” disse Remus piano, con un’espressione indecifrabile dipinta sul viso.
“Che è successo?” chiese Cristal bruscamente. Tutti quei misteri stavano cominciando a farle saltare i nervi. Alice che faceva la misteriosa e poi spariva senza dire nemmeno perchè, James che non si degnava nemmeno di farsi vedere. Cristal cominciava a pensare che la pazzia fosse un problema comune nella famiglia di quei due.
“James non ha risposto alle nostre lettere per tutta l’estate e non c’era sul treno.” raccontò Remus con aria triste. Improvvisamente cadde in silenzio, nessuno sapeva più cosa dire e Sirius continuava imperterrito a fissare il suo piatto vuoto.
“Siete in pensiero?” chiese Sebastian, fissando prima Remus e poi Sirius. Il primo sembrava rassegnato, il secondo sembrava furioso ma oltre tutta quella rabbia Sebastian riusciva a vedere tanto dolore e tanta sofferenza.
“Perché dovremmo? Probabilmente sarà solo una delle sue stupide trovate per attirare l’attenzione.” ringhiò Sirius, cercando disperatamente di nascondere una sofferenza che però traspariva dai suoi occhi, spenti e mogi. Di nuovo cadde il silenzio, nessuno si azzardava a fare domande o a dire qualcosa.
“Ma Alice?” chiese Peter improvvisamente, notando il posto vuoto che era rimasto tra Cristal e Frank. Questa volta fu il turno dei due ragazzi di abbassare lo sguardo preoccupati.
“In effetti doveva già essere qua.” osservò Sebastian fissando il suo migliore amico. Frank era molto preoccupato, ma a differenza di Sirius non provava nemmeno a nasconderlo.
“Ha avuto qualche problema ma aveva detto che sarebbe arrivata per il banchetto.” spiegò Frank in risposta agli sguardi interrogativi che gli erano stati rivolti dagli altri.
“Forse sta parlando con James per cercare di convincerlo a venire qui.” ipotizzò Cristal, cercando di smorzare la tensione. Charleen abbozzò un sorriso, ma Lily la fulminò con lo sguardo facendole capire che non era il caso.
“Tempo perso.” brontolò Sirius cupo. Sia Peter che Remus si chiesero se era il caso di fare o dire qualcosa per cercare di migliorare l’umore di Sirius, ma proprio in quel momento la cerimonia dello smistamento finì e il preside attirò la loro attenzione per il discorso che inaugurava l’anno scolastico.
“Oh bene, sembra che lo smistamento si sia appena concluso. Un altro anno può cominciare ma prima di dare l’assalto a questo delizioso banchetto permettetemi di dire qualche parola. Sarò breve, promesso. Non ho intenzione di ricordarvi tutte le regole del castello, anche perché sono abbastanza sicuro che non le seguireste lo stesso.” disse il preside, fermandosi in particolare con lo sguardo sui malandrini mentre pronunciava le ultime parole. Silente stette in silenzio per qualche istante, guardando in particolare Sirius e Sebastian con un sorriso divertito dipinto sul viso. Cristal notò lo sguardo del vecchio preside e si ritrovò a pensare che se James fosse stato lì con loro anche lui si sarebbe beccato uno sguardo d’ammonizione da parte di Silente.
“Piuttosto, vorrei richiamare la vostra attenzione all’amicizia e alla solidarietà. Fate in modo che questo sia un anno di crescita e non di lotta, cercate nelle altre case un amico e non un rivale, e soprattutto, niente duelli.” riprese il preside, raccontando loro di come i fondatori erano uniti e legati da vincoli di amicizia e di come questo avesse permesso loro di fondare una scuola in grado di educare le nuove generazioni magiche. Charleen sbuffò annoiata mentre Lily seguiva con attenzione ogni parola del preside, nonostante non fosse certo la prima volta che sentivano quella storia. Cristal e i ragazzi invece non stavano quasi ascoltando, erano solo impazienti di poter mettere qualcosa nello stomaco. Un po’ di cibo era quello che ci voleva per riuscire a capire meglio tutto quello che stava accadendo ai loro amici.
“Detto questo, beh.. Buon anno e buon appetito a tutti quanti!” concluse Silente abbozzando un inchino e sedendosi al suo posto tra i professori, alla sua destra il posto che di solito era della McGranitt era vuoto.
“Silente è sempre il migliore. Sbrigativo, conciso.. Un grande insomma!” gongolò Sebastian, pregustando i manicaretti che di lì a poco avrebbero riempito i loro piatti. Peter annuì convinto e si preparò con le posate in mano. I piatti però continuavano a rimanere vuoti, e prima che qualcuno potesse chiedersi il perché Silente si alzò nuovamente in piedi, prendendo ancora la parola. Questa volta però la sua espressione era più seria, quasi triste.
“Perdonatemi, ma ci sarebbe un’altra cosa. L’ultima, sul serio. Tutti voi siete al corrente di tutte le tragedie che avvengono nel mondo magico di questi tempi oscuri e travagliati. Per andare avanti e non lasciarci travolgere dall’orrore siamo soliti pensare che si tratti di cose lontane, che non riguardano noi. A volte però non è così, a volte gli incidenti capitano anche ad una persona a cui vogliamo bene, che ci è vicina e che forse pensavamo intoccabile..” iniziò a raccontare il vecchio preside con un tono triste mentre tutta la sala si era fatta di colpo più attenta e si chiedeva cosa potesse essere successo. La gazzetta del profeta riportava spesso notizie di stragi e omicidi, in alcuni casi erano anche stati coinvolti i genitori di qualche alunno, ma mai direttamente alunni o professori del castello.
“La McGranitt!” esclamò decisa Charleen, facendo sobbalzare tutti quanti.
“Cosa?” chiese Lily confusa, mentre anche Cristal, Frank, Sebastian, Remus, Peter e Sirius guardavano la ragazza stralunati.
“Non c’è, non le sarà forse successo qualcosa..” ipotizzò la ragazza, indicando il posto vuoto solitamente occupato dalla professoressa.
“Non dire cavolate.” protestò Sirius. Sebastian lì zittì con un gesto perché potessero seguire il discorso di Silente e capire di che diamine stesse parlando.
“Ma lo senti? Sta dicendo che è successo qualcosa a qualcuno che tutti noi conosciamo e la professoressa non è qui.” sussurrò Charleen a Cristal, che in risposta le fece anche lei cenno di tacere con la mano.
“Non voglio tediarvi con i particolari anche perché non sarebbe giusto nei confronti della famiglia. La notizia fino ad ora è rimasta riservata per non fare preoccupare nessuno e per motivi di privacy, tuttavia vorrei che tutti osservassimo qualche istante di silenzio e rivolgessimo una silenziosa preghiera per James Potter.” disse il vecchio preside abbassando la testa. La sala si fece immediatamente silenziosa, gelata dalla notizia. Tutti quanti cominciarono a sperare di avere capito male. In quel momento i cuori di molti ragazzi presenti nella sala grande persero qualche battito. Quello di Sirius Black, in particolare, minacciò seriamente di fermarsi. Il nome del suo migliore amico era risuonato come un schiaffo. Sapeva che tutti lo stavano guardando ma non gli importava nulla, voleva solo sapere cosa era successo. Senza rendersene conto si alzò in piedi. Che stava blaterando Silente? Si stava sicuramente sbagliando, James non poteva essere morto. Improvvisamente tutto aveva senso, il perché non aveva risposto a nessuna lettera e non si era presentato in stazione si spiegava, ma era una spiegazione talmente impensabile e dolorosa che Sirius non l’aveva mai nemmeno tenuta in conto. Preferiva continuare a pensare che il suo amico fosse un codardo e un traditore piuttosto che credere davvero che non ci fosse più.
“Attualmente il vostro compagno si trova al San Mungo, in coma profondo dopo un brutto incidente avvenuto qualche giorno dopo la fine dello scorso anno scolastico. Sono sicuro che tutti voi conoscete James Potter, conoscete il suo carisma e la sua voglia di vivere e che la notizia ha sconvolto tutti voi almeno quanto ha sconvolto tutti i docenti.” spiegò meglio il professore fissando intensamente Sirius Black, ancora in piedi nel centro della sala. Remus cercò di richiamare l’attenzione di Sirius, inutilmente. Il ragazzo sembrava un manichino. Sebastian e Frank lo spinsero di peso sulla sedia, e lui li lasciò fare, come in trance. Cristal, Charleen e persino Lily avevano le lacrime agli occhi mentre Peter piangeva senza nemmeno cercare di nascondersi. James era in coma. Il ragazzo che più di ogni altro aveva contribuito a sconvolgere e a portare un sorriso nelle loro vite ora si trovava al San Mungo, in coma. Nessuno riusciva ad accettarlo, era come se ci fosse qualcosa di terribilmente sbagliato anche solo nel pensare a un James immobile ed inerme in un letto d’ospedale.
“Tuttavia, James non ci vorrebbe tristi né tanto meno affamati quindi forza. Dateci sotto!” concluse il preside tornando a sedere guardandosi attorno. Silente sospirò, fissando le espressioni affrante dei ragazzi, persino qualche Serpeverde piangeva, di nascosto dai compagni. Fare quell’annuncio era stata una delle cose più tristi della sua vita, ma era necessario. Gli studenti, i compagni, gli amici di James avevano diritto di sapere cosa fosse capitato al loro amico, anche se era terribilmente doloroso e difficile da accettare. Qualche istante dopo i piatti si riempirono per magia ma quasi nessuno ci fece caso, soprattutto al tavolo dei Grifondoro. Sembrava che di colpo a tutti fosse passata sia la fame che la voglia di festeggiare e ridere. Nessuno parlava né mangiava. Remus stava rivoltando una povera carota in umido da almeno dieci minuti, Peter non riusciva a vedere nulla a causa delle lacrime che gli offuscavano la vista e Sirius cercava di ignorare i commenti degli studenti presenti in sala. Cristal, Charleen, Lily, Sebastian e Frank, presi alla sprovvista dalla notizia non sapevano cosa fare, per ciò si limitavano a stare zitti e a guardarsi l’un l’altro.
“Guarda i malandrini.. Nemmeno loro sapevano!” mormorava qualcuno alle loro spalle con fare maligno, indicando Sirius, Remus e Peter.
“Che tristezza però. Dicevano di essere tanto amici e non sapevano nemmeno che il loro amico stava male.” biascicava una voce dal tavolo dei Corvonero.
“Sirius prima ha anche detto peste e corna di James..” affermava sicuro un ragazzo del quinto anno, parlando con gli amici.
“Insomma, la FINITE?” urlò Cristal, picchiando i pugni sul tavolo e catturando l’attenzione di tutti. Improvvisamente tutti si zittirono, con un’espressione colpevole sul viso. Lily e Charleen erano paonazze in viso per la rabbia, e tenevano la bacchetta in mano a mo’ di avvertimento per chiunque fosse intenzionato a dire qualche altra sciocchezza. Sirius guardava la scena come se non la vedesse veramente o come se non lo riguardasse. Era tutto troppo strano per essere reale.
“Che vuoi ragazzina?” chiese con fare provocatorio il ragazzo dai capelli castani del quinto anno che aveva parlato poco prima. Cristal aprì la bocca per rispondere, ma venne preceduta da Sebastian e Frank, in piedi alle spalle della ragazza con le bacchette in mano pronte a colpire e con un’espressione minacciosa sul viso. I ragazzi sobbalzarono sulle sedie, nessuno li aveva mai visti così arrabbiati prima di quel momento.
“Sta zitto o ti schianto” lo ammonì Sebastian serio. Non c’era nulla sul suo viso che ricordasse il ragazzo giocherellone che amava scherzare. Il ragazzo del quinto anno alzò gli occhi, e quando si vide di fronte i due ragazzi del settimo anno arretrò spaventato.
Frank si voltò per cercare Sirius, e vide che il ragazzo era si era alzato.
“Sirius, che diamine..” esclamò Frank, guardando Sirius che lasciava la sala senza dire una parola. Fece per seguirlo, ma Remus lo trattenne per la veste.
“Non ti ascolterebbe in ogni caso, non dopo una notizia del genere.” spiegò Remus senza alzare gli occhi dal suo piatto ancora pieno. Frank sospirò e si sedette, seguito a ruota da Sebastian.
Nel frattempo Sirius stava vagando per i corridoi del castello, senza una meta. Improvvisamente un forte senso di nausea lo assalì e si ritrovò nel bagno a rimettere senza sapere nemmeno lui bene come ci era arrivato.

Il San Mungo era un posto incredibilmente bianco e pulito, dove ogni cosa era in perfetto ordine. Tutto era studiato alla perfezione, in modo che ogni minimo dettaglio comunicasse tranquillità e speranza ai familiari che soffrivano. Il reparto che ospitava i pazienti in coma era diretto da una medimaga bionda sulla quarantina, sempre sorridente e gentile con tutti. In quel momento vi erano ricoverate tre persone, James, un ragazzo di un anno più grande di nome Robert e un vecchio mago pieno di acciacchi, ma nella sala d’attesa non si sentiva volare una mosca. L’orario di visite era finito da un pezzo, ma Molly come al solito aveva deciso di chiudere un occhio e di fare un‘eccezione.
“Signorina Prewet, sarebbe ora di andare.” chiamò gentilmente la professoressa McGranitt. Il preside aveva concesso ad Alice di raggiungere il castello con la donna, in modo da permetterle di stare ancora qualche ora con James.
“La prego professoressa, ancora qualche minuto.” implorò Alice congiungendo le mani.
“Mi spiace Alice, è tardi. Ormai abbiamo anche perso la cerimonia..” mormorò piano la donna. Era terribilmente triste doverla separare dal cugino, ma ormai si era fatto molto tardi. Non potevano rimandare oltre. Le due sarebbero dovute rientrare al castello con una passaporta molte ore prima, ma la professoressa aveva acconsentito alle richieste di Alice di rimanere ancora.
“Non mi importa dello smistamento, e nemmeno della cena. Vada pure lei, se vuole.” rispose Alice con un tono che non tradiva nessuna emozione. La professoressa non disse nulla, ma si sedette su una sedia di plastica poco lontana.
“Tesoro, ha ragione. Non puoi rimanere qui.” la ammonì dolcemente sua madre, abbracciandola forte ed accarezzandole i capelli.  
“Hai già fatto molto quest’estate per Jamie.” mormorò piano Dorea Prewet Potter, la madre di James. Era esausta e disperata a causa della scomparsa prematura del marito, Charlus Potter, e dei mesi passati a vegliare il figlio, ma era ancora una bellissima donna.
“Non ho fatto nulla, zia. Jamie è ancora in coma. Mi dite cosa ho fatto per lui?” ribatté Alice, scoppiando in lacrime come una bambina. Dorea si avvicinò alla nipote, la strinse forte a sé, e per un po’ le due piansero insieme.
“Hai passato un sacco di tempo con lui, ti sembra poco?” chiese poi Dorea, abbozzando un sorriso. Alice passò lo sguardo da sua madre a zia, per finire con la professoressa anche lei in lacrime.
“Ho paura, non voglio andare a Hogwarts senza di lui.” ammise Alice. Lei e James erano sempre stati inseparabili, fin da bambini dove c’era uno c’era anche l’altra. Quando era cominciata la loro avventura a Hogwarts erano insieme, e Alice non riusciva a pensare di frequentare la scuola senza di lui. Chi l’avrebbe fatta ridere quando invece aveva voglia di piangere? Chi l’avrebbe costretta ad allenarsi per la partita di Quidditch anche se non ne aveva voglia? Chi avrebbe ascoltato le sue confidenze? Più ci pensava, più Alice riusciva a trovare mille buone ragioni per non tornare a scuola.
“Vedrai che andrà bene. E poi Silente ti ha promesso che potrai venire a trovarlo spesso, no?” le ricordò sua madre, sorridendo.
“Ogni fine settimana.” confermò la professoressa asciugandosi gli occhi. James era solo uno studente, nemmeno il più bravo del suo corso, eppure non riusciva a smettere di soffrire per quello che gli era capitato.  
“Una settimana sembra così lunga.. Posso scrivergli delle lettere?” chiese Alice speranzosa. Scrivergli sarebbe stato un po’ come parlargli, e se la zia e la mamma avessero letto a James le sue lettere sarebbe stato un po’ come se lei fosse stata lì insieme a lui. Dorea e la sorella si scambiarono un’occhiata, poi Dorea annuì piano.
“Se ti fa stare meglio, ti prometto che gli leggerò tutte le lettere che gli scriverai.” disse alla fine, speranzosa che mantenersi in contatto con la cugina e con gli amici avesse potuto aiutare James a svegliarsi al più presto.
“E mi terrete aggiornata su tutti i miglioramenti?” chiese ancora Alice, speranzosa.
“Promesso.” disse sua madre, dandogli una pacca sulla spalla che ben presto si trasformò in un abbraccio nel quale coinvolsero anche Dorea.
“Possiamo andare, ora, signorina Prewet?” chiese la professoressa quando quel lungo abbracciò termino.
“Mi concede ancora un minuto per salutare James?” chiese Alice, fissando la porta dietro la quale si trovava la stanza del ragazzo. La professoressa annuì, e la ragazza entrò nella stanza per salutare il cugino. La stanza di James si trovava in semioscurità ma si poteva distinguere chiaramente la figura del ragazzo, inerme nel letto. Alice si sedette al suo capezzale, come faceva da due mesi a quella parte, e prese una mano di James tra le sue. La mano del ragazzo era fredda, e il suo viso di un pallore tale da confondersi con il colore delle lenzuola e delle pareti. Alice rimase per un po’ a guardarlo, quasi volesse imprimersi bene nella mente ogni più piccolo particolare del cugino.
“Ciao Jamie..” disse poi piano, abbracciandolo forte. James, come al solito, non ebbe nessuna reazione ma appena la ragazza lasciò la stanza un occhio prese a lacrimargli.

Sirius si buttò a sedere sul pavimento del corridoio di fronte all’ingresso della loro sala comune. La testa gli stava scoppiando, e non conosceva la nuova parola d’ordine perché se n’era andato dalla sala grande prima che i prefetti la comunicassero, ma a Sirius non importava. Era troppo a pezzi persino per darsi dello stupido.
Dal fondo del corridoio sentì dei passi, e vide due figure dirigersi in quella direzione e fermarsi proprio di fronte a lui.
“Comodo, signor Black?” Chiese la professoressa McGranitt, attirando l’attenzione del ragazzo accucciato per terra.
“Alice!” esclamò Sirius, notando la ragazza al fianco della professoressa. Gli occhi di Alice erano rossi e gonfi e il suo viso pallido, come se avesse passato un’estate intera a piangere invece che stare all‘aria aperta a divertirsi.
“Signor Black, mi vuole spiegare che ci fa qui?” chiese ancora la professoressa, indispettita per essere stata ignorata, portando le mani ai fianchi. Sirius le lanciò un’occhiata veloce, poi tornò a concentrarsi su Alice. La ragazza tremava, e in mano teneva stretta una fotografia che ritraeva due persone. Sirius riconobbe subito quella foto, l’aveva scattata lui qualche mese prima, il giorno prima di salire sull’espresso di Hogwarts per tornare a casa, quando ancora tutto andava bene. Nella foto Alice era seduta in braccio a James, che la abbracciava, e lei stava dando un bacio sulla guancia del cugino.
Sirius abbassò gli occhi, quasi avesse violato qualcosa di personale e di intimo.
“Allora è vero..” disse piano Sirius, sentendo le lacrime riempirgli gli occhi. Non voleva piangere, eppure non riusciva a fermarsi. Nemmeno quando era scappato di casa ed era stato diseredato aveva versato una lacrima.
Alice in risposta annuì piano con la testa, poi scoppiò a piangere.


ANGOLO DELL'AUTRICE:
ringrazio tutti quelli che sono arrivati a leggere fino a qui, finalmente il mistero dove-è-sparito-James-Potter è risolto!
mi spiace avervi tenuto in ansia fino ad ora..
come avrete intuito, la storia entra nel vivo! xD
ringrazio gli 8 santi che hanno messo la mia storia tra i preferiti, e i 6 beati che l'hanno messa nei seguiti. un ringraziamento in particolare però va a Lyrapotter e MsMontana, siete coloro che riescono con poche righe a fare la felicità di una scrittrice! xD
LYRAPOTTER: grazie del commento!
ho fatto leggere la mia storia al mio fido commentatore, e ha detto che in effetti anche per lui la storia è molto misteriosa..
nel prossimo capitolo prometto che racconto che è successo durante quel maledetto viaggio in treno, e anche come è morto il padre di James già che ci sono!
diciamo che Alice e James non hanno mai parlato di quello che è successo quel giorno in treno.. non c'è stato il tempo perchè James si è fatto male prima (sono sadica, me ne rendo conto!)! in proposito.. immagino che la mia spiegazione circa il motivo della sparizione di James non ti sia piaciuto per niente, ma a mia giustificazione ti posso dire che mentre scrivevo questo capitolo mi è venuto il magone, non sai che stristezza a immaginare James moribondo in un letto.. poverino!
i tre personaggi nuovi però sono il mio orgoglio, in particolare Sebastian. xD
circa Peter.. bah, mi scuso per la sua esistenza.. xD
MSMONTANA: grazie del commento!
non ti preoccupare per il mancato commento, capita di non riuscire a trovare il tempo. xD
per il motivo del litigio dovrai aspettare il prossimo capitolo, ho preferito spiegare prima che fine avessero fatto James e Alice.
grazie mille per i complimenti alla storia, sei carinissima! xD


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Capitolo 5
*** morire dentro ***


CAPITOLO 4
MORIRE DENTRO

Alice era immobile e in silenzio. Respirava a fatica, ma dentro di sé urlava forte tutta la sua disperazione. Sirius e Remus erano nella sala comune dei grifondoro e stavano piangendo senza nemmeno fare caso alla moltitudine di ragazzi intorno a loro che li stavano guardando e li indicavano. Sirius non sembrava più lo stesso, aveva grosse occhiaie nere sotto gli occhi e pareva invecchiato di parecchi anni. Anche Remus era ridotto a uno straccio, persino peggio rispetto alle giornate immediatamente dopo la luna piena. A poca distanza da loro c’era anche Peter, gli occhi rossi e gonfi, il viso pallido e spaventato. Guardava gli amici in cerca di conforto e risposte a cui appellarsi ma tutto quello che vedeva era disperazione e smarrimento. Prima l’incidente di James, e ora anche Sirius e Remus, i malandrini, i pilastri a cui si appigliava per andare avanti non c’erano più. Alice guardava quella scena straziante di dolore e si sentiva impotente, mentre il suo cuore era come dilaniato da una bestia feroce. Nella sua mente continuava a ripetersi, come una litania, che quello che stava accadendo non poteva essere reale, che di lì a poco si sarebbe svegliata. Più volte aveva provato a chiudere gli occhi, sperando che fosse solo una sua illusione, ma non era servito a nulla. Se quello era davvero un incubo allora era destinato a non finire mai. Frank, al suo fianco, si limitava ad abbracciarla per comunicare la sua silenziosa presenza. Avrebbe voluto fare di più, ma il suo corpo in quel momento si rifiutava di muoversi o parlare. Nessuno aveva voglia di parlare. Le ragazze, Cristal, Lily e Charleen, erano in un angolo, impacciate e silenziose. Sebastian era seduto vicino a loro, per la prima volta nella sua vita non aveva nessuna voglia di ridere. Fissava un punto imprecisato della parete, e si chiedeva se tutto quello che stava accedendo avesse o meno un senso. Al centro della stanza stava James, pallido, immobile, morto. Intorno a lui sua madre, sua zia, la famiglia e tutti i professori venuti a dargli l’ultimo saluto.
Alice lanciò un urlo, e poi si svegliò di soprassalto. Cristal corse subito da lei, per rassicurarla. La ragazza si guardò intorno, frenetica, e riconobbe la stanza che divideva da sei anni con le sue amiche. Tutto era normale ed al suo posto, come al solito. Alice sospirò. Ancora una volta quel terribile incubo l’aveva svegliata. Fuori dalle finestre era ancora buio, ma di lì a poche ore la notte avrebbe lasciato il posto ad un altro giorno. L’ennesimo senza James al suo fianco. Charleen e Lily si scambiarono un’occhiata di intesa ma rimasero zitte, mentre il viso di Alice si riempiva di lacrime.
“Hai fatto un altro brutto sogno?” chiese Cristal dolcemente. Alice annuì piano, cercando inutilmente di fermare le lacrime che le scorrevano sulle guance. La ragazza bionda strinse forte a sé la sua migliore amica, senza dire nulla. Alice si lasciò andare, cercando un po’ di conforto e di speranza in quell’abbraccio. Erano mesi che quell’incubo la tormentava, da quanto quella mattina di luglio Dorea era comparsa a casa loro, piangendo, e aveva detto che James stava male. Alice aveva ricordi annebbiati di quella mattina, forse stava facendo colazione quando la zia era arrivata. All’inizio si era messa a ridere, dopo tutto per James era normale finire ricoverato in infermeria o al San Mungo. Pensava fosse caduto dalle scale come suo solito. Le risate però erano finite presto, non appena era emersa la gravità della situazione, per sfociare nello smarrimento più totale quando si era trovata di fronte alla porta chiusa della stanza di rianimazione in cui si trovava suo cugino. Da allora, ogni notte sognava il funerale di James, ed ogni mattina si svegliava terrorizzata con la necessità vitale di correre da lui per accertarsi che ci fosse ancora. Alice si staccò dall’abbraccio dell’amica e andò verso il bagno senza dire una parola, chiudendosi la porta alle spalle.
“Mi spiace così tanto vederla così..” sussurrò Lily a bassa voce. Qualcosa dentro di lei si era come rotto quando era venuta a conoscenza della terribile notizia. All‘inizio aveva giustificato quello strano sentimento come tristezza per il dolore di Alice, ma una voce impertinente non faceva che ripetergli che in realtà soffriva per James perché teneva veramente a lui. Charleen annuì silenziosamente, asciugandosi gli occhi. Lei e Lily non avevano mai avuto rapporti di amicizia con James, ne con gli altri malandrini, ma quello che era successo le aveva ugualmente sconvolte. Per sei anni lo avevano avuto tra i piedi, ci avevano litigato, lo avevano anche odiato, ma ora di colpo si erano rese conto che di James non sapevano quasi nulla e che senza di lui il castello sembrava spento. Nessuno faceva più scherzi ai Serpeverde, e la loro Sala Comune era sempre silenziosa e tranquilla. A nessuno importava persino più del Quidditch perché quell’anno il loro campione non avrebbe potuto giocare.
“Vorrei fare di più, ma non so come..” disse Cristal sconsolata. Proprio in quel momento Alice uscì dal bagno, e lanciò un lungo sguardo straziato alla sua amica del cuore.
“Cristal, fai già molto per me. Non potresti fare di più, davvero. Ti voglio un mondo di bene e senza di te non so come potrei fare.” mormorò Alice abbozzando un sorriso triste.
“Forse dovresti provare a dormire ancora un po’, è presto dopo tutto.” consigliò Charleen mentre Alice rimetteva a letto dopo aver preso dalla scrivania carta e penna.
“Tornate a dormire, io prima devo calmarmi un po’. Scriverò una lettera..” disse Alice intingendo la piuma nell’inchiostro e iniziando a scrivere parole bagnate di lacrime.
Le tre ragazze si scambiarono un’occhiata che valeva più di qualsiasi discorso, poi spensero la luce. La nottata dei ragazzi non era trascorsa in modo migliore. Di colpo l’allegria era scomparsa anche dal dormitorio maschile, di solito il più rumoroso dell’intero castello nonché ritrovo abituale per festini e bevute della più diversa natura.
Sapere di James era stato un duro colpo per i malandrini, per tutti loro. James era il fulcro del loro gruppo, un vulcano di idee e di energia che teneva unite personalità molto diverse tra loro, il timido e insicuro Peter, il serio e studioso Remus e Sirius. Tra i malandrini Sirius era certamente quello che l’aveva presa peggio. Frank e Sebastian, dal canto loro ogni sera avevano provato a parlare ai ragazzi, a cercare di farli reagire il quale modo. La scuola ormai era iniziata da cinque giorni, ma le cose non sembravano cambiare. Le giornate si succedevano ugualmente apatiche, lezione dopo lezione, e l’unica cosa che scandiva il tempo e sembrava rompere quella terribile monotonia erano i pasti, in cui si trovavano tutti insieme e scambiavano qualche parola anche con i compagni delle altre case.
Quella mattina, a colazione, i malandrini erano seduti a poca distanza da Sebastian e Frank, che si guardava attorno impaziente, cercando qualcuno tra la folla.
“Alice?” chiese Frank preoccupato, vedendo arrivare Charleen, Lily e Cristal. Le tre ragazze, richiamate dalla voce dell’amico si avvicinarono e si sedettero di fronte.
“Si stava vestendo, ora arriva.” rispose la ragazza bionda. I suoi occhi azzurri, di solito vispi e giocosi, erano spenti. Frank non disse niente ma cominciò a tormentare nervosamente il nodo della sua cravatta, abbandonando del tutto l‘idea di finire la colazione. I malandrini guardavano quella scena a qualche posto di distanza, vicini eppure così lontani da tutto e da tutti. Da quando avevano ricevuto quella notizia niente era più stato come prima. Sirius si era chiuso in un mutismo ostinato, passava le ore solo a piangere senza farsi notare troppo e si rifiutava di nominare o parlare di James. Remus all’inizio aveva rispettato la decisione dell’amico, poi aveva cominciato a cercare di farlo reagire. Nessuno di loro aveva osato fare domande ad Alice. La ragazza scoppiava in un pianto disperato non appena le si nominava il cugino. Un paio di volte aveva anche avuto delle crisi nervose aveva cominciato a urlare che voleva andare a San Mungo, e solo la promessa che glielo avrebbero permesso il fine settimana successivo era riuscita a calmarla. Il castello che Alice aveva sempre amato improvvisamente era diventato un orribile prigione che la teneva lontana da James. Erano passati appena pochi giorni da quando le lezioni erano cominciate eppure le sembrava un’eternità. La sembrava di impazzire senza avere la possibilità di sedere accanto al letto del cugino per tenergli la mano e parlargli per ore.
“Ha dormito questa notte?” chiese Frank preoccupato. Charleen scosse la testa e i riccioli castani le ricaddero disordinati sul viso.
“Forse potrebbe andare in infermeria e chiedere una pozione per quegli incubi.” suggerì Remus, inserendosi nella discussione. Sirius alzò appena lo sguardo, poi tornò perso nel suo mondo. Remus guardò per qualche istante l’amico e sospirò. Una qualche pozione avrebbe certamente fatto bene anche a lui.
“È testarda, lo sapete.” sospirò Cristal, osservando con aria assente la tazza di caffè che aveva di fronte, cercando di ricordarsi quando fosse apparsa.
“Sto bene” disse Alice, avvicinandosi al tavolo. I ragazzi si ammutolirono di colpo, ma lei non ci fece caso. Orma stava cominciando a fare l’abitudine al fatto che la gente si preoccupasse e parlasse di lei in sua assenza. Una volta forse le avrebbe dato fastidio, ma da qualche tempo non le importava più di niente. Negli ultimi mesi la sua scala delle priorità aveva subito dei grossi cambiamenti.  
“No Alice, non stai per niente bene. Nessuno di noi sta bene.” esclamò Lily, esasperata. Non sopportava più il silenzio di Sirius, e nemmeno che Alice si ostinasse a ripetere che stava bene. Perché non si decidevano a mostrare le loro debolezze e a farsi aiutare dagli amici? Mai come in quel momento avevano bisogno l’uno degli altri.
“Mi passi la torta al limone?” chiese Alice a Sebastian, ignorando l’affermazione della compagna di stanza. Il ragazzo parve stupito da quella strana richiesta, ma passo la fetta di torta senza chiedere spiegazioni.
“Alice, mi ascolti? Stavamo parlando..” esclamò Lily infastidita. Alice era sempre stata una ragazza forte, decisa, vederla così debole e in balia di se stessa era triste e ingiusto. Era certamente una delle cose che stava portando tutti loro alla pazzia, Frank per primo.
“Hey, Remus, ma dove hai preso quel caffè?” chiese ancora Alice, decisa a continuare a ignorare l’amica. Parlare di James era l’ultima cosa che voleva, specie con Lily e Sirius. Nella sua mente erano loro i responsabili di tutto quello che era successo al suo adorato cugino. James era triste, depresso e loro avevano solamente peggiorato le cose, invece che aiutarlo a superare quel brutto momento. Dannazione, alla fine dell’anno scolastico precedente James aveva appena perso suo padre, avrebbero dovuto capirlo, non assalirlo. In quel momento apparivano tristi e sconsolati ma Alice pensava che fossero ipocriti. Lily aveva passato cinque anni a ripetere di odiare James, come mai le cose erano improvvisamente cambiate ora che era in coma? Sirius poi, non avrebbe dovuto trattare James, il suo migliore amico, a quel modo.
Lily sospirò e smise di parlare, rassegnata al fatto che Alice non aveva la minima intenzione di prestarle ascolto.
“Sono solo preoccupati per te..” mormorò Sirius, rompendo il silenzio che si era creato. Tutti rimasero abbastanza sorpresi, stupiti dal fatto che fosse stato Sirius, fino ad ora chiuso nel silenzio più totale, a parlare.
“Non accetto prediche da te, Black.” rispose Alice acida, alzando lo sguardo sul ragazzo. Sirius sostenne quello sguardo carico di rancore e rabbia per un po’, poi distolse lo sguardo. Alice lo credeva colpevole. Come darle torto, dopo tutto lui pensava lo stesso. Aveva passato l’estate in giro per l’Europa, convinto che James avesse torto, senza mai cercarlo davvero. Va bene, gli aveva scritto una lettera, ma quando lui non aveva risposto Sirius non si era fatto nessuna domanda. Invece che domandarsi se ci fosse qualcosa che non andava aveva continuato a godersi l’estate, convinto che ci sarebbe stato tempo dopo per i chiarimenti. Nella sua testa non aveva nemmeno lontanamente pensato al fatto che James non aveva mai mancato di rispondere a nessuna lettera prima di quel momento. Ora forse il tempo di James stava finendo, e Sirius riusciva a pensare solamente che le ultime parole che aveva gridato al suo migliore amico erano state cariche di odio e di risentimento.
“Alice, Sirius voleva solo aiutarti.” disse Charleen, cercando di calmare l’amica prendendo le difese del ragazzo. Peter alzò gli occhi dal suo piatto, stupito. Era la prima volta che Charleen chiamava Sirius per nome e lo difendeva.
“Non ho bisogno di essere aiutata, anzi, smettetela di fingere.” esclamò Alice, perdendo la calma. Gli altri ragazzi presenti il Sala Grande si fecero di colpo più silenziosi e attenti alla discussione in corso. Sebastian sentì la rabbia montare e fece per alzarsi. Come potevano essere così maligni da ascoltare le loro conversazioni per poi spettegolare nel castello? Con un gesto rapido Frank lo fermò e lo obbligò a sedersi nuovamente.
“Fingere?” chiese Peter confuso, guardando spaventato Alice.
“Si, di fingere che vi importi qualcosa di James. Charleen, Lily, voi non avete mai sopportato James. Avete passato anni a ripetere che era egoista, pieno di sé ed immaturo. Lo pensavate anche l’anno scorso sull’espresso, e anche quest‘anno scommetto che avrete detto le stesse cose di lui. Non è cambiato nulla da allora tranne in fatto che è in coma!” urlò Alice, ignorando il fatto che si trovavano il Sala Grande e che tutti, professori compresi, ora li stavano fissando. Il suo volto era diventato rosso per la rabbia, e delle lacrime beffarde avevano preso a bagnarle il bel viso.
“Alice, calmati.” implorò Frank, cercando di abbracciarla per riuscire a calmarla.
“No, è ora che mi sfoghi. Non ce la faccio più a tenere tutto dentro.” rispose Alice, prendendo fiato e divincolandosi da quella stretta. Sirius, Peter e Remus osservavano quella scena impietriti, chiedendosi se la ragazza li ritenesse in qualche modo responsabili per la sorte toccata al loro amico.
“Non essere ingiusta però, James era il migliore amico di Peter, Remus e Sirius e tu non li hai nemmeno avvisati quest’estate.” fece notare Sebastian, cercando inutilmente di fare ragionare Alice.
“Siamo venuti a sapere di James da Silente. Ti sembra normale?” chiese Remus, stizzito. Sirius al suo fianco, non fiatava. Per la prima volta nella sua vita lo stavano accusando di qualcosa e lui non aveva la forza di replicare. Il fiero Sirius Black sembrava il più mite e spaventato degli agnellini.
“E a te sembra normale umiliare in quel modo una persona che stava già male per poi lasciarla andare via da sola? Per te questa è amicizia Sirius Black?” chiese Alice in rimando, fissando negli occhi il ragazzo. Sirius non provò nemmeno fissarla negli occhi, sapeva bene che non avrebbe mai potuto reggere quello sguardo.
“Io..” balbettò Sirius, fissando intensamente il pavimento e desiderando con tutto se stesso che si aprisse una voragine in grado di inghiottirlo. Alice aveva ragione, si era comportato malissimo con James. L’ultima volta che lo aveva visto gli aveva urlato contro tutto il suo disprezzo, che razza di amico poteva essere?
“Non serve che rispondi.” rispose Alice acida, alzandosi da tavola e lasciando la sala.
I ragazzi rimasero lì, immobili e intontiti da quella discussione. Frank e Sebastian si guardavano l’un l’altro, increduli. Lily ormai aveva preso a singhiozzare forte, le parole di Alice l’avevano ferita. Charleen provava a suo modo a consolarla mentre Cristal rimaneva ferma, a riflettere sulle parole dell’amica. Alice aveva parlato presa dalla rabbia, ma forse nelle sue parole c’era almeno un pizzico di verità.
“Sirius, dove vai?” sbottò Remus improvvisamente, cercando di trattenere l’amico che si era alzato dalla sedia.
“All’inferno.” rispose in malo modo Sirius, divincolandosi da quella stretta.

Alice aveva fatto pochi metri fuori dalla Sala Grande, quando fu bloccata dalla voce della professoressa McGranitt.
“Prewet, il preside vuole vederla.” disse la donna. Il suo tono era severo come al solito ma nei suoi occhi si intravedeva una grande tristezza.
“Jamie! Non è per lui, vero? Lui non è..” balbettò Alice, cercando di scrutare il volto della professoressa per capire di che si trattasse. Jamie non poteva assolutamente essere morto.
“Non temere. James sta bene.. O meglio, le sue condizioni non sono cambiate.” rispose tristemente la professoressa, facendo strada alla ragazza verso l’ufficio del preside. Quando furono davanti alla porta, la professoressa McGranitt bussò ed annunciò Alice, poi ti tirò indietro e lasciò che la ragazza rimanesse sola con il preside.
“Signore..” salutò Alice, impacciata. Silente sedeva dietro la sua scrivania, circondato dagli oggetti più strani e sorrideva come al solito. Il preside riusciva ad avere sempre un sorriso per tutti, anche nel momento più nero.
“Ciao Alice. Ti ho convocata per James.” iniziò Silente. Il suo tono era grave e il suo volto stanco. Quella terribile guerra in corso stava esaurendo tutte le sue forze, malgrado tutti i suoi sforzi la gente continuava a morire ed a vivere nel terrore mentre valenti auror perdevano la vita in missioni suicide che spesso non portavano a niente.
“Ma la professoressa mi ha detto che stava bene. Non è peggiorato, vero?” chiese Alice, impaziente. Una convocazione dal preside di solito non significava niente di buono. Alice ricordava ancora quando lei e James erano stati chiamati, l’anno prima, e Silente aveva detto loro che il padre di James era morto durante una missione. Ricordava bene anche la reazione di James. Il ragazzo si era lasciato cadere sulla sedia, senza dire una parola mentre lei era scoppiata a piangere. James aveva ascoltato le parole del preside come in trance, una volta lasciata la stanza però aveva sfogato tutta la sua rabbia e il suo dolore devastando a calci gli spogliatoi del campo di quiddicht senza che nessuno riuscisse a fare nulla per calmarlo.
“No, le sue condizioni non sono cambiate. Solo, ho assistito alla vostra discussione oggi in Sala Grande e mi ho pensato che, visto il tuo umore, forse avresti preferito fare un salto a San Mungo questa mattina.” propose il preside accarezzandosi la lunga barba bianca. Il volto di Alice improvvisamente si colorò un po’, e abbozzò persino un sorriso.
“Posso davvero andare da Jamie? Lei aveva detto che mi avrebbe lasciato solo nei fine settimana..” ricordò Alice, incredula. Da quando era cominciata la scuola non aveva fatto altro che aspettare il sabato, vedere Jamie era proprio quello di cui aveva bisogno per riflette un po’ su tutto quello che stava capitando. James aveva sempre avuto un potere calmante su di lei, e continuava ad avercelo ora, malgrado fosse costretto immobile in un letto.
“Lo so, vorrà dire che solo per sta volta faremo una piccola eccezione. Non più di un paio d’ore, la voglio indietro per pranzo.” disse il preside sorridendo, indicando il camino alle sue spalle. Senza farselo ripetere due volte Alice prese della polvere volante in mano.
“Promesso, grazie signore.” mormorò mentre spariva nel camino.


ANGOLO DELL'AUTRICE
(profondamente legata a chi legge, commenta e aggiunge tra i preferiti la sua storia!)
graaazie mille per essere nuovamente arrivati a leggere fino a qui.
mi fa piacere che la mia storia piaccia, e vi prego di farvi avanti anche in caso la storia non piacesse. dopo tutto è con le critiche costruttive che si migliora, no?

ROBERT90: grazie per il commento!
sono davvero molto onorata che la mia storia faccia parte delle tue preferite, esattamente come sono onorata di avere ricevuto un tuo commento!
spero che continuerai a leggere e commentare la mia storia.

MARTY_ODG: grazie per il commento!
per prima cosa devo farti i complimenti per il nome, dato che ti chiami come me, xD!
effettivamente i primi capitoli sono stati carichi di suspence, forse troppa, ma erano essenziali per presentare i personaggi, specie quelli di mia creazione!
spero che continuerai a leggere e a commentare la mia storia!

LYRAPOTTER: grazie per il commento!
mi scuso profodamente per la tua mascella. ormai mi dovresti conoscere e dovresti aspettarti di tutto da me, basta vedere quello che ho fatto succedere nell'altra storia (ritorno di Bellatrix compreso!). ad ogni modo, effettivamente sono stata un po' cattiva con James.. ma che vuoi, alla fine è una storia, qualcosa deve pur succedere senno che la si legge a fare? per quanto riguarda il litigio, non odiarmi.. avrei dovuto scriverlo in questo capitolo, poi mi sono accorta che era lungo circa 25 pagine e non era ancora finito quindi ho dovuto dividerlo. prometto, questa volta per davvero, che ogni spiegazione sarà data nel prossimo capitolo. parola d'onore! xD

MSMONTANA: grazie per il commento!
mi spiace, ma ormai penso di averlo fatto per davvero. fino a che non ho postato non credevo nemmeno io che avrei davvero scritto una cosa del genere! xD
per quanto riguarda andarlo a trovare.. diciamo che ci stiamo lavorando, al momento Alice non è troppo dell'idea di lasciare che Sirius veda il cugino! xD

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Capitolo 6
*** stasi ***


 dedico questo capitolo a tutti coloro che leggono la mia storia,
nella speranza che mi lasciate un piccolo commento!
:D

CAPITOLO 5
STASI


La lezione di pozioni era iniziata da un po’, e il professore era in ritardo come suo solito. Nessuno però se ne stupiva più di tanto. Conoscevano bene il professore. Lumacorno era molte cose, un abile pozionista, un uomo vanitoso che amava circondarsi di ragazzi promettenti e un amico fedele di Silente da molti anni, ma non era mai stato puntuale in vita sua, nemmeno durante le cene che amava tanto organizzare.
“Buona giornata ragazzi. Sedetevi, prego. Ma che succede?” disse Lumacorno entrando nell’aula e scorgendo due posti vuoti nella fila di solito occupata dai Gridondoro. Sia Alice Prewet che Sirius Black mancavano all’appello. Voltò la testa e si ritrovò di fronte la faccia tetra della sua allieva prediletta, Lily Evans. Doveva sicuramente essere successo qualcosa.
“Alice e Sirius, non sappiamo dove sono.” mormorò Peter sconsolato. Lumarco intuì al volo dove fosse il problema. A colazione aveva notato del trambusto al tavolo dei Grifondoro ma non vi aveva dato peso, preso come era nel raccontare alla professoressa McGranitt dell‘ultimo incontro con il vice ministro della magia.
“Poveri ragazzi, non deve essere facile per loro. Sono molto legati al signor Potter, non è vero? Per questa volta farò un eccezione e non farò caso alla loro assenza. Lupin, Minus, state vicino a Black, e voi, ragazze, fate lo stesso con Alice.” disse Lumacorno, togliendosi il mantello e facendo comparire sulla lavagna le indicazioni per la pozione da preparare. Non si trattava di una pozione particolarmente difficile, ma i ragazzi non sembravano interessati.
Lily, Charleen e Cristal annuirono distratte, e tornarono subito ai propri pensieri. Il professore si mise a spiegare le proprietà degli antidoti ad una platea distratta che non gli prestava la minima attenzione. Nemmeno a Lily Evans andava di fare lezione quel giorno. La ragazza era immersa nei propri pensieri, dove due vocine insistenti si davano battaglia. La prima diceva che Alice aveva ragione, che lei Potter non lo conosceva e che non era il caso che si interessasse così alle sue sorti. La seconda voce, invece, le diceva che Alice era stata ingiusta a dire quelle parole, ma che lei era stata lo stesso una sciocca a non concedere nessuna possibilità a James. Il ragazzo aveva fatto di tutto pur di farsi conoscere da lei, ma Lily era sempre stata irremovibile. In quei giorni la ragazza era arrivata a chiedersi cosa avrebbe provato in quel momento se l’anno prima invece di urlare a James che le dava la nausea gli avesse dato la possibilità che lui da tempo chiedeva.

Nell’antro più buio e desolato del castello, intanto, Sirius si torturava, ripetendosi che era il peggiore degli amici e il più grande degli idioti che il mondo avesse mai conosciuto. Sentiva di avere sbagliato tutto, ed ora era troppo tardi per rimediare. Il ragazzo era rannicchiato contro una parete, le ginocchia schiacciate contro il viso, e per quanto si sforzasse non riusciva a smettere di pensare all’ultima volta che aveva parlato con James. Riusciva a ricordare chiaramente cosa era successo quel giorno.

***
L’espresso che li stava riportando a Londra era partito già da qualche ora ed i ragazzi erano nei loro scompartimenti abituali. Le ragazze all’inizio del treno, i malandrini sul fondo mentre Frank e Sebastian facevano la spola da un posto all’altro. Nella cabina dei malandrini l’atmosfera era tesa, pesante. Da quando il padre di James era morto era diventato davvero difficile per Remus, Sirius e Peter sapere come comportarsi con il loro amico. Ogni cosa che dicevano o facevano alla fine si rivelava sempre quella sbagliata. James era cambiato, non era più lui. Remus aveva parlato a lungo con Alice. La ragazza aveva detto loro che il cugino stava soffrendo, e che dovevano solo portare pazienza. Secondo lei il tempo alla fine avrebbe risolto tutto.
“Anche io sto soffrendo James, anche io volevo bene a tuo padre.” ripeté Sirius esasperato.
La notizia della morte del padre di James era arrivata circa dieci giorni prima e aveva preso tutti loro di sorpresa. Il signor Potter era uno dei migliori auror del paese, e nessuno riusciva a capire come poteva essere stato battuto da un mangiamorte. Dopo il funerale il ragazzo si era chiuso nel suo dolore, non accettava che nessuno gli nominasse il padre e non riusciva a condividere il suo dolore con gli amici. Nella sua mente accecata da quel terribile lutto, era lui l’unico che poteva soffrire la perdita di Charlus Potter, gli altri non potevano certamente capirlo. Sirius, che era molto legato al signor Potter e gli era grato per tutto quello che aveva fatto per lui, aveva cercato di essere paziente e di stare vicino all’amico, ma in quei giorni era diventato incredibilmente complicato sopportare James Potter, persino per Sirius Black.
“È mio padre quello che è morto, non il tuo.” rispose James, guardando di traverso l’amico. Sirius si morse la lingua. Avrebbe voluto rispondere che forse, se fosse stato il suo vero padre a morire, Orion Black, e non Charlus Potter, avrebbe sofferto sicuramente di meno, ma decise di non dire niente. Sarebbe servito solamente a peggiorare l‘umore di James, già molto instabile. Nella cabina cadde il silenzio, nessuno si decideva a dire niente.
Fuori dal finestrino il panorama correva veloce. L’estate era arrivata, calda e luminosa come sempre, e faceva da contrasto con la sofferenza e la tensione che regnavano in quel vagone solitamente allegro e rumoroso.
“Lui era mio padre, e ora non c’è più..” ribadì James, fissando il vuoto. Sirius a quelle parole sentì andargli il sangue alla testa.
“Cosa diamine vuoi dire? Soffri di più solo perché avete lo stesso sangue? Sei un bambino, la Evans ha ragione.” ringhiò Sirius, perdendo la calma. Erano giorni che James non faceva che dire o fare idiozie, stargli vicino cominciava ad essere complicato. Alla fine era esploso.
“Lascia fuori Lily da questa storia.” rispose James, colto sul vivo. Le parole che la rossa gli aveva rivolto qualche giorno prima nel parco lo avevano ferito. Non faceva che pensarci e ripensarci continuamente.
“No, invece. Sei egocentrico, devi essere sempre al centro dell’attenzione. Tu giochi meglio, tu sei il più ammirato, tu soffri di più. Pensi di essere dio in terra, beh, non lo sei.” urlò Sirius, ormai completamente fuori di sé. Peter guardava la scena spaventato, Remus invece era un pezzo di ghiaccio.
“Che diavolo stai dicendo?” chiese James, spaesato. Come poteva il suo migliore amico avere parole così dure per lui? Era suo fratello, la persona che meglio lo conosceva al mondo. Era davvero questo quello che pensava di lui?
“Che mi sono rotto le scatole di questi atteggiamenti. Sono stufo di te che ti comporti come se fossi il sole e tutti noi dovessimo ringraziarti della tua presenza.” continuò Sirius, senza accennare a calmarsi. Sulla porta dello scompartimento erano comparse anche Cristal e Alice, ma nessuno dei ragazzi le aveva notate presi come erano dalla discussione. Le due ragazze stavano assistendo sbigottite alla scena, senza riuscire a spiccicare una sola parola.
“Da quando pensi queste cose?” mormorò James a bassa voce, quasi temendo la risposta.
“Le ho sempre pensate, ma non te le ho mai dette. Ti ho sempre lasciato fare, credere di essere dio perché non mi dava fastidio. Sai una cosa? Ora basta, la misura è colma.” concluse Sirius battendo i pugni sul sedile. Non era vero, stava mentendo. Sirius non aveva mai pensato quelle cose, era stato il senso di impotenza a farlo parlare. Quella terribile sensazione di non riuscire ad aiutare il suo amico lo aveva fatto straparlare, ed ora l’orgoglio gli impediva di tornare sui suoi passi. James sentì il cuore andargli il pezzi, per la terza volta in poche settimane. Prima la notizia della morte del padre, poi le parole di Lily, e ora anche Sirius. Come aveva potuto non accorgersi prima di quello che provavano le persone che aveva intorno? La sua vita in poco meno di un mese era andata in frantumi e a lui non era rimasto altro che pochi cocci rotti da rimettere insieme.
“Sei un ipocrita, pensavo fossi mio amico e invece sei come tutti, come la Evans. Invece che starmi vicino mi date addosso.” urlò James, cercando di trattenere le lacrime. Non sarebbe scoppiato a piangere di fronte a Sirius, non gli avrebbe dato questa soddisfazione.
“Starti vicino è impossibile James. Come si fa a stare vicino a uno che si crede sempre il migliore?” chiese Sirius con un ghignò quasi divertito sul volto. Nemmeno questo era vero. James non gli aveva mai fatto pesare i suoi successi sportivi, così come non aveva mai fatto pesare a Remus le ore passate in biblioteca per diventare animagus illegali o tutto quello che aveva fatto per lui da quando era scappato di casa.
“Non ho bisogno di te.” rispose James, cercando di essere freddo quanto l’amico. Peter prese a tremare, terrorizzato mentre il cuore di Remus a quelle parole perse qualche battito.
“Nemmeno io ho bisogno di un amico che non mi ascolta e che mette sempre al primo posto se stesso. Ti credi dio, bene, resta da solo con i tuoi problemi.” disse Sirius, deciso.
James si guardò intorno, cercando gli amici conforto. Si specchiò negli occhi di Remus e vide l’ombra di se stesso. Il ragazzino allegro che era salito sul treno qualche mese prima non c’era più, al suo posto c’era un fantasma che non aveva nemmeno la forza di piangere. Era stanco. Tutto quello che voleva era dormire, chiudere gli occhi e non pensare più a nulla. Non ne poteva più di decisioni da prendere e di persone da non deludere. Doveva sembrare forte per sua madre, per sua cugina, per sua zia e per i suoi amici ma la verità era che non ne aveva più la forza. Era arrivato al limite.
“Remus, Peter?” chiese James speranzoso senza ottenere risposta. Peter si spostò vicino a Sirius, quasi a chiederne la protezione e poi annuì. Persino il piccolo Peter lo aveva abbandonato. Cercò Remus, ma trovò al suo posto un muro di indifferenza. Sembrava che tutta quella storia non lo toccasse, che né Sirius né James fossero tanto importanti da richiedere il suo intervento in quella discussione.
“Che c’è? Vuoi il loro appoggio? Pensi davvero che daranno ragione a te?” lo schernì Sirius.
“Voi mi volete bene, vero? Sirius, tu mi vuoi bene..” chiese James, quasi implorante. Aveva bisogno del loro affetto, era l’unica cosa che potesse farlo andare avanti. Non gli era rimasto altro che loro. Quel momento terribile lo poteva superare solo se i suoi amici gli fossero rimasti accanto, da solo non ce l’avrebbe fatta di sicuro.
“Non ne sono più così sicuro, Potter.” rispose Sirius, freddo e distaccato, usando lo stesso tono che per anni aveva riservato solamente alla sua famiglia. James, disperato, si ritrovò a chiedersi se la loro grande amicizia fosse davvero finita in quel modo.
Cadde il silenzio, rotto solo dai singhiozzi silenziosi di James che Sirius cercava con tutto se stesso di ignorare dicendosi che non importava più niente di James Potter. Quello che voleva con tutto se stesso era stringere James e dirgli che andava tutto bene, ma era bloccato.
Il treno cominciò a rallentare, per poi fermarsi. Dal vetro abbassato per metà arrivavano gli schiamazzi di fratelli minori, cugini, genitori venuti a riprendersi i loro cari e a condurli nei luoghi di villeggiatura. I ragazzini più piccolo strillavano eccitati, pregustando le imminenti vacanze estive. Charlus Potter era sempre venuto a prendere il figlio con un sacchetto pieno di dolci, ma quell’anno James sapeva che ad aspettarlo ci sarebbe stato solamente il vuoto.
“Sirius, forza andiamo, siamo in stazione.” squittì Peter, tirando Sirius per la veste. Remus si alzò, e fece per seguire i due amici. James invece, sembrò non avere le forze per muoversi dal sedile sul quale era ricaduto. Sirius si voltò istintivamente verso l’amico, e frenò a fatica l‘istinto di tendergli una mano per aiutarlo ad alzarsi. Per un po’ sembrò quasi che stesse per dire qualcosa di importante, poi scosse la testa.
“Passa buone vacanze, Potter.” disse alla fine, distaccato.
“Ma Sirius, tu dovevi venire da me quest’estate. Non ricordi?” disse James, la voce ridotta a poco più di un sussurro. Sirius era scappato di casa qualche mese prima, durante le vacanze di Natale, e da allora si era trasferito da James, a Godrig’s Hollow. I signori Potter lo avevano accolto come un figlio e James era stato felicissimo di avere qualcuno con cui dividere la sua stanza.
“Ho avvisato mio zio che starò con lui. Sai, non vorrei disturbare l’incredibile sofferenza del principino di casa.” rispose Sirius prima di andarsene e sbattere la porta alle sue spalle.
James Potter sentì la porta sbattere, e capì di essere rimasto solo. Non c‘era più nessuno per lui, non suo padre, non Lily, non Sirius e neppure i malandrini. Era tutto finito, era solo. Scese dal treno come un automa, andando a sbattere contro le persone senza nemmeno rendersene conto. Alice gli corse incontro, preoccupata, ma lui la allontanò.
“Torna domani..” disse solamente mentre si allontanava solitario.
***

Sirius sospirò e lasciò che le lacrime che tratteneva da troppo tempo scendessero copiose. Sfogarsi gli stava facendo bene anche se pensare a Jamie, solo, in un letto d’ospedale, era peggio di una pugnalata. Quei ricordi erano dolorosi, facevano più male di qualsiasi schiaffo o pugno che avesse mai ricevuto nella sua vita. Era stata tutta colpa sua e del suo maledetto orgoglio. La cosa che Sirius desiderava di più in quel momento era tornare indietro, poter cambiare le cose, ma nemmeno la magia poteva aiutarlo. Anche se sei un mago non sempre basta scuotere la bacchetta perché ogni cosa torni al suo posto.
Dall’oscurità comparve un’ombra familiare che si avvicinava lentamente a lui, ma il ragazzo non ci fece caso.
“Vattene..” disse Sirius, senza nemmeno preoccuparsi di capire bene chi fosse. Non gli andava che qualcuno lo vedesse in quello stato, non aveva voglia di dare spiegazioni.
“Sta zitto Black.” rispose Remus, sedendosi a fianco dell’amico. I due rimasero in silenzio per un po’, fino a che Sirius crollò e si ritrovò a piangere come un bambino con la faccia schiacciata contro la spalla dell’amico.
“Va tutto bene, sfogati..” sussurrò Remus all’orecchio di Sirius, accarezzandogli la testa. Conosceva abbastanza bene Sirius da sapere che prima o poi sarebbe dovuto crollare, e che in quel momento avrebbe avuto bisogno di un amico al suo fianco che non facesse troppe domande.
“Ha ragione lei, è colpa mia..” cominciò a ripetere ossessivamente Sirius, quasi fosse una litania, stringendosi ancora di più a Remus.
“Non dire cavolate..” cercò di consolarlo Remus, risultando però poco convincente.
“Gli ho detto che non mi importava di lui e gli sbattuto la porta in faccia. Se morisse ora sarebbe questo l’ultimo ricordo che avrebbe di me.” disse alla fine Sirius, guardando Remus dritto negli occhi. Gli occhi blu del ragazzo erano colmi della stessa tristezza e dello stesso dolore che vedeva riflessa in quelli color miele dell’amico.
“Il mio invece sarebbe un muro di ghiaccio..” rispose Remus, prima di lasciarsi andare a sua volta in un pianto disperato sulla spalla di Sirius.

Alice spinse la porta e si ritrovò in quella sala d’aspetto che ormai le era quasi familiare quanto il salotto di casa sua. La prima volta che ci era entrata erano i primi giorni di luglio e il sole estivo splendeva, rendendo le giornate calde e afose. Ormai l’autunno era alle porta ma quella saletta non era cambiata quasi per nulla, tranne per le persone che vi sostavano e pregavano per i loro cari. Molly stava portando un caffè alla sorella di un ragazzo ricoverato, Robert. Dei figli dell’altro paziente, l’anziano mago Jeremy, non c’era più traccia e la porta della sua stanza semi aperta lasciava intravedere il letto rifatto.
“Che ci fai qui? Non sei scappata da scuola, vero?” chiese preoccupata la medimaga, andando incontro ad Alice e appoggiandole un braccio intorno alle spalle con fare materno.
“No, io..” iniziò la ragazza, senza sapere bene come andare avanti. Molly riusciva a metterla in soggezione nonostante la dolcezza e la gentilezza che metteva in ogni gesto che faceva. Dopo tutto quella donna era colei che si occupava di Jamie, che faceva in modo che il suo adorato cugino continuasse a restare in vita. Dall’altra parte della sala c’era sua madre, il capo chino tra le ginocchia e l’espressione stanca. Ogni giorno era sempre più difficile perché le speranze che James tornasse quello di prima si riducevano sempre di più.
“Alice..” la chiamò sua madre, avvicinandosi a lei, cercando di sorriderle.
“Mamma, mi vergogno così tanto di me stessa.” mormorò Alice, gettando le braccia al collo della madre e stringendola forte. In quel momento la porta della stanza di James si aprì, e Dorea raggiunse le due donne, attirata dalla voce della nipote. Dorea, come la cognata, era stupita di trovare lì la nipote, ma non fece domande.
“Tesoro, calmati. Raccontaci quel che è successo.” disse invece la donna, accarezzando la testa di Alice. I suoi occhi erano scavati e segnati da profonde occhiaie, sembrava non riposasse da troppo a lungo ma nei suoi occhi si intravedeva la forza della determinazione che la spingeva a non arrendersi. Doveva credere e sperare con tutte le sue forze che James ne sarebbe uscito, oppure sarebbe impazzita.
“Il sogno.. Sono settimane, mesi forse, che sogno James. Non faccio che vedere il suo funerale. È terribile. Oggi ho perso la calma ed ho detto delle cose terribili a Lily e Sirius.” iniziò Alice, mettendo insieme frasi quasi senza senso. Dorea chiuse gli occhi per qualche istante, quando li riaprì erano colmi di lacrime. Anche lei aveva sognato spesso il funerale di James, per poi svegliarsi scossa da terribili spasmi nervosi. Non poteva perdere anche suo figlio, il suo James, quel bimbo che aveva tanto desiderato e cullato dentro al suo ventre per nove mesi, e che era diventato un adorabile peste ed un ragazzo coraggioso con un cuore grande, sempre disposto ad aiutare tutti.
“Ero molto scossa, il preside mi ha chiesto se volevo venire qui.” continuò la ragazza, spiegando la ragione della sua presenza lì in ospedale.
“Piccola, non ti preoccupare. Vedrai che i tuoi amici capiranno.” la rincuorò sua madre. Alice annuì, senza la forza di aggiungere altro.
“Va da Jamie..” disse Dorea dolcemente, spingendola verso la stanza dove riposava il figlio.
Alice esitò un po’ sulla porta, poi fece forza sulla maniglia ed entrò.
La stanza sembrava decisamente diversa rispetto all’ultima volta che l’aveva vista. Le tende erano state aperte, e i raggi di sole che filtravano dalla finestra davano all’ambiente un aspetto meno cupo e tenebroso. Oltre al dolore in quella stanza si riusciva a percepire almeno un pizzico di speranza. Alice si avvicinò al letto di James, e si sedette direttamente sul materasso stando attenta a non toccare nessuno dei marchingegni magici collegati con il corpo del cugino che vegliavano sul suo riposo.
“Ciao Jamie.” salutò Alice, stringendo la mano di Jamie come faceva sempre. Quel contatto le fece venire i brividi, la mano di James era ancora più fredda di quanto lei ricordasse. Alice studiò James a lungo, ma non riuscì a intravedere nulla di nuovo. Nessun miglioramento. Tutto era rimasto come l’ultima volta che lo aveva visto, come sempre da quando il ragazzo era stato ricoverato. Il suo volto era sempre tirato e stanco, quasi stesse combattendo una battaglia più grande di lui, e non c’era traccia del bellissimo sorriso che le aveva sempre illuminato la giornata. Molte volte a Hogwarts, quando la giornata iniziava male bastava un suo sorriso, due parole gentili e improvvisamente tutto tornava come prima, o forse meglio. Senza di lui al castello si sentiva sola, persa.
“Ho fatto ancora quel sogno, sai? Era terribile.” continuò la ragazza, fissando intensamente gli occhi color nocciola del cugino, chiusi in un sonno che durava da troppo tempo. Rimase per un po’ in silenzio, semplicemente fissandolo, poi si accorse che i suoi occhi lacrimavano, scendendo a bagnare il volto.
“Quando ti vedo piangere mi sembra che mi ascolti. Perché è così, vero? Tu capisci ogni cosa che ti dico. Ne sono sicura.” disse Alice, asciugando delicatamente le lacrime che solcavano il volto pallido di James. Un sospiro alle sue spalle comunicò ad Alice la presenza di qualcun altro nella stanza, proprio alle sue spalle.
“Zia..” disse Alice, notando la donna che guardava la scena appoggiata allo stipite della porta, cercando di soffocare le lacrime per non turbare la nipote e il sonno del figlio.
“Scusa, non volevo spaventarti. È così bello vedervi insieme, anche se..” iniziò Dorea, prima di interrompersi a causa di un’improvvisa crisi di pianto.
“Si sveglierà.” disse Alice sicura.
“Lo spero tanto.” mormorò Dorea. Non era mai stata credente, ma da qualche mese a quella parte il suo tempo libero, quando non era in ospedale, lo trascorreva in chiesa.
“Io lo so invece.” disse ancora Alice sorridendo. Le due donne rimasero per un po’ in silenzio, a fissare il ragazzo che dormiva profondamente.
“Gli ho letto tutte le lettere, sai?” sussurrò Dorea, indicando una grossa pila di fogli ordinatamente impilata sul comodino alla destra di James. Alice non disse niente e tornò a dedicare tutta la sua attenzione al cugino.
La ragazza rimase nella stanza di James per tutta la mattina, tenendogli la mano e raccontandogli cosa era successo in quei primi giorno di scuola, fino a che l’orologio sulla parete le ricordò la promessa fatta al preside di tornare al castello per pranzo.
Salutò Jamie con il solito bacio sulla guancia, lo abbracciò e appoggiò la testa sul petto del ragazzo. Alice notò che il suo cuore batteva in modo regolare, e non c’era nulla in lui che lasciava trasparire il fatto che stesse male, tranne che non decideva a riaprire gli occhi.
La ragazza sospirò e lasciò la stanza. Fuori dalla porta trovò sua madre seduta ad aspettarla con le braccia incrociate sul petto.
“Perché non fai venire anche i suoi amici domenica?” propose la madre di Alice, rompendo il silenzio che regnava in quella sala d’aspetto asettica.
“Perché dovrebbero? Non lo hanno cercato tutta estate, a loro non importa nulla di James. Sono solo un mucchio di egoisti.” sbottò Alice, cercando di non alzare troppo la voce.
“Non essere ingiusta, hanno scritto un mucchio di lettere. Non ricordi?” sussurrò Dorea, abbozzando a fatica un sorriso e sedendosi vicino alla madre di Alice. Molly era appena entrata per controllare James e per somministrargli alcune pozioni.
“Remus forse, Sirius non merita nulla. Non dopo il modo in cui lo ha trattato..” rispose Alice decisa, fissando la porta chiusa di fronte a sé. Le donne si scambiarono uno sguardo di intesa, prima di tornare a fissare Alice.
“Non pensi che forse Sirius stia già soffrendo abbastanza per quello senza che tu lo punisca ancora? È terribile sapere che il tuo migliore amico è in coma e tu non puoi fare nulla, nemmeno andare a trovarlo.” ribatté la madre, saggiamente.
“Lily e Charleen allora? Dovrebbero venire anche loro?” chiese Alice alzando di poco la voce.
“Io dico che chiunque voglia venire dovrebbe essere il benvenuto. Lo so che tu pensi che siano egoisti e che non vogliano davvero bene a James, ma aspetta di vederli qui per giudicare.” rispose Dorea, fissando il muro che la separava dal figlio.
“Forse avete ragione.” ammise alla fine Alice, poco convinta.
“Non serve che rispondi ora, ma promettimi che ci pensi.” le chiese sua madre, quasi supplicante. Alice annuì con un gesto quasi impercettibile della testa.
“Devo tornare al castello.” disse poi Alice, salutando le due donne prima di sparire nel camino.

Quando Frank arrivò nella Sala Grande per il pranzo rimase stupito di trovare Alice già a tavola. La sua espressione era più serena rispetto a quella mattina, e il suo sguardo triste sembrava più deciso ad affrontare quella terribile situazione. Era come se qualcosa, o forse qualcuno, le avesse dato quella forza per andare avanti che la ragazza in quei giorni sembrava avere perso. Frank si sedette di fianco a lei e le passò un braccio intorno alla vita.
“Sei stata dura stamattina a colazione..” mormorò piano Frank all’orecchio della sua ragazza, prima di stamparle un dolcissimo bacio sulle labbra. Alice chiuse gli occhi, e realizzò quanto le erano mancate le tenere attenzioni del suo ragazzo in quei giorni. Aveva sbagliato ad allontanare tutti, specialmente il suo Frank.
“Lo so, Frank. Mi dispiace, soprattutto per Lily.” disse Alice in un sussurro lasciandosi andare completamente e godendosi quell’ abbraccio.  
“Anche Sirius non si meritava quelle parole, sta già soffrendo abbastanza.” ribatté Frank con uno sguardo accigliato.
“Lo hanno detto anche mia madre e mia zia, sai?” ricordò Alice, ripensando alla conversazione avuta poco prima con le due donne.
“Quando ci hai parlato?” chiese Frank, stupito. Aveva immaginato che dopo la discussione avuta poche ora prima Alice non fosse andata a lezione, ma decisamente non credeva che fosse andata da sua madre.
“Stamattina. Silente mi ha convocato nel suo studio dopo la scenata a colazione e mi ha chiesto se volevo andare a San Mungo. Vedere Jamie mi ha fatto bene, mi sono calmata e ho capito molte cose.” spiegò Alice, raccontando a Frank tutti i dettagli di quella mattinata. Il ragazzo rimase in silenzio per un attimo, indeciso se fare o meno una domanda.
“Come sta?” chiese alla fine. La ragazza non rispose subito.
“Il solito..” disse poi Alice, abbassando lo sguardo. Sapeva che non doveva farsi illusioni, eppure una parte di lei aveva sperato di trovare James migliorato, sul punto di svegliarsi.
Proprio in quel momento gli altri ragazzi entrarono in Sala Grande e si avvicinarono al tavolo, anche Sebastian era con loro. Lily e Sirius chiudevano il gruppo, entrambi a testa bassa e con gli occhi rossi. Sembravano persi in un altro mondo e non facevano caso alle occhiate curiose e maligne che la gente mandava loro.
“Alice, grazie al cielo. Eravamo tutti preoccupati, non sapevamo dove ti fossi cacciata.” esclamò Cristal, quasi saltando al collo dell’amica. Alice sorrise, e si ritrovò a pensare a quanto fossero cambiate le cose rispetto all’anno precedente. Quella terribile tragedia era riuscita a riunire in un solo gruppo i malandrini, le ragazze, Frank e Sebastian. Se Jamie fosse stato lì con loro sarebbe stato al culmine della felicità.
“Lily, Sirius, mi spiace..” mormorò piano Alice, guardando negli occhi i due ragazzi.
“Avevi ragione.” disse Sirius in un sussurro, lasciandosi cadere seduto su una sedia.
“Lo so, ma non avrei dovuto urlarvi addosso a quel modo.” ribatté Alice.
“Possiamo parlarne, se siete tutti d’accordo.” propose Charleen sorridendo. Non era arrabbiata con Alice, aveva capito che la ragazza aveva detto quelle cose perché aveva bisogno di prendersela con qualcuno e non perché le pensasse veramente.
“Mi sembra decisamente la cosa migliore.” esclamò Remus, annuendo con decisione. Parlare di quella situazione serenamente avrebbe fatto bene a tutti.
“Qui? Mentre tutti questi avvoltoi ci stanno con il fiato sul collo per sapere che stiamo dicendo?” commentò Sebastian guardandosi intorno con astio. Frank sospirò, e pregò silenziosamente che l’amico non facesse nessuna scenata. Non aveva nessuna voglia di trattenerlo come aveva fatto quella mattina.
“Stasera, con calma. Nella stanza dei ragazzi visto che noi nel vostro dormitorio non possiamo entrare. Che ne dite?” propose Frank guardando gli amici che annuivano, più o meno convinti.
“Io, avrei una proposta. Domani è sabato, non ci sono le lezioni..” iniziò Alice, indecisa se andare avanti o meno. Sapeva che era la cosa giusta da fare, ma allo stesso tempo era anche la più difficile.
“Vuoi parlare ai Tre Manici, di fronte a una burrobirra?” le venne in aiuto Cristal. Alice scosse la testa, sospirò e prese coraggio.
“No, a San Mungo. Potremmo andare tutti da Jamie, e parlare lì..” disse alla fine. Improvvisamente il silenzio era caduto al loro tavolo. Presi alla sprovvista, nessuno sapeva bene come rispondere. Da quando avevano saputo di James, tutti loro avevano desiderato di poter andarlo a trovare, ma non avevano mai osato chiederlo per paura di un rifiuto della ragazza, specie dopo la discussione di quella mattina.  
“Vuoi davvero che io mi avvicini a Jamie dopo tutto quello che gli ho fatto?” chiese Sirius alla fine, dopo quello che parve essere un tempo lunghissimo. Gli sguardi di tutti erano fissi su Alice, in attesa di una sua risposta.
“Onestamente? No, penso che tu e Lily in qualche modo siate responsabili e che non meritiate di vederlo. Ma in fondo tu sei il suo migliore amico e lei è la ragazza che lui ha sempre amato, ed entrambi state già soffrendo abbastanza per quello che è successo. Vedervi gli farà bene, e farà bene a tutti. Non ne posso più di tutta questa tristezza. Jamie non ci vorrebbe così..” disse alla fine la ragazza, con gli occhi lucidi.
“Grazie Alice.” rispose Sirius, abbracciandola. Per l’ennesima volta in meno di una giornata gli occhi del ragazzo si riempirono di lacrime silenziose.
“Ali, non so che dire.” mormorò Lily, dopo che Alice si staccò da Sirius.
“Perdonami per le mie parole, non volevo ferire né te né Charleen.” mormorò Alice. Si sentiva davvero molto in colpa per quelle parole.  
“È tutto a posto.” rispose Charleen sorridendo. Improvvisamente tutti loro si sentivano più leggeri e rilassati, anche se la preoccupazione per la salute del loro amico restava.
“Frank, abbiamo trasfigurazione. Dobbiamo muoverci!” sbottò tutto d’un tratto Sebastian, notando che la Sala Grande era ormai quasi vuota e che loro erano quasi in ritardo.
“Arrivo, a stasera amore mio.” salutò Frank, mandando un bacio ad Alice.
“Andiamo anche noi?” chiese Remus, guardando gli amici. Sirius, Peter, Charleen, Cristal e persino Lily alzarono le spalle. Nessuno aveva voglia di fare lezione quel giorno.
“Certo, non voglio fare tardi ad incantesimi.” disse decisa Alice, mentre sul suo viso compariva un sorriso. I ragazzi si guardarono tra loro, alzarono le spalle e si diressero a lezione senza farsi troppe domande.

ANGOLO DELL'AUTRICE:
innanzitutto, GRAAAZIE a tutti coloro che leggono, mettono nei preferiti/seguiti e soprattutto COMMENTANO la mia storia.
a tutti i lettori silenziosi, oltre ai miei ringraziamenti va anche la preghiera di scrivere qualche riga per dirmi cosa ne pensate. :D

MARTY_ODG: grazie mille per il commento
sono davvero contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto, spero non mi odierai troppo per la scena in cui Sirius piange. trattandosi di una fic in cui James è in coma penso che il povero Sirius abbia davvero poco di cui stare allegro!
anche a me Sirius piace molto come personaggio, in particolare mi piace soffermarmi sulle sue emozioni cosa che invece ODIO fare con Peter. :D

ROBERT90: grazie mille per il commento
ti chiedo scusa se gli aggiornamenti si sono fatti più radi rispetto all'inizio, il problema è che i primi capitoli erano già pronto mentre questi li sto scrivendo "in tempo reale", quindi va da sè che mi ci vuole un po' più di tempo. la storia poi è anche in un punto delicato, per non parlare del fatto che devo pure studiare per gli esami. insomma, è un casino! spero che porterai pazienza con me! :D
il capitolo a cui ti riferisci è forse quello a cui ho dedicato più tempo, quello che mi piace di più quindi capisco le tue parole. tuttavia spero che la mia storia ti continui a piacere lo stesso! Alice nello scorso capitolo aveva bisogno di sfogarsi, ma niente paura, è una persona intelligente e razionale e si è ha già chieto scusa.

MSMONTANA: grazie mille per il commento
Alice aveva bisogno di sfogarsi e di dare la colpa a qualcuno per quanto è successo. inoltre, lei sa come James si è fatto male, gli altri non ancora. fidati di me quando dico che si tratta di un particolare che ha avuto la sua importanza nelle parole di Alice.
(sono misteriosa, lo so, ma se ti anticipo tutto poi non hai più la sorpresa..)
l'incubo di Alice penso sia quello di tutti coloro che hanno un parente o un amico grave in ospedale.

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Capitolo 7
*** visite e chiarimenti ***


CAPITOLO 6
VISITE E CHIARIMENTI

Il giorno seguente era arrivato fin troppo in fretta, senza che i ragazzi se ne rendessero conto e tutti loro provavano un senso di ansia.
Nessuno sapeva bene cosa avrebbero trovato a San Mungo e ognuno aveva passato la serata precedente cercando di stemperare la tensione un po’ a modo suo. Alice, Lily, Cristal e Charleen avevano passato la serata a parlare come non facevano da un po’, e tutti i dissapori tra loro erano stati completamente superati. Alla fine erano anche riuscite a ridere insieme mentre ricordavano i loro primi anni al castello e le figuracce storiche che avevano fatto con i professori. Dietro quei discorsi spensierati si celavano però tutte le loro paure. Charleen era la più in ansia. Da quando anni prima suo nonno era morto non era più riuscita a mettere piede in un ospedale senza tremare. Lily, invece, aveva quasi passato l’intera notte a chiedersi che effetto le avrebbe fatto vedere James malato, immobile in un letto.
Se chiudeva gli occhi e pensava a lui, Lily vedeva un ragazzo che non stava mai fermo, sempre con il sorriso sulle labbra, la battuta pronta e un’aria un po’ strafottente. Persino quando aveva la febbre James riusciva a combinare guai e a scappare dalle grinfie dell’infermiera del castello per chiederle un appuntamento. La ragazza sorrideva tra sé malinconica e pensava che fino a quel momento lo aveva odiato e si era rifiutata di aver alcun rapporto con lui proprio per quel suo modo di essere. Proprio per quegli stessi particolari e per quelle stesse abitudini che ora le mancavano così tanto.  

Tra i ragazzi invece la tensione era più evidente e Sebastian cercava di stemperarla facendo più rumore possibile, cercando di scacciare i brutti pensieri dalla testa degli amici. Inutile dire i suoi sforzi erano vani. Remus guardava il compagno di casa, e nei suoi gesti e nei suoi sorrisi riusciva a rivedere un po’ di James. Sicuramente se fosse stato al loro posto avrebbe trovato il modo di ridere anche di quella situazione. Sirius era silenzioso e stava per i fatti suoi. Un paio di volte Peter aveva provato a richiamare la sua attenzione, ma non c’era stato verso. Solo verso la fine della serata, quando ormai era molto tardi, il ragazzo si era avvicinato agli amici e aveva abbozzato un sorriso poco convincente, prima di buttarsi a letto.
La mattina seguente, a colazione, tutti loro avevano mille domande da fare ad Alice, ma nessuna voglia di parlare. Si lasciarono guidare dalla ragazza, obbedienti, prima nell’ufficio della McGranitt e poi lungo i corridoi del San Mungo, fino alla stanza in cui si trovava James. Fuori dalla porta trovarono la madre di Alice insieme alla madre di James. Lily fissò le due donne per qualche istante, poi abbassò la testa, sentendosi quasi colpevole per il loro dolore.
“Mamma, zia..” salutò Alice, avvicinandosi alle due donne. Quella mattina Dorea Potter aveva una faccia più stanca del solito, ma trovò lo stesso la forza di sorridere agli amici del figlio, venuti fin lì per passare qualche ora con lui. Dorea era molto grata ad Alice per tutto quello che faceva per James, e sperava con tutto il suo cuore che servisse a qualcosa. Tra i ragazzi individuò quasi subito Sirius, lo raggiunse e lo strinse forte a sé per qualche istante, senza dire nulla. Il ragazzo la lasciò fare, imbarazzato, mentre gli occhi di entrambi si rigavano di lacrime. Vedere Dorea piangere con il viso segnato dalla stanchezza rendeva tutto terribilmente reale che ormai era quasi impossibile pensare che fosse solamente un brutto sogno. Charleen era sperduta, e si aggrappava con tutte le sue forze a Cristal e a Sebastian per scacciare i vecchi ricordi dalla sua mente.
“Ci hai dato retta alla fine, brava.” si complimentò la madre di Alice, abbracciando la figlia. La ragazza annuì appena, con un impercettibile movimento del capo, mentre la madre tese la mano per salutare Frank.
“Noi andiamo a bere qualcosa, se avete bisogno siamo giù al bar. Va bene?” aggiunse Dorea, dopo essersi staccata da Sirius.
In quel momento alle spalle della comitiva comparve Molly, perfetta come al solito nella sua uniforme bianca.
“Siete pronti?” chiese sorridendo tranquilla, mentre i ragazzi la studiavano con attenzione. Doveva fare quel lavoro da anni, si ritrovò a pensare Remus. James non era certamente il primo ragazzo che vedeva in coma, chissà quante altre volte si era trovata davanti gruppi di amici come loro, e quante volte aveva posto la stessa domanda. Forse per lei quella era la quotidianità mentre per loro era una situazione nuova che mai si erano aspettati o avrebbero voluto vivere. Molly continuava a fissarli, in attesa di una risposta che tardava ad arrivare. Dopo qualche istante i ragazzi annuirono, ma nessuno di loro pensava di essere davvero pronto per quello che li aspettava oltre la porta.
Alice fu la prima ad entrare, tenendo saldamente la mano di un agitatissimo Frank.
La stanza di James era illuminata dalla luce del sole, proprio come l’ultima volta che la ragazza era stata lì, e qualcuno aveva anche sistemato dei fiori bianchi sulla finestra. L’attenzione dei ragazzi fu attirata quasi subito dai poster e dalle fotografie di ragazzi sorridenti che erano appesi tutto intorno al letto. In quasi tutte le foto compariva James. C’erano un sacco di foto dei malandrini, della squadra, di Alice e persino degli scatti rubati a Lily. Appoggiata alla testata del letto c’era anche una sciarpa con i colori della loro casa, Grifondoro. Alice si fermò a guardare sorpresa, chiedendosi quando la zia avesse portato tutte quelle cose e dandosi mentalmente della stupida per non averci pensato lei.

“Ciao Jamie!” salutò poi Alice allegramente, come faceva sempre entrando in quella stanza.
I ragazzi rimasero per qualche istante senza fiato a fissare il silenzioso occupante del letto.
Il saluto della ragazza, così pieno di vita faceva letteralmente a pugni rispetto allo stato della persona a cui era rivolto. James era come al solito immobile nel suo letto, pallido quasi come un fantasma e provato da tutti quei lunghi mesi a letto, mentre tutti i suoi amici tenevano lo sguardo fisso su di lui senza sapere cosa fare o come comportarsi. Alice avvertiva chiaramente lo smarrimento e la confusione degli amici, e cercò di smorzare quella situazione comportandosi come faceva sempre. Non voleva che James avvertisse quel disagio, gli avrebbe fatto solo male.
“Oggi non sono sola. Sai, ci sono anche i tuoi amici. C’è anche Remus che ti ha scritto per tutta l’estate, sei contento?” continuò Alice, avvicinandosi al letto e stringendo forte la mano del cugino. Remus fece vagare lo sguardo per la stanza, e notò una grossa pigna di lettere sul comodino, proprio di fianco agli occhiali da vista dell‘amico. Tra quel mucchio di carta dovevano esserci tutte le lettere che lui aveva scritto durante i mesi estivi. Quelle stesse lettere che lui aveva pensato fossero state buttate.
“Ciao James, allora le lettere non sono andate perse..” mormorò piano Remus, cercando di controllare l’emozione della voce e senza staccare gli occhi dal viso privo di espressione di James. Era una sofferenza vederlo in quello stato, Remus avrebbe barattato senza pensarci due volte qualsiasi cosa pur di vederlo sorridere ancora.
“Gliele ho lette io. Avrei dovuto risponderti, avvertirti, ma non ne avevo la forza.” spiegò Alice, senza staccare lo sguardo da James. Di nuovo cadde il silenzio. I ragazzi se ne stavano lì, immobili, senza riuscire a dire niente. Tutti i propositi, tutti i discorsi che si erano preparati sembravano lontani, persi. Sirius era come in trance, la vista dell’amico di sempre in quelle condizioni aveva soffocato dentro di lui qualsiasi sentimento. Era come morto. Peter tremava come una foglia, smarrito, privo di punti di riferimento. Frank aveva lasciato la mano di Alice, che ora sedeva sul letto del cugino, e stava al fianco di Sebastian, immobile e impacciato. Cristal piangeva, tenendo la mano di Lily, che provava un infinito senso di colpa. Charleen invece si sentiva impotente, esattamente come quando aveva visto il nonno andarsene per sempre.
“James, mio dio. È terribile.” biascicò Sebastian. Improvvisamente l’allegria della sera precedente era scomparsa, volatilizzata. Se un dissennatore fosse entrato in quella stanza non avrebbe trovato nessun sentimento felice da portare loro via. Lentamente, Sirius si avvicinò al letto di James e crollò in ginocchio al suo capezzale.
“Amico, non avrei dovuto dirti quelle cose.. Mi spiace..” mormorò piano Sirius, scoppiando in un pianto disperato. I ragazzi distolsero lo sguardo, imbarazzati, quasi colpevoli di stare assistendo ad uno sfogo così privato tra i due amici.
“Sembra quasi stia dormendo.” osservò Lily, scrutando con attenzione ogni minimo dettaglio della figura del ragazzo nel letto. Aveva odiato per anni quel ragazzo, ed ora si sentiva morire dentro vedendolo così. Era pena quella che provava, o forse c’era dell’altro?
“Già, solo.. Non si sveglia..” rispose Alice, asciugando con un fazzoletto gli occhi di James che avevano preso a lacrimare. Tra i ragazzi cadde il silenzio.
“Alice, senti.. Io avrei una domanda. Come ha fatto a..” iniziò Frank, chiedendosi se era il caso di fare davvero quella domanda proprio lì, di fronte a James.
“Non si sa bene.” rispose Alice, intuendo a cosa si riferiva il suo ragazzo. Sapeva bene che prima o poi avrebbero fatto quella domanda, e che lei avrebbe dovuto trovare il coraggio di dare loro una risposta.
“Come?” chiese Peter confuso. Alice sospirò, accarezzando piano il viso di James.
“Era solo nella stanza quando è successo.” spiegò pazientemente Alice, senza staccare lo sguardo nemmeno per un attimo da cugino. Sirius si ritrovò spiazzato da quelle parole.
“Nella stanza? Ma Jamie stava bene.. pensavo si fosse trattato di un incidente.” balbettò Sirius. James era in perfetta salute, non era possibile che fosse improvvisamente caduto in coma, doveva essere successo qualcosa. Fino ad ora Sirius aveva semrpe pensato ad un incidente, una lotta con qualche mangiamorte, un ladro o qualcosa del genere.
“Infatti, qualcosa si dovrà pur sapere!” esclamò Cristal, stringendosi forte a Sebastian.
“Si, ma è tutto così confuso..” disse Alice incerta. Sapeva che sapere la verità avrebbe fatto stare peggio i ragazzi, ma non poteva continuare a tacere. Quel dubbio la stava torturando, doveva condividerne il peso con qualcuno.
“Un incidente nella sua stanza?” chiese Remus scettico. La sua mente correva veloce e stava iniziando a sospettare che ci fosse dell’altro che Alice non avesse ancora detto loro.
“Ve l’ho detto.. Non si sa bene.” ripeté Alice, frastornata.
“Cosa si sa?” chiese Sirius, deciso a sapere la verità a qualsiasi costo.
“Lo hanno trovato in giardino, privo di sensi.. Lo hanno portato a San Mungo ma era già in coma.” raccontò Alice, ricordando le parole della zia. Il suo sguardo era fisso sugli occhi chiusi di James. Silenziosamente stava pregando il cugino di darle la forza.
“Aspetta, torna indietro un secondo. Se lo hanno trovato in giardino cosa centra la sua camera?” chiese Lily stupita. La sua mente aveva già iniziato a fare dei collegamenti, ma sperava con tutto il suo cuore di sbagliarsi. La finestra, la stanza, il giardino. Era tutto così terribilmente ovvio, ma allo stesso tempo irreale. Non poteva semplicemente essere vero.
“La finestra.. Era aperta. Camera di Jamie è al secondo piano. È caduto da lì..” continuò Alice incerta. La sua voce ora non era più tranquilla come prima, di colpo era diventata terribilmente triste.
“È caduto dalla finestra? È assurdo!” esclamò Sebastian. Alice sospirò. Sperava che gli amici avessero capito subito, non voleva ripercorrere nei dettagli quella triste storia di cui sapevano troppo poco.
“Jamie quel giorno era molto sconvolto, era appena tornato dalla stazione. Si era chiuso in camera, non voleva parlare nemmeno con sua madre.” raccontò Alice tristemente.
“Stai dicendo che James si è.. Buttato giù dalla finestra?” chiese Charleen, dando voce alla domanda che stava passando per la testa di tutti loro.
“Non dire cavolate, James non avrebbe mai..” iniziò Sirius, senza riuscire ad arrivare in fondo alla frase. La voce gli mancò all’improvviso. Non poteva essere vero. Voltò la testa verso l’amico, implorandolo di svegliarsi per dirgli che non era vero, che non aveva cercato di mettere fine alla sua vita dopo tutte le sciocchezze che aveva sentito dire da lui.
“Non si sa se lo ha fatto apposta, forse ha perso l’equilibrio..” ipotizzò Alice, mentre due grosse lacrime iniziavano a bagnarle il viso.
Frank si avvicinò a lei e la strinse forte.

“Come è possibile?” chiese Remus, sconvolto. Lily, Charleen e Cristal non riuscivano a parlare mentre Peter ormai era come diventato invisibile.
“Zia Dorea dice che era molto sconvolto quel giorno. Non era in sé.” disse loro Alice.
“Tu cosa ne pensi?” chiese Cristal, guardando la sua migliore amica dritta negli occhi.
“Non lo so. Mi sono domandata molte volte cosa sia accaduto in quella stanza, senza avere risposta. Ad ogni modo, mio cugino è in coma e sapere se si è buttato o è scivolato non servirà ad aiutarlo a svegliarsi.” concluse Alice, tornando a volgere lo sguardo sul corpo martoriato di James.
I ragazzi rimasero con James ancora per qualche ora, alternandosi a turno nella stanza. Sirius aveva chiesto di poter essere il primo e di poter entrare solo. Gli amici lo avevano accontentato. Quando era uscito dalla stanza sembrava ancora di più l’ombra di se stesso, ma nessuno aveva avuto il coraggio di chiedergli nulla. Si era seduto per terra, appoggiato alla parete con la testa tra le ginocchia, ma si vedeva chiaramente che la sua mente era altrove. Alice ipotizzò che avesse passato tutto il tempo parlando con James, aspettando delle risposte che non erano arrivate, proprio come faceva sempre lei.
Il ritorno al castello fu per tutti un sollievo, nonostante fosse difficile staccarsi da James. Tutti loro provavano un senso di delusione e di inutilità, non si erano fatti illusioni eppure in qualche modo avevano creduto che la loro presenza avrebbe compiuto il miracolo che tutti aspettavano da parecchi mesi a quella parte. Una volta tra le familiari mura della casa di Grifondoro, Sirius e Lily furono i primi a sparire, ognuno nel proprio rispettivo dormitorio. Saltarono il pranzo, e non si fecero vedere per tutto il pomeriggio. Verso sera, Remus decise che l’isolamento di Sirius doveva finire e lo raggiunse nella loro stanza. Peter lo guardò salire le scale, per un attimo sembrò quasi che volesse andare con lui, poi rimase fermo sulla poltrona con gli occhi fissi sul fuoco che scoppiettava nel camino.
La prima cosa che notò Remus entrando nella loro stanza fu il buio, e l’alone di tristezza che vi regnava. Sirius era seduto a gambe incrociate nel suo letto, le mani coprivano il viso e cercavano di fermare le lacrime. Tutto intorno a lui era il caos più totale, il ragazzo aveva cercato di sfogare la propria rabbia devastando completamente la stanza. L‘unica l‘angolo che si era salvato da quel furioso attacco d’ira era quello in cui c‘era il letto e la scrivania di James.

“Sirius..” chiamò dolcemente Remus, sedendosi vicino a lui. Intorno a loro c’erano ovunque libri, vestiti e oggetti di ogni tipo, ma il licantropo non sembrava badarci nonostante fosse da sempre ossessionato dalla mania dell’ordine. Sirius alzò la testa e incontrò lo sguardo rassicurante dell’amico.  
“Si è suicidato a causa mia?” chiese Sirius tra le lacrime. Remus sospirò e gli si avvicinò ancora di più. Erano tornati al castello da ore, ma Sirius si era rifiutato di scendere a mangiare o di parlare con qualcuno. A tutti diceva che voleva rimanere solo ma gli amici sapevano bene che in realtà si sentiva in colpa e voleva infliggersi una punizione per quanto accaduto al suo migliore amico.
“Io non credo che James fosse in grado di fare una cosa del genere. Lui è sempre stato forte, coraggioso. Ammazzarsi è da codardi, no? Lui non lo è mai stato.” spiegò pazientemente Remus, quasi stesse parlando con un bambino. Sirius sospirò e si asciugò gli occhi con la manica della veste. Ormai non aveva quasi più lacrime e non sapeva più cosa pensare.
“Non avrei dovuto dire quelle cose. Dannazione, non le pensavo nemmeno.” imprecò Sirius coprendosi il volto con le mani. Nonostante provasse a cacciarla con tutte le sue forze quella terribile immagine era sempre lì, ogni volta che chiudeva gli occhi rivedeva James in quel letto d’ospedale, solo. Perché il suo stupido orgoglio gli aveva impedito di tornare indietro quando era ancora in tempo? Se fosse andato a casa di James qualche mese prima, come era stato deciso da tempo, forse non sarebbe successo nulla e i malandrini avrebbero passato quei primi giorni di scuola a progettare disastri come al solito invece che a piangere un amico in coma.
“Andrà tutto bene.” mormorò Remus, abbracciandolo.
“No dannazione, è tutta colpa mia.” replicò Sirius tra i singhiozzi, liberandosi dalla stretta dell‘amico.  
“Fare così non lo aiuterà di sicuro.” disse Remus sicuro, con uno sguardo severo. Sirius sospirò e si lasciò cadere sdraiato sul letto.
Nella dormitorio femminile, intanto, si stava svolgendo una scena tragicamente simile. Nella stanza delle ragazze però, era Lily quella fuori di sé. Era entrata nella stanza di James insieme a Charleen e a Sebastian ma non era riuscita quasi ad aprire bocca. L’unico che era riuscito a dire qualcosa era stato proprio Sebastian che aveva raccontato all’amico di come fosse stato nominato capitano della squadra e di come intendesse vincere la coppa per poterla dedicare a lui. Alla fine, prima di andarsene, Lily si era avvicinata a James e gli aveva dato un bacio sulla guancia. Dopo lo aveva fissato per un po’, come in attesa di qualcosa che però non avvenne, quasi quel suo bacio potesse avere il potere di svegliarlo.
“Tesoro, calmati.” supplicò Cristal per la terza volta in pochi minuti.
Lily era di fronte a lei in preda a una crisi isterica e né Charleen né Alice sapevano cosa fare.

“Non posso Cristal. Ti rendi conto?” chiese Lily tra i singhiozzi. Non riusciva più a sopportare tutta quella confusione che aveva nella sua testa. Poteva davvero essersi accorta di amare James Potter proprio quando questi era finito in coma a causa sua?
“Lo so, Lily. È terribile, ma non è colpa tua.” rispose Cristal, stringendo l’amica a sé. Starle vicino era tutto quello che poteva fare per lei in quel momento. Alice fissava la scena, pensierosa, chiedendosi a cosa fosse dovuta la crisi di Lily. Non era solo senso di colpa, no, c’era dell’altro. Che la rossa avesse finalmente capito di provare qualcosa per James? Alice e Cristal sostenevano da anni che la parte istintiva di Lily in realtà fosse attratta da James ma che la parte razionale della rossa l’avesse sempre frenata dal farlo capire al diretto interessato per paura di soffrire.
“Si è buttato da una finestra. Da una finestra, capisci? È tutta colpa mia!” urlò istericamente Lily, prendendo a pugni il proprio cuscino. Charleen si avvicinò alla ragazza e cercò di fermarla, per impedirle di farsi male.
“Non solo tua, abbiamo sbagliato tutti. Dovevamo capire.” disse Alice, intromettendosi nella discussione e avvicinandosi all’amica. Le ragazze si voltarono verso di lei, confuse. Nella parole di Alice non c’era più traccia della rabbia o del rimprovero dei giorni precedenti, ma solo una tristezza infinita e allo stesso tempo una determinazione che le imponeva di non smettere di sperare.
“Che dici?” chiese Charleen, passando lo sguardo da Lily, ad Alice per finire con Cristal.
“Tutti alla stazione abbiamo visto quanto stava male e quanto era disperato, ma nessuno ha fatto nulla per lui.” replicò Alice, porgendo un fazzoletto a Lily e poi prendendone uno per se stessa. La serata proseguì così, fino a che le ragazze crollarono addormentate, con gli occhi rossi e gonfi per il troppo pianto. La mattina successiva si svegliarono più stanche della sera precedente, e si trascinarono a fatica fuori dalla loro stanza. Stessa cosa fecero i ragazzi.
A colazione nessuno parlò, e lo stesso successe a pranzo. Alice rimase nella sua stanza fino a pomeriggio inoltrato, non aveva voglia di fare niente e soprattutto non voleva vedere o parlare con nessuno. Voleva rimanere sola a pensare, senza interruzioni.
Quando la ragazza finalmente si decise a scendere in sala comune, trovò Frank mezzo addormentato sul divano, e Sebastian intento a scrivere una lettera. Alice, stupita, si avvicinò a quest’ultimo, decisa a non disturbare il sonno del suo ragazzo.
“Che fai?” chiese Alice, guardando Seba sconvolta. In sei anni non lo aveva mai visto alle prese con una lettera. Diceva sempre che la sua famiglia era babbana, e che i gufi li avrebbero spaventati. In realtà Sebastian era solo molto pigro, tutti lo sapevano al castello.
“Secondo te?” chiese Sebastian, guardandola per qualche istante con uno sguardo divertito prima di tornare a dedicarsi alla lettera che stava scrivendo. Alice rimase in silenzio, gli occhi fissi sulla pergamena.
“Seba.. Ti conosco da sei anni e non ti ho mai visto scrivere una lettera. Si può sapere che ti prende?” chiese ancora Alice, portando le mani sui fianchi in una bizzarra imitazione della professoressa McGranitt. Il ragazzo la guardò con un misto di terrore e curiosità, prima di scoppiare a ridere.
“Niente, mi va di scrivere.” replicò lui, intingendo nuovamente la penna nell’inchiostro.
“Posso chiederti a chi?” chiese gentilmente Alice, sedendosi di fianco all’amico. Sebastian sospirò.
“Alla stessa persona a cui tu scrivi tutti i giorni..” rispose lui, guardandola dritta negli occhi. Ad Alice quelle parole bastarono per capire.
“Grazie.” fu tutto quello che riuscì a dire. In quel momento Frank si girò nel sonno.
“Smettila. Non sono l’unico, sai? Anche il piccolo Peter, Charleen e Remus.. Li ho visti prima andare alla guferia.” mormorò lui, impacciato. Alice rimase a guardare l’amico scrivere, fino a che un debole mugolio le comunicò che il suo ragazzo si era appena svegliato.
“Sirius e Lily come l’hanno presa?” chiese Frank senza aprire gli occhi, con la voce ancora impastata dal sonno.
“Ti riferisci al fatto che James si è lanciato da una finestra dopo aver discusso con loro?” chiese Sebastian ironico. Alice rimase turbata dalla brutalità della frase, ma dovette riconoscere che fotografava la situazione e che rendeva l’idea di quanto successo. Almeno per quanto ne sapevano loro.
“Abbastanza male, quindi.” si rispose Frank mettendosi a sedere e grattandosi perplesso un orecchio.
Alice si alzò e si portò vicino a lui, accoccolandosi sulle sue gambe.

“Non siamo sicuri sia andata così.” replicò Alice, sospirando.
“Alice, non mentire. Credi davvero che sia caduto?” chiese Frank, fissando dritta negli occhi la sua ragazza.
Alice rimase un po’ a pensarci prima di rispondere.

“Non lo so.” rispose Alice dopo un po’alzando le spalle. In quei mesi aveva pensato di tutto, e ormai non sapeva più a cosa voleva credere.
“Mi sento in colpa.” disse Frank dopo qualche istante di silenzio. Sebastian lo guardò con aria interrogativa. Senza volere Frank aveva dato voce al pensiero che in quel momento passava per la testa di tutti quanti.
“Amore, che dici..” iniziò Alice, ma fu subito interrotta.
“Ha ragione, avremmo potuto fare qualcosa per lui.” disse Sebastian, mettendo la pergamena in una busta su cui aveva già scritto l’indirizzo.
“Non doveva rimanere solo, è stata colpa mia.” mormorò Alice, tornando con la mente a quel pomeriggio lontano in cui James si era allontanato solo dalla stazione e lei glielo aveva lasciato fare. In quel momento pensava che avrebbe avuto tutto il tempo del mondo per parlare con suo cugino, non sapeva ancora quanto si stava sbagliando.
Il pomeriggio proseguì senza nuovi avvenimenti, lungo e monotono, e i ragazzi, malandrini compresi, erano quasi grati che il giorno successivo riprendessero le lezioni. Il solito tran tran li avrebbe aiutati a distrarsi un po’.
Quella sera a cena ricomparve anche Sirius, pallido e provato dagli eventi degli ultimi due giorni. Nessuno aveva una gran voglia di mangiare, ma tutti si sentivano obbligati per non dare altre preoccupazioni agli amici.
“Come hai fatto, Alice?” chiese Sirius all’improvviso fissando la ragazza. Alice alzò gli occhi dal suo piatto ancora pieno e incontrò lo sguardo del ragazzo. Sirius sembrava l’ombra di se stesso, aveva perso parecchi chili, non dormiva da giorni ed era pallido quasi quanto lei.
“Sirius, non capisco quello che dici..” rispose Alice, confusa.
“Come hai fatto a non spaccarmi la faccia appena mi hai rivisto? Come fai a non odiarmi a tal punto da volermi morto? James sta male per colpa mia, perché io ho detto una fila di cazzate che nemmeno pensavo.” si lasciò andare Sirius.
I ragazzi rimasero in silenzio, aspettando con il fiato sospeso la risposta di Alice che tardava ad arrivare.

“Ha ragione lui. James ha cercato di uccidersi ed è finito in coma. Non riesco nemmeno a guardarmi allo specchio, tu come fai a rimanere così calma?” chiese Lily. Remus si ritrovò a pensare che era la prima volta che Lily e Sirius si davano ragione, se James fosse stato con loro avrebbe sicuramente apprezzato il momento.
“Ho passato tutta l’estate ad odiare me stessa e voi, specialmente tu e Sirius. Non vi ho detto nulla perché volevo punirvi, ma così ho fatto del male solo a Jamie. Forse con la vostra presenza si sarebbe svegliato subito..” rispose Alice alla fine, lasciando tutti senza parole.
“Stavi male, soffrivi.. La tua è stata una reazione comprensibile.” disse Remus. Alice scosse la testa, decisa.
“Voi siete responsabili quanto me. Tutti avremmo potuto aiutarlo, ma nessuno lo ha fatto.” Odiare gli altri, ed odiare se stessi è inutile. Dobbiamo avere fede.” replicò decisa la ragazza. I ragazzi rimasero sorpresi da quelle parole, Alice aveva smesso di incolpare loro e aveva cominciato a riconoscere che la colpa non era di nessuno, o forse di tutti loro, e che da quel brutto momento potevano uscirne solamente rimanendo uniti.
“L’unico che può spiegarci tutto questo è James.” concluse Frank, infilzando deciso un solitario pezzo di carne sul suo piatto.

***

“Molly, corri.” chiamò Beth. Nella sua voce si avvertiva chiaramente la paura, ma Molly non ci fece caso. La ragazza era nuova del reparto e probabilmente quella era la sua prima emergenza. La medimaga sospirò, prima di dedicare la sua attenzione alla collega.
“Che c’è?” rispose Molly pacata.
“Novità in sala uno, muoviti.” esclamò ancora l‘altra donna, tornando nella stanza da cui era appena uscita. Molly ci mise qualche istante prima di realizzare: nella sala uno c’era James.
“James! Che è successo?” urlò la donna, precipitandosi nella stanza del ragazzo. Proprio quella sera il ragazzo era rimasto solo, Molly era finalmente riuscita a convincere la madre a prendersi un’intera notte di riposo in un vero letto, promettendole che non sarebbe successo nulla al suo bambino in sua assenza. James non poteva azzardarsi a morire proprio quella sera. Come avrebbe potuto dare una notizia del genere a Dorea?
“Penso abbia appena aperto gli occhi..” rispose Beth con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.

ANGOLO DELL'AUTRICE:
innanzitutto, grazie per aver letto anche questo capitolo della mia storia.
graaazie mille a chi legge, a chi mette nei preferiti e grazie due volte a chi commenta! ;D
spero che questo capitolo, che si conclude con l'atteso risveglio di James, abbia reso felici tutti voi anche se, inutile dirlo, i problemi non finiscono mica qua..

passiamo ai commenti di quei sette angeli che si sono fermati qualche istante a dirmi il loro parere!
LILY POTTER 97: grazie mille per il commento!
effettivamente questa è una delle storie di tristi che abbia mai scritto, forse la più triste in assoluto. deve essermi venuta in mente in un pomeriggio di pioggia come minimo, ad ogni modo, ormai l'ho iniziata e voglia portarla fino in fondo! :D sono contenta che la mia storia ti piaccia e spero che continuerai a seguirla!

ROBERT90: grazie mille per il commento!
innanzitutto, prego. visto che tu sei così carino da commentare la mia storia mi sembra che sia il minimo che io ti ringrazi. ;D
beh, in questo momento della storia se i malandrini o gli altri ragazzi fossero felici e spensierati vorrebbe dire che c'è qualcosa che non va o in loro, oppure in me che ho descritto una scena assurda. triste o felice cerco sempre di descrivere situazioni e sentimenti reali, spero di riuscirci o almeno di andare vicino. spero che questo capitolo abbia risposto alle tue domande circa l'incidente di James.. naturalmente non posso dirti di più in proposito, sennò rovinerei tutto. posso solo dirti che vale la pena seguire la storia per sentire che dirà James in proposito (anche se non sarà nei prossimi capitoli ma un po' più in là..).
per quanto riguarda Remus, sono del tuo stesso parere che abbia sbagliato, ma per la mia storia serviva che anche lui non avesse parlato con James per tutta l'estate per garantire "l'effetto sorpresa" durante il banchetto. è una ragione un po' meschina, lo so, ma che ci devi fare.. esigenze di copione!

VERONICA POTTER MALANDRINA: grazie mille per il commento!
beh, se avessi ucciso per davvero James sarei stata uccisa a mia volta da tutte le sue fan che penso mi odino abbastanza per tutto quello che sto facendo capitare a quel poveretto nella mia storia. non prendertela così con Sirius, alla fine è un essere umano, è normale fare degli errori. probabilmente pensava di avere davanti tutto il tempo del mondo per chiarire con James. :D

PECKY: grazie mille per il commento!
James si è svegliato.. ma come starà? ti lascio con questo mistero, anticipando solo che non sono sadica come tutti pensano. ;D

MARTY_ODG: grazie mille per il commento!
sono molto felice che l'evoluzione dei personaggi risulti credibile. ti assicuro che in una storia come questa la parte difficile non è descrivere gli eventi ma proprio i sentimenti dei protagonisti in modo reale. :D

LYRAPOTTER: grazie mille per il commento!
eccola qui, l'angelo per eccellenza che commenta tutte le mie storie e che pensa io sia sadica.. ;D
tranquilla per il mancato commento, a volte questa tristezza fa deprimere anche me. con il risveglio di James però le cose andranno meglio, promesso.
finalmente ci sarà anche qualche risata e qualche siparietto comico.
contrariamente a quello che pensavi James si è già svegliato, e presto tutti smetteranno di essere tristi..
visto che non sono cattiva? ;D

MSMONTANA: grazie mille per il commento!
mi fa piacere che la litigata sia risultata verosimile, se non fosse stato così tutto il senso della storia sarebbe andato a farsi benedire! ;D
il natale mi ha davvero resa più buona, tanto che mi sono convinta ad anticipare il risveglio di James. Lily piano piano sta capendo di provare qualcosa per James ma forse non è ancora pronta ad ammetterlo con se stessa.

ARRIVEDERCI A TUTTI AL PROSSIMO CAPITOLO..

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Capitolo 8
*** amnesia ***


CAPITOLO 7
AMNESIA


La vita al castello alla fine aveva ripreso a scorrere tranquilla dopo che i ragazzi erano stati a trovare James. Le giornate erano sempre più fredde e le lezioni sempre più impegnative ma nonostante tutto gli studenti andavano avanti, cercando di trovare qualcosa di cui provare a sorridere.
Il pensiero di James li faceva sentire forti e deboli allo stesso tempo. Erano preoccupati, ma stavano provando ad investire le loro energie cercando di essere forti come il loro amico che continuava a lottare per sopravvivere. Nessuno di loro aveva più parlato della dinamica dell’incidente ma tutti loro ci avevano pensato parecchio ed erano giunti alla conclusione che il solo che potesse spiegare loro tutto era James.

Quel giorno l’intera casa di Grifondoro era in subbuglio. Chiunque fosse entrato nella sala comune si sarebbe immediatamente reso conto che l’aria era tesa e quasi irrespirabile.
Sebastian era seduto di fronte al camino, lontano da tutto e da tutti, bofonchiando frasi senza senso che nessuno riusciva a capire. Sirius era seduto a pochi passi da lui, ogni tanto gli lanciava un’occhiata preoccupata, poi scuoteva la testa guardandosi bene dal chiedergli come stava.
Aveva imparato sulla sua pelle che disturbare un capitano preoccupato per le sorti della propria squadra poteva risultare decisamente pericoloso. Ricordava ancora fin troppo bene le discussioni che aveva avuto con James proprio per quel motivo l' anno precedente.

Proprio in quel momento Lily, Cristal, Charleen e Alice entrarono nella sala comune, e si guardarono intorno alla ricerca dei ragazzi. Remus e Peter stavano giocando a scacchi mentre Sirius e Frank assistevano, cercando di tenersi il più possibile a distanza da Sebastian. Persino Frank non riusciva più a riconoscere il proprio migliore amico.
“Che gli prende?” chiese Lily, guardando Sirius e Frank senza capire. Non aveva mai visto Sebastian così preoccupato. I riccioli scuri gli ricadevano disordinati sul viso imbronciato, era veramente buffo. Sembrava avercela con il mondo, e non si degnò nemmeno di salutare le ragazze. Anzi, forse non le aveva proprio sentite entrare preso com’era a studiare un foglio di carta sul quale si muovevano dei punti colorati.
“Lascia stare, è intrattabile.” spiegò Frank lanciando una rapida occhiata esasperata al suo migliore amico.
Il giorno prima la professoressa McGranitt aveva convocato lui, Sebastian e Sirius nel suo ufficio per scegliere il nuovo capitano della squadra. Sirius e Frank si erano subito tirati indietro, non si sentivano all’altezza di sostituire James. La professoressa però non aveva capito, si era arrabbiata moltissimo, li aveva accusati di non tenere alla propria casa e di volere la sconfitta di Grifondoro. I ragazzi erano rimasti a sentirla urlare per quasi un’ora, Sebastian alla fine era stato costretto ad accettare l’incarico anche se sembrava che l’avesse preso un po’ troppo sul serio.

“Si può chiedere come mai?” chiese Charleen, sperando che almeno Sirius fosse in grado di dare loro una spiegazione. Sirius si voltò verso le ragazze e fissò a lungo Charleen. Era ancora più bella del solito. I suoi lunghi capelli erano raccolti in una coda di cavallo che faceva risaltare i lineamenti del suo bel viso.
“La squadra.” rispose il ragazzo, sospirando. Da quando Sebastian era stato nominato capitano al posto di James il nuovo incarico lo aveva reso insopportabile, un dittatore.
Il quidditch era diventato il suo pensiero fisso.

Il suo primo gesto da capitano era stato organizzare le selezioni per la squadra che si erano svolte proprio quella mattina. Avevano passato ore ed ore sotto la pioggia, a vedere ragazzi di tutte le età ma ancora Sebastian non sembrava soddisfatto, sembrava cercare la perfezione assoluta.  
“Ancora alle prese con le selezioni?” chiese Remus, distraendosi dalla partita per guardare Sebastian sfogliare ossessivamente un grosso mucchio di fogli che dovevano contenere i dati degli aspiranti giocatori. Peter approfittò della distrazione dell’amico per  spostare di qualche casella la sua torre, sperando di non essere notato.
“I battitori non si trovano, del cacciatore non parliamo neanche..” spiegò Frank, deluso. Fare parte della squadra ormai era più un obbligo che un divertimento, non c‘era nulla che andava bene. Negli anni passati era stato diverso, si era sempre divertito sia agli allenamenti che nelle partite ma qualcosa gli diceva che tutto era cambiato, e che per quanti sforzi facessero erano destinati a fare una brutta figura. Come potevano pretendere di battere la squadra di Serpeverde, che aveva come cercatore Regulus Black?
“Pensavo si fossero presentati in tanti.” esclamò Lily sorpresa. Aveva visto la lista di persone che si era prenotata per il provino ed era rimasta stupita da quanto era lunga. Era incredibile che non ci fosse nessuno all’altezza tra tutta quella gente. Frank sospirò e poi scosse la testa.
“Si ma nessuno è abbastanza bravo.” disse Sirius, anticipando il portiere e guardando tristemente Sebastian.
Poteva capire benissimo la frustrazione del suo capitano, ma non c’era molto che potessero fare.

Alice sospirò. Nessuno di loro aveva veramente voglia di giocare quell’ anno, anche lei aveva seriamente pensato di ritirarsi. Ne aveva anche parlato con Frank qualche giorno prima, ma il ragazzo le aveva fatto cambiare idea. Giocare li avrebbe aiutati a distrarsi, e avrebbe anche evitato loro di discutere con Sebastian. Il ragazzo aveva dato per certa la loro presenza e deluderlo poteva rivelarsi molto pericoloso.
Alice era entrata in squadra l’anno precedente, come cacciatrice, ma in breve tempo era diventata la mascotte della squadra.

“Nessuno è come James..” commentò Alice tristemente. Anche Seba sembrava essere della stessa idea, tanto che aveva rinunciato in partenza a cercare un altro cercatore. Aveva detto che avrebbero preso un cacciatore e che uno di loro avrebbe sostituito James, momentaneamente. Sembrava convinto che James sarebbe tornato e che avrebbe reclamato il suo posto in squadra. Anche se l’idea sembrava assurda nessuno di loro aveva protestato. Sirius aveva solo chiesto di cambiare i battitori, perché uno di quelli dell’anno precedente lo aveva quasi ucciso, colpendolo in testa con la mazza durante una partita.
“I cacciatori?” chiese Charleen, curiosa di sapere chi avrebbe fatto parte della squadra.
“Gli stessi dell’anno scorso, Seba, Alice e Sirius.” elencò Frank, annoiato. Lily notò che non c’era traccia dell’entusiasmo che aveva li aveva sempre contraddistinti. Gli anni precedenti prima e dopo ogni partita c’erano grandi feste nelle quali i membri della squadra erano portati in trionfo.
Riuscire a giocare era considerato un onore, e tutti facevano a gara per farsi notare da James ed essere scelti. Durante i pranzi e le cene poi, soprattutto quando le partite si avvicinavano non c’era verso di sentire parlare d’altro che di boccini, pluffe e bolidi.
Proprio in quel momento Sebastian comparve alle spalle dei ragazzi, spaventandoli.
“Charleen senti, sei ancora disponibile a giocare?” chiese Sebastian, scrutando attentamente la ragazza.
Quelle parole stupirono Charleen, tanto che ci mise qualche secondo prima di rispondere.  

“Pensavo che i cacciatori li avessi.” esclamò la ragazza ricordando le parole che Frank aveva detto poco prima. L’anno prima aveva tentato il provino, ma era stata scelta Alice al suo posto e lei era rimasta delusa. I primi tempi aveva persino smesso di parlare con l’amica, accusandola di essere stata scelta solo perché era la cugina del capitano. Cristal e Lily avevano provato a farla ragionare, ma lei non aveva voluto sentire ragioni. Era troppo testarda. Avevano fatto pace solamente dopo la prima partita, quando Charleen aveva visto volare Alice e si era resa conto che era veramente più brava di lei.
“Si, ma pensavo di far giocare Alice come cercatrice. Che ne pensi?” chiese ancora Sebastian, passando lo sguardo da Charleen ad Alice. La ragazza ricambiò lo sguardo stupita. Decisamente non si aspettava una proposta del genere. Pensava che sarebbe toccato a Sirius prendere il posto di James.
“Non so se sono all’altezza.” disse Alice, incerta. Sostituire James era una responsabilità troppo grande e lei non sapeva se era davvero in grado di farcela o meno. I cercatori delle altre squadre, specialmente Regulus, erano in gamba e tenere loro testa non sarebbe stata un’impresa semplice. Inoltre, una parte di lei non voleva sostituire il cugino. Era la stessa parte di lei che si aspettava che da un momento all’altro James entrasse dalla porte e dicesse loro che stava bene.
“Puoi farcela, nessun altro è abbastanza bravo.” esclamò Sirius deciso, abbozzando un timido sorriso. Frank, alle spalle del ragazzo, annuiva convinto. Dopo James, Alice era la migliore per quel ruolo. Non per nulla i due erano cugini. Alice sospirò, poco convinta.
“Ci posso provare.” disse alla fine Alice. I compagni di squadra esultarono e si misero a parlare della vittoria che li aspettava.
“Brava, così si parla.” esclamò Cristal, dando una pacca sulle spalla all’amica. Alice non disse nulla, rimase in silenzio a guardare le facce felici dei compagni.
“Allora Charleen, per te va bene?” chiese Sebastian, fissando Charleen che era rimasta zitta.
“Si, ma..” balbettò Charleen, ancora incerta se accettare o meno. Seba era riuscito a coglierla di sorpresa.
Anche lei, come Alice poco prima, non si sentiva all’altezza ma Sebastian non sembrava fare caso ai sentimenti della ragazza.

“Sei in squadra!” affermò deciso il ragazzo, dirigendosi verso la propria stanza, ignorando le proteste della ragazza. Remus si voltò verso la Charleen e le fece i complimenti, mentre Peter ancora una volta ne approfittava per barare.
“Aspetta, non ho ancora detto di si.” protestò Charleen, ma il ragazzo parve non sentirla. Era già sparito oltre le scale.
“Gli allenamenti sono domani alle sette, dopo le lezioni.” comunicò Sebastian da lontano ad alta voce, in modo che tutti sentissero. I ragazzi interruppero i festeggiamenti per qualche istante, giusto il tempo di rispondere al loro capitano, poi ripreso a fare più rumore possibile mentre i ragazzi più piccoli li guardavano ammirati e spaventati allo stesso tempo.
“Dannazione! Ma fa sempre così?” sbuffò Charleen arrabbiata, lasciandosi cadere su una poltrona con le braccia incrociate.
“Anche peggio.” sospirò Frank, tornando a guardare la partita di Remus e Peter che nel frattempo era proseguita. Nonostante le distrazioni di Remus, la partita si stava mettendo male per Peter. Il ragazzo era quasi con le spalle al muro, come sempre quando giocavano a scacchi.
“Benvenuta in squadra.” si congratulò Sirius, dando una pacca sulle spalla alla ragazza.
Tutta la casa di Grifondoro continuò a parlare dei nuovi acquisti della squadra fino all’ora di cena. Alcuni erano scettici, pensavano che senza James fosse impossibile vincere il campionato delle case. Altri invece erano più ottimisti, e si fidavano ciecamente delle scelte del nuovo capitano. Anche nei corridoi che conducevano alla Sala Grande c’era molto movimento e Lily lo osservava, curiosa. Quando raggiunse l’ingresso della Sala vi trovò la professoressa McGranitt che si guardava intorno, quasi cercasse qualcuno. La ragazza non si stupì, non era certo la prima volta che la donna aspettava qualcuno per sgridarlo o punirlo.
Quando notò Lily, le si avvicinò immediatamente. La ragazza osservò che il viso della donna era teso, preoccupato.
Prima che Lily ebbe il tempo di chiederle se stava bene, la donna parlò.

“Signorina Evans, posso chiederle un favore?” chiese la professoressa McGranitt con il consueto tono severo che fece sobbalzare Lily. Quella donna aveva lo strano potere di mettere in soggezione chiunque e di far sembrare ogni parola un rimprovero, persino quando si aveva la coscienza pulita.
“Certo professoressa McGranitt, mi dica.” rispose Lily, cortese e sorridente come al solito.
“Puoi portare questa ad Alice?” chiese ancora la donna, porgendo alla ragazza una lettera.
Lily guardò perplessa la busta bianca che la donna teneva in mano, era molto curiosa, ma non fece nessuna domanda.

“Certo.” disse la ragazza, leggermente stupita. La professoressa ringraziò e poi si allontanò verso il tavolo degli insegnanti mentre Lily raggiungeva gli amici nella Sala Grande.
Alice, Cristal, Charleen, Frank, Remus, Sirius e Peter erano già seduti da un po’ ed aspettavano Sebastian e Lily per iniziare a mangiare.
Il ragazzo arrivò per primo, più sorridente che mai.
“Sera a tutti.” salutò Sebastian sedendosi al tavolo. Sul suo viso non c’era più traccia di tensione. Era tornato ad essere il solito vecchio Sebastian di sempre.
“Come mai sei così felice?” chiese Frank, fissando l’amico con un’espressione incredula. Solo qualche ora prima il suo migliore amico somigliava alla caricatura di un pericoloso serial killer psicopatico, ed ora sembrava tornato normale. Frank si chiese cosa avesse avuto il potere di compiere quel miracolo.
“Trovato i battitori?” provò ad indovinare Charleen, sorridendo.
“Esatto bambina.” rispose Sebastian, servendosi una generosa porzione di arrosto e passando il piatto a Frank.
“Chi sono?” chiese Alice, curiosa, anticipando gli altri ragazzi. Sirius quando sentì che si parlava di battitori si fece più attento.
“I fratelli Brawn. Simon e Luke, uno sta al terzo e l’altro al quarto anno. Non sono eccezionali ma se la cavano.” spiegò Sebastian con la bocca piena, beccandosi un’occhiataccia da Frank. Di tutti quelli che si erano presentati quei due erano certamente i migliori. Non erano il massimo ma volavano bene ed erano affiatati tra loro, e soprattutto erano perfettamente in grado di distinguere la testa di un compagno da quella di un avversario.
“Speriamo bene, non ho proprio voglia di prendere un altro bolide in testa come l’anno scorso. Ricordo ancora il male..” sospirò Sirius, massaggiandosi la testa. Tutti i presenti ricordarono la scena e si misero a ridere. Sirius era stato colpito da un bolide lanciato da un battitore di Grifondoro ed era caduto a terra come un sacco di patate proprio mentre James prendeva il boccino. Tuttavia, per qualche inspiegabile motivo tutto il castello non aveva guardato l’abile mossa del cercatore di Grifondoro ma la spettacolare caduta del cacciatore. Tutta la scuola non aveva fatto altro che parlarne per settimane. Sirius aveva perso i sensi e si era risvegliato solo qualche ora dopo in infermeria dove il battitore gli aveva spiegato timidamente che lo aveva colpito perché lo aveva scambiato per il cacciatore avversario. Sirius aveva provato a strozzarlo, ma era troppo debole ed era stato costretto a rinunciare. Sebastian e Frank gli erano venuti in aiuto ed avevano fatto in modo che il ragazzo fosse inseguito dalla sua stessa mazza da battitore. Il ragazzo era disperato e aveva dovuto scongiurarli in ginocchio perché rimuovessero l’incantesimo.  
“Che centra, Mark era un idiota.” esclamò Frank, cercando di consolare l’amico.
“Infatti è fuori dalla squadra.” fece notare Sebastian. Era stato James stesso ad allontanarlo, subito dopo la fine della partita prima ancora che Sirius si svegliasse. Mark aveva provato a presentarsi alle selezioni ma Sebastian lo aveva subito scartato senza nemmeno fargli fare il provino. Il ragazzo aveva insistito per un po’, poi si era arreso.
“Dai Sirius, non eri tu quello che diceva che chiunque sarebbe stato meglio di lui?” chiese Remus, facendo tornare il sorriso all’amico. Sirius annuì, decidendo di pensare in positivo.
Proprio in quel momento Cristal vide Lily parlare con la professoressa McGranitt e poi raggiungerli. La ragazza salutò e si sedette tra Charleen e Alice, come faceva di solito anche se la sua espressione era strana, turbata.
“Lily, che voleva quella vecchia acida da te?” chiese Cristal curiosa. La McGranitt era famosa per aspettare gli studenti che voleva sgridare sulla porta della Sala Grande.
“Se si mette a sgridare anche lei siamo finiti, per noi non c’è più speranza.” mormorò rassegnato Sirius. Lily sorrise e scosse la testa.
“Mi ha chiesto di portare questa ad Alice.” spiegò la rossa, porgendo la lettera che aveva ricevuto dalla professoressa ad Alice. La ragazza prese la lettera, sospettosa.
“Una lettera? È strano, la posta arriva di mattina.” commentò Charleen ad alta voce.
Immediatamente calò il silenzio, le lettere che arrivavano fuori orario erano solo quelle che portavano notizie urgenti, di solito brutte. Anche James ne aveva ricevuta una l’anno precedente, e subito dopo era stato convocato nell’ufficio del preside con Alice, dove aveva scoperto che suo padre era morto.
“Oh mio dio.” esclamò Alice, impallidendo all’improvviso. Solamente sua madre avrebbe potuto scriverle, e per una ragione solamente.
Doveva certamente trattarsi di qualcosa che riguardava James.

“Che ti prende Alice?” chiese Frank, preoccupato. Il viso della ragazza cominciò a rigarsi di lacrime e il portiere si affrettò ad abbracciarla.
“È di mia mamma.. Jamie..” balbettò la ragazza, riconoscendo la calligrafia della madre.
Tra i ragazzi cadde il silenzio, nessuno osava parlare. Che si poteva dire? Forse quella lettera portava brutte notizie.
“Avanti, aprila..” la incoraggiò Sebastian, parlando per primo. Alice sospirò e cercò con lo sguardo gli amici. Tutti erano di colpo diventati pallidi e silenziosi.
“Non ce la faccio, puoi aprirla tu?” implorò Alice rivolta a Frank. Il ragazzo esitò, spaventato.
Non riusciva a sopportare l’idea di essere colui che avrebbe potuto portare ad Alice la notizia più brutta della sua vita.

“Da qua, faccio io..” disse Sebastian, strappando la lettera di mano ad Alice ed aprendo la busta. Frank lanciò all’amico uno sguardo carico di gratitudine. La prima cosa che saltò all’occhio a tutti i presenti era la sua lunghezza. Sirius era diventato un pezzo di ghiaccio, Remus non riusciva nemmeno quasi più a sentirlo respirare mentre Peter singhiozzava.
“È troppo corta.” disse Alice guardando terrorizzata quel pezzo di carta. Quando una lettera non va oltre le dieci righe, di solito non può che portare brutte notizie. Questo era quello che aveva sempre pensato, una sorta di legge non scritta ma che si sbagliava di rado.
“Alice devi stare calma e smettere di piangere.” disse Cristal, abbracciando l’amica per farle forza. Alice sospirò e chiuse gli occhi, rassegnata.
“Jamie..” sussurrò la ragazza, scoppiando a piangere. Sebastian annui, poi si schiarì la voce.
“Da ieri sera gli strumenti hanno registrato dei cambiamenti. I medimaghi lo hanno monitorato tutta notte, stamattina sembrava che fosse tornato tutto come nei giorni scorsi ma..” lesse il ragazzo con voce tremante.
“Ma cosa, dannazione parla.” esclamò Sirius, battendo forte il pugno sul tavolo e facendo sussultare Peter.
Remus portò un braccio intorno alle spalle dell’amico, cercando di calmarlo.

“Stamattina ha cominciato a reagire. Nel primo pomeriggio ha aperto gli occhi.” finì di leggere Sebastian a voce molto bassa. Solamente Alice riuscì a sentire quelle parole.
“Dici davvero?” chiese Alice fissando dritta negli occhi Sebastian. Il ragazzo annuì di nuovo.
La ragazza abbassò la testa, poi iniziò a piangere senza preoccuparsi del fatto che si trovava in Sala Grande e che tutta la scuola la stava guardando.
Suo cugino stava finalmente bene, e tutto il resto di colpo perdeva di senso.  

“Che sta succedendo?” chiese Sirius, spazientito. Il rumore della Sala Grande aveva coperto che ultime parole di Sebastian. Gli altri ragazzi erano rimasti interdetti dalla reazione di Alice, senza riuscire a capire se fosse quel pianto fosse dettato dalla disperazione o dalla felicità.
“Leggi tu stesso.” rispose Alice, passando la lettera al ragazzo. Sirius prese la lettera e iniziò a leggere, avido di sapere come stava l’amico. Quando arrivò alla fine sbiancò.
“Jamie..” mormorò Sirius scoppiando a piangere. Piangeva e rideva insieme Sirius, il suo cuore era di colpo diventato più leggero alla notizia che suo fratello si era svegliato.
“Insomma, qualcuno spiega anche a noi?” chiese Charleen, infastidita. Lily annuì, cercando con gli occhi Sebastian, l’unico rimasto abbastanza lucido da poter fornire spiegazioni.
“Le lettera dice che non è ancora del tutto cosciente e che è molto debole, ma che si è svegliato.” spiegò Sebastian sorridendo. Charleen rimase con la bocca aperta, troppo emozionata per dire qualsiasi cosa, mentre Lily sentiva qualcosa dentro di lei esultare.
Alice piangeva stretta tra le braccia di Frank. Remus e Peter facevano del loro meglio per calmare un esagitato Sirius, che era passato dal piangere a dirotto al saltare sul posto ringraziando tutti i santi magici che conosceva.
Di colpo tutta la Sala Grande era diventata silenziosa, attenta a quello che succedeva al tavolo di Grifondoro anche se nessuno di loro riusciva a capire. Solo il preside sapeva, e guardava i suoi ragazzi estasiato, dimenticando per qualche momento il pensiero della guerra che incombeva fuori dalle mura del castello.

Nel frattempo a San Mungo Dorea e Fanny aspettavano impazienti che i guaritori si decidessero a dire loro qualcosa. Molly era insieme alle due donne, cercando di portare loro conforto. Inutile dire che la più scossa era certamente Dorea.
Dopo tutti quei mesi a vegliare il figlio non sopportava l’idea di essere stata allontanata dalla sua stanza proprio nel momento del suo risveglio.

“Dorea, vuoi un bicchiere d’acqua?” chiese Molly, cercando di fare calmare la donna. Riusciva a comprendere la frustrazione della donna, ma sapeva anche quanto fosse importante rispettare le procedure. James si era svegliato, ma bisognava controllare che tutti i valori fossero in regola, specie dopo un coma così lungo.
“No dannazione, voglio andare da James. Perché ci mettono tanto?” esclamò Dorea, molto vicina ad un esaurimento nervoso.
“Sta calma, è la prassi. Devono visitarlo e accertarsi che stia bene.” spiegò la cognata, stringendo forte a sé la donna.
Anche lei era molto agitava, ma cercava di non darlo a vedere per calmare Dorea.

“Si è svegliato, deve stare bene..” mormorò Dorea tra le lacrime, nascondendo il viso tra le mani. Fanny sospirò.
“Molly, ci sono notizie?” chiese la donna, sperando che si sapesse qualcosa. Molly scosse la testa, spiacente. Era stata lei a chiamare Dorea e Fanny nel cuore della notte. Le due donne si erano precipitate a San Mungo, temendo il peggio, ed invece avevano scoperto che James si stava svegliando. L’emozione e la felicità iniziale però ben presto avevano lasciato il posto alla frustrazione per la lunga attesa a cui erano costrette. Ormai erano passate molte ore, era quasi scesa nuovamente la sera ed ancora non c‘erano notizie.
“Devi pazientare ancora un po’, stanno cambiando le fasciature al braccio.” spiegò Molly dolcemente. Nella caduta James si era provocato molte ferite oltre al trauma alla testa, la più grave era quella al braccio e nonostante i quattro mesi di cure non era ancora guarita.
Avevano provato molte pozioni, ma non c’era stato nulla da fare. Di tanto in tanto la ferita si riapriva e riprendeva a sanguinare. Fortunatamente non era una cosa grave, ma comportava che James dovesse essere medicato spesso.
“Ma sta bene, vero?” chiese ancora Dorea, in ansia. Era ormai la sesta volta che faceva la stessa domanda.
“È sveglio, ma è confuso. Non sa dove si trova..” rispose Molly dolcemente, ripetendo quello che aveva detto poco prima.
“Posso andare da lui?” implorò Dorea, afferrando il braccio di Molly. La guaritrice incontrò lo sguardo della donna, e non riuscì a trovare il coraggio per dirle di No.
“Immagino sia inutile dirti di No..” esclamò Molly sorridendo. Dorea rimase stupita da quelle parole, ma non disse nulla.
La donna bussò alla porta e una donna in camice bianco si affacciò nel giro di qualche secondo.

“Per favore, falla entrare.” disse Molly, indicando Dorea. La guaritrice studiò la donna per un po’ prima di rispondere.
“Va bene, ma solo lei.” rispose la donna, severa, rientrando nella stanza. Dorea si voltò verso Fanny, a pochi passi da lei.
“Io avviso Alice.” disse la cognata, sorridendo ed infondendole molto coraggio con quelle semplici parole.
Dorea prese fiato e si avvicinò al letto del figlio. James era sdraiato come al solito, gli occhi erano ancora chiusi ma si percepiva chiaramente che il ragazzo era sveglio.
La donna rimase per un po’ a guardare il figlio dormire, incantata, poi si riscosse.

“Jamie!” chiamo Dorea piano non appena gli fu vicina. Non appena sentì la voce della donna, James cercò di aprire gli occhi. Si guardò intorno appena poi li chiuse di nuovo, quasi quel semplice gesto avesse assorbito tutte le sue energie.
“È la madre?” chiese il mago che si stava occupando di lui, senza nemmeno voltarsi.
“Si, sono io. La prego dottore mi dica qualcosa.” implorò Dorea, con voce tremante.
James si agitò di nuovo non appena sentì la voce della madre. Cercò di muovere una mano ma il dolore lo investì, inaspettato.
“Venga avanti signora.” la invitò il dottore, tornando subito dopo a dedicare tutte le sue attenzioni a James che si lamentava debolmente.  Dorea lo guardava con le lacrime agli occhi e sentiva male per lui. Il suo bambino era di nuovo sveglio, ma era anche così debole ed indifeso che faceva fatica a riconoscerlo. Non lo aveva mai visto in quelle condizioni.
“Dove sono?” riuscì a dire James, confuso, dopo qualche tentativo. Sentire di nuovo la voce del figlio tranquillizzò Dorea.
Era molto flebile, si sentiva appena, ma era una prova tangibile che il suo James stava di nuovo bene, che c‘era.

“James, ti trovi a San Mungo.” spiegò il dottore. Il suo tono era gentile e trasmetteva sicurezza.
Le parole dell’uomo sembrarono avere effetto su James, che si calmò quasi subito e smise di agitarsi.

“Ti fa male qualcosa?” chiese Dorea, preoccupata, prendendo una mano del figlio tra le sue.
“La testa.. Credo.. E il braccio anche..” rispose James in un sussurro. Le mani che stringevano la sua erano calde, e gli trasmettevano forza e amore.
“È normale, hai preso una bella botta. Ora bevi questa, poi andrà un po’ meglio.” lo esortò il dottore, avvicinando al viso del ragazzo una fiala contenente una pozione di un accesso blu elettrico. Il ragazzo aprì gli occhi e lanciò una debole occhiata al contenuto della fiala.
“Fa come dice il dottore tesoro.” disse Dorea, accarezzandogli la mano fasciata. James aprì la bocca e lasciò che la madre lo aiutasse a bere. Era troppo debole anche per deglutire, e per qualche istante Dorea temette che il contenuto della fiala gli andasse di traverso.
“Ascolta James, ti ricordi cosa è successo?” chiese il dottore non appena questi ebbe finito di bere tutta la pozione. James aprì piano gli occhi e mise a fuoco il dottore.
“No.. Io..” balbettò James, guardandosi attorno. Nulla di quello che vedeva gli era familiare, non sapeva dire dove si trovasse. Sicuramente non doveva trattarsi di casa sua.
“Non fa niente, non sforzarti. Ricorderai con calma.” disse il dottore, mentre scriveva qualcosa sulla cartella.
“No, io..” balbettò ancora James, debolmente.
“James, non sforzarti. Sta calmo, va tutto bene.” cercò di tranquillizzarlo Molly.
“Non ricordo nulla..” concluse James. Quelle parole attirarono l’attenzione del medico, delle due guaritrici e di Dorea.
“È normale, capita molto spesso di non ricordare l’incidente dopo forti traumi alla testa.” spiegò il dottore sorridendo.
“No, io non ricordo niente. È tutto nero.” disse James. Quelle parole gelarono tutti i presenti.
“Che vuol dire che non ricordi nulla?” chiese Dorea, allarmata.
“Signora per favore stia calma o la devo allontanare.” la ammonì il dottore, preoccupato di non agitare James ulteriormente.
James provò ad aprire la bocca per spiegarsi ma non ne uscì nessun suono.

“Dimmi James, sai dirmi che giorno è oggi? Va bene anche solo il mese.” chiese il dottore, cercando di non sforzarlo troppo. Il ragazzo aveva affrontato molte emozioni nelle ultime ore, ed era ancora troppo fragile per sopportarne altre senza troppi danni.
“No, non so.. Luglio forse.” provò a rispondere James. La risposta sembrò piacere al dottore. Il ragazzo era andato in coma a luglio, e non poteva certo sapere di avere dormito per quasi quattro mesi. Dorea era silenziosa e respirava a fatica.
“Cosa hai fatto il mese scorso?” chiese ancora il dottore, puntando una luce negli occhi di James.
“No, non ricordo.” disse James, spaventato. Nella sua testa non c’era nulla, solo un grande buco nero che lo confondeva.
“Quando è il tuo compleanno?” chiese ancora il dottore, attento alle reazioni del ragazzo.
“Non lo so.” rispose James, scuotendo la testa.
“Riconosci la signora che ti sta tenendo la mano.” provò a chiedere il dottore indicando la madre del ragazzo. James alzò gli occhi su Dorea, e scrutò a lungo la donna che non lo aveva lasciato. Quella stretta gli trasmetteva sicurezza, ma il suo viso era sconosciuto.
“Il suo viso è familiare ma.. No, non ricordo.” rispose James, gettando Dorea nella disperazione più nera. Era come essere un incubo. Suo figlio si era svegliato, ma non ricordava più nulla. Nemmeno il volto di sua madre. Non poteva essere vero.
“James, sono la mamma.. Come può non ricordare? Dottore che sta succedendo.” cominciò a chiedere Dorea, isterica.
Molly si avvicinò alla donna, ma Dorea si liberò della sua presa.

“Signora, la prego, si accomodi fuori.” disse il dottore, indicando la porta alla signora.
Dorea non poté fare altro che uscire, e lasciare che il mago continuasse ad esaminare James. Appena fuori dalla porta si trovò di fronte Fanny, in ansia.
“Dorea, che succede?” chiese la donna, preoccupata. L’espressione di Dorea non sembrava promettere nulla di buono.
“Non mi ha riconosciuto. Mio figlio non mi ha riconosciuto..” spiegò Dorea, nella disperazione più totale. A quelle parole Fanny sentì la terra mancarle sotto ai piedi.
“Non è possibile, magari era solo confuso.” provò a dire Fanny, rivolta più a se stessa che a Dorea. La donna scosse la testa, disperata.
“No, non si ricorda niente. Ha perso la memoria.” esclamò distrutta, con la voce rotta dal pianto. Dal nulla comparve Molly, silenziosa e triste.
“Signora stia tranquilla, a volte capita dopo molti mesi di coma. Forse è una cosa temporanea..” cercò di consolarla Molly. Quelle parole diedero nuova speranza a Dorea.
“Dici davvero?” chiese Dorea, asciugandosi gli occhi. Molly annuì, sorridendo tristemente.
“Ora il medico sta facendo degli accertamenti per vedere se è temporanea o permanente, stia calma. Appena esce vedrà che le dirà tutto lui.” spiegò l’infermiera. Dorea si voltò verso la porta, e inizio a pregare silenziosamente che suo figlio non avesse nulla di troppo grave.
Dopo quelle che a Dorea parvero ore la porta si aprì, e il mago uscì accompagnato dalla guaritrice che l’aveva fatta entrare prima.
Dietro di loro Dorea poteva vedere che James dormiva tranquillo e che il suo respiro era regolare.

“Salve signora Potter. Suo figlio presenta un amnesia, abbiamo fatto degli accertamenti per verificare se è temporanea, dovuta ai mesi di coma..” iniziò l’uomo, cercando le parole per continuare quella faticosa conversazione.
“Quindi?” chiese Fanny, impaziente, esortando il medico ad andare avanti.
“Lo abbiamo escluso.” disse alla fine il dottore. Dorea sentì mancarle l’aria e dovette sedersi su una delle sedie della sala d’aspetto.
“Non è possibile, la prego, mi dica che non è vero.” implorò la donna, scoppiando nuovamente in un pianto disperato.
“Suo figlio è sveglio da troppe ore per pensare si tratti di una cosa temporanea.” spiegò meglio il medico, con un tono spiacente.
“Mi sta dicendo che mio nipote ha perso la memoria non si ricorda nemmeno il viso di sua madre o della sua famiglia?” chiese Fanny, allibita e distrutta allo stesso tempo. Come era possibile che una cosa del genere fosse successa proprio a James, e perché nessuno aveva detto loro che c’era la possibilità che si svegliasse ma che non ricordasse nulla?
“Purtroppo è così. Fisicamente sta bene, si riprenderà del tutto il poche settimane.” continuò il dottore elencando una serie di parametri medici che le due donne non capirono.
“Per la memoria che si può fare?” chiese Dorea, speranzosa. Dopo tutto erano maghi, doveva pur esserci un rimedio che fosse in grado di rimettere tutto a posto.
“Niente. La magia può curare le ferite, ma non sistemare la mente.” rispose il dottore, allontanandosi a testa bassa dalle due donne.
 
ANGOLO DELL'AUTRICE:
innanzitutto GRAAAZIE mille per essere arrivati fino a qui. ne approffitto per farmi un piccolo esame di coscienza:
sono terribilmente sbadata e in ritardo? SI (in questo mese ho dato due esami e lavorato alla tesi!)
sono terribilmente sadica? SI (specie con il povero James, ma almeno l'ho fatto uscire dal coma..)
mi odiate? molto probabilmente SI (dite la verità, lo schermo è l'unica cosa che vi impedisce di strangolarmi!)
leggerete lo stesso questo capitolo, il prossimo e via dicendo? spero che la risposta sia SI anche qui..
grazie a chi ha commentato,
a chi mette la mia storia tra i preferiti ed i seguiti,
 e anche chi la legge e basta (anche se spero sempre che prima o poi lasciate un commentino anche voi!)

ROBERT90: grazie mille per il tuo commento!
innanzitutto grazie per il bentornata e scusa se sono sparita di nuovo. grazie anche per i complimenti sul capitolo, sono davvero felice che ti piaccia!
diciamo che in realtà sulla sventura di James non si sa ancora nulla di certo, chissà mai che la scopa c'era..
spero che questo capitolo ti sia piaciuto come o più di quello prima.

FRANCI9892: grazie mille per il commento!
grazie mille per i complimenti sulla storia, sono felice che ti piace tanto e spero che continuerai a commentare.
se ti piacciono le storie sui malandrini ne sto scrivendo anche un'altra (decisamente più lunga ma altrettanto bella) dove ci sono un bel po' di colpi di scena.

MSMONTANA: grazie mille per il commento!
sono spiacente per la storia del volo dalla finestra (di cui non si sa NULLA di certo però), felice che abbia apprezzato il risveglio di James ed estasiata che hai notato il particolare delle lacrime. non sai quanto rende felice un'autrice vedere che certe sfumature, certi dettagli vengono colti.

VERONICA POTTER MALANDRINA: grazie mille per il commento!
premetto che sono una fan di James Potter (anche se da questa storia non si direbbe, lo so) e che anche a me la storia del suicidio all'inizio disturbava.. abbi fede e aspetta!

MARTY_ODG: grazie mille per il commento!
eh si, finalmente si riprende a vivere un po'.. quel castello era troppo tetro.
hai capito bene, dietro il volo dalla finestra c'è un mistero che solo James può chiarire.. (peccato che James non ricordi nemmeno il suo nome)
aspetta qualche capitolo e saprai tutto.. ;D

LYRAPOTTER: grazie mille per il tuo commento!
mi spiace per la depressione. non so nemmeno io che mi prenda quando scrivo questa storia, sono cattiva e sadica all'inverosimile.
diciamo che dietro la storia di James c'è un mistero, appena si ricorda come si chiama lo spiegherà anche a noi.. abbi fede!
va be che sono sadica, ma arrivare a far suicidare James mi sembrava troppo anche per me..
ebbene si, si è svegliato. c'è stata anche qualche risata ma.. per il chiarimento dovrai aspettare!

GRAAAZIE MILLE E... AL PROSSIMO CAPITOLO!

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Capitolo 9
*** visite ***


CAPITOLO 8
VISITE

Alice rimase tra le braccia di Frank per un tempo che non avrebbe saputo quantificare. Gli sguardi di quasi tutta la Sala Grande sembravano fissi su di loro ma i due ragazzi parevano non vederli. Potevano essere minuti, ore o forse giorni quelli che erano trascorsi. Quella stretta così dolce, forte e protettiva faceva girare la testa ad Alice e le faceva perdere il senso del tempo o dello spazio.
Per la prima volta dopo molti mesi la ragazza provò l’improvviso desiderio di fare l’amore con Frank immediatamente, in mezzo a tutti. Era un impulso talmente forte che Alice dovette fare del suo meglio per reprimerlo e controllarlo.
La ragazza si staccò da quella stretta, ancora sconvolta e fissò Frank. Anche lui era frastornato, perso. I due amanti si scambiarono un bacio tutto tranne che casto che conteneva la promessa di una notte di passione. La voce della professoressa McGranitt riportò Alice alla realtà. La donna stava salutando il preside che stava lasciando la Sala.
“Va a chiedere se puoi andare da James.” disse Frank, dolcemente. Alice gli stampò un altro bacio sulle labbra e poi corse verso l’uomo.
“Signore, la prego aspetti.” implorò Alice rivolta al preside che si stava allontanando dalla Sala Grande diretto nel suo ufficio. Ormai Silente era quasi fuori dalla stanza e sorrideva dolcemente alla ragazza. Dal momento in cui la ragazza gli era corsa incontro al preside era bastato uno sguardo per capire cosa volesse chiedergli.
“Signorina Prewet.” salutò gioviale Silente, con il solito sorriso benevolo dipinto sul volto. Alice lo guardò, perplessa. Sembrava assurdo ma il preside aveva lo strano potere di riuscire ad anticipare le richieste dei suoi ragazzi, anche le più strane.
“Jamie.. Si è svegliato oggi!” iniziò Alice, leggermente imbarazzata.  
“Sono stato informato pochi minuti fa e mi sembra un bellissimo avvenimento.” commentò il vecchio professore, sollevato.
Sapere che il ragazzo era fuori pericolo era stata la notizia migliore della giornata, la prova che nonostante gli omicidi e gli attentati alle sedi del ministero la vita trovava comunque la forza di andare avanti. Certo, le cose per lui non sarebbero di certo state semplici ora, ma il cammino era iniziato e ora aveva i suoi amici e la sua famiglia ad aiutarlo.

“Posso andare da lui?” chiese Alice, speranzosa. Silente era sempre stato comprensivo con lei quando Jamie era in coma, non c’era ragione che le impedisse di correre da lui proprio ora che si era finalmente ripreso. Il vecchio preside si fece più serio, e guardò la ragazza.
Si trattava di uno sguardo dolce, per nulla invasivo, eppure sembrava scusarsi e preannunciare un rifiuto.
“In questo momento James non può ricevere visite, è troppo debole. Appena sarà possibile ti farò andare da lui, considerala una promessa.” spiegò Silente con pazienza. Alice lanciò all’uomo un’occhiata di sbieco, chiedendosi se si fosse preparato quel discorso o meno.
“Grazie signore.” ringraziò Alice, cercando di mascherare la delusione nella sua voce.
Tornò dai suoi amici con lo sguardo fisso sul pavimento e questi immaginarono che Silente non era stato comprensivo come al solito.
Sirius lanciò uno sguardo a Remus, poi sospirò.

Frank notò immediatamente l’espressione della ragazza, e la prese amorevolmente tra le sue braccia. Alice chiuse gli occhi, cercando di fingere che andasse tutto bene. Parte della felicità per il risveglio di James era svanita quando il preside le aveva impedito di raggiungerlo.
“Che ha detto?” chiese Sirius, apprensivo. Aveva appena smesso di piangere ma i suoi occhi erano cerchiati di rosso. Cristal non riusciva a staccare lo sguardo da lui; era la prima volta che Sirius mostrava al mondo il suo lato più privato, indifeso. Tutti erano a conoscenza del rapporto profondo, fraterno e viscerale che legava James e Sirius ma nessuno fino a quel momento era riuscito a comprenderlo tanto a fondo come aveva fatto Cristal quella sera.
“Ti lascia andare?” chiese Remus, ansioso. Peter era in silenzio alle spalle dei due ragazzi, troppo timido e timoroso del giudizio altrui per parlare. Era felice per il risveglio di James, certo, ma non riusciva ad esprimerlo senza sentirsi fuori posto, impacciato.
“Dice che è presto. Appena sarà possibile andrò.” sospirò Alice, delusa. Cristal si avvicinò all’amica e le diede un bacio sulla guancia.
Per un po’ i ragazzi rimasero in silenzio. L’allegria che aveva scatenato la notizia che James si era svegliato era scomparsa, e tutti pensavano a quello che sarebbe accaduto ora. Di fronte a loro si stagliava un lungo sentiero pieno di buche, di insidie e di incognite.
Alice non poteva fare a meno di chiedersi se il cugino stesse bene e avesse o meno riportato danni. Sirius, Remus e Lily pensavano alle ultime discussioni con James e cercavano di indovinare come avrebbe reagito ora che era sveglio. Frank, Sebastian e Charleen erano tristi e preoccupati per gli amici. Avrebbero voluto poterli aiutare, ma la cosa appariva molto complicata. Solo Peter sembrava non fare caso a tutto quel trambusto. Il biondino era felice che James stesse di nuovo bene, e non capiva perché tutti si preoccupassero così tanto.
Charleen poi, era anche stranita. Negli ultimi tempi si era resa conto di non conoscere affatto James e si era ripromessa che se mai il ragazzo si fosse ripreso avrebbe cercato di rimediare. Giorno dopo giorno aveva imparato a vedere, attraverso la sofferenza di Sirius, Alice e Remus, un ragazzo diverso dal Potter presuntuoso e pieno di sé che aveva visto calcare i corridoi e i campi da Quiddicht fino a pochi mesi prima.
Fu Lily alla fine a rompere quel silenzio; nella Sala Grande erano rimasti solamente loro e gli elfi domestici che stavano sistemando i tavoli, muovendosi veloci nel disperato tentativo di dare meno nell’occhio possibile.
“Ragazzi è tardi. Andiamo a dormire.” propose Lily. I ragazzi annuirono stancamente e piano si diressero verso la loro sala comune, coscienti del fatto che nessuno di loro sarebbe riuscito a chiudere occhio quella notte. I loro passi risuonavano pesanti nel silenzio dei corridoi, mentre i pensieri di tutti andavano a James, solo e debole nella sua stanzetta d’ospedale a tante miglia da loro.
Erano passate ore, e l’orologio della stanza dei ragazzi batteva le due di notte ma due ragazzi continuavano a rigirarsi insonni nel letto; l’unico che era crollato subito era Peter, stancato dalle tante emozioni delle ultime ore.
“Remus, stai dormendo?” chiese Sirius piano, nel silenzio irreale della stanza. Sapeva che anche l’amico era sveglio. Dopo quasi sei anni che condividevano la stanza aveva imparato a capire lo stato d’animo degli amici a seconda di come respiravano o si muovevano nel letto. Remus aveva un sonno leggero ed il respiro regolare quando dormiva, inoltre non si rigirava mai nel letto. Al contrario James non stava mai fermo, si arrotolava nelle coperte e crollava a terra la mattina quando cercava di alzarsi. Sirius e Remus lo avevano preso in giro molte volte per quella sua strana abitudine. Peter invece, beh Peter per Sirius era un mistero anche quando dormiva. Solo James sembrava essere in grado di capirlo, e proprio per questo era il preferito del biondino. Per essere precisi Peter provava una vera e propria venerazione nei confronti di James.
“No, sono troppo agitato.” ammise Remus, mettendosi a sedere e lanciando un’occhiata a Sirius. Il ragazzo era sdraiato, gli occhi fissi al soffitto. Remus non riusciva a vederli, ma era sicuro che fossero ancora colmi di lacrime.
“Per James, vero?” disse Sirius. Remus non riuscì a capire se quella dell’amico fosse una domanda oppure un’affermazione.
“Anche tu immagino. A che pensi?” chiese Remus in rimando, sospirando.
“Sono felice che stia bene, non avrei sopportato di perderlo.” iniziò Sirius, cercando di scacciare dalla mente il pensiero di James morto. Nelle settimane precedenti non c’era stato giorno nel quale non avesse pensato alla morte di James e non c’era stata notte che non lo aveva sognato, risvegliandosi sudato e spaventato. Non aveva avuto il coraggio di raccontare a nessuno quei sogni, terrorizzato all’idea che potessero rivelarsi premonitori.
“Ma?” domandò Remus, intuendo che l’amico avesse qualcosa che lo tormentava. Probabilmente si trattava della stessa cosa che tormentava lui. Ora che James era sveglio e che stava bene era arrivato il momento di chiedersi come avrebbe preso il loro comportamento sul treno. La paura più grande di Remus era che James non li volesse più vedere, ma cercava in tutti i modi di nasconderla a Sirius. Doveva essere forte anche per l’amico; questa volta il compito di fare la roccia toccava a lui.
“Ma ho paura che sia arrabbiato con me, che non mi voglia vedere. Se me lo trovassi davanti ora non saprei cosa dirgli.” ammise Sirius tristemente, asciugandosi gli occhi alla meglio con le lenzuola.
Remus rimase in silenzio per un po’, cercando le parole giuste per confortare l’amico senza risultare banale e scontato. Per la prima volta nella sua vita Remus Lupin non sapeva cosa dire. Le paure di Sirius erano le stesse che aveva lui, le stesse che non riusciva ad affrontare. Come poteva essere di aiuto all’amico se non riusciva ad essere d’aiuto nemmeno a se stesso?
“Parlate di James?” chiese una vocina assonnata che proveniva dalla parte opposta della stanza che doveva certamente appartenere a Peter.
“Si, Peter.” rispose Remus, grato all‘amico per essere intervenuto. Le parole di Peter avevano messo fine a quel silenzio carico di interrogativi.
“Sono contento che si sia svegliato. Quando torna a scuola?” chiese Peter con il solito tono infantile. Remus si stupiva sempre di come tutto gli apparisse ovvio e scontato.
“Non saprei, è stato in come quattro mesi. Penso che dovrà riprendere le forze e fare fisioterapia.” ipotizzò Remus, dopo averci pensato un po’ su.
“Fisioterapia?” chiese Sirius, stupito.
“È stato a letto immobile quattro mesi, penso che avrà qualche difficoltà a camminare.” fece notare Remus. Sirius si incupì ulteriormente. L’idea che James non avesse ancora finito di soffrire lo distruggeva dentro. Quanto altro tempo doveva passare prima che James tornasse quello di sempre, il ragazzo spensierato che avevano imparato ad apprezzare?
“Ah, già. Non ci avevo pensato.” mormorò Peter, imbarazzato.
“Pensi che dovremmo andare da lui, a trovarlo dico..” disse Sirius in un sussurro rivolto a Remus. Il ragazzo rimase ancora in silenzio, prendendosi qualche istante per pensare.
“Non so, in questo momento non lasciano andare nemmeno Alice. Aspettiamo qualche giorno.” rispose Remus, saggiamente.
“Va bene, penso che tu abbia ragione.” ammise Sirius, tranquillizzato da quel breve scambio di opinioni con l’amico.
“Adesso dormi, però.” si raccomandò Remus, accoccolandosi sotto le coperte.
“Va bene mamma, ora faccio la nanna..” lo canzonò Sirius, accoccolandosi sotto le coperte. Nella sua mente i pensieri si rincorrevano ancora, veloci e negativi ma lui cercava di non dar loro troppo peso; doveva riuscire a credere di nuovo nel futuro.
Dopo che Sirius e Remus si furono addormentati la mattina successiva arrivò in un baleno. Sirius si era svegliato molte altre volte a causa di incubi in cui James lo inseguiva, gli lanciava maledizioni e gli urlava di tutto, ma nonostante questo poteva dirsi più tranquillo rispetto alla sera precedente. Almeno quella notte non aveva sognato la morte di James.
Per Dorea e Fanny la notte invece era stata un lunghissimo calvario. Dorea non aveva chiuso occhio, era rimasta per ore a fissare il vuoto e a ripensare ai ricordi perduti del figlio.
Non riusciva davvero a credere che i guaritori, che la magia stessa non potesse fare nulla per James. Fanny aveva fatto del suo meglio per consolare la cognata, ma era cosciente che non esistessero parole che potessero mettere fine alla disperazione di una madre di fronte al dolore del proprio figlio. Dorea in quei mesi aveva sopportato così tanto dolore che a Fanny pareva strano non fosse impazzita; le era morto in marito, lo aveva seppellito, non aveva ancora finito di piangerlo che si era trovata a vegliare James in ospedale. Dopo quattro mesi di tormento, paura e angoscia James si era svegliato ma non la riconosceva. Doveva essere terribile, al suo posto Fanny non avrebbe resistito.
“Che hai detto ad Alice ieri?” chiese Dorea a Fanny. Il suo tono era piatto, incolore, non c‘era traccia della minima emozione. La donna ci pensò su qualche istante.
“Che James si è svegliato.” rispose Fanny, passando all’altra donna un cappuccino che aveva preso al bar. Dorea prese la tazza e ringrazio timidamente Fanny. Si era completamente dimenticata da quanto tempo non metteva qualcosa sotto i denti. Erano settimane che non si concedeva un pasto vero o una colazione come si deve.
“Non sa nulla dell’amnesia?” chiese ancora Dorea, ansiosa.
“Non ancora.” ripeté Fanny, porgendo a Dorea anche un cornetto alla crema. Dorea lo studiò a lungo, poi lo prese e lentamente lo portò alla bocca.
“Povera ragazza, saperlo la distruggerà.” sospirò Dorea, ingoiando un morso del cornetto.
“Non puoi abbatterti così Dorea. Tuo figlio si è svegliato e sta bene.” disse Fanny, nella speranza di scuotere la cognata da tutto quel dolore. Dorea alzò la testa e studiò attentamente la donna.
“Però non si ricorda nulla di me, ne di nessun altro..” mormorò Dorea in tono funebre.
“Vedrai che con il tempo ritroverà la memoria. Dobbiamo solo stargli vicino.” disse Fanny decisa, appoggiando una mano sulle spalle di Dorea. Era sicura che tutto si sarebbe risolto, qualcosa dentro di lei le diceva che non era ancora arrivato il momento di perdere le speranze.

***

Di solito la mattina Alice era perennemente in ritardo, ma quel giorno era differente. La notte passata con Frank l’aveva rigenerata e le aveva dato abbastanza forza da affrontare quello che la vita gli avrebbe riservato nelle ore seguenti. Era pronta a tutto. Si svegliò prima ancora che la sveglia suonasse, si preparò in pochi minuti e corse giù nella sala comune prima di tutti i suoi compagni di casa, o quasi. Nella piccola stanza che ospitava tavoli, divani, poltrone e camino c’era già Sirius. Alice sorrise e si avvicinò al ragazzo. Era sicura che lo avrebbe trovato lì, una vocina dentro di lei glielo aveva detto prima ancora che scendesse le scale e lo vedesse.
“Buon giorno, oggi è una giornata magnifica e io voglio fare colazione!” esclamò Alice, finalmente tornata a essere quella di sempre. Sirius la fissò per un po’, colpito da come il sorriso della ragazza risultasse identico a quello di James.
“Chissà perché ridono tutti oggi..” sospirò Sirius, dirigendosi verso il buco del ritratto.
La Signora Grassa lasciò passare i due ragazzi, poi tornò pigramente al suo posto.

“Sirius, sei preoccupato?” chiese Alice, mentre i due si dirigevano versa la Sala Grande attraversando corridoi deserti.
“No, sono felice. Solo, ho paura che James non mi voglia vedere.” spiegò Sirius, preoccupato. Alice si avvicinò al ragazzo e prese una mano tra le sue.
“Stai tranquillo. Sono sicura che vi chiarirete subito.” lo tranquillizzò la ragazza, sorridendo. Sirius aprì la bocca per dire qualcosa, ma proprio in quel momento la professoressa comparve al tavolo degli insegnanti. Alice e Sirius la videro confabulare per qualche istante con il preside, prima di sedersi. Alice lanciò un’occhiata a Sirius, poi decise di andare dalla donna a chiedere di Jamie. Sirius vide Alice allontanarsi, e gli altri fare il loro ingresso in sala grande. In pochi istanti Alice fu accanto alla donna, per nulla sorpresa di trovarla lì.
“Professoressa McGranitt! Mio cugino.. Posso andare a trovarlo?” chiese Alice, speranzosa e sorridente senza girare troppo intorno alla domanda che le premeva fare. La McGranitt la scrutò a lungo con quel suo sguardo severo che la contraddistingueva.
“Non ancora, mi spiace.” rispose poi la donna, tristemente.
Alice accusò il colpo senza perdere il sorriso, ringraziò e si diresse delusa verso il tavolo di grifondoro. Nei pochi minuti durante i quali aveva parlato con la professoressa di trasfigurazione gli altri avevano preso posto, ed ora erano tutti quanti lì al tavolo.
“Allora?” chiese Cristal, apprensiva. Quando aveva visto la sua amica e la professoressa parlare aveva immediatamente capito quale fosse l’oggetto della conversazione; si doveva sicuramente trattare di James.
“Ancora nulla. Devo aspettare ancora.” sospirò Alice, lasciandosi cadere sulla sedia.
I suoi occhi lasciava trasparire tutta la sua impazienza e la sua delusione. Cominciava a diventare fastidioso l’atteggiamento del preside e dei professori. Sembrava quasi che la volessero tenere a tutti i costi lontana da Jamie.

“È strano. Quando era in coma ti lasciavano andare quando volevi.” fece notare Charleen, pensierosa e preoccupata. Una vocina dentro di lei le diceva che qualcosa non andava ma la ragazza cercava di fare del suo meglio per non ascoltarla. Anche Lily era più silenziosa del solito. Anche se non diceva nulla tutti loro sapevano che era terrorizzata, quasi come Sirius, all’idea di confrontarsi con James sulla loro litigata.
“È diverso. Prima era in coma, ora è sveglio. È debole e troppe emozioni gli fanno male.” spiegò Frank, cercando di tranquillizzare Alice. La ragazza sorrise al suo compagno e gli accarezzo dolcemente il viso. Frank aveva il dono di saper dire sempre la cosa giusta al momento giusto, e senza apparire mai scontato o banale. Si trattava decisamente di una dote fuori dal comune.
“Sirius e Lily allora glieli teniamo lontani per qualche anno..” esclamò Sebastian con il sorriso sulle labbra. I due ragazzi nominati lanciarono al ragazzo con i ricci un’occhiata carica di odio, gli altri invece scoppiarono a ridere. La tensione era stata smorzata.
“Simpatico!” commentò Sirius, stizzito.
“Veramente divertente!” fece eco Lily, imbronciata.
Remus e Charleen erano stupiti. Era la prima volta che quei due si trovavano d’accordo su qualcosa. I due ragazzi si scambiarono uno sguardo d’intesa, poi Remus sussurrò qualcosa in proposito ad imminenti calamità e disastri ambientali.
“Dai ragazzi, non prendetevela.. Stava solo scherzando.” cercò di giustificarlo Frank, prendendo le difese dell‘amico. Se James fosse stato lì con loro sicuramente si sarebbe fatto una risata.
“Che burlone!” obiettò Lily, stizzita. Sebastian scoppiò a ridere per la buffa espressione della ragazza. I capelli rossi le ricadevano disordinati sul viso, tenuti fermi da una matita babbana.
“Stasera c’è l’allenamento. Alle 19.00. Puntuali!” disse poi Sebastian, alzandosi da tavola e recandosi a lezione, seguito a ruota da Frank. I ragazzi rimasti al tavolo sbuffarono.
“Contaci, almeno ti butto giù dalla scopa.” rispose Sirius tra i denti.

***

Dorea e Fanny ne avevano parlato a lungo, sedute fuori dalla stanza di James. Alla fine Dorea si era lasciata convincere dalla cognata ad entrare. Si era fatta forza ed aveva spinto la porta che la divideva da James, seguita a ruota da Fanny. La cognata sapeva che non poteva lasciare Dorea da sola; al suo posto avrebbe voluto qualcuno con lei a farle forza.
La prima cosa che colpì le due donne fu come la stanza sembrava avere preso nuova vita. Ogni cosa era più luminosa, allegra e sembrava testimoniare che James si era svegliato.
“Ciao Jamie.” salutò Dorea, sforzandosi di sorridere al figlio come se nulla fosse. Si era quasi abituata a parlargli senza avere risposta, vederlo sveglio e cosciente sembrava irreale.
“Salve signora.” rispose James, fissando a lungo le due donne, soffermandosi sulla zia Fanny. Non l’aveva mai vista. L’altra donna era la stessa che era entrata nella stanza la sera precedente e che sembrava distrutta all’idea che lui non ricordasse nulla.
“Jamie, sono la tua mamma.” mormorò Dorea, con gli occhi pieni di lacrime. La cortesia che aveva usato James l’aveva ferita; era la stessa che chiunque avrebbe riservato ad un estraneo mai visto prima.
“Oh. Mi spiace.” balbettò James, fissandosi intensamente le proprie mani, a disagio.
“Va tutto bene. Io sono Fanny, tua zia.” intervenne Fanny, cercando di evitare che James si agitasse ulteriormente. Sentendo la voce della donna James alzò la testa e la fissò, incuriosito. Le due donne non si assomigliavano per nulla, sembrava quasi impossibile che potessero essere sorelle.
“Non ricordo, ma è un onore conoscerla.” disse James, rivolto alla donna in piedi di fronte al suo letto. A quelle parole Dorea sospirò nuovamente e si lasciò cadere seduta su una sedia, con la testa tra le mani.
“Non c’è bisogno che mi dai del lei. Ti ho visto nascere.” spiegò Fanny, sorridendo. Dorea, al suo fianco, non riusciva a dire nulla. Era come paralizzata. Le sembrava di essere in un incubo e voleva solo che qualcuno la svegliasse.
“Io.. Sono confuso.” disse James in un sussurro, chiudendo gli occhi e appoggiando la testa all’indietro sul cuscino.
“Guardami negli occhi.” implorò improvvisamente Dorea, portandosi con uno scatto sorprendente al fianco del figlio.
“Cosa..” inizio James, spiazzato da quelle parole.
“Dorea!” esclamò Fanny, cercando di capire che intenzioni avesse la cognata. La guaritrice era stata chiara: niente stress o emozioni troppo forti per James.
“Ascoltami Jamie. Forse il tuo cervello non si ricorda nulla di me, ma il tuo cuore non può essersi dimenticato.” mormorò Dorea a bassa voce, prendendo le mani del figlio tra le sue.
“Mamma..” mormorò James. Dorea sentì il cuore sciogliersi a quelle parole. Mamma. L’aveva chiamata mamma.
Finalmente era riuscito a ricordare o quanto meno a riconoscerla.

“Amore mio, mi riconosci.” esclamò Dorea, gli occhi pieni di lacrime per la gioia. La speranza non era perduta.
“Si, ma.. Mamma non ricordo nulla. È tutto nero.” balbettò James, spaventato. Non riusciva a ricordare nulla, ma era certo che la donna che gli stava di fronte era sua madre. Era l’istinto a dirglielo e James non aveva bisogno di sapere altro.
“Ti prometto che ti starò vicino e che troveremo una soluzione.”lo rassicurò Dorea, stringendolo forte a sé. Fanny guardava la scena con gli occhi pieni di lacrime, tenendosi a rispettosa distanza.
“Devi solo fidarti di noi James, pensi di poterlo fare?” chiese Fanny, guardando il nipote steso a letto con uno sguardo che lasciava capire tutto l’affetto e la tenerezza che provava per lui. James parve pensarci qualche istante.
“Si, penso di si.” annuì James, poco convinto.
Sul suo volto era disegnato un sorriso, quello stesso sorriso che era mancato a così tante persone in quei lunghi quattro mesi.

“Cosa mi è successo?” chiese James, passando lo sguardo dalla madre alla zia. Le due donne si scambiarono un’occhiata, confuse.
Entrambe sapevano che era troppo presto per mettere James al corrente di tutto. C’erano troppe cose che era meglio che lui non sapesse ancora; i litigi con gli amici e la dinamica dell’incidente erano tra queste.

“È ancora troppo presto per parlarne.. iniziò Fanny, sperando che James fosse troppo stanco per insistere.
“Devi portare ancora un po’ di pazienza.” disse Dorea, stringendo forte a sé il suo bambino. James aprì la bocca per replicare, ma la stanchezza lo vinse e lo costrinse a chiudere gli occhi per riposare un po’.

***
Il castello di Hogwarts era sempre stato per definizione il regno dell’imprevisto e dell’imprevedibilità; nulla di quello che la maggior parte delle volte accadeva aveva un senso logico o poteva essere spiegato in modo razionale, oppure previsto. Vi erano solo poche eccezioni e gli allenamenti erano una di quelle. Ultimamente la squadra di Grifondoro non andava per niente bene e quella che una volta era una festa era diventata una tragica punizione per tutti quanti, capitano compreso.
“Dove è finita Alice?” chiese Sebastian, stizzito. Ormai erano le sette e un quarto e l’allenamento era già cominciato da un bel po’. Era stufo di quella situazione, per un motivo o per l’altro mancava sempre qualcuno all’appello. Grifondoro aveva perso la prima partita ed era ultima in classifica ma nessuno era particolarmente preoccupato o turbato, tranne la McGranitt. Sebastian pensava che il risveglio di James avrebbe potuto portare un po’ di entusiasmo ma si sbagliava; gli allenamenti erano la solita noia.
“È in ritardo.” mormorò Sirius, guardando verso gli spogliatoi per cercare di capire se la ragazza fosse lì, intenta a cambiarsi.
“Questo lo vedo!” rispose Sebastian, furente. Aveva bisogno che i suoi compagni lo aiutassero, non che gli dicessero cose ovvie che sapeva da solo.
“Porta pazienza.” cercò di calmarlo Frank, sospirando. Negli ultimi tempi Sebastian era sempre più spesso nervoso, non rideva più ed aveva perso il suo entusiasmo. Certo, non aveva tutti i torti visto che la squadra era un disastro, ma non riusciva a capire che intestardendosi nel ruolo del capitano despota non avrebbe risolto nulla.
“Ho portato pazienza anche fin troppo. Doveva essere qui venti minuti fa!” ripetè Sebastian, vicino a una crisi di nervi.
Charleen guardò i compagni ed alzò le spalle.

“Schiavista!” commentò Sirius.
Proprio in quel momento dagli spogliatoi comparvero Cristal e Lily; le ragazze parlavano tra loro e avevano un‘espressione seria.

“Ragazzi, Alice non viene.” iniziò la ragazza con i capelli rossi, subito interrotta da Sebastian.
“Sai, avevo cominciato a sospettarlo! Solo io prendo sul serio questa squadra?” sbottò il capitano, profondamente irritato.
Sembrava che tutta la squadra cercasse con ogni mezzo di sabotarlo.

“Idiota, Silente l’ha mandata da James.” ribatté Cristal, lanciandogli un’occhiata di fuoco. Lily senza scomporsi raccontò loro di come avevano incontrato Silente mentre accompagnavano Alice agli allenamenti e di come lui le avesse concesso il permesso di andare da James.
“Ah.. Allora ritiro tutto.” balbettò Sebastian, imbarazzato.
“Allenamento annullato?” chiese Sirius, speranzoso. Ormai stava cominciando a piovere, senza contare che faceva tremendamente freddo. Anche le condizioni atmosferiche erano contro quell’allenamento, non solo la squadra. Senza contare che era inutile. Erano ultimi, facevano schifo, avevano il morale a terra ed un capitano psicopatico; ci sarebbe voluto un miracolo, non un allenamento.
“Certo che no, salite subito sulle vostre scope.” ordinò Sebastian, irremovibile, con un tono che non ammetteva nessuna replica.
“Schiavista!” ripeté Sirius, convinto, prima di risalire sulla scopa ed affrontare l’imminente bufera che si stava per abbattere sul campo d’allenamento.

***

Alice percorreva il corridoio che la divideva dalla stanza di James con passo sicuro e un’espressione felice dipinta sul volto. Per quattro lunghi mesi quel tragitto le era sembrato fin troppo breve, oscuro, mentre ora che risplendeva a giorno pareva non finire mai.
Aveva una voglia matta di correre da James, saltargli al collo e sentirlo ridere.
“Mamma..” chiamò Alice, notando la madre alla fine del corridoio, proprio di fronte alla porta di James. Della zia Dorea non vi era traccia, Alice si disse che forse era andata al bar oppure a riposarsi, e allungò il passo per raggiungere la madre. Appena le fu abbastanza vicina la abbracciò forte.
“Ciao tesoro!” la salutò Fanny, passandole una mano tra i capelli.
“Come sta? Posso andare da lui? Posso parlargli? Non lo devo stancare?” domandò Alice a raffica, impaziente di correre tra le braccia del suo Jamie. Fanny sospirò. Era arrivato il momento di raccontare la verità ad Alice.
“Piano, Alice.. È molto debole.” cercò di calmarla Fanny. James era sveglio, certo, ma tutto quello stress gli avrebbe certamente fatto male. Alice sospirò.
“Lo so, si è raccomandato anche il preside e Molly.” spiegò la ragazza, sorridendo. Aveva incontrato la guaritrice poco prima e la donna aveva provato ad aggiornarla sulle condizioni del cugino. Alice l’aveva ascoltata per un po’, poi era corsa via, impaziente di vedere Jamie.
“C’è anche un’altra cosa che nella lettera non ti ho detto.” iniziò Fanny, con un tono incerto che non sfuggì ad Alice. La ragazza si fece più seria e attenta.
“Di che parli?” chiese Alice, iniziando a preoccuparsi. Conosceva bene sua madre, e quando usava quel tono certo non c’erano notizie confortanti.
“C’è stata una complicazione.” continuò la donna. Alice a quelle parole impallidì.
“Oh mio dio, rimarrà paralizzato?” balbettò Alice, gli occhi già pieni di lacrime.
“No, ma.. Non ricorda nulla.” disse Fanny in un sussurro. Ad Alice servirono un paio di secondi per assorbire la notizia. All’iniziò fu sollevata di sapere che James avrebbe ripreso a camminare, poi il peso delle parole della madre le crollò addosso con tutta la sua tragica verità; James non ricordava più nulla, nemmeno di lei e delle loro infanzia passata insieme.
“Che stai dicendo?” chiese Alice dopo un po’, la voce innaturalmente calma. Doveva essere un brutto sogno, oppure uno scherzo. Non poteva essere vero; era semplicemente assurdo. Perché in destino avrebbe dovuto accanirsi ancora contro James? Non gli aveva già fatto abbastanza male facendolo litigare con le persone che amava di più e facendolo finire per quattro mesi in un letto d’ospedale?
“Ha un’amnesia totale e non riconosce nessuno a parte sua madre.” spiegò meglio Fanny, distogliendo lo sguardo da quello della figlia. Faceva troppo male guardare Alice negli occhi e leggervi lo stesso dolore che aveva letto in quelli di Dorea quando aveva saputo.
“Jamie non si ricorda di me? È questo che vuoi dire?” sbottò Alice, arrabbiata con il destino.
“Amore, non fare così. Devi essere forte.” cercò di tirarla su di morale Fanny. Alice alzò gli occhi sulla madre, incapace di dire qualsiasi cosa. Odiava il mondo, odiava il destino. Aveva bisogno di prendersela con qualcosa.
“Mio cugino, la persona che adoro di più a questo mondo non si ricorda di me e tu mi dici che devo essere forte? Non ha senso e non è nemmeno giusto! Dannazione, non ne va bene una!” urlò Alice, senza preoccuparsi di frenare le lacrime. Aveva aspettato quasi due giorni per vedere Jamie, e ora veniva a sapere che lui non era in grado di riconoscerla. Non era giusto, non poteva accettare una cosa del genere.
“Non dire sciocchezze, sta bene. Questa è una cosa positiva. Non si ricordava nemmeno di Dorea all’inizio. Porta pazienza, dagli tempo e vedrai che andrà bene.” continuò Fanny, decisa a fare ragionare la figlia. Alice rimase per un po’ il silenzio, a soppesare le parole che erano appena uscite dalla bocca della madre. Alla fine sospirò.
“Vado da lui allora.” disse Alice, cercando di farsi forza e di fare la cosa giusta. Lo doveva fare per Jamie, non poteva lasciarlo in quella stanza da solo.
Aprire la porta della stanza di James fu la cosa più difficile che Alice avesse mai fatto. L’angoscia e la paura all’idea di quello che avrebbe visto una volta entrata la tormentava, ma alla fine la sua determinazione vinse. Era sempre stata una ragazza forte dopo tutto.
Spinse la maniglia, e la porta si aprì con uno scatto.
Alice chiuse gli occhi ed entrò. Quando riaprì gli occhi vide che James dormiva ancora, rannicchiato su un fianco, con una vistosa benda sul braccio destro. Era così tenero, uno scriciolo indifeso. Chiuse la porta e si avvicinò al letto mentre James si muoveva nel sonno.
“Jamie.. Ciao..” sussurrò piano Alice, insicura, accarezzandogli piano una mano.
“Uhm..” mormorò James in risposta, aprendo piano gli occhi.
“Scusa, non volevo svegliarti.” disse Alice, accarezzando dolcemente il viso del cugino.
“Chi sei?” chiese James debolmente, guardando incuriosito la nuova arrivata. Il suo volto così triste e velato di lacrime le era familiare. Non ricordava il suo nome, ma vederla piangere lo faceva soffrire enormemente.
“Non ti ricordi di me, vero?” domandò Alice, cercando di non apparire troppo triste per non agitare il cugino. James scosse piano la testa.
“Mi spiace.. È tutto buio, non capisco.. Mi fa male la testa.” balbettò James, agitandosi nel letto. Le coperte caddero di lato ed Alice si affrettò a raccoglierle e a ricoprirlo perché non prendesse freddo. Ci mancava solo che prendesse anche l’influenza.
“Tranquillo, non agitarti. Va tutto bene. Io sono Alice.” cercò di calmarlo la ragazza, stringendogli forte le mani e sedendosi sul fianco del letto.
“Alice?” ripeté James, come ipnotizzato dal suono di quel nome.
“Si, Alice. Sono tua cugina.” confermò Alice sorridendo mentre osservava stranita le reazioni di James. Sembrava si stesse sforzando di ricordare, di collegare quel nome ad un ricordo.
“Il tuo viso è familiare. È come se lo conoscessi da sempre.” osservò James, accarezzando con la mano che non era fasciata il viso della ragazza. Quel contatto inaspettato fece sussultare Alice. Per la prima volta dopo quattro mesi sentiva di essere pienamente felice e a farla stare così era stata una semplice frase detta dalla persona che amava di più al mondo.
“Dici davvero?” chiese Alice, emozionata e felice. Forse James si ricordava di lei.
“Mi ispiri molta fiducia.” continuò James, sorridendo. Alice sentì calde lacrime scendere a bagnargli il viso e James le asciugò con il dorso della sua mano.
“È bello vederti sveglio e sentirti parlare.” mormorò Alice, tra le lacrime.
James non disse nulla, rimase fermo a guardarla senza smettere di sorriderle e di accarezzarle il viso.

“Dimmi, sai dirmi cosa mi è successo?” chiese James quando Alice si fu ripresa dall’emozione di vedere il cugino finalmente sveglio e cosciente.
“Un incidente.” rispose Alice dopo una breve esitazione. Sua madre non aveva detto nulla in proposito ma immaginava che fosse ancora troppo presto per parlargli di quello che era successo, specialmente perché non ricordava nulla del passato.
“Questo lo vedo, ma come?” chiese ancora James, curioso di sapere perché tutti evadessero quella sua domanda. Prima la mamma e la zia, ora Alice. Che diavolo poteva esserci di tanto spaventoso nel suo incidente?
“Parliamo d’altro. Ti sei svegliato da poco e sei ancora troppo debole.” disse Alice, liquidando così la richiesta di James.
“Ultimamente me lo dicono in tanti..” sbuffò James, rassegnato.
“Porta pazienza.” lo consolò Alice.
“Dicono anche questo molto spesso.” disse James, mettendo il broncio proprio come faceva quando era piccolo. Quell’espressione riportò alla mente di Alice gli infiniti pomeriggi e tutte le estati passati insieme. Da quando erano nati erano sempre stati inseparabili, più fratelli che cugini, e così era stato anche quando erano andati a Hogwarts. Nonostante Lily e Charleen non provassero troppa simpatia per James e per gli altri malandrini lei non aveva mai smesso di correre dal cugino a confidarsi nei momenti di difficoltà e paura.
“Mi sei mancato tanto.” sospirò Alice, abbracciandolo forte. James ricambiò la stretta e i due rimasero in quella posizione per un po’. Quando l’abbraccio si sciolse James si mise a sedere e sul suo viso si dipinse un sorriso.
“Mamma dice che gran parte di queste lettere sono opera tua.” mormorò James divertito, indicando una grossa pila di lettere ammonticchiate sul comodino.
“Si, è vero. Scriverti era un modo per sentirti più vicino.” ammise Alice guardando tutte quelle lettere.
Erano veramente tante, non se n’era mai resa conto prima.

“Posso leggerle?” chiese James, fissando intensamente Alice che rimase stupita da quella richiesta.
“Sono per te. Magari ti aiutano a ricordare.” rispose la ragazza, senza pensarci troppo su.
“Forse, spero.. Non ricordo nulla del passato. Chi sono queste persone nelle foto?” chiese ancora James, indicando le foto appese sulle pareti della stanza. Alice si diede della stupida per non averci pensato prima e corse a prendere una foto più grossa delle altre che ritraeva un gruppo di ragazzi e ragazze, tutti molto diversi tra loro. Alcuni indossavano un’uniforme.
“Sono i tuoi amici. Guarda, qui ci sono tutti.” spiegò Alice, mettendo la foto sotto il naso di James e sedendosi di nuovo affianco a lui.
“Questi due sono Sebastian e Frank, hanno un anno più di noi. Frank è il mio ragazzo.” disse Alice, indicando i due ragazzi del settimo anno che salutavano allegramente con la mano. James si fissò per un po’, poi fece segno ad Alice di andare avanti.
“Questa qui invece è Cristal, la mia migliore amica e le altre due sono Charleen e Lily. Ti dicono qualcosa i loro nomi?” chiese Alice, indicando le tre ragazze.
“No, nulla.” disse James, triste, dopo averle osservate attentamente.
“Concentrati, nemmeno Lily?” insistette Alice, indicando la ragazza con i capelli rossi.
“No, dovrei ricordarmi di lei per qualche motivo particolare?” chiese James, perplesso, fissando con attenzione la ragazza che sua cugina gli indicava. Era una bella ragazza con i capelli rossi e degli occhi estremamente verdi; sembrava severa ma allo stesso tempo molto dolce. A tracolla teneva una grossa sacca piene di libri.
“È la ragazza di cui sei da sempre innamorato.” spiegò Alice, stupita che James non la ricordasse.
“Sul serio?” chiese James, fissando meglio la foto. Alice annuì.
“Mi sembra una ragazza dolce, e anche un po’ sola. Non mi dice nulla però il suo volto.” continuò James, triste. Gli spiaceva non riuscire a ricordare nulla, gli pareva quasi di fare un torto alle persone che aveva dimenticato.
“Va bene, non importa.” cercò di consolarlo Alice, cercando di mascherare la sua delusione. James stava abbastanza male, non voleva insistere.
“Questi tre?” chiese James, indicando i tre malandrini.
“Sono i malandrini, i tuoi migliori amici. Il biondo è Peter, gli altri due sono Remus e Sirius.” spiegò Alice, indicando i tre ragazzi.
“Sirius.. Mi sembra familiare, come se lo conoscessi da sempre.” disse James, fissando intensamente il ragazzo con i capelli scuri. A quelle parole la ragazza parve quasi illuminarsi.
“È il tuo migliore amico, siete come fratelli.” esclamò Alice, felice che James fosse riuscito a riconoscere qualcuno. Proprio in quel momento la porta si aprì e Dorea entrò nella stanza.
“Alice, è ora. Mi dispiace, devi andare.” disse la donna, lanciando un bacio al figlio e alla nipote. Alice baciò il cugino e appoggiò la foto sul comodino, insieme alle lettere, in modo che il ragazzo potesse prenderla da solo.
“Quando torni a trovarmi?” chiese James, triste. Non voleva rimanere solo con i suoi pensieri, non ora che aveva riconosciuto Alice. Era la prima persona che lo faceva sentire a suo agio, quasi potesse capirlo senza bisogno di parlare.
“Presto, ma ti prometto che appena torno a scuola ti scrivo.” promise Alice, stampando un bacio sulla guancia di James. Alice notò che era caldo, probabilmente gli era salita la febbre a causa del troppo stress e delle troppe emozioni.
“Grazie, Alice.” mormorò James, piano.
“Ti ricordi il mio nome!” esclamò Alice entusiasta, sorridendo.
“La memoria a breve termine funziona bene. È l’altra che è un casino!” scherzò James, scoppiando a ridere. Quella risata, così cristallina e solare fece sentire bene sia Dorea che Alice. Le due donne uscirono dalla stanza insieme, poi Alice si diresse verso il camino che l’avrebbe riportata al castello.
“Alice, aspetta.” la chiamò Dorea, seria.
“Zia, che c’è?” chiese Alice, tornando sui suoi passi. Il viso di Dorea era teso e la ragazza se ne chiese la ragione.
“Prendi queste.” disse Dorea, mettendole in mano un grosso plico di lettere. Alice le fissò per un po’, perplessa, prima di riuscire a riconoscerle.
“Sono le lettere di Remus, perché me le stai dando?” chiese ancora Alice, riconoscendo la calligrafia dell’amico. Aveva giurato che tutte le lettere fossero sul comodino, perché quelle erano state portate via?
“Le abbiamo prese prima, mentre James dormiva.” spiegò Dorea, a bassa voce. Alice aprì la bocca per protestare, ma la zia la fermò.
“È sconvolto perché non ricorda nulla. Sapere di aver litigato con i suoi amici penso che possa solo fargli male.” continuò la donna, implorante.
Alice capì, e sospirò. Era la cosa migliore da fare.

“Va bene, le potrà leggere quando è pronto.” disse Alice, infilando le lettere nella borsa ed entrando nel camino.

ANGOLO DELL'AUTRICE
ormai le scuse per il mio - cronico - ritardo cominciano a diventare una tragica abitudine, spero che nonostante queste continuiate a seguire la mia storia.
GRAAAZIE a tutti quelli che leggono, che commentano ogni volta e che mettono la mia storia nelle preferite.
ai lettori occasionali che per caso arrivano nella mia storia e a quelli che la vanno a cercare.
grazie, davvero.
ROBERT90: grazie mille per il tuo commento!
mi spiace, non voglio assolutamente farmi desiderare. sono solo incapace di organizzarmi, maledetto studio!
grazie per i complimenti, sono felice che ti sia piaciuto lo scorso capitolo e spero ti piaccia anche questo.
per quanto riguarda James, hai decisamente ragione. meno male che tu non mi odi!
SATANABAAN: grazie mille per il tuo commento!
accipicchia, lo odi proprio James. meno male che non mi odi!
LOVE_VAMPIRE: grazie mille per il tuo commento!
sono felice che tu abbia scoperto la mia storia e che l'abbia letta. sono anche contenta che ti sia piaciuta.
niente paura, io adoro il lieto fine. la parta drammatica, se per drammatica intendi le sfighe di James, è quasi finita.
LYRAPOTTER: grazie mille per il tuo commento!
mi spiace che tu mi odi, io non ti detesto. anzi, sei una delle persone che preferisco e di cui tengo molto conto nei commenti.
vedila così, ne ha passate tante ma poi ci sarà il lieto fine. ;D
per quanto riguarda il titolo della storia.. si, si riferiva proprio a questo!
VERONICA POTTER MALANDRINA: grazie mille per il tuo commento!
la recupera, la recupera. abbi fede, e pazienza ovvio.
il quiddicht in questa storia diciamo che ha un ruolo importante, specie nei prossimi capitoli. vedrai, vedrai.

GRAAAZIE A TUTTI, ALLA PROSSIMA!

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Capitolo 10
*** amare scoperte e ritorni inaspettati ***


CAPITOLO 9
AMARE SCOPERTE E RITORNI INASPETTATI

Alice era stata via solamente qualche ora eppure non appena rimise piede tra quei corridoi che ormai conosceva alla perfezione si rese conto che le sembravano essere passati anni, secoli forse. Era tutto cambiato, o forse si trattava solamente del suo modo di guardare quello che le stava intorno. James era vivo, stava bene, le aveva sorriso ma non ricordava assolutamente nulla. Si trattava di un binomio di notizie che la rendeva felice e triste insieme. Riusciva a guardare il mondo in una nuova prospettiva, più fiduciosa forse.
Non appena Alice tornò, la prima cosa che trovò furono Remus, Peter, Cristal e Lily in sala comune. Erano seduti davanti al fuoco, come loro solito, e di tanto intanto gettavano occhiate preoccupate fuori dalla finestra dove la pioggia cadeva ormai incessante. Appena la videro le sorrisero. Nella testa di Alice vorticavano mille pensieri. Non faceva altro che pensare al cugino, che non ricordava nulla, e si chiedeva se fosse giusto o meno non dirgli nulla sugli ultimi mesi della sua vita prima dell‘incidente. James aveva il diritto di sapere, ma lei aveva anche il dovere di proteggerlo. Jamie aveva già sofferto troppo. Come avrebbe potuto reagire venendo a sapere che negli ultimi mesi suo padre era morto e lui aveva discusso con le persone a cui teneva di più? Forse il dolore avrebbe potuto aiutarlo a ricordare, o forse l’avrebbe sconvolto tanto da portarlo a fare scelte avventate. Alice si chiedeva anche cosa fosse successo sul serio in quella stanza, ma sapeva bene che l’unica persona che poteva dare una risposta a quella domanda aveva perso la memoria.
“Come è andata?” chiese Lily, ansiosa, distogliendo Alice dai suoi pensieri. La ragazza sobbalzò sorpresa, e si guardò rapidamente intorno. Nonostante fosse già buio non c’era traccia della squadra. La rossa non aveva fatto che pensare a James da quando l’amica era stata convocata dalla professoressa McGranitt. Lily non poteva fare a meno di chiedersi se James l’odiasse o meno, se avesse chiesto di lei oppure l’avesse cancellata per sempre dalla sua vita. Inspiegabilmente quest’ultima ipotesi l’addolorò parecchio.
“Diciamo bene.. Gli altri?” domandò Alice, guardandosi intorno. Erano quasi le nove, ma dei ragazzi nemmeno l’ombra. Mai come prima di quel momento aveva sentito la necessità impellente di buttarsi tra le braccia di Frank e lasciare che quel contatto fisico le desse le certezze che non riusciva ad avere da sola. Quando era insieme a Frank il mondo le sembrava più bello, perfetto. Nulla era troppo difficile o troppo lontano.
“Allenamenti.” rispose Remus sbuffando, mentre Peter annuiva deciso.
“Ancora?” esclamò Alice sorpresa. Improvvisamente ricordò che lei li aveva saltati per l’ennesima volta e pregò che Sebastian non fosse troppo arrabbiato con lei da prendersela con gli altri.
“Sebastian li sta torturando.” spiegò Cristal, preoccupata per i ragazzi. Negli ultimi mesi Sebastian si era trasformato in un dittatore. Non vi era più traccia del simpatico fannullone che faceva sempre ridere tutti. Almeno, non ve n‘era traccia quando erano in campo. Tra i banchi di scuola e a tavole Seba era il solito di sempre. Solo, la squadra, gli allenamenti e le partite assorbivano tutte le sue energie e peggioravano decisamente il suo umore.
A peggiorare le cose c’era il fatto che anche la squadra aveva avvertito quel cambiamento e non l’aveva presa bene. Il risultato finale era che nessuno si divertita più, non ci mettevano più passione. Tutti giocavano solamente perché dovevano ed era quello che tutti i Grifondoro si aspettavano da loro.
“Dovrei raggiungerli al campo?” chiese Alice, guardando preoccupata la bufera che si stava scatenando fuori. Non ne aveva per nulla voglia, ma allo stesso tempo voleva evitare che Sebastian sfogasse la sua rabbia sugli altri compagni. Alice sospirò, pensando che di quel passo ci sarebbe voluto poco perché Seba la buttasse fuori squadra.
“Io rimarrei qui al tuo posto.” suggerì Lily saggiamente, osservando la pioggia cadere fitta oltre il vetro. Alice decise di ascoltare l’amica, e si lasciò cadere a sedere sulla sua poltrona preferita. Chiuse gli occhi per un momento e nella sua mente comparvero un sacco di ricordi. In un lampo gli occhi della ragazza si riempirono di lacrime che cercò di nascondere soffiandosi il naso. Lily e Cristal guardavano l’amica, chiedendosi come stesse veramente. Entrambe non osavano fare domande su James, intuendo che qualcosa doveva essere andato storto. Peter fece per aprire la bocca, probabilmente per chiedere notizie dell’amico, ma Remus lo fece tacere con un’occhiata. Non bisognava mettere fretta ad Alice, doveva essere lei a iniziare l’argomento. L’ultima cosa che voleva era torturare la ragazza più di quanto fosse necessario.
Dopo quella che sembrò essere un’eternità ma che invece erano solo pochi minuti, Alice si riscosse dal torpore in cui era caduta e si alzò di scatto.
“Intanto scrivo una lettera.” disse Alice, sedendosi al primo tavolo libero e mettendosi a scrivere frenetica. Remus, Peter, Cristal e Lily si scambiarono occhiate piene di curiosità ma non dissero nulla né tanto meno fecero domande. Lily propose una partita a scacchi e Remus accettò subito, per smorzare la tensione e ingannare l‘attesa.
Quando ebbe finito con la lettera Alice andò alla ricerca di un gufo che portasse la lettera a James, uscendo silenziosa dalla sala comune. Raggiunse la guferia in un lampo, mentre gli amici si chiedevano perché scrivesse una lettera così tardi, e soprattutto chi potesse essere il destinatario. Alice vagò per la guferia per un po’ prima di trovare un grosso barbagianni che sonnecchiava sul suo trespolo. Gli si avvicinò, ma prima di fissare la lettera alla zampa e di sussurrargli l’indirizzo la rilesse un’ultima volta.
Caro James,
Sono appena tornata al castello e sto aspettando gli altri che sono al campo ad allenarsi.
È buffo, non so nemmeno se ti ricordi delle case di Hogwarts o di che cosa sia un cacciatore, un battitore o un cercatore.
Non so neanche bene cosa scriverti,
forse non hai voglia di sentire quello che è successo a gente di cui conosci solo il volto..
Ti mando un grosso bacio e un grosso abbraccio.
Appena me lo permettono torno a trovarti, promesso.
Ti voglio veramente tanto bene e spero che questo tu lo possa sentire,
anche se non ricordi nulla di me.
Alice.
La ragazza aspettò qualche istante che il nobile volatile si allontanasse nel buio della notte, poi prese le scale e tornò verso il dormitorio. Quando tornò in sala comune Alice si trovò di fronte una situazione decisamente paradossale. Charleeen, Frank, Seba e Sirius erano da poco tornati dal campo di allenamento ed erano completamente fradici, dalla testa ai piedi. I ragazzi non sembravano farci troppo caso mentre Charleen stava tremando di fianco a Lily che cercava un incantesimo in grado di asciugarle in poco tempo i vestiti bagnati. Frank parlava tranquillamente con Peter mentre Sirius e Sebastian si fronteggiavano guardandosi in cagnesco e lanciandosi occhiate di fuoco. Era facilmente prevedibile che avrebbero finito con il discutere, probabilmente a causa della squadra. Ormai le litigate tra Sirius e Seba erano quasi all’ordine del giorno. Sirius non aveva preso bene fin dall’inizio la sostituzione di James. Per come vedeva lui le cose l’unico capitano di Grifondoro degno di questo nome era il suo migliore amico. Alla fine aveva dovuto accettare il fatto che qualcuno dovesse necessariamente sostituirlo, ma non poteva fare a meno che notare le differenze tra il modo di Seba di condurre la squadra e quello che aveva sempre avuto James. L’anno prima, con lui, ogni allenamento era come un’uscita tra amici ed ogni partita un avvenimento epocale che si concludeva con una festa degna di entrare negli annali per celebrare la vittoria dei grifoni a cui si univano anche gli studenti della altre case, dimenticando il risultato.
“A chi hai mandato quella lettera?” chiese Cristal, curiosa, ignorando la guerra che si stava scatenando alle sue spalle. Frank, che le si era subito avvicinato, la guardò perplesso e Alice aprì la bocca per rispondere ma Sirius la precedette, scatenando l‘inferno.
“Lo uccido!” esclamò Sirius, furente, palesemente rivolto a Sebastian.
In un secondo il ragazzo scattò, in direzione del suo capitano ma venne preso in tempo da Frank e Remus prima che riuscisse a colpire Sebastian.
“Sta calmo!” disse Remus cercando a fatica di fare ragionare Sirius, tenuto fermo anche da Frank. Peter osservava la scena da lontano, spaventato e paralizzato. Alice fissò per un po’ il ragazzo, il più mingherlino dei malandrini, e arrivò alla conclusione che Peter non c’era mai quando c’era bisogno di lui.
“Calmo? Con tutte le persone che ci sono in questo castello proprio ad un esaltato dovevano dare l’incarico di Capitano?” urlò Sirius rivoltò ad un impassibile Sebastian che sembrava non essere toccato dalle parole del ragazzo. Sirius ripeteva le stesse cose ogni sera, e il giorno dopo si presentava diligentemente agli allenamenti. Seba sapeva che non avrebbe lasciato la squadra per non fare torto a James, e lasciava che si sfogasse urlandogli contro.
“Dovevi proporti tu, Frank!” commentò Charleen, finalmente asciutta e meno infreddolita.
“Non sono abbastanza cattivo e non mi so imporre.” rispose Frank, sorridendo e cercando di sdrammatizzare la situazione. Un po’ di ironia era estremamente necessaria in quel momento per evitare il peggio.
“Beh, io si!” esclamò Sebastian deciso. Sirius aprì la bocca per rispondergli ma Alice lo prevenne cercando di mettere fine a quella discussione.
“Che state dicendo?” chiese Alice, guardando i ragazzi presi dalla conversazione.
“Che è insopportabile.” spiegò Cristal riassumendo in poche parole il concetto espresso da Sirius indicando Sebastian, che si limitò a scrollare la testa.
“Lo faccio per il vostro bene, la partita è tra due settimane!” spiegò Sebastian, alzando le spalle. Sirius sbuffò, si liberò dalla presa di Frank per andare a sedersi il più lontano possibile dal suo attuale capitano.
“Parliamo di cosa più importanti? Alice è appena tornata!” disse Remus, indicando la ragazza. I ragazzi si voltarono tutti verso di lei di scatto. Improvvisamente tutti si sentirono stupidi per avere perso tempo a discutere di sport mentre la loro amica aveva notizie sicuramente più importanti su James da comunicare.
“James! Come sta?” chiese Frank, prevenendo Sirius che stava per fare la stessa domanda.
“Bene, sono così felice..” esclamò Alice, con un espressione estasiata sul viso. Tutti quanti a quelle parole si sentirono più leggeri, come liberati di un grosso peso che li opprimeva.
“Poteva parlare o era troppo debole?” chiese Sirius, ansioso di sapere più cose possibile sulla salute del suo amico. Avrebbe voluto correre da lui, abbracciarlo e piangere sulla sua spalla dandosi dell’idiota ma non sapeva se era o meno una buona idea. Remus gli aveva consigliato di aspettare per vedere come si sarebbero messe le cose, e questo era quello che lui aveva deciso di fare. Per la prima volta da che lo conosceva aveva davvero ascoltato il suo amico licantropo. Non voleva correre il rischio di fare altri danni, aveva già fatto troppi errori con James. Errori enormi, forse irreparabili.
“Quando sono arrivata stava dormendo, poi mi ha sentito entrare e si è svegliato. Abbiamo parlato un po’.” raccontò Alice, cercando le parole giuste per dire agli amici che James non ricordava nulla. Era davvero difficile trovare la forza per iniziare quel discorso.
“Dici davvero?” chiese Peter con la sua voce stridula e speranzosa.
Alice aggrottò le sopracciglia, come infastidita. La voce del ragazzo le era suonata strana, sgradevole, falsa forse.
“Pensi che potremmo andare a trovarlo nei prossimi giorni?” chiese Remus pacatamente, cercando di nascondere la sua impazienza. Aveva veramente voglia di rivedere James, sedersi sul bordo del suo letto e ridere con lui come non faceva da troppo tempo. Voleva anche parlargli di quell’estate, dirgli quanto era stato stupido su quel treno e di come avesse provato a rimediare scrivendo decine e decine di lettere che non erano mai state lette.
“Non so, c’è stata una complicazione.” iniziò Alice, incerta sul come proseguire. Come poteva dare  una notizia tanto brutta a quelle facce così piene di speranza? Forse aveva sbagliato a non essere stata schietta fin dall’inizio.
“È grave?” chiese Charleen, preoccupata. I visi di tutti si fecero improvvisamente più seri mentre esaminavano mentalmente tutte le possibilità, figurandosi le peggiori.
“Tornerà a camminare, vero?” chiese Lily, spaventata. Nonostante avesse chiarito la questione con Alice i sensi di colpa per l’incidente di James non si decidevano a passare. Si sentiva responsabile, e non riusciva a togliersi dalla testa l’idea che se non fosse stato per lei James non si sarebbe mai fatto male.
“Si, sta bene.” ripeté Alice, sedendosi sulle gambe di Frank. Proprio in quel momento un gufo planò dolcemente nella stanza e si diresse verso Alice, lasciando cadere una lettera sulle gambe della ragazza. Alice riconobbe immediatamente il gufo di sua zia Dorea, una grossa civetta bianca di nome Rochelle.
“Guarda, un gufo..” esclamò Peter, confuso. Sul viso di Alice si dipinse un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
“La posta adesso?” chiese Cristal, confusa. Sirius e Remus si scambiarono un’occhiata preoccupata, la posta fuori orario non era mai un buon segno e per di più quel gufo era maledettamente familiare. Non potevano certo sbagliarsi, quello era il gufo che aveva consegnato a James centinaia di lettere e pacchi da parte dei suoi genitori.
Ignorando le facce preoccupate degli amici e quello che gli accadeva intorno, Alice aprì la busta e si mise a leggere avidamente con un sorriso sulle labbra.
Cara Alice,
Non ricordo nulla del castello. Però sono annoiato, ho male alla testa ed al braccio e.. sono annoiato. Ah si, ho anche la febbre.
Mi fa piacere leggere quello che combinate. Ho letto qualcuna delle tue lettere, non sembra ci si annoi lì da voi. Non ricordo nulla di quello che abbiamo passato insieme ma sento il bene che mi vuoi e sento di volertene anche io.
James.
Alice rilesse quelle poche righe più e più volte, cercando di cogliere ogni minima sfumatura. Si immaginò mentalmente James, con il suo sorriso e la sua espressione così tenera dirle quelle parole. Le riusciva a sentire risuonare nella sua testa. Notò la scrittura incerta, insicura e gli scarabocchi che James aveva fatto come suo solito ai lati del foglio. Sembravano essere dei boccini stilizzati, ma non ne era sicura. Le pareva quasi di vederlo, James, mentre scriveva quella lettera appoggiato alla meglio all’instabile tavolino di fianco al letto con il braccio fasciato e la testa pesante per la febbre. Doveva essergli costata molta fatica e molto impegno.
Gli amici, nel frattempo cercavano di capire lo strano comportamento di Alice. Prima era sparita per mandare una lettera, poi aveva detto loro che James stava bene ma c’era stata una complicazione ed infine si era messa a leggere sorridendo in modo quasi ebete una lettera che era arrivata ad un orario a dire poco insolito da un gufo maledettamente simile a quello della madre si James.
“Alice, che succede?” chiese Charleen, preoccupata, parlando un po’ a nome di tutti.
“Nulla.” rispose Alice, facendo scivolare la lettera nella tasca della veste.
“Stavi parlando di James.. Stavi dicendo qualcosa riguardo una complicazione..” le ricordò Frank dolcemente, anche lui vagamente preoccupato. Conosceva abbastanza Alice per sapere che stava nascondendo qualcosa, forse di grosso.
“Scusate.” disse Alice, cercando di ritrovare il filo del discorso. Gli amici la guardavano spaventati, doveva dire loro tutto o sarebbe preso un colpo a qualcuno. Alice sospirò.
Cristal approfittò della pausa per sedersi a cavalcioni sul bracciolo di una poltrona e così facendo ribaltò la borsa di Alice con tutto il suo contenuto a terra.
“Ma quelle sono le lettere che avevo scritto a James!” esclamò improvvisamente Remus indicando le lettere che erano sbucate dalla borse della ragazza. Alice si affrettò a raccoglierle sotto lo sguardo incredulo degli amici, ma ormai era tardi. Il danno era fatto e forse era anche meglio così.
“È vero!” confermò Sirius, riconoscendo immediatamente la calligrafia dell’amico. Il suo cuore accelerò di colpo mentre nella sua testa si facevano largo un sacco di scenari, uno più assurdo e improbabile dell’altro che avevano portato Alice a mettere nella sua borsa le lettere destinate a James.
“Che ci fanno nella tua borsa?” chiese Sebastian, serio, con fare indagatore. Anche se nessuno si decideva a parlare era palese che tutti stavano pensando alla stessa cosa. La paura di tutti era che James si fosse arrabbiato con la cugina o con loro.
“È stato James a dirti di portarle via? Non ci vuole più vedere, è questo che volevi dire?” disse Sirius, spaventato e vicino a una crisi di nervi, dando voce ai timori di tutti i presenti. Remus cercò di calmarlo, abbracciandolo, ma il ragazzo si liberò da quella stretta.
“No, sono state mia madre e mia zia.” spiegò Alice, abbassando la testa. Era arrivato il momento di dire loro la verità, lo sapeva, ma era ugualmente difficile.
“Dorea non vuole che James legga quelle lettere?” chiese Remus, stupito dallo strano comportamento della madre di James. Dorea voleva loro bene, perché aveva fatto in modo che James non avesse le loro lettere?
“Si, e io penso che abbia ragione.” confermò Alice, annuendo piano. Frank si voltò stupito verso la sua ragazza, incredulo che proprio lei avesse pronunciato quelle parole.
“Cosa stai cercando di dire, Alice?” chiese Frank, confuso. Alice prese fiato prima di dire la frase che avrebbe distrutto definitivamente il buon umore degli amici.
“James ha perso la memoria, non ricorda nulla.” disse Alice alla fine, liberandosi di quel grosso peso. Tutti i ragazzi caddero in silenzio, incapaci di dire qualsiasi cosa. Sirius aprì la bocca per dire qualcosa, o forse per urlare, ma non uscì alcun suono. Il ragazzo era come in trance, troppo sconvolto per riuscire ad emettere un qualsiasi suono.
“È uno scherzo, vero?” chiese Remus dopo quella che parve un’eternità, guardandosi attorno alla disperata ricerca di conferme. Doveva essere uno scherzo, non c’era altra spiegazione. Non poteva assolutamente essere vero che il destino si fosse ulteriormente divertito a giocare con James, tirandogli un altro tiro forse più meschino dei precedenti. Prima le discussioni con Lily e con Sirius, poi il coma e ora questo. Non era giusto.
“Vorrei quanto te che lo fosse. Non ricorda nulla e non riconosce nessuno. Zia Dorea ha portato via quelle lettere per non sconvolgerlo troppo.” spiegò Alice, tristemente raccontando agli amici le ragioni della zia.
“Così per non agitarlo gli mentite? Mi impedite di vederlo e di chiarire con lui?” chiese Sirius, visibilmente agitato, ritrovando la parola. Alice sospirò.
“Sirius, James non ricorda nulla. Vuoi davvero che l’unica cosa che sappia di te è quanto lo hai trattato male sul treno? O che Lily lo odia? O che quando suo padre è morto lui è come impazzito e nessuno di noi ha saputo aiutarlo?” chiese Alice, guardando il ragazzo dritto negli occhi. Sirius capì, non rispose e abbassò la testa. Nella stanza cadde il silenzio più totale, quelle parole avevano colpito tutti con la loro cruda verità. James si era svegliato, ma non era più lo stesso. Il loro James non era ancora veramente tornato da loro. Ancora una volta erano spettatori impotenti della sofferenza del loro amico.
“Ha ragione lei. È la cosa migliore Sirius.” commentò Remus, abbracciando l’amico per fargli forza e fargli sentire la sua vicinanza. Sirius annuì piano, quasi impercettibilmente.
“Dobbiamo aiutarlo a ricordare, lasciare che si ricordi tutto e poi parlare di quello che è successo a giugno.” disse Lily, sconvolta ma nonostante tutto lucida. Alice annuì lentamente.
“L’ho perso..” mormorò Sirius liberandosi dalla stretta di Remus e lasciandosi cadere in ginocchio e tenendosi in viso tra le mani. Era uno straccio, lo spettro del Sirius di sempre. Tutti quanti distolsero lo sguardo, incapaci di resistere a quella triste visione.
“Che stai dicendo Sirius. James è vivo e sta bene.” disse Remus, avvicinandosi nuovamente a Sirius e prendendo le mani del ragazzo tra le sue. Sirius alzò piano la testa, osservando attentamente l’amico. Remus era distrutto quanto lui, ma allo stesso tempo non aveva perso la sua determinazione e la speranza.
“Si, ma non si ricorda di me. È come se la nostra amicizia non sia mai esistita per lui.” sussurrò Sirius tra le lacrime. Improvvisamente gli erano tornate in mente le parole che aveva detto a James sul treno e aveva capito come si era dovuto sentire il suo amico dopo che lui gli aveva detto quelle cose. Era semplicemente terribile sentirsi abbandonati dal proprio migliore amico, ed ora riusciva a capirlo anche lui.
“Non è proprio così.” intervenne Alice, decisa, interrompendo a malincuore quell’abbraccio.
“Di che parli?” chiese Lily, confusa. Alice sospirò e iniziò a spiegare.
“Ve l’ho detto, James non riconosce nessuno. All’inizio non riconosceva nemmeno me e sua madre, dopo un po’ però ha notato che i nostri visi erano familiari.” iniziò a raccontare Alice. A quelle parole tutti si fecero più attenti. Alice prese nuovamente fiato, prima di iniziare a raccontare nei minimi particolari tutto quello che era successo nella stanza d’ospedale di James solo qualche ora prima.
“Aspetta, quindi si ricorda solo di te e sua madre?” chiese Frank, sorpreso. Il fatto che James riuscisse a ricordare almeno qualcosa del suo passato era positivo, voleva dire che non tutto era definitivamente perduto.
“Non si ricorda, ma si fida di noi. Gli sembra di conoscerci da sempre, sente il bene che gli vogliamo. Guardate qui..” spiegò Alice, prendendo la lettera che era arrivata prima che aveva riposto in tasca e mostrandola agli amici. Sirius riconobbe subito la calligrafia. L’avrebbe potuta riconoscere tra mille altre. Era di James, del suo James.
“L’ha scritta lui, vero?” chiese Sirius, ansioso. Alice annuì piano con la testa.
“Deve essergli costata molta fatica.” sussurrò Charleen, guardando il tratto incerto delle parole e le molte macchie di inchiostro sulla pergamena.
“Penso di si. L’ha anche scritta con la mano sinistra perché il braccio destro è fasciato e immobile.” spiegò Alice, sorridendo tristemente.
“Jamie..” sospirò Sirius, trattenendo a fatica le lacrime. Riusciva quasi a vederlo, nella semi oscurità della stanza d’ospedale, stanco, con la febbre e il braccio fasciato scrivere a fatica quelle poche righe per la cugina. Avrebbe voluto correre da lui per abbracciarlo, attento a non stringere troppo forte per non fargli male.
“Mi ha chiesto di erano le persone nelle foto. Ho preso quella in cui ci siamo tutti e gli ho elencato tutti i nomi.” continuò a raccontare Alice. Tutti gli occhi erano puntati su di lei, tranne quelli di Sirius, in lacrime. Gli sembrava strano e allo stesso tempo irreale leggere una lettera, seppure di poche righe, che aveva scritto James. Era il primo contatto diretto con lui dopo più di quattro mesi.
“Ha reagito quando gli hai mostrato Lily?” chiese Cristal, ansiosa. Alice scosse la testa, lasciando sgomenti tutti i presenti.
“No, ha solo detto che gli sembrava molto dolce ma anche molto triste.” raccontò Alice, tristemente. Lily a quelle parole rimase come pietrificata, non disse nulla ma si vedeva che era sconvolta. Gli altri ragazzi erano stupiti, non sapevano cosa dire. Esattamente come Alice avevano pensato che vedere Lily lo avrebbe certamente aiutato a ricordare. Charleen si accorse dello strano comportamento dell’amica ma non disse nulla. Le avrebbe parlato più tardi, prima di andare a letto.
“Se non si ricorda nemmeno di Lily è una cosa grave.” commentò Sebastian, scuotendo la testa. Frank gli lanciò un’occhiataccia e gli fece cenno di stare zitto.
“Sirius, non si ricorda di Lily ma di te si.” disse Alice, fissando intensamente il ragazzo ancora in ginocchio. A quelle parole Sirius ebbe un tremito.
“Cosa?” chiese Sirius, stupito, alzando la testa per incontrare lo sguardo della ragazza.
“Quando gli ho mostrato la foto ha detto che gli eri familiare, ti ha riconosciuto. Non si ricorda il tuo nome, o quello che avete passato insieme ma sa di volerti bene.” spiegò Alice, sorridendo. Sul volto di Sirius iniziò a disegnarsi qualcosa di molto simile ad un sorriso.
“È un inizio.” commento Remus, sorridendo.
“Dobbiamo stargli vicino.” disse Frank, convinto. Ora che James stava bene avrebbero fatto di tutto pur di aiutarlo a ricordare, anche a costo di raccontargli nei dettagli ogni maledetto minuto degli ultimi sei anni passati al castello insieme.
“Come reagirà quando saprà quello che gli ho fatto?” chiese Sirius, confuso e triste.
“Lascialo guarire. Avete tutto il tempo per risolvere quella cosa, adesso sta bene.” disse Charleen, saggiamente. Sirius la guardò e poi annuì, deciso. Sapeva che aveva ragione lei, doveva essere forte e reagire. Doveva farlo anche per James.
“Alice, posso andare da lui?” chiese Sirius fissando speranzoso la ragazza, dopo qualche attimo di silenzio.
“Non penso, la professoressa McGranitt ha detto che non posso più andarci nemmeno io.” rispose Alice, triste e arrabbiata insieme, ricordando le parole pronunciate poco prima dalla donna mentre tornavano al castello.
“Quindi come fai?” chiese Cristal, stupita e delusa per l‘amica. Sapeva che Alice avrebbe sofferto moltissimo non potendo andare da James ora che si era svegliato.
“Posso scrivergli.” rispose Alice, sorridendo tristemente.
“Una lettera non è come stare con lui.” osservò Sebastian, giocherellando con la cravatta della sua divisa.
“Lo so, ma almeno gli faccio compagnia.” rispose Alice, risoluta.
I ragazzi andarono avanti a discutere per ore e senza che se ne rendessero conto passò la mezzanotte. Fu solo quando la donna grassa del dipinto minacciò di denunciarli alla professoressa McGranitt che si decisero ad andare a letto. Crollarono tutti nel giro di pochi minuti, fatta eccezione di Charleen e Lily.
“Che ti è preso prima?” chiese dolcemente Charleen, sedendosi sul letto di Lily. Non ci fu bisogno di troppe spiegazioni perché la ragazza capisse a cosa si stava riferendo l’amica.
“Non lo so..” rispose la rossa, malinconica, cercando di parlare piano per svegliare Alice e Cristal. Avevano avuto una dura giornata, avevano bisogno di riposare, ed in più era confusa dai sentimenti discordanti che sentiva di provare per James e non voleva che Alice sapesse.
“Sembravi quasi triste. Pensavo che James ti fosse indifferente.” continuò Charleen, decisa a fare luce sulla faccenda. Quando Alice aveva detto loro che James non si ricordava di Lily la ragazza era rimasta di sasso, delusa. Nonostante Lily avesse cercato di mascherare il più possibile i suoi sentimenti, nulla era sfuggito a Charleen. Dopotutto era la sua migliore amica e condividevano ogni cosa da quasi sei anni.
“Infatti è così. Solo, sono rimasta delusa dal fatto che si fosse scordato di me visto che diceva di amarmi più di ogni altra cosa..” sospirò Lily, triste.
“Forse lo hai deluso.” ipotizzò Charleen, giocherellando con una ciocca dei lunghi capelli ricci che le cadevano disordinati sulla schiena.
“Non mi importa di Potter.” esclamò Lily, cercando di sembrare decisa. Charleen non mancò di notare la tristezza e l’amarezza nascosta nella sua voce.
“Ne sei sicura?” chiese Charleen, dolcemente.
“Mi manca. Vorrei rivederlo, sentire ancora la sua voce e la sua risata capace di mettere allegria a tutti.” ammise Lily, con gli occhi pieni di lacrime.
“Doppiamo solo portare un po’ di pazienza, poi tornerà da noi.” cercò di confortarla l’amica.
“No, non tornerà. Il vero James Potter è caduto da una finestra dopo aver litigato con tutte le persone a cui teneva di più. Io ero tra queste e l‘ho ferito. Sono un mostro!” si sfogò Lily.
La ragazza era delusa da se stessa. Come aveva potuto essere così dura con James?
Lui stava solo cercando di prendere le sue difese con Piton, ma il suo maledetto orgoglio non era riuscito a sopportarlo.
“Sono sicura che andrà tutto a posto.” ripeté decisa Charleen.
“Come puoi dirlo?” chiese Lily, confusa dalla sicurezza della propria migliore amica.
“James è forte.” disse Charleen sorridendo in modo strano.
***
Erano passate circa tre settimana da quando James si era svegliato. I guaritori lo avevano trasferito in un altro reparto gestito da Emily, una donna arcigna e cattiva che faceva rispettare minuziosamente gli orari di visita e che aveva vietato categoricamente l’accesso a coloro che non fossero parenti stretti. Diceva che così facendo James sarebbe guarito presto e meglio. James non l’aveva presa per niente bene e si era arrabbiato moltissimo quando lo aveva scoperto. Dorea aveva provato a protestare, ma non era servito a nulla. L’unica persona che poteva entrare era lei, nemmeno ad Alice e Fanny era permesso. Anche Alice non l’aveva presa per niente bene, ma alla fine si era dovuta fare una ragione.
Con il passare dei giorni James stava sempre meglio, e ormai stava diventando difficile nascondergli le cose e trattenerlo a letto. La settimana precedente aveva ripreso a camminare e ormai aveva fatto amicizia con tutto il reparto. Parlare con altri pazienti lo faceva stare meglio e lo aiutava a distrarsi.
“Mamma, mi dici come mi sono fatto male?” chiese James per l’ennesima volta, rigirandosi nel letto come un‘anima in pena. Il braccio era ancora fasciato perché la ferita non la voleva smettere di sanguinare.
“Non posso tesoro.” rispose Dorea, proprio come faceva ogni volta, sperando che prima o poi il figlio si rassegnasse. Speranza vana con un testardo come James.
“Uffa, allora mi dici perché papà non viene mai a trovarmi? Ho un padre, vero? Chiese ancora James. A quelle parole Dorea sentì il cuore fermarsi e poi riprendere a battere più lentamente. Anche dopo molti mesi parlare di Charlus Potter e di come lo aveva perso per colpa di alcuni maghi oscuri faceva ancora molto male.
“È morto, tesoro.” rispose Dorea come faceva sempre, cercando di nascondere l’angoscia che gli procurava dire quelle parole. Avrebbe voluto raccontargli tutto, odiava avere dei segreti, specialmente con James ma non poteva fare diversamente. Sapere la verità non lo avrebbe aiutato, lo avrebbe solo fatto stare peggio.
“Come è morto?” insistette James, per niente disposto ad arrendersi al primo rifiuto.
“James, dovresti riposare invece di perderti domande inutili. Da bravo, dormi che devo fare una commissione.” disse Dorea, chiudendo il discorso e lasciando la stanza con gli occhi velati di lacrime per non farsi vedere piangere dal figlio.
James ormai aveva capito quei due argomenti erano vietati ma non aveva smesso di fare domande. Dopo tutto James era testardo e non si rassegnava facilmente.
Ogni giorno Alice gli mandava una lettera, a volte anche due. Leggere della vita della cugina lo faceva stare bene. Gli sembrava di leggere una storia, invece si trattava di quella che una volta era la sua vita. Se il braccio gli permetteva di scrivere, le rispondeva, cercando di ricambiare l’affetto che Alice lasciava trapelare nelle sue lettere. Anche Sirius, Remus e a volte Seba gli scrivevano, parlandogli del più e del meno. L’unico che non si era fatto vivo, né di persona né per lettera era stato suo zio Jack, il padre di Alice nonché fratello di sua madre Dorea. Non si ricordava molto di lui, solo qualche flash ed i racconti di Alice, ma ogni  volta che chiedeva di lui Dorea sospirava, e diceva che era al lavoro ma che presto sarebbe passato. James conosceva abbastanza di sua madre per sapere che stava mentendo, ma aveva preferito non fare altre domande. Si rendeva conto che per sua madre gli ultimi mesi non dovevano essere stati per nulla semplici e non voleva darle altri dispiaceri.
Alla fine della terza settimana di convalescenza da quando si era svegliato, Emily cominciò a parlare di dimissioni, con gran gioia del diretto interessato. James era eccitato all’idea di potersene andare dall’ospedale. Ormai stava bene ed essere costretto a letto cominciava ad irritarlo, senza parlare della noia che lo tormentava ad ogni ora. Dorea, dal canto suo, non era molto convinta, temeva che il figlio potesse avere ricadute e che la lunga degenza lo avesse reso troppo debole per tornare nel mondo reale. Un pomeriggio la guaritrice decise che era venuto il momento di convincere la madre di James a lasciare che lo dimettessero.
“Signora, suo figlio sta bene. Non ha senso che stia qui.” ripeté pazientemente Emily per l’ennesima volta in pochi minuti. Erano nella stanza di James, che osservava perplesso le due donne discutere tra loro ignorandolo deliberatamente. Sembrava che la decisione che avrebbero preso non lo riguardasse.
“È sicura che non rischia di stare male di nuovo?” chiese Dorea, ansiosa come solo una madre può essere. Non era mai stata una madre apprensiva, una di quelle che si preoccupano per tutto, ma da quando James era stato male non faceva che vedere possibili pericoli ovunque. Era terrorizzata all’idea che lasciandolo solo anche per pochi minuti si sarebbe certamente fatto male.
“Ne sono certa. Lo so di avere un brutto carattere e di essere insopportabile, ma il mio lavoro lo so fare. Si fidi, è pronto per tornare a casa.” rispose Emily, fissando la donna dritta negli occhi. Quelle parole così decise colpirono James.
“Ma la memoria non gli è tornata.” osservò Dorea, preoccupata.
“Per quello non possiamo fare niente.” disse Emily, tristemente, scuotendo la testa. In quelle settimane avevano provato molte cure ma non era servito a nulla. Dorea aveva passato interi pomeriggi ad aiutare James a ricordare qualcosa ma tutto quello che aveva ottenuto era stato fargli venire un tremendo mal di testa.  
“Cosa mi consiglia di fare?” chiese Dorea, fissando la donna negli occhi. Emily ci stette a pensare per qualche istante, cercando le parole giuste.
“Se posso dire la mia, non lo riporterei a casa. Lo mandi a scuola, tra i suoi amici..” consigliò alla fine la guaritrice. Dorea a quelle parole strabuzzò gli occhi, incredula.
James nel frattempo guardava le due donne discutere di lui come se non fosse presente, cercando inutilmente di prendere la parola per poter dire la sua.
“Ma Jamie è ancora troppo debole..” esclamò Dorea, preoccupata. In quelle settimane aveva pensato spesso al giorno in cui avrebbe finalmente riportato James a casa, e non vedeva l’ora che arrivasse. Non poteva sopportare l’idea di vederlo uscire dall’ospedale per riportarlo subito al castello. Forse il suo era egoismo, ma non voleva rimanere sola.
“Se dovesse stare male c’è l’infermeria, no? Stare al castello gli farà bene. Starà con sua cugina, con i suoi amici e vedrà luoghi familiari.” spiegò Emily pazientemente, cercando di convincere la donna a prendere la decisione migliore per il figlio.
“Potrebbe aiutarlo a ricordare secondo lei?” chiese Dorea, ansiosa. Prima che Emily potesse avere il tempo di rispondere James riuscì finalmente a prendere la parola, anticipando la madre di qualche istante.
“Di che parlate?” chiese James, riuscendo finalmente ad attirare l’attenzione delle due donne.
Dorea ed Emily si scambiarono un’occhiata prima che Dorea si decidesse a rispondere.
“Emily dice che molto presto sarai dimesso.” spiegò Dorea scompigliando i capelli del figlio.
“Davvero? Posso andarmene da qui?” chiese James, impaziente di lasciare quel posto.
“Jamie.. Sii gentile!” lo rimproverò la madre, tra il severo ed il divertito.
“Mi spiace, ma..” iniziò James, leggermente imbarazzato.
“Ti capisco se non ne puoi più di stare qui.” commentò Emily, sorridendogli per la prima volta da quando lo conosceva. La donna era conscia del fatto che l’ospedale cominciava a stare stretto a James, per questo insisteva così tanto perché Dorea lo lasciasse tornare ad Hogwarts. Per James forse all’inizio sarebbe stato un trauma, ma era la cosa migliore.
“Emily dice che secondo lei non dovresti tornare a casa ma andare a scuola..” spiegò Dorea, con una punta di preoccupazione nella voce.
“Al castello? Io.. Non ricordo niente, non conosco nessuno..” biascicò James, spaventato. L’ospedale era un posto noioso, ma sicuro. Conosceva tutti, non doveva fare nulla. Al castello sarebbe stato tutto diverso e sarebbe dovuto essere all’altezza delle aspettative di un sacco di persone di cui non ricordava assolutamente nulla, nemmeno il nome.
“C’è tua cugina, no?” disse dolcemente Emily, cercando di confortarlo ed infondergli un po’ di sicurezza.
“Si, ma..” provò a dire James, pallido. Dorea pareva in difficoltà. Cominciava a pensare che Emily avesse ragione, ma vedere James in crisi rendeva molto più difficile riuscire a prendere una decisione.
“Prima o poi dovrai tornare alla tua vecchia vita, e sarà un trauma lo stesso. Meglio prima, no? Pensi di essere abbastanza forte per sopportarlo ora?” continuò Emily, sempre con la stessa dolcezza nella voce.
“Non lo so, ma forse a casa sarebbe come stare in ospedale.” disse James, dopo averci pensato un po’ su.
“Che vuoi dire?” chiese Dorea, guardando ansiosa in figlio.
“Mi terresti a letto, ti prenderesti cura di me..” rispose James, fissando la madre negli occhi.
Gli occhi di Dorea erano pieni di preoccupazione, quelli di James di decisione ma anche di tanta dolcezza.
“Sei mio figlio, e stai male, è normale che io mi prenda cura di te.” borbottò Dorea, sulla difensiva. James in risposta le sorrise, e poi l’abbracciò.
“Quello che vuole dirti è che si sente pronto a tornare a vivere. Lascialo fare Dorea..” cercò di spiegare Emily.
“Si, ma..” inizio Dorea, subito interrotta dal figlio.
“Lo so, sei preoccupata.” disse James, cercando di fare forza alla madre nonostante fosse il primo ad essere spaventato da quella situazione.
“È un ragazzo forte, ce la farà.” esclamò Emily, sicura.
“Va bene.” sospirò alla fine Dorea. James sorrise, e strinse ancora più forte a sé la madre.
“Saluta tua madre, poi vieni con me.” disse Emily, rivolta a James, lasciando i due da soli per i saluti. Dorea non disse nulla, si limitò ad abbracciare e accarezzare la testa del figlio, sforzandosi di non piangere. Doveva essere felice che James venisse finalmente dimesso e potesse tornare alla sua vita, al suo mondo, invece aveva un groppo in gola. Era preoccupata, soprattutto perché sapeva che per James non sarebbe stato facile. Nel giro di quattro mesi erano cambiate molte cose.
“Ciao mamma.” salutò James alla fine, decidendosi ad alzarsi. Con paio di colpi di bacchetta Dorea preparò le cose del figlio, poi aiutò James a vestirsi.
“Ti scriverò tutti i giorni e guai a te se non fai lo stesso!” disse Dorea, minacciosa e con gli occhi lucidi, mentre si salutavano sulla porta.
“Va bene, ma ricorda che il braccio mi fa male..” rispose James, divertito, cercando una scusa per avere un po‘ di pace.
“Ti voglio bene.” sussurrò Dorea, abbracciando forte James ancora una volta.
“Anche io mamma.” rispose James, con gli occhi lucidi prima di lasciare per sempre quella stanza d’ospedale che era diventata la sua prigione.
***
Ad Hogwarts la professoressa McGranitt stava tranquilla nel suo ufficio a correggere una grossa pila di compiti che aveva assegnato ai suoi alunni. Molte volte si era ritrovata a pentirsi di tutti quei compiti visto il tempo che poi ci metteva a correggerli e quella era certamente una di quelle volte. Il noioso pomeriggio della professoressa di Trasfigurazione fu però presto interrotto, in modo brusco.
“Professoressa McGranitt, potrebbe venire nel mio ufficio immediatamente?” disse la voce del preside, comparso improvvisamente dal camino.
“Certo professor Silente.” rispose la professoressa, accantonando immediatamente i compiti per affrettarsi a raggiungere il suo professore, chiedendosi cosa poteva essere successo di tanto importante da richiedere così urgentemente la sua presenza.
“Ah, porti con se la signorina Prewet e il signor Black o il signor Lupin.” mormorò Silente, prima di scomparire nel nulla. La donna notò che sul viso del preside era disegnato uno strano sorriso, quasi che il preside fosse di buon umore.
Nella Sala Comune dei Grifondoro nel frattempo si stava consumando il solito dramma, ormai quotidiano, tanto che nessuno ci faceva più caso. Sebastian stava facendo il solito discorso alla squadra, mentre gli altri ragazzi di Grifondoro parlavano tra loro vicino al camino, scuotendo di tanto in tanto la testa, rassegnati.
“Allora ragazzi, avete capito tutti? Ci sono domande?” chiese Sebastian, impaziente, ad una platea di ascoltatori assonnati e svogliati. Si vedeva lontano un miglio che avrebbero volentieri fatto a meno di essere lì.
“Io ne ho una..” disse Sirius, alzando pigramente la mano per chiedere la parola.
“Dimmi pure Sirius.” rispose Sebastian, con fare disponibile.
“Ma ci hai preso per dei ritardati? È la quinta volta che spieghi la stessa tattica!” esclamò Sirius, scatenando le risate di tutti i presenti. Seba a quelle parole arrossì, sia per la rabbia che per la vergogna.
“Ha ragione, sei impossibile.” confermò Charleen, scuotendo la testa.
“Charleen, fa poco la spiritosa. Ricordi che settimana scorsa abbiamo perso..” disse Sebastian, sbuffando. Per la prima volta da almeno cent’anni, come non facevano che ripetere tutti i Serpeverde, Grifondoro aveva perso con Tassorosso. La partita era stata un tale disastro che gli studenti di Grifondoro avevano lasciato il campo per tornare al castello prima della fine della partita. Alice era riuscita a prendere il boccino, ma non era servito a nulla. Era stato un vero e proprio massacro, un disastro su tutti i fronti.
“Come dimenticarlo, lo ripeti almeno sei volte al giorno!” esclamò Frank, stizzito.
Per lui, portiere famoso per non avere quasi mai preso gol quella era stata una partita da dimenticare, una sconfitta colossale, e non sopportava che Seba non facesse che ricordarglielo ogni santo giorno. Il ragazzo cominciava a pensare che Sirius avesse ragione.
“Non ho voglia di discutere, vi aspetto tra un ora al campo. Puntuali.” concluse Sebastian, lasciando la Sala Comune. I ragazzi si scambiarono un’occhiata, rassegnati, poi sbuffarono.
Alice raggiunse Cristal, Lily e Remus, lasciando il resto della squadra a confabulare tra loro alle spalle del loro capitano-dittatore.
“Andiamo in biblioteca.” annunciò Cristal, sorridendo alla sua migliore amica.
“Allenamento..” comunicò Alice, tetra, in risposta.
“Ancora, ma è impossibile!” sbottò Lily, stupita. Ultimamente sembrava che Sebastian non facesse altro che programmare nuovi allenamenti, specie dopo l‘ultima, disastrosa partita. La sconfitta contro i Tassorosso doveva bruciargli veramente tanto.
“Remus, mi presti il tuo libro di incantesimi?” chiese Alice, ricordandosi improvvisamente di essersi dimenticata di copiare gli appunti della lezione precedente perché troppo impegnata a scrivere a James.
“Si, è di sopra. Vado a prenderlo.” rispose Remus, gentile come al solito.
“Alice, io comincio andare. Ci vediamo la?” chiese Charleen, lasciando la Sala insieme al resto della squadra, terrorizzata all‘idea di arrivare tardi e subirsi l‘ennesima sfuriata di Seba.
“Si, va bene..” rispose Alice distrattamente. Avrebbe aspettato che Remus gli portasse il libro, poi avrebbe raggiunto gli altri al campo e avrebbe dimostrato a Seba che la squadra non era poi così terribile come pensava lui e che con un po’ di impegno potevano ancora sistemare le cose e tornare ad essere i campioni della scuola.
“Noi invece andiamo in biblioteca. A dopo Remus.” disse Cristal, seguita da Lily.
“Arrivo subito.” rispose Remus, dirigendosi verso le scale che conducevano alla stanza dei ragazzi nel dormitorio maschile.
Le due ragazze avevano appena lasciato la Sala Comune dei Grifondoro quando furono praticamente braccate dalla professoressa McGranitt, a pochi passi dal ritratto della signora grassa. La donna sembrava era trafelata e rossa in viso, quasi avesse corso.
“Ragazze, dove sono Prewet, Black e Lupin?” chiese la donna, ansiosa. Le due ragazze si scambiarono un’occhiata, perplesse da quella strana richiesta.
“Black è al campo, Alice e Remus sono nella sala comune.” rispose Lily, confusa e preoccupata dallo strano modo di fare della professoressa.
“Grazie ragazze, potete andare.” rispose la McGranitt, scomparendo tanto velocemente quanto era comparsa. Lily e Cristal si guardarono nuovamente, stupite, poi alzarono le spalle e ripresero a camminare, chiedendosi che fosse preso alla donna.
Nel frattempo la McGranitt in pochi minuti aveva raggiunto la Sala Comune, era entrata e aveva preso a guardarsi intorno frenetica alla ricerca dei due ragazzi.
“Alice, Remus..” chiamò la McGranitt, ansiosa, scorgendoli dalla parte opposta della stanza.
“Professoressa McGranitt.” rispose Remus, stupito, scendendo con calma le scale e dirigendosi verso la donna.
“Potete venire con me?” chiese la professoressa con un tono molto severo che non ammetteva una risposta negativa.
“Veramente Sebastian mi aspetta al campo..” iniziò Alice, tormentata. Da una parte aveva paura della reazione di Sebastian se avesse saltato un altro allenamento ma dall’altra parte aveva molta più paura della possibile reazione della professoressa McGranitt. In entrambi i casi qualcuno si sarebbe arrabbiato, e parecchio anche. Restava solo da capire chi dei due fosse il più pericoloso, anche se appariva abbastanza chiaro che fosse la donna.
“La squadra può aspettare, venite, il preside vi aspetta.” rispose la professoressa, secca.
I due ragazzi seguirono la donna per i corridoi del castello, senza azzardarsi a fare domande o proferire parola fino a che arrivarono davanti all’ufficio di Silente. La professoressa McGranitt bussò, aspetto che Silente le rispondesse ed entrò sicura nell‘ufficio del preside.
“Silente, i due ragazzi sono qui.” annunciò la McGranitt, indicando con un gesto della mano Remus ed Alice, entrambi intimiditi dalla vicinanza con il vecchio preside.
“Benissimo, arrivo. Puoi iniziare a spiegare loro tutto quanto?” rispose Silente, parlando dall’altra parte dell’ufficio mentre armeggiava con degli aggeggi strani.
“Certo signore.” rispose la McGranitt, schiarendosi la voce.
“Che sta succedendo professoressa?” chiese Remus, timidamente.
“Il professor Silente vorrebbe affidarvi un incarico di grande responsabilità.” rispose la McGranitt, solenne. Se anche Remus rimase sorpreso da quelle parole, cercò di non darlo a vedere in alcun modo.
“Che genere di incarico?” chiese Alice, curiosa e allo stesso tempo inquieta. Aveva la sensazione che stesse per succedere qualcosa.
“Come di sicuro saprete, James Potter è uscito dal coma qualche settimana fa.” iniziò la professoressa McGranitt con lo stesso tono asciutto che usava per spiegare loro una nuova magia che avrebbe permesso loro di trasfigurare i propri corpi in tentacoli velenosi.
“Certo che lo sappiamo!” rispose Alice, decisa e impaziente.
“Saprete anche che si sta riprendendo piuttosto bene.” continuò la McGranitt, ignorando l‘impazienza della ragazza.
“Mia mamma mi ha detto che i guaritori pensavano di dimetterlo settimana prossima..” disse Alice, preoccupata che fosse successo qualcosa a suo cugino.
“È stato dimesso oggi.” disse la professoressa di Trasfigurazione, sicura. Remus strabuzzò gli occhi, stupito. Non si aspettava una notizia del genere, anche se doveva ammettere che era felice per il suo amico, sicuro che James non ne potesse più di stare in ospedale.
“Oggi? Non ne sapevo niente.” esclamò Alice, stupita da quella notizia. Sua zia aveva detto che lo avrebbero dimesso presto, ma non si aspettava così presto.
“È stato deciso poco fa. La madre di James insieme ai guaritori ha deciso anche che la cosa migliore per lui non sia tornare a casa ma qui al castello. Rivedere gli amici e i luoghi in cui ha passato gli ultimi anni della sua vita potrà fargli solo bene.” raccontò velocemente la McGranitt, fermandosi qualche secondo ad osservare le reazioni dei due ragazzi.
“Aspetti, sta dicendo che James tornerà al castello?” chiese Remus, stupido. Il ragazzo era rimasto letteralmente a bocca aperta, indeciso se credere o meno a quelle parole. Non gli pareva vero che di lì a poco avrebbe riabbracciato il suo amico. Alice rimase in silenzio, troppo agitata per dire qualsiasi cosa.
“No, sta dicendo che è già qui. Avanti ragazzo, non essere timido.” disse il professor Silente introducendosi nel discorso con la sua solita calma. Con un gesto teatrale il vecchio preside fece cenno a James di avvicinarsi scrutandolo attentamente con i suoi penetranti occhi azzurro cielo, nascosti come al solito dietro le lenti a mezzaluna.
“Silente, James.. Prego accomodatevi.” mormorò la McGranitt, indicando due poltrone, una per il preside e per James.
“James..” esclamò Alice, felice di vedere il cugino a due passi. Remus era stupito e allo stesso tempo felice. Il primo istinto di entrambi fu quello di saltare in braccio al ragazzo, ma qualcosa li bloccò. James sembrava a disagio, spaventato.
“Salve..” salutò James leggermente imbarazzato, evitando con cura lo sguardo di tutti i presenti, cugina compresa.
“Ho parlato un po’ con James. È in forma ma è ancora molto debole e il suo braccio necessita di continue cure. Inoltre penso che avrà bisogno di qualche amico per inserirsi di nuovo qui a scuola. Potete pensarci voi?” chiese Silente, fissando alternativamente Remus e Alice, sicuro che avrebbero accettato l‘incarico di buon grado.
“Certo, ci dica quello che dobbiamo fare.” rispose Alice, sicura, stringendo forte la mano del cugino per fargli coraggio. Era pronta a fare tutto quello che era in suo potere per aiutare James. Anche Remus era felice di potere finalmente rendersi utile, stanco di aspettare restando a guardare.
“Dovete solo stargli vicino, mostrargli la scuola ed assicurarvi che stia bene.” spiegò Silente, cercando di fare comprendere ai ragazzi lo stato d‘animo di James. Il ragazzo, da parte sua, sembrava a disagio, pallido e molto più spaventato del solito.
“Può pensarci Alice, no?” chiese James, fissando Remus. Era spaventato all‘idea di avere a che fare con qualcuno di cui non aveva nessun ricordo e allo stesso tempo non voleva essere un peso e gravare su Remus. Il licantropo fissò per un po’ James, dolcemente, dispiaciuto che il ragazzo non si fidasse di lui o quanto meno che non volesse il suo aiuto.
“Certamente, tuttavia penso che sia appropriato che Remus le dia una mano. Remus è tuo compagno di stanza.” spiegò con dolcezza Silente.
“Oh si..” sospirò James, abbassando lo sguardo. Alice non disse nulla ma Remus si rese conto che James lo stava allontanando solo perché era spaventato. In pochi istanti decise che qualsiasi cosa sarebbe successa o avesse detto James, non lo avrebbe lasciato solo.
“Se non avete altre domande potete andare.” comunicò secca la McGranitt, impaziente di tornare a finire di correggere la pila di compiti che era rimasta sulla sua scrivania.
“Le lezioni?” chiese James, timidamente, guardando con aria interrogativa prima il preside, poi la professoressa ed infine la cugina e l‘amico.
“La professoressa McGranitt ti porterà l’orario e farà in modo di farti recuperare le lezioni che hai perso.” rispose Silente, comprensivo.
“Posso dargli i miei appunti.” si intromise Remus, appoggiando una mano sulla spalla dell‘altro ragazzo. James sussultò appena a quel contatto, ma non si ritrasse.
“Grazie..” sussurrò James, guardando per la prima volta negli occhi il suo amico.
I tre tornarono nella loro sala comune, senza parlare. Remus aveva sognato da settimane il momento del ritorno al castello di James, ma lo aveva immaginato in maniera completamente diversa. Nella sua testa il James appena tornato era iperattivo, non stava fermo né tanto meno zitto. L’esatto opposto del ragazzo apatico e spaventato che camminava insicuro al suo fianco, terrorizzato dagli sguardi altrui fissi su di lui.
Qualche ora più tardi Frank vagava solitario per i corridoi, ancora con addossa la divisa della squadra, diretto in biblioteca alla ricerca della sua ragazza, Alice, che sembrava essersi dissolta nel nulla, con gran scorno del capitano che l’attendeva da ore al campo.
“Hai visto?” disse un ragazzino del primo anno al suo amico, con voce complice, attirando l‘attenzione di Frank che gli camminava quasi di fianco.
“Si, è incredibile!” rispose l’altro, eccitato.
Frank stava per chiedere qualcosa ai due ragazzi, ma vide Cristal e Lily sedute ad un tavolo poco lontano da lui e decise di raggiungerle. Trovare Alice era la sua priorità.
“Ma che hanno tutti quanti?” chiese Frank, stupito, guardando la strana coppia di ragazzini allontanarsi continuando a parlare a bassa voce tra loro.
“Non so, è un paio d’ore che fanno così.” rispose Cristal, alzando le spalle e tornando a dedicarsi al grosso libro di storia della magia che teneva aperto davanti a sé.
“Alice è con voi?” chiese ancora Frank, guardandosi intorno alla ricerca della sua ragazza.
“No, non doveva essere all’allenamento?” domandò Lily, intromettendosi nel discorso. Frank alzò le spalle e scosse la testa, pensieroso.
“Non si è presentata e Seba sta dando i numeri. Sono venuto a cercarla proprio per questo, voi non sapete nulla?” spiegò Frank, leggermente preoccupato.
“Non è qui. Adesso che mi ci fai pensare è sparito anche Remus.” disse Cristal, dopo averci pensato un po’ su. I due ragazzi dovevano raggiungere gli amici al campo e in biblioteca ed invece sembravano spariti. Lily di colpo ricordò che poche ore prima anche la professoressa McGranitt li stava cercando per qualche strano motivo che loro non conoscevano.
“Ma è proprio lui?” chiese una ragazza bionda del terzo anno ad un’amica più grande che doveva essere del quarto o del quinto anno.
“Ti dico di si!” rispose quella, decisa.
Frank, ancora una volta di domandò cosa fosse preso a tutti quanti, ma Cristal lo anticipò.
“Di che parlano?” chiese Cristal, stupita, guardando Lily con aria interrogativa. La ragazza in risposta si limitò ad alzare le spalle.
“Andate a fare rumore da un’altra parte.” esclamò decisa Lily, infastidita da tutto quel rumore.
“Vado a vedere in sala comune.” concluse Frank, salutando velocemente con un gesto della mano le due ragazze. Frank lasciò la biblioteca e si diresse nella Sala Comune. Lungo la strada notò che c’erano ovunque tracce di quello strano e misterioso vociare che aveva sentito anche in biblioteca poco prima.
Una volta arrivato nel dormitorio di Grifondoro si guardò intorno alla ricerca della sua ragazza o almeno di qualcuno che potesse aiutarlo a trovarla. La sala comune era stranamente deserta, sembrava che tutta la scuola fosse impegnata in qualcosa che a Frank sfuggeva. Il portiere perlustrò la stanza, poi notò un suo compagno di stanza che stava scherzando con una coppia di ragazze più piccole.
“Simon, hai visto Alice?” chiese Frank, leggermente preoccupato ad un ragazzo moro con dei profondi occhi nocciola che gli ricordavano molto quelli di James.
“No, ma prova di sopra nella stanza dei malandrini.” rispose il ragazzo, senza prestare troppa attenzione all‘amico, impegnato come era a corteggiare la più piccola delle ragazze, una biondina che sembrava simpatica ed intraprendente.
“È di sopra?” chiese Frank, stranito da quella frase. Cosa poteva farci la sua ragazza nella stanza dei malandrini con Remus? Un fitta di gelosia si insinuò nel suo petto.
“Si, l’ho visto prima..” disse ancora Simon, prima di lasciare la Sala Comune accompagnato dalle sue due nuove amiche. Frank decise di non fare altre domande e di andare a vedere. Mentre saliva le scale sentì ancora una volta brandelli di una strana conversazione, questa volta si trattava di una coppia di fidanzatini.
“Ma secondo voi scende per cena?” chiedeva una ragazza del quarto anno al suo ragazzo.
“In questo castello oggi tutti stanno dando i numeri..” commentò Frank, scuotendo la testa rassegnato a non capire cosa stava succedendo.
Una volta arrivato alla stanza dei malandrini bussò ed entrò senza aspettare una risposta, come faceva sempre. La prima persona che notò fu Remus, davanti alla porta del bagno.
“Ciao Frank..” salutò Remus, sorridente come non lo vedeva da un po‘ di tempo.
“Hai visto Alice?” chiese Frank apprensivo, sperando finalmente in una risposta affermativa.
“Si, è qui.” rispose Remus, indicando il letto che stava di fronte a loro. Senza pensarci nemmeno per un secondo Frank si voltò di scatto.
“Amore, mi spieghi che ci fai sola in una stanza con.. James?” disse Frank, notando solo alla fine la presenza del ragazzo, seduto sul letto. Al portiere mancò poco che venisse un colpo. Improvvisamente tutte le strane conversazioni che aveva sentito acquistavano senso.
“Oh mio dio! James, sei tornato!” esclamò Frank, stupito quasi avesse visto un fantasma.
Sul volto del ragazzo di disegnò un fantastico sorriso mentre James, impacciato e a disagio, non sapeva bene cosa fare. Frank istintivamente si avvicinò all’amico per salutarlo con la loro solita stretta di mano, ma la voce di Alice lo bloccò.
“Frank, fa piano.. È sconvolto.” lo riprese Alice. James si ritrasse, spaventato. Frank non faceva altro che passare lo sguardo da James ad Alice, per poi tornare su James e finire su Remus, in attesa che uno dei tre si decidesse a spiegare qualcosa. Guardando meglio si era accorto che quello che vedeva di fronte a lui sembrava James, ma non era lui. Il ragazzo pallido e spaventato che sedeva sul letto al fianco di Alice poteva anche assomigliare al suo amico, ma sul suo viso non vi era traccia del sorriso contagioso, ne si sentiva la sua voce sempre pronta a scherzare e a non prendersi sul serio. Era l’ombra di se stesso.
“Vieni, andiamo a fare due passi.” disse dopo un po’ Alice, facendo segno a Remus di prendere il suo posto vicino a James. Il ragazzo si sedette vicino all’amico e cominciò a fare domande a cui James non sembrava volere o forse non potere rispondere, troppo intento a fissare la parete. Remus tuttavia non si arrendeva e continuava imperterrito a parlare con James, convinto che prima o poi avrebbe abbattuto quelle barriere che il ragazzo si era creato intorno per allontanare tutto il mondo.
“Non sta bene?” chiese Frank, non appena i due ragazzi furono fuori dalla stanza, lontani dalla orecchie di James. Alice sospirò, rassegnata alla situazione e annuì piano.
“Gli fa male la testa ed il braccio ma il problema è che è sconvolto.” rispose Alice, pensierosa e preoccupata, tenendo lo sguardo fisso sul cugino che non si era mosso dal letto su cui era seduto. Lei e Remus avevano provato di tutto per scuoterlo da quello stato ma non c’erano riusciti. Non solo James non sembrava lo stesso ragazzo che era prima dell’incidente, non sembrava nemmeno la stessa persona che Alice aveva incontrato qualche settimana prima all’ospedale e che rispondeva alle sue lettere. Si era come chiuso in se stesso, non permettendo a nessuno di interagire con lui.
“Perché?” chiese ancora Frank, perplesso. Alice scosse la testa, sul punto di scoppiare a piangere da un momento all’altro.
“Tutta la scuola lo indica, parla di lui. È confuso, non ricorda niente e di certo tutta questa confusione non lo aiuta. Sta impazzendo, vuole tornare in ospedale..” spiegò Alice, triste. Finalmente James era tornato, tutto sarebbe potuto tornare come prima ma i problemi non erano ancora finiti. Per di più lei non riusciva ad essergli d’aiuto, nonostante ci provasse con tutta se stessa. Non quanto voleva almeno.
Frank ricordò ancora una volta tutti i brandelli di discorsi che aveva sentito mentre andava in biblioteca e persino mentre saliva le scale per andare nella stanza dei malandrini. Tutti quanti stavano parlando di James, e come lui aveva sentito doveva avere sentito anche James. Nonostante stesse male e fosse sconvolto James non era certo uno stupido. Frank sentì la rabbia montargli in petto per la scarsa, per non dire nulla, sensibilità che quel branco di caproni stava dimostrando verso il suo amico.
“Povero, mi dispiace. Possiamo fare qualcosa per lui?” disse Frank, preoccupato.
“Solo lasciarlo in pace e restargli vicino.” sussurrò Alice, stringendo forte a sé Frank.
Frank annuì, poi i due tornarono nella stanza dei malandrini e rimasero lì insieme a James fino all’ora di cena. Il ragazzo non aveva aperto bocca, ne aveva smesso di tremare. Sembrava un pesce fuori dall’acqua e nulla di quello che i ragazzi avevano fatto o detto era riuscito a farlo sentire a proprio agio, tranne forse quando Alice lo aveva abbracciato. Per qualche istante ad Alice era parso che James fosse riuscito a rilassarsi almeno un pochino.
“Venite a mangiare?” chiese Frank ad un certo punto, guardando gli amici. Alice e Remus si scambiarono un’occhiata interrogativa, chiedendosi se James fosse o meno dell’idea di scendere a cena ed incontrare tutta quella gente.
“Convinciamo James a scendere poi arriviamo. Tienici tre posti.” rispose Remus, sorridendo.
“Va bene, avviso gli altri di lasciare in pace James.” disse Frank, lasciando la stanza cercando di fare meno rumore possibile.
Il resto della combriccola era già sceso a cena da un po’, e non aveva mancato di notare le assenze dei ragazzi. Sebastian era a dir poco furibondo per l’ennesima assenza di Alice dagli allenamenti, ingiustificata questa volta, e meditava vendetta. Per di più con la scusa di andarla a cercare era sparito anche Frank, abbandonandolo in balia delle critiche della squadra. Cristal, Lily, Sirius, Peter e Charleen, dal canto loro, erano solo curiosi di sapere che fine avessero fatto Remus ed Alice dopo che la professoressa McGranitt aveva chiesto di loro e perché erano scomparsi così all‘improvviso.
“Che gli prende a tutti quanti?” chiese Sirius di colpo, guardandosi intorno stranito da tutti quei bisbigli a mezza voce. Erano ore, da quando era tornato dagli allenamenti, che non faceva che sentire gli studenti bisbigliare frasi strane, quasi insensate.
“Non lo so e non mi interessa. Io voglio sapere cosa è preso ad Alice, perché è sparita e che fine ha fatto Frank.” rispose Sebastian, offeso dal poco peso che tutti quanti davano alla squadra ed ai suoi sentimenti.
“Come sei noioso. Te l’ho detto che la cercava la professoressa McGranitt.” esclamò Cristal, infastidita dalle lamentele di Sebastian.
“L’avrà trattenuta lei.” ipotizzò Lily, preoccupata. Non era mai un buon segno quando quella donna cercava qualcuno.
“La McGranitt?” chiese Sirius, stupito. Era strano che quella donna cercasse Remus e non lui. Del gruppo dei malandrini quelli che si cacciavano sempre nei guai non era certo Remus e Peter, semmai lui e James.
“Cercava anche te.” confermò Lily, lasciando Sirius di sasso.
“Cosa voleva?” chiese ancora Sirius, sempre più preoccupato. Non era mai un buon segno che quella donna lo cercasse.
“Non lo so, ha solo detto che cercava te, Alice e Remus.” spiegò Lily, alzando le spalle.
“Ecco Frank.” disse Charleen, notando il portiere fare il suo ingresso e avvicinarsi a loro con la solita calma. Se c’era una cosa che Charleen aveva imparato del suo amico Frank era che lui non era mai di corsa, tranne nelle situazioni di vera emergenza.
“Ciao traditore.” salutò Sebastian, fingendosi più offeso di quanto in realtà fosse, lasciando che il ragazzo si sedesse di fianco a lui. Frank sorrise e diede la solita pacca sulla schiena a Sebastian, salutando con un gesto della mano tutti i presenti.
“Hai visto?” bisbigliò un ragazzo del tavolo vicino, tirando una gomitata all’amico e indicando Frank. Gli altri ragazzi, attirati da quelle parole gli si avvicinarono e cominciarono a discutere animatamente a bassa voce.
“Si, dici che scende anche lui?” domandò un altro, curioso.
“Per forza, deve mangiare No..” disse una ragazzina poco lontana, alzandosi in piedi per vedere meglio il gruppo di ragazzi di Grifondoro.
“Sebastian non ti ci mettere anche tu.” rispose Frank in malo modo, infastidito da tutta quella gente che si faceva gli affari di James e lo faceva stare male.
“Che ti prende?” chiese Cristal, stupita. Non era da Frank reagire a quel modo ad una battuta di Sebastian. Di solito era lui il più paziente del gruppo a cui toccava calmare Sirius quando Remus non c’era oppure aveva da fare.
“SONO STUFO!” urlò improvvisamente Frank, battendo forte i pugni sul tavolo. Nella sala si creò un silenzio irreale, nessuno fiatava e tutti guardavano Frank, vagamente impauriti.
“Frank, calmati.” cercò di dire Sebastian, dimenticando di colpo la squadra e tutti i problemi che gli giravano in testa fino a qualche istante prima. Il suo amico Frank aveva un problema, quella la cosa più importante. Il resto poteva aspettare.
“NO, NON MI CALMO. DOVETE SMETTERLA TUTTI QUANTI. DANNAZIONE, NON VI FATE SCHIFO DA SOLI? STATE PARLANDO DI UNA PERSONA CHE STA MALE! PENSATE DI AIUTARLO FACENDO COSì?” continuò ad urlare Frank. Nessuno in sala aveva la forza o il coraggio di replicare. Tutto il castello guardava Frank, ammutolito di colpo, mentre i ragazzi intorno a lui non capivano che cose stesse succedendo e a cosa di stesse riferendo il loro amico con quelle parole.
“Frank, dacci un taglio.” esclamò deciso Sirius, prendendo Frank per un braccio e obbligandolo a sedersi con la forza.
“Oh mio dio!” disse Charleen, sconvolta, portandosi una mano al viso.
“Charleen, cosa hai visto?” chiese Lily, preoccupata, voltandosi di scatto verso l‘amica.
“James!” balbettò Charleen, indicando la porta della Sala Grande sulla quale c’erano Alice, James e Remus. Tutti si voltarono, seguendo con gli occhi il dito di Charleen e tutti rimasero sconvolti per qualche istante. James Potter era lì. Il loro amico era finalmente tornato.
Sirius era estasiato, al settimo cielo, ma la sua felicità durò fino a che non incrociò lo sguardo sconfitto ed impaurito di James. Era chiaro che qualcosa non andava.
“JAMES POTTER! È appena entrato!” urlò qualcuno dal tavolo di Tassorosso. Tutti gli studenti del castello, i fantasmi e buona parte dei professori si girarono di scatto verso la porta d’ingresso della Sala Grande.
“MI AVETE SENTITO? FATELA FINITA OPPURE VI GIURO CHE VI SPEDISCO IN INFERMERIA A FARVI PASSARE LA VOGLIA DI PARLARE DEGLI ALTRI!” urlò Frank, divincolandosi dalla presa di Sirius e di Sebastian, troppo sconvolti per riuscire a fare o dire qualsiasi cosa.
“Pensi di aiutare James in questo modo?” chiese Alice, fulminando il proprio ragazzo con lo sguardo. Tutte quelle urla avevano spaventato ancora di più James.
“Scusami James.” disse Frank abbassando lo sguardo, imbarazzato. James non disse nulla, si limitò a sedere dove gli aveva indicato la cugina, come un automa.
Per tutto il tempo della cena James restò quasi immobile, la testa china a guardare il pavimento. Di tanto in tanto Alice e Remus provavano a fargli mangiare a fatica qualcosa o fargli delle domande ma lui non rispondeva se non a monosillabi. Tutti erano felici di riaverlo al castello ma allo stesso tempo sconvolti di vederlo così. Quando quel supplizio chiamato cena finì, tutti tirarono un sospiro di sollievo. Sirius stava male, si sentiva un idiota per non essere riuscito ad aiutare il suo migliore amico. Erano mesi che sognava di riaverlo al castello e poi nel momento in cui era finalmente tornato non era riuscito a fare di meglio che restare zitto e impalato mentre James tremava spaventato come un cucciolo indifeso.
“Era strano..” esclamò Charleen, sedendosi di fronte al camino, una volta tornati nella sala comune. Remus aveva accompagnato James si sopra mentre gli altri erano rimasti tutti giù a parlare, troppo sconvolti per andare direttamente a dormire.
“Di che ti stupisci? Non è semplice tornare qui. Non ricorda nulla, è confuso e quegli idioti lo hanno fatto stare peggio.” spiegò Alice, ancora arrabbiata per quello che era successo nella Sala Grande durante la cena.
“Sono un cretino. Scusami Alice, non sapevo.” si scusò Frank, mortificato.
Alice si voltò piano verso il proprio ragazzo e gli sorrise. Non poteva restare a lungo arrabbiata con Frank, dopo tutto lui aveva agito a fin di bene per aiutare James.
“La McGranitt vi ha chiamati per questo?” chiese Lily, pensierosa, i profondi occhi verdi sgranati per la sorpresa di rivedere James dopo così tanto tempo.
“Si, voleva che io e Remus gli stessimo vicini e lo aiutassimo.” rispose Alice, raccontando agli amici quello che avevano detto loro la professoressa McGranitt ed il preside.
“ALICE!” chiamò Remus dal piano di sopra, interrompendo i discorsi dei ragazzi.
“Sta parlando..” rispose Sebastian al posto della ragazza.
“Alice, vieni subito!” ripeté Remus, spaventato, senza prestare la minima attenzione alle parole di Sebastian.
“Che è successo?” chiese Alice, preoccupata dal tono che aveva usato l’amico. Non era da Remus farsi prendere dal panico. In pochi istanti tutti si era precipitati si sopra, appena fuori dalla stanza dei malandrini.
“James si è chiuso in bagno. Non vuole aprire e non mi risponde.” rispose Remus, sulla soglia delle loro stanza.
“Dannazione.” imprecò Sirius, lasciandosi cadere seduto con la schiena appoggiata al muro.
“Jamie, apri questa porta.” disse Alice, supplicante, battendo con forza i pugni sulla porta chiusa del bagno dei ragazzi.
“Va bene, facciamo così lascia la porta chiusa e parlami oppure fammi entrare. Solo io, promesso.” supplicò ancora Alice, sperando che James le desse ascolto. Gli altri la guardavano, senza dire nulla, confidando che tutto finisse bene e che James non fosse talmente sconvolto da fare pazzie.
“Che succede?” chiese Peter, appena sbucato dalla Sala Grande, cadendo dalle nuvole.
“James si è chiuso in bagno.” spiegò Frank, preoccupato e infastidito. Possibile che Peter non si fosse accorto assolutamente di nulla?
“Che c’è di male scusa?” chiese ancora Peter, senza capire dove fosse il problema. James gli era parso un po’ strano, ma proprio non capiva perché tutti fossero così preoccupati. Prima o poi si sarebbe ripreso e sarebbe tornato a sorridere, non c‘era bisogno che loro facessero per forza qualcosa.
“Potrebbe fare qualche sciocchezza, è sconvolto.” esclamò Cristal, indignata.
“Andiamo a prendere qualcosa da bere, lasciamo fare ad Alice.” suggerì Sebastian, cercando di calmare le acque. Inoltre, forse se James non avesse sentito tutta quella gente fuori dalla porta sarebbe uscito da solo.
“Qualcosa di forte per me.” disse Sirius, senza staccare gli occhi dalla porta chiusa.
“Non vieni con noi?” chiese Charleen, stupita.
“Non lascio James.” disse deciso Sirius, chiudendosi in un mutismo ostinato.
“Sirius, sta tranquillo. Andrà bene.” disse Remus, appoggiando una mano sulla spalla dell’amico per cercare di fargli coraggio.
“No, Remus. Non va proprio bene niente.” rispose Sirius, preoccupato e spaventato.
Mentre i ragazzi parlarono la porta si aprì quel tanto che bastava perché Alice scivolasse all’interno. Alla ragazza non parve vero e decise di non farsi scappare quell’occasione.
“Ehi, che ti prende?” chiese Alice, avvicinandosi a James. Il ragazzo era seduto a terra, rintanato contro la parete della doccia e tremava ancora più di qualche ora prima. Alice si sedette di fianco a lui e prese ad accarezzargli dolcemente il viso.
“Non so..” rispose James, sconvolto ed impaurito, senza sottrarsi a quel contatto.
“Sei stanco?” chiese ancora la cugina, senza interrompere quel contatto. La pelle di James era bollente, scottava. La ragazza ipotizzò che avesse la febbre.
“Un po’.” disse James, alzando le spalle.
“È normale.. In ospedale eri sempre a letto, oggi hai fatto più sforzi.” sussurrò Alice, cercando di avvicinarsi di più a James per istaurare un contatto ancora più fisico con lui. Conosceva bene il cugino, e sapeva che abbracciandolo lo avrebbe di sicuro calmato. Funzionava sempre, fin da quando erano piccoli e James era triste per qualche motivo.
Con un passo deciso gli prese dolcemente le spalle e lasciò che il ragazzo si accoccolasse sulle sua gambe.
“Non è solo quello..” mormorò James, chiudendo gli occhi.
“Questa fasciatura è da cambiare.” notò Alice, accarezzando dolcemente il braccio fasciato che James portava appeso al collo.
“Si, fa male..” rispose James, ritraendo il braccio per il dolore.
“Io però non sono capace. Posso chiedere a Remus, oppure andiamo in infermeria.” spiegò Alice, paziente, quasi stesse spiegando un concetto incredibilmente difficile ad un bambino testardo che non voleva saperne di ascoltarla.
“Non voglio vedere altra gente.” esclamò deciso James, ritraendosi un poco.
“Nemmeno Remus?” chiese Alice, sorridendo.
“Lui si.” disse James dopo averci pensato su per qualche istante. Remus gli trasmetteva fiducia. Era sicuro che non gli avrebbe fatto del male. Lo aveva capito da come lo aveva guardato nell’ufficio del preside e poi da come gli era stato vicino per tutto il pomeriggio in quel modo così gentile e discreto.
“Va bene, lo facciamo entrare o vai da lui?” chiese ancora Alice, cercando di evitare di fare agitare nuovamente James.
“Voglio stare qui.” rispose deciso James, fissando la cugina dritta negli occhi.
“Va bene, torno subito.” disse Alice, stampandogli un bacio sulla guancia e uscendo dal bagno accostando la porta alle sua spalle.
“Allora?” chiese Sirius, scattando in piedi non appena la ragazza comparve.
“È sconvolto. La ferita al braccio sanguina.” spiegò Alice, preoccupata, passando lo sguardo alternativamente da Sirius a Remus.
“Lo portiamo in infermeria?” propose Remus, pratico.
“No, non vuole vedere nessuno. Vuole che ci pensi tu, pensi di farcela?” chiese Alice, sperando in una risposta affermativa.
“Si, se per lui non ci sono problemi.” rispose Remus, annuendo.
L’ultima cosa che voleva era fare qualcosa che ferisse James o lo facesse stare ancora più male di quanto non stesse di già. Alice sorrise e strinse a sé il licantropo.
“Cerco le bende, le pozioni e l’unguento..” disse Remus, voltandosi verso il proprio baule nel quale teneva lo stretto indispensabile per sopravvivere alla luna piena. La ragazza annuì.
“Sirius, che fai?” chiese improvvisamente Alice, sconvolta. Mentre i due ragazzi parlavano Sirius era entrato nel bagno, e si era chiuso la porta alle sue spalle. James sussultò vedendo qualcuno entrare in quello che era diventata la sua campana di vetro.
“Ciao James. Posso avvicinarmi? Ti fidi?” chiese Sirius, cercando non avvicinarsi troppo bruscamente a James per non agitarlo. Il ragazzo era ancora appoggiato sulla parete opposta e si teneva il braccio ferito e sanguinante con la mano sana. La fasciatura, ormai sfatta e inutilizzabile, era sciolta sul pavimento ed il sangue gli aveva imbrattato la camicia.
“Credo di si..” balbettò James, insicuro. Sirius a quelle parole acquistò un po’ di sicurezza e si avvicinò al proprio migliore amico, guardandogli il braccio ferito.
“Tu non ti ricordi di me, lo so, ma io ti voglio un gran bene.. Parliamo un po’, vuoi?” mormorò Sirius, dolcemente, sedendosi di fianco a lui. James lo lasciò fare, dopo un po’ appoggiò la testa sulla sua spalla.
“Voglio andarmene..” esclamò James, sul punto di mettersi a piangere.
“Beh, lo credo bene.. Siamo in un bagno!” cercò di sdrammatizzare Sirius, aiutando James ad allontanarsi dal muro e lasciando che il ragazzo si appoggiasse a lui. James sulle prime sembrò diffidente, poi prese sicurezza e lasciò fare Sirius. Tra le braccia dell’amico si sentiva al sicuro, protetto da tutto e da tutti.
“No, da questo castello..” disse James, sconvolto, mentre la camicia si bagnava anche delle lacrime che ormai gli scendevano copiose lungo le guance.
“Come mai?” chiese Sirius, dolcemente.
“Mi sento come un pesce in un acquario. Tutti mi guardano, mi indicano, parlano di me ed io non ricordo nulla. Sono stanco, mi fa male la testa e il braccio. Voglio solo stare un po’ tranquillo..” si sfogò James, mentre le lacrime cadevano calde sul suo volto. A Sirius si stringeva il cuore nel vedere il suo amico stare così, ma doveva farsi forza. Doveva essere abbastanza forte per tutti e due.
“Va tutto bene!” disse Sirius, stringendo James ancora più stretto.
Nel frattempo i ragazzi erano tornati dalle cucine, portando con loro delle tazze di cioccolata calda per Remus, Sirius e Alice. Ne avevano presa una anche per James ma erano abbastanza sicuri che lui non fosse intenzionato a berla.
“Allora?” chiese Sebastian, preoccupato.
“Ci stavo parlando, lo avevo convinto a farsi medicare poi è entrato Sirius.” spiegò velocemente Alice, seccata. Era spaventata all’idea che Sirius potesse fare danni come suo solito e rovinare tutto.
“Ha fatto casino?” chiese Cristal, stupita dal comportamento di Sirius.
“Non lo so..” sbuffò Alice, bevendo qualche sorso dalla tazza che Cristal le aveva passato.
“Sembra lo stia solo abbracciando.” fece notare Frank, aprendo la porta del bagno quanto bastava per poterci sbirciare dentro. Tutti si voltarono di scatto, cercando di vedere ma allo stesso tempo evitando di disturbare i due ragazzi.
“Lascia fare a Sirius, fidati di lui..” esclamò Remus, appoggiando una mano sulla spalla di Alice. Riponeva la più totale fiducia in Sirius e sapeva che se c’era qualcuno che poteva aiutare James quello era proprio lui.
***
Nel bagno dei malandrini la conversazione tra James e Sirius andava avanti da quasi quaranta minuti. James si era lasciato un po’ andare, confidando le sue paura a Sirius, che era rimasto ad ascoltarlo senza interromperlo e senza smettere di abbracciarlo.
“Senti, qui fa freddo.. Ti va se andiamo di là?” chiese Sirius, con un tono che era a metà strada tra quello di un fratello maggiore e quello di un padre. James era molto caldo, probabilmente aveva la febbre, stava seduto su un pavimento freddo da quasi un’ora, era convalescente ed indebolito dalla lunga degenza e per di più stava tremando. Di questo passo si sarebbe si sicuro ammalato.
“Di là?” balbettò James, impaurito, guardando l‘amico con aria spaventata.
“Remus ti ha mostrato il tuo letto?” chiese ancora Sirius, dolcemente.
“Si, ma..” cercò di dire James, troppo sconvolto per proseguire.
“Hai solo bisogno di riposarti un po’. Lo so che è dura, ma devi essere forte e poi domani andrà meglio. Pensi di potercela fare?” sussurrò Sirius all’orecchio dell’amico. Quelle parole restituirono a James un po’ di forza.
“Non so..” disse James, ancora confuso.
“Io penso di si, sei una persona forte.” esclamò Sirius, deciso. Quelle parole colpirono James. Come poteva Sirius credere così tanto in lui, se lui stesso era il primo a ritenersi l’ultimo degli uomini, un codardo, una nullità?
“Ma gli altri..” iniziò James, lasciando però la frase a metà.
“Gli altri non sono come i cretini che ci sono a scuola. Sono sicuro che capiscono che vuoi essere lasciato in pace e sono disposti a darti tutto il tempo che ti serve. Mettiti il pigiama, mettiti a letto e fatti medicare il braccio.” disse Sirius, deciso, porgendo una mano a James per aiutarlo ad alzarsi. James rimase seduto, immobile, guardando perplesso la mano che l’amico gli stava offrendo. Si rendeva conto che quel gesto significava molto, ma lui non sapeva se era pronto.
“Ma loro.. Vorranno spiegazioni, sapere come sto, farmi domande..” riuscì a dire James alla fine, ammettendo quale era il punto che lo preoccupava di più.
“No, spiegazioni e domande possono aspettare. È più importante che ti calmi e riposi un po’.” spiegò Sirius. Dal tono che l’amico aveva usato James capì che si fidava di lui. Non poteva deluderlo. Doveva provare a fare un tentativo, almeno per Sirius. Inoltre, dal modo in cui lo aveva abbracciato e gli aveva parlato James era sicuro che Sirius non avrebbe permesso a nessuno di fargli del male.
“Va bene.” disse alla fine James, quasi sorpreso dalle sue stesse parole.
“Su, forza, in piedi.” esclamò Sirius, felice che James stesse un pochino meglio, uscendo per primo dal bagno.
“Sirius..” sussultò Alice, alzandosi di scatto dal letto di James su cui si era seduta mentre aspettava che Sirius e James si decidessero a dare segni di vita.
“Mi passi il pigiama di James?” chiese Sirius, aprendo del tutto la porta del bagno e lasciando che gli amici vedessero James, aggrappato a lui. Alice, stupita e senza parole corse incontro al cugino. Gli altri ragazzi erano a bocca aperta, troppo stupiti per dire qualsiasi cosa.
“Eccolo, come lo hai convinto?” chiese Remus, dando voce alla domanda che stava passando per la mente di tutti mentre passava il pigiama di James a Sirius. Il ragazzo alzò le spalle e lasciò che Alice entrasse nel bagno insieme a James per aiutarlo a cambiarsi.
Lily era sconvolta e non riusciva a distogliere lo sguardo dalla camicia, ormai completamente sporca di sangue, di James.
“Tutto bene?” chiese Alice, mentre aiutava il cugino a vestirsi.
“Mi abbracci?” chiese James in risposta, abbozzando un sorriso. Alice era felice che Sirius fosse riuscito a far stare meglio Jamie. Doveva riconoscere che quel ragazzo forse aveva anche delle qualità nascoste, non solamente un sacco di difetti.
“Certo.” rispose Alice, aggrappandosi con tutte le sue forze a James e stritolandolo quasi in un abbraccio pieno di affetto. Dopo qualche minuto i ragazzi tornarono di là e James si sedette sul suo letto, di fronte a Remus.
“Ahi..” sussultò James non appena il ragazzo gli sfiorò il braccio malato.
“Vediamo questo braccio.” disse Remus, togliendo le bende ormai inservibili e scoprendo del tutto la ferita che si era nuovamente aperta. Senza dire nulla Remus si mise ad armeggiare con unguenti, pozioni, fasce e cerotti mentre James lasciava fare senza dire nulla.
“Fa piano..” si raccomandò Alice, accoccolata tra le braccia di Frank.
“Guarda che Remus è bravissimo.” mormorò Sirius, tranquillizzando la ragazza.
Remus ci mise circa un quarto d’ora a medicare il braccio di James, poi lo aiuto ad infilarsi anche la maglia del pigiama e lo costrinse a mettersi a letto. Il ragazzo provò a protestare ma nel giro di pochi minuti era già nel mondo dei sogni, distrutto dalla giornata pesante.
I ragazzi nel frattempo erano andati nelle loro rispettive stanze, fatta eccezione per Alice che non si decideva a lasciare la stanza dei malandrini, nonostante James fosse già  profondamente addormentato.
“Allora?” chiese Alice a Remus, impaziente, senza staccare lo sguardo dal cugino che ogni tanto si rigirava nel letto. Nella testa della ragazza si rincorrevano mille domande e soprattutto temeva che James potesse stare sentendo dolore.
“Dorme.” rispose Remus, educato come sempre nonostante l’ora tarda. Era ormai la quinta volta nel giro di pochi minuti che Alice ripeteva la stessa domanda, ma il ragazzo la poteva capire. Anche lui era agitato e non faceva che controllare James e lo stesso valeva per Sirius, nonostante cercasse di non darlo troppo a vedere.
“È tranquillo?” chiese Sirius, agitato quanto la ragazza. Remus sospirò e si voltò a guardare Peter che dormiva beato, del tutto ignaro di quello che stava succedendo.
“Per ora si. Stavo pensando di dormire con lui..” mormorò Alice a bassa voce, per non svegliare James. Non era certo la prima volta che si fermava a dormire nella stanza dei malandrini insieme a James, inoltre quella sera non se la sentiva proprio di separarsi da lui.
“Per me è una pessima idea.” sbottò Sirius, scuotendo la testa.
“È mio cugino ed ha bisogno di me!” esclamò Alice, risentita. Come si permetteva Sirius di dire una cosa del genere?
“È abbastanza grande per badare a se stesso, no?” ribadì Sirius, deciso a fare in modo che Alice non dormisse con il cugino. James aveva bisogno di passare la notte da solo, superarla senza Alice che gli tenesse la mano o non ne sarebbe mai uscito.
“Sta male!” sibilò Alice, rossa in volto per la rabbia.
“Ha bisogno che la gente lo capisca, non che lo tratti come un malato grave..” provò a spiegare Sirius con calma. Quelle parole sembrarono avere effetto sulla ragazza, che si calmò e si mise a riflettere in silenzio.
“Si ma, se si sveglia stanotte?” chiese Alice, preoccupata.
“Ci siamo noi.” promise Remus, intromettendosi nel discorso. Per una volta doveva dare ragione a Sirius, nonostante fosse stato impulsivo e si fosse espresso male. Il ragazzo voleva fare capire ad Alice che il modo giusto per aiutare James era stargli vicino, prendersi cura di lui ma allo stesso tempo lasciare che fosse lui il primo a reagire e a trovare la forza per tornare ad essere quello di sempre.
“Ti prometto che ci prenderemo cura di lui.” sussurrò Sirius, prendendo le mani di Alice tra le sue e fissandola intensamente negli occhi. Gli stessi occhi che avevano fatto cadere ai suoi piedi almeno la metà della popolazione femminile del castello.
“Se succede qualcosa di grave però mi chiamate!” supplicò Alice, ricambiando lo sguardo del ragazzo con la stessa intensità.
“Promesso.” assicurò Sirius, sorridendo.
“Ora vai a letto.” le disse Remus, indicandole la porta.
“Vado a dargli il bacio della buona notte.” esclamò Alice, saltellando silenziosamente verso il cugino profondamente addormentato.
“Ma dorme già.” fece notare Sirius, con tono pratico.
“Che centra?” chiese Alice, alzando le spalle e rimanendo a fissare James che dormiva senza smettere di pensare a quanto fosse tenero ed al tempo stesso indifeso.
“Così lo svegli!” esclamò Sirius, mettendo il broncio.
“Faccio piano.” sbuffò Alice, stampando delicatamente un bacio sulla guancia di James.
“Sei senza speranza!” sospirò Sirius, scuotendo la testa rassegnato.
“Anche tu!” rispose Alice, facendo una linguaccia al moro

ANGOLO DELL'AUTRICE RECENTEMENTE RICOMPARSA...
innanzitutto comincerò con il chidere venia per la mia assenza. ormai ho pochissimo tempo e, facendo del mio meglio, riesco a postare più o meno una volta al mese. il problema è che l'idea per la storia in testa la ho, ma non è scritta e quindi viene lunga.
se, nonostante questo avete ancora voglia di leggere la mia storia, beh, allora GRAZIE, siete dei veri e propri angeli.
per farmi perdonare per la mia luuunghissima assenza ho pensato di scrivere un capitolo luuuungo, nel quale succedono un sacco di cose.
spero che abbiate apprezzato.
ora passiamo ai ringraziamenti!
GRAZIE A TUTTI QUELLI CHE SCRIVONO, LEGGONO E COMMENTANO!
senza di voi per chi scriverei?
LOVE_VAMPIRE: grazie per il tuo commento!
innanzitutto scusa per la lunga assenza, io ci provo a ridurre i tempi ma non ci riesco proprio.
sono contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto e spero che ti piacerà anche questo. james ha bisogno di tempo per tornare ad essere quello che era ed ha anche bisogno che gli amici gli stiano vicino!
MALANDRINA4EVER: grazie per il commento!
eh si, Alice è stata aggredita dagli ormoni. ma in fondo, chi siamo noi per giudicare? sicuramente Frank avrà apprezzato questo suo improvviso slancio!
sono contenta che tu abbia vinta la tua pigrizia e mi spiace averti fatto aspettare così tanto per il capitolo successivo!
il rapporto tra James e Sirius è profondo, complesso e forte.. esattamente come è o almeno dovrebbe essere un'amicizia vera. si litiga, ci si mette in discussione, si dicono cose che non si pensano ma poi va tutto a posto. l'uno senza l'altro non può starci!
cosa è successo a James? ..mistero! io ovviamente lo so, ma non ti rovino la sorpresa.
LYRAPOTTER: grazie per il tuo commento!
fiùù, meno male che non mi odi. mi sarebbe spiaciuto visto che sei una delle mie lettrici più fedeli! ;D
spero che questo capitolo ti sia piaciuto. diciamo che ci sono molte cose di cui parlare. sirius, dai.. l'ha presa bene, no? è anche riuscito a fare ragionare James. Sebastian invece.. non mi fare dire nulla che sennò ti rovino tutto!
VERONICA POTTER MALANDRINA: grazie per il tuo commento!
sono contenta che ti piaccia il rapporto tra JAmes e Alice. diciamo che li ho pensati come la classica coppia di cugini più simili a due fratelli, che sono praticamente cresciuti insieme dividento tutte le esperienze più importanti.
ma se cado e non mi sveglio poi come fai a sapere come finisce la storia? ;D
ILOVEJAMES97: grazie mille per i due commenti!
tranquilla, va bene cmq! ho apprezzato entrambi i commenti!
diciamo che dietro il misterioso "volo" di JAmes c'è una storia più complessa.. spero di svelare presto questo mistero! per il momento non nego e non confermo nessuna ipotesi..
per quanto riguarda la litigata: capita di discutere, Remus si è pentito subito di non essere intervenuto e ha cercato di rimediare scrivendo a James. solo che James si era già fatto male.

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Capitolo 11
*** riprendere a vivere - parte prima ***


CAPITOLO 10
RIPRENDERE A VIVERE - parte prima

Quella notte né James né tanto meno Alice riuscirono davvero a chiudere occhio e a riposare come si deve. James era spaventato, perso e tormentato dagli incubi. Non appena chiudeva gli occhi un terribile senso di angoscia lo attanagliava, subito dopo si sentiva cadere nel vuoto e si svegliava urlando, scosso da tremiti e tutto sudato. Alice, invece, era troppo preoccupata per il cugino per riuscire a dormire. Avrebbe voluto essere insieme a lui, anche se sapeva bene che Sirius aveva ragione e che la cosa migliore per James era affrontare le sue paure da solo.
Entrambi si rigirarono parecchio tra le coperte, come delle anime in pena, ed entrambi furono raggiunti dai rispettivi migliori amici, preoccupati e premurosi. Alice si trovò Cristal seduta sul letto, gli occhi lucidi quanto i suoi. Non ci fu bisogno di parole, da sempre erano quasi simbiotiche. La ragazza la abbracciò forte e si infilò sotto le coperte insieme a lei, per non lasciarla troppo sola con i suoi pensieri. James invece sentì due braccia forti stringerlo in un caldo abbraccio fraterno e nonostante non indossasse gli occhiali capì al volo che doveva trattarsi di Sirius. Il ragazzo riconobbe subito l’odore dell’amico, quella particolare combinazione di acqua di colonia e dopo barba che gli era tanto familiare anche se non riusciva ad abbinarla a nessun ricordo particolare. Alla fine il sole si decise a sorgere e a mettere fine a quella lunga notte.
Alice si era alzata presto e si era seduta davanti al camino, nell’ impaziente attesa che i ragazzi scendessero per la colazione. Inutile dire che aspettava James. Alle otto passate, dopo che le erano sfilati davanti praticamente tutti gli studenti di Grifondoro, compresi Frank, Sebastian e le ragazze ma non i malandrini, si decise a salire le scale e raggiungere il cugino nella sua stanza. Non era la prima volta che lo faceva, anzi, tuttavia si sentiva inquieta, quasi stesse per violare l’intimità del cugino. Per la prima volta nella sua vita aveva paura che James potesse vederla come un’estranea.
“James?” chiese Alice, entrano con circospezione nella stanza dei malandrini, insolitamente buia e silenziosa. Non era poi una novità che i ragazzi fossero in ritardo, da che li conosceva non c’era mai stata una volta che si erano presentati puntuali alla colazione. Normalmente però a quell’ora la stanza dei ragazzi era un caotico rincorrersi alla ricerca chi di un libro, chi di una cravatta, chi di un paio di calzini. Alice aveva perso il conto delle volte che aveva trovato James in boxer e con lo spazzolino in bocca, inseguito da Remus che gli lanciava i libri e le pergamene per le lezioni della giornata mentre Sirius si rotolava sul letto.
“Dorme, fai piano ti prego.” mormorò Remus, implorante, congiungendo le mani a mo’ di preghiera. Alice annuì e gettò un’occhiata intorno a lei. La stanza era buia, le tende non erano state aperte per impedire alla luce di entrare e Remus si muoveva silenziosamente, come un gatto, attento a non disturbare il sonno dei due compagni di stanza. James e Sirius, infatti, erano ancora profondamente addormentati. Alice si soffermò a guardarli con affetto.
“Che ci fa Sirius nel letto di James?” chiese Alice, perplessa, avvicinandosi al letto del cugino per vedere meglio. James sembrava stanco, probabilmente era stato tormentato da incubi per tutta la notte, mentre Sirius aveva l’aria di non averlo mai abbandonato nemmeno per un minuto. Erano molto teneri. Sirius sembrava una via di mezzo tra un cane da guardia fedele ed un fratello maggiore molto protettivo. James invece sembrava un bimbo impaurito alla ricerca di sicurezza. La ragazza si chinò sul cugino, attenta a non svegliare né lui né Sirius, gli scompigliò affettuosamente i capelli e gli diede un tenero bacio sulla guancia. Il ragazzo mugugnò qualcosa nel sonno e si girò sul fianco, lasciando intravedere un lembo della fasciatura che gli aveva fatto Remus la sera prima.
“Lunga storia.” rispose Remus, vago, allacciandosi alla meglio la cravatta senza staccare lo sguardo dai due amici. Sembrava molto preoccupato. Aveva anche un’aria decisamente trasandata, molto più del solito. La camicia era fuori dai pantaloni e la sciarpa giaceva ancora abbandonata sul letto, di fianco ai libri e alle pergamene ammonticchiate alla meglio.
“Hai una pessima cera.” osservò Alice, dopo aver scrutato a lungo il ragazzo. Remus sospirò.
“Lo so, andiamo a colazione che ti racconto.” disse il licantropo, spingendo delicatamente Alice fuori dalla loro stanza. La ragazza cercò di opporre una debole resistenza, lanciando un‘ultima occhiata al cugino e a Sirius, ancora nel mondo dei sogni.
I due ragazzi non dovevano essersi accorti di nulla di ciò che gli stava accadendo intorno.
“Ma James e Sirius?” chiese Alice, fissando il cugino preoccupata. Detestava lasciarlo solo. Aveva sempre la sensazione che stesse per accadergli di nuovo qualcosa di brutto se lei non era lì con lui a proteggerlo.
“Hanno davvero bisogno di dormire qualche ora, credimi.” spiegò Remus, con un sorriso rassicurante. Alice si lasciò convincere. In fondo Remus non si era mai sbagliato. Inoltre la ragazza aveva la sensazione che quella notte non doveva essere stata semplice nemmeno per i malandrini, proprio come non era stata semplice per lei.
A lungo aveva pensato che quando James sarebbe tornato al castello le cose avrebbero ripreso ad andare bene. I fatti le stavano dimostrando quanto si era sbagliata. Il ritorno alla normalità si stava rivelando per James più complicato di qualsiasi altra cosa avesse passato fino ad ora, e l’unico che sembrava essere davvero in grado di capirlo era Sirius, la persona che più di ogni altra aveva ferito James. Alice era terrorizzata all’idea che il cugino ricordasse improvvisamente quanto accaduto sul treno e che smettesse di colpo di fidarsi di Sirius e di lei. Ancora profondamente immersi nei loro pensieri, i due ragazzi scesero a fare colazione. O meglio, Alice scese a fare colazione mentre Remus si trascinava stancamente dietro di lei senza proferire parola. Sembrava messo addirittura peggio di quando c’era la luna piena. Alice pensò di fargli qualche domanda, ma l’espressione stanca del ragazzo la fece desistere dai suoi propositi.
Quando entrarono nella Sala Grande tutta la scuola si voltò, curiosa di vedere se ci fosse stato anche James con loro. Inutile dire che rimase decisamente delusa nel costatare l’assenza del ragazzo e di Sirius. Frank lanciò a tutti quanti un’occhiata minacciosa, ma decise di non fare altre piazzate per evitare di dover discutere ancora con Alice come era avvenuto la sera precedente.
“Ciao ragazzi. Ma James e Sirius?” chiese Sebastian, non appena vide Remus ed Alice comparire nella Sala Grande da soli. Remus sospirò nuovamente, prendendo posto tra Peter e Lily. La rossa aveva un’espressione truce, silenziosa a preoccupata.
“Bella domanda.” commentò Alice, sarcastica, lasciandosi cadere seduta vicino a Frank, che le diede un bacio sul naso.
“Come è andata stanotte?” chiese Frank, fissando intensamente prima Remus e poi Alice. Nessuno dei due aveva una bella cera e nessuno dei due sembrava avere voglia di parlarne.
“Da quello che ho capito James non ha chiuso occhio.” esclamò Alice, imbronciata, guardando di traverso la tazza di caffè che Frank stava bevendo.
“Non solo James, a quanto ne so io.” commentò Cristal sarcastica, sorridendo all‘amica e porgendole una fetta di torta al cioccolato. A quelle parole Alice si fece paonazza, e gli amici capirono a chi Cristal stava riferendosi.
“Ehy piccola, che è successo?” chiese Frank, guardando preoccupato la sua ragazza e tirandola a sé facendola sedere sulle sue gambe. Alice alzò le spalle e scosse la testa.
“Ero preoccupata.” rispose Alice, stampando un bacio sulle labbra di Frank.
“Dovevi venire da me.” scherzò il bel portiere, giocherellando con una ciocca di capelli che era sfuggita dalla coda che si era fatta di fretta quella mattina.
“Ci ho pensato io, tranquillo.” esclamò Cristal, strappando una risata a tutti i presenti.
“Sai, non credo sia la stessa cosa..” commentò Sebastian, grattandosi la testa perplesso.
“Possiamo tornare a James?” chiese Lily, leggermente infastidita. Una parte di lei voleva disperatamente avere notizie di James ma si vergognava a fare domanda dirette. Non voleva sembrare troppo coinvolta, o interessata. La verità era che anche lei aveva fatto parecchia fatica a dormire. Per quanto nessuno lo volesse ammettere ad alta voce, la vista di James in quelle condizioni la sera precedente aveva sconvolto un po’ tutti quanti, chi più chi meno.
“Si, infatti. Ieri sera si era addormentato..” cominciò Alice. Ricordava bene di averlo salutato con un bacio prima di andare nella sua camera. James dormiva beato, come un angioletto e probabilmente non si era nemmeno accorto di lei. O almeno, così le era parso. Rivedendolo quella mattina Alice aveva avuto la sensazione che James in realtà non avesse mai chiuso occhio se non per pochi minuti, istanti forse. Nonostante dormisse sembrava distrutto, spaventato. Probabilmente aveva passato la notte in preda a brutti sogni, incubi tremendi di cui lei non sapeva nulla. Alice sentì una fitta al petto mentre ripensava a come erano cambiate le cose in così poco tempo. Fino a qualche mese prima non c’era nulla che non sapeva della vita di James, mentre ora tutto era diventato complicato con lui. Avere a che fare con lui era come camminare perennemente sulle uova, con il terrore di dire o fare qualcosa di sbagliato che potesse scatenare una brutta reazione.
“Lo so, ma poi si è anche svegliato per colpa di un incubo. Sirius è andato da lui, lo ha calmato e siamo tornati tutti a letto. Dopo venti minuti si è svegliato ancora..” continuò Remus stancamente, elencando tutti gli avvenimenti di quella notte movimentata. Nella sua voce non si percepiva il fastidio per essere stato svegliato più volte ma bensì l’amarezza per non aver saputo aiutare James. Certo, lui e Sirius erano stati con lui a lungo, lo avevano consolato, lo avevano calmato e poi lo avevano convinto a tornare a dormire, ma non erano riusciti ad aiutarlo davvero. I demoni che tormentavano James erano ancora lì, pronti a tornare ancora, ancora e ancora. Erano gli stessi che lo avevano tormentato la sera prima, nel bagno, ed erano gli stessi che non lo avrebbero lasciato in pace neppure oggi, o domani, oppure il giorno successivo ancora. Anche se erano i malandrini purtroppo erano impotenti davanti ai problemi di James perché lui per primo si rifiutava di affrontarli e di parlarne.
“Accidenti, mi dispiace.” esclamò Charleen, dispiaciuta. Era triste vedere James così sconvolto, non sembrava lui. Che fine aveva fatto l’allegro perdigiorno che aveva allietato ed a volte infastidito le loro giornate fino a quel momento? La vita alla fine era riuscita a portarsi via anche l’inguaribile ottimismo di James Potter? Questa situazione rendeva Charleen, proprio come tutti gli altri, scoraggiata e depressa. Persino Seba trovava difficile ridere.
“Anche a me, James era uno straccio. Anche Sirius a dire il vero..” disse Remus, servendosi una generosa fetta di torta e abbondando con il caffè, sperando che il liquido bollente potesse aiutarlo a tirarsi un po‘ su. James aveva sempre detto che il caffè può fare miracoli, ma lui non ci aveva mai davvero creduto fino a quel momento. Remus era così stanco e disperato che si sarebbe potuto aggrappare a tutto pur di trovare anche solo una minima ed illusoria speranza.
“Scusa, con James che continuava a svegliarsi tu e Peter siete riusciti a dormire tranquilli?” chiese Lily, stupita. Peter era stato tra i primi a scendere, molto prima di Remus. Il ragazzo sembrava tranquillo e pacato come al solito, come se non avesse passato la notte nella stanza di un ragazzo sconvolto dagli incubi. L’esatto opposto di Remus che invece aveva il viso segnato da profonde occhiaie grigie.
“Peter si, non chiedermi come abbia fatto. Sirius invece ad un certo punto deve avere fatto un incantesimo sul mio letto per lasciarmi dormire un po’.” spiegò Remus, scuotendo la testa.
Avrebbe voluto passare anche lui la notte insieme a James, anche a costo di non chiudere occhio, ma Sirius lo aveva fatto ragionare. Era inutile stare svegli in due, avrebbero solo messo più ansia addosso ad un già provato James. Inoltre se entrambi fossero stati stanchi il giorno successivo nessuno dei due sarebbe potuto restare con James in caso di bisogno. Remus, anche se a malincuore, aveva finito con accettare le ragioni dell’amico. Peter arrossì e annegò la testa nella tazza di latte e cereali, per nascondersi allo sguardo sdegnato di Alice, Charleen e Lily. Tutti pensavano la stessa cosa: come poteva dormire con James che stava male? Seba e Frank si scambiarono un’occhiata complice, senza aggiungere nulla.
“Dovevate chiamarmi.” esclamò Alice, decisa e imbronciata più che mai.
“Non avresti potuto comunque fare nulla.” cercò di consolarla Frank, tenero come sempre.
La discussione tra Frank e Alice andò avanti ancora per qualche minuto, fino a che Lily non richiamò tutti quanti all’ordine.
“Andiamo a lezione.” disse Lily, guardando preoccupata l’orologio. Si stava facendo tardi, di li a poco sarebbero stati irrimediabilmente in ritardo alle lezioni.
“E Sirius?” chiese Cristal, confusa, guardandosi intorno. Il ragazzo infatti non era ancora sceso. Era ovvio che James non sarebbe venuto a lezione, nessuno si aspettava da lui che tornasse così presto. Sirius tuttavia non poteva saltarle, o la professoressa McGranitt lo avrebbe ucciso con le sue mani. La donna ce l’aveva a morte con lui per via di tutti gli scherzi che i malandrini le avevano fatto negli anni e, non potendosela più prendere con il povero James, dava il peggio di sé con Sirius.
“Gli passo gli appunti più tardi, immagino che non venga.” rispose Lily, di fretta. A quelle parole tutti quanti si bloccarono e si girarono di scatto verso la ragazza, stupiti.
“Lily Evans che passa gli appunti a Sirius Black perché non viene a lezione?” scherzò Sebastian, incredulo, sgranando gli occhi.
“Questa è grossa.” concordò Charleen, mettendosi a ridere. La migliore amica la fulminò con lo sguardo mentre tutti i presenti si voltavano verso Lily in attesa di una spiegazione.
“Solo perché non viene per una buona causa.” si affrettò a giustificarsi Lily, spaventata all’idea di essere fraintesa in qualche modo.
“Accidenti, la Evans sta diventando meno acida.” esclamò Sebastian, fingendosi sorpreso.
“Tu invece stai diventando più deficiente!” rispose Lily a tono, allontanandosi a testa alta.
Sirius saltò la lezione della McGranitt, che contro ogni previsione si dimostrò comprensiva quando Remus si avvicinò alla cattedra per spiegarle la situazione. Disse solo che lui e Remus avrebbero dovuto alternarsi a stare con James, per fare in modo che Sirius non perdesse troppe lezioni. Remus ringraziò e si allontanò. L’ora successiva Lily spiegò la stessa cosa a Lumacorno ed anche lui capì cosa doveva stare passando James. Alla fine arrivò l’ora di pranzo e Sirius non si era ancora fatto vivo. I ragazzi cominciavano ad essere preoccupati ed Alice stava pensando di fare un saltò nella torre per vedere come stavano i due scomparsi quando Sirius apparve in Sala Grande, solo.
“Buon giorno.” salutò Sirius, sbadigliando, avvicinandosi al tavolo dove c’erano gli amici.
Alla vista di Sirius alcuni studenti cominciarono a mormorare a bassa voce ma bastò un’occhiataccia della McGranitt per farli smettere all’istante.
“Evviva, era ora!” esclamò Seba, sorridente più che mai.
“Ti stavo venendo a cercare.” disse Alice, preoccupata, scrutando con attenzione il viso del ragazzo. Sirius era sorridente come al solito, ma era chiaro che il suo viso era segnato da qualche preoccupazione. Doveva essersi svegliato da poco.
“Sicura che cercavi me?” chiese Sirius, facendo un occhiolino alla ragazza che in risposta mormorò qualcosa di incomprensibile.
“Come sta James?” chiese Remus, cercando di nascondere la sua agitazione dietro il suo solito tono pacato. Sirius si voltò verso l’amico e gli sorride, quasi a tranquillizzarlo.
“Bene, dai.” rispose Sirius, alzando le spalle.
“Ci hai parlato ancora?” chiese ancora Remus, fissando l’amico dritto negli occhi. Il ragazzo scosse piano la testa, poi sbadigliò.
“Ho provato, ma Jamie non è di molte parole.” spiegò Sirius, impacciato, grattandosi la testa. Alice sospirò, preoccupata. Non si aspettava certo che sarebbe bastata una notte a fare tornare James quello di sempre, ma sperava in qualcosa di più. Dopo che lei e Sirius gli avevano parlato la sera prima le era sembrato molto più tranquillo.
“Ti ha raccontato cosa ha sognato di tanto brutto stanotte?” chiese Charleen, distogliendo sia Alice che Sirius dai loro pensieri.
“È stato vago. Dice che non ricorda, che erano immagini confuse che non si spiegava ma che gli mettevano molta ansia.” raccontò Sirius. Si vedeva che la testa del ragazzo era da un’altra parte, probabilmente ancora di sopra insieme all’amico. Ogni volta che aveva provato a chiedere a James che cosa avesse sognato di tanto brutto questi cominciava a tremare e l’unico modo efficace per calmarlo era abbracciarlo.
“Lo hai lasciato da solo? Tu sei pazzo!” esclamò Alice non appena si realizzò che James era rimasto di sopra mentre tutti loro erano giù in Sala Grande.
“Dai Alice, è solo questione di pochi minuti. Prendo la colazione e torno su da lui.” spiegò Sirius, cercando di fare ragionare la ragazza. Anche lui all’inizio non era troppo convinto a lasciare James solo, tanto che aveva provato in tutti i modi a convincerlo a venire con lui. Alla fine aveva dovuto desistere e scendere da solo, oppure entrambi sarebbero di sicuro morti di fame.
“Colazione? Ma se è mezzogiorno..” osservò divertito Frank, dopo aver lanciato una veloce occhiata all’orologio che portava al polso.
“Fa lo stesso..” disse Sirius, alzando le spalle. Non si era minimamente preoccupato di chiedersi che ore fossero. Aveva passato la notte in bianco e gran parte della mattinata a guardare James che finalmente dormiva quasi tranquillo. Prese velocemente qualcosa dal tavolo, saluto gli amici e si diresse verso la torre di Grifondoro dove aveva lasciato James.
I ragazzi lo guardarono allontanarsi senza dire nulla.
Grazie alla straordinaria conoscenza del castello e dei suoi passaggi segreti che aveva accumulato nel corso dei passati anni, Sirius raggiunse la torre di Grifondoro in pochi minuti. Sali di corsa le scale, pregando silenziosamente perché James non si fosse mosso dalla stanza per andare a rifugiarsi in qualche sperduto angolo del castello. Arrivato sulla soglia, Sirius lanciò un’occhiata all’interno e tirò un sospiro di sollievo quando vide l’amico.
“Ecco la colazione..” disse Sirius, entrando nella stanza cercando di non fare troppo rumore. Da quel poco che era riuscito a capire, James aveva un disperato bisogno di tranquillità per riuscire a ritrovare se stesso e per superare l’incidente. Il ragazzo era ancora a letto, quasi apatico, nella stessa posizione in cui lo aveva lasciato poco prima.
“Hai incontrato gli altri?” domandò James, mettendosi a sedere. Sirius annuì, appoggiò il vassoio con il cibo sul comodino di James e con un colpo di bacchetta fece entrare un po’ di luce dalle finestre. Quei pochi movimenti bastarono per fare sobbalzare James.
“Si, ti salutano e tengono a precisare che sarebbe ora di pranzo. Sicuro di non volere un bel piatto di pasta fumante?” chiese Sirius, abbozzando un sorriso nel disperato tentativo di iniziare una conversazione e magari strappare una risata a James.
“Va benissimo una fetta di torta, non ho fame.” rispose James, guardando fisso oltre la spalla di Sirius, fuori dalla finestra. Sembrava incantato, perso, quasi qualcosa avesse magneticamente attirato la sua attenzione.
“Come vuoi, non insisto.” disse Sirius, sorridendo. Non voleva fare pressioni all’amico.
“Davvero Sirius, ho lo stomaco chiuso. Magari più tardi.” si giustificò James, portandosi svogliatamente alla bocca la fetta di torta che Sirius gli aveva portato. La fissò attentamente a lungo, quasi volesse analizzarla con gli occhi, poi ne staccò un piccolo morso e la rimise sul piatto. Sirius lo guardò, senza dire nulla, e lo lasciò fare.
“Hai ragione, potremmo fare una gita nelle cucine. Che ne dici?” propose Sirius, sperando in un assenso dell’amico. Era preoccupato per lui. Non aveva mangiato quasi nulla la sera prima, aveva saltato la colazione e quella misera fetta di torta non si poteva certo chiamare pranzo. Di questo passo sarebbe certamente finito in infermeria entro sera, svenuto, ed Alice avrebbe preso la sua testa per farne un grazioso centrotavola. Una bella gita per il castello era decisamente quello che serviva a James per tornare quello di prima. Se poi si trattava anche di infrangere qualche regola era anche meglio.
“Abbiamo il permesso?” chiese James, dubbioso.
“Scherzi, vero? Siamo malandrini, a noi non serve il permesso!” esclamò Sirius, deciso.
Era così assurdo parlare di regole con James. Proprio lui che non se ne era mai preoccupato e che era sempre stato il primo a proporre scherzi che li portavano quasi ogni volta a finire in lunghe, noiose e tremende punizioni.
“Non mi va di metterti nei guai.” rispose James, rimettendosi sdraiato e voltandosi su un fianco senza smettere di guardare lo spicchio di cielo grigio che si intravedeva dalla finestra, immerso in chissà quali pensieri solitari. Sirius sospirò.
“Dai James, lo abbiamo fatto centinaia di volte.” continuò Sirius, cercando inutilmente di convincere l’amico. Troppo tardi. James ormai aveva smesso di ascoltarlo e fissava sconsolato il vuoto fuori dalla finestra che dava sulla foresta proibita.
Il giorno successivo fu anche peggio di quello precedente. James era esausto, in tutti i sensi, e nervoso. Bastava una sciocchezza perché scattasse o gli venissero crisi nervose. Gli unici che riuscivano a calmarlo e che voleva intorno erano sua cugina Alice e Sirius.
Entrambi riuscivano a percepire chiaramente il disagio di James e non lo lasciavano mai. Durante una crisi più forte delle altre James riuscì a togliersi le bende e i ragazzi dovettero accompagnarlo d’urgenza in infermeria. Le ferite si erano riaperte ed aveva perso davvero troppo sangue. La discussione era iniziata quando Peter aveva proposto a James di assistere agli allenamenti della squadra. Il ragazzo aveva rifiutato e quando Peter aveva insistito aveva cominciato ad urlare, a piangere e battere i pugni contro i pavimento. L’infermiera alla fine gli aveva dovuto dare una pozione calmante, lo aveva medicato e gli aveva ordinato di stare sdraiato qualche ora sotto lo sguardo vigile e allo stesso tempo preoccupato di Sirius ed Alice. James si era addormentato quasi subito, senza dire nulla e senza guardare in faccia nessuno. Un sonno pesante e senza sogni. Fuori dall’infermeria erano raccolti gli altri, preoccupati e silenziosi. La donna li aveva diffidati dall’entrare in processione, per non turbare un già troppo scosso James e loro facevano come lei aveva detto.
“Non va bene..” disse Alice, pensierosa. Erano passate circa due ore da quando l’infermiera aveva lasciato la ragazza e Sirius nella stanza. Fino a quel momento i due erano rimasti in silenzio, forse perché erano troppo scossi oppure perché non c’era nulla di dire.
“Gia.” concordò Sirius, poco incline a parlare. Gli sembrava di vivere nel più terribile dei sogni. Vedeva il suo migliore amico camminare in punta di piedi sull’orlo di un baratro e non riusciva a fare nulla per aiutarlo ad allontanarsene. Alice aprì la bocca per dire qualcosa a Sirius, ma si interruppe bruscamente.
“Jamie..” chiamò la ragazza, mentre James lottava disperatamente per aprire gli occhi. Ci mise un po’ a mettere a fuoco le figure, ancora intontito dal tranquillante. Non sembrava sorpreso di trovarsi in un letto dell’infermeria, al contrario sembrava rassegnato.
“È per il braccio, vero?” chiese James debolmente, guardando prima Alice e poi Sirius, riferendosi al motivo per il quale si trovava lì.
“Ti fa male?” domandò Sirius, preoccupato, evitando accuratamente di rispondere alla domanda. Faceva troppo male ricordare James fuori di sé.
“Un po’, non mi ero accorto prima.” rispose James, distante. Alice sospirò, cercando con tutte le sue forze di trattenere le lacrime. Non poteva piangere davanti al cugino, doveva essere forte anche per lui.
“Andrà tutto bene, James. È una promessa!” esclamò decisa Alice.
La settimana seguente, dopo essere stato dimesso dall‘infermeria, James passò gran parte delle sue giornate a letto, apatico, ancora troppo debole per andare a lezione. Dopo l’episodio che lo aveva portato in infermeria nessuno aveva più provato a convincerlo a fare qualcosa contro la sua volontà, per paura di una nuova crisi. Con il passare dei giorni, tuttavia, c’era stato anche qualche piccolo miglioramento.
Pian piano era riuscito ad abituarsi anche alla presenza degli altri ragazzi, ma aveva ancora molta paura di mischiarsi alla folla. Sentirsi tutti gli occhi addosso lo metteva in ansia e lo faceva sentire terribilmente inadeguato.
Verso la fine della settimana, nel tardo pomeriggio, mentre Sirius era impegnato con il resto della squadra nell’ennesimo allenamento che Sebastian aveva definito inderogabile, Remus raggiunse l’amico nella loro stanza e gli si sedette di fianco.
James era sveglio e stava leggendo una delle tante lettere che gli avevano scritto i suoi amici mentre era in coma. Sentì arrivare qualcuno, alzò la testa per un attimo e quando capì che si trattava di Remus tornò al foglio. James sembrava tranquillo, persino sereno. Remus era incerto e non sapeva bene cosa fare. Era la prima volta che rimanevano veramente da soli da quando James era tornato, ed il ragazzo aveva manifestato poca voglia di parlare di sé agli altri. Persino con Sirius e con Alice stava gran parte del tempo in silenzio.
“Disturbo?” chiese Remus, incerto, tormentandosi nervosamente le mani.
“No, affatto.” rispose James, abbozzando un timido sorriso che fece acquistare fiducia in se stesso a Remus, convincendolo ad andare avanti.
“Leggi?” chiese Remus, indicando la lettera che James teneva in mano. Il ragazzo annuì, distratto, finendo di leggere le ultime righe prima di voltarsi verso l‘amico.
“È di Frank, il ragazzo di Alice.” spiegò James. Remus annuì, comprensivo.
“Ho parlato con la McGranitt.” iniziò Remus, dopo qualche attimo di silenzio, sedendosi sul letto vicino a James.
“Trasfigurazione, giusto?” chiese James, cercando di ricordare meglio il viso della donna. Doveva trattarsi della professoressa che aveva incontrato nell’ufficio del preside il giorno in cui era tornato al castello, anche se non riusciva a metterla a fuoco bene. Tutto quello che era successo in quei primi giorni era sfuocato, come avvolto nella nebbia.
“Si, bravo. Vuole che ti aiuti a rimetterti in pari con il programma di quest’anno.” spiegò Remus. A quelle parole James sembrò abbattersi improvvisamente.
“Non so se ce la posso fare.” mormorò dopo un po’, sconsolato, fissandosi i piedi.
“Non dire sciocchezze, sei uno dei maghi più brillanti di questa scuola. Recuperare qualche mese sarà uno scherzo per te, vedrai.” lo rassicurò Remus, sorridendo. Gli venne spontaneo appoggiare la mano sulla spalla dell’amico e si stupì quando James non si ritrasse a quel contatto. James era sempre stato naturalmente portato per la magia, anche studiando pochissimo riusciva ad avere risultati strabilianti, tranne che in pozioni. Solo Lily e Piton avevano voti alti in pozioni, gli unici due cocchi di Lumacorno.
“Non ricordo nulla, nemmeno gli incantesimi. Come posso praticare la magia se non mi ricordo le formule?” chiese James, triste. Remus a quelle parole si incupì e resto per qualche istante in silenzio a pensare ad una possibile soluzione.
“Partiremo da zero. Sta tranquillo, ci vorrà solo un po’ più di tempo.” disse alla fine, ritrovando tutto il suo ottimismo. Era sicuro che l’amico ce l’avrebbe fatta. Dopo tutto stavano parlando di James Potter, mica di Peter Minus.
“Va bene.” sospirò alla fine James, lasciandosi cadere all’indietro sul letto ad occhi chiusi.
Remus rimase in silenzio, guardando l’amico stiracchiarsi come un gatto e cercando di capire se doveva andarsene e lasciarlo solo o rimanere e parlare con lui. Alla fine Remus propense per la seconda soluzione.
“Posso chiederti come stai?” chiese Remus, incerto. Mai come in quelle ultime settimane era stato tanto spaventato all’idea di parlare con l’amico. Bastava un nonnulla, una sciocchezza, per fare scattare James e peggiorare le cose era l’ultima cosa che voleva.
“Mi sembra di stare in un incubo anche se oggi a pranzo è andata meglio di ieri sera.” rispose James ad occhi chiusi, ancora sdraiato sul letto. Con gran soddisfazione di Alice e di Sirius, negli ultimi giorni James aveva ripreso a mangiare e aveva cominciato a passare più tempo con i malandrini e gli altri ragazzi. Certo, era sempre molto silenzioso e sulle sue ma era comunque un passo in avanti.
“Ci vuole solo un po’ di determinazione. Stasera andrà ancora meglio, per non parlare di domani. Presto poi ti rimetterai in forze e sarai meno intrattabile.” disse Remus, sorridendo e cercando di infondere un po’ del suo spirito positivo anche in James. Il ragazzo non rispose per un po’, poi si rimise a sedere.
“Mi spiace.” disse James in un sussurro, fissando Remus dritto negli occhi.
Era terribilmente serio. In quello sguardo Remus riuscì a vedere gli occhi di James. Forse il suo amico stava finalmente tornando ad essere quello di sempre.
“Per cosa?” chiese Remus, confuso.
“Il mio umore vi condiziona. Vi creo solo un mucchio di problemi. Era meglio se rimanevo in ospedale, almeno lì non infastidivo nessuno.” si lasciò andare James, lasciando di stucco Remus. Era la prima volta da quando era tornato che James si sfogava, almeno con lui. Fino a quel momento si era limitato a tenere tutti i suoi dubbi e le sue paure dentro di sé, lasciando che lo tormentassero e che lo torturassero. Parlare dei suoi problemi era certamente un passo avanti, il primo per riuscire a risolverli. Remus sospirò.
“James, riaverti qui al castello è la cosa migliore che sia capitata negli ultimi mesi. Non sei un problema, per nessuno di noi. Capiamo che per te è difficile e ti lasciamo i tuoi spazi, ma se hai bisogno noi ci siamo. Io, Sirius, Alice, Peter, Seba, Frank e anche le ragazze.” rispose Remus, scegliendo con cura le parole. Quando alzò lo sguardo sull’amico vide che James sorrideva, sereno e che stava sorridendo. Non si trattava di un sorriso timido, ma di uno dei famosi sorrisi di James, che andavano da un orecchio all’altro e che gli illuminavano il viso.
“Grazie per le tue parole. Che ne dici, scendiamo?” propose James, alzandosi dal letto con un ritrovato slancio che sorprese Remus.
“Sei sicuro che ti vada davvero?” chiese Remus, confuso. Non voleva costringere James a fare qualcosa contro la sua volontà. Sapeva che lo avrebbe solo fatto stare peggio.
“Voi fate così tanto per me, è il caso che cominci a reagire per davvero anche io, no?” sussurrò James, deciso. Ancora una volta Remus restò sorpreso dalle parole dell’amico.
“Così parla il mio amico James Potter!” esclamò Remus, felice di sentire l’amico parlare in quel modo. Finalmente davanti a lui riusciva a vedere il vero James Potter.
“Dovresti presentarmelo allora.” rispose James, ironico.
“Che scemo che sei!” disse Remus, alzando gli occhi al cielo. Forse tutto stava davvero tornando alla normalità.

ANGOLO DELL'AUTRICE
innanzitutto GRAAAZIE per essere arrivati a leggere fino a qui!
è bello sapere che nonostante le miliardi di cose da fare che avete riuscite anche a trovare del tempo per leggere quello che scrivo io.
se poi riuscite anche a commentare allora si che siete per davvero santi!
MILLE GRAAAZIE!
piccola informazione di servizio: il capitolo è lunghissimo, invece che postarlo tra qualche settimana e farvi aspettare ho pensato di spezzarlo in due e farmi viva prima. spero che apprezziate!
LOVE_VAMPIRE: grazie mille per il commento.
il rapporto che si è venuto a creare in questi capitoli tra James e Sirius ha quasi sorpreso anche me. inutile dire che li adoro e che invece odio Peter, ogni occasione è buona per sottolineare la sua inutilità.
ILOVEJAMES97: grazie per il commento!
diciamo che in questo capitolo ricomincia un po' la ripresa di James. nei prossimi lo vedremo sempre più socuro di sè.
MALANDRINA4EVER: grazie per il commento!
grazie per le tue parole, quando si scrive per dovere si scrivono solo banalità. è proprio vero! spero che la mia storia non sia banale e scontata e che ti piaccia! sebastian è il personaggio che mi diverte di più. è un pazzo, passa dall'essere serio, al fare battute per finire con attacchi di pazzia. è decisamente fuori dagli schemi. il rapporto tra Sirius e James in questo capitolo si fa ancora più stretto e James comincia a fidarsi anche di Remus. spero ti sia piaciuto!
ZANNA: grazie per il commento!
diciamo che quando ho cominciato a pensare a questa storia al posto di Alice c'era un ipotetica gemella di James. alla fine ho scartato l'idea perchè si discostava troppo dalla storia originale e ho ripiegato su una cugina. mi piaceva anche che il personaggio della cugina fosse qualcuno già realmente presente nella storia, e per questo la scelta è caduta su Alice. nonostante tutto questo, l'idea della gemella è rimasta almeno nel rapporto tra James e Alice. nella mia testa (e spero di averlo anche fatto un po' traparire nella storia) Alice e JAmes sono cugini, ma sono cresciuti insieme come fratelli.
tutto questo per dirti che la tua visione non è poi lontana dalla realtà! ;D

GRAZIE MILLE A TUTTI, AL PROSSIMO CAPITOLO!

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Capitolo 12
*** riprendere a vivere - parte seconda ***


CAPITOLO 11
RIPRENDERE A VIVERE - parte seconda


James e Remus scesero piano le scale, scherzando tra loro come non capitava da così tanto che il secondo ragazzo non riusciva a ricordarlo. Remus era felice, sentiva che tutto stava tornando a posto nonostante i ricordi di James non si fossero ancora decisi a tornare ed era fiducioso. Al piano di sotto trovarono il gruppo al gran completo, compresa la squadra appena tornata dagli allenamenti. Sembravano tutti stanchi, ma di umore migliore rispetto al solito. Sirius e Alice scattarono in piedi non appena videro James, apprensivi, e corsero a salutarlo, stupiti di vederlo in sala comune. Alcuni ragazzi più piccoli, del primo e del secondo anno probabilmente, cominciarono a guardarlo e a parlare a mezza voce ma James sembrò non dare importanza alla cosa. Bastò un ringhio di Sirius e un’occhiataccia di Alice perché la finissero. Entrambi erano sollevati a vederlo scherzare con Remus, meno silenzioso del solito. Per di più sembrava che per la prima volta da giorni fosse sceso di sua spontanea volontà, senza che nessuno lo costringesse o lo supplicasse. Era positivo che cominciasse ad uscire da quella specie di esilio volontario nel quale si era rinchiuso.
“È stato fantastico, eccezionale.” stava esclamando Charleen, del tutto incurante di quel che accadeva intorno a lei. James fissò perplesso e curioso la ragazza, mentre Frank sbuffava.
“Buona sera.” salutò Remus, riuscendo alla fine ad attirare l’attenzione della brunetta, che si voltò con un sorriso che andava da un orecchio all‘altro disegnato sul volto.
“Remus, ho fatto una finta a Frank e ho segnato!” strillò Charleen eccitata, agitandosi.
“È stata solo fortuna.” borbottò Frank, visibilmente di pessimo umore.
Aveva fatto una brutta figura, per di più davanti ad Alice. La ragazza aveva provato a dire qualcosa che migliorasse il suo umore ma fino a quel momento ogni tentativo era miseramente fallito. Il suo orgoglio ne era uscito a pezzi da quell’allenamento.
“Per la prima volta avete giocato bene, deve essere la presenza di James al castello!” esclamò Sebastian, soddisfatto. Era così felice che Sirius non ebbe cuore di zittirlo con un commento acido come suo solito. Dopo tutto aveva ragione, avevano giocato davvero bene. Per la prima volta dall’inizio dell’anno sembravano veramente una squadra.
“Ciao James.” salutò Frank, lasciando un po’ di posto all’amico vicino a lui.
“Di che parlate?” chiese James, curioso, guardandosi intorno interessato.
Tutti si stupirono di quella domanda e del tono vivace che aveva usato James, ma cercarono di non darlo troppo a vedere. L’ultima cosa che volevano era che il ragazzo si richiudesse di nuovo in se stesso.
“Quidditch, Sebastian ti ha sostituito come capitano della squadra di Grifondoro.” spiegò Cristal, titubante, ricordando come era andata a finire l‘ultima volta che Peter aveva provato a portare James agli allenamenti. Il ragazzo però questa volta non ebbe nessuna brutta reazione, anzi, sorrise.
“Manchi a tutti, te lo assicuro.” esclamò Sirius, strizzando l’occhio all’amico.
“Se è stato scelto è perché sa quel che fa.” rispose James, alzando le spalle. Sebastian ringraziò l’amico per quelle parole con un gesto della mano.
“Scherzi, vero? È uno schiavista!” esclamò Alice, scandalizzata, cominciando ad elencare al cugino tutte le torture a cui li aveva sottoposti in nome della squadra. James la ascoltava e sorrideva. Il pochi minuti il suo buon umore era riuscito a contagiare tutti quanti.
“Volevo ricordare a tutti che la scorsa partita l’abbiamo persa e che siamo ultimi!” borbottò Seba, stizzito, indicando i punteggi appesi alla bacheca. Per la prima volta da quasi cento anni, come la McGranitt non si stancava di ripetergli da qualche settimana a quella parte, Grifondoro era ultima e probabilmente avrebbe perso la coppa per la prima volta dopo cinque anni. Mancavano ancora due partite, certo, ma sarebbe stata una vera impresa riuscire a vincerle e a classificarsi primi.
“Appunto.. Che senso ha continuare a giocare? Non abbiamo nessuna possibilità di vincere.” mormorò Charleeen, delusa. Era bastato l’accenno di Sebastian alla classifica per fare passare alla ragazza la voglia di giocare e la fiducia in se stessa che era riuscita a guadagnare segnando a Frank.
“Scherzi, vero? Siamo i campioni uscenti, non possiamo arrivare ultimi!” rispose Seba, quasi ringhiando, guardandosi attorno in cerca di sostegno. I ragazzi non reagirono come si era aspettato, quasi avessero smesso da tempo di credere nella squadra.
“Rassegnati, con la squadra che abbiamo è impossibile fare di meglio.” sospirò Sirius, rassegnato. I ragazzi non dissero nulla e si dispersero, lasciando Sebastian immerso nei propri pensieri. Solo Charleen rimase dove si trovava, di fronte a James che fissava incantato il camino e le poltrone che vi erano disposte intorno. Quel particolare angolo del castello gli risultava familiare, era sicuro di averci passato un sacco di bei momenti solo che in quel momento non riusciva a ricordarne chiaramente nessuno. L’unica cosa che gli balenava in mente era un’ immagine confusa. Lui e Alice accoccolati insieme su una poltrona, mentre sfogliavano un vecchio album di foto.
“James, che ne pensi?” chiese la ragazza, sistemando una ciocca ribelle dietro l’orecchio e distogliendo il ragazzo da quell‘unico e debole ricordo. James si riscosse dai suoi pensieri e prese a fissare la ragazza.
“Non lo so, non ricordo nulla nemmeno del quidditch.. Però non dovreste arrendervi.” disse James, sorridendole. In quel sorriso Charleen ci lesse un sacco di forza di volontà.
“Si ma non abbiamo speranze..” iniziò Charleen, incantata dal sorriso di James e dai suoi profondi occhi nocciola. Fino a quel momento non aveva mai parlato seriamente con lui. Avevano scherzato certo, si erano anche insultati e qualche volta si erano scambiati fatture ma era decisamente la prima volta che si ritrovavano a parlare civilmente.
“Anche io appena sono tornato al castello pensavo di non averne e invece eccomi qui. Mi avete aiutato, mi siete stati vicini e ora sto meglio. C’è sempre speranza.” spiegò James, inclinando leggermente la testa. Quelle parole colpirono Charleeen rivelando alla ragazza l‘anima seria di James che nei cinque anni precedenti non era riuscita a cogliere.  
“Va un po’ meglio ora?” chiese la ragazza, incerta. Anche lei, come gli altri, aveva il terrore di dire la cosa sbagliata e di rovinare tutto. James sorrise ed annuì, deciso.
“Diciamo che le minacce di morte che Sirius ha lanciato a mezzo castello sono servite e che almeno adesso mi lasciano in pace.” scherzò James, ripensando ai racconti assurdi che in quei giorni aveva sentito dagli amici. Seba aveva giurato che Frank un pomeriggio fosse arrivato a schiantare un paio di Serpeverde troppo curiosi, mentre Remus si era limitato ad ammutolire un’intera aula di Tassorosso. Sirius non aveva detto nulla in proposito, ma qualcosa diceva a James che lui ed Alice erano certamente stati i più spietati. Se nessuno aveva più il coraggio di indicarlo e fare domande inopportune il merito era anche loro.
“È normale dopo tutto quello che ti è successo che si parli di te.” disse Charleen, dopo averci riflettuto un po‘ su. Quello che era successo a James era decisamente fuori dal comune, era normale che il castello ne parlasse. Certo, era anche vero che avevano decisamente esagerato negli ultimi tempi. Alice le aveva raccontato che qualcuno di Grifondoro era persino arrivato ad appostarsi fuori dalla camera dei malandrini con tanto di macchina fotografica, pronti ad immortalarlo come fosse un animale esotico.
“Lo so, ma è fastidioso. La prima sera poi non stavo bene, ero stanco e spaventato. Somma tutto e ne esce una crisi di nervi.” spiegò James sorridendo, cercando di scacciare dalla mente tutto quello che aveva patito in quei giorni. Si era sentito perso, come se non avesse il minimo controllo sulla sua vita. All’ospedale era semplice, aveva la sua stanza, il suo letto, la sua infermiera e basta. Tutto si esauriva in un breve scambio di battute e in qualche giretto per i corridoi. Nessuno era inopportuno o cercava di intromettersi in modo troppo doloroso ed evidente nella sua vita. Al castello invece era perennemente circondato da centinaia di altri adolescenti, e tutto risultava più difficile.
“Ho visto.” disse Charleen in un sussurro. James sembrò non sentire, o forse finse soltanto.
“Come va con le lezioni? Remus ha già iniziato a farti ripetizioni?” chiese Charleen, curiosa. Sapeva che la professoressa McGranitt aveva incaricato Remus di pensare al recupero scolastico di James, per evitare che il ragazzo rimanesse troppo indietro con il programma.
“Me ne parlava oggi, ma purtroppo io non ricordo nessuna formula quindi dovrà ripartire da zero.” sospirò James, depresso all’idea di dover ricominciare tutto da capo. Non ricordare nulla era come avere buttato via tutti gli anni passati della sua vita.
“Accidenti deve essere una bella scocciatura per te.” esclamò Charleen, dispiaciuta.
“Più che altro per Remus, gli farò perdere un sacco di tempo.” mormorò James, abbassando la testa. Odiava pesare sugli altri. In quei giorni aveva già fatto abbastanza per rovinare loro la vita e spaventarli a morte. Se ne era reso conto quando si era svegliato in infermeria, con Alice e Sirius al suo fianco. Nonostante tutto erano ancora lì. Anche se lui aveva fatto involontariamente di tutto per allontanarli. Li aveva trattati male, li aveva spaventati a morte e non aveva rivolto loro la parola eppure erano ancora lì, pronti a dargli l’ennesima possibilità. In quel momento aveva giurato a se stesso che ne sarebbe uscito. Lo doveva a quelle persone fantastiche che aveva al suo fianco. Doveva farsi forza e fare almeno un tentativo.
“Se vuoi in pozioni posso aiutarti io, sono la prima della classe.” propose Lily, sorridendo impacciata, avvicinandosi ai due ragazzi seduti vicino al camino.
“Grazie, saresti gentile.” rispose James, pacato, alzando lo sguardo sulla ragazza. La rossa sembrava a disagio, era molto più impacciata del solito.
“Figurati. Charleen invece potrebbe aiutarti con incantesimi.” continuò Lily, prendendo più coraggio e cercando di dimostrarsi disinvolta.
“Hai ragione!” esclamò Charleen, entusiasta di poter fare qualcosa per James.
“Ragazze, siete sicure? Voglio dire, non vi farò perdere troppo tempo. Charleen non ha anche gli allenamenti?” chiese James, titubante. L’ultima cosa che voleva era creare loro dei problemi o rallentare i loro studi.
“Qualche ora la riesco a trovare.” rispose Charleen, sorridendo. Non sapeva nemmeno lei per quale motivo, ma poter essere d’aiuto a James la rendeva felice.
“Squadra a rapporto!” tuonò Sebastian, con fare severo. Charleen sbuffò e fece finta di non avere sentito il richiamo del suo capitano. Era piacevole restare lì a parlare con James. La ragazza si chiese perché non lo aveva mai scoperto prima.
“Un’altra riunione?” chiese Lily alzando un sopracciglio, perplessa.
“Li sta esasperando.” commentò Remus, prendendo posto vicino agli amici. Non appena la ragazza vide Remus si illuminò.
“Remus, io e Charleen abbiamo fatto un piano di studio per James per fargli recuperare le lezioni che ha perso.” spiegò velocemente Lily, rivolgendosi a Remus.
“Sentiamo.” disse il ragazzo, sorridendo. Era felice che le ragazze avessero trovato un modo per tirare in mezzo James. Stare con qualcuno che non erano i malandrini avrebbe fatto bene a James. Stare con Lily, poi, lo avrebbe di sicuro fatto stare meglio. Anche se James non riusciva a ricordarlo Remus era sicuro che stravedeva per Lily. Era il suo primo, unico e vero amore. La ragazza di cui non si stancava mai di parlare, anche dopo che avevano appena litigato e lei gli aveva appena urlato in faccia tutto il suo disprezzo.
“Io lo aiuterò in pozioni, Charleen con incantesimi. Sirius potrebbe aiutarlo in trasfigurazione..” iniziò Lily, entusiasta.
“E io penso al resto, è perfetto.” esclamò Remus, interrompendo la ragazza.
“James, tu cosa ne pensi?” chiese Charleen, voltandosi verso il ragazzo che non aveva ancora dato il suo parere. James era abbastanza silenzioso e pensieroso.
“Non so cosa dire. Siete sicuri che non sarò un peso per nessuno di voi?” chiese ancora James, dubbioso, fissandoli ad uno ad uno.
“Non dire sciocchezze.” esclamò Lily, sorridendo, alzando gli occhi sul ragazzo.
“Perché lo fate?” chiese James, terribilmente serio, fissando le ragazze negli occhi. Bastarono quelle poche parole per gelare il sorriso sul viso di Lily. Quella era decisamente l’ultima domanda che la ragazza si era aspettata.
“James, siamo i tuoi amici..” iniziò Remus, anche lui stupito da quella domanda.
“Lo so Remus, mi riferivo alle ragazze. Alice mi ha detto che io non ho mai avuto un rapporto di amicizia con Lily e con Charleen prima. Lo fate perché vi faccio pena?” domandò James, con un tono neutro.
Non avrebbe mai potuto sopportare che lo aiutassero solamente per pena. Sarebbe stato un colpo troppo duro da accettare. Nessuno dei presenti riusciva a capire cosa passasse per la testa di James in quel momento, né sapeva bene cosa dirgli.
“Non dire sciocchezze..”mormorò Remus, impacciato.
“Charleen, muoviti sennò Seba da i numeri.” chiamò Frank, sbracciandosi verso l’amica.
“Che aspetti, sto parlando con James. È più importante!“ rispose la ragazza, tornando a rivolgere tutta la sua attenzione a James. Frank alzò le spalle e tornò dagli altri.
“Quando ti sono venuta a trovare in ospedale mi sono resa conto che ti odiavo senza conoscerti davvero. Voglio rimediare. Voglio conoscerti, e poi decidere se essere tua amica  No. Che ne pensi?” disse Charleen senza quasi prendere fiato.
“Io non sono il James di prima.” mormorò James, serio.
“Invece lo sei, solo non te ne rendi conto.” replicò Charleen, decisa. James sospirò.
“Allora va bene.” disse alla fine James, sorridendo, prima di voltarsi lentamente verso Lily.
“Lily, Alice mi ha detto che prima dell’incidente ero innamorato di te ma tu non mi credevi..” iniziò James, impacciato.
“Come potevo? Mi davi il tormento per qualsiasi cosa, a tutte le ore. Ti sei sempre comportato come un idiota pieno di sé.” rispose Lily, sulla difensiva.
“Viva la sincerità.” commentò James, ironico.
“Scusa.” mormorò Lily, arrossendo all’improvviso. Non voleva risultare cattiva, James non lo meritava. Il ragazzo aveva sofferto anche troppo a causa sua, anche se in quel momento non riusciva a ricordarlo. Lily per un attimo prese a domandarsi cosa avrebbe pensato di lei James quando si sarebbe finalmente ricordato tutto quanto.
“Non importa, va avanti.” disse James, sorridendo.
“Io.. Volevo solo dire che mi piacerebbe conoscerti meglio. Ma non metterti in testa strane idee, non voglio essere la tua ragazza.” continuò Lily, pensierosa. Una parte di lei avrebbe voluto prenderlo, scuoterlo con forza fino a che non avrebbe ricordato, baciarlo con passione e poi dirgli che era innamorata di lui, un‘altra parte di lei invece voleva mettere più distanza possibile tra lei e James.
“Che tu sia la mia ragazza è l’ultima cosa che voglio ora.” disse James, deciso, mettendo con quelle parole fine a qualcuno dei sogni ad occhi aperti della ragazza. Lily a quelle parole sgranò i grandi occhi verdi da gatta.
“Cosa vuoi dire?” chiese Lily, mentre sentiva il mondo caderle addosso. Per la prima volta da quando lo conosceva James Potter la stava rifiutando.
“Come posso mettermi con una ragazza di cui non mi ricordo solo perché tutti mi dicono che una volta l’amavo.” chiese James, triste e mogio. Charleen e Remus non riuscivano a credere alle loro orecchie.
“Tu.. Non provi nulla per me?” domandò Lily, disorientata. Stava succedendo quello che aveva desiderato a lungo in quegli anni, eppure la ragazza non era felice. Ora che James non la amava più lei si era accorta di volerlo.
“Sono confuso. A volte il tuo viso mi sembra dolce e familiare, altre invece anche solo guardarti di sfuggita mi fa male. Non so di più..” spiegò James, distogliendo lo sguardo dalle lacrime che avevano preso a bagnare il bel viso di Lily. Nonostante tutto, quella ragazza aveva il potere di sconvolgerlo e di provocare in lui reazioni inaspettate.
“Tutti a cena, ci siamo liberati di Sebastian!” urlò Sirius, irrompendo nella stanza con un sorriso che gli andava da un orecchio all’altro, dovuto probabilmente al fatto di essersi liberato abbastanza velocemente del suo capitano.
“Sirius..” lo richiamò Remus, lanciandogli un’occhiataccia.
“Che c’è, ho interrotto qualcosa?”chiese Sirius, confuso. Remus e Charleen sembravano pronti a lanciare fiamme dagli occhi, Lily era più che mai a terra e James era strano, mogio. Sirius si chiese cosa diamine stesse succedendo e perché tutti quanti sembravano di colpo impazziti. Prese a guardarsi intorno, nervosamente, in attesa di una risposta che sembrava non voler arrivare.
“No, nulla di importante Sirius.” disse Lily, alzandosi di scatto.
“Lily..” cercò di fermarla James, trattenendola per un braccio senza farle male.
“Andiamo a cena.” ribatté la rossa, decisa, liberandosi dalla stretta del ragazzo senza guardarlo negli occhi.
“Aspetta..” chiamò ancora James, stranito. Quella conversazione aveva preso una piega decisamente strana. Come erano finiti a dirsi quelle cose?
“Ho detto andiamo a cena!” ribadì Lily, voltando le spalle a James ed asciugandosi le lacrime sperando che nessuno le avesse notate. Non poteva piangere per James, e soprattutto non poteva permettere che qualcuno lo vedesse. Specialmente lui. Era stata una stupida. Come aveva potuto farselo scappare? Perché non si era resa conto prima di amarlo?
Lily non aprì bocca durante tutta la cena mentre James era più assente del solito. Charleen e Remus che avevano seguito la discussione guardavano preoccupati i due mentre gli altri si guardavano perplessi e confusi.
“Si può sapere che sta succedendo?” chiese Alice, esasperata, guardando con insistenza Sirius, sperando che lui avesse qualche informazione.
“Non ne ho idea. Ero con te, ricordi?” rispose Sirius alzando le spalle.
Nonostante cercasse di nasconderlo, anche lui era parecchio preoccupato. Solo qualche ora prima James sembrava essere tornato lo stesso di sempre, mentre ora era ancora più silenzioso del solito. Doveva di sicuro essere successo qualcosa mentre loro erano a parlare con Sebastian, solo, nessuno sembrava avere voglia di parlarne.
“Remus?” Chiese Alice, speranzosa, voltandosi verso l‘amico. Remus sospirò e lasciò cadere la forchetta sul piatto di colpo.
“Uhm, Lily e Charleen si sono offerte di aiutare James in pozioni e incantesimi.” iniziò a raccontare Remus, distogliendo lo sguardo da James e Lily. Era decisamente meglio quando passavano il tempo a litigare piuttosto che quando si ignoravano a quel modo.
“È perfetto, io potrei aiutarlo in trasfigurazione.” esclamò Sirius, sorridente.
“Fallo finire.” lo richiamò Alice, severa.
“Scusa.” disse Sirius, mortificato. Remus alzò gli occhi al cielo e proseguì il racconto.
“James le ha ringraziate e ha chiesto perché lo stavano facendo.” continuò Remus. Sirius intuì di colpo dove sarebbe andato a finire il discorso.
“Accidenti, è colpa mia. Ho detto a James che con Lily e Charleen non aveva mai avuto un grande rapporto.” esclamò Alice, con aria colpevole.
“Beh, era la verità.” commentò Sirius, schietto.
“Si ma.. Che è successo?” chiese Alice, ansiosa e preoccupata, voltandosi di nuovo verso Remus e prendendo a tormentarsi nervosamente le mani.
“Charleen ha detto di essersi resa conto di avere sempre odiato James a priori, e gli chiesto la possibilità di conoscerlo meglio e di decidere se essere sua amica o no. Lily ha detto più o meno la stessa cosa.” raccontò Remus, pensieroso.
“E poi?” chiesero Alice e Sirius in coro, entrambi curiosi di sapere come era andata a finire quella strana discussione.
“Beh, in pratica James ha detto a Lily di non provare nulla per lei.” rispose Remus, triste, lasciando i due amici con la bocca aperta.
“Questa è bella.” esclamò Sirius, sorpreso.
“Sirius, Lily sta male!” lo richiamò Alice, sconvolta dall‘insensibilità del ragazzo. Persino una teiera di terracotta riusciva ad essere più comprensiva di Sirius.
“È questo il punto. Non lo trovi strano? A Lily non era mai importato niente di James. Non era lei quella che ripeteva sempre che non lo avrebbe mai voluto come ragazzo?” chiese Sirius, cercando di ricordare le parole esatte che aveva usato la ragazza negli anni. Alice sembrò riflettere sulle parole del ragazzo, ma non commentò.
“Forse non gli era proprio indifferente.” ipotizzò Remus, pensieroso.
Nel frattempo dalla parte opposta del tavolo James guardava Lily, che a sua volta fissava con insistenza il piatto ancora pieno. Da quando erano scesi a cena la ragazza non aveva aperto bocca, troppo presa a pensare. James si sentiva in colpa. Non era certo sua intenzione ferirla, lui voleva solamente capire se Lily provasse pena per lui o meno.
“Lily, sei triste per colpa mia?” chiese James, avvicinandosi a Lily per poter parlare con tranquillità senza che gli altri sentissero. Nel vedere il viso di James a pochi centimetri dal suo il cuore di Lily prese ad accelerare di colpo. La ragazza gli lanciò un’occhiata. Avrebbe voluto dirgli tante cose in quel momento. Voleva urlargli contro tutta la sua rabbia, la sua frustrazione e la sua delusione ma d’improvviso realizzò che non poteva. James per la prima volta da giorni sembrava stare meglio, non poteva riversargli addosso tutte le sue delusioni e farlo stare peggio. Non sarebbe stato giusto. Aveva già fatto troppo male a quel ragazzo con il suo brutto carattere e con parole urlate senza pensare.
“No, io.. Non credo. Voglio dire, va bene così.” rispose Lily, cercando con cura le parole.
“Non capisco.” mormorò James, confuso, fissandola negli occhi. Di colpo realizzò che quegli occhi così verdi erano velati di lacrime, quasi avesse appena finito di piangere. James si chiese se quelle lacrime fossero state versate per colpa sua, ma preferì tenersi per sé la domanda per non avere risposta.
“Sono felice se mi darai la possibilità di conoscerti e spero che noi possiamo diventare amici.” spiegò Lily, cercando di abbozzare un timido sorriso.
“Non sei rimasta male perché non ricordo nulla di te?” chiese ancora James, senza interrompere quel contatto visivo. In quel momento James si sentiva la persona più felice del mondo, anche se non riusciva a capirne la ragione. Stava solamente parlando ad una ragazza che fino a qualche mese prima lo odiava, eppure si sentiva come se avesse appena scalato una montagna o vinto una coppa di quidditch.
“Che diritto avrei, James?” domandò lei in risposta, scappando per non scoppiare di nuovo a piangere di fronte a lui. James non cercò di fermarla questa volta, intuendo che la ragazza avesse bisogno di stare sola. Charleen sospirò, si alzò da tavola senza dare troppo nell’occhio e seguì Lily, con l’intenzione di parlare con lei. Come aveva previstò trovò l’amica in lacrime nella loro stanza, riversa sul letto a piangere. Sembrava distrutta.
“Hai perso la tua occasione con James.” mormorò Charleen, sedendo sul letto di fianco all’amica e stringendola forte a sé, accarezzandole piano la testa.
“Non capisco di cosa stai parlando.” mormorò Lily, tra un singhiozzo e l’altro.
“Se vuoi sfogarti sono qui.” disse Charleen, accarezzandole dolcemente la testa.
“Va tutto benissimo. Sono stanca, vado a letto.” sospirò Lily, chiudendosi in bagno.

Qualche ora più tardi i ragazzi erano di nuovo nella sala comune, fatta eccezione di Lily e Charleen. Erano tutti impegnati nelle loro solite attività serali. C’era chi leggeva, chi faceva o meglio copiava i compiti per il giorno dopo, chi giocava a scacchi e chi perdeva semplicemente tempo. Alice e Frank facevano decisamente parte di quest’ultima categoria.
“Cuginetta, l’adorabile infermiera del castello muore dalla voglia di vedermi. Ti va di accompagnarmi?” chiese James sorridente, lanciando alla cugina uno sguardo da cucciolo tenero che non ammetteva risposte negative. La ragazza lo fissò intensamente, chiedendosi se mandarlo al diavolo o accontentarlo. Alla fine propense per la seconda possibilità, diede un bacio a Frank e si alzò dal divano sul quale era stata comodamente sdraiata fino a poco prima. Il sorriso di James si allargò ancora di più, felice di avere raggiunto il suo scopo.
“Sempre circondato da infermieri e guaritori, tu.” commentò Frank, sorridendo. Il buon umore di James era decisamente contagioso, persino più di quello di Sebastian. In quegli ultimi mesi Seba aveva fatto del suo meglio per non fare pesare troppo l’assenza di James, ma riavere il ragazzo al castello era tutta un’altra cosa. Riusciva a risultare simpatico persino quando ti portava via la ragazza perché lo accompagnasse in infermeria. Frank era felice che James fosse finalmente tornato il solito, anche se non riusciva a ricordare ancora nulla.
“Che vuoi che ti dica, sono sfortunato.” rispose James, alzando le spalle e stiracchiandosi, lasciando intravedere la fasciatura al braccio sotto le maniche della camicia tirate su.
“Come va il braccio?” chiese Alice, preoccupata. A volte sembrava che la ragazza più che da cugina gli facesse da sorella preoccupata e da mamma insieme, ma James la amava anche per questo. Sua madre gli aveva raccontato che lui ed Alice erano cresciuti insieme, dividendo ogni cosa fin da quando erano neonati.
“Molto meglio.” rispose James, alzando le spalle.
“Quando guarisce potresti tornare in squadra e fare felice Seba.” propose Frank, senza pensare. Rivedere James volare sarebbe stato fantastico e avrebbe dato qualche possibilità di vittoria in più alla squadra, senza contare che avrebbe di sicuro preoccupato gli avversari.
“Sarebbe bello, però non so..” iniziò a dire James, confuso.
“Seba non aspetta altro, ed anche la McGranitt.” esclamò Sirius, alzando da testa dal tema di incantesimi che stava facendo prendendo spunto da quello di Remus che giocava a scacchi con Seba e fingeva di non notare quello che stava succedendo. Era sempre stato contrario al fatto che gli amici copiassero i suoi compiti, ma allo stesso tempo era troppo buono per lasciare che Sirius prendesse punizioni e brutti voti.
“Forse volare lo aiuterebbe a ricordare..” buttò lì Cristal, alzando le spalle.
“È fuori discussione, è ancora troppo presto.” tuonò Alice, con un tono che non ammetteva repliche e che lasciò tutti di stucco. L’idea di vedere James su una scopa, sospeso in aria a chissà quanti metri d’altezza la terrorizzava. Non poteva fare a meno di pensare a quello che sarebbe potuto succedere se fosse caduto e avesse di nuovo battuto la testa.
“Agli ordini mamma.” la canzonò James, sorridendo.
“Cammina, incosciente!” sibilò Alice, prendendo James sotto braccio e trascinandolo via, oltre il buco del ritratto. I corridoi, complice l’ora tarda, erano deserti. Nel castello gli unici passi che si sentivano risuonare erano i loro.
Tutto quel silenzio faceva stare James bene, e nello stesso tempo gli raccontava tante cose che pensava di avere dimenticato. Sensazioni più che altro. Camminare per il castello era come entrare continuamente in contatto con elementi del suo passato che non ricordava ma che sapeva centravano con lui, che sapeva essere lì a portata di mano. James era sicuro che in ogni angolo di quel castello aveva vissuto momenti belli ed importanti, solo non riusciva a ricordarli chiaramente. Di nuovo ripensò a quell’immagine di lui e Alice di fronte al camino e improvvisamente ricordò che c‘era qualcosa di giallo intorno a loro, le pareti forse. Sicuramente non doveva trattarsi della sala comune di Grifondoro, ma di un posto che gli assomigliava parecchio.
“Come mai devi andare in infermeria?” chiese Alice, pensierosa, distogliendo James dai suoi ricordi. Il ragazzo alzò le spalle.
“Controllo.” rispose James, immerso nella contemplazione dei quadri alla sua sinistra.
“Remus mi ha raccontato della discussione con Lily.” disse Alice, improvvisamente senza una ragione precisa se non quella di sapere come l‘aveva presa il cugino.
“Non è stata proprio una discussione.” spiegò James, sospirando. Non sapeva nemmeno lui bene cosa fosse successo. Aveva la sensazione che la ragazza lo avesse frainteso, e che lui a sua volta avesse frainteso lei.
“Non è colpa tua se non ti ricordi di lei e non provi gli stessi sentimenti che provavi prima. In un certo senso è meglio così che ti sia passata.” mormorò Alice, ricordando a quanto aveva sofferto James negli anni per i molteplici rifiuti di Lily. Ogni volta ci stava sempre peggio, ma non riusciva mai a mettere un punto e ad andare avanti. Persino a giugno, dopo che avevano litigato, James riusciva ancora a giustificarla.   
“Non è passata. Solo, è strano..” disse James, enigmatico, fissando il pavimento.
“Che vuoi dire?” chiese Alice, confusa, fissandolo intensamente. James sospirò.
“A volte la vedo e mi sembra di conoscerla da sempre. Le correrei incontro, l’abbraccerei e la bacerei per ore. Altre invece mi fa paura, mi sembra una sconosciuta pronta a farmi del male. Non capisco come possano convivere queste due sensazioni.” spiegò James, cercando di fare capire alla cugina quello che provava. Alice sospirò.
Non riusciva proprio a capire James quando si parlava di Lily. Certo, voleva bene all’amica, ma non capiva cosa ci vedesse James di tanto speciale da soffrirci così a lungo.
“Con i malandrini invece?” chiese Alice, ricordando la rinnovata complicità di James e Remus di qualche ora prima. Quando li aveva visti scendere le scale insieme aveva avuto la sensazione di essere tornata indietro di qualche tempo, prima della morte del padre di James e prima che tutta quella brutta storia avesse inizio.
“Va alla grande. Sirius e Remus sono stati la mia salvezza qui al castello.” esclamò James, grato. Fin da subito Sirius e Remus si erano rivelati indispensabili per lui, persino quando non credeva possibile riuscire a fidarsi di qualcuno. Lo avevano ascoltato, protetto, medicato e compreso nonostante lui li allontanasse di continuo. Era profondamente in debito con loro.
“Ehy, grazia per la riconoscenza.” sbottò Alice incrociando le braccia, fingendosi offesa.
“Smettila, sai che per me sei la persona più importante. Gli unici ricordi che ho sono quelli in cui ci compari anche tu.” disse James, abbracciando la cugina con trasporto. Alice chiuse gli occhi e si lasciò trasportare da quel contatto. Era piacevole stare stretta tra le braccia di James, sentire di nuovo il suo calore ed il suo affetto.
“Dici davvero?” chiese Alice, incredula, aprendo piano gli occhi.
Non sapeva che James fosse riuscito a ricordare qualcosa, non gli aveva mai chiesto nulla per non mettergli troppe pressioni. James annuì piano, sorridendo.
“Si, sono scene confuse più che altro. Io e te che giochiamo in una casa di legno con le pareti gialle e che guardiamo delle vecchie foto.” raccontò James, cercando di ricordare il maggior numero di dettagli possibili. Alice lo lasciò parlare, senza interromperlo.
“Deve essere la casa in montagna del nonno. Quando eravamo piccoli eravamo sempre lì.” spiegò la ragazza, stupita. James rimase in silenzio per un po’, pensieroso.
“Mi ci potresti portare un giorno?” chiese alla fine James, guardando la cugina implorante.
A quelle parole il viso di Alice si illuminò.
“Certo, sarebbe una bella idea. Che ne pensi se andassimo lì per le vacanze di natale?” propose Alice, felice. Le vacanze sarebbero iniziate la settimana successiva e nessuno di loro aveva ancora fatto programmi. Certo, doveva avvisare i suoi genitori e sua zia, ma era sicura che non ci sarebbero stati problemi. Tutti quanti erano affezionati alla vecchia casa del nonno, ed era sempre piacevole passare le feste lì, insieme, persi nei ricordi e nelle foto.
“Fantastico.” esclamò James, sorridente.
“Gli altri potrebbero raggiungerci per capodanno per festeggiare insieme.” continuò Alice, cercando di programmare nei minimi dettagli la loro breve vacanza. Voleva che fosse tutto perfetto, per James.
“Così passeresti il capodanno con il tuo Frank.” scherzò James, sereno. Iniziare il nuovo anno con gli amici che aveva ritrovato al castello sarebbe sicuramente stato un buon auspicio e forse lo avrebbe aiutato a ricordare almeno qualche dettaglio del suo passato.
“Geloso?” chiese Alice, ironica, arrossendo di colpo.
“No, tanto io ho Seba.” rispose James, malizioso.
“Te lo lascio volentieri, ultimamente è insopportabile.” commentò Alice, incupendosi all’improvviso al solo ricordo degli ultimi allenamenti e delle infinite discussioni che ne erano seguite. Sembrava che niente andasse mai bene al ragazzo. Invece di incoraggiarli e lodarli riusciva solo a dire che avrebbero potuto fare meglio.
“È solo preoccupato per la squadra.” mormorò James, prendendo le difese del capitano. Anche se non aveva nessun ricordo dell’anno precedente provava una simpatia innata per quel ragazzo e per il ruolo difficile che era chiamato a ricoprire. Farsi ascoltare e dare ordini non era mai semplice, in nessun caso, specialmente quando si tratta dei propri amici.
“Fin troppo, è stressante.” esclamò Alice, sbuffando.
“Per forza, non lo ascoltate.” gli fece eco James, prendendola in giro.
I due ragazzi continuarono a battibeccare fino a che non tornarono nella sala comune, dove non trovarono più nessuno. James salutò la cugina con bacio, poi i due si separarono e presero le scale che portavano alle rispettive stanze. Prima di entrare James si fermo a guardare la porta della stanza dei malandrini, dove campeggiava una grossa scritta dorata con le iniziali dei ragazzi. James guardò sorridendo la scritta, seguendone il contorno con un dito prima di spingere la porta, attento a non fare troppo rumore.
“Tutto bene?” chiese Sirius alzandosi di scatto non appena aveva visto comparire James sulla porta della loro stanza. Il ragazzo stava cercando di fare piano per non svegliare nessuno, ma né Sirius né Remus si erano ancora addormentati. Entrambi stavano aspettando il ritorno di James, con una punta di preoccupazione, per sapere cosa aveva detto l‘infermiera. Solo Peter russava della grossa.
“Il braccio è quasi guarito, settimana prossima mi toglie le fasce.” spiegò James, cercando di togliersi la cravatta, operazione piuttosto difficile con una mano sola.
“È una bella notizia.” commentò Sirius, sorridendo, avvicinandosi per aiutare l‘amico. Lo aiutò anche con la camicia e poi gli passò il pigiama.
“James, rimarrai al castello per le vacanze di natale?” chiese Remus, pensieroso.
“No, torno a casa. Alice vuole portarmi nella casa in montagna di nostro nonno. Pensa che possa aiutarmi a ricordare.” raccontò James sedendosi sul proprio letto, realizzando di colpo che passare il natale a casa voleva dire separarsi dai suoi amici, da Sirius e Remus.
“Sarebbe davvero un bellissimo regalo di natale se tu riuscisse a ricordare qualcosa!” disse Remus, un po’ triste all’idea di separarsi dall’amico seppure per poche settimane ma allo stesso tempo felice per lui. L’atmosfera del natale in famiglia, nella vecchia baita in montagna non poteva che fare bene a James. Sarebbe sicuramente tornato al castello più in forma che mai.
“Sarebbe un sogno, ma non penso sia così facile.” sospirò James. Ora che aveva ripreso a fidarsi di chi aveva intorno non faceva che pensare ai ricordi che aveva perso. Certo, sapeva istintivamente che Remus e Sirius erano due persone splendide ma voleva anche ricordare tutti i momenti, sia quelli belli che quelli brutti, passati insieme.
“Non si sa mai, no?” disse Sirius abbozzando un sorriso e cercando di essere positivo. James non rispose e rimase in silenzio per un po’ di tempo.
“Sirius, verresti con me? Non so se ce la faccio da solo..” chiese alla fine, senza guardare Sirius negli occhi. Non sarebbe riuscito a reggere un rifiuto.
“Non saresti lo stesso da solo. C’è Alice, c’è tua madre, i tuoi zii..” iniziò Sirius, incerto, interrompendosi all’improvviso quando il suo sguardo incrociò gli occhi di James.
“Si, ma tu mi capisci anche quando non parlo. Per favore.” supplicò James. Era lo stesso sguardo che gli aveva lanciato sul treno. Sirius lo ricordava bene, ce l’aveva fotografato in mente e lo rivedeva ogni volta che chiudeva gli occhi.
“Va bene, allora. Tutto quello che ti può aiutare a stare meglio, James.” disse Sirius sorridendo. Non avrebbe fatto lo stesso errore due volte.

ANGOLO DELL'AUTRICE:
ebbene si, sono ancora io e sono già tornata. no, non è natale.
onestamente non so come sia stato possibile, ma sono riuscita ad aggiornare in tempo record, almeno per i miei standard.
spero che la cosa vi faccia piacere e che la seconda parte del capitolo vi piaccia quanto i capitoli precedenti.
prima di rispondere ai commenti vi lascio un consiglio: non perdetevi il prossimo capitolo. GROSSE novità in vista!
graaazie mille a chi legge, preferisce, segue e commenta la mia storia.
siete dei veri angeli!
LOVE_VAMPIRE: grazie mille per il commento!
mi spiace per il mio odio per Peter, ma non ci posso fare nulla. ho provato a farmelo stare simpatico, ma non mi riesce proprio.
contrariamente alla tue ipotesi James si è ripreso. parlare con Remus gli ha fatto bene. per l'incontro con il suo amore alias il quidditch credo bisognerà aspettare qualche capitolo, ma non ti preoccupare.. ci saranno grandi sorprese anche su questo fronte!
SATANABAAN: grazie mille per il commento!
un approccio duro con James? povero, con tutto quello che ha passato poi lo tenta per davvero il suicidio!
sono contenta che la mia storia ti piaccia e spero che continuerai a seguirla.
ILOVEJAMES97: grazie mille per il commento!
sono contenta che il capitolo scorso ti sia piaciuto e spero che abbia apprezzato anche l'aggiornamento in tempo record!
MALANDRINA4EVER: grazie per il commento!
wow, sono felice che ti sia piaciuto. calcola che lo scorso capitolo all'inizio era la metà di questo. ho dovuto dividerlo perchè era troppo lungo!
la scena di JAmes e Sirius che dormono insieme ha intenerito anche me.
dovevo assolutamente scriverla!

GRAAAZIE MILLE a chi ha letto fino a qui, a chi ha già commentato e a chi commenterà!

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Capitolo 13
*** alla baita in montagna ***


CAPITOLO 12
ALLA BAITA IN MONTAGNA

Alice, Sirius e James erano stati gli unici grifoni a tornare a casa per le vacanze di natale. Tutti gli altri avrebbero passato il natale al castello guardando la neve depositarsi sui grossi alberi della foresta proibita, come al solito. Anche Lily quell’anno sarebbe rimasta, il che era insolito per lei. La ragazza diceva di non avere voglia di vedere Petunia, la terribile sorella maggiore, ma in realtà Charleen sapeva bene che l’amica aveva sperato fino all’ultimo che James non partisse e che fosse rimasto lì con loro per le feste. Lily aveva guardato James incamminarsi verso il treno che lo avrebbe portato a Londra con lo sguardo triste e la morte nel cuore. Certo, sapeva che era la cosa migliore per lui, eppure il natale senza di lui non sarebbe stato lo stesso. Anche Remus guardava mesto l’amico allontanarsi.
Quello sarebbe stato il primo natale senza Sirius e James. Avrebbe sentito incredibilmente la mancanza degli amici. Per lui i malandrini erano veramente tutto. Erano la sua forza, il suo orgoglio, la sua famiglia. Tutto ciò che gli dava il coraggio di camminare a testa alta e di sopportare quell’incredibile sofferenza luna piena dopo luna piena. La presenza di James, il suo spirito natalizio, la sua esuberanza sarebbero mancati a tutti, era inevitabile. Specialmente ora che era tornato ad essere il James di una volta, seppure senza il minimo ricordo della sua vita passata. Certo, Alice e James avevano chiesto loro di raggiungerli alla baita in montagna per festeggiare insieme capodanno, eppure non era la stessa cosa. Remus sospirò e poi si lasciò cadere seduto sulla poltrona che di solito era occupata da Sirius, cercando di scacciare la tristezza. Lily era rimasta sorpresa che l’invito per capodanno fosse aperto anche a lei. Era stato proprio James in persona ad invitarla, con il suo solito sorriso così caldo e rassicurante. Lily era stata colta e si sorpresa e, incredula, era rimasta immobile, incantata a guardarlo. Persa nella profondità di quello sguardo color nocciola così profondo e pieno di vita. C’era voluto un bel po’ di tempo ed una gomitata ben assestata di Cristal prima che Lily si riprendesse quel tanto che bastava per riuscire a rispondere.
“Certo, James. Ci sarò anche io.” aveva balbettato Lily, imbarazzata. Sirius, poco distante da James, guardava divertito la scena. Era la prima volta che l’amico riusciva a mettere in difficoltà la Evans, e sembrava non essersene neppure accorto. Era decisamente un peccato che James non ricordasse quanto fosse stata importante per lui Lily in tutti quegli anni. Sicuramente avrebbe apprezzato quel momento.
“Sono contento.” rispose James, mentre un sorriso ancora più radioso gli si allargava sul volto. Non riusciva a capire perché, ma le parole della rossa gli avevano riempito il cuore di gioia. Sapere che si sarebbero visti presto, per la festa di capodanno, lo faceva stare bene.
“Davvero?” chiese Lily, guardandolo fisso. James sentì le verdi iridi della ragazza scrutarlo in profondità e cercare di capire cosa gli stesse passando per la mente in quel momento.
“Credo di si..” mormorò James, d’improvviso più serio. Quella ragazza aveva lo strano dono di confonderlo e di mandarlo in crisi. Si era allontanato senza smettere di pensare a quello sguardo, impresso in modo indelebile nella sua mente. Il ragazzo si ritrovò a chiedersi se Lily lo avesse guardato altre volte in quel modo e cercò inutilmente di sforzare la sua memoria alla ricerca di dettagli. Alla fine si era arreso ed era andato a finire di preparare il suo baule.
Qualche ora più tardi, seduto sulla carrozza dell’espresso diretto alla stazione di Londra, tra Alice e Sirius, James era stato a lungo in silenzio, immerso nei suoi pensieri. I due ragazzi parlavano tra loro, gettando di tanto in tanto occhiate nervose al ragazzo con gli occhiali. La mente di James sembrava persa, lontana, ma loro non sapevano esattamente dove. Sirius e Alice non potevano fare a meno di chiedersi se James stesse ancora pensando a Lily. In realtà il ragazzo stava rivivendo nella sua mente qualcosa che tuttavia non riusciva bene a ricordare. Immagini sfuocate, lontane, che non riuscivano a prendere forma. James sentiva solamente tanto dolore, come non ne aveva mai provato prima, e un senso di smarrimento infinito a cui non riusciva a trovare spiegazione. L’istinto gli diceva che in quel ricordo non era solo, che insieme a lui c’erano altre persone ma lui non riusciva proprio a ricordare.
“Sirius, Alice..” annaspò James all‘improvviso, aggrappandosi con tutte le sue forze ai due ragazzi, presi alla sprovvista. Alice sobbalzò, spaventata, mentre Sirius si era fatto improvvisamente pallido.
“Che ti prende, James?” chiese Sirius, guardando preoccupato l’amico che sembrava faticare a respirare. Non sapeva che gli stava succedendo, ma temeva che potesse riguardare il qualche modo la discussione che avevano avuto mesi prima sul treno, proprio su quella stessa carrozza. L’ultima cosa che desiderava era che James avesse come unico ricordo quella lite tremenda nella quale era arrivato ad urlare in faccia al suo amico cose che in realtà non aveva mai pensato in vita sua. Era stata la rabbia a farlo parlare in quel momento così infelice che forse era stato la causa di tutti i problemi di James, e l’orgoglio ad impedirgli di tornare sui suoi passi. Erano settimane che pensava a come affrontare l’argomento con James. Ogni volta si preparava un discorso, si riprometteva di parlare all’amico e di raccontargli tutto ma alla fine si doveva arrendere all’evidenza dei fatti. Non aveva il coraggio di dire a James qualcosa che avrebbe potuto ferirlo o allontanarlo da lui.
“Qualche brutto ricordo? Un incubo?” chiese Alice, frenetica e preoccupata.
“Non lo so. Sensazioni più che altro..” rispose James, confuso, passando rapidamente lo sguardo dall‘espressione truce di Sirius a quella spaventata di Alice. Non capiva perché i due ragazzi fossero così agitati per un semplice incubo. Non era certo la prima volta che gli capitava di averne uno, tuttavia i due ragazzi non gli erano mai sembrati così ansiosi.
“È passato ora?” domandò Alice, dolcemente. James annuì piano, appoggiando la testa sulle gambe della cugina. La ragazza prese ad accarezzargli la testa, cercando di calmarlo. Dopo pochi istanti Alice sentì James rilassarsi e cominciare a respirare più regolarmente. La ragazzi tirò un sospiro di sollievo e abbozzò un sorriso.
“Allora, pronto al natale?” chiese Sirius, cercando di distrarre l’amico cambiando argomento. James sbuffò. Alice e Sirius trovarono la cosa molto strana dato che James di solito adorava il natale. Era proprio quello che si occupava di decorare la sala comune, appendendo decorazioni ovunque a partire dalla settimana seguente Halloween e che andava in giro per il castello cantando a chiunque fosse disposto ad ascoltarlo orrende canzoncine natalizie.
“Fammi pensare, un sacco di parenti di cui non ricordo assolutamente nulla?” rispose James ironico, alzando gli occhi al soffitto. La cosa che temeva di più era una terribile invasione di zii, zie e cugini che avrebbero passato tutto il tempo a chiedergli se li ricordava.
“Non sono poi così tanti.” mormorò Alice, sorridendo triste.
“Si?” Chiese James, curioso e interessato. Certo, sapere che di lì a poco non sarebbe stato assalito da un branco di parenti lo rassicurava ma tuttavia era colpito dallo sguardo triste della cugina.
“Solo tua mamma e la mia. Oltre me, te e Sirius ovviamente.” spiegò la ragazza, sospirando. A quelle parole James capì e abbassò la testa. Era triste pensare ad un pranzo di natale senza lo zio Charlus. Dorea e James sarebbero stati quelli che ne avrebbero sofferto di più, anche se James non aveva alcun ricordo del padre. In un certo senso era meglio che Jamie non ricordasse visto quanto erano stati legati. Anche suo padre non sarebbe venuto. Alice se lo era immaginata, ormai cominciava a non aspettarsi più nulla da lui. Robert non avrebbe sopportato un natale senza gli scherzi, le risate e l’inguaribile buonumore di Charlus così aveva preferito lavorare. Alice chiuse gli occhi per un istante e nella sua mente comparvero tante immagini, tanti natali felici. C’erano gli zii, con James piccolo, c’era anche suo padre e ovviamente c‘era lei. Suo padre e lo zio Charlus erano sempre stati inseparabili, migliori amici fin dal loro primo anno ad Hogwarts. Quando Charlus aveva detto di voler sposare la sorella dell’amico, Dorea, il padre di Alice si era dimostrato la persona più felice della terra. Diceva che da quel momento erano diventati per davvero fratelli, e che più nessuno avrebbe potuto negarlo. Charlus e Robert non facevano che raccontare quella storia da sempre, fin da quando James e Alice erano piccoli.
“Ah.” disse James, pensieroso. Soffriva a non ricordare nulla della sua famiglia, di suo padre. Sua madre gli aveva raccontato che erano molto legati, che Charlus era sempre stato il suo eroe ma James non riusciva a ricordare nulla. Aveva visto decine di foto, sentito altrettanti racconti ma non era servito a nulla.
“Non ci sarà tuo padre?” chiese Sirius ad Alice, perplesso. Era molto strano che il signor Prewet si perdesse il natale in famiglia.  
“Deve lavorare.” rispose Alice vaga, chiudendo il discorso. Sirius e James si scambiarono un’occhiata carica di significato, sospirarono e decisero di non fare altre domande.
Il viaggio proseguì senza ulteriori intoppi e in un paio d’ore giunsero alla stazione di Londra dove Fanny li aspettava ansiosa, guardandosi continuamente intorno. Dorea non era potuta venire di persona a causa di impegni al ministero ma si era raccomandata con la cognata di assicurarsi che James stesse bene e che non si strapazzasse troppo. Fanny aveva rassicurato la cognata ed aveva preso quel compito con sorprendente serietà. Fin troppa per i gusti di James, che cercò inutilmente di spiegare alla zia che stava bene. La donna però non voleva sentire ragioni e continuava ad abbracciarlo e a baciarlo sulla fronte mentre Alice e Sirius ridevano di gusto dell’imbarazzo dell’amico che cercava in tutti i modi di liberarsi dalla presa della donna.
Quando Fanny decise che il tempo dei saluti era finalmente finito, estrasse una passaporta dalla borsa e in un attimo tutti si trovarono in mezzo alle montagne, di fronte ad una casetta circondata da alti pini coperti di neve. Alice sospirò felice guardando la casa del nonno.
La baita era piccola, ma molto accogliente tanto che già dall’esterno si riusciva a percepire l’atmosfera accogliente e familiare. Alice, Sirius e Fanny guardarono ansiosi James mentre questi varcava la soglia guardandosi timidamente in giro. Non appena il ragazzo mise piede nella vecchia casa che era appartenuta al nonno si sentì a finalmente nel posto giusto. Finalmente a casa. Aggirarsi per i corridoi di quella vecchia casa di montagna era sorprendente. In ogni angolo James si sentiva a casa, riusciva a percepire suoni e odori che gli erano incredibilmente familiari. Gli sembrava di conoscerli da sempre e lo facevano stare bene. Si sentiva protetto, al sicuro. Era come se nulla di male potesse accadere tra quelle mura così accoglienti che lo avevano protetto fin da quando era piccolo. A volte quando stava a lungo seduto sulla poltrona a fissare il panorama oppure quando ravvivava il fuoco nel camino aveva le vertigini ed era come se la sua mente si perdesse alla ricerca dei ricordi perduti. Li riusciva quasi a percepire, sentiva che erano lì a pochi passi da lui e che sarebbe bastato allungare le mani per riuscire ad afferrarli. Le ore ed i giorni passarono in un baleno.
Le vacanze di natale stavano trascorrendo serene, senza nessun problema. Da quando era alla baita poi, gli incubi avevano anche smesso di tormentarlo. James poteva finalmente dire di stare bene. L’unico neo di quei giorni perfetti era l’assenza di Remus.
“Che farai tu per natale?” aveva chiesto James curioso un pomeriggio particolarmente freddo. Nonostante la neve e le proteste della squadra Sebastian non aveva annullato l’allenamento, così James e Remus si trovavano da soli in sala grande insieme ad Alice. Con la scusa delle ripetizioni a James la ragazza era riuscita un’altra volta a saltare gli allenamenti. Sirius e i compagni erano orgoglioso di lei, Sebastian un po’ meno. Remus alla domanda di James aveva alzato la testa dalla scacchiera e aveva assunto un’espressione mogia, prima di alzare le spalle, fingendosi indifferente alla questione.
“Starò qui al castello.” aveva risposto Remus, triste, tornando a concentrarsi sulla partita.
“Ma la tua famiglia?” aveva domandato ancora James, curioso e al tempo stesso triste.
“Ho solo una vecchia zia e qualche gatto. Sono sicuro che non sentiranno troppo la mia mancanza.” aveva detto Remus alzando le spalle e cercando di abbozzare un sorriso.
“Lo sai vero che in montagna c’è posto anche per te? Si era intromessa Alice, premurosa.
“Grazie Alice, ma non voglio disturbare. Sarete già in tanti.” aveva iniziato a dire Remus, a disagio. Peter lo aveva fissato perplesso. Non era da lui essere così a disagio con Alice.
“Sarebbe fantastico se venissi anche tu.” aveva insistito James, per nulla scoraggiato da quel gentile rifiuto.
“Mi spiace James, non posso proprio.” aveva mormorato Remus, abbozzando un sorriso di scuse. Non poteva certo dirgli che non passava il natale con lui per via della luna piena. James non sapeva che lui era un lupo mannaro. O meglio, lo sapeva ma non lo ricordava e grazie al cielo nessuno aveva ancora pensato a raccontarglielo. L’ultima cosa che Remus voleva era che l’amico scappasse spaventato ogni volta che lo vedeva.
“Almeno ci raggiungerai per la festa di capodanno, vero?” aveva chiesto James, imbronciato come un bambino al quale tolgono le caramelle.
“Cercherò di fare il possibile.” aveva risposto Remus, vago, cercando di non scoppiare a ridere per l‘espressione offesa di James.
“Ma, come? Almeno alla festa devi venire!” aveva insistito James, per nulla intenzionato ad arrendersi. Alla fine Remus aveva dovuto capitolare.
“Verrò, promesso.” aveva detto alla fine Remus, arrendendosi all’insistenza dell’amico.

Il giorno di natale tutta la famiglia era riunita intorno al tavolo, al cui fianco campeggiava un gigantesco albero di natale che avevano addobbato James, Alice e Sirius, stracolmo di regali ancora tutti da scartare. Per l’occasione inaspettatamente alla fine si era fatto vivo anche lo zio Robert, il padre di Alice. James non lo aveva mai visto da quando si era ripreso. Dorea aveva cercato di giustificarlo, dicendo ogni volta che il fratello era molto occupato con il lavoro ma James aveva capito che si trattava di una bugia dal modo in cui la madre fissava il pavimento mentre parlava. Durante la cena di natale lo zio aveva parlato poco, quanto bastava perché James capisse che era a disagio quando si trovava solo in compagnia del nipote. James non riusciva a spiegarsi questo strano fatto. Cercava di non darlo a vedere, ma lo rattristava molto. Sua madre, gli aveva raccontato che zio Bob era molto attaccato a Charlus e che aveva sofferto immensamente della sua perdita. Secondo la donna il fratello faceva fatica a parlare con lui perché gli ricordava l’amico che aveva da poco perso.
James non era sicuro di poter capire quello strano discorso, ma aveva annuito lo stesso per non dispiacere la madre.
Lui non aveva alcun ricordo del padre oppure della sua morte, ma era abbastanza sicuro che avere al suo fianco suo zio avrebbe potuto aiutarlo a superare quel brutto periodo. Peccato che questi non fosse dello stesso parere. James ne aveva parlato a lungo anche con Alice e Sirius, che gli avevano consigliato entrambi di affrontare quella discussione con Robert.
Subito dopo cena il ragazzo era andato a cercarlo per parlare, ma lo zio era sparito.
“È stato chiamato per una grave emergenza. Mi spiace James, posso fare io qualcosa per te?” aveva detto la zia Fanny, con un’espressione triste.
Era sinceramente dispiaciuta. James aveva intuito che la donna stesse mentendo circa l’improvvisa partenza dello zio ma aveva preferito non dire nulla. Scosse la testa, si strinse nelle spalle e tornò da Alice e Sirius. A tirare su il morale di James ci pensarono i regali.
Alice aveva regalato al cugino un ciondolo che raffigurava la runa che stava a significare la famiglia, mentre Sirius un bracciale di cuoio con un simbolo magico che indicava un legame fraterno. James aveva subito indossato i suoi regali e si era immediatamente sentito più forte.
Sua madre ed i suoi zii avevano pensato di regalargli una scopa, visto che la sua era andata misteriosamente persa l’anno precedente, ma avevano deciso di consegnargliela solo quando si sarebbe completamente ripreso. L’ultima cosa che volevano era che provandola James si facesse di nuovo male. James era sicuro che l’idea della scopa non era partita dalla madre e che la zia aveva dovuto insistere parecchio per convincerla. Neppure Alice sembrava convinta che quella dei genitori fosse stata una buona idea. L’unico realmente felice, oltre James, era Sirius. Il ragazzo era convinto che volare avrebbe fatto ricordare a James chi era.
Subito dopo natale Sirius, James e Alice cominciarono ad organizzare la festa di capodanno, preparando ogni cosa per l’imminente arrivo dei loro amici. Dopo lunghe discussioni, Alice e James avevano convinto le rispettive madri a lasciare loro l’intera baita fino al termine della vacanze di natale. Inutile dire che la più apprensiva era Dorea. C’era voluta tutta la faccia tosta di Sirius e la sua promessa di non perdere mai di vista James perché alla fine la donna cedesse, seppure con molti dubbi.
I ragazzi erano anche riusciti a convincerle a lasciare che Frank e Remus rimanessero anche dopo la festa, fino al ritorno a scuola. Questa volta era stata Fanny a sollevare qualche obiezione, preoccupata che la sua bambina dormisse con un ragazzo, ed era stata Dorea a spiegare alla cognata che la figlia era ormai grande e che sicuramente non sarebbe stata la prima volta. Alla fine, tra pianti, discussioni e abbracci gli adulti lasciarono la baia.
Non appena le due donne furono scomparse nel camino James, Alice e Sirius tirarono un sospiro di sollievo. Alice guardò l’ora, erano le cinque e gli amici sarebbero arrivati solamente il pomeriggio successivo. Sirius propose una battaglia a palle di neve nel giardino, e gli altri due accettarono senza pensarci. La giornata passò in un baleno.
Il giorno dopo Alice era sola nella sala da pranzo quando sentì strani rumori provenire dal camino. La ragazza si avvicinò, guardinga, e prese a studiarlo perplessa. Sentiva chiaramente delle voci provenire da lì ma non riusciva a spiegarselo. Improvvisamente un lampo la fece sobbalzare, seguito quasi immediatamente da una grossa nuvola di fumo.
“Ciao amore mio, ti sono mancato?” chiese Frank, sbucando dal camino e lasciando che Alice si gettasse tra le sue braccia.
“Non sai quanto!” esclamò la ragazza, felice di poter abbracciare di nuovo il suo bel portiere.
Dopo Frank comparvero anche gli altri, curiosi di scoprire tutti i dettagli della casa. Avevano sentito più volte parlare della misteriosa baita in montagna da Alice e da James, ma fino a quel momento nessuno vi aveva mai messo piede.
“La solita esagerata.” sbuffò Cristal, lasciandosi cadere su una poltrona.
“Sei solo gelosa.” la apostrofò Charleen, facendole una linguaccia.
“Si, è vero.” ammise Cristal, strappando una risata a tutti i presenti.
“Che bello, ci siete proprio tutti.” mormorò Alice, sognante, guardando tutti gli amici riuniti nel salotto piccolo ma accogliente. La più stranita di tutti era decisamente Lily. Dato che nella sua famiglia erano tutti babbani tranne lei non era mai stata in una casa completamente magica. Tutti quegli strani oggetti e quei quadri che si muovevano la stupivano.
“James e Sirius?” chiese Remus, guardandosi intorno. All’appello mancavano solo i due ragazzi. Il ragazzo sospirò ed ipotizzò, conoscendoli, che si fossero cacciati in qualche stanza a preparare una serie di scherzi stupidi e infantili per la serata o che fossero semplicemente in ritardo come loro solito.
“Siete arrivati presto, dormono ancora.” spiegò Alice, indicando le scale che conducevano al piano di sopra dove c‘era la stanza che dividevano i due ragazzi. Sebastian aprì la bocca per commentare, ma fu interrottò da un brontolio proveniente dal piano di sopra.
“Che è tutto questo casino, una mandria di bufali?” borbottò un alquanto assonnato Sirius, scendendo con poca grazia le scale.
“Mi correggo, James dorme ancora.” precisò Alice, sorridendo.
“Buongiorno Sirius.” salutò Seba, sorridente, felice di potersi finalmente prendere qualche piccola rivincita contro il compagno di squadra che faceva ogni cosa in suo potere per riuscire a sabotare ogni allenamento della squadra di Grifondoro.
“Un po’ meno rumore, no?” sbuffò Sirius, guardandosi intorno tra l‘assonnato e l‘infastidito.
“Quante storie. Era ora che ti svegliassi.” esclamò Cristal, spettinando Sirius. Il ragazzo mugugnò qualcosa di incomprensibile in risposta, provocando le risate degli amici.
“Che ne dite di qualcosa di caldo?” propose Alice, notando che gli amici non erano abituati al clima freddo della montagna e sembravano molto infreddoliti.
“Buona idea.” concordò Remus, stringendosi il più possibile nel maglione.
“Sveglio James per la colazione.” disse Alice, dirigendosi verso le scale che conducevano al piano di sopra dove c’era la stanza che James divideva con Sirius.
“Povero, lascialo dormire.” esclamò Charleen, lanciando un‘occhiataccia all‘amica.
“Dorme ancora? Vuoi dire che tutto questo rumore non lo ha svegliato?” chiese Frank, allibito. Remus e Sirius scoppiarono a ridere quasi simultaneamente.
“James ha il sonno pesante.” spiegò Sirius, alzando le spalle.
“Buttarlo giù dal letto è sempre stata un’impresa difficile.” precisò Remus, scuotendo la testa.
Lily si ritrovò a guardare i due ragazzi, perplessa. Una parte di lei era gelosa del fatto che quei due dividessero la stanza con James e che conoscessero ogni dettaglio della sua vita.
Alice scoppiò a ridere. Svegliare James era sempre stata un’operazione pericolosa. Ci voleva molta pazienza e anche molta pratica oppure nella più rosea delle previsioni si rischiava di prendere qualche calcio o qualche strana fattura.
“Se ne farà una ragione.” concluse Alice, risoluta, alzando le spalle.
“Lascia, faccio io.” disse Sirius, superando la ragazza e dirigendosi verso le scale. .
Alice provò ad obiettare, poi cambiò idea e decise di andare dal suo ragazzo. Dopo tutto erano quasi dieci giorni che non si vedevano.
Sirius salì le scale, cercando di non fare troppo rumore. La casa aveva tutte le pareti di legno ed ogni passo sembrava risuonare in tutta la casa. Il ragazzo spinse la porta, ed entrò piano nella stanza ancora in penombra.
La sera prima, dopo il pomeriggio passato a fare a palle di neve e un’ottima cena preparata da Alice, lui e James erano stati alzati fino a tardi a parlare con Alice. Avevano discusso di un sacco di cose, della loro infanzia, del castello, degli scherzi ai Serpeverde ed ai professori. James ascoltava la cugina ed il suo migliore amico rapito, pendendo letteralmente dalle loro labbra. Alla fine, verso le tre del mattino la ragazza era crollata e si era decisa ad andare a dormire mentre gli altri due avevano deciso che sarebbero stati alzati a guardare l’alba. O meglio, avevano tentato di stare svegli ma alla fine erano crollati per la stanchezza qualche ora più tardi, verso le cinque e mezza.  
“Ehy, Jamie?” chiamò Sirius, avvicinandosi con cautela al letto dove riposava l’amico.
“Uhm..” mugugnò il ragazzo in risposta, senza alzare la testa dal cuscino ed accoccolandosi ancora di più sotto le coperte.
“È mattina, coraggio.. Apri gli occhi.” cercò di convincerlo Sirius, paziente, scuotendolo piano.
“Sirius.. Lasciami dormire.” borbottò James, con la voce ancora impastata da sonno. Sirius lo guardò, sorridendo. James era sempre stato un dormiglione, adorava alzarsi tardi e, visto che per buttarlo giù dal letto non bastavano nemmeno le maniere forti, il ragazzo aveva iniziato a ricorrere ai ricatti morali.
“Da bravo, non lascerai che il tuo amico faccia colazione da solo..” disse ancora Sirius, con una voce da cane bastonato.
“Uhm..” mugugnò ancora James, aprendo un occhio e cercando di mettere a fuoco l’altro ragazzo. Impresa davvero impossibile visto che era ancora mezzo addormentato e non portava gli occhiali; senza James Potter era una vera talpa.
“Per favore..” implorò Sirius, fissando l’amico dritto negli occhi con un‘espressione triste da cucciolo sperduto. James sospirò e si lasciò convincere. Afferrò distrattamente gli occhiali, e finalmente riuscì a vedere chiaramente tutto quello che lo circondava.
“Arrivo.” rispose James, arrendendosi al fatto che Sirius non avrebbe certo smesso di dargli il tormento fino a che non si sarebbe deciso ad alzarsi.
“Bravo, ti aspetto giù con gli altri.” disse Sirius, alzandosi dal letto e dirigendosi verso la porta. Dal piano di sotto si sentivano arrivare le risate degli altri ragazzi. Probabilmente Seba aveva fatto una delle sue battute e gli altri erano scoppiati a ridere.
“Altri?” chiese James ancora intontito, senza capire a cosa si stesse riferendo l’amico.
“Sono arrivati tutti. Ricordi? La festa di capodanno.” ricordò Sirius, paziente.
James connetteva veramente poco appena sveglio.
“Sono già qui? Ma è presto!” rispose James, guardandosi intorno per cercare di capire che ore fossero. Alice la sera prima aveva ripetuto loro almeno una decina di volte che Frank e gli altri non sarebbero arrivati prima delle due e mezza del pomeriggio successivo. Non poteva essere già quell’ora.
“Sono le tre passate..” specificò Sirius, guardando distrattamente l‘orologio al suo polso.
“Accidenti, ma è tardissimo!” urlò James, sbarrando di colpo gli occhi e saltando in piedi. Afferrò la prima maglia pulita che gli venne sotto mano e i primi jeans che trovò, senza preoccuparsi di controllare se fossero suoi oppure di Sirius, prima di precipitarsi fuori dalla stanza, seguito da un Sirius decisamente divertito.
“Fa con calma James, non c’è ragione di cadere dalle scale.” disse Alice tranquillamente, mentre James inciampava su un gradino e finiva lungo e disteso per terra.
“Ali, dovevi svegliarmi prima!” sbuffò James mentre si rialzava, infastidito e dolorante.
Remus e Lily si scambiarono un’occhiata preoccupata, poi il ragazzo corse ad aiutare l’amico per accertarsi che non si fosse fatto troppo male cadendo. Sirius ed Alice sembravano tranquilli, quasi il ragazzo fosse caduto molte altre volte in quel modo.
“Dormivi così bene che mi dispiaceva.” disse Alice, tenera, appoggiando la testa contro il petto di Frank. Sentire il battito regolare del cuore del suo ragazzo la tranquillizzava.
“Che brava cugina, magari ne avessi una anche io così.” esclamò Seba, sognante.
“Come va la testa?” chiese Sirius, preoccupato. Le parole del ragazzo ebbero il potere di agitare non poco tutti i presenti, che tendevano a preoccuparsi appena si parlava della salute di James. La triste visione di James, inerme ed immobile in un letto d’ospedale aveva scosso tutti loro, era ancora troppo vicina e tornava spesso nei loro incubi.
“Adesso bene, ma va a momenti.” rispose James, sospirando, cercando di non fare caso alle facce pallide e sconvolte. Odiava fare preoccupare a quel modo gli amici.
“Tutto bene James?” domandò Remus, confuso. La domanda di Sirius lo aveva spiazzato.
“Si, nulla di grave.” rispose James, sorridendo  e pensando ad una battuta per cercare di tranquillizzare un po’ tutti i presenti.
“Solamente un mal di testa molto forte che gli impedisce di fare qualsiasi cosa da circa una settimana o più.” spiegò meglio Alice, ironica.
“Non è normale. Hai avvisato i medimaghi?” chiese Lily, preoccupata. James alzò gli occhi al soffitto e sospirò, arrendendosi all’evidenza dei fatti. Nulla di quanto avrebbe potuto fare o dire avrebbe avuto il potere di distogliere gli amici dalle loro paranoie. Guardandoli si ritrovò a pensare che alle volte riuscivano ad essere persino più paranoici di sua madre.
“Si, dicono che è tutto a posto. Non sanno a cosa è dovuto ma non pensano sia grave.” rispose Sirius, sbadigliando. La prima volta che James aveva avuto quei dolori Dorea lo aveva trascinato di forza al San Mungo, terrorizzata, ignorando le proteste del figlio che diceva di stare bene. Sirius ed Alice erano rimasti a casa, insieme a Fanny. Nessuno di loro era riuscito a muoversi da dove si trovava. La ragazza non aveva mai smesso di piangere per tutto il tempo, aggrappata al braccio di Sirius, fino a che James non era tornato con il suo solito sorriso sulle labbra rassicurandoli che stava bene. Alice gli si era fiondata in braccio ed aveva continuato a piangere per quasi mezzora aggrappata alla maglietta di James, bagnandola con le sue lacrime, mentre il ragazzo cercava di calmarla accarezzandole la testa dolcemente.

Alice, cercando di non pensare agli strani dolori del cugino, decise di dedicarsi alla merenda per loro e alla colazione per Sirius e James. Subito dopo i ragazzi si misero all’opera con nastri, palloncini, festoni e cibarie. Nel giro di un paio d’ore la stanza aveva cambiato volto ed era finalmente pronta ad ospitare l’imminente festa.  
“Accidenti.” imprecò James improvvisamente, barcollando e portandosi una mano sulla fronte.
“Jamie.” chiamò Cristal, avvicinandosi per prima al ragazzo. Richiamati dalla ragazza, erano accorsi anche gli altri e si erano ritrovati a fissare James senza sapere bene cosa fare.
“Vuoi un po’ d’acqua?” chiese Remus, aiutandolo a sedersi sul divano. James cercò di rispondere ma una nuova fitta improvvisa lo fece accasciare ancora di più sul divano.
“No, lasciatelo stare dieci minuti che gli passa.” disse Alice, decisa. Nonostante fosse pallida come un cencio e stesse per avere una crisi nervosa stava cercando con tutta se stessa di non perdere la calma. I ragazzi annuirono, obbedienti, allontanandosi un po‘ per fare respirare l‘amico. James rimase solo, sul divano, mentre gli altri cercavano di nascondere le proprie preoccupazioni.

ANGOLO DELL'AUTRICE:
innanzitutto, GRAAAZIE mille per essere arrivati a leggere fino a qui.
mi fa un sacco piacere sapere che tutti voi leggete la mia storia!
grazie quindi, per ogni lettura attenta o distratta, per ogni commento e per ogni volta che mettete la mia storia tra le vostre preferite o seguite!
piccola comunicazione: questo capitolo era lunghissimo, per motivi di tempo ho dovuto spezzarlo in due: la seconda parte si intitolerà CAPODANNO. vi dico già da ora che nel prossimo capitolo ci saranno GROSSISSIME novità. non perdetevelo, e non perdetevi nemmeno questo se riuscite!
LOVE_VAMPIRE: grazie mille per il commento!
sono contenta che i recenti sviluppi della storia ti siano piaciuti. eh si, Lily ormai è cotta, James invece è confuso. Sirius non ho ancora deciso se si innamorerà o meno e Peter invece è sempre in secondo piano. hai visto però che in questo capitolo l'ho nominato? faccio passi avanti, vedi?
al prossimo capitolo, da non perdere!
MALANDRINA4EVER: grazie mille per il commento!
eh si, nello scorso capitolo sono tornati ad esistere i malandrini, anche se James è dispiaciuto che Remus non sia andato con loro in montagna per natale!
per quanto riguarda il volare, la scopa c'è (quasi) anche se ora rimane da capire: 1. come ha fatto James a farsi male? 2. che fine ha fatto la sua scopa?
ILOVEJAMES97: grazie mille per il commento!
mi spiace di farti friggere. spero che questo capitolo ti sia piaciuto. non perderti il prossimo, fidati!
MSMONTANA: grazie mille per il commento!
bentornata! non ti preoccupare se non commenti sempre, l'importante è che la storia ti piaccia cmq!
sono contenta che i miei personaggi ti piacciano, spero risultino anche abbastanza verosimili.
Remus non dirà (di nuovo) a JAmes che è un licantropo perchè conto di fargli tornare la memoria a breve. aspetta e vedrai!
povero Seba, ma almeno ti sta un po' simpatico? Peter, come ho già detto e come si vede in tutte le mie storie, lo odio. non ci posso fare nulla, è più forte di me. non riesco a descriverlo in termini positivi e realistici.
GRAAAZIE a tutti, al prossimo capitolo!


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Capitolo 14
*** capodanno ***


CAPITOLO 13
CAPODANNO

Il pomeriggio era letteralmente volato, e l‘oscurità cominciava a scendere sulla deliziosa casetta immersa nei boschi imbiancati di neve. Più si guardavano intorno, più alle ragazze sembrava di stare in una bellissima fiaba. Uno di quei romantici racconti babbani con tanto di neve, un castello, un ballo in maschera, un principe e una bellissima ragazza con lunghi capelli per lo più biondi che aspettava solo di essere salvata in una piccola casetta persa tra le montagne. Sirius aveva acceso il camino, e i ragazzi vi ci si erano stretti intorno cercando di scaldarsi, tenendo ben salda nella mano la tazza di cioccolata fumante che Alice aveva preparato loro poco prima. L’atmosfera che regnava era davvero magica, surreale. Natalizia insomma. Proprio come aveva predetto Alice James fu di nuovo in piedi nel giro di venti minuti, tra lo stupore generale. Perfettamente ristabilito, allegro e pimpante. Il volto del ragazzo non era più l’immagine della sofferenza come poco prima ma era rilassato e vi si poteva vedere un sorriso radioso in grado di incantare tutti i presenti, specie quelli di sesso femminile. Lily lo osservava, silenziosa ed impacciata, tenendosi a distanza. Anche Frank, Sebastian, Remus e le ragazze sembravano perplessi da quel cambiamento improvviso. Gli unici tranquilli quanto James erano Sirius ed Alice. Cristal osservò con sorpresa quanto sua migliore amica fosse cambiata in quei pochi giorni. Fino a qualche settimana prima, ad Hogwarts sarebbe letteralmente impazzita in una situazione del genere e avrebbe cominciato a preoccuparsi anche se solo James si fosse rotto solamente un’unghia. Ora invece, il cugino stava male sul serio, si torceva dal dolore alla testa sul divano e lei manteneva un sangue freddo impeccabile, degno di un Serpeverde. Cristal guardò meglio Alice. Nonostante cercasse con tutte le sue forze di nasconderlo, sforzandosi di sembrava la solita ragazza spensierata di sempre, era preoccupata e lei riusciva a leggerlo chiaramente nei suoi occhi, tuttavia aveva finalmente smesso di dare il tormento a James per qualsiasi cosa.
“Ehi, già in piedi?” aveva chiesto Frank, stupito, indicando James. Il ragazzo aveva annuito sorridendo, mischiandosi al gruppo di ragazzi intorno al camino.
“Sto benissimo, tranquilli.” esclamò James, alzando gli occhi al cielo. Tutta quell’apprensione alle volte risultava esasperante. Certo, aveva rischiato di morire e loro si erano spaventati, ma ora stava bene. Non era possibile che ad ogni colpo di tosse ed al minimo dolorino scattassero a quel modo. Era semplicemente inconcepibile.
“Sicuro?” insistette Charleen, preoccupata. James annuì ancora, sempre sorridente e rubò alla cugina un sorso di cioccolata. Sembrava che nulla avesse il potere di turbarlo o di preoccuparlo. Il ragazzo andò avanti per quasi un’ora a cercare di spiegare agli amici che non stava morendo e che erano solo innocue anche se fastidiose fitte, ma loro non si lasciarono convincere così facilmente. Alla fine della discussione fu James quello che dovette desistere e che si ritrovò confinato su una poltrona, con Remus e Sirius intorno a fargli compagnia ed il divieto più assoluto di muoversi e fare il minimo sforzo. Sta fermo e riposati avevano detto, o meglio ordinato, con un tono che non ammetteva la minima replica.
“Cugina, aiutami.” aveva implorato James mentre tutti quanti, ad eccezione di Remus e Sirius, seguivano Alice in cucina per aiutarla a finire di preparare la cena. La grandiosa festa di capodanno che avevano organizzato nei minimi dettagli sarebbe iniziata di lì a poco.
Le ragazze si erano occupate della cucina, stendendo un menù degno dei più rinomati ristoranti, sia babbani che magici, mentre i ragazzi si erano dati alle decorazioni. Nei giorni precedenti Sirius e James avevano addobbato la casa, compresa la facciata esterna. Sebastian e Frank invece erano riusciti a portare dei fuochi d’artificio, in parte comprati da Zonko e in parte rubati dallo schedario del custode di Hogwarts. Molto probabilmente si trattava degli aggeggi magici che Gazza aveva sequestrato ai malandrini nel corso degli anni. Anche Remus, sorprendentemente, aveva collaborato a questo piccolo e innocente furto, fornendo ai due complici la mappa del malandrino e facendo da palo.
“Jamie, sta buono. Ho da fare.” era stata la risposta di Alice, seguita da un’impertinente linguaccia che aveva divertito persino Sirius. In quei giorni, con gran disperazione di James, Alice e Sirius erano diventati straordinariamente complici, perfetti alleati contro di lui specie quando volevano metterlo a letto perché a detta loro si stava stancando troppo.
“Dai Alice, tu sai benissimo che sto bene. Non è certo la prima volta che succede.” aveva provato a farla ragionare James, pazientemente. Alice aveva lanciato un’occhiata veloce al cugino ed era andata via senza dire nulla.
“Proprio per questo devi riposarti. Non devi prendere così alla leggera la tua salute.” aveva commentato Charleen preoccupata, affrettandosi a seguire l‘amica.
“Ma sono solo mal di testa.” si era lamentato James, alzando gli occhi al soffitto, mentre progettava nella sua mente una vendetta ai danni della cugina, colpevole di averlo praticamente recluso in salotto ad oziare.
“Basta obiezioni!” aveva concluso Lily, seria. Il tono della ragazza, solenne e allo stesso tempo preoccupato, aveva sorpreso tutti quanti. Per qualche istante Remus pensò che Lily fosse in difficoltà e avesse perso il controllo delle sue emozioni. Poteva veramente essere James che le faceva quell’effetto? Il licantropo si ritrovò a sorridere da solo mentre rifletteva sul fatto che alla fine l’inguaribile ottimismo di James aveva vinto ed aveva abbattuto le glaciali barriere della bella rossa.
“Credete che potrò alzarmi da qui prima di sera?” chiese James, ironico ed allo stesso tempo preoccupato, guardando a turno ciascuno dei presenti. Lo sguardo di tutti finì con il posarsi su Alice, incaricata di emettere il fatidico verdetto.
“Dopo vediamo.” disse Alice, senza staccare lo sguardo dagli occhi da cerbiatto del cugino, che stavano implorando il suo aiuto. Sapeva bene che James stava bene, ma non gli andava di dargliela vinta subito. Voleva prima farlo penare un po’ e sfruttare l’occasione per confidarsi con le amiche mentre lui era recluso sul divano.
“Scherzate, vero? Non ho nessuna intenzione di passare la sera di capodanno su una poltrona con una copertina sulle gambe. Non sono mica malato!” aveva esclamato James, infastidito. Se quello era uno scherzo, stava cominciando a durare decisamente troppo.
“Questo è abbastanza discutibile.” aveva commentato Sirius, ironico, prima di scoppiare a ridere in modo scomposto. James, nonostante lo sdegno, non riuscì a trattenere un sorriso di fronte alla risata così simile ad un latrato del suo compagno di avventure.
“Dai ragazze, non esagerate.” aveva sospirato alla fine Alice, prendendo le difese del cugino. James, sorpreso e al tempo stesso grato alla cugina per essere intervenuta, si alzò e corse ad abbracciarla prima di essere fermato e ricondotto al divano con la forza da Frank e Sebastian tra le risate di Remus e Sirius.
“Alice, ma li senti quei due?” esclamò Lily, sconvolta dalle parole di Alice. Le ragazze alla fine si erano decise ad andare in cucina, seguite da Frank, Seba e Peter e avevano accostato la porta per parlare tranquillamente. Alice sospirò e si lasciò cadere su una sedia, lontana dallo sguardo e dalle orecchie di James.
“Un po’ ha ragione, se gli stiamo così addosso è peggio.” disse Frank, pensieroso.
Alice annuì piano, guardando grata il proprio ragazzo. Frank aveva lo straordinario potere di capirla al volo qualsiasi cosa volesse dire, senza fraintenderla mai. Cristal, uscita da non poche storie sbagliate, non faceva che ripetergli quanto fosse fortunata per questo. Frank era un ragazzo d’oro, uno di quelli da sposare come diceva sempre sua madre, e lei sperava un giorno di riuscire a realizzare questo bel sogno. Forse avrebbero avuto anche dei bambini, magari gemelli. Alice desiderava più di ogni alta cosa dei figli, ed era sicura di volerli con lui.
“Non sei preoccupata?” chiese Lily, fissando attentamente le reazioni dell’amica. Alice sospirò ed annuì, diventando improvvisamente più triste.
“Da morire, Lily. L’altra settimana quando è stato male per la prima volta mi sono spaventata da morire. Ho pianto per ore, anche quando è tornato da San Mungo e la zia diceva che sta bene. Alla fine mi sono calmata e ho capito che era stupido. Jamie aveva bisogno di tranquillità, non di una pazza che piange.” si sfogò Alice, mentre al solo ricordo di quei momenti gli occhi le si riempivano di nuovo di lacrime. Frank le si avvicinò e la strinse a sé dolcemente, confortandola con la sua presenza. Tra quelle braccia forti, a contatto con il corpo caldo del suo compagno di sentiva protetta, al sicuro. Riusciva a sentire il respiro regolare di Frank mentre la stringeva a sé contro il suo petto scolpito dagli allenamenti.
“Non sei pazza, sei solo affezionata a tuo cugino.” cercò di consolarla Sebastian. Alice alzò lo sguardo, sorpresa, sul ragazzo che sedeva a pochi passi da lei. Da Seba di solito ci si aspettava battute stupite, commenti ironici o sarcastici. Niente di particolarmente serio o profondo insomma. Era decisamente strano che la parte del saggio toccasse proprio a lui e quando succedeva un po’ tutti rimanevano di sasso, sorpresi.
“Già, tu lo adori James.” concordò Frank, accarezzandole piano il viso con il suo tocco dolce.
“È stato male altre volte dopo, giusto?” chiese Charleen, pensierosa.
“Si, qualche ora dopo che il guaritore lo aveva visitato. Ero agitata, anche Sirius, ma non potevamo darlo a vedere.” raccontò Alice senza scendere troppo nei dettagli.
“Immagino che per lui sia già abbastanza stressante stare male e non capire perché, senza preoccuparsi di pesare sugli altri o farli stare in pensiero.” commentò Frank, pensieroso. Negli ultimi giorni, solo al castello senza la sua Alice e libero dal tormento degli allenamenti di Seba, aveva pensato parecchio a tutto quello che era successo negli ultimi mesi. Per loro era stato terribile, certo, ma per James doveva essere stato anche peggio. Si era chiesto a lungo cosa avrebbe fatto lui, al posto dell’amico, senza però riuscire a trovare risposta.
Provava un immenso rispetto per James, per quello che aveva passato e doveva affrontare ogni giorno. Era da ammirare la tenacia con cui affrontava tutto quello che gli capitava.
“Esatto, è terrorizzato all’idea che le persone gli stiano vicine per pena.” spiegò Alice, versando del the da una brocca vicina.
“Puoi dargli torto?” chiese Cristal, alzando le spalle.
“No, ma la sua ormai è una fissazione. Una specie di chiodo fisso.” sospirò Alice.
“Credete che sia possibile che i mal di testa siano un sintomo?” chiese Lily, pensierosa.
La ragazza era rimasta in silenzio per un bel po’. Forse non aveva nemmeno ascoltato quello che avevano detto gli amici nel frattempo.
“Non capisco..” disse Charleen, scuotendo la testa riccioluta.
“Si, ecco.. Forse sta cercando di sforzarsi di ricordare. oppure gli sta solo tornando la memoria.” spiegò Lily, con una punta di speranza nella voce.
“Anche io ci avevo pensato, ma a Jamie non ho detto nulla.” rispose Alice, senza staccare lo sguardo dalla porta che dava sulla sala dove James stava parlando con Remus e Sirius.
“Non ci sono stati miglioramenti sul fronte ricordi dopo che i mal di testa sono iniziati?” chiese Seba, inaspettatamente serio.
“No, affatto. Anzi, forse è persino peggiorato. Ci sono cose che prima ricordava che ad un tratto sono sparite.” raccontò Alice, triste.
Nel frattempo nell’altra stanza per un po’ era regnato il silenzio. Non ci voleva certo una scienza per capire che il cucina stavano sicuramente parlando di James e dei suoi dolori alla testa. Remus fissava preoccupato l’amico, chiedendosi se anche lui se ne era reso conto.
“Uff..” sbuffò alla fine James, visibilmente infastidito.
“Altra fitta?” chiese Sirius preoccupato, alzando appena lo sguardo dal camino.
“No, No.. Sto bene.” si affrettò a rassicurarlo James.
“Sembri un animale in gabbia. Credevo stessi bene qui.” commentò Remus, pensando alla lettera che James gli aveva scritto qualche giorno prima. Nella lettera James non faceva riferimento ai dolori alla testa, ma al contrario di dilungava in lunghe spiegazioni su quanto stesse bene in quella piccola casa di montagna e di quanto quella atmosfera familiare lo aveva aiutato a riacquistare fiducia in se stesso e anche qualche ricordo.
“Si, stavo bene. Niente stress, niente ansia e un sacco di tranquillità. Poi sono iniziati questi stupidi mal di testa ed è andato tutto a rotoli.” spiegò James, triste.
“In che senso?” chiese Remus, confuso, mettendosi comodo per quella che si prospettava una lunga e complicata conversazione.
“Sei un idiota. Ancora quella stupida storia del fatto che ci fai pena e che ci fai stare il pensiero?” chiese a sua volta Sirius, fissando il suo migliore amico dritto negli occhi.
“Anche. Non è una cosa stupida, Sirius. Io ci sto male davvero.” rispose James, senza interrompere quel contatto visivo così profondo.
“Lo so, ma ti preoccupi per niente. Se invece di pensare stupidate stessi più tranquillo forse anche quei mal di testa ti lascerebbero in pace.” continuò Sirius, cercando di rassicurare il suo migliore amico.
“Ha ragione lui. Qui stavi bene perché non sentivi nessun tipo di pressione. Se vai a cercarti problemi inesistenti rischi di compromettere tutto.” concordò Remus, che aveva ascoltato e osservato con attenzione lo scambio di battute tra i due amici.
“I mal di testa sono cominciati prima delle mie paranoie.” spiegò James, sbuffando.
“Sicuro?” chiese Sirius, apprensivo.
“Si, per questo sto così. Ho paura che tornerà tutto come prima, quando ero appena uscito dall’ospedale. Non voglio più provare quel senso d’angoscia, era terribile..” disse James, la voce ridotta a poco più di un sussurro. Quella confidenza fece apparire James fragile e bisognoso di sostegno come mai prima. Per un istante nella mente di Remus e di Sirius riaffiorò il doloroso ricordo della prima sera al castello, dopo che James era stato dimesso dall’ospedale. Dovettero farsi forza per allontanare quelle immagini e tornare a dedicare la loro attenzione a James che li guardava spaventato e perso.
“Sta tranquillo, ci siamo qui noi.” cercò di confortarlo Sirius, passandogli un braccio intorno alle spalle e tirandoselo vicino. Il ragazzo lasciò fare e quell’abbraccio inaspettato diede a James molta forza, tanto che riuscì quasi ad abbozzare un timido sorriso mentre anche Remus lo guardava, pensieroso e preoccupato.
“Gli incubi sono ricominciati?” chiese Remus, apprensivo.
“No, No.. Non come quelli dei primi giorni comunque.” rispose James, dopo averci pensato su qualche minuto. Sembrava quasi avesse paura a rispondere.
“Avevi detto che me ne avresti parlato se fossero ricominciati.” esclamò Sirius, allontanando appena James per riuscire a guardarlo negli occhi, incredulo che il suo migliore amico gli avesse mentito su una cosa così importante.
“Non volevo farti preoccupare.” si giustificò James, sapendo bene che quelle parole avrebbero solo peggiorato l’umore di Sirius, facendolo arrabbiare ancora di più.
“Se dici ancora una volta che non vuoi che mi preoccupi ti giuro che prendo a pugni qualcosa.” sbottò Sirius, furente, stringendo a sé James per fargli capire che non era così arrabbiato come sembrava. Quel gesto fu mal interpretato da James, che lanciò all’amico un’occhiata decisamente preoccupata.
“Calmo, Sirius.” si intromise Remus, cercando di evitare uno scontro fisico. L’ultima cosa che voleva era vedere James e Sirius che facevano a pugni. Non avrebbe certo giovato a nessuno dei due. James avrebbe potuto battere la testa e stare male e Sirius sarebbe stato assalito dai sensi di colpa ancora di più di quanto stava già accadendo. Anche se il ragazzo non ne faceva parola Remus sapeva bene che ogni notte si rigirava nel letto, non riuscendo a perdonarsi quelle parole piene di rabbia che aveva urlato sul treno.
“È stressante.” sbuffò Sirius, evitando lo sguardo di James.
“Gli incubi sono tornati dopo che sono cominciati i mal di testa?” chiese Remus, ignorando i commenti di Sirius e cercando di distrarre James.
“Si, credo di si.” balbettò il ragazzo in risposta, confuso.
“Forse le due cose sono collegate.” ipotizzò Remus dopo averci pensato un po’ su.
“Ha gli incubi per via del mal di testa?” chiese Sirius, perplesso da quello strano collegamento. Non riusciva a capire come due cose tanto diverse potessero essere collegate.
“No, non intendevo quello. È possibile che i mal di testa ti abbiano agitato, e che poi di conseguenza sono cominciati gli incubi e sei diventato paranoico.” spiegò pazientemente Remus, fissando James dritto negli occhi.
“All’inizio credevo non fosse niente di grave, poi quando mia madre mi ha trascinato a San Mungo, mi sono spaventato. Piangeva Remus, era distrutta. Lo stesso Alice e dovevi vedere quanto era pallido Sirius.” iniziò a raccontare James, evitando sia lo sguardo di Remus che quello di Sirius, che fissava atterrito la scena.
“Ma poi il dottore ha detto che non era niente, no?” chiese Sirius, ansioso, accarezzando dolcemente i capelli disordinati dell‘amico.
“Si, ma ho avuto altre fitte. Ho anche cominciato a ricordare meno di quanto ricordavo prima. Ogni giorno mi sembra di fare passi indietro invece che avanti.” continuò James, sfogando tutte le ansie e le paure che si era tenuto dentro fino a quel momento. La verità era che era terrorizzato all’idea di riprendere a stare male come prima, e ancora di più temeva che Sirius, Remus e Alice lo lasciassero solo. Senza di loro non era niente, non poteva farcela.
“Avresti dovuto parlarne prima, credo che sfogarti ti faccia bene.” gli disse Sirius, abbracciandolo di nuovo dimenticando le incomprensioni di qualche minuto prima.
“In effetti mi sento già meglio, grazie ragazzi.” rispose James, ritrovando il sorriso.
“Parlando di cose più frivole, sapete chi era davvero triste il giorno di natale?” iniziò Remus, cercando di stemperare la tensione che era chiaramente percepibile nell’aria.
“Tu perché ti mancavamo?” ipotizzò Sirius, divertito.
“Lily..” rispose Remus, con un ghigno degno di un malandrino dipinto sul viso.
“Scherzi?” chiese Sirius, scandalizzato.
“Come mai era giù di morale?” chiese a sua volta James, curioso.
“No, era davvero a terra. Ho chiesto se aveva problemi in famiglia, è diventata rossa e ha detto di No. Charleen invece rideva.” rispose Remus.
“Wow, allora la rossa è davvero cotta!” esclamò Sirius, incredulo. Lily Evans che sente la mancanza di James Potter. Ora il mondo era veramente pronto a girare al contrario.
“Che state dicendo? Non riesco a seguirvi..” mormorò James, senza capire a cosa si stessero riferendo i due amici.
“Capirai James, capirai..” disse Remus malizioso, mentre Sirius scuoteva la testa ancora più incredulo. Un James Potter al quale non piace Lily Evans era ancora più strano di una Lily Evans alla quale piace James Potter. Quei due lo avrebbero di sicuro fatto finire al manicomio prima o poi.
I ragazzi quando tornarono in sala trovarono Sirius, James e Remus impegnati a ridere. O meglio, Remus e Sirius ridevano sguaiatamente mentre James li fissava perplesso senza capire di cosa stessero parlando.
“Sono impazziti?” chiese Alice, sedendosi in braccio al cugino e lasciando che lui la abbracciasse e se stampasse un bacio sulla guancia.
“Probabilmente.” rispose James, scuotendo la testa. Remus e Sirius si scambiarono un’ulteriore occhiata, guardarono Lily con la coda negli occhi e scoppiarono nuovamente a ridere senza dire nulla. La finirono solamente quando Cristal, spazientita, gli comunicò che la cena era pronta e che la grande festa di capodanno poteva iniziare. Il più felice fu James, al quale fu finalmente permesso di alzarsi dal divano.
Le ore passarono veloci tra piatti che venivano svuotati a tempo di record, brindisi dapprima seri e poi davvero strani e senza senso, giochi da tavolo e fuochi d’artificio.
A mezzanotte di scambiarono gli auguri di rito, i propositi del nuovo anno e aprirono lo spumante. Mentre tutti ridevano Lily realizzò che l’unica cosa che desiderava dal nuovo anno era che James stesse bene, fosse felice e ricambiasse il suo amore. Questo pensiero, così improvviso ed istintivo la sorprese e la spaventò al tempo stesso tanto che dovette uscire sulla terrazza alla ricerca di un po’ d’aria, convinta che la notte stellata le avrebbe rischiarato le idee e le avrebbe suggerito che fare.
“È davvero bello qui.” sospirò Lily, fissando incredula il panorama che le si stagliava sotto gli occhi. Le montagne circondavano la valle, quasi la stessero proteggendo, lasciando intravedere appena il cielo coperto di stelle, più di quante Lily ne avesse mai viste in vita sua, e le nuvole piene di neve pronta a riprendere a scendere da un momento all‘altro. Ovunque era coperto di neve. Le cime dei monti, i sentieri e persino il bosco di abeti che si trovava alle spalle della piccola baita.
“Grandioso!” esclamò James, comparendo improvvisamente alle spalle della ragazza, prendendola di sorpresa. Lily non si era aspettata un contatto così ravvicinato, specie con lui ed arrossì come una ragazzina alla prima cotta.
“Come stai?” chiese Lily, premurosa, facendogli un po‘ di spazio vicino a lei. James si avvicinò e si appoggiò alla ringhiera del terrazzo, senza staccare gli occhi dall’orizzonte.
“Ti riferisci alla mia testa?” chiese James in risposta, sorridendo divertito. Ormai era rassegnato al fatto che praticamente chiunque prima di iniziare una conversazione si accertasse ogni volta che fosse vivo o che non stesse per morire nei minuti successivi.
“Si.. Anche..” rispose Lily, insicura. La presenza di James riusciva come al solito a confonderla. Era dolorosamente bello, perfetto ai suoi occhi. Come aveva potuto non vederlo fino a quel momento? Il fisico scolpito da anni di allenamenti era avvolto in una maglia nera attillata, forse di Sirius. I jeans mettevano in risalto ancora più il fisico asciutto del ragazzo.
“Diciamo bene, il dolore viene e Va.” cercò di spiegare James, paziente, infilandosi velocemente la giacca che teneva in mano.
“Non penso sia normale..” commentò Lily, alzando un sopracciglio.
“Nulla di quello che mi è successo negli ultimi mesi lo è.” sospirò James, appoggiandosi alla ringhiera del balcone. I due ragazzi rimasero un po’ in silenzio, James perso nella contemplazione del panorama e Lily immersa nei suoi pensieri, la maggior parte dei quali aveva per oggetto proprio James. Quella conversazione stava cominciando a diventare strana, per tutti e due i ragazzi.
“Volevo parlarti proprio di questo..” iniziò Lily alla fine, titubante. Era stato il suo cuore, non la sua mente. Per la prima volta nella sua vita Lily Evans decisa di agire d’istinto.
Doveva dire a James tutta la verità, oppure avrebbe rischiato di perderlo. Lei lo amava e non poteva farci nulla. Era stato difficile arrivare a capirlo e ancora di più ammetterlo con se stessa ma alla fine ci era riuscita. Non poteva più negare o soffocare quel sentimento e non poteva nemmeno mentire. Non a James e nemmeno a se stessa. Il ragazzo meritava di saperlo così come meritava di sapere che era stata lei a rovinare tutto, respingendolo e rifiutandosi di aiutarlo quando ne aveva più bisogno.
“Degli ultimi mesi? Mi spiace essere stato pesante, triste, depresso. Non era giusto che riversassi tutti i miei problemi su di voi. Mi spiace anche averti assillato gli anni passati e per essere stato sgarbato con te.” disse James ad occhi bassi, interrompendo la ragazza.
Mentre parlava non staccò mai gli occhi da Lily, nemmeno per un istante. Alla rossa gli occhi del ragazzo non erano mai sembrati così vivi, passionali, carichi di sentimento ed allo stesso tempo di tristezza. In quello sguardo nocciola la ragazza si perse, dimenticando per un attimo quel che avrebbe voluto dire prima che James la interrompesse.
“Aspetta, James.. Non era questo quello di cui volevo parlare.” cercò di fermarlo Lily, riprendendo il controllo sulle proprie emozioni.
“No? Non capisco..” mormorò James, confuso, fissandola intensamente. Quello sguardo così profondo e penetrante mise in crisi la ragazza. Lily avrebbe voluto saltargli al collo e baciarlo con passione, senza dare nessuna spiegazione, ma non poteva. Doveva frenare i suoi istinti.
“Sai, ci sono delle cose che tu non ricordi..” iniziò Lily, improvvisamente assalita da un sacco di dubbi. Si chiedeva se stava facendo la cosa giusta. Se dire la verità a James, anche a costo di ferirlo, era o meno la cosa giusta da fare in quel momento. Lui non avrebbe più voluto vederla dopo che avrebbe saputo tutto, e lei ne avrebbe sofferto immensamente.
“Si, tante cose.” sbuffò James, infastidito. Odiava non ricordare le cose. Gli dava una percezione sfalsata delle cose. Come poteva affrontare al meglio il suo presente ed il suo futuro se aveva scordato completamente il passato?
“Alcune sono belle, altre brutte. Diciamo che tra quelle brutte potrei esserci anche io.” continuò Lily, facendosi coraggio. Doveva essere forte, doveva rischiare. Se James l’amava ancora come l’aveva amata in tutti quei lunghi anni nei quali lei lo aveva respinto allora avrebbe capito, ne era sicuro. Nemmeno un amnesia poteva fermare un amore forte come quello che legava loro due, ne era quasi sicura.
“Non capisco.. Io ero innamorato di te?” chiese James, visibilmente scosso. La sua mente ed il suo cuore gli stavano mandando segnali contrastanti. Il cuore diceva di fidarsi di lei, di lasciarsi andare stringendola a sé mentre la mente lo metteva in guardia. Una parte di James amava quella ragazza con tutto se stesso, ed era pronta a tutto per lei, l’altra la odiava.
“Si, ma..” cercò di dire Lily, prima di essere interrotta ancora una volta da James.
“Ti riferisci al fatto che mi respingevi? È questo quello che ti rende triste? Non devi sentirti in colpa per avermi respinto solo perché sono appena uscito da coma. Non penso che le due cose siano collegate.” disse James, pensieroso e confuso.
“James, il fatto è che..” balbettò Lily, in crisi. L’interruzione di James l’aveva bloccata. Ricominciare quel discorso ora sembrava un’impresa titanica, impossibile.
“Non provare pena per me, per favore.” esclamò James alla fine, triste. Nei suoi occhi Lily lesse una sofferenza infinita, più di quanta aveva pensato si potesse provare.
“Io non provo pena. Forse io sono solo..” iniziò Lily, decisa ad aprire il suo cuore a James per confessargli i suoi sentimenti. Doveva dirgli che lo amava. Doveva trovare il coraggio di farlo o se ne sarebbe pentita per il resto della sua vita. Dannazione, era o non era una Grifonforo dopo tutto? Doveva assolutamente trovare dentro di se il coraggio che contraddistingueva la sua casata. Lily cercò di continuare, ma dovette interrompersi nuovamente non appena si rese conto che i loro visi erano troppo vicini. Lily chiuse gli occhi e riuscì a sentire il respiro di James sul suo collo. La ragazza non riusciva a spiegare razionalmente quello che stava accadendo ma non voleva che finisse. James era così vicino, eppure non c’era ancora stato nessun contatto fisico tra i due. I loro corpi si sfioravano solo, percependo l’uno la presenza dell’altro. Nessuno dei due si azzardava a muoversi, né per allontanarsi né per avvicinarsi all’altro. Ad un certo punto Lily cominciò a desiderare un bacio, ed era vicina a prendere l’iniziativa quando James ruppe l’incanto.
“Ahh!” esclamò James, accasciandosi improvvisamente su se stesso.
“James, che ti prende?” chiese Lily, preoccupata. Il ragazzo sembrava attraversato da forti scariche di dolore che gli impedivano persino di parlare.
“La testa.” rispose James, sofferente, cercando inutilmente di mettersi a sedere.
“Vuoi che chiami qualcuno?” chiese Lily, premurosa, aiutandolo a rialzarsi.
“No, ora passa.” rispose James, appoggiandosi alla ragazza. Quel contatto, seppure innocente ed involontario fece arrossire Lily.
“Sicuro?” chiese Lily spaventata, dandosi della stupida e tornando ad occuparsi di James. Lui stava male e lei pensava a quanto fosse bello e a quando fosse emozionante sentire il suo corpo contro il suo. Doveva proprio essere impazzita.
“Credo di si.” rispose James, ansimando per le fitte di dolore.
“Vieni, stenditi sul divano così ti rilassi un attimo.” disse Lily, accompagnandolo verso il divano più vicino e aiutandolo a sdraiarsi, lasciando che si appoggiasse a lei.
“Mi spiace.” disse James in un sussurro, prima di chiudere gli occhi per via di una nuova fitta. Quei pochi passi lo avevano affaticato molto, quasi avesse corso per molte ore.
Il ragazzo si ritrovò a pensare a quanto stava accadendo e cercò di vedere la situazione dell’esterno. Ancora una volta stava pesando su qualcuno, sarebbe mai finita quella tortura?
“Non dirlo nemmeno per scherzo!” esclamò Lily, preoccupata per la salute del ragazzo. Senza pensarci prese ad accarezzargli il viso e a giocare con i suoi capelli, cercando di calmarlo. Il ragazzo la guardò, incuriosito, e la lasciò fare. Quel contatto era piacevole e avere il potere di dargli un po’ di sollievo dal dolore che stava provando, sia quello fisico che quello mentale. C‘era qualcosa di strano, familiare forse, che rendeva normale e non gli faceva pesare che Lily si stesse prendendo cura di lui.
“Ti sto rovinando la festa e ti ho anche interrotto..” continuò James triste, come ipnotizzato dagli occhi verdi e magnetici della ragazza.
“Parleremo quando sarai più in forma.” disse Lily dolcemente scompigliandogli i capelli, stupendosi a ripetere un gesto che lei stessa aveva tanto a lungo detestato. I due ragazzi rimasero così, in silenzio e vicini, gli occhi di uno fissi in quelli dell’altra fino a che la porta del terrazzo si aprì, ed apparve Alice, preoccupata per la sparizione di James e di Lily.
“James, Lily.. Che succede?” chiese Alice, interrompendo bruscamente i due ragazzi.
“James non sta bene.” spiegò Lily, allontanandosi un po’ e raccontando brevemente all’amica quello che era successo. Man mano che andava avanti Alice si faceva sempre più pallida e preoccupata, mentre Lily si rendeva sempre più conto di quanto fosse dubbia la situazione.
“La testa. Il solito dolore..” mormorò James, dolorante. Il dolore non accennava a smettere, al contrario sembrava aumentare. Questa volta le fitte stavano durando molto più del solito, ed erano anche molto più fastidiose delle volte precedenti.
Alice guardò l’amica, che nel frattempo era arrossita. Se non fosse stata così preoccupata per James forse si sarebbe messa a ridere.
“Tranquilla Lily, ci penso io.” disse Alice, decisa, prendendo il posto della rossa accanto a James. Lily si allontanò, incerta e preoccupata. Non voleva lasciare James, voleva assicurarsi che stesse bene ma allo stesso tempo aveva un bisogno disperato di confidarsi con la sua migliore amica, Charleen.
“Tutto bene?” chiese Alice, stringendo forte la mano di James. Il ragazzo aprì appena gli occhi per cercare di tranquillizzare la cugina.
“Si, credo.” mormorò James, confuso, in risposta, cercando con gli occhi Lily.
“Che ci facevi con lei?” chiese ancora Alice, curiosa.
“Parlavamo. Anche se non so cosa mi volesse dire.” raccontò James, evitando accuratamente di dirle che stavano per baciarsi prima che ricominciassero quelle stupide fitte.
“Non capisco..” disse Alice, aggrottando le sopracciglia. Riusciva a intuire che James le stesse nascondendo qualcosa, solo non capiva di cosa di trattava e soprattutto perché.
“Nemmeno io. Stava facendo un discorso sul fatto che per colpa sua potrei avere brutti ricordi.” spiegò James, cercando di ricordare le esatte parole di Lily.
“E poi?” chiese Alice, curiosa e preoccupata. Aveva intuito che l’amica volesse raccontare la verità al cugino, ma non le sembrava per niente una buona idea. Sapere tutto non avrebbe aiutato James, al contrario lo avrebbe reso più diffidente e lo avrebbe fatto chiudere in se stesso, allontanando tutti loro.
“E poi nulla, il dolore alla testa ha messo fine alla discussione.” concluse James, deluso. Quelle maledette fitte ancora una volta avevano interrotto qualcosa di piacevole, ed anche le confidenze della ragazza. James si ritrovò a chiedersi cosa avesse cercato di confessargli Lily poco prima.
“Meglio così.” mormorò Alice tra sé. La voce ridotta a poco più di un debole sussurro.
“Che hai detto?” chiese James, aprendo un occhio, confuso.
“Nulla. Mi chiedevo come solamente come stavi.” si affrettò a rispondere Alice, arrossendo. Il cugino aprì la bocca per ribattere, poco convinto dalla risposta della ragazza ma dovette presto desistere dai suoi propositi.
“Ahhh!” esclamò James, portandosi nuovamente le mani alla testa.
“Altra fitta?” chiese Alice, preoccupata, senza ottenere risposta. James rimase in silenzio per molti minuti, mentre Alice lo scuoteva energicamente. Stava quasi per andare a chiamare Sirius e Frank in cerca di aiuto, quando il ragazzo si riscosse da quello strano torpore.
Alice era pallida e decisamente terrorizzata, fino a quel momento James non aveva mai perso i sensi durante una delle sue crisi. Era decisa a portarlo immediatamente a San Mungo quando il ragazzo le prese delicatamente il polso e la fissò negli occhi.
“Non so. Senti, ti va di stare qui con me a parlare?” mormorò James ansimando, quasi dire quelle poche parole avesse costituito uno sforzo titanico.
“Si, ma.. Sei sicuro di stare bene?” chiese Alice, perplessa e preoccupata.
“Credo che i miei ricordi stiano tornando..” balbettò James, lasciando Alice di stucco.
La ragazza non se lo fece ripetere due volte. Rimase con lui tutta la sera, assecondando tutte le sue richieste e lasciandolo parlare. Ogni tanto Frank e Sirius facevano capolino, curiosi ma troppo ubriachi per riuscire a fare domande o ascoltare delle risposte.
Alla fine di quella lunga festa di capodanno erano tutti stanchi, sconvolti e distrutti.
I ragazzi erano tornati al castello, solamente Alice, James, Sirius, Remus e Frank erano rimasti alla baita dove avrebbero trascorso gli ultimi giorni di vacanza in tranquillità.
Alice e James avevano passato gran parte della festa a parlare tra loro, in disparte rispetto agli altri. James non si era sentito bene e si era steso sul divano. A turno tutti erano andati da lui, per vedere come stava. Solo Alice non lo aveva lasciato neppure per un secondo.
Ogni volta che qualcuno si avvicinava i due ragazzi si zittivano improvvisamente, quasi stessero complottando di qualcosa che dovesse a tutti i costi rimanere segreto.
“Ciao!” salutò Alice, estasiata, raggiungendo Sirius, Remus e Frank. James era andato a dormire, deciso a riposare per qualche ora nonostante fosse ormai mattina.
“Alice, a cosa dobbiamo quel sorriso che va da un orecchio all’altro?” chiese Sirius, curioso.
Era preoccupato per James, sapeva che aveva avuto delle brutte fitte ma era abbastanza sicuro che non si fosse trattato di nulla di troppo grave altrimenti Alice lo avrebbe di sicuro trascinato a San Mungo per le orecchie.
“James..” rispose la ragazza, senza smettere di sorridere. I ragazzi si scambiarono un’occhiata confusa e perplessa. Alice sembrava su un altro pianeta, presa a parlare una lingua a loro sconosciuta ed incomprensibile.
“Ci siamo persi qualcosa?” chiese Frank, leggermente preoccupato. Quando si trattava di James c’era sempre il rischio che il ragazzo fosse stato colpito da qualche strana fitta o da qualche depressione improvvisa.
“Ha recuperato la memoria.” spiegò la ragazza. Ogni tratto del suo viso lasciava trasparire la gioia che la pervadeva. A quelle parole i ragazzi sussultarono, increduli e felici.
“È una grande notizia!” esclamarono Frank, Remus e Sirius all’unisono, lanciandosi in un improvvisato ed improbabile balletto senza pensare alle conseguenze che i ricordi di James avrebbero avuto sulla loro amicizia.

ANGOLO DELL'AUTRICE:
ciao ragazzi, la sessione d'esame è finalmente finita ed io torno da voi!
per festeggiare vi regalo un capitolo-svolta, sperando che apprezziate.
GRAAAZIE MILLE a tutti voi che commentate, che mettere la mia storia nei preferiti/seguiti o anche solo che vi limtate a leggerla senza dirmi cosa ne pensate. io spero sempre che prima o poi vi decidiate a scrivere due righe, va bene anche "fa schifo"!
LOVE_VAMPIRE: graaazie!
eh si, il bello dello scorso capitolo era la fine che purtroppo ho dovuto tagliare e mettere in questo per motivi di spazio.
per quanto riguarda James, brava, hai compreso alla perfezione. ottimo intuito!
MALANDRINA4EVER: graaazie!
piaciuta la festa? grandi novità, vero?
per quanto riguarda Remus, James ha ricordato tutto quindi non c'è bisogno di dire nulla. tutto è bene quel che finisce bene..
quanto all'"incidente".. non anticipo nulla, leggi leggi!
ILOVEJAMES97: graaazie!
bravissima, ottimo intuito!

GRAAAZIE A TUTTI, AL PROSSIMO CAPITOLO!

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Capitolo 15
*** ritorno alla vecchia vita ***


non posso che dedicare questo capitolo a Love_vampire e ilovejames97, due angeli che nonostante tutto trovano sempre il tempo di commentare!

CAPITOLO 14

RITORNO ALLA VECCHIA VITA

Le vacanze di natale erano da poco un bel ricordo, specialmente per i malandrini ed il loro gruppetto di amici, ma nessuno le rimpiangeva, sicuri come erano che i mesi a venire avrebbero riservato altrettante soddisfazioni.
“Casa dolce casa.” esclamò Sirius, estasiato all’idea di mettere nuovamente piede al castello. Quella era casa sua e non la storica dimora della casata dei Black, il posto triste dove aveva passato tutta la sua infanzia, dal quale era scappato solo l’anno precedente ed era stato in seguito, con suo gran sollievo, diseredato. Tutto ciò che gli era rimasto della sua famiglia era il suo cognome e le occhiatacce che il fratellino gli riservava quando si incontravano per i corridoi. Regulus era sempre stato il preferito di casa, fin da quando erano piccoli. Faceva ogni cosa che i genitori ordinavano, anche la più stupida. Sirius non era mai davvero riuscito a capirlo, anche se a volte gli era quasi parso di vedere che il fratello lo osservava di nascosto, distogliendo lo sguardo non appena lui se ne rendeva conto. Aveva provato molte volte a chiedere spiegazioni per quello strano modo di fare, ma in risposta aveva ottenuto solo alzate di spalle, risposte brevi ed acide e porte sbattute in faccia. Alla fine si era arreso, classificando il fratello alla stregua di genitori, zii e cugine: inutile, cattivo, ottuso e oscuro.
Ad Hogwarts, invece, Sirius aveva trovato la sua dimensione ideale e degli amici con cui riusciva a capirsi al volo, senza il rischio di fraintendimenti. Non avevano mai litigato, tranne il brutto episodio sul treno dell’anno precedente. Sirius non sapeva ancora spiegarsi cosa gli fosse preso quel giorno. A parlare era stata la sua frustrazione e la rabbia repressa dovuta agli atteggiamenti di un James apatico, che si rifiutava di reagire alla morte del padre. Aveva passato mesi ad darsi del coglione, maledicendo dio e chiedendogli allo stesso tempo di avere una nuova possibilità con James. Alla fine, nonostante gli insulti e le maledizioni, era stato accontentato. James era di nuovo con lui, finalmente si stava riprendendo e Sirius aveva promesso che gli sarebbe stato vicino senza ripetere gli stessi errori del passato.
“Casa? Castello dolce castello al massimo.” lo riprese Remus, accigliato, prima di scoppiare a ridere. Peter riservò a Remus un’occhiata curiosa, stranito come era da quella risata. L’atmosfera della stanza era leggera, festosa. Nonostante il freddo invernale, pungente, si intravedeva un timido raggio di sole che faceva ben sperare.
“È lo stesso!” sbuffò Sirius, alzando le spalle e buttandosi a peso morto sul letto.
“Vado a fare la doccia, niente spargimenti di sangue in mia assenza.” disse James, prima di sparire dietro la porta del bagno. Sirius guardò la porta chiudersi, poi sorrise mentre Remus al suo fianco scuoteva la testa. Tutto era finalmente tornato alla normalità.
Nel frattempo qualche piano più in basso, nella sala comune di Grifondono i ragazzi si erano ritrovati tutti insieme per la prima volta dopo l’epica festa di capodanno. Nessuno aveva ricordi lineari e ben definiti della serata, quasi sicuramente a causa dei molti alcolici che circolavano. Mancavano solo i malandrini, che si erano rifugiati in fretta e senza dare troppe spiegazioni nella loro stanza. Alice aveva provato a fare domande, ma James era stato molto vago e aveva dato alla cugina l’impressione che stesse tramando qualcosa di particolarmente illegale che quasi sicuramente sarebbe sfociato in una punizione con Sirius.
“Avete saputo di James?” chiese Alice, frenetica. Stava letteralmente morendo dalla voglia di raccontare alle amiche le ultime novità, specie quella che riguardava il cugino. Sentendo il nome del ragazzo Lily si fece più attenta. Nella sua mente era ben impresso quello che era successo durante la festa quando lei e James erano andati vicino a baciarsi per essere poi interrotti dal malore del ragazzo. Lily non sapeva di preciso cosa le era preso, né riusciva a darsi delle spiegazioni razionali in merito. Sapeva solo che quei momenti erano stati unici, indimenticabili. I loro corpi, così come i loro visi, si attraevano e si cercavano, quasi fossero le loro stesse anime a volere quel contatto così profondo. La ragazza non aveva mai provato emozioni di quell’intensità prima di quel momento con nessuno dei ragazzi con cui era stata.
“Cosa?” chiese Cristal, curiosa. L’espressione di Alice era veramente serena, doveva sicuramente trattarsi di una bella notizia.
“Ha recuperato la memoria.” spiegò Alice, con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
“È una notizia grandiosa.” esclamarono Charleen, Cristal e Sebastian insieme, felici. Solo Lily a quelle parole impallidì, preoccupata. Certo, era felice per lui ma non riusciva a smettere di pensare alle conseguenze e a quello che avrebbe comportato.
“Lily, non mi sembri felice.” osservò Frank, che osservava la scena tenendosi in disparte dal gruppo dei ragazzi, con la schiena appoggiato allo stipite della porta.
“Sono felice per James, ma ho paura che smetterà di parlarmi.” spiegò Lily, atterrita, guardando fissa il pavimento e prendendo a tormentarsi nervosamente le mani.
“Non ricorda di quello che è successo l’ultimo mese. Deve essere stato lo shook per la morte del padre.” disse Alice, cercando di consolare l’amica. A quelle parole Lily tirò un sospiro di sollievo, per poi rendersi conto che non era affatto giusto. Tutti loro erano complici nel nascondere a James parte della sua vita che lui non ricordava.
“Dici sul serio?” chiese Cristal, stranita. Alice annuì, sorridendo.
“Non gli avete detto nulla?” chiese Charleen, altrettanto pensierosa.
“Lo avrebbero sconvolto.” rispose Frank, mentre Alice annuiva. Lei, Frank, Remus e Sirius ne avevano parlato molto la mattina di capodanno, mentre James riposava. Ognuno di loro aveva esposto le proprie perplessità, i propri dubbi ed i propri timori ma alla fine avevano concluso che quella era la decisione migliore. Solo Remus aveva dissentito ma, in seguito alle pressanti richieste di Sirius, aveva finito con il promettere anche lui che avrebbe mantenuto comunque il loro segreto.
“Si, ma non è giusto. La sera di capodanno gli stavo per raccontare tutto, non possiamo mentirgli per sempre. Le cose sono andate come sono andate, e lui deve sapere.” protestò Lily, agitandosi. La ragazza sapeva che stava andando contro i suoi interessi ma in quel momento non riusciva a pensare a nient’altro che non fosse il bene di James, e sicuramente il bene di James era che venisse informato di tutto, anche di ciò che non ricordava.
“Si, lo so.. Ma ho paura.” balbettò Alice, facendosi più pallida.
“Che dici?” chiese Sebastian, stranito, avvicinandosi alla ragazza.
“Non sopporterei di vederlo soffrire ancora.” spiegò meglio la ragazza, asciugandosi le lacrime che avevano preso a scendere copiose.
“Ma prima o poi accadrà, Alice.” fece notare Lily, con calma. Alice sapeva che in fondo Lily aveva ragione, ma non voleva correre il rischio di perdere di nuovo James. Non potevano sconvolgerlo ancora, specie ora che aveva appena ritrovato il suo equilibrio.
“Lily ha ragione, quando ricorderà da solo sarà peggio. Non solo si sentirà tradito dai suoi amici e da Lily, ma non si fiderà nemmeno di noi. Nemmeno di te..” spiegò Sebastian, pensieroso. I ragazzi rimasero un po’ il silenzio a valutare le parole dell’amico. Nessuno di loro aveva la forza di ribattere perché sapevano tutti che Seba aveva ragione.
“Smettila, non andrà così. Ne sono sicura.” esclamò decisa Alice.
La discussione continuò ancora a lungo, complice il fatto che i malandrini erano nella loro stanza senza alcuna intenzione di scendere. I ragazzi, specialmente Lily, Charleen e Sebastian, provarono a convincere Alice a parlare a James. L’unica che sembrava avere preso le distanze da quella conversazione era Cristal, stranamente silenziosa ed in disparte.
“Ricorda tutto quanto, sa il bene che gli vuole Sirius. È abbastanza forte per sopportare tutto, devi dirglielo. Vedrai che capirà.” continuava a ripetere Seba, quasi fosse una cantilena.
Alice era irremovibile. Ad ogni parola del ragazzo, oppure delle amiche scuoteva la testa, decisa. Diceva che era presto, che James avrebbe sofferto e che dovevano aspettare. Forse James non avrebbe ricordato mai quelle cose, perché farlo soffrire inutilmente.
Fu Seba il primo ad arrendersi, dichiarandosi sconfitto e annunciando a Frank che andava a dormire. Nonostante questo la discussione continuò, fino a che Cristal trascinò letteralmente via Alice prima ancora che Frank riuscisse a salutarla come si deve e a darle il bacio della buona notte. Niente di quello che Alice o Frank provarono a dire ebbe il potere di fare desistere la bionda da quel suo strano rapimento.
“Fermati!” implorò Alice, senza avere alcuna risposta.
“Che ti prende, Cristal?” chiese ancora la ragazza, stranita dal comportamento della sua migliore amica. La ragazza la trascinò nella loro camera, ignorando le proteste di Alice e la obbligò sedersi sul letto di fronte a lei.
“Nulla, ma adesso ti fermi e mi racconti per filo e per segno come James ha recuperato la memoria dopo la festa di capodanno. Siete praticamente spariti tutta la sera.” ordinò Cristal, severa.
“Cristal..” provò a obiettare Alice, subito interrotta dallo sguardo della biondina.
“Mettiti comoda, voglio anche i dettagli.” precisò Cristal, lasciando intendere che non si sarebbe arresta tanto facilmente. Alice sbuffò, ma finì con l’accontentare l’amica.
Parlarono tutta la notte. Cristal si fece raccontare ogni dettaglio, ogni parola ed ogni gesto almeno due volte prima di dichiararsi soddisfatta.
La mattina dopo Alice si alzò presto, nonostante avesse dormito solamente un paio d‘ore prolungatesi fino a tarda notte. Nei letti accanto al suo le compagne di stanza, specialmente Cristal, dormivano ancora della grossa. Alice sospirò, cercando di convincere se stessa che la vendetta nei confronti della sua migliore amica non avrebbe portato a niente di buono, si preparò e corse nella stanza dei malandrini a svegliare James. Il ragazzo all’inizio protestò un po’ per l’ora, poi si rassegnò e seguì la cugina fino alla sala comune. Sapeva di non avere possibilità di scelta. Quando ci si metteva sua cugina era persino più testarda di lui e Sirius messi insieme, peggio di un mulo.
La sala comune era semibuia e del tutto deserta, perfetta per parlare tranquillamente dei fatti propri senza correre il rischio che tutto il castello ne venisse a conoscenza. Persino il camino, normalmente acceso e vivace, era spento e non dava il minimo segno di vita.
“Hai deciso che farai?” chiese Alice, cercando di ignorare la faccia assonnata di James.
“Di che stai parlando?” chiese a sua volta James, confuso e infastidito dalla pessima abitudine della cugina di buttare giù dal letto le persone all’alba per parlare. Sotto quel punto di vista Frank non era per nulla fortunato, anzi, forse ancora non sapeva che gli si prospettava una vita d’inferno e di levatacce.
“Di Lily, mi sembra ovvio.” sbuffò Alice, seccata dalla poca loquacità di James.
“Non so.” mormorò James, sbadigliando. La sua risposta non piacque per niente ad Alice.
“Come sarebbe non so, ti sembra risposta?” chiese Alice, stizzita, alzando gli occhi al soffitto.
“Sono confuso.” sbuffò James. Il ragazzo avrebbe anche voluto aggiungere che aveva sonno e che non poteva aspettarsi risposte intelligenti e profonde alle sette del mattino, ma decise di sorvolare sulla questione per quieto vivere.
“La ragazza che ti piace sta cercando di farti capire che ricambia i tuoi sentimenti e tu dici non so?” chiese Alice, allibita. Lily era sempre stata tutto ciò che James voleva, ed il fatto  che lui prendesse la questione così alla leggera proprio ora che aveva ricordato tutto, o quasi, restava un mistero per Alice.
“Esattamente Alice. Non so cosa fare, anche perché non so cosa le abbia fatto cambiare idea.” spiegò meglio James, cercando di essere paziente. Anche Remus e Sirius gli avevano fatto un discorso simile la sera prima, ed anche a loro il ragazzo aveva risposto di essere confuso ed avere bisogno di tempo. A differenza della cugina però, una i suoi amici avevano compreso che James non avesse voglia di trattare quell’argomento e aveva deciso di cambiare discorso. Alice invece, si era impuntata. James sapeva che avrebbe continuato a fare domande fino a che James non avrebbe deciso il da farsi.
“Ha capito che eri importante quando ha rischiato di perderti?” provò ad ipotizzare Alice.
“Oppure le faccio semplicemente pena.” disse James, tenendo la testa fissa sul pavimento.
“Certo che la tua è proprio una fissa..” sbuffò Alice. Cominciava ad odiare sia quella stupida frase che la fissa di James di fare pena a chiunque.
“Non so perché sto ancora parlando con te.” si lamentò James, lasciandosi cadere all’indietro sulla poltrona e chiudendo gli occhi come faceva sempre quando una discussione lo aveva stancato.
“Va bene, scusa. Però secondo me una possibilità dovresti dargliela.” disse Alice, cercando di farsi perdonare. L’ultima cosa che voleva era litigare con James di prima mattina, voleva solo parlargli per aiutarlo a decidere cosa fare.
“Forse.” mormorò James, pensieroso.
“Siamo passati dal non so al forse. Grandioso!” commentò Alice, ironica, battendo le mani.
“Si, credo che una possibilità gliela darò.” disse alla fine James, sorridendo.
“Quel sorrisino non mi piace. A che pensi?” chiese Alice, preoccupata.
“Fidati, preferisci non saperlo.” rispose James, facendo agitare ancora di più la cugina.
“James!” lo richiamò la ragazza, stizzita.
“Vendetta, mi sembra ovvio.” spiegò James con noncuranza, come se fosse normale vendicarsi della ragazza che ti piace che finalmente comincia a interessarsi a sua volta.
“Non cambierai mai.” commentò Alice, scuotendo la testa.
““Non ti preoccupare, sarà uno scherzetto innocente.” precisò James, con una faccia alla quale Alice non avrebbe mai potuto credere. Gli scherzi di James erano sempre stati tutto tranne che innocenti, specie quando ne parlava in quei termini.
“Lo spero!” esclamò la ragazza, poco convinta.
“Certo che sei proprio noiosa. Sono secoli che muoio dietro a Lily e lei mi tratta a pesci in faccia. A capodanno non so perché si è interessata a me e ora devo correre tra le sue braccia come un cagnolino?” sbuffò James, risentito dalla poca attenzione che gli dedicava la cugina. O meglio, dalla poca considerazione che la cugina aveva dei suoi sentimenti.
“No, non ho detto questo. Solo, non mandare tutto all’aria come fai di solito. Si interessa a te, dovresti esserne felice e non cercare di sabotare tutto.” consigliò Alice, premurosa. Il ragazzo sembrò starci a pensare per un po’, valutando l’idea di mettere da parte la sua vendetta e fare come diceva la cugina.
“Va bene, seguirò il tuo consiglio.” disse alla fine, sospirando. Non era per niente convinto, tuttavia doveva ammettere che il suo modo di fare non aveva portato a grandi risultati negli ultimi anni. Forse affidarsi ai consigli di Alice, e magari anche quelli di Remus, avrebbe fatto migliorare le cose.
“Ecco, bravo.” disse Alice, abbracciandolo.
“Uffa, è quasi tardi. Gli altri saranno già in sala grande.” esclamò James quando l’occhio gli cadde sull’orologio che ormai batteva le otto passate. Di lì a poco sarebbero stati terribilmente in ritardo sia per la colazione che per la lezione di Lumacorno, la prima da quando era guarito.
I due ragazzi corsero per arrivare nella sala grande entro un ora decente, arrivando trafelati e con il fiatone. Solamente Sirius e Sebastian mancavano, per qualche strano motivo che a loro non era dato conoscere, gli altri erano già tutti lì. Lily non staccò gli occhi da James per tutto il tempo mentre il ragazzo cercava di controllarsi e di non dare troppa importanza alla cosa. Trangugiò svogliatamente qualcosa, giusto per evitare di sorbirsi una ramanzina e cercò di captare i discorsi degli amici. Tentativo vano dato che la sua testa era da tutta altra parte in quel momento. Doveva parlare con Lily e quello era decisamente il momento migliore per farlo. James aspettò che tutti si fossero alzati e che Lily fosse sola, poi le si avvicinò mentre la ragazza si dirigeva verso l’aula di pozioni.
“Lily, scusa posso parlarti un attimo.” chiese James, arrivandole alle spalle.
“Certo, dimmi.” rispose Lily, presa di sorpresa, senza riuscire a staccargli gli occhi di dosso. Aveva passato tutto il tempo che erano stati a tavola a fissarlo, incantata dal suo sorriso semplicemente perfetto. Quando James rideva il mondo sembrava più bello, sereno. Solo ora si rendeva conto di quanto era stato triste il castello nei mesi precedenti.
“Sei ancora d’accordo per quelle ripetizioni di pozione?” chiese James, impacciato. La ragazza lo fissò a lungo, perplessa da quella domanda.
“Te lo avevo proposto io, sicuro che la tua memoria funzioni bene?” chiese a sua volta Lily, divertita.
“Ricordo tutto Evans, e ricordo anche quanto tu mi odi.” sbuffò James, marcando volutamente il cognome della ragazza.
“Siamo passati al cognome?” chiese Lily, sorpresa e scocciata.
“In memoria dei vecchi tempi.” rispose James, con un sorriso malandrino dipinto sul volto.
“Beh, allora Potter, ci vediamo nella sala comune domani per le otto. Puntuale.” esclamò Lily, sottolineando a sua volta il cognome di lui cercando di mascherare la sua delusione. Senza aspettare una risposta, Lily fece per andarsene ma fu bloccata da James.
“Ehi, Lily.” disse il ragazzo, senza lasciare la manica del vestito della ragazza. Quel contatto inaspettato la fece quasi sobbalzare. Lily si voltò e si ritrovò il viso di lui spaventosamente vicino. Troppo vicino, esattamente come la sera di capodanno.
“Cosa è successo a capodanno? Che fine ha fatto tutto il risentimento che provavi per me?” chiese James, fissandola dritta negli occhi. La ragazza si liberò dalla stretta e gli voltò le spalle, cercando di riprendere il controllo delle sue emozioni.
“Non lo so, davvero. Dovresti esserne fiero. Un altro successo per il tuo enorme ego.” rispose Lily, brusca, odiando se stessa per non riuscire a tenere a freno i suoi ormoni in presenza di lui. L’effetto che gli faceva era semplicemente insano, sbagliato. Si perdeva in lui ed il resto del mondo spariva, passava di colpo in secondo piano.
“Ancora questa storia? Certo che ai tuoi occhi sono proprio un tipo spregevole..” mormorò James, triste. Lily di colpo ripensò alla loro discussione di quasi un anno prima, e si sentì nuovamente un verme per il fatto che gliela stava tenendo nascosta. Pensò seriamente di dirgli tutto, ma poi ricordò la promessa che aveva fatto la sera prima ad Alice.
“Ti supplico Lily, non dire nulla a James. Puoi fare questo per me?” aveva implorato Alice quando la ragazza insieme a Charleen era tornata in camera. Gli occhi grandi di Alice erano pieni di lacrime, tanto che Lily non aveva saputo rifiutare e aveva promesso di tenere il segreto, anche se non dire nulla a James era peggio di mentire.
“No, io.. Scusa, mi sono espressa male.” cercò di scusarsi Lily, imbarazzata per quella gaffe.
“Tranquilla, mi piace quando sei sincera.” esclamò James, sorridendo, accarezzando con dolcezza il bel viso della ragazza.
“Senti, perché non ne parliamo sabato con calma?” propose Lily sorridendo, dopo averci pensato un po‘ su. James la guardò a lungo, inclinando la testa.
“Perché aspettare fino a sabato? Ricordo male o ci vediamo anche domani per le ripetizioni?” chiese poi James, confuso.
“Beh, sabato ci sarà un’uscita al villaggio. Sono anni che mi inviti.. Sempre che ti interessi ancora uscire con me, ovvio..” disse Lily, maliziosa.
“Ovvio.” esclamò James, illuminandosi alle parole della ragazza. Dopo anni passati ad invitarla ad uscire era finalmente lei a fare la prima mossa. Un sogno di James stava prendendo vita, tanto che il ragazzo si ripromise di darsi al più presto un pizzicotto per appurare di essere del tutto sveglio e cosciente.
“È un si?” chiese la ragazza, un poco ansiosa all’idea di un rifiuto di James.
“Cercherò di trovare un buco per te sulla mia agenda ma, si, credo sia un sì.” rispose James, scherzando. All’inizio aveva pensato di rifiutare, per vendicarsi di tutti i rifiuti della ragazza e farle capire quanto facevano male, poi aveva ripensato alle parole della cugina e aveva cambiato idea. Teneva troppo a quella ragazza per lasciarsela scappare solo per colpa del suo stupido orgoglio. Lily rise delle parole di James poi scappò verso l’aula, terrorizzata all’idea di fare tardi proprio alla sua materia preferita, lasciando dietro di sé una deliziosa scia di profumo. Si trattava di una strana fragranza fruttata, babbana forse, che faceva letteralmente impazzire James. Il ragazzo alzò le spalle, guardò l’ora e si rese conto che di lì a poco Lumacorno lo avrebbe punito per il ritardo. Certo, poteva tentare di giocarsi la carta scusi-professore-mi-girava-la-testa ma poi sarebbe certamente finito in infermeria con un sacco di persone preoccupate intorno. Così immerso nei suoi pensieri non si accorse della presenza della professoressa di Trasfigurazione, in piedi di fronte a lui con le mani sui fianchi con uno sguardo decisamente poco amichevole.
“Potter, potrei parlarle nel mio ufficio?” chiese la professoressa McGranitt, fermando James mentre si recava a lezione di pozioni.
“Certo professoressa. Solo, avrei pozioni..” cercò di giustificarsi il ragazzo.
“Ci penso io, vieni con me.” disse la professoressa, sbrigativa, senza ascoltare le obiezioni di James. Il ragazzo decise di assecondarla, per evitare di finire in punizione.
“Vuole parlarmi delle lezioni? Ormai sono pronto a riprendere a frequentarle.” iniziò James, prima di essere fermato da un gesto della donna, visibilmente scocciata da qualcosa.
“Mi fa piacere sentirtelo dire. Ad ogni modo, volevo parlarti della squadra. Sebastian ha lasciato qualche minuto fa e serve un capitano. Vuoi riprendere il tuo ruolo?” chiese la McGranitt, andando subito al sodo. James a quelle parole sgranò gli occhi e la donna gli spiegò come erano andate le cose. Secondo il racconto di Sirius, Sebastian era entrato come una furia nella sua stanza proprio quella mattina, prima delle lezioni.
“Basta, mi arrendo!” aveva sbuffato Sebastian, entrando precipitosamente nella stanza dei malandrini nella quale c‘era solamente Sirius. James era uscito presto con Alice, mentre Remus e Peter erano scesi qualche minuto prima promettendo di tenere un posto per lui.
“Che sta succedendo?” aveva chiesto Sirius, spiazzato.
“Succede che avete vinto voi. Lascio la squadra. Mi dichiaro sconfitto.” aveva poi spiegato Sebastian, lanciando in malo modo il suo manico di scopa ed il distintivo di capitano a terra.
La McGranitt non l’aveva presa per niente bene quando l‘aveva saputo, soprattutto perché era stato Sirius, e non Sebastian, ad andare da lei per dirle che a Grifondoro mancava un capitano e per riconsegnarle il distintivo.
“Non saprei, sono confuso.” rispose James, stupito da quella richiesta. Una parte di lui era felice perché la donna avesse pensato proprio a lui per quell’incarico, ma un’altra non si sentiva all’altezza. Aveva molti impegni, lezioni da recuperare e per di più la squadra era seriamente nei guai. Ci sarebbe stato bisogno di un miracolo per sistemare le cose.
“Grifondoro ha bisogno di te.” implorò la professoressa. Negli occhi della McGranitt James riuscì a leggere tutto il suo amore per la sua casa e per la sua squadra, ma questo non bastò a convincere James.
“Non so se sarei all’altezza. Non gioco da tanto, non ero nemmeno in campo con loro quando hanno perso.” continuò James, dubbioso.
“Se non ce la fai tu, allora nessuno può farcela.” sentenziò la donna, battendo i pugni sulla scrivania.
“Si, ma..” cercò di obiettare James, cercando di evitare quello sguardi pieno di speranza. La McGranitt stava dimostrandogli per la prima volta da che la conosceva tutta la stima ed il rispetto che provava per lui, mentre James non aveva il coraggi di pronunciare uno stupido si. Il ragazzo si sentì un verme per questo e sprofondò ancora di più nella poltrona.
“Promettimi che ci pensi almeno?” chiese la professoressa, speranzosa. James sospirò.
“Va bene.” disse alla fine il ragazzo.
“A presto Potter.” esclamò la donna, congedando James.
Le parole della professoressa lasciarono James confuso per tutto il giorno. La gente gli rivolgeva la parola ma lui non la vedeva quasi. Persino Alice, Lily e Sirius faticarono non poco per attirare la sua attenzione quel giorno mentre Remus, che quel giorno doveva dargli ripetizioni, disperava. Certo, da quando aveva recuperato la memoria James non aveva più bisogno di riprendere il programma dal primo anno, tuttavia i mesi che aveva perso per via del coma erano ugualmente molto impegnativi. La notizia che Sebastian aveva lasciato era sulla bocca di tutti, ma nessuno della squadra se ne disperava particolarmente.
Alla fine della giornata James non aveva ancora deciso cosa fare. Non aveva nemmeno detto a nessuno della proposta della McGranitt perché ci voleva riflettere un po’ su da solo. Girovagando per il castello era finito sulla torre di astronomia, la torre più alta di tutto il castello dalla quale si godeva di un panorama mozzafiato.
“Ehy Potter, che ci fai in giro di notte? È pericoloso, non lo sai? Qualcuno finirebbe con il mettere in giro voci che tenti il suicidio..” sibilò una voce alla sue spalle. James rimase sorpreso per un attimo, poi ne riconobbe il proprietario.
“Che vuoi Black?” chiese James, senza nemmeno voltarsi verso il fratello minore di Sirius.
“Da te? Niente.” rispose Regulus, pacato come suo solito. Era il tipico Serpeverde. Freddo, anzi, glaciale. Vedendolo insieme a Sirius, chiunque avrebbe dubitato che quei due erano fratelli. Tanto Sirius era istintivo, emotivo e comprensivo, tanto Regulus era schivo e razionale ai limiti dell’ossessione. Era in grado di parlare per ore senza lasciare trapelare nemmeno l’ombra di un’emozione.
“Bene.” disse James, indispettito.
“Bene.” fece eco Regulus, perfettamente calmo.
“Che aspetti?” chiese James, sbuffando. La sola presenza di Regulus aveva il potere di irritarlo per svariate ragioni. Per prima cosa era il fratello di Sirius e James lo odiava esattamente quanto odiava il resto della famiglia dell’amico. Nessuno di loro aveva mai davvero capito Sirius, ne aveva mai cercato per davvero di farlo. Per seconda cosa, Regulus era il cacciatore di Serpeverde, la squadra che li aveva battuti in modo clamoroso nell’ultima partita, piazzandosi al primo posto nella classifica del torneo scolastico. Infine, Regulus aveva sempre rappresentato il suo alter ego malvagio, per così dire. Il suo esatto contrario sotto tutti i punti di vista. Fino a quel momento James aveva creduto di essere in qualche modo migliore di Regulus, in grado di essere superiore a lui in ogni cosa, sia a scuola, che nel quidditch e come fratello di Sirius. Il fatto che lui ora fosse così a terra e che Regulus fosse così pieno di vita era la dimostrazione che si era decisamente sbagliato.
“A fare cosa?” domandò Regulus, perplesso.
“A vantarti della grandezza della squadra di Serpeverde rispetto a Grifondoro. Sei qui per questo, non è vero?” sbottò James, voltandosi verso il Serpeverde.
“Non ti facevo così idiota.” commentò Regulus, divertito.
“Cerchi rogne?” sibilò James, tra i denti.
“Qui quello che dovrebbe calmarsi sei tu. Ad ogni modo, il campionato è ancora lungo.. Non è da te arrenderti.” disse Regulus, mettendosi seduto. James lo guardò, stupito. Regulus lo aveva davvero cercato solo per ricordargli che avevano ancora una partita da giocare?
“Non devo spiegazioni a te.” rispose James, sbuffando. Non avrebbe dato al Serpeverde la soddisfazione di dichiararsi sconfitto.
“Se è per questo sono il primo a non volerle. Sarebbero certamente noiosissime. Ad ogni modo, il mio campionato è finito.” dichiarò Regulus, sorprendendo James. Il più piccolo dei fratelli Black era un cercatore eccezionale, il migliore che Serpeverde avesse da decenni, forse anche secoli.
“Come sarebbe a dire?” chiese James, spiazzato. La squadra di Serpeverde da sola non valeva poi molto, normalmente era Regulus che permetteva loro di vincere con una differenza punti ridotta prendendo il boccino prima che fosse troppo tardi.
“Ho lasciato la squadra, almeno momentaneamente.” spiegò Regulus con il solito tono distaccato, quasi non gli importasse nulla.
“Sei impazzito?” esclamò James, incredulo. L’unica cosa che accomunava lui e Regulus era il loro ruolo, cercatore. Quando si trovavano entrambi sulla propria scopa, all’inseguimento del boccino, James era certo che quello fosse l’unico momento in cui lui e Regulus pensavano e vedevano le cose allo stesso modo: entrambi volevano vincere. James non riusciva a credere che Regulus avesse davvero rinunciato a tutte quelle sensazioni che ti da il solo fatto di essere sospeso in aria a rincorrere una pallina dorata.
“Non aveva più senso giocare con te fuori squadra.” sbuffò Regulus, paziente, quasi stesse spiegando ad un bambino capriccioso un concetto particolarmente difficile.
“Non pensi ai tuoi compagni?” chiese James, sempre più stupito dalle parole del ragazzo.
“Io non gioco per la mia casa, gioco per battere te. Per me stesso.” disse Regulus, guardandolo con odio.
“Ma è assurdo. Come puoi essere così egoista?” chiese James, disgustato dalle parole dell’altro ragazzo. Regulus alzò le spalle, divertito.
“Sono un Serpeverde. Piuttosto sei tu quello strano. Dimmi, non erano i Grifondoro quelli coraggiosi che non si arrendono mai?” chiese a sua volta il Serpeverde, malizioso.
“Che vuoi dire?” chiese James, stupito dalla parole di Regulus con le quali il fratello di Sirius aveva rimarcato le differenze che c’erano tra loro.
“Buona notte Potter.” si congedò Regulus, lasciando James solo a riflettere su quella strana conversazione. Il Serpeverde giocava per se stesso e aveva lasciato la sua squadra perché James, il suo più grande avversario, non c‘era. Lui invece aveva sempre giocato per la sua squadra, ma ora che era in difficoltà e aveva più che mai bisogno di lui gli aveva voltato le spalle. Di fatto si era comportato come Regulus, se non peggio.
James rimase a riflettere sulle parole del fratello di Sirius ancora molto a lungo, fino a che non si decise. Al diavolo tutto, avrebbe seguito il suo istinto.
“Professoressa..” urlò James, irrompendo nella stanza della donna facendo un fracasso infernale.
“Potter, è piena notte. Sei impazzito?” chiese la professoressa, sorpresa e con la bacchetta alzata per lo spavento.
“Non sono mai stato meglio. Volevo dirle che accetto.” esclamò James, deciso.
“Accetti?”chiese la donna, confusa. Dopo tutto erano quasi le due di notte e non capiva di che accidenti stesse parlando quel pazzo di Potter.
“La squadra. Se l’offerta è ancora valida voglio tornare a fare il capitano.” spiegò meglio James, impaziente e senza riuscire a stare fermo.
“Grandioso. Vedi di rendermi orgogliosa Potter.” rispose la McGranitt, sorridendo improvvisamente nonostante l’ora tarda e il sonno interrotto.
“Ci può contare.” promise James, più che mai fiero della sua decisione.
“Ora però, vai a dormire!” lo congedò la professoressa, sbattendogli la porta in faccia.
“Certo professoressa.” rispose James, parlando più con la porta chiusa che con la donna.
Una volta nella stanza dei malandrini, troppo eccitato per dormire, decise di svegliare Sirius per dare la buona notizia anche a lui.
“Sirius, sveglia.” urlò James, scuotendo l’amico che saltò a sedere, spaventato, anche lui con la bacchetta in mano, pronto a difendersi.
“Mio dio, James. È piena notte! Si può sapere che succede?” chiese Sirius dopo aver lanciato uno sguardo all’orologio.
“Indovina? Torno in squadra!” esclamò James, tutto contento.
“Che dici, James.. La squadra non esiste più. Seba ha mollato tutto, ricordi?” disse Sirius tra uno sbadiglio e l’altro. Tutto quel trambusto aveva svegliato anche Peter e Remus, che ora guardavano confusi quella strana scena.
“Si, lo so. Sono io il capitano ora.” annunciò James, trionfante, tralasciando di raccontare a Sirius dell’incontro con Regulus.
“Ma sei pazzo? Con tutto quello che ti è successo e tutte le lezioni che hai da recuperare?” chiese Remus, allibito. Peter dal suo letto guardava la scena senza riuscire a decidere se fosse più preoccupato per James perché andava in contro quasi certamente ad un fiasco colossale o più orgoglioso di lui e della decisione.
“Forse sono pazzo, ma non sono mai stato più felice.” dichiarò James, felice, mentre Sirius lo abbracciava prima di tornare nel mondo dei sogni.

ANGOLO DELL'AUTRICE:
innanzitutto, grazie a chi ancora legge questa storia. ho notato che i commenti sono decisamente calati, anche se non so se sia colpa del mio modo di scrivere o della trama che si è fatta troppo noiosa.
forse sto andando incontro ad un flop clamoroso e la mia storia non interessa più a nessuno, ma io vado avanti. alla fine, oltre che per gli altri, un autore scrive soprattutto per sè.
ho iniziato questa storia con l'idea di portarla  a termine ed intendo farlo, altrimenti mi sentirei in colpa con me stessa!

love_vampire: grazie milleee!
come hai visto, james non ricorda ancora tutto tutto, e i suoi amici hanno avuto la pessima idea di nascondergli la verità. questo vuole dire che ci sono altri problemi in vista, ma prima james deve pensare alla squadra. mica può lasciare che serpeverde vinca, ti pare?

ilovejames97: grazie milleee!
allora, innanzitutto grazie per i complimenti. lo scorso capitolo avrebbe dovuto essere insieme a quello ancora prima, l'ho separato per motivi di spazio. ad ogni modo, james ha ricordato.
non tutto però.
non sa della morte del padre, delle discussioni con gli amici e nemmeno come si è fatto male.
vuoi una chicca così stai più tranquilla? non si è buttato, ma non ti dico cosa gli è successo.
forse un indizio per capirlo l'ho messo nella storia, nei capitoli scorsi, ma si tratta davvero di un indizio microscopico. per capire la verità dovresti avere davvero taaaanta fantasia.
:D

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Capitolo 16
*** nuovi acquisti e vecchi compagni ***


CAPITOLO 14
NUOVI ACQUISTI E VECCHI COMPAGNI

Quando Sirius la sera prima aveva esultato per la felicità alla vista dell’amico, al settimo cielo per essere appena tornato ad essere capitano, non aveva considerato le conseguenze che quella nomina avrebbe comportato. James di nuovo capitano voleva dire che la squadra doveva tornare ad allenarsi, anche se le speranze di concludere qualcosa di buono per quell’anno ormai erano minime o quasi nulle, e per lui sarebbe stata dura tirarsi indietro.
“Dai, Sirius.” disse James, che ormai pregava l’amico da quasi un ora. Aveva assolutamente bisogno del suo migliore cacciatore nonché braccio destro. L’ottimismo di James e l’ironia di Sirius erano i fattori chiave, indispensabili al morale della squadra. Senza uno dei due la battaglia poteva tranquillamente dichiararsi persa in partenza.
“No, James.” rispose Sirius, categorico, senza scomporsi. Era ormai almeno la decima volta che il ragazzo si rifiutava di tornare nella squadra ma James non si arrendeva. La parola resa o fallimento non era contemplata nel vocabolario dell’amico, tanto era testardo. James aveva cominciato quell’opera di convincimento senza speranza non appena erano finite le lezioni, ma non aveva ancora raggiunto nessun risultato e non accennava a smettere.
“Te lo sto chiedendo per favore.” continuò James, deciso a non arrendersi tanto facilmente. Dopo tutto lui era James Potter, famoso per essere l’essere più testardo del pianeta.
“Il mio continua ad essere un No.” disse Sirius, sbuffando. Il ragazzo provò a guardarsi intorno, alla ricerca dell’aiuto degli amici, ma ne Remus ne Peter davano segni di dargli retta presi come erano in una complicata partita di scacchi magici.
“Vuoi che mi metta a supplicare?” chiese James, quasi disperato.
“Non lo stai già facendo?”disse Sirius, divertito, fissando con superiorità l‘amico, in piedi di fronte a lui. Era sorprendente che con tutte le cose che aveva da fare James, comprese un sacco di lezioni arretrate da recuperare, avesse trovato del tempo per mettersi a pregare lui di tornare in squadra. Sotto quel punto di vista James era da ammirare in quanto a tenacia.
James stava per ribattere ma dal ritratto entrò Alice insieme a Charleen e Cristal. Le tre ragazze fissarono a lungo lo strano gruppetto, confuse, nonostante fossero ormai abituate alle stranezze dei malandrini ed avessero smesso da tempo di farsi domande.
“Che sta succedendo?” chiese Alice, entrata da poco nella sala comune, guardando incuriosita il cugino ed il suo migliore amico che si guardavano quasi in cagnesco.
“James cerca di convincere Sirius a tornare in squadra.” spiegò Remus brevemente, senza staccare gli occhi dal libro che stava leggendo. A quelle parole Alice strabuzzò gli occhi, sorpresa dalle parole del licantropo.
“Quale squadra? Seba ha lasciato l’incarico, pensavo l’avessero sciolta.” commentò Alice, distratta e allo stesso tempo preoccupata. Intuiva dove volesse andare a parare Remus, ma in cuor suo sperava di sbagliarsi. James a cavallo di una scopa a chissà quanti metri di altezza era uno spettacolo che la terrorizzava e che sperava di non dover più vedere almeno per un bel pezzo. Quando aveva saputo che i suoi genitori e sua zia intendevano regalare una scopa a James, per Natale, aveva cercato in tutti i modi di far loro cambiare idea. Con zia Dorea c’era riuscita, ma suo padre era stato irremovibile: la scopa di James era sparita dopo l’ultima partita dell’anno precedente e lui aveva bisogno di una scopa nuova.
“La McGranitt ha restituito il comando a James.” sbuffò Sirius, pensando ad una buona scusa per liberarsi una volta per tutte dell‘amico. Non ne poteva più delle sue pressioni. La squadra per quell’anno era persa, da dimenticare, perché ostinarsi quando potevano lasciare perdere e provarci l’anno successivo?
“Cosa?” chiese Cristal, allibita, guardando James sconvolta. Il ragazzo si era appena ripreso, certo ora stava bene, ma era comunque pericoloso per lui riprendere a volare così presto. Il suo braccio era guarito solo del tutto da poco più di una settimana, senza contare che aveva già parecchio da fare con le lezioni arretrate. La professoressa di trasfigurazione doveva essere decisamente disperata per avere preso una decisione simile.
“Lui ha accettato?” chiese a sua volta Alice, preoccupata per la risposta.
Sapeva che suo cugino era abbastanza pazzo da dire si ad una proposta del genere, ma sperava con tutte le sue forze di sbagliarsi. Dopo tutto la squadra era persa, chi mai vuole essere il capitano di una squadra destinata al fallimento?
“Beh, si..” balbettò James, in ansia per l’espressione omicida che si era dipinta sul viso della cugina. Nel momento in cui aveva accettato l’incarico sapeva alla perfezione che Alice, Remus e forse anche Lily sarebbero stati del tutto contrari all’idea. Certo, il quel momento si era anche aspettato che Sirius stesse dalla sua parte, ma evidentemente per quello si era sbagliato. Per la prima volta da quando si conoscevano suo fratello non lo appoggiava.
“Pazzo, incosciente, sconsiderato!” cominciò ad urlare Alice, con tono minaccioso.
Preoccupato per la situazione Remus appoggiò il libro e si mise in mezzo, fermando la ragazza mentre Cristal cercava di calmarla parlandole. Solo Charleen e Peter sembravano indifferenti alla discussine, l’una troppo presa dal suo libro e l’altro troppo pauroso per mettersi in mezzo e prendere le parti di qualcuno. Sirius approfittò della situazione per allontanarsi da James, sperando che una volta tornata la calma l’amico non avesse più occasione per tormentarlo.
“Cuginetta, tu giochi.. Vero?” chiese James, allontanandosi prudentemente dalla ragazza per paura della sua risposta.
“Certo che no!” esclamò Alice, decisa, schierandosi dalla parte di Sirius. James guardò i due ragazzi, seduto uno di fianco all’altra, e capì che non ci sarebbe stato verso di convincere nessuno dei due. La squadra era definitivamente persa, senza speranze. A quell’idea James sospirò depresso, lasciandosi cadere a sedere.
“Uffa!” sbuffò James, facendo sobbalzare Charleen, seduta di fianco a lui. La ragazza fino a quel momento era stata così assorta dalla lettura del suo libro da non prestare la minima attenzione alla discussione che stava avendo luogo a pochi passi da lei.
“Che succede?” chiese Charleen, curiosa, guardandosi intorno. Alice era rossa e Cristal stava facendo del suo meglio per calmarla, Remus e Peter giocavano come loro solito, Sirius era annoiato e infine James sembrava depresso. Questo ultimo particolare colpì molto la ragazza, che ormai si era riabituata ad una versione decisamente più vulcanica dell’amico.
“Sembra che Grifondoro non abbia più una squadra..” spiegò James, tetro, ignorando deliberatamente tutti gli altri ragazzi presenti nella stanza che a loro volta presero a parlare tra loro ignorando lui. Traditori, ecco cosa erano, tutti quanti. Persino Alice e Sirius, i due in cui riponeva più speranze.
“Perché il capitano ha lasciato?” chiese Charleen ingenuamente, chiudendo il libro e prestando tutta la sua attenzione a James.
“No, perché i componenti si tirando indietro.” rispose James, sbuffando. Sirius sbuffò e decise che era ora di lasciare la stanza prima di finire a litigare con l’amico.
“Ma scusa, come si gioca senza capitano?” insistette Charleen, interessata. Quando aveva saputo che Seba aveva lasciato l’incarico ci era rimasta molto male. Quando era entrata in squadra, all’inizio dell’anno, era sicura che insieme avrebbero fatto grandi cose. L’ipotesi del fallimento non era contemplata, era un’idea talmente assurda da non essere degna di essere presa in considerazione.
“La McGranitt ha nominato di nuovo me.” spiegò James. Non era più contento come all’inizio. L’entusiasmo si era smorzato quando si era reso conto che nessuno aveva intenzione di giocare l’ultima partita. Grifondoro avrebbe perso senza nemmeno scendere in campo, era semplicemente assurdo. Sembrava che improvvisamente James fosse rimasto l’unico a credere nei suoi amici e nella sua squadra. Che fine aveva fatto l’orgoglio ed il coraggio tipico dei Grifondoro? Sembrava che d’improvviso fossero diventati tutti Serpi, Tassi e Corvi.
“Davvero? È una notizia fantastica.” esclamò Charleen, emozionata. James guardò la ragazza, perplesso. Improvvisamente si ricordò che anche lei faceva parte della squadra, ed era anche la prima che dimostrava un po‘ di entusiasmo all‘idea di giocare ancora.
“Si, peccato che non ho più una squadra. Seba, Alice e Sirius non vogliono più saperne.” si lamentò James, tetro. La ragazzo lo fissò a lungo, pensierosa.
“In pratica ti mancano tutti i cercatori.” concluse Charleen pratica, pensandoci su qualche istante, in attesa della risposta del ragazzo.
“Anche un battitore che si è fatto male nell’ultima partita.” aggiunse James, sospirando.
Il più piccolo dei fratelli Brawn, Simon, si era fatto male a causa di una brutta caduta dalla scopa. Quella era stata la tegola che aveva spinto Seba a lasciare il comando: i due fratelli erano fenomenali insieme, senza Simon le capacità di Luke si abbassavano notevolmente. Senza contare che non Sebastian non aveva pensato a selezionare un battitore di riserva.
“Non abbatterti, vedrai che ce la faremo.” cercò di consolarlo la ragazza, sorridendo.
“Faremo?” chiese James, stupito dall’uso del plurale. Quella ragazza lo stava sorprendendo. Aveva creduto per anni che Charleen fosse una bambolina, capace solo di farsi bella e di far perdere la testa ai ragazzi mentre ora lei gli stava dimostrando di essere brava anche nello sport, di avere carattere e di non volere lasciarlo solo in quella battaglia.
“Certo, se mi vuoi io sono con te.” disse sorridendo Charleen. James fissò a lungo la ragazza, incredulo. Charleen era la prima a fidarsi di lui tanto da chiedergli di poter giocare.
James promise a se stesso che avrebbe vinto, lo doveva a quella ragazza che credeva in lui. La prima da tanto tempo.
“Bene, allora siamo in tre.” esclamò James, felice.
“Frank che dice?” chiese Charleen, perplessa. Non aveva incrociato Frank dalla discussione di qualche giorno prima quando avevano cercato di stabilire se fosse leale o meno non dire la verità a James. Il portiere in quella situazione era stato zitto e non si era sbilanciato ne in favore della propria ragazza e neppure per il suo migliore amico.
“Non credo giocherà..” mormorò James, tetro. Se Sirius e Alice non volevano dargli retta non lo avrebbe fatto nemmeno Frank. Il suo migliore amico aveva da poco lasciato il comando della squadra e la sua ragazza non voleva giocare, che motivo poteva avere lui di dire di si?
“Provo a parlarci?” propose Charleen, sorridendo. James fissò ancora quella ragazza, incredulo. Era ottimista come lui, un perfetto elemento per la squadra. Guardando Charleen, nonostante fosse una pazzia, decise che avrebbe provato a parlare a Frank.
“No, ci penso io. Tu devi fare una cosa per me.” disse James, pensieroso, guardando distrattamente l‘orologio. Non erano ancora le sei, forse c’era abbastanza tempo per tentare l’impossibile e consegnare l’elenco dei giocatori alla McGranitt entro la mattina successiva.
“Agli ordini, capitano.” esclamò Charleen, scattando in piedi.
“Cerca l’unico battitore che ci resta, e anche quello infortunato, e convocate tutti quelli che si erano presentati per il provino ad inizio stagione per oggi al campo, io vado da Frank.” ordinò James, alzandosi a sua volta e lasciando la stanza prima che la ragazza rispondesse. Avevano poco tempo, dovevano fare in fretta. Attraversò il castello di corsa, travolgendo come una furia tutti quelli che si trovavano in mezzo ai piedi. Trovò Frank in biblioteca a studiare, insieme a Sebastian e Lily. Si avvicinò al loro tavolo facendo piano, cercando di mettere a tacere il suo istinto che gli diceva di baciare Lily e prendere a pugni Seba per avere abbandonato la squadra.
“Hei, posso parlarti un attimo?” chiese James a Frank, sforzandosi di non fare troppo caso agli altri due ragazzi seduti insieme a lui al tavolo.
“Se è per la squadra, la risposta è No.” rispose Frank senza nemmeno alzare lo sguardo dalla pergamena sulla quale stava scrivendo. Conosceva abbastanza James per sapere che sarebbe venuto anche da lui per cercare di convincerlo a tornare in squadra. Era andato in biblioteca per cercare di scoraggiare James, ma evidentemente non era bastato.
“Frank..” inizio James, sospirando. Sapeva che non sarebbe stato facile, ma non aveva nessuna intenzione di arrendersi. Poteva sostituire i cacciatori ma non il portiere, nessuno al castello era all’altezza di Frank. Giocare senza lui in porta era semplicemente un suicidio.
“No, James. È assurdo. Quest’anno è partito male e finirà peggio. Non ha senso umiliarci.” sbuffò Frank, tetro. Anche lui avrebbe voluto che Grifondoro vincesse, era ovvio. Dannazione dopo tutto era il suo ultimo anno, ma alla fine si era dovuto rassegnare. L’unico lato positivo di quella faccenda sarebbe stato avere più tempo per prepararsi ai M.A.G.O.
La bibliotecaria si avvicinò minacciosa e James fece segno all’amico di continuare la loro discussione fuori dalla stanza.
“Ci umilieremo non giocando.” ribadì James, insistendo. Frank sospirò, sorpreso dalla testardaggine di James. Sapeva che l’amico era determinato, ma non immaginava fino a tanto. Frank lo fissò, pensieroso, chiedendosi se avesse insistito tanto anche con Sirius, Alice e Sebastian.
“Non abbiamo più nemmeno un tifoso. Dimmi, per chi giochiamo?” chiese Frank con fare provocatorio.
“Senti Frank, io ho bisogno che tu giochi. Ho bisogno di un portiere con le palle, di due battitori che ci proteggano le spalle e di tre cacciatori che credano che ce la possiamo fare perché solo così darò un senso a quest’anno.” esclamò James, deciso. Frank guardò perplesso James, senza riuscire ad aprire bocca. Il discorso del capitano lo aveva lasciato semplicemente senza parole. Per lui la squadra era sempre stato un passatempo, un modo per fare onore alla sua casa e passare piacevoli pomeriggi con gli amici ma non aveva mai immaginato che per James fosse una cosa così importante, tanto da fargli venire gli occhi lucidi parlandone.
“James..” iniziò Frank, subito interrotto dall’amico. James era come un fiume di piena.
“Ho passato mesi in coma, immobile. Tutti mi vedono come un malato, un essere fragile da proteggere. Devo dimostrare che sto bene e che sono tornato quello di sempre. Posso farlo solamente vincendo questo maledetto campionato e per farlo ho assolutamente bisogno di te. Se non giochi tu, non ha senso. Perderemo di sicuro.” continuò James. Frank si accorse che l’amico aveva gli occhi lucidi e abbassò la testa, imbarazzato.
“È un’impresa impossibile, siamo ultimi..” mormorò Frank, scuotendo la testa. James non poteva credere veramente che avevano ancora delle speranze. Erano ultimi, a quattrocento punti da Serpeverde e mancava solamente una partita, proprio contro di loro. Solo un illuso oppure un folle avrebbe scommesso sulla vittoria dei Grifoni, che dopo il ritiro di Seba, Sirius ed Alice non avevano alcuni degli elementi migliori della squadra.
“Per questo mi servi tu in porta.” insistette James. Frank non era un portiere, lui era IL portiere. Solo con lui tra i pali Grifondoro poteva vincere.
“James..” mormorò Frank, onorato dalle parole dell‘amico.
Le ultime due sconfitte gli avevano fatto perdere anche la fiducia in se stesso perché si sa, il portiere quando si perde si prende tutte le colpe.
“Ti prego Frank. Anzi, ti imploro.. Vuoi che mi metta in ginocchio?” chiese James, decisamente disperato. Ormai non si vergognava nemmeno più, piangeva senza ritegno in mezzo ad un corridoio affollato, incurante della gente che passava e che li vedeva.
“James..” mormorò ancora Frank, cercando di mettere a tacere l‘amico.
“Sono abbastanza disperato da farlo, te lo assicuro.” disse James, buttandosi a terra.
“Per le mutande di Merlino, smettila. Gioco, sono in squadra ma tu smettila.” esclamò Frank alla fine, esasperato, alzando gli occhi al soffitto. Alla fine James aveva vinto.
“Frank..” mormorò James, alzando gli occhi e incontrando il sorriso divertito dell’amico.
“Sei in mio capitano, un po’ di ritegno. Come posso rispettarti sennò?” chiese Frank, porgendo la mano a James per aiutarlo a rialzarsi. James aveva bisogno di lui, non poteva abbandonarlo anche se forse si trattava di un’impresa impossibile.
“Grazie Frank, davvero.” ringraziò James, con gli occhi lucidi.
Frank, Luke e Charleen avevano deciso di fidarsi di lui, non poteva deluderli. Con loro al suo fianco Grifondoro poteva ancora vincere e dimostrare a quanti non credevano il loro che si erano sbagliati.
“Va bene, ora che si fa?” chiese Frank, sospirando. Dato che era tornato in squadra tanto valeva fare le cose per bene e rendersi utile.
“Charleen ha convocato quelli che si erano presentati per i provini oggi pomeriggio. Tu, l’altro battitore e lei dovete scegliere due cacciatori, un battitore e qualche riserva.” spiegò James, facendo un veloce resoconto all‘amico.
“E tu?” chiese Frank, stupito che James non volesse dire la sua. Normalmente spettava al capitano l’ultima parola sulla formazione e sulla scelta della squadra.
“Io non ho visto i loro provini. Voi sapete come volano e come giocano.” rispose James, pratico, sorvolando sul fatto che lui si era perso i provini delle matricole perché era in coma.
“Va bene.” rispose Frank, senza commentare, prima si seguire l’amico verso il campo dove Charleen e Luke, aiutati da Simon, avevano radunato i candidati. I ragazzi, incuriositi dalla strana richiesta, si fecero trovare puntuali al campo, curiosi di sapere cosa voleva James Potter da loro. Insieme a loro c’era anche qualche spettatore pettegolo e qualche spia delle altre case. Nessuno credeva veramente che Potter stesse cercando di rimettere insieme la squadra tanto assurda che sembrava la questione.
“Cosa cerchiamo?” chiese Frank, fissando poco convinto i ragazzi convocati. Era abbastanza sicuro che tra loro non c’era nessuno di particolarmente bravo, Sebastian li aveva scartati per quello. Certo, lui cercava un cercatore che sostituisse James, un’impressa chiaramente impossibile, mentre loro cercavano due cacciatori ed un battitore.
“Allora, voglio affiatamento, ottimismo, voglia di vincere e gioco di squadra.” spiegò James, eccitato all’idea di vedere la squadra tornare insieme.
“E devono essere capaci di fare miracoli.” aggiunse Frank, scuotendo la testa.
“Non sei divertente.” commentò Charleen, guardando male il portiere. Avevano bisogno di giocatori capaci, non di cabarettisti.
“Avete ragione, scusate.” si scusò Frank, tornando serio.
James parlò ai candidati, spiegando loro perché si trovavano lì e che cosa stessero cercando. La metà di loro non appena capì che James faceva sul serio e che credeva davvero che Grifondoro poteva ancora vincere decise di ritirarsi e se ne andò ridendo. I pochi che decisero di restare, salvo qualche eccezione, sembravano poco convinti.
“Accidenti, mancano dieci minuti alle otto.” esclamò James, lanciando un’occhiata all’orologio che teneva al polso.
“Accidenti sai leggere l’ora, che bravo.” commentò Frank, fingendosi stupito. James alzò gli occhi al cielo, ripetendosi mentalmente che se avesse fatto troppo male a Frank poi Grifondoro sarebbe restata senza il portiere.
“Idiota, ho un appuntamento con Lily. Mi aiuta in pozioni, se faccio tardi mi ammazza.” spiegò James, raccogliendo velocemente le sue cose.
“Come facciamo qui?” chiese Luke, fissando i candidati che aspettavo curiosi. Al fianco del battitore c’era suo fratello Simon, con le stampelle e il viso triste di chi vuole giocare ma non può. Aveva parlato con Charleen, deciso a dare il suo contributo alla squadra anche senza giocare. James quando lo aveva saputo si era rallegrato.
“Questo è lo spirito che voglio. Siamo un gruppo, non importa chi gioca!” aveva esclamato James mentre Frank lo osservava stranito. A prima vista il capitano poteva sembrare un illuso, un sognatore senza speranza, ma dopo tutto forse aveva ragione. Erano caduti talmente in basso che ormai non avevano nulla da perdere. Qualsiasi risultato sarebbe stato meglio di nessun risultato. Se dopo la partita contro Serpeverde anche solo dieci persone si fossero ricredute sulla squadra si sarebbero potuti dire soddisfatti.
“Potete finire voi? Tanto dovete solo decidere chi volete in squadra..” pregò James, fissando uno ad uno i compagni di squadra.
“Ma James, il capitano sei tu..” mormorò Frank, stranito. Era la prima volta che vedeva un capitano dare carta bianca alla sua squadra.
“Ho totalmente fiducia in voi. Inoltre, voi li avete visti giocare, io no.” rispose James, riponendo tutta la sua fiducia in Frank. Mai come in quel momento sentiva la mancanza di Sirius e Alice in squadra.
“Basta che poi non ti lamenti.” lo ammonì il portiere, minaccioso.
“Chiunque scegliate sarà all’altezza, lo so.” rispose James, sorridente, correndo via.
Ancora una volta, James si trovò con il fiato corto e il viso sudato. Gli altri studenti lo guardavano curiosi, chiedendosi perché Potter stesse correndo da tutto il pomeriggio. James decise di non farci caso, attraversò tutta la scuola di corsa, ma arrivò lo stesso in ritardo. Entrò nella stanza dove Lily lo aspettava in punta di piedi, pregando che la rossa non fosse già andata via e che non fosse troppo arrabbiata con lui.
“Scusa Lily, sono in ritardo lo so.” si scusò James, spaventato, la testa china sul pavimento.
“Solo di qualche minuto, nulla di grave.” rispose Lily, sorridendo, guardando curiosa il ragazzo visibilmente affaticato.
“Meno male.” sospirò James, lasciandosi cadere su una sedia per riprendere fiato.
“Dove eri finito? Hai il fiatone e sei tutto sudato. Calmati, sennò finisce che ti ammali.” esclamò Lily, guardando sorpresa il ragazzo.
“No, non mi ci vuole proprio. La McGranitt mi uccide.” disse James, spaventato all’idea di ricadere nelle ire della donna.
“Perché?” chiese Lily, ingenuamente, cercando gli occhi color nocciola di lui.
“Sono tornato in squadra, come capitano.” spiegò James, preparandosi ai commenti negativi o pessimisti della ragazza. Sapeva bene che Lily odiava con tutta se stessa il quidditch e che lo riteneva un’enorme perdita di tempo.
“Perdi tempo.” liquidò lei la questione, sbuffando.
“Prego?” chiese James, leggermente deluso dalle parole della rossa. Lo sguardo indagatore di James fece arrossire Lily.
“La squadra non ha praticamente possibilità e nessuno sano di mente tiferebbe per noi. Inoltre tu hai un sacco di lezioni da recuperare. Alla fine perderai l’anno, sarai distrutto e non avrai vinto lo stesso.” concluse lei, pratica, dipingendo un quadro davvero tetro ma anche parecchio realistico della situazione.
“Sei pessimista.” sbottò James, sorridendo. Lily rimase colpita da quel sorriso. Nonostante tutto fosse contro di lui, James credeva nella squadra e riusciva a ridere delle previsioni negative degli altri.
“No, sono realista. Alla prossima partita nessuno di Grifondoro verrà a vedervi giocare, lo sai?” chiese Lily, pentendosi quasi subito di avere usato quelle parole così dure.
“Non dall’inizio forse, ma alla fine saranno tutti lì a fare il tifo per noi. Li rinonquisteremo, lo so.” rispose James, sognante. Sembrava che i commenti negativi della rossa non riuscissero a scalfire il buon umore del ragazzo.
“Come fai ad essere così sicuro di te?” chiese Lily, sempre più stupita ed affascinata da James. Ogni giorno che passava la sua cotta peggiorava e lei si trovava sempre più spesso a chiedersi come sarebbe stato essere la sua ragazza.
“Così schifosamente pieno di me?” chiese James, ironico.
“Non volevo insultarti, solo capire cosa ti da la forza di non arrenderti e di continuare a credere nella squadra.” spiegò meglio Lily, rossa quanto i suoi capelli per essere stata fraintesa. Se James si stupì di quelle parole, si sforzò di non darlo a vedere.
“Beh, non lo so. Credo nell’amicizia, nel coraggio e nella tenacia. In questi anni abbiamo costruito qualcosa, e non sarà un unizio sfortunato a distruggere tutto.” spiegò lui con gli occhi fissi in quelli della ragazza. Lily dovette riconoscere che era davvero difficile non credergli e non fidarsi di lui. Avevano parlato solo per pochi minuti eppure anche lei che non capiva nulla di sport cominciava a credere che Grifondoro ce la potesse fare.
“Si, ma è quasi impossibile vincere il campionato.” sbuffò Lily, delusa all‘idea che le Serpi uscissero vincitrici da quella competizione.
“Vincere non è tutto, divertirsi e riconquistare il nostro pubblico è più importante.” mormorò James, sorprendendo con quelle parole la rossa. Non disse nulla, ma decise che lei alla partita contro Serpeverde ci sarebbe andata non tanto perché credeva che Grifondoro potesse vincere ma perché credeva in James.
“Mi hai lasciata senza parole, ora passiamo a pozioni. Se non passi il test della settimana prossima non credo che Lumacorno ti lascerà tempo per giocare.” disse Lily, ridendo.
“Che uomo viscido.” sbuffò James, strappando una risata alla rossa.
“Non è così male.” commentò Lily, prendendo le difese del professore. Nel corso degli anni aveva avuto modo di passare del tempo con lui e aveva capito che in fondo Lumacorno era fondamentalmente un vecchietto, molto solo, che cercava l’approvazione e l’amicizia di personalità importanti ed influenti per sentirsi qualcuno.
“Certo, per te che sei la sua cocca forse.” protestò James, imbronciato.
I due ragazzi andarono avanti a studiare per un’ora, fino a che Lily non si accorse che erano quasi le nove e che non avevano ancora mangiato. La rossa si congedò da James, che dichiarò di voler studiare ancora un po’, e corse via insieme agli altri.
“James, andiamo a cena. Vieni con noi?” chiese Sirius, avvicinandosi all’amico chino su libri, pergamene e boccette d’inchiostro.
“Andate avanti, arrivo tra poco.” disse James, impegnato, senza alzare la testa dalla pergamena. Sirius, preoccupato, lanciò un‘occhiata a Remus. Normalmente era lui quello che saltava i pasti e stava alzato fino a tardi a studiare, non James.
“Sicuro?” chiese Remus, anche lui preoccupato per l’amico.
“Certo, mi manca solo qualche riga di questo tema.” spiegò James, annuendo distrattamente senza staccare gli occhi dalla pergamena. Si trattava di un tema di incantesimi molto complicato su un argomento che lui si era perso.
“Non puoi finire dopo?” chiese Sirius, stupito da quell’improvvisa dedizione allo studio.
“Devo comunque aspettare Frank per parlare della squadra.” spiegò James, distrattamente.
“Come vuoi.” rispose Sirius, alzando le spalle ed allontanandosi prima che l‘amico ricominciasse a pregarlo di entrare in squadra. Non appena uscì dalla sala comune, Sirius fu affiancato da Alice, preoccupata come lui.
“Sta facendo troppe cose.” commentò la ragazza non appena Sirius e Remus si avvicinarono abbastanza per parlare. Sirius sospirò, senza dire nulla.
“Si, lo penso anche io.” annuì Remus, preoccupato. Nonostante James facesse del suo meglio per non darlo a vedere, si vedeva che era stanco, pallido e che non aveva tempo nemmeno per andare in bagno. Era questione di tempo e sarebbe di sicuro crollato.
“Capitano della squadra.. È una grandissima perdita di tempo.” sbottò Alice, maledicendo la McGranitt per l’infelice decisione di dare a lui il comando della squadra, Seba per essersi ritirato e la sua famiglia per avere fornito una scopa nuova a James.
“Il guaio è che ci sta dedicando tutto se stesso.” spiegò Sirius, preoccupato.
“Forse dovreste aiutarlo allora. Giocando intendo.” disse Remus, fissando i due cercatori che lo guardavano allibito. Chiaramente nessuno dei due ne aveva intenzione.
“Se non giochiamo la squadra si scioglie e James non rischia un esaurimento.” spiegò Sirius, alzando le spalle. Era difficile non farsi contagiare dall’entusiasmo di James e non volare insieme a lui, ma lo stava facendo per il suo bene.
“Non ne sono tanto sicura.” commentò Lily a mezza voce, alzando le spalle. La voce della rossa fece girare i ragazzi, incuriositi.
“Si invece, è praticamente da solo. Lui e quel battitore..” continuò Alice, convinta.
“Ti sbagli, ci sono anche Frank e Charleen.” mormorò Lily, lasciando tutti senza parole.

James accantonò esasperato il tema e decise di iniziare a fare pratica con qualche incantesimo arretrato fino a che non arrivarono Frank e Charleen. I due ragazzi avevano le facce soddisfatte. James ipotizzò che le selezioni alla fine dovevano essere andate meglio di quanto speravano.
“Allora?” chiese James, appoggiando la bacchetta.
“Missione compiuta.” rispose Charleen facendo il segno di vittoria con le mani.
“Bravissimi. Dannazione, non so come concludere il tema.” sbuffò James, lanciando un’occhiataccia alla pergamena, quasi sperando che si scrivesse da sola.
“Lascia, faccio io.” si propose Frank, sedendosi di fianco a James.
“Grazie Frank.” ringraziò James, grato che Frank lo aiutasse.
“Per così poco.” mormorò Frank, alzando le spalle. James stava facendo troppe cose e lui voleva davvero essergli d’aiuto perché riconquistasse un po’ di fiducia in se stesso, senza contare che conosceva il programma di incantesimi del sesto anno alla perfezione.
“Vuoi sapere chi sono i nuovi acquisti?” chiese Charleen, entusiasta.
“Certo, fuori i nomi. I due cercatori?” esclamò James, curioso.
“Una ragazza del quarto, Stephanie e Bob.” rispose Frank, distrattamente.
“Il tuo compagno di stanza?” chiese James, fissando il portiere chino sul suo tema.
“Si, è bravissimo.” assicurò Frank, sorridente. James annuì, convinto.
“Ne sono sicuro. Battitore?” chiese James, curioso di sapere chi aveva rimpiazzato Simon.
“Ora ti arrabbi.” avvisò Charleen, preoccupata.
“Chi è?” chiese James, allarmato dalle parole della ragazza.
“Quello dell’anno scorso..” mormorò Charleen con un filo di voce.
James strabuzzò gli occhi, stupito. Frank doveva davvero essere impazzito se aveva convocato di nuovo Mark in squadra.
“L’assassino che ha quasi ucciso Sirius?” chiese James, ironico.
“È l’unico abbastanza bravo e con abbastanza voglia di fare.” spiegò Frank, passando a James il tema finito. Anche lui all’inizio non era assolutamente d’accordo, ma Charleen aveva insistito e alla fine aveva dovuto darle ragione.
“Gli spiace un sacco per l’incidente e vuole riscattarsi.” continuò Charleen, con enfasi.
“Che ne pensa l’altro battitore, Luke?” chiese James, perplesso.
“Per lui va bene. Anche Simon è contento che sia Mark a sostituirlo” disse Charleen, raccontando a James di quanto già fossero affiatati Luke e Mark. Certo, non affiatati come Luke e Simon ma comunque molto bravi.
“Allora va bene anche a me.” mormorò James, alzando le spalle. Doveva fidarsi dei suoi compagni, oppure la squadra non sarebbe andata da nessuna parte.
“Andiamo a cena e facciamo un brindisi alla squadra?” propose Charleen, felice.
“Abbiamo una squadra, ancora non ci credo!” esclamò James, entusiasta. Solo quella mattina sembrava tutto perduto e invece ora era insieme al suo portiere e alla sua cacciatrice a festeggiare i nuovi cercatori e il nuovo battitore.
“Adesso ci serve solo una strategia ed un miracolo.” commentò Frank, sorridendo. Anche lui cominciava a credere davvero che il riscatto di Grifondoro fosse possibile.
“Basta una strategia, tu lascia fare a me.” assicurò James, sicuro di sé.
“Sicuro di avere abbastanza tempo?” chiese Frank, preoccupato.
“Ti ho mai deluso?” chiese James in risposta, spalancando la porta della Sala Grande.
Non ci volle molto ad individuare gli altri, seduti come sempre al solito tavolo.
“Ciao ragazze, scusate il ritardo.” esclamò Charleen sedendosi di fianco a Lily, mentre Frank prendeva posto vicino ad Alice e James vicino a Sirius.
“Di la verità, mi vuoi rubare il fidanzato?” chiese Alice, guardando male la compagna di stanza.
“Non potrei mai.” rispose Charleen, scoppiando a ridere.
“Io si, sai che sono geloso.” sbuffò Sebastian, fingendosi geloso di Frank.
“Scemo.” lo apostrofò Alice.
“Il tema?” chiese Remus a James, stupito che l‘amico lo avesse già terminato.
“Finito.” rispose il ragazzo, fissando Frank.
“Beh, e il brindisi che mi avevate promesso?” chiese Frank, fissando i due compagni di squadra. James e Charleen si guardarono e scoppiarono a ridere, prima di prendere i loro bicchieri in mano.
“Per cosa si brinda?” chiese Cristal, confusa, guardando le facce altrettanto confuse dei suoi compagni seduti al tavolo.
“Alla squadra, al nuovo capitano ed al miracolo.” esclamò Charleen, alzando il suo calice.
“Alla squadra.” risposero in coro Frank e James.
James credeva che senza Sirius non avrebbe concluso nulla ed invece aveva trovato un valido sostegno sia in Charleen che in Frank. Con l’entusiasmo di Charleen, il suo ottimismo e la tecnica di Frank James era sicuro che avrebbero vinto da coppa.
“Sei proprio deciso allora.” mormorò Remus a bassa voce, preoccupato.
“Remus, non ti ci mettere anche tu. Sai che sono testardo.” rispose in ragazzo, sorridendo.

La settimana corse veloce, soprattutto per James preso come era dalla squadra, dalle lezioni e dalle ripetizioni. Tutti non facevano che ricordargli che non aveva tempo ne speranze, ma lui andava avanti con l’appoggio di Frank, di Charleen e della squadra che sembrava ogni giorno più convinta che potevano farcela. L’umore di James, nonostante la stanchezza, era più contagioso che mai. Alla fine della settimana James ebbe il suo premio, il suo primo e tanto agognato appuntamento con Lily.
“Sei bellissima. Anzi, sei un sogno.” esclamò James, sognante, prendendo la ragazza per mano e conducendola verso un locale poco affollato dove poter parlare e bere qualcosa tranquillamente.
“Esagerato.” mormorò Lily, imbarazza da quel complimento che l’aveva fatta arrossire.
“Scherzi? Sono anni che non aspetto altro.” disse James, entusiasta di essere solo con la ragazza dei tuoi sogni. Erano anni che progettava quell’incontro tanto che aveva paura di dire anche solo una parola sbagliata e rovinare tutto.
“A dire il vero non credevo saresti venuto..” iniziò lei, preoccupata.
“Pensavi che mi sarei tirato indietro?” chiese James, sorpreso, fraintendendo le parole di Lily.
“No, che saresti stato troppo stanco.” spiego Lily, cercando di nascondere la preoccupazione dal suo viso. James a quelle parole alzò gli occhi al cielo.
“Non ti ci mettere anche tu, questo discorso l’ho sentito spesso ultimamente.” pregò James.
Nell’ultima settimana ogni persone che incontrava trovava il tempo per ripetergli che un illuso, un folle oppure un sognatore. Il meglio, o forse il peggio, lo aveva raggiunto quando Alice gli aveva dato dell’egoista, accusandolo di essere una continua fonte di preoccupazioni per lei. Quella frase lo aveva ferito, ma James aveva incassato quella frase senza dire una parola, ripetendosi che la cugina era solamente preoccupata per la sua salute.
“Hanno ragione a preoccuparsi per te. Sei stato male, molto male, e non ti sei ancora ripreso del tutto..” iniziò Lily, preoccupata. James la fissò a lungo, sorprendendosi a pensare che quando si preoccupava per lui era ancora più bella.
“Sto benissimo.” disse James, chiudendo la discussione con un sorriso che rinfrancò un po‘ Lily. Vedere James sorridere faceva bene al cuore tanto era contagioso.
“Il tuo fisico non è al massimo e non dovresti pretendere così tanto da te.” continuò Lily, testarda quasi quanto lui.
“Me la prendo con calma.” assicurò James, immaginando che la ragazza lo avrebbe contraddetto.
“Non è vero. Le lezioni, le ripetizioni, gli allenamenti, i compiti e le strategie. Quando ti prendi del tempo per te?” chiese Lily, ironica.
“Sono qui ora. Questo è decisamente tempo per me.” rispose James, sorridendo.
“Un giorno scoppierai.” disse Lily, portandosi le braccia ai fianchi.
“Fino ad allora, va bene così. Quando sarò vecchio avrò tutto il tempo per riposare.” scherzò James. Ridendo dell‘espressione buffa della ragazza.
“Se ci arriverai alla vecchiaia..” mormorò Lily, tetra.
“Sei pessimista.” la apostrofò James, facendole il solletico.
“Realista.” lo corresse Lily, arrossendo per la vicinanza dei loro corpi.

ANGOLO DELL'AUTRICE:
innanzitutto, grazie per essere arrivati a leggere fino a qui e grazie per le vostre rassicurazioni.
mi spiace se vi faccio penare per gli aggiornamenti, ma sto già facendo il prima possibile.
più di così proprio non riesco, mi spiace.
spero che vi vorrebe seguire lo stesso!

love_vampire: grazie milleee!
anche se  non è ancora tornato fisicamente sulla scopa, james ha ripreso il controllo della squadra! finalmente grifondoro può fare sul serio!
alice in questo capitolo è abbastanza insopportabile, almeno per me. povera, lei si preoccupa ma non si accorge che peggiora solo le cose!
con lily invece va tutto bene, e credo che presto andrà anche meglio!
regulus è stato la star dello scorso capitolo. in pratica ha motivato james a giocare senza dir nulla apertamente! grandioso!

malandrina4ever: grazie milleee!
l'idea della vendetta era passata anche nella mia testolina, ma visto che io so il futuro (di questa storia, non sono una veggente!) ho pensato di fare la brava.. almeno per adessO!
sono felice che ti sia piaciuto lo scorso capitolO!

stecullen94: grazie milleee!
innanzitutto, ben arrivata!
alla fine si, james ricorderà. il resto non te lo posso anticipare senno va a farsi benedire la sorpresa, no?

s i r i a _a n t _ 9 7: grazie milleee!
mi spiace averti causato un pomeriggio di lacrime. se ti può far stare meglio le tragedie dovrebbero essere finite.. credo!
per lily e la squadra, beh, la risposta mi sembra scontata..
:D

ilovejames97: grazie milleee!
sono stata un bel po' di tempo a riflettere sulla tua recensione ma non riesco a capire cosa intendi quando dici che tu regulus lo vedi diverso. :D
mi spieghi meglio?

missborchietta90: grazie milleee!
spero che questo capitolo ti piaccia!


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Capitolo 17
*** sconfitte e vittorie ***


CAPITOLO 15
SCONFITTE E VITTORIE

Man mano che la partita contro i Serpeverde si avvicinava James Potter era sempre più nervoso ed intrattabile. Certo, i compiti, le lezioni da recuperare e la poca fiducia che la sua casa riponeva nella sua squadra non miglioravano le cose, ma era soprattutto l’imminente partita a peggiorare le cose; tutto si sarebbe deciso in una manciata di ore.

Frank per scherzare aveva preso a chiamarla il grande evento, mentre Charleen l’aveva soprannominata la resa dei conti. James li fissava, sempre più incredulo per la fiducia che i due amici riponevano in lui.
I Serpeverde, dal canto loro, sapevano di averla già vinta e non la chiamavano proprio. Nessuno, fatta eccezione per la squadra, sembrava dare loro torto. Quando aveva preso a circolare la notizia che James Potter tornava in squadra, Regulus Black aveva fatto uno dei suoi perfidi ghigni e aveva comunicato al suo capitano che avrebbe giocato.
La situazione nella casa di Grifondoro era degenerata, tanto che persino Alice era quasi arrivata a fare il tifo per le Serpi. Dopo la discussione nella quale aveva dato dell’egoista a James, i due cugini non si erano più parlati.
“Prima vincono questo torneo, prima James la smette e si riposa un po’.” non faceva che ripetere Alice a Cristal.
“Sei arrivata a tifare per loro?” chiedeva ogni volta Cristal, scandalizzata. Certo, sapeva che l’amica non condivideva la scelta del cugino di giocare, ma le sembrava eccessivo il suo comportamento. Così facendo lo stava solamente allontanando la lei, senza contare che James aveva più che mai bisogno dell’aiuto di tutti loro.
“È per il bene di James.” diceva Alice, per chiudere il discorso, fissando il vuoto.
Lily di solito guardava le due, scettica e poco convinta. Dopo l’appuntamento con James, non si era quasi più visti a causa degli impegni di lui se non hai pasti o per le lezioni di recupero. Ogni volta che la vedeva o la incrociava per i corridoi lo sguardo di James, da stanco e tirato tornava ad essere quello vispo e vitale di sempre. Anche lei era convinta che l’impresa di James una pazzia, ma allo stesso tempo era stupita dalla sua determinazione.
Charleen invece non si pronunciava quasi mai sull’argomento quitticht perché non c’era mai quando ne parlavano. O meglio, da un po’ di tempo a questa parte Charleen non c’era più per quasi nessuno tranne che per Lily. Gli impegni della squadra la assorbivano completamente e le poche volte che era libera passava il suo tempo aiutando James a rimettersi pari con i compiti. Lily non la biasimava, anzi, cercava anche lei di aiutare James più che poteva. Più o meno lo stesso faceva Frank, tanto che il rapporto con Alice si era incrinato. La ragazza non era arrabbiata perché si vedevano poco quanto perché lui appoggiava James in quella che lei riteneva una pazzia. Frank portava pazienza, convinto che prima o poi Alice avrebbe capito quanto tutto quello fosse importante per James.
Remus guardava i due amici e si chiedeva perché lo facessero. Anche la determinazione di James per quella che appariva chiaramente un’impresa impossibile lo stupiva e allo stesso tempo lo rendeva fiero del suo amico. Inoltre il suo sesto senso aveva una brutta sensazione; sapeva che quella storia sarebbe certamente finita male per un motivo o per l’altro. Sirius invece non aveva cambiato idea sul giocare. Secondo lui, come per Sebastian, la squadra era un discorso chiuso; una perdita di tempo e di energie tanto che non voleva nemmeno parlarne. James alla fine si era rassegnato e aveva smesso di cercare di convincere l’amico, convinto che la sua squadra potesse vincere anche senza Sirius.
“Alla fine dovrai ricrederti, ne sono sicuro.” disse James una sera, convinto. Non era arrabbiato con il suo amico, anzi, era più che mai determinato a dimostrargli che si stava sbagliando a non credere in lui. Dopo tutto Sirius non stava certo facendo di tutto perché lui fallisse, come invece stava facendo Alice. Per quanto odiasse ammetterlo, Alice aveva toccato il fondo e l’aveva deluso profondamente.
“Stiamo a vedere, nel frattempo cerca di non finire di nuovo a San Mungo.” commentò Sirius, fissando l’amico divertito. Il ragazzo era più che mai deciso a non tornare nella squadra, non perché non credesse in James ma perché era giunto alla conclusione che l’amico avesse bisogno di farcela da solo, senza il suo aiuto.
“Tutti pessimisti.” sbuffò James, lasciandosi cadere sul letto con fare teatrale. Remus, seduto sul cornicione della finestra, sorrise di quella sceneggiata; per un attimo gli sembrò di essere tornato indietro di qualche anno, quando non c’erano problemi o segreti e i malandrini erano più uniti che mai.
“Chi altro ti ha previsto un esaurimento nervoso?” chiese Sirius, con aria interessata.
“Lily..” rispose James, arrossendo. Da quando aveva ritrovato la memoria James si era reso conto che la sua attrazione per la rossa era decisamente peggiorata, specie da quando la ragazza sembrava ricambiare le sue attenzioni. A volte mentre studiavano insieme aveva quasi la sensazione che Lily stesse cercando di provocarlo.
“La tua cara Lily?” chiese Sirius, divertito dall’espressione buffa dell’amico.
“Smettila.” borbottò James, imbarazzato, lanciando un grosso volume di storia della magia addosso al ragazzo mentre Remus, proprietario del libro, protestava rumorosamente.
“Sei tutto rosso, che tenero.” commentò Sirius, felice di poter passare un po’ di tempo a ridere con James come ai vecchi tempi. Certo, era stanco e pallido ma era comunque il suo migliore amico.
“La vuoi finire?” ringhiò James, vicino a perdere la pazienza.
“E tu, dichiarati..” sbuffò Sirius, sdraiandosi vicino a James.
“Dovrebbe prima trovare tempo.” si intromise Remus, saggiamente, avvicinandosi ai due ragazzi.
“Hai ragione, Lunastorta.” concordò Sirius, annuendo. Remus fissò il compagno di stanza, sorpreso; le volte che Sirius Black dava ragione a Remus Lupin si potevano contare sulle dita di una mano e puntualmente presagivano eventi nefasti.
“È una congiura?” chiese James, quasi esasperato.
“No, è vero. Non hai quasi tempo per andare in bagno, figurarti per dichiararti a Lily.” fece notare Remus, pazientemente.
“Per l’ultima volta, sto benissimo.” ripeté James, alzando gli occhi al cielo. Sapeva che i suoi amici si preoccupavano per il suo bene, ma stava cominciando a pensare che stessero esagerando. Persino sua madre alla fine si era rassegnata al fatto che fosse tornato in squadra. Nell’ultima lettera aveva scritto che in fondo se lo era aspettata e che aveva di sicuro preso da suo padre.
“Si, come vuoi.” commentò Sirius, riscuotendo James dal pensiero del padre. Ricordava tutto di lui, tranne il periodo immediatamente successivo alla sua morte. Gli mancava moltissimo, ma non riusciva a provare dolore, quasi avesse giù versato troppe lacrime di cui non ricordava nulla.
“Sei noioso, Remus.” sbuffò James, scacciando l‘immagine di suo padre sorridente che lo guardava volare sulla sua scopa. Charlus Potter amava volare, e coglieva ogni occasione buona per scorrazzare per i cieli insieme al figlio e al cognato; erano decisamente un trio strano ma affiatato, e qualche volta Alice andava con loro.
“Ha ragione, crollerai tra un po’.” disse Remus, dando ragione a Sirius.
“Ma no, abbiate fiducia in me.” disse James, abbozzando il sorriso per cercare di convincerli che stava veramente bene. Tutto quello di cui aveva bisogno per riprendersi erano dieci ore di sonno, ma sapeva bene che sarebbe stato davvero difficile riuscire ad ottenerle.
“Va bene, ma vai a dormire ora.” si raccomandò Sirius, preoccupato per il suo amico. Da troppo tempo non dormiva come si deve.
“Non posso, devo finire i compiti.” mormorò James, cupo. Scrivere un complicato tema di incantesimi in quel momento era l’ultima cosa che voleva fare, ma purtroppo doveva, pena un brutto voto, una punizione e il divieto di partecipare alla partita; la McGranitt l’avrebbe ucciso e Frank non sarebbe certo rimasto a guardare.
“Copiali da me, così ci metti meno.” disse Remus, cogliendo Sirius e James di sorpresa.
“Remus, sicuro di stare bene?” chiese James, preoccupato per l’amico. Era la prima volta che l’amico gli proponeva di copiare i compiti invece che obbligarlo a farli.
“Si, sei tu quello fuori di testa qui.” sbuffò Remus, annoiato, andando a letto.
La giornata successiva trascorse veloce come le precedenti. I ragazzi, ormai liberi dagli allenamenti passavano i pomeriggi a parlare, organizzare scherzi e fare programmi per le vacanze estive. Sirius, Remus, Lily, Cristal e Alice erano nella sala comune da quasi tre ore, mentre come al solito di James, Charleen e Frank non c’era nemmeno l’ombra.
“È una pazzia, una grandissima pazzia.” sbuffò Alice, esasperata. Cristal sospirò; sapeva bene a cosa si stava riferendo la sua amica.
“Per me stai esagerando. Vuole solo giocare, lascialo fare..” mormorò Sirius, calmo. Aveva capito che fare cambiare idea a James era inutile, così aveva deciso che avrebbe aspettato in silenzio fino a quando quella storia assurda fossa finita. Sapeva bene che quel giorno se tutto fosse andato male James avrebbe avuto bisogno di un amico, e lui sarebbe stato al suo fianco. Un fratello serve a questo, dopotutto.
“Possibile che tu non te ne renda conto? Ormai questa storia lo assorbe a tal punto che non ha più tempo per nessuno. Sono giorni che non parliamo.” riprese Alice, seccata.
Le parole della ragazza lasciarono i presenti di stucco, tanto che Remus e Sirius si scambiarono un’occhiata preoccupata prima di commentare.
“Beh, con me ci parla.” mormorò Remus, imbarazzato, dopo lunghi istanti di silenzio. Il ragazzo evitò accuratamente di guardare Lily e Cristal, ma riusciva a percepire che anche loro erano imbarazzate.
“Si, anche con me. È stanco, certo, ma il tempo per due parole lo trova.” spiegò Sirius, evitando lo sguardo di Alice. Non voleva certo essere lui a dirle che in realtà James la evitava volontariamente perché era rimasto molto ferito dal suo comportamento.
“Cosa volete dire?” chiese Alice, spiazzata dalle parole degli amici.
“Alice, non credo che James si sia allontanato da te perché non aveva tempo.” suggerì Lily, cercando di usare le parole giuste per non ferire l’amica.
“Si, beh.. Le tue parole lo hanno ferito.” completò Remus prima che Sirius poter aprire bocca. Decisamente Sirius, con il suo poco tatto, non era certamente la persona più adatta a spiegare ad Alice doveva aveva sbagliato.
“Ho solo detto quello che pensavo.” disse Alice, sulla difensiva.
“Gli hai dato dell’egoista perché non voleva fare quello che avevi deciso tu.” fece notare Lily, cercando di essere comprensiva. Sapeva bene che la ragazza lo aveva fatto perché era molto legata al cugino, ma il suo comportamento era stato lo stesso pessimo.
“Si, ma io..” cercò di obiettare la ragazza, subito interrotta da Cristal.
“Hanno ragione, pensaci Alice. Hai fatto lo stesso anche con Frank.” suggerì la ragazza, fissando negli occhi la sua migliore amica.
“Io volevo solo..” mormorò Alice, gli occhi pieni di lacrime. Improvvisamente si era conto che il suo carattere impulsivo e protettivo aveva finito con il ferire le due persone che considerava in assoluto le più importanti e che ora stava rischiando di perdere entrambi.
“Lo so, volevi solo il bene di James. Solo, a volte non ti accorgi che quando si parla di lui diventi troppo possessiva.” spiegò dolcemente Remus.
“Dite che dovrei chiedere scusa?” chiese Alice, fissando gli amici seduti intorno a lei; mancavano solamente Peter e Sebastian.
“Al tuo posto io lo farei.” disse Sirius, sicuro. Nonostante i mille difetti Sirius sapeva sempre chiedere scusa quando sbagliava; certo, succedeva piuttosto spesso, ma nessuno avrebbe potuto affermare il contrario.
“Sapete dove si trova ora?” chiese Alice, guardando intorno ansiosa.
“Al campo ad allenarsi o in biblioteca a studiare. Credo la prima.” suggerì Lily, sospirando. Trovare James non era certo un’impresa difficile. Trovarlo libero e disponibile per un pomeriggio di svago era invece un’impresa titanica, praticamente impossibile.
“Aspetta stasera, fa le cose con calma.” consiglio Cristal. Alice finì con il fare quello che le aveva detto la sua migliore amica e si ritrovò ad aspettare con ansia che arrivasse la sera, guardando l’orologio ogni cinque minuti.
“Ciao, cugino. Posso parlarti?” chiese Alice, non appena vide James comparire nella sala comune. Il ragazzo aveva ancora la divisa addosso e la sacca sulle spalle, ma si fermò lo stesso, evitando lo sguardo della ragazza.
“Credo di si, è una cosa lunga? Sai, sono un po’ stanco.” mormorò James, pallido e tirato. Non ci voleva certo un genio per capire quanto fosse distrutto e avesse assolutamente bisogno di dormire almeno qualche ora. Alice sospirò, e prese coraggio.
“No, voglio solo chiederti scusa..” disse Alice, fissando il pavimento con aria colpevole.
James ci mise qualche istante a realizzare le parole della cugina, sorpreso che la ragazza si fosse resa conto dei suoi errori e fosse tornata su suoi passi chiedendo scusa.
“Non c’era bisogno.” sospirò James, abbozzando un sorriso.
“Invece si, sono stata davvero troppo possessiva. Ma cerca di capirmi..” cercò di giustificarsi Alice, alzando lo sguardo ed incontrando gli occhi del cugino, luminosi come al solito.
La ragazza si perse in quello sguardo color nocciola, incredula; per quanto fosse stanco, James non riusciva a non trasmettere voglia di vivere ed entusiasmo.
“Lo so, eri preoccupata per me.” mormorò James, prevedendo quello che avrebbe detto la cugina. Sapeva che il suo comportamento era imprudente e che chi gli voleva era preoccupato per lui, ma allo stesso tempo voleva che loro capissero che non potevano pretendere che lui se ne restasse buono per tutto il resto della sua vita. C’erano delle persone che credevano in lui e che avevano bisogno del suo aiuto, e James non poteva certo deluderle.
“Ogni volta che penso alla partita mi immagino te che cadi dalla scopa. Non lo sopporterei, lo capisci vero?” chiese Alice, alzando lo sguardo sul cugino. James annuì appena, poi sospirò.
“Si, ma tu capisci che non posso passare tutta la vita a guardare gli altri vivere?” chiese James in rimando, fissandola dritta negli occhi.
“Lo so, questione chiusa?” domandò Alice, ridendo, sperando di chiudere lì il discorso.
“Certo, ma non per questo mi ritirerò dalla squadra.” avvisò James, serio. Alice sbuffò.
“Sicuro?” chiese Alice, sperando che il cugino cambiasse improvvisamente idea.
“Per favore, smettiamola qui. Non voglio litigare ancora.” sbuffò James, stanco dell‘egoismo della cugina; se avesse dato retta a lei si sarebbe dovuto rinchiudere in una stanza e non uscirne più, in modo da non farla preoccupare troppo.
“Avere opinioni diverse per te significa litigare?” chiese Alice, seccata.
James alzò gli occhi al soffitto, troppo stanco per continuare quella discussione.
“So solo che l’ultima volta mi sono preso dell’egoista e non voglio ripetere l’esperienza.” mormorò James. Alice improvvisamente capì che quelle parole lo avevano davvero ferito.
“Scusa, davvero.” sussurrò Alice, colpevole.
“Dai, basta. Piuttosto, hai visto la mia scopa nuova?” chiese James, guardandosi intorno. Alla fine gli zii e sua madre avevano mantenuto la loro promessa e la sua scopa nuova era finalmente arrivata al castello.
“Si, l’aveva Sirius prima.” disse Alice, alzando le spalle.
“Bella vero?” esclamò James, entusiasta. Suo zio come al solito aveva scelto la scopa migliore e nel biglietto di accompagnamento gli aveva scritto che doveva assolutamente vincere quella partita. Sembrava ancora parecchio distante, ma a James sembrava che stesse cercando di farsi perdonare per il comportamento che aveva tenuto a natale.
“Vorrei sapere che fine ha fatto quella vecchia..” sospirò Alice, pensierosa. La vecchia scopa di James era scomparsa misteriosamente dopo l’ultima partita della stagione precedente, probabilmente rubata da qualche serpe gelosa della vittoria dei grifoni.
“È sparita dopo la partita, credo. Non ricordo altro.” disse James, alzando le spalle.
“Lo so, la mia era una domanda retorica.” spiegò Alice, sorridendo.
“A proposito di quei mesi, sei sicura che non c’è nulla dovrei sapere?” chiese James, fissando con attenzione la cugina negli occhi. Quella domanda fece sussultare Alice.
“No, No.. Che dici?” balbettò la ragazza, ansiosa. Sapeva che avrebbe dovuto dire tutto a James, ma non ci riusciva; non voleva agitarlo o farlo arrabbiare.
“Non so, a volte ho come delle sensazioni.” spiegò James, grattandosi la testa.
“Ti stai sbagliando, te lo assicuro.” mormorò Alice, impacciata. Odiava mentire al cugino, ma non c’era altro modo.
“Sarà come dici tu. Vado a letto, sono stanco.” comunicò James, sbadigliando.
“Buona notte, cuginetto.” salutò Alice, abbracciandolo forte.
“Buona notte, piccola peste.” mormorò James sorridendo e ricambiando quella stretta, prima allontanandosi verso la propria stanza. Riuscì a fare solo qualche passo prima di essere travolto da una ragazza con un sacco di capelli ricci.
“Capitano, ti cercavo.” esclamò Charleen, al settimo cielo per avere finalmente trovato James.
“Dimmi tutto.” disse James, ricambiando il sorriso. Negli ultimi tempi la riccia, insieme a Lily, erano state le due che avevano fatto di più per lui.
“Hai bisogno di aiuto per i compiti?” chiese la ragazza, decisa a fare il possibile per aiutare il suo amico.
“No, sono troppo stanco. Credo che andrò a dormire.” rispose James, sbadigliando.
“Bravissimo, allora a domani.” salutò Charleen, augurandogli la buona notte.
“Buona notte Charleen, grazie per tutto quello che fai.” ringraziò James, abbassando la testa. Senza l’aiuto di Charleen, di Frank e della squadra non avrebbe potuto fare nulla.
“Io ci credo.” rispose Charleen, decisa. Quelle parole stupirono James.
“Come?” chiese James, confuso.
“Alice e Sirius si sbagliano, noi vinceremo. Ne sono sicura.” spiegò Charleen, con un sorriso contagioso sulle labbra.
“Buona notte, campionessa.” mormorò James, salendo piano le scale.

Il giorno della partita alla fine arrivò; si trattava di una domenica mattina come le altre, tranne per l’agitazione della squadra di Grifondoro. A colazione James si guardava intorno, come faceva sempre prima di una partita importante, ma ciò che vide ebbe il potere di deluderlo. Non c’erano bandiere, ne striscioni o grida di incitamento. Tutti i suoi compagni mangiavano a testa bassa, fingendo di non sentire i cori di Serpeverde. Tassorosso e Corvonero tifavano Serpeverde, i Grifondoro non tifavano proprio.
Nessuno, nemmeno Sirius, Alice e gli altri alla fine decise di venire a vedere la partita. La tribuna di Serpeverde era più rumorosa che mai, quella di Grifondoro era vuota. James entrò nello spogliatoio, agitato e crollò a sedere fissando il vuoto davanti a sé. Sembrava svuotato da qualsiasi emozione, incapace di fare anche in minimo movimento. Il tanto temuto crollo nervoso alla fine era arrivato.
“Torniamo al castello!” ordinò deciso alla sua squadra, ricevendo in cambio una serie di occhiate confuse.
“Prego?” chiese Frank, incredulo, parlando a nome di tutta la squadra.
“Hai deciso di lasciare?” chiese Charleen, confusa.
“Io, No.. Ma, insomma..” balbettò James, insicuro. Non sapeva nemmeno lui quello che gli stava passando per la testa, figurarsi se sarebbe riuscito a spiegarlo agli altri.
“Si, Charleen. Il nostro capitano, James Potter, ha parlato bene ma ha finito con il lasciarci nella merda.” scandì Frank, furente, sperando che le sue parole avrebbero potuto scuotere l‘amico e spingerlo a reagire.
“Che stai dicendo Frank?” chiese James, spaventato dalla reazione dell’amico.
“Solo la verità. Hai parlato bene, ma alla prima difficoltà lasci.” mormorò Frank, deluso, mentre il resto della squadra, compreso Simon, ascoltava ogni parola con il fiato sospeso senza dire nulla. La situazione era già abbastanza tesa così senza che ci si mettessero anche loro.
“La vedi quella tribuna? È vuota! Hai mai visto la nostra tribuna così vuota?” esclamò James, indicando a Frank le gradinate spoglie.
“Sapevi dall’inizio che era un’impresa folle.” rispose Frank, deciso, mettendo James di fronte alla realtà; forse era doloroso, certo, ma era necessario.
“Si, ma..” provò ad obiettare James.
“James ascoltami. Siediti, calmati e respira. Devi tornare in te e fare il capitano. Perché vedi, noi questa cosa la possiamo fare. Possiamo scendere in campo e vincere, ma tu ci devi essere. Non perché sei bravo, ma perché sei l’anima di questa squadra.” disse Charleen, scuotendo James per le spalle, dando così anche a Frank il tempo di calmarsi. Non serviva a nulla urlare con James in quello stato; serviva solo a peggiorare le cose.
“Ha ragione lei, capitano. Noi crediamo in te.” mormorò Stephanie a bassa voce.
“Hai fatto un miracolo rimettendo insieme la squadra e convincendoci che ce la possiamo fare. Ora che fai, crolli tu?” chiese Frank, abbozzando un sorriso. James si guardò intorno e vide un sacco di persone che credevano in lui, nonostante tutto.
“Sono un idiota.” esclamò James scuotendo la testa.
“Lo sappiamo. Anzi, a dire il vero io lo avevo previsto che avresti avuto un crollo nervoso. Solo, speravano non oggi.” mormorò Frank, passando un braccio intorno alle spalle dell’amico.
“Grazie Frank.” ringraziò James, con gli occhi lucidi.
“Smettila. Piuttosto, questa è l’ora del discorso di incoraggiamento.” disse Frank, cercando di cambiare argomento per non peggiorare l’umore del suo capitano.
“Forse dovrebbe farlo Charleen..” suggerì James, impacciato, fissando la ragazza negli occhi.
“Ho solo detto quello che pensavo.” disse Charleen, arrossita improvvisamente.
“Va bene, allora. Da che parte inizio?” chiese James, guardandosi intorno in cerca di ispirazione. I discorsi di incoraggiamento di solito erano il suo forte, anche perché la squadra non ne aveva mai avuto un gran bisogno.
“Dall’inizio, poi continua fino alla fine.” suggerì Bob, ridendo. James alzò gli occhi al soffitto e proseguì, ignorando la battuta del compagno di squadra.
“La nostra tribuna è vuota, nessuno è venuto a vederci perché nessuno crede che ce la possiamo fare. Persino i nostri più cari amici e parenti hanno speranze.” iniziò James, tetro, pensando a quella tribuna così desolatamente vuota; nemmeno Sirius, Remus, Alice e Peter erano venuti a vedere la partita. Guardò Frank e vide che nonostante cercasse di nasconderlo anche lui era triste per l’assenza delle persone a cui teneva di più.
“Non dovevi incitarci?” chiese Mark, tra l’incredulo ed il divertito.
“Fallo andare avanti, il pezzo forte di solito arriva dopo.” ribatté Frank, mettendosi comodo.
James lanciò uno sguardo alla sua squadra, cercando di indovinare il loro umore. Nessuno sembrava essere in quella stanza perché costretto, anzi, ognuno di loro sembrava davvero motivato ed impaziente di giocare.
“Abbiamo perso le prime due partite e per la prima volta nella storia siamo ultimi.” continuò James, serio, elencando i tanti fallimenti a cui era andata incontro la squadra quell’anno.
“La più grande disfatta di Grifondoro, come non fa che ripetere Minnie.” disse Frank, riferendosi alle occhiatacce che la professoressa McGranitt non faceva che mandare loro. Persino a lezione ogni occasione era buona per fulminarli con lo sguardo, ed incitarli a vincere. In particolare la donna non sembrava avere perso bene l’abbandono di Sirius, Alice e Seba, tanto che non faceva che affibbiare loro punizioni.
“Per essere primi e superarli dovremmo fare almeno 400 punti di vantaggio.” sospirò Luke, sconsolato; si trattava di un’impresa impossibile, mai riuscita da quanto Hogwarts esisteva.
“È una vergogna, ma non per i punti. A questo punto vincere non è la cosa più importante. Dobbiamo riprenderci i nostri tifosi.” disse James, deciso come in allenamento.
“Andiamo nella torre e li trasciniamo?” chiese Frank, curioso.
“No, Frank. Voglio che ognuno di voi scenda in campo e dimostri a tutti, presenti e non, che non hanno capito nulla. Serpeverde crede che la cosa più importante sia vincere e che il gioco di squadra sia inutile. Dimostriamo loro l’importanza dell’essere una squadra e che ci sappiamo divertire. I risultati verranno da soli e la nostra gente tornerà a fare il tifo per noi. Io ci credo, e prometto che non prenderò il boccino fino a che la mia squadra non avrà segnato almeno 300 punti!” esclamò James, sorridendo. Il ragazzo aveva ritrovato tutto il suo entusiasmo e la fiducia in se stesso. Quando aveva parlato con Regulus aveva capito ciò che differenziava le serpi dai grifoni ed era intenzionato a dimostrarlo a tutti.
I Serpeverde giocavano per la gloria, senza fare gioco di squadra; Grifondoro ci metteva il cuore, il coraggio e lo faceva soprattutto per il gusto di farlo e per fare gioco di squadra.
“Beh, se la metti così anche io vi prometto qualcosa; nessuno riuscirà a segnare, anche a costo di prendermi dei bolidi in faccia resterò in campo a proteggere gli anelli.” affermò Frank, sicuro. Quello era il momento della svolta; Grifondoro doveva vincere.
Era intenzionato a mostrare a tutti che lui ancora il portiere eccezionale dell’anno prima, e che insieme ai suoi compagni poteva tranquillamente recuperare un anno iniziato nel peggiore dei modi.
“Non prenderai bolidi in faccia, ma loro si.” promise Mark, brandendo la mazza da battitore in modo minaccioso. James e Frank avevano ragione, quella doveva essere la partita del riscatto. Gli era stata data una seconda possibilità per dimostrare alla scuola che lui non era solo il giocatore imbranato che ferisce i compagni, ma anche quello che li sa portare alla vittoria.
“Ci dovranno temere.” confermò Luke, deciso. Non ci sarebbe stato suo fratello forse, ma lui avrebbe vinto lo stesso.
“Ed i nostri cacciatori, cosa ne pensano?” chiese Frank, fissando Bob, Stephanie e Charleen. I ragazzi infatti fino a quel momento erano rimasti in silenzio ad osservare la scena, quasi intimoriti dalla sicurezza dei compagni. Loro non erano dei fuoriclasse, erano solamente la seconda scelta.
“Davvero credi che ce la possiamo fare?” chiese Stephanie, incerta.
“Scherzi?” chiese Frank, incredulo.
“Noi non siamo forti come Sebastian o Sirius.” sospirò Charleen, scoraggiata. Forse con i tre ragazzi in squadra sarebbe andata meglio.
“Ascolta Charleen, voi siete meglio di Seba e Sirius perché sapete fare gioco di squadra.” esclamò James, sicuro. Quando aveva visto i tre cacciatori in allenamento aveva realizzato che Frank aveva fatto la scelta giusta. Nessuno di loro spiccava particolarmente, ma insieme erano una vera forza della natura tanto che si muovevano veloci, evitando gli avversari e facendo passaggi precisi tanto da sembrare una cosa sola.
“Insieme siete imbattibili.” confermò Simon, deciso. Anche se non sarebbe sceso in campo era più che mai deciso a fare di tutto per incitare i compagni e portarli così alla vittoria.
“Siamo con James?” chiese Frank, alzandosi in piedi.
“Tutti con il capitano!” esclamarono i ragazzi in coro.
“La coppa sarà nostra.” promise Frank stringendo forte un pugno.
“Vedrete, in breve tempo saranno tutti lì a tifare per noi!” assicurò James, deciso.
Nel frattempo nella sala comune di Grifondoro tutti si guardavano tra loro, pieni di sensi di colpa. Era la prima volta che saltavano una partita ed era evidente che la cosa pesava a tutti. Persino i Tassorosso erano sempre scesi in campo, anche quando sapevano di non avere la minima speranza di vincere.
“Dovremmo essere là a vederli giocare.” sospirò Lily, triste. Aveva visto il viso stanco ma allo stesso tempo deciso di James in quelle settimane, e sapeva bene che il ragazzo non si meritava affatto una tribuna vuota. Si era impegnato a fondo per dimostrare che ce la poteva fare, ma nessuno sarebbe andato lì a dimostrargli che aveva capito il messaggio. Non era assolutamente giusto.
“È inutile, li umilieranno.” spiegò pazientemente Alice, quasi la cosa non la riguardasse. Remus la fissò incredulo; come poteva parlare della sua casa come se non gliene importasse nulla?
“Non potete saperlo.” ribatté Lily, decisa. Non se ne intendeva per nulla di sport, ma sapeva che se James e Frank ci credevano allora Grifondoro ce la poteva fare. Ne era sicura.
“È scontato. I migliori cercatori di Grifondoro sono qui.” mormorò Sebastian, alzando le spalle ed indicando se stesso, Sirius e Alice. Quelle parole fecero perdere le staffe a Lily; come potevano dichiarare di essere i migliori se rimanevano in una stanza senza nemmeno andare a vedere la partita?
“Siete solo dei codardi, avete paura di quello che diranno i Serpeverde. Io vado alla partita, anche da sola.” sbuffò Lily, chiudendosi la porta alle spalle senza aspettare risposta.
Pochi istanti dopo la porta sbatté ancora, e la ragazza intuì che qualcuno la stava seguendo.
“Aspetta Lily.” chiamò Remus, correndo verso la ragazza.
“Remus?” mormorò Lily, stranita.
“Vengo anche io.” spiegò Remus.
“Perché hai cambiato idea?” chiese Lily, curiosa.
“Beh, al mio posto James sarebbe di sicuro andato.” rispose Remus, pratico.
“Vinceranno, ne sono sicura.” disse Lily, decisa.
“Speriamo.” sospirò Remus.
Una volta arrivati sulla tribuna i due ragazzi la trovarono vuota fatta eccezione per un ragazzino con un braccio fasciato.
“Da questa parte, venite qui.” chiamò il ragazzino, sorridendo.
“Simon, giusto?” chiese Remus, studiando a fondo il compagno di casa. Da quello che gli aveva raccontato James Simon era rimasto insieme alla squadra anche se non poteva giocare, assistendo agli allenamenti, raccattando le pluffe e i bolidi a fine allenamento, aiutando James con i compiti e facendo da supporto morale.
Era incredibile, quel ragazzino da solo aveva fatto più di quanto avessero fatto lui e Sirius insieme pur senza scendere in campo.
“Si, il battitore infortunato.” annuì Simon, felice di non essere l’unico spettatore della partita. Era sicuro che fosse solo questione di tempo. James aveva ragione, alla fine sarebbero arrivati tutti a vederli giocare.
“Siamo gli unici, che tristezza.” borbottò Lily, delusa.
“È solo questione di tempo.” spiegò Simon, studiando a fondo la tribuna opposta già gremita di gente. Non sembrava agitato o deluso; credeva davvero alle parole di James e sapeva che si trattava solo di aspettare.
“Come?” chiese Lily, confusa.
“Appena iniziaranno a giocare arriveranno tutti. Vedrete, sono inarrestabili.” spiegò Simon, sicuro. Aveva visto giocare i suoi compagni e sapeva bene che le serpi non avevano speranza.
“Allora James ha fatto un buon lavoro.” commentò Remus, sorridendo, fiero del suo amico.
“James è eccezionale.” assicurò Simon, entusiasta.
“Non so come ha fatto a non crollare in queste settimane.” sbuffò Lily, preoccupata per il ragazza di cui si era accorta di essere irrimediabilmente innamorata.
“Beh, è crollato poco fa.” disse Simon, alzando le spalle mentre sui visi dei due compagni si disegnava un’espressione terrorizzata.
“Dici sul serio?” chiese Remus, pallido, imprecando silenziosamente. James alla fine era crollato, aveva avuto bisogno di loro e ancora una volta gli amici lo avevano lasciato solo.
“Non voleva scendere in campo.” spiegò Simon, tranquillo.
“E poi?” chiese Lily, ansiosa, aspettando che il ragazzo continuasse il racconto.
“Charleen, Frank e la squadra gli hanno fatto cambiare idea.” raccontò Simon, serio, ricordando le parole della ragazza. Charleen era stata davvero grande; in quelle settimane aveva già abbondantemente dimostrato di non essere la ragazza superficiale che sembrava, ma ogni giorno era una continua scoperta.
“Meno male.” sospirò Remus, sollevato che James si fosse ripreso.
“Avreste dovuto vederli, sono carichi. Serpeverde dovrà impegnarsi per vincere.” assicurò Simon, entusiasta.
Remus e Lily si scambiarono uno sguardo complice, poi tornarono a fissare il campo in attesa che i giocatori scendessero in campo e la partita potesse avere inizio.

Poco prima di scendere in campo Charleen lanciò un’ultima occhiata alle tribune, fissando incredula ciò che si trovava di fronte.
“Ehi ragazzi, guardata là.” urlò Charleen, facendo sobbalzare tutti quanti i compagni.
“Dove?” chiese Frank, precipitandosi a vedere.
“Sulle tribune, avanti guarda.” lo incitò Charleen, agitata.
“Charleen, non c’è nessuno. Solo Simon.” sbuffò James, indossando l’uniforme senza prestare troppa attenzione all’entusiasmo della ragazza.
“Guarda meglio.” sbuffò Charleen.
“Ha ragione lei, ci sono Lily e Remus.” esclamò Frank, sorpreso ed allo stesso tempo deluso che non ci fossero anche Sebastian ed Alice.
“Non possiamo perdere allora.” esclamò James, deciso, guardando lui stesso dove stava indicando la ragazza.
“Perché c’è la tua bella?” scherzò Frank.
“Smettila subito Frank.” disse James, rosso in viso.
Charleen e Frank si guardarono e cominciarono a ridere di gusto; il portiere aveva colpito nel segno.
“Avanti, tutti in campo!” ordinò James, deciso.
Come al solito la stretta di mano tra i due capitani sembrò tutto tranne che amichevole, ma nessuno sembrò protestare. Non si poteva certo pretendere che una Serpe e un Grifone andassero d’amore e d’accordo dopo tutto.
Una volta saliti sulle scope fu chiaro a tutti che non sarebbe stato così facile per Serpeverde portare a casa la coppa, anzi. I giocatori di Grifondoro erano veloci, precisi e determinati.
Ogni volta che una serpe prendeva la pluffa c’era sempre un cacciatore pronto ad intercettarla, un battitore pronto a lanciare un bolide o Frank pronto a parare. Persino James un paio di volta si era lanciato in una mischia di cercatori, confondendo i Serpeverde per permettere a Stephanie e Charleen di riprendere la pluffa. Regulus assisteva divertito a quelle assurde mischie, fregandosene della disperazione dei suoi compagni e della sua casa; a lui importava prendere il boccino e battere James, per il resto Serpeverde poteva anche perdere. James invece non prestava la minima attenzione al boccino intento come era a dare consigli alla sua squadra, mettendo in atto complicati schemi di attacco che doveva avere pensato di notte. Solo un paio di volte si lanciò all’inseguimento del boccino, giusto per assicurarsi che Regulus non lo prendesse. La prima volta si lanciò nella direzione opposta, portando il Serpeverde fuori strada; la seconda volta invece inseguì Regulus, lo superò e fece in modo che la piccola sfera d’orata potesse volare via. Il pubblico era in delirio, tanto che Tassorosso e Corvonero avevano preso a tifare per Grifondoro. La professoressa McGranitt era fuori di sé dalla gioia e Silente sembrava alquanto compiaciuto.
Le grida dal campo arrivavano fino al castello, tanto che molti studenti si erano alla fine decisi ad andare alla partita. In particolare negli ultimi minuti c’era stata una mobilitazione generale; tutta quanta Grifondoro si stava riversando allo stadio.
“Che sta succedendo?” chiese Alice, guardando confusa gli amici.
“Non lo so..” rispose Seba, alzando le spalle. Per quanto odiasse ammetterlo, anche lui era curioso di sapere quello che stava accadendo al campo.
“Ehi tu, dove vanno tutti?” chiese Cristal ad una ragazza del settimo anno che si era colorata il viso con i colori della casa dei grifoni.
“Al campo a vedere la partita.” rispose lei, come se quella fosse una risposta più che ovvia.
“Cosa?” chiese Sirius, incredulo.
“Grifondoro sta vincendo.” spiegò meglio la ragazza, sorridendo.
“Per quello che vale, siamo lo stesso ultimi.” sbuffò Seba, depresso.
“Invece no, se vincono con 400 punti di vantaggio vinciamo noi.” si intromise un ragazzo del primo anno con l‘aria di chi la sa lunga.
“Non dire schiocchezze, nessuno a mai vinto con 400 punti vantaggio..” sbuffò Alice, seccata.
“Lo dici tu, intanto stiamo vincendo per 200 a 0!” disse la ragazza con il viso colorato, allontanandosi verso il campo.
“Cosa?” chiese Cristal, incredula.
“Non è possibile.” commentò Sirius, stupito.
“Andiamo, forza.” esclamò Sebastian, deciso a vedere se quella era la verità.
I ragazzi corsero al campo, cercando di fare più in fretta possibile. Una volta arrivati scoprirono che era tutto vero.
“Remus, Lily!” chiamò Cristal, correndo vero i due ragazzi.
“Eccoli.” urlò Lily, indicando gli amici.
“Visto?” chiese Simon, sorridendo.
“Che sta succedendo?” chiese Alice, senza riuscire a staccare lo sguardo dal campo.
La squadra di Grifondoro era scatenata, ed i suoi giocatori erano talmente veloci che risultava quasi difficile seguire le loro azioni.
“È la partita più incredibile che abbia mai visto!” esclamò Remus, indicando il tabellone che segnava il punteggio: 250 a 0 per Grifondoro.
“Charleen ha fatto un sacco di punti, e nessuno è ancora riuscito a segnare a Frank.” disse Lily, entusiasta, fissando l’amica volare veloce verso la porta e segnare un fantastico punto.
“James?” chiese Sirius, cercando l’amico con lo sguardo.
“Si diverte a prendere in giro Regulus.” spiegò Simon, divertito, mentre James si prendeva gioco per l’ennesima volta della serpe allontanandolo dal boccino per lasciare giocare i compagni.
“Quanto siamo?” chiese Sebastian, incredulo. Non poteva essere vero; come diamine aveva fatto James a compiere un simile miracolo? Era davvero bastato il suo entusiasmo e la sua voglia di fare a trasformare una squadra sull’orlo del fallimento in una squadra di campioni?
“280 a 0.” rispose Remus, battendo le mani. Alle loro spalle la curva era scatenata ed aveva preso ad incitare la squadra con cori e canti. Serpeverde invece si era ammutolito.
“Accidenti, che fa James?” chiese Seba, seccato. Grifondoro stava vincendo, se James avesse preso il boccino allora la coppa sarebbe stava loro.
“Ha detto che non prenderà il boccino fino a che Grifondoro non avrà 300 punti di vantaggio.” spiegò Simon, riassumendo brevemente ai nuovi arrivati il discorso di incoraggiamento di James.
“Beh, manca poco allora.” commentò Cristal, alzando le spalle mentre Charleen segnava l’ennesimo punto per Grifondoro. Prima ancora che la curva smettesse di esultare Bob aveva già raddoppiato e James, inseguito a breve distanza da Regulus, si era lanciato all’inseguimento del boccino; era arrivato il momento di chiudere quella dannata partita, entrare nella storia e riscattarsi davanti a tutta la scuola.
Poco dopo la voce del cronista risuonò forte in tutto lo stadio, annullando definitivamente le speranze dei Serpeverde.
“JAMES POTTE PRENDE IL BOCCINO E GRIFONDORO VINCE LA PARTITA E A SORPRESA ANCHE LA COPPA!” esclamò il cronista, incredulo.
“Incredibile!” commentò Sebastian, scuotendo la testa. James era riuscito dove lui aveva fallito. Avrebbe dovuto fidarsi di lui e giocare.
Proprio mentre tutti stavano esultando, Sirius e Lily si accorsero che qualcosa non andava. James infatti era ancora a mezz’aria e non sembrava dare segno di muoversi;
“Oddio, James!” urlò Alice, spaventata, mentre James perdeva l’equilibrio; il ragazzo infatti stava inspiegabilmente cadendo dalla scopa. Prima che fosse troppo tardi Frank riuscì a prenderlo al volo, salvando la situazione. Il capitano era svenuto e sembrò riprendersi solamente una volta toccato terra. Non appena si rese conto di quanto era successo James fece un segno verso la tribuna, per rassicurare la cugina e gli amici. Alice tirò un sospiro di sollievo e lo stesso fecero gli altri. Solo Sirius sembrava pensieroso; un brutto presentimento gli diceva che presto ci sarebbero stati guai.
“Ehi amico, tutto bene?” chiese Frank una volta nello spogliatoio.
“Si, credo.” mormorò James, ancora scosso.
“Che è successo?” chiese Charleen, sedendosi vicino a lui.
“Non lo so, un giramento di testa.” rispose James, prendendo la testa tra le mani.
Improvvisamente di nuovo tutto divenne nero e James dovette appoggiarsi al muro per non cadere.
“Ci sei?” chiese Frank, spaventato.
James cercò di rispondere, ma la voce gli morì in gola. Intorno a lui vedeva un sacco di immagini sfuocate di gente arrabbiata, che urlava. Stavano litigando con qualcuno che disprezzavano ma lui non riusciva a capire di chi si trattasse; chi era quel ragazzo? Perché tutti lo odiavano e ce l’avevano con lui? Che diamine aveva fatto di tanto grave?
“James, ci dici qualcosa?” implorò Charleen.
Il ragazzo aveva di nuovo perso i sensi. Non appena aprì gli occhi, fulminò gli amici con lo sguardo.
“Sto cominciando a spaventarmi.” avvertì Frank, ad un passo dall’andare a chiamare i professori.
“Mi avete mentito..” mormorò James, con il groppo il gola. Improvvisamente tutto era diventato chiaro; era lui quello che tutti loro odiavano. Gli avevano mentito da quando era uscito dal coma. Si erano presi gioco di lui e della sua buona fede. Chissà quante risate si erano fatti alle sue spalle in quei mesi.
“Che dici, James?” chiese Charleen, spaventata.
“Non voglio più vedere nessuno di voi, sparite dalla mia vita.” urlò James, fuori di sé.
Frank e Charleen cercarono di dire qualcosa, ma ancora una volta il cercatore li precedette.
“Come avete potuto mentirmi così?” chiese James, prima di andarsene sbattendo la porta.
“Dannazione.” imprecò Frank tirando un pugno al muro, mentre i ragazzi entravano nello spogliatoio. C’erano tutti. Alice, Sirius, Simon, Remus, persino il piccolo Peter; mentre Lily, con Cristal e Seba chiudevano il gruppo.
“Ehi ragazzi, dove si è cacciato il nostro campione?” chiese Alice, guardandosi intorno alla ricerca del cugino per fargli i complimenti.
“Fate un’altra domanda, meglio..” sospirò Charleen, depressa.

ANGOLO DELL'AUTRICE:
innanzitutto chiedo perdono per la lunga assenza, sperando che questo altrettanto lungo capitolo addolcisca un po' il tutto!
ringrazio chi ha commentato e chi commenterà e visto che è tardi e che domani ho un colloquio importante passo subito a rispondere ai commenti!

STECULLEN94: grazie milleee!
partita vinta, eccome se l'ha vinta. con Alice ammetto di avere dato il peggio di me, Sirius invece qualche punto lo ha riguadagnato.. almeno fino a che James non ha ritrovato completamente la memoria.
da quel momento in poi credo che di punti ne abbiano persi parecchi tutti!

LOVE_VAMPIRE: grazie milleee!
eh si, lo ammetto.. Alice l'avrei presa a schiaffi anche io.
Lily invece è sempre più presa, innamorata e carina con James-
piaciuta la partita?

MALANDRINA4EVER: grazie milleee!
ma no, non uccidere tutti.. almeno qualcuno salvalo senno che scrivo io?
la squadra direi che si è riscattata, solo che James ha ritrovato la memoria.

ILOVEJAMES97: grazie milleee!
beh, in questa storia non ci sarà grande spazio per Regulus.
nell'altra storia che sto scrivendo, quella più lunga, diciamo che si riscatta abbastanza e fa una fine decisamente più piacevole che nel libro; se hai voglia vai a dare un'occhiata!

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Capitolo 18
*** rimettere insieme i pezzi ***


CAPITOLO 16
RIMETTERE INSIEME I PEZZI


James vagava da ore nel giardino del castello come un’anima in pena, solo. La sua improvvisa sparizione non era certo passata inosservata dopo la fine della partita, ma a lui non importava più di tanto; l’intera casa di Grifondoro lo cercava per congratularsi con lui e brindare insieme per la partita, ma questo non costituiva certo un ottimo motivo per farsi vedere in giro.
James non voleva vedere nessuno ma allo stesso tempo desiderava che lo cercassero dimostrando così di tenere a lui. Voleva delle spiegazioni, certo, ma allo stesso tempo sapeva che non avrebbe permesso a nessuno di parlare tanto era furioso. Non riusciva a smettere di pensare alle menzogne, a tutte quelle cose non dette e a tutto il male che gli avevano fatto in quegli ultimi mesi. Quello di cui aveva veramente bisogno era sfogarsi, poter urlare al mondo la sua rabbia per essere stato tradito da persone nelle quali aveva sempre riposto una fiducia cieca, persino quando non ricordava nulla.
Il Cercatore sospirò, si guardò appena intorno e continuò a camminare senza prendere una direzione precisa. Dal punto in cui si trovava si intravedeva appena lo stadio e le urla, di rabbia per Serpeverde e di gioia per Grifondoro, arrivavano deboli come sussurri lontani.
“Ehi, ragazzo..” chiamò un voce alla spalle di James, facendolo sobbalzare.
Subito il ragazzo si voltò, pronto ad aggredire il nuovo venuto. Aveva già la bocca aperta ed i pugni stretti ma si bloccò quando vide che si trattava di Silente. Inspiegabilmente il vecchio preside non era nel suo ufficio o fuori dallo stadio ad osservare divertito i festeggiamenti, ma era lì in compagnia di un visitatore girato di spalle.
“Preside?” mormorò James, perplesso, cercando di capire chi fosse l‘ospite misterioso e soprattutto cosa avesse spinto i due uomini ad andarlo a cercare fin quasi nel cuore della Foresta Proibita. Il ragazzo guardò meglio l’uomo voltato di spalle, curioso. C‘era qualcosa in lui che lo faceva sembrare familiare, ma James non avrebbe saputo dire con precisione di cosa si trattava.
“Ci sarebbe una visita per te, James.” disse il vecchio insegnante, sorridendo ed indicando l‘uomo che sembrava tenersi volontariamente a distanza.
“Non credo di volere vedere nessuno, almeno per adesso.” rispose James, cupo, distogliendo lo sguardo dal visitatore.
Il Preside sospirò, paziente. Probabilmente sapeva tutto. Lo aveva sempre saputo eppure era rimasto a guardare anche lui, forse scommettendo con gli altri insegnanti circa quando sarebbe caduto. Subito James si pentì di quel pensiero tanto cattivo. Probabilmente Silente aveva sempre saputo tutto, ma si era tenuto volontariamente in disparte, pronto ad intervenire quando lui ne avrebbe avuto più bisogno.
“Nemmeno un vecchio zio che si sente tanto idiota?” chiese una seconda voce appartenente all‘uomo girato di spalle, che James finalmente riuscì a riconoscere. Si trattava di Robert, il padre di Alice, il fratello di sua madre, quello zio che si era dileguato da qualche mese a quella parte e che aveva deciso di ricomparire solamente nel momento peggiore. La sua presenta irritò ancora di più James, facendolo diventare paonazzo per la rabbia; tra tutte le persone che desiderava non vedere, lui era decisamente ai primi posti. James sospirò, cercando di mantenere la calma, finendo con il fallire miseramente.
“Fammi capire, non ti fai vedere per mesi, poi compari sorridendo ed io dovrei correre da te dimenticando quanto sei stato stronzo?” urlò James, dimenticandosi di essere nel bel mezzo del parco della scuola a pochi passi dal Preside, che tuttavia sembrava divertito da quel siparietto. Lo zio sospirò, per nulla spaventato dalla sfuriata di James. Conosceva bene il ragazzo e si era aspettato una reazione del genere. Aveva pienamente ragione, il suo comportamento era stato pessimo.
Silente, fermo sulla sua posizione, guardava i due divertito chiedendosi quanto sarebbe durata quella sfuriata. James aveva bisogno di sfogarsi, per questo aveva chiamato Robert subito dopo la partita. Parlare con qualcuno che James amasse quasi come un padre lo avrebbe fatto calmare e tornare la persona solare che era prima di quel drammatico incidente. Quando aveva visto comparire il preside nel salotto di casa sua, Robert si era spaventato, intuendo che doveva essere successo qualcosa a James. Il vecchio preside non si era fatto pregare ed aveva subito raccontato di come il ragazzo doveva aver ricordato tutto durante la partita, per poi sparire subito dopo. Silente non aveva aggiunto altro, ma Robert aveva capito cosa doveva fare; parlare con James e farlo ragionare era una cosa che poteva fare solamente lui. Ora che lo aveva di fronte, deluso, arrabbiato e solo, l’uomo ne era sempre più convinto.
“Ho sbagliato, lo so. Soffrivo come un cane. Tuo padre mi mancava troppo e tu me lo ricordavi in tutto. Guardarti in faccia e starti vicino faceva troppo male.” cercò di spiegare Robert, fissando con insistenza il pavimento. Avrebbe voluto dire molte altre cose, ma le parole gli erano morte in gola. Non era riuscito a dire a James quanto fosse dannatamente simile a suo padre e di quanto Charlus ne fosse sempre stato fiero.
James guardò a lungo lo zio, sorprendendosi nel vedere nei suoi occhi una sofferenza infinita. Forse la stessa che stava provando lui in quel momento, tradito da Sirius e dalle persone a cui voleva in assoluto più bene. Si ritrovò a pensare che suo padre era sempre stato il miglior amico di suo zio anche prima che conoscesse e sposasse sua madre e che anche per lui non dovevano essere stati uno scherzo quei mesi.
“Avevo bisogno di te. Anzi, forse anche ora ho bisogno di te..” esclamò James, lasciandosi cadere a terra con la schiena appoggiata ad una sequoia secolare. Lentamente la rabbia nei confronti dello zio iniziò lentamente a diminuire per lasciare il posto ad un tristezza indefinibile ed infinita. Robert sembrò intuire questo cambiamento e si avvicinò al nipote, appoggiando una mano sulla spalla del ragazzo. A quel punto Silente capì che era arrivato il momento di andarsene, lasciando soli e due. In meno di un istante sparì, silenzioso e discreto come solo lui riusciva ad essere.
“Mi sono comportato da egoista ma ora sono qui, promesso. Sai che sei stato bravissimo in campo? Sono davvero orgoglioso di te.” sussurrò Robert, con la voce rotta e tremante per vie dell’emozione. James apprezzò molto che lo zio non avesse detto una frase strappalacrime tipo, tuo padre sarebbe stato fiero di te.
Il giovane cercatore chiuse gli occhi, di colpo pieni di lacrime, e cercò di schiarirsi la voce per mascherare quel groppo in gola che lo aveva colto all’improvviso.
“Facciamo due passi?” chiese James, aggrappandosi al braccio dello zio. Improvvisamente la presenza dello zio non era più fastidiosa ma rassicurante. Averlo lì lo faceva sentire infinitamente meno solo. L’uomo lo fissò, cercando sul suo volto del ragazzo tutti i segni di quella lunga giornata, poi si schiarì a sua volta la voce.
“I tuoi amici vorranno festeggiare con te la la vittoria..” iniziò Robert, cupo, senza muoversi di un passo. Silente gli aveva raccontato a grandi linee quello che era successo dopo la partita e voleva cercare di aiutare James a chiarirsi con gli amici. Mai come in quel momento, quando aveva appena ricordato e realizzato la morte del padre una seconda volta, aveva bisogno di loro anche se non riusciva ad ammetterlo nemmeno con se stesso.
“Si, ma io non li voglio vedere.” rispose James secco, voltando le spalle e lanciando lontano un sasso che si perse nel bel mezzo della foresta proibita.  
“Mi racconti cosa è successo, campione?” chiese Robert passando un braccio intorno alle spalle del nipote. James alzò le spalle. Nonostante cercasse di non darlo a vedere era chiaro che era sconvolto e ferito. Si sentiva abbandonato, tradito. Aveva perdonato suo zio, ma non sarebbe stato altrettanto tenero con gli altri. Non con Alice e Sirius almeno, i due che erano riusciti a fargli più male.
“Alla fine mi sono ricordato ogni cosa, tutto qui.” spiegò James, cercando di impedire a quelle stupide lacrime di riprendere a bagnargli il viso. Fu un tentativo inutile e ben presto James si ritrovò a singhiozzare.
“Fa male, vero?” chiese Robert, serio. James annuì, lentamente. Non riusciva ad aggiungere altro, non ne aveva la forza.
“Ti sembrerò una femminuccia ma non riesco proprio a smettere di piangere.” ammise alla fine James, asciugandosi gli occhi con la manica della veste.
Lo zio lo tirò a sé, e lo strinse forte. James si sorprese di quel gesto ma si abbandonò quasi subito a quella stretta così familiare e paterna.
“Tranquillo, sfogati. Fa bene, sai?” sussurrò Robert all’orecchio del nipote, trascinandolo verso il castello. James non capiva dove lo zio lo stesse portando, ma si lasciò guidare.
Improvvisamente aveva sentito il bisogno di riprendere a fidarsi di qualcuno.
Una volta arrivati di fronte al portone principale lo zio lo spinse, entrando nell’atrio dove Silente stava parlando a bassa voce con alcuni professori. Tutti sembrarono stupiti e sollevati di vedere che James era tornato e si zittirono non appena i due nuovi arrivati si avvicinarono. Tra loro c’erano anche la McGranitt e Lumacorno, ma nessuno dei due sembrava avere troppa voglia di parlare della partita appena terminata.
“Albus, porto il ragazzo fuori dal castello.” avvisò Robert, ricevendo subito un silenzioso gesto di assenso da parte dell’anziano preside.
“Albus, non è pericoloso?” chiese subito la McGranitt, preoccupata. James si sorprese nel vedere la donna, normalmente glaciale e altera, così preoccupata per lui. In lontananza si sentivano chiaramente i canti festosi della sua casa, ma alla donna sembrava non importare. Per la prima volta da quando ne era stata nominata direttrice, Minerva McGranitt ignorava una vittoria della sua casa, troppo preoccupata per uno dei suoi ragazzi.
“Tranquilla Minerva, è con me.” assicurò Robert, tranquillo. Silente diede nuovamente il suo silenzioso assenso ed i due sparirono dalla vista del gruppo di professori.
“Dove andiamo?” chiese James, curioso, seguendo lo zio senza perderlo di vista.
Senza che il ragazzo si fosse riuscito a spiegare come fosse stato possibile, era tornato tutto come prima del suo incidente e della morte di suo padre. In suo Zio Bob aveva ritrovato un fratello, un amico, un confidente ed un compagno di avventure. Un punto di riferimento insomma.
“Tu fidati.” rispose Robert, vago, sorridendo tristemente tra sè. Anche se non lo diceva apertamente era evidente che il suo pensiero era volato a Charlus. Il ragazzo annuì, serio.
“Mi basta andare lontano da qui.” mormorò James, imbronciato. Era bastato ripensare alla partita perché gli fossero tornate alla mente tutte le bugie che gli avevano raccontato e perché la rabbia tornasse a farsi sentire.  
Robert condusse il nipote fino a fuori dal cancello della scuola senza aggiungere nulla, per poi materializzarsi alla porte di un bosco fitto che James non riusciva a riconoscere.
I due uomini camminarono a lungo, in silenzio prima che uno dei due si decidesse a parlare.
Solo quando vide una roccia ovale Robert si fermò e James capì dove erano finiti. Suo padre gli aveva spesso raccontato di quel posto. Diceva che era lì che lui e Bob avevano vissuto insieme i momenti più belli e più brutti della loro vita. Il ragazzo vide l’uomo accomodarsi alla meglio su un sasso a poca distanza da una pozza d’acqua e subito lo imitò. James intuì subito che stare lì per lo zio, senza il suo storico compagno di malefatte doveva essere terribile. Proprio come era per lui pensare ad un futuro senza Sirius ma con la differenza che Sirius era ancora vivo. Forse un po’ stronzo ed insensibile, ma tutto sommato vivo.
“Tu non li odi.” disse alla fine Robert, cercando di scacciare dalla mente i ricordi del suo migliore amico. Qualsiasi cosa in quel luogo gli parlava di Charlus, in particolare il viso insieme triste ed imbronciato di James. Essere lì era doloroso, ma lui doveva farlo per il bene del suo adorato nipote. Lo doveva al suo migliore amico. Non poteva più fare nulla per il suo migliore amico, ma almeno poteva occuparsi di suo figlio.
“Infatti, li detesto.” Ribatté James, accigliato. Robert sospirò. Sapeva che il nipote aveva la testa dura, proprio come suo padre e sua sorella Dorea. Il pensiero di quella somiglianza riuscì a strappargli un sorriso che stupì James, seppure per qualche istante solo.
“No, ora sei solo arrabbiato. È normale. Loro hanno avuto tempo di superare la cosa, tu No.” spiegò con pazienza lo zio. James ci rifletté per qualche istante, prima di ribattere nuovamente. Le parole dello zio avevano un senso, eppure non voleva neppure provare a trovare loro una giustificazione. Era infantile, ma non voleva giustificarli. La paura che potessero mentirgli ancora era troppo forte. Per quanto stupido suonasse, voleva avere ragione senza condizioni.
“Lily mi odia, Sirius mi disprezza e Alice mi ha mentito. La mia vita fa schifo.” dichiarò, sconfitto. Non gli importava se lo zio aveva ragione, lui guardava solo ai fatti. I suoi amici avevano dichiarato di volergli bene, poi lo avevano tradito.
“Andiamo James, non essere così teatrale..” esclamò Robert, alzando gli occhi al cielo.
“Ah, dimenticavo la parte più bella; mio padre è morto.” aggiunse James, lanciando lontano un sasso e colpendo di striscio un innocuo gruppo di castori che corsero via offesi.
“Lo so, ragazzo. Non è difficile solo per te, ricordi?” mormorò Robert, distogliendo lo sguardo per nascondere le lacrime.
“Scusa..” biascicò James, imbarazzato. Nel vedere il viso addolorato allo zio al pensiero di suo padre, James capì quanto era stato stupido qualche mese prima a pensare che solo lui aveva il diritto di soffrirne.
“Non importa, sfogati.” disse lo zio, sorridendo.
James aprì la bocca per sfogarsi e tirare fuori tutto il dolore che aveva dentro, ma una voce che sembrava provenire dalla sua tasca lo interruppe ancora prima che potesse cominciare a parlare.
“James, rispondi.” chiamò Sirius, spaventato. James alzò gli occhi al cielo e prese a sbuffare.
“Cosa?” chiese Robert, guardandosi intorno frenetico senza capire da dove veniva quella voce e soprattutto di chi fosse.
“Lo specchio..” rispose James, indicando la tasca della veste nella quale c’era lo specchio gemello con il quale lui e il suo migliore amico erano soliti comunicare.
“Me lo ricordo bene. Non rispondi?” chiese Robert, sorridendo. Conosceva bene quegli specchi perché anche lui e Charlus li avevano usati parecchio tempo prima. Erano stati proprio lui e Charlus a donarli ai due ragazzi, per continuare la tradizione di scherzi e punizioni che avevano iniziato loro anni addietro.
“Non ho voglia di sentirlo. Non ora, almeno.” sbuffò James, allontanando lo specchio dalla sua vista. Vederlo voleva dire soffrire, ricordare quello che aveva da poco perso.
“Prenditi il tempo che ti serve.” consigliò lo zio. James sospirò, pensieroso.
Dallo specchio venne ancora la voce di Sirius, più debole e spaventata di prima.
“James, sono una merda. Lo so che mi odi, ma io ho una paura fottuta. Parla, ti prego. Dimmi che non hai fatto pazzie..” implorò Sirius, la voce rotta. Sembrava sul punto di scoppiare a piangere. Anzi, qualcosa gli diceva che forse il suo migliore amico stava già piangendo ed era terrorizzato.
“Che cosa sta dicendo?” chiese James, guardando Robert sconvolto. Lo zio sospirò, grattandosi la testa indeciso sulle parole da usare.
“Beh, mettiamola così; nessuno sa di preciso come si sia svolto il tuo incidente..” disse alla fine lo zio, scegliendo con cura le parole per evitare che il ragazzo si mettesse ancora sulla difensiva e scappasse anche da lui.
“Credono che mi sia suicidato?” esclamò James, incredulo. Quella frase suonava talmente assurda che gli sembrava incredibile che l’avesse detta proprio lui e ancora più folle gli sembrava che qualcuno avesse potuto credere all’ipotesi del tentato suicidio.
“Sapevo bene che non era così, ma è lo stesso bello sentirtelo dire.” sospirò Robert, visibilmente sollevato. James sbuffò, di colpo di nuovo furente.
“Ma che diamine è passato per la testa a tutti?” si chiese James, passando dall’incredulità alla rabbia; possibile che nessuno avesse fiducia in lui? Se persino i suoi amici e la sua famiglia avevano creduto a quella assurda voce voleva dire che nessuno lo conosceva veramente, oppure che negli ultimi tempi doveva avere perso veramente il senno.
“Hai idea di cosa abbiano passato i tuoi amici e la tua famiglia mentre eri in coma? Non credi che abbiano già pagato abbastanza le schiocchezze che hanno detto?” cercò di farlo ragionare Robert, saggiamente. James sospirò, soppesando con cura le parole. La sua parte razionale sapeva bene che lo zio aveva ragione, ma dentro di lui c’era una parte più istintiva che non voleva saperne di calmarsi.
“Beh, si.. Ma come la metti con me? Dovrei stare buono, zitto e fingere che non mi abbiano mentito e che la mia vita sia perfetta?” esplose James, dando sfogo alla sua rabbia. Lo zio sospirò, soppesando nuovamente le parole.
“Hai tutto il diritto di essere arrabbiato e di volere delle spiegazioni. Solo, vedi di non esagerare.” consigliò Robert, per nulla turbato dall’aggressività del nipote. Dopo tutto ne aveva tutto il diritto.
“Ho capito, sono già stato abbastanza teatrale.. Grazie zio, per tutto.” mormorò alla fine James, sorridendo. Parlare con lo zio alla fine gli aveva fatto bene, come tutte le altre volte.
“Grazie a te per avermi rivolto ancora la parola nonostante tutti i miei sbagli. Se hai perdonato me puoi perdonare anche loro.” disse Robert, felice di essere riuscito a strappare un sorriso al ragazzo. Il ragazzo guardò severo lo zio, riflettendo seriamente sulle sue parole.
“Vuoi una risposta?” sbuffò James, imbronciato. Un conto era dire che lo zio aveva ragione, un altro perdonare Sirius, Alice, Lily e gli altri così su due piedi.
“No, ma promettimi che ci pensi.” ribatté Robert, testardo quanto il nipote.
James sospirò, poi annuì lentamente solamente dopo averci pensato su per un bel po’. Robert, soddisfatto, lo riportò al castello dove la professoressa McGranitt ancora attendeva con trepidazione, ingannando l’attesa punendo i Serpeverde che violavano il coprifuoco.

La Casa di Grifondoro nel frattempo era in agitazione per molti motivi, primo tra i quali la stracciante vittoria che aveva permesso a sorpresa di vincere la coppa. Il motivo che agitava i Malandrini, tuttavia era diverso ed aveva a che fare con la sparizione di James.
Remus fissava attonito Sirius che non faceva altro che urlare nello specchio da ore, senza avere nessuna risposta. Dall’altra parte proveniva solamente un fastidioso silenzio che metteva in crisi Sirius e che metteva agitazione gli altri malandrini.
“Allora?” chiese Remus, ansioso, mentre Charleen e Sebastian entravano nella stanza seguiti a ruota dagli altri. Alice e Lily entrarono per ultime, senza guardarsi in faccia. La rossa andò subito a sedersi vicino a Charleen, che guardò male l’altra ragazza.
Remus sospirò, guardando prima Seba e poi Frank. Non ci voleva certo un genio per capire che Charleen e Lily dovevano avere litigato con Alice. Non era nemmeno difficile indovinare il motivo della lite, ma il ragazzo preferì non fare commenti. C‘erano già abbastanza problemi senza aggiungerne altri.
“Non risponde.” sbuffò Sirius, lanciando lo specchio sul letto. Se avesse seguito il suo istinto lo avrebbe mandato ad infrangersi in mille pezzi contro il pavimento, ma poi non avrebbe più saputo come contattare l’amico per accertarsi che stesse bene.
“Dannazione, è sparito da troppe ore.” esclamò Seba, tormentandosi i ricci.
Quando James era andato via sbattendo la porta tutti loro si erano preoccupati ma avevano subito pensato che sarebbe tornato nel giro di poco per mandarli a quel paese e litigare con loro. Per quanto non era bella la prospettiva di discutere con James, era positivo il fatto che avrebbero potuto accertarsi che tutto sommato stava bene.
Sfortunatamente la loro teoria si era rivelata abbastanza sbagliata: James non era tornato, ne per discutere ne per altro. Il ragazzo si era chiuso in un ostinato silenzio che li faceva stare in ansia e faceva prospettare anche gli scenari peggiori.
“Infatti, sono preoccupata.” sbuffò Charleen. Nelle ultime settimana aveva passato molto tempo con James, sia per le ripetizioni che per gli allenamenti, ed aveva scoperto un ragazzo molto diverso da quello che credeva di conoscere. Il cercatore si era dimostrato deciso, tenace, forte ed allo stesso tempo pronto ad ammettere i propri limiti e chiedere l’aiuto di Charleen e Frank per superarli. Alla fine la ragazza aveva concluso che era impossibile non affezionarsi a James e non essere in pensiero per lui. Ovunque si trovasse, Charleen pregava perché stesse bene.
“Sapevo che era una cavolata mentirgli.” sospirò Frank, evitando con cura lo sguardo di Alice. Alla fine tutte le incomprensioni, le cose non dette e le azioni insensate erano sfociate in una litigata con i fiocchi ed i due non sembravano essere intenzionati a rivolgersi la parola. Anche Charleen evitava lo sguardo della ragazza, decisa a non rivolgerle la parola almeno per un po’. Gran parte di quello che era accaduto a James nell’ultimo mese, in particolare in quelle ultime ore, era esclusivamente colpa di Alice.
“Ok, è stata una pessima idea. Possiamo cercare di rimediare?” sbottò Alice, irritata. Non aveva bisogno di qualcuno che le facesse notare i suoi errori ma di aiuto per porvi rimedio. Aveva sbagliato tutto con James, ma gli voleva troppo bene. Non poteva nemmeno pensare all’eventualità di averlo perso. Le litigate con Charleen e Lily prima e con Frank poi l’avevano lasciata svuotata, incredibilmente sola.
“Dove potrebbe essere?” chiese Lily, mordendosi il labbro. Sapeva che probabilmente era in cima alla top ten delle persone più odiate da James in quel momento, forse alla pari con Alice e Sirius. Anzi, sicuramente era così. Come aveva potuto tradire ancora la fiducia di James proprio nel momento in cui il ragazzo stava dando segni di volersi avvicinare a lei?
“Nel migliore dei casi è furioso, non ci vorrà parlare e non si farà trovare..” ipotizzò Remus, pensieroso, scribacchiando parole a caso su una vecchia pergamena per concentrarsi meglio.
Avevano guardato ovunque nel castello, persino nelle cucine, ma non era servito a nulla. A completare quel disastroso quadro c’era anche il fatto che la mappa del malandrino era proprio nella mani di James e non potevano quindi usarla per ritrovarlo.
“Nel peggiore?” chiese Cristal, ansiosa. Nessuno ebbe il coraggio di pensare ad una risposta e sui ragazzi crollò un improvviso e cupo silenzio.
“Credete possa fare qualche pazzia?” chiese alla fine Sebastian, facendosi coraggio ed esprimendo l‘idea che in quel momento stava passando per la mente di tutti quanti.
“Non dirlo nemmeno per scherzo. Stiamo parlando di James!” urlò Alice, nervosa.
Frank sbuffò e decise che aveva sentito abbastanza. Se ne andò sbattendo la porta mentre Alice scoppiava a piangere. Aveva perso anche lui. Prima James, ora Frank.
***
Verso sera James cominciò a sentire freddo e si strinse nel mantello, cercando di non pensare all‘aria ghiacciata che passava attraverso le vesti.
Era tornato al castello da qualche ora ma non aveva nessuna voglia di andate nella sua stanza o nella torre di Grifondoro. Sapeva che erano tutti lì ad aspettare lui, pronti a fargli domande o a dargli spiegazioni che non era sicuro di voler ascoltare. Robert era quasi riuscito a farlo ragionare, ma alla fine anche lui aveva ammesso che James aveva come prima cosa bisogno di tempo per accettare gli ultimi avvenimenti.
Mentre la sua mente lavorava frenetica, i piedi del cercatore non erano da meno. Vagando per le silenziose stanze del castello era finito sulla torre più alta, perso a guardare il cielo. Solo, appoggiato alla balaustra e con lo sguardo perso oltre l’orizzonte, James si sentiva finalmente bene, in pace con se stesso. Il posto perfetto per fare il punto dei suoi guai.
“Ehi, Potter.. Non festeggi?” mormorò una voce alle sue spalle. James si voltò di scatto e si ritrovò di fronte Regulus, più pallido che mai. La sconfitta subita bruciava, non tanto per la sua casa o per la sua squadra quanto per il suo orgoglio.
“No, non mi Va..” rispose il Grifondoro, alzando le spalle. Non gli andava di sfottere il rivale, ne di fermarsi a parlare con lui. L’unica cosa che gli premeva veramente era  rimanere solo, perso nella contemplazione del nulla.
“Che faccia, ricordi che avete vinto voi vero?” lo canzonò il più piccolo, divertito.  
James sbuffò. Decisamente Regulus non aveva l’aria di uno che intendeva andarsene tanto presto.
”Certo, Black. Non hai niente di meglio da fare?” chiese James in rimando usando un tono acido nella speranza che l‘altro capisse che era ora di andarsene.
“Ehi, mettiamo bene le cose in chiaro. Quello acido sono io, non tu.” precisò Regulus, stizzito. Quella frase ebbe il potere di strappare un sorriso al Grifone, uno dei pochi della giornata.
“Falla finita, ti prego.” sbuffò James tornando subito serio, chiedendosi perché stava perdendo tempo a rispondere al fratello di Sirius.
“Mamma mia che paura.” esclamò Regulus, prendendosi gioco del Grifondoro.
“Coglione.” imprecò James a mezza voce.
“Ci sento..” protestò Regulus, offeso.
“Sei qui per scappare dai tuoi compagni?” chiese James, cercando di ferirlo per spingerlo ad andarsene.
“No, credo che stiano organizzando una vendetta con i Grifondoro.” rispose Regulus, alzando le spalle. Non sembrava particolarmente coinvolto o risentito contro i Grifondoro. Per lui non si trattava di uno sport di squadra quanto di una questione da risolvere tra cercatore. James aveva vinto, lui aveva perso. Tutto finiva così.
“Non partecipi?” chiese ancora James, sorpreso. Questa volta fu Regulus a sbuffare.
“Perché dovrei?Io non gioco per vincere, ma per me stesso. È stata una bella lotta, hai vinto tu ma va bene così. Tu invece?” mormorò Regulus, portandosi al fianco del Grifondoro.
“La mia fa schifo..” si lasciò sfuggire James.
“Addirittura? Dove si trova Sirius mentre il suo amichetto sta male?” chiese Regulus, diretto come suo solito.
“Non lo voglio vedere, mi ha mentito.” ringhiò James, offeso.
“Falla finita, ti prego. Sappiamo tutti e due che alla fine lo perdonerai, qualsiasi cosa tu abbia detto a lui o lui abbia detto a lui.” esclamò Regulus, alzando gli occhi al cielo.
“Perché dovrei?” chiese James, stupito. Il fratello di Sirius non sapeva nulla della sua, ne di quello che gli era capitato eppure gli stava dando lo stesso consiglio che gli aveva dato suo zio anche se con parole e toni decisamente diversi.
“Perché sei uno stupidissimo Grifondoro. L’acido incazzoso che non perdona nessuno lascialo fare a noi serpi.” rispose Regulus, voltando le spalle al Grifondoro. Nelle parole della Serpe non c’era risentimento, solo delusione. Rimpianto forse.
James rimase a lungo immobile a soppesare le parole del ragazzo.
“Sparisci.” disse alla fine, poco convinto. La verità che non voleva sentirlo perché in fondo aveva ragione e la cosa lo spaventava.
“Certo, sei noioso.” sbuffò Regulus, sparendo oltre le scale.
Il Grifone rimase a lungo a fissare il punto in cui era sparita la Serpe, immobile.
C’era voluto un po’, ma alla fine James si era deciso a rientrare, vinto dal freddo pungente della sera. Il buio aveva avvolto ogni cosa, nascondendo persino le stelle, non aveva più senso stare lì al freddo.
“Signor Potter..” chiamò una voce, facendo sobbalzare James; possibile che fossero tutti in giro a cercare lui, compresi i Serpeverde? Si volto piano e ancora una volta in quella strana giornata si ritrovò di fronte un professore che sembrava spuntato dal nulla giusto per accertarsi che lui stesse bene e non stesse facendo nulla di strano o di pericoloso.
“Professor Lumacorno, che ci fai lei di notte su una torre?” chiese James, sorpreso di trovarsi di fronte un insegnante in vestaglia. A quelle parole l’uomo arrossì, quasi fosse stato colto con le mani nella marmellata.
“Potrei farti la stessa domanda, ragazzo, oppure punirti e toglierti punti.” sbottò il vecchio professore, burbero, schiarendosi la voce e nascondendo velocemente qualcosa dietro la schiena in modo che il Grifone non lo vedesse.
“Faccia come preferisce..” rispose James, alzando le spalle. Decisamente il suo ultimo pensiero era per i loschi traffici del professore, per la sua casa o per i punti che le avrebbe potuto fare perdere stando lì a discutere con lui.
“Ma come? Non è da Grifondoro fregarsene della sua casa di appartenenza.” esclamò Lumacorno, sorpreso. James alzò gli occhi cielo, esasperato all’idea che d’improvviso tutti o buona parte dei Serpeverde si fossero in mente di insegnargli come doveva comportarsi un vero Grifondoro; cosa potevano saperne loro?
“È solo una stupida competizione.” sbuffò James, alzando le spalle ed evitando con cura lo sguardo dell‘uomo. Sapeva che negli occhi del professore ci avrebbe trovato rimprovero, tristezza e preoccupazione e lui non voleva saperne nulla. Voleva solo chiudere gli occhi e riuscire a dimenticarsi di tutto quanto. L’idea lo fece sorridere. Qualche mese prima avrebbe dato ogni cosa pur di ricordare il suo passato, ora invece non chiedeva altro che riuscire a dimenticarlo.
“Capisco, allora è qualcosa di grosso. Ecco perché la signorina Evans piangeva..” mormorò il professore di pozioni, lasciando la frase in sospeso. Le parole dell’uomo lo colpirono quasi come un pugno allo stomaco, toccando un nervo scoperto.
“Lily?” chiese James, incredulo. Era bastato sentire il suo nome per scuoterlo. Quando aveva ricordato tutto aveva provato odio per tutti i suoi amici, compresa lei. Con le ore la rabbia però era passata; come faceva ad odiarla dopo tutti i bei momenti che avevano passato insieme nell’ultimo periodo? Semplicemente non poteva, era insensato. Era in suo veleno, ma sentiva di non poterne più fare a meno. Nonostante tutto il male che si erano fatti James sapeva che quella strana ragazza con quegli adorabili capelli rossi e quegli accecanti occhi verdi era il suo futuro, l’unica ragione per guardare avanti nonostante tutto.
“È straordinaria, sai? La figlia che non ho avuto. Pensa, mi ha anche regalato un pesce rosso. La più bella magia che ho visto nella lunga vita, credimi.” iniziò a raccontare Lumacorno, avvicinandosi al ragazzo. Più lui parlava più James diventava triste.
“Mi odia. Anzi, credo mi disprezzi al punto di preferire un vermicolo a me.” disse alla fine, fissando intensamente il pavimento della torre. Non sapeva nemmeno perché stava raccontando quelle cose proprio a quel professore con il quale non aveva mai parlato prima.
“Non credo. O meglio, una volta era così. Credo che adesso ci tenga veramente tanto.” mormorò Lumacorno con l‘aria di uno che la sapeva lunga.
“Se lo dice lei.” sospirò James. Non voleva farsi illusioni per poi soffrire ancora. Lily lo odiava, non c’era altro. Si era solo illuso che negli ultimi tempi era riuscito a costruire un rapporto con lei. La verità era che lei gli aveva mentito, esattamente come tutti gli altri.
“Non ti chiedo che è successo. Non sono così ingenuo da pensare che lo racconteresti a me. Sono una Serpe dopo tutto, e tu un Grifone.” iniziò Lumacorno, serio.
“Cosa vorrebbe chiedermi?” chiese James, curioso.
L’uomo alzò le spalle, serio. Per la prima volta James non vedeva di fronte a sé uno sbruffone pieno di sé, ma un uomo saggio.
“Nulla, ma fatti dare un consiglio. Non farla scappare. Di ragazze come Lily non ne incontri tante nella vita, senza contare che lei è pazza di te.” concluse il vecchio professore, sorridendo in modo fin troppo malizioso.
James si allontanò scuotendo la testa. Era assurdo come tutti si fossero attivati per dagli consigli. Doveva essere per forza un complotto ai suoi danni per mandarlo fuori di testa, o qualcosa del genere.
Stancamente James si trascinò verso la sala comune, sperando di non fare altri incontri folli. Mancava solo che ci fosse Piton appostato dietro l’angolo con i capelli puliti e l’aria afflitta e poi sarebbe stato definitivamente pronto per finire al manicomio. Mentre camminava si fermò a riflettere a quello che avrebbe trovato nella sua sala comune e per un attimo tentennò, poi riprese a camminare. Se doveva affrontare quelli che almeno sulla carta erano i suoi amici tanto valeva farlo subito.
Una volta nella sala comune James fu subito accolto da uno dei suoi compagni di squadra. Si voltò veloce cercando gli altri con lo sguardo ma non trovò nessuno.
“Ehi, James.” salutò Simon, correndogli incontro felice. Sul suo volto erano chiaramente visibili i segni della festa che doveva essere andata avanti per molte ore. Il ragazzo non sembrava nemmeno troppo lucido ma a quanto pare non aveva bevuto abbastanza per dimenticarsi del suo capitano e del modo in cui era scomparso subito dopo la partita.
“Ciao Simon.” salutò stancamente James, sollevato ed insieme deluso di non avere trovato Sirius e gli altri.
“Accidenti, sei davvero tu?” chiese il ragazzino, incredulo, allungando al proprio capitano una bottiglia di Burrobirra ormai quasi vuota.
“Così pare..” sbuffò James, troppo stanco per scherzare. Diede un sorso alla bottiglia e la restituì al proprietario che la svuotò in un istante.
“È incredibile. Voglio dire, gli altri erano così preoccupati.” biascicò l’altro, imbarazzato.
“Dove sono?” chiese James, ansioso. Il ragazzino parve pensarci un po’ su prima di rispondere, quasi la domanda dell’altro lo avesse messo seriamente in crisi.
“Ti stanno cercando, ovunque.” rispose Simon alla fine, alzando le spalle.
“Non c’è nessuno quindi?” chiese ancora James, prudente, guardandosi in giro.
“Solo Seba. Non stava bene ed è andato a letto.” spiegò il ragazzo, a bassa voce.
“È di sopra, vero?” mormorò James, alzando lo sguardo. L’altro annuì, deciso.
“Beh, si.” si affrettò ad aggiungere Simon, barcollando vistosamente verso una delle poltrone disposte intorno al camino.
“Vado da lui.” comunicò James, secco.
“Aspetta James, cosa dico agli altri?” chiese Simon, ansioso, cercando affannosamente di rimettersi in piedi.
“Niente, lascia che tornino da soli.” rispose il cercatore, sparendo in pochi istanti dalla vista dell’amico che nel frattempo era collassato nuovamente sulla poltrona.
James salì le scale lentamente, cercando di capire cosa fare una volta che si sarebbe trovato di fronte Seba. Alla fine aprì di scatto la porta facendo sobbalzare il ragazzo addormentato.
“Che diamine.. James?” esclamò Seba, incredulo. Tra tutte le persone che si aspettava di vedere James era decisamente l’ultima. Era sparito da ore e a tutti sembrava improbabile che sarebbe tornato prima della mattina successiva.
“Sono ancora vivo, niente tentato suicidio..” sospirò stancamente James, con un filo di ironia nella voce. Il suo sguardo vagò per la stanza, cercando tracce di Frank o di qualcuno degli altri, senza successo.
“Sono contento di vederti.. Mi spiace.” mormorò Seba, imbarazzato. Non era pronto per una conversazione del genere e non sapeva cosa dire. Remus aveva ipotizzato che quando si sarebbe deciso a tornare probabilmente James sarebbe stato troppo arrabbiato per ragionare e si sarebbe limitato ad urlare tutta la sua rabbia e la sua delusione senza lasciare loro nemmeno il tempo di parlare. Quello che aveva di fronte Seba invece era una versione sorprendentemente calma, triste ed allo stesso tempo delusa di James alla quale non era per nulla preparato. Probabilmente nessuno di loro lo sarebbe stato.
“Ti prego, niente banalità. Voglio dire, sono qui.. Arriva al punto. Voglio delle spiegazioni, possibilmente ora.” disse James secco, senza alzare la voce, fissando intensamente l’amico.
Quello sguardo tanto penetrante mise in crisi Seba, che si affrettò a mettersi seduto cercando di mettere in fila almeno qualche frase di senso compiuto.
“Sirius e Lily hanno capito di avere esagerato, ti hanno anche scritto per chiederti scusa quest’estate ma tu eri già in coma.” iniziò a raccontare Seba, confuso. Qualsiasi cosa avrebbe potuto dire a James in quel momento poteva essere quella sbagliata. Tanto valeva giocarsi tutte le carte e smetterla con le bugie. Era stato mentendo a James che si erano messi in quel casino e potevano uscirne solo raccontando al ragazzo le cose come stavano.
“Parli sul serio?” chiese James, sorpreso. Nessuno gli aveva mai parlato di quelle lettere. Certo, aveva visto quelle che i ragazzi gli avevano mandato a settembre, ma non quelle precedenti di cui parlava Seba.
“Certo, Alice deve avere ancora quelle lettere da qualche parte.” confermò Seba, grattandosi la testa. La reazione di James non tardò ad arrivare.  
“Farle leggere anche a me? Perché diamine nessuno mi ha detto nulla?” chiese James, perdendo la calma. Ancora menzogne, ancora bugie ed ancora segreti.
“Per paura di perdere la tua amicizia o di farti soffrire ancora, immagino. Io ho detto che secondo me era una cazzata, ma chi lo ascolta mai Sebastian?” iniziò a dire Seba, parlando più a se stesso che a James. Quello strano siparietto ebbe quasi il potere di strappare una risata al cercatore, che tuttavia riuscì a trattenersi.
“Va bene, dai un taglio alle scenate.” esclamò burbero, sforzandosi di tornare serio. Seba sospirò e si alzò del tutto, appoggiando una mano sulla spalle dell’amico.
“Guarda che ci sono stati malissimo. Sirius e Lily, dico.. All’inizio dell’anno Alice ha fatto loro delle scenate assurde. Diceva che era tutta colpa loro, che ti avevano praticamente spinto al suicidio..” continuò a raccontare Seba, riassumendo brevemente tutte le discussioni che c’erano state all’inizio dell’anno. James lo ascoltava, silenzioso ed incredulo.
“È proprio una fissa la vostra. Non ho mai cercato di ammazzarti..” mormorò alla fine James, alzando gli occhi al soffitto. Seba rimase in silenzio e sulla stanza cadde uno strano silenzio.
“Beh, sei caduto da una finestra.” sussurrò alla fine Seba, distogliendo lo sguardo.
“Finestra? Ma che dici..” esclamò James incredulo; di che diamine parlava? Lui non era mai caduto dalla finestra, si era fatto male dopo..
Improvvisamente la testa di James iniziò a girare e sentì tutta la stanchezza di quella folle giornata e di quei mesi frenetici cadergli sulle spalle.
“James, che ti prende?” chiese Seba, preoccupato, senza però ottenere risposta.
Improvvisamente James si era fatto silenzioso e si era lasciato cadere seduto sul letto dell’amico. Il ragazzo più grande lo fissava, anche senza riuscire a vedere chiaramente il suo volto poteva intuire lo stesso che nella sua testa stava succedendo qualcosa.
James aveva di colpo realizzato come era visto dalle persone che aveva intorno e quella improvvisa rivelazione lo aveva devastato. Nello spazio di quei pochi istanti aveva potuto rivedere gli ultimi mesi della sua vita da punto di vista di sua cugina e dei suoi amici.
Per loro era solamente un povero pazzo, talmente distrutto e provato dalla morte del padre da arrivare a togliersi la vita. Certo, quella lettura di prestava perfettamente a spiegare la situazione, tranne per la parte del suicidio. Togliersi la vita, persino in quel momento tanto disperato, non gli era mai passato per la mente. Dal suo punto di vista morire sarebbe stato da codardi, non avrebbe risolto nulla. Sarebbe solo servito a scaricare sugli altri la colpa per i propri fallimenti.
James alzò gli occhi e si accorse che era ancora nella stanza del suo amico, che per di più gli stava parlando senza che alle sue orecchie arrivasse il minimo suono. L’espressione di Seba lasciava intuire che, qualunque cose stesse dicendo, dovesse essere davvero preoccupato per quell’improvviso silenzio. James avrebbe voluto fare e dire molte cose, ma non aveva idea da che parte fosse meglio iniziare. Dentro di lui c’era un grande vuoto.  L’unica cosa che riusciva ad avvertire chiaramente era un dolore, assurdo ed intenso, che gli premeva sul petto quasi a farsi beffe di lui.
Seba continuava a guardarlo  con gli occhi fuori dalle orbite e James si obbligò a dire qualcosa, per quanto faticoso potesse essere.
“Si può sapere perché capitano tutte a me? Seba, io non ce la faccio più.. Sono davvero stanco.” mormorò James debolmente, dopo essersi schiarito appena la voce.
“Sfogati, avanti. Vuoi che ti accompagni nella tua stanza?” chiese Seba, ansioso ma allo stesso tempo sollevato per il fatto che James avesse ripreso a dare segni di vita. Anche il fatto che avesse ammesso di essere stanco e di avere bisogno di aiuto era senza dubbio un segnale positivo.
“Non voglio parlare con nessuno, almeno per ora.” disse James, la voce poco più alta di un sussurro. L’idea di andare nella sua camera e di trovarsi di fronte la faccia preoccupata di Sirius, quella comprensiva di Remus e quella spaventata di Peter lo rendeva ancora più stanco di quanto già non fosse. Non poteva reggere anche quello, non quella sera almeno.
“Dormi qua, allora. Puoi prendere il letto di Frank.” ribatté Seba, indicando il letto vuoto del suo migliore amico. James voltò lentamente la testa verso il letto ancora intatto del portiere.
“Passa la notte con Alice?” chiese James, alzando la testa e trovandosi di fronte una pallida imitazione del suo compagno di risate.
Incontrare lo sguardo serio e preoccupato di Seba lo fece sentire ancora peggio. Era come se ci fosse qualcosa di terribilmente sbagliato nel fatto che avesse smesso di sorridere e fare il cretino come sempre.
“Si, poverina era sconvolta.” disse Seba, ricordando quanto fosse sconvolta la ragazza dopo la litigata con Frank. Certo Alice aveva sbagliato ma in quella strana giornata era stata lei a pagare il prezzo più alto arrivando a discutere con tutti quanti, primi tra tutti Frank, Lily e Charleen.
“Lei?” chiese James, ironico, togliendo gli occhiali e passandosi una mano sul viso.
“Si sente in colpa per quello che è successo, ha discusso anche con Frank, Lily e Charleen.” spiegò Seba, senza entrare troppo nel dettaglio per non rischiare di peggiorare le condizioni di James.
“Posso non volerne sapere nulla?” chiese il ragazzo, alzandosi dal letto di Seba per lasciarsi cadere su quello di fianco al suo.
“Buona notte, Jamie.” mormorò Seba, sorridendo. Sapere che James dormiva da parte a lui, senza fare nessuna sciocchezza e senza vagare per chissà quale anfratto del castello lo faceva essere un po’ più sollevato, anche se intuiva che le cose erano ancora molto lontane dall’essere tornare a posto.
“Notte.” mormorò James, chiudendo gli occhi
Non appena toccò il letto James capì che non ci sarebbe voluto poi molto prima di crollare addormentato. Ogni più piccola parte del suo corpo avvertiva chiaramente la necessità di riposare, specialmente la sua mente che non vedeva l’ora di staccare ogni collegamento con la realtà. Per qualche ora, il tempo di una notte, voleva dimenticare di essere James Potter e voleva poter accantonare tutti i problemi per riuscire a riposare. Ci sarebbe stato il giorno successivo per parlare, ma soprattutto per ripensare a quella lunga giornata iniziata con la vittoria della squadra di Grifondoro. Quel pensiero improvvisamente lo fece sorridere.
“Ehi, Seba..” chiamò James, piano. Nel buio della stanza l’altro ragazzo non poteva vedere che James stava sorridendo.
“Dimmi.” disse Seba, curioso di sapere cosa volesse dirgli James. Improvvisamente il suo tono di voce si era fatto più sereno, quasi divertito.
“La squadra era condannata, vero?” chiese James, ironico.
Il condizioni normali Seba avrebbe dovuto prendersela, mettere il muso e fare l’offeso, ma sentire James scherzare era la più bella conclusione per quella terribile giornata.
“Ma tu mica stavi male?” chiese in rimando Seba, lanciando il cuscino addosso all’amico.

ANGOLO DELL'AUTRICE:
ringrazio tutti quanti ed ancora una volta mi scuso per il ritardo con il quale procede la storia.
spero che vi piaccia, nonostante tutto, e che di essermi fatta perdonare almeno un pochino con questo lunghissimo capitolo!

Malandrina4ever: grazie mille!
Chiedo scusa per la lunga assenza, ma spero che questo capitolo sia all'altezza delle tue aspettative.
In questo capitolo ci sono molti incontri che servono a fare capire a James tante cose.
Certo, la rabbia non è ancora del tutto passata..

Love_vampire: grazie mille!
Alice è uno dei personaggi con cui mi sono divertita di più, passa da momenti in cui è veramente dolce a momenti in cui è veramente stronza. Povera, in questo capitolo tutti se la prendono con lei!
Nel prossimo capitolo ti anticipo ci sarà un momento strappalacrime con Lily e (forse) finalmente ci sarà il tanto sospirato bacio!

Stecullen94: grazie mille!
Bhe, in questo James anche senza malandrini non è rimasto solo!
Nel prossimo dovrà affrontare i suoi amici e soprattutto Lily.. :D

IloveJames97: grazie mille!
Spero che questa e che le altre storie ti piacciano!

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Capitolo 19
*** Lieto fine, o quasi ***


questo capitolo lo dedico a LadySaika, Love_Vampire, Stecullen94 e Cloe Black ed alla loro pazienza!

CAPITOLO 17
LIETO FINE, O QUASI

 
La mattina successiva a quella che era stata definita la grande partita erano tutti stanchi, confusi ma soprattutto irritati. Molti a causa dei festeggiamenti e di tremendi postumi da Whisky Incendiario, altri a causa del capitano della squadra di Grifondoro. Il particolare più assurdo di tutta quella storia era che proprio la squadra non aveva partecipato ai festeggiamenti. Erano stati solidali nel prendere la decisione: senza il capitano non avrebbe avuto senso brindare. Era stato James a convincerli ad imbarcarsi in quell’impresa che all’inizio sembrava assurda, che li aveva convinti che potevano farcela ed alla fine li aveva guidati alla vittoria. Morale: niente James, niente festa e tutti a letto presto. L’unico che era riuscito a dormire bene, o comunque meglio degli altri, era stato Seba. Di tanto in tanto il ragazzo si svegliava, controllava che James fosse ancora lì e poi tornava a dormire. Credeva che da quel momento in poi tutto sarebbe stato in discesa con l’amico, ma non sapeva quanto si stava sbagliando. Iniziare una conversazione la mattina successiva infatti si rivelò molto più difficile di quello che era stato la sera precedente. Era una giornata serena, perfetta per stare all’aperto. Quel lunedì le lezioni erano anche state sospese per permettere a tutti di riprendersi dalle emozioni del giorno prima. In particolare, i festeggiamenti di Grifondoro si erano prolungati tutta la notte. Fino a che la McGranitt aveva messo fine alla loro gioia dichiarando che prima di poter alzare la coppa Grifondoro avrebbe dovuto giocare un’ulteriore partita. Sapevano che la decisione non era venuta da lei visto che la donna era stata la prima ad esultare ed a gridare al miracolo, ma lo stesso tutti avevano protestato nonostante la maggior parte fosse troppo sbronza per riuscire a fare discorsi di senso compiuto.

“James, senti..” borbottò Seba, impacciato, fissando l’amico. 

I due ragazzi si erano svegliati da poco. Il riccio era ancora a letto mentre l’altro era scattato in piedi non appena aveva aperto gli occhi e aveva realizzato dove si trovava.

“Sta zitto.” Sbottò James, chiudendo la conversazione senza guardare in faccia l’amico. 

Sembrava furente, quasi stesse compensando con la calma irreale e quell’espressione abbattuta della sera prima.

“Dove vai?” chiese il ragazzo più grande, preoccupato per quel cambio di umore apparentemente senza motivo. 

Era stato James ad andare da lui, non era stato certo Seba a cercarlo. Lo aveva ascoltato, lasciato parlare ed alla fine gli aveva offerto un letto. Non aveva nulla di cui rimproverarsi o che giustificasse quell’improvvisa rabbia.

“In giro..” rispose il capitano della squadra, alzando le spalle. 

Sembrava quasi seccato, scocciato dall’essere costretto a rendere conto a Seba. Cercò di dileguarsi in fretta, per evitare altre domande, ma un capogiro lo tradì costringendolo ad aggrapparsi ad una sedia. Sebastian, preoccupato, si precipitò subito al suo fianco. Finire in infermeria per l’ennesima volta non era decisamente il modo migliore per iniziare la giornata, né per riprendere a parlare con gli altri ragazzi.

“Da quanto tempo non mangi?” chiese, preoccupato, offrendogli una mano al compagno per aiutarlo a rimettersi in piedi. 

Non aveva detto nulla circa dove avesse passato le ore immediatamente successive alla partita, quando tutti loro lo cercavano affannosamente, e Seba non aveva fatto domande. Era stato discreto, per non peggiorare le cose. Gli era sembrato che potesse essere troppo per lui.

“Non so, forse ieri a colazione prima della partita.” Rispose James, sforzandosi di rispondere e di rimettersi in piedi senza bisogno dell’amico. 

Doveva andarsene da quella stanza e da quello sguardo colpevole o sarebbe esploso.

“Dovresti mettere qualcosa sotto i denti. Che ne pensi di fare un salto nelle cucine?” propose Seba, costringendo l’amico a sedersi per un momento.

“Perché dovrei saltare la colazione in Sala Grande?” chiese James, stizzito, lanciando un’occhiataccia a Seba. 

Sapeva che l’amico lo aveva detto per cercare di venirgli in aiuto, ma la sua frase lo aveva infastidito. Sembrava quasi che quello che doveva vergognarsi per tutte le bugie raccontate e le cose non dette fosse lui, non tutti gli altri.

“Non so, pensavo non volessi vedere Sirius e gli altri..” mormorò l’altro, confuso. 

Era stato proprio James a dire di non volerli vedere, solo qualche ora prima.

“Sono loro che dovrebbero vergognarsi a farsi vedere in giro, non io.” Sibilò James, maligno.

“Scusa..” mormorò Seba, imbarazzato, guardando per terra. 

Si rendeva conto che aveva ragione, ma era lo stesso difficile capire come comportarsi con lui. Ogni cosa che diceva sembrava alla fine rivelarsi quella sbagliata.

In quel momento James si rese conto che l’amico era veramente distrutto e che lui si era comportato da vero stronzo a partire dal momento in cui era entrato in quella stanza, la sera prima. Seba gli aveva offerto un letto e la sua spalla per sfogarsi, lui era rimasto lì e lo aveva trattato a pesci in faccia. Era stato semplicemente pessimo, senza giustificazioni.

“No, scusami tu. Sono nervoso ed irritabile. Credo che starò un po’ a mollo..” sussurrò James, sforzandosi di sorridere.

“Bagno dei prefetti?” chiese Seba perplesso, alzando lo sguardo sull’amico. 

James annuì.

“Ci vediamo dopo.” Mormorò il ragazzo mentre lasciava la sala.

Seba lo guardò allontanarsi, chiedendosi cosa sarebbe successo nelle ore successive. Era solo questione di tempo e poi tutti avrebbero saputo che alla fine James era tornato e che stava bene. La notizia sarebbe stata un sollievo per tutti, ma voleva anche dire che poi sarebbero iniziare le discussioni. In primis, Frank se la sarebbe presa a morte. Sicuramente sarebbe esploso, ma lui non poteva certo interrompere il suo momento di intimità con Alice. Non dopo tutti i problemi che quei due avevano passato. In quel caso forse se la sarebbe presa ancora di più. Ad ogni modo, Frank a parte, anche qualcuno degli altri avrebbe perso la calma, altri avrebbero pianto e come al solito ci sarebbero state scene teatrali. Insomma, quella che si prospettava era una giornata tutto tranne che semplice e conveniva cercare di posticipare al massimo le spiegazioni.

Nonostante non sapesse ancora che James fosse ricomparso, più o meno lo stesso pensava Remus, entrando nel bagno dei prefetti ancora mezzo addormentato per via della notte passata a cercare il suo migliore amico, senza nessun esito. La sua mente non aveva ancora ripreso del tutto a carburare, non del tutto almeno. Proprio per questo la scena che gli si parò davanti lo sconvolse. Nella grande vasca colma di acqua c’era James, mollemente abbandonato sotto il pelo dell’acqua. Remus rimase per un po’ ad osservarlo, immobile, aspettandosi di vederlo riemergere con la sua peggior faccia da idiota da un momento all’altro senza che però questo accadesse. Ogni minuto che passava James gli sembrava sempre meno cosciente e sempre più sul punto di cominciare a stare male davvero. Quando tutto fu semplicemente troppo, Rumus capì che era ora di fare qualcosa. Ad un certo punto il ragazzo decise che era passato troppo tempo. Si tuffò nella vasca e trascinò l’amico in superficie senza troppi sforzi. Una volta fatto ciò si trovò di fronte un indignatissimo James Potter. Nel vederlo arrabbiato, ma tutto sommato vivo, il licantropo tirò un sospiro di sollievo. L’amico, tuttavia, non sembrava essere della stessa idea.

“Oh, cazzo.” Sbottò il licantropo una volta toccato il bordo della grande vasca, perdendo il suo solito autocontrollo. 

Per qualche istante aveva davvero temuto di vederlo annegare senza riuscire a fare nulla per salvargli la vita.

“Ciao Remus.” Disse James, glaciale.

Il respiro era un po’ affannoso ed il volto arrossato per il lungo periodo sott’acqua ma tutto sommato sembrava stare bene.

“Sei impazzito? Che stavi facendo?” chiese Remus, ansimando non per lo sforzo quanto per la paura che lo aveva assalito vedendo il suo amico un quella assurda situazione.

“Quello che di solito fanno le persone in una vasca da bagno, si lavano.” Rispose James, senza dare troppe spiegazioni. 

Più che arrabbiato era seccato per il brusco incontro e per essere stato distolto con tanta forza dai suoi pensieri. A mollo nella vasca da bagno il ragazzo stava riflettendo su quello che lo aspettava nelle ore seguenti e come affrontare gli amici. L’improvvisa intromissione di Remus lo aveva convinto a starsene ancora un po’ da solo, lontano dai problemi e dagli impiccioni.

“Diamine James, avevi la testa sotto da un pezzo. Credevo che tu stessi..” continuò Remus, fuori di sé. 

James si voltò, guardando l’amico con aria offesa. Quella frase lo aveva ferito.

“Cercando di ammazzarmi?” completò James per il licantropo, gettandogli un’occhiata che voleva dire molte cose. 

Nello sguardo dell’amico non c’era la solita aria spensierata ma tanta tristezza, tanto dolore e tanta rabbia.

“Beh, io..” mormorò Remus, imbarazzato.

“Proprio tu, uno dei miei migliori amici credi che farei davvero una cosa tanto stupida? Di la verità, lo hai sempre creduto in questi mesi, vero?” esclamò James, alzando la voce. 

Non poteva credere come tutti condividessero quell’idea. Diamine, dovevano essere impazziti tutti quanti per credere che lui si fosse volontariamente lanciato da una finestra.

“Scusa.” Disse Remus in un sussurro, abbassando la testa.

“Sparisci.” Ordinò James, indicando la porta. Il licantropo restò per un minuto immobile, poi decise di obbedire. 

Aveva fatto abbastanza danni per quella mattina.

Tornò alla sala comune con la coda tra le gambe e decise di lasciarsi cadere su una poltrona fino a che qualcuno non si fosse deciso a farsi vivo. Fu Seba il primo a comparire, con un’espressione indecifrabile e poca voglia di parlare. Remus non disse nulla, ma decise di unirsi a lui per fare colazione. Sulla strada verso la Sala Grande si ritrovò a raccontargli di quella mattina, cercando conforto nelle parole dell’amico. Seba non disse nulla, limitandosi a sospirare. Remus non fece altre domande, maledicendo quella strana giornata.

I due si sedettero vicino a Charleen, assorta nella contemplazione della sua tazza di latte. Nonostante l’aria assonnata e le borse sotto gli occhi era sempre bellissima, perfetta. Delle sue amiche, nessuna traccia. Dopo un po’ Seba vide comparire James e si precipitò da lui, cercando di apparire tranquillo. Remus e Charleen si scambiarono uno sguardo perplesso, ma continuarono a mangiare. Nessuno dei due voleva affrontare James, ne chiedersi che diamine fosse preso a Seba, non a stomaco vuoto almeno.

“Buon giorno, hai mantenuto la parola allora!” esclamò il ragazzo più grande, sorridendo.

“Che vuoi?” chiese James, esasperato. 

Sembrava che tutti di colpo avessero iniziato a pedinarlo e a preoccuparsi in modo ossessivo di lui. La cosa lo infastidiva. Il ragazzo non riusciva a smettere di pensare che se erano così preoccupati avrebbero dovuto raccontargli la verità prima che lui la ricordasse da solo. Le urla di Lily e quelle di Sirius gli avevano tenuto compagnia tutta la notte, accompagnate dalle espressioni indifferenti di Remus ed Alice. Loro sapevano, ma non avevano parlato. Era stato tremendo. Più si sforzava di dimenticare e di superare la cosa e più quei ricordi tornavano più vivi che mai, accompagnati dal dolore tremendo per la morte di suo padre. Le uniche con cui non era veramente arrabbiato erano Cristal e Charleen. Loro due non erano sue amiche allora, non erano tenute a dirgli tutto. Gli altri si. Loro non avevano nessuna scusa, in particolare Alice. Sentirsi tradito da quella che aveva sempre considerato una cugina lo faceva stare uno straccio. La cosa peggiore, tuttavia, restava che lei sembrava così convinta di essere nel giusto. Quel suo modo di fare cominciava a farlo dubitare delle sue azioni, quasi che quello ad avere sbagliato in realtà fosse lui solo per il fatto di essersi ripreso in mano la sua vita invece che restare a guardare.

“Sapere come stai.” Rispose Seba, sicuro, scrutando con attenzione il viso del capitano. 

Il suo sguardo era stanco, quasi i troppi pensieri lo avessero affaticato. Sembrava persino più stanco delle settimane prima della partita, quando era incastrato tra allenamenti, lezioni e compiti per recuperare i mesi di scuola persi. Allora il futuro era un’incognita ma almeno sapeva di avere la squadra dalla sua. Dopo quello che era successo il giorno prima James doveva avere perso ogni certezza.

“Alla grande, ora vattene.” Sbottò James, acido. 

Seba sospirò, deciso a non mollare.

“Perché ti comporti così? Ieri sera sei tornato nella torre di tua spontanea volontà. L’ho visto che eri a pezzi. Stamattina sparisci, non dici niente a nessuno e tratti da schifo Remus.” Esclamò il ragazzo, senza dare all’altro il tempo per dileguarsi.

“Credeva che mi stessi cercando di ammazzare.” Si giustificò James, sbuffando.

“Beh, eri a mollo da un sacco.” Fece notare Seba, testardo. 

Comprendeva le ragioni dell’amico, ma anche lui doveva iniziare a comprendere quelle degli altri. Si erano comportati male con lui, ma continuando di questo passo si sarebbero fatti i dispetti fino alla fine dei loro giorni.

“Mi stavo solo lavando i capelli!” ribatté James, esasperato.

“Non ci capisco nulla, mi arrendo.” Esclamò Seba, allontanandosi.

“Ecco, bravo.” Sospirò James, guardandosi intorno alla ricerca di una persona. 

Una volta trovata, decise di andare subito da lei.

“Ehi, Charleen.” Chiamò il cercatore, affiancandosi alla ragazza. 

Charleen era ancora intenta a fare colazione e decisamente non si aspettava una visita dell’amico. Sentendo la voce di James quasi si strozzò con i cereali.

“James?” chiese la ragazza, voltandosi in preda ad un forte attacco di tosse.

“Si, sono vivo.. Senti, ho un favore da chiederti..” Sbuffò James, anticipando la ragazza perché non facesse domande idiote come quelle di Seba e di Remus.

“Certo, se posso.” Rispose Charleen, guardando il ragazzo con uno sguardo curioso. 

Remus, poco distante, non perdeva nemmeno una parola. Infastidito da quella vicinanza James prese la ragazza per un braccio e le fece cenno di allontanarsi con lui.

“Puoi. Si tratta di alcune lettere che Alice non mi ha mai consegnato, ne sai nulla?” chiese James, guardando la ragazza dritta negli occhi. 

Era certo che lei sapeva tutto, non poteva essere diversamente. Subito Charleen arrossì, tormentata dal dubbio.

“Credo di si.. Vedi, è una storia complicata..” iniziò Charleen, in difficoltà. 

Non sapeva cosa fare. Da una parte c’era James che aveva tutto il diritto di avere le sue lettere, dall’altro c’era Alice che gliele aveva nascoste per il suo bene, che era palesemente in torto ma che restava comunque una sua amica.  

“Non mi interessa, le voglio.” Ribatté James, deciso. 

Il suo sguardo era duro, non ammetteva una risposta negativa. Le voleva e basta.

“Io, non so.. Dovrei chiedere ad Alice.” Mormorò la ragazza, sempre più insicura.

“No, sono mie. Ora vai di sopra, le prendi e me le porti.” Ordinò James, senza alzare la voce. 

L’ultima cosa che voleva era spaventare Charleen. Tutto quello che desiderava era essere lasciato in pace a leggersi quelle dannate lettere. Voleva capire prima di parlare ancora con gli altri, niente di più.

“Credi che ti farebbe stare meglio?” chiese Charleen, fissandolo con insistenza. 

La cosa più importante non era fargli chiarire le cose con Alice o con Sirius, ma far si che lui stesse bene. Ne aveva passate troppe per soffrire ancora.

“Non lo so, ma forse mi chiarirebbero un po’ le idee.” Mormorò James, sorpreso da quella domanda. 

Si aspettava delle proteste, una ferma opposizione e forse anche un rifiuto, ma non una domanda del genere. Charleen era preoccupata per lui, niente di più.

“Aspettami, torno subito.” Disse la ragazza, correndo via. 

Seba e Remus rimasero immobili a guardare la scena. Quando James rimase solo i due non staccarono lo sguardo. Speravano che il ragazzo venisse da loro, facesse colazione e spiccicasse qualche parola. Il capitano, tuttavia, non gli diede questa soddisfazione. Aspettò Charleen, prese le sue lettere e si andò a sedere su un tavolino in disparte. Seba e Remus si guardarono, sospirando: sarebbe stata una lunghissima giornata.

***

Svegliarsi tra le braccia di Frank fu per Alice insieme una sorpresa ed una scoperta. Il giorno precedente, quando lui se n’era andato sbattendo la porta, per qualche istante aveva davvero creduto di averlo perso per colpa dei suoi guai. Così lo aveva seguito, in lacrime, lo aveva costretto a fermarsi e poi avevano litigato furiosamente nel bel mezzo del corridoio, circondati da studenti mezzi ubriachi che festeggiavano l’incredibile successo della loro casa. Ogni tanto qualcuno cantava qualche frase sconnessa verso per Frank, gli offriva da bere e lo implorava di unirsi a loro, senza ottenere nulla. Lui, imperterrito, continuava a fronteggiare Alice. La guardava in modo severo, come non aveva mai fatto, e lei si sentiva sempre più piccola e stupida. Nello sguardo deluso di Frank poteva leggere chiaramente tutti gli errori che aveva fatto negli ultimi mesi, specialmente con James.

Al ricordo di quei terribili attimi Alice si strinse al corpo caldo di Frank, ancora addormentato. Il solo ripensare a quello sguardo gelido la faceva rabbrividire.

“Sei fiera del tuo comportamento?” aveva chiesto lui, severo, senza alzare la voce.

Alice aveva abbassato la testa, cercando di nascondere i suoi occhi pieni di lacrime a Frank. Lentamente si era limitata a scuotere la testa, incapace di parlare.

“Ti prego, non te ne andare. Ho fatto un casino enorme e da sola non ne so uscire. Ho bisogno di te. Sei tutto, la mia vita, la mia aria..” era riuscita a dire lei, mettendo da parte l’orgoglio e parlando a Frank come non aveva mai fatto.

Lui si era fermato, aveva abbozzato un sorriso e l’aveva abbracciata. Era arrabbiato, ma sapeva bene di non poter fare a meno di lei. La amava troppo.

Frank si mosse piano tra le coperte, fino a quando non incontro il corpo di lei. Sorrise, tenendo gli occhi ancora ben chiusi, e ricordo in un momento tutto quanto.

“Buongiorno, principessa!” mormorò Frank, sorridendo.

La sua voce era ancora impastata dal sonno. Lei sorrise, poi lo baciò.

La sera prima erano rimasti a parlare fino a tardi prima di fare l’amore. Si erano raccontati tutto, dubbi, speranze e paure come non facevano da troppo tempo. Alice aveva capito quanto era stata stupida a non stargli vicino, a non parlare prima di quello che la tormentava.

“Sai, ora credo di sapere come si deve essere sentito lui..” mormorò la ragazza, riferendosi al cugino. 

Con il bel portiere era stato semplice chiarire, ma sapeva che James questa volta non l’avrebbe scusata con un sorriso come aveva sempre fatto. Si era sentito solo, tradito e messo da parte e lei aveva il terrore di averlo perso.

“Tradito, credo.” Disse Frank, accarezzando piano il viso di Alice. 

Era bellissima anche assonnata e con il volto corrucciato. Quello scriciolo che riposava tra le sue braccia era la sola donna che avrebbe voluto al suo fianco per tutto il resto della sua vita.

“No, dico a giugno. Aveva perso in un colpo solo il suo migliore amico, i suoi amici e l’amore della sua vita. Un po’ come me ieri sera..” spiegò Alice, ripensando a quei terribili momenti che aveva passato la sera prima. 

Anche lui a Giugno doveva essersi sentito così: suo padre era morto, la ragazza che amava aveva dichiarato di disprezzarlo e i suoi amici gli avevano voltato le spalle.

“Come ci si sente?” chiese Frank, sollevato che la ragazza avesse finalmente ripreso a ragionare.

“È uno schifo!” sbottò Alice, accomodandosi meglio tra le braccia di Frank. 

Il ragazzo la strinse più forte, senza farle male, e la baciò.

“Beh, tu non hai fatto pazzie.. Non tante, almeno.” la rassicurò lui, sorridendo.

“Non so davvero come possiamo aiutarlo.” Sospirò Alice, preoccupata. 

Per la prima volta nella sua vita non sapeva come comportarsi con James. Proprio lei, che lo aveva sempre considerato un fratello.

“Diamogli tempo. Vedrai che si calmerà e tornerà da noi.” Mormorò dolcemente Frank. 

Alice annuì, poi lo baciò. I due rimasero abbracciati ancora un po’, fino a che i morsi della fame iniziarono a farsi sentire.

“Non vorrei essere insensibile, ma che ne pensi dell’idea di fare colazione?” propose Frank, sorridendo. 

La ragazza parve pensarci un po’ sopra, poi annuì.

“Forza, raggiungiamo gli altri in Sala Grande!” esclamò Alice, affamata quanto il compagno.

Una volta scesi per colazione i ragazzi incontrarono Robert. Alice si precipitò dalle amiche mentre Frank si fermò a parlare con il compagno di stanza, perdendo quasi subito la calma.

“Seba, brutto idiota! Dove diavolo sei?” cominciò ad urlare, pieno di rabbia, mentre il ragazzo in questione si faceva sempre più piccolo sulla sedia. 

Sapeva che il suo amico aveva ragione. Alla fine non aveva ancora detto a nessuno, fatta eccezione per Remus, che James aveva passato la notte nel letto di Frank. Probabilmente lo aveva fatto perché il comportamento del Cercatore era decisamente troppo strano per essere spiegato in modo razionale. Attirate dalle urla, anche le altre ragazze raggiunsero il gruppo.

“Mio Dio, ragazzi.. Avete certe facce!” esclamò Alice, passando in rassegna i volti dei suoi amici e fermandosi in particolare a guardare quello di Sirius.

Ancora una volta il ragazzo aveva passato la notte insonne, troppo agitato sia per smettere di darsi la colpa di quanto accaduto che per dormire. I segni della notte appena trascorsa erano chiaramente evidenti sul suo bel viso, segnato da profonde occhiaie nere.

“Non è tornato?” chiese Lily, preoccupata. 

Non ci fu bisogno della conferma dei ragazzi, i loro visi bastavano come risposta.

“Io ti ammazzo!” esclamò Frank, deciso a fare seriamente del male a Seba. 

Nel vedere i due amici litigare in quel modo gli altri ragazzi sobbalzarono sulle sedie. Quella situazione era già fin troppo strana e complicata senza che anche loro si mettessero a fare i cretini.

“Frank? Sicuro di sentirti bene?” chiese Cristal, preoccupata. 

Il portiere sbuffò, lasciando andare Seba che ricadde sulla sedia. Subito si spostò di qualche metro, deciso a sfuggire alla rabbia del suo migliore amico. Sapeva che Frank aveva ragione ma non voleva lo stesso uscirne pieno di lividi. Gli era bastata la silenziosa furia del capitano.

“Mai stato meglio. Ora dimmi, traditore, stiamo tutti da schifo per James, lui torna e tu non dici nulla? Che diamine hai nella testa, segatura?” urlò il bel portiere, fuori di sé. 

A quelle parole, Alice sussultò. Lo stesso fecero gli altri. Sirius rivolse i begli occhi cerchiati di nero verso Seba, pieno di rabbia. Se avesse avuto la forza lo avrebbe volentieri preso a pugni anche lui, ma decise di accantonare l’idea almeno per il momento. Anche Lily si riscosse, alzando la testa verso il riccio che aveva preso a fissare il tavolo con sguardo colpevole.

“Me lo ha chiesto lui, era a pezzi.” Cercò di giustificarsi lui, fulminato dalle occhiate dei compagni. 

Gli unici apparentemente indifferenti erano Remus e Charleen. I due sapevano tutto. Dopo il ritorno di Charleen Seba si era deciso a raccontare della notte precedente.

“Ora dove si trova?” chiese Sirius con un filo di voce, speranzoso. 

Se James era tornato nel dormitorio la notte precedente poteva voler dire che si era finalmente deciso a chiarire con loro. Forse più tardi poteva raggiungerlo, andare da lui e lasciare che si sfogasse. Era disposto a farsi prendere a pugni ed a male parole, ma non voleva perderlo. James era tutto. Un fratello, un amico ed una famiglia. La vita senza di lui non aveva senso. Lo aveva capito quando lo aveva visto disteso immobile in quel lettino d’ospedale.

“Dall’altra parte della stanza.” Rispose Seba, indicando un punto di fronte a sé. 

James era seduto al tavolo, solo, tenendosi in disparte da tutto e da tutti. Tutti si voltarono, cercando l’amico tra la folla indignata per la notizia dell’annullamento della vittoria di Grifondoro.

“Vado da lui.” Esclamò Alice, sicura, alzandosi in piedi. 

Remus la bloccò, trattenendola per un braccio senza farle male.

“Vuole stare solo.” Spiegò il licantropo, sospirando e raccontando agli amici della breve conversazione di quella mattina.

“Non mi interessa quello che dici, devo spiegargli.” Disse Alice, ansiosa, cercando di liberarsi dalla stretta dell’amico.

“Sa già tutto.” Disse Charleen, calma, sorseggiando il suo caffè ormai freddo.

“Cosa?” chiese Frank, stupito, voltandosi prima verso la ragazza e poi verso l’amico. 

Quella situazione si stava andando a complicare ogni minuto che passava.

“Seba gli ha accennato qualcosa sta notte, giusto?” chiese Alice, passando lo sguardo dalla compagna a Seba, cercando una conferma. 

La ragazza scosse appena la testa, sospirando.

“Si, ma non mi ha lasciato il tempo di dire nulla.” Spiegò Seba, sbuffando. 

Raccontare tutto quanto era complicato, ma sentiva di doverlo fare. I ragazzi rimasero ad ascoltarlo attenti, pendendo dalle sue labbra.

“Non vuole sapere di più, credo voglia stare solo e leggere le lettere che gli avevi nascosto.” Continuò Remus, versandosi altro caffè.

“Come ha fatto a prenderle?” chiese Alice, incredula e spaventata. 

James era già furioso per via dei segreti che non gli avevano rivelato, sapere che lei gli aveva anche nascosto delle lettere così importanti doveva averlo fatto infuriare ancora di più.

“Gliele ho portate io.” Rispose Charleen, cercando di apparire calma e di nascondere l’agitazione che provava. 

Sapeva di non essersi comportata da brava amica, ma James stava soffrendo. In quei mesi avevano fatto dei grossi sbagli con lui, sostenendo di agire a fin di bene. Doveva rimediare in qualche modo.

“Perché?” chiese ancora Alice, sentendosi tradita dalla sua amica.

“Perché è giusto così, Alice. Devi smetterla di comandarlo a bacchetta.” Sbuffò Charleen, voltandosi verso Cristal. 

Alice aprì la bocca per replicare, ma Frank la raggiunse e le fece cenno di tacere. Il tempo delle bugie era finito, alla fine. Adesso si trattava solo di aspettare i tempi di James, di lasciare che lui capisse. Non potevano fare altro. Alice prese a singhiozzare, nascondendo il viso tra le braccia del compagno, ma tornò a sedersi. Doveva rispettare i tempi e le decisioni del cugino.

Per il resto della colazione andarono avanti a parlare di James, senza mai perderlo di vista. Nessuno sapeva come comportarsi ma erano tutti concordi che era meglio non cercarlo, non subito almeno. Sirius era quello più in crisi, per la prima volta nella sua vita aveva veramente paura di perdere il suo amico. Era lì, a pochi passi da lui, eppure era anche infinitamente distante. Il ragazzo rimaneva immobile, a distanza. Sentiva gli sguardi degli amici, sapeva quanto stessero male eppure non riusciva ad andare da loro. Aveva paura che gli avrebbero mentito ancora, nascondendogli qualcosa che prima o poi lo avrebbe fatto soffrire.

Dopo quasi mezzora James decise che era arrivato il momento di alzarsi da tavola, sparendo dalla sala e dalla vista degli amici. Il pomeriggio il gruppo lo passò nella sala comune, aspettando il suo ritorno, fiduciosi. Ogni tanto qualcuno tentava di iniziare una conversazione ma nessun tentativo sembrava funzionare. Ogni volta che il ritratto si apriva tutti si voltavano, speranzosi, rimanendo puntualmente delusi. La situazione era paradossale: intorno a loro tutti esultavano per la partita, meritatamente stravinta e si lamentavano per la decisione di sospendere la consegna della coppa, e loro se ne stavano immobili e truci a fissare il camino. Verso sera Lily, esasperata dalla noia, decise di andare a fare un giro, per controllare che nessuno stesse infrangendo le regole. Non si trattava di una vera e propria ronda, ma solo di un modo per scaricare i nervi. Tutto sembrava in ordine, quasi la festa della sera prima avesse tolto a tutti l’energia e la voglia di infrangere le regole. Gli sparuti gruppi di Grifondoro stazionavano per lo più intorno alle panche, troppo stanchi per fare qualsiasi altra cosa. Verso la fine del suo giro, quando ormai era decisa a tornare nella torre di Grifondoro, si imbatté in un gruppo particolarmente ostico di Serpeverde. A differenza degli altri studenti sembravano particolarmente pieni di vita e parecchio inclini a turbare la quiete. Una volta avvistata la rossa, nonostante avessero qualche anno meno di lei, subito la presero di mira con le loro maledizioni. Nonostante fossero piccoli e non particolarmente pericolosi il loro numero cominciava a diventare un problema. Stavano quasi per avere la meglio su di lei, quando un incantesimo li colpì e questi si dileguarono in fretta, borbottando qualche imprecazione sulla sfortuna nera che continuava a perseguitarli. Stupita, la ragazza si sporse per vedere chi era il suo salvatore e rimase di sasso quando riconobbe James, accasciato a terra con le spalle appoggiate alla parete. Sembrava lo stesso di sempre, tranne per l’espressione gelida e quegli occhi così spenti. Poco distante da lui la sua borsa aperta lasciava intravedere al posto dei soliti libri di testo una marea di lettere. La prima del mucchio sembrava diversa dalle altre, forse arrivata da poco. La carta da lettere blu scuro era rovinata in alcuni punti, quasi il mittente avesse pianto molto mentre la scriveva.

“Gra.. Grazie per avermi aiutato con quei ragazzini.” Mormorò Lily, ancora spaventata, controllando che il ragazzo non fosse ferito.

“Figurati, per così poco.” Mormorò James, alzando le spalle. 

Il suo tono sembrava distaccato, ma i suoi occhi tradivano i suoi veri sentimenti. Era a pezzi ed era anche stanco di scappare. Voleva solo essere capito, ma non sapeva come comunicare questa sua necessità agli amici senza iniziare l’ennesima discussione. Ne aveva abbastanza di gente che urlava, voleva solo essere lasciato in pace. Le parole di Seba, l’espressione spaventata di Remus quella mattina e il pensiero che tutti lo credevano un aspirante suicida l’avevano ferito ed insieme sconvolto. Le parole che gli amici gli avevano scritto gli avevano dato il colpo di grazia, ma era stata quell’ultima lettera a confonderlo. Era arrivata qualche ora prima, con un gufo che non aveva mai visto prima. Non conosceva la ragazza che scriveva e che chiedeva di incontrarlo, eppure le sue parole l’avevano reso incredibilmente triste.

Caro James,

sono la sorella di Robert, un ragazzo ricoverato a San Mungo insieme a te qualche mese fa. Non puoi ricordarti di me, eppure io ricordo bene il dolore di tua cugina, di tua madre e di tua zia. Lo stesso dolore che provavo io.

Mio fratello era in coma da quasi un anno  quando sei arrivato tu. Quando ti sei svegliato ed ho visto la gioia di tua madre ho sperato che di poter vivere anche io un momento simile, ma così non è stato. Mio fratello è morto una settimana fa, insieme ai suoi sogni.

Era appena maggiorenne, non aveva ancora trovato una fidanzata né fatto una vacanza da solo con gli amici.

Perché tu si e lui no?

Perché tu vivi e lui muore?

Perché tua cugina ride ed io piango?

So bene che tu non centri, che queste non sono cose da dire e che il mio comportamento è inaccettabile, ma il dolore rende ciechi e fa fare e dire cose insensate.

Vorrei poterti incontrare, chiederti scusa per questo attimo di pazzia, parlarti di Robert e chiederti di goderti la vita anche per lui.

Per favore, non sprecare nemmeno un attimo..

Rose

Da quando aveva letto quelle parole il mondo aveva preso a girare, senza lasciargli nemmeno il tempo di riflettere. Un ragazzo era morto, lui era vivo eppure non riusciva a tornare il ragazzo spensierato che era. Era stato molto fortunato, eppure sprecava tempo in inutili discussioni quando sarebbe bastata una sua parola per avere spiegazioni e scuse.

“Sei rimasto solo tutto il giorno.. Come stai?” chiese la rossa, impacciata, avvicinandosi di qualche passo. 

Il suo istinto le diceva di lasciarsi cadere di fianco a lui e di abbracciarlo ma la sua testa l’aveva diffidata dal farlo. James era ancora sulla difensiva, non poteva rischiare che vedesse quel gesto come una minaccia e che si allontanasse di nuovo. Le parole della ragazza lo riscossero, allontanando per un momento quell’alone di tristezza.

“Non lo so.” Rispose James, fissando il vuoto. 

La rabbia, la delusione e i tormenti che lo avevano tormentato tutto il giorno sembravano aver lasciato il posto alla confusione. Aveva passato ore a chiedersi cosa lo avesse spinto a tornare nella Sala comune e a dormire nella stanza di Seba, senza trovare risposta. Forse le parole dello zio, o magari quelle di Regulus e del professore. Una volta svegliato, tuttavia, aveva di nuovo ripreso a sentirsi solo, incompreso ed arrabbiato, ed era fuggito. Era tornato ad essere il vecchio James, quello che aveva appena perso il padre e che ce l’aveva con il mondo intero. Solo adesso, al fianco della bella rossa, se ne rendeva conto. Una voce dentro di lui gli urlava di cacciarla, di trattarla male come aveva fatto lei mesi prima, mentre una seconda gli diceva di smettere di comportarsi come un bambino egoista. Lei aveva fatto tanto per lui, per rimediare a quell’errore. Non poteva buttare tutto all’aria così, non dopo che si era reso conto che forse anche Lily ricambiava i suoi sentimenti.

“Guarda, c’è il sole. È un peccato isolarsi con una giornata così.” Continuò Lily, cercando di attirare l’attenzione dell’altro ed allo stesso tempo di distrarlo dai suoi pensieri. James alzò appena la testa, fissò il sole e poi sospirò.

“Sono un cretino, va bene?” sbottò improvvisamente prendendo la ragazza, e forse anche se stesso, di sorpresa.

“James..” sussurrò Lily, confusa. 

Aveva paura di sbagliare tutto, ancora una volta. Bastava una parola di troppo e lui se ne sarebbe andato definitivamente. Non poteva sopportarlo, non riusciva ad accettare l’idea di poterlo perdere.

“Lascia parlare me.” Urlò James, lasciando trasparire tutta la sua frustrazione. 

Lily annuì, invitandolo a proseguire.

“Mio padre era appena morto ed io ho perso la ragione. Tutto il mio mondo era crollato e ho cominciato a comportarmi da coglione, convinto che tutti mi dovessero perdonare tutto. Ho litigato con te, con Sirius. Con tutti. Vi ho persi. Anzi, mi avete mandato al diavolo e avevate anche tutte le ragioni.” Continuò James, senza prestare attenzione alle mani di Lily che si erano posate sul suo viso o al corpo della ragazza che improvvisamente era vicino al suo. 

Qualche mese prima avrebbe fatto i salti di gioia per una cosa del genere, ora non se ne accorgeva quasi. Gli occhi del ragazzo si erano riempiti di lacrime mentre il suo cuore dava finalmente sfogo a tutta la sua frustrazione e a tutti i suoi tormenti. Aveva urlato il suo dolore tra le braccia della ragazza che amava e adesso poteva davvero riprendersi la sua vita.

“Invece no, tu stavi male e noi non eravamo lì con te.” Sussurrò la ragazza, cercando di fermare le lacrime che le stavano bagnando il bel viso. 

Lui si stava dando le colpe, ma erano loro quelli che avevano sbagliato tutto quanto.

“Stavo da schifo, ma la cosa peggiore è che sto ancora così. È come se non fosse passato nemmeno un giorno, la mia mente è ferma a quei momenti.” Confessò James, lasciando che i demoni che lo tormentavano uscissero, permettendogli così di sfogarsi. 

La morte del padre, i litigi con Lily e Sirius a lui sembravano vicini, quasi fossero accaduti solamente da qualche mese. Ricordarlo così bruscamente aveva riaperto quelle ferire e peggiorato le cose.

“Fa male, vero?” chiese Lily, scivolando al suo fianco. 

James annuì appena, appoggiando la testa sulle gambe della ragazza.

“So che non dovrei prendermela con voi. In fondo avete solo cercato di aiutarmi, volevate il meglio per me. Solo, di colpo ho ricordato un sacco di cose spiacevoli e la rabbia è stata troppo forte. Mi sono sentito tradito, ferito.” Spiegò James, sforzandosi di essere lucido e di non farsi prendere dalle emozioni. 

Non voleva più urlare, non davanti a lei.

“Smettila di pensare e di essere razionale, sfogati..” lo incitò la ragazza, accarezzandogli i capelli dolcemente. 

Rimasero così, soli in quel corridoio deserto, per ore. Lei continuava a giocherellare con i suoi capelli e lui piangeva silenziosamente, sfogandosi. Non disse nulla molto a lungo, aumentando ancora di più le preoccupazioni della ragazza.

“Lily.. Ci sono altri segreti che credi di dovermi dire?” chiese James, prendendola di sorpresa. 

Lei strabuzzò gli occhi, sobbalzando per quella domanda improvvisa. Gli occhi colori nocciola di James, gonfi per le lacrime versate e non più vuoti, erano intrecciati nei suoi ed attendevano una risposta che in parte temevano. Lui la amava, ma non poteva tollerare altre menzogne. Il loro futuro sarebbe dipeso da quella risposta.

“Forse uno si..” mormorò Lily, abbassando la testa. 

Il solo pensiero di continuare a parlare la terrorizzava, ma doveva farsi forza. Era l’ultima occasione, il loro momento. Se lo avesse perso se ne sarebbe pentita per sempre. Non poteva aspettare ancora.

“Sarebbe?” chiese James, preoccupato per la reazione della ragazza.

“Ti amo.” Sussurrò la ragazza con un filo di voce. 

Il mondo prese a girare, per poi fermarsi di botto. Erano solo loro due, niente intorno aveva più importanza.

“Prego?” chiese James, alzandosi di botto e rischiando di strozzarsi. 

Non poteva credere alle parole che aveva appena sentito. Si era preparato alle peggio cose ed invece dalla bocca della ragazza che amava erano uscite le parole che aspettava da tutta una vita. Il momento che aveva a lungo sognato era finalmente arrivato, forse meno teatrale di come aveva fantasticato lui ma ugualmente intenso, bello e romantico.

“Sta zitto e non interrompermi, va bene?” ordinò Lily, rossa quasi quanto i suoi capelli. 

Era tesa, ma determinata a dare voce ai suoi sentimenti. Voleva essere sincera come era stato James poco prima, aprendogli il suo cuore e condividendo le sue paure.

“Si, ma.. Tu mi disprezzavi..” obiettò James, prendendo le mani della ragazza tra le sue. 

In quel corridoio dimenticato dal mondo Lily era bella come non lo era mai stata.

“Credevo di odiarti, in realtà eri la persona con cui sono sempre riuscita ad essere sincera. Urlare con te mi faceva stare meglio, fino a che non ti sei allontanato.” Continuò a spiegare la ragazza, senta staccare gli occhi da James o lasciargli le mani. 

Quelle di lui erano calde, esattamente come il suo sorriso che era tornato ad illuminargli il volto.

“Beh, ero in coma..” si giustificò lui, abbozzando un sorriso che tradiva il suo nervosismo. 

Lei sospirò e cercò di andare avanti, impacciata. Non poteva dire di amarlo e lasciarlo così, senza spiegazioni.

“Ho realizzato che non eri solo un odioso ragazzino pieno di sé e ho capito di avere perso del tempo. Se non ti fossi svegliato..” continuò Lily, improvvisamente scossa da un tremito. 

La sola idea che lui sarebbe potuto morire la gettava nello sconforto. James sembrò rendersene conto e la tirò a sé, circondandola con le sue braccia.

“Non ci pensare, ora sono qui.” Le sussurrò all’orecchio a bassa voce. 

Lily tremò ancora, questa volta per il tono sensuale che lui aveva usato. I loro visi erano talmente vicini che lei riusciva a sentire chiaramente il suo battito leggermente accelerato ed il suo respiro che era diventato più affannoso.

“Ho perso tanti anni, come una stupida.” Sospirò lei, annullando ancora più le distanze che li separavano.

“Ora sei qui.” Sorrise lui, sfiorando il contorno del viso di Lily con le dita. 

Il sogno di una vita si stava realizzando davanti a lui e tutto il resto aveva perso importanza. I problemi, le paure e la confusione avevano lasciato il posto ad una certezza che si chiamava Lily.

“Sono ancora in tempo per rimediare?” chiese Lily, socchiudendo appena le labbra. 

Voleva un bacio. Fremeva all’idea di sentire le labbra di James posarsi sulle sue. Alle parole della ragazza fu James a tremare, strappandole un sorriso.

“Credo di si.. Anzi, aspetta.” Mormorò lui, allontanando appena il viso ed interrompendo quel contatto magico. 

Voleva baciarla quanto lo voleva lei, ma improvvisamente aveva realizzato che non era possibile. Non ancora, almeno.

“Che ti prende?” chiese Lily, confusa e preoccupata. 

Aveva dichiarato il suo amore al ragazzo di cui era follemente innamorata, lui aveva chiaramente fatto capire di ricambiare ma non era scattato il fatidico bacio. La paura che James fosse ancora arrabbiato, troppo per darle fiducia, la attanagliava.

“Non posso, non ora almeno.” ripeté James, sospirando. 

Si allontanò di qualche passo, prese a pugni una parete e si lasciò di nuovo cadere. Amava Lily, la voleva, ma non poteva baciarla e fare finta di nulla. L’amore della ragazza aveva per qualche istante allontanato tutti i problemi, ma loro erano ancora lì. Nulla era cambiato. Non poteva coinvolgere anche Lily in tutto quel casino, doveva prima risolvere le varie questioni.

“James, che succede?" Chiese Lily, avvicinandosi cautamente al ragazzo e posandogli una mano sulla spalla. 

James non si tirò indietro da quel contatto, al contrario tirò a sé la ragazza e le cinse i fianchi. Ancora una volta la guardò negli occhi, stupendosi di trovarli pieni di lacrime.

“Si tratta di Sirius e di Alice. Sono le persone che mi sono state più vicine, che mi hanno sempre consolato e spinto a non arrendermi con te. Non posso baciarti ora, prima di avere chiarito anche con loro. Voglio fare le cose per bene.” Spiegò lui, fissando gli occhi verdi di lei, incantato. 

Non voleva che pensasse che fosse colpa sua o che lui non la voleva, ma sentiva di non potere fare questo a Sirius e Alice. Non poteva baciare Lily mentre loro si torturavano per lui, versando forse anche le loro lacrime. Non sarebbe stato giusto, loro non lo meritavano.

“Li odi?” chiese Lily, inclinando appena la testa. 

Improvvisamente tutta la storia aveva perso importanza. Le bugie, tutto il dolore di quegli ultimi mesi e la paura di perderlo erano svaniti. James era lì, lei era lì. Loro erano finalmente una cosa sola, tranne per la faccenda del bacio che non era arrivato.

“No, credo mi sia passata anche per merito tuo.” Rispose lui, appoggiando le labbra sul collo di lei. 

Una parte di lui aveva deciso di perdonarli non appena aveva visto le lettere, in particolare l’ultima, ma era stata la presenza e l’amore di Lily a convincerlo del tutto.

“Allora vai, corri.” Sospirò lei, liberandolo dalla sua stretta. 

James inclinò la testa, le scompigliò appena i capelli e le dedicò uno dei suoi migliori sorrisi.

“Torno da te, promesso.” Mormorò lui, allontanandosi, mentre Lily restava ferma a guardare quello che di lì a poco sarebbe stato il suo compagno allontanarsi.


ANGOLO DELL'AUTRICE

Grazie mille a tutti quelli che hanno avuto abbastanza fede da non credere che io avessi abbandonato la storia. In particolare, grazie a LadySaika, Love_Vampire, Stecullen94 e Cloe Black

Love_Vampire: ebbene si, sono ancora viva. inutile dire che chiedo perdono. lo zio era in crisi per la morte dell'amico e non riusciva a stare vicino al nipote. con il tempo ha capito i suoi errori e ha cercato di rimediare. Regulus più che il grillo parlante da il punto di vista di una Serpe, e di conseguenza James fa il contrario. i professori invece, ad di la delle preferenze spiccate, hanno il dovere di aiutare uno studente in crisi. sennò che insegnanti sono? Alla fine in chiarimento con Lily c'è stato, non ancora il bacio, ma è lo stesso un inizio. adesso James ha decisamente le idee chiare. per quanto riguarda il volo dalla finestra, le spiegazioni le troverai tutte nei prossimi capitoli. prometto che sarò deeecisamente più veloce. 

Stecullen94: chiedo scusa per il mancato aggiornamento. sono imperdonabile, ma spero che mi lascerai lo stesso un commento!

Cloe Black: ti ringrazio per i complimenti, davvero. questa è forse la storia che ho curato di più nei particolari. l'ho lasciata in sospeso per un bel po', forse è stato proprio il tuo commento a smuovermi e a riprenderla. grazie anche per questo. decisamente il suicidio non è una risposta. ho lasciato qualche indizio, nella storia, ma nessuno ha colto. ad esempio, ma che fine ha fatto la scopa di James? quando è sparita? per quanto riguarda il perdono, invece, direi che alla fine il bene che vuole a Sirius ed Alice è di più della rabbia.

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Capitolo 20
*** Chiarimenti e nuovi dilemmi ***


CAPITOLO 18
CHIARIMENTI E NUOVI DILEMMI. 

Diverse ore dopo il pranzo e parecchie di più dopo la colazione, nessuno aveva ancora avuto notizie di James. Uscito dalla Sala Grande il ragazzo aveva semplicemente fatto perdere le tracce di sé per quella che ai ragazzi in attesa aveva tutta l’aria di sembrare un’eternità. Forse solo la Mappa del Malandrino avrebbe potuto individuarlo, ma nessuno del gruppo dei ragazzi aveva la forza di pensarci, né tanto meno di farsi venire altre idee. Nella Sala Comune dei Grifondoro regnava una calma strana, innaturale. Nessuno si era mosso dalla sua posizione né aveva parlato da ore ormai. Se ne stavano tutti lì, zitti e fermi come statue di sale, in attesa di quello che pareva essere un miracolo. Cristal fece vagare lo sguardo nella stanza, incontrando le espressioni vuote degli amici e quella perplessa di Peter. Il biondino sembrava l’unico che, seppure snervato dall’attesa, sperasse ancora. La mente del ragazzo stava lavorando, frenetica. Era come essere tornati bambini, quando credeva ancora a quell’omone babbano di cui parlava sua zia senza poteri. Un vecchio vestito di rosso che portava i regali a tutti i bambini la notte di Natale, Babbo Natale doveva chiamarsi. Non si era mai posto il problema circa la sua natura, magica o babbana, né dubitato della sua presenza. Era una certezza, un pilastro della sua vita. Lui semplicemente ci credeva, sapeva con certezza che prima o poi l’uomo con la barba bianca, le renne e tutto il resto sarebbe arrivato, calandosi dal camino con un grosso sacco sulle spalle. Più o meno con la stessa fede attendeva James, certo che l’amico non li avrebbe delusi. Non poteva, era James Potter dopo tutto. Quello che non arrende e vince la coppa anche quando sembra una follia. Si trattava solo di aspettare qualche ora ancora. Forse gli amici non avrebbero condiviso la sua previsione ottimistica, certamente non Sirius ne tanto meno Alice o Remus, lui era sicuro di come sarebbero andate le cose.

-          Andiamo a mangiare?

Propose Seba, lanciando un’occhiata alla stanza. Vide espressioni pensierose, spaventate e pericolosamente vuote. Se fossero rimasti lì ancora per un po’ forse sarebbero esplosi. Visto che non succedeva nulla tanto valeva cercare di fare passare il tempo in qualche modo.

-          Non ho fame.

Sbuffò Sirius, distratto, alzando le spalle. Remus fissò a lungo l’amico, preoccupato. Temeva una risposta del genere, ma lo stesso non sapeva che fare.

-          Nemmeno io.

Fece eco Alice, scuotendo la testa. Non importava quanto tempo ci sarebbe voluto, lei avrebbe aspettato James. Non poteva fare altro. Non voleva deluderlo ancora una volta. Questa volta fu il turno di Frank di fissare la sua ragazza, scuotendo la testa. Nemmeno lui poteva fare nulla. Era costretto a rimanere semplice spettatore del dolore della persona che amava di più al mondo.

-          Insomma, volete stare qui tutto il giorno a piangervi addosso?

Esplose Cristal, fulminando con lo sguardo gli amici per spingerli a reagire. I due ragazzi si guardarono, alzarono le spalle e tornarono a fissare il ritratto che segnava l’ingresso della loro Sala Comune. Parevano dei fantasmi, degli echi di quello che erano stati solo qualche giorno prima. In una situazione diversa forse Sirius sarebbe scattato in piedi e Alice si sarebbe indignata per quella provocazione. Sicuramente James avrebbe riso di quella loro reazione esagerata e tutto sarebbe finito lì, tra una risata e qualche scherzo.

-          L’idea era quella.

Sbuffò Sirius, senza perdere la calma. Era rassegnato, disilluso e abbattuto. Forse persino l’ingresso improvviso di suo fratello e di sua cugina non l’avrebbero sconvolto più di tanto. Avrebbe detto loro di andarsene, poi si sarebbe voltato verso il fuoco, tornando ad aspettare ansioso. Voleva solo parlare con James, il resto era solo di contorno. Una scocciatura alla quale non poteva sottrarsi.

-          A grandi linee..

Concordò Alice, sospirando senza nemmeno prendersi la briga di alzare la testa.

Quella reazione tanto assurda fece perdere la calma a Charleen. Le due ragazze alla fine avevano chiarito i loro problemi, avevano pianto ed avevano finito con l’abbracciarsi. Seba e Frank si era guardati, perplessi, tuttavia si erano dimostrati contenti. Nessuno si aspettava che ci volesse così poco perché tutto tornasse alla normalità. Sembrava un segnale positivo. Se loro avevano appianato i loro diverbi in poco tempo allora c’era la speranza che anche James avrebbe potuto fare lo stesso con loro una volta tornato nella Sala Comune. Tutti credevano che il ragazzo sarebbe tornato per cena ma ormai iniziavano a dubitarne.

-          Basta, Alice vuoi guardarti allo specchio?

Chiese la ragazza, rossa in viso per l’agitazione. Alice era l’ombra di se stessa. Faceva quasi spavento da tanto che era nervosa, agitate ed in ansia.

-          Mi spiace Charleen, non ci riesco. Voglio stare qui, aspettare che torni e cercare di scusarmi con lui. So che non mi vorrà vedere, ma ci devo provare lo stesso.

Rispose Alice, senza staccare lo sguardo dal pavimento. La ragazza riccia sospirò, imprecò a bassa voce ma non disse altro. Le faceva male vedere l’amica così, ma più che spingerla a reagire non poteva fare. Era tutto nelle mani di quel testone di James, che non si decideva a tornare. Charleen non riusciva a spiegarsi cosa gli stesse passando per la testa. Se aveva letto le lettere che lei gli aveva dato allora doveva sapere quanto si erano preoccupati, scusati e quando era stati in pena. Dove diamine era andato a cacciarsi?

-          Ha bisogno di tempo, lo sai. Non puoi rimetterci la salute.

Mormorò Frank, abbracciando dolcemente Alice. Il contatto con il corpo del compagno rilassò la ragazza. Sarebbe stato bello potersi abbandonare tra le sue braccia, ma non poteva. Non ancora, almeno. Doveva pensare a James prima.

-          Non vi preoccupate, in fondo le cucine sono sempre aperte..

Disse Alice, sforzandosi di sorridere. Doveva essere convincente oppure l’avrebbero portata con loro con la forza. Frank non disse nulla, ma stampò un bacio silenzioso sulla bocca della ragazza.

-          Sirius, sai vero che quello che abbiamo detto a lei vale anche per te?

Sospirò Remus, guardando l’espressione persa dell’amico. Non aveva mai visto l’orgoglioso e testardo Sirius Black in quelle condizioni. Mai, neppure quando era stato cacciato di casa dalla sua famiglia ed il fratello non aveva mosso un dito.

-          Cosa?

Chiese Sirius, cadendo dalle nuvole. Il suo corpo era lì, in quella stanza, ma era evidente che la sua mente era lontana. Evidentemente in un altro luogo.

-          Stavi ascoltando, almeno?

Chiese Seba, inclinando appena la testa. Non c’era rimprovero nelle sue parole, sono una sfumatura di preoccupazione. Nemmeno lui aveva voglia di ridere, seppure si sforzasse di non darlo a vedere. Sebastian depresso avrebbe finito con il togliere la speranza a tutti loro.

-          Sono preoccupato per James..

Dichiarò Sirius, mordendosi le labbra. Più si sforzava di non pensarci, più stava peggio. Ogni istante che passava aumentava la convinzione che James stesse combinando qualcosa di stupido che avrebbe finito con l’allontanarlo ancora di più da loro invece che sistemare le cose.

-          Che fine avrà fatto Lily?

Chiese improvvisamente Cristal, guardandosi nervosamente intorno. Le parole della bionda fecero cadere tutti quanti dalle nuvole.

-          Cosa centra Lily adesso? Lei sta facendo la ronda, mentre Jamie non ci parla. Sono due problemi completamente diversi.

Sbuffò Alice, lanciando un pezzo di pergamena nel camino. Subito la fiamma si agitò, prendendo vita. In pochi istanti era tornato come prima, luminoso e caldo. Era così semplice ravvivare un fuoco quando si stava per spegnere, perché non poteva esserlo anche aggiustare le cose con James?

-          Voi siete troppo complicati, ed io ho fame.

Decretò alla fine Seba, esasperato. Avrebbero potuto insistere per ore ma non avrebbe cambiato nulla. Alice e Sirius sarebbero rimasti lo stesso dove si trovavano, immobili, silenziosi e depressi e James avrebbe continuato a non farsi vedere. Stando lì a morire di fame non avrebbero certo cambiato le cose.

-          Buon appetito, allora.

Disse Sirius, sorridendo appena. Si trattava di un sorriso tirato, uno dei più falsi che si erano mai visti sul viso del ragazzo, nonostante l’impegno che ci aveva messo per sembrare davvero convincente.

-          Li portiamo giù di peso?

Chiese Seba, rivolto a Frank. Il portiere ci pensò qualche istante, poi scosse la testa. Non sarebbe servito a nulla, lo sapeva bene. Quei due erano incredibilmente testardi. Persino un mulo si sarebbe arreso di fronte a loro.

-          No, ora no. Ci penso io più tardi se serve.

Dichiarò alla fine, scompigliando i capelli della propria ragazza. Alice e Sirius sorrisero appena, mentre gli altri si allontanavano.

Erano soli, ma per la prima volta da quando si conoscevano non avevano voglia di ridere né di parlare tra loro. niente scherzi, né battute né discorsi sul quidditch. Solo tanto silenzio e ancora più malinconia.

-          C’è l’hanno fatta a lasciarci in pace alla fine.

Esclamò Alice dopo un po’, rompendo quel silenzio tanto snervante. Sirius sospirò, scuotendo la testa. Era lieto che li avessero lasciati in pace, ma non poteva certo dare tutti i torti ai compagni.

-          Sono solo preoccupati. Avrei fatto lo stesso anche io se..

Iniziò Sirius, ignorando la porta che si apriva. Doveva trattarsi dei suoi amici. Come al solito qualcuno di loro, probabilmente Peter, aveva finito con il dimenticare qualcosa.

-          Se James non avesse smesso di parlarti perché sei un idiota?

Mormorò una voce alle spalle dei due ragazzi, che si gelarono all’improvviso. Alice e Sirius si scambiarono un’occhiata che tradiva tutta la loro preoccupazione. Quella voce, quel tono divertito. Potevano appartenere ad una persona sola. La stessa che stavano aspettando la ore e che non credevano certo di trovarsi di fronte da un momento all’altro.

-          James?

Chiese Sirius, prudente, prima di voltarsi. Non voleva illudersi che si trattasse del suo amico per poi scoprire che era solo un’illusione dettata dalla sua mente provata da quelle lunghe ore di attesa.

-          No, la fata turchina. Non le vedete le alucce azzurrine?

Sbuffò James, lasciandosi cadere sul divano di fronte ai due ragazzi. Entrambi erano troppo immobili, troppo sorpresi e troppo increduli per prendere qualsiasi iniziativa. Lo fissarono a lungo, increduli, analizzando ogni minimo particolare quasi a voler fugare ogni minimo dubbio.

-          Jamie..

Iniziò Alice, tirando su con il naso. Sentiva che gli occhi le si stavano riempiendo di lacrime e che quel groppo in gola con cui combatteva da ore stava per avere la meglio. Avrebbe voluto dire tante cose a James, eppure adesso che lo aveva davanti a sé non gli veniva in mente nulla. Voleva solo abbracciarlo e sentire che tutto era tornato come prima. Più o meno lo stesso valeva per Sirius.

-          Vale lo stesso per te, Ally. Questa volta sei stata pessima. Un’arpia, peggio di quando da piccola mi rubavi tutte le macchinine nuove.

Continuò James, spostando la sua attenzione dall’amico alla cugina. Aveva un’espressione imbronciata che avrebbe certamente strappato un sorriso alla ragazza ed a Sirius, se solo il momento non fosse stato tanto delicato.

-          Lo so, mi dispiace tanto.

Disse Alice, tenendo la testa basta. Aveva passato molto tempo a riflettere sul suo comportamento ed era giunta alla conclusione che l’ansia e la preoccupazione l’avevano portata a fare cose decisamente stupide. Invece di aiutare Jamies l’aveva solo ferito, peggiorando le cose. Non lo aveva sostenuto, né gli era stata accanto.

-          Per le macchinine?

Chiese James, divertito, ignorando l’espressione incredula della cugina.

-          James, ascolta io..

Iniziò Sirius, cercando di mettere ordine tra i suoi pensieri. Non capiva cosa stava succedendo, ma sapeva che doveva scusarsi. Non avrebbe perso il suo amico ancora una volta.

-          È tutto passato, Sirius. Davvero, va bene così.

Lo fermò James, sorridendo. Non si trattava di un sorriso tirato, finto. Il viso dell’amico emanava quella tranquillità e quella solarità che gli era così a lungo mancata in quei mesi. Per la prima volta da quasi un anno aveva davanti a sé il vero James, e questi sorrideva.

-          Ho una fame terribile, Sala Grande?

Continuò James, cercando di ignorare le espressioni perplesse e buffe dei due ragazzi che aveva di fronte. Era evidente che si aspettavano che lui facesse scenate, non che arrivasse ridendo.

-          Tutto qui?

Chiese Sirius, aggrottando la fronte. James sospirò, alzando gli occhi al soffitto. Se c’era una cosa che quei mesi gli avevano insegnato era che la vita era fin troppo breve per perdere tempo con i musi lunghi. A luglio aveva quasi rischiato di lasciarci le penne, si era salvato ed era deciso a non sprecare nemmeno un attimo.

-          Felpato, quando si ha fame ed è ora di cena si va in Sala Grande. Dove sta il problema? Oggi ti capisco poco..

Spiegò James, paziente. Alice fissava quella scena, stranita. Sirius invece era deciso a non lasciare cadere il discorso così. Non gli sembrava vero che fosse tutto tornato a posto. Sembrava un sogno, uno di quelli che lo avevano tormentato nelle ultime notti.

-          Dovresti avercela a morte con noi. Dovresti picchiarmi, urlare.. perché te ne stai lì e ci sorridi come un idiota?

Chiese Sirius, sul punto di esplodere. L’attesa, l’ansia e la paura l’avevano reso irritabile e decisamente paranoico.

-          Non rubarmi le parole di bocca. Qui il più grande degli idioti sei tu, noi io.

Precisò James, deciso e divertito da quella situazione. Era paradossale: l’unico che doveva essere arrabbiato rideva, gli altri due sembravano sul punto di scoppiare a piangere.

-          Non hai risposto alla sua domanda..

Mormorò Alice, fissando intensamente il cugino. James sospirò, prendendo tempo per elaborare una risposta che li tranquillizzasse.

-          Che devo dirvi? Lui si è comportato da stronzo, tu hai fatto concorrenza a sua cugina Bellatrix. Mi avete trattato come uno straccio, mi avete praticamente calpestato. Adesso però mi è passata. Vi voglio bene e voglio andare a mangiare perché ho fame.

Disse James alla fine, sorridendo. I due amici ci guardarono, poi saltarono tra le braccia di James. Solo lui aveva la capacità di portarti alla pazzia, farti stare da cani e poi risolvere tutto con una battuta. Lo strinsero forte, quasi avessero paura di vederlo sparire da un momento all’altro tra le braccia.

-          Ehi, vi faccio presente che farvi morire soffocato aumenterebbe in modo esponenziale il numero delle seccature.

Sussurrò James, cercando di sfuggire a quella stretta. Ci pensò su qualche istante, poi decise che gli piaceva. L’affetto sincero della sua famiglia gli era mancato nelle ultime ore, nonostante tenersi lontano era stata principalmente una sua decisione.

-          Credi di riuscire a smettere di dire stronzate?

Chiese Sirius, esasperato. James ci pensò un po’ su, perplesso.

-          Non saprei, però ci posso provare.

Disse alla fine, deciso, scoppiando a ridere subito dopo.

-          Meglio, dai.

Sorrise Alice, senza smettere di stringere il cugino.

Una volta conclusa la fase dei pianti e degli abbracci i tre si incamminarono verso la Sala Comune. Adesso che la situazione era più tranquilla, anche Alice e Sirius sentivano a gran voce i morsi della fame.

-          Ancora non ci credo.

Sussurrò Alice all’orecchio del cugino, guardandosi intorno alla ricerca degli altri compagni. Una volta individuati, il gruppo si diresse verso di loro. Lily era seduta e sorrideva tranquilla. Doveva averli raggiunti subito dopo aver lasciato James. Il capitano si chiese se la ragazza avesse o meno raccontato tutto agli altri. Dalle espressioni, tetre e preoccupate, dedusse che non doveva aver detto nulla.

-          Che noia, certo che siete monotoni. Ecco perché avevo smesso di parlarvi..

Sbuffò James, sorridendo. Sirius borbottò qualcosa, ma bastò l’espressione divertita del suo migliore amico a strappargli una risata.

-          Buonasera a tutti.

Salutò Sirius, prendendo posto accanto a Remus. Il licantropo alzò la testa, incrociò lo sguardo sorridente di James e sbiancò. L’altro gli scompigliò i capelli e gli strinse un braccio intorno alle spalle. Remus sorrise, più tranquillo. Era tornato tutto come prima.

-          James?

Chiese Seba, incredulo. Il ragazzo sospirò, esasperato. Prima o poi quel tormento sarebbe finito, ma per ora doveva tranquillizzare gli amici sul fatto che era tornato e che li aveva perdonati.

-          Se mi chiedi come sto ti affatturo.

Borbottò James, sbuffando. Cristal si voltò verso Charleen, che sorrideva. Peter guardava la scena con gli occhi lucidi, troppo emozionato per riuscire a parlare.

-          È una minaccia?

Chiese Cristal, felice.

-          Affatto, è una promessa.

Continuò James, fingendosi serio. Il gruppo tirò un sospiro di sollievo.

-          Sembra sia tornato tutto alla normalità alla fine.

Mormorò Lily, sorridendo. James si voltò verso di lei, diventando improvvisamente più serio e più posato. Quasi volesse fare una bella impressione su di lei.

-          Per adesso si, ti ricordi vero che abbiamo una certa cosa in sospeso noi due?

Chiese James, inclinando la testa. Improvvisamente il mondo intorno era svanito. Gli amici, i compagni di squadra, i compagni, i professori ed i fantasmi. C’erano solo loro due, come poco prima nel corridoio deserto dove lui l’aveva difesa dai Serpeverde.

-          Qualcuno spiega anche a noi?

Chiese Seba, perplesso dallo strano comportamento dei due. Se non si fosse trattato di Lily e James avrebbe quasi scommesso che stessero amoreggiando in pubblico. Ipotesi veramente assurda visto il famoso astio che la ragazza provava per il bel cercatore.

-          Niente domande, impiccioni!

Lo ammonì Charleen, intuendo che tra Lily e James doveva essere successo qualcosa che a loro era sfuggito. Probabilmente uno dei due doveva essersi finalmente deciso a dichiararsi, trovando l’appoggio dell’altro. La ragazza sospirò, fissando Seba con aria sognante. Prima o poi lui sarebbe diventato il padre dei suoi figli, ne era certa.

-          È una proposta?

Chiese Lily, sgranando gli occhi verdi. C’era una sfumatura di emozione nella sua voce, che non sfuggi al capitano.

-          Potrebbe.

Rispose James, vago. Il viso della ragazza si fece più colorito, decisamente tendente allo stesso rosso dei suoi capelli. Il suo cuore prese a battere più forte.  

-          Allora sentiamo.

Disse lei, incitando l’altro a proseguire. James inclinò appena la testa, per vederla meglio. Era adorabile anche quando era imbarazzata.

-          Sabato pomeriggio. Meglio ancora, tutta domenica.

Propose James, sentendo il suo cuore accelerare. Non avrebbe sopportato un rifiuto, lei doveva dire si.

-          Sai che potrei essere libera?

Mormorò Lily, divertita. Voleva tenerlo sulla corda per un po’, per vedere come reagiva ma non voleva complicare le cose. Avevano aspettato troppo, entrambi.

-          Niente compiti?

Chiese James, prudente. Essere messo da parte per un libro sarebbe stato frustrante. Forse il peggio che gli poteva capitare.

-          Fammi pensare, da una parta ci sono un sacco di temi di pozioni da fare e dall’altra un’uscita con te.

Ricapitolò lei, fingendosi pensierosa. In realtà aveva già scelto, nel momento stesso in cui aveva deciso di confessargli i suoi sentimenti. Lo amava e nulla l’avrebbe tenuta lontana da lui.

-          Ti ho messa in crisi?

Chiese James, sorridendo appena.

-          No, in fondo la scelta è facile. Non credo che Lumacorno mi metterà in punizione.

Concluse Lily, puntando gli occhi verdi dentro quelli nocciola di lui.

-          È un si?

Chiese James, prudente, mentre sul suo viso si allargava il più straordinario dei sorrisi che la ragazza gli avesse mai visto fare.

-          Sei sveglio, capitano.

Esclamò Charleen, scoppiando a ridere. Il gruppo di amici di riscosse, scoprendosi guardare la scena con espressioni ebeti. Pareva quasi di essere finiti in una fiaba che aveva per protagonisti non Lily e James, ma una principessa ed il suo bellissimo principe. L’unica cosa certa era che finalmente sarebbero riusciti, o almeno così tutti si auguravano, a coronare il loro bellissimo sogno d’amore.

-          In che universo parallelo sono finito?

Mormorò Seba, sconsolato, guardandosi intorno alla ricerca di conferme.

-          Seba, sicuro di stare bene?

Chiese Frank, osservando l’amico. Il ritorno alla normalità di James era coinciso con l’inizio della pazzia di Seba. Non era per niente positivo, al contrario. Dopo un periodo tanto assurdo avevano bisogno di calma e di certezze, non di altri problemi. Senza contare che di lì a pochi mesi ci sarebbero stati gli esami. Per loro del settimo anno si trattava di quelli finali. Si sarebbero giocati tutto, compresa la possibilità di entrare nell’Accademia Auror. Entrambi avevano già fatto richiesta per partecipare all’esame di ammissione di luglio, ma per poterlo sostenere dovevano uscire dalla scuola con dei voti alti o non avrebbero avuto speranze.

-          Io si, ma guardati intorno. James è tranquillo, calmo e sorride senza essere arrabbiato né con Sirius, né con Alice o con altri. In più Lily ha appena accettato di uscire con lui..

Spiegò Seba, sconsolato. Frank scoppiò a ridere, scuotendo la testa. Forse alla fine non lo avevano perso. Non ancora del tutto, almeno.

-          Ci dobbiamo essere persi qualcosa per forza.

Concluse Remus, scuotendo anche lui la testa. Era felice per il suo amico, non aveva mai visto James in quello stato. Toccava il cielo, sembrava che stesse per alzarsi da terra da un momento all’altro. Ancora un istante e si sarebbe staccato da terra.

-          Perspicace, Remus.

Commentò James, sorridendo.

-          Di grazia, spieghi anche a noi?

Chiese Frank, curioso. James sbuffò e scosse la testa, scompigliandosi ancora di più i capelli.

-          Da quando siete così ossessivamente curiosi e sentite il bisogno di sapere tutto quando della mia vita?

Protestò James, incrociando le braccia e fingendosi offeso.

-          Il solito schizofrenico è tornato tra noi.

Esclamò Sirius, scoppiando a ridere.

-          Simpatici, davvero molto simpatici.

Piagnucolò James, mettendo il broncio.

-          Infatti stiamo ridendo tutti, Potter.

Mormorò una voce alle spalle del ragazzo. James si irrigidì, riconoscendo chi aveva parlato. Intorno a lui, tutti si gelarono.

-          Non credo che questo riguardi te, Black.

Disse James, distaccato. Non si voltò, deciso a non darla vinta al cercatore di Serpeverde. Non sapeva per quale motivo era arrivato fino a lì, ma non doveva essere una cosa piacevole.

-          Mi spezzi il cuore, Potter. Pensa che io credevo che dopo l’ultima chiacchierata al chiaro di luna ero diventato tuo amico.

Sogghignò il Serpeverde, inclinando appena la testa. Il Grifondoro sbuffò.

-          Non esagerare Black. Ammetto che sei meglio di altri tuoi compagni, ma sei ancora troppo viscido e arrogante. Che vuoi?

Sbottò James, infastidito. Riusciva a percepire chiaramente come la presenza di Regulus agitava Sirius. Non voleva che il suo amico stesse male. Doveva mettere fine a quella discussione ad allontanare l’ultimo arrivato prima che qualcuno avesse il tempo di fare qualche scenata.

-          Parlarti. Di grazia, credi di riuscire ad alzare il sedere dalla sedia o mi farai perdere altro tempo?

Chiese il Serpeverde, paziente, tamburellando con le dita la sedia del ragazzo.

-          Non obbedisco a bacchetta ad un Serpeverde, chiaro?

Rispose James, voltando ancora di più le spalle al nuovo arrivato.

-          Presuntuoso e pieno di sè.

Borbottò a bassa voce il ragazzo più piccolo. James non sentì, o forse finse soltanto, ma Sirius scattò subito, nervoso.

-          Che diamine hai detto, brutto..

Iniziò il ragazzo, bloccato da un gesto del fratello. Il cercatore delle Serpi non aveva perso la sua lucida freddezza. Aveva raggiunto il suo obiettivo: provocare il fratello e iniziare una discussione.

-          Ho detto presuntuoso e pieno di sé. Vuoi che scandisca meglio le parole, fratellone?

Chiese Regulus, evidentemente ironico. L’ultimo loro confronto risaliva a più di un anno prima, dopo che Sirius era andato via di casa. Regulus non aveva fatto nulla per fermarlo quella sera, ma una volta tornati al castello l’aveva avvicinato. Non aveva detto molto, solo che alla fine aveva preso la decisione migliore. Nella sua voce non c’era traccia della solita strafottenza, ma vi si poteva leggere molta malinconia. Sirius avrebbe voluto chiedergli molte cose, ma per orgoglio era stato zitto. Avevano continuato a guardarsi per un po’, in silenzio, poi si erano separati. In quel momento avevano smesso definitivamente di essere fratelli ed avevano iniziato ad odiarsi.

-          Basta, lascialo stare. Dimmi quello per cui sei venuto e poi sparisci.

Esclamò James, deciso a mettere fine a quel circo ancora prima che iniziasse. Sapeva che tutto quello che stava accadendo non faceva bene a Sirius e non voleva che lui soffrisse. Era stato fin troppo male negli ultimi mesi, a causa sua.

-          Sei anche sordo, Potter? Alzati da quella sedia e vieni con me.

Ripeté Regulus, scandendo con calma le parole. Sembrava deluso per avere perso l’occasione per arrivare alla lite, ma non voleva darlo troppo a vedere.

-          Non ci sono segreti tra i Grifondoro.

Dichiarò Alice, infastidita dalla presenza della Serpe. Voleva sentire quello che Regulus aveva da dire al cugino, un po’ per curiosità ed un po’ per paura. Non voleva che James avesse segreti con loro, né che cominciasse a frequentare brutti giri che potevano condurlo su una cattiva strada.

-          Non ricordo di avere chiesto il tuo parere Prewet.

Rispose Regulus, sbuffando annoiato.

-          Lasciala stare, Serpe.

Lo minacciò Frank, furioso. Nessuno poteva toccare la sua donna, soprattutto se la persona in questione era un viscido Serpeverde che aveva già fatto soffrire un suo amico.

-          Che paura, Paciock.

Scherzò Regulus, portandosi le mani al volto per mimare un’espressione terrorizzata. Ancora una volta Sirius scattò in piedi ma fu bloccato da Remus e da Peter prima che riuscisse a fare un passo.

-          Fatela finita tutti, mi farete venire il mal di testa.

Mormorò James, alzandosi lentamente dalla sedia. Regulus sorrideva, felice di avere raggiunto il suo obiettivo. Aveva provocato il gruppo ed aveva convinto James a seguirlo. Ora doveva solo fare il resto, poi avrebbe avuto la sua occasione. Si sarebbe preso la sua rivincita e avrebbe riscattato il suo onore. Non la si faceva così facilmente ad un Black.

-          Vai sul serio con lui?

Chiese Lily, stranita. Non credeva che alla fine il ragazzo l’avrebbe davvero data vinta al suo storico nemico. Fin da quando Regulus era arrivato al castello loro due erano stati avversari: per Sirius, per il boccino e per i voti. Ogni motivo era buono per scontrarsi e dimostrarsi migliore dell’altro.

-          Almeno poi la smette.

Sospirò James, stizzito, senza aggiungere altro. In parte era curioso di sentire cosa voleva Regulus, ma non aveva grandi aspettative. Probabilmente doveva trattarsi di qualcuna delle sue cattiveria. Suo padre diceva sempre che quando un Serpeverde fa o dice qualcosa di buono, allora fa anche sempre di tutto per nasconderla al mondo perché nessuno ne venisse a conoscenza.

-          Ma che diamine?

Sbottò Sirius, furioso ed allo stesso tempo confuso.

-          Dopo, Sirius..

Lo bloccò James, dolcemente. Non voleva preoccuparlo, ma non voleva nemmeno parlare davanti a tutti. In particolare davanti a Regulus.

-          Da quando dai così tanta confidenza a mio fratello?

Chiese ancora l’altro Grifondoro, burbero.

-          Ho detto dopo, Sirius.

Rispose ancora James, questa volta con un tono più irritato.

-          Ma..

Provò ad obiettare Remus, confuso.

-          Non credo che nessuno di voi si nella posizione di prendersela con lui perché ha dei segreti…

Mormorò Regulus, senza trattenere una risata maliziosa. Nessuno ebbe la forza di controbattere a quella frase. Il Serpeverde aveva ragione. Tutti loro avevano mentito a lungo a James e non avevano diritto di costringerlo a rivelare i suoi segreti. Il capitano sospirò, irritato. Ancora una volta il Serpeverde aveva aperto la bocca solo per il gusto di ferire i suoi amici.

-          Potresti avere la decenza di stare zitto?

Chiese James, fissando la Serpe con un’espressione glaciale che avrebbe zittito chiunque.

-          Potrei, ma non sarebbe divertente.

Rispose Regulus, pacato, inclinando appena la testa.

-          Falla finita, ora.

Ripeté James, questa volta alzando leggermente la voce.

-          Sei noioso. Incredibilmente noioso.

Sbuffò il cercatore più giovane, allontanandosi di qualche passo.

-          Tu invece sei stronzo, incredibilmente stronzo.

Sibilò James, fronteggiando il cercatore di Serpeverde. I due si allontanarono di qualche metro, in silenzio. Solo quando furono abbastanza lontani Regulus iniziò a parlare, tranquillo come sempre. Nessuno lo aveva mai visto alzare la voce durante una discussione, neppure Sirius. Il Serpeverde aveva la straordinaria capacità di stare calmo in qualsiasi situazione, senza mostrare mai i suoi veri sentimenti.

-          Che diamine si staranno dicendo?

Chiese Sirius, insofferente. Avrebbe dato qualsiasi cosa per riuscire a sentire quella conversazione.

-          Smettila Sirius, James ha detto che dopo ci dice tutto.

Tagliò corto Cristal, sbuffando. Quella situazione non piaceva nemmeno a lei ma dovevano fidarsi di James. Era l’unica cosa che potevano fare.

-          Ti sbagli, ha solo detto dopo.

Sbuffò Sirius tetro, riflettendo sulle parole dell’amico.

-          Da quando non ti fidi di lui?

Chiese Alice, perplessa ed arrabbiata. Quello che aveva di fronte non sembrava il solito Sirius Black ma un gattino indifeso e spaventato.

-          Lui.. io.. Regulus..

Cercò di dire Sirius, non riuscendo nemmeno a formare una frase di senso compiuto. C’era di mezzo suo fratello e tanto bastava per mandarlo in crisi. Aveva paura di perdere tutto, proprio ora che le cose con James avevano ripreso ad andare davvero bene.

-          Stava ridendo e scherzando come sempre. Ti ha perdonato, non devi temere che trami qualcosa con tuo fratello.

Cercò di rassicurarlo Lily, dolcemente. Mai la ragazza si era dimostrata così gentile nei confronti di Sirius Black da che lo conosceva.

-          James non ti farebbe mai una cosa del genere.

Aggiunse Frank, cercando di trasmettere all’amico calma.

Sirius annuì appena, nervoso. Non riusciva a smettere di guardare i due ragazzi, poco lontani. Discutevano animatamente. James sembrava agitato, Regulus impassibile. Pareva quasi la situazione lo divertisse. Di tanto in tanto si voltava verso il tavolo di Grifondoro, lanciando occhiate torve al fratello.

-          Felice notte, poveri idioti.

Salutò Regulus con la sua solita ironia, tornando al tavolo di Serpeverde.

-          Luridi ba..

Esclamò James, adirati, lasciandosi cadere. Cercò di tirare un pugno al tavolo ma l’occhiata di rimprovero di Charleen lo bloccò. Tutti si voltarono, preoccupati, tranne Lily.

-          James, non essere volgare.

Lo riprese la ragazza, apparentemente tranquilla. Sapeva che James non era arrabbiato con loro.

-          Scusa, ma sono dei vermi.

Sbottò James, nervoso. Sbuffò e imprecò ancora a bassa voce.

-          Con chi c’è l’hai?

Chiese Peter, nervoso.

-          Serpeverde.

Rispose il capitano, sbuffando. A quelle parole tutti tirarono un sospiro di sollievo. Per qualche istante avevano temuto di essere tornati per qualche strano motivo in cima alla lista nera di James.

-          Ti spiacerebbe fare capire anche a noi?

Chiese Remus, confuso.

-          No, non adesso. Non ho abbastanza tempo, devo andare dalla McGranitt.

Esclamò James, scattando di nuovo in piedi. Era agitato, quasi non riuscisse a stare fermo nello stesso posto per più di due secondi. Sembrava che gli stesse bruciando la terra sotto i piedi.

-          È successo qualcosa di grave?

Chiese Sirius, perplesso e confuso.

-          Non lo so ancora, non del tutto almeno. Scusatemi.

Rispose James, asciutto.

-          Sicuro di non volerci dire nulla?

Chiese Seba, fissando l’amico. Non riusciva a spiegarsi quel modo di fare, non dopo che lo aveva visto sorridere fino a pochi minuti prima. Possibile che fosse bastato fare quattro chiacchere con Serpeverde per rovinare tutto?

-          Si tratta della squadra, ma non so ancora esattamente come stanno le cose.

Sospirò James alla fine, sbuffando. Si sentiva impotente, truffato e decisamente incazzato.

-          Aspetta, non avranno davvero annullato la vittoria di Grifondoro..

Esclamò Alice, inorridita. Aveva sentito delle voci nelle ultime ore, ma le erano sembrate troppo assurde per essere prese seriamente in considerazione.

-          Così sembra, per questo voglio andare da Minnie. Frank, vieni anche tu?

Chiese James, rivolto al compagno di squadra.

-          Ehm, si. Subito.

Rispose il portiere, pronto. Avevo fatto tanto per la squadra, non potevano lasciarsi portare via la vittoria così. Si voltò verso Alice, che annuì appena.

-          Charleen, raduna la squadra. Appena finiamo con la McGranitt dovremo parlare.

Esclamò James, serio. La compagna annuì, facendo ondeggiare i riccioli bruni.

-          Aspetta, James.

Mormorò Sirius, debolmente, bloccando l’amico per un braccio. Si vergognava come un ladro, ma sapeva che doveva fare quella domanda che lo stava tormentando o sarebbe esploso.

-          Dimmi, Felpato.

Disse James, voltandosi verso l’amico.

-          Che voleva da te? Perché ti ha detto che pensava che foste amici?

Chiese Sirius, facendo riferimento al modo di fare misterioso del fratello. Era evidente che si era comportato così per torturare lui, ma voleva capire quanto c’era di vero nelle sue parole. Regulus non inventata mai nulla, si limitava ad usare la realtà per portare le persone alla pazzia.

-          Ho parlato con lui ieri sera, tutto qua. Ci siamo incontrati per caso e lui ne ha approfittato per prendersi gioco di me.

Sospirò James, scegliendo con cura le parole.

-          Non credi che lui sia migliore di me, vero?

Chiese ancora Sirius, imbarazzato. Si vergognava a fare quella domanda, ma sentiva di volere una risposta. Non sarebbe mai riuscito a vivere con quel dubbio. James sospirò, poi sorrise.

-          Parlare con Regulus mi ha fatto capire quanto siete diversi e quanto mi mancavi. Sei più tranquillo ora?

Rispose il cercatore, sorridendo.

-          Sono un idiota.

Esclamò Sirius, più sollevato dopo aver sentito la risposta dell’amico.

-          Eh si, proprio così.

Sospirò James, allontanandosi insieme a Frank. 

ANGOLO DELL'AUTRICE

Grazie a tutti per essere arrivati a leggere fino a qui! per ripagare la vostra pazienza nei mesi scorsi ho deciso di pubblicare subito il nuovo capitolo. Nel giro di qualche capitolo anche questa storia finirà, ma sto pensando ad un possibile seguito che riguarderà l'estate dei nostri eroi. ho già buttato giù qualcosa, ma non dico nulla!

Stecullen94: grazie mille!!!ebbene si, alla fine il cuore della glaciale Lily si è sciolto. doveva succedere, no? James e Rose si incontreranno e forse lei comparirà anche nel seguito della storia anche se non come protagonista. come ha fatto a cadere dalla finestra lo dirà tra due capitoli.. non ti dico come! 

Love_vampire: grazie mille!!! ebbene si, sono tornata. niente più mesi di attesa, promesso! James è stato buono, molto di più di quello che persino io mi aspettavo!  per il resto delle spiegazioni devi aspettare i prossimi capitoli!

Cloe_Black: grazie milleee! ho aggiornato abbastanza in fretta.. sono curiosa di sentire le tue ipotesi sull'incidente per vedere se sono più originali della mia versione!

Lady_Saika: grazie milleee! hai visto che ho aggiornato prima?

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Capitolo 21
*** Colloqui e chiacchere nel camino ***


CAPITOLO 19
COLLOQUI E CHIACCHERE NEL CAMINO

 James e Frank camminavano per i corridoi, in silenzio. James era troppo arrabbiato per parlare, Frank lo fissava e basta. Si vedeva lontano un miglio che il portiere aveva una domanda che gli frullava in testa da un po’, senza che si decidesse a farla.

- È davvero tornato tutto alla normalità?

Chiese alla fine, temendo la reazione dell’altro. James lo guardò di traverso, accigliato e sorpreso da quella domanda.

- Perché dovrei mentire?

Chiese James, serio. Frank alzò le spalle, imbarazzato. L’arrivo di Regulus, la loro discussione e poi il malumore di James. Tutto sembrava strano, insolito.

- Non lo so, ma Alice e Sirius non sono stati onesti. Possibile che tu li abbia già perdonati?

Cercò di spiegare l’amico, fissando intensamente il proprio capitano. James scosse la testa, poi scoppio a ridere. La sua risata era cristallina come ai vecchi tempi, prima che una trafila incredibile di tragedie si abbattesse su di lui. Era tornato tutto a posto alla fine, per quando assurdo potesse sembrare. Il tempo dei segreti e delle bugie era finito. Entrambi sapevano che la lezione ad Alice e Sirius era servita e che probabilmente non avrebbero mai più mentito a James.

- Hanno già pagato a sufficienza quando stavo male. Sarei uno stronzo se infierissi ancora. Voglio troppo bene ad entrambi.

Spiegò James, sorridendo. Non voleva più portare rancore a nessuno, solo sorridere e godersi la vita. Persino le parole di Regulus, che all’inizio lo avevano fatto arrabbiare alla fine gli erano scivolate via. Certo, la coppa era importante ma non al punto da farsi rovinare la giornata. Aveva chiarito con sua cugina ed il suo migliore amico e la ragazza più bella di tutto il castello non aspettava altro che uscire con lui. Si trattava di una vittoria su tutti i fronti.

- Allora sono contento.

Affermò Frank, sicuro. James non diceva mai balle. Se qualcosa ancora non andava lo avrebbe detto. Non era il tipo da nascondersi dietro un sorriso, specie dopo quello che gli era capitato negli ultimi tempi.

- Non dovresti, ricordi perché stiamo andando da Minnie?

Chiese James, tornando subito serio e furioso insieme. Regulus era venuto da lui con il suo sorriso strafottente, sicuro di colpirlo nel vivo. Nonostante la vittoria meritata, la squadra di Grifondoro aveva fallito.  

Una volta entrati nello studio, James si guardò in giro. Era la prima volta che andava nello studio della McGranitt volontariamente, tutte le altre ci era stato trascinato da qualcuno in seguito a qualche scherzo finito male. Anche la donna sembrò sorpreso di vederlo lì, ma non appena notò Frank capì di cosa si trattava e si preparò a dare spiegazioni. Dopo tutto, quella visita se la aspettava. Era scontato che a James non sarebbero andate a genio le decisioni del preside riguardo all’ultima partita disputata.

I due uscirono dall’ufficio un paio di ore più tardi, più silenziosi di quando ci erano entrati. L’umore dei ragazzi, se possibile, era ancora peggiore. James si ritrovò a pensare che era la prima volta che lasciava quel posto senza una punizione. Lily di sicuro avrebbe detto di essere fiera di lui. Avrebbe dovuto festeggiare forse, ma non gli andava. Le cose erano anche peggio del previsto. La professoressa aveva confermato la versione di Regulus, alla fine, ma con risvolti decisamente peggiori. Non solo Grifondoro non aveva ritirato la coppa, ma questa rischiava di andare a Serpeverde senza che quei dannati maghi oscuri avessero fatto nulla per meritarla.

- Cosa credi che accadrà, adesso?

Chiese Frank, mordendosi un labbro come faceva sempre quando era nervoso. Guardava il capitano con la testa piegata di lato ed un’espressione corrucciata.

- Non lo so, davvero..

Rispose James, alzando le spalle. Era vero, non aveva la minima idea di cosa era meglio fare. La sua testa era vuota ma allo stesso tempo troppo pesante. Sarebbe voluto correre da Lily, abbracciarla e stringerla a sé, ma aveva troppe cose da sistemare prima di poterlo fare. La sua vita era tornata alla normalità, ma non ancora abbastanza. In quel momento James si trovò ad invidiare Peter e la sua vita noiosa, scontata. Prevedibile in ogni dettaglio al punto da essere quasi rilassante in confronto alla sua. Mai una responsabilità, mai aspettative al di là delle sue possibilità. Tutto era ordinario, normale.

- Vuoi dargliela vinta? Sarebbe come dimostrare che hanno vinto su tutta la linea.

Ribatté Frank, deluso dallo scarso entusiasmo del capitano. Certo, la notizia della mancata vittoria di Grifondoro aveva abbattuto anche lui, ma non era disposto a stare a guardare. Avrebbe lottato fino alla fine, dimostrando a tutti che si meritava in pieno di appartenere alla casa di Godrig.

- Frank, non lo so. Che pretendete tutti da me in questi giorni?

Sbottò James, irritato da quella situazione. Quella frase non era rivolta a nessuno in particolare, o forse a tutti quanti. Più si sforzava di stare al passo con quello che la gente gli chiedeva, più si sentiva chiedere di più. Niente era mai abbastanza. C’era sempre qualcosa d’altro da fare. Un altro traguardo da raggiungere.

- Che tu faccia il capitano. Quando sei dell’umore mi trovi in Sala Comune, insieme agli altri.

Replicò l’altro, allontanandosi in silenzio. La reazione di James lo aveva colpito ed offeso insieme. Se al capitano non interessava nulla della squadra, a chi doveva importare allora? Si era fidato di lui, ci aveva messo impegno, tempo ed energie. Lo aveva fatto per il suo amico, non per sentirsi dire che si aspettava troppo da lui. James rimase solo a riflettere, in esclusiva compagnia dei suoi pensieri che sembravano farsi continuamente gioco di lui. Cominciava ad accadergli spesso, forse valeva la pena di farci l’abitudine. Le parole della McGranitt continuavano a rimbombargli nella testa.

- Signori, avete sentito bene. La vittoria non è stata assegnata.

Aveva detto la donna in seguito alla proteste dei due grifoni. Erano entrati spavaldi, sicuri che Regulus avesse detto loro una balla. Dopo tutto, mai fidarsi delle parole di una Serpe, specie se questa è appena stata battuta. Tuttavia, questa volta si erano sbagliati. Il fratello di Sirius non aveva mentito.

- Abbiamo vinto noi e la coppa è andata a loro?

Aveva chiesto Frank, sul punto di perdere la pazienza. Tra tutte le ingiustizie che aveva mai subito nella sua vita, questa era di gran lunga la peggiore.

- Non ho detto questo Signor Paciock.

Aveva replicato la McGranitt, senza perdere la calma. Sapeva che l’argomento era delicato. Lei stessa era andata su tutte le furie quando aveva saputo. I suoi ragazzi avevano vinto, toglier loro la coppa era stata la peggiore delle bassezze. Solo un Serpeverde avrebbe potuto proporlo. Nessun altro. Ad ogni modo, lamentarsi non sarebbe stato un comportamento degno della casa di Grifondoro. I suoi ragazzi non avevano bisogno che lei si lagnasse, ma che trovasse un modo che permettesse loro di dimostrare tutto il loro valore sul campo.

- Allora si spieghi meglio.

Aveva ribattuto Frank, senza curarsi di sembrare impertinente o sgarbato. Per tutti e sette gli anni che aveva passato al castello era sempre stato gentile, ma dopo quello che era capitato negli ultimi tempi non ne aveva più voglia. Alla fine aveva capito quello che sua madre gli diceva da tempo: era ora di tirare fuori le unghie.

- Nessuna squadra ha ritirato la coppa, semplice.

Aveva spiegato la professoressa di trasfigurazione, battendo nervosamente con il piede a terra. La smorfia di disgusto dipinta sulla sua faccia lasciava trasparire senza ombra di dubbio quale doveva essere il suo pensiero.

- Non la seguo.

Aveva mormorato James, scuotendo appena la testa. In realtà il discorso gli era abbastanza chiaro, ma lui preferiva negare la realtà. Tutti gli sforzi che avevano fatto in quelle settimane e durante quell’ultima partita non potevano veramente essersi rivelati vani. Non era giusto.

- Serpeverde ha perso l’ultima partita, ma ne ha vinte due su tre con ottimi punteggi.

Aveva sospirato la McGranitt, nervosa. Era una vera sofferenza fare un discorso simile ai suoi ragazzi. Sapeva quanto si erano impegnati, in particolare James. Ci aveva messo anima e corpo nella squadra. Aveva dato tutto, senza lasciare indietro nulla. Nemmeno i compiti arretrati e i mesi di studio da recuperare.

- Quindi niente coppa per loro..

Aveva sottolineato a quel punto Frank, con una punta di rabbia nella voce. Avevano fatto più punti delle Serpi, la coppa era loro di diritto. Se non l’avessero ritirata loro non la poteva certo dare ai loro avversari.

- Noi invece abbiamo vinto l’ultima partita con un punteggio che di sicuro passerà alla storia..

Aveva continuato la donna, ignorando il commento di Frank. Questa volta, però, fu James ad interromperla.

- ..ma abbiamo perso le prime due, giusto?

Aveva completato il capitano tristemente, indovinando dove sarebbe finita la discussione. La McGranitt aveva sospirato ed abbassato la testa, sconsolata.

- Purtroppo è così, maledizione.

Aveva imprecato la professoressa, battendo il pugno sulla scrivania di faggio senza più trattenere le sue emozioni. Per un attimo aveva dimenticato dove si trovava e soprattutto con chi. Era solo un’insegnante che aveva spinto i suoi ragazzi a dare il massimo, li aveva visti vincere e non poteva lasciarli festeggiare.

- Nessuno prenderà la coppa quest’anno?

Aveva chiesto Frank, stranito. Da che Hogwarts esisteva la coppa era sempre stata assegnata, tranne qualche raro caso quando c’erano di mezzo strane morti ed incidenti lugubri. Ad ogni modo, non avveniva da molti anni.  

- Questa era l’idea iniziale del preside, si. Ma a me e Lumacorno non sembrava per niente giusto. Vi siete impegnati duramente, non lo meritavate.

Aveva sospirato la professoressa, senza soffermarsi a raccontare la dura lotta che doveva esserci stata tra i due professori. Né la McGranitt né tanto meno Lumacorno erano tipi famosi per arrendersi facilmente. Nella sua voce traspariva l’affetto che provava per la sua casa. James riusciva quasi ad immaginarsi la dura lotta che doveva aver sostenuto con i colleghi e con il preside, mettendo da parte l’affetto e la stima che provava per lui. I ragazzi di Grifondoro prima di tutto.

- Cosa proponete?

Aveva chiesto Frank, insofferente, anticipando il suo capitano.

- Uno spareggio, una partita. Secca, senza guardare ai punteggi precedenti.

Aveva risposto la donna, seria e severa come suo solito. Guardava i due ragazzi con aria di minacciosa, lasciando solo intendere quali terribili punizioni avrebbe inflitto loro se avessero perso oppure, caso ben peggiore, non avessero giocato.

- Chi fa più punti, ha la coppa.

Aveva sospirato James. Era la soluzione più logica, certo, ma implicava giocare ancora. Nell’ultima partita aveva messo tutto se stesso. Non era certo di poter ripetere quella esperienza, sia fisicamente che psicologicamente.

- Esatto, sarà la prossima domenica..

Aveva continuato la McGranitt, imperterrita, dando per assodato che i suoi ragazzi non l’avrebbero tradita e sarebbero scesi in campo ancora una volta.

- Prego?

Aveva chiesto James, incredulo. Sia la McGranitt che Frank si erano voltati verso di lui, increduli. Nella voce del capitano si avvertiva una nota di protesta, quasi non avesse la minima intenzione di disputare quella partita.

- Qualche problema, Potter?

Aveva chiese la professoressa, scrutandolo con attenzione. Il suo fare minaccioso, tuttavia, non scalfiva la calma innaturale di James. Era inspiegabile che lui fosse contrario a giocare, eppure era così.

- Non trovo assolutamente giusto tutta questa storia.

Aveva risposto James, scattando in piedi con i pugni ben chiusi.

- Nemmeno io, visto che la coppa dovrebbe stare già da qualche giorno sulla mia scrivania. Ad ogni modo, non abbiamo scelta.

Aveva replicato la donna con insofferenza mentre Frank cercava qualcosa di sensato da dire per far ragione il suo compagno di squadra.

- Ma..

Aveva iniziato James, subito bloccato dalla donna.

- Niente ma, Potter. Se non giocate, la coppa va alle Serpi.

Aveva esclamato la McGranitt, fuori di sé. Era evidente che considerava orrendo quel pensiero. Anzi, forse fino a quel momento non ci aveva ancora pensato. Era scontato che i suoi ragazzi avrebbero giocato e avrebbero vinto. Ne andava dell’onore e dell’orgoglio della casa di Grifondoro dopo tutto.

- Sarebbe orrendo.

Aveva commentato Frank, il volto stravolto dall’orrore. L’idea di chiudere la sua carriera ad Hogwarts come portiere da perdente era semplicemente inconcepibile. Anche se avrebbe voluto fare i salti mortali per riuscire a stare dietro a tutto quanto, esami compresi, avrebbe giocato.

- Decisamente, Paciock. Cercate di non farlo succedere. Sarebbe la più grande disfatta di Grifondoro da sempre.

Aveva urlato la donna, ritirandosi nelle sue stanze private e lasciando intendere ai ragazzi che era arrivato il momento di tornare nella loro sala comune. Il discorso era chiuso: la partita ci sarebbe stata domenica, giocare o no era affar loro.  

James uscì dall’ufficio della donna frastornato. Quelle ultime parole, la più grande disfatta dei Grifondoro da sempre, continuavano a rimbombargli nella testa.

 

- Ho radunato la squadra..

Iniziò Charleen, andando incontro a Frank non appena questi sbucò dal ritratto della Signora Grassa. Quando vide il ragazzo scuro in volto, ma soprattutto solo, si bloccò, interdetta. Era evidente che qualcosa non andava.

- James?

Chiese uno dei battitori con cautela, anticipando la riccia.

- Lascia perdere, meglio.

Sbottò il portiere, scontroso. Dirigendosi verso la più vicina poltrona.

- Non fare il presuntuoso Frank, sono qui.

Esclamò una voce a cui fece seguito subito dopo un ragazzo con i capelli scompigliati. Frank si voltò, osservando perplesso il compagno di squadra. A quanto pareva questa volta il momento di solitudine dell’amico era durato veramente poco rispetto ai suoi soliti standard. Forse era davvero tornato il solito matto di sempre.

Quando sentì la voce dell’amico, Sirius alzò la testa di scatto. Per tutto il tempo che James e Frank ci avevano messo a tornare era rimasto fermo, immobile. incapace di scacciare del tutto quella brutta sensazione che gli aveva artigliato lo stomaco. Per quanto poteva cercare di mentire a se stesso, la vista di James e Regulus che parlavano tra di loro lo aveva destabilizzato. Era assolutamente insensato, eppure accadeva sotto i suoi occhi. Assurdo. Ad ogni modo, adesso James era lì e quel sorriso che gli aveva rivolto era la prova che tutto era tornato come prima.

- Meno male, ero già quasi convinto di dover fare tutto io.

Sbuffò Frank, sollevato ed insieme esasperato.

- Saresti un pessimo capitano.

Lo apostrofò James, inclinando la testa di lato.

Il resto della squadra, tra cui figuravano anche Alice, Seba e Sirius, osservava la scena perplesso ed insieme curioso. Nessuno riusciva a seguire il discorso, ma era abbastanza evidente che dopo aver discusso su qualcosa Frank e James erano finalmente d’accordo. James, inoltre, sembrava essere tornato lo stesso ragazzo dell’anno prima, prima che fosse venuto a sapere della morte del padre.

- Qualcuno spiega anche a noi qualcosa, di grazia?

Chiese Charleen alla fine, spostandosi nervosamente dalla faccia i riccioli scuri. Odiava perdere i pezzi di discorsi e non capire il senso delle frasi, era più forte di lei. Lily la definiva una mania, quasi un’ossessione. Charleen le dava ragione, ma lo stesso non riusciva a fare a meno di comportarsi così.

- Concordo. Vorrei una bella festa con una bella coppa.

Esclamò Seba, con un sorriso che andava da un lato all’altro del volto.

- La festa sarà domenica sera, prima però dobbiamo battere le Serpi.

Spiegò James, osservando con attenzione i visi dei compagni. Sapeva bene che la loro reazione non si sarebbe certo fatta aspettare.

- Ancora?

Sbottò il battitore con il braccio fasciato, incredulo. Le loro reazioni erano le stesse di James e Frank. Quelle di ragazzi che avevano dato tutto per vincere e che adesso si ritrovavano punto a capo. L’unico fattore positivo era la casa di Grifondoro: questa volta sarebbe stata senza dubbio dalla loro parte.

- Abbiamo già vinto, ricordi?

Ricordò Charleen, senza capire cosa stava dicendo James. Doveva aver per forza capito male, era l’unica spiegazione. Il capitano era ancora confuso, per questo diceva cosa senza senso.

- Non conta, dobbiamo giocare ancora. Loro hanno vinto due partite su tre, noi solo una.

Sospirò Frank, lasciandosi cadere seduto. I compagni lo fissarono con attenzione, per poi passare a James. Era evidente che il ragazzo era serio. Non c’erano possibilità di aver capito male o che quello fosse uno scherzo.

- Ma il punteggio..

Iniziò Alice, imbronciata. Lei non aveva giocato, certo, ma sapeva bene quanto impegno di avevano messo i ragazzi per dimostrare a tutti quanto valevano davvero. Se la meritavano quella coppa.

- Anche io penso che sia una buffonata, ma dobbiamo giocare questo spareggio.

Tagliò corto James, incrociando lo sguardo di Frank. Il portiere sorrideva, era sicuro che il compagno alla fine avrebbe fatto la scelta giusta. Dargli tempo per pensare da solo era servito.

- È una pazzia. Siamo stanchi e tra poco ci sono anche gli esami.

Protestò il terzo cacciatore, alzando gli occhi al soffitto. Era evidente che si trattava dell’ennesimo brutto scherzo che i Serpeverde avevano fatto loro.

- Vogliamo dargliela vinta senza nemmeno giocarcela?

Chiese Frank, fissando uno per uno tutti i compagni. Poteva sentire la loro insofferenza ma riusciva anche a percepire la loro voglia di alzare quella benedetta coppa al cielo. Per lui sarebbe stata l’ultima volta, non poteva perdere quell’occasione. O meglio, non voleva lasciarsi scappare la possibilità di guardare per un ultima volta le Serpi dal podio del vincitore.

- Io non posso obbligare nessuno, non ho nemmeno l’autorità per farlo. Però io in campo ci vado, anche da solo.

Continuò Frank, deciso. James fissò appena lo sguardo determinato del compagno e seppe di avere preso la decisione giusta.

- Sentitelo, vuole la gloria tutta per sé..

Sbuffò James, lanciandosi di peso addosso all’amico.

- Siamo una squadra. Sette leoni in campo fino alla fine. Comunque vada.

Esclamò Charleen, sicura, guardando i due amici che giocavano come bambini. Quando finalmente ebbero concluso la loro lotta, prese da parte James con discrezione, tirandolo piano per la manica della veste e parlando a bassa voce. Voleva che solo lui, e nessun altro, sentisse.

- Sei proprio sicuro?

Chiese al cercatore, diventando improvvisamente più timida ed insicura di quanto fosse mai stata fino a quel momento. Il capitano la guardò perplesso, poi sorrise.

- Certo, dobbiamo giocare.

Ribatté James, stringendo un pugno. La ragazza sospirò, e spiegò meglio.

- Dicevo dei cacciatori. Non credi sia meglio far giocare Alice, Seba e Sirius. Farebbero carte false per giocare. Dovevi sentirli, prima.

Continuò Charleen, senza guardare il proprio capitano negli occhi. Le costava dire quelle cose. Avrebbe dato carte false per essere in campo, ma doveva pensare al bene della squadra.

- Ha ragione lei.

Sospirò una voce triste alle spalle dei due ragazzi. James si voltò e vide tutta la squadra riunita. Compreso Frank, scuro in volto.

- Siete matti?

Chiese James, sgranando gli occhi e fissando uno ad uno i compagni.

- James, ragiona..

Riprese Charleen, decisa ma allo stesso tempo paziente.

- Se giocano quei tre, cercati un altro portiere.

Dichiarò Frank, deciso, indicando Alice, Sirius e Seba che erano a qualche passo da loro e che non stavano sentendo quella conversazione. Alice era la sua ragazza e Seba il suo migliore amico, ma non avrebbe voluto altri che i ragazzi che erano stati al loro fianco in quelle settimane.

- Sta zitto Frank!

Sbottò James, senza nemmeno staccare gli occhi dai compagni o girarsi verso l’amico.

- Siete infortunati?

Riprese il capitano, con un tono stranamente calmo.

- No.

Mormorò lei, scuotendo la testa. Lo stesso fecero gli altri, alle sue spalle.

- Non avete voglia di giocare?

Chiese ancora James, guardandoli severamente.

- Non è questo il punto.

Cercò di dire lei, giustificando la sua decisione.

- Allora giocate, chiuso il discorso.

Sbottò deciso James. Charleen sorrise e annuì mentre l’altro si allontanava. In pochi istanti si era portato alle spalle di Lily. Una volta sistemata la squadra doveva pensare a lei. Era la sua priorità, adesso.

 

La ragazza era rimasta per tutto il tempo con Cristal, Peter e Remus, in disparte. Non sapeva nulla di quello che si erano detti i ragazzi. Li vedeva parlare concitati, aveva intuito che stava succedendo qualcosa che doveva riguardare la squadra e la loro ultima partita, ma non sapeva di preciso cosa.

- Mia bella Lily, niente appuntamento domenica.

Sospirò James, triste, lasciandosi cadere seduto per terra ai suoi piedi. La rossa aggrottò appena le sopracciglia, credendo si trattasse di uno scherzo.

- Mi tormenti da anni e poi quando ti dico si ti tiri indietro?

Chiese Lily, incredula, quando fu chiaro che il capitano era fin troppo serio. Il suo sguardo dispiaciuto non lasciava dubbi.

- Credimi, mi sento un idiota.

Ammise James, abbassando gli occhi. Lily presa la sua mano, calda come sempre, poi sorrise. Bastò quel piccolo gesto a far tornare il buon umore al ragazzo.

- Punizione con la McGranitt?

Provò a buttare lì la ragazza, sorridendo appena per il nervosismo di James. Lui sbuffò, poi scosse la testa energicamente.

- Più o meno. Minnie vuole che dimostriamo sul campo che i campioni siamo noi e che i Serpeverde stanno bene solo in un posto buio e umido..

Spiegò il capitano di Grifondoro, tornando allegro. Era inutile girarci intorno, pensare all’imminente sconfitta delle Serpi lo metteva decisamente di buon umore. Regulus avrebbe smesso di ridere, questa volta una volta per tutte.

- Il sotterraneo?

Chiese Lily, divertita, provando ad indovinare. James aggrottò le sopracciglia e finse di pensarci su.

- Pensavo un po’ più in basso.

Mormorò James alla fine, scuotendo la testa. Lily annuì, senza staccare lo sguardo dal ragazzo. Il suo viso era dannatamente bello. Perfetto, armonioso, solare. Ormai non poteva pensare a lui se non in quei termini. Il ragazzo borioso e pieno di sé aveva lasciato spazio ad un ragazzo generoso, sorridente e forte. O meglio, forse in realtà era sempre stato così, ma lei se ne accorgeva solamente ora.

- Giocate ancora?

Chiese Cristal, incredula, interrompendo l’osservazione incantata dell’amica che riscosse subito, leggermente imbarazzata per essere stata sorpresa a sbavare dietro al capitano di Grifondoro come tutte le altre ragazze della sua casa.

- Spareggio per la coppa.

Spiegò Frank, comparendo alle spalle di James con un braccio intorno alle spalle di Alice. La ragazza era rilassata, forse per la prima volta da qualche mese a quella parte. Tranne il dettaglio della partita da rifare, tutto era tornato alla perfezione. Si respirava un’atmosfera irreale, perfetta. Sarebbe durata poco, certo, ma tanto valeva godersi quel momento.

- Non è giusto, avete stravinto.

Protestò Remus, sbuffando. Alle sue spalle, Peter annuiva deciso. Non aveva capito bene la situazione, ma di certo il suo amico non poteva sbagliarsi. Remus non sbagliava mai, un po’ come James e Sirius.

- Se hai bisogno di tre cacciatori..

Propose Alice, indicando se stessa ed i due ragazzi al suo fianco. James guardò con attenzione la cugina, Sirius e Seba e poi sospirò. Aveva già preso quella decisione, tanto valeva comunicarla anche a loro. Forse non l’avrebbero presa bene, ma doveva essere sincero fino in fondo.

- Ne abbiamo appena parlato. Con la squadra, dico. Non sarebbe giusto, noi non giochiamo per il risultato ma per la squadra.

Disse alla fine il capitano. Quelle parole gli pesavano, ma doveva essere giusto e tenere fede ai suoi discorsi. Alzò lo sguardo sui tre, convinto di intercettare occhiate di fuoco. Contro ogni previsione invece, sorridevano. Sembravano calmi, perfettamente consci che sarebbe finita così.

- Sapevo che avresti detto così, ma volevo che sapessi che siamo con te.

Aggiunse Alice, lasciandosi abbracciare da Frank.

- Io comunque in panchina ci voglio essere.

Precisò Sirius, serio. James annuì, mentre un sorriso gli si allargava da un lato all’altro della faccia. Con suo fratello a bordo campo perdere era escluso. Avrebbe giocato anche per lui, per Alice e per Seba. Alla fine della partita poi, quella dannata coppa l’avrebbero alzata tutti insieme.

- Sarà un onore, fratello.

Disse James, lasciandosi stringere da Sirius in un abbraccio che potesse scacciare tutte le paure, i dubbi e le bugie di quei mesi.

 

Il tutt’altro punto del castello, diversi piani più in basso alcuni ragazzi parlavano con una donna che compariva dal camino. Bellatrix Lestrange. L’umore delle Serpi, ad onore del vero, era completamente diverso da quello dei Grifoni. Praticamente opposto. In quella piccola stanza si respirava paura, ansia e frenesia.

- Hai sentito, Serpeverde deve giocare ancora..

Iniziò Piton, incerto, mentre la donna nel camino sbuffava guardando un ritratto nella sala comune di Serpeverde. Doveva essere un antenato di suo marito, ma non ricordava il suo nome. Era davvero buffo, sette anni in quel posto e non riusciva nemmeno a ricordare il nome di un quadro.

- Non me ne importa nulla del trofeo, che se lo tengano pure. Si è salvato ed ha ricordato tutto. Non poteva finire peggio.

Sbuffò Bellatrix, nervosa, riferendosi a Potter. Tutto quello che poteva andare male, alla fine era andato peggio. Quel dannato ragazzino era vivo, felice ed aveva anche chiarito con i suoi amici. Non solo non era morto, ma ormai non avrebbero nemmeno potuto cercare di portarlo dalla loro parte. Il loro piano era definitivamente fallito, sotto ogni punto di vista.

- Ma forse..

Provò ad iniziare Piton, subito zittito da un’occhiata della donna. Bellatrix non era mai stata una donna paziente, soprattutto in situazioni come quelle. Quasi un anno prima il suo signore le aveva ordinato di portare scompiglio nella casa di Grifondoro, uccidendo e portando più ragazzi che poteva dalla loro parte. Nonostante il suo impegno e la collaborazione di quelle insulse Serpi, tutto era andato male. Anzi, peggio del previsto.

- Cosa? Credi forse che se Grifondoro perde Potter morirà di tristezza? Io lo voglio morto, capisci?

Tuonò lei, senza preoccuparsi del fatto che altri ragazzi potessero sentirla.

- Pensiamo a qualcosa, allora..

Mormorò Piton, mettendo da parte il nervosismo. Sapeva che si era cacciato in una brutta situazione. Bellatrix Lestrange non accettava fallimenti: o successo o morte. Senza parlare del fatto che anche lui voleva vedere Potter morto. Per questo aveva accettato di aiutare Bella, quasi un anno prima.

- Questa è bella.. credi davvero che io e Lucius ci fidiamo ancora di te?

Chiese Bellatrix, inclinando appena la testa. L’ultima frase del ragazzo sembrava averla divertita parecchio. Piton arrossì violentemente, umiliato, ed inizio a balbettare frasi sconnesse e senza senso.

- Il mio piano stava per funzionare. È andato in coma, non è certo colpa mia se poi si è svegliato.

Sbuffò Piton alla fine, infastidito dal tono della donna. Non era stato lui a fallire, si era trattato di una serie di coincidenza fortunate e fastidiose.

- Sta zitto, lasciami pensare a qualcosa.

Tuonò Bellatrix, muovendo le mani quasi si fosse trattato di scacciare una mosca fastidiosa che le ronzava intorno. Piton si ammutolì, ma non smise di pensare, frenetico, ad una soluzione. Non poteva deluderla ancora, ne andava della sua vita. Un altro fallimento avrebbe significato morte certa.

- Forse Regulus potrebbe..

Iniziò Piton, ancora una volta bloccato da un gesto della donna e da una sua occhiata severa.

- Neanche per sogno, non se ne parla. Mio cugino meno ne sa e meglio è per tutti.

Tagliò corto lei, alzando la voce ed allo stesso tempo guardandosi intorno per essere certa che Regulus non fosse lì, nascosto da qualche parte a sentirli.

- Credevo ti fidassi di lui.

Mormorò Piton, stranito. Improvvisamente tutto gli fu chiaro: Regulus non conosceva il piano. Anche lui aveva creduto che quello di Potter era stato un incidente. Per qualche oscura ed incomprensibile ragione, Bellatrix lo aveva tenuto fuori da quella storia.

- Mi fido, ma lo conosco. Una parte di lui è come Sirius, sentimentale. Si farebbe venire un sacco di dubbi e alla fine li avvertirebbe per salvarli.

Spiegò Bellatrix, disgustata da quell’eccesso di buoni sentimenti e di senso dell’onore che si era creato all’interno della sua famiglia.

- Cosa proponi, allora?

Chiese Piton, curioso. Era evidente che Bellatrix avesse già pensato a qualcosa, solo che ancora non le andava di dividerlo con lui.

- Dobbiamo portare il piccolo Peter dalla nostra parte. Questa volta li colpiremo e faremo loro del male.

Spiegò lei, sorridendo appena. I suoi occhi brillavano, illuminati di puro male.

- Vuoi intervenire subito?

Chiese Piton, nervoso. Sentiva che quella era la sua ultima occasione, non voleva fallire e proprio per quello aveva paura.

- Non c’è fretta, lasciamo loro credere di essere al sicuro. Li attaccheremo quando meno se lo aspettano.

Concluse Bellatrix Lestrange, sparendo nell’oscurità con la stessa discrezione con la quale era arrivata.

ANGOLO DELL'AUTRICE:

Per prima cosa, grazie della pazienza se ancora leggete queste mie righe. Negli ultimi mesi ho avuto da fare, ma adesso eccomi di nuovo qui. Questa storia è quasi agli sgoccioli, mancano solo due capitoli. Ho già pronto il seguito, che parletà dell'estate dei nostri eroi. Un'estate certamente movimentata ed anche piuttosto tragica.

Ma ora non pensiamoci, veniamo ai commenti!

STECULLEN94: Grazie mille per la pazienza, so che aspettavi questo capitolo da tanto. Ebbene si, Regulus è interessato solo alla partita ed è del tutto estraneo ai complotti di Piton e Bellatrix..  Ebbene si, esiste il seguito e posso anche dirti il titolo: L'estate dell'amicizia, del tradimento e del sangue. Come immaginerai da sola, ne succederanno delle belle!

CLOE BLACK: Grazie mille per la pazienza! Prometto che con il prossimo capitolo sarò più veloce. Ammetto che la tua mail con le ipotesi l'avrei letta volentieri, davvero. Ad ogni modo, nel prossimo capitolo SAPRAI! Già qui qualche sospetto c'è..  Come ho già detto: il seguito esiste di già, dovrebbero essere 18-20 capitoli. :D

OUT OF MY HEAD: Grazie del commento e complimenti per il nick. è bellissimo! Prometto che con i prossimi due capitoli sarò più veloce!

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Capitolo 22
*** Si torna a volare ***


CAPITOLO 20

SI TORNA A VOLARE

 Il sole brillava più deciso del solito quella mattina. Forse anche lui, come tutto quanto il resto del castello di Hogwarts, sapeva che quella sarebbe stata una giornata importante. La resa dei conti. Così l’aveva chiamata la professoressa di Trasfigurazione la sera precedente, con un tono incredibilmente serio e posato. Alla fine di quella lunga, interminabile ed eterna domenica ci sarebbe stata una festa colossale e la gloria eterna, oppure la più sonora sconfitta della loro vita. In entrambi i casi, il loro nome sarebbe rimasto inciso nelle pietre del castello, nella memoria dei fantasmi e nei racconti dei professori e degli studenti che stavano già iniziando a riempire gli spalti.

Nella Sala Grande nessuno osava fare rumore, ma era chiaro che tutti quanti erano schierati. Dopo l’ultima, incredibile, partita sia Corvonero che Tassorosso facevano il tifo per Grifondoro.

- Oggi si vola.

Sorrise Seba, lasciando che Frank prendesse posto a tavola vicino a lui. Non avrebbe giocato quel giorno, ma era pronto a prendere il suo posto sulla panchina per sostenere i suoi compagni ed il suo migliore amico. Il tempo del rancore era passato, adesso contava solo alzare quella maledetta coppa al cielo. Era pesante non poter essere in campo, ma era giusto restare a guardare. Dopo tutto, era stato proprio lui a voler lasciare la squadra.

Frank alzò appena la testa, cercando il suo migliore amico seduto al suo fianco. Sul viso del portiere c’era un’espressione a metà tra il sicuro di sé e il terrorizzato. Frank poteva avvertire chiaramente una sensazione fastidiosa, quasi amara, salirgli dalla bocca dello stomaco. Era teso, ma non come le altre volte. C’era qualcosa nell’aria che gli diceva chiaramente che avrebbe ricordato quel momento negli anni a venire. Era l’ultima partita, questa volta sul serio. Di li a qualche mese sarebbe diventato a tutti gli effetti un adulto e avrebbe dovuto lasciarsi alle spalle quei momenti. Sia che avesse fatto il guaritore, come voleva sua madre, che l’auror, come diceva il padre, il tempo dei giochi e della spensieratezza stava per finire. Che lo volesse o no doveva diventare grande. Nonostante l’amarezza, questo era un grande stimolo a vincere.

- Puoi dirlo forte, vedrai che spettacolo.

Rispose il portiere, attaccando deciso la grossa fetta di torta che Alice gli aveva messo davanti. Sul suo volto si era disegnato un sorriso sfrontato, strafottente. L’espressione di uno che ha la certezza che di lì a poco spaccherà il mondo o che impedirà a qualsiasi avversario di segnare.

Intorno a loro, tutti quanti mangiavano in silenzio. Nessuno aveva troppa voglia di parlare, in particolare gli altri compagni di squadra. Lily scrutava curiosa James, chiedendosi cosa sarebbe successo dopo la partita. Sarebbe davvero stato il loro momento, la loro serata, o ancora una volta uno stupido imprevisto si sarebbe messo tra di loro?

James, dal canto suo, sembrava non pensare a nulla. Pareva quasi un’automa, oppure la versione più colorata di uno dei fantasmi che di solito si aggiravano per il castello. Si limitava a mangiare scambiando appena qualche parola con Sirius e con Remus. Era la sua piccola tradizione: durante la colazione, prima delle partite, non prestava attenzione a nessun altro, nemmeno ad Alice. In quei momenti smetteva di essere il ragazzo allegro e spensierato di sempre e si riduceva ad un essere terribilmente simile ad una larva. Tutti quelli che lo conoscevano ormai ne avevano preso atto ed avevano smesso di farci caso. Era così e basta.

La domenica della partita era arrivata in un lampo, sia per i Grifoni che per le Serpi. Tutte e due le squadre, così come le rispettive case, erano nervose ed agitate. Entrambi i contendenti ritenevano quella partita superflua e la vittoria già conquistata. Più o meno lo stesso avveniva tra i professori, che ormai passavano gran parte del tempo a guardarsi in cagnesco sussurrando a mezza voci maledizioni. Persino Regulus Black nascondeva a fatica la tensione dietro la sua solita maschera di indifferenza. La sua ansia, tuttavia, non era dovuta alla coppa ma alla sfida con il suo rivale. Vittoria o sconfitta per lui erano identiche, contava solo prendere quel dannato boccino prima del suo eterno rivale. Ogni volta che si erano incrociati per i corridoi quella settimana Regulus aveva fulminato l’amico del fratello con sguardi gelidi, senza che l’altro ci facesse troppo caso. 

Tornare a volare, nonostante non ne avesse ancora parlato con nessuno, non era per niente facile per James. Non dopo tutto quello che era successo la settimana prima. Al termine dell’ultima partita aveva ricordato tutto, compreso cosa era successo quel terribile pomeriggio e come era caduto. Nonostante avesse ormai chiarito tutto con i suoi amici, non aveva fatto parola con nessuno di quello che riguardava il suo incidente. Neppure con lo zio, o con Silente. Ogni minimo istante di quel lontano pomeriggio dell’estate precedente, tuttavia, era tornato, vivo come non mai, a tormentare i suoi sogni e le sue giornate. Ora qualcosa lo bloccava, rendendogli impossibile alzarsi nel cielo come aveva sempre fatto. Si trattava di una morsa allo stomaco, come un peso sul cuore. Paura di quello che sarebbe potuto succedere, ancora una volta. Per la prima volta in vita sua James sentiva di stare meglio con i piedi per terra, malgrado questo pensiero lo facesse stare male.

Nonostante ci avesse provato per tutta la settimana, non era riuscito a condividere con nessuno i suoi timori. Parlarne con Alice o con Sirius avrebbe significato riaprire vecchie ferite e farli soffrire ancora una volta e James non poteva permetterlo. Lily e Remus, invece, non avrebbero capito e avrebbero concluso che era meglio che lasciava giocare un altro al suo posto. La squadra, infine, era troppo entusiasta e decisa a vincere. Sfogarsi con loro avrebbe significato rovinare quella bella atmosfera, rendendo la vittoria che ormai sembrava a portata di mano un miraggio. Tutto quello che poteva fare era stringere i denti e sperare che tutto, in quale modo, andasse per il meglio.

- Squadra, negli spogliatoi!

Tuonò James, alzandosi di scatto. La sua voce era priva di emozione e di fronte a lui il piatto era quasi intatto. Remus gli scoccò un’occhiata piena di rimprovero, ma l’altro finse di non farci caso.

Una serie di sguardi nervosi ed impauriti annuirono, scattando a loro volta in piedi, mentre il resto della loro casa prendeva ad urlare e battere le mani, sicura che quella sarebbe stata la loro partita. Seba, Sirius ed Alice si unirono al gruppo, decisi a sostenerli fino alla fine. Inspiegabilmente invece che farlo sentire meglio, questo metteva a James ancora più ansia. Di lì a poco avrebbe deluso tutti, loro tre compresi.

Una volta arrivati davanti allo spogliatoio il silenzioso gruppo prese strade diverse. I ragazzi che avrebbero giocatori entrarono per cambiarsi ed indossare le loro uniformi, più decisi che mai, mentre gli altri si diressero altrettanto sicuri verso la panchina dove avrebbero fatto il tifo per i compagni da una posizione privilegiata. James guardò prima Sirius e poi Alice allontanarsi, poi entrò a testa bassa. Più passava il tempo, più il suo umore peggiorava.

Ormai erano molte ore che se ne stava seduto sulla panca dello spogliatoio, solo, fissando il suo manico di scopa che sembrava volersi prendere gioco di lui.

- Ecco dove eri finito! Eri già qui..

Esclamò Frank, avvicinandosi al capitano che se ne stava stranamente lontano da tutti. Con il passare delle ore l’umore della squadra era migliorato fino a tornare quello di sempre. Dopo tutto, dovevano solo credere in se stessi e vincere. Lo avevano già fatto una volta, ripetere l’esperienza non sarebbe poi stato tanto complicato. Solo il capitano sembrava essere un fantasma, una sorta di presenza aliena che guastava il loro buonumore. Questo dettaglio non era sfuggito all’occhio attento del portiere.

- Frank!

Esclamò James, sobbalzando per la sorpresa. Dietro il portiere, il resto della squadra lo osservava perplesso. Perfino Sirius, Seba ed Alice erano comparsi e si chiedevano che gli stesse passando per la testa. Era comprensibili che James fosse teso, visto che tutte le aspettative pesano sulle sue spalle, ma questo non giustificava l’espressione vuota e smarrita che gli si leggeva sul volto.

- Eravamo tutti preoccupati. Non è da te saltare il discorso prima della partita più importante del campionato.

Sussurrò Charleen, sorridendo. James guardò il viso della ragazza, per poi tornare a fissarsi i piedi. Di solito il sorriso della bella riccia riusciva a metterlo di buon umore tanto era contagioso, ma quel giorno era diverso. La paura lo tormentava al punto da rendergli impossibile vedere altro.

- È solo uno spareggio, siamo già noi i vincitori morali.

Mormorò il capitano, alzando le spalle. Era il meglio che poteva fare in quel momento. Si era completamente dimenticato che spettava a lui fare il discorso ed incitare i compagni a dare il massimo. Tutti i presenti trovarono in qualche modo stonate quelle parole, ma nessuno sapeva cosa dire.

- Cerchiamo di vincere, così lo saremo in tutti i sensi.

Esclamò Frank, cercando di prendere in mano la situazione. Con il capitano in quello stato era suo compito tenere alto l’umore della squadra. Era sempre rimasto al fianco del capitano, persino quando rimettere insieme una squadra e sfidare Serpeverde sembrava un’impresa folle. Non avrebbe mollato i suoi compagni ed il suo capitano proprio ora.

- Io non so se ce la posso fare questa volta.. Davvero..

Disse James alla fine, facendo cadere il gelo nella piccola saletta. Quelle poche, lapidarie, parole avevano spazzato via quella ventata di speranza che Frank aveva cercato di infondere nei compagni.

- Paura di deludere tutti i tuoi fan?

Commentò Seba, cercando di dare man forte a Frank e di strappare un sorriso all’amico in modo che tornasse ad essere il solito capitano deciso di sempre. Se James non reagiva la squadra era spacciata.

- No, paura e basta.

Ribatté James, tetro.

- Va bene, voi andata a riscaldarvi. Io, James e Charleen arriviamo subito.

Esclamò Frank, dopo qualche istante di imbarazzante silenzio. Fece segno ad Alice, Seba e Sirius di avvicinarsi ed i ragazzi ubbidirono subito, silenziosi e preoccupati.

- Che ti succede James?

Chiese Sirius, prendendo posto sulla panca e passando una mano intorno alle spalle dell’amico. James sospirò, cercando di prendere tempo. Alla fine si arrese. Era assurdo cercare di tenere tutto dentro.

- Ho paura della mia scopa. Patetico, vero? Ho il terrore che se ci salirò e mi alzerò in volo farò un tonfo per terra.

Confessò alla fine, con la voce rotta da tutte quelle emozioni che gli stavano passando per la testa. A quelle parole, Sirius rimase gelato. Quello che aveva di fianco non sembrava il suo migliore amico James, ma quel ragazzo spaventato che appena tornato a scuola si era chiuso in bagno per sfuggire agli sguardi della gente che lo scrutava curiosa. Era insicuro e fragile, quasi indifeso. Non aveva niente a che fare con il leone che aveva guidato i compagni alla vittoria solo la settimana prima, contro tutti i pronostici.

- Sei impazzito?

Esclamò Alice, incredula che quelle parole uscissero proprio dalla bocca di suo cugino. Prima che la ragazza potesse aggiungere altro, Frank le prese la mano e la strinse forte.

- Non capisci.. Voi credete che io sia caduto da una finestra, ma non è andata così. Stavo volando quando è successo.

Spiegò James, senza trovare la forza di andare avanti. Seba lanciò un’occhiata perplessa a Frank, poi si voltò verso James. Le parole del cercatore avevano confuso tutti. Molte domande si rincorrevano, frenetiche, ed altrettante risposte facevano capolino. Una più improbabile e terribile dell’altra.

- James, la tua scopa era sparita dopo l’ultima partita dell’anno scorso, ricordi?

Disse Seba, confuso, senza il coraggio di andare avanti. James annuì, respirando rumorosamente.

- Quando sono arrivato a casa me la sono trovata nel baule con un biglietto. Divertiti Potter, diceva.

Continuò a raccontare il capitano dei Grifondoro. La sua mente tornò subito a quel pomeriggio. La rabbia, la paura e la solitudine. Il viso scuro di Lily, quello indifferente di Remus e le parole di Sirius. La bara di suo padre, l’indifferenza dello zio e le lacrime di sua madre. Era solo. Tutte le persone che avevano detto di amarlo in un modo o nell’altro gli avevano voltato le spalle.

- E tu non lo hai trovato strano?

Esclamò Charleen, sorpresa, distogliendo James dai ricordi.

- In quel momento non ci ho fatto caso, ero troppo sconvolto. Volevo solo fare un giro per calmarmi.

Si giustificò James, nascondendo il volto tra le mani. Nonostante gli occhi fossero ben chiusi le immagini scorrevano lo stesso. Un incantesimo gettato con rabbia, il baule che si apre e la scopa che scivola fuori, beffarda. In quel momento gli era parso strano, certo, ma in fondo cosa aveva da perdere? Nessuno lo aveva fermato quando aveva inforcato la scopa ed aveva preso la via del cielo.

- Poi sei caduto?

Chiese Seba, mantenendo un autocontrollo che tutti gli altri presenti non potevano che invidiargli. Tutti sembravano di colpo più pallidi, ansiosi e provati. Tutto quello che avevano sempre creduto di sapere sull’incidente di James si stava rivelando una menzogna. Il ragazzo non si era mai buttato dalla finestra, ma era salito su una scopa di sua volontà.

- La scopa era impazzita, non riuscivo più a controllarla. Ho iniziato a perdere quota, poi sono caduto.

Concluse James, cercando di scacciare dalla mente quegli ultimi, lunghissimi istanti della caduta. Aveva capito che qualcosa non andava solo quando ormai era troppo in alto per cercare di fare qualcosa ed evitare di farsi male. Aveva lottato a lungo con la scopa, sperando che la madre si affacciasse alla finestra dello studio ed arrivasse in suo aiuto. Voleva urlare, forse piangere, ma la gola era chiusa. Quando aveva capito che non c’era nulla che potesse evitargli la caduta si era sentito impotente, vittima del destino. Persino mentre cadeva non riusciva a togliersi dalla mente il bel viso di Lily e la risata spensierata di Sirius. Alla fine il buio, la paura, poi più nulla.

- Qualcuno deve averla maledetta.

Concluse Alice a denti stretti, mantenendo a fatica la calma. Per quei lunghi mesi aveva creduto che quella di James fosse solo una disgrazia. Aveva dato la colpa a Sirius e Lily, quando il vero colpevole era sempre stato in quello stesso castello, nascosto in un seminterrato a tramare nell’ombra.  

- Bastardi!

Esclamò Sirius, scattando in piedi. Seba e Frank lo bloccarono subito.

- Serve che tu stia con James, avremo tempo per dare a quei vermi ciò che si meritano.

Mormorò Seba, obbligando Sirius a tornare seduto vicino a James.

- Si, gli stessi che hanno insistito per fare questa partita..

Sussurrò tetro James, apatico. Sembrava essere del tutto incosciente di quello che lo circondava. Non percepiva la rabbia di Sirius, gli occhi lucidi di Alice o gli sguardi furenti degli altri compagni. Nelle sua mente, veloci, scorrevano quelle terribili immagini.

- James, non posso fare nulla davanti al Preside. Silente non è uno stupido e non permetterà che tu ti faccia del male.

Cercò di farlo ragionare Charleen, scuotendolo per le spalle. Quel contatto, a sorpresa, interruppe il flusso della immagini.

- Lo so, ma..

Provò ad obiettare James, subito bloccato da un cenno di Frank. Il suo volto era stravolto dalla rabbia, eppure molto composto.

- Dammi la tua scopa!

Esclamò il portiere, deciso.

- Cosa?

Chiese James, confuso.

- Io volo con la tua, la mia la lascio a Charleen e tu prendi la sua. Nemmeno un Serpeverde stregherebbe la sua scopa, lo sai.

Spiegò Frank, ignorando le facce indignate e furiose degli altri ragazzi. James ci mise un po’, ma alla fine capì. Il portiere voleva che lui giocasse quella partita, per dimostrare ai Serpeverde che avevano perso.

- Cosa farai se la mia scopa è stata maledetta ancora?

Chiese James, guardando spaventato l’amico.

- Correrò il rischio, sta tranquillo.

Rispose Frank, abbozzando un sorriso. Una scopa maledetta non lo spaventava. In quel momento la rabbia che provava per quello che avevano fatto al suo amico era più grande della paura. Prima che James avesse il tempo di replicare, la porta si aprì scricchiolando facendo sobbalzare il ragazzo.

- Che succede?

Chiese Lily, entrando nello spogliatoio insieme a Remus e Peter. La partita sarebbe iniziata di lì a pochi minuti, eppure James non era ancora pronto. Non era da lui far aspettare tanto la sua squadra.

- Oggi Charleen vola con la mia scopa e cede la sua a James.

Spiegò Frank ai nuovi arrivati, cercando di non far percepire rabbia nella sua voce.

- E tu?

Chiese Remus, perplesso, fissando il volto livido ed i pugni stretti di Sirius ed il viso stravolto di James. Persino un bambino si sarebbe accorto che in quella stanza stava accadendo qualcosa.

- Prendo quella di James.

Spiegò Frank, afferrando la scopa dell’amico e scrutandola con occhio critico. Era nuova, James ci aveva volato solo la scorsa settimana. Nulla faceva pensare che potesse essere maledetta, eppure non voleva che l’amico corresse alcun rischio.

- Come mai?

Chiese ancora Remus, confuso da quella situazione. Non era da James cedere la sua scopa, tanto meno da Frank. Ogni membro della squadra di Grifondoro era talmente attaccato al proprio manico di scopa da accettare uno scambio del genere solo in condizioni di estrema necessità.

- James ha paura che la sua scopa sia stata maledetta.

Mormorò Seba, cercando di dare meno informazioni possibili perché i nuovi arrivati non perdessero subito le staffe.

- È assurdo!

Esclamò Lily, decisa. Per quanto la rivalità tra Serpeverde e GRifondoro fosse accesa nessuno sarebbe mai arrivato a maledire una scopa. Mai prima d’ora era successa una cosa simile sotto gli occhi di Silente.

- Già successo.. Qualche mese fa..

Mormorò Alice, alzando le spalle.

Lily e Remus guardarono attentamente i ragazzi, senza capire il senso delle loro parole. Nelle loro menti un sospetto cominciava a fare capolino. Una voce talmente spaventosa e assurda da non essere degna di considerazione.

- Mettiamola così, James non è caduto da una finestra ma da una scopa.

Sospirò alla fine Charleen, confermando i sospetti dei due ragazzi.

- Bastardi! Devono pagare per questo!

Esclamò Remus, perdendo di colpo sia l’aria da bravo ragazzo che quella da bravo prefetto. James alzò la testa, sorpreso. Persino Lily era accesa dalla rabbia, al contrario di Alice che sembrava più smarrita che mai. Sirius lo fissava, immobile e cereo. La situazione sembrava davvero capovolta.

- Non ancora, ci pensiamo dopo. Ora la cosa importante è dargli una lezione. Dobbiamo assolutamente vincere noi!

Disse Frank, deciso. Vincere quella dannata coppa era importante per far ritrovare a James la fiducia in se stesso. Il resto non contava. James sospirò. Sapeva che l’amico aveva ragione, ma era terribilmente difficile dimenticare quello che aveva appena ricordato.

- Non so se ce la faccio. La scopa non centra.. Ho paura, sono paralizzato.

Sussurrò il ragazzo, tenendo la testa bassa.

- Non puoi arrenderti. Ricordi, ce lo hai insegnato tu!

Esclamò Charleen, prendendo le mani del capitano tra le sue.

- Se non sali oggi su una scopa non lo farai più.. Ed avranno vinto loro! Noi siamo con te. Ti prometto, anzi ti giuro, che non permetterò che ti facciano ancora del male.

Continuò Sirius, deciso come non mai. Dietro di lui, Remus e Lily annuivano stringendo la bacchetta nella mano destra.

Lentamente, James alzò la testa. Guardò a lungo la scopa che gli porgeva Frank. Dopo pochi istanti, che però sembrarono un tempo incredibilmente lungo, la prese e si alzò.

- E sia, alziamoci in volo per la nostra casa e poi alziamo quella dannata coppa.

Esclamò James, strappando a tutti un sorriso compiaciuto.

Pochi istanti dopo la squadra lasciava lo spogliatoio, alzandosi in volo. Era iniziata la resa dei conti, dopo ci sarebbe stato spazio per la vendetta.

 

Lily e Remus alla fine erano rimasti a vedere la partita dalla panchina. Il licantropo sedeva in disparte, vicino a Seba e ad un Sirius estremamente silenzioso.

- Sirius, sei sicuro che vada tutto bene?

Chiese Seba, preoccupato. L’altro ragazzo annuì distratto, voltandosi verso il compagno di stanza.

- Certo Seba, tutto a posto. Remus, dopo la partita credo che avrò bisogno di parlarti.

Disse Sirius, con un tono di voce incredibilmente serio. Remus capì subito, e sorrise.  

- Non c’è bisogno, sono con te. Facciamola pagare a questi stronzi.

Rispose Remus, annuendo deciso.

- Adesso si che vi riconosco, ragazzi!

Esclamò Seba, soddisfatto, riconoscendo al volo i ghigni malandrini dipinti sui visi degli amici.

ANGOLO DELL'AUTRICE

Dopo molti mesi e molte promesse infrante, sono qui. Ringrazio tutti coloro che hanno ancora voglia di leggere le mie storie e colgo l'occasione per promettervi che tutte le mie storie attualmente in corso avranno una fine (per questa, aihme, tra due capitoli; poi, prossimamente, pubblicherò il seguito). Settimana prossima aggiornerò anche Segreti, Lacrime e Bugie.., promesso! 

Mi sembra più che doveroso, tuttavia, ringraziare Out of My Head (James era troppo spaventato per parlarne con qualcuno, ma alla fine è riuscito a superare tutto!!!), Stecullen94, (mi spiace, niente strage a fine storia.. non di questa storia, almeno!) LadySaika (ecco qui finalmente svelato cosa è successo!!!) e MyQueenHasMoustache97 (graaaaazie milleeeee!!!!!), gli angeli che mi hanno incoraggiato a riprendere a scrivere!

GRAZIE MILLE!!!

L'appuntamento è con il prossimo, vendicativo, capitolo!

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Capitolo 23
*** Vittoria ***


CAPITOLO 21
VITTORIA

 
La partita era cominciata da quasi un’ora, ma il risultato sembrava ancora molto incerto. Ogni giocatore in campo lottava con tutto se stesso, ma nessuna delle due squadre aveva ancora segnato un punto. Ogni volta che i cacciatori di Grifondoro stavano per segnare ecco che un bolide li colpiva a tradimento, rischiando di ferirli. Si trattava di una situazione dubbia, al limite della regolarità, ma l’arbitro lasciava correre. Da parte sua Frank era deciso a non lasciare che nessuno segnasse. Era la sua ultima partita nel castello e lui voleva lasciare un ricordo indelebile. Dopo due ore, l’ennesima parata di Frank e l’ennesimo bolide contro Charleen tutti i presenti intuirono che sarebbero stati i due cercatori a decidere la partita. James e Regulus si guardavano in cagnesco fin da quando si erano alzati in volo.

Per nessuno dei due si trattava solamente di una sfida agonistica. Da entrambe le parti c’era in gioco molto di più.

James voleva riscattare quell’anno terribile una volta per tutte, portando la sua squadra alla vittoria. Negli ultimi mesi erano successe tante cose, troppe. Si era scontrato con molte persone, aveva discusso amici e parenti, aveva trovato finalmente l’amore della sua vita, ma soprattutto era cresciuto. Il ragazzino viziato e strafottente aveva lasciato il posto ad un giovane uomo finalmente pronto ad assumersi le sue responsabilità. Prendere quel dannato boccino sfuggente avrebbe significato chiudere una volta per tutte i conti con il passato.

Per Regulus era diverso. Dei suoi compagni non gli importava niente, quello che era in gioco era il suo onore. L’unica cosa veramente sua che gli restava. Nella sua vita aveva dovuto ingoiare tanti bocconi amari, specie dopo che il fratello maggiore era scappato di casa. Le ansie e le paure dei genitori erano sfociate in rabbia cieca. Ora anche il minore sapeva cosa aveva passato Sirius. Molte notti aveva pensato di scappare, ma a differenza del fratello lui non aveva nessuna casa dove rifugiarsi, né alcun parente disposto ad accoglierlo. Solo il campo da gioco. Lì tutto era perfetto, ogni cosa era semplice e naturale. I boccini non ti fanno domande, né pretendono che tu tenga alto l’onore della tua famiglia. Vogliono solo essere presti, fine della questione.

Un lampo dorato riscosse entrambi i ragazzi dai loro pensieri. I due cercatori scattarono nello stesso istante, mentre il resto del castello teneva il fiato sospeso. Da quella azione dipendeva tutto quanto il campionato. Nessuno fiatava, dagli spalti si percepiva solamente un silenzio carico di tensione ed aspettativa. Tra qualche minuto una parte degli spettatori avrebbero esultato, gli altri sarebbero tornati nella loro sala comune, arrabbiati e delusi.

Regulus era in vantaggio di qualche metro, ma James non voleva lasciargli il passo. Si buttò in avanti, raggiungendo la Serpe. I due erano talmente vicini da poter percepire l’uno il battito accelerato dell’altro.

Il boccino virò di qualche metro, poi sparì qualche istante per ricomparire in mezzo ai cercatori. Regulus allungò la mano, ma James fu più veloce.

Mentre tutti i Grifoni esultavano James incontrò lo sguardo di Regulus. Sembrava deluso, sconfitto.

- È stata una bella partita Regulus, sul serio.

- Non è servito a nulla..

Mormorò la Serpe, con lo sguardo perso nel vuoto. James aggrottò le sopracciglia. A qualsiasi cosa si stesse riferendo Regulus, decisamente aveva poco a che fare con la partita.

 
***

Nonostante ci avessero provato, concentrarsi solo sulla partita era davvero difficile per i ragazzi. Seduti tra gli spalti delle Serpi c’erano i responsabili dell’incidente di James. Alice guardava i loro volti, disgustata, cercando il volto di colui che aveva prima rubato e poi danneggiato la scopa del cugino. Sirius non aveva dubbi, doveva essere stato Piton. Quel verme doveva aver agito sotto consiglio di qualcuno più grande, forse di sua cugina Bellatrix. Ad ogni modo, riusciva quasi ad immaginarsi il sorriso strafottente sul suo viso all’idea che di uccidere il suo nemico di sempre. Chissà quale delusione, per lui e per le altre Serpi, quando James era tornato al castello.

- Meriterebbero di essere arrestati per quello che hanno fatto.

Sbottò Sirius, incrociando le braccia nervoso. Teneva un occhio al campo da gioco e l’altro sulla tifoseria avversaria per accertarsi che nessuno facesse brutti scherzi.

- Non abbiamo le prove, e poi sono minorenni.

Ricordò Cristal, cercando di calmare il ragazzo.

- Lavorano per Lui, sono mangiamorte!

Sbottò Alice, furente.  

- Ma non possiamo provarlo.

Bisbigliò Peter, spaventato.

- Quindi cosa pensi di fare?

Chiese Remus, serio. Sapeva che Sirius e Sebastian non erano tipi disposti ad aspettare che qualcuno trovasse delle prove per incastrare le Serpi e per una volta non gliene importava nulla. Piton e i suoi compari avevano quasi ucciso James ed ora dovevano pagare, non importava come.

- Vendetta..

Sibilò Sebastian, gli occhi ridotti a due fessure.

- Mai stata più d’accordo.

Esclamò Alice, stringendo la mano del ragazzo riccio.

- Alice!

La richiamò Cristal, incredula. Era la prima volta che l’amica assecondava i piani dei malandrini senza provare a dissuaderli.

- Ha ragione, hanno quasi ucciso James.

Protestò Sirius, sostenendo la ragazza. Remus fissò i due, incredulo che per una volta fossero pienamente d’accordo su qualcosa.

La discussione continuò a lungo, concitata, interrotta solo dai tentativi delle squadre in campo di chiudere la partita.

- Che fine ha fatto Lily?

Chiese improvvisamente Peter, guardandosi intorno. La rossa doveva essere sparita da un bel po’, forse da poco dopo che la partita era iniziata.

- Non ne ho idea, forse è andata in bagno.

Rispose Seba, alzando le spalle senza staccare gli occhi dalla partita.

Lily si muoveva leggera e cauta tra la folla. Erano tutti troppo impegnati a guardare la partita per accorgersi di lei che saliva sugli spalti di Serpeverde. Aveva fatto quella stessa strada per anni, partita dopo partita, per passare qualche ora con Severus lontano da tutto e da tutti.

-Sev..

Chiamò Lily quando fu abbastanza vicina al ragazzo perché nessun altro sentisse.

Lui si guardò velocemente attorno, poi sorrise e si avvicinò alla sua amica. Quando i suoi occhi incontrarono quelli verdi di lei il suo cuore iniziò a battere più forte. Lily sorrise, coprendosi il viso con il cappuccio del mantello. Non era saggio farsi vedere dai compagni di Severus. Queste erano le regole e per molti anni le aveva rispettate come un brava scolaretta.

- Ti aspettavo, da tanto.

Sospirò il ragazzo, sfiorandole appena i capelli ed accarezzando il bel viso con la mano. La Serpe era spaventata all’idea che i suoi compagni potessero vederli insieme, ma allo stesso tempo non riusciva a staccare gli occhi da lei.

- Ora sono qui.

Rispose la rossa, sorridendo appena.

- Sei tornata da me?

Chiese Severus, esitando e lottando con la voglia di prendere dolcemente le labbra di lei fra le sue.

- Certo, sono qui per James.

Rispose Lily, senza scostare lo sguardo dal suo.

- Potter?

Chiese Piton, freddo. Era bastato sentire il nome del suo nemico di sempre, pronunciato con così tanta dolcezza, per gelarlo.

- Dimmelo tu..

Sussurrò lei, inclinando appena la testa. Severus capì subito che lei cose erano cambiate. Anche lo sguardo della sua Lily adesso era freddo, accusatorio.

- L’ho fatto per te. Ero sicuro che avresti capito. Lui ti stava addosso, io volevo liberarti di un peso.

Cercò di giustificarsi lui, scegliendo con cura le parole.

- Per questo hai rubato la sua scopa?

Chiese Lily, facendo un passo indietro.

- Te l’ho detto, l’ho fatto per te. Io ti amo, ti ho sempre amata..

- Severus, hai un modo strano e malato di amare una persona. Mi hai insultato, hai detto che io sono inferiore a te e ora dici di amarmi..

Elencò Lily, con straordinaria calma.

- Lo so, ma se tu accetti di sposarmi sarai al sicuro.

Rispose lui, spaventato all’idea di perdere per sempre la donna che amava e che aveva sempre amato.

Lily storse il naso e fece un altro passo indietro. Per la prima volta guardava Severus e non vedeva altro che un verme.

- Non voglio sposare qualcuno per essere al sicuro. Voglio vivere la mia vita, emozionarmi ed innamorarmi.

Esclamò Lily, sconvolta. Piton non poteva davvero credere che l’avrebbe sposato solo per scappare da un assassino che la voleva morta.

- Puoi fare tutto questo con me..

Continuò Severus, speranzoso. Quella era la sua ultima opportunità e ci doveva credere. Non importava rendersi ridicolo, doveva convincerla a tornare da lui.

- No, Sev. Io non ti amo. Ero tua amica, ma tu hai rovinato ogni cosa. È finita. Qualsiasi cosa avevamo costruito tu l’hai distrutta.

Disse Lily, senza prendere fiato. Dire quelle parole e chiudere così un’amicizia che durava da anni era la cosa più difficile che avesse mai fatto nella sua vita, eppure adesso si sentiva libera. Quasi si fosse tolta un grosso peso.

- Perché sei qui?

Chiese Piton, senza alzare la testa dal pavimento.

- Per dirti che io amo James, e che ti odio per averlo quasi ucciso.

Mormorò Lily, scostando lo sguardo verso il campo dove il suo James stava disputando la partita decisiva per la coppa.

- Ha vinto lui allora.

Sospirò Severus, sconfitto.

- È questo il tuo problema. Non ti sei mai reso conto che non era una gara. Addio Sev, è stato bello crescere insieme a te. Non ti dimenticherò mai, ma adesso non possiamo davvero più essere amici.

Esclamò Lily, parlando senza prendere fiato. Si era liberata di un grosso peso. Aveva chiuso quella storia, una volta per tutte.

Piton aprì la bocca per replicare, ma un urlo di gioia di alzò dalla tribuna di Grifondoro coprendo ogni cosa.

- JAMES POTTER PRENDE IL BOCCINO E CHIUDE LA PARTITA. QUESTA VOLTA NESSUNO POTRA’ DIRE CHE GRIFONDORO NON SI è MERITATO QUESTA SPETTACOLARE VITTORIA!

Lily si voltò verso il campo, dove la squadra dei Grifoni volava scomposta ed esultate, poi corse via. Quando arrivò alla panchina trovò gli amici nello stesso stato di euforia.

- Lily, che fine hai fatto? Ti sei persa una vittoria grandiosa. James è stato grande.

Esclamò Alice, euforica. Non aveva nemmeno fatto in tempo a tornare al suo posto che la ragazza gli era già saltata al collo e stava improvvisando uno strano balletto con lei.

- Davvero? Mi spiace, ero in bagno.

Si scusò Lily, cercando James tra la indistinguibile folla di braccia e di gambe che si vedeva in campo. Remus si voltò verso di lei, scrutandola attentamente. Stava mentendo, era evidente, ma decise di tenerlo per se stesso.

Quando la squadra atterrò fu accolta con tutti gli onori. Le Serpi si erano dissolte in fretta, solo Regulus era rimasto in campo. Il suo viso era livido di rabbia ma qualcosa lo tratteneva dall’andarsene.

I malandrini, seguiti dalle ragazze, si precipitarono subito negli spogliatoi. Fuori dalla porta trovarono Regulus che parlava con James sotto lo sguardo perplesso di Frank e di Charleen.

- Bravo Potter, eccezionale come sempre. Sta attento, l’anno prossimo potrei anche riuscire a batterti.

Mormorò Regulus, senza sorridere.

- Staremo a vedere, Black.

Rispose James, allungando la mano verso il più piccolo. Voleva chiedergli cosa gli era preso in campo ma la presenza degli amici lo bloccò. Qualunque cosa ci fosse, Regulus non ne avrebbe mai parlato di fronte a loro.

- Non credo proprio, fratello. Voi Serpi non siete capaci di giocare lealmente.

Sibilò Sirius, destinando al fratellino la peggiore delle occhiate.

- Che diamine stai insinuando?

Chiese Regulus, scattando subito sulla difensiva.

- Non insinuo nulla, abbiamo le prove che qualcuno dei vostri ha rubato la scopa di James per modificarla e cercare di ammazzarlo l’anno scorso.

Rispose Sirius, senza staccare gli occhi dal fratello per vedere la sua reazione.

- Che sta dicendo questo buffone?

Chiese la Serpe, voltandosi verso James.

- La verità Regulus, ma per fortuna ora è tutto a posto.

Rispose James, dando una pacca sulla spalla alla Serpe. Chiunque fosse stato era evidente che non era lui il responsabile.

- Maledizione!

Imprecò Regulus, dileguandosi in fretta.

- Che gli è preso?

Chiese Lily, sorpresa. Di tutte le reazioni che un colpevole poteva avere, quella era decisamente la più strana.

- È stato scoperto, è evidente.

Esclamò Sirius, alzando le spalle.

- No, non credo. Tuo fratello è troppo competitivo. Per lui battermi era qualcosa che andava al di là della lotta tra case. Era una questione personale. Non avrebbe mai cercato di vincere in modo sleale.

Spiegò James, pensieroso.

- Sopravvaluti mio fratello.

Mormorò Sirius, scuotendo la testa.

- No, non credo. Anche io credo sia stato qualcuno di più meschino.

Mormorò Remus, che fino a quel momento era rimasto in silenzio.

- Considerando che sono tutte Serpi credo che avremo l’imbarazzo della scelta.

Commentò Frank, tra il divertito e lo sconsolato. Scoppiò a ridere, tirò a sé Alice e la baciò. Per la prima volta da quando quel lungo anno era iniziato poteva tirare il fiato e smettere di preoccuparsi.

- A questo pensiamo dopo, ora abbiamo una festa che ci attende.

Esclamò James, alzando al cielo la coppa che si erano aggiudicati dopo una lunghissima ed estenuante partita.

- Certo, una festa ed anche una vendetta. Piton e Bellatrix non la passeranno liscia, abbiamo già pensato a tutto.

Mormorò Sebastian, sorridendo il un modo inquietante.


Lo so, sono sparita per mesi e non ho alcuna giustificazione. Posso solo chiedere scusa e promettervi l'ultimo capitolo della storia (il prossimo) sarà postato prestissimo!

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Capitolo 24
*** Epilogo ***


CAPITOLO 22

EPILOGO

 

La festa di Grifondoro era destinata ad andare avanti per tutta la notte, senza interruzioni. I professori, emozionati almeno quanto gli studenti, non fecero nulla per interrompere la loro festa. Persino la McGranitt, normalmente così ligia alle regole ed intransigente, decise di soprassedere e lasciare che per una notte soltanto i corridoi del castello fossero invasi da una gioiosa folla festante. Alcuni studenti giurarono di averla vista allontanarsi dalla sala in cui si stava svolgendo la festa con una sciarpa della casa di Grifondoro che gli sbucava dalla tasca. A detta di molti, era brilla e felice.

- Non sono mai stata più orgogliosa dei miei ragazzi, ma vedete di non approfittarvene. Hai capito, James?

Aveva detto la donna, scrutando il capitano della sua squadra da dietro i suoi severi occhiali. James e Frank si erano scambiati uno sguardo a metà strada tra l’incredulo e l’esaltato. Ci sarebbero state molti modi per rispondere alla donna, ma i due ragazzi scelsero di sorridere e annuire.

Seba e Sirius non smisero mai di tramare alle spalle dei Serpeverde. Almeno non finchè giunse alle loro orecchie quella che poteva tranquillamente considerarsi l’unica brutta notizia della serata. Qualcuno li aveva preceduti, Piton e Bellatrix erano già stati messi ko. Con gran scorno, i malandrini non riuscirono mai a mettere in atto il loro piano sebbene Seba e Sirius avessero pianificato tutto nei minimi dettagli. Piton sarebbe dovuto passare davanti al corridoio in cui si trovava il rumoroso gruppo di Grifoni per andare nel suo sotterraneo, loro lo avrebbero bloccato e quindi portato nella stanza delle necessità dove ad attenderli ci sarebbero stati tutti gli altri compagni. I loro desideri di vendetta avrebbero fatto il resto, rendendo la stanza adatta a quello scopo. Secondo Sirius, Seba e Remus si trattava di un piano geniale. James non aveva commentato nulla, né aveva cercato di fermare gli amici. Battere le Serpi era stata la rivincita migliore, li aveva distrutti moralmente. Assistere ad una distruzione reale sarebbe stato divertente, ma teneva che Lily non avrebbe approvato il suo coinvolgimento.

Ad ogni modo, ad i ragazzi andò male. Sfortunatamente non avevano considerato un dettaglio: Piton e Bellatrix infatti erano misteriosamente già finiti in infermeria. Nessuno sapeva esattamente spiegare come. I due erano semplicemente spariti prima ancora che finisse la cena, poi era presa a girare quella voce. Nel castello si raccontavano diverse versioni, una più assurda dell’altra. Qualcuno diceva che erano stati aggrediti, altri che erano svenuti improvvisamente dopo pranzo. La più accreditata era che qualcuno avesse messo del veleno nel loro calice. Certo era che nessuno dei due si sarebbe fatto vedere in giro per qualche tempo.

- Hai sentito, sembra siano stati avvelenati..

Aveva detto Alice, alzando le spalle. Era infastidita dal fatto che qualcuno li avesse preceduti, ma l’essenziale era che il destino, il karma o chi sa quale altro studente fosse riuscito a prendersi una giusta vendetta. Il resto erano solo particolari trascurabili.

- Per me il piccolo Black non la racconta giusta.

Mormorò Remus, osservando il minore dei fratelli Black mangiare tranquillo, lontano dai suoi compagni. Una volta finita la cena si era alzato con discrezione dal tavolo ed era scomparso tra la folla festante che festeggiava i Grifoni.

Era l’unico, dopo Piton e Lily, abbastanza bravo in pozioni e abbastanza strafottente da avvelenare qualcuno senza farsi scoprire dai professori. L’unico dettaglio che il licantropo non riusciva a spiegarsi era perché il fratello minore di Sirius avesse fatto una cosa del genere. James guardò l’amico, poi il posto vuoto che aveva lasciato il piccolo Serpeverde.

- Ma si tratta di suoi compagni di casa!

Esclamò Seba perplesso, dando voce ad i dubbi che stavano tormentando anche Remus e buona parte degli altri ragazzi. James sorrise, ricordando le parole del ragazzino. A lui non importava nulla dei suoi compagni di casa. Regulus era diverso da tutti loro, ma non voleva ammetterlo ad alta voce. Si mischiava a loro, fingeva di avere molto in comune con le altre Serpi, ma il suo animo era quello di un Grifone.

- Per lui battere James in modo leale era più importante. Cercando di ucciderlo hanno rischiato di rovinare tutto.

Spiegò pazientemente Frank. Anche lui, come James, si era accorto dello sguardo di Regulus. Aveva voglia di vincere per dimostrare di essere bravo, non solo per aggiudicarsi una coppa.

- Ma alla fine è stato battuto lo stesso.

Commentò Cristal, buttando giù con un solo sorso l’intero contenuto del suo calice. Frank alzò le spalle, senza aggiungere nulla.

- Può sempre cercare di rifarsi l’anno prossimo.

Osservò James, addentando un pezzo di torta. Regulus avrebbe dato loro del filo da torcere anche l’anno successivo. Sarebbe tornato alla carica, più agguerrito che mai, pronto a prendersi il titolo che gli spettava.

- Te lo ripeto, sopravvaluti mio fratello.

Sbuffò Sirius, leggermente irritato da quella conversazione ma già sufficientemente ubriaco da non essere in grado di cambiare discorso come era solito fare.

- Forse sei tu che lo sottovaluti.

Mormorò James, mentre tutti gli altri osservavano i due ragazzi con il fiato sospeso. Sirius odiava parlare della sua famiglia, non era una buona idea sollevare quel discorso con lui. Il maggiore dei Black sbuffò, tornando calmo.

- Non credo..

Dichiarò poi Sirius, chiudendo il discorso. James annuì, senza convinzione e scosse la testa pensieroso.

Doveva sapere cosa stava passando per la testa di Regulus e sapeva anche dove poteva trovarlo. Si allontanò con discrezione tra la folla, senza dare spiegazioni a nessuno dei presenti. In pochi minuti raggiunse la torre. Regulus era lì, silenzioso e solitario come suo solito. James si avvicinò senza dire nulla, certo che l’altro ragazzo lo stava aspettando o quanto meno sapeva che lui era lì a pochi passi.

- Cosa significava quella frase e quell’espressione persa nel vuoto alla fine della partita?

Chiese il Grifone deciso, senza perdere tempo in chiacchere inutili. Regulus non si scompose, quasi si aspettasse quella visita e quella domanda così diretta. James era proprio come Sirius, a nessuno dei due piaceva perdere tempo. Andavano subito al sodo. Il piccolo alzò le spalle e scosse la testa, soffocando una risata sarcastica ma anche molto triste.

- Niente James, va nella tua sala comune. A te aspetta una festa con i tuoi amici, a me una serata da solo.

Mormorò Regulus, osservando il luminoso tappeto di stelle che si srotolava davanti ai suoi occhi. Forse le uniche che riuscissero a capire realmente il suo essere. James non si mosse di un passo, determinato.

- Credi di cavartela con così poco? Voglio una risposta, adesso.

Disse James, portandosi di fronte al Serpeverde. Regulus cercò di evitare lo sguardo dell’altro ragazzo, ma alla fine decise di dire la verità. Si sarebbe liberato prima dello scocciatore, quanto meno. James aveva già dimostrato di essere abbastanza discreto da non andare a raccontare in giro i fatti suoi.

- Pensavo che anche se avessi preso io il boccino sarebbe stato lo stesso. I tuoi amici ti sarebbero rimasti accanto comunque, qualsiasi cosa accada. Io invece sono destinato a stare comunque solo.

Mormorò Regulus. Per la prima volta James non notò strafottenza o superiorità nella sua voce, ma solo tanta tristezza. Regulus non era un principino viziato, ma un ragazzino cresciuto troppo in fretta a cui mancava la guida di un fratello maggiore. La partenza di Sirius da Black Manor doveva averlo segnato molto di più di quanto lui fosse disposto ad ammettere.

- Beh, le cose possono sempre cambiare.

Mormorò James, avvicinandosi un po’. La Serpe scosse la testa, voltandosi verso il lago.  Non voleva i consigli di Potter, né la sua compassione. A lui le cose stavano bene così, non era sua intenzione cambiarle.

- No, James. È troppo tardi. Hanno deciso altri per bene.. Passa una buona estate e non permettere alle Serpi di metterti sotto.

Esclamò Regulus, chiudendo il discorso. James annuì, senza andarsene. Rifletté per un po’ sulle parole dell’altro ed improvvisamente capì chi aveva avvelenato Piton e Bellatrix. Ancora una volta Remus aveva ragione, quel ragazzino era davvero terribile. Una mina vagante.

- Sei stato tu?

Chiese James, deciso ad avere una risposta.

- Non so a cosa ti riferisci..

Replicò Regulus, forse un po’ troppo in fretta. In quel momento sul viso del ragazzo più piccolo si dipinse lo stesso sguardo colpevole che assumeva Sirius quando ne combinava una delle sue e non era disposto ad ammetterlo.

- Piton e Bellatrix sono in infermeria.

Spiegò pazientemente James, proprio come faceva con Sirius quando voleva che lui confessasse le sue malefatte.

- Sul serio? Beh, è un peccato. Speriamo si rimettano presto.

Commentò Regulus con molta ironia nella voce. Ancora una volta la faccia da schiaffi era la medesima di Sirius, quasi un marchio della famiglia Black.

- Ti ripeto la domanda, sei stato tu?

Chiese ancora James, divertito. Per la prima volta si era accorto di quanto Regulus fosse uguale a Sirius e la cosa, invece di turbarlo lo affascinava. Se Regulus era identico a Sirius allora c’era ancora una speranza anche per lui. Frank avrebbe riso di quelle parole, ridendo del suo inguaribile ottimismo.

- Non ha nessuna importanza.

Replicò Regulus, tornando al suo solito sguardo severo.

- Invece potrebbe averne per Sirius.

Mormorò James. Il nome del fratello, buttato nel discorso attirò l’attenzione della Serpe che sussultò appena.

- Sirius sta molto meglio senza di me, gli ricordo troppo la famiglia da cui è scappato.

Mormorò Regulus, tetro.

- E tu, invece? Tu stai bene senza di lui?

Chiese James, portandosi al fianco dell’altro ragazzo. Per un po’ i due si guardarono, senza parlare. Quelli sguardi sembravano voler dire un sacco di cose, o forse nessuna.

- Passa una buona estate, James. Io farò lo stesso.

Mormorò Regulus alla fine, sospirando. Poi si voltò verso il castello deciso a chiudere una volta per tutte quel discorso.

- Sirius è il tuo fratello maggiore. Non importa quello che è successo in passato, sei ancora in tempo per cambiare le cose.

Esclamò James, senza voltarsi verso il ragazzo che se ne stava andando.

- No invece, lui ha te ora. Prenditi cura di lui al mio posto.

Rispose Regulus con un tremito nella voce, senza voltarsi.

 

James continuò a pensare a quelle parole per tutta la notte e anche per i giorni successivi chiedendosi se avesse fatto bene a lasciare andare via il Serpeverde senza fermarlo. Non disse nulla a Sirius di quella discussione, non voleva turbarlo più di quanto fosse necessario. In passato la sua famiglia era già riuscita a ferirlo a sufficienza.

L’ultima settimana al castello, finiti esami e lezioni, passò il fretta. Per James fu davvero un sollievo lasciarsi alle spalle quell’anno tremendo. Aveva perso molte cose, ma poi era riuscito a fatica a riguadagnarsele tutte.

Sembravano trascorse appena poche ore quando i ragazzi si ritrovarono con i bagagli fatti, pronti a lasciare il castello. Guardando Lily che lo aspettava vicino alla porta il Grifone capì di averne guadagnata persino qualcuna in più.

Nel piazzale dove attendevano il treno che li avrebbe ricondotti a casa, Sebastian e Frank avevano un groppo in gola. Il portiere stringeva forte la mano di Alice, mentre Seba cercava la battuta per chiudere in bellezza quel percorso lungo sette anni. L’anno successivo non sarebbero tornati al castello ma sarebbe iniziata una nuova fase della loro vita. La loro avventura era finita, adesso dovevano diventare grandi. Alle spalle si lasciavano tanti bei ricordi, ed anche molte amicizie.

 

Sul binario, mentre aspettavano il treno che li avrebbe riportati a Londra, James si rese conto che non aveva ancora parlato a Lily. Si avvicinò alla ragazza con cautela. Voleva sorprenderla, ma non spaventarla.

- Ehi piccola, hai un momento per me?

Chiese il Grifone, sfoderando il suo sorriso migliore. Lily scambiò una rapida occhiata alle amiche, poi annuì. Il suo cuore perse qualche battito, poi accelerò di colpo. Il momento che aveva tanto aspettato stava finalmente arrivando. Ci erano voluti quasi sei anni, ma alla fine aveva capito quanto James fosse importante.

- Dipende..

Mormorò maliziosa, sorridendo appena. Aveva scoperto di amarlo, ma non voleva cedere troppo in fretta. Era comunque un’orgogliosa Grinfondoro.

- Credevo fosse finito il periodo dei rifiuti.

Commentò James, inclinando la testa ed assumendo un’adorabile aria da cucciolo ferito. Lily sorrise, incapace di pensare ad altro se non alla profondità dei suoi occhi color nocciola.

- Se non mi baci subito potremmo tornare alla fase in cui tu mi chiedi di uscire ed io rispondo no.

Rispose la rosse, decisa. James alzò appena il sopracciglio.

- Curioso, ero venuto da te proprio per questo.

Esclamò,scoppiando a ridere.

- Per chiedermi di uscire?

Provò Lily.

- No, per baciarti.

Sussurrò James, stringendola a sé. Le loro labbra di sfiorarono appena prima di fondersi in un lungo ad appassionato bacio. Il mondo intorno a loro prese a vorticare. Qualche studente rise, altri abbozzarono una risata. Ci fu persino qualcuno che urlò “viva gli sposi”, ma i due ragazzi non potevano sentire tutto questo. Era arrivato il loro momento. Si erano presi la loro occasione. Tutto il resto appariva inutile ed insignificante.

Quando si staccò dalle labbra di lei, James vide che Alice e Sirius sorridevano. Il ragazzo guardò Lily, poi di nuovo i suoi amici. Ogni tassello era tornato al suo posto. Dopo la tempesta, finalmente il sereno.

James stava ancora sorridendo, quando si sentì chiamare.

- Sei James?

Chiese una ragazza che il Grifone non aveva mai visto. Era una brunetta dagli occhi incredibilmente azzurri, più bassa di lui ma dallo sguardo incredibilmente deciso. Inclinò appena la testa, guardandolo meglio.

- Ci conosciamo?

Chiese James, curioso, mentre Lily si irrigidiva appena. Aveva appena conquistato il cuore del suo campione che già qualcuno arrivava a portaglielo via?

- Sono Rose..

Rispose lei, abbassando la testa. Bastò quel nome ed immediatamente James capì. Lei lo detestava. Lo odiava al punto da scrivergli quella lettera piena di rabbia e risentimento. Guardò Lily, lei sorrise rassicurante.

James alzò gli occhi piano, sicuro che avrebbe incontrato lo sguardo duro di Rose. Contro ogni previsione, vi trovò un sorriso.

- Sei un campione, lo sai?

Continuò lei, imbarazzata. James annuì, in difficoltà.

- Non credevo che ti avrei incontrata veramente alla fine.

Mormorò James, alzando le spalle.

- Nella lettera lo dicevo però.

Precisò lei, allungando una mano per accarezzare il viso del ragazzo. James si scostò appena.

- Dicevi anche che non era giusto che io vivessi e tuo fratello no.

Disse James, abbassando la testa. Rose ritrasse subito la mano e la portò al viso, cercando di asciugare le lacrime che le solcavano il volto.

- Quando si soffre si fanno e si dicono cose avventate.

Sospirò lei, guardando il tramonto.

- Nessuno lo sa meglio di me, credimi.

Sbuffò James, ricordando tutto quello che aveva passato in quegli ultimi mesi.

- Amici?

Propose Rose, inclinando la testa. James sorrise ed annuì deciso. Ora tutto era veramente al suo posto.

- Devo andare adesso, scusa..

Esclamò lui, correndo verso gli amici che lo attendevano per un terzo grado

- Che succede?

Chiese Alice, gelosa della ragazza che aveva parlato con James fino a qualche istante prima. Il capitano sorrise, prese il viso della sua rossa tra le mani e la baciò, poi si volto verso la cugina che ancora attendeva una risposta.

- Ho chiuso con il passato, tutto quanto. Dove andiamo questa estate?

Mormorò lui, sorridente, incurante delle espressioni incredule e dell’imbarazzo della ragazza.

- Ho la sensazione che quest’estate ce la ricorderemo per sempre!

Esclamò Seba, sicuro, scuotendo deciso i riccioli scuri. Tutti scoppiarono a ridere, felici che quel lungo anno fosse finalmente terminato. Solo Cristal era seria, quasi fosse persa in un mondo tutto suo.

- Che ti prende, Cristal?

Chiese Charleen, preoccupata per l’amica.

- Niente, solo un brutto presentimento.

Si giustificò la ragazza, cercando di scacciare la brutta sensazione che l’aveva avvolta solo qualche istante prima. Nello stesso istante, Frank si voltò. Alle sue spalle, Bellatrix rideva. Il suo volto era una maschera di isterismo e cattiveria.

- Mi sa che dovremo stare attenti alle scope..

Esclamò James, abbracciando più stretta Lily Evans. L’estate era cominciata. 

ANGOLO DELL'AUTRICE

...Ed alla fine arriva l'epilogo. Scrivere queste ultime righe è una vittoria dal sapore amaro. C'è l'orgoglio di aver concluso qualcosa, ma anche il rimpianto per le scene che sono rimaste dentro la mia tastiera. Ringrazio chi ha letto tutta questa storia, scusandomi per i ritardi ed elogiando la vostra pazienza.

Come ultimo regalo, vi lascio una promessa: il sequel.

Il titolo sarà L'estate dell'amicizia, del tradimento e del sangue. Qui sotto trovate il prologo..

Peter guardava di fronte a sé, terrorizzato.

Sebastian era appena morto tra le braccia di Charleen. Aveva a lungo amato quella ragazza, in silenzio. Alla fine aveva perso, Seba si era preso tutto anche questa volta. Adesso lui giaceva agonizzante, ma ancora una volta Charleen tutti avevano occhi solo per lui. Lei gli accarezzava il viso, senza riuscire a rassegnarsi alla realtà. L’uomo che aveva amato per tanti anni, in silenzio, non c’era più. Il fuoco lo aveva portato via in pochi attimi, prima che lei riuscisse a fare qualcosa.

Frank era distrutto, Alice al suo fianco fissava il vuoto.

Lily si stringeva a James, quasi temesse che anche lui potesse scomparire da un momento all’altro.

Cristal nascondeva il viso nell’incavo della spalla di Remus.

Peter era solo, come Sirius. La sua speranza, il suo nuovo inizio.

Si voltò verso l’amico, poi arrivò Rose. Senza dire niente strinse la vita del ragazzo, lui si lasciò andare.

Aveva perso, adesso era davvero solo. Peter si lasciò andare alla disperazione.

Che ci faceva lui in mezzo a quei ragazzi?

Ripensò alla parole di Piton ed a quelle di Regulus, senza riuscire a trovare una via d’uscita a tutto quel dolore.

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