broken memories di sihu (/viewuser.php?uid=41975)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** sull'espresso, verso Hogwarts (parte prima) ***
Capitolo 3: *** sull'espresso, verso Hogwarts (parte seconda) ***
Capitolo 4: *** banchetto in sala grande e grandi assenze ***
Capitolo 5: *** morire dentro ***
Capitolo 6: *** stasi ***
Capitolo 7: *** visite e chiarimenti ***
Capitolo 8: *** amnesia ***
Capitolo 9: *** visite ***
Capitolo 10: *** amare scoperte e ritorni inaspettati ***
Capitolo 11: *** riprendere a vivere - parte prima ***
Capitolo 12: *** riprendere a vivere - parte seconda ***
Capitolo 13: *** alla baita in montagna ***
Capitolo 14: *** capodanno ***
Capitolo 15: *** ritorno alla vecchia vita ***
Capitolo 16: *** nuovi acquisti e vecchi compagni ***
Capitolo 17: *** sconfitte e vittorie ***
Capitolo 18: *** rimettere insieme i pezzi ***
Capitolo 19: *** Lieto fine, o quasi ***
Capitolo 20: *** Chiarimenti e nuovi dilemmi ***
Capitolo 21: *** Colloqui e chiacchere nel camino ***
Capitolo 22: *** Si torna a volare ***
Capitolo 23: *** Vittoria ***
Capitolo 24: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** prologo ***
BROKEN
MEMORIES
PROLOGO
Remus Lupin odiava con
tutto se stesso l'estate, e questa non era certo una novità
per nessuno. Il biondo licantropo non ce la faceva proprio a stare per
due mesi lontano da quello che ormai era diventato il suo mondo, i suoi
amici, le lezioni e tutto quello che poteva significare il castello.
Hogwarts era l'unico
posto in cui arrivava quasi a dimenticarsi la sua condizione e riusciva
a sentirsi normale.
Tra le mura di quel
castello si sentiva vivo e padrone del proprio destino, dover tornare a
casa d'estate per lui era sempre stato come una punizione.
Da quando i suoi
genitori erano morti poi, le cose erano notevolmente peggiorate.
L'anziana donna che lo ospitava d'estate, una lontana zia di sua madre
cercava di essere gentile con lui, almeno quanto poteva essere gentile
un'anziana strega che vive sola, con i reumatismi, sette gatti, tre
cani e un pessimo carattere. Remus era davvero vicino a una crisi di
nervi.
Avrebbe certo ricordato
per sempre quell'estate come la peggiore della sua sua vita, dato che
anche i suoi migliori amici si erano scordati di lui. Peter, James e
Sirius sembravano scomparsi nel nulla. Per quanto riguardava Peter non
era certo una grossa novità, il ragazzo aveva sempre odiato
scrivere e mandare gufi. Sirius invece, che aveva lasciato la sua
famiglia il natale precedente, era giro per l'Europa con uno zio che
aveva accettato di prendersi cura di lui fino a che non fosse diventato
maggiorenne.
Remus lo aveva visto
per l'ultima volta alla stazione di Londra, appena scesi dall'espresso
di Hogwarts, poi nulla, nemmeno due righe per settimane.
Alla fine, dopo quasi
un mese di silenzio Remus si era deciso a scrivergli e Sirius gli aveva
mandato un biglietto telegrafico nel quale diceva che stava bene, che
aveva passato l'estate a riflettere parecchio e che si sarebbero
rivisti a settembre alla stazione come al solito. Il licantropo aveva
letto più volte le parole dell'amico, scuotendo la testa.
Il ricordo di quello
che era successo alla fine dell'anno era ancora vivo, anche lui, come
Sirius, aveva passato quasi tutta l'estate a pensarci. Si trattava
probabilmente della prima vera discussione dei malandrini da quando si
erano formati. Anche ora, dopo mesi che ci rifletteva sopra, Remus non
sapeva dire esattamente che fosse preso a tutti quanti quel giorno.
Forse si era trattato
dello stress causato dagli esami di fine anno o forse semplicemente
erano uscite tutte quelle cose che si erano sempre tenuti dentro.
Passare l'estate separati gli aveva di certo fatto bene, tuttavia Remus
non riusciva proprio a smettere di avercela con James.
Quel testone non aveva
risposto a nessuna delle lettere che gli aveva mandato per sapere come
stava, qualcuna gli era addirittura tornata indietro. Remus non
riusciva proprio a capirlo, e più di una volta aveva preso
seriamente in considerazione l'idea di piombare a Godric’s
Hollow e scuoterlo fino a farlo ragionare. Di tutti loro quello che era
uscito peggio dalla loro discussione era sicuramente James. Si era
sentito attaccato e messo in discussione sia da Lily che da Peter e
Sirius, e aveva scoperto che quella volte lui non avrebbe preso le sue
difese. Era rimasto a guardare in silenzio gli amici che discutevano,
convinto che una lezione sarebbe servita a tutti quanti, specie a James
che forse si sarebbe deciso a crescere una volta per tutte.
Remus
sospirò ed intinse la piuma nell'inchiostro, deciso a
scrivere un ennesima lettera a James, sperando che almeno a questa
avrebbe risposto o quanto meno l'avrebbe letta. Affidò il
messaggio al suo gufo, e lanciò uno sguardo al calendario
appeso alla parete. Mancavano solo pochi giorni al primo settembre, al
momento in cui alla fine si sarebbero rincontrati e avrebbero saputo
che ne era stato della loro grande amicizia.
ANGOLO DELL'AUTRICE:
grazie a tutti quelli che sono arrivati a leggere fino a qui.
l'idea per questa storia mi è venuta per caso, e ho deciso
non lasciarmi sfuggire l'occasione di metterla per iscritto.
spero che piaccia almeno quanto piace a me.. vi assicurò che
ci saranno taaanti colpi di scena.
nel prossimo capitolo vi presenterò per bene tutti i
personaggi della mia storia! XD
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Capitolo 2 *** sull'espresso, verso Hogwarts (parte prima) ***
CAPITOLO 1
SULL'ESPRESSO VERSO HOGWARTS
(parte prima)
Il grosso orologio
della stazione era vicino a battere le undici e il grosso treno fermo
sul binario sbuffava, attirando l’attenzione di tutti coloro
che erano sul binario e mettendo loro una certa fretta. Era quasi
pronto per partire e una moltitudine di ragazzi di tutte le
età si sporgeva dai finestrini cercando di salutare i
genitori che davano loro le ultime raccomandazioni. I bambini
più piccoli, che si apprestavano ad andare a Hogwarts per la
prima volta, erano allo stesso tempo ammirati e intimiditi da quello
strano e solenne spettacolo mentre i loro genitori fremevano, cercando
di nascondere le lacrime che di lì a poco avrebbero
cominciato a versare. Due fratellini biondi si tenevano per mano,
mentre il padre caricava i loro due grossi bauli sul treno. Avevano
sognato per undici anni il momento in cui avrebbero raggiunto il
castello e finalmente stavano partendo. Un ragazzo moro si faceva largo
tra la folla, guardandosi intorno sorridendo. Si ricordava bene il
primo settembre di sei anni prima, quando era partito alla volta di
Hogwarts pieno di sogni, speranze e paure. Anche lui quel giorno era
accompagnato dalla sua famiglia, ricordava bene che il suo fratellino
piangeva. In quegli anni erano cambiate molte cose, era cresciuto,
aveva fatto amicizie importanti, aveva imparato a mettersi in gioco e a
capire i propri errori. Nessuno lo aveva accompagnato alla stazione
quella giorno, forse la sua famiglia era lì ma sicuramente
non per lui. Era Regulus il figlio perfetto ora, l’unico
figlio dei Black da quando lui era stato diseredato. Molti ragazzi suoi
compagni a Grifondoro lo chiamavano e cercavano di attirare la sua
attenzione ma Sirius Black salì sul treno, e solo allora si
guardò intorno alla ricerca dei suoi amici. Sul treno
regnava più o meno la stessa confusione che c’era
sul binario, con la sola differenza che non vi era nessuna traccia dei
genitori. I bambini più piccoli erano disorientati,
cercavano di fare gruppo per sentirsi meno sperduti. Improvvisamente
una voce distrasse Sirius dai suoi pensieri.
“Solo
Black?” chiese una ragazza con dei lunghi capelli biondi
legati in due graziosi codini che la facevano apparire più
giovane dei suoi sedici anni. I suoi occhi erano intensi, di un azzurro
brillante e il suo volto era incorniciato da un bellissimo sorriso.
Sirius si voltò verso la ragazza e la fissò
intensamente assumendo un’espressione divertita.
“Occhioni,
come mai non sei con le tue amiche vipere? Le hai perse?”
chiese Sirius in rimando prima di avvicinarsi a salutarla. Cristal gli
lanciò un’occhiata carica d’odio, poi
alzò le spalle e gli scoccò un bacio sulla
guancia. Era bello vedere che Sirius non era cambiato in quei mesi
estivi e che era rimasto il solito idiota di sempre.
“Stavo
cercando te per dichiararti tutto il mio amore.” lo prese in
giro Cristal mentre delle ragazzine del quarto anno seguivano la
discussione con interesse. Come gran parte della popolazione femminile
del castello erano pazzamente innamorate di Sirius e avevano paura che
la biondina glielo portasse via. La biondina in questione
però non aveva il minimo interesse a diventare
l’ennesima conquista di Sirius, lo conosceva troppo bene per
cascarci. I due erano legati da una bella amicizia, niente di
più. Essere la migliore amica di Alice Prewet, cugina di
James Potter, aveva permesso a Cristal di conoscere meglio i malandrini
e di capire che gran parte delle voci che giravano su di loro erano
false. Nonostante apparissero come presuntuosi, donnaioli e pieni di
sé i ragazzi avevano un cuore d’oro ed erano
legati da una salda amicizia. Anche per lei era stato un trauma vederli
litigare alla fine dell’anno precedente e si augurava con
tutto il cuore che si fossero chiariti.
“Grazie, lo
terrò presente. Hai visto gli altri?” chiese
Sirius riferendosi ai malandrini. Non aveva visto nessuno di loro sul
binario, nemmeno James che era conosciuto per essere un ritardatario
cronico. Cristal ci pensò per qualche istante.
“Remus
è nella carrozza in fondo insieme a Peter.”
mormorò lei alla fine, indicando lo scompartimento
più lontano, nel quale erano soliti rintanarsi al riparo da
occhi indiscreti per organizzare fin da subito qualche scherzo ai danni
dei Serpeverde.
“James?”
chiese ancora Sirius aggrottando appena le sopracciglia. Cristal in
risposta alzò le spalle e si allontanò per
cercare le sue amiche. Non le andava di fare domande su quanto
successo, era già stato abbastanza brutto sentire quelle
terribili urla e vedere la faccia triste e abbattuta di James. Alice
gli era corsa dietro per assicurarsi che stesse bene ma il ragazzo
aveva allontanato anche la cugina. Cristal non sapeva come fosse finita
ma aveva tutte le intenzioni di chiedere ad Alice tutti gli
aggiornamenti del caso.
Sirius riprese a
camminare verso la carrozza che gli era stata indicata, chiedendosi che
cosa ci avrebbe trovato dentro. Era sparito per tutta
l’estate, una vacanza lontano da tutti gli era servita per
pensare a quanto successo e valutare cosa fare. All’inizio se
l’era presa con Remus, perché non aveva preso le
sue difese nella discussione con James, e aveva deciso di ignorarlo.
Non lo aveva cercato, non gli aveva nemmeno scritto qualche riga per
tranquillizzarlo e per dirgli che stava bene. Poi gli era passata. Con
il passare delle settimane però Sirius cominciò a
temere di essere stato troppo duro con James, dopo tutto era il suo
migliore amico e non sapere nulla di lui gli faceva male.
Così , anche se le cose che aveva detto erano assolutamente
vere aveva deciso di tornare su suoi passi e cercare di chiarire le
cose, così gli aveva scritto una lettera a cui
però l’amico non aveva risposto. Questo aveva
fatto arrabbiare Sirius ancora di più ed era giunto alla
conclusione che alla prima occasione avrebbe discusso ancora con James,
anche a costo di arrivare alle mani. Come si permetteva di ignorare una
lettera nella quale lui gli proponeva un chiarimento e gli chiedeva
scusa per i toni accesi che aveva usato? Era così poco
importante per James la loro amicizia?
Preso come era dai suoi
pensieri non si accorse di essere arrivato allo scompartimento nei suoi
amici fino a che non andò a sbattere contro la porta chiusa.
Aprì la porta e vide Peter sussultare appena sul sedile,
mentre Remus, che invece stava leggendo, alzò gli occhi dal
libro e gli sorrise. Per qualche istante si fissarono senza dire nulla,
entrambi imbarazzati.
“È
libero?” chiese alla fine Sirius indicando il posto di fronte
a Remus che nel frattempo aveva chiuso il libro e lo aveva riposto
nella sua tracolla.
“No, stiamo
tenendo il posto a un cane pulcioso che risponde alle lettere in
maniera telegrafica..” rispose Remus ironicamente. Sirius
alzò gli occhi al cielo e Peter si preparò al
peggio.
“Grazie per
avermi scritto..” mormorò Sirius a bassa voce. La
lettera di Remus era arrivata proprio nel momento il cui lui era
più in crisi a causa della mancata risposta di James. Sapere
che qualcuno si ricordava ancora di lui gli aveva fatto decisamente
bene.
“Avresti
potuto farlo prima tu.” gli suggerì Remus, deciso
a punzecchiare Sirius ancora per un po’. Dopo tutto non si
era quasi fatto sentire per tutta l’estate, non poteva
pensare di passarla liscia così facilmente.
“Ero
arrabbiato con te perché non avevi preso posizione nella
nostra ultima discussione.” disse Sirius serio fissando
l’amico dritto negli occhi.
“Di che state
parlando?” piagnucolò Peter sperduto, senza
riuscire a seguire la conversazione degli amici. Il più
piccolo dei malandrini non riusciva proprio a capire come mai stessero
parlando ancora di quella discussione. Era passato tanto tempo, quasi
due mesi, ormai era acqua passata. Possibile che non si fossero ancora
chiariti?
“In che mondo
vivi Peter!” esclamò Sirius infastidito. Anche
Peter aveva assistito al loro litigio, era avvenuto proprio nella
stessa carrozza dove si trovavano ora. Sirius chiuse gli occhi e quando
li aprì gli sembrò quasi di vedere James,
distrutto e arrabbiato come lo aveva visto solo qualche mese prima.
Remus scuoteva la testa, rassegnato, mentre Sirius si chiedeva come
potevano avere un amico così tonto.
“Che
posizioni avrei dovuto prendere? Ti ricordo che siete tutti e due miei
amici..” osservò Remus incrociando le braccia.
Sirius non poteva avercela con lui solo perché non gli aveva
dato ragione. Si stava comportando in modo infantile, esattamente come
aveva fatto James.
“Si, ma James
aveva torto marcio. Persino Peter lo ha riconosciuto, mentre tu te ne
stavi lì, zitto, senza fare niente.”
ricordò Sirius, alzando un po’ la voce senza
rendersene conto.
“Sirius, ti
ricordi come lo hai aggredito? Che avrei dovuto fare, darvi una mano ad
ucciderlo? Non è stato un periodo facile per James, prima
gli esami, poi la discussione con Lily. La litigata con te lo aveva
ridotto già male senza che mi ci mettessi anche
io.” esclamò Remus leggermente fuori di
sé. Ricordava bene l’espressione persa e abbattuta
di James, non avrebbe mai potuto togliersela dalla testa tanto
facilmente. Avrebbe voluto fare qualcosa per lui, ma aveva preferito
stare zitto e fermo. James aveva bisogno di una lezione, doveva
crescere e capire i suoi errori. Questo però Sirius non
sembrava capirlo, pareva quasi che a Felpato interessasse solo sfogarsi
e fare del male a Ramoso. Aveva torto, certo, ma perché
infierire così tanto su di lui, si era chiesto Remus.
“Va bene, ma
allora perché non hai preso le sue difese? Perché
te ne sei stato lì senza dire o fare nulla? Questo
è quello che mi ha fatto infuriare di più, non
hai preso posizioni!” ribadì Sirius, questa volta
urlando. Remus non aveva dato né torto né ragione
a nessuno dei due, aveva fatto finta che non stesse accadendo nulla.
Sembrava quasi che quella discussione non lo toccasse, che quelli non
fossero i suoi migliori amici. Sirius aveva passato gran parte
dell’estate a chiedersi dove avesse trovato la forza di
fingersi indifferente fino a tal punto.
“Perché
pensavo che tu avessi ragione e che James meritasse una lezione per
crescere un po’ e diventare più maturo. Anche tu
dovresti però. Volevo tenermi fuori da ogni discussione per
una volta, avevi già detto abbastanza tu.”
spiegò Remus, cercando di mantenere la calma. Urlare addosso
a Sirius arrabbiato non sarebbe servito a nulla, anzi, avrebbe
peggiorato solamente le cose. Gli sguardi dei due ragazzi si
incontrarono di nuovo, e Sirius poté vedere chiaramente
negli occhi di Remus tutta la sofferenza che aveva sopportato
quell’estate.
“Lo so, ho
riflettuto molto sul mio comportamento
quest’estate.” mormorò Sirius,
lasciandosi cadere sul sedile con la testa tra le mani. Finalmente
aveva capito di avere esagerato con tutti, con Remus, persino con James
anche se lui non si meritava il suo perdono, non dopo essere sparito a
quel modo.
“Dove sei
stato?” chiese timidamente Peter, cercando di portare la
conversazione su argomenti più tranquilli.
L’atmosfera si stava scaldando un po’ troppo per i
suoi gusti. Non voleva certo essere coinvolto in un altro litigio
proprio il primo giorno di scuola.
“Francia,
Olanda, Italia.. Un po’ dappertutto.” rispose
Sirius distrattamente. Suo zio lo aveva portato in giro per tutta
l’Europa ma lui non si era divertito. Ogni volta che vedeva
un posto nuovo o conosceva qualcuno non poteva fare a meno di chiedersi
come sarebbe stato fare quelle esperienze con i suoi amici, con James,
e ogni volta si dava dello stupido per continuare a pensare a loro.
“E questo tu
lo chiami riflettere?” esclamò sorpreso Peter.
Riusciva a immaginare benissimo Sirius in mezzo a un sacco di donne
bellissime, con drink di ogni tipo tra le mani. Remus si
lasciò scappare un sorriso divertito senza farsi notare
dall’amico.
“Mica pensavo
solo alle ragazze..” disse Sirius fulminando il ragazzo con
lo sguardo.
“Io ero
preoccupato per te e James, e tu te la spassavi
all’estero..” obiettò Remus scuotendo la
testa. Sirius lo osservò bene e notò che sul suo
volto era spuntato un sorriso.
“Pace?”
propose Sirius abbracciandolo. In fondo non era stato poi
così difficile. Era tornato tutto come prima, come era
sempre stato e come doveva essere. “Amici come
prima!” rispose Remus mezzo stritolato dall’amico.
Era felice che quella terribile estate fosse finita e che tutto stesse
iniziando a tornare alla normalità. Ormai mancava solo James
all’appello, ritardatario come al solito. Ogni anno non
facevano che ripetergli che prima o poi avrebbe perso il treno e lui
ogni volta alzava le spalle.
Proprio in quel momento
il treno iniziò a muoversi e i due ragazzi ricaddero
malamente sui sedili di fronte, uno addosso all’altro.
“Ma
James?” chiese Peter con una faccia preoccupata mentre Sirius
e Remus si rialzavano.
“Appena
arriva mi sente..” ringhiò Sirius massaggiandosi
la schiena dolorante per la caduta.
“Che altro
è successo?” chiese Peter curioso.
“Mentre
andavo da Parigi a Roma mi sono reso conto che forse avevo esagerato
dicendo tutte quelle cose a James in quel modo, dopo tutto lui stava
già male per la storia di Lily e dell’attentato a
suo padre..” iniziò a raccontare Sirius. Remus e
Peter ascoltavano interessati, bene attenti a non perdersi nemmeno una
virgola.
“Ci hai
parlato quindi?” chiese Remus.
“Ci ho
provato. Gli ho mandato una lettera nella quale mi scusavo per i toni,
gli dicevo che aveva torto marcio ma che era sempre mio fratello e che
ci volevo parlare.” continuò Sirius.
“E
lui?” chiese ancora Peter, sempre più curioso.
Più che la vita dei suoi migliori amici sembrava essere in
uno di quei film babbani che ogni tanto guardava con sua madre.
“Fammi
indovinare, ha cestinato la lettera oppure si è limitato a
non rispondere?” rispose prontamente Remus.
“Come hai
fatto ad indovinare?” chiese Sirius stupito dalle
abilità divinatorie dell’amico.
“Ho passato
tutta l’estate a scrivere a James per sapere come stava. Non
mi ha mai risposto, anzi, alcune volte i gufi sono tornati
indietro.” rispose Remus sconsolato. James non aveva risposto
nemmeno all’ultima lettera, non si era nemmeno disturbato a
scrivere due righe per dire che si sarebbero visti alla stazione. Remus
non sapeva se era più preoccupato o aveva più
voglia di strangolarlo.
“Che diamine
gli sta passando per la testa? Non penserà di avere ragione,
spero..” commentò Sirius indignato. Remus non
disse niente, rimase immobile a fissare il panorama che scorreva veloce
sotto i suoi occhi.
“Più
che altro, come mai non è qui?” chiese Peter
passando lo sguardo da Sirius a Remus. Nessuno dei due sapeva come
rispondere. Il treno era partito, questo voleva dire che o James aveva
perso il treno, oppure lo aveva preso in tempo e li stava evitando.
“Non voglio
pensare a quell’idiota di James fino a che non me lo trovo
davanti.” decretò Sirius andando in contro al
carrello dei dolci che stava passando in quel momento.
Remus
sospirò e riprese a leggere da dove si era interrotto quando
era entrato Sirius.
ANGOLO DELL'AUTRICE
graaazie mille a tutti quelli che hanno letto il primo capitolo della
mia storia, in particolare quelle tre anime sante che hanno anche
commentato!
mi rendo conto che la mia storia per il momento non è nulla
di speciale, ma vi assicuro che sono in agguato, esattamente dietro
l'angolo, un sacco di colpi di scena. fidatevi, e.. leggete!
HALEY JAMES SCOTT: grazie mille per il commento!
apprezzo davvero tanto il tuo commento, e ti assicuro che è
stato davvero tanto d'aiuto. se ho postato così in fretta il
capitolo nuovo è sicuramente merito tuo!
ho dato un occhiate alle tue storie, mi ha appassionato l'ultima! XD
ad ogni modo, grazie per i complimenti e spero che commenterai ancora!
MSMONTANA: grazie mille per il commento!
sei un tesoro! grazie, grazie e ancora grazie! XD davvero, sei
gentilissima, grazie millissime per i tuoi complimenti!
sono contenta che ti piaccia Remus, ma spero che apprezzerai anche
tutti gli altri personaggi, originali e quelli inventati da me.
diciamo che di discussioni che ne sono state due: la prima è
quella al lago che la Rowling ci ha raccontato anche nel quinto libro,
l'altra invece è di mia invenzione ed è stata sul
treno tra i malandrini.. non dico altro sennò ti tolgo la
sopresa!
LYRAPOTTER: grazie mille per il commento!
è bello ritrovarti a commentare anche in altre mie storie,
mi fa davvero piacere vederti anche qui! XD
per l'inizio mi sono ispirata un po' alle vacanze estive di Harry, solo
che la storia di Remus e dei malandrini è mooolto
più complicata, e pensa che siamo solo all'inizio..
tranquilla, le spiegazioni arriveranno. nel frattempo Remus, Sirius e
Peter si sono chiariti.. resta solo da trovare James..
uff, prima o poi capirò anche io perchè nelle mie
storie la gente sparisce sempre e non si trova mai! XD
nel frattempo graaazie mille e arrivederci al prossimo capitolo!
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Capitolo 3 *** sull'espresso, verso Hogwarts (parte seconda) ***
dedico questo capitolo a
Lyrapotter, che ha commentato sempre la mia storia! GRAAAZIE!!!
CAPITOLO 2
SULL’ESPRESSO VERSO
HOGWARTS (parte seconda)
Il treno era partito da
circa un ora, e in uno scompartimento non troppo lontano da quello dei
malandrini Cristal stava aggiornando le sue amiche su quanto le era
successo quell’estate nonostante lei, Lily e Charleen si
fossero scritte quasi ogni giorno. La ragazza aveva passato
l’estate con la zia, in un villaggio sperduto e deprimente
dell’ Australia dove erano tutti o troppo piccoli o troppo
vecchi per lei. Quella che aveva più da raccontare era
decisamente Charleen, una brunetta con dei dolcissimi occhi nocciola e
dei riccioli vaporosi che era anche il sogno proibito di almeno
metà della popolazione maschile di Hogwarts. La ragazza era
stata circa un mese in una piccola isola tropicale, dove suo padre, un
babbano, aveva aperto un chiosco di bibite proprio sulla spiaggia. Lily
Evans la ascoltava sorridendo, mentre giocava con una ciocca dei suoi
lunghi capelli rossi che le ricadevano disordinati sulle spalle.
Charleen era la sua migliore amica e l’ aveva invitata
qualche giorno su quell’ isola da sogno che avevano
ribattezzato Neverland. Le due ragazze se l’erano proprio
spassata tra danze caraibiche, drink esotici, lunghe spiagge tropicali
dove prendere il sole e bellissimi ragazzi dalla pelle mulatta.
L’argomento
si esaurì in fretta e le ragazze passarono a domandarsi come
sarebbe stato l’anno che andava a cominciare
l’indomani. Charleen e Cristal sembravano entusiaste
all’idea di frequentare il loro sesto anno a Hogwarts, certe
che avrebbero trovato l‘uomo della loro vita, Lily invece si
fece più seria improvvisamente.
“Cosa
significa quell’aria seria?” chiese Cristal
preoccupata. Normalmente Lily faceva quella faccia prima di iniziare
una predica sull’importanza dello studio e su quanto fosse
dannoso perdere tempo in scherzi e feste notturne.
“Se stai per
farci la predica del
siamo-al-sesto-anno-dobbiamo-studiare-di-più ti prego
fermati. Non siamo ancora arrivate al castello.” la
supplicò Charleen. La ragazza non era ancora certa di aver
superato del tutto i traumi da troppo studio che la rossa le aveva
causato l’anno precedente, anche se doveva ammettere che
grazie a Lily era riuscita a prendere buoni voti. Fin dal primo giorno
aveva esordito dicendo che quello era un anno importante per il loro
futuro in vista degli esami, e aveva concluso l’anno
obbligando chiunque conoscesse a studiare almeno otto ore al giorno.
Lily aveva organizzato lunghissime e noiosissime sessioni di ripasso
collettivo e aveva costretto tutti quanti, persino i malandrini, a
parteciparvi. L’unico che aveva trovato quei pomeriggi
interessanti e divertenti, oltre a Lily, era stato Remus. Certo, Lily
era la sua migliore amica, ma in quegli attimi in cui pensava solo allo
studio Charleen non riusciva proprio a sopportarla.
“No, pensavo
che vorrei che questo viaggio non finisse mai. È
così bello stare qui, solo con voi, senza i
ragazzi.” sospirò Lily abbozzando un sorriso
triste. Adorava Hogwarts, ed era davvero felice di poter studiare nella
scuola magica più prestigiosa che ci fosse nonostante non
provenisse da una famiglia di purosangue, ma quell’anno non
aveva davvero voglia di ricominciare le lezioni. L’idea di
riprendere a discutere con Potter per ogni sciocchezza e di sfuggire
alle sue continue richieste di appuntamenti la esauriva, per non
parlare di Severus. Cercare di capire che diamine stesse passando per
la testa del suo ormai ex migliore amico le faceva passare del tutto la
voglia di riprendere gli studi. Lily sapeva già in partenza
che sarebbe stato un anno terribile e pieno di problemi.
“In
particolare Potter?” suggerì Charleen timidamente.
Non appena Lily sentì quel nome fece una smorfia disgustata
che fece scoppiare a ridere le sue amiche. Tra i due non vi era mai
stato un buon rapporto, nonostante Cristal e Alice avessero sempre
cercato di convincere Lily e Charleen che James e i malandrini erano
molto meglio di come apparivano, che spesso dietro il loro
comportamento infantile c‘era solo tanta paura di mettersi a
nudo e mostrare le proprie debolezze. Lily non aveva mai voluto sentire
ragioni. Per lei Potter era solo un bambino egoista e viziato, e tale
sarebbe rimasto. Alla fine dell’ anno scolastico poi le cose
erano notevolmente peggiorate.
“L’idea
di rivederlo mi disgusta.” dichiarò imbronciata la
rossa.
“È
strano che non sia già piombato qui a cercarti per chiederti
un appuntamento.” osservò Cristal fissando
intensamente la porta del loro scompartimento. Il viaggio verso
Hogwarts era sempre stato caratterizzato dai fallimentari tentativi di
James con Lily e dagli scherzi dei malandrini. Cristal non riusciva a
ricordare un viaggio veramente tranquillo, nemmeno al primo anno erano
riuscite a rimanere tranquille. Improvvisamente la ragazza si
ritrovò a tremare, scossa da brividi inspiegabili. Qualcosa
dentro di lei le diceva che stava succedendo qualcosa di brutto, ma la
biondina non riusciva a decifrare fino in fondo quella strana
sensazione. Una volta sua nonna le aveva raccontato che la loro
famiglia aveva il potere della preveggenza, ma lei era scoppiata a
ridere e se n’era andata, non dando troppo peso a quelle
parole. Pensava che divinazione fosse una materia stupida a cui
prestare poca attenzione, e che il destino fosse troppo imprevedibile
per essere scrutato. Mai come in quel momento Cristal aveva desiderato
di poter parlare con la nonna per sapere come comprendere fino in fondo
quegli strani presentimenti che avvertiva nell’aria.
“Effettivamente
è in ritardo.” confermò Lily perplessa,
distraendo Cristal dai suoi pensieri. Cristal avrebbe dovuto
essere sollevata all’idea del primo viaggio tranquillo verso
Hogwarts, eppure quella strana sensazione non la faceva stare
tranquilla.
“Ci hai
più parlato dalla discussione dell’anno
scorso?” chiese Charleen fissando intensamente
l‘amica. Lily scosse la testa e si voltò a
guardare fuori dal finestrino.
“Quella dopo
l’esame di difesa nella quale gli ho detto che è
uguale ai Serpeverde? No, non l’ho fatto e non ci tengo a
farlo.” rispose Lily furente. Ricordava benissimo quello che
era successo solo qualche mese prima.
***
James,
Sirius, Remus e Peter erano seduti in riva al lago, sotto il loro
solito faggio. Severus era seduto poco lontano, all’ombra di
alcuni cespugli immerso nella lettura dei fogli del G.U.F.O.; il sole
splendeva abbagliante sulla superficie del lago e sul gruppetto di
ragazze ridenti che si erano tolte calze e scarpe per rinfrescarsi i
piedi nell’acqua.
Lupin
aveva preso un libro e leggeva. Sirius guardava gli studenti che
ciondolavano sul prato. James continuava a giocare con il Boccino:
lasciava che si allontanasse sempre di più e lo
riacchiappava all’ultimo secondo. Codaliscia lo fissava a
bocca aperta, trattenendo il fiato e applaudendo a ogni presa
particolarmente difficile. James sembrava godere di tutta
quell’attenzione.
“Mettilo
via, dai” sbottò finalmente Sirius, mentre James
eseguiva un’abile presa e Codaliscia strillava eccitato.
“Prima
che il nostro amico se la faccia addosso”. Codaliscia
arrossì, ma James sorrise.
“Se
ti da fastidio” disse, infilando di nuovo in tasca il Boccino.
“Che
noia, vorrei che fosse luna piena” disse Sirius.
“Tu
forse, dobbiamo ancora fare trasfigurazione: se ti annoi puoi
interrogarmi, tieni..” brontolò Remus prima di
tendergli il libro.
“Non
ho bisogno di ripassare quella roba, so già tutto”
Sbuffò Sirius.
“Questo
ti tirerà su, Felpato. Guarda chi
c’è..” disse James sommesso. Sirius
voltò la testa. E si immobilizzò come un cane che
annusa la preda.
“Eccellente,
Mocciosus” sussurrò.
Piton
si era alzato e stava infilando le pergamene del G.U.F.O. nella borsa.
Mentre usciva dall’ombra dei cespugli e si avviava sul prato,
anche James e Sirius si alzarono.
Lupin
e Codaliscia rimasero seduti: Lupin aveva ancora la testa sul libro, ma
gli occhi immobili, e fra le sopracciglia gli era comparsa una ruga
sottile; lo sguardo di Codaliscia, invece, guizzava avido da Sirius e
James a Piton.
“Tutto
bene, Mocciosus?” chiese James ad alta voce. Piton
reagì con rapidità sorprendente, come se si fosse
aspettato un attacco: lasciò cadere la borsa,
infilò una mano nella veste e aveva già la
bacchetta a mezz’aria quando James gridò
“Expelliarmus!”.
La
bacchetta di Piton fece un volo di tre metri e cadde
sull’erba dietro di lui. Sirius sbottò in una
risata simile a un latrato.(..)
“Aspetta..tu..
Aspetta e vedrai..” ansimò Piton, alzando su James
uno sguardo carico d’odio.
“Aspettare
cosa? Che farai Mocciosus, ci userai per soffiarti il naso?”
chiese gelido Sirius.
Dalla
bocca di Piton scaturì un torrente di imprecazioni miste ad
incantesimi, ma con la bacchetta a tre metri di distanza era impotente.
“Faresti
meglio a lavarti la bocca. Gratta e netta.”
commentò freddo James. Un attimo dopo, una saponosa schiuma
rosea eruttò dalle labbra di Piton, provocandogli conati di
vomito, soffocandolo..
“Lascialo
STARE!” James e Sirius si voltarono di scatto. A gridare era
stata Lily.
“Tutto
bene Evans?” disse James con una voce di colpo più
profonda, matura.
“Lascialo
stare. Che cosa ti ha fatto?” ripeté Lily,
fissandolo disgustata.
“Beh,
è più per il fatto che esiste, non so se
spiego..”rispose James, fingendo di ponderare la questione.
Parecchi
studenti risero, Sirius e Codaliscia compresi, ma non Lupin e nemmeno
lei.
“Ti
credi divertente, Potter. Ma sei solo un bullo arrogante e prepotente.
Lascialo stare.” disse gelida.”
“Solo
se esci con me, Evans. Esci con me, e non alzerò
mai più la bacchetta su Mocciosus.”
replicò rapido James. Dietro lui l’incantesimo
stava svanendo, e sputacchiando bolle di sapone Piton prese a
strisciare verso la bacchetta caduta.
“Non
accetterei nemmeno se dovesse scegliere tra te e la piovra
gigante.” replico Lily.
“Ti
è andata male Ramoso.” disse Sirius
spicciò, e si voltò verso Piton. Troppo tardi.
Piton aveva già puntato la bacchetta contro James: ne
scaturì un lampo di luce, e su una guancia di James comparve
un taglio che gli schizzò la veste di sangue. James
ruotò su se stesso, partì un secondo lampo di
luce e un attimo dopo Piton penzolava per aria
all’ingiù, la veste che gli ricadeva sopra la
testa mostrando le pallide gambe ossute e un paio di mutande grigiastre.
“Mettilo
giù!” gridò Lily. La sua espressione
furiosa aveva per un attimo quasi ceduto il posto al sorriso.
“Ai
tuoi ordini.” James fece scattare la bacchetta
all’insù, e Piton si afflosciò a terra.
Districandosi dalla veste, si alzò rapido, la bacchetta
pronta, ma Sirius gridò “Petrificus
Totalus” e Piton cadde di nuovo, rigido come un palo.
“LASCIATELO
STARE!” urlò Lily, ed estrasse a sua volta la
bacchetta. James e Sirius la fissarono preoccupati.
“Dai
Evans, non costringermi a farti un incantesimo.” disse
ansioso James.
“Allora
liberalo!” ripeté lei.
James
sospirò, poi si voltò verso Piton e
mormorò un contro incantesimo.
“Ecco
fatto, ti è andata bene che ci fosse Evans,
Mocciosus..” disse, mentre Piton si rialzava a fatica.
“Non
mi serve l’aiuto di una piccola schifosa
mezzosangue!” Lily trasalì.
“Molto
bene, vuol dire che in futuro non mi prenderò la briga di
aiutarti. E se fossi in te mi laverei le mutande, Mocciosus.”
replicò Lily freddamente.
“Chiedi
scusa ad Evans” ruggì James, puntando la bacchetta
contro Piton.
“Non
voglio che mi chieda scusa perché l’hai costretto
tu. Siete uguali voi due.” urlò Lily.
“Che
cosa? Io non ti avrei MAI chiamato una.. Tu-sai-come!”
protesto James.
“Sempre
a spettinarti i capelli perché ti sembra affascinante avere
l’aria di uno che è appena sceso dalla scopa,
sempre ad esibirti con quello stupido Boccino e a camminare tronfio nei
corridoi e lanciare incantesimi su chiunque ti infastidisca solo
perché sei capace.. Sei così pieno di te che non
so come fa la tua scopa a staccarsi da terra. Mi dai la
NAUSEA” Lily si voltò e corse via mentre James la
chiamava..
***
Lily
non aveva più parlato con James da allora. Le ultime parole
che gli aveva rivolto erano state quel “Mi dai la
nausea”, urlato con disprezzo. Lily ci aveva pensato
parecchio, ed era giunta alla conclusione di avere esagerato, si
vergognava di quelle parole, dopo tutto anche Potter era un essere
umano e doveva esserci rimasto male. Certo, Lily aveva passato
l’estate a ripetersi anche che lo odiava con tutta se stessa
e che non c’era essere peggiore in tutto il castello, ma
nonostante questo, una vocina maliziosa nella sua testa le chiedeva di
continuo come mai pensava sempre a lui visto che lo odiava
così tanto. Anche Charleen le aveva fato la stessa domanda
un pomeriggio mentre prendevano il sole, e anche a lei Lily non aveva
saputo come rispondere.
“Ragazze, non
siate troppo cattive. A me James ha fatto un po’ pena
l’anno scorso alla stazione.” mormorò
Cristal piano. Lei e Alice avevano sentito i malandrini urlare ed erano
corse a vedere che cosa stava succedendo, dopo tutto erano molto legate
a quei ragazzi. Pensavano di trovare un litigio in corso con i
Serpeverde, come avveniva di solito alla fine dell‘anno, ma
loro non c’erano. I malandrini erano soli nello
scompartimento, non c’era nessuno. Solo Sirius che urlava
cose spaventose in faccia a un James che non aveva nemmeno la forza di
replicare, al suo fianco Peter che annuiva deciso e Remus che fissava
la scena impassibile. Avevano assistito a quel triste spettacolo da
lontano, senza essere viste e senza sapere come reagire. Vedere
litigare a quel modo Sirius e James era come vedere crollare tutte le
loro certezze in fatto di amicizie, era stato davvero traumatico.
“Quando
è corso via da solo dopo il litigio con gli
amici?” chiese Lily distrattamente, cercando di convincere le
sue amiche e in particolare se stessa che non le importava poi
così tanto di quello che facevano i malandrini. Cristal
annuì piano, cercando di nascondere alle amiche gli occhi
lucidi.
“Alice ci ha
parlato, no?” disse Charleen cercando la conferma di Cristal.
La ragazza però scosse la testa malinconica. Appena erano
arrivati in stazione a Londra, Alice le aveva salutate appena ed era
corsa via in fretta per raggiungere James, per parlargli, sapere cosa
era successo o come stava lui.
“L’ha
mandata via.. Mi aveva detto che avrebbe provato a parlarci nei giorni
successivi ma non mi ha più raccontato nulla.”
spiegò Cristal. Alice aveva detto che James voleva stare
solo e che le aveva chiesto di andare da lui il giorno dopo per parlare
con calma. Alice lo aveva abbracciato forte e si era allontanata con
un’aria sconfitta. Alice e James erano molto legati, erano
praticamente cresciuti insieme come fratelli più che come
cugini, ed essere allontanata a quel modo doveva essere stato terribile
per lei. Ad ogni modo Alice le era parsa decisa a parlare con James ed
a stargli vicina. Cosa fosse successo il giorno dopo però
Cristal non lo sapeva, perché Alice non aveva scritto nulla
riguardo a James o al litigio tra i ragazzi nelle sue lettere.
Nonostante questo Cristal era sicura che Alice sapesse qualcosa. Aveva
provato a chiedere molte volte, ma le risposte erano sempre state
vaghe. Cristal aveva la sensazione che la sua amica stesse soffrendo
davvero molto, ma non sapeva dire perché. Per la prima volta
da quando si conoscevano la sua amica Alice non le voleva dire nulla,
quasi volesse cavarsela da sola per qualche strano motivo.
“Alice
è stata strana tutta estate.” mormorò
Lily, spezzando il silenzio che si era creato. Charleen
annuì, ripensando alle lettere che aveva ricevuto
dall’amica. Era come se l’allegria fosse sparita
dalla vita di Alice quell’estate senza una motivazione
apparente.
“Già,
come.. Sfuggente.” confermò Cristal. Le altre
ragazze confermarono che a loro Alice aveva scritto pochissimo e di
fretta per tutta l’estate.
“Magari era
presa con Frank..” buttò lì Charleen
pensierosa. Proprio in quel momento la porta dello scompartimento si
aprì e le ragazze sussultarono, con le bacchette alzate,
pronte a difendersi dai malandrini. Sulla porta però non
apparvero i malandrini bensì due ragazzi della loro casa che
se la ridevano senza preoccuparsi di nasconderlo.
“Parlate di
me?” chiese con fare gentile Frank, un ragazzo biondo del
settimo anno, portiere della squadra, nonché fidanzato
ufficiale di Alice da quasi tre anni. Come al solito era accompagnato
da Sebastian, il suo inseparabile migliore amico.
“Certo! Ciao
Sebastian!” confermò Cristal avvicinandosi a
salutare i due ragazzi. Come Frank, anche Sebastian frequentava
l’ultimo anno e faceva parte della squadra di Quidditch in
qualità di cacciatore. A differenza di Frank
però, Sebastian era moro, con dei penetranti occhi verdi e
un mare di riccioli che facevano impazzire gran parte del castello.
Alcuni erano pronti a sostenere che al castello persino qualche ragazzo
era perdutamente innamorato di lui, nonostante Sebastian non avesse mai
fatto mistero di essere attratto esclusivamente dalle belle donne.
“Se cerchi
Alice, non è qui.” disse Lily sorridendo,
anticipando la prevedibile richiesta del ragazzo biondo.
“Lo so, non
c’è sul treno. Ha avuto un problema e ci
raggiungerà al castello entro stasera.” rispose
lui sorridendo tristemente.
“Come un
problema?” chiese Cristal preoccupata. Alice non aveva detto
niente in proposito. Nella sua ultima lettera aveva lasciato intendere
che non era sicura di esserci alla stazione, ma la biondina aveva
pensato che l’amica stesse scherzando. Alice non si sarebbe
mai persa il primo giorno di scuola per niente al mondo. Almeno, quello
era ciò che aveva sempre sostenuto fino a pochi mesi prima.
“Non ne so
molto a dire il vero, è stata strana tutta estate. So che ha
un problema in famiglia ma non so altro. Lei non me ne ha parlato e io
non ho chiesto.” spiegò Frank con
un’espressione seria. Lui e Cristal si scambiarono
un’occhiata di intesa, entrambi sapevano che Alice aveva
qualcosa che non andava ma doveva essere lei a parlarne.
Lily e Charleen si
guardarono senza dire nulla, preoccupate. La loro amica Alice aveva un
problema e non ne aveva parlato né con Cristal né
con il suo ragazzo. Che diamine poteva essere successo per giustificare
un comportamento così?
Nello scompartimento si
creò un silenzio di tomba, tutti quanti erano preoccupati e
pensierosi.
“Cercavamo i
malandrini a dire il vero. Volevo sapere se si erano chiariti dopo il
litigio dell’anno o se dobbiamo prepararci al
peggio.” esclamò Sebastian con
un’espressione divertita sul viso per cercare di smorzare
tutta quella tensione. Charleen e Lily si guardarono perplesse, stupite
che anche loro fossero a conoscenza del litigio. Loro due erano venute
a saperlo da Alice e Cristal, non pensavano che anche altre persone ne
fossero informate.
“Ultima
carrozza, la solita.” disse Cristal sorridendo a Sebastian.
La biondina adorava il modo di fare di Seba, sempre allegro e
spensierato, era capace di strappare un sorriso a chiunque, anche nella
giornata più nera. Tutti lo consideravano un po’
il buffone di Grifondoro, ma allo stesso tempo anche un amico sincero e
sempre disponibile per un consiglio e una confidenza. Charleen,
inoltre, era innamorata di lui dal suo primo anno, e non faceva che
ripetere che lo avrebbe sposato prima o poi e che i loro figli
avrebbero avuto gli stessi adorabili riccioli dei loro genitori. Solo
Lily era indifferente al fascino dei riccioli di Sebastian.
“Grazie
mille, ci vediamo dopo.” salutarono i ragazzi chiudendo la
porta alle loro spalle.
“Come lo sai
dove sono i malandrini?” chiese Lily guardando Cristal con
fare sospettoso.
“Li ho visti,
ho visto Sirius prima, era solo.” spiegò Cristal,
chiedendosi perché l’amica la stava guardando
così male, dopo tutto non aveva fatto nulla di male
rivolgendo la parola a Sirius. Lily era convinta che Cristal fosse
innamorata di Sirius ma che non fosse pronta per ammetterlo. Quella
strana teoria faceva sbellicare dalle risate sia lei che Alice.
“Non vi
sembra incredibile? Siamo sul treno dirette a Hogwarts e non sta
succedendo nulla, niente intrusi nel nostro scompartimento, niente
scherzi..” mormorò Charleen, attirando
l’attenzione delle due ragazze e distraendo Lily dai suoi
pensieri.
“Che
pace!” commento Lily con un’espressione beata.
“Niente
malandrini.” esclamò Charleen, fingendo di
brindare con un bicchiere immaginario. Lily le rispose facendole un
occhiolino.
“Niente
Alice.” mormorò sconsolata Cristal. Le mancava
terribilmente la sua migliore amica, voleva parlare con lei fino a
tarda notte, scoprire cosa non andava. Non riusciva a smettere di
tormentarsi pensando allo strano comportamento della ragazza. Persino
Frank e le ragazze lo avevano notato, doveva esserci qualcosa di
veramente grave sotto.
“Dai Cristal,
non fare così. Sono sicura che sta bene e che ha solo perso
il treno. Sai che la puntualità non è il suo
forte.” disse Lily, cercando di confortarla.
“Deve essere
un problema di famiglia, anche James è sempre in
ritardo..” commentò Charleen mentre Lily alle sue
spalle faceva un sacco di facce buffe. Ancora un volta Cristal
avvertì chiaramente un inspiegabile brivido correrle lungo
la schiena a mo’ di avvertimento.
Nonostante i tentativi
delle amiche, Cristal non si decideva a sorridere così Lily
e Charleen optarono per un tentativo estremo. Si scambiarono un
preoccupante sguardo di intesa che non sfuggì a Cristal,
prima di buttarsi a peso morto addosso alla povera ragazza, facendole
il solletico. Nel frattempo Sebastian e Frank avevano raggiunto il
vagone che gli aveva indicato Cristal, nel quale si trovavano i
malandrini.
“Buon giorno,
buona sera e buona notte!” salutò Frank con una
faccia particolarmente ebete entrando nello scompartimento dei
malandrini senza bussare, seguito a ruota come un’ombra dal
suo amico Sebastian.
“Buon
pomeriggio Frank!” salutò Sirius con una faccia
altrettanto ebete mentre Frank si lasciava cadere a sedere si fianco a
Sirius.
“Ma hanno
fatto un corso speciale per essere così idioti?”
chiese perplesso Sebastian a Remus, sedendosi vicino a lui e
costringendolo a interrompere la lettura.
“Non saprei
Seba..” rispose il ragazzo alzando le spalle e guardando male
l’amico. Sebastian era l’ultima persona da cui si
sarebbe aspettato un commento del genere, dato che era lui il terremoto
per eccellenza dei Grifondoro, alla pari con James ovviamente. Quando
quei due si mettevano a fare i cretini insieme non c’era
verso di rimanere seri, nemmeno la seria Lily Evans ci riusciva.
“Che ci fate
qui?” chiese Peter guardando curioso i due ragazzi del
settimo anno, leggermente intimorito dalla loro presenza.
“Siamo venuti
a sondare il terreno..” iniziò Frank cautamente
guardandosi con circospezione intorno fingendo di doversi difendere da
un immaginario mago oscuro.
“Vogliamo
sapere se dobbiamo prepararci ad un anno elettrico o se vi siete
chiariti.” spiegò Sebastian, andando incontro al
suo migliore amico.
“Certo che le
voci corrono, eh?” commentò Remus ridendo. Solo
loro quattro erano presenti durante la discussione tra James e Sirius,
eppure l’intero espresso, compresi quelli del primo anno,
sembravano esserne informati. Persino Alice era corsa da James subito
dopo il loro litigio, nonostante James non avesse ancora avuto il tempo
di raccontarle nulla di quello che era successo. Remus
cominciò a domandarsi se per caso il loro strano preside non
avesse incluso quella vicenda nella lettera che mandava ogni anno agli
studenti quell’anno.
“Diciamo che
la vostra discussione era poco anonima.. Urlavate come dei
pazzi!” si difese Sebastian mentre Frank annuiva deciso.
“Mai fatto
niente del genere voi, no?” domandò con fare
sibillino Sirius mentre sul viso gli si dipingeva un sorriso che in
molti avrebbero definito da schiaffi. I due ragazzi in risposta gli
lanciarono un’occhiata più minacciosa di qualsiasi
fattura. Frank e Sebastian si conoscevano da una vita, erano migliori
amici anche prima di arrivare a Hogwarts, ma questo non aveva impedito
loro di avere delle discussioni nel corso degli anni. Durante un
litigio parecchio movimentato, al loro quarto anno, avevano preso a
scagliarsi contro tutti gli incantesimi e le fatture che conoscevano,
fino a che non erano intervenuti nell’ordine, i loro compagni
di stanza, i malandrini, i prefetti, i caposcuola, la McGranitt e
infine il Preside in persona. Alla fine i due avevano fatto pace, ma
nel frattempo si erano beccati due settimane di soggiorno in infermeria
e tre di punizione a pulire la sala comune dei Grifondoro senza magia e
con Pix che gli combinava un disastro dietro l’altro.
Entrambi si ricordavano ancora piuttosto bene quel periodo.
“Non cambiare
discorso.” obiettò Frank indispettito mentre
Sebastian faceva una pernacchia.
“Che vuoi
sapere?” sospirò Sirius rassegnato. Quei due
sapevano essere davvero molto testardi, era del tutto inutile cercare
di sviarli.
“Vi siete
chiariti o no?” chiese Frank senza troppi complimenti,
centrando il punto che gli interessava trattare.
“Con Peter
non ho mai litigato e con Remus ho chiarito ora. Stiamo mangiando le
cioccorane della pace.” spiegò Sirius sorridendo
indicando delle carte ormai vuote di cioccolato.
“Non si
fumava la pipa dell’amicizia?” chiese stupito
Sebastian rubando un pezzo di cioccolato che Sirius teneva in mano e
facendolo scomparire nella sua bocca prima che l’altro
potesse fare qualcosa per fermarlo.
“Non guardare
i dettagli.” mormorò Peter timido e leggermente a
disagio per la presenza di Frank e Sebastian. Nonostante li conoscesse
da sei anni non riusciva ancora a sentirsi a suo agio in loro presenza,
forse perchè quei due erano più grandi,
più famosi e più ammirati di lui. Solo Sirius e
James potevano reggere in confronto, forse anche Remus certo, ma lui
certamente No.
“E
James?” chiese Frank, notando solo in quel momento
l’assenza del ragazzo.
“Se si fosse
degnato di rispondere alle nostre lettere o quanto meno di venire a
parlarci invece di nascondersi sul treno..”
ribatté Sirius gelido. Ormai anche solo sentire pronunciare
il nome del suo migliore amico gli dava noia.
“Ahia,
situazione critica..” commentò Sebastian a bassa
voce con una faccia preoccupata. Cercò con lo sguardo Frank,
ma incontrò invece quello deluso di Remus, quello spaventato
di Peter e quello furente di Sirius.
“A me non
sembra di averlo visto. Frank?” chiese Sebastian. Frank in
risposta scosse la testa pensieroso. Il ragazzo cominciò a
chiedersi se i problemi familiari di Alice fossero per caso dovuti a
James ma preferì tenersi quel pensiero per sé.
“Forse
dovremmo andare a cercarlo.” propose il portiere dei
Grifondoro. James non si trovava nello scompartimento dei malandrini,
non era in quello delle ragazze e non era in nessun posto sul treno nel
quale erano stati loro due. Le cose erano due, o non era sul treno,
oppure era dannatamente bravo a giocare a nascondino.
“Si arrangia.
Quando la smetterà di fare il bambino offeso e si
farà vedere gliene dirò quattro. Non ho
intenzione di fare la fatica di cercarlo.” esclamò
Sirius incrociando le braccia e mettendo fine a quella discussione.
“Sirius..”
iniziò Remus, preoccupato per l’amico. Sotto
quell’apparente odio che mostrava al mondo sapeva bene che il
ragazzo stava soffrendo.
“Sto bene
Remus, davvero. Dai, facciamo qualcosa. Scherzo ai
Serpeverde?” propose Sirius guardando speranzoso gli amici
intorno a lui.
I ragazzi alzarono le
spalle e decisero di accontentarlo nella speranza che il suo umore
migliorasse. Un Sirius arrabbiato e poco socievole poteva risultare
pericoloso per l’intero castello. L’idea che aveva
proposto Sirius era una delle più strampalate che si fosse
mai sentita, ma per fortuna, e Remus fu molto grato al destino per
questo, non ci fu il tempo per realizzarla perché un
prefetto di Tassorosso li avvisò che in pochi minuti
sarebbero arrivati a destinazione. Peter e Remus tirarono un sospiro di
sollievo mentre Sirius indossava la sua divisa sbuffando, e Sebastian e
Frank si affrettarono a tornare allo scompartimento dove avevano
lasciato le loro divise. Una volta scesi dal treno, il viaggio sulle
carrozze fu stranamente più silenzioso del solito. Peter
continuava a guardarsi intorno, frenetico, cercando James con lo
sguardo. Sirius e Remus cercavano di ignorarlo anche se sapeva
benissimo chi stava cercando. Nessuno dei due si sentiva
dell’umore adatto per trovare James Potter in quel momento,
così finsero di essere troppo stanchi persino per parlare
con Peter. Arrivarono al castello, attraversarono quei corridoi che
ormai conoscevano come le loro tasche e giunsero finalmente nella Sala
Grande. Remus sospirò, e poi tirò un sospiro di
sollievo. Finalmente era tornato a casa.
ANGOLO DELL'AUTRICE
graaazie mille a chi è arrivato a leggere fino a qui.
mi rendo conto che la storia non presenta particolari colpi di scena
fino a questo momento ma era indispensabile presentare i personaggi di
questa storia prima di iniziare a raccontarla per davvero..
già dal prossimo capitolo ci saranno GROSSI colpi di scena,
che spero apprezzerete!
nel frattempo ringrazio chiunque abbia messo la storia tra i preferiti
o tra le seguite, chiunque l'abbia anche solo lette e naturalmente chi
ha dedicato qualche minuti della sua vita a commentarla!!!
GRAAAZIE LYRAPOTTER:
mi spiace (e credimi, mi dispiace davvero molto) ma per il momento
Peter ce lo dobbiamo tenere almeno fino a quando mi viene un'idea
geniale. dato il tipo di storia che ho in mente è difficile
che riesca a farlo andare via, ma in ogni caso non penso che
avrà troppo peso nella storia. XD
per quanto riguarda la discussione: ce ne sono state due, la
prima è quella che mamma Rowling ci ha raccontato (e che io
ho copiato fedelmente in corsivo), la seconda invece ha avuto luogo sul
treno a cui hanno assistito solo i malandrini, Cristal e Alice ma che
ormai è sulla bocca di tutti. diciamo che questa seconda
discussione sarà legata in modo particolare alle sorti di
James, quindi tutto verrà svelato piano piano.. non odiarmi
per questo!
per quanto riguarda James, diciamo che quando tu immagini che
sarà una doccia gelata ci hai preso in pieno, anche se non
ti dico in quale senso.. nel prossimo capitolo l'arcano
verrà svelato! Lily nel frattempo è ricomparsa.
in teoria il capitolo scorso e questo sono una cosa sola, ho dovuto
dividerlo per poterlo postare. XD
per il momento non ho idee per le coppie che si verranno a creare, ma
ho intenzione di sbizzarrirmi con Cristal, Charleen e Sebastian, i miei
tre personaggi nuovi.
GRAAAZIEEE MILLE, CI VEDIAMO AL PROSSIMO CAPITOLO.. SPERO! XD
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Capitolo 4 *** banchetto in sala grande e grandi assenze ***
CAPITOLO
3
BANCHETTO IN SALA GRANDE E GRANDI
ASSENZE
Nonostante non fosse di certo la prima volta che i ragazzi la vedevano,
faceva sempre un certo effetto trovarsi di fronte il cielo stellato
della Sala Grande. Affascinava tutti, sia i grandi che i più
piccini che arrivavano al castello per la prima volta. Persino i
professori e i fantasmi ne rimanevano incantati, tra tutte le magie e
gli oggetti magici che i mitici fondatori avevano lasciato al castello
quello venuto meglio, insieme al cappello parlante si intende.Mentre i
ragazzini del primo anno si guardavano intorno voraci, bene attenti a
non perdersi nemmeno un microscopico angolo di quella sala che li
avrebbe ospitati per sette lunghi anni, tutti gli altri erano
già seduti ai rispettivi tavoli e attendevano con pazienza
la fine dello smistamento per iniziare a mangiare. Il caos regnava
sovrano nei tavoli di tutte le case, solo il tavolo di Grifondoro,
solitamente il più scatenato, appariva più smorto
del solito. Lily Evans non aveva ancora incrociato Potter e questo la
rendeva parecchio nervosa. Sicuramente stava tramando qualcosa alle sue
spalle. Non se lo era trovato intorno per tutto il viaggio ed aveva il
terrore che sbucasse all’improvviso con una delle sue solite
trovate. Incrociò lo sguardo di Charleen e non
poté fare a meno di notare che la sua amica era perplessa
quanto lei e che si guardava intorno come se cercasse qualcuno o
qualcosa. Lily sospirò, anche di Alice non c’era
traccia. La rossa si chiese che fine avesse fatto l’amica.
“Potter.” disse solamente Charleen. Lily non
capì ma Sebastian, che era seduto proprio di fronte a loro,
si unì alla loro conversazione.
“Sembra che nemmeno i malandrini lo abbiamo visto.”
spiego il ragazzo sorridendo. Quelle parole lasciarono Lily e Charleen
di sasso, mentre alle loro spalle alcune ragazze del secondo anno
svenivano per l’emozione di avere sentito Sebastian parlare.
Lily non poté fare a meno di ridere, nonostante la
serietà del momento.
“Ma non può essere sparito nel nulla.”
protestò Cristal confusa, cercando una risposta ma trovando
solamente le facce confuse e sperdute degli amici.
“Parlate di James, vero?” chiese Frank
raggiungendoli e sedendosi nel posto che Sebastian aveva tenuto per lui
alla sua sinistra.
“Come lo sai?” chiese Charleen lanciando al
portiere dei Grifondoro uno sguardo interrogativo. Frank in risposta
alzò le spalle.
“Tutto il castello non parla d’altro..”
rispose giocherellando con il calice che aveva di fronte a
sé. Anche se cercava con tutte le sue forze di nasconderlo
Sebastian si accorse che il suo amico era silenzioso, come perso nei
suoi pensieri. Lo fissò a lungo, poi alzò le
spalle, pensando che probabilmente si stava chiedendo che fine avesse
fatto Alice. Anche la ragazza faceva parte dell’elenco dei
Grifondoro che avevano deciso di perdersi il primo giorno di scuola
senza motivo. Sebastian cominciò a chiedersi se si trattava
di una malattia contagiosa oppure un semplice caso di sbadataggine
familiare.
“Ciao ragazzi, possiamo unirci a voi?” chiese
Sirius, accompagnato da Remus e Peter, facendosi largo tra una folla di
Grifondoro curiosi che li accerchiavano e che li indicavano parlando a
bassa voce tra loro. Tutti i presenti si voltarono di scatto e poterono
costatare che James non era veramente con loro.
“Da quando hai bisogno dell’invito
Sirius?” esclamò Cristal spostando la borsa e
facendo posto al ragazzo. Sirius sembrava molto più irritato
di quando l’aveva incrociato sul treno, e Cristal pensava che
il ragazzo ne avesse tutte le ragioni.
“Non ci credo, fate le vipere anche quando un povero ragazzo
cerca di essere gentile. Siete davvero insensibili, se andate avanti
così morirete sole e con tanti gatti.”
mormorò Sirius sconsolato, ottenendo come risposta una pacca
affettuosa da Remus che gli si sedette di fronte, con da parte Peter,
muto come al solito.
“Sono allergica mi spiace.” disse Lily gelida
guardando male Sirius. Decisamente iniziare l’anno dividendo
il tavolo con il degno compare di James Potter non era quello che si
era immaginata, per di più aveva il terrore che Potter
comparisse all’improvviso. A differenza delle sue amiche non
credeva che Potter e Black avessero davvero litigato, probabilmente
stavano solo recitando, e Potter era lì da qualche parte,
pronto a spuntare dal nulla e sedersi accanto a lei per poter
riprendere a tormentarla.
“Davvero? Pensavo fossi allergica solo a Potter..”
ribatté Sirius. I ragazzi rimasero stupiti e allo stesso
tempo confusi, non era mai successo che Sirius avesse chiamato
l’amico per cognome. Lily rimase zitta per qualche istante,
spiazzata anche lei da quelle parole, proprio come gli altri. Il tono
che Sirius aveva usato per parlare di Potter era persino più
gelido di quello che di solito usava lei. Sembrava tutto
così strano.
“Anche ai gatti, ma meno.” spiegò Lily
dopo un po‘, abbozzando un piccolo sorriso. Sirius
interpretò il sorriso della rossa come un segno di tregua, e
decise di non mettere alla prova oltre la pazienza della ragazza.
Quella sera si sentiva quasi in pace con il mondo e non aveva voglia di
litigare, tranne con James certo.
“Che fine ha fatto il vostro degno compare?” chiese
Charleen passando lo sguardo da Sirius a Remus per poi arrivare a Peter
che abbassò subito lo sguardo diventato rosso.
“Non mi importa.” borbottò Sirius
fissando intensamente il suo piatto vuoto, sentendo gli sguardi di
tutti i presenti posarsi su di lui.
“Pensavo fosse il tuo migliore amico..”
protestò Charleen, aspettando una spiegazione che
però sembrava destinata a non arrivare.
“Lo pensavo anche io.” mormorò Sirius
incrociando le braccia. James stava esagerando e Sirius non capiva dove
il suo amico volesse arrivare. Cosa voleva dimostrare sparendo a quel
modo? Sirius si tormentava da ore riguardo a James e ormai era livido
di rabbia. Più passava il tempo e più si sentiva
preso in giro.
Le ragazze si scambiarono occhiate confuse e poi si voltarono verso
Remus in cerca di spiegazioni, sperando che almeno lui dicesse qualche
parola in più.
“Sta esagerando.” disse Remus piano, con
un’espressione indecifrabile dipinta sul viso.
“Che è successo?” chiese Cristal
bruscamente. Tutti quei misteri stavano cominciando a farle saltare i
nervi. Alice che faceva la misteriosa e poi spariva senza dire nemmeno
perchè, James che non si degnava nemmeno di farsi vedere.
Cristal cominciava a pensare che la pazzia fosse un problema comune
nella famiglia di quei due.
“James non ha risposto alle nostre lettere per tutta
l’estate e non c’era sul treno.”
raccontò Remus con aria triste. Improvvisamente cadde in
silenzio, nessuno sapeva più cosa dire e Sirius continuava
imperterrito a fissare il suo piatto vuoto.
“Siete in pensiero?” chiese Sebastian, fissando
prima Remus e poi Sirius. Il primo sembrava rassegnato, il secondo
sembrava furioso ma oltre tutta quella rabbia Sebastian riusciva a
vedere tanto dolore e tanta sofferenza.
“Perché dovremmo? Probabilmente sarà
solo una delle sue stupide trovate per attirare
l’attenzione.” ringhiò Sirius, cercando
disperatamente di nascondere una sofferenza che però
traspariva dai suoi occhi, spenti e mogi. Di nuovo cadde il silenzio,
nessuno si azzardava a fare domande o a dire qualcosa.
“Ma Alice?” chiese Peter improvvisamente, notando
il posto vuoto che era rimasto tra Cristal e Frank. Questa volta fu il
turno dei due ragazzi di abbassare lo sguardo preoccupati.
“In effetti doveva già essere qua.”
osservò Sebastian fissando il suo migliore amico. Frank era
molto preoccupato, ma a differenza di Sirius non provava nemmeno a
nasconderlo.
“Ha avuto qualche problema ma aveva detto che sarebbe
arrivata per il banchetto.” spiegò Frank in
risposta agli sguardi interrogativi che gli erano stati rivolti dagli
altri.
“Forse sta parlando con James per cercare di convincerlo a
venire qui.” ipotizzò Cristal, cercando di
smorzare la tensione. Charleen abbozzò un sorriso, ma Lily
la fulminò con lo sguardo facendole capire che non era il
caso.
“Tempo perso.” brontolò Sirius cupo. Sia
Peter che Remus si chiesero se era il caso di fare o dire qualcosa per
cercare di migliorare l’umore di Sirius, ma proprio in quel
momento la cerimonia dello smistamento finì e il preside
attirò la loro attenzione per il discorso che inaugurava
l’anno scolastico.
“Oh bene, sembra che lo smistamento si sia appena concluso.
Un altro anno può cominciare ma prima di dare
l’assalto a questo delizioso banchetto permettetemi di dire
qualche parola. Sarò breve, promesso. Non ho intenzione di
ricordarvi tutte le regole del castello, anche perché sono
abbastanza sicuro che non le seguireste lo stesso.” disse il
preside, fermandosi in particolare con lo sguardo sui malandrini mentre
pronunciava le ultime parole. Silente stette in silenzio per qualche
istante, guardando in particolare Sirius e Sebastian con un sorriso
divertito dipinto sul viso. Cristal notò lo sguardo del
vecchio preside e si ritrovò a pensare che se James fosse
stato lì con loro anche lui si sarebbe beccato uno sguardo
d’ammonizione da parte di Silente.
“Piuttosto, vorrei richiamare la vostra attenzione
all’amicizia e alla solidarietà. Fate in modo che
questo sia un anno di crescita e non di lotta, cercate nelle altre case
un amico e non un rivale, e soprattutto, niente duelli.”
riprese il preside, raccontando loro di come i fondatori erano uniti e
legati da vincoli di amicizia e di come questo avesse permesso loro di
fondare una scuola in grado di educare le nuove generazioni magiche.
Charleen sbuffò annoiata mentre Lily seguiva con attenzione
ogni parola del preside, nonostante non fosse certo la prima volta che
sentivano quella storia. Cristal e i ragazzi invece non stavano quasi
ascoltando, erano solo impazienti di poter mettere qualcosa nello
stomaco. Un po’ di cibo era quello che ci voleva per riuscire
a capire meglio tutto quello che stava accadendo ai loro amici.
“Detto questo, beh.. Buon anno e buon appetito a tutti
quanti!” concluse Silente abbozzando un inchino e sedendosi
al suo posto tra i professori, alla sua destra il posto che di solito
era della McGranitt era vuoto.
“Silente è sempre il migliore. Sbrigativo,
conciso.. Un grande insomma!” gongolò Sebastian,
pregustando i manicaretti che di lì a poco avrebbero
riempito i loro piatti. Peter annuì convinto e si
preparò con le posate in mano. I piatti però
continuavano a rimanere vuoti, e prima che qualcuno potesse chiedersi
il perché Silente si alzò nuovamente in piedi,
prendendo ancora la parola. Questa volta però la sua
espressione era più seria, quasi triste.
“Perdonatemi, ma ci sarebbe un’altra cosa.
L’ultima, sul serio. Tutti voi siete al corrente di tutte le
tragedie che avvengono nel mondo magico di questi tempi oscuri e
travagliati. Per andare avanti e non lasciarci travolgere
dall’orrore siamo soliti pensare che si tratti di cose
lontane, che non riguardano noi. A volte però non
è così, a volte gli incidenti capitano anche ad
una persona a cui vogliamo bene, che ci è vicina e che forse
pensavamo intoccabile..” iniziò a raccontare il
vecchio preside con un tono triste mentre tutta la sala si era fatta di
colpo più attenta e si chiedeva cosa potesse essere
successo. La gazzetta del profeta riportava spesso notizie di stragi e
omicidi, in alcuni casi erano anche stati coinvolti i genitori di
qualche alunno, ma mai direttamente alunni o professori del castello.
“La McGranitt!” esclamò decisa Charleen,
facendo sobbalzare tutti quanti.
“Cosa?” chiese Lily confusa, mentre anche Cristal,
Frank, Sebastian, Remus, Peter e Sirius guardavano la ragazza
stralunati.
“Non c’è, non le sarà forse
successo qualcosa..” ipotizzò la ragazza,
indicando il posto vuoto solitamente occupato dalla professoressa.
“Non dire cavolate.” protestò Sirius.
Sebastian lì zittì con un gesto perché
potessero seguire il discorso di Silente e capire di che diamine stesse
parlando.
“Ma lo senti? Sta dicendo che è successo qualcosa
a qualcuno che tutti noi conosciamo e la professoressa non è
qui.” sussurrò Charleen a Cristal, che in risposta
le fece anche lei cenno di tacere con la mano.
“Non voglio tediarvi con i particolari anche
perché non sarebbe giusto nei confronti della famiglia. La
notizia fino ad ora è rimasta riservata per non fare
preoccupare nessuno e per motivi di privacy, tuttavia vorrei che tutti
osservassimo qualche istante di silenzio e rivolgessimo una silenziosa
preghiera per James Potter.” disse il vecchio preside
abbassando la testa. La sala si fece immediatamente silenziosa, gelata
dalla notizia. Tutti quanti cominciarono a sperare di avere capito
male. In quel momento i cuori di molti ragazzi presenti nella sala
grande persero qualche battito. Quello di Sirius Black, in particolare,
minacciò seriamente di fermarsi. Il nome del suo migliore
amico era risuonato come un schiaffo. Sapeva che tutti lo stavano
guardando ma non gli importava nulla, voleva solo sapere cosa era
successo. Senza rendersene conto si alzò in piedi. Che stava
blaterando Silente? Si stava sicuramente sbagliando, James non poteva
essere morto. Improvvisamente tutto aveva senso, il perché
non aveva risposto a nessuna lettera e non si era presentato in
stazione si spiegava, ma era una spiegazione talmente impensabile e
dolorosa che Sirius non l’aveva mai nemmeno tenuta in conto.
Preferiva continuare a pensare che il suo amico fosse un codardo e un
traditore piuttosto che credere davvero che non ci fosse più.
“Attualmente il vostro compagno si trova al San Mungo, in
coma profondo dopo un brutto incidente avvenuto qualche giorno dopo la
fine dello scorso anno scolastico. Sono sicuro che tutti voi conoscete
James Potter, conoscete il suo carisma e la sua voglia di vivere e che
la notizia ha sconvolto tutti voi almeno quanto ha sconvolto tutti i
docenti.” spiegò meglio il professore fissando
intensamente Sirius Black, ancora in piedi nel centro della sala. Remus
cercò di richiamare l’attenzione di Sirius,
inutilmente. Il ragazzo sembrava un manichino. Sebastian e Frank lo
spinsero di peso sulla sedia, e lui li lasciò fare, come in
trance. Cristal, Charleen e persino Lily avevano le lacrime agli occhi
mentre Peter piangeva senza nemmeno cercare di nascondersi. James era
in coma. Il ragazzo che più di ogni altro aveva contribuito
a sconvolgere e a portare un sorriso nelle loro vite ora si trovava al
San Mungo, in coma. Nessuno riusciva ad accettarlo, era come se ci
fosse qualcosa di terribilmente sbagliato anche solo nel pensare a un
James immobile ed inerme in un letto d’ospedale.
“Tuttavia, James non ci vorrebbe tristi né tanto
meno affamati quindi forza. Dateci sotto!” concluse il
preside tornando a sedere guardandosi attorno. Silente
sospirò, fissando le espressioni affrante dei ragazzi,
persino qualche Serpeverde piangeva, di nascosto dai compagni. Fare
quell’annuncio era stata una delle cose più tristi
della sua vita, ma era necessario. Gli studenti, i compagni, gli amici
di James avevano diritto di sapere cosa fosse capitato al loro amico,
anche se era terribilmente doloroso e difficile da accettare. Qualche
istante dopo i piatti si riempirono per magia ma quasi nessuno ci fece
caso, soprattutto al tavolo dei Grifondoro. Sembrava che di colpo a
tutti fosse passata sia la fame che la voglia di festeggiare e ridere.
Nessuno parlava né mangiava. Remus stava rivoltando una
povera carota in umido da almeno dieci minuti, Peter non riusciva a
vedere nulla a causa delle lacrime che gli offuscavano la vista e
Sirius cercava di ignorare i commenti degli studenti presenti in sala.
Cristal, Charleen, Lily, Sebastian e Frank, presi alla sprovvista dalla
notizia non sapevano cosa fare, per ciò si limitavano a
stare zitti e a guardarsi l’un l’altro.
“Guarda i malandrini.. Nemmeno loro sapevano!”
mormorava qualcuno alle loro spalle con fare maligno, indicando Sirius,
Remus e Peter.
“Che tristezza però. Dicevano di essere tanto
amici e non sapevano nemmeno che il loro amico stava male.”
biascicava una voce dal tavolo dei Corvonero.
“Sirius prima ha anche detto peste e corna di
James..” affermava sicuro un ragazzo del quinto anno,
parlando con gli amici.
“Insomma, la FINITE?” urlò Cristal,
picchiando i pugni sul tavolo e catturando l’attenzione di
tutti. Improvvisamente tutti si zittirono, con un’espressione
colpevole sul viso. Lily e Charleen erano paonazze in viso per la
rabbia, e tenevano la bacchetta in mano a mo’ di avvertimento
per chiunque fosse intenzionato a dire qualche altra sciocchezza.
Sirius guardava la scena come se non la vedesse veramente o come se non
lo riguardasse. Era tutto troppo strano per essere reale.
“Che vuoi ragazzina?” chiese con fare provocatorio
il ragazzo dai capelli castani del quinto anno che aveva parlato poco
prima. Cristal aprì la bocca per rispondere, ma venne
preceduta da Sebastian e Frank, in piedi alle spalle della ragazza con
le bacchette in mano pronte a colpire e con un’espressione
minacciosa sul viso. I ragazzi sobbalzarono sulle sedie, nessuno li
aveva mai visti così arrabbiati prima di quel momento.
“Sta zitto o ti schianto” lo ammonì
Sebastian serio. Non c’era nulla sul suo viso che ricordasse
il ragazzo giocherellone che amava scherzare. Il ragazzo del quinto
anno alzò gli occhi, e quando si vide di fronte i due
ragazzi del settimo anno arretrò spaventato.
Frank si voltò per cercare Sirius, e vide che il ragazzo era
si era alzato.
“Sirius, che diamine..” esclamò Frank,
guardando Sirius che lasciava la sala senza dire una parola. Fece per
seguirlo, ma Remus lo trattenne per la veste.
“Non ti ascolterebbe in ogni caso, non dopo una notizia del
genere.” spiegò Remus senza alzare gli occhi dal
suo piatto ancora pieno. Frank sospirò e si sedette, seguito
a ruota da Sebastian.
Nel frattempo Sirius stava vagando per i corridoi del castello, senza
una meta. Improvvisamente un forte senso di nausea lo assalì
e si ritrovò nel bagno a rimettere senza sapere nemmeno lui
bene come ci era arrivato.
Il San Mungo era un posto incredibilmente bianco e pulito, dove ogni
cosa era in perfetto ordine. Tutto era studiato alla perfezione, in
modo che ogni minimo dettaglio comunicasse tranquillità e
speranza ai familiari che soffrivano. Il reparto che ospitava i
pazienti in coma era diretto da una medimaga bionda sulla quarantina,
sempre sorridente e gentile con tutti. In quel momento vi erano
ricoverate tre persone, James, un ragazzo di un anno più
grande di nome Robert e un vecchio mago pieno di acciacchi, ma nella
sala d’attesa non si sentiva volare una mosca.
L’orario di visite era finito da un pezzo, ma Molly come al
solito aveva deciso di chiudere un occhio e di fare
un‘eccezione.
“Signorina Prewet, sarebbe ora di andare.”
chiamò gentilmente la professoressa McGranitt. Il preside
aveva concesso ad Alice di raggiungere il castello con la donna, in
modo da permetterle di stare ancora qualche ora con James.
“La prego professoressa, ancora qualche minuto.”
implorò Alice congiungendo le mani.
“Mi spiace Alice, è tardi. Ormai abbiamo anche
perso la cerimonia..” mormorò piano la donna. Era
terribilmente triste doverla separare dal cugino, ma ormai si era fatto
molto tardi. Non potevano rimandare oltre. Le due sarebbero dovute
rientrare al castello con una passaporta molte ore prima, ma la
professoressa aveva acconsentito alle richieste di Alice di rimanere
ancora.
“Non mi importa dello smistamento, e nemmeno della cena. Vada
pure lei, se vuole.” rispose Alice con un tono che non
tradiva nessuna emozione. La professoressa non disse nulla, ma si
sedette su una sedia di plastica poco lontana.
“Tesoro, ha ragione. Non puoi rimanere qui.” la
ammonì dolcemente sua madre, abbracciandola forte ed
accarezzandole i capelli.
“Hai già fatto molto quest’estate per
Jamie.” mormorò piano Dorea Prewet Potter, la
madre di James. Era esausta e disperata a causa della scomparsa
prematura del marito, Charlus Potter, e dei mesi passati a vegliare il
figlio, ma era ancora una bellissima donna.
“Non ho fatto nulla, zia. Jamie è ancora in coma.
Mi dite cosa ho fatto per lui?” ribatté Alice,
scoppiando in lacrime come una bambina. Dorea si avvicinò
alla nipote, la strinse forte a sé, e per un po’
le due piansero insieme.
“Hai passato un sacco di tempo con lui, ti sembra
poco?” chiese poi Dorea, abbozzando un sorriso. Alice
passò lo sguardo da sua madre a zia, per finire con la
professoressa anche lei in lacrime.
“Ho paura, non voglio andare a Hogwarts senza di
lui.” ammise Alice. Lei e James erano sempre stati
inseparabili, fin da bambini dove c’era uno c’era
anche l’altra. Quando era cominciata la loro avventura a
Hogwarts erano insieme, e Alice non riusciva a pensare di frequentare
la scuola senza di lui. Chi l’avrebbe fatta ridere quando
invece aveva voglia di piangere? Chi l’avrebbe costretta ad
allenarsi per la partita di Quidditch anche se non ne aveva voglia? Chi
avrebbe ascoltato le sue confidenze? Più ci pensava,
più Alice riusciva a trovare mille buone ragioni per non
tornare a scuola.
“Vedrai che andrà bene. E poi Silente ti ha
promesso che potrai venire a trovarlo spesso, no?” le
ricordò sua madre, sorridendo.
“Ogni fine settimana.” confermò la
professoressa asciugandosi gli occhi. James era solo uno studente,
nemmeno il più bravo del suo corso, eppure non riusciva a
smettere di soffrire per quello che gli era capitato.
“Una settimana sembra così lunga.. Posso
scrivergli delle lettere?” chiese Alice speranzosa.
Scrivergli sarebbe stato un po’ come parlargli, e se la zia e
la mamma avessero letto a James le sue lettere sarebbe stato un
po’ come se lei fosse stata lì insieme a lui.
Dorea e la sorella si scambiarono un’occhiata, poi Dorea
annuì piano.
“Se ti fa stare meglio, ti prometto che gli
leggerò tutte le lettere che gli scriverai.” disse
alla fine, speranzosa che mantenersi in contatto con la cugina e con
gli amici avesse potuto aiutare James a svegliarsi al più
presto.
“E mi terrete aggiornata su tutti i miglioramenti?”
chiese ancora Alice, speranzosa.
“Promesso.” disse sua madre, dandogli una pacca
sulla spalla che ben presto si trasformò in un abbraccio nel
quale coinvolsero anche Dorea.
“Possiamo andare, ora, signorina Prewet?” chiese la
professoressa quando quel lungo abbracciò termino.
“Mi concede ancora un minuto per salutare James?”
chiese Alice, fissando la porta dietro la quale si trovava la stanza
del ragazzo. La professoressa annuì, e la ragazza
entrò nella stanza per salutare il cugino. La stanza di
James si trovava in semioscurità ma si poteva distinguere
chiaramente la figura del ragazzo, inerme nel letto. Alice si sedette
al suo capezzale, come faceva da due mesi a quella parte, e prese una
mano di James tra le sue. La mano del ragazzo era fredda, e il suo viso
di un pallore tale da confondersi con il colore delle lenzuola e delle
pareti. Alice rimase per un po’ a guardarlo, quasi volesse
imprimersi bene nella mente ogni più piccolo particolare del
cugino.
“Ciao Jamie..” disse poi piano, abbracciandolo
forte. James, come al solito, non ebbe nessuna reazione ma appena la
ragazza lasciò la stanza un occhio prese a lacrimargli.
Sirius si buttò a sedere sul pavimento del corridoio di
fronte all’ingresso della loro sala comune. La testa gli
stava scoppiando, e non conosceva la nuova parola d’ordine
perché se n’era andato dalla sala grande prima che
i prefetti la comunicassero, ma a Sirius non importava. Era troppo a
pezzi persino per darsi dello stupido.
Dal fondo del corridoio sentì dei passi, e vide due figure
dirigersi in quella direzione e fermarsi proprio di fronte a lui.
“Comodo, signor Black?” Chiese la professoressa
McGranitt, attirando l’attenzione del ragazzo accucciato per
terra.
“Alice!” esclamò Sirius, notando la
ragazza al fianco della professoressa. Gli occhi di Alice erano rossi e
gonfi e il suo viso pallido, come se avesse passato un’estate
intera a piangere invece che stare all‘aria aperta a
divertirsi.
“Signor Black, mi vuole spiegare che ci fa qui?”
chiese ancora la professoressa, indispettita per essere stata ignorata,
portando le mani ai fianchi. Sirius le lanciò
un’occhiata veloce, poi tornò a concentrarsi su
Alice. La ragazza tremava, e in mano teneva stretta una fotografia che
ritraeva due persone. Sirius riconobbe subito quella foto,
l’aveva scattata lui qualche mese prima, il giorno prima di
salire sull’espresso di Hogwarts per tornare a casa, quando
ancora tutto andava bene. Nella foto Alice era seduta in braccio a
James, che la abbracciava, e lei stava dando un bacio sulla guancia del
cugino.
Sirius abbassò gli occhi, quasi avesse violato qualcosa di
personale e di intimo.
“Allora è vero..” disse piano Sirius,
sentendo le lacrime riempirgli gli occhi. Non voleva piangere, eppure
non riusciva a fermarsi. Nemmeno quando era scappato di casa ed era
stato diseredato aveva versato una lacrima.
Alice in risposta annuì piano con la testa, poi
scoppiò a piangere.
ANGOLO
DELL'AUTRICE:
ringrazio tutti quelli
che sono arrivati a leggere fino a qui, finalmente il mistero
dove-è-sparito-James-Potter è risolto!
mi spiace avervi tenuto
in ansia fino ad ora..
come avrete intuito, la
storia entra nel vivo! xD
ringrazio gli 8 santi
che hanno messo la mia storia tra i preferiti, e i 6 beati che l'hanno
messa nei seguiti. un ringraziamento in particolare però va
a Lyrapotter e MsMontana, siete coloro che riescono con poche righe a
fare la felicità di una scrittrice! xD
LYRAPOTTER: grazie del commento!
ho fatto leggere la mia storia al mio fido commentatore, e ha detto che
in effetti anche per lui la storia è molto misteriosa..
nel prossimo capitolo prometto che racconto che è successo
durante quel maledetto viaggio in treno, e anche come è
morto il padre di James già che ci sono!
diciamo che Alice e James non hanno mai parlato di quello che
è successo quel giorno in treno.. non c'è stato
il tempo perchè James si è fatto male prima (sono
sadica, me ne rendo conto!)! in proposito.. immagino che la mia
spiegazione circa il motivo della sparizione di James non ti sia
piaciuto per niente, ma a mia giustificazione ti posso dire che mentre
scrivevo questo capitolo mi è venuto il magone, non sai che
stristezza a immaginare James moribondo in un letto.. poverino!
i tre personaggi nuovi però sono il mio orgoglio, in
particolare Sebastian. xD
circa Peter.. bah, mi scuso per la sua esistenza.. xD
MSMONTANA: grazie del commento!
non ti preoccupare per il mancato commento, capita di non riuscire a
trovare il tempo. xD
per il motivo del litigio dovrai aspettare il prossimo capitolo, ho
preferito spiegare prima che fine avessero fatto James e Alice.
grazie mille per i complimenti alla storia, sei carinissima! xD
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Capitolo 5 *** morire dentro ***
CAPITOLO
4
MORIRE DENTRO
Alice
era immobile e in silenzio. Respirava a fatica, ma dentro di
sé urlava forte tutta la sua disperazione. Sirius e Remus
erano nella sala comune dei grifondoro e stavano piangendo senza
nemmeno fare caso alla moltitudine di ragazzi intorno a loro che li
stavano guardando e li indicavano. Sirius non sembrava più
lo stesso, aveva grosse occhiaie nere sotto gli occhi e pareva
invecchiato di parecchi anni. Anche Remus era ridotto a uno straccio,
persino peggio rispetto alle giornate immediatamente dopo la luna
piena. A poca distanza da loro c’era anche Peter, gli occhi
rossi e gonfi, il viso pallido e spaventato. Guardava gli amici in
cerca di conforto e risposte a cui appellarsi ma tutto quello che
vedeva era disperazione e smarrimento. Prima l’incidente di
James, e ora anche Sirius e Remus, i malandrini, i pilastri a cui si
appigliava per andare avanti non c’erano più.
Alice guardava quella scena straziante di dolore e si sentiva
impotente, mentre il suo cuore era come dilaniato da una bestia feroce.
Nella sua mente continuava a ripetersi, come una litania, che quello
che stava accadendo non poteva essere reale, che di lì a
poco si sarebbe svegliata. Più volte aveva provato a
chiudere gli occhi, sperando che fosse solo una sua illusione, ma non
era servito a nulla. Se quello era davvero un incubo allora era
destinato a non finire mai. Frank, al suo fianco, si limitava ad
abbracciarla per comunicare la sua silenziosa presenza. Avrebbe voluto
fare di più, ma il suo corpo in quel momento si rifiutava di
muoversi o parlare. Nessuno aveva voglia di parlare. Le ragazze,
Cristal, Lily e Charleen, erano in un angolo, impacciate e silenziose.
Sebastian era seduto vicino a loro, per la prima volta nella sua vita
non aveva nessuna voglia di ridere. Fissava un punto imprecisato della
parete, e si chiedeva se tutto quello che stava accedendo avesse o meno
un senso. Al centro della stanza stava James, pallido, immobile, morto.
Intorno a lui sua madre, sua zia, la famiglia e tutti i professori
venuti a dargli l’ultimo saluto.
Alice lanciò
un urlo, e poi si svegliò di soprassalto. Cristal corse
subito da lei, per rassicurarla. La ragazza si guardò
intorno, frenetica, e riconobbe la stanza che divideva da sei anni con
le sue amiche. Tutto era normale ed al suo posto, come al solito. Alice
sospirò. Ancora una volta quel terribile incubo
l’aveva svegliata. Fuori dalle finestre era ancora buio, ma
di lì a poche ore la notte avrebbe lasciato il posto ad un
altro giorno. L’ennesimo senza James al suo fianco. Charleen
e Lily si scambiarono un’occhiata di intesa ma rimasero
zitte, mentre il viso di Alice si riempiva di lacrime.
“Hai fatto un
altro brutto sogno?” chiese Cristal dolcemente. Alice
annuì piano, cercando inutilmente di fermare le lacrime che
le scorrevano sulle guance. La ragazza bionda strinse forte a
sé la sua migliore amica, senza dire nulla. Alice si
lasciò andare, cercando un po’ di conforto e di
speranza in quell’abbraccio. Erano mesi che
quell’incubo la tormentava, da quanto quella mattina di
luglio Dorea era comparsa a casa loro, piangendo, e aveva detto che
James stava male. Alice aveva ricordi annebbiati di quella mattina,
forse stava facendo colazione quando la zia era arrivata.
All’inizio si era messa a ridere, dopo tutto per James era
normale finire ricoverato in infermeria o al San Mungo. Pensava fosse
caduto dalle scale come suo solito. Le risate però erano
finite presto, non appena era emersa la gravità della
situazione, per sfociare nello smarrimento più totale quando
si era trovata di fronte alla porta chiusa della stanza di rianimazione
in cui si trovava suo cugino. Da allora, ogni notte sognava il funerale
di James, ed ogni mattina si svegliava terrorizzata con la
necessità vitale di correre da lui per accertarsi che ci
fosse ancora. Alice si staccò dall’abbraccio
dell’amica e andò verso il bagno senza dire una
parola, chiudendosi la porta alle spalle.
“Mi spiace
così tanto vederla così..”
sussurrò Lily a bassa voce. Qualcosa dentro di lei si era
come rotto quando era venuta a conoscenza della terribile notizia.
All‘inizio aveva giustificato quello strano sentimento come
tristezza per il dolore di Alice, ma una voce impertinente non faceva
che ripetergli che in realtà soffriva per James
perché teneva veramente a lui. Charleen annuì
silenziosamente, asciugandosi gli occhi. Lei e Lily non avevano mai
avuto rapporti di amicizia con James, ne con gli altri malandrini, ma
quello che era successo le aveva ugualmente sconvolte. Per sei anni lo
avevano avuto tra i piedi, ci avevano litigato, lo avevano anche
odiato, ma ora di colpo si erano rese conto che di James non sapevano
quasi nulla e che senza di lui il castello sembrava spento. Nessuno
faceva più scherzi ai Serpeverde, e la loro Sala Comune era
sempre silenziosa e tranquilla. A nessuno importava persino
più del Quidditch perché quell’anno il
loro campione non avrebbe potuto giocare.
“Vorrei fare
di più, ma non so come..” disse Cristal
sconsolata. Proprio in quel momento Alice uscì dal bagno, e
lanciò un lungo sguardo straziato alla sua amica del cuore.
“Cristal, fai
già molto per me. Non potresti fare di più,
davvero. Ti voglio un mondo di bene e senza di te non so come potrei
fare.” mormorò Alice abbozzando un sorriso triste.
“Forse
dovresti provare a dormire ancora un po’, è presto
dopo tutto.” consigliò Charleen mentre Alice
rimetteva a letto dopo aver preso dalla scrivania carta e penna.
“Tornate a
dormire, io prima devo calmarmi un po’. Scriverò
una lettera..” disse Alice intingendo la piuma
nell’inchiostro e iniziando a scrivere parole bagnate di
lacrime.
Le tre ragazze si
scambiarono un’occhiata che valeva più di
qualsiasi discorso, poi spensero la luce. La nottata dei ragazzi non
era trascorsa in modo migliore. Di colpo l’allegria era
scomparsa anche dal dormitorio maschile, di solito il più
rumoroso dell’intero castello nonché ritrovo
abituale per festini e bevute della più diversa natura.
Sapere di James era
stato un duro colpo per i malandrini, per tutti loro. James era il
fulcro del loro gruppo, un vulcano di idee e di energia che teneva
unite personalità molto diverse tra loro, il timido e
insicuro Peter, il serio e studioso Remus e Sirius. Tra i malandrini
Sirius era certamente quello che l’aveva presa peggio. Frank
e Sebastian, dal canto loro ogni sera avevano provato a parlare ai
ragazzi, a cercare di farli reagire il quale modo. La scuola ormai era
iniziata da cinque giorni, ma le cose non sembravano cambiare. Le
giornate si succedevano ugualmente apatiche, lezione dopo lezione, e
l’unica cosa che scandiva il tempo e sembrava rompere quella
terribile monotonia erano i pasti, in cui si trovavano tutti insieme e
scambiavano qualche parola anche con i compagni delle altre case.
Quella mattina, a
colazione, i malandrini erano seduti a poca distanza da Sebastian e
Frank, che si guardava attorno impaziente, cercando qualcuno tra la
folla.
“Alice?”
chiese Frank preoccupato, vedendo arrivare Charleen, Lily e Cristal. Le
tre ragazze, richiamate dalla voce dell’amico si avvicinarono
e si sedettero di fronte.
“Si stava
vestendo, ora arriva.” rispose la ragazza bionda. I suoi
occhi azzurri, di solito vispi e giocosi, erano spenti. Frank non disse
niente ma cominciò a tormentare nervosamente il nodo della
sua cravatta, abbandonando del tutto l‘idea di finire la
colazione. I malandrini guardavano quella scena a qualche posto di
distanza, vicini eppure così lontani da tutto e da tutti. Da
quando avevano ricevuto quella notizia niente era più stato
come prima. Sirius si era chiuso in un mutismo ostinato, passava le ore
solo a piangere senza farsi notare troppo e si rifiutava di nominare o
parlare di James. Remus all’inizio aveva rispettato la
decisione dell’amico, poi aveva cominciato a cercare di farlo
reagire. Nessuno di loro aveva osato fare domande ad Alice. La ragazza
scoppiava in un pianto disperato non appena le si nominava il cugino.
Un paio di volte aveva anche avuto delle crisi nervose aveva cominciato
a urlare che voleva andare a San Mungo, e solo la promessa che glielo
avrebbero permesso il fine settimana successivo era riuscita a
calmarla. Il castello che Alice aveva sempre amato improvvisamente era
diventato un orribile prigione che la teneva lontana da James. Erano
passati appena pochi giorni da quando le lezioni erano cominciate
eppure le sembrava un’eternità. La sembrava di
impazzire senza avere la possibilità di sedere accanto al
letto del cugino per tenergli la mano e parlargli per ore.
“Ha dormito
questa notte?” chiese Frank preoccupato. Charleen scosse la
testa e i riccioli castani le ricaddero disordinati sul viso.
“Forse
potrebbe andare in infermeria e chiedere una pozione per quegli
incubi.” suggerì Remus, inserendosi nella
discussione. Sirius alzò appena lo sguardo, poi
tornò perso nel suo mondo. Remus guardò per
qualche istante l’amico e sospirò. Una qualche
pozione avrebbe certamente fatto bene anche a lui.
“È
testarda, lo sapete.” sospirò Cristal, osservando
con aria assente la tazza di caffè che aveva di fronte,
cercando di ricordarsi quando fosse apparsa.
“Sto
bene” disse Alice, avvicinandosi al tavolo. I ragazzi si
ammutolirono di colpo, ma lei non ci fece caso. Orma stava cominciando
a fare l’abitudine al fatto che la gente si preoccupasse e
parlasse di lei in sua assenza. Una volta forse le avrebbe dato
fastidio, ma da qualche tempo non le importava più di
niente. Negli ultimi mesi la sua scala delle priorità aveva
subito dei grossi cambiamenti.
“No Alice,
non stai per niente bene. Nessuno di noi sta bene.”
esclamò Lily, esasperata. Non sopportava più il
silenzio di Sirius, e nemmeno che Alice si ostinasse a ripetere che
stava bene. Perché non si decidevano a mostrare le loro
debolezze e a farsi aiutare dagli amici? Mai come in quel momento
avevano bisogno l’uno degli altri.
“Mi passi la
torta al limone?” chiese Alice a Sebastian, ignorando
l’affermazione della compagna di stanza. Il ragazzo parve
stupito da quella strana richiesta, ma passo la fetta di torta senza
chiedere spiegazioni.
“Alice, mi
ascolti? Stavamo parlando..” esclamò Lily
infastidita. Alice era sempre stata una ragazza forte, decisa, vederla
così debole e in balia di se stessa era triste e ingiusto.
Era certamente una delle cose che stava portando tutti loro alla
pazzia, Frank per primo.
“Hey, Remus,
ma dove hai preso quel caffè?” chiese ancora
Alice, decisa a continuare a ignorare l’amica. Parlare di
James era l’ultima cosa che voleva, specie con Lily e Sirius.
Nella sua mente erano loro i responsabili di tutto quello che era
successo al suo adorato cugino. James era triste, depresso e loro
avevano solamente peggiorato le cose, invece che aiutarlo a superare
quel brutto momento. Dannazione, alla fine dell’anno
scolastico precedente James aveva appena perso suo padre, avrebbero
dovuto capirlo, non assalirlo. In quel momento apparivano tristi e
sconsolati ma Alice pensava che fossero ipocriti. Lily aveva passato
cinque anni a ripetere di odiare James, come mai le cose erano
improvvisamente cambiate ora che era in coma? Sirius poi, non avrebbe
dovuto trattare James, il suo migliore amico, a quel modo.
Lily sospirò
e smise di parlare, rassegnata al fatto che Alice non aveva la minima
intenzione di prestarle ascolto.
“Sono solo
preoccupati per te..” mormorò Sirius, rompendo il
silenzio che si era creato. Tutti rimasero abbastanza sorpresi, stupiti
dal fatto che fosse stato Sirius, fino ad ora chiuso nel silenzio
più totale, a parlare.
“Non accetto
prediche da te, Black.” rispose Alice acida, alzando lo
sguardo sul ragazzo. Sirius sostenne quello sguardo carico di rancore e
rabbia per un po’, poi distolse lo sguardo. Alice lo credeva
colpevole. Come darle torto, dopo tutto lui pensava lo stesso. Aveva
passato l’estate in giro per l’Europa, convinto che
James avesse torto, senza mai cercarlo davvero. Va bene, gli aveva
scritto una lettera, ma quando lui non aveva risposto Sirius non si era
fatto nessuna domanda. Invece che domandarsi se ci fosse qualcosa che
non andava aveva continuato a godersi l’estate, convinto che
ci sarebbe stato tempo dopo per i chiarimenti. Nella sua testa non
aveva nemmeno lontanamente pensato al fatto che James non aveva mai
mancato di rispondere a nessuna lettera prima di quel momento. Ora
forse il tempo di James stava finendo, e Sirius riusciva a pensare
solamente che le ultime parole che aveva gridato al suo migliore amico
erano state cariche di odio e di risentimento.
“Alice,
Sirius voleva solo aiutarti.” disse Charleen, cercando di
calmare l’amica prendendo le difese del ragazzo. Peter
alzò gli occhi dal suo piatto, stupito. Era la prima volta
che Charleen chiamava Sirius per nome e lo difendeva.
“Non ho
bisogno di essere aiutata, anzi, smettetela di fingere.”
esclamò Alice, perdendo la calma. Gli altri ragazzi presenti
il Sala Grande si fecero di colpo più silenziosi e attenti
alla discussione in corso. Sebastian sentì la rabbia montare
e fece per alzarsi. Come potevano essere così maligni da
ascoltare le loro conversazioni per poi spettegolare nel castello? Con
un gesto rapido Frank lo fermò e lo obbligò a
sedersi nuovamente.
“Fingere?”
chiese Peter confuso, guardando spaventato Alice.
“Si, di
fingere che vi importi qualcosa di James. Charleen, Lily, voi non avete
mai sopportato James. Avete passato anni a ripetere che era egoista,
pieno di sé ed immaturo. Lo pensavate anche l’anno
scorso sull’espresso, e anche quest‘anno scommetto
che avrete detto le stesse cose di lui. Non è cambiato nulla
da allora tranne in fatto che è in coma!”
urlò Alice, ignorando il fatto che si trovavano il Sala
Grande e che tutti, professori compresi, ora li stavano fissando. Il
suo volto era diventato rosso per la rabbia, e delle lacrime beffarde
avevano preso a bagnarle il bel viso.
“Alice,
calmati.” implorò Frank, cercando di abbracciarla
per riuscire a calmarla.
“No,
è ora che mi sfoghi. Non ce la faccio più a
tenere tutto dentro.” rispose Alice, prendendo fiato e
divincolandosi da quella stretta. Sirius, Peter e Remus osservavano
quella scena impietriti, chiedendosi se la ragazza li ritenesse in
qualche modo responsabili per la sorte toccata al loro amico.
“Non essere
ingiusta però, James era il migliore amico di Peter, Remus e
Sirius e tu non li hai nemmeno avvisati
quest’estate.” fece notare Sebastian, cercando
inutilmente di fare ragionare Alice.
“Siamo venuti
a sapere di James da Silente. Ti sembra normale?” chiese
Remus, stizzito. Sirius al suo fianco, non fiatava. Per la prima volta
nella sua vita lo stavano accusando di qualcosa e lui non aveva la
forza di replicare. Il fiero Sirius Black sembrava il più
mite e spaventato degli agnellini.
“E a te
sembra normale umiliare in quel modo una persona che stava
già male per poi lasciarla andare via da sola? Per te questa
è amicizia Sirius Black?” chiese Alice in rimando,
fissando negli occhi il ragazzo. Sirius non provò nemmeno
fissarla negli occhi, sapeva bene che non avrebbe mai potuto reggere
quello sguardo.
“Io..”
balbettò Sirius, fissando intensamente il pavimento e
desiderando con tutto se stesso che si aprisse una voragine in grado di
inghiottirlo. Alice aveva ragione, si era comportato malissimo con
James. L’ultima volta che lo aveva visto gli aveva urlato
contro tutto il suo disprezzo, che razza di amico poteva essere?
“Non serve
che rispondi.” rispose Alice acida, alzandosi da tavola e
lasciando la sala.
I ragazzi rimasero
lì, immobili e intontiti da quella discussione. Frank e
Sebastian si guardavano l’un l’altro, increduli.
Lily ormai aveva preso a singhiozzare forte, le parole di Alice
l’avevano ferita. Charleen provava a suo modo a consolarla
mentre Cristal rimaneva ferma, a riflettere sulle parole
dell’amica. Alice aveva parlato presa dalla rabbia, ma forse
nelle sue parole c’era almeno un pizzico di
verità.
“Sirius, dove
vai?” sbottò Remus improvvisamente, cercando di
trattenere l’amico che si era alzato dalla sedia.
“All’inferno.”
rispose in malo modo Sirius, divincolandosi da quella stretta.
Alice aveva fatto pochi
metri fuori dalla Sala Grande, quando fu bloccata dalla voce della
professoressa McGranitt.
“Prewet, il
preside vuole vederla.” disse la donna. Il suo tono era
severo come al solito ma nei suoi occhi si intravedeva una grande
tristezza.
“Jamie! Non
è per lui, vero? Lui non è..”
balbettò Alice, cercando di scrutare il volto della
professoressa per capire di che si trattasse. Jamie non poteva
assolutamente essere morto.
“Non temere.
James sta bene.. O meglio, le sue condizioni non sono
cambiate.” rispose tristemente la professoressa, facendo
strada alla ragazza verso l’ufficio del preside. Quando
furono davanti alla porta, la professoressa McGranitt bussò
ed annunciò Alice, poi ti tirò indietro e
lasciò che la ragazza rimanesse sola con il preside.
“Signore..”
salutò Alice, impacciata. Silente sedeva dietro la sua
scrivania, circondato dagli oggetti più strani e sorrideva
come al solito. Il preside riusciva ad avere sempre un sorriso per
tutti, anche nel momento più nero.
“Ciao Alice.
Ti ho convocata per James.” iniziò Silente. Il suo
tono era grave e il suo volto stanco. Quella terribile guerra in corso
stava esaurendo tutte le sue forze, malgrado tutti i suoi sforzi la
gente continuava a morire ed a vivere nel terrore mentre valenti auror
perdevano la vita in missioni suicide che spesso non portavano a niente.
“Ma la
professoressa mi ha detto che stava bene. Non è peggiorato,
vero?” chiese Alice, impaziente. Una convocazione dal preside
di solito non significava niente di buono. Alice ricordava ancora
quando lei e James erano stati chiamati, l’anno prima, e
Silente aveva detto loro che il padre di James era morto durante una
missione. Ricordava bene anche la reazione di James. Il ragazzo si era
lasciato cadere sulla sedia, senza dire una parola mentre lei era
scoppiata a piangere. James aveva ascoltato le parole del preside come
in trance, una volta lasciata la stanza però aveva sfogato
tutta la sua rabbia e il suo dolore devastando a calci gli spogliatoi
del campo di quiddicht senza che nessuno riuscisse a fare nulla per
calmarlo.
“No, le sue
condizioni non sono cambiate. Solo, ho assistito alla vostra
discussione oggi in Sala Grande e mi ho pensato che, visto il tuo
umore, forse avresti preferito fare un salto a San Mungo questa
mattina.” propose il preside accarezzandosi la lunga barba
bianca. Il volto di Alice improvvisamente si colorò un
po’, e abbozzò persino un sorriso.
“Posso
davvero andare da Jamie? Lei aveva detto che mi avrebbe lasciato solo
nei fine settimana..” ricordò Alice, incredula. Da
quando era cominciata la scuola non aveva fatto altro che aspettare il
sabato, vedere Jamie era proprio quello di cui aveva bisogno per
riflette un po’ su tutto quello che stava capitando. James
aveva sempre avuto un potere calmante su di lei, e continuava ad
avercelo ora, malgrado fosse costretto immobile in un letto.
“Lo so,
vorrà dire che solo per sta volta faremo una piccola
eccezione. Non più di un paio d’ore, la voglio
indietro per pranzo.” disse il preside sorridendo, indicando
il camino alle sue spalle. Senza farselo ripetere due volte Alice prese
della polvere volante in mano.
“Promesso,
grazie signore.” mormorò mentre spariva nel camino.
ANGOLO DELL'AUTRICE
(profondamente legata a chi legge, commenta e aggiunge tra i preferiti
la sua storia!)
graaazie mille per essere nuovamente arrivati a leggere fino a qui.
mi fa piacere che la mia storia piaccia, e vi prego di farvi avanti
anche in caso la storia non piacesse. dopo tutto è con le
critiche costruttive che si migliora, no?
ROBERT90: grazie per il commento!
sono davvero molto onorata che la mia storia faccia parte delle tue
preferite, esattamente come sono onorata di avere ricevuto un tuo
commento!
spero che continuerai a leggere e commentare la mia storia.
MARTY_ODG: grazie per il commento!
per prima cosa devo farti i complimenti per il nome, dato che ti chiami
come me, xD!
effettivamente i primi capitoli sono stati carichi di suspence, forse
troppa, ma erano essenziali per presentare i personaggi, specie quelli
di mia creazione!
spero che continuerai a leggere e a commentare la mia storia!
LYRAPOTTER: grazie per il commento!
mi scuso profodamente per la tua mascella. ormai mi dovresti conoscere
e dovresti aspettarti di tutto da me, basta vedere quello che ho fatto
succedere nell'altra storia (ritorno di Bellatrix compreso!). ad ogni
modo, effettivamente sono stata un po' cattiva con James.. ma che vuoi,
alla fine è una storia, qualcosa deve pur succedere senno
che la si legge a fare? per quanto riguarda il litigio, non odiarmi..
avrei dovuto scriverlo in questo capitolo, poi mi sono accorta che era
lungo circa 25 pagine e non era ancora finito quindi ho dovuto
dividerlo. prometto, questa volta per davvero, che ogni spiegazione
sarà data nel prossimo capitolo. parola d'onore! xD
MSMONTANA: grazie per il commento!
mi spiace, ma ormai penso di averlo fatto per davvero. fino a che non
ho postato non credevo nemmeno io che avrei davvero scritto una cosa
del genere! xD
per quanto riguarda andarlo a trovare.. diciamo che ci stiamo
lavorando, al momento Alice non è troppo dell'idea di
lasciare che Sirius veda il cugino! xD
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Capitolo 6 *** stasi ***
dedico
questo capitolo a tutti coloro che leggono la mia storia,
nella speranza che mi lasciate un piccolo commento!
:D
CAPITOLO 5
STASI
La lezione di pozioni
era iniziata da un po’, e il professore era in ritardo come
suo solito. Nessuno però se ne stupiva più di
tanto. Conoscevano bene il professore. Lumacorno era molte cose, un
abile pozionista, un uomo vanitoso che amava circondarsi di ragazzi
promettenti e un amico fedele di Silente da molti anni, ma non era mai
stato puntuale in vita sua, nemmeno durante le cene che amava tanto
organizzare.
“Buona
giornata ragazzi. Sedetevi, prego. Ma che succede?” disse
Lumacorno entrando nell’aula e scorgendo due posti vuoti
nella fila di solito occupata dai Gridondoro. Sia Alice Prewet che
Sirius Black mancavano all’appello. Voltò la testa
e si ritrovò di fronte la faccia tetra della sua allieva
prediletta, Lily Evans. Doveva sicuramente essere successo qualcosa.
“Alice e
Sirius, non sappiamo dove sono.” mormorò Peter
sconsolato. Lumarco intuì al volo dove fosse il problema. A
colazione aveva notato del trambusto al tavolo dei Grifondoro ma non vi
aveva dato peso, preso come era nel raccontare alla professoressa
McGranitt dell‘ultimo incontro con il vice ministro della
magia.
“Poveri
ragazzi, non deve essere facile per loro. Sono molto legati al signor
Potter, non è vero? Per questa volta farò un
eccezione e non farò caso alla loro assenza. Lupin, Minus,
state vicino a Black, e voi, ragazze, fate lo stesso con
Alice.” disse Lumacorno, togliendosi il mantello e facendo
comparire sulla lavagna le indicazioni per la pozione da preparare. Non
si trattava di una pozione particolarmente difficile, ma i ragazzi non
sembravano interessati.
Lily, Charleen e
Cristal annuirono distratte, e tornarono subito ai propri pensieri. Il
professore si mise a spiegare le proprietà degli antidoti ad
una platea distratta che non gli prestava la minima attenzione. Nemmeno
a Lily Evans andava di fare lezione quel giorno. La ragazza era immersa
nei propri pensieri, dove due vocine insistenti si davano battaglia. La
prima diceva che Alice aveva ragione, che lei Potter non lo conosceva e
che non era il caso che si interessasse così alle sue sorti.
La seconda voce, invece, le diceva che Alice era stata ingiusta a dire
quelle parole, ma che lei era stata lo stesso una sciocca a non
concedere nessuna possibilità a James. Il ragazzo aveva
fatto di tutto pur di farsi conoscere da lei, ma Lily era sempre stata
irremovibile. In quei giorni la ragazza era arrivata a chiedersi cosa
avrebbe provato in quel momento se l’anno prima invece di
urlare a James che le dava la nausea gli avesse dato la
possibilità che lui da tempo chiedeva.
Nell’antro
più buio e desolato del castello, intanto, Sirius si
torturava, ripetendosi che era il peggiore degli amici e il
più grande degli idioti che il mondo avesse mai conosciuto.
Sentiva di avere sbagliato tutto, ed ora era troppo tardi per
rimediare. Il ragazzo era rannicchiato contro una parete, le ginocchia
schiacciate contro il viso, e per quanto si sforzasse non riusciva a
smettere di pensare all’ultima volta che aveva parlato con
James. Riusciva a ricordare chiaramente cosa era successo quel giorno.
***
L’espresso
che li stava riportando a Londra era partito già da qualche
ora ed i ragazzi erano nei loro scompartimenti abituali. Le ragazze
all’inizio del treno, i malandrini sul fondo mentre Frank e
Sebastian facevano la spola da un posto all’altro. Nella
cabina dei malandrini l’atmosfera era tesa, pesante. Da
quando il padre di James era morto era diventato davvero difficile per
Remus, Sirius e Peter sapere come comportarsi con il loro amico. Ogni
cosa che dicevano o facevano alla fine si rivelava sempre quella
sbagliata. James era cambiato, non era più lui. Remus aveva
parlato a lungo con Alice. La ragazza aveva detto loro che il cugino
stava soffrendo, e che dovevano solo portare pazienza. Secondo lei il
tempo alla fine avrebbe risolto tutto.
“Anche
io sto soffrendo James, anche io volevo bene a tuo padre.”
ripeté Sirius esasperato.
La
notizia della morte del padre di James era arrivata circa dieci giorni
prima e aveva preso tutti loro di sorpresa. Il signor Potter era uno
dei migliori auror del paese, e nessuno riusciva a capire come poteva
essere stato battuto da un mangiamorte. Dopo il funerale il ragazzo si
era chiuso nel suo dolore, non accettava che nessuno gli nominasse il
padre e non riusciva a condividere il suo dolore con gli amici. Nella
sua mente accecata da quel terribile lutto, era lui l’unico
che poteva soffrire la perdita di Charlus Potter, gli altri non
potevano certamente capirlo. Sirius, che era molto legato al signor
Potter e gli era grato per tutto quello che aveva fatto per lui, aveva
cercato di essere paziente e di stare vicino all’amico, ma in
quei giorni era diventato incredibilmente complicato sopportare James
Potter, persino per Sirius Black.
“È
mio padre quello che è morto, non il tuo.” rispose
James, guardando di traverso l’amico. Sirius si morse la
lingua. Avrebbe voluto rispondere che forse, se fosse stato il suo vero
padre a morire, Orion Black, e non Charlus Potter, avrebbe sofferto
sicuramente di meno, ma decise di non dire niente. Sarebbe servito
solamente a peggiorare l‘umore di James, già molto
instabile. Nella cabina cadde il silenzio, nessuno si decideva a dire
niente.
Fuori
dal finestrino il panorama correva veloce. L’estate era
arrivata, calda e luminosa come sempre, e faceva da contrasto con la
sofferenza e la tensione che regnavano in quel vagone solitamente
allegro e rumoroso.
“Lui
era mio padre, e ora non c’è
più..” ribadì James, fissando il vuoto.
Sirius a quelle parole sentì andargli il sangue alla testa.
“Cosa
diamine vuoi dire? Soffri di più solo perché
avete lo stesso sangue? Sei un bambino, la Evans ha ragione.”
ringhiò Sirius, perdendo la calma. Erano giorni che James
non faceva che dire o fare idiozie, stargli vicino cominciava ad essere
complicato. Alla fine era esploso.
“Lascia
fuori Lily da questa storia.” rispose James, colto sul vivo.
Le parole che la rossa gli aveva rivolto qualche giorno prima nel parco
lo avevano ferito. Non faceva che pensarci e ripensarci continuamente.
“No,
invece. Sei egocentrico, devi essere sempre al centro
dell’attenzione. Tu giochi meglio, tu sei il più
ammirato, tu soffri di più. Pensi di essere dio in terra,
beh, non lo sei.” urlò Sirius, ormai completamente
fuori di sé. Peter guardava la scena spaventato, Remus
invece era un pezzo di ghiaccio.
“Che
diavolo stai dicendo?” chiese James, spaesato. Come poteva il
suo migliore amico avere parole così dure per lui? Era suo
fratello, la persona che meglio lo conosceva al mondo. Era davvero
questo quello che pensava di lui?
“Che
mi sono rotto le scatole di questi atteggiamenti. Sono stufo di te che
ti comporti come se fossi il sole e tutti noi dovessimo ringraziarti
della tua presenza.” continuò Sirius, senza
accennare a calmarsi. Sulla porta dello scompartimento erano comparse
anche Cristal e Alice, ma nessuno dei ragazzi le aveva notate presi
come erano dalla discussione. Le due ragazze stavano assistendo
sbigottite alla scena, senza riuscire a spiccicare una sola parola.
“Da
quando pensi queste cose?” mormorò James a bassa
voce, quasi temendo la risposta.
“Le
ho sempre pensate, ma non te le ho mai dette. Ti ho sempre lasciato
fare, credere di essere dio perché non mi dava fastidio. Sai
una cosa? Ora basta, la misura è colma.” concluse
Sirius battendo i pugni sul sedile. Non era vero, stava mentendo.
Sirius non aveva mai pensato quelle cose, era stato il senso di
impotenza a farlo parlare. Quella terribile sensazione di non riuscire
ad aiutare il suo amico lo aveva fatto straparlare, ed ora
l’orgoglio gli impediva di tornare sui suoi passi. James
sentì il cuore andargli il pezzi, per la terza volta in
poche settimane. Prima la notizia della morte del padre, poi le parole
di Lily, e ora anche Sirius. Come aveva potuto non accorgersi prima di
quello che provavano le persone che aveva intorno? La sua vita in poco
meno di un mese era andata in frantumi e a lui non era rimasto altro
che pochi cocci rotti da rimettere insieme.
“Sei
un ipocrita, pensavo fossi mio amico e invece sei come tutti, come la
Evans. Invece che starmi vicino mi date addosso.”
urlò James, cercando di trattenere le lacrime. Non sarebbe
scoppiato a piangere di fronte a Sirius, non gli avrebbe dato questa
soddisfazione.
“Starti
vicino è impossibile James. Come si fa a stare vicino a uno
che si crede sempre il migliore?” chiese Sirius con un
ghignò quasi divertito sul volto. Nemmeno questo era vero.
James non gli aveva mai fatto pesare i suoi successi sportivi,
così come non aveva mai fatto pesare a Remus le ore passate
in biblioteca per diventare animagus illegali o tutto quello che aveva
fatto per lui da quando era scappato di casa.
“Non
ho bisogno di te.” rispose James, cercando di essere freddo
quanto l’amico. Peter prese a tremare, terrorizzato mentre il
cuore di Remus a quelle parole perse qualche battito.
“Nemmeno
io ho bisogno di un amico che non mi ascolta e che mette sempre al
primo posto se stesso. Ti credi dio, bene, resta da solo con i tuoi
problemi.” disse Sirius, deciso.
James
si guardò intorno, cercando gli amici conforto. Si
specchiò negli occhi di Remus e vide l’ombra di se
stesso. Il ragazzino allegro che era salito sul treno qualche mese
prima non c’era più, al suo posto c’era
un fantasma che non aveva nemmeno la forza di piangere. Era stanco.
Tutto quello che voleva era dormire, chiudere gli occhi e non pensare
più a nulla. Non ne poteva più di decisioni da
prendere e di persone da non deludere. Doveva sembrare forte per sua
madre, per sua cugina, per sua zia e per i suoi amici ma la
verità era che non ne aveva più la forza. Era
arrivato al limite.
“Remus,
Peter?” chiese James speranzoso senza ottenere risposta.
Peter si spostò vicino a Sirius, quasi a chiederne la
protezione e poi annuì. Persino il piccolo Peter lo aveva
abbandonato. Cercò Remus, ma trovò al suo posto
un muro di indifferenza. Sembrava che tutta quella storia non lo
toccasse, che né Sirius né James fossero tanto
importanti da richiedere il suo intervento in quella discussione.
“Che
c’è? Vuoi il loro appoggio? Pensi davvero che
daranno ragione a te?” lo schernì Sirius.
“Voi
mi volete bene, vero? Sirius, tu mi vuoi bene..” chiese
James, quasi implorante. Aveva bisogno del loro affetto, era
l’unica cosa che potesse farlo andare avanti. Non gli era
rimasto altro che loro. Quel momento terribile lo poteva superare solo
se i suoi amici gli fossero rimasti accanto, da solo non ce
l’avrebbe fatta di sicuro.
“Non
ne sono più così sicuro, Potter.”
rispose Sirius, freddo e distaccato, usando lo stesso tono che per anni
aveva riservato solamente alla sua famiglia. James, disperato, si
ritrovò a chiedersi se la loro grande amicizia fosse davvero
finita in quel modo.
Cadde
il silenzio, rotto solo dai singhiozzi silenziosi di James che Sirius
cercava con tutto se stesso di ignorare dicendosi che non importava
più niente di James Potter. Quello che voleva con tutto se
stesso era stringere James e dirgli che andava tutto bene, ma era
bloccato.
Il
treno cominciò a rallentare, per poi fermarsi. Dal vetro
abbassato per metà arrivavano gli schiamazzi di fratelli
minori, cugini, genitori venuti a riprendersi i loro cari e a condurli
nei luoghi di villeggiatura. I ragazzini più piccolo
strillavano eccitati, pregustando le imminenti vacanze estive. Charlus
Potter era sempre venuto a prendere il figlio con un sacchetto pieno di
dolci, ma quell’anno James sapeva che ad aspettarlo ci
sarebbe stato solamente il vuoto.
“Sirius,
forza andiamo, siamo in stazione.” squittì Peter,
tirando Sirius per la veste. Remus si alzò, e fece per
seguire i due amici. James invece, sembrò non avere le forze
per muoversi dal sedile sul quale era ricaduto. Sirius si
voltò istintivamente verso l’amico, e
frenò a fatica l‘istinto di tendergli una mano per
aiutarlo ad alzarsi. Per un po’ sembrò quasi che
stesse per dire qualcosa di importante, poi scosse la testa.
“Passa
buone vacanze, Potter.” disse alla fine, distaccato.
“Ma
Sirius, tu dovevi venire da me quest’estate. Non
ricordi?” disse James, la voce ridotta a poco più
di un sussurro. Sirius era scappato di casa qualche mese prima, durante
le vacanze di Natale, e da allora si era trasferito da James, a
Godrig’s Hollow. I signori Potter lo avevano accolto come un
figlio e James era stato felicissimo di avere qualcuno con cui dividere
la sua stanza.
“Ho
avvisato mio zio che starò con lui. Sai, non vorrei
disturbare l’incredibile sofferenza del principino di
casa.” rispose Sirius prima di andarsene e sbattere la porta
alle sue spalle.
James
Potter sentì la porta sbattere, e capì di essere
rimasto solo. Non c‘era più nessuno per lui, non
suo padre, non Lily, non Sirius e neppure i malandrini. Era tutto
finito, era solo. Scese dal treno come un automa, andando a sbattere
contro le persone senza nemmeno rendersene conto. Alice gli corse
incontro, preoccupata, ma lui la allontanò.
“Torna
domani..” disse solamente mentre si allontanava solitario.
***
Sirius
sospirò e lasciò che le lacrime che tratteneva da
troppo tempo scendessero copiose. Sfogarsi gli stava facendo bene anche
se pensare a Jamie, solo, in un letto d’ospedale, era peggio
di una pugnalata. Quei ricordi erano dolorosi, facevano più
male di qualsiasi schiaffo o pugno che avesse mai ricevuto nella sua
vita. Era stata tutta colpa sua e del suo maledetto orgoglio. La cosa
che Sirius desiderava di più in quel momento era tornare
indietro, poter cambiare le cose, ma nemmeno la magia poteva aiutarlo.
Anche se sei un mago non sempre basta scuotere la bacchetta
perché ogni cosa torni al suo posto.
Dall’oscurità
comparve un’ombra familiare che si avvicinava lentamente a
lui, ma il ragazzo non ci fece caso.
“Vattene..”
disse Sirius, senza nemmeno preoccuparsi di capire bene chi fosse. Non
gli andava che qualcuno lo vedesse in quello stato, non aveva voglia di
dare spiegazioni.
“Sta zitto
Black.” rispose Remus, sedendosi a fianco
dell’amico. I due rimasero in silenzio per un po’,
fino a che Sirius crollò e si ritrovò a piangere
come un bambino con la faccia schiacciata contro la spalla
dell’amico.
“Va tutto
bene, sfogati..” sussurrò Remus
all’orecchio di Sirius, accarezzandogli la testa. Conosceva
abbastanza bene Sirius da sapere che prima o poi sarebbe dovuto
crollare, e che in quel momento avrebbe avuto bisogno di un amico al
suo fianco che non facesse troppe domande.
“Ha ragione
lei, è colpa mia..” cominciò a ripetere
ossessivamente Sirius, quasi fosse una litania, stringendosi ancora di
più a Remus.
“Non dire
cavolate..” cercò di consolarlo Remus, risultando
però poco convincente.
“Gli ho detto
che non mi importava di lui e gli sbattuto la porta in faccia. Se
morisse ora sarebbe questo l’ultimo ricordo che avrebbe di
me.” disse alla fine Sirius, guardando Remus dritto negli
occhi. Gli occhi blu del ragazzo erano colmi della stessa tristezza e
dello stesso dolore che vedeva riflessa in quelli color miele
dell’amico.
“Il mio
invece sarebbe un muro di ghiaccio..” rispose Remus, prima di
lasciarsi andare a sua volta in un pianto disperato sulla spalla di
Sirius.
Alice spinse la porta e
si ritrovò in quella sala d’aspetto che ormai le
era quasi familiare quanto il salotto di casa sua. La prima volta che
ci era entrata erano i primi giorni di luglio e il sole estivo
splendeva, rendendo le giornate calde e afose. Ormai
l’autunno era alle porta ma quella saletta non era cambiata
quasi per nulla, tranne per le persone che vi sostavano e pregavano per
i loro cari. Molly stava portando un caffè alla sorella di
un ragazzo ricoverato, Robert. Dei figli dell’altro paziente,
l’anziano mago Jeremy, non c’era più
traccia e la porta della sua stanza semi aperta lasciava intravedere il
letto rifatto.
“Che ci fai
qui? Non sei scappata da scuola, vero?” chiese preoccupata la
medimaga, andando incontro ad Alice e appoggiandole un braccio intorno
alle spalle con fare materno.
“No,
io..” iniziò la ragazza, senza sapere bene come
andare avanti. Molly riusciva a metterla in soggezione nonostante la
dolcezza e la gentilezza che metteva in ogni gesto che faceva. Dopo
tutto quella donna era colei che si occupava di Jamie, che faceva in
modo che il suo adorato cugino continuasse a restare in vita.
Dall’altra parte della sala c’era sua madre, il
capo chino tra le ginocchia e l’espressione stanca. Ogni
giorno era sempre più difficile perché le
speranze che James tornasse quello di prima si riducevano sempre di
più.
“Alice..”
la chiamò sua madre, avvicinandosi a lei, cercando di
sorriderle.
“Mamma, mi
vergogno così tanto di me stessa.”
mormorò Alice, gettando le braccia al collo della madre e
stringendola forte. In quel momento la porta della stanza di James si
aprì, e Dorea raggiunse le due donne, attirata dalla voce
della nipote. Dorea, come la cognata, era stupita di trovare
lì la nipote, ma non fece domande.
“Tesoro,
calmati. Raccontaci quel che è successo.” disse
invece la donna, accarezzando la testa di Alice. I suoi occhi erano
scavati e segnati da profonde occhiaie, sembrava non riposasse da
troppo a lungo ma nei suoi occhi si intravedeva la forza della
determinazione che la spingeva a non arrendersi. Doveva credere e
sperare con tutte le sue forze che James ne sarebbe uscito, oppure
sarebbe impazzita.
“Il sogno..
Sono settimane, mesi forse, che sogno James. Non faccio che vedere il
suo funerale. È terribile. Oggi ho perso la calma ed ho
detto delle cose terribili a Lily e Sirius.”
iniziò Alice, mettendo insieme frasi quasi senza senso.
Dorea chiuse gli occhi per qualche istante, quando li riaprì
erano colmi di lacrime. Anche lei aveva sognato spesso il funerale di
James, per poi svegliarsi scossa da terribili spasmi nervosi. Non
poteva perdere anche suo figlio, il suo James, quel bimbo che aveva
tanto desiderato e cullato dentro al suo ventre per nove mesi, e che
era diventato un adorabile peste ed un ragazzo coraggioso con un cuore
grande, sempre disposto ad aiutare tutti.
“Ero molto
scossa, il preside mi ha chiesto se volevo venire qui.”
continuò la ragazza, spiegando la ragione della sua presenza
lì in ospedale.
“Piccola, non
ti preoccupare. Vedrai che i tuoi amici capiranno.” la
rincuorò sua madre. Alice annuì, senza la forza
di aggiungere altro.
“Va da
Jamie..” disse Dorea dolcemente, spingendola verso la stanza
dove riposava il figlio.
Alice esitò
un po’ sulla porta, poi fece forza sulla maniglia ed
entrò.
La stanza sembrava
decisamente diversa rispetto all’ultima volta che
l’aveva vista. Le tende erano state aperte, e i raggi di sole
che filtravano dalla finestra davano all’ambiente un aspetto
meno cupo e tenebroso. Oltre al dolore in quella stanza si riusciva a
percepire almeno un pizzico di speranza. Alice si avvicinò
al letto di James, e si sedette direttamente sul materasso stando
attenta a non toccare nessuno dei marchingegni magici collegati con il
corpo del cugino che vegliavano sul suo riposo.
“Ciao
Jamie.” salutò Alice, stringendo la mano di Jamie
come faceva sempre. Quel contatto le fece venire i brividi, la mano di
James era ancora più fredda di quanto lei ricordasse. Alice
studiò James a lungo, ma non riuscì a intravedere
nulla di nuovo. Nessun miglioramento. Tutto era rimasto come
l’ultima volta che lo aveva visto, come sempre da quando il
ragazzo era stato ricoverato. Il suo volto era sempre tirato e stanco,
quasi stesse combattendo una battaglia più grande di lui, e
non c’era traccia del bellissimo sorriso che le aveva sempre
illuminato la giornata. Molte volte a Hogwarts, quando la giornata
iniziava male bastava un suo sorriso, due parole gentili e
improvvisamente tutto tornava come prima, o forse meglio. Senza di lui
al castello si sentiva sola, persa.
“Ho fatto
ancora quel sogno, sai? Era terribile.” continuò
la ragazza, fissando intensamente gli occhi color nocciola del cugino,
chiusi in un sonno che durava da troppo tempo. Rimase per un
po’ in silenzio, semplicemente fissandolo, poi si accorse che
i suoi occhi lacrimavano, scendendo a bagnare il volto.
“Quando ti
vedo piangere mi sembra che mi ascolti. Perché è
così, vero? Tu capisci ogni cosa che ti dico. Ne sono
sicura.” disse Alice, asciugando delicatamente le lacrime che
solcavano il volto pallido di James. Un sospiro alle sue spalle
comunicò ad Alice la presenza di qualcun altro nella stanza,
proprio alle sue spalle.
“Zia..”
disse Alice, notando la donna che guardava la scena appoggiata allo
stipite della porta, cercando di soffocare le lacrime per non turbare
la nipote e il sonno del figlio.
“Scusa, non
volevo spaventarti. È così bello vedervi insieme,
anche se..” iniziò Dorea, prima di interrompersi a
causa di un’improvvisa crisi di pianto.
“Si
sveglierà.” disse Alice sicura.
“Lo spero
tanto.” mormorò Dorea. Non era mai stata credente,
ma da qualche mese a quella parte il suo tempo libero, quando non era
in ospedale, lo trascorreva in chiesa.
“Io lo so
invece.” disse ancora Alice sorridendo. Le due donne rimasero
per un po’ in silenzio, a fissare il ragazzo che dormiva
profondamente.
“Gli ho letto
tutte le lettere, sai?” sussurrò Dorea, indicando
una grossa pila di fogli ordinatamente impilata sul comodino alla
destra di James. Alice non disse niente e tornò a dedicare
tutta la sua attenzione al cugino.
La ragazza rimase nella
stanza di James per tutta la mattina, tenendogli la mano e
raccontandogli cosa era successo in quei primi giorno di scuola, fino a
che l’orologio sulla parete le ricordò la promessa
fatta al preside di tornare al castello per pranzo.
Salutò Jamie
con il solito bacio sulla guancia, lo abbracciò e
appoggiò la testa sul petto del ragazzo. Alice
notò che il suo cuore batteva in modo regolare, e non
c’era nulla in lui che lasciava trasparire il fatto che
stesse male, tranne che non decideva a riaprire gli occhi.
La ragazza
sospirò e lasciò la stanza. Fuori dalla porta
trovò sua madre seduta ad aspettarla con le braccia
incrociate sul petto.
“Perché
non fai venire anche i suoi amici domenica?” propose la madre
di Alice, rompendo il silenzio che regnava in quella sala
d’aspetto asettica.
“Perché
dovrebbero? Non lo hanno cercato tutta estate, a loro non importa nulla
di James. Sono solo un mucchio di egoisti.” sbottò
Alice, cercando di non alzare troppo la voce.
“Non essere
ingiusta, hanno scritto un mucchio di lettere. Non ricordi?”
sussurrò Dorea, abbozzando a fatica un sorriso e sedendosi
vicino alla madre di Alice. Molly era appena entrata per controllare
James e per somministrargli alcune pozioni.
“Remus forse,
Sirius non merita nulla. Non dopo il modo in cui lo ha
trattato..” rispose Alice decisa, fissando la porta chiusa di
fronte a sé. Le donne si scambiarono uno sguardo di intesa,
prima di tornare a fissare Alice.
“Non pensi
che forse Sirius stia già soffrendo abbastanza per quello
senza che tu lo punisca ancora? È terribile sapere che il
tuo migliore amico è in coma e tu non puoi fare nulla,
nemmeno andare a trovarlo.” ribatté la madre,
saggiamente.
“Lily e
Charleen allora? Dovrebbero venire anche loro?” chiese Alice
alzando di poco la voce.
“Io dico che
chiunque voglia venire dovrebbe essere il benvenuto. Lo so che tu pensi
che siano egoisti e che non vogliano davvero bene a James, ma aspetta
di vederli qui per giudicare.” rispose Dorea, fissando il
muro che la separava dal figlio.
“Forse avete
ragione.” ammise alla fine Alice, poco convinta.
“Non serve
che rispondi ora, ma promettimi che ci pensi.” le chiese sua
madre, quasi supplicante. Alice annuì con un gesto quasi
impercettibile della testa.
“Devo tornare
al castello.” disse poi Alice, salutando le due donne prima
di sparire nel camino.
Quando Frank
arrivò nella Sala Grande per il pranzo rimase stupito di
trovare Alice già a tavola. La sua espressione era
più serena rispetto a quella mattina, e il suo sguardo
triste sembrava più deciso ad affrontare quella terribile
situazione. Era come se qualcosa, o forse qualcuno, le avesse dato
quella forza per andare avanti che la ragazza in quei giorni sembrava
avere perso. Frank si sedette di fianco a lei e le passò un
braccio intorno alla vita.
“Sei stata
dura stamattina a colazione..” mormorò piano Frank
all’orecchio della sua ragazza, prima di stamparle un
dolcissimo bacio sulle labbra. Alice chiuse gli occhi, e
realizzò quanto le erano mancate le tenere attenzioni del
suo ragazzo in quei giorni. Aveva sbagliato ad allontanare tutti,
specialmente il suo Frank.
“Lo so,
Frank. Mi dispiace, soprattutto per Lily.” disse Alice in un
sussurro lasciandosi andare completamente e godendosi quell’
abbraccio.
“Anche Sirius
non si meritava quelle parole, sta già soffrendo
abbastanza.” ribatté Frank con uno sguardo
accigliato.
“Lo hanno
detto anche mia madre e mia zia, sai?” ricordò
Alice, ripensando alla conversazione avuta poco prima con le due donne.
“Quando ci
hai parlato?” chiese Frank, stupito. Aveva immaginato che
dopo la discussione avuta poche ora prima Alice non fosse andata a
lezione, ma decisamente non credeva che fosse andata da sua madre.
“Stamattina.
Silente mi ha convocato nel suo studio dopo la scenata a colazione e mi
ha chiesto se volevo andare a San Mungo. Vedere Jamie mi ha fatto bene,
mi sono calmata e ho capito molte cose.” spiegò
Alice, raccontando a Frank tutti i dettagli di quella mattinata. Il
ragazzo rimase in silenzio per un attimo, indeciso se fare o meno una
domanda.
“Come
sta?” chiese alla fine. La ragazza non rispose subito.
“Il
solito..” disse poi Alice, abbassando lo sguardo. Sapeva che
non doveva farsi illusioni, eppure una parte di lei aveva sperato di
trovare James migliorato, sul punto di svegliarsi.
Proprio in quel momento
gli altri ragazzi entrarono in Sala Grande e si avvicinarono al tavolo,
anche Sebastian era con loro. Lily e Sirius chiudevano il gruppo,
entrambi a testa bassa e con gli occhi rossi. Sembravano persi in un
altro mondo e non facevano caso alle occhiate curiose e maligne che la
gente mandava loro.
“Alice,
grazie al cielo. Eravamo tutti preoccupati, non sapevamo dove ti fossi
cacciata.” esclamò Cristal, quasi saltando al
collo dell’amica. Alice sorrise, e si ritrovò a
pensare a quanto fossero cambiate le cose rispetto all’anno
precedente. Quella terribile tragedia era riuscita a riunire in un solo
gruppo i malandrini, le ragazze, Frank e Sebastian. Se Jamie fosse
stato lì con loro sarebbe stato al culmine della
felicità.
“Lily,
Sirius, mi spiace..” mormorò piano Alice,
guardando negli occhi i due ragazzi.
“Avevi
ragione.” disse Sirius in un sussurro, lasciandosi cadere
seduto su una sedia.
“Lo so, ma
non avrei dovuto urlarvi addosso a quel modo.”
ribatté Alice.
“Possiamo
parlarne, se siete tutti d’accordo.” propose
Charleen sorridendo. Non era arrabbiata con Alice, aveva capito che la
ragazza aveva detto quelle cose perché aveva bisogno di
prendersela con qualcuno e non perché le pensasse veramente.
“Mi sembra
decisamente la cosa migliore.” esclamò Remus,
annuendo con decisione. Parlare di quella situazione serenamente
avrebbe fatto bene a tutti.
“Qui? Mentre
tutti questi avvoltoi ci stanno con il fiato sul collo per sapere che
stiamo dicendo?” commentò Sebastian guardandosi
intorno con astio. Frank sospirò, e pregò
silenziosamente che l’amico non facesse nessuna scenata. Non
aveva nessuna voglia di trattenerlo come aveva fatto quella mattina.
“Stasera, con
calma. Nella stanza dei ragazzi visto che noi nel vostro dormitorio non
possiamo entrare. Che ne dite?” propose Frank guardando gli
amici che annuivano, più o meno convinti.
“Io, avrei
una proposta. Domani è sabato, non ci sono le
lezioni..” iniziò Alice, indecisa se andare avanti
o meno. Sapeva che era la cosa giusta da fare, ma allo stesso tempo era
anche la più difficile.
“Vuoi parlare
ai Tre Manici, di fronte a una burrobirra?” le venne in aiuto
Cristal. Alice scosse la testa, sospirò e prese coraggio.
“No, a San
Mungo. Potremmo andare tutti da Jamie, e parlare
lì..” disse alla fine. Improvvisamente il silenzio
era caduto al loro tavolo. Presi alla sprovvista, nessuno sapeva bene
come rispondere. Da quando avevano saputo di James, tutti loro avevano
desiderato di poter andarlo a trovare, ma non avevano mai osato
chiederlo per paura di un rifiuto della ragazza, specie dopo la
discussione di quella mattina.
“Vuoi davvero
che io mi avvicini a Jamie dopo tutto quello che gli ho
fatto?” chiese Sirius alla fine, dopo quello che parve essere
un tempo lunghissimo. Gli sguardi di tutti erano fissi su Alice, in
attesa di una sua risposta.
“Onestamente?
No, penso che tu e Lily in qualche modo siate responsabili e che non
meritiate di vederlo. Ma in fondo tu sei il suo migliore amico e lei
è la ragazza che lui ha sempre amato, ed entrambi state
già soffrendo abbastanza per quello che è
successo. Vedervi gli farà bene, e farà bene a
tutti. Non ne posso più di tutta questa tristezza. Jamie non
ci vorrebbe così..” disse alla fine la ragazza,
con gli occhi lucidi.
“Grazie
Alice.” rispose Sirius, abbracciandola. Per
l’ennesima volta in meno di una giornata gli occhi del
ragazzo si riempirono di lacrime silenziose.
“Ali, non so
che dire.” mormorò Lily, dopo che Alice si
staccò da Sirius.
“Perdonami
per le mie parole, non volevo ferire né te né
Charleen.” mormorò Alice. Si sentiva davvero molto
in colpa per quelle parole.
“È
tutto a posto.” rispose Charleen sorridendo. Improvvisamente
tutti loro si sentivano più leggeri e rilassati, anche se la
preoccupazione per la salute del loro amico restava.
“Frank,
abbiamo trasfigurazione. Dobbiamo muoverci!”
sbottò tutto d’un tratto Sebastian, notando che la
Sala Grande era ormai quasi vuota e che loro erano quasi in ritardo.
“Arrivo, a
stasera amore mio.” salutò Frank, mandando un
bacio ad Alice.
“Andiamo
anche noi?” chiese Remus, guardando gli amici. Sirius, Peter,
Charleen, Cristal e persino Lily alzarono le spalle. Nessuno aveva
voglia di fare lezione quel giorno.
“Certo, non
voglio fare tardi ad incantesimi.” disse decisa Alice, mentre
sul suo viso compariva un sorriso. I ragazzi si guardarono tra loro,
alzarono le spalle e si diressero a lezione senza farsi troppe domande.
ANGOLO DELL'AUTRICE:
innanzitutto, GRAAAZIE a tutti coloro che leggono, mettono nei
preferiti/seguiti e soprattutto COMMENTANO la mia storia.
a tutti i lettori silenziosi, oltre ai miei ringraziamenti va anche la
preghiera di scrivere qualche riga per dirmi cosa ne pensate. :D
MARTY_ODG: grazie mille per il commento
sono davvero contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto, spero non
mi odierai troppo per la scena in cui Sirius piange. trattandosi di una
fic in cui James è in coma penso che il povero Sirius abbia
davvero poco di cui stare allegro!
anche a me Sirius piace molto come personaggio, in particolare mi piace
soffermarmi sulle sue emozioni cosa che invece ODIO fare con Peter. :D
ROBERT90: grazie mille per il commento
ti chiedo scusa se gli aggiornamenti si sono fatti più radi
rispetto all'inizio, il problema è che i primi capitoli
erano già pronto mentre questi li sto scrivendo "in tempo
reale", quindi va da sè che mi ci vuole un po'
più di tempo. la storia poi è anche in un punto
delicato, per non parlare del fatto che devo pure studiare per gli
esami. insomma, è un casino! spero che porterai pazienza con
me! :D
il capitolo a cui ti riferisci è forse quello a cui ho
dedicato più tempo, quello che mi piace di più
quindi capisco le tue parole. tuttavia spero che la mia storia ti
continui a piacere lo stesso! Alice nello scorso capitolo aveva bisogno
di sfogarsi, ma niente paura, è una persona intelligente e
razionale e si è ha già chieto scusa.
MSMONTANA: grazie mille per il commento
Alice aveva bisogno di sfogarsi e di dare la colpa a qualcuno per
quanto è successo. inoltre, lei sa come James si
è fatto male, gli altri non ancora. fidati di me quando dico
che si tratta di un particolare che ha avuto la sua importanza nelle
parole di Alice.
(sono misteriosa, lo so, ma se ti anticipo tutto poi non hai
più la sorpresa..)
l'incubo di Alice penso sia quello di tutti coloro che hanno un parente
o un amico grave in ospedale.
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Capitolo 7 *** visite e chiarimenti ***
CAPITOLO
6
VISITE
E CHIARIMENTI
Il giorno seguente era
arrivato fin troppo in fretta, senza che i ragazzi se ne rendessero
conto e tutti loro provavano un senso di ansia.
Nessuno sapeva bene cosa avrebbero trovato a San Mungo e ognuno aveva
passato la serata precedente cercando di stemperare la tensione un
po’ a modo suo. Alice, Lily, Cristal e Charleen avevano
passato la serata a parlare come non facevano da un po’, e
tutti i dissapori tra loro erano stati completamente superati. Alla
fine erano anche riuscite a ridere insieme mentre ricordavano i loro
primi anni al castello e le figuracce storiche che avevano fatto con i
professori. Dietro quei discorsi spensierati si celavano
però tutte le loro paure. Charleen era la più in
ansia. Da quando anni prima suo nonno era morto non era più
riuscita a mettere piede in un ospedale senza tremare. Lily, invece,
aveva quasi passato l’intera notte a chiedersi che effetto le
avrebbe fatto vedere James malato, immobile in un letto.
Se chiudeva gli occhi e pensava a lui, Lily vedeva un ragazzo che non
stava mai fermo, sempre con il sorriso sulle labbra, la battuta pronta
e un’aria un po’ strafottente. Persino quando aveva
la febbre James riusciva a combinare guai e a scappare dalle grinfie
dell’infermiera del castello per chiederle un appuntamento.
La ragazza sorrideva tra sé malinconica e pensava che fino a
quel momento lo aveva odiato e si era rifiutata di aver alcun rapporto
con lui proprio per quel suo modo di essere. Proprio per quegli stessi
particolari e per quelle stesse abitudini che ora le mancavano
così tanto.
Tra i ragazzi invece la
tensione era più evidente e Sebastian cercava di stemperarla
facendo più rumore possibile, cercando di scacciare i brutti
pensieri dalla testa degli amici. Inutile dire i suoi sforzi erano
vani. Remus guardava il compagno di casa, e nei suoi gesti e nei suoi
sorrisi riusciva a rivedere un po’ di James. Sicuramente se
fosse stato al loro posto avrebbe trovato il modo di ridere anche di
quella situazione. Sirius era silenzioso e stava per i fatti suoi. Un
paio di volte Peter aveva provato a richiamare la sua attenzione, ma
non c’era stato verso. Solo verso la fine della serata,
quando ormai era molto tardi, il ragazzo si era avvicinato agli amici e
aveva abbozzato un sorriso poco convincente, prima di buttarsi a letto.
La mattina seguente, a
colazione, tutti loro avevano mille domande da fare ad Alice, ma
nessuna voglia di parlare. Si lasciarono guidare dalla ragazza,
obbedienti, prima nell’ufficio della McGranitt e poi lungo i
corridoi del San Mungo, fino alla stanza in cui si trovava James. Fuori
dalla porta trovarono la madre di Alice insieme alla madre di James.
Lily fissò le due donne per qualche istante, poi
abbassò la testa, sentendosi quasi colpevole per il loro
dolore.
“Mamma,
zia..” salutò Alice, avvicinandosi alle due donne.
Quella mattina Dorea Potter aveva una faccia più stanca del
solito, ma trovò lo stesso la forza di sorridere agli amici
del figlio, venuti fin lì per passare qualche ora con lui.
Dorea era molto grata ad Alice per tutto quello che faceva per James, e
sperava con tutto il suo cuore che servisse a qualcosa. Tra i ragazzi
individuò quasi subito Sirius, lo raggiunse e lo strinse
forte a sé per qualche istante, senza dire nulla. Il ragazzo
la lasciò fare, imbarazzato, mentre gli occhi di entrambi si
rigavano di lacrime. Vedere Dorea piangere con il viso segnato dalla
stanchezza rendeva tutto terribilmente reale che ormai era quasi
impossibile pensare che fosse solamente un brutto sogno. Charleen era
sperduta, e si aggrappava con tutte le sue forze a Cristal e a
Sebastian per scacciare i vecchi ricordi dalla sua mente.
“Ci hai dato
retta alla fine, brava.” si complimentò la madre
di Alice, abbracciando la figlia. La ragazza annuì appena,
con un impercettibile movimento del capo, mentre la madre tese la mano
per salutare Frank.
“Noi andiamo
a bere qualcosa, se avete bisogno siamo giù al bar. Va
bene?” aggiunse Dorea, dopo essersi staccata da Sirius.
In quel momento alle
spalle della comitiva comparve Molly, perfetta come al solito nella sua
uniforme bianca.
“Siete
pronti?” chiese sorridendo tranquilla, mentre i ragazzi la
studiavano con attenzione. Doveva fare quel lavoro da anni, si
ritrovò a pensare Remus. James non era certamente il primo
ragazzo che vedeva in coma, chissà quante altre volte si era
trovata davanti gruppi di amici come loro, e quante volte aveva posto
la stessa domanda. Forse per lei quella era la quotidianità
mentre per loro era una situazione nuova che mai si erano aspettati o
avrebbero voluto vivere. Molly continuava a fissarli, in attesa di una
risposta che tardava ad arrivare. Dopo qualche istante i ragazzi
annuirono, ma nessuno di loro pensava di essere davvero pronto per
quello che li aspettava oltre la porta.
Alice fu la prima ad
entrare, tenendo saldamente la mano di un agitatissimo Frank.
La stanza di James era illuminata dalla luce del sole, proprio come
l’ultima volta che la ragazza era stata lì, e
qualcuno aveva anche sistemato dei fiori bianchi sulla finestra.
L’attenzione dei ragazzi fu attirata quasi subito dai poster
e dalle fotografie di ragazzi sorridenti che erano appesi tutto intorno
al letto. In quasi tutte le foto compariva James. C’erano un
sacco di foto dei malandrini, della squadra, di Alice e persino degli
scatti rubati a Lily. Appoggiata alla testata del letto c’era
anche una sciarpa con i colori della loro casa, Grifondoro. Alice si
fermò a guardare sorpresa, chiedendosi quando la zia avesse
portato tutte quelle cose e dandosi mentalmente della stupida per non
averci pensato lei.
“Ciao
Jamie!” salutò poi Alice allegramente, come faceva
sempre entrando in quella stanza.
I ragazzi rimasero per
qualche istante senza fiato a fissare il silenzioso occupante del
letto.
Il saluto della
ragazza, così pieno di vita faceva letteralmente a pugni
rispetto allo stato della persona a cui era rivolto. James era come al
solito immobile nel suo letto, pallido quasi come un fantasma e provato
da tutti quei lunghi mesi a letto, mentre tutti i suoi amici tenevano
lo sguardo fisso su di lui senza sapere cosa fare o come comportarsi.
Alice avvertiva chiaramente lo smarrimento e la confusione degli amici,
e cercò di smorzare quella situazione comportandosi come
faceva sempre. Non voleva che James avvertisse quel disagio, gli
avrebbe fatto solo male.
“Oggi non
sono sola. Sai, ci sono anche i tuoi amici. C’è
anche Remus che ti ha scritto per tutta l’estate, sei
contento?” continuò Alice, avvicinandosi al letto
e stringendo forte la mano del cugino. Remus fece vagare lo sguardo per
la stanza, e notò una grossa pigna di lettere sul comodino,
proprio di fianco agli occhiali da vista dell‘amico. Tra quel
mucchio di carta dovevano esserci tutte le lettere che lui aveva
scritto durante i mesi estivi. Quelle stesse lettere che lui aveva
pensato fossero state buttate.
“Ciao James,
allora le lettere non sono andate perse..” mormorò
piano Remus, cercando di controllare l’emozione della voce e
senza staccare gli occhi dal viso privo di espressione di James. Era
una sofferenza vederlo in quello stato, Remus avrebbe barattato senza
pensarci due volte qualsiasi cosa pur di vederlo sorridere ancora.
“Gliele ho
lette io. Avrei dovuto risponderti, avvertirti, ma non ne avevo la
forza.” spiegò Alice, senza staccare lo sguardo da
James. Di nuovo cadde il silenzio. I ragazzi se ne stavano
lì, immobili, senza riuscire a dire niente. Tutti i
propositi, tutti i discorsi che si erano preparati sembravano lontani,
persi. Sirius era come in trance, la vista dell’amico di
sempre in quelle condizioni aveva soffocato dentro di lui qualsiasi
sentimento. Era come morto. Peter tremava come una foglia, smarrito,
privo di punti di riferimento. Frank aveva lasciato la mano di Alice,
che ora sedeva sul letto del cugino, e stava al fianco di Sebastian,
immobile e impacciato. Cristal piangeva, tenendo la mano di Lily, che
provava un infinito senso di colpa. Charleen invece si sentiva
impotente, esattamente come quando aveva visto il nonno andarsene per
sempre.
“James, mio
dio. È terribile.” biascicò Sebastian.
Improvvisamente l’allegria della sera precedente era
scomparsa, volatilizzata. Se un dissennatore fosse entrato in quella
stanza non avrebbe trovato nessun sentimento felice da portare loro
via. Lentamente, Sirius si avvicinò al letto di James e
crollò in ginocchio al suo capezzale.
“Amico, non
avrei dovuto dirti quelle cose.. Mi spiace..”
mormorò piano Sirius, scoppiando in un pianto disperato. I
ragazzi distolsero lo sguardo, imbarazzati, quasi colpevoli di stare
assistendo ad uno sfogo così privato tra i due amici.
“Sembra quasi
stia dormendo.” osservò Lily, scrutando con
attenzione ogni minimo dettaglio della figura del ragazzo nel letto.
Aveva odiato per anni quel ragazzo, ed ora si sentiva morire dentro
vedendolo così. Era pena quella che provava, o forse
c’era dell’altro?
“Già,
solo.. Non si sveglia..” rispose Alice, asciugando con un
fazzoletto gli occhi di James che avevano preso a lacrimare. Tra i
ragazzi cadde il silenzio.
“Alice,
senti.. Io avrei una domanda. Come ha fatto a..”
iniziò Frank, chiedendosi se era il caso di fare davvero
quella domanda proprio lì, di fronte a James.
“Non si sa
bene.” rispose Alice, intuendo a cosa si riferiva il suo
ragazzo. Sapeva bene che prima o poi avrebbero fatto quella domanda, e
che lei avrebbe dovuto trovare il coraggio di dare loro una risposta.
“Come?”
chiese Peter confuso. Alice sospirò, accarezzando piano il
viso di James.
“Era solo
nella stanza quando è successo.” spiegò
pazientemente Alice, senza staccare lo sguardo nemmeno per un attimo da
cugino. Sirius si ritrovò spiazzato da quelle parole.
“Nella
stanza? Ma Jamie stava bene.. pensavo si fosse trattato di un
incidente.” balbettò Sirius. James era in perfetta
salute, non era possibile che fosse improvvisamente caduto in coma,
doveva essere successo qualcosa. Fino ad ora Sirius aveva semrpe
pensato ad un incidente, una lotta con qualche mangiamorte, un ladro o
qualcosa del genere.
“Infatti,
qualcosa si dovrà pur sapere!” esclamò
Cristal, stringendosi forte a Sebastian.
“Si, ma
è tutto così confuso..” disse Alice
incerta. Sapeva che sapere la verità avrebbe fatto stare
peggio i ragazzi, ma non poteva continuare a tacere. Quel dubbio la
stava torturando, doveva condividerne il peso con qualcuno.
“Un incidente
nella sua stanza?” chiese Remus scettico. La sua mente
correva veloce e stava iniziando a sospettare che ci fosse
dell’altro che Alice non avesse ancora detto loro.
“Ve
l’ho detto.. Non si sa bene.” ripeté
Alice, frastornata.
“Cosa si
sa?” chiese Sirius, deciso a sapere la verità a
qualsiasi costo.
“Lo hanno
trovato in giardino, privo di sensi.. Lo hanno portato a San Mungo ma
era già in coma.” raccontò Alice,
ricordando le parole della zia. Il suo sguardo era fisso sugli occhi
chiusi di James. Silenziosamente stava pregando il cugino di darle la
forza.
“Aspetta,
torna indietro un secondo. Se lo hanno trovato in giardino cosa centra
la sua camera?” chiese Lily stupita. La sua mente aveva
già iniziato a fare dei collegamenti, ma sperava con tutto
il suo cuore di sbagliarsi. La finestra, la stanza, il giardino. Era
tutto così terribilmente ovvio, ma allo stesso tempo
irreale. Non poteva semplicemente essere vero.
“La
finestra.. Era aperta. Camera di Jamie è al secondo piano.
È caduto da lì..” continuò
Alice incerta. La sua voce ora non era più tranquilla come
prima, di colpo era diventata terribilmente triste.
“È
caduto dalla finestra? È assurdo!”
esclamò Sebastian. Alice sospirò. Sperava che gli
amici avessero capito subito, non voleva ripercorrere nei dettagli
quella triste storia di cui sapevano troppo poco.
“Jamie quel
giorno era molto sconvolto, era appena tornato dalla stazione. Si era
chiuso in camera, non voleva parlare nemmeno con sua madre.”
raccontò Alice tristemente.
“Stai dicendo
che James si è.. Buttato giù dalla
finestra?” chiese Charleen, dando voce alla domanda che stava
passando per la testa di tutti loro.
“Non dire
cavolate, James non avrebbe mai..” iniziò Sirius,
senza riuscire ad arrivare in fondo alla frase. La voce gli
mancò all’improvviso. Non poteva essere vero.
Voltò la testa verso l’amico, implorandolo di
svegliarsi per dirgli che non era vero, che non aveva cercato di
mettere fine alla sua vita dopo tutte le sciocchezze che aveva sentito
dire da lui.
“Non si sa se
lo ha fatto apposta, forse ha perso l’equilibrio..”
ipotizzò Alice, mentre due grosse lacrime iniziavano a
bagnarle il viso.
Frank si avvicinò a lei e la strinse forte.
“Come
è possibile?” chiese Remus, sconvolto. Lily,
Charleen e Cristal non riuscivano a parlare mentre Peter ormai era come
diventato invisibile.
“Zia Dorea
dice che era molto sconvolto quel giorno. Non era in
sé.” disse loro Alice.
“Tu cosa ne
pensi?” chiese Cristal, guardando la sua migliore amica
dritta negli occhi.
“Non lo so.
Mi sono domandata molte volte cosa sia accaduto in quella stanza, senza
avere risposta. Ad ogni modo, mio cugino è in coma e sapere
se si è buttato o è scivolato non
servirà ad aiutarlo a svegliarsi.” concluse Alice,
tornando a volgere lo sguardo sul corpo martoriato di James.
I ragazzi rimasero con
James ancora per qualche ora, alternandosi a turno nella stanza. Sirius
aveva chiesto di poter essere il primo e di poter entrare solo. Gli
amici lo avevano accontentato. Quando era uscito dalla stanza sembrava
ancora di più l’ombra di se stesso, ma nessuno
aveva avuto il coraggio di chiedergli nulla. Si era seduto per terra,
appoggiato alla parete con la testa tra le ginocchia, ma si vedeva
chiaramente che la sua mente era altrove. Alice ipotizzò che
avesse passato tutto il tempo parlando con James, aspettando delle
risposte che non erano arrivate, proprio come faceva sempre lei.
Il ritorno al castello
fu per tutti un sollievo, nonostante fosse difficile staccarsi da
James. Tutti loro provavano un senso di delusione e di
inutilità, non si erano fatti illusioni eppure in qualche
modo avevano creduto che la loro presenza avrebbe compiuto il miracolo
che tutti aspettavano da parecchi mesi a quella parte. Una volta tra le
familiari mura della casa di Grifondoro, Sirius e Lily furono i primi a
sparire, ognuno nel proprio rispettivo dormitorio. Saltarono il pranzo,
e non si fecero vedere per tutto il pomeriggio. Verso sera, Remus
decise che l’isolamento di Sirius doveva finire e lo
raggiunse nella loro stanza. Peter lo guardò salire le
scale, per un attimo sembrò quasi che volesse andare con
lui, poi rimase fermo sulla poltrona con gli occhi fissi sul fuoco che
scoppiettava nel camino.
La prima cosa che notò Remus entrando nella loro stanza fu
il buio, e l’alone di tristezza che vi regnava. Sirius era
seduto a gambe incrociate nel suo letto, le mani coprivano il viso e
cercavano di fermare le lacrime. Tutto intorno a lui era il caos
più totale, il ragazzo aveva cercato di sfogare la propria
rabbia devastando completamente la stanza. L‘unica
l‘angolo che si era salvato da quel furioso attacco
d’ira era quello in cui c‘era il letto e la
scrivania di James.
“Sirius..”
chiamò dolcemente Remus, sedendosi vicino a lui. Intorno a
loro c’erano ovunque libri, vestiti e oggetti di ogni tipo,
ma il licantropo non sembrava badarci nonostante fosse da sempre
ossessionato dalla mania dell’ordine. Sirius alzò
la testa e incontrò lo sguardo rassicurante
dell’amico.
“Si
è suicidato a causa mia?” chiese Sirius tra le
lacrime. Remus sospirò e gli si avvicinò ancora
di più. Erano tornati al castello da ore, ma Sirius si era
rifiutato di scendere a mangiare o di parlare con qualcuno. A tutti
diceva che voleva rimanere solo ma gli amici sapevano bene che in
realtà si sentiva in colpa e voleva infliggersi una
punizione per quanto accaduto al suo migliore amico.
“Io non credo
che James fosse in grado di fare una cosa del genere. Lui è
sempre stato forte, coraggioso. Ammazzarsi è da codardi, no?
Lui non lo è mai stato.” spiegò
pazientemente Remus, quasi stesse parlando con un bambino. Sirius
sospirò e si asciugò gli occhi con la manica
della veste. Ormai non aveva quasi più lacrime e non sapeva
più cosa pensare.
“Non avrei
dovuto dire quelle cose. Dannazione, non le pensavo nemmeno.”
imprecò Sirius coprendosi il volto con le mani. Nonostante
provasse a cacciarla con tutte le sue forze quella terribile immagine
era sempre lì, ogni volta che chiudeva gli occhi rivedeva
James in quel letto d’ospedale, solo. Perché il
suo stupido orgoglio gli aveva impedito di tornare indietro quando era
ancora in tempo? Se fosse andato a casa di James qualche mese prima,
come era stato deciso da tempo, forse non sarebbe successo nulla e i
malandrini avrebbero passato quei primi giorni di scuola a progettare
disastri come al solito invece che a piangere un amico in coma.
“Andrà
tutto bene.” mormorò Remus, abbracciandolo.
“No
dannazione, è tutta colpa mia.” replicò
Sirius tra i singhiozzi, liberandosi dalla stretta
dell‘amico.
“Fare
così non lo aiuterà di sicuro.” disse
Remus sicuro, con uno sguardo severo. Sirius sospirò e si
lasciò cadere sdraiato sul letto.
Nella dormitorio
femminile, intanto, si stava svolgendo una scena tragicamente simile.
Nella stanza delle ragazze però, era Lily quella fuori di
sé. Era entrata nella stanza di James insieme a Charleen e a
Sebastian ma non era riuscita quasi ad aprire bocca. L’unico
che era riuscito a dire qualcosa era stato proprio Sebastian che aveva
raccontato all’amico di come fosse stato nominato capitano
della squadra e di come intendesse vincere la coppa per poterla
dedicare a lui. Alla fine, prima di andarsene, Lily si era avvicinata a
James e gli aveva dato un bacio sulla guancia. Dopo lo aveva fissato
per un po’, come in attesa di qualcosa che però
non avvenne, quasi quel suo bacio potesse avere il potere di
svegliarlo.
“Tesoro,
calmati.” supplicò Cristal per la terza volta in
pochi minuti.
Lily era di fronte a lei in preda a una crisi isterica e né
Charleen né Alice sapevano cosa fare.
“Non posso
Cristal. Ti rendi conto?” chiese Lily tra i singhiozzi. Non
riusciva più a sopportare tutta quella confusione che aveva
nella sua testa. Poteva davvero essersi accorta di amare James Potter
proprio quando questi era finito in coma a causa sua?
“Lo so, Lily.
È terribile, ma non è colpa tua.”
rispose Cristal, stringendo l’amica a sé. Starle
vicino era tutto quello che poteva fare per lei in quel momento. Alice
fissava la scena, pensierosa, chiedendosi a cosa fosse dovuta la crisi
di Lily. Non era solo senso di colpa, no, c’era
dell’altro. Che la rossa avesse finalmente capito di provare
qualcosa per James? Alice e Cristal sostenevano da anni che la parte
istintiva di Lily in realtà fosse attratta da James ma che
la parte razionale della rossa l’avesse sempre frenata dal
farlo capire al diretto interessato per paura di soffrire.
“Si
è buttato da una finestra. Da una finestra, capisci?
È tutta colpa mia!” urlò istericamente
Lily, prendendo a pugni il proprio cuscino. Charleen si
avvicinò alla ragazza e cercò di fermarla, per
impedirle di farsi male.
“Non solo
tua, abbiamo sbagliato tutti. Dovevamo capire.” disse Alice,
intromettendosi nella discussione e avvicinandosi all’amica.
Le ragazze si voltarono verso di lei, confuse. Nella parole di Alice
non c’era più traccia della rabbia o del
rimprovero dei giorni precedenti, ma solo una tristezza infinita e allo
stesso tempo una determinazione che le imponeva di non smettere di
sperare.
“Che
dici?” chiese Charleen, passando lo sguardo da Lily, ad Alice
per finire con Cristal.
“Tutti alla
stazione abbiamo visto quanto stava male e quanto era disperato, ma
nessuno ha fatto nulla per lui.” replicò Alice,
porgendo un fazzoletto a Lily e poi prendendone uno per se stessa. La
serata proseguì così, fino a che le ragazze
crollarono addormentate, con gli occhi rossi e gonfi per il troppo
pianto. La mattina successiva si svegliarono più stanche
della sera precedente, e si trascinarono a fatica fuori dalla loro
stanza. Stessa cosa fecero i ragazzi.
A colazione nessuno
parlò, e lo stesso successe a pranzo. Alice rimase nella sua
stanza fino a pomeriggio inoltrato, non aveva voglia di fare niente e
soprattutto non voleva vedere o parlare con nessuno. Voleva rimanere
sola a pensare, senza interruzioni.
Quando la ragazza
finalmente si decise a scendere in sala comune, trovò Frank
mezzo addormentato sul divano, e Sebastian intento a scrivere una
lettera. Alice, stupita, si avvicinò a
quest’ultimo, decisa a non disturbare il sonno del suo
ragazzo.
“Che
fai?” chiese Alice, guardando Seba sconvolta. In sei anni non
lo aveva mai visto alle prese con una lettera. Diceva sempre che la sua
famiglia era babbana, e che i gufi li avrebbero spaventati. In
realtà Sebastian era solo molto pigro, tutti lo sapevano al
castello.
“Secondo
te?” chiese Sebastian, guardandola per qualche istante con
uno sguardo divertito prima di tornare a dedicarsi alla lettera che
stava scrivendo. Alice rimase in silenzio, gli occhi fissi sulla
pergamena.
“Seba.. Ti
conosco da sei anni e non ti ho mai visto scrivere una lettera. Si
può sapere che ti prende?” chiese ancora Alice,
portando le mani sui fianchi in una bizzarra imitazione della
professoressa McGranitt. Il ragazzo la guardò con un misto
di terrore e curiosità, prima di scoppiare a ridere.
“Niente, mi
va di scrivere.” replicò lui, intingendo
nuovamente la penna nell’inchiostro.
“Posso
chiederti a chi?” chiese gentilmente Alice, sedendosi di
fianco all’amico. Sebastian sospirò.
“Alla stessa
persona a cui tu scrivi tutti i giorni..” rispose lui,
guardandola dritta negli occhi. Ad Alice quelle parole bastarono per
capire.
“Grazie.”
fu tutto quello che riuscì a dire. In quel momento Frank si
girò nel sonno.
“Smettila.
Non sono l’unico, sai? Anche il piccolo Peter, Charleen e
Remus.. Li ho visti prima andare alla guferia.”
mormorò lui, impacciato. Alice rimase a guardare
l’amico scrivere, fino a che un debole mugolio le
comunicò che il suo ragazzo si era appena svegliato.
“Sirius e
Lily come l’hanno presa?” chiese Frank senza aprire
gli occhi, con la voce ancora impastata dal sonno.
“Ti riferisci
al fatto che James si è lanciato da una finestra dopo aver
discusso con loro?” chiese Sebastian ironico. Alice rimase
turbata dalla brutalità della frase, ma dovette riconoscere
che fotografava la situazione e che rendeva l’idea di quanto
successo. Almeno per quanto ne sapevano loro.
“Abbastanza
male, quindi.” si rispose Frank mettendosi a sedere e
grattandosi perplesso un orecchio.
Alice si alzò e si portò vicino a lui,
accoccolandosi sulle sue gambe.
“Non siamo
sicuri sia andata così.” replicò Alice,
sospirando.
“Alice, non
mentire. Credi davvero che sia caduto?” chiese Frank,
fissando dritta negli occhi la sua ragazza.
Alice rimase un po’ a pensarci prima di rispondere.
“Non lo
so.” rispose Alice dopo un po’alzando le spalle. In
quei mesi aveva pensato di tutto, e ormai non sapeva più a
cosa voleva credere.
“Mi sento in
colpa.” disse Frank dopo qualche istante di silenzio.
Sebastian lo guardò con aria interrogativa. Senza volere
Frank aveva dato voce al pensiero che in quel momento passava per la
testa di tutti quanti.
“Amore, che
dici..” iniziò Alice, ma fu subito interrotta.
“Ha ragione,
avremmo potuto fare qualcosa per lui.” disse Sebastian,
mettendo la pergamena in una busta su cui aveva già scritto
l’indirizzo.
“Non doveva
rimanere solo, è stata colpa mia.”
mormorò Alice, tornando con la mente a quel pomeriggio
lontano in cui James si era allontanato solo dalla stazione e lei
glielo aveva lasciato fare. In quel momento pensava che avrebbe avuto
tutto il tempo del mondo per parlare con suo cugino, non sapeva ancora
quanto si stava sbagliando.
Il pomeriggio
proseguì senza nuovi avvenimenti, lungo e monotono, e i
ragazzi, malandrini compresi, erano quasi grati che il giorno
successivo riprendessero le lezioni. Il solito tran tran li avrebbe
aiutati a distrarsi un po’.
Quella sera a cena
ricomparve anche Sirius, pallido e provato dagli eventi degli ultimi
due giorni. Nessuno aveva una gran voglia di mangiare, ma tutti si
sentivano obbligati per non dare altre preoccupazioni agli amici.
“Come hai
fatto, Alice?” chiese Sirius all’improvviso
fissando la ragazza. Alice alzò gli occhi dal suo piatto
ancora pieno e incontrò lo sguardo del ragazzo. Sirius
sembrava l’ombra di se stesso, aveva perso parecchi chili,
non dormiva da giorni ed era pallido quasi quanto lei.
“Sirius, non
capisco quello che dici..” rispose Alice, confusa.
“Come hai
fatto a non spaccarmi la faccia appena mi hai rivisto? Come fai a non
odiarmi a tal punto da volermi morto? James sta male per colpa mia,
perché io ho detto una fila di cazzate che nemmeno
pensavo.” si lasciò andare Sirius.
I ragazzi rimasero in silenzio, aspettando con il fiato sospeso la
risposta di Alice che tardava ad arrivare.
“Ha ragione
lui. James ha cercato di uccidersi ed è finito in coma. Non
riesco nemmeno a guardarmi allo specchio, tu come fai a rimanere
così calma?” chiese Lily. Remus si
ritrovò a pensare che era la prima volta che Lily e Sirius
si davano ragione, se James fosse stato con loro avrebbe sicuramente
apprezzato il momento.
“Ho passato
tutta l’estate ad odiare me stessa e voi, specialmente tu e
Sirius. Non vi ho detto nulla perché volevo punirvi, ma
così ho fatto del male solo a Jamie. Forse con la vostra
presenza si sarebbe svegliato subito..” rispose Alice alla
fine, lasciando tutti senza parole.
“Stavi male,
soffrivi.. La tua è stata una reazione
comprensibile.” disse Remus. Alice scosse la testa, decisa.
“Voi siete
responsabili quanto me. Tutti avremmo potuto aiutarlo, ma nessuno lo ha
fatto.” Odiare gli altri, ed odiare se stessi è
inutile. Dobbiamo avere fede.” replicò decisa la
ragazza. I ragazzi rimasero sorpresi da quelle parole, Alice aveva
smesso di incolpare loro e aveva cominciato a riconoscere che la colpa
non era di nessuno, o forse di tutti loro, e che da quel brutto momento
potevano uscirne solamente rimanendo uniti.
“L’unico
che può spiegarci tutto questo è
James.” concluse Frank, infilzando deciso un solitario pezzo
di carne sul suo piatto.
***
“Molly,
corri.” chiamò Beth. Nella sua voce si avvertiva
chiaramente la paura, ma Molly non ci fece caso. La ragazza era nuova
del reparto e probabilmente quella era la sua prima emergenza. La
medimaga sospirò, prima di dedicare la sua attenzione alla
collega.
“Che
c’è?” rispose Molly pacata.
“Novità
in sala uno, muoviti.” esclamò ancora
l‘altra donna, tornando nella stanza da cui era appena
uscita. Molly ci mise qualche istante prima di realizzare: nella sala
uno c’era James.
“James! Che
è successo?” urlò la donna,
precipitandosi nella stanza del ragazzo. Proprio quella sera il ragazzo
era rimasto solo, Molly era finalmente riuscita a convincere la madre a
prendersi un’intera notte di riposo in un vero letto,
promettendole che non sarebbe successo nulla al suo bambino in sua
assenza. James non poteva azzardarsi a morire proprio quella sera. Come
avrebbe potuto dare una notizia del genere a Dorea?
“Penso abbia
appena aperto gli occhi..” rispose Beth con un sorriso che
andava da un orecchio all’altro.
ANGOLO DELL'AUTRICE:
innanzitutto, grazie per aver letto anche questo capitolo della mia
storia.
graaazie mille a chi legge, a chi mette nei preferiti e grazie due
volte a chi commenta! ;D
spero che questo capitolo, che si conclude con l'atteso risveglio di
James, abbia reso felici tutti voi anche se, inutile dirlo, i problemi
non finiscono mica qua..
passiamo ai commenti di quei sette angeli che si sono fermati qualche
istante a dirmi il loro parere!
LILY POTTER 97: grazie mille per il commento!
effettivamente questa è una delle storie di tristi che abbia
mai scritto, forse la più triste in assoluto. deve essermi
venuta in mente in un pomeriggio di pioggia come minimo, ad ogni modo,
ormai l'ho iniziata e voglia portarla fino in fondo! :D sono contenta
che la mia storia ti piaccia e spero che continuerai a seguirla!
ROBERT90: grazie mille per il commento!
innanzitutto, prego. visto che tu sei così carino da
commentare la mia storia mi sembra che sia il minimo che io ti
ringrazi. ;D
beh, in questo momento della storia se i malandrini o gli altri ragazzi
fossero felici e spensierati vorrebbe dire che c'è qualcosa
che non va o in loro, oppure in me che ho descritto una scena assurda.
triste o felice cerco sempre di descrivere situazioni e sentimenti
reali, spero di riuscirci o almeno di andare vicino. spero che questo
capitolo abbia risposto alle tue domande circa l'incidente di James..
naturalmente non posso dirti di più in proposito,
sennò rovinerei tutto. posso solo dirti che vale la pena
seguire la storia per sentire che dirà James in proposito
(anche se non sarà nei prossimi capitoli ma un po'
più in là..).
per quanto riguarda Remus, sono del tuo stesso parere che abbia
sbagliato, ma per la mia storia serviva che anche lui non avesse
parlato con James per tutta l'estate per garantire "l'effetto sorpresa"
durante il banchetto. è una ragione un po' meschina, lo so,
ma che ci devi fare.. esigenze di copione!
VERONICA POTTER MALANDRINA: grazie mille per il commento!
beh, se avessi ucciso per davvero James sarei stata uccisa a mia volta
da tutte le sue fan che penso mi odino abbastanza per tutto quello che
sto facendo capitare a quel poveretto nella mia storia. non prendertela
così con Sirius, alla fine è un essere umano,
è normale fare degli errori. probabilmente pensava di avere
davanti tutto il tempo del mondo per chiarire con James. :D
PECKY: grazie mille per il commento!
James si è svegliato.. ma come starà? ti lascio
con questo mistero, anticipando solo che non sono sadica come tutti
pensano. ;D
MARTY_ODG: grazie mille per il commento!
sono molto felice che l'evoluzione dei personaggi risulti credibile. ti
assicuro che in una storia come questa la parte difficile non
è descrivere gli eventi ma proprio i sentimenti dei
protagonisti in modo reale. :D
LYRAPOTTER: grazie mille per il commento!
eccola qui, l'angelo per eccellenza che commenta tutte le mie storie e
che pensa io sia sadica.. ;D
tranquilla per il mancato commento, a volte questa tristezza fa
deprimere anche me. con il risveglio di James però le cose
andranno meglio, promesso.
finalmente ci sarà anche qualche risata e qualche siparietto
comico.
contrariamente a quello che pensavi James si è
già svegliato, e presto tutti smetteranno di essere tristi..
visto che non sono cattiva? ;D
MSMONTANA: grazie mille per il commento!
mi fa piacere che la litigata sia risultata verosimile, se non fosse
stato così tutto il senso della storia sarebbe andato a
farsi benedire! ;D
il natale mi ha davvero resa più buona, tanto che mi sono
convinta ad anticipare il risveglio di James. Lily piano piano sta
capendo di provare qualcosa per James ma forse non è ancora
pronta ad ammetterlo con se stessa.
ARRIVEDERCI A TUTTI AL PROSSIMO CAPITOLO..
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Capitolo 8 *** amnesia ***
CAPITOLO
7
AMNESIA
La
vita al castello alla fine aveva ripreso a scorrere tranquilla dopo che
i ragazzi erano stati a trovare James. Le giornate erano sempre
più fredde e le lezioni sempre più impegnative ma
nonostante tutto gli studenti andavano avanti, cercando di trovare
qualcosa di cui provare a sorridere.
Il pensiero di James li faceva sentire forti e deboli allo stesso
tempo. Erano preoccupati, ma stavano provando ad investire le loro
energie cercando di essere forti come il loro amico che continuava a
lottare per sopravvivere. Nessuno di loro aveva più parlato
della dinamica dell’incidente ma tutti loro ci avevano
pensato parecchio ed erano giunti alla conclusione che il solo che
potesse spiegare loro tutto era James.
Quel giorno
l’intera casa di Grifondoro era in subbuglio. Chiunque fosse
entrato nella sala comune si sarebbe immediatamente reso conto che
l’aria era tesa e quasi irrespirabile.
Sebastian era seduto di
fronte al camino, lontano da tutto e da tutti, bofonchiando frasi senza
senso che nessuno riusciva a capire. Sirius era seduto a pochi passi da
lui, ogni tanto gli lanciava un’occhiata preoccupata, poi
scuoteva la testa guardandosi bene dal chiedergli come stava.
Aveva imparato sulla sua pelle che disturbare un capitano preoccupato
per le sorti della propria squadra poteva risultare decisamente
pericoloso. Ricordava ancora fin troppo bene le discussioni che aveva
avuto con James proprio per quel motivo l' anno precedente.
Proprio in quel momento
Lily, Cristal, Charleen e Alice entrarono nella sala comune, e si
guardarono intorno alla ricerca dei ragazzi. Remus e Peter stavano
giocando a scacchi mentre Sirius e Frank assistevano, cercando di
tenersi il più possibile a distanza da Sebastian. Persino
Frank non riusciva più a riconoscere il proprio migliore
amico.
“Che gli
prende?” chiese Lily, guardando Sirius e Frank senza capire.
Non aveva mai visto Sebastian così preoccupato. I riccioli
scuri gli ricadevano disordinati sul viso imbronciato, era veramente
buffo. Sembrava avercela con il mondo, e non si degnò
nemmeno di salutare le ragazze. Anzi, forse non le aveva proprio
sentite entrare preso com’era a studiare un foglio di carta
sul quale si muovevano dei punti colorati.
“Lascia
stare, è intrattabile.” spiegò Frank
lanciando una rapida occhiata esasperata al suo migliore amico.
Il giorno prima la professoressa McGranitt aveva convocato lui,
Sebastian e Sirius nel suo ufficio per scegliere il nuovo capitano
della squadra. Sirius e Frank si erano subito tirati indietro, non si
sentivano all’altezza di sostituire James. La professoressa
però non aveva capito, si era arrabbiata moltissimo, li
aveva accusati di non tenere alla propria casa e di volere la sconfitta
di Grifondoro. I ragazzi erano rimasti a sentirla urlare per quasi
un’ora, Sebastian alla fine era stato costretto ad accettare
l’incarico anche se sembrava che l’avesse preso un
po’ troppo sul serio.
“Si
può chiedere come mai?” chiese Charleen, sperando
che almeno Sirius fosse in grado di dare loro una spiegazione. Sirius
si voltò verso le ragazze e fissò a lungo
Charleen. Era ancora più bella del solito. I suoi lunghi
capelli erano raccolti in una coda di cavallo che faceva risaltare i
lineamenti del suo bel viso.
“La
squadra.” rispose il ragazzo, sospirando. Da quando Sebastian
era stato nominato capitano al posto di James il nuovo incarico lo
aveva reso insopportabile, un dittatore.
Il quidditch era diventato il suo pensiero fisso.
Il suo primo gesto da
capitano era stato organizzare le selezioni per la squadra che si erano
svolte proprio quella mattina. Avevano passato ore ed ore sotto la
pioggia, a vedere ragazzi di tutte le età ma ancora
Sebastian non sembrava soddisfatto, sembrava cercare la perfezione
assoluta.
“Ancora alle
prese con le selezioni?” chiese Remus, distraendosi dalla
partita per guardare Sebastian sfogliare ossessivamente un grosso
mucchio di fogli che dovevano contenere i dati degli aspiranti
giocatori. Peter approfittò della distrazione
dell’amico per spostare di qualche casella la sua
torre, sperando di non essere notato.
“I battitori
non si trovano, del cacciatore non parliamo neanche..”
spiegò Frank, deluso. Fare parte della squadra ormai era
più un obbligo che un divertimento, non c‘era
nulla che andava bene. Negli anni passati era stato diverso, si era
sempre divertito sia agli allenamenti che nelle partite ma qualcosa gli
diceva che tutto era cambiato, e che per quanti sforzi facessero erano
destinati a fare una brutta figura. Come potevano pretendere di battere
la squadra di Serpeverde, che aveva come cercatore Regulus Black?
“Pensavo si
fossero presentati in tanti.” esclamò Lily
sorpresa. Aveva visto la lista di persone che si era prenotata per il
provino ed era rimasta stupita da quanto era lunga. Era incredibile che
non ci fosse nessuno all’altezza tra tutta quella gente.
Frank sospirò e poi scosse la testa.
“Si ma
nessuno è abbastanza bravo.” disse Sirius,
anticipando il portiere e guardando tristemente Sebastian.
Poteva capire benissimo la frustrazione del suo capitano, ma non
c’era molto che potessero fare.
Alice
sospirò. Nessuno di loro aveva veramente voglia di giocare
quell’ anno, anche lei aveva seriamente pensato di ritirarsi.
Ne aveva anche parlato con Frank qualche giorno prima, ma il ragazzo le
aveva fatto cambiare idea. Giocare li avrebbe aiutati a distrarsi, e
avrebbe anche evitato loro di discutere con Sebastian. Il ragazzo aveva
dato per certa la loro presenza e deluderlo poteva rivelarsi molto
pericoloso.
Alice era entrata in squadra l’anno precedente, come
cacciatrice, ma in breve tempo era diventata la mascotte della squadra.
“Nessuno
è come James..” commentò Alice
tristemente. Anche Seba sembrava essere della stessa idea, tanto che
aveva rinunciato in partenza a cercare un altro cercatore. Aveva detto
che avrebbero preso un cacciatore e che uno di loro avrebbe sostituito
James, momentaneamente. Sembrava convinto che James sarebbe tornato e
che avrebbe reclamato il suo posto in squadra. Anche se
l’idea sembrava assurda nessuno di loro aveva protestato.
Sirius aveva solo chiesto di cambiare i battitori, perché
uno di quelli dell’anno precedente lo aveva quasi ucciso,
colpendolo in testa con la mazza durante una partita.
“I
cacciatori?” chiese Charleen, curiosa di sapere chi avrebbe
fatto parte della squadra.
“Gli stessi
dell’anno scorso, Seba, Alice e Sirius.”
elencò Frank, annoiato. Lily notò che non
c’era traccia dell’entusiasmo che aveva li aveva
sempre contraddistinti. Gli anni precedenti prima e dopo ogni partita
c’erano grandi feste nelle quali i membri della squadra erano
portati in trionfo.
Riuscire a giocare era considerato un onore, e tutti facevano a gara
per farsi notare da James ed essere scelti. Durante i pranzi e le cene
poi, soprattutto quando le partite si avvicinavano non c’era
verso di sentire parlare d’altro che di boccini, pluffe e
bolidi. Proprio
in quel momento Sebastian comparve alle spalle dei ragazzi,
spaventandoli.
“Charleen
senti, sei ancora disponibile a giocare?” chiese Sebastian,
scrutando attentamente la ragazza.
Quelle parole stupirono Charleen, tanto che ci mise qualche secondo
prima di rispondere.
“Pensavo che
i cacciatori li avessi.” esclamò la ragazza
ricordando le parole che Frank aveva detto poco prima. L’anno
prima aveva tentato il provino, ma era stata scelta Alice al suo posto
e lei era rimasta delusa. I primi tempi aveva persino smesso di parlare
con l’amica, accusandola di essere stata scelta solo
perché era la cugina del capitano. Cristal e Lily avevano
provato a farla ragionare, ma lei non aveva voluto sentire ragioni. Era
troppo testarda. Avevano fatto pace solamente dopo la prima partita,
quando Charleen aveva visto volare Alice e si era resa conto che era
veramente più brava di lei.
“Si, ma
pensavo di far giocare Alice come cercatrice. Che ne pensi?”
chiese ancora Sebastian, passando lo sguardo da Charleen ad Alice. La
ragazza ricambiò lo sguardo stupita. Decisamente non si
aspettava una proposta del genere. Pensava che sarebbe toccato a Sirius
prendere il posto di James.
“Non so se
sono all’altezza.” disse Alice, incerta. Sostituire
James era una responsabilità troppo grande e lei non sapeva
se era davvero in grado di farcela o meno. I cercatori delle altre
squadre, specialmente Regulus, erano in gamba e tenere loro testa non
sarebbe stata un’impresa semplice. Inoltre, una parte di lei
non voleva sostituire il cugino. Era la stessa parte di lei che si
aspettava che da un momento all’altro James entrasse dalla
porte e dicesse loro che stava bene.
“Puoi
farcela, nessun altro è abbastanza bravo.”
esclamò Sirius deciso, abbozzando un timido sorriso. Frank,
alle spalle del ragazzo, annuiva convinto. Dopo James, Alice era la
migliore per quel ruolo. Non per nulla i due erano cugini. Alice
sospirò, poco convinta.
“Ci posso
provare.” disse alla fine Alice. I compagni di squadra
esultarono e si misero a parlare della vittoria che li aspettava.
“Brava,
così si parla.” esclamò Cristal, dando
una pacca sulle spalla all’amica. Alice non disse nulla,
rimase in silenzio a guardare le facce felici dei compagni.
“Allora
Charleen, per te va bene?” chiese Sebastian, fissando
Charleen che era rimasta zitta.
“Si,
ma..” balbettò Charleen, ancora incerta se
accettare o meno. Seba era riuscito a coglierla di sorpresa.
Anche lei, come Alice poco prima, non si sentiva all’altezza
ma Sebastian non sembrava fare caso ai sentimenti della ragazza.
“Sei in
squadra!” affermò deciso il ragazzo, dirigendosi
verso la propria stanza, ignorando le proteste della ragazza. Remus si
voltò verso la Charleen e le fece i complimenti, mentre
Peter ancora una volta ne approfittava per barare.
“Aspetta, non
ho ancora detto di si.” protestò Charleen, ma il
ragazzo parve non sentirla. Era già sparito oltre le scale.
“Gli
allenamenti sono domani alle sette, dopo le lezioni.”
comunicò Sebastian da lontano ad alta voce, in modo che
tutti sentissero. I ragazzi interruppero i festeggiamenti per qualche
istante, giusto il tempo di rispondere al loro capitano, poi ripreso a
fare più rumore possibile mentre i ragazzi più
piccoli li guardavano ammirati e spaventati allo stesso tempo.
“Dannazione!
Ma fa sempre così?” sbuffò Charleen
arrabbiata, lasciandosi cadere su una poltrona con le braccia
incrociate.
“Anche
peggio.” sospirò Frank, tornando a guardare la
partita di Remus e Peter che nel frattempo era proseguita. Nonostante
le distrazioni di Remus, la partita si stava mettendo male per Peter.
Il ragazzo era quasi con le spalle al muro, come sempre quando
giocavano a scacchi.
“Benvenuta in
squadra.” si congratulò Sirius, dando una pacca
sulle spalla alla ragazza.
Tutta la casa di
Grifondoro continuò a parlare dei nuovi acquisti della
squadra fino all’ora di cena. Alcuni erano scettici,
pensavano che senza James fosse impossibile vincere il campionato delle
case. Altri invece erano più ottimisti, e si fidavano
ciecamente delle scelte del nuovo capitano. Anche nei corridoi che
conducevano alla Sala Grande c’era molto movimento e Lily lo
osservava, curiosa. Quando raggiunse l’ingresso della Sala vi
trovò la professoressa McGranitt che si guardava intorno,
quasi cercasse qualcuno. La ragazza non si stupì, non era
certo la prima volta che la donna aspettava qualcuno per sgridarlo o
punirlo.
Quando notò
Lily, le si avvicinò immediatamente. La ragazza
osservò che il viso della donna era teso, preoccupato.
Prima che Lily ebbe il tempo di chiederle se stava bene, la donna
parlò.
“Signorina
Evans, posso chiederle un favore?” chiese la professoressa
McGranitt con il consueto tono severo che fece sobbalzare Lily. Quella
donna aveva lo strano potere di mettere in soggezione chiunque e di far
sembrare ogni parola un rimprovero, persino quando si aveva la
coscienza pulita.
“Certo
professoressa McGranitt, mi dica.” rispose Lily, cortese e
sorridente come al solito.
“Puoi portare
questa ad Alice?” chiese ancora la donna, porgendo alla
ragazza una lettera.
Lily guardò perplessa la busta bianca che la donna teneva in
mano, era molto curiosa, ma non fece nessuna domanda.
“Certo.”
disse la ragazza, leggermente stupita. La professoressa
ringraziò e poi si allontanò verso il tavolo
degli insegnanti mentre Lily raggiungeva gli amici nella Sala Grande.
Alice, Cristal,
Charleen, Frank, Remus, Sirius e Peter erano già seduti da
un po’ ed aspettavano Sebastian e Lily per iniziare a
mangiare.
Il ragazzo
arrivò per primo, più sorridente che mai.
“Sera a
tutti.” salutò Sebastian sedendosi al tavolo. Sul
suo viso non c’era più traccia di tensione. Era
tornato ad essere il solito vecchio Sebastian di sempre.
“Come mai sei
così felice?” chiese Frank, fissando
l’amico con un’espressione incredula. Solo qualche
ora prima il suo migliore amico somigliava alla caricatura di un
pericoloso serial killer psicopatico, ed ora sembrava tornato normale.
Frank si chiese cosa avesse avuto il potere di compiere quel miracolo.
“Trovato i
battitori?” provò ad indovinare Charleen,
sorridendo.
“Esatto
bambina.” rispose Sebastian, servendosi una generosa porzione
di arrosto e passando il piatto a Frank.
“Chi
sono?” chiese Alice, curiosa, anticipando gli altri ragazzi.
Sirius quando sentì che si parlava di battitori si fece
più attento.
“I fratelli
Brawn. Simon e Luke, uno sta al terzo e l’altro al quarto
anno. Non sono eccezionali ma se la cavano.”
spiegò Sebastian con la bocca piena, beccandosi
un’occhiataccia da Frank. Di tutti quelli che si erano
presentati quei due erano certamente i migliori. Non erano il massimo
ma volavano bene ed erano affiatati tra loro, e soprattutto erano
perfettamente in grado di distinguere la testa di un compagno da quella
di un avversario.
“Speriamo
bene, non ho proprio voglia di prendere un altro bolide in testa come
l’anno scorso. Ricordo ancora il male..”
sospirò Sirius, massaggiandosi la testa. Tutti i presenti
ricordarono la scena e si misero a ridere. Sirius era stato colpito da
un bolide lanciato da un battitore di Grifondoro ed era caduto a terra
come un sacco di patate proprio mentre James prendeva il boccino.
Tuttavia, per qualche inspiegabile motivo tutto il castello non aveva
guardato l’abile mossa del cercatore di Grifondoro ma la
spettacolare caduta del cacciatore. Tutta la scuola non aveva fatto
altro che parlarne per settimane. Sirius aveva perso i sensi e si era
risvegliato solo qualche ora dopo in infermeria dove il battitore gli
aveva spiegato timidamente che lo aveva colpito perché lo
aveva scambiato per il cacciatore avversario. Sirius aveva provato a
strozzarlo, ma era troppo debole ed era stato costretto a rinunciare.
Sebastian e Frank gli erano venuti in aiuto ed avevano fatto in modo
che il ragazzo fosse inseguito dalla sua stessa mazza da battitore. Il
ragazzo era disperato e aveva dovuto scongiurarli in ginocchio
perché rimuovessero l’incantesimo.
“Che centra,
Mark era un idiota.” esclamò Frank, cercando di
consolare l’amico.
“Infatti
è fuori dalla squadra.” fece notare Sebastian. Era
stato James stesso ad allontanarlo, subito dopo la fine della partita
prima ancora che Sirius si svegliasse. Mark aveva provato a presentarsi
alle selezioni ma Sebastian lo aveva subito scartato senza nemmeno
fargli fare il provino. Il ragazzo aveva insistito per un
po’, poi si era arreso.
“Dai Sirius,
non eri tu quello che diceva che chiunque sarebbe stato meglio di
lui?” chiese Remus, facendo tornare il sorriso
all’amico. Sirius annuì, decidendo di pensare in
positivo.
Proprio in quel momento
Cristal vide Lily parlare con la professoressa McGranitt e poi
raggiungerli. La ragazza salutò e si sedette tra Charleen e
Alice, come faceva di solito anche se la sua espressione era strana,
turbata.
“Lily, che
voleva quella vecchia acida da te?” chiese Cristal curiosa.
La McGranitt era famosa per aspettare gli studenti che voleva sgridare
sulla porta della Sala Grande.
“Se si mette
a sgridare anche lei siamo finiti, per noi non c’è
più speranza.” mormorò rassegnato
Sirius. Lily sorrise e scosse la testa.
“Mi ha
chiesto di portare questa ad Alice.” spiegò la
rossa, porgendo la lettera che aveva ricevuto dalla professoressa ad
Alice. La ragazza prese la lettera, sospettosa.
“Una lettera?
È strano, la posta arriva di mattina.”
commentò Charleen ad alta voce.
Immediatamente
calò il silenzio, le lettere che arrivavano fuori orario
erano solo quelle che portavano notizie urgenti, di solito brutte.
Anche James ne aveva ricevuta una l’anno precedente, e subito
dopo era stato convocato nell’ufficio del preside con Alice,
dove aveva scoperto che suo padre era morto.
“Oh mio
dio.” esclamò Alice, impallidendo
all’improvviso. Solamente sua madre avrebbe potuto scriverle,
e per una ragione solamente.
Doveva certamente trattarsi di qualcosa che riguardava James.
“Che ti
prende Alice?” chiese Frank, preoccupato. Il viso della
ragazza cominciò a rigarsi di lacrime e il portiere si
affrettò ad abbracciarla.
“È
di mia mamma.. Jamie..” balbettò la ragazza,
riconoscendo la calligrafia della madre.
Tra i ragazzi cadde il
silenzio, nessuno osava parlare. Che si poteva dire? Forse quella
lettera portava brutte notizie.
“Avanti,
aprila..” la incoraggiò Sebastian, parlando per
primo. Alice sospirò e cercò con lo sguardo gli
amici. Tutti erano di colpo diventati pallidi e silenziosi.
“Non ce la
faccio, puoi aprirla tu?” implorò Alice rivolta a
Frank. Il ragazzo esitò, spaventato.
Non riusciva a sopportare l’idea di essere colui che avrebbe
potuto portare ad Alice la notizia più brutta della sua vita.
“Da qua,
faccio io..” disse Sebastian, strappando la lettera di mano
ad Alice ed aprendo la busta. Frank lanciò
all’amico uno sguardo carico di gratitudine. La prima cosa
che saltò all’occhio a tutti i presenti era la sua
lunghezza. Sirius era diventato un pezzo di ghiaccio, Remus non
riusciva nemmeno quasi più a sentirlo respirare mentre Peter
singhiozzava.
“È
troppo corta.” disse Alice guardando terrorizzata quel pezzo
di carta. Quando una lettera non va oltre le dieci righe, di solito non
può che portare brutte notizie. Questo era quello che aveva
sempre pensato, una sorta di legge non scritta ma che si sbagliava di
rado.
“Alice devi
stare calma e smettere di piangere.” disse Cristal,
abbracciando l’amica per farle forza. Alice
sospirò e chiuse gli occhi, rassegnata.
“Jamie..”
sussurrò la ragazza, scoppiando a piangere. Sebastian annui,
poi si schiarì la voce.
“Da ieri sera
gli strumenti hanno registrato dei cambiamenti. I medimaghi lo hanno
monitorato tutta notte, stamattina sembrava che fosse tornato tutto
come nei giorni scorsi ma..” lesse il ragazzo con voce
tremante.
“Ma cosa,
dannazione parla.” esclamò Sirius, battendo forte
il pugno sul tavolo e facendo sussultare Peter.
Remus portò un braccio intorno alle spalle
dell’amico, cercando di calmarlo.
“Stamattina
ha cominciato a reagire. Nel primo pomeriggio ha aperto gli
occhi.” finì di leggere Sebastian a voce molto
bassa. Solamente Alice riuscì a sentire quelle parole.
“Dici
davvero?” chiese Alice fissando dritta negli occhi Sebastian.
Il ragazzo annuì di nuovo.
La ragazza
abbassò la testa, poi iniziò a piangere senza
preoccuparsi del fatto che si trovava in Sala Grande e che tutta la
scuola la stava guardando.
Suo cugino stava finalmente bene, e tutto il resto di colpo perdeva di
senso.
“Che sta
succedendo?” chiese Sirius, spazientito. Il rumore della Sala
Grande aveva coperto che ultime parole di Sebastian. Gli altri ragazzi
erano rimasti interdetti dalla reazione di Alice, senza riuscire a
capire se fosse quel pianto fosse dettato dalla disperazione o dalla
felicità.
“Leggi tu
stesso.” rispose Alice, passando la lettera al ragazzo.
Sirius prese la lettera e iniziò a leggere, avido di sapere
come stava l’amico. Quando arrivò alla fine
sbiancò.
“Jamie..”
mormorò Sirius scoppiando a piangere. Piangeva e rideva
insieme Sirius, il suo cuore era di colpo diventato più
leggero alla notizia che suo fratello si era svegliato.
“Insomma,
qualcuno spiega anche a noi?” chiese Charleen, infastidita.
Lily annuì, cercando con gli occhi Sebastian,
l’unico rimasto abbastanza lucido da poter fornire
spiegazioni.
“Le lettera
dice che non è ancora del tutto cosciente e che è
molto debole, ma che si è svegliato.”
spiegò Sebastian sorridendo. Charleen rimase con la bocca
aperta, troppo emozionata per dire qualsiasi cosa, mentre Lily sentiva
qualcosa dentro di lei esultare.
Alice piangeva stretta
tra le braccia di Frank. Remus e Peter facevano del loro meglio per
calmare un esagitato Sirius, che era passato dal piangere a dirotto al
saltare sul posto ringraziando tutti i santi magici che conosceva.
Di colpo tutta la Sala
Grande era diventata silenziosa, attenta a quello che succedeva al
tavolo di Grifondoro anche se nessuno di loro riusciva a capire. Solo
il preside sapeva, e guardava i suoi ragazzi estasiato, dimenticando
per qualche momento il pensiero della guerra che incombeva fuori dalle
mura del castello.
Nel frattempo a San
Mungo Dorea e Fanny aspettavano impazienti che i guaritori si
decidessero a dire loro qualcosa. Molly era insieme alle due donne,
cercando di portare loro conforto. Inutile dire che la più
scossa era certamente Dorea.
Dopo tutti quei mesi a vegliare il figlio non sopportava
l’idea di essere stata allontanata dalla sua stanza proprio
nel momento del suo risveglio.
“Dorea, vuoi
un bicchiere d’acqua?” chiese Molly, cercando di
fare calmare la donna. Riusciva a comprendere la frustrazione della
donna, ma sapeva anche quanto fosse importante rispettare le procedure.
James si era svegliato, ma bisognava controllare che tutti i valori
fossero in regola, specie dopo un coma così lungo.
“No
dannazione, voglio andare da James. Perché ci mettono
tanto?” esclamò Dorea, molto vicina ad un
esaurimento nervoso.
“Sta calma,
è la prassi. Devono visitarlo e accertarsi che stia
bene.” spiegò la cognata, stringendo forte a
sé la donna.
Anche lei era molto agitava, ma cercava di non darlo a vedere per
calmare Dorea.
“Si
è svegliato, deve stare bene..” mormorò
Dorea tra le lacrime, nascondendo il viso tra le mani. Fanny
sospirò.
“Molly, ci
sono notizie?” chiese la donna, sperando che si sapesse
qualcosa. Molly scosse la testa, spiacente. Era stata lei a chiamare
Dorea e Fanny nel cuore della notte. Le due donne si erano precipitate
a San Mungo, temendo il peggio, ed invece avevano scoperto che James si
stava svegliando. L’emozione e la felicità
iniziale però ben presto avevano lasciato il posto alla
frustrazione per la lunga attesa a cui erano costrette. Ormai erano
passate molte ore, era quasi scesa nuovamente la sera ed ancora non
c‘erano notizie.
“Devi
pazientare ancora un po’, stanno cambiando le fasciature al
braccio.” spiegò Molly dolcemente. Nella caduta
James si era provocato molte ferite oltre al trauma alla testa, la
più grave era quella al braccio e nonostante i quattro mesi
di cure non era ancora guarita.
Avevano provato molte
pozioni, ma non c’era stato nulla da fare. Di tanto in tanto
la ferita si riapriva e riprendeva a sanguinare. Fortunatamente non era
una cosa grave, ma comportava che James dovesse essere medicato spesso.
“Ma sta bene,
vero?” chiese ancora Dorea, in ansia. Era ormai la sesta
volta che faceva la stessa domanda.
“È
sveglio, ma è confuso. Non sa dove si trova..”
rispose Molly dolcemente, ripetendo quello che aveva detto poco prima.
“Posso andare
da lui?” implorò Dorea, afferrando il braccio di
Molly. La guaritrice incontrò lo sguardo della donna, e non
riuscì a trovare il coraggio per dirle di No.
“Immagino sia
inutile dirti di No..” esclamò Molly sorridendo.
Dorea rimase stupita da quelle parole, ma non disse nulla.
La donna bussò alla porta e una donna in camice bianco si
affacciò nel giro di qualche secondo.
“Per favore,
falla entrare.” disse Molly, indicando Dorea. La guaritrice
studiò la donna per un po’ prima di rispondere.
“Va bene, ma
solo lei.” rispose la donna, severa, rientrando nella stanza.
Dorea si voltò verso Fanny, a pochi passi da lei.
“Io avviso
Alice.” disse la cognata, sorridendo ed infondendole molto
coraggio con quelle semplici parole.
Dorea prese fiato e si
avvicinò al letto del figlio. James era sdraiato come al
solito, gli occhi erano ancora chiusi ma si percepiva chiaramente che
il ragazzo era sveglio.
La donna rimase per un po’ a guardare il figlio dormire,
incantata, poi si riscosse.
“Jamie!”
chiamo Dorea piano non appena gli fu vicina. Non appena
sentì la voce della donna, James cercò di aprire
gli occhi. Si guardò intorno appena poi li chiuse di nuovo,
quasi quel semplice gesto avesse assorbito tutte le sue energie.
“È
la madre?” chiese il mago che si stava occupando di lui,
senza nemmeno voltarsi.
“Si, sono io.
La prego dottore mi dica qualcosa.” implorò Dorea,
con voce tremante.
James si
agitò di nuovo non appena sentì la voce della
madre. Cercò di muovere una mano ma il dolore lo
investì, inaspettato.
“Venga avanti
signora.” la invitò il dottore, tornando subito
dopo a dedicare tutte le sue attenzioni a James che si lamentava
debolmente. Dorea lo guardava con le lacrime agli occhi e
sentiva male per lui. Il suo bambino era di nuovo sveglio, ma era anche
così debole ed indifeso che faceva fatica a riconoscerlo.
Non lo aveva mai visto in quelle condizioni.
“Dove
sono?” riuscì a dire James, confuso, dopo qualche
tentativo. Sentire di nuovo la voce del figlio tranquillizzò
Dorea.
Era molto flebile, si sentiva appena, ma era una prova tangibile che il
suo James stava di nuovo bene, che c‘era.
“James, ti
trovi a San Mungo.” spiegò il dottore. Il suo tono
era gentile e trasmetteva sicurezza.
Le parole dell’uomo sembrarono avere effetto su James, che si
calmò quasi subito e smise di agitarsi.
“Ti fa male
qualcosa?” chiese Dorea, preoccupata, prendendo una mano del
figlio tra le sue.
“La testa..
Credo.. E il braccio anche..” rispose James in un sussurro.
Le mani che stringevano la sua erano calde, e gli trasmettevano forza e
amore.
“È
normale, hai preso una bella botta. Ora bevi questa, poi
andrà un po’ meglio.” lo
esortò il dottore, avvicinando al viso del ragazzo una fiala
contenente una pozione di un accesso blu elettrico. Il ragazzo
aprì gli occhi e lanciò una debole occhiata al
contenuto della fiala.
“Fa come dice
il dottore tesoro.” disse Dorea, accarezzandogli la mano
fasciata. James aprì la bocca e lasciò che la
madre lo aiutasse a bere. Era troppo debole anche per deglutire, e per
qualche istante Dorea temette che il contenuto della fiala gli andasse
di traverso.
“Ascolta
James, ti ricordi cosa è successo?” chiese il
dottore non appena questi ebbe finito di bere tutta la pozione. James
aprì piano gli occhi e mise a fuoco il dottore.
“No..
Io..” balbettò James, guardandosi attorno. Nulla
di quello che vedeva gli era familiare, non sapeva dire dove si
trovasse. Sicuramente non doveva trattarsi di casa sua.
“Non fa
niente, non sforzarti. Ricorderai con calma.” disse il
dottore, mentre scriveva qualcosa sulla cartella.
“No,
io..” balbettò ancora James, debolmente.
“James, non
sforzarti. Sta calmo, va tutto bene.” cercò di
tranquillizzarlo Molly.
“Non ricordo
nulla..” concluse James. Quelle parole attirarono
l’attenzione del medico, delle due guaritrici e di Dorea.
“È
normale, capita molto spesso di non ricordare l’incidente
dopo forti traumi alla testa.” spiegò il dottore
sorridendo.
“No, io non
ricordo niente. È tutto nero.” disse James. Quelle
parole gelarono tutti i presenti.
“Che vuol
dire che non ricordi nulla?” chiese Dorea, allarmata.
“Signora per
favore stia calma o la devo allontanare.” la
ammonì il dottore, preoccupato di non agitare James
ulteriormente.
James provò ad aprire la bocca per spiegarsi ma non ne
uscì nessun suono.
“Dimmi James,
sai dirmi che giorno è oggi? Va bene anche solo il
mese.” chiese il dottore, cercando di non sforzarlo troppo.
Il ragazzo aveva affrontato molte emozioni nelle ultime ore, ed era
ancora troppo fragile per sopportarne altre senza troppi danni.
“No, non so..
Luglio forse.” provò a rispondere James. La
risposta sembrò piacere al dottore. Il ragazzo era andato in
coma a luglio, e non poteva certo sapere di avere dormito per quasi
quattro mesi. Dorea era silenziosa e respirava a fatica.
“Cosa hai
fatto il mese scorso?” chiese ancora il dottore, puntando una
luce negli occhi di James.
“No, non
ricordo.” disse James, spaventato. Nella sua testa non
c’era nulla, solo un grande buco nero che lo confondeva.
“Quando
è il tuo compleanno?” chiese ancora il dottore,
attento alle reazioni del ragazzo.
“Non lo
so.” rispose James, scuotendo la testa.
“Riconosci la
signora che ti sta tenendo la mano.” provò a
chiedere il dottore indicando la madre del ragazzo. James
alzò gli occhi su Dorea, e scrutò a lungo la
donna che non lo aveva lasciato. Quella stretta gli trasmetteva
sicurezza, ma il suo viso era sconosciuto.
“Il suo viso
è familiare ma.. No, non ricordo.” rispose James,
gettando Dorea nella disperazione più nera. Era come essere
un incubo. Suo figlio si era svegliato, ma non ricordava più
nulla. Nemmeno il volto di sua madre. Non poteva essere vero.
“James, sono
la mamma.. Come può non ricordare? Dottore che sta
succedendo.” cominciò a chiedere Dorea, isterica.
Molly si avvicinò alla donna, ma Dorea si liberò
della sua presa.
“Signora, la
prego, si accomodi fuori.” disse il dottore, indicando la
porta alla signora.
Dorea non
poté fare altro che uscire, e lasciare che il mago
continuasse ad esaminare James. Appena fuori dalla porta si
trovò di fronte Fanny, in ansia.
“Dorea, che
succede?” chiese la donna, preoccupata.
L’espressione di Dorea non sembrava promettere nulla di buono.
“Non mi ha
riconosciuto. Mio figlio non mi ha riconosciuto..”
spiegò Dorea, nella disperazione più totale. A
quelle parole Fanny sentì la terra mancarle sotto ai piedi.
“Non
è possibile, magari era solo confuso.”
provò a dire Fanny, rivolta più a se stessa che a
Dorea. La donna scosse la testa, disperata.
“No, non si
ricorda niente. Ha perso la memoria.” esclamò
distrutta, con la voce rotta dal pianto. Dal nulla comparve Molly,
silenziosa e triste.
“Signora stia
tranquilla, a volte capita dopo molti mesi di coma. Forse è
una cosa temporanea..” cercò di consolarla Molly.
Quelle parole diedero nuova speranza a Dorea.
“Dici
davvero?” chiese Dorea, asciugandosi gli occhi. Molly
annuì, sorridendo tristemente.
“Ora il
medico sta facendo degli accertamenti per vedere se è
temporanea o permanente, stia calma. Appena esce vedrà che
le dirà tutto lui.” spiegò
l’infermiera. Dorea si voltò verso la porta, e
inizio a pregare silenziosamente che suo figlio non avesse nulla di
troppo grave.
Dopo quelle che a Dorea
parvero ore la porta si aprì, e il mago uscì
accompagnato dalla guaritrice che l’aveva fatta entrare
prima.
Dietro di loro Dorea poteva vedere che James dormiva tranquillo e che
il suo respiro era regolare.
“Salve
signora Potter. Suo figlio presenta un amnesia, abbiamo fatto degli
accertamenti per verificare se è temporanea, dovuta ai mesi
di coma..” iniziò l’uomo, cercando le
parole per continuare quella faticosa conversazione.
“Quindi?”
chiese Fanny, impaziente, esortando il medico ad andare avanti.
“Lo abbiamo
escluso.” disse alla fine il dottore. Dorea sentì
mancarle l’aria e dovette sedersi su una delle sedie della
sala d’aspetto.
“Non
è possibile, la prego, mi dica che non è
vero.” implorò la donna, scoppiando nuovamente in
un pianto disperato.
“Suo figlio
è sveglio da troppe ore per pensare si tratti di una cosa
temporanea.” spiegò meglio il medico, con un tono
spiacente.
“Mi sta
dicendo che mio nipote ha perso la memoria non si ricorda nemmeno il
viso di sua madre o della sua famiglia?” chiese Fanny,
allibita e distrutta allo stesso tempo. Come era possibile che una cosa
del genere fosse successa proprio a James, e perché nessuno
aveva detto loro che c’era la possibilità che si
svegliasse ma che non ricordasse nulla?
“Purtroppo
è così. Fisicamente sta bene, si
riprenderà del tutto il poche settimane.”
continuò il dottore elencando una serie di parametri medici
che le due donne non capirono.
“Per la
memoria che si può fare?” chiese Dorea,
speranzosa. Dopo tutto erano maghi, doveva pur esserci un rimedio che
fosse in grado di rimettere tutto a posto.
“Niente. La
magia può curare le ferite, ma non sistemare la
mente.” rispose il dottore, allontanandosi a testa bassa
dalle due donne.
ANGOLO DELL'AUTRICE:
innanzitutto GRAAAZIE mille per essere arrivati fino a qui. ne
approffitto per farmi un piccolo esame di coscienza:
sono terribilmente sbadata e in ritardo? SI (in questo mese ho dato due
esami e lavorato alla tesi!)
sono terribilmente sadica? SI (specie con il povero James, ma almeno
l'ho fatto uscire dal coma..)
mi odiate? molto probabilmente SI (dite la verità, lo
schermo è l'unica cosa che vi impedisce di strangolarmi!)
leggerete lo stesso questo capitolo, il prossimo e via dicendo? spero
che la risposta sia SI anche qui..
grazie a chi ha commentato,
a chi mette la mia storia tra i preferiti ed i seguiti,
e anche chi la legge e basta (anche se spero sempre che prima
o poi lasciate un commentino anche voi!)
ROBERT90: grazie mille per il tuo commento!
innanzitutto grazie per il bentornata e scusa se sono sparita di nuovo.
grazie anche per i complimenti sul capitolo, sono davvero felice che ti
piaccia!
diciamo che in realtà sulla sventura di James non si sa
ancora nulla di certo, chissà mai che la scopa c'era..
spero che questo capitolo ti sia piaciuto come o più di
quello prima.
FRANCI9892: grazie mille per il commento!
grazie mille per i complimenti sulla storia, sono felice che ti piace
tanto e spero che continuerai a commentare.
se ti piacciono le storie sui malandrini ne sto scrivendo anche
un'altra (decisamente più lunga ma altrettanto bella) dove
ci sono un bel po' di colpi di scena.
MSMONTANA: grazie mille per il commento!
sono spiacente per la storia del volo dalla finestra (di cui non si sa
NULLA di certo però), felice che abbia apprezzato il
risveglio di James ed estasiata che hai notato il particolare delle
lacrime. non sai quanto rende felice un'autrice vedere che certe
sfumature, certi dettagli vengono colti.
VERONICA POTTER MALANDRINA: grazie mille per il commento!
premetto che sono una fan di James Potter (anche se da questa storia
non si direbbe, lo so) e che anche a me la storia del suicidio
all'inizio disturbava.. abbi fede e aspetta!
MARTY_ODG: grazie mille per il commento!
eh si, finalmente si riprende a vivere un po'.. quel castello era
troppo tetro.
hai capito bene, dietro il volo dalla finestra c'è un
mistero che solo James può chiarire.. (peccato che James non
ricordi nemmeno il suo nome)
aspetta qualche capitolo e saprai tutto.. ;D
LYRAPOTTER: grazie mille per il tuo commento!
mi spiace per la depressione. non so nemmeno io che mi prenda quando
scrivo questa storia, sono cattiva e sadica all'inverosimile.
diciamo che dietro la storia di James c'è un mistero, appena
si ricorda come si chiama lo spiegherà anche a noi.. abbi
fede!
va be che sono sadica, ma arrivare a far suicidare James mi sembrava
troppo anche per me..
ebbene si, si è svegliato. c'è stata anche
qualche risata ma.. per il chiarimento dovrai aspettare!
GRAAAZIE MILLE E... AL PROSSIMO CAPITOLO!
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Capitolo 9 *** visite ***
CAPITOLO
8
VISITE
Alice rimase tra le
braccia di Frank per un tempo che non avrebbe saputo quantificare. Gli
sguardi di quasi tutta la Sala Grande sembravano fissi su di loro ma i
due ragazzi parevano non vederli. Potevano essere minuti, ore o forse
giorni quelli che erano trascorsi. Quella stretta così
dolce, forte e protettiva faceva girare la testa ad Alice e le faceva
perdere il senso del tempo o dello spazio.
Per la prima volta dopo
molti mesi la ragazza provò l’improvviso desiderio
di fare l’amore con Frank immediatamente, in mezzo a tutti.
Era un impulso talmente forte che Alice dovette fare del suo meglio per
reprimerlo e controllarlo.
La ragazza si
staccò da quella stretta, ancora sconvolta e
fissò Frank. Anche lui era frastornato, perso. I due amanti
si scambiarono un bacio tutto tranne che casto che conteneva la
promessa di una notte di passione. La voce della professoressa
McGranitt riportò Alice alla realtà. La donna
stava salutando il preside che stava lasciando la Sala.
“Va a
chiedere se puoi andare da James.” disse Frank, dolcemente.
Alice gli stampò un altro bacio sulle labbra e poi corse
verso l’uomo.
“Signore, la
prego aspetti.” implorò Alice rivolta al preside
che si stava allontanando dalla Sala Grande diretto nel suo ufficio.
Ormai Silente era quasi fuori dalla stanza e sorrideva dolcemente alla
ragazza. Dal momento in cui la ragazza gli era corsa incontro al
preside era bastato uno sguardo per capire cosa volesse chiedergli.
“Signorina
Prewet.” salutò gioviale Silente, con il solito
sorriso benevolo dipinto sul volto. Alice lo guardò,
perplessa. Sembrava assurdo ma il preside aveva lo strano potere di
riuscire ad anticipare le richieste dei suoi ragazzi, anche le
più strane.
“Jamie.. Si
è svegliato oggi!” iniziò Alice,
leggermente imbarazzata.
“Sono stato
informato pochi minuti fa e mi sembra un bellissimo
avvenimento.” commentò il vecchio professore,
sollevato.
Sapere che il ragazzo era fuori pericolo era stata la notizia migliore
della giornata, la prova che nonostante gli omicidi e gli attentati
alle sedi del ministero la vita trovava comunque la forza di andare
avanti. Certo, le cose per lui non sarebbero di certo state semplici
ora, ma il cammino era iniziato e ora aveva i suoi amici e la sua
famiglia ad aiutarlo.
“Posso andare
da lui?” chiese Alice, speranzosa. Silente era sempre stato
comprensivo con lei quando Jamie era in coma, non c’era
ragione che le impedisse di correre da lui proprio ora che si era
finalmente ripreso. Il vecchio preside si fece più serio, e
guardò la ragazza.
Si trattava di uno
sguardo dolce, per nulla invasivo, eppure sembrava scusarsi e
preannunciare un rifiuto.
“In questo
momento James non può ricevere visite, è troppo
debole. Appena sarà possibile ti farò andare da
lui, considerala una promessa.” spiegò Silente con
pazienza. Alice lanciò all’uomo
un’occhiata di sbieco, chiedendosi se si fosse preparato quel
discorso o meno.
“Grazie
signore.” ringraziò Alice, cercando di mascherare
la delusione nella sua voce.
Tornò dai
suoi amici con lo sguardo fisso sul pavimento e questi immaginarono che
Silente non era stato comprensivo come al solito.
Sirius lanciò uno sguardo a Remus, poi sospirò.
Frank notò
immediatamente l’espressione della ragazza, e la prese
amorevolmente tra le sue braccia. Alice chiuse gli occhi, cercando di
fingere che andasse tutto bene. Parte della felicità per il
risveglio di James era svanita quando il preside le aveva impedito di
raggiungerlo.
“Che ha
detto?” chiese Sirius, apprensivo. Aveva appena smesso di
piangere ma i suoi occhi erano cerchiati di rosso. Cristal non riusciva
a staccare lo sguardo da lui; era la prima volta che Sirius mostrava al
mondo il suo lato più privato, indifeso. Tutti erano a
conoscenza del rapporto profondo, fraterno e viscerale che legava James
e Sirius ma nessuno fino a quel momento era riuscito a comprenderlo
tanto a fondo come aveva fatto Cristal quella sera.
“Ti lascia
andare?” chiese Remus, ansioso. Peter era in silenzio alle
spalle dei due ragazzi, troppo timido e timoroso del giudizio altrui
per parlare. Era felice per il risveglio di James, certo, ma non
riusciva ad esprimerlo senza sentirsi fuori posto, impacciato.
“Dice che
è presto. Appena sarà possibile
andrò.” sospirò Alice, delusa. Cristal
si avvicinò all’amica e le diede un bacio sulla
guancia.
Per un po’ i
ragazzi rimasero in silenzio. L’allegria che aveva scatenato
la notizia che James si era svegliato era scomparsa, e tutti pensavano
a quello che sarebbe accaduto ora. Di fronte a loro si stagliava un
lungo sentiero pieno di buche, di insidie e di incognite.
Alice non poteva fare a
meno di chiedersi se il cugino stesse bene e avesse o meno riportato
danni. Sirius, Remus e Lily pensavano alle ultime discussioni con James
e cercavano di indovinare come avrebbe reagito ora che era sveglio.
Frank, Sebastian e Charleen erano tristi e preoccupati per gli amici.
Avrebbero voluto poterli aiutare, ma la cosa appariva molto complicata.
Solo Peter sembrava non fare caso a tutto quel trambusto. Il biondino
era felice che James stesse di nuovo bene, e non capiva
perché tutti si preoccupassero così tanto.
Charleen poi, era anche
stranita. Negli ultimi tempi si era resa conto di non conoscere affatto
James e si era ripromessa che se mai il ragazzo si fosse ripreso
avrebbe cercato di rimediare. Giorno dopo giorno aveva imparato a
vedere, attraverso la sofferenza di Sirius, Alice e Remus, un ragazzo
diverso dal Potter presuntuoso e pieno di sé che aveva visto
calcare i corridoi e i campi da Quiddicht fino a pochi mesi prima.
Fu Lily alla fine a
rompere quel silenzio; nella Sala Grande erano rimasti solamente loro e
gli elfi domestici che stavano sistemando i tavoli, muovendosi veloci
nel disperato tentativo di dare meno nell’occhio possibile.
“Ragazzi
è tardi. Andiamo a dormire.” propose Lily. I
ragazzi annuirono stancamente e piano si diressero verso la loro sala
comune, coscienti del fatto che nessuno di loro sarebbe riuscito a
chiudere occhio quella notte. I loro passi risuonavano pesanti nel
silenzio dei corridoi, mentre i pensieri di tutti andavano a James,
solo e debole nella sua stanzetta d’ospedale a tante miglia
da loro.
Erano passate ore, e
l’orologio della stanza dei ragazzi batteva le due di notte
ma due ragazzi continuavano a rigirarsi insonni nel letto;
l’unico che era crollato subito era Peter, stancato dalle
tante emozioni delle ultime ore.
“Remus, stai
dormendo?” chiese Sirius piano, nel silenzio irreale della
stanza. Sapeva che anche l’amico era sveglio. Dopo quasi sei
anni che condividevano la stanza aveva imparato a capire lo stato
d’animo degli amici a seconda di come respiravano o si
muovevano nel letto. Remus aveva un sonno leggero ed il respiro
regolare quando dormiva, inoltre non si rigirava mai nel letto. Al
contrario James non stava mai fermo, si arrotolava nelle coperte e
crollava a terra la mattina quando cercava di alzarsi. Sirius e Remus
lo avevano preso in giro molte volte per quella sua strana abitudine.
Peter invece, beh Peter per Sirius era un mistero anche quando dormiva.
Solo James sembrava essere in grado di capirlo, e proprio per questo
era il preferito del biondino. Per essere precisi Peter provava una
vera e propria venerazione nei confronti di James.
“No, sono
troppo agitato.” ammise Remus, mettendosi a sedere e
lanciando un’occhiata a Sirius. Il ragazzo era sdraiato, gli
occhi fissi al soffitto. Remus non riusciva a vederli, ma era sicuro
che fossero ancora colmi di lacrime.
“Per James,
vero?” disse Sirius. Remus non riuscì a capire se
quella dell’amico fosse una domanda oppure
un’affermazione.
“Anche tu
immagino. A che pensi?” chiese Remus in rimando, sospirando.
“Sono felice
che stia bene, non avrei sopportato di perderlo.”
iniziò Sirius, cercando di scacciare dalla mente il pensiero
di James morto. Nelle settimane precedenti non c’era stato
giorno nel quale non avesse pensato alla morte di James e non
c’era stata notte che non lo aveva sognato, risvegliandosi
sudato e spaventato. Non aveva avuto il coraggio di raccontare a
nessuno quei sogni, terrorizzato all’idea che potessero
rivelarsi premonitori.
“Ma?”
domandò Remus, intuendo che l’amico avesse
qualcosa che lo tormentava. Probabilmente si trattava della stessa cosa
che tormentava lui. Ora che James era sveglio e che stava bene era
arrivato il momento di chiedersi come avrebbe preso il loro
comportamento sul treno. La paura più grande di Remus era
che James non li volesse più vedere, ma cercava in tutti i
modi di nasconderla a Sirius. Doveva essere forte anche per
l’amico; questa volta il compito di fare la roccia toccava a
lui.
“Ma ho paura
che sia arrabbiato con me, che non mi voglia vedere. Se me lo trovassi
davanti ora non saprei cosa dirgli.” ammise Sirius
tristemente, asciugandosi gli occhi alla meglio con le lenzuola.
Remus rimase in
silenzio per un po’, cercando le parole giuste per confortare
l’amico senza risultare banale e scontato. Per la prima volta
nella sua vita Remus Lupin non sapeva cosa dire. Le paure di Sirius
erano le stesse che aveva lui, le stesse che non riusciva ad
affrontare. Come poteva essere di aiuto all’amico se non
riusciva ad essere d’aiuto nemmeno a se stesso?
“Parlate di
James?” chiese una vocina assonnata che proveniva dalla parte
opposta della stanza che doveva certamente appartenere a Peter.
“Si,
Peter.” rispose Remus, grato all‘amico per essere
intervenuto. Le parole di Peter avevano messo fine a quel silenzio
carico di interrogativi.
“Sono
contento che si sia svegliato. Quando torna a scuola?” chiese
Peter con il solito tono infantile. Remus si stupiva sempre di come
tutto gli apparisse ovvio e scontato.
“Non saprei,
è stato in come quattro mesi. Penso che dovrà
riprendere le forze e fare fisioterapia.” ipotizzò
Remus, dopo averci pensato un po’ su.
“Fisioterapia?”
chiese Sirius, stupito.
“È
stato a letto immobile quattro mesi, penso che avrà qualche
difficoltà a camminare.” fece notare Remus. Sirius
si incupì ulteriormente. L’idea che James non
avesse ancora finito di soffrire lo distruggeva dentro. Quanto altro
tempo doveva passare prima che James tornasse quello di sempre, il
ragazzo spensierato che avevano imparato ad apprezzare?
“Ah,
già. Non ci avevo pensato.” mormorò
Peter, imbarazzato.
“Pensi che
dovremmo andare da lui, a trovarlo dico..” disse Sirius in un
sussurro rivolto a Remus. Il ragazzo rimase ancora in silenzio,
prendendosi qualche istante per pensare.
“Non so, in
questo momento non lasciano andare nemmeno Alice. Aspettiamo qualche
giorno.” rispose Remus, saggiamente.
“Va bene,
penso che tu abbia ragione.” ammise Sirius, tranquillizzato
da quel breve scambio di opinioni con l’amico.
“Adesso
dormi, però.” si raccomandò Remus,
accoccolandosi sotto le coperte.
“Va bene
mamma, ora faccio la nanna..” lo canzonò Sirius,
accoccolandosi sotto le coperte. Nella sua mente i pensieri si
rincorrevano ancora, veloci e negativi ma lui cercava di non dar loro
troppo peso; doveva riuscire a credere di nuovo nel futuro.
Dopo che Sirius e Remus
si furono addormentati la mattina successiva arrivò in un
baleno. Sirius si era svegliato molte altre volte a causa di incubi in
cui James lo inseguiva, gli lanciava maledizioni e gli urlava di tutto,
ma nonostante questo poteva dirsi più tranquillo rispetto
alla sera precedente. Almeno quella notte non aveva sognato la morte di
James.
Per Dorea e Fanny la
notte invece era stata un lunghissimo calvario. Dorea non aveva chiuso
occhio, era rimasta per ore a fissare il vuoto e a ripensare ai ricordi
perduti del figlio.
Non riusciva davvero a
credere che i guaritori, che la magia stessa non potesse fare nulla per
James. Fanny aveva fatto del suo meglio per consolare la cognata, ma
era cosciente che non esistessero parole che potessero mettere fine
alla disperazione di una madre di fronte al dolore del proprio figlio.
Dorea in quei mesi aveva sopportato così tanto dolore che a
Fanny pareva strano non fosse impazzita; le era morto in marito, lo
aveva seppellito, non aveva ancora finito di piangerlo che si era
trovata a vegliare James in ospedale. Dopo quattro mesi di tormento,
paura e angoscia James si era svegliato ma non la riconosceva. Doveva
essere terribile, al suo posto Fanny non avrebbe resistito.
“Che hai
detto ad Alice ieri?” chiese Dorea a Fanny. Il suo tono era
piatto, incolore, non c‘era traccia della minima emozione. La
donna ci pensò su qualche istante.
“Che James si
è svegliato.” rispose Fanny, passando
all’altra donna un cappuccino che aveva preso al bar. Dorea
prese la tazza e ringrazio timidamente Fanny. Si era completamente
dimenticata da quanto tempo non metteva qualcosa sotto i denti. Erano
settimane che non si concedeva un pasto vero o una colazione come si
deve.
“Non sa nulla
dell’amnesia?” chiese ancora Dorea, ansiosa.
“Non
ancora.” ripeté Fanny, porgendo a Dorea anche un
cornetto alla crema. Dorea lo studiò a lungo, poi lo prese e
lentamente lo portò alla bocca.
“Povera
ragazza, saperlo la distruggerà.”
sospirò Dorea, ingoiando un morso del cornetto.
“Non puoi
abbatterti così Dorea. Tuo figlio si è svegliato
e sta bene.” disse Fanny, nella speranza di scuotere la
cognata da tutto quel dolore. Dorea alzò la testa e
studiò attentamente la donna.
“Però
non si ricorda nulla di me, ne di nessun altro..”
mormorò Dorea in tono funebre.
“Vedrai che
con il tempo ritroverà la memoria. Dobbiamo solo stargli
vicino.” disse Fanny decisa, appoggiando una mano sulle
spalle di Dorea. Era sicura che tutto si sarebbe risolto, qualcosa
dentro di lei le diceva che non era ancora arrivato il momento di
perdere le speranze.
***
Di solito la mattina
Alice era perennemente in ritardo, ma quel giorno era differente. La
notte passata con Frank l’aveva rigenerata e le aveva dato
abbastanza forza da affrontare quello che la vita gli avrebbe riservato
nelle ore seguenti. Era pronta a tutto. Si svegliò prima
ancora che la sveglia suonasse, si preparò in pochi minuti e
corse giù nella sala comune prima di tutti i suoi compagni
di casa, o quasi. Nella piccola stanza che ospitava tavoli, divani,
poltrone e camino c’era già Sirius. Alice sorrise
e si avvicinò al ragazzo. Era sicura che lo avrebbe trovato
lì, una vocina dentro di lei glielo aveva detto prima ancora
che scendesse le scale e lo vedesse.
“Buon giorno,
oggi è una giornata magnifica e io voglio fare
colazione!” esclamò Alice, finalmente tornata a
essere quella di sempre. Sirius la fissò per un
po’, colpito da come il sorriso della ragazza risultasse
identico a quello di James.
“Chissà
perché ridono tutti oggi..” sospirò
Sirius, dirigendosi verso il buco del ritratto.
La Signora Grassa lasciò passare i due ragazzi, poi
tornò pigramente al suo posto.
“Sirius, sei
preoccupato?” chiese Alice, mentre i due si dirigevano versa
la Sala Grande attraversando corridoi deserti.
“No, sono
felice. Solo, ho paura che James non mi voglia vedere.”
spiegò Sirius, preoccupato. Alice si avvicinò al
ragazzo e prese una mano tra le sue.
“Stai
tranquillo. Sono sicura che vi chiarirete subito.” lo
tranquillizzò la ragazza, sorridendo. Sirius aprì
la bocca per dire qualcosa, ma proprio in quel momento la professoressa
comparve al tavolo degli insegnanti. Alice e Sirius la videro
confabulare per qualche istante con il preside, prima di sedersi. Alice
lanciò un’occhiata a Sirius, poi decise di andare
dalla donna a chiedere di Jamie. Sirius vide Alice allontanarsi, e gli
altri fare il loro ingresso in sala grande. In pochi istanti Alice fu
accanto alla donna, per nulla sorpresa di trovarla lì.
“Professoressa
McGranitt! Mio cugino.. Posso andare a trovarlo?” chiese
Alice, speranzosa e sorridente senza girare troppo intorno alla domanda
che le premeva fare. La McGranitt la scrutò a lungo con quel
suo sguardo severo che la contraddistingueva.
“Non ancora,
mi spiace.” rispose poi la donna, tristemente.
Alice accusò
il colpo senza perdere il sorriso, ringraziò e si diresse
delusa verso il tavolo di grifondoro. Nei pochi minuti durante i quali
aveva parlato con la professoressa di trasfigurazione gli altri avevano
preso posto, ed ora erano tutti quanti lì al tavolo.
“Allora?”
chiese Cristal, apprensiva. Quando aveva visto la sua amica e la
professoressa parlare aveva immediatamente capito quale fosse
l’oggetto della conversazione; si doveva sicuramente trattare
di James.
“Ancora
nulla. Devo aspettare ancora.” sospirò Alice,
lasciandosi cadere sulla sedia.
I suoi occhi lasciava trasparire tutta la sua impazienza e la sua
delusione. Cominciava a diventare fastidioso l’atteggiamento
del preside e dei professori. Sembrava quasi che la volessero tenere a
tutti i costi lontana da Jamie.
“È
strano. Quando era in coma ti lasciavano andare quando
volevi.” fece notare Charleen, pensierosa e preoccupata. Una
vocina dentro di lei le diceva che qualcosa non andava ma la ragazza
cercava di fare del suo meglio per non ascoltarla. Anche Lily era
più silenziosa del solito. Anche se non diceva nulla tutti
loro sapevano che era terrorizzata, quasi come Sirius,
all’idea di confrontarsi con James sulla loro litigata.
“È
diverso. Prima era in coma, ora è sveglio. È
debole e troppe emozioni gli fanno male.” spiegò
Frank, cercando di tranquillizzare Alice. La ragazza sorrise al suo
compagno e gli accarezzo dolcemente il viso. Frank aveva il dono di
saper dire sempre la cosa giusta al momento giusto, e senza apparire
mai scontato o banale. Si trattava decisamente di una dote fuori dal
comune.
“Sirius e
Lily allora glieli teniamo lontani per qualche anno..”
esclamò Sebastian con il sorriso sulle labbra. I due ragazzi
nominati lanciarono al ragazzo con i ricci un’occhiata carica
di odio, gli altri invece scoppiarono a ridere. La tensione era stata
smorzata.
“Simpatico!”
commentò Sirius, stizzito.
“Veramente
divertente!” fece eco Lily, imbronciata.
Remus e Charleen erano
stupiti. Era la prima volta che quei due si trovavano
d’accordo su qualcosa. I due ragazzi si scambiarono uno
sguardo d’intesa, poi Remus sussurrò qualcosa in
proposito ad imminenti calamità e disastri ambientali.
“Dai ragazzi,
non prendetevela.. Stava solo scherzando.” cercò
di giustificarlo Frank, prendendo le difese dell‘amico. Se
James fosse stato lì con loro sicuramente si sarebbe fatto
una risata.
“Che
burlone!” obiettò Lily, stizzita. Sebastian
scoppiò a ridere per la buffa espressione della ragazza. I
capelli rossi le ricadevano disordinati sul viso, tenuti fermi da una
matita babbana.
“Stasera
c’è l’allenamento. Alle 19.00.
Puntuali!” disse poi Sebastian, alzandosi da tavola e
recandosi a lezione, seguito a ruota da Frank. I ragazzi rimasti al
tavolo sbuffarono.
“Contaci,
almeno ti butto giù dalla scopa.” rispose Sirius
tra i denti.
***
Dorea e Fanny ne
avevano parlato a lungo, sedute fuori dalla stanza di James. Alla fine
Dorea si era lasciata convincere dalla cognata ad entrare. Si era fatta
forza ed aveva spinto la porta che la divideva da James, seguita a
ruota da Fanny. La cognata sapeva che non poteva lasciare Dorea da
sola; al suo posto avrebbe voluto qualcuno con lei a farle forza.
La prima cosa che
colpì le due donne fu come la stanza sembrava avere preso
nuova vita. Ogni cosa era più luminosa, allegra e sembrava
testimoniare che James si era svegliato.
“Ciao
Jamie.” salutò Dorea, sforzandosi di sorridere al
figlio come se nulla fosse. Si era quasi abituata a parlargli senza
avere risposta, vederlo sveglio e cosciente sembrava irreale.
“Salve
signora.” rispose James, fissando a lungo le due donne,
soffermandosi sulla zia Fanny. Non l’aveva mai vista.
L’altra donna era la stessa che era entrata nella stanza la
sera precedente e che sembrava distrutta all’idea che lui non
ricordasse nulla.
“Jamie, sono
la tua mamma.” mormorò Dorea, con gli occhi pieni
di lacrime. La cortesia che aveva usato James l’aveva ferita;
era la stessa che chiunque avrebbe riservato ad un estraneo mai visto
prima.
“Oh. Mi
spiace.” balbettò James, fissandosi intensamente
le proprie mani, a disagio.
“Va tutto
bene. Io sono Fanny, tua zia.” intervenne Fanny, cercando di
evitare che James si agitasse ulteriormente. Sentendo la voce della
donna James alzò la testa e la fissò,
incuriosito. Le due donne non si assomigliavano per nulla, sembrava
quasi impossibile che potessero essere sorelle.
“Non ricordo,
ma è un onore conoscerla.” disse James, rivolto
alla donna in piedi di fronte al suo letto. A quelle parole Dorea
sospirò nuovamente e si lasciò cadere seduta su
una sedia, con la testa tra le mani.
“Non
c’è bisogno che mi dai del lei. Ti ho visto
nascere.” spiegò Fanny, sorridendo. Dorea, al suo
fianco, non riusciva a dire nulla. Era come paralizzata. Le sembrava di
essere in un incubo e voleva solo che qualcuno la svegliasse.
“Io.. Sono
confuso.” disse James in un sussurro, chiudendo gli occhi e
appoggiando la testa all’indietro sul cuscino.
“Guardami
negli occhi.” implorò improvvisamente Dorea,
portandosi con uno scatto sorprendente al fianco del figlio.
“Cosa..”
inizio James, spiazzato da quelle parole.
“Dorea!”
esclamò Fanny, cercando di capire che intenzioni avesse la
cognata. La guaritrice era stata chiara: niente stress o emozioni
troppo forti per James.
“Ascoltami
Jamie. Forse il tuo cervello non si ricorda nulla di me, ma il tuo
cuore non può essersi dimenticato.”
mormorò Dorea a bassa voce, prendendo le mani del figlio tra
le sue.
“Mamma..”
mormorò James. Dorea sentì il cuore sciogliersi a
quelle parole. Mamma. L’aveva chiamata mamma.
Finalmente era riuscito a ricordare o quanto meno a riconoscerla.
“Amore mio,
mi riconosci.” esclamò Dorea, gli occhi pieni di
lacrime per la gioia. La speranza non era perduta.
“Si, ma..
Mamma non ricordo nulla. È tutto nero.”
balbettò James, spaventato. Non riusciva a ricordare nulla,
ma era certo che la donna che gli stava di fronte era sua madre. Era
l’istinto a dirglielo e James non aveva bisogno di sapere
altro.
“Ti prometto
che ti starò vicino e che troveremo una
soluzione.”lo rassicurò Dorea, stringendolo forte
a sé. Fanny guardava la scena con gli occhi pieni di
lacrime, tenendosi a rispettosa distanza.
“Devi solo
fidarti di noi James, pensi di poterlo fare?” chiese Fanny,
guardando il nipote steso a letto con uno sguardo che lasciava capire
tutto l’affetto e la tenerezza che provava per lui. James
parve pensarci qualche istante.
“Si, penso di
si.” annuì James, poco convinto.
Sul suo volto era disegnato un sorriso, quello stesso sorriso che era
mancato a così tante persone in quei lunghi quattro mesi.
“Cosa mi
è successo?” chiese James, passando lo sguardo
dalla madre alla zia. Le due donne si scambiarono
un’occhiata, confuse.
Entrambe sapevano che era troppo presto per mettere James al corrente
di tutto. C’erano troppe cose che era meglio che lui non
sapesse ancora; i litigi con gli amici e la dinamica
dell’incidente erano tra queste.
“È
ancora troppo presto per parlarne.. iniziò Fanny, sperando
che James fosse troppo stanco per insistere.
“Devi portare
ancora un po’ di pazienza.” disse Dorea, stringendo
forte a sé il suo bambino. James aprì la bocca
per replicare, ma la stanchezza lo vinse e lo costrinse a chiudere gli
occhi per riposare un po’.
***
Il
castello di Hogwarts era sempre stato per definizione il regno
dell’imprevisto e dell’imprevedibilità;
nulla di quello che la maggior parte delle volte accadeva aveva un
senso logico o poteva essere spiegato in modo razionale, oppure
previsto. Vi erano solo poche eccezioni e gli allenamenti erano una di
quelle. Ultimamente la squadra di Grifondoro non andava per niente bene
e quella che una volta era una festa era diventata una tragica
punizione per tutti quanti, capitano compreso.
“Dove
è finita Alice?” chiese Sebastian, stizzito. Ormai
erano le sette e un quarto e l’allenamento era già
cominciato da un bel po’. Era stufo di quella situazione, per
un motivo o per l’altro mancava sempre qualcuno
all’appello. Grifondoro aveva perso la prima partita ed era
ultima in classifica ma nessuno era particolarmente preoccupato o
turbato, tranne la McGranitt. Sebastian pensava che il risveglio di
James avrebbe potuto portare un po’ di entusiasmo ma si
sbagliava; gli allenamenti erano la solita noia.
“È
in ritardo.” mormorò Sirius, guardando verso gli
spogliatoi per cercare di capire se la ragazza fosse lì,
intenta a cambiarsi.
“Questo lo
vedo!” rispose Sebastian, furente. Aveva bisogno che i suoi
compagni lo aiutassero, non che gli dicessero cose ovvie che sapeva da
solo.
“Porta
pazienza.” cercò di calmarlo Frank, sospirando.
Negli ultimi tempi Sebastian era sempre più spesso nervoso,
non rideva più ed aveva perso il suo entusiasmo. Certo, non
aveva tutti i torti visto che la squadra era un disastro, ma non
riusciva a capire che intestardendosi nel ruolo del capitano despota
non avrebbe risolto nulla.
“Ho portato
pazienza anche fin troppo. Doveva essere qui venti minuti
fa!” ripetè Sebastian, vicino a una crisi di
nervi.
Charleen guardò i compagni ed alzò le spalle.
“Schiavista!”
commentò Sirius.
Proprio in quel momento dagli spogliatoi comparvero Cristal e Lily; le
ragazze parlavano tra loro e avevano un‘espressione seria.
“Ragazzi,
Alice non viene.” iniziò la ragazza con i capelli
rossi, subito interrotta da Sebastian.
“Sai, avevo
cominciato a sospettarlo! Solo io prendo sul serio questa
squadra?” sbottò il capitano, profondamente
irritato.
Sembrava che tutta la squadra cercasse con ogni mezzo di sabotarlo.
“Idiota,
Silente l’ha mandata da James.” ribatté
Cristal, lanciandogli un’occhiata di fuoco. Lily senza
scomporsi raccontò loro di come avevano incontrato Silente
mentre accompagnavano Alice agli allenamenti e di come lui le avesse
concesso il permesso di andare da James.
“Ah.. Allora
ritiro tutto.” balbettò Sebastian, imbarazzato.
“Allenamento
annullato?” chiese Sirius, speranzoso. Ormai stava
cominciando a piovere, senza contare che faceva tremendamente freddo.
Anche le condizioni atmosferiche erano contro
quell’allenamento, non solo la squadra. Senza contare che era
inutile. Erano ultimi, facevano schifo, avevano il morale a terra ed un
capitano psicopatico; ci sarebbe voluto un miracolo, non un allenamento.
“Certo che
no, salite subito sulle vostre scope.” ordinò
Sebastian, irremovibile, con un tono che non ammetteva nessuna replica.
“Schiavista!”
ripeté Sirius, convinto, prima di risalire sulla scopa ed
affrontare l’imminente bufera che si stava per abbattere sul
campo d’allenamento.
***
Alice percorreva il
corridoio che la divideva dalla stanza di James con passo sicuro e
un’espressione felice dipinta sul volto. Per quattro lunghi
mesi quel tragitto le era sembrato fin troppo breve, oscuro, mentre ora
che risplendeva a giorno pareva non finire mai.
Aveva una voglia matta
di correre da James, saltargli al collo e sentirlo ridere.
“Mamma..”
chiamò Alice, notando la madre alla fine del corridoio,
proprio di fronte alla porta di James. Della zia Dorea non vi era
traccia, Alice si disse che forse era andata al bar oppure a riposarsi,
e allungò il passo per raggiungere la madre. Appena le fu
abbastanza vicina la abbracciò forte.
“Ciao
tesoro!” la salutò Fanny, passandole una mano tra
i capelli.
“Come sta?
Posso andare da lui? Posso parlargli? Non lo devo stancare?”
domandò Alice a raffica, impaziente di correre tra le
braccia del suo Jamie. Fanny sospirò. Era arrivato il
momento di raccontare la verità ad Alice.
“Piano,
Alice.. È molto debole.” cercò di
calmarla Fanny. James era sveglio, certo, ma tutto quello stress gli
avrebbe certamente fatto male. Alice sospirò.
“Lo so, si
è raccomandato anche il preside e Molly.”
spiegò la ragazza, sorridendo. Aveva incontrato la
guaritrice poco prima e la donna aveva provato ad aggiornarla sulle
condizioni del cugino. Alice l’aveva ascoltata per un
po’, poi era corsa via, impaziente di vedere Jamie.
“C’è
anche un’altra cosa che nella lettera non ti ho
detto.” iniziò Fanny, con un tono incerto che non
sfuggì ad Alice. La ragazza si fece più seria e
attenta.
“Di che
parli?” chiese Alice, iniziando a preoccuparsi. Conosceva
bene sua madre, e quando usava quel tono certo non c’erano
notizie confortanti.
“C’è
stata una complicazione.” continuò la donna. Alice
a quelle parole impallidì.
“Oh mio dio,
rimarrà paralizzato?” balbettò Alice,
gli occhi già pieni di lacrime.
“No, ma.. Non
ricorda nulla.” disse Fanny in un sussurro. Ad Alice
servirono un paio di secondi per assorbire la notizia.
All’iniziò fu sollevata di sapere che James
avrebbe ripreso a camminare, poi il peso delle parole della madre le
crollò addosso con tutta la sua tragica verità;
James non ricordava più nulla, nemmeno di lei e delle loro
infanzia passata insieme.
“Che stai
dicendo?” chiese Alice dopo un po’, la voce
innaturalmente calma. Doveva essere un brutto sogno, oppure uno
scherzo. Non poteva essere vero; era semplicemente assurdo.
Perché in destino avrebbe dovuto accanirsi ancora contro
James? Non gli aveva già fatto abbastanza male facendolo
litigare con le persone che amava di più e facendolo finire
per quattro mesi in un letto d’ospedale?
“Ha
un’amnesia totale e non riconosce nessuno a parte sua
madre.” spiegò meglio Fanny, distogliendo lo
sguardo da quello della figlia. Faceva troppo male guardare Alice negli
occhi e leggervi lo stesso dolore che aveva letto in quelli di Dorea
quando aveva saputo.
“Jamie non si
ricorda di me? È questo che vuoi dire?”
sbottò Alice, arrabbiata con il destino.
“Amore, non
fare così. Devi essere forte.” cercò di
tirarla su di morale Fanny. Alice alzò gli occhi sulla
madre, incapace di dire qualsiasi cosa. Odiava il mondo, odiava il
destino. Aveva bisogno di prendersela con qualcosa.
“Mio cugino,
la persona che adoro di più a questo mondo non si ricorda di
me e tu mi dici che devo essere forte? Non ha senso e non è
nemmeno giusto! Dannazione, non ne va bene una!”
urlò Alice, senza preoccuparsi di frenare le lacrime. Aveva
aspettato quasi due giorni per vedere Jamie, e ora veniva a sapere che
lui non era in grado di riconoscerla. Non era giusto, non poteva
accettare una cosa del genere.
“Non dire
sciocchezze, sta bene. Questa è una cosa positiva. Non si
ricordava nemmeno di Dorea all’inizio. Porta pazienza, dagli
tempo e vedrai che andrà bene.”
continuò Fanny, decisa a fare ragionare la figlia. Alice
rimase per un po’ il silenzio, a soppesare le parole che
erano appena uscite dalla bocca della madre. Alla fine
sospirò.
“Vado da lui
allora.” disse Alice, cercando di farsi forza e di fare la
cosa giusta. Lo doveva fare per Jamie, non poteva lasciarlo in quella
stanza da solo.
Aprire la porta della
stanza di James fu la cosa più difficile che Alice avesse
mai fatto. L’angoscia e la paura all’idea di quello
che avrebbe visto una volta entrata la tormentava, ma alla fine la sua
determinazione vinse. Era sempre stata una ragazza forte dopo tutto.
Spinse la maniglia, e
la porta si aprì con uno scatto.
Alice chiuse gli occhi
ed entrò. Quando riaprì gli occhi vide che James
dormiva ancora, rannicchiato su un fianco, con una vistosa benda sul
braccio destro. Era così tenero, uno scriciolo indifeso.
Chiuse la porta e si avvicinò al letto mentre James si
muoveva nel sonno.
“Jamie..
Ciao..” sussurrò piano Alice, insicura,
accarezzandogli piano una mano.
“Uhm..”
mormorò James in risposta, aprendo piano gli occhi.
“Scusa, non
volevo svegliarti.” disse Alice, accarezzando dolcemente il
viso del cugino.
“Chi
sei?” chiese James debolmente, guardando incuriosito la nuova
arrivata. Il suo volto così triste e velato di lacrime le
era familiare. Non ricordava il suo nome, ma vederla piangere lo faceva
soffrire enormemente.
“Non ti
ricordi di me, vero?” domandò Alice, cercando di
non apparire troppo triste per non agitare il cugino. James scosse
piano la testa.
“Mi spiace..
È tutto buio, non capisco.. Mi fa male la testa.”
balbettò James, agitandosi nel letto. Le coperte caddero di
lato ed Alice si affrettò a raccoglierle e a ricoprirlo
perché non prendesse freddo. Ci mancava solo che prendesse
anche l’influenza.
“Tranquillo,
non agitarti. Va tutto bene. Io sono Alice.” cercò
di calmarlo la ragazza, stringendogli forte le mani e sedendosi sul
fianco del letto.
“Alice?”
ripeté James, come ipnotizzato dal suono di quel nome.
“Si, Alice.
Sono tua cugina.” confermò Alice sorridendo mentre
osservava stranita le reazioni di James. Sembrava si stesse sforzando
di ricordare, di collegare quel nome ad un ricordo.
“Il tuo viso
è familiare. È come se lo conoscessi da
sempre.” osservò James, accarezzando con la mano
che non era fasciata il viso della ragazza. Quel contatto inaspettato
fece sussultare Alice. Per la prima volta dopo quattro mesi sentiva di
essere pienamente felice e a farla stare così era stata una
semplice frase detta dalla persona che amava di più al mondo.
“Dici
davvero?” chiese Alice, emozionata e felice. Forse James si
ricordava di lei.
“Mi ispiri
molta fiducia.” continuò James, sorridendo. Alice
sentì calde lacrime scendere a bagnargli il viso e James le
asciugò con il dorso della sua mano.
“È
bello vederti sveglio e sentirti parlare.” mormorò
Alice, tra le lacrime.
James non disse nulla, rimase fermo a guardarla senza smettere di
sorriderle e di accarezzarle il viso.
“Dimmi, sai
dirmi cosa mi è successo?” chiese James quando
Alice si fu ripresa dall’emozione di vedere il cugino
finalmente sveglio e cosciente.
“Un
incidente.” rispose Alice dopo una breve esitazione. Sua
madre non aveva detto nulla in proposito ma immaginava che fosse ancora
troppo presto per parlargli di quello che era successo, specialmente
perché non ricordava nulla del passato.
“Questo lo
vedo, ma come?” chiese ancora James, curioso di sapere
perché tutti evadessero quella sua domanda. Prima la mamma e
la zia, ora Alice. Che diavolo poteva esserci di tanto spaventoso nel
suo incidente?
“Parliamo
d’altro. Ti sei svegliato da poco e sei ancora troppo
debole.” disse Alice, liquidando così la richiesta
di James.
“Ultimamente
me lo dicono in tanti..” sbuffò James, rassegnato.
“Porta
pazienza.” lo consolò Alice.
“Dicono anche
questo molto spesso.” disse James, mettendo il broncio
proprio come faceva quando era piccolo. Quell’espressione
riportò alla mente di Alice gli infiniti pomeriggi e tutte
le estati passati insieme. Da quando erano nati erano sempre stati
inseparabili, più fratelli che cugini, e così era
stato anche quando erano andati a Hogwarts. Nonostante Lily e Charleen
non provassero troppa simpatia per James e per gli altri malandrini lei
non aveva mai smesso di correre dal cugino a confidarsi nei momenti di
difficoltà e paura.
“Mi sei
mancato tanto.” sospirò Alice, abbracciandolo
forte. James ricambiò la stretta e i due rimasero in quella
posizione per un po’. Quando l’abbraccio si sciolse
James si mise a sedere e sul suo viso si dipinse un sorriso.
“Mamma dice
che gran parte di queste lettere sono opera tua.”
mormorò James divertito, indicando una grossa pila di
lettere ammonticchiate sul comodino.
“Si,
è vero. Scriverti era un modo per sentirti più
vicino.” ammise Alice guardando tutte quelle lettere.
Erano veramente tante, non se n’era mai resa conto prima.
“Posso
leggerle?” chiese James, fissando intensamente Alice che
rimase stupita da quella richiesta.
“Sono per te.
Magari ti aiutano a ricordare.” rispose la ragazza, senza
pensarci troppo su.
“Forse,
spero.. Non ricordo nulla del passato. Chi sono queste persone nelle
foto?” chiese ancora James, indicando le foto appese sulle
pareti della stanza. Alice si diede della stupida per non averci
pensato prima e corse a prendere una foto più grossa delle
altre che ritraeva un gruppo di ragazzi e ragazze, tutti molto diversi
tra loro. Alcuni indossavano un’uniforme.
“Sono i tuoi
amici. Guarda, qui ci sono tutti.” spiegò Alice,
mettendo la foto sotto il naso di James e sedendosi di nuovo affianco a
lui.
“Questi due
sono Sebastian e Frank, hanno un anno più di noi. Frank
è il mio ragazzo.” disse Alice, indicando i due
ragazzi del settimo anno che salutavano allegramente con la mano. James
si fissò per un po’, poi fece segno ad Alice di
andare avanti.
“Questa qui
invece è Cristal, la mia migliore amica e le altre due sono
Charleen e Lily. Ti dicono qualcosa i loro nomi?” chiese
Alice, indicando le tre ragazze.
“No,
nulla.” disse James, triste, dopo averle osservate
attentamente.
“Concentrati,
nemmeno Lily?” insistette Alice, indicando la ragazza con i
capelli rossi.
“No, dovrei
ricordarmi di lei per qualche motivo particolare?” chiese
James, perplesso, fissando con attenzione la ragazza che sua cugina gli
indicava. Era una bella ragazza con i capelli rossi e degli occhi
estremamente verdi; sembrava severa ma allo stesso tempo molto dolce. A
tracolla teneva una grossa sacca piene di libri.
“È
la ragazza di cui sei da sempre innamorato.”
spiegò Alice, stupita che James non la ricordasse.
“Sul
serio?” chiese James, fissando meglio la foto. Alice
annuì.
“Mi sembra
una ragazza dolce, e anche un po’ sola. Non mi dice nulla
però il suo volto.” continuò James,
triste. Gli spiaceva non riuscire a ricordare nulla, gli pareva quasi
di fare un torto alle persone che aveva dimenticato.
“Va bene, non
importa.” cercò di consolarlo Alice, cercando di
mascherare la sua delusione. James stava abbastanza male, non voleva
insistere.
“Questi
tre?” chiese James, indicando i tre malandrini.
“Sono i
malandrini, i tuoi migliori amici. Il biondo è Peter, gli
altri due sono Remus e Sirius.” spiegò Alice,
indicando i tre ragazzi.
“Sirius.. Mi
sembra familiare, come se lo conoscessi da sempre.” disse
James, fissando intensamente il ragazzo con i capelli scuri. A quelle
parole la ragazza parve quasi illuminarsi.
“È
il tuo migliore amico, siete come fratelli.”
esclamò Alice, felice che James fosse riuscito a riconoscere
qualcuno. Proprio in quel momento la porta si aprì e Dorea
entrò nella stanza.
“Alice,
è ora. Mi dispiace, devi andare.” disse la donna,
lanciando un bacio al figlio e alla nipote. Alice baciò il
cugino e appoggiò la foto sul comodino, insieme alle
lettere, in modo che il ragazzo potesse prenderla da solo.
“Quando torni
a trovarmi?” chiese James, triste. Non voleva rimanere solo
con i suoi pensieri, non ora che aveva riconosciuto Alice. Era la prima
persona che lo faceva sentire a suo agio, quasi potesse capirlo senza
bisogno di parlare.
“Presto, ma
ti prometto che appena torno a scuola ti scrivo.” promise
Alice, stampando un bacio sulla guancia di James. Alice notò
che era caldo, probabilmente gli era salita la febbre a causa del
troppo stress e delle troppe emozioni.
“Grazie,
Alice.” mormorò James, piano.
“Ti ricordi
il mio nome!” esclamò Alice entusiasta, sorridendo.
“La memoria a
breve termine funziona bene. È l’altra che
è un casino!” scherzò James, scoppiando
a ridere. Quella risata, così cristallina e solare fece
sentire bene sia Dorea che Alice. Le due donne uscirono dalla stanza
insieme, poi Alice si diresse verso il camino che l’avrebbe
riportata al castello.
“Alice,
aspetta.” la chiamò Dorea, seria.
“Zia, che
c’è?” chiese Alice, tornando sui suoi
passi. Il viso di Dorea era teso e la ragazza se ne chiese la ragione.
“Prendi
queste.” disse Dorea, mettendole in mano un grosso plico di
lettere. Alice le fissò per un po’, perplessa,
prima di riuscire a riconoscerle.
“Sono le
lettere di Remus, perché me le stai dando?” chiese
ancora Alice, riconoscendo la calligrafia dell’amico. Aveva
giurato che tutte le lettere fossero sul comodino, perché
quelle erano state portate via?
“Le abbiamo
prese prima, mentre James dormiva.” spiegò Dorea,
a bassa voce. Alice aprì la bocca per protestare, ma la zia
la fermò.
“È
sconvolto perché non ricorda nulla. Sapere di aver litigato
con i suoi amici penso che possa solo fargli male.”
continuò la donna, implorante.
Alice capì, e sospirò. Era la cosa migliore da
fare.
“Va bene, le
potrà leggere quando è pronto.” disse
Alice, infilando le lettere nella borsa ed entrando nel camino.
ANGOLO DELL'AUTRICE
ormai le scuse per il mio - cronico - ritardo cominciano a diventare
una tragica abitudine, spero che nonostante queste continuiate a
seguire la mia storia.
GRAAAZIE a tutti quelli che leggono, che commentano ogni volta e che
mettono la mia storia nelle preferite.
ai lettori occasionali che per caso arrivano nella mia storia e a
quelli che la vanno a cercare.
grazie, davvero.
ROBERT90: grazie mille per il tuo commento!
mi spiace, non voglio assolutamente farmi desiderare. sono solo
incapace di organizzarmi, maledetto studio!
grazie per i complimenti, sono felice che ti sia piaciuto lo scorso
capitolo e spero ti piaccia anche questo.
per quanto riguarda James, hai decisamente ragione. meno male che tu
non mi odi!
SATANABAAN: grazie mille per il tuo commento!
accipicchia, lo odi proprio James. meno male che non mi odi!
LOVE_VAMPIRE: grazie mille per il tuo commento!
sono felice che tu abbia scoperto la mia storia e che l'abbia letta.
sono anche contenta che ti sia piaciuta.
niente paura, io adoro il lieto fine. la parta drammatica, se per
drammatica intendi le sfighe di James, è quasi finita.
LYRAPOTTER: grazie mille per il tuo commento!
mi spiace che tu mi odi, io non ti detesto. anzi, sei una delle persone
che preferisco e di cui tengo molto conto nei commenti.
vedila così, ne ha passate tante ma poi ci sarà
il lieto fine. ;D
per quanto riguarda il titolo della storia.. si, si riferiva proprio a
questo!
VERONICA POTTER MALANDRINA: grazie mille per il tuo commento!
la recupera, la recupera. abbi fede, e pazienza ovvio.
il quiddicht in questa storia diciamo che ha un ruolo importante,
specie nei prossimi capitoli. vedrai, vedrai.
GRAAAZIE A TUTTI, ALLA PROSSIMA!
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Capitolo 10 *** amare scoperte e ritorni inaspettati ***
CAPITOLO
9
AMARE
SCOPERTE E RITORNI INASPETTATI
Alice era stata via
solamente qualche ora eppure non appena rimise piede tra quei corridoi
che ormai conosceva alla perfezione si rese conto che le sembravano
essere passati anni, secoli forse. Era tutto cambiato, o forse si
trattava solamente del suo modo di guardare quello che le stava
intorno. James era vivo, stava bene, le aveva sorriso ma non ricordava
assolutamente nulla. Si trattava di un binomio di notizie che la
rendeva felice e triste insieme. Riusciva a guardare il mondo in una
nuova prospettiva, più fiduciosa forse.
Non appena Alice
tornò, la prima cosa che trovò furono Remus,
Peter, Cristal e Lily in sala comune. Erano seduti davanti al fuoco,
come loro solito, e di tanto intanto gettavano occhiate preoccupate
fuori dalla finestra dove la pioggia cadeva ormai incessante. Appena la
videro le sorrisero. Nella testa di Alice vorticavano mille pensieri.
Non faceva altro che pensare al cugino, che non ricordava nulla, e si
chiedeva se fosse giusto o meno non dirgli nulla sugli ultimi mesi
della sua vita prima dell‘incidente. James aveva il diritto
di sapere, ma lei aveva anche il dovere di proteggerlo. Jamie aveva
già sofferto troppo. Come avrebbe potuto reagire venendo a
sapere che negli ultimi mesi suo padre era morto e lui aveva discusso
con le persone a cui teneva di più? Forse il dolore avrebbe
potuto aiutarlo a ricordare, o forse l’avrebbe sconvolto
tanto da portarlo a fare scelte avventate. Alice si chiedeva anche cosa
fosse successo sul serio in quella stanza, ma sapeva bene che
l’unica persona che poteva dare una risposta a quella domanda
aveva perso la memoria.
“Come
è andata?” chiese Lily, ansiosa, distogliendo
Alice dai suoi pensieri. La ragazza sobbalzò sorpresa, e si
guardò rapidamente intorno. Nonostante fosse già
buio non c’era traccia della squadra. La rossa non aveva
fatto che pensare a James da quando l’amica era stata
convocata dalla professoressa McGranitt. Lily non poteva fare a meno di
chiedersi se James l’odiasse o meno, se avesse chiesto di lei
oppure l’avesse cancellata per sempre dalla sua vita.
Inspiegabilmente quest’ultima ipotesi
l’addolorò parecchio.
“Diciamo
bene.. Gli altri?” domandò Alice, guardandosi
intorno. Erano quasi le nove, ma dei ragazzi nemmeno l’ombra.
Mai come prima di quel momento aveva sentito la necessità
impellente di buttarsi tra le braccia di Frank e lasciare che quel
contatto fisico le desse le certezze che non riusciva ad avere da sola.
Quando era insieme a Frank il mondo le sembrava più bello,
perfetto. Nulla era troppo difficile o troppo lontano.
“Allenamenti.”
rispose Remus sbuffando, mentre Peter annuiva deciso.
“Ancora?”
esclamò Alice sorpresa. Improvvisamente ricordò
che lei li aveva saltati per l’ennesima volta e
pregò che Sebastian non fosse troppo arrabbiato con lei da
prendersela con gli altri.
“Sebastian li
sta torturando.” spiegò Cristal, preoccupata per i
ragazzi. Negli ultimi mesi Sebastian si era trasformato in un
dittatore. Non vi era più traccia del simpatico fannullone
che faceva sempre ridere tutti. Almeno, non ve n‘era traccia
quando erano in campo. Tra i banchi di scuola e a tavole Seba era il
solito di sempre. Solo, la squadra, gli allenamenti e le partite
assorbivano tutte le sue energie e peggioravano decisamente il suo
umore.
A peggiorare le cose
c’era il fatto che anche la squadra aveva avvertito quel
cambiamento e non l’aveva presa bene. Il risultato finale era
che nessuno si divertita più, non ci mettevano
più passione. Tutti giocavano solamente perché
dovevano ed era quello che tutti i Grifondoro si aspettavano da loro.
“Dovrei
raggiungerli al campo?” chiese Alice, guardando preoccupata
la bufera che si stava scatenando fuori. Non ne aveva per nulla voglia,
ma allo stesso tempo voleva evitare che Sebastian sfogasse la sua
rabbia sugli altri compagni. Alice sospirò, pensando che di
quel passo ci sarebbe voluto poco perché Seba la buttasse
fuori squadra.
“Io rimarrei
qui al tuo posto.” suggerì Lily saggiamente,
osservando la pioggia cadere fitta oltre il vetro. Alice decise di
ascoltare l’amica, e si lasciò cadere a sedere
sulla sua poltrona preferita. Chiuse gli occhi per un momento e nella
sua mente comparvero un sacco di ricordi. In un lampo gli occhi della
ragazza si riempirono di lacrime che cercò di nascondere
soffiandosi il naso. Lily e Cristal guardavano l’amica,
chiedendosi come stesse veramente. Entrambe non osavano fare domande su
James, intuendo che qualcosa doveva essere andato storto. Peter fece
per aprire la bocca, probabilmente per chiedere notizie
dell’amico, ma Remus lo fece tacere con
un’occhiata. Non bisognava mettere fretta ad Alice, doveva
essere lei a iniziare l’argomento. L’ultima cosa
che voleva era torturare la ragazza più di quanto fosse
necessario.
Dopo quella che
sembrò essere un’eternità ma che invece
erano solo pochi minuti, Alice si riscosse dal torpore in cui era
caduta e si alzò di scatto.
“Intanto
scrivo una lettera.” disse Alice, sedendosi al primo tavolo
libero e mettendosi a scrivere frenetica. Remus, Peter, Cristal e Lily
si scambiarono occhiate piene di curiosità ma non dissero
nulla né tanto meno fecero domande. Lily propose una partita
a scacchi e Remus accettò subito, per smorzare la tensione e
ingannare l‘attesa.
Quando ebbe finito con
la lettera Alice andò alla ricerca di un gufo che portasse
la lettera a James, uscendo silenziosa dalla sala comune. Raggiunse la
guferia in un lampo, mentre gli amici si chiedevano perché
scrivesse una lettera così tardi, e soprattutto chi potesse
essere il destinatario. Alice vagò per la guferia per un
po’ prima di trovare un grosso barbagianni che sonnecchiava
sul suo trespolo. Gli si avvicinò, ma prima di fissare la
lettera alla zampa e di sussurrargli l’indirizzo la rilesse
un’ultima volta.
Caro James,
Sono appena tornata al
castello e sto aspettando gli altri che sono al campo ad allenarsi.
È buffo, non
so nemmeno se ti ricordi delle case di Hogwarts o di che cosa sia un
cacciatore, un battitore o un cercatore.
Non so neanche bene
cosa scriverti,
forse non hai voglia di
sentire quello che è successo a gente di cui conosci solo il
volto..
Ti mando un grosso
bacio e un grosso abbraccio.
Appena me lo permettono
torno a trovarti, promesso.
Ti voglio veramente
tanto bene e spero che questo tu lo possa sentire,
anche se non ricordi
nulla di me.
Alice.
La ragazza
aspettò qualche istante che il nobile volatile si
allontanasse nel buio della notte, poi prese le scale e
tornò verso il dormitorio. Quando tornò in sala
comune Alice si trovò di fronte una situazione decisamente
paradossale. Charleeen, Frank, Seba e Sirius erano da poco tornati dal
campo di allenamento ed erano completamente fradici, dalla testa ai
piedi. I ragazzi non sembravano farci troppo caso mentre Charleen stava
tremando di fianco a Lily che cercava un incantesimo in grado di
asciugarle in poco tempo i vestiti bagnati. Frank parlava
tranquillamente con Peter mentre Sirius e Sebastian si fronteggiavano
guardandosi in cagnesco e lanciandosi occhiate di fuoco. Era facilmente
prevedibile che avrebbero finito con il discutere, probabilmente a
causa della squadra. Ormai le litigate tra Sirius e Seba erano quasi
all’ordine del giorno. Sirius non aveva preso bene fin
dall’inizio la sostituzione di James. Per come vedeva lui le
cose l’unico capitano di Grifondoro degno di questo nome era
il suo migliore amico. Alla fine aveva dovuto accettare il fatto che
qualcuno dovesse necessariamente sostituirlo, ma non poteva fare a meno
che notare le differenze tra il modo di Seba di condurre la squadra e
quello che aveva sempre avuto James. L’anno prima, con lui,
ogni allenamento era come un’uscita tra amici ed ogni partita
un avvenimento epocale che si concludeva con una festa degna di entrare
negli annali per celebrare la vittoria dei grifoni a cui si univano
anche gli studenti della altre case, dimenticando il risultato.
“A chi hai
mandato quella lettera?” chiese Cristal, curiosa, ignorando
la guerra che si stava scatenando alle sue spalle. Frank, che le si era
subito avvicinato, la guardò perplesso e Alice
aprì la bocca per rispondere ma Sirius la precedette,
scatenando l‘inferno.
“Lo
uccido!” esclamò Sirius, furente, palesemente
rivolto a Sebastian.
In un secondo il
ragazzo scattò, in direzione del suo capitano ma venne preso
in tempo da Frank e Remus prima che riuscisse a colpire Sebastian.
“Sta
calmo!” disse Remus cercando a fatica di fare ragionare
Sirius, tenuto fermo anche da Frank. Peter osservava la scena da
lontano, spaventato e paralizzato. Alice fissò per un
po’ il ragazzo, il più mingherlino dei malandrini,
e arrivò alla conclusione che Peter non c’era mai
quando c’era bisogno di lui.
“Calmo? Con
tutte le persone che ci sono in questo castello proprio ad un esaltato
dovevano dare l’incarico di Capitano?”
urlò Sirius rivoltò ad un impassibile Sebastian
che sembrava non essere toccato dalle parole del ragazzo. Sirius
ripeteva le stesse cose ogni sera, e il giorno dopo si presentava
diligentemente agli allenamenti. Seba sapeva che non avrebbe lasciato
la squadra per non fare torto a James, e lasciava che si sfogasse
urlandogli contro.
“Dovevi
proporti tu, Frank!” commentò Charleen, finalmente
asciutta e meno infreddolita.
“Non sono
abbastanza cattivo e non mi so imporre.” rispose Frank,
sorridendo e cercando di sdrammatizzare la situazione. Un po’
di ironia era estremamente necessaria in quel momento per evitare il
peggio.
“Beh, io
si!” esclamò Sebastian deciso. Sirius
aprì la bocca per rispondergli ma Alice lo prevenne cercando
di mettere fine a quella discussione.
“Che state
dicendo?” chiese Alice, guardando i ragazzi presi dalla
conversazione.
“Che
è insopportabile.” spiegò Cristal
riassumendo in poche parole il concetto espresso da Sirius indicando
Sebastian, che si limitò a scrollare la testa.
“Lo faccio
per il vostro bene, la partita è tra due
settimane!” spiegò Sebastian, alzando le spalle.
Sirius sbuffò, si liberò dalla presa di Frank per
andare a sedersi il più lontano possibile dal suo attuale
capitano.
“Parliamo di
cosa più importanti? Alice è appena
tornata!” disse Remus, indicando la ragazza. I ragazzi si
voltarono tutti verso di lei di scatto. Improvvisamente tutti si
sentirono stupidi per avere perso tempo a discutere di sport mentre la
loro amica aveva notizie sicuramente più importanti su James
da comunicare.
“James! Come
sta?” chiese Frank, prevenendo Sirius che stava per fare la
stessa domanda.
“Bene, sono
così felice..” esclamò Alice, con un
espressione estasiata sul viso. Tutti quanti a quelle parole si
sentirono più leggeri, come liberati di un grosso peso che
li opprimeva.
“Poteva
parlare o era troppo debole?” chiese Sirius, ansioso di
sapere più cose possibile sulla salute del suo amico.
Avrebbe voluto correre da lui, abbracciarlo e piangere sulla sua spalla
dandosi dell’idiota ma non sapeva se era o meno una buona
idea. Remus gli aveva consigliato di aspettare per vedere come si
sarebbero messe le cose, e questo era quello che lui aveva deciso di
fare. Per la prima volta da che lo conosceva aveva davvero ascoltato il
suo amico licantropo. Non voleva correre il rischio di fare altri
danni, aveva già fatto troppi errori con James. Errori
enormi, forse irreparabili.
“Quando sono
arrivata stava dormendo, poi mi ha sentito entrare e si è
svegliato. Abbiamo parlato un po’.”
raccontò Alice, cercando le parole giuste per dire agli
amici che James non ricordava nulla. Era davvero difficile trovare la
forza per iniziare quel discorso.
“Dici
davvero?” chiese Peter con la sua voce stridula e speranzosa.
Alice
aggrottò le sopracciglia, come infastidita. La voce del
ragazzo le era suonata strana, sgradevole, falsa forse.
“Pensi che
potremmo andare a trovarlo nei prossimi giorni?” chiese Remus
pacatamente, cercando di nascondere la sua impazienza. Aveva veramente
voglia di rivedere James, sedersi sul bordo del suo letto e ridere con
lui come non faceva da troppo tempo. Voleva anche parlargli di
quell’estate, dirgli quanto era stato stupido su quel treno e
di come avesse provato a rimediare scrivendo decine e decine di lettere
che non erano mai state lette.
“Non so,
c’è stata una complicazione.”
iniziò Alice, incerta sul come proseguire. Come poteva
dare una notizia tanto brutta a quelle facce così
piene di speranza? Forse aveva sbagliato a non essere stata schietta
fin dall’inizio.
“È
grave?” chiese Charleen, preoccupata. I visi di tutti si
fecero improvvisamente più seri mentre esaminavano
mentalmente tutte le possibilità, figurandosi le peggiori.
“Tornerà
a camminare, vero?” chiese Lily, spaventata. Nonostante
avesse chiarito la questione con Alice i sensi di colpa per
l’incidente di James non si decidevano a passare. Si sentiva
responsabile, e non riusciva a togliersi dalla testa l’idea
che se non fosse stato per lei James non si sarebbe mai fatto male.
“Si, sta
bene.” ripeté Alice, sedendosi sulle gambe di
Frank. Proprio in quel momento un gufo planò dolcemente
nella stanza e si diresse verso Alice, lasciando cadere una lettera
sulle gambe della ragazza. Alice riconobbe immediatamente il gufo di
sua zia Dorea, una grossa civetta bianca di nome Rochelle.
“Guarda, un
gufo..” esclamò Peter, confuso. Sul viso di Alice
si dipinse un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
“La posta
adesso?” chiese Cristal, confusa. Sirius e Remus si
scambiarono un’occhiata preoccupata, la posta fuori orario
non era mai un buon segno e per di più quel gufo era
maledettamente familiare. Non potevano certo sbagliarsi, quello era il
gufo che aveva consegnato a James centinaia di lettere e pacchi da
parte dei suoi genitori.
Ignorando le facce
preoccupate degli amici e quello che gli accadeva intorno, Alice
aprì la busta e si mise a leggere avidamente con un sorriso
sulle labbra.
Cara Alice,
Non ricordo nulla del
castello. Però sono annoiato, ho male alla testa ed al
braccio e.. sono annoiato. Ah si, ho anche la febbre.
Mi fa piacere leggere
quello che combinate. Ho letto qualcuna delle tue lettere, non sembra
ci si annoi lì da voi. Non ricordo nulla di quello che
abbiamo passato insieme ma sento il bene che mi vuoi e sento di
volertene anche io.
James.
Alice rilesse quelle
poche righe più e più volte, cercando di cogliere
ogni minima sfumatura. Si immaginò mentalmente James, con il
suo sorriso e la sua espressione così tenera dirle quelle
parole. Le riusciva a sentire risuonare nella sua testa.
Notò la scrittura incerta, insicura e gli scarabocchi che
James aveva fatto come suo solito ai lati del foglio. Sembravano essere
dei boccini stilizzati, ma non ne era sicura. Le pareva quasi di
vederlo, James, mentre scriveva quella lettera appoggiato alla meglio
all’instabile tavolino di fianco al letto con il braccio
fasciato e la testa pesante per la febbre. Doveva essergli costata
molta fatica e molto impegno.
Gli amici, nel
frattempo cercavano di capire lo strano comportamento di Alice. Prima
era sparita per mandare una lettera, poi aveva detto loro che James
stava bene ma c’era stata una complicazione ed infine si era
messa a leggere sorridendo in modo quasi ebete una lettera che era
arrivata ad un orario a dire poco insolito da un gufo maledettamente
simile a quello della madre si James.
“Alice, che
succede?” chiese Charleen, preoccupata, parlando un
po’ a nome di tutti.
“Nulla.”
rispose Alice, facendo scivolare la lettera nella tasca della veste.
“Stavi
parlando di James.. Stavi dicendo qualcosa riguardo una
complicazione..” le ricordò Frank dolcemente,
anche lui vagamente preoccupato. Conosceva abbastanza Alice per sapere
che stava nascondendo qualcosa, forse di grosso.
“Scusate.”
disse Alice, cercando di ritrovare il filo del discorso. Gli amici la
guardavano spaventati, doveva dire loro tutto o sarebbe preso un colpo
a qualcuno. Alice sospirò.
Cristal
approfittò della pausa per sedersi a cavalcioni sul
bracciolo di una poltrona e così facendo ribaltò
la borsa di Alice con tutto il suo contenuto a terra.
“Ma quelle
sono le lettere che avevo scritto a James!”
esclamò improvvisamente Remus indicando le lettere che erano
sbucate dalla borse della ragazza. Alice si affrettò a
raccoglierle sotto lo sguardo incredulo degli amici, ma ormai era
tardi. Il danno era fatto e forse era anche meglio così.
“È
vero!” confermò Sirius, riconoscendo
immediatamente la calligrafia dell’amico. Il suo cuore
accelerò di colpo mentre nella sua testa si facevano largo
un sacco di scenari, uno più assurdo e improbabile
dell’altro che avevano portato Alice a mettere nella sua
borsa le lettere destinate a James.
“Che ci fanno
nella tua borsa?” chiese Sebastian, serio, con fare
indagatore. Anche se nessuno si decideva a parlare era palese che tutti
stavano pensando alla stessa cosa. La paura di tutti era che James si
fosse arrabbiato con la cugina o con loro.
“È
stato James a dirti di portarle via? Non ci vuole più
vedere, è questo che volevi dire?” disse Sirius,
spaventato e vicino a una crisi di nervi, dando voce ai timori di tutti
i presenti. Remus cercò di calmarlo, abbracciandolo, ma il
ragazzo si liberò da quella stretta.
“No, sono
state mia madre e mia zia.” spiegò Alice,
abbassando la testa. Era arrivato il momento di dire loro la
verità, lo sapeva, ma era ugualmente difficile.
“Dorea non
vuole che James legga quelle lettere?” chiese Remus, stupito
dallo strano comportamento della madre di James. Dorea voleva loro
bene, perché aveva fatto in modo che James non avesse le
loro lettere?
“Si, e io
penso che abbia ragione.” confermò Alice, annuendo
piano. Frank si voltò stupito verso la sua ragazza,
incredulo che proprio lei avesse pronunciato quelle parole.
“Cosa stai
cercando di dire, Alice?” chiese Frank, confuso. Alice prese
fiato prima di dire la frase che avrebbe distrutto definitivamente il
buon umore degli amici.
“James ha
perso la memoria, non ricorda nulla.” disse Alice alla fine,
liberandosi di quel grosso peso. Tutti i ragazzi caddero in silenzio,
incapaci di dire qualsiasi cosa. Sirius aprì la bocca per
dire qualcosa, o forse per urlare, ma non uscì alcun suono.
Il ragazzo era come in trance, troppo sconvolto per riuscire ad
emettere un qualsiasi suono.
“È
uno scherzo, vero?” chiese Remus dopo quella che parve
un’eternità, guardandosi attorno alla disperata
ricerca di conferme. Doveva essere uno scherzo, non c’era
altra spiegazione. Non poteva assolutamente essere vero che il destino
si fosse ulteriormente divertito a giocare con James, tirandogli un
altro tiro forse più meschino dei precedenti. Prima le
discussioni con Lily e con Sirius, poi il coma e ora questo. Non era
giusto.
“Vorrei
quanto te che lo fosse. Non ricorda nulla e non riconosce nessuno. Zia
Dorea ha portato via quelle lettere per non sconvolgerlo
troppo.” spiegò Alice, tristemente raccontando
agli amici le ragioni della zia.
“Così
per non agitarlo gli mentite? Mi impedite di vederlo e di chiarire con
lui?” chiese Sirius, visibilmente agitato, ritrovando la
parola. Alice sospirò.
“Sirius,
James non ricorda nulla. Vuoi davvero che l’unica cosa che
sappia di te è quanto lo hai trattato male sul treno? O che
Lily lo odia? O che quando suo padre è morto lui
è come impazzito e nessuno di noi ha saputo
aiutarlo?” chiese Alice, guardando il ragazzo dritto negli
occhi. Sirius capì, non rispose e abbassò la
testa. Nella stanza cadde il silenzio più totale, quelle
parole avevano colpito tutti con la loro cruda verità. James
si era svegliato, ma non era più lo stesso. Il loro James
non era ancora veramente tornato da loro. Ancora una volta erano
spettatori impotenti della sofferenza del loro amico.
“Ha ragione
lei. È la cosa migliore Sirius.”
commentò Remus, abbracciando l’amico per fargli
forza e fargli sentire la sua vicinanza. Sirius annuì piano,
quasi impercettibilmente.
“Dobbiamo
aiutarlo a ricordare, lasciare che si ricordi tutto e poi parlare di
quello che è successo a giugno.” disse Lily,
sconvolta ma nonostante tutto lucida. Alice annuì lentamente.
“L’ho
perso..” mormorò Sirius liberandosi dalla stretta
di Remus e lasciandosi cadere in ginocchio e tenendosi in viso tra le
mani. Era uno straccio, lo spettro del Sirius di sempre. Tutti quanti
distolsero lo sguardo, incapaci di resistere a quella triste visione.
“Che stai
dicendo Sirius. James è vivo e sta bene.” disse
Remus, avvicinandosi nuovamente a Sirius e prendendo le mani del
ragazzo tra le sue. Sirius alzò piano la testa, osservando
attentamente l’amico. Remus era distrutto quanto lui, ma allo
stesso tempo non aveva perso la sua determinazione e la speranza.
“Si, ma non
si ricorda di me. È come se la nostra amicizia non sia mai
esistita per lui.” sussurrò Sirius tra le lacrime.
Improvvisamente gli erano tornate in mente le parole che aveva detto a
James sul treno e aveva capito come si era dovuto sentire il suo amico
dopo che lui gli aveva detto quelle cose. Era semplicemente terribile
sentirsi abbandonati dal proprio migliore amico, ed ora riusciva a
capirlo anche lui.
“Non
è proprio così.” intervenne Alice,
decisa, interrompendo a malincuore quell’abbraccio.
“Di che
parli?” chiese Lily, confusa. Alice sospirò e
iniziò a spiegare.
“Ve
l’ho detto, James non riconosce nessuno. All’inizio
non riconosceva nemmeno me e sua madre, dopo un po’
però ha notato che i nostri visi erano familiari.”
iniziò a raccontare Alice. A quelle parole tutti si fecero
più attenti. Alice prese nuovamente fiato, prima di iniziare
a raccontare nei minimi particolari tutto quello che era successo nella
stanza d’ospedale di James solo qualche ora prima.
“Aspetta,
quindi si ricorda solo di te e sua madre?” chiese Frank,
sorpreso. Il fatto che James riuscisse a ricordare almeno qualcosa del
suo passato era positivo, voleva dire che non tutto era definitivamente
perduto.
“Non si
ricorda, ma si fida di noi. Gli sembra di conoscerci da sempre, sente
il bene che gli vogliamo. Guardate qui..” spiegò
Alice, prendendo la lettera che era arrivata prima che aveva riposto in
tasca e mostrandola agli amici. Sirius riconobbe subito la calligrafia.
L’avrebbe potuta riconoscere tra mille altre. Era di James,
del suo James.
“L’ha
scritta lui, vero?” chiese Sirius, ansioso. Alice
annuì piano con la testa.
“Deve
essergli costata molta fatica.” sussurrò Charleen,
guardando il tratto incerto delle parole e le molte macchie di
inchiostro sulla pergamena.
“Penso di si.
L’ha anche scritta con la mano sinistra perché il
braccio destro è fasciato e immobile.”
spiegò Alice, sorridendo tristemente.
“Jamie..”
sospirò Sirius, trattenendo a fatica le lacrime. Riusciva
quasi a vederlo, nella semi oscurità della stanza
d’ospedale, stanco, con la febbre e il braccio fasciato
scrivere a fatica quelle poche righe per la cugina. Avrebbe voluto
correre da lui per abbracciarlo, attento a non stringere troppo forte
per non fargli male.
“Mi ha
chiesto di erano le persone nelle foto. Ho preso quella in cui ci siamo
tutti e gli ho elencato tutti i nomi.” continuò a
raccontare Alice. Tutti gli occhi erano puntati su di lei, tranne
quelli di Sirius, in lacrime. Gli sembrava strano e allo stesso tempo
irreale leggere una lettera, seppure di poche righe, che aveva scritto
James. Era il primo contatto diretto con lui dopo più di
quattro mesi.
“Ha reagito
quando gli hai mostrato Lily?” chiese Cristal, ansiosa. Alice
scosse la testa, lasciando sgomenti tutti i presenti.
“No, ha solo
detto che gli sembrava molto dolce ma anche molto triste.”
raccontò Alice, tristemente. Lily a quelle parole rimase
come pietrificata, non disse nulla ma si vedeva che era sconvolta. Gli
altri ragazzi erano stupiti, non sapevano cosa dire. Esattamente come
Alice avevano pensato che vedere Lily lo avrebbe certamente aiutato a
ricordare. Charleen si accorse dello strano comportamento
dell’amica ma non disse nulla. Le avrebbe parlato
più tardi, prima di andare a letto.
“Se non si
ricorda nemmeno di Lily è una cosa grave.”
commentò Sebastian, scuotendo la testa. Frank gli
lanciò un’occhiataccia e gli fece cenno di stare
zitto.
“Sirius, non
si ricorda di Lily ma di te si.” disse Alice, fissando
intensamente il ragazzo ancora in ginocchio. A quelle parole Sirius
ebbe un tremito.
“Cosa?”
chiese Sirius, stupito, alzando la testa per incontrare lo sguardo
della ragazza.
“Quando gli
ho mostrato la foto ha detto che gli eri familiare, ti ha riconosciuto.
Non si ricorda il tuo nome, o quello che avete passato insieme ma sa di
volerti bene.” spiegò Alice, sorridendo. Sul volto
di Sirius iniziò a disegnarsi qualcosa di molto simile ad un
sorriso.
“È
un inizio.” commento Remus, sorridendo.
“Dobbiamo
stargli vicino.” disse Frank, convinto. Ora che James stava
bene avrebbero fatto di tutto pur di aiutarlo a ricordare, anche a
costo di raccontargli nei dettagli ogni maledetto minuto degli ultimi
sei anni passati al castello insieme.
“Come
reagirà quando saprà quello che gli ho
fatto?” chiese Sirius, confuso e triste.
“Lascialo
guarire. Avete tutto il tempo per risolvere quella cosa, adesso sta
bene.” disse Charleen, saggiamente. Sirius la
guardò e poi annuì, deciso. Sapeva che aveva
ragione lei, doveva essere forte e reagire. Doveva farlo anche per
James.
“Alice, posso
andare da lui?” chiese Sirius fissando speranzoso la ragazza,
dopo qualche attimo di silenzio.
“Non penso,
la professoressa McGranitt ha detto che non posso più
andarci nemmeno io.” rispose Alice, triste e arrabbiata
insieme, ricordando le parole pronunciate poco prima dalla donna mentre
tornavano al castello.
“Quindi come
fai?” chiese Cristal, stupita e delusa per l‘amica.
Sapeva che Alice avrebbe sofferto moltissimo non potendo andare da
James ora che si era svegliato.
“Posso
scrivergli.” rispose Alice, sorridendo tristemente.
“Una lettera
non è come stare con lui.” osservò
Sebastian, giocherellando con la cravatta della sua divisa.
“Lo so, ma
almeno gli faccio compagnia.” rispose Alice, risoluta.
I ragazzi andarono
avanti a discutere per ore e senza che se ne rendessero conto
passò la mezzanotte. Fu solo quando la donna grassa del
dipinto minacciò di denunciarli alla professoressa McGranitt
che si decisero ad andare a letto. Crollarono tutti nel giro di pochi
minuti, fatta eccezione di Charleen e Lily.
“Che ti
è preso prima?” chiese dolcemente Charleen,
sedendosi sul letto di Lily. Non ci fu bisogno di troppe spiegazioni
perché la ragazza capisse a cosa si stava riferendo
l’amica.
“Non lo
so..” rispose la rossa, malinconica, cercando di parlare
piano per svegliare Alice e Cristal. Avevano avuto una dura giornata,
avevano bisogno di riposare, ed in più era confusa dai
sentimenti discordanti che sentiva di provare per James e non voleva
che Alice sapesse.
“Sembravi
quasi triste. Pensavo che James ti fosse indifferente.”
continuò Charleen, decisa a fare luce sulla faccenda. Quando
Alice aveva detto loro che James non si ricordava di Lily la ragazza
era rimasta di sasso, delusa. Nonostante Lily avesse cercato di
mascherare il più possibile i suoi sentimenti, nulla era
sfuggito a Charleen. Dopotutto era la sua migliore amica e
condividevano ogni cosa da quasi sei anni.
“Infatti
è così. Solo, sono rimasta delusa dal fatto che
si fosse scordato di me visto che diceva di amarmi più di
ogni altra cosa..” sospirò Lily, triste.
“Forse lo hai
deluso.” ipotizzò Charleen, giocherellando con una
ciocca dei lunghi capelli ricci che le cadevano disordinati sulla
schiena.
“Non mi
importa di Potter.” esclamò Lily, cercando di
sembrare decisa. Charleen non mancò di notare la tristezza e
l’amarezza nascosta nella sua voce.
“Ne sei
sicura?” chiese Charleen, dolcemente.
“Mi manca.
Vorrei rivederlo, sentire ancora la sua voce e la sua risata capace di
mettere allegria a tutti.” ammise Lily, con gli occhi pieni
di lacrime.
“Doppiamo
solo portare un po’ di pazienza, poi tornerà da
noi.” cercò di confortarla l’amica.
“No, non
tornerà. Il vero James Potter è caduto da una
finestra dopo aver litigato con tutte le persone a cui teneva di
più. Io ero tra queste e l‘ho ferito. Sono un
mostro!” si sfogò Lily.
La ragazza era delusa
da se stessa. Come aveva potuto essere così dura con James?
Lui stava solo cercando
di prendere le sue difese con Piton, ma il suo maledetto orgoglio non
era riuscito a sopportarlo.
“Sono sicura
che andrà tutto a posto.” ripeté decisa
Charleen.
“Come puoi
dirlo?” chiese Lily, confusa dalla sicurezza della propria
migliore amica.
“James
è forte.” disse Charleen sorridendo in modo strano.
***
Erano passate circa tre
settimana da quando James si era svegliato. I guaritori lo avevano
trasferito in un altro reparto gestito da Emily, una donna arcigna e
cattiva che faceva rispettare minuziosamente gli orari di visita e che
aveva vietato categoricamente l’accesso a coloro che non
fossero parenti stretti. Diceva che così facendo James
sarebbe guarito presto e meglio. James non l’aveva presa per
niente bene e si era arrabbiato moltissimo quando lo aveva scoperto.
Dorea aveva provato a protestare, ma non era servito a nulla.
L’unica persona che poteva entrare era lei, nemmeno ad Alice
e Fanny era permesso. Anche Alice non l’aveva presa per
niente bene, ma alla fine si era dovuta fare una ragione.
Con il passare dei
giorni James stava sempre meglio, e ormai stava diventando difficile
nascondergli le cose e trattenerlo a letto. La settimana precedente
aveva ripreso a camminare e ormai aveva fatto amicizia con tutto il
reparto. Parlare con altri pazienti lo faceva stare meglio e lo aiutava
a distrarsi.
“Mamma, mi
dici come mi sono fatto male?” chiese James per
l’ennesima volta, rigirandosi nel letto come
un‘anima in pena. Il braccio era ancora fasciato
perché la ferita non la voleva smettere di sanguinare.
“Non posso
tesoro.” rispose Dorea, proprio come faceva ogni volta,
sperando che prima o poi il figlio si rassegnasse. Speranza vana con un
testardo come James.
“Uffa, allora
mi dici perché papà non viene mai a trovarmi? Ho
un padre, vero? Chiese ancora James. A quelle parole Dorea
sentì il cuore fermarsi e poi riprendere a battere
più lentamente. Anche dopo molti mesi parlare di Charlus
Potter e di come lo aveva perso per colpa di alcuni maghi oscuri faceva
ancora molto male.
“È
morto, tesoro.” rispose Dorea come faceva sempre, cercando di
nascondere l’angoscia che gli procurava dire quelle parole.
Avrebbe voluto raccontargli tutto, odiava avere dei segreti,
specialmente con James ma non poteva fare diversamente. Sapere la
verità non lo avrebbe aiutato, lo avrebbe solo fatto stare
peggio.
“Come
è morto?” insistette James, per niente disposto ad
arrendersi al primo rifiuto.
“James,
dovresti riposare invece di perderti domande inutili. Da bravo, dormi
che devo fare una commissione.” disse Dorea, chiudendo il
discorso e lasciando la stanza con gli occhi velati di lacrime per non
farsi vedere piangere dal figlio.
James ormai aveva
capito quei due argomenti erano vietati ma non aveva smesso di fare
domande. Dopo tutto James era testardo e non si rassegnava facilmente.
Ogni giorno Alice gli
mandava una lettera, a volte anche due. Leggere della vita della cugina
lo faceva stare bene. Gli sembrava di leggere una storia, invece si
trattava di quella che una volta era la sua vita. Se il braccio gli
permetteva di scrivere, le rispondeva, cercando di ricambiare
l’affetto che Alice lasciava trapelare nelle sue lettere.
Anche Sirius, Remus e a volte Seba gli scrivevano, parlandogli del
più e del meno. L’unico che non si era fatto vivo,
né di persona né per lettera era stato suo zio
Jack, il padre di Alice nonché fratello di sua madre Dorea.
Non si ricordava molto di lui, solo qualche flash ed i racconti di
Alice, ma ogni volta che chiedeva di lui Dorea sospirava, e
diceva che era al lavoro ma che presto sarebbe passato. James conosceva
abbastanza di sua madre per sapere che stava mentendo, ma aveva
preferito non fare altre domande. Si rendeva conto che per sua madre
gli ultimi mesi non dovevano essere stati per nulla semplici e non
voleva darle altri dispiaceri.
Alla fine della terza
settimana di convalescenza da quando si era svegliato, Emily
cominciò a parlare di dimissioni, con gran gioia del diretto
interessato. James era eccitato all’idea di potersene andare
dall’ospedale. Ormai stava bene ed essere costretto a letto
cominciava ad irritarlo, senza parlare della noia che lo tormentava ad
ogni ora. Dorea, dal canto suo, non era molto convinta, temeva che il
figlio potesse avere ricadute e che la lunga degenza lo avesse reso
troppo debole per tornare nel mondo reale. Un pomeriggio la guaritrice
decise che era venuto il momento di convincere la madre di James a
lasciare che lo dimettessero.
“Signora, suo
figlio sta bene. Non ha senso che stia qui.”
ripeté pazientemente Emily per l’ennesima volta in
pochi minuti. Erano nella stanza di James, che osservava perplesso le
due donne discutere tra loro ignorandolo deliberatamente. Sembrava che
la decisione che avrebbero preso non lo riguardasse.
“È
sicura che non rischia di stare male di nuovo?” chiese Dorea,
ansiosa come solo una madre può essere. Non era mai stata
una madre apprensiva, una di quelle che si preoccupano per tutto, ma da
quando James era stato male non faceva che vedere possibili pericoli
ovunque. Era terrorizzata all’idea che lasciandolo solo anche
per pochi minuti si sarebbe certamente fatto male.
“Ne sono
certa. Lo so di avere un brutto carattere e di essere insopportabile,
ma il mio lavoro lo so fare. Si fidi, è pronto per tornare a
casa.” rispose Emily, fissando la donna dritta negli occhi.
Quelle parole così decise colpirono James.
“Ma la
memoria non gli è tornata.” osservò
Dorea, preoccupata.
“Per quello
non possiamo fare niente.” disse Emily, tristemente,
scuotendo la testa. In quelle settimane avevano provato molte cure ma
non era servito a nulla. Dorea aveva passato interi pomeriggi ad
aiutare James a ricordare qualcosa ma tutto quello che aveva ottenuto
era stato fargli venire un tremendo mal di testa.
“Cosa mi
consiglia di fare?” chiese Dorea, fissando la donna negli
occhi. Emily ci stette a pensare per qualche istante, cercando le
parole giuste.
“Se posso
dire la mia, non lo riporterei a casa. Lo mandi a scuola, tra i suoi
amici..” consigliò alla fine la guaritrice. Dorea
a quelle parole strabuzzò gli occhi, incredula.
James nel frattempo
guardava le due donne discutere di lui come se non fosse presente,
cercando inutilmente di prendere la parola per poter dire la sua.
“Ma Jamie
è ancora troppo debole..” esclamò
Dorea, preoccupata. In quelle settimane aveva pensato spesso al giorno
in cui avrebbe finalmente riportato James a casa, e non vedeva
l’ora che arrivasse. Non poteva sopportare l’idea
di vederlo uscire dall’ospedale per riportarlo subito al
castello. Forse il suo era egoismo, ma non voleva rimanere sola.
“Se dovesse
stare male c’è l’infermeria, no? Stare
al castello gli farà bene. Starà con sua cugina,
con i suoi amici e vedrà luoghi familiari.”
spiegò Emily pazientemente, cercando di convincere la donna
a prendere la decisione migliore per il figlio.
“Potrebbe
aiutarlo a ricordare secondo lei?” chiese Dorea, ansiosa.
Prima che Emily potesse avere il tempo di rispondere James
riuscì finalmente a prendere la parola, anticipando la madre
di qualche istante.
“Di che
parlate?” chiese James, riuscendo finalmente ad attirare
l’attenzione delle due donne.
Dorea ed Emily si
scambiarono un’occhiata prima che Dorea si decidesse a
rispondere.
“Emily dice
che molto presto sarai dimesso.” spiegò Dorea
scompigliando i capelli del figlio.
“Davvero?
Posso andarmene da qui?” chiese James, impaziente di lasciare
quel posto.
“Jamie.. Sii
gentile!” lo rimproverò la madre, tra il severo ed
il divertito.
“Mi spiace,
ma..” iniziò James, leggermente imbarazzato.
“Ti capisco
se non ne puoi più di stare qui.”
commentò Emily, sorridendogli per la prima volta da quando
lo conosceva. La donna era conscia del fatto che l’ospedale
cominciava a stare stretto a James, per questo insisteva
così tanto perché Dorea lo lasciasse tornare ad
Hogwarts. Per James forse all’inizio sarebbe stato un trauma,
ma era la cosa migliore.
“Emily dice
che secondo lei non dovresti tornare a casa ma andare a
scuola..” spiegò Dorea, con una punta di
preoccupazione nella voce.
“Al castello?
Io.. Non ricordo niente, non conosco nessuno..”
biascicò James, spaventato. L’ospedale era un
posto noioso, ma sicuro. Conosceva tutti, non doveva fare nulla. Al
castello sarebbe stato tutto diverso e sarebbe dovuto essere
all’altezza delle aspettative di un sacco di persone di cui
non ricordava assolutamente nulla, nemmeno il nome.
“C’è
tua cugina, no?” disse dolcemente Emily, cercando di
confortarlo ed infondergli un po’ di sicurezza.
“Si,
ma..” provò a dire James, pallido. Dorea pareva in
difficoltà. Cominciava a pensare che Emily avesse ragione,
ma vedere James in crisi rendeva molto più difficile
riuscire a prendere una decisione.
“Prima o poi
dovrai tornare alla tua vecchia vita, e sarà un trauma lo
stesso. Meglio prima, no? Pensi di essere abbastanza forte per
sopportarlo ora?” continuò Emily, sempre con la
stessa dolcezza nella voce.
“Non lo so,
ma forse a casa sarebbe come stare in ospedale.” disse James,
dopo averci pensato un po’ su.
“Che vuoi
dire?” chiese Dorea, guardando ansiosa in figlio.
“Mi terresti
a letto, ti prenderesti cura di me..” rispose James, fissando
la madre negli occhi.
Gli occhi di Dorea
erano pieni di preoccupazione, quelli di James di decisione ma anche di
tanta dolcezza.
“Sei mio
figlio, e stai male, è normale che io mi prenda cura di
te.” borbottò Dorea, sulla difensiva. James in
risposta le sorrise, e poi l’abbracciò.
“Quello che
vuole dirti è che si sente pronto a tornare a vivere.
Lascialo fare Dorea..” cercò di spiegare Emily.
“Si,
ma..” inizio Dorea, subito interrotta dal figlio.
“Lo so, sei
preoccupata.” disse James, cercando di fare forza alla madre
nonostante fosse il primo ad essere spaventato da quella situazione.
“È
un ragazzo forte, ce la farà.” esclamò
Emily, sicura.
“Va
bene.” sospirò alla fine Dorea. James sorrise, e
strinse ancora più forte a sé la madre.
“Saluta tua
madre, poi vieni con me.” disse Emily, rivolta a James,
lasciando i due da soli per i saluti. Dorea non disse nulla, si
limitò ad abbracciare e accarezzare la testa del figlio,
sforzandosi di non piangere. Doveva essere felice che James venisse
finalmente dimesso e potesse tornare alla sua vita, al suo mondo,
invece aveva un groppo in gola. Era preoccupata, soprattutto
perché sapeva che per James non sarebbe stato facile. Nel
giro di quattro mesi erano cambiate molte cose.
“Ciao
mamma.” salutò James alla fine, decidendosi ad
alzarsi. Con paio di colpi di bacchetta Dorea preparò le
cose del figlio, poi aiutò James a vestirsi.
“Ti
scriverò tutti i giorni e guai a te se non fai lo
stesso!” disse Dorea, minacciosa e con gli occhi lucidi,
mentre si salutavano sulla porta.
“Va bene, ma
ricorda che il braccio mi fa male..” rispose James,
divertito, cercando una scusa per avere un po‘ di pace.
“Ti voglio
bene.” sussurrò Dorea, abbracciando forte James
ancora una volta.
“Anche io
mamma.” rispose James, con gli occhi lucidi prima di lasciare
per sempre quella stanza d’ospedale che era diventata la sua
prigione.
***
Ad Hogwarts la
professoressa McGranitt stava tranquilla nel suo ufficio a correggere
una grossa pila di compiti che aveva assegnato ai suoi alunni. Molte
volte si era ritrovata a pentirsi di tutti quei compiti visto il tempo
che poi ci metteva a correggerli e quella era certamente una di quelle
volte. Il noioso pomeriggio della professoressa di Trasfigurazione fu
però presto interrotto, in modo brusco.
“Professoressa
McGranitt, potrebbe venire nel mio ufficio immediatamente?”
disse la voce del preside, comparso improvvisamente dal camino.
“Certo
professor Silente.” rispose la professoressa, accantonando
immediatamente i compiti per affrettarsi a raggiungere il suo
professore, chiedendosi cosa poteva essere successo di tanto importante
da richiedere così urgentemente la sua presenza.
“Ah, porti
con se la signorina Prewet e il signor Black o il signor
Lupin.” mormorò Silente, prima di scomparire nel
nulla. La donna notò che sul viso del preside era disegnato
uno strano sorriso, quasi che il preside fosse di buon umore.
Nella Sala Comune dei
Grifondoro nel frattempo si stava consumando il solito dramma, ormai
quotidiano, tanto che nessuno ci faceva più caso. Sebastian
stava facendo il solito discorso alla squadra, mentre gli altri ragazzi
di Grifondoro parlavano tra loro vicino al camino, scuotendo di tanto
in tanto la testa, rassegnati.
“Allora
ragazzi, avete capito tutti? Ci sono domande?” chiese
Sebastian, impaziente, ad una platea di ascoltatori assonnati e
svogliati. Si vedeva lontano un miglio che avrebbero volentieri fatto a
meno di essere lì.
“Io ne ho
una..” disse Sirius, alzando pigramente la mano per chiedere
la parola.
“Dimmi pure
Sirius.” rispose Sebastian, con fare disponibile.
“Ma ci hai
preso per dei ritardati? È la quinta volta che spieghi la
stessa tattica!” esclamò Sirius, scatenando le
risate di tutti i presenti. Seba a quelle parole arrossì,
sia per la rabbia che per la vergogna.
“Ha ragione,
sei impossibile.” confermò Charleen, scuotendo la
testa.
“Charleen, fa
poco la spiritosa. Ricordi che settimana scorsa abbiamo
perso..” disse Sebastian, sbuffando. Per la prima volta da
almeno cent’anni, come non facevano che ripetere tutti i
Serpeverde, Grifondoro aveva perso con Tassorosso. La partita era stata
un tale disastro che gli studenti di Grifondoro avevano lasciato il
campo per tornare al castello prima della fine della partita. Alice era
riuscita a prendere il boccino, ma non era servito a nulla. Era stato
un vero e proprio massacro, un disastro su tutti i fronti.
“Come
dimenticarlo, lo ripeti almeno sei volte al giorno!”
esclamò Frank, stizzito.
Per lui, portiere
famoso per non avere quasi mai preso gol quella era stata una partita
da dimenticare, una sconfitta colossale, e non sopportava che Seba non
facesse che ricordarglielo ogni santo giorno. Il ragazzo cominciava a
pensare che Sirius avesse ragione.
“Non ho
voglia di discutere, vi aspetto tra un ora al campo.
Puntuali.” concluse Sebastian, lasciando la Sala Comune. I
ragazzi si scambiarono un’occhiata, rassegnati, poi
sbuffarono.
Alice raggiunse
Cristal, Lily e Remus, lasciando il resto della squadra a confabulare
tra loro alle spalle del loro capitano-dittatore.
“Andiamo in
biblioteca.” annunciò Cristal, sorridendo alla sua
migliore amica.
“Allenamento..”
comunicò Alice, tetra, in risposta.
“Ancora, ma
è impossibile!” sbottò Lily, stupita.
Ultimamente sembrava che Sebastian non facesse altro che programmare
nuovi allenamenti, specie dopo l‘ultima, disastrosa partita.
La sconfitta contro i Tassorosso doveva bruciargli veramente tanto.
“Remus, mi
presti il tuo libro di incantesimi?” chiese Alice,
ricordandosi improvvisamente di essersi dimenticata di copiare gli
appunti della lezione precedente perché troppo impegnata a
scrivere a James.
“Si,
è di sopra. Vado a prenderlo.” rispose Remus,
gentile come al solito.
“Alice, io
comincio andare. Ci vediamo la?” chiese Charleen, lasciando
la Sala insieme al resto della squadra, terrorizzata all‘idea
di arrivare tardi e subirsi l‘ennesima sfuriata di Seba.
“Si, va
bene..” rispose Alice distrattamente. Avrebbe aspettato che
Remus gli portasse il libro, poi avrebbe raggiunto gli altri al campo e
avrebbe dimostrato a Seba che la squadra non era poi così
terribile come pensava lui e che con un po’ di impegno
potevano ancora sistemare le cose e tornare ad essere i campioni della
scuola.
“Noi invece
andiamo in biblioteca. A dopo Remus.” disse Cristal, seguita
da Lily.
“Arrivo
subito.” rispose Remus, dirigendosi verso le scale che
conducevano alla stanza dei ragazzi nel dormitorio maschile.
Le due ragazze avevano
appena lasciato la Sala Comune dei Grifondoro quando furono
praticamente braccate dalla professoressa McGranitt, a pochi passi dal
ritratto della signora grassa. La donna sembrava era trafelata e rossa
in viso, quasi avesse corso.
“Ragazze,
dove sono Prewet, Black e Lupin?” chiese la donna, ansiosa.
Le due ragazze si scambiarono un’occhiata, perplesse da
quella strana richiesta.
“Black
è al campo, Alice e Remus sono nella sala comune.”
rispose Lily, confusa e preoccupata dallo strano modo di fare della
professoressa.
“Grazie
ragazze, potete andare.” rispose la McGranitt, scomparendo
tanto velocemente quanto era comparsa. Lily e Cristal si guardarono
nuovamente, stupite, poi alzarono le spalle e ripresero a camminare,
chiedendosi che fosse preso alla donna.
Nel frattempo la
McGranitt in pochi minuti aveva raggiunto la Sala Comune, era entrata e
aveva preso a guardarsi intorno frenetica alla ricerca dei due ragazzi.
“Alice,
Remus..” chiamò la McGranitt, ansiosa, scorgendoli
dalla parte opposta della stanza.
“Professoressa
McGranitt.” rispose Remus, stupito, scendendo con calma le
scale e dirigendosi verso la donna.
“Potete
venire con me?” chiese la professoressa con un tono molto
severo che non ammetteva una risposta negativa.
“Veramente
Sebastian mi aspetta al campo..” iniziò Alice,
tormentata. Da una parte aveva paura della reazione di Sebastian se
avesse saltato un altro allenamento ma dall’altra parte aveva
molta più paura della possibile reazione della professoressa
McGranitt. In entrambi i casi qualcuno si sarebbe arrabbiato, e
parecchio anche. Restava solo da capire chi dei due fosse il
più pericoloso, anche se appariva abbastanza chiaro che
fosse la donna.
“La squadra
può aspettare, venite, il preside vi aspetta.”
rispose la professoressa, secca.
I due ragazzi seguirono
la donna per i corridoi del castello, senza azzardarsi a fare domande o
proferire parola fino a che arrivarono davanti all’ufficio di
Silente. La professoressa McGranitt bussò, aspetto che
Silente le rispondesse ed entrò sicura
nell‘ufficio del preside.
“Silente, i
due ragazzi sono qui.” annunciò la McGranitt,
indicando con un gesto della mano Remus ed Alice, entrambi intimiditi
dalla vicinanza con il vecchio preside.
“Benissimo,
arrivo. Puoi iniziare a spiegare loro tutto quanto?” rispose
Silente, parlando dall’altra parte dell’ufficio
mentre armeggiava con degli aggeggi strani.
“Certo
signore.” rispose la McGranitt, schiarendosi la voce.
“Che sta
succedendo professoressa?” chiese Remus, timidamente.
“Il professor
Silente vorrebbe affidarvi un incarico di grande
responsabilità.” rispose la McGranitt, solenne. Se
anche Remus rimase sorpreso da quelle parole, cercò di non
darlo a vedere in alcun modo.
“Che genere
di incarico?” chiese Alice, curiosa e allo stesso tempo
inquieta. Aveva la sensazione che stesse per succedere qualcosa.
“Come di
sicuro saprete, James Potter è uscito dal coma qualche
settimana fa.” iniziò la professoressa McGranitt
con lo stesso tono asciutto che usava per spiegare loro una nuova magia
che avrebbe permesso loro di trasfigurare i propri corpi in tentacoli
velenosi.
“Certo che lo
sappiamo!” rispose Alice, decisa e impaziente.
“Saprete
anche che si sta riprendendo piuttosto bene.”
continuò la McGranitt, ignorando l‘impazienza
della ragazza.
“Mia mamma mi
ha detto che i guaritori pensavano di dimetterlo settimana
prossima..” disse Alice, preoccupata che fosse successo
qualcosa a suo cugino.
“È
stato dimesso oggi.” disse la professoressa di
Trasfigurazione, sicura. Remus strabuzzò gli occhi, stupito.
Non si aspettava una notizia del genere, anche se doveva ammettere che
era felice per il suo amico, sicuro che James non ne potesse
più di stare in ospedale.
“Oggi? Non ne
sapevo niente.” esclamò Alice, stupita da quella
notizia. Sua zia aveva detto che lo avrebbero dimesso presto, ma non si
aspettava così presto.
“È
stato deciso poco fa. La madre di James insieme ai guaritori ha deciso
anche che la cosa migliore per lui non sia tornare a casa ma qui al
castello. Rivedere gli amici e i luoghi in cui ha passato gli ultimi
anni della sua vita potrà fargli solo bene.”
raccontò velocemente la McGranitt, fermandosi qualche
secondo ad osservare le reazioni dei due ragazzi.
“Aspetti, sta
dicendo che James tornerà al castello?” chiese
Remus, stupido. Il ragazzo era rimasto letteralmente a bocca aperta,
indeciso se credere o meno a quelle parole. Non gli pareva vero che di
lì a poco avrebbe riabbracciato il suo amico. Alice rimase
in silenzio, troppo agitata per dire qualsiasi cosa.
“No, sta
dicendo che è già qui. Avanti ragazzo, non essere
timido.” disse il professor Silente introducendosi nel
discorso con la sua solita calma. Con un gesto teatrale il vecchio
preside fece cenno a James di avvicinarsi scrutandolo attentamente con
i suoi penetranti occhi azzurro cielo, nascosti come al solito dietro
le lenti a mezzaluna.
“Silente,
James.. Prego accomodatevi.” mormorò la McGranitt,
indicando due poltrone, una per il preside e per James.
“James..”
esclamò Alice, felice di vedere il cugino a due passi. Remus
era stupito e allo stesso tempo felice. Il primo istinto di entrambi fu
quello di saltare in braccio al ragazzo, ma qualcosa li
bloccò. James sembrava a disagio, spaventato.
“Salve..”
salutò James leggermente imbarazzato, evitando con cura lo
sguardo di tutti i presenti, cugina compresa.
“Ho parlato
un po’ con James. È in forma ma è
ancora molto debole e il suo braccio necessita di continue cure.
Inoltre penso che avrà bisogno di qualche amico per
inserirsi di nuovo qui a scuola. Potete pensarci voi?” chiese
Silente, fissando alternativamente Remus e Alice, sicuro che avrebbero
accettato l‘incarico di buon grado.
“Certo, ci
dica quello che dobbiamo fare.” rispose Alice, sicura,
stringendo forte la mano del cugino per fargli coraggio. Era pronta a
fare tutto quello che era in suo potere per aiutare James. Anche Remus
era felice di potere finalmente rendersi utile, stanco di aspettare
restando a guardare.
“Dovete solo
stargli vicino, mostrargli la scuola ed assicurarvi che stia
bene.” spiegò Silente, cercando di fare
comprendere ai ragazzi lo stato d‘animo di James. Il ragazzo,
da parte sua, sembrava a disagio, pallido e molto più
spaventato del solito.
“Può
pensarci Alice, no?” chiese James, fissando Remus. Era
spaventato all‘idea di avere a che fare con qualcuno di cui
non aveva nessun ricordo e allo stesso tempo non voleva essere un peso
e gravare su Remus. Il licantropo fissò per un po’
James, dolcemente, dispiaciuto che il ragazzo non si fidasse di lui o
quanto meno che non volesse il suo aiuto.
“Certamente,
tuttavia penso che sia appropriato che Remus le dia una mano. Remus
è tuo compagno di stanza.” spiegò con
dolcezza Silente.
“Oh
si..” sospirò James, abbassando lo sguardo. Alice
non disse nulla ma Remus si rese conto che James lo stava allontanando
solo perché era spaventato. In pochi istanti decise che
qualsiasi cosa sarebbe successa o avesse detto James, non lo avrebbe
lasciato solo.
“Se non avete
altre domande potete andare.” comunicò secca la
McGranitt, impaziente di tornare a finire di correggere la pila di
compiti che era rimasta sulla sua scrivania.
“Le
lezioni?” chiese James, timidamente, guardando con aria
interrogativa prima il preside, poi la professoressa ed infine la
cugina e l‘amico.
“La
professoressa McGranitt ti porterà l’orario e
farà in modo di farti recuperare le lezioni che hai
perso.” rispose Silente, comprensivo.
“Posso dargli
i miei appunti.” si intromise Remus, appoggiando una mano
sulla spalla dell‘altro ragazzo. James sussultò
appena a quel contatto, ma non si ritrasse.
“Grazie..”
sussurrò James, guardando per la prima volta negli occhi il
suo amico.
I tre tornarono nella
loro sala comune, senza parlare. Remus aveva sognato da settimane il
momento del ritorno al castello di James, ma lo aveva immaginato in
maniera completamente diversa. Nella sua testa il James appena tornato
era iperattivo, non stava fermo né tanto meno zitto.
L’esatto opposto del ragazzo apatico e spaventato che
camminava insicuro al suo fianco, terrorizzato dagli sguardi altrui
fissi su di lui.
Qualche ora
più tardi Frank vagava solitario per i corridoi, ancora con
addossa la divisa della squadra, diretto in biblioteca alla ricerca
della sua ragazza, Alice, che sembrava essersi dissolta nel nulla, con
gran scorno del capitano che l’attendeva da ore al campo.
“Hai
visto?” disse un ragazzino del primo anno al suo amico, con
voce complice, attirando l‘attenzione di Frank che gli
camminava quasi di fianco.
“Si,
è incredibile!” rispose l’altro,
eccitato.
Frank stava per
chiedere qualcosa ai due ragazzi, ma vide Cristal e Lily sedute ad un
tavolo poco lontano da lui e decise di raggiungerle. Trovare Alice era
la sua priorità.
“Ma che hanno
tutti quanti?” chiese Frank, stupito, guardando la strana
coppia di ragazzini allontanarsi continuando a parlare a bassa voce tra
loro.
“Non so,
è un paio d’ore che fanno
così.” rispose Cristal, alzando le spalle e
tornando a dedicarsi al grosso libro di storia della magia che teneva
aperto davanti a sé.
“Alice
è con voi?” chiese ancora Frank, guardandosi
intorno alla ricerca della sua ragazza.
“No, non
doveva essere all’allenamento?” domandò
Lily, intromettendosi nel discorso. Frank alzò le spalle e
scosse la testa, pensieroso.
“Non si
è presentata e Seba sta dando i numeri. Sono venuto a
cercarla proprio per questo, voi non sapete nulla?”
spiegò Frank, leggermente preoccupato.
“Non
è qui. Adesso che mi ci fai pensare è sparito
anche Remus.” disse Cristal, dopo averci pensato un
po’ su. I due ragazzi dovevano raggiungere gli amici al campo
e in biblioteca ed invece sembravano spariti. Lily di colpo
ricordò che poche ore prima anche la professoressa McGranitt
li stava cercando per qualche strano motivo che loro non conoscevano.
“Ma
è proprio lui?” chiese una ragazza bionda del
terzo anno ad un’amica più grande che doveva
essere del quarto o del quinto anno.
“Ti dico di
si!” rispose quella, decisa.
Frank, ancora una volta
di domandò cosa fosse preso a tutti quanti, ma Cristal lo
anticipò.
“Di che
parlano?” chiese Cristal, stupita, guardando Lily con aria
interrogativa. La ragazza in risposta si limitò ad alzare le
spalle.
“Andate a
fare rumore da un’altra parte.” esclamò
decisa Lily, infastidita da tutto quel rumore.
“Vado a
vedere in sala comune.” concluse Frank, salutando velocemente
con un gesto della mano le due ragazze. Frank lasciò la
biblioteca e si diresse nella Sala Comune. Lungo la strada
notò che c’erano ovunque tracce di quello strano e
misterioso vociare che aveva sentito anche in biblioteca poco prima.
Una volta arrivato nel
dormitorio di Grifondoro si guardò intorno alla ricerca
della sua ragazza o almeno di qualcuno che potesse aiutarlo a trovarla.
La sala comune era stranamente deserta, sembrava che tutta la scuola
fosse impegnata in qualcosa che a Frank sfuggeva. Il portiere
perlustrò la stanza, poi notò un suo compagno di
stanza che stava scherzando con una coppia di ragazze più
piccole.
“Simon, hai
visto Alice?” chiese Frank, leggermente preoccupato ad un
ragazzo moro con dei profondi occhi nocciola che gli ricordavano molto
quelli di James.
“No, ma prova
di sopra nella stanza dei malandrini.” rispose il ragazzo,
senza prestare troppa attenzione all‘amico, impegnato come
era a corteggiare la più piccola delle ragazze, una biondina
che sembrava simpatica ed intraprendente.
“È
di sopra?” chiese Frank, stranito da quella frase. Cosa
poteva farci la sua ragazza nella stanza dei malandrini con Remus? Un
fitta di gelosia si insinuò nel suo petto.
“Si,
l’ho visto prima..” disse ancora Simon, prima di
lasciare la Sala Comune accompagnato dalle sue due nuove amiche. Frank
decise di non fare altre domande e di andare a vedere. Mentre saliva le
scale sentì ancora una volta brandelli di una strana
conversazione, questa volta si trattava di una coppia di fidanzatini.
“Ma secondo
voi scende per cena?” chiedeva una ragazza del quarto anno al
suo ragazzo.
“In questo
castello oggi tutti stanno dando i numeri..”
commentò Frank, scuotendo la testa rassegnato a non capire
cosa stava succedendo.
Una volta arrivato alla
stanza dei malandrini bussò ed entrò senza
aspettare una risposta, come faceva sempre. La prima persona che
notò fu Remus, davanti alla porta del bagno.
“Ciao
Frank..” salutò Remus, sorridente come non lo
vedeva da un po‘ di tempo.
“Hai visto
Alice?” chiese Frank apprensivo, sperando finalmente in una
risposta affermativa.
“Si,
è qui.” rispose Remus, indicando il letto che
stava di fronte a loro. Senza pensarci nemmeno per un secondo Frank si
voltò di scatto.
“Amore, mi
spieghi che ci fai sola in una stanza con.. James?” disse
Frank, notando solo alla fine la presenza del ragazzo, seduto sul
letto. Al portiere mancò poco che venisse un colpo.
Improvvisamente tutte le strane conversazioni che aveva sentito
acquistavano senso.
“Oh mio dio!
James, sei tornato!” esclamò Frank, stupito quasi
avesse visto un fantasma.
Sul volto del ragazzo
di disegnò un fantastico sorriso mentre James, impacciato e
a disagio, non sapeva bene cosa fare. Frank istintivamente si
avvicinò all’amico per salutarlo con la loro
solita stretta di mano, ma la voce di Alice lo bloccò.
“Frank, fa
piano.. È sconvolto.” lo riprese Alice. James si
ritrasse, spaventato. Frank non faceva altro che passare lo sguardo da
James ad Alice, per poi tornare su James e finire su Remus, in attesa
che uno dei tre si decidesse a spiegare qualcosa. Guardando meglio si
era accorto che quello che vedeva di fronte a lui sembrava James, ma
non era lui. Il ragazzo pallido e spaventato che sedeva sul letto al
fianco di Alice poteva anche assomigliare al suo amico, ma sul suo viso
non vi era traccia del sorriso contagioso, ne si sentiva la sua voce
sempre pronta a scherzare e a non prendersi sul serio. Era
l’ombra di se stesso.
“Vieni,
andiamo a fare due passi.” disse dopo un po’ Alice,
facendo segno a Remus di prendere il suo posto vicino a James. Il
ragazzo si sedette vicino all’amico e cominciò a
fare domande a cui James non sembrava volere o forse non potere
rispondere, troppo intento a fissare la parete. Remus tuttavia non si
arrendeva e continuava imperterrito a parlare con James, convinto che
prima o poi avrebbe abbattuto quelle barriere che il ragazzo si era
creato intorno per allontanare tutto il mondo.
“Non sta
bene?” chiese Frank, non appena i due ragazzi furono fuori
dalla stanza, lontani dalla orecchie di James. Alice
sospirò, rassegnata alla situazione e annuì piano.
“Gli fa male
la testa ed il braccio ma il problema è che è
sconvolto.” rispose Alice, pensierosa e preoccupata, tenendo
lo sguardo fisso sul cugino che non si era mosso dal letto su cui era
seduto. Lei e Remus avevano provato di tutto per scuoterlo da quello
stato ma non c’erano riusciti. Non solo James non sembrava lo
stesso ragazzo che era prima dell’incidente, non sembrava
nemmeno la stessa persona che Alice aveva incontrato qualche settimana
prima all’ospedale e che rispondeva alle sue lettere. Si era
come chiuso in se stesso, non permettendo a nessuno di interagire con
lui.
“Perché?”
chiese ancora Frank, perplesso. Alice scosse la testa, sul punto di
scoppiare a piangere da un momento all’altro.
“Tutta la
scuola lo indica, parla di lui. È confuso, non ricorda
niente e di certo tutta questa confusione non lo aiuta. Sta impazzendo,
vuole tornare in ospedale..” spiegò Alice, triste.
Finalmente James era tornato, tutto sarebbe potuto tornare come prima
ma i problemi non erano ancora finiti. Per di più lei non
riusciva ad essergli d’aiuto, nonostante ci provasse con
tutta se stessa. Non quanto voleva almeno.
Frank
ricordò ancora una volta tutti i brandelli di discorsi che
aveva sentito mentre andava in biblioteca e persino mentre saliva le
scale per andare nella stanza dei malandrini. Tutti quanti stavano
parlando di James, e come lui aveva sentito doveva avere sentito anche
James. Nonostante stesse male e fosse sconvolto James non era certo uno
stupido. Frank sentì la rabbia montargli in petto per la
scarsa, per non dire nulla, sensibilità che quel branco di
caproni stava dimostrando verso il suo amico.
“Povero, mi
dispiace. Possiamo fare qualcosa per lui?” disse Frank,
preoccupato.
“Solo
lasciarlo in pace e restargli vicino.” sussurrò
Alice, stringendo forte a sé Frank.
Frank annuì,
poi i due tornarono nella stanza dei malandrini e rimasero
lì insieme a James fino all’ora di cena. Il
ragazzo non aveva aperto bocca, ne aveva smesso di tremare. Sembrava un
pesce fuori dall’acqua e nulla di quello che i ragazzi
avevano fatto o detto era riuscito a farlo sentire a proprio agio,
tranne forse quando Alice lo aveva abbracciato. Per qualche istante ad
Alice era parso che James fosse riuscito a rilassarsi almeno un pochino.
“Venite a
mangiare?” chiese Frank ad un certo punto, guardando gli
amici. Alice e Remus si scambiarono un’occhiata
interrogativa, chiedendosi se James fosse o meno dell’idea di
scendere a cena ed incontrare tutta quella gente.
“Convinciamo
James a scendere poi arriviamo. Tienici tre posti.” rispose
Remus, sorridendo.
“Va bene,
avviso gli altri di lasciare in pace James.” disse Frank,
lasciando la stanza cercando di fare meno rumore possibile.
Il resto della
combriccola era già sceso a cena da un po’, e non
aveva mancato di notare le assenze dei ragazzi. Sebastian era a dir
poco furibondo per l’ennesima assenza di Alice dagli
allenamenti, ingiustificata questa volta, e meditava vendetta. Per di
più con la scusa di andarla a cercare era sparito anche
Frank, abbandonandolo in balia delle critiche della squadra. Cristal,
Lily, Sirius, Peter e Charleen, dal canto loro, erano solo curiosi di
sapere che fine avessero fatto Remus ed Alice dopo che la professoressa
McGranitt aveva chiesto di loro e perché erano scomparsi
così all‘improvviso.
“Che gli
prende a tutti quanti?” chiese Sirius di colpo, guardandosi
intorno stranito da tutti quei bisbigli a mezza voce. Erano ore, da
quando era tornato dagli allenamenti, che non faceva che sentire gli
studenti bisbigliare frasi strane, quasi insensate.
“Non lo so e
non mi interessa. Io voglio sapere cosa è preso ad Alice,
perché è sparita e che fine ha fatto
Frank.” rispose Sebastian, offeso dal poco peso che tutti
quanti davano alla squadra ed ai suoi sentimenti.
“Come sei
noioso. Te l’ho detto che la cercava la professoressa
McGranitt.” esclamò Cristal, infastidita dalle
lamentele di Sebastian.
“L’avrà
trattenuta lei.” ipotizzò Lily, preoccupata. Non
era mai un buon segno quando quella donna cercava qualcuno.
“La
McGranitt?” chiese Sirius, stupito. Era strano che quella
donna cercasse Remus e non lui. Del gruppo dei malandrini quelli che si
cacciavano sempre nei guai non era certo Remus e Peter, semmai lui e
James.
“Cercava
anche te.” confermò Lily, lasciando Sirius di
sasso.
“Cosa
voleva?” chiese ancora Sirius, sempre più
preoccupato. Non era mai un buon segno che quella donna lo cercasse.
“Non lo so,
ha solo detto che cercava te, Alice e Remus.”
spiegò Lily, alzando le spalle.
“Ecco
Frank.” disse Charleen, notando il portiere fare il suo
ingresso e avvicinarsi a loro con la solita calma. Se c’era
una cosa che Charleen aveva imparato del suo amico Frank era che lui
non era mai di corsa, tranne nelle situazioni di vera emergenza.
“Ciao
traditore.” salutò Sebastian, fingendosi
più offeso di quanto in realtà fosse, lasciando
che il ragazzo si sedesse di fianco a lui. Frank sorrise e diede la
solita pacca sulla schiena a Sebastian, salutando con un gesto della
mano tutti i presenti.
“Hai
visto?” bisbigliò un ragazzo del tavolo vicino,
tirando una gomitata all’amico e indicando Frank. Gli altri
ragazzi, attirati da quelle parole gli si avvicinarono e cominciarono a
discutere animatamente a bassa voce.
“Si, dici che
scende anche lui?” domandò un altro, curioso.
“Per forza,
deve mangiare No..” disse una ragazzina poco lontana,
alzandosi in piedi per vedere meglio il gruppo di ragazzi di Grifondoro.
“Sebastian
non ti ci mettere anche tu.” rispose Frank in malo modo,
infastidito da tutta quella gente che si faceva gli affari di James e
lo faceva stare male.
“Che ti
prende?” chiese Cristal, stupita. Non era da Frank reagire a
quel modo ad una battuta di Sebastian. Di solito era lui il
più paziente del gruppo a cui toccava calmare Sirius quando
Remus non c’era oppure aveva da fare.
“SONO
STUFO!” urlò improvvisamente Frank, battendo forte
i pugni sul tavolo. Nella sala si creò un silenzio irreale,
nessuno fiatava e tutti guardavano Frank, vagamente impauriti.
“Frank,
calmati.” cercò di dire Sebastian, dimenticando di
colpo la squadra e tutti i problemi che gli giravano in testa fino a
qualche istante prima. Il suo amico Frank aveva un problema, quella la
cosa più importante. Il resto poteva aspettare.
“NO, NON MI
CALMO. DOVETE SMETTERLA TUTTI QUANTI. DANNAZIONE, NON VI FATE SCHIFO DA
SOLI? STATE PARLANDO DI UNA PERSONA CHE STA MALE! PENSATE DI AIUTARLO
FACENDO COSì?” continuò ad urlare
Frank. Nessuno in sala aveva la forza o il coraggio di replicare. Tutto
il castello guardava Frank, ammutolito di colpo, mentre i ragazzi
intorno a lui non capivano che cose stesse succedendo e a cosa di
stesse riferendo il loro amico con quelle parole.
“Frank, dacci
un taglio.” esclamò deciso Sirius, prendendo Frank
per un braccio e obbligandolo a sedersi con la forza.
“Oh mio
dio!” disse Charleen, sconvolta, portandosi una mano al viso.
“Charleen,
cosa hai visto?” chiese Lily, preoccupata, voltandosi di
scatto verso l‘amica.
“James!”
balbettò Charleen, indicando la porta della Sala Grande
sulla quale c’erano Alice, James e Remus. Tutti si voltarono,
seguendo con gli occhi il dito di Charleen e tutti rimasero sconvolti
per qualche istante. James Potter era lì. Il loro amico era
finalmente tornato.
Sirius era estasiato,
al settimo cielo, ma la sua felicità durò fino a
che non incrociò lo sguardo sconfitto ed impaurito di James.
Era chiaro che qualcosa non andava.
“JAMES
POTTER! È appena entrato!” urlò
qualcuno dal tavolo di Tassorosso. Tutti gli studenti del castello, i
fantasmi e buona parte dei professori si girarono di scatto verso la
porta d’ingresso della Sala Grande.
“MI AVETE
SENTITO? FATELA FINITA OPPURE VI GIURO CHE VI SPEDISCO IN INFERMERIA A
FARVI PASSARE LA VOGLIA DI PARLARE DEGLI ALTRI!”
urlò Frank, divincolandosi dalla presa di Sirius e di
Sebastian, troppo sconvolti per riuscire a fare o dire qualsiasi cosa.
“Pensi di
aiutare James in questo modo?” chiese Alice, fulminando il
proprio ragazzo con lo sguardo. Tutte quelle urla avevano spaventato
ancora di più James.
“Scusami
James.” disse Frank abbassando lo sguardo, imbarazzato. James
non disse nulla, si limitò a sedere dove gli aveva indicato
la cugina, come un automa.
Per tutto il tempo
della cena James restò quasi immobile, la testa china a
guardare il pavimento. Di tanto in tanto Alice e Remus provavano a
fargli mangiare a fatica qualcosa o fargli delle domande ma lui non
rispondeva se non a monosillabi. Tutti erano felici di riaverlo al
castello ma allo stesso tempo sconvolti di vederlo così.
Quando quel supplizio chiamato cena finì, tutti tirarono un
sospiro di sollievo. Sirius stava male, si sentiva un idiota per non
essere riuscito ad aiutare il suo migliore amico. Erano mesi che
sognava di riaverlo al castello e poi nel momento in cui era finalmente
tornato non era riuscito a fare di meglio che restare zitto e impalato
mentre James tremava spaventato come un cucciolo indifeso.
“Era
strano..” esclamò Charleen, sedendosi di fronte al
camino, una volta tornati nella sala comune. Remus aveva accompagnato
James si sopra mentre gli altri erano rimasti tutti giù a
parlare, troppo sconvolti per andare direttamente a dormire.
“Di che ti
stupisci? Non è semplice tornare qui. Non ricorda nulla,
è confuso e quegli idioti lo hanno fatto stare
peggio.” spiegò Alice, ancora arrabbiata per
quello che era successo nella Sala Grande durante la cena.
“Sono un
cretino. Scusami Alice, non sapevo.” si scusò
Frank, mortificato.
Alice si
voltò piano verso il proprio ragazzo e gli sorrise. Non
poteva restare a lungo arrabbiata con Frank, dopo tutto lui aveva agito
a fin di bene per aiutare James.
“La McGranitt
vi ha chiamati per questo?” chiese Lily, pensierosa, i
profondi occhi verdi sgranati per la sorpresa di rivedere James dopo
così tanto tempo.
“Si, voleva
che io e Remus gli stessimo vicini e lo aiutassimo.” rispose
Alice, raccontando agli amici quello che avevano detto loro la
professoressa McGranitt ed il preside.
“ALICE!”
chiamò Remus dal piano di sopra, interrompendo i discorsi
dei ragazzi.
“Sta
parlando..” rispose Sebastian al posto della ragazza.
“Alice, vieni
subito!” ripeté Remus, spaventato, senza prestare
la minima attenzione alle parole di Sebastian.
“Che
è successo?” chiese Alice, preoccupata dal tono
che aveva usato l’amico. Non era da Remus farsi prendere dal
panico. In pochi istanti tutti si era precipitati si sopra, appena
fuori dalla stanza dei malandrini.
“James si
è chiuso in bagno. Non vuole aprire e non mi
risponde.” rispose Remus, sulla soglia delle loro stanza.
“Dannazione.”
imprecò Sirius, lasciandosi cadere seduto con la schiena
appoggiata al muro.
“Jamie, apri
questa porta.” disse Alice, supplicante, battendo con forza i
pugni sulla porta chiusa del bagno dei ragazzi.
“Va bene,
facciamo così lascia la porta chiusa e parlami oppure fammi
entrare. Solo io, promesso.” supplicò ancora
Alice, sperando che James le desse ascolto. Gli altri la guardavano,
senza dire nulla, confidando che tutto finisse bene e che James non
fosse talmente sconvolto da fare pazzie.
“Che
succede?” chiese Peter, appena sbucato dalla Sala Grande,
cadendo dalle nuvole.
“James si
è chiuso in bagno.” spiegò Frank,
preoccupato e infastidito. Possibile che Peter non si fosse accorto
assolutamente di nulla?
“Che
c’è di male scusa?” chiese ancora Peter,
senza capire dove fosse il problema. James gli era parso un
po’ strano, ma proprio non capiva perché tutti
fossero così preoccupati. Prima o poi si sarebbe ripreso e
sarebbe tornato a sorridere, non c‘era bisogno che loro
facessero per forza qualcosa.
“Potrebbe
fare qualche sciocchezza, è sconvolto.”
esclamò Cristal, indignata.
“Andiamo a
prendere qualcosa da bere, lasciamo fare ad Alice.”
suggerì Sebastian, cercando di calmare le acque. Inoltre,
forse se James non avesse sentito tutta quella gente fuori dalla porta
sarebbe uscito da solo.
“Qualcosa di
forte per me.” disse Sirius, senza staccare gli occhi dalla
porta chiusa.
“Non vieni
con noi?” chiese Charleen, stupita.
“Non lascio
James.” disse deciso Sirius, chiudendosi in un mutismo
ostinato.
“Sirius, sta
tranquillo. Andrà bene.” disse Remus, appoggiando
una mano sulla spalla dell’amico per cercare di fargli
coraggio.
“No, Remus.
Non va proprio bene niente.” rispose Sirius, preoccupato e
spaventato.
Mentre i ragazzi
parlarono la porta si aprì quel tanto che bastava
perché Alice scivolasse all’interno. Alla ragazza
non parve vero e decise di non farsi scappare quell’occasione.
“Ehi, che ti
prende?” chiese Alice, avvicinandosi a James. Il ragazzo era
seduto a terra, rintanato contro la parete della doccia e tremava
ancora più di qualche ora prima. Alice si sedette di fianco
a lui e prese ad accarezzargli dolcemente il viso.
“Non
so..” rispose James, sconvolto ed impaurito, senza sottrarsi
a quel contatto.
“Sei
stanco?” chiese ancora la cugina, senza interrompere quel
contatto. La pelle di James era bollente, scottava. La ragazza
ipotizzò che avesse la febbre.
“Un
po’.” disse James, alzando le spalle.
“È
normale.. In ospedale eri sempre a letto, oggi hai fatto più
sforzi.” sussurrò Alice, cercando di avvicinarsi
di più a James per istaurare un contatto ancora
più fisico con lui. Conosceva bene il cugino, e sapeva che
abbracciandolo lo avrebbe di sicuro calmato. Funzionava sempre, fin da
quando erano piccoli e James era triste per qualche motivo.
Con un passo deciso gli
prese dolcemente le spalle e lasciò che il ragazzo si
accoccolasse sulle sua gambe.
“Non
è solo quello..” mormorò James,
chiudendo gli occhi.
“Questa
fasciatura è da cambiare.” notò Alice,
accarezzando dolcemente il braccio fasciato che James portava appeso al
collo.
“Si, fa
male..” rispose James, ritraendo il braccio per il dolore.
“Io
però non sono capace. Posso chiedere a Remus, oppure andiamo
in infermeria.” spiegò Alice, paziente, quasi
stesse spiegando un concetto incredibilmente difficile ad un bambino
testardo che non voleva saperne di ascoltarla.
“Non voglio
vedere altra gente.” esclamò deciso James,
ritraendosi un poco.
“Nemmeno
Remus?” chiese Alice, sorridendo.
“Lui
si.” disse James dopo averci pensato su per qualche istante.
Remus gli trasmetteva fiducia. Era sicuro che non gli avrebbe fatto del
male. Lo aveva capito da come lo aveva guardato nell’ufficio
del preside e poi da come gli era stato vicino per tutto il pomeriggio
in quel modo così gentile e discreto.
“Va bene, lo
facciamo entrare o vai da lui?” chiese ancora Alice, cercando
di evitare di fare agitare nuovamente James.
“Voglio stare
qui.” rispose deciso James, fissando la cugina dritta negli
occhi.
“Va bene,
torno subito.” disse Alice, stampandogli un bacio sulla
guancia e uscendo dal bagno accostando la porta alle sua spalle.
“Allora?”
chiese Sirius, scattando in piedi non appena la ragazza comparve.
“È
sconvolto. La ferita al braccio sanguina.” spiegò
Alice, preoccupata, passando lo sguardo alternativamente da Sirius a
Remus.
“Lo portiamo
in infermeria?” propose Remus, pratico.
“No, non
vuole vedere nessuno. Vuole che ci pensi tu, pensi di
farcela?” chiese Alice, sperando in una risposta affermativa.
“Si, se per
lui non ci sono problemi.” rispose Remus, annuendo.
L’ultima cosa
che voleva era fare qualcosa che ferisse James o lo facesse stare
ancora più male di quanto non stesse di già.
Alice sorrise e strinse a sé il licantropo.
“Cerco le
bende, le pozioni e l’unguento..” disse Remus,
voltandosi verso il proprio baule nel quale teneva lo stretto
indispensabile per sopravvivere alla luna piena. La ragazza
annuì.
“Sirius, che
fai?” chiese improvvisamente Alice, sconvolta. Mentre i due
ragazzi parlavano Sirius era entrato nel bagno, e si era chiuso la
porta alle sue spalle. James sussultò vedendo qualcuno
entrare in quello che era diventata la sua campana di vetro.
“Ciao James.
Posso avvicinarmi? Ti fidi?” chiese Sirius, cercando non
avvicinarsi troppo bruscamente a James per non agitarlo. Il ragazzo era
ancora appoggiato sulla parete opposta e si teneva il braccio ferito e
sanguinante con la mano sana. La fasciatura, ormai sfatta e
inutilizzabile, era sciolta sul pavimento ed il sangue gli aveva
imbrattato la camicia.
“Credo di
si..” balbettò James, insicuro. Sirius a quelle
parole acquistò un po’ di sicurezza e si
avvicinò al proprio migliore amico, guardandogli il braccio
ferito.
“Tu non ti
ricordi di me, lo so, ma io ti voglio un gran bene.. Parliamo un
po’, vuoi?” mormorò Sirius, dolcemente,
sedendosi di fianco a lui. James lo lasciò fare, dopo un
po’ appoggiò la testa sulla sua spalla.
“Voglio
andarmene..” esclamò James, sul punto di mettersi
a piangere.
“Beh, lo
credo bene.. Siamo in un bagno!” cercò di
sdrammatizzare Sirius, aiutando James ad allontanarsi dal muro e
lasciando che il ragazzo si appoggiasse a lui. James sulle prime
sembrò diffidente, poi prese sicurezza e lasciò
fare Sirius. Tra le braccia dell’amico si sentiva al sicuro,
protetto da tutto e da tutti.
“No, da
questo castello..” disse James, sconvolto, mentre la camicia
si bagnava anche delle lacrime che ormai gli scendevano copiose lungo
le guance.
“Come
mai?” chiese Sirius, dolcemente.
“Mi sento
come un pesce in un acquario. Tutti mi guardano, mi indicano, parlano
di me ed io non ricordo nulla. Sono stanco, mi fa male la testa e il
braccio. Voglio solo stare un po’ tranquillo..” si
sfogò James, mentre le lacrime cadevano calde sul suo volto.
A Sirius si stringeva il cuore nel vedere il suo amico stare
così, ma doveva farsi forza. Doveva essere abbastanza forte
per tutti e due.
“Va tutto
bene!” disse Sirius, stringendo James ancora più
stretto.
Nel frattempo i ragazzi
erano tornati dalle cucine, portando con loro delle tazze di cioccolata
calda per Remus, Sirius e Alice. Ne avevano presa una anche per James
ma erano abbastanza sicuri che lui non fosse intenzionato a berla.
“Allora?”
chiese Sebastian, preoccupato.
“Ci stavo
parlando, lo avevo convinto a farsi medicare poi è entrato
Sirius.” spiegò velocemente Alice, seccata. Era
spaventata all’idea che Sirius potesse fare danni come suo
solito e rovinare tutto.
“Ha fatto
casino?” chiese Cristal, stupita dal comportamento di Sirius.
“Non lo
so..” sbuffò Alice, bevendo qualche sorso dalla
tazza che Cristal le aveva passato.
“Sembra lo
stia solo abbracciando.” fece notare Frank, aprendo la porta
del bagno quanto bastava per poterci sbirciare dentro. Tutti si
voltarono di scatto, cercando di vedere ma allo stesso tempo evitando
di disturbare i due ragazzi.
“Lascia fare
a Sirius, fidati di lui..” esclamò Remus,
appoggiando una mano sulla spalla di Alice. Riponeva la più
totale fiducia in Sirius e sapeva che se c’era qualcuno che
poteva aiutare James quello era proprio lui.
***
Nel bagno dei
malandrini la conversazione tra James e Sirius andava avanti da quasi
quaranta minuti. James si era lasciato un po’ andare,
confidando le sue paura a Sirius, che era rimasto ad ascoltarlo senza
interromperlo e senza smettere di abbracciarlo.
“Senti, qui
fa freddo.. Ti va se andiamo di là?” chiese
Sirius, con un tono che era a metà strada tra quello di un
fratello maggiore e quello di un padre. James era molto caldo,
probabilmente aveva la febbre, stava seduto su un pavimento freddo da
quasi un’ora, era convalescente ed indebolito dalla lunga
degenza e per di più stava tremando. Di questo passo si
sarebbe si sicuro ammalato.
“Di
là?” balbettò James, impaurito,
guardando l‘amico con aria spaventata.
“Remus ti ha
mostrato il tuo letto?” chiese ancora Sirius, dolcemente.
“Si,
ma..” cercò di dire James, troppo sconvolto per
proseguire.
“Hai solo
bisogno di riposarti un po’. Lo so che è dura, ma
devi essere forte e poi domani andrà meglio. Pensi di
potercela fare?” sussurrò Sirius
all’orecchio dell’amico. Quelle parole restituirono
a James un po’ di forza.
“Non
so..” disse James, ancora confuso.
“Io penso di
si, sei una persona forte.” esclamò Sirius,
deciso. Quelle parole colpirono James. Come poteva Sirius credere
così tanto in lui, se lui stesso era il primo a ritenersi
l’ultimo degli uomini, un codardo, una nullità?
“Ma gli
altri..” iniziò James, lasciando però
la frase a metà.
“Gli altri
non sono come i cretini che ci sono a scuola. Sono sicuro che capiscono
che vuoi essere lasciato in pace e sono disposti a darti tutto il tempo
che ti serve. Mettiti il pigiama, mettiti a letto e fatti medicare il
braccio.” disse Sirius, deciso, porgendo una mano a James per
aiutarlo ad alzarsi. James rimase seduto, immobile, guardando perplesso
la mano che l’amico gli stava offrendo. Si rendeva conto che
quel gesto significava molto, ma lui non sapeva se era pronto.
“Ma loro..
Vorranno spiegazioni, sapere come sto, farmi domande..”
riuscì a dire James alla fine, ammettendo quale era il punto
che lo preoccupava di più.
“No,
spiegazioni e domande possono aspettare. È più
importante che ti calmi e riposi un po’.”
spiegò Sirius. Dal tono che l’amico aveva usato
James capì che si fidava di lui. Non poteva deluderlo.
Doveva provare a fare un tentativo, almeno per Sirius. Inoltre, dal
modo in cui lo aveva abbracciato e gli aveva parlato James era sicuro
che Sirius non avrebbe permesso a nessuno di fargli del male.
“Va
bene.” disse alla fine James, quasi sorpreso dalle sue stesse
parole.
“Su, forza,
in piedi.” esclamò Sirius, felice che James stesse
un pochino meglio, uscendo per primo dal bagno.
“Sirius..”
sussultò Alice, alzandosi di scatto dal letto di James su
cui si era seduta mentre aspettava che Sirius e James si decidessero a
dare segni di vita.
“Mi passi il
pigiama di James?” chiese Sirius, aprendo del tutto la porta
del bagno e lasciando che gli amici vedessero James, aggrappato a lui.
Alice, stupita e senza parole corse incontro al cugino. Gli altri
ragazzi erano a bocca aperta, troppo stupiti per dire qualsiasi cosa.
“Eccolo, come
lo hai convinto?” chiese Remus, dando voce alla domanda che
stava passando per la mente di tutti mentre passava il pigiama di James
a Sirius. Il ragazzo alzò le spalle e lasciò che
Alice entrasse nel bagno insieme a James per aiutarlo a cambiarsi.
Lily era sconvolta e
non riusciva a distogliere lo sguardo dalla camicia, ormai
completamente sporca di sangue, di James.
“Tutto
bene?” chiese Alice, mentre aiutava il cugino a vestirsi.
“Mi
abbracci?” chiese James in risposta, abbozzando un sorriso.
Alice era felice che Sirius fosse riuscito a far stare meglio Jamie.
Doveva riconoscere che quel ragazzo forse aveva anche delle
qualità nascoste, non solamente un sacco di difetti.
“Certo.”
rispose Alice, aggrappandosi con tutte le sue forze a James e
stritolandolo quasi in un abbraccio pieno di affetto. Dopo qualche
minuto i ragazzi tornarono di là e James si sedette sul suo
letto, di fronte a Remus.
“Ahi..”
sussultò James non appena il ragazzo gli sfiorò
il braccio malato.
“Vediamo
questo braccio.” disse Remus, togliendo le bende ormai
inservibili e scoprendo del tutto la ferita che si era nuovamente
aperta. Senza dire nulla Remus si mise ad armeggiare con unguenti,
pozioni, fasce e cerotti mentre James lasciava fare senza dire nulla.
“Fa
piano..” si raccomandò Alice, accoccolata tra le
braccia di Frank.
“Guarda che
Remus è bravissimo.” mormorò Sirius,
tranquillizzando la ragazza.
Remus ci mise circa un
quarto d’ora a medicare il braccio di James, poi lo aiuto ad
infilarsi anche la maglia del pigiama e lo costrinse a mettersi a
letto. Il ragazzo provò a protestare ma nel giro di pochi
minuti era già nel mondo dei sogni, distrutto dalla giornata
pesante.
I ragazzi nel frattempo
erano andati nelle loro rispettive stanze, fatta eccezione per Alice
che non si decideva a lasciare la stanza dei malandrini, nonostante
James fosse già profondamente addormentato.
“Allora?”
chiese Alice a Remus, impaziente, senza staccare lo sguardo dal cugino
che ogni tanto si rigirava nel letto. Nella testa della ragazza si
rincorrevano mille domande e soprattutto temeva che James potesse stare
sentendo dolore.
“Dorme.”
rispose Remus, educato come sempre nonostante l’ora tarda.
Era ormai la quinta volta nel giro di pochi minuti che Alice ripeteva
la stessa domanda, ma il ragazzo la poteva capire. Anche lui era
agitato e non faceva che controllare James e lo stesso valeva per
Sirius, nonostante cercasse di non darlo troppo a vedere.
“È
tranquillo?” chiese Sirius, agitato quanto la ragazza. Remus
sospirò e si voltò a guardare Peter che dormiva
beato, del tutto ignaro di quello che stava succedendo.
“Per ora si.
Stavo pensando di dormire con lui..” mormorò Alice
a bassa voce, per non svegliare James. Non era certo la prima volta che
si fermava a dormire nella stanza dei malandrini insieme a James,
inoltre quella sera non se la sentiva proprio di separarsi da lui.
“Per me
è una pessima idea.” sbottò Sirius,
scuotendo la testa.
“È
mio cugino ed ha bisogno di me!” esclamò Alice,
risentita. Come si permetteva Sirius di dire una cosa del genere?
“È
abbastanza grande per badare a se stesso, no?”
ribadì Sirius, deciso a fare in modo che Alice non dormisse
con il cugino. James aveva bisogno di passare la notte da solo,
superarla senza Alice che gli tenesse la mano o non ne sarebbe mai
uscito.
“Sta
male!” sibilò Alice, rossa in volto per la rabbia.
“Ha bisogno
che la gente lo capisca, non che lo tratti come un malato
grave..” provò a spiegare Sirius con calma. Quelle
parole sembrarono avere effetto sulla ragazza, che si calmò
e si mise a riflettere in silenzio.
“Si ma, se si
sveglia stanotte?” chiese Alice, preoccupata.
“Ci siamo
noi.” promise Remus, intromettendosi nel discorso. Per una
volta doveva dare ragione a Sirius, nonostante fosse stato impulsivo e
si fosse espresso male. Il ragazzo voleva fare capire ad Alice che il
modo giusto per aiutare James era stargli vicino, prendersi cura di lui
ma allo stesso tempo lasciare che fosse lui il primo a reagire e a
trovare la forza per tornare ad essere quello di sempre.
“Ti prometto
che ci prenderemo cura di lui.” sussurrò Sirius,
prendendo le mani di Alice tra le sue e fissandola intensamente negli
occhi. Gli stessi occhi che avevano fatto cadere ai suoi piedi almeno
la metà della popolazione femminile del castello.
“Se succede
qualcosa di grave però mi chiamate!”
supplicò Alice, ricambiando lo sguardo del ragazzo con la
stessa intensità.
“Promesso.”
assicurò Sirius, sorridendo.
“Ora vai a
letto.” le disse Remus, indicandole la porta.
“Vado a
dargli il bacio della buona notte.” esclamò Alice,
saltellando silenziosamente verso il cugino profondamente addormentato.
“Ma dorme
già.” fece notare Sirius, con tono pratico.
“Che
centra?” chiese Alice, alzando le spalle e rimanendo a
fissare James che dormiva senza smettere di pensare a quanto fosse
tenero ed al tempo stesso indifeso.
“Così
lo svegli!” esclamò Sirius, mettendo il broncio.
“Faccio
piano.” sbuffò Alice, stampando delicatamente un
bacio sulla guancia di James.
“Sei senza
speranza!” sospirò Sirius, scuotendo la testa
rassegnato.
“Anche
tu!” rispose Alice, facendo una linguaccia al moro
ANGOLO DELL'AUTRICE
RECENTEMENTE RICOMPARSA...
innanzitutto comincerò con il chidere venia per la mia
assenza. ormai ho pochissimo tempo e, facendo del mio meglio, riesco a
postare più o meno una volta al mese. il problema
è che l'idea per la storia in testa la ho, ma non
è scritta e quindi viene lunga.
se, nonostante questo avete ancora voglia di leggere la mia storia,
beh, allora GRAZIE, siete dei veri e propri angeli.
per farmi perdonare per la mia luuunghissima assenza ho pensato di
scrivere un capitolo luuuungo, nel quale succedono un sacco di cose.
spero che abbiate apprezzato.
ora passiamo ai ringraziamenti!
GRAZIE A TUTTI QUELLI CHE SCRIVONO, LEGGONO E COMMENTANO!
senza di voi per chi scriverei?
LOVE_VAMPIRE: grazie per il tuo commento!
innanzitutto scusa per la lunga assenza, io ci provo a ridurre i tempi
ma non ci riesco proprio.
sono contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto e spero che ti
piacerà anche questo. james ha bisogno di tempo per tornare
ad essere quello che era ed ha anche bisogno che gli amici gli stiano
vicino!
MALANDRINA4EVER: grazie per il commento!
eh si, Alice è stata aggredita dagli ormoni. ma in fondo,
chi siamo noi per giudicare? sicuramente Frank avrà
apprezzato questo suo improvviso slancio!
sono contenta che tu abbia vinta la tua pigrizia e mi spiace averti
fatto aspettare così tanto per il capitolo successivo!
il rapporto tra James e Sirius è profondo, complesso e
forte.. esattamente come è o almeno dovrebbe essere
un'amicizia vera. si litiga, ci si mette in discussione, si dicono cose
che non si pensano ma poi va tutto a posto. l'uno senza l'altro non
può starci!
cosa è successo a James? ..mistero! io ovviamente lo so, ma
non ti rovino la sorpresa.
LYRAPOTTER: grazie per il tuo commento!
fiùù, meno male che non mi odi. mi sarebbe
spiaciuto visto che sei una delle mie lettrici più fedeli! ;D
spero che questo capitolo ti sia piaciuto. diciamo che ci sono molte
cose di cui parlare. sirius, dai.. l'ha presa bene, no? è
anche riuscito a fare ragionare James. Sebastian invece.. non mi fare
dire nulla che sennò ti rovino tutto!
VERONICA POTTER MALANDRINA: grazie per il tuo commento!
sono contenta che ti piaccia il rapporto tra JAmes e Alice. diciamo che
li ho pensati come la classica coppia di cugini più simili a
due fratelli, che sono praticamente cresciuti insieme dividento tutte
le esperienze più importanti.
ma se cado e non mi sveglio poi come fai a sapere come finisce la
storia? ;D
ILOVEJAMES97: grazie mille per i due commenti!
tranquilla, va bene cmq! ho apprezzato entrambi i commenti!
diciamo che dietro il misterioso "volo" di JAmes c'è una
storia più complessa.. spero di svelare presto questo
mistero! per il momento non nego e non confermo nessuna ipotesi..
per quanto riguarda la litigata: capita di discutere, Remus si
è pentito subito di non essere intervenuto e ha cercato di
rimediare scrivendo a James. solo che James si era già fatto
male.
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Capitolo 11 *** riprendere a vivere - parte prima ***
CAPITOLO 10
RIPRENDERE A VIVERE - parte prima
Quella notte
né James né tanto meno Alice riuscirono davvero a
chiudere occhio e a riposare come si deve. James era spaventato, perso
e tormentato dagli incubi. Non appena chiudeva gli occhi un terribile
senso di angoscia lo attanagliava, subito dopo si sentiva cadere nel
vuoto e si svegliava urlando, scosso da tremiti e tutto sudato. Alice,
invece, era troppo preoccupata per il cugino per riuscire a dormire.
Avrebbe voluto essere insieme a lui, anche se sapeva bene che Sirius
aveva ragione e che la cosa migliore per James era affrontare le sue
paure da solo.
Entrambi si rigirarono
parecchio tra le coperte, come delle anime in pena, ed entrambi furono
raggiunti dai rispettivi migliori amici, preoccupati e premurosi. Alice
si trovò Cristal seduta sul letto, gli occhi lucidi quanto i
suoi. Non ci fu bisogno di parole, da sempre erano quasi simbiotiche.
La ragazza la abbracciò forte e si infilò sotto
le coperte insieme a lei, per non lasciarla troppo sola con i suoi
pensieri. James invece sentì due braccia forti stringerlo in
un caldo abbraccio fraterno e nonostante non indossasse gli occhiali
capì al volo che doveva trattarsi di Sirius. Il ragazzo
riconobbe subito l’odore dell’amico, quella
particolare combinazione di acqua di colonia e dopo barba che gli era
tanto familiare anche se non riusciva ad abbinarla a nessun ricordo
particolare. Alla fine il sole si decise a sorgere e a mettere fine a
quella lunga notte.
Alice si era alzata
presto e si era seduta davanti al camino, nell’ impaziente
attesa che i ragazzi scendessero per la colazione. Inutile dire che
aspettava James. Alle otto passate, dopo che le erano sfilati davanti
praticamente tutti gli studenti di Grifondoro, compresi Frank,
Sebastian e le ragazze ma non i malandrini, si decise a salire le scale
e raggiungere il cugino nella sua stanza. Non era la prima volta che lo
faceva, anzi, tuttavia si sentiva inquieta, quasi stesse per violare
l’intimità del cugino. Per la prima volta nella
sua vita aveva paura che James potesse vederla come
un’estranea.
“James?”
chiese Alice, entrano con circospezione nella stanza dei malandrini,
insolitamente buia e silenziosa. Non era poi una novità che
i ragazzi fossero in ritardo, da che li conosceva non c’era
mai stata una volta che si erano presentati puntuali alla colazione.
Normalmente però a quell’ora la stanza dei ragazzi
era un caotico rincorrersi alla ricerca chi di un libro, chi di una
cravatta, chi di un paio di calzini. Alice aveva perso il conto delle
volte che aveva trovato James in boxer e con lo spazzolino in bocca,
inseguito da Remus che gli lanciava i libri e le pergamene per le
lezioni della giornata mentre Sirius si rotolava sul letto.
“Dorme, fai
piano ti prego.” mormorò Remus, implorante,
congiungendo le mani a mo’ di preghiera. Alice
annuì e gettò un’occhiata intorno a
lei. La stanza era buia, le tende non erano state aperte per impedire
alla luce di entrare e Remus si muoveva silenziosamente, come un gatto,
attento a non disturbare il sonno dei due compagni di stanza. James e
Sirius, infatti, erano ancora profondamente addormentati. Alice si
soffermò a guardarli con affetto.
“Che ci fa
Sirius nel letto di James?” chiese Alice, perplessa,
avvicinandosi al letto del cugino per vedere meglio. James sembrava
stanco, probabilmente era stato tormentato da incubi per tutta la
notte, mentre Sirius aveva l’aria di non averlo mai
abbandonato nemmeno per un minuto. Erano molto teneri. Sirius sembrava
una via di mezzo tra un cane da guardia fedele ed un fratello maggiore
molto protettivo. James invece sembrava un bimbo impaurito alla ricerca
di sicurezza. La ragazza si chinò sul cugino, attenta a non
svegliare né lui né Sirius, gli
scompigliò affettuosamente i capelli e gli diede un tenero
bacio sulla guancia. Il ragazzo mugugnò qualcosa nel sonno e
si girò sul fianco, lasciando intravedere un lembo della
fasciatura che gli aveva fatto Remus la sera prima.
“Lunga
storia.” rispose Remus, vago, allacciandosi alla meglio la
cravatta senza staccare lo sguardo dai due amici. Sembrava molto
preoccupato. Aveva anche un’aria decisamente trasandata,
molto più del solito. La camicia era fuori dai pantaloni e
la sciarpa giaceva ancora abbandonata sul letto, di fianco ai libri e
alle pergamene ammonticchiate alla meglio.
“Hai una
pessima cera.” osservò Alice, dopo aver scrutato a
lungo il ragazzo. Remus sospirò.
“Lo so,
andiamo a colazione che ti racconto.” disse il licantropo,
spingendo delicatamente Alice fuori dalla loro stanza. La ragazza
cercò di opporre una debole resistenza, lanciando
un‘ultima occhiata al cugino e a Sirius, ancora nel mondo dei
sogni.
I due ragazzi non
dovevano essersi accorti di nulla di ciò che gli stava
accadendo intorno.
“Ma James e
Sirius?” chiese Alice, fissando il cugino preoccupata.
Detestava lasciarlo solo. Aveva sempre la sensazione che stesse per
accadergli di nuovo qualcosa di brutto se lei non era lì con
lui a proteggerlo.
“Hanno
davvero bisogno di dormire qualche ora, credimi.”
spiegò Remus, con un sorriso rassicurante. Alice si
lasciò convincere. In fondo Remus non si era mai sbagliato.
Inoltre la ragazza aveva la sensazione che quella notte non doveva
essere stata semplice nemmeno per i malandrini, proprio come non era
stata semplice per lei.
A lungo aveva pensato
che quando James sarebbe tornato al castello le cose avrebbero ripreso
ad andare bene. I fatti le stavano dimostrando quanto si era sbagliata.
Il ritorno alla normalità si stava rivelando per James
più complicato di qualsiasi altra cosa avesse passato fino
ad ora, e l’unico che sembrava essere davvero in grado di
capirlo era Sirius, la persona che più di ogni altra aveva
ferito James. Alice era terrorizzata all’idea che il cugino
ricordasse improvvisamente quanto accaduto sul treno e che smettesse di
colpo di fidarsi di Sirius e di lei. Ancora profondamente immersi nei
loro pensieri, i due ragazzi scesero a fare colazione. O meglio, Alice
scese a fare colazione mentre Remus si trascinava stancamente dietro di
lei senza proferire parola. Sembrava messo addirittura peggio di quando
c’era la luna piena. Alice pensò di fargli qualche
domanda, ma l’espressione stanca del ragazzo la fece
desistere dai suoi propositi.
Quando entrarono nella
Sala Grande tutta la scuola si voltò, curiosa di vedere se
ci fosse stato anche James con loro. Inutile dire che rimase
decisamente delusa nel costatare l’assenza del ragazzo e di
Sirius. Frank lanciò a tutti quanti un’occhiata
minacciosa, ma decise di non fare altre piazzate per evitare di dover
discutere ancora con Alice come era avvenuto la sera precedente.
“Ciao
ragazzi. Ma James e Sirius?” chiese Sebastian, non appena
vide Remus ed Alice comparire nella Sala Grande da soli. Remus
sospirò nuovamente, prendendo posto tra Peter e Lily. La
rossa aveva un’espressione truce, silenziosa a preoccupata.
“Bella
domanda.” commentò Alice, sarcastica, lasciandosi
cadere seduta vicino a Frank, che le diede un bacio sul naso.
“Come
è andata stanotte?” chiese Frank, fissando
intensamente prima Remus e poi Alice. Nessuno dei due aveva una bella
cera e nessuno dei due sembrava avere voglia di parlarne.
“Da quello
che ho capito James non ha chiuso occhio.” esclamò
Alice, imbronciata, guardando di traverso la tazza di caffè
che Frank stava bevendo.
“Non solo
James, a quanto ne so io.” commentò Cristal
sarcastica, sorridendo all‘amica e porgendole una fetta di
torta al cioccolato. A quelle parole Alice si fece paonazza, e gli
amici capirono a chi Cristal stava riferendosi.
“Ehy piccola,
che è successo?” chiese Frank, guardando
preoccupato la sua ragazza e tirandola a sé facendola sedere
sulle sue gambe. Alice alzò le spalle e scosse la testa.
“Ero
preoccupata.” rispose Alice, stampando un bacio sulle labbra
di Frank.
“Dovevi
venire da me.” scherzò il bel portiere,
giocherellando con una ciocca di capelli che era sfuggita dalla coda
che si era fatta di fretta quella mattina.
“Ci ho
pensato io, tranquillo.” esclamò Cristal,
strappando una risata a tutti i presenti.
“Sai, non
credo sia la stessa cosa..” commentò Sebastian,
grattandosi la testa perplesso.
“Possiamo
tornare a James?” chiese Lily, leggermente infastidita. Una
parte di lei voleva disperatamente avere notizie di James ma si
vergognava a fare domanda dirette. Non voleva sembrare troppo
coinvolta, o interessata. La verità era che anche lei aveva
fatto parecchia fatica a dormire. Per quanto nessuno lo volesse
ammettere ad alta voce, la vista di James in quelle condizioni la sera
precedente aveva sconvolto un po’ tutti quanti, chi
più chi meno.
“Si, infatti.
Ieri sera si era addormentato..” cominciò Alice.
Ricordava bene di averlo salutato con un bacio prima di andare nella
sua camera. James dormiva beato, come un angioletto e probabilmente non
si era nemmeno accorto di lei. O almeno, così le era parso.
Rivedendolo quella mattina Alice aveva avuto la sensazione che James in
realtà non avesse mai chiuso occhio se non per pochi minuti,
istanti forse. Nonostante dormisse sembrava distrutto, spaventato.
Probabilmente aveva passato la notte in preda a brutti sogni, incubi
tremendi di cui lei non sapeva nulla. Alice sentì una fitta
al petto mentre ripensava a come erano cambiate le cose in
così poco tempo. Fino a qualche mese prima non
c’era nulla che non sapeva della vita di James, mentre ora
tutto era diventato complicato con lui. Avere a che fare con lui era
come camminare perennemente sulle uova, con il terrore di dire o fare
qualcosa di sbagliato che potesse scatenare una brutta reazione.
“Lo so, ma
poi si è anche svegliato per colpa di un incubo. Sirius
è andato da lui, lo ha calmato e siamo tornati tutti a
letto. Dopo venti minuti si è svegliato ancora..”
continuò Remus stancamente, elencando tutti gli avvenimenti
di quella notte movimentata. Nella sua voce non si percepiva il
fastidio per essere stato svegliato più volte ma
bensì l’amarezza per non aver saputo aiutare
James. Certo, lui e Sirius erano stati con lui a lungo, lo avevano
consolato, lo avevano calmato e poi lo avevano convinto a tornare a
dormire, ma non erano riusciti ad aiutarlo davvero. I demoni che
tormentavano James erano ancora lì, pronti a tornare ancora,
ancora e ancora. Erano gli stessi che lo avevano tormentato la sera
prima, nel bagno, ed erano gli stessi che non lo avrebbero lasciato in
pace neppure oggi, o domani, oppure il giorno successivo ancora. Anche
se erano i malandrini purtroppo erano impotenti davanti ai problemi di
James perché lui per primo si rifiutava di affrontarli e di
parlarne.
“Accidenti,
mi dispiace.” esclamò Charleen, dispiaciuta. Era
triste vedere James così sconvolto, non sembrava lui. Che
fine aveva fatto l’allegro perdigiorno che aveva allietato ed
a volte infastidito le loro giornate fino a quel momento? La vita alla
fine era riuscita a portarsi via anche l’inguaribile
ottimismo di James Potter? Questa situazione rendeva Charleen, proprio
come tutti gli altri, scoraggiata e depressa. Persino Seba trovava
difficile ridere.
“Anche a me,
James era uno straccio. Anche Sirius a dire il vero..” disse
Remus, servendosi una generosa fetta di torta e abbondando con il
caffè, sperando che il liquido bollente potesse aiutarlo a
tirarsi un po‘ su. James aveva sempre detto che il
caffè può fare miracoli, ma lui non ci aveva mai
davvero creduto fino a quel momento. Remus era così stanco e
disperato che si sarebbe potuto aggrappare a tutto pur di trovare anche
solo una minima ed illusoria speranza.
“Scusa, con
James che continuava a svegliarsi tu e Peter siete riusciti a dormire
tranquilli?” chiese Lily, stupita. Peter era stato tra i
primi a scendere, molto prima di Remus. Il ragazzo sembrava tranquillo
e pacato come al solito, come se non avesse passato la notte nella
stanza di un ragazzo sconvolto dagli incubi. L’esatto opposto
di Remus che invece aveva il viso segnato da profonde occhiaie grigie.
“Peter si,
non chiedermi come abbia fatto. Sirius invece ad un certo punto deve
avere fatto un incantesimo sul mio letto per lasciarmi dormire un
po’.” spiegò Remus, scuotendo la testa.
Avrebbe voluto passare
anche lui la notte insieme a James, anche a costo di non chiudere
occhio, ma Sirius lo aveva fatto ragionare. Era inutile stare svegli in
due, avrebbero solo messo più ansia addosso ad un
già provato James. Inoltre se entrambi fossero stati stanchi
il giorno successivo nessuno dei due sarebbe potuto restare con James
in caso di bisogno. Remus, anche se a malincuore, aveva finito con
accettare le ragioni dell’amico. Peter arrossì e
annegò la testa nella tazza di latte e cereali, per
nascondersi allo sguardo sdegnato di Alice, Charleen e Lily. Tutti
pensavano la stessa cosa: come poteva dormire con James che stava male?
Seba e Frank si scambiarono un’occhiata complice, senza
aggiungere nulla.
“Dovevate
chiamarmi.” esclamò Alice, decisa e imbronciata
più che mai.
“Non avresti
potuto comunque fare nulla.” cercò di consolarla
Frank, tenero come sempre.
La discussione tra
Frank e Alice andò avanti ancora per qualche minuto, fino a
che Lily non richiamò tutti quanti all’ordine.
“Andiamo a
lezione.” disse Lily, guardando preoccupata
l’orologio. Si stava facendo tardi, di li a poco sarebbero
stati irrimediabilmente in ritardo alle lezioni.
“E
Sirius?” chiese Cristal, confusa, guardandosi intorno. Il
ragazzo infatti non era ancora sceso. Era ovvio che James non sarebbe
venuto a lezione, nessuno si aspettava da lui che tornasse
così presto. Sirius tuttavia non poteva saltarle, o la
professoressa McGranitt lo avrebbe ucciso con le sue mani. La donna ce
l’aveva a morte con lui per via di tutti gli scherzi che i
malandrini le avevano fatto negli anni e, non potendosela
più prendere con il povero James, dava il peggio di
sé con Sirius.
“Gli passo
gli appunti più tardi, immagino che non venga.”
rispose Lily, di fretta. A quelle parole tutti quanti si bloccarono e
si girarono di scatto verso la ragazza, stupiti.
“Lily Evans
che passa gli appunti a Sirius Black perché non viene a
lezione?” scherzò Sebastian, incredulo, sgranando
gli occhi.
“Questa
è grossa.” concordò Charleen,
mettendosi a ridere. La migliore amica la fulminò con lo
sguardo mentre tutti i presenti si voltavano verso Lily in attesa di
una spiegazione.
“Solo
perché non viene per una buona causa.” si
affrettò a giustificarsi Lily, spaventata all’idea
di essere fraintesa in qualche modo.
“Accidenti,
la Evans sta diventando meno acida.” esclamò
Sebastian, fingendosi sorpreso.
“Tu invece
stai diventando più deficiente!” rispose Lily a
tono, allontanandosi a testa alta.
Sirius saltò
la lezione della McGranitt, che contro ogni previsione si
dimostrò comprensiva quando Remus si avvicinò
alla cattedra per spiegarle la situazione. Disse solo che lui e Remus
avrebbero dovuto alternarsi a stare con James, per fare in modo che
Sirius non perdesse troppe lezioni. Remus ringraziò e si
allontanò. L’ora successiva Lily spiegò
la stessa cosa a Lumacorno ed anche lui capì cosa doveva
stare passando James. Alla fine arrivò l’ora di
pranzo e Sirius non si era ancora fatto vivo. I ragazzi cominciavano ad
essere preoccupati ed Alice stava pensando di fare un saltò
nella torre per vedere come stavano i due scomparsi quando Sirius
apparve in Sala Grande, solo.
“Buon
giorno.” salutò Sirius, sbadigliando,
avvicinandosi al tavolo dove c’erano gli amici.
Alla vista di Sirius
alcuni studenti cominciarono a mormorare a bassa voce ma
bastò un’occhiataccia della McGranitt per farli
smettere all’istante.
“Evviva, era
ora!” esclamò Seba, sorridente più che
mai.
“Ti stavo
venendo a cercare.” disse Alice, preoccupata, scrutando con
attenzione il viso del ragazzo. Sirius era sorridente come al solito,
ma era chiaro che il suo viso era segnato da qualche preoccupazione.
Doveva essersi svegliato da poco.
“Sicura che
cercavi me?” chiese Sirius, facendo un occhiolino alla
ragazza che in risposta mormorò qualcosa di incomprensibile.
“Come sta
James?” chiese Remus, cercando di nascondere la sua
agitazione dietro il suo solito tono pacato. Sirius si voltò
verso l’amico e gli sorride, quasi a tranquillizzarlo.
“Bene,
dai.” rispose Sirius, alzando le spalle.
“Ci hai
parlato ancora?” chiese ancora Remus, fissando
l’amico dritto negli occhi. Il ragazzo scosse piano la testa,
poi sbadigliò.
“Ho provato,
ma Jamie non è di molte parole.” spiegò
Sirius, impacciato, grattandosi la testa. Alice sospirò,
preoccupata. Non si aspettava certo che sarebbe bastata una notte a
fare tornare James quello di sempre, ma sperava in qualcosa di
più. Dopo che lei e Sirius gli avevano parlato la sera prima
le era sembrato molto più tranquillo.
“Ti ha
raccontato cosa ha sognato di tanto brutto stanotte?” chiese
Charleen, distogliendo sia Alice che Sirius dai loro pensieri.
“È
stato vago. Dice che non ricorda, che erano immagini confuse che non si
spiegava ma che gli mettevano molta ansia.”
raccontò Sirius. Si vedeva che la testa del ragazzo era da
un’altra parte, probabilmente ancora di sopra insieme
all’amico. Ogni volta che aveva provato a chiedere a James
che cosa avesse sognato di tanto brutto questi cominciava a tremare e
l’unico modo efficace per calmarlo era abbracciarlo.
“Lo hai
lasciato da solo? Tu sei pazzo!” esclamò Alice non
appena si realizzò che James era rimasto di sopra mentre
tutti loro erano giù in Sala Grande.
“Dai Alice,
è solo questione di pochi minuti. Prendo la colazione e
torno su da lui.” spiegò Sirius, cercando di fare
ragionare la ragazza. Anche lui all’inizio non era troppo
convinto a lasciare James solo, tanto che aveva provato in tutti i modi
a convincerlo a venire con lui. Alla fine aveva dovuto desistere e
scendere da solo, oppure entrambi sarebbero di sicuro morti di fame.
“Colazione?
Ma se è mezzogiorno..” osservò
divertito Frank, dopo aver lanciato una veloce occhiata
all’orologio che portava al polso.
“Fa lo
stesso..” disse Sirius, alzando le spalle. Non si era
minimamente preoccupato di chiedersi che ore fossero. Aveva passato la
notte in bianco e gran parte della mattinata a guardare James che
finalmente dormiva quasi tranquillo. Prese velocemente qualcosa dal
tavolo, saluto gli amici e si diresse verso la torre di Grifondoro dove
aveva lasciato James.
I ragazzi lo guardarono
allontanarsi senza dire nulla.
Grazie alla
straordinaria conoscenza del castello e dei suoi passaggi segreti che
aveva accumulato nel corso dei passati anni, Sirius raggiunse la torre
di Grifondoro in pochi minuti. Sali di corsa le scale, pregando
silenziosamente perché James non si fosse mosso dalla stanza
per andare a rifugiarsi in qualche sperduto angolo del castello.
Arrivato sulla soglia, Sirius lanciò un’occhiata
all’interno e tirò un sospiro di sollievo quando
vide l’amico.
“Ecco la
colazione..” disse Sirius, entrando nella stanza cercando di
non fare troppo rumore. Da quel poco che era riuscito a capire, James
aveva un disperato bisogno di tranquillità per riuscire a
ritrovare se stesso e per superare l’incidente. Il ragazzo
era ancora a letto, quasi apatico, nella stessa posizione in cui lo
aveva lasciato poco prima.
“Hai
incontrato gli altri?” domandò James, mettendosi a
sedere. Sirius annuì, appoggiò il vassoio con il
cibo sul comodino di James e con un colpo di bacchetta fece entrare un
po’ di luce dalle finestre. Quei pochi movimenti bastarono
per fare sobbalzare James.
“Si, ti
salutano e tengono a precisare che sarebbe ora di pranzo. Sicuro di non
volere un bel piatto di pasta fumante?” chiese Sirius,
abbozzando un sorriso nel disperato tentativo di iniziare una
conversazione e magari strappare una risata a James.
“Va benissimo
una fetta di torta, non ho fame.” rispose James, guardando
fisso oltre la spalla di Sirius, fuori dalla finestra. Sembrava
incantato, perso, quasi qualcosa avesse magneticamente attirato la sua
attenzione.
“Come vuoi,
non insisto.” disse Sirius, sorridendo. Non voleva fare
pressioni all’amico.
“Davvero
Sirius, ho lo stomaco chiuso. Magari più tardi.”
si giustificò James, portandosi svogliatamente alla bocca la
fetta di torta che Sirius gli aveva portato. La fissò
attentamente a lungo, quasi volesse analizzarla con gli occhi, poi ne
staccò un piccolo morso e la rimise sul piatto. Sirius lo
guardò, senza dire nulla, e lo lasciò fare.
“Hai ragione,
potremmo fare una gita nelle cucine. Che ne dici?” propose
Sirius, sperando in un assenso dell’amico. Era preoccupato
per lui. Non aveva mangiato quasi nulla la sera prima, aveva saltato la
colazione e quella misera fetta di torta non si poteva certo chiamare
pranzo. Di questo passo sarebbe certamente finito in infermeria entro
sera, svenuto, ed Alice avrebbe preso la sua testa per farne un
grazioso centrotavola. Una bella gita per il castello era decisamente
quello che serviva a James per tornare quello di prima. Se poi si
trattava anche di infrangere qualche regola era anche meglio.
“Abbiamo il
permesso?” chiese James, dubbioso.
“Scherzi,
vero? Siamo malandrini, a noi non serve il permesso!”
esclamò Sirius, deciso.
Era così
assurdo parlare di regole con James. Proprio lui che non se ne era mai
preoccupato e che era sempre stato il primo a proporre scherzi che li
portavano quasi ogni volta a finire in lunghe, noiose e tremende
punizioni.
“Non mi va di
metterti nei guai.” rispose James, rimettendosi sdraiato e
voltandosi su un fianco senza smettere di guardare lo spicchio di cielo
grigio che si intravedeva dalla finestra, immerso in chissà
quali pensieri solitari. Sirius sospirò.
“Dai James,
lo abbiamo fatto centinaia di volte.” continuò
Sirius, cercando inutilmente di convincere l’amico. Troppo
tardi. James ormai aveva smesso di ascoltarlo e fissava sconsolato il
vuoto fuori dalla finestra che dava sulla foresta proibita.
Il giorno successivo fu
anche peggio di quello precedente. James era esausto, in tutti i sensi,
e nervoso. Bastava una sciocchezza perché scattasse o gli
venissero crisi nervose. Gli unici che riuscivano a calmarlo e che
voleva intorno erano sua cugina Alice e Sirius.
Entrambi riuscivano a
percepire chiaramente il disagio di James e non lo lasciavano mai.
Durante una crisi più forte delle altre James
riuscì a togliersi le bende e i ragazzi dovettero
accompagnarlo d’urgenza in infermeria. Le ferite si erano
riaperte ed aveva perso davvero troppo sangue. La discussione era
iniziata quando Peter aveva proposto a James di assistere agli
allenamenti della squadra. Il ragazzo aveva rifiutato e quando Peter
aveva insistito aveva cominciato ad urlare, a piangere e battere i
pugni contro i pavimento. L’infermiera alla fine gli aveva
dovuto dare una pozione calmante, lo aveva medicato e gli aveva
ordinato di stare sdraiato qualche ora sotto lo sguardo vigile e allo
stesso tempo preoccupato di Sirius ed Alice. James si era addormentato
quasi subito, senza dire nulla e senza guardare in faccia nessuno. Un
sonno pesante e senza sogni. Fuori dall’infermeria erano
raccolti gli altri, preoccupati e silenziosi. La donna li aveva
diffidati dall’entrare in processione, per non turbare un
già troppo scosso James e loro facevano come lei aveva detto.
“Non va
bene..” disse Alice, pensierosa. Erano passate circa due ore
da quando l’infermiera aveva lasciato la ragazza e Sirius
nella stanza. Fino a quel momento i due erano rimasti in silenzio,
forse perché erano troppo scossi oppure perché
non c’era nulla di dire.
“Gia.”
concordò Sirius, poco incline a parlare. Gli sembrava di
vivere nel più terribile dei sogni. Vedeva il suo migliore
amico camminare in punta di piedi sull’orlo di un baratro e
non riusciva a fare nulla per aiutarlo ad allontanarsene. Alice
aprì la bocca per dire qualcosa a Sirius, ma si interruppe
bruscamente.
“Jamie..”
chiamò la ragazza, mentre James lottava disperatamente per
aprire gli occhi. Ci mise un po’ a mettere a fuoco le figure,
ancora intontito dal tranquillante. Non sembrava sorpreso di trovarsi
in un letto dell’infermeria, al contrario sembrava rassegnato.
“È
per il braccio, vero?” chiese James debolmente, guardando
prima Alice e poi Sirius, riferendosi al motivo per il quale si trovava
lì.
“Ti fa
male?” domandò Sirius, preoccupato, evitando
accuratamente di rispondere alla domanda. Faceva troppo male ricordare
James fuori di sé.
“Un
po’, non mi ero accorto prima.” rispose James,
distante. Alice sospirò, cercando con tutte le sue forze di
trattenere le lacrime. Non poteva piangere davanti al cugino, doveva
essere forte anche per lui.
“Andrà
tutto bene, James. È una promessa!”
esclamò decisa Alice.
La settimana seguente,
dopo essere stato dimesso dall‘infermeria, James
passò gran parte delle sue giornate a letto, apatico, ancora
troppo debole per andare a lezione. Dopo l’episodio che lo
aveva portato in infermeria nessuno aveva più provato a
convincerlo a fare qualcosa contro la sua volontà, per paura
di una nuova crisi. Con il passare dei giorni, tuttavia,
c’era stato anche qualche piccolo miglioramento.
Pian piano era riuscito
ad abituarsi anche alla presenza degli altri ragazzi, ma aveva ancora
molta paura di mischiarsi alla folla. Sentirsi tutti gli occhi addosso
lo metteva in ansia e lo faceva sentire terribilmente inadeguato.
Verso la fine della
settimana, nel tardo pomeriggio, mentre Sirius era impegnato con il
resto della squadra nell’ennesimo allenamento che Sebastian
aveva definito inderogabile, Remus raggiunse l’amico nella
loro stanza e gli si sedette di fianco.
James era sveglio e
stava leggendo una delle tante lettere che gli avevano scritto i suoi
amici mentre era in coma. Sentì arrivare qualcuno,
alzò la testa per un attimo e quando capì che si
trattava di Remus tornò al foglio. James sembrava
tranquillo, persino sereno. Remus era incerto e non sapeva bene cosa
fare. Era la prima volta che rimanevano veramente da soli da quando
James era tornato, ed il ragazzo aveva manifestato poca voglia di
parlare di sé agli altri. Persino con Sirius e con Alice
stava gran parte del tempo in silenzio.
“Disturbo?”
chiese Remus, incerto, tormentandosi nervosamente le mani.
“No,
affatto.” rispose James, abbozzando un timido sorriso che
fece acquistare fiducia in se stesso a Remus, convincendolo ad andare
avanti.
“Leggi?”
chiese Remus, indicando la lettera che James teneva in mano. Il ragazzo
annuì, distratto, finendo di leggere le ultime righe prima
di voltarsi verso l‘amico.
“È
di Frank, il ragazzo di Alice.” spiegò James.
Remus annuì, comprensivo.
“Ho parlato
con la McGranitt.” iniziò Remus, dopo qualche
attimo di silenzio, sedendosi sul letto vicino a James.
“Trasfigurazione,
giusto?” chiese James, cercando di ricordare meglio il viso
della donna. Doveva trattarsi della professoressa che aveva incontrato
nell’ufficio del preside il giorno in cui era tornato al
castello, anche se non riusciva a metterla a fuoco bene. Tutto quello
che era successo in quei primi giorni era sfuocato, come avvolto nella
nebbia.
“Si, bravo.
Vuole che ti aiuti a rimetterti in pari con il programma di
quest’anno.” spiegò Remus. A quelle
parole James sembrò abbattersi improvvisamente.
“Non so se ce
la posso fare.” mormorò dopo un po’,
sconsolato, fissandosi i piedi.
“Non dire
sciocchezze, sei uno dei maghi più brillanti di questa
scuola. Recuperare qualche mese sarà uno scherzo per te,
vedrai.” lo rassicurò Remus, sorridendo. Gli venne
spontaneo appoggiare la mano sulla spalla dell’amico e si
stupì quando James non si ritrasse a quel contatto. James
era sempre stato naturalmente portato per la magia, anche studiando
pochissimo riusciva ad avere risultati strabilianti, tranne che in
pozioni. Solo Lily e Piton avevano voti alti in pozioni, gli unici due
cocchi di Lumacorno.
“Non ricordo
nulla, nemmeno gli incantesimi. Come posso praticare la magia se non mi
ricordo le formule?” chiese James, triste. Remus a quelle
parole si incupì e resto per qualche istante in silenzio a
pensare ad una possibile soluzione.
“Partiremo da
zero. Sta tranquillo, ci vorrà solo un po’
più di tempo.” disse alla fine, ritrovando tutto
il suo ottimismo. Era sicuro che l’amico ce
l’avrebbe fatta. Dopo tutto stavano parlando di James Potter,
mica di Peter Minus.
“Va
bene.” sospirò alla fine James, lasciandosi cadere
all’indietro sul letto ad occhi chiusi.
Remus rimase in
silenzio, guardando l’amico stiracchiarsi come un gatto e
cercando di capire se doveva andarsene e lasciarlo solo o rimanere e
parlare con lui. Alla fine Remus propense per la seconda soluzione.
“Posso
chiederti come stai?” chiese Remus, incerto. Mai come in
quelle ultime settimane era stato tanto spaventato all’idea
di parlare con l’amico. Bastava un nonnulla, una sciocchezza,
per fare scattare James e peggiorare le cose era l’ultima
cosa che voleva.
“Mi sembra di
stare in un incubo anche se oggi a pranzo è andata meglio di
ieri sera.” rispose James ad occhi chiusi, ancora sdraiato
sul letto. Con gran soddisfazione di Alice e di Sirius, negli ultimi
giorni James aveva ripreso a mangiare e aveva cominciato a passare
più tempo con i malandrini e gli altri ragazzi. Certo, era
sempre molto silenzioso e sulle sue ma era comunque un passo in avanti.
“Ci vuole
solo un po’ di determinazione. Stasera andrà
ancora meglio, per non parlare di domani. Presto poi ti rimetterai in
forze e sarai meno intrattabile.” disse Remus, sorridendo e
cercando di infondere un po’ del suo spirito positivo anche
in James. Il ragazzo non rispose per un po’, poi si rimise a
sedere.
“Mi
spiace.” disse James in un sussurro, fissando Remus dritto
negli occhi.
Era terribilmente
serio. In quello sguardo Remus riuscì a vedere gli occhi di
James. Forse il suo amico stava finalmente tornando ad essere quello di
sempre.
“Per
cosa?” chiese Remus, confuso.
“Il mio umore
vi condiziona. Vi creo solo un mucchio di problemi. Era meglio se
rimanevo in ospedale, almeno lì non infastidivo
nessuno.” si lasciò andare James, lasciando di
stucco Remus. Era la prima volta da quando era tornato che James si
sfogava, almeno con lui. Fino a quel momento si era limitato a tenere
tutti i suoi dubbi e le sue paure dentro di sé, lasciando
che lo tormentassero e che lo torturassero. Parlare dei suoi problemi
era certamente un passo avanti, il primo per riuscire a risolverli.
Remus sospirò.
“James,
riaverti qui al castello è la cosa migliore che sia capitata
negli ultimi mesi. Non sei un problema, per nessuno di noi. Capiamo che
per te è difficile e ti lasciamo i tuoi spazi, ma se hai
bisogno noi ci siamo. Io, Sirius, Alice, Peter, Seba, Frank e anche le
ragazze.” rispose Remus, scegliendo con cura le parole.
Quando alzò lo sguardo sull’amico vide che James
sorrideva, sereno e che stava sorridendo. Non si trattava di un sorriso
timido, ma di uno dei famosi sorrisi di James, che andavano da un
orecchio all’altro e che gli illuminavano il viso.
“Grazie per
le tue parole. Che ne dici, scendiamo?” propose James,
alzandosi dal letto con un ritrovato slancio che sorprese Remus.
“Sei sicuro
che ti vada davvero?” chiese Remus, confuso. Non voleva
costringere James a fare qualcosa contro la sua volontà.
Sapeva che lo avrebbe solo fatto stare peggio.
“Voi fate
così tanto per me, è il caso che cominci a
reagire per davvero anche io, no?” sussurrò James,
deciso. Ancora una volta Remus restò sorpreso dalle parole
dell’amico.
“Così
parla il mio amico James Potter!” esclamò Remus,
felice di sentire l’amico parlare in quel modo. Finalmente
davanti a lui riusciva a vedere il vero James Potter.
“Dovresti
presentarmelo allora.” rispose James, ironico.
“Che scemo
che sei!” disse Remus, alzando gli occhi al cielo. Forse
tutto stava davvero tornando alla normalità.
ANGOLO DELL'AUTRICE
innanzitutto GRAAAZIE per essere arrivati a leggere fino a qui!
è bello sapere che nonostante le miliardi di cose da fare
che avete riuscite anche a trovare del tempo per leggere quello che
scrivo io.
se poi riuscite anche a commentare allora si che siete per davvero
santi!
MILLE GRAAAZIE!
piccola informazione di servizio: il capitolo è lunghissimo,
invece che postarlo tra qualche settimana e farvi aspettare ho pensato
di spezzarlo in due e farmi viva prima. spero che apprezziate!
LOVE_VAMPIRE: grazie mille per il commento.
il rapporto che si è venuto a creare in questi capitoli tra
James e Sirius ha quasi sorpreso anche me. inutile dire che li adoro e
che invece odio Peter, ogni occasione è buona per
sottolineare la sua inutilità.
ILOVEJAMES97: grazie per il commento!
diciamo che in questo capitolo ricomincia un po' la ripresa di James.
nei prossimi lo vedremo sempre più socuro di sè.
MALANDRINA4EVER: grazie per il commento!
grazie per le tue parole, quando si scrive per dovere si scrivono solo
banalità. è proprio vero! spero che la mia storia
non sia banale e scontata e che ti piaccia! sebastian è il
personaggio che mi diverte di più. è un pazzo,
passa dall'essere serio, al fare battute per finire con attacchi di
pazzia. è decisamente fuori dagli schemi. il rapporto tra
Sirius e James in questo capitolo si fa ancora più stretto e
James comincia a fidarsi anche di Remus. spero ti sia piaciuto!
ZANNA: grazie per il commento!
diciamo che quando ho cominciato a pensare a questa storia al posto di
Alice c'era un ipotetica gemella di James. alla fine ho scartato l'idea
perchè si discostava troppo dalla storia originale e ho
ripiegato su una cugina. mi piaceva anche che il personaggio della
cugina fosse qualcuno già realmente presente nella storia, e
per questo la scelta è caduta su Alice. nonostante tutto
questo, l'idea della gemella è rimasta almeno nel rapporto
tra James e Alice. nella mia testa (e spero di averlo anche fatto un
po' traparire nella storia) Alice e JAmes sono cugini, ma sono
cresciuti insieme come fratelli.
tutto questo per dirti che la tua visione non è poi lontana
dalla realtà! ;D
GRAZIE MILLE A TUTTI, AL PROSSIMO CAPITOLO!
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Capitolo 12 *** riprendere a vivere - parte seconda ***
CAPITOLO
11
RIPRENDERE A VIVERE - parte seconda
James e Remus scesero
piano le scale, scherzando tra loro come non capitava da
così tanto che il secondo ragazzo non riusciva a ricordarlo.
Remus era felice, sentiva che tutto stava tornando a posto nonostante i
ricordi di James non si fossero ancora decisi a tornare ed era
fiducioso. Al piano di sotto trovarono il gruppo al gran completo,
compresa la squadra appena tornata dagli allenamenti. Sembravano tutti
stanchi, ma di umore migliore rispetto al solito. Sirius e Alice
scattarono in piedi non appena videro James, apprensivi, e corsero a
salutarlo, stupiti di vederlo in sala comune. Alcuni ragazzi
più piccoli, del primo e del secondo anno probabilmente,
cominciarono a guardarlo e a parlare a mezza voce ma James
sembrò non dare importanza alla cosa. Bastò un
ringhio di Sirius e un’occhiataccia di Alice
perché la finissero. Entrambi erano sollevati a vederlo
scherzare con Remus, meno silenzioso del solito. Per di più
sembrava che per la prima volta da giorni fosse sceso di sua spontanea
volontà, senza che nessuno lo costringesse o lo supplicasse.
Era positivo che cominciasse ad uscire da quella specie di esilio
volontario nel quale si era rinchiuso.
“È
stato fantastico, eccezionale.” stava esclamando Charleen,
del tutto incurante di quel che accadeva intorno a lei. James
fissò perplesso e curioso la ragazza, mentre Frank sbuffava.
“Buona
sera.” salutò Remus, riuscendo alla fine ad
attirare l’attenzione della brunetta, che si voltò
con un sorriso che andava da un orecchio all‘altro disegnato
sul volto.
“Remus, ho
fatto una finta a Frank e ho segnato!” strillò
Charleen eccitata, agitandosi.
“È
stata solo fortuna.” borbottò Frank, visibilmente
di pessimo umore.
Aveva fatto una brutta
figura, per di più davanti ad Alice. La ragazza aveva
provato a dire qualcosa che migliorasse il suo umore ma fino a quel
momento ogni tentativo era miseramente fallito. Il suo orgoglio ne era
uscito a pezzi da quell’allenamento.
“Per la prima
volta avete giocato bene, deve essere la presenza di James al
castello!” esclamò Sebastian, soddisfatto. Era
così felice che Sirius non ebbe cuore di zittirlo con un
commento acido come suo solito. Dopo tutto aveva ragione, avevano
giocato davvero bene. Per la prima volta dall’inizio
dell’anno sembravano veramente una squadra.
“Ciao
James.” salutò Frank, lasciando un po’
di posto all’amico vicino a lui.
“Di che
parlate?” chiese James, curioso, guardandosi intorno
interessato.
Tutti si stupirono di
quella domanda e del tono vivace che aveva usato James, ma cercarono di
non darlo troppo a vedere. L’ultima cosa che volevano era che
il ragazzo si richiudesse di nuovo in se stesso.
“Quidditch,
Sebastian ti ha sostituito come capitano della squadra di
Grifondoro.” spiegò Cristal, titubante, ricordando
come era andata a finire l‘ultima volta che Peter aveva
provato a portare James agli allenamenti. Il ragazzo però
questa volta non ebbe nessuna brutta reazione, anzi, sorrise.
“Manchi a
tutti, te lo assicuro.” esclamò Sirius, strizzando
l’occhio all’amico.
“Se
è stato scelto è perché sa quel che
fa.” rispose James, alzando le spalle. Sebastian
ringraziò l’amico per quelle parole con un gesto
della mano.
“Scherzi,
vero? È uno schiavista!” esclamò Alice,
scandalizzata, cominciando ad elencare al cugino tutte le torture a cui
li aveva sottoposti in nome della squadra. James la ascoltava e
sorrideva. Il pochi minuti il suo buon umore era riuscito a contagiare
tutti quanti.
“Volevo
ricordare a tutti che la scorsa partita l’abbiamo persa e che
siamo ultimi!” borbottò Seba, stizzito, indicando
i punteggi appesi alla bacheca. Per la prima volta da quasi cento anni,
come la McGranitt non si stancava di ripetergli da qualche settimana a
quella parte, Grifondoro era ultima e probabilmente avrebbe perso la
coppa per la prima volta dopo cinque anni. Mancavano ancora due
partite, certo, ma sarebbe stata una vera impresa riuscire a vincerle e
a classificarsi primi.
“Appunto..
Che senso ha continuare a giocare? Non abbiamo nessuna
possibilità di vincere.” mormorò
Charleeen, delusa. Era bastato l’accenno di Sebastian alla
classifica per fare passare alla ragazza la voglia di giocare e la
fiducia in se stessa che era riuscita a guadagnare segnando a Frank.
“Scherzi,
vero? Siamo i campioni uscenti, non possiamo arrivare
ultimi!” rispose Seba, quasi ringhiando, guardandosi attorno
in cerca di sostegno. I ragazzi non reagirono come si era aspettato,
quasi avessero smesso da tempo di credere nella squadra.
“Rassegnati,
con la squadra che abbiamo è impossibile fare di
meglio.” sospirò Sirius, rassegnato. I ragazzi non
dissero nulla e si dispersero, lasciando Sebastian immerso nei propri
pensieri. Solo Charleen rimase dove si trovava, di fronte a James che
fissava incantato il camino e le poltrone che vi erano disposte
intorno. Quel particolare angolo del castello gli risultava familiare,
era sicuro di averci passato un sacco di bei momenti solo che in quel
momento non riusciva a ricordarne chiaramente nessuno.
L’unica cosa che gli balenava in mente era un’
immagine confusa. Lui e Alice accoccolati insieme su una poltrona,
mentre sfogliavano un vecchio album di foto.
“James, che
ne pensi?” chiese la ragazza, sistemando una ciocca ribelle
dietro l’orecchio e distogliendo il ragazzo da
quell‘unico e debole ricordo. James si riscosse dai suoi
pensieri e prese a fissare la ragazza.
“Non lo so,
non ricordo nulla nemmeno del quidditch.. Però non dovreste
arrendervi.” disse James, sorridendole. In quel sorriso
Charleen ci lesse un sacco di forza di volontà.
“Si ma non
abbiamo speranze..” iniziò Charleen, incantata dal
sorriso di James e dai suoi profondi occhi nocciola. Fino a quel
momento non aveva mai parlato seriamente con lui. Avevano scherzato
certo, si erano anche insultati e qualche volta si erano scambiati
fatture ma era decisamente la prima volta che si ritrovavano a parlare
civilmente.
“Anche io
appena sono tornato al castello pensavo di non averne e invece eccomi
qui. Mi avete aiutato, mi siete stati vicini e ora sto meglio.
C’è sempre speranza.” spiegò
James, inclinando leggermente la testa. Quelle parole colpirono
Charleeen rivelando alla ragazza l‘anima seria di James che
nei cinque anni precedenti non era riuscita a cogliere.
“Va un
po’ meglio ora?” chiese la ragazza, incerta. Anche
lei, come gli altri, aveva il terrore di dire la cosa sbagliata e di
rovinare tutto. James sorrise ed annuì, deciso.
“Diciamo che
le minacce di morte che Sirius ha lanciato a mezzo castello sono
servite e che almeno adesso mi lasciano in pace.”
scherzò James, ripensando ai racconti assurdi che in quei
giorni aveva sentito dagli amici. Seba aveva giurato che Frank un
pomeriggio fosse arrivato a schiantare un paio di Serpeverde troppo
curiosi, mentre Remus si era limitato ad ammutolire un’intera
aula di Tassorosso. Sirius non aveva detto nulla in proposito, ma
qualcosa diceva a James che lui ed Alice erano certamente stati i
più spietati. Se nessuno aveva più il coraggio di
indicarlo e fare domande inopportune il merito era anche loro.
“È
normale dopo tutto quello che ti è successo che si parli di
te.” disse Charleen, dopo averci riflettuto un po‘
su. Quello che era successo a James era decisamente fuori dal comune,
era normale che il castello ne parlasse. Certo, era anche vero che
avevano decisamente esagerato negli ultimi tempi. Alice le aveva
raccontato che qualcuno di Grifondoro era persino arrivato ad
appostarsi fuori dalla camera dei malandrini con tanto di macchina
fotografica, pronti ad immortalarlo come fosse un animale esotico.
“Lo so, ma
è fastidioso. La prima sera poi non stavo bene, ero stanco e
spaventato. Somma tutto e ne esce una crisi di nervi.”
spiegò James sorridendo, cercando di scacciare dalla mente
tutto quello che aveva patito in quei giorni. Si era sentito perso,
come se non avesse il minimo controllo sulla sua vita.
All’ospedale era semplice, aveva la sua stanza, il suo letto,
la sua infermiera e basta. Tutto si esauriva in un breve scambio di
battute e in qualche giretto per i corridoi. Nessuno era inopportuno o
cercava di intromettersi in modo troppo doloroso ed evidente nella sua
vita. Al castello invece era perennemente circondato da centinaia di
altri adolescenti, e tutto risultava più difficile.
“Ho
visto.” disse Charleen in un sussurro. James
sembrò non sentire, o forse finse soltanto.
“Come va con
le lezioni? Remus ha già iniziato a farti
ripetizioni?” chiese Charleen, curiosa. Sapeva che la
professoressa McGranitt aveva incaricato Remus di pensare al recupero
scolastico di James, per evitare che il ragazzo rimanesse troppo
indietro con il programma.
“Me ne
parlava oggi, ma purtroppo io non ricordo nessuna formula quindi
dovrà ripartire da zero.” sospirò
James, depresso all’idea di dover ricominciare tutto da capo.
Non ricordare nulla era come avere buttato via tutti gli anni passati
della sua vita.
“Accidenti
deve essere una bella scocciatura per te.” esclamò
Charleen, dispiaciuta.
“Più
che altro per Remus, gli farò perdere un sacco di
tempo.” mormorò James, abbassando la testa. Odiava
pesare sugli altri. In quei giorni aveva già fatto
abbastanza per rovinare loro la vita e spaventarli a morte. Se ne era
reso conto quando si era svegliato in infermeria, con Alice e Sirius al
suo fianco. Nonostante tutto erano ancora lì. Anche se lui
aveva fatto involontariamente di tutto per allontanarli. Li aveva
trattati male, li aveva spaventati a morte e non aveva rivolto loro la
parola eppure erano ancora lì, pronti a dargli
l’ennesima possibilità. In quel momento aveva
giurato a se stesso che ne sarebbe uscito. Lo doveva a quelle persone
fantastiche che aveva al suo fianco. Doveva farsi forza e fare almeno
un tentativo.
“Se vuoi in
pozioni posso aiutarti io, sono la prima della classe.”
propose Lily, sorridendo impacciata, avvicinandosi ai due ragazzi
seduti vicino al camino.
“Grazie,
saresti gentile.” rispose James, pacato, alzando lo sguardo
sulla ragazza. La rossa sembrava a disagio, era molto più
impacciata del solito.
“Figurati.
Charleen invece potrebbe aiutarti con incantesimi.”
continuò Lily, prendendo più coraggio e cercando
di dimostrarsi disinvolta.
“Hai
ragione!” esclamò Charleen, entusiasta di poter
fare qualcosa per James.
“Ragazze,
siete sicure? Voglio dire, non vi farò perdere troppo tempo.
Charleen non ha anche gli allenamenti?” chiese James,
titubante. L’ultima cosa che voleva era creare loro dei
problemi o rallentare i loro studi.
“Qualche ora
la riesco a trovare.” rispose Charleen, sorridendo. Non
sapeva nemmeno lei per quale motivo, ma poter essere d’aiuto
a James la rendeva felice.
“Squadra a
rapporto!” tuonò Sebastian, con fare severo.
Charleen sbuffò e fece finta di non avere sentito il
richiamo del suo capitano. Era piacevole restare lì a
parlare con James. La ragazza si chiese perché non lo aveva
mai scoperto prima.
“Un’altra
riunione?” chiese Lily alzando un sopracciglio, perplessa.
“Li sta
esasperando.” commentò Remus, prendendo posto
vicino agli amici. Non appena la ragazza vide Remus si
illuminò.
“Remus, io e
Charleen abbiamo fatto un piano di studio per James per fargli
recuperare le lezioni che ha perso.” spiegò
velocemente Lily, rivolgendosi a Remus.
“Sentiamo.”
disse il ragazzo, sorridendo. Era felice che le ragazze avessero
trovato un modo per tirare in mezzo James. Stare con qualcuno che non
erano i malandrini avrebbe fatto bene a James. Stare con Lily, poi, lo
avrebbe di sicuro fatto stare meglio. Anche se James non riusciva a
ricordarlo Remus era sicuro che stravedeva per Lily. Era il suo primo,
unico e vero amore. La ragazza di cui non si stancava mai di parlare,
anche dopo che avevano appena litigato e lei gli aveva appena urlato in
faccia tutto il suo disprezzo.
“Io lo
aiuterò in pozioni, Charleen con incantesimi. Sirius
potrebbe aiutarlo in trasfigurazione..” iniziò
Lily, entusiasta.
“E io penso
al resto, è perfetto.” esclamò Remus,
interrompendo la ragazza.
“James, tu
cosa ne pensi?” chiese Charleen, voltandosi verso il ragazzo
che non aveva ancora dato il suo parere. James era abbastanza
silenzioso e pensieroso.
“Non so cosa
dire. Siete sicuri che non sarò un peso per nessuno di
voi?” chiese ancora James, dubbioso, fissandoli ad uno ad uno.
“Non dire
sciocchezze.” esclamò Lily, sorridendo, alzando
gli occhi sul ragazzo.
“Perché
lo fate?” chiese James, terribilmente serio, fissando le
ragazze negli occhi. Bastarono quelle poche parole per gelare il
sorriso sul viso di Lily. Quella era decisamente l’ultima
domanda che la ragazza si era aspettata.
“James, siamo
i tuoi amici..” iniziò Remus, anche lui stupito da
quella domanda.
“Lo so Remus,
mi riferivo alle ragazze. Alice mi ha detto che io non ho mai avuto un
rapporto di amicizia con Lily e con Charleen prima. Lo fate
perché vi faccio pena?” domandò James,
con un tono neutro.
Non avrebbe mai potuto
sopportare che lo aiutassero solamente per pena. Sarebbe stato un colpo
troppo duro da accettare. Nessuno dei presenti riusciva a capire cosa
passasse per la testa di James in quel momento, né sapeva
bene cosa dirgli.
“Non dire
sciocchezze..”mormorò Remus, impacciato.
“Charleen,
muoviti sennò Seba da i numeri.” chiamò
Frank, sbracciandosi verso l’amica.
“Che aspetti,
sto parlando con James. È più
importante!“ rispose la ragazza, tornando a rivolgere tutta
la sua attenzione a James. Frank alzò le spalle e
tornò dagli altri.
“Quando ti
sono venuta a trovare in ospedale mi sono resa conto che ti odiavo
senza conoscerti davvero. Voglio rimediare. Voglio conoscerti, e poi
decidere se essere tua amica No. Che ne pensi?”
disse Charleen senza quasi prendere fiato.
“Io non sono
il James di prima.” mormorò James, serio.
“Invece lo
sei, solo non te ne rendi conto.” replicò
Charleen, decisa. James sospirò.
“Allora va
bene.” disse alla fine James, sorridendo, prima di voltarsi
lentamente verso Lily.
“Lily, Alice
mi ha detto che prima dell’incidente ero innamorato di te ma
tu non mi credevi..” iniziò James, impacciato.
“Come potevo?
Mi davi il tormento per qualsiasi cosa, a tutte le ore. Ti sei sempre
comportato come un idiota pieno di sé.” rispose
Lily, sulla difensiva.
“Viva la
sincerità.” commentò James, ironico.
“Scusa.”
mormorò Lily, arrossendo all’improvviso. Non
voleva risultare cattiva, James non lo meritava. Il ragazzo aveva
sofferto anche troppo a causa sua, anche se in quel momento non
riusciva a ricordarlo. Lily per un attimo prese a domandarsi cosa
avrebbe pensato di lei James quando si sarebbe finalmente ricordato
tutto quanto.
“Non importa,
va avanti.” disse James, sorridendo.
“Io.. Volevo
solo dire che mi piacerebbe conoscerti meglio. Ma non metterti in testa
strane idee, non voglio essere la tua ragazza.”
continuò Lily, pensierosa. Una parte di lei avrebbe voluto
prenderlo, scuoterlo con forza fino a che non avrebbe ricordato,
baciarlo con passione e poi dirgli che era innamorata di lui,
un‘altra parte di lei invece voleva mettere più
distanza possibile tra lei e James.
“Che tu sia
la mia ragazza è l’ultima cosa che voglio
ora.” disse James, deciso, mettendo con quelle parole fine a
qualcuno dei sogni ad occhi aperti della ragazza. Lily a quelle parole
sgranò i grandi occhi verdi da gatta.
“Cosa vuoi
dire?” chiese Lily, mentre sentiva il mondo caderle addosso.
Per la prima volta da quando lo conosceva James Potter la stava
rifiutando.
“Come posso
mettermi con una ragazza di cui non mi ricordo solo perché
tutti mi dicono che una volta l’amavo.” chiese
James, triste e mogio. Charleen e Remus non riuscivano a credere alle
loro orecchie.
“Tu.. Non
provi nulla per me?” domandò Lily, disorientata.
Stava succedendo quello che aveva desiderato a lungo in quegli anni,
eppure la ragazza non era felice. Ora che James non la amava
più lei si era accorta di volerlo.
“Sono
confuso. A volte il tuo viso mi sembra dolce e familiare, altre invece
anche solo guardarti di sfuggita mi fa male. Non so di
più..” spiegò James, distogliendo lo
sguardo dalle lacrime che avevano preso a bagnare il bel viso di Lily.
Nonostante tutto, quella ragazza aveva il potere di sconvolgerlo e di
provocare in lui reazioni inaspettate.
“Tutti a
cena, ci siamo liberati di Sebastian!” urlò
Sirius, irrompendo nella stanza con un sorriso che gli andava da un
orecchio all’altro, dovuto probabilmente al fatto di essersi
liberato abbastanza velocemente del suo capitano.
“Sirius..”
lo richiamò Remus, lanciandogli un’occhiataccia.
“Che
c’è, ho interrotto qualcosa?”chiese
Sirius, confuso. Remus e Charleen sembravano pronti a lanciare fiamme
dagli occhi, Lily era più che mai a terra e James era
strano, mogio. Sirius si chiese cosa diamine stesse succedendo e
perché tutti quanti sembravano di colpo impazziti. Prese a
guardarsi intorno, nervosamente, in attesa di una risposta che sembrava
non voler arrivare.
“No, nulla di
importante Sirius.” disse Lily, alzandosi di scatto.
“Lily..”
cercò di fermarla James, trattenendola per un braccio senza
farle male.
“Andiamo a
cena.” ribatté la rossa, decisa, liberandosi dalla
stretta del ragazzo senza guardarlo negli occhi.
“Aspetta..”
chiamò ancora James, stranito. Quella conversazione aveva
preso una piega decisamente strana. Come erano finiti a dirsi quelle
cose?
“Ho detto
andiamo a cena!” ribadì Lily, voltando le spalle a
James ed asciugandosi le lacrime sperando che nessuno le avesse notate.
Non poteva piangere per James, e soprattutto non poteva permettere che
qualcuno lo vedesse. Specialmente lui. Era stata una stupida. Come
aveva potuto farselo scappare? Perché non si era resa conto
prima di amarlo?
Lily non
aprì bocca durante tutta la cena mentre James era
più assente del solito. Charleen e Remus che avevano seguito
la discussione guardavano preoccupati i due mentre gli altri si
guardavano perplessi e confusi.
“Si
può sapere che sta succedendo?” chiese Alice,
esasperata, guardando con insistenza Sirius, sperando che lui avesse
qualche informazione.
“Non ne ho
idea. Ero con te, ricordi?” rispose Sirius alzando le spalle.
Nonostante cercasse di
nasconderlo, anche lui era parecchio preoccupato. Solo qualche ora
prima James sembrava essere tornato lo stesso di sempre, mentre ora era
ancora più silenzioso del solito. Doveva di sicuro essere
successo qualcosa mentre loro erano a parlare con Sebastian, solo,
nessuno sembrava avere voglia di parlarne.
“Remus?”
Chiese Alice, speranzosa, voltandosi verso l‘amico. Remus
sospirò e lasciò cadere la forchetta sul piatto
di colpo.
“Uhm, Lily e
Charleen si sono offerte di aiutare James in pozioni e
incantesimi.” iniziò a raccontare Remus,
distogliendo lo sguardo da James e Lily. Era decisamente meglio quando
passavano il tempo a litigare piuttosto che quando si ignoravano a quel
modo.
“È
perfetto, io potrei aiutarlo in trasfigurazione.”
esclamò Sirius, sorridente.
“Fallo
finire.” lo richiamò Alice, severa.
“Scusa.”
disse Sirius, mortificato. Remus alzò gli occhi al cielo e
proseguì il racconto.
“James le ha
ringraziate e ha chiesto perché lo stavano
facendo.” continuò Remus. Sirius intuì
di colpo dove sarebbe andato a finire il discorso.
“Accidenti,
è colpa mia. Ho detto a James che con Lily e Charleen non
aveva mai avuto un grande rapporto.” esclamò
Alice, con aria colpevole.
“Beh, era la
verità.” commentò Sirius, schietto.
“Si ma.. Che
è successo?” chiese Alice, ansiosa e preoccupata,
voltandosi di nuovo verso Remus e prendendo a tormentarsi nervosamente
le mani.
“Charleen ha
detto di essersi resa conto di avere sempre odiato James a priori, e
gli chiesto la possibilità di conoscerlo meglio e di
decidere se essere sua amica o no. Lily ha detto più o meno
la stessa cosa.” raccontò Remus, pensieroso.
“E
poi?” chiesero Alice e Sirius in coro, entrambi curiosi di
sapere come era andata a finire quella strana discussione.
“Beh, in
pratica James ha detto a Lily di non provare nulla per lei.”
rispose Remus, triste, lasciando i due amici con la bocca aperta.
“Questa
è bella.” esclamò Sirius, sorpreso.
“Sirius, Lily
sta male!” lo richiamò Alice, sconvolta
dall‘insensibilità del ragazzo. Persino una teiera
di terracotta riusciva ad essere più comprensiva di Sirius.
“È
questo il punto. Non lo trovi strano? A Lily non era mai importato
niente di James. Non era lei quella che ripeteva sempre che non lo
avrebbe mai voluto come ragazzo?” chiese Sirius, cercando di
ricordare le parole esatte che aveva usato la ragazza negli anni. Alice
sembrò riflettere sulle parole del ragazzo, ma non
commentò.
“Forse non
gli era proprio indifferente.” ipotizzò Remus,
pensieroso.
Nel frattempo dalla
parte opposta del tavolo James guardava Lily, che a sua volta fissava
con insistenza il piatto ancora pieno. Da quando erano scesi a cena la
ragazza non aveva aperto bocca, troppo presa a pensare. James si
sentiva in colpa. Non era certo sua intenzione ferirla, lui voleva
solamente capire se Lily provasse pena per lui o meno.
“Lily, sei
triste per colpa mia?” chiese James, avvicinandosi a Lily per
poter parlare con tranquillità senza che gli altri
sentissero. Nel vedere il viso di James a pochi centimetri dal suo il
cuore di Lily prese ad accelerare di colpo. La ragazza gli
lanciò un’occhiata. Avrebbe voluto dirgli tante
cose in quel momento. Voleva urlargli contro tutta la sua rabbia, la
sua frustrazione e la sua delusione ma d’improvviso
realizzò che non poteva. James per la prima volta da giorni
sembrava stare meglio, non poteva riversargli addosso tutte le sue
delusioni e farlo stare peggio. Non sarebbe stato giusto. Aveva
già fatto troppo male a quel ragazzo con il suo brutto
carattere e con parole urlate senza pensare.
“No, io.. Non
credo. Voglio dire, va bene così.” rispose Lily,
cercando con cura le parole.
“Non
capisco.” mormorò James, confuso, fissandola negli
occhi. Di colpo realizzò che quegli occhi così
verdi erano velati di lacrime, quasi avesse appena finito di piangere.
James si chiese se quelle lacrime fossero state versate per colpa sua,
ma preferì tenersi per sé la domanda per non
avere risposta.
“Sono felice
se mi darai la possibilità di conoscerti e spero che noi
possiamo diventare amici.” spiegò Lily, cercando
di abbozzare un timido sorriso.
“Non sei
rimasta male perché non ricordo nulla di te?”
chiese ancora James, senza interrompere quel contatto visivo. In quel
momento James si sentiva la persona più felice del mondo,
anche se non riusciva a capirne la ragione. Stava solamente parlando ad
una ragazza che fino a qualche mese prima lo odiava, eppure si sentiva
come se avesse appena scalato una montagna o vinto una coppa di
quidditch.
“Che diritto
avrei, James?” domandò lei in risposta, scappando
per non scoppiare di nuovo a piangere di fronte a lui. James non
cercò di fermarla questa volta, intuendo che la ragazza
avesse bisogno di stare sola. Charleen sospirò, si
alzò da tavola senza dare troppo nell’occhio e
seguì Lily, con l’intenzione di parlare con lei.
Come aveva previstò trovò l’amica in
lacrime nella loro stanza, riversa sul letto a piangere. Sembrava
distrutta.
“Hai perso la
tua occasione con James.” mormorò Charleen,
sedendo sul letto di fianco all’amica e stringendola forte a
sé, accarezzandole piano la testa.
“Non capisco
di cosa stai parlando.” mormorò Lily, tra un
singhiozzo e l’altro.
“Se vuoi
sfogarti sono qui.” disse Charleen, accarezzandole dolcemente
la testa.
“Va tutto
benissimo. Sono stanca, vado a letto.” sospirò
Lily, chiudendosi in bagno.
Qualche ora
più tardi i ragazzi erano di nuovo nella sala comune, fatta
eccezione di Lily e Charleen. Erano tutti impegnati nelle loro solite
attività serali. C’era chi leggeva, chi faceva o
meglio copiava i compiti per il giorno dopo, chi giocava a scacchi e
chi perdeva semplicemente tempo. Alice e Frank facevano decisamente
parte di quest’ultima categoria.
“Cuginetta,
l’adorabile infermiera del castello muore dalla voglia di
vedermi. Ti va di accompagnarmi?” chiese James sorridente,
lanciando alla cugina uno sguardo da cucciolo tenero che non ammetteva
risposte negative. La ragazza lo fissò intensamente,
chiedendosi se mandarlo al diavolo o accontentarlo. Alla fine propense
per la seconda possibilità, diede un bacio a Frank e si
alzò dal divano sul quale era stata comodamente sdraiata
fino a poco prima. Il sorriso di James si allargò ancora di
più, felice di avere raggiunto il suo scopo.
“Sempre
circondato da infermieri e guaritori, tu.”
commentò Frank, sorridendo. Il buon umore di James era
decisamente contagioso, persino più di quello di Sebastian.
In quegli ultimi mesi Seba aveva fatto del suo meglio per non fare
pesare troppo l’assenza di James, ma riavere il ragazzo al
castello era tutta un’altra cosa. Riusciva a risultare
simpatico persino quando ti portava via la ragazza perché lo
accompagnasse in infermeria. Frank era felice che James fosse
finalmente tornato il solito, anche se non riusciva a ricordare ancora
nulla.
“Che vuoi che
ti dica, sono sfortunato.” rispose James, alzando le spalle e
stiracchiandosi, lasciando intravedere la fasciatura al braccio sotto
le maniche della camicia tirate su.
“Come va il
braccio?” chiese Alice, preoccupata. A volte sembrava che la
ragazza più che da cugina gli facesse da sorella preoccupata
e da mamma insieme, ma James la amava anche per questo. Sua madre gli
aveva raccontato che lui ed Alice erano cresciuti insieme, dividendo
ogni cosa fin da quando erano neonati.
“Molto
meglio.” rispose James, alzando le spalle.
“Quando
guarisce potresti tornare in squadra e fare felice Seba.”
propose Frank, senza pensare. Rivedere James volare sarebbe stato
fantastico e avrebbe dato qualche possibilità di vittoria in
più alla squadra, senza contare che avrebbe di sicuro
preoccupato gli avversari.
“Sarebbe
bello, però non so..” iniziò a dire
James, confuso.
“Seba non
aspetta altro, ed anche la McGranitt.” esclamò
Sirius, alzando da testa dal tema di incantesimi che stava facendo
prendendo spunto da quello di Remus che giocava a scacchi con Seba e
fingeva di non notare quello che stava succedendo. Era sempre stato
contrario al fatto che gli amici copiassero i suoi compiti, ma allo
stesso tempo era troppo buono per lasciare che Sirius prendesse
punizioni e brutti voti.
“Forse volare
lo aiuterebbe a ricordare..” buttò lì
Cristal, alzando le spalle.
“È
fuori discussione, è ancora troppo presto.”
tuonò Alice, con un tono che non ammetteva repliche e che
lasciò tutti di stucco. L’idea di vedere James su
una scopa, sospeso in aria a chissà quanti metri
d’altezza la terrorizzava. Non poteva fare a meno di pensare
a quello che sarebbe potuto succedere se fosse caduto e avesse di nuovo
battuto la testa.
“Agli ordini
mamma.” la canzonò James, sorridendo.
“Cammina,
incosciente!” sibilò Alice, prendendo James sotto
braccio e trascinandolo via, oltre il buco del ritratto. I corridoi,
complice l’ora tarda, erano deserti. Nel castello gli unici
passi che si sentivano risuonare erano i loro.
Tutto quel silenzio
faceva stare James bene, e nello stesso tempo gli raccontava tante cose
che pensava di avere dimenticato. Sensazioni più che altro.
Camminare per il castello era come entrare continuamente in contatto
con elementi del suo passato che non ricordava ma che sapeva centravano
con lui, che sapeva essere lì a portata di mano. James era
sicuro che in ogni angolo di quel castello aveva vissuto momenti belli
ed importanti, solo non riusciva a ricordarli chiaramente. Di nuovo
ripensò a quell’immagine di lui e Alice di fronte
al camino e improvvisamente ricordò che c‘era
qualcosa di giallo intorno a loro, le pareti forse. Sicuramente non
doveva trattarsi della sala comune di Grifondoro, ma di un posto che
gli assomigliava parecchio.
“Come mai
devi andare in infermeria?” chiese Alice, pensierosa,
distogliendo James dai suoi ricordi. Il ragazzo alzò le
spalle.
“Controllo.”
rispose James, immerso nella contemplazione dei quadri alla sua
sinistra.
“Remus mi ha
raccontato della discussione con Lily.” disse Alice,
improvvisamente senza una ragione precisa se non quella di sapere come
l‘aveva presa il cugino.
“Non
è stata proprio una discussione.”
spiegò James, sospirando. Non sapeva nemmeno lui bene cosa
fosse successo. Aveva la sensazione che la ragazza lo avesse frainteso,
e che lui a sua volta avesse frainteso lei.
“Non
è colpa tua se non ti ricordi di lei e non provi gli stessi
sentimenti che provavi prima. In un certo senso è meglio
così che ti sia passata.” mormorò
Alice, ricordando a quanto aveva sofferto James negli anni per i
molteplici rifiuti di Lily. Ogni volta ci stava sempre peggio, ma non
riusciva mai a mettere un punto e ad andare avanti. Persino a giugno,
dopo che avevano litigato, James riusciva ancora a
giustificarla.
“Non
è passata. Solo, è strano..” disse
James, enigmatico, fissando il pavimento.
“Che vuoi
dire?” chiese Alice, confusa, fissandolo intensamente. James
sospirò.
“A volte la
vedo e mi sembra di conoscerla da sempre. Le correrei incontro,
l’abbraccerei e la bacerei per ore. Altre invece mi fa paura,
mi sembra una sconosciuta pronta a farmi del male. Non capisco come
possano convivere queste due sensazioni.” spiegò
James, cercando di fare capire alla cugina quello che provava. Alice
sospirò.
Non riusciva proprio a
capire James quando si parlava di Lily. Certo, voleva bene
all’amica, ma non capiva cosa ci vedesse James di tanto
speciale da soffrirci così a lungo.
“Con i
malandrini invece?” chiese Alice, ricordando la rinnovata
complicità di James e Remus di qualche ora prima. Quando li
aveva visti scendere le scale insieme aveva avuto la sensazione di
essere tornata indietro di qualche tempo, prima della morte del padre
di James e prima che tutta quella brutta storia avesse inizio.
“Va alla
grande. Sirius e Remus sono stati la mia salvezza qui al
castello.” esclamò James, grato. Fin da subito
Sirius e Remus si erano rivelati indispensabili per lui, persino quando
non credeva possibile riuscire a fidarsi di qualcuno. Lo avevano
ascoltato, protetto, medicato e compreso nonostante lui li allontanasse
di continuo. Era profondamente in debito con loro.
“Ehy, grazia
per la riconoscenza.” sbottò Alice incrociando le
braccia, fingendosi offesa.
“Smettila,
sai che per me sei la persona più importante. Gli unici
ricordi che ho sono quelli in cui ci compari anche tu.” disse
James, abbracciando la cugina con trasporto. Alice chiuse gli occhi e
si lasciò trasportare da quel contatto. Era piacevole stare
stretta tra le braccia di James, sentire di nuovo il suo calore ed il
suo affetto.
“Dici
davvero?” chiese Alice, incredula, aprendo piano gli occhi.
Non sapeva che James
fosse riuscito a ricordare qualcosa, non gli aveva mai chiesto nulla
per non mettergli troppe pressioni. James annuì piano,
sorridendo.
“Si, sono
scene confuse più che altro. Io e te che giochiamo in una
casa di legno con le pareti gialle e che guardiamo delle vecchie
foto.” raccontò James, cercando di ricordare il
maggior numero di dettagli possibili. Alice lo lasciò
parlare, senza interromperlo.
“Deve essere
la casa in montagna del nonno. Quando eravamo piccoli eravamo sempre
lì.” spiegò la ragazza, stupita. James
rimase in silenzio per un po’, pensieroso.
“Mi ci
potresti portare un giorno?” chiese alla fine James,
guardando la cugina implorante.
A quelle parole il viso
di Alice si illuminò.
“Certo,
sarebbe una bella idea. Che ne pensi se andassimo lì per le
vacanze di natale?” propose Alice, felice. Le vacanze
sarebbero iniziate la settimana successiva e nessuno di loro aveva
ancora fatto programmi. Certo, doveva avvisare i suoi genitori e sua
zia, ma era sicura che non ci sarebbero stati problemi. Tutti quanti
erano affezionati alla vecchia casa del nonno, ed era sempre piacevole
passare le feste lì, insieme, persi nei ricordi e nelle
foto.
“Fantastico.”
esclamò James, sorridente.
“Gli altri
potrebbero raggiungerci per capodanno per festeggiare
insieme.” continuò Alice, cercando di programmare
nei minimi dettagli la loro breve vacanza. Voleva che fosse tutto
perfetto, per James.
“Così
passeresti il capodanno con il tuo Frank.” scherzò
James, sereno. Iniziare il nuovo anno con gli amici che aveva ritrovato
al castello sarebbe sicuramente stato un buon auspicio e forse lo
avrebbe aiutato a ricordare almeno qualche dettaglio del suo passato.
“Geloso?”
chiese Alice, ironica, arrossendo di colpo.
“No, tanto io
ho Seba.” rispose James, malizioso.
“Te lo lascio
volentieri, ultimamente è insopportabile.”
commentò Alice, incupendosi all’improvviso al solo
ricordo degli ultimi allenamenti e delle infinite discussioni che ne
erano seguite. Sembrava che niente andasse mai bene al ragazzo. Invece
di incoraggiarli e lodarli riusciva solo a dire che avrebbero potuto
fare meglio.
“È
solo preoccupato per la squadra.” mormorò James,
prendendo le difese del capitano. Anche se non aveva nessun ricordo
dell’anno precedente provava una simpatia innata per quel
ragazzo e per il ruolo difficile che era chiamato a ricoprire. Farsi
ascoltare e dare ordini non era mai semplice, in nessun caso,
specialmente quando si tratta dei propri amici.
“Fin troppo,
è stressante.” esclamò Alice, sbuffando.
“Per forza,
non lo ascoltate.” gli fece eco James, prendendola in giro.
I due ragazzi
continuarono a battibeccare fino a che non tornarono nella sala comune,
dove non trovarono più nessuno. James salutò la
cugina con bacio, poi i due si separarono e presero le scale che
portavano alle rispettive stanze. Prima di entrare James si fermo a
guardare la porta della stanza dei malandrini, dove campeggiava una
grossa scritta dorata con le iniziali dei ragazzi. James
guardò sorridendo la scritta, seguendone il contorno con un
dito prima di spingere la porta, attento a non fare troppo rumore.
“Tutto
bene?” chiese Sirius alzandosi di scatto non appena aveva
visto comparire James sulla porta della loro stanza. Il ragazzo stava
cercando di fare piano per non svegliare nessuno, ma né
Sirius né Remus si erano ancora addormentati. Entrambi
stavano aspettando il ritorno di James, con una punta di
preoccupazione, per sapere cosa aveva detto l‘infermiera.
Solo Peter russava della grossa.
“Il braccio
è quasi guarito, settimana prossima mi toglie le
fasce.” spiegò James, cercando di togliersi la
cravatta, operazione piuttosto difficile con una mano sola.
“È
una bella notizia.” commentò Sirius, sorridendo,
avvicinandosi per aiutare l‘amico. Lo aiutò anche
con la camicia e poi gli passò il pigiama.
“James,
rimarrai al castello per le vacanze di natale?” chiese Remus,
pensieroso.
“No, torno a
casa. Alice vuole portarmi nella casa in montagna di nostro nonno.
Pensa che possa aiutarmi a ricordare.” raccontò
James sedendosi sul proprio letto, realizzando di colpo che passare il
natale a casa voleva dire separarsi dai suoi amici, da Sirius e Remus.
“Sarebbe
davvero un bellissimo regalo di natale se tu riuscisse a ricordare
qualcosa!” disse Remus, un po’ triste
all’idea di separarsi dall’amico seppure per poche
settimane ma allo stesso tempo felice per lui. L’atmosfera
del natale in famiglia, nella vecchia baita in montagna non poteva che
fare bene a James. Sarebbe sicuramente tornato al castello
più in forma che mai.
“Sarebbe un
sogno, ma non penso sia così facile.”
sospirò James. Ora che aveva ripreso a fidarsi di chi aveva
intorno non faceva che pensare ai ricordi che aveva perso. Certo,
sapeva istintivamente che Remus e Sirius erano due persone splendide ma
voleva anche ricordare tutti i momenti, sia quelli belli che quelli
brutti, passati insieme.
“Non si sa
mai, no?” disse Sirius abbozzando un sorriso e cercando di
essere positivo. James non rispose e rimase in silenzio per un
po’ di tempo.
“Sirius,
verresti con me? Non so se ce la faccio da solo..” chiese
alla fine, senza guardare Sirius negli occhi. Non sarebbe riuscito a
reggere un rifiuto.
“Non saresti
lo stesso da solo. C’è Alice,
c’è tua madre, i tuoi zii..”
iniziò Sirius, incerto, interrompendosi
all’improvviso quando il suo sguardo incrociò gli
occhi di James.
“Si, ma tu mi
capisci anche quando non parlo. Per favore.”
supplicò James. Era lo stesso sguardo che gli aveva lanciato
sul treno. Sirius lo ricordava bene, ce l’aveva fotografato
in mente e lo rivedeva ogni volta che chiudeva gli occhi.
“Va bene,
allora. Tutto quello che ti può aiutare a stare meglio,
James.” disse Sirius sorridendo. Non avrebbe fatto lo stesso
errore due volte.
ANGOLO DELL'AUTRICE:
ebbene si, sono ancora io e sono già tornata. no, non
è natale.
onestamente non so come sia stato possibile, ma sono riuscita ad
aggiornare in tempo record, almeno per i miei standard.
spero che la cosa vi faccia piacere e che la seconda parte del capitolo
vi piaccia quanto i capitoli precedenti.
prima di rispondere ai commenti vi lascio un consiglio: non perdetevi
il prossimo capitolo. GROSSE novità in vista!
graaazie mille a chi legge, preferisce, segue e commenta la mia storia.
siete dei veri angeli!
LOVE_VAMPIRE: grazie mille per il commento!
mi spiace per il mio odio per Peter, ma non ci posso fare nulla. ho
provato a farmelo stare simpatico, ma non mi riesce proprio.
contrariamente alla tue ipotesi James si è ripreso. parlare
con Remus gli ha fatto bene. per l'incontro con il suo amore alias il
quidditch credo bisognerà aspettare qualche capitolo, ma non
ti preoccupare.. ci saranno grandi sorprese anche su questo fronte!
SATANABAAN: grazie mille per il commento!
un approccio duro con James? povero, con tutto quello che ha passato
poi lo tenta per davvero il suicidio!
sono contenta che la mia storia ti piaccia e spero che continuerai a
seguirla.
ILOVEJAMES97: grazie mille per il commento!
sono contenta che il capitolo scorso ti sia piaciuto e spero che abbia
apprezzato anche l'aggiornamento in tempo record!
MALANDRINA4EVER: grazie per il commento!
wow, sono felice che ti sia piaciuto. calcola che lo scorso capitolo
all'inizio era la metà di questo. ho dovuto dividerlo
perchè era troppo lungo!
la scena di JAmes e Sirius che dormono insieme ha intenerito anche me.
dovevo assolutamente scriverla!
GRAAAZIE MILLE a chi ha letto fino a qui, a chi ha già
commentato e a chi commenterà!
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Capitolo 13 *** alla baita in montagna ***
CAPITOLO 12
ALLA BAITA IN MONTAGNA
Alice, Sirius e James
erano stati gli unici grifoni a tornare a casa per le vacanze di
natale. Tutti gli altri avrebbero passato il natale al castello
guardando la neve depositarsi sui grossi alberi della foresta proibita,
come al solito. Anche Lily quell’anno sarebbe rimasta, il che
era insolito per lei. La ragazza diceva di non avere voglia di vedere
Petunia, la terribile sorella maggiore, ma in realtà
Charleen sapeva bene che l’amica aveva sperato fino
all’ultimo che James non partisse e che fosse rimasto
lì con loro per le feste. Lily aveva guardato James
incamminarsi verso il treno che lo avrebbe portato a Londra con lo
sguardo triste e la morte nel cuore. Certo, sapeva che era la cosa
migliore per lui, eppure il natale senza di lui non sarebbe stato lo
stesso. Anche Remus guardava mesto l’amico allontanarsi.
Quello sarebbe stato il
primo natale senza Sirius e James. Avrebbe sentito incredibilmente la
mancanza degli amici. Per lui i malandrini erano veramente tutto. Erano
la sua forza, il suo orgoglio, la sua famiglia. Tutto ciò
che gli dava il coraggio di camminare a testa alta e di sopportare
quell’incredibile sofferenza luna piena dopo luna piena. La
presenza di James, il suo spirito natalizio, la sua esuberanza
sarebbero mancati a tutti, era inevitabile. Specialmente ora che era
tornato ad essere il James di una volta, seppure senza il minimo
ricordo della sua vita passata. Certo, Alice e James avevano chiesto
loro di raggiungerli alla baita in montagna per festeggiare insieme
capodanno, eppure non era la stessa cosa. Remus sospirò e
poi si lasciò cadere seduto sulla poltrona che di solito era
occupata da Sirius, cercando di scacciare la tristezza. Lily era
rimasta sorpresa che l’invito per capodanno fosse aperto
anche a lei. Era stato proprio James in persona ad invitarla, con il
suo solito sorriso così caldo e rassicurante. Lily era stata
colta e si sorpresa e, incredula, era rimasta immobile, incantata a
guardarlo. Persa nella profondità di quello sguardo color
nocciola così profondo e pieno di vita. C’era
voluto un bel po’ di tempo ed una gomitata ben assestata di
Cristal prima che Lily si riprendesse quel tanto che bastava per
riuscire a rispondere.
“Certo,
James. Ci sarò anche io.” aveva balbettato Lily,
imbarazzata. Sirius, poco distante da James, guardava divertito la
scena. Era la prima volta che l’amico riusciva a mettere in
difficoltà la Evans, e sembrava non essersene neppure
accorto. Era decisamente un peccato che James non ricordasse quanto
fosse stata importante per lui Lily in tutti quegli anni. Sicuramente
avrebbe apprezzato quel momento.
“Sono
contento.” rispose James, mentre un sorriso ancora
più radioso gli si allargava sul volto. Non riusciva a
capire perché, ma le parole della rossa gli avevano riempito
il cuore di gioia. Sapere che si sarebbero visti presto, per la festa
di capodanno, lo faceva stare bene.
“Davvero?”
chiese Lily, guardandolo fisso. James sentì le verdi iridi
della ragazza scrutarlo in profondità e cercare di capire
cosa gli stesse passando per la mente in quel momento.
“Credo di
si..” mormorò James, d’improvviso
più serio. Quella ragazza aveva lo strano dono di
confonderlo e di mandarlo in crisi. Si era allontanato senza smettere
di pensare a quello sguardo, impresso in modo indelebile nella sua
mente. Il ragazzo si ritrovò a chiedersi se Lily lo avesse
guardato altre volte in quel modo e cercò inutilmente di
sforzare la sua memoria alla ricerca di dettagli. Alla fine si era
arreso ed era andato a finire di preparare il suo baule.
Qualche ora
più tardi, seduto sulla carrozza dell’espresso
diretto alla stazione di Londra, tra Alice e Sirius, James era stato a
lungo in silenzio, immerso nei suoi pensieri. I due ragazzi parlavano
tra loro, gettando di tanto in tanto occhiate nervose al ragazzo con
gli occhiali. La mente di James sembrava persa, lontana, ma loro non
sapevano esattamente dove. Sirius e Alice non potevano fare a meno di
chiedersi se James stesse ancora pensando a Lily. In realtà
il ragazzo stava rivivendo nella sua mente qualcosa che tuttavia non
riusciva bene a ricordare. Immagini sfuocate, lontane, che non
riuscivano a prendere forma. James sentiva solamente tanto dolore, come
non ne aveva mai provato prima, e un senso di smarrimento infinito a
cui non riusciva a trovare spiegazione. L’istinto gli diceva
che in quel ricordo non era solo, che insieme a lui c’erano
altre persone ma lui non riusciva proprio a ricordare.
“Sirius,
Alice..” annaspò James all‘improvviso,
aggrappandosi con tutte le sue forze ai due ragazzi, presi alla
sprovvista. Alice sobbalzò, spaventata, mentre Sirius si era
fatto improvvisamente pallido.
“Che ti
prende, James?” chiese Sirius, guardando preoccupato
l’amico che sembrava faticare a respirare. Non sapeva che gli
stava succedendo, ma temeva che potesse riguardare il qualche modo la
discussione che avevano avuto mesi prima sul treno, proprio su quella
stessa carrozza. L’ultima cosa che desiderava era che James
avesse come unico ricordo quella lite tremenda nella quale era arrivato
ad urlare in faccia al suo amico cose che in realtà non
aveva mai pensato in vita sua. Era stata la rabbia a farlo parlare in
quel momento così infelice che forse era stato la causa di
tutti i problemi di James, e l’orgoglio ad impedirgli di
tornare sui suoi passi. Erano settimane che pensava a come affrontare
l’argomento con James. Ogni volta si preparava un discorso,
si riprometteva di parlare all’amico e di raccontargli tutto
ma alla fine si doveva arrendere all’evidenza dei fatti. Non
aveva il coraggio di dire a James qualcosa che avrebbe potuto ferirlo o
allontanarlo da lui.
“Qualche
brutto ricordo? Un incubo?” chiese Alice, frenetica e
preoccupata.
“Non lo so.
Sensazioni più che altro..” rispose James,
confuso, passando rapidamente lo sguardo dall‘espressione
truce di Sirius a quella spaventata di Alice. Non capiva
perché i due ragazzi fossero così agitati per un
semplice incubo. Non era certo la prima volta che gli capitava di
averne uno, tuttavia i due ragazzi non gli erano mai sembrati
così ansiosi.
“È
passato ora?” domandò Alice, dolcemente. James
annuì piano, appoggiando la testa sulle gambe della cugina.
La ragazza prese ad accarezzargli la testa, cercando di calmarlo. Dopo
pochi istanti Alice sentì James rilassarsi e cominciare a
respirare più regolarmente. La ragazzi tirò un
sospiro di sollievo e abbozzò un sorriso.
“Allora,
pronto al natale?” chiese Sirius, cercando di distrarre
l’amico cambiando argomento. James sbuffò. Alice e
Sirius trovarono la cosa molto strana dato che James di solito adorava
il natale. Era proprio quello che si occupava di decorare la sala
comune, appendendo decorazioni ovunque a partire dalla settimana
seguente Halloween e che andava in giro per il castello cantando a
chiunque fosse disposto ad ascoltarlo orrende canzoncine natalizie.
“Fammi
pensare, un sacco di parenti di cui non ricordo assolutamente
nulla?” rispose James ironico, alzando gli occhi al soffitto.
La cosa che temeva di più era una terribile invasione di
zii, zie e cugini che avrebbero passato tutto il tempo a chiedergli se
li ricordava.
“Non sono poi
così tanti.” mormorò Alice, sorridendo
triste.
“Si?”
Chiese James, curioso e interessato. Certo, sapere che di lì
a poco non sarebbe stato assalito da un branco di parenti lo
rassicurava ma tuttavia era colpito dallo sguardo triste della cugina.
“Solo tua
mamma e la mia. Oltre me, te e Sirius ovviamente.”
spiegò la ragazza, sospirando. A quelle parole James
capì e abbassò la testa. Era triste pensare ad un
pranzo di natale senza lo zio Charlus. Dorea e James sarebbero stati
quelli che ne avrebbero sofferto di più, anche se James non
aveva alcun ricordo del padre. In un certo senso era meglio che Jamie
non ricordasse visto quanto erano stati legati. Anche suo padre non
sarebbe venuto. Alice se lo era immaginata, ormai cominciava a non
aspettarsi più nulla da lui. Robert non avrebbe sopportato
un natale senza gli scherzi, le risate e l’inguaribile
buonumore di Charlus così aveva preferito lavorare. Alice
chiuse gli occhi per un istante e nella sua mente comparvero tante
immagini, tanti natali felici. C’erano gli zii, con James
piccolo, c’era anche suo padre e ovviamente c‘era
lei. Suo padre e lo zio Charlus erano sempre stati inseparabili,
migliori amici fin dal loro primo anno ad Hogwarts. Quando Charlus
aveva detto di voler sposare la sorella dell’amico, Dorea, il
padre di Alice si era dimostrato la persona più felice della
terra. Diceva che da quel momento erano diventati per davvero fratelli,
e che più nessuno avrebbe potuto negarlo. Charlus e Robert
non facevano che raccontare quella storia da sempre, fin da quando
James e Alice erano piccoli.
“Ah.”
disse James, pensieroso. Soffriva a non ricordare nulla della sua
famiglia, di suo padre. Sua madre gli aveva raccontato che erano molto
legati, che Charlus era sempre stato il suo eroe ma James non riusciva
a ricordare nulla. Aveva visto decine di foto, sentito altrettanti
racconti ma non era servito a nulla.
“Non ci
sarà tuo padre?” chiese Sirius ad Alice,
perplesso. Era molto strano che il signor Prewet si perdesse il natale
in famiglia.
“Deve
lavorare.” rispose Alice vaga, chiudendo il discorso. Sirius
e James si scambiarono un’occhiata carica di significato,
sospirarono e decisero di non fare altre domande.
Il viaggio
proseguì senza ulteriori intoppi e in un paio
d’ore giunsero alla stazione di Londra dove Fanny li
aspettava ansiosa, guardandosi continuamente intorno. Dorea non era
potuta venire di persona a causa di impegni al ministero ma si era
raccomandata con la cognata di assicurarsi che James stesse bene e che
non si strapazzasse troppo. Fanny aveva rassicurato la cognata ed aveva
preso quel compito con sorprendente serietà. Fin troppa per
i gusti di James, che cercò inutilmente di spiegare alla zia
che stava bene. La donna però non voleva sentire ragioni e
continuava ad abbracciarlo e a baciarlo sulla fronte mentre Alice e
Sirius ridevano di gusto dell’imbarazzo dell’amico
che cercava in tutti i modi di liberarsi dalla presa della donna.
Quando Fanny decise che
il tempo dei saluti era finalmente finito, estrasse una passaporta
dalla borsa e in un attimo tutti si trovarono in mezzo alle montagne,
di fronte ad una casetta circondata da alti pini coperti di neve. Alice
sospirò felice guardando la casa del nonno.
La baita era piccola,
ma molto accogliente tanto che già dall’esterno si
riusciva a percepire l’atmosfera accogliente e familiare.
Alice, Sirius e Fanny guardarono ansiosi James mentre questi varcava la
soglia guardandosi timidamente in giro. Non appena il ragazzo mise
piede nella vecchia casa che era appartenuta al nonno si
sentì a finalmente nel posto giusto. Finalmente a casa.
Aggirarsi per i corridoi di quella vecchia casa di montagna era
sorprendente. In ogni angolo James si sentiva a casa, riusciva a
percepire suoni e odori che gli erano incredibilmente familiari. Gli
sembrava di conoscerli da sempre e lo facevano stare bene. Si sentiva
protetto, al sicuro. Era come se nulla di male potesse accadere tra
quelle mura così accoglienti che lo avevano protetto fin da
quando era piccolo. A volte quando stava a lungo seduto sulla poltrona
a fissare il panorama oppure quando ravvivava il fuoco nel camino aveva
le vertigini ed era come se la sua mente si perdesse alla ricerca dei
ricordi perduti. Li riusciva quasi a percepire, sentiva che erano
lì a pochi passi da lui e che sarebbe bastato allungare le
mani per riuscire ad afferrarli. Le ore ed i giorni passarono in un
baleno.
Le vacanze di natale
stavano trascorrendo serene, senza nessun problema. Da quando era alla
baita poi, gli incubi avevano anche smesso di tormentarlo. James poteva
finalmente dire di stare bene. L’unico neo di quei giorni
perfetti era l’assenza di Remus.
“Che farai tu
per natale?” aveva chiesto James curioso un pomeriggio
particolarmente freddo. Nonostante la neve e le proteste della squadra
Sebastian non aveva annullato l’allenamento, così
James e Remus si trovavano da soli in sala grande insieme ad Alice. Con
la scusa delle ripetizioni a James la ragazza era riuscita
un’altra volta a saltare gli allenamenti. Sirius e i compagni
erano orgoglioso di lei, Sebastian un po’ meno. Remus alla
domanda di James aveva alzato la testa dalla scacchiera e aveva assunto
un’espressione mogia, prima di alzare le spalle, fingendosi
indifferente alla questione.
“Starò
qui al castello.” aveva risposto Remus, triste, tornando a
concentrarsi sulla partita.
“Ma la tua
famiglia?” aveva domandato ancora James, curioso e al tempo
stesso triste.
“Ho solo una
vecchia zia e qualche gatto. Sono sicuro che non sentiranno troppo la
mia mancanza.” aveva detto Remus alzando le spalle e cercando
di abbozzare un sorriso.
“Lo sai vero
che in montagna c’è posto anche per te? Si era
intromessa Alice, premurosa.
“Grazie
Alice, ma non voglio disturbare. Sarete già in
tanti.” aveva iniziato a dire Remus, a disagio. Peter lo
aveva fissato perplesso. Non era da lui essere così a
disagio con Alice.
“Sarebbe
fantastico se venissi anche tu.” aveva insistito James, per
nulla scoraggiato da quel gentile rifiuto.
“Mi spiace
James, non posso proprio.” aveva mormorato Remus, abbozzando
un sorriso di scuse. Non poteva certo dirgli che non passava il natale
con lui per via della luna piena. James non sapeva che lui era un lupo
mannaro. O meglio, lo sapeva ma non lo ricordava e grazie al cielo
nessuno aveva ancora pensato a raccontarglielo. L’ultima cosa
che Remus voleva era che l’amico scappasse spaventato ogni
volta che lo vedeva.
“Almeno ci
raggiungerai per la festa di capodanno, vero?” aveva chiesto
James, imbronciato come un bambino al quale tolgono le caramelle.
“Cercherò
di fare il possibile.” aveva risposto Remus, vago, cercando
di non scoppiare a ridere per l‘espressione offesa di James.
“Ma, come?
Almeno alla festa devi venire!” aveva insistito James, per
nulla intenzionato ad arrendersi. Alla fine Remus aveva dovuto
capitolare.
“Verrò,
promesso.” aveva detto alla fine Remus, arrendendosi
all’insistenza dell’amico.
Il giorno di natale
tutta la famiglia era riunita intorno al tavolo, al cui fianco
campeggiava un gigantesco albero di natale che avevano addobbato James,
Alice e Sirius, stracolmo di regali ancora tutti da scartare. Per
l’occasione inaspettatamente alla fine si era fatto vivo
anche lo zio Robert, il padre di Alice. James non lo aveva mai visto da
quando si era ripreso. Dorea aveva cercato di giustificarlo, dicendo
ogni volta che il fratello era molto occupato con il lavoro ma James
aveva capito che si trattava di una bugia dal modo in cui la madre
fissava il pavimento mentre parlava. Durante la cena di natale lo zio
aveva parlato poco, quanto bastava perché James capisse che
era a disagio quando si trovava solo in compagnia del nipote. James non
riusciva a spiegarsi questo strano fatto. Cercava di non darlo a
vedere, ma lo rattristava molto. Sua madre, gli aveva raccontato che
zio Bob era molto attaccato a Charlus e che aveva sofferto immensamente
della sua perdita. Secondo la donna il fratello faceva fatica a parlare
con lui perché gli ricordava l’amico che aveva da
poco perso.
James non era sicuro di
poter capire quello strano discorso, ma aveva annuito lo stesso per non
dispiacere la madre.
Lui non aveva alcun
ricordo del padre oppure della sua morte, ma era abbastanza sicuro che
avere al suo fianco suo zio avrebbe potuto aiutarlo a superare quel
brutto periodo. Peccato che questi non fosse dello stesso parere. James
ne aveva parlato a lungo anche con Alice e Sirius, che gli avevano
consigliato entrambi di affrontare quella discussione con Robert.
Subito dopo cena il
ragazzo era andato a cercarlo per parlare, ma lo zio era sparito.
“È
stato chiamato per una grave emergenza. Mi spiace James, posso fare io
qualcosa per te?” aveva detto la zia Fanny, con
un’espressione triste.
Era sinceramente
dispiaciuta. James aveva intuito che la donna stesse mentendo circa
l’improvvisa partenza dello zio ma aveva preferito non dire
nulla. Scosse la testa, si strinse nelle spalle e tornò da
Alice e Sirius. A tirare su il morale di James ci pensarono i regali.
Alice aveva regalato al
cugino un ciondolo che raffigurava la runa che stava a significare la
famiglia, mentre Sirius un bracciale di cuoio con un simbolo magico che
indicava un legame fraterno. James aveva subito indossato i suoi regali
e si era immediatamente sentito più forte.
Sua madre ed i suoi zii
avevano pensato di regalargli una scopa, visto che la sua era andata
misteriosamente persa l’anno precedente, ma avevano deciso di
consegnargliela solo quando si sarebbe completamente ripreso.
L’ultima cosa che volevano era che provandola James si
facesse di nuovo male. James era sicuro che l’idea della
scopa non era partita dalla madre e che la zia aveva dovuto insistere
parecchio per convincerla. Neppure Alice sembrava convinta che quella
dei genitori fosse stata una buona idea. L’unico realmente
felice, oltre James, era Sirius. Il ragazzo era convinto che volare
avrebbe fatto ricordare a James chi era.
Subito dopo natale
Sirius, James e Alice cominciarono ad organizzare la festa di
capodanno, preparando ogni cosa per l’imminente arrivo dei
loro amici. Dopo lunghe discussioni, Alice e James avevano convinto le
rispettive madri a lasciare loro l’intera baita fino al
termine della vacanze di natale. Inutile dire che la più
apprensiva era Dorea. C’era voluta tutta la faccia tosta di
Sirius e la sua promessa di non perdere mai di vista James
perché alla fine la donna cedesse, seppure con molti dubbi.
I ragazzi erano anche
riusciti a convincerle a lasciare che Frank e Remus rimanessero anche
dopo la festa, fino al ritorno a scuola. Questa volta era stata Fanny a
sollevare qualche obiezione, preoccupata che la sua bambina dormisse
con un ragazzo, ed era stata Dorea a spiegare alla cognata che la
figlia era ormai grande e che sicuramente non sarebbe stata la prima
volta. Alla fine, tra pianti, discussioni e abbracci gli adulti
lasciarono la baia.
Non appena le due donne
furono scomparse nel camino James, Alice e Sirius tirarono un sospiro
di sollievo. Alice guardò l’ora, erano le cinque e
gli amici sarebbero arrivati solamente il pomeriggio successivo. Sirius
propose una battaglia a palle di neve nel giardino, e gli altri due
accettarono senza pensarci. La giornata passò in un baleno.
Il giorno dopo Alice
era sola nella sala da pranzo quando sentì strani rumori
provenire dal camino. La ragazza si avvicinò, guardinga, e
prese a studiarlo perplessa. Sentiva chiaramente delle voci provenire
da lì ma non riusciva a spiegarselo. Improvvisamente un
lampo la fece sobbalzare, seguito quasi immediatamente da una grossa
nuvola di fumo.
“Ciao amore
mio, ti sono mancato?” chiese Frank, sbucando dal camino e
lasciando che Alice si gettasse tra le sue braccia.
“Non sai
quanto!” esclamò la ragazza, felice di poter
abbracciare di nuovo il suo bel portiere.
Dopo Frank comparvero
anche gli altri, curiosi di scoprire tutti i dettagli della casa.
Avevano sentito più volte parlare della misteriosa baita in
montagna da Alice e da James, ma fino a quel momento nessuno vi aveva
mai messo piede.
“La solita
esagerata.” sbuffò Cristal, lasciandosi cadere su
una poltrona.
“Sei solo
gelosa.” la apostrofò Charleen, facendole una
linguaccia.
“Si,
è vero.” ammise Cristal, strappando una risata a
tutti i presenti.
“Che bello,
ci siete proprio tutti.” mormorò Alice, sognante,
guardando tutti gli amici riuniti nel salotto piccolo ma accogliente.
La più stranita di tutti era decisamente Lily. Dato che
nella sua famiglia erano tutti babbani tranne lei non era mai stata in
una casa completamente magica. Tutti quegli strani oggetti e quei
quadri che si muovevano la stupivano.
“James e
Sirius?” chiese Remus, guardandosi intorno.
All’appello mancavano solo i due ragazzi. Il ragazzo
sospirò ed ipotizzò, conoscendoli, che si fossero
cacciati in qualche stanza a preparare una serie di scherzi stupidi e
infantili per la serata o che fossero semplicemente in ritardo come
loro solito.
“Siete
arrivati presto, dormono ancora.” spiegò Alice,
indicando le scale che conducevano al piano di sopra dove
c‘era la stanza che dividevano i due ragazzi. Sebastian
aprì la bocca per commentare, ma fu interrottò da
un brontolio proveniente dal piano di sopra.
“Che
è tutto questo casino, una mandria di bufali?”
borbottò un alquanto assonnato Sirius, scendendo con poca
grazia le scale.
“Mi correggo,
James dorme ancora.” precisò Alice, sorridendo.
“Buongiorno
Sirius.” salutò Seba, sorridente, felice di
potersi finalmente prendere qualche piccola rivincita contro il
compagno di squadra che faceva ogni cosa in suo potere per riuscire a
sabotare ogni allenamento della squadra di Grifondoro.
“Un
po’ meno rumore, no?” sbuffò Sirius,
guardandosi intorno tra l‘assonnato e l‘infastidito.
“Quante
storie. Era ora che ti svegliassi.” esclamò
Cristal, spettinando Sirius. Il ragazzo mugugnò qualcosa di
incomprensibile in risposta, provocando le risate degli amici.
“Che ne dite
di qualcosa di caldo?” propose Alice, notando che gli amici
non erano abituati al clima freddo della montagna e sembravano molto
infreddoliti.
“Buona
idea.” concordò Remus, stringendosi il
più possibile nel maglione.
“Sveglio
James per la colazione.” disse Alice, dirigendosi verso le
scale che conducevano al piano di sopra dove c’era la stanza
che James divideva con Sirius.
“Povero,
lascialo dormire.” esclamò Charleen, lanciando
un‘occhiataccia all‘amica.
“Dorme
ancora? Vuoi dire che tutto questo rumore non lo ha
svegliato?” chiese Frank, allibito. Remus e Sirius
scoppiarono a ridere quasi simultaneamente.
“James ha il
sonno pesante.” spiegò Sirius, alzando le spalle.
“Buttarlo
giù dal letto è sempre stata un’impresa
difficile.” precisò Remus, scuotendo la testa.
Lily si
ritrovò a guardare i due ragazzi, perplessa. Una parte di
lei era gelosa del fatto che quei due dividessero la stanza con James e
che conoscessero ogni dettaglio della sua vita.
Alice
scoppiò a ridere. Svegliare James era sempre stata
un’operazione pericolosa. Ci voleva molta pazienza e anche
molta pratica oppure nella più rosea delle previsioni si
rischiava di prendere qualche calcio o qualche strana fattura.
“Se ne
farà una ragione.” concluse Alice, risoluta,
alzando le spalle.
“Lascia,
faccio io.” disse Sirius, superando la ragazza e dirigendosi
verso le scale. .
Alice provò
ad obiettare, poi cambiò idea e decise di andare dal suo
ragazzo. Dopo tutto erano quasi dieci giorni che non si vedevano.
Sirius salì
le scale, cercando di non fare troppo rumore. La casa aveva tutte le
pareti di legno ed ogni passo sembrava risuonare in tutta la casa. Il
ragazzo spinse la porta, ed entrò piano nella stanza ancora
in penombra.
La sera prima, dopo il
pomeriggio passato a fare a palle di neve e un’ottima cena
preparata da Alice, lui e James erano stati alzati fino a tardi a
parlare con Alice. Avevano discusso di un sacco di cose, della loro
infanzia, del castello, degli scherzi ai Serpeverde ed ai professori.
James ascoltava la cugina ed il suo migliore amico rapito, pendendo
letteralmente dalle loro labbra. Alla fine, verso le tre del mattino la
ragazza era crollata e si era decisa ad andare a dormire mentre gli
altri due avevano deciso che sarebbero stati alzati a guardare
l’alba. O meglio, avevano tentato di stare svegli ma alla
fine erano crollati per la stanchezza qualche ora più tardi,
verso le cinque e mezza.
“Ehy,
Jamie?” chiamò Sirius, avvicinandosi con cautela
al letto dove riposava l’amico.
“Uhm..”
mugugnò il ragazzo in risposta, senza alzare la testa dal
cuscino ed accoccolandosi ancora di più sotto le coperte.
“È
mattina, coraggio.. Apri gli occhi.” cercò di
convincerlo Sirius, paziente, scuotendolo piano.
“Sirius..
Lasciami dormire.” borbottò James, con la voce
ancora impastata da sonno. Sirius lo guardò, sorridendo.
James era sempre stato un dormiglione, adorava alzarsi tardi e, visto
che per buttarlo giù dal letto non bastavano nemmeno le
maniere forti, il ragazzo aveva iniziato a ricorrere ai ricatti morali.
“Da bravo,
non lascerai che il tuo amico faccia colazione da solo..”
disse ancora Sirius, con una voce da cane bastonato.
“Uhm..”
mugugnò ancora James, aprendo un occhio e cercando di
mettere a fuoco l’altro ragazzo. Impresa davvero impossibile
visto che era ancora mezzo addormentato e non portava gli occhiali;
senza James Potter era una vera talpa.
“Per
favore..” implorò Sirius, fissando
l’amico dritto negli occhi con un‘espressione
triste da cucciolo sperduto. James sospirò e si
lasciò convincere. Afferrò distrattamente gli
occhiali, e finalmente riuscì a vedere chiaramente tutto
quello che lo circondava.
“Arrivo.”
rispose James, arrendendosi al fatto che Sirius non avrebbe certo
smesso di dargli il tormento fino a che non si sarebbe deciso ad
alzarsi.
“Bravo, ti
aspetto giù con gli altri.” disse Sirius,
alzandosi dal letto e dirigendosi verso la porta. Dal piano di sotto si
sentivano arrivare le risate degli altri ragazzi. Probabilmente Seba
aveva fatto una delle sue battute e gli altri erano scoppiati a ridere.
“Altri?”
chiese James ancora intontito, senza capire a cosa si stesse riferendo
l’amico.
“Sono
arrivati tutti. Ricordi? La festa di capodanno.”
ricordò Sirius, paziente.
James connetteva
veramente poco appena sveglio.
“Sono
già qui? Ma è presto!” rispose James,
guardandosi intorno per cercare di capire che ore fossero. Alice la
sera prima aveva ripetuto loro almeno una decina di volte che Frank e
gli altri non sarebbero arrivati prima delle due e mezza del pomeriggio
successivo. Non poteva essere già quell’ora.
“Sono le tre
passate..” specificò Sirius, guardando
distrattamente l‘orologio al suo polso.
“Accidenti,
ma è tardissimo!” urlò James, sbarrando
di colpo gli occhi e saltando in piedi. Afferrò la prima
maglia pulita che gli venne sotto mano e i primi jeans che
trovò, senza preoccuparsi di controllare se fossero suoi
oppure di Sirius, prima di precipitarsi fuori dalla stanza, seguito da
un Sirius decisamente divertito.
“Fa con calma
James, non c’è ragione di cadere dalle
scale.” disse Alice tranquillamente, mentre James inciampava
su un gradino e finiva lungo e disteso per terra.
“Ali, dovevi
svegliarmi prima!” sbuffò James mentre si
rialzava, infastidito e dolorante.
Remus e Lily si
scambiarono un’occhiata preoccupata, poi il ragazzo corse ad
aiutare l’amico per accertarsi che non si fosse fatto troppo
male cadendo. Sirius ed Alice sembravano tranquilli, quasi il ragazzo
fosse caduto molte altre volte in quel modo.
“Dormivi
così bene che mi dispiaceva.” disse Alice, tenera,
appoggiando la testa contro il petto di Frank. Sentire il battito
regolare del cuore del suo ragazzo la tranquillizzava.
“Che brava
cugina, magari ne avessi una anche io così.”
esclamò Seba, sognante.
“Come va la
testa?” chiese Sirius, preoccupato. Le parole del ragazzo
ebbero il potere di agitare non poco tutti i presenti, che tendevano a
preoccuparsi appena si parlava della salute di James. La triste visione
di James, inerme ed immobile in un letto d’ospedale aveva
scosso tutti loro, era ancora troppo vicina e tornava spesso nei loro
incubi.
“Adesso bene,
ma va a momenti.” rispose James, sospirando, cercando di non
fare caso alle facce pallide e sconvolte. Odiava fare preoccupare a
quel modo gli amici.
“Tutto bene
James?” domandò Remus, confuso. La domanda di
Sirius lo aveva spiazzato.
“Si, nulla di
grave.” rispose James, sorridendo e pensando ad una
battuta per cercare di tranquillizzare un po’ tutti i
presenti.
“Solamente un
mal di testa molto forte che gli impedisce di fare qualsiasi cosa da
circa una settimana o più.” spiegò
meglio Alice, ironica.
“Non
è normale. Hai avvisato i medimaghi?” chiese Lily,
preoccupata. James alzò gli occhi al soffitto e
sospirò, arrendendosi all’evidenza dei fatti.
Nulla di quanto avrebbe potuto fare o dire avrebbe avuto il potere di
distogliere gli amici dalle loro paranoie. Guardandoli si
ritrovò a pensare che alle volte riuscivano ad essere
persino più paranoici di sua madre.
“Si, dicono
che è tutto a posto. Non sanno a cosa è dovuto ma
non pensano sia grave.” rispose Sirius, sbadigliando. La
prima volta che James aveva avuto quei dolori Dorea lo aveva trascinato
di forza al San Mungo, terrorizzata, ignorando le proteste del figlio
che diceva di stare bene. Sirius ed Alice erano rimasti a casa, insieme
a Fanny. Nessuno di loro era riuscito a muoversi da dove si trovava. La
ragazza non aveva mai smesso di piangere per tutto il tempo, aggrappata
al braccio di Sirius, fino a che James non era tornato con il suo
solito sorriso sulle labbra rassicurandoli che stava bene. Alice gli si
era fiondata in braccio ed aveva continuato a piangere per quasi
mezzora aggrappata alla maglietta di James, bagnandola con le sue
lacrime, mentre il ragazzo cercava di calmarla accarezzandole la testa
dolcemente.
Alice, cercando di non
pensare agli strani dolori del cugino, decise di dedicarsi alla merenda
per loro e alla colazione per Sirius e James. Subito dopo i ragazzi si
misero all’opera con nastri, palloncini, festoni e cibarie.
Nel giro di un paio d’ore la stanza aveva cambiato volto ed
era finalmente pronta ad ospitare l’imminente festa.
“Accidenti.”
imprecò James improvvisamente, barcollando e portandosi una
mano sulla fronte.
“Jamie.”
chiamò Cristal, avvicinandosi per prima al ragazzo.
Richiamati dalla ragazza, erano accorsi anche gli altri e si erano
ritrovati a fissare James senza sapere bene cosa fare.
“Vuoi un
po’ d’acqua?” chiese Remus, aiutandolo a
sedersi sul divano. James cercò di rispondere ma una nuova
fitta improvvisa lo fece accasciare ancora di più sul divano.
“No,
lasciatelo stare dieci minuti che gli passa.” disse Alice,
decisa. Nonostante fosse pallida come un cencio e stesse per avere una
crisi nervosa stava cercando con tutta se stessa di non perdere la
calma. I ragazzi annuirono, obbedienti, allontanandosi un po‘
per fare respirare l‘amico. James rimase solo, sul divano,
mentre gli altri cercavano di nascondere le proprie preoccupazioni.
ANGOLO DELL'AUTRICE:
innanzitutto, GRAAAZIE mille per essere arrivati a leggere fino a qui.
mi fa un sacco piacere sapere che tutti voi leggete la mia storia!
grazie quindi, per ogni lettura attenta o distratta, per ogni commento
e per ogni volta che mettete la mia storia tra le vostre preferite o
seguite!
piccola comunicazione: questo capitolo era lunghissimo, per motivi di
tempo ho dovuto spezzarlo in due: la seconda parte si
intitolerà CAPODANNO. vi dico già da ora che nel
prossimo capitolo ci saranno GROSSISSIME novità. non
perdetevelo, e non perdetevi nemmeno questo se riuscite!
LOVE_VAMPIRE: grazie mille per il commento!
sono contenta che i recenti sviluppi della storia ti siano piaciuti. eh
si, Lily ormai è cotta, James invece è confuso.
Sirius non ho ancora deciso se si innamorerà o meno e Peter
invece è sempre in secondo piano. hai visto però
che in questo capitolo l'ho nominato? faccio passi avanti, vedi?
al prossimo capitolo, da non perdere!
MALANDRINA4EVER: grazie mille per il commento!
eh si, nello scorso capitolo sono tornati ad esistere i malandrini,
anche se James è dispiaciuto che Remus non sia andato con
loro in montagna per natale!
per quanto riguarda il volare, la scopa c'è (quasi) anche se
ora rimane da capire: 1. come ha fatto James a farsi male? 2. che fine
ha fatto la sua scopa?
ILOVEJAMES97: grazie mille per il commento!
mi spiace di farti friggere. spero che questo capitolo ti sia piaciuto.
non perderti il prossimo, fidati!
MSMONTANA: grazie mille per il commento!
bentornata! non ti preoccupare se non commenti sempre, l'importante
è che la storia ti piaccia cmq!
sono contenta che i miei personaggi ti piacciano, spero risultino anche
abbastanza verosimili.
Remus non dirà (di nuovo) a JAmes che è un
licantropo perchè conto di fargli tornare la memoria a
breve. aspetta e vedrai!
povero Seba, ma almeno ti sta un po' simpatico? Peter, come ho
già detto e come si vede in tutte le mie storie, lo odio.
non ci posso fare nulla, è più forte di me. non
riesco a descriverlo in termini positivi e realistici.
GRAAAZIE a tutti, al prossimo capitolo!
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Capitolo 14 *** capodanno ***
CAPITOLO 13
CAPODANNO
Il
pomeriggio era letteralmente volato, e l‘oscurità
cominciava a scendere sulla deliziosa casetta immersa nei boschi
imbiancati di neve. Più si guardavano intorno,
più alle ragazze sembrava di stare in una bellissima fiaba.
Uno di quei romantici racconti babbani con tanto di neve, un castello,
un ballo in maschera, un principe e una bellissima ragazza con lunghi
capelli per lo più biondi che aspettava solo di essere
salvata in una piccola casetta persa tra le montagne. Sirius aveva
acceso il camino, e i ragazzi vi ci si erano stretti intorno cercando
di scaldarsi, tenendo ben salda nella mano la tazza di cioccolata
fumante che Alice aveva preparato loro poco prima.
L’atmosfera che regnava era davvero magica, surreale.
Natalizia insomma. Proprio come aveva predetto Alice James fu di nuovo
in piedi nel giro di venti minuti, tra lo stupore generale.
Perfettamente ristabilito, allegro e pimpante. Il volto del ragazzo non
era più l’immagine della sofferenza come poco
prima ma era rilassato e vi si poteva vedere un sorriso radioso in
grado di incantare tutti i presenti, specie quelli di sesso femminile.
Lily lo osservava, silenziosa ed impacciata, tenendosi a distanza.
Anche Frank, Sebastian, Remus e le ragazze sembravano perplessi da quel
cambiamento improvviso. Gli unici tranquilli quanto James erano Sirius
ed Alice. Cristal osservò con sorpresa quanto sua migliore
amica fosse cambiata in quei pochi giorni. Fino a qualche settimana
prima, ad Hogwarts sarebbe letteralmente impazzita in una situazione
del genere e avrebbe cominciato a preoccuparsi anche se solo James si
fosse rotto solamente un’unghia. Ora invece, il cugino stava
male sul serio, si torceva dal dolore alla testa sul divano e lei
manteneva un sangue freddo impeccabile, degno di un Serpeverde. Cristal
guardò meglio Alice. Nonostante cercasse con tutte le sue
forze di nasconderlo, sforzandosi di sembrava la solita ragazza
spensierata di sempre, era preoccupata e lei riusciva a leggerlo
chiaramente nei suoi occhi, tuttavia aveva finalmente smesso di dare il
tormento a James per qualsiasi cosa.
“Ehi, già in piedi?” aveva chiesto
Frank, stupito, indicando James. Il ragazzo aveva annuito sorridendo,
mischiandosi al gruppo di ragazzi intorno al camino.
“Sto benissimo, tranquilli.” esclamò
James, alzando gli occhi al cielo. Tutta quell’apprensione
alle volte risultava esasperante. Certo, aveva rischiato di morire e
loro si erano spaventati, ma ora stava bene. Non era possibile che ad
ogni colpo di tosse ed al minimo dolorino scattassero a quel modo. Era
semplicemente inconcepibile.
“Sicuro?” insistette Charleen, preoccupata. James
annuì ancora, sempre sorridente e rubò alla
cugina un sorso di cioccolata. Sembrava che nulla avesse il potere di
turbarlo o di preoccuparlo. Il ragazzo andò avanti per quasi
un’ora a cercare di spiegare agli amici che non stava morendo
e che erano solo innocue anche se fastidiose fitte, ma loro non si
lasciarono convincere così facilmente. Alla fine della
discussione fu James quello che dovette desistere e che si
ritrovò confinato su una poltrona, con Remus e Sirius
intorno a fargli compagnia ed il divieto più assoluto di
muoversi e fare il minimo sforzo. Sta fermo e riposati avevano detto, o
meglio ordinato, con un tono che non ammetteva la minima replica.
“Cugina, aiutami.” aveva implorato James mentre
tutti quanti, ad eccezione di Remus e Sirius, seguivano Alice in cucina
per aiutarla a finire di preparare la cena. La grandiosa festa di
capodanno che avevano organizzato nei minimi dettagli sarebbe iniziata
di lì a poco.
Le ragazze si erano occupate della cucina, stendendo un menù
degno dei più rinomati ristoranti, sia babbani che magici,
mentre i ragazzi si erano dati alle decorazioni. Nei giorni precedenti
Sirius e James avevano addobbato la casa, compresa la facciata esterna.
Sebastian e Frank invece erano riusciti a portare dei fuochi
d’artificio, in parte comprati da Zonko e in parte rubati
dallo schedario del custode di Hogwarts. Molto probabilmente si
trattava degli aggeggi magici che Gazza aveva sequestrato ai malandrini
nel corso degli anni. Anche Remus, sorprendentemente, aveva collaborato
a questo piccolo e innocente furto, fornendo ai due complici la mappa
del malandrino e facendo da palo.
“Jamie, sta buono. Ho da fare.” era stata la
risposta di Alice, seguita da un’impertinente linguaccia che
aveva divertito persino Sirius. In quei giorni, con gran disperazione
di James, Alice e Sirius erano diventati straordinariamente complici,
perfetti alleati contro di lui specie quando volevano metterlo a letto
perché a detta loro si stava stancando troppo.
“Dai Alice, tu sai benissimo che sto bene. Non è
certo la prima volta che succede.” aveva provato a farla
ragionare James, pazientemente. Alice aveva lanciato
un’occhiata veloce al cugino ed era andata via senza dire
nulla.
“Proprio per questo devi riposarti. Non devi prendere
così alla leggera la tua salute.” aveva commentato
Charleen preoccupata, affrettandosi a seguire l‘amica.
“Ma sono solo mal di testa.” si era lamentato
James, alzando gli occhi al soffitto, mentre progettava nella sua mente
una vendetta ai danni della cugina, colpevole di averlo praticamente
recluso in salotto ad oziare.
“Basta obiezioni!” aveva concluso Lily, seria. Il
tono della ragazza, solenne e allo stesso tempo preoccupato, aveva
sorpreso tutti quanti. Per qualche istante Remus pensò che
Lily fosse in difficoltà e avesse perso il controllo delle
sue emozioni. Poteva veramente essere James che le faceva
quell’effetto? Il licantropo si ritrovò a
sorridere da solo mentre rifletteva sul fatto che alla fine
l’inguaribile ottimismo di James aveva vinto ed aveva
abbattuto le glaciali barriere della bella rossa.
“Credete che potrò alzarmi da qui prima di
sera?” chiese James, ironico ed allo stesso tempo
preoccupato, guardando a turno ciascuno dei presenti. Lo sguardo di
tutti finì con il posarsi su Alice, incaricata di emettere
il fatidico verdetto.
“Dopo vediamo.” disse Alice, senza staccare lo
sguardo dagli occhi da cerbiatto del cugino, che stavano implorando il
suo aiuto. Sapeva bene che James stava bene, ma non gli andava di
dargliela vinta subito. Voleva prima farlo penare un po’ e
sfruttare l’occasione per confidarsi con le amiche mentre lui
era recluso sul divano.
“Scherzate, vero? Non ho nessuna intenzione di passare la
sera di capodanno su una poltrona con una copertina sulle gambe. Non
sono mica malato!” aveva esclamato James, infastidito. Se
quello era uno scherzo, stava cominciando a durare decisamente troppo.
“Questo è abbastanza discutibile.” aveva
commentato Sirius, ironico, prima di scoppiare a ridere in modo
scomposto. James, nonostante lo sdegno, non riuscì a
trattenere un sorriso di fronte alla risata così simile ad
un latrato del suo compagno di avventure.
“Dai ragazze, non esagerate.” aveva sospirato alla
fine Alice, prendendo le difese del cugino. James, sorpreso e al tempo
stesso grato alla cugina per essere intervenuta, si alzò e
corse ad abbracciarla prima di essere fermato e ricondotto al divano
con la forza da Frank e Sebastian tra le risate di Remus e Sirius.
“Alice, ma li senti quei due?” esclamò
Lily, sconvolta dalle parole di Alice. Le ragazze alla fine si erano
decise ad andare in cucina, seguite da Frank, Seba e Peter e avevano
accostato la porta per parlare tranquillamente. Alice
sospirò e si lasciò cadere su una sedia, lontana
dallo sguardo e dalle orecchie di James.
“Un po’ ha ragione, se gli stiamo così
addosso è peggio.” disse Frank, pensieroso.
Alice annuì piano, guardando grata il proprio ragazzo. Frank
aveva lo straordinario potere di capirla al volo qualsiasi cosa volesse
dire, senza fraintenderla mai. Cristal, uscita da non poche storie
sbagliate, non faceva che ripetergli quanto fosse fortunata per questo.
Frank era un ragazzo d’oro, uno di quelli da sposare come
diceva sempre sua madre, e lei sperava un giorno di riuscire a
realizzare questo bel sogno. Forse avrebbero avuto anche dei bambini,
magari gemelli. Alice desiderava più di ogni alta cosa dei
figli, ed era sicura di volerli con lui.
“Non sei preoccupata?” chiese Lily, fissando
attentamente le reazioni dell’amica. Alice sospirò
ed annuì, diventando improvvisamente più triste.
“Da morire, Lily. L’altra settimana quando
è stato male per la prima volta mi sono spaventata da
morire. Ho pianto per ore, anche quando è tornato da San
Mungo e la zia diceva che sta bene. Alla fine mi sono calmata e ho
capito che era stupido. Jamie aveva bisogno di tranquillità,
non di una pazza che piange.” si sfogò Alice,
mentre al solo ricordo di quei momenti gli occhi le si riempivano di
nuovo di lacrime. Frank le si avvicinò e la strinse a
sé dolcemente, confortandola con la sua presenza. Tra quelle
braccia forti, a contatto con il corpo caldo del suo compagno di
sentiva protetta, al sicuro. Riusciva a sentire il respiro regolare di
Frank mentre la stringeva a sé contro il suo petto scolpito
dagli allenamenti.
“Non sei pazza, sei solo affezionata a tuo cugino.”
cercò di consolarla Sebastian. Alice alzò lo
sguardo, sorpresa, sul ragazzo che sedeva a pochi passi da lei. Da Seba
di solito ci si aspettava battute stupite, commenti ironici o
sarcastici. Niente di particolarmente serio o profondo insomma. Era
decisamente strano che la parte del saggio toccasse proprio a lui e
quando succedeva un po’ tutti rimanevano di sasso, sorpresi.
“Già, tu lo adori James.”
concordò Frank, accarezzandole piano il viso con il suo
tocco dolce.
“È stato male altre volte dopo, giusto?”
chiese Charleen, pensierosa.
“Si, qualche ora dopo che il guaritore lo aveva visitato. Ero
agitata, anche Sirius, ma non potevamo darlo a vedere.”
raccontò Alice senza scendere troppo nei dettagli.
“Immagino che per lui sia già abbastanza
stressante stare male e non capire perché, senza
preoccuparsi di pesare sugli altri o farli stare in
pensiero.” commentò Frank, pensieroso. Negli
ultimi giorni, solo al castello senza la sua Alice e libero dal
tormento degli allenamenti di Seba, aveva pensato parecchio a tutto
quello che era successo negli ultimi mesi. Per loro era stato
terribile, certo, ma per James doveva essere stato anche peggio. Si era
chiesto a lungo cosa avrebbe fatto lui, al posto dell’amico,
senza però riuscire a trovare risposta.
Provava un immenso rispetto per James, per quello che aveva passato e
doveva affrontare ogni giorno. Era da ammirare la tenacia con cui
affrontava tutto quello che gli capitava.
“Esatto, è terrorizzato all’idea che le
persone gli stiano vicine per pena.” spiegò Alice,
versando del the da una brocca vicina.
“Puoi dargli torto?” chiese Cristal, alzando le
spalle.
“No, ma la sua ormai è una fissazione. Una specie
di chiodo fisso.” sospirò Alice.
“Credete che sia possibile che i mal di testa siano un
sintomo?” chiese Lily, pensierosa.
La ragazza era rimasta in silenzio per un bel po’. Forse non
aveva nemmeno ascoltato quello che avevano detto gli amici nel
frattempo.
“Non capisco..” disse Charleen, scuotendo la testa
riccioluta.
“Si, ecco.. Forse sta cercando di sforzarsi di ricordare.
oppure gli sta solo tornando la memoria.” spiegò
Lily, con una punta di speranza nella voce.
“Anche io ci avevo pensato, ma a Jamie non ho detto
nulla.” rispose Alice, senza staccare lo sguardo dalla porta
che dava sulla sala dove James stava parlando con Remus e Sirius.
“Non ci sono stati miglioramenti sul fronte ricordi dopo che
i mal di testa sono iniziati?” chiese Seba, inaspettatamente
serio.
“No, affatto. Anzi, forse è persino peggiorato. Ci
sono cose che prima ricordava che ad un tratto sono sparite.”
raccontò Alice, triste.
Nel frattempo nell’altra stanza per un po’ era
regnato il silenzio. Non ci voleva certo una scienza per capire che il
cucina stavano sicuramente parlando di James e dei suoi dolori alla
testa. Remus fissava preoccupato l’amico, chiedendosi se
anche lui se ne era reso conto.
“Uff..” sbuffò alla fine James,
visibilmente infastidito.
“Altra fitta?” chiese Sirius preoccupato, alzando
appena lo sguardo dal camino.
“No, No.. Sto bene.” si affrettò a
rassicurarlo James.
“Sembri un animale in gabbia. Credevo stessi bene
qui.” commentò Remus, pensando alla lettera che
James gli aveva scritto qualche giorno prima. Nella lettera James non
faceva riferimento ai dolori alla testa, ma al contrario di dilungava
in lunghe spiegazioni su quanto stesse bene in quella piccola casa di
montagna e di quanto quella atmosfera familiare lo aveva aiutato a
riacquistare fiducia in se stesso e anche qualche ricordo.
“Si, stavo bene. Niente stress, niente ansia e un sacco di
tranquillità. Poi sono iniziati questi stupidi mal di testa
ed è andato tutto a rotoli.” spiegò
James, triste.
“In che senso?” chiese Remus, confuso, mettendosi
comodo per quella che si prospettava una lunga e complicata
conversazione.
“Sei un idiota. Ancora quella stupida storia del fatto che ci
fai pena e che ci fai stare il pensiero?” chiese a sua volta
Sirius, fissando il suo migliore amico dritto negli occhi.
“Anche. Non è una cosa stupida, Sirius. Io ci sto
male davvero.” rispose James, senza interrompere quel
contatto visivo così profondo.
“Lo so, ma ti preoccupi per niente. Se invece di pensare
stupidate stessi più tranquillo forse anche quei mal di
testa ti lascerebbero in pace.” continuò Sirius,
cercando di rassicurare il suo migliore amico.
“Ha ragione lui. Qui stavi bene perché non sentivi
nessun tipo di pressione. Se vai a cercarti problemi inesistenti rischi
di compromettere tutto.” concordò Remus, che aveva
ascoltato e osservato con attenzione lo scambio di battute tra i due
amici.
“I mal di testa sono cominciati prima delle mie
paranoie.” spiegò James, sbuffando.
“Sicuro?” chiese Sirius, apprensivo.
“Si, per questo sto così. Ho paura che
tornerà tutto come prima, quando ero appena uscito
dall’ospedale. Non voglio più provare quel senso
d’angoscia, era terribile..” disse James, la voce
ridotta a poco più di un sussurro. Quella confidenza fece
apparire James fragile e bisognoso di sostegno come mai prima. Per un
istante nella mente di Remus e di Sirius riaffiorò il
doloroso ricordo della prima sera al castello, dopo che James era stato
dimesso dall’ospedale. Dovettero farsi forza per allontanare
quelle immagini e tornare a dedicare la loro attenzione a James che li
guardava spaventato e perso.
“Sta tranquillo, ci siamo qui noi.”
cercò di confortarlo Sirius, passandogli un braccio intorno
alle spalle e tirandoselo vicino. Il ragazzo lasciò fare e
quell’abbraccio inaspettato diede a James molta forza, tanto
che riuscì quasi ad abbozzare un timido sorriso mentre anche
Remus lo guardava, pensieroso e preoccupato.
“Gli incubi sono ricominciati?” chiese Remus,
apprensivo.
“No, No.. Non come quelli dei primi giorni
comunque.” rispose James, dopo averci pensato su qualche
minuto. Sembrava quasi avesse paura a rispondere.
“Avevi detto che me ne avresti parlato se fossero
ricominciati.” esclamò Sirius, allontanando appena
James per riuscire a guardarlo negli occhi, incredulo che il suo
migliore amico gli avesse mentito su una cosa così
importante.
“Non volevo farti preoccupare.” si
giustificò James, sapendo bene che quelle parole avrebbero
solo peggiorato l’umore di Sirius, facendolo arrabbiare
ancora di più.
“Se dici ancora una volta che non vuoi che mi preoccupi ti
giuro che prendo a pugni qualcosa.” sbottò Sirius,
furente, stringendo a sé James per fargli capire che non era
così arrabbiato come sembrava. Quel gesto fu mal
interpretato da James, che lanciò all’amico
un’occhiata decisamente preoccupata.
“Calmo, Sirius.” si intromise Remus, cercando di
evitare uno scontro fisico. L’ultima cosa che voleva era
vedere James e Sirius che facevano a pugni. Non avrebbe certo giovato a
nessuno dei due. James avrebbe potuto battere la testa e stare male e
Sirius sarebbe stato assalito dai sensi di colpa ancora di
più di quanto stava già accadendo. Anche se il
ragazzo non ne faceva parola Remus sapeva bene che ogni notte si
rigirava nel letto, non riuscendo a perdonarsi quelle parole piene di
rabbia che aveva urlato sul treno.
“È stressante.” sbuffò
Sirius, evitando lo sguardo di James.
“Gli incubi sono tornati dopo che sono cominciati i mal di
testa?” chiese Remus, ignorando i commenti di Sirius e
cercando di distrarre James.
“Si, credo di si.” balbettò il ragazzo
in risposta, confuso.
“Forse le due cose sono collegate.”
ipotizzò Remus dopo averci pensato un po’ su.
“Ha gli incubi per via del mal di testa?” chiese
Sirius, perplesso da quello strano collegamento. Non riusciva a capire
come due cose tanto diverse potessero essere collegate.
“No, non intendevo quello. È possibile che i mal
di testa ti abbiano agitato, e che poi di conseguenza sono cominciati
gli incubi e sei diventato paranoico.” spiegò
pazientemente Remus, fissando James dritto negli occhi.
“All’inizio credevo non fosse niente di grave, poi
quando mia madre mi ha trascinato a San Mungo, mi sono spaventato.
Piangeva Remus, era distrutta. Lo stesso Alice e dovevi vedere quanto
era pallido Sirius.” iniziò a raccontare James,
evitando sia lo sguardo di Remus che quello di Sirius, che fissava
atterrito la scena.
“Ma poi il dottore ha detto che non era niente,
no?” chiese Sirius, ansioso, accarezzando dolcemente i
capelli disordinati dell‘amico.
“Si, ma ho avuto altre fitte. Ho anche cominciato a ricordare
meno di quanto ricordavo prima. Ogni giorno mi sembra di fare passi
indietro invece che avanti.” continuò James,
sfogando tutte le ansie e le paure che si era tenuto dentro fino a quel
momento. La verità era che era terrorizzato
all’idea di riprendere a stare male come prima, e ancora di
più temeva che Sirius, Remus e Alice lo lasciassero solo.
Senza di loro non era niente, non poteva farcela.
“Avresti dovuto parlarne prima, credo che sfogarti ti faccia
bene.” gli disse Sirius, abbracciandolo di nuovo dimenticando
le incomprensioni di qualche minuto prima.
“In effetti mi sento già meglio, grazie
ragazzi.” rispose James, ritrovando il sorriso.
“Parlando di cose più frivole, sapete chi era
davvero triste il giorno di natale?” iniziò Remus,
cercando di stemperare la tensione che era chiaramente percepibile
nell’aria.
“Tu perché ti mancavamo?”
ipotizzò Sirius, divertito.
“Lily..” rispose Remus, con un ghigno degno di un
malandrino dipinto sul viso.
“Scherzi?” chiese Sirius, scandalizzato.
“Come mai era giù di morale?” chiese a
sua volta James, curioso.
“No, era davvero a terra. Ho chiesto se aveva problemi in
famiglia, è diventata rossa e ha detto di No. Charleen
invece rideva.” rispose Remus.
“Wow, allora la rossa è davvero cotta!”
esclamò Sirius, incredulo. Lily Evans che sente la mancanza
di James Potter. Ora il mondo era veramente pronto a girare al
contrario.
“Che state dicendo? Non riesco a seguirvi..”
mormorò James, senza capire a cosa si stessero riferendo i
due amici.
“Capirai James, capirai..” disse Remus malizioso,
mentre Sirius scuoteva la testa ancora più incredulo. Un
James Potter al quale non piace Lily Evans era ancora più
strano di una Lily Evans alla quale piace James Potter. Quei due lo
avrebbero di sicuro fatto finire al manicomio prima o poi.
I ragazzi quando tornarono in sala trovarono Sirius, James e Remus
impegnati a ridere. O meglio, Remus e Sirius ridevano sguaiatamente
mentre James li fissava perplesso senza capire di cosa stessero
parlando.
“Sono impazziti?” chiese Alice, sedendosi in
braccio al cugino e lasciando che lui la abbracciasse e se stampasse un
bacio sulla guancia.
“Probabilmente.” rispose James, scuotendo la testa.
Remus e Sirius si scambiarono un’ulteriore occhiata,
guardarono Lily con la coda negli occhi e scoppiarono nuovamente a
ridere senza dire nulla. La finirono solamente quando Cristal,
spazientita, gli comunicò che la cena era pronta e che la
grande festa di capodanno poteva iniziare. Il più felice fu
James, al quale fu finalmente permesso di alzarsi dal divano.
Le ore passarono veloci tra piatti che venivano svuotati a tempo di
record, brindisi dapprima seri e poi davvero strani e senza senso,
giochi da tavolo e fuochi d’artificio.
A mezzanotte di scambiarono gli auguri di rito, i propositi del nuovo
anno e aprirono lo spumante. Mentre tutti ridevano Lily
realizzò che l’unica cosa che desiderava dal nuovo
anno era che James stesse bene, fosse felice e ricambiasse il suo
amore. Questo pensiero, così improvviso ed istintivo la
sorprese e la spaventò al tempo stesso tanto che dovette
uscire sulla terrazza alla ricerca di un po’
d’aria, convinta che la notte stellata le avrebbe rischiarato
le idee e le avrebbe suggerito che fare.
“È davvero bello qui.”
sospirò Lily, fissando incredula il panorama che le si
stagliava sotto gli occhi. Le montagne circondavano la valle, quasi la
stessero proteggendo, lasciando intravedere appena il cielo coperto di
stelle, più di quante Lily ne avesse mai viste in vita sua,
e le nuvole piene di neve pronta a riprendere a scendere da un momento
all‘altro. Ovunque era coperto di neve. Le cime dei monti, i
sentieri e persino il bosco di abeti che si trovava alle spalle della
piccola baita.
“Grandioso!” esclamò James, comparendo
improvvisamente alle spalle della ragazza, prendendola di sorpresa.
Lily non si era aspettata un contatto così ravvicinato,
specie con lui ed arrossì come una ragazzina alla prima
cotta.
“Come stai?” chiese Lily, premurosa, facendogli un
po‘ di spazio vicino a lei. James si avvicinò e si
appoggiò alla ringhiera del terrazzo, senza staccare gli
occhi dall’orizzonte.
“Ti riferisci alla mia testa?” chiese James in
risposta, sorridendo divertito. Ormai era rassegnato al fatto che
praticamente chiunque prima di iniziare una conversazione si accertasse
ogni volta che fosse vivo o che non stesse per morire nei minuti
successivi.
“Si.. Anche..” rispose Lily, insicura. La presenza
di James riusciva come al solito a confonderla. Era dolorosamente
bello, perfetto ai suoi occhi. Come aveva potuto non vederlo fino a
quel momento? Il fisico scolpito da anni di allenamenti era avvolto in
una maglia nera attillata, forse di Sirius. I jeans mettevano in
risalto ancora più il fisico asciutto del ragazzo.
“Diciamo bene, il dolore viene e Va.”
cercò di spiegare James, paziente, infilandosi velocemente
la giacca che teneva in mano.
“Non penso sia normale..” commentò Lily,
alzando un sopracciglio.
“Nulla di quello che mi è successo negli ultimi
mesi lo è.” sospirò James,
appoggiandosi alla ringhiera del balcone. I due ragazzi rimasero un
po’ in silenzio, James perso nella contemplazione del
panorama e Lily immersa nei suoi pensieri, la maggior parte dei quali
aveva per oggetto proprio James. Quella conversazione stava cominciando
a diventare strana, per tutti e due i ragazzi.
“Volevo parlarti proprio di questo..”
iniziò Lily alla fine, titubante. Era stato il suo cuore,
non la sua mente. Per la prima volta nella sua vita Lily Evans decisa
di agire d’istinto.
Doveva dire a James tutta la verità, oppure avrebbe
rischiato di perderlo. Lei lo amava e non poteva farci nulla. Era stato
difficile arrivare a capirlo e ancora di più ammetterlo con
se stessa ma alla fine ci era riuscita. Non poteva più
negare o soffocare quel sentimento e non poteva nemmeno mentire. Non a
James e nemmeno a se stessa. Il ragazzo meritava di saperlo
così come meritava di sapere che era stata lei a rovinare
tutto, respingendolo e rifiutandosi di aiutarlo quando ne aveva
più bisogno.
“Degli ultimi mesi? Mi spiace essere stato pesante, triste,
depresso. Non era giusto che riversassi tutti i miei problemi su di
voi. Mi spiace anche averti assillato gli anni passati e per essere
stato sgarbato con te.” disse James ad occhi bassi,
interrompendo la ragazza.
Mentre parlava non staccò mai gli occhi da Lily, nemmeno per
un istante. Alla rossa gli occhi del ragazzo non erano mai sembrati
così vivi, passionali, carichi di sentimento ed allo stesso
tempo di tristezza. In quello sguardo nocciola la ragazza si perse,
dimenticando per un attimo quel che avrebbe voluto dire prima che James
la interrompesse.
“Aspetta, James.. Non era questo quello di cui volevo
parlare.” cercò di fermarlo Lily, riprendendo il
controllo sulle proprie emozioni.
“No? Non capisco..” mormorò James,
confuso, fissandola intensamente. Quello sguardo così
profondo e penetrante mise in crisi la ragazza. Lily avrebbe voluto
saltargli al collo e baciarlo con passione, senza dare nessuna
spiegazione, ma non poteva. Doveva frenare i suoi istinti.
“Sai, ci sono delle cose che tu non ricordi..”
iniziò Lily, improvvisamente assalita da un sacco di dubbi.
Si chiedeva se stava facendo la cosa giusta. Se dire la
verità a James, anche a costo di ferirlo, era o meno la cosa
giusta da fare in quel momento. Lui non avrebbe più voluto
vederla dopo che avrebbe saputo tutto, e lei ne avrebbe sofferto
immensamente.
“Si, tante cose.” sbuffò James,
infastidito. Odiava non ricordare le cose. Gli dava una percezione
sfalsata delle cose. Come poteva affrontare al meglio il suo presente
ed il suo futuro se aveva scordato completamente il passato?
“Alcune sono belle, altre brutte. Diciamo che tra quelle
brutte potrei esserci anche io.” continuò Lily,
facendosi coraggio. Doveva essere forte, doveva rischiare. Se James
l’amava ancora come l’aveva amata in tutti quei
lunghi anni nei quali lei lo aveva respinto allora avrebbe capito, ne
era sicuro. Nemmeno un amnesia poteva fermare un amore forte come
quello che legava loro due, ne era quasi sicura.
“Non capisco.. Io ero innamorato di te?” chiese
James, visibilmente scosso. La sua mente ed il suo cuore gli stavano
mandando segnali contrastanti. Il cuore diceva di fidarsi di lei, di
lasciarsi andare stringendola a sé mentre la mente lo
metteva in guardia. Una parte di James amava quella ragazza con tutto
se stesso, ed era pronta a tutto per lei, l’altra la odiava.
“Si, ma..” cercò di dire Lily, prima di
essere interrotta ancora una volta da James.
“Ti riferisci al fatto che mi respingevi? È questo
quello che ti rende triste? Non devi sentirti in colpa per avermi
respinto solo perché sono appena uscito da coma. Non penso
che le due cose siano collegate.” disse James, pensieroso e
confuso.
“James, il fatto è che..”
balbettò Lily, in crisi. L’interruzione di James
l’aveva bloccata. Ricominciare quel discorso ora sembrava
un’impresa titanica, impossibile.
“Non provare pena per me, per favore.”
esclamò James alla fine, triste. Nei suoi occhi Lily lesse
una sofferenza infinita, più di quanta aveva pensato si
potesse provare.
“Io non provo pena. Forse io sono solo..”
iniziò Lily, decisa ad aprire il suo cuore a James per
confessargli i suoi sentimenti. Doveva dirgli che lo amava. Doveva
trovare il coraggio di farlo o se ne sarebbe pentita per il resto della
sua vita. Dannazione, era o non era una Grifonforo dopo tutto? Doveva
assolutamente trovare dentro di se il coraggio che contraddistingueva
la sua casata. Lily cercò di continuare, ma dovette
interrompersi nuovamente non appena si rese conto che i loro visi erano
troppo vicini. Lily chiuse gli occhi e riuscì a sentire il
respiro di James sul suo collo. La ragazza non riusciva a spiegare
razionalmente quello che stava accadendo ma non voleva che finisse.
James era così vicino, eppure non c’era ancora
stato nessun contatto fisico tra i due. I loro corpi si sfioravano
solo, percependo l’uno la presenza dell’altro.
Nessuno dei due si azzardava a muoversi, né per allontanarsi
né per avvicinarsi all’altro. Ad un certo punto
Lily cominciò a desiderare un bacio, ed era vicina a
prendere l’iniziativa quando James ruppe l’incanto.
“Ahh!” esclamò James, accasciandosi
improvvisamente su se stesso.
“James, che ti prende?” chiese Lily, preoccupata.
Il ragazzo sembrava attraversato da forti scariche di dolore che gli
impedivano persino di parlare.
“La testa.” rispose James, sofferente, cercando
inutilmente di mettersi a sedere.
“Vuoi che chiami qualcuno?” chiese Lily, premurosa,
aiutandolo a rialzarsi.
“No, ora passa.” rispose James, appoggiandosi alla
ragazza. Quel contatto, seppure innocente ed involontario fece
arrossire Lily.
“Sicuro?” chiese Lily spaventata, dandosi della
stupida e tornando ad occuparsi di James. Lui stava male e lei pensava
a quanto fosse bello e a quando fosse emozionante sentire il suo corpo
contro il suo. Doveva proprio essere impazzita.
“Credo di si.” rispose James, ansimando per le
fitte di dolore.
“Vieni, stenditi sul divano così ti rilassi un
attimo.” disse Lily, accompagnandolo verso il divano
più vicino e aiutandolo a sdraiarsi, lasciando che si
appoggiasse a lei.
“Mi spiace.” disse James in un sussurro, prima di
chiudere gli occhi per via di una nuova fitta. Quei pochi passi lo
avevano affaticato molto, quasi avesse corso per molte ore.
Il ragazzo si ritrovò a pensare a quanto stava accadendo e
cercò di vedere la situazione dell’esterno. Ancora
una volta stava pesando su qualcuno, sarebbe mai finita quella tortura?
“Non dirlo nemmeno per scherzo!” esclamò
Lily, preoccupata per la salute del ragazzo. Senza pensarci prese ad
accarezzargli il viso e a giocare con i suoi capelli, cercando di
calmarlo. Il ragazzo la guardò, incuriosito, e la
lasciò fare. Quel contatto era piacevole e avere il potere
di dargli un po’ di sollievo dal dolore che stava provando,
sia quello fisico che quello mentale. C‘era qualcosa di
strano, familiare forse, che rendeva normale e non gli faceva pesare
che Lily si stesse prendendo cura di lui.
“Ti sto rovinando la festa e ti ho anche
interrotto..” continuò James triste, come
ipnotizzato dagli occhi verdi e magnetici della ragazza.
“Parleremo quando sarai più in forma.”
disse Lily dolcemente scompigliandogli i capelli, stupendosi a ripetere
un gesto che lei stessa aveva tanto a lungo detestato. I due ragazzi
rimasero così, in silenzio e vicini, gli occhi di uno fissi
in quelli dell’altra fino a che la porta del terrazzo si
aprì, ed apparve Alice, preoccupata per la sparizione di
James e di Lily.
“James, Lily.. Che succede?” chiese Alice,
interrompendo bruscamente i due ragazzi.
“James non sta bene.” spiegò Lily,
allontanandosi un po’ e raccontando brevemente
all’amica quello che era successo. Man mano che andava avanti
Alice si faceva sempre più pallida e preoccupata, mentre
Lily si rendeva sempre più conto di quanto fosse dubbia la
situazione.
“La testa. Il solito dolore..” mormorò
James, dolorante. Il dolore non accennava a smettere, al contrario
sembrava aumentare. Questa volta le fitte stavano durando molto
più del solito, ed erano anche molto più
fastidiose delle volte precedenti.
Alice guardò l’amica, che nel frattempo era
arrossita. Se non fosse stata così preoccupata per James
forse si sarebbe messa a ridere.
“Tranquilla Lily, ci penso io.” disse Alice,
decisa, prendendo il posto della rossa accanto a James. Lily si
allontanò, incerta e preoccupata. Non voleva lasciare James,
voleva assicurarsi che stesse bene ma allo stesso tempo aveva un
bisogno disperato di confidarsi con la sua migliore amica, Charleen.
“Tutto bene?” chiese Alice, stringendo forte la
mano di James. Il ragazzo aprì appena gli occhi per cercare
di tranquillizzare la cugina.
“Si, credo.” mormorò James, confuso, in
risposta, cercando con gli occhi Lily.
“Che ci facevi con lei?” chiese ancora Alice,
curiosa.
“Parlavamo. Anche se non so cosa mi volesse dire.”
raccontò James, evitando accuratamente di dirle che stavano
per baciarsi prima che ricominciassero quelle stupide fitte.
“Non capisco..” disse Alice, aggrottando le
sopracciglia. Riusciva a intuire che James le stesse nascondendo
qualcosa, solo non capiva di cosa di trattava e soprattutto
perché.
“Nemmeno io. Stava facendo un discorso sul fatto che per
colpa sua potrei avere brutti ricordi.” spiegò
James, cercando di ricordare le esatte parole di Lily.
“E poi?” chiese Alice, curiosa e preoccupata. Aveva
intuito che l’amica volesse raccontare la verità
al cugino, ma non le sembrava per niente una buona idea. Sapere tutto
non avrebbe aiutato James, al contrario lo avrebbe reso più
diffidente e lo avrebbe fatto chiudere in se stesso, allontanando tutti
loro.
“E poi nulla, il dolore alla testa ha messo fine alla
discussione.” concluse James, deluso. Quelle maledette fitte
ancora una volta avevano interrotto qualcosa di piacevole, ed anche le
confidenze della ragazza. James si ritrovò a chiedersi cosa
avesse cercato di confessargli Lily poco prima.
“Meglio così.” mormorò Alice
tra sé. La voce ridotta a poco più di un debole
sussurro.
“Che hai detto?” chiese James, aprendo un occhio,
confuso.
“Nulla. Mi chiedevo come solamente come stavi.” si
affrettò a rispondere Alice, arrossendo. Il cugino
aprì la bocca per ribattere, poco convinto dalla risposta
della ragazza ma dovette presto desistere dai suoi propositi.
“Ahhh!” esclamò James, portandosi
nuovamente le mani alla testa.
“Altra fitta?” chiese Alice, preoccupata, senza
ottenere risposta. James rimase in silenzio per molti minuti, mentre
Alice lo scuoteva energicamente. Stava quasi per andare a chiamare
Sirius e Frank in cerca di aiuto, quando il ragazzo si riscosse da
quello strano torpore.
Alice era pallida e decisamente terrorizzata, fino a quel momento James
non aveva mai perso i sensi durante una delle sue crisi. Era decisa a
portarlo immediatamente a San Mungo quando il ragazzo le prese
delicatamente il polso e la fissò negli occhi.
“Non so. Senti, ti va di stare qui con me a
parlare?” mormorò James ansimando, quasi dire
quelle poche parole avesse costituito uno sforzo titanico.
“Si, ma.. Sei sicuro di stare bene?” chiese Alice,
perplessa e preoccupata.
“Credo che i miei ricordi stiano tornando..”
balbettò James, lasciando Alice di stucco.
La ragazza non se lo fece ripetere due volte. Rimase con lui tutta la
sera, assecondando tutte le sue richieste e lasciandolo parlare. Ogni
tanto Frank e Sirius facevano capolino, curiosi ma troppo ubriachi per
riuscire a fare domande o ascoltare delle risposte.
Alla fine di quella lunga festa di capodanno erano tutti stanchi,
sconvolti e distrutti.
I ragazzi erano tornati al castello, solamente Alice, James, Sirius,
Remus e Frank erano rimasti alla baita dove avrebbero trascorso gli
ultimi giorni di vacanza in tranquillità.
Alice e James avevano passato gran parte della festa a parlare tra
loro, in disparte rispetto agli altri. James non si era sentito bene e
si era steso sul divano. A turno tutti erano andati da lui, per vedere
come stava. Solo Alice non lo aveva lasciato neppure per un secondo.
Ogni volta che qualcuno si avvicinava i due ragazzi si zittivano
improvvisamente, quasi stessero complottando di qualcosa che dovesse a
tutti i costi rimanere segreto.
“Ciao!” salutò Alice, estasiata,
raggiungendo Sirius, Remus e Frank. James era andato a dormire, deciso
a riposare per qualche ora nonostante fosse ormai mattina.
“Alice, a cosa dobbiamo quel sorriso che va da un orecchio
all’altro?” chiese Sirius, curioso.
Era preoccupato per James, sapeva che aveva avuto delle brutte fitte ma
era abbastanza sicuro che non si fosse trattato di nulla di troppo
grave altrimenti Alice lo avrebbe di sicuro trascinato a San Mungo per
le orecchie.
“James..” rispose la ragazza, senza smettere di
sorridere. I ragazzi si scambiarono un’occhiata confusa e
perplessa. Alice sembrava su un altro pianeta, presa a parlare una
lingua a loro sconosciuta ed incomprensibile.
“Ci siamo persi qualcosa?” chiese Frank,
leggermente preoccupato. Quando si trattava di James c’era
sempre il rischio che il ragazzo fosse stato colpito da qualche strana
fitta o da qualche depressione improvvisa.
“Ha recuperato la memoria.” spiegò la
ragazza. Ogni tratto del suo viso lasciava trasparire la gioia che la
pervadeva. A quelle parole i ragazzi sussultarono, increduli e felici.
“È una grande notizia!” esclamarono
Frank, Remus e Sirius all’unisono, lanciandosi in un
improvvisato ed improbabile balletto senza pensare alle conseguenze che
i ricordi di James avrebbero avuto sulla loro amicizia.
ANGOLO DELL'AUTRICE:
ciao ragazzi, la sessione d'esame è finalmente finita ed io
torno da voi!
per festeggiare vi regalo un capitolo-svolta, sperando che apprezziate.
GRAAAZIE MILLE a tutti voi che commentate, che mettere la mia storia
nei preferiti/seguiti o anche solo che vi limtate a leggerla senza
dirmi cosa ne pensate. io spero sempre che prima o poi vi decidiate a
scrivere due righe, va bene anche "fa schifo"!
LOVE_VAMPIRE: graaazie!
eh si, il bello dello scorso capitolo era la fine che purtroppo ho
dovuto tagliare e mettere in questo per motivi di spazio.
per quanto riguarda James, brava, hai compreso alla perfezione. ottimo
intuito!
MALANDRINA4EVER: graaazie!
piaciuta la festa? grandi novità, vero?
per quanto riguarda Remus, James ha ricordato tutto quindi non
c'è bisogno di dire nulla. tutto è bene quel che
finisce bene..
quanto all'"incidente".. non anticipo nulla, leggi leggi!
ILOVEJAMES97: graaazie!
bravissima, ottimo intuito!
GRAAAZIE A TUTTI, AL PROSSIMO CAPITOLO!
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Capitolo 15 *** ritorno alla vecchia vita ***
non
posso che dedicare questo capitolo a Love_vampire
e ilovejames97,
due angeli che nonostante tutto trovano sempre il tempo di commentare!
CAPITOLO 14
RITORNO
ALLA VECCHIA VITA
Le vacanze di natale erano da poco un bel ricordo, specialmente per i
malandrini ed il loro gruppetto di amici, ma nessuno le rimpiangeva,
sicuri come erano che i mesi a venire avrebbero riservato altrettante
soddisfazioni.
“Casa dolce casa.” esclamò Sirius,
estasiato all’idea di mettere nuovamente piede al castello.
Quella era casa sua e non la storica dimora della casata dei Black, il
posto triste dove aveva passato tutta la sua infanzia, dal quale era
scappato solo l’anno precedente ed era stato in seguito, con
suo gran sollievo, diseredato. Tutto ciò che gli era rimasto
della sua famiglia era il suo cognome e le occhiatacce che il
fratellino gli riservava quando si incontravano per i corridoi. Regulus
era sempre stato il preferito di casa, fin da quando erano piccoli.
Faceva ogni cosa che i genitori ordinavano, anche la più
stupida. Sirius non era mai davvero riuscito a capirlo, anche se a
volte gli era quasi parso di vedere che il fratello lo osservava di
nascosto, distogliendo lo sguardo non appena lui se ne rendeva conto.
Aveva provato molte volte a chiedere spiegazioni per quello strano modo
di fare, ma in risposta aveva ottenuto solo alzate di spalle, risposte
brevi ed acide e porte sbattute in faccia. Alla fine si era arreso,
classificando il fratello alla stregua di genitori, zii e cugine:
inutile, cattivo, ottuso e oscuro.
Ad Hogwarts, invece, Sirius aveva trovato la sua dimensione ideale e
degli amici con cui riusciva a capirsi al volo, senza il rischio di
fraintendimenti. Non avevano mai litigato, tranne il brutto episodio
sul treno dell’anno precedente. Sirius non sapeva ancora
spiegarsi cosa gli fosse preso quel giorno. A parlare era stata la sua
frustrazione e la rabbia repressa dovuta agli atteggiamenti di un James
apatico, che si rifiutava di reagire alla morte del padre. Aveva
passato mesi ad darsi del coglione, maledicendo dio e chiedendogli allo
stesso tempo di avere una nuova possibilità con James. Alla
fine, nonostante gli insulti e le maledizioni, era stato accontentato.
James era di nuovo con lui, finalmente si stava riprendendo e Sirius
aveva promesso che gli sarebbe stato vicino senza ripetere gli stessi
errori del passato.
“Casa? Castello dolce castello al massimo.” lo
riprese Remus, accigliato, prima di scoppiare a ridere. Peter
riservò a Remus un’occhiata curiosa, stranito come
era da quella risata. L’atmosfera della stanza era leggera,
festosa. Nonostante il freddo invernale, pungente, si intravedeva un
timido raggio di sole che faceva ben sperare.
“È lo stesso!” sbuffò Sirius,
alzando le spalle e buttandosi a peso morto sul letto.
“Vado a fare la doccia, niente spargimenti di sangue in mia
assenza.” disse James, prima di sparire dietro la porta del
bagno. Sirius guardò la porta chiudersi, poi sorrise mentre
Remus al suo fianco scuoteva la testa. Tutto era finalmente tornato
alla normalità.
Nel frattempo qualche piano più in basso, nella sala comune
di Grifondono i ragazzi si erano ritrovati tutti insieme per la prima
volta dopo l’epica festa di capodanno. Nessuno aveva ricordi
lineari e ben definiti della serata, quasi sicuramente a causa dei
molti alcolici che circolavano. Mancavano solo i malandrini, che si
erano rifugiati in fretta e senza dare troppe spiegazioni nella loro
stanza. Alice aveva provato a fare domande, ma James era stato molto
vago e aveva dato alla cugina l’impressione che stesse
tramando qualcosa di particolarmente illegale che quasi sicuramente
sarebbe sfociato in una punizione con Sirius.
“Avete saputo di James?” chiese Alice, frenetica.
Stava letteralmente morendo dalla voglia di raccontare alle amiche le
ultime novità, specie quella che riguardava il cugino.
Sentendo il nome del ragazzo Lily si fece più attenta. Nella
sua mente era ben impresso quello che era successo durante la festa
quando lei e James erano andati vicino a baciarsi per essere poi
interrotti dal malore del ragazzo. Lily non sapeva di preciso cosa le
era preso, né riusciva a darsi delle spiegazioni razionali
in merito. Sapeva solo che quei momenti erano stati unici,
indimenticabili. I loro corpi, così come i loro visi, si
attraevano e si cercavano, quasi fossero le loro stesse anime a volere
quel contatto così profondo. La ragazza non aveva mai
provato emozioni di quell’intensità prima di quel
momento con nessuno dei ragazzi con cui era stata.
“Cosa?” chiese Cristal, curiosa.
L’espressione di Alice era veramente serena, doveva
sicuramente trattarsi di una bella notizia.
“Ha recuperato la memoria.” spiegò
Alice, con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
“È una notizia grandiosa.” esclamarono
Charleen, Cristal e Sebastian insieme, felici. Solo Lily a quelle
parole impallidì, preoccupata. Certo, era felice per lui ma
non riusciva a smettere di pensare alle conseguenze e a quello che
avrebbe comportato.
“Lily, non mi sembri felice.” osservò
Frank, che osservava la scena tenendosi in disparte dal gruppo dei
ragazzi, con la schiena appoggiato allo stipite della porta.
“Sono felice per James, ma ho paura che smetterà
di parlarmi.” spiegò Lily, atterrita, guardando
fissa il pavimento e prendendo a tormentarsi nervosamente le mani.
“Non ricorda di quello che è successo
l’ultimo mese. Deve essere stato lo shook per la morte del
padre.” disse Alice, cercando di consolare l’amica.
A quelle parole Lily tirò un sospiro di sollievo, per poi
rendersi conto che non era affatto giusto. Tutti loro erano complici
nel nascondere a James parte della sua vita che lui non ricordava.
“Dici sul serio?” chiese Cristal, stranita. Alice
annuì, sorridendo.
“Non gli avete detto nulla?” chiese Charleen,
altrettanto pensierosa.
“Lo avrebbero sconvolto.” rispose Frank, mentre
Alice annuiva. Lei, Frank, Remus e Sirius ne avevano parlato molto la
mattina di capodanno, mentre James riposava. Ognuno di loro aveva
esposto le proprie perplessità, i propri dubbi ed i propri
timori ma alla fine avevano concluso che quella era la decisione
migliore. Solo Remus aveva dissentito ma, in seguito alle pressanti
richieste di Sirius, aveva finito con il promettere anche lui che
avrebbe mantenuto comunque il loro segreto.
“Si, ma non è giusto. La sera di capodanno gli
stavo per raccontare tutto, non possiamo mentirgli per sempre. Le cose
sono andate come sono andate, e lui deve sapere.”
protestò Lily, agitandosi. La ragazza sapeva che stava
andando contro i suoi interessi ma in quel momento non riusciva a
pensare a nient’altro che non fosse il bene di James, e
sicuramente il bene di James era che venisse informato di tutto, anche
di ciò che non ricordava.
“Si, lo so.. Ma ho paura.” balbettò
Alice, facendosi più pallida.
“Che dici?” chiese Sebastian, stranito,
avvicinandosi alla ragazza.
“Non sopporterei di vederlo soffrire ancora.”
spiegò meglio la ragazza, asciugandosi le lacrime che
avevano preso a scendere copiose.
“Ma prima o poi accadrà, Alice.” fece
notare Lily, con calma. Alice sapeva che in fondo Lily aveva ragione,
ma non voleva correre il rischio di perdere di nuovo James. Non
potevano sconvolgerlo ancora, specie ora che aveva appena ritrovato il
suo equilibrio.
“Lily ha ragione, quando ricorderà da solo
sarà peggio. Non solo si sentirà tradito dai suoi
amici e da Lily, ma non si fiderà nemmeno di noi. Nemmeno di
te..” spiegò Sebastian, pensieroso. I ragazzi
rimasero un po’ il silenzio a valutare le parole
dell’amico. Nessuno di loro aveva la forza di ribattere
perché sapevano tutti che Seba aveva ragione.
“Smettila, non andrà così. Ne sono
sicura.” esclamò decisa Alice.
La discussione continuò ancora a lungo, complice il fatto
che i malandrini erano nella loro stanza senza alcuna intenzione di
scendere. I ragazzi, specialmente Lily, Charleen e Sebastian, provarono
a convincere Alice a parlare a James. L’unica che sembrava
avere preso le distanze da quella conversazione era Cristal,
stranamente silenziosa ed in disparte.
“Ricorda tutto quanto, sa il bene che gli vuole Sirius.
È abbastanza forte per sopportare tutto, devi dirglielo.
Vedrai che capirà.” continuava a ripetere Seba,
quasi fosse una cantilena.
Alice era irremovibile. Ad ogni parola del ragazzo, oppure delle amiche
scuoteva la testa, decisa. Diceva che era presto, che James avrebbe
sofferto e che dovevano aspettare. Forse James non avrebbe ricordato
mai quelle cose, perché farlo soffrire inutilmente.
Fu Seba il primo ad arrendersi, dichiarandosi sconfitto e annunciando a
Frank che andava a dormire. Nonostante questo la discussione
continuò, fino a che Cristal trascinò
letteralmente via Alice prima ancora che Frank riuscisse a salutarla
come si deve e a darle il bacio della buona notte. Niente di quello che
Alice o Frank provarono a dire ebbe il potere di fare desistere la
bionda da quel suo strano rapimento.
“Fermati!” implorò Alice, senza avere
alcuna risposta.
“Che ti prende, Cristal?” chiese ancora la ragazza,
stranita dal comportamento della sua migliore amica. La ragazza la
trascinò nella loro camera, ignorando le proteste di Alice e
la obbligò sedersi sul letto di fronte a lei.
“Nulla, ma adesso ti fermi e mi racconti per filo e per segno
come James ha recuperato la memoria dopo la festa di capodanno. Siete
praticamente spariti tutta la sera.” ordinò
Cristal, severa.
“Cristal..” provò a obiettare Alice,
subito interrotta dallo sguardo della biondina.
“Mettiti comoda, voglio anche i dettagli.”
precisò Cristal, lasciando intendere che non si sarebbe
arresta tanto facilmente. Alice sbuffò, ma finì
con l’accontentare l’amica.
Parlarono tutta la notte. Cristal si fece raccontare ogni dettaglio,
ogni parola ed ogni gesto almeno due volte prima di dichiararsi
soddisfatta.
La mattina dopo Alice si alzò presto, nonostante avesse
dormito solamente un paio d‘ore prolungatesi fino a tarda
notte. Nei letti accanto al suo le compagne di stanza, specialmente
Cristal, dormivano ancora della grossa. Alice sospirò,
cercando di convincere se stessa che la vendetta nei confronti della
sua migliore amica non avrebbe portato a niente di buono, si
preparò e corse nella stanza dei malandrini a svegliare
James. Il ragazzo all’inizio protestò un
po’ per l’ora, poi si rassegnò e
seguì la cugina fino alla sala comune. Sapeva di non avere
possibilità di scelta. Quando ci si metteva sua cugina era
persino più testarda di lui e Sirius messi insieme, peggio
di un mulo.
La sala comune era semibuia e del tutto deserta, perfetta per parlare
tranquillamente dei fatti propri senza correre il rischio che tutto il
castello ne venisse a conoscenza. Persino il camino, normalmente acceso
e vivace, era spento e non dava il minimo segno di vita.
“Hai deciso che farai?” chiese Alice, cercando di
ignorare la faccia assonnata di James.
“Di che stai parlando?” chiese a sua volta James,
confuso e infastidito dalla pessima abitudine della cugina di buttare
giù dal letto le persone all’alba per parlare.
Sotto quel punto di vista Frank non era per nulla fortunato, anzi,
forse ancora non sapeva che gli si prospettava una vita
d’inferno e di levatacce.
“Di Lily, mi sembra ovvio.” sbuffò
Alice, seccata dalla poca loquacità di James.
“Non so.” mormorò James, sbadigliando.
La sua risposta non piacque per niente ad Alice.
“Come sarebbe non so, ti sembra risposta?” chiese
Alice, stizzita, alzando gli occhi al soffitto.
“Sono confuso.” sbuffò James. Il ragazzo
avrebbe anche voluto aggiungere che aveva sonno e che non poteva
aspettarsi risposte intelligenti e profonde alle sette del mattino, ma
decise di sorvolare sulla questione per quieto vivere.
“La ragazza che ti piace sta cercando di farti capire che
ricambia i tuoi sentimenti e tu dici non so?” chiese Alice,
allibita. Lily era sempre stata tutto ciò che James voleva,
ed il fatto che lui prendesse la questione così
alla leggera proprio ora che aveva ricordato tutto, o quasi, restava un
mistero per Alice.
“Esattamente Alice. Non so cosa fare, anche perché
non so cosa le abbia fatto cambiare idea.” spiegò
meglio James, cercando di essere paziente. Anche Remus e Sirius gli
avevano fatto un discorso simile la sera prima, ed anche a loro il
ragazzo aveva risposto di essere confuso ed avere bisogno di tempo. A
differenza della cugina però, una i suoi amici avevano
compreso che James non avesse voglia di trattare
quell’argomento e aveva deciso di cambiare discorso. Alice
invece, si era impuntata. James sapeva che avrebbe continuato a fare
domande fino a che James non avrebbe deciso il da farsi.
“Ha capito che eri importante quando ha rischiato di
perderti?” provò ad ipotizzare Alice.
“Oppure le faccio semplicemente pena.” disse James,
tenendo la testa fissa sul pavimento.
“Certo che la tua è proprio una fissa..”
sbuffò Alice. Cominciava ad odiare sia quella stupida frase
che la fissa di James di fare pena a chiunque.
“Non so perché sto ancora parlando con
te.” si lamentò James, lasciandosi cadere
all’indietro sulla poltrona e chiudendo gli occhi come faceva
sempre quando una discussione lo aveva stancato.
“Va bene, scusa. Però secondo me una
possibilità dovresti dargliela.” disse Alice,
cercando di farsi perdonare. L’ultima cosa che voleva era
litigare con James di prima mattina, voleva solo parlargli per aiutarlo
a decidere cosa fare.
“Forse.” mormorò James, pensieroso.
“Siamo passati dal non so al forse. Grandioso!”
commentò Alice, ironica, battendo le mani.
“Si, credo che una possibilità gliela
darò.” disse alla fine James, sorridendo.
“Quel sorrisino non mi piace. A che pensi?” chiese
Alice, preoccupata.
“Fidati, preferisci non saperlo.” rispose James,
facendo agitare ancora di più la cugina.
“James!” lo richiamò la ragazza,
stizzita.
“Vendetta, mi sembra ovvio.” spiegò
James con noncuranza, come se fosse normale vendicarsi della ragazza
che ti piace che finalmente comincia a interessarsi a sua volta.
“Non cambierai mai.” commentò Alice,
scuotendo la testa.
““Non ti preoccupare, sarà uno
scherzetto innocente.” precisò James, con una
faccia alla quale Alice non avrebbe mai potuto credere. Gli scherzi di
James erano sempre stati tutto tranne che innocenti, specie quando ne
parlava in quei termini.
“Lo spero!” esclamò la ragazza, poco
convinta.
“Certo che sei proprio noiosa. Sono secoli che muoio dietro a
Lily e lei mi tratta a pesci in faccia. A capodanno non so
perché si è interessata a me e ora devo correre
tra le sue braccia come un cagnolino?” sbuffò
James, risentito dalla poca attenzione che gli dedicava la cugina. O
meglio, dalla poca considerazione che la cugina aveva dei suoi
sentimenti.
“No, non ho detto questo. Solo, non mandare tutto
all’aria come fai di solito. Si interessa a te, dovresti
esserne felice e non cercare di sabotare tutto.”
consigliò Alice, premurosa. Il ragazzo sembrò
starci a pensare per un po’, valutando l’idea di
mettere da parte la sua vendetta e fare come diceva la cugina.
“Va bene, seguirò il tuo consiglio.”
disse alla fine, sospirando. Non era per niente convinto, tuttavia
doveva ammettere che il suo modo di fare non aveva portato a grandi
risultati negli ultimi anni. Forse affidarsi ai consigli di Alice, e
magari anche quelli di Remus, avrebbe fatto migliorare le cose.
“Ecco, bravo.” disse Alice, abbracciandolo.
“Uffa, è quasi tardi. Gli altri saranno
già in sala grande.” esclamò James
quando l’occhio gli cadde sull’orologio che ormai
batteva le otto passate. Di lì a poco sarebbero stati
terribilmente in ritardo sia per la colazione che per la lezione di
Lumacorno, la prima da quando era guarito.
I due ragazzi corsero per arrivare nella sala grande entro un ora
decente, arrivando trafelati e con il fiatone. Solamente Sirius e
Sebastian mancavano, per qualche strano motivo che a loro non era dato
conoscere, gli altri erano già tutti lì. Lily non
staccò gli occhi da James per tutto il tempo mentre il
ragazzo cercava di controllarsi e di non dare troppa importanza alla
cosa. Trangugiò svogliatamente qualcosa, giusto per evitare
di sorbirsi una ramanzina e cercò di captare i discorsi
degli amici. Tentativo vano dato che la sua testa era da tutta altra
parte in quel momento. Doveva parlare con Lily e quello era decisamente
il momento migliore per farlo. James aspettò che tutti si
fossero alzati e che Lily fosse sola, poi le si avvicinò
mentre la ragazza si dirigeva verso l’aula di pozioni.
“Lily, scusa posso parlarti un attimo.” chiese
James, arrivandole alle spalle.
“Certo, dimmi.” rispose Lily, presa di sorpresa,
senza riuscire a staccargli gli occhi di dosso. Aveva passato tutto il
tempo che erano stati a tavola a fissarlo, incantata dal suo sorriso
semplicemente perfetto. Quando James rideva il mondo sembrava
più bello, sereno. Solo ora si rendeva conto di quanto era
stato triste il castello nei mesi precedenti.
“Sei ancora d’accordo per quelle ripetizioni di
pozione?” chiese James, impacciato. La ragazza lo
fissò a lungo, perplessa da quella domanda.
“Te lo avevo proposto io, sicuro che la tua memoria funzioni
bene?” chiese a sua volta Lily, divertita.
“Ricordo tutto Evans, e ricordo anche quanto tu mi
odi.” sbuffò James, marcando volutamente il
cognome della ragazza.
“Siamo passati al cognome?” chiese Lily, sorpresa e
scocciata.
“In memoria dei vecchi tempi.” rispose James, con
un sorriso malandrino dipinto sul volto.
“Beh, allora Potter, ci vediamo nella sala comune domani per
le otto. Puntuale.” esclamò Lily, sottolineando a
sua volta il cognome di lui cercando di mascherare la sua delusione.
Senza aspettare una risposta, Lily fece per andarsene ma fu bloccata da
James.
“Ehi, Lily.” disse il ragazzo, senza lasciare la
manica del vestito della ragazza. Quel contatto inaspettato la fece
quasi sobbalzare. Lily si voltò e si ritrovò il
viso di lui spaventosamente vicino. Troppo vicino, esattamente come la
sera di capodanno.
“Cosa è successo a capodanno? Che fine ha fatto
tutto il risentimento che provavi per me?” chiese James,
fissandola dritta negli occhi. La ragazza si liberò dalla
stretta e gli voltò le spalle, cercando di riprendere il
controllo delle sue emozioni.
“Non lo so, davvero. Dovresti esserne fiero. Un altro
successo per il tuo enorme ego.” rispose Lily, brusca,
odiando se stessa per non riuscire a tenere a freno i suoi ormoni in
presenza di lui. L’effetto che gli faceva era semplicemente
insano, sbagliato. Si perdeva in lui ed il resto del mondo spariva,
passava di colpo in secondo piano.
“Ancora questa storia? Certo che ai tuoi occhi sono proprio
un tipo spregevole..” mormorò James, triste. Lily
di colpo ripensò alla loro discussione di quasi un anno
prima, e si sentì nuovamente un verme per il fatto che
gliela stava tenendo nascosta. Pensò seriamente di dirgli
tutto, ma poi ricordò la promessa che aveva fatto la sera
prima ad Alice.
“Ti supplico Lily, non dire nulla a James. Puoi fare questo
per me?” aveva implorato Alice quando la ragazza insieme a
Charleen era tornata in camera. Gli occhi grandi di Alice erano pieni
di lacrime, tanto che Lily non aveva saputo rifiutare e aveva promesso
di tenere il segreto, anche se non dire nulla a James era peggio di
mentire.
“No, io.. Scusa, mi sono espressa male.”
cercò di scusarsi Lily, imbarazzata per quella gaffe.
“Tranquilla, mi piace quando sei sincera.”
esclamò James, sorridendo, accarezzando con dolcezza il bel
viso della ragazza.
“Senti, perché non ne parliamo sabato con
calma?” propose Lily sorridendo, dopo averci pensato un
po‘ su. James la guardò a lungo, inclinando la
testa.
“Perché aspettare fino a sabato? Ricordo male o ci
vediamo anche domani per le ripetizioni?” chiese poi James,
confuso.
“Beh, sabato ci sarà un’uscita al
villaggio. Sono anni che mi inviti.. Sempre che ti interessi ancora
uscire con me, ovvio..” disse Lily, maliziosa.
“Ovvio.” esclamò James, illuminandosi
alle parole della ragazza. Dopo anni passati ad invitarla ad uscire era
finalmente lei a fare la prima mossa. Un sogno di James stava prendendo
vita, tanto che il ragazzo si ripromise di darsi al più
presto un pizzicotto per appurare di essere del tutto sveglio e
cosciente.
“È un si?” chiese la ragazza, un poco
ansiosa all’idea di un rifiuto di James.
“Cercherò di trovare un buco per te sulla mia
agenda ma, si, credo sia un sì.” rispose James,
scherzando. All’inizio aveva pensato di rifiutare, per
vendicarsi di tutti i rifiuti della ragazza e farle capire quanto
facevano male, poi aveva ripensato alle parole della cugina e aveva
cambiato idea. Teneva troppo a quella ragazza per lasciarsela scappare
solo per colpa del suo stupido orgoglio. Lily rise delle parole di
James poi scappò verso l’aula, terrorizzata
all’idea di fare tardi proprio alla sua materia preferita,
lasciando dietro di sé una deliziosa scia di profumo. Si
trattava di una strana fragranza fruttata, babbana forse, che faceva
letteralmente impazzire James. Il ragazzo alzò le spalle,
guardò l’ora e si rese conto che di lì
a poco Lumacorno lo avrebbe punito per il ritardo. Certo, poteva
tentare di giocarsi la carta scusi-professore-mi-girava-la-testa ma poi
sarebbe certamente finito in infermeria con un sacco di persone
preoccupate intorno. Così immerso nei suoi pensieri non si
accorse della presenza della professoressa di Trasfigurazione, in piedi
di fronte a lui con le mani sui fianchi con uno sguardo decisamente
poco amichevole.
“Potter, potrei parlarle nel mio ufficio?” chiese
la professoressa McGranitt, fermando James mentre si recava a lezione
di pozioni.
“Certo professoressa. Solo, avrei pozioni..”
cercò di giustificarsi il ragazzo.
“Ci penso io, vieni con me.” disse la
professoressa, sbrigativa, senza ascoltare le obiezioni di James. Il
ragazzo decise di assecondarla, per evitare di finire in punizione.
“Vuole parlarmi delle lezioni? Ormai sono pronto a riprendere
a frequentarle.” iniziò James, prima di essere
fermato da un gesto della donna, visibilmente scocciata da qualcosa.
“Mi fa piacere sentirtelo dire. Ad ogni modo, volevo parlarti
della squadra. Sebastian ha lasciato qualche minuto fa e serve un
capitano. Vuoi riprendere il tuo ruolo?” chiese la McGranitt,
andando subito al sodo. James a quelle parole sgranò gli
occhi e la donna gli spiegò come erano andate le cose.
Secondo il racconto di Sirius, Sebastian era entrato come una furia
nella sua stanza proprio quella mattina, prima delle lezioni.
“Basta, mi arrendo!” aveva sbuffato Sebastian,
entrando precipitosamente nella stanza dei malandrini nella quale
c‘era solamente Sirius. James era uscito presto con Alice,
mentre Remus e Peter erano scesi qualche minuto prima promettendo di
tenere un posto per lui.
“Che sta succedendo?” aveva chiesto Sirius,
spiazzato.
“Succede che avete vinto voi. Lascio la squadra. Mi dichiaro
sconfitto.” aveva poi spiegato Sebastian, lanciando in malo
modo il suo manico di scopa ed il distintivo di capitano a terra.
La McGranitt non l’aveva presa per niente bene quando
l‘aveva saputo, soprattutto perché era stato
Sirius, e non Sebastian, ad andare da lei per dirle che a Grifondoro
mancava un capitano e per riconsegnarle il distintivo.
“Non saprei, sono confuso.” rispose James, stupito
da quella richiesta. Una parte di lui era felice perché la
donna avesse pensato proprio a lui per quell’incarico, ma
un’altra non si sentiva all’altezza. Aveva molti
impegni, lezioni da recuperare e per di più la squadra era
seriamente nei guai. Ci sarebbe stato bisogno di un miracolo per
sistemare le cose.
“Grifondoro ha bisogno di te.” implorò
la professoressa. Negli occhi della McGranitt James riuscì a
leggere tutto il suo amore per la sua casa e per la sua squadra, ma
questo non bastò a convincere James.
“Non so se sarei all’altezza. Non gioco da tanto,
non ero nemmeno in campo con loro quando hanno perso.”
continuò James, dubbioso.
“Se non ce la fai tu, allora nessuno può
farcela.” sentenziò la donna, battendo i pugni
sulla scrivania.
“Si, ma..” cercò di obiettare James,
cercando di evitare quello sguardi pieno di speranza. La McGranitt
stava dimostrandogli per la prima volta da che la conosceva tutta la
stima ed il rispetto che provava per lui, mentre James non aveva il
coraggi di pronunciare uno stupido si. Il ragazzo si sentì
un verme per questo e sprofondò ancora di più
nella poltrona.
“Promettimi che ci pensi almeno?” chiese la
professoressa, speranzosa. James sospirò.
“Va bene.” disse alla fine il ragazzo.
“A presto Potter.” esclamò la donna,
congedando James.
Le parole della professoressa lasciarono James confuso per tutto il
giorno. La gente gli rivolgeva la parola ma lui non la vedeva quasi.
Persino Alice, Lily e Sirius faticarono non poco per attirare la sua
attenzione quel giorno mentre Remus, che quel giorno doveva dargli
ripetizioni, disperava. Certo, da quando aveva recuperato la memoria
James non aveva più bisogno di riprendere il programma dal
primo anno, tuttavia i mesi che aveva perso per via del coma erano
ugualmente molto impegnativi. La notizia che Sebastian aveva lasciato
era sulla bocca di tutti, ma nessuno della squadra se ne disperava
particolarmente.
Alla fine della giornata James non aveva ancora deciso cosa fare. Non
aveva nemmeno detto a nessuno della proposta della McGranitt
perché ci voleva riflettere un po’ su da solo.
Girovagando per il castello era finito sulla torre di astronomia, la
torre più alta di tutto il castello dalla quale si godeva di
un panorama mozzafiato.
“Ehy Potter, che ci fai in giro di notte? È
pericoloso, non lo sai? Qualcuno finirebbe con il mettere in giro voci
che tenti il suicidio..” sibilò una voce alla sue
spalle. James rimase sorpreso per un attimo, poi ne riconobbe il
proprietario.
“Che vuoi Black?” chiese James, senza nemmeno
voltarsi verso il fratello minore di Sirius.
“Da te? Niente.” rispose Regulus, pacato come suo
solito. Era il tipico Serpeverde. Freddo, anzi, glaciale. Vedendolo
insieme a Sirius, chiunque avrebbe dubitato che quei due erano
fratelli. Tanto Sirius era istintivo, emotivo e comprensivo, tanto
Regulus era schivo e razionale ai limiti dell’ossessione. Era
in grado di parlare per ore senza lasciare trapelare nemmeno
l’ombra di un’emozione.
“Bene.” disse James, indispettito.
“Bene.” fece eco Regulus, perfettamente calmo.
“Che aspetti?” chiese James, sbuffando. La sola
presenza di Regulus aveva il potere di irritarlo per svariate ragioni.
Per prima cosa era il fratello di Sirius e James lo odiava esattamente
quanto odiava il resto della famiglia dell’amico. Nessuno di
loro aveva mai davvero capito Sirius, ne aveva mai cercato per davvero
di farlo. Per seconda cosa, Regulus era il cacciatore di Serpeverde, la
squadra che li aveva battuti in modo clamoroso nell’ultima
partita, piazzandosi al primo posto nella classifica del torneo
scolastico. Infine, Regulus aveva sempre rappresentato il suo alter ego
malvagio, per così dire. Il suo esatto contrario sotto tutti
i punti di vista. Fino a quel momento James aveva creduto di essere in
qualche modo migliore di Regulus, in grado di essere superiore a lui in
ogni cosa, sia a scuola, che nel quidditch e come fratello di Sirius.
Il fatto che lui ora fosse così a terra e che Regulus fosse
così pieno di vita era la dimostrazione che si era
decisamente sbagliato.
“A fare cosa?” domandò Regulus,
perplesso.
“A vantarti della grandezza della squadra di Serpeverde
rispetto a Grifondoro. Sei qui per questo, non è
vero?” sbottò James, voltandosi verso il
Serpeverde.
“Non ti facevo così idiota.”
commentò Regulus, divertito.
“Cerchi rogne?” sibilò James, tra i
denti.
“Qui quello che dovrebbe calmarsi sei tu. Ad ogni modo, il
campionato è ancora lungo.. Non è da te
arrenderti.” disse Regulus, mettendosi seduto. James lo
guardò, stupito. Regulus lo aveva davvero cercato solo per
ricordargli che avevano ancora una partita da giocare?
“Non devo spiegazioni a te.” rispose James,
sbuffando. Non avrebbe dato al Serpeverde la soddisfazione di
dichiararsi sconfitto.
“Se è per questo sono il primo a non volerle.
Sarebbero certamente noiosissime. Ad ogni modo, il mio campionato
è finito.” dichiarò Regulus,
sorprendendo James. Il più piccolo dei fratelli Black era un
cercatore eccezionale, il migliore che Serpeverde avesse da decenni,
forse anche secoli.
“Come sarebbe a dire?” chiese James, spiazzato. La
squadra di Serpeverde da sola non valeva poi molto, normalmente era
Regulus che permetteva loro di vincere con una differenza punti ridotta
prendendo il boccino prima che fosse troppo tardi.
“Ho lasciato la squadra, almeno momentaneamente.”
spiegò Regulus con il solito tono distaccato, quasi non gli
importasse nulla.
“Sei impazzito?” esclamò James,
incredulo. L’unica cosa che accomunava lui e Regulus era il
loro ruolo, cercatore. Quando si trovavano entrambi sulla propria
scopa, all’inseguimento del boccino, James era certo che
quello fosse l’unico momento in cui lui e Regulus pensavano e
vedevano le cose allo stesso modo: entrambi volevano vincere. James non
riusciva a credere che Regulus avesse davvero rinunciato a tutte quelle
sensazioni che ti da il solo fatto di essere sospeso in aria a
rincorrere una pallina dorata.
“Non aveva più senso giocare con te fuori
squadra.” sbuffò Regulus, paziente, quasi stesse
spiegando ad un bambino capriccioso un concetto particolarmente
difficile.
“Non pensi ai tuoi compagni?” chiese James, sempre
più stupito dalle parole del ragazzo.
“Io non gioco per la mia casa, gioco per battere te. Per me
stesso.” disse Regulus, guardandolo con odio.
“Ma è assurdo. Come puoi essere così
egoista?” chiese James, disgustato dalle parole
dell’altro ragazzo. Regulus alzò le spalle,
divertito.
“Sono un Serpeverde. Piuttosto sei tu quello strano. Dimmi,
non erano i Grifondoro quelli coraggiosi che non si arrendono
mai?” chiese a sua volta il Serpeverde, malizioso.
“Che vuoi dire?” chiese James, stupito dalla parole
di Regulus con le quali il fratello di Sirius aveva rimarcato le
differenze che c’erano tra loro.
“Buona notte Potter.” si congedò
Regulus, lasciando James solo a riflettere su quella strana
conversazione. Il Serpeverde giocava per se stesso e aveva lasciato la
sua squadra perché James, il suo più grande
avversario, non c‘era. Lui invece aveva sempre giocato per la
sua squadra, ma ora che era in difficoltà e aveva
più che mai bisogno di lui gli aveva voltato le spalle. Di
fatto si era comportato come Regulus, se non peggio.
James rimase a riflettere sulle parole del fratello di Sirius ancora
molto a lungo, fino a che non si decise. Al diavolo tutto, avrebbe
seguito il suo istinto.
“Professoressa..” urlò James, irrompendo
nella stanza della donna facendo un fracasso infernale.
“Potter, è piena notte. Sei impazzito?”
chiese la professoressa, sorpresa e con la bacchetta alzata per lo
spavento.
“Non sono mai stato meglio. Volevo dirle che
accetto.” esclamò James, deciso.
“Accetti?”chiese la donna, confusa. Dopo tutto
erano quasi le due di notte e non capiva di che accidenti stesse
parlando quel pazzo di Potter.
“La squadra. Se l’offerta è ancora
valida voglio tornare a fare il capitano.” spiegò
meglio James, impaziente e senza riuscire a stare fermo.
“Grandioso. Vedi di rendermi orgogliosa Potter.”
rispose la McGranitt, sorridendo improvvisamente nonostante
l’ora tarda e il sonno interrotto.
“Ci può contare.” promise James,
più che mai fiero della sua decisione.
“Ora però, vai a dormire!” lo
congedò la professoressa, sbattendogli la porta in faccia.
“Certo professoressa.” rispose James, parlando
più con la porta chiusa che con la donna.
Una volta nella stanza dei malandrini, troppo eccitato per dormire,
decise di svegliare Sirius per dare la buona notizia anche a lui.
“Sirius, sveglia.” urlò James, scuotendo
l’amico che saltò a sedere, spaventato, anche lui
con la bacchetta in mano, pronto a difendersi.
“Mio dio, James. È piena notte! Si può
sapere che succede?” chiese Sirius dopo aver lanciato uno
sguardo all’orologio.
“Indovina? Torno in squadra!” esclamò
James, tutto contento.
“Che dici, James.. La squadra non esiste più. Seba
ha mollato tutto, ricordi?” disse Sirius tra uno sbadiglio e
l’altro. Tutto quel trambusto aveva svegliato anche Peter e
Remus, che ora guardavano confusi quella strana scena.
“Si, lo so. Sono io il capitano ora.”
annunciò James, trionfante, tralasciando di raccontare a
Sirius dell’incontro con Regulus.
“Ma sei pazzo? Con tutto quello che ti è successo
e tutte le lezioni che hai da recuperare?” chiese Remus,
allibito. Peter dal suo letto guardava la scena senza riuscire a
decidere se fosse più preoccupato per James
perché andava in contro quasi certamente ad un fiasco
colossale o più orgoglioso di lui e della decisione.
“Forse sono pazzo, ma non sono mai stato più
felice.” dichiarò James, felice, mentre Sirius lo
abbracciava prima di tornare nel mondo dei sogni.
ANGOLO DELL'AUTRICE:
innanzitutto, grazie a chi ancora legge questa storia. ho notato che i
commenti sono decisamente calati, anche se non so se sia colpa del mio
modo di scrivere o della trama che si è fatta troppo noiosa.
forse sto andando incontro ad un flop clamoroso e la mia storia non
interessa più a nessuno, ma io vado avanti. alla fine, oltre
che per gli altri, un autore scrive soprattutto per sè.
ho iniziato questa storia con l'idea di portarla a termine ed
intendo farlo, altrimenti mi sentirei in colpa con me stessa!
love_vampire: grazie milleee!
come hai visto, james non ricorda ancora tutto tutto, e i suoi amici
hanno avuto la pessima idea di nascondergli la verità.
questo vuole dire che ci sono altri problemi in vista, ma prima james
deve pensare alla squadra. mica può lasciare che serpeverde
vinca, ti pare?
ilovejames97: grazie milleee!
allora, innanzitutto grazie per i complimenti. lo scorso capitolo
avrebbe dovuto essere insieme a quello ancora prima, l'ho separato per
motivi di spazio. ad ogni modo, james ha ricordato.
non tutto però.
non sa della morte del padre, delle discussioni con gli amici e nemmeno
come si è fatto male.
vuoi una chicca così stai più tranquilla? non si
è buttato, ma non ti dico cosa gli è successo.
forse un indizio per capirlo l'ho messo nella storia, nei capitoli
scorsi, ma si tratta davvero di un indizio microscopico. per capire la
verità dovresti avere davvero taaaanta fantasia.
:D
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Capitolo 16 *** nuovi acquisti e vecchi compagni ***
CAPITOLO 14
NUOVI
ACQUISTI E VECCHI COMPAGNI
Quando Sirius la sera prima aveva esultato per la felicità
alla vista dell’amico, al settimo cielo per essere appena
tornato ad essere capitano, non aveva considerato le conseguenze che
quella nomina avrebbe comportato. James di nuovo capitano voleva dire
che la squadra doveva tornare ad allenarsi, anche se le speranze di
concludere qualcosa di buono per quell’anno ormai erano
minime o quasi nulle, e per lui sarebbe stata dura tirarsi indietro.
“Dai, Sirius.” disse James, che ormai pregava
l’amico da quasi un ora. Aveva assolutamente bisogno del suo
migliore cacciatore nonché braccio destro.
L’ottimismo di James e l’ironia di Sirius erano i
fattori chiave, indispensabili al morale della squadra. Senza uno dei
due la battaglia poteva tranquillamente dichiararsi persa in partenza.
“No, James.” rispose Sirius, categorico, senza
scomporsi. Era ormai almeno la decima volta che il ragazzo si rifiutava
di tornare nella squadra ma James non si arrendeva. La parola resa o
fallimento non era contemplata nel vocabolario dell’amico,
tanto era testardo. James aveva cominciato quell’opera di
convincimento senza speranza non appena erano finite le lezioni, ma non
aveva ancora raggiunto nessun risultato e non accennava a smettere.
“Te lo sto chiedendo per favore.”
continuò James, deciso a non arrendersi tanto facilmente.
Dopo tutto lui era James Potter, famoso per essere l’essere
più testardo del pianeta.
“Il mio continua ad essere un No.” disse Sirius,
sbuffando. Il ragazzo provò a guardarsi intorno, alla
ricerca dell’aiuto degli amici, ma ne Remus ne Peter davano
segni di dargli retta presi come erano in una complicata partita di
scacchi magici.
“Vuoi che mi metta a supplicare?” chiese James,
quasi disperato.
“Non lo stai già facendo?”disse Sirius,
divertito, fissando con superiorità l‘amico, in
piedi di fronte a lui. Era sorprendente che con tutte le cose che aveva
da fare James, comprese un sacco di lezioni arretrate da recuperare,
avesse trovato del tempo per mettersi a pregare lui di tornare in
squadra. Sotto quel punto di vista James era da ammirare in quanto a
tenacia.
James stava per ribattere ma dal ritratto entrò Alice
insieme a Charleen e Cristal. Le tre ragazze fissarono a lungo lo
strano gruppetto, confuse, nonostante fossero ormai abituate alle
stranezze dei malandrini ed avessero smesso da tempo di farsi domande.
“Che sta succedendo?” chiese Alice, entrata da poco
nella sala comune, guardando incuriosita il cugino ed il suo migliore
amico che si guardavano quasi in cagnesco.
“James cerca di convincere Sirius a tornare in
squadra.” spiegò Remus brevemente, senza staccare
gli occhi dal libro che stava leggendo. A quelle parole Alice
strabuzzò gli occhi, sorpresa dalle parole del licantropo.
“Quale squadra? Seba ha lasciato l’incarico,
pensavo l’avessero sciolta.” commentò
Alice, distratta e allo stesso tempo preoccupata. Intuiva dove volesse
andare a parare Remus, ma in cuor suo sperava di sbagliarsi. James a
cavallo di una scopa a chissà quanti metri di altezza era
uno spettacolo che la terrorizzava e che sperava di non dover
più vedere almeno per un bel pezzo. Quando aveva saputo che
i suoi genitori e sua zia intendevano regalare una scopa a James, per
Natale, aveva cercato in tutti i modi di far loro cambiare idea. Con
zia Dorea c’era riuscita, ma suo padre era stato
irremovibile: la scopa di James era sparita dopo l’ultima
partita dell’anno precedente e lui aveva bisogno di una scopa
nuova.
“La McGranitt ha restituito il comando a James.”
sbuffò Sirius, pensando ad una buona scusa per liberarsi una
volta per tutte dell‘amico. Non ne poteva più
delle sue pressioni. La squadra per quell’anno era persa, da
dimenticare, perché ostinarsi quando potevano lasciare
perdere e provarci l’anno successivo?
“Cosa?” chiese Cristal, allibita, guardando James
sconvolta. Il ragazzo si era appena ripreso, certo ora stava bene, ma
era comunque pericoloso per lui riprendere a volare così
presto. Il suo braccio era guarito solo del tutto da poco
più di una settimana, senza contare che aveva già
parecchio da fare con le lezioni arretrate. La professoressa di
trasfigurazione doveva essere decisamente disperata per avere preso una
decisione simile.
“Lui ha accettato?” chiese a sua volta Alice,
preoccupata per la risposta.
Sapeva che suo cugino era abbastanza pazzo da dire si ad una proposta
del genere, ma sperava con tutte le sue forze di sbagliarsi. Dopo tutto
la squadra era persa, chi mai vuole essere il capitano di una squadra
destinata al fallimento?
“Beh, si..” balbettò James, in ansia per
l’espressione omicida che si era dipinta sul viso della
cugina. Nel momento in cui aveva accettato l’incarico sapeva
alla perfezione che Alice, Remus e forse anche Lily sarebbero stati del
tutto contrari all’idea. Certo, il quel momento si era anche
aspettato che Sirius stesse dalla sua parte, ma evidentemente per
quello si era sbagliato. Per la prima volta da quando si conoscevano
suo fratello non lo appoggiava.
“Pazzo, incosciente, sconsiderato!”
cominciò ad urlare Alice, con tono minaccioso.
Preoccupato per la situazione Remus appoggiò il libro e si
mise in mezzo, fermando la ragazza mentre Cristal cercava di calmarla
parlandole. Solo Charleen e Peter sembravano indifferenti alla
discussine, l’una troppo presa dal suo libro e
l’altro troppo pauroso per mettersi in mezzo e prendere le
parti di qualcuno. Sirius approfittò della situazione per
allontanarsi da James, sperando che una volta tornata la calma
l’amico non avesse più occasione per tormentarlo.
“Cuginetta, tu giochi.. Vero?” chiese James,
allontanandosi prudentemente dalla ragazza per paura della sua risposta.
“Certo che no!” esclamò Alice, decisa,
schierandosi dalla parte di Sirius. James guardò i due
ragazzi, seduto uno di fianco all’altra, e capì
che non ci sarebbe stato verso di convincere nessuno dei due. La
squadra era definitivamente persa, senza speranze. A
quell’idea James sospirò depresso, lasciandosi
cadere a sedere.
“Uffa!” sbuffò James, facendo sobbalzare
Charleen, seduta di fianco a lui. La ragazza fino a quel momento era
stata così assorta dalla lettura del suo libro da non
prestare la minima attenzione alla discussione che stava avendo luogo a
pochi passi da lei.
“Che succede?” chiese Charleen, curiosa,
guardandosi intorno. Alice era rossa e Cristal stava facendo del suo
meglio per calmarla, Remus e Peter giocavano come loro solito, Sirius
era annoiato e infine James sembrava depresso. Questo ultimo
particolare colpì molto la ragazza, che ormai si era
riabituata ad una versione decisamente più vulcanica
dell’amico.
“Sembra che Grifondoro non abbia più una
squadra..” spiegò James, tetro, ignorando
deliberatamente tutti gli altri ragazzi presenti nella stanza che a
loro volta presero a parlare tra loro ignorando lui. Traditori, ecco
cosa erano, tutti quanti. Persino Alice e Sirius, i due in cui riponeva
più speranze.
“Perché il capitano ha lasciato?” chiese
Charleen ingenuamente, chiudendo il libro e prestando tutta la sua
attenzione a James.
“No, perché i componenti si tirando
indietro.” rispose James, sbuffando. Sirius sbuffò
e decise che era ora di lasciare la stanza prima di finire a litigare
con l’amico.
“Ma scusa, come si gioca senza capitano?”
insistette Charleen, interessata. Quando aveva saputo che Seba aveva
lasciato l’incarico ci era rimasta molto male. Quando era
entrata in squadra, all’inizio dell’anno, era
sicura che insieme avrebbero fatto grandi cose. L’ipotesi del
fallimento non era contemplata, era un’idea talmente assurda
da non essere degna di essere presa in considerazione.
“La McGranitt ha nominato di nuovo me.”
spiegò James. Non era più contento come
all’inizio. L’entusiasmo si era smorzato quando si
era reso conto che nessuno aveva intenzione di giocare
l’ultima partita. Grifondoro avrebbe perso senza nemmeno
scendere in campo, era semplicemente assurdo. Sembrava che
improvvisamente James fosse rimasto l’unico a credere nei
suoi amici e nella sua squadra. Che fine aveva fatto
l’orgoglio ed il coraggio tipico dei Grifondoro? Sembrava che
d’improvviso fossero diventati tutti Serpi, Tassi e Corvi.
“Davvero? È una notizia fantastica.”
esclamò Charleen, emozionata. James guardò la
ragazza, perplesso. Improvvisamente si ricordò che anche lei
faceva parte della squadra, ed era anche la prima che dimostrava un
po‘ di entusiasmo all‘idea di giocare ancora.
“Si, peccato che non ho più una squadra. Seba,
Alice e Sirius non vogliono più saperne.” si
lamentò James, tetro. La ragazzo lo fissò a
lungo, pensierosa.
“In pratica ti mancano tutti i cercatori.” concluse
Charleen pratica, pensandoci su qualche istante, in attesa della
risposta del ragazzo.
“Anche un battitore che si è fatto male
nell’ultima partita.” aggiunse James, sospirando.
Il più piccolo dei fratelli Brawn, Simon, si era fatto male
a causa di una brutta caduta dalla scopa. Quella era stata la tegola
che aveva spinto Seba a lasciare il comando: i due fratelli erano
fenomenali insieme, senza Simon le capacità di Luke si
abbassavano notevolmente. Senza contare che non Sebastian non aveva
pensato a selezionare un battitore di riserva.
“Non abbatterti, vedrai che ce la faremo.”
cercò di consolarlo la ragazza, sorridendo.
“Faremo?” chiese James, stupito dall’uso
del plurale. Quella ragazza lo stava sorprendendo. Aveva creduto per
anni che Charleen fosse una bambolina, capace solo di farsi bella e di
far perdere la testa ai ragazzi mentre ora lei gli stava dimostrando di
essere brava anche nello sport, di avere carattere e di non volere
lasciarlo solo in quella battaglia.
“Certo, se mi vuoi io sono con te.” disse
sorridendo Charleen. James fissò a lungo la ragazza,
incredulo. Charleen era la prima a fidarsi di lui tanto da chiedergli
di poter giocare.
James promise a se stesso che avrebbe vinto, lo doveva a quella ragazza
che credeva in lui. La prima da tanto tempo.
“Bene, allora siamo in tre.” esclamò
James, felice.
“Frank che dice?” chiese Charleen, perplessa. Non
aveva incrociato Frank dalla discussione di qualche giorno prima quando
avevano cercato di stabilire se fosse leale o meno non dire la
verità a James. Il portiere in quella situazione era stato
zitto e non si era sbilanciato ne in favore della propria ragazza e
neppure per il suo migliore amico.
“Non credo giocherà..”
mormorò James, tetro. Se Sirius e Alice non volevano dargli
retta non lo avrebbe fatto nemmeno Frank. Il suo migliore amico aveva
da poco lasciato il comando della squadra e la sua ragazza non voleva
giocare, che motivo poteva avere lui di dire di si?
“Provo a parlarci?” propose Charleen, sorridendo.
James fissò ancora quella ragazza, incredulo. Era ottimista
come lui, un perfetto elemento per la squadra. Guardando Charleen,
nonostante fosse una pazzia, decise che avrebbe provato a parlare a
Frank.
“No, ci penso io. Tu devi fare una cosa per me.”
disse James, pensieroso, guardando distrattamente l‘orologio.
Non erano ancora le sei, forse c’era abbastanza tempo per
tentare l’impossibile e consegnare l’elenco dei
giocatori alla McGranitt entro la mattina successiva.
“Agli ordini, capitano.” esclamò
Charleen, scattando in piedi.
“Cerca l’unico battitore che ci resta, e anche
quello infortunato, e convocate tutti quelli che si erano presentati
per il provino ad inizio stagione per oggi al campo, io vado da
Frank.” ordinò James, alzandosi a sua volta e
lasciando la stanza prima che la ragazza rispondesse. Avevano poco
tempo, dovevano fare in fretta. Attraversò il castello di
corsa, travolgendo come una furia tutti quelli che si trovavano in
mezzo ai piedi. Trovò Frank in biblioteca a studiare,
insieme a Sebastian e Lily. Si avvicinò al loro tavolo
facendo piano, cercando di mettere a tacere il suo istinto che gli
diceva di baciare Lily e prendere a pugni Seba per avere abbandonato la
squadra.
“Hei, posso parlarti un attimo?” chiese James a
Frank, sforzandosi di non fare troppo caso agli altri due ragazzi
seduti insieme a lui al tavolo.
“Se è per la squadra, la risposta è
No.” rispose Frank senza nemmeno alzare lo sguardo dalla
pergamena sulla quale stava scrivendo. Conosceva abbastanza James per
sapere che sarebbe venuto anche da lui per cercare di convincerlo a
tornare in squadra. Era andato in biblioteca per cercare di scoraggiare
James, ma evidentemente non era bastato.
“Frank..” inizio James, sospirando. Sapeva che non
sarebbe stato facile, ma non aveva nessuna intenzione di arrendersi.
Poteva sostituire i cacciatori ma non il portiere, nessuno al castello
era all’altezza di Frank. Giocare senza lui in porta era
semplicemente un suicidio.
“No, James. È assurdo. Quest’anno
è partito male e finirà peggio. Non ha senso
umiliarci.” sbuffò Frank, tetro. Anche lui avrebbe
voluto che Grifondoro vincesse, era ovvio. Dannazione dopo tutto era il
suo ultimo anno, ma alla fine si era dovuto rassegnare.
L’unico lato positivo di quella faccenda sarebbe stato avere
più tempo per prepararsi ai M.A.G.O.
La bibliotecaria si avvicinò minacciosa e James fece segno
all’amico di continuare la loro discussione fuori dalla
stanza.
“Ci umilieremo non giocando.” ribadì
James, insistendo. Frank sospirò, sorpreso dalla
testardaggine di James. Sapeva che l’amico era determinato,
ma non immaginava fino a tanto. Frank lo fissò, pensieroso,
chiedendosi se avesse insistito tanto anche con Sirius, Alice e
Sebastian.
“Non abbiamo più nemmeno un tifoso. Dimmi, per chi
giochiamo?” chiese Frank con fare provocatorio.
“Senti Frank, io ho bisogno che tu giochi. Ho bisogno di un
portiere con le palle, di due battitori che ci proteggano le spalle e
di tre cacciatori che credano che ce la possiamo fare perché
solo così darò un senso a
quest’anno.” esclamò James, deciso.
Frank guardò perplesso James, senza riuscire ad aprire
bocca. Il discorso del capitano lo aveva lasciato semplicemente senza
parole. Per lui la squadra era sempre stato un passatempo, un modo per
fare onore alla sua casa e passare piacevoli pomeriggi con gli amici ma
non aveva mai immaginato che per James fosse una cosa così
importante, tanto da fargli venire gli occhi lucidi parlandone.
“James..” iniziò Frank, subito
interrotto dall’amico. James era come un fiume di piena.
“Ho passato mesi in coma, immobile. Tutti mi vedono come un
malato, un essere fragile da proteggere. Devo dimostrare che sto bene e
che sono tornato quello di sempre. Posso farlo solamente vincendo
questo maledetto campionato e per farlo ho assolutamente bisogno di te.
Se non giochi tu, non ha senso. Perderemo di sicuro.”
continuò James. Frank si accorse che l’amico aveva
gli occhi lucidi e abbassò la testa, imbarazzato.
“È un’impresa impossibile, siamo
ultimi..” mormorò Frank, scuotendo la testa. James
non poteva credere veramente che avevano ancora delle speranze. Erano
ultimi, a quattrocento punti da Serpeverde e mancava solamente una
partita, proprio contro di loro. Solo un illuso oppure un folle avrebbe
scommesso sulla vittoria dei Grifoni, che dopo il ritiro di Seba,
Sirius ed Alice non avevano alcuni degli elementi migliori della
squadra.
“Per questo mi servi tu in porta.” insistette
James. Frank non era un portiere, lui era IL portiere. Solo con lui tra
i pali Grifondoro poteva vincere.
“James..” mormorò Frank, onorato dalle
parole dell‘amico.
Le ultime due sconfitte gli avevano fatto perdere anche la fiducia in
se stesso perché si sa, il portiere quando si perde si
prende tutte le colpe.
“Ti prego Frank. Anzi, ti imploro.. Vuoi che mi metta in
ginocchio?” chiese James, decisamente disperato. Ormai non si
vergognava nemmeno più, piangeva senza ritegno in mezzo ad
un corridoio affollato, incurante della gente che passava e che li
vedeva.
“James..” mormorò ancora Frank, cercando
di mettere a tacere l‘amico.
“Sono abbastanza disperato da farlo, te lo
assicuro.” disse James, buttandosi a terra.
“Per le mutande di Merlino, smettila. Gioco, sono in squadra
ma tu smettila.” esclamò Frank alla fine,
esasperato, alzando gli occhi al soffitto. Alla fine James aveva vinto.
“Frank..” mormorò James, alzando gli
occhi e incontrando il sorriso divertito dell’amico.
“Sei in mio capitano, un po’ di ritegno. Come posso
rispettarti sennò?” chiese Frank, porgendo la mano
a James per aiutarlo a rialzarsi. James aveva bisogno di lui, non
poteva abbandonarlo anche se forse si trattava di un’impresa
impossibile.
“Grazie Frank, davvero.” ringraziò
James, con gli occhi lucidi.
Frank, Luke e Charleen avevano deciso di fidarsi di lui, non poteva
deluderli. Con loro al suo fianco Grifondoro poteva ancora vincere e
dimostrare a quanti non credevano il loro che si erano sbagliati.
“Va bene, ora che si fa?” chiese Frank, sospirando.
Dato che era tornato in squadra tanto valeva fare le cose per bene e
rendersi utile.
“Charleen ha convocato quelli che si erano presentati per i
provini oggi pomeriggio. Tu, l’altro battitore e lei dovete
scegliere due cacciatori, un battitore e qualche riserva.”
spiegò James, facendo un veloce resoconto
all‘amico.
“E tu?” chiese Frank, stupito che James non volesse
dire la sua. Normalmente spettava al capitano l’ultima parola
sulla formazione e sulla scelta della squadra.
“Io non ho visto i loro provini. Voi sapete come volano e
come giocano.” rispose James, pratico, sorvolando sul fatto
che lui si era perso i provini delle matricole perché era in
coma.
“Va bene.” rispose Frank, senza commentare, prima
si seguire l’amico verso il campo dove Charleen e Luke,
aiutati da Simon, avevano radunato i candidati. I ragazzi, incuriositi
dalla strana richiesta, si fecero trovare puntuali al campo, curiosi di
sapere cosa voleva James Potter da loro. Insieme a loro c’era
anche qualche spettatore pettegolo e qualche spia delle altre case.
Nessuno credeva veramente che Potter stesse cercando di rimettere
insieme la squadra tanto assurda che sembrava la questione.
“Cosa cerchiamo?” chiese Frank, fissando poco
convinto i ragazzi convocati. Era abbastanza sicuro che tra loro non
c’era nessuno di particolarmente bravo, Sebastian li aveva
scartati per quello. Certo, lui cercava un cercatore che sostituisse
James, un’impressa chiaramente impossibile, mentre loro
cercavano due cacciatori ed un battitore.
“Allora, voglio affiatamento, ottimismo, voglia di vincere e
gioco di squadra.” spiegò James, eccitato
all’idea di vedere la squadra tornare insieme.
“E devono essere capaci di fare miracoli.” aggiunse
Frank, scuotendo la testa.
“Non sei divertente.” commentò Charleen,
guardando male il portiere. Avevano bisogno di giocatori capaci, non di
cabarettisti.
“Avete ragione, scusate.” si scusò
Frank, tornando serio.
James parlò ai candidati, spiegando loro perché
si trovavano lì e che cosa stessero cercando. La
metà di loro non appena capì che James faceva sul
serio e che credeva davvero che Grifondoro poteva ancora vincere decise
di ritirarsi e se ne andò ridendo. I pochi che decisero di
restare, salvo qualche eccezione, sembravano poco convinti.
“Accidenti, mancano dieci minuti alle otto.”
esclamò James, lanciando un’occhiata
all’orologio che teneva al polso.
“Accidenti sai leggere l’ora, che bravo.”
commentò Frank, fingendosi stupito. James alzò
gli occhi al cielo, ripetendosi mentalmente che se avesse fatto troppo
male a Frank poi Grifondoro sarebbe restata senza il portiere.
“Idiota, ho un appuntamento con Lily. Mi aiuta in pozioni, se
faccio tardi mi ammazza.” spiegò James,
raccogliendo velocemente le sue cose.
“Come facciamo qui?” chiese Luke, fissando i
candidati che aspettavo curiosi. Al fianco del battitore
c’era suo fratello Simon, con le stampelle e il viso triste
di chi vuole giocare ma non può. Aveva parlato con Charleen,
deciso a dare il suo contributo alla squadra anche senza giocare. James
quando lo aveva saputo si era rallegrato.
“Questo è lo spirito che voglio. Siamo un gruppo,
non importa chi gioca!” aveva esclamato James mentre Frank lo
osservava stranito. A prima vista il capitano poteva sembrare un
illuso, un sognatore senza speranza, ma dopo tutto forse aveva ragione.
Erano caduti talmente in basso che ormai non avevano nulla da perdere.
Qualsiasi risultato sarebbe stato meglio di nessun risultato. Se dopo
la partita contro Serpeverde anche solo dieci persone si fossero
ricredute sulla squadra si sarebbero potuti dire soddisfatti.
“Potete finire voi? Tanto dovete solo decidere chi volete in
squadra..” pregò James, fissando uno ad uno i
compagni di squadra.
“Ma James, il capitano sei tu..” mormorò
Frank, stranito. Era la prima volta che vedeva un capitano dare carta
bianca alla sua squadra.
“Ho totalmente fiducia in voi. Inoltre, voi li avete visti
giocare, io no.” rispose James, riponendo tutta la sua
fiducia in Frank. Mai come in quel momento sentiva la mancanza di
Sirius e Alice in squadra.
“Basta che poi non ti lamenti.” lo
ammonì il portiere, minaccioso.
“Chiunque scegliate sarà all’altezza, lo
so.” rispose James, sorridente, correndo via.
Ancora una volta, James si trovò con il fiato corto e il
viso sudato. Gli altri studenti lo guardavano curiosi, chiedendosi
perché Potter stesse correndo da tutto il pomeriggio. James
decise di non farci caso, attraversò tutta la scuola di
corsa, ma arrivò lo stesso in ritardo. Entrò
nella stanza dove Lily lo aspettava in punta di piedi, pregando che la
rossa non fosse già andata via e che non fosse troppo
arrabbiata con lui.
“Scusa Lily, sono in ritardo lo so.” si
scusò James, spaventato, la testa china sul pavimento.
“Solo di qualche minuto, nulla di grave.” rispose
Lily, sorridendo, guardando curiosa il ragazzo visibilmente affaticato.
“Meno male.” sospirò James, lasciandosi
cadere su una sedia per riprendere fiato.
“Dove eri finito? Hai il fiatone e sei tutto sudato. Calmati,
sennò finisce che ti ammali.” esclamò
Lily, guardando sorpresa il ragazzo.
“No, non mi ci vuole proprio. La McGranitt mi
uccide.” disse James, spaventato all’idea di
ricadere nelle ire della donna.
“Perché?” chiese Lily, ingenuamente,
cercando gli occhi color nocciola di lui.
“Sono tornato in squadra, come capitano.”
spiegò James, preparandosi ai commenti negativi o pessimisti
della ragazza. Sapeva bene che Lily odiava con tutta se stessa il
quidditch e che lo riteneva un’enorme perdita di tempo.
“Perdi tempo.” liquidò lei la questione,
sbuffando.
“Prego?” chiese James, leggermente deluso dalle
parole della rossa. Lo sguardo indagatore di James fece arrossire Lily.
“La squadra non ha praticamente possibilità e
nessuno sano di mente tiferebbe per noi. Inoltre tu hai un sacco di
lezioni da recuperare. Alla fine perderai l’anno, sarai
distrutto e non avrai vinto lo stesso.” concluse lei,
pratica, dipingendo un quadro davvero tetro ma anche parecchio
realistico della situazione.
“Sei pessimista.” sbottò James,
sorridendo. Lily rimase colpita da quel sorriso. Nonostante tutto fosse
contro di lui, James credeva nella squadra e riusciva a ridere delle
previsioni negative degli altri.
“No, sono realista. Alla prossima partita nessuno di
Grifondoro verrà a vedervi giocare, lo sai?”
chiese Lily, pentendosi quasi subito di avere usato quelle parole
così dure.
“Non dall’inizio forse, ma alla fine saranno tutti
lì a fare il tifo per noi. Li rinonquisteremo, lo
so.” rispose James, sognante. Sembrava che i commenti
negativi della rossa non riuscissero a scalfire il buon umore del
ragazzo.
“Come fai ad essere così sicuro di te?”
chiese Lily, sempre più stupita ed affascinata da James.
Ogni giorno che passava la sua cotta peggiorava e lei si trovava sempre
più spesso a chiedersi come sarebbe stato essere la sua
ragazza.
“Così schifosamente pieno di me?” chiese
James, ironico.
“Non volevo insultarti, solo capire cosa ti da la forza di
non arrenderti e di continuare a credere nella squadra.”
spiegò meglio Lily, rossa quanto i suoi capelli per essere
stata fraintesa. Se James si stupì di quelle parole, si
sforzò di non darlo a vedere.
“Beh, non lo so. Credo nell’amicizia, nel coraggio
e nella tenacia. In questi anni abbiamo costruito qualcosa, e non
sarà un unizio sfortunato a distruggere tutto.”
spiegò lui con gli occhi fissi in quelli della ragazza. Lily
dovette riconoscere che era davvero difficile non credergli e non
fidarsi di lui. Avevano parlato solo per pochi minuti eppure anche lei
che non capiva nulla di sport cominciava a credere che Grifondoro ce la
potesse fare.
“Si, ma è quasi impossibile vincere il
campionato.” sbuffò Lily, delusa
all‘idea che le Serpi uscissero vincitrici da quella
competizione.
“Vincere non è tutto, divertirsi e riconquistare
il nostro pubblico è più importante.”
mormorò James, sorprendendo con quelle parole la rossa. Non
disse nulla, ma decise che lei alla partita contro Serpeverde ci
sarebbe andata non tanto perché credeva che Grifondoro
potesse vincere ma perché credeva in James.
“Mi hai lasciata senza parole, ora passiamo a pozioni. Se non
passi il test della settimana prossima non credo che Lumacorno ti
lascerà tempo per giocare.” disse Lily, ridendo.
“Che uomo viscido.” sbuffò James,
strappando una risata alla rossa.
“Non è così male.”
commentò Lily, prendendo le difese del professore. Nel corso
degli anni aveva avuto modo di passare del tempo con lui e aveva capito
che in fondo Lumacorno era fondamentalmente un vecchietto, molto solo,
che cercava l’approvazione e l’amicizia di
personalità importanti ed influenti per sentirsi qualcuno.
“Certo, per te che sei la sua cocca forse.”
protestò James, imbronciato.
I due ragazzi andarono avanti a studiare per un’ora, fino a
che Lily non si accorse che erano quasi le nove e che non avevano
ancora mangiato. La rossa si congedò da James, che
dichiarò di voler studiare ancora un po’, e corse
via insieme agli altri.
“James, andiamo a cena. Vieni con noi?” chiese
Sirius, avvicinandosi all’amico chino su libri, pergamene e
boccette d’inchiostro.
“Andate avanti, arrivo tra poco.” disse James,
impegnato, senza alzare la testa dalla pergamena. Sirius, preoccupato,
lanciò un‘occhiata a Remus. Normalmente era lui
quello che saltava i pasti e stava alzato fino a tardi a studiare, non
James.
“Sicuro?” chiese Remus, anche lui preoccupato per
l’amico.
“Certo, mi manca solo qualche riga di questo tema.”
spiegò James, annuendo distrattamente senza staccare gli
occhi dalla pergamena. Si trattava di un tema di incantesimi molto
complicato su un argomento che lui si era perso.
“Non puoi finire dopo?” chiese Sirius, stupito da
quell’improvvisa dedizione allo studio.
“Devo comunque aspettare Frank per parlare della
squadra.” spiegò James, distrattamente.
“Come vuoi.” rispose Sirius, alzando le spalle ed
allontanandosi prima che l‘amico ricominciasse a pregarlo di
entrare in squadra. Non appena uscì dalla sala comune,
Sirius fu affiancato da Alice, preoccupata come lui.
“Sta facendo troppe cose.” commentò la
ragazza non appena Sirius e Remus si avvicinarono abbastanza per
parlare. Sirius sospirò, senza dire nulla.
“Si, lo penso anche io.” annuì Remus,
preoccupato. Nonostante James facesse del suo meglio per non darlo a
vedere, si vedeva che era stanco, pallido e che non aveva tempo nemmeno
per andare in bagno. Era questione di tempo e sarebbe di sicuro
crollato.
“Capitano della squadra.. È una grandissima
perdita di tempo.” sbottò Alice, maledicendo la
McGranitt per l’infelice decisione di dare a lui il comando
della squadra, Seba per essersi ritirato e la sua famiglia per avere
fornito una scopa nuova a James.
“Il guaio è che ci sta dedicando tutto se
stesso.” spiegò Sirius, preoccupato.
“Forse dovreste aiutarlo allora. Giocando intendo.”
disse Remus, fissando i due cercatori che lo guardavano allibito.
Chiaramente nessuno dei due ne aveva intenzione.
“Se non giochiamo la squadra si scioglie e James non rischia
un esaurimento.” spiegò Sirius, alzando le spalle.
Era difficile non farsi contagiare dall’entusiasmo di James e
non volare insieme a lui, ma lo stava facendo per il suo bene.
“Non ne sono tanto sicura.” commentò
Lily a mezza voce, alzando le spalle. La voce della rossa fece girare i
ragazzi, incuriositi.
“Si invece, è praticamente da solo. Lui e quel
battitore..” continuò Alice, convinta.
“Ti sbagli, ci sono anche Frank e Charleen.”
mormorò Lily, lasciando tutti senza parole.
James accantonò esasperato il tema e decise di iniziare a
fare pratica con qualche incantesimo arretrato fino a che non
arrivarono Frank e Charleen. I due ragazzi avevano le facce
soddisfatte. James ipotizzò che le selezioni alla fine
dovevano essere andate meglio di quanto speravano.
“Allora?” chiese James, appoggiando la bacchetta.
“Missione compiuta.” rispose Charleen facendo il
segno di vittoria con le mani.
“Bravissimi. Dannazione, non so come concludere il
tema.” sbuffò James, lanciando
un’occhiataccia alla pergamena, quasi sperando che si
scrivesse da sola.
“Lascia, faccio io.” si propose Frank, sedendosi di
fianco a James.
“Grazie Frank.” ringraziò James, grato
che Frank lo aiutasse.
“Per così poco.” mormorò
Frank, alzando le spalle. James stava facendo troppe cose e lui voleva
davvero essergli d’aiuto perché riconquistasse un
po’ di fiducia in se stesso, senza contare che conosceva il
programma di incantesimi del sesto anno alla perfezione.
“Vuoi sapere chi sono i nuovi acquisti?” chiese
Charleen, entusiasta.
“Certo, fuori i nomi. I due cercatori?”
esclamò James, curioso.
“Una ragazza del quarto, Stephanie e Bob.” rispose
Frank, distrattamente.
“Il tuo compagno di stanza?” chiese James, fissando
il portiere chino sul suo tema.
“Si, è bravissimo.” assicurò
Frank, sorridente. James annuì, convinto.
“Ne sono sicuro. Battitore?” chiese James, curioso
di sapere chi aveva rimpiazzato Simon.
“Ora ti arrabbi.” avvisò Charleen,
preoccupata.
“Chi è?” chiese James, allarmato dalle
parole della ragazza.
“Quello dell’anno scorso..”
mormorò Charleen con un filo di voce.
James strabuzzò gli occhi, stupito. Frank doveva davvero
essere impazzito se aveva convocato di nuovo Mark in squadra.
“L’assassino che ha quasi ucciso Sirius?”
chiese James, ironico.
“È l’unico abbastanza bravo e con
abbastanza voglia di fare.” spiegò Frank, passando
a James il tema finito. Anche lui all’inizio non era
assolutamente d’accordo, ma Charleen aveva insistito e alla
fine aveva dovuto darle ragione.
“Gli spiace un sacco per l’incidente e vuole
riscattarsi.” continuò Charleen, con enfasi.
“Che ne pensa l’altro battitore, Luke?”
chiese James, perplesso.
“Per lui va bene. Anche Simon è contento che sia
Mark a sostituirlo” disse Charleen, raccontando a James di
quanto già fossero affiatati Luke e Mark. Certo, non
affiatati come Luke e Simon ma comunque molto bravi.
“Allora va bene anche a me.” mormorò
James, alzando le spalle. Doveva fidarsi dei suoi compagni, oppure la
squadra non sarebbe andata da nessuna parte.
“Andiamo a cena e facciamo un brindisi alla
squadra?” propose Charleen, felice.
“Abbiamo una squadra, ancora non ci credo!”
esclamò James, entusiasta. Solo quella mattina sembrava
tutto perduto e invece ora era insieme al suo portiere e alla sua
cacciatrice a festeggiare i nuovi cercatori e il nuovo battitore.
“Adesso ci serve solo una strategia ed un
miracolo.” commentò Frank, sorridendo. Anche lui
cominciava a credere davvero che il riscatto di Grifondoro fosse
possibile.
“Basta una strategia, tu lascia fare a me.”
assicurò James, sicuro di sé.
“Sicuro di avere abbastanza tempo?” chiese Frank,
preoccupato.
“Ti ho mai deluso?” chiese James in risposta,
spalancando la porta della Sala Grande.
Non ci volle molto ad individuare gli altri, seduti come sempre al
solito tavolo.
“Ciao ragazze, scusate il ritardo.”
esclamò Charleen sedendosi di fianco a Lily, mentre Frank
prendeva posto vicino ad Alice e James vicino a Sirius.
“Di la verità, mi vuoi rubare il
fidanzato?” chiese Alice, guardando male la compagna di
stanza.
“Non potrei mai.” rispose Charleen, scoppiando a
ridere.
“Io si, sai che sono geloso.” sbuffò
Sebastian, fingendosi geloso di Frank.
“Scemo.” lo apostrofò Alice.
“Il tema?” chiese Remus a James, stupito che
l‘amico lo avesse già terminato.
“Finito.” rispose il ragazzo, fissando Frank.
“Beh, e il brindisi che mi avevate promesso?”
chiese Frank, fissando i due compagni di squadra. James e Charleen si
guardarono e scoppiarono a ridere, prima di prendere i loro bicchieri
in mano.
“Per cosa si brinda?” chiese Cristal, confusa,
guardando le facce altrettanto confuse dei suoi compagni seduti al
tavolo.
“Alla squadra, al nuovo capitano ed al miracolo.”
esclamò Charleen, alzando il suo calice.
“Alla squadra.” risposero in coro Frank e James.
James credeva che senza Sirius non avrebbe concluso nulla ed invece
aveva trovato un valido sostegno sia in Charleen che in Frank. Con
l’entusiasmo di Charleen, il suo ottimismo e la tecnica di
Frank James era sicuro che avrebbero vinto da coppa.
“Sei proprio deciso allora.” mormorò
Remus a bassa voce, preoccupato.
“Remus, non ti ci mettere anche tu. Sai che sono
testardo.” rispose in ragazzo, sorridendo.
La settimana corse veloce, soprattutto per James preso come era dalla
squadra, dalle lezioni e dalle ripetizioni. Tutti non facevano che
ricordargli che non aveva tempo ne speranze, ma lui andava avanti con
l’appoggio di Frank, di Charleen e della squadra che sembrava
ogni giorno più convinta che potevano farcela.
L’umore di James, nonostante la stanchezza, era
più contagioso che mai. Alla fine della settimana James ebbe
il suo premio, il suo primo e tanto agognato appuntamento con Lily.
“Sei bellissima. Anzi, sei un sogno.”
esclamò James, sognante, prendendo la ragazza per mano e
conducendola verso un locale poco affollato dove poter parlare e bere
qualcosa tranquillamente.
“Esagerato.” mormorò Lily, imbarazza da
quel complimento che l’aveva fatta arrossire.
“Scherzi? Sono anni che non aspetto altro.” disse
James, entusiasta di essere solo con la ragazza dei tuoi sogni. Erano
anni che progettava quell’incontro tanto che aveva paura di
dire anche solo una parola sbagliata e rovinare tutto.
“A dire il vero non credevo saresti venuto..”
iniziò lei, preoccupata.
“Pensavi che mi sarei tirato indietro?” chiese
James, sorpreso, fraintendendo le parole di Lily.
“No, che saresti stato troppo stanco.” spiego Lily,
cercando di nascondere la preoccupazione dal suo viso. James a quelle
parole alzò gli occhi al cielo.
“Non ti ci mettere anche tu, questo discorso l’ho
sentito spesso ultimamente.” pregò James.
Nell’ultima settimana ogni persone che incontrava trovava il
tempo per ripetergli che un illuso, un folle oppure un sognatore. Il
meglio, o forse il peggio, lo aveva raggiunto quando Alice gli aveva
dato dell’egoista, accusandolo di essere una continua fonte
di preoccupazioni per lei. Quella frase lo aveva ferito, ma James aveva
incassato quella frase senza dire una parola, ripetendosi che la cugina
era solamente preoccupata per la sua salute.
“Hanno ragione a preoccuparsi per te. Sei stato male, molto
male, e non ti sei ancora ripreso del tutto..”
iniziò Lily, preoccupata. James la fissò a lungo,
sorprendendosi a pensare che quando si preoccupava per lui era ancora
più bella.
“Sto benissimo.” disse James, chiudendo la
discussione con un sorriso che rinfrancò un po‘
Lily. Vedere James sorridere faceva bene al cuore tanto era contagioso.
“Il tuo fisico non è al massimo e non dovresti
pretendere così tanto da te.” continuò
Lily, testarda quasi quanto lui.
“Me la prendo con calma.” assicurò
James, immaginando che la ragazza lo avrebbe contraddetto.
“Non è vero. Le lezioni, le ripetizioni, gli
allenamenti, i compiti e le strategie. Quando ti prendi del tempo per
te?” chiese Lily, ironica.
“Sono qui ora. Questo è decisamente tempo per
me.” rispose James, sorridendo.
“Un giorno scoppierai.” disse Lily, portandosi le
braccia ai fianchi.
“Fino ad allora, va bene così. Quando
sarò vecchio avrò tutto il tempo per
riposare.” scherzò James. Ridendo
dell‘espressione buffa della ragazza.
“Se ci arriverai alla vecchiaia..”
mormorò Lily, tetra.
“Sei pessimista.” la apostrofò James,
facendole il solletico.
“Realista.” lo corresse Lily, arrossendo per la
vicinanza dei loro corpi.
ANGOLO DELL'AUTRICE:
innanzitutto, grazie per essere arrivati a leggere fino a qui e grazie
per le vostre rassicurazioni.
mi spiace se vi faccio penare per gli aggiornamenti, ma sto
già facendo il prima possibile.
più di così proprio non riesco, mi spiace.
spero che vi vorrebe seguire lo stesso!
love_vampire: grazie milleee!
anche se non è ancora tornato fisicamente sulla
scopa, james ha ripreso il controllo della squadra! finalmente
grifondoro può fare sul serio!
alice in questo capitolo è abbastanza insopportabile, almeno
per me. povera, lei si preoccupa ma non si accorge che peggiora solo le
cose!
con lily invece va tutto bene, e credo che presto andrà
anche meglio!
regulus è stato la star dello scorso capitolo. in pratica ha
motivato james a giocare senza dir nulla apertamente! grandioso!
malandrina4ever: grazie milleee!
l'idea della vendetta era passata anche nella mia testolina, ma visto
che io so il futuro (di questa storia, non sono una veggente!) ho
pensato di fare la brava.. almeno per adessO!
sono felice che ti sia piaciuto lo scorso capitolO!
stecullen94: grazie milleee!
innanzitutto, ben arrivata!
alla fine si, james ricorderà. il resto non te lo posso
anticipare senno va a farsi benedire la sorpresa, no?
s i r i a _a n t _ 9 7: grazie milleee!
mi spiace averti causato un pomeriggio di lacrime. se ti può
far stare meglio le tragedie dovrebbero essere finite.. credo!
per lily e la squadra, beh, la risposta mi sembra scontata..
:D
ilovejames97: grazie milleee!
sono stata un bel po' di tempo a riflettere sulla tua recensione ma non
riesco a capire cosa intendi quando dici che tu regulus lo vedi
diverso. :D
mi spieghi meglio?
missborchietta90: grazie milleee!
spero che questo capitolo ti piaccia!
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Capitolo 17 *** sconfitte e vittorie ***
CAPITOLO
15
SCONFITTE
E VITTORIE
Man mano che la partita contro i Serpeverde si avvicinava James Potter
era sempre più nervoso ed intrattabile. Certo, i compiti, le
lezioni da recuperare e la poca fiducia che la sua casa riponeva nella
sua squadra non miglioravano le cose, ma era soprattutto
l’imminente partita a peggiorare le cose; tutto si sarebbe
deciso in una manciata di ore.
Frank per
scherzare aveva preso a chiamarla il grande evento, mentre Charleen
l’aveva soprannominata la resa dei conti. James li fissava,
sempre più incredulo per la fiducia che i due amici
riponevano in lui.
I
Serpeverde, dal canto loro, sapevano di averla già vinta e
non la chiamavano proprio. Nessuno, fatta eccezione per la squadra,
sembrava dare loro torto. Quando aveva preso a circolare la notizia che
James Potter tornava in squadra, Regulus Black aveva fatto uno dei suoi
perfidi ghigni e aveva comunicato al suo capitano che avrebbe giocato.
La
situazione nella casa di Grifondoro era degenerata, tanto che persino
Alice era quasi arrivata a fare il tifo per le Serpi. Dopo la
discussione nella quale aveva dato dell’egoista a James, i
due cugini non si erano più parlati.
“Prima
vincono questo torneo, prima James la smette e si riposa un
po’.” non faceva che ripetere Alice a Cristal.
“Sei
arrivata a tifare per loro?” chiedeva ogni volta Cristal,
scandalizzata. Certo, sapeva che l’amica non condivideva la
scelta del cugino di giocare, ma le sembrava eccessivo il suo
comportamento. Così facendo lo stava solamente allontanando
la lei, senza contare che James aveva più che mai bisogno
dell’aiuto di tutti loro.
“È
per il bene di James.” diceva Alice, per chiudere il
discorso, fissando il vuoto.
Lily di
solito guardava le due, scettica e poco convinta. Dopo
l’appuntamento con James, non si era quasi più
visti a causa degli impegni di lui se non hai pasti o per le lezioni di
recupero. Ogni volta che la vedeva o la incrociava per i corridoi lo
sguardo di James, da stanco e tirato tornava ad essere quello vispo e
vitale di sempre. Anche lei era convinta che l’impresa di
James una pazzia, ma allo stesso tempo era stupita dalla sua
determinazione.
Charleen
invece non si pronunciava quasi mai sull’argomento quitticht
perché non c’era mai quando ne parlavano. O
meglio, da un po’ di tempo a questa parte Charleen non
c’era più per quasi nessuno tranne che per Lily.
Gli impegni della squadra la assorbivano completamente e le poche volte
che era libera passava il suo tempo aiutando James a rimettersi pari
con i compiti. Lily non la biasimava, anzi, cercava anche lei di
aiutare James più che poteva. Più o meno lo
stesso faceva Frank, tanto che il rapporto con Alice si era incrinato.
La ragazza non era arrabbiata perché si vedevano poco quanto
perché lui appoggiava James in quella che lei riteneva una
pazzia. Frank portava pazienza, convinto che prima o poi Alice avrebbe
capito quanto tutto quello fosse importante per James.
Remus
guardava i due amici e si chiedeva perché lo facessero.
Anche la determinazione di James per quella che appariva chiaramente
un’impresa impossibile lo stupiva e allo stesso tempo lo
rendeva fiero del suo amico. Inoltre il suo sesto senso aveva una
brutta sensazione; sapeva che quella storia sarebbe certamente finita
male per un motivo o per l’altro. Sirius invece non aveva
cambiato idea sul giocare. Secondo lui, come per Sebastian, la squadra
era un discorso chiuso; una perdita di tempo e di energie tanto che non
voleva nemmeno parlarne. James alla fine si era rassegnato e aveva
smesso di cercare di convincere l’amico, convinto che la sua
squadra potesse vincere anche senza Sirius.
“Alla
fine dovrai ricrederti, ne sono sicuro.” disse James una
sera, convinto. Non era arrabbiato con il suo amico, anzi, era
più che mai determinato a dimostrargli che si stava
sbagliando a non credere in lui. Dopo tutto Sirius non stava certo
facendo di tutto perché lui fallisse, come invece stava
facendo Alice. Per quanto odiasse ammetterlo, Alice aveva toccato il
fondo e l’aveva deluso profondamente.
“Stiamo
a vedere, nel frattempo cerca di non finire di nuovo a San
Mungo.” commentò Sirius, fissando
l’amico divertito. Il ragazzo era più che mai
deciso a non tornare nella squadra, non perché non credesse
in James ma perché era giunto alla conclusione che
l’amico avesse bisogno di farcela da solo, senza il suo aiuto.
“Tutti
pessimisti.” sbuffò James, lasciandosi cadere sul
letto con fare teatrale. Remus, seduto sul cornicione della finestra,
sorrise di quella sceneggiata; per un attimo gli sembrò di
essere tornato indietro di qualche anno, quando non c’erano
problemi o segreti e i malandrini erano più uniti che mai.
“Chi
altro ti ha previsto un esaurimento nervoso?” chiese Sirius,
con aria interessata.
“Lily..”
rispose James, arrossendo. Da quando aveva ritrovato la memoria James
si era reso conto che la sua attrazione per la rossa era decisamente
peggiorata, specie da quando la ragazza sembrava ricambiare le sue
attenzioni. A volte mentre studiavano insieme aveva quasi la sensazione
che Lily stesse cercando di provocarlo.
“La
tua cara Lily?” chiese Sirius, divertito
dall’espressione buffa dell’amico.
“Smettila.”
borbottò James, imbarazzato, lanciando un grosso volume di
storia della magia addosso al ragazzo mentre Remus, proprietario del
libro, protestava rumorosamente.
“Sei
tutto rosso, che tenero.” commentò Sirius, felice
di poter passare un po’ di tempo a ridere con James come ai
vecchi tempi. Certo, era stanco e pallido ma era comunque il suo
migliore amico.
“La
vuoi finire?” ringhiò James, vicino a perdere la
pazienza.
“E
tu, dichiarati..” sbuffò Sirius, sdraiandosi
vicino a James.
“Dovrebbe
prima trovare tempo.” si intromise Remus, saggiamente,
avvicinandosi ai due ragazzi.
“Hai
ragione, Lunastorta.” concordò Sirius, annuendo.
Remus fissò il compagno di stanza, sorpreso; le volte che
Sirius Black dava ragione a Remus Lupin si potevano contare sulle dita
di una mano e puntualmente presagivano eventi nefasti.
“È
una congiura?” chiese James, quasi esasperato.
“No,
è vero. Non hai quasi tempo per andare in bagno, figurarti
per dichiararti a Lily.” fece notare Remus, pazientemente.
“Per
l’ultima volta, sto benissimo.” ripeté
James, alzando gli occhi al cielo. Sapeva che i suoi amici si
preoccupavano per il suo bene, ma stava cominciando a pensare che
stessero esagerando. Persino sua madre alla fine si era rassegnata al
fatto che fosse tornato in squadra. Nell’ultima lettera aveva
scritto che in fondo se lo era aspettata e che aveva di sicuro preso da
suo padre.
“Si,
come vuoi.” commentò Sirius, riscuotendo James dal
pensiero del padre. Ricordava tutto di lui, tranne il periodo
immediatamente successivo alla sua morte. Gli mancava moltissimo, ma
non riusciva a provare dolore, quasi avesse giù versato
troppe lacrime di cui non ricordava nulla.
“Sei
noioso, Remus.” sbuffò James, scacciando
l‘immagine di suo padre sorridente che lo guardava volare
sulla sua scopa. Charlus Potter amava volare, e coglieva ogni occasione
buona per scorrazzare per i cieli insieme al figlio e al cognato; erano
decisamente un trio strano ma affiatato, e qualche volta Alice andava
con loro.
“Ha
ragione, crollerai tra un po’.” disse Remus, dando
ragione a Sirius.
“Ma
no, abbiate fiducia in me.” disse James, abbozzando il
sorriso per cercare di convincerli che stava veramente bene. Tutto
quello di cui aveva bisogno per riprendersi erano dieci ore di sonno,
ma sapeva bene che sarebbe stato davvero difficile riuscire ad
ottenerle.
“Va
bene, ma vai a dormire ora.” si raccomandò Sirius,
preoccupato per il suo amico. Da troppo tempo non dormiva come si deve.
“Non
posso, devo finire i compiti.” mormorò James,
cupo. Scrivere un complicato tema di incantesimi in quel momento era
l’ultima cosa che voleva fare, ma purtroppo doveva, pena un
brutto voto, una punizione e il divieto di partecipare alla partita; la
McGranitt l’avrebbe ucciso e Frank non sarebbe certo rimasto
a guardare.
“Copiali
da me, così ci metti meno.” disse Remus, cogliendo
Sirius e James di sorpresa.
“Remus,
sicuro di stare bene?” chiese James, preoccupato per
l’amico. Era la prima volta che l’amico gli
proponeva di copiare i compiti invece che obbligarlo a farli.
“Si,
sei tu quello fuori di testa qui.” sbuffò Remus,
annoiato, andando a letto.
La giornata
successiva trascorse veloce come le precedenti. I ragazzi, ormai liberi
dagli allenamenti passavano i pomeriggi a parlare, organizzare scherzi
e fare programmi per le vacanze estive. Sirius, Remus, Lily, Cristal e
Alice erano nella sala comune da quasi tre ore, mentre come al solito
di James, Charleen e Frank non c’era nemmeno
l’ombra.
“È
una pazzia, una grandissima pazzia.” sbuffò Alice,
esasperata. Cristal sospirò; sapeva bene a cosa si stava
riferendo la sua amica.
“Per
me stai esagerando. Vuole solo giocare, lascialo fare..”
mormorò Sirius, calmo. Aveva capito che fare cambiare idea a
James era inutile, così aveva deciso che avrebbe aspettato
in silenzio fino a quando quella storia assurda fossa finita. Sapeva
bene che quel giorno se tutto fosse andato male James avrebbe avuto
bisogno di un amico, e lui sarebbe stato al suo fianco. Un fratello
serve a questo, dopotutto.
“Possibile
che tu non te ne renda conto? Ormai questa storia lo assorbe a tal
punto che non ha più tempo per nessuno. Sono giorni che non
parliamo.” riprese Alice, seccata.
Le parole
della ragazza lasciarono i presenti di stucco, tanto che Remus e Sirius
si scambiarono un’occhiata preoccupata prima di commentare.
“Beh,
con me ci parla.” mormorò Remus, imbarazzato, dopo
lunghi istanti di silenzio. Il ragazzo evitò accuratamente
di guardare Lily e Cristal, ma riusciva a percepire che anche loro
erano imbarazzate.
“Si,
anche con me. È stanco, certo, ma il tempo per due parole lo
trova.” spiegò Sirius, evitando lo sguardo di
Alice. Non voleva certo essere lui a dirle che in realtà
James la evitava volontariamente perché era rimasto molto
ferito dal suo comportamento.
“Cosa
volete dire?” chiese Alice, spiazzata dalle parole degli
amici.
“Alice,
non credo che James si sia allontanato da te perché non
aveva tempo.” suggerì Lily, cercando di usare le
parole giuste per non ferire l’amica.
“Si,
beh.. Le tue parole lo hanno ferito.” completò
Remus prima che Sirius poter aprire bocca. Decisamente Sirius, con il
suo poco tatto, non era certamente la persona più adatta a
spiegare ad Alice doveva aveva sbagliato.
“Ho
solo detto quello che pensavo.” disse Alice, sulla difensiva.
“Gli
hai dato dell’egoista perché non voleva fare
quello che avevi deciso tu.” fece notare Lily, cercando di
essere comprensiva. Sapeva bene che la ragazza lo aveva fatto
perché era molto legata al cugino, ma il suo comportamento
era stato lo stesso pessimo.
“Si,
ma io..” cercò di obiettare la ragazza, subito
interrotta da Cristal.
“Hanno
ragione, pensaci Alice. Hai fatto lo stesso anche con Frank.”
suggerì la ragazza, fissando negli occhi la sua migliore
amica.
“Io
volevo solo..” mormorò Alice, gli occhi pieni di
lacrime. Improvvisamente si era conto che il suo carattere impulsivo e
protettivo aveva finito con il ferire le due persone che considerava in
assoluto le più importanti e che ora stava rischiando di
perdere entrambi.
“Lo
so, volevi solo il bene di James. Solo, a volte non ti accorgi che
quando si parla di lui diventi troppo possessiva.”
spiegò dolcemente Remus.
“Dite
che dovrei chiedere scusa?” chiese Alice, fissando gli amici
seduti intorno a lei; mancavano solamente Peter e Sebastian.
“Al
tuo posto io lo farei.” disse Sirius, sicuro. Nonostante i
mille difetti Sirius sapeva sempre chiedere scusa quando sbagliava;
certo, succedeva piuttosto spesso, ma nessuno avrebbe potuto affermare
il contrario.
“Sapete
dove si trova ora?” chiese Alice, guardando intorno ansiosa.
“Al
campo ad allenarsi o in biblioteca a studiare. Credo la
prima.” suggerì Lily, sospirando. Trovare James
non era certo un’impresa difficile. Trovarlo libero e
disponibile per un pomeriggio di svago era invece un’impresa
titanica, praticamente impossibile.
“Aspetta
stasera, fa le cose con calma.” consiglio Cristal. Alice
finì con il fare quello che le aveva detto la sua migliore
amica e si ritrovò ad aspettare con ansia che arrivasse la
sera, guardando l’orologio ogni cinque minuti.
“Ciao,
cugino. Posso parlarti?” chiese Alice, non appena vide James
comparire nella sala comune. Il ragazzo aveva ancora la divisa addosso
e la sacca sulle spalle, ma si fermò lo stesso, evitando lo
sguardo della ragazza.
“Credo
di si, è una cosa lunga? Sai, sono un po’
stanco.” mormorò James, pallido e tirato. Non ci
voleva certo un genio per capire quanto fosse distrutto e avesse
assolutamente bisogno di dormire almeno qualche ora. Alice
sospirò, e prese coraggio.
“No,
voglio solo chiederti scusa..” disse Alice, fissando il
pavimento con aria colpevole.
James ci
mise qualche istante a realizzare le parole della cugina, sorpreso che
la ragazza si fosse resa conto dei suoi errori e fosse tornata su suoi
passi chiedendo scusa.
“Non
c’era bisogno.” sospirò James,
abbozzando un sorriso.
“Invece
si, sono stata davvero troppo possessiva. Ma cerca di
capirmi..” cercò di giustificarsi Alice, alzando
lo sguardo ed incontrando gli occhi del cugino, luminosi come al solito.
La ragazza
si perse in quello sguardo color nocciola, incredula; per quanto fosse
stanco, James non riusciva a non trasmettere voglia di vivere ed
entusiasmo.
“Lo
so, eri preoccupata per me.” mormorò James,
prevedendo quello che avrebbe detto la cugina. Sapeva che il suo
comportamento era imprudente e che chi gli voleva era preoccupato per
lui, ma allo stesso tempo voleva che loro capissero che non potevano
pretendere che lui se ne restasse buono per tutto il resto della sua
vita. C’erano delle persone che credevano in lui e che
avevano bisogno del suo aiuto, e James non poteva certo deluderle.
“Ogni
volta che penso alla partita mi immagino te che cadi dalla scopa. Non
lo sopporterei, lo capisci vero?” chiese Alice, alzando lo
sguardo sul cugino. James annuì appena, poi
sospirò.
“Si,
ma tu capisci che non posso passare tutta la vita a guardare gli altri
vivere?” chiese James in rimando, fissandola dritta negli
occhi.
“Lo
so, questione chiusa?” domandò Alice, ridendo,
sperando di chiudere lì il discorso.
“Certo,
ma non per questo mi ritirerò dalla squadra.”
avvisò James, serio. Alice sbuffò.
“Sicuro?”
chiese Alice, sperando che il cugino cambiasse improvvisamente idea.
“Per
favore, smettiamola qui. Non voglio litigare ancora.”
sbuffò James, stanco dell‘egoismo della cugina; se
avesse dato retta a lei si sarebbe dovuto rinchiudere in una stanza e
non uscirne più, in modo da non farla preoccupare troppo.
“Avere
opinioni diverse per te significa litigare?” chiese Alice,
seccata.
James
alzò gli occhi al soffitto, troppo stanco per continuare
quella discussione.
“So
solo che l’ultima volta mi sono preso dell’egoista
e non voglio ripetere l’esperienza.”
mormorò James. Alice improvvisamente capì che
quelle parole lo avevano davvero ferito.
“Scusa,
davvero.” sussurrò Alice, colpevole.
“Dai,
basta. Piuttosto, hai visto la mia scopa nuova?” chiese
James, guardandosi intorno. Alla fine gli zii e sua madre avevano
mantenuto la loro promessa e la sua scopa nuova era finalmente arrivata
al castello.
“Si,
l’aveva Sirius prima.” disse Alice, alzando le
spalle.
“Bella
vero?” esclamò James, entusiasta. Suo zio come al
solito aveva scelto la scopa migliore e nel biglietto di
accompagnamento gli aveva scritto che doveva assolutamente vincere
quella partita. Sembrava ancora parecchio distante, ma a James sembrava
che stesse cercando di farsi perdonare per il comportamento che aveva
tenuto a natale.
“Vorrei
sapere che fine ha fatto quella vecchia..” sospirò
Alice, pensierosa. La vecchia scopa di James era scomparsa
misteriosamente dopo l’ultima partita della stagione
precedente, probabilmente rubata da qualche serpe gelosa della vittoria
dei grifoni.
“È
sparita dopo la partita, credo. Non ricordo altro.” disse
James, alzando le spalle.
“Lo
so, la mia era una domanda retorica.” spiegò
Alice, sorridendo.
“A
proposito di quei mesi, sei sicura che non c’è
nulla dovrei sapere?” chiese James, fissando con attenzione
la cugina negli occhi. Quella domanda fece sussultare Alice.
“No,
No.. Che dici?” balbettò la ragazza, ansiosa.
Sapeva che avrebbe dovuto dire tutto a James, ma non ci riusciva; non
voleva agitarlo o farlo arrabbiare.
“Non
so, a volte ho come delle sensazioni.” spiegò
James, grattandosi la testa.
“Ti
stai sbagliando, te lo assicuro.” mormorò Alice,
impacciata. Odiava mentire al cugino, ma non c’era altro modo.
“Sarà
come dici tu. Vado a letto, sono stanco.” comunicò
James, sbadigliando.
“Buona
notte, cuginetto.” salutò Alice, abbracciandolo
forte.
“Buona
notte, piccola peste.” mormorò James sorridendo e
ricambiando quella stretta, prima allontanandosi verso la propria
stanza. Riuscì a fare solo qualche passo prima di essere
travolto da una ragazza con un sacco di capelli ricci.
“Capitano,
ti cercavo.” esclamò Charleen, al settimo cielo
per avere finalmente trovato James.
“Dimmi
tutto.” disse James, ricambiando il sorriso. Negli ultimi
tempi la riccia, insieme a Lily, erano state le due che avevano fatto
di più per lui.
“Hai
bisogno di aiuto per i compiti?” chiese la ragazza, decisa a
fare il possibile per aiutare il suo amico.
“No,
sono troppo stanco. Credo che andrò a dormire.”
rispose James, sbadigliando.
“Bravissimo,
allora a domani.” salutò Charleen, augurandogli la
buona notte.
“Buona
notte Charleen, grazie per tutto quello che fai.”
ringraziò James, abbassando la testa. Senza
l’aiuto di Charleen, di Frank e della squadra non avrebbe
potuto fare nulla.
“Io
ci credo.” rispose Charleen, decisa. Quelle parole stupirono
James.
“Come?”
chiese James, confuso.
“Alice
e Sirius si sbagliano, noi vinceremo. Ne sono sicura.”
spiegò Charleen, con un sorriso contagioso sulle labbra.
“Buona
notte, campionessa.” mormorò James, salendo piano
le scale.
Il giorno
della partita alla fine arrivò; si trattava di una domenica
mattina come le altre, tranne per l’agitazione della squadra
di Grifondoro. A colazione James si guardava intorno, come faceva
sempre prima di una partita importante, ma ciò che vide ebbe
il potere di deluderlo. Non c’erano bandiere, ne striscioni o
grida di incitamento. Tutti i suoi compagni mangiavano a testa bassa,
fingendo di non sentire i cori di Serpeverde. Tassorosso e Corvonero
tifavano Serpeverde, i Grifondoro non tifavano proprio.
Nessuno,
nemmeno Sirius, Alice e gli altri alla fine decise di venire a vedere
la partita. La tribuna di Serpeverde era più rumorosa che
mai, quella di Grifondoro era vuota. James entrò nello
spogliatoio, agitato e crollò a sedere fissando il vuoto
davanti a sé. Sembrava svuotato da qualsiasi emozione,
incapace di fare anche in minimo movimento. Il tanto temuto crollo
nervoso alla fine era arrivato.
“Torniamo
al castello!” ordinò deciso alla sua squadra,
ricevendo in cambio una serie di occhiate confuse.
“Prego?”
chiese Frank, incredulo, parlando a nome di tutta la squadra.
“Hai
deciso di lasciare?” chiese Charleen, confusa.
“Io,
No.. Ma, insomma..” balbettò James, insicuro. Non
sapeva nemmeno lui quello che gli stava passando per la testa,
figurarsi se sarebbe riuscito a spiegarlo agli altri.
“Si,
Charleen. Il nostro capitano, James Potter, ha parlato bene ma ha
finito con il lasciarci nella merda.” scandì
Frank, furente, sperando che le sue parole avrebbero potuto scuotere
l‘amico e spingerlo a reagire.
“Che
stai dicendo Frank?” chiese James, spaventato dalla reazione
dell’amico.
“Solo
la verità. Hai parlato bene, ma alla prima
difficoltà lasci.” mormorò Frank,
deluso, mentre il resto della squadra, compreso Simon, ascoltava ogni
parola con il fiato sospeso senza dire nulla. La situazione era
già abbastanza tesa così senza che ci si
mettessero anche loro.
“La
vedi quella tribuna? È vuota! Hai mai visto la nostra
tribuna così vuota?” esclamò James,
indicando a Frank le gradinate spoglie.
“Sapevi
dall’inizio che era un’impresa folle.”
rispose Frank, deciso, mettendo James di fronte alla realtà;
forse era doloroso, certo, ma era necessario.
“Si,
ma..” provò ad obiettare James.
“James
ascoltami. Siediti, calmati e respira. Devi tornare in te e fare il
capitano. Perché vedi, noi questa cosa la possiamo fare.
Possiamo scendere in campo e vincere, ma tu ci devi essere. Non
perché sei bravo, ma perché sei l’anima
di questa squadra.” disse Charleen, scuotendo James per le
spalle, dando così anche a Frank il tempo di calmarsi. Non
serviva a nulla urlare con James in quello stato; serviva solo a
peggiorare le cose.
“Ha
ragione lei, capitano. Noi crediamo in te.”
mormorò Stephanie a bassa voce.
“Hai
fatto un miracolo rimettendo insieme la squadra e convincendoci che ce
la possiamo fare. Ora che fai, crolli tu?” chiese Frank,
abbozzando un sorriso. James si guardò intorno e vide un
sacco di persone che credevano in lui, nonostante tutto.
“Sono
un idiota.” esclamò James scuotendo la testa.
“Lo
sappiamo. Anzi, a dire il vero io lo avevo previsto che avresti avuto
un crollo nervoso. Solo, speravano non oggi.”
mormorò Frank, passando un braccio intorno alle spalle
dell’amico.
“Grazie
Frank.” ringraziò James, con gli occhi lucidi.
“Smettila.
Piuttosto, questa è l’ora del discorso di
incoraggiamento.” disse Frank, cercando di cambiare argomento
per non peggiorare l’umore del suo capitano.
“Forse
dovrebbe farlo Charleen..” suggerì James,
impacciato, fissando la ragazza negli occhi.
“Ho
solo detto quello che pensavo.” disse Charleen, arrossita
improvvisamente.
“Va
bene, allora. Da che parte inizio?” chiese James, guardandosi
intorno in cerca di ispirazione. I discorsi di incoraggiamento di
solito erano il suo forte, anche perché la squadra non ne
aveva mai avuto un gran bisogno.
“Dall’inizio,
poi continua fino alla fine.” suggerì Bob,
ridendo. James alzò gli occhi al soffitto e
proseguì, ignorando la battuta del compagno di squadra.
“La
nostra tribuna è vuota, nessuno è venuto a
vederci perché nessuno crede che ce la possiamo fare.
Persino i nostri più cari amici e parenti hanno
speranze.” iniziò James, tetro, pensando a quella
tribuna così desolatamente vuota; nemmeno Sirius, Remus,
Alice e Peter erano venuti a vedere la partita. Guardò Frank
e vide che nonostante cercasse di nasconderlo anche lui era triste per
l’assenza delle persone a cui teneva di più.
“Non
dovevi incitarci?” chiese Mark, tra l’incredulo ed
il divertito.
“Fallo
andare avanti, il pezzo forte di solito arriva dopo.”
ribatté Frank, mettendosi comodo.
James
lanciò uno sguardo alla sua squadra, cercando di indovinare
il loro umore. Nessuno sembrava essere in quella stanza
perché costretto, anzi, ognuno di loro sembrava davvero
motivato ed impaziente di giocare.
“Abbiamo
perso le prime due partite e per la prima volta nella storia siamo
ultimi.” continuò James, serio, elencando i tanti
fallimenti a cui era andata incontro la squadra quell’anno.
“La
più grande disfatta di Grifondoro, come non fa che ripetere
Minnie.” disse Frank, riferendosi alle occhiatacce che la
professoressa McGranitt non faceva che mandare loro. Persino a lezione
ogni occasione era buona per fulminarli con lo sguardo, ed incitarli a
vincere. In particolare la donna non sembrava avere perso bene
l’abbandono di Sirius, Alice e Seba, tanto che non faceva che
affibbiare loro punizioni.
“Per
essere primi e superarli dovremmo fare almeno 400 punti di
vantaggio.” sospirò Luke, sconsolato; si trattava
di un’impresa impossibile, mai riuscita da quanto Hogwarts
esisteva.
“È
una vergogna, ma non per i punti. A questo punto vincere non
è la cosa più importante. Dobbiamo riprenderci i
nostri tifosi.” disse James, deciso come in allenamento.
“Andiamo
nella torre e li trasciniamo?” chiese Frank, curioso.
“No,
Frank. Voglio che ognuno di voi scenda in campo e dimostri a tutti,
presenti e non, che non hanno capito nulla. Serpeverde crede che la
cosa più importante sia vincere e che il gioco di squadra
sia inutile. Dimostriamo loro l’importanza
dell’essere una squadra e che ci sappiamo divertire. I
risultati verranno da soli e la nostra gente tornerà a fare
il tifo per noi. Io ci credo, e prometto che non prenderò il
boccino fino a che la mia squadra non avrà segnato almeno
300 punti!” esclamò James, sorridendo. Il ragazzo
aveva ritrovato tutto il suo entusiasmo e la fiducia in se stesso.
Quando aveva parlato con Regulus aveva capito ciò che
differenziava le serpi dai grifoni ed era intenzionato a dimostrarlo a
tutti.
I Serpeverde
giocavano per la gloria, senza fare gioco di squadra; Grifondoro ci
metteva il cuore, il coraggio e lo faceva soprattutto per il gusto di
farlo e per fare gioco di squadra.
“Beh,
se la metti così anche io vi prometto qualcosa; nessuno
riuscirà a segnare, anche a costo di prendermi dei bolidi in
faccia resterò in campo a proteggere gli anelli.”
affermò Frank, sicuro. Quello era il momento della svolta;
Grifondoro doveva vincere.
Era
intenzionato a mostrare a tutti che lui ancora il portiere eccezionale
dell’anno prima, e che insieme ai suoi compagni poteva
tranquillamente recuperare un anno iniziato nel peggiore dei modi.
“Non
prenderai bolidi in faccia, ma loro si.” promise Mark,
brandendo la mazza da battitore in modo minaccioso. James e Frank
avevano ragione, quella doveva essere la partita del riscatto. Gli era
stata data una seconda possibilità per dimostrare alla
scuola che lui non era solo il giocatore imbranato che ferisce i
compagni, ma anche quello che li sa portare alla vittoria.
“Ci
dovranno temere.” confermò Luke, deciso. Non ci
sarebbe stato suo fratello forse, ma lui avrebbe vinto lo stesso.
“Ed
i nostri cacciatori, cosa ne pensano?” chiese Frank, fissando
Bob, Stephanie e Charleen. I ragazzi infatti fino a quel momento erano
rimasti in silenzio ad osservare la scena, quasi intimoriti dalla
sicurezza dei compagni. Loro non erano dei fuoriclasse, erano solamente
la seconda scelta.
“Davvero
credi che ce la possiamo fare?” chiese Stephanie, incerta.
“Scherzi?”
chiese Frank, incredulo.
“Noi
non siamo forti come Sebastian o Sirius.” sospirò
Charleen, scoraggiata. Forse con i tre ragazzi in squadra sarebbe
andata meglio.
“Ascolta
Charleen, voi siete meglio di Seba e Sirius perché sapete
fare gioco di squadra.” esclamò James, sicuro.
Quando aveva visto i tre cacciatori in allenamento aveva realizzato che
Frank aveva fatto la scelta giusta. Nessuno di loro spiccava
particolarmente, ma insieme erano una vera forza della natura tanto che
si muovevano veloci, evitando gli avversari e facendo passaggi precisi
tanto da sembrare una cosa sola.
“Insieme
siete imbattibili.” confermò Simon, deciso. Anche
se non sarebbe sceso in campo era più che mai deciso a fare
di tutto per incitare i compagni e portarli così alla
vittoria.
“Siamo
con James?” chiese Frank, alzandosi in piedi.
“Tutti
con il capitano!” esclamarono i ragazzi in coro.
“La
coppa sarà nostra.” promise Frank stringendo forte
un pugno.
“Vedrete,
in breve tempo saranno tutti lì a tifare per noi!”
assicurò James, deciso.
Nel
frattempo nella sala comune di Grifondoro tutti si guardavano tra loro,
pieni di sensi di colpa. Era la prima volta che saltavano una partita
ed era evidente che la cosa pesava a tutti. Persino i Tassorosso erano
sempre scesi in campo, anche quando sapevano di non avere la minima
speranza di vincere.
“Dovremmo
essere là a vederli giocare.” sospirò
Lily, triste. Aveva visto il viso stanco ma allo stesso tempo deciso di
James in quelle settimane, e sapeva bene che il ragazzo non si meritava
affatto una tribuna vuota. Si era impegnato a fondo per dimostrare che
ce la poteva fare, ma nessuno sarebbe andato lì a
dimostrargli che aveva capito il messaggio. Non era assolutamente
giusto.
“È
inutile, li umilieranno.” spiegò pazientemente
Alice, quasi la cosa non la riguardasse. Remus la fissò
incredulo; come poteva parlare della sua casa come se non gliene
importasse nulla?
“Non
potete saperlo.” ribatté Lily, decisa. Non se ne
intendeva per nulla di sport, ma sapeva che se James e Frank ci
credevano allora Grifondoro ce la poteva fare. Ne era sicura.
“È
scontato. I migliori cercatori di Grifondoro sono qui.”
mormorò Sebastian, alzando le spalle ed indicando se stesso,
Sirius e Alice. Quelle parole fecero perdere le staffe a Lily; come
potevano dichiarare di essere i migliori se rimanevano in una stanza
senza nemmeno andare a vedere la partita?
“Siete
solo dei codardi, avete paura di quello che diranno i Serpeverde. Io
vado alla partita, anche da sola.” sbuffò Lily,
chiudendosi la porta alle spalle senza aspettare risposta.
Pochi
istanti dopo la porta sbatté ancora, e la ragazza
intuì che qualcuno la stava seguendo.
“Aspetta
Lily.” chiamò Remus, correndo verso la ragazza.
“Remus?”
mormorò Lily, stranita.
“Vengo
anche io.” spiegò Remus.
“Perché
hai cambiato idea?” chiese Lily, curiosa.
“Beh,
al mio posto James sarebbe di sicuro andato.” rispose Remus,
pratico.
“Vinceranno,
ne sono sicura.” disse Lily, decisa.
“Speriamo.”
sospirò Remus.
Una volta
arrivati sulla tribuna i due ragazzi la trovarono vuota fatta eccezione
per un ragazzino con un braccio fasciato.
“Da
questa parte, venite qui.” chiamò il ragazzino,
sorridendo.
“Simon,
giusto?” chiese Remus, studiando a fondo il compagno di casa.
Da quello che gli aveva raccontato James Simon era rimasto insieme alla
squadra anche se non poteva giocare, assistendo agli allenamenti,
raccattando le pluffe e i bolidi a fine allenamento, aiutando James con
i compiti e facendo da supporto morale.
Era
incredibile, quel ragazzino da solo aveva fatto più di
quanto avessero fatto lui e Sirius insieme pur senza scendere in campo.
“Si,
il battitore infortunato.” annuì Simon, felice di
non essere l’unico spettatore della partita. Era sicuro che
fosse solo questione di tempo. James aveva ragione, alla fine sarebbero
arrivati tutti a vederli giocare.
“Siamo
gli unici, che tristezza.” borbottò Lily, delusa.
“È
solo questione di tempo.” spiegò Simon, studiando
a fondo la tribuna opposta già gremita di gente. Non
sembrava agitato o deluso; credeva davvero alle parole di James e
sapeva che si trattava solo di aspettare.
“Come?”
chiese Lily, confusa.
“Appena
iniziaranno a giocare arriveranno tutti. Vedrete, sono
inarrestabili.” spiegò Simon, sicuro. Aveva visto
giocare i suoi compagni e sapeva bene che le serpi non avevano
speranza.
“Allora
James ha fatto un buon lavoro.” commentò Remus,
sorridendo, fiero del suo amico.
“James
è eccezionale.” assicurò Simon,
entusiasta.
“Non
so come ha fatto a non crollare in queste settimane.”
sbuffò Lily, preoccupata per il ragazza di cui si era
accorta di essere irrimediabilmente innamorata.
“Beh,
è crollato poco fa.” disse Simon, alzando le
spalle mentre sui visi dei due compagni si disegnava
un’espressione terrorizzata.
“Dici
sul serio?” chiese Remus, pallido, imprecando
silenziosamente. James alla fine era crollato, aveva avuto bisogno di
loro e ancora una volta gli amici lo avevano lasciato solo.
“Non
voleva scendere in campo.” spiegò Simon,
tranquillo.
“E
poi?” chiese Lily, ansiosa, aspettando che il ragazzo
continuasse il racconto.
“Charleen,
Frank e la squadra gli hanno fatto cambiare idea.”
raccontò Simon, serio, ricordando le parole della ragazza.
Charleen era stata davvero grande; in quelle settimane aveva
già abbondantemente dimostrato di non essere la ragazza
superficiale che sembrava, ma ogni giorno era una continua scoperta.
“Meno
male.” sospirò Remus, sollevato che James si fosse
ripreso.
“Avreste
dovuto vederli, sono carichi. Serpeverde dovrà impegnarsi
per vincere.” assicurò Simon, entusiasta.
Remus e Lily
si scambiarono uno sguardo complice, poi tornarono a fissare il campo
in attesa che i giocatori scendessero in campo e la partita potesse
avere inizio.
Poco prima
di scendere in campo Charleen lanciò un’ultima
occhiata alle tribune, fissando incredula ciò che si trovava
di fronte.
“Ehi
ragazzi, guardata là.” urlò Charleen,
facendo sobbalzare tutti quanti i compagni.
“Dove?”
chiese Frank, precipitandosi a vedere.
“Sulle
tribune, avanti guarda.” lo incitò Charleen,
agitata.
“Charleen,
non c’è nessuno. Solo Simon.”
sbuffò James, indossando l’uniforme senza prestare
troppa attenzione all’entusiasmo della ragazza.
“Guarda
meglio.” sbuffò Charleen.
“Ha
ragione lei, ci sono Lily e Remus.” esclamò Frank,
sorpreso ed allo stesso tempo deluso che non ci fossero anche Sebastian
ed Alice.
“Non
possiamo perdere allora.” esclamò James, deciso,
guardando lui stesso dove stava indicando la ragazza.
“Perché
c’è la tua bella?” scherzò
Frank.
“Smettila
subito Frank.” disse James, rosso in viso.
Charleen e
Frank si guardarono e cominciarono a ridere di gusto; il portiere aveva
colpito nel segno.
“Avanti,
tutti in campo!” ordinò James, deciso.
Come al
solito la stretta di mano tra i due capitani sembrò tutto
tranne che amichevole, ma nessuno sembrò protestare. Non si
poteva certo pretendere che una Serpe e un Grifone andassero
d’amore e d’accordo dopo tutto.
Una volta
saliti sulle scope fu chiaro a tutti che non sarebbe stato
così facile per Serpeverde portare a casa la coppa, anzi. I
giocatori di Grifondoro erano veloci, precisi e determinati.
Ogni volta
che una serpe prendeva la pluffa c’era sempre un cacciatore
pronto ad intercettarla, un battitore pronto a lanciare un bolide o
Frank pronto a parare. Persino James un paio di volta si era lanciato
in una mischia di cercatori, confondendo i Serpeverde per permettere a
Stephanie e Charleen di riprendere la pluffa. Regulus assisteva
divertito a quelle assurde mischie, fregandosene della disperazione dei
suoi compagni e della sua casa; a lui importava prendere il boccino e
battere James, per il resto Serpeverde poteva anche perdere. James
invece non prestava la minima attenzione al boccino intento come era a
dare consigli alla sua squadra, mettendo in atto complicati schemi di
attacco che doveva avere pensato di notte. Solo un paio di volte si
lanciò all’inseguimento del boccino, giusto per
assicurarsi che Regulus non lo prendesse. La prima volta si
lanciò nella direzione opposta, portando il Serpeverde fuori
strada; la seconda volta invece inseguì Regulus, lo
superò e fece in modo che la piccola sfera d’orata
potesse volare via. Il pubblico era in delirio, tanto che Tassorosso e
Corvonero avevano preso a tifare per Grifondoro. La professoressa
McGranitt era fuori di sé dalla gioia e Silente sembrava
alquanto compiaciuto.
Le grida dal
campo arrivavano fino al castello, tanto che molti studenti si erano
alla fine decisi ad andare alla partita. In particolare negli ultimi
minuti c’era stata una mobilitazione generale; tutta quanta
Grifondoro si stava riversando allo stadio.
“Che
sta succedendo?” chiese Alice, guardando confusa gli amici.
“Non
lo so..” rispose Seba, alzando le spalle. Per quanto odiasse
ammetterlo, anche lui era curioso di sapere quello che stava accadendo
al campo.
“Ehi
tu, dove vanno tutti?” chiese Cristal ad una ragazza del
settimo anno che si era colorata il viso con i colori della casa dei
grifoni.
“Al
campo a vedere la partita.” rispose lei, come se quella fosse
una risposta più che ovvia.
“Cosa?”
chiese Sirius, incredulo.
“Grifondoro
sta vincendo.” spiegò meglio la ragazza,
sorridendo.
“Per
quello che vale, siamo lo stesso ultimi.” sbuffò
Seba, depresso.
“Invece
no, se vincono con 400 punti di vantaggio vinciamo noi.” si
intromise un ragazzo del primo anno con l‘aria di chi la sa
lunga.
“Non
dire schiocchezze, nessuno a mai vinto con 400 punti
vantaggio..” sbuffò Alice, seccata.
“Lo
dici tu, intanto stiamo vincendo per 200 a 0!” disse la
ragazza con il viso colorato, allontanandosi verso il campo.
“Cosa?”
chiese Cristal, incredula.
“Non
è possibile.” commentò Sirius, stupito.
“Andiamo,
forza.” esclamò Sebastian, deciso a vedere se
quella era la verità.
I ragazzi
corsero al campo, cercando di fare più in fretta possibile.
Una volta arrivati scoprirono che era tutto vero.
“Remus,
Lily!” chiamò Cristal, correndo vero i due ragazzi.
“Eccoli.”
urlò Lily, indicando gli amici.
“Visto?”
chiese Simon, sorridendo.
“Che
sta succedendo?” chiese Alice, senza riuscire a staccare lo
sguardo dal campo.
La squadra
di Grifondoro era scatenata, ed i suoi giocatori erano talmente veloci
che risultava quasi difficile seguire le loro azioni.
“È
la partita più incredibile che abbia mai visto!”
esclamò Remus, indicando il tabellone che segnava il
punteggio: 250 a 0 per Grifondoro.
“Charleen
ha fatto un sacco di punti, e nessuno è ancora riuscito a
segnare a Frank.” disse Lily, entusiasta, fissando
l’amica volare veloce verso la porta e segnare un fantastico
punto.
“James?”
chiese Sirius, cercando l’amico con lo sguardo.
“Si
diverte a prendere in giro Regulus.” spiegò Simon,
divertito, mentre James si prendeva gioco per l’ennesima
volta della serpe allontanandolo dal boccino per lasciare giocare i
compagni.
“Quanto
siamo?” chiese Sebastian, incredulo. Non poteva essere vero;
come diamine aveva fatto James a compiere un simile miracolo? Era
davvero bastato il suo entusiasmo e la sua voglia di fare a trasformare
una squadra sull’orlo del fallimento in una squadra di
campioni?
“280
a 0.” rispose Remus, battendo le mani. Alle loro spalle la
curva era scatenata ed aveva preso ad incitare la squadra con cori e
canti. Serpeverde invece si era ammutolito.
“Accidenti,
che fa James?” chiese Seba, seccato. Grifondoro stava
vincendo, se James avesse preso il boccino allora la coppa sarebbe
stava loro.
“Ha
detto che non prenderà il boccino fino a che Grifondoro non
avrà 300 punti di vantaggio.” spiegò
Simon, riassumendo brevemente ai nuovi arrivati il discorso di
incoraggiamento di James.
“Beh,
manca poco allora.” commentò Cristal, alzando le
spalle mentre Charleen segnava l’ennesimo punto per
Grifondoro. Prima ancora che la curva smettesse di esultare Bob aveva
già raddoppiato e James, inseguito a breve distanza da
Regulus, si era lanciato all’inseguimento del boccino; era
arrivato il momento di chiudere quella dannata partita, entrare nella
storia e riscattarsi davanti a tutta la scuola.
Poco dopo la
voce del cronista risuonò forte in tutto lo stadio,
annullando definitivamente le speranze dei Serpeverde.
“JAMES
POTTE PRENDE IL BOCCINO E GRIFONDORO VINCE LA PARTITA E A SORPRESA
ANCHE LA COPPA!” esclamò il cronista, incredulo.
“Incredibile!”
commentò Sebastian, scuotendo la testa. James era riuscito
dove lui aveva fallito. Avrebbe dovuto fidarsi di lui e giocare.
Proprio
mentre tutti stavano esultando, Sirius e Lily si accorsero che qualcosa
non andava. James infatti era ancora a mezz’aria e non
sembrava dare segno di muoversi;
“Oddio,
James!” urlò Alice, spaventata, mentre James
perdeva l’equilibrio; il ragazzo infatti stava
inspiegabilmente cadendo dalla scopa. Prima che fosse troppo tardi
Frank riuscì a prenderlo al volo, salvando la situazione. Il
capitano era svenuto e sembrò riprendersi solamente una
volta toccato terra. Non appena si rese conto di quanto era successo
James fece un segno verso la tribuna, per rassicurare la cugina e gli
amici. Alice tirò un sospiro di sollievo e lo stesso fecero
gli altri. Solo Sirius sembrava pensieroso; un brutto presentimento gli
diceva che presto ci sarebbero stati guai.
“Ehi
amico, tutto bene?” chiese Frank una volta nello spogliatoio.
“Si,
credo.” mormorò James, ancora scosso.
“Che
è successo?” chiese Charleen, sedendosi vicino a
lui.
“Non
lo so, un giramento di testa.” rispose James, prendendo la
testa tra le mani.
Improvvisamente
di nuovo tutto divenne nero e James dovette appoggiarsi al muro per non
cadere.
“Ci
sei?” chiese Frank, spaventato.
James
cercò di rispondere, ma la voce gli morì in gola.
Intorno a lui vedeva un sacco di immagini sfuocate di gente arrabbiata,
che urlava. Stavano litigando con qualcuno che disprezzavano ma lui non
riusciva a capire di chi si trattasse; chi era quel ragazzo?
Perché tutti lo odiavano e ce l’avevano con lui?
Che diamine aveva fatto di tanto grave?
“James,
ci dici qualcosa?” implorò Charleen.
Il ragazzo
aveva di nuovo perso i sensi. Non appena aprì gli occhi,
fulminò gli amici con lo sguardo.
“Sto
cominciando a spaventarmi.” avvertì Frank, ad un
passo dall’andare a chiamare i professori.
“Mi
avete mentito..” mormorò James, con il groppo il
gola. Improvvisamente tutto era diventato chiaro; era lui quello che
tutti loro odiavano. Gli avevano mentito da quando era uscito dal coma.
Si erano presi gioco di lui e della sua buona fede. Chissà
quante risate si erano fatti alle sue spalle in quei mesi.
“Che
dici, James?” chiese Charleen, spaventata.
“Non
voglio più vedere nessuno di voi, sparite dalla mia
vita.” urlò James, fuori di sé.
Frank e
Charleen cercarono di dire qualcosa, ma ancora una volta il cercatore
li precedette.
“Come
avete potuto mentirmi così?” chiese James, prima
di andarsene sbattendo la porta.
“Dannazione.”
imprecò Frank tirando un pugno al muro, mentre i ragazzi
entravano nello spogliatoio. C’erano tutti. Alice, Sirius,
Simon, Remus, persino il piccolo Peter; mentre Lily, con Cristal e Seba
chiudevano il gruppo.
“Ehi
ragazzi, dove si è cacciato il nostro campione?”
chiese Alice, guardandosi intorno alla ricerca del cugino per fargli i
complimenti.
“Fate
un’altra domanda, meglio..” sospirò
Charleen, depressa.
ANGOLO DELL'AUTRICE:
innanzitutto chiedo perdono per la lunga assenza, sperando che questo
altrettanto lungo capitolo addolcisca un po' il tutto!
ringrazio chi ha commentato e chi commenterà e visto che
è tardi e che domani ho un colloquio importante passo subito
a rispondere ai commenti!
STECULLEN94: grazie milleee!
partita vinta, eccome se l'ha vinta. con Alice ammetto di avere dato il
peggio di me, Sirius invece qualche punto lo ha riguadagnato.. almeno
fino a che James non ha ritrovato completamente la memoria.
da quel momento in poi credo che di punti ne abbiano persi parecchi
tutti!
LOVE_VAMPIRE: grazie milleee!
eh si, lo ammetto.. Alice l'avrei presa a schiaffi anche io.
Lily invece è sempre più presa, innamorata e
carina con James-
piaciuta la partita?
MALANDRINA4EVER: grazie milleee!
ma no, non uccidere tutti.. almeno qualcuno salvalo senno che scrivo io?
la squadra direi che si è riscattata, solo che James ha
ritrovato la memoria.
ILOVEJAMES97: grazie milleee!
beh, in questa storia non ci sarà grande spazio per Regulus.
nell'altra storia che sto scrivendo, quella più lunga,
diciamo che si riscatta abbastanza e fa una fine decisamente
più piacevole che nel libro; se hai voglia vai a dare
un'occhiata!
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Capitolo 18 *** rimettere insieme i pezzi ***
CAPITOLO
16
RIMETTERE INSIEME I PEZZI
James vagava da
ore nel giardino del castello come un’anima in pena, solo. La
sua improvvisa sparizione non era certo passata inosservata dopo la
fine della partita, ma a lui non importava più di tanto;
l’intera casa di Grifondoro lo cercava per congratularsi con
lui e brindare insieme per la partita, ma questo non costituiva certo
un ottimo motivo per farsi vedere in giro.
James non
voleva vedere nessuno ma allo stesso tempo desiderava che lo cercassero
dimostrando così di tenere a lui. Voleva delle spiegazioni,
certo, ma allo stesso tempo sapeva che non avrebbe permesso a nessuno
di parlare tanto era furioso. Non riusciva a smettere di pensare alle
menzogne, a tutte quelle cose non dette e a tutto il male che gli
avevano fatto in quegli ultimi mesi. Quello di cui aveva veramente
bisogno era sfogarsi, poter urlare al mondo la sua rabbia per essere
stato tradito da persone nelle quali aveva sempre riposto una fiducia
cieca, persino quando non ricordava nulla.
Il Cercatore
sospirò, si guardò appena intorno e
continuò a camminare senza prendere una direzione precisa.
Dal punto in cui si trovava si intravedeva appena lo stadio e le urla,
di rabbia per Serpeverde e di gioia per Grifondoro, arrivavano deboli
come sussurri lontani.
“Ehi,
ragazzo..” chiamò un voce alla spalle di James,
facendolo sobbalzare.
Subito il
ragazzo si voltò, pronto ad aggredire il nuovo venuto. Aveva
già la bocca aperta ed i pugni stretti ma si
bloccò quando vide che si trattava di Silente.
Inspiegabilmente il vecchio preside non era nel suo ufficio o fuori
dallo stadio ad osservare divertito i festeggiamenti, ma era
lì in compagnia di un visitatore girato di spalle.
“Preside?”
mormorò James, perplesso, cercando di capire chi fosse
l‘ospite misterioso e soprattutto cosa avesse spinto i due
uomini ad andarlo a cercare fin quasi nel cuore della Foresta Proibita.
Il ragazzo guardò meglio l’uomo voltato di spalle,
curioso. C‘era qualcosa in lui che lo faceva sembrare
familiare, ma James non avrebbe saputo dire con precisione di cosa si
trattava.
“Ci
sarebbe una visita per te, James.” disse il vecchio
insegnante, sorridendo ed indicando l‘uomo che sembrava
tenersi volontariamente a distanza.
“Non
credo di volere vedere nessuno, almeno per adesso.” rispose
James, cupo, distogliendo lo sguardo dal visitatore.
Il Preside
sospirò, paziente. Probabilmente sapeva tutto. Lo aveva
sempre saputo eppure era rimasto a guardare anche lui, forse
scommettendo con gli altri insegnanti circa quando sarebbe caduto.
Subito James si pentì di quel pensiero tanto cattivo.
Probabilmente Silente aveva sempre saputo tutto, ma si era tenuto
volontariamente in disparte, pronto ad intervenire quando lui ne
avrebbe avuto più bisogno.
“Nemmeno
un vecchio zio che si sente tanto idiota?” chiese una seconda
voce appartenente all‘uomo girato di spalle, che James
finalmente riuscì a riconoscere. Si trattava di Robert, il
padre di Alice, il fratello di sua madre, quello zio che si era
dileguato da qualche mese a quella parte e che aveva deciso di
ricomparire solamente nel momento peggiore. La sua presenta
irritò ancora di più James, facendolo diventare
paonazzo per la rabbia; tra tutte le persone che desiderava non vedere,
lui era decisamente ai primi posti. James sospirò, cercando
di mantenere la calma, finendo con il fallire miseramente.
“Fammi
capire, non ti fai vedere per mesi, poi compari sorridendo ed io dovrei
correre da te dimenticando quanto sei stato stronzo?”
urlò James, dimenticandosi di essere nel bel mezzo del parco
della scuola a pochi passi dal Preside, che tuttavia sembrava divertito
da quel siparietto. Lo zio sospirò, per nulla spaventato
dalla sfuriata di James. Conosceva bene il ragazzo e si era aspettato
una reazione del genere. Aveva pienamente ragione, il suo comportamento
era stato pessimo.
Silente, fermo
sulla sua posizione, guardava i due divertito chiedendosi quanto
sarebbe durata quella sfuriata. James aveva bisogno di sfogarsi, per
questo aveva chiamato Robert subito dopo la partita. Parlare con
qualcuno che James amasse quasi come un padre lo avrebbe fatto calmare
e tornare la persona solare che era prima di quel drammatico incidente.
Quando aveva visto comparire il preside nel salotto di casa sua, Robert
si era spaventato, intuendo che doveva essere successo qualcosa a
James. Il vecchio preside non si era fatto pregare ed aveva subito
raccontato di come il ragazzo doveva aver ricordato tutto durante la
partita, per poi sparire subito dopo. Silente non aveva aggiunto altro,
ma Robert aveva capito cosa doveva fare; parlare con James e farlo
ragionare era una cosa che poteva fare solamente lui. Ora che lo aveva
di fronte, deluso, arrabbiato e solo, l’uomo ne era sempre
più convinto.
“Ho
sbagliato, lo so. Soffrivo come un cane. Tuo padre mi mancava troppo e
tu me lo ricordavi in tutto. Guardarti in faccia e starti vicino faceva
troppo male.” cercò di spiegare Robert, fissando
con insistenza il pavimento. Avrebbe voluto dire molte altre cose, ma
le parole gli erano morte in gola. Non era riuscito a dire a James
quanto fosse dannatamente simile a suo padre e di quanto Charlus ne
fosse sempre stato fiero.
James
guardò a lungo lo zio, sorprendendosi nel vedere nei suoi
occhi una sofferenza infinita. Forse la stessa che stava provando lui
in quel momento, tradito da Sirius e dalle persone a cui voleva in
assoluto più bene. Si ritrovò a pensare che suo
padre era sempre stato il miglior amico di suo zio anche prima che
conoscesse e sposasse sua madre e che anche per lui non dovevano essere
stati uno scherzo quei mesi.
“Avevo
bisogno di te. Anzi, forse anche ora ho bisogno di te..”
esclamò James, lasciandosi cadere a terra con la schiena
appoggiata ad una sequoia secolare. Lentamente la rabbia nei confronti
dello zio iniziò lentamente a diminuire per lasciare il
posto ad un tristezza indefinibile ed infinita. Robert
sembrò intuire questo cambiamento e si avvicinò
al nipote, appoggiando una mano sulla spalla del ragazzo. A quel punto
Silente capì che era arrivato il momento di andarsene,
lasciando soli e due. In meno di un istante sparì,
silenzioso e discreto come solo lui riusciva ad essere.
“Mi
sono comportato da egoista ma ora sono qui, promesso. Sai che sei stato
bravissimo in campo? Sono davvero orgoglioso di te.”
sussurrò Robert, con la voce rotta e tremante per vie
dell’emozione. James apprezzò molto che lo zio non
avesse detto una frase strappalacrime tipo, tuo padre sarebbe stato
fiero di te.
Il giovane
cercatore chiuse gli occhi, di colpo pieni di lacrime, e
cercò di schiarirsi la voce per mascherare quel groppo in
gola che lo aveva colto all’improvviso.
“Facciamo
due passi?” chiese James, aggrappandosi al braccio dello zio.
Improvvisamente la presenza dello zio non era più fastidiosa
ma rassicurante. Averlo lì lo faceva sentire infinitamente
meno solo. L’uomo lo fissò, cercando sul suo volto
del ragazzo tutti i segni di quella lunga giornata, poi si
schiarì a sua volta la voce.
“I
tuoi amici vorranno festeggiare con te la la vittoria..”
iniziò Robert, cupo, senza muoversi di un passo. Silente gli
aveva raccontato a grandi linee quello che era successo dopo la partita
e voleva cercare di aiutare James a chiarirsi con gli amici. Mai come
in quel momento, quando aveva appena ricordato e realizzato la morte
del padre una seconda volta, aveva bisogno di loro anche se non
riusciva ad ammetterlo nemmeno con se stesso.
“Si,
ma io non li voglio vedere.” rispose James secco, voltando le
spalle e lanciando lontano un sasso che si perse nel bel mezzo della
foresta proibita.
“Mi
racconti cosa è successo, campione?” chiese Robert
passando un braccio intorno alle spalle del nipote. James
alzò le spalle. Nonostante cercasse di non darlo a vedere
era chiaro che era sconvolto e ferito. Si sentiva abbandonato, tradito.
Aveva perdonato suo zio, ma non sarebbe stato altrettanto tenero con
gli altri. Non con Alice e Sirius almeno, i due che erano riusciti a
fargli più male.
“Alla
fine mi sono ricordato ogni cosa, tutto qui.”
spiegò James, cercando di impedire a quelle stupide lacrime
di riprendere a bagnargli il viso. Fu un tentativo inutile e ben presto
James si ritrovò a singhiozzare.
“Fa
male, vero?” chiese Robert, serio. James annuì,
lentamente. Non riusciva ad aggiungere altro, non ne aveva la forza.
“Ti
sembrerò una femminuccia ma non riesco proprio a smettere di
piangere.” ammise alla fine James, asciugandosi gli occhi con
la manica della veste.
Lo zio lo
tirò a sé, e lo strinse forte. James si sorprese
di quel gesto ma si abbandonò quasi subito a quella stretta
così familiare e paterna.
“Tranquillo,
sfogati. Fa bene, sai?” sussurrò Robert
all’orecchio del nipote, trascinandolo verso il castello.
James non capiva dove lo zio lo stesse portando, ma si
lasciò guidare.
Improvvisamente
aveva sentito il bisogno di riprendere a fidarsi di qualcuno.
Una volta
arrivati di fronte al portone principale lo zio lo spinse, entrando
nell’atrio dove Silente stava parlando a bassa voce con
alcuni professori. Tutti sembrarono stupiti e sollevati di vedere che
James era tornato e si zittirono non appena i due nuovi arrivati si
avvicinarono. Tra loro c’erano anche la McGranitt e
Lumacorno, ma nessuno dei due sembrava avere troppa voglia di parlare
della partita appena terminata.
“Albus,
porto il ragazzo fuori dal castello.” avvisò
Robert, ricevendo subito un silenzioso gesto di assenso da parte
dell’anziano preside.
“Albus,
non è pericoloso?” chiese subito la McGranitt,
preoccupata. James si sorprese nel vedere la donna, normalmente
glaciale e altera, così preoccupata per lui. In lontananza
si sentivano chiaramente i canti festosi della sua casa, ma alla donna
sembrava non importare. Per la prima volta da quando ne era stata
nominata direttrice, Minerva McGranitt ignorava una vittoria della sua
casa, troppo preoccupata per uno dei suoi ragazzi.
“Tranquilla
Minerva, è con me.” assicurò Robert,
tranquillo. Silente diede nuovamente il suo silenzioso assenso ed i due
sparirono dalla vista del gruppo di professori.
“Dove
andiamo?” chiese James, curioso, seguendo lo zio senza
perderlo di vista.
Senza che il
ragazzo si fosse riuscito a spiegare come fosse stato possibile, era
tornato tutto come prima del suo incidente e della morte di suo padre.
In suo Zio Bob aveva ritrovato un fratello, un amico, un confidente ed
un compagno di avventure. Un punto di riferimento insomma.
“Tu
fidati.” rispose Robert, vago, sorridendo tristemente tra
sè. Anche se non lo diceva apertamente era evidente che il
suo pensiero era volato a Charlus. Il ragazzo annuì, serio.
“Mi
basta andare lontano da qui.” mormorò James,
imbronciato. Era bastato ripensare alla partita perché gli
fossero tornate alla mente tutte le bugie che gli avevano raccontato e
perché la rabbia tornasse a farsi sentire.
Robert condusse
il nipote fino a fuori dal cancello della scuola senza aggiungere
nulla, per poi materializzarsi alla porte di un bosco fitto che James
non riusciva a riconoscere.
I due uomini
camminarono a lungo, in silenzio prima che uno dei due si decidesse a
parlare.
Solo quando
vide una roccia ovale Robert si fermò e James
capì dove erano finiti. Suo padre gli aveva spesso
raccontato di quel posto. Diceva che era lì che lui e Bob
avevano vissuto insieme i momenti più belli e più
brutti della loro vita. Il ragazzo vide l’uomo accomodarsi
alla meglio su un sasso a poca distanza da una pozza d’acqua
e subito lo imitò. James intuì subito che stare
lì per lo zio, senza il suo storico compagno di malefatte
doveva essere terribile. Proprio come era per lui pensare ad un futuro
senza Sirius ma con la differenza che Sirius era ancora vivo. Forse un
po’ stronzo ed insensibile, ma tutto sommato vivo.
“Tu
non li odi.” disse alla fine Robert, cercando di scacciare
dalla mente i ricordi del suo migliore amico. Qualsiasi cosa in quel
luogo gli parlava di Charlus, in particolare il viso insieme triste ed
imbronciato di James. Essere lì era doloroso, ma lui doveva
farlo per il bene del suo adorato nipote. Lo doveva al suo migliore
amico. Non poteva più fare nulla per il suo migliore amico,
ma almeno poteva occuparsi di suo figlio.
“Infatti,
li detesto.” Ribatté James, accigliato. Robert
sospirò. Sapeva che il nipote aveva la testa dura, proprio
come suo padre e sua sorella Dorea. Il pensiero di quella somiglianza
riuscì a strappargli un sorriso che stupì James,
seppure per qualche istante solo.
“No,
ora sei solo arrabbiato. È normale. Loro hanno avuto tempo
di superare la cosa, tu No.” spiegò con pazienza
lo zio. James ci rifletté per qualche istante, prima di
ribattere nuovamente. Le parole dello zio avevano un senso, eppure non
voleva neppure provare a trovare loro una giustificazione. Era
infantile, ma non voleva giustificarli. La paura che potessero
mentirgli ancora era troppo forte. Per quanto stupido suonasse, voleva
avere ragione senza condizioni.
“Lily
mi odia, Sirius mi disprezza e Alice mi ha mentito. La mia vita fa
schifo.” dichiarò, sconfitto. Non gli importava se
lo zio aveva ragione, lui guardava solo ai fatti. I suoi amici avevano
dichiarato di volergli bene, poi lo avevano tradito.
“Andiamo
James, non essere così teatrale..”
esclamò Robert, alzando gli occhi al cielo.
“Ah,
dimenticavo la parte più bella; mio padre è
morto.” aggiunse James, lanciando lontano un sasso e colpendo
di striscio un innocuo gruppo di castori che corsero via offesi.
“Lo
so, ragazzo. Non è difficile solo per te,
ricordi?” mormorò Robert, distogliendo lo sguardo
per nascondere le lacrime.
“Scusa..”
biascicò James, imbarazzato. Nel vedere il viso addolorato
allo zio al pensiero di suo padre, James capì quanto era
stato stupido qualche mese prima a pensare che solo lui aveva il
diritto di soffrirne.
“Non
importa, sfogati.” disse lo zio, sorridendo.
James
aprì la bocca per sfogarsi e tirare fuori tutto il dolore
che aveva dentro, ma una voce che sembrava provenire dalla sua tasca lo
interruppe ancora prima che potesse cominciare a parlare.
“James,
rispondi.” chiamò Sirius, spaventato. James
alzò gli occhi al cielo e prese a sbuffare.
“Cosa?”
chiese Robert, guardandosi intorno frenetico senza capire da dove
veniva quella voce e soprattutto di chi fosse.
“Lo
specchio..” rispose James, indicando la tasca della veste
nella quale c’era lo specchio gemello con il quale lui e il
suo migliore amico erano soliti comunicare.
“Me
lo ricordo bene. Non rispondi?” chiese Robert, sorridendo.
Conosceva bene quegli specchi perché anche lui e Charlus li
avevano usati parecchio tempo prima. Erano stati proprio lui e Charlus
a donarli ai due ragazzi, per continuare la tradizione di scherzi e
punizioni che avevano iniziato loro anni addietro.
“Non
ho voglia di sentirlo. Non ora, almeno.” sbuffò
James, allontanando lo specchio dalla sua vista. Vederlo voleva dire
soffrire, ricordare quello che aveva da poco perso.
“Prenditi
il tempo che ti serve.” consigliò lo zio. James
sospirò, pensieroso.
Dallo specchio
venne ancora la voce di Sirius, più debole e spaventata di
prima.
“James,
sono una merda. Lo so che mi odi, ma io ho una paura fottuta. Parla, ti
prego. Dimmi che non hai fatto pazzie..” implorò
Sirius, la voce rotta. Sembrava sul punto di scoppiare a piangere.
Anzi, qualcosa gli diceva che forse il suo migliore amico stava
già piangendo ed era terrorizzato.
“Che
cosa sta dicendo?” chiese James, guardando Robert sconvolto.
Lo zio sospirò, grattandosi la testa indeciso sulle parole
da usare.
“Beh,
mettiamola così; nessuno sa di preciso come si sia svolto il
tuo incidente..” disse alla fine lo zio, scegliendo con cura
le parole per evitare che il ragazzo si mettesse ancora sulla difensiva
e scappasse anche da lui.
“Credono
che mi sia suicidato?” esclamò James, incredulo.
Quella frase suonava talmente assurda che gli sembrava incredibile che
l’avesse detta proprio lui e ancora più folle gli
sembrava che qualcuno avesse potuto credere all’ipotesi del
tentato suicidio.
“Sapevo
bene che non era così, ma è lo stesso bello
sentirtelo dire.” sospirò Robert, visibilmente
sollevato. James sbuffò, di colpo di nuovo furente.
“Ma
che diamine è passato per la testa a tutti?” si
chiese James, passando dall’incredulità alla
rabbia; possibile che nessuno avesse fiducia in lui? Se persino i suoi
amici e la sua famiglia avevano creduto a quella assurda voce voleva
dire che nessuno lo conosceva veramente, oppure che negli ultimi tempi
doveva avere perso veramente il senno.
“Hai
idea di cosa abbiano passato i tuoi amici e la tua famiglia mentre eri
in coma? Non credi che abbiano già pagato abbastanza le
schiocchezze che hanno detto?” cercò di farlo
ragionare Robert, saggiamente. James sospirò, soppesando con
cura le parole. La sua parte razionale sapeva bene che lo zio aveva
ragione, ma dentro di lui c’era una parte più
istintiva che non voleva saperne di calmarsi.
“Beh,
si.. Ma come la metti con me? Dovrei stare buono, zitto e fingere che
non mi abbiano mentito e che la mia vita sia perfetta?”
esplose James, dando sfogo alla sua rabbia. Lo zio sospirò,
soppesando nuovamente le parole.
“Hai
tutto il diritto di essere arrabbiato e di volere delle spiegazioni.
Solo, vedi di non esagerare.” consigliò Robert,
per nulla turbato dall’aggressività del nipote.
Dopo tutto ne aveva tutto il diritto.
“Ho
capito, sono già stato abbastanza teatrale.. Grazie zio, per
tutto.” mormorò alla fine James, sorridendo.
Parlare con lo zio alla fine gli aveva fatto bene, come tutte le altre
volte.
“Grazie
a te per avermi rivolto ancora la parola nonostante tutti i miei
sbagli. Se hai perdonato me puoi perdonare anche loro.” disse
Robert, felice di essere riuscito a strappare un sorriso al ragazzo. Il
ragazzo guardò severo lo zio, riflettendo seriamente sulle
sue parole.
“Vuoi
una risposta?” sbuffò James, imbronciato. Un conto
era dire che lo zio aveva ragione, un altro perdonare Sirius, Alice,
Lily e gli altri così su due piedi.
“No,
ma promettimi che ci pensi.” ribatté Robert,
testardo quanto il nipote.
James
sospirò, poi annuì lentamente solamente dopo
averci pensato su per un bel po’. Robert, soddisfatto, lo
riportò al castello dove la professoressa McGranitt ancora
attendeva con trepidazione, ingannando l’attesa punendo i
Serpeverde che violavano il coprifuoco.
La Casa di
Grifondoro nel frattempo era in agitazione per molti motivi, primo tra
i quali la stracciante vittoria che aveva permesso a sorpresa di
vincere la coppa. Il motivo che agitava i Malandrini, tuttavia era
diverso ed aveva a che fare con la sparizione di James.
Remus fissava
attonito Sirius che non faceva altro che urlare nello specchio da ore,
senza avere nessuna risposta. Dall’altra parte proveniva
solamente un fastidioso silenzio che metteva in crisi Sirius e che
metteva agitazione gli altri malandrini.
“Allora?”
chiese Remus, ansioso, mentre Charleen e Sebastian entravano nella
stanza seguiti a ruota dagli altri. Alice e Lily entrarono per ultime,
senza guardarsi in faccia. La rossa andò subito a sedersi
vicino a Charleen, che guardò male l’altra ragazza.
Remus
sospirò, guardando prima Seba e poi Frank. Non ci voleva
certo un genio per capire che Charleen e Lily dovevano avere litigato
con Alice. Non era nemmeno difficile indovinare il motivo della lite,
ma il ragazzo preferì non fare commenti. C‘erano
già abbastanza problemi senza aggiungerne altri.
“Non
risponde.” sbuffò Sirius, lanciando lo specchio
sul letto. Se avesse seguito il suo istinto lo avrebbe mandato ad
infrangersi in mille pezzi contro il pavimento, ma poi non avrebbe
più saputo come contattare l’amico per accertarsi
che stesse bene.
“Dannazione,
è sparito da troppe ore.” esclamò Seba,
tormentandosi i ricci.
Quando James
era andato via sbattendo la porta tutti loro si erano preoccupati ma
avevano subito pensato che sarebbe tornato nel giro di poco per
mandarli a quel paese e litigare con loro. Per quanto non era bella la
prospettiva di discutere con James, era positivo il fatto che avrebbero
potuto accertarsi che tutto sommato stava bene.
Sfortunatamente
la loro teoria si era rivelata abbastanza sbagliata: James non era
tornato, ne per discutere ne per altro. Il ragazzo si era chiuso in un
ostinato silenzio che li faceva stare in ansia e faceva prospettare
anche gli scenari peggiori.
“Infatti,
sono preoccupata.” sbuffò Charleen. Nelle ultime
settimana aveva passato molto tempo con James, sia per le ripetizioni
che per gli allenamenti, ed aveva scoperto un ragazzo molto diverso da
quello che credeva di conoscere. Il cercatore si era dimostrato deciso,
tenace, forte ed allo stesso tempo pronto ad ammettere i propri limiti
e chiedere l’aiuto di Charleen e Frank per superarli. Alla
fine la ragazza aveva concluso che era impossibile non affezionarsi a
James e non essere in pensiero per lui. Ovunque si trovasse, Charleen
pregava perché stesse bene.
“Sapevo
che era una cavolata mentirgli.” sospirò Frank,
evitando con cura lo sguardo di Alice. Alla fine tutte le
incomprensioni, le cose non dette e le azioni insensate erano sfociate
in una litigata con i fiocchi ed i due non sembravano essere
intenzionati a rivolgersi la parola. Anche Charleen evitava lo sguardo
della ragazza, decisa a non rivolgerle la parola almeno per un
po’. Gran parte di quello che era accaduto a James
nell’ultimo mese, in particolare in quelle ultime ore, era
esclusivamente colpa di Alice.
“Ok,
è stata una pessima idea. Possiamo cercare di
rimediare?” sbottò Alice, irritata. Non aveva
bisogno di qualcuno che le facesse notare i suoi errori ma di aiuto per
porvi rimedio. Aveva sbagliato tutto con James, ma gli voleva troppo
bene. Non poteva nemmeno pensare all’eventualità
di averlo perso. Le litigate con Charleen e Lily prima e con Frank poi
l’avevano lasciata svuotata, incredibilmente sola.
“Dove
potrebbe essere?” chiese Lily, mordendosi il labbro. Sapeva
che probabilmente era in cima alla top ten delle persone più
odiate da James in quel momento, forse alla pari con Alice e Sirius.
Anzi, sicuramente era così. Come aveva potuto tradire ancora
la fiducia di James proprio nel momento in cui il ragazzo stava dando
segni di volersi avvicinare a lei?
“Nel
migliore dei casi è furioso, non ci vorrà parlare
e non si farà trovare..” ipotizzò
Remus, pensieroso, scribacchiando parole a caso su una vecchia
pergamena per concentrarsi meglio.
Avevano
guardato ovunque nel castello, persino nelle cucine, ma non era servito
a nulla. A completare quel disastroso quadro c’era anche il
fatto che la mappa del malandrino era proprio nella mani di James e non
potevano quindi usarla per ritrovarlo.
“Nel
peggiore?” chiese Cristal, ansiosa. Nessuno ebbe il coraggio
di pensare ad una risposta e sui ragazzi crollò un
improvviso e cupo silenzio.
“Credete
possa fare qualche pazzia?” chiese alla fine Sebastian,
facendosi coraggio ed esprimendo l‘idea che in quel momento
stava passando per la mente di tutti quanti.
“Non
dirlo nemmeno per scherzo. Stiamo parlando di James!”
urlò Alice, nervosa.
Frank
sbuffò e decise che aveva sentito abbastanza. Se ne
andò sbattendo la porta mentre Alice scoppiava a piangere.
Aveva perso anche lui. Prima James, ora Frank.
***
Verso
sera James cominciò a sentire freddo e si strinse nel
mantello, cercando di non pensare all‘aria ghiacciata che
passava attraverso le vesti.
Era tornato al castello da qualche ora ma non aveva nessuna voglia di
andate nella sua stanza o nella torre di Grifondoro. Sapeva che erano
tutti lì ad aspettare lui, pronti a fargli domande o a
dargli spiegazioni che non era sicuro di voler ascoltare. Robert era
quasi riuscito a farlo ragionare, ma alla fine anche lui aveva ammesso
che James aveva come prima cosa bisogno di tempo per accettare gli
ultimi avvenimenti.
Mentre la sua mente lavorava frenetica, i piedi del cercatore non erano
da meno. Vagando per le silenziose stanze del castello era finito sulla
torre più alta, perso a guardare il cielo. Solo, appoggiato
alla balaustra e con lo sguardo perso oltre l’orizzonte,
James si sentiva finalmente bene, in pace con se stesso. Il posto
perfetto per fare il punto dei suoi guai.
“Ehi, Potter.. Non festeggi?” mormorò
una voce alle sue spalle. James si voltò di scatto e si
ritrovò di fronte Regulus, più pallido che mai.
La sconfitta subita bruciava, non tanto per la sua casa o per la sua
squadra quanto per il suo orgoglio.
“No, non mi Va..” rispose il Grifondoro, alzando le
spalle. Non gli andava di sfottere il rivale, ne di fermarsi a parlare
con lui. L’unica cosa che gli premeva veramente era
rimanere solo, perso nella contemplazione del nulla.
“Che faccia, ricordi che avete vinto voi vero?” lo
canzonò il più piccolo, divertito.
James sbuffò. Decisamente Regulus non aveva l’aria
di uno che intendeva andarsene tanto presto.
”Certo, Black. Non hai niente di meglio da fare?”
chiese James in rimando usando un tono acido nella speranza che
l‘altro capisse che era ora di andarsene.
“Ehi, mettiamo bene le cose in chiaro. Quello acido sono io,
non tu.” precisò Regulus, stizzito. Quella frase
ebbe il potere di strappare un sorriso al Grifone, uno dei pochi della
giornata.
“Falla finita, ti prego.” sbuffò James
tornando subito serio, chiedendosi perché stava perdendo
tempo a rispondere al fratello di Sirius.
“Mamma mia che paura.” esclamò Regulus,
prendendosi gioco del Grifondoro.
“Coglione.” imprecò James a mezza voce.
“Ci sento..” protestò Regulus, offeso.
“Sei qui per scappare dai tuoi compagni?” chiese
James, cercando di ferirlo per spingerlo ad andarsene.
“No, credo che stiano organizzando una vendetta con i
Grifondoro.” rispose Regulus, alzando le spalle. Non sembrava
particolarmente coinvolto o risentito contro i Grifondoro. Per lui non
si trattava di uno sport di squadra quanto di una questione da
risolvere tra cercatore. James aveva vinto, lui aveva perso. Tutto
finiva così.
“Non partecipi?” chiese ancora James, sorpreso.
Questa volta fu Regulus a sbuffare.
“Perché dovrei?Io non gioco per vincere, ma per me
stesso. È stata una bella lotta, hai vinto tu ma va bene
così. Tu invece?” mormorò Regulus,
portandosi al fianco del Grifondoro.
“La mia fa schifo..” si lasciò sfuggire
James.
“Addirittura? Dove si trova Sirius mentre il suo amichetto
sta male?” chiese Regulus, diretto come suo solito.
“Non lo voglio vedere, mi ha mentito.”
ringhiò James, offeso.
“Falla finita, ti prego. Sappiamo tutti e due che alla fine
lo perdonerai, qualsiasi cosa tu abbia detto a lui o lui abbia detto a
lui.” esclamò Regulus, alzando gli occhi al cielo.
“Perché dovrei?” chiese James, stupito.
Il fratello di Sirius non sapeva nulla della sua, ne di quello che gli
era capitato eppure gli stava dando lo stesso consiglio che gli aveva
dato suo zio anche se con parole e toni decisamente diversi.
“Perché sei uno stupidissimo Grifondoro.
L’acido incazzoso che non perdona nessuno lascialo fare a noi
serpi.” rispose Regulus, voltando le spalle al Grifondoro.
Nelle parole della Serpe non c’era risentimento, solo
delusione. Rimpianto forse.
James rimase a lungo immobile a soppesare le parole del ragazzo.
“Sparisci.” disse alla fine, poco convinto. La
verità che non voleva sentirlo perché in fondo
aveva ragione e la cosa lo spaventava.
“Certo, sei noioso.” sbuffò Regulus,
sparendo oltre le scale.
Il Grifone rimase a lungo a fissare il punto in cui era sparita la
Serpe, immobile.
C’era voluto un po’, ma alla fine James si era
deciso a rientrare, vinto dal freddo pungente della sera. Il buio aveva
avvolto ogni cosa, nascondendo persino le stelle, non aveva
più senso stare lì al freddo.
“Signor Potter..” chiamò una voce,
facendo sobbalzare James; possibile che fossero tutti in giro a cercare
lui, compresi i Serpeverde? Si volto piano e ancora una volta in quella
strana giornata si ritrovò di fronte un professore che
sembrava spuntato dal nulla giusto per accertarsi che lui stesse bene e
non stesse facendo nulla di strano o di pericoloso.
“Professor Lumacorno, che ci fai lei di notte su una
torre?” chiese James, sorpreso di trovarsi di fronte un
insegnante in vestaglia. A quelle parole l’uomo
arrossì, quasi fosse stato colto con le mani nella
marmellata.
“Potrei farti la stessa domanda, ragazzo, oppure punirti e
toglierti punti.” sbottò il vecchio professore,
burbero, schiarendosi la voce e nascondendo velocemente qualcosa dietro
la schiena in modo che il Grifone non lo vedesse.
“Faccia come preferisce..” rispose James, alzando
le spalle. Decisamente il suo ultimo pensiero era per i loschi traffici
del professore, per la sua casa o per i punti che le avrebbe potuto
fare perdere stando lì a discutere con lui.
“Ma come? Non è da Grifondoro fregarsene della sua
casa di appartenenza.” esclamò Lumacorno,
sorpreso. James alzò gli occhi cielo, esasperato
all’idea che d’improvviso tutti o buona parte dei
Serpeverde si fossero in mente di insegnargli come doveva comportarsi
un vero Grifondoro; cosa potevano saperne loro?
“È solo una stupida competizione.”
sbuffò James, alzando le spalle ed evitando con cura lo
sguardo dell‘uomo. Sapeva che negli occhi del professore ci
avrebbe trovato rimprovero, tristezza e preoccupazione e lui non voleva
saperne nulla. Voleva solo chiudere gli occhi e riuscire a dimenticarsi
di tutto quanto. L’idea lo fece sorridere. Qualche mese prima
avrebbe dato ogni cosa pur di ricordare il suo passato, ora invece non
chiedeva altro che riuscire a dimenticarlo.
“Capisco, allora è qualcosa di grosso. Ecco
perché la signorina Evans piangeva..”
mormorò il professore di pozioni, lasciando la frase in
sospeso. Le parole dell’uomo lo colpirono quasi come un pugno
allo stomaco, toccando un nervo scoperto.
“Lily?” chiese James, incredulo. Era bastato
sentire il suo nome per scuoterlo. Quando aveva ricordato tutto aveva
provato odio per tutti i suoi amici, compresa lei. Con le ore la rabbia
però era passata; come faceva ad odiarla dopo tutti i bei
momenti che avevano passato insieme nell’ultimo periodo?
Semplicemente non poteva, era insensato. Era in suo veleno, ma sentiva
di non poterne più fare a meno. Nonostante tutto il male che
si erano fatti James sapeva che quella strana ragazza con quegli
adorabili capelli rossi e quegli accecanti occhi verdi era il suo
futuro, l’unica ragione per guardare avanti nonostante tutto.
“È straordinaria, sai? La figlia che non ho avuto.
Pensa, mi ha anche regalato un pesce rosso. La più bella
magia che ho visto nella lunga vita, credimi.”
iniziò a raccontare Lumacorno, avvicinandosi al ragazzo.
Più lui parlava più James diventava triste.
“Mi odia. Anzi, credo mi disprezzi al punto di preferire un
vermicolo a me.” disse alla fine, fissando intensamente il
pavimento della torre. Non sapeva nemmeno perché stava
raccontando quelle cose proprio a quel professore con il quale non
aveva mai parlato prima.
“Non credo. O meglio, una volta era così. Credo
che adesso ci tenga veramente tanto.” mormorò
Lumacorno con l‘aria di uno che la sapeva lunga.
“Se lo dice lei.” sospirò James. Non
voleva farsi illusioni per poi soffrire ancora. Lily lo odiava, non
c’era altro. Si era solo illuso che negli ultimi tempi era
riuscito a costruire un rapporto con lei. La verità era che
lei gli aveva mentito, esattamente come tutti gli altri.
“Non ti chiedo che è successo. Non sono
così ingenuo da pensare che lo racconteresti a me. Sono una
Serpe dopo tutto, e tu un Grifone.” iniziò
Lumacorno, serio.
“Cosa vorrebbe chiedermi?” chiese James, curioso.
L’uomo alzò le spalle, serio. Per la prima volta
James non vedeva di fronte a sé uno sbruffone pieno di
sé, ma un uomo saggio.
“Nulla, ma fatti dare un consiglio. Non farla scappare. Di
ragazze come Lily non ne incontri tante nella vita, senza contare che
lei è pazza di te.” concluse il vecchio
professore, sorridendo in modo fin troppo malizioso.
James si allontanò scuotendo la testa. Era assurdo come
tutti si fossero attivati per dagli consigli. Doveva essere per forza
un complotto ai suoi danni per mandarlo fuori di testa, o qualcosa del
genere.
Stancamente James si trascinò verso la sala comune, sperando
di non fare altri incontri folli. Mancava solo che ci fosse Piton
appostato dietro l’angolo con i capelli puliti e
l’aria afflitta e poi sarebbe stato definitivamente pronto
per finire al manicomio. Mentre camminava si fermò a
riflettere a quello che avrebbe trovato nella sua sala comune e per un
attimo tentennò, poi riprese a camminare. Se doveva
affrontare quelli che almeno sulla carta erano i suoi amici tanto
valeva farlo subito.
Una volta nella sala comune James fu subito accolto da uno dei suoi
compagni di squadra. Si voltò veloce cercando gli altri con
lo sguardo ma non trovò nessuno.
“Ehi, James.” salutò Simon, correndogli
incontro felice. Sul suo volto erano chiaramente visibili i segni della
festa che doveva essere andata avanti per molte ore. Il ragazzo non
sembrava nemmeno troppo lucido ma a quanto pare non aveva bevuto
abbastanza per dimenticarsi del suo capitano e del modo in cui era
scomparso subito dopo la partita.
“Ciao Simon.” salutò stancamente James,
sollevato ed insieme deluso di non avere trovato Sirius e gli altri.
“Accidenti, sei davvero tu?” chiese il ragazzino,
incredulo, allungando al proprio capitano una bottiglia di Burrobirra
ormai quasi vuota.
“Così pare..” sbuffò James,
troppo stanco per scherzare. Diede un sorso alla bottiglia e la
restituì al proprietario che la svuotò in un
istante.
“È incredibile. Voglio dire, gli altri erano
così preoccupati.” biascicò
l’altro, imbarazzato.
“Dove sono?” chiese James, ansioso. Il ragazzino
parve pensarci un po’ su prima di rispondere, quasi la
domanda dell’altro lo avesse messo seriamente in crisi.
“Ti stanno cercando, ovunque.” rispose Simon alla
fine, alzando le spalle.
“Non c’è nessuno quindi?”
chiese ancora James, prudente, guardandosi in giro.
“Solo Seba. Non stava bene ed è andato a
letto.” spiegò il ragazzo, a bassa voce.
“È di sopra, vero?” mormorò
James, alzando lo sguardo. L’altro annuì, deciso.
“Beh, si.” si affrettò ad aggiungere
Simon, barcollando vistosamente verso una delle poltrone disposte
intorno al camino.
“Vado da lui.” comunicò James, secco.
“Aspetta James, cosa dico agli altri?” chiese
Simon, ansioso, cercando affannosamente di rimettersi in piedi.
“Niente, lascia che tornino da soli.” rispose il
cercatore, sparendo in pochi istanti dalla vista dell’amico
che nel frattempo era collassato nuovamente sulla poltrona.
James salì le scale lentamente, cercando di capire cosa fare
una volta che si sarebbe trovato di fronte Seba. Alla fine
aprì di scatto la porta facendo sobbalzare il ragazzo
addormentato.
“Che diamine.. James?” esclamò Seba,
incredulo. Tra tutte le persone che si aspettava di vedere James era
decisamente l’ultima. Era sparito da ore e a tutti sembrava
improbabile che sarebbe tornato prima della mattina successiva.
“Sono ancora vivo, niente tentato suicidio..”
sospirò stancamente James, con un filo di ironia nella voce.
Il suo sguardo vagò per la stanza, cercando tracce di Frank
o di qualcuno degli altri, senza successo.
“Sono contento di vederti.. Mi spiace.”
mormorò Seba, imbarazzato. Non era pronto per una
conversazione del genere e non sapeva cosa dire. Remus aveva ipotizzato
che quando si sarebbe deciso a tornare probabilmente James sarebbe
stato troppo arrabbiato per ragionare e si sarebbe limitato ad urlare
tutta la sua rabbia e la sua delusione senza lasciare loro nemmeno il
tempo di parlare. Quello che aveva di fronte Seba invece era una
versione sorprendentemente calma, triste ed allo stesso tempo delusa di
James alla quale non era per nulla preparato. Probabilmente nessuno di
loro lo sarebbe stato.
“Ti prego, niente banalità. Voglio dire, sono
qui.. Arriva al punto. Voglio delle spiegazioni, possibilmente
ora.” disse James secco, senza alzare la voce, fissando
intensamente l’amico.
Quello sguardo tanto penetrante mise in crisi Seba, che si
affrettò a mettersi seduto cercando di mettere in fila
almeno qualche frase di senso compiuto.
“Sirius e Lily hanno capito di avere esagerato, ti hanno
anche scritto per chiederti scusa quest’estate ma tu eri
già in coma.” iniziò a raccontare Seba,
confuso. Qualsiasi cosa avrebbe potuto dire a James in quel momento
poteva essere quella sbagliata. Tanto valeva giocarsi tutte le carte e
smetterla con le bugie. Era stato mentendo a James che si erano messi
in quel casino e potevano uscirne solo raccontando al ragazzo le cose
come stavano.
“Parli sul serio?” chiese James, sorpreso. Nessuno
gli aveva mai parlato di quelle lettere. Certo, aveva visto quelle che
i ragazzi gli avevano mandato a settembre, ma non quelle precedenti di
cui parlava Seba.
“Certo, Alice deve avere ancora quelle lettere da qualche
parte.” confermò Seba, grattandosi la testa. La
reazione di James non tardò ad arrivare.
“Farle leggere anche a me? Perché diamine nessuno
mi ha detto nulla?” chiese James, perdendo la calma. Ancora
menzogne, ancora bugie ed ancora segreti.
“Per paura di perdere la tua amicizia o di farti soffrire
ancora, immagino. Io ho detto che secondo me era una cazzata, ma chi lo
ascolta mai Sebastian?” iniziò a dire Seba,
parlando più a se stesso che a James. Quello strano
siparietto ebbe quasi il potere di strappare una risata al cercatore,
che tuttavia riuscì a trattenersi.
“Va bene, dai un taglio alle scenate.”
esclamò burbero, sforzandosi di tornare serio. Seba
sospirò e si alzò del tutto, appoggiando una mano
sulla spalle dell’amico.
“Guarda che ci sono stati malissimo. Sirius e Lily, dico..
All’inizio dell’anno Alice ha fatto loro delle
scenate assurde. Diceva che era tutta colpa loro, che ti avevano
praticamente spinto al suicidio..” continuò a
raccontare Seba, riassumendo brevemente tutte le discussioni che
c’erano state all’inizio dell’anno. James
lo ascoltava, silenzioso ed incredulo.
“È proprio una fissa la vostra. Non ho mai cercato
di ammazzarti..” mormorò alla fine James, alzando
gli occhi al soffitto. Seba rimase in silenzio e sulla stanza cadde uno
strano silenzio.
“Beh, sei caduto da una finestra.”
sussurrò alla fine Seba, distogliendo lo sguardo.
“Finestra? Ma che dici..” esclamò James
incredulo; di che diamine parlava? Lui non era mai caduto dalla
finestra, si era fatto male dopo..
Improvvisamente la testa di James iniziò a girare e
sentì tutta la stanchezza di quella folle giornata e di quei
mesi frenetici cadergli sulle spalle.
“James, che ti prende?” chiese Seba, preoccupato,
senza però ottenere risposta.
Improvvisamente James si era fatto silenzioso e si era lasciato cadere
seduto sul letto dell’amico. Il ragazzo più grande
lo fissava, anche senza riuscire a vedere chiaramente il suo volto
poteva intuire lo stesso che nella sua testa stava succedendo qualcosa.
James aveva di colpo realizzato come era visto dalle persone che aveva
intorno e quella improvvisa rivelazione lo aveva devastato. Nello
spazio di quei pochi istanti aveva potuto rivedere gli ultimi mesi
della sua vita da punto di vista di sua cugina e dei suoi amici.
Per loro era solamente un povero pazzo, talmente distrutto e provato
dalla morte del padre da arrivare a togliersi la vita. Certo, quella
lettura di prestava perfettamente a spiegare la situazione, tranne per
la parte del suicidio. Togliersi la vita, persino in quel momento tanto
disperato, non gli era mai passato per la mente. Dal suo punto di vista
morire sarebbe stato da codardi, non avrebbe risolto nulla. Sarebbe
solo servito a scaricare sugli altri la colpa per i propri fallimenti.
James alzò gli occhi e si accorse che era ancora nella
stanza del suo amico, che per di più gli stava parlando
senza che alle sue orecchie arrivasse il minimo suono.
L’espressione di Seba lasciava intuire che, qualunque cose
stesse dicendo, dovesse essere davvero preoccupato per
quell’improvviso silenzio. James avrebbe voluto fare e dire
molte cose, ma non aveva idea da che parte fosse meglio iniziare.
Dentro di lui c’era un grande vuoto.
L’unica cosa che riusciva ad avvertire chiaramente era un
dolore, assurdo ed intenso, che gli premeva sul petto quasi a farsi
beffe di lui.
Seba continuava a guardarlo con gli occhi fuori dalle orbite
e James si obbligò a dire qualcosa, per quanto faticoso
potesse essere.
“Si può sapere perché capitano tutte a
me? Seba, io non ce la faccio più.. Sono davvero
stanco.” mormorò James debolmente, dopo essersi
schiarito appena la voce.
“Sfogati, avanti. Vuoi che ti accompagni nella tua
stanza?” chiese Seba, ansioso ma allo stesso tempo sollevato
per il fatto che James avesse ripreso a dare segni di vita. Anche il
fatto che avesse ammesso di essere stanco e di avere bisogno di aiuto
era senza dubbio un segnale positivo.
“Non voglio parlare con nessuno, almeno per ora.”
disse James, la voce poco più alta di un sussurro.
L’idea di andare nella sua camera e di trovarsi di fronte la
faccia preoccupata di Sirius, quella comprensiva di Remus e quella
spaventata di Peter lo rendeva ancora più stanco di quanto
già non fosse. Non poteva reggere anche quello, non quella
sera almeno.
“Dormi qua, allora. Puoi prendere il letto di
Frank.” ribatté Seba, indicando il letto vuoto del
suo migliore amico. James voltò lentamente la testa verso il
letto ancora intatto del portiere.
“Passa la notte con Alice?” chiese James, alzando
la testa e trovandosi di fronte una pallida imitazione del suo compagno
di risate.
Incontrare lo sguardo serio e preoccupato di Seba lo fece sentire
ancora peggio. Era come se ci fosse qualcosa di terribilmente sbagliato
nel fatto che avesse smesso di sorridere e fare il cretino come sempre.
“Si, poverina era sconvolta.” disse Seba,
ricordando quanto fosse sconvolta la ragazza dopo la litigata con
Frank. Certo Alice aveva sbagliato ma in quella strana giornata era
stata lei a pagare il prezzo più alto arrivando a discutere
con tutti quanti, primi tra tutti Frank, Lily e Charleen.
“Lei?” chiese James, ironico, togliendo gli
occhiali e passandosi una mano sul viso.
“Si sente in colpa per quello che è successo, ha
discusso anche con Frank, Lily e Charleen.” spiegò
Seba, senza entrare troppo nel dettaglio per non rischiare di
peggiorare le condizioni di James.
“Posso non volerne sapere nulla?” chiese il
ragazzo, alzandosi dal letto di Seba per lasciarsi cadere su quello di
fianco al suo.
“Buona notte, Jamie.” mormorò Seba,
sorridendo. Sapere che James dormiva da parte a lui, senza fare nessuna
sciocchezza e senza vagare per chissà quale anfratto del
castello lo faceva essere un po’ più sollevato,
anche se intuiva che le cose erano ancora molto lontane
dall’essere tornare a posto.
“Notte.” mormorò James, chiudendo gli
occhi
Non appena toccò il letto James capì che non ci
sarebbe voluto poi molto prima di crollare addormentato. Ogni
più piccola parte del suo corpo avvertiva chiaramente la
necessità di riposare, specialmente la sua mente che non
vedeva l’ora di staccare ogni collegamento con la
realtà. Per qualche ora, il tempo di una notte, voleva
dimenticare di essere James Potter e voleva poter accantonare tutti i
problemi per riuscire a riposare. Ci sarebbe stato il giorno successivo
per parlare, ma soprattutto per ripensare a quella lunga giornata
iniziata con la vittoria della squadra di Grifondoro. Quel pensiero
improvvisamente lo fece sorridere.
“Ehi, Seba..” chiamò James, piano. Nel
buio della stanza l’altro ragazzo non poteva vedere che James
stava sorridendo.
“Dimmi.” disse Seba, curioso di sapere cosa volesse
dirgli James. Improvvisamente il suo tono di voce si era fatto
più sereno, quasi divertito.
“La squadra era condannata, vero?” chiese James,
ironico.
Il condizioni normali Seba avrebbe dovuto prendersela, mettere il muso
e fare l’offeso, ma sentire James scherzare era la
più bella conclusione per quella terribile giornata.
“Ma tu mica stavi male?” chiese in rimando Seba,
lanciando il cuscino addosso all’amico.
ANGOLO DELL'AUTRICE:
ringrazio tutti
quanti ed ancora una volta mi scuso per il ritardo con il quale procede
la storia.
spero che vi
piaccia, nonostante tutto, e che di essermi fatta perdonare almeno un
pochino con questo lunghissimo capitolo!
Malandrina4ever: grazie mille!
Chiedo scusa per la lunga assenza, ma spero che questo capitolo sia
all'altezza delle tue aspettative.
In questo capitolo ci sono molti incontri che servono a fare capire a
James tante cose.
Certo, la rabbia non è ancora del tutto passata..
Love_vampire: grazie mille!
Alice è uno dei personaggi con cui mi sono divertita di
più, passa da momenti in cui è veramente dolce a
momenti in cui è veramente stronza. Povera, in questo
capitolo tutti se la prendono con lei!
Nel prossimo capitolo ti anticipo ci sarà un momento
strappalacrime con Lily e (forse) finalmente ci sarà il
tanto sospirato bacio!
Stecullen94: grazie mille!
Bhe, in questo James anche senza malandrini non è rimasto
solo!
Nel prossimo dovrà affrontare i suoi amici e soprattutto
Lily.. :D
IloveJames97: grazie mille!
Spero che questa e che le altre storie ti piacciano!
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Capitolo 19 *** Lieto fine, o quasi ***
questo capitolo lo dedico a LadySaika,
Love_Vampire, Stecullen94 e Cloe Black ed alla loro pazienza!
CAPITOLO
17
LIETO FINE, O QUASI
La mattina
successiva a quella che era stata definita la grande partita erano
tutti
stanchi, confusi ma soprattutto irritati. Molti a causa dei
festeggiamenti e di
tremendi postumi da Whisky Incendiario, altri a causa del capitano
della
squadra di Grifondoro. Il particolare più assurdo di tutta
quella storia era
che proprio la squadra non aveva partecipato ai festeggiamenti. Erano
stati
solidali nel prendere la decisione: senza il capitano non avrebbe avuto
senso
brindare. Era stato James a convincerli ad imbarcarsi in
quell’impresa che
all’inizio sembrava assurda, che li aveva convinti che
potevano farcela ed alla
fine li aveva guidati alla vittoria. Morale: niente James, niente festa
e tutti
a letto presto. L’unico che era riuscito a dormire bene, o
comunque meglio
degli altri, era stato Seba. Di tanto in tanto il ragazzo si svegliava,
controllava che James fosse ancora lì e poi tornava a
dormire. Credeva che da
quel momento in poi tutto sarebbe stato in discesa con
l’amico, ma non sapeva
quanto si stava sbagliando. Iniziare una conversazione la mattina
successiva infatti
si rivelò molto più difficile di quello che era
stato la sera precedente. Era
una giornata serena, perfetta per stare all’aperto. Quel
lunedì le lezioni
erano anche state sospese per permettere a tutti di riprendersi dalle
emozioni
del giorno prima. In particolare, i festeggiamenti di Grifondoro si
erano
prolungati tutta la notte. Fino a che la McGranitt aveva messo fine
alla loro
gioia dichiarando che prima di poter alzare la coppa Grifondoro avrebbe
dovuto
giocare un’ulteriore partita. Sapevano che la decisione non
era venuta da lei visto
che la donna era stata la prima ad esultare ed a gridare al miracolo,
ma lo stesso
tutti avevano protestato nonostante la maggior parte fosse troppo
sbronza per
riuscire a fare discorsi di senso compiuto.
“James,
senti..”
borbottò Seba, impacciato, fissando
l’amico.
I due
ragazzi si erano svegliati
da poco. Il riccio era ancora a letto mentre l’altro era
scattato in piedi non
appena aveva aperto gli occhi e aveva realizzato dove si trovava.
“Sta
zitto.” Sbottò
James, chiudendo la conversazione senza guardare in faccia
l’amico.
Sembrava
furente, quasi stesse compensando con la calma irreale e
quell’espressione
abbattuta della sera prima.
“Dove
vai?” chiese
il ragazzo più grande, preoccupato per quel cambio di umore
apparentemente
senza motivo.
Era
stato James ad andare da lui, non era stato certo Seba a
cercarlo. Lo aveva ascoltato, lasciato parlare ed alla fine gli aveva
offerto
un letto. Non aveva nulla di cui rimproverarsi o che giustificasse
quell’improvvisa rabbia.
“In
giro..” rispose
il capitano della squadra, alzando le spalle.
Sembrava
quasi seccato, scocciato
dall’essere costretto a rendere conto a Seba.
Cercò di dileguarsi in fretta,
per evitare altre domande, ma un capogiro lo tradì
costringendolo ad
aggrapparsi ad una sedia. Sebastian, preoccupato, si
precipitò subito al suo
fianco. Finire in infermeria per l’ennesima volta non era
decisamente il modo
migliore per iniziare la giornata, né per riprendere a
parlare con gli altri
ragazzi.
“Da
quanto tempo
non mangi?” chiese, preoccupato, offrendogli una mano al
compagno per aiutarlo
a rimettersi in piedi.
Non
aveva detto nulla circa dove avesse passato le ore
immediatamente successive alla partita, quando tutti loro lo cercavano
affannosamente, e Seba non aveva fatto domande. Era stato discreto, per
non
peggiorare le cose. Gli era sembrato che potesse essere troppo per lui.
“Non
so, forse ieri
a colazione prima della partita.” Rispose James, sforzandosi
di rispondere e di
rimettersi in piedi senza bisogno dell’amico.
Doveva
andarsene da quella stanza
e da quello sguardo colpevole o sarebbe esploso.
“Dovresti
mettere
qualcosa sotto i denti. Che ne pensi di fare un salto nelle
cucine?” propose
Seba, costringendo l’amico a sedersi per un momento.
“Perché
dovrei
saltare la colazione in Sala Grande?” chiese James, stizzito,
lanciando
un’occhiataccia a Seba.
Sapeva
che l’amico lo aveva detto per cercare di
venirgli in aiuto, ma la sua frase lo aveva infastidito. Sembrava quasi
che
quello che doveva vergognarsi per tutte le bugie raccontate e le cose
non dette
fosse lui, non tutti gli altri.
“Non
so, pensavo
non volessi vedere Sirius e gli altri..” mormorò
l’altro, confuso.
Era
stato
proprio James a dire di non volerli vedere, solo qualche ora prima.
“Sono
loro che
dovrebbero vergognarsi a farsi vedere in giro, non io.”
Sibilò James, maligno.
“Scusa..”
mormorò
Seba, imbarazzato, guardando per terra.
Si
rendeva conto che aveva ragione, ma
era lo stesso difficile capire come comportarsi con lui. Ogni cosa che
diceva
sembrava alla fine rivelarsi quella sbagliata.
In quel
momento
James si rese conto che l’amico era veramente distrutto e che
lui si era
comportato da vero stronzo a partire dal momento in cui era entrato in
quella
stanza, la sera prima. Seba gli aveva offerto un letto e la sua spalla
per
sfogarsi, lui era rimasto lì e lo aveva trattato a pesci in
faccia. Era stato semplicemente
pessimo, senza giustificazioni.
“No,
scusami tu.
Sono nervoso ed irritabile. Credo che starò un po’
a mollo..” sussurrò James, sforzandosi
di sorridere.
“Bagno
dei
prefetti?” chiese Seba perplesso, alzando lo sguardo
sull’amico.
James
annuì.
“Ci
vediamo dopo.”
Mormorò il ragazzo mentre lasciava la sala.
Seba lo
guardò
allontanarsi, chiedendosi cosa sarebbe successo nelle ore successive.
Era solo
questione di tempo e poi tutti avrebbero saputo che alla fine James era
tornato
e che stava bene. La notizia sarebbe stata un sollievo per tutti, ma
voleva
anche dire che poi sarebbero iniziare le discussioni. In primis, Frank
se la
sarebbe presa a morte. Sicuramente sarebbe esploso, ma lui non poteva
certo
interrompere il suo momento di intimità con Alice. Non dopo
tutti i problemi
che quei due avevano passato. In quel caso forse se la sarebbe presa
ancora di
più. Ad ogni modo, Frank a parte, anche qualcuno degli altri
avrebbe perso la
calma, altri avrebbero pianto e come al solito ci sarebbero state scene
teatrali. Insomma, quella che si prospettava era una giornata tutto
tranne che
semplice e conveniva cercare di posticipare al massimo le spiegazioni.
Nonostante
non
sapesse ancora che James fosse ricomparso, più o meno lo
stesso pensava Remus, entrando
nel bagno dei prefetti ancora mezzo addormentato per via della notte
passata a
cercare il suo migliore amico, senza nessun esito. La sua mente non
aveva
ancora ripreso del tutto a carburare, non del tutto almeno. Proprio per
questo
la scena che gli si parò davanti lo sconvolse. Nella grande
vasca colma di
acqua c’era James, mollemente abbandonato sotto il pelo
dell’acqua. Remus rimase
per un po’ ad osservarlo, immobile, aspettandosi di vederlo
riemergere con la
sua peggior faccia da idiota da un momento all’altro senza
che però questo
accadesse. Ogni minuto che passava James gli sembrava sempre meno
cosciente e
sempre più sul punto di cominciare a stare male davvero.
Quando tutto fu
semplicemente troppo, Rumus capì che era ora di fare
qualcosa. Ad un certo
punto il ragazzo decise che era passato troppo tempo. Si
tuffò nella vasca e
trascinò l’amico in superficie senza troppi
sforzi. Una volta fatto ciò si
trovò di fronte un indignatissimo James Potter. Nel vederlo
arrabbiato, ma
tutto sommato vivo, il licantropo tirò un sospiro di
sollievo. L’amico,
tuttavia, non sembrava essere della stessa idea.
“Oh,
cazzo.” Sbottò
il licantropo una volta toccato il bordo della grande vasca, perdendo
il suo
solito autocontrollo.
Per
qualche istante aveva davvero temuto di vederlo
annegare senza riuscire a fare nulla per salvargli la vita.
“Ciao Remus.” Disse James,
glaciale.
Il
respiro era un po’ affannoso ed il volto arrossato per il
lungo
periodo sott’acqua ma tutto sommato sembrava stare bene.
“Sei
impazzito? Che
stavi facendo?” chiese Remus, ansimando non per lo sforzo
quanto per la paura
che lo aveva assalito vedendo il suo amico un quella assurda situazione.
“Quello
che di
solito fanno le persone in una vasca da bagno, si lavano.”
Rispose James, senza
dare troppe spiegazioni.
Più
che arrabbiato era seccato per il brusco incontro
e per essere stato distolto con tanta forza dai suoi pensieri. A mollo
nella
vasca da bagno il ragazzo stava riflettendo su quello che lo aspettava
nelle
ore seguenti e come affrontare gli amici. L’improvvisa
intromissione di Remus
lo aveva convinto a starsene ancora un po’ da solo, lontano
dai problemi e
dagli impiccioni.
“Diamine
James,
avevi la testa sotto da un pezzo. Credevo che tu stessi..”
continuò Remus,
fuori di sé.
James
si voltò, guardando l’amico con aria offesa.
Quella frase lo
aveva ferito.
“Cercando
di
ammazzarmi?” completò James per il licantropo,
gettandogli un’occhiata che
voleva dire molte cose.
Nello
sguardo dell’amico non c’era la solita aria
spensierata ma tanta tristezza, tanto dolore e tanta rabbia.
“Beh,
io..” mormorò
Remus, imbarazzato.
“Proprio
tu, uno
dei miei migliori amici credi che farei davvero una cosa tanto stupida?
Di la
verità, lo hai sempre creduto in questi mesi,
vero?” esclamò James, alzando la
voce.
Non
poteva credere come tutti condividessero quell’idea. Diamine,
dovevano essere impazziti tutti quanti per credere che lui si fosse volontariamente lanciato da una finestra.
“Scusa.”
Disse
Remus in un sussurro, abbassando la testa.
“Sparisci.”
Ordinò
James, indicando la porta. Il licantropo restò per un minuto
immobile, poi
decise di obbedire.
Aveva
fatto abbastanza danni per quella mattina.
Tornò
alla sala
comune con la coda tra le gambe e decise di lasciarsi cadere su una
poltrona
fino a che qualcuno non si fosse deciso a farsi vivo. Fu Seba il primo
a
comparire, con un’espressione indecifrabile e poca voglia di
parlare. Remus non
disse nulla, ma decise di unirsi a lui per fare colazione. Sulla strada
verso la
Sala Grande si ritrovò a raccontargli di quella mattina,
cercando conforto
nelle parole dell’amico. Seba non disse nulla, limitandosi a
sospirare. Remus
non fece altre domande, maledicendo quella strana giornata.
I due
si sedettero
vicino a Charleen, assorta nella contemplazione della sua tazza di
latte.
Nonostante l’aria assonnata e le borse sotto gli occhi era
sempre bellissima,
perfetta. Delle sue amiche, nessuna traccia. Dopo un po’ Seba
vide comparire
James e si precipitò da lui, cercando di apparire
tranquillo. Remus e Charleen
si scambiarono uno sguardo perplesso, ma continuarono a mangiare.
Nessuno dei
due voleva affrontare James, ne chiedersi che diamine fosse preso a
Seba, non a
stomaco vuoto almeno.
“Buon
giorno, hai
mantenuto la parola allora!” esclamò il ragazzo
più grande, sorridendo.
“Che
vuoi?” chiese
James, esasperato.
Sembrava
che tutti di colpo avessero iniziato a pedinarlo e
a preoccuparsi in modo ossessivo di lui. La cosa lo infastidiva. Il
ragazzo non
riusciva a smettere di pensare che se erano così preoccupati
avrebbero dovuto
raccontargli la verità prima che lui la ricordasse da solo.
Le urla di Lily e
quelle di Sirius gli avevano tenuto compagnia tutta la notte,
accompagnate
dalle espressioni indifferenti di Remus ed Alice. Loro sapevano, ma non
avevano
parlato. Era stato tremendo. Più si sforzava di dimenticare
e di superare la
cosa e più quei ricordi tornavano più vivi che
mai, accompagnati dal dolore
tremendo per la morte di suo padre. Le uniche con cui non era veramente
arrabbiato erano Cristal e Charleen. Loro due non erano sue amiche
allora, non
erano tenute a dirgli tutto. Gli altri si. Loro non avevano nessuna
scusa, in
particolare Alice. Sentirsi tradito da quella che aveva sempre
considerato una
cugina lo faceva stare uno straccio. La cosa peggiore, tuttavia,
restava che
lei sembrava così convinta di essere nel giusto. Quel suo
modo di fare
cominciava a farlo dubitare delle sue azioni, quasi che quello ad avere
sbagliato in realtà fosse lui solo per il fatto di essersi
ripreso in mano la
sua vita invece che restare a guardare.
“Sapere
come stai.”
Rispose Seba, sicuro, scrutando con attenzione il viso del
capitano.
Il suo
sguardo era stanco, quasi i troppi pensieri lo avessero affaticato.
Sembrava
persino più stanco delle settimane prima della partita,
quando era incastrato
tra allenamenti, lezioni e compiti per recuperare i mesi di scuola
persi. Allora
il futuro era un’incognita ma almeno sapeva di avere la
squadra dalla sua. Dopo
quello che era successo il giorno prima James doveva avere perso ogni
certezza.
“Alla
grande, ora
vattene.” Sbottò James, acido.
Seba
sospirò, deciso a non mollare.
“Perché
ti comporti
così? Ieri sera sei tornato nella torre di tua spontanea
volontà. L’ho visto
che eri a pezzi. Stamattina sparisci, non dici niente a nessuno e
tratti da
schifo Remus.” Esclamò il ragazzo, senza dare
all’altro il tempo per
dileguarsi.
“Credeva
che mi
stessi cercando di ammazzare.” Si giustificò
James, sbuffando.
“Beh,
eri a mollo
da un sacco.” Fece notare Seba, testardo.
Comprendeva
le ragioni dell’amico, ma
anche lui doveva iniziare a comprendere quelle degli altri. Si erano
comportati
male con lui, ma continuando di questo passo si sarebbero fatti i
dispetti fino
alla fine dei loro giorni.
“Mi
stavo solo
lavando i capelli!” ribatté James, esasperato.
“Non
ci capisco
nulla, mi arrendo.” Esclamò Seba, allontanandosi.
“Ecco,
bravo.”
Sospirò James, guardandosi intorno alla ricerca di una
persona.
Una
volta
trovata, decise di andare subito da lei.
“Ehi,
Charleen.”
Chiamò il cercatore, affiancandosi alla ragazza.
Charleen
era ancora intenta a
fare colazione e decisamente non si aspettava una visita
dell’amico. Sentendo
la voce di James quasi si strozzò con i cereali.
“James?”
chiese la
ragazza, voltandosi in preda ad un forte attacco di tosse.
“Si,
sono vivo..
Senti, ho un favore da chiederti..” Sbuffò James,
anticipando la ragazza perché
non facesse domande idiote come quelle di Seba e di Remus.
“Certo,
se posso.”
Rispose Charleen, guardando il ragazzo con uno sguardo
curioso.
Remus,
poco
distante, non perdeva nemmeno una parola. Infastidito da quella
vicinanza James
prese la ragazza per un braccio e le fece cenno di allontanarsi con lui.
“Puoi.
Si tratta di
alcune lettere che Alice non mi ha mai consegnato, ne sai
nulla?” chiese James,
guardando la ragazza dritta negli occhi.
Era
certo che lei sapeva tutto, non
poteva essere diversamente. Subito Charleen arrossì,
tormentata dal dubbio.
“Credo
di si..
Vedi, è una storia complicata..” iniziò
Charleen, in difficoltà.
Non
sapeva
cosa fare. Da una parte c’era James che aveva tutto il
diritto di avere le sue
lettere, dall’altro c’era Alice che gliele aveva
nascoste per il suo bene, che
era palesemente in torto ma che restava comunque una sua amica.
“Non
mi interessa,
le voglio.” Ribatté James, deciso.
Il suo
sguardo era duro, non ammetteva una
risposta negativa. Le voleva e basta.
“Io,
non so..
Dovrei chiedere ad Alice.” Mormorò la ragazza,
sempre più insicura.
“No,
sono mie. Ora
vai di sopra, le prendi e me le porti.” Ordinò
James, senza alzare la voce.
L’ultima
cosa che voleva era spaventare Charleen. Tutto quello che desiderava
era essere lasciato in pace a leggersi quelle dannate lettere. Voleva
capire
prima di parlare ancora con gli altri, niente di più.
“Credi
che ti
farebbe stare meglio?” chiese Charleen, fissandolo con
insistenza.
La cosa
più
importante non era fargli chiarire le cose con Alice o con Sirius, ma
far si
che lui stesse bene. Ne aveva passate troppe per soffrire ancora.
“Non
lo so, ma
forse mi chiarirebbero un po’ le idee.”
Mormorò James, sorpreso da quella
domanda.
Si
aspettava delle proteste, una ferma opposizione e forse anche un
rifiuto, ma non una domanda del genere. Charleen era preoccupata per
lui,
niente di più.
“Aspettami,
torno
subito.” Disse la ragazza, correndo via.
Seba e
Remus rimasero immobili a
guardare la scena. Quando James rimase solo i due non staccarono lo
sguardo. Speravano
che il ragazzo venisse da loro, facesse colazione e spiccicasse qualche
parola.
Il capitano, tuttavia, non gli diede questa soddisfazione.
Aspettò Charleen,
prese le sue lettere e si andò a sedere su un tavolino in
disparte. Seba e
Remus si guardarono, sospirando: sarebbe stata una lunghissima giornata.
***
Svegliarsi
tra le
braccia di Frank fu per Alice insieme una sorpresa ed una scoperta. Il
giorno
precedente, quando lui se n’era andato sbattendo la porta,
per qualche istante
aveva davvero creduto di averlo perso per colpa dei suoi guai.
Così lo aveva
seguito, in lacrime, lo aveva costretto a fermarsi e poi avevano
litigato
furiosamente nel bel mezzo del corridoio, circondati da studenti mezzi
ubriachi
che festeggiavano l’incredibile successo della loro casa.
Ogni tanto qualcuno
cantava qualche frase sconnessa verso per Frank, gli offriva da bere e
lo
implorava di unirsi a loro, senza ottenere nulla. Lui, imperterrito,
continuava
a fronteggiare Alice. La guardava in modo severo, come non aveva mai
fatto, e
lei si sentiva sempre più piccola e stupida. Nello sguardo
deluso di Frank
poteva leggere chiaramente tutti gli errori che aveva fatto negli
ultimi mesi,
specialmente con James.
Al
ricordo di quei
terribili attimi Alice si strinse al corpo caldo di Frank, ancora
addormentato.
Il solo ripensare a quello sguardo gelido la faceva rabbrividire.
“Sei
fiera del tuo
comportamento?” aveva chiesto lui, severo, senza alzare la
voce.
Alice
aveva
abbassato la testa, cercando di nascondere i suoi occhi pieni di
lacrime a
Frank. Lentamente si era limitata a scuotere la testa, incapace di
parlare.
“Ti
prego, non te
ne andare. Ho fatto un casino enorme e da sola non ne so uscire. Ho
bisogno di
te. Sei tutto, la mia vita, la mia aria..” era riuscita a
dire lei, mettendo da
parte l’orgoglio e parlando a Frank come non aveva mai fatto.
Lui si
era fermato,
aveva abbozzato un sorriso e l’aveva abbracciata. Era
arrabbiato, ma sapeva
bene di non poter fare a meno di lei. La amava troppo.
Frank
si mosse
piano tra le coperte, fino a quando non incontro il corpo di lei.
Sorrise,
tenendo gli occhi ancora ben chiusi, e ricordo in un momento tutto
quanto.
“Buongiorno,
principessa!” mormorò Frank, sorridendo.
La sua
voce era
ancora impastata dal sonno. Lei sorrise, poi lo baciò.
La sera
prima erano
rimasti a parlare fino a tardi prima di fare l’amore. Si
erano raccontati
tutto, dubbi, speranze e paure come non facevano da troppo tempo. Alice
aveva
capito quanto era stata stupida a non stargli vicino, a non parlare
prima di
quello che la tormentava.
“Sai,
ora credo di
sapere come si deve essere sentito lui..” mormorò
la ragazza, riferendosi al
cugino.
Con il
bel portiere era stato semplice chiarire, ma sapeva che James
questa volta non l’avrebbe scusata con un sorriso come aveva
sempre fatto. Si
era sentito solo, tradito e messo da parte e lei aveva il terrore di
averlo
perso.
“Tradito,
credo.”
Disse Frank, accarezzando piano il viso di Alice.
Era
bellissima anche
assonnata e con il volto corrucciato. Quello scriciolo che riposava tra
le sue
braccia era la sola donna che avrebbe voluto al suo fianco per tutto il
resto
della sua vita.
“No,
dico a giugno.
Aveva perso in un colpo solo il suo migliore amico, i suoi amici e
l’amore
della sua vita. Un po’ come me ieri sera..”
spiegò Alice, ripensando a quei
terribili momenti che aveva passato la sera prima.
Anche
lui a Giugno doveva
essersi sentito così: suo padre era morto, la ragazza che
amava aveva
dichiarato di disprezzarlo e i suoi amici gli avevano voltato le
spalle.
“Come
ci si sente?”
chiese Frank, sollevato che la ragazza avesse finalmente ripreso a
ragionare.
“È
uno schifo!”
sbottò Alice, accomodandosi meglio tra le braccia di
Frank.
Il
ragazzo la
strinse più forte, senza farle male, e la baciò.
“Beh,
tu non hai
fatto pazzie.. Non tante, almeno.” la rassicurò
lui, sorridendo.
“Non
so davvero
come possiamo aiutarlo.” Sospirò Alice,
preoccupata.
Per la
prima volta nella
sua vita non sapeva come comportarsi con James. Proprio lei, che lo
aveva
sempre considerato un fratello.
“Diamogli
tempo.
Vedrai che si calmerà e tornerà da
noi.” Mormorò dolcemente Frank.
Alice
annuì,
poi lo baciò. I due rimasero abbracciati ancora un
po’, fino a che i morsi
della fame iniziarono a farsi sentire.
“Non
vorrei essere
insensibile, ma che ne pensi dell’idea di fare
colazione?” propose Frank,
sorridendo.
La
ragazza parve pensarci un po’ sopra, poi annuì.
“Forza,
raggiungiamo gli altri in Sala Grande!” esclamò
Alice, affamata quanto il compagno.
Una
volta scesi per
colazione i ragazzi incontrarono Robert. Alice si precipitò
dalle amiche mentre
Frank si fermò a parlare con il compagno di stanza, perdendo
quasi subito la
calma.
“Seba,
brutto
idiota! Dove diavolo sei?” cominciò ad urlare,
pieno di rabbia, mentre il
ragazzo in questione si faceva sempre più piccolo sulla
sedia.
Sapeva
che il
suo amico aveva ragione. Alla fine non aveva ancora detto a nessuno,
fatta
eccezione per Remus, che James aveva passato la notte nel letto di
Frank.
Probabilmente lo aveva fatto perché il comportamento del
Cercatore era
decisamente troppo strano per essere spiegato in modo razionale.
Attirate dalle
urla, anche le altre ragazze raggiunsero il gruppo.
“Mio
Dio, ragazzi..
Avete certe facce!” esclamò Alice, passando in
rassegna i volti dei suoi amici
e fermandosi in particolare a guardare quello di Sirius.
Ancora
una volta il
ragazzo aveva passato la notte insonne, troppo agitato sia per smettere
di
darsi la colpa di quanto accaduto che per dormire. I segni della notte
appena
trascorsa erano chiaramente evidenti sul suo bel viso, segnato da
profonde
occhiaie nere.
“Non
è tornato?”
chiese Lily, preoccupata.
Non ci
fu bisogno della conferma dei ragazzi, i loro
visi bastavano come risposta.
“Io
ti ammazzo!”
esclamò Frank, deciso a fare seriamente del male a
Seba.
Nel
vedere i due amici
litigare in quel modo gli altri ragazzi sobbalzarono sulle sedie.
Quella
situazione era già fin troppo strana e complicata senza che
anche loro si
mettessero a fare i cretini.
“Frank?
Sicuro di
sentirti bene?” chiese Cristal, preoccupata.
Il
portiere sbuffò, lasciando
andare Seba che ricadde sulla sedia. Subito si spostò di
qualche metro, deciso
a sfuggire alla rabbia del suo migliore amico. Sapeva che Frank aveva
ragione ma
non voleva lo stesso uscirne pieno di lividi. Gli era bastata la
silenziosa
furia del capitano.
“Mai
stato meglio.
Ora dimmi, traditore, stiamo tutti da schifo per James, lui torna e tu
non dici
nulla? Che diamine hai nella testa, segatura?”
urlò il bel portiere, fuori di
sé.
A
quelle parole, Alice sussultò. Lo stesso fecero gli altri.
Sirius rivolse
i begli occhi cerchiati di nero verso Seba, pieno di rabbia. Se avesse
avuto la
forza lo avrebbe volentieri preso a pugni anche lui, ma decise di
accantonare
l’idea almeno per il momento. Anche Lily si riscosse, alzando
la testa verso il
riccio che aveva preso a fissare il tavolo con sguardo colpevole.
“Me
lo ha chiesto
lui, era a pezzi.” Cercò di giustificarsi lui,
fulminato dalle occhiate dei
compagni.
Gli
unici apparentemente indifferenti erano Remus e Charleen. I due
sapevano tutto. Dopo il ritorno di Charleen Seba si era deciso a
raccontare
della notte precedente.
“Ora
dove si trova?”
chiese Sirius con un filo di voce, speranzoso.
Se
James era tornato nel
dormitorio la notte precedente poteva voler dire che si era finalmente
deciso a
chiarire con loro. Forse più tardi poteva raggiungerlo,
andare da lui e
lasciare che si sfogasse. Era disposto a farsi prendere a pugni ed a
male
parole, ma non voleva perderlo. James era tutto. Un fratello, un amico
ed una
famiglia. La vita senza di lui non aveva senso. Lo aveva capito quando
lo aveva
visto disteso immobile in quel lettino d’ospedale.
“Dall’altra
parte
della stanza.” Rispose Seba, indicando un punto di fronte a
sé.
James
era
seduto al tavolo, solo, tenendosi in disparte da tutto e da tutti.
Tutti si
voltarono, cercando l’amico tra la folla indignata per la
notizia
dell’annullamento della vittoria di Grifondoro.
“Vado
da lui.”
Esclamò Alice, sicura, alzandosi in piedi.
Remus
la bloccò, trattenendola per
un braccio senza farle male.
“Vuole
stare solo.”
Spiegò il licantropo, sospirando e raccontando agli amici
della breve
conversazione di quella mattina.
“Non
mi interessa
quello che dici, devo spiegargli.” Disse Alice, ansiosa,
cercando di liberarsi
dalla stretta dell’amico.
“Sa
già tutto.”
Disse Charleen, calma, sorseggiando il suo caffè ormai
freddo.
“Cosa?”
chiese
Frank, stupito, voltandosi prima verso la ragazza e poi verso
l’amico.
Quella
situazione
si stava andando a complicare ogni minuto che passava.
“Seba
gli ha
accennato qualcosa sta notte, giusto?” chiese Alice, passando
lo sguardo dalla
compagna a Seba, cercando una conferma.
La
ragazza scosse appena la testa,
sospirando.
“Si,
ma non mi ha
lasciato il tempo di dire nulla.” Spiegò Seba,
sbuffando.
Raccontare
tutto
quanto era complicato, ma sentiva di doverlo fare. I ragazzi rimasero
ad
ascoltarlo attenti, pendendo dalle sue labbra.
“Non
vuole sapere
di più, credo voglia stare solo e leggere le lettere che gli
avevi nascosto.”
Continuò Remus, versandosi altro caffè.
“Come
ha fatto a
prenderle?” chiese Alice, incredula e spaventata.
James
era già furioso per via
dei segreti che non gli avevano rivelato, sapere che lei gli aveva
anche
nascosto delle lettere così importanti doveva averlo fatto
infuriare ancora di
più.
“Gliele
ho portate
io.” Rispose Charleen, cercando di apparire calma e di
nascondere l’agitazione
che provava.
Sapeva
di non essersi comportata da brava amica, ma James stava
soffrendo. In quei mesi avevano fatto dei grossi sbagli con lui,
sostenendo di
agire a fin di bene. Doveva rimediare in qualche modo.
“Perché?”
chiese
ancora Alice, sentendosi tradita dalla sua amica.
“Perché
è giusto
così, Alice. Devi smetterla di comandarlo a
bacchetta.” Sbuffò Charleen,
voltandosi verso Cristal.
Alice
aprì la bocca per replicare, ma Frank la
raggiunse e le fece cenno di tacere. Il tempo delle bugie era finito,
alla
fine. Adesso si trattava solo di aspettare i tempi di James, di
lasciare che
lui capisse. Non potevano fare altro. Alice prese a singhiozzare,
nascondendo
il viso tra le braccia del compagno, ma tornò a sedersi.
Doveva rispettare i
tempi e le decisioni del cugino.
Per il
resto della
colazione andarono avanti a parlare di James, senza mai perderlo di
vista.
Nessuno sapeva come comportarsi ma erano tutti concordi che era meglio
non
cercarlo, non subito almeno. Sirius era quello più in crisi,
per la prima volta
nella sua vita aveva veramente paura di perdere il suo amico. Era
lì, a pochi
passi da lui, eppure era anche infinitamente distante. Il ragazzo
rimaneva
immobile, a distanza. Sentiva gli sguardi degli amici, sapeva quanto
stessero
male eppure non riusciva ad andare da loro. Aveva paura che gli
avrebbero
mentito ancora, nascondendogli qualcosa che prima o poi lo avrebbe
fatto
soffrire.
Dopo
quasi mezzora
James decise che era arrivato il momento di alzarsi da tavola, sparendo
dalla
sala e dalla vista degli amici. Il pomeriggio il gruppo lo
passò nella sala comune,
aspettando il suo ritorno, fiduciosi. Ogni tanto qualcuno tentava di
iniziare
una conversazione ma nessun tentativo sembrava funzionare. Ogni volta
che il
ritratto si apriva tutti si voltavano, speranzosi, rimanendo
puntualmente
delusi. La situazione era paradossale: intorno a loro tutti esultavano
per la
partita, meritatamente stravinta e si lamentavano per la decisione di
sospendere la consegna della coppa, e loro se ne stavano immobili e
truci a
fissare il camino. Verso sera Lily, esasperata dalla noia, decise di
andare a
fare un giro, per controllare che nessuno stesse infrangendo le regole.
Non si
trattava di una vera e propria ronda, ma solo di un modo per scaricare
i nervi.
Tutto sembrava in ordine, quasi la festa della sera prima avesse tolto
a tutti
l’energia e la voglia di infrangere le regole. Gli sparuti
gruppi di Grifondoro
stazionavano per lo più intorno alle panche, troppo stanchi
per fare qualsiasi
altra cosa. Verso la fine del suo giro, quando ormai era decisa a
tornare nella
torre di Grifondoro, si imbatté in un gruppo particolarmente
ostico di
Serpeverde. A differenza degli altri studenti sembravano
particolarmente pieni
di vita e parecchio inclini a turbare la quiete. Una volta avvistata la
rossa,
nonostante avessero qualche anno meno di lei, subito la presero di mira
con le
loro maledizioni. Nonostante fossero piccoli e non particolarmente
pericolosi il
loro numero cominciava a diventare un problema. Stavano quasi per avere
la
meglio su di lei, quando un incantesimo li colpì e questi si
dileguarono in
fretta, borbottando qualche imprecazione sulla sfortuna nera che
continuava a
perseguitarli. Stupita, la ragazza si sporse per vedere chi era il suo
salvatore e rimase di sasso quando riconobbe James, accasciato a terra
con le
spalle appoggiate alla parete. Sembrava lo stesso di sempre, tranne per
l’espressione gelida e quegli occhi così spenti.
Poco distante da lui la sua
borsa aperta lasciava intravedere al posto dei soliti libri di testo
una marea
di lettere. La prima del mucchio sembrava diversa dalle altre, forse
arrivata
da poco. La carta da lettere blu scuro era rovinata in alcuni punti,
quasi il
mittente avesse pianto molto mentre la scriveva.
“Gra..
Grazie per
avermi aiutato con quei ragazzini.” Mormorò Lily,
ancora spaventata,
controllando che il ragazzo non fosse ferito.
“Figurati,
per così
poco.” Mormorò James, alzando le spalle.
Il suo
tono sembrava distaccato, ma i
suoi occhi tradivano i suoi veri sentimenti. Era a pezzi ed era anche
stanco di
scappare. Voleva solo essere capito, ma non sapeva come comunicare
questa sua
necessità agli amici senza iniziare l’ennesima
discussione. Ne aveva abbastanza
di gente che urlava, voleva solo essere lasciato in pace. Le parole di
Seba,
l’espressione spaventata di Remus quella mattina e il
pensiero che tutti lo
credevano un aspirante suicida l’avevano ferito ed insieme
sconvolto. Le parole
che gli amici gli avevano scritto gli avevano dato il colpo di grazia,
ma era
stata quell’ultima lettera a confonderlo. Era arrivata
qualche ora prima, con
un gufo che non aveva mai visto prima. Non conosceva la ragazza che
scriveva e
che chiedeva di incontrarlo, eppure le sue parole l’avevano
reso
incredibilmente triste.
Caro
James,
sono
la sorella di Robert, un ragazzo ricoverato a San Mungo insieme a
te qualche mese fa. Non puoi ricordarti di me, eppure io ricordo bene
il dolore di tua cugina, di tua madre e di tua zia. Lo stesso dolore
che provavo io.
Mio
fratello era in coma da quasi un anno quando
sei arrivato tu. Quando ti sei
svegliato ed ho visto la gioia di tua madre ho sperato che di poter
vivere
anche io un momento simile, ma così non è stato.
Mio fratello è morto una settimana
fa, insieme ai suoi sogni.
Era
appena maggiorenne, non aveva ancora trovato una fidanzata
né fatto
una vacanza da solo con gli amici.
Perché
tu si e lui no?
Perché
tu vivi e lui muore?
Perché
tua cugina ride ed io piango?
So
bene che tu non centri, che queste non sono cose da dire e che il
mio comportamento è inaccettabile, ma il dolore rende ciechi
e fa fare e dire
cose insensate.
Vorrei
poterti incontrare, chiederti scusa per questo attimo di pazzia,
parlarti di Robert e chiederti di goderti la vita anche per lui.
Per
favore, non sprecare nemmeno un attimo..
Rose
Da
quando aveva
letto quelle parole il mondo aveva preso a girare, senza lasciargli
nemmeno il
tempo di riflettere. Un ragazzo era morto, lui era vivo eppure non
riusciva a
tornare il ragazzo spensierato che era. Era stato molto fortunato,
eppure
sprecava tempo in inutili discussioni quando sarebbe bastata una sua
parola per
avere spiegazioni e scuse.
“Sei
rimasto solo
tutto il giorno.. Come stai?” chiese la rossa, impacciata,
avvicinandosi di
qualche passo.
Il suo
istinto le diceva di lasciarsi cadere di fianco a lui e
di abbracciarlo ma la sua testa l’aveva diffidata dal farlo.
James era ancora
sulla difensiva, non poteva rischiare che vedesse quel gesto come una
minaccia
e che si allontanasse di nuovo. Le parole della ragazza lo riscossero,
allontanando per un momento quell’alone di tristezza.
“Non
lo so.”
Rispose James, fissando il vuoto.
La
rabbia, la delusione e i tormenti che lo
avevano tormentato tutto il giorno sembravano aver lasciato il posto
alla
confusione. Aveva passato ore a chiedersi cosa lo avesse spinto a
tornare nella
Sala comune e a dormire nella stanza di Seba, senza trovare risposta.
Forse le
parole dello zio, o magari quelle di Regulus e del professore. Una
volta
svegliato, tuttavia, aveva di nuovo ripreso a sentirsi solo, incompreso
ed
arrabbiato, ed era fuggito. Era tornato ad essere il vecchio James,
quello che
aveva appena perso il padre e che ce l’aveva con il mondo
intero. Solo adesso,
al fianco della bella rossa, se ne rendeva conto. Una voce dentro di
lui gli
urlava di cacciarla, di trattarla male come aveva fatto lei mesi prima,
mentre
una seconda gli diceva di smettere di comportarsi come un bambino
egoista. Lei
aveva fatto tanto per lui, per rimediare a quell’errore. Non
poteva buttare
tutto all’aria così, non dopo che si era reso
conto che forse anche Lily
ricambiava i suoi sentimenti.
“Guarda,
c’è il
sole. È un peccato isolarsi con una giornata
così.” Continuò Lily, cercando di
attirare l’attenzione dell’altro ed allo stesso
tempo di distrarlo dai suoi
pensieri. James alzò appena la testa, fissò il
sole e poi sospirò.
“Sono
un cretino,
va bene?” sbottò improvvisamente prendendo la
ragazza, e forse anche se stesso,
di sorpresa.
“James..”
sussurrò
Lily, confusa.
Aveva
paura di sbagliare tutto, ancora una volta. Bastava una
parola di troppo e lui se ne sarebbe andato definitivamente. Non poteva
sopportarlo, non riusciva ad accettare l’idea di poterlo
perdere.
“Lascia
parlare me.”
Urlò James, lasciando trasparire tutta la sua
frustrazione.
Lily
annuì,
invitandolo a proseguire.
“Mio
padre era
appena morto ed io ho perso la ragione. Tutto il mio mondo era crollato
e ho
cominciato a comportarmi da coglione, convinto che tutti mi dovessero
perdonare
tutto. Ho litigato con te, con Sirius. Con tutti. Vi ho persi. Anzi, mi
avete
mandato al diavolo e avevate anche tutte le ragioni.”
Continuò James, senza
prestare attenzione alle mani di Lily che si erano posate sul suo viso
o al
corpo della ragazza che improvvisamente era vicino al suo.
Qualche
mese prima
avrebbe fatto i salti di gioia per una cosa del genere, ora non se ne
accorgeva
quasi. Gli occhi del ragazzo si erano riempiti di lacrime mentre il suo
cuore
dava finalmente sfogo a tutta la sua frustrazione e a tutti i suoi
tormenti.
Aveva urlato il suo dolore tra le braccia della ragazza che amava e
adesso
poteva davvero riprendersi la sua vita.
“Invece
no, tu
stavi male e noi non eravamo lì con te.”
Sussurrò la ragazza, cercando di
fermare le lacrime che le stavano bagnando il bel viso.
Lui si
stava dando le
colpe, ma erano loro quelli che avevano sbagliato tutto quanto.
“Stavo
da schifo,
ma la cosa peggiore è che sto ancora così.
È come se non fosse passato nemmeno
un giorno, la mia mente è ferma a quei momenti.”
Confessò James, lasciando che
i demoni che lo tormentavano uscissero, permettendogli così
di sfogarsi.
La
morte del padre, i litigi con Lily e Sirius a lui sembravano vicini,
quasi
fossero accaduti solamente da qualche mese. Ricordarlo così
bruscamente aveva
riaperto quelle ferire e peggiorato le cose.
“Fa
male, vero?”
chiese Lily, scivolando al suo fianco.
James
annuì appena, appoggiando la testa
sulle gambe della ragazza.
“So
che non dovrei
prendermela con voi. In fondo avete solo cercato di aiutarmi, volevate
il
meglio per me. Solo, di colpo ho ricordato un sacco di cose spiacevoli
e la
rabbia è stata troppo forte. Mi sono sentito tradito,
ferito.” Spiegò James,
sforzandosi di essere lucido e di non farsi prendere dalle
emozioni.
Non
voleva
più urlare, non davanti a lei.
“Smettila
di
pensare e di essere razionale, sfogati..” lo
incitò la ragazza, accarezzandogli
i capelli dolcemente.
Rimasero
così, soli in quel corridoio deserto, per ore. Lei
continuava a giocherellare con i suoi capelli e lui piangeva
silenziosamente,
sfogandosi. Non disse nulla molto a lungo, aumentando ancora di
più le
preoccupazioni della ragazza.
“Lily..
Ci sono
altri segreti che credi di dovermi dire?” chiese James,
prendendola di
sorpresa.
Lei
strabuzzò gli occhi, sobbalzando per quella domanda
improvvisa.
Gli occhi colori nocciola di James, gonfi per le lacrime versate e non
più
vuoti, erano intrecciati nei suoi ed attendevano una risposta che in
parte
temevano. Lui la amava, ma non poteva tollerare altre menzogne. Il loro
futuro
sarebbe dipeso da quella risposta.
“Forse
uno si..”
mormorò Lily, abbassando la testa.
Il solo
pensiero di continuare a parlare la
terrorizzava, ma doveva farsi forza. Era l’ultima occasione,
il loro momento.
Se lo avesse perso se ne sarebbe pentita per sempre. Non poteva
aspettare
ancora.
“Sarebbe?”
chiese
James, preoccupato per la reazione della ragazza.
“Ti
amo.” Sussurrò
la ragazza con un filo di voce.
Il
mondo prese a girare, per poi fermarsi di
botto. Erano solo loro due, niente intorno aveva più
importanza.
“Prego?”
chiese
James, alzandosi di botto e rischiando di strozzarsi.
Non
poteva credere alle
parole che aveva appena sentito. Si era preparato alle peggio cose ed
invece
dalla bocca della ragazza che amava erano uscite le parole che
aspettava da
tutta una vita. Il momento che aveva a lungo sognato era finalmente
arrivato,
forse meno teatrale di come aveva fantasticato lui ma ugualmente
intenso, bello
e romantico.
“Sta
zitto e non
interrompermi, va bene?” ordinò Lily, rossa quasi
quanto i suoi capelli.
Era
tesa, ma determinata a dare voce ai suoi sentimenti. Voleva essere
sincera come
era stato James poco prima, aprendogli il suo cuore e condividendo le
sue
paure.
“Si,
ma.. Tu mi
disprezzavi..” obiettò James, prendendo le mani
della ragazza tra le sue.
In
quel corridoio dimenticato dal mondo Lily era bella come non lo era mai
stata.
“Credevo
di
odiarti, in realtà eri la persona con cui sono sempre
riuscita ad essere
sincera. Urlare con te mi faceva stare meglio, fino a che non ti sei
allontanato.” Continuò a spiegare la ragazza,
senta staccare gli occhi da James
o lasciargli le mani.
Quelle
di lui erano calde, esattamente come il suo
sorriso che era tornato ad illuminargli il volto.
“Beh,
ero in coma..”
si giustificò lui, abbozzando un sorriso che tradiva il suo
nervosismo.
Lei
sospirò e cercò di andare avanti, impacciata. Non
poteva dire di amarlo e
lasciarlo così, senza spiegazioni.
“Ho
realizzato che
non eri solo un odioso ragazzino pieno di sé e ho capito di
avere perso del
tempo. Se non ti fossi svegliato..” continuò Lily,
improvvisamente scossa da un
tremito.
La sola
idea che lui sarebbe potuto morire la gettava nello sconforto.
James sembrò rendersene conto e la tirò a
sé, circondandola con le sue braccia.
“Non
ci pensare,
ora sono qui.” Le sussurrò all’orecchio
a bassa voce.
Lily
tremò ancora, questa
volta per il tono sensuale che lui aveva usato. I loro visi erano
talmente
vicini che lei riusciva a sentire chiaramente il suo battito
leggermente
accelerato ed il suo respiro che era diventato più affannoso.
“Ho
perso tanti
anni, come una stupida.” Sospirò lei, annullando
ancora più le distanze che li
separavano.
“Ora
sei qui.”
Sorrise lui, sfiorando il contorno del viso di Lily con le
dita.
Il
sogno di
una vita si stava realizzando davanti a lui e tutto il resto aveva
perso
importanza. I problemi, le paure e la confusione avevano lasciato il
posto ad
una certezza che si chiamava Lily.
“Sono
ancora in
tempo per rimediare?” chiese Lily, socchiudendo appena le
labbra.
Voleva
un
bacio. Fremeva all’idea di sentire le labbra di James posarsi
sulle sue. Alle
parole della ragazza fu James a tremare, strappandole un sorriso.
“Credo
di si..
Anzi, aspetta.” Mormorò lui, allontanando appena
il viso ed interrompendo quel
contatto magico.
Voleva
baciarla quanto lo voleva lei, ma improvvisamente aveva
realizzato che non era possibile. Non ancora, almeno.
“Che
ti prende?”
chiese Lily, confusa e preoccupata.
Aveva
dichiarato il suo amore al ragazzo di
cui era follemente innamorata, lui aveva chiaramente fatto capire di
ricambiare
ma non era scattato il fatidico bacio. La paura che James fosse ancora
arrabbiato, troppo per darle fiducia, la attanagliava.
“Non
posso, non ora
almeno.” ripeté James, sospirando.
Si
allontanò di qualche passo, prese a pugni
una parete e si lasciò di nuovo cadere. Amava Lily, la
voleva, ma non poteva
baciarla e fare finta di nulla. L’amore della ragazza aveva
per qualche istante
allontanato tutti i problemi, ma loro erano ancora lì. Nulla
era cambiato. Non
poteva coinvolgere anche Lily in tutto quel casino, doveva prima
risolvere le
varie questioni.
“James,
che
succede?" Chiese Lily, avvicinandosi cautamente al ragazzo e posandogli
una mano
sulla spalla.
James
non si tirò indietro da quel contatto, al contrario
tirò a
sé la ragazza e le cinse i fianchi. Ancora una volta la
guardò negli occhi,
stupendosi di trovarli pieni di lacrime.
“Si
tratta di
Sirius e di Alice. Sono le persone che mi sono state più
vicine, che mi hanno
sempre consolato e spinto a non arrendermi con te. Non posso baciarti
ora,
prima di avere chiarito anche con loro. Voglio fare le cose per
bene.” Spiegò
lui, fissando gli occhi verdi di lei, incantato.
Non
voleva che pensasse che
fosse colpa sua o che lui non la voleva, ma sentiva di non potere fare
questo a
Sirius e Alice. Non poteva baciare Lily mentre loro si torturavano per
lui,
versando forse anche le loro lacrime. Non sarebbe stato giusto, loro
non lo
meritavano.
“Li
odi?” chiese Lily,
inclinando appena la testa.
Improvvisamente
tutta la storia aveva perso
importanza. Le bugie, tutto il dolore di quegli ultimi mesi e la paura
di
perderlo erano svaniti. James era lì, lei era lì.
Loro erano finalmente una
cosa sola, tranne per la faccenda del bacio che non era arrivato.
“No,
credo mi sia
passata anche per merito tuo.” Rispose lui, appoggiando le
labbra sul collo di
lei.
Una
parte di lui aveva deciso di perdonarli non appena aveva visto le
lettere, in particolare l’ultima, ma era stata la presenza e
l’amore di Lily a
convincerlo del tutto.
“Allora
vai, corri.”
Sospirò lei, liberandolo dalla sua stretta.
James
inclinò la testa, le
scompigliò appena i capelli e le dedicò uno dei
suoi migliori sorrisi.
“Torno
da te,
promesso.” Mormorò lui, allontanandosi, mentre
Lily restava ferma a guardare
quello che di lì a poco sarebbe stato il suo compagno
allontanarsi.
ANGOLO
DELL'AUTRICE
Grazie mille a
tutti quelli che hanno avuto abbastanza fede da non credere che io
avessi abbandonato la storia. In particolare, grazie a LadySaika, Love_Vampire,
Stecullen94 e Cloe
Black.
Love_Vampire:
ebbene si, sono ancora viva. inutile dire che chiedo perdono. lo zio
era in crisi per la morte dell'amico e non riusciva a stare vicino al
nipote. con il tempo ha capito i suoi errori e ha cercato di rimediare.
Regulus più che il grillo parlante da il punto di vista di
una Serpe, e di conseguenza James fa il contrario. i professori invece,
ad di la delle preferenze spiccate, hanno il dovere di aiutare uno
studente in crisi. sennò che insegnanti sono? Alla fine in
chiarimento con Lily c'è stato, non ancora il bacio, ma
è lo stesso un inizio. adesso James ha decisamente le idee
chiare. per quanto riguarda il volo dalla finestra, le spiegazioni le
troverai tutte nei prossimi capitoli. prometto che sarò
deeecisamente più veloce.
Stecullen94: chiedo
scusa per il mancato aggiornamento. sono imperdonabile, ma spero che mi
lascerai lo stesso un commento!
Cloe Black: ti
ringrazio per i complimenti, davvero. questa è forse la
storia che ho curato di più nei particolari. l'ho lasciata
in sospeso per un bel po', forse è stato proprio il tuo
commento a smuovermi e a riprenderla. grazie anche per questo.
decisamente il suicidio non è una risposta. ho lasciato
qualche indizio, nella storia, ma nessuno ha colto. ad esempio, ma che
fine ha fatto la scopa di James? quando è sparita? per
quanto riguarda il perdono, invece, direi che alla fine il bene che
vuole a Sirius ed Alice è di più della rabbia.
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Capitolo 20 *** Chiarimenti e nuovi dilemmi ***
CAPITOLO
18
CHIARIMENTI E NUOVI DILEMMI.
Diverse
ore dopo il
pranzo e parecchie di più dopo la colazione, nessuno aveva
ancora avuto notizie
di James. Uscito dalla Sala Grande il ragazzo aveva semplicemente fatto
perdere
le tracce di sé per quella che ai ragazzi in attesa aveva
tutta l’aria di
sembrare un’eternità. Forse solo la Mappa
del Malandrino avrebbe potuto individuarlo, ma nessuno
del gruppo dei ragazzi aveva la forza di pensarci, né tanto
meno di farsi
venire altre idee. Nella Sala Comune dei Grifondoro regnava una calma
strana,
innaturale. Nessuno si era mosso dalla sua posizione né
aveva parlato da ore
ormai. Se ne stavano tutti lì, zitti e fermi come statue di
sale, in attesa di
quello che pareva essere un miracolo. Cristal fece vagare lo sguardo
nella
stanza, incontrando le espressioni vuote degli amici e quella perplessa
di
Peter. Il biondino sembrava l’unico che, seppure snervato
dall’attesa, sperasse
ancora. La mente del ragazzo stava lavorando, frenetica. Era come
essere
tornati bambini, quando credeva ancora a quell’omone babbano
di cui parlava sua
zia senza poteri. Un vecchio vestito di rosso che portava i regali a
tutti i
bambini la notte di Natale, Babbo Natale doveva chiamarsi. Non si era
mai posto
il problema circa la sua natura, magica o babbana, né
dubitato della sua
presenza. Era una certezza, un pilastro della sua vita. Lui
semplicemente ci
credeva, sapeva con certezza che prima o poi l’uomo con la
barba bianca, le
renne e tutto il resto sarebbe arrivato, calandosi dal camino con un
grosso
sacco sulle spalle. Più o meno con la stessa fede attendeva
James, certo che
l’amico non li avrebbe delusi. Non poteva, era James Potter
dopo tutto. Quello
che non arrende e vince la coppa anche quando sembra una follia. Si
trattava
solo di aspettare qualche ora ancora. Forse gli amici non avrebbero
condiviso
la sua previsione ottimistica, certamente non Sirius ne tanto meno
Alice o
Remus, lui era sicuro di come sarebbero andate le cose.
-
Andiamo
a mangiare?
Propose
Seba,
lanciando un’occhiata alla stanza. Vide espressioni
pensierose, spaventate e
pericolosamente vuote. Se fossero rimasti lì ancora per un
po’ forse sarebbero
esplosi. Visto che non succedeva nulla tanto valeva cercare di fare
passare il
tempo in qualche modo.
-
Non ho
fame.
Sbuffò
Sirius,
distratto, alzando le spalle. Remus fissò a lungo
l’amico, preoccupato. Temeva
una risposta del genere, ma lo stesso non sapeva che fare.
-
Nemmeno
io.
Fece
eco Alice,
scuotendo la testa. Non importava quanto tempo ci sarebbe voluto, lei
avrebbe
aspettato James. Non poteva fare altro. Non voleva deluderlo ancora una
volta.
Questa volta fu il turno di Frank di fissare la sua ragazza, scuotendo
la
testa. Nemmeno lui poteva fare nulla. Era costretto a rimanere semplice
spettatore del dolore della persona che amava di più al
mondo.
-
Insomma,
volete
stare qui tutto il giorno a piangervi addosso?
Esplose
Cristal, fulminando
con lo sguardo gli amici per spingerli a reagire. I due ragazzi si
guardarono,
alzarono le spalle e tornarono a fissare il ritratto che segnava
l’ingresso
della loro Sala Comune. Parevano dei fantasmi, degli echi di quello che
erano
stati solo qualche giorno prima. In una situazione diversa forse Sirius
sarebbe
scattato in piedi e Alice si sarebbe indignata per quella provocazione.
Sicuramente James avrebbe riso di quella loro reazione esagerata e
tutto
sarebbe finito lì, tra una risata e qualche scherzo.
-
L’idea
era quella.
Sbuffò
Sirius,
senza perdere la calma. Era rassegnato, disilluso e abbattuto. Forse
persino
l’ingresso improvviso di suo fratello e di sua cugina non
l’avrebbero sconvolto
più di tanto. Avrebbe detto loro di andarsene, poi si
sarebbe voltato verso il
fuoco, tornando ad aspettare ansioso. Voleva solo parlare con James, il
resto
era solo di contorno. Una scocciatura alla quale non poteva sottrarsi.
-
A
grandi linee..
Concordò
Alice,
sospirando senza nemmeno prendersi la briga di alzare la testa.
Quella
reazione
tanto assurda fece perdere la calma a Charleen. Le due ragazze alla
fine
avevano chiarito i loro problemi, avevano pianto ed avevano finito con
l’abbracciarsi. Seba e Frank si era guardati, perplessi,
tuttavia si erano
dimostrati contenti. Nessuno si aspettava che ci volesse
così poco perché tutto
tornasse alla normalità. Sembrava un segnale positivo. Se
loro avevano
appianato i loro diverbi in poco tempo allora c’era la
speranza che anche James
avrebbe potuto fare lo stesso con loro una volta tornato nella Sala
Comune.
Tutti credevano che il ragazzo sarebbe tornato per cena ma ormai
iniziavano a
dubitarne.
-
Basta,
Alice vuoi
guardarti allo specchio?
Chiese
la ragazza,
rossa in viso per l’agitazione. Alice era l’ombra
di se stessa. Faceva quasi
spavento da tanto che era nervosa, agitate ed in ansia.
-
Mi
spiace Charleen,
non ci riesco. Voglio stare qui, aspettare che torni e cercare di
scusarmi con
lui. So che non mi vorrà vedere, ma ci devo provare lo
stesso.
Rispose
Alice,
senza staccare lo sguardo dal pavimento. La ragazza riccia
sospirò, imprecò a
bassa voce ma non disse altro. Le faceva male vedere l’amica
così, ma più che
spingerla a reagire non poteva fare. Era tutto nelle mani di quel
testone di
James, che non si decideva a tornare. Charleen non riusciva a spiegarsi
cosa
gli stesse passando per la testa. Se aveva letto le lettere che lei gli
aveva
dato allora doveva sapere quanto si erano preoccupati, scusati e quando
era
stati in pena. Dove diamine era andato a cacciarsi?
-
Ha
bisogno di
tempo, lo sai. Non puoi rimetterci la salute.
Mormorò
Frank,
abbracciando dolcemente Alice. Il contatto con il corpo del compagno
rilassò la
ragazza. Sarebbe stato bello potersi abbandonare tra le sue braccia, ma
non
poteva. Non ancora, almeno. Doveva pensare a James prima.
-
Non vi
preoccupate,
in fondo le cucine sono sempre aperte..
Disse
Alice,
sforzandosi di sorridere. Doveva essere convincente oppure
l’avrebbero portata
con loro con la forza. Frank non disse nulla, ma stampò un
bacio silenzioso
sulla bocca della ragazza.
-
Sirius,
sai vero
che quello che abbiamo detto a lei vale anche per te?
Sospirò
Remus,
guardando l’espressione persa dell’amico. Non aveva
mai visto l’orgoglioso e
testardo Sirius Black in quelle condizioni. Mai, neppure quando era
stato
cacciato di casa dalla sua famiglia ed il fratello non aveva mosso un
dito.
-
Cosa?
Chiese
Sirius,
cadendo dalle nuvole. Il suo corpo era lì, in quella stanza,
ma era evidente
che la sua mente era lontana. Evidentemente in un altro luogo.
-
Stavi
ascoltando,
almeno?
Chiese
Seba,
inclinando appena la testa. Non c’era rimprovero nelle sue
parole, sono una
sfumatura di preoccupazione. Nemmeno lui aveva voglia di ridere,
seppure si
sforzasse di non darlo a vedere. Sebastian depresso avrebbe finito con
il togliere
la speranza a tutti loro.
-
Sono
preoccupato
per James..
Dichiarò
Sirius,
mordendosi le labbra. Più si sforzava di non pensarci,
più stava peggio. Ogni
istante che passava aumentava la convinzione che James stesse
combinando
qualcosa di stupido che avrebbe finito con l’allontanarlo
ancora di più da loro
invece che sistemare le cose.
-
Che
fine avrà fatto
Lily?
Chiese
improvvisamente Cristal, guardandosi nervosamente intorno. Le parole
della
bionda fecero cadere tutti quanti dalle nuvole.
-
Cosa
centra Lily
adesso? Lei sta facendo la ronda, mentre Jamie non ci parla. Sono due
problemi
completamente diversi.
Sbuffò
Alice,
lanciando un pezzo di pergamena nel camino. Subito la fiamma si
agitò,
prendendo vita. In pochi istanti era tornato come prima, luminoso e
caldo. Era
così semplice ravvivare un fuoco quando si stava per
spegnere, perché non
poteva esserlo anche aggiustare le cose con James?
-
Voi
siete troppo
complicati, ed io ho fame.
Decretò
alla fine
Seba, esasperato. Avrebbero potuto insistere per ore ma non avrebbe
cambiato
nulla. Alice e Sirius sarebbero rimasti lo stesso dove si trovavano,
immobili,
silenziosi e depressi e James avrebbe continuato a non farsi vedere.
Stando lì
a morire di fame non avrebbero certo cambiato le cose.
-
Buon
appetito,
allora.
Disse
Sirius,
sorridendo appena. Si trattava di un sorriso tirato, uno dei
più falsi che si
erano mai visti sul viso del ragazzo, nonostante l’impegno
che ci aveva messo
per sembrare davvero convincente.
-
Li
portiamo giù di
peso?
Chiese
Seba,
rivolto a Frank. Il portiere ci pensò qualche istante, poi
scosse la testa. Non
sarebbe servito a nulla, lo sapeva bene. Quei due erano incredibilmente
testardi. Persino un mulo si sarebbe arreso di fronte a loro.
-
No, ora
no. Ci
penso io più tardi se serve.
Dichiarò
alla fine,
scompigliando i capelli della propria ragazza. Alice e Sirius sorrisero
appena,
mentre gli altri si allontanavano.
Erano
soli, ma per
la prima volta da quando si conoscevano non avevano voglia di ridere
né di
parlare tra loro. niente scherzi, né battute né
discorsi sul quidditch. Solo
tanto silenzio e ancora più malinconia.
-
C’è
l’hanno fatta a
lasciarci in pace alla fine.
Esclamò
Alice dopo
un po’, rompendo quel silenzio tanto snervante. Sirius
sospirò, scuotendo la
testa. Era lieto che li avessero lasciati in pace, ma non poteva certo
dare
tutti i torti ai compagni.
-
Sono
solo
preoccupati. Avrei fatto lo stesso anche io se..
Iniziò
Sirius,
ignorando la porta che si apriva. Doveva trattarsi dei suoi amici. Come
al
solito qualcuno di loro, probabilmente Peter, aveva finito con il
dimenticare
qualcosa.
-
Se
James non avesse
smesso di parlarti perché sei un idiota?
Mormorò
una voce
alle spalle dei due ragazzi, che si gelarono all’improvviso.
Alice e Sirius si
scambiarono un’occhiata che tradiva tutta la loro
preoccupazione. Quella voce,
quel tono divertito. Potevano appartenere ad una persona sola. La
stessa che
stavano aspettando la ore e che non credevano certo di trovarsi di
fronte da un
momento all’altro.
-
James?
Chiese
Sirius,
prudente, prima di voltarsi. Non voleva illudersi che si trattasse del
suo
amico per poi scoprire che era solo un’illusione dettata
dalla sua mente
provata da quelle lunghe ore di attesa.
-
No, la
fata
turchina. Non le vedete le alucce azzurrine?
Sbuffò
James,
lasciandosi cadere sul divano di fronte ai due ragazzi. Entrambi erano
troppo
immobili, troppo sorpresi e troppo increduli per prendere qualsiasi
iniziativa.
Lo fissarono a lungo, increduli, analizzando ogni minimo particolare
quasi a
voler fugare ogni minimo dubbio.
-
Jamie..
Iniziò
Alice,
tirando su con il naso. Sentiva che gli occhi le si stavano riempiendo
di
lacrime e che quel groppo in gola con cui combatteva da ore stava per
avere la
meglio. Avrebbe voluto dire tante cose a James, eppure adesso che lo
aveva
davanti a sé non gli veniva in mente nulla. Voleva solo
abbracciarlo e sentire
che tutto era tornato come prima. Più o meno lo stesso
valeva per Sirius.
-
Vale lo
stesso per
te, Ally. Questa volta sei stata pessima. Un’arpia, peggio di
quando da piccola
mi rubavi tutte le macchinine nuove.
Continuò
James,
spostando la sua attenzione dall’amico alla cugina. Aveva
un’espressione
imbronciata che avrebbe certamente strappato un sorriso alla ragazza ed
a
Sirius, se solo il momento non fosse stato tanto delicato.
-
Lo so,
mi dispiace
tanto.
Disse
Alice,
tenendo la testa basta. Aveva passato molto tempo a riflettere sul suo
comportamento ed era giunta alla conclusione che l’ansia e la
preoccupazione
l’avevano portata a fare cose decisamente stupide. Invece di
aiutare Jamies
l’aveva solo ferito, peggiorando le cose. Non lo aveva
sostenuto, né gli era
stata accanto.
-
Per le
macchinine?
Chiese
James,
divertito, ignorando l’espressione incredula della cugina.
-
James,
ascolta io..
Iniziò
Sirius,
cercando di mettere ordine tra i suoi pensieri. Non capiva cosa stava
succedendo, ma sapeva che doveva scusarsi. Non avrebbe perso il suo
amico
ancora una volta.
-
È
tutto passato,
Sirius. Davvero, va bene così.
Lo
fermò James,
sorridendo. Non si trattava di un sorriso tirato, finto. Il viso
dell’amico
emanava quella tranquillità e quella solarità che
gli era così a lungo mancata
in quei mesi. Per la prima volta da quasi un anno aveva davanti a
sé il vero
James, e questi sorrideva.
-
Ho una
fame
terribile, Sala Grande?
Continuò
James,
cercando di ignorare le espressioni perplesse e buffe dei due ragazzi
che aveva
di fronte. Era evidente che si aspettavano che lui facesse scenate, non
che
arrivasse ridendo.
-
Tutto
qui?
Chiese
Sirius,
aggrottando la fronte. James sospirò, alzando gli occhi al
soffitto. Se c’era
una cosa che quei mesi gli avevano insegnato era che la vita era fin
troppo
breve per perdere tempo con i musi lunghi. A luglio aveva quasi
rischiato di
lasciarci le penne, si era salvato ed era deciso a non sprecare nemmeno
un
attimo.
-
Felpato,
quando si
ha fame ed è ora di cena si va in Sala Grande. Dove sta il
problema? Oggi ti
capisco poco..
Spiegò
James,
paziente. Alice fissava quella scena, stranita. Sirius invece era
deciso a non
lasciare cadere il discorso così. Non gli sembrava vero che
fosse tutto tornato
a posto. Sembrava un sogno, uno di quelli che lo avevano tormentato
nelle
ultime notti.
-
Dovresti
avercela a
morte con noi. Dovresti picchiarmi, urlare.. perché te ne
stai lì e ci sorridi
come un idiota?
Chiese
Sirius, sul
punto di esplodere. L’attesa, l’ansia e la paura
l’avevano reso irritabile e
decisamente paranoico.
-
Non
rubarmi le
parole di bocca. Qui il più grande degli idioti sei tu, noi
io.
Precisò
James,
deciso e divertito da quella situazione. Era paradossale:
l’unico che doveva
essere arrabbiato rideva, gli altri due sembravano sul punto di
scoppiare a
piangere.
-
Non hai
risposto
alla sua domanda..
Mormorò
Alice,
fissando intensamente il cugino. James sospirò, prendendo
tempo per elaborare
una risposta che li tranquillizzasse.
-
Che
devo dirvi? Lui
si è comportato da stronzo, tu hai fatto concorrenza a sua
cugina Bellatrix. Mi
avete trattato come uno straccio, mi avete praticamente calpestato.
Adesso però
mi è passata. Vi voglio bene e voglio andare a mangiare
perché ho fame.
Disse
James alla
fine, sorridendo. I due amici ci guardarono, poi saltarono tra le
braccia di
James. Solo lui aveva la capacità di portarti alla pazzia,
farti stare da cani
e poi risolvere tutto con una battuta. Lo strinsero forte, quasi
avessero paura
di vederlo sparire da un momento all’altro tra le braccia.
-
Ehi, vi
faccio
presente che farvi morire soffocato aumenterebbe in modo esponenziale
il numero
delle seccature.
Sussurrò
James,
cercando di sfuggire a quella stretta. Ci pensò su qualche
istante, poi decise
che gli piaceva. L’affetto sincero della sua famiglia gli era
mancato nelle
ultime ore, nonostante tenersi lontano era stata principalmente una sua
decisione.
-
Credi
di riuscire a
smettere di dire stronzate?
Chiese
Sirius,
esasperato. James ci pensò un po’ su, perplesso.
-
Non
saprei, però ci
posso provare.
Disse
alla fine,
deciso, scoppiando a ridere subito dopo.
-
Meglio,
dai.
Sorrise
Alice,
senza smettere di stringere il cugino.
Una
volta conclusa
la fase dei pianti e degli abbracci i tre si incamminarono verso la Sala Comune.
Adesso
che la situazione era più tranquilla, anche Alice e Sirius
sentivano a gran
voce i morsi della fame.
-
Ancora
non ci
credo.
Sussurrò
Alice
all’orecchio del cugino, guardandosi intorno alla ricerca
degli altri compagni.
Una volta individuati, il gruppo si diresse verso di loro. Lily era
seduta e
sorrideva tranquilla. Doveva averli raggiunti subito dopo aver lasciato
James.
Il capitano si chiese se la ragazza avesse o meno raccontato tutto agli
altri.
Dalle espressioni, tetre e preoccupate, dedusse che non doveva aver
detto
nulla.
-
Che
noia, certo che
siete monotoni. Ecco perché avevo smesso di parlarvi..
Sbuffò
James,
sorridendo. Sirius borbottò qualcosa, ma bastò
l’espressione divertita del suo
migliore amico a strappargli una risata.
-
Buonasera
a tutti.
Salutò
Sirius,
prendendo posto accanto a Remus. Il licantropo alzò la
testa, incrociò lo
sguardo sorridente di James e sbiancò. L’altro gli
scompigliò i capelli e gli
strinse un braccio intorno alle spalle. Remus sorrise, più
tranquillo. Era
tornato tutto come prima.
-
James?
Chiese
Seba,
incredulo. Il ragazzo sospirò, esasperato. Prima o poi quel
tormento sarebbe
finito, ma per ora doveva tranquillizzare gli amici sul fatto che era
tornato e
che li aveva perdonati.
-
Se mi
chiedi come
sto ti affatturo.
Borbottò
James,
sbuffando. Cristal si voltò verso Charleen, che sorrideva.
Peter guardava la
scena con gli occhi lucidi, troppo emozionato per riuscire a parlare.
-
È
una minaccia?
Chiese
Cristal,
felice.
-
Affatto,
è una
promessa.
Continuò
James, fingendosi
serio. Il gruppo tirò un sospiro di sollievo.
-
Sembra
sia tornato
tutto alla normalità alla fine.
Mormorò
Lily,
sorridendo. James si voltò verso di lei, diventando
improvvisamente più serio e
più posato. Quasi volesse fare una bella impressione su di
lei.
-
Per
adesso si, ti
ricordi vero che abbiamo una certa cosa in sospeso noi due?
Chiese
James,
inclinando la testa. Improvvisamente il mondo intorno era svanito. Gli
amici, i
compagni di squadra, i compagni, i professori ed i fantasmi.
C’erano solo loro
due, come poco prima nel corridoio deserto dove lui l’aveva
difesa dai
Serpeverde.
-
Qualcuno
spiega
anche a noi?
Chiese
Seba,
perplesso dallo strano comportamento dei due. Se non si fosse trattato
di Lily
e James avrebbe quasi scommesso che stessero amoreggiando in pubblico.
Ipotesi
veramente assurda visto il famoso astio che la ragazza provava per il
bel
cercatore.
-
Niente
domande,
impiccioni!
Lo
ammonì Charleen,
intuendo che tra Lily e James doveva essere successo qualcosa che a
loro era
sfuggito. Probabilmente uno dei due doveva essersi finalmente deciso a
dichiararsi, trovando l’appoggio dell’altro. La
ragazza sospirò, fissando Seba
con aria sognante. Prima o poi lui sarebbe diventato il padre dei suoi
figli,
ne era certa.
-
È
una proposta?
Chiese
Lily,
sgranando gli occhi verdi. C’era una sfumatura di emozione
nella sua voce, che
non sfuggi al capitano.
-
Potrebbe.
Rispose
James,
vago. Il viso della ragazza si fece più colorito,
decisamente tendente allo
stesso rosso dei suoi capelli. Il suo cuore prese a battere
più forte.
-
Allora
sentiamo.
Disse
lei,
incitando l’altro a proseguire. James inclinò
appena la testa, per vederla
meglio. Era adorabile anche quando era imbarazzata.
-
Sabato
pomeriggio.
Meglio ancora, tutta domenica.
Propose
James,
sentendo il suo cuore accelerare. Non avrebbe sopportato un rifiuto,
lei doveva
dire si.
-
Sai che
potrei
essere libera?
Mormorò
Lily,
divertita. Voleva tenerlo sulla corda per un po’, per vedere
come reagiva ma
non voleva complicare le cose. Avevano aspettato troppo, entrambi.
-
Niente
compiti?
Chiese
James,
prudente. Essere messo da parte per un libro sarebbe stato frustrante.
Forse il
peggio che gli poteva capitare.
-
Fammi
pensare, da
una parta ci sono un sacco di temi di pozioni da fare e
dall’altra un’uscita
con te.
Ricapitolò
lei, fingendosi
pensierosa. In realtà aveva già scelto, nel
momento stesso in cui aveva deciso
di confessargli i suoi sentimenti. Lo amava e nulla l’avrebbe
tenuta lontana da
lui.
-
Ti ho
messa in
crisi?
Chiese
James,
sorridendo appena.
-
No, in
fondo la
scelta è facile. Non credo che Lumacorno mi
metterà in punizione.
Concluse
Lily,
puntando gli occhi verdi dentro quelli nocciola di lui.
-
È
un si?
Chiese
James,
prudente, mentre sul suo viso si allargava il più
straordinario dei sorrisi che
la ragazza gli avesse mai visto fare.
-
Sei
sveglio,
capitano.
Esclamò
Charleen,
scoppiando a ridere. Il gruppo di amici di riscosse, scoprendosi
guardare la
scena con espressioni ebeti. Pareva quasi di essere finiti in una fiaba
che
aveva per protagonisti non Lily e James, ma una principessa ed il suo
bellissimo principe. L’unica cosa certa era che finalmente
sarebbero riusciti,
o almeno così tutti si auguravano, a coronare il loro
bellissimo sogno d’amore.
-
In che
universo
parallelo sono finito?
Mormorò
Seba,
sconsolato, guardandosi intorno alla ricerca di conferme.
-
Seba,
sicuro di
stare bene?
Chiese
Frank,
osservando l’amico. Il ritorno alla normalità di
James era coinciso con
l’inizio della pazzia di Seba. Non era per niente positivo,
al contrario. Dopo
un periodo tanto assurdo avevano bisogno di calma e di certezze, non di
altri
problemi. Senza contare che di lì a pochi mesi ci sarebbero
stati gli esami.
Per loro del settimo anno si trattava di quelli finali. Si sarebbero
giocati
tutto, compresa la possibilità di entrare
nell’Accademia Auror. Entrambi
avevano già fatto richiesta per partecipare
all’esame di ammissione di luglio,
ma per poterlo sostenere dovevano uscire dalla scuola con dei voti alti
o non
avrebbero avuto speranze.
-
Io si,
ma guardati
intorno. James è tranquillo, calmo e sorride senza essere
arrabbiato né con
Sirius, né con Alice o con altri. In più Lily ha
appena accettato di uscire con
lui..
Spiegò
Seba,
sconsolato. Frank scoppiò a ridere, scuotendo la testa.
Forse alla fine non lo
avevano perso. Non ancora del tutto, almeno.
-
Ci
dobbiamo essere
persi qualcosa per forza.
Concluse
Remus,
scuotendo anche lui la testa. Era felice per il suo amico, non aveva
mai visto
James in quello stato. Toccava il cielo, sembrava che stesse per
alzarsi da
terra da un momento all’altro. Ancora un istante e si sarebbe
staccato da
terra.
-
Perspicace,
Remus.
Commentò
James,
sorridendo.
-
Di
grazia, spieghi
anche a noi?
Chiese
Frank,
curioso. James sbuffò e scosse la testa, scompigliandosi
ancora di più i
capelli.
-
Da
quando siete
così ossessivamente curiosi e sentite il bisogno di sapere
tutto quando della
mia vita?
Protestò
James,
incrociando le braccia e fingendosi offeso.
-
Il
solito
schizofrenico è tornato tra noi.
Esclamò
Sirius,
scoppiando a ridere.
-
Simpatici,
davvero
molto simpatici.
Piagnucolò
James,
mettendo il broncio.
-
Infatti
stiamo
ridendo tutti, Potter.
Mormorò
una voce
alle spalle del ragazzo. James si irrigidì, riconoscendo chi
aveva parlato.
Intorno a lui, tutti si gelarono.
-
Non
credo che
questo riguardi te, Black.
Disse
James,
distaccato. Non si voltò, deciso a non darla vinta al
cercatore di Serpeverde.
Non sapeva per quale motivo era arrivato fino a lì, ma non
doveva essere una
cosa piacevole.
-
Mi
spezzi il cuore,
Potter. Pensa che io credevo che dopo l’ultima chiacchierata
al chiaro di luna
ero diventato tuo amico.
Sogghignò
il
Serpeverde, inclinando appena la testa. Il Grifondoro sbuffò.
-
Non
esagerare
Black. Ammetto che sei meglio di altri tuoi compagni, ma sei ancora
troppo
viscido e arrogante. Che vuoi?
Sbottò
James,
infastidito. Riusciva a percepire chiaramente come la presenza di
Regulus
agitava Sirius. Non voleva che il suo amico stesse male. Doveva mettere
fine a
quella discussione ad allontanare l’ultimo arrivato prima che
qualcuno avesse
il tempo di fare qualche scenata.
-
Parlarti.
Di
grazia, credi di riuscire ad alzare il sedere dalla sedia o mi farai
perdere
altro tempo?
Chiese
il
Serpeverde, paziente, tamburellando con le dita la sedia del ragazzo.
-
Non
obbedisco a
bacchetta ad un Serpeverde, chiaro?
Rispose
James,
voltando ancora di più le spalle al nuovo arrivato.
-
Presuntuoso
e pieno
di sè.
Borbottò
a bassa
voce il ragazzo più piccolo. James non sentì, o
forse finse soltanto, ma Sirius
scattò subito, nervoso.
-
Che
diamine hai
detto, brutto..
Iniziò
il ragazzo,
bloccato da un gesto del fratello. Il cercatore delle Serpi non aveva
perso la
sua lucida freddezza. Aveva raggiunto il suo obiettivo: provocare il
fratello e
iniziare una discussione.
-
Ho
detto
presuntuoso e pieno di sé. Vuoi che scandisca meglio le
parole, fratellone?
Chiese
Regulus,
evidentemente ironico. L’ultimo loro confronto risaliva a
più di un anno prima,
dopo che Sirius era andato via di casa. Regulus non aveva fatto nulla
per
fermarlo quella sera, ma una volta tornati al castello
l’aveva avvicinato. Non
aveva detto molto, solo che alla fine aveva preso la decisione
migliore. Nella
sua voce non c’era traccia della solita strafottenza, ma vi
si poteva leggere
molta malinconia. Sirius avrebbe voluto chiedergli molte cose, ma per
orgoglio
era stato zitto. Avevano continuato a guardarsi per un po’,
in silenzio, poi si
erano separati. In quel momento avevano smesso definitivamente di
essere
fratelli ed avevano iniziato ad odiarsi.
-
Basta,
lascialo
stare. Dimmi quello per cui sei venuto e poi sparisci.
Esclamò
James,
deciso a mettere fine a quel circo ancora prima che iniziasse. Sapeva
che tutto
quello che stava accadendo non faceva bene a Sirius e non voleva che
lui
soffrisse. Era stato fin troppo male negli ultimi mesi, a causa sua.
-
Sei
anche sordo,
Potter? Alzati da quella sedia e vieni con me.
Ripeté
Regulus,
scandendo con calma le parole. Sembrava deluso per avere perso
l’occasione per
arrivare alla lite, ma non voleva darlo troppo a vedere.
-
Non ci
sono segreti
tra i Grifondoro.
Dichiarò
Alice,
infastidita dalla presenza della Serpe. Voleva sentire quello che
Regulus aveva
da dire al cugino, un po’ per curiosità ed un
po’ per paura. Non voleva che
James avesse segreti con loro, né che cominciasse a
frequentare brutti giri che
potevano condurlo su una cattiva strada.
-
Non
ricordo di
avere chiesto il tuo parere Prewet.
Rispose
Regulus, sbuffando
annoiato.
-
Lasciala
stare,
Serpe.
Lo
minacciò Frank,
furioso. Nessuno poteva toccare la sua donna, soprattutto se la persona
in
questione era un viscido Serpeverde che aveva già fatto
soffrire un suo amico.
-
Che
paura, Paciock.
Scherzò
Regulus,
portandosi le mani al volto per mimare un’espressione
terrorizzata. Ancora una
volta Sirius scattò in piedi ma fu bloccato da Remus e da
Peter prima che
riuscisse a fare un passo.
-
Fatela
finita
tutti, mi farete venire il mal di testa.
Mormorò
James,
alzandosi lentamente dalla sedia. Regulus sorrideva, felice di avere
raggiunto
il suo obiettivo. Aveva provocato il gruppo ed aveva convinto James a
seguirlo.
Ora doveva solo fare il resto, poi avrebbe avuto la sua occasione. Si
sarebbe
preso la sua rivincita e avrebbe riscattato il suo onore. Non la si
faceva così
facilmente ad un Black.
-
Vai sul
serio con
lui?
Chiese
Lily,
stranita. Non credeva che alla fine il ragazzo l’avrebbe
davvero data vinta al
suo storico nemico. Fin da quando Regulus era arrivato al castello loro
due
erano stati avversari: per Sirius, per il boccino e per i voti. Ogni
motivo era
buono per scontrarsi e dimostrarsi migliore dell’altro.
-
Almeno
poi la
smette.
Sospirò
James,
stizzito, senza aggiungere altro. In parte era curioso di sentire cosa
voleva
Regulus, ma non aveva grandi aspettative. Probabilmente doveva
trattarsi di
qualcuna delle sue cattiveria. Suo padre diceva sempre che quando un
Serpeverde
fa o dice qualcosa di buono, allora fa anche sempre di tutto per
nasconderla al
mondo perché nessuno ne venisse a conoscenza.
-
Ma che
diamine?
Sbottò
Sirius,
furioso ed allo stesso tempo confuso.
-
Dopo,
Sirius..
Lo
bloccò James,
dolcemente. Non voleva preoccuparlo, ma non voleva nemmeno parlare
davanti a
tutti. In particolare davanti a Regulus.
-
Da
quando dai così
tanta confidenza a mio fratello?
Chiese
ancora l’altro
Grifondoro, burbero.
-
Ho
detto dopo,
Sirius.
Rispose
ancora
James, questa volta con un tono più irritato.
-
Ma..
Provò
ad obiettare
Remus, confuso.
-
Non
credo che
nessuno di voi si nella posizione di prendersela con lui
perché ha dei segreti…
Mormorò
Regulus,
senza trattenere una risata maliziosa. Nessuno ebbe la forza di
controbattere a
quella frase. Il Serpeverde aveva ragione. Tutti loro avevano mentito a
lungo a
James e non avevano diritto di costringerlo a rivelare i suoi segreti.
Il capitano
sospirò, irritato. Ancora una volta il Serpeverde aveva
aperto la bocca solo
per il gusto di ferire i suoi amici.
-
Potresti
avere la
decenza di stare zitto?
Chiese
James,
fissando la
Serpe
con un’espressione glaciale che avrebbe zittito chiunque.
-
Potrei,
ma non
sarebbe divertente.
Rispose
Regulus,
pacato, inclinando appena la testa.
-
Falla
finita, ora.
Ripeté
James,
questa volta alzando leggermente la voce.
-
Sei
noioso.
Incredibilmente noioso.
Sbuffò
il cercatore
più giovane, allontanandosi di qualche passo.
-
Tu
invece sei
stronzo, incredibilmente stronzo.
Sibilò
James,
fronteggiando il cercatore di Serpeverde. I due si allontanarono di
qualche
metro, in silenzio. Solo quando furono abbastanza lontani Regulus
iniziò a parlare,
tranquillo come sempre. Nessuno lo aveva mai visto alzare la voce
durante una
discussione, neppure Sirius. Il Serpeverde aveva la straordinaria
capacità di
stare calmo in qualsiasi situazione, senza mostrare mai i suoi veri
sentimenti.
-
Che
diamine si
staranno dicendo?
Chiese
Sirius,
insofferente. Avrebbe dato qualsiasi cosa per riuscire a sentire quella
conversazione.
-
Smettila
Sirius,
James ha detto che dopo ci dice tutto.
Tagliò
corto
Cristal, sbuffando. Quella situazione non piaceva nemmeno a lei ma
dovevano
fidarsi di James. Era l’unica cosa che potevano fare.
-
Ti
sbagli, ha solo
detto dopo.
Sbuffò
Sirius tetro,
riflettendo sulle parole dell’amico.
-
Da
quando non ti
fidi di lui?
Chiese
Alice,
perplessa ed arrabbiata. Quello che aveva di fronte non sembrava il
solito
Sirius Black ma un gattino indifeso e spaventato.
-
Lui..
io..
Regulus..
Cercò
di dire Sirius,
non riuscendo nemmeno a formare una frase di senso compiuto.
C’era di mezzo suo
fratello e tanto bastava per mandarlo in crisi. Aveva paura di perdere
tutto,
proprio ora che le cose con James avevano ripreso ad andare davvero
bene.
-
Stava
ridendo e
scherzando come sempre. Ti ha perdonato, non devi temere che trami
qualcosa con
tuo fratello.
Cercò
di
rassicurarlo Lily, dolcemente. Mai la ragazza si era dimostrata
così gentile
nei confronti di Sirius Black da che lo conosceva.
-
James
non ti
farebbe mai una cosa del genere.
Aggiunse
Frank,
cercando di trasmettere all’amico calma.
Sirius
annuì
appena, nervoso. Non riusciva a smettere di guardare i due ragazzi,
poco
lontani. Discutevano animatamente. James sembrava agitato, Regulus
impassibile.
Pareva quasi la situazione lo divertisse. Di tanto in tanto si voltava
verso il
tavolo di Grifondoro, lanciando occhiate torve al fratello.
-
Felice
notte,
poveri idioti.
Salutò
Regulus con
la sua solita ironia, tornando al tavolo di Serpeverde.
-
Luridi
ba..
Esclamò
James,
adirati, lasciandosi cadere. Cercò di tirare un pugno al
tavolo ma l’occhiata
di rimprovero di Charleen lo bloccò. Tutti si voltarono,
preoccupati, tranne
Lily.
-
James,
non essere
volgare.
Lo
riprese la
ragazza, apparentemente tranquilla. Sapeva che James non era arrabbiato
con
loro.
-
Scusa,
ma sono dei
vermi.
Sbottò
James,
nervoso. Sbuffò e imprecò ancora a bassa voce.
-
Con chi
c’è l’hai?
Chiese
Peter,
nervoso.
-
Serpeverde.
Rispose
il capitano,
sbuffando. A quelle parole tutti tirarono un sospiro di sollievo. Per
qualche
istante avevano temuto di essere tornati per qualche strano motivo in
cima alla
lista nera di James.
-
Ti
spiacerebbe fare
capire anche a noi?
Chiese
Remus,
confuso.
-
No, non
adesso. Non
ho abbastanza tempo, devo andare dalla McGranitt.
Esclamò
James,
scattando di nuovo in piedi. Era agitato, quasi non riuscisse a stare
fermo
nello stesso posto per più di due secondi. Sembrava che gli
stesse bruciando la
terra sotto i piedi.
-
È
successo qualcosa
di grave?
Chiese
Sirius,
perplesso e confuso.
-
Non lo
so ancora,
non del tutto almeno. Scusatemi.
Rispose
James,
asciutto.
-
Sicuro
di non
volerci dire nulla?
Chiese
Seba,
fissando l’amico. Non riusciva a spiegarsi quel modo di fare,
non dopo che lo
aveva visto sorridere fino a pochi minuti prima. Possibile che fosse
bastato
fare quattro chiacchere con Serpeverde per rovinare tutto?
-
Si
tratta della
squadra, ma non so ancora esattamente come stanno le cose.
Sospirò
James alla
fine, sbuffando. Si sentiva impotente, truffato e decisamente incazzato.
-
Aspetta,
non
avranno davvero annullato la vittoria di Grifondoro..
Esclamò
Alice,
inorridita. Aveva sentito delle voci nelle ultime ore, ma le erano
sembrate
troppo assurde per essere prese seriamente in considerazione.
-
Così
sembra, per
questo voglio andare da Minnie. Frank, vieni anche tu?
Chiese
James,
rivolto al compagno di squadra.
-
Ehm,
si. Subito.
Rispose
il
portiere, pronto. Avevo fatto tanto per la squadra, non potevano
lasciarsi
portare via la vittoria così. Si voltò verso
Alice, che annuì appena.
-
Charleen,
raduna la
squadra. Appena finiamo con la McGranitt dovremo
parlare.
Esclamò
James,
serio. La compagna annuì, facendo ondeggiare i riccioli
bruni.
-
Aspetta,
James.
Mormorò
Sirius,
debolmente, bloccando l’amico per un braccio. Si vergognava
come un ladro, ma
sapeva che doveva fare quella domanda che lo stava tormentando o
sarebbe
esploso.
-
Dimmi,
Felpato.
Disse
James,
voltandosi verso l’amico.
-
Che
voleva da te?
Perché ti ha detto che pensava che foste amici?
Chiese
Sirius,
facendo riferimento al modo di fare misterioso del fratello. Era
evidente che
si era comportato così per torturare lui, ma voleva capire
quanto c’era di vero
nelle sue parole. Regulus non inventata mai nulla, si limitava ad usare
la
realtà per portare le persone alla pazzia.
-
Ho
parlato con lui
ieri sera, tutto qua. Ci siamo incontrati per caso e lui ne ha
approfittato per
prendersi gioco di me.
Sospirò
James,
scegliendo con cura le parole.
-
Non
credi che lui
sia migliore di me, vero?
Chiese
ancora
Sirius, imbarazzato. Si vergognava a fare quella domanda, ma sentiva di
volere
una risposta. Non sarebbe mai riuscito a vivere con quel dubbio. James
sospirò,
poi sorrise.
-
Parlare
con Regulus
mi ha fatto capire quanto siete diversi e quanto mi mancavi. Sei
più tranquillo
ora?
Rispose
il
cercatore, sorridendo.
-
Sono un
idiota.
Esclamò
Sirius, più
sollevato dopo aver sentito la risposta dell’amico.
-
Eh si,
proprio
così.
Sospirò
James,
allontanandosi insieme a Frank.
ANGOLO
DELL'AUTRICE
Grazie a tutti per
essere arrivati a leggere fino a qui! per ripagare la vostra pazienza
nei mesi scorsi ho deciso di pubblicare subito il nuovo capitolo. Nel
giro di qualche capitolo anche questa storia finirà, ma sto
pensando ad un possibile seguito che riguarderà l'estate dei
nostri eroi. ho già buttato giù qualcosa, ma non
dico nulla!
Stecullen94: grazie
mille!!!ebbene si, alla fine il cuore della glaciale Lily si
è sciolto. doveva succedere, no? James e Rose si
incontreranno e forse lei comparirà anche nel seguito della
storia anche se non come protagonista. come ha fatto a cadere dalla
finestra lo dirà tra due capitoli.. non ti dico
come!
Love_vampire:
grazie mille!!! ebbene si, sono tornata. niente più mesi di
attesa, promesso! James è stato buono, molto di
più di quello che persino io mi aspettavo! per il
resto delle spiegazioni devi aspettare i prossimi capitoli!
Cloe_Black: grazie
milleee! ho aggiornato abbastanza in fretta.. sono curiosa di sentire
le tue ipotesi sull'incidente per vedere se sono più
originali della mia versione!
Lady_Saika: grazie
milleee! hai visto che ho aggiornato prima?
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Capitolo 21 *** Colloqui e chiacchere nel camino ***
CAPITOLO 19
COLLOQUI E
CHIACCHERE NEL CAMINO
James
e Frank
camminavano per i corridoi, in silenzio. James era troppo arrabbiato
per
parlare, Frank lo fissava e basta. Si vedeva lontano un miglio che il
portiere
aveva una domanda che gli frullava in testa da un po’, senza
che si decidesse a
farla.
-
È davvero tornato
tutto alla normalità?
Chiese
alla fine,
temendo la reazione dell’altro. James lo guardò di
traverso, accigliato e
sorpreso da quella domanda.
-
Perché dovrei
mentire?
Chiese
James,
serio. Frank alzò le spalle, imbarazzato. L’arrivo
di Regulus, la loro
discussione e poi il malumore di James. Tutto sembrava strano,
insolito.
- Non
lo so, ma
Alice e Sirius non sono stati onesti. Possibile che tu li abbia
già perdonati?
Cercò
di spiegare
l’amico, fissando intensamente il proprio capitano. James
scosse la testa, poi
scoppio a ridere. La sua risata era cristallina come ai vecchi tempi,
prima che
una trafila incredibile di tragedie si abbattesse su di lui. Era
tornato tutto
a posto alla fine, per quando assurdo potesse sembrare. Il tempo dei
segreti e
delle bugie era finito. Entrambi sapevano che la lezione ad Alice e
Sirius era
servita e che probabilmente non avrebbero mai più mentito a
James.
- Hanno
già pagato
a sufficienza quando stavo male. Sarei uno stronzo se infierissi
ancora. Voglio
troppo bene ad entrambi.
Spiegò
James,
sorridendo. Non voleva più portare rancore a nessuno, solo
sorridere e godersi
la vita. Persino le parole di Regulus, che all’inizio lo
avevano fatto
arrabbiare alla fine gli erano scivolate via. Certo, la coppa era
importante ma
non al punto da farsi rovinare la giornata. Aveva chiarito con sua
cugina ed il
suo migliore amico e la ragazza più bella di tutto il
castello non aspettava
altro che uscire con lui. Si trattava di una vittoria su tutti i fronti.
-
Allora sono
contento.
Affermò
Frank,
sicuro. James non diceva mai balle. Se qualcosa ancora non andava lo
avrebbe
detto. Non era il tipo da nascondersi dietro un sorriso, specie dopo
quello che
gli era capitato negli ultimi tempi.
- Non
dovresti,
ricordi perché stiamo andando da Minnie?
Chiese
James,
tornando subito serio e furioso insieme. Regulus era venuto da lui con
il suo
sorriso strafottente, sicuro di colpirlo nel vivo. Nonostante la
vittoria
meritata, la squadra di Grifondoro aveva fallito.
Una
volta entrati
nello studio, James si guardò in giro. Era la prima volta
che andava nello
studio della McGranitt volontariamente, tutte le altre ci era stato
trascinato
da qualcuno in seguito a qualche scherzo finito male. Anche la donna
sembrò
sorpreso di vederlo lì, ma non appena notò Frank
capì di cosa si trattava e si
preparò a dare spiegazioni. Dopo tutto, quella visita se la
aspettava. Era
scontato che a James non sarebbero andate a genio le decisioni del
preside
riguardo all’ultima partita disputata.
I due
uscirono
dall’ufficio un paio di ore più tardi,
più silenziosi di quando ci erano
entrati. L’umore dei ragazzi, se possibile, era ancora
peggiore. James si
ritrovò a pensare che era la prima volta che lasciava quel
posto senza una
punizione. Lily di sicuro avrebbe detto di essere fiera di lui. Avrebbe
dovuto
festeggiare forse, ma non gli andava. Le cose erano anche peggio del
previsto.
La professoressa aveva confermato la versione di Regulus, alla fine, ma
con
risvolti decisamente peggiori. Non solo Grifondoro non aveva ritirato
la coppa,
ma questa rischiava di andare a Serpeverde senza che quei dannati maghi
oscuri
avessero fatto nulla per meritarla.
- Cosa
credi che
accadrà, adesso?
Chiese
Frank,
mordendosi un labbro come faceva sempre quando era nervoso. Guardava il
capitano con la testa piegata di lato ed un’espressione
corrucciata.
- Non
lo so,
davvero..
Rispose
James,
alzando le spalle. Era vero, non aveva la minima idea di cosa era
meglio fare.
La sua testa era vuota ma allo stesso tempo troppo pesante. Sarebbe
voluto
correre da Lily, abbracciarla e stringerla a sé, ma aveva
troppe cose da
sistemare prima di poterlo fare. La sua vita era tornata alla
normalità, ma non
ancora abbastanza. In quel momento James si trovò ad
invidiare Peter e la sua
vita noiosa, scontata. Prevedibile in ogni dettaglio al punto da essere
quasi
rilassante in confronto alla sua. Mai una responsabilità,
mai aspettative al di
là delle sue possibilità. Tutto era ordinario,
normale.
- Vuoi
dargliela
vinta? Sarebbe come dimostrare che hanno vinto su tutta la linea.
Ribatté
Frank,
deluso dallo scarso entusiasmo del capitano. Certo, la notizia della
mancata
vittoria di Grifondoro aveva abbattuto anche lui, ma non era disposto a
stare a
guardare. Avrebbe lottato fino alla fine, dimostrando a tutti che si
meritava
in pieno di appartenere alla casa di Godrig.
-
Frank, non lo so.
Che pretendete tutti da me in questi giorni?
Sbottò
James,
irritato da quella situazione. Quella frase non era rivolta a nessuno
in
particolare, o forse a tutti quanti. Più si sforzava di
stare al passo con
quello che la gente gli chiedeva, più si sentiva chiedere di
più. Niente era
mai abbastanza. C’era sempre qualcosa d’altro da
fare. Un altro traguardo da
raggiungere.
- Che
tu faccia il
capitano. Quando sei dell’umore mi trovi in Sala Comune,
insieme agli altri.
Replicò
l’altro,
allontanandosi in silenzio. La reazione di James lo aveva colpito ed
offeso
insieme. Se al capitano non interessava nulla della squadra, a chi
doveva
importare allora? Si era fidato di lui, ci aveva messo impegno, tempo
ed
energie. Lo aveva fatto per il suo amico, non per sentirsi dire che si
aspettava troppo da lui. James rimase solo a riflettere, in esclusiva
compagnia
dei suoi pensieri che sembravano farsi continuamente gioco di lui.
Cominciava
ad accadergli spesso, forse valeva la pena di farci
l’abitudine. Le parole
della McGranitt continuavano a rimbombargli nella testa.
-
Signori, avete
sentito bene. La vittoria non è stata assegnata.
Aveva
detto la
donna in seguito alla proteste dei due grifoni. Erano entrati spavaldi,
sicuri
che Regulus avesse detto loro una balla. Dopo tutto, mai fidarsi delle
parole
di una Serpe, specie se questa è appena stata battuta.
Tuttavia, questa volta
si erano sbagliati. Il fratello di Sirius non aveva mentito.
-
Abbiamo vinto noi
e la coppa è andata a loro?
Aveva
chiesto
Frank, sul punto di perdere la pazienza. Tra tutte le ingiustizie che
aveva mai
subito nella sua vita, questa era di gran lunga la peggiore.
- Non
ho detto
questo Signor Paciock.
Aveva
replicato la
McGranitt, senza perdere
la calma. Sapeva che l’argomento era delicato. Lei stessa era
andata su tutte
le furie quando aveva saputo. I suoi ragazzi avevano vinto, toglier
loro la
coppa era stata la peggiore delle bassezze. Solo un Serpeverde avrebbe
potuto
proporlo. Nessun altro. Ad ogni modo, lamentarsi non sarebbe stato un
comportamento degno della casa di Grifondoro. I suoi ragazzi non
avevano
bisogno che lei si lagnasse, ma che trovasse un modo che permettesse
loro di
dimostrare tutto il loro valore sul campo.
-
Allora si spieghi
meglio.
Aveva
ribattuto
Frank, senza curarsi di sembrare impertinente o sgarbato. Per tutti e
sette gli
anni che aveva passato al castello era sempre stato gentile, ma dopo
quello che
era capitato negli ultimi tempi non ne aveva più voglia.
Alla fine aveva capito
quello che sua madre gli diceva da tempo: era ora di tirare fuori le
unghie.
-
Nessuna squadra
ha ritirato la coppa, semplice.
Aveva
spiegato la
professoressa di trasfigurazione, battendo nervosamente con il piede a
terra.
La smorfia di disgusto dipinta sulla sua faccia lasciava trasparire
senza ombra
di dubbio quale doveva essere il suo pensiero.
- Non
la seguo.
Aveva
mormorato
James, scuotendo appena la testa. In realtà il discorso gli
era abbastanza
chiaro, ma lui preferiva negare la realtà. Tutti gli sforzi
che avevano fatto
in quelle settimane e durante quell’ultima partita non
potevano veramente
essersi rivelati vani. Non era giusto.
-
Serpeverde ha
perso l’ultima partita, ma ne ha vinte due su tre con ottimi
punteggi.
Aveva
sospirato la
McGranitt, nervosa. Era
una vera sofferenza fare un discorso simile ai suoi ragazzi. Sapeva
quanto si
erano impegnati, in particolare James. Ci aveva messo anima e corpo
nella
squadra. Aveva dato tutto, senza lasciare indietro nulla. Nemmeno i
compiti
arretrati e i mesi di studio da recuperare.
-
Quindi niente
coppa per loro..
Aveva
sottolineato
a quel punto Frank, con una punta di rabbia nella voce. Avevano fatto
più punti
delle Serpi, la coppa era loro di diritto. Se non l’avessero
ritirata loro non
la poteva certo dare ai loro avversari.
- Noi
invece
abbiamo vinto l’ultima partita con un punteggio che di sicuro
passerà alla
storia..
Aveva
continuato la
donna, ignorando il commento di Frank. Questa volta, però,
fu James ad
interromperla.
- ..ma
abbiamo
perso le prime due, giusto?
Aveva
completato il
capitano tristemente, indovinando dove sarebbe finita la discussione. La McGranitt
aveva
sospirato ed abbassato la testa, sconsolata.
-
Purtroppo è così,
maledizione.
Aveva
imprecato la
professoressa, battendo il pugno sulla scrivania di faggio senza
più trattenere
le sue emozioni. Per un attimo aveva dimenticato dove si trovava e
soprattutto
con chi. Era solo un’insegnante che aveva spinto i suoi
ragazzi a dare il
massimo, li aveva visti vincere e non poteva lasciarli festeggiare.
-
Nessuno prenderà
la coppa quest’anno?
Aveva
chiesto
Frank, stranito. Da che Hogwarts esisteva la coppa era sempre stata
assegnata,
tranne qualche raro caso quando c’erano di mezzo strane morti
ed incidenti
lugubri. Ad ogni modo, non avveniva da molti anni.
-
Questa era l’idea
iniziale del preside, si. Ma a me e Lumacorno non sembrava per niente
giusto.
Vi siete impegnati duramente, non lo meritavate.
Aveva
sospirato la
professoressa, senza soffermarsi a raccontare la dura lotta che doveva
esserci
stata tra i due professori. Né la McGranitt
né tanto meno Lumacorno erano tipi famosi per
arrendersi facilmente. Nella sua voce traspariva l’affetto
che provava per la
sua casa. James riusciva quasi ad immaginarsi la dura lotta che doveva
aver
sostenuto con i colleghi e con il preside, mettendo da parte
l’affetto e la
stima che provava per lui. I ragazzi di Grifondoro prima di tutto.
- Cosa
proponete?
Aveva
chiesto
Frank, insofferente, anticipando il suo capitano.
- Uno
spareggio,
una partita. Secca, senza guardare ai punteggi precedenti.
Aveva
risposto la
donna, seria e severa come suo solito. Guardava i due ragazzi con aria
di
minacciosa, lasciando solo intendere quali terribili punizioni avrebbe
inflitto
loro se avessero perso oppure, caso ben peggiore, non avessero giocato.
- Chi
fa più punti,
ha la coppa.
Aveva
sospirato James.
Era la soluzione più logica, certo, ma implicava giocare
ancora. Nell’ultima
partita aveva messo tutto se stesso. Non era certo di poter ripetere
quella
esperienza, sia fisicamente che psicologicamente.
-
Esatto, sarà la
prossima domenica..
Aveva
continuato la
McGranitt, imperterrita,
dando per assodato che i suoi ragazzi non l’avrebbero tradita
e sarebbero scesi
in campo ancora una volta.
- Prego?
Aveva
chiesto
James, incredulo. Sia la McGranitt che Frank si
erano voltati verso di lui, increduli.
Nella voce del capitano si avvertiva una nota di protesta, quasi non
avesse la
minima intenzione di disputare quella partita.
-
Qualche problema,
Potter?
Aveva
chiese la
professoressa, scrutandolo con attenzione. Il suo fare minaccioso,
tuttavia,
non scalfiva la calma innaturale di James. Era inspiegabile che lui
fosse
contrario a giocare, eppure era così.
- Non
trovo
assolutamente giusto tutta questa storia.
Aveva
risposto
James, scattando in piedi con i pugni ben chiusi.
-
Nemmeno io, visto
che la coppa dovrebbe stare già da qualche giorno sulla mia
scrivania. Ad ogni
modo, non abbiamo scelta.
Aveva
replicato la
donna con insofferenza mentre Frank cercava qualcosa di sensato da dire
per far
ragione il suo compagno di squadra.
- Ma..
Aveva
iniziato
James, subito bloccato dalla donna.
-
Niente ma,
Potter. Se non giocate, la coppa va alle Serpi.
Aveva
esclamato la
McGranitt, fuori di sé.
Era evidente che considerava orrendo quel pensiero. Anzi, forse fino a
quel
momento non ci aveva ancora pensato. Era scontato che i suoi ragazzi
avrebbero
giocato e avrebbero vinto. Ne andava dell’onore e
dell’orgoglio della casa di
Grifondoro dopo tutto.
-
Sarebbe orrendo.
Aveva
commentato
Frank, il volto stravolto dall’orrore. L’idea di
chiudere la sua carriera ad
Hogwarts come portiere da perdente era semplicemente inconcepibile.
Anche se
avrebbe voluto fare i salti mortali per riuscire a stare dietro a tutto
quanto,
esami compresi, avrebbe giocato.
-
Decisamente,
Paciock. Cercate di non farlo succedere. Sarebbe la più
grande disfatta di
Grifondoro da sempre.
Aveva
urlato la
donna, ritirandosi nelle sue stanze private e lasciando intendere ai
ragazzi
che era arrivato il momento di tornare nella loro sala comune. Il
discorso era
chiuso: la partita ci sarebbe stata domenica, giocare o no era affar
loro.
James
uscì
dall’ufficio della donna frastornato. Quelle ultime parole,
la più grande
disfatta dei Grifondoro da sempre, continuavano a rimbombargli nella
testa.
- Ho
radunato la
squadra..
Iniziò
Charleen,
andando incontro a Frank non appena questi sbucò dal
ritratto della Signora
Grassa. Quando vide il ragazzo scuro in volto, ma soprattutto solo, si
bloccò,
interdetta. Era evidente che qualcosa non andava.
- James?
Chiese
uno dei
battitori con cautela, anticipando la riccia.
-
Lascia perdere,
meglio.
Sbottò
il portiere,
scontroso. Dirigendosi verso la più vicina poltrona.
- Non
fare il
presuntuoso Frank, sono qui.
Esclamò
una voce a
cui fece seguito subito dopo un ragazzo con i capelli scompigliati.
Frank si
voltò, osservando perplesso il compagno di squadra. A quanto
pareva questa
volta il momento di solitudine dell’amico era durato
veramente poco rispetto ai
suoi soliti standard. Forse era davvero tornato il solito matto di
sempre.
Quando
sentì la
voce dell’amico, Sirius alzò la testa di scatto.
Per tutto il tempo che James e
Frank ci avevano messo a tornare era rimasto fermo, immobile. incapace
di
scacciare del tutto quella brutta sensazione che gli aveva artigliato
lo
stomaco. Per quanto poteva cercare di mentire a se stesso, la vista di
James e
Regulus che parlavano tra di loro lo aveva destabilizzato. Era
assolutamente
insensato, eppure accadeva sotto i suoi occhi. Assurdo. Ad ogni modo,
adesso
James era lì e quel sorriso che gli aveva rivolto era la
prova che tutto era
tornato come prima.
- Meno
male, ero
già quasi convinto di dover fare tutto io.
Sbuffò
Frank,
sollevato ed insieme esasperato.
-
Saresti un
pessimo capitano.
Lo
apostrofò James,
inclinando la testa di lato.
Il
resto della
squadra, tra cui figuravano anche Alice, Seba e Sirius, osservava la
scena
perplesso ed insieme curioso. Nessuno riusciva a seguire il discorso,
ma era
abbastanza evidente che dopo aver discusso su qualcosa Frank e James
erano
finalmente d’accordo. James, inoltre, sembrava essere tornato
lo stesso ragazzo
dell’anno prima, prima che fosse venuto a sapere della morte
del padre.
-
Qualcuno spiega
anche a noi qualcosa, di grazia?
Chiese
Charleen
alla fine, spostandosi nervosamente dalla faccia i riccioli scuri.
Odiava
perdere i pezzi di discorsi e non capire il senso delle frasi, era
più forte di
lei. Lily la definiva una mania, quasi un’ossessione.
Charleen le dava ragione,
ma lo stesso non riusciva a fare a meno di comportarsi così.
-
Concordo. Vorrei
una bella festa con una bella coppa.
Esclamò
Seba, con
un sorriso che andava da un lato all’altro del volto.
- La
festa sarà
domenica sera, prima però dobbiamo battere le Serpi.
Spiegò
James, osservando
con attenzione i visi dei compagni. Sapeva bene che la loro reazione
non si
sarebbe certo fatta aspettare.
-
Ancora?
Sbottò
il battitore
con il braccio fasciato, incredulo. Le loro reazioni erano le stesse di
James e
Frank. Quelle di ragazzi che avevano dato tutto per vincere e che
adesso si
ritrovavano punto a capo. L’unico fattore positivo era la
casa di Grifondoro:
questa volta sarebbe stata senza dubbio dalla loro parte.
-
Abbiamo già
vinto, ricordi?
Ricordò
Charleen,
senza capire cosa stava dicendo James. Doveva aver per forza capito
male, era
l’unica spiegazione. Il capitano era ancora confuso, per
questo diceva cosa
senza senso.
- Non
conta,
dobbiamo giocare ancora. Loro hanno vinto due partite su tre, noi solo
una.
Sospirò
Frank,
lasciandosi cadere seduto. I compagni lo fissarono con attenzione, per
poi
passare a James. Era evidente che il ragazzo era serio. Non
c’erano possibilità
di aver capito male o che quello fosse uno scherzo.
- Ma il
punteggio..
Iniziò
Alice,
imbronciata. Lei non aveva giocato, certo, ma sapeva bene quanto
impegno di
avevano messo i ragazzi per dimostrare a tutti quanto valevano davvero.
Se la
meritavano quella coppa.
- Anche
io penso
che sia una buffonata, ma dobbiamo giocare questo spareggio.
Tagliò
corto James,
incrociando lo sguardo di Frank. Il portiere sorrideva, era sicuro che
il
compagno alla fine avrebbe fatto la scelta giusta. Dargli tempo per
pensare da
solo era servito.
-
È una pazzia.
Siamo stanchi e tra poco ci sono anche gli esami.
Protestò
il terzo
cacciatore, alzando gli occhi al soffitto. Era evidente che si trattava
dell’ennesimo brutto scherzo che i Serpeverde avevano fatto
loro.
-
Vogliamo
dargliela vinta senza nemmeno giocarcela?
Chiese
Frank,
fissando uno per uno tutti i compagni. Poteva sentire la loro
insofferenza ma
riusciva anche a percepire la loro voglia di alzare quella benedetta
coppa al
cielo. Per lui sarebbe stata l’ultima volta, non poteva
perdere
quell’occasione. O meglio, non voleva lasciarsi scappare la
possibilità di
guardare per un ultima volta le Serpi dal podio del vincitore.
- Io
non posso
obbligare nessuno, non ho nemmeno l’autorità per
farlo. Però io in campo ci
vado, anche da solo.
Continuò
Frank,
deciso. James fissò appena lo sguardo determinato del
compagno e seppe di avere
preso la decisione giusta.
-
Sentitelo, vuole
la gloria tutta per sé..
Sbuffò
James,
lanciandosi di peso addosso all’amico.
- Siamo
una
squadra. Sette leoni in campo fino alla fine. Comunque vada.
Esclamò
Charleen,
sicura, guardando i due amici che giocavano come bambini. Quando
finalmente
ebbero concluso la loro lotta, prese da parte James con discrezione,
tirandolo
piano per la manica della veste e parlando a bassa voce. Voleva che
solo lui, e
nessun altro, sentisse.
- Sei
proprio
sicuro?
Chiese
al
cercatore, diventando improvvisamente più timida ed insicura
di quanto fosse
mai stata fino a quel momento. Il capitano la guardò
perplesso, poi sorrise.
-
Certo, dobbiamo
giocare.
Ribatté
James,
stringendo un pugno. La ragazza sospirò, e spiegò
meglio.
-
Dicevo dei
cacciatori. Non credi sia meglio far giocare Alice, Seba e Sirius.
Farebbero
carte false per giocare. Dovevi sentirli, prima.
Continuò
Charleen,
senza guardare il proprio capitano negli occhi. Le costava dire quelle
cose.
Avrebbe dato carte false per essere in campo, ma doveva pensare al bene
della
squadra.
- Ha
ragione lei.
Sospirò
una voce triste
alle spalle dei due ragazzi. James si voltò e vide tutta la
squadra riunita.
Compreso Frank, scuro in volto.
- Siete
matti?
Chiese
James,
sgranando gli occhi e fissando uno ad uno i compagni.
-
James, ragiona..
Riprese
Charleen,
decisa ma allo stesso tempo paziente.
- Se
giocano quei
tre, cercati un altro portiere.
Dichiarò
Frank,
deciso, indicando Alice, Sirius e Seba che erano a qualche passo da
loro e che
non stavano sentendo quella conversazione. Alice era la sua ragazza e
Seba il
suo migliore amico, ma non avrebbe voluto altri che i ragazzi che erano
stati
al loro fianco in quelle settimane.
- Sta
zitto Frank!
Sbottò
James, senza
nemmeno staccare gli occhi dai compagni o girarsi verso
l’amico.
- Siete
infortunati?
Riprese
il
capitano, con un tono stranamente calmo.
- No.
Mormorò
lei,
scuotendo la testa. Lo stesso fecero gli altri, alle sue spalle.
- Non
avete voglia
di giocare?
Chiese
ancora James,
guardandoli severamente.
- Non
è questo il
punto.
Cercò
di dire lei,
giustificando la sua decisione.
-
Allora giocate,
chiuso il discorso.
Sbottò
deciso
James. Charleen sorrise e annuì mentre l’altro si
allontanava. In pochi istanti
si era portato alle spalle di Lily. Una volta sistemata la squadra
doveva
pensare a lei. Era la sua priorità, adesso.
La
ragazza era
rimasta per tutto il tempo con Cristal, Peter e Remus, in disparte. Non
sapeva
nulla di quello che si erano detti i ragazzi. Li vedeva parlare
concitati,
aveva intuito che stava succedendo qualcosa che doveva riguardare la
squadra e la
loro ultima partita, ma non sapeva di preciso cosa.
- Mia
bella Lily,
niente appuntamento domenica.
Sospirò
James,
triste, lasciandosi cadere seduto per terra ai suoi piedi. La rossa
aggrottò appena
le sopracciglia, credendo si trattasse di uno scherzo.
- Mi
tormenti da
anni e poi quando ti dico si ti tiri indietro?
Chiese
Lily,
incredula, quando fu chiaro che il capitano era fin troppo serio. Il
suo sguardo
dispiaciuto non lasciava dubbi.
-
Credimi, mi sento
un idiota.
Ammise
James,
abbassando gli occhi. Lily presa la sua mano, calda come sempre, poi
sorrise. Bastò
quel piccolo gesto a far tornare il buon umore al ragazzo.
-
Punizione con la McGranitt?
Provò
a buttare lì
la ragazza, sorridendo appena per il nervosismo di James. Lui
sbuffò, poi
scosse la testa energicamente.
-
Più o meno.
Minnie vuole che dimostriamo sul campo che i campioni siamo noi e che i
Serpeverde stanno bene solo in un posto buio e umido..
Spiegò
il capitano
di Grifondoro, tornando allegro. Era inutile girarci intorno, pensare
all’imminente
sconfitta delle Serpi lo metteva decisamente di buon umore. Regulus
avrebbe
smesso di ridere, questa volta una volta per tutte.
- Il
sotterraneo?
Chiese
Lily,
divertita, provando ad indovinare. James aggrottò le
sopracciglia e finse di pensarci
su.
-
Pensavo un po’
più in basso.
Mormorò
James alla
fine, scuotendo la testa. Lily annuì, senza staccare lo
sguardo dal ragazzo. Il
suo viso era dannatamente bello. Perfetto, armonioso, solare. Ormai non
poteva
pensare a lui se non in quei termini. Il ragazzo borioso e pieno di
sé aveva
lasciato spazio ad un ragazzo generoso, sorridente e forte. O meglio,
forse in
realtà era sempre stato così, ma lei se ne
accorgeva solamente ora.
-
Giocate ancora?
Chiese
Cristal,
incredula, interrompendo l’osservazione incantata
dell’amica che riscosse
subito, leggermente imbarazzata per essere stata sorpresa a sbavare
dietro al
capitano di Grifondoro come tutte le altre ragazze della sua casa.
-
Spareggio per la
coppa.
Spiegò
Frank,
comparendo alle spalle di James con un braccio intorno alle spalle di
Alice. La
ragazza era rilassata, forse per la prima volta da qualche mese a
quella parte.
Tranne il dettaglio della partita da rifare, tutto era tornato alla
perfezione.
Si respirava un’atmosfera irreale, perfetta. Sarebbe durata
poco, certo, ma
tanto valeva godersi quel momento.
- Non
è giusto,
avete stravinto.
Protestò
Remus,
sbuffando. Alle sue spalle, Peter annuiva deciso. Non aveva capito bene
la
situazione, ma di certo il suo amico non poteva sbagliarsi. Remus non
sbagliava
mai, un po’ come James e Sirius.
- Se
hai bisogno di
tre cacciatori..
Propose
Alice,
indicando se stessa ed i due ragazzi al suo fianco. James
guardò con attenzione
la cugina, Sirius e Seba e poi sospirò. Aveva già
preso quella decisione, tanto
valeva comunicarla anche a loro. Forse non l’avrebbero presa
bene, ma doveva
essere sincero fino in fondo.
- Ne
abbiamo appena
parlato. Con la squadra, dico. Non sarebbe giusto, noi non giochiamo
per il
risultato ma per la squadra.
Disse
alla fine il
capitano. Quelle parole gli pesavano, ma doveva essere giusto e tenere
fede ai
suoi discorsi. Alzò lo sguardo sui tre, convinto di
intercettare occhiate di
fuoco. Contro ogni previsione invece, sorridevano. Sembravano calmi,
perfettamente
consci che sarebbe finita così.
-
Sapevo che avresti
detto così, ma volevo che sapessi che siamo con te.
Aggiunse
Alice,
lasciandosi abbracciare da Frank.
- Io
comunque in
panchina ci voglio essere.
Precisò Sirius, serio. James
annuì, mentre un sorriso gli si allargava da un lato
all’altro della faccia. Con
suo fratello a bordo campo perdere era escluso. Avrebbe giocato anche
per lui,
per Alice e per Seba. Alla fine della partita poi, quella dannata coppa
l’avrebbero
alzata tutti insieme.
-
Sarà un onore,
fratello.
Disse
James,
lasciandosi stringere da Sirius in un abbraccio che potesse scacciare
tutte le
paure, i dubbi e le bugie di quei mesi.
Il
tutt’altro punto
del castello, diversi piani più in basso alcuni ragazzi
parlavano con una donna
che compariva dal camino. Bellatrix Lestrange. L’umore delle
Serpi, ad onore
del vero, era completamente diverso da quello dei Grifoni. Praticamente
opposto.
In quella piccola stanza si respirava paura, ansia e frenesia.
- Hai
sentito,
Serpeverde deve giocare ancora..
Iniziò
Piton,
incerto, mentre la donna nel camino sbuffava guardando un ritratto
nella sala
comune di Serpeverde. Doveva essere un antenato di suo marito, ma non
ricordava
il suo nome. Era davvero buffo, sette anni in quel posto e non riusciva
nemmeno
a ricordare il nome di un quadro.
- Non
me ne importa
nulla del trofeo, che se lo tengano pure. Si è salvato ed ha
ricordato tutto.
Non poteva finire peggio.
Sbuffò
Bellatrix,
nervosa, riferendosi a Potter. Tutto quello che poteva andare male,
alla fine
era andato peggio. Quel dannato ragazzino era vivo, felice ed aveva
anche
chiarito con i suoi amici. Non solo non era morto, ma ormai non
avrebbero
nemmeno potuto cercare di portarlo dalla loro parte. Il loro piano era
definitivamente fallito, sotto ogni punto di vista.
- Ma
forse..
Provò
ad iniziare
Piton, subito zittito da un’occhiata della donna. Bellatrix
non era mai stata
una donna paziente, soprattutto in situazioni come quelle. Quasi un
anno prima
il suo signore le aveva ordinato di portare scompiglio nella casa di
Grifondoro, uccidendo e portando più ragazzi che poteva
dalla loro parte. Nonostante
il suo impegno e la collaborazione di quelle insulse Serpi, tutto era
andato
male. Anzi, peggio del previsto.
- Cosa?
Credi forse
che se Grifondoro perde Potter morirà di tristezza? Io lo
voglio morto,
capisci?
Tuonò
lei, senza
preoccuparsi del fatto che altri ragazzi potessero sentirla.
-
Pensiamo a
qualcosa, allora..
Mormorò
Piton,
mettendo da parte il nervosismo. Sapeva che si era cacciato in una
brutta
situazione. Bellatrix Lestrange non accettava fallimenti: o successo o
morte.
Senza parlare del fatto che anche lui voleva vedere Potter morto. Per
questo
aveva accettato di aiutare Bella, quasi un anno prima.
-
Questa è bella..
credi davvero che io e Lucius ci fidiamo ancora di te?
Chiese
Bellatrix,
inclinando appena la testa. L’ultima frase del ragazzo
sembrava averla
divertita parecchio. Piton arrossì violentemente, umiliato,
ed inizio a
balbettare frasi sconnesse e senza senso.
- Il
mio piano
stava per funzionare. È andato in coma, non è
certo colpa mia se poi si è
svegliato.
Sbuffò
Piton alla
fine, infastidito dal tono della donna. Non era stato lui a fallire, si
era
trattato di una serie di coincidenza fortunate e fastidiose.
- Sta
zitto,
lasciami pensare a qualcosa.
Tuonò
Bellatrix,
muovendo le mani quasi si fosse trattato di scacciare una mosca
fastidiosa che
le ronzava intorno. Piton si ammutolì, ma non smise di
pensare, frenetico, ad
una soluzione. Non poteva deluderla ancora, ne andava della sua vita.
Un altro
fallimento avrebbe significato morte certa.
- Forse
Regulus
potrebbe..
Iniziò
Piton,
ancora una volta bloccato da un gesto della donna e da una sua occhiata
severa.
-
Neanche per
sogno, non se ne parla. Mio cugino meno ne sa e meglio è per
tutti.
Tagliò
corto lei,
alzando la voce ed allo stesso tempo guardandosi intorno per essere
certa che
Regulus non fosse lì, nascosto da qualche parte a sentirli.
-
Credevo ti
fidassi di lui.
Mormorò
Piton,
stranito. Improvvisamente tutto gli fu chiaro: Regulus non conosceva il
piano. Anche
lui aveva creduto che quello di Potter era stato un incidente. Per
qualche
oscura ed incomprensibile ragione, Bellatrix lo aveva tenuto fuori da
quella
storia.
- Mi
fido, ma lo
conosco. Una parte di lui è come Sirius, sentimentale. Si
farebbe venire un
sacco di dubbi e alla fine li avvertirebbe per salvarli.
Spiegò
Bellatrix,
disgustata da quell’eccesso di buoni sentimenti e di senso
dell’onore che si
era creato all’interno della sua famiglia.
- Cosa
proponi,
allora?
Chiese
Piton,
curioso. Era evidente che Bellatrix avesse già pensato a
qualcosa, solo che
ancora non le andava di dividerlo con lui.
-
Dobbiamo portare
il piccolo Peter dalla nostra parte. Questa volta li colpiremo e faremo
loro
del male.
Spiegò
lei,
sorridendo appena. I suoi occhi brillavano, illuminati di puro male.
- Vuoi
intervenire
subito?
Chiese
Piton,
nervoso. Sentiva che quella era la sua ultima occasione, non voleva
fallire e
proprio per quello aveva paura.
- Non
c’è fretta,
lasciamo loro credere di essere al sicuro. Li attaccheremo quando meno
se lo
aspettano.
Concluse
Bellatrix
Lestrange, sparendo nell’oscurità con la stessa
discrezione con la quale era
arrivata.
ANGOLO
DELL'AUTRICE:
Per
prima cosa, grazie della pazienza se ancora leggete queste mie righe.
Negli ultimi mesi ho avuto da fare, ma adesso eccomi di nuovo qui.
Questa storia è quasi agli sgoccioli, mancano solo due
capitoli. Ho già pronto il seguito, che parletà
dell'estate dei nostri eroi. Un'estate certamente movimentata ed anche
piuttosto tragica.
Ma
ora non pensiamoci, veniamo ai commenti!
STECULLEN94:
Grazie mille per la pazienza, so che aspettavi questo capitolo da
tanto. Ebbene si, Regulus è interessato solo alla partita ed
è del tutto estraneo ai complotti di Piton e Bellatrix..
Ebbene si, esiste il seguito e posso anche dirti il titolo:
L'estate dell'amicizia, del tradimento e del sangue. Come immaginerai
da sola, ne succederanno delle belle!
CLOE
BLACK: Grazie mille per la pazienza! Prometto che con il prossimo
capitolo sarò più veloce. Ammetto che la tua mail
con le ipotesi l'avrei letta volentieri, davvero. Ad ogni modo, nel
prossimo capitolo SAPRAI! Già qui qualche sospetto
c'è.. Come ho già detto: il seguito
esiste di già, dovrebbero essere 18-20 capitoli. :D
OUT
OF MY HEAD: Grazie del commento e complimenti per il nick. è
bellissimo! Prometto che con i prossimi due capitoli sarò
più veloce!
|
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Capitolo 22 *** Si torna a volare ***
CAPITOLO
20
SI TORNA
A VOLARE
Il
sole brillava
più deciso del solito quella mattina. Forse anche lui, come
tutto quanto il
resto del castello di Hogwarts, sapeva che quella sarebbe stata una
giornata
importante. La resa dei conti. Così l’aveva
chiamata la professoressa di
Trasfigurazione la sera precedente, con un tono incredibilmente serio e
posato.
Alla fine di quella lunga, interminabile ed eterna domenica ci sarebbe
stata
una festa colossale e la gloria eterna, oppure la più sonora
sconfitta della
loro vita. In entrambi i casi, il loro nome sarebbe rimasto inciso
nelle pietre
del castello, nella memoria dei fantasmi e nei racconti dei professori
e degli
studenti che stavano già iniziando a riempire gli spalti.
Nella
Sala Grande
nessuno osava fare rumore, ma era chiaro che tutti quanti erano
schierati. Dopo
l’ultima, incredibile, partita sia Corvonero che Tassorosso
facevano il tifo
per Grifondoro.
- Oggi
si vola.
Sorrise
Seba,
lasciando che Frank prendesse posto a tavola vicino a lui. Non avrebbe
giocato
quel giorno, ma era pronto a prendere il suo posto sulla panchina per
sostenere
i suoi compagni ed il suo migliore amico. Il tempo del rancore era
passato,
adesso contava solo alzare quella maledetta coppa al cielo. Era pesante
non
poter essere in campo, ma era giusto restare a guardare. Dopo tutto,
era stato
proprio lui a voler lasciare la squadra.
Frank
alzò appena
la testa, cercando il suo migliore amico seduto al suo fianco. Sul viso
del
portiere c’era un’espressione a metà tra
il sicuro di sé e il terrorizzato. Frank
poteva avvertire chiaramente una sensazione fastidiosa, quasi amara,
salirgli
dalla bocca dello stomaco. Era teso, ma non come le altre volte.
C’era qualcosa
nell’aria che gli diceva chiaramente che avrebbe ricordato
quel momento negli
anni a venire. Era l’ultima partita, questa volta sul serio.
Di li a qualche
mese sarebbe diventato a tutti gli effetti un adulto e avrebbe dovuto
lasciarsi
alle spalle quei momenti. Sia che avesse fatto il guaritore, come
voleva sua
madre, che l’auror, come diceva il padre, il tempo dei giochi
e della
spensieratezza stava per finire. Che lo volesse o no doveva diventare
grande. Nonostante
l’amarezza, questo era un grande stimolo a vincere.
- Puoi
dirlo forte,
vedrai che spettacolo.
Rispose
il
portiere, attaccando deciso la grossa fetta di torta che Alice gli
aveva messo
davanti. Sul suo volto si era disegnato un sorriso sfrontato,
strafottente.
L’espressione di uno che ha la certezza che di lì
a poco spaccherà il mondo o
che impedirà a qualsiasi avversario di segnare.
Intorno
a loro,
tutti quanti mangiavano in silenzio. Nessuno aveva troppa voglia di
parlare, in
particolare gli altri compagni di squadra. Lily scrutava curiosa James,
chiedendosi cosa sarebbe successo dopo la partita. Sarebbe davvero
stato il
loro momento, la loro serata, o ancora una volta uno stupido imprevisto
si
sarebbe messo tra di loro?
James,
dal canto
suo, sembrava non pensare a nulla. Pareva quasi un’automa,
oppure la versione
più colorata di uno dei fantasmi che di solito si aggiravano
per il castello. Si
limitava a mangiare scambiando appena qualche parola con Sirius e con
Remus.
Era la sua piccola tradizione: durante la colazione, prima delle
partite, non
prestava attenzione a nessun altro, nemmeno ad Alice. In quei momenti
smetteva di
essere il ragazzo allegro e spensierato di sempre e si riduceva ad un
essere terribilmente
simile ad una larva. Tutti quelli che lo conoscevano ormai ne avevano
preso atto
ed avevano smesso di farci caso. Era così e basta.
La
domenica della
partita era arrivata in un lampo, sia per i Grifoni che per le Serpi.
Tutte e
due le squadre, così come le rispettive case, erano nervose
ed agitate. Entrambi
i contendenti ritenevano quella partita superflua e la vittoria
già
conquistata. Più o meno lo stesso avveniva tra i professori,
che ormai
passavano gran parte del tempo a guardarsi in cagnesco sussurrando a
mezza voci
maledizioni. Persino Regulus Black nascondeva a fatica la tensione
dietro la
sua solita maschera di indifferenza. La sua ansia, tuttavia, non era
dovuta
alla coppa ma alla sfida con il suo rivale. Vittoria o sconfitta per
lui erano
identiche, contava solo prendere quel dannato boccino prima del suo
eterno
rivale. Ogni volta che si erano incrociati per i corridoi quella
settimana Regulus
aveva fulminato l’amico del fratello con sguardi gelidi,
senza che l’altro ci
facesse troppo caso.
Tornare
a volare,
nonostante non ne avesse ancora parlato con nessuno, non era per niente
facile
per James. Non dopo tutto quello che era successo la settimana prima.
Al
termine dell’ultima partita aveva ricordato tutto, compreso
cosa era successo
quel terribile pomeriggio e come era caduto. Nonostante avesse ormai
chiarito
tutto con i suoi amici, non aveva fatto parola con nessuno di quello
che
riguardava il suo incidente. Neppure con lo zio, o con Silente. Ogni
minimo
istante di quel lontano pomeriggio dell’estate precedente,
tuttavia, era
tornato, vivo come non mai, a tormentare i suoi sogni e le sue
giornate. Ora
qualcosa lo bloccava, rendendogli impossibile alzarsi nel cielo come
aveva
sempre fatto. Si trattava di una morsa allo stomaco, come un peso sul
cuore.
Paura di quello che sarebbe potuto succedere, ancora una volta. Per la
prima
volta in vita sua James sentiva di stare meglio con i piedi per terra,
malgrado
questo pensiero lo facesse stare male.
Nonostante
ci
avesse provato per tutta la settimana, non era riuscito a condividere
con
nessuno i suoi timori. Parlarne con Alice o con Sirius avrebbe
significato
riaprire vecchie ferite e farli soffrire ancora una volta e James non
poteva
permetterlo. Lily e Remus, invece, non avrebbero capito e avrebbero
concluso
che era meglio che lasciava giocare un altro al suo posto. La squadra,
infine,
era troppo entusiasta e decisa a vincere. Sfogarsi con loro avrebbe
significato
rovinare quella bella atmosfera, rendendo la vittoria che ormai
sembrava a
portata di mano un miraggio. Tutto quello che poteva fare era stringere
i denti
e sperare che tutto, in quale modo, andasse per il meglio.
-
Squadra, negli
spogliatoi!
Tuonò
James, alzandosi
di scatto. La sua voce era priva di emozione e di fronte a lui il
piatto era
quasi intatto. Remus gli scoccò un’occhiata piena
di rimprovero, ma l’altro
finse di non farci caso.
Una
serie di
sguardi nervosi ed impauriti annuirono, scattando a loro volta in
piedi, mentre
il resto della loro casa prendeva ad urlare e battere le mani, sicura
che
quella sarebbe stata la loro partita. Seba, Sirius ed Alice si unirono
al
gruppo, decisi a sostenerli fino alla fine. Inspiegabilmente invece che
farlo
sentire meglio, questo metteva a James ancora più ansia. Di
lì a poco avrebbe
deluso tutti, loro tre compresi.
Una
volta arrivati
davanti allo spogliatoio il silenzioso gruppo prese strade diverse. I
ragazzi
che avrebbero giocatori entrarono per cambiarsi ed indossare le loro
uniformi, più
decisi che mai, mentre gli altri si diressero altrettanto sicuri verso
la
panchina dove avrebbero fatto il tifo per i compagni da una posizione
privilegiata. James guardò prima Sirius e poi Alice
allontanarsi, poi entrò a
testa bassa. Più passava il tempo, più il suo
umore peggiorava.
Ormai
erano molte
ore che se ne stava seduto sulla panca dello spogliatoio, solo,
fissando il suo
manico di scopa che sembrava volersi prendere gioco di lui.
- Ecco
dove eri
finito! Eri già qui..
Esclamò
Frank,
avvicinandosi al capitano che se ne stava stranamente lontano da tutti.
Con il
passare delle ore l’umore della squadra era migliorato fino a
tornare quello di
sempre. Dopo tutto, dovevano solo credere in se stessi e vincere. Lo
avevano
già fatto una volta, ripetere l’esperienza non
sarebbe poi stato tanto
complicato. Solo il capitano sembrava essere un fantasma, una sorta di
presenza
aliena che guastava il loro buonumore. Questo dettaglio non era
sfuggito all’occhio
attento del portiere.
- Frank!
Esclamò
James,
sobbalzando per la sorpresa. Dietro il portiere, il resto della squadra
lo
osservava perplesso. Perfino Sirius, Seba ed Alice erano comparsi e si
chiedevano che gli stesse passando per la testa. Era comprensibili che
James
fosse teso, visto che tutte le aspettative pesano sulle sue spalle, ma
questo
non giustificava l’espressione vuota e smarrita che gli si
leggeva sul volto.
-
Eravamo tutti
preoccupati. Non è da te saltare il discorso prima della
partita più importante
del campionato.
Sussurrò
Charleen,
sorridendo. James guardò il viso della ragazza, per poi
tornare a fissarsi i
piedi. Di solito il sorriso della bella riccia riusciva a metterlo di
buon
umore tanto era contagioso, ma quel giorno era diverso. La paura lo
tormentava
al punto da rendergli impossibile vedere altro.
-
È solo uno
spareggio, siamo già noi i vincitori morali.
Mormorò
il
capitano, alzando le spalle. Era il meglio che poteva fare in quel
momento. Si
era completamente dimenticato che spettava a lui fare il discorso ed
incitare i
compagni a dare il massimo. Tutti i presenti trovarono in qualche modo
stonate
quelle parole, ma nessuno sapeva cosa dire.
-
Cerchiamo di
vincere, così lo saremo in tutti i sensi.
Esclamò
Frank,
cercando di prendere in mano la situazione. Con il capitano in quello
stato era
suo compito tenere alto l’umore della squadra. Era sempre
rimasto al fianco del
capitano, persino quando rimettere insieme una squadra e sfidare
Serpeverde
sembrava un’impresa folle. Non avrebbe mollato i suoi
compagni ed il suo
capitano proprio ora.
- Io
non so se ce
la posso fare questa volta.. Davvero..
Disse
James alla
fine, facendo cadere il gelo nella piccola saletta. Quelle poche,
lapidarie,
parole avevano spazzato via quella ventata di speranza che Frank aveva
cercato
di infondere nei compagni.
- Paura
di deludere
tutti i tuoi fan?
Commentò
Seba,
cercando di dare man forte a Frank e di strappare un sorriso
all’amico in modo
che tornasse ad essere il solito capitano deciso di sempre. Se James
non
reagiva la squadra era spacciata.
- No,
paura e
basta.
Ribatté
James,
tetro.
- Va
bene, voi
andata a riscaldarvi. Io, James e Charleen arriviamo subito.
Esclamò
Frank, dopo
qualche istante di imbarazzante silenzio. Fece segno ad Alice, Seba e
Sirius di
avvicinarsi ed i ragazzi ubbidirono subito, silenziosi e preoccupati.
- Che
ti succede
James?
Chiese
Sirius,
prendendo posto sulla panca e passando una mano intorno alle spalle
dell’amico.
James sospirò, cercando di prendere tempo. Alla fine si
arrese. Era assurdo
cercare di tenere tutto dentro.
- Ho
paura della
mia scopa. Patetico, vero? Ho il terrore che se ci salirò e
mi alzerò in volo
farò un tonfo per terra.
Confessò
alla fine,
con la voce rotta da tutte quelle emozioni che gli stavano passando per
la
testa. A quelle parole, Sirius rimase gelato. Quello che aveva di
fianco non
sembrava il suo migliore amico James, ma quel ragazzo spaventato che
appena
tornato a scuola si era chiuso in bagno per sfuggire agli sguardi della
gente
che lo scrutava curiosa. Era insicuro e fragile, quasi indifeso. Non
aveva
niente a che fare con il leone che aveva guidato i compagni alla
vittoria solo
la settimana prima, contro tutti i pronostici.
- Sei
impazzito?
Esclamò
Alice,
incredula che quelle parole uscissero proprio dalla bocca di suo
cugino. Prima che
la ragazza potesse aggiungere altro, Frank le prese la mano e la
strinse forte.
- Non
capisci.. Voi
credete che io sia caduto da una finestra, ma non è andata
così. Stavo volando
quando è successo.
Spiegò
James, senza
trovare la forza di andare avanti. Seba lanciò
un’occhiata perplessa a Frank,
poi si voltò verso James. Le parole del cercatore avevano
confuso tutti. Molte domande
si rincorrevano, frenetiche, ed altrettante risposte facevano capolino.
Una più
improbabile e terribile dell’altra.
-
James, la tua
scopa era sparita dopo l’ultima partita dell’anno
scorso, ricordi?
Disse
Seba, confuso,
senza il coraggio di andare avanti. James annuì, respirando
rumorosamente.
-
Quando sono
arrivato a casa me la sono trovata nel baule con un biglietto.
Divertiti Potter,
diceva.
Continuò
a
raccontare il capitano dei Grifondoro. La sua mente tornò
subito a quel
pomeriggio. La rabbia, la paura e la solitudine. Il viso scuro di Lily,
quello
indifferente di Remus e le parole di Sirius. La bara di suo padre,
l’indifferenza
dello zio e le lacrime di sua madre. Era solo. Tutte le persone che
avevano
detto di amarlo in un modo o nell’altro gli avevano voltato
le spalle.
- E tu
non lo hai
trovato strano?
Esclamò
Charleen,
sorpresa, distogliendo James dai ricordi.
- In
quel momento
non ci ho fatto caso, ero troppo sconvolto. Volevo solo fare un giro
per
calmarmi.
Si
giustificò
James, nascondendo il volto tra le mani. Nonostante gli occhi fossero
ben
chiusi le immagini scorrevano lo stesso. Un incantesimo gettato con
rabbia, il
baule che si apre e la scopa che scivola fuori, beffarda. In quel
momento gli
era parso strano, certo, ma in fondo cosa aveva da perdere? Nessuno lo
aveva
fermato quando aveva inforcato la scopa ed aveva preso la via del cielo.
- Poi
sei caduto?
Chiese
Seba,
mantenendo un autocontrollo che tutti gli altri presenti non potevano
che invidiargli.
Tutti sembravano di colpo più pallidi, ansiosi e provati.
Tutto quello che
avevano sempre creduto di sapere sull’incidente di James si
stava rivelando una
menzogna. Il ragazzo non si era mai buttato dalla finestra, ma era
salito su
una scopa di sua volontà.
- La
scopa era
impazzita, non riuscivo più a controllarla. Ho iniziato a
perdere quota, poi
sono caduto.
Concluse
James,
cercando di scacciare dalla mente quegli ultimi, lunghissimi istanti
della
caduta. Aveva capito che qualcosa non andava solo quando ormai era
troppo in
alto per cercare di fare qualcosa ed evitare di farsi male. Aveva
lottato a
lungo con la scopa, sperando che la madre si affacciasse alla finestra
dello
studio ed arrivasse in suo aiuto. Voleva urlare, forse piangere, ma la
gola era
chiusa. Quando aveva capito che non c’era nulla che potesse
evitargli la caduta
si era sentito impotente, vittima del destino. Persino mentre cadeva
non
riusciva a togliersi dalla mente il bel viso di Lily e la risata
spensierata di
Sirius. Alla fine il buio, la paura, poi più nulla.
-
Qualcuno deve
averla maledetta.
Concluse
Alice a
denti stretti, mantenendo a fatica la calma. Per quei lunghi mesi aveva
creduto
che quella di James fosse solo una disgrazia. Aveva dato la colpa a
Sirius e
Lily, quando il vero colpevole era sempre stato in quello stesso
castello,
nascosto in un seminterrato a tramare nell’ombra.
-
Bastardi!
Esclamò
Sirius, scattando
in piedi. Seba e Frank lo bloccarono subito.
- Serve
che tu stia
con James, avremo tempo per dare a quei vermi ciò che si
meritano.
Mormorò
Seba,
obbligando Sirius a tornare seduto vicino a James.
- Si,
gli stessi
che hanno insistito per fare questa partita..
Sussurrò
tetro
James, apatico. Sembrava essere del tutto incosciente di quello che lo
circondava. Non percepiva la rabbia di Sirius, gli occhi lucidi di
Alice o gli
sguardi furenti degli altri compagni. Nelle sua mente, veloci,
scorrevano
quelle terribili immagini.
-
James, non posso
fare nulla davanti al Preside. Silente non è uno stupido e
non permetterà che
tu ti faccia del male.
Cercò
di farlo
ragionare Charleen, scuotendolo per le spalle. Quel contatto, a
sorpresa,
interruppe il flusso della immagini.
- Lo
so, ma..
Provò
ad obiettare
James, subito bloccato da un cenno di Frank. Il suo volto era stravolto
dalla
rabbia, eppure molto composto.
- Dammi
la tua
scopa!
Esclamò
il
portiere, deciso.
- Cosa?
Chiese
James,
confuso.
- Io
volo con la
tua, la mia la lascio a Charleen e tu prendi la sua. Nemmeno un
Serpeverde stregherebbe
la sua scopa, lo sai.
Spiegò
Frank,
ignorando le facce indignate e furiose degli altri ragazzi. James ci
mise un po’,
ma alla fine capì. Il portiere voleva che lui giocasse
quella partita, per
dimostrare ai Serpeverde che avevano perso.
- Cosa
farai se la
mia scopa è stata maledetta ancora?
Chiese
James,
guardando spaventato l’amico.
-
Correrò il
rischio, sta tranquillo.
Rispose
Frank,
abbozzando un sorriso. Una scopa maledetta non lo spaventava. In quel
momento
la rabbia che provava per quello che avevano fatto al suo amico era
più grande
della paura. Prima che James avesse il tempo di replicare, la porta si
aprì scricchiolando
facendo sobbalzare il ragazzo.
- Che
succede?
Chiese
Lily,
entrando nello spogliatoio insieme a Remus e Peter. La partita sarebbe
iniziata
di lì a pochi minuti, eppure James non era ancora pronto.
Non era da lui far
aspettare tanto la sua squadra.
- Oggi
Charleen vola
con la mia scopa e cede la sua a James.
Spiegò
Frank ai
nuovi arrivati, cercando di non far percepire rabbia nella sua voce.
- E tu?
Chiese
Remus,
perplesso, fissando il volto livido ed i pugni stretti di Sirius ed il
viso
stravolto di James. Persino un bambino si sarebbe accorto che in quella
stanza
stava accadendo qualcosa.
-
Prendo quella di
James.
Spiegò
Frank,
afferrando la scopa dell’amico e scrutandola con occhio
critico. Era nuova,
James ci aveva volato solo la scorsa settimana. Nulla faceva pensare
che
potesse essere maledetta, eppure non voleva che l’amico
corresse alcun rischio.
- Come
mai?
Chiese
ancora
Remus, confuso da quella situazione. Non era da James cedere la sua
scopa,
tanto meno da Frank. Ogni membro della squadra di Grifondoro era
talmente
attaccato al proprio manico di scopa da accettare uno scambio del
genere solo
in condizioni di estrema necessità.
- James
ha paura
che la sua scopa sia stata maledetta.
Mormorò
Seba,
cercando di dare meno informazioni possibili perché i nuovi
arrivati non
perdessero subito le staffe.
-
È assurdo!
Esclamò
Lily,
decisa. Per quanto la rivalità tra Serpeverde e GRifondoro
fosse accesa nessuno
sarebbe mai arrivato a maledire una scopa. Mai prima d’ora
era successa una
cosa simile sotto gli occhi di Silente.
-
Già successo..
Qualche mese fa..
Mormorò
Alice,
alzando le spalle.
Lily e
Remus guardarono
attentamente i ragazzi, senza capire il senso delle loro parole. Nelle
loro
menti un sospetto cominciava a fare capolino. Una voce talmente
spaventosa e
assurda da non essere degna di considerazione.
-
Mettiamola così,
James non è caduto da una finestra ma da una scopa.
Sospirò
alla fine
Charleen, confermando i sospetti dei due ragazzi.
-
Bastardi! Devono
pagare per questo!
Esclamò
Remus,
perdendo di colpo sia l’aria da bravo ragazzo che quella da
bravo prefetto. James
alzò la testa, sorpreso. Persino Lily era accesa dalla
rabbia, al contrario di
Alice che sembrava più smarrita che mai. Sirius lo fissava,
immobile e cereo. La
situazione sembrava davvero capovolta.
- Non
ancora, ci
pensiamo dopo. Ora la cosa importante è dargli una lezione.
Dobbiamo
assolutamente vincere noi!
Disse
Frank,
deciso. Vincere quella dannata coppa era importante per far ritrovare a
James
la fiducia in se stesso. Il resto non contava. James
sospirò. Sapeva che l’amico
aveva ragione, ma era terribilmente difficile dimenticare quello che
aveva
appena ricordato.
- Non
so se ce la
faccio. La scopa non centra.. Ho paura, sono paralizzato.
Sussurrò
il ragazzo,
tenendo la testa bassa.
- Non
puoi
arrenderti. Ricordi, ce lo hai insegnato tu!
Esclamò
Charleen,
prendendo le mani del capitano tra le sue.
- Se
non sali oggi
su una scopa non lo farai più.. Ed avranno vinto loro! Noi
siamo con te. Ti
prometto, anzi ti giuro, che non permetterò che ti facciano
ancora del male.
Continuò
Sirius,
deciso come non mai. Dietro di lui, Remus e Lily annuivano stringendo
la
bacchetta nella mano destra.
Lentamente,
James
alzò la testa. Guardò a lungo la scopa che gli
porgeva Frank. Dopo pochi
istanti, che però sembrarono un tempo incredibilmente lungo,
la prese e si
alzò.
- E
sia, alziamoci
in volo per la nostra casa e poi alziamo quella dannata coppa.
Esclamò
James,
strappando a tutti un sorriso compiaciuto.
Pochi
istanti dopo
la squadra lasciava lo spogliatoio, alzandosi in volo. Era iniziata la
resa dei
conti, dopo ci sarebbe stato spazio per la vendetta.
Lily e
Remus alla
fine erano rimasti a vedere la partita dalla panchina. Il licantropo
sedeva in
disparte, vicino a Seba e ad un Sirius estremamente silenzioso.
-
Sirius, sei
sicuro che vada tutto bene?
Chiese
Seba,
preoccupato. L’altro ragazzo annuì distratto,
voltandosi verso il compagno di
stanza.
- Certo
Seba, tutto
a posto. Remus, dopo la partita credo che avrò bisogno di
parlarti.
Disse
Sirius, con
un tono di voce incredibilmente serio. Remus capì subito, e
sorrise.
- Non
c’è bisogno,
sono con te. Facciamola pagare a questi stronzi.
Rispose
Remus,
annuendo deciso.
-
Adesso si che vi
riconosco, ragazzi!
Esclamò
Seba,
soddisfatto, riconoscendo al volo i ghigni malandrini dipinti sui visi
degli
amici.
ANGOLO
DELL'AUTRICE
Dopo molti
mesi e molte promesse infrante, sono qui. Ringrazio tutti coloro che
hanno ancora voglia di leggere le mie storie e colgo l'occasione per
promettervi che tutte le mie storie attualmente in corso avranno una
fine (per questa, aihme, tra due capitoli; poi, prossimamente,
pubblicherò il seguito). Settimana prossima
aggiornerò anche Segreti, Lacrime e Bugie..,
promesso!
Mi sembra
più che doveroso, tuttavia, ringraziare Out of My Head
(James era troppo spaventato per parlarne con qualcuno, ma alla fine
è riuscito a superare tutto!!!), Stecullen94, (mi spiace,
niente strage a fine storia.. non di questa storia, almeno!) LadySaika
(ecco qui finalmente svelato cosa è successo!!!) e
MyQueenHasMoustache97 (graaaaazie milleeeee!!!!!), gli angeli che mi
hanno incoraggiato a riprendere a scrivere!
GRAZIE
MILLE!!!
L'appuntamento
è con il prossimo, vendicativo, capitolo!
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Capitolo 23 *** Vittoria ***
CAPITOLO 21
VITTORIA
La partita era
cominciata da quasi un’ora, ma il risultato sembrava ancora
molto incerto. Ogni
giocatore in campo lottava con tutto se stesso, ma nessuna delle due
squadre
aveva ancora segnato un punto. Ogni volta che i cacciatori di
Grifondoro
stavano per segnare ecco che un bolide li colpiva a tradimento,
rischiando di
ferirli. Si trattava di una situazione dubbia, al limite della
regolarità, ma
l’arbitro lasciava correre. Da parte sua Frank era deciso a
non lasciare che
nessuno segnasse. Era la sua ultima partita nel castello e lui voleva
lasciare
un ricordo indelebile. Dopo due ore, l’ennesima parata di
Frank e l’ennesimo bolide
contro Charleen tutti i presenti intuirono che sarebbero stati i due
cercatori
a decidere la partita. James e Regulus si guardavano in cagnesco fin da
quando
si erano alzati in volo.
Per
nessuno dei due
si trattava solamente di una sfida agonistica. Da entrambe le parti
c’era in
gioco molto di più.
James
voleva
riscattare quell’anno terribile una volta per tutte, portando
la sua squadra
alla vittoria. Negli ultimi mesi erano successe tante cose, troppe. Si
era
scontrato con molte persone, aveva discusso amici e parenti, aveva
trovato
finalmente l’amore della sua vita, ma soprattutto era
cresciuto. Il ragazzino
viziato e strafottente aveva lasciato il posto ad un giovane uomo
finalmente
pronto ad assumersi le sue responsabilità. Prendere quel
dannato boccino
sfuggente avrebbe significato chiudere una volta per tutte i conti con
il
passato.
Per
Regulus era
diverso. Dei suoi compagni non gli importava niente, quello che era in
gioco
era il suo onore. L’unica cosa veramente sua che gli restava.
Nella sua vita
aveva dovuto ingoiare tanti bocconi amari, specie dopo che il fratello
maggiore
era scappato di casa. Le ansie e le paure dei genitori erano sfociate
in rabbia
cieca. Ora anche il minore sapeva cosa aveva passato Sirius. Molte
notti aveva
pensato di scappare, ma a differenza del fratello lui non aveva nessuna
casa
dove rifugiarsi, né alcun parente disposto ad accoglierlo.
Solo il campo da
gioco. Lì tutto era perfetto, ogni cosa era semplice e
naturale. I boccini non
ti fanno domande, né pretendono che tu tenga alto
l’onore della tua famiglia.
Vogliono solo essere presti, fine della questione.
Un
lampo dorato
riscosse entrambi i ragazzi dai loro pensieri. I due cercatori
scattarono nello
stesso istante, mentre il resto del castello teneva il fiato sospeso.
Da quella
azione dipendeva tutto quanto il campionato. Nessuno fiatava, dagli
spalti si
percepiva solamente un silenzio carico di tensione ed aspettativa. Tra
qualche
minuto una parte degli spettatori avrebbero esultato, gli altri
sarebbero
tornati nella loro sala comune, arrabbiati e delusi.
Regulus
era in
vantaggio di qualche metro, ma James non voleva lasciargli il passo. Si
buttò
in avanti, raggiungendo la Serpe. I
due
erano talmente vicini da poter percepire l’uno il battito
accelerato dell’altro.
Il
boccino virò di
qualche metro, poi sparì qualche istante per ricomparire in
mezzo ai cercatori.
Regulus allungò la mano, ma James fu più veloce.
Mentre
tutti i
Grifoni esultavano James incontrò lo sguardo di Regulus.
Sembrava deluso,
sconfitto.
-
È stata una bella
partita Regulus, sul serio.
- Non
è servito a
nulla..
Mormorò
la
Serpe, con lo sguardo perso
nel vuoto. James aggrottò le sopracciglia. A qualsiasi cosa
si stesse riferendo
Regulus, decisamente aveva poco a che fare con la partita.
***
Nonostante
ci
avessero provato, concentrarsi solo sulla partita era davvero difficile
per i
ragazzi. Seduti tra gli spalti delle Serpi c’erano i
responsabili dell’incidente
di James. Alice guardava i loro volti, disgustata, cercando il volto di
colui
che aveva prima rubato e poi danneggiato la scopa del cugino. Sirius
non aveva
dubbi, doveva essere stato Piton. Quel verme doveva aver agito sotto
consiglio
di qualcuno più grande, forse di sua cugina Bellatrix. Ad
ogni modo, riusciva
quasi ad immaginarsi il sorriso strafottente sul suo viso
all’idea che di
uccidere il suo nemico di sempre. Chissà quale delusione,
per lui e per le
altre Serpi, quando James era tornato al castello.
-
Meriterebbero di
essere arrestati per quello che hanno fatto.
Sbottò
Sirius,
incrociando le braccia nervoso. Teneva un occhio al campo da gioco e
l’altro
sulla tifoseria avversaria per accertarsi che nessuno facesse brutti
scherzi.
- Non
abbiamo le
prove, e poi sono minorenni.
Ricordò
Cristal,
cercando di calmare il ragazzo.
-
Lavorano per Lui,
sono mangiamorte!
Sbottò
Alice,
furente.
- Ma
non possiamo
provarlo.
Bisbigliò
Peter,
spaventato.
-
Quindi cosa pensi
di fare?
Chiese
Remus,
serio. Sapeva che Sirius e Sebastian non erano tipi disposti ad
aspettare che
qualcuno trovasse delle prove per incastrare le Serpi e per una volta
non
gliene importava nulla. Piton e i suoi compari avevano quasi ucciso
James ed
ora dovevano pagare, non importava come.
-
Vendetta..
Sibilò
Sebastian,
gli occhi ridotti a due fessure.
- Mai
stata più
d’accordo.
Esclamò
Alice,
stringendo la mano del ragazzo riccio.
- Alice!
La
richiamò
Cristal, incredula. Era la prima volta che l’amica
assecondava i piani dei
malandrini senza provare a dissuaderli.
- Ha
ragione, hanno
quasi ucciso James.
Protestò
Sirius,
sostenendo la ragazza. Remus fissò i due, incredulo che per
una volta fossero
pienamente d’accordo su qualcosa.
La
discussione
continuò a lungo, concitata, interrotta solo dai tentativi
delle squadre in
campo di chiudere la partita.
- Che
fine ha fatto
Lily?
Chiese
improvvisamente
Peter, guardandosi intorno. La rossa doveva essere sparita da un bel
po’, forse
da poco dopo che la partita era iniziata.
- Non
ne ho idea,
forse è andata in bagno.
Rispose
Seba,
alzando le spalle senza staccare gli occhi dalla partita.
Lily si
muoveva
leggera e cauta tra la folla. Erano tutti troppo impegnati a guardare
la
partita per accorgersi di lei che saliva sugli spalti di Serpeverde.
Aveva
fatto quella stessa strada per anni, partita dopo partita, per passare
qualche
ora con Severus lontano da tutto e da tutti.
-Sev..
Chiamò
Lily quando
fu abbastanza vicina al ragazzo perché nessun altro sentisse.
Lui si
guardò
velocemente attorno, poi sorrise e si avvicinò alla sua
amica. Quando i suoi
occhi incontrarono quelli verdi di lei il suo cuore iniziò a
battere più forte.
Lily sorrise, coprendosi il viso con il cappuccio del mantello. Non era
saggio
farsi vedere dai compagni di Severus. Queste erano le regole e per
molti anni
le aveva rispettate come un brava scolaretta.
- Ti
aspettavo, da tanto.
Sospirò
il ragazzo,
sfiorandole appena i capelli ed accarezzando il bel viso con la mano. La Serpe
era spaventata all’idea
che i suoi compagni potessero vederli insieme, ma allo stesso tempo non
riusciva a staccare gli occhi da lei.
- Ora
sono qui.
Rispose
la rossa,
sorridendo appena.
- Sei
tornata da
me?
Chiese
Severus,
esitando e lottando con la voglia di prendere dolcemente le labbra di
lei fra
le sue.
-
Certo, sono qui
per James.
Rispose
Lily, senza
scostare lo sguardo dal suo.
-
Potter?
Chiese
Piton,
freddo. Era bastato sentire il nome del suo nemico di sempre,
pronunciato con
così tanta dolcezza, per gelarlo.
-
Dimmelo tu..
Sussurrò
lei,
inclinando appena la testa. Severus capì subito che lei cose
erano cambiate. Anche
lo sguardo della sua Lily adesso era freddo, accusatorio.
-
L’ho fatto per
te. Ero sicuro che avresti capito. Lui ti stava addosso, io volevo
liberarti di
un peso.
Cercò
di
giustificarsi lui, scegliendo con cura le parole.
- Per
questo hai
rubato la sua scopa?
Chiese
Lily,
facendo un passo indietro.
- Te
l’ho detto,
l’ho fatto per te. Io ti amo, ti ho sempre amata..
-
Severus, hai un
modo strano e malato di amare una persona. Mi hai insultato, hai detto
che io
sono inferiore a te e ora dici di amarmi..
Elencò
Lily, con
straordinaria calma.
- Lo
so, ma se tu
accetti di sposarmi sarai al sicuro.
Rispose
lui,
spaventato all’idea di perdere per sempre la donna che amava
e che aveva sempre
amato.
Lily
storse il naso
e fece un altro passo indietro. Per la prima volta guardava Severus e
non
vedeva altro che un verme.
- Non
voglio
sposare qualcuno per essere al sicuro. Voglio vivere la mia vita,
emozionarmi
ed innamorarmi.
Esclamò
Lily,
sconvolta. Piton non poteva davvero credere che l’avrebbe
sposato solo per
scappare da un assassino che la voleva morta.
- Puoi
fare tutto
questo con me..
Continuò
Severus,
speranzoso. Quella era la sua ultima opportunità e ci doveva
credere. Non importava
rendersi ridicolo, doveva convincerla a tornare da lui.
- No,
Sev. Io non
ti amo. Ero tua amica, ma tu hai rovinato ogni cosa. È
finita. Qualsiasi cosa
avevamo costruito tu l’hai distrutta.
Disse
Lily, senza
prendere fiato. Dire quelle parole e chiudere così
un’amicizia che durava da
anni era la cosa più difficile che avesse mai fatto nella
sua vita, eppure
adesso si sentiva libera. Quasi si fosse tolta un grosso peso.
-
Perché sei qui?
Chiese
Piton, senza
alzare la testa dal pavimento.
- Per
dirti che io
amo James, e che ti odio per averlo quasi ucciso.
Mormorò
Lily,
scostando lo sguardo verso il campo dove il suo James stava disputando
la
partita decisiva per la coppa.
- Ha
vinto lui
allora.
Sospirò
Severus,
sconfitto.
-
È questo il tuo
problema. Non ti sei mai reso conto che non era una gara. Addio Sev,
è stato
bello crescere insieme a te. Non ti dimenticherò mai, ma
adesso non possiamo
davvero più essere amici.
Esclamò
Lily,
parlando senza prendere fiato. Si era liberata di un grosso peso. Aveva
chiuso
quella storia, una volta per tutte.
Piton
aprì la bocca
per replicare, ma un urlo di gioia di alzò dalla tribuna di
Grifondoro coprendo
ogni cosa.
- JAMES
POTTER
PRENDE IL BOCCINO E CHIUDE LA PARTITA.
QUESTA VOLTA NESSUNO POTRA’ DIRE CHE
GRIFONDORO NON SI è
MERITATO QUESTA SPETTACOLARE VITTORIA!
Lily si
voltò verso
il campo, dove la squadra dei Grifoni volava scomposta ed esultate, poi
corse
via. Quando arrivò alla panchina trovò gli amici
nello stesso stato di euforia.
- Lily,
che fine
hai fatto? Ti sei persa una vittoria grandiosa. James è
stato grande.
Esclamò
Alice,
euforica. Non aveva nemmeno fatto in tempo a tornare al suo posto che
la
ragazza gli era già saltata al collo e stava improvvisando
uno strano balletto
con lei.
-
Davvero? Mi
spiace, ero in bagno.
Si
scusò Lily,
cercando James tra la indistinguibile folla di braccia e di gambe che
si vedeva
in campo. Remus si voltò verso di lei, scrutandola
attentamente. Stava
mentendo, era evidente, ma decise di tenerlo per se stesso.
Quando
la squadra
atterrò fu accolta con tutti gli onori. Le Serpi si erano
dissolte in fretta,
solo Regulus era rimasto in campo. Il suo viso era livido di rabbia ma
qualcosa
lo tratteneva dall’andarsene.
I
malandrini,
seguiti dalle ragazze, si precipitarono subito negli spogliatoi. Fuori
dalla
porta trovarono Regulus che parlava con James sotto lo sguardo
perplesso di
Frank e di Charleen.
- Bravo
Potter,
eccezionale come sempre. Sta attento, l’anno prossimo potrei
anche riuscire a
batterti.
Mormorò
Regulus,
senza sorridere.
-
Staremo a vedere,
Black.
Rispose
James,
allungando la mano verso il più piccolo. Voleva chiedergli
cosa gli era preso
in campo ma la presenza degli amici lo bloccò. Qualunque
cosa ci fosse, Regulus
non ne avrebbe mai parlato di fronte a loro.
- Non
credo
proprio, fratello. Voi Serpi non siete capaci di giocare lealmente.
Sibilò
Sirius,
destinando al fratellino la peggiore delle occhiate.
- Che
diamine stai
insinuando?
Chiese
Regulus,
scattando subito sulla difensiva.
- Non
insinuo
nulla, abbiamo le prove che qualcuno dei vostri ha rubato la scopa di
James per
modificarla e cercare di ammazzarlo l’anno scorso.
Rispose
Sirius,
senza staccare gli occhi dal fratello per vedere la sua reazione.
- Che
sta dicendo
questo buffone?
Chiese la Serpe,
voltandosi verso
James.
- La
verità
Regulus, ma per fortuna ora è tutto a posto.
Rispose
James,
dando una pacca sulla spalla alla Serpe. Chiunque fosse stato era
evidente che
non era lui il responsabile.
-
Maledizione!
Imprecò
Regulus,
dileguandosi in fretta.
- Che
gli è preso?
Chiese
Lily,
sorpresa. Di tutte le reazioni che un colpevole poteva avere, quella
era
decisamente la più strana.
-
È stato scoperto,
è evidente.
Esclamò
Sirius,
alzando le spalle.
- No,
non credo.
Tuo fratello è troppo competitivo. Per lui battermi era
qualcosa che andava al
di là della lotta tra case. Era una questione personale. Non
avrebbe mai
cercato di vincere in modo sleale.
Spiegò
James,
pensieroso.
-
Sopravvaluti mio
fratello.
Mormorò
Sirius,
scuotendo la testa.
- No,
non credo. Anche
io credo sia stato qualcuno di più meschino.
Mormorò
Remus, che
fino a quel momento era rimasto in silenzio.
-
Considerando che
sono tutte Serpi credo che avremo l’imbarazzo della scelta.
Commentò
Frank, tra
il divertito e lo sconsolato. Scoppiò a ridere,
tirò a sé Alice e la baciò. Per
la prima volta da quando quel lungo anno era iniziato poteva tirare il
fiato e
smettere di preoccuparsi.
- A
questo pensiamo
dopo, ora abbiamo una festa che ci attende.
Esclamò
James,
alzando al cielo la coppa che si erano aggiudicati dopo una lunghissima
ed
estenuante partita.
-
Certo, una festa
ed anche una vendetta. Piton e Bellatrix non la passeranno liscia,
abbiamo già
pensato a tutto.
Mormorò
Sebastian,
sorridendo il un modo inquietante.
Lo so, sono sparita
per mesi e non ho alcuna giustificazione. Posso solo chiedere scusa e
promettervi l'ultimo capitolo della storia (il prossimo)
sarà postato prestissimo!
|
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Capitolo 24 *** Epilogo ***
CAPITOLO 22
EPILOGO
La
festa di
Grifondoro era destinata ad andare avanti per tutta la notte, senza
interruzioni. I professori, emozionati almeno quanto gli studenti, non
fecero
nulla per interrompere la loro festa. Persino la McGranitt,
normalmente
così ligia alle regole ed intransigente, decise di
soprassedere e lasciare che
per una notte soltanto i corridoi del castello fossero invasi da una
gioiosa
folla festante. Alcuni studenti giurarono di averla vista allontanarsi
dalla sala
in cui si stava svolgendo la festa con una sciarpa della casa di
Grifondoro che
gli sbucava dalla tasca. A detta di molti, era brilla e felice.
- Non
sono mai stata
più orgogliosa dei miei ragazzi, ma vedete di non
approfittarvene. Hai capito,
James?
Aveva
detto la
donna, scrutando il capitano della sua squadra da dietro i suoi severi
occhiali. James e Frank si erano scambiati uno sguardo a
metà strada tra l’incredulo
e l’esaltato. Ci sarebbero state molti modi per rispondere
alla donna, ma i due
ragazzi scelsero di sorridere e annuire.
Seba e
Sirius non
smisero mai di tramare alle spalle dei Serpeverde. Almeno non
finchè giunse
alle loro orecchie quella che poteva tranquillamente considerarsi
l’unica
brutta notizia della serata. Qualcuno li aveva preceduti, Piton e
Bellatrix
erano già stati messi ko. Con gran scorno, i malandrini non
riuscirono mai a
mettere in atto il loro piano sebbene Seba e Sirius avessero
pianificato tutto
nei minimi dettagli. Piton sarebbe dovuto passare davanti al corridoio
in cui
si trovava il rumoroso gruppo di Grifoni per andare nel suo
sotterraneo, loro
lo avrebbero bloccato e quindi portato nella stanza delle
necessità dove ad
attenderli ci sarebbero stati tutti gli altri compagni. I loro desideri
di
vendetta avrebbero fatto il resto, rendendo la stanza adatta a quello
scopo. Secondo
Sirius, Seba e Remus si trattava di un piano geniale. James non aveva
commentato nulla, né aveva cercato di fermare gli amici.
Battere le Serpi era
stata la rivincita migliore, li aveva distrutti moralmente. Assistere
ad una
distruzione reale sarebbe stato divertente, ma teneva che Lily non
avrebbe
approvato il suo coinvolgimento.
Ad ogni
modo, ad i
ragazzi andò male. Sfortunatamente non avevano considerato
un dettaglio: Piton
e Bellatrix infatti erano misteriosamente già finiti in
infermeria. Nessuno
sapeva esattamente spiegare come. I due erano semplicemente spariti
prima
ancora che finisse la cena, poi era presa a girare quella voce. Nel
castello si
raccontavano diverse versioni, una più assurda
dell’altra. Qualcuno diceva che
erano stati aggrediti, altri che erano svenuti improvvisamente dopo
pranzo. La
più accreditata era che qualcuno avesse messo del veleno nel
loro calice. Certo
era che nessuno dei due si sarebbe fatto vedere in giro per qualche
tempo.
- Hai
sentito,
sembra siano stati avvelenati..
Aveva
detto Alice,
alzando le spalle. Era infastidita dal fatto che qualcuno li avesse
preceduti,
ma l’essenziale era che il destino, il karma o chi sa quale
altro studente
fosse riuscito a prendersi una giusta vendetta. Il resto erano solo
particolari
trascurabili.
- Per
me il piccolo
Black non la racconta giusta.
Mormorò
Remus,
osservando il minore dei fratelli Black mangiare tranquillo, lontano
dai suoi
compagni. Una volta finita la cena si era alzato con discrezione dal
tavolo ed
era scomparso tra la folla festante che festeggiava i Grifoni.
Era
l’unico, dopo
Piton e Lily, abbastanza bravo in pozioni e abbastanza strafottente da
avvelenare qualcuno senza farsi scoprire dai professori.
L’unico dettaglio che
il licantropo non riusciva a spiegarsi era perché il
fratello minore di Sirius
avesse fatto una cosa del genere. James guardò
l’amico, poi il posto vuoto che
aveva lasciato il piccolo Serpeverde.
- Ma si
tratta di
suoi compagni di casa!
Esclamò
Seba
perplesso, dando voce ad i dubbi che stavano tormentando anche Remus e
buona
parte degli altri ragazzi. James sorrise, ricordando le parole del
ragazzino. A
lui non importava nulla dei suoi compagni di casa. Regulus era diverso
da tutti
loro, ma non voleva ammetterlo ad alta voce. Si mischiava a loro,
fingeva di
avere molto in comune con le altre Serpi, ma il suo animo era quello di
un
Grifone.
- Per
lui battere
James in modo leale era più importante. Cercando di
ucciderlo hanno rischiato
di rovinare tutto.
Spiegò
pazientemente Frank. Anche lui, come James, si era accorto dello
sguardo di
Regulus. Aveva voglia di vincere per dimostrare di essere bravo, non
solo per
aggiudicarsi una coppa.
- Ma
alla fine è
stato battuto lo stesso.
Commentò
Cristal,
buttando giù con un solo sorso l’intero contenuto
del suo calice. Frank alzò le
spalle, senza aggiungere nulla.
-
Può sempre
cercare di rifarsi l’anno prossimo.
Osservò
James,
addentando un pezzo di torta. Regulus avrebbe dato loro del filo da
torcere
anche l’anno successivo. Sarebbe tornato alla carica,
più agguerrito che mai,
pronto a prendersi il titolo che gli spettava.
- Te lo
ripeto,
sopravvaluti mio fratello.
Sbuffò
Sirius,
leggermente irritato da quella conversazione ma già
sufficientemente ubriaco da
non essere in grado di cambiare discorso come era solito fare.
- Forse
sei tu che
lo sottovaluti.
Mormorò
James,
mentre tutti gli altri osservavano i due ragazzi con il fiato sospeso.
Sirius
odiava parlare della sua famiglia, non era una buona idea sollevare
quel
discorso con lui. Il maggiore dei Black sbuffò, tornando
calmo.
- Non
credo..
Dichiarò
poi Sirius,
chiudendo il discorso. James annuì, senza convinzione e
scosse la testa
pensieroso.
Doveva
sapere cosa stava
passando per la testa di Regulus e sapeva anche dove poteva trovarlo.
Si
allontanò con discrezione tra la folla, senza dare
spiegazioni a nessuno dei
presenti. In pochi minuti raggiunse la torre. Regulus era
lì, silenzioso e
solitario come suo solito. James si avvicinò senza dire
nulla, certo che
l’altro ragazzo lo stava aspettando o quanto meno sapeva che
lui era lì a pochi
passi.
- Cosa
significava
quella frase e quell’espressione persa nel vuoto alla fine
della partita?
Chiese
il Grifone deciso,
senza perdere tempo in chiacchere inutili. Regulus non si scompose,
quasi si
aspettasse quella visita e quella domanda così diretta.
James era proprio come
Sirius, a nessuno dei due piaceva perdere tempo. Andavano subito al
sodo. Il
piccolo alzò le spalle e scosse la testa, soffocando una
risata sarcastica ma
anche molto triste.
-
Niente James, va
nella tua sala comune. A te aspetta una festa con i tuoi amici, a me
una serata
da solo.
Mormorò
Regulus,
osservando il luminoso tappeto di stelle che si srotolava davanti ai
suoi
occhi. Forse le uniche che riuscissero a capire realmente il suo
essere. James
non si mosse di un passo, determinato.
- Credi
di
cavartela con così poco? Voglio una risposta, adesso.
Disse
James,
portandosi di fronte al Serpeverde. Regulus cercò di evitare
lo sguardo
dell’altro ragazzo, ma alla fine decise di dire la
verità. Si sarebbe liberato
prima dello scocciatore, quanto meno. James aveva già
dimostrato di essere
abbastanza discreto da non andare a raccontare in giro i fatti suoi.
-
Pensavo che anche
se avessi preso io il boccino sarebbe stato lo stesso. I tuoi amici ti
sarebbero
rimasti accanto comunque, qualsiasi cosa accada. Io invece sono
destinato a
stare comunque solo.
Mormorò
Regulus.
Per la prima volta James non notò strafottenza o
superiorità nella sua voce, ma
solo tanta tristezza. Regulus non era un principino viziato, ma un
ragazzino
cresciuto troppo in fretta a cui mancava la guida di un fratello
maggiore. La
partenza di Sirius da Black Manor doveva averlo segnato molto di
più di quanto
lui fosse disposto ad ammettere.
- Beh,
le cose
possono sempre cambiare.
Mormorò
James,
avvicinandosi un po’. La Serpe
scosse la testa, voltandosi verso il lago. Non
voleva i consigli di Potter, né la sua
compassione. A lui le cose stavano bene così, non era sua
intenzione cambiarle.
- No,
James. È
troppo tardi. Hanno deciso altri per bene.. Passa una buona estate e
non
permettere alle Serpi di metterti sotto.
Esclamò
Regulus,
chiudendo il discorso. James annuì, senza andarsene.
Rifletté per un po’ sulle
parole dell’altro ed improvvisamente capì chi
aveva avvelenato Piton e
Bellatrix. Ancora una volta Remus aveva ragione, quel ragazzino era
davvero
terribile. Una mina vagante.
- Sei
stato tu?
Chiese
James,
deciso ad avere una risposta.
- Non
so a cosa ti
riferisci..
Replicò
Regulus,
forse un po’ troppo in fretta. In quel momento sul viso del
ragazzo più piccolo
si dipinse lo stesso sguardo colpevole che assumeva Sirius quando ne
combinava
una delle sue e non era disposto ad ammetterlo.
- Piton
e Bellatrix
sono in infermeria.
Spiegò
pazientemente James, proprio come faceva con Sirius quando voleva che
lui
confessasse le sue malefatte.
- Sul
serio? Beh, è
un peccato. Speriamo si rimettano presto.
Commentò
Regulus
con molta ironia nella voce. Ancora una volta la faccia da schiaffi era
la
medesima di Sirius, quasi un marchio della famiglia Black.
- Ti
ripeto la
domanda, sei stato tu?
Chiese
ancora
James, divertito. Per la prima volta si era accorto di quanto Regulus
fosse
uguale a Sirius e la cosa, invece di turbarlo lo affascinava. Se
Regulus era
identico a Sirius allora c’era ancora una speranza anche per
lui. Frank avrebbe
riso di quelle parole, ridendo del suo inguaribile ottimismo.
- Non
ha nessuna
importanza.
Replicò
Regulus,
tornando al suo solito sguardo severo.
-
Invece potrebbe
averne per Sirius.
Mormorò
James. Il
nome del fratello, buttato nel discorso attirò
l’attenzione della Serpe che
sussultò appena.
-
Sirius sta molto
meglio senza di me, gli ricordo troppo la famiglia da cui è
scappato.
Mormorò
Regulus, tetro.
- E tu,
invece? Tu
stai bene senza di lui?
Chiese
James,
portandosi al fianco dell’altro ragazzo. Per un po’
i due si guardarono, senza
parlare. Quelli sguardi sembravano voler dire un sacco di cose, o forse
nessuna.
- Passa
una buona
estate, James. Io farò lo stesso.
Mormorò
Regulus
alla fine, sospirando. Poi si voltò verso il castello deciso
a chiudere una
volta per tutte quel discorso.
-
Sirius è il tuo
fratello maggiore. Non importa quello che è successo in
passato, sei ancora in
tempo per cambiare le cose.
Esclamò
James,
senza voltarsi verso il ragazzo che se ne stava andando.
- No
invece, lui ha
te ora. Prenditi cura di lui al mio posto.
Rispose
Regulus con
un tremito nella voce, senza voltarsi.
James
continuò a
pensare a quelle parole per tutta la notte e anche per i giorni
successivi
chiedendosi se avesse fatto bene a lasciare andare via il Serpeverde
senza
fermarlo. Non disse nulla a Sirius di quella discussione, non voleva
turbarlo
più di quanto fosse necessario. In passato la sua famiglia
era già riuscita a
ferirlo a sufficienza.
L’ultima
settimana
al castello, finiti esami e lezioni, passò il fretta. Per
James fu davvero un
sollievo lasciarsi alle spalle quell’anno tremendo. Aveva
perso molte cose, ma
poi era riuscito a fatica a riguadagnarsele tutte.
Sembravano
trascorse appena poche ore quando i ragazzi si ritrovarono con i
bagagli fatti,
pronti a lasciare il castello. Guardando Lily che lo aspettava vicino
alla
porta il Grifone capì di averne guadagnata persino qualcuna
in più.
Nel
piazzale dove
attendevano il treno che li avrebbe ricondotti a casa, Sebastian e
Frank
avevano un groppo in gola. Il portiere stringeva forte la mano di
Alice, mentre
Seba cercava la battuta per chiudere in bellezza quel percorso lungo
sette
anni. L’anno successivo non sarebbero tornati al castello ma
sarebbe iniziata
una nuova fase della loro vita. La loro avventura era finita, adesso
dovevano
diventare grandi. Alle spalle si lasciavano tanti bei ricordi, ed anche
molte
amicizie.
Sul
binario, mentre
aspettavano il treno che li avrebbe riportati a Londra, James si rese
conto che
non aveva ancora parlato a Lily. Si avvicinò alla ragazza
con cautela. Voleva
sorprenderla, ma non spaventarla.
- Ehi
piccola, hai
un momento per me?
Chiese
il Grifone,
sfoderando il suo sorriso migliore. Lily scambiò una rapida
occhiata alle
amiche, poi annuì. Il suo cuore perse qualche battito, poi
accelerò di colpo. Il
momento che aveva tanto aspettato stava finalmente arrivando. Ci erano
voluti
quasi sei anni, ma alla fine aveva capito quanto James fosse importante.
-
Dipende..
Mormorò
maliziosa,
sorridendo appena. Aveva scoperto di amarlo, ma non voleva cedere
troppo in
fretta. Era comunque un’orgogliosa Grinfondoro.
-
Credevo fosse
finito il periodo dei rifiuti.
Commentò
James,
inclinando la testa ed assumendo un’adorabile aria da
cucciolo ferito. Lily
sorrise, incapace di pensare ad altro se non alla profondità
dei suoi occhi
color nocciola.
- Se
non mi baci
subito potremmo tornare alla fase in cui tu mi chiedi di uscire ed io
rispondo
no.
Rispose
la rosse,
decisa. James alzò appena il sopracciglio.
-
Curioso, ero
venuto da te proprio per questo.
Esclamò,scoppiando
a ridere.
- Per
chiedermi di
uscire?
Provò
Lily.
- No,
per baciarti.
Sussurrò
James,
stringendola a sé. Le loro labbra di sfiorarono appena prima
di fondersi in un
lungo ad appassionato bacio. Il mondo intorno a loro prese a vorticare.
Qualche
studente rise, altri abbozzarono una risata. Ci fu persino qualcuno che
urlò “viva
gli sposi”, ma i due ragazzi non potevano sentire tutto
questo. Era arrivato il
loro momento. Si erano presi la loro occasione. Tutto il resto appariva
inutile
ed insignificante.
Quando
si staccò
dalle labbra di lei, James vide che Alice e Sirius sorridevano. Il
ragazzo
guardò Lily, poi di nuovo i suoi amici. Ogni tassello era
tornato al suo posto.
Dopo la tempesta, finalmente il sereno.
James
stava ancora
sorridendo, quando si sentì chiamare.
- Sei
James?
Chiese
una ragazza
che il Grifone non aveva mai visto. Era una brunetta dagli occhi
incredibilmente azzurri, più bassa di lui ma dallo sguardo
incredibilmente
deciso. Inclinò appena la testa, guardandolo meglio.
- Ci
conosciamo?
Chiese
James,
curioso, mentre Lily si irrigidiva appena. Aveva appena conquistato il
cuore
del suo campione che già qualcuno arrivava a portaglielo via?
- Sono
Rose..
Rispose
lei,
abbassando la testa. Bastò quel nome ed immediatamente James
capì. Lei lo
detestava. Lo odiava al punto da scrivergli quella lettera piena di
rabbia e
risentimento. Guardò Lily, lei sorrise rassicurante.
James
alzò gli
occhi piano, sicuro che avrebbe incontrato lo sguardo duro di Rose.
Contro ogni
previsione, vi trovò un sorriso.
- Sei
un campione,
lo sai?
Continuò
lei,
imbarazzata. James annuì, in difficoltà.
- Non
credevo che
ti avrei incontrata veramente alla fine.
Mormorò
James,
alzando le spalle.
- Nella
lettera lo
dicevo però.
Precisò
lei,
allungando una mano per accarezzare il viso del ragazzo. James si
scostò
appena.
-
Dicevi anche che
non era giusto che io vivessi e tuo fratello no.
Disse
James,
abbassando la testa. Rose ritrasse subito la mano e la portò
al viso, cercando
di asciugare le lacrime che le solcavano il volto.
-
Quando si soffre
si fanno e si dicono cose avventate.
Sospirò
lei,
guardando il tramonto.
-
Nessuno lo sa
meglio di me, credimi.
Sbuffò
James,
ricordando tutto quello che aveva passato in quegli ultimi mesi.
- Amici?
Propose
Rose,
inclinando la testa. James sorrise ed annuì deciso. Ora
tutto era veramente al
suo posto.
- Devo
andare
adesso, scusa..
Esclamò
lui,
correndo verso gli amici che lo attendevano per un terzo grado
- Che
succede?
Chiese
Alice,
gelosa della ragazza che aveva parlato con James fino a qualche istante
prima.
Il capitano sorrise, prese il viso della sua rossa tra le mani e la
baciò, poi
si volto verso la cugina che ancora attendeva una risposta.
- Ho
chiuso con il
passato, tutto quanto. Dove andiamo questa estate?
Mormorò
lui,
sorridente, incurante delle espressioni incredule e
dell’imbarazzo della
ragazza.
- Ho la
sensazione
che quest’estate ce la ricorderemo per sempre!
Esclamò
Seba,
sicuro, scuotendo deciso i riccioli scuri. Tutti scoppiarono a ridere,
felici
che quel lungo anno fosse finalmente terminato. Solo Cristal era seria,
quasi
fosse persa in un mondo tutto suo.
- Che
ti prende,
Cristal?
Chiese
Charleen,
preoccupata per l’amica.
-
Niente, solo un
brutto presentimento.
Si
giustificò la
ragazza, cercando di scacciare la brutta sensazione che
l’aveva avvolta solo
qualche istante prima. Nello stesso istante, Frank si voltò.
Alle sue spalle,
Bellatrix rideva. Il suo volto era una maschera di isterismo e
cattiveria.
- Mi sa
che dovremo
stare attenti alle scope..
Esclamò
James,
abbracciando più stretta Lily Evans. L’estate era
cominciata.
ANGOLO
DELL'AUTRICE
...Ed
alla fine arriva l'epilogo. Scrivere queste ultime righe è
una vittoria dal sapore amaro. C'è l'orgoglio di aver
concluso qualcosa, ma anche il rimpianto per le scene che sono rimaste
dentro la mia tastiera. Ringrazio chi ha letto tutta questa storia,
scusandomi per i ritardi ed elogiando la vostra pazienza.
Come
ultimo regalo, vi lascio una promessa: il sequel.
Il
titolo sarà L'estate
dell'amicizia, del tradimento e del sangue. Qui sotto
trovate il prologo..
Peter guardava di
fronte a sé, terrorizzato.
Sebastian era appena
morto tra le braccia di Charleen. Aveva a lungo amato quella ragazza,
in
silenzio. Alla fine aveva perso, Seba si era preso tutto anche questa
volta.
Adesso lui giaceva agonizzante, ma ancora una volta Charleen tutti
avevano
occhi solo per lui. Lei gli accarezzava il viso, senza riuscire a
rassegnarsi
alla realtà. L’uomo che aveva amato per tanti
anni, in silenzio, non c’era più.
Il fuoco lo aveva portato via in pochi attimi, prima che lei riuscisse
a fare
qualcosa.
Frank era distrutto,
Alice al suo fianco fissava il vuoto.
Lily si stringeva a
James, quasi temesse che anche lui potesse scomparire da un momento
all’altro.
Cristal nascondeva
il viso nell’incavo della spalla di Remus.
Peter era solo, come
Sirius. La sua speranza, il suo nuovo inizio.
Si voltò
verso
l’amico, poi arrivò Rose. Senza dire niente
strinse la vita del ragazzo, lui si
lasciò andare.
Aveva perso, adesso
era davvero solo. Peter si lasciò andare alla disperazione.
Che ci faceva lui in
mezzo a quei ragazzi?
Ripensò alla parole
di Piton ed a quelle di Regulus, senza riuscire a trovare una via
d’uscita a
tutto quel dolore.
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