Unusual white nightmare di S e n (/viewuser.php?uid=133653)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Unusual white nightmare - Prologo
T i t o l o Unusual
white nightmare
F a n d o m
The
vampire diaries
P e r s o n a g g i / P a i r i n
g Damon Salvatore, Elena Gilbert, Alaric
Salzman, Damon/Elena
G e n e r e
Romantico, sovrannaturale, triste
A v
ve n i m e n t i Long-fic
(non troppi capitoli) What if?
T i m e l i n e
Post 3x10
P
r e m e s s a d e l l
' a u t o r e
Weilà, belle. Come andiamo? Io, beh, non mi lamento.
Comunque sia, ho trovato l'ispirazione per scrivere questa long mentre
nuotavo, perciò premetto che sarà una cosa strana
e soprattutto priva di senso.
Vorrei solamente fare alcune piccole premesse prima di lasciarvi al
prologo:
1) Tutti gli avvenimenti post 3x10 non sono mai esistiti.
2) Stefan NON è MAI ritornato a Mystic Falls.
3) Elena e Damon, dopo quell'ultimo bacio, sono rimasti amici e passano
molto tempo inisieme, niente di più.
Correva.
Correva con il cuore
impazzito nel petto e le mani strette in pugni ferrei; la paura di
ciò che di lì a poco avrebbe visto la stava
letteralmente
facendo impazzire, togliendole il respiro e annebbiandole la vista. Non
riusciva a capire se tutto quel bianco che vedeva fosse la neve caduta
la notte precendente o fosse solo un frutto della sua immaginazione,
ormai troppo stanca e sconvolta.
Le esili braccia scoperte venivano ripetutamente graffiate dai rami
degli alberi spogli, ma lei non se ne curava, continuando a correre
nonostante i delicati rivoli di sangue che piano scorrevano lungo la
candida pelle. Il freddo le intorpidiva tutto il corpo e i brividi si
erano ormai impossessati di lei, ma continuava ad avanzare
perchè doveva trovarlo, doveva salvarlo.
Una serie di voci e di immagini che vorticavano nella testa,
lasciandole pochi attimi di annebbiamento totale prima di
ricominciare, se possibile, ancora più fastidiose e
più lei cercava di scacciarle, più queste
ritornavano.
Il terrore divenne disumano e incontenibile, mentre continuava a
correre in quel percorso a ostacoli fra alberi e felci bagnate. E
proprio quando meno se lo aspettava, il bosco finì
all'improvviso e si ritrovò nella radura,
così diversa dall'ultima volta in cui ci era stata. La neve
cospargeva tutta la superficie, quasi brillando sotto il nuvoloso cielo
grigio; i neri alberi spogli tutt'intorno. Le parve un altro posto,
diverso, completamente. Si ricordava ancora il verde prato e il cielo
azzurro, i rami ricchi di foglie e fiori, il cinguettio degli
uccellini.
Ma in quel momento sentiva solo silenzio. Inquietante e disarmante
silenzio che non faceva altro che incrementare la sua angoscia.
E poi, lo vide.
Un corpo inerme disteso su un soffice mantello bianco e freddo. Le mani
lungo i fianchi e la giacca di pelle nera ancora indosso. Le
mancò il respiro e la testa iniziò a girarle
velocemente;
provò più volte a gridare, ma la voce sembrava
morirle in
gola e le gambe parevano paralizzate.
Avrebbe voluto piangere come non mai, disperandosi fino a star male,
fino a vomitare. Ma sembrava che persino le lacrime fossero
così
spaventate da non uscire. Fece un passo in avanti e poi un altro,
lentamente. Il silenzio continuava a far rumore in quell'incubo senza
fine e il cielo diventò sempre più scuro.
Più si avvicinava, più riusciva a scorgerne i
duri ma
affascinanti tratti del viso e il corpo muscoloso. I capelli corvini in
un perfetto contrasto con la neve bianca e gli occhi color cielo chiusi.
Sussurrò il suo nome piano, più e più
volte,
velocemente e senza sosta, ma lui non si alzava, non rispondeva, non si
muoveva. Riprovò, questa volta quasi dolcemente, mentre
stringeva una mano a pugno pregando di vederlo reagire.
Ma era fermo, immobile.
"Damon!" Un grido
disperato che rieccheggiò in tutta la radura.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Capitolo 1 ***
Unusual white nightmare - capitolo 1
UN MESE PRIMA
L'inverno
era ormai alle porte. Il
vento freddo faceva svolazzare le foglie cadute degli alberi ormai
spogli e il cielo era di un grigio chiaro sbiadito.
Ed era proprio a causa di quel vento che Elena aveva dovuto indossare
la sua sciarpa preferita, l'unica in grado di tenerle caldo ed evitarle
quanlche malanno; era una sciarpa semplice, di lanetta sottile, che sua
madre le aveva comprato in una bancherella a una delle solite feste
commemorative organizzate dalla città. Era costata davvero
poco,
ma, nonostante fossero passati molti anni, il tessuto sembrava come
nuovo
e il colore arancio vivo non era sbiadito negli anni.
L'umana rabbrividì a una folata di vento più
potente
delle altre e si strinse ancora di più nel suo cappotto
sancrato; i lunghi capelli scuri li aveva raccolti in una treccia
ordinata e si era truccata un po' più del normale. Lo faceva
sempre quando andava a trovare i suoi genitori, forse perchè
voleva sembrare più adulta, forse per una qualche forma di
rispetto nei loro confronti o forse perchè lì
vicino se
ne stava Jenna a riposare per un'eternità a tempo
indeterminato,
a cui avrebbe sicuramente fatto piacere constatare che la nipote non
aveva preso dalla zia, evitanto di diventare la disperata donna
trasandata troppo presa dagli impegni personali.
E mentre camminava silenziosa lungo il grigio marciapiede, in mano solo
il suo diario e in tasca la solita penna nera che utilizzava sempre per
scrivere su di esso, si guardava intorno chiedendosi dove fossero
finiti tutti gli abitanti di Mystic Falls.
La metà sono
morti,
constatò con amarezza e un briciolo di umorismo nero.
Inevitabilmente, la sua testa si trasformò in un album
fotografico e nella sua mente iniziarono a susseguirsi persone morte
negli ultimi anni a cui lei era affettivamente legata. Ma tra loro
c'era anche un'altra persona, diversa perchè ancora viva.
Già, viva, ma chissà dove. Il vampiro che l'aveva
fatta
innamorare come un normale adolescente e che, involontariamente,
l'aveva trascinata in una serie di avvenimenti e accaduti
sovrannaturali.
Elena sospirò, emettendo una piccola nuvoletta di fumo dalla
bocca socchiusa; arrivò poi al cimitero e si sedette accanto
alla lapide della madre, aprendo il libricino e iniziando a scrivere.
Era tanto che non scriveva, era tanto che si teneva tutto dentro.
Eppure era riuscita ad andare avanti, a passare oltre, sopprimendo la
malinconia e la tristezza dentro di sè.
Fu un rumore, una foglia calpestata, a farla smettere di scrivere e
guardarsi intorno; quando constatò però di essere
sola,
riprese a riempire la pagina bianca con eleganti letterine nere. Non
fece in tempo a scrivere due righe, che udì un altro rumore,
e
poi un altro ancora.
Appoggiò distrattamente il diario sull'erba ancora bagnata
di
rugiada della notte e si alzò in piedi, facendo due o tre
giri
su se stessa, anche se, per quanto si sforzasse, non riusciva a
scorgere nessuno. I lievi suoni però non cessarono e questo
convinse la giovane umana a prendere il paletto di legno -che portava
sempre con sè- dalla borsa. Sentiva una presenza alle
proprie
spalle e si preparò per sferrare un colpo che avrebbe
impalettato il più terribile dei vampiri. Ma quando si
girò, lo vide scansare il colpo e sorridere.
"Attenta, Buffy."
"Damon." Gli occhi che rotearono inevitabilmente al cielo e un piccolo
sopiro di sollievo che accompagnò quel nome.
"Il solo e unico." Una smorfia si dipinse sul volto dell'affascinante
eternamente giovane. "Perchè quel paletto?"
"Mi hai spaventata. Non credevo che fossi tu." Un altro sospiro di
sollievo. "Non potevi comparire normalmente?"
"Eri così assorta nei tuoi pensieri che non ti sei accorta
del corvo." Spiegò lui, quasi infastidito.
"Oh."
Il silenzio s'impossessò di quella situazione ed Elena si
sentì strana. Negli ultimi tempi, Damon l'aveva aiutata
molto a
superare il vuoto che la mancanza di Stefan aveva provocato e i due
erano diventati ottimi amici, nonostante lui fosse tremendamente
apprensivo. Era stato davvero paziente con lei, sorbendosi i suoi
pianti per la partenza del fratello e le notti insonni a causa degli
incubi, ma non si era mai lamentato una volta. Quel giorno invece, le
appariva strano, spossato, quasi scocciato. Tutto quel silenzio non era
da lui, che di solito esprimeva le sue opinioni con battute alquanto
imbarazzanti.
Quell'aria di prepotenza che gli leggeva negli occhi non la faceva
stare tranquilla; vedeva uno sguardo diverso, maligno. Eleva
rabbrividì al solo pensiero e cercò di
convincersi del
contrario, intrecciando convulsamente le sottili dita nel vano
tentativo di calmarsi.
"Tutto bene?" Le iridi azzurre di lui, così angeliche nei
giorni
precedenti, erano ora fonte di preoccupazione per l'umana che si
limitò a fare un cenno con la testa in segno d'assenso.
Damon si voltò e posò gli occhi sul piccolo
libretto che
l'umana aveva abbandonto sull'erba scura. Si avvicinò a esso
sotto lo sguardo attento di lei che non comprendeva ancora le sue
intenzioni; fu quando però il vampiro prese in mano
l'oggetto e
iniziò a sfogliarne le pagine che la ragazza capì
quali
fossero le sue vere intenzioni.
"Hei. Che stai facendo?" Cercò di afferrare il diario dalla
possente stretta del vampiro, ma ogni tentativo fu vano.
"Caro diario, sono così depressa..." Iniziò lui,
teatralmente.
"Finiscila..."
"Non so come farò ad andare avanti, mi sento così
male.."
Continuò portando il libretto più in alto per
evitare che
Elena lo afferrasse.
"Damon, adesso basta!"
"Vorrei tanto che Jeremy fosse qui per offrirmi un po' della sua roba."
A quelle parole l'umana si bloccò, quasi rimanendo
paralizzata.
Non era da Damon dire certe cose, soprattutto nell'ultimo periodo, in
cui il vampiro si era dimostrato dolce e disponibile, alle volte fin
troppo, anche quando Elena non credeva di meritarselo.
Annusò l'aria, tremendamente vicino alle labbra di lui, in
cerca
di un qualche aroma di bourbon o whisky che giustificasse tale
comportamento, ma ciò che sentì fu solo il suo
profumo
dolce ma allo stesso tempo deciso che conosceva bene; lo stesso profumo
che nelle notti insonni le aveva inebriato le narici mentre era stretta
tra le braccia di Damon e che aveva imparato ad amare, abbraccio dopo
abbraccio, per la sensazione di sicurezza che sapeva trasmetterle.
Non si accorse subito di una voce che la chiamava, troppo persa nei
ricordi e nella malinconia. "Elena, Elena..."
Inevitabilmente una sottile lacrima salata scivolò lungo la
sua
guancia rosea per quella frase pronunciata con cattiveria che non aveva
mancato di ricordarle che suo fratello era lontano.
"Elena.. Perchè piangi?" La voce preoccupata di Damon
sembrava quasi irreale dopo il tono usato in precedenza.
"Perchè? C'era bisogno di dire una cosa del genere?" L'umana
aggrottò la fronte mentre altre piccole gocce scappavano
dagli
occhi cioccolato. Le parve di vedere il vampiro strizzare
più
volte gli occhi, quasi vi fosse entrato qualcosa all'interno. Si
avvicinò a lui e gli strappò il diario dalle
mani,
aprì la borsa e lo mise dentro.
"Di che parli? Io..." Un forte dolore alla testa imperdì al
vampiro di
continuare a parlare; posò entrambe le mani sul capo,
premendole
contro di esso.
Elena lo guardò, senza capire. C'era qualcosa di strano in
lui
che non faceva altro che aumentare il senso di ansia che l'umana
percepiva.
"Io me ne vado."
"Ma come, di già?" Ed eccolo di nuovo, quel tono prepotente
e
diverso dal solito. Elena si allontanò da lui, quasi
correndo.
"Oh, e va bene... Però di a Rick che ho bisogno di
parlargli,
oggi pomeriggio sarò al Grill, digli di esserci."
Violò
il silenzio del cimitero, aumentando il tono di voce nel tentativo di
farsi sentire dall'umana, sempre più lontana, che
sospirò
un impercettibile, per qualsiasi orecchio umano, "d'accordo" con le
labbra.
*
* *
L'acqua calda, bollente, della doccia le scivolava su tutto il corpo
nudo, rilassandola. Erano più di venti minuti che se ne
stava
lì, a crogiolarsi nel vapore in quel bagno preriscaldato da
una
stufetta elettrica.
Tutti i problemi sembrava scivolarle addosso. Eppure, Elena non aveva
problemi. No, Elena non aveva più nemmeno quelli; li aveva
avuti
con Klaus, con Stefan, con Katherine... Adesso era semplicemente sola
in una calma piatta che non faceva altro che innervosirla.
Se guardava davanti a sè non vedeva futuro e non riusciva a
capirne il motivo. Certo, non poteva negare di sentirsi sola e di
sentire la mancanza di Stefan. Ma la malinconia poteva davvero far si
che tutto il resto non contasse?
Ma con Damon era diverso, o almeno lo era stato fino a quella mattina.
Damon era in grado di farle dimencare qualsiasi catastrofe e di farla
sorridere dopo qualsiasi disgrazia. Bastava una battuta, un sorriso,
spesso un'abbraccio o una rassicurazione che l'umana si
tranquillizzava.
C'erano state volte in cui Elena aveva perso ogni percezione della
realtà, cullata da quell'angelo dannato con gli occhi
magnetici,
dai quali spesso rimaneva folgorata.
Aveva cercato più e più volte di convicersi che
la sua
fosse solo attrazione fisica, ma poi, dopo quel bacio sul portico di
casa, che, ovviamente, lei aveva ricambiato, non aveva più
potuto nascondere a se stessa ciò che provava per il
vampiro.
Il cellulare sulla mensola vicino al lavandino iniziò a
vibrare.
"Ehi, Rick, tutto bene?"
"Beh, a dire la verità no. Damon deve aver cambiato idea,
perchè qui al Grill non lo vedo."
"Sei sicuro? Eppure.." L'umana si bloccò, non sapendo cosa
dire.
Infondo, Damon quel giorno le era sembrato più strano e
lunatico
del solito, poteva aver benissimo cambiato idea.
"Sicurissimo." Il silenzio che ne seguì dopo fu una pausa di
riflessione per entrambi; pareva strano che il vampiro non si fosse
presentato a un appuntamento che lui stesso aveva organizzato, ma
considerando che si trattava di Damon, quasi non c'era da stupirsi.
"Beh, sarà in ritardo. Mi prendo qualcosa da bere e aspetto,
ci vediamo a casa."
"Ok. Fammi sapere. Ciao, Rick."
Chiuse la chiamata e sospirò fissando la sua immagine nello
specchio. Ultimamente, dopo che si era ripresa dalla partenza di Stefan
e di suo fratello, era ritornata in forma. Le occhiaie non c'erano
più da settimane e la faccia non era più
sciupata. E di
nuovo, il merito era di Damon. Lei stessa lo aveva ammesso: senza di
lui non sarebbe stata capace di affrontare tutto.
Quando aprì la porta del bagno un spiffero di aria fredda la
investì, facendola rabbrividire nello striminzito
asciugamano
bianco che si era delicatamente avvolta attorno all'esile corpo. La
finestra era completamente spalancata e una pioggia fitta e fredda
scendeva all'esterno. L'umana era consapevole di non averla lasciata
aperta, anzi, ricordava addirittura di aver controllato che fosse
chiusa prima di andare in bagno.
Si guardò più volte attorno nel silenzio di
quella stanza
vuota. Chiuse poi la finestra, spaventata dal brutto presentimento che
vagava senza sosta nella sua mente confusa. Si girò per
tornare
in bagno e asciugarsi i lunghi capelli castani, ma un enorme uccello
nero le si fiondò contro: le grosse ali dal manto lucido e
il
lungo becco. Elena era sicura di aver già visto
quell'uccello e
questo la spaventata ancora di più, mentre con tutte le
forze
che aveva, cercava disperatamente di farlo allontanare da sè.
Gli affilati artigli delle zampe la graffiavano sulle spalle e sulle
braccia nude, scorticando la candida pelle e facendola arrossare. Il
lungo becco cercava di colpirla ripetutamente e i vispi occhi
dell'animale non smettevano di fissarla, quasi fosse una preda.
Una beccata in pieno viso le fece emettere un grido più
acuto
degli altri, mentre un rivolo di sangue scendeva lungo la guancia.
Improvvisamente, il corvo scomparve. Elena scrutò la stanza,
spaventata e senza forze. E poi, i suoi occhi color cioccolato ne
incontrarono altri due, rossi come il sangue, appartenenti a una scura
figura maschile appoggiata allo stipite della porta.
Ahh,
ma io l'avevo detto che questa cosa senza senso sarebbe stata una
sciocchezza e, se non l'ho detto, lo dico ora.
Ma, voglio dire, non è mica colpa mia se in testa tengo
tremila
idee e poi su carta ne scrivo solamente mezza... che poi, parliamoci
chiaro, fa schifo pure quella.
Vabbeh, sappiate che questa long avrà circa dieci capitoli
più prologo ed epilogo, quindi, state pure tranquille, non
vi
romperò per molto (...magari poi cambio idea, eh!). Se
volete recensire, fatelo, perchè
credetemi, mi fa davvero davvero davvero piacere sapere che cosa ne
passa nella vostra testolina mentre leggete certe cavolate :)
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Capitolo 2 ***
Unusual white nightmare - capitolo 2
L'inquietante
silenzio che governava
la stanza era spezzato dai brevi ansiti di Elena e dal freddo vento
ormai invernale che bussava alla finestra, accompagnato da una fitta
pioggerellina. L'umana, spaventata, ma soprattutto sorpresa, fissava
due occhi color sangue che la guardavano con un'espressione divertita.
Le piccole ma profonde ferite che il corvo aveva inferto sul suo
delicato corpo bruciavano e i graffi che l'animale aveva lasciato con i
propri artigli sanguinavano leggermente, ma niente era paragonato
all'immensa
paura che l'umana provava e allo stato confusione in cui si
trovava.
Non capiva come Damon avesse potuto compiere un gesto del genere,
eppure, appoggiato allo stipite della porta c'era proprio lui: capelli
corvini, neri come la notte priva di stelle, lineamenti decisi e labbra
sottili, piegate in un mezzo sorriso. Sembrava perfettamente a proprio
agio e completamente rilassato, al contrario di Elena che respirava a
fatica, con il petto che s'alzava e s'abbassava a ogni pesante respiro
e i capelli sciolti, ancora bagnati, che aderivano sul viso magro. Ogni
respiro corrispondeva a un brivido, il suo corpo era avvolto ancora
nell'asciugamano bianco che non riusciva a riscaldarlo.
E, mentre quei due occhi non la lasciavano andare, provò di
nuovo quella sensazione d'inquietudine e un pensiero malsano le
attraversò la mente; la testa continuava a girare e dovette
appoggiare una mano sulla sedia della scrivania per non cadere a terra.
Guardare quel volto la faceva letteralmente tremare di paura e non
riusciva a credere a ciò che era appena successo.
Inevitabilmente, copiose lacrime iniziarono a uscire dai suoi grandi
occhioni color cioccolato e piccoli singhiozzi si alternavano a sospiri
spaventati.
Damon non si era mai permesso di sfiorarla se non per una carezza, un
abbraccio o... un bacio. Nemmno all'inizio, quando ancora era
una
vampiro inaffidabile e dalla personalità complessa, le aveva
fatto del male o l'aveva aggredita.
Improvvisamente, quel sangue negli occhi del vampiro lasciò
spazio a un azzurro tenue.
"Elena..." Come se si fosse risvegliato da una sorta di trance, Damon
guardò l'umana con i suoi occhi ghiaccio e un'espressione di
puro stupore in volto. "Chi ti ha ridotta così?"
Lei alzò la testa, scuotendola leggermente, mentre un'altra
lacrima salata scendeva sulla guancia. "Vai via, Damon."
"Ma come.."
"Vattene, ora!" Lo sforzo immenso che dovette fare l'umana per urlare,
le fece girare la testa con un capogiro più forte degli
altri e
la presa alla sedia divenne più stretta.
Damon s'avvicinò a lei, lentamente e con passi incerti.
Sentiva
il battito del suo cuore, come impazzito, aumentare sempre di
più. Le si parò davanti, tenendo le braccia
inermi lungo
i fianchi per paura di spaventarla.
"Te ne prego, Damon." Il magro corpo era continuamente scosso da forti
brividi e le braccia erano incrociate sotto il seno in una posizione di
difesa.
Il vampiro continuava a guardarla, scioccato e anche un po' confuso.
"Sono... sono stato... io?"
La voce tremante e le mani strette a pugno per la rabbia e la
frustrazione. Elena fece un impercettibile 'si' con la testa per poi
fare un passo indetro, appoggiandosi ancora di più alla
scrivania.
L'espressione di Damon mutò: gli occhi persero quasi colore,
diventando sempre più grigi e la bocca s'aprì un
poco;
puro stupore si dipinse sul suo volto e per chissà quanti
minuti
rimase così, mentre l'umana ancora tremava davanti a lui,
troppo
stremata per muovere anche un solo passo. Poteva sentire l'odore del
suo sangue che piano fuoriusciva dalla piccola ferita aperta sul viso e
che pulsava nei graffi ancora aperti su tutto il corpo.
Alzò una mano e la avvicinò al viso di lei che,
invevitabilmente, cercò di allontanarsi. Ma il vampiro non
aveva
intenzione di lasciarla andare: le afferrò un polso e la
tenne
ferma mentre con l'altra mano le sfiorava la guancia e con l'indice
raccoglieva il delicato rivolo di sangue.
"Per favore." Un'altra imprecazione da parte della giovane che aveva
chiuso gli occhi, letteralmente terrorizzata.
Damon non riusciva a credere di aver fatto una cosa del genere; non
ricordava assolutamente nulla se non di essersi diretto a casa
dell'umana per parlare. La rabbia e il senso di colpa non gli davano
tregua, mentre la sua mente era impegnata a cercare quei particolari e
quelle azioni compiute che lui aveva completamente rimosso.
Elena poteva sentire il fiato caldo di lui solleticarle il volto e il
profumo inebriante che emanava entrarle nelle narici. Cercò
invano di dimenarsi quando il vampiro la strinse a sè in un
abbraccio così protettivo da farla quasi sentire al sicuro.
Come
se non fosse stato lui a farle tutti quei graffi e a spaventarla.
La strinse così forte da non permetterle nemmeno
più di
rabbrividire, scaldandola con il suo corpo avvolto da una semplice
t-shirt nera. La stanchezza prese possesso di lei e piano si
lasciò cullare da quel possente corpo che la teneva stretta,
senza farla cadere. Così, si addormentò tra
quelle
braccia.
Non le importava se lui avrebbe continuato a torturarla o se invece si
sarebbe preso cura di lei, la testa faceva troppo male. Decise che ci
avrebbe pensato poi. Decise che si sarebbe fidata di Damon ancora una
volta.
Ciò
che accolse Elena quando
si svegliò fu una sensazione di calore e
tranquillità.
Aprì lentamente gli occhi, sbattendo le palpebre un paio di
volte; si
tirò su, sedendosi sul materasso e appoggiandosi alla
testiera
del letto.
Seduto alla scrivania, con le braccia incrociate al petto e le gambe
allungate, se ne stava Damon. La guardava in silensio senza dire nulla,
ma la sua era un'espressione più tranquilla e rilassata di
quanto lei ricordasse e gli occhi erano di un celeste tenue, tendente
al grigio chiaro. Non vi era più traccia del rosso sangue di
qualche ora prima.
L'umana guardò il proprio corpo, ancora avvolto
dall'asciugamano: i graffi erano quasi diventati invibili. Si
passò una mano tra i capelli e non le sfuggì un
particolare: erano asciutti; leggermente mossi, ma completamente
asciutti.
"Te li ho... asciugati..." La voce di Damon era roca ed Elena quasi
sussultò quando lo sentì parlare. Il vampiro la
guardo
negli occhi, sembrava timoroso e... spaventato dalla reazione che
l'umana avrebbe potuto avere. "Temevo che ti potessi predere qualche
malanno dormendo con i capelli tutti bagnati."
"Quanto ho dormito?"
"Tre ore, più o meno."
"Le ferite... Hai medicato anche quelle, vero?"
"Si tranquilla... Insomma, non ho.."
"Grazie" Sussurrò Elena alzandosi dal letto per
raggiungere il bagno. "Sei stato gentile."
"Era il minimo che potessi fare..." Ma l'umana si era già
chiusa
la porta del bagno alle spalle e lui non potè che andarsene
da
quella casa per rimanere di nuovo solo con i suoi pensieri.
* *
*
Non ho idea di cosa mi
sia preso. Ti
giuro che preferirei farmi torturare con la verbena piuttosto che farti
ancora del male. Quando avrai bisogno di me, io ci sarò, sai
dove trovarmi. Riposa. D.
Continuava
a rileggere quel
bigliettino da ormai più di dieci minuti; lo aveva trovato
sul
letto, vicino al suo orsacchiotto. Quando era uscita dal bagno Damon se
n'era già andato e questo non aveva fatto altro che
confondere
le idee alla giovane umana.
Il comportamento del vampiro era troppo strano e insolito persino per
lui che aveva una personalità complessa e spesso
imprevedibile.
Le aveva fatto del male e non ne capiva proprio il motivo, ma si era
anche preso cura di lei ed era rimasto a guardarla dormire per
più di tre ore. E adesso si ritrovava lì, con
quel
biglietto cosparso di premurose parole che stonavano in
quell'inquietante contesto. Elena decise che avrebbe chiesto
spiegazioni al vampiro; dopotutto, lui c'era sempre stato quando lei ne
aveva avuto più bisogno.
Si vestì alla svelta, indossando un paio di jeans e un
maglioncino verde scuro. Chiamò Alaric per dirgli che usciva
e
che non ci sarebbe stata al suo rientro, ma trovò la
segreteria,
così lasciò un messaggio.
Quando uscì, il freddo vento invernale le sferzò
il viso,
facendo bruciare leggermente la piccola ferita ancora ben visibile
sulla guancia destra. Il cielo era già diventato un po'
più scuro e pioveva ancora; grossi nuvoloni grigi formavano
un
soffice soffito soffocante.
Arrivò al pensionato e, parcheggiata la macchina nel
vialetto,
uscì correndo per ripararsi sotto il portico.
Bussò
più volte per poi accorgersi che la porta era aperta e
decise di
entrare.
"Damon." Ma non rispose nessuno, il silenzio dominava in quella grande
casa apparentemente vuota. "Damon, sono io... Volevo... parlarti."
Con passi svelti arrivò in salotto sperando di trovarlo
seduto
su una delle tante poltrone, magari a sorseggiare del buon liquore;
invece, il fuoco era acceso ma di lui non vi era traccia. Si
guardò un po' attorno notando il disordine che regnava nella
grande stanza: c'erano libri ovunque e alcuni fogli sparsi sul
pavimento.
L'umana si avvicino ad essi, chinandosi sul tappeto rosso per
raccoglierne uno, ma non riuscì a capire che genere di
scrittura
vi fosse impressa; erano diversi simboli accoppiati a due a due che si
alternavano per tutta la pagina giallastra.
Posò il foglio a terra e s'alzò, ma per poco non
le prese
un infarto. Davanti a lei era comparso Damon: la guardava come
se
non sapesse chi fosse ed era così vicino al suo viso che
l'umana
sentiva il suo fiato sulle labbra dischiuse.
"Mi hai spaventata."
"Scusami, non volevo" Il vampiro si spostò, raccogliendo i
fogli sparsi sul tappeto.
"Cos'è successo? Come mai è tutto in disordine?"
"Nulla.. io... stavo cercando una soluzione." Damon era arrivato a casa
e si era precipitato davanti alle librerie per cercare una qualche
spiegazione al suo comportamento che lui stesso definiva inaccettabile.
Non riusciva a credere si aver fatto del male alla donna che amava alla
follia.
"Una soluzione?"
"Si. Voglio... capire cosa mi sta succedendo." La voce del vampiro era
leggermente incrinata, quasi egli fosse sul punto di piangere. Si perse
in quegli occhioni color cioccolato che lo fissavano e sperò
per
un momento di essersi sbagliato, di non essere stato lui ha procurarle
quella lunga ferita sulla guancia.
Elena si avvicinò a lui e gli posò un mano sul
petto.
"Hei." Sussurrò. "Ci sono io. Voglio aiutarti. Scopriremo
insieme che cosa ti sta succendendo."
"No, potrei farti del male." Una piccola lacrima scivolò sul
volto di Damon e l'umana non riusciva a credere ai propri occhi. Non le
era mai capitato di vedere il vampiro piangere. "Non voglio farti del
male, mai più."
"Non me ne farai." Appoggiò la fronte su quella di lui.
"Hei,
tranquillo." Le sottili mani attorno alla nuca di lui. "Tranquillo."
"Non volevo." Un altra lacrima. "Ti giuro, io.. non volevo." Il pollice
che accarezzava dolcemente la ferita sull'angelico viso dell'umana.
"Lo so. Lo so. Troveremo una soluzione, capiremo cos'è
successo e starai bene."
Damon sorrise e poi guardò Elena passarsi una mano tra i
capelli
fradici. "Sei di nuovo tutta bagnata. Vado a prenderti un asciugamano."
"Grazie."
Elena guardò il vampiro allontanarsi dal salotto per salire
al
piano di sopra; casualmente, posò lo sguardo sui fogli che
egli
aveva riposto sul tavolino e subito notò una parola scritta
con
lettere che conosceva. Mentre la pioggia scrosciava senza sosta
all'esterno, nel silenzio più totale, l'umana la lesse ad
alta
voce: 'Possessione'
Eh, lo so. Sono in un tremendo ritardo e questo capitolo è
peggio dei precendenti. Vi chiedo solo di avere pazienza e farmi sapere
se vi fa davvero schifo o se è quantomeno accettabile.
Sono comunque felice di essere riuscita ad aggiornare entro la fine
della settimana; ci tenevo inoltre a ringraziare tutte le persone che
recensiscono o tengono questa storia tra le seguite/preferite/ricordate
nonostante sia solamente all'inizio.
Alla prossima.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Capitolo 3 ***
Unusual white nightmare - capitolo 3
Possessione. Una sola parola scritta a grossi caratteri al principio di
una giallastra pagina impolverata.
L'umana non riusciva a comprendere come o perchè, ma quella
sembrava essere davvero l'unica spiegazione agli strani comportamenti
del vampiro; sapeva per certo che Damon non avrebbe mai fatto cose del
genere e si fidava di lui. Il fatto che l'avesse persino ferita
indicava che c'era qualcosa che non andava. E adesso quella piccola
parolina sembrava
essere una risposta plausibile.
"E' l'unica cosa che ho trovato. Come vedi, il resto è
praticamente illeggibile." La voce del vampiro aveva riportato Elena
alla realtà, distogliendola da quei pensieri e quelle
supposizioni. L'espressione che si rifletteva sul viso di lui era un
misto di amarezza e rabbia.
"Come può essere possibile?" L'umana fissava negli occhi
Damon,
in cerca di quel qualcosa sbagliato, estraneo; ma tutto ciò
che
riusciva a vedere erano due splendidi occhi color del mare che la
guardavano. "Voglio dire, tu sei un vampiro e..."
"Non lo so. Forse il fatto che io sia un vampiro non mi rende immune a
una cosa del genere." Fece una piccola paura, inspirando, nonostante
non ne avesse realmente bisogno. "So solo che non ero io colui che ti
ha fatto questo." Damon si era avvicinato a Elena e aveva toccato quel
piccolo taglio sulla sua guancia. "Non ero io."
L'umana sorrise e quasi, per un momento, dimenticò il resto
del
mondo. Dimenticò persino la questione della possessione,
persa
in quegli occhi che tanto aveva cercato nelle sue notti più
buie
e che sempre l'aveva aiutata a superare i momenti più
difficili.
"Lo so." Le mani di lei scesero spontanee lungo il suo collo, in una
carezza delicata ma decisa. "Per questo voglio aiutarti; non voglio che
affronti tutto da solo. Tu non mi avresti mai abbandonata e io non lo
farò."
Ora anche il vampiro sorrideva. "Grazie"
L'umana sfilò il cellulare di Damon dalla sua tasca destra e
iniziò a comporre il numero sulla tastiera. "Hei! Che modi
sono?" La disapprovazione del vampiro era evidente nella sua
espressione. "Tutto questo per il cellulare?"
"Oh, andiamo. Ho dimenticato il mio a casa!" Elena non fece in tempo a
finire la frase, che il vampiro le aveva sfilato il telefono di mano e
l'aveva spinta contro la parete.
"Ah no. Devi chiederlo per favore."
"Damon... Mi stai facendo perdere tempo con queste cavolate."
Cercò invano di prendere l'oggetto che lui stringeva in una
presa ferrea.
"E, oh, devi anche chiamarmi 'tesoro'!"
"Possibile che tu debba essere sempre così..."
"Affascinante? Sexy? Irresistibilmente attraente?"
"Egocentrico." E si, dannatamente affascinante, questo
però... non lo disse a lui.
"Mmm.. così non avrai mai questo telefono." Damon si era
avvicinato ulteriormente a Elena e aveva iniziato a far scorrere una
mano lungo il profilo del collo, scendendo sempre più
giù, arrivando quasi al seno.
"Ok, ma stai fermo per favore!" L'umana fece un bel respiro e
poi, fissando il muro in evidente imbarazzo, disse ciò che
doveva dire. "Damon, tesoro, mi impresteresti il tuo cellulare?"
"Ah, ah." Una smorfia e un piccolo 'no' accennato fecero capire a Elena
che nell'affermazione mancava qualcosa di estremamente importante.
"Per piacere!"
"Così va meglio." Il vampiro ghignò soddisfatto,
lasciando il cellulare nelle mani di lei e allontanandosi in cerca di
qualche alcolico. Trovato un buon bourbon del '92, se ne
versò
un po' nel bicchiere e lo sorseggiò piano, assaporandone il
sapore amarognolo che tanto amava. Quando alzò lo sguardo
sull'umana, si accorse che lo stava fissando.
"Allora, questa chiamata?"
"Ehm... si, scusa, io..."
"Tranquilla, ci sono abituato." Elena alzò gli occhi al
cielo e
poi iniziò a ricomporre il numero. "E comunque..."
Sussultò quando si ritrovò il vampiro dietro di
sè
che le sussurrava in un orecchio. "Hai detto per piacere, non per
favore."
"E che differenza farebbe?" Chiese lei, allontanandosi e accostanto il
telefono all'orecchio.
"Per me fa differenza. Molta differenza." Damon scoppiò a
ridere, mentre un'Elena abbastanza esasperata aveva iniziato a
conversare al cellulare.
* *
*
"Ho
fatto più in fretta che ho
potuto." La strega entrò nel pensionato seguita da Alaric.
Elena
non era sicura che entrambi fosserì lì per Damon,
soprattutto Bonnie, anche se, ultimemente, i due avevano imparato ad
andare d'accordo. "Che hai fatto alla guancia?"
"No io..." Elena non aveva detto nulla a proposito di ciò
che
era successo nella sua camera, aveva semplicemente detto loro che Damon
si comportava in modo strano, senza scendere nei dettagli. Non sapeva
come i due avrebbero potuto prendere la cosa e aveva paura di
spaventarli.
"E' colpa mia, sono stato io." Il vampiro guardò il
professore
mentre pronunciava quella frase. "O meglio... è stato
qualcuno... nel mio corpo."
"Ok, amico. Non so se credere a questa immensa cavolata o darti tanti
di quei cazzotti fino a ridurti come questo tappeto."
"No, Rick. Dice la verità. Non è stato lui, non
avrebbe
mai potuto farmi del male e lo sai!" L'umana cercava una risposta negli
occhi del professore, che però rimasero perplessi e confusi.
Quando si voltò verso la strega, la vide guardare
intensamente
Damon in cerca di quella verità apparentemente folle.
"Dov'è il libro?" Si limitò a dire Bonnie, seria.
"Non crederai a questa storia?!"
L'umana porse il grosso volume impolverato alla strega e i fogli ormai
ingialliti. "Sei in grado di leggere cosa c'è
scritto qui
sopra?"
Bonnie iniziò a scorrere velocemente le pagine. "E' una
lingua
che veniva usata spesso nei piccoli villaggi druidi per comunicare.
Come un dialetto, ecco."
"Ok, ma ne sei in grado, si o no?" Damon, appoggiato allo stipite della
porta, batteva il tallone con un ritmo alquanto fastidioso, impaziente
di saperne di più.
"Damon..."
"Che c'è?"
"Si, io credo di si. La nonna me lo aveva insegnato, una parte del suo
grimorio era scritta in questa lingua." Bonnia ricordava ancora quando
sua nonna, non appena lei le aveva detto di essere una strega, aveva
preso il grimorio e aveva iniziato a leggerlo. Ricordava ancora quando,
annoiata da quelle parole incomprensibili, si era addormentata sul
divano. Un sorriso quasi impercettibile nacque sulle labbra di lei, per
poi scomparire subito dopo e lasciare spazio a un'espressione seria.
Iniziò a leggere quel foglio lentamente, cercando di
tradurre
parola per parola.
"Qui dice che esistono alcune creature, evocate da potenti stregoni,
che sono in grado di impossessarsi del corpo dei vampiri."
"Come può essere? Credevo che i vampiri fossero le creature
più potenti."
"Di solito sono i vampiri emotivamente instabili a essere colpiti."
Bonnie guardò Damon, poi continuò. "Qui dice
così..."
"Questo spiega molte cose." Il professore
alzò lo sguardo sul
vampiro e un piccolo sorriso inarcò spontaneamente le sue
labbra.
"Che intendi dire, scusa?!" Il tono del vampiro, però, era
tutt'altro che scherzoso e i suoi occhi erano di nuovo color sangue.
"No, Damon!"
Si avventò su Alaric con una velocità sovraumana,
prendendolo per il collo e facendolo sbattere contro la parete.
"Ehi, ma che ti prende? Stavo solo scherzando." Ma lui sembrava non
sentire ciò che il professore diceva, anzi, non faceva che
aumentare la stretta sul suo collo. "Damon, che diavolo..."
"Damon, fermati." Elena si era avvicinata a lui. Posò
entrambe
le mani sulla sua faccia, cercando di farlo voltare "Damon, ti prego,
guardami. Fermati." L'spressione di lui, prima decisa e feroce,
diventò confusa e gli occhi, prima rossi, iniziarono a
cambiare
colore, per ritornare a essere azzurri.
Il vampiro sbattè le palpebre e abbandonò
immediatamente la presa sul collo del professore. "Rick. Che cos-"
"Ora mi credi?" L'umana guardava Alaric.
Il professore si massaggiò lentamente il collo, tossendo un
paio di volte. "S-si."
"Io non..." Damon tirò un pugno contro la parete. "Merda!"
"Calmati, ti prego. Non è successo nulla, risolveremo questa
faccenda." L'umana continuava a guardarlo negli occhi e quella rabbia
che si era impossessata di lui, iniziò a scemare piano.
"Io ho bisogno di più tempo per capirci qualcosa. Mi porto a
casa tutto quanto e cerco di tradurlo. Ci possiamo vedere domani?"
Fu Damon a rispondere. "Si, streghetta, ma se domani non hai trovato
una soluzione, giuro che sarai la mia prima vittima."
"E' il suo modo per ringraziarti e dirti che ha fiducia in te."
"Non ce n'era bisogno, Elena."
"Si, invece." Elena si rivolse al professore. "Rick, stasera
io rimango qui. Va bene se ci vediamo domani mattina?"
"Non credo sia il caso di..."
"Potrebbe essere pericoloso." Il vampiro era intervenuto, interrompendo
il professore. "Vai a casa, Elena. Se sono solo non posso far del male
a nessuno."
Bonnie guardò prima l'umana, poi Damon. "Potrei fermarmi a
dormire qui."
"Si, perchè no, anche io."
"Hei, hei! Questa è ancora casa mia e per quanto l'idea di
un
nottata a quattro mi ecciti parecchio, non ho invitato nessuno di voi a
restare qui, tantomeno delle strege assassine."
"La strega assassina è molto probabilmente l'unica che ti
può aiutare."
"Ok, basta." L'umana aveva alzato le mani, tenendo i palmi aperti.
"Damon, possiamo farmarci qui? E' la soluzione migliore
finchè
non capiamo cosa ti sta succedendo. Si tratta di una notte soltanto."
Il vampiro guardò prima Elena, poi Rick e infine Bonnie. "E
va bene, ma solamente per questa notte!"
"Bene. Che si mangia? Sto morendo di fame."
"Beh, io ho uno zero positivo sul menù. A proposito,
streghetta, che gruppo sanguigno sei?"
"Ahah. Molto divertente, davvero."
La strega si avviò verso il piano superiore, mentre il
professore già si era servito dal tavolo degli alcolici.
Damon
avanzò verso Elena e le prese una mano, portandola alle
proprie
labbra e fissando intensamente l'umana neglio occhi. "Mademoiselle."
Lei sorrise. Sarebbe stata una serata alquanto interessante.
No,
ma io proprio
non ci riesco.. Com'è che da quando ho iniziato questa
storia i
venerdì sono vicinissimi tra loro? Non è che le
settimane
si stanno accorciando, no... Sicuri?
Comunque sia, mi ritrovo a scrivere i capitoli un'ora prima della
pubblicazione (che poi, dico io, mica devo bollare la cartolina!), con
mille idee in testa e uno schermo bianco davanti agli occhi. Avete
presente quando quella barra nera lampeggia davanti a voi e vorreste
solo che le mani iniziassero a scrivere per conto loro ma non lo fanno?
Ecco, questo è ciò che mi succede ogni singola
volta che
devo pubblicare.
Mi scuso quindi per il ritardo e spero di essere puntuale la prossima
settimana. Ci tenevo però a ringraziarvi, non
perchè vi
siete
sorbiti tre capitoli, ma perchè avete anche trovato il
coraggio
di recensire o inserire questa storia tra le
preferita/seguite/ricordate e questo fa di voi grandi eroi XD
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Unusual white nightmare - capitolo 5
"Sei
posseduto da quello che in
Giappone veniva chiamato Shisha no Tamashi, letteralmente 'Anima della
Morte'." La strega parlò piano, scandendo ogni parola. Si
trovavano tutti al piano di sotto, nel salone del Pensionato. Damon era
in piedi, Elena e Bonnie sedute, mentre il professore era appoggiato al
davanzale della finestra.
Dopo aver trovato il vampiro e l'umana insieme, la strega aveva
comunicato a entrambi di aver trovato una soluzione ed era corsa al
piano di sotto, congedandoli con un "vi aspetto giù." Era un
po'
infastidita dal comportamento dell'amica, ma, soprattutto, non riusciva
a capire come potesse aver passato la notte con uno come Damon.
Elena rabbrividì un poco dopo aver sentito le parole di
Bonnie;
non aveva idea di che cosa significassero, ma non le piacevano per
niente. Il vampiro, invece, aveva un'espressione confusa e uno sguardo
che cercava spiegazioni.
"Ho fatto delle riecerche; a quanto pare esistono streghe in grado di
evocare creature del genere. Un tempo gli umani ne erano a conoscenza,
ma col passare degli anni diventarono una leggenda popolare. Un po'
come i vampiri..."
"Come si controlla una cosa del genere? Come ha fatto a entrare nel
corpo di Damon?" Elena non sapeva come, ma era riuscita a formulare una
frase di senso compiuto e l'aveva addirittura pronunciata senza
balbettare.
"Chi controlla uno Shisha no Tamashi lo rende proprio schiavo. E' in
grado di comandarlo come un padrone comanda il proprio cane; ci vuole
moltissimo potere e davvero tanta esperienza. Una normale strega non ci
riuscirebbe mai."
"Si ma... io sono un vampiro. Dovrei essere in grado di respingere o
quanto meno accorgermi di un affare del genere!" Sbottò
Damon,
leggermente infastidito.
"E' proprio questo il punto. L'Anima della Morte è una
creatura
che può vivere solo nei vampiri; questo perchè un
comune
umano è troppo debole e finirebbe per morire se venisse
posseduto. Sul libro diceva che..." La strega si fermò un
attimo
per cercare il libro e quando lo trovò lo prese in mano,
aprendolo. Sfogliò un po' di pagine fino a trovare quella
giusta
e poi iniziò a leggere. "Uno Shisha no Tamashi evocato con
poteri magici può essere controllato solamente
dall'evocatore;
il suo tocco è fatale per qualsiasi umano, mentre nei
vampiri,
alimenta l'odio e la rabbia, facendo emergere il loro lato
più
oscuro."
Se Elena all'inizio era spaventata, dopo che la strega aveva parlato
era letteralmente terrorizzata. Guardò Damon che non
accennava a
muoversi; aveva paura di una sua reazione esagerata e continuava a
fissarlo. Se ciò che c'era scritto nel libro era vero, non
si
preannunciava nulla di buono. La parte 'oscura' di Damon era
sicuramente una delle cose di cui Elena aveva più paura; non
perchè non si fidasse di lui, ovviamente, ma lo conosceva
bene e
sapeva che quanto perdeva il controllo, niente era in grado di farlo
ragionare.
"Vuol dire che, qualcuno, arrabbiato con Damon per un qualche motivo,
ha evocato quest'affare e gli ha comandato d'impossessarsi di lui?" Il
professore guardava Bonnie, serio.
"Può essere. Di certo qualcuno lo ha evocato, qui dice che
nessuna di queste creature attacca volontariamente."
L'umana continuava a guardare Damon, senza capire realmente cosa stesse
provando. Se c'era una cosa che la infastidiva, era non riuscire a
leggerlo; il vampiro si costruiva una barriera indistruttibile e se ne
stava lì dietro, al sicuro, senza lasciar trapelare nessun
sentimento. Elena sapeva bene che quel comportamento era un modo per
proteggersi e per non soffrire, ma voleva che Damon si sfogasse e non
si trattenesse tutto dentro.
Dopo alcuni minuti di silenzio, finalmente parlò. "Hai detto
di aver trovato una soluzione..."
"Si. L'ho trovata, ma non sono così sicura che
funzionerà." Bonnie diede un'occhiata al libro. "Posso
ucciderla. Ma per farlo ho bisogno che si manifesti, in poche parole,
ho bisogno che tu sia posseduto da lei. Solo in quel momento, quando
è lei a dominarti, potrò... ucciderti."
"Cosa?" L'umana aveva alzato forse troppo la voce, facendo ricadere gli
occhi di tutti su di sè.
Damon si voltò subito verso la strega, sembrò
rifletterci un po'. "E' l'unico modo?"
"Si. Secondo questo libro, morire mentre si è
posseduti
cancella per sempre la possessione. Dovresti risvegliarti qualche ora
dopo, guarito."
"Dovrebbe?" Elena fissò il vampiro. "No, troviamo un'altra
soluzione. E' troppo pericoloso."
"Elena, non ci sono altre soluzioni, credimi." Bonnie si
voltò
verso Damon. "Dobbiamo farti arrabbiare fino a farti perdere il
controllo, dobbiamo tirare fuori la tua parte oscura e con lei anche la
creatura."
"D'accordo allora."
"Damon ti prego, ragiona. Non sappiamo se funzionerà
davvero..."
"Non ha scelta." Disse il professore.
"Si che ce l'ha."
"No invece! C'è una cosa che, beh... non vi ho ancora
detto." La
strega posò gli occhi su Damon e poi sull'umana seduta
affianco
a lei. "Se questa creatura non viene tolta dal corpo della vittima,
s'impossessa di esso sempre più frequentemente... fino a
diventare parte di esso. Fino a diventare... la vittima stessa."
* * *
Alaric conficcò il paletto più in
profondità,
spingedolo nel fianco di Damon; lui si accasciò a terra,
stremato dall'ennesimo colpo che il professore gli aveva inferto. Un
suono gutturale uscì dalla sua bocca, mentre si sfilava
l'arma
dalla carne e guardava la sua ferita rimarginarsi.
"Devi arrabbiarti, Damon!" La strega lo ammonì, per la
centesima volta.
"Credi sia così semplice? Non riesco a farlo sotto
dettatura.
Quando succede... succede e basta." Il vampiro guardò
l'umana
che se ne stava da una parte, in silenzio. Gli era parso di vederla
sussultare due o tre volte quando Rick gli aveva inferto un colpo
più duro degli altri, ma non aveva aperto bocca. Forse, il
fatto
che Damon potesse diventare un mostro sanguinario, la spaventava di
più che vederlo morire.
Si trovavano nello scantinato. Il professore aveva portato con
sè tutte le armi contro i vampiri in suoi possesso e Bonnie
teneva ancora il grimorio tra le mani, sul quale ogni tanto ripassava
l'incantesimo di 'estrazione' dello Shisha no Tamashi.
All'ennesimo colpo, al quale il professore aveva aggiunto anche un
sonoro 'bastardo', gli occhi color cioccolato di Elena incontrarono
quelli ghiaccio di Damon e per interminabili secondi non li
abbandonarono, quasi a voler fungere da supporto morale. Il vampiro
ansimò pesantemente e cadde di nuovo a terra: i capelli
corvini
leggermente arruffati ricadevano sulla fronte imperlata di sudore e la
camicia nera era ormai sporca di sangue e polvere.
Alaric fissò prima Elena e in seguito Damon. "Lei." Disse
indicando la giovane. "Lei non ti vorrà mai. Ancora non
l'hai
capito? Sarai la seconda scelta di tutti, Damon. E' così, lo
è sempre stato." Potè scorgere un'espressione
infastidita
sul volto di lui, che subito si girò a guardarlo.
"Rick, ma cos..."
"Shh." Era stata Bonnie a fermare l'amica, comprese le reali intenzioni
del professore. Voleva farlo arrabbiare, infuriare al punto da
scatenare il lato oscuro, la creatura malefica che risiedeva in lui; e
per farlo aveva usato la sua arma più forte, una cosa a cui
Damon teneva troppo: Elena.
"Sarà sempre e solo Stefan, ricordi?" L'umana aveva
evidentemente capito. S'avvicinò a lui e continuò
a
parlare. "Come potrei mai amare una persona come te, eh, Damon?"
La faccia del vampiro mutò, improvvisamente. Se prima
guardava
l'umana con fare diffidente, man mano che lei continuava a parlare,
iniziava a crearsi in lui come un senso di consapevolezza. Damon
iniziò a credere
a
quelle parole. Una parte di lui aveva sempre pensato quelle cose ed era
come una conferma sentirsele dire dalla donna che amava.
"Sei l'essere più spregevole che abbia mai visto." Mentre
pronunciava quella frase, Elena si sentì quasi morire
dentro. Ma
non lo diede a vedere, trattenne le lacrime e finse di credere davvero
in ciò che stava dicendo. Voleva salvare Damon a ogni costo,
e
quello pareva essere l'unico modo.
Fu un attimo. Damon si sporse in avanti, cercando di afferrare Elena.
Il professore lo bloccò, toccandolo con un rametto di
verbena
che teneva nella mano sinistra e facendolo indietreggiare di qualche
metro. Avanzò verso di lui che aveva i grossi occhi color
sangue
spalancati e i canini ben visibili che sporgevano dalla bocca aperta.
Rick fece per tirare il paletto con la balestra, ma prima che potesse
ferirlo, il vampiro lo aveva afferrato e fatto cadere a terra.
All'improvviso, Damon cadde a terra tenendosi la testa tra le mani e
urlando. Bonnie, dall'altra parte della piccola stanza lo guardava
intensamente, senza perdere la concentrazione.
"Ora, Rick."
"Rick no! E' di nuovo, lui." Prima che il professore lo colpisse,
però, una voce lo fermò. L'umana aveva gridato
ancora
più forte, per riuscire a farsi sentire. "Fermati." La
faccia di
Damon era cambiata velocemente e gli occhi erano tornati chiari, calmi.
"Dannazione!" Alaric abbandonò la balestra a terra. L'umana
aiutò Damon ad alzarsi e cercò di sorreggerlo
finchè le ferite non si rimarginarono.
"La creatura è furba." Disse Bonnie, leggendo ancora nel
grosso
libro. "A quanto pare ha capito le nostre intenzioni e si è
ritirata prima che potessimo uccerlo." La strega sembrò
pensarci
su, poi esclamò "Facciamo una paura, tu sei stremato."
Indicò Damon. "E tu sei messo addirittura peggio." Disse
guardando il professore.
* * *
Elena
passeggiava
lentamente sul marciapiede, guardandosi distrattamente in giro di tanto
in tanto. Era uscita per andare a prendere qualche vestito pulito a
casa sua e per rinfrescarsi con una doccia rilassante.
Tutto ciò che stava succedendo le sembrava assurdo,
nonostante
tutte le disgrazie che aveva dovuto passare. Non riusciva a comprendere
come fosse potuta succede una cosa del genere e perchè fosse
successa proprio a Damon. Inoltre, lui non si era accorto di nulla?
Il freddo vento le sferzò il viso e si trinse di
più nel
suo cappotto, aumentando il passo. Aveva appena smesso di piovere e la
strada era completamente bagnata; il cielo era ancora grigio e i grossi
nuvoloni scuri coprivano un malato sole d'inverno. Amava l'estate, lei,
e il freddo non le era mai piaciuto molto. L'inverno erano una stagione
inquietante, difficile. Mentre l'estate, beh, era sole, divertimento,
luce, chiarezza.
Svoltò nel vialetto isolato e sentì uno lieve
rumore
provenire dalle sue spalle. Si girò, convinta di vedere un
passante o qualche gatto randagio, ma la strada era deserta.
Continuò ad avanzare verso il Pensionato. Un altro rumore,
più acuto del precedente, la costrinse a guardarsi intorno,
leggermente spaventata. In seguito, il ventò
cessò,
all'improvviso, di soffiare ed Elena vide una cosa alquanto strana: in
una pozzanghera abbastanza grande, al lato del marciapiede, l'acqua
continuava a muoversi come se vi si stessero riversando delle gocce.
Guardò quel liquido attentamente e vi riuscì a
scorgere
una faccia, un volto, dagli occhi gialli. Speventata, l'umana
iniziò a correre verso il Pensionato, mentre ancora acuti
rumori, simili a urli, rieccheggiavano nella via.
* * *
Aprì la porta del Pensionato di fretta, spingendosi oltre la
soglia con diverse falcate veloci. Bonnie le sorrise, mentre
sorseggiava una tazza di caffè, probabilmente freddo.
"Come mai di corsa?"
"Io.." Cosa avrebbe detto all'amica? Di aver visto una faccia in una
pozzanghera ed essersi spaventata a morte, correndo per tutto il
vialetto? "Fa niente. Dov'è Damon?"
"Di sotto, dove lo abbiamo lasciato. Alaric è andato a casa
sua,
ha detto che tornerà stasera." La strega finì il
caffè e appoggiò la tazza sul tavolino del
salotto.
Scesa
in cantina, l'umana lo vide.
Seduto sul freddo pavimento c'era Damon, la schiena appogiata al muro e
gli occhi azzurri persi nel vuoto. La camicia era sbottonata e lasciava
intravedere il torace perfetto e muscoloso che s'alzata e s'abbassava a
ogni pesante sospiro.
Si accorse della presenza di Elena solo quando ella
aprì
rumorosamente la porta ed entrò nella cantina. Si sedette
affianco a lui, porgendogli una bottiglia di Whisky del '95 e un
bicchiere. Lui sorrise.
"Ottima scelta." Sussurrò, dopo aver letto l'etichetta
leggermente sbiadita dal tempo.
"Ho imparato dal migliore." Affermò lei, aprendo la
bottiglia e
versando un po' di liquido nel bicchiere. Lo porse a Damon che lo bevve
piano, assaporando ogni sorso. "So che può sembrare strano,
ma..
prima, per la strada, mentre venivo qui, ho avuto la sensazione di
essere seguita e... non lo so, mi è parso di vedere un
volto..."
"Un... volto?"
"Si... Ma forse mi sono fatta suggestionare troppo.."
"Non ne sarei così sicuro." Damon bevve un altro sorso di
Whisky. "Com'era? Aveva degli occhi gialli?"
"Si, ma tu come fai a saperlo?" Il ricordo di quell'orribile visione si
fece spazio nella mente della giovane che cercò di
scacciarlo
via. L'inquitatante aspetto di quel viso avrebbe popolato i suoi sogni
per un po', ne era sicura.
"Credo sia lo stesso che ho visto ieri notte, quando qualcuno mi ha
ferito." Damon la guardò intensamente. "Devi stare attenta;
porta sempre con te un paletto e tieniti
alla larga dagli sconosciuti..."
"Si, papà!"
"Che fai mi prendi in giro?" Il vampiro si era avvicinato a lei e aveva
iniziato a farle il solletico; il suo tocco deciso ma delicato
provocò in Elena piccoli brividi lungo la schiena e quando
lui
iniziò a scendere sulla sua pancia, all'umana
sembrò di
andare a fuoco. "Ti faccio vedere io adesso!"
"No, Damon, il solletico no! Damon!" Cercò di divincolarsi,
ma,
ovviamente, Damon era troppo forte. "Ti prego, basta..." Le sue risate
cristalline rieccheggiarono in tutta la cantina e il vampiro finalmente
si fermò.
"Lo sai, quando ridi sei ancora più bella." La
guardò
negli occhi e gli sembrò di vederla arrossire ancora di
più, mentre i battiti del suo cuore aumentarono.
"Tu come stai?"
Lui chiuse gli occhi, abbandonando la testa contro la parete. "Ah, non
mi lamento..."
L'umana lo guardò, poco convinta della risposta. "Sai, puoi
anche toglierti quella maschera; per un minuto almeno. Nessuno ti
obbliga a fare il duro a tempo pieno."
"Non mi riesce bene essere ciò che non sono."
"Oh, si invece. Ti riesce benissimo. Fingi tutto il giorno, tutti i
giorni di essere qualcuno che non sei." Elena appoggio la testa alla
spalla di Damon, con grande sorpresa di quest'ultimo. "Un vampiro
egoista al quale non interessa niente di nessuno."
"Lo sono."
"No. Damon, tu sei la persona meno egoista che io abbia mai
conosciuto." L'umana si girò a guardarlo, incrociando due
occhi
color cielo che la fissavano. Riusciva a leggerci una sorta di fuoco,
perchè, si diamine, gli occhi di Damon ardevano come un
falò; la speranza risiedeva in essi e le sembrò
di
caderci dentro mentre ancora li fissava, senza riuscire a distogliere
lo sguardo.
"Elena, so di essere tremendamente bello, ma quando mi guardi
così mi sembri una piccola pervertita."
Lei arrossì. imbarazzata. "Però, a fare l'idiota
sei
proprio bravo." Gli diede un lieve pugno sulla spalla
muscolosa e
poi si avvicinò a lui, forse troppo; sentiva il suo profumo
e il
suo respiro, le loro labbra erano vicine, ma nello stesso tempo ancora
troppo distanti. Elena posò le sue labbra umide sulla
guancia di
lui, poi sulla fronte, poi ancora sul naso e le palpebre. Damon
trattenne il respiro per tutto il tempo, quasi pietrificato. La sua era
un'espressione perplessa, disorientata. Quando l'umana
arrivò
alle labbra di lui, si avvicinò a esse ulteriormente, fino a
sfiorarle;
"Elen..." Improvvisamente la porta della cantina si splancò
e
Bonnie fece ingresso nello scantinato. Li vide, seduti a terra e
terribilmente vicini. "Elena, posso parlarti un attimo?"
"Io..." L'umana guardò il vampiro ancora seduto a terra e
c'era
qualcosa nei suoi occhi chiari che la attirava come una calamita, non
riusciva a smettere di guardarlo, non riusciva ad allontanarsi.
"Elena." La richiamò la strega.
"Si, certo. Torno subito, Damon." Lui non proferì parola, le
fece solo un mezzo sorriso a labbra chiuse e si portò il
bicchiere alla bocca, bevendo un altro sorso di liquido ambrato.
Pochi secondi dopo erano già al piano di sopra e Bonnie non
esitò ad alzare la voce. "Si può sapere cosa sta
succedendo?"
"Che intendi dire?"
"Elena, vi ho visti, esattamente come vi ho visti questa mattina nel
letto. Non prendermi in giro. Ti stai innamorando di lui?"
L'umana sospirò. "Bonnie, io... non lo so. Perchè
questa
cosa ti turba tanto?" Chiese, infastidita dal comportamento della
strega.
"Perchè... è Damon! Ha ucciso chissà
quante
persone e... oddio, Elena, non è il caso che ti elenchi
tutti i
suoi peccati."
"Perchè riuscite a vedere solo cose negative in lui?"
L'umana
era arrabbiata. Sentiva di dover proteggere Damon dai giudizi degli
altri. A lui poteva anche non interessare essere considerato un
pericoloso assassino senza cuore, ma Elena voleva che gli altri si
accorgessero di quanto poteva essere dolce; voleva che tutti
conoscessero il suo lato umano.
"Finiamola qui, non voglio litigare per questo."
"No Bonnie, no. Ora lasci parlare me. Sono stufa di sentire certe cose,
sono stufa di tutti i vostri pregiudizi. Voi non sapete nulla di Damon,
non lo conoscete; non fate altro che criticare ogni sua decisione, ma
la verità è che... è la miglior cosa
che mi sia
mai capitata da quando Stefan se n'è andato. E' l'unico ad
essermi stato davvero vicino, ha fatto tutto ciò che gli ho
chiesto, mi protetta, si è preso cura di me. Si,
è Damon.
A volte sbaglia ed è un po' impulsivo, ma di lui non
cambierei
nulla. Perciò, la prossima volta, per favore, evita scenate
del
genere."
"Beh, allora, visto che lo conosci così bene... torna pure
da
lui. Ma non venire da me a piangere quando ti spezzerà il
cuore
e, per l'ennesima volta, ti deluderà."
"Se pensi queste cose di lui, si può sapere
perchè lo stai aiutando?"
"Perchè so quanto tieni a lui e quanto ti farebbe soffrire
perderlo." Improvvisamente, l'acuto
suono del campanello interruppe la discussione delle due ed Elena si
avviò verso la porta.
Quando l'aprì, un urlo le morì in gola. Davanti a
lei
c'era Rick, completamente ricoperto di graffi e lividi, la maglia
bianca macchiata di sangue e un braccio appoggiato allo stipite della
porta per non cadere. Il sole era già tramontato e la notte
nera
era pronta ad avvolgeere tutto.
"Rick, cosa diavolo è..." Iniziò l'umana.
"Siamo in guai seri, Elena." Il professore entrò in casa
zoppicando. "Molto, molto seri."
AHAHHAHAHA, no stavo
seriamente
pensando di invetarmi una scusa del tipo "mi è morto il PC",
ma
devo ammettere che vi voglio troppo bene per mentirvi. Si, è
l'ennesimo ritardo, ma tanto oramai ci siete abituati, NO? XD Beh, cosa
posso dire di questo capitolo? Che non mi piace? Direi che questo
è ovvio, come è ovvio che odio Bonnie; quella dei
libri
è favolosa, eh, non fraintendetemi. Ma nel telefilm, non so
come
mai, proprio non la reggo e tantomeno in questa fic.
Perchè scrivi
su di lei,
direte voi! Beh, si dà il caso che sia l'unica a saper usare
uno
straccio di magia e quindi è anche l'unica che
può
aiutare Damon. E per Damon sopporto anche 662682429478 Bonnie :D
Riguardo Damon ed Elena, non è proprio il caso che dica
nulla.
Damon la ama da ormai troppo e lei finalmente si è resa
conto di
provare qualcosa di forte. Ora deve solo dirlo a Damon.
Boh, direi
che posso eclissarmi. Vi voglio bene, alla prossima (prestissimo, eh!).
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Capitolo 4 ***
Unusual white nightmare - capitolo 4
"Comunque,
non sei per niente bravo a cucinare." La frase decisamente stonava con
il contesto, visto e considerato che Bonnie aveva appena finito il
secondo piatto di pasta.
"Ah, quindi non ti sei mangiata due interi
piatti... Per tua informazione sono stato il copocuoco in una delle
più raffinate cucine francesi all'inizio del novecento." Si
vantò il vampiro.
"Si e poi il ristorante ha dovuto chiudere."
Disse la strega.
Alaric soffocò una risata ed Elena
alzò gli occhi al cielo, divertita. "Damon, dici davvero?
Sei stato uno chef?"
"Si, diciamo che mi aiutava a tenere la mente...
occupata." Sul volto del vampiro comparve un sorriso amaro.
"Per quanto tempo sei stato lì?"
"Circa due anni, poi ho capito che non faceva
per me."
"Bene, è il caso che vada a leggere
qualche libro. Spero di riuscire a capirci di più questa
volta."
L'umana annuì. "Ci vediamo in camera, Elena." Alle due
ragazze
era stata data una delle sei camere della pensione. Le due avevano
deciso di dormire insieme, come ai vecchi tempi. Una volta, infatti,
erano solite organizzare pigiama party almeno una volta la settimana;
ovviamente quando ancora erano all'oscuro di tutti gli aspetti
sovrannaturali della loro vita e ancora si preoccupavano dei vestiti o
dei bei ragazzi. Pensare come le cose fossero cambiate in pocho tempo,
fece rabbrividire l'umana e la mente per alcuni minuti vagò
in
una malinconia strana; una parte di lei avrebbe voluto rimanere quella
ragazza per sempre, sposarsi e avere una vita semplice. Un'altra parte
invece, guardando Damon e pensando a Stefan, non faceva che ringraziare
di non essere più così, di essere cambiata e
maturata
grazie a delle avventure e delle nuove conoscenze.
"Devo andare a casa a prendere alcune cose. Ti
serve qualcosa Elena?" Il professore si stava infilando la pesante
giacca e cercava le chiavi della macchina in una delle grandi tasche
laterali.
"No, grazie, ho tutto."
"D'accordo. Torno subito." Alaric
uscì dal pensionato.
Elena sbadigliò vistosamente, poi,
cominciò a prendere i piatti dal tavolo e impilarli uno
sull'altro. "Che fai?"
"Sparecchio?" Chiese lei, retorica.
"Ma se stai morendo dal sonno." Il vampiro era
divertito. "Non ti reggi in piedi"
"Non è vero." Fece lei, fingendosi
completamente lucida e riposata.
"Se lo dici tu." Prese un bicchiere dalle mani
di lei, passando il pollice sul dorso della sua mano. Quel contatto,
per quanto breve, accese in Elena come una piccola scintilla e un senso
di impotenza, davanti ai nuovi sentimenti che si scaturivano in lei,
iniziò a pervaderla. Sperò con tutta se stessa
che Damon
non si accorgesse dell'effetto che quel tocco aveva avuto su di lei, e
iniziò a passargli i piatti come se niente fosse.
"Damon... ripensi mai alla prima volta che ci
siamo incontrati?"
Il vampiro, lì per lì,
sembrava non aver capito la domanda. "Come mai mi chiedi questo?"
"No, niente... è che..." Elena
sorrise. "Sei cambiato."
"Lo siamo tutti."
"No, tu sei cambiato diversamente." Il ghiaccio
di scontrò con il cioccolato e per un momento Elena abbe
quasi
paura di continuare. "Tu non sei cambiato perchè la
situazione
lo richiedeva, anzi, saresti dovuto rimanere lo stesso vampiro che ho
incontrato tempo fa, sarebbe stato più facile. Invece, tu
hai.... mostrato il tuo lato umano, proprio nel momento più
difficile..."
"Elena." La voce di lui la interruppe. "Lo sai
perchè ho smesso di lavorare come chef? Mi piaceva, davvero.
Ma
le tentazioni era tante, troppe e quando sei un vampiro depresso e
isterico, l'unica cosa che placa la tua ira è il sangue."
Damon
fece una pausa e controllò l'espressione dell'umana. "Feci
una
strage, una sera, nel ristorante. Poi scomparvi dalla circolazione."
"Oh.."
"Non voglio più essere quella
pers-...
quel vampiro. Non voglio spaventare più nessuno, non voglio
essere un mostro." La voce di lui era calma, quasi serena. Finalmente
Damon si era reso conto di potercela fare e questo rese molto felice
Elena. "E si, ricordo perfettamente la prima volta che ci incontrammo.
Dì la verità, il mio fascinò ti aveva
colpita."
L'umana passò l'ultimo piatto a Damon che lo ripose nella
lavastoviglie insieme agli altri. "Si, Damon. Sei attraente e davvero
affascinante. Contento adesso?"
"Oh, si. Visto che non hai usato il tempo al passato." L'umana
arrosì leggermente accorgendosi di aver svelato un proprio
pensiero, mentre il vampiro sorrideva soddisfatto.
* *
*
Il
rilassante silenzio che regnava nel Pensionato era quasi surreale dopo
la serata passata in compagnia dei tre umani. Damon era comodamente
seduto sul divano, davanti al fuoco, con un bicchiere di bourbon tra le
mani che sorseggiava piano, gustandone il sapore.
Dopo aver parlato con Elena, l'aveva spedita a
dormire per paura che s'addormentasse in piedi; il vampiro riusciva a
percepire la sua stanchezza e ne comprendeva anche il motivo. Non aveva
infatti dimenticato di averla attaccata quella stessa mattina,
spaventandola a morte e ferendola. Se c'era una cosa che lo faceva
infuriare, era sicuramente quel senso di impotenza davanti a una
situazione del genere che egli reputava estremamente pericolosa. Non
potersi controllare era decimente frustrante.
Bevve un altro sorso. Sentiva chiaramente i
respiri regolari delle due ragazze che dormivano al piano di sopra e il
cuore di Alaric che batteva nella stanza affianco alla loro. Da quando
Stefan se n'era andato, quella casa era diventata improvvisamente
enorme e silenziosa. Al vampiro mancava il fratello, anche se non lo
aveva mai ammesso in pubblico; non poter far nulla per riportarlo
indietro e non sapere neanche dove si trovasse faceva innervosire
Damon, soprattutto quando ricordava di essere stato lui la causa della
sua partenza.
Stefan infatti si era venduto a Klaus per
l'unica cura in grado di guarire il fratello, mandando all'aria tutto
ciò che aveva minuziosamente costruito, anche il rapporto
con Elena.
D'un tratto, mentre posava il bicchiere ormai
vuoto sul tavolino, sentì uno strano rumore. Si
guardò in giro, più e più volte, ma
senza scorgere nessuno; si mise poi in ascolto, ma constatò
che tutti e tre gli umani stavano bene e dormivano nelle loro camere.
Dopo qualche minuto di assoluto silenzio, di nuovo un altro strano
rumore: come uno strano sospiro, un sussurro che mise in allarme il
vampiro, che si alzò dal divano.
Improvvisamente, comparì un volto nel
fuoco che scoppiettava. All'inizio Damon pensò di aver avuto
un'allucinazione, ma poi quando si avvicinò, potè
distinguere chiaramente due occhi gialli come quelli di un gatto e una
bocca, rossa come il sangue, che malignamente sorrideva.
* * *
Il
sogno che stava facendo era estremamente strano e inquietante: si
trovava in un bosco, sotto un grande albero dalle foglie scure e non
riusciva a muoversi. Le gambe parevano come paralizzate e per quanto
provasse ad alzarsi, ogni tentativo falliva miseramente. Un corvo
sorvolava sulla sua testa con le grandi ali nere aperte.
Elena si svegliò di soprassalto, il
cuore in gola. Fu subito colta da un brivido di freddo e si accorse di
essere completamente scoperta.
Fu in quel momento, però, che
sentì una voce roca chiamarla. Sbattè le palpebre
un paio di volte, cercando di vedere attraverso quel buio che pervadeva
la stanza.
"Elena, ti prego..."
"Damon?"
"Aiuto, El-" Vari colpi di tosse si susseguirono
mentre l'umana si alzava silenziosamente da letto, cercando di non
svegliare l'amica che nonostante le voci dormiva ancora. Quello era uno
dei motivi per cui Elena credeva di star ancora sognando.
"Damon?" Sussurrò una volta uscita
dalla camera, accorgendosi, nella penombra, di una figura rannicchiata
su se stessa. "Damon, sei tu?" Ma come risposta ottenne solo altri
colpi di tosse.
Quando, timorosa, si avvicinò
all'uomo, capì che si trattava davvero del vampiro e
cercò di aiutarlo a tirarsi su.
"Damon, che è successo?"
"Qualcosa.. qualcuno, mi ha attaccato. Non
so..." Un altro colpo di tosse. "Non so chi fosse, ma è
riuscito a colpirmi."
Solo allora l'umana si accorse che sul fianco
destro di Damon c'era una profonda ferita che sanguinava vistosamente;
la maglietta era squarciata. "Non capisco.. come, come è
possibile? Dovresti guarire subito." Il vampiro iniziò a
sputare sangue. Elena era spaventata a morte e cercava di sorreggerlo
tenendolo fermo per le spalle e guardandolo negli occhi chiari. "Damon,
stai male, devo aiutarti. E' meglio che chiami Bonnie."
"No. No. Ti prego, adesso mi passa. Ho solo..."
Il pavimento era diventato una pozza vermiglia. "Ho solemente bisogno
di un po' di sangue umano."
Elena si alzò la manica della
maglietta e mise il polso davanti alle labbra di lui. "Prendi, ma se
non ti passa, io vado a chiamare gli altri."
Il vampiro guardò Elena negli occhi e
poi la morse. L'umana sussultò quando i canini di lui le
perforarono la candida pelle. All'inizio fu contenta che Damon avesse
accettato di morderla senza fare troppe storie, nonostante le parve
molto strano; ma poi, quando lui continuava a bere dal suo polso che
stringeva come se fosse una preda, Elena capì di aver fatto
un grosso errore.
Il vampiro beveva senza sosta e quando lei
cercò di farlo smettere, lui non mollò la presa.
"Basta così, Damon." La ragazza sentì la testa
girarle e le forze abbandonarla lentamente "Damon, adesso basta. Mi stai facendo male,
Damon."
Lui sembrò risvegliarsi, accorgersi
di ciò che stava facendo e mollò il braccio di
Elena. Fuori aveva ricominciato a piovere; il vampiro guardò
l'umana per interminabili minuti e poi cadde letteralmente nelle sue
braccia. "Scus-" Iniziò a tossire di nuovo, questa volta
però, senza sputare sangue.
"Shh, non ti sforzare. Va tutto bene." L'umana
si alzò, trascinando Damon con sè. Lo
aiutò a percorrere il corridoio senza inciampare o cadere e
poi, una volta entrata nella sua camera, lo fece distendere sul grande
letto. "Devi riposare." Accese la piccola lampada sul comodino.
"E' stato qualcuno di potente. Potevo percepirne
la forza quando mi ha colpito.." Damon stava meglio, nonstante la
ferita sul fianco fosse ancora ben visibile. "Potrebbe ritornare, devo
andare a cercarlo."
"Tu non ti muovi da qui. Sei troppo debole e poi
dubito che tornerà. Forse è meglio che ti tolga
quella maglia sporca." Elena, con un po' d'imbarazzo, mise una mano sul
bordo della maglietta nera, ma poi si fermò.
Il vampiro sorrise. "Dio, quanto sei bella
quando arrosisci così." Se possibile, l'umana
diventò ancora più rossa. "Faccio io." Damon si
tolse la maglia con un po' di fatica e la buttò ai
piedi del letto, poi si sdraiò di nuovo sul materasso.
L'umana gli si sdraiò affianco. Lui
era alquanto sorpreso. "Che fai?"
"Dormo qui. Se arriva qualcuno che vuole farti
del male, almeno ci sarò io." Abbozzò un sorriso,
anche se quella tenue luce non permise al vampiro di vederlo bene. Lei
spense la luce e un terribile silenzio regnò nella stanza.
Si era quasi addormentata quando
sentì le parole di lui. "Ora si che dormirò sonni
tranquilli, mia dolce Elena."
* *
*
Bonnie si svegliò quando i primi
raggi del tenue sole invernale entrarono dalla finestra illumindo la
stanza. Si rigirò nel letto un paio di volte e solo allora
s'accorse che la sua amica non c'era. Un po' preoccupata, ma speranzosa
di trovarla al piano di sotto, magari a preparare una buona colazione,
s'alzò dal letto e scese di sotto.
Quando però non trovò
nessuno, iniziò a gironzolare per la casa alla ricerca di
Elena. Passò distrattamente davanti alla camera di Alaric e
poi davanti alla porta di quella di Damon. Fu quando vide la
quell'ultima porta quasi del tutto aperta che decise di sbiarciare
all'interno.
Ciò che vide fu sicuramente
inaspettato: sdraiati, nello stesso letto, quasi abbracciati, c'erano
Damon ed Elena. Lui indossava solamente i pantaloni.
"Streghetta, ma buongiorno. Se vuoi guardare,
sono cinquanta dollari."
La strega, imbarazzata, ma soprattutto
arrabbiata con se stessa per essersi infilata in quella situazione, non
potè far altro che alzare gli occhi al cielo. In quel
momento, anche Elena si svegliò.
"Buongiorno, principessa. Dormito bene?"
La strega fissò l'amica. "Ok, sono
sicura che Elena avrà una buona spiegazione. Non
è vero?"
"Bonnie, ma che... Io... Lui.... Oh." L'umana aveva
iniziato a balbettare, senza sapere esattamente cosa dire. Certo, visti
così, sembravano due innamorati appena svegli dopo una notte
di fuoco.
"Che sta succedendo qui?" Il professore
varcò la soglia ed entrò nella stanza,
l'espressione ancora assonnata. "El.. ma che..."
"Non è come sembra. E' successa una
cosa, ieri sera e..."
"Che era successo qualcosa ci arrivavamo anche
da soli." Affermò l'altra, battendo un piede sul pavimento e
incrociando le braccia.
"No, io non intendevo questo... Damon!
Dì qualcosa!"
"Ah no, questa situazione è troppo
divertente e poi la faccia della strega non ha prezzo. Quanta
invidia..."
"Semmai pietà." Ribattè la
strega, secca.
"Ieri sera qualcuno ha attaccato Damon e lo ha
ferito, l'ho trovato nel corridoio e l'ho semplicemente aiutato. La
ferita..." L'umana si girò verso il vampiro, ancora
comodamente sdraiato a pancia in su, per cercare la ferita sul fianco.
Scomparsa. "Beh è guarita, ma c'era, ve lo assicuro."
"Chi era?" Fu Alaric a parlare.
"Non sono riuscito a vederlo in faccia. A dire
la verità, non l'ho proprio visto, però le cose
sono andate così. Streghetta, smettila di sbavare per i miei
addominali e dimmi una cosa: sei riuscita a trovare una soluzione, ieri
sera?"
"Io
non sto... Ah.... lasciamo stare." Bonnie guardò il vampiro.
"C'è un modo per liberarti e ho capito anche che cosa ti sta
succedendo"
"Davvero? E cosa stiamo aspettando?"
Damon si alzò dal letto e si diresse verso l'armadio per
prendere una nuova maglietta.
"Non sarà molto piacevole." La strega
fissò il vampiro negli occhi per secondi che sembrarono
anni, poi
continuò. "Non sarà affatto piacevole."
Beh,
dai, stavolta sono giustificata!
Insomma, a Pasqua si mangia, mica s'aggiorna. E poi, sono anche stata
via un paio di giorni u.u Inoltre, non so se l'avete notato,
ma questo capitolo è più lungo!!
Comunque,
riguardo al capitolo non ho
molto da dire. Bonnie è finalmente riuscita a trovare una
soluzione, ma come lei stessa dice, non sarà una cosa
semplice e
indolore per il nostro amato Damon.
Spero
che il capitolo vi sia
piaicuto, nonostante non mi convinca moltissimo in alcuni punti. Vi
prometto, care amiche, che cercherò di aggiornare il
più
presto possibile, anche perchè da psicopatica come sono, mi
sono
fatta una scaletta con tutti gli avvenimenti fino alla fine della fic.
Ora si tratta solo di scrivere i capitoli (hai detto niente..)
Ci tenevo a ringraziare TUTTE le persone che seguono questa storia e
SOPRATTUTTO quelle che la recensiscono. A costo di sembrare una
copiona, inoltre, volevo sollecitarvi a recensire come fa Elen91 alla
fine di alcuni suoi capitoli (tra l'altro, consiglio vivamente tutte le
sue storie); non vogliamo essere frustranti o rompiscatole,
semplicemente, fa DAVVERO piacere ricevere una recensione (positiva o
no, sia chiaro!) in cui il lettore esprime una propria opinione sul
capitolo, che, ci tengo a ricordarvelo, è frutto della
fantasia dello scrittore e spesso è il risultato di alcune
ore di "lavoro".
Grazie della vostra attenzione, vi voglio bene :D
Alla prossima.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Capitolo 6 ***
Unusual white nightmare - capitolo 6
"Cos'è
successo? Perchè sei ridotto così?" Damon
rubò le parole di bocca all'umana che richiuse la porta e
aiutò il professore a sedersi sul divano.
"Sono stato attaccato."
"Da chi?" Domandò il vampiro.
Un gemito di dolore sfuggì dalla bocca di Alaric mentre si
sedette sul divano. Più Elena lo guardava, più si
sentiva spaventata e in pericolo e il senso di ansia non faceva che
aumentare. La maglietta grigia era quasi a brandelli, coperta di sangue
e fango. Sulla faccia scendevano dei minuscoli rivoli di sangue
scarlatto. "Non so chi fosse, non ho visto nulla." Un altro gemito
quando Elena, preso il disinfettante dal bagno, iniziò a
pulire le ferite sul viso. "Qualcosa mi stava seguendo..."
"Ti hanno quasi ucciso, graffiato e inseguito e tu non hai visto
niente?!?" La domanda retorica di Damon fece sorridere il professore,
mentre l'umana alzò gli occhi al cielo e Bonnie lo
guardò severa.
"Sono davvero felice che la mia salute ti stia così a cuore,
Damon. E comunque no, non ho visto nulla."
"Come va?" Chiese l'umana, finito di medicare le ferite superficiali,
"Bruciano parecchio."
"Rick, non ricordi proprio nulla? E' davvero importante." Insistette il
vampiro.
"Stavo tornando a casa, quando all'improvviso ho sentito come.. una
presenza alle mie spalle. Credevo fosse un passante, ma quando mi sono
voltato non c'era nessuno. I rumori erano strani.. sembravano... grida
stridule e soffocate." Più il professore continuava il suo
racconto, più Elena rabbrividiva. La descrizione
dell'accaduto era troppo simile a ciò che era successo a lei
quello stesso giorno, poche ore prima, mentre si stava recando alla
Pensione. "Ad un certo punto, qualcosa si avventato su di me. Sentivo i
graffi su tutto il mio corpo. Ho cercato di difendermi, ma tutto
ciò che vedevo erano nebbia e ombre." Bonnie non voleva
credere a ciò che stava sentendo. Si sentiva vulnerabile,
nonostante possedesse la magia e fosse in grado di difendersi quando
necessario. Percepiva qualcosa di sbagliato nell'aria, una sensazione
d'angoscia che si stava espandendo sempre di più e che,
forse a causa della seggestione, non riusciva a gestire. "Ricordo
solamente una cosa..."
Il vampiro, che fino a quel momento sembrava distratto, pose lo sguardo
sul professore e attesse che egli continuasse a parlare. "Due occhi
gialli, simili a quelli di un gatto, fissarmi intensamente."
Dopo che Alaric ebbe pronunciato quelle parole, Elena capì
la gravità della situazione. Qualcuno li stava sfidando. Qualcuno
di molto potente, in grado di attaccare senza farsi vedere, ma
marchiando ogni aggressione con due occhi magnetici da brivido.
L'umana decise di parlare."Quegli occhi... non riuscivi a staccare lo
sguardo da loro, vero?"
"Si.. ma
come lo sai?"
"Avevi ragione Rick. Siamo in guai, molto, molto seri."
* * *
Elena
aprì silenziosamente la porta di casa, sperando di
riuscire a non svegliare il fratello che, data l'ora, stava sicuramente
riposando. Lo aveva avvisato che lei e Alaric avrebbero
dormito fuori per qualche notte, ma non gli aveva comunicato quando
sarebbe rientrata. La verità era che le dispiaceva davvero
aver
lasciato Jeremy da solo, nonostante il professore gli facesse visita
almeno due volte al giorno, in quella casa tanto grande. L'umana sapeva
bene come ci sentiva a stare in un luogo che un tempo era fonte di
gioia e divertimento e che, negli anni, si era spopolato,
diventando la dimora di due poveri ragazzi orfani e completamente
abbandonati.
Se non ci fosse stato Alaric, Elena non avrebbe saputo come gestire il
fratello e tutte le responsabilità, nonostante Jeremy fosse
ormai abbastanza grande per cavarsela da solo.
Salì le scale e arrivò in camera sua, chiuse la
porta e
appoggiò la borsa sul letto. Sbadigliò un paio di
volte
davanti allo specchio, fissando per alcuni minuti interminabili la
propria figura: l'esile corpo sembrava ancora più fragile,
illuminato solamente dalla piccola bajour sul comodino; lo stress dei
mesi passati era evidente nella figura riflessa. Elena non vedeva
più quella cheerleader di due anni prima, solare e
carismatica,
sempre alla moda e piena di vita. No. Davanti a lei c'era una giovane
donna, ormai stanca di dover continuare a soffrire.
Inevitabilmente, la mente di Elena arrivò a Stefan, e, in
seguito, a Damon. Non poteva permettere che gli accadesse qualcosa, non
poteva permettersi di perdere qualcun altro. Un'altra scomparsa avrebbe
significato l'inferno e lei era consapevole che questa volta non
l'avrebbe superato. E si, forse così sembrava un po' troppo
egoista, ma una cosa era certa: lei aveva bisogno di Damon.
Entrò in bagno per lavarsi il viso e preparsi per la notte,
poi
s'avvicinò al letto. E fu in quel momento che lo
notò:
sul copriletto marrone era appoggiata una busta bianca e vicino a essa
una piuma nera, lunga e lucida. L'umana si guardò intorno,
perplessa. Poi, tirò fuori il biglietto all'interno della
busta
e lo lesse timorosa.
Ti propongo uno scambio:
la tua vita, anima e corpo, in cambio della sua.
Se non vuoi perdere
un'altra persona a cui tieni, ti conviene presentarti nella radura
vicino all'Old Wood al tramonto, da sola.
Solo allora
sarò lieto di liberare il vampiro dalla possessione.
Il
cuore di Elena incominciò a scalpitare e la paura si
fece spazio nella sua mente. Non riusciva a capire come, ma qualcuno
doveva essere entrato in casa sua, ergo, non doveva essere un vampiro;
il fatto che conoscesse così bene le sue debolezze, non
faceva
altro che aumentare quel senso d'ansia che piano si espandeva per tutto
il corpo dell'umana, scatenando brividi di freddo lungo la sua schiena.
Elena si avvicinò alla finestra: era chiusa. Eppure aveva
così freddo che le pareva d'essere in mezzo a tutta quella
neve
che piano aveva iniziato a scendere nella notte buia. Si strinse nella
felpa, mentre le parole in scritte in grafia elegante su quel foglietto
le ritornavano in mente, una dopo l'altra e non le permettevano di
pensare a una soluzione.
Non riusciva a vedere via d'uscita, sentiva che quella forza oscura che
stava complottando contro di loro doveva essere più forte e
intelligente. Si sedette sul letto a gambe incrociate, con il suo
diario aperto su di esse.
Non scriveva da ormai troppo tempo; l'ultima pagina portava la data di
maggio, quando Stefan si era venduto a Klaus per salvare il fratello. E
forse quello era un segno, un indizio che lei avrebbe dovuto cogliere.
Stefan aveva ritenuto più importante salvare la vita del
fratello, l'aveva sovrapposta a ogni cosa. E così avrebbe
fatto lei, perchè in fondo, a Damon glielo doveva.
La penna iniziò a scorrere su una nuova pagina completamente
bianca.
"...Damon mi ha aiutato
ad alzarmi quando avevo perso ogni speranza, quando tutto mi sembrava
perduto. E poi, nei mesi seguenti, ha fatto si che io non cadessi
più, mai più. E' sempre stato costantemente
presente. E forse è così che deve andare, forse
è giunto il momento di fare qualcosa per Damon."
* * *
"Non
ci siamo riusciti nemmeno questa volta." Bonnie accolse così
le due amiche, Caroline ed Elena, in casa Salvatore, mentre delle grida
arrivavano dal piano di sotto. "Alaric ha provato di tutto, ma non
riesce a far emergere la sua parte oscura."
"Elena mi ha detto che bisognerà ucciderlo."
Mormorò Caroline.
"E' proprio questo il problema. Devo essere sicura al cento per cento
che quando verrà ucciso la creatura al suo interno si stia
manifestando... altrimenti, beh, morirà per davvero."
Rispose la strega apponggiando il libro di magia sul tavolino affianco
al divano.
"Se solo riuscissimo a farlo arrabbiare davvero..."
"Eppure non dovrebbe essere così difficile..."
Sussurrò Bonnie, impercettibilmente, ma non così
tanto da non essere sentita.
"Bonnie, mi puoi spiegare perchè ce l'hai tanto con Damon?
Persino Caroline lo ha perdonato. Ieri stavi per dirmi qualcosa, poi
è arrivato Alaric."
L'espressione
di Bonnie mutò e all'umana parve quasi di vederla sbiancare.
Aprì la bocca per dire qualcosa, ma la chiuse subito dopo;
l'avrebbe lasciata parlare perchè doveva capire che cosa ci
fosse di così spaventoso per la strega in Damon. Non che il
vampiro fosse il migliore dei gentiluomini, certo, ma di progressi ne
aveva fatti negli ultimi due anni e aveva dimostrato il suo lato umano
svariate volte.
"Io..." Il silenzio regnava sovrano nel grande salotto di casa
Salvatore, e le due ragazze aspettavano che la strega si decidesse a
parlare. "Ho visto delle cose..."
"Bonnie ma che stai dicendo?"
"Quando ho cercato di tirare fuori il demone da lui, io... ho visto
delle cose. E' inevitabile per una strega finire nella mente
dell'individuo su cui fa un incantesimo e... la mente di Damon
è..." Gli occhi dell'amica diventarono lucidi. "Sento quando
si arrabbia, Elena, sento l'energia negativa che certe volte emana la
sua mente. Io sento queste cose e, credimi, voglio solamente
proteggerti."
"Damon è posseduto, lo sai, non è in
sè..."
"Io non sto parlando della possessione. Sto parlando dei suoi ricordi,
di lui."
"Bonnie, che cosa hai visto nella mente di Damon l'altro giorno?"
Caroline parlò piano, scandendo bene ogni parola.
La strega guardò negli occhi entrambe e poi, dopo aver
inspirato un po' d'aria, parlò. "Era, era una bambina."
Sbatte le palpebre più volte, quasi stesse rivivendo quel
ricordo. "Si dondolava sull'altalena, lei era... felice. I giardini
erano ormai deserti e la mamma, non lo, credo fosse andata in attimo..."
"Non capisco. Che cosa c'entra una bambina?"
"Lo guardava spaventata e..." La voce era diventata un sussurro ed era
spesso interrotta da sospiri. La strega sembrava sul punto di scoppiare
a piangere. "E poi il sangue... e la cosa peggiore è che
lei, lei non.. gridava. non ne aveva le forze, lei..."
"Piangeva." Elena rabbrividì sentendo una voce che non
apparteneva alla strega, roca e maschile. La riconobbe subito, anche se
pareva avere un'incrinazione diversa quella sera. "Lei piangeva."
L'umana si girò verso Damon e rimase basita da
ciò che vide. Il vampiro, con indosso una camicia nera e i
capelli ancora arruffati, aveva lo sguardo perso nel vuoto. Completamente perso
nel vuoto. "Il suo sangue era dolce, proprio come me l'ero immaginato.
Scorreva nella mia bocca, mentre sentivo il suo corpo farsi sempre
più freddo e la sua presa meno ferrea." Alzò gli
occhi verso Bonnie, e poi guardò Elena: una lacrima sottile
era scivolata lungo la sua guancia rosea e la sua espressione era un
misto di disprezzo e paura che lo colpì dritto al petto.
"Avrei voluto fermarmi, Dio, se avrei voluto..."
"Ma non l'hai fatto! Tu non l'hai fatto. Una..." Una, due, tre lacrime
iniziarono a scendere dagli occhi cioccolato dell'umana. Non riusciva a
credere alle proprie orecchie; sapeva bene come ci si sentiva quando si
perdeva il controllo, Stefan gliene aveva parlato tantissime volte, ma
non avrebbe mai immaginato che Damon fosse stato capace di una cosa del
genere. Per quanto si sforzasse, non trovava un buon motivo per
perdonargli una cosa del genere, nonostante fosse accaduta
chissà quanto tempo prima. "Una bambina! Perchè?"
"Ero... arrabbiato." Un impercettibile sussurro.
L'umana si avvicinò a lui velocemente, con poche falcate.
Uno schiaffo sonoro rieccheggiò nel salotto; Damon
voltò la testa di lato, per poi ricominciare a fissare il
vuoto per interminabili istanti. Iniziò a respirare
rumorosamente, mentre il corpo era scosso da piccoli brividi e gli
occhi cambiavano colore.
"Elena, spostati da lì!" Era stata Caroline a parlare, non
appena si era resa conto che la situazione stava precipitando. Ma
l'umana non accennava a muoversi, continuava a fissarlo, sottili
lacrime ancora a rigarle il volto.
La vampira si precipitò su Damon, un secondo prima che egli
si scagliasse sull'umana, bloccandogli i polsi a facendogli sbattere la
testa contro il muro. "Non riuscirò a tenerlo per molto.
Bonnie, fai ciò che devi fare." Gli occhi di lui erano ormai
diventati rosso fuoco e sembrava completamente fuori controllo.
La strega afferò il paletto di legno dalla borsa aperta di
Elena e poi s'avvicinò a lui iniziando a pronunciare parole
incomprensibili per chiunque.
"Non ce la faccio più..." Mormorò Caroline, allo
stremo delle forze. E fu lì che la strega lo fece; un
sospiro lieve, l'ultimo, e poi il silenzio più totale. Il
corpo di Damon che cade a terra, completamente inerme, sotto gli occhi
di Elena che, spaventata, inizia a singhiozzare dall'altra parte della
stanza.
Svanì qualsiasi cosa, ogni rimorso o rancore, solo una
consapevolezza comparve nella mente di lei: Damon era morto
e, se mai qualcosa fosse andato storto, Elena non avrebbe rivisto il
suo sorriso sghembo mai più.
Salve
a tutti.
Per prima cosa, ci tengo a scusarmi per l'imperdonabile ritardo. So
perfettamente come finirà questa storia, ho tutte le idee in
mente e appuntate sul PC, ma non ho mai tempo per scrivere.
Ultimemente ho sempre meno tempo per me, dovete credermi. La scuola
è diventata devastante, l'ultimo mese è sempre
così, e questa settimana poi ho anche la certificazione di
tedesco che non mi permette di staccare la testa dai libri.
Mi sento davvero in colpa ad avervi fatto aspettare così
tanto,
ma ripeto, la scuola, la palestra, il nuoto, e quel poco di vita
sociale che mi è rimasta si sono presi TUTTO il mio tempo.
Mancano 27 giorni alla fine della scuola, e vi prometto, cascasse il
mondo, che mi dedicherò di più a questa e altre
fic.
Comunque sia, non vi voglio annoiare, passiamo al capitolo: finalmente
abbiamo scoperto qual è il motivo che spinge Bonnie a
disprezzare così tanto Damon e, finalmente, le nostre eroine
semrbano essere riuscite a uccidere la creaura. La domanda
è: che fine farà Damon?
Lo scopriremo nel prossimo capitolo :)
Scusate ancora per l'enorme ritardo, spero che non succeda
più. Ah, una recensione fa sempre DAVVERO MOLTO PIACERE.
Alla prossima.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Capitolo 7 ***
Unusual white nightmare - capitolo 7
Se ne stava lì, accanto a lui, da ormai due ore. Gli occhi
rossi
fissi sul suo viso spento, una mano stretta a pugno e l'altra tra i
suoi capelli corvini.
Bonnie non aveva mai visto Elena così triste e disperata,
nemmeno quando Stefan l'aveva abbandonata. Quando i genitori di lei
erano morti, aveva pianto per giorni, senza mai riuscire a smettere.
Adesso invece, le lacrime avevano lasciato spazio a quel piccolo
barlume di speranza che minacciava di spegnersi da un momento all'altro.
Caroline aveva cercato di rassicurarla, ma era stato tutto inutile;
Elena continuava a pensare al peggio, accarezzando quei capelli fini.
Dopo la rivelazione del vampiro, nell'umana era cresciuto un senso di
rabbia e fastidio che non aveva saputo controllare. Scoprire che l'uomo
di cui si stava innamorando -ormai l'aveva ammesso anche a se stessa-
aveva, in un tempo lontano, ucciso una creatura pura e indifesa come
una bambina, quasi le aveva procurato disgusto. Eppure, nel vederlo
cadere a terra con un paletto conficcato nel petto, non aveva potuto
far altro che scoppiare a piangere, mentre una cascata di sentimenti le
affluivano dentro.
Se una parte di lei avrebbe voluto trattenersi, mostrando un minimo
d'indifferenza verso quel mostro, l'altra parte voleva aiutare a tutti
i costi quell'angelo.
E per questo era ancora lì, in silenzio, in uno stato
d'angoscia totale.
"A quest'ora avrebbe già dovuto svegliarsi." Elena
sussultò un poco alle parole della strega, mentre Caroline
s'avvicinava piano.
"Sono sicura che fra poco aprirà gli occhi." Disse la
vampira
guardando l'umana. Ma lei sembrava non ascoltarle, con la testa ancora
chinata.
Solo quando il campanello suonò, Elena sembrò per
un
attimo risvegliarsi dalla trance: guardò Bonnie e con
un'occhiata persa le chiese di andare ad aprire la porta del
Pensionato.
"Si è svegliato?"
"Non ancora."
Il professore entrò in fretta in casa e raggiunse il
salotto. "Avevi detto che si sarebbe svegliato dopo poco tempo!"
"Rick, sono passate solo due."
Improvvisamente, Elena si alzò di scatto e andò
verso la
grande vetrata. Il cielo oscuro aveva lasciato spazio a qualche debole
raggio di sole, che filtrata attraverso il vetro spesso della finestra.
La morte di Damon avrebbe significato per lei qualcosa di terribile;
sapeva che non l'avrebbe sopportato, era consapevole del fatto che se
l'avesse perso, il suo fisico avrebbe ceduto, questa volta senza
riuscire a riprendersi. Boccheggiò in cerca d'aria un paio
di
volte, sentendo la testa girare e farsi pesante.
"Merda! Lo sapevo che non avremmo dovuto farlo..." Il professore
continuava a camminare per la stanza, evidentemente nervoso e
preoccupato. "Avremmo dovuto cercare un'altra soluzione. Non avreste
dovuto ucciderlo; e lui come un emerito coglione si è fatto
pure
colpire da voi!" Sbottò Rick, alzando il tono delle voce
già incrinata.
"Eravate tre principesse guerriere contro un'anima distrutta... come
avrei potuto competere?"
A Elena si gelò il sangue nelle vene, sicura di aver appena
avuto un'allucinazione. Alaric smise di camminare, voltando lentamente
la testa verso l'unico che avrebbe potuto avere quella voce. Bonnie e
Caroline si guardarono con gli occhi spalancati e la bocca socchiusa.
L'umana aveva quasi paura a girarsi, ormai convinta di aver sognato.
Temeva d'illudersi di nuovo e non avrebbe sopportato di scoprire la
verità. Decise che sarebbe stato meglio chiudere gli occhi
per
qualche istante, ispirare profondamente e poi, solo allora, riaprirli e
controllare che tutto fosse tornato al suo posto. Che Damon fosse
tornato.
Ma non fece in tempo perchè, qualcuno, probabilmente Rick,
stava
aiutando qualcun altro ad alzarsi. L'umana ne poteva sentire i passi
pesanti e stanchi che rimbombavano sul legno scuro del pavimento e
nonostante quella certezza continuasse a farsi strada dentro di lei,
non riusciva a voltarsi e controllare con i suoi stessi occhi quello
che realmente stava succedendo.
Avrebbe dato la vita pur di rivedere quegli occhi color ghiaccio ed
essere sicura che il vampiro stesse bene, ma continuava a guardare
fuori dalla finestra, mentre una leggera e sicuramente gelida
pioggerellina invernale iniziava a scendere silenziosa.
"Damon!" Bonnie aveva praticamente urlato ed era corsa, insieme a
Caroline, ad aiutare il vampiro che, tutto dolorante, si appoggiava al
professore per non cadere.
"Non credevo fossi così felice di vedermi, strega." La voce
era
quella di sempre, Elena l'aveva riconosciuta, roca e irresistibilmente
calda. E fu in quel momento che trovò la forza di girarsi.
Il respiro spezzato e un braccio intorno al collo di Rick, gli occhi
puntati dritti nei suoi e la camicia sporca di sangue. Così
Damon si presentava davanti a lei, così la fissava
intensamente
in attesa di una sua risposta.
Ma l'umana non parlò, l'unica cosa che riuscì a
fare fu
correre verso di lui, annullando in un brevissimo tempo la distanza che
li divideva, stringendolo così forte contro il proprio corpo
che
le parle quasi di sentirlo sussultare, forse per la sorpresa.
Aveva cercato di odiarlo in tutti i modi, e un tempo, anni prima, ci
era anche riuscita; ma quel giorno, dopo tutto ciò che
avevano
affrontato insieme, non potè far altro che continuare a
stringerlo per interminabili minuti. Improvvisamente però,
le
immagini di una piccola bambina paffuta con delicati rivoli di sangue
lungo il collo, le saltarono subito alla mente; Elena
s'irrigidì
di colpo, allentando un po' la presa sul vampiro e sentendo gli occhi
pungere.
"Per quanto mi piaccia questa posizione..." Le sussurrò il
vampiro all'orecchio, riferendosi a quell'intimo abbraccio. "...credo
sia arrivato il momento di staccarci."
Lei tolse immediatamente entrambe le mani dal collo di Damon e
indietreggiò di qualche passo.
"Sapevo che avrebbe funzionato..." Caroline gettò
un'occhiata di
disappunto verso l'amica. "Ok, forse non ne avevo la certezza... ma
dopotutto, sono o no una delle streghe più potenti?"
"Se hai finito di vantarti, strega, possiamo controllare che sia tutto
normale?"
"In che senso?" Elena non capiva cosa volesse dire l'ultima frase
pronunciata dal vampiro.
"Controllare se è ancora posseduto o no. Posso accorgermene
entrando nella sua mente per qualche minuto." Le spiegò
l'amica.
"Ok, allora, fallo."
Bonnie si avvicinò a Damon, portando le mani alla propria
fronte
e fissando intensamente il vampiro. Passarono alcuni secondi di
silenzio, e poi la strega riaprì gli occhi con un'aria
soddisfatta.
"Si, sono davvero la miglior strega di sempre." Annuì
soddisfatta.
Alaric sospirò, sollevato. Si versò poi un po' di
Bourbon
nel bicchiere sul tavolino e iniziò a sorseggiarlo piano.
Un'espressione indignata comparve sul volto del vampiro. "Non si offre
più agli amici?"
"Sei in convalescenza, non puoi mica bere." Rispose il professore.
"C'è una cosa che mi frulla in testa da un po'..." Fu la
strega
a parlare e interrompere quell'improbabile teatrino. "Chi controllava
lo Shisha No Tamashi... non può essere uno stregone o
strega..."
"Perchè no?"
"Per controllare creature magiche ci va una forza inaudita... non si
tratta solo di poteri e capacità mentali, ma anche di
potenza
fisica. Un normale corpo umano, per quanto possa essere magico, non
potrebbe mai controllare una creatura del genere senza farsi male."
"E quindi?" Chiese Damon mentre, traballando leggermente, si avvicinava
alla bottiglia di Bourbon.
"Quindi credo sia un vampiro. Avevo letto, non ricordo dove, che i
vampiri sono le uniche creature, essendo già morte, che
possono
sopportare qualsiasi tipo di dolore, anche inferto dalla magia." bonnie
smise di parlare per un secondo puntando gli occhi su Damon. "Posso
fare questo..." Improvvisamente il vampiro iniziò a gridare,
portandosi le mani alla nuca. "Ma non posso ucciderlo." Le grida
cessarono.
"Stup-"
"Ma come potrebbe un normale vampiro essere in grado di controllare una
creatura magica?" Alaric interruppe il vampiro.
"No, non è un vampiro.." Tutti gli occhi puntarono su Elena.
"E' entrato in casa mia..."
"Cosa?" Damon si girò verso di lei, l'espressione stupita e
preoccupata.
"Ieri sera, sul mio letto... beh, ho trovato questo." L'umana
tirò fuori dalla borsa il bigliettino bianco e lo
mostrò
a tutti. Il vampiro lo afferrò con forza, leggendolo
velocemente prima di accartocciarlo in un pugno.
"Perchè non ce ne hai parlato?" Caroline si rivolse
all'amica. "Saresti andata a quell'incontro?"
"No, perchè le avrei spezzato le gambine io stesso." Rispose
Damon al suo posto, senza smettere di guardarla.
"Si, ci sarei andata, ma poi le cose si sono sistemate... comunque, non
può essere un vampiro. Non ho invitato nessuno a entrare, me
lo
ricordo perfettamente."
"Un vampiro... con poteri magici che riesce a entrare in casa senza
invito? Sapete, suona un po'... leggenda." Alaric aveva finito il
Bourbon nel bicchiere e se ne stava versando dell'altro. Certe volte
l'umana si chiedeva come facesse a bere quasi quanto Damon e non
crollare subito dopo.
"Vi rendete conto che abbiamo la possibilità di incontrarlo?
Di
tendergli una trappola..." Ragionò Caroline ad alta voce.
"No, non conviene. Se è davvero un essere così
potente, a
quest'ora avreà già saputo di Damon. Andare a
quell'incontro significherebbe mettere a rischio la vita di tutti. Non
possiamo sapere cosa abbia in mente, ma conosce fin troppo bene
ciò che succede in questa casa." Parlò la strega.
Il professore bevve il primo sorso. "Perciò che facciamo?
Aspettiamo che sia lui a fare la prima mossa?"
"Direi che è l'unica cosa che possiamo fare al momento."
"Io vado a casa, sono esausta." Bonnie guardò Elena che le
sorrise dolcemente, esprimendo tutta la sua gratitudine. Bastava uno
sguardo, infondo erano amiche da sempre.
"Strega... grazie." Bonnie fece un cenno serio con la testa, per poi
dirigersi verso l'uscita. Il vampiro si avvicinò all'umana.
"Possiamo parlare?" Le sussurrò in un orecchio.
"Sono contenta che tu stia bene, Damon." Elena lo guardò per
un
momento negli occhi, prima di girarsi verso Caroline. "Ma forse ora
sarebbe il caso di riposare e godersi un normale pomeriggio."
"Certo..." Il vampiro rispose, la sua voce era un misto di delusione e
consapevolezza.
Elena si diresse verso la porta, quasi infastidita dalla sola presenza
di lui.
"Ci vediamo, allora." Disse Caroline prima di seguire l'amica.
*
* *
"Lo
perdonerai mai?"
"Che?" Chiese l'umana distrattamente. Lei e Caroline camminavano nella
piazza principale della piccola cittadina sotto un cielo scuro.
"Ti ho chiesto: perdonerai mai Damon per ciò che ha fatto?"
"Io... Non lo so." Elena sembrò rifletterci su, poi, dopo
aver
visto l'espressione di disappunto sul viso dell'amica, si
fermò.
"Tu pensi che dovrei farlo." Non era una domanda, ma una certezza che
la vampira aveva esternato.
"Beh... si." Un tuono in lontananza fece distrarre le due che
istintivamente portarono gli occhi verso l'alto. "Non può
piovere di nuovo!"
"Perchè dovrei perdonarlo?"
"E non ho nemmeno l'ombrello!" L'amica sbuffò, poi, vedendo
Elena incominciare a spazientirsi, decise di rispondere anche alla sua
domanda. "So cosa significa essere un vampiro, Elena. Non avere il
controllo di nulla, sentire tutto in modo amplificato, non riuscire a
prendere decisioni, dover... seguire il proprio istinto."
"Quello che ha fatto Damon va aldilà di ogni
giustificazione, Caroline. Non posso perdonarglielo."
Intanto, molti dei cittadini se ne stavano andando, mentre altri tuoni,
più acuti, rieccheggiavano nella piazza. "Addio pomeriggio
di
shopping." La vampira di guardò intorno, poi si rivolse
all'amica. "No, non è assolutamente giustificabile. Non
voglio
che lo perdoni, voglio che lo comprendi. Quando non hai il controllo,
non vedi le differenze; quando la tua gola brucia e i canini pizzicano
e ogni parte del tuo cervello grida sete... non sei in grado di
fermarti. E ora mi dirai che Stefan era in grado di farlo..."
L'umana fece per aprire bocca, ma venne preceduta da Caroline. "Ma non
è così. Non conosci il suo passato e non ne puoi
avere la
certezza.... Il diventare vampiro è un peccato e non esiste
modo
per espiarlo. Si può solo... cercare di non incappare negli
stessi errori e, credimi, Elena, Damon lo sta facendo, ci sta provando
con tutto se stesso."
"Come?" Chiese, quasi con tono retorico, fin troppo sicura della
risposta.
"Amandoti, forse più di quanto gli sia concesso." La vampira
fece una breve pausa, poi sorrise all'amica. "Devo andare. Faresti
meglio a tornare a casa, fra un po' verrà giù il
diluvio."
*
* *
Dopo
aver salutato l'amica, Elena si
era incamminata verso casa velocemente. Si trovava a due isolati da
casa Gilbert quando aveva iniziato a piovere violentemente, tutto d'un
tratto. Aveva poi corso e, una volta entrata in casa si era richiusa la
porta alle spalle, dando anche due o tre giri di chiave. Da quando
aveva trovato il biglietto sul letto la notte precedente, il terrore di
dover incontrare il nemico la assillava.
La casa era vuota, Jeremy era, molto probabilmente, agli allenamenti di
rugby. Si era iscritto per una scommessa, diceva che gli piaceva
però, e che lo aiutava a distrarsi. Perciò Elena
decise
che quella volta non l'avrebbe coinvolto.
Salì in camera e iniziò a togliersi i vestiti
bagnati di
dosso; rimase in intimo e poi si diresse vero la cassettiera per
prendere qualcosa di asciutto da indossare. Ma fu mentre era girata,
con lo sguardo rivolto nel primo cassetto, che sentì uno
strano
rumore alle sua spalle. Si vestì in fretta, ma quando
alzò la testa, nel riflesso dello specchio lo vide.
"Damon." Sussurrò impercettibilmente il suo nome. "Mi hai..
speventata." Per un momento, Elena pensò che il piano di
Bonnie
non avesse funzionato e che lui fosse ancora posseduto.
"Scusa io... non volevo." La voce di lui era però diversa
dalle
altre volte: quasi timorosa e incerta, il tono moderato e roco.
"Che ci fai qui?"
"Ti amo."
L'umana perse un battito mentre quelle due paroline continuavano a
girovagarle per la testa. Guardò negli occhi il vampiro e
per un
momento pensò di cedere. Gli occhi chiari erano puntati nei
suoi, il fisico scultoreo leggermente irrigidito, avvolto da abiti
rigorosamente neri.
"E ora, Elena, io ti bacerò."
"Damon, ma che sta-"
"E ti prego, fermami perchè ami ancora Stefan,
perchè mi
trovi brutto o perchè non ti piace la mia camicia... ma non
perchè hai paura di me, perchè io, Elena, non
potrei mai
farti del male."
Elena deglutì. Non riusciva a credere che il vampiro si
fosse
aperto in quel modo. 'Amandoti' aveva detto la sua amica Caroline e in
quel momento l'umana si sentì una stupida e ipocrita e anche
molto egoista. Vedeva un uomo distrutto dal dolore davanti a
sè
che chiedeva solamente di essere amato per ciò che era e per
tutto quello che aveva da offrire; Damon continuava ad avvicinarsi a
lei, i passi decisi, ma silenziosi.
Poi accadde. Posò le labbra sulle sue e aspettò
che fosse
lei a scegliese se continuare o no. E in lei c'era rabbia, mentre
crescevano anche desiderio e passione. E fu quando posò le
fredde mani sulle guance marmoree di lui che egli capì quale
decisione ella avesse preso. Fu quando la lingua di lei
cercò un
contatto diverso, più proibito e agognato, che lui la
lasciò accedere e la cinse con le possenti
braccia,
scaldando il suo corpo esile e indifeso.
La pioggia all'esterno si era affievolita, fino a diventare una piccola
pioggerellina gelida; i piccoli cristalli d'acqua allungati erano
spinti in modo trasversale dal vento e, improvvisamente, la finestra si
spalancò.
*
* *
Caroline
camminava sul ciglio bagnato
della strada senza una meta
precisa. Era uscita per fare un po' di compere e sull'avambraccio
sinistro erano appoggiati dei sacchetti di carta con il nome del suo
negozio preferito stampato a grandi caratteri. Forse aveva
comprato un
po' troppa roba, ma insomma, la commessa le aveva fatto anche un bel
po' di sconto, e non aveva nemmeno dovuto ammaliarla. Certo, non ci
fosse stata quella stupida pioggia avrebbe potuto indossare e provare
subito le nuove scarpe aperte adatte alle situazioni eleganti.
La vampira si
rese conto di come le cose non fossero cambiate negli ultimi anni.
Nonostante fosse diventata una vampira, certe abitudini erano ancora
lì, come comprare mille cose che non avrebbe mai utilizzato
perchè si sentiva nervosa o in ansia.
Non ne conosceva il motivo, ma anche quella volta si sentiva come in
pericolo e quella strana senzasione non l'aveva abbandonata per tutto
il pomeriggio.
Presa da quei pensieri, non si era accorta di star costeggiando l'Old
Wood, il bosco nel quale il loro misterioso nemico aveva dato
appuntamento a Elena proprio quella sera. Decise di cambiare strada,
per evitare qualsiasi tipo d'inconveniente, ma improvvisamente un
rumore attirò la sua attenzione. Poi un altro, poi un altro
ancora.
Nella pozzanghera affianco a lei due occhi gialli la fissavano in modo
da farle raggelare il sangue nelle vene; tirò fuori dalla
borsa
il cellulare e compose il numero dell'umana, velocemente.
Ma l'amica non rispondeva. Al terzo tentativo fallito decise di
lasciare un messaggio in segreteria. "Elena, ho visto il volto di cui
mi hai parlato. Richiamami per favore." Chiuse la chiamata e ripose il
cellulare nella borsa.
Un rumore più acuto provenne dall'Old Wood e Caroline
s'avvicinò ulteriormente, per poter captare meglio ogni
movimento. Le sembrò di vedere degli occhi gialli, prima di
seguire uno strano istinto che la invitava ad entrare nel bosco,
dimenticando le sue borse sul marciapiede deserto.
Mi dicono che sono molto puntuale nell'aggiornare XD
No
ok, vi meritate prima di tutto delle scuse ENORMI e anche delle
spiegazioni... Ultimamente la scuola è stata terrificante,
nel
vero senso della parola. Mi rimanevano 4 ore a notte per dormire, visto
che di giorno non potevo studiare più di tanto a causa della
palestra (sto preparando una piccola esibizione a giugno).
Perciò,
per l'ennesima volta vi chiedo di capirmi, anche se sono
sicura che lo farete, perchè mi volete tanto bene... vero? XD
Parlando
del capitolo, non c'è
molto da dire. Vediamo un' Elena spaventata nella prima parte, che ha
paura di Damon e per Damon. Il discorso di Caroline però
crea in
lei un contrasto di sentimenti, e infatti non appena il vampiro la
bacia, lei ricambia.
Ora,
ragazzi miei, io lo dirò,
ma, mi raccomando, non prendetemi troppo sulla parola: ci vediamo al
prossimo aggiornamento, che arriverà presto.
Ecco,
l'ho detto. U.U
Alla
prossima, un bacio a tutti :D
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=984376
|