Fair Winds and Following Seas

di Alexandra e Mac
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fair Winds and Following Seas ***
Capitolo 2: *** Twelve Hours ***
Capitolo 3: *** The Bride ***
Capitolo 4: *** Somewhere over the Rainbow ***



Capitolo 1
*** Fair Winds and Following Seas ***


Disclaimers : Il marchio Jag e tutti i suoi personaggi appartengono alla Bellisarius Production.

Noi li abbiamo usati senza alcuno scopo di lucro.




Fair Winds and Following Seas



Siamo tutti d'accordo che il finale di JAG, per moltissimi versi insoddisfacente e magari anche irritante, avrebbe potuto essere ben peggiore, visto "il sadismo" della Produzione, a causa di ciò che stavano per fare prima della decisione di DJE di non rinnovare il contratto: era difatti evidente dall'evolvesi della decima stagione che la nuova entrèe, Gregory Vukovic, nelle intenzioni di Bellisario e degli sceneggiatori, avrebbe dovuto prendere il posto di Harmon Rabb al fianco di Mac.
Fortunatamente ciò, alla fine, non è accaduto e, nonostante tutto, dobbiamo ammettere che, per certi aspetti, il finale scelto ha lasciato ampio spazio alla nostra fantasia.

Ciononostante, la famossisima puntata conclusiva, Fair Winds and Following Seas, resta insoddisfacente e lascia l'amaro in bocca... Sensazioni, queste, impossibili da ignorare, soprattutto da chi, come noi due, per anni ha fantasticato e scritto a lungo sulla storia d'amore dei nostri due amati protagonisti.

E' ciò che ci ha spinto, poco dopo aver visto la puntata in anteprima nella versione originale americana, a tentare di mettere per iscritto tali sensazioni, filtrandole attraverso la nosra personale versione di quel finale e, idealmente, dedicandole a Catherine e David, gli eccezionali interpreti di quella meravigliosa love-story che ci ha tenuto compagnia per nove lunghi anni.

Questa è, per tutti voi, la nostra personale versione di "Fair Winds and Following Seas".

Buona lettura!

Mac & Alex

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Capitolo 2
*** Twelve Hours ***


 

Twelve Hours

by

Alexandra

 

 

Sono qui, ferma sulla porta di casa tua, ad osservarti mentre chiudi uno dei tanti scatoloni nei quali hai riposto parte delle tue cose.

Mentre ti guardo sento il cuore stringersi in una morsa dolce e al tempo stesso dolorosa: non posso lasciarti andare.

Non posso restare senza di te. 5489 miglia… Sono troppe!

Sono sempre state troppe anche le poche miglia che separano i nostri due appartamenti… ma quello avrei potuto ancora sopportarlo. Per uno strano e contorto meccanismo della mia mente, sapere di poterti vedere ogni giorno al Jag, sapere che saresti stato sempre lì per me, il mio migliore amico (pur consapevole che da tempo tu avresti voluto essere molto di più), avrebbe potuto bastarmi.

Sei sempre stato un punto fermo nella mia vita; a parte il lavoro, l’unico altro punto fermo. Tutto il resto – altri uomini, altre persone, altri amori… persino i sogni e le speranze… - tutto quanto entra ed esce dalla mia vita in continuazione.

Tu, invece, sei sempre qui.

Fino ad ora. Presto, però, fra poco più di dodici ore, non sarà più così: anche tu uscirai dalla mia vita.

Non ti sei ancora accorto di me,  intento come sei a chiudere uno scatolone.

Nell’osservarti mi rendo conto che amo tutto di te, ogni tuo gesto, ogni tuo movimento. Su di te amo persino quell’orrenda camicia che indossi: è perfetta per farmi venire ancora più voglia di togliertela.

Per ore ho lottato con i ricordi di nove anni… nove anni di una fragile, ma al tempo stesso tenace, altalena di emozioni e sentimenti che ci ha spinto a cercarci, perderci e ritrovarci…

Chissà se anche tu hai vissuto la mia stessa lotta interiore?

Sono trascorsi solo pochi secondi da quando sono arrivata alla porta del tuo appartamento; pochi secondi durante i quali mi sono soffermata a guardarti: non sei più il giovane, aitante e ribelle capitano di corvetta che ho conosciuto in un giardino di rose, dal sorriso ammaliante e dalla personalità travolgente. Ora sei un uomo, maturato nel fisico e nel carattere, molto più serio e responsabile, capace di assumerti l’impegno di crescere un’adolescente. Ma il tuo sorriso è sempre lo stesso e continua a farmi battere il cuore ogni volta che lo vedo. E nei tuoi occhi scorgo ancora quello spirito ribelle e a volte anche impertinente, che spesso mi fa infuriare, ma del quale so di non poter fare a meno.

Mesi fa, su una spiaggia lontana, mi hai detto che quando fossi stata pronta avrei potuto fartelo sapere…

Ora lo sono. Sono pronta per parlare di noi due.

Non sono pronta, invece, che 5489 miglia ci separino per sempre.

Ciao…”.  

Finalmente ti sei accorto della mia presenza. Porti lo scatolone appena chiuso accanto agli altri nell’ingresso e ti avvicini.

Ciao a te!”. Ti saluto sorridendoti e poi entro nell’appartamento. “Una valigia impacchettata è qualcosa di definitivo.”.

Già, per non parlare di un intero appartamento imballato”. Ti sei appoggiato alla pila di pacchi con un sospiro.  E tu? Hai finito?”.

Non del tutto”.

Mentre torni al resto delle tue cose, mi guardo attorno, come per farmi coraggio, e finalmente riesco a dirtelo:

Parliamo di noi, di te e di me”.

Mi stai dando le spalle; alle mie parole ti appoggi con aria quasi rassegnata agli scatoloni ancora vuoti e inizi una frase:

 Nessuno di noi due…

T’interrompo immediatamente, terminandola per te:

… vuole essere il primo a dire addio. Sì, conosco la sinfonia. L’abbiamo cantata per anni.”.

Mi volti ancora la schiena.

Mac, penso che non proverò mai per nessun’altra quello che provo per te…”.

La tua confessione arriva inaspettata. Quest’ammissione, così rara ed insolita in te, mi sorprende non poco.

Lentamente ti giri verso di me e mi guardi negli occhi.

E’ molto lusinghiero...”.

E’ l’unica risposta che riesco a darti, considerato l’emozione che le tue parole hanno suscitato in me.

Ti do un consiglio… non dirlo a tua moglie, chiunque sarà, potrebbe non capire”, aggiungo poi, più che altro per stemperare l’imbarazzo e la sorpresa.

Sorridi brevemente alla mia battuta; poi sollevi un altro scatolone e lo porti accanto agli altri, vicino all’ingresso. Sei serio, però, mentre mi domandi:

Tu capisci?

Diretto e molto esplicito. Non posso che essere diretta ed esplicita anch’io:

Perché non riusciamo a farla funzionare? Perché lasciamo che il fato decida il nostro futuro? No, non lo capisco.

Continui ad armeggiare con gli scatoloni; nel frattempo io mi sono seduta.

Permettimi di farti una domanda personale. Di tutti gli uomini che hai avuto nella tua vita, che cosa ti attratto di loro?

Non mi aspettavo questa domanda. Non me l’aspettavo proprio.

Mi stai mettendo a disagio: non voglio parlare con te degli altri uomini della mia vita. Soprattutto non in  questo momento. Ma dal tono della tua domanda capisco che desideri una risposta sincera.

Sospiro rassegnata; infine decido di dartela, a costo di ferirti:

Beh, mi volevano, e me l’hanno fatto sapere.”.

Alle mie parole smetti di spostare gli scatoloni; ti avvicini e mi siedi di fronte. Il tuo sguardo è intenso, deciso.

Io ti volevo. Tu lo sapevi.

E’ vero. Lo sapevo. Me lo hai fatto ampiamente capire. E’ che in quel momento ero confusa da un altro uomo…

Harm, nessuna donna vuole dover leggere nella mente, e con te c’erano sempre complicazioni – un’altra donna, il lavoro, la ricerca di tuo padre…

So che la mia frase avrebbe molte obiezioni, ma in fondo è anche la verità. O almeno una parte di verità.

Fanno parte del passato”.

Devo concedertelo: hai preso la faccenda sul serio e non stai fuggendo. Non questa volta. Finalmente  sembri proprio deciso al dialogo, come speravo.

Davvero?

E’ inutile negarlo: sono sempre stati questi i miei dubbi e forse ho paura che non riuscirai mai a fugarli. Ma tu sembri di parere diverso. Mi prendi una mano tra le tue.

Mac, abbiamo 12 ore.

Non riesco proprio a trattenermi dal sottolineare:

Abbiamo avuto 9 anni.

Non neghi l’ovvio, ma a quanto sembra ci hai anche riflettuto sopra.

Immagino che mi servisse una scadenza…

Beh, ora ne hai una, marinaio.

Non so neppure io perché rispondo così: per prenderti benevolmente in giro? Per metterti con le spalle al muro poiché, conoscendoti, temo di vederti svicolare nuovamente e non voglio permetterti di fuggire? O perché percepisco qualcosa di diverso in te, la tua emozione e la tua determinazione, e sono io, ora, ad aver paura?

Forse per tutte queste cose messe assieme. O forse per nessuna.

Forse perché, semplicemente, desidero che tu mi prenda tra le braccia.

Quasi lo attendessi, ma al tempo stesso fossi sorpreso dal mio implicito consenso, mi fissi intensamente negli occhi, mentre avvicini lentamente il tuo viso al mio…

Stai per baciarmi? Quasi non mi sembra vero.

Mentre osservo il tuo volto che si protende verso di me, in un flash improvviso ricordo la prima volta che mi hai baciato, quando, ne sono più che sicura, credevi di baciare Diane: avevi anche allora la stessa espressione sorpresa.

Quella volta stavi vivendo una specie di deja-vu, ora sai perfettamente che stai per baciare me. Perché ti sorprendi? Forse per il mio stesso motivo? Perché anche a te pare impossibile che lo stiamo finalmente per far accadere?

Non appena la tua bocca sfiora la mia, smetto si pensare… Neppure io so dire da quanto desideravo che mi baciassi così. 

Le tue labbra sembrano titubanti; forse anche a loro sembra strano incontrare finalmente le mie di nuovo, dopo tanto tempo.  

Con le tue labbra sulle mie, invece, io non mi sento affatto titubante. Passata la sorpresa iniziale, divento impaziente di fondermi con te e, prima ancora che mi abbracci, ti prendo  il volto tra le mani, in una dolce e possessiva carezza.

Ti voglio e ho tutta l’intenzione di fartelo capire.

La tua esitante dolcezza iniziale sparisce non appena ti accorgi della mia risposta; mi stringi con più ardore, cercando in continuazione le mie labbra e il contatto tra i nostri corpi.

Non riesco a trattenere un gemito di piacere quando mi sento stringere a quel modo… Ti desidero, Harm.Ti desidero da morire.

Non appena mi concedi un attimo di respiro, riesco a domandarti, sorpresa dal tuo bacio:

Mi stai facendo una proposta? E questo non è un lapsus freudiano!

Mi guardi intensamente, prima di rispondere.

Ti sto facendo una proposta…” la tua breve pausa mi ferma quasi il cuore in gola… ”Sposiamoci”.

Non mi lasci neanche il tempo di dire qualcosa o di afferrare per bene le tue parole; cerchi di nuovo le mie labbra e sento le tue mani scorrermi sulla schiena, ansiose di toccarmi e di stringermi ancora a te.

E’ fantastico abbandonarmi finalmente nelle tue braccia… Ricambio con desiderio il tuo bacio intenso e ti accarezzo il viso, le spalle, anch’io smaniosa di toccarti… ti sfioro il collo con le dita… vorrei slacciarti i bottoni della camicia, scoprirti il torace e lasciar scorrere finalmente le mani sulla tua pelle…

Sono quasi incredula per ciò che sta accadendo tra noi. Poi realizzo all’improvviso le tue parole e, riprendendo fiato, ti domando:

A Londra?

Mi sorridi, anche se mi sembra di cogliere un certo disappunto perché ti ho interrotto. Forse i tuoi piani erano diversi e non avevi gran voglia di parlare. Ma sei comprensivo, come al solito: “Certo, Londra fa al caso mio!

San Diego fa al caso mio” ribatto io.

Ci accorgiamo immediatamente del problema. Sospiriamo e le nostre teste s’incontrano, appoggiandosi l’una all’altra: sono convinta che, se qualcuno ci vedesse in questo momento, sorriderebbe nel trovare questo nostro gesto tenero e al tempo stesso così rassegnato.

E’ sempre stato questo il punto…”. Vai dritto al sodo.

Se ci sposiamo, uno di noi deve rinunciare alla sua carriera militare”. Puntualizzare, invece, è il mio forte.

Mi sorridi, ammiccando provocante:

Beh, potremmo aspettare fino al mio pensionamento!”.

Lo starai anche dicendo per sdrammatizzare, però potrei strozzarti! Ma sei diventato matto? Non se ne parla nemmeno!

Ho la risposta pronta, non si sa mai che l’idea insana ti passi davvero per la testa:

Sì, qualcosa come un altro decennio o giù di lì, eh?”.

Torni serio e mi guardi negli occhi:

Ti amo, Mac…

Non mi ero accorta di aver trattenuto il fiato, finché non mi sento emettere un sospiro, quasi di sollievo: non so neppure io se per la tanto desiderata dichiarazione  o per la scampata attesa fino alla tua pensione.  Fatto sta che m’impedisce di dirti qualcosa, qualunque cosa. In fondo, almeno un ‘anch’io’ non ci starebbe male…

Ma prima che io riesca a rispondere, hai già ripreso a parlare:

 … Ma io non voglio rinunciare alla Marina e tu non vuoi rinunciare al Corpo dei Marines”.

Per certi versi hai ragione.

Così siamo al punto di partenza…” dico rassegnata, più una constatazione che una domanda. Tu, invece, hai già un’idea.

Credi nel destino?”.

Non sapendo bene che risponderti, dico semplicemente:

Beh, ci ha messo insieme, più o meno…

Il Destino potrebbe farci stare assieme per sempre...”.  

Mi dici queste parole  ammiccando con lo sguardo, come sei solito fare quando capisci d’aver avuto una trovata geniale. A quanto pare sei davvero convinto d’avere la  soluzione al nostro problema.

A volte mi metti paura con le tue idee. Ma in questo momento qualunque idea, anche la più stramba, è meglio della prospettiva di non poter stare assieme a te a causa delle nostre rispettive carriere.

Non mi lasci neanche il tempo di rispondere… hai già ripreso a baciarmi.

Mi abbandono felice tra le tue braccia e, appena realizzo di non aver neppure tentato di capire cosa ti passa per la testa, capisco anche che mi sono arresa al nostro amore.

 

***

 

Oh, Mac! Ricordavo la dolcezza delle tue labbra e la morbidezza del tuo corpo premuto contro il mio…

Quando ti baciai sotto il portico dell’Ammiraglio, promessa sposa ad un altro uomo, non mi lasciasti il tempo per abbandonarmi al desiderio, perché dopo aver risposto fugacemente al mio bacio, mi respingesti decisa. Ed io, per anni, sono rimasto con il ricordo del sapore delle tue labbra, a domandarmi come sarebbe stato averti.

Ho odiato il padre di Reneé, che con la sua morte mi ha privato della possibilità di esserti accanto dopo il tuo matrimonio  sfumato, così come ho odiato me stesso per non averti risposto immediatamente quando mi hai chiesto se avrei lasciato lei per te.

Avrei potuto uccidere Webb e Galindez per aver fatto irruzione in quella camera d’albergo in Paraguay, proprio mentre stavo per baciarti e, se tu lo avessi voluto, per fare l’amore con te…

La nostra storia ha diversi momenti interrotti, diverse attimi sfumati… ma in questo momento è tutto diverso.

Ora sei finalmente tra le mie braccia. Le tue mani non mi respingono, al contrario sento che mi cercano. E le mie sono impazienti di toccarti, di farti mia.

La porta…” più che la tua voce, percepisco un sussurro affannato, che mi arriva lentamente al cervello.

Hai ragione, la porta è ancora aperta. E noi siamo qui, su due sgabelli, intenti a baciarci come adolescenti, incuranti di tutto, tranne che dei nostri corpi abbracciati.

Meglio chiuderla.

Ma è così difficile lasciare le tue labbra… Non credevo che sarebbe stato tanto difficile.

Suvvia, un po’ di fantasia, Capitano Rabb! In fondo sei una stazza d’uomo e lei, sempre così forte ed indipendente, in questo momento sembra persino fragile, mentre il suo corpo pare sciogliersi sotto le tue carezze. Cosa aspetti?

Senza abbandonare la tua bocca, ti passo rapido una mano sotto le ginocchia e ti prendo in braccio. Superata la sorpresa per il mio gesto, ti abbandoni quasi fossi indifesa.

Raggiungo a fatica la porta, trattenuto più dalla necessità di non smettere di baciarti che dall’attenzione che presto agli scatoloni tutti attorno. Quindi la chiudo con un rapido calcio. Il leggero incresparsi delle tue labbra sotto le mie mi fa capire che stai sorridendo e che hai apprezzato l’idea.

Punto dritto al letto: che importa se ho già messo via le lenzuola e vi è semplicemente il materasso? Tu sei un Marine, sei abituata a giacigli improvvisati… anche se avrei voluto il meglio per la nostra prima volta insieme, non posso più aspettare.

Ti voglio ora, immediatamente. Nuda tra le mie braccia, come sogno da tempo.

Appena ti rimetto in piedi accanto al letto, ci guardiamo negli occhi e nei tuoi scorgo lo stesso desiderio che sento bruciare in me.

Tuttavia quel letto privo di tutto, che fino a pochi secondi prima mi è sembrato un’oasi irraggiungibile, ora m’imbarazza. Andava bene per dormirci da solo l’ultima notte in America, non per far l’amore per la prima volta con la donna della mia vita.

Scusami, Mac. Ho già messo via le lenzuola…”.

Non mi lasci neppure terminare la frase; mi passi dolcemente un dito sulle labbra e poi inizi a slacciarmi la camicia, un bottone alla volta… me la levi e, rapida, fai lo stesso con la tua maglia, restandomi di fronte in pantaloni e con solo un casto reggiseno a coprirti il petto.

Dio, quanto sei bella!

Quasi non riesco a muovermi da tanto mi sento il cuore in gola.

All’improvviso torna a  riassalirmi l’antica paura di averti, la stessa che mi ha tenuto lontano da te per anni. Non so perché mi fai quest’effetto. Non si tratta di quanto assomigli a Diane. Ora non più. Credo sia dovuto al fatto che fatico a sovrapporre le due immagini che ho sempre avuto di te: l’amica, la compagna di tante avventure, che mi fa sempre sentire a mio agio, e la tua essenza di Donna, che mi intriga ma al tempo stesso mi spaventa per quanto ti ho sempre desiderata.

Ti sfioro il volto con il dorso della mano, in un gesto più riverente che eccitante.

Come sempre tu sai leggermi negli occhi tutto il casino che ho dentro perché mi vieni incontro. Sussurri piano, senza lasciarmi con lo sguardo:

Stringimi, Harm.

Allora mi muovo appena, ti prendo tra le braccia e ti stringo forte a me, come mi hai pregato di fare.

All’improvviso realizzo che sei mia. Mia e di nessun altro. Sei sempre stata soltanto mia. E finalmente le due immagini che ho di te e che ho sempre tenuto separate, si fondono in un unico volto di donna.

Il tuo.

Ti bacio a lungo, lasciando che a poco a poco il mio istinto di maschio riprenda il sopravvento, relegando l’Amico in un angolo della mia mente. Ora che ti ho tra le braccia è più facile di quanto temevo, e tu mi aiuti parecchio, accarezzandomi appassionata.

Ti amo, Sarah”.

E’ così: io amo te. Amo la donna, non più solo l’amica.

Smetti per un attimo di baciarmi e mi guardi negli occhi. Osservo i tuoi riempirsi di lacrime…

Anch’io ti amo. Da moltissimo tempo…”.

So che è vero quello che mi dici, anche se ci sono stati altri uomini. E’ stato lo stesso per me pur con altre donne. Con il pollice asciugo lentamente le tue lacrime, mentre con le parole cerco di dirti quello che prima non capivo e che ora sembra essere così chiaro e semplice. Tu mi ascolti, in silenzio, abbracciata a me e io trovo che sia eccitante averti tra le braccia, mentre sussurro al tuo orecchio i miei pensieri.

E’ la prova che l’Amica e la Donna ormai sono diventate una cosa sola.

A poco a poco labbra e mani prendono di nuovo il posto delle parole…

Dentro di me ho sempre saputo che con te, non appena mi fossi abbandonato all’istinto, mi sarebbe stato troppo difficile trattenermi. Forse è proprio per questo che ho sempre evitato di lasciarmi andare.

Ma ora non resisto più: voglio averti. Sotto di me, sopra di me…

Ti voglio, Mac…

Quasi non mi rendo conto d’avertelo detto. La mia voce è roca, irriconoscibile.

Ti sollevo tra le braccia e ti deposito sul letto, dove ti raggiungo subito dopo essermi spogliato. Mi piace lo sguardo che mi rivolgi: credo che entrambi siamo stati, l’uno per l’altra, un desiderio inconfessato, una specie di sogno proibito.

Non sembra quasi vero che stiamo per realizzarlo…

Termino di spogliarti con calma, lentamente, godendo di ogni immagine con lo stesso stupore con il quale ti guardai la prima volta che ti vidi. Ma non è più il ricordo di un’altra a turbarmi… sei soltanto tu a sorprendermi. Tu, con i segreti del tuo corpo meraviglioso ed è come se li scoprissi per la prima volta su una donna.

Mi tendi le braccia, chiamandomi a te.

Amami…

E’ quasi un sospiro sussurrato, il tuo. Un sospiro che arriva direttamente al mio cuore. Un ordine dolcissimo al quale non posso e non voglio resistere.

E nel quale mi perdo assieme a te non appena ritrovo le tue labbra.

 

***

 

Stai dormendo con il volto posato sul mio seno, una gamba intrecciata alle mie e un braccio attorno ai miei fianchi.

Poco dopo aver fatto l’amore sei scivolato lentamente nel sonno; senza lasciarmi andare ti sei spostato di lato quel tanto che bastava per non schiacciarmi col tuo peso, senza smettere di stringermi.

Sento il tuo respiro leggero sfiorarmi la pelle e il calore del tuo corpo scaldare il mio.

Non voglio fare alcun movimento; potrei svegliarti.

Hai un’aria così tenera, quando dormi!

Sembri indifeso e vulnerabile e quest’immagine contrasta con quella che mostri di solito, forte, attiva e sempre sotto controllo.  Non voglio perdermela per nulla al mondo e starei ore ed ore ad osservarti dormire.

Chissà se stai sognando?

Sarò presuntuosa, ma mi piace immaginare che da oggi in poi i tuoi sogni saranno più belli, più felici. Forse perché sono certa che i miei lo saranno: uno dei miei sogni eri tu e ora, finalmente, sei mio.

E’ così bello far l’amore con te… Sei un amante stupendo, generoso e appassionato. Ma me lo aspettavo, sai?

Hai un lato dolce che nascondi abilmente sotto la tua vivacità, sotto la tua irruenza, persino sotto la tua presunzione; un lato dolce che riveli a pochi, ma che io conosco bene e che ho sperimentato più volte. Inoltre sei molto sensibile ed ero certa che questi aspetti del tuo carattere sarebbero stati la componente essenziale del tuo modo di amare una donna.

Ciò che invece non immaginavo è quanto noi due riusciamo ad essere in sintonia anche a letto, e non solo quando lavoriamo assieme.

Devo ancora riuscire a metabolizzare per bene quello che è successo tra noi e magari non ci riuscirò mai del tutto.

Le nostre vite, tutto il nostro mondo, stanno per essere rivoluzionate completamente.

Riuscirà il nostro amore a sopravvivere a questa ennesima prova?

Se penso a quello che ci aspetta… 

Non so se sono pronta a rinunciare alla mia carriera per seguirti e al tempo stesso non vorrei che fossi tu a doverlo fare.

Saremo capaci di adattarci l’uno alla scelta dell’altro? O a quello che per noi deciderà il Destino, secondo ciò che tu stesso hai suggerito? E sapremo farlo senza rimpianto? Oppure i rimpianti distruggeranno la felicità che da poche ore mi sembra abbia invaso il mondo intero?

Sapessi quanto vorrei che tutto potesse essere semplice come in questo momento, mentre ti guardo dormire.

Come vorrei che il nostro mondo fosse davvero tutto qui, in questo letto privo anche delle lenzuola… Quanto mi piacerebbe che il tempo, d’ora in poi, fosse solo un eterno ripetersi di queste ultime ore, di questo preciso istante in cui il tuo corpo è abbandonato sul mio…

Con un leggero sussulto il tuo respiro cambia e ti muovi leggermente. Sollevi il capo e mi guardi negli occhi. I tuoi non li avevo mai visti così belli.

Sfiori le mie labbra con un bacio dolce e pigro, poi torni a guardarmi e mi sorridi: scorgo nel tuo sguardo una luce maliziosa e capisco che hai ancora voglia di me. La sola idea mi manda il cuore in gola e mi riempie di  un’eccitante aspettativa.

Mentre la tua bocca calda e invitante ritrova la mia, tutti i miei dubbi scompaiono all’istante e comprendo che il nostro mondo è davvero tutto qui, l’una tra le braccia dell’altro, per sempre.

 

***

 

Che ne dici? Lo diciamo a Bud e Harriett?

Non so neppure che ore sono, ho perso la nozione del tempo. Far l’amore con te sembra non bastarmi mai… tu invece sei pratica, come sempre. Ma hai ragione: se c’è qualcuno che si merita di sapere che ci sposeremo, quelli sono Bud e Harriett.

Basta una telefonata…

 Lo so. Sono pigro. Ma chi ha voglia di alzarsi da questo letto?

Harm!

E va bene, me lo merito. Comunque continuo a non aver voglia di alzarmi da questo letto.

Non mi sembra ancora vero di averti tra le braccia… ho quasi paura a tornare alla realtà. Ma abbiamo decisioni importanti da prendere.

D’accordo. Tu chiama Harriett, io chiamo Jen e le dico che ci troviamo tutti da McMurpy’s per festeggiare le nostre rispettive partenze. Così facciamo loro una sorpresa, ti va?

Non so se saprò mantenere il segreto con Harriett…

Sei dolcissima, sai? Hai un’aria così felice che sembri una ragazzina.

Ti attacchi al telefono mentre io mi alzo (di malavoglia, ci tengo a sottolinearlo) e mi dirigo verso il bagno. Prima ancora di aver chiuso la porta ti sento spifferare tutto ad Harriett… voi donne siete davvero incredibili!

Quando esco sei ancora lì, con la cornetta in mano, a ridacchiare felice; non appena ti accorgi di me saluti la tua interlocutrice, lasci libero il telefono e ti alzi, per dirigerti a tua volta in bagno. Chissà se hai deciso di alzarti dal letto tanto rapidamente perché hai captato il mio sguardo affamato?

Vederti lì, sul letto, con solo un lembo di plaid a coprirti i fianchi…

Come ho fatto a resistere tutti questi anni senza mai toccarti, neppure con un dito? Sono stato proprio un pazzo.

Procedo a mia volta con la telefonata che mi spetta, pregustando nel frattempo il momento in cui tornerai tra le mie braccia: astutamente ho fissato l’incontro al pub fra due ore.

Quando esci dal bagno, però, sei completamente rivestita. Devi avere qualcos’altro in mente.

E io, povero illuso, che invece avevo in mente solo te.

Ti siedi sulla sponda del letto per baciarmi, e quando provo ad afferrati per trascinarti sopra di me, reclami e decisa mi fermi.

Lasciami andare…”

Dannazione, Mac, ho ancora voglia di te!

 “Dove vuoi andare?” provo a domandare con il tono più allusivo che riesco a sfoderare.

A farmi bella per dopo”

“Più bella di così? Vuoi vedermi morto, allora!” scherzo, portando una mano al petto e fingendo di sentirmi male. Ma nel frattempo ti trattengo alla vita: chissà che la mia scena buffa non ti faccia provare un briciolo di pietà per il mio povero desiderio frustrato.

Niente da fare, sei irremovibile. Un duro Marine fino al midollo.

Ti alzi con un sorriso sulle labbra: lo so che te la stai godendo un mondo nel vedermi quasi implorare per averti.

E a me piace farti spuntare quel sorriso sulle labbra e quello scintillio negli occhi…

Ci vediamo direttamente da McMurpy’s. Fatti bello anche tu!”  butti lì, mentre apri la porta per uscire.

“Più bello di così?”.

Sento la tua risata risuonare anche sul pianerottolo e sorrido a mia volta perché sono consapevole che mi terrà compagnia finché non ti rivedrò “ancora più bella”.

Già lo so: avrò bisogno di tutto il mio sangue freddo da top-gun per resisterti mentre saremo con gli altri!

 

***

 

Aspetta, Harm… Apri almeno la porta…”

Devo fermarti. Pensa se qualcuno ci vedesse… ma per tutto il tragitto in auto le tue mani non hanno saputo stare al loro posto e ora sembrano più impazienti che mai.

Hai due gambe stupende, lo sai?” mi sussurri all’orecchio, regalandomi brividi ovunque, e nel frattempo tenti di nuovo di sollevarmi il vestito.

“Harm, smettila!”

Non posso fare a meno di sorridere, mentre cerco di fermarti. Non ho un’aria granché convincente… Sono ore che medito come toglierti alla svelta quella fascia alla vita e come slacciare rapidamente i bottoni della tua camicia senza essere costretta a comperartene una nuova…

Forse saremmo dovuti andare da McMurphy subito, senza prima fare l’amore.

E’ da quando ti ho visto entrare da McMurphy’s che lo spacco del tuo vestito mi tenta… non dovevi farti tanto bella se volevi che restassi tranquillo!”

“Smettila di parlare e deciditi ad aprire quella dannata porta, Capitano Rabb!”

Il sorriso e lo sguardo che mi rivolgi mi fanno capire che ti stai divertendo un mondo a stuzzicarmi. E io adoro saperti così.

Meglio che non pensi a quante volte, in tutti questi anni, avremmo potuto scherzare in questo modo, pregustando quello che sarebbe successo poco dopo…

Che due stupidi che siamo stati!

Non hai ancora terminato di richiudere la porta e già ti sto sfilando la giacca della divisa di gala… ridacchi soddisfatto, felice di scoprire che non sei il solo ad aver voglia di spogliarmi.

Quando, poche ore prima, ti ho salutato dicendo di farti bello, non immaginavo che prendessi tanto alla lettera le mie parole: sai bene di essere irresistibile in alta uniforme. Però ora ti voglio in tutt’altra versione.

Sei tu, tuttavia, ad essere più rapido nello sfilarmi l’abito che indosso, mentre baciandomi mi sospingi contro la parete… Le mie mani trafficano con i bottoni, ansiose di toccare di nuovo la tua pelle; le tue, invece, hanno già trovato la mia…

Perché hai fermato Bud?” mormori al mio orecchio, scostandomi i capelli con una carezza che mi fa rabbrividire.

Ma ti pare il momento di farmi questa domanda?

E tu? Perché lo hai fatto?” Non ce la faccio a risponderti. Non mentre mi tocchi così.

“Non finiremo mai, vero?” chiedi, smettendo per un attimo di baciarmi.

Che cosa?”

Oh, ma perché vuoi parlare? Non riesco a connettere… figuriamoci a seguire un discorso. Baciami, Harm. Continua a baciarmi…

“Di rispondere con una domanda ad una domanda”.

Cosa vuoi che ti dica? L’unica cosa cui riesco a pensare sono le tue labbra che scendono lente dalla mia spalla, lungo il mio braccio…

Sei stato tu a fermare per primo Bud…”.

“Lo abbiamo fatto assieme”.

“Perché non hai voluto sapere cos’aveva deciso per noi il destino, Harm?” finalmente ho terminato di slacciarti la camicia e, mentre sfioro la tua pelle calda, posso concedermi il lusso di farti parlare: per qualche attimo le mie mani sono placate.

Ma non ho fatto il conto con altre parti del mio corpo. Mi stringi più forte, il mio seno incontra il tuo petto, pelle contro pelle… Ed è la fine.

Mi sono reso conto di amarti al punto da non volere che fossi tu a dover rinunciare alla tua carriera…”

Mi stai dicendo cose bellissime, ma chi le ascolta? Le gambe mi cedono…

“Anch’io.”.

Devono aver ceduto anche le tue, perché siamo inginocchiati a terra.

Anch’io… cosa?”

Oh, accidenti a te! Cerca di capire… No, Harm. Non farmi questo. Non se vuoi che ti dia una risposta coerente…

Anch’io cosa?” Insisti. E sorridi. Lo sai di farmi morire… Ma come faccio a parlare se ti stendi a terra e mi trascini sopra di te?

Anch’io ti amo… e non voglio che sia tu a dover rinunciare…” Ecco, l’ho detto. Ora baciami, ti prego…

“Allora si va a S.Diego.”

Sapevo che avevi un secondo fine… ma non io non cedo: “Niente affatto. Vengo a Londra con te”.

“Così siamo al punto di partenza, donna ostinata”.

Baciami, dannazione a te!

“Al punto di partenza, sì, ma con decisioni diverse”.

“Però questo non risolve il problema…”

Dio mio, sei davvero esasperante.

“Lo vuoi risolvere proprio ora, Harm?”.

“Non abbiamo molto tempo…”

“Perché allora non stai zitto e non continui?”

“Continuo a fare cosa?” mi mormori all’orecchio con tono divertito.

Lo sai, vero, che mi stai facendo impazzire?

Certo che lo sai.

Le tue mani scendono lungo la mia schiena, dirette ai miei fianchi, in una carezza lenta e calda che mi fa sentire ancora più tua…

Quanto mi piace questa sensazione! Questo sentire di appartenerti e sapere al tempo stesso che sei mio.

Finalmente smetti di parlare e mi dai quello che voglio, quello che vogliamo entrambi da prima ancora di entrare in casa.

Siamo stesi a terra, sul pavimento di casa tua; fra meno di otto ore saremo su un aereo, diretti da qualche parte, incontro ad una nuova vita. E non abbiamo ancora deciso dove.

Londra? S.Diego?

In fondo che importanza ha dove andremo? L’unica cosa importante è quello che è iniziato alcune ore fa proprio qui, in questo appartamento.

La nostra vita assieme.

 

 

 (... to be continued)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** The Bride ***


The Bride

by

Mac

Non era una giornata come tutte le altre, quel sabato mattina, quantomeno non era destinata ad esserlo: sarebbe stata la giornata in cui mi sarei innamorato di una donna bellissima e non ne avrei mai conosciuto il nome.

Era stato un periodo molto brutto per me, a seguito di una lunga malattia mia madre, una donna forte e combattiva, aveva dovuto cedere le armi e se ne era andata serenamente e in pace proprio la settimana prima.

E così al mondo non mi restava più nessuno, tranne la mia gatta e l'appartamento di mia madre da risistemare e vendere.

Quel sabato mattina, non so perché, decisi di entrare nella chiesa che si trovava vicino a casa mia. Non che sentissi il bisogno di conforto spirituale, né tantomeno volevo inginocchiarmi e pregare Dio che il dolore per la scomparsa di Beatrice si attenuasse. Non avevo bisogno di questi schermi spirituali, sapevo che il dolore non si sarebbe calmato nell'immediato, e che solo il tempo avrebbe potuto renderlo sopportabile fino a trasformarlo in una dolce malinconia.

Comunque vidi la chiesa aperta ed entrai.

Mi sedetti sulle ultime panche della navata centrale, e ammirai l'abside completamente inondata dal sole della tarda mattinata. Non era una chiesa molto grande, probabilmente neanche era aperta tutti i giorni. Certo, io con il mio noto agnosticismo non  me ne ero mai accorto: passavo davanti a quella chiesa ogni santo giorno che Nostro Signore mandava in terra per andare al lavoro e non l'avevo mai notata prima. Come dicevo, mi sedetti sul fondo della navata e per un po' di tempo stetti in ammirazione dell'altar maggiore dove alcuni chierichetti andavano avanti e indietro affaccendati. Probabilmente di lì a poco si sarebbe celebrata la funzione del mezzogiorno o qualcosa di simile…

Nel frattempo, i pensieri si accavallavano nella mia mente: ricordi dell'ultimo periodo di vita di mia madre accanto a quelli, più sereni, dell'infanzia. Mio padre non l'avevo mai conosciuto, ci aveva abbandonato subito dopo la mia nascita. Un giorno Beatrice mi disse che, se avessi voluto cercarlo, lei non avrebbe opposto resistenza. Le risposi che non m'importava nulla di lui, se ne andasse pure al diavolo! Mia madre mi rimproverò aspramente, mi disse che non dovevo pensare così di mio padre e comunque di ogni persona in generale, prima di giudicare dovevo conoscere i motivi che l'avevano spinto a quel gesto.

Ma a me non importava: lui se ne era andato e io non l'avrei mai perdonato per questo.

Seduto in quella chiesa in un soleggiato sabato mattina di Maggio, e perso nei miei pensieri e nei miei ricordi, non mi accorsi che pian piano la navata si stava riempiendo di persone vestite come se dovessero assistere ad una cerimonia. Lì per lì pensai alla funzione del mezzogiorno, ma quando mi avvidi dei  fiori che ornavano le panche e del tappeto rosso srotolato a terra, capii che quella non sarebbe stata una "normale" funzione. Feci per alzarmi ma era ormai tardi: l'organista sopra di me stava già intonando la marcia di Mendelssohn.

Mi voltai e la vidi: stava avanzando al braccio di un uomo molto alto in uniforme, sulla sessantina, sembrava che tutto intorno a lei risplendesse di luce e di gioia. Non vidi il suo volto perché coperto dal candido velo dell'abito da sposa, ma potei intuire il suo sorriso da dietro quel velo: radioso e luminoso come un sole di Luglio.

Camminò pian piano, sulle note della marcia nuziale fino all'altare, dove nel frattempo, si era materializzato un altro uomo, anch'egli in uniforme ma più giovane dell'accompagnatore.

Non appena lei si avvicinò al promesso sposo, il suo accompagnatore le lasciò il braccio, così idealmente consegnandola all'uomo che sarebbe divenuto suo marito.

Quest'ultimo le sollevò il velo e solo allora scoprii, pur se da lontano, tutta la radiosità e la bellezza di lei.

Un viso bruno dall'ovale perfetto, incorniciato da una cascata di capelli scuri al momento raccolti nell'elaborata acconciatura che aveva scelto per quel giorno speciale. Il giorno più bello della sua vita.

Si vedeva che era felice di essere arrivata fin davanti a quell'altare, guardava il suo sposo con aria rapita e sognante riservandogli il più dolce dei sorrisi.

Avrei voluto essere io al posto di quell'aitante ufficiale che rispondeva ai sorrisi della futura moglie con il medesimo trasporto, trattenendosi a stento dal baciarla prima ancora che l'anziano reverendo di colore avesse pronunciato le parole che li avrebbero legati per sempre, nel bene e nel male.

Si strinsero solo le mani, ma quel gesto parve sprigionare una scarica elettrica nell'aria. Anche gli invitati se ne accorsero e più di uno di loro si guardò scambiandosi occhiate d'intesa.

Mi sembrava di essere capitato nel capitolo finale di una storia d'amore durata troppo a lungo e che aveva vissuto parecchi alti e bassi.

Il reverendo di colore cominciò a recitare il suo sermone, mentre gli sposi si sedettero sulle due sedie di velluto proprio davanti al pulpito del prete, che evidentemente li conosceva bene perché quel discorso era indirizzato proprio a loro e a loro soltanto.

Io continuavo a fissarla, anche se ne potevo vedere solo la schiena, ma mi immaginavo ogni singolo particolare di quel volto meraviglioso e di quel sorriso che mi aveva sciolto il cuore. Sembrava che avesse avuto il potere di lenire il dolore della mia recente perdita, ed esso era divenuto all'improvviso più sopportabile.

L'intera congregazione scomparve dalla mia vista, esistevamo solo io e lei. Ma ancora non sapevo come si chiamasse.

Attesi dunque con trepidazione il momento in cui il reverendo avrebbe pronunciato la formula di rito.

Gli sposi si alzarono, sempre tenendosi per mano e molte delle signore presenti, intuendo che il fatidico momento era giunto, estrassero i fazzoletti dalle borsette, mentre gli occhi si riempivano di lacrime di gioia. Anche l'anziano ufficiale che l'aveva accompagnata all'altare mostrò qualche segno di cedimento…

Il reverendo cominciò a pronunciare le parole che li avrebbero resi marito e moglie.

"Sì" rispose lui con voce profonda anche se rotta un po' dall'emozione. Dopotutto, pensai un po' cinicamente, con quel "sì" rinunciava di fatto alla sua libertà da scapolo, promettendo amore e fedeltà ad una sola donna… ma del resto QUELLA donna in particolare valeva tutte le promesse di questo mondo.

Tutti gli invitati furono scossi da un brivido d'emozione al sentirlo pronunciare la risposta alla domanda del reverendo: "vuoi tu prendere in moglie?".

E poi, poi fu la volta di LEI.

Volse lo sguardo, ma solo per un attimo, agli amici che le stavano alle spalle, e per una frazione di secondo incrociò anche i miei occhi. E io fui perso.

Poi tornò a rivolgere la sua attenzione al padre, concentrandosi sulle sue parole, quasi immagazzinandole in sé per non lasciarsele più sfuggire, per vivere quel momento in tutta la sua pienezza.

Immaginai che dovesse aver combattuto a lungo per arrivare fino a lì, che avesse sofferto moltissimo prima di accaparrarsi l'amore dell'uomo che le stava accanto.

Quel brevissimo istante in cui i nostri occhi si erano incrociati mi avevano rivelato moltissimo di lei e mi avevano fatto perdutamente innamorare di una bellissima donna che stava per diventare la moglie di un altro.

O forse era il mio bisogno di ancorarmi a qualcosa a farmi pensare così?

Non lo sapevo, sapevo solo che il mio cuore batteva all'impazzata e che avrei dato il mio braccio destro per essere all'altare accanto a lei. Avrebbe saputo come consolarmi, avrebbe avuto le parole giuste per aiutarmi a superare il dolore per la morte di Beatrice, avrebbe reso la mia vita piena e degna di essere vissuta.

Il reverendo le chiese: "vuoi tu prendere come marito?" e lei, angelica e radiosa come solo una sposa può esserlo, rispose "sì".

A quel punto il reverendo li dichiarò marito e moglie e fu allora che tutti i presenti esplosero, impedendomi di sapere il nome della donna il cui ricordo mi avrebbe accompagnato per sempre.

 

 

 

(... to be continued)

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Capitolo 4
*** Somewhere over the Rainbow ***


Somewhere over the Rainbow

by

Alexandra

“Ehi, sei arrivato, finalmente!”.

“Credevi che non sarei venuto?”

“Sei in ritardo, come al solito.”.

“Di poco…”.

“Sai bene che quando si attende qualcosa il tempo sembra non passare mai.”.

“Neanche per il tuo orologio interno?”

Sorrido, dolcissima: “Ti aspettavo…”.

“Avevamo un patto, ricordi?”.

“E tu mantieni sempre i patti, vero?”

“Non l’ho fatto anche l’altra volta?”

“Con un anno di ritardo. Arrivare in ritardo è una tua specialità.”.

“Ma non per colpa mia, quella volta. Quando finalmente ho potuto fare ciò che desideravo, siamo stati rapidi. Anche se non eravamo più single…”.

“Devo contraddirla, avvocato!”

“Hai ragione: non eravamo ancora sposati.”.

“Già… ad ogni modo devo concedertelo: quando ti metti in testa qualcosa, la ottieni sempre.”.

“Ti dissi anche l’anno prima che se avessi voluto un figlio, sarei stato felice d’esser io il padre.”.

“Lo ricordo, come se fosse ieri. In quel momento ero distrutta. Mai avrei immaginato che sarei riuscita a diventare madre con solo il 4% di probabilità di restare incinta.”.

“A quei tempi non ti fidavi ancora di me, vero?”

“Mmh… avrei dovuto? Era stata una continua fuga, la tua.”.

“Non direi. Non dal Paraguay. Prima posso darti ragione, ma non dopo. Dopo sei stata tu a fuggire, mettendoti con Webb.”.

“Mi hai odiato, vero?”

“Non ti ho mai odiato, Mac. Odiavo come mi sentivo a sapervi insieme. E’ diverso, molto diverso. E poi non mi fidavo di lui, sapevo che ti avrebbe fatto soffrire.”.

“Lo hai fatto anche tu…”.

“Lo so, ma mai per anteporti la carriera. Perché avevo paura di te, di quello che mi facevi provare.”.

Sorrido e ti sfioro il volto con una mano; ho sempre saputo che ti turbavo, prima ricordandoti Diane e poi facendotela scordare, mentre poco alla volta ti stavi innamorando di me. Per questo, per te, era più semplice amare altre donne… perché non rappresentavano uno dei tanti fantasmi della tua vita.

Lo sapevo, ma a quei tempi faticavo ad accettarlo perché ti volevo con tutta me stessa. Ti ho sempre voluto, anche quando stavo con altri uomini. Forse, proprio in quei momenti, addirittura di più.

“In compenso, dopo quel bacio che mi hai dato prima che 5489 miglia rischiassero di separarci per sempre, hai ampiamente riscattato 9 anni di attese e tormenti! In 12 ore hai realizzato tutti i miei sogni, mantenendo fede anche al nostro patto.”.

“Sai che la ricordo ancora la nostra prima volta insieme? La ricordo come se fosse accaduto tutto soltanto ieri. Eri bellissima, finalmente nuda tra le mie braccia… Sapessi quante volte ti avevo immaginato così…”.

“Avvocato, non ha più l’età per pensare a certe cose!”

“Penso in continuazione a ‘certe cose’, quando ti sono vicino!”.

“Per quello, anch’io! E’ diventata una costante della mia vita! Prima perché avrei dato non so quanto per essere tra le tue braccia. Poi perché, dopo averlo sperimentato, non ho più potuto farne a meno.”.

“E’ sempre stato bellissimo, tra di noi.”.

“E’ vero. Ma quella volta, nel tuo vecchio appartamento in North of Union Station, è stato speciale.”.

“Anche se eravamo attorniati da scatoloni e su di un letto senza neppure le lenzuola?”.

“Per non parlare del divano…”.

“O del pavimento!” I tuoi occhi ammiccano maliziosi.

“Quello è successo dopo, al ritorno da Mc Murphy. Ricordo che non riuscivi a tenere le mani a posto neppure mentre guidavi…”.

“Quell’abito rosso che indossavi mi stava facendo impazzire.”.

“Per questo, appena entrati in casa, non hai impiegato tre secondi a levarmelo?”

Sul tuo volto compare un sorriso divertito, al ricordo di come ci spogliammo con frenesia prima di fare l’amore sul pavimento, travolti dall’urgenza di riassaporare la passione e il desiderio che ci avevano uniti soltanto poche ore prima.

“Ricordo che anche tu avevi fretta, con la mia divisa di gala!”.

“Tutti quei bottoni… per non parlare della fascia alla vita… Mentre eravamo al pub con gli altri, meditavo sul modo più rapido per togliertela.”.

“Non me lo hai mai detto!”

“Non me lo hai mai chiesto.”.

“Prima o dopo il lancio della moneta?”

“Prima! Dopo eravamo entrambi troppo intenti a fermare Bud.”.

“Hai ragione. Hai rimpianto qualche volta la decisione di non affidarci al destino?”.

“No, mai. E tu? Era stata tua l’idea. Perché poi l’hai cambiata?”.

“Non lo so. Diverse volte, in questi anni, me lo sono domandato, ma non ho mai trovato una vera risposta. Forse l’unica plausibile è che mi sono reso conto all’improvviso d’amarti davvero tantissimo, al punto di poter rinunciare senza rimpianto alla mia carriera.”

“Lo avevi già fatto una volta…”.

“E’ vero. E tu, Mac? Perché cambiasti idea?”

“Per il tuo stesso motivo: non volevo che fossi tu a rinunciare ed ero disposta a seguirti in capo al mondo pur di stare con te.”.

“Ti è mai venuta voglia di domandare a Bud chi aveva vinto?”

“Sì, più di una volta. Ma non gliel’ho mai chiesto.”.

“Anch’io sono stato tentato di chiedere, ma poi ho rinunciato. Del resto non era più importante.”

“In fondo non lo è mai stato. Londra o San Diego? Che importa sapere cosa ci aveva riservato il destino? Siamo stati felici così, come abbiamo scelto noi di vivere. Qualunque fosse la nostra scelta o quella del destino, l’importante era stare assieme. Hai avuto rimpianti per la decisione che abbiamo preso alla fine?”

“No, e tu?”.

“Nessuno. La mia vita è stata bella così com’è stata. Ad ogni modo, tornando a quella sera e alla tua divisa: ho dimenticato qualunque moneta, qualsiasi decisione, persino i disegni del destino, non appena siamo saliti in macchina e hai iniziato ad accarezzarmi le gambe!”.

“Lo spacco di quel vestito mi intrigava molto…”.

“Dobbiamo allo spacco del mio abito, allora, se oltre a rispettare il patto, lo hai persino raddoppiato?”.

Mi abbracci provocante: “Sei tu che temevi che avessi promesso e non mantenuto. Due gemelli erano il minimo che potevo regalarti, dopo il ritardo di un anno sulla scadenza del patto!”.

“La dottoressa aveva detto che certe cure avrebbero potuto facilitare i parti gemellari.”.

“Cerchi sempre di farmi abbassare le ali, vero?”.

“Tu non sai quanto ti ho amato, dopo aver saputo che ero incinta, e per di più di due gemelli.”.

“Vuoi dire che altrimenti mi avresti amato meno?”.

“No, sciocco! Ma quello è stato il dono più prezioso che potessi farmi.”.

“Anche tu. Adoro i nostri figli, lo sai. Quasi quanto adoro la loro madre.”.

“Sono due ragazzi meravigliosi.”.

“Ragazzi? Sono un uomo e una donna fatti, ormai!”.

“Hai ragione. Ma io li vedo sempre come i bambini che sono stati… Ricordi com’erano discoli?”.

“Non mi ci far pensare!”.

“Avresti mai immaginato che anche in questo il nostro patto si sarebbe avverato? Nostra figlia assomiglia a te, ma ha la mia intelligenza e il mio carattere tranquillo.”.

“Tranquilla tu? E poi il colore degli occhi è tuo…”.

“Lo so, mi ha sempre rimproverata per quello! Dice che è un’ingiustizia che suo fratello, che assomiglia a me, tuttavia ha il tuo colore degli occhi. Oltre al tuo carattere impetuoso e alla tua intelligenza, ovviamente. Dice che avrebbe dovuto avere lei gli occhi chiari come i tuoi, visto che è quella dei due che assomiglia più a te, così avrebbe potuto fare strage di cuori!”.

“Più di quello che ha già fatto?”.

Sei buffo, ogni volta che pensi a tua figlia a letto con un uomo… l’avresti voluta sempre bambina e sempre e solo innamorata di te.

“E’ stata dura, vero?”

“Peggio del mio naufragio in mare! O peggio di quando misi il piede su quella bomba!”

“Il problema sta nel sorriso: entrambi i nostri figli hanno ereditato il tuo. E io so bene cosa significa…”.

“Davvero?”.

Ed eccolo, quel sorriso che mi ha sempre fatto sciogliere le gambe e andare il cuore in gola! Lo sfoderi anche ora, sapendo perfettamente quanto lo adoro.

“Nostro figlio e nostra figlia hanno imparato molto presto ad usarlo per farmi cedere. E per sedurre i poveri rappresentanti del sesso opposto!”.

“Mi domando da chi avranno imparato…”.

“Già, chissà da chi?”.

“Sono speciali. Mi mancano, sai? Mi sono mancati molto.”.

“Lo so…”.

“Mancano anche a te?”

“Tantissimo, anche se li ho appena lasciati.”.

“Ce la faranno, Mac. Stai tranquilla.”.

“Lo so, sono forti. Eppure, se penso a loro, sento una morsa allo stomaco e un acuto dolore al petto…”.

“E’ il tuo cuore.”.

“E’ successo così anche a te?”.

“Più o meno, credo. Ricordi cosa dissi al medico?”.

“Sì, lo ricordo. Scherzando dicesti che il tuo cuore era ridotto tanto male perché aveva lavorato troppo, ad amarmi per oltre 35 anni. Il dottore sorrise.”.

“Già… soprattutto quando tu ribattesti che avrebbe dovuto auscultare il tuo e sentire com’era ridotto, perché nel tuo caso si dovevano aggiungere altri 9 anni di pene d’amore!”.

“Che faccia, che fece! E i nostri figli? Ricordi che cosa gli dissero?”.

Non faccia caso a loro, dottore. Sono famosi per voler sempre primeggiare l’uno sull’altra e per punzecchiarsi in continuazione!”.

“Ci conoscono bene, Harm. Il bello è che ci assomigliano tanto ma, a differenza nostra, loro sono sempre d’accordo su tutto.”.

“Ma anche noi siamo sempre stati d’accordo su tutto!”.

“Oh, certo! Quando io la penso come te. Oppure quando riesci a convincermi a pensarla alla tua stessa maniera!”.

“Vedi che siamo sempre d’accordo?”.

Come si fa ad avercela con te quando sfoderi il tuo sorriso e quella faccia da schiaffi?

“Hai sempre adorato punzecchiarmi, vero?”.

“Sempre. Fin dalla prima volta che ti ho vista!”.

“Comunque è bello vedere i nostri figli tanto uniti.”.

“Hai ragione, Mac. E’ bello.”

Fai una pausa e poi, finalmente mi rivolgi la domanda che credevo mi avresti fatto appena arrivato: “Cos’hai tra le mani?”.

“La nostra foto.”.

“Quella dell’Afghanistan?”.

“Sì.”.

“Vuoi dire che l’hai tolta dalla parete di casa nostra? Pensavo che non lo avresti mai fatto.”.

“No. Quella originale l’ho lasciata al suo posto. Ne ho fatta fare una copia quando ho capito che si stava avvicinando il momento… Volevo averla con me.”.

“Perché?”

“Cosicché potessero capire dove stavo andando…”.

“Credi che non lo sappiano?”.

“Sì, lo sanno. Ma volevo esserne sicura. E, soprattutto, voglio che sappiano che saremo insieme. Che sei venuto a prendermi, come mi avevi promesso.”.

“Ti amo, Sarah.”.

“Sarah? Lo sai, vero, che è ben la seconda volta in tutta la mia vita che dici ‘Ti amo Sarah’ ?”

“Per me tu sei sempre stata Mac. Ma sia durante la prima volta che facemmo l’amore, sia ora, voglio che tu sappia che amo proprio tutto, di te: l’amica, la compagna di tante avventure, ma soprattutto la Donna. Anche allora volevo che sapessi che non avevo più paura di quello che rappresentavi…”.

Ricordo tutto: anche quella volta me lo dicesti. E anche allora, proprio come mi sta accadendo in questo momento, i miei occhi si riempirono di lacrime.

“Ti amo, Harm. Ti ho sempre amato tanto…”.

Con il tuo solito gesto del pollice, tenero e dolcissimo, mi asciughi le lacrime, esattamente come facesti tanti anni fa.

“Dammi la mano.”.

“E’ ora, vero?”.

“Sì, dobbiamo andare. Sei pronta?”.

“A seguirti? Certo, come sempre.”.

“Hai paura?”.

“Un po’. Ma so che ci sarai tu, con me.”.

“Non ti lascio, Mac.”.

“Dove mi porti?”.

“Lassù…” e mi indichi una luce chiara, abbagliante, ove in lontananza si intravede un gioco di colori.

“Sembra bello.”.

“Lo è, fidati.”.

“Mi sono sempre fidata di te, lo sai. Ci pensi, Harm? Noi due, insieme per sempre…”.

“Ce la farai a sopportarmi?”.

“Ho avuto un buon addestramento. E tu?”.

“Anche se non sono un Marine, credo che riuscirò a resistere! E poi ho già volato con te…”.

“Non mi ci far pensare!”

“Questa volta non ci saranno incidenti. E’ una promessa.”

“Per te è un po’ come tornare ai vecchi tempi, non è vero?”.

Non serve neppure che mi rispondi: te lo leggo negli occhi che sei felice. Ed è bello saperlo. E’ consolante.

Tu hai sempre desiderato essere libero in cielo e ora lo sei. E fra pochi attimi lo sarò anch’io, con te.

Ti porgo finalmente la mano e nel prendermela la stringi forte, per farmi capire che andrà tutto bene.

“Sarà meraviglioso, amore. Insieme per sempre. Lassù… da qualche parte oltre l’arcobaleno.”.

 

 

The End

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