Everything is broken up and dances.

di Dernier Orage
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1/4 30 Dicembre ***
Capitolo 2: *** 2/4 31 Dicembre ***
Capitolo 3: *** 3/4 1 Gennaio ***
Capitolo 4: *** 4/4 2 Gennaio ***



Capitolo 1
*** 1/4 30 Dicembre ***







Everything is broken up and dances.










30 Dicembre 1981.
L’appuntamento era al capolinea delle corriere, tra le banchine deserte e il pallido sole invernale in una fredda giornata dai colori spenti e dalle voci coperte dal frastuono del vento. Ismael era arrivato accompagnato in macchina dal padre, il montgomery blu, il basco di feltro nero con il bordino di cuoio appartenuto ad Jean Jacques quando era nell’esercito, portato non piegato a sinistra ma sul retro e spoglio dei fregi e dell’insegna, avvolto in una sciarpa di lana scura.
Stava sbuffando e strattonando il proprio bagaglio dalle mani del padre, aveva trasformato l’adorazione e la stima che provava per lui da piccolo in una rivalità pronunciata e astiosa. Stephane lo ammirava come non poteva impedirsi di fare, venerava ogni virgola del suo essere, ogni mutamento, ogni profondità ed ogni asperità, lo trovava fantastico, bellissimo, assolutamente magnifico e a volte si ritrovava a chiedersi se quella bellezza fosse reale o solo una proiezione del suo amore; indubbiamente era affascinante e mesmerizzante, perché gli altri non se ne accorgevano?
- Ciao Stephane.- Lo salutò Jean Jacques, le rughe sulla fronte profonde e delineate, le palpebre cadenti e il naso camuso, ciocche bianche tra i capelli rossi. Indossava un trench sopra il completo formale e giocava con le chiavi della Porsche.
- Ciao.- Rispose cordiale Stephane aggiustandosi lo spallaccio del borsone sulla giacca.
- Solite cose, siate coscienziosi, appena arrivati andate ad avvisare la vicina così eviterete una visita della Gendarmerie… Prima di partire ricordate di chiudere il gas e svuotare la cisterna dell’acqua, chiudete tutti gli infissi. Il resto Ismael lo sa già.- Snocciolò Jean Jacques appoggiandosi al cofano e incrociando le gambe distese davanti a sé.- Mi raccomando. Oh, e questa bella ragazza?-
Charlotte, la nipote del giudice André Debon, li raggiunse con le gote arrossate e un sorriso timido. Salutò Jean Jacques baciandolo sulle guance, si accostò a Stephane facendogli il solletico con i capelli simili alla criniera di un leone, biondo miele, ricci e voluminosi, dalla consistenza stepposa e selvaggia. Stephane si voltò verso il viale per vedere se riusciva a scorgere Maurice o la corriera in lontananza quando arrivò il turno di Ismael, e non sarebbe stato un bacio sulla guancia, non davanti al padre.
Era la finzione, il teatro. L’alibi.
Preferiva voltarsi e non vedere, per non correre il rischio di cominciare ad odiare Charlotte, dopotutto lei li stava salvando ripetutamente da un esercito di demoni invisibili, forse inesistenti. Eppure quel suo essere uno scricciolo – e Stephane avrebbe sempre immaginato una ragazza di bassa statura accanto ad Ismael, non sapeva neanche il perché, dopotutto a Ismael nemmeno piacevano esteriormente le donne; quei suoi bellissimi capelli, boccoli di sole e miele, e quell’aria spersa con gli occhi chiari e l’espressione dolce sui lineamenti morbidi; non potevano far altro che acuire la gelosia.
- Aspettatemi!- Urlò Maurice inseguendo la corriera, a duecento metri di distanza.
Jean Jacques rise e li salutò:- Chiamate appena arrivati. Divertitevi.-
Salì sulla Porsche ed con poche manovre nel vialetto di un garage imboccò il viale in senso contrario, pigiando sul clacson per salutare Maurice.
Maurice stretto nel bomber grigio e rosso risaltava come una foto tessera. Il naso camuso sopra le labbra sottili e rosee, gli occhi chiari e i capelli biondo spento. Un viso da boxeur non giustificato dal nuotatore che era. Maurice boccheggiò lasciando cadere il borsone sul marciapiede: - Come state ragazzi?-
- Contemplavamo il tuo ritardo.- Gli rispose con un cenno Stephane, sorridendo.
- Non trovavo una cassetta, non la vedremo mi dispiace.- Provò a giustificarsi Maurice, aspettando che gli ultimi passeggeri scendessero dalla corriera.
- Non abbiamo il videoregistratore, comunque.- Affermò Ismael cercando in tasca i franchi per il biglietto. Lo guardò in viso, gli angoli della bocca increspati e gli occhi socchiusi.- Abbiamo una cantina, una libreria, un giradischi, Stef ha dei cartoncini viola e hashish.-
- Hey!- Stephane gli fece cenno di abbassare il volume per non farsi sentire da una vecchia con un fazzoletto sui capelli.- Intendeva dire che non ti annoierai.-

Occupavano gli ultimi sedili, Ismael addormentato con il capo contro lo stomaco di Stephane, Charlotte con la propria mano copriva il gomito di Ismael e si trovava nel mondo dei sogni da una ventina di minuti. Stephane e Maurice erano concentrati ad ascoltare un programma sportivo radiofonico ed ogni tanto commentavano le formazioni delle squadre di calcio o insultavano qualche allenatore. Qualche raggio di sole filtrava attraverso le nuvole e faceva risplendere le zolle di terriccio e gli sprazzi di neve, il recinto e la stalla di un maneggio, il manto di un cavallo, il caschetto e gli stivali di una ragazza. Quattro ore e mezza di pullman, un cambio a Saumur e un’altra mezzoretta verso la campagna. Nell’ultimo tratto i discorsi si erano focalizzati sulla figura di d'Alembert in termini puramente scandalistici.
La casa, ereditata dalla nonna di Ismael, era in pietra, su un piano più il solaio, una piccola tettoia all’ingresso. Un giardino con degli alberi da frutto, completamente spogli, nessun cancello o recinzione, appena la cassetta della posta. Era caratterizzata da un grosso soggiorno e ingresso, separato da un muretto dalla cucina con i ripiani in marmo e le pentole di rame. Un divanetto e due poltrone di vimini con i cuscini dalle stoffe fantasia, un camino decorato con delle fotografie d’epoca. Le scale cigolanti per il piano superiore, composto da due camere da letto, un bagno ed uno studio, divisi da sottili muri ricoperti di vari strati di carta da parati. Al piano terra c’era la camera da letto patronale e un altro bagno.
- Stef, Maurice, scegliete in quale camera dormire, quella a sinistra è la mia.- Avvisò Ismael, perfettamente conscio che quella notte Stephane avrebbe dormito con lui, ma impossibilitato a darlo per scontato, non con Maurice. Era più sicuro mantenerlo segreto, anche con le persone fidate. Charlotte sarebbe rimasta l’unica a sapere ancora a lungo.
- Perché c’è la carta da parati strappata?- Domandò Maurice sollevando un lembo di carta azzurra e scoprendo gli strati inferiori di colla, carta a fiori e carta a righe.- E’ inquietante.-
- Volevo vedere cosa c’era sotto.- Mormorò Ismael.
- Ci dormirò io, tranquillo.- Stephane rassicurò Maurice e posò il borsone davanti alla porta, non prevedendo di disfarlo ma di trasferirsi di nascosto al piano inferiore. L’avere la casa completamente a disposizione avrebbe spostato il fulcro adolescenziale della camera da letto al salotto, soprattutto per il calore del camino.

- Fate piano, Charlotte sta parlando al telefono con la madre.- Ismael fece cenno di abbassare il tono per non disturbarla, appoggiato allo stipite della porta, con la schiena copriva Charlotte.- Non vedo perché Murielle e Stephanie debbano avere queste voci maschili.-
- Murielle?- Bofonchiò Maurice con la bocca piena di minestra.
- Secondo te l’avrebbero lasciata venire avessero saputo che partiva con tre ragazzi? Ovvio che ha inventato due care amiche: Murielle e Stephanie.- Gli spiegò Ismael passandosi il dorso della mano sulla fronte.
- Ma io…- Maurice accennò una debole protesta brandendo un cucchiaio tra le dita.
- Zitto Maurice, va bene così.- L’occhiata eloquente di Ismael gli fece morire le parole in gola. Stephane sorrise soddisfatto e orgoglioso.

La sera rimasero ad ascoltare le riflessioni di Ismael sul tappeto davanti al camino, il suo modo di vivere, la sua etica, la sua politica, le sue utopie, erano giustificate dalla storia, dalla poesia, dalla musica, dalla letteratura, dalla scienza. Convivevano come rami dello stesso albero, come radici, mille collegamenti, linfa. Voleva mostrare loro perché non vedeva confini, perché amava le lingue e avrebbe voluto conoscere tutte. La bellezza nelle cose più insolite o talmente comuni da non essere notate, la corteccia, la luce, l’aria. Il soverchiante senso di sconfitta, l’inutilità della vita, la mancanza di uno scopo o di un ideale per vivere erano la spaccatura, la scintilla che forse lo rendeva diverso dagli altri non perché lo accettasse, ma perché pur considerandolo il naturale nemico dell’uomo, si dibatteva nella speranza di trovare non una via di fuga ingenua e farsesca ma una soluzione accettabile. Stephane provò a contare quante volte l’amato aspirò dalla pipa d’argilla ma ben presto lasciò perdere la loquacità inusuale di Ismael per lasciarsi andare a sua volta ai sentori di hashish.
A grandi linee aveva accettato il grumo d’amore non espresso tra le lingue quando si baciavano.
Per cosa sei in lotta? Perché neghi il sentimento?
Aveva accettato un rapporto ora seduttivo ora rifiutante nella speranza che un futuro lontano da lì, nei liberi quartieri della capitale o ad Amburgo (a Brest i cantieri ancora aperti dal dopoguerra erano finanzianti dalla Germania Ovest e questo li illudeva, facendogli presagire colori e sinfonie e profumi nella BRD), avrebbe creato le basi per un rapporto maturo ed esclusivo. Gli anelli delle catene dell’oppressione interiorizzata si sarebbero sciolti ad un grande fuoco, liberando l’amore non più carezzevole per l’ego o solleticante sotto la membrana dell’endocardio – sentiva il pollice e l’indice nel petto, sotto la pelle e i muscoli, entrargli dentro il cuore e piano piano rilassarlo senza lacerarlo, un leggerissimo contatto tra i polpastrelli ed un lieve calore. Aprirlo alle delusioni future.
- Se non hai progetti…- Aveva esordito Stephane avvicinando poi le labbra ai capelli di Ismael e coprendo le parole con una mano:- Dedicami i tuoi giorni.-
Charlotte a vedere quel gesto così intimo e indolente distolse lo sguardo, per non sciuparlo, e distrasse Maurice sollevando di pochi centimetri la gonna e scoprendo il bordo delle calze di lana sopra le ginocchia.






We knew our
Ideals were high.
The lower we sink,
The less we care why.
( The Sound – Jeopardy )








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Capitolo 2
*** 2/4 31 Dicembre ***







Everything is broken up and dances.










31 Dicembre 1981.
Stephane si risvegliò nudo e avvolto nelle spire delle lenzuola e delle coperte di lana, gli scuretti accostati filtravano la luce del mattino. Tra le pieghe del cotone aveva trovato il buongiorno di Ismael scritto con inchiostro blu su un cartoncino bianco. Non rimpiangeva la sua assenza, gli avrebbe permesso di elaborare accuratamente la notte trascorsa senza i dubbi delle parole sbagliate o la fretta di rivestirsi per non essere scoperti. Sentiva un brivido alla schiena e il profumo della pelle di Ismael infuocata dai ferormoni tra le dita. Spossato ed ebbro di sensazioni e giochi geometrici di lenzuola e parquet si stiracchiò, facendo scricchiolare le dita e le scapole, stringendosi poi i gomiti in un gesto istintivo per riscaldarsi. Si mise un maglione largo ma che gli copriva a malapena le natiche, si infilò gli anfibi e recuperò dalla valigia un ricambio e il rasoio.
Controllò dalla porta se c’era qualcuno in corridoio ed occupò il bagno.
Lo specchio gli rimandò fugacemente il viso arrossato e gli occhi gonfi. Non si aspettava che il disinteresse per la vita, per il mondo dall’altra parte del vetro e a volte i colori, creatosi binomio con il totalizzante desiderio di Ismael, lo lasciasse così indifferente, pensava ad uno smarrimento o ad un disprezzo verso se stesso. Non la fascinazione carica di eroismo e orgoglio come per un mistero rivelato che effettivamente provava. Affondò nell’acqua della vasca e le dita corsero tra i capelli, così innaturali in un’atmosfera atipica, morbidi, setosi, leggerissimi ed estranei. Si guardò le mani, larghe e scure rispetto alla schiena di Ismael. La lussuria sconcertante di poterlo accarezzare tutta la notte, qualche volta di sottometterlo, ancorarlo alle lenzuola, stringerlo, stringerlo, stringerlo. La sua bocca bollente sull’intimità, le trine ombrose delle ciglia sull’ardesia degli occhi. Le mani tra i ricci, accarezzando, stringendo, scostando, aggrappandosi.
Con un respiro profondo Stephane guardò gli schizzi di sperma sullo stomaco. Si risciacquò e con un brivido si avvolse in un asciugamano.

- Allora? Come è andata?- Gli domandò Charlotte versando del porridge di riso nel piatto, intercettando l’espressione contrariata di Stephane aggiunse:- Mangia e non fare domande.-
- Dovresti saperlo com'è.- Accennò Stephane guardando sospettoso la colazione. Charlotte indossava una tuta felpata color aragosta, dei calzettoni a righe e un maglione da una fantasia confusa bianca e blu. I capelli raccolti sopra la nuca. Tenuta casalinga, familiare, distratta, rilassata.
- Einmal ist Keinmal. Un’unica prima volta non vale.- Affermò lei riferendosi alla sua prima volta, con Ismael, andavano ancora al collège, era stato surreale, sul pavimento della sua cameretta dopo la sua festa di compleanno, le serrande accostate e delle ghirlande di carta alle pareti. Appoggiò le mani sulle spalle di Stephane, massaggiandole.- Hai lo sguardo sognante.-
- Sto sognando che questa roba si trasformi in biscotti.- Mormorò Stephane sconsolato.
- Stephane! Mettici la cannella e non rompere.- Lo rimproverò lei infilandogli le unghie nella pelle.
- Mi tremavano le gambe, non riuscivo a camminare. E’ stato sconvolgente, come sempre. Lo amo terribilmente.- Charlotte sorrise comprendendo benissimo la sensazione, la stessa provata con Frédéric, il commesso di un negozio di dischi, undici anni più di lei, nell’appartamento freddo e spoglio di lui.
- Buongiorno.- Bofonchiò Maurice comparendo dal corridoio in calzettoni di lana e boxer, assonnato guardò Charlotte per poi chiederle:- Ti da noia? Vuoi che mi vesta?-
- No, no, tranquillo. Non ho problemi.- Affermò Charlotte poggiando un altro piatto sul tavolino e versandogli la colazione.
- Brava. Che cosa sarebbe di preciso?– Domandò prontamente Maurice soppesando l’aspetto della pietanza.
- Porridge dolce di riso. E’ buono, fidati!- Esclamò Charlotte cercando di risultare convincente. Un frastuono assordante li fece accorrere alla finestra per vedere Ismael manovrare un trattore sulla neve ghiacciata. Si dirigeva verso gli alberi, per poi accostarsi dolcemente e scontrarli più e più volte, facendo cadere tutta la neve in cumuli smossi e soffici.- Quello è tutto matto.-
- Esibizionista!- Gli urlò Maurice dopo aver aperto la finestra.
Ismael saltò giù dai cingoli del trattore, il passo ciondolante negli stivaletti di pelle nera, l’ushanka di Stephane calcato sugli occhi, i lacci liberi sulle spalle, le mani affondate nelle tasche del cappotto. Charlotte corse ad aprirgli la porta, le sporte di stoffa cariche di frutta secca, uova, burro, pane, arance e mele, due bottiglie di vodka, una stecca di Benson & Hedges, sulla veranda. Una scatola da scarpe tra le mani, aperta per mostrare a Stephane un coniglietto bianco a macchie beige.
Charlotte guardò la creatura affascinata:- Potresti chiamarlo Chanel.-
- Io non chiamo un coniglietto innocente come una nazista. Povero coniglio.- Si lamentò Ismael con un’espressione offesa.
- Benno.- Mormorò Stephane, indeciso se provare ad accarezzarlo o non farlo, nel timore di spaventarlo.
- E’ perfetto.- Ismael rivolse a Stephane uno sguardo penetrante, quasi a volergli leggere dentro, un sorriso leggero e sincero in volto.
- Perché Benno?- Domandò Charlotte prendendo una sporta per svuotare e riordinare in cucina, aiutata da Stephane con le restanti.
- E’ stato uno studente assassinato dalla polizia nel 1967, a Berlino. La sua morte ha ispirato la fondazione della Rote Armee Fraktion.- Le spiegò Stephane decidendosi ad accarezzare l’animale tra le orecchie e sul dorso, il pelo era morbidissimo e aveva lo stesso potere catalizzante dei batuffoli di cotone, con l’aggiunta del lieve tepore, i movimenti vibranti, un fremere sotto il palmo della mano.- Ne ho parlato in radio con Paskou, un paio di settimane fa.-
- Stef, noi a quell’ora dormiamo, hai presente?- Disse Maurice lasciandosi cadere sullo sgabello e preparandosi psicologicamente a finire il porridge di Charlotte.
- Per essere uno che fa lo scientifico per mortificarsi... - Accennò Ismael richiamando al personaggio di un racconto di Sartre.- Certo che sei ben strano.-

Charlotte era riuscita a convincere Maurice ad aiutarla a cucinare sia per pranzo che per cena, scontrandosi con la totale incapacità ai fornelli del ragazzo e la mancanza del benché minimo spirito pratico.
Almeno il frigo e la credenza erano pieni e sarebbe stato facile inventarsi qualcosa oltre al togliere dalle mani di Ismael il bicchiere con spremuta d’arancia e vodka. Li aveva mandati a cercare delle castagne in un bosco vicino, in modo da permettere loro qualche ora da soli, ma li immaginava nel parcheggio di un ristorante a divellere gli stemmi delle Mercedes e lanciarli nei campi; quei due distruttori, teppisti, nichilisti. Charlotte cercò un’altra parola per descriverli ma non la trovò, li adorava con modi materni e affetto, sperò che la sensazione di doverli preservare scomparisse. Sapeva bene di non essere necessaria, un’amica, una persona meno insopportabile delle altre. Ismael e Stephane si bastavano da soli, con le premure di uno e il proteggere e sostenere dell’altro, i litigi e gli screzi, gli “invece che pensare prima a cosa rinfacciarmi nel litigare, dovresti dirmelo subito senza censurarlo… si eviterebbe una perdita di tempo” di Ismael che facevano infuriare Stephane, il trovare ogni pretesto per stupire ed impressionare l’altro, vivevano aggrappati l’uno all’altro, un fondere di respiri. Charlotte osservò il coniglietto Benno mangiucchiare un gambo di sedano e saltellare nella vasca da bagno, una vita certamente più semplice, senza il bisogno di imparare a trovare un equilibrio perfetto tra troppo e troppo poco, tra presente e assente, tra amanti e amici.

Stephane guardò il pendolo in soggiorno, mancavano quattro minuti alla mezzanotte.
- Mael ed io andiamo a cercare altro vino.- Esclamò saltando su dalla sedia e afferrando Ismael per il gomito, lo trascinò camminando velocemente fuori dalla sala e aprendo la porta della cantina. La richiuse dietro alla schiena e bloccò la maniglia in alto.- Non ho intenzione di brindare ancora.-
- Hai già bevuto abbastanza.- Ismael sorrise e nel buio si distese sui gradini, tenne per i fianchi Stephane, aiutandolo a mettersi cavalcioni sulle sue ginocchia e se lo tirò contro, intrecciando le mani dietro la sua schiena, lasciandole scorrere sulla maglietta, andando a riscaldare i brividi sulle braccia scoperte.
Stephane lo baciò con necessità e con bisogno come un fuoco in mezzo ai ghiacciai, aspirando il profumo di caffè e tabacco, perso tra il suo calore e l’umidità della cantina. Il frastuono dei primi fuochi d’artificio si percepiva ovattato e in lontananza.
- Mi piace quando mi tieni per i fianchi.- Mormorò Stephane arcuando la schiena e spingendosi contro di lui.- Ti amo, ti amo, ti amo.-
Un morso sul labbro, un leggero tirare dei denti affondati nella pelle.
I fuochi in cielo sarebbero stati blu, rossi, gialli. I fuochi dietro le palpebre bianchi e gelidi, il corpo bollente quando i movimenti ricamati e armonici, identici e precisi sarebbero diventati intensi, incontrollati all’apogeo del piacere.
- Questo ti piace?- Ismael gli accarezzò la pelle liscia e tesa sul ventre, i bordi dell’ombelico con le unghie, in un brivido caldo. Stephane annuì, le labbra socchiuse a ricevere un altro bacio al rintocco della mezzanotte.







Wir sind kalte Sterne
(du kannst sehen wie wir funkeln)
nach uns kommt nichts mehr
Bakterien
jede einzelne eine Bakterie,
für dein Hirn,
für deine Seele,
für dein Herz
( Einstürzende Neubauten - Kalte Sterne )








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Capitolo 3
*** 3/4 1 Gennaio ***







Everything is broken up and dances.










1 Gennaio 1982.
Era passato appena qualche minuto dallo scoccare della mezzanotte, i bagliori multicolore in cielo si sarebbero protratti per un’altra mezzoretta. L’inizio di un anno nuovo, sempre più breve rispetto al precedente, sempre più frenetico. Charlotte rimpiangeva i pomeriggi delle vacanze invernali dell’infanzia, passati a fare cartelloni con dipinto adieu 1970, adieu 1971 o a batterlo alla macchina da scrivere. I regali dalle carte colorate e i fiocchi in stoffa, vestitini, orsacchiotti di pezza, libri di colorare. I doni scambiati tra gli adulti l’ultimo dell’anno, cavatappi, carte da gioco, libri, gemelli e fermacravatte.
Charlotte bussò insistentemente alla porta della cantina, l’assenza prolungata di Ismael e Stephane aveva insospettito Maurice, facendolo arrivare a formulare ipotesi su improvvisi coma etilici o attacchi epilettici.
- Catastrofista.- Sbuffò Charlotte tirando un calcio alla porta.- Tutto okay?-
- Buon anno!- Esclamò senza allegria Ismael aprendo la porta ed appoggiandosi al muro del corridoio. Nelle scale della cantina il buio sbiadiva nelle luci tremolanti proiettate dal corridoio. Stephane comparve scompigliato e arrossato, si sistemò la camicia dentro la cintura, abbottonò il colletto e lo ripiegò dentro il maglione; Ismael gli posò una mano sulla schiena.
- Direi di rimandare la tombola a domani mattina. I piatti?- Domandò Charlotte traballando sul tacco degli stivali.
- Faccio io.- Confermò Ismael per poi allontanarsi lungo il corridoio.
Ritornò un paio di minuti dopo, spostando il mobiletto con il giradischi vicino al muretto della cucina, posando la puntina sopra un vinile e lasciando girare la farfalla dell’Elektra Records della sua copia di An American Prayer. Era profondamente affascinato da quella poesia, da quei suoni leggermente dub, psichedelici e dalla tecnica di Ray Manzarek, Robby Krieger e John Densmore, la capacità di creare un album postumo a Jim assolutamente immenso. Si accese una sigaretta e affrontò con l’acqua calda la pila di piatti e pentole sporche.
Stephane vagava per il salone a raggruppare cuscini, recuperare bottiglie mezze vuote e sistemarle sul tavolino, voleva aprire la finestra per cambiare l’aria ma i – 7° Celsius segnalati dal termometro gli fecero cambiare idea. Se si concentrava sul fischiettare di Ismael riusciva ad escludere Charlotte e Maurice ed immaginare un appartamento tutto loro, in qualche città con i locali sempre aperti. Avrebbero invitato a cena gli amici e poi si sarebbero attardati in salotto, poca voglia di riordinare e molta di fare l’amore. Lui sarebbe diventato uno scrittore e nel frattempo avrebbe pubblicato gli articoli più disparati di nera o politica, Ismael avrebbe potuto fare qualsiasi cosa gli piacesse (non avrebbe fatto nessuna cosa non di suo gradimento).
Avrebbero dormito abbracciati tutte le notti della loro vita.
Stephane si sentì infantile a crogiolarsi nel dolce tepore dell’utopia, cercò di scrollarsi di dosso quelle sensazioni per immergersi nel presente; Charlotte e Maurice coricati sul tappeto, hashish tra due strati di tabacco in una pipa d’argilla, due francobolli viola di dietilamide dell'acido lisergico da smezzare. Diciassette anni compiuti da poco più di un mese, guanti di lana bordeaux e sogni sogni sogni.
Stephane si sdraiò e poggiò la testa sul ventre caldo di Charlotte, attraverso le ciglia vide Ismael bruciare del papier d’Arménie, il profumo di vaniglia del benzoino riempire la stanza. A Stephane non importava che Ismael fosse il simulacro di qualcosa di indefinito, qualcosa di cui aveva bisogno e quando si coricò vicino su un fianco e gli posò una mano sullo stomaco, avrebbe voluto ringraziarlo.
- Come non potrei amare degli occhi che ardono?- Mormorò Ismael e Stephane avrebbe voluto ringraziarlo per esistere, ringraziarlo per essere così solo con lui, ringraziarlo per fargli amare l’Ismael sotto la patina polverosa e sfuggente da amante europeo. Poco gli importò se Maurice li avrebbe visti quando lo baciò e baciò, lasciando scivolare la lingua sulle labbra, danzando, mordendo, accarezzando.
Stephane chiuse gli occhi per qualche minuto, per riprendere il fiato e calmare i battiti del cuore. Il giradischi suonava Take It As It Comes, sentiva il dondolio del respiro di Charlotte, i sospiri pesanti di Maurice, le mani di Ismael da quel tocco pulito e perfetto contro la schiena e lo stomaco. Forse l’atmosfera indotta dall’hashish, più le volte che avevano caricato il fornello della pipa e se l’erano passati ed ogni respiro era un bacio, forse quell’abbraccio ideale che Stephane immaginava, le braccia di Ismael attorno al torace, la testa contro il ventre di Charlotte e lei aggrappata a Maurice. Tout le monde a le droit au bien-être.
Albeggiava quando divisero i francobolli di LSD, Stephane ci scherzava sempre, appoggiandone uno sopra l’unghia del mignolo per mostrare le dimensioni identiche. La superficie leggermente tagliente sopra la lingua, i minuti di attesa nell’amplesso caldo sopra il tappeto, tra le note, i respiri, gli albori. Il riverbero della neve, dei soffici fiocchi che cadevano come piume candide in mille giochi geometrici, frattali di ghiaccio in cristalli luminosi. Il blu delle vene sugli avambracci scoperti di Ismael, le maniche della camicia arrotolate assieme al maglione, voleva portarle al viso e leccarle piano, leggermente per sentire il battito, per sentire scorrere il calore. Il profumo inusuale e stonato, recuperato in un’ampolla della memoria olfattiva: pesche mature, quasi fermentate. Calde in un cesto dimenticato al sole, succose e morbide.

Quando ore dopo si risvegliarono il cielo aveva cominciato a scurirsi e farsi di un profondo blu elettrico, perfetto per dei corvi invece che merli o l’estinto mamo nero di Molokai, visione impossibile e assurda quella del volatile polinesiano vestito a lutto nei cieli francesi dal clima nivale. Lo spesso strato di neve nel giardino era ancora morbido e bianco.
Charlotte prese la neve dal davanzale per fare delle granite con lo sciroppo di amarena nella dispensa, lasciò colare il liquido vischioso rosa scuro a contaminare l’immacolato. Tornò con quattro bicchieri su un vassoio e delle pillole per il mal di testa. Maurice si era tirato su e appoggiato con la schiena al divano, le gambe distese davanti, guardava Ismael e Stephane ancora abbracciati nel dormiveglia.
- Tutto okay?- Gli domandò posando il vassoio sul tavolino e andando a rimescolare le braci del camino, aggiunse un tronchetto di frassino stagionato e della resina nera di storace americano.
- Sì.- Maurice si scostò i capelli biondi dalla fronte, il naso camuso arrossato. Era un bel ragazzo, possente, forte, uno sportivo, aveva tutte le qualità del fair play e dell’uomo socievole; magari non capiva la poesia o il suono di certe frasi, però nelle materie scientifiche aveva voti discreti. Non brillava certamente nel maglione beige, le calze a righe.- Ma non era il tuo ragazzo?-
- Più o meno, capita.- Sospirò leggera Charlotte sedendoglisi accanto e lasciando sciogliere la neve sulla lingua.
- Se non da fastidio a te per me è indifferente.- Le comunicò lui con occhi espressivi.
- Bravo.- La neve era morbida e in fiocchi polverosi, dolce e profumatissima per lo sciroppo.
- Devo fingere di non sapere?- Le domandò Maurice incrociando le caviglie e raddrizzando le spalle.
- Credo sia inutile.- Accennò lei indicando Ismael. Il ragazzo, coricato sul pavimento, li guardava con la testa chinata all’indietro. Gli occhi grigi spalancati che seguivano i loro discorsi alternandosi dall’uno all’altra. La fronte ampia, il naso dritto, gli occhi grandi ed incavati. I ricci sparsi sul tappeto.
- Infondo Robert Badinter è riuscito ad abolire la pena di morte, riuscirà anche a depenalizzare l’omosessualità.- Gli disse calorosamente Maurice, intessendo conforto e speranza.
- Vado a preparare i croquemonsieur.- Fece per alzarsi Ismael, inginocchiandosi sul pavimento.
- No! Sparisci sempre, per una volta aspetta che Stephane si svegli. E’ ancora piccolo.- Lo fermò Charlotte. Gli allungò il bicchiere di granita.- Mangeremo più tardi.-
- A meno che non l’abbia svegliato te, urlando.- Le rispose Ismael e Maurice ridacchiò abbracciando la ragazza.- Stephane non è piccolo, è novembrino.-
Ismael si coricò nuovamente di fronte a Stephane. Le palpebre che imploravano baci nel loro fremere nelle fasi del sonno. Il calore emanato dal suo corpo, il profumo della nuca, dei capelli, la bellezza dei suoi colori, le ciglia scure sulla pelle ambrata dalle luci calde.
Sovraesposizione sensoriale. Shake dreams from your hair.

Choose they croon the Ancient Ones
The time has come again
Choose now, they croon
Beneath the moon
Beside an ancient lake
Enter again the sweet forest
Enter the hot dream
Come with us
Everything is broken up and dances.



Vagarono tra i frassini, ornielli e castagni, la luce lunare proiettava ombre lunghe e sfocate. La ricerca di un antico lago, di una radura e di fiori addormentati dalle corolle chiuse, blu, viola, rosso scuro. I sentori di corteccia e resina. La mano di Ismael contro il palmo di Stephane, un contatto caldo, forte, ruvido.
Svanire nella nebbia che calava dalle fronde più alte. Spegnere la luce.
Ritrovare il punto d’incontro tra sogno e realtà. Le note, i diesis.
Un equilibrio per tornare alla vita.
C’era solo silenzio.











λιθος σαρκοφάγος








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Capitolo 4
*** 4/4 2 Gennaio ***







Everything is broken up and dances.










2 Gennaio 1982.
Sentire sotto la schiena un materasso morbido fu un sollievo per Stephane, a pezzi dopo una nottata sul tappeto. Sospirò pesantemente, al risveglio avrebbe dovuto cominciare a preparare le valigie per il ritorno a casa, previsto nel tardo pomeriggio. Non voleva in modo categorico tornare a Brest, dover dividersi di nuovo, perdere quel contatto, quel calore, quella scintilla, quel sorriso. Tornare da sua madre, sorridere sempre al cospetto di qualcosa che non c’era, l’ansia della scuola e delle consegne, i compiti, i trimestri che scorrevano troppo veloci per poter recuperare certe materie, il tempo rubato a tutto, ritagliato per stare con Ismael ed ormai era confuso ed era il contrario, la vita lo strappava al suo amore. Tutti i giorni dalle undici e mezza all’una di notte in radio, assieme a Paskou a dividersi le canzoni, dal roots reggae dell’amico ai suoi dischi inglesi e i Doors per Ismael, gli dedicava ogni canzone e chiunque se ne sarebbe accorto fosse stato attento. La vita era delle sabbie mobili dove ad ogni passo si affondava sempre più.
Dormì poche ore, dense e nere, svegliandosi meno dolorante e meno allegro del giorno precedente. Odiava, nel risveglio, non poter aggrapparsi a qualche brandello di sogno ma riemergere da una coltre scura come inchiostro; era come esser stato morto nelle ore notturne, uno stadio oscillante tra algor e rigor mortis, nel mattino solo l’angoscia. I suoi sogni solitamente erano pieni di luce, così tanta luce da rendere confusi i margini, cieli abbacinanti, acqua incolore su fondali bianchi e gemme talmente brillanti da non distinguerne la tonalità; il nero lo lasciava assetato e cupo, un senso di vuoto e di assenza. Avrebbe dovuto trovare una via di mezzo, un equilibrio, una stabilità ed un’armonia.
Si sedette appoggiando la schiena al muro e distendendo le gambe, accese la luce e ruotò il paralume per smorzare il chiarore. Recuperò dal comodino l’opera di Lautréamont, I Canti di Maldoror, neanche duecento pagine che avrebbe finito di leggere prima che la sveglia suonasse.

“… les émanations mortelles de ce livre imbiberont son âme comme l'eau le sucre.
Il n'est pas bon que tout le monde lise les pages qui vont suivre;
quelques-uns seuls savoureront ce fruit amer sans danger.”

- Accetto il rischio.- Mormorò Stephane cercando tra le lenzuola la mano di Ismael e intrecciando le dita con le sue, portandosela alle labbra e mordicchiandogli le nocche. Non ricordò il nome della fossetta dalla pelle dolce tra il polso e il pollice, sicuramente Ismael lo sapeva, glielo avrebbe chiesto più tardi.

- Benno, Benno.- Articolava Ismael come una canzoncina. Il mento appoggiato al tavolo, le braccia aperte a circolo, il coniglio nano grattava il legno e sfregava il muso contro la guancia di Ismael.
- Sesso.- Accennò Stephane bevendo del latte freddo e spesso, pensò che avrebbe dovuto diluirlo con dell’acqua.
- Cosa?- Gli domando Ismael sollevando Benno con uno scatto e guardandolo zampettare nel vuoto, lo strinse al petto e si alzò per cercare una ciotolina dove mettergli l’acqua e qualcosa da mangiare.
- Parliamone.- Specificò Stephane. Ismael indossava una tshirt larga e i boxer grigi, pensò all’aver trascorso la notte ad accarezzargli le gambe nude, a lasciar scorrere le dita sulle cosce e stringere le ginocchia. Un liquido dolce che scivolava tra i denti e riempiva lo stomaco, una soddisfazione.
- La cosa più bella che si può fare in compagnia.- Proclamò Ismael, perdendo solennità ed acquistando incertezza.
- Queste tue descrizioni mi catapultano in uno stato di sconforto acuto che, non fossimo al piano terra, mi butterei dalla finestra.- Commentò Stephane ridendo.
- Stef, seriamente, dovresti smetterla di voler bene a mio padre e mio fratello.- Vedere lo sguardo di Ismael così cupo fece male a Stephane. L’apocalisse dell’ultimo giorno - l’aveva immaginata leggendo Lautréamont; il peggio soggettivo. Non si sentiva pronto e non riusciva ad ipotizzare un finale che non fosse il solito logoramento, l’arrivare all’assenza di tesi e capire di aver torto entrambi.
- Perché? Scusa, non pensavo ti desse fastidio.- Chiese Stephane leggermente piccato, mostrandolo a metà.
- Perché fare sesso con te diventa quasi incestuoso.- Spiegò Ismael, trovando difficili le parole, da spiegare, da comprendere e da pronunciare. Quale differenza c’era? Gli amici non erano fratelli, i fratelli non erano amanti e gli amanti non erano fratelli ma potevano essere amici (e anche fratelli - fratelli elettivi). Non c’era sottomissione o plagio, non poteva essere reato in ogni caso (qualcuno avrebbe potuto ribattere che nonostante fossero coetanei, avrebbero potuto anche essere denunciati e condannati o messi sotto esame poiché omosessuali; l’età del consenso era fissata a diciotto anni). A volte ci pensava, leggeva, cercava di capire; non aveva trovato ancora una risposta soddisfacente ma sapeva che con Charlotte sarebbe stata la stessa situazione, troppo intima la conoscenza tra le due famiglie, troppo legate. Uno sconosciuto forse avrebbe scacciato il dubbio, ma uno sconosciuto non lo avrebbe mai amato fin dall’inizio. La vita un pessimo Uroboro, assurdo e sconfortante rincorrersi di errori in funzione di errori ed uniche possibilità.
- Se la pensi così…- Cercò di cominciare Stephane, trovandosi interrotto.
- Mi dispiace.- Si espresse Ismael, sembrava dannatamente convincente, quasi si fosse pentito non solo del modo in cui l’aveva detto ma anche di averlo fatto ed averlo pensato.
- Per quanto desiderabile ti possa considerare e quanto appagante riesca a trovare questa attività, per me non è mai stato esclusivamente sesso e mi sento ferito.- Mormorò Stephane; per cosa litigavano gli adulti? Alle prese con la vita quotidiana dimenticavano le aspirazioni astratte degli adolescenti? Per la disposizione dei mobili, per il cucinare, per la gelosia? Le crisi del momento o i momenti di crisi?
- No, hai ragione. Mi dispiace.- Stephane si chiese quali dubbi avessero assalito Ismael da portarlo a rinunciare così presto, forse non aveva trovato in lui un valido interlocutore? Se non giudicava possibile uno scambio o una presa di coscienza da parte dell’altro rinunciava e lasciava perdere, lo ignorava bellamente. Ismael ricominciò a giocare con il coniglietto, accarezzandolo vicino le orecchie e toccandogli con il pollice il muso.

- Ti chiamerò domani mattina.- Promise Stephane ad Ismael, poco mancava all’una di notte e all’essere arrivati a destinazione. La corriera era semivuota e i loro posti lontani dall’occhio retrovisore dell’autista.
- Come vuoi.- Accennò distratto Ismael seguendo le luci e i colori notturni fuori dal finestrino, memorizzando e dimenticando le sigle argentate su sfondo nero delle targhe automobilistiche.
- Dobbiamo fare i compiti, mi aiuti?- Proseguì Stephane cercando di ignorare il tono e l’aria assente del ragazzo.
- Li ho già finiti.- Soffiò Ismael, e dannazione se non si riusciva a cogliere un tono di sfida. Alternava momenti seri e solenni a infantilismo acuto, snervante come poche altre cose. Solo le cose che interessano possono essere snervanti, terribilmente languide e desiderabili.
- Me li fai copiare?- Charlotte sollevò di scatto la testa dalle ginocchia di Maurice e le uscì un’esclamazione strozzata. Benno sonnecchiava sul suo petto, infilato in un cappello di lana; per gran parte del viaggio era rimasto nella scatola di cartone, tranquillo, quasi sedato dalla scorpacciata di sedano prima della partenza, fregava il nasino contro il dorso della mano di Ismael, si lasciava accarezzare e coccolare, pregustando forse i parquet di casa Chalm.
- Ora basta.- Brontolò Stephane posando la guancia contro la spalla di Ismael e obbligandolo a fermarsi, ad appoggiare la testa allo schienale e rilassarsi sul sedile.- Il problema non è con me, vero?-
- Vorrei tornare indietro e vivere là.- Sembrava quasi un’ammissione, sussurrata e accarezzata dalle labbra improvvisamente chinate contro la tempia di Stephane. Il leggero respiro, il calore. Semplicemente tutto.
- Con me?- Provò a domandargli, fingendo di non riuscire a leggere i suoi occhi. C’era quella luce soffusa e morbida che li rendeva di velluto, uniformi, un grigio scuro prezioso.
Un a mezza voce, in mezzo al cuore.











Chaque homme porte la forme
entière de l'humaine condition.

( Michel de Montaigne )








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