Perchè tu sarai sempre il mio solo destino.. Posso soltanto amarti senza mai nessun freno.

di Iwantasmile
(/viewuser.php?uid=168832)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 33: *** Capitolo33 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 37 ***
Capitolo 38: *** Capitolo 38 ***
Capitolo 39: *** Capitolo 39 ***
Capitolo 40: *** Capitolo 40 ***
Capitolo 41: *** Capitolo 41 ***
Capitolo 42: *** Capitolo 42 ***
Capitolo 43: *** Capitolo 43 ***
Capitolo 44: *** Capitolo 44 ***
Capitolo 45: *** Capitolo 45 ***
Capitolo 46: *** Capitolo 46 ***
Capitolo 47: *** Capitolo 47- Fine ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1
Si può odiare la propria sorella? Bhe nel mio caso si.
Mi chiamo Eva e ho 16 anni, solitamente il mio nome viene affiancato sempre a quello della mia sorella maggiore.. Samantha.
Ho passato i miei sedici anni ad essere messa sempre  dietro lei, che nonostante l’affetto che proviame l’una per l’altra, mi ha sempre messo in secondo piano rispetto a tutto. E tutti. Ha avuto tantissimi ragazzi che non ricordo più nemmeno i loro nomi, infatti adesso ci troviamo appunto a casa del ragazzo che sta con lei in questo periodo. Ha organizzato una festa, e Samantha ha invitato anche me, per pietà. A quanto ho sentito questo ragazzo è parecchio famoso, quindi forse avrò la possibilità di incontrare, a questa festa, delle altre Star come Demi Lovato, ecco l'unico motivo per cui ho accettato.. 
Apparte questo ho accettato, perchè so che ado ogni festa Samantha, si ritrova sbronza, e sono sempre io a tirarla fuori dai guai.
Mia sorella è affianco a me, e con il suo vestitino rosa, che le copre ammalappena il fondoschiena, si ancheggia come se fosse la diva della festa.
Io indosso dei pantaloni neri aderenti, sopra una maglia con lo scollo largo sulle spalle, e infine dei tacchi che accentuano ancora di più la mia altezza.
“Eva mi raccomando non mettermi in imbarazzo..”
“Tranquilla Sam, non lo farò.” Risposi pentendomi subito di essere andata.
Finalmente dopo dieci minuti, il ragazzo di mia sorella ci degna della sua presenza.
Lo vedo avvicinarsi a noi, muovendosi tra le persone come se fosse Dio.
Si fionda su mia sorella, e per qualche secondo (che sembrava non passasse mai) vedo le loro lingue intrecciarsi.
Poi dopo qualche istante, finalmente mia sorella decide di porre fine alla mia tortura.
“Justin lei è mia sorella Eva.. Eva lui è Justin.”
Il ragazzo si volta verso di me, e resta imbambolato qualche secondo, fin quando mia sorella non gli conficca le unghie nel braccio.
Allora lui allunga la sua mano verso di me.. la stringo e sorrido.
“Piacere..” dice poi sorridendomi in maniera magnifica.
“Piacere mio..” rispondo con un sorriso altrettanto bello.
Poi mia sorella lo afferra dalla camicia, e lo trascina verso un gruppo di persone che salta e balla come se fossero impazziti.
Restai qualche secondo a pensare a quel ragazzo, che sembrava completamente sottomesso da mia sorella e dai suoi modi di fare.
Presi una birra e ne mandai giù qualche sorso, poi uscii fuori, su una terrazza, dove sapevo, che non avrei trovato nessuno.
Mi appoggiai alla ringhiera che sporgeva su un panorama di luci mozza fiato, e restai immobile per qualche minuto, a pensare a perché non ero mai riuscita a reagire e a prendere in mano le redini della mia vita, staccandole dalle mani di mia sorella.
Dovetti interrompere i miei pensieri perché sentii qualcuno salire le scale. Mi voltai e vidi Justin..
Lo avevo riconosciuto, si lui era proprio il ragazzo che cantava “Baby, baby, baby ohh..”.. ma ora era totalmente diverso da quando aveva fatto quel video.
Si avvicinò a me..
“Bello qui..”
“E Sam dove l’hai lasciata? Lo sa che sei salito qua?” dissi io con un tono sarcastico per mettere in risalto l’autorità di mia sorella nei suoi confronti.
“Lei è sotto, sta ballando, credo sia sbronza..”
Dovevo andare immediatamente sotto a prenderla e a tirarla fuori dalla sua sbronza, altrimenti se la sarebbe vista brutta con mamma e papà.
Feci per allontanarmi e lui mi fermò, afferrandomi per un braccio..
“Aspetta Eva, per una volta, pensa a te stessa. Lei è proprio dove vorrebbe essere: al centro dell’attenzione di tutti.. Non preoccuparti.”
Aveva ragione, per una volta dovevo pensare a me.. Ero stufa di cacciarla fuori dai guai.
“Sai hai ragione..” dissi tornando al mio posto, nella ringhiera..
Restammo in silenzio per qualche istante, che per me fu imbarazzantissimo..
Poi si voltò verso di me e senza preavviso mi prese il viso e me baciò..
Prima mi persi nelle sue labbra, entrando in un mondo parallelo.. Poi ritornai alla realtà e lo allontanai bruscamente.
“Ehi ehi ehi.. Sei impazzito? Justin..”
“Perché?..” mi chiese.
“Sono la sorella della tua ragazza. E sai che ti dico? Che per sta sera ti va bene, farò finta di credere che tu sia sbronzo a tal punto da scambiarmi con mia sorella.”
Dopo di che lo lasciai sulla terrazza e scesi al piano di sotto.

Salve :D
Sono la scrittrice della storia “Non vedi he sto ridendo? A guardarmi non sei tu.. tu eri sempre distratto” e siccome adoro scrivere FF ho deciso di iniziarne oggi stesso una nuovaaaa :3
Spero vi piaccia l’inizio.. Fatemi sapereeeeee.
Un bacione.
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2
Mentre abbandonavo la terrazza, mi fermai sulle scale e mi tastai le labbra..
Non era stato il mio primo bacio quello, tuttavia, mi rubò l’anima.
Continuai a scendere, e quando, una volta arrivata giù dove tutti ballavano, mi accorsi che mia sorella stava dando spettacolo con un gruppo di ragazzi, la afferrai da un braccio e la tirai fuori.
“Samantha ma se stupida per caso? Rimettiti in sesto e smetti di dare spettacolo, tra un po’ torniamo a casa..” dissi girandomi per allontanarmi.
“Eva cosa ti fa credere che io ti obbedisca? Sei mia sorella minore.
Mi girai e la guardai sconcertata.
“Mi obbedirai e sai perché? Uno perché non ti reggi in piedi, due perché sai che ho ragione e tre perché giudo io..” dissi mostrandole le chiavi della mia macchinina.
Fece una smorfia dopodichè la vidi allontanarsi verso il bagno.
Ripensai tra me e me al bacio con Justin, probabilmente era davvero fuori di se anche lui, a tal punto da provarci con me.. Anche se devo ammettere che non mi era dispiaciuto. Non lo avrei detto a Sam, nonostante tutto è mia sorella e non voglio che soffra, per un incidente di percorso.
Dopo dieci minuti ritornò assieme a Justin che la reggeva da un braccio.
Il cattivo odore che proveniva dal suo vestito mi fece capire subito che probabilmente aveva dato di stomaco.
La guardai facendo qualche smorfia..
“Eva tu va a casa.. a lei la riaccompagno io tra poco ok?”
“Ehi maniaco scordatelo, secondo te cosa dirà mio padre quando tornerò senza di lei?”
“Non so dille che si è fermata da una sua amica..”
Sam alzò lo sguardo e mi disse:
“Eva per favore, di a papà che dormo da Giusy.. Vedrai che non farà problemi.”
“Sam resterai a dormire qui con questo pervertito?” dissi indicando Justin.
Lui fece come per ribattere, ma gli lanciai uno sguardo che alludeva al bacio di prima, così si sottrasse dalla discussione.
“Ehi è il mio ragazzo, tu fai come ti ho detto, io domani mattina rientrerò prima che tu te ne accorga..”
Mi voltai e senza salutare salii in macchina..Misi in moto e partii, sotto gli sgaurdi di mia sorella e di Justin.
Appena arrivata a casa, cercai di non fare rumore, in modo che mio padre non si accorgesse dell’assenza di Sam..
Aprii la porta e mi intrufolai dentro casa mia come una ladra. Trovai mio padre seduto sulla poltrona del salotto con le mani conserte..
“Papà..” Feci in tempo a dire..
“Era  ora signorine..” Poi non vedendo Sam mi guardò con uno sguardo severo.
“Papà, Sam è rimasta a dormire da Giusy..” feci in tempo a dire prima che la sua mano ricoprisse il mio volto, con uno schiaffo che mi spaccò il labbro inferiore.
Era solito da mio padre, sfogarsi su di me quando Sam combinava qualcosa.
Davanti ai suoi colleghi di lavoro era un santo, poi una volta tornato a casa diventava un tiranno sia con me che con la mamma… Ma con Sam no, Sam era la sua punta di diamante..
Ormai ero abituata a ricevere i suoi colpi da quando avevo 12 anni, e Sam 13.
Mi tastai il labbro e mi asciugai il sangue.. Poi lo fissai negli occhi..
“Hai lasciato che tua sorella stesse con chissà quale altro ragazzo… Va nella tua stanza Eva, buonanotte.” Disse senza gaurdarmi in faccia..
Feci come mi aveva ordinato, salii nella mia stanza.
Una volta entrata mi guardai allo specchio e mi disinfettai la ferita, poi mi misi in pigiama e mi sdraiai nel letto.
Non presi sonno fin quando i primi raggi solari non invasero la mia stanza, poi dormii profondamente fino alle 11:00 quando mia sorella entrò nella mia stanza.
“Ehi Eva, sei sveglia?”
“Ora si..che vuoi?” chiesi rigirandomi nel letto.
“Com’è andata ieri sera?”
“Bene..” mentii, alzandomi dal letto.. Lei si accorse della ferita che avevo sul labbro e mi disse:
“Papà?..”
Feci cenno di si con la testa.
“Deve smetterla di toccarti. Ora mi sentirà. Ti giuro che scendo sotto, e gliene dico quattro..” La afferrai per la mano.
“Fermati, ormai quel che è fatto è fatto. Se scendi giù peggiorerai solo la situazione. E poi è un piccolo taglio, passerà subito. Come ti è andata a te sta notte?”
Si sedette accanto a me..
“Male. Quando tutti se ne sono andati, ho carcato di provocarlo sessualmente.. come dire.. volevo farlo con lui.. Invece lui, se n’è andato a dormire in camera sua, dandomi un bacio sulla fronte e dicendomi di non fare rumore all’indomani mattina quando sarei uscita di casa..”
Deglutii.. Non saprei spiegare perché, ma dentro di me sentii una piccola punta di soddisfazione farsi sempre più avanti.
“Magari non se la sentiva..” azzardai.
Lei si voltò e mi lanciò uno sguardo glaciale. Poi si alzò e scese al piano di sotto a fare colazione.
Io restai nel mio letto il tempo necessario, per svegliarmi come si deve, dopotutto potevo permettermelo… Era estate.
Tuttavia dopo mezz’ora mi alzai, mi vestii scesi al piano di sotto, e uscii per fare colazione al bar.
Mi diressi nel mio bar preferito, al centro della città. Mi è sempre piaciuto per il suo nome: Eva.
Già, bar Eva, sembrerà strano ma stando a quanto mi ha raccontato un cameriere, è il nome della figlia del proprietario.
Dopo aver ordinato un caffè e una brioche vuota, mi sedetti al mio solito tavolo, che affacciava sulla piazza.
Risposi a qualche messaggio mandatomi dalle mie amiche, e iniziai a bere il mio caffè sotto lo sgaurdo sorridente e pacifico di un uomo, che mi osservava sorridendo.
Poco dopo si avvicinò a me..
“Ciao Eva, come stai..?”
“Scusi ci conosciamo già? ” chiesi sorridendo, senza lasciare intravedere il mio stupore.
Sono il proprietario.. Scusami, non mi sono presentato.. Mi chiamo Simone..”
Strinsi la mano di quell’uomo che mi fece compagnia per il resto della mia permanenza in quel bar. Solo dopo aver abbandonato il locale mi resi conto che conosceva il mio nome senza che io mi presentassi, e che nel suo sguardo, c’era qualcosa di familiare..

:D Ehiii ragazze :D
Che ne pensate? Vi piace? Fatemi sapere..
Vi voglio bene.
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3
Appena fuori dal locale, mi diressi verso il corso..
Adoravo guardare la vetrina di quelle centinaia di negozi ogni mattina. Qualche volta entravo, e con i soldi che mia madre mi passava di nascosto di mio padre, mi compravo qualcosa.. Invece altre volte entravo e mi guardavo intorno semplicemente.. Proprio come una bambina in un parco giochi.
Quella mattina, il corso era abbastanza affollato, a tal punto che mi scontrai con un ragazzo. Lo scontro fece in modo che il frullato alla fragola che aveva in mano, si rovesciasse completamente sulla mia camicetta bianca, rendendola praticamente trasparente sul mio seno.
“Oh Dio mio.. scusami, non l’ho fatta apposta.. Eva?”
Appena mi sentii nominare alzai lo sguardo e fissai quel ragazzo in faccia.
Ci impiegai qualche istante a realizzare chi fosse..
Indossava una felpa con il cappuccio alzato e degli occhiali da sole, ma nonostante tutto riconobbi le sue labbra.
“Di bene in meglio..” dissi ironicamente, alzando lo sguardo al cielo.
Presi un fazzoletto dalla mia borsa i mi pulii i capelli, anch’essi sporchi di frullato, poi cercai in tutti i modi di ripulirmi.
Lui, iniziò a sghignazzare pensando che non me ne accorgessi.
“Dai Eva, entriamo in quel bar così ti cambi..Non puoi andare in giro così.” Lo fissai.
“Senti Sherlook credi che dentro alla mia borsetta ci possa entrare un cambio d’abiti nel caso un perfetto deficiente mi rovesci addosso il suo frullato?
Non rispose alla mia provocazione, e spingendomi dalle spalle, mi portò dentro un bar.
“Salve, potremmo usare il bagno..?” chiese poi gentilmente.
L’uomo che c’era al banco ci fissò e poi disse:
“Insieme? Ehi non vogliamo porcate qua dentro chiaro?”
“Oh non si preoccupi, è mio fratello..” Aggiunsi io senza capire il perché.
Entrammo in bagno.. Se bagno si può chiamare uno stanzino di un metro e mezzo con un Water e un Lavandino sudici.
Vidi Justin levarsi la felpa.
“Ehi non credi che io indossi quella felpa? Ci saranno 40 gradi fuori Justin.”
Non mi rispose e si levò anche la maglietta a maniche corte che indossava sotto la felpa, per poi porgermela.
Restai immobile una manciata di secondi che mi servirono a degustare la bellezza del suo petto nudo.
Presi la sua maglietta sorridendo, e lui ricambiando il sorriso, si infilò la felpa.

Continuai a guardarlo.
“Forza Eva sbrigati non possiamo stare una vita qua dentro..”
“Lo dicevo che eri un pervertito.” Dissi io..
Tuttavia non mi preoccupai di nulla. Mi levai la mia camicia di fretta e furia e mi infilai la sua maglietta, che mi stava enorme.
Poi mi voltai verso di lui che era come imbambolato e gli sorrisi.
“Ti aspettavi la scenata Naaa, per me è come se tu mi avessi vista in costume..” Dissi poi con non curanza.
Poi lui ridendo aggiunse:
"E poi sono tuo fratello quindi.." disse riferendosi a ciò che avevo detto prima all'uomo al bancone.
Uscimmo da quella bettola, ringraziammo l’uomo al banco e abbandonammo il locale.
“Eva cosa ti sei fatta sulla bocca?” ero abituata ad inventare scuse, con le mie amiche e con il resto dei parenti, anche se a dire la verità non mi sarei aspettata che uno come lui se ne accorgesse.
“Ah brutta storia, rissa clandestina.”  Scoppiammo a ridere entrambi.
“CLANDESTINA?..Vuoi forse farmi capire che neanche tu sei americana?”
“Tecnicamente sono italo-americana.. e poi per "neanche", significa che nemmeno tu lo sei..”
“Va bhe dai, non sai che il grande Justin Bieber è canadese?” disse con ironia.
“Non sono una tua fan Justin.. “ dissi poi assumendo un’aria autoritaria.
Lo sapevo che non potevi essere americana, sei troppo bella, dovevi per forza essere italiana..” disse poi.
“Farò finta che tu non abbia detto niente.” Dissi poi ridendo.
Lo negai persino a me stessa, ma quel complimento mi aveva rallegrato la giornata.
Dopo dieci minuti ci salutammo e io mi incamminai verso casa.
Appena arrivata, trovai in casa solo mia sorella e mia madre, mio padre era sicuramente a lavoro.
“Dove sei stata?” mi chiese mia madre con quel tono dolce e tranquillo che diffondeva tranquillità.
“A prendere un caffè..” Andai e la baciai sulla guancia.
Mia madre era la donna più buona e gentile che ci possa essere al mondo.
Sapeva ciò che mio padre provava nei miei confronti, e le preferenze che faceva,così non mi faceva mai mancare il suo affetto e le sue premure.
Mia sorella mi guardò inclinando un sopracciglio.
“Dove hai preso quella maglia?.. Justin ce l’ha uguale, l’ho cercata in tutti i negozi ma niente..” disse poi avvicinandosi a me.
Dovevo fare quello per cui ero nata: Inventare una scusa.
“Questa? Ah si me l’ha prestata Francy sta mattina, sai mi ha rovesciato il suo caffè addosso per sbaglio..” dissi prima di svincolarmi da lei e salire nella mia stanza.
Mi sedetti sul letto, afferrai la maglia a me la portai al naso, poi respirai profondamente.
In essa c’era il profumo del corpo di Justin. Non era un’acqua di colonia, ne un dopo-barba, era il suo odore personale, ed era buonissimo, sapeva come di fragola.
Restai ad impregnarmi del suo odore giusto il tempo sufficiente ad essere chiamata da mia madre per andare a pranzo.
Mio padre era tornato e come ogni giorno, iniziò a raccontarci la sua giornata lavorativa.
Non seguii nemmeno una delle parole che uscivano dalla bocca di quell’uomo che sedeva stabilmente di fronte a me. I miei pensieri volarono a sta mattina, a quell’uomo al bar Eva, ma soprattutto a Justin.

Ragazzeeeeeeee? *_* Che ne pensate vi piace?Fatemi sapere..
Un bacione.
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4
Fortunatamente il pranzo durò poco, e il pomeriggio fui nuovamente libera di uscire.
Forse ai passanti, do l’impressione di una ragazza solitaria ed emarginata, ma non è così, adoro camminare sola perché posso seguire il filo dei miei pensieri senza essere distratta.
Mentre presi il mio telefono per controllare l’orario, un tizio correndo mi passò accanto, dopodiché infilò qualcosa nella mia borsa a tracolla.
Vidi dei poliziotti andargli incontro.. o meglio.. venirmi incontro.
Avvenne tutto senza che io me ne potessi accorgere.
Un uomo enorme, e con un’aria feroce, mi afferrò un braccio e me lo mise dietro la schiena, mettendomi in una posizione dolorosissima.
“E così sentiamo tu sei la complice?”.. mi chiese poi ringhiando.
“Mollatemi subito. Io non sono la complice di nessuno.” Cercai di liberarmi dalla sua presa.
“Allora svuota la borsa..”  Mi venne subito in mente, il gesto di quel tizio, che gettò qualcosa nella mia borsa..
“Quel tipo, prima mentre correva mi ha infilato qualcosa nella borsa..”
dissi abbassandomi a terra e rovesciando completamente il contenuto della mia borsa.. 
C’era il mio telefono, l’ i-pod, salviettine per le mani, burro cacao, degli assorbenti, e infine un sacchetto con della polverina bianca.
Il poliziotto la prese tra le mani, e poi fece cenno all’uomo accanto a lui, di venire verso me.
Il suo collega mi afferrò i polsi e mi mise delle manette.
Non potevo crederci, stavo finendo in cella, per qualcosa che non avevo fatto?..
“Ehi vi ho detto che non è roba mia.. Dovete credermi.” Dissi scalciando e cercando di allontanarmi.
L’omone, evidentemente stufo di dovermi trattenere, mi prese in braccio e mi mise sulla sua spalla, come un padre fa con il proprio bambino. Continuai ugualmente a scalciare e a ribellarmi sotto gli occhi di tutto il paese che era accorso a vedere.
Poi, mi infilò in macchina, si sedette avanti e partimmo.
Arrivammo al penitenziario, dove mi fecero togliere tutti gli accessori che avevo addosso: Anelli bracciali e collanine varie. Si, ero una ragazza-bancarella, portavo sempre addosso degli oggetti che per me avevano un grande valore affettivo, ed erano molti.
Lasciai tutto in una scatola, sperando di poter riavere tutto indietro, dopo di che un uomo in divisa mi portò in un corridoio squallido dove c’erano parecchie celle. Poi ne aprì una dove c’erano altre due ragazze, che potevano avere qualche anno in più di me, e mi ci sbattè dentro.
“Una novellina..” disse una di loro..
Non avrebbero fatto il gioco del prepotente, con me.
“Già.. “ risposi sorridendo.
“E sentiamo che hai fatto?..” chiese la ragazza con l’aspetto più guardabile.
“In realtà niente. Mi hanno infilato della droga in tasca, e i ragazzoni di là hanno creduto che fosse mia..”
Scoppiarono entrambe a ridere.
“La solita scusa usata da tutti.. Piacere io sono Emilia e lei è Rosanna.”
“Io sono Eva..” dissi sorridendo. Tutto sommato dovevano essere brave ragazze.
Mi guardai intorno e constatai che tutto sommato mi era andata bene.
Dopo una mezz’oretta, presi nuovamente parola.
“E voi come mai siete qui?..”
“Io ho fatto fuori il mio ragazzo..” disse Emilia. Restai perplessa qualche istante poi Rosanna aggiunse:
“Io invece ho fatto fuori mia sorella..” poi con un gesto di disinvoltura si tolse lo sporco da sotto le unghie.
Ero nella cella con due ragazze che avevano ucciso.. Cosa avevo fatto di tanto male..
Mi chiesi quanto sarei dovuta rimanere li, e che reazione avrebbe avuto mio padre quando lo avrebbe saputo.
Dopo due ore arrivò un poliziotto, che aprì la nostra cella.
“Signorina Coen, cauzione pagata.” Disse con un tono aspro.
Chi aveva pagato la mia cauzione?.. Salutai Emilia e Rosanna, che lanciarono commenti del tipo “figlia di papà..” e poi uscii.
Percorsi il corridoio e mi immaginai di trovare mio padre dall’altra parte di esso.. Invece l’unica persona che trovai fu Justin.
Che ci faceva lui qui? Era stato lui  a pagare la mia cauzione?
Gli andai incontro, e senza parlare mi fece cenno di uscire da là dentro.
Una volta molto lontani dal penitenziario..
“Posso sapere che combini Eva?” mi chiese fermandosi di colpo e mettendosi le mani sui fianchi.
“Ehi tu cosa combini? Perché hai pagato la mia cauzione?”.. dissi fuoribonda.
Non avrei mai voluto che fosse lui a tirarmi fuori di li.
“Perché?.. Perché non potevo saperti la dentro.
“Che cazzo dici Justin, non dovevi farlo punto. Un mese di penitenziario lontano da mio padre e mia sorella non mi avrebbe fatto che bene..”
Credo di essere l’unica sedicenne che non si scoraggia davanti a certe situazioni, anzi trova il lato migliore, e lo porta alla luce.
Non mi rispose più, e dopo poco aggiunsi:
“Come hai saputo che ero finita dentro..?”
“Segreto di Stato..” mi rispose ridendo..
Mi avvicinai a lui, e sfruttando al meglio la mia altezza, iniziai a prenderlo di mira, pizzicandogli il collo e tirandogli i capelli.. Lui si fiondò addosso a me, spingendomi atterra, e mi fece il solletico. Iniziai a ridere come una pazza.. il solletico era il mio punto debole.
Per sbaglio mentre mi muovevo, lo presi con l’unghia sulle labbra, facendogli uscire del sangue.
“Ahi, ahi.. brutto colpo..” disse tastandosi il labbro.
Io mi rialzai e mi inginocchiai di fronte a lui..
“Fa vedere un po’..” presi il suo volto tra le mani, e stavo per sfiorargli la ferita, quando lui allungò il collo e mi stampò un sonoro bacio sulle labbra.
Restai immobile con gli occhi spalancati.
Il suo bacio sapeva di sangue, ma era comunque uno dei più bei baci della mia vita.
In silenzio ci alzammo, e ci incamminammo verso casa mia, a quanto pare, doveva passare a prendere mia sorella.
Nessuno dei due durante il tragitto, pronunciò una parola.. Io che, se fossi stata in me, lo avrei preso a schiaffi, passai tutto il tempo a chiedermi perché continuava a baciarmi, fin quando non arrivammo a casa mia.

Mi voltai verso di lui e lo guardai con uno sguardo supplichevole.
“Non dirò nulla..” mi disse sorridendo.
Il suo sorriso, mi scaldò il cuore, e avanzammo insieme nel vialetto di casa mia.

Ehi, qualcosa non quadra non vi sembra? :D
Justin ed Eva stanno entrando in casa insieme, conoscendo Sam, sospetterà qualcosa ;D
Lo saprete solo nel prossimo capitolo.
Spero che mi seguirete ancora.
Un bacione.
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5
Stavo per entrare in casa quando Justin mi fermò.
“Eva, è meglio che non io non entri, di a tua sorella di uscire..”
Annuii, poi entrai in casa, dove trovai Sam in cucina.
“Sam c’è Justin fuori. Ti sta aspettando.” Dissi, manifestando asprezza nel mio tono.
Mollò tutto ciò che aveva in mano, si mise il giubbotto, poi mi diede un bacio sulla guancia e frettolosamente uscì di casa.
Mi affrettai per salire al piano di sopra a tal punto da percorrere i gradini due alla volta.
Arrivati nella mia stanza, che affacciava sul vialetto, mi sporsi leggermente dalla finestra per spiare i loro movimenti.
Vidi Sam lanciarsi addosso a Justin e dargli un bacio, poi lui le prese la mano e percorsero la strada verso il parco, come quello che erano: una vera coppia.
Sentii la tristezza piombarmi addosso come uno scoglio. Non mi importava niente di quel ragazzo che mi aveva salvato le penne, tuttavia, vedendolo per mano con mia sorella mi resi conto che era l’unica persona che mi dava allegria.
Proprio prima di scomparire dietro l’angolo, Justin si voltò, e come se sapesse già dov’ero io, mi sorrise. Io chiusi la tenda di colpo e mi maledissi per ciò che avevo fatto.
Mi guardai allo specchio qualche istante, giusto il temopo di sentire crescere in me una forte voglia di cambiamento.
Presi in mano i miei lunghi e biondi capelli, e li fissai qualche istante.
Poi una brillante idea, si fece spazio tra i miei neuroni.
Presi i soldi che avrei dovuto usare solo in caso di emergenza, e mi diressi verso l’uscita.
Iniziai a correre per i marciapiedi, fino ad arrivare dove l’istinto mi portava.
“The New Generation Air.”
Entrai e salutai le parrucchiere che stavano acconciando i capelli di parecchie ragazze.
Mi avvicinai ad una di loro che sorridendo mi disse:
“Ciao dimmi, posso esserti utile?”
“Vorrei cambiare completamente look..”
“Sei nel posto giusto ragazza.” Mi disse poi strizzandomi l’occhio.
Sapevo di essere nel posto giusto, perché le parrucchiere che lavorano all’interno di quest’attività erano conosciute in tutta la regione, per la loro stravaganza.
Mi accomodare su uno sgabbello, da cui mi alzai ben 2 ore dopo.
Quando uscii da quel negozio, i miei capelli biondi, avevano lasciato il loro posto ad una chioma nera completamente liscia.
I miei capelli, erano lunghi fino al fondoschiena ed il mio ciuffo era stato sostituito da un frengettone, che risaltava ancoa di più i  miei occhi verdi.

Appena uscii dal locale, mi recai in un negozio d’abbigliamento, dove mi rinnovai l’armadio.
I miei vecchi vestiti da ragazzina-punk erano stati sostituiti con dei vestiti più colorati e allegri.
Tornai a casa, mi smaltai le unghie color acqua marina, dopodichè mi ripulii il mio armadio, mi cambiai ed uscii nuovamente.
Camminai per dieci minuti, dopodichè mi sedetti al parco, dove le coppie innamorate trabboccavano.
Chiusi gli occhi e mi lasciai inondare da quel caldo sole estivo.
Restai con gli occhi chiusi fin quando non mi sentii chiamare.
“Eva..” riconobbi quella voce. Mia sorella. Sbuffai senza aprire gli occhi.. Perché ero andata a sedermi nel luogo delle coppie? ..
“Dimmi Sam..” dissi finalmente aprendo gli occhi.
Era sola, Justin non era con lei.. Mi guardò sbalordita.
“Cosa hai fatto ai capelli.. e come sei vestita.?”
“Avevo voglia di un cambiamento..” non potevo dirgli che la causa del cambiamento era un ragazzo. Il suo ragazzo. Avevo fatto tutto questo solo per distrarmi, solo per auto-convincermi che Justin doveva allontanarsi dalla mia vita.
Per molti potrebbe non avere senso, ma a me, cambiare mi ha aiutata molto.
“E Justin dove l’hai lasciato?”..Perchè aprii l’argomento? Eva non avevamo deciso di smetterla?..
“Lui è andato a prendermi un frullato, arriverà a momenti..”
Infatti dopo qualche istante vidi la perfezione dei suoi lineamenti avvicinarsi a noi.
“Sam, c’era solo alla fragola..  e lei chi..” Justin non finì la frase, che spalancò gli occhi, e poi lasciò che il frullato che stringeva in mano,cadesse per terra.
Poi mi squadrò dalla testa ai piedi.
“Eva?” .. Lo guardai e annuii. Era normale che era shoccato, fino a 3 ore fa mi aveva vista, totalmente diversa.
“Wow.. cioè .. stai benissimo..” disse. Poi mia sorella lo fulminò con lo sguardo.
“Justin andiamo?” gli disse poi, afferrandolo per il braccio.
Lui in silenzio annuì, e mi salutò, poi si allontanarono insieme.
Mi incamminai verso casa, e durante il tragitto non feci che (mio malgrado) pensare a lui.
Appena entrai in casa mio padre alzò lo sguardo e mi fissò.
Io sostenni il suo sguardo, come per sfidarlo. Cosa sbagliatissima, perché si alzò e venne verso la mia direzione.
“Cosa hai fatto Eva?” mi chiese poi ringhiando.
“Un cambiamento.” Risposi freddamente.
La sua mano, che si chiuse a pugno, si scontrò contro il mio viso.
Finì a terra, poi sentii mia madre urlare a mio padre di lasciarmi stare.
Mio padre mi diede un calcio sulla gamba scoperta, dopo di che si allontanò.

Mi madre si chinò su di me e mi guardò l’occhio, lasciando volare la mia immaginazione sul suo stato.
“Si è fatto tutto nero.. Non preoccuparti ora mettiamo il ghiaccio e passa tutto.”
Non risposi. Le diedi un bacio e poi uscii di casa.
Mentre correndo attraversavo il vialetto, mi imbattei in Sam e Justin.
Passai accanto a loro molto velocemente, ma non abbastanza, perché Justin mi fermò attirando l’attenzione di Sam.
“Eva che ti è successo..?” mi chiese sbiancando.
“Niente, sono caduta dalle scale.. Scusa devo andare.”
Mi scrollai il suo braccio di dosso e lo lasciai con mia sorella, che aveva assunto l’aria più triste che avessi mi visto.

Camminai tantissimo, o meglio corsi, fino a non sentirimi più spazio dentro i polmoni per respirare.
Poi mi fermai e mi sedetti in una panchina, frontale al cinema, dove improvvisamente vidi uscire dei bambini, con i loro padri.
Alcuni tenevano le proprie figlie per mano, altri assieme alle madri, li prendevano in braccio.
Guardandoli, sentivo la voglia di piangere e sfogarmi salirmi dalla parte più interna dello stomaco, ma resistetti.
Poi mi accovacciai su me stessa, fino a quando qualcuno non si sedette accanto  a me.
Alzai lo aguardo e vidi Justin.
“Che ci fai qui?” gli chiesi.
“Non voglio che tu stia sola a quest’ora.. e poi voglio rovesciarti addosso un altro frullato.” Disse mostrandomi un contenitore del Mc Donald’s.
Riuscì a strapparmi un sorriso.
Si sedette accanto a me, e non disse nulla per dieci minuti.. Poi..
“Eva che è successo.. E voglio la verità.”
“Va bene vuoi sapere la verità? Mio padre mi ha picchiata, come fa da quando avevo 12 anni.” Dissi presa da un impulso di rabbia.
Lui non disse una parola, perché effettivamente non c’era nulla da dire, così continuai a parlare.
“Ogni volta che Sam o io facciamo qualcosa, che non rientra nei suoi parametri, lui alza le mani, su di me e spesso su mia madre.. ma Sam.. Sam non l’ha mai sfiorata.” Dissi io quasi sull’orlo di una crisi.
Poi sentii la sensazione di prima ritornare, avevo bisogno di piangere. E a sostenermi c’era Justin. Che improvvisamente, senza dire una parola, buttò il frullatto per terra e mi abbracciò prendendomi alla sprovvista.
“Io sono qui con te Eva. Sfogati, non tenerti tutto dentro.”

Mi distaccai dalla tensione, e  mi persi nel suo abbraccio, singhiozzando.
L’ultima volta che avevo pianto, avevo 12 anni, mi avevano sospesa e mio padre aveva iniziato a picchiarmi. Quella fù l’ultima volta che i miei occhi versarono delle lacrime… fino ad oggi.
Mi strinsi nel suo abbraccio, fino a che non mi calmai del tutto, poi gli sussurai:
“..è il terzo frullato che lasci cadere per terra..”

Lui scoppiò a ridere  e mi baciò nuovamente sulle labbra. Io restai abbracciata a lui e alle sue labbra, sentendomi una stupida.

:D Che ve ne pare? Vi piace? :D
Fatemi sapere.. Vi adoro.
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6
Ero tra le sue braccia, potevo sentire il suo profumo.. Mi sentivo la ragazza più beata del mondo.
Eravamo su una squallida panchina, di fronte ad un cinema che stava cadendo a pezzi e affianco a noi, una fontana faceva fatica a buttar giù l’acqua.. Ma nonostante tutto, fra le sue braccia mi sembrava di essere a Parigi di fronte alla Tour Eiffelle.
Ad un tratto, mi misi ad osservare il frullato che Justin aveva buttato per terra.
Fù come riprendersi da una sbornia, o meglio, come tornare alla realtà.
Eva che stai facendo? Mi chiesi tra me e me..
A malincuore mi distaccai dal suo abbraccio e mi alzai sotto il suo sguardo incredulo.
“Dove stai andando?” mi chiese.
“A casa Justin.. Grazie di tutto. Ma siamo seri.. torniamo alla realtà.. sei mio cognato.” Dissi io con un’abbondante tristezza nel cuore.
Lui deglutì e non rispose.
Mi voltai e mi incamminai verso casa.
Appena arrivata, non feci in tempo a suonare il campanello che mia sorella mi aprì la porta, e si affacciò leggermente.
“Eva va via.. Per favore. Papà è fuori di testa. Chiama Giusy, o chi vuoi, e passa la notte da lei..” disse controllando che non potessero sentirla.
Mi affacciai appena, e sentì un gran fracasso provenire da dentro casa.
“Fammi entrare. Subito.” Dissi furiosa.
“Vuoi che papà ti ammazzi? Sai come reagisce Eva.”
Abbassai lo sguardo, e annuii, poi mi voltai e percorsi il vialetto verso la strada principale.
Sarebbe stato pericolooso vagare per le stradine buie, così mi sdraiai su una panchina..
Dopo dieci minuti, qualcuno si avvicinò a me..
“Ehi.. Forse ti senti sola?”
Lo guardai bene in faccia, e solo allora mi resi conto di essere in un gran guaio.
“No grazie. Sto bene.” Dissi con freddezza.
“E io invece dico di no. Ma che bella che sei..”  Lo guardai negli occhi.
“Guarda coglione che se entro due secondi non sei dall’altra parte della strada ti stacco le palle intesi?” Mi guardò fissa negli occhi e poi si mise a ridere.
Non feci in tempo ad aggiungere altro perché le mie parole uscirono da un’altra bocca.
“Hai capito coglione? Vedi di lasciarla in pace.” Il ragazzo che era di fronte a me, alzò le mani in segno di scuse e se ne andò.
Avevo riconosciuto quella voce, ma mi voltai ugualmente, e lo vidi nell’ombra.
Justin.
“Come fai a sapere dove sono in ogni istante?” gli chiesi mettendomi le mani sui fianchi.
Considerami il tuo angelo custode.” Mi disse facendomi l’occhiolino.
Mi lasciai cadere sulla panchina, e lui si sedette accanto a me.
“Perché non sei a casa..?”
“Perché non posso andarci. Mio padre è furioso.”
Lui non mi chiese spiegazioni, ne curiosò nell’argomento. Si alzò e mi prese una mano.
“Andiamo…” lo guardai negli occhi.
“Dove?”
“A casa mia..”
“Justin non credo sia un’ottima idea questa..”
Farfugliai, prima di ritrovarmi a camminare per strada con la sua mano tra la mia.
Non sarebbe stata affatto una buona idea. Io e lui, soli. La tentazione era troppa.
Arrivamo a casa sua in pochi minuti.
C’ero già stata, ma pulita ed ordinata, sembrava un’altra casa.
“Quindi.. Fa come fossi a casa tua.. La casa la conosci già per cui, che ti va di fare?” mi chiese sorridendo..
“Justin è mezzanotte passata.. A te che va di fare?” dissi con un’espressione ovvia.
“Giusto andiamo a dormire.” Disse strofinandosi le mani.
Mi mostrò quella che sarebbe stata la mia camera, e poi si chiuse nella sua.
Mi guardai intorno, e poi mi sdraiai sul letto.  Imrovvisamente il sonno e la stanchezza mi abbandonarono, così decisi che nemmeno lui sarebbe riuscito a dormire.
Toc-Toc.
Bussai alla sua porta. Non rispose. Mi presi la libertà di entrare, e mi fermai a fissarlo qualche istante, giusto il tempo di essere invasa dalla tentazione. A quanto pare l’agnello, era entrato nella tana del leone.
Lo svegliai delicatamente e una volta sveglio, si tirò su, lasciando intravedere il suo petto nudo e la sfilza dei suoi boxer.
“Eva non riesci a dormire?” .. mi chiese con un mezzo sorriso.
“Già..” risposi.
Si alzò, aprì il suo armadio.. o meglio uno dei suoi quattro armadi, e tirò fuori una tuta che mi lanciò addosso.
“Vatti a cambiare, starai più comoda.”
Feci come mi disse. Andai in bagno e mi inflai la sua tuta, che mi stava perfettamente, ne grande ne piccola.
Poi tornai nella sua stanza, e lo trovai ancora sveglio, sdraiato a metà.
Mi sedetti accanto a lui, e senza farci caso con l’elastico che avevo al polso, mi raccolsi i capelli lughi, scoprendo il collo.
I suoi occhi, che prima erano assonnati e strambati si spalancarono in contemporanea alla sua bocca.
Mi guardai dietro, come per controllare che non ci fosse nessuno alle mie spalle.
Poi lo guardai interrogativa.
Lui farfugliò qualcosa come per giustificarsi.
“Il tuo collo… Io..” poi scosse la testa e sorrise.

Presi parola ed aprii un argomento. Quell’argomento.
“Justin.. tu ami mia sorella?”  lui prima mi guardò incredulo, poi abbassò lo sguardo.
“Dipende con cosa intendi per amore.” Mi rispose.
“Justin.. amore, non sei mai stato innamorato? Quando la vedi ti sembra che il tuo stomaco sia popolato da piccoli elfi? Quando la baci, senti un brivido percorrerti il corpo? Ogni volta che la vedi non senti un sorriso farsi avanti? Non vorresti passare ogni istante con lei?” chiesi io sostenendo il suo sguardo, che man mano si perse nel vuoto.
Eva non ho mai amato. E non amo..” Mi disse ad un tratto.
Dentro me, sentii come un uragano stravolgere tutto.
Sensazioni si susseguivano come le stagioni.
Dovevo provare per forza dispiacere nel sentire quelle parole, perché lui non amava mia sorella, eppure dentro me, sentivo soddisfazione.
Mi sforzai di essere in pena, ma l’unica cosa che provai fù l’amaro sapore del senso di colpa..
Poi lui mi afferrò la mano.
“Ho avuto tante ragazze, ma non ho mai amato nessuna di loro.. Poi ad un certo punto, è arrivata una ragazza…”
Sentii il cuore fermarsi qualche istante e duglutii. Quindi stava anche con un altra.
Continuò, senza che io potessi interromperlo.
“Solo con lei riesco ad essere me stesso e a non fingere. Solo con lei mi sento a casa, anche se sono dall’altra parte del mondo. Solo con lei, in una capanna mi sentirei come se fossi in un Hotel a 5 stelle. La voglio oggi, domani, la prossima settimana, e per il resto della mia vita.”
Ogni parola che aggiungeva, faceva sobbalzare il mio cuore.. Non capivo, se stavo peggio perché avevo scoperto che non amava mia sorella, o perché avevo scoperto che avama un’altra ragazza, che non era lei. Ne io.
Poi, prima che continuasse, gli chiesi:
“Ma lei lo sa?” Lui mi fissò.

“Adesso si.”
Restai pietrificata. Fù come scontrarmi contro un grosso scoglio.
Lui mi amava, forse?.. Sbattei le palpebre quattro o cinque volte di fila, poi aprii la bocca per rispondere, ma da essa non uscì che un respiro.
Lui sorrise, e si sdraiò sopra di me.
Dormimmo in quel modo, l’uno abbracciato all’altra. Solo che dormire non era la parola esatta. Già. Non chiusi occhio.. c’era troppo trambusto nel mio cuore, che era ancora in festa.


:D Scusatemi per l’assenza ragazzeeeeeeeee T.T Mi farò perdonareee :D
Vi piace? Fatemi sapereeee..
Un grosso bacio.
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7
Quando aprii gli occhi, mi resi subito conto di non essere nella mia stanza, e involontariamente sorrisi.
Mi rilassai ancora due minuti ricordando le parole di Justin.
Poi improvvisamente mi resi conto che qualcosa non andava. Mi sentivo immobbile, e costretta a stare in un angolo.
Solo dopo qualche istante mi resi conto della situazione.
Justin, era completamente addosso a me.
Mi abbracciava da dietro a tal punto da farmi sentire il suo cuore sulla schiena e il suo respiro fra i miei capelli.. e la sua mano sul mio seno destro.

Già. Dormiva su un fianco (proprio come me.) e la sua mano destra, non era semplicemente appoggiata sul mio seno destro, ma lo racchiudeva.
Mi voltai di scatto e gli diedi uno schiaffo che lo fece svegliare malamente, poi si guardò intorno e borbottò.
“Ehi, mi hai fatto male, ti sembra modo?”
“Mi stavi stringendo un seno, chiaro maniaco?”.. gli dissi furiosa.
Odiavo essere toccata dai ragazzi, per me un abbraccio era già un contatto enorme.
“Scusa non l’ho fatta apposta. E poi ehi, sei tu che ha voluto dormire con me..”
Si mise a gambe incrociate e poi si stirò la schiena, sotto il mio sguardo vigile.
“Perché non riuscivo a prendere sonno non farti idee strane..” Gli dissi sdraiandomi nuovamente e chiudendo gli occhi.
Lo sentii muoversi sul letto, e dopo qualche istante mi stampò un morbido bacio sulle labbra.
“Buongiorno Eva..”
Aprii gli occhi come in una scena dell’orrore e gli lanciai il cuscino addosso.
“Buongiorno sto cazzo Justin.”
Poi lui si alzò ed uscì dalla stanza, prima di dire con non curanza:
"Si Eva, ti adoro anch'io.."
Restai sdraiata sul letto e iniziai a sorridere, non so per quale ragione.
Dopo qualche minuto, mi alzai, e ancora in tuta scesi al piano di sotto, dove Justin mi aspettava seduto sul tavolo, della spaziosissima cucina.
“Eva, prepara la colazione, io mi faccio la doccia e scendo.
“Va bene..” Preparare la colazine era il minimo che io potessi fare per sdebbitarmi con lui per l’ospitalità.
Mentre lui percorreva le scale, che lo conducevano al piano di sopra, mi voltai e iniziai a frugare nella cucina alla ricerca dell’occorrente.
Poi misi sul tavolo, due tazze accompagnate dai rispettivi cucchiai, dei cereali e del latte.
Infine, mi sedetti con le gambe incrociate aspettando Justin.
Dopo qualche minuto scese.. me ne accorsi perché sentii i suoi passi sulle scale.
Alzai lo sguardo verso di lui, spalancai gli occhi ed urlai..Poi afferrai il cuscino della sedia e glielo lanciai addosso.
Era completamente nudo. Non indossava neppure la biancheria.
Ma come gli venivano in mente certe cose a questo ragazzo?
“Ma sei scemo? Vai a vestirti.” Dissi arrossendo e voltandomi dall’altro lato.
Lo sentii ridere.
“Eva non hai mai visto un ragazzo nudo?” .. Era forse una moda andare in giro a guardare i ragazzi nudi? No che non avevo mai visto un ragazzo nudo.
“E se anche fosse? Perché dovrei guardare te..?” gli dissi sbuffando.
Non mi rispose, ma sentii i suoi passi avvicinarsi a me.
“Justin, o metti dentro quel coso, oppure ti prendo a schiaffi, giuro.”
Nessuna risposta.
Si mise dietro la mia sedia, e le sue braccia mi avvolsero da dietro. Stavo per prenderlo a schiaffi seriamente, quando sentii il suo respiro sul collo.. Fu come se la Terra avesse smesso di girare improvvisamente, ed ogni cosa aveva perso vita, e importanza.
“Eva io so di piacerti. Aspetto solo il momento in cui, sarai tu a dichiararmelo, perché non ce la faremo a non stare insieme..”
“.. è la convinzione che ti fotte. E adesso o ti vesti, oppure me ne vado.” Dissi tornando seria.
Le sue braccia si staccarono dal mio corpo, e vidi la sua figura salire per le scale.
Devo ammettere che prima che superasse l’ultimo gradino, diedi una sbirciatina al suo fondo-schiena. D’altronde, chi non lo avrebbe fatto?
Mi vergognai di me stessa, e mi voltai a guardare fuori dalla finestra.
Riscese dopo qualche istante, vestito come si deve.
Mi sorrise.
Gli sorrisi.
“Eva.. ieri sera, apparte gli scherzi, non mi hai risposto.”
Abbassai lo sgaurdo e lasciai che la frangetta mi coprisse gli occhi.

Non potevo rispondere se non ero sicura di ciò che provavo.. O meglio se non ero sicura che le circostanze mi permettessero di provare qualcosa.

“Non posso risponderti ora, mi serve tempo Justin. Non credi, che, mentre per te Samantha non è niente, per me è mia sorella?”
“Hai tutto il tempo che vuoi Eva, io ti aspetto.. non vado da nessuna parte. Ti chiedo solo una cosa.. Tu sei convinta di essere stata messa sempre in secondo piano, dagli altri, rispetto a tua sorella.. bhe Eva, fai in modo che non sia tu stessa a metterti in secondo piano.”
Ha voluto dirmi semplicemente di non pensare sempre a ciò che è meglio per Sam, di smetterala di fargli da balia, e di pensare un po’ alla mia vita. Giusto?
.. Non gli risposi. Sorrisi, e silenziosamente, senza guardarci, consumammo la colazione.
Non sapevo davvero cosa provavo per lui.
Dopo mezz’ora, mi rivestii, lo ringraziai e me ne andai.
Prima che potessi chiudermi alle spalle mi disse, come in un soffio, in modo che nessuno avrebbe potuto sentire, in modo che io mi domandassi se davvero l’aveva detto o era la mia immaginazione: “Ti amo.”
Chiusi la porta, facendo finta di non aver sentito.. E forse anche lui fece finta di non aver detto nulla.
Quando tornai a casa, trovai solo mia sorella.
“Ehi Eva.. buongiorno. Dove sei stata?” Domanda giusta, al momento giusto.
“Da una mia amica, non la conosci.” Mi sedetti accanto a lei.
“Di la verità.. eri con qualche ragazzo..?” mi disse ammiccando.
Sentii il mio cuore scoppiare. Già Sam, ero con il tuo di ragazzo sai? Cambiai argomento.
“Ti sbagli Sam.. ma ora posso sapere perché ho dovuto dormire fuori sta notte? Che aveva papà?” Nel suo volto piombò un improvvisa euforia.
“Parte. Si deve trasferire a causa del lavoro. E noi non andremo con lui.”
Nelle famiglie normali, si è triste di fonte ad una notizia del genere… Ma la mia famiglia non è normale. Già, se tuo padre si sfoga liberamente sulla famiglia, bhe.. è un piacere sapere che parte.
“Davvero?” chiesi sorridendo.
“Si.. E indovina? Per festeggiare, questa sera ti porto in discoteca..”
Per festeggiare.. ora mi sembra un po’ esagerato.
La guardo storto.
“Ok non è per festeggiare la partenza di papà, ma per allentare questa monotonia.” Disse poi sbuffando.
Mi guardò come se conoscesse già la risposta: No.
“E discoteca sia.” Risposi io sorridendo.
Lei spalancò gli occhi e mi abbracciò.
--
Come potevo fargli una cosa del genere? Come potevo innamorarmi del suo ragazzo?La amavo. Non potevo ferirla.. Ma forse non dovevo ferire nemmeno me stessa.
Restammo in quel modo, fin quando non mi distaccai.
Iniziai a prepararmi psicologicamente a questa sera, per andare in discoteca, dove non sapevo quello che mi aspettava.


Lettrici mie adorate *W*
Ma sapete che vi voglio bene davvero tanto? Si, forse ve l’ho già detto.
Spero vi piaccia :D
Fatemi sapere che ne pensate..
Sto elaborando un ottavo capitolo con i fiocchi..!!
A presto. Vi voglio bene :D

-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8
“Eva credi di venire in discoteca con me, vestita così?”..
Mi chiese Sam, entrando in camera mia e guardandomi dalla testa ai piedi con un’aria schifata.
“Si perché?”.. Indosso pantaloni talmente aderenti che sembrano collànt, e la mia maglia (se così si può chiamare) mi copre ammalapena il busto..
“Vieni, ti dico io che metterti..”
“Di male in peggio.” Ribattei ironicamente.
Tirò fuori dal suo armadio, un top, scollato all’inverosimile.
“No Sam, questo è troppo..” dissi rifiutandomi.
Lei mi guardò con uno sguardo che diceva “non voglio sentire lamentele”, così presi il top e me lo misurai..
“Sei una bomba Eva.. i pantaloni vanno bene, risaltano i tuoi glutei fenomenali.” La fissai.
“Scherzo..” aggiunse poi.
Erano le 23:00 quando arrivammo in discoteca.
Appena  oltrepassammo la soglia della porta, fummo investite da circa 500 persone, che saltavano all’unisono, e si strofinavano senza ritegno.
Automaticamente, i nostri sguardi volarono verso il privè.
Non feci in tempo a notare chi ci fosse all’interno che Sam, iniziò a strattonarmi.
“Eva.. caso mai dovessimo perderci, ci vediamo alle 2:00 fuori l’entrata principale ok?”.. La guardai capendo subito cosa aveva in mente.
“Sam, è un modo carino per dirmi che adesso io andrò per i fatti miei e tu per i tuoi?”.
Mi sorrise e rispose:
“Esatto.”
Sorrisi anch’io. Era tipico di mia sorella, sfruttarmi per i suoi interessi. Come in questo caso.. mi aveva portata in discoteca perché credeva forse di poter incontrare Justin.
Si voltò e si perse tra la folla.
Iniziai anche io a muovermi, sotto lo sguardo di un ragazzo che si avvicinò a me.
Mi cinse i fianchi, e per metà della serata, ci scatenammo insieme..
Saltavamo,ci abbracciavamo, come se ci conoscessimo già.
Mi sfogai, urlai e saltai fino a farmi sangue sui piedi.. 
Dimenticai tutto, abbandonai ogni rancore..L’unica cosa che guardavo, era il viso del ragazzo che ballava con me.
Portava una felpa, nonostante l’incredibile caldo, e un cappellino che gli copriva l’intero viso.
Sopra il cappellino aveva alzato il cappuccio della felpa.. e cosa stranissima, indossava gli occhiali da sole.
Molti ragazzi portano gli occhiali da sole in discoteca, solo che mentre ballano li lanciano, o almeno li usano per qualche coreografia, ma questo ragazzo non mi mostrò i suoi occhi per nemmeno un secondo.
Ad un certo punto i miei piedi, che erano costretti a stare dentro delle scarpe che li uccidevano, mi suggerirono che  era il momento di sedersi qualche istante.
Mi fermai, e osservai per qualche secondo il ragazzo che era di fronte a me.
Mi era familiare, riconoscevo in lui qualcosa che mi  colpiva particolarmente, ma non sapevo cosa.
Quando lui capii che ero stanca, si avvicinò a me, e prima che potessi respingerlo o distaccarmi da lui, mi baciò.
Appena la sua bocca inumidì e travolse la mia, lo riconobbi subito.
Avrei riconosciuto quelle labbra ovunque. Le labbra di Justin
.
Quando due persone si baciano, solitamente  gli occhi sono chiusi.. nel mio caso no.
I miei occhi erano spalancati, di fronte a quegli occhiali da sole che nascondevano due leggere palpebre sovrastate da delle ciglia dorate.
Prima che potessi fermarlo si voltò e si perse tra la folla.
Restai al centro della pista, immobile, circondata da persone che si scatenavano, proprio come facevo io fino a poco fa.
Poi mi voltai e andai a sedermi al banco.
Il bar-man si avvicinò a me e mi chiese:
“Cosa ti preparo?” Lo guardai, e iniziai involontariamente a maledire il suo sorriso.
“Credo che un’ Americano vada bene.. Grazie.” Poi sorrisi e mi voltai.
Mi soffermai ancora una volta sulla folla, e poi iniziai a cercare mia sorella con lo sguardo.
Nel frattempo il mio Americano era già accanto a me, così iniziai a sorseggiarlo.
Mi voltai verso il privè e credetti di intravedere la figura di Sam, fare a botte con qualcuno.
Mandai velocemente giù, l’ultimo sorso, dopo di che mi diressi a passo svelto verso le scale del privè.
Un ragazzo alto con un’aria brutale mi guardò quando arrivai di fronte alla piattaforma sulla quale c’era il privè.
“Non si può salire qua su.” Mi disse.
“Non voglio entrare, voglio solo vedere se mia sorella è li sopra.”
Lo spinsi e mi affacciai.
Mi accorsi subito di Sam, che era seduta sopra un ragazzo, che ovviamente riconobbi. Non poteva essere che lui.
Indossava gli stessi vestiti del ragazzo che ha ballato con me, per cui , io non mi sbagliavo affatto. Senza pensarci mi misi a sorridere.
Guardai con aria di sfida il ragazzo che controllava l’entrata, e poi scesi sotto.
Tornai al bancone.
Il ragazzo che mi aveva servita prima mi guardò e mi sorrise.
“Ancora qui?..” La mia risposta fu data da un cenno della mia testa.
“Ho capito, te ne preparo un altro.”
Infatti poco dopo ne bevvi un altro.. e un altro.. e un altro ancora.. fino a non capire più se ciò che avevo di fronte a me, era un bar-man o un opossum.
Ero ubriaca.
Mi alzai dal  bancone, e rendendomi conto dello stato in cui ero, mi sedetti su una poltroncina. Non volevo minimamente dare spettacolo.
Era la seconda sbronza della mia vita, non riuscivo a capire perché l’avevo fatto.. forse perché mentre lo facevo, non me ne ero nemmeno accorta.
Come disse Byron: “L'uomo, giacché è ragionevole, si deve ubriacare: il meglio della vita è l'ebbrezza.”
Già.
Nella mia testa, volti confusi si susseguivano e si sovrapponevano.
Vedevo Justin, Sam, mia madre, mio padre.. e non capivo se ciò che vedevo era realtà o finzione.
Avevo dei flash, in cui ricordavo i momenti più belli della mia vita, e non so perché, il primo flash, fu la notte a casa di Justin.
Non è assolutamente vero che chi è sbronzo, non ragiona minimamente.
Io ragionavo e sentii perfettamente che qualcuno mi prese in braccio e mi portò su per delle scale. Dentro me volevo agitarmi e respingere chiunque sia, ma il mio corpo, non mi ascoltava.
Mi ritrovai seduta all’interno del privè, con sei occhi puntati addosso..
Forse erano quattro??..
“Eva.. Eva..come ti senti?”
Era Sam. Sicuramente nei dintorni c’era anche Justin, se non si era già dileguato.
“Sto bene Sam, tranquilla è tutto apposto..” La testa iniziò a farmi male a tal punto che dovetti chiudere gli occhi.
“No Eva, non è apposto. Spiegami perché cazzo hai bevuto?
Sentivo la sua voce chiara e le parole scandite. La sentii farfugliare qualcosa, e guardando bene c’era Justin con lei.
Non so cosa il cervello mi suggerì in quel momento, fatto sta che mi alzai, e come per magia presi forza e tirai fuori la mia solita grinta.
“Sam perché? Non c’è un perché lo vuoi capire? ‘Andiamo a divertirci’ mi hai detto, e invece mi sono ritrovata a ballare sola,con non so quale sconosciuto..” dissi spostando lo sguardo su Justin, che si agitò in maniera molto evidente.
La testa mi scoppiava, e sentivo lo stomaco esplodere, tuttavia continuai.
Forse perché sono stanca di essere picchiata da papà? Forse perché sono stanca di vedere la mamma piangere? Forse perché tu non te ne rendi conto che sei l’unica che può porre fine a questa storia. Forse perché, anche se non lo ammetto a me stessa, soffro. Già soffro, perché l’unico ragazzo che mi rende la vita una gioia..” Abbassai lo sguardo e deglutii, poi continuai,e quasi sottovoce dissi:
“Forse perché l’unico ragazzo che.. amo.. è impossibile per me.”
La musica era talmente alta, che non ero sicura che Sam avesse sentito, o forse, il mio stato confusionale era talmente alto, che speravo che Sam non avesse sentito.
Ma cosa avevo detto?.. Io non amo nessun ragazzo.
Mi lasciai cadere su un divano, e fissai il pavimento.
Sam si sedette accanto a me, e mi disse:
“Scusami.” L’unica cosa che riuscii a fare, fu un gesto di noncuranza, come per dirle di non preoccuparsi.
Lei mi abbracciò, e senza volerlo, le mie lacrime iniziarono a bagnare la sua spalla.
Non avevo pianto per troppi anni, ed ora stavo sfogando tutto ad una volta.
Eravamo in tre in quel privè. Già, perché assieme a noi, per ironia della sorte, c’era anche Justin.
Piansi.. piansi per sfogarmi.
Mentre piangevo, mia sorella mi stringeva in un forte abbraccio e mi baciava la testa.
“Sfogati..” mi diceva.
Poi disse a Justin:
“Non ha pianto più, da quando era piccola..”
Justin sapeva che non era vero. Era stato proprio con lui il mio ultimo pianto.
Tra una lacrima e l’altra, dalle mie labbra uscì una frase, che mi spezzò il cuore nello stesso istante in cui la pronunciai:
“Sam.. io lo amo.”

Ehii :D
E oraaaaaaaaa? :D Non vedo l’ora di aggiornare, voi fatemi sapere se vi piace.
Un bacione.
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9
Mia sorella iniziò a scuotermi e mi chiese:
Chi Eva?.. A chi ami?”
La guardai, mi asciugai le lacrime e sorrisi..
“Nessuno Sam. Scusa non è nulla di importante. Tieni ti lascio le chiavi della macchina, io torno a casa..” Sorrisi per fargli capire che stavo bene. O forse per illudere me stessa di stare bene.
“Vengo con te Eva..” Non gli lasciai finire la frase che aggiunsi:
“No. Tu e Justin tornate giù a ballare. Casa nostra è qua vicino.”
Mi voltai e attraversai la piattaforma, rallentando di fronte a Justin che tenendo la testa bassa, non alzò nemmeno lo sgaurdo verso di me.
Mi feci largo in mezzo a quel groviglio di persone, e dopo qualche minuto, ero già fuori a percorrere la strada di casa.
I piedi mi facevano male a tal punto da non riuscire a sentirmeli, in contemporanea con la testa, che mi stava scoppiando.
Ma ciò che più mi faceva male, era il cuore.
Non so per quale ragione.
Mentre camminavo sul marciapiede, un’auto mi affiancò e abbassò il finestrino.
“Sali Eva..” mi voltai di scatto e trovai Justin alla giuda dell’auto.
Che ci faceva qui, se fino a qualche minuto fa era con Sam..?
Stavo per ribattere, quando incontrai il suo sguardo che mi fece capire che non era la cosa migliore.
Io e il mio senso di vergogna salimmo nel lato passeggero.
Alzò il suo finestrino, ingranò la marcia, e partimmo.
Non sapevo qual’era la destinazione, ma nonostante questo non dissi nulla. Mi fidavo.
E nemmeno lui disse nulla. Fu un tragitto silenzioso.
Avevo paura che potesse dire qualcosa che mi avrebbe fatta star male. Avevo paura delle sue parole, e dei suoi sentimenti, a tal punto da volermi quasi tappare le orecchie.
Ad un certo punto, di fronte a casa mia, fermò l’auto.
Restammo qualche minuto così immobili, poi si voltò verso di me e mi disse:
“Sono io vero?”
Era lui? Era lui il ragazzo che avevo descritto prima? Era lui il ragazzo che amavo?
Si, era lui.
“No.”  Non potevo rovinare tutto.. Se avessi detto la verità, lui sicuramente avrebbe lasciato mia sorella e fatto un’enorme catastrofe. Sarò masochista forse, ma in quel momento, proteggere mia sorella mi sembrò la cosa più giusta.
La visiera gli copriva gli occhi, così non riuscii a capire la sua espressione, fin qunado non mi rispose.
“Quindi c’è un altro ragazzo?” No Justin, non c’è nessuno.. anche se l’ho capito solo ora, l’unico che i miei occhi vedono, sei tu.
“Si.”
“Lo ami, giusto?..” Teneva la testa completamente bassa. Ci impiegai a rispondere, e lui mi ripetè urlando la sua domanda.
“Lo ami giusto?”.. Amo solo te, avrei voluto rispondere.
“Credo di si.” Risposi.
“Devi dirmelo in faccia Eva, devi guardarmi negli occhi e dirmi che c’è un altro, che io non ti piaccio, ma soprattutto che non mi ami.”
Mi voltai e guardai fuori dal finestrino.. poi lui mi afferrò il braccio.
“Dimmelo Eva, dimmelo e mi metterò l’anima  e il cuore in pace.”
Cazzo guardami Justin, alza lo sgaurdo da sotto quello stupido cappello, e capisci che non è vero niente, che sto dicendo un sacco di balle che non convincono nemmeno me stessa. Capisci che ti amo.
Continuava a strattonarmi, in modo da farmi girare verso di lui.
“Si Justin. Va bene? C’è un altro e tu non mi piaci.” Sentii il mio cuore andare in frantumi assieme alle mie stesse parole. Stavo rinunciando a quanto più tenevo al mondo in questo momento.
Senza attendere la sua risposta, aprii lo sportello e scesi.
Ero di fronte al portone di casa mia quando sentii la portiera della sua macchina aprirsi e dei passi avvicinarsi a me.
“Non hai detto l’unica cosa che avrebbe potuto convincermi.”
Lo guardai con aria interrogativa e poi aggiunse:
“Che non mi ami.”
Con il mio cuore, ormai ridotto a piccoli pezzi, in mano.. aggiunsi:
“Non ti amo.” Poi mi voltai, ed entrai in casa.
Appena entrata, senza accertarmi che mia madre dormisse, mi accasciai alla porta, e iniziai a piangere.
Perché l’amore mi far star peggio di come sto quando mio padre mi picchia?
Forse perché l’amore fa più male delle botte.
Forse perché l’amore non è un dolore fisico.
Forse perché l’amore non può essere condiviso.
Forse perché l’amore è personale.
Forse perché per me l’amore, ha appena abbandonato il vialetto di casa mia.
… Restai qualche istante seduta li, poi mi alzai, e mi infilai sotto la doccia.
Sentivo come un buco, allargarsi fra i miei polmoni. Pensavo a Justin, e il buco si espandeva di volta in volta.
Uscii dalla doccia e mi sdraiai sul letto. Erano le 4:00 di mattina, così dopo qualche istante, ancora umida e avvolta nel mio accappatoio, crollai in un sonno profondo.
L’indomani, come era suo solio fare, mia sorella mi svegliò.
Mi alzai e la guardai strofinandomi gli occhi. Sentivo un fortissimo dolore alla testa… credo sia la conseguenza della sbornia, oppure il fatto che ho dormito con i capelli bagnati.
“Come stai Eva?”
“Bene grazie.” Mentii.
“Ehi hai gli occhi rossi e gonfi, che cos’è successo?”
“Nulla.. Stà tranquilla. Mi prepari la colazione Sam?” Lei annuì e poi scese al piano di sotto.
Mi alzai, ancora in accappatoio e la raggiunsi al piano di sotto.
Mentre insieme consumavamo la colazione gli chiesi:
“Che hai fatto poi ieri sera? Non ti ho sentita rientrare.”
“Justin se n’è andato qualche minuto dopo di te, diceva di non stare bene.. così ho conosciuto altri ragazzi e ho passato la notte a ballare con loro.”
Ingoiai rumorosamente i cerelai che stavo masticando.
Io rinuncio a Justin per lei.. e lei, sta con altri ragazzi? Perfetto.
Sorrisi.
Poi lei aggiunse:
“Comunque tra un po’ passa a prendermi, andiamo a fare un giro per negozi.”
Annuii, senza rispondere.
Stavo ancora rigirando i cereali nel latte quando suonarono alla porta.
Improvvisamnte, andai nel panico.
Sam andò alla porta, e fece entrare Justin.
Non mi voltai nemmeno, capii che si baciarono grazie rumore che le labbra producono quando baciano.
“Noi andiamo..” disse poi mia sorella.
Mi voltai per salutare, e solo dopo averlo fatto mi ricordai di avere un’accappatoio che mi copriva fino all’alta coscia, e che il resto, era tutto in evidenza.
Non guardai Justin negli occhi, li salutai con un cenno della mano, e mi voltai nuovamente.
Sentii Sam spingere Justin e dirgli: “Andiamo dai..”
Restai ammutolita, con il latte ormai freddo di fronte a me, ed una cucina troppo vuota, proprio come il mio cuore.

:D Come promesso, ho aggiornato entra sta seraaa :D
Una domanda, (so che non centra nulla x’’D) qualcuna di voi segue lo Spit gala? :3
Fatemi sapere.
Spero vi piacciaaaaaaaaaa :D
Vi adoro.
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10
Passai il resto della mattinata a convincermi che ciò che stavo facendo fosse la cosa giusta.
Ma come poteva essere giusto star male?.. Ma non sarebbe stato giusto nemmeno scaricare i miei dolori su Sam.. anche se credo che lei al mio posto non avrebbe fatto ciò che sto facendo io. Non avrebbe tappato le ali al proprio cuore.
Ieri sera, dopo essermi fatta scappare quel “Io lo amo”, ho anche dovuto mentire a Justin per convincerlo che non era lui che amavo. Per convincerlo che c’era qualcun’altro nella mia vita.
Se avesse capito, che il baricentro della mia vita, da un giorno all’altro, era diventato lui.. bhe sarebbe stata la fine. Avrebbe lasciato Sam, rovinando per sempre i rapporti che intercorrono.
Sam, tornò a casa dopo l’ora di pranzo, con in mano delle borse.
Posò le borse per terra  mi disse con affanno:
“Eva, i nuovi arrivi sono una cosa fantastica. Dovresti dargli un’occhiata.”
Restare ancora a casa, non mi avrebbe fatto nient’altro che male, dovevo distrarmi.
“Ok, allora ne approfitto e vado a farci un giro. Ciao Sam.”
Presi la mia borsa ed uscii di casa, con un abbagliante sorriso sulle labbra.
Magari, avessi avuto il sorriso anche sul cuore.
Feci davvero un giro per i negozi, ma l’unica cosa che acquistai, fu un forte giramento di testa.
Mi sedetti su una panchina, di fronte al bar Eva, con l’intenzione di entrarci quando il mal di testa mi sarebbe passato.
Chiusi gli occhi per non vedere tutto sfuocato, e quando mi sentii meglio ,prima che potessi aprirli, sentii la voce di Justin. Ma questo ragazzo come fa a sapere dove sono in ogni istante?
“Eva, va tutto bene?” Avrei voluto tenere gli occhi chiusi tutto il tempo, invece li aprii e sorrisi.
“Si grazie.”
Non potevo continuare a parlare con lui, sapevo già dove sarebbe andata a finire la conversazione. Non potevo continuare a parlare con lui, perché il mio cuore non avrebbe retto il carico di emozioni.
Presi la borsa, mi alzai e feci per andarmene.
Tuttavia il mio tentativo fu vano, perché mi afferrò da un braccio e mi attrasse a se per poi sussurrarmi nell’orecchio:
“Quindi sei sicura di ciò che hai detto ieri sera?” Non risposi.
“Eva, ne sei sicura?.. perche io credo che ciò che hai detto ieri sera era frutto della sbronza.”
Ciò che avevo detto ieri sera, era frutto di un ragionamento complesso, ma inutile, caro Justin. Già era inutile, perché nonostante il cervello mi diceva cosa era giusto e cosa non lo era.. il mio cuore non ascoltava, e ragionava per conto suo.
“Eva, non sono mai stato male per una ragazza come sto adesso male per te.”
Credi di essere l’unico a stare male? Justin devi solo convincerti che è la cosa più giusta, questa.”
“Questo è quello che hai fatto tu vero?.. Ti sei convinta che è la cosa più giusta.. Ma per chi è giusta?.. Credi forse che Sam lo avrebbe fatto per te?”
Alzai lo sguardo e incrociai i suoi occhi.
Non faccio le cose aspettandomi che gli altri le facciano per me.
“Eva sappiamo entrambi che proviamo qualcosa di forte. Allo stesso modo in cui sappiamo che Sam mi ha tradito. Allo stesso modo in cui sappiamo, che non durerà. Ti prego Eva. Per un errore,non cancellare l’intero disegno.”
Per qualche istante, credetti che afferrare la sua mano e iniziare a correre insieme, fosse la cosa più giusta da fare al momento. Invece sorrisi, e mi voltai.
Entrai al bar Eva, e dopo qualche istante mi accorsi che Justin se n’era andato.
Piombai ancora una volta nella tristezza, ma andandosene, aveva fatto un favore a se stesso.. e al mio istinto, perché non so quanto avrei resistito.
Ordinai un dolce, e mi misi a guardare fuori, quando il proprietario del bar, si avvicinò al mio tavolo.
“Ciao Eva..” Sorrisi.
“Salve..” aggiunsi.
“Posso sedermi?” Spostai la borsa.
“Certo..” Lo guardai.
“Oggi sei particolarmente strana. Forse è successo qualcosa?”
Non era la persona più indicata a cui raccontare tutto.. anche se con lui mi sentivo tranquilla.
“Solite cavolate fra adolescenti.” Dissi sorridendo.
“Bhe lascia che ti dica una cosa..Ama soltanto chi è capace di restare, e di non andarsene mai, nonostante le lacrime, i difetti e i vaffanculo. Ama soltanto chi sai che ci tiene a te.. E quel ragazzo, secondo me ci tiene.
Alzai lo sguardo e spalancai gli occhi. Il proprietario alzò le mani, come per discolparsi, sorrise e se ne andò.
Forse aveva ragione, dovevo seguire il mio cuore. Ma ne sarebbe valsa la pena?
Non poteva fare questo a mia sorella. Anche se a lei di Justin non importava.
Tornai a casa, dove fui subito travolta dalle parole di Sam.
“Eva.. credo che Justin voglia lasciarmi.
Involontariamente mi agitai e finii per sbattere contro uno sgabbello che mi fece cadere.
Sam si mise a ridere qualche istante, dopo di che ritornò seria.
“Sam, ma che dici sei sicura??”
“Eva, certe cose si capiscono anche se non sono dette esplicitamente.”
“E.. tu come stai?” Le chiesi sedendomi accanto a lei, pronta a consolarla.
“Bene. Benissimo. Mi spiace solo perché Justin è così bono, e tra l’altro è famoso. Ma comunque ancora non mi ha lasciata. Credi che debba lasciarlo prima io?
Che grandissimo schifo. Come poteva mettersi con un ragazzo solo per l’aspetto fisico e la fama?..
“Ma vaffanculo.” Fu la mia risposta. Poi mi alzai e salii in camera mia.
 Dopo questa conversazione mi scoprii delusa da mia sorella.
Ma soprattutto delusa da me stessa, perché avevo rinunciato a tutto per chi non meritava nulla.
Decisi che mi sarei lasciata tutto alle spalle, a partire da quella sera.
Sarei andata a divertirmi in discoteca.. questa volta, senza fare danni.
Non rivolsi affatto la parola a mia sorella, e alle 23:00 uscì di casa, e andai in discoteca.
Questa volta, non mi feci fregare, e misi delle scarpe basse e aperte, in modo da poter ballare senza dover sopportare il dolore dei tacchi.
Mi scatenai subito e ballai con tante persone, fra cui un ragazzo carinissimo, che assecondava ogni mia follia di movimento: Thomas.
Dopo aver ballato, due ore di fila, ci sedemmo insieme al banco.
“Che ti va di bere Eva?”
“Oh niente grazie. Va bene così.” Non avrei bevuto un goccio. Dagli errori si impara.
“Sicura..?”
“Sicurissima.”
Passammo del tempo a chiaccherare,fin quando non vidii Justin nel privè. Dovevo assolutamente parlargli.
Salutai Thomas e raggiunsi la piattaforma.
Guardai l’uomo di guardia , che già conoscevo, e gli sorrisi.
“Potresti chiamarmi il tipo con il cappellino?” gli chiesi indicando Justin.
Lui mi guardò con aria di sfida, poi si voltò e chiamò Justin, che quando mi vide si avvicinò correndo.
“Eva..”
“Justin..” Uscì dal privè, e mi fece cenno di seguirlo fuori.
Dopo cinque minuti, eravamo seduti di fronte alla discoteca, l’uno affianco all’altra.
“Mia sorella mi ha detto di aver capito che vuoi lasciarla..”
“Sono contento che l’abbia capito, mi risparmierò la fatica di..”
Lo fermai prima che potesse continuare.
“Se sono problemi vostri, ok va bene.. ma se è per me Justin.. Non lo fare.”
“Eva, non posso stare con Sam, mentre.. mentre..ci sei tu.
Sorrise, e mi sembrò che il mio cuore scoppiasse. Era uno spettacolo.
Il suo sorriso si spense, quando un uomo, sulla quorantina, ci passò davanti e si fermò a fissarlo con un’espressione vuota e inquietante.
Fu come se nella mente di Justin affiorasse qualche ricordo.. almeno questo si percepiva dalla sua espressione.
Sentii Justin deglutire, poi si alzò e mi abbandonò sul quel marciapiede.
Mi alzai e gli andai dietro.
“Justin che succede?”
“Niente Eva.. Hai ragione tu sai?.. Tra noi due non può esserci nulla.
Restai immobbile, con gli occhi spalancati.
Prima che potesse farlo lui, mi voltai  me ne andai.
Perché mi aveva detto questo?.. La sua espressione era così cambiata da dopo l’arrivo di quell uomo, che con un solo sguardo, sembra avergli fatto cambiare idea.
Con una sola frase, era riuscito a spezzarmi il cuore.
La siatuazione si era ribaltata.. se dopo le parole di Sam, io ho iniziato a pensarla diversamente.. Justin dopo lo sguardo di quell’uomo, sembra aver cambiato idea sui suoi sentimenti.
Bello schifo l’amore.

Vi piace ragazze? :D
Vado avantiii? :D
Fatemi sapereeeee
Bacione.
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11
Iniziai a camminare, sempre più veloce, sempre più veloce, fino a ritrovarmi a correre per le strade di quel posto che aveva seganto la mia vita.
I miei piedi si alternavano in maniera sempre più veloce, a tal punto da non riuscire più a sentire l’aria entrami nei polmoni.
Le mie scarpe comode mi permettevano di accellerare sempre di più, fino a non sentirmi più i piedi.
La brezza estiva, mi investiva il volto e faceva svolazzare i miei capelli (ormai completamente in disordine).
Corsi forse, per convincere me stessa che i rumorosi battiti che il mio cuore emetteva, erano frutto della corsa estenuante e non delle parole di Justin.
Allora, l’unica cosa da fare e smettere di aspettare, lasciar perdere e percorrere la mia strada senza guardarmi dietro?
Peccato che credo di non avere più una strada da percorrere.

Non avevo mai avuto grani delusioni d’amore, perché non ho mai creduto nel vero amore. Poi arriva questo tipo, che mi bacia sulla terrazza di casa sua, dopo essersi ammalappena presentato.. Con la sua ragazza, che guarda caso è mia sorella e altri cento invitati al piano di sotto.
E così, un incontro dopo l’alro, la notte a casa sua, le sue parole,il senso di protezione che mi trasmetteva, il suo modo di comunicarmi con un semplice sguardo.. avevano fatto si che io mi innamorassi di lui. Già, innamorarmi.
Inizialmente non riuscivo, e non potevo, ammettere a me stessa ciò che dentro me stava succedendo.. per via di mia sorella? Forse. O forse per la mia codardia.
Poi quando finalmente decido di porgere il mio cuore a Justin.. decide di ridarmelo, dopo due secondi in frantumi.
L’unica cosa che mi chiedo, è se in qualche modo lo sgaurdo di quello’uomo può centrare con la sua decisione.
Ero di fronte casa, a fissarmi i piedi, quando il mio cellulare interrompe i miei pensieri.
Un messaggio. Clara.
Clara era una mia amica di infazia, dire che siamo cresciute insieme è poco, perché io ho cresciuto lei e lei ha cresciuto me.
Dopo i 15 anni però ci siamo un po’ allontanate,ma comunque molto raramente mi cerca.
“Eva, c’è un urgente bisogno di te. Ti scongiuro, mi raggiungi al parco?.. Un mio amico vuole che io le presenti una ragazza..carina. Eh bhe tu sei l’unica che conosco. Allora, ci stai?”
Non credo che bisogna restarci male se le persone ti cercano nel momento del bisogno.
Credo invece che bisogna sentirsi privileggiati perché vuol dire che si è come una candela che gli viene in mente quando è buio.

“No Clara. Non posso, sono a pezzi. Non mi sento bene. Digli che sarà per un’altra volta.” 
Dopo di che spensi il telefono.
Ero troppo a pezzi per andare al parco, a fare finti sorrisi e squallide battute a cui avrebbero riso per educazione.. anche perché l’unico sorriso che avevo voglia di vedere era quello di Justin.
Entrai in casa, e trovai mia sorella ad aspettarmi alzata.
Da quando mio padre non c’era, rientrare a casa era una gioia.
“Eva.. vorrei parlarti.”
Mi sedetti accanto a lei.
“Dimmi Sam.”
Si mise ad osservare il mio viso, che sicuramente era paonazzo e stravolto.
“Che ti è successo? Sembri stravolta.”
“Niente lascia stare.. dimmi.” Si rannicchiò su se stessa e incominciò:
“Sono un idiota. Stavo con Justin per fama e bellezza, ed ero talmente accecata dal mio ego, da non accorgermi che stavi rinunciando a lui, per me, che neanche lo volevo. Solo ora ho capito che lo ami. E che ti ama..
Ho parlato al telefono con lui qualche istante fa. Abbiamo deciso che stare insieme sarebbe come prenderci in giro, ancora. Quindi ci siamo lasciati. Poi lui mi ha chiesto di te.. Mi ha chiesto se eri tornata a casa e come stavi. Gli ho detto la verità
.”
Annuii. Poi lei continuò.
“Lui mi chiede come stai, e tu torni a casa in questo stato. Eva che cosa è successo?..”
“Justin non mi ama Sam. Stavamo parlando, appunto di questo,quando un uomo, si avvicina a lui e lo guarda fisso negli occhi. Justin cambia completamente atteggiamento nei miei confronti, a tal punto da scacciarmi.”
“Un uomo?..”
“Già..”
“Di solito nei film, quando succedono queste cose, c’è sempre sotto un ricatto.
“Sam peccato che questo non sia un film. Comunque adesso vado a dormire, sono stanchissima. A domani.”
Mi alzai, lasciandola sola, e salii in camera mia.
Mi lavai e vestii velocemente e poi mi tuffai nel mio letto.
Prima di addormentarmi pensai che non tutto dura per sempre. Ma ci sono delle cose nella vita per cui combatteresti volentieri per farle rimanere più a lungo.
Sam era una di quelle.. le parole che mi aveva detto prima, mi avevano fatto capire, che ha imparato dal suo errore, e stava cercando di rimediare.
Nonostante quella sera, Justin, mi aveva ridotto il cuore in frantumi, decisi che sarei andata a fondo.
Bisogna seguire il proprio cuore ma portare il proprio cervello con se.
Pensai a lui, e mi misi a sorridere come una fottuta idiota.
L’indomani, scesi al piano di sotto, dove trovai mia madre che preparava la colazione prima di andare a lavoro.
Aspettammo Sam e poi mangiammo tutti insieme, sorridendo, come non capitava più da tempo.
Poi mamma scappò a lavoro e io Sam restammo in compagnia del nostro silenzio tombale. Fin quando non prese a parlare.
“Allora Sharlook, sei pronta?”
“Per cosa Watson?” Le risposi ironicamente.
“Per indagare sull’uomo di ieri sera.”
“Sam, il mio dito medio ti saluta.”  Scoppiammo a ridere entrambe.
“Dico seriamente. Dopo quello che mi hai raccontato, l’unica cosa da fare è scoprire cosa vuole.. magari se vuoi, poi, passiamo da Justin.”
“Ehi Sam, non ho la minima intenzione di fare la stolker.”
Annuì.
Finimo di fare colazione insieme, e poi ci lanciammo alla disperata ricerca di un uomo, che avevo visto solo una volta. Di notte. Per dieci secondi.
Non sarebbe stato facile.


Ragazze :D
Le cose si fanno interessanti ora x’’D ahahahah..
Che ne pensate?.. Forse nella prima parte ho esagerato con tutti i pensieri di Eva >_< Spero vi piaccia.
Fatemi sapere.
Un bacio.
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12
Appena uscite di casa, ci guardammo per capire in che direzione andare.
“Eva ragioniamo. L’unico indizio che può condurci a quest’uomo.. è Justin.”
Mi guardò ammiccando.
“Cos’hai in mente Sam?” Dissi alla fine rasseganta.
“Andiamo da lui, infondo a me non mi ha lasciata ancora, ricordi?”
Era vero. Sam era convinta che Justin aveva intenzione di lasciarla.. e Justin infatti voleva lasciarla.. ma di fatto non si erano lasciati.
“Ottima idea. Ora andiamo la e gli chiediamo chi era quell’uomo.. ottima idea” Dissi ironicamente.
“No. Andiamo la e parliamo e ci comportiamo normalmente..Il trucco è fargli capire che tu sai già chi è quell’uomo.. e poi le cose verranno a galla da sole.”
Questo era vero. Il piano si Sam era perfetto, ma vedere Justin sarebbe stato un duro colpo per me, dopo le sue ultime parole.
Ci icamminammo verso casa sua, e quando ci ritrovammo di fronte al portone, Sam avanzò assumendo un’aria sicura di se.
Suonò il campanello, e dentro me iniziai a pregare che Justin non fosse in casa.
Mi aveva spezzato il cuore, proprio nell’istante in cui avevo biogno che qualcuno se ne prendesse cura.
Ci guardammo, per qualche istante, poi il nostro sguardo fu interrotto da Justin che aprì la porta.
Teneva la testa bassa, si strofinò gli occhi, e poi iniziò ad alternare il suo sguardo tra me e mia sorella.
Per qualche istante credetti di vedere un sorriso spuntare tra le sue labbra.
“Ciao Justin.” Disse mia sorella con un tono da oca.
“Sam.. che sorpresa.. Ehm.. entrate.”
Si spostò e ci fece strada, anche se la strada la conoscevamo benissimo.
Ci fece sedere sul divano del salotto, dopo di che iniziò a muoversi impacciatamente, come se si sentisse a disagio.
Guardai mia sorella che prese subito parola.
“Justin.. tesoro..Bhe ormai è chiaro che tra noi è finita..Però io credo che tu voglia dire qualcosa ad Eva.” Come si poteva mettere in una frase, la parola tesoro, segiuta da tra noi è finita?? Solo Sam, poteva farlo.
Non sapevo che l’attuazione del piano comprendesse la mia partecipazione, per cui la guardai storto.
Ed anche Justin lo fece.
Poi lei continuò.
“Avanti glielo dici tu o glielo dico io, di quell’uomo?” Calcò profondamente l’accento sulla parola QUELL’UOMO, dopodichè iniziò con noncuranza a guardarsi le unghie.
“Sam… di cosa..” Lo interruppe.
“Sai benissimo di chi, e di cosa, parlo. Avanti, vuoi dirlo tu ad Eva, o devo dirlo io?”
Se il piano sarebbe andato storto? Se Justin si fosse accorto che era tutto un bluff?.. Avevamo considerato i pro, e non i contro.
“Sam.. io.. non ce la faccio.”
Quindi c’era davvero qualcosa sotto.
“Justin parla.L’altra sera, dopo lo sguardo di quell’uomo, in te è cambiato qualcosa.. Devi dirmi cosa, voglio saperlo da te.”
Lui abbassò la testa, e iniziò a strofinarsi le mani.
“Eva.. io..”
Lo guardammo per incitarlo a continuare.
Eva non c’è nulla sotto. Non ti amo, non mi piaci e punto.
Sbaglio o era la seconda volta che venivo respinta dalla stessa persona?
Stupida io che per un attimo, ho pensato che davvero, sotto il suo rifiuto ci fosse qualcosa.
No. Questa volta no. Non avrei accettato un altro rifiuto. Non sarei stata male per lui.
Sam, stava per continuare la storiella del bluff, quando mi alzai la afferrai per la mano e gli dissi:
“Sam basta per favore. Andiamo via di qui. Io credevo di farcela, ma invece non è così.”
Allora Sam, fece una cosa che non mi sarei mai aspettata da lei.. Si alzò mi diede un bacio in fronte, mi prese la mano e uscimmo insieme dalla porta, seguite da Justin.
Uscimmo, e mentre attraversavamo il vialetto, entrambe ci voltamo indetro giusto il tempo di scorgere Justin, dalla finestra, accasciarsi alla porta e coprirsi il volto con le mani, per poi scuotere la testa.
Sam dopo aver visto la scena, si voltò verso di me.
“Te l’ho detto che c’è qualcosa sotto.”
“Sam, mi sembra chiaro che non c’è niente da indagare e da capire. Non mi ama. Basta, finiamola qua.”
Mi mollò la mano per portarsela, assieme all’altra, sui fianchi.
“Ah e così ti arrendi? Sharlook senza Watson non è nessuno lo sai?”
Risi.
Poi lei aggiunse:
“Non ci arrenderemo Eva. Scopriremo cosa c’è sotto. Però ora portami a fare colazione.”
Le sorrisi, e la condussi fino al bar Eva.
Ci sedemmo, e ordinammo, e poco dopo, come al solito venne il proprietario.
“Salve ragazze..”
“Salve Simone. Lei è Sam, mia sorella.” Simone fece una faccia sorpresa poi deglutì, e strinse la mano di Sam.
Restammo a parlare con lui qualche minuto, poi ci salutò, ma prima di andarsene aggiunse:
“Ragazze ho notato che l’uomo all’ultimo tavolo, vi sta tenendo d’occhio.”
Poi si voltò e si allontanò verso il retro del bar.
Io guardai Sam, e insieme ci voltammo e incrociammo lo sguardo di un uomo che già avevo visto. Di un uomo che furtivametne ci osservava da sopra il suo giornale.
Di un uomo che sapevo chi era.
Un brivido mi percorse la schiena.

“Eva.. lo conosci?”
“Sam, è lui, è lui l’uomo dell’altra sera.”
“Quindi, mentre noi lo cerchiamo, lui ci segue? Che cavolo vuole?”
Feci spallucce, per fargli capire che non avevo idea.
L’uomo si accorse che io e Sam, ormai , avevamo percepito la sua presenza, così prese il giornale e lo posò, iniziando a fissarci in maniera ossessiva.
Pagammo, e in fretta e furia uscimmo dal locale.
Tutto ciò iniziava a farmi paura.
Ci voltammo, e scorgemmo la figura di quell’uomo abbandonare anche lui il locale.
Iniziammo a correre.
Eravamo noi a cercarlo giusto? E allora perché scappavamo da lui?.. Forse perché tutto in lui, incuteva terrore.
Era come un temporale, durante i giochi estivi. Era come un pugno su un viso di una fotomodella. Si distingueva tra la folla, per la sua aria cupa e minacciosa.
Era piccolo e minuto, ma il suo viso non diceva nulla di buono.

Arrivammo a casa in qualche minuto.
Sam mi guardò e mi disse evidentemente preoccupata:
“Eva non so da quanto ci segue quell’uomo, ma non possiamo stare qui sta notte. Mamma starà fuori a causa di un impegno con la sua compagnia teatrale. Io adnrò da Giusy e tu ..da chi ti pare.”
“No Sam, non possiamo dividerci.”
Sapere che un uomo di pedina, e soprattutto sapere che la persona che ami è coinvolta in tutto questo.. è terribile.
“Si Eva, solo stando divise capiremo a chi segue davvero. E gli sarà più difficile farlo. Poi stare a casa sole, potrebbe essere pericolosissimo.”
Annuii in silenzio.
Mia mamma scese dal piano di sopra.
“Ragazze volevo dirvi che sta notte con la mia compagnia teatrale, saremo fuori città così non ci sarò. Per voi è un problema?”
“No mamma tranquilla. Andremo a dormire da alcune amiche.”
Disse Sam, e prima che io potessi aggiungere qualcosa, mi trascinò su per le scale.
“Non diremo nulla a mamma Eva. Ora che finalmente si sta divertendo, e si trova bene con le ragazze della compagnia teatrale,senza papà.. non le daremo preoccupazioni. Chiaro?”
“Va bene.” Dissi io annuendo.
Il resto del pomeriggio lo passammo a casa a controllare che quell’uomo non si presentasse. Tuttavia di lui non ci fù l’ombra.
Verso sera, preparammo due zainetti con dentro la nostra robba, e uscimmo di casa.
Sam mi diede un bacio in fronte e si diresse verso casa di Giusy, io mi incamminai verso casa di Clara, e solo a metà strada mi ricordai di non aver preso il cellulare.
Mi voltai e tornai indietro, con il mio zainetto in spalla, e un’enorme paura nel cuore.
Entrai in casa, e molto velocemente presi il cellulare, poi chiusi a chiave e uscii.
Attraversai il vialetto, e proprio alzando lo sguardo, mi accorsi di quell’uomo. Mi fissava dall’altra parte della strada, con un sorriso terrificante stampato sul volto.
Sentii del sudore freddo percorrermi la schiena. Non feci in tempo a pensare a nulla, che mi ritrovai a correre.
Corsi, corsi, corsi, più veloce che potevo. Avevo il cuore che non riusciva più a mantenere la velocità dei battiti, forse per la corsa,o forse per la paura..
Corsi senza voltarmi, e il mio istinto fece il resto.

Suonai innumerevoli volte il campanello di casa di Justin, che aprì qualche istante dopo.
Mi infilai dentro senza aspettare una sua parola. Poi presi fiato. Non riuscivo a parlare, e Justin mi mise un braccio attorno alla vita, e mi accompagnò al divano, poi mi portò un bicchiere d’acqua.
Bevvi lentamente  e mi ripresi.
Lui si inginocchiò accanto a me e prima che potesse dire qualunque cosa lo anticipai:
“Justin so che non mi ami, so di non piacerti, ma ti preego devi ascoltarmi. C’è un uomo che mi segue. Forse tu sai cosa vuole da me, ti prego non cacciarmi via. Lui.. lui è qui fuori da qualche parte.
Justin, come se sapesse già tutto, come se aspettava da tempo di farlo, mi abbracciò e mi baciò la testa.
“Qua dentro sei al sicuro Eva. Ci sono gli allarmi a casa mia.” Come se fossero gli allarmi il problema.
“Scusa Justin.. Io davvero non voglio disturbarti.” Che scema sono. Sapevo che non mi amava, eppure continuavo a stringermi tra le sue braccia come se mi appartenessero.
“Abbiamo già dormito insieme.. quindi. E poi non ti permetterei mai di uscire.”
Mi alzai e lo guardai, perdendomi nel suo sgaurdo, che mi avvolse in un caldo abbraccio.

:O So che è un po’ diverso come capitolo, dal solito.. ma che ne dite?
Vi piace? Fatemi sapere.
Un bacione.
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13
Eravamo seduti l’una affianco all’altro e mi bastava ascoltare con attenzione per sentire il rumore del suo respiro.
Stando accanto a lui cercai di reprimere la voglia di abbracciarlo o solamente di immaginare una cosa del genere.
Non mi amava. Mi aveva rifiutata due volte in pochi giorni.. che senso aveva allora? Perché il mio istinto mi ha portata a rifugiarmi da lui?
Interruppe i miei pensieri.
“Eva.. a questo punto devo dirtelo.”
Mi voltai, e mi ritrovai riflessa nei suoi occhi a pochi centimetri dai miei.
“Cosa?”
Iniziò a mordersi le labbra nervosamente, poi iniziò il racconto.
“Quel’uomo, che ti segue, è venuto a cercarmi a casa. Mi ha detto che io non dovevo stare con te, che non ne avevo nessun diritto, che tu eri sua. Io ho la fama, la bellezza e tutte le ragazze, ma mi ha chiesto di lasciarti a lui. Per me era inammissibile.. Ti amavo, e non ti avrei lasciata mai nelle mani di un individuo del genere, per cui lo cacciai di casa. Prima di andarsene però mi disse che lui continuerà a tener d’occhio sia me che te, e che se io non ti lascio stare, ti stravolgerà la vita.”
Da quando ha detto che mi amava,seppure si era espresso al passato, seguire il filo del discorso si è rivelato difficilissimo.
“Stravolgermi la vita? In che senso..”
“Lui dice di sapere la verità sulle tue origini, e sulla tua infanzia.”
Lo guardai intensamente e solo dopo capii che c’era qualcosa di grosso sotto, che non riusciva a dirmi.
“Justin, mi hai già ferita due volte, rifiutandomi. Non farmi ancora del male. Dimmi la verità.”
Gli dissi avvicinandomi a lui, più di quanto già non fossimo vicini.
“Eva mi ha detto di sapere che tuo padre, non è l’uomo che vive con te, ma bensì un altro uomo, e che se non mi sarei allontanato da te, te lo avrebbe detto, e ti avrebbe rovinato la vita.” Disse poi tutto d’un fiato.
Spalancai gli occhi e nella mia mente dei flash continuarono a susseguirsi.
Vidi mio padre picchiarmi e picchiare mia madre, ma senza toccare Sam.
Vidi mio padre,scegliere un lavoro che lo avrebbe tenuto lontano dalla famiglia.
Vidi mia madre sentirsi in colpa senza nessun motivo apparente.
Vidi me stessa, a piangere in un angolo della casa, accusata di qualcosa di cui non avevo colpa.

Non piansi. Non feci una smorfia.
Continuai a guardare Justin negli occhi e gli dissi:
“Solo ora riesco a collegare migliaia di cose. Questa notizia, era come il tassello mancante di un puzzle.. il tassello principale. Justin per me non è una tristezza, sapere che mio padre in realtà non lo è. Lui non ha mai avuto una parola carina, una carezza o un sorriso nei miei confronti. Mi ha sempre trattata come se fossi la causa delle sue disgrazie. Capisci perché non ci soffro?.. Ammetto che scoprire a 17 anni che l’uomo che hai rispettato e temuto per tutto questo tempo, non è tuo padre  è un colpo.. Ma non ci sto male. Ho sempre saputo di essere incompatibile con mio padre.”
Parlai come se nulla fosse, come se tutti i problemi da superare fossero un semplice un gradino, e non una rampa.
Parlare con Justin mi faceva quest’effetto.
Lui mi abbracciò, e senza volerlo, affondai il mio volto nel suo petto.
Ora che le sue braccia accerchiavano il mio corpo, ne l’uomo che mi perseguitava, ne la violenza di mio padre, mi facevano paura. Mi sentii protetta.
Poi mi distaccai da lui, e presi parola.
“Tu credi che lui possa farmi del male?” Gli chiesi accovacciandomi su me stessa.
“Non so Eva.. non so fino a che punto quell’uomo possa arrivare.. So solo che finchè starai qui, non ti succederà nulla.”
“Ma lui sa che sono qui da te Justin.. mi ha vista entrare..”
Non mi fece continuare.
“Non farà nulla. Ti fidi di me?
Lo guardai negli occhi, certa che quel  divano era l’unico posto in cui avrei voluto trascorrere questi secondi.
“Si.” Gli risposi freddamente.
“Che ti va di fare guardiamo un film a letto?” Mi chiese lui sorridendo.
Annuii.
Prima che potessi alzarmi sola, mi afferrò una mano e iniziò a trascinarmi su per le scale.
La sua mano, da uomo, stringeva la mia e si adattava ad essa, come se fosse stata creata per stringere la mia mano.
Arrivammo nella sua stanza, e mi mollò la mano per dirigersi verso il televisore a schermo piatto, che copriva una parete.
Sotto di esso, ovviamente, spiccavano vari video-game e DVD.
Mi levai le scarpe, e mi sedetti a gambe incrociate sul suo letto.. dopo di che mi misi ad osservare lo spettacolo che si proponeva di fronte ai miei occhi.
Justin aveva la schiena abbassata per selezionare i DVD, e dai suoi pantaloni, potevo intravedere i suoi boxer rossi. Magari mi fossi limitata ad osservare quelli.. poco dopo il mio sguardo si spinse fino al fondoschiena.
Stavo diventando pervertita forse?.. Scommetto che in molte lo avrebbero fatto al posto mio.
Dall’innumerevoli specchi che c’erano in camera, vidi il mio volto arrossire.
Improvvisamente si alzò e avanzò verso di me con un porta DVD in mano, su cui c’era la sua faccia.
Aspettai che si fosse seduto accanto a me prima di dirgli:
“Ah-ah leggermente egocentrico il ragazzo.”
Lui alzò lo sguardo, mi sorrise diabolicamente, e poi guardò il porta DVD.
Accadde tutto in una frazione di secondi. Mollò il porta DVD e mi ritrovai completamente sdraiata con il suo corpo sul mio..  e il suo viso a pochi centimetri.
“Mi provochi ragazzina? Non ti conviene.”
Ridacchiai, e la sua mano iniziò a solleticarmi i fianchi. Così passai dal ridacchiare, al ridere con le lacrime. Ad un certo punto, le sue mani si fermarono, proprio nell’istante in cui le sue labbra erano ad un capello dalle mie.
Proprio allora, prima che nessuno dei due facesse una mossa falsa, dissi:
“Che ne dici di guardare il Titanic?”
Si mise a ridere, e si alzò.
“Il Titanic? No Eva, niente film mielosi. Che ne dici di Roky?”
“Roky? Justin,quel film ha l’età di mio nonno.”
Sbuffò e si mise composto acccanto a me.
“Dai Justin, vediamoci il Titanic..” Dissi facendo gli occhi dolci.
Lui alzò gli occhi all’aria, si alzò e mise appunto, il Titanic.
Poi tornò a sedersi accanto a me, e man mano che il film andava avanti, assumevamo sempre una posizione più comoda, fino a ritrovarci sdraiati.
Durante la scena pù commovente del film, Justin mi prese la mano e me la strinse, ma non mi voltai a guardarlo perché, come una stupida stavo piangendo.
Ogni volta che guardavo questo film, finivo per ritrovarmi la faccia impreganta dal mio mascara a causa delle lacrime.
Gliela strinsi a mia volta, pregando che non mi stesse guardando.
Una volta finito il film, si alzò e si sedette per terra, subito dopo il letto.
Io mi asciugai velocemente le lacrime, e mi sistemai proprio sopra di lui, in modo da avere la sua testa davanti.
Presi e con il piede iniziai a toccargli la testa.
“Eva smettila..” disse lui inizialmente ridendo.
“Finiscilaaaaa.” Urlò ad un certo punto.
Tuttavia continuai, fino a scompigliargli completamente i capelli.
Ad un certo punto si alzò di botta, si lanciò sul letto.
L’unica cosa che lo tenevano lontano dal mio corpo, erano le sue braccia, su cui faceva pendenza.
“Non ti avevo detto di smetterla signorinella?” Lo guardai negli occhi, che rano rossi e gonfi, proprio come i miei..
“Ohhh che carino. Anche tu ti sei commosso vero?”
“Cosa dici Eva.” Disse assumendo un’aria altezzosa.
Alzai una mano e gli scompigliai ulteriormente i capelli.
Lui mollò completamente il suo corpo sul mio e iniziò 
a ruggire.
Lo guardai ridendo, dopo di che iniziò a mordermi delicatamente la pancia.
Provai a sottrarmi dalla sua stretta ma non voleva lasciarmi.
“Justin ti prego, mollami..” Dissi ridendo a crepa pelle.
Lui continuò a ruggire, e a comportarsi come un bambino.
“Sai di avere anche i capelli come un leone?” Aggiunsi poi, per stuzzicarlo ancora di più.
Lui prese e smise di ruggire, dopo di che si sdraiò accanto a me, e io con una mano, iniziai ad accarezzargli la testa, mettendogli i capelli in ordine.
Fino a qualche ora fa, ero fuori a vivere nel terrore di un uomo che non conoscevo.. ora invece sono qui a vivere la gioia di un uomo che amo.
Avremmo affrontato QUEL discorso? Il discorso di noi due?
Fin ad ora, nessuno dei due aveva aperto argomento..
Per paura forse?.. Avremmo dovuto comunque affrontarlo prima o poi.


:D Ragazze, vi piace?
Ho fatto fare a Justin il gioco del leoncino,perché
è un gioco che adoro..
Fatemi sapere se vi piace.
Vi voglio bene.
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14
Ero sdraia sul letto di Justin, e lui aveva la testa nel mio grembo quando decisi che forse toccare il tasto dolente non sarebbe stata un’ottia idea.
Continuai ad accarezzargli la testa, e poi presi coraggio.
“Justin, anche se per te non è lo stesso, devi sapere che mi piaci e che ti amo. ..Ecco io dovevo liberarmi di questo peso.”Dissi tutto d’un fiato,sentendomi più leggera. Mi aspettai una risposta ironica.
Invece non rispose.
Non disse una parola.
Mi alzai con la testa e mi accorsi che dormiva.
Il suo viso, era di una bellezza indescrivibile. Mi misi a sorridere, poi mi mossi delicatamente e mi avvicinai a lui.
Gli ero sdraiata proprio affianco quando sorrise nel sonno. Il suo era un sorriso stupendo.
Era estate, ed entrambi eravamo sbracciati, tuttavia il freddo si faceva sentire, così presi il lenzuolo che giaceva sotto i nostri corpi, e lo coprii. Poi mi sdraiai nuovamente accanto a lui e mi addormentai.
Il mattino seguente, aprii gli occhi e solo dopo qualche istante mi resi conto di essere fra le sue braccia.
Doveva essersi svegliato durante la notte perché si era cacciato la maglietta ed aveva un altro paio di pantaloni.
Le sue braccia muscolose avvolgevano il mio petto, e il suo mento era sulla mia fronte.
Fu una sensazione stupenda sapere che si era addormentato tenendomi fra le sue braccia.

Non pensai ad altro fin quando  non sentii la stretta aumentare.
“Buongiorno..” Mi disse poi.
“Buongiorno ..” Risposi.
Si girò e si stirò le braccia, poi si sdraiò nuovamente accanto a me.
“Ha da molto che sei sveglia?”
“Qulche minuto.” Aveva da più di un’ora che ero sveglia, ma mi vergognavo a dirgli che avrei dato qualunque cosa per poter restare fra le sue braccia anche solo un secondo di più.
Si alzò, e mi accorsi subito che aveva ancora i capelli scompigliati.
Poi si voltò e mi disse:
“Eva, tu.. ecco dovresti andare via. Avrò degli ospiti tra poco, e…”
Non so se a farmi salire una sensazione di nausea fu il suo sguardo o le sue parole.
Fissava il pavimento con uno sguardo vuoto e assente.
Mi stava cacciando.
Come mi era saltato in testa di venire a casa sua ieri sera? Come avevo solamente potuto pensare,che in fondo lui si fosse divertito con me?.. L’unica cosa che riuscivo a realizzare era la mia enorme quantintà di stupidità.
Annuii poi mi alzai, mi infilai le scarpe e mi allontanai dal suo letto.
“Eva.. aspetta..” Dimmi di restare Justin, ti prego dimmi di non andare via che gli ospiti aspetteranno, che per te valgo molto..
“No niente..” disse.
Perché certe volte, con me si dimostrava caldo e affettuoso come un fidanzato e poi di colpo mi cacciava di casa, e mi trattava come se fossi il suo passatempo.
Lo amavo a tal punto da non ribellarmi alle sue decisioni, perché con il suo sguardo mi immobilizzava.
“Grazie Justin.” Riuscii solo a dire. Poi abbandonai la sua stanza e percorsi le scale in silenzio. Prima che potessi arrivare al piano di sotto, sentii i suoi passi alternarsi velocemente e poi lo vidi affacciarsi dalle scale.
Lo guardai qualche istante, e quando mi accorsi che non aveva niente da dirmi, uscii da casa sua.
Avevo chiuso la porta lasciando la dentro la mia determinazione e il mio coraggio.
Non c’era niente da dire, niente da fare, ne alcun discorso da affrontare, mi sembrava chiaro ormai che ero un’illusa.
Presi il telefono e lessi i sedici messaggi di Sam. Dicevano tutti la stessa cosa.
“Stai bene? Tutto ok Eva?” Non risposi, e andai subito a casa.
Trovai Sam incazzata nera.
“Eva, avresti almeno potuto rispondermi non credi?”
“Scusa Sam, sto sotto un treno.” Dissi lasciandomi cadere sul divano.
“Sei stata da Justin?”
“Proprio così. Ieri sera, sono dovuta tornare qui a prendere il telefono, e poi quell’uomo era qui e ha iniziato a seguirmi, così ho iniziato a correre e mi sono ritrovata da Justin che mi ha detto cosa vuole da me quell’’uomo. Dopo di che ho passato la notte con lui.”
 Restò a bocca aperta. Letteralmente. Aveva la bocca spalancata.
“Avete fatto sesso?”
“Sam, che cazzo dici? Abbiamo guardato un film, e poi praticamente sta mattina mi ha cacciata da casa.”
“Stronzo.” Disse lei mordendosi le labbra.
“Eva che senso ha passare la notte con te per poi cacciarti la mattina?”
Scossi la testa.
“E che ti ha detto di quell’uomo?”
“Che papà, il nostro papà, in realtà non è mio padre.. Che lui lo aveva ricattato e altre cazzate. A questo punto non so nemmeno se credergli.”
Si sedette accanto a me e mi abbracciò.
A quanto pare la notizia che forse non eravamo sorelle non l’aveva scossa minimamente.
“Tu sei mia sorella, indipendentemente dal DNA o dai genitori. Lo sai vero Eva?”
Fu come sentirmi letta nel pensiero.
“Lo so Sam.” Le risposi.
“ Ti va di andare in discoteca questa sera Eva?” Non ero al massimo delle mie forze, e non avevo voglia di andarci, tuttavia accettai.
Quella sera ci vestimmo (secondo mia madre) come due fotomodelle.
Sam mi aveva costretta ad indossare i tacchi, per cui decisi che saremmo adate in auto.
Mi misi alla guida, e dopo qualche minuto fummo di fronte alla discoteca.
Entrammo tranquillamente grazie ai passa che Justin aveva prestato a Sam, e che lei non gli aveva più ridato.
Iniziammo subito a ballare e a divertirci. Questa volta Sam non se ne andò in cerca di qualche ragazzo, ma restò con me, e ballammo insieme, fin quando non mi sottrassi dalla pista da ballo a causa di un forte mal di piedi.
Mi sedetti su una poltroncina, e bevetti qualche bicchierino.. dopo qualche istante, mi ritrovai Justin affianco.
“Eva..” Forse dovevo avercela con lui, per il modo in cui mi aveva trattata.
Sentiamo, oggi mi tratterai bene o male?” dissi poi mordendomi la lingua.
“Cosa?”Disse sorpreso. Ormai il guaio era fatto.
“Un giorno mi tratti come se fossi la tua ragazza, l’altro come se fossi un oggetto. Non so Justin, dimmi ho forse fatto qualcosa?”
“Eva tu sei sbronza.” Disse poi alzandosi. Non ero pienamente in me stessa, ma non ero nemmeno sbronza.
No Justin non è l’acol a parlare. Sono io. Ma questo tu non puoi capirlo, perché con me tu hai sempre giocato. Un giorno mi dici di amarmi, quello seguente mi dici che non ti piaccio, e che non mi ami. Poi mi sveglio tra le tue braccia. Poi mi cacci di casa. Justin tu hai pensato forse a come io mi dovessi sentire a causa dei tuoi sbalzi d’umore?”
“Eva è meglio parlare un’altra volta ho capito.” Disse cercando di prendermi in braccio.
“Justin non credo ci sarà un’altra volta. Sono stufa di te.”
Mi voltai, raggiunsi mia sorella in pista e ce ne andammo.
Quel pochissimo alcol che avevo assunto, mi aveva dato la forza di dire a Justin ciò che pensavo. Ma non ciò che volevo.
Dovevo solo aspettare, e la cotta per lui sarebbe passata. Proprio come glie era passata a lui, ammesso che l’abbia mai avuta una cotta per me.

Ragazzeeeee :D
Quante recensioni..? Sapete che vi adoro? *_*Davvero tanto.
Recensite e fatemi sapere che ne pensateeee.
Bacioni.
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15
Si dice che quando si litiga con una persona, la rabbia faccia dire cose che non si pensano.
Secondo me non è così.
Quando litighi con una persona, a volte, dici tutte le cose che in altre circostanze non avresti il coraggio di dire.
Quelle parole che, a volte, dette possono far male.
Quando litighi con una persona, a volte, e perché per te è troppo importante.
Mi svegliai alle 11:00 e mi buttai sotto la doccia.
L’acqua calda, quasi bollente, cadeva sul mio corpo come pioggia.. altre volte mi sarei scansata o l’avrei raffreddata.. tuttavia oggi, ero completamente persa nei miei pensieri, da non riuscire a percepire nemmeno se l’acqua bollente, provocasse fastidio al mio corpo.
Rimasi immobile con gli occhi aperti e colmi d’acqua.
Ieri sera, ero riuscita, con una frase sola, a dire a Justin cosa provavo in quel momento. Gli dissi che ero stufa di lui.. Ma la non era la verità. Non ero stufa di lui.. Ero stufa dei suoi comportamenti, che non capiva, ferissero il mio cuore.
So che ci starò male, ma so anche che passerà..Mi servirà come esperienza.
Dylan Dog disse che le decisioni giuste vengono dall’esperienza. Il problema è che, l’esperienza, viene dalle decisioni sbagliate.
Volevo stare con Justin, ma non potevo stargli dietro per sempre.
Alla fine tutto andrà bene. Se non andrà bene, non sarà la fine.. Giusto?
Mi misi l’accappatoio e scesi al piano di sotto, dove trovai solo un biglietto da Sam:
“Eva buongiorno. Mamma è a lavoro, io sono dovuta uscire perché una mia amica ha dei problemi.. preparati il pranzo. Ci vediamo sta sera sicuramente.
Sam.”
Accartocciai il biglietto e iniziai a consumare la colazione che la mamma aveva lasciato sul tavolo come ogni mattina.
Mentre mangiavo, mi chiesi che fine avesse fatto quell’uomo che mi seguiva.
Poi finii tutto, salii al piano di sopra mi cambiai e uscii.
Non sapevo bene dove andare, ne che fare.. sapevo solo che stare a casa sarebbe stato peggio.
Durante la mia passeggiata, proprio di fronte al parco, trovai lo slogan di una bibita: L’alcol è un liquido prezioso: conserva tutto, tranne i segreti.
Mi ricordai subito di quando dissi a Sam di amare un ragazzo, ovvero Justin, quella sera in discoteca.
Di quella scena avevo solo dei ricordi vaghi e sfuocati.
Mi misi a ridere istintivamente e mi sedetti in una panchina proprio sotto lo slogan.
Mi guardai intorno, immaginando che Justin arrivasse da un momento all’altro, com’era suo solito fare.
E infatti arrivò. Con la sua auto. A 300 metri da me.
Lo vidi scendere dalla sua auto, e andare ad aprire lo sportello del lato passeggero, da dove scese una ragazza.
Lui le mise il braccio attorno alle spalle e la baciò sulla fronte.
Ed eccomi qui, con gli occhi spalancati,e il cuore in lacrime.
Ero stata io a voler chiudere qualunque cosa ci fosse tra di noi.. E allora perché mi sentii bruciare dentro?
Continuai a fissarli, e come se non potesse bastare, Justin si voltò e mi vide.
Di scatto cacciò il braccio dalle spalle di quella ragazza, e mi fissò.
Io mi alzai voltandogli le spalle e mi incamminai verso la spiaggia.
Sapevo che non mi amava, e sapevo di non piacergli, ma vederlo con un'altra era troppo per me.
Erano le 13:00, e il sole picchiava davvero molto.
La spiaggia era occupata da migliaia di persone, così mi sedetti in un angolo più isolato e tranquillo, dove a farmi compagnia c’era unicamente il rumore delle onde.
Mi sedetti, pensando ancora a Justin e a quella ragazza.
Dopo poco, vidi venire verso di me l’uomo che mi seguiva.
Mi spaventai, tuttavia decisi che iniziare a correre non sarebbe stata l’idea migliore, dovevo ignorarlo.
“Posso sedermi?” mi chiese a pochi centimetri da me.
Non dissi una parola, e lui si sedette accanto a me.
Avevo paura, sentivo il cuore sussultare.
“Piacere, sono Omar.” Mi disse poi porgendomi la mano, che strinsi debolmente.
“Sai già come mi chiamo.” Risposi acidamente.
“Certo che so chi sei.. Sei l’amore della mia vita. Sei la persona che alimenta le mie fantasie più proibite..” Disse poi facendomi capire che era completamente pazzo.
Mi allontanai da lui, terrorizzata dalle sue parole. Avrei fatto meglio a scappare quando potevo farlo.
“Scusa devo fare una telefonata potresti andare via?”.. gli chiesi poi.
“Non posso starti lontano Eva. Non voglio farti del male, ma non posso starti lontano. Il tuo corpo, attrae il mio come se fosse una calamita.”
“Mi stai spaventando. O te ne vai o chiamo la polizia.”
Si mise a ridere e con un gesto secco e deciso mi prese il cellulare.
“Non chiamerai nessuno.. Ne la polizia ne il tuo amore.. Justin vero?
Ero consapevole che lui sapeva di Justin..
Aveva il mio telefono in mano, ma non lo guardava nemmeno.
Si voltò verso di me e cercò di baciarmi. Lo respinsi malamente e mi alzai.
Lui si alzò in contemporanea, e mi lanciò a peso morto sulla spiaggia.

“Eva tu non sai cosa si prova ad essere rifiutati. Non sai cosa si prova a sapere che la persona che ami, ama un altro.” Mi disse poi scuotendomi dalla maglia. Lo sapevo caro Omar, lo sapevo benissimo.
Avevo paura, ma nonostante tutto cercai di liberarmi, dandogli uno schiaffo.
Lui si mise a ridere e si sdraiò sopra di me.
Le altre persone che erano in spiaggia erano troppo lontane per il posto in cui eravamo noi. Le mie urla non sarebbero arrivate comunque ci provai ugualmente.
Feci in tempo a gettare due urli, poi Omar mi tappò la bocca.

Iniziò a baciarmi il collo, e mi sentii morire. Sentii la pressione del suo corpo sul mio e fu come morire.
Cercai di liberarmi ancora. Mi dimenavo urlavo. Ma niente. Poi lui si mise a cavalcioni su di me e si slacciò i pantaloni. Poi io chiusi gli occhi
(e la bocca).
Li aprii immediatamente, quando sentii un urlo maschile.
Poi un forte strattone.. Omar non era più sul mio corpo, ma era sdraiato per terra con Justin addosso
.
Mi alzai con il busto, e restai imbambolata qualche istante.
Justin indossava dei pantaloni blu larghi, fino al ginocchio, una t-shirt bianca, e il suo solito cappellino che ora era dall’altro lato della spiaggia.
Corsi subito verso di loro, per tirare Justin fuori da quella buffa ma come mi avvicinai mi resi conto che il suo volto e la sua t-shirt erano sporche di sangue.
"Basta Justin. Smettila andiamo via."
Non ascoltava ciò che gli urlavo, e continuava con gli occhi spalancati come se fosse posseduto, a picchiare Omar.
Poi andai dietro di lui e lo abbracciai da dietro.
"Fermati Justin, fallo per me."
Nonostante ricevetti qualche colpo, poi si calmò.
Si fermò e mi aiutò ad alzarmi. Sputò su Omar, che ormai era irriconoscibile per tutto il sangue che aveva addosso, e ce ne andammo.
Iniziammo a correre, per mano verso la sua auto.



Ragazzeeee *w*
Vi piace? :3 Spero di si.
Fatemi sapere.
Bacioneee.
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16
In quell’istante il mio cuore era colmo d’emozioni.
Si diresse con me verso lo sportello del lato passeggero, mi fece salire mi allacciò la cintura e poi correndo si sedette al lato guida.
Nonostante sentivo il cuore in pace grazie a Justin, ciò che Omar aveva cercato di fare mi aveva comunque scossa, a tal punto da sentirmi sporca con me stessa.
Il volto di Justin sanguinava sporcandogli la maglietta.
Fece retromarcia e partimmo in maniera spaventosamente veloce.
“Justin, andiamo a casa mia, devi disinfettare le ferite.”
“Andremo a casa mia.. Non ho voglia di vedere Sam.”
Mi rispose freddamente.
Dopo poco arrivammo a casa sua.
Dovevo scendere?.. L’avevo visto con un’altra ragazza, mi aveva cacciata di casa.. perché dovevo entrare a casa sua... Forse perché aveva salvato il mio corpo da una violenza?
Mi aspettò sul vialetto qualche istante, poi scesi dall’auto e lo raggiunsi..
Mi strinse la mano ed entrammo insieme..
Avevo lo stomaco che al momento era una gabbia per farfalle.
Andai direttamente nello stipetto dell’infermeria e presi ciò che mi serviva, mentre lui si sedette sul divano.
Tornai subito dopo e mi sedetti accanto a lui.
Cercai di individuare dove il suo volto era ferito e dove era sporco di sangue, poi con una salvietta imbevuta iniziai a tastargli il viso.
Pulii dove il viso era sporco, dopo di che rimasero in vista solo le ferite che aveva.
Presi il disinfettante e lo guardai come per chiedergli se potevo.
Lui sorrise e annuì.. Mentre disnfettavo le sue ferite, mi afferrò la mano e intrecciò e sue dita alle mie, forse per il dolore.
Una volta finito gli applicai i cerotti, dove si poteva.
“Dove hai imparato?”
“A casa. Quando mio padre mi picchiava dovevo imparare a disinfettarmi sola..” Con lui sentivo di poter parlare liberamente. Conosceva la storia di mio padre.
Come se un ricordo fosse riaffiorato nella sua mente, spalancò gli occhi e annuì.
Presi la borsa, mi alzai e feci per andarmene, quando lui mi afferrò da un braccio:
“Non andare..”
Restai in piedi e lo fissai.
“Dovrei restare per sentire che mi odi o che cosa?” dissi istintivamente.
“Voglio solo parlare di Omar, ecco io volevo sapere se stai bene?”
Sono una stupida. Pensavo volesse parlare di noi, invece voleva solo assicurarsi che stessi bene.
“Si, sto bene.. e approposito di questo.. grazie Justin per avermi.. ecco salvata.”
“Se solo tu non mi avessi fermato io.. io.. lo avrei..”
Sorrisi.
“Justin è meglio che io vada. La tua ragazza potrebbe ingelosirsi.” Dovevo farlo.. doevo lanciargli una battutina. Per forza. Era quello l’argomento che mi premeva.
“Quale ragaz?.. Ah, tu dici la ragazza che hai visto con me oggi?”
Annuii. E lo fece anche lui.
Mi voltai e mi diressi verso la porta, ma prima che potessi aprirla, mi ritrovai Justin dietro.
Mi afferrò da una spalla, mi voltò e mi baciò.
Le sue labbra erano ferite così cercai rispondere in maniera leggera al suo bacio.
Lui non fece lo stesso.. le sue labbra con foga cervano le mie.

Chiuse la porta alle mie spalle e poi ci appoggiò sopra le braccia, in modo da chiudermi tra il suo corpo e la porta.
Continuava a baciarmi, e malgrado la sua bocca sapesse di sangue, quello fù il più bel bacio della mia vita.
Ma sapevo che non era giusto continuare a baciarlo.. Stava con una  ragazza.
Continuò a baciarmi ancora e ancora, poi io mi fermai e lui mi stampò un ultimo, dolce, bacio sulle mie labbra, che erano desiderose delle sue.
Lo guardai e notai quanto Justin fosse arrossito.
“Ehm, io andrei..” dissi poi imbarazzata. Lui annuì. Aprii la porta e uscii fuori, dopo di che me la chiusi alle spalle.
Percorsi mezzo vialetto, poi la porta sentii la porta di casa di Justin spalancarsi di botta, così mi voltai in tempo per vedere il corpo di Justin avazare velocemente verso di me.
Mi fermai di colpo,  e le sue braccia avvolsero il mio corpo. Eravamo alti uguali, quindi nessuno dei due si dovette salire sulle punte.
Le sue labbra sembravano essere state fatte per combaciare perfettamente con le mie.
Mi baciò ancora, e ancora.. Ad un certo punto, un passante fischiò così mi misi a ridere e lui finì per baciare il mio sorriso.
Un altro passante applaudì, dopo di che mi distaccai (di malavoglia) da lui.
“Justin, che  ti salta in mente?”
Non mi rispose, ma mi strinse ancora di più.
Appoggiai il mio viso sul suo, e al contatto con la sua pelle rabbrividii.
“Hai freddo Eva?”
“No. Sei tu a farmi rabbrividire.”
Mi mollò, pensando che “farmi rabbrividire” voleva significare farmi schifo.
Effettivamente non mi ero spiegata bene. Si allontanò, lo afferrai e lo riavvicinai a me.
“Quando sto con te Justin, mi vengono i brividi, perché mi piaci davvero.”
Mi ero promessa di finirla con lui, ma davanti all’amore quante ragazze hanno perdonato e sono passato sopra? Tante,molte, o forse tutte.
Mi baciò, di nuovo.
Poi pensai a quella ragazza con cui l’avevo visto prima e mi distaccai.
“Justin, tu sei fidanzato.. Tutto questo non è giusto. Smettiamola.”
“Fino a un secondo prima mi dici che ti piaccio, poi mi dici che tutto ciò non è giusto. Eva poi sarei io quello con gli sbalzi d’umore?”
Era vero. Mi ero infuriata con lui per i suoi cambiamenti, ed ora ero io a cambiare.
Spalancai gli occhi, e restai immobile, dopo di che mi voltai e mi incamminai sul marciapiede.
Lui mi raggiunse.
“Rispondimi Eva.”
“Lasciami stare Justin.” Dissi innervosendomi.
“Rispondimi.”
“Va bene vuoi una risposta? Per un secondo ho pensato che tra me e te davvero possa esserci qualcosa nonostante i tuoi rifiuti. Poi mi sono ricordata di quella ragazza ed è stato come la rottura di un vetro. Justin i miei cambiamenti d’umore sono dovuti dalle tue azioni. Perché mi hai baciata se hai detto che non ti interesso? Perché mi hai salvata?.. “
“Cosa? Tu credi che io mi sia pentito di averti salvata? Ti sbagli Eva. Ti sbagli. E se la pensi così, bhè non hai capito niente allora.”
Si voltò e se ne andò, lasciandomi da sola.
Mi incamminai e arrivai a casa, dopo poco mi arrivò un messaggio. Justin.
“Eva puoi venire a casa mia per piacere? È urgente.”
Cosa poteva essere successo.  Ripresi la borsa e mi incamminai verso casa sua.


:D Che succede ora?? Mha ;)
Scusate se ieri non ho pubblicato ma sono stata fuori città :/
Spero vi piaccia questo capitolo. Fatemi sapere.
Un bacione.
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Capitolo 17
Mentre percorrevo la strada che mi avrebbe portata a casa di Justin, migliaia di domande mi affollarono la mente. Cosa voleva dirmi? Perché era urgente? Era successo qualcosa di grave? O forse, la domanda a cui volevo rispondere davvero, era: Voleva semplicemente rivedermi? Illusa.
Arrivai di fronte a casa sua e bussai.
Dopo qualche istante mi aprii la porta.
Sul suo viso c’erano ancora i cerotti che poco prima gli avevo applicato.
Teneva gli occhi spalancati, e con lo sguardo mi indicava la strada come per dirmi di scappare.
Non potevo scappare, qualunque strada mi avrebbe riportata da lui.
L’occhio mi cadde sul suo braccio, dove un grande taglio sprageva sangue ovunque.
Alzai di nuovo lo sguardo verso di lui, e lo fissai preoccupata.
“Justin che succede?”
Eva va via..” prima che potesse aggiungere altro, dalle sue spalle spuntò il viso di Omar.
“Ti avevo detto di non dire cazzate Bieber.”
Restai immobbile e una forte sensazione di paura di pervase.
“Entra Eva. E velocemente.” Disse Omar.
Teneva Justin dalla schiena e lo spostava a suo piacimento.
Entrai subito, terrorizzata dall’idea che potesse fare qualcosa a Justin.
Solo una volta varcata la soglia mi accorsi che Omar puntava contro la schiena di Justin una pistola.
Respirai nervosamente quando mi accorsi che oltre alle ferite che gli avevo curato prima, Justin ne aveva delle nuove, sulle braccia e nelle gambe scoperte..una delle quali molto grave all’apparenza. Non era possibile.Non potevo vederlo ridotto in quello stato.
Mi avvicinai a lui e solo allora, dal suo sgaurdo,  capii che non riusciva a perdonarsi il fatto che io ero li, con lui, nei guai.
“Andiamo ragazzi. Che ne dite di accomodarci.”
“Omar che vuoi fare?” gli chiesi, anche se era evidente ciò che voleva fare.
“Vogli torturarvi. Prima l’uno e poi l’altra, in modo che entrambi possiate vedervi soffrire a vicenda. Dopo di che la farò finita.”
Era totalmente impazzito.
“Omar, ragiona. Non ti converrebbe. Justin è famoso, e per lui indagherebbero migliaia di persone, e così finiresti nei guai. Va via ora, e faremo finta di nulla.”
Justin aveva uno sguardo afflitto, come se avesse già fatto svariati tentativi con la speranza di convincerlo.
Si mise a ridere.
“Non mi importa di andare in prigione. Mi importa solo di farvi soffrire. Capisci bambolina?”..
Nei suoi occhi, si specchiava la sua anima, vuota e nera.
Ci spinse verso il divano, dopo di che si sedette su una poltrona affianco.
Mi voltai subito verso Justin e gli presi il braccio ferito.
Si voltò a gaurdarmi e con lo sgaurdo mi supplicò di fare nulla di sciocco.
Mi alzai  e feci qualche passo in direzione dello stipetto dei medicinali, poi Omar mi puntò la pistola contro.
“Dove credi di andare?”
“Non può tenere il braccio in quel modo. Prendo delle bende e dell’alcol nello stipetto.” Dissi indicandolo.
Non avevo paura di Omar, avevo paura per Justin.
Senza attendere una risposta, mi diressi verso lo stipetto e tornai qualche istante dopo con l’occerrente necessario per disinfettare la ferita.
Mi sedetti accanto a Justin e per qualche istante, nonostante la pericolosa situazione, mi persi nella sua bellezza.
“Con cosa ti sei ferito Justin?” gli chiesi.
“Con il ferro scala..”
Gli disinfettai la ferita, e una volta finito Omar iniziò a ridere nervosamente.
“Bambolina, è inutile che tu disinfetti le sue ferite.. entro sta sera di lui non rimarrà che un ricordo.”
“Finiscila Omar, non dire cazzate.” Dissi con freddezza.
Dovevo escogitare qualcosa per mettere Omar fuori gioco, così mi guardai intorno.
Justin con lo sgaurdo mi indicò la mazza da Baseball che c’era sul tavolino, e affettai subito l’idea.
Justin si mosse cercando di distrarre Omar, che si mise in allerta.
In una frazione di secondi sia io che Justin ci alzammo, io presi la mazza e mi avvicnai a Omar, che si alzò di scatto. Poi accadde tutto in un attimo.
Omar puntò la pistola alla testa di Justin, e si scaraventarono sul pavimento.
Justin era immobilizzato,e sentii Omar caricare la pistola.
Sentii le pupille dilatarsi e dei brividi di paura scorrermi nel sangue.
Mollai la mazza che cadde per terra, e improvvisamente ebbi una visione.

La mia vita senza Justin. Mi vidi piangere sul suo corpo. Mi vidi in un futuro lontano a guardare una sua foto. Mi vidi a pezzi senza lui nella mia vita.
Ebbi una fortissima sensazione di nausea causata dalla paura di perderlo. In quel momento la mia vita mi risultò così inutile.
“Fermo Omar, è me che vuoi. Justin non centra nulla e lo sai. Tu è me che vuoi. Prenditela con me.”
Urlai.
“Non ascoltarla idiota. Sai benissimo che vuole solo distrarti.” Disse Justin ad Omar, che gli strinse ancora di più la pistola alla testa.
Voleva fare l’eroe, e rischiare la vita per me.. Ne ero onorata, ma che senso avrebbe avuto la mia vita senza lui?
“Omar.. alzati e ragioniamo. Prenditela con me.Sono io che non ti amo. Sono io che non ti voglio perché mi fai troppo schifo. Lui sta cercando di distrarti per permettermi di scappare capisci? Io non ti amo. E non ti amerò. Mi fai semplicemente schifo. Sei un pezzo di merda.” Dissi tutto d’un fiato, in modo che riesca a fargli mollare Justin.
Omar spalancò gli occhi e disse:
“Io per te non sono nulla..Tu..tu ami lui.” Si lasciò cadere le braccia lungo il corpo ed anche la pistola gli cadde dalla mano.
Justin ne approfittò e la prese subito in mano, poi mi tirò accanto a lui e la puntò contro Omar.
Nel frattempo presi il cellulare e composi il numero d’emergenza.
Restammo così, io accanto a Justin, e Omar inginocchiato a terra, ferito e distrutto dalle parole che gli avevo detto.
Nonostante tutto non riuscivo nemmeno a provare pietà per l’uomo che aveva cercato di violentarmi, e che aveva cercato di fare del male a Justin.
Lo guardai disgustata, dopo di che, aprii la porta e la polizia entrò velocemente armata, e portò via Omar.
Justin consegnò la pistola ai poliziotti, e dopo aver raccontato tutto, ci portarono in centrale, dove compilammo un documento di denuncia per tentato omicidio doppio.
Dopo di che ci dissero che ci avrebbero accompagnati a casa, fatto sta che ad entrambi ci lasciarono a casa di Justin.
“Eva, entra per favore..” mi chiese Justin prima che potessi salutarlo.
Annuii e lo seguii dentro casa.
Una volta entrati, lo abbracciai. Lo abbracciai, perché avevamo superato un’eperienza orribile. Lo abbracciai, perché volevo fargli capire che per lui avrei rischiato anche la mia inutile vita. Lo abbracciai semplicemente perché avevo voglia di farlo.
Dopo un po’ mi accorsi che piangeva. Già, dei piccoli singhiozzi cadevano sulla mia spalla accompagnati da delle lacrime.
Lo strinsi ancora di più e gli baciai la fronte.
“Io.. io.. Ho avuto paura Eva..” disse asciugandosi velocemente due piccole lacrime che gli rigavano il volto.
“Anche io ne ho avuta Justin. Ma ora è tutto passato.” Dissi infinitamente intenerita dalla sua espressione fragile.
“No Eva. Io non ho avuto paura di Omar. Ho avuto paura che premesse il grilletto, perché in quel modo ti avrei persa. Ho avuto paura di perdere te.”
Mi sentii sciogliere. Avre voluto baciarlo e restare con lui per sempre.. così io e lui da soli, dentro casa sua. Senza nessuna minaccia, ne preoccupazione.
“Hai avuto paura di perdere me, e non di perdere la vita? Sei uno scemo Justin.
Perdendo te avrei perso la mia vita.”
Io lo amavo, e il mio primo pensiero era stato quello di rischaire la mia vita per lui.. se era stato anche il suo primo pensiero.. forse un po’ mi amava anche lui?
Gli sorrisi, e lo guardai dolcemente. Lui prese e mi baciò la punta del naso, poi appoggiò la sua fronte alla mia.
Resta con me questa notte.”
“Non so se sia la cosa migliore.”
“Migliore per chi Eva? Per noi due è la cosa migliore.”
“Justin sei fidanzato non mi va di fare la stronza.” Dissi con i suoi occhi a pochi centimetri dai miei.
“Non sono fidanzato.. La ragazza che hai visto con me.. ecco..lei non è la mia ragazza.”
Non so perché mi sentii sollevata.
“Dovrei crederti.”
“..Dovresti.”
Lo guardai negli occhi, convinta che crederlo sarebbe stata la cosa sbagliata. Eppure annuii, e sorrisi. Quella era la seconda notte che passavo a casa di Justin.


:3 Ragazze, che ve ne pare? Vi piace?
Spero di siiii *_*
Un bacione.
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Capitolo 18
Mandai un SMS a Sam: ‘Sam resto da Justin questa notte, tranquilla domani ti racconto. Buonanotte’
Dopo qualche istante ricevo la risposta: ‘Ti copro io con mamma.. Buon divertimento sorellina ;)’
Risi tra me e me.
Era così buffo che fino a qualche tempo prima Sam per me era solo una bambina da badare.. mentre adesso è la mia migliore alleata.
Guardai l’orario. 22:00.
Justin mi guardò sorridendo e disse:
“Saliamo sopra e ci mettiamo comodi?” Non so perché mi sentii in imbarazzo e sicuramente arrossii, perché vidi Justin ridere di gusto.
“Va bene..” Dissi cercando di nascondere l’imbarazzo.
Già, ero imbarazzata perché era una situazione strana per me. Nessuno dei due stava male, o aveva bisogno d’aiuto com’era successo inprecedenza..eppure eravamo insieme.
Gli cedetti il passo, e camminò davanti a me, facendomi strada in quella casa che conoscevo benissimo.
Entrammo nella sua stanza, consapevoli di ciò a cui stavamo andando incontro.
Il suo letto era disfatto, e sul cuscino c’era ancora l’orma della sua testa.
Si buttò sul letto a peso morto e chiuse gli occhi qualche istante, io ne approfittai e mi appoggiai delicatamente dall’altra parte del letto. 
Non era la prima volta che mi trovavo da sola con lui nella sua stanza.. eppure il mio cuore aveva accellerato i suoi movimenti, e le mani avevano iniziato a sudarmi.
“Hai sonno..?” Mi chiese poi, tanto per aprire un argomento.
“Non molto.” Dissi con non curanza, per mascherare il mio stato d’ansia.
“Che ne dici se sta sera dormi qui con me, anzicchè andare nell’altra stanza?
Deglutii rumorosamente e incominciai a premermi le nocche delle mani.
“Va bene..” Dissi improvvisando un sorriso.
Lui si tirò su e si sedette con le gambe incrociate..
“Perché sei nervosa?” Ero nervosa? Si. Come l’aveva capito? Mha.
“Non lo sono.” Mentii. Poi per convincerlo mi misi nella sua stesa posizione e ci trovammo frontali.
“Non è la prima notte che passiamo insieme..”
“Detto così può suonar male. Non è la prima notte che dormiamo insieme.”
Rise.
Ero io la mligna della situazione?
Si alzò e si sedette proprio accanto a me.. poi mi passò un braccio dietro le spalle e mi baciò la testa.
Fu li che improvvisamente mi rilassai. Mi liberai da ogni tensione o imbarazzo.
Ora stavo bene. Ero fra le braccia del  ragazzo che amavo, cosa poteva esserci di meglio?.. Niente. Anzi qualcosa c’era. Sapere che mi amava anche lui.
Mi voltai, facendogli capire che ero perfettamente a mio agio e mi nascosi fra le sue braccia.
Appoggiai il viso sul suo petto, e mi persi nel buon odore che la sua maglietta emanva.
Avevo già sentito quest’odore. Era il profumo della sua pelle.
Lui chiuse la braccia a cerchio su di me, poi appoggiò la sua testa sulla mia e lo sentii inspirare profondamente.

Pensai a come sarebbe andata  a finire.. L’indomani mattina mi avrebbe cacciata di casa?..Avevo paura che questo momento potesse finire. Mi strinsi ancora di più fra le sue braccia.
Probabilmente notò qualcosa perché mi chiese:
“Che c’è?”
“Nulla.” Risposi alzando la testa e incotrando il suo sguardo.
Ci guardammo negli occhi, qualche istante.. giusto il tempo di riuscire a guardarci dentro l’anima. Poi lui lentamente abbassò il viso e mi diede un leggero bacio sulle labbra.
Continuammo a baciarci per qualche minuto, poi le sue mani iniziarono a prendere possesso del mio corpo, muovendosi delicatamente.

Non era la prima volta per me.
Tempo prima, stavo con un ragazzo, che amavo follemente. Credevo che fosse lo stesso anche per lui, ma mi sbagliavo.
Ero talmente accecata dall’amore, che pur di non perderlo diedi a lui la mia verginità.
Era una calda notte d’estate di due anni fa, nonostante tutto sentivo freddo, forse perché il freddo era nel suo cuore.
Pensavo che se sarei andata a letto con lui.. non mi avrebbe lasciata. Quella notte sentivo il suo corpo muoversi su di me in maniera avida. Nessuna parola, nessuna carezza, nessuna considerazione del fatto che era la mia prima volta. A lui non interessava se provavo dolore o piacere, a lui non interessava il motivo per cui lo stavo facendo. La cosa importante era farlo..
L’indomani mattina mi ritrovai sdraiata in un letto che non era il mio, con accanto un corpo che avevo amato, e che ora avrei distrutto. Mi voltai e guardai fuori dalla finestra, sapendo di aver perso una parte di me.

Avevo paura che con potesse succedere la stessa cosa con Justin.
Prima che me ne potessi accorgere, i nostri vestiti erano già sul pavimento della sua stanza.
Maledetto istinto.

Lui in maniera attenta e delicata, si muoveva su di me, baciandomi il viso..come se avesse paura di rompermi.Ma la paura di ricevere un’altra delusione fu più forte di me. Lo fermai.
“Justin.. aspetta.” Si alzò. Eravamo entrambi in biancheria, ma tra il mio ed il suo corpo non c’era paragone. Lui era semplicemente perfetto.
“Che succede? Non ..vuoi?” Mi chiese assumendo un espressione imbarazzata e pentita.
Non doveva pensare che era a causa sua.. così glielo dissi:
“Justin, tempo fa io stavo con un ragazzo.. e convinta di star facendo la cosa migliore per non perderlo.. sono andata a letto con lui ,perendo la mia verginità, per qualcuno che non la mertiava. Così da quel giorno mi sono ripromessa che sarei stata più attenta..” Mi interruppe.
“Eva..ecco.. Forse ti sembrerà strano, e sicuramente non mi crederai, ma per me questa sarebbe la prima volta.”
Le sue parole mi zittirono. Non era posbbile, lui era Justin Bieber, aveva avuto migliaia di ragazze..tutte molto belle.
Improvvisamente mi tornò in mente, la notte della festa in cui conobbi Justin. Sam mi disse che lui non aveva voluto far niente..
“Eva se adesso non ti va di farlo più.. io ti capsico..” Questa lo interruppi io.
“Tu.. tu .. perché non l’hai mai fatto?”
“Perhè credo che vada fatto con la persona giusta.. con la persona che si ama davvero. Non per spasso.”
Restai di pietra… forse era un modo per dirmi che mi amava o mi stavo illudendo?
E allora perché vuoi farlo con me Justin? Tu hai detto di non amarmi.”
“Credi che ciò che si dice è sempre la verità?”
Non me lo lasciai ripetere due volte.. lo afferrai dal collo e lo attrassi a me.
Ero sicura. Era lui il ragazzo che amavo.
Mi baciò, delicatamente poi, mi guardò come per chiedermi il permesso.
Io annuii, e lui mi slacciò il reggiseno.
Qualche istante dopo eravamo entrambi senza biancheria.
Le sue gambe erano fra le mie e prima che anche lui potesse perdere la verginità lo guardai e gli chiesi:

“Ne sei sicuro Justin? Non fare il mio stesso errore.”
Lui sorrise, e mi baciò. Dopo di che diventammo un'unica cosa.Lo amai profondamente. Lo amai a tal punto da poter morire per lui. Lo amai a tal punto da sapere che per me, quella era la mia VERA prima volta.
I suoi erano movimenti dolci e attenti, di un ragazzo alla prima volta.
Lo sentii respirare profondamente e chiudere gli occhi, poi ansimò.
Continammo a baciarmi e poi mi chiese:

“Così.. va bene? Tu senti dolore?”
Non risposi e lui continuò a coccolare le mie orecchie ansimando e gemendo.
Misi la mia mano tra i suoi capelli, e glieli scompigliai.. poi gli accarezzai la schiena, umida di sudore. Un sudore d’amore.
Poi si sdraiò accanto a me, e mi avvolse in un abbraccio.
Non sapevo com’era per un ragazzo la prima volta, così gli chiesi:
“Stai bene?”
“Non sono mai stato meglio.” Mi disse.
A coprirci c’era un leggero lenzuolo, eppure questa volta non avevo freddo. Sentivo di essere perfettamente al mio posto.
Continuai ad avere le sue labbra sulla fronte quando mi sussurrò:
“Ti amo Eva.” Una forte emozione mi investì come una bufera.
“Ti amo anch’io. Ma questo già lo sai.” Risposi sorridendo.



:) Che ne pensate ragazze? Vi piace? Avete dei suggerimenti delle critiche..?
Non so fatemi sapere :D
VI VOGLIO TROPPO BENE.
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Capitolo 19
Passai la notte avvolta nelle sue braccia,con la testa sul suo petto..L’emozione era talmente forte che non riuscii a chiudere occhio, così ascoltai il suo respiro tutta la notte.
Era questa l’emozione che si provava dopo la prima volta? ..Bhè se è così, vorrei fosse la prima volta per sempre.
Quando le prime luci del  mattino invasero la stanza, Justin si mosse e mormorò qualcosa.
Dopo qualche istante mi baciò la testa.
“Buongiorno Eva..”
“Buongiorno Justin.”
Si stiracchiò e poi strinse ancora di più le sue braccia attorno a me.
Avrei voluto dire qualcosa, ma la paura di poter rovinare la magia di quel momento, mi fece tacere.
Poi lui prese parola al mio posto.
“Eva.. è stata la notte più bella della mia vita..” Sorrisi.
“Lo è stata anche per me..” Dissi arrossendo.
Poi si alzò e iniziò a cercare i suoi e i miei vestiti, sparsi sul pavimento di tutta la stanza.
Lo stava facendo senza ne pigiama ne biancheria, non provava vergogna nei miei confronti e mi sentii felice di sapere che si sentiva a suo agio.
Il suo corpo era perfetto in ogni suo lineamento.

Mi sorpresi a fissarlo, e sorridetti.
Poi lui si voltò e lanciò tutti i vestiti sul letto, così mi alzai anch’io.
Non mi vergognavo ad essere nuda di fronte a lui, mi ero liberata della vergogna nell’istante in cui avevo lasciato cadere il lenzuolo.
Ci rivestimmo tranquillamente e insieme uscimmo di casa.
Ovviamente lui si era camuffato, ma io sapevo che affianco a me non c’era quel ragazzo famoso che conoscono tutti, ma c’era il ragazzo che amavo.
Ad un tratto mentre camminavamo mi strinse la mano, ed intrecciò  le sue dita alle mie.. poi si voltò e mi sorrise.
Com’era possibile che finalmente andava tutto per il verso giusto?.. Era meraviglioso.
Entrammo al bar Eva e ordinammo due cornetti, che il proprietario ci servì personalmente. Ormai lo conoscevo bene.
“Buongiorno Simone..” dissi io, mostrando un sorriso raggiante.
“Buongiorno Eva..” disse lui rispondendo con gentilezza al mio sorriso. Dopo di che Justin alzò lo sguardo e mi fissò.
“Justin lui è Simone, il proprietario. Simone lui è Justin un mio amico.”
Dissi dando un mordo al mio cornetto. Justin strinse la mano di Simone, e non so perché rimase fermo, immobile, con gli occhi persi nel vuoto.
“Justin tutto apposto?” Gli chiesi, sbracciandomi per attirare la sua attenzione.
Lui spostò il mio sguardo su di me, dopo di che annuì.
Per il resto del tempo che passamo in quel bar, Justin, non disse mezza parola.
Una volta usciti dal bar, lo incalzai.
“Justin cos’è successo?” Gli chiesi prendendogli la mano. Lui scostò la mia mano, e si mise di fronte a me.
“Cosa è successo? Mi hai presentato come un tuo amico! Eva è questo che sono per te? Un amico?”
Non riuscivo a credere alle mie orecchie.. non potevo immaginare che il suo problema fosse il fatto che lo avevo presentato come amico.
Mi sentii felice dentro me, perchè allora, se non eravamo amici..eravamo fidanzati?
“Ti ho presentato come amico, perché fin’ora non abbiamo mai parlato di NOI. E non sapevo che reazione avresti avuto davanti alla parola fidanzato.
“Non c’è da parlare di NOI Eva. Mi sembra che la notte passata sia sufficiente per chiarire le cose non credi?
“Justin l’ho fatto senza pensarci..” Dissi poi giustificantemo. Ma aveva ragione lui, ero una vera idiota. Ho pensato solo ai miei sentimenti e non ai suoi.
Si lasciò cadere le braccia sui fianchi, e scosse la testa.
“Ti vergogni di me Eva? Se è così dimmelo.”
Mi guardai in torno, e mi resi conto di quanto la piazza fosse affollata. Dopo di che mi venne un’idea.
Mi misi al centro della strada e iniziai ad urlare indicando Justin:
“Quello è il mio ragazzo.”
Tantissime persone si fermarono a guardare prima me e poi Justin, ma non mi importava, l’unica cosa che mi interessava era far capire a Justin, quanto avesse frainteso.
“Si , lo vedete tutti quell’idiota con il cappellino? È il mio ragazzo.”
Alcuni si miero a ridere, altri invece mi diedero il cinque.
Avrei continuato ad urlare tutta la giornata, ma Justin si fiondò addosso a me e mi trascinò sul marciapiedi.. dopo di che mi mise con le spalle al muro.

“Tu sei pazza..” Già, sembrerà banale ma ero pazza di lui.
“I pazzi e gli idioti, stanno bene insieme.” Dissi ridendo.
Lui mi baciò, una due e tre volte, poi mi prese la mano e ci incamminammo verso casa mia.
Mentre mi camminava affianco lo guardavo, la sua mano sinitra era intrecciata alla mia, mentre la sua mano destra era dentro la tasca dei Jeans.
Jeans che iniziavano dove finiva il fondo schiena.. tutto il resto erano Boxer.
Indossava una maglia Rosso fuoco, un cappellino e degli occhiali da sole..
Lo guardai ancora qualche istante, poi si voltò e mi sorrise.
Arrivammo di fronte casa mia, dove mi diede un bacio lunghissimo.
Infine lo salutai, e a malincuore lo guardai abbandonare il mio vialetto.
Entrai in casa e il cuore mi si fermò per qualche secondo. C’era mio padre. In piedi, con le mani conserte, e uno sguardo assassino.
“Papà. Sei tornato.”
“Sono tornato questa mattina alle 4:00 Eva.”
Bene, quindi sapeva che ero stata fuori casa.. potevo sempre dirgli di essere stata da un’amica.
L’ultima volta che aveva saputo che stavo con un ragazzo (lo stesso con cui avevo perso la verginità).. aveva ovviamente sfogato i suoi timori da padre, su di me.
“Sono contenta.” Dissi mascherando la paura.
Dietro di lui, arrivarono mia madre e Sam.
“Io invece no. Hai passato la notte da quel ragazzo che ti ha baciata per mezz’ora qua fuori vero?”
.. Aveva visto Justin?Quanta sfiga? E perché tutta su di me?
A questo punto mentire sarebbe stato stupido. Dovevo sorprenderlo.
“Si..è il mio ragazzo.” Spalancò gli occhi e si avvicinò a me.
Mi guardò con odio, tristezza, amarezza, delusione, vendetta.. e poi portò la mano indietro per caricarla, ma prima che potesse sfiorarmi, Sam gliela afferrò.
“Papà non farlo.” Disse.
Mio padre si voltò e la guardò. Infine si voltò ancora verso di me, e mi diede quello schiaffo che tanto desiderava darmi.
Cercai di spostarmi,e così finì per colpirmi sul naso che dopo qualche minuto iniziò a sanguinare.

Mi balenò in testa l’idea che davvero quell’uomo non fosse mio padre, proprio come Omar aveva detto a Justin.. O forse era solo un desiderio, non un idea.
“Sei una sgualdrina. E con quel ragazzo, ci parlerò io. Tanto prima o poi verrà qua.”
"Lui non centra nulla." Dissi strillando.
Mi afferrò la borsa e mi prese il cellulare, dopo di che lo scaraventò a terra, riduncendolo in mille pezzi.
Lo superai velocemente e mi diressi verso la mia camera ancora con il naso in sangue, ma prima che potessi sparire dietro la scala dissi:
“Ben tornato papà.”


Eccomi ragazze :D Vi ringrazio davvero taaanto, per le 15 recensioni che mi avete lasciato nel capitolo precedente. SIETE STUPENDE.
Spero vi piaccia anche questo. Recensiteee :3
Un abbraaaaaaaaaaccio.
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Capitolo 20
Mi voltai e iniziai a salire velocemente le scale, in modo da poter essere sempre più lontana da quell’uomo.
Quando raggiunsi l’ultimo gradino, sentii il pianto di mia madre.
Da un lato mi sentivo in colpa.. mi spezzava il cuore vedere mia madre stare male.. ma dall’altro non riuscivo a provare nient’altro che odio, per quell’uomo che dovrebbe essere mio padre.
Mi chiusi nella mia stanza, e guardai il mio viso allo specchio.  Oltre al sangue, che ancora sgorgava dalle mie narici, avevo anche una piccola spaccatura sul labbro superiore.
Alzai la testa e con un fazzoletto tamponai il dangue che dopo qualche minuto, smise di sgorgare.
Poi mi disinfettai il taglio che avevo sul labbro.
Ero stanca di guardarmi allo specchio, e trovare sempre delle ferite sul mio corpo... Nessuna ragazza della mia età è costretta a curarsi le ferite che il padre decide di lasciargli.
Quelle ferite che oltre a farmi male fisicamente, mi feriscono nell’anima.
Anche io desidero avere un padre che mi sorrida, e che mi abbracci.
Anche io desidero avere un padre che si preoccupi del mio andamento scolastico.
Anche io desidero avere un padre che ogni tanto mi stringa la mano.
Anche io desidero avere un padre che mi chiede di uscire con lui.
Anche io desidero avere un padre che non mi odi.
Mi sdraiai a peso morto sul mio letto, e chiusi gli occhi.
L’unica scappatoia da questa maledetta casa, l’unica luce nel buio, l’unica persona che mi ridava la vita che mio padre mi toglieva.. era Justin.
Chiusi gli occhi e ripensai alla scorsa notte.
Ripensai alle sue mani, timorose di farmi male, muoversi sul mio corpo..alle sue labbra morbide, ai suoi capelli scompigliati, al suo sorriso, e al suo corpo tremante. Poi ripensai alle sue parole: “Per me questa sarebbe la prima volta.”
Ancora non potevo crederci.. non potevo credere che mi amasse a tal punto da perdere la sua verginità con me..
Avrei voluto tornare indietro nel tempo e cancellare ciò che avevo fatto con il mio ex ragazzo, in modo da poter dire a Justin che anche lui per me era la prima volta.

Anche se tecnicamente era la prima volta che lo facevo per amore.
Sorrisi e tra me e me decisi che quella era stata decisamente la notte più bella della mia vita.
Poi mi rialzai, e mi ricordai improvvisamente della fine che aveva fatto il mio telefono.. e soprattutto mi preoccupai di non poter avvisare Justin.. dovevo dirgli di non venire qua, altrimenti mio padre se la sarebbe presa anche con lui.
Sam entrò nella mia stanza, e un’idea mi illuminò il cervello.
“Eva come st..” La interruppi subito.
“Ti prego invia un SMS a Justin e digli di non venie qua, per favore, altrimenti papà se la prenderà anche con lui.”
Lei annuì, cacciò il telefono dalla tasca e me lo porse, poi si sedette sulla mia scrivania.
“E dopo che lo hai scritto cancellalo Eva. Non voglio leggere le vostre porcherie.”
Era sempre la solita. Ma tuttavia, era riuscita a strapparmi un sorriso.
Presi il suo cellulare e composi velocemente il messaggio.
‘Justin sono Eva, il mio cellulare è fuori uso, ma cercherò comunque di contattarti il prima possibile. Tu non devi assolutamente cercarmi per telefono a casa, ne venire a trovarmi. Mio padre è tornato.
Ti amo idiota.’

Inviato.
Guardai Sam e gli sorrisi, per ringraziarla, poi gli porsi il telefono.
“Aspetta, deve risponderti no?” Sorrisi, perché infatti qualche istante dopo il cellulare squillò.
‘Va bene sta tranquilla, troverò un altro modo di vederti. Ti ha fatto qualcosa?
Ti amo anch’io stupida.’

Guardai Sam e mi fece cenno di porgergli il telefono, poi lesse il messaggio e mi guardò.
“Che vuoi rispondergli?”
“Dirgli per cellulare ciò che papà ha fatto.. non è un’ottima idea. Comunque vedendomi se ne accorgerebbe quindi..Glielo dirò di persona. Come ha detto lui, troveremo il modo di incontrarci.”
Dissi cercando di convincere anche me stessa.
Ero davvero sicura che mio padre non mi avrebbe fatta più uscire di casa, ma io non potevo sare senza Justin. Affatto.
Ritornai il telefono a Sam.
Poi si sedette sul letto accanto a me e mi chiese:
“Allora com’è Bieber a letto?”
Dallo specchio, riuscii a vedere il mio viso diventare, prima rossiccio, poi paonazzo e infine infuocato.
“Che domande sono Sam?”
“Tra sorelle si parla di queste cose..sai?”
Effettivamete aveva ragione, e poi il nostro rapporto era davvero diventato speciale.
“Bhe ecco.. lui.” Non mi fece continuare.
“Dai com’è? È stato violento?..”
“Sam fammi finire.. No cavolo non è stato violento. È stato tutto perfetto, e non ti dirò altro.” Dissi mostrando un sorriso serrato.
“Per lui era la prima volta non è vero?” La guardai i sgranai gli occhi.. come poteva saperlo?
“Come lo sai?”..
“Quando a casa sua non ha voluto farlo con me, ho intuito subito che era vergine e che non mi amava. Sembro scema ogni tanto, ma sono sveglia sai?”
Mi lanciai addosso e lei e iniziai a farle il solletico.
“Ma tu sei scema Sam.”
Si mise a ridere e a schiamazzare come una bambina, poi mi chiese:
“E per te com’è stata la prima volta?”
“Non lo era per me Sam.” Mi sfuggì, e me ne pentii subito.
Gli misi un braccio intorno al collo, ma nonostante questo la vidi spalancare gli occhi.
“Ehi non dirmi che con Jonh..” Jonh era il mio ex ragazzo.
Mi alzai e la spinsi fuori  dalla stanza.
Lei si mise a ridere e se ne andò saltellando.
Mi chiusi la porta alle spalle, e passai tutto il resto della giornata nella mia stanza.
Mio padre mi aveva mandato a dire con mia madre che non sarei uscita, per il resto della mia vita.
Ovviamente mia madre, era stata molto delicata nel dirmelo.. e di nascosto prima di andarsene, mi aveva infilato sotto le coperte, un cellulare nuovo.
Prima che potesse uscire dalla stanza, le mandai un bacio.
Era una donna speciale mia madre.. mi chiedo sempre come abbia potuto sposare mio padre.
Guardai il celo, ormai buio, e mi infilai dentro le coperte.
Qualche istante dopo sentii un rumore alla finestra.
Mi alzai con il busto e guardai fuori, dopo di che mi alzai completamente.
Mi avvicinai alla finestra, e una figura spuntò all’improvviso facendomi sobbalzare.
Era Justin,
e si era arrampicato sulla mia finestra, aiutandosi con l’albero che c’era affianco.
Lo guardai in viso qualche istante attraverso il vetro,e finalmente mi sentii meglio.
Quella giornata, stava per finire in maniera stupenda.


Ragazzeee :D
Che ve ne pare?? :D Aspetto i vostri pareri.
Un bacioneeee, siete stupende.
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Capitolo 21
Gli sorridetti attraverso il vetro, e poi aprii la finestra.
Lui mise un piede sul davanzale e saltò.. Lo guardai muoversi, e mi sentii talmente fortunata ad avere lui. Già nonostante in problemi in famiglia, mi sentivo la ragazza più fortunata al mondo.
Prima che uno dei due potesse dire una parola, ci baciammo.
Era passato poco tempo da quando ci eravamo salutati, eppure sentire il sapore delle sue labbra, mi fece sembrare quel ‘poco’ un’eternità.
“Sei pazzo.. Che ci fai qui?” Gli chiesi poi, distaccandomi da lui.. Anche se bhe era ovvio cosa ci faceva qui.
“Te l’avevo detto che avrei trovato un modo per incontrarti no?”
“Sai che è molto pericoloso? Mio padre è al piano di sotto.”
Lui annuii, e poi si guardò intorno. Io ne approfittai e mi guardai dalla testa ai piedi prima che potesse farlo lui.
Indossavo una canottiera a bratelline e dei pantaloncini che usavo solitamente per dormire.
Presi Justin per mano e lo trascinai fino al mio letto, poi mi sedetti e lo fece anche lui.
Eravamo faccia a faccia, e molto evidentemente notò il taglio sulla mia bocca perché mi disse:
“Eva ti ha picchiata di nuovo?”
Io lo guardai e feci cenno di no con la testa.. Era inutile farlo preoccupare.
“Non mentirmi. Sappiamo entrambi che è stato lui. Ma.. Eva ti prego fa qualcosa, ma non farti toccare.”
“Che dovrei fare?” Ribattei.
Non rispose e abbassò la testa come per scusarsi..
Dopo poco mi guardò sorridendo e disse:
“Mi piace la tua stanza sai?”
Mi guardai intorno anch’io.. Era vero, la mia stanza, non era grande quanto la sua però mia madre si era impegnata al meglio per farla diventare davvero bella..infatti c’era riuscita.
Era piccola, ma ben arredata.
Guardai lo sguardo di Justin che cadde sul mio armadio. Continuò a fissarlo, ed io pensai che forse aveva visto qualcosa che non andava.. così guardai l’armadio.
Da un’anta, usciva gran parte di un poster, che avevo incollato all’interno dell’armadio.
Justin guardò me, che lo guardai con uno sguardo di rimprovero e poi si alzò dirigndosi verso l’armadio.
Io mi alzai e di fretta e furia mi parai tra l’armadio e Justin.
“Mi nascondi qualcosa Eva?” Disse ridendo.
Amavo il suo sorriso.. Emanava calore e speranza. Speranza di salvezza.
“No niente..” Dissi per depistarlo.
Lui iniziò a solleticarmi, ed io di conseguenza incominciai a ridere.
“Smettila Justin, ci sentiranno..”
“Allora fammi vedere..” Mi spostai e quando la sua mano si diresse verso l’armadio chiusi gli occhi.
Poi li riaprii lentamente, giusto in tempo per vederlo a bocca aperta.
“E così hai un poster di Cristiano Ronaldo nell’armadio, e non uno mio?” Disse mettendosi le mani sui fianchi e accennando ad un sorriso.
“Cris è Cris.”Dissi per prendendolo in giro.
Non stravedevo per il calcio, tuttavia Cristiano Ronaldo era l’unico calciatore che ero riuscita a veder giocare.. e poi è anche molto carino.
Justin si fiondò addosso a me, e mi spinse sul letto, poi iniziò a solleticarmi e a mordermi.
Desiderai che tutto ciò che c’era intorno a noi restasse così per sempre.
Ma soprattutto desiderai che noi restassimo così per sempre.

Ad un certo punto si alzò per controllare che non venisse nessuno, e proprio in quell’istante l’occhio mi cadde sul suo fondoschiena.. era letteralmente in mutande.
“Ehi Justin, stai perdendo i pantaloni.”
Si voltò mi guardò con uno sguardo di sfida, dopo di che fece un gesto con il busto e i pantaloni gli caddero completamente per terra, scoprendo le sue gambe.
“Sentiamo qual è il problema?” Disse ridendo.
Non risposi e risi anch’io, fino a piangere.
Qualche minuto dopo eravamo sdraiati dentro il mio letto abbracciati l’una all’altro.
Lui mi accarezzò il volto e mi disse:
“Nessuno potrà separarci..”
“Lo prometti..?” Chiesi io come una bambina.
“Lo prometto.” Rispose lui dandomi un bacio.
“Sei un’idiota.”
“Sei una scema.”

Poi mi strinsi a lui, ancora di più, e mi addormentai pian piano fra le sue braccia cullata dal suono del suo cuore che batteva, e con il suo resiro sulla testa.
Quella notte fu la prima notte dopo tantissimi anni, che sognai.
O meglio, che all’indomani mattina ricordai il sogno.
Eravamo io e Justin, ma non capii il luogo.. Capii solo che insieme eravamo felici.
Nonostante fosse un sogno, sentii dentro me il forte desiderio che si avveri..
Infatti quando mi svegliai, mi alzai di scatto e mi guardai intorno..
Poi con molta delusione mi sdraiai di nuovo a letto, e mi mossi verso denstra dove toccai il corpo di Justin.
Prima mi spaventai, poi mi ricordai della notte precendente.
Avrei voluto svegliarlo.. ma la tentazione di guardarlo per sempre ebbe la meglio su di me.
Dormiva abbracciato al cuscino, e aveva un’espressione felice e beata.
Gli spostai quei pochi ciuffi di capelli che gli coprivano il viso e sorridetti, davanti alla sua infinta bellezza.

Dovevo comunque svegliarlo, qualcuno poteva scoprirci.
Gli diedi un bacio, e poi un altro.. infine le sue mani afferrarono il mio capo, e Justin continuò a baciarmi.
Poi sussurrò:
“Vorrei che fosse così ogni mattina.”
“Lo vorrei anch’io.” Risposi cercando di contenermi.
Poi sentii dei passi nel corridoio, e la paura mi assalì.
Li sentì anche Justin perché sobbalzò.
Ci guardammo qualche istante in faccia, e poi ci alzammo di scatto. Lui si accovacciò sotto il letto, nel momento preciso in cui mia madre spalancò la porta della mia stanza.
“Buongiorno Eva..”
“Buongiorno mamma..”
“Stai bene oggi?..”
Annuii, pregando che se ne andasse subito.
Poi fissò il pavimento dove… merda. Le scarpe di Justin erano ancora accanto al mio letto.
“Eva quelle sono.. tue?”
“Si.. me le ha prestate… Clara.” Dissi molto nervosamente.
“Posso vederle?” Disse mia madre abbassandosi accanto al letto e prendendo le scarpe.
Dalla posizione in cui si trovava avrebbe potuto tranquillamente vedere Justin, così mi alzia di scatto e la accompagnai fuori dalla porta.
“Mamma mi cambio e vi raggiungo sotto..”
“Eva.. papà non vuole che scendi..”Disse poi abbassando il capo.
Deglutii rumorosamente.
Alla fine dei conti, mi accorsi che non mi importava minimamente ciò che mio padre faceva per farmi sentire uno schifo più di quanto mi sentissi già.
Io avevo Justin, mamma e Sam. Perché dovevo avr bisogno di lui?
Mamma si girò e scese al piano di sotto, chiudendosi la porta dietro alle spalle.
Non feci in tempo a voltarmi che Justin era già dietro di me.
“Come sarebbe a dire che tuo padre non vuol che scendi? Morirai di fame qui?”
Disse alzando le braccia.
“No Sam,o mamma mi saliranno qualcosa da mangiare.. Per ora è meglio evitare.”
“Evitare si.. Sarebbe meglio evitare che ti distrugga la vita Eva. Devi denunciarlo.”
Sorrisi, vedendo un’espressione preoccupata dominare il suo viso.
Lo baciai.
“Devo evitare. Infatti è meglio evitare che lui ti trovi qui non credi?”
"Mhh anche quello.." disse ridendo.
Lui si guardò intorno, poi prese le scarpe, se le infilò e insieme raggiungemmo la finestra.
Prima di uscire si voltò verso di me e mi diede un  bacio.. Uno di quei baci che si danno solo nei film, e che lasciano senza fiato. Uno di quei baci che poche persone sanno dare.
“Ci vediamo presto.” Disse poi.
“Lo spero.” Risposi.

Mi aveva ridato la vita.. semplicemente standomi accanto.


Ragazze T.T Scusate per il capitolo pietoso, ma oggi c’è stato il colloquio a scuola :/ Fatemi comunque sapere che ne pensate.
Prometto di rifarmi con il prossimo..
Un bacione.
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Capitolo 22
Quando Justin fu definitivamente fuori dalla mia stanza, lo guardai sparire dietro l’angolo e sospirai.
Sospirai perché mi sentii sollevata dalla paura che mio padre potesse scoprirci.
Non potevo minimamente immaginare la sua rezione se avesse saputo che Justin aveva passato la notte con me.
Guardai nuovamente la finestra,e dicisi che l’avrei lasciata aperta sempre d’oggi in poi.. in modo che Justin potesse entrare in qualsiasi momento.
Sentii il mio stomaco brontolare, e contemporaneamente maledissi mio padre.
Poteva avercela con me a morte, ma lasciarmi morire di fame non avrebbe risolto nulla.
Mi guardai intorno e poi decisi come avrei trascorso la giornata.
Incominciai a pulire la stanza da cima a fondo, dopo di che cambiai le lenzuola e ordinai l’armadio.
Quando aprii l’anta, e mi trovai di fronte il poster di Cristiano Ronaldo, ripensai subito a Justin, come se già non lo pensassi abbastanza.
Divenne sera quando mi sdraiai sul letto cerncando di reprimere il dolore allo stomaco.
Poco dopo Sam entrò nella stanza, e dalla borsa cacciò fuori un menu completo del Mc Donald's ..
“Ehi Eva, è ora di cena. Muoversi.”
Non me lo feci ripetere due volte e mi lanciai sul sacchetto che teneva in mano.
Una volta che ebbi finito, rimise il sacchetto in borsa e mi salutò con un bacio.
“Vado via.. tanto tra un po’ non sarai sola.” Disse poi prima di chiudersi la porta alle spalle.
Cosa aveva voluto dire? Sperai che fosse come diceva lei.
Tuttavia non ci pensai molto, e mi concentrai su come comportarmi in questa situazione.
Mio padre non poteva tenermi reclusa in una stanza per sempre, ne poteva lasciarmi morire di fame. Non lo avrei permesso, e se mia madre non ce l’avrebbe fatta ad opporsi a lui.. ce l’avrei fatta io.
Tormentata da questi pensieri mi diressi in bagno e aprii l’acqua in modo che riscaldasse.
Il vantaggio di avere un bagno in stanza? Se tuo padre non vuole vederti in giro per casa.. puoi comunque lavarti.
Mi spogliai e mi infilai sotto l’acqua.
Non so perché qualche istante prima di uscire dalla doccia, iniziai a piangere.
Sapevo benissimo che piangere non avrebbe risolto niente, tuttavia era l’unico modo che avevo per sfogarmi. Lasciai che poche lacrime rigassero il mio viso, dopo di che uscii e mi infilai l’accappatoio.
Uscii dal bagno, che era nella parete laterale della mia stanza, e mi diressi verso il mio armadio.
Prima che potessi attraversare la stanza, vidii Justin seduto sul mio letto, e sobbalzai.
La prima cosa che mi passò per la mente fu il fatto di aver capito a cosa, o meglio a chi si riferiva Sam.
La seconda cosa fu che Justin..era come sempre di una bellezza indescrivibile.
Mi guardò e mi sorridette, mostrandomi stupore.
Mi guardai, e mi ricordai di essere in accappatoio.. tutto sommato non mi importava.
Potevo indossare un abito da sposa o una tunica o dei stracci .. Con lui, ero sempre a mio agio.
“Justin..” Dissi avvicinandomi a lui.
Non disse nulla e mi baciò.
Continuava a sorridere, ma non parlava. Nel suo sguardò intuii che qualcosa non andava.
Ero seduta proprio di fronte a lui quando gli chiesi:
“Qualcosa non va?”
Lui non si mosse, non disse una parola per qualche minuto.
Poi mi prese per il braccio e mi attrasse a se, insieme ci infilammo dentro le lenzuola che profumavano di pulito.
Avevo i capelli bagnati ed ero ancora in accappatoio ma non mi importava nulla.
Avevo intuito che qualcosa in Justin non andava.
Non gli chiesi più niente mi limitai ad avvolgerlo fra le mie braccia e silenziosamente a baciargli la testa.
Dopo qualche minuto le sue braccia avvolsero il mio corpo, e fu li che mi sentii morire dentro…
nello stesso istante in cui lo sentii piangere, mi sentii andare il cuore in frantumi.
Non sapevo qual’era il motivo, e non era la cosa più giusta da chiedere ora, così continuai ad accarezzarlo fin quando il suo pianto non si trasformò in un singhiozzare.
Ai miei occhi Justin era stato sempre forte e sicuro di me, mi aveva spesso cacciata dai guai e in lui riuscivo a trovare sicurezza.
Ora però era il momento di contraccambiare, era il momento di dimostrarli che anche io potevo dargli conforto e sicurezza.
Vederlo così fragile fra le mie braccia, mi diede un improvvisa forza di lottare. Dovevo lottare contro mio padre. Dovevo lottare per me. Dovevo lottare per il nostro amore.
Gli accarezzai la testa, come una mamma fa con un bambino, e dopo qualche istante si calmò.

Nonostante non piangesse più, continuai a stringerlo a me e gli sussurrai nell’orecchio:
“Justin stra tranquillo. Qualunque cosa sia si risolverà in ogni caso.”
Lui mi strinse a se, poi alzò il volto e mi baciò.
Prima che mi baciasse, non ero riuscita  a vedere il suo volto, ma quando ci distaccammo, notai subito gli occhi rossi e l’espressione affranta che aveva.
Nel preciso istante in cui i suoi occhi incontrarono i miei, mi sentii una bambina stupida ed infantile.
Stavo tutto il giorno a lamentarmi di mio padre, mentre vedere il mio ragazzo in questo stato, mi faceva ancora più male di ogni singolo schiaffo ricevuto.
“Eva..” Aveva deciso di parlarne.. Non risposi, per non mettergli fretta, ma lo guardai intensamente.
“Ecco.. mia sorella è in ospedale.. è caduta ed ha picchiato con la testa.”
Dentro di me sentii subito suonare un campanello d’allarme.
“Dio mio.. e adesso come sta?” Chiesi realmente preoccupata.
“Non lo so. Sono scappato dall’ospedale come un codardo. Sono suo fratello.. ma non riuscivo a vedere il suo corpicino, attaccato a tutti quei tubi..”
Un’altra lacrima gli scese sul viso.. la feci scivolare sul mio dito e poi la baciai.
L’avevo visto fare un sacco di volte a mia madre, quando Sam piangeva.
“Sta tranquillo Justin. Tu non sei un codardo. Chiunque non avrebbe resistito..”
Mi alzai e presi dei pantaloni, una felpa e della biancheria.
“Dove vai?” Mi chiese.
“Mi cambio e andiamo.” Dissi addentrandomi nel bagno.
Non rispose ma in cuor mio sapevo che aveva capito.
Mi vestii velocemente, e mi guardai allo specchio dopo di che spazzolai i capelli ancora bagnati,e li raccolsi in una coda.
Poi uscii dal bagno e lo trovai ancora dentro il mio letto.
Lo afferrai da un braccio e lo feci alzare.
“Devi insegnarmi ad uscire da qui..” Dissi poi.
“Non è cosa per te.” Disse lui scherzosamente.
Lo guardai e sul suo volto, trovai un sorriso. Sorridetti anch’io e lo invitai a scendere per primo.
Prima di scendere mi disse:
“Eva potrebbero scoprirti.. Sei sicura di voler rischire?”
Lo guardai e sorridetti.
Sorridette anche lui dopo di che, mi mostrò cosa dovevo fare.
Un piede sul davanzale e uno sul ramo dell’albero.. poi mi sarei dovuta aggrappare al cornicione, fare qualche passo, e infine saltare.
Lui lo fece con molta facilità.. dopo di che toccò a me.
Misi un piede sul davanzale e uno sul ramo. Partenza corretta.
Justin da sotto si muoveva all’unisono con me, per prendermi in caso di caduta.
Mi aggrappai al cornicione, feci qualche passo, e infine con estrema facilità saltai.
Tuttavia non calcolai la distanza, e una volta arrivata per terra barcollai all’indietro.
Ma subito pronte a sostenermi c’erano le braccia di Justin.
“Ammazza, non pensavo che ce l’avresti fatta.”
“Mai sottovalutare la forza di volontà di una donna.” Dissi poi sorridendo.
Poi ci alzammo e mi afferrò la mano.
Iniziammo a camminare verso l’ospedale.

Ragazze :D
Eccomi quìììì.
Innanzi tutto vi ringrazio per tutte le recensioni ricevute nei capitoli precendenti.
Siete stupende.
Poi volevo dirvi che se vi va possiamo seguirci a vicenda su Twitter.. :3
Oggi mi sento davvero bene.. è un giorno speciale.
Mhhh bando alle ciance.. che ne pensate del capitolo? Vi piace?
Vi voglio bene.
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


Capitolo 23
Durante il tragitto non disse una parola,  ma io riuscii comunque a capire quanto fosse in ansia.
Quando arrivammo davanti all’entrata dell’ospedale gli dissi:
“Justin, sta tranquillo. Andrà tutto bene.”
Lui mi sorrise e annuì.
Poi io aggiunsi:
“Sicuramente l’orario delle visite è chiuso da un pezzo, come facciamo?”
“Ehi, ricordati che sono Justin Bieber. Ci sarà qualche vantaggio a essere la mia ragazza no?”
Risi. Avevamo già deciso di essere una coppia, tuttavia sentir dire  
‘la MIA ragazza’ mi fece sciogliere in un mare di brividi.
“Cosa vuoi dire?”

Mi afferrò nuovamente la mano, dopo di che mi trascinò fino ad una porta che  doveva essere l’entrata dal retro.
Cacciò dalla tasca un paio di chiavi, si guardò intorno, e la aprii con gesti nervosi.
Sbucammo in un corridoio lunghissimo, con affianco migliaia di stanze.
Mi ero sbagliata, non era l’entrata dal retro, era l’uscita d’emergenza.
Nessun infermiere si aggirava nei dintorni delle stanze,così tutto risultò più facile.
Correndo, arrivammo direttamente al secondo piano..
Superammo una porta, e solo allora capii che eravamo nel piano dove alloggiavano i bambini.
Disegni, fiocchi, pupazzi, giocattoli.. vedere tutto ciò mi fece salire un senso di nausea. Non perché non amassi i bambini anzi.. Ma perché conoscevo benissimo quel reparto, e sapevo che pochi di loro avrebbero potuto riprendere a svolgere la loro vita normalmente.
Attraversammo lentamente il corridoio, ogni stanza che ci lasciavamo alle spalle, espandeva dentro me un vuoto indescrivibile.
Poi giungemmo di fronte ad una porta bianca, tappezzata di disegni. Doveva essere quella la stanza.
Guardai i disegni, e in uno riconobbi perfettamente quello che doveva essere Justin, per mano con una bimba.
Sentii il bisogno improvviso di aiutare Justin ad entrare.

Mi voltai a guardarlo, e mi accorsi che fissava il vuoto. Lo afferrai e lo voltai verso di me.
“..Te la senti?” Lui fece cenno di no con la testa.
Mi guardai intorno ed individuai delle sedie, dove trascinai Justin.
“Allora Justin. Ascoltami. Molto probabilmente non posso capire cosa provi in questo momento, però posso cercare di farti ragionare. Sai meglio di me che andrà tutto bene. Come puoi non sapere che passando qualche istante con lei la renderesti solo più felice Justin?.. Devi affrontare questa cosa. Scusa tu non sei il ragazzo che è riuscito a realizzare il suo sogno?”
Alzò lo sguardo  e spalancò gli occhi. Forse stava funzionando.
“Non sei il ragazzo, che ha affrontato un uomo pazzo a mani nude? Che ha mantenuto la calma con una pistola puntata alla testa? E allora perché ti stai arrendendo ora? Vai Justin, entra. Fallo per lei..”
Mi guardò qualche istante, poi si alzò, e scomparve dietro la porta di quella stanza.
Mi guardai attorno qualche istante, e mi resi conto che quel reparto mi straziava il cuore.
Poi sentii delle piccole fitte alla testa farsi avanti.. probabilmente a causa dei capelli bagnati.
Chissà Justin come aveva reagito.. chissà la felicità di sua madre nel vederlo.
Iniziarono a sudarmi le mani.. Era strano essere in ansia, per qualcosa che non dovevo nemmeno fare io. Era come se io potessi percepire i sentimenti di Justin, le sue paura, le sue ansie..
Fissai l’orologio, e dopo dieci minuti esatti, la porta da cui Justin era entrato si aprì.
Mi voltai di scatto, e vidi Justin affacciarsi.
“Vieni Eva!”  Mi sembrava inopportuno entrare, era un momento di privacy per loro.
“Io? Sei sicuro? Non preoccuparti per me, non ho fretta.”
Anche se in realtà, un po’ di fretta avrei dovuto avercela, dato che a casa mia sapevano che ero ancora dentro il mio letto.
Lui uscì mi afferrò la mano e mi portò dentro la stanza.
Mi guardai intorno..Era una stanza luminosissima, piena di pupazzi e disegni.
Poi spostai lo sguardo sulla parete laterale, e vidi un lettino, dove una bellissima bambina, stava seduta e sorrideva.. affianco a lei, sua madre le accarezzava la testa.
Mi sentii in imbarazzo, ma Justin penso a sistemare tutto.
“Loro sono mia sorella Jazmine, e mia madre Pattie.. Lei è Eva.”
Non c’era bisogno di nessun titolo, di nessuna etichetta, sua madre capii subito chi ero e mi sorrise.
Sorrisi anch’io.
“E così, tu sei la ragazza che ha convinto Justin a venire qui giusto?”
“Lo avrebbe fatto lo stesso, anche senza di me. Aveva solo bisogno di un aiuto.” Dissi avvicinandomi al lettino.
“Io ti conosco sei la sua fidanzata. Ha una tua foto. L’ho vista io.” Disse poi Jazmine con un sorriso smagliante.
Quella bambina era spettacolare, giaceva in un letto d’ospedale, e nonostante tutto sorrideva continuamente. Anche se aveva ragione Justin, vedere tutti quei tubicini attaccati al suo corpo, faceva male a me, figuriamoci a lui.
Prima che potessi rispondere a Justin squillò il telefono, ed uscì dalla stanza per rispondere.
Sua madre mi fece cenno di sedermi, e così feci.
Justin ci ha parlato di te.. E davvero sei bella come dice lui..”
Raggiunsi il culmine dell’imbarazzo.
“Grazie.. Anche se sono convinta del contrario..”
Sua madre sorrise, ancora e poi mi prese la mano.
“Non farlo stare male Eva. Io credo che tu sia la prima ragazza a cui tiene davvero.
Le sue mani erano calde e ruvide, e nel suo viso c’erano come i segni di una vita non abbastanza semplice. Nonostante tutto non potei notare quanto, anche sua madre, fosse bellissima.
Gli sorrisi.
“Stia tranquilla.” Dissi.
Quella conversazione mi rassicurò.
Poi la sorellina, Jazmine, attrasse la mia attenzione.
“Tu sai fare le treccine Eva? Justin dice che hai sempre dei capelli stupendi.”
“Certo che so fare le treccine, tu le sai fare?”
“No..” Disse scuotendo la testa.
“Allora prometto di insegnarti io.”
“Quindi torni a trovarmi?”
Guardai Pattie che stava sorridendo, a annuì. Poi Jazmine, mi guardò con quegli occhioni dolci, e mi porse il mignolino,.
“Me lo prometti?”
Feci come un salto nel passato, quando ancora io e Sam, facevamo pace così.
Intrecciai il mio mignolino al suo e dissi:
“Te lo prometto.”
Anche se farlo, avrebbe comportato altre evasioni dalla finestra della mia stanza.
Dopo qualche istante rientrò Justin.
“Mamma noi andiamo..” Mi alzai di scatto, ricordandomi di poter essere scoperta.
“Justin tu resta, io è meglio che vada, prima che qualcuno se ne accorga.”

Prese il giubbotto e se lo infilò. Poi baciò Jazmine e Pattie.
Quest’ultima si alzò e si diresse verso di me, poi mi diede un bacio in fronte e mi abbracciò.
Non ricevevo un abbraccio da una donna da moltissimo tempo.. Così ne approfittai e mi lasciai abbracciare.
Prima che potessi uscire dalla stanza, Jazmine mi disse:
“Ricordati la promessa..” Sorrisi.
“Non potrei mai dimenticarla.”
Justin iniziò a trascinarmi, così lanciai un bacio al volo a Jazmine.
Qualche istante dopo, stavamo di già percorrendo il corridoio dell’uscita.
Mi chiesi com’era possibile, l’assoluta assenza di infermieri e guardiani.
Poi uscimmo, e ci incamminammo verso casa mia, a passo svelto. Molto svelto.
Justin mi trascinava in maniera veloce, stavamo quasi correndo.

“Justin, aspetta..Rallenta.” Continuò ad accelerare e mi disse:
“Eva tuo padre potrebbe scoprirlo, e non me lo perdonerei mai.”
“Non mi ha obbligata nessuno ad uscire Justin.” Risposi con freddezza.
Non mi rispose, e dopo pochissimi minuti eravamo già sotto casa mia.
Mi spiegò cos’era necessario fare, per arrampicarsi, e mi precedette dopo di che, lo imitai alla perfezione.
Per fortuna nella mia stanza non c’era nessuno. Ero salva.
Justin era ancora appoggiato al davanzale della mia finestra, così lo raggiunsi.
Avrei fatto qualunque cosa per poter passare con lui ancora qualche istante.
“Grazie mille Eva. Senza di te non ce l’avrei fatta.” Scossi la testa.
“Devi ringraziare te stesso, e la forza che hai.”
Poi ai alzò, e mi diede un bacio.
Era come una scena di qualche film. Un amore contrastato dai miei genitori,le fughe segrete, gli abbracci e i baci al chiaro di luna.
Mi distaccai da lui e gli dissi:
“Ti amo.”
“Ti amo anch’io.”
Chiusi gli occhi e assaporai la bellezza di quel momento.
Lui si reggeva sulle punte dei piedi, su un cornicione piccolissimo, non doveva essere piacevole, tuttavia, riusciva ad avere la forza di stare con me.
Poi mi diede un ultimo bacio, e incominciò a scendere. Lo guardai allontanarsi, e con lui si allontanò anche una parte di me.
Quel giorno era stato importante per me, perché avevo conosciuto la sua famiglia..Avrei rivisto Jazmine e Pattie? Dovevo mantenere la mia promessa.


Ragazze buongiorno :D
Scusate se ieri non ho pubblicato, ma sono stata fuori casa.
Spero che il capitolo vi piaccia. Voglio i vostri pareriii!
Un bacione, vi voglio bene.
-Erika

P.S. Vi piace la nuova struttura del sito? A me si taaanto :3

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


Capitolo 24
L’indomani mattina, mia madre mi venne a chiamare all’alba.
“Eva, papà è uscito. Scendi a fare colazione.”
Mi rigirai nel letto e borbottai qualcosa. Era disgustoso e rivoltante poter girare per casa solo quando mio padre non c’era. Ero come una prigioniera, in casa mia.
Per fortuna, ogni tanto infrangevo la regola di territorio.
“Non ho intenzione di scendere. Lui vuole che io stia qui giusto?.. Bene ci starò.”
Era questo che voleva mio padre? Avrei obbedito, così si sarebbe reso conto che non potevo condurre la mia vita in una stanza.
“Eva devi mangiare tesoro..” Mia madre era preoccupata per me, potevo leggerlo nei suoi occhi.
“Mamma stai tranquilla non ho fame. E sto bene.. Dopo pranzo di a Sam di portarmi qualcosa..” Bugia. Morivo di fame.
Si strinse nelle spalle, e scese al piano di sotto.
Io mi alzai e guardai fuori dalla finestra, che come al solito era aperta.
Oggi era una di quelle caldissime giornate estive in cui uscire a fare una passeggiata sarebbe piacevole.
Pensai a Jazmine e alla mia promessa.. Poi sentii la porta di casa sbattere.
Era tornato. Avevo fatto bene a non scendere, altrimenti mi avrebbe trovata sotto e sarebbe scoppiata la terza Guerra Mondiale.
Ringraziai me stessa e il mio senso d’orgoglio.
Andai e chiusi la porta,in modo da non vedere mio padre nemmeno di sfuggita.
Sperai tutta la mattina di ricevere una visita da Justin, che non arrivò.
Forse sarò egoista,vista la siatuazione di sua sorella, ma ho un disperato bisogno di lui.

Mi sdraiai e iniziai a fissare il soffitto.. credetti di diventar matta.
Ero sdraiata sul mio letto verticalmente con le braccia aperte a croce.
Non so quanti minuti passai in quella posizione.
Poi dopo una somma di tempo indecifrabile mi sentii accarezzare la fronte.
Mi alzai di scatto, e trovai Justin seduto accanto a me.
Ogni volta che i miei occhi incontravano lui, non potevo fare a meno di meravigliarmi di quanto fosse bello.
“Justin, che ci fai qui? Dovresti essere in ospedale.” Non gli dissi che avevo trascosso la mattina sperando di vederlo arrampicarsi sulla mia finestra. Non sarei stata così egoista a fargli capire quanto avevo bisogno di lui.
Non aveva più tempo per la sua vita, divideva le sue giornate tra me e sua sorella Jazmine.. Questo ragazzo doveva anche uscire e svagarsi.
“Sono uscito da poco..” Mi disse mostrando un sorriso smagliante. Solo dopo averlo guardato bene mi resi conto che aveva in mano una borsa.
Non mi diede tempo di domandargli cosa ci fosse dentro, che mi precedette dincendo:
“Forza sbrigati Eva..” Lo guardai interrogativa.
“Sbrigarmi a fare che?”
“Mettiti il costume. Si va a mare oggi.”
I miei occhi si spalancarono in contemporanea alla mia bocca. Credetti di non aver sentito bene.
“Tu.. sei sicuro.. di?..” Non mi fece finire.
“Muoviti, vai a cambiarti. Io mi cambio di qua.” Anche lui doveva mettersi il costume.
Mi lanciai addosso a lui e gli stampai un bacio sul naso. Sembrerà strano, ma io trovo i baci sul naso molto dolci.
Lo sentii ridere quando le mie labbra si appoggiarono al suo naso.
Poi mi alzai velocemente, aprii un cassetto e mi diressi in bagno.
Quest’estate non ero andata  a mare nemmeno una volta, così il mio corpo era passa che pallido. Sembravo un cadavere.
Mi infilai il costume, e sopra di esso misi un paio di pantaloncini e un top che lasciava scoperta la mia pancia.
Finii di fare gli ultimi ritocchi e poi uscii dal bagno.
Trovai Justin sdraiato sul letto a leggere un giornale che avevo acquistato prima che mio padre mi recludesse in camera mia.
Oltre alla maglia, indossava dei pantaloncini (che non erano proprio un costume) fin sopra il ginocchio.. Ovviamente a vita bassissima con i boxer di fuori.
Risi. Lui mi sentii, abbassò il giornale e si alzò.
“Andiamo..” Disse poi.
Stavamo andando contro tutto e tutti, a costo di stare insieme.. Ma non mi importava, io avevo lui.
Scendemmo insieme dalla mia finestra, e iniziammo a correre verso la sua auto.
Salimmo velocemente e partimmo.
Durante tutto il tragitto, sulle sue labbra ci fu un sorriso favoloso. Ed anche sulle mie.. ormai la mia felicità dipendeva da lui.
Arrivammo in spiaggia, e lasciò cadere a terra la borsa che aveva in mano.
“Ti piace qui?” Mi chiese poi togliendosi la maglia.
“Si, è perfetto.” Risposi.
Il suo corpo era meraviglioso, ed io mi vergognai quasi a sfilarmi i vestiti.
Aprii la borsa che teneva in mano a cacciò fuori due teli blu. Me ne porse uno.
Lo stesi e lo fece anche lui.
“Non ti togli i vestiti?” Mi chiese poi sedendosi accanto a me.
Prima che dalla mia bocca potesse uscire una sola parola, mi sfilai il top e i pantaloncini, restando con il mio costume rosso.
Di sopra era una fascia che teneva il seno ben fermo, e sotto indossavo uno slip quasi a pantaloncino. Non avrei mai indossato nulla di sgambato, perché sapevo che prima o poi sarei rimasta nuda.
Lo vidi sorridere, e mi stesi affianco a lui.
“Quante volte sei venuta a mare?”
“Nemmeno una..”
“La tua pelle è così chiara.. Sembra latte.” Sin da piccola avevo sempre avuto la pelle molto più chiara di qualsiasi altra bambina.

Sorrisi, perché non sapevo cosa rispondere. Poi lui aggiunse:
“Sei.. sei così perfetta Eva.
Chiesi a me stessa se ciò che stava dicendo era la verità, o solo una gentilezza.
Mi voltai versi di lui e lo abbracciai.
Restammo qualche minuto così abbracciati, sotto il cole cocente.
Non capivo se il mio volto bruciava per il sole, o per il fatto che ero accanto a lui.
Mi respirava sul collo, e tutto ciò era eclatante.
Poi, come se già il fatto di essere fra le sue braccia non bastasse, iniziò a sfiorarmi la schiena.
Con le dita faceva dei movimenti circolari, e in pochissimi secondi ebbi la pelle d’oca.

Poi prima che potessi dire una sola parola si alzò di scatto.
“Andiamo in acqua?” Si tolse il cappellino e gli occhiali da sole.
“Sarà congelata..” Dissi io.
Non rispose, e si abbassò su di me. Mi mise una mano sotto le gambe e l’altra dietro la schiena.. Poi in men che non si dica, iniziò a correre verso la riva.
“Justiiiiiiin, mollami. Sarà freddissima l’acqua.” Urlai.
Lui non mi ascoltò così continuai a dimenarmi. Qualche istate dopo l’acqua aveva già raggiunto le sue ginocchia e stava per bagnare anche me.
Non feci in tempo a dire nulla.. Justin si tuffò, trascinandomi con se.
L’acqua era proprio come l’avevo immginata..ghiacciata, e l’impatto con essa non fu piacevole.
Restai qualche istante sott’acqua, poi riemersi.
Mi guardai intorno per cercare Justin.. Non era più accanto a me, eppure ci eravamo tuffati insieme.
Mi strofinai gli occhi, e qualche istante dopo, mi sentii afferrare dal piede e trascinare verso il largo.
Ecco dov’era Justin.
Mi immersi anch’io, e lo vidi. La sua mano riusciva a racchiudere la mia caviglia in maniera perfetta.. lui aveva gli occhi spalancati proprio come me e fu proprio in quell’istante che ammisi a me stessa che quello era decisamente il miglior spettacolo della mia vita.
Mi guardò, poi mi mollò la caviglia per afferrarmi la mano. Nuotammo verso il largo insieme, così proprio come se fosse un sogno.
Sott’acqua c’era un silenzio meraviglioso, sentivo solo il rumore dei battiti del mio cuore. Poter nuotare per mano con lui, fu davvero emozionate. E nonostante fossimo sott’acqua, la sua mano non scivolò mai dalla mia.
Poi tornammo a galla per prendere fiato.
Lui era bellissimo. I suoi capelli non erano pettinati come al solito, ma erano completamente abbassati in avanti. Lui con una mano, li spinse verso il lato opposto.
Sembrava un film. Lui che esce dall’acqua, si guarda intonrno, scuote la testa, e si scompiglia i capelli. Con una mano mi controllai la bocca, immaginando di avere la bava.
“Allora sai nuotare mozzarella?
“Come mi hai chiamata?” Chiesi io con un tono scherzoso.
“Mozzarella.” Iniziò a prendermi in giro e a schizzarmi, così gli corsi dietro e lo mandai sott’acqua un migliaio di volte.
Poi uscimmo dall’acqua, e insieme ci sdraiammo a prendere il sole.
“Eva devi mettere la crema protettiva.”
“Vero hai ragione.” Non mi importava essere una superdiva abbronzata..mi importava proteggere la mia pelle da eventuali scottature.
Dalla sua borsa estrasse una crema protettiva, e lentamente me la spalmò su tutta la schiena. Fu come fare un viaggio in paradiso e poi tornare in terra.
Nonostante fossimo stesi al sole, lui mi stringeva comunque la mano..
Verso le 18:00 decidemmo di fare l’ultimo bagno, così entrammo in acqua, insieme.
Durante il primo bagno ci eravamo comportati da amici, ma adesso l’atmosfera era cambiata.. di fronte a noi c’era il tramonto.
Ci immersemo lentamente e una volta tornati a galla ci abbracciammo. Poi lui iniziò a baciarmi, così io portai le mie braccia sulle sue spalle, e misi le mie gambe attorno alla sua vita. Pian piano le sue mani mi strinsero il bacino.
Le sue labbra erano salate, come tutta la sua pelle. Restammo in quel modo tutto il tempo di cui ne avevamo bisogno, poi ci ricodammo di mio padre e uscimmo di fretta e furia.

Era quasi sera anche se non era buio.
Ci stendemmo entrambi su un telo e ci coprimmo sull’altro. Lui era seuduto con le gambe aperte ed io ero fra le sue gambe, quando si avvicinò al mio orecchio e mi sussurrò:
“Non ci separerà mai niente e nessuno.”
“Niente e nessuno.” Ripetei io.
Mi baciò il collo, dopo di che mi accorsi di un uomo, appartato dietro una roccia con una macchina fotografica puntata verso di noi.
Porca miseria. Avevamo scelto questa spiaggia proprio perché era isolata, che ci faceva qui un paparazzo?
Attirai l’attenzione di Justin,e gli feci cenno verso quell’uomo.

Lui si alzò di scatto e disse:
“Merda. Andiamo via forza.”


Ragazze :D
Questo è un po’ più lunghino degli altri, spero vi piaccia :D
Poi volevo chiedervi una cosa, qualcuna di voi sa precisamente se sono uscite le date del Tour Believe??.. Verrà in Italia vero? :3
Un bacione, vi voglio bene.
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


Capitolo 25
Non feci in tempo a capire bene cosa stesse succedendo di così orribbile, perché Justin in una frazione di secondo prese la borsa da mare e la riempì con i nostri vestiti, poi si mise i teli sulle spalle e mi afferrò la mano.
In men che non si dica iniziò a tirarmi, catapultandomi affianco a lui e poco dopo mi ritrovai a correre verso la sua auto.
Certo, ero consapevole di quanto i paparazzi fossero odiosi ad insopportabili.. Ero consapevole di quanto possano renderti la vita un inferno.. Però perché scappare in questo modo? Alla fine dei conti alle star è concesso avere una fidanzata o sbaglio?.. Perché Justin non voleva farsi vedere con me?
Copriti il viso Eva, potrebbero essercene altri.” Mi guardai intorno.
“Perché dovrei farlo? Alla fine dei conti io sono nessuno Justin.
Ecco perché devi farlo.
In fretta e furia salimmo in macchina e Justin non tardò a premere l’accelleratore.
Mi voltai a guardarlo.
“Posso sapere perché stiamo scappando così?”
Perché al posto di sorridere al paparazzo e di salutare con la mano come si fa di solito, avea iniziato a trascinarmi per tutta la spiaggia in quel modo?
“Eva, se quel paparazzo è riuscito a prenderti il viso, sai cosa ti aspetta no?”
“No. Non lo so. Cosa mi aspetta? Verranno fondati dei Fan Club contro di me?Dimmelo tu che succederà.”
Fece il giro della città prima di riaccompagnarmi a casa.
Avrai sempre una folla di giornalisti e fotografi sotto casa che cercherà di strapparti una foto.. o uno straccio di dichiarazione.. Ma la cosa peggiore è che poi la trasformeranno in qualcosa di brutto.Lo manderanno ai Media, ci seguiranno ancora e ancora, e da una piccola discussione parleranno al mondo intero della nostra rottura. Ed io non voglio che la nostra storia finisca.” Disse tutto d’un fiato gesticolando.
Presi una mano e gliela accompagnai sul volante. Lui mi guardò.
“Ho capito.. è giusto. Hai ragione.” Dissi poi abbassando lo sguardo.
Ma.. la cosa di cui ho più paura.. è  che tuo padre lo scopra e possa farti qualcosa.”  In tutto questo tempo non avevo pensato a mio padre. Le foto usciranno sul giornale e.. sarebbe un disastro se mio padre le vedesse.
Anche se è altamente improbabile che quell’uomo compri un giornale per teen-ager.
“Justin sta tranquillo ho capito.” Dissi sorridendogli.
Dovevamo già nasconderci da mio padre, e come se non bastasse, ora dovevamo farlo anche dal mondo intero.
“Non voglio che tu pensi che io non voglia farmi vedere con te.. Perché non sai cosa darei per poterti portare a cena, al cinema come ogni coppia. Non sai cosa darei per poter uscire con te per andare semplicemente al parco. O al supermercato.” Gli misi una mano sulla gamba.
“Sta tranquillo Justin. Prima o poi la situazione cambierà. Non passerò la vita in quella stanza..”
Mi sorrise.
Poi fermò l’auto. Eravamo distanti 100 metri da casa mia.
Scesi dall’auto e me lo trovai affianco.
“Non c’è bisogno che vieni. Ormai ho imprato ad arrampicarmi.”
“Voglio assicurarmi che tu non cada.”
“Sfiduciato.” Dissi prendendolo in giro.
Arrivammo sotto la finestra della mia stanza e mi diede un bacio.
Prima di salire gli chiesi:
“Justin, oggi come stava tua sorella?” Si guardò intorno.
“Meglio.. Mi ha chiesto di te.Ha detto che devi mantenere la promessa.”
Sorrisi e iniziai ad arrampicarmi. Dopo qualche istante fui dentro la mia stanza.
Mi affacciai e feci cenno a Justin di stare bene. Lui mi mandò un bacio e se ne andò.
Guardai la mia stanza e sospirai. Ero sicura che non avrei passato altro tempo la dentro.
Mi feci una doccia, e pensai ad escogitare qualcosa.
Poi mi chiesi se era possibile che durante tutta la giornata nessuno si fosse interessato a me. Mia madre o Sam non erano entrate a vedere come stavo?.. Non volevo stessero in pensiero, solo che a questo punto la mia presenza in questa casa è irrilevante.
Uscii dalla doccia ed entrai nella mia stanza in accappatoio.
Sentii la porta aprirsi, vidi Sam entrare di soppiatto.
“Eva, dove cavolo sei stata tutto il giorno? Sono entrata una decina di volte. Sai cosa sarebbe potuto succedere?”
Allora non ero così irrilevante.
“A mare.. con Justin.” Spalancò gli occhi e mi trascinò sul letto.
Con me non aveva mai fatto nulla del genere.. e nemmeno con le altre ragazze. Che io sappia.”
Scossi le spalle, e mi sentii privilegiata. Poi mi tornò in mente il paparazzo.
“Un paparazzo ci ha scattato delle foto..”
“Figo, allora ti vedremo in copertina con Bieber?”
Abbassai il capo e Sam aggiunse:
“Non sei contenta? Immagina, amore tra le pagine. Paparazzi sotto casa, al supermercato.. ovunque in attesa di scattarvi una foto.”
Gesticolò mimando un palcoscenico ad una star.
“Appunto Sam. Cosa dirà papà a vedersi paparazzi e giornalisti sotto casa?”
Nella sua faccia vidi farsi avanti l’espressione di chi è stato scoperto a  rubare.
“Se dirà qualcosa sarà buono. Spero solo che non allungherà le mani.”
Feci una risata ironica per fargi capire che ciò non accadrà mai.
“Comunque papà non comprerà mai una rivista per ragazze.. quindi non lo saprà mai.”
“Lo spero.” Aggiunse.
Poi entrambe ci infilammo il pigiama, e ci coricammo nel mio letto.
Avevamo deciso di dormire insieme. Il mio letto era matrimoniale, e infondo Sam non occupava chissà quanto spazio.
Non dormivamo insieme da quando eravamo piccole e per me fu come aprire uno scatolone di ricordi. Fu come sfogliare migliaia di foto. In questi anni mi era mancata la mia Sam.
Passammo le prime ore della notte a ricordare fatti di quando eravamo bambine, poi entrambe crollammo.
Il giorno seguente, fummo  svegliate dalle urla di mio padre che provenivano dal piano di sotto.
La paura mi assalì.. l’aveva scoperto. Guardai Sam con le lacrime agli occhi.. lei mi strinse la mano.
Sentii i passi di mio padre salire le scale in maniera veloce e prepotente.
Poi la porta della mia stanza fu spalancata di colpo.
“Alzati di li.” Mi urlò. Lo guardai tremante di paura.
“Ti ho detto di alzarti.”
Mi urlò in faccia. Non capivo perché non riuscivo a muovermi.. ero paralizzata dalla paura.
Mi afferrò da un braccio e mi scaraventò per terra. Lo guardai dal basso verso l’alto, e vidi subito che in mano aveva un giornale. Uno di quei giornali per ragazze.
“Oggi la figlia di un mio amico è venuta da me, a dirmi, di chiederti un autografo di Jeremy..” Aveva sbagliato nome, e involontariamente lo corressi.
“Justin.”  Fu come se del fuoco si espandesse nelle sue pupille. Mi diede un calcio sulla gamba. Non sentii dolore.
“Fa lo stesso. Io guardai quella ragazzina perplesso. Poi mi mostrò questo giornaletto.”
Me lo mise di fronte al viso ma prima che potessi leggere me lo sbattè in faccia.
Sam si mise accanto a me e mi tirò su.
“Samantha, lasciala stare. Esci da questa stanza, uscite sia tu che tua madre.”
In quell’istante iniziai a piangere. Sapevo cosa sarebbe successo una volta che entrambe avrebbero abbandonato la stanza.
Mio padre non badò a loro e mi afferrò dal braccio.
“Tu ti vedi con un ragazzo. Ma questo già lo sappiamo giusto Eva? La cosa che mi fa incazzare..” La sua stretta sul braccio iniziò a far male, così urlai. Poi lui continuò.
“.. è che tu mi hai disobbedito. In questi giorni sei uscita. Per stare con quel ragazzo..” Continuò a stringere, poi mi girò il braccio dietro la schiena.
“..Siete andati a mare.. vi siete coccolati. Ma lo vuoi capire che tu non meriti tutto questo? Lo vuoi capire? Tu Eva, non meriti niente. Sei solo una sgualdrina.”
Le sue urla erano talmente forti da far sembrare silenzioso un concerto di musica Metal.
Continuai a gettar lacrime, e lui continuò a tirarmi il braccio.
"Io lo amo." Sussurrai fra una lacrima e l'altra.

“Ma le pagherai tutte Eva. Tutte.” Quando pronunciò l’ultima parola con la forza di un calciatore, diede un calcio al mio braccio che era ancora piegato indietro.
Fu dolorosissimo. Sentii come se mi avessero staccato dal gomito in giù.

Poi mollò la presa e se ne andò.
Cercai di muovere il braccio, ma sentivo troppo dolore.
Mia madre si fiondò si fiondò su di me e mi sorresse.
“Andiamo in ospedale, forza.”
Al 99% delle possibilità, il mio braccio era rotto.
Odiavo il fatto che mia madre non reaggisse, odiavo il fatto che stesse a guardarmi mentre mio padre mi picchiava.
“Lasciami. Ci andrò sola.” Fu stupido trovare un motivo per prendermela con lei.
Mi guardai intorno in cerca di Sam ma non la trovai. Tesi le orecchie, e sentii le sue urla provenire dal corridoio. Stava insultando mio padre.. e tutta la sua generazione.
Rientrò correndo in camera mia con le lacrime agli occhi, e mi prese per mano.
Non le chiesi niente e la seguii in auto. Dopo qualche minuto eravamo di fronte all’ospedale.
“Tutto questo non è possibile. Basta. Deve finire questa storia.”
Disse mentre attraversavamo la porta del pronto soccorso.
Un dottore si avvicinò a noi, e dopo aver parlato con Sam, mi fece fare dei raggi.
Da essi si vide la rottura del mio braccio. L’osso si era rotto in due parti, ribaltandosi sul gomito.
Mi ingessarono il braccio e mi segnarono degli antibiotici, poi Sam mi riportò a casa.
Quando tornammo mio padre non c’era.
Salii in camera mia, sperando che Justin non arrivasse. Se solo si fosse accorto del mio braccio non se lo sarebbe mai perdonato.
Mi sedetti sul letto, e raccolsi da terra il giornale che poco prima mio padre mi aveva sbattuto in faccia.
‘Nuova fiamma per il cantante canadese’ era il titolo, poi l’articolo parlava di una presunta relazione a distanza avvenuta anni prima, e di un riavvicinamento destinato a non durare.
Aveva ragione Justin. La fama rende tutto uno schifo.
Mi toccai il gesso, e mi asciugai l’ennessima lacrima. Sapevo di dover essere forte.. ma non era facile. Le persone si rompono parti del corpo, cadendo dalla bici, o pattinando.. non a causa del padre.
Qualche secondo dopo sentii dei passi alle mie spalle, così mi voltai e vidi Justin guardarmi con gli occhi spalancati.
Mi alzai e lo abbracciai. O meglio, lui abbracciò me, dato che avevo a disposizione un braccio solo.
“Cosa.. cosa..è..” Non riuscì a finire di pronunciare la frase, così presi il giornaletto e glielo porsi.
Dall’espressione nel suo volto capii che quello era l’istante in cui Justin Bieber inizò ad odiare se stesso.
Non disse una parola, e continuò a fissareil mio braccio.
“Justin.. non è niente di grave.. Il dottore ha detto che in un mese.” Non mi fece finire la frase.
“In un mese cosa Eva? Questa è solo colpa mai, avrei dovuto saperlo.” Si coprii il viso con le mani.
Poi sentii dei passi avvicinarsi alla mia stanza, e con loro si avvicnava sempre di più un orribile presentimento. Mio padre si affacciò dalla porta. Era tornato.O forse non se ne era mai andato.

“Tu sei..Jerry.”
“Justin” Urlammo in coro io e Jusitn.
“Posso parlarti?” Chiese mio padre a Justin. Rabbrividii al solo pensiero che potesse sfiorare Justin e gli sussurrai nell’orecchio:
“Ti prego va via Justin. Ora,per favore.”
Tuttavia lui non mi ascoltò e si allontanò con mio padre verso il piano di sotto.


Ragazze :D Che ne dite, vi piace??
Ammetto che è un po’ malinconico ..ahha però.
Fatemi sapere..
Un bacione, vi voglio bene.
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


Capitolo 26
Li seguii correndo e afferrai Justin dal braccio..
“Ti prego Justin va via.. Per favore..” Non disse una sola parola. Nei suoi occhi l’odio per se stesso prendeva forma. Non era colpa sua. Non doveva pensarlo nemmeno.
Non mi diede ascolto e percorse i gradini assieme a mio padre. Non lo avrei lasciato nelle mani di quel pazzo.
Lo fermai ancora una vota.
“Justi fallo per me. Va via.” Ovviamente le mie parole non lo toccarono.
Entrarono in cucina e si sedettero a tavola uno di fronte l’altro.
Restai così.. a fissare l’uomo che miaveva tolto la voglia di vivere, e l’uomo che me l’aveva ridata.
Mio padre si voltò e mi guardò fisso negli occhi.
“Nessuno ti ha detto che puoi uscire dalla tua stanza. Vai su.”
Non potevo abbandonare Justin così restai ferma, immobile sui miei piedi.
Poi mi padre tossì con una calma apperente, e mi disse:
“Vuoi che te lo ripeta..?” Justin si alzò e venne verso di me. Lo abbracciai e gli sussurrai nell’orecchio:
“Justin, andiamocene via. Scappiamo da qui.” Non mi importava che mio padre ci stesse guardando.
Sentivo il calore del suo corpo. Poi lo guardai e nel suo sguardo vidi una scappatoia. Forse l’idea di scappare, di abbandonare tutto, di essere solo io e lui.. gli piaceva. Credetti che fosse così, perché mi sorrise e mi diede un bacio, poi per errore mi toccò il gesso e nel suo volto ritornò l’espressione che lo avrebbe messo nei guai.
Fissò il vuoto accanto a me, poi mi disse:
“Per favore. Vuole solo parlare. Va di sopra e sta tranquilla.”
“No Justin. Non lo conosc..i lui..” Non mi fece finire la frase.
Se mi ami.. Fallo.” Era un tasto debole. Mi voltai e iniziai a salire le scale, prima di addentrarmi nel corridoio mi voltai, e vidi Justin nello stesso punto di prima.
Trovai Sam dentro la mia stanza, ma non ci feci molto caso.. la mia testa era altrove.
“Eva..che succede?” Mi sedetti sul letto e mi coprii il viso con la mano che avevo a disposizione.
“Justin è di sotto per parlare con papà.”
“Scherzi?” Disse spalacando gli occhi. Alzai lo sguardo e gli lanciai un‘occhiata che le fece capire tutto.
Ero terrorizzata dall’idea che mio padre potesse toccare Justin.. Promisi a me stessa che se solo lo avesse fatto, lo avrei denunciato per tutte le volte che mi aveva maltrattata.
Sam era affacciata dalla scala per carcare di origliare..
“Non si sente nulla..” Disse ad un certo punto.
Sentii l’ansia avanzare. L’ansia che hanno i liceali agli esami di stato. L’ansia che ha una madre prima del parto. L’ansia che ha una ragazza nel dichiararsi. L’ansia di chi deve subire un intervento.
Ogni ragazza sarebbe felice di presentare il proprio ragazzo al padre.. Il punto era che quello era mio padre.
I minuti sembravano non passare mai, e solo qualche minuto dopo decisi che sarei scesa al piano di sotto. Non mi importava di nessuna promessa. Avrei infranto qualsiasi regola, l’importante era vedere Justin tutto intero.
Sam cercò di trattenermi tirandomi per il braccio, che mi scrollai di dosso molto facilmente.
Scesi al piano di sotto e la scena che si presentò ai miei occhi fù impressionante. Mio padre stava accompagnando Justin alla porta.
Mi precipitai giù, per parlare con lui che non mi degnò nemmeno di uno sguardo.
Mio padre mi sorrise, disgustosamente, e poi se ne andò in salotto.
Justin uscì dalla porta e io lo seguii. Non riuscivo a capire perché mi stesse evitando. Lo afferrai da un braccio.
“Fermati Justin.. ma che ti prende?” Si voltò.
“.. è finita Eva.”  Probabilmente avevo capito male.
“Cosa?” Ripetei sull’orlo delle lacrime. In cuor mio avevo capito benissimo.
“Non lo ripeterò. Eva ascoltami bene.. tra noi è finita!” Si voltò e se ne andò.
Restai immobile con gli occhi puntati nel vuoto.. poi persi le forze e caddi sulle ginocchia.
Prima che potesi fare qualunque cosa, i miei occhi erano umidi.
Non era umanamente possibile che i suoi sentimenti fossero cambiati in così pochi minuti. Evidentemente la conversazione con mio padre era stata abbastanza intensa.
Eravamo sempre stati io e lui contro i paparazzi. Contro mio padre. Contro i giornalisti. Contro il mondo intero.. Perché mi stava abbandonando? Perché mi stava facendo questo?.. Lui odiava mio padre, perché ora le sue parole gli avevano fatto cambiare idea?..
Delle braccia mi avvolsero da dietro. Chiusi gli occhi e gettai la testa indietro. Dentro me sperai che fossero le braccia di Justin..Anche se era impossibbile.. Sognai.
 Poi vidi i capelli di Sam svolazzarmi di fronte al viso. Piansi, piansi come non mai, piansi a tal punto di ritrovarmi ad urlare.
I vicini iniziarono ad affacciarsi e Sam mi trascinò dentro.
Lui era l’unica cosa che mi permetteva di andare avanti.. ed ora avevo perso anche lui.
Urlai a mi dimenai contro il pavimento. Iniziai a sbattere il gesso per terra, e Sam cercò in tutti i modi di fermarmi.
Poi apparve mio padre, che mi sorrise. Sgranai gli occhi e mi alzai furiosa.
Non me ne sarei tenuta nessuna, a costo di perdere la vita grazie alle sue botte.. Ormai non avevo nulla da perdere.
“Cosa gli hai detto?” Gli urlai contro. Lui continuò a sorridere compiacendosi della situazione. Mi innervosii ancora di più.
“Lui.. era tutto ciò che avevo. E tu me l’hai portato via.”
Non ero me stessa. La ragazza che ero prima non lo avrebbe mai fatto.
Corsi in camera mia, e iniziai a sbattere il gesso contro il muro. Era a causa di questo maledetto gesso se era successo il resto. Era a causa di questo maledetto gesso se Justin aveva parlato con mio padre. Ma la causa principale ero io e la mia insicurezza.. Non avrei dovuto permettere a mio padre di avere il sopravvento su di me. E su di Justin.
Ogni colpo al muro era uno scossone al mio braccio che mi provocava un forte dolore. Tuttavia non mi fermai. Concentrandomi sul dolore al braccio, non avrei sentito il dolore che proveniva dal mio cuore.
Sam mi afferrò dal busto e mi spinse sul letto.
“Basta. Smettila. Così non risolverai niente.” Mi calmai e mi asciugai le lacrime.
“Si risolverà tutto.” Mi abbracciò.
“Si risolverà tutto vedrai. Te lo prometto.”
Continuava a parlarmi e a rassicurarmi.. Tuttavia non riuscii a percepire nessuna delle sue parole..
Improvvisamente sentii la mia vita perdere senso.
Ad ogni ragazza ferita, delusa, usata, illusa, presa in giro.. spetta tutto questo?
Allora è questo quello che c’è una volta oltrepassata la linea del traguardo?
Come avrei fatto a stare senza di lui? Chi avrebbe portato gioia nelle mie giornate?.
.
Basta domande.
Mi distaccai dall’abbraccio di Sam e uscii di casa il più veloce possibile.
Mi diressi in strada a gran velocità, nonostante il mio braccio mi intraccialse la corsa. Ogni volta che le mie gambe si alternavano, il mio braccio si scuoteva facendomi malissimo.
Non badai al dolore e continuai a correre, fin quando non raggiunsi la spiaggia.
Le pochissime persone che c’erano, iniziarono ad andarsene quando mi avvicinai.
Raggiunsi lo scoglio più alto e iniziai ad arrampicarmi. Una parte di me, mi incoraggiava a continuare la scalata..l’altra cercava di tirarmi giù in tutti i modi.
Forse era una cazzata, ma preferivo sfogarmi così che urlando.. Avrei attirato meno attenzione.
Raggiunsi la vetta. Perfetto. Mi guardai intorno, poi mi levai le scarpe.
Era una follia, l’avevo visto fare solo nei film..però avevo capito che una volta fatto forse sarei stata meglio.
A piedi nudi, mi sporsi e guardai le onde infrangersi contro la base dello scoglio su cui mi ero arrampicata.
Sapevo nuotare perfettamente, non mi sarebbe accaduto niente.
Guardai le mie scarpe affianco a me.. poi feci ancora un passo in avanti e saltai.
Il mare era leggermente agitato, ma constatai che sarei comunque tornata a riva molto facilmente.
Non provai nulla ne durante il salto, ne quando l’acqua bagnò completamente il mio corpo. Niente di niente.
Ancora dovevo spiegare a me stessa perché avessi fatto una cosa del genere.
Però una volta raggiunto il fonto, mi sentii meglio.
Con una cosa sola non avevo fatto i conti:
il gesso.


Ok, è un po’ una cazzata maaaa mi sembra carino!!
Voi che ne pensate?? :D Fatemi sapere.
*_* Quando ho visto le 19 recensioni del capitolo precente stavo per svenire U_u GRAZIE A TUTTE *_*
Vi voglio beneeeeeeeeeeeeeee
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***


Capitolo 27
Una volta che il mio corpo raggiunse il fondale, per niente profondo, sentii come una scarica elettrica salirmi dalla punta dei piedi fino alla testa.
Era una follia, forse la prima follia della mia vita, e mi sentii benissimo.
Trattenni il fiato fin quando non sentii un forte dolore al petto, allora aprii gli occhi e iniziai a salire a galla.
Il gesso pesava di brutto, e continuava a trascinarmi verso il fondo.. tuttavia le mie gambe continuarono ad alternare i loro movimenti fino a riportarmi a galla.
Una volta aver messo la testa fuori respirai profondamente e mi guardai intorno.
Prima che potessi controllare se la spiaggia fosse isolata, il gesso mi trascinò di nuovo giù.
Ero a digiuno da troppo tempo, il mio corpo non aveva più forze.
Mi sentii come se avessi una palla di piombo attaccata al piede. Ero completamente impotente contro il peso del gesso. Il mio corpo non voleva raccogliere le ultime forze.
O forse, non c’era più niente da raccogliere?.. Forse davvero abbandonarmi sarebbe stata la cosa giusta. Avrei dovuto superare la rottura con Justin per cosa? Per essere picchiata ancora da mio padre? Per passare il resto della mia vita chiusa nella mia stanza? Non avevo nulla da perdere.
Chiusi gli occhi e abbandonai tutto il mio corpo alle acque agitate di quel mare vasto e profondo.
Non potevo più trattenere il respiro così pensai a mio padre e alla sua violenza, a mia sorella e al suo stupendo cambiamento, a mia madre e la sua paura.. e infine pensai a lui.. all’unico amore della mia vita.
Fino ad ora, giudicavo matte le persone che facevano follie per amore.. eppure è proprio a questo che ti porta l’amore.. A fare follie!
Sentii le forze abbandonarmi, e pian piano non sentii più nemmeno il rumore delle onde del mare infrangersi sullo scoglio.
Qualche istante mi separava dalla morte.. Ma non provai paura. Non potevo aver paura. Le persone hanno paura perché morendo, lasciano qualcosa o qualcuno.. io non lasciavo niente e nessuno. Forse sarei stata meglio.
Chiusi gli occhi, e poi mi sentii afferrare dal gesso. Qualcuno mi stava chiaramente trascinando verso riva.
Non capii niente fin quando non mi ritrovai sdraiata sulla riva.
Qualcuno era sopra di me, e mi premeva il petto. Non aprii gli occhi ma riuscii a percepire i suoi movimenti. Era come se fosse un film.
Poi poggiò le sue labbra alle mie, e mi diede fiato. Lo fece due volte e poi un rigurgito d’acqua mi salii in bocca. Mi alzai di colpo e sputai.
Sperai di voltarmi e trovare Justin. Sperai che avesse cambiato idea. Sperai invano.
Mi voltai e vidi un ragazzo che non avevo mai visto prima d’ora.
Era vestito anche lui, e prima che potessi guardarlo bene mi disse:
“Che ti salta in mente?” Aveva il fiatone. Non doveva esser stato facile trascinarmi a riva.
“Niente.. volevo solo provare una cosa.”
“Stavi per morire.” Mi rispose con un tono nervoso.
Mi alzai e mi diressi verso la strada di casa ma lui mi fermò.
“Perché lo hai fatto?” Lo guardai bene. Era davvero carino. Il suo fisico era completamente attaccato ai vestiti bagnati.. Aveva i capelli neri e gli occhi verdi.
Per il resto.. era un ragazzo che doveva aver spezzato molti cuori. Peccato solo che non era Justin.
“Non ti riguarda.”  Risposi secca.
“Potresti anche ringraziarmi.” Aveva ragione.
Mi voltai e gli sorrisi.
“Grazie.!” Lui mi sorrise e mi porse la mano.. Non aveva forse capito che il mio era un sorriso di strafottenza?
“Piacere. Io sono Pauly, tu come ti chiami?”
“Eva.”
Non volevo dargli confidenza, ma il suo sorriso mise allegria a quella maledetta giornata.
“Stai bene Eva?”
“Si grazie.” Mi incamminai verso la strada e mi venne accanto.
“Ti accompagno a casa.”
“Sto bene ti dico.”
Il digiuno mi aveva resa molto debole, così prima che potessi rendermene conto sbandai e mi ritrovai attaccata ad una gabbina telefonica.
Pauly mi afferrò e mi disse:
“Sta tranquilla non sono un maniaco.”
“Non ne sono sicura!” Rise.
Prese il mio braccio e se lo passò attorno al collo, poi ci incamminammo verso casa mia.
Per andare dalla spiaggia a casa mia, la strada più corta era quella che passava per casa di Justin.
Non volevo passare di fronte casa sua con Pauly.. Non volevo pensasse che lo avevo rimpiazzato.
Tuttavia ci incamminammo per quella strada.
Parlammo dell’accaduto per tutto il tragitto, poi di fronte a casa di Justin, c’era proprio lui.. che scendeva dalla sua auto.
Merda. Perché il destino si accanisce contro di me?
Prima non si accorse di noi, e sperai che continuasse così.. Poi però le gambe iniziarono a cedermi. Avevo la pressione molto bassa, così Pauly, mi afferrò per il busto e mi sostenne prendendomi quasi in braccio.
Maledetta me. Attirai l’attenzione di Justin che si tolse gli occhiali e ci guardò.
Lo vidi incamminarsi verso di noi a passo sveltissimo e dopo qualche istante me lo ritrovai di fronte.
Guardò me, e poi Pauly..
“Che succede Eva? Chi è lui?” Chiese gesticolando. Aprii la bocca per rispondere ma non uscii nemmeno una parola.. non fu lo stesso per i miei occhi che iniziarono a lacrimare.
Pauly capì che qualcosa non andava.
“Stava annegando e io l’ho solo aiutata.” Disse.
Justin sgranò gli occhi e ripetee a gran voce:
“Stava annegando?”
Pauly, annuì, e io appoggiai la testa sulla sua spalla in modo da asciugarmi le lacrime.
Poi Justin continuò:
“Perché la stai accompagnando a casa così?”
“Non si regge in piedi. Non vedi?” Disse Pauly con arroganza.
Mi sentivo inutile e impotente di fronte a questa situazione.. Ma non potevo reagire, il mio cuore me lo impediva.. vedere Justin per me è troppo difficile ora.
“Dai a me la porto io.” Disse Justin allungando le braccia. Voltai la testa e lo guardai fisso negli occhi. Avrebbe solo peggiorato la situazione così! Non voleva stare con me? Dovevo dimenticarlo.. e in quel modo non lo avrei fatto.
Pauly aveva intuito che noi due avevamo qualcosa di cui parlare e stava per mollarmi sulle braccia di Justin quando lo fermai.
“Andiamo Pauly, siamo quasi arrivati ormai..”
Si bloccò e annuì. Justin restò pietrificato.
Mi faceva soffrire tutto ciò.. Ma ero consapevole che se Justin non mi amava più dovevo andare avanti. Anche se dentro me sapevo che non avrei amato più nessuno.
Pauly ed io proseguimmo lasciandoci Justin alle spalle.
Mi voltai per guardalo.. Aveva le braccia a pendoloni sul busto e lo sguardo attontito.
Mi sentii ancora più debole e prima che me ne potessi rendere conto, mi ritrovai completamente in braccio a Pauly. Poi chiusi gli occhi e fu come addormentarmi.
Una sensazione di vuoto mi riempì la testa..!!
Venni svegliata poco dopo dalle carezze di mia madre.
Mi ero persa qualcosa?.. Probabile.
L’unica cosa che desiderai appena sveglia, fu che tutto ciò diventasse solo un sogno.. Poi vidi il gesso. Chiusi gli occhi di nuovo. Era un inferno.
Justin non mi amava più grazie a mio padre ed io lo avevo abbandonato su uno marciapiede. Chi dei due poteva star peggio?

Ok, questa volta scusatemi davvero ma non ho fatto in tempo a scrivere di meglio.. è il peggior capitolo della mia vita.!
Lo so che è illeggibile, ma mi impegnerò al massimo per il prossimo!!
Un bacio, vi voglio bene.
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***


Capitolo 28
Mi alzai lentamente dal divano e mi guardai attorno.
Sam e mia madre erano accanto a me, e una di loro mi porse un bicchiere con acqua e zucchero che mandai giù velocemente.
“Tesoro.. stai bene?” Mi chiese mia madre accarezzandomi la testa.
“Si mamma. Sto bene..Che cosa è successo.. Pauly?” Chiesi attontita.
“Sta tranquilla hai avuto solo un calo di pressione. Pauly è di là con tuo padre.
Sgranai gli occhi. Ma non perché fossi spaventata per Pauly, ma perché non riuscii a credere alle mie orecchie.
“Come, perché?”  Riuscii a balbettare.
Quando tuo padre è stato fuori per lavoro, gli hanno affiancato uno stagista. Ritornando a casa, avrebbe dovuto portarlo con se.. Ecco come conosce Pauly.. è il suo stagista.” Spiegò Sam frettolosamente.
Fu uno shoc per me.
Sperai solo che Pauly non decidesse di spifferare a mio padre, ciò che era accaduto in spiaggia. Sono sicura che non sarebbe stato contento di saperlo.. Avrebbe preferito porre lui fine alla mia vita.
Risi tra me e me.
Avevo ancora i vestiti bagnati, così decisi che sarei andata a farmi una doccia.
“Eva, non chiuderti a chiave.. non vorrei che ti sentissi male.” Disse mia mamma preoccupata.
“Mamma gli abbassamenti di pressione sono una cosa normalissima. Stà tranquilla.” Risposi.
Sorrisi e mi incamminai verso il mio bagno.
 Non mi importava nulla di Pauly, ecco perché non sarei andata a controllare la situazione con mio padre.
La mia mente non voleva pensare a nessun’altro che a quel coglione che mi aveva spezzato il cuore.
Mi infilai sotto l’acqua bollente, e iniziai a ridere.
Risi perché, solo ora, riuscivo a realizzare di aver fatto una cazzata tuffandomi.
Però ammetto che a fare cazzate ci si sente bene.
Pensare di meno e agire di più. Ecco qual’era il mio obbiettivo ora..
O meglio, il mio secondo obbiettivo.. perché il primo era ricongiungere i pezzi del mio cuore.
Amavo ancora Justin, e probabilmente lo avrei amato per sempre.. Solo che dovevo riuscire ad andare avanti.
Il gesso, ormai bagnato dall’acqua di mare, emanva un odore nauseabondo, così appena uscita dalla doccia mi vestii e decisi che sarei andata in ospedale per farmelo cambiare. Non potevo coinvivere un mese con un tale cattivo odore.
Sam e mia madre mi lasciarono uscire tranquillamente, quindi non fù difficile dedurre che Pauly aveva tenuto la bocca chiusa sull ‘Incidente’.
Presi la macchinina ed arrivai all’ospedale dopo qualche minuto.
Dovetti aspettare venti minuti in sala d’attesa prima che un infermiere mi facesse entrare.
Il dottore quando mi vide sgranò gli occhi e sorrise.
“Eva ciao.. come mai qui? Che hai combinato questa volta?” Sorrisi anch’io.
“Salve dottore.. Un incidente.. Il gesso si è baganto ed ora emana un odore nauseabondo.” Risposi.
Mi fece sedere su un lettino ed annusò il gesso per poi fare una faccia disgustata.
Prese un piccolo flessbile e iniziò a tagliare il gesso.
Non ebbi paura che potesse ferirmi il braccio, anzi dentro me volevo sapere cosa si prova.
Quando smontò il gesso, mi mosse leggermente il braccio.. e fu li che iniziai ad urlare.
Il dolore era assurdo, inspiegabile. Era come se mille aghi mi perforassero il braccio da una parte all’altra.Mi venne in mente la mia reazione appena Justin lasciò casa mia. Come avevo potuto, sbattere il braccio contro il muro? Come avevo fatto a non sentire dolore?.. Ero incredula.

Mezz’ora dopo, avevo un gesso bello e nuovo da mostrare a tutta la città.
Ringraziai il dottore e mi diressi verso l’ascensore. Avrei dovuto scendere al piano terra, invece salii al quinto piano.
Uscii dall’ascensore e mi guardai intorno.. Dei bambini in pigiama camminavano per mano alle proprie mamme, tutto ciò mi mise tristezza.
Come potevo lamentarmi della mia vita, quando c’erano dei bambini che passavano notte e giorno in ospedale? Mi sentii patetica.
Improvvisamente, in fondo al corridoio, vidi le sedie in cui io e Justin ci sedemmo qualche notte prima, quando lo convinsi ad andare da Jazmine.
Mi avvicinai alla porta della sua stanza e la contemplai per qualche minuto.
Il mio cuore mi diceva di entrare, per mantenere la mia promessa e salutare Jazmine.. Ma sentii anche la paura di incontrare Justin assalirmi.
Scossi la testa,smisi di preoccuparmi e bussai. Pattie aprì la porta accompagnando i suoi gesti con un gran sorriso. Non ero sicura che Justin le avesse raccontato ciò che era successo.
Le sorrisi, e lei mi abbracciò.
“Eva, ciao.. Menomale che sei venuta.. Jazmine non fa che chiedere di te..!”
Deglutii.. Chissà se avevo chiesto di me a Justin… e chissà lui che aveva risposto.
“Le avevo promesso che sarei tornata..” Dissi guardando dentro la stanza per controllare se l’assenza di Justin fosse reale.
Pattie si spostò e mi accompagnò accanto al lettino di Jazmine..
“Eva, sei tornata. L’hai mantenuta la promessa!” Disse sorridendo e agitandosi.
Al suo corpo non c’erano più attaccati i tubicini dell’altra volta, segno che forse stava meglio.
“Certo che l’ho mantenuta!!” Risposi sedendomi accanto a lei..
Passai l’ora seguente ad insegnarle a fare le trecce. Jazmine era davvero una bambina speciale.

Poi la salutai e mi diressi verso la porta. Pattie mi raggiunse,mi accompagnò fino all’ascensore e prima che potessi salire mi chiese:
“Come stai Eva? Cos’è questo gesso?” Nel suo sguardo c’era un’aria da mamma preoccupata.
“Niente.. un incidente.” Riposi sorridendo, poi deglutii.
“Tuo padre?” .. Annuii, e lei mi abbracciò.
“Ma come mai non sei venuta con Justin?” Fu il colpo di grazia.
Mio padre e Justin, erano i miei tasti deboli.
“Ecco.. mi ha lasciata dopo aver parlato con mio padre. Io..” Non ce la feci  a continuare che un cumulo di emozioni mi sovrastò il cuore e mi impedì di parlare.
Pattie mi sorrise e mi disse:

“Tesoro..Voglio che tu sappia che la vita è difficile. Ogni giorno può essere una sfida. Può essere una sfida alzarti la mattina. Tirarti fuori dal letto.Indossare quel sorriso. Ma voglio che tu sappia che quel sorriso è la ragione per cui molte persone riescono ad andare avanti alcuni giorni. Tu devi ricordare che, anche nei momenti difficili,tu sei stupefacente. Lo sei davvero.  Dovresti essere felice, sei splendida.
So che il tempo potrebbe non essere perfetto. Che dovresti dare le spalle al vento o senti il freddo pungente sul tuo naso. Ma sai cosa, almeno sei lì e lo senti. Almeno puoi sentire i raggi cadi del sole sul tuo viso. O quel vento freddo di febbraio sulle tue guance. Sai cosa significa?”

Mi afferrò il mento e mi guardò negli occhi. Poi continuò.
“Che sei viva.”
Spalancai gli occhi e lasciai che quelle splendide parole cullassero la mia mente.
Poi abbracciai Pattie e la ringraziai in un sussurro.
“Grazie Pattie.” Entrai in ascensore, e prima che le porte si chiudessero mi disse:
“Ricorda che non sempre ciò che si dice è la verità.”
Poi l’ascensore si chiuse e iniziò a scendere. Io restai imbambolata.. Quelle erano le stesse parole che Justin mi aveva detto quando eravamo stati a letto insieme!
Mi sentii colpita nel profondo del cuore.
Premetti vari tasti e l’ascensore incominciò a viaggiare su e giù.
Sperai che non si fermasse mai.
Poi qualcuno lo chiamò dal piano terra, così decisi che sarei scesa li.
Nello stesso istante in cui mi asciugai l’ultima lacrime, le porte dell’ascensore si aprirono, lasciando ai miei occhi l’immaggine di un ragazzo che impaziente aveva chiamato l’ascensore. Lo riconobbi, e pregai che non fosse lo stesso per lui..
Ma era tecnicamente impossibile non vedermi. Eravamo soli, lui era a pochissimi centimetri da me. Mi mossi per uscire nello stesso istante in cui lui alzò lo sguardò e mi fissò.
Sentii una forte nostalgia straziarmi il cuore. Eravamo soli, forse avrei potuto dargli un solo bacio? Forse avrei potuto sfiorarlo?.. No.
Feci un passo ed uscii dall’ascensore, dove lui entrò.

I nostri sguardi si tenevano legati l’un l’altro come calamite.
Prima di andarmene mi voltai a guardarlo un’ ultima volta, e prima che l’ascensore si chiudesse, sono sicura, che Justin sussurrò qualcosa che maledettamente non riuscii  a percepire.

Poi l’ascensore partì, portando con se ciò che non avevo capito.
Sicuramente Pattie gli racconterà della mia visita, spero solo che non pensi che lo abbia fatto di proposito.
Salii in macchina e raggiunsi casa mia.
Mentre percorrevo il vialetto, una leggera brezza mi accarezzò il corpo facendomi rabbrividire. L’estate era agli sgoccioli e tra non molto sarebbe iniziata la scuola. Ce l’avrei fatta ad affrontare la situazione? Ce l’avrei fatta ad andare avanti senza lui?.. Decisi che ci avrei provato, dal giorno seguente..quando accadde un fatto al quale non avrei creduto se non l’avessi visto con i miei occhi.


Ragazze :3
Eccomi.. Bhe innanzitutto vi ringrazio per ciò che mi avete scritto nelle recensioni al 27esimo capitolo.
Per me quel capitolo era quasi da buttare, invece grazie a voi mi sono ricreduta.
Grazie ancora.
Mi sono impegnata molto con questo capitolo.. volevo riscattarmi.. (?)
Ahahahaha.
Voglio i vostri pareri sul capitolo *_*Fatemi sapere.
Vi voglio troppo bene.
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** Capitolo 29 ***


Capitolo 29
Di ritorno dall’ospedale, quando giusi nel vialetto opposto al mio, restai ad occhi spalancati.
Sembrava che a casa mia ci fosse un’occupazione.. Persone ovunque, telecamere e macchine fotografiche. Il dubbio mi assalì, forse mio padre aveva ucciso mia madre ed ora i giornalisti volevano un’intervista?
Scesi dall’auto e mi avvicinai a casa mia, ma prima che potessi chiedere informaioni sull’accaduto, un ragazzo con una telecamera in spalla si voltò verso di me richiamando l’attenzione di tutti gli atri.
In pochissimi istanti mi ritrovai telecamere e macchine fotografiche sul viso.
Dei ragazzi giovanissimi mi affiancarono alla bocca microfoni e registratori.. Mi guardai intorno smarrita e loro iniziarono a farmi domande, ma erano così tante che il mio cervello, preso alla sprovvista, riuscì ad afferarne solo qualcuna:
“Tra te e Justin è finita?” “Credi che avrete un futuro?” “Sei davvero una cubista?”
Dopo aver percepito l’ultima domanda, spalancai gli occhi e mi misi a ridere.
Non avevo esperienza con i paparazzi, non sapevo come comportarmi.. Fortunatamente, prima che potesse dire qualcosa di sbagliato, dalla porta di casa mia uscì mia sorella Sam che mi afferrò da un braccio e mi trascinò dentro.
La guardai smarrita.
“Sam cos’è successo?” Lei si mise le mani ai capelli e sbuffò.
“Sono qui da quando sei uscita. Ti rendi conto? Credo che Justin abbia rilasciato qualche dichiarazione in TV”
Non era possibile, non avrebbe mai potuto farlo. Aveva detto che non voleva che la nostra storia finisse tra le mani dei paprazzi e dei giornalisti, ed ora era lui a servirgliela?.. No aspetta, non abbiamo più una storia. Lui mi ha lasciata.
Sam aprì la televisione, facendomi notare come l’intervista di Justin fosse mandata e rimandata all’infinito su ogni canale.
Ci fermammo a sentire le sue parole.
La giornalista gli chiese: “Tempo fa, ti sono state scattate delle foto in spiaggia con una ragazza.. Che ci dici Juss è la tua nuova fiamma?” Ehi il suo nome è Justin scema!
Lui rispose: “Nessuna fiamma, nessuno scandalo. Eva è una ragazza che ho incontrato in discoteca. Siamo diventati amici e siamo usciti qualche volta. Credo di avergli spezzato il cuore.” Sentirmi nominare in TV fa un certo effetto.. Effetto che svanì subito. Se fin’ora ero riuscita minimamente a riprendermi, le sue parole mi avevano fatto fare 50 passi indietro.
Decisi che non avrei sentito altro.
“Papà è a casa?” Chiesi a Sam.
“No, e se non se ne vanno prima del suo ritorno sono sicura che non sarà piacevole per nessuno.” Rispose indicando il giardino.
Mi voltai ed uscii dal portone.
Lui poteva parlare di me in TV? Ok, allora se dei giornalisti affollavano il mio giardino io potevo farlo di lui.
 A quanto pare nonostante fossi entrata in casa, non demordevano, erano ancora li. E nel vedermi si fiondarono su di me.
“Eva, Justin ti ha spezzato il cuore?” Fu la prima domanda che percepii.
Poi mi ricredetti. Se lui aveva detto quelle cose in TV di me, io sarei stata superiore, e non lo avrei ricambiato con la stessa moneta, ma gli avrei dimostrato che ormai è finita sul serio.
“Voglio chiarire una cosa a tutti voi. Stando qui non vedrete nulla e non avrete nessuna dichiarazione. Perderete solo tempo. Per cui fatemi il piacere di andarvene.” Dissi furiosa.
“Davvero mentre ballavi sul cubo lui ti ha fatta chiamare per salire nel privè?”
Fu la seconda domanda.
“Io non ballo sul cubo cosa numero uno. Justin non mi ha fatta chiamare da nessuno, sono salita nel privè perché con lui c’era mia sorella, non perché mi importasse di lui. Ma questo non vi riguarda.Voi credete di presentarvi così con le vostre dirette TV e di distruggere la vita delle persone? Bene volevo dirvi che con me non succederà. Io non odio Justin, nonostante abbia detto di avermi spezzato il cuore. Sarò superiore a lui e a tutto ciò che ha detto.” Mi voltai e con le lacrime agli occhi rientrai in casa.
Allora forse, davvero Justin non mi amava più.. Mi chesi soltanto cosa mio padre possa aver detto a quel ragazzo per scatenare questa reazione.
Avevo bisogno di una spiegazioe.
Afferrai le chiavi dell’auto e uscii di nuovo. I paparazzi se ne stavano andando e quando mi videro, si ammassarono attorno alla mia auto.
Non mi importava di metterne sotto qualcuno, l’importante era andare via.
Accellerai e partii. Fortunatamente non ero Madonna, così nessuno si mise alle mie calcagne.
Durante il tragitto pensai alle parole da dire, peccato che quando arrivai in ospedale, il mio cervello aveva già rimosso tutto.
Presi l’ascensore, ma prima ancora che potessi indirizzarlo al piano di Jazmine, qualcuno lo chiamò. Perfetto.
Quando la porta si spalancò dividendosi a due, di fronte a me vidi Justin.  Continuava a guardarsi le scarpe, poi alzò la testa e mi vide. Non disse una parola ed entrò nell’ascensore assieme al suo sguardo cupo.
Poi con il dito schiacciò il tasto del piano terra. Non sapevo cosa dire, poi presi coraggio.
“Justin mi devi delle spiegazioni.” Le mani iniziarono a sudarmi.
“Non ti devo niente Eva.” Rispose con un filo di voce.
Intanto l’ascensore arrivò al piano terra a Justin fece per uscire, il mio istinto ebbe la meglio su di me. Mi misi davanti a lui e lo bloccai, e con la sola mano libera che avevo, a causa del gesso, bloccai anche l’ascensore.
Lui spalancò gli occhi e mi fissò, poi degutì rumorosamente.

Era così maledettamente bello.
“Invece io credo di si. Come hai potuto dire quelle cose in TV?”
Abbassò lo sguardo.
“Eva, è il mondo televisivo.. io..”  Lo interruppi.
Tu niente Justin. Mi fai solo schifo. Ti rendi conto di avermi fatta passare per la cubista gatta morta, che si lascia prendere in giro da te?” Sentii i condotti lacrimali riempirsi, poi continuai.
Io non ho mai finto con te, sono sempre stata me stessa. Ma vedo che per te non è lo stesso..” Mi afferrò la mano, spingendomi sulla porta dell’ascensore.
“Io con te non ho mai avuto il bisogno di fingere. Credi che non sappia cosa abbiano detto i Media? Oppure credi che sia stato io a voler dire quelle cose?” Le sue labbra erano a pochi centimetri dalle mie, e prima che potessi rispondergli, mi baciò. Nel mio corpo sentii spargersi come dell’adrenalina pazzesca. Avevo bisogno di quel bacio, solo che dovevo farmi rispettare.

Me lo scrollai di dosso.
Credo solo che avevi ragione Justin. Tra noi è finita. La stupida sono stata io a credere di poter farti cambiare idea.” Sbloccai l’ascensore con le lacrime agli occhi.
Lui mi afferrò da un braccio e mi ritrasse dentro prima che potessi uscire.
Non disse nulla ma mi abbracciò. In lui vidi un’espressione triste e malinconica, come se avesse qualcosa dentro che lo logorava.
Qualcuno chiamò l’ascensore che partì. Arrivati al secondo piano di spalancarono le porte ed entrò una signora anziana.
“Salve ragazzi, dove andate?” Chiese con tono affabile.
“Prego vada prima lei.” Disse Justin. Lo guardai di sottecchi, e mi degustai la sua bellezza ancora un volta. Poi maledissi la mia stupida mente.
“Avete figli?” Ci chiese poi la signora.
Una fascia d’imbarazzo si manifestò nell’aria tra me e Justin.
“No” Rispondemmo in coro.
“Allora sei incinta?” Disse poi la signora sorridendo. Perché insisteva su quest’argomento?
“Nemmeno.” Dissi nascondendo il mio nervosismo.
“Bhè allora devi metterti a lavoro signorino” Disse poi indicando Justin, che sorrise.
Poi la signora continuò.
“C’è qualcosa tra di voi. Un legame particolare che si percepisce pure a distanza. Ascoltami ragazzo, tienitela stretta.”
Poi l’ascensore si fermò e finalmente restammo soli, l’una nell’ombra dell’altro.
Diressi l’ascensore verso il piano terra, che raggiunse velocemente.
Quando le porte si aprirono uscimmo insieme.
Quel bacio l’avrei conservato per sempre nel mio cuore.
Io mi diressi verso la mia auto. E lui verso l’uscita. Era davvero finito tutto? Non potevo crederci. Ma allora perché quel bacio?..


Ragazze!! Scusatemi se ieri no ho pubblicato, ma non ho potuto T.T
Che ne pensate di questo capitolo?!
Che ne pensate di Boyfriend?! E dei TRL Awards? .. :D Fatemi sapere.
Vi voglio bene ragazze.!
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** Capitolo 30 ***


Capitolo 30
Tornai a casa e fortunatamente non trovai più nessuno ad occupare il vialetto di casa mia.
Quando entrai trovai Pauly  seduto a tavola con mio padre, con dei documenti in mano. Quando mi vide sorrise e articolò un saluto con la mano.
Dopotutto non era brutto.. Aveva un bel sorriso, ed i suoi lineamenti erano molto dolci. Ricambiai il saluto e salii in camera mia.
Sam mi aspettava seduta sul mio letto a gambe incrociate. Quando entrai sobbalzai nel vederla.
“Che ci fai qui?” Le chiesi. Si alzò e mi venne incontro.
“Devo farti una proposta..”  Andai verso la mia scrivania e poggiai la borsa.
“Spero non sia di matrimonio.” Risposi ironicamente. Lei mi guardò con uno sguardo sconcertato. Ok era squallida la mia battuta.
“Discoteca sta sera?” Disse poi ammiccando e saltellando.
“No non mi va Sam..” Risposi.
Davvero non avevo voglia di andare in discoteca e di incontrare Justin, dopo quel bacio mi sentivo stravolta.
Si avvicinò a me e mi guardò negli occhi, poi mi disse:
“Non puoi buttarti giù per lui. Forza usciamo andiamo in discoteca a fargli vedere cosa si è perso..
“Sam non mi va di fare la scema.. Ne di stuzzicare il cane che dorme. E poi con questo braccio dove credi che possa andare?” Dissi freddamente.
“Eva ora perché porti il gesso non uscirai più di casa?”
“Non credo che andare a ballare con il gesso sia molto conveniente.”
“Se non ti va di ballare, semplice non lo fare. Ma ti prego, vieni, indossa un vestitino che mette in risalto il tuo fisico da urlo e fai schiattare Justin. Non posso vederti così…”
Quella ragazza, riusciva a trasmettermi una tenerezza unica. Forse aveva ragione. Dovevo fregarmene e divertirmi.. Dopo quel bacio, devo riprendermi.. Sono troppo scombussolata.
“Va bene… ma non berrò nemmeno un bicchiere, che sia chiaro.”
Si mise a saltellare per la mia stanza come una bambina che ha vinto un biglietto per il luna-park.
Mi avvicinai  a lei la presi dalle spalle e la spinsi fuori, ma prima che potessi cacciarla totalmente mi disse:
“Andrò a dirlo a Pauly, ci divertiremo.” Di colpo mi fermai, e al posto di spingerla la trattenni.
“Perché viene anche Pauly?” Le chiesi acida.
“Mi sta simpatico..” Disse. Ed io che avevo pensato che volesse appiopparmelo per farmi dimenticare Justin. Stupida che sono. A lei piaceva Pauly, chiaro no?
“Si va bhè.. a quando le nozze?” Le dissi ironicamente.
“A tra poco..” Sorrise e se ne andò.
Chiusi la porta e mi guardai allo specchio..
Indossare un vestitino forse sarebbe stato inadeguato dati i lividi che avevo sulle gambe, così presi un paio di Jeans con lo strappo sulla coscia e me li infilai.
Davvero non mi sarei sentita a mio agio con il braccio ingessato, così infilai un top color  oro con delle paiettes, e sopra il gesso misi una di quelle fasce che si legano al collo per tenere il braccio piegato.
Mi intrecciai i capelli sulla testa e poi li raccolsi in una coda di cavallo.
La tinta che avevo fatto tempo prima, dava segni di cedimento..
Mi misi dei tacchi parecchio alti persino per me e poi passai al trucco.
Non mi era mai capitato di dare così tanta importanza all’aspetto fisico, eppure non so perché oggi mi sembrava necessario farlo.
Mi truccai e dopo qualche istante scesi al piano di sotto, sperando di non trovarmi sola con mio padre.
Quando finii di percorrere la scala, Pauly iniziò a fissarmi, così gli sorrisi. Dopotutto la sua presenza, mi teneva compagnia mentre mio padre mi malediva con lo sguardo.
“Stai benissimo Eva..” Disse poi.
“Grazie.” Risposi.
Lui indossava una camicia e dei Jeans, e stava davvero bene.
Per qualche minuto aspettammo Sam che ci raggiunse con un vestitino che le copriva per poco i glutei.
Salutammo mia madre e ci avviammo.
Dopo pochi minuti eravamo già all’interno della discoteca.
Sam si avvicinò a me e mi urlò nell’orecchio per sovrastare la musica.
“Stai benissimo, e il braccio non sembra nemmeno ingessato.” La guardai e annuii.
Non so perché ma il mio sguardo volò subito nel privè, poi scossi la testa e mi guardai intorno. Sam e Pauly si erano già lanciati in pista e sembrava si stessero divertendo da pazzi. Avrei voluto mettermi a ballare con loro, ma avevo intuito che forse Sam aveva una specie di cotta per lui, così li salutai e mi diressi verso il centro della pista.
Era un punto perfetto per me, da li non avrei intralciato i piani di Sam, e soprattutto non avrei guardato il privè.
Non ci pensai due volte e iniziai a ballare con un gruppo di ragazze che erano attorno a me. Nonostante non le conoscessi mi divertii come una pazza.
Sentivo che scatenandomi avrei forse dimenticato il mio dolore.
Poi un ragazzo si mise a ballare affianco a me, e mi fece chiaramente capire di volere che ballassi con lui. Così feci. Gli sorrisi e mi misi a ballare affianco a lui, che per sbaglio mi toccò il braccio facendomi sobbalzare dal dolore.
Probabilmente si accorse che saltai all’aria perché si scusò.
Continuai a ballare per un’ora di fila, poi andai verso Sam e Pauly e li trovai accidentalmente incollati l’uno alle labbra dell’altra.
Era strano forse che, nonostante mi trovassi in una discoteca piena di persone, mi sentissi sola?! Una ragazza si avvicinò a me e ballammo qualche istante insieme. Poi mi voltai verso il privè, ma non vidi niente la su. Tutto ciò che c’era da vedere era di fronte a me. Justin stava ballando proprio davanti ai miei occhi.
Fu li che ebbi un sobbalzo al cuore nel vederlo ballare con una ragazza.
Sorrisi. Il peggiore dei dolori e quando sorridi per fermare le lacrime. Ma sono sicura che non sarebbe stata l’ultima volta che lo avrei visto con qualche ragazza, così raccomandai a me stessa di farci l’abitudine.
Un ragazzo alle mie spalle mi afferrò dai fianchi e mi fece muovere appoggiata al suo corpo. Senza che mi vedesse guardai Justin che fece una faccia impassibile a tutto ciò e allontanò la ragazza che aveva affianco. Forse aveva ragione Sam, non gli ero del tutto indifferente.
Lo vidi avanzare verso di me. La sua figura era come se camminasse senza appoggiare i piedi per terra. Non mi diede tempo di scrutare il suo sguardo che mi afferrò da un braccio e mi trascinò fuori dalla discoteca.
Cercai di oppormi a lui, che mi strattonò.
Fuori dal locale c’erano pochissime persone che fumavano o che si guardavano intorno alla ricerca della propria auto.
Justin si diresse verso una panchina trascinandomi con lui. Poi mi mollò il braccio e si sedette.
Lo guardai qualche istante, giusto per compiacere la mia vista con la sua bellezza indescrivibile.
“Che succede Justin, che vuoi?” Chiesi freddamente. Non poteva trattarmi come voleva. Mi hai lasciata? E adesso cosa vuoi? Alzò lo sguardo e piantò i suoi occhi nei miei.
“Non mi andava vederti ballare con quel tipo.” Disse. Sentii dei brividi smuovermi lo stomaco. Era possibile sentirsi come ci si sente al primo appuntamento?..
Forse mi sentivo così perché avevo troppa nostalgia.
Nemmeno a me andava di vederti ballare con quella.. ma sai non ti ho trascinato via.”  Continuò a guardarmi facendomi sentire una cretina. Odio quando sembra che lui sappia che non riesco a resistergli.
“Scusa hai ragione.”
“Posso sapere cosa vuoi da me Justin? Mi hai lasciata.. adesso dovresti lasciarmi in pace.” Dissi così, senza rendermene conto.
“Eva il fatto è che voglio mancarti come tu manchi a me.” Disse poi tutto d’un fiato.
Non riuscivo a credere alle mie orecchie. Gli mancavo. L’unico tassello che mancava al mio puzzle era il perché mi avesse lasciata.
“Ho forse mai detto che non mi manchi?” Dissi sorridendo.
Lui sorrise a sua volta, e fu come annegare fra le sue labbra. Poi aggiunsi:
“Però tu  mi hai lasciata Justin. Io volevo soltanto che tu lottassi per me. Volevo essere qualcuno per cui vale la pena lottare..”
Lui con una mano si coprì gli occhi e mi disse:
“Io ho lottato per te..” Lo fermai prima che potesse continuare.
“No Justin. Io ho lottato per te. Io sono andata contro tutti e tutto, soprattutto contro mio padre. A te è bastato parlare con lui qualche minuto per lasciarmi..
Scosse la testa e continuò a tenere gli occhi coperti.
“Mi odio per averlo fatto. Ma non ho altra alternativa, questo è l’unico modo per farti andare avanti.” Disse. La sua frase non aveva senso.
“Se io ti trattassi come tu hai trattato me, mi odieresti Justin. Non hai idea di cosa si prova a sentirti abbandonati dalla persona che da senso ai tuoi giorni..” Dissi poi con gli occhi lucidi. Non avrei dovuto piangere, lo so, ma è più forte di me sapere di avercelo accanto e di non poterlo abbracciare.
Non feci in tempo a pensarlo che lui mi avvolse in un abbraccio stupendo.
Mi appoggiai al suo petto e nella mia mente migliaia di idee iniziarono a mescolarsi.
Il suo profumo, come mi mancava. Il calore del suo corpo. Le sue magliette. I suoi capelli. Il suo modo di fare. Era lui a mancarmi. Poi mi alzò e mi baciò. Questi baci di sfuggita sapevo che avrebbero solo peggiorato il mio stato d’animo, ma sentivo anche di averne bisogno.
  Poi si staccò da me e in un sussurro mi disse:
“Scusami Eva..” Lo incalzai e gli dissi:
“Justin, solo una cosa.. Mio padre, che ti ha detto quel giorno a casa mia?
Silenzio.  Tensione. Preoccupazione. Ansia. Dolore. Desiderio. Paura. Ecco cosa c’era nell’aria.
Scosse la testa.
Non disse una parola.

Abbassai lo sguardo e dissi:
Non riesci nemmeno a parlare più con me. Posso sapere cos’ho fatto di così tanto brutto da portarti a comportarti così? Spiegamelo Justin, perché se realmente tu credi che sia inutile restare insieme.. io andrò avanti.
“Parto.” Mi interruppe. Poi ci fu un silenzio tombale.
“Parto Eva. Fra tre giorni.” Non singhiozzai ne emisi versi, eppure il mio viso era coperto di lacrime.
“..Parti con me Eva. Andiamocene via.
Era una follia. Non era possibile.
“A questo punto Justin.. devo pensarci. Non sono convinta più d..” Mi interruppe.
“Penso che una parte di me ti aspetterà per sempre.”
Poi si alzò, si asciugò le lacrime che continuavano a susseguirsi sul suo viso e se ne andò verso la sua auto lasciandomi sola con il mio stupore.

Ehilà ragazze :3
Che ne pensate vi piace??!!
Fatemi sapere :D
Un bacione, vi voglio bene!!
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 31
*** Capitolo 31 ***


Capitolo 31
Sicura che non ce l’avrei fatta a ritornare dentro e comportarmi come se nulla fosse, inviai un SMS a Sam e mi incamminai verso casa.
Continuavo ad ingoiare lacrime su lacrime mentre attraversavo parte del paese.
Mi ero imposta di andare avanti dopo la mia rottura con Justin, ma non riuscivo a sopportare tutto questo. Non potevo saperlo da un’altra parte senza me.
Sentii delle voci alle mie spalle e mi voltai di scatto, giusto in tempo per imbattermi in quattro ragazzi.
Accellerai il passo, volendo evitare di dovermi trovare faccia a faccia con loro.
Fu tutto inutile, in men che non si dica me li ritrovai affianco.
Sentii le loro risate entrarmi nelle orecchie, ed allora iniziai a correre. Mi raggiunsero.
“Ehi, dove vai..”
“Non scappare Cenerentola..” Constatai quanto fosse inutile fuggire e mi fermai di colpo lasciandoli di stucco.
“Lasciatemi stare. Abito qui vicino.” Uno di loro diede una gomitata all’altro che iniziò ad avvicinarsi verso di me. Indietreggiai spavenata. Era troppo vicino a me.
Mi sembrò di aver già vissuto questa senazione, poi mi ricordai di Omar in spiaggia.
“Perché stavi piangendo?” Disse un ragazzo mettendomi una mano fra i capelli.
Gliela scostai e cercai di allontanarmi, invano. Poco dopo mi ritrovai accerchiata dai loro corpi. Alzai lo sguardo verso l’unico bagliore di luce che arrivava da un piccolo lampione. In lontananza si poteva ancora udire la musica della discoteca.
Li guardai uno alla volta come per imprimermi i loro volti e poi dissi:
“Lasciatemi in pace o chiamo la polizia.”
“Chiama chi ti pare.” Rispose uno di loro, seguendo alla frase una risata amara.
Uno di loro mi afferrò dai fianchi e mi attirò a sé. Urlai, era l’unica cosa che probabilmente avrebbe potuto salvarmi.
Iniziò a baciarmi il collo con avidità ed io incominciai a sferrare pugni. Fece una smorfia di dolore, ma non smise.
Improvvisamente mi sentii persa, mi trovai in un tunnel senza uscita, così mi accasciai per terra.
Poi sentii dei pneumatici lasciare il segno sull’asfalto. Un’auto era arrivata. Improvvisamente riuscii a vedere la luce in fondo al tunnel. Per poco però.
Qualcunò urlò. Poi nel buio riuscii chiaramente a  intravedere l’auto di Justin parcheggiata di sbiego al centro della strada. Ora i ragazzi non erano più  attorno a me, ma erano ammassati fra di loro .. Solo che qualcosa non quadrava. Erano cinque.  Probabilmente fra di loro c’era anche Justin. Mi tolsi la scarpe e mi diressi verso di loro.
Poi fu difficile capire quale fosse Justin, fin quando i ragazzi non si alzarono e formarono un cerchio, all’interno del quale c’era Justin. Iniziarono a sferrare calci e pugni, e Justin gemeva ad ogni loro mossa.
Mi fiondai su di loro e cercai invano di distrarli. Poi  uno di loro si voltò verso di me e mi afferrò dalle braccia per trascinarmi la di fronte.
“A quanto pare, vi conoscete?! Ora assisterai ai suoi dolori ragazzina.”
“Lasciatelo stare. Per favore. Farò ciò che volete.” Urlai invano.
Gli altri tre ragazzi si disposero a fila, lasciando finalmente scoperto Justin.
Lo vidi accasciato su se stesso, poi a causa del buio non riuscii a capire se ciò che sembrava un’ombra, era sangue.
Uno dei ragazzi mi lanciò uno sguardo di sfida, poi indicò Justin e gli sferrò un calcio nello stomaco.  Questa volta lo vidi. Sangue. Justin tossì e sputò sangue.
Allora non ce la feci più e mi dimenai colpendo il ragazzo che mi teneva con il gesso. Si sentii un rumore secco, probabilmente lo colpii in testa. Mollò completamente la presa quindi  ero certa che fosse caduto all’indietro. Ne ebbi la conferma quando i suoi compagni  mollarono Jusitn e si diressero verso di lui.
Io mi alzai di corsa e mi diressi verso di Justin, ma prima che potessi arrivare da lui, uno di loro mi afferrò dal collo.
“Stronza.” Non feci in tempo a rispondere che mi scagliò un pugno contro lo stomaco.
Sentii una forte nausea. Poi il dolore fu indescrivibile. Sentii le imprecazioni di Justin, dopo di che mi ritrovai distesa per terra.
Alzai lo sguardo e vidi i ragazzi prendere sotto braccio il suo amico e allontanarsi.
Lo stomaco mi faceva malissimo, tuttavia ero convinta che Jusitn stesse peggio, così mi alzai e mi misi accanto a lui.
Si teneva la pancia e contemporaneamente si copriva il volto. Gli afferrai una mano e la strinsi tra le mie, poi guardai la sua auto.
Lo afferrai dalle spalle e lo alzai.
“Forza Justin. Fai un piccolo sforzo.”  Lui si alzò, e sotto braccio con me, arrivò fino all’auto.
Poi salii nel lato passeggero. Una volta averlo aiutato a sedersi mi sedetti anch’io dal lato guida.
Poi lo guardai. Continuava a tossire e solo allora riuscii a vedere le macchie di sangue ovunque. Distolsi lo sguardo e mi concentrai. Fin’ora avevo guidato solo la mia macchinina 50, che aveva due marce e due pedali. Ora mi ritrovavo su una Range Rover: sei marce, e tre pedali. Sarebbe stato complicato. Girai le chiavi nel quadro e riuscii a metterla in moto schiacciando la frizione.
Poi lentamente premetti l’accelleratore e mollai la frizione.. L’auto fece uno scatto e Justin si ritrovò sul parabrezza.
Finalmente dopo svariate prove, riuscii ad arrivare di fronte casa di Justin.
Lo sentii ridere nel buio. Poi scesi, e ingorando il mio dolore allo stomaco, aiutai lui a scendere.
“Forza Justin..” Mi porse le chiavi, ed entrammo in casa. Accesi la luce e lo accompagnai in camera sua. Poi lo feci distendere sul suo letto. Per tutto il tragitto non aveva fatto altro che tossire.
Una volta averlo sdraiato nel letto lo guardai bene. Aveva le labbra ricoperte di sangue, ed anche il suo naso lo era. Poi aveva un occhio nero e lo sguardo piantato nei miei occhi.
“Forse avrei dovuto portarti in ospedale!” Lui tossì  e mi rispose:
“No. Non è niente. Tranquilla.” Mi alzai scesi al piano di sotto,e ritornai qualche minuto dopo con in mano bende, garze e disinfettante.
Disinfettai le sue ferite, dopo di che rimisi tutto a posto.
Poi mi sentii in imbarazzo. Non sapevo se andarmene o se restare con lui. Intanto lo stomaco continuava a farmi male.
“Eva perfavore, resta con me.” Continuò a tossire.
Mi voltai e mi distesi sul suo letto proprio accanto a lui che si voltò e mi abbracciò.
Nonostante fosse malconcio, riscii comunque a farmi sentire a casa. A farmi sentire nell’unico posto in cui dovrei essere.
“Perché parti?” Gli chiesi senza pensarci.
“Andrò nel paese in cui sono nato e cresciuto con Jazmine e mia madre..”
“Non dove Justin. Perché?”.. Dissi alzando lo sguardo e fissandolo.
“Perché se non posso stare con te, allora non posso rischiare di incontrarti al supermercato, o per le strade..Non riuscirei a dimenticarti, e non ci riusciresti nemmeno tu.” Disse con una voce roca.
Non gli risposi e mi strinsi ancora di più nel suo abbraccio. Sapevo quanto ciò che stavo facendo fosse sbagliato, però non resistetti. Mi persi nelle sue labbra.
Fui io a prendere l’iniziativa, e lo baciai. Lo baciai facendo attenzione alle sue ferite. Lo baciai perché avevo un disperato bisogno di sentirmi al momento giusto nel posto giusto. Lo baciai perché lo amavo.
Lui non si limitò a baciarmi, infatti le sue mani iniziarono a gironzolare introno al mio seno.
Senza pensarci due volte gli levai la maglietta, ancora sporca di sangue e i pantaloni. Rimasi di fronte al suo corpo ricoperto di segni rossi, che tempo dopo di sarebbero trasformati in lividi.
Poco dopo la situazione si ribaltò. Lui fù sopra di me e mi sfilò i vestiti. Anche il mio corpo era ricoperto di lividi ma non fu una sorpresa per entrambi.
Poi mi baciò e mentre lo fece, mi sentii le labbra bagnate. Mi distaccai da lui e lo gaurdai in volto. Stava piangendo.
Lo afferrai dalle spalle e lo strinsi al mio corpo. Lui si abbandonò con tutto il peso su di me e iniziò a singhiozzare.
Non era la prima volta che lo vedevo piangere, tuttavia mi sentii male come se lo fosse.
Era il mio punto di riferimento, non potevo vederlo a pezzi.
Pianse sul mio petto, avvolto dalle mie braccia per qualche minuto.
Quella era la seconda volta che facevamo l’amore, e fu proprio quella volta che lui continuò a piangere.
“Justin che succede?. Hai dolore?” Gli chiesi, preoccupata di fargli male.
Lui scosse la testa e si mise a cavalcioni su di me. Una lacrima si staccò dai suoi occhi per cadere sul mio corpo.
“So che tutto questo finirà. Ed ho paura Eva.”
Era difficile per me credere che stesse piangendo per paura di perdermi.
Però me ne fregai e mi convinsi che fosse così.
Lo abbracciai e lo feci sdraiare accanto a me. Poi il suo corpo nudo, si affiancò al mio, per passare il resto della notte solo io e lui.
Se ora come ora dovessi scegliere, la mia scelta sarebbe lui.
Peccato che ancora qualcosa non quadrava.

Salve ragazze stupende *_*
Cosa ne pensate di come sta proseguendo?!
Un bacione
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 32
*** Capitolo 32 ***


Capitolo 32
Trascorsi quel poco di notte che restava, a tenere Justin fra le mie braccia e a baciargli la testa. Lui continuò a piangere e così fu proprio quella sera che mi accorsi che forse lui, aveva da tempo che non si sfogava più e che si teneva tutto dentro. Nonostante fosse circondato dalla fama e dalle ragazze, la sua vita non sembrava essere perfetta. Quando le prime luci del mattino entrarono nella stanza, mi cinse i fianchi e invertì le posizioni. Ora ero io avvolta fra le sue braccia e appoggiata al suo petto. Finalmente si addormentò, e lo sentii respirare in pace.
Nonostante fossi sveglita, restai abbracciata a lui tutta la mattina. Non avevo motivo di addormentarmi e sognare.. tutto ciò che avrei potuto vedere nel sonno ce l’avevo davanti. Era meraviglioso.
Ad un certo punto si mosse, ed aprì gli occhi. Si guardò intorno e quando il suo sguardo mi incontrò sorrise e si sporse per baciarmi. Con una mano gli mandai un bacio e lo allontanai.
“Niente baci di prima mattina. L’alito prima di tutto.” Rise.
“Sei una stronza.” Poi si alzò per metà, e si appoggiò alla spalliera del letto.
Io continuavo a fissarlo sorridendo.
Probabilmente non fece caso a me, perché alzò il lenzuolo e si guardò le parti intime. Poi sorrise e gli fece l’occhiolino. Iniziai a ridere.
“Ora ho la conferma di quando tu sia idiota.”
“Ehi, ha bisogno di attenzioni sai? Immagina se non funzionasse più. Come faresti?” Disse poi avvicinandosi a me.
“Io mi arrangererei. Più che altro, tu come faresti.” Prese un cuscino e me lo lanciò addosso. Io continuai a ridere, e lo fece anche lui. Poi ci alzammo alla ricerca dei nostri indumenti. Dopo essermi vestia, mi voltai e affianco al letto intravidi due valige. Mi ricordai della partenza. Ora mancavano solo due giorni.
Si accorse che i miei pensieri si fecero cupi e mi abbracciò da dietro.
“Che succede Eva?”.. Mi voltai verso di lui e lo guardai negli occhi.
“Non partire Justin.” Ebbi una risposta immediata.
“Non restare Eva. Parti con me.” Continuai a guardarlo negli occhi..
“Io.. io.. ad una condizione.” Mi strinse fra le sue braccia.
“Sentiamo..”
“Devi dirmi cosa ti ha detto mio padre. Devi dirmi perché mi hai lasciata.”
Buttò la testa indietro, e sorrise.
“Perfavore, cancelliamo questa storia. Non voglio più saperne. Ma ora dobbiamo scappare.”
“Come posso partire con me, se di me non ti fidi?”
“Non è questione di fiducia… Io vorrei solo dimenticare questa storia.”
“Tu vuoi partire per qualcosa che ti ha detto mio padre. Ti ha minacciato forse?”
Di fronte alla mia domande scosse la testa e si allontanò da me.
“Non te lo dirò.” Nel suo tono, non c’era la minima traccia di uno scherzo.
“Bene.” Dissi e mi incamminai verso l’uscita. Mi corse dietro.
“Per favore aspetta.. Io..” Mi voltai di scatto.
“Tu niente Justin. Stupida io. Cosa mi è saltato in mente questa notte?” Dissi alzando gli occhi al cielo.
“La notte scorsa non ha nulla a che vedere con i nostri problemi.”  Sbaglio, o stava accusando me e difendendo la notte? Ok. Ora ero totalmente sicura che fosse fuori di testa.
“Justin, nonostane fossimo lasciati, io sono stata con te. Che razza di persona sono?..”
Non sarei passata per quella facile. C’erano già troppe ragazze in giro impegnate ad interpretare questo ruolo.
“Io..” Iniziò a balbettare.
“Io..” Si strinse le mani. Non riusciva nemmeno a dirmi ciò che pensava.
Mi voltai di scatto ed uscii da casa sua. Com’era possibile che fino a qualche minuto fa andava tutto a meraviglia, ed ora ci ritrovavamo così?
Mi voltai e lo vidi guardarmi dalla vetrata, poi gli lessi il labbiale: Io ti amo.
Ormai non potevano che giungermi immagini di lui da un vetro riflesso, era troppo tardi per sentirglielo dire.
Abbassai lo sguardo e scossi la testa. Era stato solo un errore passare con lui la notte scorsa. Un’errore che avrei rifatto altrei mille volte.
Trascinandomi dietro la mia malinconia e la mia sensazione di instabilità, entrai al bar Eva e mi sedetti al mio solito tavolo.
Senza che ordinassi mi arrivò ciò che ordino giornalmente, così mi guardai intorno e vidi Simone salutarmi da lontano.
Ricambiai il saluto e sorrisi, così lui si avvicinò.
“Buongiorno Eva”
“Buongiorno.” Risposi.
Quando si sedette accanto a me un profumo di colonia si impossessò dell’aria.
“Inutile chiederti come stai. I tuoi occhi dicono tutto.” Disse ad un tratto. Mi voltai verso di lui e lo fissai.
Sorrise dolcemente e mi accarezzò il volto,così gli dissi:
“Lui vuole che io parta con lui. Ma non si fida di me.” Sentivo di potermi confidare. Sentivo che era una figura positiva ed importante per me.
“Non puoi sapere se si fida o no. Quella è una questione fra lui e il suo cuore.” Mi rispose, come se sapesse benissimo di cosa e di chi stessi parlando.
Annuii e guardai in basso.
“Ma ...” Cercai di dire qulcosa che poi non dissi.
Ma tu lo ami.” Aggiunse Simone completando la mia frase.
Lo guardai di nuovo e annuii. Era la dura verità, lo amavo.
“In un rapporto in cui ci si ama, ci deve essere anche fiducia. Lui non si fida di me, altrimenti me lo avrebbe detto il perché.” Farfugliai senza pensarci.
“Spesso la fiducia non centra nulla. Spesso si vogliono omettere certe cose solo per evitare di spargere dolore.” Poi si alzò e prima di andarsene mi disse:
“La scelta giusta è dentro te devi solo trovarla.”
Si voltò e se ne andò.
Dovevo trovare la scelta giusta dentro me,ma forse fare la scelta giuta comportava seguire la persona sbagliata?!
Mi convinsi che Justin fosse la persona sbagliata per me, pagai ed uscii dal locale.
Il resto della giornata lo trascorsi a cercare la scelta giusta che sembrò non arrivare.
Quando arrivò la notte, prima di stendermi nel letto mi voltai a guardare la finestra. Era ancora aperta. Non la avevo mai chiusa per Justin e forse era il momento di farlo.
Mi diressi verso di essa e appoggiai le mani per farla scorrere verso il basso.
Sapevo che chiudendola, avrei concluso un capitolo della mia vita.
Mi feci forza e la abbassai, ma nello stesso istante in cui mi voltai per andare a letto, Justin spuntò dal davanzale.
Lo fissai qualche istante dalla mia posizione e poi mi avvicinai alla finestra.
La alzai e lo guardai.
“Avevi detto che non l'avresti mai chiusa.” Disse dandomi un bacio in fronte.
“Solo ora sto provando a chiudere il tuo capitolo, vuoi lasciarmi andare avanti?”
Risposi tentando di autocontrollarmi.
“Se tu lo vuoi andremo avanti insieme. Ormai manca solo un giorno.” Disse porgendomi una busta. La presi tra le mani e lo guardai negli occhi.
Mi sorrise e mi persi in lui. Poi mi avvicinai a lui e gli dissi:
“Buonanotte Justin.”
“Io ci spero ancora.” Fu la sua risposta prima di calarsi giù.
Chiusi la finestra facendogli fare un rumore sordo, poi mi diressi sul mio letto e fissai la busta per qualche minuto.
Era bianca e sul dorso si poteva leggere la calligafria di Justin che coponeva il mio nome.
Non ero sicura che aprirla sarebbe stata la cosa giusta, così la posai sul comò e mi rigirai nel letto. Invano. Non presi sonno, così ripresi la busta fra le mani e la fissai per due ore di fila. Poi mi addormentai così, con le sue parole fra le mani.
L’indomani mattina quando mi svegliai, mi guardai intorno alla ricerca della busta che poi ritrovai sotto il cuscino.
La notte scorsa non ero riuscita ad aprirla, così forse pensai che era il momento per farlo.
Tuttavia credetti di sapere cosa ci fosse scritto.
Parole. Parole. Tante parole che leggendole mi avrebbero fatto lacrimare gli occhi ed il cuore contemporaneamente. Sicuramente avrei cambiato idea e sarei partita con lui leggendola. Ma ora come ora non era la cosa giusta.
Presi la busta e la riconservai sotto il cuscino, poi chiusi gli occhi ed iniziai ad immaginarmi una vita senza lui.
Non ce la feci. Non riuscii ad immaginare nemmeno l’aereo che si allontana con lui sopra. Ripresi la busta e la maneggiai, poi la rimisi a posto.
Avevo ancora un giorno per decidere. Avrei preso la decisione giusta, senza la persona sbagliata.

Ragazze :3
Pubblico solo ora perchénel primo pomeriggio ho dovuto studiare latino ç_ç
Che ne dite? Vi piace?! Lo spero :D
Un bacione, vi voglio bene.
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 33
*** Capitolo33 ***


Capitolo 33
Prima che potessi alzarmi dal letto, la porta si spalancò e mio padre entrò nella mia stanza. In una frazione di secondi mi passarono per la testa tutte le possibili azioni che avevo potuto fare contro di lui.
“Buongiorno tesoro.” Disse, poi sorrise e si sedette accanto a me. Io mi spostai e mi misi in un angolino distante da lui.
Cosa gli prendeva sta mattina? Iniziai a credere che fosse pazzo.
“Vieni qua, che succede?” Aveva la faccia di uno che aveva passato la notte a bere.
“Papà hai bevuto?” Chiesi  avvicinandomi alla porta. Lui si mise a ridere e si coprì il volto.
“Ti tratto male e piangi, ti tratto bene e mi prendi per ubriaco. Che vuoi Eva?” Urlò.
Arrivarono subito sulla porta Sam e mia madre che si misero affianco a lui.
Lo afferrarono per le braccia, temendo che potesse toccarmi, ma lui si liberò facilmente e si diresse verso di me.
“Devi sempre darmi motivo di picchiarti? Come se già la tua nascita non fosse un motivo valido.” Spalancai gli occhi, e assorbii il colpo. Forse iniziavo a capire perché mi aveva sempre odiata. Forse perché la mia nascita aveva causato qualche problema nella sua vita.
Mia madre si avvicinò a lui e lo trattene da un braccio.
“Smettila per favore.”
“Deve saperlo.” Disse mio padre a gran tono. Cosa dovevo sapere?
“Tu sei come un cane bastardo. Non sei mica mia figlia.”
Nelle mente si accumularono tante immagini. Omar e cosa aveva detto per ricattare Justin. La violenza su me e mia madre. La preferenza per Sam. Dovevo esser triste? Non so perché invece, saperlo fu un sollievo.
Mia madre iniziò a piangere. “Non credergli Eva..”
Forse avevo trovato la verità sul mio conto. Mi alzai e mi vestii velocemente di fronte a tutti loro, sena vergogna, poi presi la busta da sotto il cuscino.
“Lo sapevo già, mamma.” Risposi e li lasciai tutti e tre nella mia stanza, o meglio tutte e due.. Mio padre era privo di sensi.
Quando scesi al piano di sotto trovai sul tavolo, delle bottiglie di alcolici vuote, a cui collegai lo sfogo di mio padre.
Uscii di casa e iniziai a correre sul vialetto. Ero io, vestita di fretta, con i capelli raccolti in maniera disordinata, il trucco invisibile.. Ero io che correvo con in mano la busta che non ero riuscita ad aprire, ne la sera prima ne quella mattina.
Sfrecciai tra le persone del paese e raggiunsi il bar Eva in pochi miuti.
Entrai sfinita e ripresi fiato guardandomi intorno alla ricerca di Simone.
Poi lo vidi vicino alla pasticceria e gli andai incontro.
“Ciao Simone.” Si voltò e mi guardò sorridendo con evidente stupore.
“Ciao Eva.. tutto a posto?” Mi chiese.
Respirai profondamente, la corsa mi aveva sfinita.
“Posso parlarti?” Lui annuì e mi fece cenno di seguirlo all’interno della pasticceria.
“Dimmi pure..” Si sedette su uno sgabbello poco più alto del tavolo e mi fece cenno di imitarlo. Così feci.Mi sedetti accanto a lui e mi guardai intorno.
Mi sono sempre immaginata il retro delle pasticcerie, pieno di farina e glasse con cuochi completamente ricorperti di zucchero a velo sotto il loro cappello enorme. Invece non era così, era tutto molto pulito ed ordinato.
“Ho scoperto che mio padre..Non è mio padre.” Dissi tutto d’un fiato.
Lui spalancò gli occhi, deglutì e mi fissò. Per un attimo assunse un espressione terrorizzata, poi tornò calmo e tranquillo.
“Come.. lo hai scoperto?”
“Oggi è stato lui a dirmelo.” Risposi.
Dovevo parlarne con qualcuno.. La mia prima scelta sarebbe stato Justin,ma dopo quanto era successo non sarei rientrata in casa sua. Così mi rivolsi a Simone.
“Tu, che ne pensi?” Mi chiese.
“Dentro me l’ho sempre saputo.” Lui sorrise e cercò di cambiare argomento.
“L’hai presa la decisione giusta?” Non mi ero mica scordata di Justin. Presi la busta e gliela porsi, lui la afferrò e mi guardò interrogativo.
“Non ce la faccio ad aprirla!” Dissi cercando comprensione.
L’avrebbe presa e aperta e l’avremmo letta insieme? Sarebbe stato troppo prevedibile, e non era da Simone. Me la diede nuovamente in mano.
“Troverai tu stessa il momento giusto per aprirla.”
“E se il momento giusto non arrivasse mai?”
“Arriverà. Ogni cosa ha un momento giusto. Ed io sento che il tuo è vicino.”
“Un giorno..” Ripetei fra me e me..
L’indomani mattina Justin sarebbe partito.. ed io ancora non riuscivo ad aprire la busta.
Simone mi sorrise, ricambiai e lo salutai. Avevo ancora un pomeriggio intero per pensarci.
Tuttavia non andai a casa, non sapevo come comportarmi con.. qell’uomo.
Girovagai per il paese,e mi fermai solo dopo aver raggiunto la villa.
Mi guardai intorno e mi ricordai del giorno in cui mi ero tinta i capelli e poi avevo incontrato Sam e Justin qui. Il viso di Justin, il suo stupore. Mi mancava tutto.
Poi continuai a camminare fino ad arrivare al cinema.
Mi sedetti nella panchina frontale ad esso e mi raccolsi su me stessa. Poi guardai per terra e mi affiorò un ricordo.
Mio padre mi aveva picchiata ed ero scappata di casa.. Justin era venuto qua e aveva lasciato cadere il frullato per abbracciarmi.
Dovevo liberarmi da lui, ma qualunque posto, me lo ricordava.
Andai nel luogo in cui mi aveva salvata da quel ragazzo, andai di fronte allal prigione e infine mi ritrovai in spiaggia, dove mi aveva salvato la vita.
Ogni maledettissimo posto mi ricordava lui, come avrei fatto a dimenticarlo?!
Mi sedetti sulla sabbia e guardai ancora la busta.
Sapevo che se l’avrei aperta mi sarei ritrovata fra le sue braccia qualche istante dopo, e non era la cosa giusta. Non era la persona giusta.
Forse era la convinzione a fottermi?!
Il sole iniziò a calare quando arrivai a casa.
Trovai mia madre in lacrime,e mia sorella al suo fianco.
“Che succede?” Chiesi ad entrambe. Poi mi guardai intorno immaginando la violenza di mio padre.. invece ogni cosa era in ordine al suo posto.
“Se n’è andato.” Mi rispose Sam, senza versare una lacrima.
“Cosa?”
Papà è andato via. Ha fatto le valige ed è partito.”
“Dov’è andato?”
“Alla stazione.”
Afferrai una giacca ed uscii di casa lasciandomi alle spalle l’ultima frase di mia sorella.
“Non fare cazzate Eva.”
Presi la macchinina questa volta, e  arrivai in pochissimo tempo alla stazione.
Non so perché, il mio istinto mi spisnse a fare ciò.
Scesi e iniziai a cercare mio padre, ma non lo vidi, così feci per andarmene quando un uomo in lacrime seduto su una panchina attirò la mia attenzione.
Mi diressi verso di lui, quando gli fui davanti alzò lo sguardo e mi guardò con rabbia.
“Dovresti tornare a casa. Mamma è preoccupata.” Si asciugò le lacrime e si rimise in sesto. In due giorni avevo visto due uomini piangere non era possibile.
“Sam era nata da qualche mese, quando scoprimmo che tua madre era di nuovo incinta..” Iniziò a dire.
“Non devi raccontarmelo per forza.” Dissi sentendomi un magone allo stomaco.
“Io ero al settimo cielo. Non potresti nemmeno immaginare la mia felicità nel sapere che era di nuovo incinta.. Poi però, non ce la fece più a mentirmi, e mi disse la verità.” Deglutii rumorosametne. Volevo sapere la verità? Ora avevo solo voglia di tapparmi le orecchie ed urlare per non dover ascoltare le sue parole.
“Non eri mia figlia. Era stata a letto con un uomo. Il suo grande amore, secondo lei.. Così ho iniziato ad odiarla e ad odiare te. Ho iniziato a trattarla male e a privilegiare Sam.. Ho sfogato per 17 anni la mi frustazione su di te.. E solo ora ho capito che tu non hai nessuna colpa.”
Non avevo mai trovato una risposta alla domanda ‘papà perché mi odi?’ e ora che avevo la risposta, riuscivo solo a sentirmi stupida. E in colpa.
Non avevo mai tenuto in considerazione il fatto che forse sfogava su di me la sua rabbia a causa di qualcosa. Non avevo mai tenuto in considerazione il fatto che anche lui potesse avere dei sentimenti.
“Scusami Eva. Per tutto, ma sopratutto per quel ragazzo.” Disse ad un certo punto fra un singhiozzo e l’altro.
Il treno arrivò prima che potessi rispondergli e lo vidi alzarsi e dirigersi verso un vagone.
Ora guardandolo non vedevo più l’uomo prepotente e malvagio che avevo visto per 17 anni, ma vedevo solo un uomo fragile e solo.
Caricò la valigia e mi guardò come per salutarmi..Io mi avvicinai a lui e prima che potesse dirmi qualcosa, lo abbracciai.
Stavo facendo quella cosa che predicano tanto la domenica i sacerdoti: perdonare.
Stavo perdonando l’uomo che non aveva mai avuto pietà di me, o forse che non aveva mai avuto pietà di se stesso.
Ora attorno al mio corpo non avevo più le braccia da ragazzo di Justin.. Avevo le braccia di un uomo che ha conosciuto la sofferenza e la fatica.
Ci distaccammo ed entrò nel treno.. Prima che le porte si chiudessero gli dissi:
“Ti voglio bene.. papà.”
Mi sorrise, poi il treno partì. Lo inseguii per qualche istante, poi mi fermai.
Mio padre aveva avuto il coraggio di fare la sua scelta, ora io dovevo avere il coraggio di fare la mia.
Poche ore mi separavano dalla mia decisione.. e l’ansia iniziò ad assalirmi.
Mi asciugai una lacrima,e me ne andai a casa. Quella notte sarebbe stata la più brutta della mia vita.

Ehilààà :3
Tha-dha. Che ne dite de “il bene trionfa sempre”? :D
Voglio sapere che ne pensateeeeeeeeeeee!!
Vi voglio bene.
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 34
*** Capitolo 34 ***


Capitolo 34
Come previsto, non chiusi occhio. Continuai a fissare la busta senza aprirla.
Non sapevo a che ora sarebbe partito Justin, ne da dove.. anche se non era difficile da immaginare.
Le prime luci del mattino entrarono nella mia stanza illuminandomi il volto, tuttvia le ignorai e cercai di prendere sonno invano.
Iniziai ad innervosirmi con me stessa. Poi senza pensarci un secondo, afferrai la busta e la guardai per qualche minuto di fila.
Ormai conoscevo a memoria ogni singola parte di essa, per le mille volte che l’avevo fissanta.
Lentamente misi il dito sotto l’apertura e tirai fino a strapparla.
Ci impiegai qualche istante prima di decidermi a leggere il contenuto.Poi con i battiti rallentati, afferrai uno dei due fogli che c’erano all’interno e lessi:
‘Non ti lascerò mai sola, nemmeno partendo. Sarò sempre dentro te, lo so. Lo so perché ti amo. E mi ami. Ed è per questo che dovresti venire con me.’
Fissai le sue parole impresse su quel foglio a lungo.
Poi affianco al foglio, c’era un altro foglio e un biglietto aereo .
Segnava la data di oggi e l’orario. 6:00.  Guardai l’orologio. 5:56.
Senza pensarci un istante mi alzai dal letto mi infilai le scarpe e con la busta in mano uscii di corsa da casa mia.
Iniziai a correre più velocemente che i miei piedi potessero andare.
In giro poche persone erano sparse tra bar e piazze, ed io stavo attraversando il paese in pigiama.
Avevo i capelli raccolti male, indossavo una canottiera aderente con disegnate sopra delle caramelle,dei pantaloncini parecchio sgambati, e le mie air force.
Non mi importò nulla di tutto ciò.
Continuai a correre senza riuscire a percepire dolore o stanchezza.
Poi iniziai a rallentare, sapevo che non ce l’avrei fatta. Ed il tempo non era l’unico ostacolo. Sapevo che Justin era la persona sbagliata.
Mi fermai di fronte al bar Eva ed entrai. Simone mi vide e mi venne incontro.
“Buongiorno..”
“Buongiorno..” Risposi cercando di recuperare fiato.
“Oggi non è il grande giorno?” Mi chiese.
“Non ci andrò. So che farei un errore. Non è la persona giusta.”
“Credi che la scelta migliore da fare sia sempre quella giusta?” Mi disse.
Spalancai gli occhi.
Mi stava dicendo che stavo sbagliando a non andare?!
“Vai Eva, corri prima che sia troppo tardi. Non fare il mio stesso errore.” Disse infine spingendomi verso l’uscita.
Non riuscii a comporre una parola da dirgli, così ripresi la mia corsa contro il tempo.
Guardai l’orologio, erano le 5:58.
Continuai a correre.
Ero convinta che Justin fosse la persona sbagliata, ma la verità è che non esiste una persona giusta per noi. Esiste una persona che, se ti fermi un attimo a pensare, è in realtà la persona sbagliata.
 Perchè la persona giusta fa tutto giusto: arriva puntuale, dice le cose giuste, fa le cose giuste ma noi non abbiamo sempre bisogno delle cose giuste.
 La persona sbagliata ti fa perdere la testa, fare pazzie, scappare il tempo, morire d'amore. Verrà il giorno in cui la persona sbagliata non ti cercherà e sarà proprio in quel momento in cui vi incontrerete che il vostro donarsi l'un l'altra sarà più vero.
 La persona sbagliata è, in realtà, quello che la gente definisce una persona giusta. Quella persona ti farà piangere ma un'ora dopo ti asciugherà le lacrime. Quella persona ti farà perdere il sonno ma ti darà in cambio una notte d'amore indimenticabile. Quella persona forse ti ferisce e dopo ti riempie di gentilezze chiedendo il tuo perdono. Quella persona potrà anche non essere sempre al tuo fianco ma ti penserà in continuazione..
Io ho trovato quella persona.
E sto rischiando di perderla per la mia stupidità.
Raggiunsi l’aereoporto e presi il biglietto in mano, per vedere in quale zona dovevo andare, anche se in cuor mio sapevo che ormai non c’era nulla da fare.
Raggiunsi il settore A1 e mi guardai intorno alla ricerca di Justin. Passai di fronte ad ogni persona seduta al bar, ad ogni ragazzo. Ma di lui non trovai traccia.
Poi mi diressi verso una ragazza e mostrai il mio biglietto.
“Scusi quest’aereo è già partito?”
“Tra qualche minuto partirà.” Mi rispose sorridendo. La ringraziai e mi diressi verso la vetrata che affacciava sulla pista di atterraggio.
C’era un aereo solo, che probabilmente era quello che avrebbe preso Justin.
Iniziai a correre sotto gli occhi sorpresi di tutti.
Mi diressi verso il piano terra, e una volta arrivata uscii fuori verso la pista di atterraggio. Sapevo quanto fosse proibito entrarci, ma dovevo farlo.
Entrai nella pista e mi diressi correndo verso l’aereo, ma proprio ad un passo da esso due omoni enormi mi afferrarono dai fianchi e mi trattennero.
“Singorina non può  stare qui, vada subito dentro.”
“Mollatemi, per favore.” Dissi cercando di liberarmi dalla loro presa, invano.
Continuai a tirarli verso l’aereo,fin quando uno di loro non mi prese in braccio e mi posizionò sulla sua spalla.
“Forza, non possiamo perdere tempo.”
“Le giuro che è importante. Devo fare una cosa sola e poi me ne vado.” Continuai a dire con tono disperato.
Ma la guardia mi ignorò.
“Ah si? Perfetto. Aiuto, per favore aiutatemi, quest’uomo vuole rapirmi.” Iniziai ad urlare.
Lui mi disse di tacere, e poi si mise a ridere.
“Aiuto, per favore qualcuno mi aiuti.” Continuai ad urlare attirando l’attenzione di parecchie persone che sedute aspettavano di imbarcarsi.
Una di loro si diresse verso di noi e chiese alla guardia cosa stesse succedendo..
“è pazza. Ignoratela.” Rispose.
“Ehi Big Gim non sono pazza..” Dissi furiosa.
Era un uomo alto circa due metri, e premetto che con la mano mi racchiudeva entrambi i fianchi. Un suo braccio era come una mia coscia. Ecco perché lo chiamai Big Gim.
Si mise a ridere.
“Ehi Paris Hilton, o stai zitta oppure ti imbarco verso il Sudan.” Disse tra una risata e l’altra.
Mi sentivo come un vuoto d’aria dentro la testa, e un forte dolore allo stomaco, così mi accasciai sulla sua spalla, e senza volerlo lasciai che due lacrime mi rigassero il volto.
Guardai l’aereo di Justin prendere il volo, e sentii una forte fitta alla testa.
Poi non riuscii a trattenermi e piansi a dirotto. Non avevo vogli di fare scena, ma sapere che tutto ciò che aveva reso la mia vita meravigliosa, mi stava abbandonando.. mi faceva soffrire.
Lasciai che quell’uomo mi portasse dove meglio credeva, e mi abbandonai al mio destino.
Mi trascinò fino al primo piano e mi fece sedere in sala d’attesa. Mi guardai intorno. Nei volti delle persone che mi trovavo ad incontrare, potevo vedere ansia, impazienza, paura ..e felicità.
Ed io? Cosa poteva esserci sul mio volto?!
Big Gim mi porse un bicchiere d’acqua, che rifiutai.
“Stai bene?”
“Si grazie.” Mi alzai e mi incamminai verso l’uscita.
Prima di raggiungere le porte dell’aereoporto, sentii un rumore sordo disperdersi nell’aria.
Mi voltai e vidi un ragazzo, parlare con una ragazza, per poi prendere a calci la propria valigia.
Mi strofinai gli occhi per essere sicura di non aver avuto un miraggio, dopo di che ancora prima che potessi pensarlo, i miei piedi mi stavano già portando verso quella direzione.
Justin si mise le mani ai capelli e si accasciò per terra, dopo di che la ragazza che si stava abbassando per accertarsi che stesse bene, mi vide. La guardai negli occhi, e come se avesse capito che io ero causa di questa reazione, si allontanò.
Feci qualche passi verso di lui, che non si accorse della mia presenza.
Continuò a stare accasciato sulle sue ginocchia.
Sentii crescere dentro me, la voglia di abbracciarlo, di baciarlo, o semplicemente di stargli affianco.
Mi abbassai anche io sulle ginocchia e mi misi frontale a lui..prima che si accorgesse della mia presenza, lo baciai in testa.
Lui restò immobile qualche istante, poi si alzò di scatto e mi guardò con gli occhi spalancati.
Prima che uno dei due potesse dire una parola, mi ritrovai fra le sue braccia. In un istante, mi sembrò di poter vedere il futuro. Io e lui, abbracciati con affianco due bambini stupendi. Era questo che desideravo?! Si.
Sentii subito le sue labbra sulle mie e gli avvolsi le mie braccia intorno al collo.
Poi si distaccò dalle mie labbra, e lo sentii ridere.
Mi immersi nella sua risata, e cercai di restarne umida il più possibile.

Poi mi disse:
“Sei in pigiama..”
Risi anch’io. Non avevo nemmeno pensato di cambiarmi.
“E sei meravigliosa..” Aggiunse dopo.
Gli diedi un altro bacio.
“Invece tu sei in ritardo..” Risposi io alludendo al fatto che aveva perso l’aereo.
Continuò a tenermi fra le sue braccia, e si guardò intorno. Girandosi espose il suo collo.. Prima che potessi rendermene conto mi ritrovai attaccata con le labbra ad esso.
Lui rabbrividì e mi lasciò fare. Poi mi distaccai da lui e mi guardai intorno anch’io.
Attorno a noi c’erano parecchie persone che guardavano compiaciute.
Fra di loro riconobbi una persona in particolare, Simone. Che ci faceva qui?
Lo guardai e mi sorrise, poi si voltò  e se ne andò.
Justin mi prese la mano e mi aiutò ad alzarmi.
“Eva, io mi fido di te.” Mi ricordai la storia di mio padre.
“Justin.. ormai è acqua passata quella storia. Non mi importa più.”
“Tu hai letto.. Si hai ragione.” Mi afferrò la mano e mi baciò.
“Ed ora, quando partiamo Justin?” Gli chiesi.
Fu qui che mi colse di sorpresa.
Quando ti sentirai pronta a farlo”
Lo aiutai a raccogliere le sue valige e poi inisme ci incamminammo verso l’uscita.
Gli raccontai di mio padre e lui mi raccontò di Jazmine, proprio mentre i nostri sguardi facevano l’amore.
L’attrazione che c’era tra noi era indescrivibile. Era come se i nostri occhi fossero attratti come calamite.
Poi mi disse:
Promettimi di non amare nessun’altro Eva?” Ora toccava a me coglierlo di sorpresa.
Non posso prometterlo.” Dissi guardandolo negli occhi.
Lui deglutì rumorosamente e mi disse:
“C’è qualcun altro?” Poi abbassò la testa.
Io gli presi le mani e le strinsi tra le mie.
“Si. Avrà gli occhi color dell’oro, sarà testardo e prepotente. Gli stringerò la mano e lo bacerò fin quando me lo permetterà. Lo terrò stretto fra le mie braccia e gli accarezzerò la schiena..”
Lui abbassò lo guardo ancora di più, poi continuai.
Te lo porgerò tra le braccia, e ti chiamerà papà.”
Sgranò gli occhi e mi abbracciò. Avrei voluto che questo momento durasse per sempre.
Tuttavia, secondo ordini di Justin, c’era ancora qualcosa da risolvere.
Inoltre.. mancava ancora un foglio da leggere. Giusto?!

Saaaaaaaaaalve tesori *-*
Vi pice?! Ve lo aspettavate diverso, migliore?! Fatemi sapere, anche se avete critiche, le accettrò ben volentieri.
Un bacione. Vi voglio bene *-*
-Erika
PS. Turn to you *-* Non è stupenda?

Ritorna all'indice


Capitolo 35
*** Capitolo 35 ***


Capitolo 35
Justin chiamò un taxi e dopo aver caricato le valige salimmo in macchina.
“Via Roma, per favore.” Disse Justin prendendo il cellulare in mano.
Il tassista annuì e partimmo.
“Ho avvisato mia madre.” Disse poi rivolgendosi a me.
“Che ha detto?” Chiesi curiosa, di sapere cosa Pattie ne pensava a riguardo.
“Che sapeva che avrei fatto la cosa giusta.” Sorrise e continuò a fissarmi, facendomi sciogliere.
Il nostro scambio di sguardi terminò quando l’autista si fermò e ci incitò a scendere.
Presi le valigie di Justin mentre lui pagava, e mi resi conto di trovarmi di fronte al bar Eva.
“Perché siamo qui?” Gli chiesi.
“Il tuo amico, Simone, lavora qui giusto?” Annuii ed entrammo nel locale.
Justin ed io ci sedemmo al mio solito tavolo. Nonostante fossi circondata da migliaia di leccornie, non mi venne fame, così non ordinai nulla..
Justin.. bhè Justin ordinò, una ciambella alla piastra ripiena di nutella, un frappè, dei biscotti al caramello ed una coca-cola.
“Ti mantieni in forma..” Gli dissi ironicamente.
“Parla quella con il pigiama..” Mi rispose sorridendo.
Quanto mi era mancato.
Poi la nostra conversazione fu interrotta da Simone.
“Buongiorno Justin.. stai bene?” Mi sorpresi nel vedere che Simone si ricordasse di lui.
“Buongiorno Simone.. Si tutto bene.” Rispose sorseggiando il suo frappè.
Poi Simone si scambiò un’occhiata furtiva con Justin e si rivolse a me:
“Eva.. vorrei parlarti..” Intuii che Justin sapeva di cosa volesse parlarmi, così gli feci cenno di sedersi accanto a noi.
“Dimmi..” Si strinse le mani.
“So che forse non è il momento.. o forse non lo sarà mai.. Però devi sapere la verità.” Spalancai gli occhi e lo guardai interrogativa. Poi mi voltai verso Justin che mi sorrise, rassicurandomi.
“.. l’uomo di cui tuo padre ti ha parlato.. Sono io.
La saliva mi andò di traverso così tossii qualche volta.
Com’era possibile che fin’ora non mi ero accorta di nulla?! Ma certo, non avevo fatto caso a tanti piccoli particolari.. Lui sapeva già il mio nome prima che mi presentassi, il bar Eva,e poi.. riferendosi a Justin mi aveva detto di non fare il suo stesso errore.
“Tu.. tu.. quindi..” Balbettai perché non riuscii a credere alle mie orecchie.
Lui era un uomo gentile, premuroso e rassicurante, il punto è che in lui ho visto sempre un amico.
Sono tuo padre.” Disse poi appoggiandosi la testa fra le mani.
Mi sentii sconvolta, poi guardai Justin e lo supplicai con lo sguardo di portami via da li. Evidentemente capì, perché si alzò, prese il suo frappè e mi indicò l’uscita.
Annuii mi alzai, gli afferrai la mano ed uscimmo insieme.

Non avevo nulla contro Simone, ma dovevo riflettere su ciò che mi aveva detto. Come aveva potuto tacermi un segreto del genere?
Justin mise le sue valige su un taxi e le spedì a casa sua.
“Justin vai a casa.. sarai stanco. Io faccio un giro e poi ci vado anch’io.”Dissi vedendo in lui una strana stanchezza.
“Sto bene tranquilla. Andiamo a fare un giro.”
Si alzò il cappuccio, si mise un paio di occhiali da sole, mi strinse la mano e ci incamminammo insieme verso la spiaggia.
La spiaggia era piena di persone, tuttavia il sole non era bollente,ed il cielo era nuvoloso. Proprio segno che l’estate stava andando via.
Ci fermammo in un angolino appartato e lasciai cadere a terra.
Justin fece come me, poi però si mise alle mie spalle, aprì le gambe e le mise attorno al mio corpo.. e mi accerchiò con le sue braccia.
Lasciai cadere la testa all’indietro e lo baciai sulla guancia.
“Come stai?” Mi chiese.
“Benissimo..” Risposi io.
“Ti va di parlarne.?” Forse aveva intuito che non volevo aprire argomento.. ma non era così.
“Sto bene te lo assicuro.. Ieri ho salutato per l’ultima volta l’uomo che mi sono trovata affianco per 17 anni, poi oggi scopro che l’uomo che mi credevo amico, è mio padre.. Mi sento solo un po’ scombussolata..”
Mi strinse ancora più forte e lo sentii respirare profondamente.
“Passa tutto, è solo un periodo.” Mi disse.
“Comunque io a Simone voglio bene.. Ma sarà difficile considerarlo come un padre.”
“Ma devi farlo. O almeno devi provarci..” Aveva ragione.. ma non volevo pensarci adesso.
“Justin cambiando discorso.. devo dirti una cosa.”
“Che succede..?”
Ho un ritardo..”
“Sono io quello che ha perso l’aer.. Ah. QUEL ritardo?” Chiese deglutendo rumorosamente.
Annuii senza dire una parola.
“Eh.. si vediamo.. tu.. tu.. che ne pensi?” Mi chiese facendo fatica a comporre la frase.
“Potrebbe essere solo una coincidenza.. o potrei essere incinta.” Dissi velocemente.
Silenzio. Poi mi strinse ancora di più fra le sue braccia.
E.. sono io.. il padre?”
“Che domanda idiota è?! Credi che l’abbia messa all’asta?
“Volevo sapere.. ti ho vista ballare con un tipo in discoteca.. così..”
“Non ho idea di chi fosse.. Ed anche tu ballavi con una o sbaglio? Forse erano due!” Dissi cinicamente.
“Scema. Non ho mai fatto niente senza te..”
Per niente intendeva che non era stato con nessuna giusto? Mi sentii sollevata.
“Come.. Che… facciamo ora Justin?” Pensai che sicuramente per lui era troppo presto, come lo era anche per me.
“Vediamo come vanno le cose.. fai il test. Ma scusa.. tu.. cioè il tuo amico è stato sempre puntuale?” Amico, sarebbe il mio ciclo mestruale?
“Sempre.” Risposi, spaventata. Avevo paura che potesse abbandonarmi proprio ora che l'avevo ritrovato.
“Allora più tardi andiamo a fare il test, vuoi?” Annuii.
“E se..” Lasciai intendere.
“Sarei il ragazzo più felice al mondo.” Rispose sorridendo.
Poi insieme continuammo a contemplarci l’un l’altra. Avrei voluto restare così, fra le sue braccia, cullata dal suo respiro e dal rumore delle onde..per sempre.
Mi convinsi che andando all’aereoporto, avevo fatto la scelta giusta.
Dopo mezz’ora, che passamo nella nostra intimità, ci alzammo e ci incamminammo verso la farmacia.
Entrai assieme a lui e arrivammo subito al banco.
“Salve..” Disse una ragazza con un sorriso smagliante.
“Ci servirebbe..” Disse Justin, senza riuscire a finire la frase.
“Ah ho capito.” Disse poi la ragazza sorridendo.
Non era vergognoso comprare un test di gravidanza.. solo che se lo avessero scoperto i paparazzi.. bhe..
Scomparve dentro uno stanzino e ne uscì qualche istante dopo con un pacchetto in mano.
“Sono i migliori, nessun rischio..” Disse ammiccando, mostrandomi un pacco di preservativi.
Justin si mise a ridere a si voltò.
“No scusi guardi.. mi serve un test di gravidanza..” Dissi nervosamente.
“Ah… quindi la fase dei preservativi l’avete passata di già?” Rise. Ma che ca**o vuole?! Mi voltai e guardai Justin che nel frattempo si era levato gli occhiali e si stava asciugando le lacrime.
Poi la voce della farmacista attirò la mia attenzione.
“Ecco, questo è il migliore. Clear Blue, è tutto spiegato sopra..”
Lo afferrai, pagai ed uscii senza nemmeno salutarla. Mi stava parecchio sulle balle.
Dovetti trascinare fuori Justin che era ancora piegato in due dalle risate.
Salimmo in macchina e andammo a casa sua. Era il momento.

Ehilààà :D
Vi piace ragazze?!  Secondo voi, proseguire una storia così (gravidanza) è noioso?!
Fatemi sapere.
Un bacione tesori.
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 36
*** Capitolo 36 ***


Capitolo 36
Giunti in camera sua, cacciai fuori dalla borsa il pacco del test di gravidanza.
Justin mi trascinò sul letto e mi fece sedere accanto a se.
“Allora.. come si fa questa cosa?” Chiese prendendo il pacco in mano e capovolgendolo.
“Non ho idea.. Non ne avevo mai fatti fin’ora..” Risposi alzando le spalle.
“Devi.. metterlo.. la dentro?” Disse imbarazzato. Iniziai a ridere.
“Credo si debba fare pipì sopra scemo.” Continuai a ridere.
Annuì e mi indicò il bagno..
“Ti aspetto qui..” Mi disse, infondendomi coraggio.
Mi alzai ed entrai in bagno.
Aprii il foglietto e seguii perfettamente le istruzioni. Poi uscii dal bagno e mi ritrovai Justin di fronte.
“Allora che dice?” Mi chiese spalancando gli occhi.
“Bisogna aspettare qualche minuto..” Dissi continuando a fissare il test con ansia.
Era un periodo abbastanza difficile per me.. mio padre, Simone, ora la probabile gravidanza.. Per fortuna c’era Justin con me.
Mi abbracciò e restammo in silenzio, fin quando sul test non comparve una striscia.
Se compare una striscia sola non sono incinta.
Mi sentii felice.. e delusa.
La striscia è una .. non sono incinta.”Dissi a Justin. Lui afferrò il test, lo guardò dopo di che mi avvolse le braccia al collo e mi abbracciò.
“Eva.. Ma qui le strisce sono due.. E c’è anche scritto incinta 1-2 settimane.
Lo spinsi e afferrai il test in mano.
Incinta, 1-2 settimane. Continuai a fissare il test, poi alzai lo sguardo verso Justin.
“Spesso non sono fonti attendibili i test della farmacia.. Per essere sicuri lo faremo in ospedale..” Poi si alzò e prese le chiavi dell’auto in mano.
“Justin, bisogna prenotare credo..” Dissi.
Sono o non sono Justin Bieber?” Mi rispose sicuro di se.
Mollai il test nella spazzatura, e scesi in macchina assieme a lui.
Durante il tragitto non feci altro che immaginare. Mi immaginai me con il pancione, la gravidanza, il parto.. Poi Justin con in mano il bambino.. o la bambina… Forse stavo correndo troppo? Non era nemmeno sicuro che fossi incinta.
“Andrà tutto bene..” Mi disse ad un tratto. Parcheggiò l’auto di fronte ad uno studio ginecologico.
Mi aprii lo sportello e mi aiutò a scendere.. Lo guardai stranita.
“Come mai tutte queste premure?”
“Potresti cadere..” Mi rispose con non curanza.
Entrammo in questo studio e subito una ragazza ci venne incontro.. Justin si mise a confabulare con lei, e dopo qualche istante ci accompagnò in una stanza.
“Salve..” Disse un uomo sulla quarantina, porgendoci la mano.
“Salve” Rispondemmo in coro.
“Allora, ecografia?” Annuimmo entrambi.
Mi accompagnò su un lettino non poco lontano dalla sua scrivania, e mi fece scoprire la pancia.
Alzandomi la canottiera, mi ricordai di essere in pigiama e guardai  nervosamente Justin che mi fece l’occhiolino.
Il dottore mi spalmò un gel sulla pancia e iniziò a muoverci sopra un rullo.
Su un monitor, apparvero delle immagini in bianco e nero, proprio come nei film.
Sentii i battiti aumentarmi, e improvvisamente mi trovai affianco Justin che continuava a toccarsi nervosamente il viso.
Continuò a muovere il rullo per qualche minuto poi mi disse:
Signorina è incinta…” Sorrisi e mi voltai verso Justin..
I suoi occhi fissavano il vuoto, e un sorriso amaro era spuntato sul suo volto.
Forse un bambino non era ciò che desiderava data la sua età.. o forse aveva paura che gli ammaccasse la carriera. Era comprensibile che non se la sentisse,
ma io non avrei mai abortito.
Ringraziammo, Justin pagò.. e in un batter d’occhio eravamo già sulla sua auto.
Durante il tragitto verso casa mia non disse una sola parola e continuò a guardare fuori dal finestrino, non accese nemmeno la radio.
Una volta giunti di fronte casa mia, spense il motore..
“Justin.. che ne pensi?” Gli chiesi. Balbettò qualcosa che non capii.
“Se non te la senti.. se hai paura che possa rovinarti la carriera.. Io.. posso capirti, e non te ne farò una colpa.” Dissi fissandomi le mani e sentendomi profondamente inquieta e inadeguata. Era strano per me provare questa sensazione insieme a lui.
Si voltò di scatto verso di me e mi guardò negli occhi.
“Non  devi nemmeno dirlo. Il bambino è tuo quanto mio. Ed io lo voglio.” Disse.
Non riuscivo a vederlo del tutto convinto.
“Ne sei sicuro? Non voglio.. rovinare tutto.” Con tutto intendevo la nostra storia.
“Più che sicuro.. Come potrei non amarlo?.. Nostro figlio ti rendi conto? Sono ancora un po’ scosso..”
“Figurati io. Tutte queste emozioni in solo giorno..” Non mi fece finire la frase.
Potrebbero far male al bambino.” Aggiunse.
“Ehi non diventerai uno di quei maritini apprensivi?” Dissi ridendo.
Rise anche lui.. Ed ancora una volta, ammirai la sua bellezza. Po chiuse gli occhi e appoggiò la testa al sedile.
Lo contemplai.. Era perfetto, le sue labbra combaciavano perfettamente con la linea che raggiungeva gli zigomi.. e.. e.. non ci sono parole abbastanza adeguate per descriverlo.
“Sono solo preoccupato.. Per te..” Mi disse poi voltandosi verso di me, scoprendomi a fissarlo.
“Cioè?” Gli chiesi.. Avevo paura che questa fosse una scusa, per liberarsi di me e del bambino..
“Eva hai 17 anni.. la scuola, l’adolescenza, la tua famiglia.. Sicura di voler chiudere qui con la tua giovinezza?” Era vero, ma dopo ciò che ho passato con mio padre.. non avevo così tanta nostalgia della mia adolescenza.
“Parli come se avessi 60 anni.. A causa di mio padre non ho avuto un’adolescenza piacevole.. quindi non so cosa mi sono persa.. e non voglio saperlo. Io ho iniziato a vivere da quando ho incontrato te.. e per me, avere un bambino è una cosa stupenda.. Certo anche secondo me è presto.. Ma è successo.. E non dirò mai che è successo a causa di un errore. Mio figlio non sarà il figlio di un errore.. Sarà il figlio dell’amore. Il nostro amore.” Mi abbracciò e ci baciammo.
Era proprio così che la pensavo..
“Allora, porteremo avanti la gravidanza.”
Sentire la parola ‘porteremo’ mi fece intendere che sarebbe stato al mio fianco.
“Dobbiamo dirlo.. a mia madre, e alla tua famiglia..” Disse poi tenendomi il volto fra le mani.
“Non ho paura.” Dissi baciandolo.
“Nemmeno io.” Mi rispose a pochi centimetri dal mio viso.
Scesi dall’auto e andai dalla parte esterna del suo finestrino.
“Pomeriggio passo a prenderti va bene?” Mi disse.
Annuii. Certo che andava bene. Stare con lui, in qualsiasi posto andava bene.
“Ricordati di toglierti il pigiama” Aggiunse sorridendo.
“Sbruffone. Tutto questo per correrti dietro sai?” Poi si sporse, e mi baciò.
Quando ci distaccammo entrai in casa, e lui aspettò che chiudessi il portone prima di partire. Gesto stupendo a parer mio.
Entrai in casa, e trovai solo Sam.
“Ehi Eva.” Disse salutandomi, mentre mandava giù un cucchiaio di gelato.
“Ehi..Sam” Le risposi,sentendomi stranamente molto attratta da quel gelato.
Mi venne un’improvvisa voglia di gelato, così corsi in frigo, e sotto gli occhi shoccati di Sam, iniziai a mandare giù una vaschetta intera.
“Che succede Eva?” Mi chiese ad un certo punto assumendo un’aria preoccupata.
Era il caso di dirglielo? Prima o poi avrei dovuto farlo.
“Tutto bene.. “ Risposi. Poi guardai il gelato che avevo davanti e che fino a qualche secondo fa stavo divorando, e lo buttai nel lavandino.. Ora mi dava la nausea.
“Sicura..? Sembri una donna incinta.” Disse.
Tossì senza volerlo..
“Sam approposito.. sono incinta.”Dissi a bassisima voce, quasi in un sussurro assumendo una posizione vaga.
Si sporse verso di me.
“Cosa? Parla per bene.” Mi disse.
“Sono incinta.” Ripetei in un altro sussurro.
Alzò un sopracciglio..
“Ma sei scema? Ripeti cazzo.” Urlò.
Così mi innervosii e questa volta lo sbandierai a tutto il vicinato.
Sono incinta cazzo.” Urlai.
Per un istante mi persi nelle pupille dilatate di Sam, poi sentii il rumore, di un piatto andare in frantumi.
Guardai oltre Sam e vidi mia madre sulla porta, con le mani tese in avanti, e i piatti per il pranzo per terra.
Come avrebbero reagito?! Che sarebbe successo?!...

Ragazze, scsatemi ma ieri non ce l’ho fatta a pubblicare :3
Comunque vi ringrazio per le recensioni, siete stupende *-*
Come mi avete consigliato voi, porterò avanti lastoria della gravidanza.. chi sa come finirà.. e chissà SE finirà.!
Fatemi sapere che ne pensateeeee!
Un bacione
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 37
*** Capitolo 37 ***


Capitolo 37
Guardai Sam che continuava a fissare il vuoto, dopo di che mi diressi verso mia madre.
“Mamma.. avrei preferito dirtelo in un altro modo..ma ormai..” Continuava a tenere le mani sporte verso avanti come per tenere i piatti in mano.
Poi di colpo cadde sulle proprie ginocchia, picchiando sui piatti in frantumi.
Senza rendermene conto mi ritrovai Sam di fianco,e cercai in lei uno sguardo di solidarietà.
Mia madre finalmente distolse la braccia da quella posizione e si portò le mani al viso.. poi iniziò a piangere.
Mi sentii in colpa, come non mi era mai successo in vita mia. Questa donna aveva già sofferto abbastanza.. non meritava altri dolori.
Tra un singhiozzo e l’altro io e Sam riuscimmo chiaramente a capire:
“Non ora Eva.. Hai 17 anni.. Solo ora che tuo padre è andato via, puoi viverti la tua adolescenza con serenità.. Non sprecare questa opportunità..” Si fermò e iniziò a respirare profondamente, poi riprese a piangere.
Non fare il mio stesso errore.” Sentimmo poi.
Anche mia madre era rimasta incinta a 17 anni di Sam, e probabilmente non fu ciò che voleva.
Guardai Sam che deglutì e le sue mani (che erano sulle spalle di mia madre) si allontanarono per cadere a ciondoloni lungo i suoi fianchi. Doveva essere un duro colpo, sentirti dire di essere un errore.. Anche a me mio padre l’aveva detto parecchie volte.. solo che in mia madre avevo sempre trovato riparo e sicurezza.. invece sentirsi dire ciò dalla persona che credi possa amarti di più al mondo.. Fa male.
Mamma mio figlio non sarà un errore. Io lo voglio. So che è inappropriato, data la mia età, ma non sarà la mia adolescenza a mancarmi in questa vita..” 
Dissi a gran tono, ingoiando le lacrime prima che potessero fuoriuscire dai miei occhi.
“Non sai cosa dici Eva.. un figlio non è un giocattolo, ha bisogno di cure, affetto..”
Credi che io non sia capace di dare affetto a mio figlio?” Questa volta non mi limitai ad alzare la voce, ma urlai. Sapevo che urlarle contro non era ne corretto, ne rispettoso.. ma non poteva permetterle di dire certe cose.
“No. Sei una bambina. Hai ancora bisogno che qualcuno lo dia a te l’affetto.” Mi rispose guardandomi negli occhi.
“Non ho avuto affetto in famiglia  per 17 anni, e non lo avrò di certo ora. Capisci?!
Dissi cercando di misurare la mia rabbia.
“Sei tu a non capire. Da quanto se incinta?” Mi chiese poi asciugandosi le lacrime.
“ 2 settimane.” Risposi illudendomi di ricevere una parola di conforto.
“Sei ancora in tempo per abortire. Non devi sentirti in colpa. L’aborto è un diritto della donna.” Si alzò e iniziò a cercare le chiavi dell’auto.
“Cosa cazzo stai dicendo?! L’aborto è un diritto? L’unico diritto della donna è quello di tutelarsi con i preservativi.. E di pensare prima di agire.. Non l’aborto. Ma questo ora non centra nulla. Io terrò il bambino che ti piaccia o no.
Ebbi paura di non riuscire a contenermi, ebbi paura di vedere l’impronta della mia mano stampata sul suo volto, così mi allontanai da lei sotto gli occhi shoccati di Sam.
Non potevo credere che mi stesse chiedendo di abortire. Di uccidere mio figlio. Di uccidere suo nipote. Di uccidere l’amore che c’è tra me e Justin. Sarò egoista forse.. ma non perderò il bambino.
Si alzò e mi venne incontro, poi gesticolandomi di fronte al viso mi disse:
“Non in questa casa Eva. Sotto questo tetto non vivrà nessun bambino.
è tuo nipote mamma.” Urlai con le lacrime sul viso.
Non potrei mai amarlo visto che sta rovinando la vita di mia figlia.
“Non sta rovinando niente. Non c’è niente di bello che possa rovinare nella mia vita.” Risposi.
Poi si voltò e si incamminò verso il piano di sopra.
“Fai le valige e vai via di qui.” Disse con rabbia.
Senza rendermene conto mi ritrovai fra le braccia di Sam.
Mi baciò le testa.. Poi io mi asciugai le lacrime e corsi al piano di sopra.
Era questo che voleva?! Lo avrebbe avuto.
Avevo visto in lei, sempre la mia ancora di salvezza.. anche se poi ho iniziato a sospettare di tutto ciò da quando ho saputo del tradimento di mio padre.
Mi abbassai, e da  sotto il letto tirai fuori due enormi valigie che usavamo solitamente per le gite o per i viaggi.
Aprii il mio armadio e trattenendo le lacrime e un gran dolore al petto, presi tutti i miei vestiti, e senza piegarli li buttai dentro la valigia.
Feci lo stesso con il resto dei vari, scaffali, comò, cassettiere ecc..fin quando di mio non rimase che l’odore in quella casa.
Mia madre era in camera sua, io passai dritta e mi ritrovai Sam di fronte la porta di casa.
“Non farlo Eva. Tu, e papà.. che farò io?!” Teneva le mani aperte a croce, per sbarrarmi il passaggio..
“Sam starai bene. E poi ci vedremo tutti i giorni..” Dissi per convincerla.
“Dove andrai?” Mi chiese.
Non sapevo ancora dove sarei andata.. ma l’importante era lontano da li.
“Via da qui..” Risposi per non fargli capire che non avevo un posto dove andare.
Si spostò e mi fece passare.
“Eva.. ti voglio bene.” Disse poi abbracciandomi.
I ruoli sembravano essersi capovolti.. adesso ero io la sorella maggiore.
“Te ne voglio anch’io Sam.” Poi si distaccò da me e mi fece cenno di andare, prima che le lacrime potessero rigargli il viso di fronte a me.
Mi voltai, e mi incamminai verso.. verso.. verso?!
Avevo visto molti film, letto parecchi libri, su casi in cui i genitori cacciavano di casa le figlie in dolce attesa.. solo che vivere tutto ciò in prima persona, è devastante.
Camminai trascinandomi le valige dietro per qualche ora, fino  a ritrovarmi al bar Eva.
Dall’ultima volta non avevo più visto Simone, e non sapevo come comportarmi.. anche se il bar Eva era l’unico posto in cui mi sarei sentita un po’ a casa.
Entrai e mi sedetti al mio solito posto trascinando con me le valige.
Dopo qualche istante venne un cameriere e prese la mia ordinazione, dopo di che vidi avvicinarsi Simone.
“Eva.. perché queste valige?” Mi chiese assumendo un’aria preoccupata.
“..Credo di partire..” Mentii. Non avevo voglia di farlo preoccupare, dicendogli la storia del bambino e di mia madre, ecco perché mentii.
“Non dire sciocchezze. Per andare dove?”
Da mia nonna.. in Pennsylvania..” Mentii di nuovo. Ma quanto ero scema? Non avevo una nonna in Pennsylvania, tuttavia il mio cervello mi suggerì quelle parole.
Pennsylvania? Non hai nessuna nonna in Pennsylvania Eva.” Sgamata, che figura.
Si.. mia nonna si è trasferita la da poco.. Vado a darle una mano.” Perché continuavo con questa storia..?
“Non me la racconti giusta.. Io.. vado a fare una telefonata.” Si allontanò finalmente.
 Nel frattempo arrivò la mia ordinazione, e incominciai a divorare due ciambelle con molto piacere.
Vidi Simone sorpassarmi e dirigersi verso la cucina.. Quanto mi facevo pena. Mi madre mi aveva cacciato di casa, e la miglior cosa che riuscivo a fare era raccontare balle all’uomo che dovrebbe essere mio padre.
La porta si spalancò violentemente e qualcuno si diresse verso il mio tavolo di corsa. Mi voltai e mi ritrovai Justin di fronte.
Aveva il viso paonazzo e i capelli sudati.. era ancora più bello del solito..
“Eva cosa è successo, hai cambiato idea? Non vuoi più il bambino..?” Disse trattenendo il fiato.
“Cosa scusa? Chi ti ha detto una cosa del genere?” Si mise una mano sul fianco e si appoggiò al tavolo.
“Simone mi ha telefonato dicendomi che volevi partire.. Poi ho visto le valige..”
Lo interruppi.
“Mia madre mi ha cacciata di casa.. Non devo partire” Dissi facendolo sedere accanto a me.
Lui spalancò gli occhi, poi prese un bicchiere d’acqua e lo bevve tutto d’un sorso.
“Non è possibile,perché tutte a te..Come ti senti Eva?..” Mi chiese poi preoccupato.
Feci spallucce, per fargli capire che non c’era molto da dire.. Poi presi una ciambella ricoperta di zucchero e la addentai.
Lui mi abbracciò.
“Sta tranquilla. Si risolverà anche questo.” Poi appoggiò la sua fronte alla mia e mi sorrise.
Continuammo a guardarci qualche istante, giusto il tempo per capire che quello stato di solitudine era svanito completamente.. Era questo l’effetto-Justin?
Mi diede un bacio, e solo dopo che passò la sua lingua sulle mie labbra mi resi conto che addentando la ciambella, avevo fatto si che le mie labbra si ricoprissero completamente di zucchero.
“Ci sono io con voi..” Disse ad un certo punto.
“Noi?” Ripetei.
Io tu, e il bambino.” Completò. Sorrisi e lo baciai.
“Forza andiamo..” Disse alzandosi.
“Dove?!” Chiesi incuriosita.
“A casa.”
Dovevo ancora capire cosa intendeva per casa. C’era ancora tanto che dovevo capire. Come avrei fatto senza la mia famiglia? Poi, come avrei fatto con Simone? C’è ancora tanto da capire..
Afferrai la borsa, e un foglio scivolò fuori da essa.. Lo riconobbi subito.
Era il foglio che Justin aveva scritto dandomi la busta con dentro il biglietto aereo.
Non ero ancora riuscita a leggerlo.


Salve ragazze *-*
Cosa pensate della madre di Eva?!. Secondo voi ha avuto ragione?
Poi, chi di voi ha acquistato Someday? *-*
Fatemi sapere che ne pensateeeee.
Un bacione, vi voglio bene.
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 38
*** Capitolo 38 ***


Capitolo 38
Justin caricò le mie valige in macchina e partì.. Non sapevo cosa intendeva per casa, fin quando non arrivammo di fronte la sua immensa villetta.
Ferma l’auto, e prima di scendere si ferma a fissarmi.
“Justin..io” Avrei voluto dirgli di non preoccuparsi, che avrei trovato dove stare, ma lui mi interruppe.
Tu resti con me. Non pensare nemmeno di trovare un’altra sistemazione.”
Sporse la testa verso di me, e allungò il collo aspettando un bacio. Mi avvicinai a lui, e una volta trovatami a pochi millimetri dalle sue labbra gli dissi:
“Grazie Justin.” Lui sorrise, e mi baciò. Iniziò a baciarmi con foga, e le sue mani abbandonarono il volante per finire dietro la mia testa.
Le mie mani avevano fatto altrettanto: erano fra i suoi capelli.
Un semplice bacio, si stava trasformando in qualcosa di più, dato che entrambi eravamo avvolti da una foga indescrivibile.
La sua auto era così larga da permettergli di staccarsi dal suo sedile e finire sul mio.
Si sedette a cavalcioni su di me, ma prima che uno dei due non riuscisse più a fermarsi, ci guardammo negli occhi qualche istante, dopo di che scoppiammo a ridere.

La sua risata così cristallina, vedere come si mordeva la lingua mentre rideva e teneva gli occhi chiusi, mi fece sentire a casa.
Restò a cavalcioni qualche istante, poi aprì la portiera e senza fare il minimo sforzo scese dall’auto. Mi ricomposi qualche istante, ma prima che potessi mettere un piede sulla strada, le sue mani mi afferrarono dalle gambe e dalla schiena per poi sollevarmi su. Quando me lo ritrovai davanti, misi le braccia attorno al suo collo, lui mi baciò la fronte e si incamminò verso il portone.
Dopo svariati tentativi riuscì ad aprire la porta, e prima di entrare mi disse:
Come marito e moglie.” Lo guardai negli occhi, e scoppiammo a ridere.
Sotto la mia risata però c’era la soddisfazione del momento: lui aveva pensato a noi due, come marito e moglie.
Una volta superato il portone lui andò a prendere le valige ed io andai a bere.
Ormai conoscevo bene casa sua.
Qualche istante dopo sentii la porta chiudersi, e lo vidi arrivare verso di me con le valige in mano.
“Justin.. è solo temporaneamente.. devo solo dare il tempo a mia madre di sbollire.” Dissi io sentendomi tremendamente in colpa per aver occupato casa sua.
“A casa sono sempre solo quando non lavoro ora che mia madre e Jazmine sono partite.. Io voglio che tu resti.” Mi disse.
Sorrisi e in quel momento decisi che per quella sera avrei abbandonato l’argomento.
“Dove mi sistemo?” Chiesi prendendo una valigia e incamminandomi assieme a lui verso le stanze da letto.
Nella mia stanza.” Rispose sorridendo.
Non mi sarei aspettata risposta più bella di questa.. solo che ..
“Ti sta bene?” Mi chiese vedendomi perplessa.
“Certo..” Risposi sorridendo.
“Non ti vedo convinta..” Mi disse, fermandosi al centro del corridoio.
Lo abbracciai.
Stavo pensando, che se già prima nella tua auto, controllarci e stato difficilissimo.. dormire insieme lo sarà ancora di più?”
Non riuscii a vederlo dato che aveva il mento sulla mia fronte.. ma riuscii comunque a capire che sorrise.
Quanto posso amarti io..” Disse poi..
Insieme entrammo nella sua stanza e posizionammo le valige accanto al letto.
“Ti faccio spazio nell’armadio..” Disse allontanandosi verso una porticina.
“Justin davvero non c’è bisogno, posso lasciare le cose qui..” Dissi indicando le valige.
Lui non fece caso alle mie parole e mi trascinò nella sua cabina armadio.
Era più grande della mia stanza.
Ogni scaffale era pieno zeppo di vestiti, o scarpe.. o cappelli. Incredibile.
Aprimmo le mie valige,e  mi guardò male dopo aver visto il modo in cui avevo sistemato i vestiti..
“Sei disordinata, non c’è che dire..Ma almeno oggi non sei in pigiama.” Gli diedi un buffetto sulla faccia.
“Guarda tu che ringraziamento per esserti corsa dietro..Me lo rinfaccerai a vita?”
“Esatto..” Rispose.
Prese parte dei miei vestiti, e iniziò a piegarla per bene negli scaffali, proprio accanto alla sua roba.
Lo imitai, e dopo mezz’ora,le mie due valige erano vuote.
“Perfetto..” Disse sorridendo.
Avevo sentito parlare dell’amore platoneo.. che ti cambia la vita, che ti fa scoppiare il cuore.. ma questo era di gran lunga migliore.
Si avvicinò a me per baciarmi, ma prima che potesse farlo, gli squillò il telefono.
“Pronto..? Ciao papà..” Sorrisi anche se di suo padre non sapevo nulla.
Mi infilai le mani in tasca, e mi ricordai del foglio che dovevo ancora leggere, toccandolo. Feci cenno a Justin che sarei andata in bagno, e uscii dalla stanza lasciandolo al telefono con suo padre..
Quel foglio aveva aspettato troppo tempo.. forse ora non aveva più senso leggerlo.
Mi chiusi dentro il bagno,e lo presi in mano. Sapevo che forse dentro quel foglio avrei trovato la risposta alla domanda che mi aveva tormentata.. Ma perché riaprire il passato?! Da poco la mia ferita iniziava a rimarginarsi.. allora perché dovevo scavarci dentro?
Guardai il foglio piegato in due nelle mie mani, e poi guardai me allo specchio.
Tutto era cambiato da quando Justin mi aveva consegnato la lettera..
Ora sono incinta, mia madre mi ha cacciata di casa, ho perdonato mio padre, ho saputo la vera identità di Simone, e sto per passare il resto della mia vita con il padre di mio figlio.
Rimisi il foglio in tasca e uscii dal bagno.
Sono una codarda ecco tutto..
Trovai Justin in corridoio in preda al panico.
“Che succede Justin?” ..Mi venne incontro e mi prese il viso tra le mani.
“Avrò un fratellino.”Mi disse. Spalancai gli occhi.. Pattie era incinta?!
“Cosa..? Pattie è incinta?” Mi guardò e rise.
“No.. non Pattie, ma la moglie di mio padre..” Disse.
Non avevo idea che i suoi genitori fossero separati..
“Che splendida notizia..” Dissi abbracciandolo.
“Padre e fratello, tutto ad una volta.. ma ci pensi?” Mi disse facendomi girare.
“Jazmine che ne pensa?..Lo considererà fratello o sorella sua..?” Chiesi senza timore.
“Jazmine non è figlia di mia madre.. ma è lei a prendersene cura..” Sgranai gli occhi.
Perché non imparavo mai a stare in silenzio?! Probabilmente si accorse che mi vergognai della mia spudoratezza perché mi abbracciò e mi disse:
“Ma sa che io lei e questo futuro fratellino o sorellina, saremo inseparabili per sempre.” Sorrisi. Era così bello che lui superasse i pregiudizi.
“Io non sapevo che Pattie e tuo padre..” Continuò lui.
“Hanno divorziato. Ma da questo ho imparato.. Ho deciso che quando mi sposerò sarà per sempre..” In un giorno aveva parlato due volte di matrimonio..
Ero io, oppure era lui, a darmi false speranze?!
Si distaccò da me e andò a farsi la doccia.. Io ne approfittai per mettere in ordine i miei pensieri.
Non riuscivo ancora a credere che mia madre mi avesse cacciata di casa, anche se qui stavo benissimo.
Senza rendermene conto, ripresi il foglio in mano e lo fissai ancora.. Perché ero così codarda? ‘Ora lo apro’ Suggerii a me stessa.. Ma non ci riuscii.
Ero terrorizzata dai miei sentimenti.
Mi squillò il cellulare..
“Eva, dove sei? Stai bene?” La squillante voce di mia sorella, mi ridiede il sorriso.
“Sam, tutto bene.. Sono da Justin..”  La sentii sospirare.
“Menomale. Lo sapevo..”
“Mamma?” Chiesi, aspettandomi un’amara risposta.
“Sta preparando la cena. Non ha fatto che piangere tutto il pomeriggio.”
“L’ha voluto lei.” Risposi con risentimento.
“va bhe sorellina.. devo andare, ci sentiamo prima che vai a dormire.”
Riattaccò.
Mollai il telefono sul comò e mi distesi sul letto.
Ad un tratto sentii la porta del bagno spalancarsi e dei passi avvicinarsi a me.
Aprii gli occhi, e mi ritrovai Justin di fronte, nudo, alla ricerca dell’accappatoio.
Urlai, senza rendermene conto, e gli lanciai un cuscino addosso, senza riflettere che l’unica cosa da fare era distogliere lo sguardo dalle sue parti intime.
“Ehi non urlare.. scusa.. la forza dell’abitudine.” Disse coprendosi con il cuscino.
Annuii. L’avevo già visto nudo, ma così d’impatto era davvero strano per me.
Ritornò qualche istante dopo avvolto in un accappatoio blu.
“Prepariamo la cena?” Mi chiese..
“Tu finisci di cambiarti, faccio io.” Era il minimo che potessi fare per sdebitarmi.
Scesi al piano di sotto e riuscii a preparare l’unica cosa di cui ero capace: carne impanata, e insalata di verdura. Non ero per nulla brava in cucina, ma questo era un piatto semplice che anche una bambina di due anni sarebbe riuscita a fare.
Lui mi raggiunse, e dall’espressione sul suo volto capii che doveva essere da parecchio tempo che non mangiava un piatto preparato.
Mi sorrise, si sedette a tavola e mangiammo.
Durante la cena mi raccontò tutto ciò che riguardava la sua infanzia e lo stesso feci io.. Poi misi i piatti nella lavastoviglie e salimmo al piano di sopra.
Mi piaceva giocare a fare la donna di casa.
Ci sdraiammo sul letto, uno accanto all’altra, e lui iniziò ad accarezzarmi la pancia.
Lasciai che la sua mano grande a calda sfiorasse la mia pelle facendomi rabbrividire. Chiusi gli occhi subito dopo che la sua testa si chinò sul mio addome e mi diede dei morbidi baci.. Era come se stesse baciando il bambino.. Ed era indescrivibile la tenerezza che trovavo nei suoi occhi socchiusi. Poi si spostò e mi baciò sulle labbra. Sapevo che non avremmo resistito.
Si mise di nuovo a cavalcioni su di me e continuò a baciarmi..
La sua dolcezza era infinita.. non aveva fretta di arrivare al ‘sodo’ ma era come se volesse godersi ogni momento fino alla fine. Le sue mani lentamente si fecero strada dentro la mia maglietta, e si soffermarono sul gancio del reggiseno.
Tentò di slacciarlo una, due, tre volte.. poi non mi trattenni e risi. Lo fece anche lui, poi in un sussurro mi disse:”Aiutami..” Infilai le mani dietro la mia schiena e feci ciò che lui non riuscì a fare.. Lo abbracciai e mi augurai che questo amore non finisse mai.
Lo ritrovai nudo su di me qualche istante dopo.. Poi si sporse in avanti per baciarmi, ma prima che le nostre labbra potessero toccarsi..
squillò il mio cellulare.
Lo guardai, e mi fece cenno di no con la testa. Come per ribattere feci cenno di si.
Allungai la mano sul comodino, e risposi.
“Sam tesoro..” Lui sgranò gli occhi e si portò le mani ai capelli.. Poi iniziò a dirmi di attaccare..
Eva.. volevo solo augurarti buonanotte..”
“Buonanotte Sam.. ti voglio bene.
” Era diventata così dolce.
Riattaccai.
“Idiota.” Dissi a Justin ridendo.
“Anche tu sei la mia vita..” Disse lui chinandosi su di me..
Misi la mano fra i suoi capelli, e attraversai tutta la sua testa, lasciando che i nostri corpi si amassero.
Ancora, però mi sentii tormentata da quel foglio.

Ragazze.. Questo forse è uno dei capitoli più tranquilli che abbia scritto x’D
Ahahaha che ne dite?!!
Vi voglio beneee
-Erika 

Ritorna all'indice


Capitolo 39
*** Capitolo 39 ***


Capitolo 39
Quella notte dormii fra le sue braccia, mentre il vento fuori dava spettacolo.
L’indomani mattina fui svegliata da una forte nausea..
Justin aveva le braccia attorno al mio corpo,così dovetti fare molta attenzione per alzarmi senza svegliarlo.
Una volta riuscita a svincolarmi da lui, mi fermai a guardarlo.
Dormiva con il volto affondato nel cuscino, ed era coperto da un lenzuolo che per poco gli arrivava sopra i fianchi. Sorrisi di fronte alla bellezza infinita dei suoi lineamenti. Mi infilai una sua tuta e andai in bagno.
Mi guardai allo specchio, e dopo essermi lavata il volto, mi scoprii l’addome.
Ero stata cacciata di casa da mia madre perché aspettavo un bambino.. Ma forse lei si era chiesta come mi sentissi io? Cosa ne pensassi? Se avessi paura? No.
Cercai di immaginare il pancione sul mio corpo.. ma mi venne difficile.
Poi, i miei pensieri furono stroncati da un fortissimo attacco di nausea, così corsi nel water e mi inginocchiai di fronte ad esso.
Quando il primo conato di vomito raggiunse la mia bocca, mi sentii gli occhi gonfi di lacrime, tuttavia mi trattenni.
Continuai a dare di stomaco ancora per qualche minuto dopo di che, tirai l’acqua e mi sedetti sul water.
Justin, probabilmente sentendo i rumori, capii che qualcosa non andava, e mi raggiunse in bagno.
Era in biancheria, e non potei fare a meno di notare che il suo corpo tremava.. ormai non era più agosto.
“Eva va tutto bene?” Mi chiese cercando di nascondere i brividi sul suo corpo.
“Si.. tutto bene.” Risposi sorridendo.
Poi si avvicinò a me..
“Hai vomitato?”
“Si.. ma è normalissimo..” Dissi cercando di non farlo preoccupare.
Continuava a cercare di nascondere i brividi, quando mi alzai e lo abbracciai.
“Dovresti vestirti.. ormai non è più alta la temperatura..” Dissi avvolgendolo fra le mie braccia.
“Andiamo a vestirci entrambi perché usciamo.. Devi dire a Simone del bambino.”
Deglutii rumorosamente.. Non sapevo come comportarmi con lui ora.. Prima c’era un rapporto d’amicizia, mi confidavo.. ma adesso le cose erano diverse..
Ci cambiammo entrambi e andammo al bar Eva.. Una volta entrati occupammo il solito tavolo e aspettammo il cameriere.
Ero in agitazione, e probabilmente Justin se ne accorse perché mi strinse la mano e mi baciò la fronte rassicurandomi.
Sentii dei passi avvicinarsi a noi, così mi voltai, cercando il volto del cameriere.. ma l’unico volto che vidi fu quello di Simone..
“Buongiorno..” Disse sorridendo, con un’aria pacifica.
“Buongiorno..” Rispondemmo io  e Justin..
Simone poi si sedette di fronte a noi..
“Tutto bene ragazzi?” Justin con non curanza rispose:
“Tutto bene.. anzi a meraviglia..Vero Eva?” Mi strinse la mano.
Annuii.
Poi Simone notò qualche nota di ansia nel mio viso e mi chiese:
“Eva, sicura? Vuoi dirmi qualcosa..?” Justin sapeva che non ce l’avrei fatta a dirglielo, così prima che potessi inventare una scusa le sue parole ebbero il sopravvento sulle mie.
“In realtà si… vuole dirti una cosa..” Disse stringendomi ancora di più la mano.
Cercai di raccogliere tutte le mie forze, poi sorrisi e dissi:
“Già.. Simone..” mi soffermai e mi voltai verso Justin per trovare aiuto nei suoi occhi. Lui mi diede uno sguardo intenso, con un misto di comprensione, coraggio, fiducia e amore.
Mi girai nuovamente verso Simone e dissi tutto con sicurezza.
“Sono incinta.”
Lui spalancò gli occhi, e aprì la bocca.. ma non disse una parola.
Poi si passò una mano fra i capelli dopo di che cercò di dire qualcosa che non capii. Guardai Justin che era abbastanza divertito, dopo di che rimisi lo sguardo su Simone..
Questa volta ce la fece a dire qualcosa..
“Tu.. Cioè.. Suo figlio?” Mi chiese indicando Justin. Non so perché ma sentivo che c’era complicità fra i due.
Annuii.
Si strinse le mani e sorrise.
“Io.. sono felice per voi ragazzi..” Disse. Mi sentii pervadere da un senso di soddisfazione nel vedere mio padre felice per me.
Sorrisi.
“E.. il bimbo, o la bimba.. sarà..” Mi guardò come per chiedermi il permesso di finire la frase.. ma lo feci io prima di lui.
“Tuo nipote.
Sorrise, e i suoi occhi si riempirono di lacrime.. Poi si coprì il volto e si sporse per abbracciarmi.
Senza pensarci due volte mi alzai e mi lasciai stringere dalle sue braccia.
Era il primo abbraccio che il mio vero padre, mi dava. Ed era una sensazione magnifica.
Fece cenno a Justin si unirsi a noi, e ben presto divenne un abbraccio collettivo.
Ora come ora, lui Justin e Sam, erano tutta la mia forza..
Poi ci distaccammo..
“Avete pensato a qualche nome?” Ci chiese Simone.. Io e Justin ci scambiammo uno sguardo d’intesa.
“No..” Risposi poi io.
Era ancora presto per pensare ai nomi.. avevamo ancora 8 mesi e più davanti.
Dopo varie allusioni alla mia maternità salutammo Simone e tornammo a casa.
Una volta giunti di fronte il vialetto, Justin ferma l’auto e si sporge a baciarmi.
“Dove vai?” Chiesi terrorizzata all’idea di passare la mattinata da sola con quel foglio.
“Sono le Nove.. Mi aspettano in studio..” Certo, avevo anche dimenticato che fosse una superstar.
Annuii e sorrisi, per non farlo preoccupare.. Anche se avrei dovuto non far preoccupare me stessa.
Come due bravi genitori ci scambiammo un bacio, poi scesi dall’auto e lui aspettò che entrassi in casa prima di partire.
Mi guardai intorno e cercai di trovare una distrazione, anche se la mia testa continuava a fremere in ansia di leggere quel foglio. Ad un certo punto, prima che potessi rendermene conto, ero già al piano di sopra con quel foglio tra le mani.
I miei occhi divoravano le righe, come il deserto assorbe l’acqua.

‘Sento che non lascerai che parta senza di te Eva.. Non lo farai.. Solo che penso..
E se tutto questo un giorno dovesse finire? Dove potrei mai guardare un mondo migliore di quello che hai tu negli occhi? E tu? Di altri migliori di me ne è pieno il mondo. Magari troverai qualcuno con meno sbalzi d’umore, una persona che ha già pianificato la sua vita, non uno stupido cantante. Insomma, pensaci, sei sicura? Sono ancora un ragazzo che non indossa il pigiama per dormire, un ragazzo che la mattina fa colazione con i cereali a forma di coniglietto.
Un ragazzo che si fa viaggi mentali guardandoti mentre ti muovi.
Un diciottenne che ha ancora paura del buio, della solitudine, del dolore e a volte dell’amore. Canto sempre.. per strada, sotto la doccia, in macchina..
Sono sempre pronto a commettere degli sbagli, e faccio maledettamente fatica a rimediare. Sono distratto, egoista, sicuro di me, e sfacciato. Certe volte chiudo gli occhi e dopo una manciata di secondi mi metto a ridere.
Ti ho fatta soffrire, abbandonandoti quando avevi più bisogno di me. Ti ho fatta soffrire lasciandoti da sola contro tutti. Non avrei potuto resistere a vedere quell’uomo che continuava a picchiarti fino a portarti alla morte, a causa del mio egoismo. Già, sto talmente bene con te, che mi fai diventare egoista. Penso solo a me stesso, e alla mia felicità, pur di stare con te.
Te che sei disordinata, confusa, lunatica, permalosa, orgogliosa, incontrollabile, patetica, pazza, per nulla modesta, distratta, sensibile, e bellissima.
---
Ed io nonostante tutto ti amo.
Ti amo perché non sai di abitudine. Ti amo perché non sai di un amore occasionale. Ti amo perché sei una boccata d’aria fresca. Ti amo perché non riesco a scrivere una canzone che non parli di te.
Ti amo perché il mio futuro finalmente non è più un’incognita.
Tu vuoi amarmi?.. Tu accetterai i miei difetti?..Devi esserne sicura.’


La lessi e rilessi, centinaia e centinaia di volte, senza rendermi conto che avevo trascorso tutta la mattinata inginocchiata per terra con il foglio nelle mani.
Come era facile sospettare, mio padre aveva minacciato Justin di ridurmi in fin di vita se non mi avrebbe lasciata. Scossi la testa, e mi concentrai sul resto delle splendide parole che quel foglio continuava a propormi.
La sua calligrafia disordinata e incomprensibile.
Le sue cancellatine e i suoi errori grammaticali. Amavo tutto di lui.

Sentii la porta aprirsi, lasciai il foglio sul letto e corsi al piano di sotto per dirgli che lo amavo, e che non avrei mai smesso di farlo.
Una volta raggiunto il piano di sotto, trovai solo un ragazzo, all’incirca della mia età con un’espressione confusa e smarrita. La delusione fu enorme.
“Eva?” Annuii.
“Devi venire con me.. Justin ha avuto un incidente.”
Sgranai gli occhi e lasciai che le braccia di quel ragazzo mi trascinassero fuori da casa nostra. Nostra. Mia e di Justin.

Ragazze :D
Riecco la mia parte ‘maledetta’ che riemerge ahahaha!!
Rincominciano i guai a quanto pare :/
A voi piace?! Avete qualche consiglio? Critica :D accetto tutto.
Sapete già che vi voglio bene
-Erika

PS. Ne approfitto per avvisarmi che probabilmente domani non ce la farò a pubblicare perché ho da studiare  CENTOVENTICINQUE pagine di storia ;’’(
Aiuto.

Ritorna all'indice


Capitolo 40
*** Capitolo 40 ***


Capitolo 40
Vidi il mondo che pian piano stavo costruendo, cadermi addosso, sgretolarsi completamente su di me.
Prima che potessi accorgermene ero già sulla macchina di questo ragazzo. Non pensai minimamente di capire chi fosse. L’unica cosa che mi interessava era andare da Justin al più presto.
Nel nostro piccolo paesino l’auto volò a 120 km/h .. Il ragazzo continuava a scalare e a cambiare marce,e prestissimo arrivammo di fronte all’ospedale.
Scesi di corsa sentendomi il cuore stringere forte.
Entrammo in ospedale, e prima che potessi fare qualunque domanda, salimmo sull’ascensore.
“Io mi chiamo Chaz comunque..” Disse ad un certo punto.
Sorrisi, non avevo voglia di socializzare in questo momento.
Non capì che avevo solo fretta di vedere Justin perché aggiunse:
“Eppure, il pancione non si vede..” Poi chiuse un occhio e mi squadrò meglio.
Mi ritrovai a reprimere la voglia di legargli quella sua stupida cintura con la badiera americana  al collo, e sorrisi, ancora.
Finalmente l’ascensore si fermò e lui andò avanti per farmi strada.
Arrivammo in un angolo appartato e molto ampio.. Era questo il privilegio di essere una popstar? Ottenere una camera isolata dal mondo, in ospedale?
Feci per aprire la porta, quando in infermiere si oppose alla mia mossa.
“Chi è lei signorina? È parente del ragazzo?” Lo guardai negli occhi.
“Se per parente intende che porto suo figlio in grembo.. si sono una sua parente.” Mi guardò la pancia, poi fece una smorfia e mi aprì la porta.
Prima che potessi guardare dentro la stanza mi voltai a cercare Chaz con lo sguardo. Lo trovai seduto nella sala d’attesa.
“Non vuoi venire?” Alzò lo sguardo e assunse un’aria tranquilla.
“Credo che tu voglia un po’ di privacy. Tutto qui.” Annuii, e sorrisi per ringraziarlo, poi entrai e mi chiusi la porta alle spalle.
Restai girata verso l’uscita qualche istante.
Cercai di infondermi coraggio da sola, cercai di convincermi che ce l’avrei fatta a guardarlo.. Invece quando mi voltai e lo vidi dovetti iniziare ad usare la mia maglia per asciugare un mare di lacrime.
'Non sei più nel paese delle meraviglie, Alice' pensai tra me e me.
Mi avvicinai a lui, e lasciai che i miei occhi percorressero i tratti del suo viso.
Teneva gli occhi chiusi, e dei fili erano attaccati alle sue braccia.
Perché non era sveglio? Perché non mi stava già prendendo in giro? Perché proprio a lui?..
Mi voltai dall’altra parte e mi asciugai le lacrime.. ‘non piangere cazzo. Non farlo.’ Continuavo a ripetere a me stessa.. Ma niente, il dolore era troppo forte.
Poi, improvvisamente, come un allucinazione, riuscii a sentire la sua voce..
“Peggiori solo la situazione..” Mi voltai di scatto, e vidi i suoi occhi socchiusi, e uno stupido sorriso sulle labbra.
Non riuscii a credere alle mie orecchie. Forse era solo uno scherzo della mia immaginazione?!
“Cosa?” Ripetei sperando di ricevere una risposta..
“Piangendo, peggiori solo la mia situazione.” Disse sorridendo.
Lasciai che le braccia mi cadessero sul corpo a peso morto.
Non dissi una parola e mi misi affianco a lui. Lo guardai, e mi sentii uno schifo. Una nullità. Uno zero. Capii che la mia vita senza di lui non avrebbe avuto senso. Capii che ormai era lui la mia vita.
Restammo a fissarci qualche minuto, poi di scatto il suo busto si alzò e le sue braccia mi avvolsero.
Mi sporsi in avanti, ed anche le mie braccia avvolsero il suo corpo per sostenerlo.
Poi appoggiai la mia testa nell’incavo della sua spalla, e respirai il suo odore.
Un odore meraviglioso che avrei riconosciuto anche se fosse stato circondato da una tale puzza di ospedale.
Cercai di stringerlo teneramente facendo attenzione a non fargli male.. non avevo nemmeno idea di cosa fosse successo.

“Sei un idiota.” Gli dissi appoggiando il mio volto sui suoi capelli.
“Lo so.” Mi rispose baciandomi il naso.
“Raccontami cos’è successo..” Dissi poi sedendomi accanto a lui.
Mi fece spazio nel letto, e mi distesi accanto a lui, fra le sue braccia. Non credo che all’infermiere sarebbe piaciuto ciò.
“Avevo appena parcheggiato e stavo raggiungendo lo studio a piedi.. quando una macchina mi viene incontro..” la sua voce si spezzò.. capii che non era il momento.
Lo abbracciai.
“Shh.. basta.” Dissi poi.
Se parlarne lo faceva stare male, avrei evitato di parlarne con piacere.
Restammo abbracciati ancora qualche minuto, ed entrambi ci sentimmo meglio a vicenda. Poi sentimmo dei passi avvicinarsi alla porta, così scesi dal letto, sotto lo sguardo deluso di Justin.
“Perché devono rompere? Voglio stare con te.” Disse ricomponendosi.
Come avrei fatto a stare in quella casa senza di lui?! Per quanto dovevano trattenerlo? Cosa gli era successo?
Entrò Chaz. Justin spalancò gli occhi e sorrise. Dopo essersi salutati, mi venne in mente Pattie.. Dovevamo avvertirla..
“Ragazzi scusate se mi intrometto..Justin dovresti chiamare tua madre..” Mi guardò, poi mi rispose:
“Non voglio dirglielo. Si preoccuperebbe solo.”
“Lo verrebbe comunque a sapere dai giornali. I paparazzi sono sotto.” Disse Chaz.
Justin ci pensò qualche istante, dopo di che mi porse il suo telefono.
“Potresti farlo tu?. Dille che sto bene.. Non potrei sentire la sua voce al telef..” La sua voce si spezzò di nuovo.
Presi il telefono e mi diressi fuori dalla stanza. Guardai nella rubrica, e tra un migliaio di numeri trovai quello di Pattie.
Uno squillo. Due squilli. Tre squilli. Quattro squilli.  Ora riattacco.
“Pronto tesoro?” La voce dall’altra parte del telefono era serena e tranquilla mi dispiaceva darle una notizia del genere..
“Pattie.. Sono Eva.”
“Oh, tesoro.. tutto bene? È successo qualcosa?” Era semplice da dire..
“Justin ha avuto un incidente.. ma sta bene ora.. Non è grave.”
Come è successo? Chi l’ha investito? Era in auto? Dove si è fatto male? È solo in ospedale? Non è in sala operatoria vero?..” Le sue parole entravano a raffica nel mio cervello. Mantenni la calma.
“Non ti so dire.. mentre tentava di spiegarmi dov’è ferito, e cosa è successo, gli si è spezzata a scuola.. così ho lasciato stare. È nella sua stanza d’ospedale con Chaz, ed io sto per andare a cercare un medico.”
“Io non.. cioè.. tu..” Non riusciva a completare la frase..proprio come Justin quando è nervoso.
“Io non posso venire li. Jazmine sta facendo una terapia, non posso lasciare sola la bambina.. anche se..” La interruppi.
“Pattie non devi lasciare sola Jazmine.. Con Justin ci siamo io e Chaz.. e poi sta tranquilla riesce a parlare e a fare battute tranquillamente.” Si mise a ridere.
Ti prego Eva, per favore non lo abbandonare nemmeno un minuto. Fai le mie veci tesoro per favore. Ha bisogno di te.” Riflettei sulla sua ultima frase..Justin aveva bisogno di me.. ma forse io ne avevo di più di lui.
“Tranquilla Pattie.. adesso vado a cercare un dottore. Ti chiamerà lui questa sera..” Attaccai.
Mi guardai intorno alla ricerca di un dottore, non trovandolo mi rivolsi all’infermiere posizionato fuori dalla stanza di Justin.
“Lei può dirmi le quali sono le conseguenze dell’incidente?” L’infermiere si guardò intorno.
“Ha una gamba rotta, e un livido al fegato.” Livido al fegato?
“è grave?” Scosse la testa..
“C’è di meglio in giro.. ma non è una cosa incurabile. Basterà tenerlo qui per un certo periodo.”
“Periodo quanto?”
“Io non so quanto.. “ Poi con lo sguardo mi fece cenno di girarmi.
Mi voltai e vidi un uomo di mezza età, dirigersi verso di me.
Si fermò di fronte ai miei piedi.
“Signorina piacere sono il dottor Santini. Lei è?” Strinsi la mano che mi porse.
Chi ero io? Se avessi detto di essere la fidanzatina di Justin mi avrebbe riso in faccia e cacciata a calci.
“Piacere mio, sono la moglie..” L’infermiere mi guardò storto, ma non disse nulla.
Avrebbe funzionato? Così avrei sicuramente avuto il diritto di poter stare con Justin tutto il tempo, come Pattie mi aveva chiesto.
“Moglie?” Ed ora? Quanto ero scema.
“Già.. sono rimasta incinta così ci siamo sposati.” Sorrisi maliziosamente.
Il dottore non si accorse dell’enorme menzogna che aveva di fronte e annuì guardando dei fogli.
“Bene… Justin riporta una rottura all’osso inferiore del ginocchio, e un livido emarginale al fegato.” Annuii, questo lo sapevo già.
“Dottore quanto è grave? E quanto dovrà rimanere in ospedale?”
“..Bhe ancora non posso dirle precisamente.. comunque non molto.. Non molto.” Ripetee facendomi cenno di seguirlo dentro la stanza di Justin.
Appena entrati Chaz salutò ed uscì, mentre io ormai non potevo più comportarmi da adolescente.. Ero sua moglie.
Il dottore parlò con Justin e gli spiegò la situazione, dopo di che aggiunse:
“Tua moglie può restare con te giorno e notte.. Dirò agli infermieri di non imporre orari..”
Justin sussultò, poi mi guardò, si rese conto della situazione e salutò il dottore che uscì dalla stanza.
Mi avvicinai a lui che mi guardò con un’aria divertita.
Dovresti uscire di qui, tra poco arriverà mia moglie e potrebbe ingelosirsi.” Poi si mise a ridere.
Quanta forza mi dava questo ragazzo? Nonostante fosse ridotto in un letto d’ospedale, continuava  a sorridere.. Mi ricordai di Jazmine.
Sorrisi anch’io.. anche se il mio sorriso in confronto al suo, spariva completamente.
Ti amo, lo sai?” Mi disse. Ritornai al mio posto accanto a lui e spontaneamente mi venne da dire in risposta alla lettera:
“Mi prenderò cura dei tuoi difetti rendendoli perfetti.” Evidentemente capii, perché mi baciò.
Una forte fitta alla pancia mi distrasse, ma non ci feci caso e pensai a godermi i miei momenti con lui.
 

R.I.P Melissa.
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 41
*** Capitolo 41 ***


Capitolo 41
L’indomani mattina al mio risveglio, mi sentii il corpo ghiacciato, così prima di aprire gli occhi provai a girarmi cercando il corpo di Justin per riscaldarmi.
L’unica cosa che trovai fu il piede del suo lettino, con cui sbattei la testa.
“Ahi” Dissi a gran tono. Poi aprii gli occhi e mi resi conto di trovarmi per terra.
Ero caduta dal letto. Mi alzai di colpo senza pensare che sopra la testa avevo il lettino di Justin, così sbattei nuovamente la testa.
“Porca miseria..” Dissi massaggiandomi con entrambe le mani i due punti in cui avevo sbattuto.
Non era di certo il miglior risveglio della mia vita, ma nonostante tutto mi venne anche da ridere. Sperai tanto che Justin stesse dormendo,e che non avesse visto niente.. Sperai.. Poi sentii la sua risata.
Sorrisi, perché dopo quello che era successo, sentirlo ridere mi faceva capire che stesse bene.
Continuava a ridere.. rideva di gusto.. Immaginai che avesse le lacrime agli occhi, e quando mi alzai per guardarlo in faccia.. effettivamente si stava tenendo il fianco a aveva le lacrime agli occhi.
Dovetti trattenermi per non scoppiare a ridere anch’io, poi assunsi un’aria arrabbiata e gli dissi:
“Fa così ridere?” Si rimise composto a fatica, il livido al fegato doveva davvero fargli male, dopo di che cercò di trattenersi.. Ma non ce la fece,perché una seconda risata emessa dalla sua bocca aperta al massimo delle sue possibilità mi investì.
Non riuscendo a parlare a causa delle risate annuì dicendomi che faceva davvero così ridere.
Questa volta non potei trattenermi, e scoppiai anch’io a ridere.
La sua risata fu un toccasana, mi sentii subito meglio e di buon umore..
Durò poco però, un’altra fitta alla pancia mi fece spalancare gli occhi di colpo.
Cercai di fronte a Justin di far finta di nulla.. ma solitamente le fitte iniziano durante l’ultimo mese di gravidanza giusto?! Io tra qualche giorno sarei entrata nel secondo mese. Forse era bene informarmi meglio. Feci finta di piegarmi in due dalle risate, ma sotto i capelli che avevo spostato in avanti in modo che mi coprissero il viso, un’espressione di dolore regnava nel mio viso.
Quando finalmente mi passò la fitta, mi rialzai sotto lo sguardo vigile di Justin.
“Che succede Eva?” Chiese assumendo un’espressione tutt’altro che divertita.
“Nulla.. Nulla..” Mentii, e prima che potesse insistere, lo incalzai.
“Io vado a casa faccio una doccia, poi compro la colazione e torno.. Va bene?” Dissi sorridendo.
Ero convinta che, nonostante potessimo stare insieme 24 ore su 24 senza stancarci mai l’una dell’altro, lui avesse bisogno della sua privacy.
Sorrisi e lasciai che i suoi occhi mi scrutassero.
“Non tardare..” Aggiunse poi.
Sorrisi ed uscii dalla stanza, cercando di aggiustarmi i capelli .. Poi mi imbattei nel dottore di Justin.
“Buongiorno signora Bieber.” Sgranai gli occhi, poi mi ricordai della mia squallida bugia.
“Buongiorno dottor Santini..” Risposi sorridendo.
“Dove sta andando?”
“Faccio una doccia, prendo la colazione a Justin e torno..” Mi sorrise.
“Va bene, mi raccomando non lo lasci solo, i pazienti hanno tanto bisogno di compagnia..”
“Certo..” Risposi.. Poi si voltò per andarsene, ma io lo fermai. A lui potevo chiedere.
“Scusi ancora dottore.. Ma vorrei farle una domanda.. Io tra qualche giorno entrerò nel secondo mese di gravidanza.. è possibile avere già delle fitte al basso ventre?” Il dottore assunse un’espressione dubbiosa, poi mi rispose:
In realtà non dovrebbe esserci nessuna fitta fino al quarto mese.. Ma lei sta facendo dei controlli ginecologici?”
Scossi la testa..
“Le consiglio di farli e al più presto..” Annuii poi lo ringraziai e feci per andarmene.
“Ad dottore un’ultima cosa.. Non dica nulla a Justin.. Si preoccuperebbe”
Il dottore fece spallucce come per discolparsi dopo di che entrò nella stanza di Justin.
Mi voltai sperando che non si faccia sfuggire niente, ed uscii dall’ospedale.
Mi incamminai verso casa e ci arrivai dopo venti minuti.. camminai davvero lentamente.. ma ogni volta che provai ad accelerale sentii una forte sensazione di nausea percorrermi lo stomaco.
Arrivai a casa, chiusi a chiave, e mi infilai sotto la doccia.
Lasciai che l’acqua bollente mi ricadesse sul corpo facendomi rilassare.
Non potei fare a meno di ripensare a Justin.. tutto mi ricordava lui.. Ovvio no? Ero a casa sua.
L’estate era ufficialmente finita, quindi mi sarei messa qualcosa di più pesante, per non sentire quella brezza ghiacciata che c’era nell’aria ultimamente.
Aprii lo scompartimento del box doccia e feci per uscire, quando mi ritrovai davanti, il ragazzo biondo dell’altro giorno.
Afferrai la tovaglia che avevo affianco  e mi coprii in pochissimi istanti, poi iniziai ad urlare, afferrai istintivamente i saponi, le spugne e quant’altro e gliele scaraventai addosso.
“Idiota non si bussa a casa tua?” Dissi poi avvicinandomi a lui a tal punto dal punto da poterlo uccidere.
Rise. Ok, era forse la mia giornata sfortunata? Tutti ridevano di me.
Solo che la sua risata non aveva nulla a che fare con quella di Justin. Riuscì solo a farmi innervosire.
“Comunque.. che ci fai qui?” Chiesi poi, decidendo di sorvolare ber il bene di entrambi sull’accaduto.
“Justin mi ha mandato a prenderti.. Non vuole ne che prendi taxi, ne che torni a piedi..” Lo guardai storto.
“E proprio sto deficiente  mi doveva mandare?” Dissi voltandomi e indicandogli la porta..
“Ti aspetto di sotto, fai in fretta.” Annuii di malavoglia.
Appena si chiuse la porta alle spalle, iniziai a cambiarmi.. infine mi asciugai i capelli a cui diedi anche una passata di piastra.. dopo di che mi truccai e mi guardai allo specchio cinque minuti di fila.. Tutto per fare incazzare Chaz.
Quando finalmente scesi al piano di sotto lo ritrovai a mani conserte, appoggiato alla porta, e notai fra le sue mani le chiavi di casa.
“Come fai ad avere le chiavi?”
“Justin ha una copia delle chiavi di casa mia ed io una della sua..” Annuii.
L’amicizia maschile era così strana.. Se ti invita a casa non ha bisogno delle chiavi, ti apre lui no?
Salimmo in macchina, passammo a prendere la colazione, dopo di che tornammo in ospedale.
Nel parcheggio dell’ospedale, una marea di fotografi litigava con medici ed infermieri.. o era arrivata Lady Gaga, oppure avevano saputo di Justin.
Io e Chaz passammo dall’entrata sul retro, e raggiungemmo la stanza di Justin dopo qualche minuto.
Tuttavia non era solo, era in compagnia.
Un’infermiera mora, con gli occhi più verdi dei miei era impalata di fronte a lui, con un suo autografo in mano. Ridevano.
La cosa che mi fece più rabbia era che lui fosse a petto nudo.
Non sono gelosa, giuro. Vorrei solo mettergli un burqa.

Chaz  mi stava davanti, tuttavia senza rendermene conto lo superai ed entrai a velocità incontrollabile. Sorrisi ad entrambi, poi Justin fece il resto.
“Eva, lei è Katrine, un’infermiera.. Katrine lei è Eva la mia ragazza..” Mi porse la mano e mi disse:
“Piacere..”
“Piacere mio.” Risposi in maniera glaciale stringendogli la mano.
Poi si congedò ed uscì dalla stanza.
Mi voltai verso Justin e lo guardai male, facendogli pensare che lo facevo a causa dell’infermiera..
Lui assunse un’espressione di colpevolizzazione e mi disse:
“Senti ti giuro che non sapevo fosse..” Non lo lasciai finire.
“Perché hai mandato questo idiota a prendermi?” Dissi sorridendo, facendogli capire che nonostante fossi gelosa non gli avrei fatto nessuna predica.
Si mise a ridere.
“Ecco perché ti amo.. Sei imprevedibile..Io pensavo.. Che sciocco.” Si coprì la faccia e rise.
Quanto cazzo era stupendo? Nonostante fosse in un lettino d’ospedale i suoi capelli erano stupendi, e il suo viso non aveva perso vigore.
Mi sedetti accanto a lui..
“Che credevi? Non potrei essere gelosa di te scusa..” Dissi con un’aria scherzosa.
Mi cinse i fianchi.
“Tanto.. chi sono io? Tuo marito.” Disse e scoppiammo a ridere tutti e tre.
“E poi quella li, mai si avrebbe potuto interessarsi ad uno come te.” Aggiunsi ridendo.
“Quella li, termine comunemente usato dalle ragazze per dire ‘quella grande troia se si avvicina di nuovo al mio ragazzo giuro che la scaravento sotto un tram e gli faccio fare anche marcia indietro per assicurarmi che la schiacci per bene’.” Disse Chaz intromettendosi.
Mi alzai e gli puntai contro il dito.
“Non dire cavolate cretino.” Dissi ridendo.
Lui mi puntò contro il suo dito e aggiunse:
“Cretina sarai tu, degradante ragazzina.” Poi afferrò del cotone e me lo lanciò addosso. Senza pensarci due volte presi le coperte che l’infermiera aveva da poco ripiegate e gliele lanciai addosso. Justin iniziò a ridere a crepapelle così afferrai un cuscino e lo colpii in faccia.
“Ehi signora Bieber, le sembrano modi?” Mi disse poi continuando a ridere.
La lotta continuò qualche minuto. Ci lanciammo tutti e tre , ogni cosa che ci veniva sottomano, e quando il materiale finì Chaz disse:
“O la finiamo qua tutti e tre, oppure ti lancio Justin addosso.” Le risate caddero come pioggia, e prima che potessimo rimettere tutto in ordine il dottor Santini spalancò la porta.
Justin nascose dentro le sue coperte, tutte le posate che ci eravamo lanciati dopo di che ci ricomponemmo tutti.
“Ragazzi..” Disse il dottore per salutare.
“Salve dottore.. non dovevamo vederci dopo pranzo?” Disse Justin.
Si, ma sono passato a dire a tua moglie che pomeriggio gli ho prenotato una visita dalla ginecologa per quelle fitte di cui mi ha parlato.
Vidi come il bagliore di un lampo brillare nelle pupille di Justin, poi il dottore e Chaz notando la tensione che c’era nell’aria salutarono e uscirono.
Non poteva tenere la bocca chiusa?!
“Fitte? Di che parlava Eva?” Mi chiese assumendo un’aria nervosa.

Ora avrei dovuto dirglielo, chissà quale sarebbe stata la sua reazione.

Ragazzeeee *-*
Ho saputo del terremoto.. non so se abitate vicino a dove è successo.. Se si, state bene?
Comunque.. Lo scorso capitolo le recensioni sono state poche, non vi è piaciuto forse? Non so era noioso? Spero invece che con quest’altro capitolo possano davvero aumentare.
Comunque sia sappiate che vi voglio bene
Un bacione
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 42
*** Capitolo 42 ***


Capitolo 42        
Mi avvicinai a lui per potergli spiegare meglio.. Mi fece posto, e mi sedetti.
“Non voglio che tra noi ci siano segreti.. soprattutto se riguardano la tua gravidanza.” Iniziò.
“Justin sono solo delle fitte, non voglio farti preoccupare.. magari sono solo una cavolata e nulla di che..” Dissi cercando di sdrammatizzare.
“Nulla di che? Nulla di che? Ma sei impazzita forse?” Iniziò ad urlare, gesticolando.
Mi spaventai, non mi sarei mai aspettata una reazione del genere.
Cercai di placare la sua ira.
“Justin stà tranquillo pomeriggio faccio la visita..” Non mi fece finire.
“Eva non capisci.. Da quanto va avanti questa storia?” Mi chiese.
“Qualche giorno..” Risposi abbassando lo sguardo.
Non avrei immaginato che rendesse così importante ogni piccola cosa.
“Eva non si scherza con le gravidanze.. mia madre ha perso un bambino a causa di alcune fitte..” Disse ad un certo punto.
Solo ora, potevo rispondere a tutte le domande che mi ero posta in precedenza.
Pattie, aveva perso un bambino?
Tornai a sedermi accanto a lui.
“Mi dispiace Justin.. è colpa mia avrei dovuto dirtelo..” Dissi pentendomi di non averlo fatto prima.
“Scusami per lo sfogo.. Ma non potrei immaginare di perdere il bambino Eva.”
Scossi la testa per fargli capire di non preoccuparsi..
“Voglio venire con te pomeriggio..” Disse.
“Sai di non poterlo fare. Ci andrò sola.. Verrò subito a parlare con te dopo..” Dissi.
Poi cambiammo argomento, e restammo tutta la mattina fra di noi, fin quando pomeriggio non arrivò l’ora della visita.
Mi recai nel reparto ginecologia, dove incontrai una dottoressa giovanissima.
“Salve, sono…” Non mi fece finire.
“Bieber.”
Ma perché cazzo questa storia mi perseguitava?!
Annuii.
“Il dottor Santini mi ha accennato ad alcune fitte..” iniziò.
“Esatto. Delle fitte fortissime al basso ventre.”
“Con quale frequenza?”
“Non ci ho fatto caso, ma ultimamente molto spesso.”
Scosse la testa e mi fece cenno di sdraiarmi sul lettino.
Mi sdraiai, e mi scoprii la pancia. La dottoressa fece l’ecografia, poi scosse la testa.
“Qualcosa non va Eva.. Vorrei fare degli esami.” Deglutii rumorosamente.
“Cosa non va? Il bambino ha qualche problema?” Aggiunsi preoccupata.
“No. Lui sta benissimo, è il tuo corpo a non andare.. Ma per essere sicura dovremmo fare degli accertamenti.”  Sentii le braccia improvvisamente pesare come non mai.. Sentii come un forte bruciore alla fronte, che si dilaniò fino agli occhi.
“ Per caso, soffri o hai sofferto, di disturbi alimentari o bulimia?” Mi chiese seria.
“Ho avuto dei disturbi alimentari.. ma molto tempo fa.. Perché?”
Quando mio padre aveva iniziato a picchiarmi, io avevo iniziato a punire me stessa senza sapere perché. Ebbi attacchi di autolesionismo e disturbi alimentari.. che successivamente ero riuscita a superare.
“Il tuo corpo ne sta risentendo.. Ma per darti una diagnosi completa ho bisogno degli esami.. Eva.. non so come dirtelo.. Ho un sospetto.. Potresti avere la malattia di Hodgkin” La malattia di chi di cosa?.. Non volevo sentire altro, tuttavia dovevo sapere cosa c’era nel mio corpo.
“Cosa sarebbe..?” Chiesi con un sussurro.
“..è più conosciuta come Leucemia..” Disse cercando il mio sguardo, che però si era già perso al di là della finestra che dava sul cortile.
Leucemia? Sapevo di questa malattia.. Ma sospettare di averla.. è una sensazione che nella mia vita non avevo mai provato.
La dottoressa si accorse delle lacrime che mi rigavano il viso e aggiunse:
“Ma io sono una ginecologa, la mia è una diagnosi affrettata, da ignorante in materia.. Anche se certe cose si capiscono anche da una stupida ecografia.”
Disse.
Mi alzai e facendo finta di nulla presi gli esami che mi prescrisse e uscii dalla sua stanza.
Non era possibile. Forse era solo uno scherzo del destino.. destino che sembra volersi prendere gioco di me.
Andai dal dottor Santini e gli mostrai la prescrizione degli esami.
“Solo perché è lei glieli faccio fare oggi stesso…” Disse, ma non mi sentii per nulla consolata.
Dopo avermi fatto le analisi, mi promise di farmele avere entro il giorno dopo.
Mi recai verso la stanza di Justin, tuttavia non entrai ma mi fermai sulla porta.
Cosa gli avrei detto?.. ‘ Ciao Justin forse ho la leucemia.’ 
Anche se questa volta non gli avrei mentito.
Presi forza ed entrai.
Appena spalancai la porta lo trovai con un libro in mano.
‘Le dieci regole di un buon padre’. Istintivamente mi venne da piangere.
Se davvero avevo la leucemia.. non so quanto sia possibile portare avanti la gravidanza.
Nascose il libro.
“Ehi scema..” disse allungando le braccia verso di me.
Sorrisi.
“Com’è andata?” Mi chiese.
Mi sedetti accanto a lui, ed evitai qualsiasi contatto, che mi avrebbe sicuramente fatta finire in lacrime.
“è  andata..” dissi cercando in me la forza di non mentire.
Mi abbracciò e non riuscii a controllare le emozioni, così iniziai a piangere.
Sarò pur stata infantile, ma non sapevo davvero cos’altro fare.
“Shh tesoro dimmi cosa ti ha detto.” Disse cercando di tranquillizzarmi, anche se nel suo tono tutto c’era tranne che tranquillità.
“Io..io..” Balbettai prima di riuscire a dire per intero:
“Potrei avere la leucemia.” Le sue mani che prima accarezzavano il mio corpo, si bloccarono di colpo.
Ci furono istanti di freddo e silenzio.
Come si può diagnosticare un tumore, da un’ecografia.. che cazzata è?” Disse nervoso.
“Infatti aveva dei dubbi, così mi ha prescritto degli esami che ho fatto poco fa..”
“Vedrai che si sarà sbagliata.” Disse tranquillizzandomi. Dopo qualche istante che trascorsi fra le sue braccia aggiunse:
“Hai paura?”
“Ho paura per il bambino.” Dissi.
Era la verità. Più o meno. Due paure mi tormentavano. Perderlo.. e perdere il mio bambino.
Mi fece distendere dentro le sue lenzuola, e passammo la notte in quel modo.
L’indomani mattina, non mi ritrovai per terra.. no. Mi ritrovai fra le sue braccia con le sue labbra sulla mia fronte.
Forse la soluzione sarebbe stata quella di non saperlo. Se non avrei mai saputo il risultato dei miei esami, non avrei dovuto conoscere la realtà.
Ma cosa dico? Devo smetterla di scappare dai problemi.
Mi sottrassi a malincuore dalle braccia di Justin, ed uscii dalla sua stanza.
Erano le 9:00 e tutti i medici erano già a lavoro.
Mi sedetti fuori la stanza, e per scherzo del destino qualche istante dopo il dottor Santini si mise a sedere accanto a me.
“Buongiorno Eva.”
“Buongiorno” Risposi mascherando l’ansia.
Si levò gli occhiali e mi guardò negli occhi.
“Ho il risultato degli esami.”
Mi alzai e senza che mi dicesse nulla, dalla sua espressione capii cosa voleva dirmi.
I miei piedi mi portarono fuori dall’ospedale.. A pensarci bene non sapevo nemmeno cosa fosse la Leucemia..!
Non volevo saperlo.
Passai cinque minuti di fronte all’ingresso dell’ospedale.. Poi risalii nella camera di Justin, a cui decisi che avrei raccontato tutto.
Entrai, e lo trovai sveglio con la colazione in mano.
Mi guardò, e capì che qualcosa non andava..
“Noi combatteremo insieme.” Mi porse il mignolo.
Intrecciai il mio al suo.
“Io combatterò per te.”

Poi il dottore venne a chiamarmi, probabilmente voleva discutere sulle terapie o magari voleva semplicemente spiegarmi cosa avevo!
Andai nel suo studio.. Si sedette su una poltrona e iniziò.
“La leucemia è un tumore alle cellula del sangue.”
“Dottore voglio solo sapere, se ci saranno ripercussioni sulla mia gravidanza.”
Si levò nuovamente gli occhiali.
“è possibile.. come non lo è.. dipende.”
Continuammo a discutere delle cure, dei sintomi, e di tutto ciò che la leucemia comportava.. finchè non tornai nella stanza di Justin.
Qui restai sconvolta non potei credere ai miei occhi.

Ragazze.. :D Salve a tutte..
Voglio preannunciarvi che restano pochi capitoli.. e poi la storia finirà.
Ma.. voglio anche dirvi che ne ho già in mente una nuova.
*-* Che ve ne pare di questo? Come al solito, sono drammatica.
Poi, volevo premettere, che parlando della Leucemia in questa FF non voglio assolutamente prendermi gioco di ciò che essa comporta, ne offendere nessuno.
Anzi sono particolarmente sensibile a queste tematiche.
COMUNQUE SIA.. ASPETTO LE VOSTRE RECENSIONI.. ANCHE SE SONO DIMINUITE DI MOLTO.. NON  IMPORTA*-* IO ASPETTO SEMPRE DI SAPERE CHE NE PENSATE.
Un bacione ragazze, vi voglio bene
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 43
*** Capitolo 43 ***


Capitolo 43
Restai con gli occhi e la bocca spalancati.
La stanza di Justin era sotto-sopra. Le lenzuola, e il cuscino del suo letto erano dispersi nella stanza, proprio come la sua rabbia.
Il comò che avevo sempre visto ordinato, ora era dall’altra parte della parete in mille pezzi. Le tende distrutte per terra.. Cos’era successo?!
Mi guardai intorno e vidi Justin in un angolo,con la tunica dell’ospedale, che lanciava per aria tutto ciò che c’era all’interno del suo armadio. Lenzuola, vestiti, pigiami, cappelli.. tutta la sua roba si disperse per la stanza.
Sul suo viso delle lacrime, scendevano come se stesse piovendo sulle nostre teste.. e un’espressione di rabbia si dilaniò nell’aria.
Corsi accanto a lui, e lo avvolsi da dietro.
“Justin basta, per favore.” Urlai cercando di trattenerlo. Si bloccò di scatto, e l’infermiere entrò improvvisamente.
“Cos’è successo qui. Chiamo il dottore.?” Mi chiese fissandomi.
“No per favore. Va tutto bene.”
Justin si calmò e si lasciò cadere per terra. Mentre l’infermiere chiuse la porta, mi lasciai cadere a terra anch’io.
Non emetteva nessun verso e non singhiozzava, ma potevo benissimo vedere le sue lacrime rigargli il viso.
Sarebbe stato stupido chiedergli che succede.. Era ridotto così a causa dello Stress. Io a casa sua, il bambino, sua madre, Jazmine, l’incidente..e ora la leucemia.
Le parole sarebbero state inutili e banali in questo momento, così lo abbracciai, avvolgendolo fra le mie braccia.
Avevo le mani dietro il suo collo, ed eravamo viso a viso quando disse:
“Scusami,non dovevo sfogarmi.”
“..è successo qualcosa in particolare?” Chiesi preoccupata.
“Il dottore mi ha detto che domani stesso mi rimetteranno.” Sorrisi e lo baciai.
“..è una notizia stupenda questa Justin.” Dissi in preda alla gioia.
Alzò lo sguardo e mi lanciò un’occhiata carica di incomprensione.
“Come può essere una buona notizia.. Ora che mi dimettono, scopriamo che tu hai la leucemia Eva..” Deglutii.
“Non voglio che tu ti preoccupi per me. L’unica cosa di cui dobbiamo preoccuparci e di sperare che non comporti danni alla gravidanza.” Dissi seria.
Si alzò di scatto.
“Alla gravidanza Eva? Stiamo parlando della tua vita, accantona per un attimo la gravidanza.”  Perdere il bambino, era impensabile per me.. Non mi importava dover passare il resto della mia vita in ospedale… Mi importava solo vedere mio figlio tra le braccia di Justin.
“Non accantonerò mai la gravidanza. Farò di tutto per portarla avanti Justin, a costo di rischiare la mia vita.” Dissi sicura di ciò che uscì dalla mia bocca.
Mi guardò male.
Come pensi che starei senza di te? Devi lottare principalmente per la tua vita. Per me è impensabile perderti.”
Stavo per rispondergli, quando Kaitlin entrò e si guardò intorno sconcertata.
La stanza, era praticamente inagibile.
“Ragazzi tutto bene? Farete meglio a mettere in ordine prima che arrivi il dottore.. cioè fra  cinque minuti.”
Ci scambiammo uno sguardo e ci alzammo di corsa, poi anche Kaitlin ci aiutò a mettere in ordine, sotto il mio vigile sguardo che la teneva lontana da Justin.
Sono una donna, ed ho pur sempre il diritto di essere gelosa.
Mentre finimmo di aggiustare il letto, il dottor Santini entrò.
“Salve ragazzi. Kaitlin vai al quinto piano dalla signora Rose.” Lei annuì per poi scomparire prima che potessimo ringraziarla.
Poi Santini si chiuse la porta alle spalle e ci fece cenno di sederci sul letto, invece lui prese posto sulla sedia.
“Eva, Justin ti ha già detto che verrà dimesso?” Annuii.
“Bene.. Per quanto riguarda te.. Da un accurato esame, ho scoperto che è una leucemia mieloide acuta. Regredisce facilmente nel 75% dei casi in seguito alla terapia d’urto iniziale. Purtroppo dopo qualche anno recidiva con esito spesso mortale. Si stanno sperimentando anticorpi monoclonali capaci di veicolare sulle cellule tumorali farmaci chemio terapeutici efficaci.”
Deglutii, e vidi Justin scomparire in bagno. Feci cenno al medico di continuare.
“Si può curare.. anche se.. “ Non finì la frase e si mise a tossire.
“Comunque.. Dobbiamo seguirla nella sua evoluzione e cercare di bloccarla. Il ricovero finisce per lui, ed inizia per te.. Potresti stare a casa e venire in ospedale a controllo.. Ma sei gravida, quindi dovrai essere ricoverata.”
Annuii. Non mi interessava. O meglio non in questo momento.
Salutai il dottore e andai a recuperare Justin.
Nel frattempo aveva preparato la sua valigia, e si era cambiato.
“Voglio che tu venga seguita da qualche dottore più esperto.. Che ne so cinese, filippino, americano.. Mi informerò e partiremo.” Lo afferrai da un braccio.
“Non voglio. Voglio restare qui. Il dottor Santini è un buon medico.”
Lasciò cadere la sua valigia per terra e mi scrutò. I miei occhi si persero nei suoi, come le mie labbra d’altronde, si persero nelle sue.
Non potei fare a meno di baciarlo. Ero io ad avere la Leucemia, ma in cuor mio sapevo che era lui quello che aveva bisogno di più cure.
Mi afferrò dalle cosce e mi prese in braccio.
Con le gambe gli accerchiai la vita, e gli misi le mani dietro al collo.
Con le dita, iniziò a stuzzicare la mia schiena, poi allontanò le sue labbra dalle mie, e mi baciò il naso, il mento e il collo.
“Justin siamo nella tua stanza d’ospedale.. “ Riuscii a dire sfuggendo alla sua lingua.
“Tu sarai in una stanza d’ospedale, io sono in Paradiso.”
Disse continuando a baciarmi.
“Domani dovrò ricoverarmi.. Ti prego almeno oggi.. Stiamo lontani da qui.” Dissi mentre lui si fermò.
 Restammo in quella posizione qualche istante, dopo di che scesi, prese la valigia e ce ne andammo.
Chaz aveva parcheggiato la sua auto sotto, così salimmo e Justin partì alla velocità della luce.
Sapevo che non mi avrebbe portata a casa, ma non potevo immaginare di trovarmi di fronte ai grandi magazzini.
“Che ci facciamo qui?” Non mi rispose, ma mi afferrò la mano e iniziò a trascinarmi fin dentro.
“Justin potrebbero riconoscerti..” Dissi.
“Non mi interessa..”
Arrivammo nel reparto campeggio, e mi trascinò all’interno di una tenda,che chiuse alle nostre spalle.
“Justin inizi a farmi paura.. Che facciamo qua..”
“Ciò che è proibito, diverte ancora di più.” Mi rispose e iniziò a baciarmi..
Continuai a baciarlo, fin quando non capii cosa aveva in mente.
“Aspetta Justin.. Non vorrai.. qui?” Chiesi spaventata dall’idea.
Mi morse il labbro inferiore, ma non mi disse nulla.
“ Potrei mischiarti la leucemia..”
“Si vede che non sai proprio nulla di questa malattia..” Mi disse sfilandomi la maglietta.
In fondo, si vive una volta sola.. Così lo lasciai fare e mia abbandonai a quest’idea folle.
Le sue mani percorrevano le linee del mio corpo, come se lo avessero fatto giorno per giorno, come se fossero state fatte apposta.
Gli levai la maglietta e capovolsi la situazione.
Nella posizione in cui si trova il fegato, vidi una chiazza violacea, così feci attenzione ai miei movimenti, per non fargli male.
Lui non sentiva dolore, o forse non gli importava, perché si muoveva con tranquillità e destrezza sul mio corpo.
Quando ci ritrovammo entrambi nudi, si soffermò a guardarmi, e una mano gli cadde fra i miei capelli.
“Sei stupenda..” Mi sussurrò piegandosi su di me.
Di tutta risposta, lo abbracciai e permisi che il suo corpo si adagiasse sopra il mio.
Era un momento così inadatto. Però era uno dei momenti migliori della mia vita.
Non avrei mai pensato di ritrovarmi in una situazione del genere.. E invece..
I nostri corpi, ormai perfettamente sincronizzati, si muovevano all’unisono.
Mi trattenni, in modo da non emettere nessun verso, ne gemito.
Purtroppo Justin non riuscì a fare lo stesso, così per farlo tacere, iniziai a baciarlo.
Era folle. Era folle lui. Era folle il nostro amore. Era folle la situazione in cui ci trovavamo. Era folle che avessi la leucemia. Era folle che nessuno oltre Justin lo sapesse. Era folle che ero incinta.
“Non succederà nulla al bambino vero?” Disse poi ansimando.
“Stà tranquillo.” Risposi sicura di me. Avevo parlato con la ginecologa. Si può perfettamente avere rapporti durante la gravidanza.

Se la mia vita, ora aveva una durata di scadenza, non avrei fatto altro che godermela.
Sentii il bisogno di lottare crescere in me.. Lottare per il bambino, per me, per Sam, per Simone, per Justin.
Era per lui che avrei lottato, per lui che ora era tutta la mia famiglia.
E se anche partorire sarebbe stata l’ultima cosa che avrei fatto.. Sarei stata felice perché avrei lasciato fra le sue braccia, il nostro amore. Nostro figlio.
Scacciai dalla mente questi pensieri, e continuai a godermi il momento, fin quando Justin non si sdraiò accanto a me e mi disse:
“Scappiamo?”
“Da chi?”
“Dalla realtà.”

Mi scesero delle lacrime, poi ci rivestimmo e scappammo dalla realtà.

Eccomi tesori *-*
SIATE SINCERE, questo lo sento particolarmente pietoso. Davvero, non mi offendo, anzi accetto le critiche.. C:
Cooooomunque sia, se c’è qualcuna nuova che vuole seguirmi su Twitter, io sono @ErikaZafon
Sapete già abbastanza bene quanto vi adoro.
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 44
*** Capitolo 44 ***


Capitolo 44
Continuammo a ridere per tutto il tragitto, fino a raggiungere la sua auto.
“Non ci credo che lo abbiamo fatto..” Dissi tra una risata e l’altra.
Mise in moto e partimmo.
“Era una delle cose da fare prima di morire.. ora posso cancellarla dalla lista.” Aggiunse continuando a ridere.
E nella mia lista delle cose da fare prima di morire cosa c’era?
Andare al ballo di fine anno mano per la mano con Justin? In Italia non c’è il ballo di fine anno.
La pace nel mondo? Sprecherei solo un posto della lista.
Non avevo nulla da scrivere, anzi si..
Cose da fare prima di morire:
Vivere
.
Giusto. Dovevo vivere, adesso che, forse, la mia vita aveva una data di scadenza.
Mi persi nei miei pensieri e non mi accorsi che l’auto viaggiava, di fronte ad un lungo mare, e che era stupendo. Non il lungo mare.. Justin lo era..
Il sole gli illuminava il volto, facendo risplendere i suoi occhi,e schiarendo i capelli.. Per il resto.. Bhe sarebbe stato meraviglioso anche al buio.
“Perché siamo qui Justin?” Chiesi cercando di mettere a posto tutti i capelli che il vento continuava a scompigliarmi.
“Non avevo voglia di portarti a casa..” Rispose voltandosi verso di me e sorridendo.
Si stava impegnando al massimo per farmi divertire prima del ricovero.. e gliene ero davvero grata. Anche se l’unica cosa che mi avrebbe fata divertire sarebbe stata sapere che la mia gravidanza poteva continuare tranquillamente.
Scossi la testa. Niente pensieri cupi oggi Eva.
Ci fermammo in una spiaggia a caso. Ormai ogni spiaggia era isolata, il sole non era più caldo come una volta.. E il mare era agitato e ghiacciato.
Tuttavia, qualcuno c’era, e prima che i nostri fondoschiena riuscissero a toccare terra, fummo accerchiati da un gruppo di ragazze.
Alcune di loro si coprivano il volto e piangevano, altre urlavano. In pochi istanti Justin si ritrovò a firmare autografi, e a scattare foto. Si vedeva che era felice, e lo erano anche loro.
Restai in disparte qualche istante, fin quando una ragazza di loro mi notò e si avvicinò a me.
Immaginai che non aspettasse altro che offendermi, ero in spiaggia sola, con il suo idolo. Probabilmente aveva anche letto quella vecchia storia sui giornali.
La guardai preparandomi psicologicamente ad una furia.. Invece lei mi sorrise, si mise accanto a me e mi disse:
“Posso farmi una foto con te?”

Mi disarmò. Non me lo sarei aspettata, per cui sorrisi e annuii.
Posizionò la macchina fotografica e.. flash. Un ricordo rimase impresso nella sua macchina fotografica.
“Io lo so chi sei.. Anzi io so chi siete.” Disse indicando la mia pancia.. Dopo di che si alzò e si diresse nuovamente verso la folla che  c’era attorno a Justin.
Quella ragazza aveva lasciato stampato sul mio volto, un sorriso.
Nel frattempo che Justin continuava il tour fotografico, mi distaccai dal gruppo e andai nel chiosco vicino a prendere  un frullato.
Entrai, feci lo scontrino e mi diressi al banco.
Un ragazzo mi diede le spalle per cinque minuti di fila, dopo di che lo chiamai.
“Scusa.. Ha da due ore che aspetto, potresti farmi un frullato?” Dissi assumendo un tono acido.. Ma aspettare non mi piaceva.
Si voltò di scatto con un’espressione nervosa, poi si bloccò a guardarmi qualche istante, e cambiò completamente espressione.
Sorrise e mi disse:
“A che gusto?”
“Fragola.” Risposi coerente con il tono di prima..
Si voltò di nuovo, e dopo due minuti mi porse il frullato in mano.
“Ah, comunque piacere sono Stephan.”
“Io sono Eva” Dissi stringendogli la mano che mi porse, poi mi voltai per uscire, lui raggirò il bancone e mi venne di fronte..
“Forse sarò inopportuno.. ma ti va se facciamo una passeggiata in spiaggia insieme?”
Lo guardai storto. Come gli veniva in mente di provarci con la prima sconosciuta.

Gli avrei risposto di no, se solo Justin me ne avesse lasciato il tempo.
Entrò nel locale come una furia, mia afferrò da un braccio e disse a Stephan:
“Tieni giù le mani dalla mia ragazza, o sarò costretto a fartele tenere già per tutto il resto della tua insignificante vita.”
Prima che potesse scoppiare una rissa, lo spinsi fuori. Ma non bastò perché continuava a voltarsi indietro e a imprecare contro Stephan, così iniziai a trascinarlo, fin quando non fummo abbastanza lontani da poter ridere sull’accaduto.
Mi misi a ridere.
“Non ridere Eva, non c’è da ridere.. “ Disse trattenendo la risata.
“Sei così scemo.” Dissi tra una risata e l’altra.
“Ma l’hai visto? Ci provava spudoratamente con te.” Disse continuando a camminarmi affianco.
“Sei geloso?” Chiesi fermandomi e guardandolo negli occhi.
Dalla reazione che aveva avuto era facile dedurre la risposta.. Ma sentirselo dire fu ancora meglio.
Diavolo si. Sei mia.” Disse intrecciando le sue dita alle mie.
Continuammo a camminare a lungo, e lui era così buffo. Aveva una cintura fra i pantaloni, ma nonostante tutto gli arrivavano fin sotto il sedere, ed ogni minuto si fermava ad alzarseli. La sabbia che gli entrava nelle scarpe, lo faceva camminare con i piedi aperti, per non parlare poi del vento,che scompigliandogli i capelli lo faceva innervosire. Poi ci fermammo, e stremati ci accasciammo al suolo.
Il sole era leggero e ci solleticava la pelle facendoci provare una sensazione di tranquillità, come il rumore dei gabbiani che andavano via insieme all’estate.
Questa volta non gli importò, ne della sabbia nelle scarpe, ne della stessa sabbia sui capelli, perché si sdraiò e si rivolse a me con il corpo e con lo sguardo, per abbracciarmi.
Non disse nulla, e non dissi nulla. Il rumore delle onde cullava i nostri respiri fino a renderli un respiro solo.
Passò qualche minuto, poi mi disse:
“Voglio sposarti.”
Come potevo non amarlo? Come potevo non essere pazza di lui?..Mi fece rabbrividire l’anima.
 Anche io volevo sposarlo.. Ma..
Sorrisi,e una lacrima scese dai miei occhi per poi perdersi nella sabbia. Sapevo che non sarebbe stato possibile.
“Lo vorrei anch’io.. Ma sai quanto sia impossibile.” Con il dito, mi prese la lacrima per baciarla. Glielo avevo insegnato io, quando lo avevo visto piangere per la prima volta.
“L’anno prossimo avrai 18 anni anche tu.. “ Mi disse.
Allora non disse di volermi sposare, per dimostrarmi il suo amore.. ma per farlo davvero.
“Sai che non è l’età il problema.. Non sappiamo nemmeno se ci arriverò a 18 anni Justin.” Non distolsi lo sguardo dai suoi occhi.
“Io lo so. Ci sposeremo, e portarci le fedi sarà proprio il nostro stupendo bimbo,o bimba.”
Vorrei poter avere la sua forza, nel credere nel destino. Destino che mi ha ridotta in queste condizioni.
Sospirai e prima che potessi rispondere, squillò il suo telefono.
‘ If i was your boyfriend, i’d never let you got
 I can take you places you aint never been before
 Baby take a chance or you’ll never ever know
I got money in my hands that i’d really like to blow’

Era la sua suoneria. Egocentrico. Si mise a pavoneggiarsi, facendomi ridere.. quando finalmente rispose.
“Pronto?” Lo guardai assumere un’espressione strana.
“Dottor Santini, salve.. Mi dica..” Disse guardandomi.
Poi ci furono come minimo cinque minuti di silenzio, accompagnati da gesti di intonazione positiva. Poi Justin spalancò gli occhi e urlò:
“Lei sta dicendo davvero?” Si alzò in piedi, e sorrise.
“Grazie dottore. Grazie, questa è una notizia.. La saluto.” Mi alzai anch’io, lui vedendomi, di scatto chiuse la chiamata e iniziò a correre per tutta la spiaggia.
Potevo vedere le sue lacrime brillare sotto il sole, così gli corsi dietro per capire cosa fosse successo..
Ad un certo punto si fermò mi prese in braccio, e proprio come accade nei film mi fece roteare per tutta la spiaggia.
Rideva, rideva di gioia, nonostante le lacrime.
“Justin cos’è successo?” Chiesi sentendomi felice di vedere la sua gioia.
Mi spinse per terra e si sdraiò su di me, così adagiai le gambe al suo corpo.
“..è stato tutto un errore..” Disse continuando a ridere.
“Spiegati Justin.. cosa è stato un errore?” Gli urlai.
“Tutto. Tu non hai nessuna Leucemia, c’è stata una confusione con i tuoi esami Eva.. Hai solo un’anemia vascolare..”  Chiusi gli occhi e lasciai che la buona notizia e la sua risata ridessero luce alla mia vita.
Poi non mi trattenni. Urlai.. urlammo, gli saltai sulle spalle e ci baciammo. Come due perfetti idioti, passammo il pomeriggio ad urlare a cantare e a ballare in quella stupenda spiaggia isolata.
Ora, tutto iniziava a riprendere senso.  Il destino, forse per la prima volta, era dalla mia volta.. Ma che dico? Il destino non esiste.. Esiste solo Dio. E come di Justin, non devo ringraziare solo Dio, ma anche Gesù.

Ad un tratto disse:
“Oggi, 17 settembre.. è forse il più bel giorno della mia vita.”
Spalancai gli occhi.
“Diciassette settembre? Domani inizia scuola” Annunciai ricordandomi della data d’inizio.
Justin spalancò gli occhi e mi fissò.
Ora si, che tutto sarebbe stato complicato.. Nonostante fossi innamorata, avevo comunque bisogno di una madre. Perché la mamma è una figura che non si può sostituire.


Ragazze… :D
Ecco che torno ad essere idiota ahahaha
Sta diventando una barzelletta?!  Ahah FATEMI SAPERE.. Come al solito *-*
Neeee approfitto per ringraziarvi tutte.. Se la mia FF è al decimo posto fra le più popolari, è solo grazie a voi.
Ho iniziato a scrivere sia questa che l’altra, per scherzo, per gioco.. invece poi mi sono appassionata.. Grazie a voi.
Vi ringrazio sempre rispondendo alle recensioni, ma questa volta devo farlo in maniera particolare. Siete meravigliose (cosa che vi dico sempre, e che quindi sapete.)
Un bacione, e grazie ancora ragazze
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 45
*** Capitolo 45 ***


Capitolo 45
Ci alzammo e tornammo a casa, ed io mi misi a cucinare, mentre Justin frugava fra le sue cose alla ricerca di uno zaino.
“Justin.. è il primo giorno, e frequenterò il quinto anno.. Non mi serve uno zaino.” Dissi con gran voce per farmi sentire..
Non mi ripose, e dopo qualche istante lo vidi scendere con in mano uno zainetto viola con sopra una scritta molto bella..ma incomprensibile.
“Trovato.. Che te ne pare?” Disse guardandolo con gli occhi che gli brillavano.
“Carino.. cosa c’è scritto sopra?” Lo capovolse e mi mostrò la scritta.
“Justin.. solo che per sbaglio l’ho fatta al contrario..”
Scoppiai a ridere. Ma era scemo davvero?!
“Ma sei scemo sul serio allora?”
“Ehi, avevo solo quattordici anni allora..!” Rise anche lui, rendendosi conto di quanto fosse stupido tutto ciò.
Mise lo zainetto sul divano, e disse:
“Sarà bello ritornare a scuola..” Disse.
“Ritornare? No Justin, tu non puoi venire. Sarebbe.. sarebbe .. Ti assalirebbero.”
Dissi preoccupata.. Davvero se sarebbe venuto avrebbe solamente scatenato il fini-mondo in tutta la scuola.
“Posso almeno accompagnarti?” Disse sbuffando e lasciando cadere le braccia lungo il suo corpo.
Annuii,e venne da dietro e mi diede un bacio.
In questo istante sembravamo l’allegra famigliola del far west. Lui premuroso e gentile, io indaffarata e carina. Sarebbe durata questa felicità?!
“Non te l’ho mai chiesto.. come ti trovi in classe tu? A scuola vai bene?” Disse ad un tratto mentre apparecchiava la tavola.
“Non c’è molto da dire.. Io..non sono quel tipo di ragazza super-popolare..” Abbassai il volto.
Non c’era davvero nulla da dire sulla mia scuola.. Ci sono solo ragazze fighe, che  pur di apparire farebbero dei video nude e li spargerebbero per tutta la scuola..
I ragazzi.. bhe dei ragazzi so poco e nulla.. Negli ultimi quattro anni sono stata fidanzata con il mio ex, per cui non mi è mai stato permesso di frequentare altri amici maschi..
“E invece con i ragazzi? Hai dei rapporti?” Mi chiese mettendosi affianco a me.
“Mhh.. si diciamo che mi piace chiudermi nei bagni con loro..” Dissi seria, prendendomi beffe di lui.
Spalancò gli occhi e si voltò verso di me, allargò le braccia e aprì la bocca per dire non so cosa..
Lo anticipai.
“Scherzo. Non ho rapporti con nessun ragazzo.. Il mio ex non voleva.. così non ho conosciuto nessuno.” Dissi girandomi a controllare che il sugo non si bruciasse.
“Quindi.. Mi fido?!” Disse ricomponendosi.
Anche se il prof di Storia..” Dissi per provocarlo.
Lui si abbassò, mi strinse dalla vita e mi prese in braccio.
“Vuoi smetterla stupida?”  Alzandomi, il cucchiaio sporco di sugo gli cadde sulla maglietta, sporcandogliela.
Iniziai a ridere, e lui si guardò la maglietta e corse verso il divano, trascinandomi con se.
Poi mi lanciò sopra di esso e iniziò a solleticarmi.
Risi e urlai, fino a sentirmi il cuore scoppiare di gioia.
Passammo il resto della serata, come lo passano solitamente due sposini. Stare con lui mi faceva stare bene.. Era come trovarsi nel deserto e poter bere un bicchiere d’acqua.
“Potresti mettere la sveglia alle 7.30?” Gli chiesi prima di salire in stanza da letto.
“Certo tranquilla..” Disse sorridendo.
Ci sdraiammo sul nostro letto, e una coperta invernale ricoprì i nostri corpi. Poi mi addormentai con le sue labbra sulla fronte.
L’indomani mattina, quando aprii gli occhi, mi ritrovai la testa di Justin sul grembo, così sorrisi. Era di una dolcezza infinita.

Mi stirai, poi guardi l’orario. 8.05.  Annuii senza farci caso.. Poi guardai di nuovo l’orario e urlai.
Justin si svegliò di colpo e urlò:
“Non ho ucciso il tuo procione..
” Istintivamente scoppiai a ridere, poi mi alzai di fretta e furia dal letto e corsi a vestirmi.
“Eva, dove vai?” Mi chiese cercando di aggiustarsi i capelli.
“A scuola. La tua sveglia ha fatto cilecca.” Dissi con lo spazzolino dentro la bocca.
“Che ora..” Disse, poi lo sentii fare come un sospiro di paura.
Poco dopo entrò in bagno, e mi incitò ad uscire.
Andai a cambiarmi, e dopo dieci minti ero già pronta di fronte la porta, ad aspettare che lui finisse di aggiustarsi i capelli.
“Ma ti pare che il primo giorno di scuola entro la seconda ora perché tu ti devi pettinare?” Dissi con un tono ironico.
Sentii i suoi passi percorrere velocemente le scale, e poco dopo me lo ritrovai davanti, con le chiavi dell’auto in mano.
Finalmente, alle 8:30 arrivammo a scuola, e prima che potessi scendere dall’auto si sporse e mi disse:
“Un bacio a tuo marito?”
In questo caso sei più mio padre, visto che mi hai accompagnata a scuola.. quindi ti bacerò come tale.” Gli diedi un bacio sulla guancia, mi misi il suo zainetto viola in spalla e uscii dalla macchina, lasciandolo sporto verso il mio sedile. Come al solito, aspettò che entrassi prima di partire, così gli mandai un bacio. Lui fece finta di prenderlo e di portarselo al cuore.
Poi mi voltai, lasciandomi alle spalle la sua bellezza e trovandomi di fronte la figura maledetta del mio liceo.
Entrai, e subito fui osservata da tutti i collaboratori e professori che c’erano in giro.
Sentii della musica provenire dall’auditorium,così mi diressi verso quella direzione, imbattendomi nella festa di benvenuto per i ragazzi che si erano appena iscritti.
‘Non sanno che gli aspetta’ pensai tra me e me.
Mi voltai e mi incamminai verso la piantina della scuola.
V AS, terzo piano, settore C.
Mi diressi, al terzo piano, nel settore C, e mi ritrovai di fronte la porta della mia classe.
Diamine, era il primo giorno di scuola, non potevano essersi già messi a studiare.
Entrai, e fortunatamente non era così.
Erano tutti sparsi per l’aula.
C’era la ragazza che mi aveva messo la colla sotto la sedia. Quello che mi aveva difesa davanti a tutti. Quella che mi aveva derisa pubblicamente. Quella che mi era stata vicina, per poi abbandonarmi. Quello che mi aveva spezzato il cuore. E poi c’ero io. Io che non sapevo in quale categoria classificarmi.
Quando entrai le pupille di tutti i presenti si piantarono su di me.
Chi iniziò a bisbigliare nell’orecchio della propria compagna, chi mi fece l’occhiolino e chi mi rise dietro. Sorpassai tutti, chiedendomi cosa c’era tanto da bisbigliare,e mi misi all’ultimo banco, quello che veniva classificato come il posto degli sfigati.
Appoggiai lo zaino per terra e mi sedetti al mio banco. Una ragazza seduta di fronte a me, si voltò e mi porse la mano.
“Ciao, io sono Jane, sono nuova qui.. A quanto pare tu sei quella strana giusto?”
Ah, ecco.. Nel primo anno la mia etichetta diceva che ero la ragazza piatta.
Il secondo anno, ero la ragazza bona.
Il terzo la ragazza di Josh..
Il quarto la stronza.
Nel quinto anno quella strana.
Era ottimo, ma almeno non sapevano che ero incinta.. Anche se in realtà.. tra qualche giorno sarebbe stato difficile nasconderlo.
Come se mi avesse letto nel pensiero, Susy, il classico elemento popolare, si avvicinò a me e mi disse:
“Ti vedo gonfia Eva.. qualcosa non va?” Mi guardai la pancia, e maledissi Susy.
La tua faccia di cazzo nella mia giornata non va. Smamma idiota.” Fece una smorfia,  e poi corse dalle sue compagne.
Era tutto così squallido, da farmi sentire fuoriposto e inadeguata.
“Piacere io sono Eva..” Dissi poi alla ragazza di fronte a me.
Era alta almeno il doppio di me, considerando già la mia statura…
Prima che mi rispondesse, Josh entrò dalla porta. Sembrò di vivere una di quelle scene a rallentatore, perché tutte le ragazze presenti si voltarono verso di lui per poi restare a bocca aperta.
Sarà forse il suo fisico color dell’ebano, e i suoi occhi blu a incantare ogni ragazza? Non potrei giudicarle.. del resto, anche io ero rimasta incantata dal suo fascino, per quattro anni.. Poi finalmente Sam, mi ha tolto le fette di prosciutto dagli occhi.
Jane, si voltò e mi disse:
“Ma quello è troppo figo..” Sorrisi e mostrai indifferenza.
Improvvisamente sentii la nausea assalirmi, così afferrai lo zaino e mi diressi verso l’uscita della classe, ma Josh, mi bloccò.
“Ciao Eva.. come hai passato l’estate..” Non risposi, mi infilai sotto il suo braccio ed uscii dalla classe.
Corsi in bagno, e senza chiudere la porta mi fiondai sul water e diedi di stomaco.
Passò qualche minuto, dopo di che vidi un flash, puntarmi il volto.
Mi voltai e visi Susy, puntarmi il suo cellulare.
Tutti sapranno del tuo bel bambino..” Disse iniziando a comporre qualcosa sulla tastiera del telefono.
Mi alzai e mi fiondai affianco a lei.
“Che bambino? Tutte cazzate.” Gli presi il telefono dalle mani per cancellare la foto, anche se comunque avrebbe sparso la voce.. ma meglio cancellare ogni traccia.
“Ehi stronza rivoglio il mio telefono.” Disse afferrandomi una ciocca di capelli.
Giuro che non l’avrei toccata, se solo non lo avesse fatto.
Prima che potesse minimamente immaginare una cosa del genere, il suo telefono finì sopra il pavimento, proprio come il suo corpo.
La lanciai per terra e mi fiondai su di lei, dandole dei pugni con tutta  la forza che avevo.
Urlò, urlò talmente forte che dal primo piano accorsero dei collaboratori, che mi afferrarono dalla vita e mi alzarono da lei.
Qualcuno andò ad aiutarla, ma prima che potessero completamente allontanarmi da lei le sferrai un calcio in testa, che la fece sbattere contro il lavello del bagno.
“Signorina, il preside sarà felice di vederti il primo giorno di scuola..”
Disse, trascinandomi di fronte la stanza del preside.
Due ore dopo, ero fuori scuola, con il telefono fra le mani e una sospensione di tre giorni con obbligo di frequenza sulla testa.
Il preside ha chiamato mia madre, che gli ha detto di non volerne sapere nulla.
Altra grande delusione.
“Eva, tesoro tutto bene?”  Mi rispose l’altra voce dal capo del telefono.
“Più o meno.. Verresti a prendermi non mi sento bene..”
Nonostante le botte che avevano fatto si che l’ambulanza venisse a prendere Susy, era riuscita  a sferrarmi un pugno.. proprio nella pancia.
“Arrivo.” Riattaccò senza chiedermi spiegazioni.
Dopo nemmeno cinque minuti, la sua auto era fuori scuola. Nel frattempo io provai ad alzarmi dalla panchina in cui ero seduta, ma la pancia mi faceva troppo male.
Justin si avvicinò correndo, e mi prese in braccio.
“Cosa cazzo è successo?” Mi chiese urlando.
Chiusi gli occhi e appoggiai le mie labbra alle sue.
Dovevo raccontargli tutto? Niente bugie Eva.


Ragazze..  Scusatemi per questo pessimo capitolo, ma non sono davvero dell’umore giusto.
Avete saputo del 2 giugno? Bene io non ci andrò. Qualcuna di voi ci andrà?!
Spero solo che tra le date del BELIEVE tour, sia compresa Roma.. Lo spero davvero.
Comunque, per chi ci va, sappiate che sono felice per voi.. SOLO..
Fate migliaia di foto, in modo che anche noi che non ci andremo potremo vederlo *-*
A tutte coloro che non andranno, dirò solo una frase.. Never Say Never.. è stato lui ad insegnarcelo no?!
Vi voglio bene
-Erika

Ritorna all'indice


Capitolo 46
*** Capitolo 46 ***


Capitolo 46
Mi portò fino alla sua auto e mi mise sul sedile, poi in piedi di fronte a me aspettò il mio racconto.
Nel frattempo, il dolore diminuì, probabilmente era stato attutito il colpo.
“Parla Eva.. “ Disse incitandomi con i gesti a sbrigarmi.
“Una rissa..” Sussurrai.
Spalancò gli occhi, e scosse la testa..
“Ti hanno coinvolta?” Disse quasi urlando..
“L’ho scatenata io..” Risposi fiera di ciò che avevo fatto.. Una donna deve pur sempre mantenere alto il proprio onore.
Si mise le mani ai capelli e scosse la testa.
“Dio mio.. tu sei pazza.. sei pazza. Ma ti rendi conto che avresti potuto mettere in pericolo la vita di nostro figlio?” Mi urlò in faccia.
“L’ho fatto per proteggere nostro figlio lo vuoi capire?” Gridai con le lacrime agli occhi.
Non era mai accaduta una lite del genere, a tal punto da sentirmi così inutile.
“Proteggere? Eva, devi spiegarmi per bene, se vuoi che ti aiuti.” Disse poi mettendosi con le mani sui fianchi di fronte a me.
“Ero in bagno, stavo dando di stomaco.. quando lei mi ha fatto una foto e ha minacciato di dire in giro del bambino.. Dovevo farlo..” Dissi trattenendo le lacrime.
Abbassai lo sguardo, fissando i suoi piedi, che dopo due minuti scomparvero dalla mia vista.
“Scusa” Disse prima di allontanarsi correndo verso la mia scuola.
Mi alzai, e ignorando il forte dolore alla pancia, lo raggiunsi e lo fermai.
“Justin.. per favore.. lascia perdere.” Si voltò, verso di me, allargò le narici e fece una smorfia.
“Dimmi solo chi è stato.” Gli presi la mano.
“Per favore Justin.. Lascia stare. Ti chiedo di farlo per me.” Lo implorai. Entrando in quel maledetto Liceo avrebbe solo peggiorato la situazione.
Mise le mani sui fianchi in segno di rassegnazione e diede un calcio ad una lattina.
“Eva, non voglio che vieni più a scuola..”
“Justin, il fatto che sia venuta l’ambulanza a prenderla, mi sembra abbastanza necessario a fargli capire di non rompermi più..” Dissi afferrando la sua mano.
Rise.
“L’ambulanza?” Annuii.
Mi prese sottobraccio e mi baciò, poi mi disse:
“Andiamo in ospedale..” Trasalii.
“Non ce n’è bisogno. Sto bene, il dolore è passato sarà stato solo per il colpo.”
“Voglio comunque fare un controllo..” Lo interruppi.
“Ti prego Justin, voglio solo andare a casa.”
In silenzio salimmo in auto, e raggiungemmo casa.
-----
I seguenti sei mesi, trascorsero in allegria e serenità.
Justin, mi fece abbandonare la scuola per continuare a studiare privatamente,
Simone, si prese di coraggio, e venne a trovarci, così più volte lo invitammo a pranzo..
Tra Sam e Pauly, le cose andavano benissimo. Finalmente lei sembra aver messo la testa a posto in quanto a ragazzi.
Mia madre? Bhe di mia madre non potrei dire nulla, perché non so più nulla.. a parte il fatto che mi manca.
Mi guardo allo specchio, la mia pancia si evidenzia con qualunque maglia metta, persino con il pigiama. Ma non mi interessa coprirla, voglio che il mondo intero veda quanto amore possa esserci tra me e Justin.
Alcune delle sue fan mi odiano, altre hanno persino fondato un Fan-Club di nome ‘Jeva’.. Questo a causa delle innumerevoli foto che recentemente i paparazzi ci hanno scattato.
“Eva, per favore puoi venire in bagno un secondo?” Urlò Justin. Probabilmente come al solito, ha dimenticato di prendersi gli asciuga-mano.
Abbandonai la mia figura allo specchio, e attraversai il corridoio, di quella che ormai era anche casa mia.
Arrivai di fronte al bagno, e mi affacciai di poco.
“Eccomi.” Dissi.
Prima di darmi una risposta, mi afferrò dal braccio e mi trascinò all’interno di esso.
Era nudo, i suoi capelli erano bagnati e scompigliati, ma era comunque un piacere agli occhi.
“Che succede?” Chiesi, fingendo di non aver capito le sue intenzioni.
Mi attrasse a se e mi baciò.
Mi allontanai.
“Justin sei bagnato.” Urlai prima di scoppiare a ridere.
Non gli importò quanto avevo detto, e venne di nuovo verso di me per avvolgermi contro fra le sue braccia.
Potevo sentire la pressione del suo corpo su me stessa.

Poi successe.
Spalancai gli occhi e urlai.
“Justin, mi si sono rotte le acque.”
Mi abbassai e iniziai a premermi l’addome, non è una sensazione piacevole.
Sentii Justin dire:
“Oh Dio mio. Andiamo in ospedale.”
Mi prese in braccio e chiusi gli occhi per poi ritrovarmi al piano di sotto.
Ma era idiota?
“Justin, ma sei scemo? Corri a vestirti.”
Era ancora nudo.
Mi sdraiò sul divano, dove restai a contorcermi qualche istante. Poi ritornò, con addosso una camicia, abbottonata male e dei pantaloni di tuta.
Non so dove trovava la forza di prendermi in braccio,nonostante il mio peso attuale.
Mentre mi sistemava sul sedile, lo guardai in volto, era completamente pallido.
I suoi capelli ancora bagnati, lasciavano cadere sul viso delle goccioline d’acqua, che attrassero la mia attenzione.
Poi un forte dolore alla pancia. Cercai di trattenermi, ma fu difficile, così lo manifestai.
Justin salì al lato guida e partimmo sfrecciando.
“O Dio mio..” Lo sentii esclamare.
Qualcosa nel suo sguardo non andava, forse solo ora stava realizzando di avere un figlio?!
Tra un gemito e l’altro, riuscii a dire:
“Justin, hai paura?”  Si voltò, e quella che prima mi sembrò una gocciolina, ora era una lacrima.
Sono terrorizzato.” Disse con una voce angosciata.
Mi voltai e iniziai a guardare fuori dal finestrino. I dolori persistevano, ma non avrebbero potuto farmi male quanto mi faceva male sapere che Justin era spaventato dall’idea.
“Ho paura che qualcosa possa andare storto all’ultimo minuto.. Per te, o per lui..o lei.”
Buffo che il dottore, non abbia potuto dirci il sesso del bambino, perché quest’ultimo, è stato nove mesi rivolto con il fondoschiena verso di noi.
Era proprio figlio di Justin.
Allontanò la mano dal cambio, e la appoggiò sulla mia, che  continuava a stringere forte il lato esterno del sedile.
Proprio nell’istante in cui Justin parcheggiò davanti all’ospedale, gettai l’ultimo gemito, poi mi prese in braccio e mi portò fino al pronto soccorso, dove degli infermieri mi sdraiarono in una barella.
La barella iniziò a sfrecciare per i corridoi. Cercai tra i volti degli infermieri quello di Justin, che trovai affianco a me.
Malgrado tutto gli sorrisi.
Entrammo in una stanza, la sala parto.
Mi spostarono dalla barella su un lettino, dopo di che mi posizionarono le gambe su delle travi.
La mia dottoressa entrò dalla porta e mi sorrise. Dopo un’accurata ‘diagnosi’ disse:
“Allora Eva, il piccolo Bieber sembra aver fretta.. Ti senti pronta?
Avevo passato nove mesi,a  pensare a come gli altri avrebbero reagito, di fronte ad una cosa del genere.. Ma io? Come avrei reagito?
Mi voltai, guardai Justin, che era in piedi accanto a me,e gli sorrisi.
Era questa la mia decisione.
Annuii alla dottoressa, che si infilò i guanti, dopo di che si abbassò sotto di me e la persi di vista.
Potei solo sentire la sua voce:
“Al mio tre, spingiamo leggermente ok Eva?” Guardai Justin che mi porse la mano e gliela strinsi.
Era un dolore troppo forte, non riuscivo a controllare le mie urla,che iniziarono a spargersi per la stanza.
La dottoressa contò, ed io spinsi, poi però continuai a contorcermi dal dolore.
“Respira Eva, respira..” Mi urlò la dottoressa.
Continuai ad urlare, ed una lacrima mi rigò il volto.
Era atroce.
“Spingi Eva cazzo.”  Urlò la dottoressa.
Poi sentii la voce di Justin, che si sporse verso di me:
One day, when the sky is falling
 I’ll be standing right next to you
 Right next to you
 Nothing will ever come between us
 I’ll be standing right next to you
 Right next to you.

You had my child
You make my life complete
Just to have your eyes on a little me
That’d be mine forever.”


Strinsi la sua mano ed urlai, poi spinsi. Spinsi. Spinsi. Ignorai il dolore, sentendo la sua stretta.
Quanto finalmente la dottoressa, fece un’esclamazione positiva.
“Ohhhh, eccoti qua, meraviglia.” Disse. Poi un pianto.
Improvvisamente fu come se tutti i dolori del parto, fossero svaniti in un istante.
Mi voltai per guardare Justin, che si sporse verso la dottoressa.
Dopo di che, sbiancò in viso, e sentii la sua stretta farsi sempre più lenta, fin quando non mi trovai io a stringere la sua mano per sorreggerlo.
Era svenuto.

“Justin.” Urlai. Ma prima che io potessi fare qualcosa, degli infermieri lo caricarono sulla barella in cui precedentemente c’ero stata io, e lo portarono fuori.
“A quanto pare tuo marito ha ceduto..” Mi disse la dottoressa ridendo.
Trascorsi dieci minuti, mi ritrovai in una stanza d’ospedale, sdraiata con il cuore a mille.
Poco dopo, la dottoressa, entrò, trascinando con se una piccola culla.
Arrivò vicino a me,e mi sorrise:
“Congratulazioni, è un maschietto stupendo.” Mi misi una mano sulla bocca, e mi sentii il cuore colmo di gioia.
Lo prese dalla culla, e me lo mise fra le braccia.
“Sei stata bravissima tesoro..” Mi disse.. Dopo di che scomparve, senza darmi il tempo di chiedere di Justin.
Il cuore iniziò a correre, a sfrecciare, quando quel bambino stupendo mi strinse il dito.
Non piangeva, anzi, teneva gli occhi aperti e apriva in continuazione la bocca.
Aveva i capelli di un castano molto chiaro, e gli occhi scuri.. Ma il colore di essi si sarebbe formato successivamente, mi aveva detto la dottoressa.
Stetti dieci minuti con il piccolo fra le mani, dopo di che mi affacciai nella speranza di vedere un’infermiera e chiederle di Justin.
Ma la visione che ebbi fu ancora meglio.
Justin in carne ed ossa.
Sorrisi, e mi guardò attontito.
Come avrebbe reagito con il bambino? E come lo avremmo chiamato?
Mia madre avrebbe voluto vederlo?!


Ragazze :D
Saaaaaaaaaaaaaaaalve.
Innanzitutto, SCUSATEMI SCUSATEMI, davvero. In questi due giorni non ho potuto pubblicare, ma mia madre mi aveva sequestrato il computer, -__- così accedevo solo dal telefono..
Poi.. Mhh, volevo chiedere a voi.. Ho sentito voci su Twitter, che hanno rubato le canzoni a Justin, e che è successo qualcosa con Selena..
In pratica non collegarsi un giorno è come perdere una puntata di Beautiful.
Chi aspetterà l'uscita ufficiale delle canzoni prima di aprire youtube, a parte me?!
Vi adoro ragazze..
Fatemi sapere se vi piace il capitolo..
Un bacione e scusate ancora per il ritardo.
-Erika

PS. Il prossimo sarà l’ultimo..

Ritorna all'indice


Capitolo 47
*** Capitolo 47- Fine ***


Capitolo 47
Restò sulla porta immobile, senza dire una parola, fissandoci senza dare segni di vita.
Il mio cuore iniziò a sfrecciare fra le vie dell’insicurezza.
Forse solo ora aveva capito in quale situazione si trovava?
Forse solo ora aveva realizzato che essere padre gli avrebbe cambiato la vita?
Rallentato la carriera?
Impedito di divertirsi?
Furono tutte queste mie paranoie mentali a non farmi notare che Justin era improvvisamente affianco a me.
Stette in silenzio, come me.
L’unico suono disperso nell’aria, erano i versi del bambino.
Continuò a fissarlo, poi allungò un mano e la avvicinò al bambino.
Lo guardai. Sembrava un leone, quando sonda il territorio prima di farlo attraversare dai suoi cuccioli. Un’animale in esplorazione.
Mi accorsi che la sua mano tremava, così gliela afferrai, e la avvicinai alla mano del piccolo.
Poi, una goccia mi bagnò la mano. Una lacrima. L’emozione di Justin gli stava uscendo dagli occhi, bagnandogli il viso.

“Justin..” Riuscii a dire, prima che le sue labbra si tuffassero nelle mie.
Sentii, ancora una volta, i brividi sulla pelle.
Ogni volta che le sue labbra incontravano le mie, era come se fosse la prima volta. Il primo brivido.
Avrei voluto continuare a baciarlo per sempre.. tuttavia si distaccò.
“Scusa Eva.. Ti ho lasciata sola.” Disse riferendosi alla sala parto.
Tu non mi hai lasciata sola. Tu c’eri. Eri dentro di me.” Risposi, prima di sentirlo respirare pesantemente per poi baciarmi di nuovo.
Allargai le braccia, avvicinando il bambino a lui.
Spalancò gli occhi e balbettò qualcosa che non capii.
“Non si rompe Justin..” Gli dissi con ironia.
Si mise una mano sulla bocca, dopo di che prese il bambino.
Il piccolo, era sdraiato sul suo braccio destro, e giocava con lui.
“Mi ha sorriso..” Urlò Justin ridendo.
Sorrisi anch’io.
Avevo davanti, praticamente tutta la mia vita. Mio figlio e Justin.
“..è biondo ne ha preso da me..” Disse in maniera eccitata.
“Ma gli occhi sono neri? Ne come i tuoi ne come i miei.” Vedevo la gioia fuoriuscirgli da tutti i pori.
“Si svilupperà successivamente ,il colore dell’iride.” Dissi sorridendo.
“Tu come stai?” Mi chiese guardandomi.
“Mai stata meglio..” Risposi guardandoli.
Erano meravigliosi.
“Allora come lo chiamiamo?” Disse un’infermiera entrando dalla porta.
Fin’ora non avevo minimamente pensato ad un nome.
Justin mi guardò.
“A te l’onore.” Disse sorridendo.
“Johan?” Dissi io incerta.
La dottoressa non mi sentì, prese un braccialetto, e ci guardò interrogativa.
“Johan.” Disse Justin sorridendo.
“Johan?” Ripetè l’infermiera.
“Bieber.” Dissi io questa volta.
Legò il braccialetto al bambino ed uscì.
Ora eravamo noi. Noi contro tutti. Noi contro nessuno. Noi per sempre.
Ad un tratto, Eva entrò nella stanza.
Seguita da mia madre.
Spalancai gli occhi, e vidi Justin spostarsi dall’altra parte del mio lettino, tenendo il bambino fra le braccia.
“Tesoro.” Urlò Sam, venendomi incontro.
Mi abbracciò, dopo di che si precipitò dal bambino.
Mia madre restò sulla porta, a fissarci. Me Justin e Johan.
Era ancora quella donna trascurata, e indaffarata che mi aveva sempre protetta da quell’uomo.
Quando il suo sguardo incrociò il mio, le sorrisi, facendole cenno di entrare.
Si avvicinò lentamente a noi, asciugandosi continuamente gli occhi, poi senza dire una sola parola, mi abbracciò.
In modo che nessuno oltre me potesse sentire, si scusò, mentre le sue braccia avvolsero il mio corpo.
Sorrisi.
“Mamma lui è Justin, e lui è Johan.” Dissi indicando prima Justin e poi il bambino.
Anche lei si lasciò travolgere dalla gioia del momento, e iniziò a dedicarsi al bambino.. Dopo aver abbracciato anche Justin, che mi sorrise.
Proprio come se fosse stato programmato, in quel momento entrò Pattie.
Si fiondò su di me e Justin, ci abbracciò ci baciò e pianse tanto.
Il suo pancione era in evidenza, ora, ed era bellissima. Accanto a lei Jazmine sorrideva.
Mi preoccupai, pensando che potessero crearsi tensioni.. Invece mi sbagliai.
Mia madre e Pattie fecero un’accoppiata stupenda. Iniziarono a ridere a scherzare, e continuarono a piangere entrambe guardando il bambino.
Dei passi veloci e coincisi invasero la mia stanza: Simone, Chaz, ed altri ragazzi di cui non sapevo il nome, ma che Justin conosceva.
Quel 28 maggio, fu un giorno d’amore e gioia, che traboccava da tutti i cuori.
Il giorno dopo, 29 maggio, partorì anche Pattie. Un bellissimo maschietto. Jessie.

---------
Sono passati cinque anni stupendi da allora.
Mia madre,si è ritrovata con Simone, ora convivono felicemente nella casa in cui ho trascorso la mia infanzia.
Sam e Pauly, si sono sposati tre anni fa, ed hanno avuto due stupendi gemelli. Carter e Demetra.
Ora vivono a pochi passi da casa mia.
Pattie, appena nato Jessie si è trasferita nel luogo in cui è cresciuto Justin, per far crescere il suo bimbo la. Ci telefona tutte le sere.
Chaz, ed altri amici di Justin, vengono spesso a trovarci con le loro ragazze, e passiamo stupende serate fra amici.

Poi.. Ci siamo noi.
Johan ora ha 5 anni, e l’anno prossimo inizierà le scuole elementari. Lui è l'amore della mia vita.
Come Justin, è biondo, ed ha i suoi stessi occhi. Per il resto i suoi lineamenti sembrano essere stati clonati dai miei. Il suo carattere è un misto fra il mio e quello di Justin..
"Voglio fare il cantante come papà." Ripete sempre mostrando quei suoi occhi stupendi.
Le sue fan lo adorano. Proprio come adorano il loro idolo.
Justin continua ad essere un’icona mondiale della musica. Ogni singolo soggetto di questo globo, sembra impazzire per lui, proprio come lui impazzisce per me.
Il nostro amore, continua ad essere un privilegio.
Proprio così.. Aver trovato la persona che ti restituisce ogni singolo attimo di vita che trascorri.. è un privilegio.

Mentre mi perdo in questi ricordi, le sue braccia mi avvolgono da dietro.
Mancano solo due giorni..” Mi sussurra baciandomi dolcemente il collo.
Ogni suo bacio, mi sembra quel dolce primo bacio, scambiatoci nella terrazza di casa sua, quando non avrei mai pensato di ritrovarmi in un futuro con lui.
“Solo due giorni.” Ripeto estasiata.
Già, perché tra due giorni, sarebbero accorsi i giornalisti, gli attori, i cantanti e i fotografi di tutto il mondo..
Un matrimonio è il sogno di una donna giusto?
Ecco che il mio sogno si stava realizzando.

Avrei detto si all’altare, per poi farmi baciare da lui per sancire il nostro amore.
Sarebbe stato un giorno stupendo.
Johan, avrebbe portato le fedi..
Ed il mio abito.. bhe avrebbe subito delle modifiche.
Ero incinta di Joshua. Il nostro secondo figlio.

                                                                                                                                                     Fine

NON CI POSSO CREDERE.
Fine? Non mi sembra vero.
Cercherò di essere breve, quindi di non dilungarmi.
Siete stupende, non potrei non amarvi. Grazie a questa storia..
Grazie a voi..molte giornate difficili mi sono sembrate migliori..
Ho riso, pianto, scherzato, e sognato, anche io da questa parte..
dello schermo.
Vi ringrazio tutte per essere sempre state meravigliose. Dovete sapere l'ultima.. Ho fatto a botte con una tipa, perchè avevo una maglia con scritto I love Justin Bieber.
Ho già in mente la nuova FF (non riesco a stare senza
pubblicare.. ormai è essenziale) e domani pubblicherò il primo capitolo.
Qualcuno che la leggerà c’è?.. La trama è completamente diversa
da questa, e da quella precedente.. diciamo che cambiano i punti di vista.
*Erika basta parlare..*
Ok ragazze basta.
Vi adoro,e  voi sapete quanto *-*
Un bacione tesori
-Erika
@ErikaZafon on twitter :D

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1013278