Dark
Paradise
Capitolo V
[All my friends
ask me why I stay strong
tell 'em when you find
true love it lives on
that's why I stay here
Everytime I close my eyes
it's like a dark paradise
no one compares to you
but that there's no you, except in my dreams
tonight]
Giorni dopo lo strano gesto di Vegeta nulla
era cambiato alla Capsule Corporation, niente era mutato nei rapporti tra il
Saiyan e la terrestre.
Lui non si era più fermato da Bulma, alla
conclusione del loro amplesso, né lei aveva insistito più su quel punto.
Sperava che Vegeta avesse volontariamente accettato che, alcune sere, poteva
concedersi il privilegio di non dormire solo, che questo non era segno di
debolezza.
Lei si ritrovò sempre più spesso a pensare
che avrebbe fatto qualsiasi cosa per riuscire a farlo stare meglio e non per
paura o per le circostanze della loro relazione; lei lo voleva perché sentiva
sempre più quel cuore soffocare sotto sentimenti come l’orgoglio, la
presunzione, l’egocentrismo.
Bulma si fermava anche a pensare a che futuro
avrebbe portato tutta la loro situazione, anzi il suo coinvolgimento, usare già il pronome “loro” avrebbe implicato
un interessamento da parte di Vegeta che era così labile che non poteva neanche
quasi considerarsi.
Non credeva che il vero amore sarebbe stato
in quel modo, così tortuoso e complicato, ma d’altra parte lei era Bulma Brief,
cosa c’era nella sua vita di semplice?
Poteva l’amore essere un’eccezione, una
variabile diversa nella sua esistenza piena d’incognite folli?
La risposta si allenava nella GR,
inconsapevole di essere la causa di tante interlocuzioni mentali.
Non che Vegeta fosse così cieco da non aver
notato che il cuore della terrestre aumentava il ritmo quando lui si
avvicinava, oppure il colorito vermiglio che assumevano le sue guance quando la
sorprendeva ad osservarlo. Inizialmente non si era mai soffermato sul suo sguardo,
convinto di trovarvi solo accenni di lussuria, invece ultimamente prima di
redarguirla si fermava ad osservare quegli occhi celesti, attorniati dal
rossore del viso.
Si stupì di notare come non ci fosse alcun
desiderio sessuale, ma solo quella stessa emozione che aveva visto così
chiaramente quella notte, quel
sentimento sciocco, quell’Amore inutile.
Disgustato, pensava che a breve sarebbe
partito via e non avrebbe più dovuto alimentare i sentimenti di quella sciocca,
cosa pensava di ottenere? Che scopo aveva innamorarsi di lui?
Lui non l’avrebbe mai corrisposta, questo era
certo e non poteva davvero credere che quella s’illudesse.
L’unico rammarico era di dover lasciare il
suo divertimento notturno, ma l’integrità del suo essere Saiyan doveva rimanere
intatta e quella terrestre stava decisamente inquinando tutto, con quelle mani
e quella bocca. Stava iniziando ad essere una distrazione rilevante, senza
contare i comportamenti inspiegabili che, per ben due volte, si erano
verificati a causa sua.
No, doveva decisamente andarsene.
Bulma, ignara delle decisioni di Vegeta,
rimuginava come al solito coricata sopra il letto, ospite di tante notti di
bruciante passione.
Stava pensando a come aggiustare l’ennesimo
marchingegno passato sotto il delicato tocco di quello scimmione, quando un
dolore improvviso la costrinse a correre verso il bagno.
Vomitò tutto il suo pranzo nel water,
inginocchiandosi davanti ad esso mentre la fronte s’imperlava di sudore.
Tirò l’acqua e poi s’inginocchiò nuovamente
tenendo le mani strette attorno alla porcellana bianca, mentre le sue ginocchia
tremavano leggermente.
Poteva essere una semplice indigestione
oppure aveva mangiato qualcosa andato a male. Per quanto quelle fossero
spiegazioni plausibili, Bulma si sentì sempre più inquieta.
Il suo sguardo vagò al mobiletto dove teneva
i suoi assorbenti e conteggiò velocemente che il suo ciclo era in ritardo di quindici
giorni. Non se ne era eccessivamente preoccupata perché aveva da sempre un
ciclo molto irregolare, ma ora non poteva evitare di pensare ad una connessione
dei due eventi.
Del resto erano notti e notti che si rotolava
con quel Saiyan senza la minima protezione e un concepimento non sarebbe stato anomalo, anzi.
Sobbalzò a causa dei suoi stessi pensieri,
mentre sentiva il senso di nausea che si faceva di nuovo strada verso di lei.
Riaprì la tavoletta, lasciando che la nausea
si sfogasse e avvertendo sempre più il peso di quella situazione.
Probabilmente era incinta.
Di Vegeta.
Del principe dei Saiyan.
Si sentì mancare nuovamente il fiato e sperò
che fosse un falso allarme, non che avere un figlio non fosse una cosa
meravigliosa, ma il rapporto tra i due genitori era tra i più instabili
possibili.
Tornò nella sua camera, coricandosi ed
iniziando, inavvertitamente, ad accarezzarsi la pancia dopo pochi minuti.
A Vegeta non sarebbe importato nulla di quel
figlio, non gli importava di lei, figurarsi di una sua progenie. Bulma sapeva
che qualcosa tra loro stava iniziando a muoversi, ma era ancora troppo presto
perché lui iniziasse a considerare la possibilità che lei passasse da “donna
per divertirsi” a “compagna stabile”. Forse, interiormente, questo cambio
Vegeta stava iniziando ad elaborarlo senza neanche accorgersene ma mai
l’avrebbe ammesso.
“I Saiyan non hanno legami affettivi, li
indeboliscono” le aveva detto una volta mentre discuteva della famiglia di
Goku.
La sua reazione sarebbe stata solo
l’indifferenza, non si aspettava neanche una protesta perché avrebbe
significato che qualcosa gli importava. Ma, d’altronde, Vegeta era stato chiaro
fin dal principio, era stata lei a rovesciare il gioco innamorandosi
perdutamente.
Alcuni giorni dopo un test di gravidanza
offrì a Bulma la certezza che già sentiva. Le nausee la venivano a trovare
tutte le mattine e aveva fatto quel test solo per mero scrupolo.
La lineetta blu le gridava a chiare lettere
la sua attuale situazione.
Tentò di sorridere, pensando al lato positivo
che avrebbe avuto un figlio e che, inoltre, i suoi genitori sarebbero stati
contentissimi.
Si rammaricò pensando che, però, quel bambino
non avrebbe mai avuto un padre.
Certo lei gliene avrebbe parlato, l’avrebbe
fatto con orgoglio e mai con vergogna.
Lei aveva osservato Vegeta e sapeva molte più
cose di chiunque, gli altri si limitavano solo a vederlo.
Sapeva che le sue parole non avrebbero
comunque colmato il vuoto di un padre, però il suo bambino avrebbe imparato ad
ammirarlo come lei aveva imparato ad amarlo.
Quel giorno, uscita di casa, decise che era
ora di modificare il suo taglio di capelli in un caschetto sbarazzino.
Lo faceva sempre quando sentiva aria di
novità e, in quel caso, il cambiamento era quanto mai grande ed importante.
Tornata dopo il taglio, notò come la sera,
Vegeta si soffermò un attimo in più ad osservarla.
«Ti piacciono? Mi stanno proprio bene!» disse
lei pavoneggiandosi per stuzzicare il Saiyan.
Vegeta non replicò se con un mugugno
incomprensibile e lei sorrise leggermente. Non aveva detto nulla, quindi nel
suo strano modo Bulma aveva compreso che gli piacesse.
Quando uscì dalla stanza si toccò il ventre,
scemando quella piccola gioia mentre altri pensieri varcavano la sua mente.
I suoi genitori, come previsto, accolsero la
notizia con grande felicità, contenti di poter avere presto un dolce nipotino
da poter viziare in tutti i modi. Nessuno dei due si stupì quando Bulma
dichiarò di chi fosse figlio e, anzi, le urla di gioia della madre aumentarono
ancora di più.
Restava quindi il problema di Vegeta.
Benché fosse sicura della sua reazione,
avrebbe dovuto comunque dirglielo. In fondo, era anche curiosa, come sempre lo
era stata.
In attesa del momento più opportuno passò
qualche altro giorno, finché non fu proprio Vegeta ad offrirle l’occasione
proficua.
Era pomeriggio presto quando l’aveva visto
entrare nel suo laboratorio, aveva subito pensato che avesse voglia di lei ma
gli occhi di lui la smentirono subito.
«Domani parto, hai navicelle vero?» chiese
gelido.
Bulma restò sconcertata per qualche secondo,
annuendo meccanicamente e tentando di elaborare l’informazione.
Si aspettava di non contare nulla per Vegeta,
ma non poteva credere che lui se ne stesse andando. Non sarebbe tornato presto,
non aveva bisogno di chiederglielo per saperlo.
Per la prima volta Bulma avvertì il bisogno
di chiedergli di restare e, a fatica, lo represse. Lo sentì come scivolargli
dalle mani ed ebbe paura a causa del vuoto che provò.
«Dove vai?» chiese con tono flebile, incapace
di contenersi oltre.
«Non sono affari tuoi.» replicò lui,
avviandosi verso l’uscita della stanza.
«Sono incinta.» proruppe lei, di colpo. C’era
probabilmente qualche minuscola parte del suo cuore che sperava che, al sentire
di quella notizia, lui potesse cambiare idea.
Ma le sue speranze furono infrante alla
risposta indifferente che lei si aspettava: «A me cosa dovrebbe importare?»
«È tuo figlio.» rispose tentando di mantenere
un tono fermo.
«Quindi? Non sono problemi che mi
riguardano.»
Problemi.
Cosa potevano essere dei figli per il grande
principe dei Saiyan se non problemi?
«Andiamo,» riprese sghignazzando leggermente
«non avrai seriamente pensato che me ne sarebbe importato qualcosa? Era una
cosa che avevo messo in conto, ma non mi interessa assolutamente niente.»
«Tu sei veramente assurdo ed egoista oltre
ogni limite. Come fai ad essere così indifferente a tutto! Sei un bastardo!»
gridò, sentendo le lacrime premerle sugli occhi. Razionalmente sapeva che non
avrebbe dovuto aspettarsi niente da quell’energumeno, ma, accidenti, come si fa
a ragionare quando si è innamorati e feriti in quel modo?
Stavolta il Saiyan esplose in una vera e
propria risata che però di divertente non aveva proprio nulla, era una delle
sue solite risate malevole e senza alcun calore.
«Sei veramente senza speranze, tu avevi
davvero creduto che tra noi due si fosse creato qualcosa, al di là di quello
che porti in grembo? Come ti ho detto per mesi, tu sei stata solo il mio
divertimento.» concluse infine prima di uscire, sottolineando le ultime parole
con crudeltà.
Bulma sospirò di tristezza e lasciò che
qualche lacrima cadesse dai suoi occhi, finendo sui progetti sopra al tavolo.
Era andato esattamente tutto come si era
aspettata.
Ma l’avere avuto ragione non l’aveva mai resa
così triste e fatta sentire così impotente.
Dopo pochi minuti però si riscosse. Nessuno
doveva avere il potere di farla sentire in quel modo, lei non l’avrebbe
permesso.
Si toccò la pancia sorridendo, avrebbe avuto un bambino meraviglioso e
l’avrebbe allevato con tantissimo amore e se Vegeta non la voleva, beh, che se
ne andasse al diavolo!
L’avrebbe rimpianto perché nessun’altra donna
nell’intero universo l’avrebbe amato come lei, nessuna era Bulma Brief.
Tornò a lavorare ai suoi progetti, cacciando
con una mano tutto quello che riguardasse il Saiyan e, rinfrancata, proseguì la
sua giornata con un perenne sorriso sulle labbra.
Vegeta, tornato al suo solito allenamento,
non era riuscito ad evitare di pensare alle parole della terrestre.
Si aspettava un figlio, ma non l’aveva mai
realmente considerato finché lei non gliel’aveva detto.
Ma, come era giusto che fosse, a lui non importava niente. Anzi, semmai era un’ulteriore
motivazione per andarsene via dalla Terra, per poi ritornarci solo per i Cyborg
e Kakaroth.
Iniziava a sentire come se stesse pian piano
formando una famiglia, come quegli sciocchi terrestri, e questo per un principe
Saiyan era assolutamente inconcepibile.
Tuttavia un’ultima visita a quella terrestre,
per dimostrarle il suo distacco e il suo interessamento prettamente fisico,
gliel’avrebbe volentieri fatta; pensò prima che la sua mente si concentrasse
completamente sull’allenamento da seguire.
Era notte inoltrata quando Bulma sentì i
rumori provenienti dalla GR avere fine, non credeva che Vegeta sarebbe passato
da lei e comunque non aveva nessuna intenzione di concedersi.
Si massaggiò il ventre, combattendo la
malinconia con la determinazione che da sempre la contraddistingueva e tentando
di non pensare, che quei rumori non li avrebbe sentiti mai più.
Tentò di addormentarsi invano finché, contro
la sua previsione, la porta della sua stanza si aprì facendo entrare il Saiyan.
Bulma chiuse gli occhi, sperando di non dover
iniziare una discussione, ma ovviamente Vegeta non era tipo da cascare in
simili trucchi.
«So che sei sveglia. Ti ricordo che io sento
il battito del tuo cuore.» disse infatti, avvicinandosi al letto con aria
sicura.
Bulma imprecò mentalmente contro quello
stupido cuore che partiva senza controllo ogni qual volta aveva a che fare con
Vegeta.
«Che vuoi?» chiese quindi con tono duro.
«C’è bisogno di spiegartelo?» replicò
maliziosamente, abbassando il tono di voce e poggiandosi sul letto.
«Puoi andartene, non ho nessuna voglia.»
disse Bulma, coprendosi ancora di più con le coperte.
Vegeta restò interdetto per qualche secondo,
non avendo mai sperimentato la particolare ed amare sensazione del rifiuto.
«Cosa? Io ne ho, invece.»
«Dato che non comandi tu, quella è la porta,
caro scimmione.» rispose lei alzando un dito in direzione dell’uscita.
Vegeta si alzò in piedi e, mentre Bulma
gioiva interiormente per la sua vittoria, le tirò via il lenzuolo buttandolo a
terra con un solo gesto.
Lei non ebbe modo di dire niente, poiché lui
salì sopra di lei, tirandola leggermente per i polsi.
«Non puoi comandare nemmeno tu, terrestre.»
sussurrò iniziando a baciare il collo, nel tentativo di farla cedere.
«No, vattene! Levati che mi stai facendo
male! Vegeta vattene!» gridò lei invece tentando di liberarsi dalla sua
stretta.
Lui continuò scendendo nell’incavo dei seni
finché non sentì che Bulma aveva finito di protestare. Alzò gli occhi e rivide
lo stesso sguardo della prima sera in cui aveva tentato di farla sua.
Come allora, in quel momento la lasciò andare
comprendendo che non avrebbe potuto convincerla.
Tuttavia le sue parole non si sarebbero
sicuramente fermate.
«Sarebbe la tua sciocca e ridicola vendetta
per la mia partenza?» chiese, infatti, dopo essere sceso dal letto.
Bulma restò perplessa, dato che lui l’aveva
liberata e che non aveva idea di cosa rispondere.
Certo, la sua reazione era avvenuta a causa
di quella notizia ma la sua origine aveva radici più profonde.
Lei era stanca di essere considerata meno di
niente, quando sentiva che così non era.
«Mi sono solo stancata di essere il tuo
divertimento. È un bene che tu vada via, ne potrai trovare a milioni pronte a
soddisfarti, basterà che le spaventi un po’.» replicò sistemandosi la camicia
da notte e tentando di ferirlo verbalmente.
Sapeva che Vegeta avrebbe compreso le sue
parole.
Lei non era stata con lui per paura, ma
perché lo voleva.
Il Saiyan incassò il colpo sentendo cedere le
sue certezze. Quell’umana era assurda, ma sincera. Non avrebbe trovato
nessun’altra persona nell’universo come lei.
Ma tanto lui non ne aveva bisogno.
Era Vegeta, a cosa gli serviva l’amore di una
donna?
«Perché tu non sei mai stata spaventata?»
domandò di getto, pentendosene due secondi dopo.
«Perché ti conosco, vedo oltre i muri che hai
innalzato.»
«Che sciocchezza. Ti devo forse ricordare a
quante persone ho tolto la vita nella mia esistenza?»
«No, ma da quando sei qui non hai più
ammazzato nessuno. Non hai ucciso me, benché, per i tuoi assurdi parametri, io
te ne abbia dato ampio motivo.» replicò Bulma alzandosi dal letto e sentendo,
per la prima volta, che forse finalmente i suoi discorsi avrebbero portato dei
frutti.
Lui era girato di schiena ma la percepì
chiaramente avvicinarsi e si ritrovò decisamente confuso.
Aveva ragione lei, cosa gli impediva di farla
fuori in quell’esatto momento? Se, come lui stesso sosteneva, lei era solo un
divertimento perché non poteva sbarazzarsene?
Bulma lo abbracciò da dietro, assaporando il
contatto con il suo Saiyan.
«Non mi spaventi perché so che non mi
ucciderai, perché non vuoi.» sussurrò stringendo più forte la presa.
Mantennero quella posizione per qualche
secondo, mentre Vegeta cercava qualcosa da dire, tentando di chiarirsi.
«E cosa te lo fa credere? Sei così
presuntuosa. Tu non sai niente di me e del mio passato, anzi sai che sono un
pericolo assassino e nonostante questo dici che non ti faccio paura?»
«Esatto. Te l’ho detto, io ho visto più in
profondità di chiunque altro.»
«Perché?» sospirò Vegeta, pensando che quella
situazione stava sfiorando il ridicolo. Meglio andarsene da quel pianeta, da
quella donna.
«Perché ti amo.» rispose dolcemente Bulma,
sentendo le guance rosse e calde.
Lui restò interdetto, colpito profondamente
da quelle parole e da quell’affetto.
Sì, lei nutriva dei forti sentimenti e lui lo
sapeva. Ma sentirglielo dire, con quel tono così pieno di amore, lo lasciò spiazzato.
In quel secondo comprese chiaramente che Bulma non era più un semplice
divertimento, stava diventando una persona cui lui teneva in modo particolare.
Era fiera, indomita, insopportabile la
maggior parte del tempo, passionale e con una curiosità senza confini.
Anche la sua idea di andare con altre donne,
in quell’istante, gli parve sbagliata.
Non voleva soddisfare i suoi istinti, voleva lei.
Si girò verso di lei, sciogliendo l’abbraccio
e, incapace di dire qualcosa, la baciò sulle labbra.
Bulma sentì il cuore schizzarle a mille, lui
non l’aveva mai baciata al di fuori del letto e in quel bacio non c’era
passione ma qualcosa che lui non sapeva come altro esprimere.
Lei ricambiò poggiando le mani sul suo viso e
approfondendo il bacio, iniziandolo a condurlo verso il letto.
Ora la situazione era diversa e Bulma voleva
la sua ultima notte.
Tra un sospiro e l’altro Vegeta la guardò
negli occhi intensamente.
«Domani me ne andrò lo stesso.»
«Lo so.» rispose lei, conscia fin dall’inizio
che non avrebbe cambiato idea e che la stava lasciando.
Ma era riuscita ad ottenere la sua vittoria, gli
aveva fatto comprendere che tra loro c’era qualcosa e sapeva che quella insieme
ora sarebbe stata la più bella delle notti, anche se l’ultima.
Vegeta non se ne andò quella sera, decise per
la seconda volta di sua spontanea volontà di fermarsi per dormire con Bulma.
Tentando mentalmente di spiegarsi questi comportamenti, si giustificò pensando
che, in fondo, era l’ultima volta che la vedeva e poteva anche concedersi di
spendere qualche ora in più con lei.
Lei si addormentò felice, riuscendo a non
pensare che dal giorno dopo non ci sarebbe stato più accanto a lei.
Alle prime luci dell’alba il Saiyan scese
velocemente dal letto, raccogliendo i suoi vestiti e dirigendosi verso la
porta. Voleva assolutamente evitare scenate o qualsiasi altra cosa venisse
dalla terrestre, meglio andarsene il prima possibile.
Tuttavia, preso dai suoi pensieri, non si
accorse dell’alterazione del battito di Bulma che ruppe l’atmosfera soffusa e
silenziosa della stanza.
«Lo chiamerò Trunks.»
Vegeta rimase nuovamente spiazzato, non
riusciva mai a prevedere nessuna delle reazioni di quella donna, che senso
aveva ora quell’affermazione?
«Potevi scegliere un nome migliore per mio
figlio.» replicò uscendo dalla stanza, mentre il sapore di quei “mio” e
“figlio” ancora riecheggiava nella sua bocca.
E dovette constatare che non era brutto.
Scosse la testa e si preparò a partire, la
Terra gli faceva un effetto davvero strano.
Bulma si alzò dal letto e, dalla finestra, lo
vide entrare nella navicella per andarsene. Il suo animo ora era più sereno,
sapeva che lui sarebbe riapparso sulla Terra per i cyborg e Goku, anche se non
sarebbe tornato da lei.
Ora aveva un bambino cui pensare, era
riuscita perfino a far dire a Vegeta che quello era suo figlio, non ci dovevano
essere ragioni per essere tristi.
Eppure non poté impedirsi di esserlo quando
vide la navicella scomparire nel cielo, gli addii non le erano mai piaciuti,
ora poteva sicuramente dire che li detestava.
Tuttavia si fece forza, si disse che doveva
andare avanti e non arrendersi. Lei non demordeva mai, non avrebbe certamente
iniziato ora.
Passati sette mesi la gravidanza di Bulma era
ormai nel suo pieno e la pancia era gonfia come non mai. Era riuscita a
mantenersi in forma, ma sicuramente il ventre era vistoso in maniera
impressionante per lei che aveva sempre avuto una pancia piatta.
Si divertiva durante il giorno a intrattenere
lunghe conversazioni con il suo bambino, – non aveva bisogno di nessuna
ecografia per sapere che era un maschio – qualche volta gli parlava di suo
padre, chiedendosi in quale lontana stella si trovasse.
Tentava di lavorare come poteva, ma era
troppo ingombrante per fare lavori di precisione che lasciava a suo padre.
Aveva deciso di non dire nulla ai suoi amici
della sua gravidanza e della paternità del bambino, l’avrebbe fatto una volta
che Trunks sarebbe nato, voleva far loro una sorpresa.
Non temeva assolutamente i loro giudizi, era
un figlio nato dall’amore e aveva soltanto da esserne fiera. Non importava che
quel testone l’avesse lasciata.
Aveva notato che il suo stomaco sembrava
essere diventato il triplo dato che aveva sempre fame, quasi ai livelli di
Vegeta e che, inoltre, la sua forza era notevolmente aumentata.
Man mano che il piccolo cresceva la sua
natura Saiyan si trasmetteva nella madre, Bulma sapeva che l’effetto dopo il
parto sarebbe finito, ma non sgradì affatto quei temporanei cambiamenti.
Un nebbioso lunedì pomeriggio ricevette anche
la più inaspettata delle visite.
Stesa sul divano, a causa di quell’enorme
pancione, aveva chiesto alla madre di aprire e si era stupita non poco sentendo
la voce giuliva di lei gridare “Yamcha” a chiare lettere.
Sospirò, domandosi cosa mai potesse volere e
decise di non alzarsi comunque dal divano. Yamcha entrò nel salotto ma Bulma
gli dava le spalle, per cui non si accorse subito del suo stato.
«Ciao Bulma.»
«Ciao Yamcha, come va? Scusa se non mi alzo,
ma ho un terribile mal di schiena.» rispose lei, iniziando a massaggiarsi
leggermente la spalla.
«Tranquilla… Come
mai non sento rumori in casa? Dov’è quello scimmione?» chiese subito con voce
sprezzante.
Bulma sbuffò nuovamente: «Non c’è, è partito
da sette mesi ormai.»
«Fantastico! Finalmente ti sei levata
quell’assassino da casa! Spero tanto che non ritorni mai più e che non
raggiunga mai il livello del Super Saiyan. Del resto se serve un cuore sereno,
non potrà mai farcela.» esultò Yamcha, mentre nuove speranze sorgevano in lui.
«Mi spiace deluderti, ma tornerà. E riuscirà
a diventare un Super Saiyan.» replicò Bulma con fermezza.
«Ma che dici?! Come puoi sperare una cosa del
genere?»
«Non ho detto che lo spero, ma succederà
comunque. So che ce la farà.»
La sicurezza del tono di Bulma lo disorientò
e si avvicinò a lei, per poterla guardare in viso.
Inciampò quasi quando, avvicinandosi, scoprì
le reali condizioni della ragazza.
«Ma Bulma! Tu sei incinta…»
«L’ho sempre detto che sei un bravo
osservatore!» replicò lei ironicamente, invitandolo a sedersi prima che le
svenisse sul pavimento. «Ah, ti pregherei di non dire niente a nessuno, voglio
fare a tutti una sorpresa!»
«Non ci posso credere. Come hai potuto?
Dopotutto quello che c’è stato tra noi?!»
«Noi? Ti ricordo che ci siamo lasciati da un
anno!» disse la ragazza iniziando ad alzare la voce.
«Ma di chi è? Lo conosco quest’uomo
misterioso che ti ha addirittura convinto ad avere un figlio?» chiese Yamcha
con tono minaccioso.
«Certo che lo conosci, anche se non è proprio
un uomo normale.» rispose lei sperando che comprendesse subito.
Lui si stupì e poi la sua espressione mutò in
puro disgusto.
«No. Non sei andata a letto con… quello? Con
quell’assassino?» gridò alzandosi in piedi.
«Sì, è figlio mio e di Vegeta.» disse lei
tentando di non buttarlo fuori a calci dalla casa. Come si permetteva di
giudicarla? Nessuno sapeva quello che c’era tra lei e Vegeta, nessuno conosceva
cosa realmente ci fosse nel cuore del Saiyan.
«Sei uscita pazza, Bulma. Ma come hai potuto?
Ha forse… abusato di te?» urlò afferrandola per un
braccio e scuotendola.
«Ma che dici! È stato tutto sempre
consenziente da parte mia. E lasciami!»
«E allora sei la donna più stupida di tutto
l’universo! Guarda come ti ha lasciato, sola e con un figlio. Non sei stata
niente per lui, sei stata solo una scopata! Dovresti vergognarti per aver
ceduto, dopo tutte le vite che ha crudelmente spezzato.»
«Tu non sai niente Yamcha!» gridò, di colpo,
Bulma stanca di tutte quelle offese. «Come puoi venire qua e giudicarmi? La
vita è mia e tu non hai nessun diritto di insultarmi gratuitamente! E poi cosa
sei venuto a fare qui, oggi?»
Yamcha lasciò scivolare le braccia lungo i
fianchi mentre l’amarezza s’impossessava di lui.
«Volevo vederti…
Tentare di riavvicinarmi a te… Ma, a quanto pare, sei
più lontana di quanto avessi mai creduto.»
«Mi dispiace Yamcha ma, ormai, è così.»
«Perché Bulma?» le domandò con lo stesso tono
di quella lontanissima sera in cui l’aveva lasciato, anche se credeva di
conoscere già la risposta.
«Se davvero me lo chiedi, vuol dire che non
mi hai mai davvero amato.»
«Come puoi amare quell’individuo?»
«Per quello che mi ha detto, che mi ha
dimostrato e che so di lui mi dovresti chiedere come posso non amarlo.» replicò
Bulma con dolcezza, accarezzandosi il ventre. È fiera di ciò che prova, anche
se questo farà soffrire di nuovo il suo caro amico.
Yamcha incassò il colpo finale e, dopo un
breve saluto, uscì dalla Capsule Corporation.
Bulma era ormai così distante da lui, per
colpa di quel maledetto Saiyan non sarebbe mai più tornata indietro. E non può
evitare di domandarsi cosa le abbia dato per farla innamorare in quel modo,
così viscerale. Lo sguardo che aveva a lui non l’aveva mai rivolto.
Come era potuto succedere?
Era notte fonda quando Bulma, improvvisamente
assetata, si era svegliata e si era alzata per bere.
Aveva preso uno dei bicchieri dalla credenza
e vi aveva versato l’acqua, iniziando a sorseggiarla.
Di colpo, però, il bicchiere le era scivolato
dalle mani andando a cozzare contro il pavimento. Bulma era trasalita, quasi
come se la sua mente si fosse risvegliata solo per il rumore dell’oggetto.
Era andata a prendere scopa e paletta per
pulire quel disastro e, non sapendo spiegarsi perché, il pensiero di Vegeta l’aveva
improvvisamente colpita.
Nessuno dei due sarà mai a conoscenza che, in
quello stesso istante, Vegeta, urlando di rabbia, era riuscito a trasformare i
suoi capelli e i suoi occhi, diventando il leggendario Super Saiyan.
Rivedendolo, mesi dopo, attorniato da un’aura
dorata e tenendo il suo amato Trunks nelle braccia, Bulma si sentì orgogliosa.
Non si stupì quando lui non la salvò, aveva già capito dal suo sguardo ceruleo
che credeva di aver dimenticato tutti i legami che lo univano alla Terra.
Anche se lei sapeva che così non fosse.
Lo aveva trattato con il suo solito piglio,
non l’aveva mai intimidita e il fatto che ci fossero i suoi amici non aveva
creato nessuna differenza.
Li aveva indirizzati dal dottor Gelo,
scoprendo per giunta che quel ragazzo venuto dal futuro era il dolce bambino
che teneva tra le mani.
E si era sentita felice, perché il suo Trunks
sarebbe diventato bellissimo e coraggioso.
Però i suoi discorsi sui Cyborg gli avevano
ricordato quanto fossero forti e pericolosi e aveva iniziato a temere un po’
per quel testone e suo figlio.
Era in quel momento che aveva compreso Chi-chi appieno, sapeva che fossero incredibilmente forti
ma aveva paura di perderli lo stesso.
Si stupì non poco Bulma vedendo Vegeta
tornare alla Capsule Corporation, qualche ora dopo dalla sconfitta definitiva
di Cell.
Avevano combattuto, Goku si era sacrificato,
ma alla fine il piccolo Gohan era riuscito a vincere
quel mostro terribile.
Lo sguardo di Vegeta la preoccupò
immediatamente, non gliel’aveva mai visto. Sembrava solo e fragile come non
mai, non il solito duro e testardo Saiyan.
Era entrato in casa senza pronunciare parola
e si era rinchiuso nella GR, senza attivarla.
Erano passate quasi cinque ore senza che ne
uscisse e, quando stava iniziando a farsi sera, Bulma decise che era il momento
per verificare cosa stesse succedendo.
Aprì la porta della GR trovando Vegeta seduto
contro un muro, con lo sguardo abbassato e perso nel vuoto del pavimento.
Era quasi certa che era in quella posizione
da quando era arrivato.
Si era avvicinata piano, tastando le parole
da utilizzare: «Cosa fai qui dentro, se non ti alleni?»
Lui non le rispose, come se neanche fosse
nella stanza.
«Allora? Dovresti essere contento, Cell non c’è più.»
«Certo, l’ha sconfitto quel moccioso figlio
di Kakaroth.» replicò Vegeta, incapace di contenere
la sua frustrazione al sentire il nome di Cell.
Bulma comprese subito le ragioni del suo
turbamento, anche se si era trasformato non era stato lui a sconfiggere il
nemico.
«È stato bravo, lo siete stati tutti.»
«Vattene. Volevo restare solo, non ascoltare
le tue chiacchiere.» disse sprezzante per farla tacere.
«Sgarbato come sempre! Ora dovrò tornare
nuovamente a rompere tutte le cose che distruggerai.» replicò lei, sentendosi
in cuor suo felice sapendo che, forse, era tornato in quella casa per
rimanerci.
«Non credo. Domani me ne vado, io non
combatterò mai più, quindi smetterò anche di allenarmi.» disse Vegeta con voce
atona.
Bulma si voltò a guardarlo stupita, ma che
sciocchezze andava dicendo?
«Non puoi farlo.»
«Me lo vorresti impedire tu?»
«No, te lo impedirai da solo. Non puoi
decidere di non fare quello per cui sei nato, sarebbe una condanna terribile.»
iniziò Bulma sedendosi vicino a lui e toccandogli una mano. «Tu sei il principe
dei Saiyan, non fai altro che ripeterlo a tutti, rompendoci sempre le scatole.
Il combattimento ti scorre letteralmente nelle vene, non puoi decidere di
lasciarlo, questa scelta ti ucciderà interiormente.»
Vegeta scostò la mano di lei, notando come le
sue parole riuscissero sempre a colpirlo nella sua parte più profonda.
Che avesse ragione?
«E poi tu non sei mai stato un codardo. Non
vorrai iniziare ora? Ti arrendi di fronte a questa difficoltà? Devi lottare
Vegeta, non cedere perché pensi di aver fallito.»
Vegeta alzò lo sguardo fissandola negli occhi
azzurri.
Nessuno al mondo lo comprendeva così bene.
Ricordò il momento in cui aveva visto ucciso
suo figlio, il panico che aveva provato e la voglia di vendicarsi. Aveva
scoperto quelle nuove sensazioni solo grazie a lei.
Non credeva sarebbe stata una terrestre a
trovare le parole esatte da dire, ma diamine, aveva ragione.
Non doveva arrendersi. Un giorno avrebbe
raggiunto il suo obiettivo, non doveva demordere, sarebbe stato da vigliacchi.
«Allora vedi di riparare questa stanza, non
mi sembra in buone condizioni.»
Bulma sorrise radiosa, contenta come non mai
di dover eseguire delle riparazioni.
«Ho fame, non hai ancora cucinato?» disse poi
Vegeta alzandosi e avviandosi verso l’uscita.
«No, ora preparo la cena per noi e il latte
per Trunks.»
Lui annuì e si preparò ad uscire dalla porta
quando la voce di lei lo richiamò.
«Vegeta… Te ne
andrai?»
Lui si girò e fissandola intensamente tentò
di dirle tutto quello che mai, a parole, le avrebbe detto.
Bulma vi lesse dei ringraziamenti per quello
che aveva detto e ancora un sentimento nuovo che per la prima volta si
manifestava chiaramente.
«No, sono tornato e resterò, Bulma.» disse
uscendo dalla GR.
Bulma sentì il cuore galopparle nel petto
come non mai.
Le tremavano sempre un po’ le ginocchia
quando lui la chiamava per nome e poi quella frase voleva dire moltissime cose.
Sarebbe rimasto con lei e con il loro figlio.
Vegeta credeva di aver dimenticato i
sentimenti sviluppati in quella casa, emozioni che neanche voleva che
esistessero.
Ma quella donna si era insediata piano dentro
di lui, così come quel figlio.
Per quanto fosse strano, ora capiva che il
suo posto era con loro.
Del resto, finita la battaglia, il primo
posto in cui aveva pensato di tornare era quell’abitazione, che stava iniziando
vagamente ad avere sapore di “casa”.
Tentò di reprimere quegli sciocchi pensieri,
ma ormai non poteva più combatterli.
Vegeta aveva chiamato Bulma due volte fino a
quell’istante.
La prima volta era stata quando aveva iniziato a
rispettarla, la seconda quando aveva iniziato ad amarla.
Fine.
Finita *___*
Ecco la fine della mia fic
u.u Avevo un sacco di cose da dire e ora non me ne
viene in mente nessuna o_o
Allora intanto, sì lo so nell’anime la chiama
Bulma in presenza degli altri, ma ovviamente io intendevo una cosa privata fra
di loro.
Poi alcune cose le ho gestite in base a come
vengono mostrate nell’anime, mi spiego: ho fatto dire a Bulma il nome che
intende dare al bambino perché, nell’anime, quando Vegeta ritorna lo conosce
già. E non è andato da Bulma perché lei stessa dice di non sapere dove sia e
non credo proprio che l’abbia “spiata” quando è nato Trunks, dal momento che
nel suo viaggio tenta di dimenticare entrambi xD
Il momento con Yamcha, uhm, quello l’ho
inserito per chiarire ancora di più la fiducia e l’amore di Bulma, non per
denigrare quel poveretto x°D però ho immaginato che
sarebbe avvenuta proprio in quel modo una scena tra i due.
Il parallelismo tra il bicchiere che cade e
Vegeta che si trasforma, sbarazzandosi definitivamente dell’immagina di Bulma,
l’ho inserito perché ci viene più volte mostrato come tra i due ci sia un
“collegamento” (come quando lui muore e Bulma lo avverte subito) e poi mi
piaceva u.u
La canzone è sempre “Dark Paradise”
di Lana Del Rey, vi consiglio davvero di ascoltarla
insieme all’altra perché si adattano benissimo a questa coppia.
Questa la traduzione dei versi: “Tutti i miei amici mi chiedono perché
resisto, gli dico che quando trovi il vero amore esso ti fa vivere, ecco perché
resto./ Tutte le volte che chiudo i miei occhi è come un nero paradiso, nessuno
può essere comparato a te, ma tu non ci sei eccetto che nei miei sogni
stanotte.”
Boh, ditemi se non è perfetta <3
Ringraziamenti:
- MariannaV: ecco che Vegeta è tornato! xD
Sì, concordo, Bulma è molto protettiva, del resto quel testone ne ha proprio
bisogno ._. Ma continuerà sempre a pensarlo che si è rammollito, la saga di Majiin Bu ne è la prova (stupido
Vegeta <_<) Grazie per avermi seguito e aver sempre commentato :D spero
che il finale ti sia piaciuto.
- Federika21: Carissima ** contenta di averti soddisfatto! È vero,
loro sono molto per i gesti e non le parole <3 spero ti averti soddisfatto e
dico grazie tante anche a te per avermi seguito dall’inizio <3 grazie
tantissime *___*
Ringrazio anche tutte le persone che hanno
inserito la storia in preferiti/ricordate/seguite e le persone che,
semplicemente, hanno letto questa storia.
Sto pensando di scrivere anche una storia su
Goku e Chi-chi perché anche loro sono personaggi che
mi affascinano (anche se di meno di Bulma e Vegeta) e che vorrei approfondire.
Vedremo :D
Un bacio grande :*
EclipseOfheart