Perché fa un sacco figo

di Trick
(/viewuser.php?uid=21078)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Benvenuti a Hoguort ***
Capitolo 2: *** Bentornati a Hoguort ***
Capitolo 3: *** Prescelti e risorti ***
Capitolo 4: *** Schiantati e svenuti ***



Capitolo 1
*** Benvenuti a Hoguort ***


Note di Trick (non me ne frega niente se le saltate, tanto io non verrei comunque a saperlo).
Questa fan ficton assolutamente demenziale mi è venuta fuori dopo un attacco isterico dovuto all'eccesso di fyccine con cui il poveri siti di fan fiction sono ricolmi. Non so se diventerà una cazzata a capitoli. Non credo, ma giusto perché ho un sacco di cose da fare e un piffero di tempo per farle, in 'sto periodo.

Nel frattempo, volevo dedicare questa cosa da niente a tutte quelle fan-writer serie che davanti a certe amenità della scrittura amatoriale si sentono prese per il culo.

***

Era una notte buia, molto buia. Così buia, che in tutto quel buio pareva impossibile poter vedere la più piccola traccia di qualsivoglia elemento interessante ai fini della storia. Ma non importa, questo è il mio epico incipit drammatico e voglio che entriate nel contesto.
Era buio e il mondo era un posto tanto, tanto cattivo. Così cattivo, che in tutta quella cattiveria le tapine e misere forze del Bene stavano ormai svanendo a causa dell'inumana perfidia di Lord Voldemort e dei suoi Mangiamorte.
Ahimè, come spiegarvi le circostanze che ci hanno condotto a ciò?
Intanto, partiamo dal presupposto che siano tutti deficienti e teniamolo bene stretto fino alla fine di questa sclerotica e dozzinale epopea. Apparentemente, ben sette grossi libri farciti di fallimenti e umiliazioni da parte di quei dementi dei Mangiamorte, infatti, non erano bastati all'Ordine della Fenice per capire quanto fossero effettivamente incapaci i sopracitati tizi cattivissimi e perfidi. Nel corso del Fu Potter Canonico perduto nei secoli (quello in cui ancora venivano narrate le epiche prodezze di uno sputacchio d'ossa con gli occhiali tondi, un allocco col naso lungo e i capelli carota e una tizia con un cespuglio in testa e i dentoni, per intenderci), i Mangiamorte sono talmente pirla che verrebbe da chiedersi come abbia fatto Lord V. a mantenere il potere così a lungo.
Ma questo alla Somma Autrice non interessa. Cioè, gente, seriamente: chi se ne fotte di come cavolo facciano dei simili idioti a conquistare il mondo. No, non la Gran Bretagna. Se si deve fare una cosa, la sia fa come si deve: qui, Lord V. conquista il mondo, la galassia, l'universo, Narnia e la Terra dei Ghiottoni. Avete visto quanto è cattivo, no?
Era davvero una notte molto buia e a noi, del come Lord V. abbia conquistato il globo, non ce ne frega niente. A noi interessa soltanto che qualcuno faccia luce sul destino dei nostri sopracitati (dove?) personaggi.
Quindi, sì: era una notte buia e tempestosa, fin quando Albus Silente non ha acceso gli interruttori sul più mirabolante sipario che abbiate mai immaginato.
Ragazze. Ragazzi. Compagni. Amici. Parenti. Vicini. Il mio gatto.
Benvenuti a Hoguort.

INSERIRE QUI IL TITOLO
perché fa un sacco figo

«Carissimi studenti!» strilla con ambigui versi acuti il Preside Albus Silente dall'alto del suo sommo leggio. Sì, acuti. Anche in questa storia, il Preside Silente è sotto l'effetto di potenti barbiturici: non dite alle vostre mamme che sono stata io, a rivelarvelo. «Come sapete, Lord Voldemort è tornato e tempi assai bui e tempestosi ci attendono. Dubito che qualche membro delle famiglie che avete lasciato a casa possa stare tranquillo e sperare di sopravvivere, ma voi siete qui, a Hoguort, l'ultimo posto in cui mi aspetto di vedere ambientato un epico duello mortale fra Harry Potter e Lord Voldemort, quindi rasserenatevi e comportatevi come se niente di tutto ciò vi interessasse».
Hermione Granger, sedicenne studentessa di Grifondoro dall'impeccabile e ossessivo rendimento scolastico, aprì la bocca con espressione confusa e scosse appena la criniera di incontrollabili e ben poco affascinanti capelli crespi. Si voltò verso i due amici, seduti di fronte a lei e con la stessa faccia perplessa. Ron Weasley storse il naso lungo e mostrò i palmi delle grandi mani con l'aria di chi non vuole immischiarsi in alcuna faccenda misteriosa. Harry Potter, mingherlino e dalla folta zazzera nera, fece le spallucce.
«Avete ascoltato almeno una parola di quello che ha detto il professor Silente?».
Harry e Ron si scambiarono un'occhiata in tralice che fece sbuffare alla ragazza:
«Ovviamente no. Se lo aveste fatto, avreste capito che c'è qualcosa che non torna. Non vi sembra strano che Silente ci inciti a fingere che Tu-Sai-Chi non esista?».
«Forse soffre di demenza senile e se l'è scordato» scherzò Ron, picchiettandosi la tempia con l'indice. «Non sarebbe affatto male se si scordasse pure gli esami di fine anno».
Mentre Harry ridacchiava sotto i baffi, Hermione lo liquidò con un'occhiata boriosa.
«Detto ciò, è tempo di presentarvi i vostri nuovi compagni di scuola» proruppe nuovamente la voce leggiadra di Silente. «Ma, visto che a nessuno di voi interessano i mocciosi per nulla interessanti del primo anno, li Smisteremo a caso e non li nomineremo mai più. Sono qui per presentarvi una ragazza davvero molto, molto speciale. È originaria delle lontane Americhe, ma a causa dei cazzi dell'Autrice, di un trasferimento di residenza e di un viaggio temporale frequenterà Hoguort solo da oggi!».
Le mandibole di Hermione si spalancarono in maniera tragicomica.
«Di che sta parlando?».
«Ma della nuova studentessa, no?» esclamò una ragazza seduta vicino a Lavanda Brown. «Cos'è, sei sorda?».
Harry, Ron e Hermione si sporsero verso di lei. Era una sedicenne particolarmente bella, con i lunghi boccoli dorati elegantemente acconciati sulle spalle, la pelle nivea e i grandi occhioni dorati dalle lunghissime ciglia scure.
«Secondo me, Hermy, un Ippogrifo le ha sputato in un orecchio!» rise un ragazzo dall'aria prestante seduto di fronte a lei. Aveva le spalle larghe e muscolose, il profilo fascinoso da bravo ragazzo di campagna (non so cosa sia, ma la Somma Autrice mi ha detto che è così), una fiammeggiante chioma rossa e gli occhi azzurri più splendenti che qualcuno avesse mai visto. L'angelica apparizione era stata, ahinoi, brutalmente distrutta dalla scadente battuta di poco prima, ma l'amico dai capelli neri più dell'ebano e della pece e del carbone e della notte seduto accanto a lui non pareva della stessa opinione. Scoppiò a ridere, mostrando la dentatura perfettissima e sollevò il viso verso di loro. Attraverso un paio di occhialini estremamente raffinati, i suoi occhi sembravano due smeraldi lucenti nell'oscurità. I capelli gli ricadevano in ciocche ordinatamente scomposte attorno al bel viso.
Harry, Ron e Hermione si guardarono con sguardi persi.
«Voi li avevate mai visti, questi?» chiese confuso Ron.
Hermione scosse il capo e fece cenno ai due amici di ignorare i tre sconosciuti studenti di Grifondoro. Stava per dire qualcosa di profondamente intelligente (si suppone), quando Silente riprese nuovamente a strillare.
«È un onore per me presentarvi Lilian Amanda Jasmine Amber Serena Alexandra Serena Matilde Martina Charlotte Elizabeth Selene Megan Cassiopea Samantha Haley Sarah Helena Ophelia Mary Cornelia Sophia Marilisa Elenoir Chanel Thiana Clotilde Amaranta Amarena Scrivania Giumenca Riddle».
Seduto all'altro lato della panca accanto a Ginny Weasley, Neville Paciock si sporse verso Harry e si grattò una guancia paffuta.
«Ehi, ma quante sono?».
La giovane sconosciuta (che, per ovvi motivi tecnici, chiameremo da qui in avanti Nomea) si erse in tutto il suo splendore da qualunque posto fosse nascosta. I suoi capelli avevano il colore delle notti più stellate, blu a pois argento, e i suoi occhi avevano la stessa tonalità del blu brillante (quindi, abbiamo supposto fossero proprio blu brillante), ma più blu, più belli, più speciali, più unici. E brillavano un sacco, il che la rendeva davvero cool. Era alta e meravigliosa e, sebbene non sia ancora chiaro dove dovesse avere le curve, lei le aveva proprio al posto giusto. Cioè, avete capito? Lei non aveva una tetta sul ginocchio, no! Lei ce l'aveva proprio lì, dove si suppone debba stare la tetta.
Che figa.
Indossava un vestito azzurro che... no, questo non fatemelo fare.
Nomea Riddle fece sfavillare la sua specchiante dentatura perfetta in un larghissimo sorriso gentilmente sfrontato e ringraziò Silente dell'ospitalità.
«Mia carissima ragazza, l'onore è nostro!» esclamò il drogatissimo Silente, incurante del fatto che i suoi professori erano probabilmente stati mangiati da Hagrid, visto che nessuno li aveva ancora citati. «E ora, procediamo con lo Smistamento».
Il Cappello Parlante le scivolò con raffinatezza sulla chioma stellata.
«Oh, ma cosa vedo, qui. Una giovane nuova arrivata! Fantastico! Fantastico!».
Il Cappello Parlante doveva aver fumato gli aromi esalati da qualunque altra cosa avesse assunto Silente. Questa fan fiction sta diventando un pessimo, pessimo esempio per i più piccoli. Ricordatemi di metterci un rating altissimo.
«Sì, il mio nome è Lilian Amanda Jasmine Amber Serena Alexandra...».
«Buon Dio, basta!» strillò un disgraziato Corvonero di cui non ci frega niente fra le lacrime.
«...Riddle» terminò incurante Nomea.
«Riddle?» ripeté con interesse il Cappello. «Mmh... ho già sentito questo nome».
Ma che mistero misterioso, verrebbe da dire! E invece no, nessuno a parte Harry, Ron e Hermione (quello mingherlino, quello col naso lungo e quella con i capelli crespi) sembrava capace di collegare la bellissima Nomea al temibile Tom Riddle. Secondo gli appunti lasciati dalla Somma Autrice, Tom Riddle è... aspettate un attimo, devo cercare meglio. Allora... il superpotere degli occhi non ci interessa ancora, decisamente no... no, il fatto che è una Vampira Mannara Elfa è lo scoop geniale del terzo capitolo, questo bisogna proprio tenerlo segretissimo... ah! Ecco! Lei è la figlia di Tom Riddle, Lord V., Oscuro Signore.
«Sì, Riddle è mio padre. Tom Riddle» informa con estrema professionalità la fanciulla.
Ora, io avevo supposto che sarebbe stata come minimo emarginata da tutti i suoi compagni di scuola, resa vittima di bullismo e, probabilmente, strangolata. Ci sono cose che la gente dovrebbe imparare a tenere per sé, tipo che sei la figlia del mago più Oscuro di tutti i tempi o che hai le verruche nei piedi. E invece no, non si sta mai zitti.
Ginny Weasley, con i capelli rossi regolarmente legati dietro la testa, gli occhi di un comune nocciola e la faccia ricoperta di lentiggini, scattò dalla panca e fissò con improvviso astio la ragazza. Poi, il suo sguardo da adolescente incavolata con il mondo intero si posò sul delirante Silente.
«Lei è la figlia di Tu-Sai-Chi!» urlò indignata al resto della scuola. «Tom Riddle è il vero nome di Tu-Sai-Chi!».
Dai quattro tavoli si levarono boati di grida. Chi strillava terrorizzato, chi inneggiava al massacro e chi, giustamente, accusava Silente di essere del tutto rincoglionito. Eh, dai, facciamoci delle domande.
«Voldemort ha una figlia?» chiese nel caos Harry.
«Mai sentito niente del genere!» gli rispose Hermione.
«Devo vomitare!» commentò Ron.
«Smettetela!» gridò una voce femminile dal tavolo dei Grifondoro.
Una ragazza dai lunghissimi e scintillanti capelli di fuoco (Charizard, possibile?) si levò in piedi e fissò tutti con i suoi occhi azzurrissimi.
«Come potete comportarvi così? È forse colpa sua, se suo padre è un maniaco omicida e ha cercato di ucciderci tutti innumerevoli volte? È forse colpa sua, se non ha amici e nessuno le vuole bene? È forse colpa sua, se il buco dell'ozono si sta espandendo e noi moriremo tutti? È forse colpa sua, se le Spice Girls si sono sciolte?».
La Sala Grande era ammutolita di colpo ed io, vi giuro, sto seguendo alla lettera gli appunti della Somma Autrice.
Ginevra Weasley (così si chiamava la paladina dei deboli) alzò fiera il capo e lanciò uno sguardo carico di comprensione verso Nomea Riddle. Tutti i personaggi della storia presenti che avevano già perso la ragione si accorsero del meraviglioso sodalizio mai pronunciato instauratosi d'un tratto fra le due giovani streghe. Quegli altri ancora normali, invece, le presero per pazze.
«E tu chi saresti?» chiese Ginny.
«Il suo nome è Ginevra» disse il ragazzo dai capelli rossi di poco prima, alzandosi eroicamente al suo fianco. «Ed io sono Ronald Weasley, ma potete chiamarmi Ron».
Di nuovo, epocale silenzio. Come questo potesse accadere all'interno di una sala che dovrebbe contenere centinaia e centinaia di ragazzi, questo non ci è di nuovo dato saperlo.
Ron Weasley, quello con il naso lungo, si alzò a sua volta.
«Maledizione, ma che stai dicendo? Io sono Ron Weasley».
«Non ti permettere di rispondergli con quel tono!» s'intromise la giovane dai boccoli dorati. «Io sono Hermione Granger».
«Sì, ma tutti la chiamiamo Hermy» aggiunse con una smorfia saccente Ginevra Weasley, quella con la testa che andava a fuoco. «Hermy Granger».
«No, no, no» sentenziò con ferrea decisione Hermione, quella con i capelli crespi e i dentoni. «Io sono Hermione Granger e loro sono Ron e Ginny Weasley» indicò l'amico al suo fianco e la sorellina dietro di lui. «E questo qui è Harry Potter».
L'avvenente ragazzo dai capelli neri seduto in mezzo all'improbabile gruppetto di Grifondoro si alzò a sua volta e sollevò orgogliosamente il mento.
La Somma Autrice dice di inserire dei cori di ragazzine strillanti, ma non troppi, perché ne servono di più per l'arrivo maestoso di Draco Malfoy. No, non quello pallido e dal viso a punta, quello figo con i pettorali.
«GRIFONDORO!» strillò nel silenzio il Cappello Parlante.
Nomea Riddle sfilò il magico copricapo, ringraziò con un inchino il demente Preside e s'incamminò con aria fieramente timida verso il tavolo rosso e oro. Giunta esattamente nel mezzo dei due gruppetti di litiganti (e non ho ancora capito se qualcuno o meno si fosse accorto di loro, ma tant'è che la Somma Autrice ha detto che non importa), li scrutò con i suoi carismatici occhi e mormorò ferocemente:
«Non dovete litigare. Ho già sofferto così tanto nel corso del mio passato... mio padre mi ha tenuta rinchiusa fino ad oggi: mi ha concesso di frequentare Hoguort dopo averlo tanto implorato solo pochi giorni fa. Ha ucciso mia madre per timore che il suo amore mi rendesse troppo debole e devo a lui tutta la mia forza. È mio padre e gli devo molto, ma lo odio profondamente e desidero che muoia con atrocità. Ha ucciso mio madre e mi ha resa la persona meravigliosa che sono. Potrei desiderare forse altro?».
Hermy e Ginevra avevano le belle guance rosee velate di lacrime e perfino Ron, quello bello, si tratteneva a stento. Harry Potter, quello figo, si alzò e le tese la mano.
«Benvenuta, Nomea. Spero ti troverai bene».
Quegli altri, invece, osservavano la scena con sguardo vagamente terrorizzato. Negli appunti della Somma Autrice non c'è scritto altro, se non: vanno tutti nei Dormitori a dormire, perché domani Lilian Emilia Jessica Alexandra Romualda Bla-Bla-Bla deve raccontare a tutti la sua mirabolante storia di vita passata. Mi raccomando, ricordati di quando ha sconfitto il temibile Stregone Briccone e quando ha addomesticato il suo primo Dorsorugoso di Norvegia. Domani indosserà una T-shirt rosa e risponderà malissimo a Draco, che si innamorerà di lei. Però poi litigherà con Hermy, che è gelosissima.
Che dite, dovrei dire alla Somma Autrice che inizia a darmi qualche problema?

Firmato con reale e realistico amore,
il Vostro Canon





Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Bentornati a Hoguort ***


Note di Trick (sempre quelle che non mi interessa che leggiate o meno).
Doveva essere una cagata di one-shot, ma è stato più forte di me. Ho un solo appunto da fare prima di andare a cercare la mia perduta dignità di fan-writer: se tu che stai leggendo stai pensando: «Ehi, ma anch'io ho scritto una storia con un nuovo fighissimo personaggio che ha fatto un sacco di cose fighe e questa stronza qui non si può permettere di prendermi in giro!», beh... non è un problema mio, fattene una ragione.

A voi altre, invece, quelle dell'altra volta che si sentono prese per il culo dinanzi a certi aborti della scrittura amatoriale, è dedicato pure questo stupido capitolo.

***

Era una notte buia e tempestosa e il mare sferzava forte forte contro le mura di Hoguart, la Scuola di Magia e Stregoneria e Alchimia e Dislessia e Aritmia più famosa del mondo. La luna brillava altissima nel cielo e le nuvole che coprivano la sua pelle nivea lasciavano trasparire e traspirare tutta la sua lattea luce. All'orizzonte lontano lontano, si potevano intravedere i primi barlumi del sole che albeggiava là, sempre lontano lontano, proprio a fianco di un arcobaleno, uno stormo di Ippogrifi, un occhio del ciclone, uno tsunami e un fulmine a ciel sereno.
Forse non era poi così tanto buio; forse non c'era nemmeno la tempesta, probabilmente.
Ce ne frega qualcosa? No, non ce ne frega niente. Potrebbe diventare il titolo di questa storia: cose di cui non ci frega niente.
Ad ogni insano modo, la Somma Autrice mi ha scritto che c'è la luna che brilla alta nel cielo d'estate col sole che albeggia sull'arcobaleno dopo la tempesta che domani è un altro giorno, oh, Rhett, cosa ne sarà di me.
Francamente, miei cari, ce ne infischiamo tutti.
Orsù, ragazze. Ragazzi. Compagni. Amici fetenti. Gente che mi convince a scrivere cazzate.
Bentornati a Hoguort.
Ma che culo.
INSERIRE QUI IL TITOLO
perché fa un sacco figo

Harry, Ron e Hermione si erano rifugiati attorno al caminetto della sala comune di Grifondoro immediatamente dopo cena. Erano stati piuttosto fortunati a trovare libere le poltrone, di solito sempre occupate da altri compagni di Casa. Eh, beh, cavolo, sono i posti davanti al caminetto, e non potete pretendere che la gente non se li contenda.
Posti riservati del fantasticissimo Trio? Di che state parlando?
Ginny era in compagnia delle sue sconosciute e assolutamente indifferenti amiche, dal momento che all'inizio del sesto libro ci viene specificatamente detto che no, Ginny non è il quarto membro acquisito del Trio. Non sappiamo chi frequenti, okay, ma anche Ginny, al momento, si sta facendo i propri affari da qualche parte. A quanto sembra, le sue amicizie sono così deprimenti che manco la Rowling si è sbattuta più di tanto a trovargli un'amica con un nome e una faccia.
La sala comune non era affatto deserta: avete presente quanti cavolo di studenti ci sono, a Hoguort? Ecco. Non è che si possa andare a zonzo dove caspita si vuole, di sera. Ci sono delle regole, a Hoguort. Eh, sì, ve lo giuro, ce ne sono un sacco.
Nella comunissima (ma davvero comunissima) sala comune di Grifondoro, c'era gente che chiacchierava un po' di qua e un po' di là, un po' sulle scale, un po' sulle poltrone, un po' nei Dormitori e un po' dove cavolo gli pareva. Lavanda Brown e Calì Patil cinguettavano fra loro, Seamus e Dean facevano comunella con altra gente di cui, davvero, non frega niente a nessuno, Romilda Vane muoveva la lingua a cerchi in direzione di Harry Potter in un disperato tentativo di mostrargli quanto profonda fosse la sua ugola e poi, boh, niente, che cavolo pensate possa mai capitare?
Eh, insomma, fosse per me, ci si racconterebbero l'un l'altro le noiosissime vicende estive. Ad essere canonicamente pignoli, poi, non sarebbe affatto una cattiva idea che qualcosa ricordasse a qualcuno la quisquilia del ritorno di Lord Voldemort.
E invece, no, la Somma Autrice stupisce e sconcerta.
Ah!
Dicevamo: mentre i nostri inutili personaggi di contorno si stavano facendo i propri interessi, ecco comparire nientepopodimeno che Bellatrix Lestrange.
No.
Mi sono sbagliato di nuovo. Mi chiedo perché la Somma Autrice non abbia messo in ordine gli appunti: giuro, sembra quasi che nemmeno lei abbia la più pallida idea di quale sia la trama della storia. Il che, andiamo, non è possibile. Eh, insomma, non esageriamo: lo sa, dai.
Dunque... no, ho proprio sbagliato appunto. Bellatrix Lestrange è stata scritturata solo per i successivi capitoli, quando tornerà (da dove, poi?) per rivendicare la maternità (perché?) di Nomea Riddle (chi?) e Harry Potter (quello bello, che è stato spedito sulla Terra ed è allergico alla criptonite) e stringerà un'alleanza con Silente (che non muore davvero) per salvare Sirius Black (che resuscita) per vivere tutti felici e contenti, sebbene un poco intontiti da cotanto voluto casino.
Da capo: mentre i nostri inutili, ma proprio inutili, personaggi di contorno si stanno ancora facendo i santissimi propri interessi, ecco comparire nientepopodimeno che la professoressa McGranitt.
Da dove mai è comparsa? Da una botola nel pavimento? Da un passaggio segretissimissimo dietro le fiamme del camino? Da dietro la tenda?
Nonostante non si capisca bene come sia arrivata, Hermione (quella con i dentoni) e i suoi amici (quelli mica tanto belli) sentono la luce della speranza illuminare i loro cuori.
«Professoressa McGranitt!» esclamò Hermione, alzandosi di scatto e correndo in fretta verso la donna. «È successo qualcosa di strano! Ci sono questi tizi che non abbiamo mai visto che--».
«Signorina Granger, le sembra forse il momento di interrompermi?» sibilò con durezza la professoressa McGranitt, incurante, così pare, del fatto che non avesse ancora detto proprio niente. «Lei è la protagonista di questa storia?».
«Quale storia?».
«E stia zitta. Cinque punti in meno a Grifondoro per la sua totale mancanza di rispetto nei confronti della narrazione».
«Ma professoressa, non può...».
«Silenzio!» sbraitò la donna, agitando improvvisamente le braccia in preda alle convulsioni.
La crocchia iniziò a sciogliersi. Oddio, direte voi. Eh, sì, queste sono cose che danno da pensare. Se la crocchia di Minerva McGranitt si scioglie, la luna alta alta di prima ci sta probabilmente per cascare addosso.
«Dov'è Nomea Riddle?» domandò la professoressa con un minacciosissimo ciuffo di capelli davanti agli occhi.
«Qui, naturalmente» risponde una voce leggiadra con un tono un po' scanzonato, un po' gentile e un po' titubante.
Facendo roteare vorticosamente i capelli luccicanti e uccidendo un ragazzino del primo anno senza importanza che le era passato sventuratamente accanto, Nomea Riddle si alzò in piedi nonostante fosse già in piedi, si sedette, si rialzò e decise fosse il momento di sorridere. Così, cose a caso che succedono a caso.
Attorno a lei, si stringevano i quattro baldi e bellissimi giovani che tanto avevano spaventato Harry e i suoi sfigati amici per nulla interessanti.
«È forse successo qualcosa di tragico a qualcuno dell'Ordine?» proruppe con coraggiosissimo impeto Harry Potter, quello figo. «Voldemort ha fatto qualcosa?».
«Oh, no!» esclamò Nomea Riddle, strappandosi il cuore dal petto e stringendolo forte fra le mani affusolatissime. «Se mio padre, che è Voldemort, ha fatto irruzione alla Tana, che ora è la sede dell'Ordine, me la pagherà cara!».
«Sì, anche a me!» proruppe Ginevra con la testa in fiamme. «Li ucciderò tutti, Voldemort in primis, se solo ha scoperto che il Custode Segreto è mio padre, Arthur Weasley!».
«Giusto!» annuì con rabbia Hermy Granger, scrutando con i suoi ardenti occhi dorati un punto misterioso davanti a lei. «Scusa, Nomea. So che Voldemort è tuo padre, ma lo ucciderò, se ha fatto qualcosa a qualcuno dell'Ordine nascosto alla Tana il cui Custude Segreto è il signor Weasley».
Mentre Ronnie Weasley, quello con i muscoli, schioccava minacciosamente la lingua senza motivo e si grattava un orecchio perché aveva prurito ad una spalla, Ron Weasley e la stragrande maggioranza dei Grifondoro dovettero riprendersi dall'abuso sonoro del nome di Colui-Che-Non-Dovrebbe-Essere-Nominato degli ultimi cinque secondi. Eh, sì, gente: Colui-Che-Non-Dovrebbe-Essere-Nominato, pensate un po', non dovrebbe essere nominato.
Ve l'avevo accennato o no, quanto sono estremamente alternative cool i nostri ragazzi?
Minerva McGranitt continuava a fissare con espressione di indecifrabile orgoglio i cinque ragazzi. Forse, non era poi così indecifrabile, ma la Somma Autrice deve fare colpo, quindi useremo soltanto dei paroloni fighissimi.
Indecifrabili.
«Non credete anche voi che la professoressa McGranitt dovrebbe impedire che si divulghino troppe informazioni sull'Ordine?» sussurrò appena Harry, quello deperito.
Per nulla interessata al fatto che Hermy, Ronnie, Gin e l'altro Harry più figo stessero specificando le esatte coordinate geografiche della nuova sede dell'Ordine della Fenice, la professoressa McGranitt disse:
«Albus mi ha chiesto di informarvi che ha intenzione di organizzare una festa in onore tuo, Nomea, perché tutti quanti capiamo quanto hai sofferto e vogliamo che ti senta a casa, qui, a Hoguort».
Harry, quello gracile, ripensò improvvisamente ai suoi genitori, uccisi da Lord Voldemort la notte di Halloween, agli orribili undici anni che aveva trascorso al numero 4 di Privet Drive dai Dursley, al Basilisco e al professor Raptor, al Torneo Tremaghi, alla morte di Cedric Diggory, e Sirius, la cui morte era ancora relegata in un angolino della sua testa, nella speranza che l'indifferenza potesse lenire il dolore della sua scomparsa... e poi c'era Neville, cresciuto sotto la tirannica ala protettiva della nonna perché i genitori erano rinchiusi al San Mungo; Luna Lovegood, la cui madre era tristemente rimasta vittima di un incidente magico diversi anni prima; Dean Thomas, che non aveva mai conosciuto il padre; Susan Bones, i cui zii e cugini erano stati sterminati dai Mangiamorte.
Sinceramente, Harry, basta. Piantala di lagnarti di quanto ingiusta sia stata la tua vita. Abbiamo tutti i nostri problemi, qui.
«Oh, una festa!» gridò sobriamente eccitata Nomea. «Grazie, professoressa, non dovevate!».
«Eh, no, non dovevano proprio» sibilò gelidamente Hermione, incrociando le braccia al petto.
«Sarà una fantastica serata. Ci sarà un ballo in Sala Grande, domani sera».
«Oh, sì, non vediamo l'ora!».
«Che bello».
«Meraviglioso!».
Quando la professoressa McGranitt fu sparita nuovamente dietro la tenda, nella sala comune esplose un cicaleccio agitato. Era piuttosto comprensibile, dal momento che il solo ballo che si fosse mai visto a Hoguort era il Ballo del Ceppo, rarissimo evento dal momento che la scuola lo ospitava solo ogni centocinquanta anni. Sono o non sono fighissime le novità di quest'anno, eh?
Eh? Eh? Eh?
Eh.
«Il mio vestito è rosa, con il collo ampio e le spalline di pizzo, e la gonna scende fino alle caviglie» affermò con solerzia Hermy Granger.
Hermione Granger fu colta da un improvviso raptus furioso: si avvicinò a grandi falcate verso la giovane dai boccoli d'oro e sbatté entrambe le mani sul tavolino di legno al quale era seduta.
«Questo è troppo! Ho già sopportato abbastanza! Voglio sapere per quale motivo...» s'interruppe di colpo e assunse un'espressione terrorizzata. «Oddio, i tuoi occhi si stanno sciogliendo!».
Hermy Granger si accarezzò leggiadramente una gota rosea, asciugò una lacrima ambrata con il polpastrello e studiò lo strano liquido qualche istante.
«Sciogliendo? I miei occhi non si stanno sciogliendo. I miei occhi sono fatti di caramello».
Ron Weasley, quello brutto, emise un verso di profondo disgusto.
«Devo vomitare di nuovo» commentò con una smorfia.

Nel frattempo, nella segretissima nuova sede dell'Ordine della Fenice...

Molly Weasley si affaccendava disperatamente ai fornelli. Non ne capiamo il motivo, dal momento che nessuno dei suoi sette figli avrebbe pranzato alla Tana, ma tant'è che lei è la cuoca e deve cucinare, punto. Tutta presa com'era dai tortellini, le lasagne, il cotechino, le tagliatelle e le piadine (manzo, pudding e patate? Non so di cosa stiate parlando), non si accorse della giovane strega che aveva appena fatto irruzione nella sua cucina.
Come avesse potuto entrare così serenamente nella segretissima, seppur ovvia, nuova sede dell'Ordine della Fenice è un altro clamoroso mistero che la Somma Autrice svelerà a noi tutti, prima o poi.
La ragazza indossava un comunissimo mantello nero, un comunissimo paio di jeans, un comunissimo paio di anfibi di pelle di drago e una comunissima T-shirt verde. Sarebbe potuta sembrare anche piuttosto graziosa, se solo non avesse sfoggiato un'insolita capigliatura grigio topo e un'espressione di puro panico.
«Tonks!» esclamò spaventata Molly, voltandosi armata di mestolo. «Che succede?».
«Lei è qui?» domandò di colpo.
«Chi?».
Tonks si lasciò cadere malamente su una delle sedie attorno al tavolo, rovesciando quella a fianco. Chiuse gli occhi e sprofondò il viso fra le braccia.
«Quell'altra... » mugugnò disperata. «Quell'altra, Molly...».
Senza capire un accidente che fosse uno, Molly si avvicinò premurosamente a lei e le appoggiò una mano sulla spalla. Stava per aprire la bocca, quando dalla sicurissima porta della cucina fece irruzione una seconda giovane. Indossava una canottiera rosa shocking su una T-Shirt rosa shocking, un paio di microscopici pantaloncini di jeans e delle lunghissime calze a righe rosa shocking. Aveva un paio di orecchini rosa shocking, lo smalto rosa shocking, le scarpe rosa shocking, i capelli rosa shocking, il rossetto rosa shocking e se l'aveste pugnalata, avreste scoperto che pure le sue budella erano rosa shocking.
«Molly!» strillò la nuova arrivata, gettandosi sul tavolo in preda alle lacrime come un dugongo arenato sulla spiaggia. «Molly! Rem non mi ama! Non so cosa fare! Io sono entrata nel suo cuore non appena l'ho visto per la prima volta, ma ora lui continua a fuggirmi perché ha paura di amare! Sono così disperata che non so fare altro che piangere!».
La Somma Autrice ha detto che dovreste sentirvi particolarmente empatici con la povera Tonks rosa, in questo momento.
Lo sguardo di Molly si posò prima su Tonks, quella con i capelli grigio topo, e poi sull'altra Tonks, quella rosa. E poi di nuovo su Tonks, quella con i capelli grigi, e poi su quella rosa.
Grigio, rosa, grigio, rosa, grigio, rosa.
«Per tutti i folletti dello Yorkshire...» borbottò fra sé e sé, passandosi una mano fra i capelli rossi e tentando di capire cosa cavolo stesse capitando nella sua cucina. «Che sta succedendo qui?».
Sinceramente, signora Weasley, ce lo stiamo chiedendo un po' tutti.

Firmato sempre con reale e realistico amore,
il Vostro Canon

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Prescelti e risorti ***


Note di Trick (sempre quelle che non mi interessa che leggiate o meno).
Non ho note.

Dedicato ad Autrice Random – sì, sempre te, chiunque tu sia..

***

Quando la sconosciuta professoressa Sinistra, assolutamente superflua ai fini della nostra trama, scoprì che gli otto pianeti del Sistema Solare stavano per allinearsi, era una notte buia e tempestosa, con nuvole ruggenti, lampi di impietosi tuoni e tuoni di impietosi lampi e tanta, tanta, tanta bagnatissima pioggia cristallina che, per comodità, chiameremo grandine. La professoressa Sinistra deve essere la più geniale Astrologa del mondo intero, o non potrei spiegarmi come sia possibile che lei sola, fra tutti, abbia potuto accorgersi di questo evento paranormale.
Il professor Silente aveva ascoltato il suo importantissimo resoconto con le dita delle mani incrociate e un bagliore a intermittenza negli occhi azzurri.
«Se i pianeti dovessero allinearsi, saremo tutti in grave pericolo» mormorò drammaticamente Silente fra sé e sé. Strano vizio, il suo, quello di parlare da solo. «Venere e Marte causerebbero un disturbo interspaziale che aprirebbe una falda nella nostra dimensione reale; l'influsso negativo di Giove genererebbe un clima di orribile maltempo in tutta la Gran Bretagna, e gli anelli rotanti di Saturno si schianterebbero al suolo alla ricerca della Figlia della Luna».
«Per Godric!» esclamò spaventata la coraggiosissima professoressa McGranitt, uscendo improvvisamente da un armadio. «Credevo fosse solo una leggenda, Albus!».
«Evidentemente non lo è» le rispose a sproposito Severus. «Preside, non possiamo permettere che l'Oscuro Signore lo scopra. Se i poteri della Figlia della Luna finissero nelle sue mani, sarebbe una tragedia. È un essere immondo e perfido, non potrebbe mai utilizzarli a fin di bene, e ogni nostro sforzo sarebbe stato vano. Li sfrutterebbe a suo piacimento, uccidendo chiunque gli si parrà davanti. Dobbiamo fare qualcosa, costi quel che costi, o il sacrificio di Lilian sarà stato vano».
Il coinvolgente phatos di Severus li commosse al punto tale che nessuno si domandò chi diavolo fosse Lilian.
«La congiunzione astrale è prevista per domani sera».
«La sera del ballo?» domandò con inutile retorica la professoressa McGranitt, terrorizzata all'idea che qualcuno avesse già dimenticato i precedenti capitoli. «Oh, no! Che assurda coincidenza!».
«Lord Voldemort attaccherà Hoguort, domani sera» annuì tristemente Silente. «Dobbiamo prepararci al peggio. Minerva, chiama i membri dell'Ordine. Di' loro di travestirsi da rampanti ragazzini: sebbene non importi, riusciranno a mescolarsi meglio fra gli studenti ed eviteremmo che si diffonda il panico».
«E gli altri professori?».
Silente la fissò con sguardo confuso e scosse un paio di volte la testa.
«Filious, Pomona, Septima, Horace, Sibilla, Hagrid, Rolanda, Fiorenzo, Charity, Cuthberth...».
«Oh, è vero!» rise Silente. Severus si unì al suo gaudio sprezzo del pericolo, mentre la professoressa Sinistra, compiuto il suo dovere di inutile personaggio secondario, si era già dissolta nel nulla. «Dimentico spesso che tu e Severus non siete gli unici docenti di Hoguort!».
La professoressa McGranitt si lasciò andare a quel comico teatro di familiare ilarità e scoppiò a ridere con loro.
Nel frattempo, la Somma Autrice ha detto che mi richiamerà non appena avrà scoperto chi sono questi fantomatici professori di Hoguort di cui lei non ha mai saputo nulla.
«Non avviseremo nemmeno il Ministero?» s'informò Piton, asciugandosi un'autorevole lacrima causata, forse, da un'improvvisa commozione celebrale. «Nemmeno gli Auror?».
Pensieroso, Silente iniziò a grattarsi il lungo naso. Poi fece le spallucce, si alzò in piedi, applaudì un paio di volte e sorrise con espressione lieta e serena. Di nuovo, potrete trovare le risposte a questo strano comportamento nel saggio di prossima pubblicazione Azioni a caso nelle fan fiction.
«No, non importa» ruggì fieramente Silente. «Abbiamo un sacco di teen-ager da sguinzagliare contro i Mangiamorte. Se Lord Voldemort, virgola a caso, dovesse attaccare, saremo preparati».
Mentre la professoressa McGranitt e il professor Piton si complimentavano con l'arguto e astutissimo piano del mago più geniale di tutti i tempi, il cielo al di là della finestra aveva iniziato a schiarirsi. In quello dentro l'ufficio di Silente, invece, continuava a piovere.
Amici. Fratelli. Costipati. Portoghesi. Disperati.
Siamo di nuovo a Hoguort.
Più o meno.
INSERIRE QUI IL TITOLO
perché fa un sacco figo


Negli ultimi tempi, Remus Lupin aveva la sensazione di non capire il significato delle sue azioni. Avrebbe probabilmente dovuto farsi visitare da qualche esperto Psicomago o robe simili, ma il rischio che fosse internato e lasciasse la trama sguarnita di uno dei suoi personaggi principali era troppo alto. Gli era capitato di addormentarsi nei sobborghi popolari in compagnia dei Lupi Mannari nei quali si era infiltrato per ordine di Silente per poi svegliarsi la mattina successiva al Paiolo Magico, senza capire come diavolo fosse arrivato e come avesse trovato i soldi per permettersi la stanza. E allora, eccolo ripartire alla volta della sua missione... ma poi, bum! Si ritrovava nella cucina della Tana e, di nuovo, non capiva come fosse possibile. Ripartiva di buona lena e con rinnovata fiducia, ma non trascorreva molto tempo prima che si ritrovasse improvvisamente a Grimmauld Place nella stanza che era appartenuta a Sirius.
Qualcosa di Oscuro gli stava probabilmente impedendo di compiere la sua missione fra i Lupi Mannari, ma dal momento che non possiamo soffermarci sul suo ovvio dilemma, procederemo incuranti di ogni comune logica.
Anche quella mattina, come tutte le precedenti mattine, avrebbe dovuto essere fra i Lupi Mannari, ma si era inspiegabilmente ritrovato davanti alla porta di Grimmauld Place. La Somma Autrice stava per premere il tasto per mandare avanti la storia, perché aveva supposto che a nessuno di voi potesse interessare un noioso salto nel passato dei nostri baldi Malandrini, ma poi è stata colta da un raptus divino che non c'è stato verso di evitare.
Mi sembra doveroso sottolineare a voi tutti che ora inizia il flashback voluto dalla Somma Autrice, dunque vi pregherei di immaginare un'improvvisa patina color seppia che scende sui giovani ricordi del nostro Remus e di prestare attenzione.
Gli occhi abbaglianti di Sirius scrutavano nella profondità degli occhi dorati di Remus. Sopra di loro, due svolazzanti putti gettavano porporina e petali di rose sui loro splendidi corpi nudi. E là, sempre fuori dalla finestra, la luna brillava nel cielo. Se mai dovesse iniziare a brillare da qualche altra parte, ne verrete diligentemente informati dalla professoressa Sinistra.
«Ti ho sempre amato» mormorò con voce sensualmente serafica Sirius. «Ti amerò per sempre».
A riprova del fatto che al peggio non c'è mai fine, lo sguardo triste di Remus fu attraversato da un altro lampo di tristezza, e poi da un altro ancora, e poi ancora più triste e triste e triste... Remus è un ragazzo davvero molto triste, sì.
«Non dirlo. “Sempre” è una parola così bugiarda. Dicevi di amarmi anche quando hai scopato con Severus nella segretissima Stanza delle Necessita, mentre Regulus cercava di allontanarmi da te, simulando di provare nei miei confronti veri sentimenti, ma...» si concesse un sospiro di irrefrenabile dolore. «Ma io ti amerò per sempre, anche quando Lucius Malfoy verrà a reclamare il mio corpo».
«Non avrei mai immaginato che avresti sofferto tanto... se solo avessi capito prima che ti amavo, non sarei andato a letto con l'intera popolazione umana e animale e floreale e defunta di Hoguort prima di scoprire quanto tu sia importante».
I cinque metri di ardente lingua che Sirius nascondeva fra le ganasce si infilarono improvvisamente nella gola di Remus. Le loro lingue si lanciarono in un appassionatissimo e ritmato foxtrot nelle rispettive cavità orali: danzavano sfrenati come un solo corpo, mentre i molari e i premolari applaudivano con calore a quell'intrepida esibizione artistica.
Davanti al numero dodici di Grimmauld Place, Remus Lupin, quello invecchiato che stava rivivendo il flashback, rimase per qualche secondo profondamente inebetito. Si grattò piano la tempia, cercando di ricordare dove diavolo avesse potuto vivere un simile incubo. Ora, Remus dovrebbe varcare la soglia di Grimmauld Place perché, e qua leggo le note della Somma Autrice, c'è una sorpresona (con dozzinali ed esagerati punti esclamativi a seguito).
Bussò, supponendo giustamente che in casa non ci fosse nessuno, ma non abbastanza per convincerlo che bussare non aveva senso. Bussò, ma questa volta qualcuno aprì la porta.
Si ritrovò davanti una giovane dai capelli rosa shocking pieni di brillantina e un microscopico top a paiette dello stesso, medesimo, inalterato e assolutamente abbagliante colore. I giganteschi occhi celesti le occupavano quasi metà della faccia, ma la Somma Autrice mi ha gentilmente ordinato di informare voi tutti che nonostante questa sua deformità fisica era probabilmente la ragazza più fighissima che Remus avesse mai visto.
«Rem!» strillò la sconosciuta, afferrandogli brutalmente un braccio e trascinandolo con sè dentro l'angusto corridoio di Grimmauld Place. «Rem, non dovresti essere qui!».
Verrebbe da pensare per quale insano motivo, allora, la balda eroina se lo sia portato dietro, ma tant'è che queste sono quisquilie per nulla inerenti. Remus Lupin, calmo e razionale personaggio secondario della trama, alzò le mani in segno di resa e rimase muto qualche istante, totalmente confuso.
«Tu sei...?» domandò piano.
«Sono Dora, no?» sibilò sprezzante lei, incrociando le braccia al petto con aria offesa. «Chi vuoi che sia?».
Remus fece una smorfia e la studiò con più attenzione, mentre l'ipotesi che fosse stata Confusa da un astuto Mangiamorte si affacciava rapidamente nella sua testa. Dove, porca miseria, poteva aver trovato quella minigonna rosa? E per quale insano motivo, di nuovo porca miseria, se l'era messa addosso? E perché i suoi occhi erano grandi come due meloni?
«C'è una cosa che dovresti sapere Remus, ma non so se è giusto che tu la sappia da me, adesso, anche se è urgente e proprio non lo so, non mi aspettavo che arrivassi proprio tu, fra tutti quelli che avrebbero potuto arrivare... ecco, io... ehm... no, il fatto è difficile e io non sono brava in queste cose come te, ma ci devo provare, perché devi sapere, anche se la notizia ti sconvolgerà, ma ci sono io, qua con te, e non devi avere paura, perché...».
«Stupeficium!» gridò Remus.
La giovane venne colpita in pieno petto dal lesto Schiantesimo di Remus, si sollevò da terra, fece un volo di diversi metri e si spiaccicò contro la parete.
«FECCIA! LURIDE CREATURE CHE DISONORANO LA CASA DEI MIEI NOBILI ANTENATI! IBRIDI E SANGUESPORCO! MERDE! MERDE! MERDE!».
A Remus servirono poco meno di due minuti per mettere a tacere la furiosa signora Black. Poi, si voltò con un sospiro e guardò la strega svenuta ai suoi piedi. Pochi secondi dopo...
Oh, cavolo. Ho sbagliato ancora una volta. In realtà, Dora avrebbe dovuto confessare di nuovo il suo Amore con la maiuscola a Rem, e lui avrebbe dovuto gettarsi fra le sue braccia con estrema virilità e devozione. Poi sarebbero tornati i putti di prima (quelli della porporina, non potete averli già scordati) e din don dan, assoli di usignoli con violini e violette e poderosa scena di sesso violento/romantico fra la polvere di Grimmauld Place. Non riesco proprio a spiegarmi per quale motivo Remus l'abbia Schiantata... è che a volte la storia esce da sola, no? Così, alla cazzo. Non è colpa mia, è l'euforia della scrittura. Io non so nemmeno dove voglio andare a parere, con 'sta cosa; la Somma Autrice, invece, lo sa. Davvero, è piena di appunti.
«Remus...?» si levò una vocina intimorita dalla cucina. «Remus, sei tu?».
Remus rimase impietrito e sentì vacillare il suo coraggio da indomabile Grifondoro: non era possibile che lui fosse lì, in quella casa, dove aveva appena Schiantato quella cosa, lì per terra... era tutto semplicemente troppo incasinato e folle per poter essere vero. Per un secondo, rivalutò l'ipotesi che qualche Mangiamorte avesse macchinato chissà quale inutile piano per arrivare a lui. Alzò la bacchetta e varcò la soglia della cucina, nemmeno minimamente preparato a quello che si sarebbe trovato davanti.
Il fu Sirius Black, dichiaratamente defunto da un paio di imprecisati mesi a causa di un Lethifold, era raggomitolato sotto il tavolo della cucina. Aveva l'espressione molto, molto confusa.
«Perché mi stai puntando la bacchetta contro?» domandò perplesso. «E che diavolo è successo a Tonks? Perché... quella non era Tonks, vero? L'hai Schiantata? Posso uscire da qui? E dove sono finiti tutti? Dov'è Molly? Ho una fame da lupi... senza offesa, eh?».
Remus era sconvolto.
«S-Sirius...» mormorò, scuotendo incredulo il capo. «T-tu... sei morto».
«Puoi ripetere?».
«Sei morto. Morto, per tutti folletti del Derbyshire! Morto. Defunto. Trapassato. Passato a miglior vita. Deceduto. Andato. Arrivederci, ciao e grazie» sentenziò Remus con un filo di isteria nella voce.
«Ehi, amico, stai andando OOC: tu dovresti essere quello calmo che trova una spiegazione logica».
Remus si bloccò di colpo.
«Hai ragione. Scusa».
«Capita anche ai migliori» lo schernì con una smorfia, uscendo dall'intelligentissimo nascondiglio e mettendosi a sedere. «Allora, qualche idea?».
«Contattiamo Silente al più presto...» annuì Remus, grattandosi il mente. «Ma credo sia meglio liberare il corridoio dalla... ragazza».
Sirius guardò l'amico sparire oltre la porta della cucina, borbottando qualche vaga imprecazione. Dopo qualche istante di pensieri a caso, il suo stomaco iniziò a brontolare e lui, d'un tratto, ricordò di essere morto.
«Ehi, Moony!» esclamò con tono indignato verso il corridoio. «Sono appena risorto! Merito almeno un diavolo di abbraccio!».
Nel frattempo, io vado a controllare gli appunti della Somma Autrice. Ho come l'impressione di non aver capito un passaggio importante...

Firmato con devozione incompresa,
il Vostro Canon

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Schiantati e svenuti ***


Dedicato alle solite Autrici Random.

***
Non era una notte buia e tempestosa. Non era nemmeno notte, in effetti, ma una splendida e glaciale giornata afosa di autunno. Una variopinta cascata di luce si scioglieva fra i sottili e femminei giunchi di capelli di Nomea Bla-Bla Riddle, mentre il venticello sfrontato le schiaffeggiava con moderata violenza le guance di pesca.
Ah, che tristezza le si leggeva negli occhi di qualche colore di cui non serbo ricordo! Ah, che passione e amarezza! Ah, che struggente dolore si innalzava dal suo petto gracile e perfetto!
«Nomea, dove sei? Sei qui?» soffiò una voce melodiosa alle sue spalle.
Nomea si voltò con leggiadra grazia. Hermy Granger si ergeva a pochi passi da lei, con nobile impeto. Ora, qualche malalingua potrebbe ingiustamente presumere che Nomea era a due passi da Hermy, il che rendeva piuttosto impossibile non vederla. Se l'avete presupposto, la Somma Autrice vi informa che siete invidiosi, un sacco invidiosi, e che specchio riflesso, chi lo dice è un fesso.
«Sei triste?» le chiese Hermy, colpendosi diverse volte il cuore per sottolineare quanto soffrisse. «Mi sembri triste».
«Oh, sì...» sussurrò con il dolore di un agnellino al macello. «Sì, Hermy, sono triste. Oggi ho ricevuto un messaggio da mio padre. Sai, mio padre, Tom Riddle, Lord Voldemort, l'Oscuro Signore, il più crudele mago della storia della Gran Bretagna...» si interruppe per un pausa di suspense, e gradirei un applauso per la sua abilità di rispettare il copione della Somma Autrice. «Mi ha scritto proprio ieri».
«Oh!» esclamò Hermy Granger, stringendo le dita affusolate al petto. «E cosa vuole da te?».
Nomea chinò il capo e i capelli a pois pieni di brillanti (quelli stellati, gente, badate bene di tenerlo a mente) gli finirono davanti agli occhi (quelli di cui non ricordo il colore, giuro. Un momento che vado a cercare gli appunti... ah, sì, blu brillantissimo). Così luccicante e abbagliante, comunque, la bella Nomea Riddle estrasse dalla posciètt – vado a supporre che la Somma Autrice intendesse un'antenata della borsa pochette – e mostrò con noia un I-Pad rosa. Iniziò a mordicchiarsi con estrema sensualità un mignolo e fissò corrucciata il gigantesco schermo dell'inutile cellulare:
«Allora» disse, perché tutte le frasi d'effetto della letteratura iniziano sempre con allora e la Somma Autrice lo sa. «Mi ha scritto in Bacheca: “nn credere che ti lascio in quella scuola, nomy, perché Silente lo devo ammazzare e poi chi ci pensa alla tua istruzione? E sta' lontana da quel Harry pOTTER, che devo ammazzare pure lui e metti che poi ci fai amicizia e a me tocca ammazzarlo”. Che poi» riprese Nomea con piglio borioso, «ma quanto è ignorante? Cioè, ha scritto “scuolasenza “q”. Dai, ma come stai messo?».
Nomea e Hermy ridacchiarono beote per i successivi trenta secondi, mentre la Somma Autrice si fregava soddisfatta le mani e io, che volete, provavo a convincerla che scuola va proprio bene così, eh, proprio con la “c. Ci sarebbe d'aggiungere che se qualcuno avesse la decenza di ascoltare me, questa storia non ci sarebbe nemmeno, ma tant'è che questo è quanto.
«Allora, Nomea, cosa vuoi fare?» le disse Hermy, mentre una lacrima di caramello le scendeva improvvisamente lungo la guancia appiccicosa. «Non possiamo permettere che Lord Voldemort faccia irruzione a squola e ti porti via! Tu sei nostra amica!».
A scuola, santo cielo. Scuola.
«Ah, guarda, allora... io gli ho risposto che non ci torno mica con lui, a casa».
Hermy annuì con feroce determinazione.
«Bravissima!» esclamò. «Ma... Nomea?».
«Sì?» sorrise folgorata l'altra ebete. «Dimmi, Hermy».
«Come hai fatto ad usare il tuo cellulare? Siamo a Hoguòrt».
Nomea Riddle gettò la chioma indietro, abbattendo un paio di pietre del balconcino, e trillò una risata divertita.
«Hermy, non è un cellulare. È il mio I-Pad».
Ma certo.
Lettori. Pompieri. Gattini. Svedesi. Aiuto.
Siamo ancora qui.
INSERIRE QUI IL TITOLO
perché fa un sacco figo
Tentare di nascondere un ricercato per pluriomicidio sotto un lenzuolo e infilarlo di straforo in una scuola affollata di giovani maghi e streghe come Hoguort non era decisamente la più brillante idea che Remus Lupin avesse mai avuto. Però, poveraccio, lui e Sirius dovevano incontrare Silente ad ogni costo. Capisco che la situazione generi qualche perplessità, come: perché non mandare un gufo?
Eh.
Perché non mandare un gufo... bel quesito. Avete provato a immaginare che a Grimmauld Place non ci fossero più gufi? Potrebbe funzionare. Magari Sirius Black, ricercato per pluriomicidio e momentaneamente nascosto sotto un lenzuolo, aveva fame. Magari no, magari lo spettacolo deve andare avanti e queste quisquilie interrompono l'allegro svolgimento della trama.
Quindi non ce ne frega proprio niente del motivo per cui l'intelligente e arguto Remus e il non altrettanto intelligente ma più figo Sirius si fossero infilati in uno dei segretissimi passaggi segretissimi ma proprio segretissimi dei Malandrini. Eh, insomma, ma che vi importa?
«Muoviti, Padfoot! Potremmo imbatterci in qualche ragazzino».
«Ma non mi dire, potremmo incontrare dei ragazzini?» ribatté sarcastico Sirius, traballando alle spalle dell'amico e stringendo ancora di più la sua mano destra. «Non avevo mica capito che fossimo in una scuola».
Sfrecciarono come due folli senza motivo alcuno fino al settimo piano, e nessun ragazzino incrociò la loro strada, perché sennò 'sta storia non finirebbe più. Stavano quasi per raggiungere i due gargoyle che custodivano l'accesso all'ufficio di Silente, quando Remus si fermò di colpo e Sirius gli capitolò addosso.
«Oh!» esclamò dolorante quest'ultimo. «Ti possa venire il vaiolo di drago, Moony! Perché diavolo ti sei...?».
«So chi c'è sotto quel terribile lenzuolo».
In barba al poderoso stratagemma di sicurezza ideato da Remus, Sirius abbassò il lenzuolo sopra le spalle. Davanti a loro, con una mano tesa come a volergli impedire di passare, si ergeva una fanciulla dai capelli a pois. I due maghi si scambiarono un'occhiata preoccupata.
«Sotto quel mantello non può che esserci Sirius Black» decretò con solenne eleganza la balda eroina.
«Ma grazie al cazzo, mi sono appena scoperto la faccia».
«Sirius!» lo ammonì severamente Remus. «Niente parolacce a rating verde».
Sirius fece un gesto di resa.
«Sirius Black» ripeté di nuovo la ragazzina, annuendo con saggezza. Sì, lei annuisce con saggezza, me l'ha scritto la Somma Autrice. Annuire con saggezza è molto, molto difficile: occorrono secoli di esperienza. «E Remus Lupin».
«No, Ettore e Achille, e ora se gentilmente vuoi scansarti dall'entrata...».
«Voi non potete passare» ordinò loro. «Il mio nome è Nomea Riddle, figlia di Lord Voldemort, signore del Tempo e dello Spazio, Oscuro Signore della Terra dei Ghiottoni».
Sirius e Remus sgranarono gli occhi e spalancarono le bocche dallo sconcerto.
«Chi... chi è tuo padre, scusa?» domandò flebile Remus con una smorfia spaventata. Baldo Grifondoro, lui.
«Lord Voldemort».
Istintivamente, i due maghi fecero entrambi un passo indietro. Fu Sirius a cercare di prendere le redini della situazione – e no, Remus proprio non ebbe la creanza di impedirglielo.
«Ma proprio quello...? Sai, no, il tipo cattivo? Avada Kedavra qua, avada kedavra là?».
Mi vergogno di quanto sto scrivendo, ma, ehi, non è colpa mia. Sto seguendo gli appunti della Somma Autrice. A tal proposito, vi informo che gli occhi di Nomea non sono più blu brillantissimo, ma rossi. Cito gli appunti: i suoi occhi erano rossi come il sangue del tramonto e le iridi e le pupille rosse ancora più degli occhi rossi di prima. Non me ne intendo molto di oculistica, ma ho come il presentimento che ci sia qualcosa di profondamente sbagliato in questa descrizione. Gli occhi di Nomea, rullo di tamburi, acquistavano il colore rosso del padre quando qualcuno ne nominava il nome.
Ah.
Ma quanto è figa. E sì, lei acquistava il colore rosso – suppongo possiate trovarlo al Conad pure voi, a questo punto.
«Lui è mio padre» ribadì ancora Nomea, nel caso qualcuno non l'avesse ancora capito. L'avete capito? No, sennò ve lo rispiega di nuovo. «Mio padre è il temibile Lord Voldemort. E voi non passerete di qui».
Remus si massaggiò stancamente le palpebre: quella situazione iniziava a sfibrarlo più di una dozzina di pleniluni in fila per tre col resto di due. Fu colto da un'improvvisa ispirazione e sfoderò la bacchetta.
«Stupeficium!».
E giù Nomea, che si sfracellò con sinuosa grazia (eh, beh) contro la parete alle sua spalle. Sirius sbuffò, appallottolò il lenzuolo e lo gettò dietro al gargoyle di destra.
«Porca puttana, Moony» si lamentò. «Stai proprio andando OOC».

Qualche metro più in alto e qualche secondo dopo, nell'ufficio del Preside...
«Carissimi!» strillò con fervore Silente non appena ebbe riconosciuto Sirius e Remus. «Carissimi figlioli, carissimi! Non attendevo che voi! Gradite qualche caramella? Qualche Ape Frizzola? Qualche Cioccorane? Ho pure degli stuzzichini di Eternit».
I due maghi si scambiarono l'ennesima occhiata sconcertata. Remus si passò stancamente una mano sul viso, borbottando incomprensibili parole oltre le dita. Sirius gli schiaffeggiò appena la spalla.
«Guai a te se provi a Schiantare pure lui» lo minacciò a bassa voce. «Preside, siamo qui perché--».
«Oh, sì! Sì, sì, sì!» esclamò improvvisamente Silente, colpendo il bordo della scrivania con una poderosa zuccata. Sirius e Remus trasalirono.
«Oddio» esalò spaventato il primo.
«Preside, adesso sta sanguinando».
Albus Silente, indomito paladino di ogni battaglia contro le Arti Oscure, sollevò il viso e sfoderò un sorriso smagliante. Incurante del rivolo rosso che aveva iniziato a scendere dalla sua tempia e probabilmente poco consapevole di quanto avesse appena fatto, spalancò le braccia in un gesto che, boh, la Somma Autrice vorrebbe essere misericordioso. È proprio quella, la parola. Ho controllato venti volte.
«Miei cari figlioli, abbiamo un serio problema. La professoressa Sinistra, che io non ricordo nemmeno di avere assunto, mi ha da poco informato che questa sera gli astri si allineeranno, creando una congiunzione astrale che porterà l'inferno nella Terra di Mezzo. È necessario distruggere l'anello al più presto al monte Fato, poiché se dovesse crollare il baluardo di Gondor, per il regno degli uomini sarebbe la fine. Sirius, la spada che fu spezzata deve essere ripristinata!».
Remus si umettò le labbra e aggrottò la fronte, mentre Sirius, al suo fianco, faceva una smorfia confusa.
«Preside, ha sbagliato fandom».
«Fandom, fandonie, fantocci, fantini, qui dentro siamo tutti cretini!» urlò istericamente, arrampicandosi sulla scrivania e afferrando i lembi della ridicola veste viola. «Dovete salvare Nomea Riddle. Lei è la nostra Frodo Baggins».
«Ha i piedi pelosi?».
«Sirius, sta' zitto».
«Salva la cheerleader, salva il mondo» ripeté Silente con l'indice puntato verso di loro. «Che la Forza sia con voi».
Remus afferrò Sirius per un braccio e si diresse rapidamente verso l'uscita.
«Naturalmente, Preside, naturalmente» si affrettò a dire. «Faremo ognuna di queste cose, non ne dubiti».
«Certo» lo seguì Sirius. «Distruggiamo l'anello, facciamo rinvenire l'Hobbit e salviamo i Chipmunks».
«La cheerleader, Padfoot».
«Stessa cosa».
Furono piuttosto rincuorati nel vedere Nomea Riddle ancora svenuta in mezzo al corridoio, proprio di fronte all'entrata di Silente. Che poi, forse non lo erano così tanto, forse avrebbero entrambi preferito che la tappezzeria se la fosse mangiata, ma tant'è che non si può avere tutto dalla vita.
«Cosa facciamo, adesso?» chiese Remus, infilandosi le mani nelle tasche.
«Ah, non lo so. Tu l'hai schiantata. Tu dovresti risolvere la questione».
Remus sbuffò.
«Con Silente fuori di testa e questa qui svenuta--».
«Ne abbiamo una svenuta pure a Grimmauld Place, Moony».
«Cazzo».
Sirius gli sferrò un violento pugno al braccio.
«Ahi!» gridò Remus, ritraendosi e sfregandosi la parte lesa. «Ma sei impazzito!?».
«Non dire le parolacce» lo rimproverò con durezza. «Non dirle, okay? Se inizi a dire le parolacce, stai andando OOC, lo capisci? Non saprei come comportarmi, se dovessi impazzire pure tu! Te lo ripeto per l'ultima volta, Moony, poi giuro su quant'è vero che sono serio che ti prendo a sberle: non andare OOC. Coraggio, ripeti con me: io credo, credo nell'IC».
«Io credo, credo nell'IC...» brontolò sconsolato Remus.
«Bravo ragazzo. E adesso muoviti, voglio vedere Harry».
Remus rimase a fissare l'amico che si allontanava in direzione della torre di Grifondoro.
«Ehm... Sirius?».
«Che c'è?».
Gli indicò brevemente il corpo privo di conoscenza di Nomea Riddle.
«Ah, quella...» rispose, grattandosi la nuca. Riafferrò nuovamente l'utilissimo lenzuolo con cui era entrato di soppiatto a Hoguort e glielo gettò addosso.
«Ecco, Moony. Fatto il misfatto».
Come no.
Firmato con animo a pezzi,
il Vostro Canon

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1025811