Il diario di Gwen

di Pwhore
(/viewuser.php?uid=112194)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1, parte prima ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1, seconda parte ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1, parte prima ***


"Alex, Alex!", la sua voce ruppe il silenzio che avevo cercato con tanta fatica.
"Sì Jack, che cosa vuoi?" sospirai, chiudendo il libro con aria rassegnata.
"Guarda che ho trovato!" urlò ancora, avvicinandosi e lasciandosi cadere rumorosamente sul pavimento accanto a me, cercando di farsi passare il fiatone. Mi tolsi gli occhiali e lanciai uno sguardo all'involucro che teneva tra le mani.
"Embè? Che cosa sarebbe?" domandai stancamente, mentre lui si faceva avanti e me lo passava freneticamente. Me lo rigirai tra le mani e lo scossi per vedere se conteneva dei soldi o qualche biglia, ma non sentii alcun rumore, quindi guardai nuovamente il mio amico e alzai le sopracciglia in una smorfia confusa.
"Avanti, aprilo" m'incitò lui, dandomi una botterella sulla spalla. Sospirai e mi arresi, srotolando lentamente il tessuto in tulle che ricopriva la scatola, poggiandolo sul bracciolo della sedia e stando attento a non rompere l'oggetto. Sentivo lo sguardo di Barakat premuto contro la schiena e cercai di sbrigarmi, in modo da far andar via quella sensazione il più presto possibile. Quel ragazzo sa metterti addosso un'ansia della madonna quando vuole.
"Oh, wow" esclamai, dopo averla aperta e ammirata qualche secondo.
"Che cos'è con esattezza?" chiesi nuovamente, aggrottando le sopracciglia. Jack scosse le spalle con un sorriso.
"Ah bho, avevo pensato che avresti potuto dirmelo tu," gongolò, scrocchiandosi l'osso del collo.
"Oh," ribattei. "Capisco. Però io non ho idea di che cosa sia, mi dispiace"
Jack si tirò a sedere e mi guardò da più vicino, mentre accarezzavo col dito l'oggettino.
"Ne sei proprio sicuro, amico? Perché a me sembra che anche a te ricordi qualcosa"
"Che significa 'anche a te', Jack?"
"Proprio quello che ho detto, che ho la sensazione di averlo già visto prima"
Scrutai l'astuccio per un po' di tempo, dubbioso, poi lo ammisi.
"Sì, in effetti anche a me ricorda qualcosa"
"Per esempio?"
"Er, tipo bho?"
"Sei proprio utile"
"Sono pur sempre amico tuo"
Jack non rispose alla provocazione e si sporse verso di me, prendendomi le mani.
"No, serio, secondo te che cos'è?" chiese di nuovo. Scrollai le spalle.
"Ad occhio e croce sembrerebbe un diario, ma non so di chi possa essere. Nessuno della mia famiglia aveva un diario -non che io sapessi-, e comunque manca la chiave per aprirlo e controllare," osservai.
"Potrebbe benissimo essere un block notes o un'agenda, non saprei davvero"
"Oh. Oddio che cosa figa, dobbiamo assolutamente trovare la chiave!" esclamò Barakat.
"Ma che scherzi? Non possiamo"
"E perché no? Se l'ha lasciato qui ormai è nostro"
"Jack, si chiama privacy"
"Ma non c'entra, se l'ha dimenticato significa che per lui o per lei non era importante, e che quindi posso benissimo darci un'occhiata, non credi? Cioè, non c'è mica scritto 'fatevi i cazzi vostri, questo non vi riguarda', no?"
"Bhe, no, ma.."
"Allora siamo d'accordo, prendo le chiavi e andiamo a cercare un ferramenta"
Si alzò con un sorriso prima che potessi replicare in qualche modo e sparì dal salotto, alla ricerca del portafoglio. Sospirai e raccattai il diarietto da terra, ficcandomelo in tesca. Sperai che il proprietario non se la sarebbe presa e mi preparai ad accompagnare il mio amico in un'altra delle sue insensate avventure, come al solito.
"Alex, oi Alex" lo sentii chiamarmi dalla cucina.
"Arrivo Jack, tre secondi" sospirai, raggiungendolo.
"Cosa c'è ora?"
"Avevo mica lasciato le chiavi sul tavolo?"
"Mi pare di sì" mi accigliai.
"Allora perché non ci sono più?"
"Non lo so, magari sono cadute"
"Ho già controllato e non sono da nessuna parte"
"Che vuoi che ti dica Jack, magari le hai perse o ci sbagliamo tutti e due. Le cercheremo dopo con più calma, ok? Ora c'è il rischio che il ferramenta chiuda e che mandi all'aria pure la cosa del diario, puoi aspettare un po'?"
"Oh, già, il ferramenta, l'avevo quasi dimenticato"
"Allora andiamo, smemoratone" sorrisi.
"Sono sicuro che le avrai lasciate in qualche tasca, non preoccuparti"
"Già, hai ragione, per ora prenderemo le tue" annuì, rilassandosi.
"Hai un ferramenta preferito?" domandai, mentre ci avviavamo verso la porta.
"No, non credo. Perché, tu?"
"Neanche. Vuol dire che ci rivolgeremo al più vicino"
"Okay, ma deve avere il mio appoggio"
"Naturalmente" acconsentii alzando gli occhi al cielo.
"Ora faccia strada, mr Barakat, aspettiamo solo lei"
"Agli ordini, Gask" ribatté, allontanandosi e lasciandomi indietro ad armeggiare con le chiavi.

"Buongiorno"
"Buongiorno ragazzi. In cosa posso aiutarvi?"
Il negozio era asciutto e soleggiato, e la prima cosa che ricordo fu il forte odore di polvere che ci avvolse appena mettemmo piede lì dentro, una buona mezzora prima della sua chiusura.
"Avremmo bisogno di un calco per aprire questo coso" spiegò Jack.
"Certo, capisco.. Ma scusate, che ci fate voi con un diario da ragazza? Non è che volete leggerlo di nascosto e poi sputtanarla in giro? Perché in quel caso non vi aiuterei per niente, sappiatelo"
"Nono, stia tranquillo, è che la mia sorellina ha perso le chiavi e ora sta succedendo il finimondo a casa, quindi gliele faccio rifare e ci faccio la figura del fratello esemplare" si scusò Barakat con semplicità.
Che cazzo di faccia di bronzo, pensai tra me e me in una risata, curiosando un po' tra gli scaffali stracolmi.
"Va bene, in questo caso sono ben disponibile ad aiutarvi. Domattina alle dieci circa saranno pronte, quando contate di passare in negozio a prenderle?" domandò ancora.
"Alle dieci. Prima le prendo e meglio è, seriamente" rispose l'altro, ricevendo in cambio un'occhiata comprensiva.
"Bhe, vedo se riesco a far prima allora. In ogni caso ho bisogno di un recapito a cui poter chiamare per avvertirvi se ci sono novità e roba del genere, e anche di uno dei vostri nomi, per favore"
"Aspetti, le scrivo tutto su un foglietto di carta" sorrise Jack.
"Okay, perfetto, grazie mille. Spero di non perdere anche questo" commentò lui.
"Cosa intende con 'anche questo'? Ha perso qualcos'altro?" domandai.
"Sì, è un dannato continuo! Continua a sparire roba -chiavi e libri di piccole dimensioni perlopiù- ma non solo qui, per tutto il paese! Chissà chi è lo scemo che si diverte con questi furtarelli.. Per un lavoro come il mio è una cosa decisamente stressante, spero che tutto finisca presto e tanti saluti oppure ci uscirò matto"
"Immagino. Anche noi non troviamo più le chiavi di casa" raccontò Jack.
"Anche se probabilmente le abbiamo perse da soli" aggiunsi io.
"Mmh, capisco.. In ogni caso, sapete a chi rivolgervi" ci strizzò l'occhio il negoziante.
"Il buon vecchio Arth è sempre a vostra disposizione, ragazzi"
"Grazie mille, credo che ne approfitteremo" rispose il mio amico, abbozzando un sorriso.
"Allora ci vediamo domani, statemi bene"
"Lo faremo, grazie"
"Piuttosto, scusate la fretta, ma la sera chiudo prima per evitare i ladri"
"Non c'è problema, tanto dovevamo andare comunque"
"Ah, perfetto. A domani allora!"
"Sì, non ce lo dimenticheremo. Arrivederci" lo salutammo chiudendoci la porta alle spalle.

Angolo dell'autrice
Allora, in realtà il primo capitolo non è solo questo, ma a pubblicarlo tutto insieme veniva fuori una cosa lunga e pesante, così ho preferito far sì che questa sia la prima parte e che il prossimo 'capitolo' sia la seconda. Proprio per questo motivo non lascio niente in sospeso -anche perché non ci riuscirei- e niente, mi spiace solo che questa parte sia un po' più noiosa e che quindi non se la cagheranno in molti, però va bene, perché alla fine Pingu sarà costretta a leggere tutto comunque perché è troppo buona e ci tiene a farmi felice. (Scusa Pengua, poi migliora, giuro :c)


Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1, seconda parte ***


"Hallelujah, non ce la facevo più lì dentro!" esclamò Barakat appena girammo l'angolo.
"C'era un'aria che non si respirava" convenni io, respirando a fondo.
"Chissà come fa il commesso a passarci tutto quel tempo dentro, io ne morirei"
"Stessa cosa. Bho, avrà degli anticorpi speciali o qualcosa del genere" buttai lì.
"Già, probabile. Comunque non è il caso di chiederglielo, però forse è un alieno mangiapolvere"
"Ssì Jack, proprio come io sono la regina Elisabetta. Andiamo, hai bisogno di qualcosa da mettere sotto i denti che mi stai diventando più scemo del normale e la cosa è preoccupante" lo sfottei, prendendolo per il braccio.
"Oh, brutto cazzone, cosa vorresti insinuare?"
"Niente niente, figurati"
"Guarda che così offendi la mia anima pura e pia!"
"Chiedo venia" commentai, alzando le mani.
"Perdono accordato, ma che sia l'ultima volta. E stasera cucini tu" decise.
"Non possiamo ordinare una pizza?" brontolai.
"Nah, ci metto ore a decidere quale prendere e poi non sono mai soddisfatto"
"Comincia a pensarci da ora, no?"
"Famo che decidi tu per me e se non mi va bene lavi i piatti"
"Ma Jack, a te non va mai bene niente!"
"Non è vero. Dai dai dai, facciamo così"
"Va bene," mi arresi.
"Però domani ci pensi tu al pranzo, ok?"
"Va bene una trattoria random nella città vicina?"
"Mi sembra perfetto"
"Allora ci sto"
Aprii la porta con una spallata ed entrammo tranquillamente, dirigendoci ognuno per i cazzi suoi. Avevamo attaccato la villetta una settimana fa circa, all'inizio delle vacanze, visto che la mia famiglia aveva smesso di andarci da un pezzo e noi avevamo bisogno di un posto fuori mano lontano da fan, stress e routine, dove avremmo potuto rilassarci e condurre una vita normale per un po' di giorni, prima di tornare alla caoticità delle metropoli. Per ora le cose stavano andando bene, la casa non era il porcile che pensavo sarebbe diventata, i vicini non si erano ancora lamentati troppo, la pila dei piatti da lavare non raggiungeva il soffitto, non avevamo rotto niente e non ci eravamo ancora portati a letto nessuno di sbagliato. Il che, tutto sommato, era più che ammirevole e potevo ben dire di essere fiero di noi e del nostro comportamento, visto che per una volta ci stavamo comportando da persone civili ed educate e non da classici adolescenti fuori di testa. E poi il mio rapporto con Jack stava migliorando decisamente, stavamo diventando davvero affiatati e mi sentivo come se le sue battute colmassero alla grande il vuoto che sentivo nel cuore da quando avevo rotto con la mia ultima fidanzata, poche settimane prima. Era stato anche quello a spingermi a cercare una via di fuga dalla mia vita, avevo bisogno di ritrovare me stesso e ricominciare da capo, ripartendo dalle mie radici. E quale città migliore se non la mia città d'origine, dove avevo vissuto per i primi cinque anni della mia vita e che avevo lasciato per ragioni puramente economiche? Ora che i soldi non mi mancavano, tornarci era stato un piacere ed era stato ancora più bello portarsi dietro una persona allegra come Jack, capace di farti sorridere in ogni situazione e circostanza, qualunque sia il tuo problema. Insomma, direi che non avrei potuto organizzare questo viaggio in modo migliore, senza ombra di dubbio, e che speravo vivamente che il mio amico non si sarebbe stufato troppo presto.

"Alex. Ehi Aaaaleeeex" mi chiamò per l'ennesima volta.
"Che cosa c'è ora, Jack?" gli urlai.
"Ho trovato un film che potrebbe interessarci" mi gridò dal salotto.
"Ah sì? Di che parla?" domandai, senza aver voglia di andare fin lì a controllare.
"Bhe, c'è questa prostituta che-" cominciò.
"Dio, Jack, non è un altro porno, vero?"
"Sì, sì lo è" rispose lui, come se fosse la cosa più normale del mondo.
"Mettilo via e abbi un po' di tatto" ribattei, levandomi la maglietta.
"Oh, andiamo, sono passate due settimane!"
"Mettilo via lo stesso"
"Va beene, vuol dire che me lo vedrò da solo"
"Come ti pare, comunque io sono in doccia, non venire a cercarmi"
"Ma-" balbettò.
"Non venire a cercarmi" ripetei.
"Ok, ok, morirò di fame mentre tu te la spasserai sotto l'acqua. Spero ti senta in colpa!"
"Decisamente. Buon porno Jack"
"Buona doccia, stronzo"
Mi chiusi la porta alle spalle e buttai i vestiti in un angolo, posando quelli puliti sul lavandino e aprendo l'acqua della doccia. Mi passai una mano tra i capelli e raccolsi l'asciugamano del chitarrista, buttato per terra da ormai due giorni, e lo infilai nel cesto della roba da lavare, mettendoci poi anche i miei vestiti usati. Finii di svestirmi e mi posizionai sotto il getto d'acqua calda, bagnandomi corpo e capelli. Presi lo shampoo e feci un primo giro, poi un secondo e un terzo, visto che volevo prendermela comoda e godermi un attimo di tranquillità. Misi su il balsamo e chiusi l'acqua, aspettai tre minuti e poi la riaprii per sciacquarmi. M'insaponai il corpo e mi lavai pure quello, quindi agguantai un asciugamano e me lo avvolsi attorno alla vita prima di uscire e scontrarmi con l'aria fredda. Rabbrividii leggermente, mi asciugai velocemente i capelli con un altro asciugamano e rimasi immobile qualche minuto per abituarmi alla temperatura ambiente, poi finii di asciugarmi e mi cambiai. Aprii una finestra per far cambiare aria e appesi la roba bagnata sulla parte alta della doccia, raccolsi tutto quello che c'era a terra e uscii alla ricerca di Jack, sperando che il suo porno fosse finito. Stranamente, lui non era sul divano e la custodia del dvd era intatta, segno che non l'aveva neanche aperto. Sorrisi. L'aveva lasciato lì in bella vista per farmi capire che gl'importava della mia opinione e che non l'aveva scartato per rispettare me e la mia specie di lutto. Presi il film e lo rimisi a posto, poi uscii in balcone e trovai il chitarrista spaparanzato sulla sdraio, a fissare il tramonto.
"Che c'è, ti sei addolcito?" domandai, sedendomi per terra accanto a lui.
"Ma bho, è che quando sto qui mi sento diverso" buttò lì lui, girandosi a guardarmi.
"E' che questo è un posto magico. Sai, da bambino venivo sempre qui e guardavo tutto, immaginandomi che un giorno sarei stato qui a guardarlo con la ragazza che mi piaceva allora, Gwen, e ogni volta mi sentivo come se ci fosse qualcosa che mi trascinava sempre più lontano, dentro quei paesaggi dorati e selvaggi, fino alla fine del mondo. E poi da lì mi sarei svegliato, sarei andato a fare un giro e avrei trovato la felicità eterna" mormorai.
"Wow. Certo che eri tocco pure da bambino" commentò Jack, facendo una smorfia divertita.
"Deficiente" risi, dandogli un buffetto sulla spalla.
"Per una volta che sono serio"
"Scusa, è stato più forte di me. E sogni ancora di portarci qualcuno, qui?" domandò.
"Bhe.. sarebbe bello" ammisi, dopo un attimo di silenzio.
"Voglio dire, la mia infanzia l'ho passata a desiderare d'incontrare qualcuno di così importante da entrare a far parte di me, e ogni volta che pensavo di averla trovata, quella persona si rivelava una fregatura. Ho pensato tante volte di portarci qualche ragazza, ogni volta che ero fidanzato, ma nessuna mi è mai sembrata all'altezza di questo posto"
"Capisco.. Allora non dovrei stare qui" mormorò Jack, annuendo.
"Avanti, entriamo che comincia a fare freddo" esclamò subito dopo, alzandosi in piedi e porgendomi la mano.
"Comunque se hai un altro di questi momenti.. dove vuoi parlarmi di te e del tuo passato.. bhe, sappi che io ci sono e sono disposto ad ascoltarti per tutto il tempo che vorrai" sorrise.
"Grazie" mormorai, sorridendo. Entrai dentro con la sua mano sulla spalla e mi sentii sciogliere il cuore per tutto il tempo che lui mi sorrise. Non lasciava vedere spesso quanto fosse profondo o dolce, ma quando lo faceva mi lasciava completamente senza parole, e quella volta non feci eccezione.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


"Buonasera, vorrei ordinare due pizze"
Come al solito ero io a chiamare la pizzeria, mentre Jack spulciava qualche rivista sul divano o faceva zapping alla tv. A me non dava fastidio come compito, ma ogni volta che tornavo nell'altra stanza lo trovavo completamente assorto in qualche stronzata e niente, faceva tenerezza in una maniera assurda. Che poi si parla di Jack Barakat, farebbe tenerezza pure mentre mi scaccola, sempre che si scaccoli ancora. Non si può mai essere sicuri con uno come lui.
"Buonasera a lei. Ha già deciso quali desidera o vuole che le elenchi il nostro menu?"
Ormai il loro menu lo sapevo a memoria per tutte le volte che lo avevo scritto per Jack, per tutte le volte che avevo sbagliato a rispondere o per tutte le volte in cui ero stato costretto a farmi dare volantini per combattere la sua terribile e cronica indecisione. Che poi si trattava di una pizza, ma per lui era una specie di affare di stato che andava trattato con la massima serietà e che andava analizzato a lungo ogni singola volta, anche se alla fine sceglieva sempre la stessa solita cosa. Si può ben dire che sia un tipo strano.
"Ho già deciso, grazie"
"Perfetto, aspetti un attimo che prendo il quaderno delle ordinazioni"
Mi girai verso il salotto per dare un'occhiata al mio amico. Il chitarrista stava giocherellando con una ciocca di capelli mentre sognava ad occhi aperti su qualcosa che non m'interessa neanche approfondire. Aveva un'aria particolarmente carina, come al solito, e la luce della televisione ballava allegramente sul suo viso.
"Okay, proceda pure"
Scossi velocemente la testa e cercai di ricordarmi che pizza volesse.
"Due margherite e quattro birre, per favore"
Silenzio, poi una penna cominciò a scrivere freneticamente.
"Le pizze devo portargliele in quattro cartoni?"
"No grazie, non ce n'è bisogno"
Ancora silenzio, un silenzio gravoso e pesante. Stavolta era perché la cameriera pensava di star parlando con un alcolizzato o qualcosa del genere, ne sono certo, è sempre così quando ordino per me e Jack.
"Mi dia l'indirizzo, per piacere"
Okay, aveva superato la cosa e aveva deciso che non le importava, anche se continuava a comportarsi acidamente e come se fossi inferiore a lei. Le diedi il nostro indirizzo e lei m'informò che in una mezz'oretta sarebbe arrivato un suo collega fattorino e che dovevo dare i soldi a lui per ricevere le pizze. Manco fossi ritardato, cazzo. Le risposi mascherando l'irritazione e lei riattaccò bruscamente, neanche avesse appena finito di parlare con lo stronzo più stronzo del pianeta. Tirai il cordless sul tavolo senza fare rumore e respirai a fondo, liberando il fastidio che avevo in corpo e rilassandomi nuovamente. Era una cosa che facevo spesso quando ero arrabbiato, visto che mi seccava far sapere al mondo intero che mi giravano i coglioni, e devo dire che funzionava quasi sempre, se il motivo non era poi così importante. Scivolai in salotto e mi sedetti sul bracciolo del divano, rubando una patatina a Jack, che rimase in stato catatonico per un altro po' prima di accorgersene.
"Ehi" protestò, chiamandomi.
"Sì, Jackie?" risposi con voce dolce.
"Quella era mia" obiettò.
"Hai detto bene, era" commentai.
"Sei uno stronzo" constatò, alzando le sopracciglia e tornando alle sue patatine.
"Me lo dici spesso" mormorai, ma non come vera risposta visto che lui non mi stava più ascoltando. Lo guardai un attimo e mi alzai, dirigendomi verso la cucina. Mi appoggiai coi gomiti alla finestra e osservai la città dall'alto, mentre le luci delle case e delle macchine si accendevano e si spegnevano in continuazione. Sembravano tante lucciole che svolazzavano in un grande prato, alla ricerca di un compagno o di un posto adatto in cui riposare le ali. Erano un bello spettacolo da vedere, soprattutto perché il silenzio aleggiava ovunque e l'odore acre del mare mi riempiva le narici fino a farmi girare la testa. Mi piaceva il mare, quasi quanto quella città, ed ero felice di essere tornato lì, alle mie origini. Certo, ogni tanto ero tornato pure durante gli anni delle medie, ma non ero rimasto più di qualche giorno e soprattutto non avevo mai rivisto i miei vecchi amici, sempre che fossi stato in grado di riconoscerli. Effettivamente dovevano essere cambiati molto, proprio com'ero cambiato io. Forse si erano tinti, forse si erano tatuati qualcosa o forse si erano riempiti di piercing, oppure potevano aver lasciato la loro città natale anni prima. In ogni caso, non avrei potuto saperlo. Rimasi in contemplazione della notte per una ventina di minuti, quando il fattorino suonò nervosamente alla porta e fui costretto a spostarmi dalla finestra per andare ad aprirgli. Aveva una faccia stanca e stressata, e da come mi guardava si aspettava di vedermi esplodere in una qualche scenata patetica, tipica degli ubriachi persi e cronici. Non gli diedi questa soddisfazione e pagai velocemente, congedandomi appena possibile e portando la pizza in salotto, dopo aver controllato che fosse tagliata. Jack agguantò prontamente il suo cartone e mangiammo silenziosamente davanti alla tv, mentre migliaia di domande mi frullavano caoticamente per la testa.
Di chi era il diario? E chi aveva potuto lasciarlo qui, se non si fosse rivelato della mia famiglia?
Ma soprattutto, perché l'aveva lasciato così in bella vista da farlo trovare a una persona cecata come Jack?


Il giorno dopo mi svegliai col mal di testa. Mi tirai a sedere e mi stropicciai furiosamente i capelli, notando che ci eravamo addormentati sul divano e che la televisione mandava già i cartoni del sabato mattina. Controllai l'ora, confuso, domandandomi a che ora fossimo crollati la notte prima. L'orologio segnava che erano le otto e mezza circa, e la luce del giorno filtrava sul mio corpo dalla persiana semichiusa della porta-finestra, quella che dava sul terrazzo. Mugolai di stanchezza e mi diressi verso il bagno, mi lavai la faccia, mi vestii di corsa e scesi in cucina a controllare la situazione. Il chitarrista dormiva ancora -riuscivo a sentirlo russare flebilmente da lontano, così andai in cucina, apparecchiai per me e misi su la macchinetta del caffè. Aspettai che bollisse, lo versai in una tazza e ci aggiunsi latte e zucchero, poi tornai di là e lo posai sul tavolino, spegnendo la tv e spaparanzandomi sul divano. Presi un biscotto e lo morsi, contemplando la mia vasta collezione di dvd. Sentii dei versi stanchi e mi voltai verso il mio amico, giusto in tempo per vederlo aprire gli occhi e stiracchiarsi con un sonoro sbadiglio.
"Buongiorno Jack" lo salutai.
"'Giorno.. E' caffè quello?" biascicò.
"Caffè, latte e zucchero. Se lo vuoi è tuo, comunque" risposi, sporgendomi per prenderlo e passarglielo.
"Grazie" mormorò, portandosi la tazza alla bocca e bevendone un po'.
"E' da tanto che sei sveglio?" domandò.
"Una mezz'oretta circa" risposi.
"Ah" borbottò Barakat. Sbadigliò stancamente, posò la tazza e si stiracchiò di nuovo.
"Io.. credo che andrò a cambiarmi" m'informò.
"Ricorda, alle nove e quarantacinque qui" gli ricordai. Lui annuì distrattamente, si tirò in piedi e barcollò verso le scale, salendole con passo da elefante. Portai la tazza in cucina e finii di mangiare, misi tutto in lavastoviglie, buttai i cartoni delle pizze, pulii rapidamente la stanza e poi tornai in salotto, acchiappando il telecomando. La mattina c'era una grande varietà di cartoni, quindi mi misi comodo e le nove e quarantacinque arrivarono piuttosto velocemente.
"Sei pronto, Lex?" mi chiamò il chitarrista dall'attico, sistemandosi la maglietta.
"Eh? Oh, sì, arrivo" risposi, spegnendo la tv e controllando di avere le chiavi in tasca.
"A proposito, le tue chiavi sono saltate fuori?"
"Non ancora, questo pomeriggio dobbiamo cercarle per bene"
Annuii e uscimmo, chiudendoci la porta alle spalle e arrivando dal ferramenta nel giro di pochi minuti. L'uomo ci salutò cordialmente e ci disse che era andato tutto bene, che avevamo le chiavi e che la piccola sarebbe stata sicuramente molto felice di poter riaprire il suo diario così in fretta. Lo ringraziammo, pagammo e uscimmo velocemente.
"Cazzo, ti rendi conto, abbiamo le chiavi!" esclamò Barakat appena fuori.
"Aspetta, le metto nel portafogli così non le perdiamo alla prima occasione" lo avvertii.
"Cavolo, non vedo l'ora di leggere" continuò a gongolare.
"Quando lo apriamo? Eh, eh, eh?"
"Non lo so, Jack, in un momento di calma?" proposi, alzando le sopracciglia.
"Sì, va bene, okay, ma quando più precisamente?"
"Ah bho, che ne dici di stasera?"
"Ma come, stasera? Non sei curioso di sapere che c'è scritto?"
"Bhe, veramente non così tanto" ammisi.
"E' pur sempre il diario di uno sconosciuto" mi giustificai.
"E poi pensa se il proprietario tornasse a cercarlo e ci trovasse con la copia delle chiavi in una mano e il diario aperto nell'altra. Sarebbe una cosa tipo troppo imbarazzante, non credi?"
"Oddio ma ti pare? Ma manco nei filmi" 
"Bho sì, ma se-"
"Maddai, ti senti quando parli?"
"Okay, hai ragino, ma pprova a vederla da sotto questo punto di vista; se ce lo leggiamo stasera saremo soli e non ci sarà nessuno che potrà interromperci, impicciarsi o comunque disturbarci, giusto? Mentre invece se lo leggiamo ora lo faremmo di fretta e, peggio ancora, potremmo addirittura rischiare di perderlo"
"Okay, okay, mi arrendo, aspetterò" mi concesse.
"Però mi devi promettere che stasera lo leggeremo sul serio"
"Massì, certo, ti pare? Sennò che le abbiamo prese a fare, le chiavi?"
"Tu promettilo" ribatté.
"Okay, lo prometto. Va meglio ora?"
"Decisamente" sorrise.

Ci avviammo in giro per il paese a far baldoria e rimanemmo fuori fino alle nove e mezza circa, quando Jack decise che la sua pazienza era agli sgoccioli e che era ora di tornare a casa. Mangiammo un boccone al volo e rientrammo, io tranquillamente e lui correndo le scale a rotta di collo; ma appena fu arrivato alla fine il chitarrista si bloccò improvvisamente.
"Che c'è Jack?" domandai. Lui indicò la porta con un cenno del capo, tacendo. Era socchiusa. Mi sentii gelare il sangue nelle vene e deglutii, guardando in faccia il mio amico e perdendomi nei suoi occhi scuri, senza avere la minima idea di cosa fare. M'infilai una mano in tasca e tirai fuori un accendino, che l'altro mi prese dalle mani con fare sicuro. Le luci erano spente, quindi non potevamo sapere se ci fosse ancora qualcuno in casa, così Jack aprì lentamente la porta e scivolò dentro senza fare rumore, facendomi cenno di seguirlo e di andare a controllare in cucina. Mi feci strada con la torcia del telefono e notai che non c'era nessuno a parte me nella sala, quindi tornai di là alla ricerca del mio migliore amico e sperai che non avesse trovato niente. Nel salotto il buio era nero come la pece e sentii il peso sul mio cuore ingrandirsi a dismisura mentre m'inoltravo, lentamente, nella stanza. Sentii un rumore di passi provenire da di sopra e mi bloccai, terrorizzato. Sibilai il nome di Jack ma non udii risposta, quindi deglutii e mi avvicinai alle scale, cercando di salirle il più silenziosamente possibile per non dare nell'occhio. Una volta di sopra, mi fermai e respirai un paio di volte per recuperare un minimo di calma, poi mi diressi verso il bagno e tesi le orecchie. Sentii di nuovo un rumore di passi, quindi acchiappai la cosa più vicina a me e spalancai la porta, accendendo in contemporanea la luce e gridando a quel qualcuno di fermarsi, qualunque cosa stesse facendo, e di mettere le mani in alto.
"Alex?" mormorò il qualcuno.
"Sì?" risposi, col fiato corto.
"Sei un coglione" constatò il chitarrista. Rimasi in silenzio, mentre lui accendeva la luce sul corridoio e dava un'occhiata di sotto, per vedere se fosse venuto fuori qualcuno, con tutto quel trambusto.
"Niente.. evidentemente se n'erano già andati" commentò. Tirai un sospiro di sollievo e mi appoggiai al muro, chiudendo gli occhi e rallentando il respiro.
"Scusa Jack" mormorai.
"Fa niente, aiutami a vedere se manca qualcosa piuttosto" ribatté lui, scendendo velocemente le scale. Entrai in camera da letto e aprii i cassetti, poi andai nella camera degi ospiti e di nuovo nel bagno, ma fortunatamente non sembrava mancar nulla.
"Hanno preso qualcosa, da giù?" gli domandai, raggiungendolo.
"Niente" rispose, scuotendo la testa pensieroso.
"Però ho ritrovato le mie chiavi" disse, mostrandomele.
"Assurdo, vero?"
Annuii. Completamente e decisamente assurdo. Sembrava che il ladro fosse tornato per riportarcele.
"Chiudi la porta e vediamo di evitare altri contrattempi" borbottò il ragazzo, lanciandole nella fruttiera.
"Oh, e accendi tutte le luci. Ora come ora, non mi sento per niente al sicuro" ammise, mettendo a fuoco le mie paure. Annuii nuovamente e salii di sopra, prendendo delle coperte e dei cuscini e chiudendo tutte le porte bene a chiave dopo il mio passaggio, quindi raggiunsi il chitarrista in salone.
"Vuoi leggere il diario?" domandai. Lui annuì.
"Magari così riusciamo a rilassarci un po'" spiegò, stringendosi le mani.
"Vuoi aprirlo tu?" gli proposi, tirandolo fuori dalla tasca dei pantaloni e passandoglielo.
"D'accordo" acconsentì, infilando la chiave e girandola.
"E' davvero un diario.." mormorai, stupito.
"Non c'è scritto il nome" osservò il chitarrista, controllando la prima e l'ultima pagina.
"Se è per questo, è anche un po' sbiadito" aggiunsi, notando delle pagine mezze cancellate.
"Significa che abbiamo tra le mani qualcosa di antico?" chiese Jack.
"Bhe, antico non direi, ma vecchio o malconservato sì"
"Capisco" annuì. Poi mise il diario in mezzo e cominciò a leggere.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


"1 maggio 2003,
Oggi Alex mi ha detto che partirà presto e che non tornerà più. Non è la prima volta che me lo dice, ma molto probabilmente i suoi cambieranno idea un'altra volta e non se ne farà più niente come al solito. Ormai ho smesso di credere alle sue improvvise e definitive partenze, è successo così tante volte che mi sembra di vivere dentro un disco rotto, bloccato sulla stessa stupida frase per l'eternità. Speriamo bene, comunque, mi spiacerebbe perderlo proprio ora che stiamo diventando così vicini e così uniti. E' un bravo ragazzo, mi mancherebbe.

5 maggio 2003 - Primo giorno senza Alex
Alex se n'è andato davvero. Mi sembra di non aver più lacrime da piangere, è da ieri mattina che non esco dalla mia camera e non parlo con nessuno, nemmeno al telefono. Alex è passato a salutarmi prima di partire ma non ho avuto la forza di guardarlo dritto negli occhi e così l'ho cacciato via, da brava stupida che sono. L'ho guardato andarsene mestamente e scomparire dietro l'angolo, con un groppo alla gola e gli occhi umidi, ma non sono riuscita a muovermi e ad andare a fermarlo per dargli l'ultimo abbraccio o supplicarlo di restare solo per un altro giorno. Dio, quanto sono cretina. Se penso che non lo vedrò più mi viene seriamente voglia di farla finita e certe volte vorrei davvero trovare il coraggio di farlo, così non soffrirei così tanto per la sua partenza. Dio, Gaskarth, perché mi hai abbandonata così presto? Mi manchi tantissimo. Torna presto, ti prego. Non so più cosa fare, ho perso ogni interesse nel vivere qui, vorrei solo partire e seguirti nel tuo viaggio senza fine, come se fossi la tua ombra o la tua anima. Cavolo, quanto mi manchi. Vorrei che tu fossi qui con me, così ti potrei stringere a me e dirti tutto quello che avrei dovuto confessarti tempo fa, come quando tua cugina si è strappata il vestito il giorno della festa del paese ed è stata costretta a rinunciare a ballare con te. Gliel'ho rotto io quel dannato abitino azzurro; non l'ho mai sopportata e mai la sopporterò, quell'ochetta viziata e senza cervello che pensa di possederti come si possiede un giocattolino senza sentimenti o identità. Ma ti giuro, la sopporterei per mille e mille anni ancora se solo tu potessi tornare per un altro singolo giorno e passarlo tutto con me, senza nessun altro tra i piedi. Dio, Alex, mi manchi così tanto, non credo di aver mai pianto così tanto in tutta la mia vita. Torna presto, Gas, o non so cosa ne sarà della mia sanità mentale.."

"Woah" mormorò Jack, finendo di leggere.
"Avevi una spasimante, Alex?" domandò, voltandosi verso di me. Non sapevo come o cosa rispondergli, ero completamente pietrificato da quelle parole. Sapevo che una di scuola aveva una cotta per me ma.. Insomma, non ci avevo neanche quasi mai parlato, figurati se avesse potuto conoscere mia cugina fino al punto di odiarla. No, aspetta, mia cugina la conoscevano e odiavano tutti in paese, sarebbe stato plausibile che fosse lei, ma mi sembrava così strano, così assurdo, soprattutto che avesse lasciato il diario a casa mia. Voglio dire, sapeva dove vivevo, come tutti gli altri, ma non credevo ci fosse mai entrata, soprattutto dopo la mia partenza. Era surreale, assurdo.
"Bhe, sì" ammisi, dopo un sospiro profondo.
"Ma questo modo di parlare non è il suo, e soprattutto, non sarebbe mai riuscita a entrare a casa mia"
"E perché?" chiese, aggrottando le sopracciglia.
"Era troppo timida, e poi non conosceva la mia famiglia abbastanza bene da poter entrare qui dentro e lasciare qualcosa così in bella vista senza che qualcuno gliela restituisse o le facesse domande. Questo diario non può assolutamente essere suo"
"E allora di chi..?" riprovò il chitarrista, lanciando un'occhiata al quadernetto fiorito.
"E' proprio questo che voglio scoprire" annuii.
"E arriveremo fino in fondo a questa storia, tant'è vero che non mi chiamo Rick"
Jack annuì e mi guardò con orgoglio, sorridendo fino a mostrandomi leggermente i denti.
"Così si parla, Lex!" esclamò, dandomi una pacca sulla spalla.
"Allora, hai qualche potenziale indiziato?"
"Ancora no ma ne avrò presto qualcuno, o almeno credo"
"Posso azzardare un'ipotesi?"
"Spara pure" acconsentii. Jack era una persona perspicace, anche se il suo aspetto da cazzone superficiale perennemente pronto a scherzare non lo lasciava intravedere molto.
"Secondo me è una persona che ti è vicina. Nel senso, non qualcuno con cui hai parlato poco, ma qualcuno con cui eri amico e a cui hai fatto qualcosa di buono per migliorare la vita, e che quindi è rimasto molto legato a te, al punto dall'aspettarti quando te ne sei andato"
"La lista non si restringe molto, mi amavano tutti qui"
"Sì, ma sappiamo anche che quella che scrive è una ragazza e che l'hai salutata prima di partire per la grande città. Sicuro che questo non ti suggerisca assicuramente niente?"
"No, ho salutato tutti, pure quelli che mi stavano sul cazzo, per non fare torti a nessuno"
"Certo che sei proprio una persona sociale e complicata, Gaskarth" esclamò.
"Che ci vuoi fare, è la vita" sospirai ironicamente, alzando le spalle.
"Pensaci bene, avevi qualche amica che si comportava in modo particolarmente premuroso con te?"
"Bhe, tante a dir la verità, ma quelle con cui ero più legato erano Gwen, Skye e Nichole"
"Perfetto, è già un miglioramento. Vuol dire che domani andremo al municipio e ci faremo dare i loro indirizzi e numeri di telefono, così risolveremo la cosa in un quattr'e quattr'otto e potrai tornare a dormire tranquillo senza preoccuparti di nient'altro"
"Sei poco preparato 'nsomma, eh Jack?" risi.
"E' che l'ho visto fare così tante volte alla televisione che è una cosa che saprei fare a occhi chiusi ormai" si giustificò lui candidamente, alzando le mani e scrollando le spalle. Gli diedi un buffetto sul braccio e lui sorrise, con uno dei suoi sorrisi dolci e che non muoiono mai.
"Allora domani metto la sveglia presto, ok?"
"Okay. Grazie mille, amico" 
"Di niente, capo. E ora, se non ti dispiace, preparerei il letto, visto che di sopra non ci dormo manco se mi pagano" annunciò, prima di agguantare una coperta e aprirla per bene, facendomi spostare dal divano per stenderla. Gli passai i cuscini e lui li sistemò uno accanto all'altro, coprendoli poi con un'altra copertaa.
"Mi spiace, ma staremo un po' stretti" mi avvertì, girandosi verso di me.
"Fa niente, ci sono abituato" sorrisi. E poi non mi dava fastidio stringermi a lui la notte, il suo calore sulla pelle era sempre piacevole, anche in estate, e poi era un sacco carino quando dormiva, come ci si aspetterebbe giustamente da uno puccio come lui. Sì, insomma, 'ci toccò' rimanere appiccicati fin quando la sveglia suonò, otto o nove ore più tardi. Per Jack non fu un problema, sembrò addormentarsi dopo pochi minuti, ma io rimasi sveglio a pensare.
Non era la prima volta che qualcuna soffriva a causa mia, ma in genere a dirmelo erano sempre le sue amiche, lei stessa o i suoi comportamenti e il suo aspetto, ma leggere delle pene di qualcuno attraverso un diario era una cosa completamente nuova per me, tanto più che non sapevo niente della scrittrice. Volevo sapere chi era che aveva sofferto così tanto e perché mi aveva permesso di trovare un oggetto così importante dopo tutti quegli anni, ma allo stesso tempo avevo paura di imbattermi in qualcosa di troppo grande e rancoroso per me, e che non sarei riuscito ad affrontarlo con la giusta decisione. Certo, ci sarebbe stato Jack al mio fianco e lui non mi avrebbe mai abbandonato o permesso di cadere, ma se non fosse stato abbastanza e lo stress mi avesse conquistato e fatto soccombere? Se quel qualcuno ora ce l'avesse a morte con me e volesse farmi succedere qualcosa di brutto oppure, ancora peggio, se avesse voluto far soffrire Jack al posto mio? Sarebbe stata una vendetta migliore, senza ombra di dubbio, perché avrei sofferto molto di più e mi sarei sentito la merda più merda del pianeta, per non aver saputo proteggere degnamente il mio migliore amico e averlo esposto troppo a causa della mia dannata curiosità.
Mi girai verso di lui e lo guardai respirare per qualche secondo, tranquillo.
Gli volevo troppo bene per tollerare che gli succedesse qualcosa, quindi decisi che avremmo indagato discretamente e che non sarebbe più stato lui, il generale, ad andare in prima linea ma io, il soldato semplice. Non doveva accadergli niente, non a causa mia. Doveva solo essere felice, sempre e comunque. Posai la testa sul suo petto e la sentii ondeggiare prima verso l'alto poi verso il basso, con movimenti costanti e rilassati, e mi sentii immediatamente meglio. Aveva un petto magro e riuscivo chiaramente a sentire le ossa sotto la sua pelle, ma ormai ci avevo fatto l'abitudine vedendolo senza maglietta sul palco. Eppure mangiava, eccome se mangiava! Aveva un metabolismo da paura, dovevo ammetterlo, e certe volte glielo invidiavo pure, anche se avevo paura che un giorno questa sua magrezza me l'avrebbe portato via prematuramente. Per la serie, pensieri allegri a gogo. Comunque rimasi alzato a lungo dopo che il ragazzo si era addormentato, a farmi domande sul diario, su come procedere e sul cosa avrei detto alle ragazze. Dopotutto erano passati anni dall'ultima volta che le avevo viste e Gwen era stata la mia più grande cotta fin dai tempi della materna, quindi mi avrebbe messo di sicuro in soggezione; contando anche che non ci eravamo più scritti, chiamati o chessò io. Ero lentamente scomparso dalle loro vite e loro dalla mia, anche se ogni tanto le pensavo; e nel farmi nuovi amici mi sentivo sempre un po' in colpa nei loro confronti, immaginandomele qui, sole, a pensare e ad aspettare un mio ritorno che non sarebbe arrivato mai. In effetti, facevo bene ad avere i sensi di colpa, ma non avevo mai potuto far niente per tornare indietro e la mia famiglia non aveva più voluto vedere questo posto, anche se aveva continuato a pagarne regolarmente l'affitto. Ogni anno era un "dai, andiamo al mare", ma poi non lo facevamo mai e finivamo in montagna, invece, giusto per il gusto di buttar soldi inutili per una camera d'albergo e lezioni di sci a cui non partecipavamo mai in ogni caso. Ora, invece, avevo finalmente potuto far ritorno alla mia terra d'origine e una parte di me non la finiva di gioire e ringraziarmi per questa scelta, anche se era stata più casuale che altro. L'unica vera scelta che avevo fatto era stato il portarmi dietro Jack e nessun altro, e fin'ora si era dimostrata la cosa migliore degli ultimi tempi. Da quando avevo rotto con la mia ragazza lui era sempre stato lì per me, in ogni momento, pronto a farmi ridere o sentir bene con anche solo una parola. Era un ragazzo d'oro, ammettiamolo, e quella che l'avrebbe sposato sarebbe stata una donna davvero fortunata, sotto ogni punto di vista. Sorrisi, mi appoggiai meglio a lui e chiusi gli occhi, facendomi cullare dal suo respiro. Era caldo, sembrava quasi scottare, ma probabilmente era solo una mia impressione visto che mi sudava tremendamente la mano. Me ne fregai altamente e rimasi lì accanto a lui, mentre il ritmo dei suoi respiri si faceva sempre più lontano e il mondo dei sogni sempre più vicino e ammaliante.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


ca

"Alex.. Ohhai, Alex" mi svegliò una voce, sussurrandomi sofficemente nell'orecchio.
"Eh? Cosa? Che ore sono?" sbottai io, tirandomi su velocemente e dando una testata sul naso di Jack.
"Ben svegliato, Gaskarth" esclamò quello massaggiandosi il naso dolorante, mentre io tornavo giù e riprendevo posto sul suo petto tiepido sbadigliando, scusandomi e aggiungendoci poi una risata.
"Sai, sei carino quando dormi" se ne uscì dopo un attimo di silenzio, mentre giocherellava coi miei capelli.
"Come dici, scusa?" gli domandai ridendo.
"Guarda che ste cose dovrei dirle io" sottolineai con un sorriso compiaciuto.
"Sì bho, uno scambio di ruoli ogni tanto non fa mai male" commentò, guardandomi dall'alto. Mi portai una mano vicino alla bocca e sbadigliai, poi la posai delicatamente sul petto pallido di Jack e mi voltai in modo da riempirmi la visuale con il suo viso.
"Allora, che si fa oggi?" domandai.
"Non dovevamo andare al municipio?" mi ricordò.
"Oh, già, è vero. Senti Jack, se dovesse succedere qualche casino tu te ne terresti fuori, vero?" mormorai. Lui mi squadrò attentamente per un paio di secondi, respirando a fondo, e mi lanciò uno sguardo confuso.
"Ti sei ricordato di qualcosa di importante, Alex?"
"No, sfortunatamente no, ma dopo quello che è successo l'altra notte non mi sento più tanto sicuro e preferirei sapere che almeno uno di noi due si comporterà in modo responsabile e starà bene, qualunque cosa accada all'altro"
"Capisco. Bhe, sappi che finché avrò l'occasione di proteggerti, io lo farò" disse, sdraiandosi.
"Capisco il tuo punto di vista, ma preferirei che quello che stia sempre a posto sia tu, Barakat, non io"
"Sì, bhe, a dire le cose come stanno a me non frega niente di stare bene e preferirei di gran lunga la tua di salute, Alex, mille e mille volte ancora. Quindi no, il responsabile dovrai esserlo tu, ok?"
Lo guardai a lungo, cercando di decifrare l'espressione sulla sua faccia, ma non ne cavai fuori niente.
"Jack, seriamente, nel casino ti c'ho portato io e se dovesse succedere qualcosa sarebbe giusto che fossi io a pagarne le conseguenze, non ti pare?"
"No, non mi pare proprio, perché così le conseguenze sarei io a pagarle. Tu pensa a fare il responsabile e io farò lo stesso"
"Okay, questo mi va bene. Tieniti sempre al sicuro, Jack"
"La stessa cosa vale per te" ripeté lui, stringendo tra le dita la mia solita ciocca di capelli castani.
"Ti voglio bene" sospirai, appiattendo la mano contro il suo petto magro.
"Anche io" mormorò. Sorrisi e gli diedi una pacchetta sulla pancia, poi mi tirai in piedi e mi avviai di sopra.
"Mettiti qualcosa addosso, ti porto a colazione fuori" gli gridai da sopra, socchiudendomi la porta alle spalle. Presi una maglietta e dei jeans puliti e li indossai, poi mi guardai un attimo allo specchio. Mi sentivo le guance bruciare, anche se non erano poi così rosse, così andai in bagno e me le sciacquai. Tornai velocemente di sotto e incrociai Jack, che camminava in giro con una lametta da barba in una mano e una bomboletta di schiuma nell'altra.
"Dieci minuti e sono pronto" mi avvertì, superandomi e sbattendosi la porta alle spalle con la sua solita leggerezza. Scossi la testa e sorrisi sotto i baffi, andando a cercare le scarpe. Indossai il primo paio che trovai e misi una mano in tasca per essere sicuro di avere il portafoglio, ma il vuoto mi colse completamente impreparato.
"Oh merda, vuoi vedere che.." sbottai, tastandomi tutte le tasche, una a una, e andando a controllare in quelle della giacca che indossavo la sera prima, rigorosamente vuote. Imprecai tra me e me e mi portai le mani davanti alla bocca, irritato. Nella migliore delle ipotesi l'avevo perso, nella peggiore il nostro ospite era davvero bravo a nascondersi e non aveva mai lasciato la casa, se non quando ci eravamo addormentati tutti e due, verso l'una. Andai in cucina e setacciai il salotto, senza trovarne traccia, e sentii il sudore corrermi lungo la schiena mentre il battito mi accelerava.
"Dì un po', Jack, non è che hai visto il mio portafoglio?" gridai.
"No, per niente. Non ce l'avevi in tasca, ieri sera?" ribatté dai piani alti, finendo di rasarsi la guancia destra.
"Infatti è così, ma è come se fosse scomparso assieme a tutti i documenti" replicai.
"Hai controllato sotto il divano?" provò ancora.
"No, ora lo faccio" dissi, piegandomi in avanti. Spostai le coperte e i cuscini e guardai sotto le lenzuola, ma non notai niente che somigliasse anche solo lontanamente a un portafoglio, così infilai una mano sotto il divano e tirai fuori un po' della roba che c'era stata abbandonata tempo prima. Una rivista porno di mio padre, 5 dollari, un braccialetto, degli scontrini e un pacchetto di fazzoletti mezzo vuoto, ma niente portafogli.
"Cazzo Jack, non lo trovo!" urlai di nuovo, esasperato.
"Come facciamo ad andare al municipio adesso?" sbuffai, sbattendomi le mani contro le cosce.
"Dio, sembra che tutto sia contro di noi" piagnucolai, sedendomi sul divano e scuotendo la testa. Jack mi raggiunse silenziosamente da dietro e mi circondò con le braccia mentre tremavo istericamente, si sporse in avanti e mi respirò sul collo, dolcemente. Mi accarezzò i capelli e cercò di consolarmi e tranquillizzarmi, senza mettermi fretta.
"Non c'è problema Alex, lo ritroveremo. Ora usciamo, facciamo la strada al contrario e chiediamo al proprietario del bar di ieri se l'ha visto, poi in caso andiamo a fare la denuncia e con la scusa chiediamo anche delle tue amiche, ok? Non ti preoccupare, andrà tutto bene" sussurrò, sorridendomi.
"Va bene" annuii, deglutendo e respirando a fondo.
"Scusa Jack, sta cosa dei ladri mi ha completamente distrutto" mormorai, abbozzando un sorriso.
"Non ti preoccupare, sono cose che capitano" mi calmò lui. Si staccò da me, s'infilò la giacca e mi aspettò per uscire. Ripercorremmo tutta la strada al contrario, scandagliando attentamente il terreno, ma al bar nessuno aveva visto il mio portafoglio e io mi sentii sprofondare nello scomfortò. Guidai Jack al municipio e da lì andammo al commissariato, che era ovviamente chiuso. Sbuffai amaramente e tornai sui miei passi, entrando in municipio, e una volta lì cercai un attimo di orientarmi nel grande palazzo bianco. Era molto cambiato dall'ultima volta in cui ci avevo messo piede e non ero sicuro di ricordarmi tutte le procedure necessarie, ma il chitarrista si mostrò molto informato al riguardo e mi condusse all'ufficio giusto senza troppi giri. L'impiegata era una persona gentile e sui trent'anni, e in qualche modo si ricordava ancora di me, quindi non esitò a darmi gli indirizzi delle mie amiche e ad augurarmi di trovarle a casa. La ringraziammo educatamente e uscimmo, dirigendoci verso il porto.
"Chi andiamo a trovare?" domandò Jack, riparandosi dal sole con una mano.
"Nichole. L'indirizzo dei suoi è rimasto lo stesso, quindi so come arrivarci e non abbiamo bisogno d'indicazioni"
Arrivammo dopo una quindicina di minuti e bussammo alla sua porta, cercando di assumere un'aria da persone sane e affidabili, ma sua madre ci disse che eravamo arrivati tardi ed era partita una settimana prima per andare da sua nonna, su in montagna. Ci scusammo del disturbo e ci congedammo velocemente, procedendo poi per l'indirizzo successivo, situato purtroppo dalla parte opposta della città, a circa venti chilometri. Salimmo su un autobus e ce la prendemmo comoda, fermandoci poi a prenderci un gelato al parco. Srotolai il foglietto dove avevo scarabocchiato tutto e lo mostrai a Jack, indicandogli poi tutti i posti più belli e spiegandogli perché erano famosi o perché la gente si fermasse a guardarli quando passava di lì. Lui seguiva con lo sguardo il mio dito e sembrava interessato, ma non saprei dire se mi stesse effettivamente ascoltando o se si stesse facendo i cazzi suoi. Bho.
"E questa Skye che tipo è?" mi chiese dopo un attimo di silenzio.
"Bhe, è simpatica e alquanto estroversa, ma non so se sia esattamente il tuo tipo"
"Guarda che non te l'ho chiesto per quello!"
"Sssì Jack, sì" scherzai, alzando le sopracciglia e tornando a guardare il foglio.
"Comunque è sempre meglio che tu lo sappia già da ora, magari avresti potuto restarci male o qualcosa del genere e bho, ti sarebbe sceso il morale e mi sarei sentito in colpa" aggiunsi per giustificarmi.
"Ma ti pare? E poi una fidanzata non è quello che cerco ora come ora" commentò, guardando il cielo.
"Ehh, neanche io" replicai con un sospiro, tirandomi in piedi e sgranchendomi le braccia.
"Avanti, vieni che te la faccio conoscere" esclamai, tendendogli la mano. Lui vi si aggrappò e mi seguì docilmente fino a casa della mia amica, quando ci fermammo sul pianerottolo e citofonai.
"Sì?" rispose una voce stanca, resa metallica dall'apparecchio.
"Buonasera, cercavo Skye" replicai, sperando che la donna riconoscesse la mia voce.
"Te la mando subito, ma chi parla?" domandò.
"Scusi ma vorrei che rimanesse una sorpresa" sorrisi. La sentii chiamare la figlia e poi percepii un rumore di passi e una porta che sbatteva, mentre pochi secondi dopo il portone si apriva energicamente.
"Alex!" urlò lei, sgranando gli occhi.
"Skye! Ciao!" replicai, sorridendo fino a farmi male.
"Ommioddio da quanto tempo! Dove sei finito durante tutti questi anni?" mi domandò, abbracciandomi.
"Un po' in giro, sai com'è.. comunque questo è Jack, il mio migliore amico. Jack, questa è Skye" li presentai. Si strinsero la mano a vicenda e si salutarono impacciatamente, poi la ragazza tornò a concentrare la sua attenzione su di me.
"Qual buon vento ti porta in questo paesino sperduto?"
"Questo" spiegai, porgendole il diario. Lei tacque un attimo, mi guardò e lo prese in mano.
"Di chi è?" domandò, rigirandoselo tra le dita.
"E' quello che vorrei scoprire. Aprilo, magari è tuo" la sollecitai, cercando di essere comunque gentile. Lei lo aprì, lanciò un'occhiata incuriosita a qualche pagina e poi scosse la testa, inumidendosi le labbra.
"Non l'ho mai visto prima, mi dispiace" mormorò. Nascosi la mia delusione e le sorrisi.
"Non importa, mi fa comunque piacere saperti così allegra e in forma" commentai, riprendendomi il diario.
"Devo dire che sei cambiata molto" ammisi poi.
"Bhe, tu neanche un po' invece! Stessi occhi, stessi capelli, stesso sguardo da sognatore innamorato.. Fammi indovinare, è ancora Gwen?" ridacchiò, scuotendo leggermente il capo in segno di scherno.
"Eh? No, ti pare, non ci vediamo da anni!" replicai, arrossendo.
"Sarà.. comunque non ha mai smesso di aspettarti" m'informò, facendomi l'occhiolino.
"Dici davvero?" mormorai, stupito.
"Davvero. Va' a farle una visita se ti capita, sarà contenta di sapere che sei cresciuto decentemente"
"Oh, cosa vuoi insinuare con 'decentemente'? Guarda che mi vanno dietro un sacco di ragazze, eh"
"Ssì, immagino. Quante esistono davvero?"
"Chiedi a Jack, te lo può dire tranquillamente lui" ribattei, piccato.
"Sarà, ma non credo che il tuo amico sia molto interessato a questa conversazione" rise lei.
"Che cosa intendi con.. Oddio, dove cazzo è finito?!" esclamai, guardandomi attorno freneticamente.
"Credo sia andato laggiù" m'informò, indicando un punto con il dito.
"C'è una bella vista lì" mi spiegò, sorridendo.
"Oh.. sì, bhe, in effetti mi sa che ha fatto la scelta migliore" ammisi, notandolo in fondo alla strada.
"E' da tanto che lo conosci?" mi domandò Skye, cambiando completamente argomento.
"Più o meno da quando mi sono trasferito in città; è stato il mio primo amico dopo di voi. E' una persona simpatica, anche se sembra un gran coglione. Credo che potrebbe piacerti" commentai.
"Non sono in cerca di un ragazzo" rise lei.
"Neanche lui vuole una relazione, io intendevo come amico" mi spiegai meglio.
"In quel caso sì, può anche darsi. Siete molto legati?"
"Bhe, sì. Diciamo che anche tra gli altri ragazzi lui è quello a cui sono più affezionato e a cui tengo di più"
"Capisco" commentò semplicemente lei, appoggiandosi con la spalla allo stipite della porta.
"Perché me lo chiedi?" domandai poi io, seguendo il suo sguardo.
"Bho, così, sembra tenerci molto a te"
"Sì, in effetti è così" sorrisi.
"E' un buon amico"
"Sono felice che tu abbia finalmente trovato qualcuno su cui contare"
"Ci siete anche voi" precisai.
"Sì, ma purtroppo noi siamo lontani ed è giusto che tu ti faccia la tua vita"
"Voi siete parte della mia vita" ribattei serio, guardandola negli occhi. Lei tacque, mi guardò in faccia e poi sospirò con un sorriso, abbassando lo sguardo a terra.
"Sei sempre lo stesso, Gask" commentò, scuotendo leggermente la testa.
"Mi sei mancato tanto"
"Anche tu a me" risposi, sorridendole.
"Parlerò io con gli altri ragazzi, stasera vedremo di festeggiarti come si deve!"
"Non preoccupatevi, a me basta rivedervi"
"Non rovinarci la festa, questo è un grande giorno per noi!" replicò Skye.
"Abbiamo aspettato questo momento per anni e non ce lo faremo scappare così facilmente" mi spiegò, stringendomi saldamente le mani tra le sue e sorridendo col cuore, gli occhi appannati dalle lacrime.
"E poi Gwen sarà felicissima di rivederti, vedrai" esclamò quindi.
"Va bene, va bene, fate questa festa" acconsentii.
"Ma dammi il tuo numero, così possiamo sentirci in caso di bisogno"
"Certo! Dammi il telefono che te lo salvo" sorrise, tendendomi pazientemente la mano. Glielo passai e lei digitò velocemente il suo numero, salvandosi come 'Skye:)' e rendendomi il cellulare con aria felice.
"Avvertirò io tutti! Non dovrai preoccuparti di niente, vedrai! Sarà tutto perfetto!" esclamò.
"Addirittura?" risi.
"Seriamente, non fatevi tutti sti problemi per me, non ne vale la pena"
"Zitto e mosca, Gaskarth! E ora fila a casa, che ho una festa da allestire!" ordinò, spingendomi via.
"'Npo' più violenta no, eh?" scherzai.
"Mi chiami tu, allora?"
"Sì sì, non preoccuparti!" mi salutò lei, avviandosi poi verso il supermecato più vicino. Le feci un cenno col capo e corsi a cercare Jack sul lungomare, completamente in fibrillazione. Dio, quanto amavo i miei amici.
"Jack!" lo chiamai, portandomi le mani vicino alla bocca.
"Ehi, Jack!" ripetei, correndo.
"Sì?" rispose lui, emergendo da un cespuglio.
"Eccoti, finalmente" esclamai, avvicinandomi a lui e mettendogli una mano sulla spalla.
"C'è una festa stasera" lo informai, allegro.
"Oh. E io che c'entro?"
"Ma come che c'entri! E' ovvio che verrai anche tu!"
"Non è che i tuoi amici si arrabbieranno?" domandò lui, sporgendosi per vedere Skye.
"Mannò, ti pare? Sarai il benvenuto, figurati. E poi piaci a tutti, figurati se loro faranno eccezione"
"E dobbiamo portare regali?" chiese ancora.
"No, tranquillo, è la mia festa quindi porteranno e organizzeranno tutto loro"
"Ah, perfetto allora" commentò.
"Sì infatti!" esclamai, ancora su di giri. Lui mi guardò e rise.
"Ho bisogno di calmarmi" constatai, sedendomi sull'erba.
"Prendi il diario e andiamo avanti, magari capiamo di chi è prima di stasera" propose.
"Oh, ma sai che non è una cattiva idea?" risposi, tirando fuori il libricino.
"Ecco, tieni, leggi anche tu".

6 maggio 2003
Oggi è il secondo giorno che passo senza sentire la voce dolce di Alex. In un certo senso posso dire di sentirmi un pochino meglio visto che ho esaurito completamente le lacrime, ma dall'altra parte sto lentamente morendo e non ho più voglia di uscire da questa stupida camera. Mi sembra improvvisamente così frivola e infantile, con tutti questi poster, disegni e fotografie varie attaccati alle pareti in ogni direzione. Mi viene voglia di alzarmi e buttare tutto giù, ma non riesco neanche a focalizzare l'idea di strappare via una sua foto dal muro, dopo tutto quello che è successo. Non che prima ci riuscissi, ma ora mi sembra che quei pezzi di carta siano la mia ultima speranza per mantenere vivo il suo ricordo e non dimenticare mai quanto mi facevano sentire felice i suoi sorrisi e le sue risate spontanee, che ora mi mancano come non mai. L'aria qui mi sembra così vuota e pesante che faccio fatica a respirare liberamente e riesco perfettamente a vedere la polvere volare libera da una parte all'altra della stanza, ma non ho la minima voglia di aprire la finestra e far passare un po' di corrente. Riesco ancora a sentire il suo odore sulla giacca che gli avevo prestato ma sta lentamente sparendo, come sta sparendo pure quello che ha lasciato in giro per casa durante tutti questi anni e che avrei pensato sarebbe rimasto per sempre. Non è strano, il suo odore rimane mentre lui se ne va via in una città lontana migliaia di chilometri. Mi sembra abbastanza assurdo, ma non posso negare che sia successo e che la cosa mi faccia stare male come non ero mai stata in vita mia. Non perdo le speranze, comunque, prima o poi tornerà e potrò abbracciarlo di nuovo, senza più lasciarlo andare via da me. Spero solo che quel momento arrivi presto.


8 maggio 2003
Ho ripreso a mangiare, anche se a forza. Ho perso completamente lo stimolo della fame stando rintanata in camera mia, e ora che mi hanno costretta ad uscire ho conservato l'abitudine. I miei mi vogliono portare da un medico e minacciano di farmi ricoverare se non torno a mangiare come prima, ma non è che me ne freghi molto. Continuerò a farmi morire fin quando non sarò così grave da essere portata d'urgenza nella città di Alex, e a quel punto lui verrà a trovarmi e saremo di nuovo insieme.
21:30
Sto lentamente impazzendo. L'idea di prima ora mi sembra completamente ridicola e insensata, anche se non ho comunque intenzione di tornare a mangiare come facevo una settimana fa. Spero che mi ricoverino fuori da qui, comunque, in una città con una stazione o con un aeroporto, così che possa partire alla ricerca del mio amico senza avere il permesso di mia madre. Dirò che sto andando a trovare mia nonna su in montagna e che i miei non mi hanno potuta accompagnare perché il papà sta male e ha bisogno di cure, ma che la mamma mi avrebbe raggiunto in pochi giorni per poi rimanere un po' lì e tornare a casa nel giro di qualche giorno. A quel punto tirerò fuori il biglietto e sorriderò al massimo, cercando di convincere l'ufficiale che non c'è niente di cui preoccuparsi. Mi sembra che come piano regga, ora devo solo aspettare e resistere ai morsi della fame. Tutto sommato, mi sembra di starmela cavando anche abbastanza bene.

9 maggio 2003
Il piano procede bene. Ho perso due chili, se continuo così potrò andare via presto. Speriamo bene.

10 maggio 2003
Mamma si sta preoccupando seriamente per me. Dice che mi si vedono le ossa, che non è normale e che devo cambiare abitudini se non voglio finir male nel giro di poco tempo. Sti gran cazzi, sono comunque vicina all'accompimento del mio piano e non mi fermerò proprio ora, costi quel che costi.

11 maggio 2003
Mi sento debole, ma sono ancora decisa ad andare avanti. Oggi ho vomitato della bile, non ho più niente dentro da vomitare ormai. Non l'ho detto e non lo dirò a nessuno, tantomeno a mamma.
Dio, quant'è dura.

12 maggio 2003
Com'è che questa penna pesa improvvisamente così tanto? E' complicato tenerla tra le dita, mi sembra di essere costretta a fare un sacco di pressione per far scorrere l'inchiostro su queste pagine. Domani ne compro una nuova più leggera e tanti saluti, sono proprio una schiappa. Meno altri due chili, comunque.

13 maggio 2003
Sento le ambulanze risuonare senza tregua per le strade della città. Che stiano cercando me? Non mi troveranno mai, comunque, mi sono nascosta bene e non ho intenzione di venire fuori finché non se ne saranno andate. Spero solo che se ne vadano presto, questo buio comincia a inquietarmi.
00:20
Un uomo è venuto a cercarmi e ha cercato di portarmi via di peso. Mi sono rintanata meglio e grazie al buio si è dovuto arrendere. Ho cambiato nascondiglio, ora, ma sono spaventata a morte.
Cosa vogliono farmi?
02:45
L'uomo non è più tornato. La zona qua attorno tace, ma non so quanto possa effettivamente fidarmi di questo silenzio e se mi convenga venir fuori per spostarmi. Certo, rimanere qui è pericoloso, ma scoprirmi lo è ancora di più, visto che non so in quanti siano e che cosa vogliono ottenere da me. Anzi, no, lo so cosa vogliono; catturarmi, ricoverarmi in ospedale e riempirmi di punture e stronzate varie finché non sarò abbastanza in forze da poter tornare a casa senza rischi. Non glielo posso permettere, non sono ancora dimagrita abbastanza per essere portata lontano e se mi prendessero ora tornerei alla normalità in meno di due settimane.
08:10
Mi sono addormentata. Quasi non ci credo, con la tensione e la paura che avevo in corpo. Mi sento un po' più in forze, credo che aspetterò un altro po' e poi cambierò nascondiglio in una zona più sicura, in mezzo al bosco. Nella cassetta ho qualcosa da mangiare, dell'acqua e una giacca, credo che basteranno. Passerò dalla base e prenderò qualcosa anche da lì, ma devo fare presto o ci troverò qualcuno di guardia, e a quel punto sarebbe tutto perduto.
10:45
Cazzo, non mi ricordavo che correre facesse così male. Mi sembra di stare per vomitarmi l'anima, talmente è forte la stretta al petto, e ho una voglia matta di ferirmi, in modo da concentrarmi su un altro tipo di dolore. Mi sono nascosta in una grotta, ma non so quanto rimarrò qui. Vorrei solo dormire per l'eternità.

Jack posò il diario sull'erba e tacque qualche secondo, mettendo a fuoco le cose, poi guardò con aria preoccupata. Ricambiai lo sguardo e mi morsi un labbro. Dovevamo assolutamente scoprire di chi si trattava.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


jalex Ci guardammo negli occhi e ricominciammo a leggere.

13 maggio 2003
Ciao diario, scusa se poi non ho più scritto, ma gli uomini di ieri sono tornati a prendermi e sono stata costretta a cambiare nascondiglio per sfuggire alle loro grinfie. Che vuoi che ti dica, vogliono impedirmi di rivedere 'lex ed essere felice, per una buona volta, ma non gliela darò vinta, neanche morta. E se credono che mi piegherò al loro volere così facilmente si sbagliano di grosso, anche se le forze mi stanno abbandonando sempre più rapidamente e mi sento sempre più debole e vulnerabile ogni minuto che passa. Dulcis in fundo, ho anche quasi finito le scorte d'acqua della base e qui vicino non ci sono sorgenti. Spero si arrendano presto o avrò dei problemi.

15 maggio 2003
Quegli uomini incamiciati mi hanno trovata e portata via mentre dormivo; credo sia successo ieri pomeriggio, ma non saprei dirlo con precisione visto che mi si era rotto l'orologio. So solo che questa orrenda stanza bianca mi dà sui nervi in una maniera indescrivibile, quasi quanto questi stupidi fili che mi entrano fin dentro le vene e mi costringono a nutrirmi senza che io possa oppormi in alcun modo. Sono sorvegliata giorno e notte da diversi infermieri e non c'è nessuna possibilità di fuga -mi beccherebbero subito e non ho idea di cosa mi succederebbe dopo. Voglio andare via, raggiungere Alex, ma i dottori non mi permettono neanche di andare un secondo al bagno; ''ci pensano i tubi a far da gabinetto'', dicono. Bhe, vaffanculo a questi tubi, voglio andare a casa, e troverò di sicuro un buon modo per evadere da questa candida prigione; è solo questione di tempo. Vedrete.

16 maggio 2003
Scusa ma sono stata costretta a nasconderti, diario, visto che gli infermieri hanno provato a prenderti e leggerti mentre io dormivo. ''Lo facciamo per capirti meglio'', dicono, ma secondo me vogliono solo ficcare il naso nei fatti miei per poi sputtanarmi con mia madre o riempirmi di psicofarmaci visto che tanta gente pensa che io sia pazza. Ma per quanto mi riguarda, non ho mai avuto un diario. Mai. Vadano a farsi fottere.

17 maggio 2003
Parlano di liberarmi e farmi seguire una specie di corso per insegnarmi a mangiar bene, lentamente e in modo sano, ma non so quanto sia effettivamente vero. Spero comunque di uscire presto da qui, così potrò rivedere i miei amici con un po' di calma e sentire le loro voci allegre e ridenti. Chissà che hanno detto di me a scuola, chissà cosa mi urleranno contro quando tornerò. In un certo senso sono curiosa, tanto questa non è più neanche la mia vita; è una cosa completamente assurda, lo so bene, ma non riesco a vedere tutto questo con me come protagonista, è decisamente troppo strano per essere successo davvero. Bho, non vedo comunque l'ora di tornare a casa e salutare tutti. Tanto questo piano non funzionerà mai.



Staccai gli occhi dal diario e rimasi in silenzio per qualche secondo, rimuginando.
"Tutto bene, 'lex?"
"Più o meno" mormorai.
"E' che mi sembra così strano e impossibile.."
"Non è colpa tua" disse Jack, posandomi una mano sulla spalla.
"Lo so, lo so, però è così surreale da sembrare finto, non riesco a credere che sia successo davvero.."
"Lei ti doveva amare molto" osservò lui.
"Anche troppo, credo" sospirai, abbassando lo sguardo sulle mie scarpe nuove.
"Non c'è mai limite all'amore. Non è colpa tua, lo vedi benissimo da solo che fai quest'effetto a tutti e che non c'è persona al mondo che non vorrebbe stare al tuo fianco per tutta la vita. Le sei stato vicino quand'era possibile e sono sicuro che lei ne è stata felicissima. Non potevi fare niente da dove ti trovavi"
"Lo so, però.. cioè, guarda cos'ha sofferto"
"Anche tu hai sofferto, Alex, non colpevolizzarti inutilmente di cose che non dipendono assolutamente da te. Per tutto il tempo che sei rimasto qui, ti sei impegnato per migliorare la vita degli altri a tal punto che ancora oggi, a distanza di anni, loro si ricordano di te e sono felici di averti conosciuto. Sei un bravo ragazzo, Gaskarth, e non devi rimproverarti in alcun modo per le azioni di qualcun altro, per quanto stupide e gravi esse possano essere. Tu non hai fatto proprio niente di male, ficcatelo bene in testa; l'unica cosa che hai fatto è stata essere il ragazzo fantastico che tutti conoscono e apprezzano, e quello non puoi assolutamente rimproverartelo, non credi? Questa ragazza ha fatto quel che ha fatto consciamente e di sua spontanea volontà, non è assolutamente e categoricamente colpa tua. Tu l'hai solo aiutata a risolvere i tuoi problemi, ed è la cosa più dolce che tu potessi fare"
"Sì, è vero, però.."
"Però un corno, Alex. Sei la persona migliore che conosca e queste cose succedono in continuazione, tu non c'entri proprio niente. Ha avuto solo fortuna a conoscerti."
Lo guardai. Mi osservava con sguardo serio e sembrava completamente convinto di ciò che diceva, e in un certo senso mi stupii. Jack non era un tipo da smancerie ma ultimamente si stava abbandonando alle parole e ai sospiri pur di farmi sorridere, e la cosa mi faceva sentire importante.
"Grazie Jack" sorrisi.
"Andiamo avanti?" proposi poi.
"Solo se te la senti" mi avvisò lui, calmo.
"Massì, non preoccuparti. In ogni caso, ci sei tu qui con me" sorrisi, dandogli una pacca sulla spalla. Lui esitò un attimo, pensieroso, poi aprì il quaderno e lo mise in mezzo.
"Tutto quello che vuoi Gas."

18 maggio 2003
Hanno allestito quel cavolo di corso di riabilitazione e mi hanno iscritta per una settimana. Ovviamente. Non vedo l'ora che finisca tutto, oggi è stato orribile. Voglio tornare a casa.

19 maggio 2003
Oggi a pranzo c'era solo frutta estiva. Devo sforzarmi di mangiare anche quella, sebbene non mi piaccia; questa libertà vigilata comincia a stancarmi. Meno sei giorni.

20 maggio 2003
Terzo giorno del corso di rieducazione alimentare. Dio, quanto fa schifo il cibo qui; voglio tornare a casa dai miei amici e dalla mia famiglia, qualunque cosa pur di non stare in questo dannato ospedale a soffrire gli scherzi degli altri pazienti. È l'inferno, anche se in effetti forse lì si mangia meglio. Maledizione a me quando mi sono fatta prendere da questi incompetenti, la settimana scorsa. Avrei dovuto stare più attenta. Stupida, stupida, stupida!

21 maggio 2003
Chi è causa del suo mal pianga se stesso. Con oggi sono al quarto giorno di corso, ma mi sembra di essere al quattordicesimo per quanto durano le giornate qui. Non c'è niente da fare, se non fissare il muro, e con gli infermieri non si possono fare neanche quattro chiacchiere perché ''si distraggono dal lavoro''. Macché lavoro e lavoro, stanno tutto il giorno a leggere riviste e controllare che io non scappi! Ipocriti del cazzo. Non vedo l'ora di andarmene.

22 maggio 2003
Quinto giorno di corso. Mi sto comportando bene, credo sia possibile sperare di tornare a casa prima e riabbracciare i miei amici relativamente presto. Incrocio le dita, sono stufa marcia di questa situazione, di stare nel limbo tra bene e male e di non poter fare niente a causa dei miei "guardiani". Questa non è vita! Sono speranzosa, però; forse questa è davvero la volta buona e fra qualche giorno sarò di nuovo in classe ad annoiarmi. Speriamo bene.

23 maggio 2003
Sesto e penultimo giorno. I dottori mi hanno fatto i complimenti, dicono che sono guarita completamente e che sono una ragazza forte, e che sperano anche di non vedermi mai più in una situazione simile. Ovviamente ho smentito subito e ho detto che non accadrà mai più, ma non si può mai sapere; potrei benissimo tornarci il mese prossimo e rifiutare le cure con tutte le mie forze, chi lo sa. Il destino è sconosciuto ed è un bene che lo sia. Spero di non vederli mai più, comunque, e sono certa che neanche loro mi abbiano apprezzata così tanto alla fine. La cosa è reciproca, sono tutti degli stronzi cinici e non si meritano tutti quegli elogi da parte della comunità. Mah.

25 maggio 2003
Oggi me ne vado! Non vedo letteralmente l'ora – e non solo perché non mi lasciano tenere l'orologio qui. Se penso che tra qualche ora sarò fuori, libera di abbracciare i ragazzi e di correre per i prati fioriti, mi sento esplodere di gioia e soddisfazione nei miei confronti, perché sono sopravvissuta a un'avventura del genere con le mie sole forze. Tutte queste dannate sofferenze non le proverò mai più, sperando, e sono finalmente libera per sempre, e, cosa più importante, non rivedrò mai più quei dottori in vita mia. Dio, come sono felice! La vita sa essere così bella quando vuole che mi viene da piangere se penso alla mia futura libertà. Diiiio!


Alzai lo sguardo dal diario e lo puntai su Jack, in silenzio. Lui indugiò un secondo e deglutì.
"Finisce così" mormorai.
"Le altre pagine sono bianche" osservai, sfogliandole e mostrandole al mio amico.
"Ecco.. per me lei ha ritrovato i suoi amici e non ha più avuto bisogno di sfogarsi qui, quindi ha abbandonato il diario in un cassetto per non farne morire il ricordo ed è andata avanti con la sua vita.." suppose Jack. Annuii.
"Dev'essere così per forza" concordai.
"Chissà chi è, però" mi domandai, corrugando le sopracciglia.
"Lo scopriremo stasera" sorrise, facendomi l'occhiolino.
"Però dovrai presentarmi qualcuno, visto che non mi cagherai minimamente per tutta la serata e non voglio essere costretto a stare solo come un cane mentre tu ti spupazzi tutti gli altri invitati" rise.
"Oh, andiamo Jack, ma ti pare? Verranno tutti a cercarti per conoscerti, una volta salutato me, sicuro come l'aria! Figurati se ci fosse qualcuno a cui non interesserebbe starti accanto, è una cosa troppo assurda persino da pensare, figurati da far succedere! Dammi retta, a meno che non si siano istupiditi fino a raggiungere livelli stratosferici, ti gireranno tutti attorno e non ti lasceranno in pace un secondo, credimi. Piuttosto, sarai tu a dovermi promettere di rimanere con me, perché dopo un po' divento geloso" risi. Jack rise con me e sorrise, contento.
"Te lo prometto" mormorò. Lo guardai un attimo, spaesato, poi sorrisi. Non pensavo che avrebbe fatto caso pure a quell'ultima frase e nel sentire la sua promessa c'ero rimasto un attimo di stucco, ma in effetti avrei dovuto aspettarmelo, conoscendolo. Sembrava tutto estroverso e casinaro, ma credo che perfino una persona come lui possa trovarsi a disagio in una situazione come questa e quindi era meglio evitare di lasciarlo solo come un coglione o avrebbe potuto rimanerci male. E poi non volevo che rimanesse solo, volevo che stesse con me e che imparasse ad apprezzare i miei amici come lo facevo io, perché insieme a lui loro erano le persone più importanti del mio mondo.
"C'incamminiamo, Jack?" proposi.
"Verso dove?" ribatté, alzandosi in piedi e guardandosi attorno.
"Bho, casa nostra?"
"E da che parte bisogna andare?"
"Di qua, vieni che ti faccio strada" sorrisi. Lo presi per mano e camminai al suo fianco per qualche chilometro, rimanendo sempre vicino al mare.
"C'è una bella vista, non trovi?" commentai, riparandomi dal sole con la mano libera.
"Bellissima" concordò l'altro, annuendo leggermente.
"Jack?" lo chiamai.
"Sì, lex?"
"Hai caldo, per caso?"
"Un po', perché?"
"Si sente" lo sfottei con un sorriso. Lui sgranò gli occhi e sfilò la mano dalla stretta, passandosela ripetutamente sui pantaloni con un paio di «merda» ben piazzati.
"Oddio scusa, mi dispiace" si scusò, rosso in volto.
"Ma fa niente scemo, io stavo scherzando" risi.
"Comunque dalla regia mi dicono che dobbiamo andare a casa di Gwen, perché è lì che ci sarà la festa" lo avvertii, rimettendo il cellulare in tasca e tornando a guardarlo. Indicai la direzione con la testa e lui svoltò, precedendomi di po' di metri e poi sedendosi su una panchina ad aspettarmi. Lo raggiunsi in poco tempo e riprendemmo a camminare uno accanto all'altro, chiacchierando tranquillamente come al solito, finché non giungemmo ai piedi di una grande casa bianca. Da dentro si sentivano delle voci, così mi avvicinai e citofonai. Improvvisamente le voci tacquero e tutto si fece silenzioso per un paio di minuti, fin quando Nichole aprì la porta urlando il mio nome e saltandomi allegramente al collo.
"Niki!" gridai, stringendola.
"Alex! Ommioddio Alex, quanto tempo è passato!" s'emozionò lei, staccandosi da me e baciandomi le guance.
"Mi sei mancata" replicai io, arruffandole i capelli biondi e facendoglieli ricadere sulla faccia.
"Oh, anche tu" commentò lei, coprendosi la bocca con la mano come a nascondere l'eccitazione. Poi si spostò dalla porta e ci fece segno di entrare, aggiungendoci un «prego, siete i benvenuti». La ringraziai ed entrai, sentendo che dietro di me il chitarrista le si presentava. Un saluto cordiale e impacciato, di quelli che fanno subito colpo sulle ragazze. Sospirai tra me e me, alzando gli occhi al cielo, e proseguii nella stanza successiva, dopo aver dato una schicchera a un palloncino colorato. Appena misi piede lì dentro la gente saltò fuori e mi urlò un bentornato, venendo tutta ad abbracciarmi e ad arruffarmi i capelli. Abbracciai tutti e rimasi un po' a chiacchierare con un ragazzo, mentre la festa prendeva lentamente avvio. Una mezz'oretta dopo le luci erano già più offuscate e le risate si sentivano da ogni parte della casa, proprio come la musica e l'odore di alcol e erba. Niente in contrario naturalmente, ma c'era un po' troppa gente che voleva parlarmi per i miei gusti, così sgattaiolai fuori in terrazzo in cerca di tranquillità e finii con l'incappare in Jack.
"Ehi" lo salutai, avvicinandomi.
"Ehi" replicò, voltandosi.
"Come va?" domandai, appoggiandomi al balcone.
"Bene, dai, e tu?"
"Bene, ma non sono abituato a tutta questa gente che mi cerca ogni due minuti. Cioè sì, ci sono abituato, ma speravo proprio di evitare gli incontri di questo genere venendo qui e bho, mi aspettavo di meglio" commentai.
"Mmm" mormorò il chitarrista, crogiolandosi sotto i raggi lunari.
"In qualche modo sei sempre ricercato.. non era stressante per la tua ragazza?" osservò.
"No, non credo, non era mai gelosa di me, qualunque cosa succedesse. Mi faceva sentire un po' abbandonato a me stesso, effettivamente" ammisi.
"È una persona stupida allora" sbottò, leggermente piccato.
"Non hai tutti i torti" sorrisi, malinconico.
"Se avessi una persona come te al mio fianco non la tratterei mai come se non me n'importasse niente di quello che fa… credo che sarei terribilmente geloso, anzi. Fortuna che sono single" replicò, sorridendo sotto i baffi.
"Fortuna per te o per gli altri?" lo sfottei.
"Bada a come parli, nano, potrei offendermi" rise. Lasciai passare qualche secondo di silenzio, poi sospirai.
"Sai Jack, ogni tanto mi chiedo perché la gente mi si affezioni così velocemente. Voglio dire, non sono niente di speciale alla fine, per quanto gentile e disponibile possa essere, e bho, mi sembra un sacco strano" sorrisi, malinconico.
"Però allo stesso tempo penso a te e a tutta la gente che ti gira attorno e mi sento speciale perché decidi di buttare le tue giornate con me invece che con qualcun altro ed è una cosa carina, perché significa che per te conto qualcosa e quindi bho, mi sento bene". Jack mi guardò in silenzio e sentii venirmi la pelle d'oca.
"È una cosa strana, perché con gli altri ragazzi non ho un rapporto come quello che ho con te e niente, sono felice che tu sia il mio migliore amico" sorrisi. Vidi il suo sguardo addolcirsi e la sua mano mi scompigliò i capelli.
"Vedi Alex, è terribilmente facile esserti amico, per questo ti cercano tutti. Non dovresti avere tutti questi dubbi inutili, davvero. Sei la persona più bella del mondo"
"Lo so, scusa. Però ora sono felice" mormorai.
Jack sorrise nuovamente, poi un brontolio affamato proveniente dal suo stomaco rovinò completamente l'atmosfera, facendomi ridere.
"Oddio scusa, mi succede sempre a quest'ora" si giustificò lui, coprendosi la pancia con le mani, imbarazzato.
"Due minuti e torno, okay?"
"Okay" risi, guardandolo correre via verso il buffet. Mi appoggiai al bordo del balcone e tornai a guardare la luna, completamente assorto nel panorama. Metteva addosso una certa malinconia e mi sentivo decisamente più dolce, anche se non lo facevo apposta e avrei preferito essere in un altro stato d'animo, specialmente quando il mio amico era nei paraggi. Mi sentivo strano, decisamente strano, ma la luna amplificava notevolmente il tutto e bho, temevo di fare brutta impressione con lui e di sembrargli un depresso, mentre invece ero felice e soddisfatto della mia vita e dei miei amici. È che la cosa del diario mi aveva un po' scombussolato e non sapevo come comportarmi, visto che non ne conoscevo l'autore, quindi trattavo tutti un po' coi guanti nel caso fossero loro la famigerata ragazza anoressica che tanto mi aveva colpito. Era una cosa stupida, in effetti, ma non sapevo che altro fare per combattere i sensi di colpa, se non parlare col chitarrista; ma non potevo scaricare sempre tutto su di lui, non era giusto nei suoi confronti e non era una cosa carina in generale, senza contare che sarebbe sembrato come se lo cercassi solo per sfogarmi con lui e non era così, proprio per niente.
Sospirai e mi persi nell'oscurità della notte, liberando i miei pensieri verso l'alto. Ero completamente immerso nelle mie riflessioni, ma mi accorsi di un rumore di passi alle mie spalle e mi voltai velocemente.
"Oh Jack, ce ne hai messo di tempo!"
"Alex?"
Cercai di scorgere meglio la figura nell'oscurità e persi il respiro.
Oh.
Porca.
Miseria.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


"Alex?" ripeté, avvicinandosi un po' di più e cercando di fissare la visuale sul mio corpo magro.
"Gwen!" esclamai, sgranando gli occhi e stropicciandomeli con i pugni.
"Sei proprio tu?"
"E' quello che dovrei chiedere io" rise lei, abbracciandomi.
"Cavolo se ne è passato di tempo!"
"E' proprio vero, cazzo. Tu sei rimasta uguale!" osservai, passando una mano tra i suoi capelli lisci e neri, simili alla seta. I suoi occhi erano di una sfumatura bellissima, somigliavano agli zaffiri per un certo verso, e li sentivo correre lungo il mio viso, soffermandosi su ogni ciocca fuori posto e immaginando di sistemarla per bene. Il suo corpo esile si stringeva all mio in un abbraccio che entrambi avevamo desiderato a lungo, e le sue braccia chiare mi circondavano la schiena con una naturalezza che era sempre stata il suo punto forte quand'era più piccola.
"Mi sei mancata tanto" sussurrai.
"Anche tu, lex, anche tu" mormorò lei, stringendomi più forte.
"Non immagini neanche quello che ho fatto pur di rivederti, in qualche modo" aggiunse, malinconica.
Fu allora che me ne accorsi. Si era fatta più magra, molto, troppo magra; la sua corporatura rasentava quella di uno scheletro e i suoi capelli lucenti erano un po' più radi rispetto a prima. Avevo pensato che fosse la crescita, che magari si era tinta e che il cuoio capelluto ne fosse rimasto danneggiato, ma fui costretto ad aprire gli occhi.
Il diario era il suo. Era lei la ragazzina abbattuta e senza speranza, disposta a far tutto per rivedere il suo amico.
Era lei che avevo ucciso, giorno dopo giorno, non facendomi sentire e rinnegando il mio passato.
Era lei quella che aveva cercato il mio aiuto e che si era vista mettere da parte come un giocattolo rotto.
Era lei quella che aveva davvero bisogno di essere salvata, ma che non ne aveva mai dato segni in mia presenza.
Sentii i polmoni che mi si accartocciavano nel petto, diventando sempre più piccoli e striminziti, e in una frazione di secondo mi mancò l'aria, la gioia, la vita. La strinsi a me con più forza, annaspando per un respiro, e percepii il suo sollievo nello sfiorare nuovamente il mio corpo, stavolta con le mani e non più con i sogni.
"Gwen, io.." mormorai, ma le parole mi morirono in gola, una dopo l'altra, costringendomi a tacere.
"Sai, per un certo periodo ho pensato che non saresti tornato più, che ti fossi dimenticato di noi e che non t'importasse più niente di quello che eravamo; ma sono così felice di essermi sbagliata.."
Tacqui, accarezzandole i capelli. Non riuscivo a mettere a fuoco le parole giuste; dopotutto era stata la cotta più grande della mia infanzia e avevo fantasticato su di lei per anni, anche dopo la mia partenza, quindi era difficile parlarle senza incappare nei miei vecchi sentimenti, che credevo ormai morti e sepolti ma che invece si davano alla pazza gioia nel mio petto, mischiati al senso di colpa e allo stimolo del vomito.
"Io non mi sono mai dimenticato di voi" dissi, sincero.
"Ho sempre voluto tornare.. e rivederti" ammisi, arrossendo leggermente mentre lei levava il viso verso di me.
"Ci sono tante cose che avrei dovuto dirti e che invece non ho fatto.." sussurrò, malinconica.
"Tipo?" domandai. Ti prego, non dirmi del diario, ti prego, ti prego, ti prego.
"Tipo che ti ho sempre amato, Gaskarth" mormorò, cercando le mie labbra e baciandomi in mondo sicuro. Rimasi un attimo basito e aprii la bocca, lasciando che lei giocasse con la mia lingua. Avevo aspettato quel bacio per anni, ma non era come me l'ero immaginato, era troppo dolce, quasi nauseabondo; e il suo profumo era decisamente troppo forte per i miei gusti. Volevo staccarmi da lei, spingerla via, ma sapevo che non era la cosa giusta da fare nei suoi confronti e quindi rimanevo lì, a pretendere che il bacio mi piacesse e che fossi contento della piega che avevano preso le cose, quando invece mi sentivo male dentro e volevo solo andarmene lontano. Sentii un rumore improvviso di piatti che cadevano e mi voltai velocemente, giusto in tempo per vedere un Jack deluso che se ne andava via da me con passo veloce. Mi sentii morire e spostai bruscamente Gwen verso il muro, lanciandomi all'inseguimento del mio amico e acchiappandolo per un braccio appena svoltato l'angolo.
"Jack! Jack, che ti prende?" ansimai.
"Hai pure il coraggio di chiedermelo?" sputò lui.
"Jack, io.. Mi dispiace" 
"Vaffanculo Alex, con tutto il cuore!" sbraitò.
"No Jack, io.." le parole mi morivano in gola, ero letteralmente terrorizzato.
"Tu cosa Alex, tu cosa?! Dio, tu cosa?"
"Io.." mi fermai per deglutire, ma non sapevo cosa replicare. Lui l'intuì e si staccò la mia mano dal braccio con un gesto secco, poi mi voltò le spalle e riprese ad andarsene, ferito.
"No Jack, aspetta!" esclamai con un filo di voce.
"Aspetta cosa, Alex, cosa?" ribatté lui, voltandosi verso di me. Era rosso in volto e i suoi occhi erano lucidi, e improvvisamente mi sentii la persona peggiore del mondo. Non ci ragionai neanche su; mi alzai sulle punte, mi sporsi in avanti e lo baciai. Lui rimase rigido e immobile per un attimo, colto alla sprovvista, poi si ammorbidì. Aveva un buon sapore, anche se riuscivo a sentirci dentro la rabbia e il dolore che gli avevo fatto provare, e ne desiderai altro, ancora e ancora. Mi staccai da lui e lo guardai nei suoi occhi confusi, cercando di sembrare sicuro e rassicurante.
"Io non volevo baciarla, Jack" mormorai.
"Ma è successo, e ti chiedo scusa per questo. Non te ne andare, ti prego.." sussurrai. Lui mi guardò con uno sguardo vacuo e poi deglutì, così lo strinsi forte a me.
"Alex.." mormorò.
"Ti prego Jack, ti prego" insistetti, il viso premuto contro il suo petto.
"Non voglio che tu te ne vada. Non voglio che mi lasci" continuai, sentendo le lacrime affiorare.
"Non mi lasciare, Jack"
Lui rimase immobile, come a testare le mie reazioni, e mi sentii morire dentro. Lo strinsi più forte, come per ricacciare le lacrime, ma non ci riuscii e cominciai a inumidirgli la maglietta, prima lentamente e poi con più foga. Lui taceva e mi accarezzava la schiena per riflesso, respirando a fondo. Sentivo il suo cuore battere sempre più velocemente e sentivo l'adrenalina correre nelle sue vene, ma la cosa non sembrava calmare ne me ne lui, quindi mi avvinghiai con  ancora più forza al suo petto e tirai su col naso, cercando di fermare i singhiozzi.
"Alex.." sussurrò nuovamente.
"Mi dispiace.. mi dispiace" mormorai con voce rotta, stringendo i pugni.
"Shh, va tutto bene" disse lui, affondando la testa nella mia spalla e accarezzandomi i capelli con gesti calmi e circolari, inumidendosi poi le labbra per riassaggiare il mio sapore.
"Mi dispiace Jack, sono un coglione" singhiozzai, chiudendo gli occhi il più forte possibile.
"Non lo sei, Alex, non lo sei proprio. Scusa se mi sono arrabbiato" sorrise, rendendo la stretta più leggera.
"Ora sta tranquillo, okay?" sussurrò poi, azzardando un bacio sulla mia fronte piccola e arrossita.
"Va tutto bene. Va tutto bene" ripeté, sorridendo e stringendomi nuovamente a se, con più dolcezza stavolta.
"Jack, io.." tirai su col naso, deglutendo.
"Tu niente Alex, tu niente. Hai già fatto abbastanza, non credi?"
"Io.. scusa" ripetei, come se fossi diventato un disco improvvisamente scheggiato. Jack sorrise e mi baciò via le lacrime, una dopo l'altra, finché non smisero di uscire e riuscii a calmarmi.
"Grazie di esserci sempre" mormorai, abbozzando uno sguardo riconoscente.
"Di niente, lex, di niente" sussurrò lui, accarezzandomi la testa.
"Ti ho sempre fatto soffrire così tanto?" domandai, voltando il viso per guardarlo.
"Non mi hai mai fatto soffrire, neanche un po'; e anche stasera, non era colpa tua. Sarebbe stato giusto se tu ti fossi trovato una ragazza e fossi riuscito a dimenticare la tua ex in qualche modo, no? Io ti voglio felice, anche se la felicità dovesse dartela qualcun altro, e tutto quello che conta per me è il tuo sorriso" mormorò.
"Dio, come si può non amarti?" scherzai, abbozzando un sorriso impacciato.
"Cambierà qualcosa, ora?" domandò. Colsi un lampo di paura nei suoi occhi e mi venne da abbracciarlo.
"Alla fine sì, Jack, ma solo in parte. Mi piaci ora come mi piacevi prima, se non ancora di più, e niente, la cosa si ufficializzerà da sola a chiunque abbia occhi per vedere e orecchie per capire. Non credo ci sia mai stato bisogno di un cervello particolarmente intelligente per capire che siamo fatti l'uno per l'altro, o sbaglio?"
Jack sorrise e mi diede un buffetto affettuoso sulla guancia. Mi appoggiai di nuovo contro il suo petto, ancora umido per le mie lacrime e per le mie paure infondate, e lasciai che il suo mento si posasse sulla mia nuca.
"Jack, avevi mai immaginato questo momento?" chiesi improvvisamente. 
"Hai mai provato a immaginare il paradiso?" replicò.
"Bhe, sì, tante volte. Perché, tu no?"
"No, perché non ne ho mai avuto bisogno; il mio paradiso sei sempre stato tu"
Tacqui, lui chiuse gli occhi e respirò a fondo, lentamente.
"Non ho neanche mai immaginato questo momento, perché a me è sempre bastata la tua presenza al mio fianco e credevo di poter andare avanti così per sempre. Ce l'ho fatta così bene, a fingere, quando eri fidanzato; così bene che pensavo di poterlo fare per tutta la vita, pur di poterti rimanere accanto e consolarti quand'eri triste. Ma se essermi sbagliato significa poter sperare in qualcosa di più di una semplice amicizia, allora viva gli errori!"
Sorrisi e strinsi i pugni attorno alla sua maglietta, mentre il suo battito si stabilizzava.
"Jack" sussurrai dopo un po', inumidendomi le labbra.
"Sì?" ribatté, guardandomi con amore.
"Il diario era di Gwen.."
In una manciata di secondi andò tutto in pezzi. L'atmosfera che avevamo creato, il senso di protezione che mi davano le braccia di Jack, il sorriso sul suo volto, la pace e la calma nel mio cuore - sono scomparsi tutti dopo così poco che mi sembra ancora surreale. Un'ombra oscurò il volto del chitarrista, che contrasse la mascella.
"Va da lei" mi ordinò, con un tono serio misto a dolcezza.
"Con che faccia, dopo quello che è successo?"
"Col migliore dei tuoi sorrisi. Ha bisogno di sapere che ci sei, Alex, che ci sarai sempre; che non è cambiato niente fra voi e che vuoi ancora essere suo amico, dopo tutto questo tempo. Va lì, abbracciala il più forte che puoi e affonda il viso nella sua spalla, e scusati. Scusati di tutto, di quello a cui sei conoscenza e di quello che ignori. Falle sapere che le vuoi bene e che significa molto per te, che non t'importa degli anni che sono passati.." cominciò.
"Ma non illuderla. O non illudermi, come preferisci, ma fa la tua scelta e annunciagliela. Niente di quello che sceglierai sarà sbagliato finché sarà il tuo cuore a decidere, quindi non farti problemi e sii sincero con te stesso, ok?"
Mi baciò sulla fronte, dolcemente.
"Qualsiasi cosa ci andrà bene. Qualsiasi."
Poi mi spinse via, lontano, verso di lei, e io me lo lasciai dietro con riluttanza.
Dovevo cercare Gwen -facile a dirsi, e forse anche a farsi-, ma poi?
Avrei dovuto prendere una decisione, e non ero sicuro di quello che avrei fatto. Era una scelta difficile e una gran parte di me avrebbe subito scelto il chitarrista senza ombra di dubbio, se non fosse stato per tutto quello che avevo fatto passare a lei durante gli anni della mia assenza.. Scossi la testa. Quello che provavo per lei non era amore, non più; erano sensi di colpa e voglia di fare del bene per una persona che aveva già sofferto abbastanza. Le avrei detto la verità, che amavo Jack e che non volevo, non potevo rinunciare a lui ora che era così vicino, e che mi dispiaceva per tutto quello che le era successo. Avrebbe capito, se mi amava davvero.
"Gwen!" la chiamai col cuore in gola. Non era da nessuna parte.
"Nich, hai visto Gwen?" chiesi alla bionda, interrompendo la sua chiacchierata con un tatuato.
"Mh? Credo sia salita sulla terrazza in alto" rispose lei, senza neanche voltarsi a guardarmi. Scappai via prima che potesse aggiungere altro, salii le scale di corsa e mi fermai un attimo a riprendere fiato. Diedi un'occhiata veloce intorno e mi parve di sentire dei passi verso destra, così mi girai e camminai in quella direzione, di soppiatto, senza fare rumore e senza fermarmi. Sapevo che se mi fossi fermato, non avrei più trovato il coraggio di andare avanti.
"Gwen..?" sussurrai, battendo leggermente sulla porta con le nocche. Lei sussultò e si girò di scatto, asciugandosi gli occhi con i palmi della mano e abbozzando un sorriso falso.
"Oh, ciao Alex, non ti avevo sentito arrivare" esclamò, tirandosi velocemente in piedi.
"Allora, come va la vita?" domandò subito dopo, spolverandosi le ginocchia. La guardai con occhi apprensivi.
"Gwen.. perché mi hai fatto trovare il tuo diario?" chiesi con voce rotta. Lei sussultò nuovamente.
"Diario? Io non ho mai tenuto in diario, che cosa ti viene in mente?" negò.
"Riprenditelo, se vuoi. Ho capito il mio sbaglio e mi dispiace" dissi, tendendole il libro. Lei tacque e mi guardò.
"Ma nonostante tutto, ho fatto la mia scelta e ho capito che, in effetti, non sei tu quella giusta per me. Ho passato tutta l'infanzia a correrti dietro, a cantarti canzoni e riempirti d'attenzioni, ma tu non mi hai mai ripagato; mi hai sfruttato e mi hai fatto star male, come ti ho fatto soffrire io. E' un po' tardi per cambiare idea, non credi?"
Lei deglutì e si morse un labbro.
"Ti ho aspettata a lungo, così tanto che ho perso il conto degli anni, delle notti insonni, dei giorni passati a sperare che tu aprissi gli occhi e ti accorgessi di me, ma non mi hai mai dimostrato neanche una piccola parte di questo grande amore che dici di provare per me. Io ci ho provato, Gwen, ci ho provato davvero, ma ora che ne ho la possibilità, non lascerò scappare la felicità e le stringerò la mano, una volta tanto. Spero tu possa capire."
Inghiottì il colpo e abbassò lo sguardo, cercando le parole.
"E mi dispiace. Mi dispiace per tutto quello che ho fatto, che ti ho fatto fare, che si poteva evitare fin dall'inizio ma di cui non mi sono accorto in tempo, che semplicemente non sarebbe dovuto succedere. Ma sarò sincero con te, sei sempre stata il mio sogno ad occhi aperti e non ho mai desiderato una ragazza come ho desiderato te, eppure se ora mi mettessi con te sarebbe solo per proteggerti da altro eventuale dolore. Non ti amo più, ormai, ed è ora di guardare in faccia la realtà: è stato bello finché è durato, ma un amore come il mio e il tuo poteva nascere solo nei sogni di due ragazzi soli e bisognosi di aiuto. Anni fa ti porsi la mia mano, ma ora è troppo tardi per stringerla."
Mi morsi il labbro, respirando a fondo, e la guardai.
"Io.. hai ragione tu. Sono stata una stupida e mi dispiace per quello che ho fatto, perché non è stato leale nei tuoi confronti e sembra così ipocrita da parte mia, in un momento come questo. Sappi, solo, che mi sono lasciata scappare quanto più potessi mai desiderare dalla vita e che me ne pento ogni giorno, minuto dopo minuto. Non ti chiedo di tornare vicini com'eravamo prima, perché le cose non saranno mai più le stesse, e non ti chiedo neanche un'altra possibilità, visto che ormai hai preso la tua decisione e non posso far altro che rispettarla e desiderare il meglio per te. Spero solo che quando penserai a me, lo farai con un sorriso.."
Assunse un'aria sconsolata e comprensiva e mi sentii molto più leggero.
"Lo farò, Gwen, credimi, lo farò per sempre."
Abbozzò un sorriso compiaciuto.
"Ne sono felice" sussurrò.
Ci guardammo qualche secondo, senza proferir parola.
"Oh, e scusa se sono entrata nel tuo appartamento senza avvertirti. Non pensavo saresti arrivato così presto, credevo di avere un po' più di tempo per sistemare le cose e, non so, rassegnarmi al fatto che ormai hai una vita e che io ho smesso di farne parte attivamente da molto tempo. Scusami ancora."
Deglutii, ripensando a qualche sera prima.
"Vuoi dire che..?"
"Sapevo già da prima dove saresti andato a parare, me ne sono accorta quel giorno. So quanto lui significhi per te e lo capisco fino in fondo, ma la speranza è l'ultima a morire, no? Spero che un giorno sarai tu a cambiare idea su di noi. Fino ad allora io ti aspetterò, nel bene e nel male, e desidererò solo la tua felicità."
Tacqui, ripensando a quando avevo fatto irruzione nel bagno con l'ombrello. E se l'avessi beccata, se le avessi fatto male e si fosse rovinata un occhio? Me lo sarei mai perdonato?
Respirai a fondo e la guardai negli occhi.
"Altre confessioni?"
"No, non credo, a meno che l'averti guardato sognare sia un reato" sorrise.
"Bhe, addio, Alex. O forse è un arrivederci?"
Si sporse in avanti e mi baciò il naso, socchiudendo gli occhi. Si staccò da me, sorrise e se ne andò silenziosamente, com'era arrivata. Rimasi immobile qualche secondo e mi sfiorai il naso con le dita, sentendo ancora il calore delle sue labbra contro la mia pelle. Non me ne pentivo. Sapevo di aver fatto la scelta giusta, me ne sarei reso conto nei mesi successivi, poco ma sicuro, e non avevo assolutamente nulla da rimproverarmi. Sorrisi, mi tolsi il suo lucidalabbra dalla faccia e scesi di sotto, andandomi a rifugiare tra le braccia del mio ragazzo. Lo baciai, lui ricambiò e rimasi a farmi cullare da lui fino all'alba, nascosti sul tetto, mentre la festa imperversava.

Ricevetti notizie da Gwen qualche tempo dopo, al mio vecchio indirizzo giù in città, dove abitavano ancora i miei, che mi rigirarono la lettera con piacere.
Era felice, aveva trovato un buon lavoro e un ragazzo fatto apposta per lei, che l'aveva aiutata a superare anche quell'ultimo ostacolo che era stata la mia seconda e definitiva partenza. Non mi rimproverava niente e continuava a desiderare solo il meglio per me, anche se erano passati mesi dal nostro ultimo, doloroso incontro.
Sorrisi di cuore e nascosi la lettera nella tasca esterna della valigia, poi scesi le scale e lanciai la valigia nel bagagliaio del pullman, raggiungendo i miei amici. Il tour cominciava davvero con una buona piega e non potevo essere più felice, specialmente con Jack al mio fianco, giorno dopo giorno, concerto dopo concerto, bacio dopo bacio.

Happiness real only when shared.
E sono convinto di aver trovato la persona con cui voglio condividerla per sempre, nel bene e nel male.
E anche se mi sbaglio, avrò tutto il tempo di pentirmene quando questo sarà finito, perché ora come ora, Jack è tutto quello che possa desiderare dalla vita. Non voglio nient'altro che lui.
Quindi grazie, Gwen, perché senza te e il tuo diario non avrei mai capito quanto ci tenga a lui.
Grazie mille.
Con tutto il cuore.



Nota dell'autrice
Ciao, volevo ringraziare tutti quelli che sono arrivati alla fine di questa storia, specialmente la Pengue e la Delfa, perché sono sempre lì a recensirmi e incoraggiarmi, e quando dico sempre intendo sempre-sempre-sempre, qualunque schifezza scriva.
Forse la ff si poteva allungare e sviluppare con più calma, è vero, ma ho riscritto così tante volte questo capitolo che alla fine mi son detta, 'finiamola qui e mettiamo un lieto fine, una volta tanto'. Inizialmente non volevo neanche farla concludere nella classica Jalex, ma dopo tutte 'ste notti a scrivere non ho potuto fare a meno di appassionarmi ai personaggi e di metterci una storia d'amore come mio solito. E poi avevo personalmente bisogno di un lieto fine e di qualcosa che mi mettesse un po' di allegria addosso, quindi eue
Grazie mille a tutti quelli che hanno letto e recensito. Grazie davvero.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1086409