L'ospite, il ritorno!

di cullenboy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inserzione ***
Capitolo 2: *** il ricordo ***
Capitolo 3: *** Jared ***
Capitolo 4: *** siamo d'accordo ***



Capitolo 1
*** L'inserzione ***


Allora ragazze, mi sono messo sotto a scrivere, ho un nuovo computer e mi sto dando alla pazza gioia.

Come avete visto, stavolta provo a scrivere un seguito a "L'ospite"

era un bel pò che volevo farlo e finalmente mi è venuto il lampo di genio. Spero che vi piaccia. fatemi sapere ovviamente.

buona lettura!

L'inserzione

Di umani adulti, non se ne trovavano più da parecchio tempo, tutto era tranquillo da parecchi mesi. Cosi che, quando gli portarono il corpo di un maschio adulto da operare, il Guaritore, Alghe Mobili, rimase sorpreso.

<< Ci serve sapere dove sono gli altri >> l'aveva informato il Cercatore.

<< Mettere un'anima in questo corpo, non sarà facile, non per me, per l'individuo in se, è troppo adulto, sappiamo cosa succederà dopo. Finirà sull'orlo della pazzia! >> Alghe Mobili tentò, invano, di far ragionare il Cercatore.

<< è stato scelto proprio perchè è un esperto, ha vissuto per quattro vite sul Pianeta Delle Nebbie. Le bestie dalle grandi chele sono più pericolosi degli umani. >> il Cercatore, lo guardava soddisfatto.

<< E sia >>

Il Guaritore entrò in sala operatoria, trovando il corpo: prono e sedato, pronto per essere operato. L'assistente, di Alghe Mobili, gli sistemò il camice, legandolo dietro la schiena, per poi aiutarlo a infilare i guanti.

<< Okay. Pronto? >> il Guaritore si rivolse al suo assistente, che si spostò vicino al crioserbatorio, issato su un piedistallo accanto al tavolo. Il led, rosso opaco, indicava che era ancora in modalità di ibernazione.

Il Guaritore controllò i farmaci necessari, disposti accanto all'umano. Per poi alzare lo sguardo verso il Cercatore, che osservava l'operazione da un vetro che divideva la sala operatoria, dalla sala osservazione. Il Cercatore, con le braccia conserte, osservava con un cipiglio sulla fronte.

<< Inizia la sequenza di scongelamento, per favore. >> Alghe Mobili si rivolse all'assistente, che tolse la sicura e girò la manopola verso il basso. Il led iniziò a pulsare, e con il passare dei secondi a lampeggiare sempre più veloce, cambiando colore.

Alghe Mobili, intanto, affondò il bisturi alla base del cranio con movimenti precisi, poi, prima di allargare la fessura, spruzzò un emostatico. Incise con delicatezza i muscoli del collo, attento a non danneggiarli, e scoprì le ossa pallide in cima alla colonna vertebrale.

<< L'anima è pronta, Guaritore. >> lo avvertì l'assistente.

<< Anch'io. Porta pure. >>

Alghe Mobili divaricò l'incisione. << Mettilo nella sua casa. >> gli disse.

nella mano dell'assistente, c'era l'anima, che si muoveva e contorceva, con le sue propagini, libera dal suo sonno criogenico.

Delicatamente, l'assistente, collocò la creatura argentea dentro il varco. L'anima, scivolò agile al suo interno, adattandosi alla perfezione. Le propagini si avvilupparono attorno ai centri nervosi, alcune si allungavano attorno ai centri nervosi, alcune si allungavano con movimenti veloci e decisi fino a raggiungere luoghi nascosti e invisibili, sotto e sopra il cervello, i nervi ottici, i condotti uditivi.

Di li a poco, soltanto un piccolo segmento di quel corpo scintillante, fu visibile.

Completare l'opera era questione di routine. Pulì e suturò l'incisione, applicò l'unguento cicatrizzante, e infine stofinò il collo con un preparato per cancellare il segno della ferita.

Una volta terminato, lasciò il corpo alle mani degli assistenti che lo portarono fuori dalla sala operatoria.

Alghe Mobili uscì subito dopo, togliendosi da solo il camice verde da laboratorio, trovando, una volta fuori, il Cercatore con un ghigno soddisfatto.

<< Pensa che potrà aspettare almeno fino a domani, prima di avere le sue informazioni? Sa benissimo che il primo ricordo è pesante da superare, per chiunque >> si rivolse al Cercatore con un espressione compassionevole.ù

<< Si, non ho fretta, tornerò domani. >>

Il Cercatore, si voltò per andare via, sotto lo sguardo di Alghe Mobili, con la speranza che non sia cosi sconvolgente quel primo ricordo, visto com'era ridotto quel povero Ospite.

Rabbrividì al pensiero di come glielo portarono, grazie alla grande quantità di Guarisci, che gli era stata somministrata, erano riusciti a salvarlo daql veleno ingerito, ma una volta nell'ospedale, l'hano dovuto ripulire per evitare qualsiasi altro residuo nocivo.

Alghe Mobili sospirò, per poi dirigersi nel reparto rianimazione.

<< Buona fortuna! >> sussurrò mentre camminava nei corridoi deserti.

NB: Bè ragazze, chi di voi conosce bene il libro, sa perfettamente che alcuni punti, dell'operazione per lo più, sono copiati dal libro. non sapevo come sviluppare l'operazione quindi spero mi perdoniate ^^

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Capitolo 2
*** il ricordo ***


  Buona sera ragazze!

Finalmente sono riuscito a continuare questa storia, e probabilmente a darle un filo logico ^^

Ho saputo, cercando informazioni sul, libro (non mi andava di andarlo a prendere dallo scaffale) che anche l'ospite ha un seguito, scritto dalla meyer, bhe ovviamente non mi paragonerei mai a lei, ma sarebbe carino se lo continuasse in questo modo.

Bon, ho detto tutto credo. buona lettura ^^

 

IL RICORDO

 

Lo sapevo, ne ero cosciente, non era il primo ospite nel quale ero impiantato, ovviamente quelli dal quale provengo non erano adulti, quindi i loro ricordi non costituivano problemi.

Poi, nel pianeta delle nebbie, gli ospiti si adattarono subito allo stile di vita, solo cosi potevano proteggersi dalle bestie che infestavano il loro mondo.

Ma con gli umani era diverso, me l’avevano detto, nessuno che ci sia stato di persona, ma le voci giravano, e si sapeva che colori, forme, desideri, sogni, sentimenti, erano completamente diversi, molto più forti, specialmente negli adulti.

Però ero pronto, spiritualmente ovvio, perché in pratica dovevo ancora affrontarlo, e non aspettai molto, un flash...

 

“SCAPPA!”

 

Poi il buio…

Un antro…

 

“NON PENSARE A ME CORRI!!”

 

Questi ricordi frammentati non erano normali.

Un altro…

 

< Un sogghigno, luce puntata contro che si muove, rumore di passi in corsa “Fermo! Non vogliamo farti del male!” sono parole già sentite, la rassegnazione della fine, persino il cuore calmo, il sangue ghiacciato, neanche il sudore della corsa.

“Non saprete niente da me!” la ricerca nel pantalone nuovo, una piccola sfera ovale, subito infilata tra i denti.

“Non vogliamo sapere niente, dovresti seguirci” bugie, solo bugie, e lo sai. Lo sai e ti rassegni all’evidenza, non puoi fuggire, ma lei, loro, sono in salvo e non te ne importa, gli hai spinti dalla parte opposta, sono scappati.

Con l’ultima presa d’aria rompi la capsula tra i denti, sapore acre, gelido, che scivola sulla lingua, e a ogni millimetro sai che è la fine, che non la rivedrai, e a solo quel pensiero in cuore pompa più veloce di prima, dovrai lasciarla, lasciare che viva da sola, senza di te, senza la tua protezione, ma oramai il veleno è arrivato alla gola, e più che ingoiare non puoi.

Cerchi di resistere il più possibile all’inevitabile, la forza di volontà non ti manca, ti manca di più lei, in quel momento, ma quando ti afferrano per le braccia, ti accasci, sperando che la morte ti prenda prima di loro “Addio Mel” >

 

Aprii gli occhi di scatto, il respiro accelerato, sapevo di aver visto qualcosa, un’immagine, una ragazza, ma non ne ero sicuro.

Continuavo a fissare la stoffa bianca con la quale ero coperto, “lenzuolo” mi suggerì la mia mente, lentamente alzai lo sguardo, la stanza nella quale mi trovato era luminosa, troppo luminosa, gli occhi mi si strinsero per quella luce accecante, ma riuscivo a distinguere i colori e gli odori.

Dopo tre vite a vedere solo bianco e neve, riesco a distinguere un altro colore che non lo sia, come quello delle pareti, “verde pastello”, o il bianco di quei bastoni attaccati al muro “termosifone” fu di nuovo la mia mente a suggerirmelo.

Un rumore continuo attirò la mia attenzione verso destra, una porta bianca.

<< Si può? >> una voce acuta “femminile” chiese il permesso di entrare.

<< Avanti >> d’istinto, mi portai la mano alla gola, non avevo mai posseduto una voce, versi, suoni, ma mai parole.

Una donnina minuta entrò nella stanza, superando il letto sul quale ero sdraiato per dirigersi alle “finestre” alla mia sinistra, enormi vetrate che partivano da meta muro fin sopra al soffitto.

<< Queste è meglio abbassarle >> disse dolce, mentre girava una specie di cordicella, e nel suo movimento, la luce diminuiva e riuscivo lentamente a distinguere la sua figura, una ragazzina, bruna, con i capelli raccolti in una coda, un cappellino candido come la veste che portava “grembiule”.

<< Come si sente? >> mi chiese avvicinandosi ai piedi del letto, si appoggiò con le mani alla struttura di ferro laminato.

<< Bene, credo >> non lo sapevo neanche io.

<< Riesce a muoversi vedo, i piedi? >> mi toccò i piedi da sopra il lenzuolo << li sente? >> mi chiese conferma con lo sguardo.

<< Sì, li sento, sento anche un formicolio >> le dissi muovendo i piedi e sollevando di poco le gambe.

<< Normale, passa subito >> sorrise, prima di domandare scusa e allontanarsi.

Poggiai le mani sul letto, per mantenermi, e sollevai lentamente le gambe, il lenzuolo, per quanto leggero mi era d’intralcio, cosi lo spostai con un movimento del braccio sinistro. Avevo un camice addosso, bianco come il lenzuolo che mi arrivava appena sopra il ginocchio, le gambe erano abbronzate, con molti graffi e cicatrici mal guarite, ma almeno erano funzionanti, le dita dei piedi rispondevano correttamente agli impulsi del cervello.

Lentamente, prima una poi l’altra le faccio scendere dal letto, restando penzoloni, le punte toccavano il suolo ghiacciato, sensazione che già conoscevo.

<< Si sente bene? >> una voce, più profonda di quella sentita prima “maschile”, mi fa alzare la testa.

Un uomo alto e magro, che stonava visibilmente con l’ambiente, per com’era vestito, interamente in nero, dolcevita, spolverino, e pantaloni neri, le scarpe laccate di nero, metteva timore solo a guardarlo, e stranamente il mio corpo reagì con timore a quella vista.

<< Sì, bene. Lei è? >> domandarglielo mi sembrava superfluo, tutto di lui urlava “cercatore”, ma l’educazione era quello che ci contraddistingueva.

<< Anch’io, lei lo sa perché è qui? >> mi domanda inclinando un po’ il viso verso destra, facendo spostare il ciuffo nero, dalla tempia, agli occhi.

<< Sì, per avere informazioni >>

<< E quindi? >>

<< E quindi, il mio ospite si chiama Jared, Jared Howed, ha trentadue anni >> questo fin ora sono riuscito a capire dai suoi ricordi.

<< Vedi altro? Era un ribelle, sappiamo che era con altri >> la voce del cercatore si alzò, forse involontariamente.

<< Sì, vedo volti, soprattutto tre, due donne e un ragazzo >>

<< Dove sono? >> il suo passo avanti, non mi era molto d’aiuto, stranamente questo corpo reagiva a ogni suo movimento, come a voler scappare, senza rendermene conto avevo appoggiato i piedi per terra, e gli occhi mi cadevano sempre più spesso sulla porta.

<< Non lo so, non lo ricordo, ci sono dei muri >>

<< Come dei muri? >>

<< Sì, dei vuoti, come se lui non lo sapesse >>

<< Ma è impossibile!! >> la voce alterata del cercatore, mi ha fatto contrarre i muscoli, facendomi alzare contro la mia volontà, ritrovandomi cosi, a fronteggiarlo, senza accorgermene.

<< Che intenzioni ha? >>

<< Io nessuna, lei? >> che faccio? Lo istigo anche?

<< Nessuna… >> abbassa lo sguardo, non so se colpito o amareggiato dallo sviluppo della situazione, esce un bigliettino dalla tasca porgendomelo << …questo è il mio numero, se ricorda qualcosa, qualsiasi cosa, mi chiami, mi mandi un massaggio, c’è anche la mia mail personale >> cosi dicendomi, mi lasciò nella stanza con il suo biglietto da visita tra le mani.

 

 ***

 

Passarono un paio di settimane dal mio risveglio, e quello che ricordavo non era pertinente con la posizione dei ribelli, continuavo a vedere quella ragazza quando dormivo, quella ragazza che in un sogno baciavo, e in quello successivo prendevo a schiaffi e male parole.

Non riuscivo a capire molto, per cui lasciavo stare quel cercatore, e mi dedicavo al lavoro nel quale il mio corpo sembrava a suo agio, non avendo doti particolari, né come narratore, guaritore, o cercatore, utilizzavo i muscoli.

Avevo cominciato a lavorare in questo stoccaggio di generi alimentari, portavo la merce da qui ai vari supermarket e alimentari, della città e non, non mi sono spostato da dove mi sono svegliato1, è come se in questo posto stia cercando qualcosa, e sto cercando qualcosa.

Sono venuto sulla terra apposta, per cercarla, per trovare l’unica anima che pur di salvarmi mi ha impiantato su un mostro che stava per ucciderla, senza pensare che sarebbe morta, con coraggio e sangue freddo, ho saputo solo dopo essere stato impiantato nuovamente in un orso, che era andata via, e ho impiegato altre due vite per sapere, dove fosse andata, e per arrivare sulla terra non ci vuole molto dal pianeta delle nebbie.

Ora, devo solo capire come rintracciarla, Vive tra le stelle.

“Wanda!”

Come Wanda?!

 

NB1 non ricordavo il nome della città, sembre la solita ragione, non mi andava di spostare le chiappe dalla sedia :P

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Capitolo 3
*** Jared ***


"Wanda!"
Come Wanda?!

Istintivamente il piede schiaccia il freno inchiodando.
L'ho sentito, l'ho sentito e non dovrebbe esistere.
Ora solo un ronzio...

Resto spaesato per qualche minuto, cercandolo, cercando un pensiero, un qualcosa che mi faccia capire che c'è, che è reale. Molte machine passano al fianco del furgone, nessuna si ferma o rallenta, tranne una.
Una berlina nera parcheggia davanti a me.
Stringo il volante tra le mani, sono consapevole di chi sia e il mio corpo reagisce di conseguenza.

Il cercatore scende dalla macchina inforcando gli occhiali scuri.
Ogni suo passo verso il furgone e un battito in più al cuore già accellerato.

«Tutto ok?» mi domanda appoggiando il braccio allo sportello.
«Si, tutto ok, ho solo sentito...»
"Zitto idiota!"
«Sentito?» mi incalza, con un sopracciglio alzato.
«Ho sentito uno strano rumore provenire dal retro e mi sono fermato per guardare.»
Restò a guardarmi per qualche secondo, e non capivo se aveva altro da aggiongere, restai in attesa.
Aprì il mio sportello «Vogliamo controllare?»
Presi le chiavi dal cruscotto e scesi.

Il cercatore mi precedette, facendomi spazio, in seguito, per permettermi di aprire gli sportelli.
Aprii il primo e l'altro lo aprì lui, dei cartoni appoggiati allo sportello gli caddero addosso, ma riuscì a scansarsi appena in tempo.
Osservammo i cartoni sull'asfalto, poi l'altro sul furgone.
«Hai l'abitudine di mettere i cereali sempre sotto?» mi domandò il cercatore guardando lo scatolo ammaccato.
Sentii un sognigno nella testa «Veramente no, sarà stata una svista.»
Richiusi gli sportelli. Il cercatore mi precedette verso la sua macchina.
Prima che entrassi nel furgone il Cercatore si affacciò dal finestrino «Ci vediamo a destinazione!»

Trassi un profondo sospiro con la speranza di calmarmi, non avevo ragione di temere il Cercatore, eppure la sua sola vicinanza mi agitava.
"È inquietante in effetti"
Sobbalzai al pensiero non mio.
Tu non dovresti esistere!
"Ho un brutto carattere!"
Cercai di sforzarmi per recluderlo nell'angoletto più nascosto della mia mente.
"Non è la tua mente!"
Vattene!
"Sai, non capivo come fosse possibile, mi sono sempre chiesto come potevano due persone coesistere in un corpo. Ne avevo quasi paura, ma è possibile!"
Di cosa parli?
A quella damanda non ci furono parole, ma solo immagini, immagini di una ragazza bruna dagli occhi nocciola, l'altra bionda dai lunghi capelli ricci e due occhi argentei.
Un'anima!
"Si"
L'avete rapita?!
"No, ha preferito un esistenza umana"
Non seppi cosa rispondere a questo, mi bastava vedere il sorriso nel viso di quella ragazza per capire che non mentiva.

Arrivammo nella cittadina, e poco dopo al supermercato dove dovevo consegnare l'ordine.
Il Cercatore si parcheggiò davanti al palazzo che seguiva quello con il market, io parcheggiai davanti.
Scese dall'auto per poi venirmi in contro. «Successo nient'altro?» mi chiese con falsa preoccupazione.
«No, Nient'altro.»
Si voltò guardando il cielo limpido. «Questo sole si abbina perfettamente alla tua abbronzatura» mi disse tornando a guardarmi «Buon lavoro!» ritornò a passo lento verso la sua auto, salì a sparì dopo poco.
Mi resi conto solo in quel momento che stringevo i pugni con troppa forza.
"Si meritava un cazzotto!"
Non da me!
"Da me si però!"
Ecco perchè vi distruggete a vicenda, troppa violenza.
"Se la stava cercando, apri gli occhi!"
Se avessi reagito avrebbe capito che non sono in me, ed effettivamente non credo di esserlo.

Mi voltai verso il furgone e andai ad aprire lo sportello del passeggero.
Un clacson cominciò a suonare con insistenza.
Mi voltai a guardare e una macchina, parcheggiata dall'altra parte della strada cercava di attirare l'attenzione di qualcuno.
La conosco quell'auto!
"No, non la conosci!"
Si, l'ho gia vista.
Sentii il campanello della porta del supermarket suonare, mi affacciai per riflesso a guardare chi ne usciva.
E la vidi, boccoli biondi incorniciavano un volto d'angelo.
Feci due passi uscendo allo scoperto per guardarla meglio.
Mi vide, le caddero le buste, ma sembrò non accorgersene.
Mi avvicinai a lei per riflesso incondizionato.
«Wanda...» sussurrai, e sollevai la mano per toccare quel viso che avevo imparato a conoscere nei sogni e nei ricordi.
Il clacson suonò, stavolta con più insistenza.
Recuperò le buste e corse verso l'auto.
La seguii «Aspetta!»
Si voltò a guardare ma venne trascinata per un braccio in auto, ed altri due occhi mi colpirono prima che l'auto sgommasse via.
«Mel...»


Ok! Salve!
È più di un anno che non agiorno, mi faccio schifo da solo, ma ho cominciato a rileggere l'ospite e mi è tornata la voglia di continuare questa storia che credevo irrecuperabile.
Ora, premessa: non ho potuto usare un Word, ho scritto tutto interamente sul cellulare e non ho potuto avere correzioni di nessun tipo, se trovarte errori o vaine varie fatemelo sapere che cerco di correggerle.
Un bacio grande a tutte ^_-

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Capitolo 4
*** siamo d'accordo ***


Nei giorni successivi il sonno era diventato un optional, come chiudevo gli occhi, lui cominciava a pensare, e il suo rimuginare mi creava gli incubi, o per meglio definire i suoi ricordi mi creavano gli incubi.
Giorno dopo giorno non riuscivo più a capire quali fossero i miei e quali i suoi.
«Basta!» non ce la facevo più, li avevo contati, diciotto giorni a sentirlo, diciotto giorni a rivedere quel momento, diciotto giorni, sono arrivato anch’io a chiedermi perche non mi hanno portato via, perche non mi hanno riportato a casa, perche non mi hanno liberato dal parassita.
«Finiscila! Stai zitto!» con la testa tra le mani, mi volto appena, sono le due di notte, non riesco proprio a farlo tacere.
Mi alzo dal mio letto, abito in un monolocale con il bagno, non ho bisogno di altro, per tanti anni sono stato in un igloo con altri venti orsi e il solo fatto di poter essere da solo mi crea un senso di vuoto, ma il mio corpo è abituato alla solitudine a quanto pare.
M’infilo calzini e scarpe, ed esco nel buio della notte, forse un po’ d’aria fresca mi concilia il sonno.
Da camminare comincio a correre, sollevo il cappuccio della felpa sulla testa, il vento mi da fastidio, con la testa bassa mi concentro sui miei piedi, non guardo altro, solo i miei piedi prima uno poi l’altro.
Non so per quanto, ma continuo a correre, la strada non cambia mai, solo quando sento un clacson alle mie spalle, mi rendo conto, sollevando la testa, che è ormai l’alba.
Mi giro lentamente, non so perche ho la sensazione che quel clacson appartenga a una macchina grigia, la più anonima possibile, per evitare di essere vista, anche solo ricordata.
Invece.
Una berlina nera mi stava davanti con i vetri oscurati.
Lo sportello si apre, usci il cercatore inforcandosi gli occhiali da sole.
«Non sei un po’ fuori strada?» mi domanda guardandomi.
Non sapevo neanche io dov’ero, mi guardai in torno togliendo il cappuccio, ho un visibile affanno e la strada non mi era del tutto famigliare, anzi, non avevo la più pallida idea di dove fossi.
Eppure quelle linee all’orizzonte, mi erano tanto famigliari.
«Credo di si» spostai lo sguardo sul cercatore.
«Sicuro di esserti perso? Forse ti ricordi qualcosa» la voce non seppi dirlo, sembrava speranzosa, o forse no.
«Non riuscivo a dormire e mi sono messo a correre. Avvolte, è solo l’istinto a condurti lontano» «Quale istinto?» domandò scettico.
«Gli orsi corrono per miglia, cercando cibo o semplicemente per trovare un riparo più adeguato, sei mai stato nel pianeta degli orsi?» gli domandai, può anche capire di cosa parlo in fondo.
«No, dopo il pianeta dei delfini sono arrivato sulla terra».
«Come ti sei trovato?»
«A mio agio»
«Bene»
«Bene, vuoi un passaggio?»
«Sì, grazie»
Salii sull’auto del cercatore consapevole che in realtà gli avevo mentito, gli orsi cacciavano era vero, ma un altro tipo d’istinto mi aveva condotto su quella strada.
 
Arrivai a lavoro accompagnato dal cercatore, che mi ha fatto solo una domanda.
«Sogni?»
Lo guardai per un lungo istante prima di rispondergli.
«Sì, spesso e volentieri, ma tutto quello che vedo è bianco, enormi distese di neve e ghiaccio, spesso si sostituiscono al deserto, ma vivendo il mio ospite in queste zone mi sembra anche normale».
In un primo momento mi era sembrata una domanda innocua, cosa c’era da temere in quello che avevo detto, nulla.
Avevo parlato di neve e deserto.
Poi due giorni dopo.
«Se avevi intenzione di farmi innervosire ci sei riuscito!» il Cercatore venne direttamente sul mio posto di lavoro accusandomi.
«Non capisco a che ti riferisci» e non lo capivo sul serio.
«Mi hai detto di aver sognato il deserto, ho fatto tappezzare ogni angolo con uomini macchine ed elicotteri, neanche i vermi c’erano!».
Scoppiai a ridere, non lo feci di proposito, neanche me ne resi conto ma risi e di gusto, a momenti mi cadeva anche in cartone che avevo in spalla.
«Se ti dicevo che sognavo l’oceano che avresti fatto?» e ricominciai a ridere, lo stavo prendendo in giro e la cosa non mi dispiaceva per niente.
Eppure non ero io a farlo.
Stizzito in cercatore, girò i tacchi e andò via.
“Povero deficiente!”
Dopo diversi giorni a percepirne la presenza, non mi spaventava più sentirlo.
E va bene.
“Cosa?”
Facciamo a modo tuo, tanto sono venuto qua apposta.
“Cioè?”
Andiamo dai tuoi amici.
“Per dirlo al cercatore? Scordatelo!”
Se avessi voluto dirglielo, non gli parlavo di deserto ma di montagne, no?
Poi ricordai tutti i posti che aveva ricordato, ed ebbe un sussulto.
“É una minaccia?”
Perche sono sulla terra Jared?
“Per…Wanda”
Esatto, la volevo conoscere ringraziare, però tu la vedi con altri occhi, e…
“E?”
Niente. Sappi una cosa, voglio vivere, e come ogni altro essere vivente al mondo minaccerò chi mi attacca.
“Che vuoi dire?”
Ho la tua vita tra le mani, ricordalo sempre.
 
Non parlò più, non riuscivo neanche a capire se ci stava riflettendo oppure no.
So che finii la giornata di lavoro e tornai a casa.
Cenai e feci una lunga doccia, due occhi azzurri e un visino innocente mi riempirono la mente, sapevo che era lei, ma con prepotenza Jared m’invase il cervello con un'altra immagine.
“Smettila di vederla cosi?”
Cosi come?
“Come un uomo!”
Lo sono, ricordi?
 
Mi preparai, uscii da casa con due borsoni pieni di provviste.
Cominciamo bene almeno.
“Ti tratteranno come un appestato!”
Ne sei sicuro?
Nei suoi ricordi rivedo spesso il modo in cui fu trattata vive tra le stelle.
“Chiamala Wanda, vederla come un orso, non mi piace”.
È stata in nove pianeti, vederla cosi è niente rispetto alle nove specie al quale è appartenuta.
“Quanto vivono gli orsi?”
In media? Otto lune. Ogni luna sono quindici anni del pianeta terra.
Ammutolisce mentre accendo la macchina, nessuno nei paraggi, sono le dieci di sera, forse anche il cercatore ha una vita privata.
“Speraci!”
Giro l’auto e mi dirigo, dove mi sono trovato correndo, fin qui posso fare da solo, dopo mi devi aiutare.
“Accertati che non ci segua nessuno!”
Mi guardo in torno, niente, le macchine sono sporadiche e nessuna berlina nera.
Forse con un po’ di fortuna li raggiungerò!

è corto lo so, mi rifarò con il prossimo.
bacio!

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