Low of Solipsism

di Vitriolic Sheol
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ragione. ***
Capitolo 2: *** Giro di boa ***
Capitolo 3: *** Fenomenologia dello Spirito ***
Capitolo 4: *** Embers and Ashes ***
Capitolo 5: *** Trick... ***



Capitolo 1
*** Ragione. ***


* Ragione *


Due strade completamente diverse trovano il modo di incontrarsi, prima o poi.

Si affiancano, corrono parallele, si intrecciano; a volte una di queste irrompe nel percorso dell'altra stravolgendone la direzione, per poi andarsene altrettanto bruscamente.

A volte, con conseguenze inimmaginabili

****************

"Coraggio Elizabeth, è da tantissimo che non ci vediamo! Un bicchiere solo e poi potrai tornare ai tuoi libri, promesso!"

Accidenti a lei ed a quando aveva accettato l'invito di Emily, una vecchia amica del liceo, di andare a bere qualcosa. Quella non era proprio la serata adatta.
Odiava avere troppi pensieri per la testa. Ronzavano fastidiosamente creando un turbinoso, disturbante eco che la distoglieva dalle sue priorità. E per questo aveva deciso di isolarsi, almeno per strada, calandosi sul capo il cappuccio della leggera felpa nera, ormai quasi del tutto lisa sui gomiti per il troppo uso e le lacrime asciugate.

Nemmeno se fosse diventata un ammasso di stoffa informe l'avrebbe buttata; quella felpa era l'ultimo regalo di sua sorella Eveline, prima che una dose troppo potente di eroina se la portasse via a 25 anni.
Non ricordava quando avesse cominciato a bucarsi, quando aveva lasciato che la melma nera dell'autodistruzione cominciasse ad avvolgerla.... ricordava solo che quando l'aveva pianta all'obitorio, quella non era sua sorella.

Il volto cereo, le occhiaie pesanti e violacee, il naso affilato e leggermente appuntito...la pelle così tesa da delineare alla perfezione i limiti delle ossa. E l'interno del braccio sinistro martoriato dagli aghi delle siringhe.
Quello era il guscio di Eveline. Sua sorella, quella vera, era morta tempo fa, nello stesso istante in cui aveva tirato su quei millilitri di demoniaca sostanza con lo stantuffo di una siringa.
Cocaina, erba, fumo, acidi.... Eveline aveva firmato la sua condanna  a morte provando ogni cosa; ma era stata l'eroina a "conquistarla"  e poi a fagocitarla.

Ed ora lei, a 23 anni, viveva una vita per due.

*********

Sentiva ancora l'odore del sangue sulle mani. Forte, metallico, inebriante.
Quella sera avevano dato il meglio di loro stessi, sterminando quella banda di smidollati avversari dove, tra questi, vi era colui che aveva avuto la malaugurata idea di sfregiare la donna del loro capo, Xemnas, perchè aveva rifiutato le sue avances.

Era presente quando il fatto era accaduto. Grida di disumano dolore, accompagnate da un  pianto disperato, provenienti dall'esterno del loro covo, aveva riempito le loro orecchie,  facendoli catapultare all'entrata con le armi in mano.

Di quello che vide però, ricordava solo frammenti di immagine.

Il ragazzo della banda avversaria, con lo sguardo allucinato da un acido. Larxene a terra, tenuta per i capelli da questo. Il viso della donna sfigurato all'altezza della bocca, due profondi e slabbrati tagli ad entrambi gli angoli delle labbra., in una macabra parodia di clown.

Ricordò di essere rimasto colpito dalla dolcezza e dall'amore con cui Xemnas si prese cura della compagna durante la riabilitazione, e di come non avesse smesso di amarla, neppure ora che le cicatrici spiccavano rosee e visibili.

Pensava di non essere in grado di poter emulare il comportamento, qualora si fosse trovato in una situazione del genere. Non era mai stato un uomo dal carattere facile, e chiunque avrebbe potuto confermarlo.
Rude, burbero, dal carattere scontroso ed iroso, era (con i suoi 45 anni)  uno dei componenti più anziani della banda e, per questo,  il secondo in comando.

"Ehi Xig..." una poderosa manata di Xaldin lo riscosse dai suoi pensieri. "Siamo arrivati.

Prima di entrare li guardò tutti, uno per uno: Xemnas, Xaldin, Axel e Saix.... quattro fratelli, non di sangue, ma di spirito, quattro esistenze sbandate, anime lasciate sole a gridare la loro rabbia contro un Dio forse troppo annoiato per starli ad ascoltare.

Avrebbe dato la vita, il sangue per loro, sicuro che avrebbero fatto altrettanto.

Sorridendo, li seguì nel locale.

**********

Era in ritardo di circ un quarto d'ora, ma non se ne preoccupava granchè; conoscendo Emily, avrebbe ammazato il tempo flirtando con baristi o clienti. Una volta arrivata però, non potè reprimere un sospiro di sconforto; aveva sempre detestato le discoteche ed i locali promiscui e questo, dove l'amica le aveva dato l'appuntamento, alimentava la sua tesi che tali locali stanno agli uomini come i macelli stanno alle bestie.Già il nome le ispirava tutto tranne che simpatia: "THE EARTHLY HELL", l'inferno terrestre.

Mentre chiudeva la porta del locale dietro di sè, pensò che quando l'uomo immagina il paradiso in terra, il risultato è un rispettabile inferno
.


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* angolino dell'autrice *

Ben poco da dire, tranne che doveva essere una one shot. Sarà breve comunque, lo giuro.

La dedico a  Reno_From_Turks, per la pazienza e perchè una promessa è una promessa

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Capitolo 2
*** Giro di boa ***


(consiglio di leggere questo capitolo ascoltando di sottofondo "Somebody that i used to know", di Gotye, mi è stata utile a calarmi nell'atmosfera)

* Giro di boa*


Era fermamente convinto che esistessero diverse sfumature del concetto di "famiglia", variazioni cromatiche apparentemente impercettibili ma comunque incisive, che potevano creare legami indissolubili arrivanti forse a toccare l'eterno, simbiosi ed affetti che andavano aldilà del sangue e del codice genetico inciso sulla nostra pelle. Quei quattro ragazzi rappresentavano il suo nucleo familiare, che con il tempo e la pazienza aveva imparato a coltivare come una pianta fragile e debole, a cui non avresti dato un soldo bucato ma che, una volta sbocciata, rifulge di splendore tale da offuscare anche la più magnifica delle rose.
Con Xemnas si conoscevano da tempo immemore, cresciuti assieme tra violenza e cemento, dove più volte avevano lasciato brandelli di pelle e di orgoglio; Xaldin, che dopo aver perso il lavoro li aveva cercati come sua ultima àncora di salvezza; Axel, incontrato quando era ancora un ragazzino, con il corpo semi ustionato dalle fiamme che avevano distrutto la sua casa e la sua vita. E Saix, poco più grande del fulvo, ragazzo difficile continuamente ad entrare ed uscire dal riformatorio, orfano sin dalla nascita.

Forse non erano come la perfetta famiglia americana, quella dove la moglie sempre bellissima ed impeccabile, cucina con amore torte di mele per la sua famiglia, altrettanto  perfetta.
Forse no, forse erano quanto più lontano ci poteva essere da quell'ideale.
Ma chi erano gli altri per poter giudicare?

Con questo pensiero, si alzò dal tavolo per andare ad ordinare il secondo giro di bevute.

**********************

Serpeggiava sinuosamente tra i tavoli e la gente in piedi, accompagnata da un ritmo musicale rotondo, stranamente piacevole che pareva infondere ulteriore morbidezza ai suoi movimenti , alla ricerca di Emily; la bassa luce del locale illuminava fiocamente la sua pelle di un rosso degno del migliore tramonto di Twilight Town, rendendo l'ambiente quasi come un camera oscura. Vagava in mezzo a quella massa brulicante di gente, uomini e donne che quella notte si sarebbero conosciuti sommariamente per poi andarsi ad avvinghiare in qualche squallida toilette del locale. Perfetti sconosciuti che dopo quell'unione, per natura atta a conoscere, lo divenivano ancora di più.

Nel mentre di questi pensieri, aveva individuato il tavolo dove Emily l'attendeva, ricevendo un entusiasta sorriso da parte della stessa; accennandone uno a sua volta, fece per raggiungerla..... finchè qualcosa, simile ad una montagna per dimensioni e granito per durezza, la travolse facendola barcollare a tal punto, che dovette appoggiarsi ad un tavolo con la mano per non finire lunga distesa per terra.

"Guarda dove vai ragazzina, eri sulla mia traiettoria."

Voce roca, profonda, un uomo. Elizabeth volse lo sguardo verso chi leaveva parlato in tono così stizzito, e sarebbe ipocrita dire che non rimase allibita.
Alto, dalle spalle larghe e la schiena solida. Un viso dai lineamenti duri, quasi intagliati nel legno, incorniciato da una lunga coda di capelli neri striati di grigio. Una cicatrice che gli attaversava tutta la guancia sinistra, dalla mandibola allo zigomo e..... una benda da pirata sull'occhio destro?

"Non mi sembra che nel locale ci sia la direzione obbligatoria."

Sputò fuori con la stessa acredine che l'uomo le aveva riservato.

"Sei impertinente ragazzina, dovresti chiedere scusa" ribattè lui con lo stesso tono.

"Quando i suoi modi saranno ragionevoli come la presunta mancanza che ho commesso, allora chiederò scusa.Fino ad allora, addio."

E senza aggiungere altro, si voltò per raggiungere l'amica che la stava attendendo attonita.

Non si rese conto che quel gesto, quella semplice azione, presto sarebbe stato il suo giro di boa.

******************

* Angolino dell'autrice *

Sono imperdonabile. Lo so. Ma l'ispirazione veniva quando non potevo scrivere, andava quando aprivo il foglio di Word; capitolo corto, utile quanto il brodo d'agosto, ma onde evitare di scrivere boiate.... meglio fare un piccolo "capitolo ponte".

Nient'altro da dire, tranne grazie a chi ha letto e recensito.

E, come sempre, a Reno_From_Turks.

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Capitolo 3
*** Fenomenologia dello Spirito ***


* Fenomenologia dello Spirito *


L'aveva incontrata per caso (sempre che uno scontro fisico del genere si potesse definire "incontro"), e per quanto detestasse ammetterlo, il suo sguardo era stato calamitato subito dalla sua figura.
Graziosa, nella sua rudezza aveva potuto definirla solo così. Uno scricciolo pallido che sembrava eternamente sul punto di rompersi, come un vaso di cristallo.

Ma magra. Troppo magra per i suoi gusti in fatto di donne, fianco troppo stretto, segno di vita alto, spalle e braccia. Gambe piccole dello spessore di un giunco.
Uno scricciolo, appunto. Nulla a che vedere con le donne formose e giunoniche che Luxord ogni tanto gli "presentava".

Eppure qualcosa in lei lo aveva colpito... una vibrazione silenziosa, una calamitazione naturale lo avevano spinto a soffermarsi su di lei più di quanto avrebbe voluto.

Lo attribuì ai suoi occhi. Grandi, luminosi come se fosse sempre sul punto di piangere, di un azzurro così scuro che sembrava voler racchiudere tutta l'acqua del mondo. O le lacrime.

***************

Maledetto.  Si, proprio un maledetto. Perchè da quando le era piombato addosso come una meteora, non riusciva a distogliere la mente dal suo volto.

Eppure sapeva che era l'ultima persona che avrebbe potuto trovare attraente.

Elizabeth prestava voci e sembianze a parole che non le appartenevano, almeno non in quel momento. Sentiva la voce di Emily lontana, un eco ovattato attorno a sè.
Doveva andarsene, ora. Subito. L'aria si stava cominciando a fare troppo pesante per lei.

E così fece, salutando in tutta fretta l'amica e dirigendosi di gran carriera verso la porta del locale.

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Camminava per strada, da sola e con i passi illuminati soltanto dalla luce giallo sporco dei lampioni, le mani affondate dentro le tasche. D'un tratto una sensazione, che l'avvolse pesantemente come un mantello bagnato.
Chinò la testa, affrettando impercettibilmente il passo.


 

"Elizabeth, ragiona.....potrebbe essere tuo padre."

 

La voce della sua coscienza era querula e fastidiosa, una tortura per le sue orecchie.
Si affrettò a farla tacere, baciando le labbra sottili e dure di Xigbar.


Non avrebbe mai potuto accorgersi della sua presenza. Anni ed anni di appostamenti, pedinamenti e scontri lo avevano reso silenzioso come un gatto, un tuttuno con il buio notturno che lo proteggeva. Eppure, ad un tratto, la vide voltarsi indietro ed il suo cuore perse un battito.
Che l'avesse visto?


Non ricordava quasi più come si baciasse una donna, come si accarezzasse un corpo morbido.
Le prostitute non si baciano. Le prostitute non si accarezzano. Ci si svuota dentro di loro senza alcun riguardo, godendosi dopo un sollievo squallido che ha sapore di sporco.
Ma appena le labbra di Elizabeth toccarono le sue, stuzzicandole con la punta della lingua, trovò istintivo dischiuderle, iniziando con la propria una dolce lotta con la gemella.

Artigliò le cosce femminili con le mani, ancorandosi a lei come un naufrago in tempesta.

Non ricordava che la strada di casa fosse tanto lunga. Forse era la sensazione angosciosa che le gravava in petto a fargliela "vedere" così; voleva correre, ne aveva l'istinto, ma la paura di sembrare un'idiota la frenò. Accelerò ancora, sentendo il suo cuore palpitare.

La sua bocca le era irresistibile. Labbra sottili, tirate, labbra di uomo maturo dal sapore agrodolce di sconfitte e vittorie.
Bocca che, nel bacio, si sollevò soddisfatta nel sentirla gemere dopo averla penetrata con due dita.


Eccola! Era arrivata, il portone del suo appartamento si stagliava davanti a lei come la porta del Paradiso! Velocemente salì gli scalini, infilando le chiavi nella toppa con mano quasi tremante; aprì l'uscio con scatto da centometrista, poggiandovisi con la schiena una volta richiuso. Dopo essere rimasta immobile per qualche istante, cercando di recuperare una respirazione ed un battito normale, accese la luce del soggiorno.
E fu lì che il sangue le si gelò nelle vene.

"Io me le lego al dito le cose sai, Elizabeth?"


Fosse stata una persona normale, nel vedere quell'uomo seduto pacificamente sul suo divano si sarebbe messa ad urlare.

Fosse stata una persona normale, nel vederlo alzarsi sarebbe corsa via.

Fosse stata una persona normale, nel sentirlo pronunciare il suo nome, l'avrebbe magari denunciato alla polizia.

Ma lei non era una persona normale. Tanto che non aveva aperto bocca, nè replicato; gli era andata davanti e dopo averlo fissato un istante nel suo magnifico occhio color dell'ocra, l'aveva baciato con passione.

***************

Era con lei, su di lei, in lei. Xigbar era ovunque.

Sentiva il calore della sua pelle scaldarle i muscoli, i baci che le lasciava sul collo, sul seno e sul ventre infiammarle il sangue. Era tra le sue gambe, che ne avevano artigliato la vita tonica.
Quando la prese, muovendosi lentamente in lei, nessun altro posto le parve più perfetto.

Baci affannati. Infiniti. 
 
Due sole lingue. Uno scontro rovente tra ragione ed istinto.
 
Due bocche. Rosse come l'inferno. Bollenti come le fiamme.
La tempesta. Ancora più lesta, travolge ogni brandello di lucidità; il tifone avanza, la bomba atomica sgretola ogni pensiero coerente.

 Ansimi. La tempesta.
Istinto primordiale.
Troppo vicini, ormai. Troppo uniti.
La carne è morbida, i respiri ancora più furiosi.

 I fulmini sfogano la loro ira sugli alberi arrabbiati, colpevoli solo di essere percossi dal vento incessante.
Uomini, troppo deboli per sottrarsi all'amore che sogghigna beffardo e li maneggia come burattini.
Il cielo nero, profondo come l’infinito.
 
Piano. Pianissimo, ora. Il cielo è sempre più nero.
Il vento si lamenta con garbo. Anche lui comprende lo stremo degli amanti, e rispetta i loro cuori bisognosi di calmarsi, di tornare a battere regolarmente.


 In quegli istanti, Xigbar la ebbe, la dominò. Si immerse del suo profumo, si fuse in lei…in quegli istanti, in quegli unici istanti, lei fu sua.
Elizabeth. L’angelo. Il demonio. L’inferno. Il paradiso. Lei .

E nella fine, l'uomo abbandonò il capo sul suo seno, tenendola tra le braccia ed immergendosi nella sensazione della sua mano che gli carezzava i capelli.

"Ho sopperito alla mia mancanza?"  gli chiese sorridendo.

"Hai fatto molto di più."

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*
Angolino dell'autrice *

Yes we can. O meglio, I can.
Speriamo sia venuta fuori decente. Chiedo scusa se il font potrà apparire a volte piccolo, a volte più grande... ma non so perchè, l'html non riusciva a prendermi "le misure" -.-

Un grazie infinite a chi recensisce ed a chi legge.

E rinnovo, come sempre, la dedica














 

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Capitolo 4
*** Embers and Ashes ***


(consiglio la lettura, ascoltando "Interpretation of a nightmare" degli About Wayne)

* Embers and Ashes *


Erano trascorsi tre mesi dal primo incontro tra Xigbar ed Elizabeth.... tre mesi in cui la "relazione" si era solidificata, tanto da spingere l'uomo a presentarla ai propri compagni; essi avevano messo da parte gli inutili, quanto stupidi, pregiudizi sul grande divario d'età tra i due e l'avevano accolta nella loro "famiglia".... Era raro vedere Xigbar, il loro Xigbar, così legato ad una persona e, per questo, non avevano potuto far altro che dare la loro benedizione.
Ma un'altra importante novità si era profilata... Xemnas aveva accolto nel loro clan un altro ragazzo, di nome Zexion, che trasmetteva sempre la sensazione di essere sospeso tra il mondo terreno e qualcosa di invisibile. Nulla si sapeva di lui, tranne che era orfano dalla nascita e che aveva avuto un trascorso disseminato di continue visite al carcere per droga.

Agosto, settembre, ottobre.... la ruota del tempo era trascorsa placidamente fino ad arrivare a novembre.

E proprio in uno dei quei giorni, arrivò alla porta del loro rifugio una cassa. Una grossa cassa di compensato chiaro, di quelle ordinarie, canoniche, inoffensive. Mosso dalla curiosità, Axel fu il primo ad aprirla, fantasticando su quello che avrebbe potuto trovarvi all'interno.


Ma appena divelse il coperchio di legno ed ebbe dato un'occhiata al contenuto, trovò istintivo retrocedere di qualche passo, lasciando andare le braccia lungo i fianchi, lo sguardo smeraldino fisso su un nodo del legno.

"Allora, cosa c'è dentro questa cassa?" gli domandò Saix, avvicinandosi.

"Saix, dì a Xemnas ed agli altri di venire subito qui.... credo si stia profilando un grande problema."

***********

Il rollìo della metro la faceva quasi addormentare, aveva già cambiato linea tre volte e quest'ultima l'avrebbe ricondotta a casa, a Twilight Town. Dal secondo "scalo" però, aveva la fastidiosa sensazione di essere osservata; più volte (memore del primo incontro con Xigbar) si era guardata attorno, non trovando nulla di sospetto...

Con la testa poggiata al finestrino, si trovò a pensare alla sua famiglia... ma poi, alla fine, ne aveva mai avuta una? O si era trattato solo di un gruppo di persone che, incatenate da intrecci biologici e genetici, si era ritrovata costretta a vivere sotto lo stesso tetto?
Abbandonò nel tram quei pensieri, scendendo alla propria fermata ed incamminandosi verso l'uscita tra una brulicante massa nero-grigia di gente.

"Di nuovo quella sensazione... sto diventando paranoica..."

Svoltò l'angolo, ancora pochi metri la separavano dalla luce calda ed aranciata della città.

"Devo tranquillizzarmi....cosa vuoi che succ... AH!!"

Una morsa d'acciaio le si avvolse all'improvviso attorno al collo, spezzandole per un attimo il respiro e sollevandola da terra... con occhi febbrili per la paura, vide tre individui incappucciati che la stavano aggredendo.
Cominciò a scalciare alla cieca, quando si sentì inondata di un liquido gelido a partire dalla testa: uno dei tre uomini, forse cercando di "sedarla" le aveva rovesciato in testa un'intera bottiglia di birra.

"Che fai, provi a reagire stronza?!" le disse uno di loro, malevolmente ironico.

Istintivamente affondò più che potè i denti nel braccio dell'energumeno che la stringeva, il quale, in risposta al dolore sentito, la scaraventò contro il muro, facendole sbattere la fronte contro la parete. La ragazzà barcollò ma riuscì a non cadere, si voltò di scatto e riuscì a centrare con un calcio, le parti intime dell'uomo, che si afflosciò a terra. La vittoria ebbe però poco fulgore, perchè un pugno tremendo le arrivò in viso, colpendola ad uno zigomo. Mille fuochi d'artificio le esplosero davanti agli occhi.

"Prendi questo, brutta troia!"

"Ora sei un pò meno spavalda, eh stronza?!"

Elizabeth però reagì; riuscì a dare un pugno al secondo individuo, ma fu bloccata dal terzo che le tirò una ginocchiata tanto forte allo stomaco, che cadde bocconi a terra, incapace di muoversi.... avvertì la mano di uno di loro afferrarle i capellli, storcendole dolorosamente la testa all'indietro e mormorandole qualcosa che non riuscì a capire.... un secondo, tremendo colpo alla testa la fece sprofondare nell'incoscienza.

***********

Erano tutti lì, attorno a quella cassa di cui nessuno era ancora riuscito a toccare il contenuto. Erano attoniti, addolorati, forse un pò spaventati... ma sapevano che quella, trasmessa con quel gesto, era la dichiarazione di guerra pù terribile che avessero mai avuto.

***********

Buio. Cosa. Sonno. Rumori. Sonno. Dormire. Fastidio. Voglio dormire. Rumori. I vicini, forse. Voglio dormire. Ancora rumori. Non voglio svegliarmi. Quali vicini. E' buio. Ancora rumori. Ancora buio. Che ore sono. Presto. Tardi. E' buio. Rumori. Xigbar. Sei tu.
Voci. Voci. Buio. Sonno. Non voglio svegliarmi. Troppo buio. Quante voci. Zitti. Zitti vi prego. Sto dormendo. Buio. E' ancora notte. Dormire. Cos'è stato. Ladri. Ci sono i ladri. Xigbar. Solo sonno. Notte. Voglio dormire. Buio. Sonno. Notte.

Axel. Sei tu?. Cos'è. Morbido. Xigbar. Sto dormendo. E' tardi. Devo alzarmi. Sonno. Troppo. Axel. Svegliami. Deve essere tardissimo. Basta sonno. Mattina buia. Che silenzio. Devo alzarmi. Troppo buio. Luce. Dove. Comodino. Luce. No. Dove. Cosa c'è qua. Pesante. Sono sveglia. Xigbar.  Devo alzarmi.  Cos'è. Uno scherzo. Alzarmi. Luce. Luce. LUCE.

DOV'E' LA LUCE. NON CI VEDO. SOFFOCO! VIA! FATEMI USCIRE! XIGBAR! DOVE SEI! DOVE SIETE TUTTI! XIGBAR! XEMNAS! E' TUTTO BUIO!

LUCE! LUCE! LUCEEEEE!

**************

Gli uomini erano impietriti. Non sapevano cosa dire, cosa fare, cosa pensare.... ogni sicurezza era stata strappata loro via con quella "cosa".
Per la prima volta erano spaventati.... storditi... impreparati.

**************

"Devo stare calma. Oppure mi metto ad urlare. Ma se comincio non finisco più. Non voglio urlare. Devo stare calma. Anzi, voglio svenire. Non sentire più nulla. Non vedere più nulla. Perchè non posso svenire? Non ce la faccio. Eppure dentro di me sto urlando. Come in una poesia che abbiamo studiato al liceo. Ecco, concentrati sulla poesia. Non pensare ad altro. Sei nella poesia. La poesia dice che urlo in una calma strana. Ecco. Lo sto facendo. Concentrati sulla poesia. Non pensare ad altro. Fai finta di scriverne una.

Vedi e descrivi. Cosa vedi?

Una cella. No, non è proprio una cella. E' una stanza. Davanti a me c'è qualcosa. E' buio. Non vedo.

Concentrati. Non perdere il ritmo. La poesia. Stai scrivendo una poesia. Allora, c'è una stanza. Coraggio.

Io sono dentro a questa stanza.

Continua.

Io sono dentro a questa stanza. E intorno tante cose lunghe e nere.

Cosa ti sembrano? Catene?


No. Non lo so.

Concentrati meglio.

Ricordo qualcuno che mi ha buttato in questa stanza.

Qualcuno chi?

.......

Qualcuno chi.


Non voglio rispondere.



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* Angolino dell'autrice *

Vi prego non uccidetemi. Q.Q so che doveva essere il capitolo conclusivo, ma mi trovo costretta a dividerlo in due parti!  Posso tranquillizare dicendo che arriverà presto? Giuro! I ringraziamenti ovviamente, li metterò nel prossimo capitolo :)

Grazie miille per la comprensione e scusate ancora!







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Capitolo 5
*** Trick... ***


* Trick.... *

Con fatica girò gli occhi. Li sentiva pesanti, gonfi... Non sapeva cosa le avessero fatto, o se l'avessero drogata, sapeva solo che si era sentita come se le avessero sostituito il sangue con della colla. Era sdraiata, supina, le braccia lungo i fianchi, immobile. Nella semioscurità in cui era immersa, non riusciva a distinguere bene il luogo in cui si trovasse. Optò per il "riconoscimento tattile", visto che braccia e mani erano utilizzabili, anche se a fatica.

Cominciò a tastare... sotto di lei un comunissimo pavimento, ma quando spostò il braccio verso sinistra, facendolo semplicemente scorrere lungo le piastrelle, che cominciò il panico.

Metallo. Freddo. Liscio. Intervallato.

Cilindrico.

Sbarre.

Era in una gabbia, come un animale feroce od un freak da circo. Si tirò su, ma ciò ebbe solo peggiore effetto, poichè urtò la fronte contro altro metallo. La gabbia era minuscola, circa 120 cm di altezza per altri 60.... Si sedette, con la schiena contro le sbarre, le ginocchia adese al petto, cinte dalle braccia....

**************

Si trovava a circa 50 centimetri da lei e non riusciva a smettere di guardarla. Si era rannicchiata in un angolo della gabbia ed era immobile... sicuramente spaventata, forse sotto shock; ma non era il tempo di farsi prendere da sentimentalismi. Lei, anche se aveva la sola colpa di essersi legata sentimentalmente ad un membro di quella banda, era equalmente una rivale. Ed i rivali vanno eliminati.

Per sempre.

*************

Stette così per un tempo indefinito, poi il panico prese il sopravvento; non ti accorgi quando sta per arrivare, non vverti la sensazioni che provoca rimontando tra i nervi e riscaldando il sangue. Senti solo la scintilla iniziale, la fiammella che dal nulla fa deflagrare l'incendio.

Cominciò ad urlare, a chiamare aiuto, a dare colpi contro le sbarre, del disperato tentativo di romperle o di aprirle quel tanto che sarebbe bastato per sgusciare fuori. Cercò di strappare il pesante lucchetto della minuscola porticina fino a farsi sanguinare i palmi. Ormai era nel delirio del terrore: piangeva, gridava, chiamava chiunque: Axel, Xemnas, Saix, Xigbar....
Xigbar, la sua ancora di salvezza nei flutti di un mondo che negli ultimi anni si era dimostrato troppo crudele nei suoi confronti.

Si dibattè ancora, non curandosi del sibilo che stava pervadendo il luogo; dopo poco cominciò a sentire le membra intorpidirsi ed il respiro farsi lento ed affaticato... i movimenti le risultavano difficili, come se fosse invischiata in un barile di pece. La vista cominciava ad annebbiarsi.

Si fermò.

Era stordita, ma la mente riusciva ancora a pensare.

"Gas..... merd..."

E stramazzò al suolo, priva di sensi.

**************

"Raccontami di te.... non so nulla della tua vita, del tuo passato..."

Era bella. Bellissima, a suo parere, avvolta da nient'altro che non fossero le lenzuola candide del suo letto. Xigbar pensò che nessun'altro posto avrebbe potuto far risaltare la sua bellezza in modo migliore.
Si voltò su un fianco verso di lei, la testa appoggiata al braccio piegato, il cui gomito si puntellava sul materasso, e le carezzò dolcemente il fianco magro e tornito.

"A suo tempo, bambina mia... ora c'è spazio solo per i bei sogni, perchè rovinare tutto quanto con un incubo?"


*************

Una secchiata d'acqua gelida la risvegliò, colpendola in piena faccia. Riprendendosi, si rese conto di essere stata tirata fuori dalla gabbia e spostata in uno stanzone, seduta su una sedia con le mani legate dietro la schiena; allo stesso modo i piedi, costretti alle caviglie da numerosi giri di nastro argentato.

C'era una persona, incappucciata, seduta davanti a lei; aveva le gambe accavallate, le braccia conserte ed era comodamente appoggiato allo schienale.

Quando poi si calò il cappuccio, Elizabeth sentì il suo cuore smettere di battere.

**************

Ricordò la prima volta che litigarono. Un motivo stupido, a detta di Elizabeth, ma Xigbar proprio non lo poteva sopportare quel giovanotto strafottente, che continuava a fissare il corpo della sua compagna mangiandoselo con gli occhi, come si farebbe con un succulento bignè al cioccolato.
Lo aveva seguito nel bagno degli uomini, con le mani che prudevano da un'oretta buona e dopo aver usato la sua testa come scovolino per quel gabinetto putrido, lo lasciò andare fradicio e tremante come un pulcino.

Era riuscito a resistere per un'ora, prima di mettergli le mani addosso... beh, stava davvero facendo progressi.


*************

Avrebbe preferito mille torture fisiche a quella psicologica che stava vivendo. Avrebbe venduto l'anima al diavolo pur di avere un'altra persona davanti che non fosse quella. Avrebbe rinunciato a tutto pur di non vedere l'orrenda verità che le stava innanzi.

Ma non poteva.

Da quando si era calato il cappuccio, mostrandole il volto, tutto si era sgretolato come cenere.
Incontrò i suoi occhi, che le apparvero come due pozzi sconosciuti, grandi, acuti, brillanti...

Occhi che le sembravano quieti, ma che ora le parevano un enigma senza fine.

"Ciao, Elizabeth..."

La ragazza rispose... e le lettere che pronunciò, formando il nome del suo interlocutore, le procurarono, uno ad uno, sanguinanti squarci nell'anima.

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* Angolino dell'autrice *

No, niente. Non ce la possiamo fare... nemmeno questo riesco a farlo diventare l'ultimo capitolo (devo avere una qualche deformazione mentale...). Scusatemi tanto, lo so che non poteve più sopportarmi! Q.Q

Come sempre, il ringraziamento speciale e la dedica, a Reno_From_Turks; se non fosse per lei, questa storia sarebbe già andata nel dimenticatoio.

Arrivederci!

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