NEVER LET ME GO

di AliciaBlack
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO: The Brightest Star ***
Capitolo 2: *** Friends ***
Capitolo 3: *** Thirteen Years Ago ***



Capitolo 1
*** PROLOGO: The Brightest Star ***


Il suo lungo dito affusolato tracciò lentamente il proflio dell’immagine in prima pagina come se lei avesse potuto accarezzarlo di nuovo. Dopo tutti quegli anni non avrebbe mai pensato di provare quella amarezza e nostalgia di fronte a quella notizia.
Sembrava estremamente pallido e magro: il viso scavato, i capelli arruffati, gli occhi che traboccavano di rabbia… non appartenevano a Sirius Black, non all’uomo che conosceva lei, almeno.
SIRIUS BLACK FUGGE DA AZKABAN
Sirius Black fugge da Azkaban, così recitava il titolo dell’articolo della Gazzetta del profeta. Lei lo sapeva che ce l’avrebbe fatta prima o poi. Nessuno, nemmeno il Ministero poteva fermare Sirius Black. Lui che aveva osato sfidare la sua famiglia purosangue, che non aveva mai rispettato una regola ad Hogwarts e che si era fatto beffe dello Statuto di Segretezza cavalcando una motocicletta volante, non si sarebbe mai arreso davanti a niente.
L’uomo della foto non era il suo Sirius. Non poteva essere così. Faceva male pensare che dopo avere disprezzato le idee puriste dei suoi genitori avesse venduto la sua anima a Voldemort.
Daphne si domandava cosa fosse successo, cosa gli avesse fatto cambiare idea. O forse lui non aveva mai dato significato alle parole che diceva sulle “ stronzate” dei purosangue. Forse la sua era stata una semplice rivolta adolescenziale contro la sua famiglia.
Rivolse lo sguardo al cielo cercando disperatamente Sirio, la stella più luminosa della notte.Questo era l’uomo che lei aveva amato, ecco l’aveva detto, audace, irriverente, accattivante e divertente. Questo era l’uomo che aveva sposato e con cui aveva avuto una bambina. L’uomo dell’immagine non sapeva nemmeno chi fosse.
Accarezzò nuovamente la fotografia rifiutando di credere che Sirius Black fosse un’assasino pericoloso. La Gazzetta però parlava chiaro. Ed eccolo con quella luce folle nello sguardo simile a un animale rinchiuso in gabbia.
Rabbrividì al pensiero che fosse di nuovo a piede libero. Non era più un ricordo del suo passato, era lì fuori da qualche parte. Sarebbe andato da Harry? Sarebbe fuggito all’estero? L’avrebbe contattata? Come avrebbe reagito sua figlia, Andromeda? Oddio, e se si fosse avvicinato ad lei? E se le avesse fatto del male? Daphne non avrebbe potuto sopportarlo.
La donna scosse la testa. Non avrebbe tentato di mettersi in contatto con lei e anche se fosse non ci sarebbe riuscito. Si era rifiugiata nel mondo babbano, aveva fatto perdere le sue traccie… solo pochi amici fidati sapevano dove trovarla. Quando suo marito era stato arrestato aveva dovuto abbandonare ogni cosa non avrebbe mai potuto crescere sua figlia lì, dove sarebbe sempre stata la figlia dell’assassino. Si era dunque trasferita nel mondo babbano dove avrebbe potuto ricominciare una nuova vita e condurre un’esistenza senza magia. A Brighton lei non era che una semplice libraia, vedova con una figlia di tredici anni.
Il suo sguardo corse di nuovo verso il cielo stellato. Era buio, pieno di stelle diverse, ma lei aveva occhi soltanto per Sirio. Sospirò e si rimproverò mentalmente. Non avrebbe mai dovuto comprare la Gazzetta del Profeta, ne’ tanto meno conservarla. Non importava che fossero trascorsi tredici anni, in quel momento lei era la timida Serpeverde, perdutamente innamorata di Sirius Black che per amor suo aveva abbandonato la sua famiglia.
E fu in quel momento, osservando la sua stella che comprese che lui non l’avrebbe mai lasciata. Lui sarebbe sempre stato lì, nella sua mente e nel suo cuore, innocente o colpevole, libero o in prigione. Lei non poteva… non voleva lasciarlo andare. Perché dopo tredici anni, quando si svegliava la mattina si metteva a piangere perché lui non era con lei? Come poteva una persona scolpirsi così profondamente nell’anima di qualcuno?
Chiuse gli occhi e accartocciò il giornale. Era tutta colpa sua. Perché era stata così ingenua e avventata? Che importanza avevano l’amore, l’amicizia e la fiducia in mezzo alla guerra? Davvero aveva pensato che una volta che fosse tutto finito sarebbe stato lo stesso?
Ora lui era un latitante e lei una strega che viveva tra i babbani.
Era tutto finito.

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Capitolo 2
*** Friends ***


Andromeda Lily Black non era una tredicenne come tante altre. Primo, amava la scuola ed era una delle studentesse migliori del suo corso. Secondo, nonostante amasse la scuola, adorava ancora di più fare scherzi ai suoi professori. E terzo, Andromeda era una strega.

Andromeda frequentava la Scuola di Magia  e Stregoneria di Hogwarts. Andava lì con i suoi migliori amici: Hermione Granger, Ronald Weasley e Harry Potter. Certo, la loro amiciza era stata un po’ al primo anno e al secondo si erano quasi allontanati. Quando la Camera dei Segreti era stata aperta, Andromeda fu la prima ad essere sospettata ed in seguito all’aggressione di Hermione aveva insistito per la detenzione immediata di Andromeda. Fortunatamente Silente aveva sfruttato alcune sue conoscenze e ad Andromeda era stato permesso di rimanere ad Hogwarts, in completo  isolamento naturalmente.
Il ricordo faceva ancora rabbrividire Andromeda. Questo era solo uno dei motivi per cui la ragazzina detestava il Ministero. La seconda ragione era legata a Remus Lupin, il suo padrino. A parere di Andromeda non vi era al mondo uomo più buono e generoso. Si era sempre fatto in quattro per aiutare lei e sua madre ed era sempre stato pronto a sostenerle da quando suo padre, Sirius Black era stato spedito ad Azkaban. Per quanto fosse la persona più gentile e innocua del mondo, il Ministero cercava di tenerlo lontano per colpa della sua licantropia e ad Andromeda certi pregiudizi facevano veramente venire  i nervi a fior fi pelle.
Voleva bene a Remus come un padre anche se era ben consapevole che non avrebbe mai potuto sostituire quello vero. Nonostante fosse un pazzo assassino, Andromeda credeva che dovesse essere stato buono a un certo punto della sua vita. Era questa piccola convinzione, alla quale la ragazza si era avvinghiata come un naufrago a un’ancora, che le impediva di odiare suo padre.
Andromeda aveva tormentato e implorato sua madre e Remus fino a quando i due, sfiniti non avevano le avevano regalato per il suo tredicesimo compleanno un album di foto dei Malandrin prima e dopo il diploma. Sfogliando le pagine e leggendo le annotazioni a margine, aveva notato un particolare interessante. Era la foto di un Harry bambino e suo padre. Sotto la scritta riportava: Harry, tre settimane e il suo padrino, Sirius.
Il libro le era caduto dalle mani, in preda allo shock. Perché nessuno le aveva mai detto niente? E soprattutto perché nessuno lo aveva mai detto ad Harry?  Ok, la risposta era piuttosto ovvia e scontata, ma entrambi non meritavano, forse, di sapere? Anromeda sapeva che sua madre sarebbe rimasta sconvolta se avesse saputo cosa aveva scoperto, perciò la ragazza mantenne la scoperta per sé.
“Andromeda!”. La ragazza sentì la voce della madre provenire dalla cucina.
“Arrivo!” urlò in risposta.
Sospirando Andromeda, chiuse il libro che Hermione le aveva regalato per il suo compleanno. Si infilò il mantello percorrendo le scale verso la cucina dove la madre  la stava aspettando.
Daphne Lacroix in Black, sua madre era seduta, immersa nella lettura di chissà quale avvicente romanzo babbano. Ultimamente la sua fissa era Dostoevskij. Leggeva praticamente qualsiasi cosa. Aveva un rispetto per i libri simile a quello di un devoto per il proprio santo. I libri erano la sua religione, la sua droga. Aveva i capelli biondi corti arruffati e le stanghette degli occhiali sembravano bastoncini dorati. Aveva un aspetto così comico che Andromeda ridacchiò.
Gli occhi della madre si posarono di lei. “Che c’è?” domandò riemergendo dal tomo.
“Niente… è che così assomigli a Virginia Woolf.”. La madre sorrise dolcemente. Avevano lo stesso sorriso loro due.
Nonostante Daphne pensasse che la figlia somigliasse in modo soprendente al padre, loro due erano molto più simili di quanto non immaginasse. Avevano lo stesso fisico slanciato e  snello, gli stessi capelli biondo scuro e gli stessi lineamenti delicati. Solo un particolare le distingueva: gli occhi. Andromeda aveva ereditato gli stessi occhi grigi del padre.
“Remus ti sta aspettando” disse. “Sei sicura di voler andare?” le chiese scrutandola con sguardo inadagatore. Andromeda sbuffò. Non faceva altro che domandarglielo. Da quando suo padre era fuggito due settimane prima, la ragazza non era mai uscita di casa.
“Certo!” rispose. “Vieni anche tu?”. Sapeva già la risposta. Sua madre non aveva mai più rimesso piede nel mondo magico da quando suo marito era stato arrestato. A parte l’anno precendente quando si era precipitata dal Ministro della Magia, Cornelius Caramel, furiosa.
“No, tesoro. Ho del lavoro da sbrigare al negozio”.
Andromeda l’abbracciò e le diede un bacio sulla guancia.  Si avvicinò al camino e prese una manciata di polvere fra le mani: “Diagon Alley!” urlò con voce limpida e chiara. Con un fruscio si sentì precipitare al Paiolo Magico.
Nonostante la testa che le girava, si alzò pulendosi i vestiti dalla fuliggine. Cercò tra la folla, la figura del padrino.
Quando all’improvviso, lo vide. Andromeda prese la rincorsa e si gettò fra le sue braccia investendolo con i suoi lunghi capelli.
L’uomo rise, divertito. “Ehi, vacci piano. Sto diventando un po’ troppo vecchio per queste cose”.
Andromeda storse il naso. “Macchè vecchio e vecchio! Andiamo, su!”. La ragazza afferrò Remus per la manica e lo trascinò in strada fra le risate gioiose di questo. L’uscita a Diagon Alley per loro era una specie di rito sacro.
“Che ne dici se vado a ritirare io i tuoi libri, così puoi passeggiare per un po’da sola?” propose Remus.
“Sarebbe fantastco! Grazie Remus!” disse Andromeda iniziando già a correre.
“Sta’ attenta!” le urlò dietro Remus mentre la osservava allontanarsi.
“Lo sono sempre!” gridò di rimando lei.
Andromeda camminava fra la folla di acquirenti dell’ultimo minuto. Ovunque guardasse c’erano sguardi invadenti e dita puntate contro di lei.
“L’hai vista?”
“E proprio lei!”
“Quella è sua figlia!”
“Ha i suoi stessi occhi, mamma mia!”
“Suo padre ha ucciso dodici persone con una maledizione!”
“Pensi che sia coinvolta?”
“Andromeda!”
Andromeda alzò gli occhi sentedosi chiamata. Stava inconsciamente premendo le mani contro le orecchie per bloccare i sussurri della gente.
Sollevò lo sguardo e vide i suoi migliori amici, Harry, Ron e Hermione. Era una sua impressione o Ron era sempre più lentegginoso ed Hermione molto abbronzata?
“Ragazzi!” esclamò abbracciandoli uno ad uno. “Mi siete mancati! Com’era la Francia, Hermione?” domandò.
Hermione si illuminò. “Oh, era semplicemente meravigliosa! “ cinguettò.  “Ho imparato un sacco e sono riuscita ad aggiungere altri due rotoli di pergamena da quelli richiesti dal professor Ruf.”

“Davvero? È incredibile Hermione!” commentò Andromeda.
“Non proprio” le mormorò Ron in un orecchio. “È delusa perché non è riuscita a scrivere dieci rotoli!”.
Hermione ignorò il commento di Ron. “E tu cosa hai fatto Andromeda? Sei scurissima e i capelli ti si sono schiariti di almeno due toni”
Andromeda si strinse nelle spalle. “Merito dei pomeriggi trascorsi al molo”.
“Hey” intervenne Harry. “Perché non andiamo a prenderci un gelato?”
“Ottima idea” concordò Andromeda. “Andiamo!”
I quattro amici si recarono da Florian Fortebraccio. Vesper cercò di non dare peso agli sguardi della gente e ai manifesti con il volto di suo padre.
 "Allora, com'è andata la vostra vacanza go, Harry? Dursley ti trattano orribile di nuovo?" Vesper chiesto.

Harry sospirò. "Beh, durante il mio mese ci sono riuscito a far saltare in aria mia zia".

Andromeda buffò, Ron ridacchiò e Hermione emise un seccato tsk.
“Non è affatto divertente! Harry avrebbe potuto essere espulso”
Queste parole fecero scoppiare Andromeda in una fragorosa risata. “Hermione, è stato un incidente,  non è vero Harry?"
"Certo!" Harry si affrettò ad annuire.
“È magia accidentale, a volte capita. Ricordo quando avevo sei anni ed ero agitata per la recita scolastica. Mia madre mi rassicurò dicendo di immaginare che il pubblico fosse in mutande…. Diciamo che ci pensai un po’ troppo intesamente” raccontò allegra.
Risero e si sedettero tutti allo stesso tavolo.
"Allora, come è andata  in Egitto, Ron?" Andromeda chiese. "Ho visto la tua famiglia sulla Gazzetta del Profeta".

"È stato incredibile!" esclamò Ron. " C’erano un sacco di mummie e tombe. Fred e George Percy hanno cercato di chiudere Percy in una di esse, ma la mamma li ha beccati".

"Peccato". Andromeda sospirò. Non le piaceva il terzo fratello Weasley quasi quanto ha fatto Piton. Beh, quasi.

"Siamo qui", disse Hermione, ponendo le ciotole davanti a loro.

"E Crosta sta cercando un po 'malaticcio. Non credo che gli piaceva molto l'Egitto", ha detto Ron  leccando nel suo gelato. "E adesso Hermione ha comprato quel mostro arancione."
"E 'un gatto, Ron!"
protestò Hermione .
“Allora, ragazzi siete alloggiati al Paiolo magico?" domandò Andromeda prima che scoppiasse uno dei loro soliti battibecchi
"Sì," disse Harry.

"Perché non ti unisci a noi per la cena, Andromeda?" propose Hermione.

"Mi piacerebbe!" ha detto Andromeda, alzandosi in piedi. "Basta che lo chieda al mio padrino".
"Va bene, trovarci alla Supplies Qualità per il Quidditch," pianificò Ron."Voglio vedere la Firebolt."

"Va bene, ci vediamo presto!" salutò Andromeda.

Conoscendolo, il suo padrino stava ancora guardando il libri al Ghirigoro.

Come previsto, Andromeda

"Remus, posso chiederti una cosa?"domandò.

Nessuna risposta.

"Remus!" lo chiamò Andromeda, alzando un po ' la voce

Niente.

"LUNASTORTA!"Andrmeda gridò. Molte teste si girarono a guardare, ma lei non vi badò.

Remus aveva lasciato cadere il suo libro sorpreso e si voltò a osservarla
"Ti ho detto di non chiamarmi così" la rimporverò con un tono leggermente divertito.

"Bene ho dovuto attirare la vostra attenzione in qualche modo," disse Adnromeda sorridendo innocentemente.

Remus strabuzzò gli occhi mormorando una serie di parole che assomigliavano a un “proprio come suo padre”.


"Allora" volle sapere Remus. “Cosa volevi?”
"Potrei restare a cena con Harry, Hermione e i Weasley stasera al Paiolo Magico?"

"Penso si possa fare. Avvertirò io tua madre”Andomeda  gli diede un rapido abbraccio prima di precipitarsi fuori del negozio. "Grazie, Remus!"

Era fatta. Andromeda sarebbe rimasta per cena. 

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Capitolo 3
*** Thirteen Years Ago ***


Un vento leggero sopra gli alberi dei boschi intorno a Ottery St. Catchpole. Tutto era stranamente tranquillo e il cielo noturno si offuscò celando così la luna. La strada tortuosa era deserta e nemmeno la più coraggiosa fra le creature viventi osava aggirarsi nei campi quella notte. Si udivano rombi di tuoni anche all’interno della casa, dove Daphne Black sedeva accanto al camino osservando turbata il vecchio orlogio da muro. Le sue labbra si aprirono in un sorriso dolcissimo fissando la piccola che tirando sul col naso nel sonno si rotolava nelle coperte.
Era quasi mezzanotte e Daphne incominciava a preoccuparsi. Suo marito avrebbe dovuto essere a casa ormai. Si stava facendo tardi. Spostandosi verso la finestra, guardò lungo il sentiero. Avrebbe dovuto fare solo una piccola sosta dai Potter per poter vedere James e Harry dopo il lavoro. Perché ci metteva così tanto?
Uno sbuffo giunse dal lettino e Daphne fu subito al fianco della figlia, Andromeda che si girava e rigirava fra le coperte. Sembra agitata, così Daphne appoggiò una mano sulla sua fronte per provare a calmarla un poco. Mentre se ne stava così un braccio forte l’avvolse, tirandola verso un corpo caldo. Chiudendo gli occhi, Daphne inspirò il suo profumo confortante.
“Sirius” sussurrò. Entrambe le braccia dell’uomo la strinsero mentre lei si voltava verso di lui. La donna accostò la sua guancia al suo petto muscoloso e ascoltò il suo battito cardiaco. Rimasero in silenzio finchè Daphne non si accorse delle lacrime che non venivano da lei. Alzò lo sguardo e prese il viso di Sirius fra le mani.
“Che cosa c’è che non va?” chiese preoccupata. “Tesoro, cosa c’è? Sirius?”
Non riuscì a sopportare quando lui crollò davanti a lei. Le lacrime scorrevano liberamente lungo le sue guancie e lui si lasciò cadere in ginocchio. L’abbracciò singhozzando nel suo maglione blu mentre lei gli accarezzava i capelli. Quando le lacrime diminuirono, Daphne si inginocchio e afferrò il suo volto , ma si ristrasse da quello che vedeva. I suoi burrascosi occhi grigi erano freddi e vuoti. Non c’era proprio niente. Fissavano un punto indefinito dietro di lei. Esitante, raggiunse la sua mano e la chiuse intorno ad essa.
“Se ne sono andati” gracchiò, la sua voce era priva di emozioni.
“Chi? Sirius mi stai spaventando…”. I suoi occhi scattarono verso di lei.
“Lily e James.” “Cosa?” la sua voce era incrinata.
“No, voglio dire… erano al sicuro… come è potuto accadere?”
“Li ha uccisi, Daphne” sussurrò. “Tutti loro. Quel bastardo di Voldemort li ha uccisi!”
Daphne si sedette sconvolta osservando Sirius. Non poteva essere vero, era solo uno dei loro scherzi. Uno scherzo crudele. Lui stava per scoppiare in una rista da un momento all’altro, ne era certa. Attese… ma la risata non venne mai, tutto ciò che ricevette fu il suo sguardo apatico. Le lacrime iniziarono a solcarle il viso e scoprì di non riuscire a controllarle.
“Lui li ha uccisi… ed è tutta colpa mia”. Daphne sollevò bruscamente lo sguardo e lo guardò attraverso le lacrime.
“Sirius… non è colpa tua, lo sai bene. Tu volevi solo protteggerli… James era il tuo migliore amico…” mormorò.
“Non sono stato io”. Un lampo percorse i suoi occhi a quella rivelzione. “Codaliscia! Lurido figlio di puttana… io lo ammazzo!” Improvvisamente balzò in piedi e armeggiando con la bacchetta si diresse a grandi passi verso la porta. Daphne si alzò e corse da lui trattendolo per la manica della camicia, supplicandolo di rimanere.
“Per favore Sirius! Basta! Fermati”si arrestò pecependo l’urgenza nella voce della moglie.
Si calmò per un attimo e spazzò via le lacrime dal viso di sua moglie. “Ti spiegherò tuto quando tornerò. Te lo prometto”. Sirius poggiò dolcemente le labbra sulle sue e la baciò. Non l’aveva mai baciata così con tutta quella passione, quella fame, quella tenerezza mista a irruenza. La baciò come se quella fosse l’ultima occasione per farlo e non dovesse sprecare nessun istante. Quando si separarono, avevano entrambi il fiato corto. Lui si scostò e le accarezzò lievemente la guancia. “Non preoccuparti tornerò presto”.
Si avvicinò al lettino. Nonostante le grida, la bambina dormiva ancora. Si chinò e posò un delicato bacio sulle labbra. Il silenzio intorno a loro era opprimente. Poteva sentire i singhiozzi silenziosi di Daphne e i battiti dei loro cuori.
Senza pensarci due volte, tirò fuori una catenina d’argento e la depositò nella manina della figlia. Era un ciondolo con un pietra viola incastonata all’interno di esso. Sorrise quando la piccola mano si chiuse intorno al gioiello e si voltò per un’ultima occhiata alla moglie. “Vi amo” disse, gli occhi solo per Daphne. “Tutte e due”.
“Torna da me… da noi” sussurrò lei.
Lui annuì e in un secondo sparì. Dephne permise ai suoi occhi di percorrere la stanza deserta prima di posarsi sulla figlia. Non riusciva più a trattenersi e si abbandonò al dolore e all’angoscia di aver perso i suoi migliori amici.

Erano trascorse due ore e Sirius non era tornata. Daphne stava letteralmente impazzendo. Andava avanti e indietro per la stanza, passandosi freneticamente una mano fra i lunghi capelli. Se c’era una cosa che Daphne detestava, era sentirsi imponente e inutile. Aveva detto che sarebbe tornato presto. Allora perché non aveva fatto ancora ritorno?
Daphne era sicura che fosse successo qualcosa. Si bloccò di colpo. E se Sirius fosse stato ucciso? La paura prese il sopravvento su di lei e il suo cuore iniziò a battere all’impazzata. Non sarebbe riuscita a reggere il colpo…
Stava per lasciarsi andare alla disperazione, quando scosse con fermezza la testa. “No” si rimproverò decisa. “Daphne, piantala di pensare certe sciocchezze. Conosci Sirius, no? È forte e valoroso, se la caverà. Te l’ha promesso, giusto?” tentò di tranquillizzarsi.
Se le cose stavano così, perché la donna avvertiva quella strana fitta al petto e una morsa le attanagliava le viscere?
“Calma, Daphne respira...”. La donna fece un respiro profondo. “ Ecco, brava su, continua così…”.
Sembrava essersi calmata, quando la paura si impadronì nuovamente di lei. Gettò una febbrile occhiata all’orologio. Le tre di notte. Perché non tornava?
Andromeda scoppiò a piangere. Che anche lei fosse in ansia per il padre?
“Shh… va tutto bene tesoro. Va tutto bene” disse prendendola in braccio senza tuttavia credere davvero alle sue parole. La bambina pianse più forte come se avesse potuto accorgersi dell’insicurezza nella voce della madre.
Stava cercando di convincere la figlia o se stessa?
“Non fare così…presto papà sarà qui e farà quei giochi con la bacchetta che ti piacciono tanto, ok? Sono belle le scintille di papà, non è vero? Adesso però devi dormire, papà non vorrebbe vederti così, sai?”.
Cullandola fra le sue braccia, Daphne iniziò a cantare una ninna nanna con la sua morbida voce da contralto. Ottene l’effetto desiderato. Ora Andromeda dormiva seneramente fra le sue braccia.
Con estrema delicatezza, per non svegliarla, Daphne mise la bambina nel lettino. Le rivolse un fugace sguardo e sospirò. Avrebbe tanto voluto riuscire a dormire anche lei.
Di colpo, udì un sonoro crack alle sue spalle. I suoi occhi si illuminarono. Sirius era tornato!
Si voltò, sorridendo pronta a precipitarsi fra le braccia del marito, quando vide Remus Lupin dietro di lei.
Il suo sorriso si spense. “Remus, che ci fai qui?” domandò confusa.
L’uomo non rispose e la fissò, afflitto.
La donna sentì l’angoscia di prima raffiorare. “Remus” cercò di mantenere un tono calmo, ma la sua voce suonò più stridula del solito. “ Remus, dov’è Sirius?”
Nessuna risposta.
“Remus, dimmi dov’ è Sirius!” ripetè Daphne, allarmata.
“Daphne, io…” incomiciò Remus desolato, ma fu interroto da Daphne.
“No, non dirmelo. Ti prego, non dirmi che è morto…”
Remus scosse lentamente il capo. “No, Daphne non è morto…”
“Allora cosa c’è, Remus? Perché non è qui? Parla per amore del Cielo! Non tenermi sulle spine!”lo incalzò lei.
“ Daphne, Sirius li ha traditi” disse Remus abbassando lo sguardo. Il cuore di Daphne saltò un battito. Guardava l’uomo senza capire. “Non può essere…” la sua voce era poco più di un sussurro. Si sentì girare la testa e si lasciò cadere sulla sedia accanto al lettino.
“Sirius li ha traditi. L’Incanto Fidelius è stato infranto, non c’è altra spiegazione”. Remus fece per avvicinarsi alla donna che lo respinse duramente.
“Deve esserci un’altra spiegazione!” inveì contro di lui. “Stai parlando di Sirius, Remus! Del tuo migliore amico, come puoi anche solo pensare…”
“ Era il loro Custode Segreto, nessun altro avrebbe…”
“Oddio, ma ti senti quando parli? Non è stato Sirius! Lui è… era il loro migliore amico, avrebbe dato la vita per James!”
“Daphne, ha ucciso Peter e dodici babbani. L’uomo che amavi non è esiste più. Ha mentito Daphne, ha mentito a tutti noi”.
Daphne emise un gemito .“Non è vero… è impossibile.”. Si prese il volto fra le mani e iniziò a singhiozzare sempre più forte. Remus l’osservò. Non aveva mai visto l’amica così provata.
Si accostò a lei e le circondò le spalle con un braccio. “Lo so che è dura da accettare… ma devi andare avanti, Daphne. Non puoi lasciarti sopraffare dallo sconforto. L’uomo che amavi non è esiste più o forse non è nemmeno esistito”.
“No” Daphne scosse la testa e si asciugò le lacrime dal viso. “No” continuò, risoluta.”Non puoi chiedermi questo. Io lo amo! E non posso smettere di amarlo! Non riuscirei mai ad odiarlo. Lui era la mia famiglia, era tutto per me… e lui ha distrutto tutto ciò che rendesse la mia vita degna di essere vissuta. Tuttavia, non posso smettere di amarlo” fece una pausa guardando Remus negli occhi.
“Come… Come si può odiare qualcuno che hai amato per tutta la vita?” fu l’unica cosa che udì il licantropo dire alla donna, con un tono di voce che apparteneva a una sconosciuta.
“Non lo so Daphne, non lo so…” fu tutto quello che l’uomo riuscì a ribattere.

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