L'amore ha due occhi color ghiaccio.

di FuckmeHoran_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5. ***
Capitolo 6: *** capitolo 6. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***


E Londra era gremita di persone anche quando il sole era calato da un bel pezzo. Innamorati che si scambiavano dolci effusioni in un parco alberato; ragazzini che giocavano, seppur stanchi, a pallone tra le grandi distese verdi che vi erano in quella ricca città. Oppure vi erano persone altolocate che giravano per quelle strade in una lussuosa limousine, in cerca di un ristorante chic ancora non provato. Oppure, semplicemente, vi erano persone che tornavano a casa in cerca di amore dopo quella stancante giornata lavorativa. Era un via vai di persone che vivevano la propria vita incuranti di ciò che li circondava.
Perché Londra, effettivamente, era così. Formata da ricche persone, ricche culture, lingue diverse e chi più ne ha più ne metta.
Ma Londra non era tutta rose e fiori. Non era solo ragazzini alle prese con l’amore o adulti troppo stressati dal proprio lavoro. C’erano più e più realtà, che  correvano parallelamente senza mai scontrarsi. E nei pochi casi che succedeva ciò, era uno scompiglio per tutti se non per la natura stessa.

Janet Smith, si ritrovava ancora una volta, per l’ennesima sera, a battere i marciapiedi di quella lussuosissima e ricca città.
Era piccola, aveva dinanzi a se tutta una vita ma quest’ultima era stata fin troppo meschina con lei.
Diciassette anni compiuti da un pezzo e bella come il sole. I suoi capelli ramati facevano invidia al mondo e quegli occhi nocciola erano in netto contrasto con il cielo.
La vita l’aveva costretta a dover indossare delle maschere a seconda del luogo che frequentava e a seconda della gente che vedeva.
Alla luce del sole appariva come una dolce ragazza isolata dal mondo a causa della barriera troppo spessa che si era creata per sfuggire agli scherzi e alle cattiverie che potevano offrirle i suoi coetanei, specialmente quelli dell’istituto che frequentava lei.
Di pomeriggio, quando il sole era a metà asta fra il mondo reale e quello apparente, appariva docile e fragile agli occhi di quell’unica donna che le era rimasta al mondo. Sua nonna. Al quale doveva tutto e niente.
Di notte invece, quando ormai il sole era scomparso per far spazio alla notte buia e densa, lei si trasformava in tutt’altro.  Le bastavano un paio di autoreggenti e una minigonna più corta del previsto a farle cacciare la belva che era in lei. Quella belva che si trasformava in donna, quando faceva del sano e sporco sesso ogni notte con un uomo diverso. E non si preoccupava se ogni notte piangeva, no. Il destino l’aveva scelta per quel compito e come poter cambiare il destino? Dopotutto a lei spettava l’incarico di portar avanti una famiglia. Famiglia formata solo da due componenti, ma pur sempre una famiglia. E non si importava se ogni notte correva il rischio di essere scoperta, picchiata, violentata. Era la sua vita e l’accettava per com’era.
E come cambiare un destino irremovibile?
Come portare il sole dentro una caverna buia e sudicia?
E più volte si ripeteva ciò ma non sapeva mai dare una risposta coerente a quella che sembrava una stupida e banale domanda.
Perché, effettivamente, lei vedeva dinanzi a se solo il buio più totale.
E chi l’avrebbe salvata da tutto quello?
Chi avrebbe avuto il coraggio di farlo?

------Spazio mio-----

Ok, rieccomi qui per l'ennesima volta a rompervi le palle. (?) 
Prometto di portare a termine, questa volta, cio che ho iniziato. 
Avevo in mente questa storia da un po, sinceramente, ma essendo un tema molto forte non avevo
il coraggio  di scriverla, ma poi mi sono decisa. 
Ci tengo a questa storia e spero che vi affezionerete anche voi. 
Non è nulla di speciale questo inizio, ma meglio di niente no? 
Prometto di essere anche più presente, però voglio sapere cosa ne pensate. 
Un bacio. 
-Ter

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***


Camminava tra quei corridoi senza mai, realmente, guardarsi in torno. Quelle mura alte e colorate di un grigio spento, fungevano da carcere per lei e per altri centinai di studenti. Ma non si curava di loro, affatto. Non si curava delle occhiatacce che le rivolgevano di continuo, non si curava delle voci che girava sul suo conto, non si curava dei suoi voti precari e non si preoccupava nemmeno di non aver nessuno con cui parlare o sfogarsi. A lei bastava se stessa, per vivere. E sicuramente sua nonna, che aveva un ruolo dominante nella sua vita. Non a caso era sua mamma, suo padre, suo nonno, sua sorella, sua zia, la sua più  grande amica ma anche la sua più grande nemica.
Janet, non aveva amiche o amici con cui condividere la proprio adolescenza o perché no, anche la sua vita.
Janet non aveva ragazzi che le chiedessero di uscire, poiché secondo lei era troppo poco per quei ragazzoni di quel grande e prestigioso istituto. Ma  lei pareva non importarsene di queste cose oppure trovava, giorno dopo giorno, un modo per sopprimere tutta quella rabbia e quell’angoscia che portava con se costantemente.
D’altra parte anche nella High School vi erano più e  più gruppi. E d’altra parte, come in ogni istituto che si rispetti, c’era  un gruppetto che tutti, compreso i professori, venerava. Un gruppo di ragazzi, amici per la pelle, ammirati e temuti dai ragazzi e venerati dalle ragazze. Ragazze, secondo Janet, che avrebbero fatto di tutto pur di succhiare uno di quei cazzi anche solo per pochi secondi. Non che lei fosse una santarellina, sia chiaro, ma era sempre stata dell’idea che quelle ragazze scopavano per puro divertimento, mentre lei era costretta a farlo. Non si divertiva a battere le strade di Londra, ogni sera.
Quei ragazzi agli occhi di tutti erano irresistibili. Studenti modello, figli che ogni genitore vorrebbe avere, gran bei ragazzi, ricchi sfondati e bravi a letto. Tutti li veneravano, tutti li portavano su un piedistallo d’oro. Tutti, tranne Janet. Tutti tranne lei, perché li vedeva come esseri normali. Con due braccia, due gambe, due occhi, due orecchie. E non c’erano nulla che li differenziava dagli altri coetanei.
Più li guardava , più osservava ciò che la gente avrebbe fatto per loro, e più le veniva il voltastomaco per quella mentalità troppo strana e contorta.
Harry,Niall,Liam,Louis e Zayn. Questi erano i nomi dei ragazzi che facevano, giorno dopo giorno, sognare centinaia di ragazzine.
Diversi fisicamente e anche caratterialmente, tanto che Janet si chiedeva come fossero amici per la pelle.
Ma dopo tutto, sapeva quanto fosse strana la vita.
 
Quelle ore scolastiche passarono velocemente. Ogni tanto volgeva lo sguardo al di fuori della finestra, perdendosi negli angoli più grigi del cielo di Londra coperto costantemente da nuvole. E anche quella mattina, il cielo non prometteva nulla di buono. E lei se ne stava li. Un po’ ad ascoltare quella noiosissima lezione di biologia, un po’ a guardarsi in torno e a squadrare quei visini troppo truccati e perfetti delle sue compagne di classe, e un po’ a vagare con la mente al di fuori della finestra.
-Signorina Smith, credo proprio che lei dovrebbe prestare più attenzione alla lezione se non vuole perdere l’anno, almeno nella mia materia.-  con quelle parole Janet mostrò, finalmente, attenzione alla donna anziana che le si parava dinanzi.
- Ed io credo, signorina Loudht che lei dovrebbe rendere le proprie lezioni più interessanti, perché suvvia non può annoiare costantemente i suoi alunni.- disse quelle  parole quasi senza pensare, ma le uscirono così.
E dopo qualche secondo di sgomento, ciò che si udì dopo furono le urla stranzianti di quella donna e il suo intimare ad abbandonare l’aula. E a salvarla fu solo il suono della campanella che annunciava il terminare di quelle lezioni.
Gli studenti si rovesciarono tutti fuori dalle rispettive aule per correre via e godersi il restante della giornata.
Janet pensava già a come l’avrebbe passate e un senso di nausea le salì alla bocca dello stomaco.
Ogni notte, la solita routine.

-Nonna, sono a casa.-
-Ciao tesoro. Com’è andata oggi a scuola?-
-Solito-

Salì le scale in fretta e furia e si gettò a peso morto sul letto. Era stanca mentalmente e psicologicamente e doveva riposare. Non a caso, si addormentò subito.

A svegliarla fu l’incessante tamburellare della pioggia contro la sua finestra. L’orologio, appeso ad un lato della sua camera ancora buia, segnava le 20.05.
Doveva prepararsi ad affrontare un’altra e lunga notte.
Indossò i suoi soliti abiti che la coprivano ben poco e legò i capelli in modo da lasciare scoperto il suo collo bianco e liscio.
Preparò il suo zainetto e se lo mise in spalla. Era pronta.
Si calò agilmente dalla finestra che dava sul retro e con fare esperto saltò la recinzione e si ritrovò in strada. Cercò di arrivare a destinazione usando le piccole e vecchie stradine di Londra, per non dare troppo nell’occhio. Di tanto in tanto incontrava qualche ubriacone o qualche poco di buono, ma non se ne curava.
Ormai lì, la conoscevano tutti. Si poteva quasi sentire di casa.

-Ti va di scopare, ragazzina?-
Quello era il modo più dolce con cui un uomo la invitava a fare sesso. E lei, anche quella notte non rifiutò l’invito, dopo tutto era il suo mestiere.
Entrò in quell’auto grigia e l’uomo che le si parava dinanzi era un po’ in la con l’età. Una cinquantina d’anni, capelli già caduti da un pezzo e un erezione ben evidente nascosta nei jeans. Appena Janet chiuse la portiera dell’auto e aveva annunciato un –Cominciamo- lui non se l’era fatto ripetere due volte e si era messo a cavalcioni su di lei incominciando a palparle le tette e a strusciare l’erezione contro la sua gamba. Lei, di tutta risposta, decise di liberare quell’uomo da quegli strani che ormai erano di impiccio e cercò di dare piacere come poteva, massaggiando e tastando il membro del suo nuovo amico di giochi. Lui, eccitato forse dalla situazione troppo coinvolgente, insinuò una mano nelle mutande sottili della ragazza massaggiando dapprima la sua intimità, successivamente insinuando all’interno uno,due,tre dita. La ragazza non poté far altro che gemere non per l’eccitazione ma per la frustrazione. E dopo aver preparato la ragazza, l’uomo con poca grazia e senza chiedere un cenno di consenso entrò in lei e iniziò a spingere forte. Delle spinte, che sicuramente non gioivano la ragazza. Delle spinte che erano aggravate dal peso massiccio del corpo dell’uomo su quello esile di lei. E non si preoccupava che poteva schiacciarla, no. Voleva solo soddisfare un suo piacere sessuale, sfruttando quella ragazzina. E magari lui immaginava anche quanti anni potesse avere, ma non se ne interessava. E si sentivano solo i suoi gemiti in quell’auto. E quando arrivò all’apice, dopo minuti di agonia per Janet, lui sussurrò un –Grazie-, la pagò e le intimò di scendere.
Janet corse via da quell’auto ancora mezza nuda e dolorante, e si accasciò sull’asfalto di quella strada sporca della vecchia Londra.
E le lacrime bagnarono il suo volto, ancora.
E mente osservava quell’auto farsi sempre più lontana si interrogava su se stessa e sulla sua vita.
-Ma cosa sto facendo?-

----Spazio mio--- 
Rieccomi con il secondo capitolo.
Come state, donzelle? Io sto benissimo ed è finita la scuola jksdjkf. 
Ok, ritorno seria. 
Premettendo che questo capitolo è uscito come una cacca di cane, ma mi sto attaccando sempre di più
a questa storia. Sia ben chiaro che nulla deve ancora accadere. Siamo solo agli inizi.  
Grazie per le 9 recensioni del capitolo precedente e spero che anche questo avrà 9 e più recensioni.
Un bacio.
-Ter.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. ***


Quella notte sembrava non finire mai. Il sole non si decideva a fare capolino e illuminare, nei casi più fortunati, la vecchia Londra.
Janet era ancora appoggiata sul bordo della strada e di tanto in tanto osservava qualche auto passare con fare naturale, senza curarsi di lei.
Solo quando volse lo sguardo verso l’orologio che aveva al polso, capì di essere in un imminente ritardo.
Raccolse ciò che rimaneva delle sue cose e si mise in cammino verso la sua  abitazione, dove  probabilmente l’anziana donna sonnecchiava ancora.

Il sole aveva già fatto capolino da un pezzo quando lei, dopo una veloce doccia e dopo aver messo qualcosa sotto i denti, uscì di casa diretta verso scuola. Aveva l’abitudine di farsi cullare dalle note di qualche dolce o movimentata canzone, quando si dirigeva da qualche parte. E anche se il tratto da casa sua a scuola non era molto, decise lo stesso di sfilare il suo ipod dalla borsa e attivarlo.
Passarono si e no poche canzoni quando da lontano poté già scorgere quei cancelli alti e neri che delineavano il giardino adiacente alla sua scuola.
Appena vi mise piede all’interno, la campanella segnò l’inizio della prima ora e fiumi di studenti in preda all’ansia per le interrogazioni mattutine, si riversarono all’interno dell’istituto.
Non ci mise molto a recuperare i libri che le servivano per la prima lezione e andare in classe. Non a caso quando varcò la soglia ad aspettarla non fu il professore, che come al solito era in netto ritardo, ma le frequenti occhiatacce dei suoi compagni di corso. E non capiva come mai tutto questo disprezzo verso la sua persona, non capiva affatto i ripetuti e non mancati insulti, ogni giorno. Non aveva fatto nulla di così grave, se non rispondere a tono ad ogni provocazione rivolta a lei. Ed era ciò, in parte, che faceva ribollire rabbia in quei ragazzini che si credevano di saper tutto di tutti e di conoscere la vita come il palmo della loro mano. Ma loro dovevano ancora crescere, dovevano ancora capire quali fossero i veri valori che la vita poteva regalare ma allo stesso  tempo poteva togliere. E questi valori non possono essere equiparati a trucchi, auto, collane, vestiti, scarpe. Affatto. È molto di più. Più di quanto loro pensassero.
Si sedette non curando i continui disprezzi che udiva alle sue spalle, intenta ad ascoltare almeno un quarto della lezione che il professore aveva preparato per quella mattina. Ma non voleva essere presente mentalmente, non ci riusciva. Era troppo stanca per ascoltare quelle inutili parole, e le sue occhiaie ben evidenti ne erano la prova.  Le ore continuavano a passare e la sua stanchezza non diminuiva, anzi aumentava.

Il suono della campanella stridula che annunciava l’inizio della quinta ora era appena suonata e Janet, contenta che fosse l’ultima per quella mattina, si fece spazio fra quella marmaglia di studenti per poter raggiungere l’aula di Chimica e fiondarsi all’ultimo banco, per recuperar per lo meno un po’ di sonno perduto. Dopo aver pestato qualche piede e aver spinto qualcuno raggiunse, con sua grande commozione, l’ultimo banco ancora vuoto, facendovi scivolare sopra i suoi libri. Si sedette con molta calma e dopo aver salutato il professore, che aveva fatto l’ingresso in aula proprio in quel momento, appoggiò la testa sui libri con il desiderio di  poter chiudere gli occhi, anche se per poco. E ci riuscì, sicuramente ci riuscì. Ma le cose belle finiscono, prima o poi e non a caso, fu richiamata all’attenti dal professore accortosi di una Janet non presente mentalmente.
-Signorina Smith ma le pare il momento di dormire? Invece di studiare troppo la notte, si riposi.-
Non ebbe il tempo di replicare a quell’affermazione poco veritiera del suo professore di chimica, che qualcuno o meglio, qualcuna lo fece al posto suo.
-Ma quale studiare prof, lei si diverte ogni sera. Vero Smith?-
E ciò che ne seguì dopo, furono solo le risate di un itera aula.
E lei voleva solo urlare a quella ragazzina del cazzo che lei non si divertiva la notte, come aveva affermato con cattiveria.
Lei non aveva scelto una vita del genere, gliel’avevano affidata.
Lei voleva vivere una vita normale, come tutte quelle della sua età ma non poteva.
Ma le parole le morirono in gola e tutto ciò che seppe fare e alzarsi da quella fottuta sedia e dirigersi a passo spedito verso quell’ochetta. Le tirò un ceffone in pieno viso, che fece zittire tutti i presenti e dopo aver fatto ciò si girò verso il professore, ancora stupito da quel gesto e lo precedette con un –Si, vado in presidenza.- e non a caso abbandonò l’aula nel silenzio più totale. Non sapeva ancora cosa avesse fatto, avendo  compiuto la prima volta un gesto del genere. Ma non se ne pentiva di ciò, anzi.
L’avrebbe fatto più e più volte.

La faccia sconvolta del preside quando Janet, si accomodò su quella poltrona, fu eclatante. Non mancò, sicuramente, la sua prolungata ramanzina ed il suo liquidarla con un –che non ricapiti mai più-, ma poi poté abbandonare quella sala e di certo non avrebbe messo piede nell’aula di Chimica.
I corridoi erano visibilmente vuoti ma si potevano udire, non molto lontani, degli schiamazzi. “I soliti bulli che non entrano a lezione”, pensò Janet. Ma con sua grande sorpresa e agitazione, ad oziare fuori tra i corridoi erano proprio i ragazzi che tutti credevano perfetti. Erano al completo. All’appello non mancava proprio nessuno.
E Janet voleva solo correre lontano e non poter incrociare quegli sguardi così magnetici. Ma ciò non fu possibile e decise di oltrepassarli,a  testa bassa, per poi dirigersi in bagno e chiudersi dentro fino alla fine delle lezioni.
Stava camminando a passo spedito fissando un punto impreciso sullo schermo del suo cellulare, quando qualcuno le toccò la spalla invitandola a voltarsi.
E ciò che si trovò dinanzi era un ricciolino tutto fumo e niente arrosto, come lo aveva definito tempo fa.
-Cosa ci fai sola soletta nei corridoi, ragazzina?-
-Sai che non si saltano le lezioni, Smith?-
Questa volta a parlare fu Malik.
E Janet proprio non poteva tollerarlo. Non dopo all’accaduto di qualche mese prima, dove lui dopo averla usata per piaceri personali, l’abbandonò così senza un motivo.
-Fatti i cazzi tuoi Malik.-
- uuuh –
enfatizzarono in coro, mentre Malik era assorto nel più totale silenzio.
Stava meditando vendetta?
Per non portare quell’incontro ancora sulle lunghe, Janet decise di girare i tacchi e dirigersi, finalmente, nei bagni di quel grande istituto. Ma a bloccarla, questa volta, non furono urla,richiami o quant’altro. Fu un –Puttana- buttato al vento, che la fece irrigidire di colpo. E un qualcosa dentro di lei si ruppe, ma questa volta non reagì.
Non ne era in grado, non di fronte a lui. Eppure era forte lei, ma non adesso.
Si limitò a bloccarsi qualche secondo, forse per metabolizzare l’ennesimo insulto e poi correre via, il più lontano possibile. Ma il rifugio più accogliente che trovò, fu il bagno delle ragazze. Si chiuse all’interno e si lasciò scorrere lungo la parete lurida e sporca. E fu li che cacciò lacrime amare. Lacrime che probabilmente, simboleggiavano settimane di frustrazione e di angoscia. Lacrime che non potevano appartenere ad una ragazzina ancora piccola d’età. E chiuse gli occhi per un minuto e ciò che vide era solo il buio. Ancora.
Silenzio. Vigeva l’assoluto silenzio in quel bagno.
Silenzio che dopo minuti incessanti venne interrotto dall’aprirsi di una porta, da passi veloci e troppo vicini al suo rifugio e dal bussare violentemente contro la porta dove si trovava la ragazza.
-Apri Janet, adesso.-
Con fare minaccioso obbedì alle parole che le aveva detto quel ragazzo. Aprì di colpa la porta e ancora a testa bassa urlò –Cosa cazzo vuoi ancora, Malik?-
Ma quando alzò il capo, voleva scomparire.
Ad aspettarla, sicuramente, non erano due pozzi marroni, non era una pelle ambrata. Era tutt’altro.
“E’ qualcosa di magnifico.” Pensò la giovane ragazza.
-Non sono Malik.-




----Spazio mio----
Eccomi qua jdlksdjk.
Allora premettendo che non so affatto cosa scrivere. 
Quuuuindi, vorrei ringraziare tutte per aver recensito la mia storia e spero
vi piaccia almeno un po. 
Un bacio x 
-Ter

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Capitolo 4
*** Capitolo 4. ***


Erano passate quasi due settimane. Due settimane da quando, quel ragazzo l’aveva attirata in un abbraccio, di cui lei ricordava ancora ogni piccola sfumatura.
Ricordava quelle braccia non troppo grandi che avvolgevano il suo bacino e la stringevano delicatamente, quasi fosse un oggetto delicato in procinto di rompersi.
Ricordava quel fiato sulla sua spalla nuda che le regalò mille brividi. Ricordava quei due pozzi profondi al posto degli occhi, che furono da subito una calamita per quella dolce ragazzina. Ricordava ogni lineamento perfetto o imperfetto che sia, del suo volto. Ricordava quei capelli biondicci – probabilmente tinti- arruffati. Ricordava ogni gesto ed ogni parola non detta. Ricordava, per paura di dimenticare. Ricordava perché ormai, non riceveva un abbraccio così pieno di calore da fin troppo tempo e lui l’attirò a se senza troppi giri di parole o spiegazioni. L’attirò a se perché probabilmente non era capace di vedere sul viso di quella ragazza troppe lacrime. Lacrime causate da un suo caro amico e forse si sentiva  in colpa, anche se la cosa non lo riguardava minimamente.
Era da due settimane che frequentava si e no le lezioni. Un po’ per noia sicuramente ed un po’ per evitare quello sguardo, che di sicuro non era in grado di reggere.
Il ragazzo in questione era Niall. Conosciuto da tutti come uno sciupa femmine. Ma come dare torto a quelle ragazze?
Era di una bellezza folgorante. Ammaliava chiunque con un semplice sorriso. Ma non poteva cedere anche lei, non adesso e non in questa vita.
Non poteva pensarlo quotidianamente. Non poteva farsi giri mentali su come sarebbe stato sfiorare quelle labbra o abbracciarlo di nuovo. Non era giusto e non sarebbe stata coerente con ciò che aveva sempre affermato. Non amava lo stile di vita che conduceva lui. Feste ogni fine settimana, sesso a morire e chi più ne ha più ne metta.
E quindi, se pur di malgrado, era costretta a offuscare dalla mente quegli occhi e quelle braccia. Era costretta ad offuscare lui. Perché aveva la responsabilità di portare avanti una famiglia e non poteva innamorarsi così su due piedi. E lui, non aveva il diritto di comparire così dal nulla e di scompigliare i suoi piani.
Ma si può sopprimere l’amore?
Si possono spezzare le frecce che improvvisamente lancia cupido?

Quella settimana Janet fu costretta a recarsi di nuovo a scuola non perché era costretta o cosa, ma proprio perché non voleva ripetere assolutamente quell’anno.
Quella mattina, dopo aver sopportato ben due ore di storia – e si sa quanto quel professore possa essere noioso alle volte – si recò dalla segretaria di quell’istituto, nonché sua ottima amica.
Era una signora più o meno sulla settantina, con grandi occhi marroni e folti capelli bianchi che una volta erano scuri come la pece. Janet sorrise pensando che la donna assomigliasse in qualche modo anche a sua nonna. In pochi minuti si ritrovò dinanzi al bancone dove di solito lei sbrigava le sue pratiche e non a caso, era indaffarata con una delle iniziative della scuola e non si accorse della figura che era al di la del bancone.
- Signora O’Connell.- -Signora- ripeté più volte.
Solo dopo svariati minuti la donna alzò il capo e con un sorriso sornione salutò quella ragazzina.
- Tesoro, come stai? Come mai da queste parti?-
-Sono passata per sapere se c’erano delle novità, signora.-

La ragazza, di tanto in tanto, si recava da questa donna per sapere se aveva un lavoro disponibile per lei. Sapeva della sua situazione, in parte e quindi si era offerta di aiutarla se poteva. E quindi le consigliava di passare, quando aveva tempo e l’aggiornava se c’erano novità. –Oh vedi ragazza, non mi hanno fatto sapere ancora nulla per il momento.- Si giustificò la donna e Janet non sorpresa da quella risposta, bloccò quel monologo rimanendole il suo indirizzo di casa e il suo numero di cellulare per poi salutarla con un gran sorriso.
Non pretendeva nulla da quella donna.
In verità, non pretendeva nulla da nessuno. Però era curiosa di vedere se la fortuna stesse girando dalla sua parte, almeno per una volta.
E proprio mentre si affrettava ad uscire da quella sala che era gremita di polvere fece un incontro del tutto inaspettato. Beh, inaspettato non proprio visto che era uno studente anche lui di quella scuola e quindi era normalissimo che si incontrassero se pur sporadicamente. E fu allora che dopo un lasso di tempo che sia per la ragazza che per il ragazzo sembrò quasi eterno, i loro sguardi si unirono di nuovo, scrutandosi amabilmente. –Ciao Janet.- le proferì il ragazzo forse facendo trasparire troppo entusiasmo in quella banale frase. Ma lei non rispose a quel saluto. O meglio rispose, ma con semplice cenno della testa.
E il ragazzo si bloccò per  quel comportamento, rimanendo inconsciamente anche deluso.
E la ragazza imprecò contro se stessa per la sua natura surreale nell’allontanare le persone.

Quel tardo pomeriggio,Janet lo passò nel modo più tranquillo possibile. Era solita – quando il tempo permetteva – starsene fuori casa sua seduta su quell’altalena che tanto amava, a pensare o leggere qualcosa di interessante. Quel pomeriggio lo passò facendo entrambe le cose. Sicuramente, più pensare che altro ma quelli erano stupidi dettagli. E il cielo limpido che non era solito a Londra, la aiutava  sicuramente.
Tutto quella dolce riflessione venne interrotta da una figura che salendo i gradoni che portavano all’ingresso, li fece scricchiolare appena. E Janet non potette credere a quella visione. –Sto diventando pazza- penso tra se e se. Ma pazza proprio non era. I suoi occhi vedevano bene e chi si ritrovò davanti era –probabilmente- l’ultima persone che lei avesse voglia di incontrare. Un Niall pensieroso e alquanto imbarazzato a piccoli passi raggiunse la postazione della ragazza e salutandola con un timido –hey- abbassò il capo. E sperava che almeno quella volta la ragazza l’avrebbe risposto perché proprio non poteva reggere un altro rifiuto.
-Cosa ci fai qui? Ma piuttosto come ci sei arrivato?- Janet gli rispose cercando di essere il più fredda e distaccata possibile ma il suo tono di voce la tradì, ancora.
E Niall pensò che non era proprio un saluto quello che le aveva rivolto la ragazza, ma a lui bastava e quindi si fece scappare un sorrisino di soddisfazione.
 –Diciamo che devo un favore alla signora O’Connell.-  si grattò la nuca imbarazzato, -Volevo sapere come stai- continuò titubante.  
-Ma cosa gli stava succedendo?-  pensò ancora Janet, perché proprio non capiva dove fosse finito il Niall sfacciato ed arrogante che vedeva gironzolare per i corridoi.
-Sto bene Niall, davvero.-
-Posso sedermi?- La ragazza annuì e non l’avesse mai fatto.
Quella fu la sua condanna a morte. Perché passò il restante del pomeriggio con quella chioma bionda. E fu contenta del fatto che non parlarono solo della loro vita, ma parlano delle cose più assurde. Proprio come due vecchi amici che conoscono tutto e più dell’altro. E parlarono del piccolo ragno che passeggiava tranquillamente sull’asfalto. Oppure della più importante catena di ristoranti al mondo. E si persero tra mille risate dimenticandosi quasi del mondo.

Solo quando Janet posò distrattamente il suo sguardo sull’orologio che aveva al polso, capii di essere in un fottuto ritardo. E sotto lo sguardo confuso del ragazzo che aveva seguito attentamente ogni mossa della giovane, raccolse le sue cose e si alzò di scatto. Saltò quei gradoni e solo quando si ritrovò in strada capii di averlo lasciato solo, ancora. Allora si voltò nella sua direzione e notò che quei due pozzi erano rivolti verso la sua figura e non poté fare a meno di morire dentro.
Mimò con le labbra uno – scusa- e con un cenno di capo lo salutò. Solo quando si sentì richiamare più volte si voltò e lo vide a pochi passi da lei.
-Dove scappi ancora?- chiese il ragazzo con il respiro irregolare, dovuto probabilmente alla corsetta che aveva fatto poco prima per raggiungere la ragazza.
-Io lavoro, Horan-
-Che lavoro fai? Ti accompagno?-
-Adesso vuoi sapere troppo biondino e no, ci vado da sola.-

E senza troppe spiegazioni o altre parole lo lasciò li.
Ma dopotutto non era del tutto solo. Aveva i pensieri e i ricordi a fargli compagnia.


--------Spazio mio--------
Ok, diciamo che questo capitolo fa cagare le lumache ma fa nulla. 
Anyway vi piace la storia ragazze? -Parlate adesso o tacete per sempre- (?)
Io vi abbandono qui, anche perchè non so mai cosa minchia scrivere 
in questi fottuti spazi. Mi sento quasi una rincoglionita demente. ._.
Ciao bellezze. 
-Ter

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Capitolo 5
*** Capitolo 5. ***


Dopo che Janet scappò via per l’ennesima volta, il ragazzo decise di incamminarsi verso la sua abitazione visto che già sentiva uno stupido brontolio provenire dal suo stomaco. Attraversò il vialetto della sua abitazione ed entrò in essa annunciando un –Sono a casa- per poi sparire lungo le scale. La sua camera era avvolta solo da una piccola luce proveniente dalla lampada che Niall aveva sulla scrivania. Segno che se l’era dimenticata la notte precedente e quindi non era mai stata chiusa. Decise di fare una doccia veloce e di correre giù a cenare per poi coricarsi subito.
Il mattino seguente arrivò in un batter d’occhio e Niall proprio non voleva alzarsi da quel tepore che emanava il suo lenzuolo. Intanto la sveglia continuava a squillare e solo allora il ragazzo decise di alzarsi per metter fine a quel fastidioso rumore. Afferrò dal suo armadio dei semplici indumenti e si diresse in bagno. Dopo un lasso di tempo indefinito – passato sicuramente a profumarsi e aggiustare quei capelli terribili che gli ricadevano sulla fronte- salutò con un bacio sulla guancia la madre e uscì di casa. Fu subito investito da quell’aria fastidiosa che era solita a Londra. Si sfrego le mani per avere un po’ più di calore e in men che non si dica si ritrovò di fronte al cancello dell’istituto. Notò che quasi tutti gli studenti si stavano riversando dentro, segno che la campanella era suonata.
Ma non se ne preoccupò più di tanto e restò ancora qualche minuto fuori scuola a salutare quelle  persone che come lui, non si preoccupavano di poter essere spedite dal preside o di beccarsi l’ennesimo ritardo.

Le ore passavano lentamente e Niall prestava attenzione a tutto fuorché a ciò che usciva dalle labbra del professore che in quel momento era in aula. I suoi pensieri erano popolati per lo più da domande e da immagini. Immagini del pomeriggio passato insieme a quella dolce ragazza, che appariva tutt’altro se non conosciuta. E non sapeva cosa pensare, sinceramente. Su di lei non c’era nulla da dire, anzi. Ma lui proprio non sapeva se ciò che provava per quella ragazza era semplice attrazione fisica – come lo era da un po’ di tempo con tutte le ragazze- oppure andava ben oltre. Di sicuro una cosa era certa; lui non voleva portarsela a letto, almeno non subito. Voleva conoscerla, voleva scoprire cosa ci fosse dietro a quel velo di indifferenza che celava nei suoi occhi.
Era curioso Niall, fin troppo e doveva scoprirlo. E se pur ci avesse impiegato una vita, non importava. Era pronto a tutto, ormai.
- Bro ma che fine hai fatto ieri?!- Esclamò Harry visibilmente preoccupato appoggiandosi, con poca classe, ad un armadietto a caso – eravamo tutti a casa di Zayn e non sapevo come rintracciarti.- continuò ancora.
-Esiste il telefono, Hazza- sogghignò Niall – E comunque ero con un amica.- non fece nemmeno in tempo a concludere la frase che lo accerchiarono Zayn, Liam e Louis. E Niall sperava tanto che non avessero sentito quella conversazione perché proprio non aveva voglia di mettersi a spifferare ciò che aveva fatto il pomeriggio precedente e di conseguenza, ciò che aveva fatto o detto con Janet. Ma a quanto pare, Niall e la fortuna non erano poi grandi amiche.
-Chi amica, piccolo biondino?- e a chiederglielo fu proprio quello sfacciato di Zayn, che per enfatizzare la situazione incominciò a pizzicargli una guancia e a fare facce buffe. –Non la conosci Zayn.- urlò quasi sbuffando – e lasciami la guancia che non sono un bambino.- e si allontanò velocemente da quella zona, imprecando tra se e se.
                                             
                                                                                                               -----------------------


Harry era rimasto ad osservare la scenetta quasi divertito. Era strano che Niall non gli raccontasse  proprio nulla, eppure erano migliori amici da tutta una vita. Ogni cosa si dicevano, anche quella che poteva sembrare la più banale. – c’è qualcosa sotto, sicuramente.- pensò tra se e se il ragazzo prima di ritornare alla realtà.
-A cosa pensi, Harry?!- gli domandò Liam, salutando con un cenno della mano Zayn e Louis che si erano appena allontanati, diretti chissà dove.
-Secondo te, Niall ci nasconde qualcosa?- chiese il riccio rivolto all’amico che aveva già ripreso a camminare tra i corridoi.
-Io non lo so proprio, è pensieroso ultimamente ma gli passerà.- così quel ragazzo dai capelli color miele rassicurò il suo migliore amico per poi salutarlo con un gran sorriso e scappare in classe.
Ed Harry invece rimase li, impalato in quel corridoio sgradevole a pensare a tutto e niente. Voleva sapere e anche subito.
 
Le ultime ore passarono velocemente e come di consuetudine, Harry non ascoltò nemmeno una virgola di ciò che i professori avevano spiegato in quelle ore. Menomale che aveva le capacità per recuperare in un batter d’occhio, anche se la voglia proprio non c’era.
Salutò qualche ochetta che gli ronzava intorno, mentre con il capo si muoveva a destra e a sinistra per scorgere i capelli arruffati e biondi del suo migliore amico.
Harry non vedendolo uscire tra quell’ammasso di studenti, che si affrettavano a raggiungere le rispettive abitazione, decise di avviarsi a casa.
Sicuramente l’avrebbe chiamato nel pomeriggio.
Camminò non molto, prima di arrivare fuori casa sua. Inserì la chiave nella toppa con lentezza e con la stessa calma aprì la porta. La casa era avvolta in un silenzio tombale, segno che sua mamma e sua sorella erano fuori per le rispettive commissioni. Non a caso, trovò attaccato un post-it sul piccolo tavolino che aveva nel soggiorno. “Sono fuori a fare compere, ti ho lasciato il pranzo nel frigo. Ti voglio bene -Mamma.”
Sorrise leggendo quel messaggio e pensò a quanto fosse fortunato ad avere una mamma fantastica come la sua. Insomma, era anche bella.
Si recò al piano di sopra già privo dei suoi indumenti, che aveva lasciato per le scale. Harry amava girare nudo, in qualsiasi luogo potesse. Girare nudi significava essere liberi. Ed Harry amava sfoggiare la libertà che gli era sempre appartenuta, in ogni ambito. E la nudità quindi, potrebbe essere considerata anche una sorta di egocentrismo. Perché si, effettivamente Harry era egocentrico.
Ma non se ne curava più di tanto e sembrava che anche le persone non davano peso a questo suo difetto.
Sempre con tutta la calma del mondo si recò al bagno, dove avrebbe fatto di li a poco una doccia rilassante. Accese il getto  d’acqua della doccia e la lasciò scorrere per qualche minuto, osservandola. Il vapore emanato dall’acqua, forse troppo bollente, incominciava ad arieggiare tra quelle quattro mura, creando una specie di nebbiolina che andava ad intensificarsi. Ed Harry amava quella nebbiolina, come amava rilassarsi sotto il getto d’acqua calda. Si immerse dentro completamente, facendo bagnare da subito i suoi folti ricci che si piegarono alla potenza del getto. Il corpo era scosso da brividi dovuti al cambio di temperatura. Sulla mano destra fece scorrere un liquido azzurrino di bagnoschiuma e incominciò ad insaponarsi il corpo. Partì dalla parte superiore, insaponandosi dapprima le braccia per poi passare al suo ventre piatto e a quegli addominali poco pronunciati. Subito dopo passò alla parte inferiore. Si insaponò l’inguine per poi passare al suo membro. E fu in quel momento che Harry fu assalito da un irrefrenabile voglia di piacere. Si ritrovò a pensare a quanto fosse poco soddisfatto in quel periodo. A quante ragazze erano passate per il suo letto e adesso non sapeva più con chi scopare. Effettivamente, si era fatto tutta la scuola e gran parte delle ragazze che vivevano nei quartieri adiacenti al suo. Qualcuna esclusa, ma solo perché non rientrava nei canoni di Harry Edward Styles. E adesso cosa avrebbe fatto? Sicuramente non ci avrebbe riprovato con quelle con cui aveva già scopato. Affatto. Le donne, secondo lui, erano degli oggetti.  E come tali, non bisognava riprenderle più di una volta sennò si sarebbero montate la testa.
Quello che non voleva Harry. Perché proprio lui, ancora non era pronto per una relazione vera e propria.
Si lasciò cullare ancora qualche minuto dal getto d’acqua e poi uscì definitivamente. Si avvolse un asciugamano intorno alla vita e ancora, con le goccioline che gli ricoprivano il corpo, entrò nella sua stanza e afferrò il cellulare.
Senza pensarci due volte, compose il numero di Niall che rispose quasi subito.
-Grazie per avermi svegliato, coglione.-
-Oh, anche tu mi sei mancato mio piccolo Nialler. Si, la mia giornata sta proseguendo uno spasso e la tua?-

Una risata cristallina arrivò alle orecchie di Harry che sorrise automaticamente. Gli era sempre piaciuto Niall. Per i suoi modi di fare, chiaramente. Era un tipo sempre solare, divertente e soprattutto era un ottimo amico. E poi lui, a differenza degli altri, era un gran gentiluomo quando voleva.
-Allora? Perché mi hai chiamato?-
-Nulla.  Volevo chiederti.. è tutto ok? Ultimamente sei strano.-

Harry giurò di aver sentito Niall sospirare. Ecco, c’era qualcosa che non andava.
-C’è di mezzo una ragazza Harry.-
-Cazzo, non dirmi che l’hai messa incinta.-

Riecco quella risata che Harry tanto amava. Ok, forse aveva detto una cavolata visto che Niall era sempre attento su queste cose. Ma tutto poteva essere no?
-No, Harry. Non ho messo incinta nessuna.-  
Come volevasi dimostrare si era fatto solo dei film mentali degni di premio Oscar. Sospirò quasi di sollievo.
-Solo che.. –
Si strozzò con la sua stessa saliva all’udire di quella frase. Ma voleva sapere e per farlo, doveva invogliare il suo migliore amico a vuotare il sacco.
-Solo che cosa?-
-Oh merda, devo andare ad aiutare mia madre con la spesa. A domani Harry.-

E in un batter d’occhio Harry rimase da solo con ancora il cellulare attaccato all’orecchio. Ma cosa stava succedendo al suo migliore amico? Possibile che non si fidava di lui?
-Vaffanculo- sibilò a denti stretti prima di cadere a peso morto sul letto e cadere in un sonno profondo.

Si svegliò poco dopo l’orario di cena con lo stomaco chiuso ma con una ben evidente erezione da soddisfare. Si sistemò in fretta e uscì di casa senza nemmeno avvertire sua sorella, che era sul divano a fare zapping tra i canali televisivi. Probabilmente si annoiava anche lei, proprio come Harry.
Decise di recarsi in un pub non molto lontano dal suo quartiere, con la speranza di trovare qualche nuova ragazza che gli alleviasse quella tortura ai piani inferiori.
Entrò, senza fare troppo baccano e ordinò un drink a caso. Mentre aspettava che lo servissero, Harry si guardava intorno.
C’erano delle ragazze ben messe, ma per sua sfortuna avevano un accompagnatore.
Ed Harry proprio non voleva fare a pugni quella sera. Voleva solo che gli venisse fatto qualche servizietto, anche breve.
Uscì da quel locale con ancora il broncio e una voglia matta di piacere.
Allora due erano le cose per Harry, quella sera.
O se ne sarebbe tornato a casa e avrebbe soddisfatto le sue voglie, dinanzi ad un film porno.
Oppure, sarebbe andato a puttane.
Andare a puttane? Harry Styles? Mai fino ad allora ci aveva provato e neppure pensato. Per il semplice motivo che aveva avuto a sua disposizione talmente di quelle ragazze, che non ne aveva bisogno. Eppure, il suo cervello in quel preciso istante, gli suggerì che era l’unica soluzione per quella sera. Ed Harry acconsentì. Così a passo svelto si diresse verso quelle stradine di Londra che ospitavano quelle giovani ragazze nella sua stessa situazione, o forse.
Appena arrivò rimase quasi estasiato dalle ragazze che vi erano dinanzi a lui e ci volle molto per scegliere quale fosse quella giusta per quella sera.
Si, perché Harry dopo quella visione si ripromise che non sarebbe stata l’ultima sera.
-Sono in paradiso.- pensò il ragazzo tra se e se prima che la prescelta iniziò a liberarlo da quella terribile agonia.



- Spazio assolutamente mio- 
Tanto per iniziare mi scuso con voi per il ritardo, ma il caldo mi aveva risucchiato le idee. (?)
Premetto che questo capitolo non mi piace per nulla e mi sono sforzata davvero tanto 
per mettere giù qualcosa di decente. So, vi prego di lasciare una recensione e non lasciarmi
 forever alone. Nel prossimo capitolo ci sarà qualcosa di più dnjsjs. Almeno spero. 
Anyway, vi saluto e vi ringrazio. 
Un bacio. 
-Ter 

Se mi volete seguire, questo è il mio twitter: 
https://twitter.com/Ter_Hope_

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Capitolo 6
*** capitolo 6. ***


L’aria era più fredda del solito quella sera e lei proprio non aveva voglia di fare avanti e indietro su quei marciapiedi.
Ma le toccava e afferrando l’occorrente si recò sulla sua postazione.
L’aria gelida le attraversava quei pochi strati che aveva indosso e arrivava rapida alle ossa. Tremava, ma cercava di ricomporsi.
Dopotutto doveva passare una nottata sana lì e non poteva lamentarsi sin dall’inizio. Passavano le ore, e più passavano più in lei aumentava un groppo. Proprio alla bocca dello stomaco. Non sapeva da cosa era causato, magari dalla fame, magari dal freddo o magari dalla stessa ansia. Ma ansia di cosa? Ormai ci aveva fatto quasi l’abitudine. Erano sempre le stesse facce a formare il via vai per quelle luride strade di Londra. Mai qualcuno di nuovo. Mai qualcuno di conoscente. Ed era meglio così, sicuramente.
Anche perché come l’avrebbe spiegato se si fosse trovata dinanzi un suo coetaneo o un suo vicino? Troppo complicato, quindi meglio così. 
E proprio non sapeva cosa le stava succedendo quella sera, ma il troppo freddo le mandò in pappa il cervello.
E per un po’ riuscì a non pensare.

Il suo orologio segnava le 3:14 del mattino. Aveva un gran sonno, Janet. Anche perché quel pomeriggio non potette fare il suo solito sonnellino,  per potersi preparare ad una verifica importante quella settimana.
E quindi, si metteva il freddo, le mani che tremavano, l’ansia, le parole del paragrafo imparato quel pomeriggio e il sonno a farle compagnia. Perché ancora non si era fermato nessuno con l’intento di scopare.
E quasi esultò perchè spogliarsi quella sera era troppo anche per lei, ma come avrebbe fatto il giorno seguente senza soldi?
Passarono altri minuti che lei riempì facendo avanti e indietro e calciando qualche sassolino di tanto in tanto. Poi dei fari la incuriosirono. Un auto che non aveva mai visto nei paragi, accostò poco distante da lei. Qualche turista in cerca di divertimento, magari. Stette a guardare la scena da lontano come se qualcosa la tenesse ipnotizzata. Come se ci fosse qualche particolare che la incuriosisse, ma proprio non capiva cosa fosse. Quando vide scendere da quell’auto un ragazzo di media statura con dei folti capelli ricci, allora tutto si fece più chiaro. E come un lampo, vi si aprì nel suo cervello la porta del terrore. Harry non poteva e non doveva essere li. Se solo l'avesse scoperta, la notizia sarebbe finita sulla bocca di ogni singola persona residente a Londra. E come l’avrebbe spiegato poi? Cosa sarebbe stato di lei? La sua vita a scuola era già così complicata, non ci si poteva mettere anche questo particolare ad infastidirla ulteriormente.
Dopo attimi di esitazione si nascose dietro la corteccia del grande albero a cui era appoggiata, ed osservò tutta la scena da li. Sperava di non esser stata vista, ma non ne poteva essere poi così sicura. Poteva scorgere, anche tra il buio, uno sguardo famelico sul suo volto. Segno che era parecchio eccitato.
D'altronde, la fama di Harry era appunto quella di essersi portata a letto molte donne e di non essersene fatti troppi scrupoli.
Quindi, non si sarebbe dovuto sorprendere più del dovuto.
La macchina partì, diretta chissà dove. Janet tirò un sospiro di sollievo ma non ancora soddisfatta, decise di abbandonare, almeno per quella notte,quel luogo. Anche se questo avrebbe comportato ricevere botte dal suo capo, perché era severamente vietato abbandonare la propria postazione sen non all’alba. Ma non voleva correre altri rischi, quindi si incamminò cautamente verso la sua abitazione.

La sfortuna volle che il cielo di Londra quella mattina dovesse essere coperto da nuvoloni fastidiosi che portavano con se temporali, altrettanto fastidiosi e rumorosi. Di conseguenza, Janet non poté pranzare nel giardino della scuola, dove era solito consumare la sua merenda e passare qualche minuto in completa solitudine, senza gli sguardi famelici dei compagni di corso e gli sguardi cattivi delle sue coetanee.
Sfortuna volle che quindi, dovesse pranzare all’interno della mensa, dove erano riuniti gruppi di ogni genere.
E doveva quindi sopportarsi anche gli sguardi che ogni singolo studente gli rivolgeva.
Sfortuna volle che proprio quel giorno, trovò l’unico e pulito tavolo libero proprio a due passi dal tavolo dei vip.
E ciò comprendeva avere gli occhi puntati di tutti, tra cui Liam, Louis, Zayn, Niall, le oche che li accompagnavano costantemente anche in bagno, ma soprattutto, Harry. Cercò di evitare il suo sguardo in primis. Chissà se l’aveva vista e chissà se l’aveva 
già raccontato agli altri. Questo proprio non lo sapeva e sperava, francamente, di non scoprirlo proprio adesso sotto gli occhi di tutti.
Fortunatamente quella mattina intorno al tavolo vi erano solo Harry e Niall che nonostante tutto la guardavano intensamente e non accennavano a toglierle gli occhi di dosso. Brutto segno Janet, brutto segno.
                                           
                                                                                                             ---

Harry era ancora frastornato, ma comunque eccitato della sera precedente. E adesso si trovava a camminare tra i corridoi della scuola con delle brutte occhiaie che contornavano il viso e un’improvvisa fame che gli attanagliava lo stomaco. Fortuna che era pausa pranzo e quindi si diresse automaticamente in mensa e cercò con lo sguardo il suo tavolo dove era seduto solo Niall intento già ad ingozzarsi.
Prese il suo vassoio e si recò dal suo amico che ancora non aveva notato la sua presenza in mensa.
-Ciao Niall.- lui rispose con un mugolio e un cenno del capo.
Si guardò un po’ intorno e notò che proprio a pochi passi da loro c’era quella ragazzina con cui era stato Zayn. Janet, si.
Le rivolse uno sguardo distratto e poi tornò a concentrarsi sul suo pranzo. – allora amico, come stai?-
-tutto bene-  rispose atono Niall. Ma cosa cavolo gli stava succedendo?
-Oh cavolo Niall, basta. Dimmi cosa succede e facciamola finita.-
Solo allora Niall decise di alzare la testa e di prestare finalmente attenzione al suo migliore amico che lo stava incenerendo con gli occhi.
– c’è di mezzo questa ragazza e allora?- continuò poi Harry incitando l’amico a parlare.
- si, c’è di mezzo questa ragazza solo che è un po’ complicato. Tutto qui.-
-Oh andiamo, tu sei Niall Horan. Da quando sono complicate per te le ragazze?-
Niall arrossì di botto. Per quanto potesse essere puttaniere aveva sempre avuto un cuore tenero e si era sempre distinto dagli altri per la sua dolcezza.
-Chi è questa?-
Niall non rispose alla domanda ma si limitò a volgere lo sguardo dinanzi a se, puntando gli occhi sulla figura di Janet.
Solo allora Harry capì e si irrigidì di colpo. –non dirmi che è Janet, ti prego. –
Niall oscillò il capo su e giù per confermare l’ipotesi dell’amico ed Harry si portò una mano alla fronte.
Tutti sapevano quanto fosse geloso Zayn delle sue prede.
Se aveva toccato una ragazza prima di tutti, nessuno, soprattutto i suoi amici, dovevano avvicinarsi a lei. Era una sua idea e loro la accettavano perché infondo si conoscevano da una vita e si volevano bene.
Ed Harry sapeva che sarebbe successo il finimondo  se solo Zayn l’avesse saputo.
– cosa hai intenzione di fare?- si limitò a dire all’amico che ancora non aveva tolto gli occhi di dosso alla ragazza, che di sicuro si era accorta di loro.
– non lo so- rispose affranto.
Harry odiava vedere qualche suo caro amico così. Soprattutto Niall che amava incondizionatamente.
–valle vicino e invitala ad uscire- per Harry era l’unica soluzione. O dentro o fuori.
Al diavolo ciò che sarebbe successo con Zayn, ma se le piaceva perché opprimere quel sentimento?
-cosa?- Niall era palesemente sconcertato da quello che aveva appena detto l’amico ed anche se aveva capito perfettamente ciò che aveva detto, volle farselo ripetere per sicurezza.
-Hai capito quello che ho detto. Vai da lei e invitala ad uscire- Harry prese la mela che aveva nel vassoio e l’addentò –Cristo Niall, da quando ti fai questi problemi?- continuò poi, sputacchiando di qua e di la pezzi di mela che ancora stava masticando.
Niall assunse un espressione disgustata e poi disse –Sei disgustoso, bleh- Harry rise e poi Niall continuò – e comunque, ho paura solo della reazione di Zayn e di perdere la sua fiducia. -
-lui capirà, ti vuole bene.-
-dici?-
In Niall si accese una piccola speranza.
Certo, non era innamorato di quella ragazza ma comunque gli interessava e voleva provarci e quindi, sentirsi incoraggiare era sempre un punto in più. Harry prontamente annuì. Niall si alzò e con fare teatrale disse –vado da lei-
Harry rise non poco vedendo l’espressione che aveva assunto l’amico per smuovere la tensione creata e spostato lo sguardo verso il tavolo dove prima era seduta la ragazza disse –credo che dovresti cercarla amico, è andata via.-
Detto questo, Niall annuì e corse via in un batter baleno. Ah, l’amore.

                                                                                                       ---
                    
Niall fissò l’orologio ‘Ancora 15 minuti, ce la farò’.
Si ritrovò a girare per i corridoi di tutta la scuola. Corridoi che probabilmente non aveva mai visto in vita sua.
Si fermò poggiando la mano vicino ad un armadietto qualsiasi, chinandosi su se stesso per riprendere fiato.
Doveva trovarla velocemente, sennò la sua buona volontà sarebbe andata a farsi benedire.
Adesso gli rimaneva solo un altro posto da controllare. Il suo armadietto. Beh di sicuro doveva essere lì, per forza.
Si recò –sempre correndo- al suo armadietto e quasi come un miraggio la vide lì, seduta a gambe incrociate mentre sfogliava un libro di testo. Senza troppi giri di parole gli si avvicinò a passo felpato e chinandosi su di lei le disse –vuoi uscire con me?- tutto d’un fiato.
Lei alzò il viso sconcertata. Mai in tanti anni della sua vita aveva avuto una richiesta così insolita.
Fissò per qualche secondo il viso di Niall che era a poca distanza dal suo e senti un leggero – ti prego – che Niall aveva sussurrato probabilmente a se stesso ma che lei aveva comunque sentito.
Janet quasi si intenerì, ma non poteva uscire con lui. Non poteva, anche se ogni cellula le stava urlando di dirgli di si ed anche in fretta.
Non poteva giocare così con il fuoco e non poteva mettersi così in luce.
Dopotutto era sicura di una cosa.
Lui le stava chiedendo di uscire solo perché Harry gli aveva raccontato della notte precedente e non perché lo volesse davvero.
-No Niall, non posso.- disse poco convinta perché il suo tono di voce la tradì.
Proprio in quel momento suonò la campanella che segnava il riavvio delle lezioni.
Stettero lì, ancora qualche secondo a fissarsi imbambolati.
Janet si alzò, raccogliendo i suoi libri e dopo aver sussurrato un –mi dispiace- se ne andò via, sicuramente in classe.
E Niall rimase da solo, ancora una volta.
Quella ragazza aveva la capacità di sconvolgere ogni cosa e di fargli provare la prima volta in tutto.
Perché dopotutto quella era stata la prima volta che Niall James Horan veniva rifiutato da una donna.
–dannazione- tirò un pugno all’armadietto, facendo girare i pochi ritardatari nei corridoi, per poi andare via. 






-spazio mio- 
lalal, eccomi qua.  
Ok, molte di voi sicuramente pensavano di essersi liberate di me ma non è così. 
Io sono sempre qui ad osservarvi, ricordatelo °-° HAHAHAH
coomunque, mi scuso per aver ritardato per il capitolo ma non avevo proprio 
voglia di scrivere. sono molto pigra, amatemi lo stesso. (?)
altra cosa, ho cambiato carattere alla scrittura perchè quello ormai mi dava noia. 
ok, credo sia tutto. 
recensite in tante, vi prego. E' davvero molto importante per me. 
Un bacio jdskljfsdx
-Ter

#foreveralone

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Capitolo 7
*** Capitolo 7. ***


-dai amico, ti devo battere ancora?- urlò eccitato Liam a Louis che di rimando abbasso il capo e mise su un finto broncio. Era tipico dei loro pomeriggi passati insieme quando il tempo a Londra non permetteva una sana partita di calcio. E ovviamente loro, per ammazzare il tempo, si riunivano a casa di qualcuno –solitamente a casa di Harry- muniti di videogiochi e di popcorn e tanto buonumore. E ovviamente finiva sempre con un Louis imbronciato e un Liam contento delle sue innumerevoli vittorie.
-Niall puoi venire ad aiutarmi in cucina?- Harry chiese gentilmente a Niall, anche se il suo intento non era proprio quello di mettere dei popcorn in pentola. Niall senza obbiezioni seguì l’amico velocemente in cucina e si chiuse la porta alle spalle.
Harry si sedette sul ripiano della cucina e Niall lo guardò stranito pensando che i popcorn non si sarebbero cucinati da soli.
–allora?- disse Harry tutto d’un tratto.
–allora cosa?- rispose Niall alzando un sopracciglio. Non sapeva proprio dove volesse andare a parare l’amico.
-allora com’è andata con Janet? Cioè che ti ha risposto?- chiese ingenuamente Harry facendo oscillare di qua e di la le gambe.
–No-
- perché non vuoi dirmelo? Sono il tuo migliore amico, ti ricordo-
-ma cosa hai capito? No. Mi ha detto di no-

Ed Harry rimase letteralmente spiazzato. Insomma, era Niall Horan e mai nessuna ragazza sana di mente aveva rifiutato un suo invito. Anzi, c’erano ragazze che probabilmente avrebbero pagato per passare una sera insieme a lui. Insomma, aveva tutto.
Ma non poteva mollare al primo tentativo, sarebbe stata una vera e propria umiliazione.
Così andò incontro all’amico e gli cinse la vita con un braccio.
–ci proverai ancora, vero?- Niall annuì prontamente e appoggiò la fronte sulla spalla del suo migliore amico. Era turbato ed Harry lo poteva sentire anche da come si muoveva. Lo conosceva forse più di quanto lui conoscesse se stesso ed era capace di decifrare ogni sua mossa, ogni sua parola ed ogni suo sguardo. Stettero così ancora per qualche minuto poi Harry decise di rompere il silenzio.
–cosa dirai a Zayn?- gli disse strofinando la sua mano lungo tutta la sua schiena.
Un segno di conforto, diciamo. Per ribadire il fatto che lui ci sarebbe sempre stato, nonostante tutto.
-cosa dovete dirmi?- entrambi spalancarono gli occhi all’udire di quella voce.
Si staccarono velocemente e cercarono di assumere delle posizioni calme e mentalmente cercavano delle scuse plausibili.
-ehm..- sussurrò Niall – il fatto è che sono finiti i popcorn e non sapevamo come dirtelo- abbozzò un sorriso e Harry trattenne il fiato, sperando che l’amico si sarebbe bevuto questa colossale stronzata. Dio, Niall poteva inventare una scusa migliore. –oh..- sussurrò Zayn scrutando i due amici come se fosse in cerca di qualcosa –non fa nulla ragazzi, non avevo tanta fame io. Piuttosto adesso ve la vedrete con Louis- detto questo scoppiò a ridere divertito e i due tirarono un sospiro di sollievo.
L’avevano scampato, almeno per questa volta.
–comunque.. – continuò Zayn sedendosi sul ripiano della cucina dove prima era seduto Harry – questo fine settimana c’è una festa organizzata dalla nuova arrivata. Allison, mi pare. Dicono che sia molto ricca e comunque è bona.- 
- festa? Mh interessante-
rispose Harry affiancando l’amico. –possiamo portare chiunque?- domandò posando gli occhi sulla figura di Niall. Aveva fatto quella domanda con l’intento di aiutare l’amico. Sperava solo che Niall avesse afferrato il concetto. 
–si, credo di si. Insomma sarà pieno di belle donne ma se proprio vuoi portare qualcuna Hazza, puoi farlo.- Zayn spintonò di poco il riccio facendo un risolino divertito.
–bene- proferì Harry non staccando gli occhi di dosso a Niall che aveva captato al volo l’idea dell’amico.

Erano passate si e no due ore da quando i ragazzi avevano lasciato casa Styles lasciando un Harry disteso sul suo letto con solo indosso i suoi amati box Calvin Klein e intento a fissare il soffitto. La sua sveglia portava le 21.36 esatte e lui non aveva così tanta fame ne aveva il bisogno di dormire. Un’idea gli balenò la mente. Aveva bisogno di una sana scopata, si. E quale posto migliore se non quello che aveva frequentato per la prima volta?
Si vestì velocemente, recuperò un po’ di spicci, le chiavi della sua BMW metallizzata e sfrecciò per le strade di Londra.
Dopo quasi quindici minuti di viaggio si ritrovò in quelle strade isolate della vecchia città, affollate da prostitute. Parcheggiò non molto lontano e si avvicinò ad una delle prime donne che gli si presentavano a tiro. Non era importante per lui se fosse vecchia, giovane, mora o rossa. Aveva un grossa erezione tra le gambe che chiedeva pietà. Così prese per mano una delle donne e la trascinò via –quasi di peso visto che lei camminava piano per via dei trampoli rossi che aveva al piede – e la portò in un boschetto poco lontano attrezzato di panchine, giostrine e cose varie. Incominciò a baciarla. Un bacio che di casto aveva ben poco, facendo scorrere le mani su tutta la figura, cercando di toccare più pelle possibile. Si sfilò la giacca e mentre lei prese a giocare con i bottoni della sua camicia, Harry incominciò a palpargli il sedere. L’erezione pregava di essere liberata e quindi Harry stanco di quei giochetti, si tolse con forza la camicia, facendo saltare qua e la anche qualche bottone. La ragazza ridacchiò a quel gesto e capendo le intenzioni del ragazzo incominciò a strofinare le dita sopra la sua erezione ancora coperta dalla stoffa dei pantaloni. Harry tirò via il corpetto che aveva indosso la bionda mostrando quel seno sodo e probabilmente rifatto. Prese a leccarlo lasciando morsi qui e li e con una mano prese il capezzolo destro con l’intento di farlo inturgidire. Dalle labbra della ragazza fuoriuscì un gemito di piacere e stanca anche lei di quei giochetti decise di liberare ormai la dolente erezione di Harry per donargli piacere. Sfilò insieme pantaloni e mutande e rimase estasiata dalla lunghezza della sua erezione. Quando prese a fare su e giù con la mano, Harry gettò la testa indietro ansimando. La ragazza sussultò quando senti la mano di Harry spostarsi dai suoi seni alla sua intimità, intrufolandosi rapidamente all’interno senza troppi giri di parole. Stavano arrivando entrambi all’apice quando Harry si sfilò pantaloni e mutande facendo lo stesso con quelli della ragazza e la spinse per terra accasciandosi su di lei. Prese a fare un movimento circolatorio facendo scontrare le due intimità. Poi, senza preavviso entrò in lei. La ragazza gridò per il piacere e allacciò le gambe intorno al bacino del ragazzo come per richiedere di più. Ovviamente Harry non se lo fece ripete più volte e accontentò la ragazza incominciando a spingere forte da subito dentro di lei. Non ci mise molto ad arrivare all’apice portando con se la ragazza che per il piacere affondo le unghie sul collo del giovane. Quest’ultimo si accasciò su di lei e dopo che il suo battito divenne regolare si rivestì velocemente, lasciò i soldi alla ragazza e senza nemmeno un misero ‘ciao’ o un misero ‘grazie’ la lasciò li, ancora distesa per terra.  Anche quella sera era rimasto soddisfatto. E insomma, una scopata fa sempre bene.
Era intento a raggiungere la sua amata auto per far ritorno a casa, quando una situazione non gradevole gli si presentò agli occhi.
Una ragazza piegata in due e un uomo dinanzi a lei che le spegneva la sigaretta sulla mano.
Harry non le reggeva queste cose. Ma dopotutto, chi avrebbe mai avuto il coraggio di fare una cosa del genere?
Si incamminò a passo spedito verso i due, deciso sul da farsi. Ma proprio quando era a pochi passi da loro, l’uomo fuggì via.
-Ehy, dove cazzo scappi?- si lasciò sfuggire Harry con voce troppo alta.
Decise di lasciar perdere quel figlio di puttana e di occuparsi di quella ragazza, che sicuramente aveva bisogno di più attenzioni.
Si avvicinò cautamente, aveva paura di spaventarla o cosa. –ehy- disse Harry poggiandole una mano sulla spalla. Aveva i capelli che le coprivano il viso e quest’ultimo era inclinato dalla parte opposta a dov’era Harry. Quando la ragazza sentì il calore delle braccia di Harry sempre più vicine incominciò a dimenarsi e senza dire nulla –coprendosi sempre il viso- scappò via, correndo dalla parte opposta a dov’era andato l’uomo. Harry, quindi, rimase li da solo con ancora le braccia divaricante e sconcertato da quello che aveva appena fatto la ragazza. Ma cosa l’era preso? Lui voleva solo aiutarla.
Dopo una scrollata di spalle decise che era giunto il momento di tornare a casa, come se nulla fosse successo.
Come se tutto di quella sera si fosse cancellato del tutto.. scopata, ragazza e sigaretta compresa.

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La serata era incominciata nel peggiore dei modi. Si era avvicinato un vecchio tirchio che l’aveva praticamente costretta ad un servizio mezzo completo ad un prezzo praticamente stracciato. Ma è possibile che solo a lei  capitavano questi tipi?
Era ancora molto presto quando Asia, una ragazza di origini italiane le aveva riferito che il capo voleva parlarle.
Subito il terrore si impossessò di Janet. Fred, il capo di quelle ragazze, era le orecchie e gli occhi di quel posto.
Quindi sapeva tutto e non gli sfuggiva assolutamente nulla.
Janet si recò nel punto che le aveva riferito Asia e come di previsto trovò Fred intento a giocare con un accendino. Sicuramente aspettava la ragazza. Lei si avvicinò a passo lento, cercando una scusa che lo convincesse al massimo. Ma in quel momento il suo cervello era come vuoto. Non sapeva quello che fare e quello che doveva dire.
–Ciao Jan- disse lui ancora con il volto abbassato. Probabilmente l’aveva sentita arrivare.
–Ciao Fred- sussurrò lei con un tremolino nella voce.
Lui se ne accorse e sorrise beffardo. –sai..- cominciò lui, alzando finalmente il capo e lasciando vedere quei suoi occhi neri come la pece che terrorizzavano Janet. –un uccellino mi ha detto che l’altra notte sei scappata via, lasciando quindi il lavoro a metà- sfilò una pacchetto di sigarette nella tasca dei jeans, ne prese una e se la porto alla bocca, accendendola. Janet annuì flebilmente e lui fece qualche tiro prima di riprendere a parlare. –vedi Jan, io ti ho a cuore, proprio come ho a cuore le altre. Ma mai nessuna ha disubbidito ad un mio ordine. Mai prima d’ora.- ancora un tiro e Janet dentro si sentiva morire.
Aveva paura, troppa.
–io..- iniziò Janet, ma Fred la stoppò con un gesto della mano.
–dammi una buona ragione, Jan- la ragazza tentennò qualche secondo. Non sapeva quello che doveva dire. Le era praticamente andata in pappa il cervello ed ogni frase di senso compiuto che avrebbe voluto formulare, le si fermava in gola. Ostacolata da non si sa cosa. Quindi la ragazza si limitò a non rispondere. A rimanere ferma li, inchioda a fissare quella figura mostruosa dinanzi a se. Ma quella fu la scelta meno saggia perché un colpo le arrivò dritto allo stomaco.
Lei non poté fare altro che piegarsi in due dal dolore, portando una mano al ventre e l’altra sul terreno.
–non bisogna stare mai zitti, ricorda e comunque per questa volta te la passo ma fa che non ricapiti mai più.-  fece un ultimo tiro e poi si accovacciò per spegnere la sua lurida sigaretta sulla mano della ragazza che sentì un dolore atroce.  Fred rimase ancora qualche secondo a fissare la ragazza ma poi scorse in lontananza una figura che veniva verso di loro e allora incominciò a correre via.
Janet sentì solo in lontananza un -Ehy, dove cazzo scappi?- e questo le bastò per capire a chi appartenesse quella vispa vocina.
Era nella merda fino al collo, se lo sentiva, ma il dolore era troppo per correre. Quindi si limitò a girare il capo e coprire il viso con i capelli, sperando in un miracolo. Sentiva i passi sempre più vicini e questo la preoccupava sempre di più. Poi il ragazzo le mise una mano sulla spalla dicendole – hey- e lei non rispose nemmeno a quello. Solo quando sentì le braccia del ragazzo sempre più vicine, raccolse tutte le sue forze e prese a correre più che poteva. Non poteva essere scoperta, non adesso e non da Harry.
Arrivò di corsa a casa, senza mai fermarsi e per paura che qualcuno potesse seguirla.
Aprì la porta velocemente e quando la richiuse si lasciò trascinare giù.
Era stanca morta. Stanca di tutto ciò che le stava succedendo.
Stanca soprattutto psicologicamente.
Ma era ciò che aveva scelto e senza altri ripensamenti si trascinò fino al suo letto, dove cadde in un sonno profondo.
                                       
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 Qualche giorno dopo
                                        
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Erano passati due giorni da quando Zayn avvisò i suoi migliori amici della mega festa.
Ed erano passati esattamente due giorni da quando Niall aveva ricevuto il due di picche da Janet.
Non si vedeva più a scuola e anche in quei pochi corsi che loro avevano in comune lei era assente.
Niall era abbastanza preoccupato perché Janet non aveva mai saltato per troppo tempo le lezioni, se non per casi gravissimi. E quindi decise che il pomeriggio le avrebbe fatto visita. Ormai sapeva la strada di casa sua a memoria e aveva fatto amicizia anche con qualche vicino.
La sua giornata scolastica passò velocemente e all’uscita si diresse direttamente a casa di Janet, senza fermarsi a parlare con nessuno e senza perdere altro tempo. Tanto che non ebbe nemmeno il tempo di avvertire Harry su dove sarebbe andato dopo scuola.
In un batter d’occhio si ritrovo fuori casa della giovane e dopo qualche attimo di esitazione si decise a bussare.
Ad aprirlo fu una donna bassina con dei capelli riccioluti e bianchi.
Il suo taglio d’occhi era simile a quello di Janet e questo fece sorridere Niall.
-chi cerchi figliolo?- gli disse cordiale la donna.
-sono un amico di Janet, per caso è in casa?-
-ma certo. Secondo piano, la prima porta a destra.-
la donna si spostò dall’uscio della porta, permettendo Niall di entrare.
Gli indicò le scale e lui titubante incominciò a salire.
–come ti chiami, figliolo?-
-Niall, signora. Io sono Niall.-
rispose cordialmente il piccolo biondino che era affascinato dalla tranquillità che gli trasmetteva quella donna. Finite le scale si trovo subito di fronte a quella che doveva essere la camera di Janet. Non sapeva quello che doveva fare. Una parte di lui gli diceva di spalancare quella benedetta porta e di baciarla fino allo sfinimento. Un’altra parte gli diceva che forse era meglio filarsela a gambe levate. Fortunatamente non diede ascolto a nessuna delle parti ma comunque bussò alla porta.
–avanti- urlò Janet che probabilmente pensava fosse sua nonna.
La trovò distesa a pancia in giù mentre leggeva un libro. Per Niall era così bella quando era assorta.
La ragazza si girò verso la porta con un sorriso. Sorriso che tramutò in un espressione stupita quando vide Niall sull’uscio tutto rosso in viso.
-Niall che ci fai qui?- gracchiò con la voce Janet prima di ricomporsi e di assumere una posizione e un aspetto decente.
-volevo sapere come stavi.. è da tempo che non ti vedo a lezione-
-ehm, Niall sono passati solo due giorni-
sorrise lei e Niall andò più a fuoco.
Calò un silenzio imbarazzante nella camera.
-siediti qui, biondino- scherzò lei facendo posto al ragazzo sul letto. Lui sorrise, gli piaceva quando prendeva lei l’iniziativa e decise di sedersi. Passarono le prime ore a ridere e a scherzare come se fossero vecchi conoscenti. A spettegolare delle ragazze a scuola e del loro modo di conciarsi.
Si era quasi fatta ora di tornare a casa e Niall decise che era il momento di invitarla alla festa.
–vedi Jan..- cominciò Niall con voce insicura –ho sentito dire che questo fine settimana la nuova ragazza di cui non ricordo il nome, ha organizzato una festa a casa sua.- Niall continuava a torturarsi le mani – e mi chiedevo se ti andrebbe di venire con me- quest’ultima frase la disse tutta d’un fiato.  
–Niall io..- la ragazza voleva ribattere ma Niall fu più veloce di lei.
–no ti prego Jan, non rispondermi adesso. Pensaci e poi ne riparliamo. Ti va?-
la ragazza annuì anche se incerta ma comunque felice.
Lui annunciò che si era fatta ora di tornare a casa e quindi scesero insieme fino all’ingresso.
Niall salutò gentilmente la vecchia donna che era in cucina a guardare uno di quei noiosi documentari e poi si recò all’ingresso.
-sono stata bene con te oggi- disse Jan rossa in viso.
-anche io Jan, davvero- sorrise Niall e prima di andare via le stampò un bacio sulla guancia.
Per la prima volta se ne andò da quella casa con il sorriso sulle labbra.
Non era ancora sicuro che sarebbe andato alla festa con lei, ma avevano fatto un passo avanti e lui ne era contento.





-spazio mio-

*il mio cervello va in fumo*
fialmente ho finito questo dannato capitolo.
sono a lavorarci dalle 15.00 e vi giuro che il mio cervello e i miei
occhi chiedono pietà. spero davvero che vi piaccia senno mi uccido.
*boom*
anyway, vi ringrazio per le recensioni. per i complimenti, per tutto.
siete davvero fantastiche.
un bacio graaaaaaaandissimo.
-Ter

Niall, ti amo davvero tanto.

#foreveralone 

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