Life couldn't get better

di InstantDayDream
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Same Sky ***
Capitolo 2: *** Surrender ***
Capitolo 3: *** Wind of change ***
Capitolo 4: *** Hard Times ***
Capitolo 5: *** Under the sea ***
Capitolo 6: *** Keep calm and... ***
Capitolo 7: *** Fighting! ***
Capitolo 8: *** Breathe Easy ***
Capitolo 9: *** Like a candle in the rain ***
Capitolo 10: *** Butterfly ***
Capitolo 11: *** Runaway ***
Capitolo 12: *** Meg ***
Capitolo 13: *** Labyrinth ***



Capitolo 1
*** Same Sky ***


1. Same Sky




«David sei uno stronzo!» esclamai, riattaccando il telefono senza preoccuparmi di attendere che lui potesse rispondermi.
Senza degnare di uno sguardo le anziane signore che avevo scandalizzato con la mia finezza, o le mie urla, o entrambe, mi diressi fuori dal parco, verso la zona dei taxi. Anche se il sole era coperto quel giorno, mi calai gli occhiali scuri sul naso, giusto per evitare di fulminare con lo sguardo gente del tutto innocente che, in quel momento, non stava facendo assolutamente niente per meritarsi un'occhiataccia. Quando ero partita da Los Angeles gli accordi erano che sarei andata a Seoul, avrei incontrato il manager dell'attore a cui David stava puntando cercando di raggiungere un accordo ragionevole, dopo di che me ne sarei tornata in America e avrei curato tutti i dettagli tecnici del film. Adesso mi chiamava per dirmi che sarei dovuta rimanere in Corea per tre settimane, perchè dovevo anche fare il giro di tutti i possibili set che aveva messo in lista. Aveva detto che lo avrebbe fatto lui, mentre io mi occupavo della produzione da casa. Ma ovviamente dovevo sospettare che fosse troppo bello per essere vero.
Nei quattro anni passati alla Paramount avevo imparato due cose: uno, quando ti offrono quella che sembra essere l'opportunità di una vita dietro c'è sicuramente una fregatura e due, se dopo la fregatura credevi non potesse andarti peggio, ricrediti. Dopo essermi laureata alla Scuola di Cinema Indipendente di Atene sapevo che non avrei mai fatto una gran carriera in Grecia, per questo avevo accettato al volo l'offerta di uno stage di un anno alla Paramount. Passai 365 giorni a portare il caffè ai dipendenti, ma alla fine David, uno dei registi, decise di assumermi come assistente. Di tutti gli stagisti ero l'unica che non si era mai lamentata del suo lavoro, motivo per cui ero l'unica che aveva resistito fino alla fine. L'unica cosa che era cambiata nel primo anno da dipendente fu che venivo pagata per portarli i caffè. Una specie di cameriera ben retribuita. Poi David si accorse che il mio stipendio era esagerato per andare in giro per gli uffici con bicchieri di starbucks e cominciai a fare la sua portaborse, andando a distribuire cose ai quattro angoli del globo ed occupandomi di tutti quei dettagli noiosi che lui non aveva alcuna voglia di sbrigare. Inutile dire che stavo ancora aspettando il momento in cui mi avrebbe autorizzato a stare dietro ad una macchina da presa.
Salii sul primo taxi libero e gli detti un biglietto dove c'era scritto il nome e l'indirizzo del posto dove sarei dovuta andare ad incontrarmi con questo fantomatico manager. La receptionist dell'hotel me lo aveva letto circa dodici volte e, alla fine, ero riuscita a capire come si pronunciava o, in ogni caso, quello che dicevo io somigliava molto a quello che diceva lei, ma avevo troppa paura di trovarmi in un sobborgo sperduto della capitale perchè avevo pronunciato una "V" al posto di una "B" o qualcosa del genere, per azzardarmi a dire io la mia destinazione. Mentre la macchina si infilava nel traffico del primo pomeriggio, colsi l'occasione per osservare quella città. A tratti poteva sembrare simile a Los Angeles, ma era in qualche modo più calma e colorata, di primo impatto mi aveva trasmesso una sensazione di notevole sicurezza. Poi avevo posato lo sguardo sul primo cartello scritto in un modo a me incomprensibile e avevo cominciato a sentirmi soffocata. Mi terrorizzava non riuscire a leggere una parola di quello che vedevo, non potevo capire i nomi delle strade, nè tantomeno leggere una mappa....poteva sembrare stupido, ma essere completamente disorientata mi faceva sentire vulnerabile. Così Seoul era finita in fondo alla lista di posti dove mi sarei voluta fermare e, invece, mi trovavo bloccata lì. Ma questa volta David non l'avrebbe passata liscia, ero stanca delle sue continue trovate per allontanarmi da Los Angeles ed avere un ottima scusa per non farmi fare niente.
Mentre immaginavo varie punizioni -che andavano dal lassativo nel caffè alle torture medievali- il taxi raggiunse la nostra destinazione. Il palazzo dove si trovava l'agenzia aveva un aspetto talmente banale che, all'inizio, mi ero convinta che fossimo fermi semplicemente a causa di un altro semaforo rosso. Quando l'autista cominciò a gesticolare mi resi conto che quel casermone color crema, talmente anonimo da sembrare un magazzino, era la mia destinazione. Tirai fuori una banconota dal portafoglio ed uscii dall'auto, senza aspettare che mi desse il resto. Le mie spese erano a carico della Paramount e, in quel momento, desideravo far spendere a David quanto più possibile. Mi diressi con espressione scettica verso la porta a vetri dell'ingresso e, dopo aver guardato dentro per qualche istante, la spinsi per poter entrare. All'interno l'ambiente migliorava parecchio.
Raggiunsi la ragazza alla reception, che mi guardò con un sorriso gentile e cominciò a blaterare qualcosa in coreano di cui non capii assolutamente nulla.
«Ehm, si salve.» dissi, in inglese « Sono Athanasia Chronis, avevo un appuntamento con...» già, con chi? Inutile dire che non mi ricordavo il nome del manager.
Per l'ennesima volta nella giornata estrassi un biglietto e lo passai alla persona interessata, in modo che potesse leggere.
«Per cosa, signorina?» mi chiese
«Dovevamo discutere di un contratto...mi manda la Paramount Pictures»
Senza fare ulteriori domande prese il telefono e cominciò a chiamare qualcuno. Non capii assolutamente niente della conversazione che seguì, a parte il mio nome, ma fortunatamente non durò a lungo.
«La stanno aspettando. Terzo piano, seconda porta sulla sinistra»
«Grazie mille»
Mi diressi verso gli ascensori guardandomi attorno: le pareti di quel posto erano tappezzate dagli artisti che erano tenuti sotto contratto dall'agenzia. Erano tantissimi, molti di più di quanti non potessi immaginare. Chissà quale tra tutti quei ragazzi aveva attirato l'attenzione di David. Ero piuttosto curiosa, sicuramente una volta in hotel mi sarei messa a guardare i suoi lavori principali. In fondo non capitava tutti i giorni che qualcuno, da Hollywood, si scomodasse per andare dall'altra parte del mondo a reclutare un attore.
La porta dell'ascensore si aprì e, come mi era stato detto, andai a bussare alla seconda porta a sinistra. Fuori c'era un'etichetta che ne indicava il nome del proprietario, ma essendo in coreano mi era totalmente inutile.
«Avanti»
Il fatto che avessero risposto in inglese mi faceva sperare di essere dalla parte giusta. Aprii la porta e mi ritrovai davanti ad un tizio che aveva almeno venti anni in meno, rispetto a quanti me ne aspettassi. Rimasi a fissarlo imbambolata per un paio di minuti, finchè lui non mi riportò con i piedi per terra.
«Signorina Chronis...»
«Si. Sono io.»
Che osservazione intelligente. Probabilmente se ne accorse anche lui perchè mi lanciò un'occhiata molto interrogativa. Facendo finta di niente chiusi la porta alle mie spalle ed andai a stringergli la mano, sperando che lui si dimenticasse in fretta dell'accaduto e che tornasse a considerarmi una persona normale.
«Prego, si accomodi.Mi avevano avvertito che potevo fidarmi di lei, ma non credevo che sarebbe venuta a trovarci così presto»
«Così presto?» domandai, senza capirci molto, mentre mi accomodavo sulla sedia davanti alla scrivania.
«Si, abbiamo firmato il contratto solo da poco...ci avevano detto che sarebbe arrivata tra una settimana.»
«Come sarebbe a dire che avete firmato il contratto?» sapevo di non essere stata il massimo dell'educazione, ma mi aveva colto totalmente alla sprovvista. Io ero andata lì per discutere i termini dell'accordo, se avevano già firmato, cosa ci facevo?
«Sì. È venuto qui un suo collega ieri...portandoci il contratto proposto dal Signor Robbins»
«Signore mi pare un termine esagerato» borbottai in greco, digrignando i denti.
«Come?»
«Niente, mi scusi. Mi fa piacere che il nostro contratto vi abbia soddisfatto. Immagino vi abbiano detto che visiteremo i set insieme. Quando sarebbe più conveniente per voi?»
«Se non le dispiace fisserei un altro incontro per quello e via via cercheremo di fissare gli appuntamenti, compatibilmente con gli impegni dei ragazzi. In fondo di tempo ne abbiamo!» «
Oh si insomma...credo dipenda dai punti di vista, ma per me il tempo non è mai troppo!» in fondo tre settimane non erano poi così tante.
«Si ha ragione signorina Chronis, ma credo che otto mesi siano un tempo più che sufficiente per fare tutto, riprese incluse!»



Dieci minuti dopo mi ritrovavo sulla terrazza in cima al palazzo dell'agenzia, con il cellulare spiaccicato all'orecchio, in attesa che qualcuno mi rispondesse.
«Asia ma sei impazzita, sai che ore sono?» bofonchiò David, assonnato, dall'altra parte del mondo.
«Io sarei quella impazzita? Perchè qui sono convinti che io debba restare per otto mesi?»
Silenzio.
«David. Giuro che se non rispondi Vlad l'impalatore ti sembrerà un gentiluomo in confronto a quello che ho intenzione di farti!.»
«Beh avevi detto ti saresti occupata tu di tutto quello che c'era da fare in Corea no?»
«Cosa ti può servire per o-t-t-o m-e-s-i?» domandai, scandendo ogni singola lettera delle ultime parole.
«Sei l'assistente del nostro attore. Anzi no, diciamo che sei la sua manager per quanto riguarda il film. Ho bisogno di qualcuno che stia a Seoul, non ti aspetterai che ci venga io vero?»
«Sì! Mi aspettavo ci venissi tu perchè sei un dannato regista!!!»
«E tu sei la mia assistente no? Poi lo sai benissimo che è un film così....giusto per riguadagnare mercato in Asia..»
«Tu. Brutto pezzo di idiota, non puoi farmi partire dicendomi che starò via solo qualche giorno e tenermi invece qui per MESI!»
«Ma io lo faccio per te, tesoro, solo così potrai farti l'esperienza....»
Non finì mai quella frase. Fu travolto prima dallo tsunami di insulti che gli riversai contro, in inglese prima, in greco poi, e, per concludere, in inglese misto a greco. Riattaccai il telefono con violenza, prima di spegnerlo del tutto pur di non dover sentire lui e le sue assurdità per la centesima volta. Mi voltai a guardare il panorama davanti a me e sentii una fitta al cuore. Quel posto che tanto mi aveva terrorizzato sembrava stringermi intorno a me in una morsa dalla quale non riuscivo a liberarmi. Cominciai a respirare a fatica, mentre lo sguardo sembrava appannarsi. Il cuore batteva troppo forte, sembrava quasi che volesse scappare via dal petto. E poi, improvvisamente, l'aria sembrò mancarmi nei polmoni e avrei solo voluto urlare. Probabilmente lo feci.
«Hey, tutto bene?» mi chiese qualcuno.
Non appena i miei occhi riuscirono a mettere a fuoco di nuovo, notai un volto affatto familiare che mi stava fissando.
«Mhmm si sono solo arrabbiata» borbottai, cercando di allontanarmi, ma rischiando di cadere al primo passo fatto.
Il tizio che era lì con me, chiunque fosse, aveva però degli ottimi riflessi e mi prese giusto in tempo, evitandomi una caduta rovinosa. Mi fece accomodare su una delle panchine presenti sul terrazzo e mi offrì una bottiglietta d'acqua. Non ero mai stata il tipo di persona che si faceva problemi a bere lì dove avevano bevuto altri, figuriamoci adesso che la vista dell'acqua mi aveva fatto rendere conto di quanto la gola mi bruciasse. Afferrai la bottiglietta senza troppi complimenti e, dopo averla aperta, ne presi una generosa sorsata.
«Va meglio?» mi domandò lui. Io mi limitai ad annuire.
«Tu chi sei?» gli chiesi, prima di tornare a bere.
«Choi Siwon, piacere di conoscerti»
Per poco non gli sputai l'acqua in faccia. Se lui era Choi Siwon questo voleva dire che...
«...tu sei quello che ha firmato il contratto con la Paramount!» gemetti quasi. Non era possibile. Ero imprigionata a fare da assistente a quella specie di Cicciobello dagli occhi a mandorla per i prossimi duecentoquaranta giorni?
«Sì...e tu devi essere l'assistente di cui parlavano»
A quelle parole cominciai a stritolare la bottiglia ormai vuota. Possibile che tutti sapevano che sarei dovuta essere l'assistente di quel bellimbusto ed io no?
«Ho detto qualcosa di sbagliato?» mi chiese Siwon, notando la mia reazione.
«No. Semmai qualcuno non mi ha detto qualcosa qui...» borbottai.
Dopo svariati minuti di silenzio cominciai a sfogarmi, oltre che sulla bottiglia, anche con Siwon, spiegandogli come non fossi al corrente di quel piccolo dettaglio del contratto e che mi avevano detto che il mio viaggio in Corea sarebbe stato solo di pochi giorni, mentre invece mi trovavo bloccata lì per otto mesi. Otto mesi in cui avrei potuto fare tante altre cose stando a Los Angeles, in cui avrei sicuramente fatto più esperienza che stando lì....
«Seoul non ti piace proprio eh?» mi interruppe ad un certo punto, con un sorriso divertito.
«Non è che non mi piace è che....odio camminare per le strade e non riuscire a leggere niente di quello che mi circonda. Mi fa sentire sola e smarrita...come se avessi bisogno di una baby sitter ed odio sentirmi così. E poi il fatto di dover sempre dipendere da qualcuno non aiuta a rendere la cosa più familiare...insomma è come avere a che fare con uno straniero che non ha nessuna intenzione di mostrarsi bendisposto nei miei confronti, anzi, che fa di tutto per chiudermi le porte in faccia...» non me ne ero accorta, ma avevo cominciato di nuovo ad avere il respiro corto. I palmi delle mani mi stavano sudando e li sfregai nervosamente sui jeans.
«Calma, calma....» disse Siwon, portando un dito sotto il mio mento, in modo da potermi inclinare lievemente la testa all'indietro.
Mi trovai a fissare il cielo limpido, in cui cominciava a vedersi qualche striatura colorata del tramonto.
«Adesso vedi delle differenze tra qui e Los Angeles?» mi chiese. Io mi limitai a scuotere la testa, girando appena lo sguardo nella sua direzione. In quel momento mi resi conto che anche lui, come me, era con il naso all'insù, nel tentativo di perdersi tra le nuvole.
«Questo è perchè non importa dove tu vada, sei sempre sotto lo stesso cielo. Finchè il cielo sopra di te resta lo stesso, puoi dire di aver lasciato casa?»
Non risposi, ma restai lì a guardare le strie d'oro che divoravano l'azzurro e bagnavano gli sbuffi di nuvole che si erano raggruppate in angoli distanti. Più guardavo quello spettacolo più mi dimenticavo di dove ero e perchè ero lì. Dopo dieci minuti in cui l'oro aveva cominciato ad essere inseguito dal corallo e quel poco di azzurro che era rimasto si stava trasformando in cupo indaco, non ricordavo quasi l'esistenza di David. Era come se esistesse solo quel susseguirsi di colori.
«Va meglio?» mi domandò improvvisamente Siwon.
«Decisamente» mormorai, risollevando la testa da quella posizione e tornando a guardarlo.
«Bene. Il nostro manager ti lascia questa....ci troverai tutti i vari impegni già presi, così non avrai difficoltà ad organizzare i tempi di lavoro»
Afferrai l'agendina di pelle lucida blu zaffiro che mi stava porgendo ed annuii, ficcandola in borsa.
«Adesso muoviti, ti porto a cena da me. Mi pare tu abbia bisogno di un ambiente familiare»
«Cosa? No...non se ne parla nemmeno! Non voglio mica disturbare così....e poi non dovrei essere io quella che ti organizza le cene?» stavo dicendo frasi sconnesse tra loro, ne ero consapevole, ma non ero intenzionata ad andare a cena con lui da nessuna parte.
«Nessun disturbo, ai miei farà piacere conoscerti, visto che dovremo passare insieme molto tempo nei prossimi mesi»
Momento, momento, momento. Aveva detto che ai suoi avrebbe fatto piacere conoscermi? Non saremmo stati a cena da soli, questo era vero, ma l'idea di una cena con un'intera famiglia coreana mi terrorizzava ancora di più, se possibile.
«Ce ne sarà di tempo per conoscermi, non c'è assolutamente bisogno....»
«Mai sentito parlare della famosa ospitalità orientale?»
Dieci minuti dopo ero seduta con lui, nel sedile posteriore dell'auto che ci avrebbe portata a casa sua. Chiusi gli occhi e contai fino a dieci, sperando che la sensazione di oppressione sul petto mi passasse, ma non funzionava. Alla fine, mentre stavo per chiedere all'autista di accostare per farmi prendere una boccata d'aria, lanciai uno sguardo fuori dal finestrino. Il tramonto oramai tingeva il cielo in tutta la sua bellezza. Una purissima esplosione di colori intensi che tinteggiavano le cime dei palazzi facendole quasi sparire in quella fornace di luce. Improvvisamente respirare non era poi così difficile.
Quello era lo stesso sole che batteva sopra i tetti di Los Angeles. Se ero sempre sotto lo stesso cielo, in fondo, non potevo essere così lontana.



Author's Corner
Questa storia partecipa alla Four Elements Challenge.

Elementi: Aria e Fuoco
Prompt del capitolo: Cielo

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Capitolo 2
*** Surrender ***


2. Surrender


Ero esausta. Non avevo avuto nemmeno la forza di cambiarmi, una volta tornata in hotel. Potevo benissimo restare a dormire vestita, non sarebbe stata nè la prima nè l'ultima volta che sarebbe successa una cosa del genere.

La cena a casa di Siwon era andata sorprendentemente bene. Certo, mi ero dimenticata di togliermi le scarpe prima di entrare e mi ero beccata un'occhiataccia sia per quello che per il tacco killer che avevo ancorato alle caviglie, e magari cominciare a mangiare mentre loro stavano dicendo una preghiera di ringraziamento non era stato proprio il massimo...però in fin dei conti non era andata così male come avevo temuto. Se avessi avuto in dotazione una forchetta probabilmente avrei mangiato il doppio di quanto non fossi riuscita a fare con delle bacchette, quello era vero, ma erano stati tutti incredibilmente gentili con me e si erano sforzati di non dire nemmeno una parola in coreano per non farmi sentire esclusa. Avrei dovuto impararla quella lingua prima o poi. Nonostante tutto, però, ero stata felice di ritrovarmi su un taxi per andare via. Non ero abituata a tutti quei sorrisi, alle risate seduti a tavola, alle mensole piene di foto dal giorno del matrimonio dei coniugi Choi fino all'ultima uscita di Siwon e della sorella, Jiwon. Mi aspettavo che da un momento all'altro qualcuno urlasse "STOP!" e spegnesse le telecamere, tanto era da pubblicità quella casa. Alla fine ero riuscita a svicolare via con la scusa del jet lag prima che potessero propormi qualcos'altro, come ascoltare i cd di Siwon, per esempio. Sì, a quanto pare oltre che a recitare cantava anche. Per quel poco che ne sapevo io degli artisti asiatici non era inusuale che qualcuno facesse entrambe le cose, certo, anche ad Hollywood questo fenomeno si stava facendo strada, con l'unica sottile differenza che, solitamente, in Asia sapevano recitare e cantare, in occidente se sapevano fare una delle due cose eravamo fortunati. 

Allungai una mano verso una pila di DVD che mi ero portata via da casa Choi: tutte le cose in cui Siwon aveva recitato. Lo avevo richiesto io espressamente, avevo bisogno di vedere il suo lavoro per capire da che base saremmo partiti e, se visualmente era perfetto per il prodotto che volevamo realizzare, dovevo scoprire anche quanto fosse bravo tecnicamente. Non glielo avevo detto perchè non avevamo formalmente mai parlato dei suoi possibili sbocchi professionali, ma se faceva un buon lavoro questo film poteva aprirgli le porte per il mercato americano. 

Un suono molto familiare mi riportò alla realtà. Afferrai il telefono e risposi senza nemmeno guardare chi fosse.

«Pronto?» blaterai, la voce assimilabile a quella di un trans brasiliano.

«Noi siamo già in sala prove, tu dove sei?» 

«Si...Siwon?» domandai, sopprimendo uno sbadiglio

«E chi altri? Ieri sera avevi detto che saresti venuta prima delle prove, così avremmo fissato gli appuntamenti più urgenti»

«Ma le prove non erano alle nove?» 

«Infatti sono quasi le nove e venti»

«Cosa??»

Allontanai il telefono dall'orecchio per controllare l'orario. Dannazione, aveva ragione lui! Ma come era possibile? Un secondo prima stavo leggendo la trama sul retro di uno dei dvd e adesso erano già le nove passate?

«Sto arrivando! Va bene uguale se li fissiamo dopo le prove gli appuntamenti?»

«Dopo sono a pranzo con i ragazzi e dopo abbiamo altre prove»

«Vada per il pranzo, non so chi siano i ragazzi, ma non stiamo esattamente discutendo di informazioni riservate della CIA. Mandami l'indirizzo per messaggio!» 

Riattaccai senza nemmeno aspettare che mi rispondesse e corsi in bagno. Mi lavai velocemente la faccia, senza mettere nemmeno un filo di trucco, e passai le dita tra i capelli nel tentativo di farli sembrare molto shabby-chic, piuttosto che una massa informe da risveglio improvviso. Schizzai fuori dai vestiti con una velocità tale che quasi mi stupii di non ritrovarmi sotto la tutina di Superman. Afferrai due cose a caso dalla valigia e, senza preoccuparmi troppo, presi la giacca e la borsa della sera prima: per quanto mi riguardava avevo già fatto i miracoli. Uscii dall'hotel correndo, con un toast imburrato che avevo rubato al tavolo della colazione ben stretto tra i denti, mentre cercavo di infilarmi la giacca di pelle nera, che non collaborava. Dopo una manciata di secondi mi resi conto che stavo tentando di metterla al contrario. Superato anche quest'ultimo inconveniente, mi calai gli occhiali da sole sul naso e fermai il primo taxi che passava di lì. Gli porsi direttamente il telefono per fargli leggere l'indirizzo scritto da Siwon poco prima: non avevo nemmeno provato a leggerlo io, nonostante si fosse sforzato di scriverlo in un alfabeto conosciuto ad entrambi. 

«Scusi, quanto manca?» domandai all'autista, dopo quindici minuti di corsa. 

«Almeno un altro quarto d'ora. È dall'altra parte di Seoul»

Lo guardai con gli occhi sbarrati. Non ci potevo credere. Ma alla Paramount la gente cosa la pagano a fare se non sono nemmeno in grado di prenotare un hotel nelle vicinanze della zona in cui uno deve lavorare? Non riuscii nemmeno a completare quel pensiero che ci ritrovammo imbottigliati nel traffico. Altro che quindici minuti, ci avremmo messo un'ora per arrivare. Cercando di resistere all'impulso di urlare, scendere dalla macchina, e raggiungere a corsa la destinazione, mi accasciai sul sedile, chiedendo di essere svegliata quando saremmo arrivati. 

Riuscii ad arrivare circa due minuti prima che finissero le prove, giusto in tempo per trovarmi circondata da un'orda di ragazzi che mi sorpassavano per andare, probabilmente, a farsi una doccia e cambiarsi. Probabilmente in quell'edificio si tenevano anche le prove di uno spettacolo, visto che tutto il gruppo sembrava essere molto affiatato, di solito era un indice del fatto che quelle persone erano abituate a lavorare insieme.

«Credevo volessi saltare anche il pranzo» esclamò qualcuno all'improvviso, facendomi sussultare.

«Ah sei tu» fu il mio unico commento, a denti stretti, mentre mi sforzavo di non dargli dell'idiota.

Siwon mi guardo con aria interrogativa, ma io gli feci cenno di seguirmi su un divanetto lì all'ingresso: prima avremmo cominciato prima avremmo finito.  Aprii l'agenda che mi aveva lasciato il suo manager e cominciai a scorrere tra i vari impegni e le varie cose che aveva da fare. I primi quattro giorni non trovai nemmeno un buco libero, a meno che non volessi fargli fare lo shoot promozionale nel cuore della notte. 

«Ok, allora, giovedì mattina ti fisso il photoshoot. Abbiamo già contattato un'agenzia da Los Angeles, devo solo andarci a parlare per scegliere bene la location e il tipo di look che vogliamo nelle foto...»

«Ma Giovedì è l'unico giorno libero che ho la prossima settimana...» provò a protestare Siwon, ma io lo fermai.

«Era. Nel pomeriggio ti metto la conferenza stampa per la presentazione del film...»

Alzai lo sguardo dall'agenda per incontrare il suo, piuttosto contrariato.

«Che c'è? Ti ho messo tutto nello stesso giorno così dopo, per due settimane, non dovrai preoccuparti del film mentre io mi occupo dei set! C'è solo un talk show dove puoi cominciare a parlare del film dopo la conferenza..ma quello avresti dovuto comunque farlo col tuo gruppo!»

Lo sentii sospirare, ma non disse nulla. Ne approfittai per prendere il telefono e chiamare l'agenzia che doveva occuparsi del photoshoot. Con tutta la pazienza di questo mondo spiegai svariate volte alla receptionist -in inglese- ovviamente chi ero e il motivo per cui chiamavo, ma lei continuava a blaterare cosa incomprensibili. Fantastico. L'unica cosa che mi mancava era la segretaria totalmente incapace di parlare inglese. Stavo quasi per riattaccare, quando Siwon intervenne provvidenzialmente prendendo il telefono e cominciando a parlare lui. Le uniche due cose che capii della conversazione furono "Paramount Pictures" e il mio nome. Alla fine chiuse la chiamata e mi ridette il telefono senza dire una parola. Lo guardai interrogativa.

«Beh?»

«Giovedì mattina alle nove, ti aspettano domani pomeriggio per decidere i dettagli» disse, in tono piatto, dirigendosi poi nella direzione dove erano andati tutti gli altri ragazzi.

«Perfetto. Ci vediamo giovedì!»

«Dove vai?» mi chiese, fermandosi.

«In hotel. Devo fare un sacco di cose....come vedere tutti i dvd che mi hai lasciato ieri!»

«No, tu vieni a pranzo con me ed i ragazzi. L'avevi detto e sono entusiasti all'idea di conoscerti»

Lo guardai inarcando un sopracciglio. Possibile che non potesse fare a meno di organizzare lui la vita a me? Ero piuttosto certa che il manager fossi io, non il contrario.

 

 

Come il giorno prima era riuscito ad incastrarmi e mi ero ritrovata seduta ad un tavolo circondata da otto sconosciuti. Avevo appena scoperto che il gruppo di ragazzi che mi aveva travolta all'ingresso della sala prove non era un gruppo teatrale, ma proprio il gruppo di Siwon. Non avevo mai visto un gruppo composto da tante persone e, quando mi avevano detto che normalmente c'erano anche altri quattro membri, non ero riuscita a nascondere un' espressione molto sorpresa: insomma, tredici persone in gruppo? Dalle mie parti già cinque sembrava una folla. E ovviamente cantavano tutti, oltre che ballare da dio, o almeno così aveva sostenuto uno di loro, anche se la risata generale che aveva seguito il commento mi faceva avere ancora dei dubbi a riguardo. 

«Quindi resterai qui a Seoul per un po', giusto?» mi chiese uno di loro. Ovviamente mi ero dimenticata i nomi l'istante dopo che li avevano detti.

«A quanto pare...» risposi, laconicamente, bevendo un sorso d'acqua.

Nonostante non mi stessi sforzando di nascondere la mia scarsa volontà di chiacchierare, lui continuò, imperterrito.

«E cosa ne pensi?»

«Pensa che non riuscire a leggere i cartelli per strada le dà il panico!» 

Fulminai Siwon con lo sguardo: chi lo aveva autorizzato a parlare al posto mio? Alcuni dei ragazzi al tavolo scoppiarono a ridere, uno di loro disse una frase in coreano che non capii e non ci feci nemmeno molto caso, ritornai semplicemente alla mia ciotola di riso.

«Beh possiamo darti qualche lezione noi!»

Evidentemente quel tizio non riusciva a capire quando era il momento di stare zitto...o lo stava facendo apposta per darmi sui nervi.

«Eh magari...ma credo che siamo tutti molto impegnati a questo tavolo!» 

«Non preoccuparti! Un po' di tempo lo troviamo...la sera dopo le prove, in fondo se devi stare con Siwon ci vedremo spesso»

Risposi con un sorriso forzato, sperando che la storia si concludesse lì, ma lui continuava a fissarmi, come se si aspettasse una risposta. Quando era passato troppo tempo perchè io potessi non notarlo mi dovetti rassegnare: la discussione evidentemente non era finita lì.

«Ma io non devo stare con Siwon, basta che lui si presenti ai nostri appuntamenti ed abbiamo fatto»

Il tizio stava per replicare qualcosa ma fortunatamente la familiare suoneria che avevo assegnato a David partì in quel momento esatto. 

«Scusate, chiamata da Los Angeles!» esclamai, afferrando il telefono e correndo velocemente fuori dal locale.

Per la prima volta in tutta la mia vita ero felice di sentire la voce di David, anche se era roca e grattante da post-sesso come in quel caso. Chiariamo, non che avessi mai sperimentato in prima persona, il solo pensiero mi dava i conati di vomito, i brividi e l'orticaria tutti assieme, ma mi aveva chiamato talmente tante volte dopo un intimo tete-a-tete con qualche squallida attricetta alla disperata ricerca di una parte, che avevo imparato a riconoscere quel tono. Anche lui notò che ero fin troppo contenta di sentirlo, ma pensò bene di dare il merito di quell'euforia a Seoul. Si, come no. Se quel posto non mandava in pappa tutti i miei neuroni, al mio ritorno mi sarei ricordata di assumere qualcuno che gli depilasse l'inguine con dei ferri roventi, così la prossima volta imparava a non dirmi le clausole che metteva ai contratti. In effetti l'unica cosa che mi impediva di suggerirgli di andarsi ad impiccare al primo ponte che trovava era il fatto che dentro al ristorante mi attendeva una delle peggiori situazioni della mia vita, quindi lui doveva essere grato a quel gruppetto di diciottenni che mi stava esasperando. 

«David hai almeno mai visto una foto del tizio a cui hai fatto il contratto?» domandai, ad un tratto, sperando che la mia esasperazione non fosse così evidente.

«Ovviamente! Metà delle motivazioni che mi hanno spinto a sceglierlo sono delle sue foto!»

«Allora mi spieghi come diamine fai a pensare che il look per il photoshoot dovrebbe comprendere delle orecchie da coniglio?»

«Perchè i lineamenti asiatici sono così delicati...hanno dei corpi così sinuosi e femminili....»

«Femminile un corno! Quello ha più addominali di te e tuo fratello messi assieme!» 

Sentii qualcuno ridacchiare alle mie spalle, mi girai trovandomi faccia a faccia con il tizio che mi stava assillando poco prima.

«David, devo andare. Ho in linea l'agenzia...fissa la maledetta conferenza stampa! Ci sentiamo appena ti svegli! E il look per le foto resta urban-chic!»

Riattaccai prima che potesse rispondermi e mi girai per fronteggiare il Tizio -momentaneamente soprannominato così- che mi aveva seguito fin là fuori. Probabilmente avrei passato otto mesi in compagnia di chi mi avrebbe esasprato di meno tra americani e coreani. Gran bella prospettiva. 

«State andando via?» domandai, quasi speranzosa.

«No. Volevo informarti che Kyuhyun mangerà anche la tua roba se non ti muovi...»

«Gliela cedo volentieri, non ho più fame» in realtà mi sarei sbranata uno stegosauro in quel momento, ma non c'erano molte probabilità che lo ammettessi.

«Non ti piace molto stare con noi, vero?» 

«Senti....» lo indicai con un gesto eloquente della mano, invitandolo a presentarsi di nuovo.

«Leeteuk»

«Leeteuk. Non ho niente contro di voi, sono sicura che siate dei ragazzi in gamba e quello che vi pare, sicuramente apprezzo gli sforzi di Siwon per non lasciarmi sola, ma non ne ho bisogno!»

Lui non rispose, si limitò a sorridermi per un po'. Se non fosse stato quelle stupide fossettine sulle guance, che rendevano l'espressione fin troppo dolce per alzare anche solo un dito, lo avrei sicuramente preso a schiaffi.

«Che c'è da ridere?»

«Tu. Sei buffa. Stare in un posto dove non capisci la lingua ti mette ansia, e lo capisco, ma non capisco perchè non ti piaccia stare in mezzo alla gente del posto»

«Non ho niente contro la gente del posto è solo la gente attorno a Siwon che mi dà dei problemi...» mi interruppi a metà frase. Questa non volevo dirla, ma mi era scivolata dalle labbra in una maniera talmente subdola che non mi ero nemmeno accorta che aveva oltrepassato l'invalicabile barriera cervello-bocca.

«Perchè?» mi domandò lui, senza fare una piega.

«È l'atmosfera. Prima la sua famiglia, così dannatamente gentile, da pubblicità di frollini al cioccolato...poi voi, i suoi amici, ancora peggio. Non è normale che voi facciate qualunque cosa assieme, sembrate usciti da un libro per tredicenni. Non è possibile che sia sempre circondato da positività. Ogni volta che sono attorno a lui mi sento circondata da quest'atmosfera rosa confetto che mi soffoca. E ora, se non ti dispiace, credo che tornerò in hotel. Saluta gli altri da parte mia»

Mi aspettavo che facesse una smorfia, che mi facesse notare quanto ero stata maleducata, che girasse le spalle e se ne andasse, o magari tutte e tre. Di certo non mi aspettavo che mi afferrasse per un polso, impedendomi di andare via.

«Che c'è?» domandai, donandogli il mio migliore sguardo interrogativo.

«Vieni a vederci oggi pomeriggio. Ci esibiamo in uno show.»

«Io non ascolto musica.»

Diventavo ogni momento più simpatica, me lo riconoscevo da sola. Anche se, evitando il tono da zitella che avevo appena usato, era effettivamente vero. Tra il lavoro e il guardare i film per lavoro e leggere sceneggiature per lavoro, non avevo il tempo di ascoltare nemmeno mezzo cd, anche perchè in media alla seconda nota stavo già dormendo.

«Sì, Siwon ci aveva accennato la cosa...»

Ma quel tizio era incapace di farsi gli affari suoi? Possibile che tutto quello di vagamente personale che gli avevo detto l'altra sera fosse già stato rivelato a tutta la compagnia cantante? 

«ma vienici a vedere lo stesso. Tu lavori nello spettacolo, capirai vedendoci».

Lo guardai con gli occhi sbarrati per un attimo. Non mi era molto chiaro cosa avrei dovuto capire vedendoli. 

 

Mi avevano fregato. Di nuovo. Stavolta non potevo nemmeno dare la colpa a David, perchè a fregarmi non era stato Siwon, ma il suo amichetto Leeteuk. Il viaggio in macchina fino alla stazione televisiva dove si sarebbero esibiti era stato accompagnato dal sorriso tra il soddisfatto e il compiaciuto di Siwon che aveva erroneamente preso la mia decisione di andarli a vedere come un chiaro segno di gradimento per la compagnia. Ovviamente non era così, ma alla fine il Mr Fossette-sulle-guance-che-mi-rendono-troppo-carino era riuscito a convincermi, principalmente con le parole "buffet gratis alla fine". Alla faccia di Kyucoso che si era mangiato anche il mio pranzo!

«Credevo non ascoltassi musica!» esclamò ad un certo punto Siwon, prendendomi  in giro.

«Infatti. Ho detto che venivo a vedervi, non ad ascoltarvi»

Il suo sorriso si allargò e scosse leggermente la testa. A volte mi chiedevo se ero diventata la sua barzelletta preferita o cosa.

«Sei sicura di poter sopportare l'atmosfera?»

Lo guardai con gli occhi sgranati. Promemoria per me: non dire mai più nemmeno mezza cosa a nessun altro di loro. Era evidente che spettegolavano più di un gruppo di tredicenni in tempesta ormonale.

«Ma voi non avete il concetto di "informazioni riservate", vero?» era una domanda retorica, la mia, non voleva risposte, anche se dovevo aspettarmi che lui non sarebbe rimasto zitto.

«Stamattina avevo accennato ai ragazzi che era un po' difficile andare d'accordo con te e Teukie-hyung si è offerto di provare lui a capire quale era il problema. Era ovvio che me lo dicesse, io e te dobbiamo lavorare insieme, se non andiamo d'accordo diventa un peso per entrambi.»

«Ma io so essere molto professionale! Ti assicuro che sul lavoro posso anche sembrare simpatica!» più o meno.

«Perchè hai intenzione di portarmi in posti lontani dalla gente felice che ti dà tanto fastidio?» mi domandò, con un'occhiata divertita.

«Non ho mai detto che mi dà fastidio la gente felice! Ma non sopporto l'atmosfera soffocante di rapporti umani assolutamente perfetti in cui mi sono trovata in questi due giorni! È finta, non è reale. Le famiglie si opprimono, vanno d'accordo solo nei libri o nei film, per vendere il più possibile...i gruppi di gente famosa non sono amici, sono pronti ad accoltellarsi le spalle per chi arriva più in cima...e anche quelli di gente non famosa lo sono. Qui la vita sembra uno spot pubblicitario e non riesco ad integrarmi in qualcosa che è assolutamente finto.»

Conclusi, guardando con convinzione fuori dal finestrino, sperando che questo bastasse a concludere il discorso. Bastò, o per lo meno lui non disse altro fin quando non entrammo nello studio e mi indicò il posto dove avrei potuto assistere alla diretta. Non sembrava arrabbiato o offeso dalle mie parole, solo pensieroso. Beh se quello bastava a farlo stare zitto per me poteva passare anche tutti i successivi otto mesi a pensare. Passai tutto il tempo prima che cominciasse la diretta a studiare l'agenda per vedere quando incastrare eventuali altri appuntamenti, rendendomi conto con orrore che dovevo competere persino come un paio di concerti. Non ero certa di aver capito bene quello che c'era scritto, perchè secondo le note del manager il concerto poteva essere saltato se gli impegni del film lo avessero necessariamente richiesto. Non ero abituata a musicisti che sceglievano di recitare, piuttosto che fare concerti. Era un segno di professionalità notevole e, improvvisamente, mi trovai a provare un'ondata di ammirazione verso la dedizione che mostravano verso il lavoro che facevano, ogni tipo di lavoro. 

Quando cominciò la diretta del programma misi via l'agenda e feci finta di seguire. Anche se non capivo una parola di quello che veniva detto, aveva ragione Leeteuk: io ci lavoravo in quel mondo, sapevo fin troppo bene che mostrare totale disinteresse, o fare altro durante una diretta tv era qualcosa di assolutamente inconcepibile. Quindi mi sorbii lunghi minuti di risate della gente a battute che io evidentemente non capivo e un susseguirsi di persone che non mi era affatto chiaro. In realtà non capii nemmeno quando avevano annunciato al tanto attesa esibizione, perchè non ricordavo il nome del gruppo. Quindi fu solo quando cominciai a delineare qualche sagoma familiare che capii che i Super Junior erano loro. Ad essere onesti una cosa l'avevo capita: il titolo della canzone, che era in inglese. Partirono le prime note e, per quanto fossi totalmente scettica a riguardo, dovetti ammettere che la canzone non era male, anzi, ti prendeva. Tornai a focalizzarmi su di loro, dopotutto ero stata io a dire che andavo a guardarli, non a sentirli. Ballavano bene, molto bene, questo dovevo ammetterlo, ma ancora non capivo come mai avrei dovuto ricredermi vedendoli esibire. Solo dopo un minuto o due cominciai a capire: bastava vedere la naturalezza con cui si muovevano, le occhiate che si scambiavano tra i vari membri del gruppo, il modo in cui ognuno riusciva a scivolare su quel palco come se stesse camminando per strada...era la stessa identica sensazione che avevo provato stando a tavola con loro. Sembrava quasi che era la forza della loro amicizia a fare andare bene quell'esibizione, più di ogni altra cosa. Alla fine, quando si spensero le luci, e la folla attorno a me mi stava assordando con la loro cascata di applausi, una piccola parte di me cominciò a pensare che forse aveva avuto ragione quel ragazzo: guardandoli avrei capito. Approfittando del momento di buio sgattaiolai fuori dallo studio, mandando un messaggio a Siwon in cui gli dicevo che ero tornata in hotel per guardare i suoi dvd, nemmeno mezzo commento sull'esibizione. Si, una piccola parte di me sarà stata anche convinta dal vederli, ma una molto più grande ci avrebbe del tempo ad ammetterlo.

 

Author's Corner

 

 

Questa storia partecipa alla The Four Elements Challenge.

Four Elements Challenge

Elementi: Aria e Fuoco

Prompt del capitolo: Atmosfera

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Capitolo 3
*** Wind of change ***


3. Wind of change


Ce l'avevo fatta. Mi ero ritagliata quasi settantadue ore solo per me. Dopo l'esibizione non avevo più ricevuto nemmeno mezza telefonata da Siwon ed ero riuscita ad occuparmi di tutto quello che dovevo fare, nella fattispecie prendere accordi con l'agenzia delle foto e passare ore inchiodata davanti al maxischermo che avevo in camera a guardare tutti i drama in cui aveva recitato Siwon. Ero quasi completamente uscita nel mio intento, ma a metà di Poseidon, l'ultimo che mi era rimasto, ero crollata a dormire sul pavimento. Del resto ero riuscita a sopportare a mala pena due giorni di digiuno, anche due giorni di veglia forzata erano un po' troppo da chiedere al mio organismo. Fui svegliata di soprassalto da qualcuno che cercava di sfondare la porta di camera mia. Schizzai in piedi, pentendomene subito dopo, visto che la mia schiena era indolenzita dall'agghiacciante combinazione nottata sul pavimento + finestra lasciata aperta, con un uragano per giunta, a giudicare da quanto sentivo soffiare forte il vento lì fuori. Mi affrettai a chiudere i vetri e a scivolare in una felpa, nel tentativo di fermare i brividi che mi percorrevano la schiena. Poi qualcuno bussò alla porta, di nuovo, e mi ricordai che era stato quel rumore ad avermi svegliata. Probabilmente avevo esagerato un pochino a pensare che volessero sfondarmi la porta, solo che il risveglio per me era sempre stato un momento molto delicato nella giornata. Come qualunque altro momento, ad essere onesti. Aprii la porta per trovarmi davanti a Leeteuk ed un altro di quei tizi del gruppo, che ricordavo vagamente di aver visto il giorno prima a pranzo. 
«E voi che ci fate qui?» Buongiorno, insomma.
«Ci ha mandato Siwon. Credeva che fossi tornata in America» rispose Leeteuk, come se fosse una cosa ovvia.
«Io non posso tornare in America, ho un contratto che mi fa stare qui…»
«Pensava te la fossi presa perché era stato un po' insistente ed avessi annullato il contratto»
«Senti io non so con che gente è abituato a lavorare, ma se devo fare una cosa io la faccio per bene. E poi non poteva chiamarmi?»
«Ci siamo offerti noi di venire a controllare» commentò l'altro.
«E tu, di grazia, saresti…?» domandai, scoccandogli un'occhiataccia.
«Kyuhyun, ricordi? Ci siamo conosciuti l'altro giorno…memoria corta?» un sorrisetto ironico gli spuntò in faccia nel dire quelle parole.
«Io dovevo ricordarmi dieci nomi tu uno solo, ti piace vincere facile eh? Comunque, se tu sei Kyuhyun mi devi un pranzo!»
Lui stava per replicare qualcosa, ma fu interrotto dalla risata di Leeteuk, che ebbe tutta la mia attenzione. Davvero, non avevo mai sentito nessuno ridere così, per circa un secondo avevo pensato di fare un commentino acido su quella risata, ma non ci riuscii perché un secondo dopo mi trovai a ridere con lui. Era contagioso.
«Hyung, che c'è da ridere?» domandò l'altro, che aveva mantenuto senza fatica la sua aria annoiata.
«Niente, scusate…è che non ho potuto fare a meno di pensare che voi due andrete molto, molto d'accordo»
«Come no, stavo per dirtelo io!» esclamammo io e Kyuhyun in contemporanea, guardandoci in cagnesco un secondo dopo.
Nel frattempo Leeteuk ci guardava gongolante, con un'espressione che voleva inequivocabilmente dire: "ve l'avevo detto!" 
«Bene, adesso che avete appurato che sono viva e sono sempre a Seoul, potrei…»
«Vestirti» Kyuhyun finì la frase per me
«Sono vestita» gli feci notare 
«Intendevo che potresti metterti addosso qualcosa di socialmente accettabile»
«Il mio pigiama va benissimo per l'occasione sociale di starmene chiusa in camera finire quello che devo fare, grazie.»
«Ma andiamo a cercare un appartamento oggi!» esclamò Leeteuk sorridendo, gli occhi che gli si erano accessi di quell'entusiasmo che lo contraddistingueva.
La notizia mi lasciò spiazzata per un attimo, giusto il tempo necessario per fissarli con aria smarrita ed un'espressione che, ne ero consapevole, doveva essere alquanto ebete.
«Non puoi mica passare otto mesi in questo posto! Sei lontana anni luce da dove lavoriamo noi»
Adesso aveva più senso. In effetti ci avevo pensato a cercare un altro hotel quando mi ero accorta che persino l'agenzia di foto aveva sede a quarantacinque minuti da  lì, ma un appartamento….sicuramente non mi era mai venuto in mente.
«Okay, datemi dieci minuti per rendermi….socialmente accettabile» lanciai un'occhiata in tralice a Kyuhyun «e vi raggiungo! Potete aspettarmi nella sala ristorante, almeno faccio anche colazione»
Restarono interdetti per un attimo, evidentemente non si aspettavano che sarebbe stato così facile convincermi. Ad essere del tutto sinceri non me lo aspettavo nemmeno io, ma in fondo non mi dispiaceva stare in un appartamento piuttosto che in hotel. Per quanto sicuramente avere gente che faceva tutto per te era sicuramente vantaggioso, dopo qualche giorno gli spazi limitati degli hotel cominciavano a starmi stretti. Dopo qualche minuto si erano convinti che, dopotutto, li avrei seguiti per davvero alla ricerca di un posto dove stare, e se ne andarono chiudendo la porta. Mi guardai allo specchio notando le mie condizioni disperata. Sospirai. Dieci minuti non sarebbero mai bastati per risolvere quel disastro. Ovviai al problema legando i capelli in una coda molto alta e molto stretta e coprendomi mezza faccia con gli abnormi occhiali da sole, che usavo il più delle volte a quello scopo, piuttosto che per quello  per cui erano stati originariamente creati, Nove minuti e mezzo dopo che avevano chiuso la porta, li avevo raggiunti in sala ristorante. La storia dell'appartamento cominciava a piacermi sempre di più.

 

Otto ore dopo ero nel bellissimo trilocale che quei due erano riusciti a trovare esattamente nell'edificio di fronte a quello in cui abitavano loro, tutti insieme, e stavo felicemente montando il mio portatile in una posizione comoda per sfidare Kyuhyun a Starcraft. Tra le tante cose che quella mattinata aveva prodotto, oltre il gongolare di Leeteuk ogni volta che dimostrava di aver avuto ragione perché io e e Kyuhyun sembravamo andare davvero d'accordo su tutto, a cominciare dal trasformare ogni dialogo in una gara a chi faceva la battutina più sarcastica, una nota di merito andava senza dubbio alla scoperta che entrambi eravamo assolutamente fissati con Starcraft. Una lotta all'ultimo sangue per stabilire chi dei due fosse il migliore era solo un'ovvia, logica conseguenza. Praticamente appena avevo avuto le chiavi in mano avevamo studiato millimetricamente ogni superficie domestica per trovare quella più adeguata ad ospitare la nostra battaglia epica, decidendo alla fine che l'enorme tavolo in simil-vetro nel salotto era quella più indicata. Un secondo dopo lui si era fondato fuori di casa, per andare a recuperare il suo portatile e la sua copia di Stracraft II e mi aveva lasciato a sistemare la mia roba con l'aiuto del leader -altra cosa che avevo imparato quel giorno.
La casa era veramente bellissima. Un trilocale al penultimo piano, di cui il salotto era una stanza immensa, con un'intera parete fatta solo a vetri da cui si poteva godere il meraviglioso spettacolo di luci e colori che Seoul offriva. Appena ci ero entrata non ne avevo voluto vedere altre e, a giudicare dal sorrisetto che si erano scambiati quei due, anche nei loro progetti originali l'idea doveva essere di farmi optare per quell'appartamento.
Attaccai l'ultimo cavo del computer con una certa soddisfazione e poggiai la mia copia del gioco sulla tastiera, in attesa di dare inizio a quella lotta all'ultimo sangue. Eravamo entrambi due giocatori con un punteggio discretamente alto in rete, abbastanza da rendere la gente restia a sfidarci per prima, sicuramente saremmo andati avanti per tutta la notte. Sentii Leeteuk ridere alla mia soddisfazione e mi voltai per guardarlo con un'aria interrogativa.
«Non ti facevo tipo da videogiochi» disse, semplicemente.
In tutta risposta mi strinsi nelle spalle e lasciai perdere.
«Davvero, perché una ragazza indipendente come te, che frequenta ambienti assolutamente diversi da quelli di tutte le sue coetanee, dovrebbe giocare così seriamente con dei videogiochi?»
Mi andai a sedere sul divano, accanto a lui, fissando per un po' il panorama fuori dalla vetrata che avevamo davanti. Non ero del tutto certa di voler rispondere, in fondo per quanto fosse stato gentile con me non avevo alcun tipo di rapporto con quel tizio e non mi conosceva affatto. Ad essere sincera non ero del tutto certa di volerlo conoscere, anche se una minima parte di me doveva riconoscere che sentivo una sorta di incondizionata fiducia verso quel ragazzo, probabilmente dovuta al fatto che aveva dimostrato di avere ragione su ogni cosa…sull'esibizione, su Kyuhyun, su che casa mi sarebbe piaciuta, tutto. Sembrava quasi leggermi nel pensiero. Come in quel momento che aveva captato qualcosa dietro la mia passione quasi insensata per i videogiochi.
«Mi piacciono i videogiochi. Quando giochi veramente bene il gioco mette in memoria il tuo High Score e non importa quanto giocherai male dopo, quello resterà sempre il punteggio che verrà mostrato al mondo. Ti appare scritto lì, a ricordarti che se vuoi puoi fare di meglio, che non devi scoraggiarti solo perché in quel momento sei un po' sotto il tuo standard. Guardi quei numeri e ti ricordi che anche se in quel momento non ti riesce sei stato in grado di fare quel punteggio più alto, quindi da qualche parte dentro di te ci deve essere quella persona che era in grado di essere così brava, devi solo ritrovarla. Se la pensi così e ti impegni davvero, alla fine potresti fare anche un punteggio più alto. Solo se riesci a fare meglio di prima l'High Score viene cambiato, è l'unico modo per far sì che quelle cifre cambino. Invece fuori dallo schermo non importa quante cose riesci a fare bene, nè quante sei riuscito a fare la meglio, basta che fai una sola, singola, cosa sbagliata e tutti ricorderanno quella e te la rinfacceranno a vita. "Si, sei stato bravo stavolta, ma quella prima hai sbagliato…quindi non importa". È come se la gente trovasse forza a buttarti giù, come se fossero convinti che in questa maniera loro diventeranno più grandi, per il semplice fatto che una volta hai sbagliato. E la maggior parte delle volte l'errore è anche qualcosa di soggettivo, qualcosa che per loro è uno sbaglio, ma che per te invece è santamente l'opposto. Ma non importa, non cambieranno idea comunque.»
Lui restò in silenzio per molto a lungo. Ero consapevole del fatto che mi stava fissando con un'espressione a metà tra il curioso e lo sconvolto, ma dal mio volto non trapelava nulla, avrei potuto parlargli del tempo per quanto esprimevo in quel momento. Il controllo delle espressioni facciali è una delle prima cosa che impari quando lavori in un posto in cui vorresti mandarli a quel paese dal primo all'ultimo ogni volta che aprono la bocca.
«La pensi davvero così?» mi domandò, non appena digerì il polpettone di discorso che gli avevo servito qualche minuto prima.
Annuii, osservando le cime degli alberi sotto di noi, piegate dal vento che aveva continuato a soffiare inesorabile per tutto il giorno.
«Siamo come il vento. A nessuno piace, perché l'inverno rende insopportabili le giornate più fredde, ma tutti si dimenticano di quando gli ha portato conforto in estate»
Il silenzio imbarazzato che si era venuto a creare in quel momento fu interrotto da Kyuhyun, che aveva cominciato a suonare il campanello come un ossesso. Anche se non lo avevo ancora visto ero certa che avesse sotto braccio tutto l'occorrente per la nostra sfida. Nessuno si sarebbe addormentato quella notte, fin quando non avessimo decretato un vincitore.  Mi alzai dal divano per andare ad aprire. Appena ebbe uno spiraglio sufficiente per passare si infiltrò nell'appartamento, lanciandosi verso il tavolo, pronto ad attorce il computer nella posizione opposta alla mia.
«Ti avverto che io scelgo sempre gli Zerg!» esclamò, mentre accendeva il computer.
«Fa pure, io preferisco i Protoss»
Ci guardammo da sopra gli schermi: Zerg contro Protoss era sempre stata un'epica battaglia su Starcraft.
«Farai la fine di Tassadar» mi minacciò, prima di tornare a fissare lo schermo.
«Zitto tu, che ancora insegui l'Unica Mente»
Oramai avevamo raggiunto il pianeta nerd, un posto molto molto difficile da abbandonare.
«Ehm Asia…che ne dici se invitiamo gli altri a cena? Sarebbe carino festeggiare il tuo nuovo appartamento, vero?» domandò Leeteuk, aprendo bocca per la prima volta da quando avevamo finito il nostro tète-a-tète.
«Mhm si ok chiamali pure…» mugugnai «ma ordina qualcosa da mangiare perché non ho il tempo di cucinare ora!»
Probabilmente dopo disse qualcos'altro, ma non recepii bene. Avevo appena accettato l'invito di Kyuhyun alla sfida libera e non potevo permettere a quella sottospecie di vermi corazzati di battere i miei purissimi guerrieri.

 

Era la festa d'inaugurazione più strana a cui avessi mai partecipato. Tanto per incominciare stavamo mangiando dalle vaschette take-away del risotrante preferito di Teukie hyung, mentre la padrona di casa era seduta davanti ad un pc ad urlare offese verso Kyuhyun in una lingua strana, a cui lui ovviamente rispondeva in coreano. In pratica erano un perfetto esempio di come alcune emozioni, se vogliamo chiamarle così, riescono ad oltrepassare facilmente le barriere linguistiche. Mi sedetti sul divano, accanto a Donghae, che stava osservando la scena con un sorriso divertito.
«La coppia perfetta eh?»
«Si, infatti sento le vibrazioni del loro amore giungere fino qui…» risposi, sollevando un sopracciglio.
«Credi davvero che Kyuhyun troverebbe un'altra donna disposta a sopportare la sua fissazione con Starcraft?»
«A te pare che quei due si sopportino?» domandai, indicandogli con un cenno del mento Asia, che aveva cominciato a lanciare penne contro Kyuhyun per cercare di distrarlo dalla sfida.
Donghae si mise a ridere e mi porse una lettera. Lo guardai con aria interrogativa mentre la prendevo, cercando sulla carta qualche indizio di quello che poteva essere il contenuto.
«Si usa fare i regali alle inaugurazioni, giusto?» disse lui, stringendosi nelle spalle, rispondendo a quella domanda che non gli avevo fatto.
Annuii.
«Beh, ho pensato che farla entrare ad uno dei corsi di coreano organizzati dalla SM le sarebbe potuto essere utile»
Aveva ragione. Allungai le labbra in un sorriso d'approvazione, era tipico di Donghae pensare a qualcosa del genere. A dirla tutta io mi ero anche dimenticato che portare un regalo non sarebbe stata un'idea del tutto da escludere. 
«Ti dispiace lasciarglielo? Io adesso devo andare o domattina mi addormenterò durante la diretta…»
Già, lo show che io avevo deciso di saltare, perché l'invito a partecipare era arrivato dopo che Asia aveva organizzato il photoshoot e la conferenza stampa.
«Certo, non preoccupasti. Ci vediamo domani.»
Lo osservai andare via, dopo un inutile tentativo di salutare la padrona di casa, per tornare poi a posare lo sguardo su quei due davanti a me. Un secondo dopo mi ritrovai Leeteuk seduto accanto.
«Incredibile eh?»
Annuii. Non ero di molte parole quella sera.
«E non li hai visti stamattina, sono praticamente identici. Ad un tratto ho avuto paura che uno finissero per strozzare l'altra o viceversa.»
«E io che credevo che di Kyu ne bastasse uno…» commentai divertito immaginandomi le scene a cui aveva dovuto assistere il nostro povero leader quel giorno.
«Riguardo a quello che mi avevi chiesto…»
Mi girai a guardarlo. Aveva tutta la mia attenzione.
«Avevi ragione tu. Deve esserle successo qualcosa che le ha fatto perdere tutta la fiducia nel mondo. Qualcosa di peggiore di lavorare per un'idiota che non le dice nemmeno che deve stare qui per otto mesi.»
«Puoi cercare di scoprire cosa?»
«Certo. Ma come mai ti interessa tanto?»
«Mi incuriosisce. E credo che un po' sia nostro dovere cercare di aiutarla.» Si, lo sapevo che mi avrebbe dato del buon samaritano nel giro di tre secondi, ma non importava. «E poi scommetto quello che vuoi che adesso sei incuriosito anche tu, vero hyung?»
Mi voltai a guardarlo, per trovarlo che mi sorrideva con espressione complice. Lo sapevo di aver fatto centro. 

Author's Corner
Si, mi sono cimentata nell'impresa di scrivere un pezzetto dal punto di vista di Siwon, non so ocsa avevo in testa, perdonatemi ç_ç
Grazie  a YuiChan95 per la recensione, spero la storia continuia a piacerti ^^ (e anche Siwon *-*)

Come sempre ricoridamo che...
Questa fanfiction partecipa alla "The Four Elements Challenge"
four elements challenge
Elemento: Aria
Prompt del capitolo: Vento

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Capitolo 4
*** Hard Times ***


4. Hard Times



Morsi la fetta di torta al cioccolato che Siwon mi aveva preso in una caffetteria prima di salire al volo su un taxi che ci avrebbe portato allo studio per il photshoot, mentre continuavo a sfregarmi inutilmente la guancia destra, sperando di cancellare le impronte che la tastiera ci aveva lasciato durante la notte. Mi ero addormentata nel corso della sfida a Starcraft, aspettando Kyuhyun che aveva subdolamente proposto di andare a fare un caffè durante una pausa e ci aveva volontariamente messo quaranta minuti, nella speranza che alla fine il sonno avesse la meglio. Inutile dire che tutto era andato secondo il suo malefico piano e mi aveva stracciata. Dopo circa un'ora di polemica quella mattina, Leeteuk lo aveva obbligato a darmi una mano durante la giornata, visto che era l'unico di loro che non aveva niente da fare quel giorno. Così ,mentre io e Mr Choi ci dirigevamo verso la nostra miriade di impegni, lui era andato all'aeroporto a prendere Lara. Mi ero completamente dimenticata  del suo arrivo, forse una piccola parte di me aveva anche sperato che qualcuno disdicesse il suo ruolo all'ultimo minuto, e invece no. Lara Young era la comprotagonista del film di Siwon, anche se per quanto mi riguardava avrei preferito vestire Kyuhyun da donna e far recitare lui piuttosto. Era la tipica attricetta che, nonostante non fosse ancora nemmeno lontanamente al livello delle dive del cinema, aveva il doppio delle loro pretese. Era arrogante, presuntuosa, irrispettosa, ritardataria e senza un briciolo di talento. Ma aveva una quarta di reggiseno e questo era sufficiente per David. A volte mi chiedevo perché continuassi a perdere il mio tempo con certa gente. Sentivo già la minaccia della tempesta Lara abbattersi su tutti noi, nel giro di poche ore. avevo provato ad avvertire Kyuhyun di stare attento, ma non ero certa che avesse preso molto sul serio i miei avvertimenti. 

«Sei contenta di rivedere qualche americano?» mi chiese Siwon, riportandomi improvvisamente con i piedi a terra.

«Appena la vedrai anche tu sarai poco contento» ignorai deliberatamente l'ironia nella sua voce.

«Perché?»

«Diciamo che non mi sta molto simpatica…»

«Davvero? Non mi spiego come mai…tu ami incondizionatamente tutto il genere umano….»

Aprii la bocca per protestare: adesso stava esagerando. Io adoravo il genere umano, fin quando non mi si avvicinava troppo. Un errore che troppa gente tendeva a fare. Prima che riuscissi a dire qualcosa, però, lui mi sventolò davanti una lettera.

«Cos'è?» domandai prendendola, ma non senza scoccargli un'occhiataccia nel mentre.

«Un regalo di Donghae per la nuova casa. È riuscito a farti ammettere ad uno dei corsi di coreano della SM…»

«Non potevi dirmelo prima? Almeno lo avrei ringraziato! E poi perché me l'hai dato tu?»

«Perché ieri eri inavvicinabile, concentrata com'eri nella tua sfida a Starcraft» rispose, alzando gli occhi al cielo.

«Mpf…certo che per avere dei gamer nel gruppo non sapete proprio come trattare con loro….dammi il suo numero va»

Mi porse il telefono e lo ricopiai, cominciandogli a scrivere un messaggio di ringraziamento subito dopo. Anche mentre stavo guardando fissa lo schermo, sentivo lo sguardo di Siwon fisso su di me. Feci finta di non accorgermene, almeno fin quando non gli diedi indietro il cellulare e lui continuò a fissarmi.

«Che c'è?» 

«Perché il tuo nome sul cartellino è scritta in maniera strana?»

Ok, quindi stava fissando il cartellino e non me. Questo spiegava molte cose. 

«Perché si scrive così!» osservai, senza degnarmi di dargli altre spiegazioni.

«Ma…che lingua è?»

«Greco.»

«Sei greca?» mi domandò , con un'espressione che dopo scoprii essere classificata come "faccia alla Siwon".

Annuii, per me il discorso finiva lì. Non mi risultava che fossimo al livello in cui ci facevamo le treccine a vicenda e ci raccontavamo i nostri segreti, mangiando gelato e marshmellow.

«Davanti alla gente dell'agenzia dovresti chiamarmi Siwon-ssi, con il formale. Sembrerebbe che ci stiamo dando troppa confidenza altrimenti, e la gente parlerebbe…e io ti dovrei chiamare…»

«Asia» lo interruppi, prima che potesse finire.

«Ma il tuo nome completo non è…»

«Non faccio usare a nessuno il mio nome completo»

Lui mi guardò sorpreso.

«È un nome stupido» Spiegai.

«Perché?»

«Athanasia in greco vuol dire immortale. E l'unica persona che mi chiamava così è morta, vedi che è stupido? Non c'è niente di immortale in questo mondo»

«L'anima di ognuno di noi è immortale» rispose lui, con un sorrisetto che gli illuminava il volto.

«Per favore. La gente non ha un'anima. Siamo fatti di impulsi elettrici e fasci di muscoli, niente di più. A volte ci sono problemi di conduzione e vengono fatte cose orribili, ma è normale, anche nel migliore dei circuiti la corrente a volte salta.»

Resto a fissarmi inarcando le sopracciglia. Avevo un talento naturale per zittire questi ragazzi, dovevo riconoscermelo da sola. 

«Che c'è?» gli chiesi, per l'ottantesima volta quella mattina.

«Non lo trovi un po' deprimente? Lascia senza speranze.»

«No. Ho passato mesi a logorarmi su come fosse possibile che la gente si comportasse in maniera orribile, senza nessun riguardo per gli altri. Poi un giorno, mentre ero a scuola di regia, ci ritrovammo nel mezzo di una tempesta bella e buona. Mentre stavamo digitalizzando il nostro primo cortometraggio la corrente è saltata e noi avevamo da rifare tutto d'accapo, avevamo perso il lavoro fatto in settimane e non c'era nessuno con cui prendersela, perché la corrente può saltare, lo sanno tutti. Anche noi siamo dei circuiti, e a volte la corrente salta, è inutile prendersela. Io lo trovo un ottimo modo di gestire la rabbia sinceramente»

Lui non rispose per svariati secondi. Era la prima volta che mi ritrovavo a dire tante cose così personali a delle persone, e lo stavo facendo con dei perfetti sconosciuti. La cosa poteva sembrare strana, certo, ma era la prima volta che mi venivano chieste tante cose. Ero abituata alla gente che era contenta di ignorare quello che stava nascosto dietro al carattere di una persona, perché era più comodo, improvvisamente mi ero ritrovata circondata da persone che invece si facevano mille domande. No, forse era a me che sembrava così, perché non le avevo mai sentita prima.

«D'accordo, ti chiamerò Manager» disse Siwon alla fine, dopo svariati minuti di silenzio.

Sì, avevo proprio il dono di lasciarli senza parole.

 

 

Il servizio fotografico era andato bene. Nonostante Lara si fosse presentata a braccetto con Kyuhyun come se fosse il suo ragazzo, Asia l'aveva prontamente trascinata via e le aveva spiegato qualcosa sulle usanze Coreane. Mi auguravo che avesse usato un tono calmo, visto che Lara mi sembrava il classico tipo di persona che cercava di proposito di irritare gli altri e più riusciva a farli arrabbiare più la cosa la divertiva, ma conoscendo Asia non ci avrei contato troppo.

«Hyung!» Kyuhyun entrò improvvisamente nel camerino, con in mano un pacco grande quasi quanto lui.

«Oh, è già pronto?»

Lui annuì, scartandolo, per rivelare una foto stampata su tela, già montata per essere appesa ad una parete. Approfittandone del photoshoot avevamo fatto scattare anche una foto ad Asia, in modo da farle quel quadro come regalo per la casa. C'era voluto un miracolo per convincerla, ma alla fine si era arresa quando abbiamo deciso di posare con lei.

«È venuta benissimo!» osservai. Sarebbe sembrata quasi spontanea, se non fosse che non avevo mai visto il nostro strano terzetto sorridere in quella maniera. A pensarci bene era addirittura la prima volta che vedevo Asia sorridere. Sbuffai una risata a pensarci. Era davvero una ragazza strana. Sembrava aver passato anni chiusa in una scatola e adesso, qui a Seoul, era la prima volta che riusciva ad uscirne e improvvisamente la realtà che si era trovata davanti la stava spaventando a morte. 

«Quando finisci qui? Asia ha detto di far arrivare la macchina a prenderti direttamente dopo la conferenza, ti farà trovare i vestiti direttamente all'hotel»

«Hotel? Perché dov'è la cena?»

«Al Park Hyatt. Ma tu e la tua manager vi parlate?Aah che fatica essere il Maknae, mi tocca fare tutto per tutti!» 

Sorrisi all'affermazione di Kyuhyun. In realtà ero piuttosto certo che gli fosse stato lasciato il compito di riferirmi esattamente tutti i dettagli della serata, ma lo faceva a modo suo. E dire che si era guadagnato anche un invito a cena, perché Asia aveva preferito invitare lui last minute piuttosto che portarsi Lara dietro.

«Credo che non ci voglia più di un'ora…no, forse un po' di più abbiamo da rispondere ad ogni domanda in due lingue»

Lui annuì e lo vidi mandare un messaggio. Non se la cavava male come manager. Se non fosse stato il miglior cantante dei Super Junior gli avrei suggerito di dedicarsi a tempo pieno alla gestione del gruppo.

«Bene, ci vediamo dopo Hyung, e attento alla iena»

Annuii ridacchiando. Evidentemente nemmeno a lui era piaciuto il modo in cui Lara lo aveva trattato. 

Non appena uscì mi girai verso lo specchio del camerino e feci un respiro profondo. Non mi piaceva l'idea di gestire quell'americana da solo, ma Asia aveva la prima lezione del corso regalatole da Donghae quel giorno e le avevo impedito di salatura, sarebbe stato troppo maleducato, soprattutto considerato farla entrare non era stato semplice. Guardaii l'orologio: era ora di andare. Feci un sospiro profondo ed un'ultima preghiera veloce prima di uscire dal camerino e dirigermi all'ingresso della stanza dove si sarebbe tenuta la conferenza.  Non mi sorpresa di vedere che Lara non era ancora lì, mentre c'era il regista. Lo avevo conosciuto solo quel pomeriggio e mi era sembrato una persona molto silenziosa. Beh, nemmeno io ero un fan dei lunghi discorsi, finchè avesse lavorato bene per me non c'erano problemi. Mi appoggiai alla parete in attesa di Lara, sperando che arrivasse presto, avevo un'agenda serrata per quel giorno, ritardare mi avrebbe tolto il tempo anche di respirare.

Mezz'ora - e molte scuse ai giornalisti - dopo, finalmente la vidi arrivare, con tutta la calma di questo mondo.

«Lara, sei in ritardo» le fece notare il regista, anche se condividevo pienamente il pensiero.

«È solo mezz'ora, cosa vuoi che sia!» rispose lei, come se non fosse importante.

«In realtà per me era preziosa. Dopo la conferenza ho una cena con i miei manager della SM, rischio di fare tardi» le feci notare, cercando di essere il più cortese possibile. Entrai prima che potesse replicare e farci perdere altro tempo.

A parte le tre pause che ci toccò fare perché Lara voleva dell'acqua frizzante con ghiaccio ed una fetta di limone, perché quella delle bottigliette le irritava la gola, almeno secondo lei, il resto della conferenza continuò piuttosto tranquillamente.  Finalmente era arrivato il momento dell'ultima domanda: forse sarei riuscito ad arrivare a cena con meno di mezz'ora di ritardo dopotutto.

«Signorina Young, è contenta di lavorare col signor Choi?» chiese una giornalista.

«Oh moltissimo! Siwon è una persona così affabile ed ha l'aspetto perfetto per un attore. Sono sicura che potrà imparare molte cose da un'attrice di Hollywood come me.» 

Sorrisi a forza, non tanto per il commento sul recitare, quanto per il fatto che aveva volontariamente omesso il formale dal mio nome. Asia glielo aveva ripetuto almeno quattro volte quella mattina, o almeno, io glielo avevo sentito dire quattro volte, non era da escludere che glielo avesse ripetuto anche più spesso.

«Oh, le ha dato già permesso di chiamarla per nome?» 

Non mi stupii di quella domanda, era ovvio che le parole di Lara l'avessero suscitata.

«Certo. C'è stato subito feeling tra noi» come se la risposta non fosse abbastanza pessima, la abbinò ad un occhiolino.

Prima che qualcuno potesse dire qualcos'altro afferrai il microfono.

«La mia manager della Paramount mi ha suggerito di farmi chiamare solo per nome dalla troupe del film. Da loro non si usa il formale, quindi viene innaturale. Non c'è niente di strano per loro a chiamarmi con il mio nome, anzi. Abbiamo pensato che fosse un modo per avvicinare le due culture e creare a tutti meno disagio possibile»

Avevo imparato a salvarmi in corner, ma questo non giustificava il comportamento di Lara.

 

 

Chiusi la portiera della macchina con forza, per poi dirigermi quasi di corsa all'ingresso dell'SM. Siwon aveva quarantacinque minuti di ritardo e la voce di quello che era successo alla conferenza si era già diffusa. A metà trovai Siwon e Lara che mi venivano incontro.

«Oh mio Dio, Asia! Cosa ti è successo? Sembri quasi una donna!» sogghignò lei, ma io la ignorai.

«Tu. Un'altra mossa falsa come quella che hai fatto oggi e ti rispedisco a calci a Los Angeles a prostituirti con i produttori per avere un ruolo in un film!» esclamai, per poi voltarmi verso Siwon.

«E noi dobbiamo muoverci, siamo in ritardo! Kyuhyun ha già chiamato cinque volte!» lo afferrai per un polso per trascinarlo verso la macchina.

«Chi ti credi di essere per trattarmi in questo modo?»

Era troppo bello pensare che mi avrebbe lasciato andare via così.

«La manager di Siwon e se tu non riesci a rispettare il mio cliente, mi dispiace, ma i termini del contratto sono rotti e il film non si fa. E non stare a lambiccarti troppo il cervello su cosa siano i termini di un contratto, non ci arriveresti comunque.»

Prima che potesse dire altro rientrai in macchina, trascinandomi Siwon dietro. 

«Il tuo vestito è già lì! Ti ho fatto preparare una stanza apposta per cambiarti. Ti ho scelto un abito scuro, blu, tutto blu, anche la camicia, ma hai i dettagli in grigio perla e…»

«Asia…»

«…Kyuhyun mi ha fatto vedere la foto! È venuta bene, devo ammetterlo. Dopo cena cercherò il posto migliore dove appenderla! Sono riuscita a trovare una scusa plausibile al tuo ritardo con la storia delle due lingue ma…»

«Asia…»

«…credo che non se la berrano ancora per molto. Quindi ti prego, dimmi che anni nel mondo dello spettacolo ti hanno insegnato a cambiarti più veloce di Superman altrimenti…»

«Asia mi fai parlare?»

«Si, scusa! Solo che quando mi innervosisco parlo senza controllo ed ora sono molto nervosa…»

Mi guardò con un'occhiata divertita e mi zittai subito, facendogli cenno di dirmi quello che voleva.

«Avevi ragione su Lara. Per favore, d'ora in avanti cerchiamo di mettere in agenda anche le tue lezioni di coreano e cerca sempre di esserci quando c'è lei»

Annuii. Ero stata un pessimo manager a mollarlo da solo alla conferenza stampa, soprattutto sapendo con chi aveva a che fare. C'era da dire che mi aveva dato lui il permesso di lasciarlo solo, anzi, ad essere pignoli mi aveva praticamente obbligata ad andare a quella lezione di coreano. 

Finalmente arrivammo al Park Hyatt Hotel. Mandai Siwon a cambiarsi mentre io mi avviavo in sala per comunicare che finalmente potevano cominciare a mettersi a tavola.  Non appena entrai Kyuhyun e Leeteuk mi vennero in contro. Avevo imparato oramai che, in quanto leader del gruppo, Leeteuk era chiamato a fare praticamente qualunque cosa, come decidere quali impegni Siwon poteva saltare per il film, come in quel momento. Io avevo diritto ad un accompagnatore e Kyuhyun si era inventato una balla sul fatto che "voleva stare vicino al suo hyung per un evento importante nella sua carriera come il suo primo film di hollywood" ed alla fine ce l'eravamo cavata piuttosto bene. Annuii col capo, per fargli capire che ero finalmente riuscita a recuperarlo, quindi mi diressi insieme a loro dai manager della SM. Ovviamente di tutto il team che li seguiva, mancava solo quello con cui avevo parlato io. Il più anziano del gruppo, e probabilmente il più importante, mi venne in contro. 

«La conferenza stampa è terminata?» mi domandò in inglese zoppicante.

«Si, possiamo metterci a tavola se volete. Siwon-ssi sarà qui a momenti, si sta cambiando.»

Lui annuì, ma nessuno di loro si avvicinò ai tavoli. Forse non avevano capito quello che avevo detto.

«Sono sicuro che sa quello che è successo alla conferenza stampa» 

Annuii, afferrandomi il braccio destro con l'altra mano per il nervosismo: era una specie di posizione di difesa. 

«Credevo avesse spiegato alla signorina Young qualcosa sui costumi coreani»

«L'ho fatto. Ma era appena arrivata, non dormiva da molte ore e aveva molte informazioni da tenere a mente…»

«i nostri ragazzi non dormono per giorni quando devono girare un nuovo video e riescono a ricordarsi coreografie complicatissime e tutti i testi delle canzoni. Non vedo perché un paio di ore di sonno in meno e qualche usanza diversa potessero essere di una qualche difficoltà per la signorina Young.»

«Lei non è abituata a lavorare come loro…» iniziai a dire. Era il colmo che dovessi difendere quell'oca senza cervello.

«Nemmeno lei, mi sembra. A quanto pare oggi alla conferenza ha mandato il nostro Siwon da solo» intervenne un altro.

«Si ma solo…»

«Le ho chiesto io di mandarmi da solo hyung. Lei aveva altro da fare e comunque non avrebbe potuto fare niente per evitarlo.» Siwon era apparso dal nulla, cambiato, pettinato e con l'aria di chi era stato in una beauty far a rilassarsi tutto il giorno. Chissà come faceva, io sembravo essere passata per un tritarifiuti. 

Dopo qualche minuto di silenzio l'inquietante gruppo di anziani coreani che mi stava fulminando con lo sguardo annuì, quasi all'unisono. 

«La tenga sotto controllo signorina Chronis. O considereremo recisi i termini del contratto.»

Annuii, aggiungendo mentalmente che altrimenti avremmo sempre potuto recidere la testa di Lara. Lanciai un'occhiata di ringraziamento a Siwon e mi diressi verso il tavolo. Era solo la prima di tante, lunghe, giornate da incubo.

 

Oh wow, quante recensioni allo scorso capitolo *_*

Mi hanno fatto estremamente piacere, ecco. :3 

YuiChan95: Leeteuk non riesco a non farlo essere onnipresente x°D lo adoro talmente tanto che il mio subconscio mi fa scrivere il suo nome anche quando volevo scriverne un altro! x°D Comunque mi sono fatta coraggio grazie alla tua recensione e ho messo un altro pezzo dal punto di vista di Siwon e…mi piace! Credo che ne metterò uno per capitolo adesso ^^

EllyCandy: Ecco il quarto capitolo, come promesso :D Sono contenta che la storia ti piaccia e ti prometto molti altri capitoli ^_^

PrinciSimpsonPayen: Grazieee <3 mi piace molto descrivere bene i punti di vista di Asia, per far capire meglio il personaggio ^^ sono contenta che ti piacciano :D

 

E scusatemi se ci ho messo una vita, ma ero alle prese con la fine della sessione d'esame, sob :'(

Ora è fortunatamente fintia e mi godo una settimana di vacanza, ma vi prometto che i prossimi capitoli avranno tempi più ragionevoli! ;)

 

Come sempre ricordiamo che questa fanfic partecipa alla challenge "The four elements"

The four elements challenge

Elementi: Aria e Fuoco

Prompt: Tempesta

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Capitolo 5
*** Under the sea ***


4. Under the sea


Nel mese che avevo passato lì a Seoul non avevo mai visto Leeteuk così arrabbiato. Nemmeno quella volta che Lara aveva twittato una foto di Siwon seminudo, che era riuscita a scattare sbirciando nel suo camerino. Avete presente quando sareste disposti a buttarvi in ginocchio davanti ad una persona per chiedergli di urlare contro di voi, prima che il gelo della loro rabbia vi pietrifichi? Ecco, la sensazione era più o meno quella. La parte peggiore era che non potevo assolutamente dargli torto. Cercai lo sguardo di Kyuhyun con la coda dell'occhio, ma mi accorsi che era troppo impegnato a mettere sù la sua migliore faccia da angioletto innocente per preoccuparsi di qualunque altra cosa attorno a lui. Malefico maknae, a me non la dava a bere, e nemmeno a Leeteuk. Sapevamo benissimo entrambi che sotto quell'aspetto da ragazzino timido ed impacciato si nascondeva una delle menti più diaboliche della Corea, seconda solo e soltanto al suo hyung, Kim Heechul. 

«È Inutile che mi guardate così, sapete di aver sbagliato!» sbottò Leeteuk, sempre in tono gelido.

Un momento: chi lo stava guardando come? Era Kyuhyun che stava facendo finta di non aver fatto assolutamente niente...in quel momento osservai il mio riflesso nella finestra di fronte a me: in effetti anche io in quel momento assomigliavo ad una povera Bernadette che aveva appena visto la Madonna nella grotta di Lourdes. Maledizione, stare a contatto con quella mente diabolica mi aveva contagiato. Sospirai, abbassando lo sguardo. Non sarebbe stato assolutamente facile far capire al leader il nostro punto di vista. D'accordo, erano due settimane a fila che il maknae si presentava a casa mia ad ora di cena ed usciva la mattina dopo, potevo anche capire come mai la cosa potesse destare sospetti se qualcuno l'avesse scoperto, ma anche lui doveva capire che per noi era fondamentale stabilire chi fosse il migliore a Starcraft. In realtà anche Heechul si sarebbe unito volentieri al gruppo se non fosse stato troppo pigro per percorrere tutti i giorni quei trecento metri che separavano casa mia dal dormitorio dei Super Junior, motivo per cui si era limitato a liquidare la faccenda dicendo che lui era ovviamente già migliore di noi due, non gli servivano delle stupide sfide per provarcelo. Visto che non sembravamo intenzionati a rispondergli Leeteuk si limitò a scuotere la testa ed afferrare il main vocalist per un braccio borbottando qualcosa riguardo l'ora di andare a lavoro. Un secondo dopo erano usciti sbattendo sonoramente la porta alle loro spalle. 

Sospirai, buttandomi sul divano dove, fino a pochi minuti fa, era in corso un'epica battaglia in cui i miei Protoss stavano massacrando le armate di Kyuhyun.  Non me l'avrebbe mai fatta contare come vittoria e il pensiero bastò a farmi storcere le labbra. Presi il cellulare dalla tasca dei jeans e guardai l'orario: avevo ancora due ore prima di andare a recuperare Siwon sul set per la fine dello shooting notturno. Bene, avrei dovuto utilizzare il mio tempo al meglio per cercare di non sembrare uno zombie, considerando che mi aveva praticamente infilato a forza -e credetemi non gli riusciva difficile- in un taxi e rispedito a casa perchè sosteneva che avessi bisogno di riposo.  Lanciando un'ultima occhiata addolorata alla partita che non avrei mai finito mi alzai e mi diressi verso il bagno.

Esattamente centoventi minuti dopo la suola delle mie ballerine stava calpestando con molte poche cerimonie l'asfalto del set. La puntualità era un'altra delle qualità che avevo appreso stando a Seoul, anche se mi ci era voluto un po' per ammetterlo, quell'incarico si stava rivelando molto più utile alla mia formazione professionale di qualunque altra cosa non avessi fatto a Los Angeles fino a quel momento. 

«Oh grazie Asia mi hai portato un caffè, non dovevi!» trillò Lara, prendendo uno dei due bicchieri che avevo in mano.

Chiusi gli occhi e contai fino a dieci, ripentendomi il mio mantra degli ultimi tempi: "Ci sono troppi testimoni per commettere un omicidio". Tornai a guardarla, riprendendomi il bicchiere dalle sue grinfie un secondo prima che le sue labbra sfiorassero l'apertura per bere il caffè.

«Questo è mio e questo è di Siwon-sshi. Vatti a struccare e dormi, almeno riduci il numero di danni che puoi causare»

Senza degnarla di un'ulteriore occhiata andai dritta alla zona dove c'erano le telecamere. Siwon era lì che stava controllando come era andata l'ultima ripresa. Quando mi vide arrivare staccò gli occhi dal monitor per regalarmi un sorriso, o meglio, una risatina divertita. Lo guardai inarcando le sopracciglia, ancora non potevo aver fatto niente di sbagliato.

«Se dovevi far infuriare Teukie-hyung potevi restare qui sul set» commentò divertito, prendendo il caffè che gli stavo porgendo e ringraziando con un inchino della testa appena accennato.

«Mi fa piacere notare che non avete ancora capito il concetto della parola "privacy" da queste parti» replicai, bevendo un sorso di caffè. Alzai lo sguardo sul monitor per vedere anche io come procedeva le riprese, ma ovviamente decise di diventare blu in quel momento.

«Ottimo lavoro! Adesso riposatevi e ci vediamo domani mattina!» esclamò il regista, decretando la fine definitiva delle riprese di quella notte. 

«Ottimo, andiamo Siwon-sshi! Abbiamo un sacco da fare oggi!»lo afferrai per un braccio e lo trascinai alla macchina prima che lui potesse anche solo pensare di rovinare la mia affermazione facendo notare a tutti che la sua agenda per la giornata era in realtà vuota. 

Puntando sull'effetto sorpresa riuscii a farlo sedere nella mia macchina prima che potesse anche solo chiedermi dove stavamo andando e, un secondo dopo, eravamo di nuovo in viaggio, scivolando sulle strade di Seoul. 

«Vuoi andare a casa a dormire?» gli chiesi, mentre aspettavo che il semaforo davanti a noi si decidesse a tornare verde.

«No» rispose, scuotendo la testa «Non mi riesce mai a dormire di mattina...»

«Ottimo, perchè ti avverto che la giornata che ci aspetta sarà piena!» 

Il semaforo diventò verde ed io imboccai l'ingresso per l'autostrada, lasciando l'altro passeggero a bocca aperta.

«Perchè hai preso l'autostrada?»

«Perchè i nostri impegni oggi sono fuori città! Non preoccuparti, ho organizzato tutto per farti tornare ad un orario decente, in modo che sarai riposato alle riprese di domani!»

«Ma non mi avevi lasciato l'agenda vuota appositamente, perchè avevo bisogno di un po' di relax?» mi chiese, con tono dubbioso

Gli lanciai un'occhiata in tralice con la coda dell'occhio: aveva una faccia da oscar. Non riuscii a trattenere uno sbuffo di risate che mi sfuggì dalle labbra prima che me ne rendessi conto.  Per tutta risposta la sua espressione divenne ancora di più dubbiosa, cosa che non fece altro che aumentarne il grado di comicità.

«Ti sto portando a rilassarti, fidati di me. Ho mai fatto una cosa che andasse contro il tuo interesse?»

«Oltre assumere Lara intendi?»

«Non l'ho assunta io»

«Oltre a passare ogni notte con Kyuhyun?»

Per poco non trasformai me e uno degli idol più amati di tutta la Corea in una frittella sul guard rail.

«Giochiamo a starcraft. Se lo dici così sembra che...» lasciai la frase in sospeso, scuotendo la testa.

«Era quello che intendevo!» provò a difendersi lui.

La lotta a chi l'avrebbe avuta vinta era cominciata: adesso non ci saremmo fermati fin quando uno di noi non si fosse guadagnato l'ultima parola.

 

 

Dopo un'ora di viaggio la macchina si fermò in un parcheggio davanti ad uno dei posti che conoscevo meglio in questo mondo: la spiaggia di Incheon. Non ci ero mai stato davvero su quella spiaggia, ma l'avevo vista innumerevoli volte mentre passavo di là per dirigermi all'aeroporto. Mi voltai verso Asia, lanciandole un'occhiata interrogativa, che non degnò di uno sguardo, limitandosi a slacciarsi la cintura e scendere dalla macchina. La imitai, per poi raggiungerla a pochi passi dalle scalette in cemento che portavano sulla sabbia. Non era una giornata da mare, tanto per incominciare perchè dalle nostre parti a marzo era ancora troppo freddo per pensare di potersi anche solo avvicinare all'acqua, e in particolare in quel momento il vento spazzava grosse nuvole nere in un cielo grigio. No, decisamente non era la giornata che io avrei scelto per andare a rincorrere le onde.

«Siamo arrivati?» domandai.

Lei si voltò verso di me con un sorriso ed annuì, afferrandomi poi per un polso e correndo giù per le scale.

«Ferma!» provai a protestare, ma quando vidi che era intenzionata a scendere, indipendentemente dalla mia opinione in merito, mi rassegnai a seguirla.

«Quindi la tua idea geniale per farmi rilassare era una giornata in spiaggia?» domandai, tirando un calcio con la punta del piede ad una zolla di sabbia indurita dalla pioggia.

Lei annuì, entusiasta. 

«Cosa c'è di più rilassante del mare? Lo guardi e non vedi la fine....sa di libertà. E poi la brezza marina sembra correre incontro per abbracciarti ogni volta che arrivi, come se volesse darti il benvenuto...»

Sorrisi, era la prima volta che la vedevo così entusiasta di qualcosa. Gli occhi le brillavano di una luce che non le avevo mai visto, nemmeno quando lavorava. Era come se fosse in un posto che la faceva finalmente seguire a casa. Chiusi gli occhi e respirai a fondo, lasciando che l'odore salmastro della salsedine mi penetrasse nelle narici, fino a pizzicarmi quasi in fondo alla gola. Sentivo la brezza che mi avvolgeva, rendendo vane le ore che i parrucchieri del set avevano passato ad aggiustarmi i capelli, ma non importava. Aveva ragione Asia, essere lì  era come aver finalmente raggiunto le ali della libertà ed essere ad un passo dallo spiccare il volo.  Senza che me ne accorgessi le mie labbra si stesero in un sorriso soddisfatto, mentre le mani scivolavano fuori dalle tasche dei jeans, per permettermi di alzare le braccia e godere il più possibile di quell'aria.

Non durò molto. Qualche secondo dopo mi arrivò una manciata di sabbia in faccia. Spalancai gli occhi, strabuzzando gli occhi di fuori. Asia era lì davanti a me, che se la rideva. Ci misi un attimo a realizzare quello che era successo.

«Comincia a correre...» la avvertii, chinandomi per poi stringere il pugno attorno ad un piccolo cumulo di sabbia.

Quando cominciai a correre era già molto avanti, ma non me ne preoccupai. Se c'era una cosa di cui ero fiducioso nella vita era la mia capacità di riuscire a fare bene qualunque cosa rientrasse nella dicitura "sport". 

«Fermo, fermo, fermo! Non lo sai che le donne non si toccano nemmeno con un fiore?» provò a fermarmi

«Ma si toccano con la bocca, direbbe Heechul hyung...»

«Con la bocca?» mi guardò sgranando gli occhi e fermandosi di botto. Davvero, gli occidentali avevano un talento naturale per fraintendere qualunque cosa

«Si, con le parole che escono dalla bocca, intendeva questo!» spiegai, lanciandole a tradimento la sabbia.

Non volevo tirargliela di proposito in bocca, ma il risultato venne spontaneamente piuttosto notevole.  Asia riuscì a replicare solo dopo aver sputato sabbia per cinque minuti buoni. 

«Spero che questa spiaggia ti piaccia perchè sappi che è l'ultima cosa che vedrai nella tua vita!»

Scoppiai a ridere e cominciai a scappare, rallentando a volte per farle credere di potermi avvicinare, per poi scattare di nuovo facendola arrabbiare ancora di più. Anche se era evidente che non ce la faceva più continuava imperterrita a correre, gli occhi che le bruciavano di determinazione. Sorrisi, rallentando appena il passo ma facendo in modo che non se ne accorgesse. Quella ragazza era unica nel suo genere, sembrava non poter accettare il termine sconfitta, nè che le cose non andassero esattamente come se le era immaginate. La pazienza non era il suo forte, anzi, era una delle persone più irascibili che avessi mai conosciuto, eppure sapeva mettere tutta la sua dedizione in un obiettivo, non importava quanto tempo ci volesse a raggiungerlo. Era il cocktail di ingredienti più strano mai usato per un essere umano ed era per questo che io e il leader eravamo così curiosi di sapere cosa ci fosse dietro.

«Ah preso!» esclamò, afferrandomi per un braccio, con l'ultimo briciolo di fiato che le era rimasto.

Provò a trascinarmi a terra con lei, senza ottenere alcun risultato. Mi sforzai di trattenere una risata e feci il lavoro sporco, trascinandola con me sulla sabbia, in modo che ci trovassimo uno accanto all'altra. Mi aspettavo di sentirla urlare da un momento all'altro e invece l'unico suono che turbò il silenzio di quel posto fu  una risata. La guardai, per essere certo che avessi sentito bene. Sì, stava proprio ridendo.

«Il mare sembra metterti di buon umore» osservai, riportando lo sguardo sulle onde che si infrangevano sulla battigia.

«Già...sai, in Grecia c'è un posto bellissimo, è vicino ad Atene. Si chiama capo Sounion ed è un tempio costruito in cima ad uno sperone di roccia a picco sul mare. Se siedi lì in cima ti senti davvero il padrone del mondo.»

Era una delle sue famose frasi che nascondevano qualcosa dietro, oramai avevo imparato fin troppo bene che bisognava darle un cenno che si era disposti ad ascoltarla prima che continuasse. Le lanciai un'occhiata eloquente.

«Ci andavo spesso...ogni volta che mi sentivo triste, restavo in silenzio a farmi cullare dalla brezza e ad ascoltare il rumore furioso delle onde ed era la cosa migliore che c'era per farmi tornare il sorriso. Ogni volta che mi trovo davanti al mare, ho la stessa sensazione»

Allungai una mano per scompigliarle i capelli, sapendo perfettamente che mi avrebbe tirato una pacca di protesta sulla spalla un secondo dopo. In Asia era un luogo abbastanza comune pensare che agli occidentali piacesse il contatto fisico molto di più che qui in oriente, ma lei sembrava essere la prova del contrario.  Senza dire niente cominciai a togliermi dalle tasche il cellulare e le varie altre cose che avevo dietro e le poggiai sul golf che dalle mie spalle era finito a terra.

«Cosa fai?» mi domandò Asia, guardandomi come se fossi pazzo.

«Evito che ci vada troppa sabbia. Dovresti fare lo stesso sai?» risposi, lanciandole un mezzo sorriso.

Anche se scettica mi imitò, posando lentamente tutto quello che aveva dietro, guardandosi intorno come se si aspettasse che qualcuno spuntasse a rubarci tutto da un momento all'altro. 

«Stai tranquilla! Non succede niente!»

«La fai facile te! Nel frattempo se ci rubano la macchina la devo ripagare io alla SM!»

«Io fossi in te non mi preoccuperei di questo....» commentai, alzandomi di scatto.

«E di cosa dovrei preoccuparmi, di grazia?» L'espressione sulla sua faccia era qualcosa che valeva tutto quello che stavo per fare.

Prima che potesse reagire, pensare o fare qualunque altra cosa, mi chinai per prenderla in braccio. Inutile dire che rischiai la perforazione ad un timpano grazie ad una lunga serie delle famose urla alla Athanasia. Per salvare il mio orecchio corsi il più velocemente possibile, fino all'acqua, tuffandomici poi dentro e portando lei con me.

 

 

Per dieci secondi buoni pensai seriamente di annegare, poi mi ricordai di essere dotata di quattro arti funzionanti e li sfruttai il più velocemente possibile per infrangere la superficie grigio metallo che mi sovrastava, impedendomi di respirare. La prima boccata d'aria fu come ingoiare un set di coltelli per bistecca tanto era tagliente. Avrei voluto continuare ad urlargli che era un'idiota, ma il freddo era tale da mozzarmi il fiato, così decisi che era il caso di portare il più rapidamente possibile le mie chiappe fuori di là e poi trovare un modo crudelissimo per cessare l'esistenza di quell'uomo. 

«Credevo ti piacesse il mare!» esclamò una voce alle mie spalle, con fare derisorio.

Mi voltai, pronta a rituffarmi in acqua per strangolarlo. Peccato che non avessi considerato il fatto che la vista che mi si parò davanti mi blocco completamente. Non avevo mai considerato Siwon come un uomo, lui era lavoro, punto. Certo, sapevo che era bello, ma lavorando sempre in mezzo ad attori la bellezza è una cosa che diventa indifferente con molta rapidità, però vederlo che usciva dall'acqua con la camicia scura che gli aderiva perfettamente addosso, i capelli che gli incorniciavano il viso in maniera irregolare, i jeans che sembravano essergli stati cuciti addosso e le gocce d'acqua che gli macchiavano la pelle...quella bellezza era troppa per lasciare indifferente chiunque. Mi limitai a fissarlo, inebetita, per alcuni secondi, finchè qualcosa di caldo che mi avvolgeva le spalle non distolse la mia attenzione.

«Così prenderai freddo» mi sussurrò qualcuno.

Mi girai per trovarmi faccia a faccia con Heechul, che si assicurò che la sua giacca non mi abbandonasse prima di allontarsi un po'. Volevo chiedergli cosa ci facesse lì, ma prima che riuscissi a formulare la frase sentii delle urla che avrei riconosciuto ovunque: erano arrivati i Super Junior.

«Pensavate che potevate prendervi delle ferie da soli eh?» disse Kyuhyun, avvicinandosi con un sorrisetto divertito.

«E invece no! Teukie hyung ha convinto i manager a darci una giornata di riposo e ci hanno anche prenotato un'hotel!» aggiunse entusiasta Eunhyuk.

«Che sarà il caso voi sfruttiate subito, se non volete prendervi una broncopolmonite»  concluse i leader, guardando con aria di disapprovazione il suo visual.

Scoppiai a ridere ed annuii. Una serata al mare con loro sarebbe stata sicuramente da ricordare.

L'hotel non era male, ma non era certo il lusso a duemila costellazioni che avrebbero preteso i divi di hollywood. Se non altro aveva degli accappatoi in camera, cosa che per me era una salvezza, considerando che gli unici vestiti che avevo erano ancora fradici per il viaggetto in mare che gli aveva fatto fare Siwon. Mi stesi sul letto, con una mezza idea di addormentarmi e recuperare tutte le ore di sonno perse in quei giorni, ma proprio mentre stavo per chiudere gli occhi qualcuno bussò alla porta. Aprii quel tanto che bastava alla mia testa per uscire fuori e, per la seconda volta in quella giornata, mi trovai a guardare Heechul, che stavolta aveva in mano una tazza fumante e quella che sembrava essere una tuta da ginnastica. 

«Questo è del the allo zenzero, bevilo tutto che hai bisogno di riscaldarti e questi...» disse porgendomi i vestiti prima che avessi il tempo di poggiare la tazza da qualche parte «...è un cambio. Leeteuk hyung ha pensato che potessi averne bisogno, ma ti avverto Eunhyuk era l'unico che si era portato dietro il doppio della roba necessaria, quindi probabilmente sarà roba orribile» sfoggiò il suo migliore ghigno e se ne andò prima che avessi il tempo di ringraziarlo. Non ci feci molto caso, ma col tempo avrei capito anche io perchè un comportamento del genere da parte di Kim Heechul era molto sospetto.

Dopo essermi cambiata mi avviai al primo piano, per mangiare con gli altri. Per tutto il tragitto mi aggiustai la tuta in maniera che mi stesse meno scomoda. Era triste da ammettere, ma i vestiti di Eunhyuk mi stavano stretti. E dire che il mio fisico rientrava perfettamente nella media delle ragazze occidentali. Fuori dall'ascensore seguii il cartello che indicava il ristorante. Stavo per entrare nella saletta che ci era stata riservata, ma mi resi conto che dentro c'erano solo Leeteuk e Siwon, immersi in una fitta conversazione. Ero capitata troppo spesso davanti a quelle situazioni per non sapere che non era il caso di irrompere, così mi rassegnai a vagare lì fuori fin quando non avessero finito. Stavo giusto per dirigermi verso un divanetto dall'aria confortevole, quando uno stralcio di conversazione giunse alle mie orecchie.

«Ha detto solo che il mare la rende felice hyung, niente di trascendente! A molte persone fa questo effetto...»

«Questo vuol dire che siamo ad un punto morto, ancora. Chissà cosa c'è che nasconde così bene»

Stavano parlando di me o era solo il mio ego che voleva farmelo credere?

«Sai hyung...a volte credo che sarebbe meglio chiederlgielo e basta. A questo punto non è proprio un'estranea»

«Siwon-ah, credi davvero che andare da lei e dirle: "Hey ciao Asia! senti cosa nascondi nel tuo passato che ti ha fatto diventare così?" funzionerebbe?»

«No, infatti, non funzionerebbe» esclamai, entrando nella stanza all'improvviso. I due avevano l'aria di chi aveva visto un fantasma. E ancora non era assolutamente niente.

«Cos'è vi state divertendo a giocare ai detective privati? Lo trovate interessante? Beh sapete cosa vi dico? Voi non avete nessun diritto di sapere quello che c'è stato nella mia vita, nè quello che ci sarà. Fra sette mesi saremo solo un vicendevole brutto ricordo che potrà essere cancellato con facilità. Per quale motivo dovrei condividere la mia esistenza con voi?» Non aspettai che mi rispondessero, mi limitai ad uscire sbattendo la porta alle spalle, correndo poi verso l'ascensore. Non feci nemmeno caso a Kyuhyun che cercava di fermarmi per chiedermi cosa era successo, nessuno doveva sapere niente, nessuno. Mi avevano quasi ingannato con la loro realtà di zucchero filato e bolle di sapone, ma in fondo anche loro erano degli ipocriti, come tutti gli altri.

 

Scusate per il tempo abnorme che ci ho messo ad aggiornare. ma vi giuro non riuscivo a mettere due parole in fila >.<" Spero comunque ne sia valsa la pena di aspettare^^ e mi impegno a non metterci più così tanto ad aggiornare, promesso da ELF ad ELF!

 

YuiChan95: Grazie della recensione <3 Lara sta sulle balle anche a me, e dire che l'ho creata. Potrei sfogare l'istinto omicida di tutte noi su di lei :D  Purtroppo invece temo di star facendo uscire fuori il lato malefico di Kyu e di Chul xD è troppo forte per resistere^^

 

OnewsmileislikeaSun: Grazie anche a te :D Anche stavolta confemriamo l'onnipresenza di leader e maknae! e dire che Donghae che doveva essere uno dei protagonisti non è manco nominato xD spero cmq che il capitolo ti piaccia <3

 

ChoiMinhoFigo_ : Grazie per i complimenti <3 giuro che i prossimi capitoli li leggerai molto più in fretta! :D

 

SooMicchi: benvenuta nuova lettrice! qui accettiamo tutti senza discriminazoni di sorta^^ sono contenta che la storia ti sia piaciuta e spero resterai sintonizzata su questi canali^^ grazie per aver recensito <3

 

Come sempre ricordiamo che la storia partecipa alla "The four elements challenge"

Elemento: Aria

Prompt: Brezza

 

Stay tuned, ed alla prossima^^

F.

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Capitolo 6
*** Keep calm and... ***


6. Keep calm and...



Erano passati due giorni dalla giornata ad Incheon e da allora non avevo più visto nè sentito nessuno di quei dieci, per mia volontà. Telefonavo al regista ogni giorno, per sapere come andavano le cose sul set, per vedere se Lara causava danni e per qualunque altra cosa richiedesse il mio compito, ma non mi facevo più vedere in giro da quelle parti. Avevo persino saltato una lezione di coreano pur di non incrociarli, anche solo per sbaglio, tra i corridoi della SM. La cosa che odiavo di più al mondo erano le intromissioni nella mia vita. Ero sempre stata una persona indipendente ed ero abituata a cavarmela da sola, non avevo mai chiesto aiuto a nessuno ed avevo imparato a fare i conti con il mio passato senza che nessun altro mi dovesse compatire. Tutti hanno uno scheletro nell'armadio, chi più grande chi più piccolo, ed io ero sempre stata in grado di badare al mio da sola. Non avevano nessun diritto di ficcare i loro drittissimi nasi nei miei affari. Tuttavia sentivo come un fastidio alla bocca dello stomaco ogni volta che mi buttavo sull'enorme divano in pelle bianca e guardavo Seoul dalla vetrata del mio salotto, una sensazione strana che non avevo mai provato prima, che peggiorava se casualmente lo sguardo si posava sul portatile abbandonato sul tavolo in simil-vetro, diventato oramai il campo di battaglia per starcraft. Era esattamente a quella sensazione che stavo cercando di trovare un nome, quando bussarono alla porta. Mi alzai sbuffando ed aprii senza nemmeno controllare chi fosse, totalmente incurante del fatto che avevo addosso da due giorni i vestiti che usavo per dormire e che i capelli erano annodati in maniera informe sulla nuca, tenuti su da una penna a sfera.

Avrei dovuto sospettare che sarebbe stato uno di loro, ma non mi sarei mai aspettata lui. Di Kim Heechul sapevo poco, in parte perché non mi interessava assolutamente capire chi mi circondava, ed in parte perché lui rendeva nebuloso anche quel poco che mi sforzavo di capire. Sapevo che aveva un'autostima molto superiore alla media, al punto che, se ne avessi avuta io in dotazione anche solo un quarto a quell'ora sarei stata ad hollywood a dirigere un kolossal, invece che in Corea a guardare fuori da una finestra inveendo sul mondo. Sapevo che si considerava, ed era considerato, uno dei ragazzi più belli di tutta la nazione, e non potevo dargli torto. Sapevo che era considerato una persona strana, ma chi non lo era? Ritrovarmelo sulla soglia di casa, quando si era sempre rifiutato di percorrere quella manciata di passi che separavano il mio appartamento dal suo dormitorio per via della sua proverbiale pigrizia, era di quanto più vicino ad un romanzo di Asimov avessi mai sperimentato nella mia vita. 

«Yoh man!» esclamò, probabilmente le uniche due parole di inglese che sapevo dire.

Non gli risposi nemmeno e cercai di chiudergli la porta in faccia. Il mio tentativo però fallì miseramente, visto che la bloccò e la spinse quel tanto che bastava ad aprire uno spiraglio sufficiente per farlo entrare. A guardarlo non sembrava così forte, probabilmente era stato aiutato dal suo ego.

«Sarebbe buona educazione invitare ad entrare le persone che ti vengono a trovare» disse, con un sorrisetto stampato in faccia.

«Che vuoi?»

«Hey hey hey! Sai quanti anni ho? Dovresti parlarmi con un po' più di rispetto! Non insegnano nemmeno ad usare il formale in questi corsi della SM?» si buttò sul divano senza aspettare che lo invitassi a sedersi. Anche se l'espressione era restata giocosa dal tono della sua voce mi era sembrato che fosse serio nel dire quelle ultime parole.

Senza preoccuparmi di rispondere mi misi a sedere accanto a lui, sempre attendendo che per intervento di una qualche entità superiore si decidesse a dirmi a cosa dovevo l'onore di averlo in casa mia.

«Sai, non dovresti trascurarti così! Persino Sungmin-ah dorme con cose meno imbarazzanti»

Lasciai scivolare lo sguardo sui pantaloni della tuta a fantasia mimetica che avevo addosso ed alla maglia viola con la scritta "Fuck it, I'm awesome" in giallo evidenziatore, che coronava il tutto, per poi fulminarlo con lo sguardo.

«Non vedo in che modo i miei vestir possano affliggere le tue giornate» replicai, laconica.

«Una donna dovrebbe sempre essere bella»

«Preferisco essere sempre intelligente se non ti spiace»

Uno sbuffo di risate, che non tentò nemmeno di nascondere, uscì dalle sue labbra. Lo guardai interrogativa.

«Potresti cercare di farti riuscire bene almeno una delle due cose allora, che dici?» sembrava essere davvero divertito dalla faccenda.

«Prego?»

«Avanti, pettinati e mettiti qualcos'altro addosso. Usciamo»

«Se vuoi uscire la porta è esattamente quella da cui sei entrato. PEr quanto mi riguarda non ho intenzione di muovermi di qui»

«Sopporterò ti portarti in giro in quelle condizioni…se mostri di essere quantomeno intelligente»

Aprii la bocca per replicare ma poi colsi il suo sguardo che non ammetteva repliche e la richiusi. Va bene, saremmo usciti, ma mi avrebbe pagato qualunque alzata di ingegno gli fosse venuta in mente durante il nostro giro.

Una ventina di minuti dopo ci trovavamo sul set di un programma televisivo, nascosti nella zona cameraman ad osservare una testa rossiccia che era china sulle card dei presentatori, con scritti gli appunti per la puntata. Alla terza volta in cui qualcuno mi scambiava per qualcuno dello staff e mi toccava spiegargli, in zoppicante coreano, che ero lì per altri motivi, Heechul sospirò rumorosamente.

«Ti avevo detto di cambiarti…»

«…o di mostrarmi intelligente. Ho provato a scegliere la seconda, quindi ti prego, dimostrami che non mi sono sbagliata!»

Non mi rispose, ma si limitò ad allontanassi dal set, per dirigersi verso il parcheggio sotterraneo dell'emittente televisiva. Nel giro di poco ci ritrovammo in macchina. PEr un istante mi azzardai a sperare che mi riportasse a casa perché si vergognava ad andare in giro con qualcuno nelle mie condizioni, ma mi rassegnai quasi subito quando vidi che girava in tutt'altra direzione.

Il posto dove si fermò stavolta era invece molto familiare. Ci avevo messo le tende nell'ultimo mese. sul set di quel film.

«Ti avverto che non ho nessuna intenzione di scendere»

Lui si limitò ad abbassare il finestrino dalla mia parte, facendomi cenno di guardare fuori, con l'aria di chi dovesse spiegare ad una bambina quanto fa due più due.

Spostai lo sguardo fuori e mi trovai ad osservare da lontano un profilo fin troppo noto, con lo sguardo perso nel vuoto, ed in mano un bicchiere di quello che era evidentemente il caffè sbagliato per lui, mentre cercava di ignorare qualunque cosa Lara stesse dicendo.

«Vado a dire due paroline a quell'oca giuliva e torno…» feci per aprire lo sportello ma lui mi bloccò.

Prima che potessi replicare era già ripartito. Lo guardai tra il furioso e l'interrogativo. Insomma, mi aveva chiaramente portato lì per dirmi di riprendere il mio lavoro e poi, quando stavo per farlo, me lo impediva?

«Hai mai pensato di immedesimarti in loro? Dall'altro del tuo trono di drammi ti sei mai chiesta come si sentivano quelli che ti circondavano?»

«Qualunque cosa tu mi voglia dire non usare troppi giri di parole. Arriva al sodo.»

«Credevo che in un mese li avessi conosciuti un minimo, hyung e Siwon-ah. »

«Credevo anche io…» commentai laconica

«Si, d'accordo, magari la maniera in cui si sono comportati non è stata la migliore. Ma hai visto che non riescono nemmeno a concentrarsi sul lavoro perché pensano a come risolvere questo problema con te?»

«Ed è colpa mia? se si fossero fatti gli affari loro adesso tutto sarebbe normale!» non sapevo dove voleva arrivare, ma l'inizio del discorso non mi piaceva.

«In parte. La colpa non sta mai da entrambe le parti. Loro volevano solo cercare di metterti il più a tuo agio possibile…Siwon deve lavorare con te ed aveva percepito qualcosa di strano nel tuo atteggiamento e Leeteuk-hyung si è offerto di aiutarlo, perché lui si comporta sempre come se ogni  problema del gruppo fosse un suo problema. Pensavano che stando con noi ti saresti sentita più a casa…e alla fine hanno cominciato a voler scoprire cosa c'è che tieni nascosto a tutti, anche a te stessa, perché volevano aiutarti davvero, non solo perché era un problema di lavoro per uno di loro.»

«E per quale motivo avrebbero dovuto volermi aiutare»

«Tu ci piaci, Asia. Sei una persona stranamente autentica, a modo tuo. E sei diversa, perché vieni da un mondo diverso. Sei stata un po' come l'aria di montagna dopo che hai respirato solo quella di città per troppo tempo. All'inizio ti sembra solo diversa, ma se ti accorgi che c'è qualcosa che guasta anche quell'aria, non faresti di tutto per renderla pulita di nuovo?»

Non lo facevo un tipo da elucubrazioni filosofiche.

«Quindi sicuramente hanno sbagliato, ma non puoi startene chiusa in casa, murata nel tuo orgoglio, aspettando che vengano a chiederti scusa strisciando.»

«Vuoi dirmi che il fine giustifica i mezzi?» domandai quindi, in tono lievemente scettico.

Lui accostò per farmi scendere, visto che oramai eravamo sotto casa mia, e poi mi lanciò uno sguardo sorpreso.

«Ma allora sai davvero essere intelligente! Stupiscimi e diventa anche bella per stasera, ti passo a prendere ed andiamo a cena con tutti gli altri»

Non risposi ed uscii dalla macchina, tanto, probabilmente, non era nemmeno una richiesta la sua, figuriamoci se Kim Heechul avrebbe accettato un rifiuto.

 

 

A quanto pareva Asia non si era presentata a lavoro neanche quel giorno. Lanciai un'occhiata sconsolata a Siwon e cercai di pensare il più rapidamente possibile ad una soluzione. Era la stessa cosa che cercavo di fare da due giorni a questa parte, ma per ora i risultati non erano stati un granché. Ryeowook si era offerto volontario di preparare una torta, Yesung di cantarle delle scuse a nome nostro e Kyuhyun di non batterla a Starcraft per una settimana. Nessuno dei tre piani mi convinceva troppo tranne, forse, quello di Ryeowook, ma la consapevolezza che rischiavo di beccarmela in faccia la torta, mi faceva continuare a sperare nella possibilità di trovare qualcosa di migliore. 

«Cos'è quel muso lungo?» domandò Heechul, con il suo solito sorriso , accompagnato dall'aria di chi era appena entrato in casa.

«Stiamo pensando Heenim, hai qualche idea su come scusarci con Asia, a quanto pare sono due giorni che non si presenta nemmeno sul set!»

«Un'idea ce l'avrei…che ne dite di andarci a parlare?»

Siwon sbuffò, lanciando poi un'occhiataccia in direzione del suo hyung, che lasciava intendere che riteneva più probabile l'invenzione della fusione fredda nel giro di dodici secondi piuttosto che un'Asia che ci avrebbe semplicemente lasciato parlare.

«Forse dopo che l'abbiamo legata ed imbavagliata ci ascolterebbe…» commentai, l'ironia palpabile nel mio tono di voce.

«Io ancora non capisco cosa ci facesse lì un'ora prima di cena» borbottò Siwon, torturando l'angolo di un cuscino.

«Le ho detto io di scendere» rispose Heechul con tutta la tranquillità di questo mondo.

«Cosa??» il coretto che si levò tra la mia voce e quella di Siwon fece affacciare persino Sungmin in salotto, che ci guardò come se fossimo improvvisamente impazziti tutti, prima di ritornare alla sua chitarra.

«Le ho detto io che la cena era pronta a quell'ora, così vi avrebbe trovato»

Siwon non era il tipo da perdere la pazienza in quelle situazioni, e infatti non la perse, ma si limitò a guardare Heenim come se gli avesse appena detto che voleva lasciare i Super Junior per darsi all'ornitologia.

«E per quale motivo lo avresti fatto?» io, invece, non riuscii a trattenere una nota di durezza nella mia voce. Negli anni avevo imparato a capire quasi tutto di Heechul, ma a volte quell'uomo restava un gigantesco punto interrogativo.

«Perché lei ha bisogno di voi e voi volete aiutarla, ma lo stavate facendo con i presupposti sbagliati» rispose semplicemente, stringendosi nelle spalle «adesso avete l'occasione di chiarirvi e cominciare a fidarvi davvero l'uno dell'atra. Hyung» improvvisamente diventò serio e mi guardò negli occhi « sarà più difficile, ma non vale sempre la pena di conquistarsi davvero la fiducia di una persona?»

Lo guardai sbalordito per un paio di minuti. Nel suo piano contorto c'era, effettivamente, della ragione. 

«Hyung, sei proprio sicuro di essere ateo?» gli domandò Siwon, strappando sia a me che ad Heechul una risata.

«Siwon-ah, mi spieghi come fai a ricondurre sempre tutto alla chiesa?» domandò Heechul ,scuotendo la testa, mentre si alzava «Comunque io ora devo andare, il mio sonno di bellezza vi attende… vi consiglio di andare a fare quattro chiacchiere con la manager lì….ci vediamo a cena stasera»

Senza dire altro sparì nella sua stanza, improvvisamente come era arrivato. Io e Siwon ci scambiammo un'occhiata eloquente. Lui aprì la bocca per dire qualcosa ma lo fermai.

«Vado io a parlare con lei. L'idea all'inizio è stata mia quindi lascia risolvere a me il problema. Tu la vedrai domattina a lavoro invece e spero che si sarà un po' calmata.»

«Non devi fare sempre tutto tu hyung, devi anche andare in radio prima di cena. Io invece non ho niente da fare….va bene essere il leader, ma non esagerare.»

Sorrisi a Siwon, lui si preoccupava sempre per tutti, anche troppo, ma avevo la sensazione che quella cosa l'avrei dovuta fare io. Per amore di diplomazia Siwon tendeva ad abbassare la testa e chiedere scusa, risolvendo tutto così e lasciando troppi discorsi in sospeso. Non era quello che gli serviva ora.

«Lo sai che lo faccio volentieri…prendermi cura di voi»

Non appena finii la frase mi trovai spiaccicato contro il torace del mio donsaeng, stretto in un abbraccio.

«Grazie hyung» disse, a bassa voce.

«Ma figurati» le labbra mi si incresparono in un sorriso contro la stoffa ruvida della maglietta che portava «ora lasciami andare o arrivo da Asia per la fine del suo contratto».

Lui ridacchiò e mi lasciò andare dal suo abbraccio. Ci scambiammo un ultimo sorrisetto di incoraggiamento, quindi andai verso la porta.

«Hyung!» esclamò proprio mentre stavo per uscire. Mi voltai a guardarlo con aria interrogativa «Fighting!» serrò il pugno verso di me in un cenno di incoraggiamento, con un sorriso che gli stirava le labbra.

Risposi ricambiando il gesto ed uscii, prima che trovasse un altro modo per trattenermi.

Arrivare da Asia non fu particolarmente complicato, ma adesso che ero davanti alla porta del suo appartamento mi chiedevo come avrei fatto a farmi aprire. Suonare il campanello sembrava un buon inizio, quindi allungai il dito e premetti il bottone sotto al cartellino adesivo che recava la scritta "Athanasia Chronis". Contro ogni previsione la porta si aprì in relativamente poco tempo e la padrona di casa mi fece entrare senza dire un parola.

Si diresse in cucina e la seguii là, sedendomi su una delle sedie che circondavano il tavolo dieci minuti dopo che lo aveva fatto lei, quando era oramai evidente che non era intenzionata ad invitarmi lei a farlo.

«Mi sembrava che fosse il caso di parlare, sai, di quello che hai sentito ad Incheon e, soprattutto, di quello che non…» mi zittì alzando una mano ancora prima che finissi la prima frase.

«Se vuoi dire qualcosa dilla. Niente giri di parole»

Annuii, lasciando che un sospiro si facesse strada tra le mie labbra. Non sarebbe stato facile.

«Ehm…ecco…probabilmente quello che abbiamo fatto non è stata una cosa carina, ma noi volevamo solo aiutarti e non volevamo risultare troppo invadenti…»

«Aiutarmi?» domandò, con una nota di scetticismo nella voce, inarcando il sopracciglio. 

«Non sembravi intenzionata a fidarti di noi, ma quando sei arrivata eri sperduta. E sembrava che tu ti fossi persa molto prima di arrivare a Seoul….volevamo solo che tu qui ti sentissi a casa»

L'occhiata che mi lanciò stavolta era di pura sorpresa e non fece altro che confermarmi che avevo ragione.

«Sono il leader, sono abituato a badare a tutti i ragazzi, ho imparato in fretta a capire le persone» spiegai prima di continuare «Sai, per me è stato così. Io ho trovato una famiglia nei Super Junior, ho imparato che posso sempre appoggiarmi a loro ogni volta che ho bisogno. Noi avremmo solo voluto che tu facessi lo stesso…e poi, beh, Siwon-ah deve sempre aiutare le persone, è genetico. A volte gli hanno chiesto addirittura se fosse un angelo o semplicemente era cresciuto in modo da vedere solo il bene in questo mondo» sorrisi a quel ricordo, Kibum era sempre stato un tipo taciturno, ma ogni cosa che diceva non era mai fuori luogo.

«Mi fa piacere. Avreste potuto chiedere ed io avrei declinato l'offerta e le coscienze di tutti sarebbero state a posto»

«Vedi è questo il problema, noi non volevamo che tu declinassi. Io grazie a loro ho imparato che condividere qualcosa in famiglia aiuta ad essere meno soli e ad essere più forti, perché la forza di tutti diventa la tua»

«Come se in famiglia le cose funzionassero così…» sbuffò lei, guardando con fermezza il muro che si trovava davanti.

«Mhmm direi che anche tu hai un rapporto conflittuale con la famiglia. Hai mai sentito dire che gli amici sono la famiglia che ci scegliamo per noi stessi?»

«Anche tu?» mi chiese, girando abilmente il discorso.

Annuii, avevo parlato di quelle cose anche in tv oramai, gli altri membri mi avevano dato il coraggio di considerare il mio passato solo come un brutto ricordo, non il mio tallone di Achille.

«I miei genitori litigavano spesso…mio padre era un tipo violento. Le ricordo bene quelle litigate, erano orribili, furiose, credevo che la casa mi sarebbe crollata addosso. Avevo voglia di scappare, ma poi pensavo che non potevo lasciare mia madre sola con lui e quindi restavo. Restavo sempre, anche se sapevo che poi sarebbe venuto da me e mi avrebbe picchiato. Lo faceva sempre, lo facevo di continuo…e per quanto risentimento provassi nei suoi confronti non riuscivo a ribellarmi, perché ero sempre paralizzato dal terrore ogni volta che lo sentivo entrare in casa. E pregavo, pregavo che quella sera sarebbe stato diverso, ma non cambiava mai. Credevo che Dio non avesse tempo per i miei capricci…ma poi nella mia ricerca spasmodica di quel sentimento chiamato felicità sono stato preso alla SM. Nonostante a volte credevo di non farcela nemmeno lì, alla fine abbiamo debuttato, alla fine sono il leader dei ragazzi migliori di questo mondo…in fondo le mie preghiere sono state ascoltate, ho avuto la migliore delle ricompense…» mi fermai, la voce spezzate. Nonostante tutto era sempre doloroso ricordare. Trattenevo le lacrime con ogni singolo briciolo di volontà, non avrei dovuto piangere davanti a lei, non in quel momento.

«Pensa che strano…io avrei pagato per ricevere anche solo uno schiaffo da mio padre» rispose lei, lasciandomi senza parole. 

Forse ce l'avevo fatta, forse Heechul aveva ragione. La sincerità era l'unico modo per indurla a fidarsi di noi.

 

Heechul sembrò sorpreso di vedermi scendere di casa puntuale e, soprattutto, sembrò ancora più sorpreso di vedermi con addosso dei vestiti carini e, addirittura, un filo di trucco. Per non parlare poi della piacevole novità dei capelli pettinati. Parcheggiata a pochi passi da noi c'era la sua macchina. Inarcai le sopracciglia: possibile che per fare il breve tragitto che lo separava dal dormitorio fosse venuto in macchina.

«Ovviamente il ristorante dove andremo non è dietro l'angolo» esordì lui, come se mi avesse letto nel pensiero.

«Ma come hai fatto a…?»

«Sapere cosa stavi pensando? Pensi davvero di essere l'unica con un bel faccino e un po' di cervello qui dentro? Beh sappi che c'è chi ti batte»

Scuotendo la testa aprii lo sportello ed entrai in macchina. Quell'uomo era talmente sicuro di sè da lasciarmi senza parole.

«Mi è parso di capire che avete risolto tutto con Leeteuk hyung. Non credi di dovere dei ringraziamenti a qualcuno?»

«Non vedo perché, sono abbastanza matura da riuscire ad accettare le scuse di una persona da sola.»

In realtà aveva ragione. Per la prima volta nella mia vita avevo condiviso quello che mi portavo dentro con qualcuno. Leeteuk aveva giurato di non farne parola con nessuno e speravo vivamente per lui che fosse così. Avevo ancora un paio di problemi con quella parola che si chiamava "fiducia". Anche se, prima di andare via, aveva detto che poteva provare ad essere un padre anche per me, così come lo era per gli altri membri del gruppo. Non che lo avessi davvero preso in parola, ma mi aveva lasciato dentro una strana sensazione, come un calore che si irradiava dalla gola fino a prendere tutto il petto, talmente forte da non farti quasi respirare, ma nonostante tutto era piacevole.

«Quando partirò ti pentirai ogni giorno ed ogni notte di non avermi ringraziato.» disse improvvisamente Heechul, riportandomi con i piedi per terra.

«Partirai?» gli chiesi, cascando dalle nuvole. A quanto ne sapevo io erano nel pieno delle promozioni del loro nuovo album.

«A fine mese, servizio militare obbligatorio.»

Fermò la macchina nel parcheggio del ristorante e scese. Mi affrettai a seguirlo, ancora sconvolta dalla notizia. Servizio militare obbligatorio?

«Ma avete ancora il militare obbligatorio da queste parti?» chiesi, raggiungendolo mentre si dirigeva verso l'entrata.

«Sì, ma tranquilla…non mi succederà niente. Il mondo smetterebbe di girare se succedesse qualcosa a Kim Heechul»

«Perché ovviamente gira intorno a te…»

«Vedo che hai cominciato a capire come funzionano le cose…hey Siwon-ah!» esclamò quindi rivolto a sino, che era appena uscito per venirci a salutare «avevi ragione. C'è anche un cervello che funziona in modo quasi soddisfacente dietro a quel bel faccino!»

«Io non ho mai detto che avesse un bel faccino…» borbottò lui, guardando in tutt'altra direzione.

Se credeva che mi interessasse la sua opinione sulla mia faccia si sbagliava di grosso.

«Infatti hai detto solo che aveva un cervello niente male, ma il resto mi è sembrato doveroso aggiungerlo» 

Entrò dentro, strizzando un occhio nella mia direzione con un che di diabolico.

«Non farci caso…a lui piace giocare e avere le ragazze ai suoi piedi…»

«Non ho bisogno che tu mi dia consigli sentimentali, grazie» risposi, laconica. Ci mancava solo che venisse a dirmi come dovevo o non dovevo prendere le parole della gente. Lui abbassò lo sguardo, sembrava essere leggermente imbarazzato.

«Comunque per l'altro giorno mi dis…»

«Ho già detto a Leeteuk che accettavo le vostre scuse. Non c'è bisogno di continuare a ripeterlo. Domani mattina passo a prenderti alle sette e mezzo e andiamo sul set insieme, prima che Lara causi un suicidio di massa di tutte le persone che lavorano al film»

Lui sorrise e mi aprì la porta per lasciarmi entrare. Era il massimo che potevo concedergli al momento. Già provare ad instaurare un rapporto con Leeteuk era un esperimento, non mi si poteva mica chiedere di aprire il mio cuore a tutta l'umanità ed aspettarsi che io lo facessi nel giro di un paio d'ore. Probabilmente anche Siwon l'aveva capito: avevamo fatto entrambi dei passi avanti non indifferenti.

Al tavolo c'erano tutti gli altri nove, alcuni litigavamo su che carne ordinare, altri chiacchieravano degli impegni del giorno dopo…mi andai a sedere accanto a Kyuhyun e, nel farlo, incrociai lo sguardo con quello del leader, che mi dedicò un sorrisetto che metteva in mostra la sua fossetta. Ricambiai, un po' titubante.

«Yah! Spero che i tuoi protoss siano in forma smagliante, perché ho passato gli ultimi due giorni a studiare tattiche con cui distruggerti!» esclamò  il maknae, tirandomi una gomitata nelle costole.

«Ah, speri ancora di avere chances con quei vermi giganti?» risposi, assottigliando lo sguardo.

Era strano, ma dovevo ammettere che a ritornare tra loro, un po' mi sentivo a casa.

 

 

Ed ecco il sesto capitolo! Cerco di essere il più rapida possibile nell'aggiornare, abbiate pazienza e tanta fede in Shisus! (che in questo capitolo ho pure abbandonato per fare spazio al leader, ma va bene, era necessario!)Perdonate se a sto giro sono stata un po' pesante….prometto che si ritornerà presto ai miei standard di demenzialità! Passando all'angolo delle mie amate lettrici <3

 

YuiChan95: Oltre al fatto che la tua con è un attentato alla mia vita e al ringraziamento bis per correggere i miei strafalcioni alle due di notte (<3) sappi che adesso mi hai messo come obiettivo anche quello di farti ricredere su Kim Heechul :) sarà un po' str…ambo, ma con stile :D 

OnewsmileislikeaSun: how addirittura urlare? Mi sento onorata, non sai che bello leggere le tue parole *-* Oramai mi sono rassegnata all'assenza del povero Hae! MAgari prima o poi scriverò qualcosa su di lui per farmi perdonare ^^

Federica_25: Vedi? Tu non vedevi l'ora e io te l'ho pubblicato! come sempre ricorda, sei la mia critica più severa, hai promesso *w* E grazie per la recensione

_Sushi_ : grazie anche a te, anche se sei agli inizi della storia <3 sono contenta che Asia ti piaccia tanto, ho sempre paura che i miei OC diventino personaggi banali e scontati^^ spero che continuerai a leggerla :D

 

Come sempre ricordo che la FF partecipa alla

The four Elements Challenge

Elemento: Aria

Prompt: Aria

 

Ci aggiorniamo presto su questi schermi! ;)

F.

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Capitolo 7
*** Fighting! ***


7. Fighting!




Il corso di coreano alla SM valeva tutto il tempo che mi stava facendo perdere. Mentre andavo sul set del film quel giorno ero riuscita a riconoscere l'accento di Busan del tizio della caffetteria che ci aveva servito. Persino Heechul era rimasto quasi impressionato dalla cosa. Nonostante tutto quello che era successo e nonostante le supposizioni infondate di Siwon, l'unico motivo per cui me lo stavo portando dietro era che si avvicinava la sua ultima esibizione con i Super Junior e voleva accertarsi che tutti fossero lì a piangere la sua partenza.

Come se fosse stato necessario. Qualche sera prima aveva solo accennato la sua partenza e si erano tutti rabbuiati, per non parlare di Eunhyuk che era addirittura scoppiato a piangere. Ma Kim Heechul era una primadonna e tutto il mondo aveva imparato ad amarlo per quello.

A darci il benvenuto sul set furono le urla del regista. Alzai gli occhi al cielo, imprecando tra me e me nella mia lingua madre, in modo che nessuno potesse restare scandalizzato dalla poca grazia che nascondevo, quindi mi diressi a corsa verso la zona in cui stavano filmando, lasciando ad Heechul l'incombenza di portare i caffè. La scena che mi si parò davanti era piuttosto inusuale. Lara stava blaterando qualcosa sul fatto che lei non poteva lavorare con della gente così incompetente, il regista stava fissando lo schermo della telecamera attonito e Siwon era fermo in un angolo, con lo sguardo fisso innanzi a sè e le labbra sporche di rossetto. Ci misi un attimo a fare due più due, ma poi mi ricordai che scena si sarebbe dovuta girare quel giorno: quella del bacio. 

«Tu!» abbaiai, indicando Lara «Cosa hai combinato?»

«Io niente! È il tuo caro attore che è totalmente incapace di seguire la mia recitazione!»

«Lara, tu non sai recitare! Quante volte ti ho detto di seguire Siwon per la riuscita di questo film?» sospirai. 

Mi allontanai da lei per evitare di prenderla a testate e mi avvicinai al regista, che stava riguardando la ripresa incriminata. In un primo momento mi chiesi se fossi sul set giusto. Quel bacio non aveva niente di cinematografico, anzi, sarebbe stato scandaloso persino se una vera coppia se lo fosse dato in pubblico. Oltre al fatto che Lara stava tentando di ficcare le mani sotto la maglia di Siwon, lo stava anche baciando con tutti gli annessi e connessi del caso. Lui cercava di divincolarsi, ma probabilmente si preoccupava di non farle male, visto e considerato che non stava ottenendo grandi risultati. La scena finiva con Siwon che finalmente si strattonava via Lara, dopo che questa gli aveva artigliato per bene la parte bassa della schiena, facendolo sanguinare. Chiusi gli occhi e contai fino a dieci prima di dire qualunque cosa a riguardo.

«Mi pare un po' eccessiva la scena per un film per adolescenti Siwon -ah!» esclamò Heechul, che era arrivato giusto in tempo per godersene una parte e prendere in giro il suon dongsaeng. 

PResi uno dei caffè che aveva in mano e lo portai a Siwon, che sembrava ancora piuttosto incerto su come reagire alla cosa. 

«Tieni e prenditi un attimo di pausa, qui ci penso io» gli dissi, cercando di sorridergli incoraggiante, anche se probabilmente quello che venne fuori fu una smorfia indefinita. Notai che si teneva una mano sulla schiena. La scansai e, ignorando i suoi tentativi di fermarmi, gli tirai su la maglietta. Il graffio era superficiale e c'era solo qualche goccia di sangue, anche se i bordi erano lacerati per bene. «Vai a farti disinfettare prima di ricominciare» aggiunsi, prima di dedicare la mia attenzione all'origine di tutti i mali.

«Forse ti sfugge, ma qui stiamo lavorando con persone che -al contrario di te- hanno molto altro da fare. Il tempo che ci è stato dato per finire questo film è otto mesi. Ce ne vorranno il triplo se continui a fare tutto tranne quello che ti è richiesto!» esclamai. La mia voce era un sibilo.

«Sul copione c'era scritto che dovevamo baciarci, e io l'ho fatto!»

«Questo non è uno dei porno di quinta categoria che sei abituata a a girare! Hai mai sentito parlare di bacio cinematografico?»

«Io non giro film porno! E poi quel bacio era molto cinematografico!»

«Ok, forse per il tuo quoziente intellettivo è troppo per poter comprendere, ma questo è un bacio cinematografico!» esclamai esasperata, afferrando la prima persona che mi capitava a tiro e stampandogli un bacio sulle labbra. Giusto qualche secondo in cui le nostre labbra si sfiorarono e niente di più, proprio come doveva essere in un film. Solo dopo mi accorsi che era Heechul, che mi stava guardando con un sorrisetto che non prometteva niente di buono.

«O se proprio vuoi esagerare questo è un bacio cinematografico…» aggiunse, afferrandomi a sua volta, ed avvicinandosi molto lentamente finchè non intrappolò il mio labbro inferiore tra le sue, inclinando leggermente la testa di lato, per una dimostrazione un po' più realistica di quella che avevo dato io qualche attimo prima. Avevo visto girare fin troppi film per non sapere quello che stava facendo, quindi lo assecondai. Se quello era un bacio finito non riuscivo ad immaginare come doveva essere un suo bacio vero. Lentamente ci separammo e lui, come se niente fosse, si girò verso Lara. continuando il suo discorso.

«Sembra vero ma ci si sfiora appena, dopodiché ci si saluta come se niente fosse successo»

Fortunatamente le sue parole mi portarono con i piedi per terra e riuscii ad associarmi a lui per continuare a spiegare a quella sottospecie di attrice come funzionava il suo lavoro.

«Esatto! Non ci si chiude nel primo camerino che si trova! Infatti adesso io e lui andremo avanti per le nostre vite come se nulla fosse successo! Giusto?» lo guardai, cercando una conferma.

Lui annuì, con una risatina che sembrava una sfida. In un altro momento avrei cominciato una lotta di due ore per dimostrargli che il contatto con le sue labbra non aveva lasciato un segno così indelebile sulla mia vita, ma non era questo il caso.

«Se sei così brava a recitare perché non lo fai tu il film?» 

Alzai gli occhi al cielo. Avere a che fare con quella donna doveva essere la mia punizione divina, me lo sentivo. Oh Zeus! Essere fulminata in quel momento sembrava una prospettiva più allettante.

«Va bene. Facciamo che per ora ci prendiamo una pausa e con calma domani riprendiamo da qui. Siwon-sshi…» ma prima che potessi finire la frase Lara mi interruppe di nuovo.

«Anche perché tra un'ora David voleva fare una videoconferenza su skype con noi due….»

La guardai spalancando gli occhi. Cosa poteva esserci che David sentiva il bisogno di dirci addirittura guardandoci in faccia?

 

 

La porta del dormitorio si aprì e tirai un sospiro di sollievo. Ero lì dentro da circa un'ora in attesa che qualcuno tornasse, ma il dormitorio era deserto. Persino Heechul, dopo essersi assicurato che io non filmassi il giorno del suo ultimo stage, se ne era andato via blaterando cose incomprensibili su "faccende da sistemare prima di partire". Da una parte meglio così. Avrei voluto chiedergli spiegazioni su quello che era successo sul set, ma non ero certo di volerle davvero sentire. Dopo qualche secondo Kyuhyun entrò nel salotto, buttandosi sul divano in modo molto poco cerimonioso.

«Aishh!» cominciò a lamentarsi.

«Che c'è?» domandai. 

«Mi annoio! Ero persino andato da Asia per vedere se potevo giocare un po' a Starcraft con lei ma poi è arrivata con quella iena odiosa e mi ha cacciato fuori di casa in due secondi….sembrava proprio di cattivo umore!»

«Non so perchè, ma me lo aspettavo» non riuscii a trattenere un sorriso. Asia era perennemente di cattivo umore, non capivo perché lui l'avesse trovato così strano.

«…è successo qualcosa sul set?» mi chiese, inarcando un sopracciglio. Era evidente che non vedeva l'ora di scoprire quello che era successo.

Annuii, ma non dissi niente.

«Yah! Non ti fidi di me hyung? Lo sai che puoi dirmi tutto|» protestò lui, tirandomi una pacca su una spalla.

La parola "hyung" non faceva altro che sottolineare quanto stesse facendo il ruffiano. Non importava, entrambi sapevamo che avrei ceduto, in parte perché avevo bisogno di parlare con qualcuno e in parte perché non riuscivo a negare niente al maknae. Lo viziavo troppo. Così pazientemente cominciai a spiegare tutto.

«…e quindi Asia ha baciato Heechul hyung e poi lui l'ha presa e l'ha baciata di nuovo!» conclusi, passandomi una mano tra i capelli.

«Cioè la iena ha praticamente provato a spogliarti davanti alle telecamere? Ci credo che Asia era arrabbiata!» commentò lui, ghignando.

«Si ma il punto non è quello….il punto è che Asia e hyung…»

«Ma stai tranquillo! Non credo che nessuno lì voglia far sapere in giro quanto è incapace la protagonista del film…vedrai, nessuno lo verrà a sapere!»

«Non mi preoccupo che lo sappiano i giornalisti….» come era possibile che gli sfuggisse la parte cruciale del discorso?

«E allora che c'è che non va? Asia e Heechul si sono baciati» mimò con le mani le virgolette nel pronunciare l'ultima parola «anche tu l'hai baciato se è per questo…che ti importa?»

Sentii il rossore salirmi sulle guance, quel bacio non l'avevo ancora digerito del tutto. In fondo, però, aveva ragione lui. Cosa me ne importava? Dopotutto era solo una finzione per cercare di insegnare qualcosa a Lara.

«Hyung…non è che avresti voluto baciarla tu?» mi chiese improvvisamente Kyuhyun, dandomi una gomitata accompagnata da una delle sue occhiate da volpe.

«Kyuhyun, io lavoro con lei, hai dimenticato le mie regole? Mi preoccupo solo che tra lei e Heechul hyung non succeda nulla, lui parte tra tre giorni…» ma prima che potessi finire la frase qualcuno bussò al campanello.

Mi alzai di scatto per andare ad aprire e mi trovai davanti esattamente il centro della nostra conversazione: Asia. 

«Andiamo a fare un giro» disse, afferrandomi per un braccio e trascinandomi fuori senza cerimonie.

«Yah! Ferma! Fammi almeno dire a Kyu…»

«Mandagli un messaggio. Dobbiamo fare il punto della situazione»

Sospirai e la seguii. Sapevo fin troppo bene che non avrebbe avuto alcun senso protestare, quindi mi limitai a seguirla, scrivendo al maknae che ero stato trascinato via dalla mia manager per quella che sembrava una faccenda di vita o di morte. Esitai un secondo quando la vidi salire in macchina ma salii senza fare domande. Non avrei ottenuto risposte soddisfacenti in ogni caso. Passammo il viaggio in silenzio, senza dire una parole. Lei continuava a guardare la strada ed io continuavo a fissare lei, in attesa che mi dicesse qualcosa. Il suo volto era inquieto. No era fermo e tagliente come quando era arrabbiata, no. Gli occhi continuavano a muoversi, e si mordeva ripetutamente il labbro inferiore. Nonostante tutto, non accennava a dire una parola. Improvvisamente entrò nel parcheggio del set e si fermò lì. Con il sole del tramonto quel posto sembrava quasi carino, considerando che era un agglomerato di capannoni e container.

«Mi spiace per oggi…non pensavo che Lara ti assalisse in quel modo.» parlò così improvvisamente che quasi mi fece sussultare.

«Non ci avresti potuto fare niente in ogni caso, ma tanto domani rifaremo tutto e stavolta saprò cosa fare»

«Credo di no….»

«Che vuoi dire?» 

Sospirò, ma non rispose, almeno non subito.

«Hai sentito che oggi David voleva parlarci? Ecco, diciamo che aveva preso a cuore un suggerimento fatto da Lara…»

Il discorso non era cominciato bene. Non avevo idea di cosa potesse suggerire quella, ma sicuramente niente di buono per un film.

«Diciamo che la scena di domani non sarà un bacio!» concluse.

«Perché?» chiesi. La piega che aveva preso quel discorso mi piace sempre meno.

«Perché Lara ha proposto e David è stato d'accordo….di sostituirla. Con una scena di sesso.» le ultime parole le bisbigliò quasi, al punto che avrei potuto pensare di aver capito male, se non fosse stato che il modo in cui evitava il mio sguardo era la prova schiacciante che sapeva benissimo che quella cosa rompeva i vincoli del mio contratto.

«Ma non può, lo sapeva quando mi ha scelto. Stanno molto attenti a specificarlo sempre dalla SM quando arriva qualche proposta.»

«Certo che lo sa» sbuffò lei «ma ha detto che non gli importa. O si fa quella scena o niente film.»

La fissai per un po' spalancando gli occhi, ma sembrava non avere altro da aggiungere. Cominciai a fissare anche io la strada davanti a noi, che diventava sempre più buia ogni minuto che passava. Da una parte era il mio sogno cercare di affermarmi come attore a livello mondiale, e sapevo fin troppo bene che solo hollywood me lo avrebbe permesso, dall'altra sembrava che realizzare tutto ciò mi avrebbe costretto a scendere a patti con quello in cui credevo fermamente e che era l'unica certezza nella mia vita. Presi a scribacchiare con il dito sul vetro, che si era ricoperti di condensa, senza fare davvero caso a ciò che scrivevo. Sapevo che avrei dovuto lasciare andare quel film. Sarebbe stato meglio per tutti. Io non avrei deluso nessuno, soprattutto non me stesso, la SM avrebbe saputo sfruttare la cosa a suo vantaggio mostrando l'integrità della mia immagine o qualcosa del genere ed Asia avrebbe potuto andarsene da Seoul,  invece di dover restare lì altri sei mesi.

«È carino il mio nome scritto in Hangul» osservò, riportandomi con i piedi per terra.

Ci misi un po' a capire cosa voleva dire, ma poi mi resi conto che quello che avevo scritto sul vetro era proprio il suo nome. 

«Si lo è» risposi, sperando che non mi chiedesse una motivazione a tutto quello, perché non c'era.

«Sai, forse c'è una soluzione…»

«Cioè?» le chiesi. Fortunatamente non l'aveva notato, o in ogni caso aveva finto di niente e gliene fui grato.

«Beh…non sono sicura che funzioni, io e te potremmo trovarci sbattuti fuori dal progetto in due secondi se dovesse andare male…»

«Tanto stando così le cose io non farei il film comunque….»

«Da una parte sarebbe un bene» 

La guardai interrogativo. Mi sfuggiva da che parte poteva essere un bene per entrambi che il film saltasse.

«Hollywood non è fatta per te. Lì gira tutto intorno all'immagine e poco intorno al talento. Ti rovinerebbe…e sarebbe un peccato…» si interruppe ed alzò lo sguardo verso di me, abbozzando un sorriso.

«Ed è fatta per te invece?» le chiesi

Lei non rispose, ma mi lanciò uno sguardo talmente triste che mi lasciò senza parole. Quindi riaccese la macchina, senza dire altro.

 

 

Riattaccai il telefono e corsi in macchina. Avevo esattamente ventinove minuti di tempo per raggiungere Siwon. La sera prima lo avevo lasciato dicendo di prepararsi alla scena quando glielo avrebbero chiesto e di mantenere tutto il più calmo possibile. Lui si era fidato di me e adesso dovevo correre, prima che il mio rischiare le carriere di entrambi non si rivelasse totalmente inutile.  Come ogni volta che avevo fretta, riuscii a trovare ogni imprevisto possibile sulla strada. Mentre ero ferma al quarto semaforo rosso a fila lo sguardo mi cadde su dei segni sul parabrezza, rimasti impressi lì, dopo che qualcuno li aveva tracciati sulla condensa. 아시아, Asia. Non appena il semaforo diventò verde schizzai in avanti, sorpassando la jeep davanti a me. Sentii il clacson che veniva suonato in protesta ma non importava: aver imparato a guidare ad Atene mi aveva insegnato a portare la macchina come se fossi nel mezzo di fast and furious. Normalmente cercavo di mantenere un briciolo di civiltà e guidare come una persona normale, ma in quel momento serviva una soluzione estrema. 

Circa quindici incidenti rischiati e una trentina di multe evitate per miracolo dopo mi trovavo sul set del film. Guardai l'orologio: ero partita di casa esattamente ventotto minuti prima. Corsi verso il capannone D, dove si tenevano le riprese quel giorno e riuscii ad entrare giusto un secondo prima che il regista desse il via alle riprese.

«Un attimo!» ansimai. Io e lo sport non eravamo mai andati d'accordo, cosa resa più che evidente da quanto mi avevano stancato quei trecento metri di corsa.

«Che c'è ora?» domandò Lara. Doveva ringraziare che non avevo la forza nemmeno per respirare, altrimenti le avrei lanciato uno stivale dritto in faccia.

«La scena…non si fa…»

«Ma come? Ma David ha detto….»

«Ho contattato la direzione generale della Paramount.» la interruppi prima che potesse dire anche solo un'altra mezza parola «non erano molto contenti del comportamento di David, soprattutto quando si sono accorti a quanto potevano ammontare le spese legali per aver violato i termini di un contratto che conosceva benissimo. E non sembravano troppo intenzionati nemmeno a sborsare i soldi richiesti per la scissione del contratto di Siwon-sshi, soprattutto dopo aver già investito svariate centinaia di migliaia di dollari nel film.»

Lara mi guardò con un'espressione tra il contrariato e l'ebete, probabilmente perché aveva capito metà delle cose che le avevo detto.

«Quindi Siwon-sshi, rivestiti pure…girate la scena come doveva essere girata all'inizio e poi possiamo finirla qui»

Presi la camicia che Siwon aveva lasciato cadere in terra e gliela porsi, facendo caso solo in quel momento allo spettacolo che mi si presentava davanti. Ringraziai mentalmente di avere un ottimo controllo sui miei muscoli facciali, perché per quanto ero consapevole della bellezza di quel ragazzo vestito, seminudo era abbastanza da far tremare chiunque. Fortunatamente lui l'afferrò e se la infilò all'istante, regalandomi un secondo dopo la perfetta panoramica delle sue fossette, con un sorriso da mozzare il fiato. Ricambiai, allungando le labbra al punto tale da sembrare una rana dalla bocca larga, ma non importava: l'avevamo avuta vinta ed era l'unica cosa importante in quel momento.

Mi misi in un angolo e mi accertai che le riprese procedessero come stabilito. Siwon era nato per fare l'attore, riusciva a regalare uno sguardo carico d'amore a Lara, come se lei fosse l'unica donna del pianeta, nonostante tutto quello che era successo. Più lo guardavo più mi dispiacevo per quello che il nostro mondo avrebbe potuto fare ad un ragazzo del genere.

Dopo le riprese insistette perché andassimo insieme a prenderci un gelato sul fiume han. Una cosa imperdibile a Seoul a quanto pareva. Ci appropriammo di un cono alla vaniglia e ci andammo a sedere lungo le sponde del fiume, su degli scaloni di marmo che dovevano essere stati costruiti a quello scopo. Stava diventando buio e sempre più luci cominciavano a riflettersi sulla superficie dell'acqua, increspandola con gemme colorate.

«David non deve essere stato contento di quello che hai fatto» disse Siwon ad un tratto.

«Era furioso» commentai ridacchiando «quindi impegnati e fai in modo che il gioco valga la candela o non avrò un lavoro quando tornerò a casa tra sei mesi.»

«Non avresti dovuto farlo. Se io avessi rinunciato al film…»

«Forse non sarebbe stata colpa mia? Ma forse David avrebbe scaricato la colpa su di me comunque per placare i piani alti….non lo sapremo mai!»

«Ma così hai rischiato il tuo lavoro…»

«Io non rischio mai se non ho un buon margine di probabilità di vittoria. E diciamo che in questo caso ne sarebbe valsa la pensa comunque, Ora zitto e goditi il gelato»

Lui non disse niente, si limitò a sorridermi a a circondarmi le spalle con un braccio, in modo che potessi poggiare la testa sulla sua spalla. Persi il conto del tempo che passammo lì, ma quando ci alzammo per andare via le luci ricoprivano completamente la superficie dell'acqua.

 

 

Ebbene dopo il momento WonTeuk dello scorso capitolo, qui si passa al momento KyuWon. Li sto subdolamente infiltrando ovunque. Siamo sempre più melodrammatici….qualcuno ci salvi! v.v Ma tornando a noi, o meglio, a voi :D

Federica_25: Non commento sulla storia di Leeteuk che mi torna il magone a pensarci ç_ç E sono contenta che ti piaccia *-* Dato che sai che finisco di scrivere ad orari improbabili ti nominerò mia correttrice di bozze, perché giuro che anche sforzandomi non riesco a trovare gli scempi che ho scritto, sob. Sarangheyo <3 <3

_Sushi_: ma grazie per le bellissime recensioni *-* sappi che sono contentissima che ti sia piaciuto il mio Heechul, ero ansiosissima di averlo descritto male e di non essere riuscita a coglierlo. In compenso adesso ho paura di avere osato troppo con Siwon >___<" aaaah non mi lasciano mai pace :D Mi chiedo sempre anche io come sia possibile che Teukie sia diventato così nonostante tutto, ma è il motivo per cui lo trovo un meraviglioso esempio da seguire <3 spero ti piaccia anche questo capitolo comunque, cavolo le tue recensioni mi obbligano a tenere uno standard superelevato ^^"

YuiChan95: La SiChul con i loro battibecchi sulla fede è una delle cose che più adoro nei SuJu x°D Anche se quei due sono il diavolo e l'acqua santa insieme sono un amore *w* e non preoccuparti! Siamo in tanti qui con l'età che galoppa minacciosa e ci fa dimenticare le cose! Cmq manco mi avessi letto nel pensiero in questo capitolo ritorna uno Siwon seminudo x°D lo so che è breve, ma la sottoscritta è una Siwonest un po' stramba che preferisce descrivere le sue espressioni idiote piuttosto che i suoi addominali, mi perdoni? <3

OnewsmileislikeaSun: Hee può tutto perché sì, lui è Kim Heechul! *w* Mancano solo 10 mesi -quasi- al suo ritorno! dobbiamo aspettare fiduciosi! Anche se questa maledette leva obbligatoria è la cosa più crudele del pianeta ç_ç Kibum e Hangeng mi mancano tanto anche a me, soprattutto Kibum che è uno dei miei bias ç_ç io continuo segretamente a sperare che prima o poi ritornino, sob. Eniuei, passiamo a cose più allegre e grazie della recensione <3 sono contenta che la storia continui a piacerti, speriamo di non avere una caduta di stile in futuro :D

Ricordo che come sempre questa storia partecipa alla "The four elements challenge"

Elemento: Aria

Prompt: Condensa.

 

Ci vediamo alla prossima^^
xoxo

F.

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Capitolo 8
*** Breathe Easy ***


8 - Breathe Easy


Non mi ero mai accorta di quanto fossero uniti quei ragazzi fino a quel momento. Li avevo già visti dal vivo una volta, avevo visto numerosi loro video grazie a Kyuhyun che era sempre contento di condividere con il mondo le peggiori figure fatte dai suoi hyung sul palco, e quel giorno era evidente che c'era qualcosa di diverso. Kim Heechul sarebbe partito nel giro di ventiquattro ore e quella era l'ultima esibizione con loro per i prossimi due anni. Immaginavo che sarebbe stato difficile lasciare andare una persona con cui hai vissuto tutti i giorni per sei anni, ma non credevo che i loro sentimenti fossero tanto forti da riuscire addirittura a trasparire sul palco. Ad un tratto vidi Kyuhyun asciugarsi una lacrima e rimasi senza parole. Non credevo che l'avrei mai visto piangere in vita mia. Io e Kyuhyun non parlavamo mai spesso di cose troppo personali, ma passavamo insieme molto tempo per sfidarci a Starcraft, era inevitabile che ci fossimo fatti un'idea generale l'uno dell'altra e viceversa, non peraltro era l'unico membro che aveva capito come trattare con me, forse perché per certi versi sembravamo la stessa persona. Proprio per quello mi sarei aspettata di vederlo reagire con un finto distacco e disinteresse, quasi apatico, piuttosto che vederlo piangere sul palco. Mi sentii improvvisamente strana: le fan attorno a me erano in lacrime, loro sul palco erano in lacrime ed io non provavo nemmeno la minima commozione, anzi, era una sensazione fastidiosa, molto simile all'invidia per certi versi. Invidia perché anche io avrei voluto poter provare quel dolore in quel momento, invece che sentirmi totalmente indifferente, aliena. Forse Leeteuk aveva ragione a dirmi che la mia anestesia era solo la paura di affrontare un dolore con cui non volevo fare i conti, eppure anche se mi sforzavo di pensarci non sapevo come fare ad uscire da quello stato di torpore emotivo in cui vagavo oramai da anni. Alzai lo sguardo proprio verso il Leader, che mentre ritirava il premio singhiozzava come un bambino e, inevitabilmente, sorrisi. Non ci vedevamo molto spesso ultimamente, ma ogni volta si preoccupava di chiedermi come stavo e, per la prima volta, io riuscivo a dargli una risposta sincera. Era come avere un padre lì a Seoul. Quando glielo avevo detto si era messo a ridere e mi aveva dato il permesso di chiamarlo "Appa" se volevo. Ovviamente era troppo sdolcinato per i miei gusti.

Dopo lo spettacolo andai nel backstage a salutarli, in realtà avevo un messaggio per Heechul da parte di Siwon. Nonostante mi fossi fatta in quattro per tenerlo libero per quel agirono, lui non si era preoccupato di informarmi del fatto che aveva una leggera influenza fin quando la sua temperatura corporea non aveva raggiunto i 40°C ed era svenuto nella mia macchina. In quel momento stava sfebbrando nel mio letto, mentre io avevo passato la notte sul divano e la mia schiena ne aveva risentito alla grande.

«Dove hai messo Siwon-ah?» mi chiese Heechul. Il suo tono aveva una nota di rimprovero che non sapevo quanto prendere sul serio o meno.

«È a casa con la febbre, ma mi ha detto di mandarti un abbraccio» risposi, titubante. Non ero del tutto certa sul da farsi, quindi mi limitai ad aprire le braccia per rendere l'idea, per poi abbassarle prima che il resto della ciurma pensasse che volessi davvero abbracciarlo.

«E perché dovrei accettare l'abbraccio di un donsaeng che nemmeno viene a salutarmi?»

Scossi la testa: cosa ne potevo mai sapere io? Ero una semplice messaggera in tutto quello scambio. 

«Heenim, lo sai che se fai così Siwon-ah passerà i prossimi due anni a scriverti lettere di scusa» esordì Leeteuk, mettendogli una mano sulla spalla ed accompagnando le parole con uno sguardo supplichevole.

Per un attimo Heechul sembrò considerare l'idea: per il suo ego doveva essere incredibilmente soddisfacente ricevere lettere di scuse per due anni, ma dopo un po' sembrò rassegnarsi a perdonarlo.

«D'accordo d'accordo, digli che accetto il suo saluto a distanza…e dagli questo da parte mia»

Prima che potessi capire le sue intenzioni si era avvicinato e mi aveva schioccato un bacio poco sopra l'angolo della mandibola, in un incrocio fate tra collo ed orecchio. Sapeva essere veramente malefico se voleva.

«Bene, passerò il messaggio. Adesso è meglio che vada a controllare come sta…» borbottai, fulminando il Maknae che stava beatamente sogghignando a pochi metri da noi «È stato un piacere conoscerti! Buona vita!»

«Ma guarda che tra due anni torno» rise Heechul.

«Infatti, sarò io quella che non ci sarà tra due anni» risposi laconica. Feci un altro breve inchino per salutarlo e mi allontanai verso l'uscita.

«Yah, noona! Aspettami!» 

Sapevo chi era anche senza voltarmi. C'era solo una persona in quel gruppo che poteva chiamarmi "noona" e lo faceva semplicemente per irritarmi, perché sapeva quanto lo odiavo.

«Che c'è?» commentai secca, voltandomi verso di lui.

«Vengo anche io con te! Voglio vedere come sta Siwon hyung! Poi raggiungo gli altri per cena!»

Annuii e mi avviai verso l'uscita seguita anche da Kyuhyun. In realtà era un bene che ci fosse anche lui, non mi andava proprio a genio di stare in casa da sola con Siwon, se fosse venuta fuori la cosa dubito che la SM avrebbe apprezzato il pettegolezzo che poteva nascere. 

Passammo gran parte del viaggio in silenzio, principalmente perché continuavo a far morire ogni tentativo di conversazione cominciato da Kyuhyun. Salutare Heechul mi aveva lasciato una strana sensazione. Mi ero completamente dimenticata che nel giro di qualche mese ognuno sarebbe tornato alla sua vita normale e, probabilmente, non ci saremmo più rivisti. Eppure, nonostante il traumatico inizio, mi ero abituata a tal punto alla loro presenza che mi sembrava ci fossero sempre stati, non avevo mai pensato al momento in cui avrei dovuto salutarli, e adesso che mi ci trovavo a fare i conti avevo realizzato che era da un po' oramai che non aspettavo con ansia il ritorno a Los Angeles.

Arrivati in casa mi diressi direttamente in camera, sapendo che Kyuhyun mi avrebbe seguito. Oramai ci era abituato a non sentirmi parlare e non chiedeva nemmeno più. bussai alla porta di quella che avrebbe dovuto essere camera mia ed attesi per una risposta.

«Avanti!» esclamò Siwon dall'altra parte, facendo seguire alla parole un colpo di tosse. non prometteva bene.

Aprii e lo trovai seduto sul letto, avvolto dalle coperte, con la Bibbia poggiata sulle gambe. Niente di strano, ci si abituava ben presto alla fede di Siwon quando si era a stretto contatto con lui. 

«Scusa, non volevo disturbarti mentre pregavi…» esordii, ma mi bloccò prima che potessi finire la frase.

«Nessun disturbo, altrimenti non ti avrei fatto entrare»

Sorrisi e mi spostai per lasciare entrare anche il maknae che stava sbuffando fastidiosamente alle mie spalle.

«Yah! Hyung! Come stai?»

«Bene…»

Mi avvicinai e gli misi una mano sulla fronte, lanciandogli un'occhiata di disapprovazione.

«Bene? Ma se ustioni da quanto sei caldo! Hai misurato la febbre?»

Annuì, allungandomi il termometro. Lo accesi e sul display apparve l'ultima temperatura misurata: 38.7.

«Questo non è stare bene…»

«Noona» mi interruppe Kyuhyun «ma Heechul hyung non ti aveva detto di dare una cosa a Siwon hyung?»

Lo fulminai con lo sguardo, ma lui si limitò a sogghignare. Sapevo che ci doveva essere qualcosa dietro a tutto quel suo interesse per Siwon.

«Sì, Heechul nim ti manda un bacio» 

«Ti aveva chiesto di darglielo…non gli hai nemmeno dato l'abbraccio di Siwon hyun, almeno il bacio potresti recapitarlo!» adesso il sogghigno era diventato un vero e proprio sorriso da volpe.

Sospirando mi chinai verso Siwon e gli sfiorai una guancia con le labbra. 

«Ma non era così che ti aveva detto di baciarlo….sbaglio o lui ti aveva baciato un po' più in giù?»  evidentemente Kyuhyun non aveva voglia di vedere il sole sorgere il giorno dopo.

«Ti ha baciato di nuovo?» mi chiese Siwon, con una delle sue espressioni da manuale.

«Perfetto! Questo è il saluto che ti manda Heechul» afferrai il volto di Siwon e me lo avvicinai, girandolo lentamente in modo da poterlo sfiorare con le labbra esattamente dove mi aveva baciato Heechul «E no, non mi ha baciato, mi ha solo dimostrato come salutarti!»

Siwon non disse niente, si limitò a sfiorarsi lì dove l'avevo appena baciato e ad abbassare lo sguardo.

«Sei fredda» disse alla fine.

«Non sono io che sono fredda…sei tu che hai la febbre.» 

In quel momento il telefono cominciò a suonare. Feci per uscire dalla stanza, ma Kyuhyun mi precedette, lasciandomi lì da sola. Un secondo dopo ci trovammo avvolti da un imbarazzantissimo silenzio che, fortunatamente, fu interrotto dal maknae che ritornava porgendomi il cordless e sussurrando "Lara". Sospirai e presi il telefono dalle sue mani.

«Che c'è?

«Cos'è questa storia che la festa di promozione è rimandata?» mi urlò nell'orecchio.

«Siwon-sshi non si sente bene…quindi si fa la prossima settimana»

«Ma io avevo già preso un costume bellissimo!»

«Lara, non è una festa in maschera! cosa te ne fai di un costume?»

«Davvero, Asia, per darti tutte quelle arie di intelligenza sei piuttosto stupida…ho un costume perché la festa è in piscina!»

«Cosa? E chi l'ha deciso?»

«Io! Carina come idea vero?»

«No! È mostruosa! Qui hanno un concetto diverso del mettersi in mos…»

«Oh smettila! Qui è tutto diverso secondo te! Comunque sappi che mi dovrò prendere qualcosa di nuovo da mettere, metto le spese sul tuo conto della paramount ok? tanto tu mica devi essere bella!» detto questo riattaccò.

Fantastico. Solo la festa in piscina mi mancava. 

 

 

 

Quella festa era pacchiana. Sbuffai, mentre avanzai tra la gente in costume che stringeva tra le dita cocktail dai colori vivaci, decorati con ombrellini e spicchi di varia frutta. L'ambiente era talmente variopinto da fare male agli occhi, senza contare che tutta quella pelle esposta era piuttosto fuori stagione. Non che me ne importasse qualcosa, mi sarei presentato lo stesso con una t-shirt anche in piena estate.

«Kyuhyun-ah, capisco che tu non voglia metterti in costume, ma potevi almeno evitare di vestirti tutto di nero» commentò Sungmin, accanto a me.

Lo guardai, arricciando le labbra in un sorrisetto. Lui aveva rispettato a pieno il tema della festa - qualcosa che aveva a che fare con un arcobaleno- e si era presentato con un costume giallo e sopra una camicia hawaiana rosa e, in effetti, in quel momento stonava molto meno di me nell'ambiente.

«Ma se non ci volevo nemmeno venire a questa festa…se Leeteuk hyung non mi avesse obbligato sarei rimasto volentieri al dormitorio» borbottai, cercando con lo sguardo il resto dei membri, che ci avevano preceduto alla festa.

Donghae e Leeteuk erano seduti su una sdraio, il leader stava raccontando qualcosa di molto divertente a giudicare dall'espressione di Donghae. Yesung era poco distante da loro ma non li stava davvero ascoltando, impegnato com'era a farsi una foto con il suo nuovo paio di occhiali da sole di Y style. Eunhyuk e Shindong, invece stavano trascinando un riluttante Ryeowook in acqua con loro. Sorrisi, ovviamente si erano accertati di essere ad una distanza di sicurezza da leader prima di fare qualcosa del genere. Serrai leggermente la bocca quando mi accorsi che era inutile cercare Heechul hyung, lui non sarebbe stato da nessuna parte. Era ancora strano non vederlo cercare di mandare in tilt una ragazza, magari proprio Asia che pareva essere diventata la sua vittima ultimamente…già, Asia, non l'avevo ancora vista. La cercai con lo sguardo tra i gruppi di ragazze, ma non c'era, poi, improvvisamente, la notai. Era l'unica altra persona, oltre me, che invece di essere con addosso un costume colorato aveva un pantaloncino ed una maglietta nera. Stava parlando con Siwon di qualcosa, mentre leggeva l'agenda che aveva in mano. Alzò lo sguardo verso di lui con aria di disapprovazione ed allungò una mano per posargliela sulla fronte. Sbuffai a ridere e mi diressi verso Letteuk e Donghae assieme a Sungmin, che nel frattempo si era trovato un drink violetto in mano che non sapevo da dove provenisse e nemmeno interessava troppo saperlo. 

«Ah siete arrivati finalmente!» esclamò Teuk-hyung, mentre mi sedevo di fronte a lui.

«Stavo….»

«….finendo una partita a Starcraft» Sungmin, Donghae, il leader e persino Yesung - che aveva smesso di farsi foto- completarono la frase al posto mio.

Annuii stringendomi nella spalle.

«Allora vi state divertendo?» chiesi, strappando un sorrisetto a Teuk, che sapeva benissimo quanto odiassi quelle cose inutili.

«Non è così male…e a Siwon-ah fa piacere che ci siamo anche noi» rispose Donghae

«Beh non posso dargli torto…» mi guardai intorno, le persone a quella festa non sembravano esattamente il genere di persone con cui di solito sceglieva di passare il tempo. 

Come se avesse sentito la mia risposta Siwon si avvicino con Asia, che si lascio crollare accanto a me, salutandomi con un cenno del capo. Se l'era un po' presa per la faccenda del bacio a Siwon, ma sapevo che le sarebbe passata. Non mi riusciva mai a tenere il muso troppo a lungo nonostante le sue promesse di non rivolgermi mai più la parola e fare finta che io non esistessi.

«Hyung, credo che Ryeowook-ah verrà affogato presto se non facciamo qualcosa» commentò Siwon con un cenno della testa verso l'angolo opposto della piscina, dove Shindong stava cercando di usare le esili spalle del dell'ex-maknae come trampolino di lancio per un tuffo. 

«Aisssh!» Leeteuk si alzò, fingendo di lamentarsi e togliendosi la maglietta: il momento che aspettava da quando era entrato in quel posto probabilmente. Tutti gli altri lo seguirono a ruota e corsero a salvare Ryeowook prima che la situazione degenerasse. 

«Se si ammala di nuovo lo mando a lavoro anche con la febbre a quaranta» borbottò Asia accanto a me, che ovviamente non aveva mostrato il minimo interesse alla faccenda. Non risposi, ma mi spostai sulla sdraio accanto, dove c'era il leader fino ad un attimo prima, ed inforcai gli occhiali che Yesung vi aveva lasciato sopra. 

«Perché non vai in acqua?» mi chiese, ignorando i miei tentativi di stare per i fatti miei. 

«Perché non mi va…vai tu. Stavolta non arriverà Heenim a trascinarti sappilo»

«Come se avessi bisogno di lui per fare quello che voglio….»

«Ti direbbe che è un peccato tenerti coperta e ti troveresti in piscina con lui nel giro di due minuti» mi rigirai di lato in modo da poterla fissare. Quella conversazione si sarebbe rivelata interessante. Avrei potuto ricattarla a vita dopo.

«Per favore. Non bastano due occhiate eloquenti del tuo hyung per farmi spogliare…»

«Ma ti piacevano le sue occhiate….» sarebbe diventata una furia nel giro di due secondi, ma adoravo farla innervosire. 

«Smettila con i tuoi film mentali! Tu, Siwon…c'è qualcun altro a cui devo spiegare che non me ne importava nulla di Kim Heechul?»

«Siwon era preoccupato che ti potesse piacere, sai, lui vuole che tutte le ragazze siano ai suoi piedi, ma una volta che il gioco è finito passa alla prossima vittima» sorrisi, era sempre divertente vederlo scegliere le sue prede ed avvolgerle lentamente tra le sue spire, era un affascinantissimo serpente Kim Heechul. «Tu hai resistito solo perché se ne è dovuto andare»

«Come ti pare…» borbottò lei, sdraiandosi a sua volta «se hai finito di dire idiozie puoi andare a fare bella mostra dei tuoi addominali con i tuoi amici lì…»

Scossi la testa ma rimasi in silenzio. Lei ancora non lo sapeva il motivo per cui preferivo evitare qualunque situazione coinvolgesse un costume da bagno e la possibilità di doversi togliere la maglietta, a meno che non fossi solo con i miei hyung.

«Credo che resterò qui a darti fastidio, invece» 

«Vuoi davvero che io riduca i tuoi zerg in polvere stanotte, vero?» mi chiese, girandosi a sua volta verso di me «…cos'hai lì?» aggiunse quindi, indicando verso il mio basso ventre.

Abbassai lo sguardo e notai in quel momento che nel girarmi si era alzata la maglietta, mettendo in mostra parte della cicatrice dell'intervento. Mi affrettai ad abbassarla per nasconderla ed abbassai gli occhiali per guardarla in modo eloquente, intimandola a stare zitta.

«Mi sono dovuto operare…» risposi semplicemente.

«Perché?» 

Per essere una persona che non diceva assolutamente nulla su sè stessa era incredibilmente ficcanaso. Sospirai, non mi piaceva raccontare dell'incidente, vedevo lo sguardo delle persone colmarsi di compassione e di pietà e lo odiavo. Lanciai un'occhiata alla ragazza sulla sdraio di fronte a me. Forse lei era l'unica che avrebbe reagito con distacco alla cosa, non l'avevo mai vista reagire con troppa empatia a niente.

«Nel 2007 abbiamo fatto un incidente mentre tornavamo dalla radio al dormitorio…stavo ascoltando della musica e poi, improvvisamente, ho sentito un rumore fortissimo e la macchina che cominciava a girare sù sè stessa…sono svenuto e quando mi sono svegliato ero in mezzo alla strada, la macchina qualche metro più avanti, completamente ribaltata. Mi misi in ginocchio cercando di trovare gli atri, ma in quel momento mi si annebbiò la vista…non vedevo più niente ed ero convinto di morire. Sai, è vero quando ti dicono che l'istante prima della tua morte vedi la vita che ti passa davanti agli occhi…rividi tutto. Il mio primo giorno di scuola, le vacanze con i miei genitori, la prima volta che avevo conosciuto i ragazzi, la nostra prima esibizione…e improvvisamente mi sentii attaccato a questa vita al punto da non volermela far scivolare via. Cominciai a singhiozzare, pregando Dio di farmi continuare a vivere. Non so per quanto tempo continuai a piangere e a pregare, con Eunhyuk-hyung che era corso al mio fianco e piangeva e pregava con me…mi svegliai quattro giorni dopo, in ospedale, tra dolori atroci. mi ero rotto il bacino e sei costole, i monconi delle ossa mi avevano perforato i polmoni e rischiavo di morire da un momento all'altro. I medici continuavano a dire alla mia famiglia che l'unico modo che avevo di sopravvivere era farmi un intervento piuttosto rischioso e che consisteva nel raggiungere i polmoni facendomi un buco in gola. Mio padre si oppose, anche se nessuno voleva ascoltarlo, gli vietò di operarmi perché non avrei mai più potuto cantare, avrebbe distrutto la mia vita. I medici insistevano, dicendo che a breve sarei morto se non avessero fatto qualcosa…e poi arrivò un vecchio chirurgo. Lui ascoltò mio padre e disse che avrebbe fatto di tutto per salvarmi, senza sfiorare la mia gola. Mi ha dovuto aprire il torace ed il bacino per sistemare tutto, ero cucito come una bambola di pezza alla fine dell'intervento, ma ero vivo e potevo cantare…»

«Kyu…» sentii la voce di Asia flebile, accanto a me, ma non mi voltai verso di lei. Mi ero sbagliato, avrei trovato compassione anche stavolta e non volevo sentirmi compatire ancora.

«Kyu….» insistette lei, la voce strozzata. 

Mi girai, pronto a dirle di smetterla, ma la trovai che mi fissava, le manipoliate attorno alla gola, gli occhi sbarrati, boccheggiando per prendere dell'aria.

«Kyu…non respiro…»

 

 

 

 

Non ricordavo il momento esatto in cui il mio cuore aveva smesso di battere. Sapevo solo che all'improvviso sembrava solo un peso morto nel petto. In contemporanea l'aria non passava, per quanto mi sforzassi di ingurgitare ossigeno rimaneva strozzato a metà della gola, incapace di scendere, bloccandomi ogni respiro. Ricordavo Kyuhyun, che schizzava giù dalla sdraio e mi scuoteva, ricordavo del trambusto e tanti suoni ovattati, come se venissero da un altro mondo. Aprii gli occhi e mi trovai a fissare quelli grandi, scuri e piacevolmente allungati di Leeteuk, che tirò un sospiro di sollievo non appena il suo sguardo si incrociò con il mio.

«Si è svegliata!» esclamò, improvvisamente, e altre due facce apparvero al lato del mio letto. Siwon e Kyuhyun.

«Mhm..che ci fate tutti a casa mia?» sibilai, con quel poco di voce che avevo recuperato non si sa bene da dove.

«Asia, non sei a casa, sei in ospedale. Mentre stavi parlando con Kyuhyun ti è venuto un attacco di panico e sei svenuta» spiegò Siwon, il tono duro nella voce.

«Mi è venuto un…cosa?» domandai anche se avevo capito benissimo. Non era la prima volta che mi succedeva e non sarebbe stata nemmeno l'ultima. 

«Un attacco di panico» ridisse Leeteuk, con calma, fermando Siwon che stava per dire qualcosa in modo molto meno tranquillo «Voi due, andate ad avvertire i medici che si è svegliate va bene?»

Per un attimo lo guardarono come se stessero pensando di ribellarsi ma poi Kyuhyun si avviò fuori dalla stanza, seguito dal più grande. Strano, di solito era il maknae quello difficile da convincere e Siwon quello che ascoltava il leader.

«Di cosa stavate parlando?» mi chiese Leeteuk, non appena gli altri ebbero chiuso la porta alle loro spalle.

«Chi?»

«Asia, non fare finta di niente. Di cosa stavate parlando tu e Kyuhyun?»

«Dell'incidente…» mormorai, seguendo con gli occhi il filo di un elettrodo che avevo attaccato sul petto che stava monitorando la mia attività cardiaca. Non capivo assolutamente nulla di quello che stava segnalando ma finsi di essere molto interessata.

«Lo sospettavo»

Sapevo che lo avrebbe detto, ma non risposi. Del resto non trovavo che ci fosse nient'altro da aggiungere. Per lui che sapeva tutto il collegamento doveva essere piuttosto ovvio, gli altri potevano anche credere che avessi qualche problemino cerebrale per quanto mi riguardava.

«Dovresti dirlo agli altri, non dico a tutti, ma quelli che conosci meglio…potrebbero aiutarti o quantomeno potrebbero evitare che accadano certe cose…»

Lo fulminai con uno sguardo, indicandogli con un cenno del capo il medico, che era appena entrato seguito dagli altri due Super Junior.  

Il dottore si limitò a guardare i monitor a leggere quello che era stato appuntato sulla cartella clinica poggiata sul tavolino davanti al mio letto e ad annuire.

«I valori sono tutti nella norma signorina…Chronis..» ebbe qualche difficoltà a pronunciare il mio nome ma si riprese in fretta «le è mai capitato di avere altri attacchi di panico?»

Scossi la testa.

«Ma certo! La sera  che ci siamo conosciuti, su letto della SM….» esclamò Siwon. Certo che non riusciva proprio a capire quando era il momento di stare zitti quel ragazzo. 

«Lì ero nel panico. Ti ricordo che non sapevo leggere i cartelli e mi avevano intrappolato a Seoul per otto mesi!»

«Quindi era legato alla città…» commentò il medico, decidendo di ignorare l'occhiataccia che avevo tirato all'attore. «…e adesso le è passata l'ansia di trovarsi in una città che non conosce?»

«No» replicai «infatti non vedo l'ora che questo contratto sia finto per andarmene»

»Capisco, beh, visto come stanno le cose non le prescriverei alcun farmaco e può anche tornare a casa per stasera» mi sorrise incoraggiante «A chi di voi mi devo rivolgere per le dimissioni?» domandò quindi, guardando i tre presenti nella stanza.

«Me ne occupo io…Kyuhyun-ah, accompagnami!» esclamò il leader, uscendo poi fuori assieme al medico e al Maknae.

Per la seconda volta in troppo poco tempo mi trovai da sola in una stanza con Siwon e la cosa non mi piaceva nemmeno un po'. Non avevamo niente da dirci e la tensione era palpabile. Non sapevo nemmeno se passavo del tempo con lui perché mi faceva piacere o perché ero obbligata, figuriamoci se volevo trovarmici da sola in una situazione come quella.

«Cosa è successo?» Mi domandò, prendendo una delle sedie nella stanza ed avvicinandola al letto.

«Ho avuto un attacco di panico, l'hai detto tu» risposi laconica, cercando di tirarmi sù a mia volta.

«Sai benissimo cosa intendo. Cosa è successo per ridurti in questo stato.

«Non lo so…un attimo prima stavamo parlando ed all'improvviso mi mancava il respiro e poi mi sono ritrovata qui!» mi strinsi nelle spalle, sperando che il discorso finisse alla svelta.

«Stavate parlando dell'incidente…me l'ha detto Kyuhyun. E quando siamo rientrati hyung stava cercando di convincerti a dirci qualcosa» si avvicinò e mi prese una mano tra le sue «C'entra il motivo per cui ti sei arrabbiata ad Incheon, vero?»

Scossi la testa, forse con un po' troppa veemenza per risultare del tutto convincente, e strattonai via la mano dalle sue.

«Non è niente, è Leeteuk che fa collegamenti sbagliati. È questo posto che mi mette ansia.»

«Asia» esordì e il tono non prometteva nulla di buono «qualche giorno fa hai rischiato il tuo lavoro per me e adesso non sono degno nemmeno di sapere cosa ti succede?»

«Cosa c'entra?» domandai, sbuffando «Quello era lavoro, questo è il piano personale! Sono due cose che non hanno assolutamente niente a che vedere tra di loro!»

«Piano professionale?» mi chiese, strabuzzando gli occhi. Era un'espressione che normalmente mi avrebbe fatto ridere, se non avvertissi una freddezza crescente nelle sue parole.

Quindi era in quel modo che Choi Siwon diventava da arrabbiato. La voce non si alzava di un'ottava, ma ogni parola che usciva dalla sua bocca aveva una vena di ghiaccio in più, che ti faceva rabbrividire. Ovviamente non aveva un gran controllo della sua mimica facciale, ma quello me lo sarei anche potuto aspettare.

«Sì» annuii con decisione «sono la tua manager? Se cercano di farti violare il tuo contratto o di fartelo recidere…» non finii mai la frase, mi zitto, mettendomi un dito sulle labbra. La sua espressione non era più fredda come un attimo prima, sembrava che il ghiaccio si fosse sciolto, lasciando posto ad un oceano di tristezza. PEr l'ennesima volta in quella giornata sentii mancarmi il respiro.

«Leeteuk hyung, Kyuhyun-ah persino Heenim…tutti, tutti sanno un dettaglio in più su di te e io mi sono sempre detto che forse era colpa mia, che non ti avevo mai mostrato davvero che potevi appoggiarti a me quando ne avresti avuto bisogno. Mi sono sforzato in tutti i modi di fartelo capire, ma sembra proprio che non ci sia alcun modo di farti fidare di me»

«Non è che non mi fido di te…» protestai, ma lui premette più forte il dito sulle mie labbra.

«Non cercherò più di capirti, di aiutarti, di stati accanto. Ho pregato perché tu potessi lasciarti alle spalle qualunque cosa ti porti dietro, evidentemente chi ti dovrà aiutare a farlo non sarò io. Da ora saremo professionali, proprio come vorrai tu. Ci vediamo a lavoro, manager» detto questo si alzò ed uscì dalla stanza, scontrandosi con Leeteuk e Kyuhyun che stavano tornando in quel momento con il foglio di dimissioni in mano. Non gli chiese scusa e non li salutò nemmeno, ma proseguì a dritto.

«Cosa è successo?» mi chiese il leader, esasperato.

«Io non…non lo so» risposi.

«Io avrei una vaga idea…»

Io e il leader ci voltammo a guardare Kyuhyun con gli occhi spalancati, mentre lui si portò una mano alla testa.

«Aissh! Perché ho la continua sensazione di aver a che fare con dei bambini? Non dovrei essere io il più piccolo?»



Ok questo capitolo è stato un parto ç_ç Non scriverò mai più niente dal punto di vista del maknae perchè mi mette ansia! E dire che avevo trovato Kim Heechul una passeggiata....sarà che avevo alte aspettative da soddisfare con il mio Kyuhyun! In ogni caso ce l'abbiamo fatta! Vorrei dirvi che da ora si va in discesa, ma la verità è che la follia è appena iniziata, quindi sappiate che i capitoli rischiano di diventare sempre più logorroici via via che si va avanti! Ma la cosa positiva è che siamo arrivati ai 3/4 della prima parte della storia *w* wow mi sembrava impossibile! Dunque, ora passiamo a voi, mie care recensitrici (?)
_Sushi_: Ehm, mi fa piacere che a te ed alla tua amica sia piaciuto il capitolo D: Fa sempre piacere avere siwonest che apprezzano! Adesso speriamo di non essere linciati dalle gamers! Temo di aver preso un po' troppo alla lettera il tuo "scrivi tanto", non mi odierai per questo, vero? Comunque facci sapere coem bacia Kim Heechul ç_ç qui siamo tutte a fantasticare quale esperienza meravigliosa deve essere!
YuiChan95: Ma che pervertita xD Lo so che è il nostro Siwon il problema di fondo!! Sempre in giro mezzo nudo! SIWON TAPPATI, direbbe una certa tizia di mia conoscenza! (<3). E poi il problema è mio che rischio l'attacco di cuore più quando fa il cretino che quando va in giro a petto nudo, perchè sono strana, lo so xD comunque per ora abbiamo fatto trattenre asia, ma se volete vedere Lara con un occhio nero si accettano proposte usl cosa lanciargli. Un tacco a spillo, una boccetta di fondotinta, un macigno, un grattacielo....insomma le votazioni per l'arma del delitto sono ufficialmente aperte! Purtroppo invece Kim Heechul ci lascia ç_ç è stato breve ma intenso!
Onewsmileislikeasun: Chiamala scema Asia che tra tutti gli uomini addetti al film che giravano di là riesce a chiappare proprio kim heechul x°D comunque condivido con te! anche io morirei se siwon facesse una scena del genre in un film e per le stesse motivazioni x°d per ora rignraziamo che non si vede mai niente dalla vita in giù xD Altrimenti mi ritrovereste ricoverata in psichiatria! xD
Federica_25: Ora mi spieghi come faccio a risponderti a quella recensione che mi hai lasciato? *si commuove* troppo buona, come sempre! Secondo te avrei mai potuto accettare che Siwon girasse certe cose con una tizia odiosa...anche se frutto della mia fantasia? MAI!  XD spero che ti piaccia latrettanto anche questo capitolo, come sempre, ricordati che sei la mia critica di fiducia!

Ricoridamo che questa storia partecipa alla: "The four elements challenge"
Elemento: Aria
Prompt del capitolo: Respiro

Ci aggironiamo presto! Stay tuned!
xoxo
F.

 

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Capitolo 9
*** Like a candle in the rain ***


9 - Like a candle in the rain


Le nuvole erano oramai diventate una costante in quei giorni a Seoul. Accesi la luce senza nemmeno preoccuparmi che fossimo in pieno giorno: l'oscurità che c'era fuori rendeva l'atmosfera più simile a quella delle sei di sera che altro. Oramai mi ci ero abituata, anche se a volte sentivo la mancanza di una bella lunga, giornata di sole. Almeno mi avrebbe messo nell'umore giusto per trascinarmi fuori dall'appartamento e fare un giro in città, andare a vedere qualche luogo di interesse, mangiare la cucina tipica, fare shopping o qualunque altra cosa mi passasse per la testa in effetti. Invece erano ormai cinque giorni che restavo chiusa  lì dentro, senza nessun'altra compagnia se non Kyuhyun, quando decideva che era il momento di giocare a Starcraft. Non dovevo più andare sul set ogni giorno oramai. Siwon aveva detto che era un eccesso di lavoro per me e che se ci fossero stati problemi mi avrebbe contattato subito, ma era meglio che mi occupassi di tutto quello che dovevo fare senza che mi dovessi preoccupare anche di fargli da baby sitar. Per quanto sembrasse un discorso molto carino, tutto volto nel mio interesse, sapevo bene che non mi voleva tra i piedi, non dopo quello che era successo in ospedale. Da una parte ero molto contenta di poter stare rinchiusa nel mio guscio e non doverlo affrontare, dall'altra mi sentivo come se alle mie giornate mancasse qualcosa di fondamentale. Era peggio di non avere un macchiato al caramello la mattina o la mia sfida a starcraft quotidiana, era come trascinarsi lungo le ventiquattro ore solo perché era inevitabile farlo, ma alla fine dei giochi non sapevo quale utilità aveva avuto per me essere sveglia in quell'arco di tempo. Chiamavo il regista ogni due ore per accertarmi che andasse tutto bene ed ogni volta mi assicurava che le riprese non potevano andare meglio. Da una parte ero contenta che Lara sembrava essersi ridimensionata, dall'altra speravo quasi che ne combinasse una delle sue in modo da poter uscire da quella noia totale che mi avvolgeva. La verità è che per la prima volta in anni mi ritrovavo senza niente da fare e il tempo mi sembrava improvvisamente inutile, se non avevo niente con cui riempirlo.  Avevo anche ripreso la mia sana abitudine di svegliarmi oltre le undici, una cosa praticamente inconcepibile in Corea. Se non altro quel giorno avrei avuto ben otto ore da dedicare ad una lunghissima sfida online tra me ed il maknae e non vedevo l'ora di stracciarlo. Perlomeno avrebbe dato un senso alla mia giornata. Sorseggiando quel che rimaneva del caffè accesi il computer e sistemai una seconda sedia esattamente di fronte alla mia. Oramai avevo allestito quelle posizioni talmente tanto spesso che mi veniva quasi in automatico. Sorrisi, mentre pensavo tra me e me che se non altro avremmo potuto continuare con le nostre lotte anche dopo il mio ritorno a Los Angeles: miracoli di internet.

Stavo giusto per mettermi a sedere quando qualcuno suonò il campanello. Mi diressi verso l'ingresso il più rapidamente possibile, spalancando la porta senza nemmeno vedere chi era.

«Yah! Sei in ritardo di ben quindici minuti! Cos'è, avevi paura di per…» interruppi la frase a metà, non appena mi resi conto che davanti a me c'era Leeteuk invece di Kyuhyun.

Il leader entrò dentro chiudendosi la porta alle spalle, senza dire una parola, per poi afferrarmi molto poco cerimoniosamente per un braccio e trascinarmi in salotto.

«Ehm, è successo qualcosa?» domandai, massaggiandomi il polso dolorante, non appena mi lasciò andare.

Sembrava nervoso. Continuava a guardarsi attorno e a passarsi le dita tra i capelli. Per un po' non dette nessun segno di aver compreso le mie parole, quindi mi allungò quello che aveva tutta l'aria di essere un giornale. Senza fare ulteriori domande -tanto mi era parso di capire che sarebbe stato inutile- lo presi e lo aprii, sempre tenendo il mio sguardo scettico sul leader. Mi fece un cenno nervoso con la testa, invitandomi a guardare la prima pagina, così mi arresi ad abbassare lo sguardo. Per un attimo pensai che forse non era un giornale: per quale motivo io sarei dovuta essere sulla prima pagina di un giornale coreano? Poi guardai meglio la foto e mi accorsi che accanto a me c'era Kyuhyun. Mi ci volle ancora un attimo per rendermi conto che stavo fissando l'esatta replica della gigantografia che avevo nel mio salotto, in cui però era stato tagliato Siwon. Mi affrettai a cercare il titolo dell'articolo, che diceva semplicemente "Con chi sta uscendo Cho Kyuhyun?". Sotto la foto c'erano le indicazioni a leggere il gossip più succoso del momento alla pagina seguente. Mi affrettai ad aprire il giornale e trovai due pagine completamente piene di foto mie e di Kyuhyun. Alcune erano state scattate sul set del film uno dei giorni in cui mi aveva accompagnato, una era in casa mia mentre gli tenevo la porta per farlo uscire, una seconda riproduzione della foto in prima pagina e una foto molto fraintendibile in cui sembrava che lui fosse chinato sopra di me in piscina per baciarmi, mentre probabilmente mi stava solo scuotendo quando mi era venuto l'attacco di panico. Alzai per un attimo lo sguardo dal giornale per incontrare quello di Leeteuk, non sembrava arrabbiato, almeno non con me, ma mi invito a leggere con un altro cenno della testa. 

"Cho Kyuhyun, il Maknae dei Super Junior, è sempre stato un tipo molto attento alla sua vita privata. Grazie alla sua discrezione non è mai stato al centro del mirino mediatico ed è sempre stato etichettato come uno di quegli idol che non sarebbero mai stati beccati nel mezzo di uno scandalo. Evidentemente non è così e con l'aumentare dell'età, probabilmente anche il maknae più irrispettoso del mondo del k-pop ha deciso che era il momento di trovarsi una relazione stabile. Ci sarebbero alcuni nomi in lizza forse, sicuramente in prima linea tante celebrità con cui ha avuto a che fare, ma a rubare il cuore di Kyuhyun a quanto pare ci voleva una ragazza diversa, che è dovuta arrivare fin qui fin dalla lontana Grecia. La fonte del nostro scoop, che è molto vicina ad entrambi dice: "Athanasia lavora per la SM come manager di Choi Siwon (altro membro dei Super Junior n.d.r.)  per il suo nuovo film con la Paramount Pictures. Vive a Los Angeles da anni oramai, ma è nata e cresciuta in Grecia. È una ragazza un po' particolare, con un bel caratterizzo, di certo non sarà stato facile conquistarla!". 

Risolto quindi il mistero sul come si siano conosciuti i due. A quanto pare, però, sono andati d'accordo fin da subito e, a sentire la nostra fonte, in fondo un po' tutti lo sospettavano che le cose sarebbero andate a finire così. Dopo qualche settimana di ambiguità alla fine ecco come sono stati scoperti: "Una volta io ed Asia -come si fa chiamare dagli amici- siamo andate a casa sua insieme e dentro c'era Kyuhyun che l'aspettava, piuttosto annoiato del fatto che si fosse presentato in ritardo. Un'altra volta l'ho chiamata ed è stato lui a rispondere al telefono, chiedendomi gentilmente di richiamare dopo…era come se fosse assolutamente normale per lui rispondere al telefono di Asia. La conferma definitiva però l'ho avuta ad una festa in piscina a cui abbiamo partecipato insieme. Invece di stare con gli altri si sono appartati come dei piccioncini su de sdraio…"

Accartocciai il giornale senza leggere il resto. Non ne avevo bisogno, sapevo di cosa si trattava. Ero piuttosto certa che, in quel momento, se solo avessi potuto avrei cominciato a sputare fuoco e fiamme dalle narici. Sentivo la rabbia che mi ribolliva in corpo,era come se sottili cariche elettriche scorressero sotto la mia pelle rendendomi un congegno esplosivo pronto ad innescarsi in ogni momento.

«È stata Lara!» sibilai a Leeteuk. Era così stupida che non aveva nemmeno fatto troppa fatica per nasconderlo. Solo lei aveva assistito a tutte quelle cose, per non parlare del fatto che oltre ad alcuni di loro era l'unica ad aver visto la foto che avevo in salotto.

«Lo so. Ma lei non vuole ammetterlo e fa finta di nulla, ci ho parlato stamattina prima che andasse sul set»

«Hai provato a toglierti i vestiti? di solito funziona meglio così con lei…» riuscii a strappargli un fugace sorriso.

«Kyuhyun come sta? Avrà delle ripercussioni per questo?» domandai, infine, in un sussurro. Era la cosa che mi preoccupava più di tutte. 

«È una belva. Credo che potrebbe uccidere Lara…ma l'abbiamo protetto tutti e, per ora, gli hanno solo cancellato i programmi della giornata, in modo da proteggerlo dalle troppe domande»

Lo guardai per un attimo negli occhi, alla ricerca di una traccia di bugia in quello che mi aveva detto, ma non la trovai. Era sempre assolutamente sincero con me, proprio come aveva promesso.

«Bene. Vado a parlare io con Lara!» esclamai, determinata a trascinarla per i capelli in redazione a smentire il tutto se si fosse rivelato necessario.

«Tu non vai da nessuna parte» adesso il Leader era tornato terribilmente serio.

«E perché?»

«Tu non hai idea di quello che può succederti lì fuori se qualche fan ti riconosce vero? E ti riconosceranno, perché non sei così facile da nascondere qui….e renderai le cose ancora più facili alla gente se vai sul set del film!»

«Non puoi aspettarti che stia qui con le mani in mano!» esclamai, la rabbia che minacciava di traboccare da un momento all'altro.

«Lascia fare a noi. Tu ora esci di qui e sotto casa c'è Eunhyuk che ti aspetta in macchina. Ti porterà in un posto dove sarà difficile che ti trovino»

«La fai sembrare un'operazione militare…»

«Asia, per favore non ho…»

«….tempo per stare a discutere con me, lo so leader.  Andiamo.» 

Accennò ad un mezzo sorriso prima di uscire quasi correndo da casa mia, dandomi a mala pena il tempo di chiudere a chiave il portone. Da una parte avrei voluto strangolare Lara a mani nude e farle pagare ogni singola calunnia che aveva fatto in quell'articolo, dall'altra sapevo bene che agire impulsivamente non avrebbe fatto bene a nessuno. Nè a Kyuhyun, che poteva finire in una situazione molto più grave, nè a me che mi sarei potuta trovare su un aereo per Los Angeles qualche mese prima del dovuto, nè a Siwon che avrebbe potuto vedere il suo film naufragare, nè a tutti gli altri Super Junior. Così inghiottii le mie inutili storie e la mai testardaggine e salutai Leeteuk con un cenno del capo prima di chiudere la portiera dell'auto con i vetri scuri di Eunhyuk. 

«Dove stiamo andando?» gli chiesi dopo qualche minuto di viaggio, per spezzare l'imbarazzante silenzio che c'era in macchina.

«Dai miei genitori. Lì sarà molto più tranquillo. Aspettaci lì e non preoccuparti, risolveremo tutto.» non riuscivo a capire se ci fosse qualcosa che non andava nella sua voce o meno. Avrebbe avuto tutto il diritto di avercela con me dopotutto.

«D'accordo.» Non sapevo cos'altro dire. non lo conoscevo bene ed avevo la sensazione di aver appena osato turbare troppo la quiete delle loro vite.

In quel momento avrei dato qualunque cosa per avere Siwon in quella macchina, piuttosto che il ballerino, o qualunque altro di loro.


 


Anche quella pausa pranzo stava finendo. Sospirai, alzandomi per andare a buttare la confezione del cibo take away che qualcuno nello staff andava a comprare ogni giorno per tutti ed era sempre la stessa cosa. Quando veniva Asia si preoccupava di portarmi lei il pranzo, ogni giorno qualcosa di diverso, perché mangiare sempre le stesse cose faceva male secondo lei. Era un discorso estremamente premuroso per una persona come Asia, ma non mi dispiaceva che si prendesse cura anche di quei minimi dettagli. Era una persona strana, forse lo faceva per svolgere il suo dovere alla perfezione, o forse non se ne rendeva nemmeno conto, ma non lasciava mai che niente fosse trascurato, persino la cosa più stupida come il mio pranzo. Sapeva essere burbera e scontrosa, decisamente troppo irritabile e impossibile da trattare la maggior parte delle volte, ma dimostrava un'attenzione fuori dal comune nei miei riguardi, che non avevo mai trovato in nessun'altra persona che aveva lavorato per me. Mentre buttavo via la triste scatola di mandu, non riuscii ad evitare di pensare che anche quel giorno non era venuta. Ero stato io ad allontanarla dal set, certo, ma perché sapevo che quando sarebbe stata pronta ad affrontare la nostra "discussione" sarebbe arrivata lei, con quel suo passo troppo rapido per lei che la faceva affannare e lo sguardo torvo, i capelli che sembravano quasi emanare elettricità da ogni loro onda, ma in quel momento sarebbe stata pronta a fare quel piccolo passo in più nel nostro rapporto. Alzai lo sguardo al cielo, mentre mi dirigevo più o meno inconsapevolmente verso il set dove avremmo dovuto girare quel pomeriggio. Forse mi sbagliavo ad aspettarla, forse non sarebbe venuta. Leeteuk mi aveva detto che dovevo avere molta pazienza con lei, che non era un gomitolo semplice da dipanare quello che in cui si era intrecciata. Non l'avevo trovata una notizia sconvolgente, era evidente da ogni suo gesto, ma non riuscivo ad accettare che non potessi aiutarla a venirne fuori anche io. Mi sembrava il reato peggiore del mondo stare accanto a lei ogni momento e comportarmi come se non avessi capito niente. 

«Siwon-ah!» sentii una voce molto familiare chiamarmi alle mie spalle, mi girai per trovarmi faccia a faccia con il leader.

«Hyung!» esclamai in risposta, allargando le labbra in un lieve sorriso.

«Ho mandato Asia da Eunhyuk e…»

«Da Eunhyuk? E perché?» domandai sgranando gli occhi. Da quanto mi risultava lei ed il primo ballerino non erano mai stati troppo in confidenza, se non quella normale educazione piuttosto comune tra persone che si trovano spesso nello stesso luogo.

«Perché era l'unico che aveva una casa raggiungibile in poco tempo e che fosse completamente estraneo alla storia!» spiegò lui, come se si trattasse di una cosa ovvia.

«Quale storia?» mi stavo cominciando ad innervosire. Se prima ero certo che fosse venuto solo per chiedermi di chiarire quella situazione con Asia, adesso mi pareva che stesse ingigantendo la cosa un po' troppo. Gli avevo già spiegato le mie ragioni per fare quello che avevo fatto e aveva promesso di rispettarle, anche se non le condivideva in pieno.

«Ma…ancora non lo sai?» mi chiese, guardandomi con espressione sinceramente stupita.

Scossi la testa, il nervosismo che scivolò via alla velocità della luce. Leeteuk mi porse un giornale e lo aprii. La foto in prima pagina e il titolo dell'articolo principale furono sufficienti a lasciarmi senza parole. Senza dire altro cominciai a leggere. Quando finii mi premurai di accartocciare quell'inutile pezzo di carta e lo scaraventai a terra.

«Devi venire alla conferenza stampa…»

«Hyung…»

«Sì, lo so che devi filmare, ma questo è più importante, Asia è la tua manger,sai che la tua assenza sarebbe fraintesa…»

«HYUNG!» urlai e lui smise di parlare subito, probabilmente sconvolto quanto me dal tono con cui mi ero rivolto a lui.

«Posticipala di qualche ora, trova un modo ma posticipale io ti prometto che mi presenterò lì con Lara, per farle smentire tutto»

«Siwon-ah…ci ho già parlato io e non è servito a nulla»

«Hyung, quando mai non ho mantenuto una promessa?»

Ci guardammo per qualche istante. Mi sembrava quasi di leggere i pensieri dietro ai suoi occhi. Sapeva benissimo che gli stavo chiedendo una cosa rischiosa, ma sapeva anche che di me poteva fidarsi, che mai una volta avevo fatto una cosa azzardata, sconsiderata, senza riflettere.

«Ok» disse alla fine «ma fai più in fretta che puoi»

Annuii e senza nemmeno salutarlo corsi verso la zona dove si trovavano i camerini. Avevo sopportato tutto da parte di quella donna, tutto, ma non le avrei permesso di rovinare la carriera di Kyuhyun, di rovinare i Super Junior, per la sua totale mancanza di cervello. Nemmeno bussai, quando arrivai davanti alla porta con il suo nome, mi limitai a spalancarla con tutta la forza che avevo, sbattendola contro il muro. Lei si voltò a guardarmi, con un sorrisetto stampato sulle labbra ed un'espressione divertita. Riuscivo a sentire la mia rabbia ribollire sottopelle, invadendo ogni singolo nervo del mio corpo. Non c'era traccia di dubbio nello sguardo che mi aveva lanciato: lei sapeva perfettamente perché ero lì e trovava la cosa divertente.

«Hai una vaga idea di quello che hai fatto?» domandai, la voce che tremava per lo sforzo che stavo facendo al trattenermi dall'urlare.

«Ho dato un po' di felicità a due persone che si amano…cosa c'è di male? siete veramente troppo chiusi in questo»

«Loro due non si amano!» scattai, battendo un pugno sul mobiletto davanti a lei, facendo così cadere alcuni trucchi che vi erano sopra, che una spaventata make-up artist si affrettò a raccogliere.

«Ne sei sicuro?» continuava a trattare la situazione come se fosse un gioco.

«Come di chiamarmi Choi Siwon» risposi, glaciale.

«Come vuoi allora…»

«Tu. Tu adesso verrai con me a smentire tutto quel mare di schifezze che hai rovesciato su Kyu…» la sua fastidiosa risata, troncò a metà la mia frase.

«No che non verrò. Dopotutto ho dato ad Asia quello che voleva…un po' di attenzione. Adesso che è su tutti i giornali sarà contenta. E poi è lei la tua manager no? Che lo trovi lei un modo per cavare il tuo amichetto fuori da tutto questo.»

Fu come se improvvisamente qualcuno mi mise una benda sugli occhi ed ogni luce si fosse spenta. La rabbia era tale che non capivo più nemmeno cosa mi circondava.

«Non osare!» urlai «non osare trascinare Kyuhyun in una pozza di infamia solo perché tu lo trovi divertente!» afferrai i braccioli della sedia dove era seduta, bloccandola in quella posizione.

«Tu adesso verrai con me e dirai davanti a tutti che ti eri sbagliata, che hai fatto dichiarazioni affrettate, dirai cosa rappresenta davvero ognuna di quelle foto e chiederai scusa per essere un'idiota e pagherai di tasca tua quello che ti chiederà il giornale per avergli fatto stampare un'informazione falsa»

«E perché dovrei farlo?» percepivo la sua paura, anche se faceva la spavalda. Una mente piccola come la sua non poteva reggere il confronto con un'emozione tanto complessa, come quella che le stavo riversando addosso ora.

«Perché la SM potrebbe decidere di farti causa per esempio, ma se vuoi una motivazione più immediata…perché se non lo fai io mi ritirerò dal film e lo sai cosa vuol dire, vero?»

Per la prima volta vidi un'espressione di comprensione passare nei suoi occhi. Sapeva che senza di me del suo film non se ne sarebbe fatto di nulla, sapeva che senza questo film lei non avrebbe avuto una seconda occasione. Era stata scelta solo perché era riuscita a corrompere David con il suo corpo, lui non l'avrebbe mai più presa per un film se gli avesse causato tutti questi problemi e, considerando quanto giravano veloci le voci in questo mondo e la sua totale mancanza di talento, difficilmente qualcun altro l'avrebbe scelta. C'era solo una cosa che contava per Lara Young, e io ero disposto a portargliela via.

 

 

 

Spensi la tv nel momento esatto in cui quei nove si erano alzati dalle sedie, mettendo così definitivamente fine alla conferenza stampa. Improvvisamente il silenzio piombò in quella stanza. La madre di Eunhyuk era stata così gentile da capire che non ero dell'umore giusto per parlare, si era limitata a portarmi del the con una fetta di torta di riso preparata da lei, e mi aveva rassicurato sul fatto che sarebbe andato tutto bene, poi mi aveva lasciato il salotto a completa disposizione, per fare come se fossi a casa mia. Quella stanza non era grande, la casa dei signori Lee, in generale, non lo era. Un'altra cosa molto strana per la famiglia di una persona famosa, ma mi veniva difficile fare altri paragoni. L'unica altra casa che avevo visto era stata quella di Siwon e non era nemmeno lontanamente paragonabile a quella di Hyukjae. Chissà, magari quella famiglia aveva deciso di restare in quella vecchia casa perché era piena di ricordi…non ero abbastanza in confidenza con Eunhyuk per chiederglielo in ogni caso. Mentre mi portava lì, quella mattina, ci eravamo scambiati le prime parole non di circostanza e non erano state una confessione a cuore aperto, in ogni caso. Aveva semplicemente confermato le mie paure che, se le cose non si fossero sistemate, mi avrebbero rimandata sicuramente a Los Angeles, con una penale da pagare in aggiunta. Una penale decisamente troppo cospicua per le mie finanze, che la Paramount non avrebbe mai pagato, perché senza la smentita di Lara quel casino era come se l'avessi combinato io.  In effetti anche adesso che tutto si era risolto mi sentivo addosso una strana sensazione. Era come se, nonostante Lara avesse dichiarato di aver fatto tutto da sola e che non c'era assolutamente niente di fondato nelle accuse che mi erano state mosse, c'era una piccola parte di me che si sentiva responsabile dall'accaduto. Leeteuk ci aveva ripetuto numerose volte di stare attenti, che per Kyuhyun passare nottate su nottate da me era pericoloso. Ci avevano detto di non comportarci in pubblico con troppa confidenza e non fare mai intendere a nessuno che ci vedessimo spesso al di fuori delle occasioni in cui ero presente come manager di Siwon….eppure era trapelate qualcosa. Dei piccoli dettagli a cui non avevo dato importanza erano sfuggiti dal mio controllo ed avevano portato a questo. Ero piombata improvvisamente nella loro vita e ne avevo turbato la quiete. Prima con la storia del non voler stare con loro ,poi con l'obbligarli a venirm ia chiedere scusa prima di rivolgergli la parola, l'attacco di panico, il litigio con Siwon…ed alla fine eravamo arrivati alla cosa più temibile: lo scandalo. Dopotutto io non appartenevo al loro mondo, ero come una cometa, rapida, passeggera, che si sarebbe sciolta in fretta e tutti se ne sarebbero dimenticati. Se la mia scia fosse scomparsa un po' più in fretta, qualcuno se ne sarebbe accorto? No, probabilmente. La vita continua anche dopo il passaggio di una cometa, magari le prime notti guardi il cielo e ti senti malinconico, ma dopo qualche giorno tutto riprende come se non fosse mai passata. A volte forse uno la ricorda, in un brandello di conversazione, in un rigo di una canzone o la puntata di un telefilm…ma poi tornano a dimenticarsene, perché non è indispensabile per la loro vita. Strinsi i denti a quel pensiero e mi alzai di scatto, pronta ad andare a salutare la signora Lee e dirigermi verso il mio appartamento. Con mio grande disappunto me la trovai davanti e alle sue spalle c'era l'ultima persona che mi sarei aspettata di vedere in quella stanza. Tanto per incominciare lui doveva essere alla conferenza, lo avevo visto lì pochi minuti prima ed ero abbastanza certa che non riuscisse a teletrasportarsi. Lanciai un'occhiata all'orologio e solo allora mi resi conto che avevo passato ben quarantacinque minuti a crogiolarmi tra i miei pensieri.

«Scusami, cara, non volevo spaventarti! Solo che Siwon-ah insisteva per vederti. Rimanete pure qui a parlare!» disse la mamma di Eunhyuk con un sorrisone.

Ero completamente paralizzata sotto lo sguardo cupo di Siwon, al punto che riuscii a malapena ad annuire. Lei uscì dalla stanza e io mi trovai faccia a faccia con lui.

«Come stai?» mi chiese alla fine, aprendo la bocca per primo, in quella specie di gioco del silenzio che si era venuto a creare tra noi due.

«Come sta Kyuhyun?» risposi io, bypassando la sua domanda.

«Credo che non ucciderà Lara, ha avuto le scuse alla conferenza e anche il giornale pubblicherà una smentita, è tutto finito. Come stai?» mi chiese di nuovo, marcando stavolta le parole.

«Perché non dovrei stare bene?» 

«Perché hai rischiato di essere mandata via di qui…»

«Non importa» mi strinsi nelle spalle «tanto io torno a Los Angeles»

«Che cosa?» mi guardò inarcando le sopracciglia, sul volto dipinta un'espressione stupita che mi strappò un sorriso: mi erano mancate quelle espressioni.

«Torno a Los Angeles» dissi ancora, scandendo ogni singola parola.

«Ma…mi hanno detto che non c'era problema…» stava farfugliando, come ogni volta che voleva dire troppe cose insieme.

«Per loro forse, ma io torno a Los Angeles lo stesso. Mi pare che ho portato sufficiente scompiglio in questo posto, forse con un manager uomo andrà meglio. Ma non preoccuparti, ci vedremo alla prima del film!» mi costrinsi a sorridere, convinta che così forse mi avrebbe lasciato andare senza dire niente.

«No!» esclamò lui, in maniera talmente improvvisa da lasciarmi senza parole «No! Io ho detto alla SM che eri stata tu a convincere Lara a sistemare tutto in modo che ti facessero restare…io ho minacciato Lara di non fare più il film se non avesse smentito per Kyuhyun, è vero, ma anche per te…adesso tu non puoi andartene con l'egoistica scusa che sarà meglio per tutti!»

Lo guardai allibita per un attimo. Non riuscivo a credere che lui avesse fatto tutte quelle cose per me. Certo, se mi avesse detto che le aveva fatte per il maknae ci avrei creduto, mi avrebbe deluso il contrario, ma che c'entrassi anche io tra le sue motivazione, che non mi incolpava, anzi, che avesse voluto proteggere anche me per me era totalmente inconcepibile. In fondo per lui non ero altro che una sconosciuta che doveva stare con lui per lavoro, non c'era niente che ci legava se non un paio di firme e si era anche trovato a fare il mio lavoro per me. PEr quale assurdo motivo voleva aiutarmi?

«Tu..perché l'hai fatto?» non era quello che volevo dire, ma mi era uscito dalle labbra senza che potessi controllarlo.

«Perché era giusto Asia. Non era colpa tua, non tutto quello che succede in questo mondo è colpa tua. Ed una persona come Lara avrebbe trovato il modo di fare confusione anche se non ci fossi stata tu a farmi da manager. Smettila di sentirti la causa dei problemi di questo mondo!» sembrava infastidito dalla cosa. Beh non aveva nessun motivo per sentirsi infastidito, non gli avevo certo chiesto io di fare quello che aveva fatto.

«Ma chi ha mai detto questo? Sono una persona abbastanza obiettiva però…e penso di sapermi anche prendere le mie responsabilità. Nessuno ti ha chiesto di aiutarmi, apprezzo che tu l'abbia voluto fare ma questo non toglie il fatto che io me ne andrò perché è la cosa migl…»

Non finii mai la frase, perché mi ritrovai improvvisamente stretta tra le sue braccia, il volto poggiato sul suo petto, il suo profumo che mi avvolgeva ovunque.

«Non ricominciamo» mi sussurrò all'orecchio «basta con i nostri soliti battibecchi, se non vuoi restare perché non riesci ad ammettere che è quello che vuoi anche tu, resta perché voglio io.»

«Credo di non aver afferrato bene il concetto…» anche se non lo vedevo potevo quasi avvertire che stava sorridendo, dietro la mia spalla.

«Resta. Ti sto dicendo di restare perché ho ancora bisogno di te. Non sul set, non per il film, non ho vigono del manager. Ho bisogno di te, fino a quando non dovrai ripartire»

Era una sensazione strana. Come quella che ti lasciano quei film di Natale malinconici, in cui c'è un bambino che ha la leucemia o qualcosa del genere e riesce a riprendersi per tornare a casa per Natale e finisce con tutta la famiglia felice sotto l'albero ma, nonostante il finale sia felice, ti lascia comunque l'amaro in bocca perché sai che il bambino alla fine morirà comunque. Senza che me ne accorgessi mi ritrovai a stringerlo con le braccia anche io. Non mi ero nemmeno resa conto che si erano mosse, lo realizzai solo dopo qualche minuto, in cui mi accorsi di quanto lo stavo stringendo forte e mi chiesi se non gli stessi facendo del male. Provai ad allentare la presa, ma non ci riuscivo, ogni collegamento con la mia testa sembrava essere completamente interrotto.

«Siwon…» dissi ad un certo punto, titubante, a voce bassa, nascondendo ancora di più il volto contro il suo petto.

«mhmm» rispose lui

«Non è che non mi fido di te…»

Lui scoppiò a ridere e si allontanò, prendendomi però le mani tra le sue.

«Ancora questa storia?» mi chiese, divertito.

«Sì, fammi rispondere almeno una volta!»

«D'accordo, d'accordo…sai essere proprio testarda se ti ci metti!» esclamò lui, senza smettere di sorridere.

«Lo dovresti aver capito oramai…ma comunque» tornai bruscamente al discorso precedente «Non è che io creda di non potermi fidare di te, so che sei una delle persone più affidabili di questo mondo» lui mi sorrise ma io cercai di ignorarlo per proseguire «ma io non voglio fidarmi di te, perché se lo facessi dopo non avrei più la forza per partire» 

Glielo avevo detto, mi era costato ogni singola goccia di determinazione che avevo in corpo, ma glielo avevo detto. Lo guardai negli occhi, in attesa di una reazione, ma l'espressione sul suo viso era totalmente indecifrabile. Non riuscivo a capire cosa si nascondesse in quei due abissi neri che mi stavano fissando in quel momento.

«Cercherò di capirlo» sussurrò alla fine

«Davvero?» domandai, sorpresa.

«Certo» annuì lui «non posso prometterti che non tenterò di cambiarlo ma cercherò di capirlo»

Lo guardai incredula. Se lo avesse detto una qualunque altra persona non ci avrei creduto, ma stavamo parlando di Choi Siwon e sapevo che stava dicendo la verità, faceva tutto parte del suo essere straordinario.



Ebbene sì, contro ogni previsione ce l'abbiamo fatta e siamo tornate con un un'altro capitolo (oramai Kim Heechul ha preso il controllo anche di me medesima e parlo con plurale maiestatis...portate pazienza)! Che dire, oramai questi due si muovono di loro spontanea volontà, io mi limito semplicemente a fare da cronista delle loro vicende! Aggiungerei che sono fiera del mio Siwon arrabbiato, insomma, lo sappiamo tutti che è un gran bravo ragazzo, ma nessuno è sempre bravo e se si arravvia perderà la pazienza anche lui, giusto? Diciamo che mi ha divertito molto farlo uscire dal suo guscio e farlo schierare dalla parte di noi comuni peccatori (?) per una volta :D ma don't worry! non lo trasformerò in un evil visual per simpatia verso Kyu! Ma tornando a voi....
Tory Ah: Sono contentissima della tua recensione! Mi ha fatto veramente piacere leggere quella parole e scoprire che hai trovato interessante quella svitata di Asia! Spero di riuscire a continuare su questi standard e che continui a piacerti come adesso^^
Onewsmileislikeasun: Ecco brava, diglielo anche te a Siwon di portare pazienza! Anzi no, dì ad Asia di darsi una mossa piuttosto. Insomma, lo sappiamo che quell'uomo ha la pazienza di un santo (qui le battute si sprecano) ma lei se ne approfitta ecco! xD Non parliamo di Kyu e dell'incidente che io sto esaurendo tutte le mie lacrime a furia di riguardarmi i video dove parlano di ste cose tristi per trascriverle. Giuro che prossimamente la smetto con i passati tristi dei SuJu per il bene di tutti ç_ç
_Sushi_: quando si dice che una risposta diventa difficile...è questa. Lo sai che sono impazzita per protare in vita un Kyuhyun che fosse all'altezza delle tue aspettative e credo che questo mi abbia spinto a portare anche Asia e Siwon su questo piano....e leggere che non ti ho deluso mi ha fatto tirare un sospiro di sollieve, oltre che a farmi sorridere come un'ebete davanti al monitor. Era il Kyuhyun che ha catturato la tua attenzione al primo sguardo che volevo catturare in quelle poche righe, volevo imprimere quella sensazione nero su bianco, perchè tu potessi ritrovarla, ogni volta che leggevi questa storia <3
YuiChan95: Sono due ritardati che non capiscono niente xD Se non ci fosse un maknae con un QI superiore alla media in quel gruppo mi chiedo come farebbero! xD Comunque Kyu il mio bias? Naaaa, anche se è tra i miei preferiti lui non potrebbe mai essere il mio bias, ma diciamo che ci somigliamo molto caratterialmente io ed il maknae^^ sarà per questo che mi piace esaltare le sue qualità hahahahahahah!
Federica_25: Non ti perdonerò mai, ecco. Babo <3 non c'era nemmeno bisogno di chiedere scusa! Conto alla rovescia per Kim Heechul *w* manca sempre meno e non vedo l'ora!!! *w* ma passiamo alle cose "serie"! Mi sono chiesta anche io se Kyu avrebbe raccontato con facilità o meno quella cosa ad Asia, però ho pensato che, dopo che lo aveva raccontato in televisione, per lui poteva non essere più un grande problema parlarne, se gli veniva esplcitamente chiesto. Non so, in realtà ho pensato che potesse tornare e mi serviva per la trama, ma spero che la mia spiegazione sia risultata un minimo convincente...mi basta che sia convincente un decimo della tua recnesione, che è bellissima come sempre <3
angelteuk: YAH!!! finalmente riesco a inserirti a fine capitolo *-* dunque grazie per le recensioni <3 anche tutte le altre non commentate! Mi ha fatto sorridere il percorso che ha fatto Asia nella tua escalation, in realtà è esattamente quello che dovrebbe fare ad una persona normale XD Tipo "Dio no nti sopporto ma quando apri bocca mi fai squartare" o una cosa così! Abbiamo più o meno salvato in corner il rapporto Asia-Siwon ora...prima o poi forse saprete anche voi, oltre che Leeteuk! Lara morirà tra troci soffern...ah no, questo non lo so! insomma unnie, grazie per le recensioni, grazie per non avermi ucciso per il modo in cui sto trattando il tuo Teukie e grazie per aver pazienza con questa maknae e i soui logorroicissimi capitoli^^

Ricordiamo che questa storia partecipa alla "The four elements challenge"
Prompt: Nuvole
Elemento: Aria

Alla prossima!
F.

 

 

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Capitolo 10
*** Butterfly ***


10 - Butterfly



Quanto tempo avevo passato in quella casa? Tanto, a giudicare dalla mole di ricordi che vi si erano accumulati. La foto appesa in salotto era lì a memoria del mio primo giorno in quel posto, con i sorrisi falsi dei tre soggetti che vi erano rappresentati, che avevano guadagnato sempre più verità, ogni giorno che passava. Il grande tavolo con due sedie messe agli antipodi, che era stato il teatro di numerose battaglie telematiche, oltre che l'unico testimone di un rapporto nato dal silenzio e dall'osservazione reciproca. Il divano in pelle bianca, dove per la prima volta qualcuno mi aveva trascinato al di fuori della mia zona di sicurezza e l'orologio in cucina, a cui avevo fermato le lancette all'ora esatta in cui avevo rivelato me stessa a qualcuno. La camera da letto, utilizzata pochissimo, se non quando avevo dovuto fare poco volentieri l'infermiera a qualcun altro. La grande finestra a vetri, davanti a cui avevo passato numerose notti a contare le luci di Seoul, tra le chiacchiere con persone che mi facevano davvero compagnia, invece che limitarsi a starmi vicini. Mi sembrava passato solo qualche giorno, da quando Leeteuk aveva portato tutti i Super Junior lì per festeggiare il mio arrivo, eppure quegli otto mesi erano scivolati via come la pioggia su di un vetro e adesso ci ritrovavamo di nuovo tutti insieme nel mio salotto, sempre per una festa, ma stavolta era per un addio. Il giorno dopo alle otto, più o meno puntuale, mi sarei imbarcata con Lara su un volo della Korean Airlines diretto per Los Angeles e Seoul non sarebbe restato altro che un ricordo, la mia esperienza in Corea ridotta ad una lingua in più da aggiungere al mio curriculum. Non riuscivo a concepirlo. Davvero tutto quel tempo poteva essere ridotto semplicemente ad uno scatolone nella mia memoria, da tirare fuori e spolverare nelle solitarie serate nel mio monolocale californiano? Il mio soggiorno era durato poco più di trecentomila battiti, ma era da tanto tempo che il mio cuore non batteva più con un significato. Non avevo mai pensato davvero al momento in cui sarei dovuta andare via negli ultimi tempi. Se all'inizio lo attendevo con ansia, con il passare del tempo lo avevo recluso in uno degli angoli più reconditi di tutta la mia mente, lontano, dove sarebbe stato difficile trovarlo. Rifiutavo la sua esistenza, accettarla sarebbe stato come dare il benvenuto ad un parassita, che mi avrebbe risucchiato ogni attimo piacevole che avrei potuto passare lì. Eppure non era servito a niente, io me ne sarei dovuta andare. Era vero che nel giro di un paio di settimane sarei stata raggiunta da Siwon per una manciata di giorni, non uno in più nè uno in meno di quelli necessari per promuovere il film anche lì, ma non sarebbe stata la stessa cosa. Non sapevo se qualcuno mi avrebbe mai più chiesto come stavo con l'intonazione paterna di Leeteuk, probabilmente no, e non sarei più potuta correre da lui se sentivo un nodo in gola che non riuscivo a buttare giù nemmeno con tutta la mia volontà. Soprattutto negli ultimi mesi aveva sopportato tutti i miei sfoghi, cercando di farmi accettare l'ovvietà dei fatti e non arrendendosi mai, anche quando i toni delle discussioni si alzavano perché non mi piaceva quello che aveva da dire. Sapevo che nessuno mi avrebbe osservato pazientemente come Kyuhyun, che era talmente brillante da avermi capito in ogni mio gesto. Stare accanto a lui non era mai difficile, era come se capissimo in che modo dovevamo muoverci l'uno verso l'altro nel più assoluto silenzio. A volte gli era bastato notare come accendevo il computer per capire come era andata la mia giornata e comportarsi di conseguenza. Spesso nelle sue battutine e nelle sue provocazioni sentivo molta più comprensione di quanta non ne avessi vista in persone che avevano promesso di essermi accanto per una vita.  Soprattutto, però, sapevo che al mondo non avrei trovato nessuno che poteva paragonarsi a Choi Siwon. Le sue espressioni buffe, il modo in cui diventava impettito quando si irritava, il suo enorme sorriso da cucciolo di leone, il suo crocifisso sempre al collo…era un mix di cose impossibile da trovare in un'altra persona. Non so sotto quale congiunzione astrale era nato, ma era stata sicuramente una molto favorevole. Il pensiero mi strappò un sorriso, che vidi riflesso nel vetro a cui ero appoggiata.

«A cosa pensi?» mi chiese Leeteuk, il cui riflesso si era fatto sempre più vicino, fino ad assumere contorni netti.

«Agli ultimi otto mesi» ammisi, sospirando. 

«Puoi sempre tornare a trovarci quando vuoi» rispose lui, mettendo in mostra la fossetta sulla guancia.

«Lo so» annuii «sempre che vorrete ancora vedermi»

Lui rise. Nonostante tutto il tempo passato insieme, continuavo a trovare fuori dal comune la sua risata, ma avevo imparato ad amare quel suono e sentirlo era come tornare a casa. Mi sarebbe mancata anche quella.

«Torna prima dell'autunno, se vuoi trovarmi però!» esclamò quindi, con un sorriso che metteva in mostra la sua fossetta.

Mi rabbuiai. Non mi piaceva sentirlo nominare la sua partenza, era una cosa che mi veniva difficile accettare, che ci fosse qualcosa di più immenso della distanza a separarci, come il servizio militare. Probabilmente lui se ne accorse, perché cambiò bruscamente argomento.

«So che hai deciso di lasciare tutte le tue foto a noi….ma credo che questa dovresti portartela. Hai detto che era stato il tuo primo Natale da anni, giusto?» mi allungò una delle cornici che qualcuno di loro aveva messo a decorare casa mia.

Era una delle mie foto preferite di quegli otto mesi e mi strappò subito un sorriso. L'avevamo fatta durante la cena per gli Auguri che si era tenuta al dormitorio del dodicesimo piano. Nella parte bassa della foto c'eravamo io, Leeteuk e Siwon, con in testa delle orecchie da renna e sul volto un'espressione piuttosto abbacchiata. Troneggiante, in piedi alle nostra spalle, stava Kyuhyun, con un cappellino da Babbo natale in testa, le braccia incrociate sul petto e un ghigno gongolante ad allungargli le labbra. Non avevamo propriamente reincarnato lo spirito natalizio, ma almeno sembrava che ci stessimo divertendo. Sorrisi: lui non poteva saperlo, ma di quella sera mi ero portata un'altra foto dietro, scattata da Kyu, davanti alla chiesa dove mi avevano trascinato per la funzione, immersi in una bufera di neve. Non avevo mai sentito tanto freddo in tutta la mia vita a Natale, però non mi era dispiaciuto. Finalmente avevo avuto anche io un buon motivo per passare una serata in casa con qualcuno, a sorseggiare cioccolata calda -corretta per me e Kyuhyun- con addosso un goffo maglione di lana decorato con renne e fiocchi di neve.

«Grazie appa!» lo ringraziai, sorridendo.

In quel momento ci raggiunsero anche Siwon e Kyuhyun, scambiandosi un'occhiata di intesa con il leader. Capii istantaneamente che avevano in mente un'altra delle loro uscite alla "salviamo Asia da sè stessa", o per lo meno lo speravo. Non ne avevo mai avuto tanto bisogno come quella sera.

«Non penserai che ti lasceremo partire così…» esordì Kyuhyun, schiarendosi la voce.

«Una parte di me ci aveva sperato, ma sospettavo che non sarebbe stato così» risposi, sorridendo e lanciando una rapida occhiata in direzione di Siwon.

Lui non disse niente, si limitò a fissarmi di rimando con espressione serafica, prima di avvicinarsi a me porgendomi un oggetto blu e bianco non ben definito. Solo quando fu tra le mie mani mi resi conto che era un ipod, con le cuffie avvolte attorno al sottile corpo. Sul blu zaffiro spiccava una scritta, incisa sul metallo liscio, nera e lucida: "Life couldn't get better". Senza nemmeno rendermene conto stavo lasciando trasparire tutta la nostalgia che quelle parole scatenavano in me. Era una loro canzone, certo, ma era la prima loro canzone che per qualche motivo mi era rimasta in testa. L'avevo canticchiata per giorni e poi i resi conto che ogni volta che ero stata con loro in quel periodo c'era sempre Miracle. Era il loro piccolo incoraggiamento verso di me.

«Con tutto quello che avete fatto, sarei io a dovervi fare un regalo» dissi, staccando gli occhi dall'ipod per tornare a guardare loro.

«Quello non è il regalo!» esclamò Leeteuk sorridendo.

«Ah no?»

«Ma ci hai preso per persone così banali?» sbuffò Kyuhyun «Lì dentro c'è una canzone, solo una canzone…»

«…che è il demo di una di quelle che andranno nel prossimo album» concluse Siwon per lui.

«Davvero? Quindi sarò la prima ad ascoltarla? E…come mai?» non ero esattamente una grande critica musicale, nemmeno l'ascoltavo la musica prima di conoscere loro.

«Perché è la tua canzone!» esclamò il maknae, con il tono di chi sta spiegando ad un bambino quanto fa due più due.

«Cosa?» domandai, spalancando la bocca per la sorpresa.

Leeteuk rise.

«È la tua canzone, Asia, l'abbiamo scritta per te»

 

 

 

I primi di aprile era ancora piuttosto freddo a Seoul, ma dopo aver sopportato l'inverno Coreano, i poco caldi inizi della primavera erano una passeggiata da sopportare, persino se si era sulle rive del fiume Han. Quella festa era finita troppo presto, improvvisamente era già l'ora di andarsi a riposare per gli impegni del giorno dopo. Mi sembrava di essere appena entrato in quella stanza, quando il leader ci aveva richiamato tutti all'ordine. Asia sembrava quasi non essersene accorta ed aveva salutato tutti come se li avrebbe rivisti a distanza di pochi giorni. Non ero riuscito ad incrociare il suo sguardo, ma avevo dato ragione alla parte di me che voleva credere che si fosse semplicemente infilata di nuovo la maschera della vecchia Asia, cercando di convincerci che fosse ancora lì. Non mi erano bastati sei mesi a farle cambiare idea, ancora non sapevo cosa nascondesse, qual era quel segreto che solo a Leeteuk aveva voluto rivelare. Era stato un peso, a volte, sapere che il leader aveva avuto più di quanto non volesse dare a me, ma poi le parole che mi aveva detto quella sera riecheggiavano nella mia testa e ci trovavo un minimo di consolazione. "Non voglio fidarmi di te, perché so che se lo facessi non riuscirei più a partire". Qualche volta avevo provato anche a dirle che non importava, poteva restare per sempre, a noi non avrebbe dato fastidio. La prima volta aveva riso e mi aveva scompigliato i capelli, come avrebbe fatto una madre con suo figlio, per poi ribadire che no, non poteva. Le restanti aveva semplicemente ignorato la mia richiesta. Eppure l'avevo vista cambiare in quei mesi con noi, non era più la stessa di quando era arrivata. Si era emozionata come una bambina quando le avevo regalato il biglietto con il vip pass per il nostro concerto ed un tempo si rifiutava anche solo di sentire un nostro cd in macchina. L'avevo vista ridere e scherzare, chiedere scusa, promettere che sarebbe migliorata e fare del suo meglio per farlo. Non sembrava più rinchiusa nel suo palazzo di ghiaccio, dove faceva solo ciò che era necessario e sembrava che tutto il resto per lei non esistesse. L'entusiasmo nei suoi occhi si era accesso di nuovo, ma gradualmente, negli ultimi giorni, l'avevo visto spegnersi. Come se la rassegnazione si fosse impossessata nuovamente di lei. Per questo non ero riuscito ad andare via quella sera, ma avevo lasciato che tutti gli altri se ne andassero ed ero rimasto indietro con la patetica scusa di doverle chiedere dei dettagli sul mio arrivo a Los Angeles, per poi obbligarla a venire con me, in quel posto, a cui lei probabilmente non dava nessun significato.

«Dio che freddo!» esclamò dopo un po' che passeggiavamo in silenzio, stringendosi nel cappotto scuro che aveva addosso «e pensare che domani potrò andare in giro in shorts e magliettina! Non vedo l'ora!»

«Credevo avessi imparato ad apprezzare il freddo» risposi, sorridendo. Lo sapevo che lo stava dicendo solo per dimostrare che stava bene.

«Non è che non lo apprezzi…a Natale ci sta bene! Ma siamo ad aprile, dovrebbe fare più caldo! Capisci che sono una greca impiantata a Los Angeles? Il freddo non è nel mio DNA!»

«A proposito di Grecia, sai che Kyuhyun-ah, Eunhyuk hyung e Ryeowook-sshi si stanno organizzando per venire in vacanza lì quest'estate?»

«Davvero?» mi chiese lei stupita «beh digli che possono sempre contattarmi per qualche dritta! Anche se purtroppo non potrò fargli da guida!»

«Da quant'è che non ritorni in Grecia?» speravo di coglierla alla sprovvista

«Da quando mi sono trasferita a Los Angeles» rispose, in tono piatto.

«Hai proprio deciso di tagliare i ponti col passato eh!» risi, cercando di farla sembrare una battuta, ma sperando di provocarla.

«No, è solo che sono stata praticamente schiavizzata gli ultimi cinque anni! Non so se te ne sei accorto ma mi hanno incastrato qui per otto mesi senza nemmeno degnarsi di comunicarmelo…»

«Dai che stare qui non ti è dispiaciuto alla fine….» commentai, dandole una leggere gomitata, come se fosse un gioco.

Lei non rispose, si limitò a guardarmi con un mezzo sorriso per poi alzare gli occhi al cielo. Non era una bella serata, le stelle erano coperte dalla fitta coltre di nuvole, basse e scure, che si affollavano sulle nostre teste. La totale assenza di vento non lasciava alcuna speranza per possibili schiarite, anzi, nell'aria si poteva quasi sentire l'odore della pioggia. Tornai a posare lo sguardo sulla mia manager, chiedendomi se fosse il caso di dirle qualcosa che andasse oltre quelle parole vuote che ci eravamo scambiati fino a quel momento, a cui in realtà nessuno dava significato. Sapevo che non avrei potuto dirglielo un'altra volta, ma non sapevo nemmeno se lei lo avrebbe voluto sentire. Improvvisamente, mentre ero ancora lì immobile a fissarla, indeciso sul da farsi, sentii delle grosse gocce cadere su di noi. Incrociai il suo sguardo: si era voltata verso di me con aria smarrita, un'espressione che sembrava chiedermi cosa dovessimo fare. Durò solo un istante, poi scoppiò a ridere, la sua risata riecheggiava tra le gocce di pioggia e ben presto fu seguita dalla mia. Era un suono quasi liberatorio: non avevamo nessun motivo per ridere eppure lo stavamo facendo. Avevo letto da qualche parte che una risata era la cosa più vicina che c'era ad un pianto, se fosse stato davvero così, me lo sarei dovuto aspettare da Asia, che non avrebbe mai versato una lacrima. Non lo aveva mai fatto, nemmeno quando aveva raccontato a Teuk-hyung cosa le era successo, o almeno così diceva lui. Ben presto le gocce si trasformarono in una vera e propria tempesta, che inzuppava ogni singola fibra dei nostri corpi. Eravamo già grondanti, quando mi decisi a farle cenno di seguirmi e a cominciare a correre verso uno dei ponti che collegavano le due rive, voltandomi solo quando ero ormai arrivato sotto alla volta di cemento. Mi voltai e trovai Asia ferma in mezzo alla strada, qualche passo più indietro, piegata in due dallo sforzo. Sorrisi, sicuramente una cosa non era cambiata in questi mesi: la sua scarsa attitudine verso lo sport. 

«Quante….volte…ti devo dire…di non correre? » mi domandò, ansimante.

«Guarda che non hai mica ottant'anni! Ti fa bene muoverti un po'» la presi in giro

«Ahah simpati…»

«ASIA!» esclamai, correndo verso di lei, per allontanarla dal centro della strada.

La afferrai per un polso e la strattonai via appena in tempo, giusto un secondo prima che il tir apparso alle sue spalle passasse nel posto dove si trovava lei fin oda un attimo prima. Forse l'avevo tirata con un po' troppa sforza, perché l'avevo mandata a sbattere con la schiena contro il muro, ma sicuramente stava meglio lì che sotto le ruote di un camion.

«Tutto bene?» le domandai, avvicinandomi.

«Mhm si, tranquillo, dovrei riuscirla a muovere di nuovo in un anno o due» rispose lei, massaggiandosi una spalla.

«Non farla così lunga, dai, vieni qui…» allontanai la sua mano dalla spalla e la sostituì con le mie, facendole un breve massaggio. Sapevo che stava fingendo, ma mi divertivo ad assecondarla.

«Ecco fatto!» esclamai alla fine «Adesso ti assicuro che andrà meglio, parola di Choi Siwon!»

Lei si voltò a guardarmi con un sorriso, che svanì dalle sue labbra con la stessa rapidità con cui era apparso. Per la prima volta in tutti quei mesi riuscivo a capire chiaramente quello che pensava, perché era la stessa cosa che pensavo anche io. Eravamo troppo vicini e c'erano troppe cose non dette tra di noi. La spinsi nuovamente contro il muro, mettendole le mani ai lati della testa, nemmeno avessi paura che fuggisse. Prima che potesse anche solo realizzare la situazione avvicinai il mio volto al suo, soffermandomi per un attimo sui suoi occhi grigi che mi fissavano…forse mi soffermai un attimo di troppo. Non trovai le sue labbra, ma le sue dita sulla bocca che mi allontanavano con una gentile pressione.

«Tu non sei il tipo che bacia una ragazza a caso, Choi Siwon» disse, con un sorrisetto che cercava di sembrare divertito sulle labbra.

«No infatti, non lo sono. Lo avresti preferito?» le chiesi, la voce che tremava per l'imbarazzo, ma anche un filo di rabbia per essere stato allontanato.

«No, mi piace che tu sia così. Non ti riconoscerei altrimenti. Ma è proprio per questo che non più baciarmi»

La guardai, interrogativo. Nonostante l'evidenza dei fatti cercavo ancora di appigliarmi ad un motivo, una spiegazione, che non fosse l'indifferenza. Non riuscivo ad accettare che mi fosse indifferente, non dopo quello che avevamo passato insieme, non dopo quello che mi aveva detto e che avevo portato dentro, come una bolla di speranza, per mesi.

«Se tu conoscessi la vera Asia…non lo vorresti mai fare. La vera me, non avrebbe mai provocato nessun desiderio del genere in un ragazzo come te»

«Credo di essermi fatto una vaga idea di questa "vera Asia", come la chiami tu, negli ultimi mesi….»

Lei scosse la testa in risposta, ma non disse altro.

«Allora dimmelo! Dimmi chi è questa vera te che cerchi di nascondere da quando ti ho conosciuta! Dimmi che razza di mostro si nasconde dietro quegli occhi stanchi…mettimi alla prova!» sbottai, abbassando le braccia per lasciarla andare se voleva. Non sapevo nemmeno io perché mi ero innervosito tanto, ma non riuscivo a fermare in nessun modo quel fiume di parole «Era una decisone che potevo rispettare, la tua, finchè non influiva così tanto tra di noi. Ma io ti ho osservata in questi mesi, ho visto lo sforzo con cui uscivi dal tuo guscio e ti riaffacciavi alla vita, anche se a volte tornavi indietro, terrorizzata, io l'ho vista questa persona ed ho imparato ad amarla, con le sue incertezze, i suoi dubbi, i suoi difetti, la sua determinazione e la sua forza. Io non credo che tu possa nascondere qualcosa di così orribile da poter cancellare tutto questo…»

Lunghi, interminabili, rapidissimi attimi, in cui lei si limitò a guardarmi mordicchiandosi il labbro inferiore. Un gesto semplice, che risvegliava tutta la tenerezza di questo mondo, ma che al tempo stesso mi faceva venire ancora più voglia di afferrarla e baciarla, zittendo ogni sua stupida preoccupazione.

«No» mormorò alla fine «No, non posso. Ti prego, sei stata l'unica cosa bella che mi sia capitata in una vita, sarà egoista da parte mia, lo è sicuramente, ma lasciami andare via con il ricordo che questa persona» si indicò il petto mentre parlava «è riuscita a far nascere in te questi sentimenti. Ti prego» il tono adesso era quasi quello di una supplica «lasciami almeno il ricordo e il briciolo di convinzione che dopotutto, una piccola parte di me è degna di essere amata da una persona come te»

Non dissi niente, non sapevo cosa dire. Avrei voluto urlarle che stava dicendo solo e soltanto una marea di cazzate, che niente avrebbe potuto cambiare quello che provavo…avrei voluto stringerla forte a me, rassicurarla, sussurrarle all'orecchio che non era un mostro e che non c'era niente al mondo che mi sarei meritato più di lei.

«Vorrei essere io, vorrei essere io davvero» disse improvvisamente.

Mi limitai a guardarla interrogativo.

«Vorrei essere io la persona che è fatta per stare al tuo fianco. Chiunque sia, la invidio un sacco. È la donna che più odio e più invidio a questo mondo. Ma tu sarai felice con lei e che io la odii o no, non conterà nulla.»

 

 

 

Sapevo che non avrei dormito quella notte, ne ero convinta al punto che avevo messo in valigia anche il pigiama ed avevo disfatto il letto, facendo portare ai ragazzi le coperte che avevo usato in quel periodo.  Erano troppo ingombranti per portarmele dietro e pensavo che avrebbero fatto più comodo a loro, vivere in nove nello stesso posto a volte era difficile. Sapevo che sarei finita accasciata davanti alla vetrata del salotto, a contemplare per un'ultima volta le mille luci della città che davano vita alla notte, per poi lentamente appisolarsi mentre il sole faceva capolino da dietro a quel grande grattacielo, che rifrangeva i suoi primi raggi nemmeno fosse un prisma. Avrei voluto incatenarmi a quella grande finestra e non partire più, restare lì per sempre. Era a Seoul che avevo trovato un motivo per vivere, piuttosto che scivolare apaticamente lungo l'esistenza come avevo fatto finora, ed era il posto dove credevo mi sarei sentita più smarrita. Sapevo che potevo giocarmi una carta per restare. Potevo chiamare Siwon e raccontargli tutto, ogni cosa. Forse, se ero davvero una persona fortunata in questo mondo, non gli sarebbe importato un granché e avrebbe detto che mi avrebbe amato lo stesso, nonostante tutto, chiedendomi di restare con lui. Scossi la testa. Erano sogni da bambini quelli, il principe azzurro non arriva davvero su un cavallo bianco, come nelle favole, il principe azzurro nemmeno esiste. Lui sarebbe scappato da me se avesse saputo la verità, era innegabile e non potevo nemmeno biasimarlo. Meritava di saperla, ne ero consapevole, ma in quella notte gelida c'era solo un briciolo di calore ed era l'eco delle sue parole. Aveva imparato ad amarmi, aveva detto. Volevo solo vivere con l'illusione che potesse farlo veramente, era chiedere troppo. Mi voltai e vidi l'ipod che mi avevano regalato poggiato sul tavolo. Mi alzai per andarlo a prendere, un lieve sorriso stampato sulle labbra. Nessuno mi aveva mai dedicato una canzone, faceva uno strano effetto sapere che ce ne sarebbe stata addirittura una scritta per me. Per non parlare del fatto che la volevano mettere in un album. Era una specie di carezza sul mio ego, sapere che un gruppo di quella portata aveva scelto di includere una piccola parte di me in una delle loro canzoni, mi faceva sperare che così si sarebbero portati il ricordo di questi mesi anche loro. Infilai le cuffie nelle orecchie ed accesi l'ipod. Il titolo della canzone mi face sorridere: "Butterfly". Tra la curiosità e un lieve timore detti il via alla canzone. All'inizio provai un moto di rabbia: come aveva potuto Leeteuk mettere degli accenni così palesi al mio passato in una canzone che voleva far sentire al mondo? Avrei voluto spegnere la musica in quell'istante, ma fortunatamente non lo feci, un secondo dopo lo stavo sentendo cantare, incoraggiandomi a credere che il mio periodo lì non era un'illusione, seguito dalla voce di Siwon che sosteneva che anche io avessi delle ali. Più scorreva la canzone più mi veniva da sorridere, erano delle parole stupende. Non avevo mai pensato di paragonarmi ad una farfalla, ma evidentemente loro mi avevano visto così. Mi avevano visto uscire dal mio bozzo, questo era vero, forse mi avevano persino notato tentare di volare.Sorrisi, mentre le ultime note della canzone morivano, lasciandomi nuovamente nel silenzio. LA feci ripartire, quasi immediatamente, e quando finì la feci ripartire ancora, e ancora, e ancora…finchè non riuscii più a sopportare la solitudine di quella casa. Mi strappai le cuffie dalle orecchie e corsi a prendere il telefono per chiamare Leeteuk.

«Pronto?» rispose dopo appena due squilli, la voce impastata dal sonno.

«Appa…io…» le parole mi rimasero strozzate in gola.

«Vuoi un po' di compagnia?» mi chiese, non sembrava infastidito dalla cosa, anzi, mi sembrava quasi di poterlo sentire sorridere.

«Mhm» mugugnai, annuendo.

«Dammi il tempo di cambiarmi, arrivo»

Una qualunque altra persona mi avrebbe riattaccato il telefono in faccia consigliandomi di dormire, non lui. Lui correva sempre quando si aveva bisogno, mettendo persino da parte sè stesso per aiutare gli altri. Non si fermava mai, fin quando non era riuscito ad alleviare la tensione del momento, facendo di tutto per proteggere chiunque avesse bisogno di lui. Lo faceva con i suoi donsaeng, lo aveva fatto anche con me per tutti quei mesi. Mi aveva sempre pazientemente ascoltato e aveva sempre cercato di indirizzarmi sulla strada giusta. Aveva cercato di convincermi che, dopotutto, potevo avere un briciolo di felicità anche io, soprattutto se questo voleva dire avere Siwon. Sapevo che in questo si sbagliava, ma gli ero grata per aver tentato di farmelo credere. Ma quella notte il tempo passava e lui non arrivava. Il dormitorio era troppo vicino a casa mia perché gli occorressero più di venti minuti per arrivare. Stavo giusto per chiamare di nuovo, per accertarmi che tutto andasse bene, quando suonò al campanello. Corsi ad aprire la porta, sapendo perfettamente che a quell'ora il portiere notturno non avrebbe fatto salire nessuno che non conoscesse. Per poco non ur

lai. Davanti a me non c'era Leeteuk, ma Siwon.

«Cosa ci fai qui?» gli chiesi, senza accennare a volerlo fare entrare.

«Hyung mi ha chiamato…ha detto di venire da te, perché volevi compagnia»

«E perché ha chiamato te?»

Lui sbuffò.

«il punto è: perché tu non hai chiamato me?» mi domandò, spingendomi molto poco cerimoniosamente dentro casa e chiudendosi la porta alle spalle.

«Hey! Nessuno ti ha dato il per…»

«Asia» il suo tono non ammetteva repliche.

«Che diritto avevo di chiamarti dopo quello che ti ho detto oggi? Sarò anche egoista, ma non fino a questo punto.»

«Stupida» esclamò lui, stringendomi in un abbraccio «sei una stupida. È la tua ultima notte qui, non c'è nessun altro posto dove vorrei essere»

Mi ritrovai a sorridere contro il suo cappotto, annuendo, come a volergli dire che andava bene, poteva restare, ero contenta che fosse arrivato lui invece del leader. Lo presi per mano e lo portai in salotto.

«Sapevo che non ti saresti voluta perdere Seoul stanotte» commentò lui divertito, poggiando il cappotto su una sedia e sedendosi sul divano.

Io gli sorrisi, senza aprire bocca. Oramai aveva avuto abbastanza conferme di aver imparato a conoscermi senza che gliele dessi anche io. Mi face cenno di accomodarmi accanto a lui e io mi avvicinai. Mi accucciai sul divano, poggiando il capo sulle sue gambe, lo sguardo rivolto fuori dalla vetrata. Lui non protestò per quella strana vicinanza, ma cominciò semplicemente a far scorrere una mano tra i miei capelli. Restammo così, quella notte, in silenzio davanti alla città che esplodeva di vita, ad osservare il blu scuro del cielo trasformarsi in un cupo violetto e poi in indaco, fino ad essere tinto dal rosa dell'alba, immersi nel più assoluto silenzio. C'era solo il suono del soffio del suo respiro in quella stanza, non avevo bisogno di altro.


Sì siamo drammatici, sempre più drammatici! E sì, mi odierete, lo so! Ma ripeto, io oramai sono diventata una semplice cronista degli avvenimenti di questi due, quindi rifatevela con loro. Per quanto riguarda il testo di butterfly, volevo riportarlo, ma poi la cosa diventatava una specie di song fic che, oltre ad allungare un capitolo già mostruosamente lungo, trovavo c'entrasse poco con la storia in generale! quindi se siete incuriositi dal testo o volete sapere come mai ho deciso che Asia addirittura meritava che le dedicassero una canzone, guardate qui e lo scoprirete^^ 
Ma venendo a voi, mie fedeli recenistrici <3
Kami_Sshi: Ok non ho idea di cosa voglia dire Tsunderina ç_ç mi illumini? Comunque non so cosa ti aspettavi da questa spostata, ma ripeto, a mia discolpa, oramai fa tutto lei v.v Per quanto riguarda al gelosia di Siwon invece, beh...lui non è mai stato geloso di Kyu, ha sempre saputo piuttosto chiaramente il rapporto che avevano lui ed Asia. Mentre era un po' geloso di Kim Heechul, ma si sarebbe ucciso piuttosto che ammetterlo xD spero di non averti annoiato con queste cose melense <3
_Sushi_: Si hai proprio ragione, non ne sono affatto consapevole, anzi...ma come ti ho già detto questa storia è la mia sfida e sapere che sto convincendo addirttura te, miss non-mi-piace-l'introspettivo non può che rendermi felice. E sì, purtroppo ho avuto da cosa prendere spunto per lo scandalo. E mi auguro sinceramente che per Hyukjae vada tutto bene, come per i personaggi di questa storia :( immagino che deve essere difficile per lui adesso, avrei tanto voluto potermi inventare tutto di sana pianta, piuttosto che riuscire a prendere spunto da loro per davvero!
angelteuk: Ti ho già detto quello che ti dovevo dire sulle nostre stroie. PAZZA: Sono diverse perchè siamo diverse ed abbiamo scopi diversi nella narrazione. Non voglio più sentirti dire niente del genrre mhm?? O ti verò a minacciare con una patatina come Yesung! <3
Onewsmileislikeasun: Magari faccio crollare l'aereo e morire Lara tra atroci sofferenze mhm? xD comunque mi spiace, ma sti due hanno ancora bisogno di tempo....sono duri, capiscili ç_ç a volte esasperano persino me!
Federica_25: Mianeh, per averti riportato alla mente la storia di Hyukjae <3 mi spiace tanto tanto tesoro! Comunque adesso sono certa che mi ammazzerai dopo questo capitolo xD Più o meno come voglio fare io con i registi di drama coreani xD Ricordati che la tua unnie ti vuole bene, mhm? :D


Ricoridamo che la FF partecipa alla "The Four Elements Challenge".
Elemento: Aria
Prompt: Soffio

Alla prossima!
F.

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Capitolo 11
*** Runaway ***


11 - Runaway



Se era vero che potevi capire come sarebbe andata la giornata dai primi avvenimenti del mattino, forse si poteva anche capire come sarebbe andato il resto della nostra vita basandosi sui primi dieci giorni in cui ci si tornava a fare i conti. Appena atterrata a Los Angeles con Lara, intontita dai sonniferi che avevo preso per assicurarmi dodici ore di sonno non stop, in modo da non dovermi in alcun modo sorbire nemmeno un frammento delle sue idiozie, avevo scoperto che io sarei potuta ritornare con tutta calma una settimana dopo. Più o meno volontariamente David si era dimenticato di dirmi che era Lara che aveva impegni che la obbligavano a tornare quel giorno, non io. Sentii montarmi addosso la stessa rabbia che avevo provato quando avevo scoperto di essere stata incastrata a Seoul, solo quintuplicata. Forse per lui non voleva dire assolutamente niente, ma per me, sapere di aver buttato via altri sette giorni che avrei potuto passare in Corea mi faceva sentire uno strano fastidio allo stomaco, come se avessi il mal di vivere che si concentrava lì, in quel punto, obbligandomi a stare rintanata nel mio letto, guardando il sole sorgere e tramontare a ripetizione, abbandonando quel posto sicuro solo e soltanto per bere ogni tanto e cercare di ingoiare qualcosa. Nella mia mente si era inceppato lo stop che poteva fermare la mole di ricordi con cui mi ero trovata a fare i conti. Ce n'era uno in particolare, che mi perseguitava. Erano nove ragazzi, che non si erano preoccupati di camuffarsi per non farsi riconoscere quel giorno,  spuntati a sorpresa all'imbarco dell'aeroporto per salutarmi un'ultima volta. Tutti sorridenti, alcuni vestiti un po' strani, altri con tagli di capelli che attiravano decisamente l'attenzione, erano lì, in fila ad aspettarmi. Una manciata di secondi e il più grande aveva esordito con il suo famoso "urineun Super Juni-" e gli altri avevano teso la mano aperta davanti a loro, completando la frase, con il loro "O-e-o" che risuonava per Incheon. Avevo sorriso, ricambiando il saluto in quella stessa identica maniera, ma ero passata avanti, senza soffermarmi più di tanto, perché se mi fossi fermata non avrei più trovato la forza per muovere un passo. Cercai solo uno di loro con la coda dell'occhio, che nonostante tutto era lì,  che mi  salutava con il suo immenso sorriso da Simba. Lo guardai, finchè riuscivo, mi girai persino un secondo per vederlo di nuovo. I nostri sguardi si incrociarono per un attimo, in quell'interminabile momento, prima che Lara sbuffasse obbligandomi ad andare avanti e Leeteuk si avvicinasse a lui, mettendogli una mano sulla spalla con fare comprensivo. Più ripensavo a quei momenti più ero convinta che ci fosse qualcosa che non andasse in California. Prima pensai che il sole fosse troppo caldo e mi soffocasse, ma quando mi accorsi che il problema si poneva anche di notte provai ad incolpare l'umidità, finchè non capii, improvvisamente, in un'oscurità accarezzata da un fresco venticello, che quello che mancava lì era l'ossigeno. Probabilmente l'aria ne era impregnata, anzi, sicuramente altrimenti la gente non sarebbe sopravvissuta in quel posto, ma davvero bastava solo una miscela di gas per sopravvivere? Il mio ossigeno era fatto di occhi allungati e pelli diafane, lingue biforcute, sguardi intriganti, sorrisi comprensivi, fossette sulle guance ed espressioni stupide. Senza tutto quello non mi serviva respirare per davvero, ero tornata ad esistere, passivamente, una stella marina mutilata abbandonata su uno scoglio. Restavo lì, lasciando che le onde mi ricoprissero, mi schiaffassero più forte contro gli speroni di roccia, senza cercare in alcun modo di impedirglielo. Non ne avevo le forze. A tratti forse, mi auguravo anche che quelle onde mi portassero via con loro.  Ma quando spuntò il sole del giorno in cui sarei dovuta tornare a lavoro pensai che avrei dovuto essere paziente. Ci sarebbero voluti solo altri sette giorni e poi Siwon sarebbe arrivato ed io sarei tornata a respirare. Mi aggrappai con più forza a quello scoglio, determinata a resistere alle onde almeno per un'altro po'. Prima di uscire presi dalla valigia una giacca blu scuro, dal taglio evidentemente maschile, e la osservai per un po', prima di decidermi a metterla addosso. Rigirai le maniche fin sopra i gomiti e la lasciai sbottonata, poi mi feci un sorriso incoraggiante allo specchio ed uscii di casa. Era la giacca che mi aveva dato Kim Heechul quel giorno ad Incheon, quando Siwon aveva avuto la geniale idea di buttarmi in mare. Non l'aveva mai voluta indietro ed era finita per tornarsene in America con me. Se c'era una cosa di cui avevo bisogno quel giorno era proprio di un po' del suo spirito. Arrivata in ufficio mi diressi direttamente verso la stanza che condividevo con gli statisti del momento, senza preoccuparmi di salutare nessuno. Non appena entrai mi resi conto che c'era qualcosa di diverso lì dentro. Tanto per incominciare la mia scrivania bianca era sparita e ne era apparsa una di un vomitevole giallino, probabilmente residuo di qualche ufficio che non la voleva più, in aggiunta era sparita anche la mia roba e su quella che sarebbe dovuta essere la mia sedia sedeva un tizio maggiolino con dei grossi occhiali da vista e il look di chi credeva che essere nerd fosse uno stile come il punk, il vintage o il bon ton. 

«Che ci fai alla mia scrivania?» sbottai, posando senza troppe cerimonie la cartella con tutti i documenti del film sul legno giallastro, un chiaro invito a levarsi di torno.

«Ehm lei è…?» mi domandò, titubante, senza però accennare ad alzarsi.

Li cercavano sempre più idioti in quel posto, non avevo veramente parole.

«Sono la proprietaria di quella scrivania, adesso smettila a giocare di lavorare qui e togliti» sbuffai, cercando di allontanarlo con tutta la sedia, lottando contro di lui che si era aggrappato al bordo della scrivania per cercare di opporsi.

«Ah…tu devi essere quella…che era in Corea!»

«Si, ero in Corea, ma adesso sono di nuovo qui, quindi smamma!»

«Ma è stato David ad assegnarmi questo posto….ha detto che non lavorami più qui!»

Lo lasciai immediatamente, ponendo fine in maniera piuttosto brusca al nostro tira e molla. A giudicare dal gemito che sentii provenire dal ragazzo, il bordo della scrivania a cui si stava aggrappando aveva centrato in pieno il suo stomaco. Pazienza, non avevo il tempo per occuparmene in ogni caso.

«Che cosa avrebbe detto David?» gli chiesi, voltandogli la testa in modo che mi guardasse

«Sei un po' spaventosa se fai così sai….»

«Oh questo non è niente se non mi dici esattamente quello che ti è stato detto!» abbaiai in direzione del poverino che aveva davvero preso a tremare come una foglia.

«Io non ne so niente, davvero, sono qui da solo un mese! E David mi ha detto che potevo stare qui perché tanto tu eri in Corea e non era certo che ti avrebbe rivoluto dopo che fossi tornata…»

Lo lasciai andare e recuperai la cartellina con tutto il materiale del film. Senza dire nient'altro mi avviai fuori da quella stanza, dritta all'ufficio di David, tre piani più in su. Respiravo affannosamente, come se avessi appena corso la maratona, per trattenere la rabbia. No, assolutamente, non poteva licenziarmi. Non adesso che ero appena tornata da Seoul, non dopo tutto quello che avevo sopportato per colpa sua, non ora che mancavano solo sette giorni all'arrivo di Siwon. Arrivata, spalancai la porta dell'ufficio senza nemmeno preoccuparmi di bussare.

«Cos'è questa storia che non lavoro più qui?» domandai, senza troppi preamboli.

«Ciao Asia,  bentornata! È un piacere vederti! Com'è andata a Seoul?»

«Arriva al sodo, David» lo zittii, prima che potesse continuare con quel disco ininterrotto di formalità che riservava alla gente di solito.

«Diciamo che non mi è piaciuto molto il modo in cui sono stato richiamato dai piani alti perché l'attore - che dovevi tenere a bada tu - voleva scindere il contratto…..e sono stato ancora meno contento di sapere che li avevi avvertiti tu, per fermarmi»

«Era mio dovere farlo! Se non ti avessi fermato loro ti avrebbero buttato fuori invece di richiamarti e basta e tutto solo per un capriccio di Lara! Dovresti ringraziarmi, non licenziarmi!»

«Via licenziarti….diciamo che sei in pausa, se il film dovesse andare particolarmente bene sarai la benvenuta a tornare» disse, mellifluo.

«Come sarebbe a dire…ma tra sette giorni cominciano le promozioni! Ho fatto già tutto il programma per Siwon-sshi e…»

«Non importa» mi interruppe lui «ho già detto che di lui si occuperà GG»

Lo guardai con gli occhi sbarrati. GG, vero nome Sue Smith, era una trentacinquenne molto procace, dai lunghi capelli rossi, grandi occhi verdi e pelle carbonizzata dalle numerose lampade. Era famosa per andare in giro con abiti talmente succinti che strizzavano fuori anche quel poco che normalmente avrebbero coperto. Per carità, se lo poteva permettere, ma risultava comunque essere uscita fuori dall'ultima rivista di playboy. Inutile dire che cercava di mettere le sue mani ossute e artigliate in rosso laccato su qualunque uomo corrispondesse anche solo vagamente alla definizione di "attraente". Decisamente non potevo permettere che una del genere si occupasse di Siwon e gli stesse vicina in quei cinque giorni, lo avrebbe sconvolto. Guardai David, in silenzio, per dei lunghi minuti. Avrei avuto voglia di tirargli un pugno per cancellare dalla faccia quel suo sorriso gongolante. Lo odiavo, con tutta me stessa. Se non fosse stato per lui a quell'ora io avrei ancora avuto un posto lì alla Paramount e non avrei dovuto sperare nelle capacità di Lara Young di convincere il pubblico per avere un futuro nel mondo del cinema. Se non fossi mai stata in Corea sarebbe stato meglio per tutti. Io non mi sarei illusa di poter tornare a confondermi tra la gente normale e non mi sarei mai azzardata a lasciare avvicinare talmente tanto delle persone. Sì, se non fosse stato per lui a quest'ora io sarei stata sempre la stessa Asia di sempre, con il mio passato con cui avevo imparato a fare i conti e la possibilità di dirigere dei grandi film. Invece adesso non ero nient'altro che una stupida ragazza di venticinque anni che doveva ancora imparare a gestire quello che le era successo a diciotto e si trovava senza un futuro ed intrappolata a chiedersi cosa ne sarebbe stato della sua vita se solo avesse dato una chance all'unica persona che avrebbe voluto non lasciare andare mai, divorata dal senso di colpa per un debito che, oramai, non avrete più potuto risanare. Mentre continuavamo a guardarci in silenzio, il mio telefono prese a squillare. Lo recuperai quasi meccanicamente dalla borsa e guardai il display, per vedere se potevo permettermi di buttare giù la chiamata o meno. No, non potevo: a chiamarmi era sorprendentemente la SM Entertainment.

«Beh visto che ti cercano puoi and…» esordì David, ma io lo fermai con un cenno della mano.

«Yobuseyo?» risposi, gustandomi con infinito piacere la sua espressione quando si era accorto che parlavo in coreano.

«Ne, Athanasiaibnida. Malsseumhae boseyo!»

La voce femminile dall'altra parte della cornetta cominciò a spiegarmi con calma qualcosa. Io annuivo, dicendo qualche parola in coreano solo per irritare ancora di più David, che evidentemente moriva dalla voglia di sapere perché dalla Corea mi cercavano ancora.

«Arassò. Gamsahabnida, chulkeomun hard bonaeseyo!» sorrisi, inchinandomi, mentre riagganciavo. Alcune abitudini erano semplicemente troppo difficili da scrollarsi di dosso quando sentivo quella lingua.

«A quanto pare GG può restare a casa. La SM ha chiamato dicendo esplicitamente che mi sarei occupata io del loro attore….sai non conoscendo nessuno qui, hanno pensato di affidarlo ad un loro manager» feci una piccola pausa, solo per guardare soddisfatta il modo in cui tutta la sua vendetta crollava dietro a quegli occhi vacui.

«Beh David, buona giornata, a quanto pare ci rivedremo tra qualche giorno!» esclamai, mentre agitavo una mano in senso di saluto, prima di andarmene dall'ufficio.

 

 

 

 

I bagagli avrebbero dovuto essere lì da almeno quindici minuti, pensai. Ero disposto ad uscire da lì anche senza le valigie. Già il volo era stato abbastanza lungo, il controllo passaporti pure, adesso che mi separavano solo venti metri dall'uscita di quell'aeroporto ci si mettevano i bagagli a trattenermi lì. Ero appena uscito dai quindici giorni più lunghi e vuoti che avessi mai sperimentato e, adesso che sapevo che lì fuori c'era l'unica persona che era in grado di riempire le mie giornate, mi faceva impazzire dover continuare a stare lontano da lei. Già me la immaginavo, l'avrei distinta tra la folla anche se lì, a Los Angeles di ragazze che superavano abbondantemente il metro e settanta ce n'erano molte e non sarebbe spiccata tra la folla come in Corea. Ma sarebbe stata lì, con i suoi boccoli castani perennemente disordinati e i grandi occhi grigi che brillavano di entusiasmo. Da quando era partita avevo passato ogni attimo che potevo a parlare di lei, nominarla era come averla accanto. Alla fine ero diventato talmente insopportabile che persino Yesung-hyung era sbottato, dicendo che non c'era assolutamente nulla di attraente in quella ragazza, a parte il fatto che era occidentale. Sfortunatamente tutti gli altri avevano deciso di seguire quella linea d'onda ed avevano cominciato ad elencare tutti i suoi difetti per farmela dimenticare. Sungmin aveva decretato che era decisamente troppo alta per essere attraente, e che quando si metteva quei suoi tacchi vergognosamente alti superava anche me. Donghae ed Eunhyuk erano entrambi d'accordo sul fatto che era troppo irruenta ed agiva senza pensare troppo alle conseguenze delle sue azioni. Shindong aveva giurato che lui non avrebbe mai potuto considerare donna una persona che passava al computer tanto tempo quanto Kyuhyun e il maknae si era limitato a sogghignare e -con grande sorpresa di tutti- a dare ragione al suo hyung, dicendo che aveva capito che non era un uomo solo quando si era messa una maglietta particolarmente scollata, che lasciava intravedere abbastanza di quello che c'era al di sotto. Sapevo che Kyuhyun non lo pensava davvero, ma Asia mancava anche a lui, e fare quell'uscita lo faceva sorridere, perché poteva immaginarsi come avrebbe reagito. A concludere il tutto in bellezza, però, ci si era messo Ryeowook, che sosteneva che la ragazza perfetta che avevo sempre descritto io dovesse somigliare ad una bambola. Era vero, Asia non aveva niente di quello che cercavo, o quasi. Aveva dei meravigliosi occhi grandi, forse fin troppo espressivi, due finestre dirette sulla sua anima, ma tutto si fermava lì. Non era una persona particolarmente posata, anzi, quasi l'opposto. Era complicata e fin troppo impulsiva, non riusciva ad adattarsi alle persone. Credeva che sprecassi il mio tempo a credere in Dio ed indossava talmente tanti accessori in pelle abbinati a jeans aderenti da sembrare una motociclista. Sapevo perfettamente che ogni volta che mi ero immaginato la mia ragazza ideale non avevo pensato a lei e nessuna delle mie ex aveva niente in comune con lei, erano piuttosto tutte l'opposto. Eppure c'era qualcosa in quella ragazza che non aveva nessun'altra, nemmeno io riuscivo a capire bene cosa fosse, ma sapevo che c'era. Forse era proprio questa sua diversità o il fatto che una persona come lei era quasi impossibile da trovare nel mio mondo….ma qualunque cosa fosse era più forte di ogni difetto, di ogni critica, di ogni buon motivo che avevo per dimenticarla. Finalmente il nastro comincio a girare e i bagagli uscirono lentamente uno ad uno. Per fortuna il mio fu tra i primi e non dovetti aspettare oltre. Lo recuperai al volo e mi diressi il più rapidamente possibile verso l'uscita. Appena mi trovai davanti il muro di gente tipico degli arrivi esitai un attimo. C'erano molte facce, tutte diverse tra loro. Qualcuno con le mie stesse fattezze, gente dalla pelle scura, altri dalla carnagione ambrata, persone bianche come il latte o gente dai capelli chiari e la carnagione abbronzata. Era un mosaico che apprezzavo sempre, ogni volta che atterravo in America. Ci misi un po' per trovarla ma lì, nel mezzo di quella gente, c'era lei, con in mano un cartello che recava il mio nome in coreano sopra. Agitò una mano, per attirare la mia attenzione, quindi mi venne incontro, scansando la folla con molte poche cerimonie. Nel momento in cui la vidi mi resi conto che mi era mancato tutto di lei, dalla t-shirt con scritte stravaganti ai calzini a righe che si intravedevano dalle scarpe da ginnastica che aveva i piedi. La raggiunsi rapidamente e, per un attimo, ebbi l'impulso di abbracciarla. Ma sapevo che non eravamo soli, lì tra i mille volti avevo scorto anche i palloncini blu zaffiro, i flash delle macchine fotografiche e gli striscioni che potevano essere associati ad una sola cosa: le ELF.  Grazie a loro non mi sentivo mai solo, ovunque andavo, erano la mia famiglia sparsa per il mondo che mi facevano sentire sempre amato ed accolto, non avrei mai rinunciato a loro per niente al mondo. E furono loro a ricordarmi che lì non ero solo il Choi Siwon che stava andando dalla ragazza di cui si era scioccamente innamorato, no, ero anche l'idol che loro aspettavano, che molte di loro non sapevano se avrebbero più rivisto. Ancora oggi mi chiedevo come mai gente così distante da noi, sia geograficamente che culturalmente, potesse amarci tanto. Probabilmente non c'era un vero motivo, ma in ogni caso ringraziavo il Signore ogni giorno di avermi concesso una vita talmente benedetta da poter sperimentare tutto questo. Salutai Asia con un lieve inchino, quindi mi voltai verso di loro, salutandole con un sorriso ed un cenno della mano. Mi avvicinai a fare alcuni autografi, strinsi la mano ad alcune di loro, ad un paio delle più fortunate riuscii anche a far scattare una foto. In tutto quello Asia era lì, che non mi metteva fretta, anzi, mi guardava divertita ed aspettò pazientemente finchè non attraversammo quel piccolo oceano blu zaffiro che avevamo trovato anche lì.   Una volta fuori mi condusse alla macchina che ci aspettava, sempre senza dire una parola.

«Pronto per la conferenza stampa?» mi chiese, una volta che fummo seduti sui sedili posteriori.

«Sì» annuii «Ho altri programmi per oggi?» speravo che mi dicesse di no. 

Nemmeno mi avesse letto nel pensiero scosse la testa.

«Ti ho lasciato libero stasera, hai bisogno di riposare dopo il viaggio!»

«Allora andiamo a cena insieme»

«Si certo» rise lei «e poi come lo spieghi alla gente?»

«Gli attori vanno di continuo a cena con i propri manager!»

Lei rise, ma non disse nient'altro riguardo all'invito. Si limitò a lasciarsi andare col capo sulla mia spalla, stringendosi al mio braccio. Sorrisi, felice come un bambino per il solo e stupido motivo che anche a lei ero mancato. Restando in quella maniera, in perfetto silenzio, arrivammo all'hotel dove si sarebbe tenuta la conferenza stampa per il film. A malincuore dovetti allontanarmi da lei e procedere verso la piccola stanza che mi era stata riservata per cambiarmi. Osservando i vestiti pronti lì per me, sorrisi. Erano sicuramente opera sua, perché solo lei avrebbe potuto scegliere dei jeans per un'occasione del genere, continuando a sostenere che mi invecchiavano tutti quei completi con la cravatta persino nel primo pomeriggio. Per quando mi avviai verso l'ingresso della sala principale ero piuttosto di buonumore, umore che non fu intaccato nemmeno dalla vista di Lara, stranamente puntuale questa volta. Entrai nella sala e mi guardai attorno, Asia era poggiata al muro all'angolo opposto da quello da dove stavo entrando io e stava spiegando qualcosa a degli addetti stampa, probabilmente si stavano accordando su che range di domande potevano fare e che cosa era più rilevante che mi chiedessero. Sapevo come funzionava per i nuovi attori ed era ovvio che il debutto di un coreano ad hollywood suscitasse dell'interesse, soprattuto perché doveva essere uno shock scoprire che non ero esattamente stato tirato fuori dai sobborghi di Seoul per puro caso per fare quel film, ma che mi ero costruito una carriera piuttosto solida già in casa. Dopo le solite foto iniziali e convenevoli davanti al pannello degli sponsor, ci dirigemmo ai nostri posti.

«Mr Choi» mi chiese un reporter, sbagliando la pronuncia del mio cognome e facendomi sorridere «Hollywood è diversa dall'industria cinematografica Coreana?»

«Beh non saprei, considerando che il film è stato girato tutto a Seoul per ora non ho visto molto di Hollywood!»

Risero e io li seguii quanto bastava per dimostrarmi simpatico. Conquistare la stampa era il primo passo per conquistare il pubblico.

«Allora signorina Young, lei potrà fare più paragoni…vuole spiegarci meglio?»

«Certo» Disse Lara avvicinandosi il microfono. Dovevo ammettere che quando stava zitta e ferma e si limitava a sorridere poteva anche risultare convincente come protagonista di un film. «Beh come sapete io sono cresciuta ad Hollywood come artista, a differenza del mio compagno…» 

Mi irrigidii e cercai Asia con lo sguardo. anche lei era sull'attenti perché sapevamo benissimo che quella parola che aveva scelto era un po' ambigua e che di Lara non potevamo mai fidarci.

«Quando dice compagno intende…» chiese il giornalista, già pronto a scrivere una storia ben più interessante della differenza tra la scuola di cinema Americana e quella Coreana.

Lara rise, imbarazzata, nascondendosi dietro ad una mano. LA guardai, trattenendo il respiro, cercando di prepararmi mentalmente una risposta per ciò che avrei dovuto dire giusto in caso le cose non si fossero messe troppo bene per me.

«Oh quello…» esordì lei vaga «…beh diciamo che noi due abbiamo scoperto una certa complicità recitando e adesso stiamo pensando al futuro, con un po' di fortuna dopo questo film lui potrà trasferirsi da me…»

Fu un attimo, in un secondo Asia aveva salito i cinque scalini che separavano il palco dove eravamo dal resto della sala e si era avventata su uno dei microfoni inutilizzati che erano poggiati lì, in caso di bisogno. Lo accese rapidamente e, prima che Lara potesse dire altro, cominciò a parlare.

«Come portavoce dell'agenzia del Signor Choi è mio dovere informarvi che le informazioni fornite dalla signorina Young sono totalmente prive di fondamento e la invito, per tanto, a smentire immediatamente prima che ci costringa a passare a provvedimenti più gravi»

Fu come un deja-vu di quello che era successo a Seoul, la stessa identica cosa, solo che questa volta Lara era andata molto oltre una semplice allusione e le sue parole non lasciavano spazio ad interpretazioni. Stavolta ero tranquillo, perché sapevo che Asia sapeva quello che faceva e che potevo affidarmi a lei.

«Asia se non sai di cosa stai parlando…» provò a cominciare Lara, ma lei la interruppe di nuovo.

«Se la signorina Young non collabora pregherei alla sua manager di  chiederle di farlo, altrimenti ci vedremo costretti ad annullare la conferenza»

La manager di Lara, una persona grigia e senza alcuno spessore, si avvicinò ad Asia e cominciò a sussurrarle qualcosa all'orecchio, in modo piuttosto concitato. Lei si limitava ad annuire, continuando ad ascoltare. Nella stanza era caduto un silenzio generale, fatta eccezione per i click delle macchine fotografiche di tanto in tanto, che adesso erano rivolti tutti verso le manager. Vidi un'improvvisa espressione di comprensione apparire sul volto di Asia, che mi fece cenno di avvicinarmi a lei. Titubante, mi alzai dalla sedia e la raggiunsi, mentre la manager di Lara mi faceva spazio con aria soddisfatta. Mi aspettavo che mi dicesse qualcosa, che spiegasse quello che era stato detto anche a me o qualcosa del genere, invece si limitò ad afferrarmi un polso con decisione.

«Visto che nè la signorina Young nè la sua agenzia vogliono smentire la sua dichiarazione, ma anzi, mi pregano di assecondarla affinché diventi una buona pubblicità per il film, vi comunico che da ora in avanti il signor Choi non prenderà più parte a nessun evento per la promozione della pellicola e che siamo intenzionati a procedere con tutte le vie legali necessarie sia contro l'agenzia della signorina Young che contro la Paramount pictures per non aver rispettato i termini del contratto cui era vincolato il signor Choi»

Prima che potessi anche solo pensare a quello che aveva appena detto mi stava trascinando via, fuori dalla sala, lontano dalla miriade di flash e telecamere e, soprattutto dall'orda di gente della Paaramount che probabilmente avrebbe obbligato me a tornare su quel palco ed avrebbe ucciso Asia. Nel giro di pochi minuti ci ritrovammo seduti nell'auto che ci aveva portato fino lì, con Asia che intimava l'autista di correre verso l'aeroporto.

«Ma…che facciamo ora?» le chiesi, ancora incapace di rendermi conto di cosa avesse in mente.

«Ti porto il più lontano possibile da qui, in modo che non ci trovino prima che la SM riesca a far partire la causa dalla Corea e in modo da tenerti ben lontano da questo scandalo»

«Quindi?»

»Quindi, andiamo da Meg»

 

 

 

 

Spensi la tv, consapevole del silenzio che era piombato nel dormitorio e non perché gli altri si fossero messi a dormire vista l'ora piuttosto tarda. Eravamo tutti curiosi di vedere il debutto di Siwon nel grande cinema occidentale e volevamo essere lì in prima fila a supportarlo, ance se eravamo fisicamente lontani da lui. Mi girai a guardarli, per trovare sul volto dei miei donsaeng la stessa espressione attonita che doveva esserci anche sul mio, di volto. Incrociai per un attimo lo sguardo con quello di Donghae e capii immediatamente che mi stava chiedendo di dire qualcosa. Annuii e cercai di farmi venire in mente, in maniera piuttosto rapida, qualcosa di appropriato alla situazione. Lui mi sorrise, dall'altra parte della stanza, incoraggiante. Da quando ero alla SM ero sempre stato accanto a Donghae, era più mio fratello che uno dei miei donsaeng. Salvo qualche breve periodo avevamo anche sempre condiviso la stanza e la presenza di uno era fondamentale per l'altro e viceversa. Lui mi aveva aiutato a superare il mio trauma familiare ed io ero stato lì per lui quando suo padre era morto. Mi ero preso cura del figlio sempre al massimo delle mie possibilità, perché glielo avevo promesso poco prima che morisse, che sarei sempre stato lì per Donghae e così era stato. Magari sul palco non lo davamo a vedere, perché il fanservice esigeva altro, ma c'era una specie di filo invisibile che ci univa, un po' più forte rispetto agli altri. Presto sarei partito e non potevo fare a meno di chiedermi se lui sarebbe stato bene senza di me o se io sarei stato bene senza di lui.

«Beh che dire…non il debutto che ci aspettavamo…» commentai, ridacchiando poco convinto, sperando che gli altri mi avrebbero seguito, in un vago tentativo di sdrammatizzare la vicenda.

Fortunatamente fui salvato in corner dal nostro manager che ci stava chiamando.

«Hyung!» risposi, estremamente sollevato che mi stesse offrendo un salvagente in quel momento.

«Ah capisco…sì, certo, dirò a Kyuhyun-ah di riferire tutto ed io mi occupo di gestire il resto, non preoccuparti!» 

Riattaccai e mi voltai a fronteggiare gli altri.

«Kyuhyun-ah, per favore chiama Asia al suo numero coreano e vedi se risponde, lei e Siwon sono irreperibili ai numeri che abbiamo tutti. Se ti dovesse rispondere dille di tenere Siwon lontano il più possibile da tutto finchè non la ricontatterai tu o io…insomma di tenere attivo solo quel numero!»

Il maknae fece un mezzo sorrisetto ed annuì. Sapevo cosa stava pensando, o almeno lo credevo, e mi auguravo tanto che avesse ragione. Era buffo Kyuhyun, non dava mai troppo a vedere i suoi sentimenti, anche quando sarebbe stato piuttosto ovvio non riuscire a nasconderli, eppure lui ci riusciva. Non gli piaceva parlare troppo di certe cose e noi alla fine avevamo imparato come aiutarlo senza obbligarlo per forza a parlare. A volte la gente si limitava troppo alla maschera dell'evil maknae che aveva. Certo la sua intelligenza era troppo vivace per non avere un umorismo tagliente, ma era una delle persone più buone del mondo in realtà, con un cuore talmente grande che avrebbe fatto di tutto per quelli a cui teneva.

«Bene, per quanto riguarda noi altri, ricordatevi che ufficialmente noi non sappiamo niente di Siwon-ah da quando è partito e se dovessero chiedere informazioni su di lui e Lara, voi non sapete niente ufficialmente ma vi ricordate solo episodi spiacevoli tra i due. Fatelo sembrare casuale, ma dite qualunque cosa per screditare quello che ha detto, ok?»

Gli altri annuirono.

«Ah Kangin-ah!« esclamai quindi, rivolgendomi direttamente a lui, che era appena tornato dal servizio militare «tu ovviamente non sai niente, ma non lo sai davvero, quindi…»

Lui sorrise in risposta ed annuì. Era cambiato anche lui da quando era partito quasi tre anni prima, non era più l'esuberante Kangin di un tempo. Doveva abituarsi allo star system di nuovo e prenderci le misure, cercando di non scadere in cose che avrebbero potuto allontanarlo di nuovo. Sapeva che non era così scontato tornare dopo quello che gli era successo, soprattutto perché il gruppo avrebbe potuto sciogliersi, non era tipico per gli ido group andare avanti così a lungo, lo sapeva bene. Adesso doveva solo capire come rientrare in quel mondo che gli apparteneva.

«È dire che ho perdonato a Siwon-ah di non essermi venuto a prendere solo perché Hollywood è Hollywood! Aissh quel ragazzo dovrebbe badare di più ai suoi hyung, lo dico sempre io!» esclamò, strappandomi un sorriso.

«Ah hyung! Ma lui sarebbe partito uguale!» lo incalzò Eunhyuk «Non è mica andato lì per la prima del film!» lui e Donghae si scambiarono un'occhiata complice.

«Yah, che vuoi dire? Non sarà mica vero che lui è quella ragazza….» chiese Kangin, in effetti lui non poteva capire, essendosi perso tutto quello che era successo prima.

«Non quella ragazza, ma un'altra…» cominciò Eunhyuk

«…cioè quella che gli ha appena salvato il didietro in mondovisione» concluse Shindong.

«Quella?« domandò Kangin, accendendo la tv e cercando sui canali americani se da qualche parte si vedesse nuovamente lo spezzone della conferenza.Dopo vari tentativi trovò un canale di news su cinema e spettacolo dove avevano appena cominciato a parlare del caos scoppiato alla conferenza stampa di poco prima. Notai il suo sguardo assottigliarsi ed osservare attentamente la figura di Asia mentre parlava.

«Ma ha una carnagione scurissima!» esclamò quindi, scettico.

«Oh ma quella è la meno, dovresti sentirla parlare! È velenosa, roba che il nostro Kyu sembra un angelo in confronto!»

«Yah cosa vorresti insinuare? Io sono un angelo!» esclamò il maknae che era appena tornato dopo aver fatto la telefonata, dando una pacca in testa a Shindong che lo aveva indirettamente accusato di essere velenoso.

«Vedo che non sei cambiato Kyuhyun-ah! dovresti mostre più rispetto per i tuoi hyung…tsk…» borbottò Kangin

«Nemmeno tu sei cambiato hyung, sempre ad attaccarti agli onorifici come un vecchietto!» rispose prontamente lui.

«Fermi» li bloccai, prima che potessero ribattere. Come sempre sarebbero potuti andare avanti per ore, perché Kangin era un testardo e non accettava una sconfitta, anche se verbale, da parte del maknae e Kyuhyun invece si divertiva a prendere in giro il suo hyung. «Ti ha risposto Asia?»

«Sì» rispose lui, annuendo «Ha detto che da ora in avanti sarà reperibile solo a quel numero, di ricordarsi di fare sempre il prefisso della Corea per chiamarla e di aggiornarla quando ci sono novità, lei nel frattempo ha già trovato un posto dove andare e tra quaranta minuti partiranno»

«Quanto ha intenzione di portarlo lontano?» chiese Sungmin, sbattendo le lunghe ciglia

«Beh visto che ci sono i due piccioncini penseranno un po' a svagarsi no?» suggerì Eunhyuk, facendoci ridere tutti.

«Non ho capito, ma quindi stanno insieme o no?« chiese Kangin

«No, lei non ne vuole sapere perché è convinta che Siwon non la ami veramente» riassunse brutalmente Yesung.

«Mhm sì, è un po' complicato, lei è una persona difficile ma chi lo sa….forse alla fine questo farà bene anche a loro» dissi «Su, adesso andiamo a letto, domani noi dobbiamo lavorare ed è già tardissimo! Riposiamo questo paio d'ore che ci restano!»

Tra mormorii, ultimi saluti e gente che si avviava al piano di sotto, finalmente tutti andarono a letto. Dopo essermi accertato che ognuno avesse quantomeno messo piede nella stanza, mi diressi anche io nella mia. Donghae si stava infilando la maglietta che usava per dormire, dopo aver meticolosamente piegato quella che aveva addosso. Aveva imparato, oramai, che mi piaceva che le cose fossero in un ordine quantomeno apparente nella stanza. Mi lasciai crollare sulle lenzuola bianche del mio letto e mi portai le mani alla testa. Avevo talmente tanti pensieri che credevo che sarebbe esplosa da un momento all'altro. Lo scandalo di Kyuhyun, adesso questo…ne stavano succedendo veramente troppe ai Super Junior oramai. E se questo fosse stato usato come pretesto per scioglierci? Non ora, l'unica cosa che mi dava il coraggio per partire era sapere che sarei tornato da loro e poi ognuno dei ragazzi si stava impegnando al massimo per il nuovo album, alcuni di loro avevano composto delle canzoni, eravamo riusciti ad ottenere il permesso di modificare quella vecchia colonna sonora per utilizzarla noi, forse saremmo riusciti a far venire uno dei più importanti coreografi americani per il nostro prossimo comeback... Non potevano assolutamente scioglierci ora.

«Hyung, non ci pensare troppo. Andrà tutto bene» disse Donghae.

Sorrisi, come sempre aveva capito anche senza che io parlassi.

«Sì, credo anche io, Asia sa quello che fa e si ammazzerebbe per proteggere Siwon. Chissà….»

«Chissà…?» mi invitò a continuare lui.

«Chissà se questa cosa li aiuterà davvero, almeno ci sarebbe un risvolto positivo in tutto questo»

«C'è già! Sai quanta pubblicità ci siamo appena fatti in America?» scoppiammo a ridere a quell'osservazione.

«Giusto! Ma non mi dispiacerebbe vederli felici…»

«A chi lo dici, Siwon è diventato insopportabile da quando se n'è andata!»

«Troppo vero. Dio dovrebbe renderli felici fosse anche solo per il bene del nostro gruppo!» concordai, sorridendo

«E poi perché sarebbe bello vedere Siwon-ah finalmente felice con una ragazza. Mi è sempre dispiaciuto il modo con cui si rendeva conto che non riuscivano ad andare oltre l'apparenza e ad arrivare al ragazzo che c'è sotto la persona famosa, credo che lei sarebbe diversa.»

«Si lo è. E anche lui potrebbe darle una bella mano, in effetti»

«Hyung» bisbigliò quasi Donghae

«Mhmm?»

«Non te l'ho mai chiesto ma…è davvero così brutto il suo passato?»

«Sicuramente non è bello, ma la maniera in cui ha dovuto viverlo l'ha reso molto peggiore»

Lui non disse nient'altro e lo ringraziai. Non avevo mai detto a nessuno quello che si portava dentro Asia, non lo trovavo giusto. Nei suoi occhi avevo visto un orrore che non aveva paragoni quando ne parlava e aveva cominciato a tremare tutta. Ancora non capivo come fosse riuscita ad arrivare alla fine di quella storia senza versare una lacrima, io stesso non ero riuscito a trattenere le mie. Donghae spense la luce, augurandomi la buona notte. Mugugnai qualcosa in risposta, lasciando poi che il sonno si impossessasse di me. Dovunque fossero, mi augurai che Asia e Siwon stessero bene e che gestissero la situazione nel miglior modo possibile. 



Annyeong! Innanzitutto perdonatemi per questo capitolo, un po' noioso forse e decisamente lungo, ma ogni tanto servono questi capitoli di passaggio, sob. Ma forse vi farà piacere prendervi un po' di pausa dalle turbe mentali di questi due! Insomma, io ancora non ci credo che sono arrivata al capitolo 11 e che sto fiendno la prima metà della storia! Sì avete letto bene, la prima metà! Significa che non vi libererete facilmente di me :D E ne approfitto pure per un po' di pubblicità progresso...qui trovate una raccolta di Missing Moments di questa storia, per tutti quei piccoli momenti o dettagli che io mi sono immaginata ma che non ho potuto condividere con voi per via della trama! Per ora ne ho postata una, ma tenetela d'occhio perchè ne aggiungerò altre! Ovviamente se c'è qualche Missing moment che volete chiedere, fate pure^^ Prima di venire al dunque, vorrei farvi una piccola nota: il discorso in coreano è volutamente lasciato senza una traduzione, volevo che vi sentiste un po' spaesati, come David, mianeh! Detto questo, passo a voi <3
Onewsmileislikeasun: In realtà essere la figlia nascosta di Leeteuk è il mio sogno segreto, magari l'ho riflesso su Asia x°D No, ma non può! Già il mio bias si è dichiarato a lei, almeno mezzo DNA di Park Jung soo mi spetta di diritto xD comunque sì, è costata fatica anche a me farle respingere Siwon ma vi giuro che ha i suoi buoni motivi! Nel frattempo giuro che non manca molto a far scoprire anche a voi il passato di Asia, ci siamo quasi! :D
Kami_sshi: Sono contenta che ti piacciano le descrizioni! Io mi diverto molto a farle, quindi mi ingengo per inserirle in tutti i modi, fa piacere sapere che sono apprezzate, ecco! Temo che oramai ci sarà un po' di sentimentalismo sparso per qualche capitolo, a meno che la sottoscritta non muoia continuando ad immaginarsi Siwon innamorato, cosa che sai è probabile X°D E grazie per le delucidazioni sul termine <3
Federica_25: Per rispondere alla tua recensione mi ci vorrebbe un altro capitolo *-* ti dirò solo che mi commuove il modo in cui scrivi di Asia! Sarà che abbiam oun cervello in due ma sembra proprio che tu la capisce come sel'avessi creata tu! Ti ringrazio per esserti soffermata così tanto su questa pazza che non ha fatto niente id male se non essere stata partorita dalal mia fantasia un po' malata <3 credevo che il mondo l'avrebbe odiata, invece menomale non è così *w*
_Sushi_:Gomawo <3 ogni volta che leggo le tue recensioni mi rendi felice! Sapere che ti piacciono i miei SuJu e che questo capriccio della mia fantasia riesca a soprendere anche te mi dà una carica incredibile per continuare a scrivere. Sappi che se questa storia vedrà la fine, tu avrai una gran parte del merito! Eh sì, è proprio quello lo sguardo a cui Asia è riuscita a resistere D: ma ci pensi??
Angelteuk: Asia è dovuta partire, mi spiace ç_ç però l'importante è che loro due siano insieme anche se non a Seoul giusto?? v.v in fondo l'addio non è durato molto...per ora almeno! Affidiamoli a shisus e vedrai che andrà tutto bene! Però sono curiosissima di sapere cosa credi che sia successo nel passato di Asia! Uff per par condicio non te lo chiederò, ma quando vi avrò reso partecipi della cosa sarai obbligata a dirmelo, sallo!


Come sempre ricordo che la storia partecipa alla " The Four Elements Challenge"
Elemento: Aria
Prompt: Ossigeno

Alla prossima! 
chu chu <3
F.

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Capitolo 12
*** Meg ***


12- Meg


Era come un bambino. Correva estasiato da una parte all'altra dell'ampio spiazzo in cima alla scogliera, scattando foto ad ogni angolo che riusciva ad essere intrappolato per un secondo nel piccolo obiettivo della fotocamera montata sul telefono. Vestito con un paio di pantaloni della tuta un po' larghi per lui, di un grigio slavato e troppo consumati sulle ginocchia, assieme ad un'orribile maglietta arancio zucca, abbinata alla bandana che gli fasciava i suoi meravigliosi capelli scuri, sembrava solo un altro dei molti turisti che si affollavano in quella zona. Già per comprargli quei vestiti avevamo rischiato che ci riconoscessero, fortunatamente le due ELF che ci avevano pedinato per un po' erano rimaste tagliate fuori dal traffico nel giro di una manciata di minuti. Ecco perchè mi ero affrettata a farlo salire sul primo pullman sgangherato che ci avrebbe portato lì, anche se non era la nostra destinazione finale. Quella sera saremmo ripartiti, con un po' di fortuna saremmo stati raggiunti anche dalle nostre valigie, di cui si doveva essere occupato Kyuhyun dalla Corea. Con il telefono spento non avevo avuto modo di considerare come si stava evolvendo la situazione a Los Angeles, nè quanto fosse compromessa la carriera di attore di Siwon sul grande schermo. La parte più egoista di me, la stessa che si crogiolava ancora nella convinzione che forse lui mi avrebbe perdonata, sperava che ogni suo contatto con Hollywood fosse stato troncato. Lo vedevo lì, davanti a me, così pieno di vita e con l'entusiasmo di un bambino, talmente candido di onestà da rasentare l'innocenza. Ogni cosa della vita per lui era fonte d'entusiasmo, come se la stesse vedendo per la prima volta. Sapeva godere di tutto ciò che gli offriva ogni giornata, da un fugace raggio di sole che spuntava tra le nubi ad un grande successo personale, e di ogni cosa era grato. Sarebbe stato così anche se fosse stato assorbito da quel mondo da cui venivo io? Ero pronta a scommettere tutto che no, se avesse varcato le porte della hall of fame, sarebbe cambiato radicalmente. Non per sua scelta, magari anche inconsapevolmente, ma quel mondo era fatto da gente totalmente priva di scrupoli e completamente ignorante del concetto di rispetto. Gli avrebbero tagliato le gambe prima che potesse correre troppo liberamente, o l'avrebbero costretto a rinnegare sè stesso. Sospirai, qualunque sorte gli sarebbe toccata, purtroppo io non sarei stata lì con lui per provare a salvarlo. Mi rannicchiai ancora di più sul sasso su cui era seduta, mentre lui si girava e, sorridendomi, mi scattava una foto, come se fossi anche io parte integrante di quel panorama. 

«Come hai detto che si chiama questo posto?» mi domandò, avvicinandosi

«Capo Sounion....è il posto di cui ti parlavo in spiaggia ad Incheon, ricordi?»

Lui sembrò smarrito per un attimo, ma improvvisamente un'espressione di illuminazione gli brillò sul volto, ed annuì, strappandomi l'ennesimo sorriso. Trovavo ancora sconvolgente scoprire con quanta dedizione mi aveva osservata, senza farsi sfuggire alcun dettaglio, persino nei primi tempi della nostra conoscenza.

«Ora capisco perchè ti piace tanto...E dov'è che ti mettevi per sentirti la padrona del mondo?» mi chiese, porgendomi la mano, in un evidente richiesta di mostrargli quel posto. 

A malincuore abbandonai il pezzo di marmo su cui ero seduta e mi avviai verso il lato più estero delle rovine del tempio che avevamo davanti, esattamente sullo sperone di roccia che guardava verso il mare. Portarlo in Grecia mi era sembrata l'idea migliore. Erano in pochi a sapere da dove venivo di preciso e Gerontrovahos era talmente piccolo che probabilmente non veniva riportato nemmeno sulle mappe della Focide. Per vanità, per, avevo voluto portare anche lui in quel posto che tanto amavo, per condividere assieme una parte della magia che lo pervadeva. Avevo sempre sognato di portare qualcuno lì, qualcuno che non avrebbe riso per le stupide ed infantili motivazioni che mi avevano portato a rifugiarmi lì ogni volta che mi ero sentita persa. Lì, in cima alla scogliera, i cinque anni che avevo passato lontana da quel posto sembravano non contare niente. ll tempo si era fermato lì millenni di anni prima, quando ancora gli uomini credevano negli dei e, sinceramente, stando su quello sperone a picco sul mare più bello che io avessi mai visto, nemmeno a me veniva troppo difficile credere che da un momento all'altro Poseidone potesse uscire dalle acque, impugnando il suo tridente dorato e chiedendo che gli venisse fatto un sacrificio. Con la coda dell'occhio intravidi Siwon, accanto a me, che spalancava le braccia, chiudendo gli occhi. Avrei dato di tutto per sapere cosa gli passava per la testa in quel momento, per quanto credessi che fossi l'unica a vedere la vera magia di quel posto, per la prima volta avrei voluto osservarlo attraverso gli occhi di un altro, i suoi. Senza nemmeno accorgermene avevo distolto lo sguardo dal mare davanti a me, per fissarlo su di lui. Nonostante i vestiti trasandati, restava assolutamente perfetto. Le onde morbide del volto, il corpo possente ma allo stesso tempo agile, scattante. Sembrava che anche lui fosse stato messo lì tanti anni prima, una perfetta statua greca che rispettava ogni canone di bellezza. Una volta, per scherzo, avevo provato a vedere quanto fosse lontano dalla perfezione classica e, con mia grande sorpresa, era rientrato quasi in tutti i parametri.

«Sembra di avere le ali! Potrei volare da un momento all'altro!» esclamò, cercando di superare il rimbombo del vento nelle nostre orecchie.

«Attento a non fare la fine di Icaro!» commentai, divertita.

Un secondo dopo si era voltato verso di me, le mani poggiate sui fianchi ed un sopracciglio inarcato, che mi fissava con aria perplessa.

«Chi è questo Hikaru?» mi chiese

«Non Hikaru» risi «Icaro! È un antico mito greco! Possibile che tu non l'abbia mai sentito?» 

Lui scosse la testa, smarrito per un attimo, prima di sorridermi acceso da nuovo entusiasmo.

«Ma puoi raccontarmelo tu!»

Stetti zitta per un po'. Partendo mi ero promessa che avrei creato del distacco, in modo che quando avrei dovuto mandarlo indietro sarebbe stato più facile, per entrambi, continuare a vivere come se le nostre strade non si fossero mai incrociate. Se lo avessi fatto innamorare della mia terra, separarsi non sarebbe stato solo più difficile? Però se lui si fosse ricordato di quella storia, non si sarebbe dimenticato chi gliel'aveva raccontata. Sapevo già di non poter stare al suo fianco per sempre, era troppo egoistico voler vivere sempre nei suoi ricordi?

«Minosse, il sovrano di Creta aveva un figlio dalle sembianze orribili, il minotauro, un essere per metà uomo e per metà toro. Per tenerlo nascosto alla popolazione chiamò l'architetto migliore di tutta la Grecia, Dedalo, e gli chiese di progettare un labirinto talmente complesso che nessun essere umano potesse trovarne l'uscita, una volta entrato. Una volta che Dedalo finì la sua opera, Minosse si rese conto che lui poteva rivelare i segreti di quel posto e quindi, invece che ringraziarlo, rinchiuse lui e suo figlio Icaro al centro del labirinto, all'interno del quale viveva il minotauro. Ma Dedalo era un uomo di ingegno e così, usando la cera delle candele che avevano, costruì due paia d'ali una per sè ed una per il figlio, in modo da volare via da quel posto. Non appena le ali furono completate i due provarono a scappare e, ovviamente, riuscirono a volare via. All'inizio furono cauti, e volavano bassi, ma una volta che Icaro prese confidenza con le sue ali, cominciò a volare sempre più in alto. Il padre gli urlava di scendere, ma lui non ascoltava e continuava a salire, sempre più vicino al sole. Ma le sue ali erano di cera e il sole era caldo....la cera si sciolse ed Icaro non poteva più volare, così cadde e morì.»

«È una storia triste...» mormorò lui, dopo qualche istante di silenzio.

«È una storia che doveva insegnare qualcosa. In questo caso che l'eccessiva ambizione, oltre i propri mezzi, uccide l'uomo. Dai vieni con me...» lo tirai per un braccio allontanandolo da lì.

Ci avvicinammo ad una delle colonne che erano rimaste in piedi in quel tempio, sempre dal lato che costeggiava il mare. Mi fermai davanti a questa ed assottigliai lo sguardo, osservando attentamente le numerose incisioni che ferivano la pietra. Potevano sembrare graffi casuali, ma ad uno sguardo più attento uno si sarebbe reso conto che erano nomi. Tra tutti quei nomi ce n'era solo uno che cercavo, l'unico in grado di far vibrare di commozione il cuore di ogni Greco.

«Ecco! Guarda lì!» esclamai, indicando quindi un punto ben preciso, circa a metà della colonna.

«Hector...» cominciò a leggere lui, ma io lo fermai.

«No, non quello! Quello accanto!»

«G...George Gordon...Byron» riuscì a leggere alla fine, con un po' di difficoltà. Dal tono con cui l'aveva pronunciato sembrava che anche quello non gli dicesse niente.

«Sai chi è Byron, vero?» gli chiesi, sbattendo le palpebre. 

Lui scosse la testa. Sospirai, ma non potevo dargli tutti i torti in effetti, nemmeno io sapevo niente della storia coreana prima di passare quasi un anno a Seoul. 

«Byron era un nobile inglese, ed anche un poeta, un romantico. Decise di sacrificare la sua vita per la libertà della Grecia e venne a combattere qui, al nostro fianco. Durante la guerra si ammalò gravemente e morì a Missolounghi. I greci gli furono talmente grati che gli costruirono una statua al centro della città, all'interno della quale conservarono il suo cuore. È un eroe nazionale! Troverai suoi monumenti e riferimenti a lui ovunque da queste parti!»

«Dopotutto sono contento che Lara abbia avuto quell'uscita....»

«Cosa?» gli chiesi, inarcando le sopracciglia. Dal mio punto di vista non c'era proprio nulla di cui essere contenti, anzi, semmai l'opposto. Ma a giudicare dalla sua espressione di perfetta calma, mi sbagliavo.

«Guarda quante cose sto imparando e poi se non fosse stato per lei, chissà se sarei mai riuscito a fare una vacanza con te»

Non riuscii a non sorridergli, per quanto volessi sforzarmi di mostrarmi in disaccordo con lui, era più forte di me. Anche io mi ero trovata a pensare a quei giorni solo per noi due come una benedizione, un'ultima occasione per potergli stare accanto senza barriere di sorta messe dalla celebrità, dai fan, dalla SM, dalla sua immagine...un pugno di ore rubate dalla vita di qualcun altro, in cui potevamo essere solo Siwon ed Asia, due ragazzi come tanti. Ero così immersa nei miei pensieri che non mi accorsi di quanto mi si era avvicinato. Per un attimo pensai che avrebbe provato a baciarmi di nuovo e fui terrorizzata. Non sarei riuscito ad evitarlo, non in tempo questa volta...e invece, con mio grande sollievo, mi ritrovai solo stretta nel suo abbraccio.

«Non hai idea di quanto tu mi sia mancata, Asia» disse, senza preoccuparsi di tenere la voce bassa, consapevole che lì non potevano capirci.

«Dici?» risposi, cercando di suonare il più distaccata possibile.

Lo capivo fin troppo bene, soprattutto adesso che mi ritrovavo nella stretta protettiva delle sue braccia. Mi rendevo conto che mi era mancata ogni cosa di lui, dal suono della sua voce alla cadenza regolare dei suoi respiri, mi era mancata la consistenza dei suoi muscoli sotto le mie dita, che oramai avevo imparato a riconoscere quasi come fossero parte del mio corpo; mi era mancato il suo odore, quell'odore buonissimo di latte detergente e spezie, pungente e delicato al tempo stesso; mi era mancato il modo in cui l'incavo tra le sue clavicole sembrasse essere fatto apposta per accogliere il mio profilo, incastrandoci perfettamente in ogni abbraccio.

«Andiamo» mi costrinsi a dire alla fine, separandomi da lui, nonostante non chiedessi altro che rimanere lì per l'eternità, come quel tempio «il pullman parte a breve»

«Ho il tempo di prendere una cartolina?»

«Una cartolina? Ti ricordo che nessuno può sapere dove sia...» fu il suo turno di zittirmi.

«Lo so. Ma voglio portarla a quei tre, per assicurarmi che vengano qui quest'estate!»

Mi lasciò senza parole. All'estate non mancava poi così tanto e il pensiero di poter rivedere il maknae, assieme a due suoi hyung, sembrò rendere le mie prospettive in Grecia decisamente migliori, se non altro per i mesi seguenti.

«Ottima idea! Così potrò fare da guida anche a loro...»

«Ti manca Kyuhyun, vero? Ti manca anche Leeteuk hyung!»

«Per favore. Ho vissuto una vita senza di loro cavandomela alla grande, cosa vuoi che siano otto mesi rispetto a ventiquattro anni?»

Troncai quella conversazione e mi diressi verso l'uscita del sito archeologico, superandolo, in modo che non potesse continuare con queste assurde insinuazioni. Ero lì ed ero appena tornata a respirare, non c'era bisogno che mi soffocasse ancora ricordandomi l'assenza anche degli altri.

 

 

 

 

Pullman era una parola fin troppo grossa per descrivere il mezzo di trasporto che ci stava faticosamente trasportando lungo delle strettissime stradine di montagna. D'accordo aveva dei sedili, delle ruote e, probabilmente anche un motore, ma sembrava tenersi in piedi per miracolo. Anche la gente che era lì sopra con noi, in effetti, sembrava essere più prossima alla tomba che alla porta di casa. Erano per lo più piccole signore anziane, con il capo fasciato in rustici fazzoletti dai colori sbiaditi, la pelle brunita dal sole, con dei cesti sottobraccio carichi di paglia, o con delle buste piene di pesce fresco, talmente fresco che alcune code guizzavano ancora. In effetti solo pochi minuti prima uno di questi pesci era riuscito a scappare dalla plastica che lo avvolgeva ed aveva tentato una disperata fuga nel corridoio tra i due sedili, scatenando l'ilarità di tutti, Asia compresa, che addirittura si alzò per andarlo a recuperare, dicendo qualcosa in una lingua sconosciuta che, però, scateno l'ilarità di tutti gli altri presenti. Mi aveva poi spiegato che quella era ordinaria amministrazione in quei viaggi, sorridendo come se in fondo tutto quello le fosse mancato. La guardai e per la prima volta mi chiesi come mai aveva deciso di abbandonare quel posto. Non ne parlava mai molto, ma quando lo faceva ogni sua parola metteva in evidenza il legame con quella terra, sembrava quasi che fosse una punizione che si era imposta, stare lontani da lì. Improvvisamente le strade scavate lungo il pendio scosceso della montagna cominciarono ad essere costeggiate da piccole case, tutte bianche, con i tetti color ardesia, che diventavano via via più fitte mano a mano che ci inoltravamo in quello che aveva tutta l'aria di essere un tipico paesino di montagna. Era un posto delizioso, dovetti ammettere, come tutti i posti che avevo visto in Grecia fino a quel momento, il tempo pareva essersi fermato e di aver ignorato tutto il progresso tecnologico e l'era dei grattacieli, degli edifici in vetro ed acciaio, del cemento e di tutte quelle cose che al giorno d'oggi ci facevano considerare moderno un posto. Mi voltai verso Asia, per chiederle cosa fosse quel posto, ma la trovai intenta a nascondersi il volto con i capelli, gettando occhiate nervose fuori dal finestrino. Improvvisamente tutta la sua gioia si era spenta e i suoi occhi grigi vagavano inquieti lungo le strade deserte, avvolte dalla notte cobalto, che il pullman attraversava. Improvvisamente ci fermammo davanti a quello che aveva tutta l'aria di essere un rifugio di montagna. Le porte del veicolo si aprirono ed alcune signore cominciarono a scendere, trascinandosi dietro le cose che si stavano portando via dalle campagne vicino alla capitale. Con mia grande sorpresa anche Asia scattò in piedi e mi fece cenno di seguirla. Una volta scesi mi diressi automaticamente verso il rifugio, convinto che avesse prenotato delle stanze lì.

«Dove stai andando?» mi chiese, in un sibilo alterato, afferrandomi per un braccio

«Ah…non abbiamo delle stanze qui?» 

«Certo che no, ti ho detto che saremmo andati da Meg! Avanti, seguimi e in fretta»

Senza farle altre domande mi limitai a seguirla verso questo Meg, chiedendomi che razza di posto fosse. Camminava veloce, fin troppo veloce per una come lei che aveva un'attitudine allo sforzo fisico pari a quella di Kyuhyun per la cucina. Avrei voluto chiederle cosa c'era che non andava, ma considerando il modo in cui si guardava nervosamente attorno e la meticolosità con cui evitava ogni striscia di luce per nascondersi nelle ombre della notte, mi parve opportuno non mettere in evidenza in alcun modo la sua presenza lì. In fondo, anche se le avessi chiesto qualcosa, non ero certo che avrei ottenuto una risposta, anzi. avevo come la sensazione che quell'enorme scheletro che teneva incatenato nel suo armadio se lo portasse dietro da lì. Eppure sembrava così strano che quelle stradine tortuose ed arroccate vicino ad una delle due cime di quel monte potessero aver dato vita a qualcosa di tragico. Sembravano lo scenario di un film, quelli di povera gente, dove ogni persona considerava la casa dell'altro come la propria, dove tutti si conoscevano e stavano lì pronti ad aiutarsi a vicenda. Nei film, di solito, arrivava qualcuno pronto a turbare quell'equilibro, magari il solito magnate carico di soldi che voleva radere al uopo le case per trasformare il tutto in un resort extra lusso e il tutto finiva con la solita battaglia tra la forza dell'onestà e il potere del denaro. A giudicare però dalle condizioni di quel posto, però, sembrava che niente di tutto quello fosse accaduto. Finalmente Asia si fermò davanti alla porta di una casa. Mi chiesi come avesse fatto a riconoscerla, visto che era esattamente identica a tutte le altre. Bussò al portone in legno scuro, che si aprì un minuto dopo, rivelando la sagoma scura di una figura illuminata dalla luce proveniente dall'ingresso. Asia restò lì, immobile, a fissarla per dei lunghi minuti. Non mi avvicinai, rimasi semplicemente lì in disparte ad osservare quelle due sagome che si stagliavano immobili una davanti all'altra, come se fossero state delle sagome, messe lì per dare alla casa una parvenza di vita.  poi improvvisamente, si mossero in contemporanea, stringendosi forte l'una all'altra, diventando quasi una cosa sola nell'esigua luce che le illuminava. Improvvisamente sentii farsi strada dentro di me i desiderio di sapere chi era che aveva aperto quella porta e come mai aveva il potere di scatenare una reazione del gente dentro Asia. Non l'avevo mai vista così nemmeno nei momenti in cui si era più lasciata andare con me, era sempre rimasta un po' distaccata, come se stesse volontariamente mettendo una barriera che ci impedisse di vernici incontro del tutto. Quell'abbraccio era diverso, in quell'abbraccio stava buttando giù ogni difesa, cercando un rifugio tra le braccia dell'altra persona, che avrei dovuto essere io, non chiunque fosse a stringerla in quella maniera ora. Lasciai scivolare il borsone che avevo sulla spalla fino a terra, in modo che il rumore richiamasse la loro attenzione. Funzionò. Asia si separò da quell'abbraccio, voltandosi verso di me, come se si fosse appena ricordata della mia presenza in quel posto. Mi fece un cenno di avvicinarmi. Una parte di me non avrebbe voluto farlo, ma sapevo che se eravamo lì era solo perché lei aveva messo tutto in gioco per proteggere me, quindi mi rassegnai a riprendere il borsone da terra e ad avvicinarmi.

«Siwon-sshi lei è Meg, una mia amica» disse, in inglese, mantenendo sempre le voce bassa «ci ospiterà in questi giorni!»

Improvvisamente, tutto cominciava ad avere un senso.

La mattina dopo mi diressi in cucina ancora rintontito dal sonno e dall'aver cambiato decisamente troppi fusi orari in quarantotto ore. Come ogni stanza di quella casa, era piccola e decorata con dei mobili rustici in legno, probabilmente fatti a mano da un artigiano locale, ma disposti in maniera talmente attenta che davano ad ogni ambiente un aspetto caldo ed accurato. Di Asia ancora non c'era traccia, ma in compenso trovai Meg impegnata con una caffettiera.

«Buongiorno signorina Meg» esordii, inchinandomi per salutarla

Lei sussultò, come se l'avessi colta di sorpresa, voltandosi poi verso di me con un sorriso divertito.

«Buongiorno Siwon…e non c'è bisogno che mi chiami "signorina", qui non badiamo troppo alle formalità Vuoi mangiare qualcosa?»

Annuii, andandomi ad accomodare poi ad una delle quattro sedie che erano messe ai lati del tavolo. Solo in quel momento notai che erano tutte diverse, ma erano state scelte con un tale occhio da risultare perfettamente armoniose anche nella loro diversità. Improvvisamente mi vidi schiaffare sotto gli occhi una tazzina fumante che emanava un fortissimo odore di caffè ed una scodella di quello che sembrava essere del gelato sciolto alla vaniglia con sopra miele e noci.

«Fai attenzione, il caffè e un po' forte e….oh, ti piace lo yogurt greco, vero? Purtroppo devo andare a fare la spesa e mi è rimasto solo quello!» spiegò lei, sedendosi di fronte a me.

«Non l'ho mai mangiato, ma sembra buono! E non preoccuparti, stai già facendo molto aiutandoci»

Osservai la ragazza seduta davanti a me. Già il giorno prima, nei poco tempo in cui ci eravamo visti, avevo avuto modo di apprezzare il fatto che più o meno assomigliava ad Asia quanto Ryeowook, anzi, probabilmente sarebbe somigliata più ad uno qualunque di noi che non ad Asia, se non fosse stato per i suoi enormi occhi tondi e color dell'ambra. Gli occhi di Asia mi erano sempre sembrati molto grandi quando li avevo visti, ma non erano niente in confronto a quelli di Meg e persino io mi trovai costretto ad ammettere che ce ne erano di più belli, rispetto a quegli occhi grigi che per me rappresentavano i più belli del mondo. Per il resto era bassina, probabilmente superava di un palmo metro e mezzo, aveva lunghi capelli scuri lievemente ondulati e la pelle estremamente chiara per essere una persona di origini mediterranee. In Corea avrebbe riscosso sicuramente molto successo con quella strana combinazione di bellezza orientale ed occidentale mischiata insieme, molto più di Asia probabilmente. Per un mento mi immaginai le reazioni dei miei hyung se si fossero trovati lei come mia manager e mi sfuggì un sorriso, sarebbero state sicuramente divertenti. Notai che stava mischiando il miele allo yogurt per amalgamarlo bene e la imitai, andando poi a prenderne un cucchiaino. Aveva una consistenza strana, ma il sapore era meglio di quanto mi sarei mai potuto immaginare.

«È buono!» esclamai, prendendone un'altra abbondante cucchiaiata.

«Sono contenta che ti piaccia, ma non finirlo tutto, altrimenti te la vedi tu con lei» rispose, bisbigliando divertita mentre indicava la porta della stanza che lei ed Asia condividevano.

«Oh credimi, me la sono vista con lei in situazioni peggiori» ridacchiai.

«Immagino. Mi ha raccontato qualcosa ieri sera, ci siamo fatte una bella chiacchierata…» si fermò per un attimo, osservandomi con un sorriso gentile che le incurvava le labbra. I suoi occhi, di quel colore così particolare, sembravano emanare calore quando aveva quell'espressione «Devi essere proprio una persona speciale Choi Siwon, non l'avevo mai vista rischiare tutto quello che aveva per qualcuno, così come ha fatto con te»

«Rischiare tutto quello che aveva?« domandai, cadendo dalle nuvole, fermando a mezza via un altro cucchiaino di yogurt che prese a gocciolarmi su una mano.

«Beh sì! Sapeva benissimo che se ti avesse difeso l'avrebbero licenziata eppure l'ha fatto comunque e pensare che tutta la sua vita era quel lavoro alla paramou….aspetta, non lo sapevi?» mi chiese sconvolta alla fine, notando l'espressione perplessa sul mio viso.

«No» ammisi alla fine, con un retrogusto amaro in bocca «ma in questi due giorni abbiamo avuto molto poco tempo per parlare con tutto il casino che è successo, non ne ha avuto materialmente il tempo» non sapevo nemmeno se con quella spiegazione volevo convincere lei o me stesso. Dannazione, Asia, possibile che dopo tutto quel tempo ancora non aveva capito che poteva fidarsi di me?

«La conosci da molto?» chiesi a Meg, cambiando discorso, visto che quello stava per diventare piuttosto spinoso.

«La conosco dalle medie» rispose lei sorridendo «eravamo usciti insieme con un'amica in comune, una serata come tante altre nell'unico bar del paese…siamo state inseparabili da allora» sembrava che quelle parole risvegliassero dei bei ricordi dentro di lei a giudicare dall'espressione che aveva in viso.

«Poi siamo andate assieme alla scuola di cinema, anche se io studiavo scenografia e costumi e alla fine, lei ha deciso di partire per l'America…»

«Come mai non sei andata in America anche tu?»

«Perché sono allergica al sole. Non sapevo come avrei potuto vivere per le strade assolate id Los Angeles. Ho dovuto lasciare anche Atene e ritornare qui, sai, qui in cima è molto più facile che ci sia brutto tempo» 

Lasciai perdere l'argomento, sembrava che non le piacesse molto parlarne. Non avevo mai conosciuto qualcuno allergico al sole in tutta la mia vita ed ero veramente curioso di saperne di più, ma non mi sembrava appropriato. Magari avrei provato a chiedere ad Asia, ammesso che si svegliasse mai, considerando che non era poi così presto e di lei ancora non c'erano tracce. Meg si alzò e si avvicinò ad uno degli scaffali che contenevano quelli che credevo essere libri di cucina, prendendo qualcosa che mi poggiò davanti. Era un album fotografico, probabilmente piuttosto vecchio a giudicare dagli angoli consumati e dalla costola crepata in alcuni punti. Mi invitò ad aprirlo con un cenno e mi trovai di fronte alla foto di due ragazze, che stavano facendo una smorfia orribile. Nonostante non fossero nemmeno lontanamente carine, mi fecero sorridere. Quelle due da ragazzine esprimevano una spontaneità ed una spensieratezza che non avevo mai visto nei gesti di Asia in otto mesi passati insieme. Continuai a sfogliarlo, e il sorriso mi si allargava ad ogni foto che passava. In una c'erano loro due vestite da piratesse, in un'altra Meg faceva alice ed Asia il bianconiglio, in una erano accoccolate su delle giostre da bambini e in quella dopo si stavano ingozzando di dolci con addosso una toga, tra i banchi di scuola. Le immagini si susseguivano, tra foto in dettaglio dei loro occhi perfettamente truccati, che mi fecero perdere un battito per qualche attimo, ad uscite casuali tra le strade di Atene. Foto in spiaggia risalenti a prima che a Meg fosse vietato di stare al sole, in cui mostravano fiere la loro abbronzatura scurissima si alternavano a delle foto in tuta da sci in cui si riconosceva chi era l'una e chi l'altra solo per via dell'altezza. In quelle poche pagine mi sembrò di sfogliare la vita di Asia come non avevo mai fatto fino a quel momento.

«Vi piaceva proprio travestirvi» commentai alla fine, soffermandomi su una foto di Asia vestita da geisha.

«Già» rispose lei «mia madre è sarta e ci cuciva i vestiti quando eravamo piccole, poi ho cominciato ad usarla come cavia per i miei compiti della scuola di cinema. Quello da Geisha è stato il primo costume che ho cucito!»

«Sembra un'altra Asia…» mormorai, guardando l'argento liquido dei suoi occhi che in quella foto sembrava brillare.

«Era un'altra Asia, erano i tempi di Alexandros….» mugugnò lei incupendosi

«Chi è Alexandros?» chiesi, cascando dalle nuvole per la seconda volta in quella giornata.

«Non  lo sai?»

Scossi la testa

«Beh se non te lo ha detto lei non credo di essere io la persona più indicata a farlo….strano però, mi aveva detto che in Corea, per la prima volta, l'aveva confidato a qualcuno...»

«L'ha detto a Leeteuk!» esclamai innervosendomi nuovamente, come ogni volta che si parlava di quell'argomento «A me non vuole dirlo, perché è convinta che non la amerei più se sapessi la verità»

«Tu la ami?» mi chiese, sorridendomi dolcemente. Sembrava come se stessi parlando oda una madre di sua figlia.

Annuii «ed ho provato a dirglielo che non importava, che qualunque cosa fosse successa non sarebbe cambiato niente ma non ne vuole sapere…» mi passai una mano tra i capelli, tutta quella situazione mi stava facendo impazzire.

«È un argomento molto delicato per Asia e sa essere molto testarda. C'è solo un modo per farle cambiare idea»

«Cioè?»

«Obbligala a dirtelo e dimostragli che niente è cambiato. Lei non lo ammetterebbe mai, ma prova qualcosa per te. Ah, è così evidente!»

«È evidente?»

«Sì» rise lei «per me lo è. Ieri notte ha parlato di te in continuazione…ma non ti ha mai fatto un complimento, fa sempre così, oramai la conosco»

Non appena finì di parlare mi alzai in piedi e mi diressi verso la camera di Asia. Non avevo idea di quello che avrei fatto o che avrei detto, ma non ero intenzionato a ripartire da lì senza portarla via con me, di questo poteva essere certa. entrai, senza nemmeno bussare, e con mia grande soppressa non la trovai a letto, ma in piedi, a guardare l gigantografia di una foto appesa al muro. Non appena entrai si voltò rapidamente, cercando di coprire l'immagine alle sue spalle. Non poteva essere più palese di così nei suoi gesti.

«Asia, chi è Alexandros?» le chiesi

«Non sono affari tuoi»

Chiusi la porta alle mie spalle, girando la chiave un paio di volte nella serratura.

«Lo sono. Se ti impedisce di stare con me lo sono. Adesso sappi che non usciremo da qui fino a quando non avrai parlato e…» presi il telefono che teneva per le comunicazioni con la Corea e lo spensi «…niente e nessuno sarà autorizzato a raggiungerci»

«Cosa fai? Riaccendi il telefono! Se ci chiamano dalla SM…»

«…non importa. Pensi di essere l'unica a poter rischiare il lavoro per me?» la guardai, con aria di sfida.

«Tanto ti avrà detto tutto Meg, no?» urlò, tornando ad appiattirsi contro il muro, in modo da coprire ancora di più la foto.

«No. Si è solo lasciata sfuggire un nome»

Ci guardammo per degli attimi interminabili senza che lei dicesse niente, solo il terrore stampato sul volto. Era come un felino in trappola, continuava a guardarsi attorno cercando una via di fuga, ma non c'era. Continuava ad appigliarsi all'unica cosa che le era rimasta: quella foto. Mi avvicinai  a lei e la guardai negli occhi, lei quasi tremava ma non accennava a spostarsi. LA afferrai per le braccia e la strinsi a me, osservando la foto da sopra le sue spalle. Erano lei e Meg, un'estate di molti anni prima, all'ombra di un immenso albero di ulivo. Tra i loro due volti sorridenti di adolescenti ne spiccava uno più infantile, un bambino di non più di dieci anni, la pelle scurita dal sole, corti ricci neri ad incorniciargli i lineamenti infantili e gli occhi, quei due occhi grigi che avrei riconosciuto ovunque al mondo. Lasciai andare Asia, che stava cercando di divincolarsi dalla mia presa, e la osservai, stupito.

«Asia, da quando hai un fratello?»

 

 

 

 

 

Lo guardai inviperita. Ero furente di rabbia. Lui non poteva permettersi di venire lì e pensare che gli avrei rivelato tutto per il semplice fatto che eravamo andati in Grecia. E poi anche Meg, credevo di potermi fidare di lei, e invece era riuscita a rivelargli tutto dopo nemmeno ventiquattro ore che eravamo in quella casa. Proprio lei, come poteva non capire quanto facesse male dovere ammettere quello che avevo fatto di fronte a Siwon. Alzai gli occhi su di lui e, nonostante il mio giudizio fosse velato dalla rabbia, non riuscivo a vederlo in nessun modo se non perfetto. Era l'opposto di tutto quello che avevo sempre voluto e proprio per questo era perfetto, perché io avevo sempre voluto le cose sbagliate. Persino in quel momento, infagottato nell'assurdo pigiama del padre di Meg, andava oltre ogni aspettativa che avevo mai avuto nella vita. La vita era stata crudele con me in questa occasione, per un po' aveva voluto farmi assaggiare la bellezza del suo amore. Solo a parole, certo, ma era comunque iù di quanto non meritassi. Adesso non riuscivo a dare via quel piccolo assaggio, non potevo farcela.

«Asia, ti avverto. Se non ti decidi a dirmi qualcosa ti assicuro che penserò davvero di essermi sbagliato su di te»

«No!» mi ritrovai ad esclamare, quasi involontariamente.

Non poteva farlo, non poteva ritrattare così. Se l'avesse fatto a cosa sarebbe servito il mio silenzio? Non poteva togliermi l'unico sottile filo di speranza a cui mi tenevo aggrappata con tutte le mie forze.

«Allora parla»non era fredda la sua voce, era calda, quasi una carezza, una richiesta di essere accolto nel mio mondo e di attraversare con me qualunque cosa ci fosse oltre quella porta che gli avevo tenuta chiusa.

Mi ricordai le parole di Meg quella notte, dopo anni che non parlavamo, non decentemente almeno. "sei sempre la solita" aveva detto "le cose per te non migliorano perché tu non vuoi". Era stato un rimprovero affettuoso, il suo, ma aveva colto nel segno. Avevo imparato ad accontentarmi delle briciole, perché se avessi voluto di più sapevo che avrei perso anche queste. Lo guardai, di nuovo, e capii che questa volta non avrei avuto scampo. Non c'erano scuse che potevano salvarmi, eravamo solo io e lui in quella stanza, con tutto il tempo che voleva davanti a noi.

«I miei non volevano che andassi alla scuola di cinema ad Atene» esordii, guardando con convinzione le mattonelle di quella camera da letto «volevano che mandassi avanti il rifugio di famiglia, sai quello dove stavi per entrare ieri sera? Ecco…ma io non ne volevo sapere di rimanere imprigionata a Gerontrovahos per il resto della mia vita. Meg…lei aveva avuto il permesso da sua madre. Sai, lei è sarta ed era così contenta che la figlia avesse ampliato i suoi orizzonti mantenendo comunque un interesse nel suo mestieri. Partimmo insieme, convinta che, ad un certo punto, si sarebbero rassegnati, ma non fu così. Ad Atene non era facile, io e Meg dovevamo lavorare per permetterci la scuola, ma ce la cavavamo bene, avevamo tutte e due un talento spiccato per quello che facevamo» sorrisi, ricordandomi i primi mesi in quel posto «sai, quando hai sedici anni ogni sogno ti sembra raggiungibile e noi eravamo convinta che subito dopo il diploma avremmo sfondato ad Hollywood. Ma il tempo passava e i miei ancora non si facevano sentire. Dopo un anno capii che erano perfettamente seri quando mi avevano detto che se fossi andata ad Atene si sarebbero dimenticati di avere una figlia ed io potevo dimenticarmi di avere dei genitori. Ma la parte peggiore non era quella, era non poter vedere nemmeno Alexandros. Lui era nato sei anni dopo di me e con il tempo che i miei passavano a lavoro l'avevo praticamente cresciuto io. Per i primi due anni della sua vita chiamava me mamma ed io ne andavo così fiera…eravamo molto uniti. Quando io sono partita lui aveva solo dieci anni ed avevo paura di quello che potevano avergli  detto in casa per giustificare la mia assenza, avevo paura che crescesse odiandomi o, ancora peggio, dimenticandomi. Una volta provai a tornare qui, chiedendo di vederlo, ma si rifiutarono. Non avevo molta altra scelta, dovevo aspettare. Ero convinta che nel giro di pochi anni sarei diventata una regista di successo e allora anche loro avrebbero capito le mie ragioni e mi avrebbero permesso di rivederlo e lui sarebbe stato fiero di me. Verso la fine del secondo anno, una sera, Meg ricevette una chiamata da sua mamma, chiedendomi come mai non eravamo salite per il funerale. Quando lei le chiese quale funerale la madre si accorse che noi non sapevamo niente. Era da quasi un anno che ad Alexandros era stata diagnosticata la leucemia e i miei genitori avevano detto a tutti che ne ero al corrente ma che comunque non volevo tornare da Atene. Quando la situazione si era aggravata ancora di più il piccolo ospedale che abbiamo qui in zona non era più sufficiente e così lo trasferirono ad Atene, ma nemmeno quando vennero nello stesso posto dove ero anche io mi dissero nulla. Alexandros era morto due settimane dopo, perché non erano riusciti a trovare nessun donatore di midollo compatibile. Anche se era stupido feci l'unica cosa che mi sembrava avesse un senso. Andai in ospedale e li obbligai a fare il test anche a me. Risultai compatibile….»

«Asia…» provò a dire qualcosa lui, ma io non lo lasciai parlare.

«Potevano chiamarmi, potevano dirmelo ed io sarei corsa subito. Ma ero stata una pessima figlia, perché avrebbero dovuto farlo? Ero stata una pessima figlia ed una sorella ancora peggiore, per un capriccio da ragazzina me ne ero andata. Ero così piena di egoismo che non mi sono mai fermata a pensare a quello che mi lasciavo dietro, l'unica cosa che contava era che io facessi quello che volevo. Io non sarei mai dovuta partire, sarei dovuta rimanere qui In questo modo gli sarei stata accanto e l'avrei potuto salvare e lui non avrebbe dovuto soffrire tanto solo perché io l'avevo lasciato solo. La verità è che l'ho ucciso io, con il mio egoismo e la mia testardaggine, se non fosse stato per me lui sarebbe ancora vivo. E sai cosa hanno avuto il coraggio di dirmi in ospedale? Che la fase acuta della malattia era stata fulminante, una morte quasi istantanea. Come se dovesse consolarmi la cosa! Che vuol dire istantaneo? Un piatto istantaneo è pronto con tre minuti nel microonde, il cemento istantaneo ci mette due ore ad asciugarsi, la stampa istantanea delle foto richiede trenta secondi….chi sono loro per stabilire che era stata istantanea? Dubito che per un bambino di dodici anni sentire la vita che scivola via dalla sua presa e rendersi conto che non avrà più un domani, che non vedrà più il sole, che non avrà un'altra occasione sembri istantaneo. Gli saranno sembrati attimi lunghissimi quelli in cui i suoi polmoni si rifiutavano di espandersi e il cuore pompava come un forsennato i suoi ultimi battiti nella speranza di riuscire a fare qualcosa….la luce nei suoi occhi si sarà spenta in un tempo che gli sarà parso lunghissimo. Come possono definirla istantanea!»

Respiravo affannosamente, continuando a guardare a terra, senza avere la forza di alzare lo sguardo su di lui.

«Apri la porta» sibilai quindi, tra i denti.

«Hai detto che avresti aperto la porta se avessi parlato, ora aprila!» stavolta urlai.

Sentii i suoi passi muoversi e la chiave che girava nella toppa della serratura. un secondo dopo era uscita fuori ed avevo attraversato il corridoio che portava nell'ingresso, scansando Meg, che era uscita dalla cucina per chiedermi se andava tutto bene. Non c'era niente che andasse bene in quel momento, mi pareva evidente. Uscita di casa, presi un violetto acciottolato lungo il fianco della montagna. Era ripido e terribilmente faticoso da percorrere, ma era come se stessi muovendo il corpo di un altro, per quanto stessi ansimando non riuscivo a sentirmi addosso la fatica. Ben presto le case che costeggiavano il viottolo sparirono, lasciandomi immersa nella macchia della montagna, tra alberi di alloro dalla sconvolgente altezza acquisita nei secoli, cespugli dalle bacche scure e rovi che si aggrovigliavano ad i lati della strada, con le spine che rilucevano nella luce del mattino. Alla fine della strana c'era uno spiazzo, una piccola radura assolata, con dei sassi bianchi disposti attorno ad una zona bruciata, segno dei molti fuochi che vi erano stati fatti. Nonostante fossero anni che non ci mettevo più piede, quel posto non era cambiato di una virgola. Mi avvicinai al sasso da cui si vedeva meglio la valle sottostante, ai piedi di un gigantesco ulivo. Lì, sul marmo bianco, c'era ancora inciso il mio nome, nella calligrafia disordinata ma elegante di Meg. Mi sedetti lì sopra, poggiando le spalle sul tronco accogliente dell'albero dietro di me e guardai il panorama lì sotto. Per un attimo mi concentrai sulle macchine che brillavano a centinaia di metri di distanza, colpite dai caldi raggi del sole di mezzogiorno. Erano come dei gioielli nel mezzo dei campi che stavano ingiallendo troppo in fretta per il resto del mondo, ma lì era del tutto normale. Il sole brillava troppo spesso perché non fosse l'oro il colore predominante delle nostre campagne, macchiato ogni tanto dal verde brillante dei tralci d'uva e dei fichi che con le loro ampie foglie proteggevano i loro frutti zuccherini. Non era cambiato assolutamente niente, mi sembrava quasi di sentirle ancora le nostre tre voci che riecheggiavano in quel posto, mentre arrostivamo sul fuoco gli spiedini di maiale che ci avevano preparato a casa i nostri genitori o che buttavamo le foglie di alloro tra la legna secca seguendo un antichissimo rituale che per noi era solo un gioco, ma che nell'antichità serviva a far accogliere ad Apollo le preghiere dei propri fedeli, mentre poi ci stendevamo all'ombra di quel grande olivo godendo l'odore del fumo profumato. Voltai lo sguardo verso la pietra accanto alla mia. Era la più grande dei tutti e la pioggia ed il tempo l'avevano modellata nel modo più comodo possibile, sembrava quasi essere stata scolpita per diventare la sedia di un essere umano. Anche lì c'era ancora inciso un nome, Alexandros. Sembrava ieri che l'avevamo portato per la prima volta in quel posto e lui era corso su quella sedia proclamandosi re della radura. Era un bambino sveglio, Alexandros, con uno spirito di osservazione fuori dal comune per un bambino della sua età. Quando giocavo con lui riprendendolo, facendo finta che fosse il protagonista di uno dei miei film immaginari, mi diceva sempre che sarei diventata famosa, avrei vinto l'oscar e lui sarebbe stato fiero di me. Io gli rispondevo sempre che lui sarebbe diventato famoso, avrebbe vinto il Nobel e io sarei stata fiera di lui. Voleva fare lo scienziato, Alexandros, e sognava di inventare un modo per avere in ogni momento il tempo che serviva, così ogni posto sarebbe stato bello come la Grecia. Erano passati sette anni da allora ed io ancora non riuscivo a credere che una vita del genere potesse essere finita. A volte mi aspettavo ancora di vederlo spuntare, ovunque, un bel ragazzo di diciannove anni più alto di me, con i capelli ribelli come i miei tenuti un po' lunghi ed una finta aria trasandata. Era così che me lo immaginavo nei miei sogni, perché se c'era una giustizia in questo mondo lui doveva essere da qualche parte, doveva esistere un posto dove avrebbe visto l'alba dei suoi vent'anni. Fui distratta dai miei pensieri dal rumore dei passi, alzai lo sguardo ed incontrai la figura di Meg che veniva verso di me, completamente vestita per non lasciare che nemmeno un raggio di sole sfiorasse la sua pelle candida. Aveva in mano un pacchetto di fogli che, non appena mi fu abbastanza vicina, mi passò.

«I tuoi genitori stavano buttando via la roba di tuo fratello l'altro giorno ed ho recuperato queste. Sono le lettere che gli scrivevi da Atene» spiegò, sedendosi accanto a me, sulla pietra che recava inciso il suo nome.

Guardai quei fogli e mi sentii mancare il respiro, era come se venissero da un altro mondo, da un'altra vita. La mamma di Meg aveva fatto da postina in quei due anni che io e lui eravamo stati divisi, gli consegnava le mie lettere di nascosto e mi spediva le sue, senza che i nostri genitori lo sapessero. Lui non mi aveva mai scritto niente della sua malattia, probabilmente perché anche lui credeva che lo sapessi e che non mi interessasse, ma quando avevo saputo della sua morte mi ero spiegata come mia nell'ultimo anno le sue lettere erano andate via via diminuendo. Probabilmente non aveva nemmeno la forza di tenere in mano la penna.

«E poi c'è questa…» disse porgendomi un involucro ancora sigillato «è l'ultima che ti ha scritto, poco prima che fosse trasferito ad Atene. Mia madre non te la spedì perché il giorno dopo i tuoi andarono ad Atene e le avevano detto che li avresti raggiunti lì. quindi credeva che non ci fosse più bisogno di lei che faceva da intermediaria. Dopo che seppe come erano andata davvero le cose, però, non ha mai avuto il coraggio di mandartela. Adesso, credo che sia giunta l'ora che tu la legga.» non disse altro. Si alzò in piedi e mi scompiglio i capelli, prima di avviarsi nuovamente dalla strada dov'era venuta.

«Sei stata un'ottima sorella Asia» fu l'unica cosa che disse, girandosi un'ultima volta verso di me, prima di sparire dalla radura.

Abbassai lo sguardo sulla busta che avevo in mano. Il francobollo si era sbiadito con gli anni e quasi non si vedeva di più l'immagine del Partenone che vi era stampata sopra. Sotto, ben leggibile, c'era l'indirizzo del mio dormitorio ad Atene, scritto con la scrittura rotondeggiante ed incerta che solo un bambino può avere. Solo in quel momento, per la prima volta, notai quanto tremava quel tratto e come la sua sofferenza trapelasse in ogni lettera. Passai ore lì, a rigirarmi la busta tra le mani, ignorando la calura del primo pomeriggio che faceva una cappa attorno a me. Meg sosteneva che fosse giunto per me il momento di leggerla, io non ero certa che ce l'avrei fatta.


Saaaaalve!Rieccomi con questo nuovo capitolo che, sinceramente, non mi lascia per niente soddisfatta D: ma dopo tre volte che lo cancellavo e lo riscrivevo mi sono rassegnata al fatto che meglio di così non avrei fatto, quindi perdonatemi, sarà il troppo cibo di Natale che mi dà alla testa T_T per il resto, innanzitutto auguri a tutte voi lettrici <3 come personalissimo regalo dell'autrice vi comunico che abbiamo definitivamente abbandonato Lara ed abbiamo adottato una Meg, spero che il cambiamento sia di vostro gradimento! :D Ma passando a voi^^
Kami_sshi: Sospettavo che i vestiti sarebbero stati di tuo gradimento x°D tra l'altro ora che mi ci hai fatto pensare anche a me Lara ricorda un po' quella tizia! possiible che abbia inconsciamente abbia attinto da lei...anche se nella mia mente lei era più il perfetto prototipo della bionda senza cervello x°D E sono contenta che ti siano piaciuti i miei SuJu *w* avevo un po' paura sinceramente perchè non li avevo mai mossi da soli senza Asia o Siwon nel mezzo!
_Sushi_: Non ci posso fare niente, per me ogni cosa che va contro ad i SuJu è odiosa, quindi ovviamente gli occidentali non potevano essere simpatici X°D Invece trovo preoccupante che tu reagisca come loro agli avvenimenti della storia....credo che il nostro grado di Fangirlismo sia arrivato ad un livello preoccupante! Adesso invece sono arrivati da Meg....ci auguriamo che il personaggio sia all'altezza delle sue aspettative :P
Onewsmileislikeasun: Lara non ce'è più! Te lo prometto!!  x°D Io adoro il rapporto tra Hae e Teuk, si vede poco sul palco magari, ma quando ne parlano si vede che sono molto uniti! così ho voluto provare a portarne un po' anche nella mia storia, per rendergli omaggio <3
Federica_25: con il dire che ti piacciono i capitolo lunghi ti sei rovinata X°D cmq non sto a commentare oltre su quanto bene hai capito il personaggio di Asia perchè già lo sai, ti dico solo che non so se Siwon ha capito davvero tutto quello delel ELF, ma mi auguro sinceramente di sì! Per questo ho voluto fare che il mio Siwon gli si dedicasse anche se aveva Asia a due passi da lui ^^
Angelteuk: grazie grazie grazie per non avermi ucciso per il mio Leeteuk! Vuol dire molto sappilo ç_ç comunque scusa per averti sconvolta...ma che FF/Drama sarebbe se così non fosse?? x°D

Ricordiamo inoltre che come sempre questa FF partecipa alla "The four Elements Challenge"
Elemento: Aria
Prompt: A scelta (Ali).

Alla prossima!
F.

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Capitolo 13
*** Labyrinth ***


13 - Labyrinth


Non avevo idea di come fossi arrivata lì. Non mi ricordavo nemmeno quando mi ero alzata dal mio posto alla radura ed avevo cominciato a camminare Avrei potuto averci messo dieci minuti o dieci ore, non lo sapevo. Per quanto mi sforzassi di ricordare l'unica cosa che mi veniva in mente quando cercavo di ripercorrere all'indietro quella strada nella mia mente era il nulla. Per me il nulla è sempre stato bianco. Come un gigantesco muro di luce bianca nella memoria che non poteva essere scavalcato in alcun modo tanto era accecante, nonostante io ci provassi imperterrita, tutte le volte. Sapevo che non sarei riuscita a superarlo ma ci provai lo stesso, ottenendo un altro deludente risultato. Però mi sfuggì un sorriso. Il bianco era il colore preferito di Leeteuk, attorno a lui il bianco sembrava essere ovunque. Diventava inquieto quando non aveva niente di bianco, non si sentiva a suo agio. Certo, non era niente di trascendentale per la sua esistenza, ma preferiva che quel colore fosse con lui sempre. Improvvisamente provai un moto d'affetto verso il leader e senti la voragine della sua mancanza aprirsi dentro di me. Per un istante fugace provai l'istinto di chiamarlo e chiedergli cosa fare. Sapevo che lui sarebbe stato contento di sapere che finalmente avevo rivelato tutto a Siwon, molto meno invece di scoprire che ero scappata subito dopo, senza dargli la possibilità di mostrarmi la sua reazione. Ma che reazione poteva mai avere? Non potevo restare in quella stanza per vedere il suo sguardo disgustato su di me, non ne avrei avuto la forza. Non sapevo nemmeno di preciso che idea si era fatto, quale illusione tanto potente si era creato nella sua mente riguardo a me, ma non aveva più importanza: era andata distrutta con le mie parole, ne ero sicura. Era un mondo dorato quello che ogni persona mostrava di sè all'esterno. Nel Mondo Dorato non c'è mai niente che va male, ci sono i piccoli particolari che lo rendono diverso da quello della persona accanto e, in qualche modo, unico. Ci sono le giostre, così la gente si può divertire a stare con te, in ogni momento, e ci sono sempre le bancarelle che vendono il  cibo preferito di ognuno, in modo che ritornarci sia sempre piacevole,  poi alcuni credono addirittura di trovarci gli spacciatori di una droga meravigliosa e per loro il Mondo Dorato diventa assuefazione, non vogliono lasciarlo, non possono lasciarlo, amano il Mondo Dorato che quella persona ha messo fuori perché solo lì credono di trovare la felicità. Tutti però, prima o poi, notano che in fondo al Mondo Dorato c'è una porta. Non importa per quanto tempo non gli danno importanza, prima o poi la loro attenzione finirà per essere inevitabilmente attratta verso quell'unico punto che per loro è rimasto inesplorato. A volte la raggiungono con un salto, altre devono fare un percorso ad ostacoli, non importa, l'unica cosa che importa è che ci arrivano e la spalancano. Lì il Mondo Dorato cessa di esistere e si viene messi a fare i conti con la Realtà.  Cosa c'era dietro la Porta? Cambiava da persona a persona. I più fortunati scoprivano che il Mondo Dorato esisteva davvero, alcuni si rendevano conto che era argento, altri invece che era ottone e via via fino al ferro. La rivelazione poteva essere difficile da accettare a volte, ma se chi aveva aperto quella porta si metteva a giudicare obiettivamente la sua Realtà, allora forse riusciva a perdonare quella dell'altro. A meno che aprendo quella porta non si trovasse la cosa peggiore:  la ruggine. Scoprire che quel Mondo che ti pareva meraviglioso era in realtà corrotto, deteriorato, pericoloso e che crollava a pezzi. Per quel mondo non c'è speranza di salvezza, nemmeno una. Era quello che era successo quando avevo lasciato che Siwon aprisse quella porta e vedesse la mia Realtà. Io la sua, di porta, l'avevo aperta tempo fa e dentro, come c'era da aspettarsi, avevo trovato lo stesso oro che c'era fuori. Oro e Ruggine non dovrebbero mai mischiarsi. Non c'è niente di più riprovevole del rovinare qualcosa di perfetto, come l'Oro. Era ovvio che la Ruggine ne fosse attratta, così come era scontato che l'Oro la rifuggesse. Improvvisamente, sentii dei passi alle mie spalle e sussultai, girando verso l'ingresso del rifugio, davanti al quale mi ero trovata senza sapere bene come. Mi girai, terrorizzata all'idea di dover affrontare le ultime persone che avevo voglia di vedere in tutto il pianeta, ma non erano loro.

«Tu che ci fai qui?» gli chiesi, il tono duro.

«Ero venuto a cercare i tuoi genitori, ma a quanto pare sono fuori per non so quale motivo...l'inglese delle tizia alla reception non era eccezionale» rispose Siwon, come se quella fosse la cosa più normale del mondo. 

«Eri venuto a fare....cosa?»

«A parlare con i tuoi genitori» disse di nuovo, pazientemente, senza fare una grinza.

«Per quale assurdo motivo tu vorresti parlare con i miei genitori?» non aveva senso.

«Volevo che ti chiedessero scusa!»

«Scusa?»

«Sì» si andò a sedere sugli scalini davanti all'ingresso e mi fece cenno di raggiungerlo.

Per un attimo ebbi la strana voglia di accucciarmi lì accanto a lui e stare al sole stretta tra le sue braccia, mentre mi raccontava piccoli dettagli della sua esistenza che mi ero persa, oppure mentre mormorava le sue preghiere ad occhi chiusi. Mi sarei accontentata di quello. Certo, la gente vede molte più cose in un bacio, un bacio è istintivo, passionale, un sigillo che rende l'altra persona solo tua e viceversa agli occhi degli altri, la gente non avrebbe notato niente di strano a vederci uno poggiato all'altro su delle scale. Eppure era il gesto calmo e tranquillo di chi aveva davanti tutta la vita e poteva godersi anche gli attimi di calma. Lo raggiunsi sulle scale, sedendomi leggermente distante da lui. Avevo paura che standogli vicina avrei perso qualcosa di importante e non l'avrei più trovata, mi sentivo come se avessi paura di perdere un oggetto a cui ero abituata, perchè sapevo che erano esauriti in tutto il mondo e le scorte non sarebbero più state rifornite, quindi se l'avessi perso mi sarei semplicemente dovuta arrangiare a vivere senza.

«Lo so che delle scuse non ti ridaranno indietro Alexandros, ma volevo che ti chiedessero scusa per la vita che ti hanno costretta a vivere finora» cominciò lui.

«La vita che mi è toccata e solo una conseguenza delle mie azioni» e mi era andata anche troppo bene, pensai, guardandolo.

«Assolutamente no. Tu avevi sedici anni, eri nel pieno dell'adolescenza, loro erano gli adulti che avrebbero dovuto comportarsi da tali. Gli adolescenti si sentono invincibili, loro non possono nascere e vedono la morte come estranea al loro mondo. Dentro di loro non c'è ancora la paura dei fallimenti ed incanalano tutta questa energia di cui si scoprono improvvisamente provvisti per correre a perdifiato verso i propri sogni. Non ci si può aspettare altro da un adolescente. Ma un adulto...come può un adulto essere talmente chiuso nell'orgoglio da voler seppellire un figlio, piuttosto che perdonarne un altro?»

«Tu li trovi...delle persone riprovevoli, vero?» gli chiesi, guardando la strada davanti a me. Lui annuì

«Sì. Anche i miei genitori, quando decisi di entrare alla SM, mi tagliarono i fondi. Mio padre non condivideva la mia scelta e disse che mi sarebbe servita anche come lezione di vita. Avevo il terrore di quell'uomo, quindi non provai nemmeno ad oppormi....ma se fosse successo qualcosa a Jiwon» si battè una mano sulla coscia con rabbia, come se il solo pensiero lo facesse impazzire «se fosse successa qualcosa a Jiwon loro mi avrebbero chiamato subito! Ed ero libero di vederla quando riuscivo! Poi si sono presi del tempo per capirmi e siamo riusciti a recuperare il rapporto perso in questi anni....io non posso concepire che un genitore possa abbandonare un figlio.»

«Se quelle persone sono i miei genitori...io non posso essere diversa da loro» sussurrai, spaventata, incerta se farglielo notare o meno.

«Tu credi che Alexandros fosse come loro?»

«No!» esclamai convinta «Come fai a dirlo?? Alexandros mi scriveva sempre, non si è mai comportato come se non esistessi...lui....» mi interruppi, incapace di continuare oltre, lui lo capì e non disse altro, semplicemente si limitò a sorridermi. E io capii cosa voleva dire in quel momento. A lui non importava chi fossero i miei genitori e cosa avevano fatto, lui continuava a credere che dietro quella Porta ci fosse l'Oro e non la Ruggine.

«Quando uscirai dal labirinto, Asia?» mi chiese, improvvisamente.

«Che labirinto?»

«Hai detto che Dedalo ed Icaro scapparono dal labirinto, ma Icaro andò oltre le sue capacità. Se fossero rimasti chiusi lì dentro però, sarebbero stati al di sotto delle loro possibilità. Se tu continui a darti la colpa di quello che è successo, è come se ti chiudessi nel labirinto chiedendo al Minotauro di trovarti»

«Mi meriterei di essere trovata dal Minotauro» trovai la forza di rispondere solo dopo un po'. Le sue parole mi avevano colpito, non solo per quello che aveva detto, ma perchè l'esempio che aveva fatto era stato preso dal mito che gli avevo raccontato il giorno prima. Non si era limitato a ascoltarlo, ci aveva pensato, ci aveva riflettuto e ne aveva tirato fuori un suo concetto. Non credevo che quello che gli avessi detto, potesse incidere così nella sua mente.

«No e se lo credi dovrò venire a chiudermi lì dentro con te» rispose lui, deciso, afferrandomi per un polso in modo da reclamare la mia attenzione, per poi prendermi delicatamente il viso con la mano libera, ma in maniera decisa, obbligandomi a guardarlo negli occhi.

«No» scossi la testa «Tu voli, tu voli di già»

«E vorrei che anche tu volassi. Se credi di non poterlo fare puoi sempre aggrapparti a me e lasciare che io sia le tue ali»

«Perchè? Perchè vuoi farlo?»

Lui sorrise e mi guardò con uno sguardo che avrebbe sciolto il più freddo dei ghiacciai in una manciata di secondi. Mi sentii quasi tremare sotto la forza espressiva delle sue iridi scure, che mi incatenavano a lui, come se fosse il centro dell'universo.

«Perchè ancora di più adesso che so la tua storia, Asia, ho capito che se le persone sono pioggia, io sono una pioggerellina e tu, tu sei un uragano»

 

 

 

 

Il cimitero di quel paese era troppo bianco e troppo affollato. Come in tutti i paesi i giovani tendevano a scappare, a lasciarli vuoti, rendendoli solo dei gusci vuoti che si sgretolavano sotto il peso dei ricordi di gente che, anche se li aveva abbandonati per sempre, ci aveva lasciato un pezzo di cuore. Ma le persone continuavano a morire, quindi, inevitabilmente, i cimiteri continuavano a riempirsi. Sotto il sole del pomeriggio tutto quel marmo bianco, abilmente plasmato in forma di putti, croci o piccoli templi, brillava talmente tanto da dar fastidio agli occhi. Non mi dispiaceva del tutto, però, dava un senso di purezza e di importanza. Era vero che lì in Grecia tutto sembrava essere in marmo bianco, ma per come lo vedevo io, era una pietra associata agli edifici più importanti. Trovavo un gesto di enorme rispetto la scelta di utilizzarlo anche per le tombe di chi un tempo avevano amato. Dopo essersi fermata, titubante, per qualche minuto davanti al cancello di ingresso, Asia si decise ad entrare ed io la seguii. Il custode ci lanciò un'occhiata molto interrogativa, cosa che non mi sorprese molto, considerando che doveva essersi abituato a vedere le stesse persone da decenni e, potevo scommetterci, nessuno di questi aveva gli occhi a mandorla. La cosa gli dovette sembrare talmente strana, che addirittura si sentì in dovere di fermarci. O almeno mi sembrò di capire che ci stesse dicendo quello, visto che ci aveva parlato in una lingua sconosciuta. Ma rispose Asia e la cosa mi stupì, per un attimo, prima di rendermi conto che era normale, assolutamente normale per lei parlare la sua lingua, più di quanto non lo fosse usare l'inglese, per non parlare del coreano. Improvvisamente mi apparve chiaro per la prima volta che venivamo da due universi che non avevano nessun tipo di legame l'uno con l'atro. Ripensai a me, da ragazzino, a quello che facevo tutti i giorni. Mi era sembrato di aver fatto qualcosa di eccezionale andandomene in Cina per dei mesi, per imparare la lingua…ero a conoscenza dell'Europa, sì, ma come un posto lontano, che non avrebbe mai influito sulla mia vita. Invece era proprio in Europa, in un paesino assolutamente sperduto della Grecia, che stava crescendo una ragazza che forse ignorava persino il nome di Seoul, e che quando sognava in grande pensava a Los Angeles. La catena di eventi che avevano portato questi due universi a collidere era qualcosa di stupefacente, se si ripercorreva all'indietro. Non c'era nessun'altra spiegazione ad un avvenimento del genere, se non il volere divino. Sorrisi, tra me e me, chiedendomi come potesse la gente non accorgersi dell'esistenza di Dio, della Sua grandezza e del Suo amore, notando quelle cose. Avevano messo troppe barriere davanti a Lui, perché potessero osservarlo con chiarezza. A volte avrei voluto distruggere i cancelli del Paradiso e spegnere le fiamme dell'Inferno, in modo che gli altri potessero vedere Dio per come era e non solo come conseguenza delle proprie azioni. E in quel momento, senza che avessi fatto nulla per meritarmelo, Dio mi aveva messo sulla stessa strada di Asia, che era terribilmente ripida ora come ora, ma più che sentirmi affaticato dalla cosa mi sentivo sollevato, perché ero lì con lei e in due sarebbe stato più facile arrivare in cima.  Ecco perché la seguii lungo i vicolini stretti di quel luogo ed anche oltre, quando questi cominciavano a diradarsi, lasciando posto allo sterrato e ad una distesa ripida di lapidi circondate da erba di un verde tendente al giallo, il colore del sole, che in quel posto sembrava dominare ogni cosa.  Quando Asia si fermò, improvvisamente, per poco non le andai addosso. Sembrava aver trovato quello che cercava. Era una lapide, bianca come tutte le altre ma incredibilmente spoglia, sagomata a forma di libro, sulla quale erano incise in oro alcune parole di cui non riuscivo a leggere niente, se non una data di nascita ed una di morte. Erano distanti appena dodici anni l'una dall'altra. Anche senza spostare lo sguardo sulla foto lì accanto avrei capito di chi era. L'immagine ritraeva Alexandros tra le braccia di Asia, sicuramente qualche anno prima che lui morisse, sorridenti e felici sulle scale che portavano all'ingresso del rifugio. Più di ogni altra cosa quella foto mi diede una fitta al cuore. In quel momento capii che la scelta dell'immagine non era stata casuale, in quella tomba i genitori di Asia avevano sepolto entrambi i loro figli, sia quello morto davvero che quella che per loro era morta. Era una crudeltà disumana, anzi, era una crudeltà perfettamente umana. Solo gli umani riuscivano ad arrivare ad un livello di perfidia tale, perché persino per gli animali, proteggere i loro simili era istintivo. Magari avevano sofferto anche loro, ma per qualche strano motivo non mi sembrava che questo contribuisse a migliorarli ai miei occhi: avrebbero potuto risparmiare sofferenza a tutti, semplicemente lasciando che Asia facesse della sua vita quello che voleva. Strinsi i pugni e serrai la mascella, consapevole che era stupido avere addosso tutta quella rabbia per qualcosa che non mi aveva minimamente sfiorato, ma forse aveva fatto di peggio, aveva rovinato due vite che erano state create per essere perfette. Siamo fatti di circuiti sentii la voce di Asia riecheggiarmi in testa A volte c'è un black out e la corrente non passa più, è inutile arrabbiarsi, non possiamo farci niente. Capivo perché la pensava così, adesso. Era più semplice, faceva meno male credere che non l'avessero fatto di proposito, era solo andata via la corrente e loro avevano fatto qualcosa di sbagliato, piuttosto che accettare fino a che punto l'amore verso di lei era stato distorto in odio e non sentirsi come se suo fratello l'avesse pugnalato lei. Spostai lo sguardo su Asia per la prima volta da quando eravamo arrivati davanti a quella lapide e mi accorsi che era inginocchiata a terra, una mano che accarezzava la loro foto impolverata, lasciando delle strie più chiare, via via che scivolava giù per ricongiungersi a terra con quell'altra. Affondò le dita nel terreno per quanto poteva, cercava di stringere i pugni, come se volesse afferrare la terra e gettarsela alle spalle, per poi continuare a scavare. Cercai il suo sguardo, che sembrava quasi perso nel vuoto, finchè non incrociò il mio.  Fu come se qualcosa si ruppe, mi sembrò quasi di sentire il rumore della barriera tra noi che andava in pezzi svanendo nell'istante esatto in cui toccava il terreno. Era uno sguardo che non le avevo mai visto, più forte di qualunque urlo di dolore e più disperato di ogni pianto, era lei che mi chiedeva aiuto, con ogni fibra del suo corpo. E poi quelle emozioni cominciarono a diventare opache mentre le lacrime le offuscavano prima di cominciare a scendere. Prima una goccia, poi un'altra, in breve una pioggia e, infine, i suo singhiozzi disperati. Era un pianto che veniva da lontano, da un passato che non c'era più e non sarebbe tornato. Era il pianto che mi stava raccontando di un tempo in cui era stata felice, aveva riso ed aveva amato. Attraverso ogni singhiozzo sembrava quasi chiedermi perchè non potesse più farlo. Non lo sapevo. L'unica risposta che riuscii a darle nel vano tentativo di rendere umani degli atti che di umano non avevano proprio niente, fu accasciarmi accanto a lei e cercare di stringerla tra le braccia. Non oppose resistenza e ben presto le sue lacrime stavano inzuppando la mia maglietta. Non mi importava, l'unica cosa che per me era fondamentale, era essere lì con lei in quel momento. La guardai, mentre ogni singhiozzo la scuoteva quasi come una convulsione, e la strinsi più forte. Nei mesi in cui l'avevo vista, non era mai stata così fragile e così forte al tempo stesso. Alzai nuovamente lo sguardo su quella foto e, per un istante, mi sembrò che gli occhi di quel bambino rilucessero di luce blu. Dopo un istante, lo notai, appena visibile sotto i nostri occhi nella luce quasi crepuscolare, una sottile fiamma azzurrognola, sospesa a pochi centimetri da terra. Sapevo che anche Asia lo aveva notato, perchè per un attimo i suoi singhiozzi si erano interrotti e si era stretta a me con tutte le sue forze. Nel ventunesimo secolo c'erano almeno tre differenti teorie sulla loro comparsa, tutte sostenute da una salda base scientifica. Probabilmente, anzi no, sicuramente aveva ragione la chimica, ma trovai talmente significativo che quel fuoco fatuo avesse deciso di apparire proprio in quel momento, che scelsi di credere che fosse Alexandros, che era tornato apposta per salutare sua sorella.

Quando venne l'ora di chiusura il guardiano ci dovette quasi cacciare fuori da quel posto. Anche se non avevo capito nulla di quello che aveva detto, avevo la netta sensazione che lui avesse riconosciuto Asia e che quasi gli dispiacesse mandarla via da lì. Ci avviammo lentamente, molto lentamente, verso casa di Meg. A volte un pianto può stancare più di una giornata intera passata a correre e lei aveva pianto per ore, non mi stupiva poi così tanto che avesse bisogno di appoggiarsi a me per camminare. Fortunatamente in quel posto sembrava essere tutto vicino, o forse ero solo io ad essere abituato alle distanze di Seoul, ma ci volle poco a ritornare a casa. Meg ci aprì e non chiese nulla, una cosa che apprezzavo moltissimo in lei. Sembrava che quelle due avessero passato insieme così tanto tempo da essere in simbiosi e fossero state così tanto lontane da aver imparato ad aspettarsi l'un l'altra. Accompagnai Asia in camera sua e la feci sedere sul letto, quindi mi voltai con tutta l'intenzione di andarmene.

«Resta» sussurrò lei, afferrandomi un polso. 

La guardai per un attimo, indeciso sul cosa fare. Potevo sempre prendere una sedia e mettermi accanto a lei volendo. Sarebbe stata la soluzione più ragionevole, certo, peccato che ogni forma di razionalità mi aveva abbandonato nell'esatto istante in cui i nostri occhi si erano incrociati e per la prima volta i suoi mi erano sembrati trasparenti, così tanto da lasciarmi intravedere chiaramente ogni suo pensiero. Annuii e salii sul letto, accanto a lei, stringendola nuovamente tra le braccia.

«Riposati, sei distrutta» le dissi, prima sfiorarle la fronte con un bacio.

«Scusa» mormorò lei in risposta. 

«E di cosa?» 

«Di non essermi fidata di te»

Sorrisi, possibile che riusciva a pensare ad una cosa del genere in un momento come quello? 

«Non importa. Tutte le cose migliori cominciano così...sai nemmeno noi ci fidavamo di Kyuhyun-ah all'inizio, eppure...»

«Davvero?»

«Sì, davvero. Siamo stati orribili con lui in quel periodo. Avevamo appena debuttato ed eravamo solo un progetto, sapevamo che ci avrebbero sciolto da lì a tre mesi e improvvisamente arriva questo ragazzino, dopo solo tre mesi da trainee e lo buttano tra di noi dicendo che avrebbero tolto qualcuno per metterci lui...»

Mi interruppi a metà, perchè mi accorsi che stava dormendo. Non ero infastidito dalla cosa, anzi. La guardai attentamente, con i capelli spettinati, gli occhi gonfi, le guance rigate dalle lacrime...sapevo che ogni giorno ero circondato da donne più belle e sapevo che volendo avrei potuto averle tutte, o quasi. Ma volevo lei, con le su imperfezioni, le sue ferite, i suoi demoni e i suoi limiti. Non mi ero mai accorto di quanto fosse noiosa la perfezione, fino a quel momento. 

 

 

 

 

Il fastidioso suono che mi aveva svegliato sembrava essere distante anni luce da me. Non riuscii ad aprire nemmeno gli occhi, perciò decisi di ignorarlo e provai ad addormentarmi. Non ci riuscii perchè il profumo che sentivo accanto a me aveva portato alla mia mente le immagini del giorno prima. A tratti sembravano essere prese da un incubo che via via si trasformava fino a diventare il sogno migliore che avessi fatto fino a quel momento. Non riuscivo ancora a capire se la giornata appena trascorsa mi avesse fatto terribilmente male o se mi avesse portato a sfiorare il cielo con un dito, l'unica cosa che sapevo era che la mia testa stava seguendo l'abbassarsi ritmico del respiro di Siwon e che mi ci sarei potuta abituare facilmente a quel risveglio. Il suono che mi aveva svegliato tornò a riecheggiare per la stanza, sentii Siwon mugugnare qualcosa e mi decisi ad allontanarmi da lui per spegnere qualunque cosa fosse. Solo quando mi girai verso il comodino notai che era una suoneria, per essere precisi era la suoneria dell'unico telefono con cui stavo mantenendo i contatti col mondo e questo poteva voler dire solo una cosa: chiamata da Seoul. Lo afferrai in fretta e furia e buttai giù la chiamata il più rapidamente possibile per evitare che Siwon si svegliasse. Prima di uscire dalla stanza mi soffermai a guardare il ragazzo che stava dormendo nel mio letto e non riuscii a trattenere un sorriso. Aveva un'aria assolutamente pacifica, con gli occhi chiusi, le labbra leggermente schiuse e il volto rilassato. Era...tenero, non c'era nessun altra parola per descriverlo. Se non fosse stato per il telefono che cominciò a squillare di nuovo, mi sarei sicuramente rintanata di nuovo tra le sue braccia. Chiusi la porta alle mie spalle cercando di fare il più silenziosamente possibile e mi decisi a rispondere.

«Yobuseyo?» chiesi, scatenandomi un'occhiata interrogativa all'ennesima potenza da parte di Meg, che era tranquillamente seduta al tavolo della cucina a cucire non so cosa.

«Yah noona! ti sei decisa a rispondere finalmente!»

«Ah Kyuhyun-ah! Scusa, stavo cercando di non svegliare Siwon-sshi!»

«Stavi dormendo con Siwon hyung?» mi chiese il maknae, divertito. Mi sembrò quasi di poter vedere il suo sorrisetto divertito,  anche se era dall'altra parte del mondo.

«No!» esclamai, arrossendo e cercando di nascondermi da qualche parte per non farmi vedere, prima di realizzare che ero a telefono e che non avrebbe potuto vedermi in ogni caso «Ma il telefono era in camera sua e stava ancora dormendo!»

«Mhm...non ha mai dormito fino a tardi...» continuò ad insinuare lui. 

«Tardi? Guarda che qui sono le sei di mattina! Lo so che tu avrai già mangiato a Seoul ma...»

«Giusto, va bene va bene, ti stavo solo prendendo in giro.» Cho Kyuhyun che ammetteva sconfitta? C'era qualcosa che non andava «Senti non ho tempo, volevo solo dirti che tra poco ti chiameranno gli hyng e ti daranno istruzioni su cosa fare ok? Ci vediamo!»

Senza attendere che rispondessi mi riattaccò in faccia. Guardai il telefono un po' perplessa, prima di unirmi a Meg al tavolo ed afferrare senza troppe cerimonie un pezzo di pane di Pasqua che aveva messo in tavola e cominciai a mangiarlo.

«Chi era a telefono?» mi chiese.

Conoscevo troppo bene Meg, sapevo che per quanto potesse essere curiosa di sapere tutto quello che era successo il giorno prima, quella chiamata era la cosa che la preoccupava di più. Per quanto banale potesse sembrare quella domanda sapevo cosa c'era dietro. Quello che mi voleva chiedere era: "Devi andartene di nuovo, vero Asia?". 

«Ah..era Kyuhyun! Uno dei Super Junior...»

«Mi chiedo cosa possa averti detto per farti arrossire in quel modo...» si limitò a commentare lei, tornando in silenzio a cucire.

La guardai, senza sapere bene cosa dire. Volevo dirle che non me ne sarei andata, che restavo lì con lei. Non ero nemmeno del tutto certa che Siwon mi avrebbe chiesto di tornare o che i manager avrebbero approvato. Probabilmente sarebbe passato qualche mese prima che avessi il permesso di tornare a farmi vedere in giro per Seoul. Volevo dirglielo ma non sapevo se ce l'avrei fatta, avevamo sempre avuto dei problemi a parlare in maniera troppo esposta dei nostri sentimenti, io e lei. Stavo giusto per racimolare ogni singola goccia di coraggio che mi era rimasto e dirle tutto, quando il telefono squillò di nuovo.

«Yobuseyo?»

«Pronto, signorina Chronis?» la voce maschile all'altro lato del telefono stava parlando in un inglese dannatamente buono.

«Si, mi dica»

«La chiamo dalla SM Entertainment, volevo dirle che dopodomani abbiamo prenotato il volo per lei e il signor Choi»

«Per me ed il Signor Choi?» chiesi, cadendo dalle nuvole.

«Sì, siamo riusciti a far partire i procedimenti legali con la paramount pictures, adesso il signor Choi non è più in pericolo»

«Sono contenta e lo accompagnerò all'aeroporto, ma è necessario che lo accompagni in aereo fino a Seoul?»

«Ah, in realtà c'è un'altra cosa che dovevo dirle. Lei ha gestito la situazione in maniera magistrale e non è la prima volta che ha fatto una cosa del genere negli otto mesi in cui è stata qui...» quel discorso mi suonava terribilmente strano «...quindi abbiamo pensato di inserirla nel gruppo di management che si occupa dei Super Junior, se lei è d'accordo.»

«Io...grazie mille. Spero di essere all'altezza del compito.»

«Ne sono contento. Ci vediamo tra qualche giorno per firmare il contratto e...mi raccomando, dopodomani alle nove di sera, Aeroporto di Atene» 

«D'accordo, arrivederci»

Riattaccati e mi trovai davanti a Meg che stava sghignazzando a bassa voce, nascondendosi dietro ad un mano.

«Si può sapere cosa hai da ridere?» Le chiesi, tornando alla mia colazione.

«Ti sei resa conto che hai passato mezza conversazione a telefono ad inchinarti?» rispose lei, cercando di tornare a cucire, ma trovandosi inevitabilmente a ridere ancora più forte, accasciata sul tavolo.

«Yah! Non c'è niente da ridere....guarda che lì è normale»

«Hai appena detto "Yah!"» le sue risate a quel punto erano diventate incontrollabili. 

«Shhh smettila! Così svegli Siwon» ed io rischiavo di seguirla a ridere, il che era un pessimo segno di solito. Poi non avremmo più smesso per le successive due ore.

La parola "Siwon", però, sembrò riportarla con i piedi per terra. Improvvisamente si era ricordata che voleva sapere tutto su di lui. I suoi grandi occhi d'ambra mi fissavano con un'espressione molto eloquente.

«Che c'è?»

«Tu e il figo coreano che non ha un difetto nemmeno a pagarlo e che sta dormendo nel mio» marcò quest'ultima parola «letto in questo momento.»

«Non lo so è complicato....»

«Athanasia» quando mi chiamava per nome era sempre un brutto segno.

«Va bene, va bene...non è scappato via, non mi ha dato del mostro. Avevi ragione tu, contenta?»

«E...?»

«E cosa?»

«Quindi ora tu sei la ragazza più fortunata del pianeta?»

«Ah non lo so...può essere. È imbarazzante da chiederselo come se fossimo bambini dell'asilo no? Credo di sì, ecco»

«Se te lo fai sfuggire prima che ti porti all'altare ti ammazzo.»

«Io non mi voglio sposare!» esclamai, disgustata.

«Tu hai sempre voluto sposarti. Solo che credevi che nessuno ti avrebbe mai accettata e ti eri convinta che saresti restata sola e quindi ti piace dire che in realtà sei tu a non volerti sposare.»

«Puoi smetterla di far notare quanto mi conosci bene? Sei irritante.»

«Non è vero, tu mi vuoi bene per questo» rispose lei, con un sorriso serafico.

Sorrisi anche io in ricambio. Era vero, l'adoravo perchè era l'unica persona che era riuscita a capirmi in una vita intera. Nessuno avrebbe mai potuto rappresentare per me quello che rappresentava Meg. Era stata una bella avventura la nostra, spalla a spalla nonostante tutte le difficoltà che la vita ci aveva posto davanti.

«Ti assomiglia,sai?» le dissi, quindi, continuando a sorriderle.

«Chi? Lui?» mi chiese lei, indicando con un cenno della testa la porta, dietro a cui dormiva Siwon.

Annuii in risposta.

«Davvero?» mi chiese lei, la voce intenerita dall'entusiasmo e gli occhi che le brillavano, come una bambina. E come Siwon, dopotutto.

«Si» scoppiai a ridere «Sai tua mamma aveva ragione quando ci aveva detto che io e te eravamo anime gemelle.»

«Se ha un amico che ti assomiglia potrei avere anche io il mio happy ending....a proposito. Cosa volevano stavolta dalla Corea?»

«Ah dopodomani Siwon deve tornare e...io torno con lui. Mi hanno preso tra i manager dei Super Junior!» mi dovetti trattenere dall'urlare.

«Ti pagheranno per stare con lui in pratica?» mi chiese, divertita.

«Non l'avevo valutata da questo punto di vista ma sì, in pratica sì.....»

«E non pensi che sia il caso di andarglielo a dire?»

Le sorrisi e mi alzai di scatto dalla sedia, dirigendomi verso camera. Avrei dato qualunque cosa per portarmi Meg a Seoul. Stare con lei era come tornare a casa. Nonostante avevo appena attraversato uno dei giorni più estenuanti della mia vita, lei era riuscita a ridurre il tutto a quattro chiacchiere tra amiche. Parlare con lei rendeva tutto più semplice, perchè ogni cosa mi sembrava più facile da affrontare, se sapevo che avrei avuto lei al mio fianco. Senza Meg non so se sarei mai sopravvissuta agli anni immediatamente successivi alla morte di Alexandros. Probabilmente no. A volte mi ero sentita un'ingrata ripagare tutti i suoi sforzi con una vita da reietta volontaria e quelle volte sopprimevo il senso di colpa allontanandomi da lei, sparendo per mesi interi. Non le era mai importato, ogni volta che ero tornata da lei l'avevo sempre trovata ad aspettarmi. Mi fermai a mezza via e tornai verso di lei, avvicinandomi abbastanza da poterla stringere in un abbraccio mozzafiato. Ero famosa, io, per soffocarla quando l'abbracciavo con un po' troppo impeto.

«Sarangheyo» le sussurrai.

«Cosa?»

«Ti voglio bene» tradussi, lasciandola andare.

«Oh! Hai detto che mi vuoi bene!» gli occhi erano tornati a brillarle.

«Come se non lo sapessi» commentai, alzando gli occhi al cielo, mentre ritornavo sui miei passi. Era il gioco più vecchio del mondo. Ogni volta che aveva anche solo un minimo di dimostrazione d'affetto da parte mia, si emozionava come una bambina in un negozio di caramelle. Non sarebbe mai cambiata Meg e io ero contenta così. Se mai fosse successo io non avrei saputo come fare.

Riaprii molto piano la porta della camera, per richiuderla con altrettanta cura alle mie spalle. Siwon stava sempre dormendo e decisi di non svegliarlo. Chissà quando si sarebbe riuscito a fare un'altra bella dormita una volta tornato a Seoul. Anche se oramai il sonno mi era passato, tornai nel letto anche io. Un'altra cosa che non sarebbe successa per molto tempo, sarebbe stato sicuramente dormire accanto a lui. La rete cigolò mentre mi sistemavo e lui sembrò per un attimo passare in stato di dormiveglia. Si avvicinò verso di me e, quasi senza rendersene conto, si strinse a me, usando l'incavo tra il mio collo e la mia spalla come cuscino.

«Dove sei andata?» mugolò assonnato.

«Di là,  hanno chiamato da Seoul ma non volevo svegliarti»

«E adesso resti?» di tutta la conversazione sembrava non aver colto niente e stava continuando col suo iter di domande che aveva in testa.

Lo guardai, era quasi indifeso. Sembrava che fosse tornato indietro di quindici anni e che io fossi il suo pelocuhe preferito. L'espressione era dolce, proprio quella di un leoncino. Non avevo difficoltà a credere che Heechul ce lo avesse paragonato. Sembrava un cucciolo che aveva bisogno di rassicurazione. Avevo visto questo lato di Siwon con gli altri a volte, ma mai con me. Per la prima volta mi resi conto che lui aveva accettato di farsi vedere in ogni suo aspetto, perchè ogni barriera che avevo messo tra noi era crollata. Non c'era più bisogno di fare il superuomo per starmi accanto, poteva essere solo Choi Siwon e io non avrei mai chiesto altro.

«Certo, se vuoi» risposi, divertita, accarezzandogli lentamente i capelli.

«Resti per sempre?»

«Si» risposi decisa, incapace di trattenere l'enorme sorriso in cui si stavano schiudendo le mie labbra «per sempre».



Finalmente ce l'ho fatta T_T questo capitolo è stato un parto. Vi giuro che non so quante volte l'ho cancellato e riscritto per poi cancellarlo. Quindi ora lo pubblico senza pensarci due volte, perchè sono capace di cancellarlo di nuovo e non scrivere niente per altre tre settimane e non va bene, assolutamente. Insomma sono passata dall'introspezione pesantissima di quei due, soprattutto il signorino Siwon, alle quattro chiacchiere in allegria con Meg. Io l'ho vista così...dopo la giornata che aveva avuto Asia, Meg non avrebbe potuto  fare altro che cercare di darle un clima leggero e di normalità, quindi sì, ci sono tre registri completamente diversi tra loro nelle varie parti del capitolo, ma sinceramente non mi dispiacciono! Io mi rimetto al vostro giudizio. 
Ma visto che comincia la seconda metà della storia, trovo giusto ringraziare chi l'ha sopportata finora!
Ringrazio quindi: Alicemblaqshinee, BellaChoi, Haru_, Itsadreamer, Krystal23, Lightfire, Miss Fitzy, plubuffy, SooMicchi, YUIandAI per averla messa tra le seguite, ChoiMinhoFigo_, Perlascent Blue Sky, Tory Ah, YuiChan95 per averla messa nelle preferite e Madame_Green e Vale Aj Kim per averla ricordata!
Inoltre un ringraziamento speciale a: kateryna, YuiChan95, EllyCandy, SooMicchi, ChoiMinhoFigo_ e Tory Ah per essersi prese 5 minuti del loro tempo per recensirla <3
E poi ci sono loro...le Fab Five (che potrebbe voler dire le favolose 5 o anche le 5 di Fab, fate voi, tanto oramai lo sapete che sono autoreferenziale quasi quanto Kim Heechul XD). Senza di loro non so proprio dove sarebbe andata a morire questa storia, con tutte le volte che sono entrata in crisi, che mi faceva schifo, che mi davano sui nervi i personaggi e tutto il resto. Loro ci sono sempre state! Ovviamente di chi potrei parlare se non di _Sushi_ , angelteuk, Federica_25, Kami_Sshi e Onewsmileislikeasun ? Grazie, grazie, grazie, per non esservi perse nemmeno un minuto di questo piccolo sclero, di aver supportato e sopportato Asia fin dall'inizio! Non riesco nemmeno a dirvi quanto vi sono grata! Sappiate che buona parte della progressione di questa storia è merito vostro!

Ci riaggiorniamo presto!
F.


La storia partecipa alla "The four elements challenge"
Elemento: Fuoco
Prompt: Fuoco Fatuo

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