Sette giorni col signor Depp!

di ClaireLongHair
(/viewuser.php?uid=131967)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Disneyland Paris, sto arrivando ... ***
Capitolo 2: *** Giorno 1 – A PRANZO CON LUI. ***
Capitolo 3: *** Il giro della morte … Help me! ***
Capitolo 4: *** Giorno 2 - BUGIE, TROPPE BUGIE! ***
Capitolo 5: *** A bordo piscina. ***
Capitolo 6: *** Giorno 3 - ETCIU'! ***
Capitolo 7: *** Scherzo, scherzetto. ***



Capitolo 1
*** Disneyland Paris, sto arrivando ... ***


DISNEYLAND PARIS, STO ARRIVANDO …

Eccomi.
Sono qui finalmente.
Sto tenendo in mano i biglietti per Disneyland Paris così stretti che rischio di stritolarli. L’aeroporto mi sorride. È affollatissimo, colmissimo di gente da tutto il mondo. L’afa estiva diventa sempre più invadente. Mi toglie quasi il respiro. Ma nulla può esserci di più bello adesso … già. Se i miei amici non mi avessero proposto di iscrivermi a quel concorso in rete, a quest’ora non sarei qua. Non finirò mai di ringraziarli per questo. Di certo papà e mamma non mi avrebbero fatta partire da sola per questo viaggio. E soprattutto nulla mi avrebbe garantito che avrei potuto incontrare il “mio pirata” in carne e ossa. O meglio, in fascino e sensualità. Adesso però ne ho la certezza! È scritto sul regolamento: sette giorni con il fanatico Sparrow. Non potevo sognare di meglio perché: io ADORO questo bonaz … em, quest’uomo dal sex appeal fuori dalla norma.
Sono un po’ frastornata, è vero. La confusione mi da sempre alla testa. Effettivamente non è l’unica cosa che mi dia alla testa. Immagino, infatti, lo sguardo magnetico e intrigante del signor Depp, quando gli stringerò la mano e quando sentirò le mie gambe venire meno al solo pensiero di essere lì a pochi centimetri da lui. Mi scioglierò come la besciamella nel tegame delle lasagne. E so già che non farò di certo mancare la mia goffaggine, sempre all’attacco nei momenti meno consoni. Ma mi sento più che euforica!, stramaledettamente baciata dalla fortuna.
Il signor Depp è un uomo a dir poco affascinante. Fa parte di quell’insolita e rarissima (ahinoi, purtroppo!) categoria di persone che riesce a disintegrarti solamente con uno sguardo lampo (ha degli occhi irresistibili, accidenti! *.* Lo sguardo è ciò che amo di più di lui) e che ti fa sentire un essere assolutamente inutile e disprezzabile dinanzi a quella sua fronte imperiosa e autorevole (la fisserei tutto il tempo!). Ogni  volta che osservo il suo viso - solo tramite poster! - è come se lo sentissi ridere. Immagino già la sua risata contagiosa. Credo che lui nei panni di Jack Sparrow ci abbia sempre vissuto segretamente. E' un pirata, e che pirata! Per non parlare poi di quei tratti somatici decisamente … perfetti, nonostante le lecite imperfezioni vicine alla realtà umana in cui tutti viviamo. E le sue labbra poi! Non ricordano affatto le stupide “labbra da baciare” che alludono tanto alla pubblicità del labello. Sono invece labbra meritevoli di essere ritratte. E scommetterei tutto quello che volete che se solo un Raffaello o un Da Vinci fosse vissuto ai tempi nostri, a quest’ora lui, Johnny Depp, avrebbe posato per un ritratto degno di questo nome. Ah, dimenticavo! Le sue mani … ha delle mani bellissime, perfette, che sanno di certo abbracciare il manico della sua, da sempre amata, chitarra fino a stuzzicarne le corde per emettere una sensazionale melodia che sa di lui e di tutto ciò che riguarda il suo mondo. E' il tipico uomo un po' trasandato e un po' avventuriero. Il rubacuori che tutte le donne dell'universo vorrebbero accattivarsi, che ti fa sentire protetta anche solo guardandoti per un istante.
Ma torniamo a noi!
Sono le dodici e venticinque minuti e un pullman, con tanto di scritta DISNEYLAND sul lato destro, sta accompagnando me e altri quarantanove fortunati a destinazione. Che meraviglia! Le vetrine di Parigi sono sensazionali. La moda è sovrana in questa città. Sono in fibrillazione! Ma ci pensate?! Trascorrerò sette giorni, dico sette, con l’uomo che ho sempre sognato di incontrare sotto le vesti del famigerato Jack Sparrow. Se penso che fino a ieri fantasticavo di conoscerlo e collezionavo le sue foto dal web o i ritagli di giornale con le sue interviste e adesso potrò addirittura parlargli!
Oh mio Dio, stiamo arrivando! Vedo già il parco Disneyland con l'enorme castello.
Non penso che resisterò al colpo. Davvero. Ho bisogno di un dottore …!
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Giorno 1 – A PRANZO CON LUI. ***


Giorno 1
A PRANZO CON LUI.

Ho appena scaraventato le valigie in camera. Sono inebetita davanti allo specchio del bagno e incomincio a credere di essere stata una stupida ad aver preso il primo volo e a venire fin qui. Cosa credevo? Che davvero Johnny Depp sarebbe venuto in questo cavolo di posto per trascorrere una settimana stressante con tutte le sue patite ed isteriche ammiratrici che avrebbero fatto a botte sul ring pur di toccare anche solo le aste dei suoi occhiali fashionissimi?
No. Questo regolamento del corno mi ha imbacuccato il cervello e adesso, come una misera vittima, rimango inerte nella fascinosa stanza 117 del Disneyland Hotel.
Cosa faccio? Non ho nemmeno la voglia di chiamare casa. Mi costerebbe troppo. Tutti questi regali qui mi stanno facendo dimenticare che sono una comune mortale che abita nel secondo piano di un condominio a conduzione familiare …
E guarda un po’ quell’orologio! Mi da suoi nervi sto’ ticchettio pesante al muoversi delle lancette.
Toc, toc!
Oh cavoli! Toc, toc cosa?!
– Signorina è in camera? – mi sento chiamare.
– Sicuro … em sto arrivando! –
Apro la porta e mi trovo davanti una ragazza mingherlina dall’aspetto cordiale e genuino.
– Salve e benvenuta nel nostro Hotel. Lei ha partecipato al concorso per trascorrere una settimana con il personaggio famoso che le sta più a cuore?! – mi disse sorridendo dispiaciuta.
– Esattamente. Ma immagino che Jack Sparrow vi sia scappato da questa “galera” e che io posso rifare i bagagli per tornare in Italia. È lì che dovevo rimanere. Che stupida che sono … – esplodo prematuramente.
– In verità … Em … volevo dire che …  –
– Non si preoccupi. Lei non ha nessunissima colpa. Gli attori famosi sono fatti così! E da uno come lui poi, bisogna aspettarsi la qualunque. Sono tutti convinti che possono disdire un impegno a loro piacimento senza mai preoccuparsi della gente comune. Ma va bene lo stesso.  – dico, prendendo il golfino bianco che avevo poggiato sulla poltrona – Ci sono stata fin troppo in questo posto che, con tutto il rispetto per la vostra cordialità, ricorderò molto negativamente per questa brutta, orrenda, esperienza! –
– Deve esserci un malinteso. Mi scusi ma sono venuta per dirle che Jack Sparrow, cioè il signor Depp, la sta aspettando al ristorante di sotto già da quindici minuti. –
COSACOSACOSA?
Mi alzo dal tappeto rosa ai piedi del letto dove stavo forzando la lampo del trolley che non voleva aprirsi.
– Il signor Depp mi aspetta nel piano di sotto da un quarto d’ora e io lo sto facendo attendere ancora?! Ma perché non me l’ha detto subito! – rispondo raggiante ma quasi incredula.
– Ho tentato di farglielo presente ma lei non me lo ha permesso. –
– Mi spiace tanto – dico realmente imbarazzata – Grazie ancora per la sua pazienza! – ed esco dalla stanza stampandole un bacio sulla fronte come se baciare il personale di un albergo fosse la cosa più naturale del mondo.
 
 
– Prego, venga da questa parte – mi dice un uomo col papillon, appena raggiungo la hall dell’hotel. Lo seguo eccitatissima e mi sistemo qualche ciuffo ribello dietro le orecchie.
– Adesso le mostro il tavolo in cui pranzerà col signor Johnny – sorride sornione.
Io ricambio il sorriso e inizio a sentire le farfalle nello stomaco. Non ci credo ancora!
– Si accomodi pure. Il nostro bell’imbusto sta arrivando! – continua il cameriere, canzonandomi.
Mi scappa una risata isterica e disperata. Cerco di rimanere tranquilla ma sento un formicolio che si allarga per tutto il corpo. Passano pochi istanti che mi sembrano un’eternità e finalmente scorgo una sagoma molto, mooolto familiare che avanza dissoluta, oltrepassando i tavoli imbanditi, con lo stupore e i sussulti di coloro che non credono ai loro occhi. La sagoma, circondata da due guardie del corpo, continua a salutare tutti con un cenno della mano mozzafiato, senza nascondere il suo invitante sorriso, esibendo le deliziose moine che fanno parte di lui da sempre, come in un film.
Viene avanti con passo deciso e coerente e finalmente mi squadra dalla testa ai piedi.
Oh mio Dio Santissimo! Perché sto perdendo all’improvviso il dono della parola? Che cosa dirò adesso? E che cosa faro?!
Ok, calma. Mi alzo istintivamente e lui sfoggia un sorriso a trentadue denti. Inizio a sciogliermi come un iceberg a due millimetri dal sole, ingoio la Big Bubble – che fino a poco prima tormentavo tra i denti – e per un attimo ho la sensazione che mi sia rimasta nell’esofago. Gli stringo la mano, forse con un po’ troppa enfasi. Mi sento come un’extraterrestre incompreso.
Lui si presenta: – Ehi, che piacere vedere la ragazza che annoierò a morte questi sette lunghissimi giorni! Di solito è buona cosa presentarsi anche se penso che sai fin troppo bene chi sono. Ma facciamo finta di partire da zero … il mio nome è John Christoph … –
– John Christopher Depp II, nato il 9 Giugno 1963. – dico interrompendolo.
Idiota, idiota, idiota!
– Okay, sei preparata vedo – risponde lui, evitando il mio sguardo imbarazzato e incominciando a ridere simpaticamente, come solo lui sa fare!
– È un piacere indescrivibile per me trovarmi qui. – cerco di rimediare con un sorriso da ebete.
– Anche per me – sorride sincero lui – Trovo che conoscere le persone che amano quello che fai sia il massimo per il mio lavoro. – poi si siede, riempiendosi un bicchiere con dell’acqua naturale.
Io rimango ancora in piedi, riconfermando la posizione da IDIOTA che – vi assicuro – non è da me. Ma il fatto è che non mi accorgo di non aver preso posto. Continuo a rimanere alzata e a fissarlo mentre beve e, solo qualche secondo più tardi, mi rendo conto che il fighissimo Johnny mi chiede se gradisco anch’io un po’ di acqua fresca.
Abbasso la testa in segno di assenso, con scatti robotizzati come se avessi un tic nervoso, e lui, nascondendo una smorfia divertita (e decisamente irresistibile) mi riempie il bicchiere.
A quel punto mi siedo di scatto come se mi fossi scoperta senza vestiti addosso in quel nanosecondo. Sento le guance prendere fuoco come una pira bagnata si benzina vicino a un falò.
Il signor Depp si mette comodo sull’elegante sedia in vimini di fronte alla mia. Poi mi domanda: – Qual è il tuo nome? –
Non rispondo subito perché continuo a deglutire l’ansia che mi sta soffocando. Poi dico: – Clara. –
Mi viene fuori una vocina strana come se avessi ingerito del gas da un palloncino pieno di elio. Non mi riconosco più. Ma la colpa è del suo sguardo carismatico che mi rende immobile dinanzi a tutto. Scruta il mio viso curioso e desideroso di conversare ma io non posso! Tutto quello che avevo sognato per notti, l’intensità delle parole che avrei proferito, le simpatiche risate che si sarebbero confuse nell’aria che ci circonda … tutto si è polverizzato all’improvviso.
Con un’espressione involontaria manifesto la mia delusione.
– Che scuola fai? So che sei Italiana se non m’hanno informato male. –
– E’ così. Ho appena finito il mio primo anno di liceo. – rispondo sintetica. La voce mi sta ritornando quella di sempre.
Wooow! Si è ricordato che sono italiana! Non è magnifico?!
– E’ uno splendido Paese l’Italia. Lavorarci sul set di “The tourist” è stato come un regalo meraviglioso. A Venezia c’è un’atmosfera unica! –
Sorrido ma ho paura di confessargli che la penso allo stesso modo perché la mia boccaccia potrebbe farmi brutti scherzi. Quindi mi limito ad abbozzare una smorfia amichevole e sinceramente felice. Felice per tutto. Felice per lui che mi è vicino. Felice per il mio primo viaggio a Parigi che non poteva essere meglio di questo. Felice e basta.
Ehi! Aspettate un secondo, la mia situazione sta diventando stabile, forse. Mi sento più rilassata ora. Ok, ci siamo. Adesso posso portare avanti i miei discorsi assolutamente sensati e maturi. La vecchia Clara sta tornando sul Pianeta Terra, finalmente aggiungerei.
– Posso farti una domanda? – mi dice da dietro ai suoi occhialoni supersexy, aggiustandosi il cappello.
– Sicuro – rispondo composta.
Siamo qui per questo! Penso in cuor mio, immaginando di saltellare per la gioia del momento.
Frena, frena, frena! Sono a un tavolo del Disneyland Hotel e sto a un passo dal mio adorabile pirata. Vorrei saltargli addosso e abbracciarlo per l’eternità, mentre mi racconta le sue emozionanti avventure di vita che lo hanno trasformato nel magnifico uomo che è oggi.
Carezzo impulsivamente la mia mano destra che lui poco prima mi aveva stretto: giuro che non la laverò mai più!
– Dai qua il tuo bracciale … – mi dice, mettendosi composto per vedere meglio il ciondolo che ho nel polso destro.
– Quale? Questo qui? – chiedo, allungando il braccio verso di lui come se un cannone avesse sparato una palla di fuoco. Accidentalmente butto giù con violenza e impeto il bicchiere che, con grande cortesia, poco prima mi aveva riempito e dal quale (accidenti a me) non avevo ancora bevuto.
Voglio scoppiare come accade alla fastidiosissima bambina de “La fabbrica di Cioccolato”. Farei di tutto pur di scomparire. Mi vergogno a morte. Oh, santo cielo! Sto perdendo la dignità. Ma perché niente si sta svolgendo per come mi ero prefissata?
L’affascinante Depp ride di gusto: – Tranquilla piccola, sono un essere normalissimo. Di questo passo abbatteremo i muri dell’edificio e, ti assicuro, non ci faremo una bella reputazione. È questione di tatto nella vita. – dice quelle parole come se stesse girando una scena di “Pirati dei Caraibi”, sussurrando e arricciando il naso nel modo in cui solo lui sa fare. Nel frattempo asciuga con un tovagliolo di pezza l’esondazione del mio bicchiere ridotto uno straccio e così chiede a un cameriere di portarcene uno pulito.
Che gentile!Penso.
– Mi dispiace, non so che mi prende. Sono troppo tesa … Lei è libero di andarsene anche se il contratto lo vieta. Io non voglio attentare la sua vita. Mi odierei profondamente! Avevo sognato questo giorno da quando ho scoperto che lei esiste sulla faccia della terra e lo sto buttando via. Ma adesso mi guardi. Su, mi guardi. Vede la mia vergogna?! È stampata in faccia a caratteri cubitali! – annuncio con gesti teatrali.
Il signor Depp mi fissa: – Mm … – mi fa segno di avvicinarmi con un gesto della mano e socchiude gli occhi curiosi come per scrutare meglio la mia ridicola faccia. Poi soggiunge: – Uhhh, per mille bottiglie di rum! Spero non sia contagiosa! … –
Lo osservo un attimo ammutolita. Incomincio a pensare che non sia solamente bello da fuori ma che lo sia soprattutto da dentro. È riuscito a farmi sentire meglio con quella sua battuta. Sghignazzo come una scema e mi massaggio le tempie.
– Puoi darmi del tu, mi sento a mio agio senza formalità. Non credi anche tu che sia decisamente meglio? – mi propone soddisfatto per avermi fatta ridere poco prima.
– Ok, è inutile dirti che non aspettavo altro. Voglio realmente che questi giorni per me siano indimenticabili. –
– Sono d’accordo. Lo desidero anch’io. – poi si rivolge al cameriere: – Le dispiacerebbe portarci – em, portarmi! – una bottiglia di vino rosso? –
– Certo che no. – risponde il signore col papillon, allontanandosi.
– Cosa ti andrebbe di fare nel pomeriggio? –
Oh mio Dio, che proposta allettante! Scappiamo, giriamo il mondo intero in compagnia della tua chitarra! Sono pronta a tutto. Affronteremo le insidie assieme, come ai Caraibi, nei tuoi film!
– Non ne ho avuto il tempo per pensarci! – mi limito a rispondere.
– Capisco. In effetti non piacciono nemmeno a me le cose troppo organizzate. Faremo un giro e vedremo … Voglio vedere il ciondolo che hai nel polso. Posso? –
– Ceeerto. Ma stavolta non voglio correre il rischio di rovesciare la bottiglia. –
Apro il gancio del bracciale e glielo passo sopra al cesto del pane. Lui mi sfiora le dita con le sue – brrr! Che emozione indescrivibile!
– È una biro in miniatura e qui c’è la chiave di sol. – dice osservando i gingilli luminosi che pendono dal pezzetto metallico.
– E’ una stupidaggine. Sono solo cianfrusaglie. –
– Non è vero. Scrivi e fai musica, non è così? – mi dice lui serio.
– Si. Scrivo e studio musica. Sono le mie due grandi passioni. Ma a chi vuoi che importino? – rispondo generica.
– Se non ci credi tu stessa a nessuno. –
– Oh, andiamo. È logico che nessuno sia interessato a quello che appartiene a una quindicenne. –
– Be, per cominciare, a me interessa la musica e sono attratto anche dalle persone che, come me, pensano che la musica sia qualcosa di magnificamente indescrivibile. La musica parla da sé e non ha bisogno di inutili interpretazioni di parole. Dobbiamo solo viverla perché è l’unica cosa al mondo che può unire la gente, emozionandola veramente. – continua.
Vedo un’intensità straordinaria nel suo sguardo. Davvero. Non si possono paragonare le parole delle sue interviste scritte su carta con quelle da lui proferite personalmente. È tutto un altro gusto.
– Sei una strana ragazza. – mi dice dopo alcuni attimi di silenzio.
– Puoi dirlo forte! Eccomi qui a meno di un metro da te e non riesco ancora a concepirlo. Mi sono umiliata abbastanza. Ma preferisco non pensarci. –
Ride di me come se stesse parlando con una vecchia amica.
– E che mi dici della scrittura? Di questo non me ne intendo molto. – mi chiede dopo un sorso di vino.
– Scrivere per me è vita. A volte odio immaginare la storia e i personaggi. No, che sciocca. Odio dovere tentare in tutti i modi di rendere quello che immagino in maniera veritiera, giocando con le parole. Non sono mai sicura che quello che scrivo può piacere agli altri. Ma sono sicura che scrivere è sinonimo di felicità per me. Nonostante tutto io amo battere i miei pensieri al computer. Mi sento soddisfatta. –
– Ehi, ehi, ehi. Allora fai sul serio?! – scherza lui.
– Sicuro. – annuisco.
Non ce ne rendiamo conto ma passa del tempo e stiamo già finendo le portate con una voracità impressionante.
Il CIBO è fondamentale per me tanto quanto lo è la figura di Johnny nella mia vita! :-)

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Il giro della morte … Help me! ***


Il giro della morte … Help me!

– Stavo pensando … Ti andrebbe di fare un salto da “Indiana Jones and the Temple of Peril”? –
– Cos’è? Una delle attrazioni di Adventureland? – chiedo sarcasticamente, sperando che così non fosse.
– Indovinato! – risponde Johnny entusiasta.
– Magnifico! – esulto, cercando di sembrare contenta.
Ricordo che, se la memoria non m’inganna, Adventureland sia il posto più catastrofico e movimentato di tutto Disneyland. Ora, non vorrei sembrare una fifona, ma ho paura che la pressione possa salirmi drasticamente senza che nessuno possa fare niente per salvare il mio povero cuore! E io non voglio morire proprio adesso.
– Ti avverto che ci si attorciglieranno le budella! – dice con aria svezzata e ricca di esperienza.
– No, andrà tutto bene. Riesco a leggere sull’autobus nei posti al contrario senza sentirmi male a ottanta km/h. Figurati se non posso fare quattro giretti in una giostra … . –
– Allora è perfetto. Non vedo l’ora! Alle quattro fatti trovare all’ingresso del tuo hotel che ti verrà a prendere il mio agente. Poi ci faremo due passi e raggiungeremo Adventureland. D’accordo? –
– Certo. È fantastico. Alle giostre, allora? – domando con un sorriso letteralmente terrorizzato, con la speranza di sentire un ripensamento da parte sua per quella folle idea.
– Oh, che entusiasmo! Ci sganasceremo dalle risate! Promesso. –
Penso che sia più corretto dirgli che me la sto facendo sotto ma non trovo le parole, il coraggio e il modo per farlo, quindi mi lascio stringere le spalle dalle sue splendide mani che vogliono salutarmi così e vado all’ascensore che mi condurrà al quarto piano. Che sapore sensazionale ha avuto quel saluto! Ah, è la cosa più bella del secolo! Mi sento come rinata tra le sue braccia! Altro che il matrimonio di Will & Kate! Questo è decisamente più … più … è più e basta.
 
È già passata un’ora e mi sto attrezzando per il giretto sui vagoncini a tutta velocitàattraverso le antiche rovine. Un freddo brivido mi percorre la schiena giungendomi alla cervice ogni qualvolta io ci pensi su. Sento che il cellulare sta vibrando nella tasca dei jeans e lo prendo. Sul display vedo l’icona di un messaggio. È di papà e dice così:
Ehi?! Ti sei dimenticata di noi? Chiamaci ogni tanto e facci sapere se il leggendario Jack Sparrow ha ancora bisogno di una ciurma. Siamo pronti a raggiungervi! Ti salutano tutti quanti!
Baci da papà, mamma e Sofia! ;)
Oh, che teneri!Penso.
Potrebbe essere l’ultimo loro messaggio che leggerò. Voglio dire, non si sa mai se dopo al giretto sulla giostra di Indiana Jones io rimetta piede sulla crosta terrestre sana e salva. Potrei avere la testa al posto delle mani, o i piedi al posto delle orecchie!
Decido di prendere la mia adorabile macchina fotografica con tanto di custodia in pelle. Non ho ancora fatto nessuna foto col signor Depp! E non voglio di certo tornare a casa a mani vuote! Riempierò un intero album fotografico. Indosso le mie comodissime converse fucsia, un top dello stesso colore e un paio di jeans un po’ sbiaditi. Lego i miei lunghi capelli in un enorme chignon e indosso alcuni fermaglini colorati. Qualche goccia di profumo, una bottiglietta di acqua fresca (nel caso soffochi per le vertigini) e la mia inseparabile borsa a tracolla.
Ecco, sono pronta adesso e sono solo le quattro meno un quarto. Rispondo velocemente al messaggio di mio padre, rassicurandolo, e attendo con ansia che si faccia l’ora esatta.

– Ciao. – mi saluta il mio caro pirata.
Sorrido come una bambolina. Non lo faccio apposta. Ma quando mi trovo di fronte alla sua persona non riesco a fare altro. Si passa una mano tra i capelli, un po’ spettinati e estremamente irresistibili. Vorrei che il giro in giostra fosse rimandato a tempo indeterminato e che facessimo un tranquillo giretto sul campo da golf oppure che ci prendessimo un bel gelato, chiacchierando. Ma invece la sua sete di spericolatezza è tangibile più di quanto crediate. È davvero un uomo che intende provare ogni cosa. Proprio tutto, forse.
– Lo sai che sarà pericoloso, vero? – mi domanda premuroso.
Continuo a scrutare i suoi occhi decisi e inconfondibili e non sento affatto ciò che mi dice. Non ci faccio minimamente caso. A un certo punto il suo sguardo cambia espressione e finalmente mi accorgo della sua domanda.
– Beh, certo. Mi terrò forte. Ma pericoloso quanto? – mi informo più terrorizzata del solito.
– Tanto quanto basta, credo. –
– Non ci sei mai stato? –
– Dico “credo” perché la paura è soggettiva. –
Alzo gli occhi al cielo come per chiedere soccorso divino. Lui se ne accorge e fa lo stesso, quasi per imitarmi scherzosamente.
– Andiamo? – ci domanda il suo agente.
– D’accordo. – dice lui. Poi si rivolge a me: – Dammi la mano perché rischiamo di perderci d’occhio con quella confusione di gente. –
Oh mio Dio! Sento come se dei paparazzi ci stessero perseguitando con i loro pazzi click fotografici e noi dobbiamo darcela a gambe, onde evitare i pettegolezzi sui giornali di gossip. Che sensazione sensazionalmente sensazionale!
– Preparatevi a salire sui vagoncini del “Temple of Peril”. Sentirete il cuore in gola! È un’esperienza che vi lascerà la bocca asciutta … . – stride una vocina anziana dall’altoparlante.
È un’esperienza che vi lascerà la bocca asciutta, gne gne gne! – ripeto io acidamente. Che odiosa situazione, accidenti!
Il signor Depp avverte il mio disagio finalmente – non che ci volesse poi così tanto per capire quanto mi sentissi agitata – e mi tranquillizza così: – Quante storie fa questa vecchietta al microfono per un giretto su un binario circolare a trecentosessanta gradi! Che sarà mai?! –
Guardare il suo viso bello e risoluto mi fa dimezzare per un po’ l’ansia. Sento però lo stesso i nervi a pezzi. Qualche secondo più tardi mi ritrovo su un vagoncino alla sua destra con la cintura di sicurezza che mi cinge le spalle. Mi sento una misera martire in una piazzetta medievale che va incontro alla morte! Che triste destino!!!
La struttura sulla quale ci troviamo è spaventosamente complessa e fa pensare a un vortice senza uscita. La gola mi secca ancora prima di incominciare il nostro tour mozzafiato!
Mozzafiato, un corno!Penso.
– Pronta?! Ohhhhhh … Tieniti forteeeeeee ... –
Non riesco ad rispondergli perché la velocità dei vagoncini infuria prima di quanto si possa pensare. Pronta cosa? Come faccio ad essere pronta per affrontare la morte? Sono pazza a darti retta! Eccessivamente pazza, questo forse. Ma pronta, proprio no.
Si levano urla di mocciosetti terrorizzati ma felici per quest’esperienza.
Dannazione!
– Ma è divertentissimo, non è vero? Claraaaaa? Va tutto beneee? – mi urla Johnny.
Rimango incollata ai ganci di sicurezza con una forza che non credevo d’avere. Sgrano gli occhi impietriti e inizio a vedere tante travi di legno che si accavallano sopra di noi e che ci superano spasmodicamente. Sento un boato e temo che il nostro vagoncino si sia staccato dai binari. Non è così evidentemente perché andiamo a tutta birra e ci prepariamo – per così dire – alla risalita. Finalmente penserete voi. Ma vi giuro che non è così perché sento che le budella stanno prendendo il posto dei polmoni e che la mia gabbia toracica si sta allargando a vista d’occhio. Mi ritrovo a testa in giù ad affrontare curve più che azzardate con la pressione atmosferica che mi schiaccia il cervello. Non arriva più ossigeno da nessuna parte. Il mio cuore batte energicamente ma sento che smetterà presto di pulsare sangue. Niente ossigeno, niente circolazione del sangue e niente battiti e niente più vita! Sto collassando praticamente e nessuno si preoccupa della mia salute. A un certo punto sento che una ciocca mi sfiora la fronte. Sono ancora VIVA! … la tensione rallenta e con essa anche la velocità di quelle bestiacce di vagoncini. È tutto finito. Il mio pericoloso giro della morte è arrivato al termine. Ma perché vedo le cose al contrario? Sarà che … siamo ancora a testa in giù?!
– Va tutto bene? – mi sussurra coi capelli sconvolti e il viso ubriaco.
Mi volto a guardarlo, farei a pugni con me stessa. Sono una povera disgraziata. Il mio colorito deve essersi spento. Sono per natura molto chiara ma dopo quello che avevo vissuto sono giustamente diventata di un bianco pallido dato che mi si era fermata la circolazione per una dozzina di secondi.
– Sto per vomitare. – biascico disorientata.

I vagoncini guadagnano lentamente velocità ed ecco che … mi ritrovo di nuovo con le budella al loro posto. Il fatto è che la sveltezza con cui tutto ritorna normale è oltremodo innaturale e perciò il subbuglio del mio stomaco non tace affatto.
Non posso vomitargli addosso! Non sarebbe elegante! Riesco a pensare da vera psicopatica.
Adesso però non ho dubbi sul fatto che il giro spericolato – che non ripeterò più nemmeno se mi dovessero incoronare regina dell’universo – sia veramente giunto al termine.
Pochi istanti più tardi, quando il cervello incomincia a mandare impulsi nervosi al resto del corpo, sento che qualcuno (zio Johnny) mi afferra per un braccio e mi accompagna all’uscita del parco.
Lo stomaco mi si contrae nervosamente. Qualcosa non va, credo.
– Come stai? Riesci a camminare? – dice lui, con l’aria rintronata.
– Certo che ce la faccio. – rispondo, staccandomi dalla sua presa.
Incomincio a barcollare come se stessi camminando sui trampoli degli artisti circensi. Mi pesto i piedi da sola e il groviglio del mio stomaco non si scioglie per nulla al mondo. Continuiamo a camminare verso l’uscita e sento i suoi occhi storditi ma curiosi su di me.
Che hai da guardare?Dicono per me i miei occhi incavolati e spossati.
– Forse è meglio che prendiamo qualcosa da bere prima di tornare in albergo. Va bene? –
– Come vuoi. – rispondo. In realtà non vorrei affatto perdere altro tempo in giro perché sento un sapore amaro in bocca. Brutto segno, bruttissimo. Non sto per niente meglio. Sto affondando come il Titanic!, sempre più giù.
Ci fermiamo al Restaurant Hakuna Matata, il primo che troviamo.
La mia pancia si lagna di meno ma sento lo stesso strani grugniti provenirmi da dentro.
Chissà cosa saranno!
– E’ meglio bere qualcosa. – propone lui.
– Voglio solo un po’ di Coca Cola. –
– Ottima scelta. Una birra e un bicchiere di Cola. – ordina al barista.
Guardo la marmaglia di persone nel locale e mi gira la testa. Qualcosa nel mio stomaco continua a muoversi incessantemente.
Beviamo ciò che abbiamo ordinato. Io assaggio solamente un po’ dal bicchiere perché non riesco a mandare giù proprio nulla. La mia pancia rifiuta ogni cosa.
Il signor Depp mi sorride e mi chiede se va meglio.
– Alla grande, non mi sono mai sentita così bene prima d’ora. Credimi! –
– Perché non me l’hai detto prima che ti piacciono poco le robe troppo spericolate? –
– Perché pensavo di essere abbastanza forte. – farfuglio, mettendomi una mano davanti alla bocca.
– Hai davvero esagerato. Dovevi dirmi che non avresti resistito. –
Ce ne andiamo fuori da lì e lui si accende una sigaretta.
No, ti prego. Non la sigaretta! Non posso soffrire pure la puzza del fumo!
Avvisto un cassonetto a qualche passo da noi e me la do a gambe con una frenesia tale da scappare letteralmente alla velocità della luce. Il signor Depp non si accorge della mia fuga e continua a chiacchierare con me, per così dire.
– Hai visto come si è fatto tardi? Ehi ma dove … . – si guarda attorno spaesato. – Questa ragazza è un vero e proprio razzo, a quanto vedo. Sarà già salita in macchina! – lo sento mugugnare ridente.
Nel frattempo io, em, beh si … io stavo svuotando la mia sacca!, se così si può dire.
Mi sento mooolto meglio, adesso. Sono più leggera e la pancia non grugnisce più!
– Stai vomitando? – mi soccorre lui quando si accorge che sono con la testa a capofitto sul bidone dei rifiuti. – D’accordo. Niente più giostre temerarie per te! Proprio nessuna! –
Ritorno in me.
Lo guardo per un attimo arrabbiata. Mi credi una babbea, eh?
Si passa una mano dietro al collo e mi fa una smorfia affabile.
– Okay, abbiamo proprio strafatto. Prometto solennemente su Tim Burton che ci cimenteremo in attività meno irruente. Va meglio così? –
– Sicuramente! Non voglio ritornare il Italia in fin di vita e, soprattutto, … voglio avere bei ricordi sul mio attore preferito, no? Mi sono fatta in mille pezzettini pur di venire qui e nessuno potrà rovinare il mio splendido soggiorno con te. Nemmeno TU! Che ti piaccia o no!–
Ci guardiamo e incominciamo a ridere di gusto. Ah, che bella la vita!
– Vedi che alla fine ci siamo divertiti lo stesso? – rincara il signor Depp.
– Già! Ho rimesso davanti all’uomo più sexy del secolo mentre continuava a non accorgersi di nulla tutto il tempo. Non è quello che tutte sognano? È come baciare il principe azzurro dopo aver mangiato della pizza con tonno e cipolla! –
Continuiamo a sparare un mucchio di cavolate ma almeno ci divertiamo per la prima volta assieme;
e il primo giorno è ormai quasi volato via …

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Giorno 2 - BUGIE, TROPPE BUGIE! ***


Giorno 2
BUGIE, TROPPE BUGIE!

– Buongiorno gente! –
Sono le otto e mezza e sono seduta al tavolo dell’hotel da qualche minuto … il mio corpo è in fibrillazione.
– Ehi, buongiorno, tutto bene? – domando al signor Depp mentre lo vedo sedersi dinanzi a me.
Che uomo, accidenti! Se ogni mattina fa colazione con la sua bella Vanessa vestito in questo modo, allora quella è la donna più fortunata del momento. Ma, intanto, Johnny sta facendo colazione con me e, alla faccia sua, io, in maniera sadica, ridooo! Ah ah ah!
Ok, basta. Sono un po’ fusa in queste ultime ore.
È tutto troppo incredibile. I suoi jeans strapazzati, la sua adorabile T-shirt nera che mette in risalto alcuni dei suoi tatuaggi strepitosi, quell’immancabile collanina e i suoi occhiali incantevoli che filtrano il suo sguardo possente, vissuto, dolce, divertente, strampalato, romantico, irriverente, maledetto, e … decisamente piratesco! Ha degli occhi espressivi al 1000 per 1000!
– Come ti sembra il cibo qui? – mi domanda sorridendo, guardandomi dritta in faccia.
– Favoloso! … In verità è tutto favoloso in questo “regno magico”… . – rispondo, strabuzzando gli occhi.
– Sono d’accordo. – dice. Poi addenta una ciambella:  – Oggi però non mangeremo all’hotel Disneyland. La nostra meta  è il … – accompagnandosi con gesti plateali, annuncia: – Golf Disneyland! –
– Giocheremo su un campo da golf? – domando con attenuata disperazione.
– Beh si. Almeno non c’è il rischio che … si insomma … vomiti, ecco. – spiega ridendo, come se stesse guardando le papere di un suo film.
– Cosa c’è?! – domando divertita. Ogni volta che lui ride io non riesco a rimanere seria. Ma chi può farlo? La sua risata ti coinvolge, ti ammalia, ti trasmette quanto sia bella la vita secondo lui.
Si accende una sigaretta. Poi mi risponde secco: – C’è che non sai giocare a golf. –
– Non so giocare a golf?! NON SO GIOCARE A GOLF?! NONSOGIOCAREAGOLF? – dico con aria offesa, sbattendo le braccia sui braccioli della sedia.
– Perché, sai giocare a golf? – mi domanda lui con ironia pungente. – Allora non abbiamo bisogno di lezioni private e individuali … sappiamo entrambi come ci si muove su un campo! –
– Certo che so giocare a golf … spessissimo sfido mio zio a partite professionali! Non sembro una che sa giocare a golf, eh?! – domando poi, con aria guardinga.
– Mm … vedremo che sai fare, piccolina. –
Oddiooo! Mi ha chiamata “piccolina”?
Forse, dico forse, mi caccio nei guai in maniera professionale. Ma, ahimè, non so giocare a golf! È un gioco un po’ noioso per una che, come me, è un’ imbranata anche col salto alla corda! Ho sempre avuto problemi con le attività sportive, anche se non nascondo che mi piace assistere alle competizioni, ma in fatto di golf, non so nulla. Proprio nulla … so solo che si gioca con una mazza e delle palline e che bisogna fare buca col minor numero di tiri possibili. È un gioco per grandi, forse … io non voglio, uffa! Ma anche se mi lagno come una “bambina” viziata (cosa che non sono affatto) è inutile, perché la colazione è finita e il signor Depp si sta già allontanando dal nostro tavolo, scompigliandomi un po’ i capelli col palmo della sua mano.  Alzo il braccio destro per salutare il mio bel pirata, mentre tutto il resto del corpo rimane inerme e pensieroso.
 
– Mi faccio PENA! – dico, sbattendomi la faccia sul cuscino del mio letto. – Sono una “sciocca-laureata”! Ho il primato in fatto di sciocchezze. Al termine di questa settimana mi assegneranno un premio Nobel in merito. Voglio tornare a casa! Continuare a fantasticare sul web sull’uomo dai mille volti, sul calore della sua voce e sui suoi capelli eccezionali. Almeno non mi sarei amareggiata in questo modo. Che mi sono messa in testa? Che voglio fare tutte le magre figure con l’uomo dei miei sogni? Col pirata più strabiliante che sia mai esistito?! MI FACCIO PENA!, accidenti. Prima la giostra strapazza - budella, adesso il golf! … oggi rischierò di tirargliela in testa la mazza!–
Il telefono squilla e rispondo.
– Ciao, mi sono dimenticato di dirti che dovresti essere pronta per le dieci. Per te va bene? –
È il mio caro Johnny che mi chiamaaa …
– Oh, certo. Nessun problema! – dico con voce limpida.
– Fiuu … meno male! Batti tutti in fatto di disponibilità! –
– Nononono … ti sbagli di grosso lì, sono la campionessa delle figuracce, io! – annuncio con tono marcato.
– Che cosa?! Non sento bene … . –
– Nemmeno io. Devo riagganciare … . – così dicendo emetto degli strani versi con la voce, fingendo che la linea sia disturbata e termino la chiamata.
– E sto diventando pure una ragazza bugiarda e malinconica. – aggiungo, sospirando.
 
Le dieci sono arrivate.
Mi dirigo alla hall e aspetto che Johnny col suo autista mi venga a prendere.
– Allora, ti senti in forma? – mi chiede una voce alle mie spalle.
Quel timbro è già diventato molto familiare per le mie orecchie. Sorrido gioiosa e mi volto. È lui, il signor Depp.
– Abbastanza. – dico, incoraggiandomi.
– Che ne pensi di pranzare da qualche parte tra l’erbetta fresca? –
– Come le capre? – domando sarcasticamente, sollevando un sopracciglio.
Ridiamo.
– Avevo pensato a un pic-nic. Sarebbe bello, no? Potremmo discutere … e tu potresti farmi tutte le domande che ti frullano nel cervello! – mi propone, salendo in macchina.
– Non vedo l’ora. È da tempo che non faccio un pic-nic per come si deve … . – rispondo, sincera.
– D’accordo. Ma a una condizione. –
– Cosa? –
– Devi battermi a braccio di ferro! –
– Sicuro, e tu devi bendarti come Tutankhamon! Poi io ti rinchiuderò in un sarcofago con l’immagine in oro di Jack Sparrow sotto la maledizione della prima luna: solo immortali ossa traballanti! –
– Non dirai sul serio, vero? – mi chiede con l’aria Sparrowiana.
– Certo che … si! –
– Un accordo è un accordo. Dammi qua la mano. –
– Sissignore! – e faccio come mi dice, sperando che si tratti di qualche inutile sciocchezza tanto per rompere la quiete.
 
Pochi minuti più tardi eccoci al Golf Disneyland.
Immense distese di verde si distendono sotto ai nostri occhi stupefatti … laghetti, alberi maestosi, uccellini cinguettanti, anatroccoli starnazzanti! Che clima mite e positivo … !
Inizio a pensare che sia quello che ci voleva dopo la giornataccia di ieri. Confesso che la malinconia che mi ha domata all’hotel adesso è corsa via. Scendiamo dall’auto e diamo un’occhiata allo splendore che ci circonda.
– Che bellezza! Ventisette succulente buche che ci chiamano come le sirene. – dice Johnny dopo una boccata d’aria.
– Certo, certo. E tu ne sai qualcosa in fatto di sirene … . – dico, sorridendo e pensando al quarto film di Pirati dei Caraibi.
– Solo un tantino. Comunque adesso vogliamo iniziare a giocare? – affretta, facendomi l’occhiolino in segno d’intesa.
In questo istante il mio corpo diventa immobile, freddo, matto di paura. Sento che le gambe si stanno appesantendo. Enormi pezzi di pietra prendono il posto dei miei muscoli. Sto per diventare un GIGANTE di pietraaa … Oddio, solo “qualche” centimetruccio in meno, in effetti. Ridivento goffa e mi sento a disagio. Decisamente, detesto questa circostanza.
– Okay, va bene. – gli dico, mostrandomi serena.
– Splendido. – afferma lui soddisfatto.
– Potrebbe ancora andare meglio! – sussurro, aggiustandomi la visiera.
– Hai detto qualcosa? –
– Oh, no. Muta come un pesce! – poi sorrido.
– Vuoi, vuoi iniziare tu? –
Deglutisco a fatica ma senza darlo a vedere.
– Forse sarebbe meglio fare due passi prima di cominciare. Voglio dire … per dare un’occhiata alla pendenza del campo. – farfuglio in preda alle convulsioni, roteando l’indice destro.
– Vero. È così che fa la gente che ha tatto. E noi siamo gente di tatto, o almeno proveremo ad esserlo. –
Pochi metri più in là qualcosa dentro di me vuole uscire fuori con esigenza. È la mia rabbia. Sono arrabbiata con me stessa, con il mondo intero e evidentemente la mia famosa malinconia riemerge indisturbata.
– Abbiamo visto abbastanza. Torniamo indietro? – mi sento domandare tra un passo e l’altro.
Annuisco semplicemente e faccio inversione di marcia preparandomi ad affrontare la morte. Ma niente lacrime!, ci sarà il premio Nobel per le sciocchezze che mi consolerà a miglior vita.
Oh, accidenti, non so un niente su come si tiene in mano una mazza! Non sono per nulla capace e non merito tanta umiliazione. Anzi, no, me la merito tutta perché sono una stupida bugiarda accondiscendente! Che senso ha questo mio atteggiamento? Se mi fossi opposta non ci sarebbero stati problemi adesso.
– Tieni. – dice il signor Depp passandomi una mazza.
Afferro il bastone con forza e prepotenza. Mastico velocemente una gomma e come un orso alla riscossa mi concentro su quella pallina, insignificante pallina, che si trova ai miei piedi. Con disgusto incalzante mi abbasso ad afferrarla e così inizio la mia tiritera: – Senti tu, pallina esangue, ascoltami bene. Se credi che adesso lascerò che tutti ridano di me ti sbagli di grosso. Questa qui è la mia settimana, solo mia. Mia e basta! E questo è uno di quei giorni che possono definirsi schifosi o stupendi solo alla fine perché carichi di sorprese. Ma io, io so già che questa giornata sarà strabiliante e indimenticabile e che almeno una volta dovrò fare uno splendido tiro e che tu, cosa rotonda e cicciona, dovrai finire dritta dritta in buca senza il minimo, minimissimo ripensamento! Sono stata chiara?! Se così non fosse, beh, peggio per te, perché non ho nessunissima intensione di ripetere quello che ho appena finito di dire. E quindi, datti da fare altrimenti ti darò in pasto a … alle anatre!!! –
– Uh … è così che intimidisci la tua povera vittima? Mi fai PAURA! E sai una cosa?! Adesso ho capito perché hai vinto tu il concorso. Nessuno avrebbe mai voluto sentire quelle affilate parolone da parte tua! … e così ti hanno lasciato piazza pulita. –
– Beh, è questione di tatto nella vita. –
Sono orgogliosa di me stessa! Sorrido come un pagliaccio a trentadue denti senza un motivo ben preciso. Ma sono felice.
Afferro di nuovo il bastone e prego che il cielo mi soccorra. Mi preparo al tiro e immagino di trovarmi davanti alla tv a giocare con la Wii. Lì si che sono brava a golf, perdindirindina.
Corrugo le sopracciglia, dondolo per un po’ la mazza e alla fine mi decido: ecco che parte il mio primo, unico, irripetibile “tirooo” … . Però quella stupida pallina deve avermi presa alla lettera e infatti parte alla velocità della luce, fende l’aria, raggiunge un piccolo laghetto e … finisce dritta dritta … ! Si, ma non nella buca: piomba sul becco di un’anatra rumorosa e insolente.
Forse la pallina mi aveva fraintesa. Povera anatra! :(
 
Dopo quasi un’ora siamo ancora in preda alle mazze da golf.
Ah, dimenticavo. Siamo stati rincorsi dall’anatra di poco prima. Sembravamo due pecorelle accerchiate da un branco di lupi. In realtà i lupi erano mamma e papà anatra più tre anatroccoli spietati. -.-”
È stato divertente però! Sono scivolata più volte sull’erba fresca, (mi sentivo un po’ capra alla fine anche se non ho ruminato margherite!). Abbiamo scorrazzato per parecchi metri e quando il branco ci ha lasciati perdere siamo ritornati alla prima buca. È il turno di Johnny ora!
– Non credo che adesso il tiro mi riuscirà lo stesso. Sono stanco dopo tutto quel correre, sai? –
Io non rispondo e rimango a fissarlo con aria critica, incrociando le braccia.
Non hai scuse, furbo pirata! Sei stato tu a voler venire quaggiù sotto al sole cocente e adesso mostraci quello che sai fare su un campo da golf! Forza, scattareee! … 
Il signor Depp sceglie la mazza più adatta secondo il suo genio sportivo e incomincia a scrutarla come se fosse qualcosa proveniente da Marte.
Lo vedo piuttosto scettico ma alla fine si decide. Si mette in posizione e lascia ondeggiare il bastone per qualche secondo. A un certo punto si rimette composto e fissa la mazza che ha tra le mani quasi a volerle parlare.
– E’ inutile. Non avrai successo col tuo discorso altolocato. – gli dico acidamente. Voglio fargliela pagare, accidenti. Ma è inutile anche per me. Non riesco a fare la seria maestrina e perciò l’aria di rigore scompare dal mio volto lasciando spazio a un’espressione divertita e quasi compassionevole.
– Infatti non intendevo assillare questo povero pezzo di legno con le mie minacce! Volevo solo … spaventarlo un pochetto. –
Ci scappa una risatina ma poi torniamo seri.
Alla fine esibisce il suo lancio ma … invece della pallina è la mazza che rotola sul campo senza sosta.
– Cosa c’è? – mi domanda con aria indagatrice e curiosa, passandosi una mano tra i capelli.
– C’è che non sai giocare a golf. –
– Non so giocare a golf? NON SO GIOCARE A GOLF? … Oh, beh, basterà un po’ di pratica! – fa con noncuranza.
Mi faccio cadere a peso morto sul prato verde e incomincio a ridere rumorosamente. Sbatto pugni sull’erba … riderò fino a scoppiare! Lui si gira a fissarmi allibito ma pian pianino le sue labbra si piegano allietate in una smorfia altrettanto divertita. Si viene a sedere al mio fianco e per un attimo torno seria.
– Perché non me lo hai detto? – domando, con curiosità.
– Perché non volevo deludere una persona che è venuta fino a Parigi pur di trascorrere con me sette giorni interi. Ho sempre paura di deludere chi si aspetta qualcosa da me; da ragazzo ero molto insicuro ma l’insicurezza non porta mai lontano. E infatti eccoci qui seduti come due scansafatiche. –
– La stessa cosa vale per me. Io non ti ho detto nulla perché non volevo in qualche modo essere noiosa. Non volevo annoiarti e neppure scontentarti. Sia sulla giostra che oggi alla partita di golf. –
– Bene, adesso abbiamo imparato la lezione: niente più segreti tra di noi. – conclude soddisfatto.
– Wow! Splendida idea. È la lezione più bella da sempre. E soprattutto niente bugie, promesso. –
– D’accordo, nessuna bugia. – poi c’è un attimo di silenzio. – Adesso se vuoi gustarti i panini prelibati che ho preparato devi battermi a braccio di ferro! –
– Okay, accetto. Ma se vinco dovrai correre per l’hotel avvolto nella carta igienica. Tutankhamon, ricordi il nostro patto? –
– Ma non è giusto!, però … un patto è un patto e rimane sempre tale. Quindi va bene. Anche perchè devi battermi prima e nessuna cosa ci dice che questo accadrà. –




 


 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** A bordo piscina. ***


A bordo piscina.

 
– Allora, noi due dovremmo parlare … . – annuncia il Capitan Sparrow.
– Non dovevamo sfidarci a braccio di ferro invece?! – domando con fame crescete.
– Già, ma nel caso in cui tu dovessi vincere, dove ci sistemiamo per pranzare? Volevo parlare del luogo in cui ci delizieremo con le pietanze che vedi dentro questo bel cesto di vimini. – dice, alzando la tovaglia da sopra al cestino.
Vedo un bel po’ di roba, deliziosi sandwiches al formaggio, altri al prosciutto, altri con sfiziosi pomodorini freschi, insalata e maionese e un bel termos col the fresco alla pesca. Faccio per allungare la mano sul panino più esterno e lui si divincola scherzosamente, lasciandomi con le contrazioni alla bocca dello stomaco per la fame evidente. Inizio a sentire il sapore vero della sfida (oltre ad immaginare quello dei panini succulenti che eccitano il mio palato!).
Johnny riceve una chiamata e mi dice: – E’ la mia piccola principessa, arrivo tra un attimo. – così, con un sorriso da vero papà si allontana per parlare un po’ con la sua Lily.
Mi accorgo che un uomo sui trentacinque anni, con vestito e occhiali neri, rimane colle braccia sul petto vicino al cestino di vimini. Quell’uomo è l’autista del caro Johnny. È la prima volta che mi soffermo sulla sua persona, anche se è proprio lui che ci ha condotti fino a lì! Ma è un tipo un po’ strano che rimane sempre distante dagli altri perché probabilmente il suo lavoro richiede questo: indifferenza!
Rifletto sul fatto che battere il bicipite di un pirata è un’impresa vera e spietata e umilmente capisco che non ho speranze! Il signor Depp è sempre il signor Depp!
Mi avvicino all’uomo nero: – Salve. – dico, mostrandomi gioviale.
– Salve signorina. – risponde lui con garbo.
– Certo che oggi è una bella e calda giornata, eh? –
– Già, non si respira! –
– E l’afa porta stanchezza, e la stanchezza alimenta la fame. Non crede anche lei? –
– Se sta cercando di dire che dovrò sfidare io monsieur Depp, si sbaglia di grosso! niente vincita, niente panini! – dice con accento francese.
– Ma monsieur!, avrà fame anche lei! O sbaglio? Se non lo batto a braccio di ferro darà il cesto di picnic al primo che passa e noi resteremo con lo stomaco vuoto fino a stasera! –
 – E questo cosa c'entra, mademoseille? –
– C'entra! Perché se io non vinco, perde pure lei e questo significa che morirà di fame. C'est la vie!
L'uomo mi fissa con aria interrogativa. A questo non aveva ancora pensato e l'afa del giorno è insopportabile. E inoltre io soffro di pressione bassa e se non mi godo un po' di refrigerio all'ombra rischio di SVENIRE! Ma questo non lo sa nessuno oltre a me e al Signore Gesù al momento. E se io dicessi questo al caro Johnny passerei per una svampita piagnona che pur di mangiare si farebbe incoronare regina delle scimmie della giungla!
Una cosa è certa, devo batterlo a Braccio di Ferro!
– Scusate il ritardo ma la mia Lily mi ha raccontato un bel po' di roba. – dice il signor Depp con affetto. Sembra che sia rimasto ancora nella villa, presso la sua campagna francese con la sua bella famigliola.
Gli sorrido e per un attimo ho l'impressione che anche l'autista sorrida nel vederlo così felice.
– Bene, bene. Adesso andiamo a noi. Sei pronta? – mi domanda con aria di sfida.
– Sono sempre pronta, credo. –
– Okay. – così facendo, si inginocchia sul prato e mi fa cenno di imitarlo. Mi siedo di fronte a lui e poggio il gomito sull'erba, lui fa lo stesso. Impugna la mia mano e ci concentriamo. Ora, lo so che può sembrare buffo: io che sfido a braccio di ferro un pirata della stazza di Jack Sparrow. Ma non è così buffo come può sembrare. O meglio, cerco di rendere la situazione meno imbarazzante e comica a mio favore. Nel frattempo mi guardo in giro con la coda dell'occhio per vedere dove sia Monsieur Autista affinché possa impietosirlo con i miei occhioni dolci, di coniglietto indifeso, cosicché sia lui a voler prendere il mio posto. Ma niente da fare! Non lo vedo.
– Al tre si parte ... –
Annuisco chiamando a me tutte le forze fisiche di cui sono dotata. Ma una speranza è accesa dentro di me. Forse perché la speranza che un crampo venga all'avambraccio del mio sfidante è quello che tutti desidererebbero al mio posto.
– UNO ... DUE ... e TRR ... –
Mi affretto ad abbassargli il braccio mentre da dietro alle sue spalle sbuca, proprio lui, Monsieur Autista!!! Johnny si contrae sull'erba ridendo a crepapelle, e inizialmente non capisco il perché ma vedo che monsieur autista si sta sbizzarrendo nel fargli il SOLLETICO! Non sapevo che Johnny soffrisse il solletico! Si sta dimenando come un bambino e lo comprendo appieno perché io posso morire se qualcuno insiste troppo nel farmelo. Potrebbe venirmi un infarto o qualcosa di simile. Ma la cosa più bella è che monsieur autista si ostina a smettere di solleticarlo per tutto il corpo. Johnny diventa pallido col tanto ridere e io non resisto alla sua risata contagiosa, perciò lo seguo a catena come la ola degli stadi! Devo dire che non mi rendo conto ancora del fatto che io ho vinto, dopotutto.
– Monsieur!, la smetta per favore, abbiamo vinto il pranzo. E' inutile continuare! – gli dico con fare soddisfatto e pieno di allegria. Da dentro, il mio stomaco parla e mi dice: – Bvava! Bvava!– sta diventando francese anche lui con tutto questo cibo caratteristico e raffinato. :)
– Questo non è leale.– fa Johnny rialzandosi da terra e puntandomi il dito contro.
– Lo so, ma io sono una “piratessa” affamata e i pirati non sono mai leali. I pirati non hanno complici ma solo nemici. –
– Tu sentila! ... –
– L'ha detto lui, il capitan Jack Sparrow! – dichiaro con un sorrisone sul viso.
– E allora presumo che Jacques sia un pirata anche lui, eh? – mi chiede con aria sospetta.
– Più o meno, monsieur. – interviene l'autista sentendosi chiamato in causa.
– Allora, state in  guarda voi due! Ricorderete questo giorno, come il giorno in cui avete quasi imbrogliato il Capitan Jack Sparrow! Perché io, sotto la veste di Capitan Sparrow, vi recluto i panini e adieu madames e monsieurs! –
– Ehi, un patto è un patto! – esulta Jacques, correndogli dietro.
Io assisto come un'ebete a quell'inaspettata situazione. Guarda un po', il caro monsieur Jacques che faceva tutto l'indifferente, per la fame sbotta di brutto! Mi diverto come una matta. Mi sento l'artefice di tutto ma al contempo la vittima! Il mio stomaco è ancora vuoto e la mia bocca è asciutta come un panno steso al sole.
– Venite qua! Ho fame anch'io! – e li raggiungo, correndo. I panini mi aspettano!
 
– E adesso arriva il dolce! – esclama Johnny tirando dal cesto di vimini un vassoio rosso scarlatto avvolto con della carta stagnola ben piegata.
– Non dirmi che sei stato tu a prepararlo. Non ci credo. – strido sorpresa.
– Certo che sono stato io! In verità ... mi sono fatto dare una mano dal cuoco dell'hotel questa mattina all'alba. C'è un limite a tutto. – e mi sorride.
– Sarà delizioso! – dico davvero felice.
Ognuno ne prende un piccolo pezzo e al primo morso Jacques esclama: – Magnifique! C'est Magnifique! Tres Bien ... . –
– Ha un ottimo sapore! Potresti avere una carriera culinaria splendida. –
– Oh, lo so bene!, coi tempi che corrono bisogna cimentarsi in molte cose. Se un mio film fallisce, ci sarà una cucina ad attendermi!–
Scoppio in un risata: – La probabilità che un tuo film fallisca è alta tanto quanto quella che a me spuntino i tentacoli di Davy Jones! –
Assume una smorfia di sorriso: – Questo non puoi dirlo. Siamo umani, e tutti possiamo fallire! –
– Certo! Ma nel contesto cinematografico è impossibile che questo avvenga a un tipo come un certo JohnnyDeppLaLeggenda! –
– Ahahahah! Ti ringrazio per l'appellativo! – sorride sinceramente grato.
 
Sono le tre del pomeriggio e, dopo aver messo tutto in ordine, eccoci qui a godere della frescura che ci raggiunge, col venticello soave in quell'ora calda che suggerisce riposo.
– Allora, finalmente un momento tranquillo. Di che parliamo? –
O MIO DIO! E' una vita che aspettoquestadomanda da questapersona ma, pensando che non sarebbe mai arrivata, non mi sono mai curata della risposta. E adesso????
– Raccontami qualcosa ... – biascico su due piedi.
– Tutto qui? Mi aspettavo qualcosa di particolarmente difficile, elaborato, ... mi ero preoccupato ma ... è bellissimo parlare con te! – risponde sorpreso, ridendo.
Non capisco se la sorpresa è piacevole o non, però almeno l'ho sorpreso ad ogni modo!
– Beh, per cominciare, credo sia meglio che ti racconti qualcosa sul perché ho deciso di far si che questo concorso al quale tu hai partecipato e vinto ha avuto il mio assenso. Sarebbe banale dirti che sono stato costretto dal mio agente o cose simili, … perché io ho accettato per pura ... curiosità! Sono un tipo curioso e interessato ... – (oltre che terribilmente interessante!, penso per concludere il concetto.) – ... Mi piacciono le cose così, un po' all'avventura. Le cose nuove, temerarie per così dire. Trascorrere una settimana con te è qualcosa di speciale e di niente affatto forzato. Che motivo avrebbe un attore di sentirsi prigioniero in una situazione simile e accettare di affrontarla per pura pubblicità?! Non sono un tipo del genere, per mia fortuna. Devo sentirmi bene quando affronto una sfida. Qualunque essa sia. Poi se il tutto avrà un lieto fine, allora sarò soddisfatto di me stesso ma lo sarei anche se qualcosa andasse male! Un po' come la sfida a braccio di ferro di questa mattina. Ho perso ma sono felice uguale! –
– In pratica vorresti dire che sei felice anche se le cose vanno male? –
– Non esattamente, sono felice quando vivo appieno le mie scelte, indipendentemente da come esse vadano. Ma devo avere la consapevolezza di stare facendo quello che voglio. Penso sia giusto così. – mi spiega con pazienza. Il signor Depp si sdraia sull'erba, colle mani dietro alla nuca e fissa per un po' i rami degli alberi che tremano al tocco ristoratore del vento.
– E tu? Sei d'accordo? – mi domanda, riaprendo gli occhi.
– Io? Oh beh, non saprei. Ma in fondo è così come dici; però non so se io rimarrei col sorriso sulle labbra se qualcosa in cui credevo poi mi lasciasse delusa. –
– E' proprio questo il punto. Se tu hai un minimo di stima non ti fai certi complessi, perché se in una circostanza ti sentivi di fare così e non colà non hai sbagliato. Hai solo fatto per come ti sentivi, e comunque sia andata, sentivi giusto. Perché hai scelto "tu". –
Sorrido: – E allora com'è che ti descrivono tutti come un tipo insicuro? Anzi!, lo dici tu stesso nelle interviste! –
– Non sono sicuro di me. Però non è solito, a casa mia, piangersi addosso. Sono insicuro ma CuRiOsO ... è questo che sono. A volte soffro dentro ma mi faccio forte. Non è sempre facile passare sopra a certe cose, ma ci provo. –
– Ah, adesso capisco. Ma nelle scelte, lavorative e non, da cosa ti lasci influenzare? ... –
– Dal senno, ma in buona parte dall'istinto. E' come mi sento di fare che mi aiuta a capire cosa fare e se farlo in quel momento. –
– Wow! Allora hai buon fiuto per gli "affari"! –
Ridiamo.
– Parlami un po' di te ... che ti piace oltre alla musica e alla scrittura? –
– Mi piace la pace, la tranquillità, il sano divertimento, le risate tra amici, l'unità familiare, ... Mi piacciono le cose belle e affascinanti. E mi piace la fantasia e in abbondanza anche le storie di pirati. Sono a posto, no? – chiedo con ironia.
– Oh, certo che sei a posto! Se ti piacciono i pirati sei una fuorilegge ma sei a posto! –
– Sicuro! Però non bevo rum. – dico, precisando.
– Allora sei la brutta copia di un pirata! – rincara lui con fare contrito.
– Naaa...! Non mi lascerò abbindolare dalle chiacchiere del pirata Jack Sparrow! – rispondo, alzandomi da terra.
– Avete omesso un "Capitano", mi pare. E sapete una cosa? Non permetterò mai a una donna di salire a bordo della Perla Nera! –
– Chi ha mai detto che io voglia farlo? –
– Ve ne pentirete, vi dico! –
– A si?! Possibilmente me ne pentirò, ma non mi piangerò addosso!, perché rispetto le mie scelte e rispetto me stessa! E voi, come osate rivolgervi a una donna, seppur un pirata, con tali termini scontrosi e fraudolenti?! –
– Un pirata, le donne le rapisce col fascino e le abbandona al porto della città!, non le tratta certo coi guanti d'oro, mia cara mademoiselle. Un pirata vero ama solo se stesso e la pirateria. – annuncia fiero Johnny sotto le vesti di Jack Sparrow. La sua aria seducente è tale e quale in entrambi i casi! *_* :>
– Non tutte le donne si lasciano rapire come quelle che voi avete frequentato a Tortuga, Capitano. – rispondo un po' infastidita. (Viva le donne forti! XD)
– Ne sono sicuro, sai? – dice tornando “Johnny Depp”. Poi mi sussurra: – Era tanto per recitare. Questo lo pensa il Capitan Sparrow! – e mi fa l'occhiolino, esibendomi un sorrisetto delizioso.
 
Ormai è tarda sera.
Siamo ritornati da un pezzo al Disneyland Hotel. L'atmosfera qui è speciale e fantasticamente suggestiva. Abbiamo cenato in un angolino all'aperto io e Johnny e mi ha raccontato un po' dei suoi bambini. Deve essere bello per loro avere un papà attore che recita nei panni di personaggi fantastici e spesso strani. Davvero interessante! Non riesco a non pensare al fatto che comunque la sera tutta la famiglia sta comodamente sul divano del salotto a guardare i film in cui lo stesso Johnny è protagonista! Sarebbe bellissimo far parte della combriccola, ogni tanto.
– Ehi, a cosa stai pensando? – mi domanda il signor Depp, con sguardo sottile.
In quel momento mi salta in mente una scenetta deliziosa! Proprio da leccarsi i baffi! Ed è realizzabile al 1000 %, stavolta. Allora gli dico: – Vuoi proprio saperlo? –
– Beh, si! Se non è troppo. –
– Oh, non è affatto troppo, ma che gusto c'è, se togliamo la sorpresa? –
– Vuoi spaventarmi? – dice lui, con aria indagatrice.
– Affatto! Torno subito, aspettami esattamente "qui". –
– Mi fido! –
– Buon per te! – sghignazzo, subdola.
Lo lascio sulla sdraio della piscina in cui ci trovavamo e mi allontano, recandomi in camera mia.
Avevo preparato il materiale che mi serviva appena ritornata in Hotel, nel pomeriggio. La vendetta ha un sapore unico, certe volte! Uahuahuahuah!
Prendo il sacchetto di carta che avevo sul letto e mi precipito a capofitto per le scale per raggiungere la zona piscina, zeppa di gente e bambini.
– Eccomi! – annuncio alle spalle del pirata.
– Eccoti. Hai fatto presto. – constata Johnny.
– Oh, prestissimo. Non c'è tempo da perdere. Tra poco le persone andranno via. –
– Possiamo lo stesso rimanere un altro po' a chiacchierare, no? –
– Non ha importanza. Adesso devi assolutamente cambiarti d'abito e filare in cabina per coprirti per bene! –
– Ma non fa freddo! E' estate. Sto bene così. La tu sorpresa è un po' ambigua, sai? –
– Oh, lo so bene! Daiiii, non perdiamo altro tempo! – così dicendo, gli porgo la busta.
Lui la apre e osserva per bene quello che vi è dentro. Esprime il suo disgusto con uno sguardo contrariato. Alza gli occhi al cielo e mi prega con falsa disperazione: – Dobbiamo proprio? –
– Oh, si! – dico io enfatizzata.
– D'accordo, un patto è un patto. Ho perso e pagherò con la mia penitenza: Egittooo sto arrivandooooo ... – annuncia ad alta voce, attirando l'attenzione di molti.
Io rido, coprendomi la bocca con la mano.
Lui si passa le dita sulla nuca, carezzandosi i capelli e con un sorriso travagliato mi da le spalle e fila dritto dritto in una delle tante cabine.
– Prenditi tutto il tempo che vuoi, Okay? – gli dico ironicamente. – E copriti bene! –
Mi sorride scettico fissandomi per qualche momento e finalmente va per la sua strada.
 
Passano alcuni minuti, un quarto d'ora, mezz'ora, quaranta minuti ...
– Em ... Johnny, ne hai ancora per molto? –
– Sto quasi finendo!!! – ulula dallo spogliatoio.
– La gente sta andando via! E questo non è giusto. Esci altrimenti la penitenza sarà rimandata alla colazione di domattina! – dico a mo' di minaccia.
– Allora, dimmi quando vuoi e io uscirò in un baleno da qua dentro! Sto sudando come non mai in questo strettoio. – annuncia, con voce soffocata.
– Bene!!! Tre, due, unoooo ... FUORI!!! – urlo con euforia.
Vedo spalancare la porta e mi si presenta un Johnny Depp mai visto prima! Inimmaginabile! Strabiliante! Una figura dissonante imbrattata di “bianco carta igienica”, coi piedi scalzi e i capelli scompigliati. Ma la cosa più bella sono le due lenti fascinose che sbucano fuori dal groviglio di carta bene arruffata. Il signor Depp sfoggia una camminata da vero zombie assonnato,con gli arti superiori che formano novanta gradi con l'addome e l'intero corpo che si muove con stentatezza. Non gli si vede nemmeno la bocca e le parole che pronuncia sembrano provenire da un baratro. Che scena tetra!, accidenti! Non credevo che venendo a Parigi mi sarei trovata di fronte a una Mummia - Depp. Incomincia a vagare lungo il bordo piscina, rischiando di abbattersi la gente in costume da bagno. Nessuno inizialmente capisce chi si nasconde sotto alle bende biancastre ma il mistero viene presto svelato quando la carta igienica incomincia a scivolargli di dosso e gli copre entrambi gli occhi. Il signor Depp (accidentalmente) mette  il piede destro in un posto inadatto e parecchio bagnato ... eeeehh ... Pluf! Si tuffa in acqua. Mi avvicino al bordo piscina spaventata. Per un attimo temo il peggio. Gli schiamazzi e gli schizzi d'acqua hanno attirato l'attenzione di molti che non sanno cosa sia successo in realtà. Mi sento la colpevole per tutto. Pochi istanti dopo al tuffo avventato, Johnny sbuca dall'acqua alzando le braccia ricoperte ancora di carta igienica bagnata, appiccicosa e trasparente. Dimena le braccia per divincolarsi da quella poltiglia di carta ma qualche pezzo gli rimane ancora addosso.
– Ehilà, gente!, va tutto bene. L'acqua è bella fresca qui! – sorride sornione e per niente arrabbiato, rimanendo a galla con gli occhiali appannati e ancora sul naso.
Si leva un sospiro di sollievo da parte di tutta la gente che assisteva ansiosa. Qualche risolino viene fuori divertito e poi pian piano tutto torna alla normalità. Johnny nuota fino alla scaletta ed esce fuori tutto pimpante. Si toglie gli occhiali e mi raggiunge lasciandosi dietro una scia di stille d’acqua.
Fino a questo momento non ho fatto altro che mostrare la mia faccia divertita e soddisfatta. Avevo sghignazzato per un bel po' assistendo al tuffo in acqua da Campionato ma subito ho pensato al fatto che Johnny si fosse potuto far male e la risata era subito andata via. Adesso però vorrei poter ridere a crepapelle ma non ne ho il coraggio.
Si avvicina a me e ci sediamo sulle sdraio di un'ora prima, muti come due pesci.
Lui guarda me e io guardo lui. Nessuno apre bocca.
Alla fine, sbottiamo in una risata piena di pazzia. Starnazziamo come le oche del laghetto al campo da golf.
– Hai ... hai della carta igienica attaccata ai capelli! – annuncio tra una risata schioccante e l'altra.
Si tocca la testa e la rintraccia. La prende, lanciandola nella mia direzione. Io la schivo. Mi annodo il mio bel pareo rosa sui fianchi con un fiocco sul lato sinistro, faccio per andarmene quando ... Johnny mi agguanta, prendendomi in braccio e lanciandomi in acqua come se fossi un sacco di patate appena raccolte!
Emergo dalla piscina con un impulso di rabbia. Esco dall'acqua, guadagnandomi gli sguardi curiosi di molti fino a quando raggiungo il caro signor Depp.
– Questo non è cortese! – sbotto, con aria ironica, cacciando via l'acqua dai miei lunghi capelli.
– Non ho detto che lo sia! – conclude lui, soddisfatto.
– Ahahahahahah! Ma guardati! – rido, vedendo che la carta igienica bagnata gli è rimasta ancora dappertutto.
– Cosa c'è? – mi domanda, sorseggiando un the fresco.
– C'è che sei ancora ricoperto di carta igienica, sei caduto in acqua e hai fatto sganasciare dalle risate tutto l'hotel, personale compreso, e c'è che ti sei vendicato buttandomi in piscina. Ma ti aspetta di peggio!, mio caro Pirata. –
– Uhhh! Mi spaventi ancora! – poi prende un asciugamano per togliersi l'acqua da dosso: – Non vedo l'ora di ridere di nuovo con te, sai? E'davvero un piacere ... . –
– Lo è anche per me. Ma non solo perché tu sei lo strabiliante Johnny Depp, ma perché tu sei quello che sei, con la tua spontaneità e la tua ironia. Non hai una maschera. –
– Esatto, io sono l'uomo dai mille volti, infatti. Come potrei avere una?! – ;–)
 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Giorno 3 - ETCIU'! ***


Giorno 3
ETCIU’!


TI-TI. TI-TI. TI-TI.”
È la sveglia del mio cellulare pronta ad augurarmi il buongiorno.
Accidenti, è già mattino. E si apre il mio terzo giorno in questa camera di hotel come i tendoni di un palco al teatro all’inizio del primo atto. E già, il tempo vola proprio quando si sta bene. Solo altri quattro giorni in compagnia dell’uomo che adoro sia professionalmente che umanamente ma anche, si capisce, per il suo lato estetico irresistibilmente fascinoso. La nostalgia è una brutta bestia. È abituale per me sentire la mancanza delle cose prima del momento in cui sono costretta a perderle davvero … ma adesso basta con la mia solita malinconia deprimente.
Mi alzo dal comodissimo letto della stanza d’albergo e cammino ancora stropicciandomi gli occhi su e giù per il tappeto, fino ad arrivare davanti allo specchio del bagno. Osservo il mio volto stralunato e mostruosamente spaventoso e rabbrividisco alla mia immagine riflessa. Oddio!, penso terrificata. Il mio aspetto è più stordito del solito oggi. Pian piano mi accorgo che sento dolori dappertutto e che mi pizzica un orecchio. Sento tanti nodini sulle spalle che marciano come formichine sul terriccio e percepisco di non riuscire a muovermi non senza fatica.
Mi sorge un dubbio: Che stia invecchiando repentinamente perché Johnny Depp in realtà è un alieno e mi ha portata nel suo mondo in cui il tempo scorre in maniera diversa rispetto a sulla terra?! Brrr … che cosa spaventosa e antiromantica. No, no. Sarà che ho dormito male? Beh … direi che sia una cosa particolarmente impossibile vista la raffinatezza dell’ambiente. E allora …
Un colpo di tosse zittisce i miei pensieri. Comincia a bruciarmi la gola e all’improvviso …
 – Etciù! – starnutisco con violenza, rischiando di sbattere contro lo spigolo del comò.
Perdindirindina! Sbotto furiosamente. Ho preso una terribile influenza proprio la settimana più bella della mia vita! Ma come è possibile che sia così stupida da non avere addestrato per benino le mie difese immunitarie?! Questa cosa non ci voleva affatto.
Corro sotto la doccia. Penso che dopo a una bella rinfrescata il mio corpo si risolleverà alla grande. Bisogna essere positivi, no?
 
Sono passate tre ore dalla doccia rigenerante e nessun miglioramento ha rallegrato il mio umore nero. Ho consumato un’intera scatola di fazzolettini e, sospetto, conoscendomi, che il bello deve ancora venire. Il caro signor Depp sarà felicissimo adesso di avere un’ammiratrice scalmanata col naso rosso e gli occhi lucidi e angosciati: una sorta di camioncino ambulante di germi e batteri! Starà lontano da me per tutto il resto della settimana e si cercherà delle scuse interessantissime per dare buca a me, in primis, e al palloso regolamento del concorso, in secondis.
EVVAI! Come sono gioiosa e pimpante! Sembro una novantenne bizzarra e arrugginita come le dita di un pianista svogliato, intenta a partecipare al giro d’Italia. E così mi sento anch’io: demotivata e rassegnata in partenza. Quando tutto sembrava andare per il verso giusto, ecco che l’influenza, acerrima e spietata nemica di noi umani, mi ha colto di sorpresa.
Prendo l’ascensore e raggiungo la veranda dell’hotel; lì dovrei trovare il signor Depp che mi aspetta per la colazione. Non c’è ombra né di lui né del suo autista. Bene … prendo posto a un tavolo e stringo il mio foulard attorno al collo. Certo, sembro un tantino ridicola visto che siamo in piena estate. Ma non c’è mica il tempo giusto per ammalarsi!, o forse si? E,  viste le circostanze, si direbbe che questo non è il momento più adatto. Mi massaggio le tempie per cacciare via un po’ di pesantezza dalla testa. Sento come un masso che mi schiaccia il cervello.
Eccolo il celeberrimo pirata.
– Ciao! – mi saluta.
Lo stesso fa l’autista, sorridendomi affabilmente.
– Salve gente … – mugugno tra i denti. Ed ecco la sorpresa più grande! Mi esce una vocina affaticata e a corto di fiato. Ho paura che la mia cattiva sensazione sia reale. Allora, mi schiarisco la voce e riprendo a parlare, sperando che stavolta la mia sia una voce umana, quella di sempre.  – Come va? – sparo tanto per dirne una.
O.H. M.I.O. D.I.O!
Scopro con comprensibile sorpresa di essere rimasta senza voce davvero. Anche questa?!
– Va tutto bene? – chiede preoccupato il signor Depp scolandosi una tazzina di caffè.
Deglutisco a fatica, visto che la gola mi fa un male cane. – Benissimo, direi. – la vocina è sempre rauca.
– Hai ingoiato un’elica per caso? – sorride furbastro, inarcando un sopracciglio.
Ingoio, invece, parte della mia disperazione e ricomincio: – Diciamo che sono a cordo di voce. –
– Non dirmi che hai litigato con qualcuno in mia assenza. Devi contenerti e non urlare perché questi poi sono i risultati. – spiega sarcasticamente, con aria da professore, addentando un croissant.
– No! – squittisco io. – Ho solo breso una brudda influenza. Non sono mica divendada schizofrenica! –
– Oh, capisco. E mi dispiace che tu stia male proprio adesso. Volevo farti una splendida sorpresa. –
Una lacrima, frutto della rabbia e della tristezza, riga la parete del mio cuore. Mi sento come un giornale stropicciato. Sono sola, triste e ammalata.
– Senti, mi dispiace davvero. – rincara il signor Depp notando la mia espressione delusa.
– Non preoccupardi. Dando non so nemmeno di cosa si dradda. – faccio io con noncuranza.
– Facciamo per la prossima volta, no? Ho ancora del tempo per darti il mio regalo, in fin dei conti. –
– Oh si, cerdo. – ripeto con un sorriso amaro. La mia voce, nel frattempo si rifiuta ad uscire limpida e decisa come al solito.
– Vuoi che ordini una tazza di the caldo? Ti farà bene alla gola … – sovviene il caro signor Depp, giocherellando col cucchiaino dello zucchero.
– Sicuro, etc … etc … eeetciù!!! Mi farà bene, credo. – convengo dopo lo starnuto tentennante.
Lui fa gesto al cameriere mentre io soffio rumorosamente il naso quasi come se stessi imitando una pernacchia alla festa di Halloween.
Mr Depp mi studia da dietro le sue lenti. E io lo fisso per capire che cosa stia pensando. Mm. Qualche secondo più tardi arrivo alla triste conclusione che non ne ho la più pallida idea. Non riesco mai a intuire le sue intenzioni. E questa cosa mi fa sentire impotente.
Un vassoio con su una tazza di the fumante arriva qualche istante dopo al nostro tavolo tra le mani di un giovane cameriere dall’aspetto gioviale e disponibile.  
 
– Etciù! –
Il the è appena finito. Uno strano senso di sollievo mi tonifica l’umore.
In compenso il mio ultimo starnuto fa sobbalzare Mr Depp, rimasto taciturno fino a questo momento , suscitando un risolino contagioso a Jaques che subito dopo viene rimproverato scherzosamente dal mio caro pirata.
Sorrido anch’io. È buffo tutto quello che mi sta succedendo! Chi l’avrebbe mai detto?! Io seduta a un tavolo dell’hotel Disneyland con l’uomo che tutte sognano e col naso rosso e infreddolito per colpa di un’influenza! Mi sento scioccamente goffa e imbranata, come mio solito.
– Qual è il programma di oggi? – biascico infine, cercando di riconquistare la mia dignità.
– Imbottirci di aspirine e minestra calda, madamoiselle! – ride Mr Depp, scoprendosi i denti. Poi, notando la mia espressione quasi delusa, domanda dubbioso:  – Che c’è? –.
Sendi, – dico, rizzandomi sulla sedia per sembrare più seria – non ho nessunissima voglia di rimanere indanada in camera. Non ci dengo affaddo. – concludo, gesticolando con movimenti decisi.
– Non ti piace la stanza? –
– No, no, no! Mi piace fin droppo, ma il pundo è … sono venuda fin qui per vivere l’unica seddimana deppiana che la vida mi concederà. Come puoi predendere che seppellisca il mio sogno proprio adesso? Adesso che posso doccarlo con mano?! – sputo fuori con la raucedine che ha preso il sopravvento, affievolendomi repentinamente il tono di voce.
– Oh – si limita a commentare, metabolizzando il mio confuso filo logico. Poi mi osserva per qualche momento e prosegue: – Mi hai spaurito. –
Sorrido, intuendo che scherza.
– Comunque, non vedo dove sia il problema. – continua.
Lo guardo con espressione interrogativa e perplessa.
– Ho detto che ti scotterai con della minestra bollente e genuina e che prenderai qualche medicinale per sentirti meglio, ma non che non staremo insieme anche oggi. –
Deglutisco, soffocando la mia euforia. Poi commento sorpresa, annuendo meccanicamente: – Oh. –
– Ahahahah, che cosa credevi?! Che me la sarei data a gambe? – ride Mr Depp, sollevato.
Mi associo alla sua risata: – Più o meno. –
– Ah si? – si finge offeso. – Non credevo che fossi così fatalista e sfiduciata. –
– Non fraindendermi! Di conosco poco, del resdo. È solo che penso che sarà noiosa la mia compagnia, considerado come mi sendo. –
Johnny infittisce lo sguardo e si guarda in giro circospetto. Poi sussurra curioso e spaventato: – Dimmi, potrebbe finire peggio di quella volta alle giostre?! –
Mi scappa sinceramente una sonora risata.
– Oddio, spero di no – continua ridendo – Perché senno lo sai che faccio? Eh? –
– Che cosa? – chiedo, ansimando per le risate.
– Ti do in pasto al Kraken! – schiamazza – Sta volta non ci piove! Ti prometto che lo faccio. –
– Non voglio. Mi impegnerò per sembrare meno indondida di come sono! –
– D’accordo. Allora, adesso, fila in camera. Dammi il tempo di concepire il programma di oggi dentro al mio cervello. – sorride teneramente.
– Ok – non mi resta che dire, atteggiandomi da ebete pazza e estasiata.
Solo lui può farmi ridere anziché rendermi irascibile in un giorno storto come questo.
Solo lui può sorprendere instancabilmente chiunque.
Solo lui con la sua compagnia può farmi stare meglio.
E, in questo istante, sono felicemente curiosa di vedere cosa faremo quest’oggi, immaginando le stramberie di cui solo quest’uomo è fascinosamente capace e rimpiangendo la sorpresa che oggi non potrò vedere.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Scherzo, scherzetto. ***


Scherzo, scherzetto.

Sono già di fronte la camera 117 del Disneyland Hotel e comincio a pensare di dover indossare qualcosa di più comodo dei jeans. Apro le ante dell’armadio e rovisto nell’angolo in basso a destra. Scorgo la mia deliziosa tuta nera e fucsia con su stampata Minnie e corro a cambiarmi. L’avevo messa nel trolley di proposito visto che si sposa perfettamente col logo della Disney. Mi fisso allo specchio e noto con dispiacere che il mio naso è dello stesso colore della maglia. Si è arrossato di brutto per via del raffreddore nelle ultime ore! Che sia troppo ridicolo questo abbinamento? Mm … ritorno nell’armadio e capisco di non avere un cambio altrettanto carino e comodo, perciò comincio a pensare che la soluzione sia di ritornare dentro ai jeans.
Qualcuno sta bussando alla porta e infilandomi frettolosamente i pantaloni mi avvio ad aprire.
– Etciù! – starnutisco ancora. Sospiro e mi decido a raggiungere l’uscio della stanza. Apro la porta ma non c’è nessuno ad attendere, eccetto che un biglietto di carta ingiallita con un sigillo seicentesco appeso alla maniglia. Ammetto di essere davvero incuriosita. Mi agito sulla soglia e finalmente riesco a spiegare le alette della lettera in miniatura:

<< L’avventura è cominciata!
Ormai, l’aria è assai spietata.
Il tuo istinto combattivo
ti farà restare vivo?!
Ora, forza, datti da fare
ché da lì devi sloggiare.
Fai i bagagli ma non temere:
al coperto dovrai rimanere. >>

Rileggo quelle poche righe ancora un paio di volte. Avventura. Aria spietata. Istinto combattivo … È chiaro. Non può che essere una messa in scena questa filastrocca. Mi sento una sottospecie di moscerino che si illude di poter sfuggire alle grinfie del rospo dello stagno. Alzo lo sguardo dal foglio ingiallito e mi accorgo di essere ancora sulla soglia. Abbozzo un sorriso tra me e me. Cerco di capire che cosa provo e cosa vorrei fare ma intuisco che una sferzata di rassegnazione mi preme sul petto. In fondo mi trovo a vivere una settimana accanto a un raro, rarissimo, esemplare di fascinoso e carismatico uomo. Perciò sono disposta ad andare incontro all’ignoto, almeno credo.
 

“ora, forza, datti da fare ché da lì devi sloggiare!”

 
Bene.
Eccomi pronta. Ho indossato un foulard per scaldare la gola e mi sono munita di tracolla, mettendo dentro qualche pacchetto di medicinale, una scorta di fazzolettini e infine la solita roba. Finalmente raggiungo la hall dell’hotel. La cosa più logica sarebbe trovare Mr Depp alla reception. Ma si vede che la logica è  molto soggettiva in casi come questi. Chiedo al banco informazioni e non c’è nessuno che confessa di saperne qualcosa su dove sia il famigerato capitan Sparrow. Il ticchettio dell’orologio a pendolo mi martella i timpani. I secondi passano, ma di Johnny nemmeno l’ombra. Tamburello le dite sul piano del bancone mentre assisto all’arrivo di due famiglie scodinzolanti che agguantano le chiavi delle rispettive stanze e mi salutano con accento francese. Ricambio il sorriso che mi rivolgono con cordialità, trattenendo a stento un supersonico starnuto. 
– Ciao! –
Sobbalzo a quella voce, rovesciando il portapenne con cui giocherellavo. Mi volto di scatto e nel frattempo cerco di rimediare alla figuraccia fatta di fronte allo sguardo perentorio del personale di turno con un sorriso, come per dire “Mi spiace!”.
– Come ti senti? – mi domanda la voce. È Johnny finalmente.
– Diciamo che mi sendo un po’ “chiusa”. – esordisco in tono neutro, tamburellandomi l’orecchio sinistro con due dita.
– Non guardarmi con questa espressione. Non è colpa mia se ti sei raffreddata. – mi sorride lui con un pizzico di ironia.
– Lo so bene quesdo. – gli concedo un ennesimo sorriso e poi mi volto rapidissimamente per non starnutirgli addosso.
Sorride con sarcasmo, infittendo lo sguardo su di me e aggiustandosi il suo solito cappello sexy.
– Salute! – mi dice quando risollevo la testa.
– Grazie. Per un addimo ho avudo l’impressione che mi fosse volado il cervello dal cranio! È un sollievo che la desda mi pesi ancora … – constato seria.
Mr Depp ride di gusto. – Sarà meglio che andiamo. – afferma, prendendo a camminare.
Prondo?! Andiamo dove? – mi affretto a raggiungerlo.
– A Discoveryland. –
– E’ quel posdo dove prendono vida le profezie sulle cose fudure e roba simile? –
– Esattamente. Però lì saremo solo di passaggio. –
– Che vuoi dire? – chiedo, fermandomi di botto.
– Che faremo un salto al “Buzz Lightyear’s Pizza Planet Restaurant”, prenderemo un po’ di roba da mangiare a pranzo e poi vedrai tu stessa che cosa faremo. – mi spiega brevemente.
– Perché quesda espressione soddisfadda? – dico poco dopo, osservando il suo volto rilassato.
– Non c’è nessuna espressione. – mi risponde lui, sulla difensiva.
Gli sorrido furbastra: – Sei proprio sicuro che il programma di oggi non preveda attività poco adeguate al mio stato di salute? Ho quasi la febbre, sai? E ti confesso che mi dispiacerebbe finire su qualche giostra stritola-budella … – indago un po’ preoccupata.
– Stai tranquilla. – mi rassicura, toccandosi la barba – Non corri rischi di questo tipo. –
Pardon? – squittisco, dilatando le pupille e pensando a quali altri rischi vado in contro.
Johnny sovviene con aria Sparrowiana: – Oh, rimani calma. Ti prometto che la giornata sarà alla tua portata! –
 
Abbiamo appena varcato la soglia del Buzz Lightyear’s Pizza Planet Restaurant e rimango estasiata. Parecchi tavoli già stracolmi di gente sono serviti da camerieri con divise fluorescenti. Alzo lo sguardo e miniature di satelliti e pianeti riempiono il soffitto. Tutto ciò rende l’aria davvero suggestiva. Mi sembra veramente di essere nel 2512 o giù di lì. Al centro della sala c’è perfino un razzo rosso che contribuisce all’atmosfera spaziale assieme all’utilizzo di luci fluorescenti soffuse.
– Abbiamo un davolo riservado? – mi informo.
– Esattamente. Dobbiamo rintracciare Jaques. È lui che se ne sarebbe occupato. – mi spiega, frugando tra la folla: – Tu stai meglio? Se vuoi possiamo sempre tornare in hotel. –
– Scherzi? Mai sdada meglio. – lo assicuro, ammiccando.
– In effetti hai ragione. – ride quasi a prendermi in giro – Sembra che la voce ti esca con minore fatica di questa mattina, eh? –
– Oh, si. – e così dicendo apro la borsa: – Vedi, ho già finido un paccheddo di quesde caramelle balsamiche, ho bevudo ben undici tazze di dhe caldo e ho preso due aspirine. Mi sendo quasi come nuova. – gli racconto orgogliosa delle mie trovate “velocizza-guarigione”.
– Davvero? – mi domanda un po’ scioccato: – Undici the in meno di quattro ore?! –
– Si … undici dazze. –
– Ottimo lavoro. – poi mi guarda dalla testa ai piedi e prosegue: – Non hai paura di avere ingerito troppa acqua bevendo undici tazze da the? … –
Intreccio le braccia e con aria sospettosa gli dico: – Se sdai dubidando della pordada della mia vescica, beh: addendo a come parli, MrSoDuddoIo! –
Johnny scoppia in una sonorissima risata di fronte alla mia espressione imbronciata, attirando l’attenzione di molti, più di quanti ci guardavano già da prima.
– Spero per te che tu abbia ragione. – dice poi non appena smette di ridere.
– Beh, lo spero anche io. – confesso divertita. – Guarda, Jaques è proprio lì davandi a noi! – dico, salutandolo con un cenno.
Ordiniamo tre piatti di spaghetti all’italiana e mi mettiamo belli comodi aspettando che ce li portino.
– Comunque, che cosa faremo dopo pranzo? – sparo diretta e altrettanto entusiasmata, rompendo il silenzio.
– Mm, ti posso cominciare a dire che faremo una specie di viaggio. – inizia misterioso.
Lo guardo in direzione dei suoi occhiali fascinosi con aria oltremodo insospettita e realmente confusa.
– Che cosa c’è? – finge lui come se non capisse che la mia morbosa curiosità mi sta quasi facendo perdere la pazienza. – Torno tra un minuto. – annuncia prima che io possa ribattere.
– Pss! Jaques, che cosa ne sai du di quesda sorda di viaggio? – dico, catapultandomi su monsieur autista.
– Non posso aprire bocca questa volta, mi dispiace. – annuncia con rigore, senza batter ciglio.
Ci rimango davvero male. Non mi aspettavo una reazione simile.
– Ma perché?! Che cosa di cosda? Di promeddo che se mi dirai qualcosa non ne farò parola con Johnny. – dico secca, cercando di nascondere la delusione.
– Monsieur Depp si fida di me. E io ho dato la mia parola. Sai, lui ha detto che tu sei troppo pignola! –
– Sono COSA??? –
Monsieur Jaques scrolla le spalle con mezzo sorriso ironico sul viso. E alla fine sorrido anch’io. Però penso indispettita che … mi piacerebbe che Johnny me lo dicesse in faccia, se ne ha il coraggio!
 
Il fischio del treno di Discoveryland mi uccide i timpani.
Eh già. Abbiamo finito di pranzare e un treno fiabesco di vagoncini verdi e rossi ci si para davanti.
Jaques è il primo a salire. Ci sediamo in un comodo e familiare scomparto. Un cesto in vimini è posato in un angolino ed ha tutta l’aria di starci aspettando da qualche ora.
– E’ bello! – affermo annusando l’aria e guardandomi attorno.
– Oh, si … un gioiellino. Il più bel treno su cui io sia mai salito, te lo giuro. – dice, inforcando i mitici occhiali.
– Lo credo anch’io! – sorrido – C’è un’atmosfera quasi magica. –
– Ma il bello deve ancora venire. –
– Cioè? –
– Tu saresti, diciamo, disposta a metterti in gioco? – mi domanda serio, abbassando la voce quasi a sussurrare.
– Che vuoi dire? –
– Faresti qualcosa senza che questa ti assicuri nulla? –
– Credo di no. Se devo fare qualcosa è perché so che podrebbe perlomeno rendermi felice. –
– Ma se “quel qualcosa” non lo fai, non puoi sapere se in realtà ti avrebbe portato gioia o tristezza. Solo che: se lo fai non avrai rimpianti, se non lo fai avrai rimorsi. E inoltre se segui la prima possibilità potresti davvero scoprire quale conseguenza avrebbe causato il tuo atteggiamento. –
Rimango a bocca asciutta, sia per lo stordimento che per la logica confusa di quel discorso.
 – Allora?! – mi chiede capitan Jack Sparrow.
– Ho improvvisamente male alla testa, ma credo che … ci sto. – sputo alla fine poco convinta.
– Benissimo! – dice a denti stretti come a contenere l’entusiasmo.
Lo guardo in attesa di scoprire a cosa dovrò sottopormi e nel frattempo mi domando se per caso non mi pentirò seriamente di aver dato la mia buona parola.
– Che cosa c’è? – fa lui premuroso notando la mia espressione dubbiosa.
– E’ solo … Di cosa si tratta? … –
– ‘Di cosa si tratta’ cosa? – dice spaesato.
– Come ‘di cosa si tratta cosa’??? Della cosa che dovrei fare! –
– Quale cosa?! –
Lo guardo spazientita e per un attimo ho la sensazione che tutta la discussione di prima me la sia immaginata: – Mi sa tanto che prenderò una … Etciùùùùù! … un’aspirina. –
– D’accordo, d’accordo! … la cosa di cui parlavo era … Mi faresti una specie di favore? –
– Tu, Johnny Depp, chiedi un favore a me?? … ok, è ufficiale. Sto semplicemente sognando. – strabuzzo gli occhi mentre ingoio l’acqua in cui l’aspirina si era disciolta.
– Devi solo … fingerti una ragazza interessata ai provini di una nuova pellicola. –
Rischio quasi di sputare l’acqua che avevo in bocca ma mi trattengo appena in tempo.
– Non ho detto che ti sceglierà, ma devi solo darmi una mano. Se non troviamo un’attrice protagonista adatta entro la fine del mese sono certo che rinuncerà alla produzione del film. Un film che potrebbe riuscire benissimo! Sarebbe un vero peccato. –
– Io non voglio fare nessun provino o come si chiama. L’ultima cosa che sogno è proprio questa … e poi, chi dovrebbe scegliermi? –
– Si tratta di Tim … –
– Tim chi? –
– Tim lui … –
Inarco un sopracciglio, in preda alla disperazione: – Ti dispiacerebbe rispondere alla mia domanda senza girarci attorno? –
Johnny si alza, gira su se stesso e scruta il pavimento come a voler trovare le parole che gli mancano: – Tim Burton. E chi sennò? –
– Che cosa?! Credo che tu abbia bevuto. – dichiaro, alzandomi.
Lui ride: – Ascolta, ascolta. Adesso non c’è tempo – comincia mettendomi le mani sulle braccia – Ma stasera sarà tutto più chiaro. –
– Ho la triste sensazione che mi dovrei già pentire di averti dato la mia disponibilità … –
– Oh, dai … non sarà così male. – constata il mio caro pirata come a chiedere venia.
Il meccanico rumore delle rotaie del treno cullano il mal di testa che mi ha tramortito.
Sono passati pochi minuti, credo, dalla discussione avuta con Johnny e le idee non riescono a riordinarsi nella mia testolina. Che cosa gli è venuto in mente? Perché ha messo su la storia del provino? E che cosa c'entra tutto ciò con la mia fantastica vacanza? E, poi, perché ho accettato?! Che cosa sta escogitando??! E come mai sono inconsapevolmente sua complice???!
Una brusca frenata rischia di farmi finire dalla parte opposta del vagone in cui mi trovo.
– Che cosa è stato? – domanda Jaques, rimettendosi a sedere.
 Johnny sporge la testa fuori dalla nostra cabina: – Oh, non è nulla. È arrivato Tim. –
– Tim?! – domando con voce stridula, sperando di avere sentito male.
– Ehi, va tutto bene. Devi solo fingere di voler un ruolo nel nuovo film a cui stiamo lavorando. –
– Credo che sto per avere un attacco di convulsioni ... – biascico in prenda all'ansia.
– Non preoccuparti. È un tipo strano anche lui. –
Ed ecco che il famigerato Tim ci si para davanti.
Sbuca dalla porta della nostra cabina e per un attimo mi fissa, studiandomi.
Io faccio istintivamente lo stesso. Devo ammettere che è davvero un uomo un po’ strano. I capelli sono come lo specchio della sua persona … sembrano fiammelle di fuochi che punzecchiano l’aria che li sovrasta.
– Salve, gente. – comincia Mr Burton con aria gioviale.
– Oh, eccoti qui finalmente. – dice Johnny fissando l’orario che segnava l’orologio di Jaques.
– Mi spiace, John. Te l’ho detto che l’aereo avrebbe portato qualche ora di ritardo. – si giustifica lui togliendosi un po’ di polvere dalla giacca.
– E’ tutto ok. Siediti … – lo esorta il capitan Sparrow. – Vorrei presentarti la ragazza di cui ti avevo parlato. – e così dicendo si volta verso la mia faccia impietrita.
– E’ un piacere, signorina. – mi dice Tim stringendomi la mano.
– Il piacere è tutto mio. – rincaro, fingendo di avere una buona dose di entusiasmo nelle vene.
– Come si chiama … ? – dice poi voltandosi verso Johnny.
– Clara. Dice che lavorare con personaggi del tuo livello sia il suo sogno fin da quando era solo una lattante. –
A quella montagna di assurdità mi viene un impulso da dentro che mi spingerebbe a strozzare il mio caro mito, ma il buon senno di cui sono dotata mi impedisce di compiere atti estremi.
– E’ così come dice Johnny? – mi sorride poco dopo Tim.
– Più … più o meno. – dico con voce piatta.
– D’accordo. Ti farò qualche domanda come se ti stessi sottoponendo a una sorta di test. L’importante è che ti rilassi e non pensi che in gioco ci sia il tuo avvenire. – sorride – Ti senti pronta? –
– Mai stata più pronta di adesso in vita mia! –
– Bene. Così mi piaci! – sovviene Mr Canaglia!
Gli lancio uno sguardo spietato e lo zittisco sul colpo.
– Allora cominciamo. Hai mai preso lezioni di recitazione? –
– Uhm … veramente no. –
– Hai mai recitato in pubblico? –
– Credo di no …. –
– Fatto provini? –
– … nemmeno. –
– Preso parte alle recite scolastiche o robe simili? … –
– No. –
– Lavorato almeno dietro le quinte? –
– Ah ah, nulla di tutto ciò. – dico accompagnandomi con la testa.
Oh, che peccato!Mi sa che dovrò dire addio al mondo della recitazione. Penso maleficamente sollevata.
John, è sicuro lei la ragazza? gli domanda Tim con l’aria più trasandata del solito.
– Certo che è lei.– poi mi guarda come a supplicare: – Da brava … Racconta qualcosa a zio Tim. –
Tim Burton mi studia nei dettagli: – Ti piacerebbe davvero prendere parte a un nuovo progetto cinematografico? –
– Oh, in realtà … – comincio con voce sicura.
– IN REALTA’ Clara è molto introversa. E perciò deve rompere il ghiaccio all’inizio, ma dopo non la smette un attimo di parlare della sua passione per la recitazione. – mi interrompe Johnny appena in tempo.
– Allora nessun problema! – sorride Tim amichevolmente.
– Veramente un problema ci sarebbe. –
Si voltano tutti a guardarmi davvero straniti.
– … Il fatto è che a volte la realtà è ben diversa da come ci si presenta. I buoni sono cattivi, gli antipatici sono simpatici, le giustizie sono ingiustizie, gli amici sono nemici … va tutto un po’ così, in fondo. Adesso l’apparenza dice che io voglia fare un provino, nonostante dimostri di non sapere un accidenti sul mondo dello spettacolo, ma in realtà le cose sono diverse. Perché è vero che spesso nascondiamo chi siamo veramente dietro a una maschera. E forse è il caso di dire che anche io sono stata costretta a indossare una maschera che adesso, però, mi si è tolta da sola perché dentro di me c’è qualcosa che non ha niente in comune con la falsità. Perciò, è arrivato il momento di mettere la parola fine a questa discussione vuota. La mia fermata è qui e non voglio aspettare un attimo di più. – dico il tutto con un misto di rabbia e di seria convinzione che sorprende me stessa. Il mio tono di voce è sostanzialmente profondo e contrito e suscita stupore sia in Johnny che in Tim. Anche Jaques sembra meravigliato.
Tutti mi guardano attoniti. E io non so se sentirmi un’ idiota oppure la Montalcini.
– John, avevi ragione! – sghignazza Tim colpendo il braccio dell’amico.
– Oh … lo so! Ne ero sicuro! – annuisce Johnny, approfittando dello stupore del regista.
– Forse c’è stato un equivoco. – comincio, intuendo di avere suscitato qualcosa di diverso dall’aberrazione.
– Al contrario! Hai dato prova delle tue capacità interpretative. Sei stata così sicura e arrabbiata che sembrava una reazione del tutto spontanea e non recitata. È palese che hai la stoffa per fare l’attrice. – annuncia Tim Burton lieto, grattandosi la testa.
– Che cosa??! – domando stridula.
– Hai sentito? Congratulazioni. – sovviene Johnny dandomi un buffetto sulla guancia destra.
Jaques scoppia a ridere, nascondendosi la bocca dietro alle mani.
E io mi sento disperatissima e impotente.
Cerco di mantenere la calma: – Sono davvero lusingata, ma ho l’impressione che il mio messaggio non sia arrivato per  come speravo. –
Tim Burton e Johnny Depp non si degnano nemmeno di ascoltarmi. Continuano tutto il tempo a fare congetture sul mio ipotetico ruolo da protagonista, mentre a me sta venendo la voglia di piangere per il forte nervoso.
– Jaques, che cosa aspetti? Stappa lo spumante. – dice Johnny indicando la cesta in vimini di poco prima, continuando a sghignazzare.
– Dalla a me la bottiglia. – lo interrompo, appropriandomene quasi con la forza per evitare un brindisi senza motivo.
– Giusto. Ha ragione la ragazza. Deve stapparla lei! È lei che deve festeggiare. – rincara Tim, sistemandosi goffamente sul suo posto.
– Oh, è vero. Scusami per non averci pensato. – interviene Johnny passandosi la mano sulla nuca.
Rimango con la bottiglia tra le mani e deglutisco lentamente come a vivisezionare meglio la situazione.
Perché? Perché proprio a me?! Che cosa ho fatto di male per meritarmi tutto questo?
Tim e Johnny fissano la mia espressione incerta e sbigottita. 
E io fisso la loro complice e incosciente pazzia.
Loro fissano me.
Io fisso loro.
Jaques fissa loro e me.
E noi fissiamo Jaques.
Poi tutti guardano la bottiglia che ho tra le mani.
E a questo punto la guardo anch’io.
Cala il silenzio.
– Che cosa c’è? – chiede Tim a Johnny con fare triste e deluso – Non le piace lo spumante? … – prosegue indicandomi con la mano
Johnny gli lancia un ridente sguardo a saetta: – E’ solo molto emozionata. –
Non è per niente vero! Sussulto tra me e me.
– Dovrai imparare a reggere alla tensione. Non ti ho nemmeno raccontato la trama del film e già sei quasi svenuta … – spiega Tim, lasciandosi scappare  una mezza risata. – Non dirmi che le hai già parlato tu dell’intreccio del film! – dice rivolgendosi a Mr Depp.
– No, credevo che ti facesse piacere che fossi tu a parlargliene. – spiega, incrociando le braccia.
– Esatto, quindi possiamo cominciare. Il nostro progetto è ambientato nel nebbioso inverno londinese del 1657. La protagonista è una ragazza assassina che per attirare l’attenzione del giovane di cui si è ossessionata compie un sacco di omicidi, facendo vittime ben 16 ragazzi dell’alta borghesia nell’arco di cinque mesi. Sedici sono anche i suoi anni. Quindi aspetta il suo diciassettesimo compleanno per compiere quello che si ripromette sarà il suo ultimo assassinio. Il suo piano è uccidere Robert, il ragazzo in questione, nel caso in cui questo non volesse cedere al suo amore malato. Alla fine il giovane riesce a vendicarsi uccidendo la protagonista per punire la sua irrefrenabile e odiosa pazzia. – butta giù tutto d’un fiato.
– Eh già, sarà il film dell’anno … Che te ne pare? – mi chiede Johnny serio, giocherellando con le aste dei suoi occhiali.
– Beh, senz’altro è avvincente. E sanguinoso. E piuttosto macabro. E vietato ai minori di diciotto anni. – dico a cantilena.
– Oh, questo lo sappiamo già. – ride Tim. – Ma tu vorresti firmare il contratto? Ti ci vedi nella parte? –
Sento delle goccioline di sudore freddo venirmi giù dalla fronte. – Ecco … sta succedendo così velocemente che non ci credo! – rido nervosa.
– E’ naturale. Ma sta’ tranquilla. Noi siamo del mestiere e sappiamo che cosa stiamo facendo! Vogliamo che tu ti metta in gioco perché hai del talento che va levigato. –
CHEEEE?
– Senti, è normale che ti senta sconvolta e con le idee in subbuglio. Voglio dire, c’è in gioco il tuo avvenire. Ma avrai del tempo per pensarci. D’accordo? –
Johnny, Johnny, che cosa stai combinando?! Quando arriva il momento in cui tutti ci facciamo una grossa risata e spunta il cameraman di Candid Camera? Credo che Tim se la sia veramente bevuta questa storia! E non mi sembra il caso di peggiorare la situazione. Dico bene, no?
– Sicuro! Avrai almeno quindici giorni di tempo per darci la tua risposta. Anche se vi confesso che mi aspettavo più entusiasmo da un’aspirante attrice come te. – insiste Tim.
Io non riesco a spiccicare parola perché non trovo nulla di appropriato da dire. Mi limito quindi a sorridere nervosamente e a girarmi poi di scatto perché gli starnuti, frutto del mio raffreddore, non cessano ancora.
 
Abbiamo appena finito lo spuntino del cesto in vimini ed eccoci arrivati a Disneyland Railroad. Jaques chiama la fermata e il trenino si arresta dandoci modo di scendere. Starnutisco un paio di volte per il cambiamento di temperatura e ci incamminiamo verso Horse-Drawn Streetcars. Saliamo su un tram trainato da cavalli Percheron e guardandomi attorno vedo che questa è una delle tante attrazioni per i bambini sotto ai cinque anni.
– Altro giro panoramico, Johnny? – domanda Tim sorridente. – credo di non avere parlato così tanto come oggi da un sacco di tempo. Ho esaurito tutti gli argomenti! –
Ridiamo sentitamente.
La canzoncina di una bambina poco distante da noi ci fa istintivamente voltare.
– Ehi, bambolina? … – comincia Tim carezzandole il mento.
La bambina lo guarda con una forte espressione interrogativa e si zittisce di colpo.
– Tim, l’hai fatta spaventare … – interviene Johnny.
– Eh si … guarda, sembra che stia per piangere. – osservo spontaneamente.
– Sono davvero così brutto? – mi chiede allora Mr Burton.
La sua è un’espressione divertita camuffata da un alone di offesa.
– Insomma, amico … certe cose le dovresti capire da solo. – sbotta Johnny con fare Sparrowiano.
Ridiamo a crepapelle! Sono davvero un’accoppiata vincente questi due.
– Ok, stai esagerando. Adesso vediamo che cosa ne pensa la bimba. – propone Tim.
– Forse è meglio lasciarla in pace. È sul punto di piangere secondo me. – dico io.
– Dai, non costa niente provare a sapere che cosa ne pensa. – insiste Tim – Senti, piccolina, ti fa paura zio Tim?? – chiede con un sorrisone forzato a trentadue denti.
La bambina comincia a giocherellare con le vispe codine biondo scuro sulla sua testa e assume un’espressione indispettita e capricciosa. Poi prende a masticare con scatti meccanici la gomma da masticare che aveva in bocca e inarcando lo sguardo fissa a turno ciascuno di noi.
Tim si inginocchia per potersi mettere alla sua stessa altezza e cerca di mimare buffe facce per strapparle un sorriso. Ma non c’è niente da fare. La bambina lo guarda stufa e arrabbiata fino a quando piega le labbra e esibisce una pernacchia al caro zio Tim, bagnandogli le lenti degli occhiali con qualche goccia di saliva.
Riprendiamo a ridere di cuore alla scena, vi assicuro, comica.
– Ottimo lavoro! – le si congratula Johnny facendole l’occhiolino.
La bambina allora alza il mento con aria impettita, si mette le mani sui fianchi e finalmente si allontana trionfante.
In questo frangente il problema del film di Burton non mi ha tormentato più la testa ma adesso mi ripongo la questione.
– Ragazzi, ho urgenza di fare una chiamata; voi aspettatemi pure al Coffee Grinder. Vi raggiungo subito. – annuncia Tim tirando fuori il suo cellulare.
Bene, questa è l’occasione giusta per fare quattro chiacchiere con Mr Depp! Deve decidersi a raccontare della messa in scena. Penso spietata.
Non appena siamo abbastanza distanti da Burton, afferro il braccio di Johnny e comincio: – Ok, adesso basta con questa idiozia. Non posso prendere in giro un professionista come Tim Burton. Mi sto sentendo falsa ed egoista, perciò voglio che tu gli dica la verità. –
– Cerca di essere ragionevole … – risponde Johnny.
– Io sono ragionevole! Adesso lui è convinto di avere trovato la sua talentuosa stella del cinema horror, mentre invece io non sarei opportuna nemmeno per girare una scena de “le superchicche”! E inoltre non ho mai avuto questa aspirazione. Mi sento una strega per avergli mentito. –
– E allora non mentirgli più. L’unico modo per rimediare è accettare veramente il ruolo in questo film. – dice Johnny, incrociando le braccia.
– Vuoi scherzare?! Va bene, se non vuoi svelare tu questa buffonata, lo farò io stessa. – concludo veramente stanca.
Johnny non ha modo di aggiungere altro perché Tim ha appena varcato l’ingresso del Caffè.
– Tim, devo dirti una cosa. – comincio prima che le mie intenzioni possano venire meno.
– Oh, lo sapevo. Finalmente ti sei decisa allora … sapevo che eri una ragazza in gamba! – mi sorride soddisfatto.
– Aspetta, aspetta … la risposta è “no”. Ma prima, in realtà, dovrei darti delle spiegazioni. Sei uno splendido regista e credo che nel tuo genere sia stato l’unico nella storia del grande schermo. Hai la stima di tantissime persone e indubbiamente anche la mia. Voglio essere sincera con te … è stata tutta un’idea di Johnny ma visto che non mi sono tirata indietro mi assumo le mie colpe. Mi ha chiesto se potevo fingere di ottenere una parte nel vostro nuovo progetto perché tu, non trovando un’attrice adeguata, volevi rinunciarci. Pochi istanti dopo sei salito sul treno e io non ho trovato il modo di mettere a tacere l’assurda idea che vedeva me come un’aspirante attrice. Allora tutto è venuto fuori da sé, ma prima che sia troppo tardi devi sapere che oggi non hai trovato nessuna attrice protagonista per il tuo nuovo film o che almeno non sarò io. Mi dispiace. –
Finalmente il peso sulla mia coscienza scompare del tutto. Rivolgo prima a Tim e poi a Johnny un lieve sorriso di scusa e prendo posto in una sedia poco distante.
– John, questo da te non me lo aspettavo proprio. Ti conosco da una vita e questa è la delusione più grande che potevi darmi! – sbotta Tim, alzando il tono.
– Ehi, non esagerare adesso. Sapevo bene quanto ci tenevi a questa pellicola. L’ho fatto per te e non certo per interessi miei. – fa Johnny difendendosi.
– Ah, bene. allora dovrei pure ringraziarti? Mi hai preso in giro! Dove sta la tua lealtà?! E guarda quella mocciosa poi … complimenti! Viva la sincerità delle nuove generazioni. Il mondo non potrebbe che peggiorare … – riprende poi, indicandomi.
Un momento, un momento! Non credo di meritare certe offese.
La gente del locale si volta dalla nostra parte. Alcuni vanno via, altri invece si fingono disinteressati ma la tensione sale sempre più in alto.
– Datti una calmata, non è il momento più congeniale per reagire così. – considera Johnny.
– Datti una calmata tu, brutto egoista bugiardo! – e così dicendo lo spinge.
– Metti giù le mani! Non voglio dare spettacolo di violenza. –
I due prendono posto poco distante dalla mia sedia. Non si rivolgono più la parola ma sembra che ci sia ancora qualcosa in sospeso.
A un certo punto Tim lancia uno sguardo da sopra gli occhiali a Johnny il quale nel frattempo si mordicchiava il labbro inferiore. Li guardo sospettosa e non appena Jaques scoppia in una eclatante risata anche quei due cedono e prendono a ridere con trasporto. Li guardo a bocca aperta non riuscendo a capire che cosa ci sia di così divertente.
– Ci è proprio cascata!? Ahahahah –
– Ma hai visto che faccia seria che aveva?! Ahahahah –
– Basta, basta … potrei morire dal ridere! –
– E’ stato … è stato davvero esilarante! –
Continuano a ridere sonoramente per qualche istante ancora. Tim sbatte il pugno sul bancone del bar e Johnny si tiene la pancia dal forte ridere. Jaques si asciuga addirittura le lacrime.
– Ma siete impazziti o cosa!? – chiedo al culmine della sopportazione.
– No, tesoro. Pazzi lo siamo tutti. Il bello è che grazie all’essere bizzarri riusciamo a ridacchiare come  dei bambini. – esordisce Tim, ansimante per le risate.
– Proprio così. Diciamo che tu pensavi di essere la carnefice mentre in realtà eri la vittima! Scusa ma era da tempo che non escogitavamo scherzi simili! – spiega il caro zio Johnny.
– Praticamente non c’è nessun film? – chiedo incredula ma al contempo sollevata.
– Esattamente. –
– Magnifico … – sussurro, sentendomi un po’ presa in giro.
Ci guardiamo dopo qualche istante di silenzio ed ecco che per magia … ritorniamo a sganasciarci dalle risate!
E ridi prima, ridi ora, ridi poi … tutto questo riso sommato alle undici tazze da the fa “urgente bisogno di andare in bagno!” Corro corro e corro e finalmente vedo la porta del bagno!
Poco dopo ritorno al tavolo e Johnny sorridendo mi dice: – E’ tutto ok? –
– Oh, si … devo ammettere che, adesso che esulta anche la mia vescica, va ancora meglio! – ;)

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=726656