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maggio 2135
Ho il ricordo di quando è iniziato tutto ancora
vivido nella mia mente. 3 mesi fa. Doveva essere un semplice controllo, una
visita durante la quale avrei dovuto solamente rinnovare la somministrazione
dell’antibiotico per far sì che lei stesse bene..
«Noah..»
«Dimmi Alpha01.»
«Cosa sono i sentimenti?»
«Bella domanda» non capivo la sua curiosità..
quella sfera della conoscenza umana doveva esserle, come dire, indifferente.
«Sono qualcosa che si può imparare?» era una
domanda ingenua e dolce da parte sua. Per tutto il tempo che era stata liberata
dal suo stato di coma aveva sempre avuto uno sguardo curioso, lo sguardo di chi
voleva capire, ma che non sapeva come liberarsi da quella condizione di
sottomissione alla quale non poteva sfuggire.
«No, sono qualcosa di innato. Qualcosa che non si
può apprendere.» il suo sguardo si spense, con una vena di delusione. Non
volevo spegnere così bruscamente il suo entusiasmo, ma l’idea che le telecamere
registrassero quella nostra conversazione non mi piaceva più di tanto.
Alzai quindi lo sguardo convinto di trovare
davanti ai miei occhi uno di quegli aggeggi che invadevano la privacy altrui,
ma con enorme stupore non ne trovai. Né davanti a me né in nessun’altro angolo
della stanza. Così tentai di recuperare al danno fatto.
«Vedi, questo è già un sentimento.»
«Quale?» si guardò intorno, addosso come se
potesse vedere quello di cui stavo parlando.
«Quello che stai provando adesso. Quello che ti ha
fatto abbassare lo sguardo, che ti ha fatta sospirare.»
«Posso provare anche io dei sentimenti?» le stavo
fasciando il braccio per misurarle la pressione, quando mi fissò con sguardo
speranzoso. Era in qualche modo divertente vedere come quegli occhi
trasmettevano così bene quello che lei pensava di non poter provare.
«Certo.»
«Mi è permesso?» non sembrava fosse convinta della
mia risposta.
«Si, in ogni momento del giorno tutti possiamo
provare dei sentimenti. Nessuno può vietarcelo, nonostante ci provino. I
sentimenti non possono essere spenti.»
«Mi aiuteresti?»
«E come?» chiesi ingenuamente. Non capivo quello
che intendeva. Io avevo studiato scienze, anche comportamentali, è vero, ma non
sarei stato in grado di “insegnare” come provare dei sentimenti. E poi non ero
la persona adatta. Non provavo sentimenti positivi da una vita. Cosa avrei
potuto trasmetterle? Odio? Ribrezzo? Schifo? Potevo catalogarlo come
sentimento?
«Dimmi cosa sono. Fammi capire quello che si
prova. Spiegami cosa sono quelle sensazioni corporee che provo quando faccio
diverse cose; quando parlo con persone diverse..» mi guardava con aria
supplicante.
«Non credo di essere la persona adatta..» non
riuscii a mantenere il suo sguardo.
«Ma sei l’unica che ho.» con quegli smeraldi
fissati nei miei occhi sembrava mi stesse pregando.
«D’accordo» accettai rassegnato e perforato da
quello sguardo al quale non avevo mai saputo resistere. «Ma a due condizioni.»
«Quali?» prima di accettare il compromesso si fece
dire da me cosa volevo in cambio del mio insegnamento.
«Prima condizione: non userai i tuoi “poteri” su
di me. Seconda: nessuno, ma proprio nessuno potrà sapere di questo.»
«Accetto» non ci pensò
due volte prima di darmi la sua risposta.
Fortunatamente il nostro dialogo non era
sorvegliato grazie a quella mancanza di dubbi su Alpha01; si erano illusi di
levarle ogni possibilità di ribellarsi, togliendole la possibilità di avere
figli, ma non avevano tenuto conto del fatto che lei aveva un cervello come
tutti gli altri – anzi, più avanzato – e quindi in grado di formulare idee su qualsiasi
cosa.
Avrei dovuto solamente scoprire i buchi neri delle
telecamere dei corridoi per fare in modo di arrivare da lei senza essere
scoperto. Per questo mi avvalsi dell’aiuto di Alpha01. Usufruii delle sue
facoltà per convincere l’impiegato della sicurezza a darmi il video della
sorveglianza.
Trovati!!
Ogni 23 minuti c’era un buco di 45 secondi
consecutivi nelle telecamere che controllavano il tragitto tra le nostre
stanze. Solo un angolo rimaneva sempre coperto e questo comportava un problema.
Per mia fortuna però c’era una stanza lungo il percorso che mi avrebbe permesso
di evitare quell’angolo, perché aveva due accessi. Dovevo solo ottenere le
chiavi. Anche per quello mi feci aiutare da Alpha01.
A partire dalla notte seguente quella scoperta
iniziarono le nostre lezioni. Alpha01 era impaziente di sapere, di conoscere e
comprendere qualcosa che – secondo i piani alti – andava fuori dalla sua
portata.
Non so bene cosa mi abbia spinto a fare quel patto
con Alpha01; non lo saprei davvero. Forse è stata colpa di quella scossa, di
quello spiraglio di vita che ho sentito quando l’ho guardata negli occhi. O
forse trovavo che fosse il mio modo per riscattarmi e perdonarmi gli errori del
passato?
«Credevo non
avessi mantenuto la tua parola.» Lo credevo
anche io. Anche dopo tutto quello che avevo fatto, non ero sicuro che
aiutarla fosse la cosa migliore. Ma la verità era che non potevo dire di no a
quegli occhi. Gli occhi di Lea e che ora lei portava come grande fardello senza
esserne cosciente. Quek verde mi avrebbe convinto a fare qualsiasi cosa. Mi ero
illuso che così avrei potuto aiutarmi a redimermi dalle mie colpe passate.
«E invece sono
qui.» Abbozzai un sorriso e regolarizzando il respiro mi avvicinai al centro
della stanza.
«Perché il tuo
cuore ha accelerato i battiti e ora sta tornando regolare?» Ecco che
cominciavano le domande. Mi avrebbe
torturato così fino a che non era soddisfatta? Tanto valeva darle quello che
voleva.
«Perché ho
provato paura mentre venivo qui. Ho avuto paura che mi potessero vedere. E ho
paura delle conseguenze che potevano nascere.»
La mia affermazione non le fece muovere un
muscolo. Rimase immobile ad osservarmi come se fossi un qualsiasi idiota che ha
appena detto una battuta poco divertente; e la cosa era leggermente irritante.
«Non ti turba nemmeno un po’ quello che ti ho
appena detto?»
«Dovrebbe?»
«Si.» Alla mia
risposta dura abbassò il capo e si sedette delicatamente sul suo letto. Mi resi
conto di esserci andato un po' pesante con lei; in fondo ero lì per quello, ero lì per
insegnarle cosa voleva dire provare preoccupazione per qualcuno, felicità,
tristezza, e addirittura amore se ne fossi stato in grado. «Ma non ti
preoccupare. Arriveremo anche a questo.»
«Iniziamo?» fissò il suo
sguardo nei miei occhi e cercò di imitare quello che era stato il sorriso che
avevo fatto entrando.
Ricordo ancora che la prima nostra lezione fu un
totale disastro. Almeno, per me lo fu. Non riuscivo ad esprimere a parole quello
che il mio cuore, le mie espressioni e i miei gesti dicevano.
Lei aveva imparato tutto quello che c’era da
sapere riguardo alle diverse inflessioni dello sguardo; sapeva quando e come
cambiavano in base alla veridicità delle affermazioni che il soggetto esaminato
faceva, ma non sapeva come metterle in pratica su se stessa, e non sapeva
nemmeno se erano espressioni importanti o meno.
Avrei dovuto insegnarle a sentire dentro di lei
gli sbalzi di umore e non solo quella innaturale condizione di quiete in cui
lei viveva.
Non sarebbe stato facile; di questo ne ero più che
conscio. Ma mi sentivo e mi sento ancora come se glielo dovessi. Sono stato io
a portarla – o meglio crearla – in queste condizioni.
Devo sistemare le cose in qualche modo.
***
Perdonatemi
il ritardo abnorme pulzelle, ma l’ispirazione era sparita..
Spero
che questo aggiornamento vi piaccia!
Che
ne dite di quello che sta succedendo? Ve l’aspettavate?
Un
bacione, lettrici coraggiose.
Giuliet.