Forgotten.

di Cam15
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Trama ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2. ***



Capitolo 1
*** Trama ***


TRAMA. ( il primo capitolo verrà presto pubblicato) Sono le 14.30 del 24 Ottobre quando Hanna si risveglia dal coma. Ha dormito per 10 giorni, ed è tutto ciò che sa della sua vita. Nessuno era li ad aspettare il suo risveglio, e nessuno era la fuori, a cercarla. Dopo essersi sistemata a casa del tenente Jack Brown cerca le sue origini, ma non c'è nulla che si fa chiaro. Finché non incontra Adam: Il suo amico d'infanzia, la persona che l'amata fin da quando era bambina, e che non ha mai spesso di sperare fosse ancora viva. Ma oltre a lui, nessun altro è rimasto. I suoi genitori, e suo fratello, sono morti in un incidente aereo, e con loro, teoricamente anche lei. Tutto sembrava finito ormai, ma inquietanti telefonate, cominciano a tempestarla. Finché qualcuno, tenta di ucciderla. Forse quello che sapeva del suo passato, non era altro che una piccola parte di esso. E comincia a dubitare che lei e la sua famiglia, in quell'aereo, non ci siano mai stati.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1. ***



 

Capitolo 1.

Apro gli occhi d'improvviso e mi guardo intorno cercando di capire in che posto mi trovo. Sono distesa in un alto letto dalle ruvide coperte e sono circondata da mura bianche. Poi guardo al mio fianco, e capisco. Una macchina mostra il battito del mio cuore e la mia mano è collegata ad una flebo in funzione: devo essere in ospedale. Ma questo non è poi così importante, perché c'è un dubbio ancora più grave che mi sta tormentando: Quale è il mio nome?? Chi sono io??
Cerco di cercare qualcosa nella mia mente a cui aggrapparmi, ma tutto ciò che vedo è solo del vuoto. Non ricordo assolutamente niente, e tanto meno, come ho fatto a finire qui. 
Iniziò ad agitarmi, il cuore mi batte forte, non riesco a sentirlo in corpo quanto dai bip della macchina accanto a me sempre più forti e veloci, mi manca il respiro, cerco di alzarmi, ma sono così fioca, vedo tutto girare, e non riesco più a mettere a fuoco niente di preciso.”Che cosa succede?”
La porta si spalanca lasciando entrare un uomo e tutto cio che riesco a presumere è che sia un dottore. Mi corre appresso, mi spinge giù facendomi ritornare stesa e mi dice "tranquilla". Ma è tutto il contrario di quello che riesco ad essere in questo preciso istante. “che cosa ci faccio qui??, non riesco a ricordarmi niente.aiuto!”. I Bip si fanno ancora più veloci, il dottore mi urla contro di stare tranquilla mentre viene raggiunto da altre infermiere. E' tutto cosi surreale, non può essere vero, no, deve essere un incubo. Una delle infermiere si avvicina vuole qualcosa, vuole il mio braccio, è qui per iniettarmi qualcosa mentre io cerco di allontanarla, spingendola via con le braccia. Sembra in difficoltà, prima che tutto torna nero ancora.

 

Quando mi sveglio, tengo ancora gli occhi chiusi per un po', sperando che in realtà, era davvero un incubo.
Ma riesco immediatamente a sentire i bip del mio cuore sta volta più lenti, sento una voce che parla al di fuori della stanza e sento di respirare diversamente, perchè ho una mascherina in faccia.
Quando aprò gli occhi, nulla è cambiato da prima, stesse coperte ruvide, stesse mura bianche, stessa flebo in corpo.Stesso incubo di prima. Ma devono essere passate delle ore, perchè si è fatto notte. E' tutto vero, è reale. Non so chi sono, e non so perchè sono qui, ma soprattutto nessuno è qui per me. Sono sola.
La persona che stava parlando, era probabilmente il dottore di prima, ed è li fuori dalla porta che parla con un infermiere, non ci vuole un scienza, per capire di essere l'argomento centrare della conversazione. Dice qualcosa all'infermiera che se ne va, poi apre la porta, notando che mi sono svegliata.
“più tranquilla adesso?”

Tira un sospiro di sollievo, probabilmente perchè stavolta non mi dimeno per l'intero letto, cercando di tirargli una sberla in pieno viso. Si avvicina, e noto particolari che non avevo visto prima. Deve essere un uomo sulla cinquantina, ha dei capelli mori, ma che tendono al grigio, e degli occhiali da vista, probabilmente portati da una vita. Nel suo camice bianco c'è appesa una targhetta nella tasca, con su scritto “Doctor N.Black”. Ma quello che colpisce la mia attenzione è la penna che porta nel taschino, noto che c'è scritto qualcosa. “Charity Hospital Carson City”
Siamo in Nevada?” gli dico.
Il dottor Black alza la testa dalla cartellina appesa sulle sponde del letto, guardandomi negli occhi. “si. Sono le 19.40 del 24 ottobre 2011. Hai dormito per 10 giorni”.
Se non altro, almeno conosco 10 giorni del mio passato”. Penso.
non... sono un'adulto...vero? Voglio dire quanti-”
Hai 16 anni.”mi dice. Sedici anni di buio e vuoto. “dove... dov'è la mia famiglia?? Perchè non sono qui?? Dove sono?”
Il dottor Black si aggiusta gli occhiali, e mi si siede accanto prendendomi la mano.
Hey, so che non avresti mai pensato di finire in una situazione del genere. Ma è successo. E devi essere forte. Capito?”
I miei occhi si riempono di lacrime. “non … c'è nessuno vero?” finisco le frase in un singhiozzo, mentre il dottor Black mi accarezza il braccio.
L'infermiera di prima arriva con dei fazzoletti e me li porge.
Mi dispiace, ragazzina.” MI dice.
E' assurdo... come, come è possibile? Deve esserci qualcosa... un cellulare, un amico, un documento! Come diavolo sono finita qui??” Mi accorgo di aver urlato l'ultima frase cosi tanto che un'altra infermiera ha raggiunto la stanza.
Il dottor Black rimane calmo e mi risponde. “La polizia sta indagando. Ma non hanno trovato nulla a cui aggrapparsi”.
ma come? Chi mi a portato qui?”. I dubbi stanno diventando troppi. E come è possibile che non ci sia nessuna riposta??
ci hanno chiamato. Ti hanno ritrovata distesa per terra, ai piedi di un pendio, non c'era niente con te. E' stata una fortuna che lo hanno fatto. Ore in più, sarebbero state fatali”.
Comincio a sperare, che quelle ore in più ci fossero state. Ora non sarei qui, sarei già morta. Non costretta a passare tutto questo.
Il dottor Black mi spiega le dinamiche del mio incidente. Devo essere caduta, e devo aver avuto una commozione cerebrale. Non riesco a credere come sia possibile, ma dicono che è successo. Continua a spiegarmi dettagli di quello che sta succedendo dentro la mia testa, ma io non sto ascoltando veramente.
Tutto quello a cui riesco a pensare, è ad una madre in lacrime, perché sua figlia è sparita, penso a un padre, che la consola, dicendo che andrà tutto bene. Penso ad un'amica che riguarda le vecchie foto, chiedendosi perchè se né andata la sua migliore amica. E si, penso anche ad un ragazzo col cuore spezzato, che come me sta cercando risposte. Credere che qualcuno lo sta facendo, mi consola. Mi fa pensare che non sono poi cosi sola, in questo mondo.
10 giorni di inferno, almeno per loro. E forse, sono quella che tra tutti sta soffrendo di meno, perché non ho ricordi da rimpiangere. Non ho ricordi a portarmi lacrime.
Cosi quando il dottor Black ha finito, si alza dalla seggiola, perché ha altri di cui occuparsi. Ma io lo fermo, facendogli un'ultima domanda.
Dottor Black... riprenderò mai la memoria?”
Chiude gli occhi e mi dice “E' tutto dentro di te, ragazzina. Ma non è facile trovare il modo, di tirarlo fuori”. 
 

To be continued.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2. ***




 

 

Capitolo 2.

sono passati due giorni dal mio risveglio.

La polizia non è ancora passata in quanto il dotto Black ha detto che sono ancora troppo debole per parlare con loro, ma comunque crede che oggi verranno a fare una visita.

Continua a dirmi come sto. La verità è che non sento nessun dolore, se non quello di un passato negato. Sto imparando a accettare il fatto che non tornerà, dicono che forse lo farà, ma io non sono mai stata ottimista, o per quello che ne so,almeno non lo sono adesso.

Le infermiere in compenso sono carine con me, dall’altra sera, sono passate molte volte, e sta mattina, mi hanno messo dei fiori accanto al letto. Sono di una grande varietà di colori e credo che il mio colore preferito sia il blu, ma chi può dirlo per certo. Una di loro si chiama Rose. Ho fatto mille ipotesi su chi potrebbe assomigliare di più a mia madre, e mi sono convinta che sia lei quella che gli si avvicina di più perchè è quella che mi sta più simpatica. Si, è cosi dall’altra sera, faccio e rifaccio supposizioni su chi ero, e la mia mente, dicono si sta sforzando troppo. Dovrei riposare, e lasciare alla polizia fare questo lavoro, ma non ci riesco. Sono stata tutta la notte a cercare in tv, qualcosa che mi riporti alla memoria, anche solo un minuto, della mia vita precedente.

Adesso dovrebbero essere le 5 del pomeriggio, non ho un orologio con me, ma riesco ad ambientarmi molto bene con il sole, forse è un segno che vivevo in campagna, o che comunque, passavo li la gran parte del tempo. Magari con mio padre. O mio Fratello.
Quando arriva la polizia, il dottor Black è appena uscito dalla stanza dopo uno dei tanto controlli che continuano a farmi, e si ferma a parlare con loro. Alcuni se ne vanno, mentre un di loro, entra dentro nella camera. E’ presumibilmente un uomo sulla 50ina, dai capelli neri e naturalmente la divisa da poliziotto.
Mi sorride e mi fa un cenno con la mano. “Ciao ragazzina. Sono il tenente Jack Brown”. Si siede accanto al mio letto e io ricambio al saluto, anche se, non ho poi cosi tanto voglia di parlare con lui.
I dottori dicono che sei ancora troppo debole, ma ho pensato che…”
Non avete nessuna strada, e pensavate che parlare con me avrebbe migliorato le cose”.
Mi guarda perplesso, aspettando che io continui il mio discorso.
bhè” gli dico. “Io speravo che voi, avreste migliorato le cose a me, non il contrario”.

Acconsente, lo vedo in difficoltà, e so che non dovrei essere cosi scontrosa. Dopo tutto stanno solo cercando di aiutarmi.
“… la verità è che non ricondo proprio niente. Sarebbe inutile, cercare di fare domande”.
Mi sposta il ciuffo dalla faccia, come un padre farebbe alla propria figlia, prima di darle la buonanotte. “Veramente, ero qui per dirti che andrà tutto bene, e che ritroveremo la tua famiglia, ne sono certo”.
La sua frase mi sorprende, in realtà è l’unico che in due giorni mi promette che tutto andrà bene. Forse è l’unico che ci crede davvero, o che comunque, cerca di farmelo credere. Ma io non credo sia possibile, dicono che sperare è l’unica cosa che mi rimane, ma sono convinta, che è vedendo le cose per come stanno, che trovi la forza di superarle.
Grazie, ma non è consolandomi che riporterai indietro i miei ricordi.” Gli dico rigirandomi dall’altra parte. Non credo di essere mai stata brava con le parole.
Consolare aiuta, sempre”.
L’unica cosa con in lei mi possa aiutare, è tornando a lavoro!”
Vedo che ha afferrato, quello che volevo dire, anche se devo essere stata un po’ troppo rude, perché si alza e va verso la porta.

"Se non altro, sai il fatto tuo ragazzina.” E cosi detto esce dalla porta, richiudendola.

 

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