Cercando un equilibrio che non resterà.

di FloxWeasley
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Primo capitolo. ***
Capitolo 3: *** Secondo capitolo. ***
Capitolo 4: *** Terzo capitolo. ***
Capitolo 5: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 

Cercando un equilibrio che non resterà
- Prologo

 

Beckett camminò spedita fino alla scrivania di Esposito, sconvolta.
«Non può essere. Dimmi che non è vero» fece.
Lui si limitò a guardarla, incapace di mentirle.
Kate si passò una mano tra i capelli. Si guardò intorno, sperando che qualcuno saltasse fuori gridando “Pesce d'Aprile!”
Era il giorno adatto, ma nessuno lo fece.
«Stai bene?» chiese timidamente Ryan, apparendo alle spalle del partner.
«S-sì. Sì» rispose distrattamente lei, mordicchiandosi il labbro.
Ryan ed Esposito si scambiarono uno sguardo. No che non andava tutto bene.


La verità era che erano passati ben sette anni.
Sette anni dalla loro rottura, ed ora Castle era sospettato di omicidio.
In sette anni erano successe tante, troppe cose, e loro non si erano mai visti.
Si può essere anime gemelle anche a distanza. A volte è meglio.
Ma loro avevano voluto fare di testa loro... come sempre, d'altronde.
E quello era il risultato.
Imbarazzo, tonnellate di imbarazzo. E rancore. Da parte di entrambi.


«Castle?» chiamò timidamente la detective.
Dall'altra parte della cornetta silenzio. Kate si mordicchiò il labbro.
Cosa dici all'uomo con cui hai tagliato ogni rapporto da sette anni?
«Kate?» rispose la voce incredula dello scrittore.
«Dovremmo farti qualche domanda su Nina Mars».
Di nuovo silenzio. Silenzio incredulo.
«Dovresti venire al distretto. È importante»
«O-ok. Vengo appena posso questo pomeriggio». Sembrava disorientato.
«A dopo» fece Beckett.
«A dopo» ripeté Castle, atono.
La detective chiuse la chiamata sentendosi uno schifo.
In ogni caso, tutto ciò che avrebbe detto sarebbe stato sbagliato.
Tanto valeva essere telegrafici.
Sapeva di averlo ferito, di nuovo. Aveva sperato di non farlo più.
Si era sbagliata.


Beckett stava seduta alla sua scrivania, torcendosi le mani.
Lanciò un breve sguardo alla sedia che tanto spesso Castle aveva occupato.
L'ultima volta sembrava lontana secoli.
«L'hai chiamato?» domandò timidamente Ryan, riscuotendola dai suoi pensieri.
«Sì... sì, verrà oggi» rispose. Ryan annuì e scambiò un'occhiata con l'amico.
«Andrà tutto bene, vedrai» la rassicurò Esposito.
Lei annuì, più per circostanza che per convinzione.
Come sarebbe potuto andare tutto bene?
Si erano sputati addosso tanto di quel veleno... e non era nemmeno tutto.
Cosa gli avrebbe detto? Come si sarebbe comportata?
Il tintinnio dell'ascensore e un inconfondibile rumore di passi interruppero il suo tormentato monologo interiore.
Era arrivato.





{Spazio FloxWeasley
Non so cosa mi è preso, quando ho avuto l'idea di questa storia.
Però mi piaceva.
Così ci ho pensato un po' su... e, beh, eccomi qua.
Non so se sarà una bella storia.
Non so se vi piacerà.
Però beh... voglio provarci.
Aspettando la 4x23 e mettendo da parte per un po' Omicidio in bianco, mi tuffo in questo nuovo progetto.

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Capitolo 2
*** Primo capitolo. ***


 

Cercando un equilibrio che non resterà
- Primo capitolo

 

La sala interrogatori risuonava di un silenzio assordante.
Beckett sistemava il fascicolo della vittima senza vederlo davvero, riordinando i pensieri. Castle teneva gli occhi bassi, fissi sul legno chiaro del tavolo.
Dopo il saluto, uno scarno “Grazie per essere venuto” da parte della detective e una scrollata di spalle da parte sua, si erano spostati lì.
Non avevano incrociato gli occhi per un solo istante, con la paura di vederci rabbia, ma soprattutto sofferenza, sapendo che la causa erano loro.
Mentre lei alzava gli occhi con un coraggio di cui non conosceva l'origine, lui fece lo stesso.
Rimasero spiazzati da quella coordinazione. Avevano perso l'abitudine da un pezzo.
Gli angoli della bocca di Castle si piegarono leggermente all'insù, e Beckett si tranquillizzò un po'.
Perché aveva temuto tanto le parole che stava per dire?
«Che rapporto avevi con Nina Mars?»chiese la detective ad un tratto.
Castle incrociò le braccia al petto, di nuovo serio. La fissò con uno sguardo gelido e giudicatore che Kate non gli aveva mai visto.
«Era una mia amica» rispose solamente.
La detective sospirò. Anni prima, in una situazione simile, non aveva esitato a stuzzicarlo. A dirla tutta, quella volta avrebbe dato qualsiasi cosa per torturarlo anche solo un po'.
Ma in quel momento era diverso. Loro erano diversi.
Kate si trattenne dal chiedergli se c'era mai stato dell'altro.
«Ci sono le tue impronte sulla scena del delitto e l'ultima chiamata che Nina ha ricevuto prima di morire, alle 23.06, è la tua».
Castle annuì leggermente, congiungendo le mani sulla scrivania.
Restò a fissarle per un tempo che sembrò interminabile, in cui Kate poté studiarlo: era sempre lo stesso. Persino la pettinatura non era cambiata.
Solo le rughe erano aumentate, e sembrava stanco.
O era solo una sua impressione?
«Le impronte saranno lì da giorni, sono stato a casa sua la settimana scorsa. E la chiamata... beh, siamo amici, te l'ho detto. Aveva bisogno di sfogarsi»
«Che cos'era successo?». Castle esitò.
«Castle, hai collaborato così tanto con noi che mi stupisco che tu non sappia ancora che tutto può esserci utile»
«Lei... voleva... voleva una seconda possibilità» ammise Rick.
«Una seconda possibilità?» ripeté Kate. «Spiegati meglio».
Castle sospirò e si passò stancamente una mano sul viso.
«Abbiamo avuto una storia, tempo fa. Si era messa il cuore in pace per un po', credevo le fosse passata. A quanto pare non era così» spiegò.
«Capisco. Dov'eri ieri sera tra le 23.30 e le 24?» chiese Beckett.
Non avrebbe voluto chiederglielo.
«Ero a casa. Da solo»
«Rimani uno dei sospettati». Kate esitò. «Mi dispiace» aggiunse subito dopo.
Castle annuì e abbassò di nuovo lo sguardo.
«Non... non potrei sapere qualcosa di più sull'omicidio? In fondo era mia amica... » chiese, imbarazzato.
Kate si mordicchiò il labbro.
«Non lo so, Castle. Dovrei chiedere al capitano»
«Va bene»
«Sì».
Kate raccolse i fogli dal tavolo, concedendosi una sbirciatina al suo viso.
«Puoi andare, ma tieniti disponibile» disse, prima di uscire.

 

 

In sala relax, preparandosi un caffè, Kate cercava di togliersi – senza successo – l'espressione delusa di Castle dalla testa. Quegli occhi spenti, quel volto stanco...
Mescolò il caffè, assorta.
Cosa si era aspettato? Abbracci, lacrime,magari?
Era stato stupido, da parte di Rick, illudersi così.
Ma dopotutto, le suggerì la parte più masochista di sé, chi gli aveva fatto scoppiare ogni aspettativa come una bolla di sapone?
Lei. Senza accennare un sorriso, una spiegazione. La colpa era sua.
Di nuovo.
«Non hai mai chiamato».
La voce di Castle era dura. Stava appoggiato allo stipite, un'espressione indecifrabile in volto.
Non sembrava lo stesso uomo che aveva interrogato cinque minuti prima.
L'uomo che aveva interrogato era ferito, ma non stringeva i pugni e non vi erano tracce di rabbia nella sua voce.
Beckett si sentì sprofondare. Per anni aveva temuto quel confronto.
Se l'era anche sognato di notte, svegliandosi con una gran voglia di piangere.
Qualcosa in lei scattò. Castle credeva davvero di essere l'unico ad aver sofferto?
Non aveva assolutamente idea del dolore che aveva provato lei sapendo di essere la causa della loro rottura.
Voleva controbattere, difendersi. Non ne poteva più.
«Nemmeno tu» ribatté. L'uomo si fece arrabbiato. I loro toni si alzarono, senza che se ne accorgessero. Stavano urlando.
«Tu te ne sei andata! Tu mi hai lasciato!» esclamò Rick.
«Mi sembrava fossimo d'accordo!» replicò lei. Non lo pensava davvero. Sapeva di averlo detto solo per alleggerirsi la coscienza... stupido senso di colpa.
«Io non ti avrei lasciata andare, ma come potevo trattenerti? Come potevo farlo, se tu non volevi? Tu... tu eri fredda, e distante.Perché, Kate? Non me l'hai spiegato, allora».
Beckett posò il caffè e chiuse gli occhi per qualche secondo.
Colpita e affondata.
Eccolo, il tasto dolente. Si passò una mano tra i capelli.
«Io... io non so cosa mi fosse successo! Io... »
«Comodo dire così» replicò Castle, freddo.
«Non ti sto chiedendo di biasimarmi, o di scusarmi!» esclamò Kate. «Ogni cosa che facevi, ogni cosa che dicevi... tutto mi infastidiva. E io non so perché! Non lo so nemmeno ora, non me lo so spiegare... Non mi era mai successo». La voce le si spezzò.
Fissava Castle con gli occhi pieni di lacrime, ma non piangeva.
«Lo so io il perché, Kate. Tu non sei capace di amare» la accusò.
Sapeva anche lui di non pensarlo. Beckett era una delle persone che amavano incondizionatamente, bastava pensare al modo in cui soffriva quando perdeva qualcuno che amava.
Ma la foga di quel momento, tutta la rabbia repressa... sentiva il veleno scorrergli nelle vene. E guardò impassibile l'orgoglio di Kate, che le aveva impedito di piangere fino a quel momento, sbriciolarsi come una foglia secca sotto il peso di quell'accusa.
Anche lei lo guardò, ferita. Lottava contro le lacrime.
«Fra tutti i distretti di New York, dovevi scegliere proprio il mio?» fece, con la voce resa acuta dal pianto trattenuto, prima di scappare dalla stanza per non fargli vedere le sue lacrime.
Castle fissò la porta per qualche secondo, come stordito, poi sfogò la rabbia che di nuovo gli stava salendo tirando un calcio al divano.
Ryan ed Esposito fecero capolino nella sala.
«Possiamo?»

 

 

 

 

{Spazio FloxWeasley
Non so spiegare bene questo capitolo.
Volevo mettere un po' a confronto la prima parte imbarazzata e speranzosa e la seconda, letteralmente devastante per entrambi.
Non so spiegare bene la freddezza di Kate di cui parlano.
Me la sono immaginata un po' come in una fase di rifiuto per la relazione, in cui non riesce più ad accettare le attenzioni di Castle, ma non so se è stata
una bella idea :\

Ebbene, che altro dire?
Spero continuiate a seguirmi, quindi vi do appuntamento al prossimo capitolo!

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Capitolo 3
*** Secondo capitolo. ***


 

 

Cercando un equilibrio che non resterà
- Secondo capitolo

 

Hai mai incontrato qualcuno e sentito quella intensa attrazione... all'istante?
E quella tensione?
L'abbiamo contrastata per mesi e poi... e poi non ce l'abbiamo più fatta.
Ma dopo un po' era come se la tensione fosse l'unica cosa che avevamo davvero.
E senza, tutto quello che rimaneva erano...
beh, quelle cose che ci facevano ammattire reciprocamente.
Insomma, sai come può essere.
[Sophia Turner, Linchipin]

 


Kate guidava la sua auto verso l'obitorio, asciugandosi rabbiosamente le lacrime.
Se fino a pochi minuti prima si era sentita colpevole, in quel momento quella sensazione sembrava scomparsa.
Tu non sei capace di amare.
Le parole di Castle le rimbombavano nella testa a ripetizione.
L'obitorio sembrava ancora così lontano, mentre pigiava sull'acceleratore, sgusciando in mezzo al traffico di New York.
Si infilò nel primo parcheggio libero e prima di uscire dalla macchina cercò di darsi un'aria presentabile.
Dieci minuti dopo singhiozzava tra le braccia di Lanie, che le accarezzava i capelli con delicatezza e stava in silenzio, rimuginando sulle parole che l'amica le aveva detto.
«Tesoro... »
Kate alzò gli occhi appannati dalle lacrime su quelli dispiaciuti della dottoressa.
«È stato davvero crudele da parte sua, ma sono sicura che non lo pensasse davvero. E so che fa male, so che è lui ad avere torto ora, ma dovete chiarire. Nessuno dei due si merita di soffrire come l'ultima volta» disse cauta Lanie.
Kate le lanciò uno sguardo vuoto, asciugandosi le lacrime.
«Torna al distretto, Kate. Scommetto che ha tante cose da dirti, e anche tu ne hai da dire a lui».
Beckett ci pensò a lungo.
Ripensò al passato, a quando lei e Castle si erano conosciuti, alla graduale amicizia che si era creata tra loro. Ripensò alla rotta che ad un tratto aveva preso il loro rapporto, portandoli ad essere vicini come non mai innumerevoli volte.
Le ritornarono in mente le ex di Castle, quanto fosse stata gelosa di ognuna di loro – e quanto ognuna, a modo suo, si fosse fatta da parte.
Le tornò in mente soprattutto Sophia, e poco a poco la loro intera conversazione.
Una frase in particolare la fece sussultare.
A volte, vorrei che non fossimo mai andati a letto insieme. Che avessimo conservato quel desiderio...
Era stato così anche per lei?
Avere finalmente Castle per sé era stato fatale?
Le sembrava maledettamente meschino.
Eppure era certa di averlo amato, non era stata solo una questione di desiderio e passione. Non riusciva a paragonarsi a Sophia, ad una donna che non aveva fatto altro che mentire.
Aveva amato Castle, lo sapeva.
Forse quello che si era esaurito, tra loro, non era il desiderio.
Era stato semplicemente l'amore.
Forse avevano forzato i tempi, forse non erano ancora pronti quando avevano deciso di provarci, pensando di aver aspettato anche troppo.
O meglio, lei non era pronta.
Lui le aveva dimostrato di essere pronto tante e tante volte, sia prima che durante la loro storia.
Alzò di nuovo gli occhi – stavolta stranamente asciutti – sul volto dell'amica, e annuì.
Si strinsero in un lungo abbraccio.
«Fai la cosa giusta, Kate... » le sussurrò Lanie all'orecchio.

 

«Possiamo?»
Castle si voltò verso i due amici. Era ancora frastornato, ma sapeva di aver appena fatto una cazzata.
Annuì e si lasciò cadere sul divanetto, passandosi una mano tra i capelli.
«Abbiamo visto Beckett uscire, amico»
«Sembrava sconvolta»
«Che è successo?»
L'uomo si prese la testa tra le mani.
«Castle... » cominciò l'ispanico, incerto. «Che è successo tra voi, esattamente? Non solo oggi... intendo anche l'ultima volta». Lui sospirò e alzò la testa, passandosi di nuovo una mano tra i capelli.
«Sai, quando ci siamo messi insieme credevo che sarebbe stato tutto più semplice». Sbottò in una risata amara, spenta. «Invece non facevamo altro che litigare, ma non come sempre, stavolta sul serio... e poi lei era fredda, era come se mi evitasse... Finché non abbiamo rotto e beh, non ho avuto scelta... ho dovuto lasciarla andare»
«Mi dispiace, amico!». Ryan gli diede una pacca sulla spalla.
Esposito invece insistette. «E oggi? Oggi che è successo?».
«Non... non mi ha mai spiegato! Mi ha lasciato senza una spiegazione! E oggi abbiamo litigato di nuovo... »
Non era più sicuro di essere l'unico con il cuore spezzato.
CRASH.
Poteva quasi sentirlo, il cuore di Kate che andava in frantumi.
In un attimo anche lui era colpevole.
«Le ho detto che non è capace di amare» ammise Castle, mortificato.
Le espressioni comprensive di Ryan ed Esposito si fecero rabbiose. Per loro Beckett era come una sorella minore, e poco importava che non fosse più la ragazza fragile di tanto tempo prima ma la donna forte che conoscevano ora.
«Come hai potuto, Castle?»
«Capisco la tua rabbia, ma hai veramente esagerato!»
«Tu non sai com'è stato per lei dopo che avete rotto» lo accusò Esposito. Lo scrittore fece per ribattere, ma lui lo bloccò. «Non è uscita con nessuno per due anni. Due anni, Castle!»
«Sperava di tornare con te» disse Ryan a voce più bassa del collega.
«E io? Non pensate a me? A come posso essermi sentito io, mentre mi buttava via come un calzino vecchio?» si difese Castle.
«Dopo oggi, non conta più quello che è successo sette anni fa. O almeno, non è più così importante. Dovete chiarire, Castle. Non mi importa come»
«Non voglio più vederla soffrire così» fece Ryan. «E anche tu sei mio amico, quindi non voglio vedere così nemmeno te».
Castle non era ancora del tutto convinto.
Dopo tutto il dolore che aveva provato, non gli andava giù di passare dalla parte del torto solo per una frase, che per di più nemmeno pensava.
Ma lei era Kate, non la prima donna che gli capitava a tiro.
Non una qualunque.
Non voleva perderla di nuovo.
Annuì, pieno di nuova determinazione, e si alzò.
«Grazie, ragazzi»
«Figurati, amico». Esposito gli batté una mano sulla spalla.
«Lo facciamo per voi» gli fece eco Ryan.
Li abbracciò entrambi, la mente già altrove, prima di uscire dalla sala caffè.
La prima cosa che incontrò, appena uscito, furono un paio di limpidi occhi verdi.

 

 

{Angolo FloxWeasley
Non è stato facile scrivere questo capitolo, però alla fine è uscito, anche grazie al contributo di Linchipin, puntata che tra l'altro adoro.
Non so se a voi piacerà, è un po' il classico ostico capitolo di passaggio.
Ora è un po' più chiaro anche a me quello che è successo a Kate e Rick; spero sia chiaro anche a voi!

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Capitolo 4
*** Terzo capitolo. ***


 

Cercando un equilibrio che non resterà
- Terzo capitolo

 

Abbassarono entrambi gli occhi, come scottati da quel contatto.
Erano fermi a un metro di distanza, immobili.
Le sbirciatine che si concedevano al volto dell'altro portavano sempre lo stesso esito: che diavolo c'è di così interessante in un paio di scarpe?
Quella distanza era veramente poca. Non erano così vicini da tempo immemore.
Perché agli scrittori mancano le parole sempre nei momenti meno opportuni?
Castle non poteva che chiederselo.
Perché non so ancora cosa dirti, dopo sette anni?
Questa era la domanda che ronzava nella testa di Kate.

È strano come a volte poche parole siano le più difficili da dire.
Quando servono non ci sono. E quando arrivano, restano ferme sulla punta della lingua per attimi interminabili.
Due parole. Erano lì, in mezzo a loro, potevano quasi vederle.
Sospese, come attaccate ad un filo.
Al diavolo.
«Mi dispiace».
L'avevano detto insieme. Quella coordinazione sembrava l'unica cosa che gli restava.
Anni prima, Kate avrebbe fatto un sorriso malizioso e Rick sarebbe rimasto fermo come un pesce lesso, prima di sorridere con strafottenza.
In quel momento, però, erano troppo impegnati nella frenetica ricerca di parole che non volevano venire.
«Mi dispiace perché non ho mai voluto farti soffrire ma l'ho fatto, mi dispiace perché ho sempre trovato le risposte per tutto ma non per quello che ti ho fatto. Mi dispiace perché me ne rendo conto solo ora».
Kate era lanciata. Non si curò di Ryan ed Esposito che sgattaiolavano fuori dalla sala relax, ma continuò a fissare lo scrittore negli occhi.
«Mi dispiace perché mi hai aspettato, ma non me lo meritavo».
Castle fece un passo verso di lei.
Era il suo turno, lo sapeva. E alla fine le parole vennero.
«Mi dispiace perché quando ti ho detto che non sei capace di amare mentivo, anche se non me l'hai mai dimostrato. Mi dispiace perché quando avevo immaginato un noi non l'avevo certo immaginato così. Mi dispiace per quel noi che è esistito solo quando eravamo separati».
Non erano proprio scuse, le sue, ma sapevano entrambi che lui non gliene doveva altre.
Avevano tutti e due le lacrime agli occhi.
Poi, non seppero mai per merito di chi, la distanza tra di loro venne annullata.
Si strinsero nell'abbraccio che avevano aspettato per tutto quel tempo.
Era strano come tutto, alla fine, si fosse risolto in quell'abbraccio.

Una volta sgretolato l'orgoglio, si può essere feriti o guarire.
Tempo prima si erano feriti.
Ora stavano guarendo, unica medicina l'abbraccio di un amore ormai finito.

 

In una città come New York, quando dici addio ad una persona, è un addio davvero.
Perché non è come nei paesini, dove il rischio di incontrarsi dal lattaio è altissimo.
A New York solo nei film si rincontrano le persone con cui si è deciso di tagliare i ponti.
Per questo non si erano mai visti in banca, gironzolando a mezzanotte tra le corsie dei supermercati o davanti ad una birra di pessima qualità.
A New York un addio è un addio.
Ma se si ha bisogno di un miracolo, a volte, e si è molto fortunati, allora è un'altra storia.
Non sapevano chi avesse chiesto quell'incontro: era venuto e basta.
Non se lo sarebbero lasciati sfuggire, questo era certo.

 

Quell'abbraccio fu lungo, infinito.
Ci misero tutte le cose che non avevano il coraggio di dire.
Quando si staccarono era come se fossero tornati quelli di una volta.
Solo, con il peso dei loro errori sulle spalle.


«Allora? Che mi sono perso della tua frenetica vita sociale?».
La voce di Rick era colma di affetto, ma la punta di ironia che si poteva cogliere era lì solo per metterla a suo agio, non certo per ripicca.
L'aria, in sala relax, era molto più leggera di un'ora prima.
Kate si strinse nelle spalle e sorrise leggermente, fissando il fondo della tazza che teneva tra le mani.
«Non... non c'è molto. Dopo un paio d'anni da-». Si interruppe per cercare le parole giuste. «Dall'ultima volta, ho conosciuto Ben. È un ragazzo fantastico, dovresti conoscerlo. Ha saputo come prendermi, e ha saputo farmi stare bene. Poi, beh... ». Si interruppe di nuovo, passandosi una mano tra i capelli, la scintilla che aveva negli occhi un secondo prima svanì. «Noi... volevamo un bambino, sai. Ma non... non ci siamo riusciti».
Castle abbozzò un sorriso comprensivo. Lei parve rincorrere un pensiero, poi si passò di nuovo una mano tra i capelli e rise amaramente.
«Parliamoci chiaro: ero io quella sbagliata. Ben, lui...». Sospirò. «Lui era a posto. Ma non si è lasciato abbattere, ha detto così, leggero, me lo ricordo bene: “Adottiamolo, no? Mi sono sempre piaciuti i bambini neri. Sembra che abbiano i denti più bianchi”. Era una cosa stupida da dire, ma mi ha tirato su. Alla fine non se ne è fatto niente, dopo il periodo in cui avevamo la fissa di fare i genitori è passata ad entrambi. Ma stiamo bene... stiamo bene così».
Beckett concluse con un vero sorriso.
Probabilmente in quel momento Ben la aspettava a casa con il numero della pizza da asporto a portata di mano, pronto per la serata in cui prendevano in giro i ciccioni in TV.
Castle le sorrise di rimando, ripensando a ciò che invece era successo a lui in quei sette anni.
«Non ci crederai, ma io mi sono rimesso di nuovo con Meredith! È durata poco, a dire la verità: non c'era molto oltre al sesso. Poi ho avuto qualche altra storia passeggera, tra cui Nina...». Abbassò gli occhi, cercando di non pensare a lei. «Ora sto con una a posto, ti starebbe simpatica... si chiama Alice. Devono essere due anni, quasi» concluse lui con un sorriso.

Si sentivano strani a mettere così a nudo i sentimenti che provavano per qualcun altro. L'attrazione era comparsa troppo presto, il periodo in cui erano stati soltanto amici era troppo lontano per ricordarlo davvero.
Gli era mancato il potersi confidare senza timore, ed ora ci si stavano riabituando.
Kate aveva di nuovo lo sguardo perso nel suo tè.
Rick aveva gli occhi puntati fuori dalla finestra.
Sorrisero, rincorrendo lo stesso pensiero.
Lasciarono che i loro sguardi si incontrassero a metà strada.
«Mi sei mancata»
«Mi sei mancato anche tu».

 

 

 

 

 

{Angolino FloxWeasley
In realtà non ho molto da dire su questo capitolo.
Credo di averlo avuto in testa per tutto questo tempo, non vedevo l'ora di buttarlo giù.
Esattamente come ho in testa il finale.
Eh sì, perché il prossimo capitolo è già il finale.
Dispiace anche a me e sento che forse è presto, ma mi sembra giusto.
Per come ho in mente io la conclusione, non deve accadere più niente.
Quindi non mi resta che darvi appuntamento alla prossima volta!

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Capitolo 5
*** Epilogo ***


Lo scrivo qua per evitare incomprensioni.
I pioppini, detti pappi da Wikipedia, pollini e piumini da Rachele, quei cosi bianchi che scendono dai pioppi da Agata e pollini dei pioppi da Ivonne, non sono altro che quei fottutissimi semi di pioppo che non si accontentano di cadere e far nascere un'altra fottutissima pianta, ma pensano bene di svolazzare in giro per la gioia di allergici e non.
Non so se esistano a New York, nel caso non esistessero prendetela per una licenza poetica.
A buon intenditore poche (?) parole.


 

Cercando un equilibrio che non resterà
- Epilogo

 

Una volta, tempo prima – uno dei primi mesi in cui stavano insieme – Ben le aveva chiesto perché non bevesse mai caffè.
La sua era semplice curiosità, avendo notato la caffettiera impolverata a casa di Kate.
A quel punto, Beckett non se l'era sentita di rispondergli con un “Ce l'ho per gli ospiti, sai”. Gli aveva raccontato tutto, di Castle, della loro storia.
Persino di sua madre.
Ma in quel momento non era sicura di volergli dire che lui era tornato, mettendo a soqquadro tutto ciò che della sua vita aveva ordinatamente impilato in sette anni.
«Non c'è il programma dei ciccioni, stasera!» sbuffò Ben. Kate rise.
«Metti la prima cosa che trovi» gli suggerì. Lui annuì e lasciò sulla telenovela di scarso successo che passavano al posto del loro programma, poi allargò le braccia e lei si accoccolò accanto a lui sul divano, appoggiando la testa alla sua spalla.
Quando guardavano la TV non era mai per vederla davvero: passavano il tempo a parlare delle prime cose che gli venivano in mente e a coccolarsi.
Tranne quando c'erano i ciccioni, ovviamente.
Ben stava con un occhio sulla TV e una mano ad accarezzare distrattamente i capelli di Kate. Lei pensava a quella giornata, a quanto fosse durata.
Era successo tutto in un giorno soltanto.
Il commento di Ben su quello che stavano guardando la risvegliò dalle sue riflessioni.
«Mi chiedo come possano non capirlo! Non vedono che provare a stare insieme è assurdo? Quei due sono perfetti, ma così come sono! Che idioti».
Kate restò immobile. Quel commento l'aveva spiazzata davvero.
«Cosa intendi?» domandò, cercando di non far trasparire le emozioni nella voce.
«Che esistono diversi tipi di anime gemelle. La gente che sta insieme da sempre, la gente che non ha mai smesso di amarsi nonostante tutto. Quella è una categoria. Poi guarda quei due». Ben accennò ai due che litigavano in TV. «Si vede lontano un miglio che sono perfetti. Ma la loro è un'altra categoria... non sono fatti per stare insieme. Stanno bene finché sono separati. Il loro amore funziona se non stanno insieme. Non te lo so spiegare bene. So solo che cercando di far funzionare una relazione stanno rovinando tutto» spiegò.
Kate restò a rimuginare, persa nei suoi pensieri.
Era forse così anche per lei e Castle?
Non era una questione di troppo presto ma di categorie?
Sembrava così semplice, ora che qualcuno glielo spiegava.
Sorrise a Ben e gli posò un bacio sulle labbra.
«Grazie»
«Di niente. Se quei due erano così importanti per te bastava dirlo!» scherzò lui. Ma Kate notò che forse aveva capito, come sempre, ma cercava di non darlo a vedere.
Lo ringraziò mentalmente un'altra volta per essere così.

 

Era passata una settimana.
Rick li aveva aiutati a risolvere il caso. Sembrava tutto tornato come una volta: Ryan ed Esposito lo prendevano di nuovo in giro, lui si pavoneggiava come suo solito e aveva anche ripreso a portare il caffè a Kate la mattina.
Finalmente il caso di Nina Mars fu risolto, ma, inaspettatamente, quella volta fu Kate a chiedere al capitano di tenere Castle come consulente.
Aveva passato troppo tempo senza le sue battute da dodicenne alla vista dei cadaveri.
E, più in generale, senza di lui.
«Hai davvero ammesso davanti a Mister-occhiali-di-traverso che sono stato utile a risolvere molti casi di omicidio? Non posso crederci» fece Castle, incredulo.
Lei rise e scrollò le spalle.
«Non posso crederci» ripeté l'uomo.
«Adesso non montarti la testa, però. Potrei tornare da Ferguson e farti togliere la carica di consulente all'istante» scherzò lei. Castle si cucì la bocca.
Si infilarono in ascensore e uscirono dal distretto insieme.
Finalmente si percepiva aria di primavera, fuori e dentro ognuno di loro.
Castle sputacchiò un pioppino che gli si era infilato in bocca e Beckett rise, leggera.
La primavera a New York era sempre strana.
Veniva da chiedersi da dove arrivasse tutto quel polline, visto che gli alberi erano praticamente solo confinati a Central Park.
Si avviarono verso casa, avvicinandosi leggermente solo per sfiorarsi, come tanto tempo prima.
E sapevano, di nuovo, che qualcosa tra di loro stava cambiando.
Poteva essere l'attrazione che spuntava di nuovo, o solo un grado più intimo di amicizia, ma questa volta avrebbero lasciato che succedesse da sé, senza forzare il tempo o il destino.
Sarebbero andati dove li avrebbe portati il vento, come i pioppini che danzavano intorno a loro.

 

 

 

 

{Angolo FloxWeasley
Uhm... ok, questo non era decisamente il finale che vi aspettavate.
Però ce l'ho in mente più o meno da sempre, pensavo che non potessero mettersi insieme di nuovo, facendo finta di niente, dopo tutto quello che è successo.
Ce li vedevo bene così.
Ok, ehm... è normale non avere nulla da aggiungere quando si finisce una mini-long?
Onestamente non ho nulla da dire... se non che scrivere qualcosa di introspettivo mi è piaciuto, e non credo che smetterò qua.
Spero vi sia piaciuto seguire questa storia, anche se non era propriamente una Caskett.
Grazie a tutti

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