Dare to Dream

di subside_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Hope ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Hope ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Hope ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4.1 - Cloe ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4.2 - Cloe ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - Hope ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 - Hope ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 - Hope ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 - Hope ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 - Hope ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 - Cloe ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 - Hope ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 - Hope ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 - Hope ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 - Hope ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 - Cloe/Hope ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 - Cloe/Hope ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 - Hope ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 - Hope ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 - Hope/Cloe ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 - Hope ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 - Hope ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 - Hope/Cloe ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 - Hope. ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24 - Hope ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25 - Fine. ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26 - O forse no... ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Hope ***


“Mi chiamo Hope Foster, sono nata il 14 febbraio del 1994, mia madre è morta quando avevo cinque anni, non conosco mio padre e la mia vita è un casino”.
Lo sguardo della professoressa Gray si alzò dal foglio a righe e incontrò il mio, a tre banchi di distanza. Mi fissava da sopra le piccole lenti maculate che le davano un aria ancora più anziana di quanto non avesse già. Mi infastidiva il suo sguardo intimidatorio, così mi rivolsi verso la finestra e prestai attenzione alla scia del piccolo aereo passato pochi istanti prima.
“Signorina Foster, mi dica: lo considera un tema, questo? Quanto crede che valga, questo misero rigo e mezzo?” mi chiese, alzando la voce perché le degnassi della mia attenzione. Mi voltai solo quando era sparita l’ultima traccia di fumo.
“Non vale un cazzo, professoressa”. Le si spalancarono gli occhi quando mi sentii uscire dalla bocca quello che lei considerava un oltraggio alla lingua inglese. “Crede che sia facile, scrivere della propria vita su un pezzo di carta? Crede che sia opportuno raccontare lo schifo che si ha dentro in un fottuto tema di inglese? O forse avrebbe preferito che le scrivessi quanto sono felice di essere nata e stronzate varie? Provi a scegliere delle tracce più significative piuttosto che chiederci di raccontare la nostra vita, la prossima volta. Magari potrei rendere di più, se non è di me che si parla”.
Mi alzai in piedi e davanti allo sbigottimento della Gray uscii dall’aula. Sapevo di aver esagerato, sapevo di aver mancato di rispetto ad una professoressa, ma mi sentii meglio. Era assurdamente irritante il modo in cui quella donna pretendeva le cose dai suoi alunni, come li obbligasse a vedere col suo limitato punto di vista o quanto invadente fosse la sua curiosità. Me ne andai in bagno e mi sedetti sul piccolo davanzale sotto la finestra spalancata. Accesi una sigaretta cercando di calmarmi. Non rientrai più in classe fino alla fine della lezione. Come mi aspettavo, quel mio gesto tanto avventato mi causò una sospensione di due giorni e il disprezzo eterno della professoressa Gray, se era possibile disprezzarmi ancora di più. A rimproverarmi fu Cloe, l’unica persona al mondo che sentivo più vicina. La sorella che non avevo mai avuto, sorella in tutti i sensi.
“Ma sei andata fuori di testa!?! Ti rendi conto che una sospensione del genere potrebbe farti rischiare la bocciatura? E poi, cazzo, stai parlando con una professoressa, limitati!” mi urlò mentre mi veniva incontro all’uscita da scuola, la stavo aspettando appoggiata al tronco di una delle sette querce del giardino.
“Non me ne frega un cazzo della sospensione! Conosce benissimo la nostra situazione, poteva evitare di imporci simili tracce senza nemmeno un’alternativa! L’ha fatto apposta, quella troia”.
Presi la borsa e ci incamminammo verso casa.
“Non puoi farci niente, è la nostra professoressa e dobbiamo subircela”. Tirò un sospiro.
“Si, col cazzo. Tu che hai scritto nel tema?” le chiesi curiosa. Nemmeno a lei piaceva parlare della sua vita privata, ed era strano che non mi avesse appoggiato nel litigio.
“Io, da persona civile, ho scritto che non mi andava di parlare della mia vita per sé ma di ciò che le dava senso”, mi disse con tono soddisfatto e un sorriso a trentadue denti.
“Ah quindi hai parlato di me?” risposi ironica. Mi tirò una ciocca di capelli.
“No, egocentrica. Ovviamente ho parlato di loro ”. Precisò, enfatizzando l’ultima parola. “No… non ci credo” mi fermai e la guardai con aria rassegnata. “Non dirmi che hai parlato di quei cinque tizi?!”
“Certo che si!!! Dio Hope, ho scritto delle cose troppo commoventi, te lo giuro. Piangevo da sola mentre le scrivevo! Ho conservato la brutta copia, appena arriviamo a casa te la faccio leggere” , cominciò ad urlare per l’entusiasmo e prese dalla borsa un foglio tutto stropicciato e sbavato, sbattendomelo davanti agli occhi.
“Tu stai male. Completamente”. Le dissi spostandole la mano e riprendendo a camminare, scuotendo la testa e accennando un sorriso. La sentii sorridere dietro di me, e avvertii un tono estremamente felice.
“Lo so”.

Ricordi, Cloe, quel foglio tutto stropicciato e sbavato che avevi detto di volermi leggere? Non l’hai più fatto. Tuttora non ho idea di cosa ci fosse in quel pezzo di carta. Ce l’hai ancora conservato, non è vero? È nel tuo cuore, da qualche parte. Leggimelo oggi, ti prego Cloe, vieni qui e leggimi i tuoi sogni e i tuoi desideri, parlami ancora di quanto felice ti facciano sentire quei “cinque tizi”.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Hope ***


Sono nata in un piccolo paese nelle vicinanze di Aberdeen, in Scozia, un posto grigio e piovoso, di cui l’unica cosa che ricordo è la fitta nebbia che inumidiva perennemente l’aria. Mia madre rimase incinta all’età di sedici anni, e mio padre la mollò appena saputa la notizia. I miei nonni non mi hanno mai accettata nella loro famiglia, mi ritenevano un disonore, così quando mia madre morì a causa di un tumore al seno cinque anni dopo la mia nascita, mi affidarono ad un orfanotrofio di Londra. Pochi mesi dopo, fui adottata da una giovane e ricca donna insieme ad un’altra bimba della mia stessa età che aveva perso i genitori in un incidente d’auto e non aveva altri parenti. Il suo nome è Cloe ed è la persona più buona che abbia mai conosciuto in vita mia. Un viso perfettamente tondo le fa da cornice a degli enormi occhioni verdi, occhi tanto belli da sprofondarci. I folti ricci biondi le donano armonia e delicatezza. E’ bella, è infinitamente bella. Non ha il minimo senso di malizia e nonostante la vita le abbia dato un mucchio di dispiaceri è sempre stata pronta a trovare un briciolo di speranza in ogni cosa. È una persona estremamente ingenua, prende il lato positivo della vita e se non lo trova, se lo crea. Ripete in continuazione che il motivo per cui ha ricominciato a sorridere è dovuto al fatto che ha trovato salvezza in una band di ragazzini che le hanno regalato la gioia di vivere. Seppur la trovo una cosa molto infantile, ringrazio il cielo ogni giorno per aver fatto conoscere a Cloe quei ragazzi che hanno dato un senso alla sua vita, lo stesso senso che lei ha dato alla mia, perché erano il motivo del suo sorriso, e il suo sorriso è il motivo del mio.
Dal momento della loro formazione, Cloe è sempre stata una fan assurdamente dedita. La vedevo appiccicata al computer con le cuffie nelle orecchie e le lacrime agli occhi mentre lo schermo mostrava un loro live e le leggevo negli occhi affranti la delusione di non poter essere presente. La vedevo ridere come non l’aveva mai fatta ridere nessuno per le stronzate che i ragazzi dicevano o facevano seduti come profughi su quelle che, se non sbaglio, erano le scale della casa di XFactor, e nonostante qualche volta le ripetessi di sfuggita: “Curati!” mentre passavo di lì, ero grata a quei cinque sconosciuti per averla resa una persona così sorridente e gioiosa di vivere.
Io ero il suo esatto contrario. A partire da quella che reputavo la solita band di ragazzini a cui piaceva cantare, saltellare e divertirsi come tutti i comuni adolescenti, quella band a cui non avevo mai prestato particolare attenzione perché del tutto disinteressata. Non ero mai riuscita a capire il profondo sentimento che Cloe provava verso di loro e mi dispiaceva non poterla accompagnare nei suoi gridolini di gioia o nei sommessi dispiaceri, ma, tutto sommato, io e Cloe eravamo completamente diverse. Il mio animo era troppo tormentato per riuscire a percepire la purezza delle emozioni che una band è in grado di offrire. Io, contrariamente a lei, non ero mai riuscita ad accettare la mia situazione. Non ero mai riuscita a perdonare mio padre per aver abbandonato mia madre e me, né tanto meno riuscivo a perdonare Dio per avermi rubato la donna che mi aveva messa al mondo. Adoravo Jill e le ero grata per avermi cresciuta con tanto amore, ma la famiglia, era quella che mi mancava. Nonostante avesse sempre fatto il possibile per non farci mancare mai nulla, Jill non ci aveva mai dato un padre. Eppure non la biasimavo, era stata ferita troppe volte a causa dello stesso stupido motivo, seppure non meritasse nemmeno un quarto del dolore che le era stato causato. Jill si era innamorata solo tre volte nella sua vita e, tutte e tre le volte, l’uomo che amava l’aveva lasciata al suo destino dopo aver appreso la notizia che lei era sterile.
Voi siete la mia felicità” ci ripeteva sempre. “Non ho bisogno di nient’altro. Un uomo poi. Chi dovrebbe sopportarlo?”.
Ma io riuscivo a percepire in quelle parole un dolore atroce. Dolore che colmava cercando di realizzare i nostri sogni –o, almeno quelli di Cloe, dato che io non ne avevo.
Era il 20 maggio 2012 quando Jill tornò a casa gridando: “Ragazze! Venite in cucina, presto!”. Varcata la soglia, notai che non riusciva a stare un secondo ferma, segno che non vedeva l’ora di dirci qualcosa. Tra le mani aveva qualcosa impacchettato in una carta da regalo a righe bianche e rosse con un enorme fiocco dorato.
Vi ho portato una cosa” ci disse impaziente. Mi sedetti al tavolo curiosa ma apparentemente tranquilla mentre Cloe saltellava ovunque cercando di capire cosa ci fosse dentro la carta.
Cos’è? Cos’è? Dai Jill, parla!”.
Aprite, voglio vedere le vostre facce”. Non so dire chi delle due fosse più entusiasta. Stava per lasciare il presunto regalo sul tavolo quando ritirò la mano e con aria minacciosa disse: “In realtà non li meritereste. A scuola non state di certo dando il meglio di voi… però mi rendo conto che certe cose non capitano tutti i giorni”.
Finalmente mollò la presa e con aria soddisfatta per il suo rimprovero che la faceva sentire una buona madre, attese che Cloe scartasse il regalo. Lei non aspettò nemmeno il tempo che potessi notare la forma del contenuto che subito stava stracciando via la carta. Era un piccolo cofanetto rettangolare blu. Lentamente e con un sorriso sghembo, Cloe sollevò il coperchio.
Bum.
Fu il tonfo che fece il pacchetto caduto a terra, le braccia di Cloe troppo deboli per reggere persino quel piccolo peso, il sorriso trasformatosi in un’espressione incredula, dopo essersi resa conto di ciò che si era ritrovata davanti. Gli occhi le si fecero lucidi e rimase immobile nella stessa posizione per un paio di minuto. Prima che scoppiasse a piangere, corse a rifugiarsi tra le braccia di Jill, anche lei in lacrime, contenta per aver reso così felice la sua ragazza.
G-g-gra, g-grazie, non-n so c-c-cosa dire Jill, io… g-grazie davvero!”. Singhiozzò. Io, che non ero ancora riuscita a capire cosa ci fosse dentro quel cofanetto, lo afferrai curiosa e risollevai il coperchio. La prima cosa che mi saltò subito all’occhio furono cinque paia di sorrisi solari e contagiosi, gli stessi sorrisi che accompagnavano Cloe quando fissava i numerosi poster che tappezzavano un intera parete della nostra stanza, seguiti dalla scritta: “ONE DIRECTION – Ticket’s live. FILA 1, POSTO 13 – FILA 1, POSTO 14”. Persino a me, che non avevo mai accennato nessun tipo di interesse verso di loro, mi si rallegrò il cuore di una gioia che si può provare solo quando vedi la persona a cui vuoi più bene pienamente felice. Sorrisi, consapevole che era proprio così, e corsi ad abbracciare Cloe.

Quella notte rimanemmo sveglie tutto il tempo. Fu la prima volta in cui ti chiesi di spiegarmi perché quei ragazzi influenzassero così positivamente la tua vita. Ricordo che cominciasti a farfugliare frasi senza senso cercando di spiegarmelo e alla fine scoppiasti a piangere.
Ogni giorno, ogni singolo giorno, apro quel cofanetto e guardo quei biglietti, Cloe, ogni giorno. Non sai cosa darei per cambiare data e spostarla a quest'anno.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - Hope ***


SOSPESA PER DUE GIORNI?!” urlò Jill quando le anticipai il contenuto della lettera inviata dalla scuola.
COS’HAI COMBINATO, HOPE?”. Strappò con nervosismo la busta e ne lesse velocemente il contenuto.
Ho solo detto qualche parolaccia alla professoressa, ma…” cercai di giustificarmi.
QUALCHE PAROLACCIA ALLA PROFESSORESSA? E’ COSì CHE TI HO EDUCATO NEGLI ULTIMI 13 ANNI? VAI IN CAMERA TUA, E RESTACI FINO AL PROSSIMO MESE!!”. Era furiosa, e la capivo. Non obiettai, era una punizione che meritavo, anche se un mese era un po’ eccessivo. Sapevo che non sarebbe durata così tanto.
Dal bagno spuntò Cloe con in mano lo spazzolino e la bocca tutta sporca di dentifricio.
Un mese? E il concerto?!”. Ah, il concerto. Me n’ero completamente dimenticata. Non che il fatto che non potessi andarci mi toccasse particolarmente.
Vorrà dire che una delle tue amiche sta per ricevere un magnifico regalo”. Concluse subito Jill.
Ma..” cercò di dire Cloe.
Niente ma. Discorso chiuso”. Salii in camera e Cloe mi seguì subito dopo.
Fai qualcosa Hope, tu DEVI venire al concerto!” disse tutta preoccupata.
Hey, non agitarti, non importa. Se quel biglietto è davvero così importante, dallo a qualcuno che desidera veramente averlo. Per me sarebbe sprecato. Dovessi vederli per strada non saprei nemmeno riconoscerli”. Notai nell’espressione di Cloe un lieve accenno di delusione.
Non importa” disse. “Io voglio andarci con te”. Fissai i suoi grandi occhi verdi che mi guardavano e aveva un’espressione così dolce che non riuscii a contrariarla. Sospirai.
Va bene. Proverò a parlare con Jill… però, davvero, ti divertiresti di più con un'altra loro fan”.
Appena sentì quelle parole mi saltò addosso e mi strinse forte in un abbraccio. “Grazie, Hope! Io non voglio divertirmi. Voglio solo provare l’emozione di ascoltare le loro voci dal vivo e di riuscire a ricevere un loro sorriso. Se succedesse, sarebbe la gioia più grande della mia vita. E io voglio condividerla con te”.
Mi sorrise, poi scese velocemente giù. Quelle parole mi riempirono di una felicità immensa. Lei ci riusciva sempre.
Non avevo mai avuto importanti rapporti di amicizia, Cloe è sempre stata la mia unica migliore amica ed erano invani i tentativi di chiunque cercasse di entrare in intimità con noi. Il nostro era un legame così forte da non estendersi a nessun altro. Così, anche se la mia voglia di andare ad un concerto pieno di ragazzine che avrebbero urlato come fossero impazzite era pari a zero, il giorno dopo cercai con discrezione di convincere Jill.
Possiamo parlare?” le dissi mentre guardava la tv in salotto. Lei mi sorrise, poi ricordò che ero in punizione e tornò seria.
Dimmi”, disse con lo sguardo rivolto al televisore.
Ascolta Jill… hai tutte le ragioni di questo mondo per punirmi, sono stata scorretta e devo pagarne le conseguenze. Sai che quel concerto non…” provai a dire.
Inutile che continui. Al concerto non ci vai” mi interruppe.
Lasciami finire. A me non importa niente di quel concerto, Jill. Però non lasciare che per un mio errore ci rimetta anche Cloe. Le ho provato a dire di andare con qualcun altro, ma dice che è una cosa che vuole condividere con me. Fammi essere presente quando si sentirà la ragazza più felice del mondo, ti prego. Voglio esserci. Per lei”. Spiegai tutto d’un fiato. “Aumenta la punizione a due mesi, se vuoi”.
Jill, che aveva ascoltato il mio discorso senza guardarmi, si voltò verso di me e riuscii a leggere nei suoi occhi una traccia di tenerezza. Ci pensò un po’ su, poi mi disse di sedermi. Mi accomodai accanto a lei e attesi che iniziasse a parlare. Accennò un sorriso.
Quando parli così mi fai sempre pentire dei rimproveri che ti faccio”. Sorrisi anche io. “Sei una persona così dolce… faresti di tutto per Cloe. E questo lo apprezzo. Ma non voglio che tu diventi una di quelle ragazze sgarbate che per farsi grande davanti alla gente arriva a mancare di rispetto a…” la interruppi subito.
No, Jill, non hai capito! Se ho risposto male alla Gray non era per spavalderia, non sono quel tipo di persona, mi conosci. E’ solo che certe volte mi da l’impressione che goda nel vedermi in difficoltà. Mi ha imposto di parlare della mia vita e della mia famiglia nonostante sapesse che è la cosa che mi è più difficile raccontare e…” non riuscii a dire altro. Mentre parlavo sentivo inumidirmi gli occhi.
Non so il motivo. Forse perchè non pensavo che Jill mi reputasse quel genere di ragazza, forse perché mi si inumidivano sempre quando pensavo al mio passato. La mia madre adottiva mi abbracciò e sentii vicino al suo petto tutto il calore della sua persona. Scoppiai a piangere tra le sue braccia, mentre lei mi accarezzava i capelli e mi sussurrava di stare calma.
Non lo sapevo. Hai ragione, è stata una stronza. Lascia stare la punizione, ok? E’ tutto apposto”. Quando riuscii a calmarmi mi prese il volto tra le mani e mi sussurrò di nuovo: “Ok?”.
Annuii, e Jill mi asciugò le lacrime. Poi mi sorrise. “Vallo a dire a Cloe, sarà entusiasta”. Corsi al piano di sopra, spalancai la porta del bagno e gridai: “ONE DIRECTION A LONDRA. NOI. CI. SAREMO!” citando una scritta che lessi di sfuggita su internet. Cloe, che era nella vasca, si alzò di scatto, uscì e mi corse incontro, col suo solito sorriso sghembo.
Davverooo?!” gridò.
Vai via che sei tutta bagnataaaa!” le dissi, e scappai in cameretta coricandomi sul letto. Lei rise, si mise l’accappatoio e tornò in stanza, buttandosi addosso.
Non immagini quanto sia contenta!” mi abbracciò fortissimo e mi baciò la guancia un’infinità di volte, bagnandomi tutto il viso. Poi si fermò di botto e si mise a scrutare il mio volto.
Ma.. hai pianto?” domandò preoccupata, ancora distesa sopra di me.
Ma ti pare?” risposi, ridendo. “Non mi chiamo mica Cloe Foster, la ragazza dalla lacrima facile” la presi in giro e cercai di buttarla giù dal letto. Lei, per reggersi mentre scivolava, mi trascinò con sé. Scoppiammo a ridere, entrambe distese sul parquet. Si avvertiva un allegria nell’aria quel giorno e nelle settimane che seguirono come non c’era da tempo, ormai.

Ai tuoi occhi apparivo una ragazza così forte, così determinata. Un modello da seguire, un’eroina dei fumetti. No, Cloe, non sono mai stata così. La verità è che il tuo sorriso mi dava la forza di andare avanti, ogni giorno.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4.1 - Cloe ***


Bum.
No. Non era il rumore della piccola scatola che mi lasciai scappare di mano, mentre cercavo di razionalizzare quanto avevo appena visto. Quello non riuscii a sentirlo. Era il mio cuore che sembrò esalare l’ultimo, assordante battito. Rimasi immobile, come paralizzata, mentre al mio interno una serie di emozioni che non riesco a spiegare si susseguivano a velocità impercepibile, rendendomi incapace di esternare anche una sola di loro. D’istinto rivolsi i miei occhi lucidi verso Jill, in piedi di fronte a me, che mi fissava cercando di interpretare la mia espressione. Le corsi incontro singhiozzando un sommesso grazie. Mi aveva dato la possibilità di realizzare il mio sogno. Sarei riuscita a percepire con le mie orecchie, con i miei occhi, e non attraverso uno stupido schermo o delle stupide casse, la voce e i sorrisi di coloro che, inconsapevolmente, davano un senso a tutta la mia vita. Pochi istanti dopo sentii il calore dell’abbraccio di Hope e le sue labbra che mi baciavano la nuca. Piansi ancora più forte. Hope non era mai riuscita a capire quanto importanti fossero per me quei cinque ragazzi, eppure in quel momento sentivo che percepiva la mia infinita gioia, e questo mi rendeva felice. La sentivo ancora più vicina di quanto non lo fosse già.
Diverse volte avevo cercato di spiegarglielo, di fargli capire cosa significassero per me, ma non ero mai riuscita a trovare le parole adatte a rendere a pieno il concetto, e l’unica impressione che le davo era quella di una stupida ragazzina dietro una stupida band. Ma io ci vivevo, di quella stupida band.
Ho perso entrambi i genitori quando avevo solo cinque anni e senza che nemmeno me ne rendessi conto sono finita a casa di Jill. Rimasi traumatizzata: non parlavo, non ridevo, non piangevo. Dal mio viso non trapelava alcun tipo di emozione. La prima persona che riuscì a penetrare il mio guscio fu Hope. Condividevamo lo stesso dolore, per cui capiva i miei stati d’animo e sapeva come risollevarmi il morale. Le sono sempre stata grata per questo. E’ la mia supereroina. Di questo ne sono tuttora fermamente convinta. Sin da piccola, quando mi spaventavano i lampi e i tuoni, correvo a rifugiarmi tra le sue braccia, e lei mi coccolava come fossi la sua piccola sorellina. Poi, all’eta di quindici anni, scoprii loro. Furono la mia salvezza. Ricominciai ad avere più socialità col mondo esterno, con la realtà che mi circondava. Cambiai io, cambiò la mia vita. Mi hanno reso la persona che sono adesso e non smetterò mai di ringraziarli per questo. E non sto esagerando.
Quella sera Hope, per la prima volta, mi chiese di pararle dei ragazzi. La cosa mi stupì. Non le erano mai importati i piccoli particolari. Ne fui entusiasta. Così, sul nostro letto a due piazze, la mia testa poggiata sul suo petto e le sue mani che mi solleticavano il braccio, quasi fossimo due fidanzati, le raccontai come i One Direction mi avessero cambiato la vita.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4.2 - Cloe ***


Ma come, non sono sempre stati una band?” mi chiese stupita Hope.
No. All’inizio si presentarono ad XFactor come solisti, ma non riuscirono a qualificarsi per la categoria ‘Ragazzi’. Poi su consiglio di Nicole Scherzinger…” – “Quella delle Pussicat Dolls?” – “Esatto. Su suo consiglio decisero di unirli in una band e così riuscirono a qualificarsi per la categoria ‘Gruppo’. Arrivarono terzi. Hanno partecipato al Tour di XFactor e l’11 settembre hanno rilasciato il loro primo singolo, ‘What makes you beautiful’. Pensa che era in prima posizione già dalla prima settimana. Il primo album, ‘Up all night’, è uscito il 21 novembre ed è stato il più venduto del 2011. Poi hanno fatto l'Up All Night Tour, da dicembre 2011 a gennaio 2012 e hanno ottenuto il tutto esaurito in pochi minuti dal rilascio. Il 21 febbraio 2012 hanno partecipato ai Brit Awards 2012 ricevendo il Brit Award per ‘Best British Single’. A febbraio sono stati in Italia, a Sanremo e…” fui interrotta dalla sonora risata di Hope. Arrossii, rendendomi conto di aver parlato davvero tanto. “Persino meglio di Wikipedia”, disse lei ridendo.
Scusami”. Riuscii a dire, raggomitolandomi accanto a lei. “Non volevo annoiarti. Mi sono lasciata prendere dal discorso”.
Ti sei lasciata prendere da tante cose in realtà. Entusiasmo, orgoglio, affetto, emozione. Si nota da come ne parli. E non mi stai annoiando affatto, anzi” mi disse aggiustandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Ma c’è una cosa che proprio non riesco a capire, Cloe, e vorrei che me la spiegassi”. Interessata mi misi a sedere sulle ginocchia di fronte a lei.
Dimmi tutto”.
Perché?” si fece d’un tratto seria.
Perché cosa?”, le chiesi confusa.
Perché ti prendono così tanto? Voglio dire, sono cinque semplici adolescenti. Certo, hanno una bella voce, una bella presenza scenica. Ma sono ragazzi. Tu gli sei così… dedita. Ti vedo piangere per loro, Cloe, so che non sei l’unica, e questo mi spaventa. Tu non li conosci. Non li hai mai visti dal vivo, né avuto una conversazione con loro. Non sanno nemmeno che esisti, eppure tu saresti pronta a tutto pur di ricevere un loro sorriso, o una loro stretta di mano. E’ una cosa che proprio non riesco a concepire…”. Notai sul suo volto un’espressione afflitta, come se si sentisse estranea da tutto questo, come se si sentisse diversa, come se sentisse di non aver un cuore abbastanza grande per percepire tali emozioni. Teneva lo sguardo fisso su di me e attendeva curiosa una mia risposta. Ma quella era la domanda che temevo di più, perché in realtà il motivo non lo conoscevo nemmeno io.
“Non lo so, Hope”. Riuscii a dire alla fine. “Vorrei davvero farti capire, trovare le parole giuste per esprimere quello che provo per loro, che non so se sia amore, affetto o semplice dedizione. E’ una cosa che non riesco a spiegare. E’ così… naturale. Come svegliarmi la mattina e andare a dormire la sera. E’ inevitabile che durante il corso della giornata io pensi a loro, a cosa stiano facendo, in quale parte del mondo si trovino. Ed è strano anche per me, Hope. Sono consapevole della distanza che esiste tra me e loro, eppure quando li ascolto cantare li sento tremendamente vicini. E mi è spontaneo piangere quando ascolto una loro canzone, o sorridere per le loro stranezze. E’ come se la loro presenza nella mia vita ci fosse sempre stata e mi ritrovo a pensare “siete sempre i soliti” sebbene io non li conosca. E i video diary… sono dei pazzi. Qualche volta te li devo far vedere. Non puoi…non puoi immaginare quanto…quanto forti siano le sensazioni che mi trasmettono. E il DVD... Oh, Hope, ho preferito vederlo quando ero sola in casa perché sapevo che avrei pianto come una fontana e… dura 70 minuti e io ho pianto incessantemente per 70 minuti perchè… li vedevo esibirsi su quel palco e vedevo milioni di ragazze lì sotto e ho provato ad immaginare cosa si provasse a sentirli così vicini, ho provato ad immaginare come si fossero sentite le fan a cui i ragazzi hanno dedicato uno sguardo, o un saluto, o… e poi…” cominciò a risultarmi difficile parlare e allora decisi di stare zitta, mentre le lacrime rigavano il mio volto. Le sopracciglia di Hope s’inarcarono in un’espressione dispiaciuta e mi venne ad abbracciare forte. Coccolata dalle sue braccia piansi a singhiozzi, nella mia mente si ripercorrevano i loro volti, i loro sorrisi, le loro risate, i loro balli, le loro canzoni, i loro concerti, i loro video e avrei voluto racchiudere tutti quei pensieri in delle parole convincenti ma non ci riuscivo, forse non esistevano nemmeno. E mi venne ancora più da piangere quando avvertii che il cuore di Hope, silenziosa accanto a me, batteva fortissimo. Ero riuscita a trasmetterle almeno un quindicesimo del mio…non sapevo ancora definirlo. Ci distendemmo di nuovo una accanto all’altra e ci addormentammo così.

Sai Hope, se ci penso sento ancora il calore della tua pelle. Mi dava così tanta sicurezza. Quella sera ti aprii il mio cuore, e tu, cautamente, ne prendesti il contenuto e lo custodisti con tanto amore. Non l’ho più ripreso indietro. Sono contenta di questo, lo sono sempre stata. Chissà se ce l’hai ancora conservato o lo hai buttato nel cassonetto del passato, insieme ai ricordi di me e di te.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 - Hope ***


Il giorno del concerto si avvicinava. Cloe non stava più nella pelle, non faceva che parlarne tutto il giorno e di tanto in tanto la vedevo correre nella mia stanza, sedersi accanto a me qualunque cosa stessi facendo e cominciare uno dei suoi: “Ma ti immagini se...”. Mi costrinse addirittura ad immaginare che i ragazzi ci chiamassero sul palco e ci facessero cantare le canzoni insieme a loro. Quella volta la chiusi a chiave in bagno.
L’unica cosa che mi preoccupai di fare fu imparare i loro nomi per assecondare Cloe che me lo ripeteva ogni quarto d’ora. Così capii che Niall Horan era il ragazzo irlandese, quello biondo con la faccia da cucciolo. Liam Payne era quello che a giorni era riccio, e a giorni liscio, ed era quello che parlava di più. Zayn Malik era quello di carnagione un po’ più scura, col ciuffo di sei centimetri e lo stile alla ‘giocatore di football’ delle scuole americane. Harry Styles era quello riccio coi denti perfetti. E Louis Tomlinson era il più divertente, e quello che indossava sempre t-shirt a righe. Cloe me lo faceva ripetere tutte le sere, nel letto, e si scompisciava dalle risate quando invertivo qualche caratteristica o facevo commenti ironici su uno dei cinque. In realtà non avevo ancora ben associato i loro nomi ai volti, non gli avevo prestato grande attenzione durante le ‘lezioni’ di Cloe, però mi accontentavo di sapere quello. Li avrei saputi distinguere dal colore biondo, dai capelli ricci, dal ciuffo di sei centimetri, dalla fantasia della maglietta e dalla loquacità.
Ma sei pazza? E se quel giorno Niall ha il cappello, Harry si fa la piastra, Lou mette una tinta unita, Zayn si abbassa il ciuffo e Liam parla poco? Dai guardali bene!” insisteva Cloe. Io mi rifiutavo, senza un reale motivo. Forse perché la cosa era più divertente così.
Bho, mi fotto”. Conclusi, ridendo come un’idiota mentre Cloe si infuriava.
Sei un’allieva da fare schifo. Ti boccio. E l’anno prossimo non venire perché ti boccio di nuovo”.
Allora al concerto ci vai da sola, donna con i pregiudizi”. La minacciai sogghignando. Lei non rispose, si limitò a farmi una linguaccia e si sdraiò sul divano, cercando in tv un programma interessante.

Con mio grande sollievo –mi sarei liberata del tormento di Cloe- arrivò il fatidico giorno, il 28 luglio 2012. Quella mattina ci svegliammo, o meglio, Cloe mi svegliò alle otto in punto. Del tutto contraria provai a riaddormentarmi ma non ci fu verso di farla stare zitta.
Ti vuoi svegliare?! Come fai a dormire ancora? Io non ho chiuso occhio tutta la notte! Daiii, alzati! Hope!”.
Che palle!” dissi infine, mentre mi mettevo a sedere sul letto, con gli occhi ancora chiusi. Diedi un’occhiata alla sveglia e quando mi resi conto di quanto fosse presto cercai di ricoricarmi ma Cloe mi tirò una cuscinata prima che la mia testa toccasse il materasso. Di nuovo mi sedetti.
Cloe. Sono solo le otto, il concerto è tra 12 ore e se provi a far di nuovo una cosa del genere giuro che ti brucio i capelli”. Dissi con aria assonnata. Lei mi prese le mani e mi fece alzare, poi mi tirò uno schiaffo. “AHIA! Cloe!” le dissi spalancando di colpo gli occhi.
Vedi? Così ti svegli”. Sorrise, soddisfatta. La guardai in cagnesco. Andai in bagno, riempii il porta-spazzolini d’acqua, tornai in camera e glielo rovesciai addosso. “Fanculo” le dissi, davanti alla sua espressione che era un misto tra divertimento e ‘te la farò pagare’. Poi riposai il bicchiere e mi diressi al piano di sotto per fare colazione, tranquilla. Mi seguì poco dopo.
Era una giornata magnifica, il sole di piena estate risplendeva in tutta la casa, rendendola ancora più bella, e il cielo di un azzurro acceso era terso e limpido. Mentre inzuppavo i biscotti nel latte, notai che Cloe era già vestita e con in mano i due biglietto, contemplandoli sul divano. “Nemmeno fossero banconote” le dissi. Lei non mi degnò di uno sguardo, forse non mi sentì nemmeno, tanto era presa dal pensiero di quello che le aspettava quella sera. La giornata passò più o meno in fretta, molto più lenta sembrò invece a Cloe, che ripeteva ogni 10 secondi : “Quand’è che si fanno le 8?!”.
La quattrocentosessantamillesima volta, finalmente, guardai l’orologio e le dissi: “tra due ore!”. Lei guardò prima me, poi l’orologio, poi di nuovo me, infine spalancò gli occhi. “Due ore? Cazzo, dobbiamo muoverci, è tardissimo”. La fissai tipo 'due ore sono 120 minuti' ma evidentemente era così stordita da non rendersene conto. Si alzò di scatto, prese i biglietti, la giacca, le chiavi dell’auto, le chiavi di casa, si guardò allo specchio, si diresse verso la porta e urlando “Jill, io vado al concerto!” uscì dalla casa. Due secondi esatti dopo, rientrò.
Hope, mi sono dimenticata di te! Dai, fai presto, andiamo!”. La guardai come se stessi guardando una pazza esaurita e, tutto sommato, era proprio così. Io e Jill scoppiammo a ridere.
Cloe, stai calma” le dissi tra le lacrime che non riuscii a trattenere mentre ridevo. Lei, rendendosi conto di ciò che aveva appena fatto, si unì alla risata, ma torno subito seria incitandomi a darmi una mossa.
Andiamo va. Ciao Jill, ci vediamo domani”.
Ciao ragazze, buon divertimento!” ci salutammo sull’uscio e vidi il suo sorriso fiero mentre chiudevo la porta. Cloe ed io salimmo in macchina.
Toglimi una curiosità. Come avevi intenzione di arrivarci, al concerto?”. Le chiesi. Cloe non aveva ancora compiuto diciotto anni, per cui non aveva la patente.
Ah non lo so. Penso che ci sarei arrivata a piedi”, rispose ridendo. Misi in moto e ci avviammo verso la 07 Arena.







Ok, non esiste alcuna '07 Arena', lo so. Ma non consosco posti a Londra corrispondente all'idea che mi sono fatta e la mia fantasia sui nomi è pari a zero così spudoratamente copiato la '02 Arena'. Comunque, non voglio il solito stadio. Vorrei tipo un luogo chiuso, con un palco e dei posti a sedere. Un posto un pò pi intimo, ecco. Ve lo descriverò nel capitolo successivo, comunque. Buona lettura e non dimenticate di lasciare un commento :)

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 - Hope ***


Cloe non disse una parole per tutto il percorso. Mise il cd della band che avremmo visto di lì a poco allo stereo e rimase a guardare fuori dal finestrino per tutto il tempo. Non ne sono sicura, ma mi parve di avvertire una certa irregolarità nel respiro di Cloe, un leggero tremolio. Come se stesse piangendo. Decisi di non immischiarmi e di lasciarla un po’ sola nel suo piccolo mondo perfetto, provando ad immaginare come dovesse sentirsi. Mi sforzai parecchio, perché non avevo mai avuto un idolo o cose del genere, né ero mai riuscita a concepirne la sola idea, per cui non sapevo cosa si dovesse provare quando ci si trova a pochi chilometri da lui. Immaginavo dovesse essere una gran bella sensazione.
Arrivate all’Arena, impiegai parecchio tempo solo per cercare parcheggio, perché c’erano davvero tante auto. Decisamente troppe. Una volta trovato un posto libero, ci affrettammo ad entrare.
La 07 Arena era uno dei teatri più grandi di Londra. Quella sera, l’ingresso era adornato con un enorme locandina dei One Direction. Percorremmo il lungo corridoio fino alla sala principale. Cloe mi strinse forte la mano prima di aprire la porta d’ingresso. La sala era enorme, non ne avevo mai viste di così grandi. In fondo c’era l’ampio palco tutto allestito per l’occasione e centinaia di posti a sedere riempivano il resto della stanza, molti dei quali erano già occupati. Percorremmo le scalinate, e ad ogni passo ci avvicinavamo sempre più al palcoscenico. Fila 1. Posti 13 e 14. Ci mettemmo a sedere. Cloe era tesissima, potevo percepire il tremolio nella sua voce, nei suoi movimenti, riuscivo a capire che avrebbe voluto scoppiare a piangere per esternare tutte le emozioni che aveva al suo interno.  
 C’era così tanta gente, così tante ragazze impazienti di vederli, c’era una tale tensione che arrivò fino a me ed era insopportabile. Erano le 7:45 e mancava ancora un quarto d’ora prima che iniziasse.
Cloe, vado a prendere una boccata d’aria”. Le dissi in un orecchio.
Cosa? Ma tra poco inizia!” aveva un tono estremamente preoccupato.
Tranquilla, sarò qui prima che spengano le luci”. Le sorrisi per rassicurarla e uscii.
Una volta fuori da quell’aria pressante, una volta fuori dalla vista di Cloe, accesi una sigaretta e mi misi a sedere su una poltroncina rossa del corridoio luminoso, esattamente di fronte la porta d’ingresso.
Cercai di metterci più tempo possibile, non avevo voglia di rinchiudermi in quel posto asfissiante, pieno di ragazzine impazzite e musica da rompere i timpani. Riuscivo a vedere che c’era molta agitazione, in sala. Un mormorio di sottofondo accompagnava le grida delle fan che spesso si levavano dalla platea. ‘O mio Dio, che ansia!’ ‘Non vedo l’ora che cominci!’ ‘Non ci posso credere finalmente vedrò Niall Horan da vicino!’ ‘Vogliamo parlare di Zayn?!’ erano i commenti delle ragazzine delle ultime file, che arrivavano fino al mio orecchio.
Poco tempo dopo, una voce femminile riecheggiò in tutto l’edificio.
Avvisiamo i signori spettatori che lo spettacolo avrà inizio tra poco. Siete pregati di raggiungere i vostri posti. Grazie”. La mia sigaretta non era ancora finita e io non mi mossi da lì.
In giro c’era un insolito silenzio. Poi, dalla mia poltroncina, vidi che in sala spensero le luci e allora ci fu un grido unanime. Decisi che avrei seguito il concerto da lì. Decisamente più ragionevole, come cosa.
Spensi il mozzicone nel posacenere, appoggiai il collo allo schienale e chiusi gli occhi, mentre sentivo nella stanza accanto un boato incredibile. Poi mi ricordai di Cloe. ‘Accidenti, l’ho lasciata sola. Che idiota!’. Balzai in piedi e cominciai a correre. Percorsi velocemente le gradinate e arrivai alla prima fila col fiatone. Cloe era seduta, contrariamente al resto della folla, in piedi dietro di noi. Aveva il viso tra le mani e singhiozzava come una bambina. Mi sedetti accanto a lei e le accarezzai la nuca. Non appena avvertì il contatto con la mia pelle alzò lo sguardo verso di me. Aveva un’espressione così innocente, così stupita, così ingenua.
Scusami. Sono qui”. Le dissi con un debole sorriso. Le mi abbracciò forte. “Pensavo te ne saresti andata”. Singhiozzò.
Scherzi? Devo ancora imparare a distinguere il tizio che parla troppo da quello coi capelli ricci!”. Riuscii a strapparle una risata. Cloe mi prese la mano, poi si rivolse verso il palco, lo sguardo fisso di fronte a lei.
Le luci dei due fari posti uno a destra e uno a sinistra, si alzarono prima sul pubblico, poi illuminarono di nuovo il palco, infine si spensero del tutto. Parti la base. Il pubblicò impazzì. Lo schermo di fronte a noi cominciò a proiettare delle immagini: i ragazzi in spiaggia, poi in uno strano furgoncino, poi di nuovo in spiaggia.
Sentivo la stretta di Cloe sempre più forte. Finita la presentazione, un occhio di bue illuminò l’angolo destro del palco. Le ragazze gridavano, Cloe mi stringeva la mano, le luci erano accecanti, la musica assordante. Era tutto assurdamente amplificato.
We're like na, na, na” intonarono cinque voci e cinque ragazzi spuntarono fuori saltellando sopra di noi, in fila, sfoggiando i loro sorrisi migliori. Le urla si fecero ancora più forti, mentre la stretta di Cloe, che fino a quel momento era stata così forte da sembrare potesse strapparmi via la pelle, divenne sempre più debole, fino a scomparire del tutto. La guardai alla mia destra. Era ferma, immobile, sembrava quasi rilasciata, lo sguardo fisso davanti a se, non distoglieva mai lo sguardo. Le lacrime cadevano dai suoi occhi una dopo l’altra, senza fermarsi mai. Volevo fare qualcosa ma non c’era niente che potessi fare. Tornai a guardare il palco. Erano lì, uno accanto all’altro, tutti e cinque. C’era quello biondo irlandese, quello mezzo liscio e mezzo riccio, c’era quello divertente, quello riccio e quello col ciuffo. Avevano una presenza scenica sensazionale. Mi sentivo come paralizzata, guardavo quei ragazzi muoversi sul palco, cantare, ballare, divertirsi, sentivo le fan che urlavano e ce n’erano davvero tante, e poi c’era Cloe che piangeva, e c’era il mio cuore che batteva forte, e io non sapevo nemmeno il perché.  Era… strano. Era nuovo. Era fastidioso. Finito il primo singolo, i ragazzi ci salutarono riscuotendo un ulteriore boato nel pubblico. Partì la seconda traccia. Io e Cloe eravamo immobili, le uniche, mentre intorno a noi tutta l’altra gente urlava e strepitava, saltava e cantava, e io e lei ci tenevamo strette le mani. Lei piangeva, io ero allibita, più che altro perché non mi aspettavo di provare tutte quelle nuove sensazioni. Mi concentrai su quei cinque ragazzi, in grado di dare così tanto. La mia attenzione si rivolse d’istinto verso quello che ricordai si chiamava Louis, che in quel momento stava cantando il suo assolo. Aveva una voce straordinaria, riuscì a farmi venire i brividi, come gli altri quattro, del resto. Ma la cosa che più mi colpì di quel ragazzo, furono gli occhi. Erano di un azzurro intenso, tanto belli da perdercisi. Poi fu il turno del biondino, Niall. Era una di una tenerezza assurda e al momento del suo assolo le fan urlarono in coro come per fargli arrivare tutto il loro affetto. Lui ne sorrise. Passò la palla a Zayn, che come previsto aveva il ciuffo alto e una felpa da ragazzo americano. Questa volta mi trovai davanti degli occhi color cioccolato, occhi che offrivano il calore di un abbraccio. Zayn era il più bravo negli acuti. Fu la volta di Liam, e non appena intonò il suo pezzo, percepii un’infinita dolcezza nel suo sguardo e nel suo tono di voce. Subito gli si accostò Harry, con i suoi folti ricci, e aveva una voce profonda come un oceano. Era incredibilmente espressivo, tanto da farti sentire sulla pelle il peso delle parole che cantava. Li riconobbi tutti e cinque, con mia grande sorpresa. Per tutta la serata fissavo i ragazzi inviandogli messaggi telepatici, desiderando con tutta me stessa che uno di loro guardasse Cloe e le rivolgesse un sorriso. C’è stato un momento in cui mi è sembrato che Zayn l’avesse fatto, l’avesse guardata in lacrime e le avesse rivolto un sorriso per consolarla, e Liam l'avesse indicata con un dito. Non appena Cloe se ne accorse cominciò a piangere ancora più disperatamente e un sorriso le illuminò il viso. L’abbracciai e lei ricambiò così forte che non riuscivo a respirare. La stessa irritante sensazione che provai qualche ora dopo, sulle note di ‘Moments’ –Cloe pronunciò il titolo non appena sentì le prime note e capii che quella era la sua canzone preferita-, quando occhi freddi come il ghiaccio incrociarono i miei e mantennero lo sguardo per tutta la durata dell’assolo. In quel momento fui io che presi la mano di Cloe. E avrei voluto che quella mano, che strinsi senza neanche accorgermene, fosse rimasta saldamente nella mia per molto tempo ancora. Per l’eternità. 







Vi prego di lasciare una recensione per farmi sapere come vi  sembra la storia...i vostri pareri, negativi o positivi che siano, mi invogliano a scrivere :) Ps. fatemi sapere se ho reso bene l'idea del concerto o era tutto troppo scontato e non vi ha trasmesso niente..magari se non va bene lo miglioro un po,se ci riesco:)  

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 - Hope ***


Mantenevo lo sguardo fisso di fronte a me, mentre i cinque ragazzi con fare molto delicato si muovevano sul palco intonando la loro canzone più commovente. Non riuscii a distogliere lo sguardo per controllare, ma potrei giurare che molte delle ragazze alla mia sinistra e alle mie spalle singhiozzavano proprio come Cloe alla mia destra.
Quando il riccio partì col suo assolo, un singolo, freddo brivido percorse tutta la mia schiena. Era proprio davanti a me, ci distavano pochi metri e mentre cantava, il suo sguardo incontrò il mio, mi rapì, mi bloccò in quella morsa di occhi, occhi verdi come gli abissi degli oceani, occhi penetranti come spine nella pelle, occhi che mi tenevano saldati a sé come fossi caduta in una trappola. Ansimavo, un nodo in gola mi faceva annaspare mentre cercavo di respirare regolarmente, ma non ci riuscivo. Era come se mi avessero tirato un pugno nello stomaco, un pugno bello forte. Sembrava fossero passati minuti interminabili, e invece erano passati solo i 14 secondi necessari affinchè cantasse ‘if we can only have this life, for one more day; if we can only turn back time’.
Con grande sforzo riuscii a liberarmi dalla sua presa, lasciai la mano di Cloe e scappai via, verso l’uscita. Percorsi correndo l’intero corridoio e una volta fuori la 07 Arena continuai a correre fino alla macchina. Entrai, infilai velocemente le chiavi e accelerai di botto, rischiando persino di tamponare un’altra auto. Non tolsi il piede dall’acceleratore fin quando non arrivai nelle vicinanze della torre del Big Ben. Parcheggiai da qualche parte e a passo svelto cominciai a percorrere il lungo ponte. Arrivata quasi a metà strada, cominciai a rallentare gradualmente il passo fino a fermarmi del tutto. Appoggiai i gomiti al parapetto e mi misi ad osservare il flusso del fiume che scorreva lento.
Ero scappata via. Ero decisamente fuggita. Ero spaventata. Terrorizzata. Per tutta la vita non avevo fatto altro che cercare di essere più razionale possibile, di guardare in faccia la realtà. Non aevo mai avuto cotte, sogni, desider o cose del genere perché sapevo che più alte erano le aspettative, tanto più atroci sarebbero state le delusioni. Avevo sempre  cercato di sopprimere le mie speranze perché non avrei sopportato di vederle infrante. Non di nuovo. E adesso mi ritrovavo a sentirmi le gambe cedere per una fottuta band. No, non l’avrei permesso. Non avrei lasciato a quelle cinque voci di penetrare la barriera che avevo costruito attorno al mio cuore. Non gli avrei permesso di tenermi appiccicata ad uno schermo con le lacrime agli occhi sperando di essere una delle tante fortunate ad aver avuto la possibilità di fare una foto insieme a loro. No, non ero quel tipo di persona e non lo sarei diventata mai. Erano cinque semplici ragazzi, niente di più, niente di meno, agli adolescenti con cui andavo a scuola.
Presi il cellulare e scrissi un messaggio a Cloe.
‘Sono a Westminster. Mandami un messaggio quando devo passarti a prendere. Ps. Se non dovessi saperlo, Westminster è a 15 minuti da lì. Perciò magari mandalo un po’ prima che finisca così non rimani sola’.
Non ne volevo sapere più niente di quella band. Non volevo vedere più nessun loro fottuto poster o ascoltato una loro fottuta canzone. Niente.
Mi sedetti sul parapetto del ponte, piegando le ginocchia e cingendole con le braccia e alzai lo sguardo verso l’alto. Mi misi ad osservare le stelle, molte delle quali erano mascherate dalla luce dei lampioni in strada.
La stella polare splendeva fra le altre e nella mia mente si ripercorsero ricordi della mia infanzia, quando mia madre era ancora viva.
 
La vedi quella stella, tesoro?”.
Quella grande grande? Come brilla, mamma!
Sì, quella è la stella più luminosa del mondo. Quando sei nata tu brillava forte nel cielo. Un giorno sarò su quella stella, piccola Hope, e ogni volta che ti sentirai sola, o impaurita, o indecisa, guardala e pensa alla tua mamma. Sarà sempre vicino a te. Non dimenticarlo mai”.
“Ma mamma, quella stella è così lontana. Tu non puoi andare così lontano senza di me. Dopo come facciamo a parlarci?
”.
Sorrise dolcemente mentre le lacrime gli rigavano il volto, consapevole del proprio destino.
“Parliamo col cuore, tesoro mio. Parliamo col cuore”.

 
Appoggiai la testa sulle ginocchia e singhiozzai sempre più forte. Mi mancava così tanto.

Quando mi mancava mia madre lo notavi dal mio sguardo malinconico e tutte le volte mi facevi domande su di lei affinchè, parlandone, potessi sentirla sempre vicino. Mi aiutava davvero tanto. Quanto vorrei potertene parlare ancora Cloe. Ci sono così tante cose che ancora non sai, così tante cose che vorrei dirti.



Scusate questo capitolo è più corto del solito ma presto aggiungerò il successivo. Vorrei un minimo di 5 recensioni però prima di continuare, così che mi facciate sapere le vostre opinioni a riguardo. Grazieeee :)

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 - Hope ***


Non ci sono le 5 recensioni ma non vedevo l'ora di pubblicarlo :) Chiedo gentilmente alla gente che legge di recensirla, per favore çç non costa nulla e mi date una mano...grazie per chi lo fa e grazie anche a chi legge soltanto.





Un messaggio in arrivo: CLOE
‘Mi spieghi cosa ci fai a Westminster?
‘Lì dentro si moriva dal caldo. Sono venuta a trovare Alex. Prendiamo un caffè’.

L’aria accogliente del locale mi dava un senso di sollievo mentre, seduta sul comodo divano in pelle blu, sorseggiavo il mio cappuccino con estrema tranquillità. Alexander, di fronte a me, mi fissava corrucciato in attesa di una risposta.
Boh’. Risposi.
Hope, smettila. Non puoi chiamarmi in lacrime alle dieci e mezza di sera e non darmi spiegazioni. Cos’è successo?’ Mi ripetè.
Alex era quello che potevo considerare il mio migliore amico. Forse fratello maggiore era più adatto. Aveva 20 anni, ero alto e con uno stile molto ‘formale’. Gli piaceva indossare giacca e camicia e questo gli dava un’aria importante, da professore universitario. Dei lineamenti molto marcati contornavano occhi color nocciola. Occhi rassicuranti, occhi che erano un’ancora di salvezza.
Non ricordo come lo conobbi. Ad una gita scolastica, forse. Avevo 15 anni, comunque. Era l’unica persona che conosceva il lato più intimo della mia anima e ancora oggi mi chiedo come abbia fatto ad essermi rimasto accanto nonostante il mio carattere irritante. Lui c’era sempre stato. C’era durante le mie crisi di pianto quando sentivo la mancanza di mia madre. C’era quando avevo bisogno di sfogarmi su quanto la vita mi andasse una merda. C’era quando pensavo di voler affogare il dolore in un boccale di birra e mi prendeva in spalla mentre lo prendevo a pugni per riportarmi a casa. C’era quando era una giornata no e me la prendevo con lui per ogni minima stronzata. C’era anche quella sera, e ci sarebbe stato per molto tempo ancora. Non glielo dicevo mai, ma lo ringraziavo silenziosamente tutte le volte che mi dava una mano. Forse non sarei nemmeno qui, senza di lui.
Nemmeno Cloe mi conosceva così tanto. Ai suoi occhi cercavo sempre di essere forte, affinchè lo fosse anche lei. Con Alex, invece, potevo rivelare la mia vera persona. Fragile e schifosamente debole. Era l’unico con cui riuscivo a mettermi a nudo e non ne temevo le conseguenze. Lui mi avrebbe protetta da chiunque.
Non lo so Alex, davvero. Ero al concerto con Cloe e poi… ho cominciato a sentire qualcosa, qui’, dissi, toccandomi lo stomaco. ‘Per un attimo ho temuto che da quel momento la mia vita sarebbe stata condizionata da questa sera. Ho avuto paura, Alex’ gli confidai.
Di solito non si ha paura di provare emozioni, Hope’. Cercò di spiegarmi. Gli tirai uno schiaffo dietro la nuca.
Di solito? Non ti è chiaro che io non rientro nella categoria delle persone ‘solite’, testa di noce?’. Scoppiò a ridere.
Testa di noce? Ma che cazz...’ Presi la mia tazza e bevvi l’ultima goccia della calda bevanda. La posai sul tavolo, mi alzai e presi la giacca.
Paga e andiamocene, zuccone’. Dissi mentre mi dirigevo verso le porta. Alex scosse la testa, sborsò i soldi e mi accompagnò alla macchina.
E visto che ti trovi col pacchetto in mano, dammi una sigaretta. Graaazie’ e cercai di fare un’espressione dolce. Rinunciai due secondi dopo, allungando direttamente la mano.
Non sono col pacchetto in mano’ affermò Alex. Poi tirò fuori dalla tasca le sue Malboro rosse e me ne porse una.
Nella mia tasca sentii il telefono vibrare. Era Cloe.
E’ lo stesso. Dovresti cambiare marca. Le Malboro mi fanno schifo’. Dissi prendendola e posandola tra le mie labbra.
E tu dovresti smetterla di fumare’. Non risposi. Accesi la mia sigaretta e gli feci un sorriso. Aprii la portiera ed entrai in macchina. ‘Ciao, Alex. E grazie’. Accelerai senza neanche dargli il tempo di rispondere. Sarebbe stato troppo imbarazzante, non ero abituata a questo tipo di formalità, con lui.

Scusa, se ti ho lasciata sola’. Dissi a Cloe una volta salita in macchina. Era tutta euforica e ancora non riusciva a credere che non fosse tutto un sogno.
Oh no, non preoccuparti. E poi non ero sola. Ho fatto prendere il posto ad un’altra ragazza… dovevi vederci, piangevamo insieme’. Disse ridendo. La guardai. Era così felice. La sua risata cristallina risuonò nella mia testa e fui scossa da un brivido di rabbia quando immaginai quella stessa risata causata da un’altra ragazza. Che fosse forse… gelosia? Scossi la testa e tornai a fissare la strada.
Nessuna delle due parlò per tutto il tragitto. Cloe aveva acceso la radio mettendo il volume a palla. Ad un certo punto aprì il finestrino, si sporse verso l’esterno e tirò fuori un urlo da far male ai timpani. Poi rise.
Ma che ti prende?’ dissi, partecipando alla risata.
Non ne ho idea. Avrei voglia di spaccare il mando tanto sono felice!’ non stava parlando. Stava letteralmente gridando. Sorrisi. Era tenera pure da pazza. Intorno a mezzanotte arrivammo a casa. Entrammo furtivamente in casa, camminando come ladre per non svegliare Jill. Salimmo in camera e, chiusa la porta, entrambe ci buttammo a peso morto sul morbido letto, sfinite. D’improvviso qualcuno spalancò la porta, accese la luce e si mise ad urlare.
'CREDETE DI ANDARE A DORMIRE SENZA AVERMI PRIMA RACCONTATO TUTTO QUANTO?!' Jill, in vestaglia da notte e coi capelli raccolti in uno chignon, sembrava proprio una madre che avevo aspettato che le sue figlie tornassero a casa. 
Cloe saltò in piedi e corse ad abbracciarla.
'Mamma!'. Urlò. Jill, così sensibile, dal cuore così grande, non riuscì a non commuoversi mentre coccolava la sua ragazza.
'E' la prima volta che mi chiami mamma..' disse la donna con la voce tremolante e gli occhi tutti lucidi.
'Be', stasera mi hai reso la ragazza più felice del mondo. E' quello che fa una mamma, no?' Jill divenne una fontana. Mi alzai anch'io e mi avvicinai alle donne della mia vita.
'Ehi, così mi sento esclusa' dissi. Mi fecero spazio con un grande sorriso e mi accolsero in quel caloroso abbraccio di famiglia. 
Scendemmo in cucina e Jill ci preparò dei cornetti al cioccolato mentre Cloe raccontava ogni minimo dettaglio del concerto. La donna l’ascoltava interessata, forse anche più eccitata di Cloe stessa. Rimanemmo sveglie tutta la notte, ridendo e scherzando e, tutto sommato, mi divertii.

Non sapevo ancora, Cloe, che quella serata avrebbe decretato le sorti del mio destino. Forse tutto sta proprio in quello, nel destino. Non avrei mai pensato che un giorno mi sarei ritrovata tra i suoi oscuri labirinti, alla ricerca di una via d'uscita che non so ancora se sia la punizione peggiore o la miglior ricompensa.

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 - Hope ***


‘ASPETTA UN ATTIMO!’ esclamò Cloe interrompendo Jill che stava per chiederle con quale singolo avessero cominciato lo spettacolo.
Hai dimenticato qualcosa, imbranata?’ le rimproverai. Mi guardò accigliata e scosse la testa.
Io no. Ma tu si’. La fissai con aria interrogativa, cercando di fare mente locale. Non avevo portato niente al concerto, cos’avrei potuto dimenticare?
Hai dimenticato di dire a Jill una cosa molto importante…’. Mi disse con aria da complice. La mia madre adottiva mi fissò con un’espressione accusatoria, come se le avessi volontariamente nascosto qualcosa. Io continuavo a non capire.
‘Cloe, arriva al punto!’ tagliai corto.
Harry Styles, Hope!’ disse la ragazza come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Inconsciamente ripercorsi i 14 secondi più agonizzanti della mia vita e fui scossa da una strana sensazione che dallo stomaco salì fino alla trachea e si annodò in gola. L’espressione di Cloe, che fino a un istante prima era un misto di eccitazione ed entusiasmo, si trasformò in preoccupazione. Mi ricomposi, ponendo un muro tra i miei sentimenti e il mio volto, per non lasciar trapelare il mio nervosismo, e cercai di avere un tono tranquillo.
‘E allora?’. Riuscii a dire. Lei spalancò occhi e bocca e il suo sguardò saettò da me a Jill, che prese a lavare gli utensili usati poco prima. Poi tornò a me.
Tu sei matta. Voglio dire, Harry ti ha fissata intensamente per venti secondi e mi dici ‘e allora?!’. Sembrava non riuscisse a capacitarsi della mia tranquillità dinanzi alla cosa.
Erano quattordici, i secondi. Pensai. Ma decisi di non dire niente per non far viaggiare troppo l’immaginazione di Cloe. Parve strano anche a me che li avessi contati. Persino Jill lasciò cadere il bicchiere che aveva tra le man e si voltò gridando:
DAVVERO?’. Scoppiai in una fragorosa risata davanti a quella situazione tanto buffa.
Ma anche se fosse? E’ soltanto un ragazzo’ le dissi, ma non ero più convinta nemmeno io di quelle parole. Cloe continuava a non rendersi conto della mia ‘ignoranza’ in materia.
Avrà guardato milioni di fan, lì dentro. E poi quello sguardo non era rivolto a me in particolare. E’ solo capitato che ci fossimo ritrovate di fronte a lui durante il suo assolo, tutto qua’. Minimizzai. Lei mi fissò con un sopracciglio alzato.
Ma stai zitta. Era palese che stesse guardando proprio te. Me ne sono accorta. Secondo me gli sei piaciuta”. Di nuovo, scoppiai a ridere.
Secondo me invece ti fai troppe pippe mentali”. Risero anche lei e Jill, poi Cloe si rilassò sulla poltrona e guardando il suo biglietto si perse nello sguardo di uno dei ragazzi con aria beata.
Non capisci proprio niente. Beh, fatti tuoi. L’importante è che Zayn mi abbia sorriso. Mi sono sentita come in paradiso e, sinceramente, non mi importa se fosse rivolto proprio a me o no. Io sento che lo era. Sento che mi stava dicendo di stare tranquilla. Lui è così premuroso…”. Si fermò. Una lacrima le scivolò sulla guancia e lei la asciugò sorridendo. Sorrisi anch’io.
Lo penso anch’io” le dissi.
Quando cominciammo a sbadigliare dal sonno decidemmo che era ora di andare a dormire. Salutammo Jill e ci dirigemmo verso la nostra stanza. Dopo esserci sistemate sotto le lenzuola, mi appoggiai su un fianco e le augurai la buonanotte. Lei fece altrettanto. Dopo minuti di assoluto silenzio, Cloe prese a parlare.
"Senti Hope… ti va di parlarne?". Mi chiese sottovoce. Ero così stanca che faticavo persino a far uscire la voce.
"Mmmh? Di cosa?" dissi con tono assonnato. "Di come ti sei sentita stasera… del perché sei scappata via". Aprii gli occhi, e rimasi per un po’ a fissare il vuoto davanti a me. Poi mi voltai verso di lei e la vidi seduta sul suo cuscino, appoggiata allo schienale. Feci lo stesso. Tirai un sospiro, pronta a rivelarmi per la prima volta a quella ragazza tanto dolce e sensibile.
"E’ difficile da spiegare, Cloe… era come se le convinzioni di una vita stessero svanendo in soli quattordici secondi, come se tutto quello in cui ho sempre creduto e per cui ho duramente lottato non valesse più niente. In quel momento, niente aveva senso. Ed era strano, era insolito. Non volevo succedesse. Non volevo…" mi fermai, guardavo Cloe che ricambiava attenta a non lasciarsi sfuggire nemmeno una parola. Cercava di capire.
"Non volevo lasciarli entrare nel mio cuore, perché temevo che l’avrebbero preso a calci" dissi con un sospiro. Era la prima volta che confidavo a Cloe le mie debolezze, e mi pentii di non averlo fatto prima. Lei mi si avvicinò e mi diede un abbraccio. Non mi strinse forte, né mi riempì di baci. Semplicemente fu l’abbraccio più dolce che qualcuno mi avesse dato, e in quel abbracciavo percepivo tutto l’amore che mi stava offrendo. Mi sforzai di ricacciare dentro le lacrime che cercavano di uscire. Non volevo che mi vedesse piangere. Oltretutto, non ne avevo motivo.
"Ascoltami bene". Mi sussurrò in un orecchio. "Non devi avere paura di aprire il tuo cuore. Non devi aver paura di provare nuove emozioni. Non c’è niente di male in questo. Non c’è niente di stupido, o di immaturo, o di fragile, in questo. Al contrario. Lascia il tuo cuore libero di essere avvolto dal calore di una voce, dalla sicurezza di uno sguardo, dalla purezza di un sorriso. Mi hai visto piangere spesso per loro, Hope, e posso capire che quello che ti blocca è la paura di desiderare qualcosa che non potrai avere mai. Ma, fidati, per nessuna ragione al mondo, mai, avrei voluto non averli mai ‘conosciuti’. E’ un’alternativa che non mi sono mai posta e che, in realtà, mi spaventa. Perché il solo fatto che esistano mi rende una persona migliore, e tu lo sai meglio di chiunque altro. Sono sicura che succederebbe lo stesso a te, se solo ti lasciassi andare al flusso delle loro canzoni, se solo li lasciassi penetrare fin dentro al tuo cuore. E’ vero, è triste, profondamente triste, la distanza che ci divide. Ma quello che riescono a darmi, come riescono a farmi sentire, compensa tutti i vuoti che essa crea. Non c’è nessuno al mondo che potrebbe eguagliare l’emozioni che mi provocano. Nessuno. Per cui a fanculo la vita, Hope. Non lasciare che quello che è il tuo passato influenzi il tuo presente e il tuo futuro. Non lasciare che la paura del dolore ti privi di qualcosa che potrebbe renderti felice". Finito il discorso, si allontanò e mi fece un sorriso, come per incoraggiarmi. A quel punto, la sua voce aveva addolcito così tanto i miei muscoli che non ebbi la forza nemmeno di reprimere le lacrime, e le lasciai scivolare copiose sul mio volto. Lei non mi abbracciò, ne disse niente per consolarmi. Semplicemente avvicinò le sue labbra alla mia guancia e ne trattenne una con un bacio.
"Esatto. Lasciati andare". Non era un pianto, non c’erano singhiozzi, c’erano solo le infinite lacrime che per anni avevo trattenuto che adesso avevo finalmente reso libere di lasciare i miei occhi.
"Come può qualcuno che nemmeno conosci renderti felice, Cloe?" le domandai in un sussurro. Lei non rispose. Si alzò e si diresse verso la scrivania. Io poggiai la fronte sulle ginocchia e chiusi gli occhi, cercando di razionalizzare le parole appena sentite. Alcuni istanti dopo, il silenzio fu interrotto dalle note di una canzone. Ascoltai quelle note senza chiedere spiegazioni. Cloe venne a sedersi accanto a me e mi disse di provare ad aprire il mio cuore. Io non mi mossi di un millimetro, gli occhi ancora chiusi. Poi lo feci davvero. Lasciai che la musica mi penetrasse nei timpani, per diffondersi in tutta la testa e scendere fino al busto, e da lì dileguarsi negli arti. La sentivo nelle braccia, nelle gambe, nelle vene che pulsavano sangue, nella pelle che rabbrividii, nel cuore che batteva forte, nel respiro che si fece affannoso. Sentivo le voci dei ragazzi, le sentivo chiare, limpide. Cloe non scelse una canzone a caso. Ere ‘Moments’. Era quella canzone. Ripercorsi le ore precedenti. Ripercorsi la tensione in sala prima che il concerto cominciasse. Ripercorsi le lacrime delle milioni di ragazze alle mie spalle. Ripercorsi il primo impatto che la band ebbe col pubblico. Ripercorsi il coro delle fan. Ripercorsi gli sguardi dei ragazzi. Ripercorsi i loro passi, i loro movimenti. Ripercorsi i loro sguardi. Ripercorsi quello sguardo. A quel punto, quelle che erano state dolci lacrime, si trasformarono in singhiozzi sommessi. Non mi ero mai sentita così prima. Mai. Non so dire se quello che provavo fosse bello o meno, però posso dire che era forte, e tanto bastava ad imprimermelo addosso.
"Così". disse Cloe, posando la sua mano sulla mia e accarezzandola lentamente,e mi rimase accanto per tutta la durata della canzone. Finita quella, ne partì un'altra e io mi sentivo troppo svuotata per continuare a lasciarmi andare.
"Spegnila". La implorai quasi. Subito dopo, il silenzio tornò a regnare nella stanza e nell’intera casa.

Non mi sono mai pentita di averti chiesto aiuto, quella sera. Non mi sono mai pentita di essermi lasciata andare, né riesco a pentirmi di essere arrivata fino a quel punto. Però, forse, se quella sera avessi continuato ad essere la tipa forte e determinata che mostravo in tua presenza, oggi non ci ritroveremmo così. Forse.




Grazie a chiunque stia seguendo la storia, a chi se n'è appassionato, a chi mi fa i complimenti, a chi recensisce e a chi legge in silenzio. Grazie di cuore. :) PS. PER CHI NON LO SAPESSE HO CAMBIATO L'ETA DI ALEX DAI 19 AI 20 ANNI. è un tipo maturo lui, yo.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 - Cloe ***


Quella fu la prima volta che Hope si apriva con me, e la cosa mi rendeva felice.
Sapevo bene che le risultava complicato esporsi, ma il fatto che quella sera lo avesse fatto significava che era pronta per abbattere le barriere che circondavano il suo cuore.
Per troppo tempo aveva cercato di bloccare il tentativo di chiunque cercasse di avvicinarsi a lei, per troppo tempo si era privata di una vera e propria felicità, che duri anche solo qualche minuto, ma che ci sia. Un’ondata di soddisfazione mi circondò nel momento in cui mi resi conto che il motivo che aveva risvegliato le mie emozioni stava per avere lo stesso effetto su di lei.
Lo sapevo. Sapevo che i miei ragazzi ce l’avrebbero fatta. Ero così fiera di loro. Forse non l’avrebbero mai saputo, ma avevano cambiato la mia vita e stavano per farlo anche con Hope.
Decisi che quel concerto non sarebbe stato l’ultimo. Decisi che mia sorella aveva bisogno di altre emozioni forti come quella del 28 luglio.
Così la mattina successiva, mentre lei dormiva, mi collegai al forum ufficiale della band e mi misi a cercare notizie su un loro possibile ritorno a Londra. Non trovai niente. Certo, non esistevamo soltanto noi. Anche le fan degli altri paesi li stavano aspettando.
Per cui, se proprio non potevano venire loro da noi… saremmo andate noi da loro.
Controllai dove si sarebbe tenuto il prossimo live. Manchester. Perfetto.
Erano rimasti soltanto quindici biglietti, cinque ‘per terra’ e gli altri dieci in tribuna. Prenotai all’istante due biglietti ‘per terra’. Ci saremmo trovate esattamente sotto al palco. Ne ero decisamente elettrizzata!
Così tanto che dimenticai di dover prima chiedere il permesso a Jill.
Lasciai Hope dormire e mi diressi in cucina. Mia madre era intenta nelle pulizie di casa, alla radio il mio cd dei One Direction.
‘Buongiorno!’ salutai con un sorriso.
Oh, buongiorno Cloe’. Ricambiò lei. Finii la colazione molto velocemente, mi limitai a bere un bicchiere di latte, perché non vedevo l’ora di dire a Jill la mia idea.
Non sapevo se l’avrebbe presa bene, anzi, ero terrorizzata dall’idea che non ci lasciasse andare.
Ji.. ehm, mamma’ dissi per addolcirla.
Si?’
Ecco, vedi… Ho appena visto che c’è un altro concerto dei One Direction e… vorrei portarci Hope…’ dissi lentamente, cercando di pesare bene le parole. Jill si fermò e mi fissò con aria accigliata.
Tu che porti ad un concerto Hope? Non c’è bisogno che cerchi una scusa tesoro, lo capisco che ti è piaciuto ieri sera e vuoi riandarci…’ mi disse ridendo. ‘Non c’è problema’.
A sentire quelle parole il mio volto si illuminò.
‘Quindi possiamo andare?’ ero eccitatissima.
‘Ma certo!’ accordò Jill. Le andai a dare un abbraccio e l’avvertii che avevo già prenotato i biglietti. Adesso veniva la parte complicata.
‘Però..’ Cominciai a dire. Poi presi un lungo respiro e parlai più velocemente che potevo. ‘Però il concerto è a Manchester’. Forse troppo velocemente. Jill mi fissò con aria interrogativa.
‘Eh?’ chiese. Chiusi gli occhi e sperai con tutta me stessa che non cambiasse idea.
‘Il concerto. E’ a Manchester’. Ripetei più lentamente. L’espressione di Jill cambiò. Era diventata preoccupata.
‘Vuoi davvero andare fino a Manchester, Cloe?’. La guardai negli occhi e annuii.
‘Scusa se ti causo problemi, Jill, ma c’è una cosa che devo fare’.
‘Che tipo di cosa?’.
‘Non posso dirtelo. Capirai dopo’. La donna ci pensò un po’ su. Rimase in silenzio per qualche minuto, io la fissavo piena di speranza. Alla fine sospirò.
‘Dovrete prenotare un albergo, immagino…’. Lanciai un grido di eccitazione e di nuovo la andai ad abbracciare forte.
‘Grazia mamma, grazie di nuovo. Significa tanto per me. Grazie!’ la riempii di baci, poi scappai sopra in camera mia.
‘HOPE! SVEGLIATI!’ gridai. Lei si rigirò nel letto e mise il cuscino sopra la testa per placare il suono della mia voce. Non mi arresi.
Le saltai addosso e le tolsi il cuscino dalle mani. Lei mormorava qualcosa che non riuscii a capire e teneva gli occhi ancora chiusi.
‘Jill ha acconsentito a farci andare ad un altro concerto dei One Direction!’ gridai.
‘Mmh.. mi fa piacere. Ora lasciami dormire’. Disse lei con tono assonnato. Mi accontentai di quella risposta. Non mi aspettavo che saltasse dal letto e cominciasse a gridare, per cui la lasciai riposare e me andai con un sorriso stampato in faccia.
Quel pomeriggio io e Jill ci mettemmo a cercare un hotel nelle vicinanze di Apollo Manchester, dove si sarebbe tenuto il concerto. Prenotammo al migliore hotel della zona, il Macdonald Manchester Hotel.
Una camera doppia da 141 euro, per tre giorni.
Ero emozionatissima.
Al contrario, Hope gironzolava per casa tranquilla come se fosse una cosa da niente e ogni tanto veniva a dare una sbirciatina facendo qualche commento su quanto fossi stupida io a voler andare ad un altro concerto a cui ero stata la sera prima e a quanto fosse doppiamente stupida Jill a prenotare in uno degli hotel più costosi della regione.
Non le prestammo granchè attenzione, io ero troppo gasata all’idea di dove andare a Manchester per tre giorni, alloggiare in un fantastico hotel e assistere al secondo concerto dei One Direction, per di più ad una vicinanza incredibile.
Jill mi accompagnava, sembrava una ragazzina che strepitava per il proprio idolo. Esattamente come me.
‘Che poi, visto che vi trovate a Manchester, potete approfittare per visitare un po’ la città’. Propose.
‘Sicuramente!’
‘Scordatelo’.

Rispondemmo insieme io e Hope. Ci fissammo in cagnesco.
‘Che palle. Le visite guidate le faccio con la scuola!’ si difese subito lei.
‘Ma non è mica una visita guidata, idiota! Andremo solo un po’ in giro per la città, visiteremo i negozi, compreremo qualcosa… come delle turiste!’ ero decisamente troppo elettrizzata all’idea. Ne risi.
Hope, invece, lanciò uno sguardo al cielo e andò a prendere posto sul divano davanti al televisore, facendo zapping col telecomando finché non trovò un programma che la interessasse.
Tornai ad occuparmi del ‘viaggio’. Con mio grande sollievo notai che la stazione Manchester Piccadilly distava poco dall’hotel in cui avremmo alloggiato. Prenotai subito due biglietti.

Non avrei mai immaginato che il mio sogno si realizzasse due volte nel giro di pochi mesi. Avevo passato giornate intere a piangere, notti insonni alla ricerca di notizie su un possibile rientro dei One Direction nel Regno Unito, ma sembrava che per loro esistessero soltanto gli USA. Adesso, invece, erano tornati nel loro paese di origine e, come promesso a me stessa, non mi ero lasciata sfuggire quell’occasione.
L’avrei sfruttata nel migliore dei modi. E lo stavo facendo.

Io non ho mai smesso di inseguire il mio sogno, Hope. Lo sto facendo tuttora. Spero che tu, ovunque sia, sia fiera di me.
E tu, invece? Dove sei adesso? Cosa ne hai fatto, della tua vita? Sei felice? Lo spero con tutta l’anima, credimi.









Ciaaaao gente, come va? :) 
Sono in crisi, cerco in tutti i modi di rendere i capitoli più lunghi possibili ma evidentemente questa è la lunghezza massima che riesco a raggiungere çç 
Allora, come vi sembra? Spero che vi piaccia, e spero che lasciate una recensione per farmelo sapere! :D
Grazie a chiunqua legga, in silenzio e non. 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 - Hope ***


Il tempo sembrava volare. Io ero sempre più tesa, ma cercavo di non darlo troppo a vedere. Era come se…mi vergognassi quasi di essere tanto emozionata.
Il giorno prima di partire, inviai un messaggio ad Alex.
“Domani andremo a Manchester per il concerto. Perché cazzo la cosa mi sta eccitando?”.
Rispose dopo pochi secondi.
“Strano. Vuol dire che sei un essere umano. Eppure ero fermamente convinto del contrario”.
“Coglione”.
“A che ora partite?”.
“Alle 9 siamo in treno”.
“Va bene”.
 Cloe rischiava un infarto ogni volta che ci pensava, e ogni volta che pensava a quanto saremmo state vicine al palco.
La sua valigia era strapiena di roba che le sarebbe bastata per minimo due settimane, compresi i cambi tra pomeriggio e sera.
Io mi ero limitata a due pantaloncini, due jeans e quattro t-shirt.
Il 14 agosto mattina, Jill ci accompagnò alla stazione. Ci lasciò sul treno dopo averci riempito di raccomandazioni.
Posizionammo le valigie e ci accomodammo nella nostra cabina. Saremmo arrivate nel giro di tre o quattro ore.
Io morivo dal sonno, così appoggiai la testa allo schienale e chiusi gli occhi, mentre Cloe fissava fuori dal finestrino con le cuffie alle orecchie.
Ero con un piede nel sogno e uno nella realtà quando la vibrazione del cellulare mi fece sussultare.
Lo presi e lessi il messaggio.
Fa attenzione, e non cacciarti nei guai”. Un sorriso spontaneo apparì sul mio volto. Era Alex che, come al solito, si preoccupava per me.
Agli ordini, papà!”.
Chiusi gli occhi che ancora sorridevo e mi lasciai cullare dal sussultare dei binari sulle rotaie del treno. Così mi addormentai.
 
Hope. Hope, svegliati. Siamo arrivate”. Cloe mi scuoteva delicatamente per farmi svegliare. Ancora assonnata e col collo indolenzito mi alzai e presi la mia valigia.
Scendemmo dal treno e ci ritrovammo alla Manchester Piccadilly.  La stazione affacciava su una strada trafficata da auto piccole e colorate. Un grande autobus bianco stava facendo salire i passeggeri.
Chiamammo un taxi che si fermò pochi minuti dopo e ci facemmo accompagnare al Macdonald Machester Hotel, che distava un centinaio di metri dalla stazione.
L’hotel era enorme. Le pareti erano tutte in vetro, una grande scritta in blu dava il benvenuto ai nuovi arrivati.
Ci dirigemmo verso la reception, indicata con un’arcata in azzurro. Superammo le porte scorrevoli e arrivammo al bancone, dove una donna alta e bionda era intenta a sistemare una coppia di sposati.
Finito con loro, fu il nostro turno. Non appena ci vide, ci fissò con aria preoccupata.
Ragazze, cosa ci fate qui?”. Chiese. La guardai accigliata.
Ehm.. abbiamo prenotato una stanza”. Si aspettava una risposta diversa forse, perché tirò un sospiro di sollievo.
Oh, scusatemi. Nome?”.
Feci spallucce, pensando che forse il troppo lavoro le aveva un po’ dato alla testa.
 “Foster”. Risposi. Volevo fare in fretta, volevo andare in camera e rilassarmi per un po’.
Controllò sul computer che aveva alla sua destra, scrutò una lista di nomi, poi trovò il nostro.
Eccovi. Stanza 757. Sesto piano”.
Ci consegnò le chiavi con un sorriso e ci augurò buona permanenza.
Prendemmo l’ascensore e premetti il numero sei.
Arrivate, un fattorino ci accompagnò nella nostra stanza, scortando i nostri bagagli.
Ci informò sui servizi dell’albergo prima di lasciarci sole.
Infilai le chiavi nella serratura ed aprii.
La camera era grande, calda e accogliente. Predominavano il beige, colore delle pareti, e il rosso, del copriletto e dei divani. Di fronte a noi c’era un armadio in legno scuro, con tre ante ricoperte da tre specchi. Accanto, il letto matrimoniale sembrava essere morbido e comodo. Cloe ci si buttò sopra per verificare e a quanto pareva dalla sua espressione beata dovevo aver ragione. Ai lati del letto, c’erano due comodini con una lampada in vetro. Andai a vedere il bagno. Sulla destra, due lavandini e un enorme specchio comune. A sinistra, una grande vasca ovale, con idromassaggio e tutto il resto. il soggiorno era altrettanto ben arredata tutto in legno scuro, con televisore a schermo piatto, 42 pollici credo, un comodo divano in pelle rossa e un morbido tappeto beige.
La bellezza della stanza compensava se non altro la vista. L’hotel infatti, affacciava sulla strada e non c’era niente di bello in questo.  
Se proprio avremmo dovuto affittare una stanza, tanto valeva prenderla, tipo, in un hotel sulla spiaggia. Come Hightown o Crosby.  
Ma no, doveva essere a Manchester, doveva essere vicino al concerto.
Sospirai e tornai in camera da letto. Mi coricai accanto a Cloe e mi rilassai per un po’.
Sono eccitatissima”. Disse Cloe.
Me ne sono accorta”. Le risposi.
Poi si alzò e si mise a sistemare i vestiti negli armadi, canticchiando una delle canzoni che avrei scommesso fosse dei One Direction.
Cloe, dobbiamo restare solo tre giorni”. Le ricordai.
E allora? Dev’essere tutto sistemato”. Diceva. Aveva la mania dell’ordine, al contrario mio che ero la più disordinata in casa e, forse, in tutta la nazione.
Guardai l’orologio, erano le due passate.
“Io vado a farmi un bagno”.
Mi spogliai velocemente gettando i vestiti per terra, aprii l’acqua tiepida ed entrai nella vasca, aspettando che si riempisse tutta.
Attivai l’idromassaggio e mi rilassai completamente. Rimasi così per circa venti minuti, poi arrivò Cloe che, con un sorriso smagliante, si spogliò anche lei e si tuffò in acqua quasi fosse in piscina.
Ma che fai?”. Le dissi scocciata. Mi aveva schizzata tutta.
Sono troppo eccitata, Hope!” ripetè enfatica. “Non vedo l’ora che arrivi domani. Sono sicura che ti sentirai ancora meglio dell’ultima volta!”. Si mise una bollicina di sapone tra le mani e con un soffio la fece volare nell’aria. Osservai la bollicina muoversi leggiadra e quando fu abbastanza vicina, la toccai delicatamente con un dito. Scoppio, e io sorrisi.
Era eccitata più per me che per loro. Le rivolsi quel sorriso tanto innocente e lei ricambiò allo stesso modo.
 
Quel pomeriggio, Cloe mi convinse ad andare in giro per la città. Visitammo un casino di negozi diversi, Cloe era intenzionata a comprare qualcosa, così le facevo provare i vestiti più assurdi, scoppiando a ridere quando la vedevo uscire dal camerino.
Alla fine riuscì ad acquistare un vestitino molto carino.
Ci divertimmo, e il tempo volò. Si fecero le otto e ci affrettammo a tornare in albergo per la cena, che si sarebbe tenuta alle otto e mezza.
Anche il cibo era ottimo.
Mentre tornavamo in stanza, un fattorino molto particolare catturò la mia attenzione in ascensore.  
Era molto impaziente, picchiettava col piede sul pavimento sperando che l’ascensore facesse in fretta. Aveva un carrellino con la cena da portare in qualche camera. Stanza 955, c’era scritto.
Arrivammo al nostro piano e quando le porte si aprirono, presi per mano Cloe e uscii velocemente. Mi preoccupava quel tipo.
Rientrammo in stanza e cominciammo a cercare qualcosa per tenerci occupate. Io guardavo la tv, Cloe era al computer.
Passò così l’intera serata, poi intorno a mezzanotte andammo a fare una doccia e ci mettemmo a letto, sfinite.
Mi addormentai all’istante, ero stanchissima, avevo seguito Cloe per mezza Manchester.
 
Fui svegliata da degli strani rumori. Risate, urla, strattonamenti. Qualcosa che urtava le pareti. Tenevo gli occhi chiusi, infastidita, cercando di riprendere sonno. Un colpo sordo colpì la porta della mia stanza e a quel punto spalancai gli occhi. Controllai la sveglia sul mio comodino, erano le 4 del mattino. Cloe, accanto a me, dormiva beata. Non l’avrebbero svegliata nemmeno le cannonate.
Dal corridoio sentii alzarsi un vociferio.
Shhh! Sveglierete qualcuno!” sussurrò qualcuno.
Mi alzai e mi diressi a passo svelto alla porta. In quel posto non esisteva la buona educazione?
Spalancai la porta, decisa a prendere a calci in culo chiunque fosse così immaturo da fare tanto rumore in un hotel alle quattro del mattino.
Quelle erano le mie intenzioni, ma non riuscii a concretizzarle.
Con la mano ancora sulla maniglia della porta, rimasi come paralizzata, mentre un leggero tremolio invase il mio corpo, dalle gambe che sembrano voler cedere, alla testa che mi girava forte. Avevo gli occhi spalancati, così come quelli delle persone di fronte  a me, immobili nella posizione in cui le avevo ‘beccate’.
Sembravano sconvolte tanto quanto me, solo che i motivi erano parecchio differenti.
 
Quella notte, Cloe, fu la notte che cambiò per sempre le sorti del nostro destino. In quel momento avrei voluto correre verso il letto e svegliarti, l’avrei voluto davvero tanto, ma non riuscivo a muovermi, non riuscivo a fare un passo, né a dire una parola.
Mi chiedo cosa sarebbe successo se non avessi avuto istinti omicida verso coloro che mi avevano svegliato, quella notte. Mi chiedo dove saremmo adesso. 










Zan, zan, zan! Qualcuno immagina chi possa essere? :O
Questa volta, finalmente, il capitolo mi è venuto più lungo! ahah 
Grazie a chiunque stia leggendo, e sarei contenta se magari lasciaste una recensione :) 

Voglio inoltre ringraziare Girlycard sia per avermi ringraziata nella sua fanfiction, sia per avermi invogliato a scrivere. :) 

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 - Hope ***


Nell’arco di pochi minuti accaddero diverse cose una più insensata dell’altra.
Uno di loro cominciò a ridere.
Bravi coglioni”. Disse tra un sussulto e l’altro. Poi appoggiò la testa sulla spalla dell’amico e avvolse le sue braccia attorno a lui, con gli occhi chiusi e un’espressione beata.
Scollati, idiota”. gli intimò l’altro scrollandoselo da dosso, tenendo costantemente lo sguardo fisso su di me, con aria molto seria. Sembrava stesse scrutando ogni mio piccolo dettaglio, come se avesse l’impressione di avermi già vista da qualche parte ma non ricordava dove.
Io ero ferma nella stessa posizione da minuti ormai.
Non riuscivo a crederci. Non potevamo essere nello stesso hotel. Era totalmente assurdo.
Il biondino eseguiva strani passi di danza su un ritmo inesistente, posizionando le labbra a papera e gli occhi arricciati.
Devo fare pipì. Mi sto pisciando addosso”. Mormorò un altro, il ragazzo scuro di pelle, saltellando sulle gambe e ponendo le mani sulla vescica.
L’ultimo dei cinque mi fissava con aria preoccupata, rimuginando su una spiegazione plausibile allo spettacolo che stavano inscenando.
Era palese: erano totalmente e schifosamente ubriachi.
In una situazione normale, sarei scoppiata a ridere e forse li avrei presi per il culo. Ma quella non era una situazione normale. Non lo era per niente.
Scossi la testa cercando di mantenere la calma, riflettendo su tutti i principi su cui mi ero sempre basata durante il corso della mia vita.
Sono esseri umani, sono adolescenti, sono pure ubriachi. Niente di più comune.
Abbassai velocemente lo sguardo per osservarmi. Avevo una coulotte rosa, una canotta bianca ed ero scalza. I capelli castano chiaro mi cadevano lungo le braccia, solleticandomi.
Mi vergognai così tanto che cercai di nascondermi dietro la porta.
Poco dopo mi ripresi e il mio cervello cominciò a connettere qualcosa di razionale.
Liam stava per parlare, ma fu interrotto dal mio tono di voce infastidito.
Io stavo cercando di dormire”. Dissi cercando di essere dura.
Se non ve ne siete accorti sono le quattro del mattino e siamo in un albergo. Dovreste fare più attenzione”.
Il ragazzo di fronte a me annuì e inarcò le sopracciglia.
Sì, lo so. Scusaci. Non faremo più nessun rumore”. Mi rassicurò dispiaciuto.
Esattamente due secondi dopo questa affermazione, il riccio sbattè la testa contro il muro, emettendo un colpo secco.
Liam si voltò verso di lui e lo incenerì con lo sguardo.
Ahia! Cazzo”. Esclamò massaggiandosi il punto in cui aveva sbattuto.
Poi rise fragorosamente insieme a Niall e Zayn, finchè il suo sguardo perso si fermò su di me, fissò i miei occhi, fino a scendere su tutto il mio corpo. Mi squadrò dalla testa ai piedi e io mi nascosi ancora di piu dietro la porta della mia stanza.
Avvampai, sentivo le guance ardere. Ero sicuramente arrossita.
Harry si incamminò verso di me ed ogni suo passo era un battito di cuore mancato.
Mi irrigidii, guardandolo arrivare. Quando fu abbastanza vicino, mise un dito sotto il mio mento facendomi sollevare il capo.
Fissò i suoi occhi verdi nei miei, quasi fossero incastonati. Era una trappola, voleva persuadermi. Volevo scappare, ma non riuscivo a muovermi.
Ero terribilmente attratta da quello sguardo e il contatto con la sua pelle era come fuoco che ardeva sotto le sue dita.
Posso entrare, piccola? Saremo solo io e te”. Mi sussurrò a pochi centimetri dal mio viso. Il suo alito sapeva di alchool, eppure non mi infastidiva affatto.
Rimasi immobile per qualche secondo, incapace di liberarmi dalla sua morsa.
Il ragazzo su cui si era poggiato poco prima, Louis, lo colpì alla nuca.
Ma smettila di fare sempre il coglione”. Lo prese per una spalla e lo fece allontanare da me.
Il mio mento seguì il suo dito sporgendosi in avanti, poi il contatto si annullò e fui libera dal suo sguardo.
Barcollai, mi sentivo rilasciata. Liam mi afferrò per un braccio facendomi rimanere in equilibrio. Sorrise sommessamente.
Tutto apposto?”. Mi chiese. Annuii, rispondendogli con un falso sorriso per tranquillizzarlo.
Indietreggiai fino a rientrare in stanza e tornai ad appoggiare la mano sulla maniglia della porta.
Li fissai per un’ultima volta.
Niall continuava a ballare da solo. Zayn quasi piangeva perché stava per scoppiare. Louis reggeva Harry che non si teneva in piedi. Liam fissava me.
Sì, erano proprio cinque adolescenti. Cinque adolescenti deficienti.
Fareste bene a riposarvi. Domani avete un concerto”. Dissi mentre chiudevo lentamente la porta. Da uno spiraglio riuscii a vedere Liam che sogghignava.
Poi la sua mano bloccò la porta.
A proposito… ti dispiacerebbe… beh, ecco…” provò a dire.
Non dirò a nessuno che siete qui. Ma se siete così in incognito provate ad essere un po’ più intelligenti”.  
Mi chiusi la porta alle spalle e mi ci appoggiai contro. Lentamente scivolai con la schiena lungo la superficie in legno fino a sedermi sulla moquet.
Non riuscivo ancora a credere a quanto era accaduto poco prima.
Possibile che fossimo nello stesso hotel? Possibile che avessimo avuto un dialogo? Possibile che Harry Styles ci avesse provato con me? Possibile che… oh cazzo.
I One Direction erano nel nostro hotel, erano appena stati davanti alla nostra camera, e Cloe non sapeva niente.
Mi sentii terribilmente in colpa per essere stata io ad aprire la porta e non lei.
In fondo lei lo meritava molto più di me. Lei ci sperava, molto più di me.
Ma cos’avrei dovuto fare?
“Ragazzi, un attimo, vado a svegliare la mia amica che vorrebbe vedervi”, forse? Sarei stata ridicola.
Eravamo nello stesso albergo, li avremmo pur visti una seconda volta, no?
Cercai di autoconvincermi anche se non ne ero per niente convinta e mi infilai sotto le lenzuola. Le avrei spiegato tutto quella mattina. Se lo avessi fatto in quel momento, non avrebbe preso più sonno.
Un po’ come me, che avevo lo sguardo perso nel vuoto e ripercorrevo continuamente quegli interminabili minuti, riflettendoci sopra.
Ora era tutto più chiaro.
La ragazza alla reception temeva fossimo fan sfegatate che avevano scoperto dove alloggiavano i ragazzi.
Il fattorino portava loro la cena in camera facendo attenzione a non destare sospetti.
Tornava tutto.
Mi persi in quei pensieri ingarbugliati per parecchio tempo e, non so dopo quanto, probabilmente poco prima dell’alba, chiusi gli occhi e mi addormentai.
 
La mattina seguente Cloe mi lasciò dormire fino alle undici e mezza. Quando aprii gli occhi la vidi intenta a provarsi diversi completi, tutti sistemati sulla scrivania in ordine di colore.
Appena si accorse che ero sveglia, si voltò verso di me e notai la sua espressione esausta.
Sbuffò e si lasciò cadere sul letto accanto a me, divaricando braccia e gambe.
Non so che diavolo mettere stasera”. Disse.
Così stai bene”. Le risposi mentre mi strofinavo gli occhi e mi mettevo a sedere.
Scherzi? Sembro un pinguino”. Si alzò e tornò a guardarsi allo specchio, fissandosi in diverse angolature.
Poi si spogliò e andò a cercare tra le combinazioni un’altra che le piacesse.
Ah”. Si fermò per un attimo. “Ti ho preso un cornetto. E’ in salotto”.
Sorrisi, stavo proprio pensando che avevo una fame da lupi. Mi diressi nella stanza accanto e presi il mio cornetto al cioccolato che Cloe mi aveva sistemato sul tavolo accanto ad un bicchiere di latte.
Finito il cornetto, presi il bicchiere e mi diressi verso Cloe, che era ancora indaffarata coi vestiti.
Mi appoggiai al muro mentre sorseggiavo il mio latte tiepido e la osservavo provarsi un jeans chiaro e una shirt larga bianca.
Si stava infilando le Converse blu quando iniziai a parlare.
Cloe, devo dirti una cosa”.
Lei mi fece cenno di continuare mentre allacciava le scarpe.
Bevvi un altro sorso di latte.
I One Diretion alloggiano in questo hotel”.
Cloe si voltò verso di me, stupita. Poi alzò lo sguardo al cielo e tornò ai suoi lacci.
Sì, divertente. Ti aspettavi che cominciassi ad urlare?”. Mi disse ridendo.
Posai il bicchiere sulla scrivania e mi sedetti accanto a lei.
Tornò a guardarmi.
Non sto scherzando. Ieri sera hanno fatto un casino in corridoio e mi sono affacciata per vedere cosa stesse succedendo e… me li sono ritrovata davanti”. Non staccavo gli occhi dai suoi, cercando di farle capire che ero seria.
Lei era incredula.
Le spiegai le mie teorie sulla donna alla reception e sul fattorino.
Le spiegai cos’era accaduto quella mattina.
Quando arrivai a raccontare di Harry, le si inumidirono gli occhi.
Respirava affannosamente, ripercorrendo insieme a me la scena.
Se stai scherzando smettila”. Mi disse tremando quasi.
Cloe”. Dissi soltanto guardandola negli occhi, facendole capire che mi rendevo conto che per lei quelle non erano cose su cui scherzare.
Lei capì e saltò in piedi, sventolando le mani e correndo avanti indietro per il breve corridoio che separava bagno, camera da letto e salotto.
Cazzo. O cazzo. O merda. O cazzo. Non ci credo. Loro sono in questo hotel. I One Direction sono in questo hotel. O merda”. Ripeteva in continuazione più agitata che mai.
Poi si fermò, appoggiò entrambi le mani sul copriletto e avvicinò il suo viso al mio.
PERCHè CAZZO NON MI HAI SVEGLIATA?!” mi urlò.
Poi riprese a fare avanti e indietro.
Scusa, non sapevo come farlo”. Cercai di spiegarle.
Si, ok, avrai pure ragione, ma perché cazzo non hai fatto entrare Harry?!”.
Sospirai e guardai verso l’alto per poi tornare a fissarla accigliata.
Ma ti pare che lo facevo entrare? Ma chi lo conosce. E poi entrare per fare cosa? Era ubriaco fradicio. Tra l’altro è un grande buffone, pensava di abbindolarmi con una carezza e uno sguardo provocante. Pf. Ma chi si crede di essere?”. Pensai ad alta voce, scocciata.
Cloe scoppiò a ridere dal bagno e venne a sedersi sul letto tenendosi la pancia con le mani.
Ma stai zitta che scommetto non hai detto una parola e stavi pure per spostarti per farlo entrare”.
Scoppiai a ridere anch’io.
Ma non è assolutamente vero!”.
Finito di ridere, Cloe si distese sul letto e tirò un lungo sospiro.
La imitai.
Guardava il soffitto con le mani giunte dietro la testa, a farle da cuscino.
Hope. Non è strano, tutto questo? Prima un concerto, poi un altro. Capitiamo nello stesso hotel, te che ti sei svegliata e il tuo carattere che ti ha portato ad aprire la porta…
Dove vuoi arrivare?” tagliai corto.
Secondo me c’entra qualcosa il destino, Hope”.
Risi piano.
Il destino?”.
Si. Sto cominciando a crederci. Lo stesso che ci ha fatte ritrovare sotto lo stesso tetto”.
Tolse lo sguardo dal bianco del soffitto e si voltò verso di me.
La guardai anche io.
Io e Cloe siamo sicuramente diverse, in tutto. Sia caratterialmente che fisicamente.
Lei è bionda, riccia, occhi verdi e carnagione chiara. Io sono l’esatto contrario.
Ho lunghi capelli lisci, castano chiaro, che mi arrivavano fino a sotto al seno. Occhi di un azzurro chiarissimo che si scurisce man mano che si allontana dalla pupilla e pelle olivastra.
In quel momento però, vedevo riflessa nei suoi occhi la mia stessa felicità.
Si, ero veramente felice, dopo tanto tempo, lo ero di nuovo.
Ero felice perché sentivo che non mi mancava niente.
Avevo Cloe, avevo Jill, avevo Alex e avevo un infinita gamma di emozioni che stavano per scuotere la mia vita.
 
 
Eh, si, il destino… All’epoca ero felice per tutto questo. Oggi, non ho più né te, né Jill, né Alex, e mi porto addosso il peso di tutte quelle emozioni. Posso dire di essere felice lo stesso?
 
 
 
 
 
 
 
 
Ce l’ho fatta, è lunghissimo! Sono fiera di me *_* Grazie ancora a chiunque stia seguendo la fanfiction, a chi legge in silenzio, a chi recensisce e a chi mi sprona a scrivere. 

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 - Hope ***


VOGLIO FARE UNA PREMESSA.
Non sono mai stata a nessun tipo di concerto perciò non so le cose come funzionino.
Anzi, sono sicura che ho scritto una valanga di stronzate.
Però, è una fanfiction, è la mia, quindi chissenefrega? LOL.
Ps. Anticipo che ho riportato alcune scene reali che mi sono particolarmente piaciute, perché mi hanno fatto ridere o mi hanno emozionato.

 
 
 
 
 
 
 
Da quando avevo detto a Cloe che i ragazzi erano nel nostro hotel, si aggirava furtiva per i corridoio cercando di intravederli da qualche parte, oppure, apparentemente senza un valido motivo, saliva al piano di sopra per controllare la presunta stanza 955 da cui, puntualmente, non trapelava il suono di alcuna voce familiare né si intravedeva alcun sorriso ammaliante.
Sia io che Cloe eravamo esageratamente agitate.
..Ok, forse ‘esageratamente’ apparteneva a lei. Io ero solo diversamente tranquilla, tutto qua.
Indossai comodi jeans scuri con una t-shirt rossa e le mie adorate converse basse rosse.
Cloe optò per un look altrettanto semplice: pantaloncini bianchi, canotta azzurra e, ai piedi, le sue vans bianche.
Uscimmo dall’albergo, con mia insistente ma invana protesta, intorno alle due –Cloe voleva essere sicura di conservare i posti migliori- e chiamammo un taxi che ci portò fino all’Apollo Manchester.
La struttura era situata al centro tra due incroci, di fronte ad un agglomerato di casette tutte in bordeaux. Aveva una forma ovale, interamente bianco e si innalzava maestoso sopra di noi.
Una grossa insegna in rosso segnava l’ingresso. “Apollo Theatre”, riportava.
Quando entrammo nell’edifico, una strana sensazione mi invase. Un misto di ansia e tensione, quasi fossi tornata a quel 28 luglio.
Scrollai le spalle come per rimuovere quei pensieri e consegnai il biglietto al grosso bodyguard all’ingresso. Lui prese il mio, poi quello di Cloe, e ci fece cenno di entrare. Percorremmo il breve corridoio che immetteva nella sala in cui si sarebbe tenuto il concerto. Essendo decisamente presto, la band era impegnata col soundcheck. L'impatto alla loro vista era tutte le volte come la prima volta: travolgente, sconvolgente, eccitante. Sentivo una forte scarica di adrenalina scorrermi lungo le vene mentre mi dirigevo verso il palco. Poco prima che questo si innalzasse sulla platea, lunghe transenne e quattro agenti dividevano i due mondi.
Gruppetti di ragazzine strillanti erano già sparsi sotto il palco e Cloe aumentò il passo per non rischiare di finire in seconda fila. Riuscimmo ad acciuffare alcuni posti sul lato sinistro del palco.
I ragazzi stavano verificando che tutte le apparecchiature funzionassero bene e lì per lì non prestarono molta attenzione alle fan. Sembravano preoccupati. 
"E’ questa quella che non funziona!" gridò Liam al tecnico del suono, indicando la cassa posizionata leggermente alla nostra sinistra. 
Il ragazzo si avvicinò ad essa e le diede due colpetti sul fianco, come se sarebbero potuti servire a qualcosa. Infine, esausto, ci si sedette sopra e rivolse un caloroso sorriso alle ragazze, che ricambiarono con urla e strepitii. Percorse con lo sguardo l'intera sfilza di ragazze e quando mi oltrepassò torno a guardarmi per una frazione di secondo, per poi proseguire alle altre accanto. Sollevò un palmo e lo sventolò alto.
"Ciao a tutte!" gridò. 
Sorrise di nuovo alla nostra piccola platea, che ricambiò il saluto gridando, poi si alzò e si avvicinò ad Harry. I ragazzi, nel frattempo, stavano testando i loro microfoni. Liam sussurrò qualcosa nell'orecchio del riccio che, serio, scrutava il pubblico alla ricerca di qualcosa, o di qualcuno.
Si soffermò sul lato sinistro, dove c'eravamo pure io e Cloe. Mi inquadrò e mi fissò dritto negli occhi, annuendo a Liam che gli chiese conferma di qualcosa.
Mantenne il contatto col mio sguardo per 11 interminabili secondi. Secondi in cui posso affermare di aver temporaneamente smesso di vivere, dal momento che tutte le funzioni del mio organismo si incepparono come se fossero state manomesse.
Sentivo la mano di Cloe picchiettare forte sulla mia e la sua voce che cercava di trattenersi in un grido sordo.
Infine il ragazzo si voltò e si diresse verso uno degli agenti ai piedi del palco.
La scena si ripetè; Harry sussurrò qualcosa nell'orecchio dell'uomo e lui mi fissava serio. 
La cosa cominciava a infastidirmi. Non volevo credere che c'entrassi qualcosa, ma non potevano guardare altrove mentre si confidavano segreti e rivelazioni varie?
Distolsi lo sguardo infastidito dai due e prestai la mia attenzione al resto della band sul palco, che non appena ricevettero i loro microfoni funzionanti salutarono il pubblico che man a mano cominciava a farsi sempre più numeroso. Zayn e Niall erano visibilmente stanchi, probabilmente i postumi della sbornia, il che li rendeva incredibilmente teneri.
Liam era immensamente caloroso, ogni volta che poteva rivolgeva un saluto o un sorriso alla platea.
Louis se ne andava in giro per il palco con un cappello da cowboy, lanciando talvolta grida da far west che facevano impazzire le fans.
Harry si unì pochi minuti dopo al resto del gruppo con un sorriso mozzafiato.
Partirono con le prove che si prolungarono fino alle 6. Ebbero diversi problemi tecnici, che fortunatamente risolsero prima che lo spettacolo iniziasse.
In quel frattempo, potei osservare meglio i ragazzi come persone e non come cantanti.
Notai che a loro non importava se avessero dovuto cantare per il presidente degli Stati Uniti o per la regina d’Inghilterra, non importava quanto fossero tesi per le milioni di persone che erano lì per vederli, loro si divertivano, e quella era la cosa principale.
Era bello, perché noi, là sotto, vedevamo i ragazzi prendersi in giro, ridere e scherzare con il batterista, o il chitarrista, li vedevamo inciampare e cadere, li vedevamo litigare per poi far pace con una pacca sulla spalla o un abbraccio amichevole.
Era bello perché si riusciva a percepire il profondo legame che univa quei cinque ragazzi, ed era così forte da non poter essere spezzato facilmente.
A distanza di quattro ore, io ero stanca morta e imprecai contro Cloe che mi aveva costretta ad andare lì così in anticipo, ma lei sembrava che la cosa non le pesasse, continuava a saltellare e gridare ai ragazzi.
La sala si era spaventosamente riempita e loro ci salutarono con un ‘ci vediamo dopo!’, lasciandoci in attesa che il concerto iniziasse.
Attendemmo un’altra ora e mezza, durante la quale tutti gli spettatori occuparono i loro posti e la tensione cominciò a crescere gradualmente, così come le urla delle fan, fino a che, quando spensero definitivamente le luci, un boato in sala e dentro al mio stomaco.
Avevo già vissuto tutto quello spettacolo, ma quella volta era diverso. Io ero diversa.
Io e Cloe ci tenevamo per mano e quando partì il filmato ci guardammo e sorridemmo.
Occhio di bue. Eccoli uscire, solari, allegri, come solo loro sapevano essere.
Cloe diede un urlo. L’accompagnai.
Lei mi fissò e le rivolsi un sorriso che lei ricambiò con un abbraccio e gridammo ancora più forte, insieme.
Mi sentivo assurdamente stupida, ma non aveva importanza.
Stavo bene, come non lo ero da tempo, e non volevo rovinare quel momento per essere troppo razionale, troppo matura.
Quella sera volevo essere la bambina con un sogno che non ero mai stata.
Volevo avere qualcosa in cui sperare, come ad esempio che Harry mi rivolgesse un altro dei suoi sguardi ipnotizzanti.
Si, tutto sommato era una trappola in cui mi piaceva cadere, non potevo negarlo.
Intonai le parole dell’unica canzone che conoscevo, il loro primo singolo, e potrei giurare che per una frazione di secondo, durante il suo assolo, il riccio abbia spostato lo sguardo su di me per poi tornare dritto di fronte a se e sorridere sotto i baffi, prima che Liam e Zayn gli si avvicinassero e con uno strappo secco le sbottonarono la camicia bianca, lasciando intravedere il suo addome delineato.
Si chinò come per nascondersi, cercando di continuare a cantare senza farsi prendere dalla risata che scoppiò sulle sue labbra appena concluse la sua parte.
Per tutta risposta, due singoli dopo, Harry sussurrò qualcosa a Louis, che rise e annuì. Si posizionarono uno accanto a Liam, l’altro a Zayn e appena presero a cantare, entrambi diedero loro uno schiaffo tra le gambe dei ragazzi, che si piegarono all’istante in due, intonando la canzone tra una risata e l’altra.
Scoppiai a ridere e scossi la testa, quasi a dire ‘sono sempre i soliti’.
Me ne stupii quasi, dal momento che era la prima volta che li vedevo così.
Partì la canzone successiva, una che non era presente nell’ultimo concerto, ma che avevo già sentito, in qualche spot pubblicitario, tipo.
Odio questa parte”. Affermò Cloe.
La fissai, incredula di quanto avevo appena sentito.
Come? Perché?”. Era strano, di solito amava qualsiasi cosa li riguardasse.
Vedi Niall? Durante ‘Torn’ suona soltanto, non ha il microfono. Non canta. La cosa mi infastidisce un casino”. Disse seria.
Osservai il ragazzo alla chitarra. Si stava posizionando a sinistra, di fronte a noi, tenendo una leggera distanza dal resto del gruppo che cantava al centro del palco.
Partì la base. Partirono a cantare. E lui partì a suonare.
NIALL VOGLIO ASCOLTARE LA TUA VOCE!” gridò improvvisamente Cloe accanto a me, con tutto il fiato che aveva in corpo.
L’irlandese aveva uno sguardo quasi deluso mentre maneggiava la sua chitarra, e non appena sentì quelle parole alzò lo sguardo e la fissò, rivolgendole un sommesso sorriso. Un sorriso quasi afflitto.
Inevitabilmente, Cloe finì in lacrime.
Cazzo” imprecò, cercando di respirare profondamente e ricacciarle dentro.
Niall lo notò e chiuse gli occhi per qualche secondo. Poi tornò alla sua chitarra.
Pochi minuti dopo, Louis gli si avvicinò.
Go, Niall”. Riuscii a capire dal suo labbiale mentre, con una mano sulla sua spalla, pose il microfono davanti alle labbra dell’amico che, dopo avergli rivolto un sorriso, intonò il ritornello della canzone continuando a suonare. Il suo volto si era illuminato e i suoi occhi avevano cominciato improvvisamente a brillare, mentre un sorriso sincero riempiva le sue labbra.
Louis annuiva ad ogni sua parola, ad occhi chiusi, come per ascoltare meglio il suo timbro di voce. Conclusa la strofa, tolse il microfono e si rivolse al pubblico, dicendo gestualmente ‘listen at him’ .
Il biondino riprese a suonare in modo diverso, con un espressione più gioiosa che gli dava armonia.
Senza che nemmeno me ne accorgessi, calde lacrime scivolarono lungo le mie guance mentre guardavo i ragazzi.
Louis osservò il pubblico, poi guardò me e mi sorrise teneramente, mentre posavo una mano sulla bocca per cercare di trattenermi. Non ci riuscii, e alterni singhiozzi cominciarono a scuotere il mio respiro che si fece irregolare. Cloe accanto me era nelle stesse condizioni.
Alle nostre spalle la folla continuava a gridare. Mi sentivo estraniata dal mondo. Mi sentivo posta in un angolino, in disparte, sola insieme a Cloe.
Il ragazzo mimò ‘don’t cry, please’.
Decifrate quelle parole, i miei occhi lucidi si fissarono su di lui e smisero di lacrimare, perché erano troppo sconvolti per lasciar trapelare qualche altra emozione, le sopracciglia ancora inarcate.
Mi sorrise di nuovo, poi tornò al centro del palco per riprendere il ritornello insieme agli altri.
Io rimasi immobile, nella stessa posizione, per un paio di minuti.
Poi mi ripresi e mi strofinai il viso con un braccio per asciugare le lacrime.
Fu l’unica volta che piansi, durante il concerto.
Proseguì normalmente per altri 20 minuti, poi finì. Addosso, il sapore amaro di una storia passata e finita.
Era così, era tutto finito.
Due giorni dopo sarei tornata a casa e avrei ripreso la mia vita di sempre.
Nessun altro sguardo, nessun altro sorriso, nessun altra lacrima.
Cos’avrei fatto?
Mi voltai verso Cloe, intenta ad asciugarsi le lacrime.
Conoscevo benissimo la risposta, e mi spaventava più di qualsiasi altra cosa.





AH, UN'ALTRA COSA *^*
Se volete seguirmi, su twitter sono @Whodouthinkiam_ . Mi farebbe piacere seguire chi segue questa storia (?). si, isomma, avete capito èè. Grazie ancora a tutti, in particolare a @Girlycard per il suo sostegno! :)  
Ho avuto un'idea troppo alkfsmf riguardo alla storia *_* Solo che è moooolto più avanti e io non vedo l'ora di arrivare a quel punto ç_ç 
Nel prossimo capitol scriverò tipo *UN ANNO DOPO* LOL ahahahah. 
DITEMI COSA NE PENSATE, PLIIIS T.T 
Ci sono tipo 150 visualizzazioni a capitolo, ma sempre solo un massimo di 5 recensioni. Fatemi contenta, ogni tanto. :°3


Ringrazio anche Sheeran e la Ferguson, anche se non lo sapranno mai. 
"Drunks", "Lego House" e "Teach me how to be loved" sono le canzoni che ascolto mentre scrivo. Mi ispirano. 

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 - Hope ***


Lasciammo il teatro con un leggero sorriso malinconico che riempiva le nostre labbra, chiamammo il taxi e tornammo in albergo. Quando andammo alla reception per riprendere le nostre chiavi, queste ci furono consegnate da un uomo con un viso vagamente familiare. Lo scrutai meglio in viso, prima di ricordarmi che quello era l’agente a cui Harry aveva sussurrato qualcosa all’orecchio.
Scarseggia il personale qui?” sussurrai a Cloe, che fece  spallucce ridendo.
Prima di tornare in camera, Cloe mi costrinse ad accompagnarla nel suo solito controllo della stanza 955.
Sbuffai e premetti il bottone che portava il numero 7. Percorremmo l’intero corridoio e quando ci trovammo nei paraggi della fatidica stanza, Cloe rallentò il passo e prestò orecchio ad ogni minimo rumore.
Niente.
Uffaaaaaaa” piagnucolò facendo dietro-front e tornando all’ascensore.
Sono stata in piedi per sette ore, mi fai solo perdere tempo! Voglio dormire, porca vacca” mi lamentai invece io.
Lei alzò lo sguardo al cielo.
Quanto sei una vecchia”.
La fissai in cagnesco.
Lei scoppiò a ridere.
Arrivate in camera, Cloe andò a farsi una doccia mentre io mi spogliai velocemente e, esausta, mi ficcai dritta dritta sotto le lenzuola.
Chiusi gli occhi e mi rilassai. Non pensavo a niente, non volevo. Volevo solo dormire.
 
Toc, toc. Toc, toc.
Mi rigirai nel letto e misi un cuscino sulla testa.
Toc, toc.
HOPE! VUOI ANDARE AD APRIRE?!” mi urlò Cloe dal bagno.
Toc, toc.
HOPE!”
MA CHI DIAVOLO E’?!” sbraitai infine, lanciando il cuscino in aria e alzandomi nervosamente.
Servizio in camera”. Annunciò una voce dall’altra parte del muro.
Guardai l’orologio. Erano le dieci e mezza passate.
Mi prendi in giro?!” dissi mentre aprivo la porta.
Ciao”. Calda, profonda, rassicurante. Era la sua voce. Era lui, da solo, in piedi di fronte a me, con un sorriso smagliante e uno sguardo da togliere il fiato.
 
Avrebbe smesso mai di farmi rischiare infarti notturni?
Ti diverti a non lasciarmi dormire in pace?” gli dissi infastidita, nonostante a momenti avrei potuto sciogliermi.
Lui rise, aveva una risata meravigliosa.
Scusa. E’ appunto di questo che volevo parlarti… uhm… i ragazzi mi hanno raccontato di ieri e… si, ecco… volevo scusarmi per il mio comportamento. Ero ubriaco da fare schifo. Scusa”. Ripetè, con tono dispiaciuto.
Mi fissava in attesa di una risposta, ma io non riuscivo ad emettere alcun tipo di suono.
Non riuscivo a crederci. Di nuovo.
Harry Styles si stava scusando con me.
‘E allora?’ Disse una vocina nella mia testa, ma la azzittii all’istante.
Andiamo, si era addirittura preoccupato di chiedermi scusa per aver fatto il coglione la sera precedente. Era uno scherzo?
Stavo facendo la figura dell’idiota, senza dire una parola, e decisi di farmi forza e cercare una risposta soddisfacente.
Oh… non fa niente” riuscii soltanto a dire, accigliata
Lui lo notò e mi sorrise. Cazzo non doveva sorridermi. Sarei potuta svenire.
C’è qualcosa che non va?” chiese, curioso.
No è che… è strano. Voglio dire, hai ricordato il numero della stanza e sei qui a scusarti. Beh… è strano, sì”. Non riuscivo a razionalizzare la cosa.
In realtà il numero della stanza non lo ricordavo. Ho chiesto a Steven di venire qui dopo il concerto e spiarti alla reception. Scusa anche per questo”. Disse ridendo.
Collegai all’agente il nome di ‘Steven’ e provai a fare un’espressione offesa, trattenendo un sorriso.
Mi hai fatta spiare?” gli rimproverai.
Si. Spero tu non voglia denunciarmi adesso”.
Devo pensarci…” dissi ridendo.
Rise anche lui e  colsi l’attimo per osservarlo. Era incredibilmente bello, quando rideva.
Gli si formavano delle piccole fossette sulle guance, e la dentatura perfetta rendeva il tutto armonioso e contagioso.
Chi è, Hope?”. Cloe, uscita dalla doccia, si stava dirigendo verso di me con una sola asciugamano a coprirle il corpo e i capelli bagnati che le ricadevano sulle spalle.
Ah, non sei sola?” chiese Harry.
Una volta superata la porta che le impediva di vedere chi ci fosse dietro di essa, la ragazza si bloccò e spalancò gli  occhi.
Appena la vide, così ‘conciata’, Harry fece un cenno di approvazione col capo e sorrise.
Whoo. Ciao, ragazza”. La salutò.
Lei arrossì completamente e scappò in bagno.
NON AZZARDARTI A FARLO ANDARE VIA”. Gridò mentre chiudeva la porta.
Scoppiai a ridere, e Harry insieme a me.
TRANQUILLA, NON HO INTENZIONE DI FARLO”. La rassicurò lui.
Alzai un sopracciglio e mi sorrise.
Posso entrare o dobbiamo continuare a parlare così? Tra l’altro rischio di farmi vedere da qualcuno”. Pronunciò l’ultima frase guardandosi attorno, poi tornò a fissarmi.
Sorrisi stupita. Alla fine aveva ottenuto quel che voleva. Mi spostai per lasciarlo entrare.
Lui mi superò trionfante e io gli chiusi la porta alle spalle, scuotendo la testa.
Si catapultò sul letto stendendosi a quattro di bastoni*, chiudendo gli occhi e stiracchiando braccia e gambe.
Sono esausto”, disse in uno sbadiglio.
No, ma fai pure come se fossi a casa tua, tranquillo”. Raccolsi da terra il cuscino lanciato poco prima e glielo buttai in faccia. Poi mi sedetti sulla comoda poltrona ai piedi del letto.
Lui scoppiò a ridere e si mise a sedere, appoggiandosi allo schienale e incrociando i piedi stesi di fronte a lui.
Scusa”.
Hai spesso qualcosa di cui scusarti, eh?”.
Direi di sì”.
Quando Cloe aprì la porta del bagno, ci trovò entrambi a ridere e sorrise felice anche lei.
Si era rivestita e aveva raccolto i capelli in una coda.
Harry le rivolse un sorriso che la fece arrossire di nuovo, poi si alzò e le si avvicinò con una finta espressione dispiaciuta.
Perché ti sei cambiata? L’asciugamano ti donava”. Le disse a poca distanza dal suo viso.
Se vuoi vado a rimetterla”. Sussurrò Cloe con una flebile voce.
CLOE!” la richiamai ridendo.
Scosse la testa e, dopo essersi resa conto di quanto aveva detto, scoppiò a ridere anche lei.
Harry le si allontanò e si crucciò.
Guarda che io ero serio”.
Pervertito come immaginavo”. Disse ridendo Cloe.
Harry alzò lo sguardo e tornò a sedersi sul bordo del letto.
Mi chiedo come mai gira questa voce. Io sono un bravo ragazzo!”. Sembrava un bimbo che non si spiegava le strane caratteristiche del mondo.
Non avevo dubbi”. Dissi, e risi insieme a Cloe. Lui sorrise.
Quindi… perché sei qui? Non che la cosa mi dispiaccia, eh…” gli chiese poi lei sedendosi sul bracciolo accanto a me.
Beh, dovevo delle scuse a… Hope, giusto?” annuii. “Per essere stato sgarbato, ieri sera” continuò.
Oh, andiamo. Tu sei Harry Styles, non cerchi qualcuno solo per scusarti di averla svegliata”. Disse lei. Le diedi una gomitata, sperando di farle capire che doveva finirla con le sue stupide supposizioni.
Harry rise divertito.
Si, credo che tu abbia ragione”. Le disse, tornando serio. Il suo sguardo si spostò su di me, e si concentrò nei miei occhi rendendomi incapace di proferire parola.
Avvertii Cloe sorridere. Poi Harry tornò a guardare lei.
A proposito. Tu ti chiami Cloe, non è vero?”.
Annuii, impacciata.
Bene. Ti dispiacerebbe darmi il tuo numero di cellulare?”
Lei lo fissò incredula.
Ma che fai, il doppio gioco?”. Gli disse, quasi arrabbiata.
Ma no” disse ridendo. “E’ per un mio amico”. Le lanciò un occhiatina.
Cloe spalancò gli occhi.
075678923” disse poi tutto d’un fiato.
Harry non riusciva a smettere di ridere, osservando i suoi strani comportamenti.
Ridevo anch’io, anche se non approvavo. Ma vabbè, potevo capirla. Era dei suoi idoli che stavamo parlando.
Aspetta, aspetta”. Prese il cellulare e le fece ripetere il numero, così da segnarlo.
E il suo?” chiese, indicandomi e sorridendo sotto i baffi.
072..” la bloccai.
Okay, okay, sei furbo ma io credo che non sai cosa fartene del mio numero di cellulare”. Mi alzai e mi diressi verso di lui. Lo presi per un braccio e lo feci alzare, mentre lui si divertiva come se gli stessi lanciando delle sfide che, in realtà, non avevo alcuna intenzioni di lanciargli.
“..e adesso devi andare”. Lo accompagnai alla porta.
Non volevo cominciare qualcosa che avrebbe portato a niente di buono. Avevamo scherzato, ma la cosa doveva finire lì.
Io e Cloe saremmo dovute tornare a Londra il giorno dopo, e lui a fare concerti in giro per il mondo.
Aspetta!”. Ci fermò Cloe.
Mi fissò con lo stesso sguardo che aveva sempre quando mi parlava di loro, con lo sguardo che aveva quando li guardava nei video o ascoltava le loro canzoni, lo sguardo di una fan che si trovava di fronte al proprio idolo.
Mi spostai e andai in cucina, per prendere un bicchiere d’acqua.
Riuscii a vedere Harry che si raddrizzò, e si concentrò su Cloe, pronto a renderla la ragazza più felice della Terra.
Posso… posso avere un abbraccio?” la voce della ragazza era sottile, quasi implorante e, soprattutto, tremante. Eccolo. Stava per coronare il sogno di una vita intera. Stava per avere tra le braccia qualcuno che aveva desiderato per quasi tre anni, per cui aveva pianto, riso, qualcuno che le aveva cambiato la vita, che l’aveva resa la persona che era adesso.
Stava per abbracciare la ragione del suo sorriso.
 

Io non mi mossi dalla cucina. Tenevo il bicchiere vuoto tra le mani e lasciavo che le lacrime cadessero copiose sul mio viso. Non volevo disturbarla, non volevo intralciarle i minuti più belli della sua vita.
Ascoltavo i loro respiri affannosi e piangevo, senza conoscerne l’effettivo motivo.
 
Forse piangevo perché ero felice per te, o forse perché mi ero resa conto di quanto fosse appena accaduto. Fatto sta, che quando Harry lasciò la nostra stanza sentii un vuoto all’interno del mio stomaco. Un vuoto così grande che aveva risucchiato ogni altra emozione. Lo stesso vuoto che ho adesso, e che potrebbe colmarsi soltanto con un tuo sorriso, o quello di qualsiasi altro sia lì con te adesso.
 
 





*stendersi a quattro di bastoni = è italiano?! LOL
Ok, vado di fretta e non l'ho riletto. Scusate se ci sono evenutali errori. Grazie tante a chiunque legga, un bacio! :) 
Scappoooooo! Ps. se la storia vi sembra scontata, o inverosimile, o qualsiasi altra cosa, vi pregherei di farmelo presente, così posso migliorare. Grazie :) 

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 - Cloe/Hope ***


Pov. Cloe

Hai presente quando sei piccola e i tuoi genitori sono in viaggio e ti lasciano coi nonni, o con una babysitter? Ecco. In quel momento nessuno è mai abbastanza, nessun giocattolo nuovo o coccole infinite ti bastano, niente ti accontenterebbe tanto quanto rivederti tra le braccia della tua mamma.
E ogni giorno sembra non passare mai perché loro non sono lì con te e quando piangi forte non sono lì a tranquillizzarti.
Poi, dopo chissà quanto tempo, forse anche solo un giorno, rientrano a casa e tu corri ad abbracciarli come fossero passati anni, e tra le loro braccia ti senti finalmente di nuovo a casa. Ti senti completa, perché la tua famiglia è lì con te e quando hai bisogno di qualcosa non devi vergognarti a chiedere aiuto a qualcun altro.
Ecco, io, quella sera, tra le braccia di Harry, mi sentivo esattamente così.
Sentivo di non aver bisogno di nient’altro perché ero totalmente ed incondizionatamente felice.
Piangevo per quello. Piangevo di felicità.
…E tu perché piangevi, Hope? Perché il silenzio spezzato dai miei singhiozzi si confondeva coi tuoi, di singhiozzi silenziosi, sola, in cucina?
Ero tanto presa da quell’abbraccio, ma ogni tuo sussulto era un mio sussulto, e potevo percepire che non erano lacrime di gioia.
Fu quello il motivo per cui, dopo alcuni minuti, allontanai Harry e gli chiesi di andar via, per poi correre da te.
Fu quella sera che mi resi conto che per quanto li amassi e per quanto fossi loro grata, per quanto fossero la ragione per cui sorridevo, tu, Hope, tu eri la mia vita e per nessuna ragione al mondo ti avrei lasciata sola. Nessuna.
E’ per questo che, adesso, mi sento un po’ in colpa per essere rimasta ed averti lasciata andare.
Però, tutto sommato, non sei del tutto sola, Hope. Non lo sei, perché hai accanto a te l’unico motivo per cui la tua vita ha un senso.
Questo mi da la forza di andare avanti, nonostante preghi con tutta me stessa che un giorno tu bussi alla mia porta, nonostante preghi tutti i giorni di vedere un piccolo tesoro simile a te mettermi a soqquadro la casa.
 
Hope ci lasciò soli mentre io chiedevo a Harry di realizzare i miei sogni. Lui mi guardò teneramente. In quel momento ero più fragile di quanto non lo fossi mai stata in vita mia, e lui sapeva che l’unica cosa di cui avevo bisogno era sentirmi protetta tra le sue braccia.
Senza dire una parola, mi prese la mano e mi tirò a se, per poi racchiudermi nell’abbraccio più profondo che avessi mai ricevuto.
Le mie braccia intorno al suo collo lo tenevano serrato a me, come impaurite che qualcuno o qualcosa potessero portarmelo via. Le sue, intorno alla mia vita, mi stringevano forte come per dirmi di non aver paura, come per rassicurarmi che lui non sarebbe andato via finchè non mi fossi saziata di tanta felicità.
Shh, shh” mi sussurrava lui in un orecchio, cercando di calmare il mio pianto incessante.
Assaporai ogni secondo di quell’abbraccio, ogni centimetro del suo corpo, ogni suo riccio, ogni suo alito di profumo. Profumava di menta, ed era un odore così piacevole che avrei voluto non andasse via mai.
Rimanemmo così per qualche minuto e lui non dava alcun segno di essersi stancato, di volersi staccare e voler andar via. No, mi stringeva sempre di più ogni minuto che passava.
Poi mi accorsi che non ero l’unica che singhiozzava. E non parlavo di Harry.
Il respiro di Hope, in cucina, veniva scosso da irregolari singhiozzi che cercava di trattenere con una lunga presa d’aria.
Erano singhiozzi piuttosto profondi e non erano lacrime di felicità, le sue.
Mollai d’istinto la presa attorno al collo di Harry e lui fece altrettanto.
Mi fissò con aria preoccupata, in cerca di una spiegazione: se n’era accorto anche lui.
Feci spallucce.
Scusa, vado da lei”. Gli sussurrai. Lo guardai per l’ultima volta, poi corsi in cucina.
Hope era sconvolta, non l’avevo mai vista in quelle condizioni.
Teneva i pugni chiusi appoggiati al lavandino, le braccia stese e il volto chino coperto dai lunghi capelli castani. Le spalle sussultavano pesantemente ad ogni suo singhiozzo.
Click.
Harry era andato via.
Mi avvicinai piano a lei. Vederla così mi devastava, avrei voluto fare qualcosa per farla star meglio ma non avevo idea di cosa le causasse tanto dolore.
Mi resi conto che l’eroina dei fumetti che avevo sempre immaginato, in realtà, nascondeva un animo fragilissimo.
Hey, Hope…che succede?” le sussurrai.
Lei non disse una parola, mi si buttò fra le braccia e cominciò a piangere più forte di prima, stavolta senza preoccuparsi di essere silenziosa.
Dovevo essere la sua Harry, dovevo darle il senso di protezione e di sicurezza che lui mi aveva dato poco prima.
Mi chiesi se ne fossi davvero in grado.
Non le chiesi altro, ci sedemmo sul pavimento e lasciai che si sfogasse sulla mia spalla.
Mi sentivo totalmente inutile, non c’era niente che potessi fare, niente che potessi dirle.
Scusa” balbettò interrompendo i miei pensieri tormentati.
Ma cosa dici? Scusa per cosa?” le dissi mentre le accarezzavo i capelli.
Non dovresti essere qui, adesso.. dovresti essere con Harry”.
Le feci alzare il volto per guardarla negli occhi. Erano arrossati dalle troppe lacrime.
Gli asciugai quelle che le caddero sulle guance.
Non dirlo nemmeno per scherzo. Questo è l’unico posto in cui voglio essere. Tu sei l’unica persona che vorrei abbracciare. E vederti sorridere è l’unica cosa che mi importa, adesso. Chiaro?”. La rassicurai.
Annuì, piano, poco convinta.
Ora mi spieghi cosa ti è preso?” cercai di capire.
Non... non lo so. Io... Cloe io ho paura. Quei ragazzi sono gli unici che mi abbiano mai suscitato qualsiasi tipo di emozione e… domani torneremo a casa e… cosa farò, Cloe? Cosa faremo? Continueremo a ricordare tra le lacrime questi tre giorni? Continueremo a guardarli attraverso uno schermo e sperare di rivederli? Io non voglio Cloe, non voglio che la mia vita sia concentrata su cinque ragazzi che a malapena si ricorderanno di me, non voglio piangere per loro. Ci sono cose più importanti per cui piangere, cazzo, me lo sono ripetuta per tutta la vita”.
In cuor mio, sapevo che era così. Sapevo che tutto questo sarebbe diventato un misero ricordo, così come sapevo che, a casa, avremmo pianto per giorni, finché il sapore di quel sogno ad occhi aperti non si sarebbe gradualmente dissolto.
Lo sapevo, perché ricordavo ogni singola lacrima versata prima di quel 28 luglio, le ricordavo perché erano come graffi sulla pelle, e facevano male come il sangue che pulsava in quelle ferite.
Non c’era una soluzione, non  c’era una via d’uscita, non c’era un fottuto niente.
Era la condanna di qualsiasi persona avesse un idolo
Non gli risposi, perché non avevo risposta. Mi limitai a stringerla forte  a me.
Passerà”.
Furono le mie uniche, forzate e per niente convinte parole.
 

Pov. Hope

Cloe mi prese per mano e mi accompagnò a letto. Continuammo a tenerci abbracciate l’una all’altra, e mi sentii finalmente sollevata.
Quella volta fu lei a salvare me.
Ringraziai il cielo per avermi donato Cloe, lo ringraziai con tutto il mio cuore.
Era l’unica in grado di capirmi, ne sono tuttora convinta. 
Chiusi gli occhi, e mi persi nei miei contorti pensieri.
Continuavo a non spiegarmi perché fossi crollata. Forse Harry fu la goccia che fece traboccare il vaso.
In realtà mi sarebbe piaciuto dargli il mio numero, mi avrebbe fatto piacere poterlo frequentare in circostanze diverse.
Ma non esisteva alcuna circostanza diversa. Quella era l’unica.
In un albergo, di nascosto, dopo un suo concerto, in ansia perché il giorno successivo sarebbe dovuto partire di nuovo.
I tour finiscono, prima o poi. Mi ricordò la vocina nella mia testa.
Sì, è vero, i tour finiscono, ma quanto potrebbe durare? Un mese? Due? Tre, se sono fortunata?
Lui non ha mai detto di voler star con te tutto questo tempo. Magari aveva voglia di passare la notta in maniera diversa, tutto qua.
Già. Molto probabilmente era così e io stavo soltanto creando una sfilza di film mentali che non avevano nemmeno un motivo per essere girati.
Era tutto così assurdamente… assurdo.
Mi addormentai a fatica, come se avessi paura del giorno che stava per nascere. In realtà, avrei voluto che quella notte non morisse mai.
 
Il treno per portarci a casa era previsto alle 19.30, e io non volevo restare in quell’hotel un secondo di più.
Il giorno successivo, dopo pranzo, dopo aver sistemato le valigie, proposi a Cloe di fare un altro giro della città, e lei accordò entusiasta.
Pagammo adeguatamente un taxi che ci fece da guida attraverso  le migliori attrazioni turistiche del posto. Non ci fermammo mai, volevamo soltanto guardare e dall’auto andava benissimo. L’uomo alla guida era simpatico e disponibile, sembrava quasi si divertisse a mostrarci le varie bellezze di Manchester e parlarci della storia che portassero dietro.
La prima tappa fu la Town Hall. La osservammo solo esternamente, ma era stupefacente. L’edificio più grande del centro. Lo spazio attorno era vivo, il che dava colore a quella città un po’ troppo grigia.  
Dovreste vederla di notte! E’ ancora più bella!” ci informò il tassista.
Magari la prossima volta. Dove ci porta adesso?” Cloe era allegra, si stava divertendo. L’uomo ne rise.
Che ne dite di Chinatown?
Di corsa!” esclamai. La cultura cinese mi aveva sempre affascinato.
Arrivati a destinazione, Cloe non riuscì a trattenersi e chiese al gentile signore di aspettare qualche minuto affinché potesse comprare qualcosa.
Lui accordò sorridente.
Vi aspetto qua”.
Cloe lo ringraziò e mi trascinò con sé tra la folla.
Comprammo un pensierino a Jill, e volle a tutti costi prendere un kimono.
Alzai lo sguardo e prima che potesse fare altri acquisti inutili, la riportai in auto e pregai il tassista di accelerare all’istante.
Visitammo altri posti interessanti e quella ‘visita guidata’ fu divertente e rilassante.
Se non altro riuscì a pieno nel suo compito: distrarmi.
Calata la sera tornammo in albergo a prendere le nostra valigie e, consegnate le chiavi alla reception, un ennesimo taxi ci portò alla stazione.
Raggiunti i nostri binari, salimmo sul treno e ci posizionammo nella cabina che ci era stata assegnata.
Mi rilassai sul sedile e presi il cellulare.
Sto tornando. Tra qualche ora sono a casa. Ti aspetto alla stazione, non voglio scuse.
Scrissi ad Alex.
Considerami già lì ad aspettarti.
Rispose subito lui.
Sorrisi e adagiai la testa allo schienale, osservando fuori dal finestrino il paesaggio che scorreva veloce.

Pov. Cloe

 Sentii nella tasca il cellulare vibrare.
Un nuovo messaggio da un numero sconosciuto. Il mio cuore cominciò a palpitare.
“Non ho mai visto occhi più belli dei tuoi. Sono magnifici.”
Rimasi per un attimo imbarazzata per aver ricevuto quel complimento, poi riflettei sulla furbizia dell’emittente per aver tralasciato una firma.
“Ehm… Ti ringrazio ma… chi sei?”
Posai il cellulare sulle mie gambe e ansimavo in attesa di una risposta. Chi sarebbe potuto essere? Niall, o forse Liam? Magari Louis, ma mi accorsi di sperare vivamente in un Zayn.
Arrivò poco dopo.
“Ahah scusami. Sono Liam, Liam Payne. Tu devi essere Cloe, la ragazza del concerto. A meno che Harry non mi abbia dato un numero sbagliato e allora sarebbe davvero imbarazzante…”
Sorrisi a quelle parole. Hope se ne accorse e fece una smorfia.
Con chi messaggi, eh?” chiese, temendo la mia risposta.
La guardai e sorrisi ancora di più. Poi non riuscii più a trattenermi.
CI CREDI CHE LIAM PAYNE, QUEL LIAM PAYNE, LIAM PAYNE DEI ONE DIRECTION…” – “E ho capito!” mi interruppe lei – “MI HA APPENA DETTO CHE HO DEGLI OCCHI MAGNIFICI! CI CREDI? MI SENTO MALE!” urlai, sventolando le mani e non riuscendo a star ferma dalla gioia.
Era incredibile, non ci avevo mai nemmeno sperato. E invece avevo tra le mani il suo numero di cellulare. Doveva essere un sogno.
Hope rise alla mia scenata isterica.
Ah allora era Liam, eh?” Si venne a sedere accanto a me per leggere i messaggi.
Dai, dai, digli che ha sbagliato numero e che sei un uomo! Sai come ci rimane!”.
Disse Hope ridendo a crepapelle.
Ma neanche per sogno. Quando mi ricapita un’occasione del genere?!”
Tremavo mentre digitavo i tasti.
“Ahah si, sono io. Wow, non mi sembra vero che sia davvero tu!”
Sapevo che Harry sarebbe venuto a scusarsi con la tua amica e gli ho chiesto di chiederti il numero. Mi hai colpito non appena ti ho visto. Non sapevo nemmeno foste in stanza insieme, pensa. Per fortuna lo eravate :)”
 Quando Hope lesse il messaggio, storse le labbra e si voltò di nuovo verso la finestra.
Tornò a guardare il mio cellulare solo quando sentii il ticchettio dei tasti.
Già. Per fortuna.. :)”
Praticamente vi siete entrambi dichiarati. Bene. Sarò la damigella d’onore”. Mi prese in giro Hope.
Ma smettila”. Le dissi ridendo, dandole una piccola gomitata.
 
Mi sembrava tutto così inverosimile, Hope. Non riuscivo a credere che la cosa in cui avevo sperato così intensamente si fosse finalmente realizzata. Non pretendevo di diventare la ragazza di uno di loro, ma il fatto che almeno uno di loro si fosse accorto di me, mi riempiva il cuore di una felicità incredibile.
Da quella sera, sapevano che esistevo. Non chiedevo nient’altro.
 

 Pov. Hope

 Non approvavo il tuo comportamento, Cloe. Avrei voluto che smettessi di inviargli messaggi, avrei voluto che Liam non ti desse tanta corda. Sapevo che quello avrebbe soltanto peggiorato le cose, una volta che i ragazzi si sarebbero dimenticati di noi e ci avrebbero sostituite con un altro paio di fans in un'altra città del tour.
Ma il tuo sorriso era così marcato, così vivo, così contento che non riuscii a far altro se non accompagnarti in quella tua momentanea felicità.
Dopotutto, è così che funziona.
La felicità è fatta di attimi. Sarebbe da stupidi sperare in un felicità che duri tutta la vita.
Il problema è che quello era il tipo di felicità che cercavo io, ed è per quello che non lo sono mai stata veramente prima d’ora.
E’ per quello che ti ho sempre invidiato, Cloe, perché tu riesci ad accontentarti di quelle piccole cose che a me, almeno in quegli anni, sembravano insignificanti.








Ps. Mi son scordata chi dovevo avvisare quando avrei pubblicato il capitolo °_° Chiedo scusa, se me lo ricordate la prossima volta vi avviserò tuuutte! :) 
Grazie ancora a chi segue la storia... siete tutte fantastiche c: 
Ps2. vi ricordo che su twittah sono @Whodouthinkiam_ , mi farebbe piacere seguirvi :) 
Ps3. non dimenticate di dirmi cosa non vi piace della storia, se è banale e bla bla bla. mi faccio troppi compessi ç.ç
Grazie ancora, un bacione e un abbraccio fortissimo, a presto! C:

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 - Cloe/Hope ***


Messaggi tra Liam e Cloe.

22.32:
“Ascolta, so che la tua amica è contraria, ma… non è che potresti dare a Harry il suo numero di cellulare? E’ da stamattina che non fa altro che ripetermi quanto sia preoccupato per lei. Le è successo qualcosa?”
22.38:“Ehm… ieri si è sentita poco bene. Ascolta, lei è contraria, sì, ma io non sono d’accordo. Io penso che Harry potrebbe avere un’influenza positiva nella sua vita. Credo che lei abbia bisogno di Harry. Ovviamente, se Harry sa comportarsi. Voglio dire… che intenzioni ha?”
22.44:“Non lo so, ma una cosa è certa. E’ diverso. La mattina del concerto mi è venuto vicino e mi fa: ‘Liam, sforzati e cerca di ricordare il numero di quella stanza. Sto impazzendo’. Mai stato così… ossessionato da qualcuno. Non ne ha parlato con nessuno, comunque. Con me abbozza qualcosa. Proverò a parlargli”.
22.47:“Grazie… :) Sei proprio come ti immaginavo”.
22.47:“Cioè? :)”
22.48:“Gentile, dolce. Una persona con un grande cuore”.
22.50:“Grazie a te, Cloe. Ora vado prima che Paul mi butti il telefono. Non lo faccio dormire lol”.
22.50:“Ahah va bene. Ci sentiamo… ?”
22.51:“Puoi contarci :) xx”
 
 
Pov. Hope
 
Arrivammo alla stazione di Londra stanche e assonnate. Jill e Alex ci stavano aspettando seduti sulla panchina in plastica di fronte ai binari. Quando ci videro scendere, si alzarono e entrambi ci rivolsero un caloroso sorriso di bentornate.
Salutai Jill mentre Cloe salutava Alex, poi andai da lui.
Lo abbracciai forte come se non lo vedessi da mesi e lui sorrise scompigliandomi i capelli.
Come stai?
Bene. Ma temo di essermi cacciata in un pasticcio” gli sussurrai con aria colpevole.
Lui fece un’espressione come a dire ‘ti pareva’.
Ti va di andare a prendere un caffè, così mi racconti tutto?” mi chiese.
Guardai Jill che aveva ascoltato la proposta.
Posso?”.
Lei guardò l’ora. Erano circa le undici e mezza. Alzò gli occhi al cielo prima di parlare.
Va bene. Ma solo perché sei con Alex!
Sorridemmo.
Grazie, Jill. La riporto a casa presto, promesso”. La rassicurò Alex. Poi guardò Cloe.
Vieni anche tu?
Lei scosse il capo mentre sbadigliava.
No, ho troppo sonno
Lasciai i bagagli a Jill e seguii Alex nella sua auto. Ci fermammo allo Starbucks più vicino e ne ordinammo due.
Allora… cos’hai combinato?” mi chiese curioso.
Fissai il mio caffelatte percorrendo con i pollici la superficie liscia della tazza di plastica.
Attesi qualche minuto prima di rispondere.
Credo… credo di… Alex, è possibile provare qualcosa per qualcuno che conosci a malapena?” alzai lo sguardo dalla bevanda per rivolgerlo, serio, al suo. Le sue sopracciglia si inarcarono in un espressione stupita, forse si aspettava tutto tranne che quella domanda.
Beh… si, come no. Cos’è, hai avuto un colpo di fulmine per caso?” disse lui sarcastico.
“E se fossi così?” continuavo a fissarlo senza accennare al minimo segno di ironia.
Tornò serio anche lui.
Dovrebbero forse esserci problemi?” chiese lui.
Poggiai la tazza sul tavolo di plastica bianco e portai le ginocchia al petto, poggiando i piedi sulla sedia.
Si che ce ne sono! Ma chi lo conosce? Arriva da un giorno all’altro, così, mi fa scazzare di brutto perché mi sveglia alle quattro del mattino e poi che succede? Non so come rispondergli? Mi trema la voce? Ma dove si è mai visto? Io poi!
Alex cercava invano di trattenere una risata. Gli lanciai la più brutta occhiata avessi mai lanciato a qualcuno.
Non ci trovo niente da ridere!” sbottai.
Rideva sempre di più, fino a cominciare a respirare a fatica.
Accartocciai il fazzoletto che avevo accanto e glielo tirai addosso.
Mi spieghi perché diavolo stai ridendo?” dissi arrabbiata.
Perché mi ti immagino tutta arrossata davanti ad un ragazzo, con la voce tremante”. La frase fu spezzata da un’altra fragorosa risata, che cerco di trattenere con una mano sulla pancia.
Partecipai alla risata, ricreando nella mente la sua stessa scena.
Ma dai smettila, idiota, guarda che sono seria!” lo richiamai infine con un sorriso.
Smise di ridere e si ricompose.
E chi sarebbe, il fortunato?” disse enfatizzando l’ultima parola.
Gli feci una linguaccia e prima che potessi rispondere, il mio cellulare mi vibrò nella tasca.
Lo presi e lessi il messaggio che era appena arrivato da un numero sconosciuto.
Come stai? Ieri sera mi hai fatto preoccupare. Harry”.
Spalancai occhi e bocca rileggendo il messaggio un paio di volte. Poi alzai lo sguardo su Alex.
Lui”. dissi.
 
Ero sicura che fossi stata tu a dargli il mio numero, ma in quel momento quel messaggio mi fece così piacere che non riuscii nemmeno ad arrabbiarmi con te. Anzi, te ne fui quasi grata.
Le cose non sono andate nel migliore dei modi, Cloe, ma gli splendidi occhi verdi che mi tengono ancorata a questa vita con un sorriso, mi rendono tutt’ora infinitamente grata.
 
 
Lui chi?” mi chiese Alex, cercando di leggere il nome dell’emittente sul display.
“Harry Styles” scandii piano ogni lettera, fissando lo sguardo del mio amico che passò da curioso a incredulo.
Poi finì in preoccupato.
Il cantante? Quello che sei andata a vedere in concerto?”
Annuii, ugualmente preoccupata. Non che li conoscesse, ma Cloe gliene parlava così spesso che aveva impresso i loro nomi nella sua testa.
Non disse altro. Si limitò a fissarmi mentre io fissavo il cellulare.
Non sapevo se rispondergli o meno. Quando lo chiesi ad Alex, lui accese la sua sigaretta e rispose guardando fuori dalla finestra alla sua destra.
Tanto vale buttarti. Non pensare troppo. Comincia ad agire d’istinto”.
Tornai a fissare lo schermo.
Non dovevi. Stavo e sto bene. Grazie, comunque.” Inviai.
Dammene una, va’”. Dissi a Alex mentre mi alzavo. Lui me la porse, poi ci dirigemmo verso l’auto.
Non dicemmo una parola durante tutto il percorso. Finita la mia sigaretta, mi accovacciai come poco prima nel locale appoggiando la testa sulle ginocchia, non distogliendo mai lo sguardo dal finestrino.
Entrambi eravamo immersi nei nostri pensieri.
Avrei tanto voluto conoscere i suoi…
Sentii il telefono vibrare ma decisi di lasciar perdere. L’avrei visto quando sarei stata sola.
Arrivati fuori casa mia, si voltò verso di me e interruppe il silenzio.
Ascoltami bene”. Disse.
Alzai lo sguardo per rivolgerlo a lui, che si era improvvisamente avvicinato.
Non essere troppo razionale. Non pensare troppo a cosa è giusto. Per una volta, lascia fare al cuore. Per una volta, sii felice”.
Quelle parole risuonarono nel silenzio dell’auto e si mischiarono tra i miei pensieri confusi, ed erano pronunciate con una tale determinazione da sembrare quasi un ordine.
Lo fissai con gli occhi lucidi, e strinsi i pugni poggiati sul sedile. Annuii sommessamente. Poi tornai a fissare fuori il finestrino e lui a fissare la strada.
Ho paura”. Confessai in un bisbiglio. Sono sicura che se non fosse stato così attento a qualsiasi cosa uscisse dalle mie labbra, non sarebbe riuscito a sentirlo.
Perché?” chiese senza distogliere lo sguardo dal parabrezza.
Di restare sola… di… Alex, se iniziassi questa frequentazione e se non riuscissimo più a fermarci… se diventasse una cosa affermata… e se dovessi rimanere sola a casa ad aspettarlo? E se…”
Mi bloccò, tornando a fissarmi.
Se è la solitudine a spaventarti, non devi preoccuparti. Basta uno squillo e mi troverai qui. Se, invece, hai paura della mancanza… beh, temo di non poterti aiutare”.
Le sue parole erano fredde, severe. Come il suo sguardo. Così freddo che rabbrividii.
Va bene, ho capito. Grazie, Alex. Ci sentiamo”.
Senza ricevere risposta, aprii lo sportello dell’auto e la sbattei forte.
Che cosa significava, tutto quello? Cosa voleva dirmi?
Sii felice, aveva detto. E poi mi fissava come se avessi fatto la cazzata più grande della mia vita.
Bene. Grazie, Alex, per avermi confuso le idee ancora più di quanto non lo fossero già.
Mi diressi in camera mia cercando di non fare rumore.
Sia Jill che Cloe erano già sprofondate nel sonno. Misi il pigiama e, una volta a letto, mi decisi a leggere il messaggio.
Voglio vederti”. Mi ritrovai scritte quelle parole senza che fossi psicologicamente preparata a leggerle, e questo causò una visibile accelerazione dei battiti del mio cuore e del mio respiro divenuto affannoso.
E il tour? E i concerti? Ma era matto?
Ti aspetto a Londra.”
Dieci giorni e finisce il tour. Dieci giorni e torno a casa. Torno a Londra”.
No, non poteva essere. Qualche stramba divinità greca mi stava prendendo per il culo. Troppe coincidenza, troppa fortuna in una volta sola.
Non poteva vivere nella mia stessa città, era assurdo!
Eppure, era un’assurdità che mi riempiva di gioia.
A tra dieci giorni, allora”.
Chiusi gli occhi e cercando di non pensare assolutamente nulla, mi addormentai.
 
 
Dieci giorni dopo…
 
Allora? Cosa ha detto?” Cloe non stava più nella pelle. A momenti mi strappava il telefono da mano per leggere i messaggi.
Vuole che venga anche tu. Dice che vuole portarci a casa sua. Ci saranno anche gli altri. Tutti e quattro”. Le spiegai calma. “Ceneremo lì”.
La sua reazione, come mi aspettavo, fu del tutto contraria alla mia.
COSA?” gridò. “Oh, Dio, sarò nella casa dei One Direction. Dev’essere un sogno… dammi un pizzico”.
Colsi l’occasione per darle un leggero schiaffo sulla guancia. Lei non ne sembrò disturbata, anzi.
“E’ TUTTO VERO!” gridò enfatica.
Io, però, non ne ero del tutto sicura. Continuavo a ripetere a me stessa che da un momento all’altra la voce di Jill mi avrebbe svegliata da tutto quello.
Era troppo bello per essere vero. Forse, se proprio non era un sogno, ci sarebbe costato qualcosa. Un pedaggio, tipo.
Alle sei di quel pomeriggio, un clacson suonò fuori casa.
Cloe emise un grido sordo, cercando di respirare profondamente per mantenere la calma.
Salutammo Jill che quasi piangeva dall’emozione mentre spiava dalle tapparelle la splendida Audi R8 nera parcheggiata lì fuori.
Appena ci videro uscire di casa, Harry e un altro ragazzo che riconobbi subito, Zayn, ci vennero in contro salutandoci.
Harry mi salutò con un largo sorriso. Poi abbracciò forte Cloe.
Heeey” la salutò.
Ciao, Harry”. Ricambiò imbarazzata lei.
Zayn mi allungò la mano con un sorriso mozzafiato sulle labbra.
Ciao, sono Zayn. Piacere di conoscerti”.
Hope”. Gli sorrisi anch’io, persa nei suoi occhi color cioccolato.
Quando si presentò a Cloe mi accorsi che lei arrossì mentre gli stringeva la mano.
Lo notò anche lui e le rivolse un tenero sorriso.
Dai, facciamo in fretta. Non vorrei vi assalissero bambine inferocite…” li stuzzicai avvicinandomi alla macchina.
Io e Cloe salimmo tenendoci per mano, occupando i posti posteriori, Harry era alla guida e Zayn accanto.
Tipo te?” controbattè quest’ultimo, sorridendo.
Ricambiai il sorriso e stetti al gioco.
Si, più o meno”.
Non conversammo parecchio durante il tragitto, non sapevamo cosa dire e per rompere il silenzio accesero la radio.
Ogni tanto, Harry faceva qualche battuta per sdrammatizzare e Zayn gli rispondeva altrettanto ironico.
Arrivammo sotto quella che doveva essere casa di Harry, perché prese un telecomando e azionò il cancello che si aprì poco dopo. Ci disse di cominciare ad entrare mentre lui avrebbe parcheggiato l’auto.
La casa non era particolarmente grande, ma era molto carina. Davanti aveva un largo giardino perfettamente potato, di un verde intenso. L’appartamento era rettangolare, con le pareti esterne in bianco e due grandi vetrate sul lato sinistro permettevano di intravedere il salotto.
Salimmo i due gradini in legno e percorremmo il breve tratto di veranda prima di arrivare alla porta d’ingresso, anch’essa in legno.
Zayn l’aprì disinvolto. Entrammo e ci ritrovammo davanti lo splendido salotto intravisto poco prima. All’interno era caldo e accogliente.
Il pavimento era fatto interamente di parquet. Due divani in pelle bianca attorniavano un tavolino in vetro, posto dinanzi ad un grande camino in marmo.
Zayn ci condusse in cucina. Anch’essa era molto accogliente e illuminata, predominava il bianco dei mobili lucidi e l’alluminio delle maniglie di ogni sportello, e del frigorifero.
Il tavolo era in vetro. Affianco ad esso, un divano in stoffa bianca su cui erano seduti gli altri tre ragazzi, intenti a guardare la televisione di fronte a loro.
Quando ci videro entrare, si alzarono e ci accolsero sorridenti.
Ciao, ragazze! Io sono Niall”. Ci salutò l’irlandese venendoci incontro, masticando un boccone dell’enorme panino che teneva in mano e abbracciandoci come ci conoscessimo già.
Poi fu il turno di Liam, che sembrava quasi scusarsi per il comportamento dell’amico. Ma a me fece piacere, mi aiutò a sentirmi a mio agio in quell’ambiente in cui non c’entravo assolutamente niente.
Il ragazzo di fronte a me mi diede la mano e mi rivolse un caldo sorriso, che si allargò quando incontrò quello di Cloe, che salutò con un timido “Ciao”.
Mi ritrovai davanti il ragazzo dagli occhi color del mare. Sentivo di poterci affogare ogni volta che li guardavo, eppure non distoglievo lo sguardo perché non volevo perdermi quella fantastica visione.
Anche lui ci porse la mano e un sorriso sghembo.
Sera! Molto piacere, Louis”. Ci salutò. “Questa volta Harry ha superato sé stesso!” si complimentò e tutti, in stanza, ridemmo a quella battuta, io e Cloe leggermente imbarazzate. Mi fissò negli occhi, rivolgendomi uno di quegli sguardi penetranti di qualche giorno prima e mi sorrise allo stesso modo di quando piangevo per lui. Sentii una strana sensazione al mio interno e, se fossi stata sola, penso sarei scoppiata a piangere di nuovo.
 
Trascorremmo quella serata come vecchi amici che si rincontrano dopo tanto tempo e mangiano una pizza insieme, raccontando di cosa fosse loro successo durante il periodo di separazione.
Mi trovai esattamente a mio agio in quella casa, come se conoscessi lei e i ragazzi da anni.
Oggi ci torno spesso, sai? E’ tutto esattamente come lo lasciammo tanto tempo fa, solo un po’ più silenziosa, senza le grida di Harry ogni volta che vedeva i vestiti di Louis sparsi qua e là.







Ok, ehm.. mi scuso se c'ho messo più tempo del solito ma l'ispirazione è pari a zero, e si vede. lol
Oh,  a me sta sembrando tutto troppo banale D: sarà che è solo l'inizio.. eheheh Ho notato che le cose sono molto lente e sto cercando di velocizzarle un po... :\ 
Bene, spero vi piaccia anche se a me convince poco ma vabbè. 
Recensite se vi va, mi farebbe moooolto piacere! :) 
Grazie di nuovo a chiunque stia leggendo! 
BACI. <3

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 - Hope ***


 “Sono le otto e un quarto,  le pizze sarebbero dovute arrivare già quindici minuti fa. Io sto morendo di fame!” si lamentò Niall che, sdraiato sul divano, si toccava la pancia.
Non ebbero nemmeno il tempo di rispondergli che suonò il campanello.
Hai parlato. Devono essere arrivate”. Louis si diresse verso l’ingresso e tornò dopo pochi secondi con sette cartoni di pizza tra le braccia.
Si mangiaaaaaaa!” urlò il biondino, balzando in piedi e sedendosi più veloce di un fulmine al tavolo che io e Cloe avevamo apparecchiato.
Spontaneamente, sorrisi. Quel ragazzo trasmetteva una tenerezza incredibile.
Dopo esserci accomodati tutti, e aver augurato un ‘buon appetito’ unanime, cominciammo, finalmente, a mangiare.
Sembrava tutto così normale, eppure, allo stesso tempo, così incredibile da non sembrare nemmeno vero.
Durante il corso della serata avevamo parlato tanto, come si può parlare in una comitiva di adolescenti.
I ragazzi ci avevano raccontato un po’ di fatti divertenti che era capitato loro durante il corso del tour, dei guai in cui si erano cacciati e delle infinite volte in cui Paul li aveva presi per le orecchie e li aveva riportati a casa.
Ci raccontarono delle pazzie che facevano spesso le fan, tipo la volte in cui si erano ritrovati sul palco un assorbente e un paio di reggiseni.
Notai che Cloe si trovava davvero a suo agio. Era come se li conoscesse da una vita.
Si prendevano in giro, scherzavano insieme, come io non riuscivo a fare, e mi limitavo a guardarli e sorridere.
Ce l’ho ancora conservato, quell’assorbente, sai?” disse Zayn ridendo.
Non ci credo!” scoppiò a ridere Cloe.
Giuro! Vieni, ti faccio vedere”. Il ragazzo la prese per mano e la trascinò con se al piano di sopra.
Carina, la scusa del ‘ti faccio vedere’”. Sussurrò sarcastico Harry. Gli diedi una gomitata e lui rise.
Louis scosse la testa, nascondendo un sorriso.
Sorrisi anch’io, pregando che Cloe non si facesse prendere troppo dall’entusiasmo.
Con un sospiro mi alzai in piedi e, mentre i ragazzi prendevano in giro uno strano programma su MTV, io mi misi al lavandino per lavare i piatti.
Non preoccuparti, Hope, lascia stare. Vieni a sederti”. Fece Liam.
No, tranquillo, faccio subito!”. Lo rassicurai porgendogli un sorriso.
Mentre, distratta, insaponavo un bicchiere, avvertii un movimento alle mie spalle. Rabbrividii. Il ragazzo dagli occhi color del cielo era accanto a me, col sorriso più bello che avessi mai visto, e stava prendendo un paio di posate che avevo già lavato. Io mi fermai per qualche secondo, fissandolo col respiro trattenuto.
Allora ti aiuto. Dopotutto sei nostra ospite”. Accennai un sorriso imbarazzato e tornai a fissare il bicchiere che avevo tra le mani, posandolo nel lavandino accanto.
Alle nostre spalle, qualcuno tossì. Louis sorrise, scuotendo il capo.
Io mi sentii avvampare.
Sentivo la necessita di conversare col ragazzo per dissolvere quell’aria imbarazzante che ci circondava, ma mi sentivo paralizzata.
Feci un sospiro silenzioso e provai a fargli una domanda che mi girava nella testa da tutto il giorno.
Louis, capita… capita spesso, che invitiate le fan a casa vostra?” dissi quasi in un sussurro. Era strano sentirmi categorizzata nel termine ‘fan’.
No, in realtà no… voi siete le prime. Di solito le invitiamo solo nel backstage, ma la cosa finisce lì…” disse lui, calmo. Non risposi. In realtà avrei voluto chiedergli il perché di quella serata, ma me ne vergognavo troppo e lasciai perdere.
Sembrava quasi mi avesse letto nella mente perché poco dopo rispose da solo alla mia domanda silenziosa.
So che tutto questo può sembrarti… strano. Lo è anche per me, credimi. Ma non so spiegartelo. Quando vi abbiamo viste la prima volta, a Londra, e poi di nuovo a Manchester… beh, abbiamo tutti notato che c’era qualcosa di diverso in voi. Non eravate come tutte le altre ragazzine strepitanti che, certo, sono teneressime, ma, sinceramente… non chiederei mai a una ragazza che grida come una forsennata non appena apro bocca di uscire insieme. Invece voi… si, siete il tipo di ragazza con cui mi sarebbe piaciuto passare una serata, ecco. E su questo ci siamo trovati tutti d’accordo”.
Aveva pronunciato ogni singola frase con una scioltezza e una naturalezza che gli invidiavo, perché quando aprivo bocca io dicevo sempre qualcosa di sconnesso e insensato.
Ascoltai tutto con attenzione, cercando di mantenere la calma per il concetto che aveva voluto esprimere.
Tutto sommato era vero, erano dei ragazzi normalissimi e cercavano soltanto la normalità.
Mi rincuorava il fatto che l’avevano trovata in me e in Cloe.
Poi, vabbè, Harry ha voluto incontrarti e…” non finii la frase, che trattenne in un sorriso.
Non ne capivo il significato, ma sorrisi sommessamente anch’io.
Gli passai l’ultimo bicchiere e presi una pezza per asciugarmi le mani. Una volta che anche lui aveva finito di sciacquarlo, venne ad asciugarsi alla pezza che tenevo ancora tra le mani e le nostre dita si sfiorarono per una frazione di secondo.
La sua mano era così calda, e a contatto con la mia provocò un brivido che mi percorse tutta la schiena.
Lo guardai negli occhi, attenta a non annegare.
Grazie” gli dissi in un sorriso.
Lui ricambiò con uno più allargato, da togliere il fiato.
Grazie a te”.
 
Fummo distratti da sonore risate che provenivano dalle scale e poco dopo il suono fu accompagnato dall’immagine di Cloe e Zayn che stavano scendendo sorridenti.
E tu ancora devi buttarlo? Che schifo!” diceva Cloe ridendo.
Zayn scosse il capo e rideva divertito.
Li tengo per ricordo!
Quando mia sorella si accorse che tutto era già pulito e sistemato, smise di ridere e mi guardò dispiaciuta.
Oddio Hope scusami, ti ho fatto fare tutto da sola!” si scusò.
Tranquilla, mi ha aiutato Louis” la rassicurai sorridendo.
Sul divano, mentre Niall guardava la televisione e si scompisciava dalle risate, Liam e Harry fissavano distrattamente il vuoto, con chissà quali pensieri che navigavano nelle loro teste.
Cloe mi rivolse un sorriso compiaciuto, che io ricambiai con un’occhiataccia.
Giochiamo a Uno?” propose Zayn con gli occhi che gli brillavano dall’entusiasmo.
Sii!” rispose subito Cloe enfatica. “E’ il mio gioco di carte preferito!” disse.
Anche il mio!” rispose subito Zayn battendole il cinque.
Liam mi fissò.
Che dici?” mi chiese.
Certo”.
Cloe e Zayn sembravano due bambini che erano appena stati accontentati, lui prese le carte in salotto e si sedettero vicini cominciandole già a distribuire.
Io ero tra Niall, con cui ero complice e Louis, che invece mi divertivo a infastidire
Cambio giro! Vai Hope!” disse il biondino.
Graaaande Niall! Pesca quattro carte, caro”. Stuzzicai invece Louis, che mi guardò in cagnesco.
Sei una bastarda” disse infine sorridendo.
Lo so!” gli dissi soddisfatta.
Harry, acconto a Louis, cambiò di nuovo giro.
Vendicati, amico” gli disse.
Toh, ti ho bloccata
Harry vaffanculo!” gli dissi tirandogli un calcio da sotto il tavolo. Lui scoppiò a ridere.
Ahia, hai colpito me”. disse Liam massaggiandosi il ginocchio.
Oddio scusami!”. Gli dissi e Harry, Cloe e Zayn risero ancora più forte.
Dai ti vendico io”. Mi disse Cloe.
Perché che carte hai?” disse Zayn storcendosi tutto per cercare di sbriciare tra le mani di Cloe.
Vatteneee!” lo allontanò lei.
Il resto della serata andò avanti più o meno sempre così, e ci divertimmo da matti.
Alla fine Zayn vinse quattro volte, Cloe tre, e io e Harry una.
Sappi che questa vittoria la condivido con te. Siamo una squadra”. Dissi con fare melodrammatico a Niall che si fingeva disperato.
Lui mi venne accanto e mi mise un braccio attorno al collo, socchiudendo gli occhi come se stesso scrutando la situazione. Poi puntò un dito contro Louis e Harry.
Hey, voi due! Siamo pari, ma la prossima volta vi stracceremo!” urlò come un pirata che dichiara attacco alla nave avversaria. Scoppiai a ridere.
Louis corse in bagno e tornò poco dopo con un grande secchio di plastica blu sul capo e sbandierando con le mani un manico di scopa in legno.
Qui il capitano sono io, bamboccio!” gridò. Anche Niall prese un manico di scopa e i due cominciarono a lottare accompagnati dalle nostre risate.
Liam e Harry si unirono alla battaglia finale usando due telecomandi come ‘spade’, ma entrambi si buttarono sul divano ridendo poco dopo.
Alla fine Louis scappò al piano di sopra e Niall si prese la vittoria, anche se dopo qualche minuto il castano scese con un improvvisato mantello gridando: ‘TANTO SONO PIU’ FIGO IO!’ mentre l’irlandese non ce la faceva più a ridere per le condizioni in cui si trovava l’amico con un manico di scopa, un bidone in testa e un lenzuolo attorno al collo.
 
Si fecero le undici e mezza e decidemmo che era ora di rientrare. Louis e Niall avevano lasciato in giro per casa i segni della loro devastante lotta e si sentivano le urla di Harry e Liam che ogni tanto dicevano loro di sistemare. Ma, ovviamente, i ragazzi approfittarono di me e di Cloe per sfuggire ai loro doveri.
Siete degli emeriti scostumati! Non vi preoccupate ragazze, non fate caso a loro, vi accompagno io a casa”. Disse infatti Louis.
VENGO CON TE!”. Si aggiunse subito Niall.
Vengo anch’io”. Si accodò Zayn.
Dove ti metti sul cofano? Tu resti qua”. Lo fermò Liam.
Il ragazzo sbuffò e tornò a sedersi.
Voi siete tutti pazzi”. Conclusi ridendo. Poi mi avvicinai a Liam e lo salutai con un abbraccio.
Ciao Liam. Grazie della serata”. Gli dissi.
E di che! Quando volete!” rispose sorridendomi.
Quando andai a salutare Zayn gli lanciai uno sguardo per dirgli ‘sappi che le devi prendere’ accompagnato da un sorriso e lui sembrò capire perfettamente quella frecciatina perché scosse il capo sorridendo e mi sussurò “tranquilla” in un orecchio mentre ci abbracciavamo.
Poi fu il turno di Harry, che mi stava aspettando con un gran sorriso sul volto.
Con lui era sempre più difficile, non capivo perché. Mi avvicinavo nervosa cercando di fare attenzione a non inciampare.
Lui mi prese tra le sue braccia e mi strinse forte a se, prendendomi in contropiede perché non me l’aspettavo. Accadde così velocemente che non ebbi nemmeno il tempo di chiudergli le braccia attorno alla schiena, e dopo ero troppo sconvolta per farlo.
Mi baciò la fronte, poi si allontanò con un sorriso. Io ero ancora sotto shock e non mi mossi.
Cloe probabilmente capì e per non farmi fare la figura dell’idiota mi prese la mano e mi portò all’ingresso. Mi ricomposi giusto in tempo per un “ciao!” generale prima che la ragazza chiudesse la porta.
Louis andò a prendere la macchina mentre Niall rimase a farci compagnia, tenendo un braccio sul collo di Cloe e l’altro sul mio.
Siete carinissime, ragazze! Mi dispiace che la serata è già finita…”. Disse sinceramente dispiaciuto.
Ma verrete un’altra volta, non è vero?” ci chiese.
Entrambe non sapevamo cosa aspettarci dall’indomani, eppure il ragazzo aveva un’aria così dolce che annuimmo quasi all’istante per rassicurarlo. Il sorriso che riempì le sue labbra a quella risposta mi sciolse il cuore.
In macchina, ci scambiammo i numeri di cellulare e ci promise che si sarebbe fatto sentire tutti i giorni.
Louis ne sorrise e disse che invece lui si aspettava che fossimo noi a farci sentire tutti i giorni.
Si, nei tuoi sogni”. Rispondemmo insieme io e Cloe.
Siete perfide, insieme!”. Disse lui, sorridente.
 
Ci ritrovammo fuori casa in meno di venti minuti: Louis correva come un pazzo.
Scesero insieme a noi per salutarci. Niall mi stritolò e mi disse che mi avrebbe aspettato per un’altra partita a Uno.
Louis, invece, mi abbracciò dolcemente e sentii in quell’abbraccio tutto il suo calore. 
Mi sentivo protetta, in quelle braccia, e avrei voluto rimanerci per ancora un po’ di tempo ma, controvoglia, mi staccai e gli sorrisi.
Ciao”. Salutammo infine, prima di chiuderci la porta di casa alle spalle.
 
Entrambe, eravamo totalmente e completamente sconvolte da quella serata che era andata oltre le aspettative.
Wow”. Sussurrò Cloe. Poi si recò in cameretta.
La seguii subito dopo.
Hey, tu. Devi dirmi qualcosa?” le dissi.
Lei mi guardò accigliata.
Zayn… piano di sopra… da soli…
Mi fermò prima che potessi continuare.
Oh, no, no. Non è successo niente” disse ridendo. “Non è successo niente…” sussurrò poi sospirando.
Aspetta un attimo!”. La feci voltare verso di me e la guardai fisso negli occhi con un sorriso malizioso.
Tu speravi che succedesse qualcosa, non è così?”
Lei rise e non rispose. Aveva gli occhi che le brillavano e non riusciva a trattenere il sorriso che le stava illuminando il viso. Continuava a non rispondere.
 Alzai un sopracciglio.
..forse..” disse infine e, svelta, infilò il pigiama e si ficcò sotto le lenzuola.
Io sorrisi scuotendo il capo e feci lo stesso.
E se stesse per innamorarsi?Mi chiese la solita vocina nella mia testa.
Si rispose da sola dopo pochi secondi.
Devo smetterla di essere pessimista. Se si innamorerà, buon per lei. Saranno la coppia più bella di sempre e sono sicura che Zayn la renderà felice. Dopotutto, è tutto quello che ha sempre desiderato, no?
Quei pensieri confusi furono interrotti dalla vibrazione del mio cellulare.
Ero così stanca che decisi che l’avrei letto la mattina seguente.
Presi la stessa decisione anche per il secondo messaggio.
Alla terza vibrazione, presi il cellulare e controllai.
Il primo messaggio era di Niall:
“Buonanotte, mia complice! :) xxx”
Il secondo, di Harry:
“Grazie per essere venuta. Avrei voluto parlarti, ma non ne ho avuto modo. I ragazzi fanno un chiasso incredibile. Sappi che è in programma un appuntamento :) Buonanotte x”.
Avevo forse letto male? Aveva detto proprio ‘appuntamento’? Fui invasa da un calore che improvvisamente si allargò a tutto il mio corpo e sentivo che la forza nelle braccia mi stava venendo a mancare.
Aprii il terzo messaggio:
“Buonanotte, dolce Hope :) Louis.”
Era la prima volta che qualcuno mi assegnava l’aggettivo ‘dolce’. E dolce fu il sorriso che quel messaggio provocò sul mio viso.
 
 
E’ buffo come le cose si sono evolute in maniera completamente diversa rispetto a come le avevamo programmate. In quel periodo ero fermamente convinta che tu e Zayn sareste diventati la coppia perfetta, e invece guardati adesso…
Per quanto riguarda me, non sapevo ancora cosa volevo. Non avevo intenzione di innamorarmi, tantomeno di un cantante, per cui mi limitavo a considerarli la fuga migliore a quella realtà troppo grigia per essere sopportata. Erano la migliore medicina contro il mio passato, seppur non prevedevo alcun futuro. E invece guardami adesso…









Ok ehm... scusate se ci ho messo tanto, come al solito mi manca l'ispirazione :\ Spero che i prossimi verranno meglio...quando la storia si svilupperà, se ci riesco, verrà tutto meglio :)
Grazie ancora a chi legge! c: Ps. perdonate gli errori non mi va di rileggere lol

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 - Hope ***


I giorni successivi trascorsero più o meno tutti allo stesso modo.
Niall mandava messaggi a me e a Cloe tutti i giorni, come aveva promesso. Spesso si lamentava perché aveva fame ma Paul gli vietava di mangiare e ci pregava di portargli qualcosa di nascosto. 
Anche Louis qualche volta mi mandava un messaggio per dirmi cosa stessero facendo. Mi faceva piacere. Notai che sorridevo ogni che volta vedevo il suo nome sul display.
Con Harry, invece, era diverso. Con Harry era tutto più amplificato. Ogni suo messaggio era un battito mancato.
Quella sera pioveva, e mi scrisse che i ragazzi sarebbero andati a giocare a bowling. 

"Quindi... Abbiamo la casa tutta per noi ;)Descrizione: http://static.ak.fbcdn.net/images/blank.gif"

I ragazzi vivevano in quattro case differenti, Louis e Harry erano gli unici a condividere un appartamento, ma era come se la loro fosse la casa di tutti e cinque, dal momento che passavano gran parte della loro giornata li e, quando capitava, restavano anche per la notte.

"E con ciò? Con o senza di loro, non c'è alcuna differenza". 

"Uhm... Se lo dici tu :PDescrizione: http://static.ak.fbcdn.net/images/blank.gif"

"-.- Idiota!" 

"Ahah, dai, a parte gli scherzi. Passo da te tra venti minuti :)Descrizione: http://static.ak.fbcdn.net/images/blank.gif xx"

In meno di un secondo mi alzai di scatto dal letto e sotto gli occhi sbalorditi di Cloe mi ficcai sotto la doccia. 
"Cloe, prendimi qualcosa da mettere! Deve passare a prendermi Harry!" le gridai dal bagno. 
Mi sciacquai velocemente e quando tornai in stanza, trovai sul letto l'abito nuovo che Cloe aveva comprato a Manchester.
"Cosa? No, un vestito no! Dobbiamo stare da lui, niente di che." le dissi e nel frattempo mi misi a rovistare nell'armadio alla ricerca di qualcosa di adatto. 
Cloe richiuse l'anta e mi costrinse a fermare la mia corsa contro il tempo.
"E allora? Non é niente di elegante e secondo me staresti benissimo! Dai, provalo almeno!". Lo prese e me lo porse.
Dopo qualche istante mi arresi e mi decisi a provarlo.
"Mi stai facendo soltanto perdere tempo" sbuffai. 
Indossai velocemente l'abitino rosso che cadeva delicato lungo i miei fianchi. Era semplice, con una leggera arricciatura sul petto e qualche piccola decorazione floreale lungo un fianco. Mi arrivava fino metá coscia. Mi posizionai davanti allo specchio, mentre Cloe mi guardava con aria fiera.
"Sei bellissima". 
In quell'abito non mi sentivo per niente a mio agio, non ero abituata. 
"No, non mi piace, sono ridicola." 
Conclusi subito mentre cercavo di sfilarmelo.
Cloe mi bloccò.
"Ma cosa dici? Ferma, ferma... Fidati di me, per una volta. Sei una meraviglia". 
Poco convinta, lasciai cadere le braccia lungo i fianchi.
Lei prese un paio di ballerine nere e me le porse.
"Tieni, metti queste".
Le indossai e dopo avermi dato un'ultima occhiata allo specchio mi diressi riluttante in bagno per truccarmi.
Circa cinque minuti dopo, squillò il mio cellulare.
"È lui" mi informò entusiasta Cloe mentre me lo porgeva.
Leggere il suo nome sul display mi fece palpitare.
Tremante, afferrai il telefono e risposi.
"Hey".
"Sei pronta?"
"S-Si..." risposi. Mi maledissi per essere così ansimante. Dovevo assolutamente calmarmi. 
"Bene, ti aspetto giù".
"Va bene". E riattaccai.
Pettinai alla velocità della luce i capelli, poi scesi le scale a due a due e andai da Jill.
"Mamma, c'è Harry li fuori ad aspettarmi. Non faccio tardi!" la informai sperando non avesse niente da obiettare. Cloe mi raggiunse a notai che anche lei fissava Jill con aria speranzosa. 
Lei ci guardava accigliata.
"Dopo devi spiegarmi tutto, però". 
Le sorrisi, poi presi le chiavi e, prima di uscire, andai da a Cloe e l'abbracciai forte.
"Ho l'ansia a mille. È normale?"
Quello era il mio primo vero appuntamento e non sapevo cosa aspettarmi. Lei mi strinse forte e sorrise.
"Certo che lo è. Sta tranquilla, andrà tutto bene". 
Senza essere riuscita del tutto a calmarmi, le salutai e uscii.
L'Audi era parcheggiata fuori il vialetto.
Lo percorsi a passo svelto, aprii la portiera ed entrai.
"'Sera" mi salutò il riccio, sorridente. Inaspettatamente mi si avvicinò e mi baciò una guancia.
"Ciao" risposi arrossendo.
Lui sorrise e mise in moto.

Arrivati a casa sua, parcheggiò l'auto e venne persino ad aprirmi la portiera.
"Elegante!" gli dissi mentre scendevo.
"Perchè lo dici con un tono così sorpreso?".
Entrammo in casa e mi disse di accomodarmi in salotto.
Mi sedetti sul comodo divano in pelle bianco, aspettando che il ragazzo posasse la giacca.
L'ansia cominciò ad aumentare, causandomi una morsa allo stomaco insopportabile. 
Finalmente, Harry si adagiò sul divano, portando due lunghi calici e una bottiglia di champagne, che poggiò sul tavolino accanto a noi.
Li riempì entrambi e me ne porse uno.
Gli sorrisi, leggermente imbarazzata.
"Allora... Di cosa dovevi parlarmi?" cominciai cercando di alleggerire la tensione.
Poggiò i gomiti sulle ginocchia mentre con delicati movimenti osservava lo champagne danzare dentro il bicchiere. Ne bevve un sorso prima di parlare.
"Vedi, è... È difficile da dire, io..." non l'avevo mai visto tanto in difficoltà come in quel momento. Sospirò per poi tirare fuori tutto d'un fiato: "Hope, tu mi piaci. E non poco." 
Abbassai il calice che stavo per avvicinare alle mie labbra e rimasi immobile a fissarlo mentre nella testa risuonavano quelle sue ultime parole. 

Tu mi piaci.

Non riuscivo a descrivere esattamente cosa accadde al mio interno, probabilmente perché il mio corpo reagì in così tanti modi diversi da andare in palla. 
Rabbrividii interamente e sentivo nello stomaco uno stormo di farfalle impazzite. 

E non poco.

Avevo il sospetto che di li a poco sarei stata così debole che il bicchiere mi sarebbe scivolato tra le mani, così lo posai sul tavolino. 
Quel mio movimento attirò l'attenzione di Harry che volse il capo verso di me in attesa di una risposta. Io non sapevo cosa dire.
Cosa dovevo fare? Come dovevo comportarmi? Cosa avrebbe comportato?

Oh, al diavolo.

"Non.. Non so cosa dire, io.."
Lui sorrise. 
Poi fissò il verde dei suoi occhi nell'azzurro dei miei. Era uno di quegli sguardi che adoravo tanto, uno di quelli che mi avevano rapita fin dalla prima volta.
Lentamente, avvicinava il suo volto al mio.
"Davvero non te lo aspettavi?" Disse in un sussurro.
Sentivo il profumo del suo alito, a pochi centimetri dal mio viso.
Era sempre più vicino. 
Scossi il capo, lentamente, senza distogliere lo sguardo nemmeno un secondo.
Ancora più vicino. 
"Oh..." sussurrò infine, quando ormai ogni tipo di distanza tra di noi era annullata.
Schiusi gli occhi mentre le sue labbra calde accarezzarono delicatamente le mie, che ardevano a quel contatto. 
Mi baciò dolcemente le labbra mentre, piano, adagiava il suo corpo al mio. Poggiò una mano sul mio viso, carezzandomi dolcemente la guancia e schiuse lentamente le labbra. 
Portai le mie braccia attorno al suo collo e lui, con una mano dietro la mia schiena, mi tirò stretta a se, finchè ogni minima parte del mio corpo era attaccata ad ogni minima parte del suo.
Le nostre labbra si muovevano in simbiosi, come fossero tessere di uno stesso puzzle, combaciavano alla perfezione. 
Le sue mani si muovevano dolcemente tra le ciocche dei miei capelli e lungo la mia schiena che rabbrividiva ad ogni suo passaggio.
Continuava a premere le sue labbra sulle mie, trasportato com'era dal desiderio di assaporarle. 
Io non riuscivo a porre resistenza.

Non volevo. 

Tra le sue braccia mi sentivo amata, desiderata, sentivo che niente intorno a noi aveva senso, esistevamo soltanto io e lui, e i nostri corpi spaventosamente vicini. 
Non eravamo sdraiati. Io mi ero raggomitolata nell'angolo sinistro del divano, appoggiandomi allo schienale, e lui aveva fatto si che il suo corpo si adagiasse al mio.
Come mi sentivo? Qualunque parola usi sarebbe un arrotondamento, un arrangiamento. 
Non conosco termine che riesca a spiegare appieno le sensazioni che provai quella sera.
Amore? Desiderio? Passione? Tutto sembra troppo scontato.
Harry allontanò lentamente il capo, liberando le mie labbra dalla sua dolce prigionia.
Misi le mani sul suo petto mentre lui continuava ad accarezzarmi la guancia. 
Ah… sei bellissima”. Mi sussurrò.
Sotto il mio palmo, qualcosa batteva velocemente, quasi fosse impazzito. Aveva il batticuore anche lui, proprio come me.
I nostri respiri ci solleticavano il viso.
Gli sorrisi piano, poi lo allontanai.
Poteva bastare. Dovevo calmarmi, o rischiavo di sentirmi male.
Harry si mise a sedere accanto a me, mantenendo costantemente quel debole sorriso sulle labbra.
Io ripresi il mio bicchieri e bevvi tutto d'un sorso.
"Ma sei impazzita?" disse lui ridendo.
"Avevo sete!" mi giustificai io.
Si avvicinò di nuovo.
"Eri così emozionata che ti si è seccata la bocca?" mi disse mentre cercava di nuovo di baciarmi. 
Prima che le sue labbra incendiassero le mie, mi alzai in piedi percorrendo con la mano i suoi morbidi ricci. 
"Idiota" dissi, e mi diressi in cucina.
Lui mi segui, con un espressione delusa sul viso.
"Voglio vedere camera tua" gli proposi poi all'improvviso.
Il suo sguardo si accese accompagnato da un sorriso malizioso.
"Non ti facevo così diretta..." disse allargando il sorriso.
"Togliti quell'espressione dalla faccia, stupido. Volevo soltanto vedere camera tua ma direi di evitare. Sei pericoloso". Gli dissi e gli passai accanto per tornare in salotto.
Mi afferrò un braccio e mi attirò a se, circondando la mia vita con le sue braccia.
"Stavo scherzando" mi disse sorridendomi. 
Senza che potessi obiettare, e senza che nemmeno lo volessi, le sue labbra sfiorarono nuovamente le mie.
Quella proposta fu dimenticata, presi com’eravamo l’uno dall’altra.
Stando in piedi, mi risultava più facile abbracciarlo. 
Lo strinsi forte a me mentre mi rubava qualche bacio delicato. 
Le sue mani cinsero i miei fianchi, e sentivo che la mia pelle sotto le sue dita avrebbe potuto prendere fuoco da un momento all'altro. 
Le mie mani, invece, si attorcigliavano in quel groviglio di capelli.
Una delle sue provò a scendere arrivando fino alle maniglie dell'amore, ma gliela presi all'istante e la riportai su.
Gli morsi un labbro per 'punizione'.
"Vedi di non fare il coglione" gli intimai mentre si massaggiava il labbro con la lingua, dolorante.
Mi allontani e mi diressi in salotto.
"Vediamo un film?" proposi prendendo il telecomando e sedendomi comodamente sul divano. Tolsi le ballerine e portai entrambe le gambe sul divano, guardando Harry camminare verso di me.
"Scegline uno" mi disse porgendomi il porta DVD.
"Questo!" sentenziai infine dopo minuti di indecisione.
"Romeo + Juliet, eh?". Sorrise mentre inseriva il disco nel lettore. 
Poi si venne a sedere accanto a me e mise un braccio sulla mia spalla, facendomi avvicinare ancora di più. Io appoggiai il viso al suo petto. Mi prese una mano e la tenne stretta per tutta la durata del film. 

Per quanto fosse sdolcinato, ricordo che Harry lo rese assolutamente comico. Non smetteva di prendere in giro gli attori e ogni tanto faceva qualche pessima battuta che mi costringeva ad allontanarlo da me, e poi era guerra per riavvicinarsi. Soltanto sul finale, mi permise di prestare attenzione al film. Ne fui talmente presa che quasi dimenticai la presenza di Harry accanto a me.
Avevo portato le ginocchia al petto e poggiato su di esse la testa, attenta a non perdermi nemmeno un particolare.
Inevitabilmente, non riuscii a trattenere le lacrime che cadevano lente lungo il mio viso quando Giulietta si accasciò accanto a Romeo. Solo in quel momento notai che Harry mi aveva fissata per tutto il tempo, senza degnare di uno sguardo la televisione. Io ero il suo film. 
Quando notò le mie lacrime mi sorrise intenerito. 
Cercai di coprirmi il volto per non farmi guardare ma lui mi fece sollevare il capo e mi rivolse un altro di quei sguardi. Profondi, da togliere il fiato.
"Sembra... Sembra di essere al concerto, a vederti piangere per noi..." sussurrò in un bisbiglio.
Spalancai gli occhi. Non mi aspettavo che dicesse quelle cose. Non mi aspettavo che avesse notato quelle lacrime. 
"Vederti piangere per una nostra canzone è stata l'emozione più grande che abbia mai provato in tutto il tour, Hope. Quelle lacrime erano intrise di contraddizioni, lo percepivo persino io. Percepivo che volevi ricacciarle dentro. Eppure eri così... Io, ero così felice per quelle lacrime. Significava che ti avevamo trasmesso qualcosa. Significava che ci stavi ascoltando col cuore. È stato indescrivibile vederti piangere sulle note della mia voce...
Concluse il discorso con un sorriso nostalgico, forse ricordando cosa provò quella sera. Lo ricordai anch'io, e nonostante stessi lottando con tutta me stessa per non farlo, scoppiai a piangere. 
Harry, dispiaciuto, mi strinse forte a se.
"Scusa, non volevo..."
Non gli diedi risposta perché i singhiozzi che scuotevano il mio corpo erano troppo frequenti per permettermi di parlare.
Non dicemmo una parola per tutto il tempo, e lui non sciolse mai l'abbraccio. Mi restò accanto a tranquillizzarmi finche non riuscii a calmarmi. 
Non so perché scoppiai. Forse perché ripercorsi quei giorni e poi collegai cosa mi era appena accaduto ed era successo tutto così velocemente, così inaspettatamente... 
Non volendo più tornare su quel discorso per paura di crollare di nuovo, guardai l'orologio. Era mezzanotte e io dovevo tornare a casa. 
Rimisi le scarpe e Harry prese le chiavi e infilò la giacca. Quando ci avvicinammo alla porta per uscire, questa fu aperta da qualcun altro all'esterno. Niall, Liam, Louis e Zayn erano appena rientrati e ci fissavano dubbiosi. Poi collegarono. Niall, Liam e Zayn sorrisero rivolgendo frecciatine a Harry, Louis invece guardò me, senza lasciar trapelare alcun tipo di emozione.
"Ciaaaaaao Hope!" mi saltò addosso Niall entusiasta. 
"Heeey" lo salutai altrettanto contenta.
Lo stesso con Liam e Zayn. 
Louis mi rivolse un debole sorriso, ma non mi abbracciò come invece avevano fatto gli altri tre. 
"Ciao, Hope" si limito a dire.
Ero confusa. Perché si era comportato così? Avevo fatto qualcosa? Non avevo risposto ad un messaggio, forse?
Mentre uscivamo, presi il telefono per controllare. Niente.
Gli passammo accanto e Harry mi prese la mano per fermarmi. Poi si rivolse a Louis che stava varcando la porta. 
"Non addormentarti. Dobbiamo parlare" gli disse.
Il ragazzo annuì, poi richiuse la porta.
Una volta in macchina, provai a chiedere a Harry se fosse successo qualcosa a Louis, ma lui non rispose e cambiò discorso.
Poi, dopo qualche minuto di silenzio, riprese a parlare.
"A proposito... Mi spieghi una cosa?" disse.
Annuii, delusa per non aver ricevuto risposta.
"Dimmi".
"Al primo concerto... Ero stato così romantico da dedicarti il mio assolo di 'moments' e tu che fai? Scappi? Che ti prese? Ci rimasi davvero male, sai..." assunse una finta espressione da cane bastonato e io scossi il capo.
Eravamo arrivati a casa mia. 
"Magari ne parliamo un'altra volta.. Buonanotte"
Stavo per aprire la portiera quando il ragazzo mi tirò a se e mi diede un bacio sulle labbra. 
"Buonanotte". Sussurrò.
Scesi dall'auto e arrivai correndo alla porta d'ingresso. 
Aspettai che l'auto sparisse dalla vista, poi, finalmente, entrai. 


Mi stavate aspettando sveglie, tu e Jill, davanti ad un enorme vaschetta di gelato. Cercare di scappare risultò inutile. Vi raccontai tutto e i tuoi occhi, Cloe, brillavano di felicita. 
Ricordo un'altra volta soltanto di aver visto quello sguardo nei tuoi occhi, un'altra e basta. Quando ti diedi quella notizia
Dimmi, Cloe. Se adesso mi presentassi davanti casa tua, rivedrei di nuovo quegli occhi scintillanti? Li faresti ancora, per me?

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 - Hope/Cloe ***


Quella notte, Louis non inviò nessun messaggio, come invece era solito fare tutte le sere per augurarmi la buonanotte. 
Allora gliela mandai io per prima, ma non rispose e mi addormentai pensando che forse era già crollato.
Il mattino seguente controllai il cellulare appena aprii gli occhi.
Due messaggi. 
Avevo già idea di chi potessero essere e mi dispiacqui di non vederne un terzo.
Come previsto, Niall e Harry mi avevano augurato il buon giorno.
Il pensiero che Louis fosse arrabbiato con me non mi abbandonò nemmeno un secondo nel corso della giornata. 

Quel giorno i ragazzi avevano un intervista per cui io e Harry non ci potemmo vedere e non ebbi nemmeno modo di chiedergli spiegazioni, sempre se le avesse. 
La mia attenzione fu poi attirata dal cellulare di Cloe che vibrava ogni due minuti.
Erano giorni che non faceva altro che smanettare continuamente con quel telefono e cominciai a insospettirmi.
Oltretutto, ero rimasta indietro e non sapevo se con Liam le cose si erano fatte più... interessanti.
Anche se, l’altra sera, notai un certo feeling tra lei e Zayn...
Non potendomi dare una risposta da sola, decisi di semplificarmi le cose chiedendo direttamente a lei.
"Parecchio ricercata, eh?" le dissi sorridendole.
Lei rise e fece spallucce.
"Chi è, Liam?"
"No, è Zayn". Disse lei mentre rispondeva ad un altro sms.
"E...?" dettagli, volevo i dettagli!
"E cosa?" fece lei accigliata.
"Eddai, lo sai! Come procedono le cose? Ti ha già chiesto di uscire?" lei rise e scosse la testa.
"Ma no... Siamo solo amici!" disse continuando a sorridere. Ma la conoscevo troppo bene per lasciarmi confondere da un finto sorriso.
Mi sedetti accanto a lei e parlai solo quando mi guardò negli occhi.
"Hey, guarda che con me puoi parlare... Lo so bene che ti piace. L'ho capito da come ne parli". 
Il sorriso della ragazza fu sostituito da un espressione dispiaciuta, quasi afflitta.
Abbassò lo sguardo sulle sue mani.
"Io credo... Credo di non piacergli" disse con voce spezzata.
Il solo pensiero che potesse essere vero, che Zayn potesse non ricambiare i sentimenti di Cloe, mi faceva male.
"Ma come? Sembrava così preso da te..." cercavo di consolarla, ma il punto era che non conoscevo le intenzioni del ragazzo e quindi non sapevo come comportarmi.
"Ma infatti lo è... Ieri mi ha detto che sono l'amica migliore che abbia mai avuto..." disse lei, curvando un angolo della bocca in un sorriso intriso di tristezza. 
Ecco, a quel punto il cuore mi si era completamente spezzato.
Amare qualcuno che ti considera niente più che un'amica è quanto di più doloroso esista in questo mondo.
Avrei voluto confortarla, avrei voluto dirle che le cose sarebbero migliorate col tempo, ma non conoscevo la situazione e non volevo illuderla.
Continuava a tenere lo sguardo fisso sulle sue mani mentre le si inumidivano gli occhi. 
Mi avvicinai e quando l'abbracciai scoppiò a piangere tra le mie braccia.
Vederla così mi devastava.
Perché cazzo doveva innamorarsi proprio di Zayn? Eppure Liam era stato così carino..
Mi resi conto ancora una volta su quanto l’amore fosse un bastardo.
Quando si fu calmata le asciugai le lacrime e le alzai il viso per poterla guardare negli occhi.
Hey, ascoltami.. Vuoi davvero qualcuno che colleziona assorbenti?” le dissi per sdrammatizzare. Fui felice di averle strappato un sorriso.
Ma ti pare che ce l’aveva davvero? Mi ha fatto vedere tutti i biglietti più strani che le fan hanno lanciato sul palco” mi disse sogghignando.
Ah davvero? E pensare che son stata spaventata da lui per tutta la serata!” dissi ridendo insieme a lei.
Poco dopo, il mio cellulare mi vibrò in tasca.

"Hey, qui è una palla. Abbiamo finito la nostra intervista ma non vogliono lasciarci andare. Sarà che vogliono tenere alti gli ascolti, sai... La nostra presenza fa la differenza! lol Tra pochi minuti riprendono con le riprese. Io e Liam siamo dietro e pensiamo di riuscire ad uscire senza farci vedere da Paul. Che ne dici se passiamo a prendere te e Cloe tra venti-trenta minuti?"

Rimasi a fissare il telefono, sbalordita.
Era Louis.
Mi aveva trattata con superficialità la sera precedente, non aveva risposto ai miei messaggi e ora parlava come se non fosse successo niente? 
Cloe, che nel frattempo si era calmata e il suo umore si era tirato su dopo aver letto il messaggio, mi guardava accigliata mentre digitavo nervosamente i tasti.
"C'è qualcosa che non va?" chiese.
"Assolutamente" risposi altrettanto nervosamente.

"Vi aspettiamo a casa. Non c'è nessuno. Non cacciatevi nei guai." 

Scrissi. Fredda e arrabbiata.

Venticinque minuti dopo, qualcuno suonò alla porta.
Andai ad aprire io.
Spalancai la porta e mi ritrovai davanti l'Oceano Pacifico. Per un momento pensai che quegli occhi erano troppo belli per ricevere un rimprovero, ma poi ripensai alle infinite preoccupazioni e agli innumerevoli complessi che mi avevano causato.
Senza pensarci due volte, gli tirai uno schiaffo in faccia.
"Sei. un. IDIOTA!" gli urlai contro.
Liam, dietro di lui, fece una smorfia di dolore al posto suo.
"Ah, ciao Liam, scusami. Cloe è dentro" gli dissi accennando un momentaneo sorriso, che sparì non appena tornai a fissare Louis.
L'altro ragazzo superò quest'ultimo e io mi spostai per lasciarlo passare.
"Ciao, eh" disse con aria divertita. Poi andò in cucina.
Louis si stava massaggiando la guancia con la mano, con le sopracciglia inarcate che lasciavano intendere la frase che pronunciò poco dopo: "cosa ho fatto?" 
La mia rabbia aumentava sempre di più. 
"COSA HAI FATTO? PENSAVO CE L'AVESSI CON ME, ECCO COSA! IERI A MALAPENA MI HAI GUARDATO E NON HAI RISPOSTO AI MIEI MESSAGGI."
"Perché, quanti me ne hai mandati?" disse accigliato.
Sembrava non accorgersi della gravità della cose e questo mi irritava ancora di più.
"Uno, ma è lo stesso!
Lui rise e quando notò che ero così arrabbiata da poterlo prendere di nuovo a schiaffi, si schiarì la gola e tornò serio.
"Scusami, hai ragione.. Non pensavo l'avresti presa così a male. Ieri mi sentivo poco bene, tutto qua. E il messaggio l'ho letto stamattina."
"Potevi rispondere comunque!" replicai.
"Scusa..." ripetè, e mi rivolse un sorriso implorante.
"Mi perdoni?" disse con una tenera vocina, facendo gli occhi dolci e sporgendo il labbro inferiore.
Era così tenero che l'avrei voluto prendere a morsi.
Mi arresi e sorrisi, facendo crollare la postura dura che avevo assunto per sembrare più arrabbiata.
"Rimani comunque un idiota!" gli dissi ridendo, prima di abbracciarlo.

Entrammo in casa e trovammo Cloe e Liam che ridevano scherzosamente. Non si erano accorti che eravamo rientrati.
"Io direi di lasciarli soli..." bisbigliò Louis. 
Annuì distratta, ripensando alle parole di Cloe di poco prima.
"Vieni" gli presi la mano e lo portai nel retro della casa.
Li dietro avevamo un piccolo giardinetto, un tavolino e delle sedie in plastica, e un'amaca.
Il ragazzo si buttò immediatamente su quest'ultima, portando le mani dietro la testa e incrociando le gambe.
"Ohh, si sta benissimo" commentò soddisfatto.
Lo sai che se si accorgono che mancate è un macello, vero?” cercai di farlo ragionare.
Tranquilla, Harry ha detto che ci copre lui” disse lui e si accorse del movimento impercettibile che feci con la testa appena pronunciò quel nome, senza nemmeno rendersene conte. Ne sorrise.
Gli presi le gambe e gliele spostai, accomodandomi anch'io sull'amaca, seduta.
Non sa che siamo qui… Harry, intendo”. Disse, tenendo gli occhi chiusi, completamente rilassato.
Altrimenti avrebbe voluto venire anche lui. Scusa, non era in programma…
Scossi lentamente il capo.
Non preoccuparti. Sopravviviamo senza vederci” dissi. “per un giorno” aggiunsi subito dopo sperando non si accorgesse della discontinuità della frase. In realtà la prima frase, così, da sola, mi spaventava da morire. Lui sghignazzò.

Non so perché, ma stare con Louis mi faceva sentire perfettamente a mio agio. Non pensavo 'sto con uno dei One Direction’, no, semplicemente pensavo 'sto con Louis Tomlinson'. E stavo bene.
Il senso di normalità era la cosa che adoravo di più in lui.
"Dio quante cose sono cambiate..." disse poi interrompendo i miei pensieri.
"Eh?" dissi. 
A cosa si riferiva? Ci conoscevamo da nemmeno tre settimane.
"Scusa, pensavo a voce alta..." disse lui sorridendo.
"No, continua... Cosa è cambiato?"
"Io". Disse poi, serio, tenendo lo sguardo dritto davanti a se.
"Spiegati..." 
"Non l'hai notato? Voglio dire: ti sembro forse lo stesso ragazzo dei video diari?"
Mi chiese, distogliendo lo sguardo dal cielo e rivolgendolo a me.
Argh, temevo che prima o poi sarebbe successo. Ovviamente si aspettavano che sapessi tutto di loro, come ogni fan che si rispetti.
Peccato che io non ero mai stata loro fan e non sapevo nemmeno cosa fosse un video diario.
"Ehm... Non lo so, non li ho mai visti".
Louis scoppiò a ridere.
"Ma come, non hai mai visto i video diari? Ma che diavolo di fan sei?" diceva continuando a ridere prendendomi in giro.
Lo guardai in cagnesco.
"Non ho mai detto di essere vostra fan"
"E i due concerti li hai visti perché non sapevi che fare?
"Ho solo accompagnato Cloe.."
"Oh be', non dirlo a nessuno allora. Se le nostre ragazze lo venissero a sapere ti scannerebbero viva... ‘I One Direction che portano a casa loro una ragazza che non ha nemmeno mai visto un video diario’. Uhm, non so chi dei sei farebbero prima fuori" continuava a ridere mentre io sorridevo ripensando a come aveva chiamato le loro fan.
Le nostre ragazze,aveva detto.
Doveva esserci un qualcosa di davvero profondo che legava loro alle fan.
Qualcosa di meraviglioso.
Ripresi il filo del discorso. Ero curiosa di conoscere il loro e il suo passato.
"Dai, raccontami di questi video diari".
"Non c'è molto da raccontare... Sono dei video che facevamo mentre eravamo nella casa di XFactor.."
"Aaaahh quelli sulle scale?" lo interruppi. Lui annui
Certo che potevano darvi qualcosa di più decente.. sembravate barboni”.
Scoppiò di nuovo a ridere.
"Continua" mi scusai poi.
"Dicevo, facevamo questi video in cui rispondevamo alle domande che ci facevano le ragazze. E, credimi, ero un emerito idiota. Non c'è video in cui non faccia qualcosa di altamente stupido o mi metta ad urlare cose senza senso..." parlava con un sorriso nostalgico sul viso.
Però mi divertivo, mi divertivo un sacco. Ero… io”. Notai dalla sua espressione che gli mancava quel Louis.
"Ora sei diverso? Più maturo, forse?"
Accennò un sorriso.
"Fidati, assolutamente no. Sono esattamente la stessa stupida persona di due anni fa. Solo più.. ‘controllato’" pronunciò l’ultima parola storcendo le labbra.
"Come controllato?"
Tirò un sospiro e si mise a sedere.
"Facevo decisamente troppo chiasso, diciamo così, e la gente che ci sponsorizza si lamentava perché aveva paura di far arrivare un messaggio sbagliato, che ci avrebbe screditato agli occhi di un pubblico un po’ più adulto"
"Immaturità" mi intromisi.
"Esatto" annuì lui. "Così mi hanno detto di provare ad essere più.. serio"
"Dovevi opporti. Non possono cambiare quel che sei"
"Non avrebbe avuto senso. Io sono un personaggio pubblico, devo fare ciò che piace al pubblico. E ho ricevuto parecchi… commenti negativi a proposito…”
Parlava con un finto sorriso sulle labbra e lo sguardo perso nel vuoto.
Tipo..?”
Stupido, immaturo, qualcuno arrivò persino a darmi del ritardato”. Fece un ghigno.
Ma sono…spietati!” dissi io. Lui fece spallucce.
In tutto ci sono pro e contro. Dovevamo essere pronti ai complimenti così come alle critiche e agli insulti. E’ routine, ormai”.
Non risposi, riflettendo su quanto aveva appena detto. Chissà quante brutte cose avevano detto sul loro conto. Chissà come dovevano sentirsi, leggendole.
Voglio dire, se io stessi antipatica a qualcuno, probabilmente nemmeno lo saprei.
Ma loro… venire insultati pubblicamente, da gente che nemmeno conosci e con cui non puoi nemmeno difenderti… doveva essere terribile.
Voglio vederli. I video diary”. Dissi all’improvviso, interrompendo i suoi pensieri.
Mi fissò e scosse la testa.
No, scordatelo”.
Perché?”
Perché ero troppo stupido!”
Eri tu, no? E comunque li vedrei lo stesso appena vai via, quindi…
Si arrese e mi lasciò rientrare senza porre resistenza.
Andai in cucina, dove Cloe e Liam stavano tranquillamente chiacchierando, e Louis mi seguì subito dopo.
Cloe, voglio vedere i video diari dei ragazzi”. Dissi.
Liam spalancò gli occhi, stupito.
Eh?” disse.
Si, non li ho mai visti. Voglio vederli” sorrisi e incitai Cloe a fare presto. Non vedevo l’ora di vederli.
Lei si alzò subito e andò a prendere il portatile.
Ma che cazz…?! Non hai mai visto i video diari?” anche lui, come Louis, scoppiò a ridere.
Fa strano, vero?” disse Louis, accompagnando l’amico.
Si, ok, non siete mica il centro del mondo, belli”. Feci io volgendo loro le spalle, scuotendo i capelli aria di sufficienza, scherzando.
D’un tratto, sentii qualcuno aggrapparmi da dietro. Le forti braccia di Louis mi immobilizzarono in una stretta, uno sotto al seno e l’altro sui fianchi.
Restai per qualche secondo sotto shock, poi risi.
Chiedi a qualsiasi nostra fan” mi sussurrò lui in un orecchio, con un ghigno.
Queste tue ‘fan’ ti hanno fatto montare troppo”, sforzandomi un po’ riuscii a liberarmi da quella morsa e gli feci una linguaccia mentre mi accomodavo sul divano accanto a Liam e Cloe.
Lui rise e fece altrettanto.
 
Guardammo i filmati, e io risi dal primo fino all’ultimo. Erano davvero completamente idioti, tutti e cinque. Per non parlare di Louis, delle sue stronzate e delle sue grida isteriche.
Mi piaceva, come persona. Era una di quelle in grado di metterti il buonumore nonostante ti stesse cadendo il mondo addosso.
Riuscii a capire anche te, Cloe. Capii come avessero fatto i ragazzi a renderti una persona così solare.
Mi venne da pensare che se l’avessi conosciuti anch’io qualche anno prima, forse la mia vita non sarebbe stata così spenta.
 

Pov. Cloe 

Oh, merda. Si sono accorti che non ci siamo e Paul è furioso. Zayn ha detto che volevano farci una domanda ma poi non ci hanno trovati in studio. Harry ha detto che forse ci eravamo andati a riposare. Ma che cazzo gli esce? Dormire nel bel mezzo di un’intervista?” scoppiò a ridere Louis.
Anche Liam rise, così tanto che quasi piangeva.
Chissà come se la sono cavata!”
Immagino che Niall abbia detto una delle sue per sdrammatizzare!” mi intromisi io.
Sicuramente!” risero i ragazzi.
Dai, è meglio andare. Ci si vede!” ci salutò Louis.
A presto!” fece Liam.
Ancora che ridevano, si chiusero la porta alle spalle.
Tirai un sospiro e mi accasciai sul divano, confusa.
Dopotutto era stata una bella giornata, Liam mi aveva fatto star bene. Mi chiedevo perché continuavo a sperare che fosse stato Zayn a venirli a prendere.
Mi risposi da sola pochi istanti dopo: volevo vederlo, ecco perché.
Pensai ad una sola persona che avrebbe potuto chiarirmi le idee in quel momento. 
"Hey, Hope, hai già dato la grande notizia ad Alex?"
Lei stava masticando il suo cornetto quando mi rispose.
"Che notizia?" mi chiese stupita.
"Tu ed Harry!" dissi come fosse la cosa più ovvia del mondo.
Si immobilizzò col boccone ancora in bocca.
"Oh cazzo è vero!" disse poi.
"Che ne dici se lo andiamo a trovare?
Lei annuì e digitò qualcosa al cellulare.
"Comincia a prepararti che andiamo".

Una volta pronte, lasciammo un biglietto a Jill e ci avviammo verso Westminster.
Alex viveva da solo in un piccolo appartamento al centro della città. Lavorava come assistente in uno studio legale che gli permetteva di mantenersi e pagarsi gli studi all'università. 
Quella era come una seconda casa per Hope. Ricordo che l'anno prima ci passava giornate intere, anche quando magari Alex era a lavoro. Lei si occupava della casa, gli preparava da mangiare e gli lavava e stirava i vestiti perché si sentiva in debito per tutte le volte in cui il ragazzo le aveva 'salvato il culo', come disse lei, nonostante Alex le ripetesse che non ce n’era bisogno. Forse il motivo per cui le permetteva di ‘prendersi cura di lui’ era che così poteva tenerla occupata e soprattutto sotto controllo.  
Alex non fu affatto sorpreso di vederci, ci salutò e ci lasciò entrare.
Mi accomodai al tavolo mentre Hope si preoccupò di preparare un caffè. 
"È successo qualcosa?" chiese il ragazzo mentre ci raggiungeva in cucina.
"Ah niente di che..." abbozzò Hope.
Io mi schiarii la gola e sorrisi.
Alex mi guardò incuriosito.
"Io non lo definirei proprio 'niente di che'" dissi.
Hope mi lanciò uno straccio in faccia e io risi.
"Mi spiegate di cosa state parlando?" sospirò Alex.
"Zitta tu, voglio dirglielo io" mi fermò Hope prima che potessi spiattellare tutto.
Portò il vassoio sul tavolo con le tre tazze di caffè e ne bevve un sorso prima di parlare.
Alex attendeva.
"Ok, uhm.. Hai presente il ragazzo di cui ti ho parlato l'ultima volta?
"Harry Size, li?
Scoppiai a ridere e per poco non sputai.
"HARRY SIZE? Ma come cazz...?" non riuscii a finire la frase perché ridevo troppo.
"Ma cosa prendi per il culo, tu?" fece Alex ridendo, tirandomi una ciocca dicapelli.
"Vabbe, comunque, si, lui. Harry Styles".
"Styles, giusto. E allora?"
"Beh ecco... ehm..." 
"Hanno passato la notte insieme" la interruppi io, con una finta espressione seria.
Alex guardo stupito mia sorella.
"Alla faccia, di già? Ti sei data da fare!" non riuscii a trattenere un'ennesima risata davanti al tono di voce di Alex e alla faccia di Hope.
"Ma che cazzo dici! Quale notte! Lasciala perdere, non è vero" si giustificò lei guardandomi in cagnesco.
"Guarda che non c'è bisogno che ti giustifichi. Sono cose che capitano". Hope gli tiro una sberla.
"Idiota io sono ancora vergine!" precisò subito.
Credo che sarei potuta scoppiare, talmente ridevo. Avevo le lacrime agli occhi, e come me anche Alex.
Dai, stiamo scherzando… Allora, è andata? È ufficiale?” tornò poi serio.
Beh… credo di si. Voglio dire no, non è ufficiale ma si, è andata”.
Alex sorrise.
Spero andrà tutto bene. Te lo auguro con tutto il cuore”.
Hope si alzò per posare la sua tazza nel lavandino.
Ah si?” disse con aria severa.
Eppure l’ultima volta sembrava volessi mangiarmi”. Gli rimproverò.
Alex sogghignò.
Avevo solo paura che le cose non si sarebbero messe bene…” Hope tornò a sedersi sospirando.
Non è ancora detta l’ultima parola. Speriamo bene…” lasciò in sospeso quella frase mentre si perse nei suoi pensieri.
Lo squillo del mio cellulare mi fece ricordare di dover parlare ad Alex.
Ah, a proposito Alex… ho bisogno di chiederti un consiglio…”
Ma certo, dimmi pure”.
Pft. Con me non sei mai stato così gentile”. Fece Hope alzandosi e dirigendosi verso il divano.
Alex alzò lo sguardo al cielo mentre Hope accese la televisione.
Poi tornò a me.
Io ero completamente imbarazzata, non sapevo come esporre la cosa. Poi mi venne un’idea.
Se tu fossi innamorato di Hope…
Eh?” disse accigliato.
E’ per fare un esempio. Se tu fossi innamorato di Hope, e sapessi che tu per lei sei solo il suo migliore amico…come ti comporteresti?
Ci pensò un po’ su, prima di parlare.
Le voglio troppo bene per fare l’egoista. La cosa migliore immagino sarebbe allentare il rapporto, ma questo gioverebbe soltanto a me. Lei sarebbe persa, su questo ci metto la mano sul fuoco. Per cui le rimarrei vicino finchè la cosa non passa, e a quel punto diventa tutto più facile… ma stiamo parlando di me e Hope, e la cosa è parecchio particolare.
Tu a chi ti riferisci?
Gli raccontai tutto quello che era successo negli ultimi giorni. Gli raccontai della pizza, di come mi avesse trascinato al piano di sopra, dei messaggi.
Lui mi lasciò parlare e quando ebbi finito fece il punto della situazione.
Beh… se ti ha detto che sei la sua migliore amica, allora vuol dire che ti reputa la sua migliore amica. Non avrebbe senso dirlo se cercasse qualcosa in più da te… mi spiace. Però è… come dire, molto sicuro di sé. Il fatto che ti abbia portato in una stanza, voi due da soli, è… strano. Insomma, quando non c’è troppa confidenza e ci si ritrova da soli in stanza con qualcuno, c’è imbarazzo, mi pare ovvio. Ma da come mi hai raccontato, sembrava piuttosto tranquillo. Come se sapesse già che le cose con te sarebbero dovute andare così. Pensi abbia un motivo per non aver mai pensato a te come sua possibile ragazza?”
Provai a pensare a qualcosa, ma non mi venne in mente niente. Probabilmente perché ero scossa dalle parole di Alex. Temevo da quando avevo pensato a lui di sentirmele. Tagliavano come lame. Ma se avevo deciso di parlargli era perché lui diceva le cose come stavano e io avevo bisogno di aprire gli occhi, altrimenti si sarebbe soltanto peggiorata la situazione.
Scossi la testa e lui alzò le spalle.
Mi dispiace. Ma, hey, sei una bellissima ragazza e soprattutto una splendida persona. Troverai di meglio, ne sono sicuro”. Mi rassicurò con un sorriso.
Ricambiai, seppur il mio fosse un sorriso forzato.
 
In quel momento avrei tanto voluto piangere, ma dovevo smetterla di fare la bambina. Avevo diciassette anni ormai e stavo per compierne diciotto. Dovevo affrontare quella situazione da persona matura, proprio come avresti fatto tu, Hope.
“Troverai di meglio, ne sono sicuro”. Alex ci prendeva sempre, eh? Ci aveva scommesso fin dall’inizio. Sia su di me che… su di te.






VI PREANNUNCIO UNA COSA: DAL PROSSIMO CAPITOLO, LE COSE COMINCERANNO FINALMENTE A FARSI INTERESSANTI, PROMESSO. SCUSATE SE MI SON DILUNGATA, E' LA MIA PRIMA FF E INVECE DI ABOLIRE I PARTICOLARI, LI HO INSERITI TUTTI NEMMENO STESSI SCRIVENDO UN LIBRO LOL 
GRAZIE A CHI, NONOSTANTE TUTTO, CONTINUA A SEGUIRE LA FF. VI ADORO *w*

Ripeto che sono @Whodoutihnkiam_ su twittah, se mi seguite e mi dite che siete voi ricambio subitisismo :3

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Capitolo 21
*** Capitolo 20 - Hope ***


Due settimane dopo.
 
Temevo l’arrivo di quel giorno da un mese a questa parte.
Ed era arrivato. Inesorabile, rivoltandomi contro le paure che mi scuotevano ogni giorno.
Prevedevo che quella sarebbe stata una giornata di merda da quando Harry, come buongiorno, mi scrisse che doveva parlarmi. E questo bastò a preoccuparmi fin quando, nel pomeriggio, venne a casa. Cloe aveva convinto Jill ad andare a fare shopping, lasciandomi la casa libera.
Chiesi ad Harry di cosa dovesse parlarmi appena varcò la soglia, ma lui non rispose e cambiò discorso. Le tre volte successive, mi distrasse con tre motivi diversi e alla fine mi arresi, aspettando che fosse lui a mettere in mezzo il discorso.
Forse aspettava il momento giusto. Già, il momento giusto per cosa? Credevo di poter impazzire nell’ansia di conoscere ciò che stava per dirmi.
 
Se avessi saputo cosa mi aspettava, forse avrei trascorso quella giornata con lui senza accennare nemmeno una volta all’argomento. Ma per il momento, ero impaziente.
 
Eravamo in camera mia, seduti sul letto, appoggiati contro al muro laterale.
Harry, mi stai facendo preoccupare sul serio. Di cosa devi parlarmi?” ripetei per la quarta volta. Sapeva come zittirmi. Mi fissò avvinghiando il suo sguardo al mio, e poi il resto del suo corpo fece lo stesso.
Mi baciò con una passione che non aveva mai usato prima, stringendomi forte a se.
Dimenticai del tutto la mia domanda, persa com’ero in quel groviglio di emozioni.
Mi spinse lentamente indietro, facendomi scivolare sul letto e ponendosi sopra di me, senza staccare nemmeno una volta le sue labbra dalle mie.
Il cuore stava per uscirmi dal petto e le gambe mi tremavano così tanto che non riuscivo più a controllarle.
Passò una mano dentro la maglietta, carezzandomi lungo tutto il fianco, facendomi rabbrividire.
Con la mano che tenevo poggiata sulla sua nuca, strinsi forte i riccioli castani, per fargli capire che non doveva andare oltre, ma lui non sembrò accorgersene.
Avrei voluto staccarmi, avrei voluto alzarmi e ricompormi, ma non riuscivo a trovare le forze.
Ottenni l’esatto contrario e lo strinsi ancora più forte a me, come se avessi paura che qualcuno o qualcosa potessero portarmelo mia.
Poi, lentamente, interruppe il bacio poggiandosi sulle mani per allontanare leggermente la testa e potermi guardare negli occhi.
Le mie braccia rimase intorno al suo collo.
Notai nei suoi occhi qualcosa di diverso, come se fossero spenti, scuri. Non era normale.
Un groppo sullo stomaco mi faceva respirare affannosamente.
Hope”. Pronunciò il mio nome scandendo per bene ogni lettera. Nel silenzio della casa, la sua voce sembrava quasi risuonare. Non risposi.
Mi mancherai”. Aveva la voce spezzata, ma non distoglieva lo sguardo dal mio e non muoveva un muscolo.
Le mie braccia, invece, caddero lungo il mio corpo.
Se fino a poco prima il mio respiro era diventando irregolare, a quel punto cessò del tutto.
Il groppo salì fino alla gola e mi sentii quasi soffocare.
Non riuscendo a pronunciare alcuna parola, mi limitai ad un espressione che era insieme domanda e dolore.
Harry sospirò e si mise a sedere dov’era prima. Anch’io mi sistemai, appoggiandomi però allo schienale del letto.
Sentivo gli occhi pizzicare e gambe e braccia pesanti.
Domani partiamo per il prossimo tour… Sei mesi”.
A quel punto non riuscii più a controllarmi e una lacrima mi scivolò lungo la guancia.
Sapevo che prima o poi quel giorno sarebbe arrivato, allora perché l’avevo presa così male?
Perché non riuscivo a muovermi, né a parlare… né a respirare?
“sei… sei mesi?” sussurrai, senza voce.
Lui inarcò le sopracciglia e annuì.
Mise i gomiti sulle ginocchia e appoggiò la fronte alle mani.
Sapevamo entrambi che la lontananza ci avrebbe distrutti.
Lettere e messaggi non avevano senso se non potevamo abbracciarci.
Io avevo bisogno della sua presenza. Di stringerlo forte quando avevo freddo, di prenderlo per il culo quando volevo ridere, di fare l’offesa quando volevo farmi abbracciare e sentirmi amata.
Avevo bisogno di lui.
Tirai a me le gambe e appoggiai la testa sulle ginocchia. Non piansi, quella fu l’unica lacrima che uscì dai miei occhi.
Rimasi semplicemente immobile in quella posizione per minuti interminabili, allo stesso modo Harry non mosse un muscolo esattamente come me,
Sentivo il suo respiro irregolare e perfettamente sincronizzato col mio.
Probabilmente non ero nemmeno in grado di piangere, probabilmente rimasi così sconvolta da non riuscire ad esternare alcuna emozioni. Solo non mi aspettavo di reagire così. Solo, avrei voluto essere più forte da sopportare quella situazione.
Riuscii a percepire i movimenti di Harry che, senza dire una parola, mi si avvicinò e mi baciò la testa. Io rimasi inerme mentre si allontanava sempre più, finchè udii la porta chiudersi e qualcuno percorrere le scale.
Non so perché andò via, però ne fui contenta. In quel momento volevo soltanto stare da sola.
Essendo stata la mia prima relazione, avevo dato tutta me stessa fin dal primo momento.
Ogni singolo bacio, ogni singola carezza, ogni singolo abbraccio erano sentiti con ogni centimetro del mio corpo e od ogni millimetro quadro del mio sangue era vittima della sua reazione, perché ogni volta che gli ero vicino mi si gelava nelle vene.
Forse fu per quello che reagii così. Perché non sapevo come aspettarmi, non sapevo come comportarmi né cosa avremmo fatto.
Non sapevo niente, a parte forse il fatto che avrei voluto che Harry fosse un comunissimo ragazzo della mia scuola, senza interviste, tour e stronzate varie.
 
Quando riaprii gli occhi, erano l’una e quaranta minuti. Avevo dormito sei ore, consumando tutte le mie riserve di sonno.
Mi misi a sedere e mi strofinai gli occhi, accorgendomi di avere un pesante mal di testa.
Cercando di essere il più silenziosa possibile mi diressi al piano di sotto a luci spente per prendere una bustina.
Mentre mi dirigevo in cucina, notai che la porta di ingresso era aperta, perchè uno spiraglio di luce si intravedeva già dalle scale. Lentamente, mi avvicinai per controllare se ci fosse qualcuno.
Ladri? Rabbrividii.
Ma poi la paura fu sostituita da un dolore che invase il mio corpo.
Su quell’uscio, due persone si stavano baciando, abbracciate dolcemente l’uno all’altra. Su quell’uscio, una delle due piangeva.
Su quell’uscio, Cloe e Liam stavano iniziando qualcosa che si sarebbe stroncato sul nascere, qualcosa che la fottuta distanza di un continente o due avrebbe  separato per sei lunghi mesi.
 
Tornai silenziosa al piano di sopra, riempendo la vasca e rilassandomi, per quanto riuscivo, in un caldo bagno.
 
Il giorno dopo, io e Cloe ci svegliammo presto per salutare i ragazzi.
Visto che salutarci in aeroporto era assolutamente fuori luogo, dato che ci sarebbero state sicuramente fan e paparazzi ad attenderli, ci incontrammo tutti e sette a casa di Harry.
Quando io e Cloe arrivammo, erano già tutti ad aspettarci.
Non appena misi piede in cucina, fui travolta dall’abbraccio di Niall che mi strinse così forte da strangolarmi, ma non cercai di liberarmi, anzi. Lo strinsi forte anch’io.
Mi mancherai, Hope” disse il biondo.
Anche tu Niall. Tanto”. Ero sincera. Quel ragazzino mi sarebbe mancato davvero. Mi sarebbe mancato vederlo ridere per qualsiasi stronzata, mi sarebbe mancato sentirlo lamentarsi perché aveva fame, mi sarebbero mancati quei suoi abbracci tanto calorosi.
Non riuscii a fare a meno di piangere.
Ti prego non piangere che altrimenti piango anch’io” mi disse cercando di farmi riprendere.
Io annuii sorridendo tra le lacrime.
Quando Niall si staccò per salutare Cloe, fui io a correre incontro a Louis e saltargli addosso.
Le sue braccia intorno alla mia schiena mi stringevano forte, così come le mie intorno al suo collo.
Promettimi che mi scriverai tutti i giorni”. Lui rise.
Promettilo, idiota!” gli ordinai tirandogli uno schiaffo dietro la nuca.
Promesso”. Fece lui, solenne.
 Ci scambiammo un sorriso prima di rivolgermi a Liam, così che, dopo avermi salutato, potesse andare a cercare la sua privacy con Cloe.
Strinsi forte anche lui, che mi raccomandò di non fare stronzate in sua assenza.
Lo stesso vale per te” gli dissi.
Infine, andai a salutare Zayn, che mi aspettava a braccia aperte.
Quando corsi ad abbracciarlo, lui mi sollevò facendomi roteare.
Anche tu devi scrivermi!” gli ricordai. “E anche tu!” urlai a Niall.
Ma questo era scontato!” mi dissero insieme. Abbracciai di nuovo il moro prima di andare, lentamente, incontro a Harry.
Lui mi stava aspettando appoggiato al muro, con un piede piegato e le mani in tasca.
Quando fui abbastanza vicina, mi prese la mano e mi trascinò fuori, correndo.
Quando arrivammo in giardino si fermò, attirandomi a se e circondando il mio collo con le sue braccia.
Io, con le mani sulla sua schiena, mi aggrappavo al suo maglioncino.
Cominciai a piangere forte, lasciando ai singhiozzi di scuotermi pesantemente il petto, e sollevando le spalle ad ogni sussulto.
Il riccio mi strinse ancora più forte come per calmarmi, ma fu tutto inutile.
Si allontanò poco dopo fissandomi dritta negli occhi.
Ti voglio bene”. Disse. Non me l’aveva mai detto davvero, non di persona comunque.
Te ne voglio anch’io”. Sussurrai tra le lacrime.
Ritornammo in cucina che eravamo uno straccio e una volta finiti i saluti, li accompagnammo alla macchina.
Caricarono le loro valigie e ci scambiammo un ultimo saluto.
Vedendo Cloe piangere, Zayn le si avvicinò scuotendola per le spalle.
Non piangere, piccola. Questo non è un addio, è un arrivederci!” disse con fare melodrammatico. Tutti lanciammo uno sguardo al cielo per la stupidità di quel ragazzo e Cloe scoppiò a ridere.
 Louis gli tirò la sua borsa sulla nuca.
Sali in macchina, coglione”. Il ragazzo ubbidì massaggiandosi il punto in cui l’aveva colpito.
Mi raccomando… tutti e cinque!” li rimproverò lei seria.
Si” “Certo” “Si” “Non preoccuparti” risposero quasi meccanicamente. Harry non rispose. Teneva lo sguardo fisso davanti a se.
Poi si girò e mi rivolse un ultimo sguardo prima di mettere in moto e andare via, lasciandoci lì, da sole, davanti al cancello di casa sua, rimasta ormai deserta.
Rimanemmo ad osservare il punto in cui l’auto sparì per qualche minuto, per poi entrare in macchina sospirando.
 
Non era un addio, era un arrivederci.
Non per quanto riguardava me e Harry, però.
Immaginai che quello dovesse essere stato il nostro ultimo abbraccio, un ultimo saluto prima di mettere quel punto che entrambi temevamo dal nostro primo bacio.
Sapevamo che sarebbe finita, allora perché iniziare?
Te l’avevo detto.
Mi maledissi per non aver ascoltato quella vocina nella mia testa.
Eppure, non riuscivo a pentirmi di averci provato. In quel misero mese ero stata troppo bene per desiderare di non averlo mai incontrato. Forse era stato il mese più bello della mia vita.
Il primo e l’unico.
 
Ieri ci hai visti, non è vero?” la voce spezzata di Cloe interruppe i miei pensieri, mentre rientravamo nella nostra casa vuota.
SONO ANDATA A FARE LA SPESA’ diceva il bigliettino che Jill ci aveva lasciato sul frigorifero.
Annuii.
Scusa, avrei voluto dirtelo ma è successo tutto così velocemente…” si giustificò.
Come siete rimasti?” le chiesi ignorando le sue scuse.
Lo aspetterò…” disse lei.
Mi voltai a guardarla.
Cloe hai intenzione di sprecare sei mesi della tua vita quest’anno, altri otto l’anno prossimo e chissà, forse pure dodici la prossima volta? Ti rendi conto che è impossibile mantenere una relazione in queste condizioni?!
Le dissi quasi urlando, rimproverandola.
Sono cose a cui si può rimediare!” si difese lei.
No, invece! Non puoi cambiare la tua vita in funzione della sua!” ora stavo decisamente gridando.
Non mi importa se tu non sei disposta a farlo, Hope! Non mi importa se pensi sia una cosa stupida, o insensata, o immatura. Io ho intenzione di restare con lui, punto”. Mi urlò per tutta risposta lei.
La mia espressione arrabbiata si trasformò in un velo di dolore.
Anche Cloe si addolcì, vedendomi così.
Scusa…” mormorai.
Mi resi conto che quelle parole che le avevo urlato contro in realtà avrei voluto sputarmele addosso, incidermele nella pelle, farle scorrere nelle mie viene.
E invece riuscivo soltanto a pensare che avrei voluto avere la forza di Cloe di restare ad aspettarlo per tutto quel tempo.
La ragazza mi si avvicinò, stringendomi forte in un abbraccio, che fu la causa delle mie lacrime.
Quando avevo certi stati d’animo, qualsiasi segno di affetto mi faceva crollare.
Hope, se vuoi, puoi… non è detto che non dovete vedervi per sei mesi interi. Potrebbe riuscire a trovare del tempo tra una tappa e l’altra per venire qua e stare qualche giorno
Scossi la testa. Non mi importava. Io non lo volevo per qualche giorno.
Io lo volevo costantemente nella mia vita.
A quel punto Cloe sospirò e si arrese. Sapeva che ormai la decisione era presa, e niente avrebbe potuto farmi cambiare idea.
 
In quei giorni mi sentivo completamente svuotata, Cloe.
Da quando li conoscevo avevano decisamente cambiato la mia vita, l’avevano stravolta. Mi avevano salvata, certo, ma ora che erano andati via avevano lasciato sulla pelle delle cicatrici troppo profonde per essere dimenticate, ed ora stavo pure peggio di prima, perché avevo assaporato la felicità e me l’ero vista soffiare via.








EEEEEECCO A VOI c: 
sappiate che mi son talmente immersa nella storia che ad un certo punto mi son bloccata e ho urlato 'CAZZO MA SE LORO SONO INGLESI COME COMUNICHIAMO?!' lol poi però mi son ricordata che le protagonista sono Hope e Cloe e sono inglesi anche loro è.è
comunque, spero che non vi stia annoiando, davvero.
se vi stessi annoiando me lo direste, vero? çwç 
grazie infinite di nuovo a chiunque recensisce o anche a chi legge e basta, a chi mi da consigli e a chi 'interagisce' coi personaggi :)
è bello vedere che riusciate a capirli awfgrjsakjnsdk
al prossimo capitolo, yaaaaaaaa #muchlove 

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Capitolo 22
*** Capitolo 21 - Hope ***


Prima che iniziate a leggere, vorrei ringraziare Deb., una ragazza che non saprà mai di questo ringraziamento né di quanto mi ispiri. Per molte delle frasi più belle del capitolo ho preso spunto da lei. Il fatto è che quando leggo una sua nota, o anche solo una sua frase buttata lì, poi le parole cominciano a uscire anche a me, in modi migliori di quanto non avrebbero fatto senza il suo aiuto. Perciò grazie, sconosciuta.
Buona lettura :)





  (Consiglio di mettere 'When you're gone' di Avril Lavigne in sottofondo)



 
 

Il tempo passa. Anche quando sembra impossibile. Anche quando il rintocco di ogni secondo fa male come sangue che pulsa nelle ferite.
Passa tra strani scarti e bonacce prolungate, ma passa. Persino per me.

 

“Ascoltami bene” disse, duro.
Se preferisci finirla qua…” cominciò.
Lo interruppi all’istante.
Cosa? No io non…” 
Se preferisci finirla qua” ripetè, con tono più alto per farmi intendere che dovevo lasciarlo parlare. “Hope, sei mesi non sono pochi e io non so se avrò il tempo di tornare qui. Per cui se preferisci finirla qua, dimmelo adesso e non farmi rimanere in bilico. Posso capirti. Potrai farti una vita tua con qualcun altro e io non ti biasimerei”.
Non risposi, non volevo starlo a sentire, io non volevo proprio nessun’altro. Fu lui a continuare.
Ma se hai intenzione di aspettarmi… Hope io ti giuro che passerò il resto di questi sei mesi ad aspettare di tornare qua per vederti e se lo vorrai, ufficializzerò la cosa, così non romperanno più le palle”. 
Ufficializzare?” dissi confusa.
Si. Lo dirò alla stampa”. Spalancai gli occhi. Non mi aspettavo quelle parole. Non mi aspettavo avesse intenzione di far sapere al mondo intero di me e lui.
Ovviamente se non vuoi non fa niente. Oppure posso non menzionare il tuo nome, se preferisci”. Aggiunse subito, forse preoccupato dalla mia espressione.
Io non riuscivo a riordinare i pensieri, ma dovevo dargli una risposta.
Non… non lo so, non…
A questo puoi pensarci dopo. Ora dimmi cos’hai intenzione di fare con noi due”. 
In realtà non avevo bisogno di pensare perché avevo la risposta da tempo, ormai.
Io voglio stare con te, Harry Styles” gli dissi.
Lui mi sorrise e baciò dolcemente le mie labbra.
Ti voglio bene”. Disse. Sorrisi anch’io, tra le lacrime.
Te ne voglio anch’io”.


Di solito non sognavo o, almeno, non ricordavo mai cosa avessi sognato.
In quei sei mesi che trascorsi senza Harry, il motivo per cui non sognavo era perché non riuscivo a dormire. E il motivo per cui non riuscivo a dormire era perché avevo paura di sognare.
Quello era un sogno che facevo frequentemente, sempre uguale.
 
Ti aspetterò, voglio stare con te.

Quelle erano le parole che non avevo avuto il coraggio di pronunciare quel giorno.
Avere la visione che tutto sarebbe potuto andare bene se solo non fossi stata così impaurita di affrontare il dolore della lontananza, mi devastava tutte le volte.

 
***
 
 
Scommetto che sai cosa si prova quando cerchi disperatamente una persona, quando hai maledettamente bisogno di lei, e non c'è.
Scommetto che conosci quella stretta allo stomaco, quelle lacrime patetiche che pungono gli occhi, e alzi lo sguardo per ricacciarle dentro, con un'ostinazione che non ti è mai appartenuta, con una forza, una rabbia, un odio che non sapevi di covare, dentro. Addosso.
Non è vero Cloe? Anche  a te capitava di non aver mai desiderato tanto cheil mondo intero tacesse? Io in quel periodo volevo una porta chiusa, sprangata, blindata.Volevo chiudermi da qualche parte, sentire solo i miei passi frenetici vagare per la stanza. Avrei camminato così tanto in quel buco di posto da perdermici, non avere più il senso dello spazio, della misura, non avere più la concezione del tempo. Girovagare per una stanza vuota, con tutto il mondo fuori. Volevo silenzio, volevo esserci solo io.
Non volevo pensare a nulla, a niente che riguardasse quel mondo vissuto in un misero mese. Preferivo perdermi nei pensieri del caffè caldo della mattina, del ticchettio della pioggia sui vetri, della marmellata spalmata su una fetta biscotta, o dello scroscio dell’acqua di una fontana. Quei piccoli dettagli quotidiani mi distraevano dai ricordi passati che volevo momentaneamente rimuovere.
Ti sentivi anche tu così, Cloe?
Sentivi le braccia andare in pezzi nella disperata voglia di abbracciare Liam? Quel qualcuno che ti manca dannatamente tanto?
Ti mancano le fossette intorno alla bocca, quando sorride. Ti mancano le sue magliette e l'odore di menta che ti senti addosso per giorni. Quel suo modo di imbarazzarti che non ha nessun altro al mondo, e quello di assillarti con tutte le cose che lo fanno impazzire e tu disprezzi talmente tanto e non perdi occasione per farglielo notare. Ti mancano le rughette intorno a quegli occhi pieni di mondo, in cui potresti perderti, nel labirinto della sua anima.
Lo sentivi anche tu?
O sto semplicemente sputando parole alla ricerca di una spiegazione a come mi sentii in quei sei mesi in sua assenza?
Si, probabilmente è così.
Tu non eri come  me, tu non ti sei mai lasciata abbattere dall’imponente forza della distanza, o della mancanza, tu lottavi contro di loro.
Io preferivo lottare contro l’indecisione di prendere un cappuccino o un decaffeinato, perché era molto più semplice.

7 OTTOBRE 2012.
Da:Liam
Hola chicaaaaa! Como estas? Yo todo bien! Lo so che sono un mito in spagnolo, lo so.  La Spagna è proprio bella, abbiamo visitato un sacco di posti stupendi!  Però, sincero, il cibo è proprio una merda. Oggi a pranzo ci hanno dato… non so nemmeno come si chiamano, so solo che se ne mangiavo un altro po’ avrei potuto vomitare! Tu come stai, seriamente? Cloe mi ha detto che a scuola stai calando di parecchio.
Che succede? Vuoi metterti a studiare o no? Jill ha fatto molto per te, non è giusto che la ripaghi in questo modo. Dai, voglio una studentessa modello quando torno a casa 
Descrizione: http://static.ak.fbcdn.net/images/blank.gif:) Mi raccomando, ti voglio bene. Xx

15 NOVEMBRE 2012
Da:Zayn
Hai intenzione di farti bocciare per caso? Non costringermi a tornare a Londra solo per farti ripetizioni, babe. Lo so che ne hai bisogno, somara, ma se ti impegni forse riesci ad arrivare ai miei livelli! Descrizione: http://static.ak.fbcdn.net/images/blank.gif:D
Seriamente, non fare l’idiota e mettiti a studiare. Se c’è qualcosa che ti turba, affrontala! Se senti la mancanza di qualcosa, o di qualcuno, fa in modo che quel qualcosa o quel qualcuno ti risulti il più vicino possibile.
Hope la distanza può essere annullata. Ci sono altri modi. Riflettici, eh? Comunque, tanto per la cronaca non è vero che nessuno mi caga -.-‘ Mi son già fatto cinque tipe, però bho, nessuna mi ha colpito.
In realtà qui in Francia nessuno ci sa molto fare, a letto. Con quelle di Amsterdam sì che si ragionava! Lol Ora immagino la tua faccia di cazzo tipo ‘cosa vuoi che mi importi’ però oh, sono cose importanti queste! 
Ora ti lascio che mi pare di averne vista una molto carina. Spero di riuscire a scriverti in settimana, ciao cara 
Descrizione: http://static.ak.fbcdn.net/images/blank.gif:)

21 DICEMBRE 2012
Da: Niall
Hey Hope! Come stai? L’Australia è incredibile! Ci sono i canguri! Non fanno altro che saltare, mi sa che non hanno capito con chi hanno a che fare, pft. Il concerto di ieri sera è stato grandioso! La gente è carina, qui.
Lì come procede? Tutto apposto a scuola? Com’è che si chiamava, quella professoressa coi baffi? Cray, tipo? Non dimenticarti di farle una foto! LOL Ah e ho incontrato una tipa davvero figa!
E indovina? E’ di Wickford, vicino casa, più o meno! Mi ha dato il numero 
Descrizione: http://static.ak.fbcdn.net/images/blank.gif;) Ascolta, so che probabilmente preferisci non saperlo ma io trovo giusto dirtelo. Liam ripete che non devo perché potrei farti stare male ma, hey, tu devi saperlo! Harry è uno straccio. Dico sul serio, non fa che starsene in stanza tutto il giorno. Poi è sempre nervoso, tipo l’altro giorno gli abbiamo fatto uno scherzo durante il suo assolo per farlo riprendere
e a fine concerto ci ha fatti una merda. Mi spaventa, non l’ho mai visto così. Secondo me gli manchi. Non vi siete più sentiti? Nemmeno un messaggio? Secondo me dovreste almeno sentirvi. Voglio dire, ancora due mesi e torniamo a Londra. Vi rivedrete, le cose torneranno come prima, no?  Fammi sapere! Baci, mi manchi un botto.

5 FEBBRAIO 2013
Da: Louis
Lo so che ti manco:DDescrizione: http://static.ak.fbcdn.net/images/blank.gif Ma non disperare, ancora un mese e siamo di ritorno. Sembra sia passata una vita… a parte gli scherzi, penso che la distanza abbia rallentato il tempo. Mi manchi davvero tanto. Certe volte vorrei mollare tutto e mettermi su un aereo.  Vorrei tanto abbracciarti forte. Tu come stai? Non dire stronzate ho letto i messaggi con Liam. Con me sei tutta allegra e pimpante, perché non mi hai detto quanto ti mancasse? Fa male saperti così, Hope, non sai quanto. Smettetela di fare i coglioni e mettete il vostro stupido orgoglio da parte. L’ho detto anche a lui. Non azzardarti a scrivergli adesso comunque. Ora si è ripreso un po’ ed è meglio che non pensi a niente. Ma quando torniamo, voglio e pretendo che tu gli faccia sentire tutto il sollievo che avrai nel rivederlo, voglio che tu gli faccia sentire tutta la mancanza che hai provato in questi mesi. Non serve a nulla far finta di niente, non serve a nulla aspettare che le cose passino da sole… buffo che sia proprio io a dirtelo, eh? Descrizione: http://static.ak.fbcdn.net/images/blank.gif:) Sono serio, Hope. Siete due delle persone più importanti della mia vita e voglio che siate felici. Non sai quanto è stato devastante vederlo in quelle condizioni. Provavo a farlo riprendere ma non c’era verso. Mi sono sentito totalmente inutile. Poi quando ho letto di te son stato peggio.
Possibile che qui in mezzo ci debba rimettere pure io? LOL 
Vedete di chiarire e lasciatemi in pace, brutti idioti. Ci vediamo tra meno di un mese Hope. Mi manchi. Da morire. Ti voglio bene.


Sentivo i ragazzi almeno una volta alla settimana, ma non tutti i giorni come avevamo promesso.
Ovviamente avevano i loro impegni, e io lo capivo. 
Mi rincuorava comunque il fatto che trovassero sempre il tempo di scrivermi qualcosa. 
Ogni messaggio era un colpo al cuore. 
Mi mancavano tutti, dal primo all’ultimo. Liam, Louis, Niall, Zayn… e Harry.
In quei sei mesi non gli mandai nemmeno un messaggio. Nemmeno uno.
Altrettanto ne ricevetti. 
Sapevamo entrambi che era meglio cercare di non pensarci, invece che scriverci stronzate per telefono e aumentare il peso della mancanza. 
A scuola ero calata davvero. Il fatto era che avevo altro a cui pensare e la voglia di studiare era pari a zero, nonostante le mie giornate non fossero poi tanto impegnate. Inoltre la notte non dormivo per niente, così finivo per appisolarmi in classe.
Cloe cercava di tenermi occupata e io acconsentivo a tutte le proposte che mi faceva.
Almeno a lei, non volevo farle pesare la cosa più di quanto non le pesasse già.
Lei riusciva ad affrontarla nel migliore dei modi, così come i One Direction le avevano sempre insegnato.
Liam era davvero la dolcezza in persona, ritagliava uno spazio per lei tutti i giorni.
Un messaggio o una chiamata le cambiavano totalmente l’umore.
Ero felice per lei, dopotutto.

In quei sei mesi ogni singolo giorno pesava come cento.
Ogni rintocco faceva male come sangue che pulsa nelle ferite.
Eppure passarono. Eppure arrivò il giorno in cui Louis mi scrisse: 

Ti aspetto all’aeroporto tra due ore. Abbiamo anticipato il rientro di un giorno. Non mi importa niente dei paparazzi, anche se non dovrebbero sapere nulla, perciò non dovremmo avere problemi. Ti voglio li”. 

Ricevere quel messaggio fu come aver trovato un ancora in mezzo al mare. Non importava quanto tempo fosse passato, non importava se li avessi sentiti costantemente, per me era come se stessero tornando da un viaggio durato 40 anni. 
Cloe, che era stata avvisata da Liam, corse in camera nelle mie stesse condizioni.
Entrambe avevamo le lacrime agli occhi e un sorriso sghembo sulle labbra.
Tremante mi lavai e vestii e impaziente dissi a Cloe di muoversi.
Entrate in auto, ci dirigemmo verso l’aeroporto di Heathrow, con l’ansia a mille e il respiro affannoso. 
Mi mancavano tutti, dal primo all’ultimo. Mi mancavano e li avrei rivisti. Dopo sei mesi li avrei riabbracciati.
Fui colta dal panico quando mi resi conto che non sapevo come avrei dovuto comportarmi con Harry.
Sentivo una scarica di adrenalina che mi percorreva tutto il braccio e mi scuoteva le dita, era la voglia che avevo di rivederlo e stringerlo forte.

Ma come l’avrebbe presa? E se non volesse più vedermi? E se avesse trovato qualcun'altra? E se fosse sciupato qualsiasi sentimento che provava nei miei confronti? 

Quel pensiero mi divorava sempre più quando vedemmo il loro aereo atterrare.
Tamburellavo col piede sul pavimento in attesa di rivedere i loro sorrisi.
La gente camminava frenetica per l’aeroporto, nessuno sembrava particolarmente in agitazione per il rientro dei ragazzi, forse davvero nessuno lo sapeva.
Sia io che Cloe fissavamo il punto in cui i ragazzi sarebbero dovuti entrare, entrambe impazienti, entrambe ansiose, entrambe sollevate di rivederli.
Il primo a varcare la soglia fu Zayn. Aveva un aria sonnolenta, sbadigliò e si passò una mano tra i capelli tutti scompigliati.
Il cuore cominciò a palpitare, ma non mi mossi. Aspettai che fu lui a vederci, prima di rivolgerci un enorme sorriso. 
Sorrisi anch’io, il sorriso più caloroso che avessi, mentre il moro si incamminava con la sua borsa verso di noi.
Lo seguì Niall, che lo superò in corsa e ci saltò addosso, quasi cademmo sui bagagli. 
RAGAZZEEEEEE!” urlò abbracciandoci entrambe così forte da non respirare.
NIALL! DIO QUANTO MI SEI MANCATO!” urlò allo stesso modo Cloe.
Anche voi mi siete mancate da morire!” replicò lui.
Zayn ci raggiunse e si unì al caloroso abbraccio.
Ciaaaao ragazze!” salutammo anche lui con altrettanto entusiasmo e tutti quei ‘mi sei mancata’ fecero piangere Cloe, che Liam abbracciò forte e salutò con un dolce e veloce bacio sulle labbra.
La ragazza pianse ancora di più.
Salutai Liam mentre Zayn e Niall prendevano in giro Cloe per farla ridere. 
Poi qualcuno, da dietro, mi prese le spalle e mi allontanò dal ragazzo.
Se permetti, è il mio turno adesso”.
Risentire quella voce fece crollare anche me. Mi era mancato così tanto ascoltarne i toni soavi e percepirne il calore che trapelava da essa.
Mi voltai di scatto, in lacrime, per perdermi di mia volontà in quelle iridi color del mare che mi erano mancate così tanto.
Louis mi rivolse un tenero sorriso prima di gettare a terra il borsone e stringermi forte a se.
M-mi sei mancato L-Louis!” balbettai. 
Lui rise.
Anche tu!” mi disse scompigliandomi i capelli.
Affogai la faccia nel suo maglione di lana bianco, che sporcai tutto di mascara,  cercando di soffocare i singhiozzi. Lui quasi voleva uccidermi.
Hai idea di quanto l’ho pagato?” mi rimproverò quando mi fui ripresa.
Chissenefrega, tanto i soldi non ti mancano mica” dissi sorridendo, passandomi un braccio sul viso per asciugarmi le lacrime.
Chiusa tra le braccia dei ragazzi, non ero ancora riuscito a vedere lui.
Mi allontanai leggermente dal petto di Louis per guardarlo negli occhi.

Lui mi fissava intenerito. Non ci fu bisogno di parole affinchè capisse la mia domanda silenziosa.
Ti sta aspettando”. Mi disse sorridendomi, facendo un cenno della testa. Indicò un punto alle mie spalle. Lo strinsi di nuovo forte, avevo decisamente paura di voltarmi.
“Dai, vai”. Mi incoraggiò lui.
Presi un respiro profondo prima di girarmi.
La folta chioma riccia del ragazzo attirò il mio sguardo all’istante, prima di essere catturata dal suo sorriso perfetto che spuntò sulle sue labbra.
No, non era rivolto a me.
Stava salutando Cloe. 
Le fossette che si crearono sulle sue guance scatenò l’ira delle farfalle nel mio stomaco.
Tremante mi avvicinai, piano. 
No, non potevo farcela. Mi bloccai a metà strada, come paralizzata, quando Harry sciolse l’abbraccio da Cloe.
La ragazza le fece cenno con gli occhi. Il mio cuore palpitava impazzito quando anche il riccio si voltò e i suoi occhi incontrarono i miei. 
Un nodo alla gola mi rendeva difficile respirare quando mi accorsi che quegli stessi occhioni verdi che un tempo erano sempre totalmente chiari e limpidi, in quel momento si stavano inumidendo. 
Senza avere più il controllo del mio corpo, le mie gambe si muovevano da sole nella sua direzione e le mie braccia avvolsero avventatamente il suo corpo. Lo strinsi forte, poggiando il mio volto in lacrime sulla sua spalla.
Il suo dolce profumo di menta mi invase le narici, dandomi un senso di familiarità. Era come un ‘sono tornata a casa’. Forse le sue braccia erano davvero la mia casa.
Lentamente, anche le sue braccia attorniarono la mia vita, aggrappandosi alla mia felpa cosi forte da graffiarmi quasi la pelle.
Ma io non provavo dolore, no. In quel momento non sentivo proprio nulla.
C’eravamo solo io e lui, nessun rumore assordante di un aereo che atterrava, nessun mormorio in sottofondo dei passanti in ritardo, nessun struscio dei bagagli sul pavimento, nessun esclamazione stupita della poca gente che aveva riconosciuto i ragazzi, niente di niente. 
Sentivo soltanto il suo respiro irregolare scuotermi i capelli e i miei singhiozzi scuotermi il petto.
Prese il mio volto tra le mani e mi fissò negli occhi scavando in profondità abbastanza per percepirne un ‘mi sei mancato’ non pronunciato. 
Io scrutai i suoi e ne lessi un ‘mi sei mancata anche tu’. 
Avvicinò il suo volto al mio e premette le sue labbra sulle mie, intensamente, come se fosse un assetato che aveva finalmente trovato la sua fonte di acqua. 
Le nostre lingue si attorcigliavano alla ricerca l’una dell’altra, mentre le sue mani mi sollevavano il viso e le mie rovistavano tra i suoi capelli.
Ehm ehm…” ci interruppe Liam. “Non vorrei disturbarvi ma… potrebbero fotografarvi. State attenti”. Ci avvisò il ragazzo sorridente, prima di tornare nel gruppo di ragazzi che, più in là, stavano probabilmente chiacchierando riguardo al viaggio.
Spaventata scrollai le braccia di Harry e mi diressi verso gli altri. Lui scosse la testa e mi raggiunse.
Paul, che aveva avuto alcuni problemi col proprio bagaglio, si avvicinò inferocito tirando uno schiaffo dietro la nuca a ciascuno dei ragazzi della band.
Banda di idioti! State cercando di fare scandalo, per caso?! Veloci, in macchina!
Urlò loro, che, come se la cosa non fosse abbastanza grave, presero le loro borse da terra con calma.
Niente contro di voi, eh ragazze” si rivolse poi a me e Cloe sorridendoci.
E’ tutto ok, Paul, non preoccuparti sempre per ogni minima cosa” si lamentò Niall.
Mi sentii assolutamente in imbarazzo, e quando il grosso uomo lo notò cercò di scusarsi per la scenata.
Ragazze, se volete venire con noi c’è posto”. Ci propose. 
No, non si preoccupi. Siamo venute con la nostra macchina” risposi sorridendo flebilmente.
Louis prese sottobraccio Cloe e si incamminò verso l’uscita, seguito da Harry che mi prese la mano e mi trascinò con sé.
Poco prima di superare la porta scorrevole, quando ormai Louis e Cloe erano già fuori, qualcuno dall’interno scattò una foto nella nostra direzione. Non riuscii bene a capire chi, ma il flash fu chiaramente visibile.
Una volta all’esterno, lanciai a Harry un’occhiata preoccupata.
Harry, qualcuno ci sta fotografando”. Gli sussurrai.
Lui sorrise tranquillo.
Allora ti conviene sorridere, o apparirai sul giornale con quell’espressione preoccupata” disse.
Io spalancai gli occhi e mi fermai, mollando la presa della sua mano.
COSA?!” urlai.
Lui si voltò, ridendo.
Stavo scherzando! Ma non posso assicurarti che quella foto non finirà da qualche parte sul web. E’ normale”.
No, non è normale! Non voglio finire proprio da nessuna parte, ora gli vado a parlare e gli faccio cancellare la foto”.
Feci per rientrare in aeroporto ma Harry mi prese il braccio, bloccandomi prima che potessi fare qualcosa di altamente stupido.
Hey, hey, calma. Non troverai nessuno, lì dentro. Probabilmente è già qui fuori a scattare qualche altra foto in una di queste macchine, e noi non sapremmo niente” disse. Mi guardai attorno, scrutando il vago vai-vieni della gente.
Mise un dito sotto il mio mento, costringendomi a voltarlo verso di lui.
Ascoltami. E’ tutto ok. Non preoccuparti per me, avevo già pensato riguardo a questa cosa e…”
Ma cosa vuoi che mi freghi della tua reputazione di donnaiolo!” dissi riprendendo a camminare, nervosa.
Lui alzò le mani al cielo, seguendomi.
E allora qual è il problema?
Il problema è che non voglio che la gente mi riconosca per strada come la ragazza passata sotto Harry Styles!”. Gli dissi urlando quasi, voltandomi.
Lui rimase con un espressione incredula per un po’, prima di prendere a urlare anche lui.
Cosa ti aspettavi? Sapevi bene a cosa andavi in contro! Sapevi bene chi sono! O forse non ne sei più sicura?!” esclamò.
Mi bloccai di nuovo, lo sguardo basso, riflettevo su quelle parole. 

Ma cosa stavo facendo? Era appena arrivato e io non facevo altro che lamentarmi. 
Ero un disastro.


Lui mi raggiunse, fissandomi, in attesa di una mia risposta.
Alzai lo sguardo, incastrandolo nel suo.
Di nuovo, sentivo di potermi sciogliere.
Hai ragione. Scusa”. Dissi a mezza voce.
Lui mi accarezzò la guancia.
Ne riparliamo a casa, hm?” propose. Annuii, poi presi la mano che mi offrì e mi lasciai accompagnare alla macchina.
Paul, spazientito, gli urlava di sbrigarsi.
Dai vai, prima che prenda a sberle anche me” gli dissi. Lui rise.
Mi salutò con un delicato bacio sulle labbra.
Stasera passo a prenderti” mi sussurrò, prima di correre nel furgoncino nero della band.
Cloe mi aspettava già in macchina.
Le rivolsi un sorriso per dirle che era tutto apposto, lei ricambiò, poi misi in moto e andammo via.
 

***

(Consiglio di mettere ‘Moments’ dei ragazzi come sottofondo)
 

Scesi dalla macchina tremante, mentre Harry parcheggiava. Lo aspettai sull’uscio della porta, con l’ansia che aumentava ad ogni secondo che passava.
Il ragazzo mi si avvicinò sorridente e quel sorriso riuscì a tranquillizzarmi, almeno in parte.

Eravamo di nuovo soli. Dopo tanto tempo.

“Vieni qui” mi sussurrò sull’uscio, attirandomi a se.
Quelle parole cosi banali in quel momento risultavano le parole più dolci che avessi mai sentito.
Sospirate, attese, annegarono nel silenzio di un abbraccio.
Ancora prima di entrare mi baciò in un primo momento con fare delicato, poi sempre con più foga, spingendomi all’indietro. 
Quando la mia schiena si scontrò con la porta di legno, Harry prese le chiavi dalla tasca e le infilò nella serratura, senza staccare le sue labbra dalle mie.
La porta mi si aprì alle spalle e il ragazzo mi spinse dentro, prima di richiuderla con un calcio.
Allontanò poi il suo viso dal mio, prendendomi la mano e trascinandomi a passo svelto verso il piano superiore.
Aprì la porta della sua stanza e una volta entrati, riprese a baciarmi per poi chiudere a chiave la porta.
Portò le mani sulla mia vita, tirandomi a sé nonostante fossimo già vicinissimi.
Camminavamo baciandoci come se non potessimo fare a meno l’uno dell’altra, come se avevamo bisogno di recuperare ogni singolo bacio, ogni singola carezza.
Mi adagiò sul letto e, silenziosi, ci togliemmo le scarpe con i piedi. Mi diede poi lo spazio necessario affinché potessi sistemarmi con la testa sul cuscino, poi fu il suo corpo ad adagiarsi al mio mentre le sue labbra continuavano a premere sulle mie.
Scivolarono lungo il mio collo, provocandomi brividi che percorsero tutta la mia schiena.
Con gesti veloci e decisi mi sollevò la maglia, e quando i suoi palmi scivolarono sui miei fianchi sussultai per il solletico che mi provocarono.
Lui sorrise mentre fece scivolare via la felpa.
Allo stesso modo, gli sbottonai la camicia trovando non poche difficoltà, dal momento che le mani mi tremavano per la tensione.
Lui non fu minimamente scosso dalla lentezza dei miei gesti, anzi.
Mi aiutò a togliergli la camicia e la gettò da qualche parte sul pavimento.
Le sue mani, che teneva sulle mie guance, scivolarono lungo le spalle per poi arrivare a solleticarmi i fianchi e continuare a scendere fino al pantalone, che sbottonò abilmente e continuando a baciarmi fece scivolare lungo le mie gambe tremanti.
Dovette alzarsi sulle ginocchia per sfilarlo via e le mie labbra, come una calamita, seguivano le sue in quei movimenti delicati, facendomi sollevare la schiena e mettendomi a sedere. In quel modo mi fu più facile sbottonare i suoi jeans e sfilarglieli via, prima che venissero dimenticati anch’essi insieme al resto dei vestiti sul freddo parquet di quella camera.
Le sue labbra fremevano di desiderio, lo percepivo da come cercavano le mie dopo averle perse un solo attimo, per poi spingermi di nuovo sul cuscino. 
I nostri corpi nudi si sfioravano delicati e io mi sentivo avvampare.
La sua pelle morbida a contatto con la mia era come fuoco che ardeva.
Sentivo le sue dita accarezzarmi le guance, e i baci così lievi da stringermi il cuore in gola.
Mise una mano sulla mia coscia, attirandola a sé e facendola piegare all’altezza del suo bacino, poi mi solleticò giù fino alla caviglia, per poi risalire ai fianchi.
Con un dito fece scivolare le mutandine.
Alzò il viso per fissarmi negli occhi per una frazione interminabile di secondo.
In quel momento riuscii ad osservare ogni suo piccolo difetto, ogni particolare che lo rendeva così incredibilmente bello.
E no, non parlavo della bellezza di Harry Styles, di quella bellezza additata dalle ragazzine per strada o quella dei poster appesi alle pareti delle camerette delle teenagers, no. La sua era una bellezza nascosta dietro i suoi caratteri duri e forti, una bellezza che sfuggiva agli occhi di chi non sapeva guardare.
Era delicato in ogni gesto, stava attento a non fare niente di sbagliato e la cosa mi rassicurava.
I nostri respiri affannosi, caldi e irregolari ci solleticavano la pelle mentre i nostri corpi si muovevano in simbiosi.
I nostri vestiti sul pavimento, le lenzuola giù dal letto e le sue mani che indugiavano sul mio corpo. 
Sentivo il suono dei nostri cuori che battevano rapidi, ansiosi. 
Sentii che la mia anima era troppo piccola per contenere l’infinita gamma di emozioni che si stavano dibattendo in me.
Tremavo mentre Harry assaporava lento le mie labbra e il mio collo con dolci baci a fior di pelle, le mie mani si aggrappavano alla sua schiena per tenerlo stretto a me.
 

Ormai appartenevo a lui, con ogni centimetro del mio corpo e della mia anima.

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Capitolo 23
*** Capitolo 22 - Hope/Cloe ***


Aprii lentamente gli occhi, in un primo momento senza nemmeno rendermi conto di dove mi trovassi. Poi un movimento impercettibile di qualcuno alle mie spalle mi fece ricordare della notte precedente.
Sospirai felice, appoggiando la mia mano destra al braccio di Harry sulla mia spalla.
Il suo petto caldo sfiorava la mia schiena nuda, dandomi un forte senso di protezione.
Mi sentivo immensamente bene, e quello era l’unico posto in cui avrei voluto stare.
Quando il mio stomaco brontolò, mi decisi finalmente ad alzarmi. Spostai delicatamente il suo braccio e indossai la prima cosa che mi ritrovai davanti.
Mentre infilavo la camicia di Harry, ne respirai il dolce profumo che ancora conservava.
In punta di piedi, mi trascinai al piano di sotto, in cucina, e mi servii da sola un bicchiere di latte freddo.
Mentre bevevo, mi misi a camminare lenta in quella casa silenziosa, sfiorando con le dita ogni superficie vicina.
Poi, in salotto, un computer portatile attirò la mia attenzione.
Poggiai la tazza sulla scrivania in vetro e mentre attendevo che si accendesse tamburellavo con le dita sulla tastiera.
“One Direction aeroporto Londra” scrissi una volta trovatami davanti la pagina iniziale di Google.
Come previsto, decine di link parlavano del loro non previsto rientro anticipato.
One Direction, Heathrow: ritorno in anticipo e accoglienti bentornati” annunciava uno.
Lo cliccai. Quando la pagina mi si aprì, la prima cosa che saltò all’occhio fu una foto scattata il giorno precedente all’aeroporto. Fortunatamente, in tutti quegli abbracci, non si distinguevano né il mio volto, né quello di Cloe.
Lessi nervosamente l’articolo.
 
Questa mattina numerose fan si sono recate all’aeroporto londinese di Heathrow per accogliere i One Direction. Dei One Direction, però, si è vista soltanto la troupe.
Infatti Harry Styles, Liam Payne, Zayn Malik, Niall Horan e Louis Tomlinson hanno fatto il loro rientro a Londra con un giorno di anticipo, senza nessun preavviso.
Sembra che nella loro città d’origine, i One Direction non abbiano lasciato soltanto le case e le famiglie, bensì anche amiche e fidanzate!
Harry Stylesè stato infatti fotografato a salutare in modo molto “caloroso” una ragazza di cui non conosciamo il nome che lo stava aspettando all’aeroporto.
Non sappiamo chi sia, ma, perlomeno, possiamo affermare che è al di sotto dei trent’anni! Che il giovane sex simbol si sia deciso a frequentare qualcuno della sua età?
Le due ragazze che hanno accolto i One Direction devono comunque essere amiche molto intime, dal momento che non hanno trattenuto le lacrime alla vista dei ragazzi, e sono uscite dall’aeroporto insieme a loro.
Come reagiranno le directioners?
Qui sotto le foto scattate all’aeroporto.

 
Cliccai nervosamente su tutte le foto, ne erano circa trenta. C’era tutto, c’era il saluto a Niall, a Zayn, a Liam, c’era l’abbraccio di Louis, il bacio di Harry, c’era Cloe in lacrime, c’eravamo io ed Harry mano nella mano, c’erano il mio volto che si distingueva alla perfezione.
Per fortuna, almeno Cloe, che aveva sempre il viso coperto dalle mani per asciugarsi le lacrime, non era riconoscibile.
 
Furiosa presi il computer e mi diressi al piano di sopra, spalancando la porta.
SVEGLIATI!” urlai.
Harry si rigirò nel letto, mormorando qualcosa.
MUOVITI, APRI GLI OCCHI. DEVI LEGGERE QUA”.
Mi sedetti sul letto e lo costrinsi a fare lo stesso.
Ma che ti prende?” mormorò, assonnato. Si strofinò gli occhi e prese il computer che gli porsi.
Lesse silenziosamente l’articolo e osservò attentamente le foto.
Poi sospirò, abbassando lo schermo e poggiandolo sul letto.
Come non detto”. Si passò una mano tra i capelli, sbadigliando, mentre io non riuscivo a capacitarmi della cosa
Ti rendi conto che sono perfettamente riconoscibile? E ora con che faccia esco di casa? “Frequentare qualcuno della sua età”, poi. Ma chi cazzo..” ero così nervosa che non riuscii nemmeno a concludere la frase, e la lasciai in sospeso, sbuffando.
Dai, sta calma” provò a rassicurarmi il riccio.
Sto calma un corno! Le hai viste, quelle foto?!
Annuì, calmo. Sembrava che la cosa non lo preoccupasse nemmeno un po’.
Io, invece, ero furiosa.
Entra su twitter”. Gli dissi poi, decisa.
Lui mi guardò accigliato.
Cosa?
Ti ho detto di entrare su twitter” gli ordinai.
Lui capì le mie intenzioni e scosse la testa.
No. Lascia perdere, eh?” mi disse, provando ad alzarsi dal letto.
Harry Styles, non farmelo ripetere. Voglio leggere. Apri twitter”. Ripetei tirando lunghi sospiri per calmarmi prima che esplodessi.
Il ragazzo decise che era meglio assecondarmi e, sospirando, tornò a sedersi. Riaccese il computer e fece il suo accesso su twitter.
Glielo tolsi di mano e cliccai subito le menzioni. Ce n’erano a migliaia.
Scorrevo veloce tralasciando quelli che chiedevano follow e mi soffermai a leggerne qualcuno riguardo all’articolo.
 

@harrysmile7102829:Chi cazzo è quella puttana? -.-
 
@onedirection10293232:Ma da dove è uscita quella?! Troia!
 
@irishgirl12391: Mi deludi, ragazzo. Meriti di meglio!
 
@louisiscrazyihih5271829:DIGLI A QUELLA BRUTTA TROIA CHE DEVE MORIRE SOTTO UN CAMION! TU SEI MIO, PUNTO!
 
@pedolarry2910101:Ma come si permette di metterti la lingua in bocca? TU SEI DI LOUIS, LO SA QUELLA PUTTANA? Credo di no -.-
 

 Mentre leggevo, sentivo gli occhi pizzicare.

 

 @__yolo110022:Fa male vederti con quella. Può essere bella quanto vuoi, ma non immagini nemmeno quanto fa male, porca puttana.
 

@ziam4ever1234:COSA?! FIDANZATE?! MA CHI CAZZO SONO QUELLE DUE ZOCCOLE! CHE SE NE TORNASSERO DAL CESSO DA CUI SONO USCITE! VOI SIETE NOSTRI, PUNTO.

 
@Liampaynescool9021: Se non ti toglie le mani da dosso la brucio viva, lurida cagna! -.-
 

@zaynbadboyyo9001:VAFFANCULO A QUELLE DUE TROIE. TANTO LO SO CHE SONO UNA SCOPATA E VIA, VERO AMORE? HAHAHAHAH :°D

@niallsdurex219432:dai portatevele a letto e mandatele subito a fanculo, fate una cosa veloce! LOOL

 
Basta”. Disse infine Harry togliendomi il computer da mano, quando vide qualche lacrima cadere sulle mie guance.
Non riuscivo a rendermi conto di quanto avevo letto. C’erano migliaia e migliaia di ragazze in tutto il mondo che mi davano addosso, ragazze che non conoscevo, e che non conoscevano me.
Avevo letto delle cose orribili, molte erano arrivate ad augurarmi la morte.
Harry mi si avvicinò, avvolgendomi in un abbraccio che rifiutai. Me lo scrollai di dosso e mi alzai, dirigendomi in bagno per sciacquarmi la faccia.
Il ragazzo mi raggiunse poco dopo.
Hope…” mi chiamò.
Non risposi.
E’ normale. Succede sempre.”.
Presi l’asciugamano e mi asciugai il viso.
Poi tornai in stanza e indossai i miei vestiti.
Dicono così per gelosia! Non lo fanno con cattiveria!” cominciò ad alterarsi
NON LO FANNO CON CATTIVERIA? MA TI RENDI CONTO DELLE COSE CHE HANNO SCRITTO? MA CHI CAZZO LE CONOSCE? CHI CI HA MAI PARLATO? E QUESTE LE CONSIDERI FAN? BENE, CHE FANDOM DI MERDA! DIFENDILE PURE, TANTO E’ CON LORO CHE RIMANI. IO ME NE VADO” sbraitai.
Lui tirò un pugno allo stipite della porta, facendomi sussultare.
COSA VUOI CHE FACCIA? CREDI SIA FORSE COLPA MIA? CREDI CHE QUELLE COSE NON FACCIANO MALE ANCHE A ME? CREDI NON VORREI MANDARLE A FANCULO UNA PER UNA PERCHE’ HANNO INSULTATO LA DONNA CHE AMO?” urlò ancora più forte.
Lasciai cadere la borsa che stavo per mettere in spalla, voltandomi di scatto verso di lui. Gli occhi aveva ricominciato a pizzicare, lo guardavo negli occhi affranti pensando che forse avevo capito male.
Notai nel suo sguardo lo strazio di non poter far niente, di non potermi difendere, non potermi proteggere. Notai la sincerità delle sue parole.
Mi avvicinai piano, osservando attentamente il ragazzo con ancora un pugno poggiato allo stipite e la fronte premuta contro di esso. Il braccio lasciava intravedere le vene emerse dal nervosismo, i muscoli contratti, così come la mascella.
Quando fui abbastanza vicina, gli accarezzai l’addome delineato, per poi salire dai pettorali al collo, dove ne contornai col dito la vena.
Lui si voltò verso di me, osservandomi mentre lo osservavo.
Teneva lo sguardo fisso sui miei occhi nonostante fossero concentrati sui suoi lineamenti. Poi lo alzai anch’io, e mi persi nel verde dei suoi occhi.
Gli stessi occhi che la sera precedente mi avevano rapito l’anima.
Mi sollevai in punta di piedi per scoccargli un dolce bacio sulle labbra.
Le dita della sua mano destra si allargarono, lasciando addolcire i muscoli, così come si addolciva sempre di più quel bacio.
Prese il mio volto tra le mani, mentre i nostri cuori facevano pace.
Accarezzando ancora le mie guance, allontanò il suo viso dal mio, avvinghiando i suoi occhi nei miei.
Mi rivolse lo sguardo più intenso che mi avesse mai rivolto, incastrando il verde dei suoi occhi nell’azzurro dei miei.
Di nuovo, i miei occhi stanchi lasciarono cadere calde lacrime sulle mie guance.
Ma questa volta non era né per rabbia, né per tristezza, né per dolore.
Quelle erano lacrime di gioia, era la risposta dei miei occhi alle parole silenziose dei suoi.
Quelle parole non pronunciate, ma che mi erano penetrate dentro, fino al cuore, dov’erano poi state incise.
Quelle parole che scorrevano nelle mie vene e che respiravo dai miei polmoni.
Harry mi aveva appena detto ‘ti amo’. L’avevo sentito. L’avevo sentito dentro al cuore.
Lo sentivo battere forte, quasi da scoppiare. Posai una mano sul suo petto, chiudendo gli occhi per poter percepire i battiti del suo cuore.
Erano perfettamente in sintonia coi miei.
Voglio che tutti lo sappiano. Voglio che sappiano che mi sono innamorato di te”.
Sussurrò. Ancora un po’ scossa da quelle parole, scossi piano la testa.
No, non voglio”. Ero determinata a lasciare le cose come stavano. Non volevo giornalisti sotto casa e fan rincoglionite darmi addosso.
Volevo la vita fottutamente normale che avevo sempre avuto.
Tornai a sedermi sul bordo del letto.
Perché no? Ormai è andata! Sanno che ci sei. Smentire sarebbe ridicolo e lasciare che la cosa venisse dimenticata sarebbe come confermare che tu sia durata soltanto una notte” mi spiegò.
Rabbrividii a quelle parole.
Non risposi, riflettendo su quanto aveva appena detto.
In effetti, ormai mezzo mondo mi aveva vista. Era stupido pensare di poter lasciar correre come se non fosse successo niente.
Dopotutto, sapevo a cosa andavo incontro dalla prima volta in cui avevo accettato ad andare a casa loro. Dovevo prendermi le mie responsabilità, com’era giusto fare.
Sospirai e annuii, incerta.
Va… va bene” sentenziai infine. Lui mi sorrise, pacato.
Farò organizzare una conferenza stampa
Conferenza stampa?” lo guardai preoccupata.
Mi sorrise di nuovo per tranquillizzarmi.
Tranquilla. Dovremmo solo rispondere a qualche domanda” mi accarezzò i capelli, prima di darmi un bacio sulla fronte.
E’ tutto ok. Sarai la ragazza ufficiale di Harry Styles”. Disse con un sorriso.
Eccitante!” commentai sarcastica, alzando lo sguardo al cielo.
Lui rise.
Lo è di più per me”.
Pronunciò serio quelle parole prima di prendere le lenzuola e trascinarmi al riparo sotto di esse.
 

Pov. Cloe

Quando Hope mi disse che avrebbero ufficializzato la loro relazione, non riuscii a trattenere un urlo di gioia. Jill, invece, scoppiò in lacrime.
La mia bambina…” mormorò tra un singhiozzo e l’altro.
Non ci sposiamo mica!” le disse Hope ridendo mentre l’abbracciava. Lei pianse ancora più forte.
Quando ci sarà la conferenza?” le chiesi poi.
Domani pomeriggio”. Disse. Io spalancai gli occhi.
Di già?
Si, Harry vuole fare presto, così da zittire tutte le strane voci che stanno cominciando a circolare…” mi spiegò. Annuii al suo ragionamento.
Dopotutto le avevo lette le cose disumane che avevano scritto su noi due, soprattutto per quanto riguardava il suo bacio con Harry.
Mi chiedevo se anche a me, un giorno, Liam avrebbe chiesto di ufficializzare la cosa.
Sospirai a quel pensiero.
 
Sai, Hope, a volte penso che io non ti ho mai spiegato come le cose siano andate con Liam. In quel periodo, avvenne così velocemente che non avevo il tempo nemmeno di rifletterci da sola.
Poi, quando i ragazzi sono partiti, decisi di non parlartene perché non volevo farti ricordare di Harry, che stavi attenta a porre in un angolino del tuo cuore.
Chissà cosa hai pensato di me, quella sera, quando mi hai visto in lacrime tra le braccia di Liam.
Avrai pensato di sicuro che ero corsa da lui per farmi consolare della delusione di Zayn, non è così?
Avrai pensato che mi sarei accontentata di qualsiasi altro membro della band, perché in realtà non mi importava chi dei cinque fosse, ma il fatto che appartenesse ai One Direction. E’ così che apparivo, non è vero?
No, Hope. In realtà io ero solo una ragazzina innamorata dei suoi idoli che da un giorno all’altro si era ritrovata nella loro stessa città, e per uno strano scherzo del Fato, ora erano parte della mia vita, quei cinque ragazzi che tanto idealizzavo, gli stessi che mi avevano cambiato la vita, che erano la ragione del mio sorriso.
Si, non mi importava chi dei cinque fosse, perché tutti e cinque, ognuno in modo diverso, erano entrati dentro al mio cuore, e non erano più usciti.
In realtà non sono mai stata innamorata di Zayn, Hope. Non più di quanto non lo fossi di Niall, o di Louis, o di Liam, o di Harry. Ne ero solo convinta, ma quello era solo l’amore di una fan.
Ma quando quella notte Liam venne a casa nostra e mi disse che era innamorato di me, il mio cuore cominciò a battere così forte che mi resi conto che in realtà apparteneva soltanto a lui.
Ecco perché mi son lasciata andare tra le sue braccia. Perché erano le uniche di cui avevo bisogno.
Perdonami, se son stata immatura, o troppo facile. Perdonami, se mi sono innamorata di lui.
Perdonami, per non esserti accanto, adesso.
Ma sappi che il bene che provo verso di te non è sfumato nemmeno un po’.
Ancora oggi guardo le nostre vecchie foto con le lacrime agli occhi e un sorriso nostalgico sulle labbra.
Ancora oggi, in metropolitana, quando leggo sui muri scritte su di te non tanto carine, vado al negozio più vicino a comprare una  bomboletta spray e correggere i brutti aggettivi con quelli che realmente meriti.
Qualche volta, se ti trovi, così per caso, a passare per le metropolitane di Londra, e leggerai
 
“Hope Foster è una angelo”
 
Ricordati di me, perché io non ti ho mai dimenticata.

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Capitolo 24
*** Capitolo 23 - Hope. ***


Un messaggio in arrivo: Harry.
Amore, cambio di programma. L’intervista non è possibile farla oggi. E’ stata rimandata alla settimana prossima.
 
Una settimana dopo.
 
Un messaggio in arrivo: Harry.
Porca puttana mi han rotto le palle. Quelli della casa discografica dicono che dovremmo aspettare un altro po’ prima di ufficializzare la cosa. Per l’impatto che la cosa potrebbe avere sulle fan. Scusa…
 
Dieci giorni dopo.
 
Un messaggio in arrivo: Harry.
Allora è deciso :) L’intervista è tra dodici giorni esatti.
 
Finalmente, dodici giorni dopo…
 
Strinsi forte la mano di Harry accanto a me mentre tecnici e produttori si muovevano con fare frenetico nel salotto di casa Styles e Tomlinson.
Riuscivo a sentire il mio cuore battere forte e il fatto che non riuscissi a calmare il tremolio delle mie braccia mi innervosiva.
Harry mi diede un bacio tra i capelli per dirmi di star tranquilla.
Una donna alta e magra, con dei lunghi capelli biondi raccolti in uno chignon, si avvicinò a noi con un grande sorriso sulle labbra.
Ci rivediamo, Harry!” lo salutò porgendogli la mano. Lui la strinse ricambiando il sorriso.
Eh già, Elisabeth”.
Lo sguardo della donna saettò poi su di me.
E tu devi essere Hope. Piacere di conoscerti!”. Strinsi la sua mano cercando di rivolgendole un sorriso più naturale possibile, ma, in verità, quella Elisabeth mi metteva a disagio.
Ci accomodammo in salotto sul divano di pelle bianco mentre mi spiegava come sarebbe andata più o meno l’intervista
Posso chiederti un favore?” provai a dirle, incerta.
Certo, dimmi pure
Ehm.. non farmi troppe domande, fosse per me preferirei non parlare affatto”. Dissi imbarazzata.
Lei scoppiò in una fragorosa risata.
Va bene, sta tranquilla. Lascerò parlare Harry, sa cavarsela”. Mi rassicurò con un sorriso.
 
Trenta minuti dopo, tutto era pronto per cominciare a registrare.
Elisabeth assunse una posizione molto composta ed elegante, reggendo il registro tra le mani ben curate.
Cercai di fare lo stesso, cercai di sembrare.. ‘elegante’, ma immagino dovevo risultare solo tanto buffa.
Harry era completamente a suo agio, e lo invidiavo parecchio.
Bene, l’intervista durerà circa quattro o cinque minuti, parleremo di come vi siete conosciuti e dei vostri progetti riguardo al futuro, niente di diverso di quanto abbiamo concordato prima” mi spiegò la bionda.
Annuii.
Va bene, credo di potercela fare”.
Harry si intromise nella conversazione, con fare vago.
Senti, Elis, se avanza un po’ di tempo potresti chiederle cosa ne pensa di me?” le sussurrò.
Gli tirai uno schiaffò sulla gamba dopo averlo fulminato con lo sguardo.
Assolutamente no” dissi con voce ferma.
In realtà morivo dalla voglia di chiederglielo” fece Elisabeth mentre le si illuminavano gli occhi.
Teniamoci ai programmi, ok?” sentenziai infine.
Harry sbuffò e si sistemò i capelli, prima di mettere un braccio attorno alla mia spalla e assumere anche lui la sua posizione da ‘sono Harry Styles dei One Direction e sono un figo’.
Alzai gli occhi al cielo e aspettai che la telecamera cominciasse a registrare.
L’idea di apparire in televisione, agli occhi di milioni di telespettatori, mi terrorizzava.
Perciò cercai di distrarmi pensando a Cloe e provando ad immaginare la sua reazione il giorno in cui l’intervista sarebbe andata in onda.
Un sorriso spontaneo apparve sul mio volto mentre qualcuno urlava.
Cinque, quattro, tre, due, uno…
Buonasera, mi chiamo Elisabeth Taylor e questa sera intervisterò Harry Styles, uno dei membri della band ormai più famosa del momento, i ‘One Direction’”.
La telecamera si spostò dalla donna a me ed Harry e sentii le guance avvampare. Lui invece sorrise sicuro di sè.
Come ci si sente ad avere tante ragazze che vi inseguono in giro per il mondo?”
Io cosa dovevo fare? Restare seria, sorridere, fissare lui, la telecamera, Elisabeth?
“Ci lusinga, ovviamente, perché capiamo quantotengono a noi. Speriamo solo che piangano lacrime di gioia! Nessuno di noi poteva immaginare questo due anni fa. Penso che nessuno poteva prevederlo.È bello sapere che ci sono persone là fuori che amano quello che facciamo, perché ci mettiamo l’anima. Speriamo di non deluderle.
Ogni sua parola era controllata ed espressa con molta scioltezza e naturalezza.
“Qual è la parte più difficile di una fama così improvvisa?”
“Probabilmente… stare lontani da casa, dalla nostra famiglia e dai nostri amici. Ma avere la possibilità di viaggiare con gli amici è bello e i fan ci aiutano molto”.
“Beh, ora direi che è arrivato il momento di annunciare il reale motivo di questa intervista”. Disse lei rivolgendosi a me. Io le sorrisi e Harry annuì.
Cosa? Dovevo dirlo io? No, se lo scordava.
Harry prese in mano la situazione.
Si, beh… so bene che agli occhi delle fan spesso e volentieri appaio come quel tipo di ragazzo che non si affeziona mai davvero a nessuna, ma penso che loro si siano fatte un’idea sbagliata di me. Stasera son qui per dimostrarvi il contrario. Ragazze, io mi sono innamorato” disse prima di accennare ad una leggera risata controllata, seguita poi da quella di Elisabeth.
“E noi vi abbiamo portato la fortunata proprio qui, a casa Styles e Tomlinson. Lei è Hope Foster”.
La telecamera inquadrò soltanto me e in quel momento mi sentivo così imbarazzata che ero tentata di alzarmi e scappare via.
Cercai di sorridere, ma dovevo avere sicuramente le guance arrossate. Volevo morire.
“Bene, Hope, raccontaci un po’ come tu ed Harry vi siete incontrati la prima volta. Eri sua fan? E’ stato amore a prima vista?”.
Alla faccia di ‘faccio parlare Harry’. Traditrice di una giornalista.
Presi un respiro e provai a parlare senza lasciar trapelare il tremolio nella mia voce.
“No, veramente… beh, no, in realtà io non era una fan dei One Direction. Accompagnai ad un loro concerto mia sorella Cloe ed è lì che li ho veramente ‘conosciuti’ per la prima volta. Ricordo che Harry cantò uno dei suoi assoli guardandomi negli occhi e…”
“Scappò via!”si intromise lui.
Risi, piano.
“Beh, sì, mi mise parecchio a disagio e andai via”, dissi.
Anche Elisabeth rise, poi, curiosa, mi chiese di continuare.
“Poi… beh, Cloe mi ha poi convinto ad andare ad un altro loro concerto a Manchester e così abbiamo affittato una camera dell’hotel più vicino all’Apollo Manchester, ed era lo stesso in cui alloggiavano i ragazzi. Una notte poi fecero così chiasso che mi svegliarono e quando uscii per rimproverarli me li ritrovai davanti, tutti e cinque, e rimasi paralizzata perché non me l’aspettavo”.
“E poi li hai rimproverati?”
“Eccome se lo ha fatto!”rise Harry, intromettendosi di nuovo.
“Erano le quattro del mattino, Harry”dissi ridendo.
“Le quattro del mattino?”chiese stupita Elisabeth. “Ma, Harry!”
Lui scoppiò a ridere.
“Son cose che capitano!”abbozzò.
“Comunque, per me sì, è stato amore a prima vista”. Continuò poi serio.
Lo fissai, imbarazzata.
“Dal primo momento in cui l’ho vista ho pensato “quella ragazza dev’essere mia”. Era diversa da tutte le altre, capisci? Aveva quel qualcosa in più che catturò la mia attenzione, e in seguito, anche  il mio cuore”. Disse guardandomi e sorridendomi.
Elisabeth si intenerì.
“Così sono andata a ‘prendermela’ nella sua stanza di albergo, ci siamo scambiati i numeri, ci siamo incontrati… ed eccoci qui”.
Concluse con un sorriso.
Sorrisi anch’io.
“E che intenzioni avete per il futuro? Insomma, Harry avrà diversi tour in giro per il mondo, tu cosa farai?”.
Anche Harry si voltò verso di me, attendendo una mia risposta. Voleva saperlo anche lui.
Questa volta non ebbi il bisogno di pensare, avevo già assaporato il dolore della sua assenza e non volevo che la cosa si ripetesse.
Lo aspetterò” sentenziai.
Harry mi strinse ancora di più a se, un movimento impercettibile agli occhi degli altri ma che significava tanto. Era un ‘non voglio lasciarti andare mai più’.
Non ce ne sarà bisogno”. Disse poi lui all’improvviso. Qualcuno dietro le telecamere ci avvisava che mancavano pochi secondi.
Voglio che lei venga insieme a noi”. Continuò serio.
Io lo fissai spalancando gli occhi.
Quindi vuoi avere il suo supporto anche durante il tour?” chiese la giornalista.
Harry annuì, sorridente.
Bene, questo è tutto”.
La donna fece i saluti di chiusura e quando il regista urlò ‘STOP’ riuscii finalmente a rilassarmi. O forse no.
Vuoi… vuoi che venga con te?” chiesi sottovoce ad Harry.
Si. Non voglio più starti lontano. Mai più”. disse. Poi mi schioccò un veloce bacio sulle labbra prima di alzarsi e ringraziare Elisabeth e tutta la troupe.
 
Sulla strada di casa ripensavo a quanto mi aveva detto Harry poco prima. Andare in tour con lui avrebbe significato proprio cambiare la mia vita in funzione della sua.
E la scuola? E l’unversità?
Io volevo diventare un medico, lo avevo giurato il giorno in cui mia madre morì.
Giurai che avrei curato tutte le mamme del mondo, affinchè nessun bambino dovesse ritrovarsi senza, come era successo a me.
Ma se l’avessi seguito in giro per il mondo non avrei avuto più tempo per dedicarmi ai miei studi.
Eppure… eppure pensavo che, forse, sarei potuta essere felice lo stesso, in sua compagnia.
Avrei potuto diventare sua moglie, un giorno, e prendermi cura del suo bambino.
Solo questo, una mamma e una moglie. Creare la mia famiglia. Una di quelle che avevo sempre desiderato ma che non ero mai riuscita ad avere.
Cloe avrebbe potuto sposare Liam, e i nostri bambini sarebbero potuti crescere insieme.

Mi accorsi che avevo cominciato a fantasticare troppo quando la testa cominciò a girare forte.
Parcheggiai l’auto e scesi dalla macchina, tracollando. Dovetti appoggiarmi allo sportello per non cadere. Percorsi il vialetto per raggiungere l’ingresso ma sentivo le gambe così pesanti che faticavo a muoverle. Aprii la porta e mi ritrovai due volti sorridenti ad aspettarmi.
Riuscii a vedere il repentino passaggio da un sorriso di trentadue denti ad un espressione preoccupata.
Hope!” disse Jill venendomi accanto.
Cos’hai? Sei pallida!”mi aiutò ad entrare in casa.
Ho… ho mal…” posi le mani sullo stomaco e senza riuscire a finire la frase corsi in bagno, inginocchiandomi davanti al water. Vomitai.
Ma cos’hai mangiato ieri sera?” chiese Cloe preoccupata, dopo che mi fui lavata ed essermi sdraiata sfinita sul divano. Odiavo vomitare.
Ma cosa ne so… probabilmente ho avuto un’indigestione di gamberetti, bho!” dissi con aria disgustata.
Jill mi si sedette accanto accarezzandomi i capelli.
Perché non vai da un medico, eh?” mi consigliò.
Ma no, non preoccuparti. Sarà stata sicuramente la cena di ieri. Harry mi ha fatto mangiare troppo”. Provai a sorridere per tranquillizzarla, ma, in verità, la sera precedente avevo mangiato poco e niente e mi sentivo uno schifo.
 






Ok, chiedo umilmente perdono çwç Sono settimane che non aggiorno ma ultimamente ho avuto un pò da fare e non ho potuto scrivere... (?) No, non è vero, non ho avuto proprio niente da fare ma ero troppo euforica per sedermi sul letto, mettere canzoni depresse al telefono, e scrivere qualcosa di triste lalalalala 
So che questo capitolo non è un granchè, anzi, è una totale merda lol però pensato che questo è soltanto un RITO DI PASSAGGIO! :o 
Scusate ancora e grazie a chi è rimato çwç vi voglio beeeeeeene *^* 
Per rimediare, creps gratis per tutti, hurrà! 
Ps. per la roba all'inizio, tutti quei rimandi... era necessario! Me ne son accorta solo ora e non potevo modificare il capitolo precendete perciò... YEPPA! 
Ps2. non l'ho nemmeno riletto, se ci son errori avvisatemi voi. haha ma che mi prende?! O.O
Tanti tanti tanti baci, @Whodouthinkiam_ 

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Capitolo 25
*** Capitolo 24 - Hope ***


Ragazze, voi siete tremende! HAHAHAHAHAH mi avete letteralmente sgamata :( e io che volevo celare la cosa nel mistero! Ad ogni modo… Buona lettura! :)
Ps. Ringrazio Dumb per avermi fatto sentire ‘So cold’ di Ben Cock che ha ispirato questo capitolo. Scusa, ma devo rubartela çwç
Consiglio di metterla come sottofondo a ripetizione fino a nuovo avviso lol Vi posto i link, così fate prima :)
Ah, grazie ancora di cuore a chi segue la storia. Ps2. continuerò la storia molto velocemente, tipo un capitolo al giorno. e' quasi finita, voglio chiuderla presto çwç 





 
http://www.youtube.com/watch?v=xHUl6n0iwfc
 
Il giorno in cui il servizio sarebbe andato in onda erano tutti così entusiasti che decisero che l’avremmo visto tutti insieme. Jill invitò i ragazzi a casa e loro accettarono molto volentieri.
Arrivarono nel pomeriggio, mezz’ora prima dell’orario fissato per il programma.
I ragazzi e Jill fecero amicizia molto velocemente e si trovavano a proprio agio con lei, la cosa mi rincuorava.
Preparò persino i pop corn.
“Jill, sono solo cinque minuti di intervista” le ricordai ridendo.
In realtà ci sono anche quindici minuti di speciale sui One Direction”. Precisò Liam.
Si ma quello non è importante” dissi con aria di sufficienza, prima di ridere.
In verità è quella la parte importante del programma, non quei miseri cinque minuti di intervista… chissà come sei, vista dalla tv. Sono sicuro che ci sarà da ridere!” fece Louis ridendo a crepapelle.
Lo presi a schiaffi scherzosamente, poi ci accomodammo tutti davanti alla tv quando sentimmo la sigla iniziale del programma TV.
 
Vedermi in TV era davvero strano, inoltre si riusciva a percepire la mia tensione e si distinguevano le mie guance rosse, motivo di fragorose risate da parte di Louis, Niall e Zayn che adoravano prendermi per il culo.
Jill a momenti piangeva dall’emozione e Liam e Cloe si scambiavano effusioni incuranti di seguire l’intervista.
Grazie della considerazione, sorellina. Pensai alzando gli occhi al cielo e sorridendo.
Harry, accanto a me, mi teneva la mano, fissando attento la tv e, ogni tanto, ridendo per una mia espressione di terrore o una sua stupida battuta.
Sentivo il cellulare vibrare in continuazione.
Erano le ochette della mia scuola con cui condividevo un odio reciproco che, dopo aver visto il servizio, mi riempivano di messaggi del tipo:
‘Hope, da quanto tempo che non ci vediamo! Che ne dici se in questi giorni passo da te e stiamo un po’ insieme?’
‘Ma chi cazzo ti conosce? Ci siam viste stamattina, cogliona’. Si, mi sarebbe piaciuto rispondere così ma lasciai perdere e spensi il telefono.
Prima che il servizio finisse, però, fui di nuova colpita da un’incredibile nausea che mi costrinse a correre in bagno. Prima di uscire dalla cucina, notai che Jill e Cloe si fissarono preoccupate e Harry, accigliato, mi seguì con lo sguardo mentre salivo le scale.
Corsi al bagno del piano di sopra, così in caso avessero chiesto spiegazioni avrei detto che ero corsa a prendere qualcosa.
Cloe aprì la porta nel momento in cui mi stavo lavando i denti, dopo aver vomitato.
Mi fissò con aria interrogativa.
Avevo l’alito che sapeva di pop corn. Sai che figura di merda, con Harry…” la ragazza sembrò cascarci, infatti si mise a ridere e tornò già scuotendo la testa.
 
Quella non fu l’ultima volta che vomitai. Nei giorni successivi fui costretta a correre in bagno diverse volte, eppure cercavo sempre di nascondere la cosa a Cloe e Jill per non farle preoccupare.
 
Cosa diavolo mi stava succedendo?
 
Tre giorni dopo mi decisi finalmente a prendere un appuntamento dal nostro medico di famiglia.
Il dottor Holmes era sempre stato disponibile per me e Cloe, Jill rinunciò persino a portarci da un pediatra da piccole perché preferiva fosse lui a visitarci, e il dottor Holmes era felice di farlo.
Era un simpatico uomo sulla cinquantina, i capelli gli erano diventati completamente bianchi e qualche ruga qua e là sul viso gli davano un’aria ancora più anziana.
Quando entrai nel suo studio mi accolse con un largo sorriso e un caloroso abbraccio.
Piccola Hope!” mi salutò com’era solito fare.
Buongiorno, dottore”. Ricambiai altrettanto sorridente.
Mio dio come sei cresciuta! Mi sa che “piccola” non va più bene come soprannome, eh?” disse mentre mi faceva cenno di accomodarmi.
Risi scuotendo il capo.
Per me va più che bene!
Dopo essersi assicurato che Jill e Cloe stessero bene, tornò serio chiedendomi il motivo di quella visita.
Beh… ultimamente ho molto spesso nausee molto forti. Mi chiedo quale sia la causa…”
Potrebbe essere un’intossicazione alimentare?” fece lui.
No, non credo. Sono giorni ormai, e non ho mangiato niente di diverso da ciò che mangio di solito..” feci con aria preoccupata.
Mhh..” si perse per qualche secondo nei suoi pensieri prima di fissarmi con aria leggermente aggrottata.
Dimmi un po’, Hope… come va la tua vita sentimentale, eh?” chiese disinvolto, lanciandomi palesi frecciatine.
Storsi un po’ il naso.
Ehm… tutto bene ma che c’entra questo ade…” nel momento in cui realizzai ciò che il dottore volesse intendere, il mezzo sorriso che avevo sul volto scomparve all’istante, venendo sostituito da un’espressione di terrore. Non sentivo nemmeno più il cuore, e le gambe e le braccia erano così pesanti che sarebbero potute crollare da un momento all’altro.
Il mio sguardo saettò dal dottor Holmes alle mie mani giunte sulle ginocchia, che cominciai a strofinare nervosamente.
“Credi… tu credi…?”
Lui tirò un sospiro e si adagiò allo schienale dell’elegante poltrona nera.
Questo devi dirmelo tu… Come va col ciclo mestruale?”
Dovrebbe ven…” spalancai gli occhi, chiedendomi come avessi fatto a non dare peso a quella cosa. “..è in ritardo di una settimana”. Mormorai infine a mezza voce.
Mi sentivo svenire.
Appoggiai i gomiti alla scrivania in legno scuro e poggiai la fronte calda sulle mani.
Avete usato precauzioni, Hope?” mi chiese.
Alzai immediatamente il capo.
“Si, certo che si!”.
Non ero stupida, come poteva pensare che…
Merda, mi maledissi per non aver pensato di prendere la pillola. Merda, merda, merda!
Il dottor Holmes prese un bigliettino e ci scrisse qualcosa sopra.
Io ero esterrefatta, terrorizzata, stupita, insicura.
Me lo porse.
Tieni, ti ho scritto il numero di telefono e l’indirizzo della ginecologa più brava che conosca qui nella zona. Va da lei al più presto”. Mi raccomandò.
Presi il foglietto con mano tremante, prima di fissarlo implorante.
Per… per favore non dire niente a Jill o Cloe. Voglio essere io a…
Sta tranquilla”. Mi bloccò prima che potessi finire la frase, poggiando la sua mano sulla mia.
Hei… è tutto okay. Avere un bambino non è una disgrazia, è la gioia più grande che una donna possa ricevere. Beh, so che hai solo diciotto anni e hai tutta una vita davanti, ma se decidessi di tenere il bambino sono sicuro che saresti una madre perfetta. In caso contrario… beh, ne parlerai con la dottoressa, ok?”.
Annuii, piano.
E poi non è nemmeno detto che tu sia… incinta davvero!” provò a dire sorridendo. Era difficile anche per lui accettare il fatto che la sua “piccola Hope” potesse diventare madre.
Feci un sorriso forzato, salutai il dottore e mi diressi fuori dall’edificio con lo sguardo perso nel vuoto e la testa piena di pensieri attorcigliati e confusi.
Se decidessi di tenere il bambino, aveva detto. Già, avrei potuto abortire. Avrei potuto far finta di nulla e continuare la mia vita come se fosse tutto normale.
In quel momento uno strano senso di protezione mi invase facendomi cancellare quegli ultimi pensieri.
Volevo davvero uccidere il mio bambino?
 
http://www.youtube.com/watch?v=b_o-0XtRSPc
 
La prima cosa che feci fu prendere il telefono e chiamare Alex.
Alex, devi venire qui. E’ urgente”. Gli dissi senza nemmeno dargli il tempo di rispondere, e staccai.
Esattamente cinque minuti dopo, la sua auto grigia metallizzata sembrò essersi materializzata davanti a me.
Entrai velocemente.
Ma com..?” chiesi stupita di tanta velocità.
Ero nei paraggi. Che succede?” chiese preoccupato.
Tornai a fissarmi le mani, nervosa.
 
 Come dovevo dirglielo?
 
Devi farmi un favore”. Dissi sottovoce.
Tutto quello che vuoi”.
Potresti… potresti passare in farmacia e prendere… un test per me?” chiesi.
Alex frenò di botto, per fortuna la strada era quasi deserta. Le poche auto che si trovavano a passare di lì ci superavano a suon di clacson.
Mi fissò, io non distoglievo lo sguardo dalle mie mani.
Un test? Intendi… un test di maternità?” chiese.
No, un test della personalità. Cosa si aspettava?
Annuii. Non avevo voglia di una delle mie pessime battute, e non era nemmeno il momento.
Pensi di essere… incinta?” chiese.
Non lo so, perché pensi che ti avrei chiesto un test di maternità, merda?!” sbottai, nervosa.
Lui, senza dire una parola, mise in moto e si diresse alla farmacia più vicina.
Mi sentii in colpa per averlo risposto male, ma ero così turbata da non rendermi conto di niente.
Scese silenzioso e con altrettanto silenzio risalì poco dopo, porgendomi la busta contenente una scatolina bianca.
Ti porto da me” disse. Non era una domanda, era un’affermazione.
Si sarebbe preso cura di me, ancora una volta.
Sentivo calde lacrime scivolarmi sulla guancia, ma decisi di non farci caso.
 
Entrai in bagno e mi chiusi la porta alle spalle.
Alex, in piedi contro il muro, aspettava.
 
Quando uscii, il ragazzo mi si parò davanti, curioso.
Allora?” chiese preoccupato.
Gli diedi l’aggeggio e mi diressi in camera da letto. Lentamente, mi coricai sul morbido letto di Alex, mi misi sotto le coperte e mi raggomitolai coccolata dal delicato ticchettio dell’inevitabile pioggia che picchiava sui vetri della stanza.
 
Il test era positivo.
 
http://www.youtube.com/watch?v=aFoCYsUK2tw&feature=BFa&list=PL085561F78AC755B6
 
Non avrei mai e poi mai pensato che un giorno mi sarei trovata in una situazione del genere. Insomma, aspettavo un bambino. Aspettavo un bambino a diciotto anni. Aspettavo un bambino a diciotto anni da Harry Styles.
Sapevo bene che se avessi deciso di tenere il bambino la mia vita sarebbe totalmente cambiata. Avrei avuto la vita di una ragazza-madre, era chiaro.
Non sapevo nemmeno come l’avrebbe presa Harry. Forse sarebbe stato uno scandalo per lui e la band e mi avrebbe lasciata sola. Non l’avrei biasimato, aveva una vita davanti, un’incredibile vita, direi.
In caso contrario, cosa sarebbe successo? Per evitare scandali ci saremmo dovuti sposare, immagino.
Io e il bambino avremmo seguito il papà in tour. O, forse, non sarebbe stato così facile.
Forse il fatto che Harry avrebbe avuto un figlio avrebbe compromesso la sua carriera.
Forse, conoscendolo, avrebbe mollato tutto e si sarebbe dedicato completamente a fare il papà.
Come dovevo comportarmi? Qual era la cosa giusta da fare? E, soprattutto, la cosa giusta sarebbe stata la decisione che mi avrebbe reso felice?
Sapevo già la risposta.
 
No.
Comunque le cose sarebbero andate, uno dei due ci avrebbe rimesso.
 
Ad ogni modo, l’aborto era fuori discussione.
Non volevo essere un assassina. Non volevo uccidere il piccolo che stava nascendo dentro al mio ventre.
Dopotutto, era sempre il mio piccolo bambino, no?
 
Mi massaggiai delicatamente la pancia, trovando la forza di fare un sorriso.
 
Il mio bambino.
Non riuscivo a crederci.
Nuove lacrime caddero dai miei occhi ma questa volte erano lacrime di gioia.
Un bambino, il mio bambino, il nostro bambino. Già lo immaginavo appena nato, e poi dire ‘mamma’ per la prima volta, fare i suoi primi passi…
 
Ero un’adolescente, ci avevo pensato spesso a quelle cose.
Pensavo spesso a come sarebbe stata la mia vita, la mia famiglia, quella che tanto desideravo.
E adesso tutto quello si stava per concretizzare, in un modo o nell’altro. Non sapevo cosa fare, non sapevo niente.
 
Una cosa, però, la sapevo.
 
Non volevo, in nessun modo possibile, compromettere la carriera di Harry. Lui meritava di continuare a fare quel che stava facendo, a divertirsi con gli altri ragazzi e vivere la sua vita allegro e spensierato. Avrebbe continuato a girare il mondo e fare le sue stronzate da adolescente, sarebbe andato a ballare e si sarebbe ubriacato, avrebbe continuato a fare il coglione nelle interviste e avrebbe continuato a prendere per il culo Lou, così come Lou avrebbe continuato a prendere per il culo Harry.
Niente, nella sua vita, doveva cambiare per colpa mia. Niente.

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Capitolo 26
*** Capitolo 25 - Fine. ***


Mi son accorta che stavo allungando troppo e posso capire che diventa stancante, quindi... bhe, questo è l'ultimo capitolo.
Non potete immaginare quando l'ho scritto come mi sentivo... Mi sono completamente messa nei panni di Hope e sentivo il cuore battere forte e un macigno sullo stomaco.
Comunque sia... Grazie ancora a tutti per aver letto la storia, siete tutti fantastici :)
Qualcuno ha già capito come finirà... Io in realtà avrei in mente un altro, ultimo capitolo, ma non so se lasciare le cose così oppure no.
Voi cosa mi consigliate, lieto fine o no?
Se ci sono cose che non vi sono chiare, domande che volete fare, fatele pure qui sotto, risponderò a tutti. 
Buona lettura. Mettete "Who am I to say" di Hope a ripetizione.



http://www.youtube.com/watch?v=LI1lRp2HTYA


La mattina successiva, quando mi risvegliai, ero sola a casa di Alex. Mi aveva lasciato un bigliettino.
 
Sono andato a lavoro. Jill l’ho avvisata io, le ho detto che avevi forti mal di testa e ti sei addormentata qua. Ti ho fissato un appuntamento dalla dottoressa Stewart, ho trovato il numero
sul tavolo. E’ alle tre e mezza, passo a prenderti alle tre e ti accompagno. RIPOSATI.
Ps. Ha detto Cloe, testuale: accendi quel cazzo di telefono che stai facendo preoccupare tutti, testa di minchia.”

 
Aveva pensato a tutto. Sorrisi, poi feci come aveva detto Cloe.
Spalancai gli occhi. Trentasette messaggi.
Tralasciando quelli palesemente leccaculo delle tizie della mia scuola, passai agli otto messaggi di Harry, i dodici di Louis, i cinque di Cloe, i tre di Niall e i singoli di Liam e Zayn. Sorrisi di nuovo per quanto fossero preoccupati, prima di correre di nuovo al bagno.
 
Risposi a tutti e sei, poi mi occupai della casa di Alexander come facevo spesso molto tempo prima, nei miei peridi bui e grigi in cui sentivo la mancanza di mia madre in maniera quasi esasperante.
Mentre spazzavo la cucina, mi venne da pensare che di lì a qualche mese, tutte quelle faccende le avrei potute fare in casa mia, per Harry. Sarei potuta essere una buona moglie e donna di casa, dopotutto.
 
Quando Alex tornò e vide tutto brillare, si infuriò a bestia urlando che avrei dovuto riposare e che potevo danneggiare me e il bambino. Me lo aspettavo, per cui feci finta di non sentirlo e, silenziosa, entrai in auto, seguita poi da lui.
Arrivammo allo studio della ginecologa quindici minuti dopo, e altri quindici minuti dovemmo aspettare che fosse il mio turno.
Foster? La signorina Hope Foster.”
Si, eccomi”.
Va, ti aspetto qui”.
Annuii ad Alex e mi diressi verso lo studio della dottoressa.
Era giovane, non le davo più di quarant’anni, portava i capelli castani sulle spalle e aveva un’aria molto professionale.
Buonasera” la salutai.
Sera” ricambiò lei sorridendo. “Mi dica”.
Beh, ehm… ultimamente ho forti nausee e giramenti di testa e… ho fatto il test di maternità ed è risultato positivo, volevo…”
Si, va bene. Nel caso in cui dovesse essere veramente incinta ha intenzione di tenere il bambino?”.
Mi colpì alla sprovvista. Dovevo decidere adesso? Strinsi i pugni mentre cercavo una soluzione.
Cosa dovevo fare?
Va bene, cominciamo la visita ginecologica”. Tirai un sospiro di sollievo, contenta che avesse proseguito proseguito. Non ero pronta a fare quella scelta.
Prego, si accomodi” mi fece l’infermiera che poco prima mi aveva fatta entrare.
Entrammo in un’altra stanza non molto grande, al centro c’era la poltrona su cui avrei dovuto sedermi e ai piedi, due affari per appoggiare le gambe.
Si tolga la biancheria intima e si accomodi”. Feci come aveva detto.
Mi stesi sul lettino, senza riuscire a rilassarmi. Chiusi gli occhi e aspettai.
 
Bene, ho una buona notizia. Lei è incinta”. Fece sorridente la dottoressa Stewart,  porgendomi  l’ecografia del mio ventre.
Vederla mi fece scalpitare il cuore.
Vede questo cerchio nero? Contiene il suo bambino. E quel puntino al suo interno, è il bambino”.
Era un’emozione indescrivibile, sentivo gli occhi pizzicare, avrei voluto piangere tanto ero felice.
Ha cinque settimane”.
Osservavo persa nei miei pensieri il foglio, provando ad immaginare il piccolo crescere sempre di più.
Poi la dottoressa chiamò la mia attenzione.
In caso volesse portare avanti la gravidanza, chiami entro due settimane per un’altra visita. In caso contrario… le consiglio di farlo il prima possibile, anche per il suo bene, signorina Foster. Vuole una copia dell’ecografia?”.
 
Ritornai da Alex in lacrime. Appena mi vide uscire scattò in piedi venendomi in contro.
Feci un largo sorriso e gli porsi la copia.
Guarda… non è bellissimo?”
Il ragazzo prese il foglio e osservò attentamente il feto. Poi mi sorrise, prima di mettermi un braccio sulla spalla e portarmi fuori.
 
Harry lo sa? E Jill, Cloe? Qualcuno sa qualcosa?” mi chiese mentre mi riaccompagnava a casa.
No, sei l’unico”.
Annuì.
Vuoi che ci sia anch’io quando glielo dirai?
Mi voltai verso il finestrino, di nuovo persa nei miei pensieri.
No, grazie Alex…”
Va bene”. Disse poco prima di frenare. Eravamo arrivati.
 
Entrai in casa e salii svelta in camera mia, sperando che nessuno mi vedesse. Poi nascosi l’ecografia nel mio armadio e tornai giù.
Hope! Ma che diavolo ti è successo?” mi urlò Cloe, preoccupata.
Te l’ha detto Alex, mi sono addormentata da lui…
Jill ci raggiunse e mi mise una mano sulla fronte.
Come stai?”
Sto bene, non ho la febbre, mamma. E’ tutto apposto. E’ passato” feci con un finto sorriso.
Ora se non vi dispiace, vorrei vedere Louis… vado da lui, torno presto”.
Presi le chiavi e, davanti ai loro occhi sbalorditi, uscii.
 
Sapevo che Harry non c’era per cui non mi preoccupai di entrare in casa in lacrime.
Hope! Che succede?” Louis corse al mio fianco, stringendomi in un forte abbraccio.
In quel momento volevo soltanto sfogarmi. Affogai le lacrime nella sua t-shirt a righe che tanto adoravo, mentre lui, senza fare domande, mi cullava con carezze e dolci mormorii.
Lo-louis, io… io n-non so cosa f-fare, io… A-aiutami, Louis, t-ti prego”. Singhiozzai.
Il ragazzo prese il mio viso tra le mani. Le lacrime mi offuscavano la vista, impedendomi di ammirare i suoi occhi color del cielo.
Certo che ti aiuto. Ma devi spiegarmi cosa è successo. Siediti e calmati, vado a prenderti dell’acqua”.
Tornò subito dopo porgendomi il bicchiere.
Mi passai un braccio sugli occhi per asciugarmi il viso, poi presi un sorso e respirai profondamente per calmarmi.
D-devo dirti una cosa… ma tu devi promettermi che non lo dirai a nessuno”.
Louis annuì.
Devi darmi la tua parola, Lou”. Insistetti.
Te lo prometto, Hope. Lo giuro sulla mia vita”. Mi rassicurò lui.
Portai una mano sul ventre, mentre altre lacrime cadevano silenziose dai miei occhi stanchi.
Lui scosse la testa.
Non.. non capisco”. Fece confuso.
Louis. Aspetto un bambino”. L’espressione del suo volto cambiò in modo radicale.
Fissava la mia mano con occhi sconvolti, era pallido in viso e non riusciva a spiaccicare parola.
Sei.. sei incinta? Sei sicura, Hope?” riuscì a dire poi.
Annuii.
Lo fissai negli occhi.
Erano così… delusi? Tristi? Affranti? Freddi? Spenti? Non sapevo come definire quello che vedevo in quegli occhi che erano sempre stati la mia ancora di salvezza. Potei vederli inumidirsi, e non c’era niente che mi spezzava il cuore più che vedere quegli occhi tanto belli divenire lucidi di tristezza.
 
Ma… perché? Era una così brutta notizia che fossi incinta? Era preoccupato per lo scandalo che avrebbe causato? O solo per come la cosa avrebbe influito sulle nostre vite? Cosa gli prendeva?
 
Non devi preoccuparti, Hope”. Interruppe poi quei pensieri.
Voglio dire, non essere così triste. Non è una brutta cosa, anzi. Son sicuro che tutto si aggiusterà. Se temi che Harry possa lasciarti per questo… beh, no, credimi, ne sarebbe felicissimo. Così come lo sono io”. Mi disse sforzando un sorriso.
 
Mi prendeva per il culo? Quella non era felicità. Lui stava una merda, esattamente come me.
 
Non ho paura che Harry mi lasci da sola. Son sicura che non la farebbe. Ma lui non dovrà sapere niente”.
Risposi poi, sicura.
Cosa?” fece Louis, stupito.
Ascoltami, Lou, mi hai fatto una promessa ed io mi fido di te, perciò devi mantenerla. Non voglio limitare la vita di Harry. Non voglio che la sua vita venga stravolta in questo modo. Ha ancora tanto da fare, e avere un bambino lo richiamerebbe a responsabilità che non è il momento che si assuma
Ma che cazzo stai dicendo? Può continuare a divertirsi anche avendo un bambino!”
“Non è la stessa cosa! Non capisci, Lou? Harry Styles sarebbe padre”.
“E allora?! Prima o poi sarebbe dovuto accadere, no?”
“Non a diciotto anni, cazzo!”
“MA E’ ANDATA COSì! COSA VORRESTI FARE? LASCIARLO? FINGERE CHE IL BAMBINO NON SIA SUO? CRESCERLO DA SOLA?”
Era davvero furioso. Abbassai lo sguardo, e il tono di voce. Non volevo litigare con lui.
“…Si. Crescerò il bambino da sola”.
“Lo sai che non te lo lascerà fare”.
“Non se non lo saprà”
“Vuoi davvero fargli credere che lo hai tradito?”
“No. Lui non saprà del bambino e basta”.
“Ah, si, perché è facile nascondere una gravidanza e un pancione di nove mesi, giusto? Ma come cazzo ragioni?”
“Noi non ci vedremo più.”
“Puoi anche mollare Harry e tenerti lontano dalla sua vista ma credi che gli altri non glielo diranno? Credi che staranno al tuo stupido gioco?”
“Non intendevo io e Harry. Non ci vedremo più io e te, né vedrò più gli altri. Me ne andrò”.
 Louis spalancò gli occhi e divenne paonazzo. Era anche peggio di quando aveva saputo della gravidanza.
No, te lo scordi. Non te lo lascio fare.”
Alzai lo sguardo e tornai a fissarlo con occhi supplichevoli.
Louis, ti prego… te lo chiedo per favore. Non voglio rovinare la vostra vita.” dissi sottovoce mentre mi si bagnavano le guance.
Così però rovini la tua”. Disse lui, piano.
No, non è vero. Sarei felice. Starò col mio bambino. Sarei felice” ripetei, cercando di essere il più convincente possibile. Dopotutto, era la verità.
E’ anche suo figlio. Lui ha il diritto…”
Lo vedrà. Tra qualche anno, quando sarà più adulto, quando avrà fatto le sue esperienze, forse, potremmo tornare a crescerlo insieme” spiegai cercando di convincere soprattutto me stessa, in verità.
Ti odierà per questo”.
“Lo so. Ma lo faccio per il suo e il bene della band”.
“Ma guarda che…”
“Lou. Per favore”.
Si arrese. In quel momento, qualcuno alle nostre spalle entrò nella casa.
Oh, ma buonasera. Sei già qua, amore?”
Io e Louis ci alzammo di scatto e, velocemente, ci asciugammo il viso sperando che Harry non notasse le lacrime.
Ma immagino conoscesse bene sia me che Lou per lasciarsi ingannare.
Ma che ca… che sono quelle facce? Che succede?
Ero nel panico. Come potevo giustificarmi?
Harry mi si avvicinò accarezzandomi i capelli e fissando Louis, aspettando una spiegazione.
Scusa, gliel’ho detto
 
Eh? Cosa mi aveva detto?
 
Oh, grazie tante, Lou”.
“Scusa. Vado di sopra” mi lanciò un’ultima occhiata implorante prima di percorrere velocemente le scale. Sentii la porta della sua stanza sbattere.
 
Mi aveva lasciata nella merda, quindi. Cosa dovevo fingere di sapere?
 
Harry mi fece sedere, poi mi prese le mani.
Hey, non devi piangere. Te l’avevo promesso, e mantengo le mie promesse. Domani avviserò la troupe e gli altri. Tu e Cloe verrete in tour con noi” mi rassicurò con un sorriso.
Ne sforzai uno anch’io, ma tornai seria subito dopo.
No Harry io… io non verrò in tour con voi”. Dissi con voce spezzata. Lui aggrottò le sopracciglia.
Come? Perché?”
Stavo per ferirlo e la cosa mi si stava ritorcendo contro facendo un male che non avrei mai immaginato di riuscire a sopportare.
Credi… credi di essere il centro della mia vita, Harry? Credi che io possa cambiare la mia vita in funzione della tua?”
No, certo che no, ma credevo che..”
Tu credi troppe cose! E dai sempre tutto per scontato! Mi son stancata di questo tuo atteggiamento. Mi son stancata di te. Io ho la mia vita, i miei obiettivi. Devi capirlo. Anzi no, non c’è bisogno che tu capisca. Non più. Abbiamo tirato le cose troppo alla lunga. E’ finita, Harry”. Mi alzai davanti al suo sguardo duro da cui non trapelava alcun tipo di emozione. Si alzò anche lui, lento e apparentemente calmo.
Mise entrambe le mani nella tasca, poi mi fissò serio.
Non aspettarti che venga da te come un cane bastonato. Se lasci questa casa, non voglio che tu ci rimetta più piede. Mai più”. pronunciò quelle parole con una tale freddezza che sentivo il sangue ghiacciarmi nelle vene.
Mi avvicinai decisa alla porta, girai la maniglia.
Addio, Harry”. Poi mi chiusi la porta alle spalle.
 
Ero affranta. Sentivo il cuore spezzarmisi in tanti piccoli pezzetti. Sentivo il peso e il dolore di ogni singolo strappo. Camminavo traballante quasi fossi ubriaca e entrai in auto.
Arrivai a casa che avevo finito le scorte d’acqua del mio corpo necessarie a far lacrimare quegli occhi ormai spenti. Fuori il cielo cominciò ad oscurarsi.
La casa era deserta e ne approfittai per preparare le valigie e prenotare il primo volo disponibile per Parigi.
C’era un ultimo posto in prima classe quella notte, alle quattro.
Scelsi la Francia perché era l’unico posto straniero in cui ero stata, perché era abbastanza lontano da tutto quello e perché sapevo parlare il francese.
Mi asciugavo le lacrime mentre scrivevo al dottor Holmes che volevo che per nessuna ragione al mondo lui avrebbe dovuto dire a Jill e a Cloe della mia gravidanza. Mi rispose che era un segreto professionale che doveva mantenere dal momento che ero maggiorenne ma mi raccomandò di non fare nulla di cui avrei potuto pentirmi e di avvisarle il prima possibile.
Pensai che avrei tanto voluto salutare i ragazzi, ma poi la consapevolezza che quelli sarebbero stati gli ultimi abbracci mi avrebbe devastato, per cui decisi di evitare.
Scelsi di chiedere aiuto a Louis.
 
Devo chiederti un ultimo favore. Puoi accompagnarmi all’aeroporto, stanotte alle tre? Mi raccomando, ti prego di mantenere il segreto. Ti voglio bene più della mia vita”.
 
Quando tornarono Jill e Cloe cercai di essere il più naturale possibile e la cosa sembrò funzionare.
Prima di andare a letto abbracciai forte Jill per augurarle la buonanotte, e lei mi sorrise stupita di tanto affetto improvviso.
Lo stesso feci con Cloe. La strinsi così forte da poter imprimere per bene nella mia mente il ricordo del contatto con la sua pelle, del profumo del suo balsamo preferito, della musicalità della sua risata, della bellezza dei suoi occhi.
Lottai con tutte le mie forze per trattenere le lacrime.
 
Mentre intorno a me tutto era immerso in un silenzio tombale, con la massima cautela mi rivestii  e presi i miei bagagli.
Non lasciai nessun biglietto, avrei poi mandato loro un messaggio.
Baciai per l’ultima volta le donne della mia vita, poi, silenziosa, lasciai quella che per 13 anni era stata la mia casa.
Il cielo tempestava, la pioggia era violenta e io non avevo un cazzo di ombrello.
L’auto di Louis era parcheggiata sul vialetto. Distinsi la sua sagoma avvicinarsi a passo svelto, nemmeno lui aveva l’ombrello.
Prese le valigie e le caricò nel cofano, poi rientrammo in auto e accelerò verso l’aeroporto di Heathrow.
 
Harry mi ha detto di ieri. Sei stata spietata. Comunque non ha versato nemmeno una lacrima. E’ troppo orgoglioso per farlo”.
Meglio così” dissi, triste.
Pensi che il fatto che non pianga voglia dire che non ci sta di merda?”
Non risposi, sapevo che non era così.
L’aveva pure ufficializzato alla stampa..” pensò ad alta voce scuotendo la testa.
Ripetimi perché ti sto aiutando a fare la cazzata più grande della tua vita”. mi disse poi.
Perché mi vuoi bene?” abbozzai.
Già…” sospirò lui.
Arrivati al parcheggio, scaricò i bagagli e fece per incamminarsi verso l’aeroporto.
Ehm… Louis”. Lo richiamai.
Lui si bloccò, voltandosi indietro verso di me.
La pioggia tamburellava violenta sui nostri corpi ormai bagnati fradici.
Se non ti spiace vado avanti da sola”.
Sogghignò.
Già… non vuoi che veda dove vai, eh?”
Non risposi.
Ciao, Lou”.
 Mi avvicinai per salutarlo ma lui fu più veloce di me.
Prese il mio viso tra le mani e avvicinò le sue labbra alle mie, così velocemente che non potetti resistergli.
Premeva con foga le sue labbra bagnate sulla mie, avvinghiando il suo corpo al mio.
No, io non lo respinsi. Risposi a quel bacio. Fu più forte di me.
Portai le mie mani lungo il suo petto per poi risalire al suo collo. Attorcigliai le mani tra i suoi capelli bagnati e spettinati, mentre assaporavo le sue labbra morbide.
Mi strinse ancora più forte a se, così come io strinsi la presa delle mie mani tra le sue ciocche di capelli.
Quando si allontanò, mi accorsi che il suo viso non era bagnato solo dalla pioggia.
Lui stava piangendo.
Ti amo, Hope. Ti amo più della mia vita”. Citò il mio messaggio di poco prima, con molta più intensità.
Da... da quanto?” chiesi tra le lacrime.
Dalla prima volta che ti ho vista.”
Ma…” provai a dire.
L’ho capito da subito che a te era Harry che piaceva, e lui era davvero preso da te. Gli voglio bene, non gli avrei mai vietato di essere felice, così non gli ho detto nulla. La prima sera che vi ho visti insieme, Harry l’ha capito subito che provavo qualcosa per te, da come lo guardai quando collegai le cose. Quella sera parlammo, mi disse che non aveva intenzione di ferirmi, ma si era davvero affezionato a te. Lo capii, e lasciai perdere, accontentandomi di renderti felice in un’altra maniera”.
Rimasi in silenzio ad ascoltare tutto il discorso. Non l’avrei mai immaginato. Mai. Mi odiai per averlo fatto soffrire per tutto quel tempo. Mi odiai per avergli detto del bambino. Mi odiai perché lo amavo anch’io. Mi odiai perché amavo anche Harry. Mi odiai perché mi facevo schifo da sola.
Scusami… scusami davvero” sussurrai tra le lacrime prima di scappare via.
Lui mi lasciò andare senza dire una parola.
Correvo afflitta, correvo spaventata, correvo attenta a non cadere. Non volevo odiarmi ancora di più, in caso avessi fatto del male al bambino.
Non me n’ero mai resa conto prima di quel momento, ma immaginavo che il motivo per cui stavo così bene in presenza di Louis era perché ricambiavo i suoi sentimenti.
Eppure l’idea di lasciare Harry mi aveva sconvolta, e ancora mi sconvolgeva. Amavo anche lui, senza ombra di dubbio.
Ma che orribile persona può amare due persone contemporaneamente?
 
“Ciao Jill, stasera non torno a casa e nemmeno nei prossimi giorni. Sono partita, mi trasferisco. Scusa se è stato tutto così improvviso, avrò modo di spiegartelo. In questi giorni ti chiamo, o vengo a trovarvi, non so. Capirete tutto, scusa ancora. Salutami Cloe. Vi voglio bene, non immagini quanto.”
 

Quello fu l’ultimo messaggio che hai ricevuto da me, Cloe. Sai, io son tornata. Son tornata a spiegare la situazione a Jill, ma tu non c’eri. Eri in tour coi ragazzi. Quando Jill me lo disse scoppiai a piangere. Ero così felice per te.
Spiegai a Jill che aspettavo un bambino ma le feci promettere di non dire niente, e lei fu d’accordo.
Non sul fatto che me ne andassi, certo, ma se proprio avevo preso la mia decisione era meglio che tu non sapessi. E nemmeno gli altri.
Se avevo scelto di vivere la mia vita in quel modo, non significava che dovevate cambiare la vostra in funzione della mia.
Perciò ti capisco se non mi hai perdonata per averti lasciata sola, Cloe, ti capisco se sei delusa, o arrabbiata.
Quando sono arrivata in Francia son stata per un po’ da Caroline fino a quando non ho comprato un appartamento. Jill mi ha molto aiutato economicamente. Poi mi son trovata un lavoro, e lì ho fatto nuove amicizie. Niente di serio, ovviamente. Non volevo che nessuno sostituisse né te né Alex, per cui il giorno in cui è nata la bambina –e’ una femminuccia- c’era solo Caroline a tenermi la mano.
Io ho chiuso gli occhi e ho immaginato di sentire il calore della tua, di mano. Ho provato ad immaginarti lì accanto a me, a confortarmi, a darmi forza e coraggio.
La bambina assomiglia molto al padre. il colore dei capelli è lo stesso e anche la forma del naso. Gli occhi sono praticamente gli stessi. Quando li guardo mi sembra di ritrovarmi davanti ad Harry. Anche il sorriso somiglia molto al suo. I capelli invece son lisci come i miei, e i lineamenti del viso anche.
Le ho parlato tanto di te, sai? Dice sempre che vuole vederti.
E lo vorrei tanto anch’io.
Muoio dalla voglia di riabbracciarti, Cloe.
Ti ho scritto questa lettera perché non volevo che tu ti dimenticassi di me, e di quello che abbiam passato insieme.
Ti ho scritto perché speravo che potessi metterti nei  miei panni e riuscissi a perdonarmi per tutto il male che ho causato a te e agli altri, perché volevo scusarmi per non averti mandato gli auguri per il tuo matrimonio con Liam e nemmeno quando è nato il piccolo Kevin.
Ovviamente, chiedi scusa da parte mia anche a Liam, signora Payne.
Porta le mie scuse a Zayn per essere stata assente anche al suo, di matrimonio, ma digli che l’ho visto in tv ed era uno schianto, Rebecca mi piace davvero tanto.
Porta le mie scuse a Niall per non esserci stata quando è tornato dal suo primo appuntamento con Demi, perché gli avevo promesso che avrei festeggiato insieme a lui, e son contenta che le cose vadano bene.
Porta le mie scuse a Louis per non avergli detto prima quanto lo amavo e quanto ero felice di averlo al mio fianco, digli che mi dispiace che non ha ancora trovato la donna della sua vita ma son sicura che presto qualcuna si accorgerà della splendida persona che è e non se lo lascerà scappare.
Infine, non dire niente a Harry perché devo essere io a chiedergli scusa per avergli nascosto tutto questo, per chiedergli scusa per avergli negato di vedere la piccola, spero capisca l’ho fatto solo per il suo bene. Son felice che sia riuscito a farsi una vita insieme ad Elisabeth e spero possano condividere il resto della loro vita insieme, felici, perché lui merita tutto l’amore di questo mondo.

Tanti baci e saluti anche da parte della piccola Cloe,
ti voglio bene,
Hope.

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Capitolo 27
*** Capitolo 26 - O forse no... ***


Grazie a tutte, veramente, siete incredibili! Mi avete fatto venir voglia di continuare e quindi, ecco qua, l'ultimissimo capitolo. Ho cercato di chiarire un pò di cose se ci sono altri dubbi domandate pure. 
Grazie ancora a chiunque abbia seguito, le vostrie recensioni sono fusdajkhefa e quindi, bho, buona lettura! 
Ricordate di riavviare la canzone quando finisce, fa più effetto :D 
@Whodouthinkiam_ <3


http://www.youtube.com/watch?v=-lO-qe-eL7A

 
Dlin dlon.
 
Lasciai cadere il pastello a cera con cui aiutavo la piccola Cloe a colorare il suo nuovo disegno e mi diressi svelta alla porta.
“Chi è?” gridai in attesa di una risposta che non arrivava. Poggiai una mano sulla maniglia e sbirciai nello spioncino, prima che il mio cuore emettesse un ultimo, sordo battito.
Mi allontanai quasi istintivamente, così come mi venne spontaneo portare una mano sul petto, quasi per assicurarmi che qualcosa lì sotto battesse ancora. Lentamente, lasciai salire quella stessa mano fino alla bocca, cercando inutilmente di trattenere i forti singhiozzi che mi scuotevano il petto. Le lacrime cadevano copiose offuscandomi la vista.
 
Dlin dlon.
 
La persona dall’altra parte suonò di nuovo il campanello, impaziente.
Decisi di smetterla di fare la melodrammatica, smetterla di farmi del male e lasciarmi andare ad un qualcosa che desideravo tanto quanto si può desiderare l’acqua in assenza di essa.
Aprii scattante la porta senza pensarci due volte, e mi ritrovai davanti quegli occhi che mi tenevano spesso compagnia durante le mie notti insonni, mentre carezzavo i capelli della mia bambina e ripensavo agli anni precedenti.
 
Occhi che erano  un cielo in tempesta.
 
Hope…” risentire i toni melodiosi della sua voce provocò un ennesima scossa al petto, una scossa che mosse le mie braccia verso la persona di fronte a me, si aggrapparono al suo collo come se fosse la terraferma che cercavo affannosamente in mezzo all’oceano.
Tre anni e dieci mesi erano passati dall’ultima volta che avevo sentito il dolce profumo della sua pelle inebriarmi, profumo che era rimasto sempre lo stesso e che le mie narici cercavano quasi disperatamente. Affogai la faccia nell’incavo della suo collo mentre singhiozzavo piena di felicità ritrovata.
Aveva uno di quei maglioni di lana bianco che mi piacevano tanto, gli accarezzai la spalla per sentirne i morbidi ricami mentre le sue braccia intorno a me mi stringevano in una presa da togliere il fiato.
Mamma, mamma… chi è?” sentii i passi di Cloe sempre più vicini mentre la sua vocina curiosa risuonò dalla stanza accanto.
Lasciai l’abbraccio e rivolsi un sorriso all’espressione curiosa e intenerita che si affacciò sull’uscio della porta in attesa di vedere una chioma di capelli neri spuntare dal salotto.
“Tesoro, vieni qui, devo presentarti una persona”dissi prendendo la mano della piccola e facendola avvicinare a me.
Lei mi fissò prima di scrutare con attenzione il nuovo ospite, aggrappandosi alla mia gamba.
“Vieni”ripetei prendendola in braccio e tenendola su di un fianco.
Allo sconosciuto gli si illuminarono visibilmente gli occhi mentre un largo sorriso si fece spazio sul suo viso in lacrime.
“Hei piccolina”la salutò con voce quasi tremante.
Lei lo fissò per un po’, poi allungò una mano verso di lui, asciugandogli una lacrima dal viso e accarezzandogli poi una guancia.
Lui portò la sua mano su quella della bimba, stringendola forte e portandola poi alle labbra, la baciò delicatamente.
“Papà?”chiese la piccola.
Sentii calde lacrime scivolarmi lungo le guance sentendo il tono di speranza con cui Cloe aveva pronunciato quella parola.
“No, tesoro. Lui è Louis. Ricordi? Te ne ho parlato tanto…”.
“Si, lo zio Louis!”gridò euforica. Ho sempre pensato che, nei miei racconti, Louis fosse il suo personaggio preferito. Forse perché in grado di farla ridere.
Si sporse di nuovo verso  di lui, tendendo entrambe le manine verso il suo collo.
Louis prese la piccola Cloe tra le sue braccia e la strinse forte a se, mentre lei si divertiva a scompigliargli i capelli.
“Sei bellissima piccolina, lo sai?”gli sussurrò dolcemente sorridendole.
Mi spostai leggermente, allungando la mano verso l’interno della casa.
“Entra, Lou”.Questi si accomodò in cucina giocando con Cloe che rideva spensierata alle buffe facce dello “zio”.
“Perché non vai a finire di colorare il disegno, così lo fai vedere a Louis?”le proposi.
Lei non se lo lasciò ripetere due volte e corse a completare la sua opera.
“Ti preparo un caffè?” dissi e, senza aspettare risposta, aprii il mobile per prendere la caffettiera.
La stavo riempiendo d’acqua quando qualcuno alle mie spalle richiuse il rubinetto e mi avvolse in un caldo abbraccio, attorcigliando le braccia intorno al mio collo. Lasciai cadere la caffettiera, appoggiai la testa alla sua spalla e portai le mani sulle sue braccia, stringendole forte. Poi mi voltai senza riuscire a trattenere le lacrime e le mani di Louis presero il mio viso carezzando le guance bagnate con i pollici.
“Mi sei mancata così tanto…”mi disse, piano.
Mi sembrò di tornare a qualche anno prima, sembrava di essere in quel parcheggio poco affollato dell’aeroporto di Heathrow, sotto quella pioggia scrosciante che lavava via le lacrime dai nostri volti.
Di nuovo, dopo tanto tempo, sentii il sapore dolce delle sue labbra sulle mie. Le sentivo muoversi delicatamente mentre le sue mani sicure mi accarezzavano dolcemente.
“Mi sei mancato anche tu”gli rivelai sorridendo sulla sua bocca.
 
---

 
“Come mi hai trovata?”gli chiesi dopo aver preso un sorso di caffè caldo.
“Non appena Cloe ebbe finito di leggere la lettera le ho chiesto il numero della tua amica Caroline. Sapessi quanto ho dovuto implorarla per farmi dire dove ti trovassi…!”disse accennando un sorriso.
“E… gli altri come l’hanno presa? Sono arrabbiati? Harry…?” chiesi curiosa.
“Lui non c’era. Cloe ha fatto come gli hai chiesto. Aspetta sia tu a dirgli della bambina. E’ una cosa abbastanza delicata. Credo tu ti sia resa conto di quel che hai fatto. Gli hai tolto la possibilità di vedere sua figlia nascere, fare i primi passi, dire le prime parole…”parlava con tono autorevole e responsabile. Lo osservai pensando a quanto fosse cambiato. Infondo aveva 24 anni ormai. Era un adulto, non più il ragazzo scherzoso e vivace che ricordavo.
“Si, lo so. Pensavo fosse la cosa giusta da fare ma… non lo so, ora non ne sono più tanto sicura”.
“Già… per quanto riguarda gli altri, nessuno di loro ce l’ha con te. Manchi tanto a tutti”.
“Parlami di loro… le interviste non rendono abbastanza!” chiesi accesa dalla curiosità.
Scosse il capo e sorrise.
“Niall non è cambiato tanto, in realtà. Come sai ha fatto colpo su Demi e le cose stanno andando piuttosto bene. Lo vedo davvero felice”.
“Ne son contenta”una lacrima cadde sulle mie labbra aperte in uno sghembo sorriso.
“Zayn e Rebecca sono novelli sposi, per cui molto spesso preferiscono stare da soli piuttosto che tutti insieme. Sai, per fare meglio i piccioncini. Ma credo la cosa duri ancora qualche mese, poi si stancheranno e torneranno ad uscire insieme a noi.”. Risi.
“Ma dai, poverini!”.
Rise anche lui, poi proseguì.
“Beh… come sai Liam e Cloe hanno avuto un bambino due anni fa. Kevin è davvero adorabile. Somiglia molto al padre. E’ piuttosto timido con chi non conosce ma una volta adagiatosi è una peste! Ma è un ometto e gli voglio un gran bene!”Sorrise.
“E poi Harry… lui… bhe, si è…” notai che aveva difficoltà nel continuare.
“Sposato, lo so”. Sorrisi per fargli capire che andava tutto bene.
“Sono contenta per lui, davvero” lo rassicurai.
“Tu non… non lo ami più, Hope?”chiese lui quasi scettico.
“E’ il padre di mia figlia, come potrei non amarlo? Ma ho fatto un errore, Louis, e non merito di averlo al mio fianco. Lui, invece, merita tutto l’amore di questo mondo e sono sicura che Elisabeth gliene sta dando molto più di quanto gliene avrei dato io.  Giusto?”
Annuì, pensieroso.
“Che c’è?”chiesi accigliata.
“Niente, niente…”
“E tu?”chiesi dopo minuti di imbarazzante silenzio.
“Come va la tua vita?”
“Beh direi che adesso va molto meglio”.Mi lasciò annegare nei suoi occhi rivolgendomi il suo sorriso come ancora di salvezza.
“Che ne dici di venire con me a Londra? Muoiono tutti dalla voglia di rivederti e vedere Cloe… e ormai è inutile che tu rimanga qui. Torna”. Pronunciò l’ultima parola con più lentezza e decisione.
Mi alzai e posai la mia tazzina nel lavabo.
Poi mi voltai appoggiandomi al mobiletto e sospirai.
Ci stavo pensando da un po’… io sono cresciuta senza il calore di una famiglia e non voglio che Cloe abbia un’infanzia come la mia. Voglio che cresca insieme al papà, a Jill, a Cloe, a… te… e a tutti gli altri, se vorranno”.
Si alzò anche lui, posò la sua tazzina e appoggiò le mani sul lavandino, vicino ai miei fianchi, bloccandomi nella sua morsa.
Niente mi renderebbe più felice, Hope. Ti ho aspettato per quattro anni… se tu lo vorrai, sarai mia per il resto della mia vita perché non ho più intenzione di lasciarti andare”. Mi sussurrò a pochi centimetri dal mio viso.
Sentivo il suo respiro sulla pelle avvicinarsi sempre di più.
Louis, guarda, guarda!” non appena sentì la voce della piccola si allontanò scattante lasciandomi riprendere dopo esser rimasta senza fiato per secondi interminabili.
 Arrivò correndo e mostrò il disegnino a Louis.
Ma è bellissimo! Sei bravissima! Ehm… cos’è?” mi venne da ridere quasi spontaneamente e scorsi in quella risata quel pizzico di felicità che quel ragazzo, quell’uomo, portava ovunque andava.
 
Si, mi era mancato davvero tanto.
 
Arrivammo a Londra intorno alle quattro del pomeriggio, Cloe era eccitata per aver preso per la prima volta l’aereo ed euforica perché finalmente aveva la possibilità di vedere zia Cloe da vicino e non soltanto in qualche fotografia.
Hai lasciato l’auto qui?” chiesi incredula a Louis.
Ero piuttosto di fretta, non ho avuto tempo di pensare a questi dettagli…” disse sorridendo.
Entrammo nell’auto grigia metallizzata e ci dirigemmo verso la mia vecchia casa.

Non era cambiato niente,  tutto era esattamente come lo ricordavo.
Forse un paio di bar nuovi qua e la per la città.
Parcheggiò nel vialetto e quando aprii la portiera respirai quell’aria familiare che tanto mi era mancata. Cloe si affiancò a me e le presi la mano. Louis fece lo stesso con la mia e, tutti e tre, nemmeno fossimo una piccola famiglia felice, percorremmo il vialetto verso la porta d’ingresso.
Il cuore palpitava dall’emozione, sentii una scarica d’adrenalina lungo tutto il corpo.
Stavo per rivedere Cloe, la mia Cloe.
Louis bussò e qualcuno venne ad aprirci poco dopo.
Una sagoma che conoscevo bene apparì di fronte a me.
I riccioli biondi erano raccolti in uno chignon e due ciocce davanti le cadevano sulle spalle.
Gli occhi di un verde acceso erano fissi nei miei, occhi pieni di tutto, di un “ti voglio bene”, di un “mi manchi”, di un “ti odio”, di un “vattene a fanculo”, di un “vieni qui e abbracciami”.
Si inumidirono in contemporanea coi miei, a cui era mancato così tanto potersi perdere in quella meraviglia di sguardo.
“Ah, ho dimenticato di dirti una cosa…”
Louis interruppe quel silenzio pieno di parole sentite col cuore e non con le orecchie. Lo fissai accigliata.
Cloe aspetta un altro bambino” disse, continuando a fissare la donna di fronte a se.
Mi voltai anch’io. Non avevo notato il pancione che la sottile maglia azzurra teneva coperto.
Sorrisi tra le lacrime osservandolo, poi alzai lo sguardo verso il suo volto, la sua espressione era uno specchio della mia, piena di felicità.
Senza più trattenermi la abbracciai stringendola forte a me, ma facendo attenzione a non premere troppo contro la pancia.
Singhiozzammo come due ragazzine mentre colmavamo il vuoto creatosi in quei quattro lunghi anni in assenza l’una dell’altra.
Cloe… mi dispiace così tanto. Scusami io…”
Shh…” mi interruppe lei.
E’ tutto okay. Ero arrabbiata perché non conoscevo la situazione. Nemmeno io avrei saputo come comportarmi se fossi stata nei tuoi panni… o forse si. Forse mi sarei abbandonata alla felicità senza preoccuparmi minimamente di quanto la cosa avrebbe influito nella vita dei ragazzi. Non sarei riuscita ad essere così coraggiosa, Hope.” Mi rassicurò.
“Forse più che coraggiosa sono stata stupida…”
“Hai fatto quel che ritenevi giusto. Non può essere considerato stupido.  Più che altro sei stata una stronza, questo sì, a non avermi detto niente. Ma ci son passata su.”. Mi sorrise, e ricambiai.
Poi il suo sguardo si abbassò un po’, rivolgendosi alla mia bambina che, dopo aver lasciato la mia mano, era andata a prendere quella di Lou.
“Oh mio Dio…”mormorò scoppiando in lacrime.
Ma sei bellissima, tesoro mio”. Le si avvicinò accarezzandogli una guancia.
Somiglia tanto a…”
Si, lo so” la interruppi sorridendole.
La piccola le sorrise, era contenta di vedere finalmente la persona che le dicevo fosse la più importante della mia vita.
Zia Cloe!” disse entusiasta.
Cloe sorrise e pianse ancora di più.
Si, tesoro, sono la zia Cloe”.
 
Entrammo nella calda e accogliente casa. Era un po’ cambiata, come il colore delle pareti e la disposizione dei mobili.
Un focolare riscaldava l’intero appartamento.
Ci dirigemmo in cucina, ci aspettavano tutti lì.
BENTORNATA!” esultarono in coro.
C’erano tutti.
Jill, Alex, Niall, Liam, Zayn, Rebecca, Demi, e il piccolo Kevin seduto sulle gambe del papà.
Mancava una sola persona. E c’era una ragazza che non conoscevo.
Non riuscii a trattenere le lacrime che caddero copiose lungo il mio viso.
Corsi ad abbracciare tutti.
Per primo Niall, che mi accolse col suo abbraccio caloroso com’era solito fare anche in passato. Mi presentò la bellissima ragazza al suo fianco che mi rivolse un largo sorriso.
Poi andai da Zayn, che era molto cambiato rispetto a come lo ricordavo.
Si era fatto crescere la barba e aveva un’aria molto composta e pacata. Mi strinse forte, dolcemente, e mi disse che gli ero mancata tanto. Anche lui mi presentò la signora Malik, bella ed elegante, esattamente il tipo di donna che mi aspettavo di vedere al suo fianco.
Andai poi da Liam, strinsi forte anche lui e mi rivolsi poi al piccolino.
Hey, Kevin!” gli sorrisi accarezzandolo. Aveva gli occhi color miele, come quelli di Liam. Era un bambino straordinariamente bello. Mi sorrise e si nascose aggrappandosi al petto del padre. Sorrisi, prima di rivolgermi a Jill. Lei mi aspettava a braccia aperte e una cascata negli occhi.
“Piccola mia!”mi strinse fortissimo, quasi non riuscivo a respirare. Risi e la strinsi forte anch’io.
Nel frattempo, gli altri erano intenti a conoscere la piccola Cloe. Era un tipo solare per cui non era per nulla intimidita dalle attenzioni che le stavano rivolgendo.
Io, infine, andai a salutare Alex. Mi fermai di fronte a lui, fissandolo negli occhi che quasi volevano rimproverarmi.
Ma non ci riuscirono, si addolcirono e lui mi accolse tra le sue braccia forti. Singhiozzavo mentre lo stringevo a me, ripetendogli quanto mi fosse mancato e quanto mi dispiacesse di non avergli detto nulla.
“Sapevo che non mi avresti mai lasciata andare, scusami”spiegai.
“Tranquilla, ormai quel che è fatto è fatto… A proposito”.
Sciolse l’abbraccio e si schiarì la gola. Solo allora mi accorsi della ragazza sconosciuta accanto a lui.
“Ehm… Emily, lei è Hope. Hope, lei è Emily, la mia fidanzata”.
Guardai la ragazza di fronte a me. Era alta, più alta di me, poco meno di lui, ed era bella. Lunghi capelli ricci le cadevano lungo la schiena, occhi castani e pelle olivastra. Si, era un bel tipo. Approvo, pensai sorridendole, lei ricambiò.
“Molto piacere, Emily”.
“Piacere mio”.
“Allora ce l’hai fatta, eh…” dissi ironica ad Alex, lui alzò lo sguardo al cielo, Emily rise.
“Bene, ehm…”mi rivolsi poi a tutti gli altri.
“Devo delle scuse a tutti. Ho sbagliato a scappare via, ma in quel momento ho pensato fosse la cosa giusta da fare, e so che in verità è stata una pessima decisione. Mi sarebbe piaciuto tanto che Cloe fosse cresciuta insieme a voi, ma temevo che questo avrebbe inciso in qualche modo sulla band e, soprattutto, su Harry…”
Liam prese la parola.
“Ormai è andata, Hope. Piangersi addosso non serve a nulla”.
Zayn intervenne.
“Cloe ha solo tre anni. Ha ancora tanto da condividere con noi”.
“Già, devo insegnargli ancora tante cose!”disse poi Niall.
“Scordatelo bello, tu me la porti sulla cattiva strada!”lo rimproverai, ridendo.
Tutti gli altri scoppiarono a ridere e lui fece il finto offeso.
Poi mi diressi verso la bambina e la presi in braccio.
“Bene, ora viene la parte più  complicata”.Tutti mi fissarono, intuendo subito le mie intenzioni.
Io mi rivolsi a mia figlia.
“Che dici, andiamo a conoscere papà?”.
Le si illuminarono gli occhi e sulla sua faccia comparve un sorriso ancora più largo di quello che aveva.
“SI!”
 
Louis mi accompagnò alla nuova casa Styles.
Scesi dall’auto quasi tremante, presi per mano Cloe e mi diressi verso l’ingresso.
Guardai Louis, lui mi sorrise prima di suonare.
Sentivo le gambe cedere mentre la porta si apriva.
Trattenni il respiro, aspettando di essere incenerita dallo sguardo di Harry.
Ma ad aprirci venne Elisabeth.
La prima persona che si trovò davanti fu Louis, e sorrise salutandolo, ma quando si accorse di me il sorrise scomparve all’istante trasformandosi in un espressione seria.
“Cosa ci fa lei qui?”chiese a Louis.
 
“Si, ma ‘sto tono di minaccia? Calmina bella che sei così pelle e ossa che potresti volartene via con un soffio.”
 
Ma decisi di contenermi e sorrisi, il sorriso più falso della mia vita.
“Ho alcune cose da spiegare ad Harry. Lui è in casa?”
La donna fissò me, poi Louis. Lui annuì, e lei si spostò per lasciarmi entrare.
Quando notò la bimba che tenevo per mano, impallidì.
La superai svelta ed entrai in casa.
“Tesoro, chi è?”sentii la calda voce di Harry provenire dalla stanza accanto. Rabbrividii.
Mi diressi piano nella direzione in cui avevo sentito la voce.
Entrai in cucina, lui era accomodato in poltrona a guardare una partita di football.
Non appena mi vide entrare scattò in piedi, lo sguardo duro e freddo, le labbra si incresparono.
Cloe mi strinse forte la mano.
“Ciao, Harry” dissi calma.
“Cosa ci fai tu qui?”mi ringhiò contro.
In quel momento entrarono Louis ed Elisabeth.
“Oh, e sta calmo” gli disse Louis dirigendosi al frigo per prendersi da bere. Elisabeth si affiancò al marito.
Anch’io sono felice di rivederti” feci sarcastica.
Notai il suo sguardo saettare da me alla bambina, poi di nuovo su di me. Spalancò per un attimo gli occhi, poi le si avvicinò.
La guardò attentamente, notando ogni minimo particolare.
La forma del naso, il nero dei capelli, il verde degli occhi… non ci mise tanto a collegare.
Mi fissò per chiedermi spiegazioni.
Lei è… è nostra figlia, Harry”.
Mi accorsi del colore della sua pelle divenire visibilmente paonazzo. Curvò le sopracciglia in segno di incredulità e ricerca di spiegazioni.
Tornò a fissare la bambina. Le accarezzò i capelli.
Lei… lei è mia figlia?” chiese con voce spezzata.
Annuii, piano.
Harry tirò un lungo sospiro e notai quanto fosse tremante. Tremava dal nervosismo, tremava dalla collera.
“Vieni con me, Cloe, ti faccio vedere una cosa” Louis decise che era meglio che la bambina non assistesse a quello che stava per accadere. Lei non obiettò, probabilmente il papà l’aveva intimidita.
Elisabeth?” chiamò fuori dalla stanza anche lei.
Mi guardò in cagnesco prima di uscire.
 
Quando Louis si chiuse la porta alle spalle, Harry mi guardò negli occhi.
Era lo stesso sguardo gelido che mi aveva rivolto quella sera di quattro anni prima. Gelido, rabbioso.
E… sentiamo… perché non sapevo di avere una figlia?” pronunciò quelle parole con fermezza, una ad una, con rabbia, quasi da farmi paura.
Perché non ti siedi, così…” provai a dire.
NON VOGLIO SEDERMI!” sbottò. Sussultai.
Tu mi hai tenuta nascosta mia figlia, Hope, ti rendi conto? Come hai potuto? Che cazzo avevi in testa?!
Sentivo un groppo in gola, e le lacrime bussare insistenti alla porta degli occhi, volevano uscire fuori, ma mi sforzavo per tenere quella porta ben chiusa. Non volevo dar segni di debolezza.
“Lascia che ti spieghi…”continuai.
Cosa c’è da spiegare?! Perché?! Cos’è, non mi amavi abbastanza da voler costruire una famiglia insieme a me? Temevi non fossi in grado di diventare padre? COSA, HOPE, COSA?” chiese insistente mentre scuotevo la testa e mi arrendevo alle lacrime che cadevano dai miei occhi.
NON VOLEVO ROVINARTI LA VITA, HARRY!” mi liberai anch’io.
COME HAI POTUTO PENSARE CHE MIA FIGLIA AVREBBE POTUTO ROVINARE LA MIA VITA?  COME HAI POTUTO PENSARE CHE LA COSA CHE MI AVREBBE RESO L’UOMO PIU’ FELICE DEL MONDO POTESSE ROVINARMI LA VITA?
Io… io temevo che la cosa avrebbe influito negativamente sulla tua carriera… temevo ti avesse tolto la possibilità di vivere appieno la tua vita… io non volevo… non volevo che tu saltassi le tappe, Harry… avevi così tanto ancora da vivere… così tanto da provare, da viaggiare… non volevo… io…”
Singhiozzavo incapace di emettere parola.
Lacrime amare uscirono anche dai suoi occhi.
Ma quella è la mia bambina! Noi… avremmo trovato una soluzione… insieme…” mormorò.
Non riuscivo a smettere di piangere. Mi sentivo una totale merda.
Pensavo fosse la cosa giusta da fare… Perdonami, ti prego…”
Tu mi hai tolto la possibilità di veder nascere mia figlia” scandiva tremante ogni parola.
Tu mi hai tolto la possibilità di condividere con lei i primi anni della sua vita. Tu… tu ti rendi conto di quello che hai fatto? Come può strappare una bambina dal proprio padre essere la cosa giusta da fare?”
Chiese quasi con disperazione. Io scuotevo la testa e piangevo, non sapevo cosa rispondergli.
Volevo soltanto che tu fossi felice…” sussurrai a mezza voce infine.
Lui chiuse gli occhi, lasciando che le lacrime gli cadessero lungo le guance, e sospirò.
Non te lo perdonerò mai, Hope. Mai.” concluse. Poi proseguì.
Però sì, mi sei mancata e sì, son felice che tu sia qui. Soprattutto perché ho intenzione di far parte della vita di mia figlia. Non mi importa nulla dello scandalo che potrebbe causare, presto chiederemo ad un giudice per l’affidamento di… come si chiama?” chiese palesemente curioso.
Mi asciugai le lacrime strofinando un braccio sugli occhi prima di rispondere: “Cloe”.
Lui sorrise.
“Bel nome”.
Sorrisi anch’io, leggermente intimidita dalla situazione.
Oh, vieni qui” si arrese poi e mi attirò a se, abbracciandomi forte. Non mi aspettavo volesse ancora avere un contatto con me, in realtà credevo volesse buttarmi fuori casa sua e che non volesse più vedermi per il resto dei suoi giorni.
Ma quell’alternativa mi piaceva decisamente di più.
Portai le mani dietro la sua schiena e lo strinsi forte anch’io.
Scusa” farfugliai.
Posso… posso capire, in un certo senso, le tue motivazioni, anche se sono assolutamente sbagliate”.
Annuii.
Lo so, e mi dispiace”.
Annuì anche lui, poi sciolse l’abbraccio e fissò la porta alle mie spalle.
“Voglio salutarla come si deve”.
 
Quando Harry si ripresentò in maniera più dolce e pacata a Cloe, lei fu felice di saltargli addosso gridando “PAPA’”, che gli fece sciogliere il cuore. Elisabeth era incredibilmente infastidita dalla cosa, ma fu costretta ad accettarla.
 
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Alla fine, tutto andò per il verso giusto.
 
Il giudice decise che Cloe sarebbe stata con me durante la settimana e col papà nei weekend.
Il rapporto con Harry migliorò col tempo, ma non posso dire lo stesso di Elisabeth. Con lei era sempre un misto di sguardi assassini e frasi con doppi sensi sarcastici. Ma, tanto, era Harry ad averla sposata, non io. E ho dovuto ammettere che l’amore di Elisabeth nei suoi confronti era sincero e intenso, quella era l’unica cosa che mi importava.
 
Louis mi chiese di sposarlo il giorno del mio compleanno. Mi si inginocchiò davanti e fece sedere Cloe sul suo ginocchio, la piccola mi aprì l’anello e me lo porse, dicendomi:Mamma, vuoi sposare Louis? Vorrei tanto averlo come secondo papà!”. Fu la proposta di matrimonio più bella che avessi mai potuto immaginare.
Ricordo una ad una le parole che mi rivolse dopo il mio ‘sì’.
 
“Sono intenzionato a renderti la donna più felice della Terra, perché è così che tu mi fai sentire. So che non te ne rendi conto, so che ti sottovaluti come donna, ma, credimi, in ogni tuo gesto, in ogni tua parola, io percepisco la forza di un tifone.
Tu sei forte, Hope, sei incredibilmente forte, solo che non lo sai. Tu saresti in grado di lottare contro il mondo intero per le cose a cui tieni, e di questo ne sono certo”. Disse, fissando Cloe.
“Ma se, per qualche strano motivo, questa forza ti dovesse venire a mancare, io ti giuro, Hope, che puoi aggrapparti a me in qualunque modo, io sarò lì ad afferrarti.
Sarò tuo marito, sarò tuo fratello, sarò il tuo migliore amico, sarò la tua bambola vodoo,” –risi, scuotendo il capo-“sarò tutto ciò che mi chiederai di essere, se questo servirà a renderti felice.
Perché il tuo sorriso illumina le mie giornate, e non c’è niente di meglio di esserne la causa.
Ti amo, Hope, ti amo da morire e darei la vita per renderti felice. Rendere felice te, e Cloe”.
 
Scoppiai a piangere e Cloe venne ad abbracciarmi forte.
 
“Giuro che ti amo, Louis, e, credimi, se oggi sono qui, con te, non è perché sei stato l’unico che mi rimaneva dopo aver troncato con Harry. Se era lui che volevo a quest’ora sarei a progettare qualche infallibile piano per imbruttire per quanto possibile quella strega di Elisabeth… non dirlo a papà” –chiarii a Cloe che rise- “ma per quanto gli voglia bene credo che non fossimo fatti per stare insieme. Voglio dire, tu mi hai letto l’anima, Louis, fin nel profondo, e nessuno c’era mai riuscito. Credo che tu sia l’unico che possa rendermi felice, l’unico che può rallegrarmi la giornata anche se va tutto male e credo che questo sia fondamentale in un matrimonio. Posso scommettere che non mi stancherò mai di te, perché è impossibile stancarsi di qualcuno che ti fa stare così bene. Son qui a dirti ‘si, Louis, voglio diventare tua moglie’ perché niente al mondo mi renderebbe felice tanto quanto essere la donna della tua vita, perché tu sei l’uomo della mia”.
 
Al matrimonio venne anche Harry e questo permise di renderla una giornata all’insegna dei vecchi tempi, tutti insieme.
Andammo a vivere nella vecchia casa di Harry e Louis, a Cloe piaceva da impazzire.
Ebbi un bambino da Louis, lo chiamammo Daniel.
Alla stampa raccontammo che anche Cloe era sua figlia e ci furono insulti su insulti a causa di questo, penso di non averne mai ricevuti tanti in tutta la mia vita.
Lou mi difendeva in ogni minima intervista e rispondeva alle ragazze di twitter che sputtanavano me e loro.
Io imparai a fregarmene perché non m’importava quello che pensava la gente, in fondo loro non sapevano un cazzo di me o di quel che mi era successo, potevano criticare quanto volevano ma non c’erano stati loro in quella situazione.
Piano piano la cosa sfumò e alcune di loro mi accettarono come moglie de loro idolo.
Spesso ne incontravo qualcuna per strada ed erano molto simpatiche e gentili.
Mi chiedevano foto ed autografi e la cosa era davvero molto, molto strana per me.

 

Mi resi conto che per anni avevo temuto che rendere pubblica la nascita di Cloe avrebbe segnato la fine di tutto, ma, in realtà, quello era solo l’inizio.

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