A piedi nudi.

di msmerybolla21
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Cap. 1 ***
Capitolo 3: *** Cap. 2 ***
Capitolo 4: *** Cap.3 ***
Capitolo 5: *** Cap. 4 ***
Capitolo 6: *** Cap. 5 ***
Capitolo 7: *** Cap. 6 ***
Capitolo 8: *** Cap. 7 ***
Capitolo 9: *** Cap. 8 ***
Capitolo 10: *** Cap. 9 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Bene. Eccomi qui con un storia questa volta.
Il prologo, breve e coinciso, servirà da breve trama al racconto.
A presto. Bolla.



Prologo.

Continuavo a guardare quel piccolo peluche di stoffa da forse 10 minuti, senza staccare lo sguardo da esso.
Quello era il peluche che mi aveva accompagnato per tutta l'infanzia: un piccolo coccodrillo con i denti aguzzi. Non poteva essere di certo una bambola o un orsacchiotto.
Un lamento mi distrasse all'improvviso. Trunks aveva aperto gli occhi, e non trovando quel piccolo pezzo di stoffa accanto a se, aveva iniziato ad urlare.
Era cresciuto negli ultimi tempi, era diventato un vero ometto, riusciva persino a camminare da solo, ma sempre con la completa attenzione dei nonni, che non gli staccavano gli occhi di dosso.
Presi così a camminare verso la camera del piccolo saiyan, collegata alla mia, con il pupazzetto tra le mani.
Sentii il silenzio calare al secondo piano.
Non era solito a smettere di urlare di colpo, prima di ricevere l'oggetto desiderato, per questo presi a camminare più lentamente.
Mi affacciai allo spiraglio della porta e con mi grande sorpresa, il burbero saiyan, con aria seria, guardava il figlio come un oggetto d'arredo.

Vegeta era rimasto spaesato nel sentire l'enorme ondata di energia sprigionata dall'urlo del bambino. Un'aura al di sopra della media per un bambino di un solo anno di vita.
Dal suo rientro alla Capsule Corporation non aveva fatto altro che osservare il bambino dal ciuffetto lilla con un'aria di sdegno, non credendolo alla pari del Trunks venuto dal futuro, ma sembrava si stesse sbagliando.
Il piccolo Trunks, avvertita l'aura del suo papà, aveva smesso di piangere ed aveva iniziato a guardarlo, curioso e felice di rivedere quel viso familiare, ma molto spesso assente.
'Pa-papà' aveva mormorato sorridendo, mostrando il dentito spuntato qualche settimana prima.

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Capitolo 2
*** Cap. 1 ***


Okay, okay. Questo capitolo non è lunghissimo, ma ogni cosa ha suo tempo.
Scusate se ci sono degli errori, devo rileggerla ancora molto attentamente, ma la posto ugualmente.
Spero piaccia.



Cap. 1.

Piccole gocce di sangue mischiato a sudore, scendevano dalla pelle ambrata del principe. La gravità 500 era troppo pesante da sopportare per qualunque essere vivente, ma non per il saiyan dal sangue blu. Oramai riusciva perfettamente a sopportare gravità elevate, almeno quelle che la GR da me ideata riusciva a dargli.
Erano passate poco più di due settimane dalla fine del Cell Game. Le città, molto lentamente, stavano iniziando a ricrescere e quel pallone gonfiato di Mister Satan non faceva altro che comparire nei vari canali tv proclamandosi 'campione dei campioni'.
Vegeta non dava molti segni di vita in casa, si vedeva solo durante i pasti o nei brevi break che si concedeva.
Nei primi giorni consecutivi la fine del torneo era raro vederlo alla CC. Era scomparso dalla città rifugiandosi in qualche foresta, forse.
La sconfitta subita durante lo scontro l'aveva fatto cadere in un totale momento di depressione. La scomparsa di Goku aveva decretato la confusione nel suo animo. Gli si leggeva sul viso, non sapeva se essere felice o triste.
Era cambiato, non era più il temerario principe dei saiyan, sembrava un cucciolo troppo preoccupato a leccarsi le ferite che discutere con me o con qualunque altro essere.
Oramai sembrava avesse perso la speranza nel combattere e per quanto cercassi di convincerlo ad entrare in quella GR non ne' voleva sapere.
Solo una mattina sembrava aver perso completamente il controllo del suo corpo ed aveva deciso di fare il grande passo, come fa un bambino alle prime armi con i pastelli. Sembrava avesse paura di metter piede li dentro.

Quando guardai l'orologio era quasi l'ora di pranzo, quindi decisi di iniziare a preparare i primi abnormi antipasti per il caro principe e della pastina per il mio piccolo ometto.
Il nonno non lo lasciava in pace un secondo, lo portava qua e là per i laboratori della CC., facendo sbalordire il mio principino. Sapevo sarebbe diventato uno scienziato, degno erede del trono di Vegeta-sei e della grande impresa tecnologica di famiglia.
Il piccolo, più affamato che mai, attraversava a grandi falcate la porta della cucina con il suo coccodrillo tra le mani, sorridendo.
Ripensai alla mia gravidanza; era stato un dolore estenuante far crescere un saiyan nel mio grembo senza l'aiuto del padre. Vegeta non aveva voluto saperne di crescere un figlio mezzosangue, non poteva essere all'altezza del suo ruolo da nuovo principe.
Con il passare del tempo, dopo il torneo, si era però reso conto di quanto suo figlio potesse essere forte già in età così delicata. Aveva riconosciuto un potenziale combattivo superiore a quello di qualsiasi essere, persino al suo alla sua età.
'Donna, ho fame!' sentii dire. Non era un'esclamazione. Il principe esigeva, pretendeva, ma sapeva benissimo che da me non avrebbe avuto quel che si aspettava, se non grida e ceffoni all'aria.

'La notte porta cosiglio' uno dei più grandi detti mondiali, ed il primo ad usarlo era proprio quell'oca insopportabile di mia madre. Era convinta che le stelle ci potessero parlare e consigliare, che avessero un ruolo fondamentale, che in fondo Vegeta era arrivato proprio da una di quelle stelle là.
La chiusura della porta mi destò dai miei pensieri e le stelle iniziarono a brillare più di prima, come se qualcosa, o qualcuno, le avesse imposto di emanare luce ancora più forte per quella notte. Gettai allora la sigaretta al di fuori del davanzale della finestra, quella sigaretta che mi accompagnava ogni sera prima di andare a dormire, poi riposi il bicchiere di whisky sul comodino.
'Non dovresti bere a quest'ora, quante volte te lo devo ripetere?! Non mi piace quell'odore, figuriamoci insieme al fumo di sigaretta. Sembri un'alcolizzata.' senza accorgersene, aveva detto che gli importava il mio profumo, la mia salute, che tenesse a me.
Non gli risposi, sorrisi ingenuamente, uno di quei sorrisi da cucciolo indifeso, pronto a fare le coccole al suo padrone. Era da tanto che Vegeta non mi veniva a trovare in camera, che non passavamo una notte insieme, ma sapevo bene che quella notte sarebbe stata diversa. Il principe non entrava nella mia camera per fare una semplice chiacchierata amichevole, a lui non piaceva nemmeno parlare.

A piedi nudi si avvicinò al letto, con l'aria corrucciata, malinconica, rovinata. Non era stata una giornata come le altre: non aveva mangiato, ne' si era fatto vedere in giro per la casa. Era rimasto dentro la GR per forse 15 ore senza dare segno di vita, senza che suo figlio lo rivedesse anche per porgergli un sorriso.
Con fare arrogante, prese fra le mani la bottiglia di whisky nascosta dietro al letto e ne vuotò il contenuto nella sua bocca. Con un gesto rozzo, si ripulì degli escrementi rimasti ai lati.
Dei brividi mi percorsero la schiena. Era raro vederlo in quelle condizioni. Abbattuto, deluso, amareggiato.
Mi avvicinai e lo abbracciai da dietro, porgendogli uno di quegli abbracci dolci, da cui era impossibile destarsi. Iniziai a baciargli le scapole, fino a ruotarmi completamente e a rendermi visibile ai suoi occhi neri come due pozze di petrolio.
Con un gesto improvviso, iniziò a baciarmi ardentemente, aderendo il suo corpo al mio, per far capire che lui desiderava di più di un semplice scambio di sguardi o di un bacio. Scivolammo entrambi sul letto.
Con fare suadente e malizioso, iniziò a sbottonarmi la camicia di notte, e senza accorgermene si era già disfatto dei suoi boxer.
Le sue mani rudi percorrevano ogni centimetro del mio corpo, come la sua bocca. Era impossibile resistere al suo tocco, dolce e violento allo stesso tempo. Con un solo movimento le nostre bocche si riunirono un'altra volta. Il sapore del whisky e del fumo mischiato mi facevano andare in estasi, il suo corpo era il mio desiderio più proibito.
Senza pensarci, mi disfai del completino intimo, prima che il saiyan lo strappasse del tutto, e i nostri corpi tornarono a combaciare perfettamente, formando una sola ombra, un solo gemito, una solo anima.

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Capitolo 3
*** Cap. 2 ***


Eccomi di nuovo qui con un altro capitolo.
Scusate per gli eventuali errori grammaticali, devo rileggerla ancora parecchie volte.



Cap. 2.

I fiori iniziavano a sbocciare e gli alberi a diventare sempre più rigogliosi. La primavera era oramai alle porte.
Il mio batuffolino lilla guardava imperterrito il giardino sempre più verde con il naso attaccato alla porta-finestra del salotto di casa. Erano passati quasi due mesi da quando Vegeta era venuto a trovarmi in camera per la prima volta dopo il fatidico torneo di Cell. Trunks aveva compiuto il suo secondo anno di vita e del pannolino se ne era disfatto da solo. Molte volte, sembrava volesse imitare il suo papà. Quando lo guardava, lo rispondeva con lo stesso sguardo corrucciato e serio, identico al suo, che mi faceva sprofondare ogni volta in una sonora e cristallina risata.
Vegeta aveva deciso di accettare suo figlio come erede del trono Saiyan da quella volta in cui aveva assistito ad una piccola percentuale della forza da mezzosangue. Credeva anche che forse, era il sangue terrestre ad aver avuto un'influenza energetica così potente sulla forza del bambino già dalla sua età.

Come di consueto il saiyan, ogni mattina all'alba, si recava nella sua amata Gravity Room, per poi uscirne all'ora di pranzo. Sembrava aver messo nel cassetto i suoi sentimenti di ripicca verso il suo defunto rivale. Ma ogni giorno si sottoponeva a gravità sempre più elevate anche per il suo corpo ben costituito, mentre io e il piccolo Trunks giocavamo a fare gli scienziati e costruttori, facendogli apprendere già il suo futuro mestiere, che lo appassionava.
Il rumore dei ganci e delle rotelle erano come musica per le miei orecchie, per non parlare poi dell'odore dell'olio e del metallo lucido, quegli odori profondamente odiati da Vegeta; gli ricordavano la sottomissione subita sul pianeta Freezer, per questo non aveva mai messo piede nei miei laboratori. Molte volte preferiva morire di stenti, invece di entrare là dentro, per questo motivo avevo collegato un monitor virtuale nel salotto per far si che il saiyan potesse chiamarmi, ovviamente in malo modo, ogni volta che voleva.

Avevo messo Trunks a riposare nella sua culletta in camera da letto. Sembrava felice. Non aveva mai avuto molte attenzioni da parte di suo padre, ma in quei giorni, il caro principe aveva deciso di dedicargli maggiore attenzioni, facendogli visionare i suoi allenamenti all'aperto. Voleva che suo figlio diventasse più forte di Gohan e del nuovo arrivato in casa Son. Aveva voglia di iniziarlo ad allenare, vantandosi di aver iniziato a combattere dal suo secondo anno di vita e di aver sterminato un'intera famiglia aliena.
Non volevo mio figlio diventasse come il padre, cinico e burbero. Volevo aspettasse almeno altri due anni prima di conoscere il suo nuovo ambiente di vita, la tanto stimata Gravity Room.
Ogni sera rimuginavo sul mio passato. Ricordavo le avventure e i pericoli, le scappatelle con Yamcha e l'arrivo sul pianeta Namecc. A 16 anni non avrei mai creduto di poter percorrere un cammino così avventuroso e strambo. Avrei voluto solo esprimere il desiderio di conoscere il mio principe azzuro, di crescere una famiglia e di avere tanti figli, ma i miei desideri si dissolsero quando conobbi il temerario principe di una stirpe assassina e sanguinaria, proveniente da un pianeta distente anni luce dalla terra. Il saiyan che avrebbe cambiato la mia vita.

La fresca brezza primaverile accarezzava il mio corpo ricoperto da una sottile camicia da notte. Mi piaceva stendermi sulla sdraio, deposta fuori dal balcone della mia grande camera da letto, e magari aspirare il fumo di una sigaretta al mentolo. Riconoscevo il fatto che Vegeta non apprezzasse quel fumo così irritante per le sue narici, ma con quel gesto, lo stuzzicavo a prendere la strada per la mia camera, per sgridarmi semmai, ma per poi rimanere con me per tutta la notte.
Così fu anche quella notte, ovvero non proprio così.
Sentii la porta-finestra del balcone aprirsi. Le mie narici furono invase da quell'odore di bagnoschiuma al muschio bianco, da quell'orore d'uomo. Sapeva quanto mi piacesse quell'odore; mi stuzzicava anche lui con quei gesti così imprevedibili. Non riuscivo a staccare il naso dal suo corpo quando riconoscevo quel profumo. Mi faceva andare in estasi e suscitava in me i desideri più proibiti.
'Allora cosa hai da guardare?' ecco che i miei pensieri erotici furono stroncati dalla sua brutale voce roca e sensuale.
Lo vidi avvicinarsi al mio pacco di sigarette e, dopo aver preso l'accendino, estrarne una. Accese con disinvoltura la sigaretta e la vidi portare alla sua bocca. Mi scansò brutalmente dalla sdraio per farsi spazio, ma non mi opposi, ancora troppo sbalordita nel vedere quel gesto quasi naturale.
'Da quando in qua fumi?' chiesi con un cipiglio interrogativo.
'Da sempre.' Sorrise ghignando, quasi compiaciuto da quella reazione così improvvisa. Ricordai di avere 'perso' molti pacchi di sigarette durante il suo soggiorno alla Capsule Corporation. Mistero svelato.
'E sentiamo un po', perchè, ogni volta che aspiro il fumo dalla sigaretta, imprechi contro me che quel fumo ti irrita?'
'Non ho mai detto questo. Ho solo detto che non mi piace che fumi.' disse con lo sguardo assorto nelle miei iridi. Non mi ero mai sentita osservata come in quel momento.
Poi, d'un tratto, sentii le sue labbra combaciare perfettamente con le mie e la sua lingua assaporare ogni centimetro della mia bocca. Il sapore del fumo proveniente dalla sua lingua mi faceva andare in paradiso. Era come se provassi un nuovo gusto di gelato.
Con un gesto, mi disfai della mia e della sua sigaretta per poi prendere a baciare il suo collo, per poi scendere più giù, sino agli addominali. Mi capovolse e così mi ritrovai sotto di lui che prese ardentemente a sbottonarmi la camicetta e a baciare i miei seni, facendomi sussultare ad ogni suo tocco.
Ogni volta era un'emozione diversa sentire il suo corpo legato al mio. Intersecavano perfettamente. Ogni spinta, ogni sospiro, ogni gemito, mi facevo dimenticare chi ero io, chi era lui, di chi mi ero innamorata. Sentivo Vegeta sempre più vicino a me, come se si stesse abituando ad avere un vita dove la famiglia e l'amore erano importanti.

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Capitolo 4
*** Cap.3 ***


Un po' corto anche questo capitolo, ma prometto di rifarmi nei prossimi.
Spero sia di vostro gradimento.



Cap. 3.

Le albe e i tramonti si erano alternati un susseguirsi innumerevole di volte senza che gli anni sembrassero andare via così velocemente e volutamente.
Guardavo la luce penetrare dalle serrande dell'ampio balcone. Un'altra giornata era iniziata e sembrava non voler tardare ad arrivare. Tra poco le sveglie avrebbere iniziato a ringhiare e il caffè ad odorare l'intero edificio.
Gettai il braccio verso l'altra parte del letto, scoprendola vuota, ancora una volta. Era raro trovare Vegeta alle sei del mattino ancora rannicchiato nel letto. I suoi allenamenti iniziavano sin dall'alba e continuavano fino all'ora di pranzo senza break o minuti di solo riposo.
Con lentezza suadente, mossi il capo, scuotendo il caschetto appena tagliato ed apprezzando l'odore di fragola mischiato al fumo ed all'odore di maschio. Quell'odore mi rimaneva impresso sul corpo dopo ogni notte. Ero nata per assaporarlo con la lingua e le narici. Ero nata per amarlo.
Con un movimento pigro mi misi a gambe incrociate sul letto, vedendomi nuda e priva di un qualsiasi lenzuolo. Ricominciai a pensare a quanto tempo fosse passato dai fatidichi 10 giorni anticipanti il torneo di Cell: due anni, quasi tre.
Il piccolo Trunks aveva iniziato ad allenarsi ardentemente con suo padre, pronto a sferrare calci e pugni a volontà, anche se con un minimo di forza. Ma forse, il suo lato terrestre, aveva fatto si che, molte volte, rifiutasse di addestrarsi, suscitando nell'amato principe i pensieri più oscuri. Continuava a ripetere che avrebbe preferito marcire tra le fiamme dell'inferno invece che vivere in una casa di scansafatiche.
Oh, quel Vegeta, così cocciuto e orgoglioso da non poter accettare il fatto che vivere con noi non era un dispiacere, amarci era piacevole. Pian piano l'umanità lo stava ammorbidendo oppure rammollendo, come amava dire lui.
Sfiorai con le dita il copri-materasso, ancora piegato nella posizione originale del principe. Quel alieno, così ripugnante, sucitava in me i desideri più proibiti. Sorrisi, sapevo che amarlo non sarebbe stato facile. Lui, l'erede al trono di una stirpe di assassini, il tanto temuto principe dei saiyan, aveva voluto solo me, un'insulsa terrestre, debole e forte allo stesso tempo.
Le sveglie presero a suonare, ero ora di alzarci da quel letto pieno d'amore, riconoscendo che mi madre non poteva cucinare da sola per due saiyan affamatissimi.
A piedi nudi mi diressi verso il bagno annesso al mia camera e feci scorrere lentamente l'acqua nell'enorme vasca cosparsa di sali e profumi.
Controllai che la temperatura fosse adatta alla mia pelle e mi immersi dolcemente, facendomi cullare dalla schiuma e dall'odore del bagnoschiuma al cocco.
Non avevo molto tempo da concedermi quella mattina, una riunione mi attendeva dalla parte opposta della città e dovevo mangiare velocemente per poi accompagnare il saiyan alla scuola materna.
Era stato un colpo al cuore lasciarlo lì, con persone che nemmeno conoscevo, che lui non conosceva, ma sapevo che non sarebbe successo niente al mio bambino, per metà guerriero.

'Tesoro, la colazione è in tavola!' sentii mia madre gridare dal piano di sotto e così decisi di uscire dalla vasca da bagno per dirigermi in camera. Mi asciugai velocemente e, dopo aver indossato un elegante abito, mi diressi in cucina.
Velocemente mangiai una brioche all'amarena e bevvi un caffè. Spronai Trunks a cambiarsi e cinque minuti dopo eravamo già in macchina per raggiungere la scuola.
L'accompagnai in classe, notando i visi gioiosi dei bambini, intenti a disegnare cosa più li ispirasse. Con un bacio salutai il piccolo, ritrovandomi ancora in macchina, a viaggiare alla velocità della luce.

'Dannatissima donna, quando avrai intenzione di venire a dormire?! Sono ore che sei chiusa in quel dannato bagno.' La voce di Vegeta echeggiò in tutto l'edificio.
Non era la prima volta che rimanevo chiusa in bagno per più di un'ora a spazzolarmi i capelli ed a improfumarmi. Quella sera però, mi ero trattenuta nel bagno a causa del mio continuo capogiro.
Erano alcuni giorni che mi sentivo mancare, come se l'ambiente che mi circondava piano piano diventasse sempre più stretto.
Sentii borbottare e subito dopo aprire la porta.
Mi ritrovai un Vegeta furente, con la vena sulla tempia che si gonfiava e sgonfiava ad ogni suo respiro.
'Ti decidi a venire a letto?!' Sentii le parole rimbombare nella mia testa, come un ricordo oramai lontano. Non ce la feci più e cedetti. Mi accascia sul morbido tappeto del bagno, perdendo del tutto i sensi.
Le mie orecchie percepirono solo un urlo assordante, un: 'Bulma!' emanato del mio adorato principe, poi il nulla.

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Capitolo 5
*** Cap. 4 ***


Mamma mia ancora un capitolo corto ç.ç ma come devo faree?!?!?!?!?!
Spero che questo non deluda nessuno e se volete, potete indicarmi i vari errori, così che possa aggiustarli. E' un'impresa correggerli tutti, alcuni scappano sempre D:
Buona lettura!



Cap. 4

La brezza marina mi invase le narici e mi accorsi di essere cullata dalle onde del mare. Quel suono mi permise di sentirmi meglio. Ma meglio da cosa? Cosa era accaduto?
Debolmente aprii gli occhi, scoprendomi in una stanza del tutto nuova, con delle flebo attaccate alle vene del braccio sinistro ed una mascherina. Mi accorsi di non essere nell'infermeria della Capsule Corporation, ma all'ospedale di Satan City, quello vicino al lungo mare.
Quando mossi la mano,mi resi conto che, su di essa, una mano più possente era poggiata. Una mano distinguibile anche fra mille. Quel contatto indissolubile, difficile da dimenticare.
Girai il capo pigramente e vidi Vegeta, profondamente addormentato, seduto su di una sedia di fianco al letto. Era in una posizione angelica. Quasi non sembrava il tanto temuto principe dei Saiyan, come amava ogni volta definirsi.
Mi misi retta sul letto. Non ricordavo bene cosa fosse accaduto. Avevo solo sentito il pavimento crollare sotto i piedi, gli occhi annebbiarsi e poi il nulla.
Forse era stato lo stress a farmi perdere i sensi.
Nei giorni a dietro ero stata diverse volte male, ma male riguardante solo capogiri e nausea.
Avevo sperato e sperato ancora potesse essere l'arrivo di un altro piccolo saiyan in giro per casa, ma così non era stato.
Avevo fatto, forse, più di quindici test tutti con risultati negativi.
Per la prima volta avevo avuto paura che succedesse qualcosa di altrettanto catastrofico nella nostra vita.
Uno scatto fulmineo della mano di Vegeta mi fece destare dai miei pensieri.
'Come stai?! Perchè non mi hai svegliato?! Ti sei sentita di nuovo male?!'
Vegeta protettivo, salutare e felice di vedermi? Non l'avrei mai più visto, per questo sorrisi senza accorgermene. Un sorriso che rischiarò in lui un'espressione pacata e serena, strana per la sua immagine.
'Sto bene, ma cosa è successo? Da quanto tempo dormo?' avevo troppe domande da porre e forse il principe avrebbe risposto ad alcune di esse.
'Da tre giorni! Eri in coma...' freddo, distaccato, inanimato. Si avvicinò alla finestra e solo allora mi accorsi di come era vestito.
Aveva un camice verde e delle scarpe come quelle che usavano i medici.
Girai il capo più volte per vedere dove mi trovavo di preciso.
Una stanza sterile, ovattata. In quel preciso istante l'odore del disinfettante mi infettò le narici. Cosa era successo? perchè mi trovavo in una stanza così e Vegeta aveva letteralmente troncato le sue parole gelide con un sussulto, quasi singhiozzo?!
Le domande stavano diventando troppe. E pensandoci, non volevo avere neanche una risposta.

Sentii la porta aprirsi.
Una signora di circa cinquant'anni di colore si apprestò a raggiungere il mio letto, con fare deciso e movimenti pacati e sereni. Non sembrava avere cattive notizie, almeno così speravo.
'Salve signora Brief, sono la dottoressa Sid. Sarò il suo medico curante finchè non sarà in grado di tornare a casa. Volevo informarla che, inizierà la fiseoterapia già da domani.
E non si preoccupi, lei è in ottima salute. Forse il troppo lavoro vicino a olio e ruggine cosparsi da diversi batteri, hanno fatto si che accadesse ciò che è accaduto. A stasera e si riposi.'
Non aprii bocca per tutto il discorso. Vegeta non si era voltato nemmeno un attimo, aveva continuato a fissare le onde del mare frantumarsi incontrando gli scogli.
Non stava bene, gli si leggeva in volto. Sembrava amareggiato e sconvolto.
'C'è qualcosa che non va?' le parole mi uscirono limpide dalla bocca. Cercai di alzarmi per raggiungerlo, ma sentendo il dolore innalzarsi dalla schiena, decisi di rimanere suduta, distendendo il capo all'indietro.
Era... strano.
Con passo svelto si apprestò a ritornare alla sedia e a sedersi. Prese a guardarmi con quel cipiglio arrogante e presuntuoso, era tornato l'acerrimo principe.
'Non hai sentito la dottoressa! Dormi!' mi fece segno di stendermi per prendere a dormire. In effetti mi sentivo molto stanca e senza accorgermene ero già in un sonno profondo.

Il mattino dopo, di consueto, iniziò la fisioterapia, ma di che cosa?
Mi portarono giù con una carrozzina e mi fecero entrare in una grande palestra.
Dovevo camminare, ecco cosa dovevo fare, per muovere le ossa della schiena e delle gambe. La fisioterapia serviva a quello, me ne ero accorta sin dal giorno prima che la schiena ne aveva risentito più di ogni alto osso o organo vitale o meno.
Ogni minuto passato a camminare su quel tappeto rullante era un minuti di sollievo, sentivo le ossa vive nel corpo, ma in realtà quello che volevo di più era tornare a casa, abbracciare il mio Trunks che non mi avevano dato la possibilità di vedere, di riabbracciare i miei genitori e di sentirmi amata da Vegeta.
Quei giorni in ospedale erano stati una vera tortura. Avevo voluto che nessuno sapesse della mia permanenza li, doveva rimanere un segreto, anche perchè di li a poco, tutto sarebbe tornato alla normalità.

Due giorni dopo ero ritornata alla Capsule Corporation. Mi madre, protettiva al massimo, aveva voluto rimanessi a riposo e soprattutto lontano dal laboratorio in fase di disinfestazione.
Le parole della dottoressa erano arrivate anche alle sue orecchie, così aveva deciso con mio padre che tutte le stanze adibite ai laboratori venissero sterilizzate, per prevenire ulteriori malattie.
Il piccolo Trunks aveva iniziato a passare molto più tempo con me. Continuava a dire, per tutta la casa, quanto mi volesse bene e quanto fosse bello passare del tempo insieme alla sua geniale mamma.
Vegeta invece riuscivo a vederlo soltanto durante i pasti oppure la notte, tra le lenzuola. Aveva del tutto cambiato modo di fare. Sembrava che qualcosa lo turbasse, come un pericolo imminente pronto a devastare, un'altra volta, le nostre vite dopo quegli anni di pace.

'Cosa ti turba? Lo sai che con me puoi parlare...' gli dissi, sperando in una sua risposta.
Lo vidi cambiare posizione, portando le braccia sotto il capo e iniziando a guardare il soffitto.
'Sento che qualcosa sta cambiando nell'aria. Una nuova energia sta crescendo da qualche parte. Non è affatto nulla di buono.'
Ecco perchè quell'aria preoccupata, quelle intense riflessini che lo portavano lontano da casa ogni giorno. Studiava da dove arrivasse quell'energia.
Poggiai il capo sui suoi addominali scolpiti. Mi inebriai del suo profumo.
Ci addormentammo così quella notte, intersecando i piedi nudi, con l'inquietudine che potesse accadere ancora qualcosa di irreparabile.

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Capitolo 6
*** Cap. 5 ***


Dopo un po' di tempo eccomi qui.
Un pochino più lungo questo capitolo, piano piano sto' cercando di dilungarmi nello scrivere.
Spero di non deludere nessuno con questo e ringrazio infinitamente chi lo leggerà e avrà l'accortezza di segnalarmi i vari errori.
Buona lettura!



Cap. 5

Tuoni e lampi, pioggia che scendeva a catinelle, che picchiava sul vetro dell'enorme finestra. Non sembrava volesse smettere.
Era da almeno cinque giorni che continuava a piovere. Ne' un raggio di sole che si librava tra le nuvole, ne' uno spicchio di luna che si intravedeva nel cielo, quando la pioggia era più debole.
Gli uccellini, le civette, i camaleonti avevano perso casa in quella bufera, per questo i miei genitori avevano deciso di portarli nell'enorme giardino al coperto, per farli vivere più serenamente insieme agli altri animali.
La confusione di quei giorni aveva scaturito nell'intera Città dell'Ovest la paura di chi si aspettava un tornado o maremoto durante qualsiasi ora del giorno.
Erano stati costruiti dei rifugi per i meno fortunati ed altri più grandi per i ricconi che volevano tener salva la pelle.
I miei cari genitori, invece, avevano preferito non aderire a quest'iniziativa, preoccupandosi più per gli animali, che sarebbero rimasti privi di cibo e attenzioni, che per loro stessi.
La bufera che aveva invaso in pieno la città, era uguale a quella che si destava nel mio stomaco.
Avevo terminato la fisioterapia alla schiena, ed ero stata totalmente dimessa dall'ospedale, dopo aver fatto degli accurati esami.
Erano giorni che mangiavo a dismisura, avevo iniziato a cucinare per tre saiyan e non per due. Qualcosa si stava risucchiando tutte le mie energie e allora dovevo assolutamente recuperarle.
Lavorare nei laboratori era sempre difficile; l'odore di disinfettante ancora percepibile, stritolava i miei polmoni e mi procurava ancora nausea.
Alcune notti rimanevo sveglia fino alla cinque del mattino non riuscendo a chiudere occhio, guardando Vegeta girarsi e rigirarsi nel letto con l'aria corrucciata e ancora preoccupata. Non sentiva più quell'aria di malvagità nell'aria, ma qualcosa continuava ancora a turbarlo.
Oltre ad avere nause, vomitavo anima e corpo nella tavola del wc, senza capire cosa fosse. Anche se i sintomi potevano somigliare a quelli di una qualsiasi donna in attesa, avevo comprato altri testi di gravidanza, che avevavo avuto risultati del tutto negativi, così avevo preso appuntamento dalla ginecologa che mi aveva seguito durante la gravidanza del piccolo Trunks. Ero sicura di non essere incinta, volevo controllare per quale motivo il mio corpo reagisse a quegli stimoli e mi procurasse malessere.
Avevo preferito non avvertire Vegeta e i miei genitori. Avevo bisogno solo di una controllata non di una visita specialistica con tanto di stretta di mano da parte di mia madre pronta a comprare dei pasticcini.

Da circa mezz'ora ero seduta su di una delle sedie dell'ampio studio medico.
Ero circondata da alcune mamme giovani con i rispettivi mariti, alcune emozionate nel fare la prima ecografia, altre per fare l'ultima prima del parto.
Solo una ragazza era seduta sola in un cantuccio della sala d'aspetto, con lo sguardo basso e gli occhi cupi. Poteva avere si e no diciassette anni. Dalla sua posizione avevo capito che cercava di non farsi riconoscere e vedere. Aspettava in silenzio il suo turno, senza parlare con le altre giovani aitanti mamme.
Non conobbi mai il nome di quella ragazza, ne' la conclusione della sua gravidanza, se ne avesse avuta una; l'avevo solo guardata con occhi dolci, incrociando per un paio di secondi il suo sguardo per rassicurarla. Avere un figlio a diciassette anni non è quello che tutte le donne si aspettano.
"La signora Brief?" una signora di circa trent'anni aveva destato i miei pensieri.
Annuii alzandomi per seguire il gesto dell'infermiera. "Prego, può accomodarsi nello studio, la dottoressa la sta aspettando!"

Non era cambiato nulla in quegli anni. Lo studio era rimasto lo stesso come la prima volta che ci avevo messo piede dentro.
La dottoressa Hiom mi aspettava con un sorriso non da molti. Gli occhi erano rimasti sempre gli stessi, verdi raggianti e pieni di vita, che le davano un senso di pace e affidabilità pazzesca.
"Signora Brief, come sono felice di rincontrarla. Sono passati alcuni anni da quando quel bel bimbetto dal ciuffetto lilla è nato. Ma mi dica, cosa la porta qui? Ha provato qualche test che è risultato positivo? Sarei tanto felice di veder nascere un altro batuffolino dai capelli glicine o azzurri come quelli della mamma!" Non era cambiata nemmeno lei. Quella voce graziosa e matura aveva già cambiato il mio umore.
"Dottoressa, sfortunatamente no. Ho sintomi da gravidanza, ma ho provato molti test è nessuno è risultato positivo, per questo mi affido a lei, sperando capisca qual'è il mio problema."
"Non si preoccupi, si posi sul materassino. Per prima cosa controlleremo se la diagnosi che hanno prescritto i test sono vere, dopo faremo altre analisi." Sorrideva ancora, mi trasmetteva tranquillità.
Dopo essermi stesa sul lettino, avevo scoperto il ventre come avevo fatto anni a dietro. Il gel blu venne cosparso su di esso e l'apparecchio iniziò a visitarmi.
Mi voltai verso lo schermo in bianco e nero. Inizialmente le sfumature grige davano uno stato di confusione all'interno del computer, poi piano piano le immagini iniziavano a schiarirsi. Una pallina di appena cinque millimetri si vedeva all'interno del mio utero. Il mio cuore aveva iniziato a battere più freneticamente, come se quello fosse tutto un sogno.
Mille domande mi frullavano nella testa. Perchè in ospedale non si erano accorti della mia gravidanza? Perchè i test erano risultati tutti negativi?
"Ora che ne dice di ascoltare cosa ha da dire questo piccolo con la coda?" ero emozionata. Un feto stava nascendo dentro di me, stava formando le prime ossa, le manine e i piedini. Un altro saiyan avrebbe alterato la mia vita e mi avrebbe reso felice per la seconda volta.
"Signora Brief..." il volto della dottoressa si fece cupo d'un tratto, come se fosse stata colpita al cuore e morta per sempre. L'avevo vista afflosciarsi e pronunciare parole udibili solo a chi le stava accanto "... non sento il battito!"
Erano passati secondi interminabili. La mia gioia e la mia felicità si erano tramutate in dolore e rabbia. Il mio corpo non aveva dato alla luce quel dono del cielo. Io ero rimasta impotente nell'eseguire ogni cosa possibile per poter fermare quel processo prima che arrivasse a compimento. Avevo perso un figlio e stavo perdendo la vita.
Non avevo pianto. Mi ero velocemente ripulita e scappata via; la dottoressa non aveva fatto niente per fermarmi, sapeva cosa stava succedendo nella mia mente e nel mio cuore. Ero distrutta, sconvolta. Una parte di me era morta con quel piccolo fagottino che viveva dentro me, era morta per paura di vivere senza avere potuto fare niente.

In casa regnava il silenzio. Avevo intuito che Vegeta e Trunks si stessero allenando nella Gravity Room e che i miei genitori fossero usciti in città, così mi apprestai a raggiungere la mia camera. Dovevo chiarire le idee ed un bagno caldo sarrebbe stato l'ideale per quella sera, alla cena avrebbe pensato mia madre.
Avevo riempito la vasca di acqua calda e sapone e mi ero distesa dentro.
Non potevo ancora credere che un qualcosa era nato dentro me, dall'amore con Vegeta, e subito dopo aveva cessato di esistere.
Non capivo come questo potesse essere successo. Non avevo avuto perdite, ne' contrazioni, tutto era accaduto all'interno del mio corpo e non era uscito.
Come me, una mamma uccello aveva perso il suo figlioletto. Il suo uovo non si era schiuso.

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Capitolo 7
*** Cap. 6 ***


Eccomi qui dopo non sò quanti giorni.
Ho terminato prima questo sesto capitolo ed allora ho deciso di pubblicarlo.
Spero sia di vostro gradimento e che mi avvertiate dei possibili errori ortografici.
Grazie a chi lo recensirà o lo leggerà soltanto.
Dimenticavo: da qui in poi parlerò in terza persona!
A presto!



Cap. 6

Lo scroscio dell'acqua nella ampia vasca, che pian piano stava scivolando lungo il bordo, per poi ritrovarsi sul pavimento in marmo, fece destare Bulma dai suoi pensieri.
Da circa due ore era chiusa nel bagno della sua camera, immersa nell'acqua oramai ghiacciata. Continuava a toccarsi il ventre ed a pensare a quanto fosse stata stupida a non accorgersi prima di quello che le era accaduto.
Aveva gettato la sua vita in un cassonetto della spazzatura, anzi non solo la sua, ma anche quella di un esserino appena concepito che non aveva avuto modo di godere della propria vita, di vedere la luce del sole ed i colori.
Le lacrime non si erano fermate da quando aveva saputo di aver perso la sua vita. Non aveva parlato con nessuno, si era solo chiusa in bagno a rimuginare su cosa fare, su cosa dire. Per tutto il tempo aveva solo pensato a lei ed al suo bambino. Era stata solo colpa sua se il suo cuore aveva smesso di battere, era stato soltanto colpa sua se Trunks non avrebbe avuto un fratellino con cui giocare.
Si immerse completamente nell'acqua piena di sali e schiuma con la bocca e le narici aperte, come per affogare. Quello voleva, cessare di esistere.
Con lentezza, l'acqua iniziò ad insinuarsi nelle vie respiratorie ed il buio a farsi luce nei suoi occhi.

"Vorrei avere un altro bambino Vegeta..." disse ansante tra un gemito e l'altro. "Vorrei che il nostro amore si coronasse un'altra volta..." la voce strozzata le fece a malapena finire la frase.
"E cosa dovrei farmene di un altro mezzosangue donna?" dure le parole del principe, il suo modo di esprimersi.
Anche se in realtà un altro mezzo-terrestre da poter allenare non sarebbe stato niente male. "Dovrei allenarlo per un nuovo attacco nemico?" continuò ghignando, riconoscendo il grande potere del suo figlio del futuro, del moccioso di terza classe e del cresciuto Trunks.
Gemendo, diede un'ultima spinta nel bacino di Bulma, spargendo il proprio seme nel suo utero, per poi accasciarsi sfinito di fianco a lei dopo quelle di ore sesso-amore.


La porta del bagno venne aperta in malomodo proprio pochi secondi dopo il mancamento della scienziata.
Dopo una ristorante ed abbondante cena Vegeta aveva deciso di stabilirsi momentaneamente nel bagno per rinfrescarsi e ripulirsi dai residui di sangue e sudore. Era stato mentre saliva rapidamente le scale che aveva sentito l'aura di Bulma diminuire ancora di più. Così aveva aumentato il passo.
"Che diavolo sta succedendo lì!?" aveva urlato aprendo la porta.
L'amata scienziata era completamente immersa nell'acqua ghiacciata della vasca.
Un tonfo al cuore. Per la prima volta aveva avuto paura.
Con facilità, la prese e con destrezza percorse il breve tratto che divideva il bagno annesso alla camera al grande letto. La adagiò su di esso, ritrovandosi bagnato e pieno di schiuma.
Nei periodi da soldato sottomesso di Freezer, gli avevano insegnato come rianimare un soldato in guerra. Strinse i denti. Posizionò le mani sul torace della compagna ed iniziò a spingere. Essendo piccolo e fragile, il corpo reagì agli stimoli subito, facendo uscire l'acqua dalle cavità respiratorie.
Vedendola tremare subito dopo, in malomodo aprì l'armadio e prese una delle tante coperte posizionandogliela sul corpo infreddolito.

Cosa è saltato in testa a questa stupida oca! Voleva uccidersi?! aveva pensato.

Iniziò a girare intorno alla stanza.
Si ricordò che Bulma gli aveva detto di possedere con cura alcuni fagioli magici, per le emergenze.
Mentre rovistava tra i vari cassetti, si accorse che, per un momento aveva avuto davvero paura di perdere quella terreste.

Ma cosa mi salta in mente di pensare! Non ho bisogno di lei. L'aiuto solo perchè mi serve! pensieri gettati al vento. In cuor suo sapeva di non poter fare a meno di quella turchina dagli occhi color del mare.

Dopo un'ansiosa e confusionaria ricerca, in uno dei casetti del comodino trovò i tanto desiderati fagioli e si apprestò a farne mangiare uno alla scienziata.
I suoi occhi si schiusero, ma Vegeta si accorse che non erano di quel azzurro cristallino e acceso, erano grigi, spenti, tristi.

Vedendolo, i suoi occhi si riempirono di lacrime e scoppiò in un pianto disperato. Non poteva guardarlo. Il suo corpo aveva ucciso il secondo erede della stirpe saiyan.
"Vegeta..." aveva sussurrato amaramente, mentre le lacrime le rigavano le guance pallide e profumate. "... mi dispiace!" iniziò a piangere più forte, portandosi le mani ai capelli, ad urlare.
Il principe, sbalordito e rabbioso, non riusciva a capire cosa fosse accaduto, come si sarebbe dovuto comportare e soprattutto perchè gli aveva detto che gli dispiaceva? E di cosa poi?!
Si allontanò dal letto, con un cipiglio interrogativo e sconcertato, ma allo stesso tempo serio.

"Che cosa è successo? Volevi ammazzarti per caso?" la rabbia lo assalì all'improvviso. Avrebbe dovuto ucciderla lui, non suicidarsi da se'. Quando girò lo sguardo verso il corpo della compagna, incrociò il suo sguardo quasi morto.
Cosa era accaduto in quelle ore di allenamente nella camera gravitazionale?
"Vegeta io... " non riuscì a finire la frase. Le lacrime riiniziarono a percorrere il suo viso. Come poteva spiegare cosa era accaduto?
"Vegeta... perdonami... non so come sia potuto accadere..." continuava a piangere, ma a basso tono, non voleva che Trunks la sentisse.
"Di cosa stai parlando donna! Dimmelo, non girarci intorno!" disse sempre più furente, con le nocche violacee. La stava iniziando ad odiare.
"Ho perso il bambino... " ora, era crollata in un pianto ancora più disperato.
Vegeta la guardava con uno sguardo stupefatto. "Di quale bambino stai parlando donna... " poi i ricordi riaffiorarono.
Si ricordò improvvisamente di quella notte di passione, in cui aveva impiantato il suo seme nell'utero della compagna.
Senza accorgersene, era caduto in ginocchio. Aveva perso un altro figlio.
"Puniscimi!" urlò la scienziata. "Fa quello che avresti dovuto fare tanto tempo fa! Uccidimi..." le parole andavano via via svanendo, lasciando spazio ai singhiozzi ed ai sospiri.
Alzò lo sguardo verso la sua Bulma.
"Perchè dovrei farlo! Non è certo successo per colpa tua!" Aveva cercato di pronunciare quelle parole il più gelidamente possibile. Non voleva sembrare debole.
"E' stata colpa mia invece! Il mio corpo non è riuscito a portare avanti questa gravidanza. Non sono degna di crescere un saiyan come Trunks.." sentì le forze sparire, poi il nulla, ancora una volta il buio totale.
Scoprendola, Vegeta l'aveva vestita velocemente, coprendo il suo corpo nudo ed ancora bagnato e velocemente l'aveva condotta, ancora una volta, all'ospedale vicino.

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Capitolo 8
*** Cap. 7 ***



Cap. 7

Vagava nel più buio dei vicoli, sentiva la paura salirle lungo la spina dorsale, ma non le importava. Vagava spaesata e inconscia, sbattendo contro qualche passante che sembrava non accorgersi di lei.
Poteva sentire il vento soffiare imperterrito nelle proprie ossa, il sangue gelarsi e il cuore fermarsi per sempre, ma si accorse che quello era solo un sogno, un bellissimo sogno.
Sperava che la sua vita cessasse così come quella di quella mamma uccello, trovata morta dal padre la mattina dopo aver scoperto la perdita di quel pargoletto che non era riuscito ad uscire fuori dal guscio per vedere la luce del sole.

Ancora addormentata si ricordò di aver perso i sensi ancora una volta, cadendo nel baratro del dolore.
Si ricordò di aver provato il suicidio e che Vegeta, ancora una volta, l'aveva tratta in salvo, sgridandola per il suo incurante gesto.
Aveva visto nei suoi occhi il dolore, la rabbia e si era accorta di quanto lo amasse in quel momento. Sapeva che avrebbe potuto contare su quel assassino orgoglioso.

Troppo stanca per tenere ancora gli occhi chiusi, decise di schiuderli, ritrovandosi subito dopo le guance bagnate ed il respiro mozzato. I suoi occhi erano grigi e arrossati.
Si accorse di essere in una stanza bianca, vuota. Solo un generatore d'ossigeno ed una macchinetta che controllava la pressione cardiaca erano i mobili.
Non c'era una finestra, nè un altro letto, solo una sedia ed una porta che dava all'esterno.
In viso aveva una mascherina fastidiosa che le dava l'ossigeno necessario a respirare. Subito dopo ebbe una fitta allo stomaco, poi un'altra e un'altra ancora. Sembrava che qualcosa stesse cercando di uscire dal corpo della giovane donna, poi tutto si calmò.

Per mezz'ora continuò a rimuginare su quei giorni appena passati. Non sapeva nemmeno quanto tempo fosse stata lì. Sicuramente i suoi genitori sarebbero stati in pensiero, soprattutto sua madre. Aveva immaginato il suo pianto isterico con un sorriso sulle labbra, la sua voglia di abbracciarla era tantissima in quel momento.
Poi pensò a suo padre, ansioso com'era si sarebbe messo a strepitare istericamente contro il proprio gattino.
Infine, pensò a suo figlio ed al suo compagno. Trunks sarebbe stato quello che avrebbe sofferto di più tra tutti, adorava la sua mamma, era sempre stato con lei sin dalla tenera età.
Vegeta non l'avrebbe consolato orgoglioso com'era. Si sarebbe tratto in disparte lasciando il bambino con i nonni.

I suoi pensieri vennero brutalmente interrotti dall'apertura della porta.

La testa le cominciò a girare e lo scricchiolio della porta aprirsi rimbombò nella propria mente, come se qualcuno le stesse martellando il cervello.
L'odore di disinfettante le si ficcò nelle narici come la volta precente. Il vomito iniziò a farsi sentire un'altra volta.
Trattenne il respiro e si concentrò a fondo, fino a vedere in maniera sfocata il corpo massiccio di una dottoressa con i capelli biondi.
Con passo fermo e sguardo serio si apprestò ad avvicinarsi al letto e a prendere l'unica sedia della stanza per sedersi accanto a lei.
Mentre si avvicinava, Bulma notò che la bocca della dottoressa era coperta da una mascherina. Si sentì un parassita.
Ma il problema non era la mascherina, essa veniva solo utilizzata per non far odorare l'aria proveniente dall'esterno alla paziente.

"Buongiorno signora Brief, sono la dottoressa Windy. Ho voluto parlarle personalmente del suo problema..." problema? Aveva un problema, ma di che tipo? "... Vede, lei non ha perso il suo bambino..." il suo cuore nel sentire quelle parole, impastate dalla presenza della mascherina, fecero subito ravvivare la scienziata che senza accorgersene aveva sorriso e subito dopo iniziato per l'ennesima volta a piangere.
Il volto della dottoressa, però, non era mutato, aveva continuato a tenere l'espressione seria e triste.
"... ma vede ,signora, noi... " si bloccò. Bulma la fissava con sguardo interrogativo. "... noi le abbiamo riscontrato un tumore all'utero... " le parole le morirono in gola.

Bulma si sentì morire in quello stesso istente. Aveva ricevuto la notizia più bella della sua vita, ma anche la più orribile ed impensabile in quel momento.
Come era potuto accadere? Lei, forte e tenace, sia caratterialmente che fisicamente, aveva avuto un notizia che le avrebbe distrutto la vita.
Si disfece della mascherina ed iniziò a farfugliare qualcosa, ancora con la voce roca, mentre le lacrime le levigavano la pelle.

"Come è potuto accadere, me lo spieghi?!" la frase risuonò come una supplica. Voleva sapere quale erano state le cause di quella malattia così improvvisa e perchè negli altri ospedali non si erano accorti di niente! "... per favore!" Aveva infine mormorato. Conosceva la malattia, ma non tutte le sue cause.
"Molte volte noi medici non siamo in grado di spiegare perché alcune donne sviluppino un tumore all’utero e altre invece rimangano perfettamente sane, sappiamo le cause più comuni, come ad esempio il rischio di riscontrare il tumore all'utero è legato alla fertilità, oppure è una malattina ereditaria. Lei ha mai avuto qualcuno in famiglia con questo cancro?" Per tutto quel tempo, la scienziata si era ricomposta ed aveva sentito tutto quello che la dottoressa aveva da dirle.
Si ricordò che, quando era piccola, sua madre le aveva detto che la sua nonna era morta a causa di una malattia rara, che all'epoca non si sapesse cosa fosse. Forse era stato proprio il tumore all'utero!

Annuì con la testa.

"Possiamo darle una notizia "positiva" però. Il tumore è benigno, quindi possiamo asportarlo. Ma lei ed il suo bambino correrete dei rischi e forse sarebbe meglio un aborto precoce."

Aborto. Quella parola la fece rabbrividire, non l'avrebbe mai fatto. Avrebbe pagato miliardi per non farlo.

"No dottoressa, non abortirò. Se è benigno, faremo crescere il b-bambino. Non ho intenzione di stroncare una vita." Aveva rivolto lo sguardo verso un punto immaginario. "Nessuno morirà per mano mia."
"Lei corre seri pericoli ed anche il bambino..."
"Non si preoccupi, il bambino è forte, lo so per certo." aveva sorriso amaramente. Certo, era benigno, ma poteva anche tramutarsi in qualcos'altro.
La dottoressa si strinse in sè, era rammaricata, ne aveva viste tante come lei, con la stessa tenacia.
"Le darò qualche giorno di tempo pr riflettere, ma lei rimarrà qui, non la dimetteremo finchè non avremmo finito tutte le analisi necessarie." si era allontanata dalla stanza con passo deciso, ma pensieroso. Aveva sicuramente provato terrore anche lei, perchè se la sua paziente fosse morta, lei avrebbe avuto il gran senso di colpa di non averla potuta salvare.

Bulma rimase sola in quella cupa stanza per altre ore interminabili. Sembrava che il tempo si fosse fermato d'un tratto.
I volti dei suoi amici, dei suoi genitori, di suo figlio e del suo amato principe continuavano a girare nella propria testa. Avrebbero sofferto tutti, soprattutto ora che anche Goku non c'era più sulla Terra. Sarebbe stato un duro colpo per il piccolo Trunks se sua madre non ce l'avesse fatta.
Ma cercò di essere positiva, in fondo il tumore era benigno e poteva essere curato. La cosa importante per il momento era portare avanti la sua gravidanza. Quel bambino avrebbe visto la luce del sole, anche a costo di sacrificare la propria vita.


L'ANGOLO DI BOLLA!

Buon pomeriggio popolo. *si nasconde*
Eccomi qui dopo 23455 giorni, un po' troppi non trovate?
Spero questo capitolo non abbia deluso nessuno, altrimenti linciatemi, insultatemi, imprecatemi. Accetto tutto.
C'ho messo un bel po' a scriverlo, le idee erano tante; alla fine ho voluto far continuare la gravidanza, ma con un piccolo problema. *dolore immenso ç.ç*
Mi sono aggiornata prima di scrivere tutti i particolari riguardanti la malattia e continuerò a farlo visto che la storia si continuerà a basare su questo.
Ora mi dileguo, ho voglia di cioccolata :Q__
A prestissimo mie care, Bolla:*

Ps. non esitate a farmi notare i dovuti errori!

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Capitolo 9
*** Cap. 8 ***



Cap. 8


Note dell'autrice: discretamente rosso!

"Mamma perchè non mi racconti una storia? Così riuscirò ad addormentarmi." aveva chiesto la bambina dai capelli color dell'oceano alla sua affascinante ed indaffarata mamma, nonchè moglie dello scienziato più importante dell'intero Paese.
Bunny cinghettò felice. Avevo voglia di passare del tempo con la figlia.
"Vediamo un po' cara. Potrei inventarne una!" disse stendendosi accanto alla figlia.
"In una galassia remota, lontana dal nostro mondo, viveva un aitante principe cavaliere, pronto a sacrificare la propria vita per il bene dei suoi sudditi.
Quando un pianeta vicino venne distrutto dalla furia assassina di un mostro demoniaco, non ci pensò due volte ad andare in soccorso alla gente di quel mondo minuscolo, quasi invisibile.
Devi sapere, tesoro, che lì viveva una bellissima principessa, una principessa dai capelli turchini..."
"Come i miei, mamma?" domandò la futura scienziata con gli occhi luccicanti.
"Sì, proprio come i tuoi.
Una lotta continua si costellò tra il mostro ed il principe buono, una lotta senza eguali, che continuò per anni, fino a quando l'orribile mostro, ignaro del potente potere del cavaliere, non distrusse il suo pianeta e la sua stirpe. Allora egli, con tanta furia in corpo, diede vita ad un nuovo guerriero, che ancora oggi vive tra le stelle e che lo distrusse per sempre.
La principessa, che per tutti quegli anni aveva assistito allo scontro, decise di ospitare il principe. Alla fine si sposarono e vissero felici e contenti." Bunny sembrò entusiasta della storia appena inventata. Aveva una fervida immaginazione quella pazza donna dalle buone e angustie maniere.
"Ero io la principessa, vero mamma?" La bambina non aveva smesso per un secondo di guardare la mamma, intenta ora a raddrizzarle le coperte.
"Certo, tesoro. Forse quel principe viaggia ancora su quella stella insieme al tuo alter-ego!" aveva riso la donna, donando un bacio alla figlia, per poi socchiudere la porta.


Ripensò a questo Bulma in tutte quelle ore rinchiusa in quella sterile stanza, dove ogni pensiero solare era impedito.
Trovò inutile cercare una via d'uscita. Ogni scusa, ogni parola, era fermata dalla voglia di star zitta ed aspettare che qualcuno la salvasse, che quel principe cavaliere la strapasse da quel male.
Lei, in fondo, un principe l'aveva trovato, come raccontava la storia della adorata Bunny. Sperava che quel principe assassino la portasse via da quella camera d'ospedale, che quella sofferenza non fosse mai nata, soprattutto in quel momento della loro vita.

Si sentiva debole e sconvolta.
Avrebbe dovuto lasciare Trunks, se qualcosa fosse andata storta, ed anche il bambino.
Sì, perchè quel bambino sarebbe nato, a qualunque costo.
Avrebbe evocato Shenron se fosse servito, per garantire la vita al proprio bambino, al frutto della passione suo e di Vegeta. Un altro saiyan.
Non sapeva con preciso quando fosse stato concepito, forse un mese prima, sicuramente in una delle loro notti di fuoco e tormento, in cui solo uniti si sentivano complici.

Forse la sua famiglia già sapeva della sua malattia e della gravidanza.
Ma il pensiero più importante che le affollava la mente era: come l'avrebbe presa Vegeta?

Mi abbandonerà! pensò amaramente.

Era pienamente convinta di un suo abbandono. Non avrebbe trascorso una vita insieme ad una malata di cancro e due mocciosi.
Le passarono davanti in quel preciso istante, i suoi occhi freddi e distaccati e la sua postura degna d'un principe. C'avrebbe passato la vita insieme, se solo lui avesse voluto, ma sapeva non sarebbe stato così.
La malattia l'avrebbe portata via, o avrebbe portato via lui.

Si ricordo delle loro prime notti di sesso, perchè per Vegeta la prima volta era stato solo sesso. Era stato attirato dal corpo suadente della scienziata, che l'aveva portato a compiere atti impensabili, a trascinarla con la forza verso di sè.
Le aveva avidamente morso il collo, voglioso di possederla, di sentirsi un animale.
Aveva profanato il suo corpo, lasciandole i segni di quella notte sulle coscie e sui teneri polsi, che erano stati trattenuti con forza dal principe, dandole nessuna via di fuga.
Si era sentita imprigionata nella sua morsa, si era sentita in gabbia.
Sapeva di non poter sfuggire da quella morsa dolorosa, da quei denti che le mordevano ogni singola parte del proprio piccolo corpo, ma le piaceva.
Sentiva quel saiyan tanto vicino, quanto lontano. Lo odiava. Odiava ogni parte del suo corpo e del suo carattere, ma al tempo stesso lo desiderava.
Ne aveva fatti di sogni proibiti su quel principe assassino.

Le aveva ordinato di piegarsi quella notte, di fare la puttana per lui, e lei l'aveva fatto.
Aveva schiuso le gambe e l'aveva accolto nella sua carne, come se fosse stata la cosa più naturale del mondo, mentre il sangue verginale le scivolava tra le gambe.
Il suo ex, Yamcha, non aveva mai avuto il coraggio di sfiorare la sua intimità senza il suo permesso. Forse anche per quello la loro storia era finita. Preferiva avere delle scappatelle con delle oche di città, invece che fare l'amore con la sua ragazza.
Vegeta, contrariamente, l'aveva violentata e lei ci era stata, perchè voleva sentire le mani di quel guerriero sul proprio corpo. Voleva sentire la propria sagoma unita alla sua, e lei godeva per tutto questo, ancora.

Si addormentò, finalmente, con il pensiero della loro prima notte insieme, con quel barlume di speranza che le costellava la mente. Sperava che il suo amato non andasse via, che non l'abbandonasse, ma in quel momento le sue energie si annullarono, dando vita ad un profondo e quieto sonno, dopo tanto tempo.


"... Mi dispiace molto signori Brief, aver riscontrato un cancro così a vostra figlia, soprattutto durante una gravidanza, ci mette subito in allerta. Speriamo solo che la signora decida consciamente cosa fare. Aspetteremo fino a domani, dopo di che si vedrà che fare."
Aveva ascoltato il discorso della dottoressa senza muovere un muscolo.
Era sorpreso, arrabbiato, ma non si era mosso.
Aveva assunto la solita posizione: braccia al petto e gamba sinistra rivolta al muro.
Sentiva che qualcosa all'interno del suo corpo lo stava scombussolando. Preoccupazione? Paura?

Perdere quella donna sarebbe come perdere una gamba. Mi serve soltanto. Continuava a pensare solo a quanto quella donna gli servisse.
Masochista. Non sapeva che teneva a lei più di qualunque altra cosa. Altrimenti per quale motivo sarebbe rimasto alla Caspule, non di certo per allenarsi.
Aveva riconosciuto in quella donna una grinta ed un coraggio che poche avevano.
Nessuna ragazza aliena si era permessa di violare la privacy del principe, mentre lei si era infilata nel suo letto più di una volta, senza indugiare, senza terrore di poter essere uccisa.

Aveva violato la sua verginità in maniera animale la prima volta che l'aveva piegato sotto il proprio corpo.
Le proprie gambe pulsavano contro il suo bacino e quelli che riceveva non erano brontolii o urla, ma gemiti di piacere. Aveva sentito la presa di lei farsi sempre più forte. Gli aveva graffiato la schiena, conficcando le unghie nella carne, facendo aderire il suo corpo a quello dell'assassino.

Si bloccò d'impatto.
Sentì un leggero peso sul braccio, un contatto nuovo, un contatto che dava speranza.
Si voltò e vide il sorriso della dottoressa, rugato, che gli chiedeva se volesse far visita alla sua compagna.
Il principe, involontariamente, annuì e si ritrovò d'un tratto davanti alla porta della camera sterile dove la sua donna dormiva beatamente.
Un mascherina gli fu offerta. La donna doveva stare il più lontano possibile dai germi e dalle infezioni, ma la rifiutò. Non avrebbe mai messo quella cosa di plastica davanti la propria bocca.
La scacciò via, non voleva controbbattere contro quella vecchiaccia.

Con fermezza, ma anche prudenza, si apprestò ad abbassare la maniglia della porta.
Con gli occhi chiusi, la richiuse alle spalle e sospirò, come se si era tolto qualche pensiero.
Aprendoli, scoprì il corpo debole della compagna, messo steso sul letto della stanza. Vagava in un sogno profondo.
Con passo flebile, si avvicinò al letto.
E' bellissima. pensò un momento, prima di scacciare quei pensieri smielati fuori dalla sua mente.

Si accorse che la camera era quasi del tutto nella penombra. Non c'era una finestra, sono una flebile luce.
I suoi occhi si spostarono sul respiratore accanto al letto della scienziata. I battiti erano regolari, come il respiro.
Subito dopo, lo sguardo si posò sulla sedia posta vicino al muro bianco e ovattato. Non ci pensò due volte a spostarla vicino alla branda dove era adagiata Bulma.
Con gli occhi, la squadrò da cima a fondo.
Era distesa in maniera fetale, con una mano vicino al viso.
La frangia, spettinata, le ricadeva sulle ciglia lunghe e impastate dal mascara.
La scostò sciattamente e proprio in quel momento, senti il corpo della donna rabbrividire. Le faceva tutto quell'effetto il suo tocco? Sorrise. Quella donna era imperscrutabile.

Piano ,gli occhi dell'azzurra iniziarono a schiudersi, mettendo in evidenza le borse e le occhiaie.
Vide il suo sguardo più acceso di quando l'aveva lasciata l'ultima volta.
Le iridi, ora, erano dello stesso celeste di quando l'aveva conosciuta.
"Vegeta... " disse con la voce impastata dal sonno. "... non te ne sei andato via, vero?" era terrorizzata. Aveva paura di essere lasciata un'altra volta.
"Perchè dovrei?" rispose il saiyan, con la sua solita voce roca e severa, ma avvicinando le proprie labbra alla guancia destra della terrestre.


L'ANGOLO DI BOLLA!

Buon pomeriggio ragazzuoleeeee!
Eccomi qui con l'ottavo capitolo, lo stavate aspettando? *balle di fieno che passano*
Credo che questo capitolo sia discretamente rosso, come ho detto all'inizio. Non sono scesa nei particolari, ma meglio avvertire. Questi pensieri della nostra Bulma non so nemmeno come mi sono usciti ahah.
Comunque spero di non essere caduta nell'OOC, alla fine. Ho cercato di mantenere il più possibile IC il personaggio del principe, spero di esserci riuscita ç.ç
Segnalatemi i dovuti errori, eh.
Ringrazio tutte coloro che mi seguono attentamente!
A prestissimo mie care, Bolla:*

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Capitolo 10
*** Cap. 9 ***


Prego tutti voi di risparmiare questa povera terrestre!
Vi eravate dimenticati di me? Eccomi qui, sono tornata! Sono non so quanti mesi che non aggiornavo questa fanfic e finalmente ce l'ho fatta, ci sono riuscita. Maledetti computer che si rompono nel bel mezzo di un lavoro importante!
Ma parlando seriamente, spero di non deludere le vostre aspettative con questo capitolo che io chiamerei "di passaggio" perchè IL MEGLIO DEVE ANCORA VENIRE. Aveva sperato di concludere presto questa ff ma credo che ci saranno ancora molti avvenimenti e quindi andremo per le lunghe!
Spero mi facciate notare i vari errori che, ahimè, scappano sempre e confido in un vostro commento sia negativo che positivo.
Ringrazio tutti quelli che, dopo mesi, recensiranno ancora la mia bella long!
Vi abbraccio tutti.
La vostra Bolla.

 Cap. 9



Il suo sonno era stato quieto, non era stato pervaso da incubi.
Aveva ancora quel sapore acre sulle labbra, erano giorni che non si lavava.
Si era risvegliata nel bel mezzo di una stanza non più vuota; il suo compagno era accanto a lei e le aveva assicurato che non l'avrebbe abbandonata.
Sapeva che per Vegeta non sarebbe stato facile affrontare tutto quello che le stava accadendo. Vivere con la consapevolezza di vedere la vita della propria donna spegnersi su di un letto d'ospedale, forse, l'avrebbe ucciso. Teneva a lei più di qualsiasi altra cosa.
Con gli anni aveva imparato a vivere

su quel pianeta verde e rigoglioso -senza mai dimenticare le proprie origini! Aveva imparato a mettere da parte tutto il rancore e l'odio per dare un piccolo spazio ad un nuovo sentimento.

Mentre adagiava le sue sottili labbra alla guancia della terrestre, il principe si accorse quanto la sua pelle fosse "invecchiata" ed avesse preso un colorito verdognolo e pallido.
Tutti quegli avvenimenti l'avevano rovinata, solo gli occhi parevano aver rispreso speranza.
Il suo corpo sembrava essersi rimpicciolito di vent'anni: ad una bambina somigliava.
Nessuno poteva conoscere il il terrore del saiyan, sapeva ben nascondere le proprie emozioni dietro quella maschera da meschino principe guerriero.
Si staccò quasi subito da quel casto bacio.
La sua mente era del tutto cosparsa dalle parole della dottoressa ...

".... Si tratta di un cancro all'utero, ma anche se benigno, la gravidanza complica il tutto ...".

Ci aveva pensato e ripensato e lui sapeva con quanto ardore la ragazza volesse un altro figlio, un altro saiyan da crescere.
"Mi dispiace..." continuava a ripetere sempre la stessa frase, sempre quelle due parole, continuava a sputare sangue sul suo stesso corpo.
In quelle condizioni non avrebbe mai potuto partorire un bambino, ma la sua forza di volontà le stava risanando il cuore. Voleva far nascre quella creatura e, probabilmente, ce l'avrebbe fatta.

"Dimmi come stai, Bulma!". Quelle parole erano uscite chiare dalle labbra del principe, l'avevano quasi fatta rabbrividire.
Aveva alzato gli occhi e aveva incrociato i suoi, belli, vivi, azzurri, arrossati.
Lei si passò una mano sulla guancia arrossata, spostandola poi sui capelli e carezzandoli.
"Bene!" aveva sussurrato abozzando un dolce sorriso. "Come stai tu? e il mio piccolo guerriero?".
Non aveva per un attimo smesso di guardarla e quelle parole gli avevano oltrepassato l'anima. Possibile che anche in quel momento potesse riuscire a pensare al bene degli altri?
"Noi stiamo bene," aveva proferito duramente, sperando di mostrare la sua forzata calma a denti serrati.
In quel momento, la terrestre aveva subito poggiato la schiena dolorante al morbido cuscino, girandosi di lato per poter ancora un po' dialogare con l'amato marito.
Il suo umore, però si era tramutato; aveva socchiuso gli occhi e puntato lo sguardo verso il basso. Con la mano, aveva carezzato il ginocchio del principe osservandolo poi dai piedi ai folti capelli.
Notava un cambiamento nel suo corpo. Forse la propria malattia aveva messo a dura prova anche la sua voglia di allenarsi?
Incontrò per l'ennesima volta quelle pozze nere e si perse in quello sguardo. Il suo spirito non era cambiato.
"Spero tu non voglia chiamare il nostro bambino Vegeta, caro il mio saiyan!" ironizzò la scienziata.
"Certo che si chiamerà Vegeta, non sceglierai tu questa volta il suo nome altrimenti chiamerai un altro maschio con un nome femminile!".
L'aveva fatta sorridere e i suoi occhi si erano accesi di vita, gioia, ma la tristezza ancora era visibile a occhio nudo.
Come avrebbe fatto a combattere contro un cancro? Lei così debole e fragile.
Vegeta si ridestò, alzandosi bruscamente.
"Devo andare!" aveva detto frettolosamente.
"Ma tornerai?"
"Tornerò!" e con quelle parole era uscito dalla camera, sbattendo la porta!

I suoceri avevano chiesto a lui di informarli sulle condizioni fisiche della figlia, ma con noncuranza aveva spiccato il volo, uscendo dalla finestra.

**

"Signore, questa è la Terra.".
Digitava i comandi il sottogenerale Luk, indicando con un dito la sfera concentrica sullo schermo.
Aveva gli occhi color sole che non tradivano le proprie origini. Pakia era il suo pianeta e quello degli altri guerrieri presenti sulla navicella. Avevano folti capelli color smeraldo e corpo apparentemente umano, ma che nascondeva un'altra natura!
Il dispositivo sul navigatore continunava a segnalare un punto ben in vista del pianeta.
"Finalmente vi ho trovato miei adorati saiyan!" aveva esultato con un ghigno perfido Re Pika.

 

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