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di miseenabime
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** # Introduzione # ***
Capitolo 2: *** 1# Heart ***
Capitolo 3: *** 2# Eyes ***
Capitolo 4: *** IIIIntermezzo + copertina. ***
Capitolo 5: *** 3# Brain ***



Capitolo 1
*** # Introduzione # ***


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Introduzione:

Cassandra odiava quel posto.

A lei piaceva il mare, il sole, il calore sulla pelle, non la neve. Lì nevicava sempre.

“È la scuola migliore della regione” aveva detto sua madre, prima di spedirla fuori di casa con un trolley arancio, una borsa a tracolla e la promessa di “ti troverai bene, poi presto tornerai a casa”.

4 anni dopo, Cassandra era ancora nella sua stanza a studiare.

Al terzo anno le avevano proposto di passare direttamente al grado superiore, ciò vale a dire cambiare città, cambiare scuola, ma lei aveva rifiutato perché voleva un’istruzione più completa possibile.

Cassandra avrebbe potuto andarsene da quel posto.

Cassandra ha rifiutato.

Cassandra non avrebbe potuto sapere quanto si sarebbe pentita.

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Capitolo 2
*** 1# Heart ***


Capitolo uno:

Heart.

 

«Ragazzi, per favore, silenzio! Qui stiamo interrogando! » l’urlo della professoressa di latino risuona nella classe. Anita e Isabelle smettono di parlare, Lucy mette il silenzioso al telefonino, per messaggiare meno rumorosamente, Riccardo e Andrea nascondono la pallina di carta che si stavano passando con le biro, Luke finge di sfogliare il libro e Sebastiano continua la sua agonia tra declinazioni e domande della professoressa, mentre il resto della classe si fa gli affari propri.
Cassandra sta disegnando e scarabocchiando su un quaderno a casaccio, molto probabilmente quello di italiano.
Va beh, strapperò la pagina, pensa.
Mentre fa scorrere la matita sul foglio, una vocina ovattata la disturba.
«Cass? Cass, mi stai ascoltando?»
Una mano, le dita.. maledizione, ho sbagliato! Devo cancellare. Mi serve la gomma… gomma? Dove diavolo è la mia gomma?
«Cass!» esclama la sua mora vicina di banco.
«Signorina Douber, si contenga!» sbotta la professoressa.
«Mi scusi…» risponde Valerie e la prof. torna al povero martire seduto vicino a lei.
«Cassandra! Mi stai ascoltando!?» Valerie inveisce contro la sua  vicina.
«Sì, ti sto ascoltando! Ma non mi va di sentire ancora tutte le tue lagne su quanto si bello, bello e bello Riccardo! »
Valerie arrossisce un po’ e strattona leggermente una ciocca di capelli biondi di Cassandra.
«Scema, smettila! È vero, non fai altro che parlarne. Se queste cose le dicessi a lui e non a me, saresti messa meglio!» la ragazza recupera la gomma e torna a disegnare.
«Dovresti smetterla di disegnare ballerine»
Cass alza le spalle. «E’ l’unico sport che riesco a praticare»
«Ti manca tanto?»
«Da morire, Valerie.»
La mora accenna un debole sorriso. Sa che Cassandra per 7 anni ha frequentato una scuola di danza, poi è stata spedita qui e non ha più avuto modo di proseguire le lezioni. Ora disegna ballerine, scarpette e tutù ovunque, non può farne a meno, è un modo per restare comunque vicina alla sua passione.
«Saresti stata una ballerina fantastica» dice Valerie.
Prima che la bionda possa dire qualcosa, la classe viene raggelata da un altro urlo.
«Sebastiano, non puoi studiare in questo modo quando sai di essere uno dei probabili interrogati!»
Alla cattedra, la prof scuote la testa sfregandosi la fronte con la mano e Sebastiano guarda in terra sbuffando, spettinandosi i capelli neri.
«Povero Seba, sento odore di debito per lui anche quest’anno»
Cassandra non conosce proprio Sebastiano, erano compagni di classe. Si erano scambiati le parole necessarie a una convivenza di tre anni.
«Mi domando come faccia ad avere problemi con il Latino…»
«Cass, solo tu non hai problemi con il Latino… o in qualunque altra materia!»
Suona la campanella.
«Non ci siamo, signor Lasdon, al posto. Le metto 5 e debito praticamente assicurato, se non si mette d’impegno nella prossima settimana. Buona giornata, ragazzi.»
Sebastiano torna atterrito al posto e inizia a giocare con una penna, poggiando il mento sulla mano.
«Quanto manca alla fine di questa tortura?» chiede Valerie   
«Due ore, ancora. Inglese e Ginnastica, puoi farcela, Vale.»
Ma Valerie non sente, ha già la testa sprofondata tra le braccia.
 
-
 
«Oh Valerie!»
«Che c’è!? Che succede?!» Vale alza la testa guardandosi intorno e scostandosi i capelli spettinati dagli occhi.
«E’ ora di andare a cambiarci» la intima Cassandra.
«No, non me lo dire, per favore, non- »
«Sì, Vale, dobbiamo andare a fare ginnastica. Pallamano, per la precisione. Su, forza e coraggio. »
Così Cassandra si dirige per ultima in palestra, portandosi dietro il registro e una Valerie che sembra avere i piedi di piombo, tanta è la sua voglia di mettersi in pantaloncini e correre dietro ad una pallina.   
 
«Forza ragazzi, le squadre!» la voce dell’insegnante risuona nella palestra «tu, tu, tu e voi due, con la maglietta bianca, da quella parte! Luke di là, Sebastiano e Matteo in porta. »
Si ferma un attimo e scruta le ragazze, per decidere chi far entrare in campo.
«Jhonson, Alley, Lugfind dentro. Anche voi due» indica me e Lucy. « signorina Bukcley a destra» si rivolge a me.
Vediamo con chi sono capitata in squadra, pensa Cass.
Matteo in porta, Jennifer, Alice, Isabelle, Riccardo e Luke. Non male.
Di là: Sebastiano in porta, Vanessa, Andrea, Jacopo, Mary, Lory e Robert.
Possiamo anche farcela.
«Pronti ragazzi?» si posiziona al centro Riccardo e, al fischio della professoressa, la partita inizia.
Sono tutti schiamazzii e passaggi veloci. All’inizio è un po’ disorientata, quanto tempo è che non gioca a pallamano? Troppo, a quanto pare.
«Cass!» Jennifer urla il suo nome e, poco dopo, la ragazza ha la palla tra le mani. Si trova vicino all’area e fa la prima cosa che le viene in mente: tirare.
Il lancio però è poco potente e la palla arriva direttamente in braccio a Sebastiano, che la guarda divertito.
«Più convinta, Bukcley!»
Più convinta, va bene pensa Cassandra.
Sono ancora passaggi, fischi, rimesse e, a un certo punto, la palla le ritorna tra le mani.
Più convinta.
Si ricorda la faccia di Sebastiano, quasi la stesse prendendo in giro.
Non mi piace essere presa in giro, pensa.
Palleggia, passa la palla a Isabelle che, andata avanti di qualche metro è costretta a ridargliela.
Cass è a due passi dall’area e riesce già ad immaginarsi il ghigno degli avversari quando sbaglierà di nuovo.
Più convinta.
Più convinta.
Più convinta.
Non le sembra di aver tirato forte, ma è la faccia di Sebastiano a farle cambiare idea.
Si può leggere la sorpresa sul suo volto mentre, all’angolo della porta, la palla è entrata.
Lui si vola a guardarla abbastanza disorientato, lei alza le sopracciglia, sogghigna e torna nella sua metà campo, tutta trionfante.
La partita prosegue, Cassandra segna altre due volte e, alla fine, la sua squadra è vincitrice per 6-2.
«Cass, palla!» le urla Luke e, dall’altra parte della palestra, le lancia la palla.
«Ragazzi, portate giù quelle palle!» intima l’insegnante.
Cassandra si dirige verso lo sgabuzzino fatto in rete di ferro, apre la porta e litiga un po’ con la serratura del contenitore dei palloni per depositare la merce, come dice Jenny.
 
«Pensavo facessi danza classica, non wrestling.» una voce alle sue spalle la fa quasi sobbalzare. Ho detto quasi.
Cass si gira.
«Da quello che so» prosegue Sebastiano «le ballerina dovrebbero essere fini e aggraziate.» dice alzando le braccia sulla testa, in un orrido tentativo di imitare una ballerina.
«Le ballerine sono le persone più grosse di questo pianeta. » risponde Cassandra «sul palco raffinate, poi arrivano dietro le quinte e tirano giù tutti i Santi perché hanno sbagliato un passo. »
« Anche tu l’hai fatto, quando hai sbagliato il tiro?»
Cass si avvicina «Non prenderti male, Seba, se sei stato stracciato da una ballerina» dice la ragazza calcando le parole stracciato e ballerina.
«Non mi sono preso male.»
«Ah no?» domanda Cass girandogli intorno. Va a recuperare le chiavi da un comodino alto sì e no 30 cm.
«Poi, la danza fa venire i muscoli.» lo informa, chinandosi.
«Vedo.» risponde Sebastiano, guardando una parte non precisata del corpo della ragazza.
Cass, a suo malgrado, arrossisce un po’.
«Se tu passassi meno tempo sui libri, magari avresti qualcuno che corre dietro, a quel fondoschiena. »
« E se tu passassi meno tempo a fantasticare sul fondoschiena altrui» risponde Cass irritata «magari impareresti a pararle, certe palle. O quanto meno, a non romperle!»
Cassandra esce dallo sgabuzzino e si volta.
«Ah, forse» aggiunge «saresti anche mentalmente più presente, da accorgerti quando una persona ti passa dietro e ti chiude a chiave nello sgabuzzino dei palloni. » sorride facendo roteare le chiavi sull’indice destro.
Il volto di Sebastiano passa dal viola, al verde, al bianco.
Cassandra ride.
«Ciao, Seba» la ragazza gli fa l’occhiolino, si gira e se ne va, buttando le chiavi per terra.

 

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Capitolo 3
*** 2# Eyes ***


  Capitolo due:

Eyes.

 

«Quindi, per la settimana prossima abbiamo il test. Ora restano solo le ultime due pagine da spiegare, quindi fate attenzione. Come abbiamo detto, l’atomo…»
«Ti prego» esordisce Valerie nel bel mezzo della spiegazione interessantissima del professore di chimica «svegliami quando tutto questo sarà finito.»
«Se riesci a dormire per tre settimane, volentieri»
Valerie sbuffa e si ri-accascia sul banco.
 
Cass cerca di prendere appunti, ma si trova sempre a disegnare scarpette su un angolo del foglio.
La notte pensa spesso al perché i suoi l’abbiano mandata in questa scuola.
Sua mamma le ha detto “è la scuola migliore”, suo papà non l’ha nemmeno salutata.
E quando lei ha chiesto della danza, sua madre l’ha buttata fuori dalla porta con una valigia, le ha fatto tanti auguri e le ha promesso che sarebbe tornata presto e avrebbe ricevuto telefonate tutti i giorni.
L’ultima volta che ha sentito i suoi genitori è stato il giorno della partenza.
Anche l’ultima volta che ha visto casa sua.
Fa un po’ fatica a ricordarla, purché siano passati solo quattro anni. Ma i ricordi, nella sua mente, si sono sbiaditi, ora le uniche pareti familiari che ricorda sono quelle bianche della sua stanza, il pavimento in parquet e il lampadario attaccato al muro, il letto di Valerie, in parte al suo, entrambi con il copriletto rosso.
Sul comodino di Valerie ci sono una foto, qualche lettera e un peluche regalatole dal suo ragazzo.
Sul comodino di Cassandra solo un libro.
Vorrebbe avere almeno una sua foto in tutù, o sulle punte, ma tutte quelle che possiede le ha lasciate a casa, convinta che sarebbe tornata presto a prenderle. Invece, ora non le ricorda nemmeno più.
Un ricordo indelebile, invece, è quello della sala da ballo. Circondata da specchi, Cass amava specchiarsi su ogni parete, osservare i suoi movimenti e autocorreggersi. Il pavimento liscio, quante cadute aveva fatto su quel pavimento!
Se chiude gli occhi, la sera, Cass può ancora sentire la mano che scorre lungo la sbarra, l’insegnante che preme il tasto play sulla radio, la musica parte, i muscoli in tensione. Poi apre gli occhi, incontra il bianco opaco dei muri della sua stanza e tutto sparisce. Le prime volte ha anche pianto.
Ha capito, in seguito, che le lacrime non servono ha niente, perciò è passata oltre.
Ma tutte le volte che disegna una ballerina, sente come una fitta al petto che le fa pensare “caspita, quella avrei potuto essere io” e sta male di nuovo.
Gli altri non lo sanno, non lo vedono. Nemmeno Valerie se ne accorge.
D’altronde, Cass è sempre stata una brava attrice.
I suoi compagni la pensano sui libri tutto il giorno. Fisicamente, lei sui libri ci sta, ma la sua mente è spesso altrove. Torna a casa, torna in quella sala, torna a ballare. Non c’è nemmeno uno stereo, una piccola radio nella stanza. Solo due letti due scrivanie, due comodini, due armadi, qualche mensola vuota.
Vuota, come te, pensa talvolta Cass.
Poi i libri la chiamano e lei, per distrarsi inizia a studiare.       
O almeno, ci prova.
 
 
Cass sospira.
Dopo venti minuti di spiegazione incessante sull’atomo, il professore decide di finirla lì. «Bene, capitolo finito» Alice, dietro di Cassandra, mormora un “grazie Dio!”.
«Se qualcuno ha delle domande intelligenti da fare, parli ora o taccia durante la verifica»
Una mano si leva in aria.
Valerie alza la testa, inarca le sopracciglia e si volta verso di me: «se ha una domanda veramente intelligente mi butto dalla finestra»
Buttaci lui, pensò Cass.
«Si, Lasdon?» chiede il professore.
«Posso andare in bagno?» tutta la classe ridacchia. Valerie ripiomba con la faccia sulle mani e Cassandra scuote la testa esasperata.
«Le sembra una domanda intelligente?»
Sebastiano alza le spalle.
«Bene, quindi ecco la mia risposta: no, non può andare ai servizi. Credo che possa aspettare l’intervallo. »
Sebastiano sbuffa e torna a farsi gli affaracci suoi in quella specie di ufficio che il suo banco è diventato.
«Quindi, dopo questo allegro intermezzo, proseguiamo con il capitolo 10»
Spiega per altri 15 interminabili minuti, finché decide di farci lavorare individualmente, per farci diventare più autonomi e responsabili, ovvero: per potersi occupare delle sue faccende.
«Signor Lasdon!» esclama il professore. Sebastiano alza un sopracciglio «dato che moriva dalla voglia di fare un giretto per i corridoi, vada a farmi le fotocopie degli esercizi. In totale 21, grazie.» porge tre fogli al ragazzo che si avvia borbottando verso la porta.
 
Dopo cinque minuti abbondanti non è ancora rientrato.
L’insegnante inizia a spazientirsi.
«Ma ha un briciolo di senso dell’orientamento? Qualcuno vada a vedere dove si è cacciato!»
«Vado io!» esclama Luke balzando in piedi.
«Per amor del cielo, no!» la classe ridacchia «così fate comunella per i corridoi! Signorina Bukcley, vada lei per cortesia!»
Valerie tossisce rumorosamente. Dopo che Cass le ha raccontato la storia dello sgabuzzino (Dio, quanto suona male detta così ahahah NdA) si fa paranoie.
Cassandra vorrebbe picchiarla, ma si trattiene; si alza ed esce dall’aula.
Va dritta in segreteria, dove una bidella dice di aver fatto le fotocopie ad un ragazzo, che poi è tornato in classe.
Fatto sta che quel ragazzo, in classe, non ci è tornato.
Cass sbuffa. “Mi riduco a fare da babysitter, adesso!” decide di vagare un po’ per i corridoi, se entro due minuti non lo trova, torna in classe.
«Seba!» chiama «Oh Seba!» … nessuna risposta. Cass si spazientisce, quindi dice a voce più alta: «Sebastia-» non fa in tempo a finire la parola che si trova la bocca coperta da una mano e viene spintonata in un angolino.
Si dimena e cerca di parlare, quando vede che la mano è quella di Sebastiano cambia tecnica e decide proprio di ucciderlo lì.
Ma poi vede il suo sguardo: nei suoi occhi c’è un luccichio strano, sembra quasi paura. Allora Cass si calma, si guarda intorno e si accorge di essere vicinissima all’ufficio del preside. Lui, vedendo che la ragazza si è calmata, le toglie la mano dalla bocca, ma le fa segno di restare zitta.
«MA TI SEI COMPLETAMENTE RIMBAMBITO!? » lo insulta Cass. A bassa voce, però.
«Shh! Abbassa la voce! Hai visto dove siamo?»
«Si, stupido! Vicino all’ufficio del preside!»
«No, proprio accostati alla parete con il buco!» la famosa parete con il buco. C’era, a scuola, una parete con un foro quasi invisibile, che permetteva di vedere gran parte dell’ufficio del preside. Alcuni ragazzi di quinta affermano di aver visto il preside e la bidella in atteggiamenti del tutto fuori luogo in un edificio serio come questo, ma noi di terza non ci facciamo troppo caso.
«Il professore ti vuole in classe, Lasdon»
«Due secondi fa ero Sebastiano, ora Lasdon!» si lamenta lui
«Taci brutto idiota e torniamo in classe!»
«Per quando tempo hai intenzione di insultarmi?»
«Finché non mi starai a sentire!»
«Oh, allora farà in tempo a venire la prossima era glaciale, e con tutto il surriscaldamento globale che c’è, dubito ci vorrà poco!»
«Ora noi to-»
«Sh! Guarda lì!» Sebastiano fa sporgere la ragazza verso il foro.
Cass, all’interno dell’ufficio, vede il preside, seduto alla scrivania e un uomo in giacca e cravatta, molto elegante, dalla parte opposta, con una valigetta nera in mano.
«Bhe?» chiede Cass
«Come “bhe”? hai visto quell’uomo lì dentro?» Cassandra alza le spalle.
«Sarà un rappresentante, che ne so»
«Un rappresentante… a fine maggio… »
«Magari un supplente!»
«Non mi risulta che nessuno dei professori sia malato»
Cass si spazientisce: «Potrebbe anche essere il nuovo amante del preside! Il punto è che a te non deve interessare! A proposito… Perché ti interessa!?»
La ragazza lo prende per il braccio e lo trascina via, decisa a tornare in classe.
 
Prima di entrare nell’aula, Seba la ferma e la guarda dritta negli occhi:
«Potresti anche aver ragione, cara la mia compagna» di classe, pensa Cass, di classe «ma, cosa se ne fa un “nuovo amante”, un”supplente”, un “rappresentante ”, di due scagnozzi grossi quanto un orso di guardia alla porta?» 

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Capitolo 4
*** IIIIntermezzo + copertina. ***




Aggiornamento entro la prossima settimana.
Anche se sarei molto felice se scriveste qualche recensione, positiva o negativa che sia.
Al prossimo capitolo :*
Hyp.





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Capitolo 5
*** 3# Brain ***


Capitolo tre:

Brain.


 

«Cass? Sei presente?» Valerie agita una mano davanti agli occhi dell’amica.

Cassandra si riprende. Sta ancora pensando a quello che ha visto nell’ufficio del preside. C’erano due uomini di guardia? Perché lei non li ha visto, dato che, a seconda di quello che dice Lasdon avrebbero dovuto essere piuttosto grossi? Ma d’altra parte… perché dovrebbe mentirle?

L’altra notte è arrivata ad una conclusione abbastanza ragionevole: lasciar perdere.

Lei non vuole guai come i guai non vogliono lei.

Lascia perdere.

«Certo, Vale»

«Bene, perché mi serve una mano con le frasi di Latino!» Valerie picchietta le dita sul tavolo di legno del bar, dove ci sediamo tutti i giorni per una buona ora, per aspettare il pullman che ci porta al dormitorio.

«Okay, per prima vado a prendere qualcosa ai distributori in atrio. Arrivo subito!» così dicendo, si avvia al distributore di merendine, all’interno della scuola.

Si ferma davanti ad esso per un po’, riflettendo sul numero da prendere per non far bloccare i biscotti al cioccolato, che è solita mangiare.

Decide per il 43, infila la moneta, quando una mano le tocca la spalla. Si gira sobbalzando.

«Di nuovo tu? Dì un po’, cosa vuoi da me!?» sbotta alla vista poco gradita di Lasdon.

«Io voglio scoprire cosa c’è sotto. Parlo di quello che abbiamo visto.» dice serio.

«Bene, buona fortuna.» Cass recupera i biscotti e gli volta le spalle.

«Aspetta, che vuol dire “buona fortuna”?» le domanda inseguendola

«Significa che io in questa faccenda non voglio entrare.»

«Magari non vuoi, ma ci sei già! Dal momento in cui hai spiato con me dietro quel muro!»

«Senti, ma è un tuo hobby metterti nei guai!?» si ferma bruscamente Cass. Il ragazzo si limita a guardarla impassibile. «bhe, sappi che non è il mio! Perciò ho intenzione di andare avanti, come se niente fosse. Non sono faccende che mi riguardano. Né me, né te, Lasdon. »

Sebastiano assottiglia le labbra «Tu non hai idea di… tu non hai un fratello che è stato qui, okay?»

«Perché, tu ce l’hai? Non ti conosco, ma da quello che mi risulta, direi proprio di no!» Il ragazzo, ancora una volta non dice una parola, si limita a guardarla.

«Così ti hanno riferito?»

«Così mi hanno riferito.» risponde la ragazza. Lui fa una risatina amara, si gira e se ne va, lasciando una Cassandra disorientata all’uscita della scuola.

 

 

 

«Vale…»

«Oh, eccoti! Secondo te come si traduce questo verbo? Perché ho un blocco, non riesco a continuare la frase. »

«Hm… credo sia “avrebbe dovuto”»

«Grande! Te l’avranno già detto, ma sei un genio!» Cass sorride.

«Vale, sai se Lasdon ha un fratello?» Valerie alza la testa dal libro, pensierosa.

«No, non mi sembra… è figlio unico, credo. Perché ti interessa?» la bionda alza le spalle. Prima che Valerie possa ribattere, la campanella che annuncia la fine della sesta ora suona. Le ragazze recuperano gli zaini, quando Valerie si accorge di aver lasciato la cartelletta di arte in classe.

«Vado io a prendertela, altrimenti tu perdi il pullman! Intanto tienimi il posto» Cass deposita lo zaino e corre verso la loro classe.

 

 

Arriva ansimando alla porta, scorre con lo sguardo i banchi finché arriva a quello di Valerie. La sacca è proprio sotto il suo banco. Va fiaccamente a recuperarla, pensando che solo una testa Valerie può fare queste cose.

Si sta già dirigendo canticchiando verso l’uscita della scuola, quando nota una porta aperta. Non una qualsiasi. Un ufficio. Del preside. No, Cass. No. Non devi farti condizionare, ora tira diritto ed esci. Eppure la porta è lì, spalancata, che la chiama. Cass non è mai stata una ragazza paziente, perciò all’ennesimo richiamo della porta cede alla tentazione.

L’ufficio è deserto, non c’è nessuno. Sull’armadio in fondo alla parete sinistra ci sono dei trofei, dall’altro lato alcune foto di classe, poi ancora armadietti chiusi a chiave e una scrivania immacolata. Niente per me, pensa Cass. Si avvicina alla scrivania ci sono biro e matite in un contenitore e una cartelletta verde vuota. Bene, niente, ora vado pensa. Ma la curiosità è il suo forte tanto quanto la pazienza non lo è, quindi dà un’occhiata alla porta, quando sa che in corridoio non vi è nessuno passa in rassegna i cassetti della scrivania. Nel primo ci sono fogli bianchi, scotch, timbri, matite, niente di interessante. Il secondo è chiuso a chiave. Il terzo contiene cartellette varie, tutte colorate e chiuse con un elastico; solo, nell’angolo a destra, un pacchetto di fogli pinzati insieme. Niente cartelletta. Cassandra lo prende e inizia a osservarlo.

Sulla copertina c’è questo titolo: “2: BOX (t)”.

Sulla seconda pagina c’è un disegno: un cubo grigio, sembra di plastica, con accanto alcune annotazioni e freccette che rimandano a descrizioni dell’oggetto, tutto scritto con una calligrafia illeggibile. Riesce a distinguere due numeri: 15-18, la scritta “giorni” e quella “opaco”. Gira pagina, c’è un elenco. Anche delle fotografie, alcuna con una X sopra. È sorpresa quando riconosce una ragazza di seconda, si insospettisce quando riconosce un suo amico di terza, inizia a preoccuparsi quando riconosce Valerie, ancora di più quando vede Sebastiano. La paura la assale quando riconosce se stessa. La curiosità di Cass è scomparsa, ora  presa dal panico. Non sa bene perché, potrebbe solo essere un elenco scolastico, ma qualcosa le dice che è meglio andarsene da lì. Chiude il fascicolo velocemente, lo rimette apposto e richiude il cassetto. Mentre esce dall’ufficio ha un solo pensiero.

Corri, esci di qui, dillo a Lasdon.

Mentre attraversa il corridoio il suo pensiero è: Corri, dillo a Lasdon, dillo a Lasdon.

Mentre sta per varcare l’uscita il suo pensiero è: Dillo a Lasdon, dillo a Lasdon!

Mentre viene presa alle spalle, quell’attimo prima che qualcuno le faccia perdere i sensi, il suo pensiero è, volgarmente: cazzo.


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