Luna di Mezzanotte

di Niniane_88
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La festa ***
Capitolo 2: *** Decisioni ***
Capitolo 3: *** Parola d'onore ***
Capitolo 4: *** Gemelli ***
Capitolo 5: *** Spiegazioni ***
Capitolo 6: *** Suoni ***
Capitolo 7: *** Risveglio ***
Capitolo 8: *** Rivelazioni ***
Capitolo 9: *** Autunno e inverno ***
Capitolo 10: *** Fuga ***
Capitolo 11: *** Inseguimento ***
Capitolo 12: *** Nella sala delle udienze ***
Capitolo 13: *** Scegliere ***
Capitolo 14: *** Affetto fraterno e altre emozioni ***
Capitolo 15: *** Tramonto d'addio ***
Capitolo 16: *** Sogni e visioni ***
Capitolo 17: *** Occhi color rame ***
Capitolo 18: *** Per il futuro, per l'amore ***
Capitolo 19: *** Guarire ***
Capitolo 20: *** La melodia della rinascita ***
Capitolo 21: *** Il sigillo del cuore ***
Capitolo 22: *** Visite ***
Capitolo 23: *** Notte d'aprile ***
Capitolo 24: *** Piccolo Cigno ***
Capitolo 25: *** Interludio (Luna di Mezzanotte) ***
Capitolo 26: *** Aurora boreale ***
Capitolo 27: *** Volteggi ***
Capitolo 28: *** Laddove tutto ebbe inizio ***
Capitolo 29: *** L'angelo e la fata ***
Capitolo 30: *** Veloci come fulmini ***
Capitolo 31: *** Oro contro il nero ***
Capitolo 32: *** Fratelli ***
Capitolo 33: *** All'alba ***
Capitolo 34: *** Il significato dell'eternità ***
Capitolo 35: *** Sinfonia d'amore ***
Capitolo 36: *** In famiglia ***
Capitolo 37: *** Nell'attesa ***
Capitolo 38: *** Inaspettato ***
Capitolo 39: *** Conto alla rovescia ***
Capitolo 40: *** Il profumo della paura ***
Capitolo 41: *** Sacrificio ***
Capitolo 42: *** In pochi minuti ***
Capitolo 43: *** Addio a Forks e ultimo viaggio dei Cullen ***
Capitolo 44: *** Fiori e flauti ***
Capitolo 45: *** Epilogo: Ciò che è stato, che è e che sarà ***



Capitolo 1
*** La festa ***


Questa è la prima fanfiction che scrivo e pubblico, sono molto felice di essere riuscita almeno a cominciarla e ringrazio fin d' ora chi la leggerà e avrà voglia, magari di lasciarmi un commento. Dato che lo spunto iniziale è la festa di compleanno di Bella che avviene in New Moon, il mio primo capitolo riprende quest'episodio e leggendo le prime righe vi potrà sembrare che sia uguale all'originale: ho dovuto partire da lì, per poter sviluppare la trama di questa fic, ma arrivati a metà capitolo vedrete che l'incidente di Bella ha conseguenze... molto diverse. Buona lettura!

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Capitolo I: La festa

Bella

   - Ho detto che non volevo nessun regalo di compleanno, Alice!
   - Lo so, lo so, ma credevi veramente che ti avrei ascoltata?
   Sospirai rassegnata. Avrei anche potuto passare l’intera giornata a strillare che non volevo nessun genere di attenzioni particolari per il mio diciottesimo compleanno e non sarebbe servito a niente. Alice aveva deciso di organizzare una festa in mio onore e conoscendola era il minimo che ci si potesse aspettare da lei: quando si metteva in testa di fare una cosa, niente poteva fermarla, soprattutto se si trattava di occasioni speciali.  In quel caso, Alice si buttava a capofitto nell’organizzazione dell’evento e diventava sorda a qualunque genere di protesta da parte dei suoi familiari, quindi figuriamoci se avrebbe dato retta ai miei brontolii scontenti. Una semplice occhiata al salone di casa Cullen era bastata a darmi un’idea precisa del lavoro della mia migliore amica. Avrei potuto giurare che il set di piatti e posate che faceva bella mostra di sé sul tavolo era uno dei più pregiati di Esme e che la torta di compleanno che troneggiava sul pianoforte a coda di Edward, veniva da una qualche famosissima pasticceria, magari di Seattle… Per non parlare dell’assurda quantità di fiori e candele disseminati per tutta la stanza e della pila di regali tutti ricoperti di carta argentata! A molte persone tutto questo probabilmente sarebbe piaciuto tantissimo, ma io, goffa e insicura com’ero, potevo solo augurarmi di non inciampare, (magari rischiando di rovesciare il tavolo con tanto di tovaglia e porcellane di Esme) di non trovarmi troppo vicina a una candela e via dicendo.
   Udendo il mio sospiro e indovinandone il significato, Edward mi strinse a sé e mi sussurrò all’orecchio: - Su, Bella, cerca di resistere, ce ne andremo presto se vuoi, ma fai uno sforzo, da brava, ti ho già detto che ci tengono…
   - Sì lo so… - borbottai scontenta, ma poi, mio malgrado sorrisi vedendo Esme e Carlisle, genitori adottivi di Edward, che mi venivano incontro sorridendo felici. Mi abbracciarono entrambi e come aveva fatto Edward, si scusarono in un sussurro per non essere riusciti a trattenere Alice dal mettere in atto le sue idee pazze.
   Anche l’accoglienza di Emmett, il fratello-orso di Edward mi fece molto piacere. Così grosso e muscoloso, Emmett incuteva negli estranei un più che giustificato timore, ma io che lo conoscevo, lo trovavo simpaticissimo: con me era sempre affettuoso, fraterno e mi veniva spontaneo ridere e scherzare con lui. Mi salutò con un: - Ehi, sorellina! Che guance rosse hai! – Edward gli lanciò un’occhiataccia, ma io non gli badai, per una volta.
   Rosalie, la bionda, deliziosa, bellissima sposina di Emmett, mi osservava da dietro la sua spalla con uno sguardo non ostile, ma neanche amichevole. Cercai di non prendermela: almeno non mi aveva incenerito come al solito ed questo era già qualcosa, visti i precedenti.
   Avanzai nel salotto e solo allora notai Jasper, l’affascinante compagno di quel folletto che era la mia amica Alice. Era in piedi, appoggiato alla ringhiera della scala, il volto sorridente, anche se un po’ distante. Realizzai subito che non era intenzionato a venirmi incontro come avevano fatto gli altri. Lo salutai e gli sorrisi, un po’ intimidita dal suo atteggiamento: alto, biondo e tenebroso, mi guardava in modo indecifrabile, senza muoversi. Pur sentendomi un po’ dispiaciuta, anche in questo caso cercai di non prendermela, soprattutto perché sapevo che Jasper, a differenza di Rosalie, non ce l’aveva affatto con me: il suo atteggiamento era una semplice precauzione.
   Era il 13 settembre, il mio diciottesimo compleanno, maledizione. Avevo appena cominciato l’ultimo anno di liceo e non ne ero per niente entusiasta. Mi sentivo vecchia.
   Dei fratelli Cullen, Rosalie, Emmett e Jasper avevano concluso l’anno precedente; Edward e Alice invece frequentavano il mio stesso anno e io li vedevo regolarmente a scuola. Oltre a loro al liceo avevo altri amici che però, per quanto simpatici e sinceri non erano per me altrettanto importanti. La famiglia Cullen era diventata il centro del mio mondo da quando ero arrivata a Forks. I miei amici di scuola trattavano Edward ed Alice con grande timidezza: del resto, non poteva essere altrimenti. Non per l’estrema riservatezza in cui viveva la famiglia Cullen, né per la loro infinita ricchezza e nemmeno per la loro incredibile bellezza. La vera ragione era un segreto che custodivo gelosamente e che nessun altro avrebbe mai e poi mai dovuto condividere con noi.
   Nemmeno io avrei dovuto sapere la verità. Se ne ero a conoscenza, il torto, o il merito era di Edward. Ogni volta che lo guardavo in viso mi chiedevo come fosse possibile che io, proprio io, un’insignificante, piccola, fragile, umana, avessi avuto in dono il suo amore…  Edward rappresentava per me la perfezione assoluta, tanto che in ogni istante passato insieme a lui mi sembrava di sognare.
   - Apri i regali, Bella! – cinguettò Alice con la sua voce da soprano, strappandomi alle mie riflessioni – E non fare storie, capito? – Poi – Ah, Emmett, non dovevi uscire?
   - Sì, vado subito!
   La guardai interrogativamente e lei rispose: - Non preoccuparti, Bella, arriva subito, doveva sistemare una cosa in giardino. Allora, dai apri prima questo!
   Sapendo che protestare era inutile, scartai il primo regalo e rimasi interdetta nello scoprire il contenuto: una scatola vuota…
   - Ehm, grazie… - mormorai, un po’ confusa
   Jasper scoppiò a ridere e perfino Rosalie riuscì a sorridere. Il fratello si avvicinò finalmente a noi e mi spiegò che la scatola conteneva un’autoradio per il mio pick-up e che Emmett era andato subito a montarla perché non la potessi rifiutare e che era un regalo di loro due e di Rosalie. Mugugnai nel sentire che non avevo alcuna possibilità di rifiutare il dono, ma poi sorrisi contenta. Era una regalo bellissimo, sarei stata una perfetta ingrata a mostrarmi infastidita.
   - Rosalie, Jasper, grazie! Grazie mille, è stupendo! Grazie Emmett! – gridai in direzione del giardino e lo sentii ridere in risposta.
   - Adesso tocca al regalo mio e di Edward! – continuò Alice e mi mise in mano un pacchetto molto sottile.
   - Edward, - cominciai in tono minaccioso e parlando lentamente – ti avevo pregato, anzi, ordinato di non spendere un centesimo per il mio compleanno!
   - Infatti non ho speso nulla, lo vedrai da te quando l’avrai aperto.
   - Mmmm… dici?
   - Te lo assicuro.
   Emmett era rientrato e si era avvicinato per vedere, insieme a Jasper e Rosalie. Con molta attenzione, cercando di non rompere la carta, mi diedi da fare per aprire il pacchetto.
   - Oh no, - sospirai – mi sono tagliata… - e guardandomi il dito vidi sgorgare dalla ferita una piccola goccia di sangue…
   Mezzo secondo dopo Edward gridò: - No!
   Vidi a malapena il suo braccio scattare e prima che potessi emettere alcun suono realizzai che ero stata scagliata in alto, che stavo volando al di sopra del tavolo e che un attimo dopo sarei atterrata portandomi dietro tovaglia, piatti, bicchieri, posate… infatti, un rumore assordante di vetro che si infrange mi accompagnò nella caduta e, superato il tavolo, andai a sbattere violentemente contro il muro. Nello stesso istante udii un suono diverso che mi terrorizzò e che mi impedì, in un primo momento di accorgermi che mi ero fatta male: un ringhio assordante e cavernoso. Percepii, quasi senza vederlo, che Edward si scagliava contro Jasper causando un fragore pari a quello prodotto da una frana in montagna.
   Quello che accadde poi, lo vidi attraverso la nebbia fitta causata dalla confusione, dalla paura e dal dolore.
   Sentivo ringhiare e gridare, potevo intuire che Edward ed Emmett stavano lottando per trattenere Jasper, sentivo la voce di Alice che cercava di calmare il compagno, mentre Carlisle accorreva al mio fianco spaventato. Sentivo il sangue scorrere dalle mie ferite: probabilmente erano stati soprattutto i calici di cristallo a causarle e per questo sentivo di essere piena di schegge di vetro, sulle braccia e sulle gambe. Ma non era solo quello. La testa mi scoppiava. Mi sentivo stordita, confusa, nauseata, avevo voglia di dormire… cos’era successo? Un attimo prima stavo aprendo un regalo…
   Carlisle mi stava chiamando: la sua voce era concitata, quasi imperiosa, ma non riuscivo neanche a seguirla, figuriamoci a rispondergli, la mia mente era sconvolta dagli altri suoni che sentivo, un misto di urla e ringhi.
   - Sì, lo so! – la voce di Emmett era arrochita dallo sforzo di trattenere Jasper nella morsa invincibile delle sue braccia, ma stranamente riuscii a sentire quello che diceva – Non… ci… riesco… Rose, aiutami! Rose?!
   - Edward! – Ancora Carlisle. Sentendo il nome di Edward mi costrinsi ad ascoltare – Vieni ad aiutarmi, Bella sta perdendo molto sangue, in più punti, ha una commozione cerebrale forse…
   No, Edward non doveva preoccuparsi, io sarei stata bene, non era giusto che si dovesse sempre preoccupare per me… io avevo solo aperto un regalo, niente di più semplice…
   - Jasper! Jasper, guardami! Calmati! – potevo riconoscere la voce di Alice, resa ancora più acuta del normale dalla paura – Jasper, tesoro, è Bella! Non puoi farle del male, pensa a Edward! Ragiona Jasper, ti scongiuro! Si tratta di Bella, anche tu le vuoi bene…
   Un altro ringhio e poi la voce atterrita di Esme. Non riuscii a distinguere le sue parole. Perché facevano tutto quel baccano? Avevo bisogno di dormire, ero così stanca…
   - Rose, vieni, dobbiamo, uscire! – sentivo che Esme cercava di trascinare Rosalie fuori dalla porta finestra che dava sul giardino… Allora era stata Rose a ringhiare… Carlisle cercava di fermare il sangue delle mie ferite e intanto continuava a chiamare Edward… dov’era Edward? Perché non veniva in aiuto di Carlisle se gliel’aveva chiesto, cosa stava facendo? E perché Rosalie ringhiava così?
   - Carlisle! – finalmente la sua voce! – porta fuori Bella, devo aiutare Emmett a tenere Jasper! Portala subito fuori! Alice, Esme, tenete Rosalie!
   Sentii che Carlisle mi sollevava, ma neanche un secondo dopo mi ritrovai di nuovo per terra. Un’altra botta in testa. Per una manciata di secondi sentii ancora le voci dei Cullen: sentii che Esme fuggiva via disperata, che Alice continuava a gridare i nomi degli altri, sentivo con terrore che Rosalie ringhiava e che Emmett era in difficoltà, sentivo Carlisle che continuava a dare ordini. Finché…
Mi ritrovai a fissare due occhi neri come la pece e una massa di riccioli biondi così splendenti da sembrare l’aureola di un angelo. Alla base del collo sentii un dolore lancinante.
   Nello stesso istante Edward lanciò un grido terribile e in un guizzo dorato, i riccioli biondi sparirono alla mia vista.

   Non appena sentii aprirsi la ferita sul collo, un dolore nuovo, che non aveva niente a che vedere con le altre ferite, mi costrinse a gridare. Finalmente potei comprendere cos’era successo anche se tuttora non riesco a spiegarmi come l’adrenalina combinata al dolore avesse potuto darmi quella sorta di strana lucidità: ero stata morsa da un vampiro. La mia stupida piccola goccia di sangue aveva scatenato qualcosa, non capivo cosa, ma io ero stata scagliata lontano da Edward che cercava di proteggermi, solo che in questo modo mi ero ferita gravemente o almeno così doveva essere. Carlisle aveva cercato di curarmi, ne ero certa. Esme forse era fuggita per non cedere alla tentazione dell’odore del sangue… Rosalie ringhiava, doveva essere arrabbiata con me…  mi aveva sempre odiata dopotutto…
   Ma adesso dov’erano finiti? Dov’era Edward? Sentivo ancora rumori nella casa, ma erano attutiti, lontani e non vedevo niente. L’unica cosa che vedevo era il fuoco che mi stava bruciando, che mi stava trasformando in un vampiro.
   Bene, era quello che volevo. Sarei rimasta per l’eternità con Edward e la sua famiglia, sarei stata immortale, la sua compagna per sempre. Bella Cullen. Suonava bene. Avrei imparato, come tutti loro a convivere con la mia nuova natura. Avrei adottato la loro dieta, quella dieta che li rendeva meritevoli: non mi sarei cibata di sangue umano, ma di sangue animale. Avrei fatto il possibile per imparare ogni cosa, sarei stata attenta a non fare mai e poi mai del male a nessuno. Non avrei più rivisto Charlie… povero papà, mi sarebbe mancato tantissimo… ma non importava, l’avrei sopportato. Non avrei più visto mia madre e i miei compagni di scuola… ma potevo perdere anche loro. Tutto quello che avevo sempre desiderato era stare con Edward.
   Soffrivo terribilmente eppure ero grata a chi mi aveva morso (dovevo essere stata morsa, doveva essere così…), perché sapevo che Edward non avrebbe mai e poi mai esaudito il mio desiderio di diventare come lui. Voleva che restassi umana e non transigeva. Chi era stato a farlo?  Oppure... oppure Edward aveva ceduto alla fine? Edward, Edward, staremo insieme per sempre…



Mi auguro che il primo capitolo vi abbia incuriosito. A presto!
Niniane

 

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Capitolo 2
*** Decisioni ***


Capitolo II: Decisioni
 
Jasper

   Quando mi ritrovai in giardino, l’odore fresco e pulito dell’aria notturna mi fece subito tornare in me. Mi rilassai lentamente e a poco a poco la morsa delle braccia di Emmett si allentò. Alice mi si mise davanti, guardandomi supplichevole e poco più in là sentivo la voce di Esme che cercava, con dolcezza, di quietare Rosalie. Edward mi teneva per le gambe, ringhiando minaccioso. Solo Carlisle non c’era, sicuramente era al fianco di Bella. Bella! Cos’era successo? Cos’avevo fatto?
   - L’hai morsa! – mi rispose Edward, che anche in quel momento terribile non aveva perso il suo potere di lettura del pensiero – L’hai morsa Jasper, ti conviene scappare più lontano che puoi prima che ti uccida!
   - Edward, no! – gridò Esme – Ti prego, non è il momento, siamo tutti sconvolti, ma bisogna pensare a Bella!
   Lui continuò a ringhiare.
   - Edward, ti prego, ora è calmo, lascialo andare…- Niente.
   Finalmente riuscii anch’io a parlare.
   - Edward, te la potrai prendere con me come e quanto vorrai a tempo debito, ma ora uccidermi non è importante! E' a Bella che devi pensare.
   - Non osare nemmeno nominarla, mostro! – urlò lui – Non osare entrare in casa e avvicinarti o sarà peggio per te!
   - Edward, ti prego… - se avesse potuto, sono certo che Alice avrebbe pianto. Prese per il braccio il fratello e lo scosse: - Edward, vuoi deciderti ad andare da Bella? Non senti che Carlisle ti chiama?
   Finalmente mio fratello comprese cosa stavamo cercando di digli, mi lasciò andare e corse verso casa. Esme lo seguì e poco dopo anche Rosalie li raggiunse. Emmett guardò prima Alice e poi me:
   - Io vorrei che Bella facesse parte della famiglia – sussurrò – e lo desiderava anche lei, lo sappiamo tutti. Forse non è stato un male quello che è successo…
   - Emmett, non farti sentire! – sibilò Alice – Edward potrebbe ucciderti solo per quello che stai dicendo. E Bella… sì, lei voleva diventare vampira, ma avrebbe dovuto essere una cosa programmata nel tempo, non possiamo sapere come reagirà…
   - Ma allora, diventerà davvero un vampiro? – chiesi io atterrito – Edward non riuscirà a salvarla?
   Alice mi guardò mestamente. – No, Jasper, questa volta non ci riuscirà. La vedo trasformata in vampira più chiaramente che mai, in un futuro vicinissimo.
   - Ma sei sicura? La tua visione potrebbe non essere riferita a questo momento…
   - Sono sicura.
   Bella, Bella! Cos’avevo fatto? Povera ragazza…
   - Alice… - cominciai, ma lei mi interruppe mettendomi un dito sulle labbra:
   - Jasper, non sei un mostro. Edward rinsavirà e io ti starò accanto sempre e comunque. Non cominciare nemmeno a scusarti con me, sai che non devi.
   - Alice, - insistetti – io sono un mostro. Non hai idea di come mi senta…
   - Ce l’ho, Jasper, credimi. Ora però dobbiamo pensare a Bella. Vieni, andiamo a vedere cosa succede.
   - Ma Edward…
   - Vieni, Jazz! Fidati di me. – e come sempre, mi fidai.
   Mi avviai verso casa insieme ad Alice, ma dopo due passi mi fermai.
   - Alice! – esclamai allibito
   - Jazz, ti ho detto…
   - No, Alice! Non senti anche tu quest’odore?
   Nell’aria aleggiava un profumo dolce e vagamente familiare. "Un vampiro è stato qui!" pensai allarmato "Come abbiamo fatto a non accorgercene?"
   - Santo Cielo Jasper, un vampiro! Qui? Ma… ma com’è possibile? Io non ho visto… – Alice era turbata quanto me, ma si riprese in fretta. – Coraggio, amore, andiamo in casa, non vedo pericoli di nessun tipo, vedo solo Bella, pensiamo a lei adesso! 
   In casa c’era il putiferio. Edward chiamava disperatamente il nome di Bella mentre Carlisle cercava di calmarlo. Rosalie fissava atterrita il volto della ragazza, la mano stretta in quella di Emmett. Esme teneva le mani giunte come in preghiera. Nessuno badò a noi.
   - Dobbiamo salvarla, Carlisle! – gridava Edward – Come abbiamo fatto l’altra volta… dev’essere possibile…
   - Edward, abbiamo perso troppo tempo, il veleno è entrato in circolo…
   - No, no! Bella no!
   - Edward, ti prego ragiona: starà presto bene, sarà immortale e starete sempre insieme…
   - No! Lei doveva restare umana, doveva vivere serena e felice senza di noi… Noi le abbiamo rovinato la vita! Io le ho rovinato la vita!
   - Edward…
   - Preferirei che morisse piuttosto che diventare come me!
   - Basta Edward! – proruppe Emmett – Stai sragionando! E Bella può sentirti, non te lo ricordi? E’ questo che vuoi che senta da parte tua? Solo rabbia e disgusto per ciò che è destinata a diventare? Lei è e sarà la tua compagna, falle sentire che la ami e le sei vicino invece che farneticare!
   - Ha ragione Emmett, - intervenne Carlisle – e poi dobbiamo pensare a cosa fare. Bella si sta trasformando, non può tornare a casa, non potrà farlo mai più. Dobbiamo farla sparire.
   - Povero Charlie! – sussurrò Esme
   - Bene! – annunciò Emmett nello stesso istante – Io, Rosalie e Jasper dovremmo essere al college, nessuno sa che siamo qui, ci occuperemo di portare via Bella.
   Edward, che sembrava essersi calmato ed era rimasto in silenzio fino a quel momento, nel sentire il mio nome ringhiò: - Jasper non deve mai più avvicinarsi a Bella!
   - Invece le si avvicinerà. – replicò Emmett tranquillo – Quando sarà una vampira neonata e sarà molto instabile, avremo tutti bisogno dell’aiuto di Jasper. Sai anche tu che ha esperienza in fatto di neonati. E a quel punto come credi che possa farle del male? Caso mai potrebbe essere lei a picchiarlo per bene… - aggiunse ridacchiando. Evidentemente l’idea che la fragile Bella diventasse forte e pericolosa lo divertiva moltissimo.
   - Va bene Emmett, - disse Carlisle, che non sembrava aver badato allo scambio di battute tra lui ed Edward – Voi tre prenderete la jeep e porterete Bella in Alaska da Tanya. Chiamatela mentre siete per strada, sono sicurissimo che non ci saranno problemi. Bella starà bene lì, ed Eleazar ci sarà di grande aiuto. Noi resteremo qui e ci occuperemo di avvisare Charlie dicendogli che Bella è sparita… temo che dovremo simulare la sua morte…
   - No, Carlisle,  - disse Alice – è meglio prendere tempo. Come potrebbe Bella essere morta da sola in macchina sulla strada di casa? E poi dovremmo coinvolgere Edward. E’ difficile simulare un incidente. Meglio dire che Edward l’ha lasciata da sola un momento in macchina perché è tornato a prendere qualcosa di dimenticato e poi ha sentito la macchina che si allontanava. Un rapimento insomma. Noi quattro resteremo a Forks finché sarà necessario per le indagini dei poliziotti e raggiungeremo gli altri quando potremo. Ho visto che dev’essere così, Carlisle.
   - Buona idea, Alice! – disse lui, annuendo – l’unico problema è che ci dovremo liberare del suo pick-up.
   - Per quello ci possiamo dividere – disse Emmett – Jasper, lo prendi tu? Bisogna portarlo piuttosto lontano, ma non troppo e lasciarlo lì. I rapitori potrebbero averlo usato per portare via Bella e poi averlo sostituito con un auto più veloce.
   - C’è un altro problema, - mormorai – Un vampiro è stato qui. Non sentite anche voi l’odore?
   Tutti mi fissarono attoniti, tranne Edward che non staccava gli occhi da Bella e che forse non aveva neanche udito le mie parole.
   Carlisle si avvicinò all’uscio ancora aperto e annusò l’aria.
   - Ma questo… questo è Laurent! – disse meravigliato - Ma cosa ci fa qui? Non doveva essere in Alaska anche lui?
   Alice mi si affiancò, mi prese la mano e si concentrò.
   - Laurent cerca Bella, non capisco però il perché. Non sembra che abbia le idee chiare. Deve aver sentito confusione e se n’è andato, così, senza farsi vedere. Chissà, magari era venuto per vedere se Bella era ancora con noi.
   - Dobbiamo scoprire cos’ha in mente! – intervenne Rosalie – Emmett ce la può fare da solo con Bella, io prendo il pick-up e Jasper seguirà la scia di Laurent.
   - Ma se vi dividete così… forse potrei venire anch’io… - cominciò Esme
   - No, Esme, tu devi rimanere a Forks – disse Carlisle deciso – Dobbiamo restare per il bene di Bella e della famiglia. In ogni caso Emmett può chiedere a qualcuno del clan di Tanya di andargli incontro.
   - Certo. – annuì Emmett – Io vado a prendere la Jeep. Preparate Bella.
   Carlisle ed Esme si avvicinarono alla ragazza, la sollevarono e la posarono sul tavolo. Rosalie, decisamente più calma di prima, portò una coperta in cui avvolgerla. Era stata pulita dal sangue e liberata dalle schegge di vetro, per la maggior parte almeno e ora era mortalmente pallida. Non si muoveva e non gridava, ma si avvertiva chiaramente il cambiamento di forza e di ritmo del suo cuore in trasformazione.
   Rosalie disse che sarebbe partita subito e che avrebbe portato il pick-up a sud, in modo da sviare completamente i poliziotti, dato che avremmo portato Bella a nord. Uscì e la sentimmo chiamare Emmett, certo per l’ultimo bacio, poi sentimmo il rombo della macchina che si allontanava.
   Emmett rientrò e fece per prendere Bella tra le braccia, ma poi lanciò un’occhiata dubbiosa a Edward, immobile e muto accanto alla sua ragazza. Non riuscivo a capire cosa stesse pensando mio fratello: sembrava in uno stato catatonico. Non avevo mai visto un vampiro ridotto così.
   - Edward, - azzardò Carlisle che aveva notato come me la stranezza della situazione – Bella sta per andare… dille qualcosa, su figliolo…
   Ma Edward non sembrava in grado di dire niente, fissava Bella con la morte negli occhi. Aprì la bocca come per parlare, ma poi la richiuse e scosse la testa.
   - Vai Emmett, - disse allora Carlisle –  chiama subito Tanya e buona fortuna! Devi dirle di Laurent, è importante che sappiano tutti i risvolti della vicenda. Inoltre dubito che sapessero che sarebbe venuto qui, se l’avessero mandato loro si sarebbe fatto vedere, immagino.
   Emmett annuì, prese in braccio Bella e si avviò per uscire. Era già sulla porta quando avvenne una cosa che nessuno di noi si sarebbe mai aspettato, meno che mai io.
   Bella parlò con voce roca, quasi inudibile e pronunciò una sola parola:
   - Jasper…
   Tutti si voltarono verso di me, con la stessa aria sbalordita negli occhi, ma naturalmente la meno sbalordita era Alice: aveva visto che sarebbe successo, evidentemente.
   Perché Bella mi chiamava?
   Emmett era fermo sulla porta e mi guardava in attesa; Edward non aveva mosso un muscolo. Azzardai un’occhiata incerta verso di lui, quindi mi avvicinai a Bella e le presi delicatamente una mano. Nessuna sete questa volta, solo il desiderio di esserle d’aiuto.
   - Bella, sono Jasper – cominciai, cercando di infondere alla mia voce un tono rassicurante e augurandomi che lei lo avvertisse e in qualche modo si sentisse meglio. Mi sentivo terribilmente a disagio, ma mi sforzai di continuare: – Ascoltami. Stai per diventare una vampira. La colpa è mia, è stato un incidente e ti chiedo perdono. Edward ha cercato di salvarti ancora, ma questa volta non è stato possibile, purtroppo. Emmett ti tiene in braccio e sta per portarti via, in Alaska dai nostri più cari amici: Tanya, Kate, Irina, Carmen, Eleazar. Si prenderanno cura di te, dovrai ascoltare quello che ti diranno, sono certo che sarai bravissima. Emmett resterà vicino a te e ti raggiungerà anche Rosalie. Purtroppo dovremo farti sparire, lo sai che tuo padre non può vederti così. Mi dispiace tanto Bella. Perdonami. Ci rivedremo presto e se me lo permetterai anch’io ti aiuterò. Starai benissimo, Bella, te lo prometto.
    Mi girai verso gli altri e vidi che mi sorridevano tutti tranne Edward, che però almeno non ringhiava.
   - Vai, Emmett! – esclamai.
   Non avevo ancora finito di parlare che già era schizzato fuori, verso la jeep. Sospirai. Ora toccava a me partire.
   - Non prenderò una macchina, - dissi – preferisco correre. Ci sentiamo il prima possibile, cercate di stare tranquilli.
   Mi rivolgevo soprattutto ad Alice. Uscii all’aria aperta e le lanciai un ultimo, lungo sguardo; lei mi guardò con quei suoi occhi grandi e sinceri e seppi che aveva capito l’importanza della nostra separazione. Avrei voluto piangere, ma i miei occhi di vampiro non potevano.

Bella

Il fuoco avvolgeva il mio collo e bruciava. Dal collo sentivo il dolore diramarsi in tutto il corpo ed era una sensazione indescrivibile. Nessuna ferita umana avrebbe potuto causarlo, ne ero certa.
Eppure, benché la sofferenza fosse atroce non ero consapevole di nient’altro. Stavo gridando? Stavo chiedendo aiuto? Chi era stato a parlarmi?
Non lo sapevo.

 

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Capitolo 3
*** Parola d'onore ***


Capitolo III: Parola d'onore

Jasper

   Due ore dopo stavo ancora seguendo la scia di Laurent. Si era diretto a nord, ma non sembrava che volesse andare in Alaska; piuttosto, verso il Canada. Non riuscivo a capire dove volesse arrivare. Nel frattempo Alice mi aveva aggiornato telefonicamente su quello che era successo dopo che io, Emmett e Rosalie ce n’eravamo andati.
   Edward si era riscosso quel tanto che bastava per fare una telefonata a Charlie e chiedergli se Bella fosse rientrata. Da assonnato che era, il povero Charlie si era fatto subito angosciato e aveva risposto che no, non era rientrata. Edward gli aveva spiegato che lui e Bella erano usciti dalla nostra casa circa venti minuti prima e che lei era salita in macchina e si era ricordata di aver dimenticato dentro uno dei suoi regali (Alice mi disse che avevano tenuto il regalo di Carlisle ed Esme, l’unico ancora intatto e che Bella non aveva aperto). Edward era rientrato per prenderlo, ma aveva sentito il pick-up partire e quando era uscito l’auto non c’era più. Aveva pensato che Bella gli avesse fatto uno scherzo, ma poi si era subito preoccupato, perché non era da lei comportarsi così. Charlie aveva risposto che sarebbe uscito lui a cercarla, ma che se non l’avesse trovata entro pochi minuti avrebbe chiamato i colleghi, cioè la polizia, perché Charlie Swan era l’ispettore Capo. E così era avvenuto, perché di Bella, ovviamente, non c’erano tracce a Forks e nei dintorni.
   I poliziotti erano andati a casa nostra per interrogare Carlisle, Edward, Esme e Alice, ma non avevano trovato niente di utile. Ovvio. La casa era stata perfettamente ripulita dopo l’incidente ed Esme aveva creato, insieme ad Alice, una nuova “scenografia” per cui sembrava proprio che fosse appena terminata una bellissima, normalissima festa di compleanno.
   Carlisle aveva detto che gli altri suoi figli avevano appena iniziato il college e che essendo solo il 13 settembre non potevano già assentarsi per tornare a casa e perciò avevano semplicemente fatto arrivare lì il loro regalo, cioè l’autoradio per il pick-up che era già stata montata. A quel punto Alice aveva telefonato a Rosalie, fingendo di volerla informare dell’accaduto e così aveva saputo che il pick-up di Bella era già piuttosto lontano, anche se Rosalie aveva intenzione di proseguire ancora per un breve tratto, in modo da lasciarlo vicino a un fiume. Rosalie le aveva anche detto che Emmett avrebbe incontrato per la strada Carmen ed Eleazar, anche se Bella era tranquillissima e non sembrava che fossero necessari rinforzi. Tanya era stata molto disponibile come Carlisle si era aspettato e aveva detto di non sapere perché Laurent si fosse avvicinato a casa nostra. Aveva aggiunto che personalmente non si fidava molto di lui: temeva che, quando qualche volta Laurent si allontanava da loro, lo facesse per andare a caccia di umani. Tutto il clan aveva dei dubbi su Laurent tranne Irina che se n’era invaghita. Tanya aveva dunque assicurato che se noi consideravamo Bella un membro della famiglia, in nome dell’amicizia profonda che ci univa, il clan di Denali si sarebbe preso cura di lei e l’avrebbe difesa. E se Laurent si era avvicinato a casa nostra per farle del male anche Irina avrebbe dovuto capire che nascondeva qualcosa.
   Mentre Alice era al telefono con Rosalie, i poliziotti se n’erano andati chiedendo, naturalmente, ai membri presenti della famiglia di non allontanarsi da Forks finché ci fosse stato bisogno di loro e l’espressione sconvolta di Edward sembrava aver commosso tutti.
   Mentre parlavo con la mia compagna continuavo a correre e così continuai anche dopo aver riattaccato. La mie mente, più articolata di quella umana, poteva pensare a molte cose contemporaneamente. Mentre seguivo la scia di Laurent cercavo di riflettere sull’accaduto. Non potevo non pensarci e sentivo di doverlo fare. Ricostruii mentalmente, più volte, ogni sequenza di quello strano, terribile film, come cercando un tassello mancante. Tutto ciò che era successo mi era chiaro e mi faceva vergognare di me stesso e della mia debolezza, però qualcosa non quadrava. Com’era cominciato tutto? Con la goccia di sangue di Bella?
   No. Anzi, non proprio. Eccolo il tassello mancante!
   Tutto era cominciato con Edward.
   Bella si era procurata quella minuscola ferita e lui aveva letto nella mia mente che stavo pensando al sangue, così, per proteggerla, l’aveva scagliata con forza (troppa forza!) al di là del tavolo, in modo da guadagnare tempo e fermare me.
   Nel constatare questo, la rabbia che provavo verso me stesso fu sostituita da un odio totalmente nuovo, verso Edward. Gli era bastato leggere la parola “sangue” nei miei pensieri per credere che avrei attaccato Bella. Come se bastasse una goccia a farmi perdere il controllo! D’accordo, ero stato l’ultimo a unirmi alla famiglia, l’ultimo ad adottare la loro dieta, Bella aveva un profumo meraviglioso, ma non ero debole fino a tal punto! Naturalmente avevo sentito l’odore del suo sangue, ma sarei stato capace di controllarmi se mi si fosse dato il tempo di tapparmi il naso. Invece lui, iperprotettivo come sempre, l’aveva spinta via per difenderla da me, il vampiro incapace e pericoloso e il risultato era stato quello di causarle ferite ben più serie, di farle perdere tanto sangue… anche Rosalie avrebbe potuto morderla e la dolce Esme era dovuta scappare per paura di perdere la concentrazione.
   Edward aveva sbagliato, forse lo sapeva e per questo si trovava in quello stato di shock. Non solo non si era fidato abbastanza di suo fratello, ma non era nemmeno stato in grado di controllare la propria forza. Alice mi aveva sempre detto che Edward aveva paura anche solo di baciare Bella perché temeva di poter perdere il controllo e di farle del male e io, nella mia mente l’avevo paragonato a un adolescente inesperto. Edward non mi aveva mai confidato i suoi dubbi, sicomportava come se sapesse perfettamente ciò che faceva, ma se avessi dovuto essere sincero con lui, gli avrei detto che non ero d’accordo e che proteggeva Bella dalle cose sbagliate, che anche nell’amore tra vampiri era importante controllare la propria forza per non fare del male all’altro e che lui avrebbe dovuto imparare.
   Figuriamoci però se avrebbe chiesto consiglio a me, il fratello con problemi di adattamento! Forse se avesse avuto un rapporto un pochino più fisico con Bella, avrebbe capito che bastava un minimo della sua forza per spingerla via, che sarebbe bastato portarla dietro le sue spalle e non le sarebbe successo niente. L’aveva lanciata contro il muro, nientemeno! In mezzo a piatti, bicchieri e quant’altro. Proprio la scelta più indicata… E poi come poteva dire che avrebbe preferito vederla morta anziché vampira? Era questo l’amore che nutriva per quella ragazza? Certo, se Bella avesse voluto rimanere umana, allora sarebbe stato giusto lasciarla stare e accettare la sua decisione, magari andarcene tutti quanti per non darle più fastidio, ma lei gli aveva offerto tutto il suo amore, lo amava al punto da voler rinunciare alla sua vita umana per stare con lui. E quel santerellino di Edward non voleva saperne a nessun costo! Credeva di fare del bene comportandosi così? Speravo veramente che rinsavisse e che le facesse sentire tutto il suo amore, altrimenti qualcuno avrebbe dovuto dirgli tutte queste cose in faccia e se fosse toccato a me avrei aggiunto che Bella era molto migliore di lui e che meritava qualcuno che le stesse accanto senza lagnarsi in continuazione… e poi Bella era una ragazza coraggiosa, intelligente e dotata di un singolare autocontrollo. Qualcosa mi diceva che queste doti l’avrebbero aiutata nel suo primo anno da neonata, il più difficile per tutti. Inoltre, da bella che era, con la trasformazione sarebbe diventata meravigliosa…
   Mi bloccai, un po’ sconcertato dalla forza dei miei pensieri. Isabella Marie Swan era una ragazza così fuori dal comune che era impossibile non rimanerne colpiti: era impossibile non apprezzare alcune sue qualità come appunto l’intelligenza, il coraggio e dovevo ammettere che anche la sua bellezza umana mi aveva colpito, come colpiva tutti i ragazzi del liceo di Forks. Tuttavia avevo dovuto rimanerle lontano per precauzione, sapevo di essere ancora molto tentato dall’odore del sangue umano e per questo talvolta la sua presenza mi aveva dato fastidio; avrei preferito che Edward si fosse innamorato di una vampira come noi perché questo avrebbe evitato molti problemi. Oltretutto avevo avvertito più volte il dispiacere di Bella nel notare che le rimanevo distante perché non solo amava Edward, ma voleva bene a tutta la famiglia e avrebbe senz’altro desiderato che anch’io la trattassi come una sorella. Anche a me era un po’ dispiaciuto di non poterla trattare con più confidenza, ma non le ero propriamente affezionato e non avevo mai pensato a lei in questi termini, con tanta intensità, né a Edward come a un adolescente/ inesperto/santerellino/piagnucoloso e la cosa mi stupì… forse era meglio che continuassi a pensare a me stesso come a un mostro…
   La scia di Laurent, che continuavo a seguire mentre pensavo a queste cose, si fece più intensa. Accelerai l’andatura e finalmente scorsi qualcosa che si muoveva tra gli alberi, come se ci fosse qualcuno che si allontanava a tutta velocità.
   - Laurent! – gridai – So che sei tu, fermati, voglio solo parlare, lo giuro.
   Continuai a seguirlo e con grande sforzo accelerai ancora, finché finalmente lo vidi.
   - Fermati! – ripresi – Ti abbiamo sentito avvicinarti a casa nostra, devi dirci cosa volevi.
   Laurent rallentò un poco per un istante soltanto, ma fu sufficiente perché io potessi balzare in avanti e non solo raggiungerlo, ma superarlo. Mi girai verso di lui ringhiando e finalmente si fermò.
   - Tu sei Jasper, non è vero? – mi chiese con quel suo tono educato che ricordavo bene – E’ un piacere rivederti.
   Come no! Ma certo! - Abbiamo sentito il tuo odore vicino a casa nostra. – ripetei – Come mai ti trovavi lì? Non eri andato in Alaska come ti aveva consigliato Carlisle?
   - Naturalmente ci sono andato, - rispose lui, tranquillo – mi piace molto lo stile di vita del clan di Denali, come mi era piaciuto il modo in cui vivete voi Cullen. Tanya è molto carina e dolce e così anche le sue sorelle, in particolare Irina.
   - Allora hai iniziato anche tu a nutrirti di sangue animale? – chiesi io cautamente. Era indispensabile che parlasse perciò usai il mio potere per trasformare il suo disagio in completa tranquillità.
   - Sì, - mi rispose lui – però mi è ancora molto difficile resistere all’odore del sangue umano.
   - Lo so, anche per me è ancora difficile adattarmi. Sono stato l’ultimo a unirmi ai Cullen e ancora oggi faccio fatica ad interagire con gli umani. Sto sempre in mezzo agli altri, per sicurezza.
   - Dev’essere pesante, vero? – chiese Laurent in tono confidenziale. Il mio potere stava funzionando. - Anch’io mi muovo sempre in mezzo agli altri – continuò – e a volte mi pesa moltissimo. Dopotutto è nella natura dei vampiri nutrirsi di sangue umano, non è una nostra colpa.
   - In effetti no, - replicai, guardandolo come se lo comprendessi perfettamente – ma io credo sia importante cercare di essere migliori. Anche noi siamo stati umani un tempo.
   - Talvolta faccio davvero fatica a sopportare le continue occhiate degli altri e allora trovo il modo di allontanarmi. – sospirò lui.
   A quelle parole drizzai le orecchie e mi concentrai per trasformare ancora i suoi sentimenti: doveva diventare entusiasta di raccontarmi tutto…
   - Quando ti allontani vai a caccia di umani?
   - Anche. Ma più che altro mi allontano e basta, per stare un po’ per conto mio. Dopotutto sono sempre stato un nomade e non è facile cambiare stile di vita. Stanotte mi sono avvicinato a voi perché ero curioso di vedere com’era la situazione.
   - Quale situazione?
   - Quella ragazza… Bella… mi chiedevo se fosse ancora con voi.
   - Non so cosa te ne debba importare, ma sì, certo che lo è! Abbiamo ucciso James la primavera scorsa, per salvarla.
   - Ah sì, davvero una brutta faccenda. Sono ancora dispiaciuto per quello che è successo. Invece Victoria… ricordi Victoria?
   - Ma certo…
   - Beh lei soffre atrocemente per la morte del suo compagno…
   - Lo immagino, ma è stato James a cominciare, Bella fa parte della famiglia e noi dovevamo difenderla in un modo o nell’altro. Comunque perché me ne parli?
   Eravamo al punto cruciale. Cominciavo a capire, ma volevo che Laurent mi dicesse tutto e cercai di renderlo ancora più entusiasta di farlo, come fosse un momento di liberazione per lui. E dopo qualche secondo…
   - Victoria vuole uccidere Bella! – disse tutto d’un fiato.
   - Perché? – le mie parole suonarono come un ringhio.
   - Per vendicarsi, no? Edward ha ucciso il suo compagno e lei ucciderà la compagna di Edward, così funziona… Mi aveva solo chiesto di andare a vedere se Bella era ancora insieme a voi e io l’ho fatto per allontanarmi dall’Alaska per un po’… tutto qui…
   - E quando sei arrivato davanti a casa nostra cos’hai visto? Dimmi la verità o ti attacco e sappi che con me non hai nessuna chance, Laurent!
   - Ehi, calmati! – esclamò il nomade indietreggiando di un passo - Niente, non ho visto niente, voi eravate tutti in casa e io non mi sono affacciato alle finestre per paura che mi scopriste. Ho sentito odore di sangue e ho riconosciuto il profumo di Bella. Mi è parso che ci fosse una gran confusione, ma non ho capito cosa fosse successo, non me ne sono neanche curato a dire il vero, non ho niente contro Bella o contro di voi. Ho immaginato che fosse successo qualcosa di serio, sentivo ringhiare e ho preferito stare lontano. Ho addirittura pensato che aveste deciso di…ehm…mangiarvela? In ogni caso non volevo essere scoperto né tantomeno essere coinvolto in uno scontro tra vampiri. Inoltre il mio compito era solo quello di riferire se Bella era ancora sotto la vostra protezione. A quanto pare lo è. Certo non capisco cosa ve ne facciate…
   - E adesso stavi andando ad avvertire Victoria?
   - Sì, ma intendevo dirle che aveva ben poche possibilità di attaccarvi… senza James poi… Non so proprio cosa creda di fare… è pura follia…
   - Ora ascoltami bene Laurent, perché ti dirò cos’è successo in casa e tu lo dovrai riferire a Victoria. C’è stato un incidente e Bella ha perso del sangue. Alcuni di noi hanno perso il controllo e uno (non importa chi) l’ha morsa. Ora si sta trasformando in vampiro e la stiamo portando proprio in Alaska. Non avrebbe dovuto succedere in questo modo, naturalmente, ma Bella desiderava diventare come noi.
   - Ma davvero? – era assolutamente sorpreso. – Quindi Bella non è più umana?
   - No. Puoi dire a Victoria che il suo piano è fallito, che Bella diventerà una fortissima vampira neonata e che non ha alcuna possibilità di attaccarci. Tra tutti noi e il clan di Denali sapremmo non solo difenderci bene da lei, ma anche distruggerla. Hai presente quanto sono forti Kate ed Eleazar, immagino. Chiaro?
   - Chiaro. – Laurent sembrava smarrito.
   - Quanto a te, se intendi vivere insieme al clan di Denali devi prendere sul serio la loro dieta. Finché Bella non sarà del tutto trasformata non dovrai avvicinarti per nessuna ragione e poi dovrai fare una scelta vera. Nessuno ti vieta di andartene per conto tuo, ma se resti devi stare dalla nostra parte, non con Victoria.
   - Lo farò. Ripeto, non ho niente contro Bella…
   - Un’altra cosa. A Forks c’è ancora la famiglia Cullen, o almeno una parte di essa. Non solo, c’è qualcos’altro che forse devi temere.
   - Lo so, c’è una tribù Quileute, me ne ha parlato Tanya…
   - Ecco, bene, visto che lo sai, ti conviene restare lontano da Forks e dintorni se non vuoi fare una brutta fine. Riferisci a Victoria e poi fai quel che vuoi, ma non tornare nel nostro territorio, né… lì vicino. Va bene?
   - Va bene, va bene!
   - Voglio la tua parola d’onore. Da umano sono stato un gentiluomo del Sud ai tempi della guerra Confederale. Ho conservato alcune abitudini.
   Laurent prese un respiro profondo poi disse: - Jasper Cullen, ti do la mia parola d’onore che non mi avvicinerò a Bella finché non si sarà trasformata, che non tornerò più a Forks o nei dintorni e che se sceglierò di rimanere presso il clan di Denali non farò mai del male a lei o a voi tutti e prenderò sul serio il vostro stile di vita.
   - Bene. Ora dove andrai?
   - A riferire a Victoria, no? Si trova in Canada, non distante da Vancouver. Resterò lontano per… un paio di giorni? Poi comunque tornerò il Alaska per salutarvi almeno, se decidessi di non restare. Tra me e Irina si sta sviluppando un certo legame, non potrei lasciarla così.
   Annuii. Tutto sommato Laurent non era un cattivo soggetto e potevo capire il suo disagio. tuttavia, era indispensabile che si decidesse.
   - Tu dove andrai? Da Bella? – mi chiese curioso
   - Forse. – risposi – Bene, Laurent, addio! Spero che deciderai per il meglio.
   - Addio Jasper Cullen, ci rivedremo presto.
E sparì con un balzo tra gli alberi.

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Capitolo 4
*** Gemelli ***


Un sentito grazie a chi sta leggendo la mia storia, in particolare a Camilla_L che mi ha dato la spintarella finale di cui avevo bisogno per decidermi a pubblicare! Dato che non sono esperta, accetto volentieri consigli sulla formattazione della storia, è già un miracolo che non abbia cominciato a fare gli incubi sull'html...!
Buona lettura!




Capitolo IV: Gemelli

Jasper

   Quando arrivai a casa era notte fonda. Trovai tutti in salotto, anche Rosalie, di ritorno dalla sua missione, e subito Alice venne ad abbracciarmi. Riferii il mio dialogo con Laurent e Carlisle mi disse che Emmett era stato raggiunto dagli amici di Denali e che Rosalie sarebbe ripartita poco dopo con la sua cabriolet per raggiungerli. Bella era molto tranquilla: ogni tanto lanciava un grido di dolore, a volte pronunciava il nome di Edward e anche il mio. Una cosa, questa, che naturalmente stupiva tutti, anche se Carlisle sosteneva che era una reazione abbastanza normale, perché Bella evidentemente era conscia del fatto che il suo creatore ero io e quindi mi chiamava per istinto, come se io potessi aiutarla. A parte questo però era assolutamente gestibile: non si agitava quasi per niente. Incredibile, visto quello che stava passando. Spiegai agli altri quello che pensavo riguardo al suo autocontrollo e Rosalie disse: - Potresti avere ragione. Ha sempre mostrato di avere i nervi saldi, anche nelle situazioni più estreme e può essere che con la trasformazione questa sua qualità si accentui.
   - Io vedo che Bella diventerà stupenda! – cinguettò Alice. Ora, superato il primo momento di shock sembrava tutta felice e potevo facilmente immaginarla intenta a pianificare un nuovo, raffinatissimo guardaroba per la sua migliore amica e futura sorella.
   - Vedi altro? – chiese Esme
   - No, purtroppo io vedo solo in base alle decisioni delle persone. Qui non ci sono decisioni, è tutto confuso. Vedo solo che Bella si trasformerà e si risveglierà esattamente tra… sessantacinque ore, ventisei minuti e diciotto secondi! In pratica, dopodomani sera!
   Povera Bella! Ancora tutte quelle ore a soffrire e la prima cosa che avrebbe sentito al risveglio sarebbe stata la sete del sangue umano. Sforzarsi di accontentarsi del sangue animale non è facile, almeno non all’inizio. Sembra di non essere mai veramente sazi. Poi col tempo ci si abitua e intanto gli occhi cambiano colore: da rossi, diventano dorati. Così li avevamo tutti noi Cullen e solo quando eravamo veramente assetati i nostri occhi si scurivano fino a diventare neri. Ovviamente facevamo in modo che non succedesse mai anche per il semplice fatto che se volevamo interagire anche con gli umani, loro non potevano vederci cambiare il colore degli occhi ogni pochi giorni… Bella avrebbe avuto gli occhi rossi per alcuni mesi, poi sarebbero diventati d’ambra e infine dorati.
Povera Bella… Ero stato io a combinare quel pasticcio. Dovevo andare ad aiutarla. Subito.
   - Ah, Jasper! – sospirò Alice – Hai deciso di andare anche tu, vero?
   - E’ il minimo che io possa fare, Alice, ho il dovere di aiutare Bella.
   - Lo so, Jazz. Naturalmente devi andare, io… noi cioè, ti raggiungeremo presto.
   La sua gaiezza di poco prima aveva lasciato il posto a una dolce mestizia che mi faceva desiderare di rimanere, anche se non capivo del tutto i suoi sentimenti. Naturalmente era triste di vedermi partire, ma mi avrebbe rivisto presto, massimo dopo un paio di mesi. Cos’era quel lasso di tempo per chi ha a disposizione l’eternità?
   - Alice, qualcosa non va? – mi avvicinai a lei e la cinsi con un braccio
   - No, no… stavo solo pensando. Devi andare, Jazz, parti con Rosalie.
   In tutto quel tempo Edward, che sedeva al pianoforte e sembrava non vederlo nemmeno, era rimasto perfettamente immobile. Lo guardai. Per quanto mi sforzassi di capire il suo stato d’animo, cominciava veramente a darmi sui nervi. Quanto aveva intenzione di continuare con quell’atteggiamento assurdo? Almeno avesse ancora avuto intenzione di uccidermi avrei anche capito, ma se ne stava lì, immobile e silenzioso, con un’espressione da martire dipinta sul viso e non faceva assolutamente nulla. Improvvisamente sentii il desiderio di provare a parlargli, anche se rischiavo di trovarmi i suoi denti a due centimetri dalla faccia prima che avessi il tempo di dire “Forks”.
   - Edward? – azzardai. Niente.
   - Edward, ti vuoi scuotere sì o no?
   Finalmente mi rispose, senza guardarmi e con voce roca: - Perché non pensi a salvare la pelle, invece che darmi ordini?
   - Non ti sto dando ordini. So che mi odi, ma hai delle responsabilità, comportati da uomo e reagisci! Cerca di vedere i lati positivi della faccenda…
   - Non ci sono lati positivi! – sibilò lui voltandosi a guardarmi e scoprendo i denti – Noi siamo dei mostri, io più di tutti perché ho permesso a Bella di innamorarsi di me e di legarsi alla nostra famiglia e per finire non ho saputo difenderla. Ora Bella diventerà un mostro come tutti noi e mi odierà per sempre…
   - Edward, sai benissimo che Bella ti ama ben più della sua stessa vita…
   - Non mi amerà più quando si renderà conto che per colpa mia ha perso suo padre, sua madre, i suoi amici, il suo futuro…
   - Non ti seguo Edward. Se stai incolpando te stesso, allora perché dici di voler uccidere me?
   - Sta’ sicuro che ti ucciderò, Jasper! Dopo tutti questi anni passati con noi ancora sei così debole?! Il minimo che possa fare per Bella è uccidere chi l’ha morsa!
   - Non è vero, Edward, - intervenne Alice, calmissima – tu non hai preso nessuna decisione del genere.
   - La prenderò, Alice, e fammi il favore di tenerti per te le tue visioni! – Edward si voltò verso la sorella fulminandola con lo guardo. - Almeno servissero a qualcosa!  - continuò - Dicevi di vedere Bella trasformata in vampiro, ma figuriamoci se eri capace di dire in che modo sarebbe successo…
   - Ma Edward! Tu sai che io vedo il futuro solo in base alle decisioni che prendono le persone! Non potevo vedere in anticipo quello che sarebbe successo perché nessuno ha preso la decisione di far del male a Bella!
   - Ah, secondo te, Jasper non aveva deciso niente? E’ stata la forza di gravità a spingerlo verso di lei, allora?
   - Ma certo che non l’aveva deciso, Edward! Nessuno di noi ha deciso niente in anticipo, è accaduto tutto all’improvviso! Cos’avrei dovuto fare, guardare nel futuro di Bella per scoprire che si sarebbe tagliata con la carta da regalo?! Forse non avrei visto ugualmente le conseguenze del suo gesto e comunque io non spio il futuro degli altri!
   - Ma hai sempre visto Bella trasformata in vampira! – urlò Edward alzandosi di scatto e avvicinandosi ad Alice – La tua visione non era diventata più chiara nelle ultime ore?
   - Sì, ma io credevo che fosse perché in qualche modo la sua decisione si era ulteriormente rafforzata! Avrei voluto chiedervi se per caso ne avevate parlato di nuovo, se magari tu… magari avevi ceduto un po’… ma non c’è stato il tempo… - si difese Alice arretrando contemporaneamente di un passo.
   - Il tuo dono è perfettamente inutile! – sbottò lui e tornò a sedersi al pianoforte.
   - Edward! – lo riprese Esme, sbalordita da quest’invettiva perché Edward aveva sempre considerato Alice la sua sorella preferita e non aveva mai avuto nulla da ridire sul suo particolare dono di vedere il futuro. Quanto a me non sopportavo di sentirlo trattare Alice in quel modo, perciò mi spostai con un unico movimento che mi portò accanto al pianoforte e che mi permise di guardare Edward in faccia.
   - Basta Edward, lasciala in pace! – ringhiai - Io vado in Alaska ad aiutare e sostenere Bella, che ti piaccia o no, dato che tu non sei capace di far altro che frignare e prendertela con tutti! Guarda, perfino Rosalie, a cui Bella non è mai piaciuta, ora si sta comportando meglio di te!
   Stavo veramente per esplodere e chissà cos’avrei detto se non fosse intervenuto Carlisle.
   - Rose, Jasper, è ora che andiate. Edward, calmati. Ci terremo in contatto con voi, naturalmente. Buona fortuna ragazzi, fate attenzione.
   - Voi cosa farete? – chiesi io, più aspramente di quanto volessi. Faticavo a placare la mia rabbia verso Edward.
   - Quello che facciamo ogni giorno. – Il tono di Carlisle era calmo come sempre: - Io tra poco andrò all’ospedale, Esme lavorerà in casa e Alice andrà a scuola. Credo che nessuno si stupirà se oggi Edward non uscirà, infondo la sua ragazza è scomparsa ieri sera. Dobbiamo continuare come se niente fosse e rimanere a disposizione dei poliziotti. Povero Charlie, - sospirò – mi fa davvero pena.
   - Andiamo, Jasper! – Rose era già fuori.
Strinsi la mano di Alice per un istante, poi, ancora una volta corsi fuori per raggiungere l’auto di Rosalie. 

   - Tu pensi davvero che mi stia comportando meglio di Edward? – mi chiese più tardi Rose in auto – A me Bella continua a non piacere. Non è mai stata in grado di capire che cosa vuol dire rinunciare alla propria vita per… per questo. Se io avessi potuto scegliere… se qualcuno mi avesse chiesto cosa preferivo, io avrei scelto di tornare umana, di invecchiare e di morire, come avrebbe dovuto essere!
   - Rose, - la ripresi con dolcezza – La tua storia è dolorosissima, ma io non credo che il problema più grave sia stato la tua trasformazione in vampira. Il problema vero era l’uomo che stavi per sposare, un depravato che ti ha violentata insieme a quattro amici ancora più depravati di lui e che ti ha lasciata a morire per la strada, in un lago di sangue, senza un briciolo di pietà. Credimi, Rose, se ci fossi stato io, o Edward o chiunque di noi, quegli individui non l’avrebbero passata liscia e allora sì, tu saresti stata viva e felice, oltre che libera dall’impegno con quel maniaco che avresti naturalmente rifiutato di sposare. Sarebbe stato giusto che qualcuno ti salvasse nel momento stesso in cui ti sei trovata in pericolo. Tu avresti potuto credere che era stato Dio a fulminarli con la Sua collera e avresti potuto vivere una vita piena di fede e morire nella più ferma convinzione dell’esistenza del paradiso, senza mai sospettare della presenza dei vampiri sulla Terra; sarebbe stata una cosa bella e giusta. Avresti potuto credere che fosse stato un angelo a salvarti, non uno di noi. Non è andata così, purtroppo, non hai avuto il lieto fine che desideravi, ma sei stata lo stesso salvata, da una persona che ha avuto pietà di te, che non ha voluto lasciarti da sola a morire, così bella, giovane e innocente. Carlisle ti ha salvata, in modo diverso da come avresti voluto, ma ti ha salvata lo stesso, dandoti la possibilità di vivere ancora. Ora hai una famiglia e hai trovato Emmett. Hai anche potuto vendicarti, sebbene l’aver ucciso cinque uomini non sia proprio una buona azione… ma direi che se lo meritavano.
   Pensaci, Rosalie: se quella sera non fosse accaduta la disgrazia, tu avresti sposato Royce King senza renderti conto di che razza di individuo era e poi l’avresti capito quand’era troppo tardi per potertene liberare. Avresti vissuto nella pura e nel dolore. Questa era l’alternativa alla tua morte. Sei stata salvata da entrambi i destini, Rose, io trovo che voglia dire qualcosa. Anche se naturalmente posso capire che tu desiderassi morire, dopo la violenza subita…
   - Non hai torto, Jasper. Forse dovrei cercare di vederla in termini più positivi e poi ormai è andata così e non si può tornare indietro… però ci sono gioie che avrei potuto avere da umana e che non potrò mai più avere, gioie che voi uomini non potete capire del tutto… Avrei potuto avere dei bambini… dei figli, poi dei nipotini… Bella non si è mai resa conto di che cosa significhi perdere questa possibilità, abbiamo quasi la stessa età, ma nella mia epoca io ero già una donna adulta, pronta per diventare madre, lei invece è solo una ragazzina… più avanti potrebbe rimpiangere di aver desiderato di diventare una vampira. Io avrei voluto parlarle per farle vedere anche questa faccia della medaglia… Avrebbe dovuto capire che se Esme si è accontentata di avere noi come figli, non significa che sia così per tutti. Alice non ricorda nulla della sua vita da umana perciò il pensiero di avere dei bambini non la sfiora neanche… ma io…
   Non sapevo cosa dire, perciò mi limitai a guardarla cercando di infonderle un po’ di serenità. Non ricordavo di aver mai avuto un dialogo così lungo e complesso con Rosalie. Dato che noi Cullen dovevamo fingerci parenti per poter vivere a lungo nello stesso posto, assumere lo stesso cognome di Rosalie, cioè Hale, e farla passare per la mia gemella naturale, adottata con me dalla nostra parente Esme Cullen era stata una buona soluzione, dato che eravamo entrambi biondi e la forma dei nostri occhi, azzurri da umani, era molto simile. Tuttavia il legame che ci univa non aveva niente a che vedere con l’intesa profonda che di solito si crea tra due gemelli veri. Consideravo Rosalie mia sorella perché non mi passava per la mente di poterla vedere in un'altra luce, positiva o negativa che fosse e in un certo senso le volevo bene. Eppure, non riuscivo ad affezionarmi veramente a lei e allo stesso modo mi riusciva difficile considerare Esme come una madre. Forse il mio affetto per Carlisle somigliava a quello di un figlio che stimi moltissimo il padre ed Emmett era talmente simpatico che era impossibile non chiamarlo “fratellone”, ma, all’interno del clan, l’unica per cui provassi un sentimento veramente profondo era Alice: per gli altri sentivo più che altro riconoscenza e rispetto. Quanto agli amici di Denali, da cui ci stavamo recando… non potevo dire di essere veramente amico di nessuno di loro. Li apprezzavo tutti senza però amarli. Insomma io stavo insieme ai Cullen e ai loro amici perché volevo condividere la loro dieta, ma non per altro.
   Ecco perché ero stupito dalla facilità con cui stavamo parlando, per la prima volta, Rosalie e io.
   - Mi dispiace tanto per te, Rose, lo sai. – le dissi - Non giudicare male Bella però. Ognuno fa le sue scelte e la sua era quella di rimanere accanto a Edward per sempre, mi sembra che l’abbia detto chiaramente più volte. Se questo è il suo desiderio dobbiamo rispettarlo. Anche se…
   - Anche se il piccolo Edward si sta comportando in modo molto immaturo e irresponsabile, era questo che stavi per dire?
   - Già…
   - Beh, devo dire che hai ragione. Giunti a questo punto, non mi stupirei se Bella, al risveglio, si mostrasse molto più ferma di lui. Ho appena detto che è una ragazzina, ma non voglio dire che sia immatura, solo che certe problematiche per lei erano troppo lontane perché ci pensasse quand’era ancora in tempo. No, voglio proprio vedere come si comporterà Edward con lei.
   - Per certi versi Edward somiglia ad un vero diciassettenne… anche se è un vampiro dal 1918.
   - Tu piuttosto, - continuò lei – Cos’è quest’improvviso attaccamento a Bella? Non mi pare che piacesse tanto neanche a te.
   - Non è proprio così. Mi ha sempre colpito la forza e la sincerità dei suoi sentimenti verso Edward e verso tutti noi. Trovo che sia una cara ragazza e mi fa star male l’idea di averle causato il dolore che sta provando ora. Inoltre l’anno scorso l’ho protetta insieme ad Alice, quando James e Victoria le davano la caccia e l’ho conosciuta un po’ meglio, non posso dire niente di male nei suoi riguardi. Se le rimanevo sempre lontano era soprattutto per precauzione, lo sai anche tu. Adesso ritengo che sia mio dovere andare da lei per educarla. Il comportamento di Edward mi irrita moltissimo, spero veramente che smetta di fare il martire e cominci ad agire.
   - Staremo a vedere quando lei si sveglierà. Comunque, Jasper, io starò vicino a Bella per quel che è necessario, non le sarò ostile, ma per favore,  non chiedetemi di essere sua amica! Piuttosto, terrò d’occhio Laurent, se dovesse tornare.
   - Conoscendoti, Rosalie, so che da te non si può pretendere di più! Poi, l’idea di tenere d’occhio Laurent è proprio buona. Stai davvero facendo del tuo meglio! – le risposi con un sorriso sereno.
Poi però mi rabbuiai.
   - Rose, - chiesi ancora – tu mi disprezzi per quello che ho fatto?
   Rosalie sbuffò: - Beh, non aspettarti che applauda, ecco. Ora la famiglia dovrà dividersi di nuovo. Però non sono arrabbiata, capisco le tue debolezze. Avrei potuto morderla anch’io, ho fatto molta fatica a resistere, quindi perché dovrei prendermela con te? Piuttosto, penso che Bella sia veramente un caso di goffaggine irrecuperabile, insomma, come si fa a tagliarsi con la carta da regalo?! Andiamo, è ridicolo, solo a lei poteva capitare! Se poi aggiungi Edward che l’ha spinta via in quel modo, il quadro è completo.
   - Quindi anche tu pensi che la colpa sia di Edward?
   - Mah, anche sua, sì. In ogni caso, quel che è fatto è fatto, inutile discuterne.
   La posizione di Rosalie mi rincuorava. Non volevo trovare a tutti i costi delle scuse per quanto avevo fatto, ma mi faceva piacere che anche lei criticasse Edward, il bellissimo, intelligente, sensibile Edward, il cocco di tutti. Mi concentrai sulla guida, ma intanto pensavo: Bella non sarà sola. La aiuteremo noi, la faremo sentire veramente a casa e se Edward oserà trattarla male, se la vedrà con me. Parola di gentiluomo del Sud!

Il dialogo tra Rose e Jazz è dedicato alla mia cara Orsacchiotta Potta Potta!!


  

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Capitolo 5
*** Spiegazioni ***


Un caloroso ringraziamento alle mie fedeli lettrici Orsacchiotta Potta Potta e Camilla! Grazie del vostro sostegno! Un piccolo avviso ai miei cari venticinque lettori di manzoniana memoria: i primi capitoli di questa storia servono per scioglere dei nodi imprtanti e per questo possono sembrare un po' lenti. In particolare questo capitolo è di raccordo tra il passato e quello che sta avvenendo nella storia. Vi prego di avere un po' di pazienza, più avanti il ritmo della trama sarà più serrato.
Per ora il punto di vista che vedremo sarà soprattutto quello di Jasper che ha molte riflessioni da fare... spero che vi piacerà! Buona lettura! 



Capitolo V: Spiegazioni

Bella
  
   Il dolore era forte e continuo. Sentivo il cuore battere furiosamente nel petto, ma non riuscivo a localizzare la sua posizione dentro di me. Avevo l’impressione che il mio corpo si stesse dissolvendo nel fuoco. Dov’era il mio corpo? Dove mi trovavo io? Mi sembrava di volare, ma com’era possibile una cosa del genere?
   Edward, dov’era Edward?
   Non dovevo gridare. A qualunque costo, non dovevo gridare. Edward non doveva sapere quanto stessi soffrendo.

Jasper.

   La famiglia Cullen riservava ai membri del clan di Denali l’affetto fraterno che lega, di solito, i cugini di primo grado. Ci sarebbero stati di aiuto con Bella, Eleazar in particolare perché è abituato a interagire con vampiri di tutti i generi, sapeva riconoscere i doni soprannaturali che caratterizzano alcuni soggetti ed è un valido combattente, caratteristica molto utile, dal momento che avremmo dovuto gestire una vampira neonata, probabilmente instabile e pericolosa. Nessuno poteva prevedere il comportamento che avrebbe avuto Bella, nemmeno Alice; io speravo che sarebbe stato abbastanza semplice gestirla e trovavo che Carlisle avesse fatto molto bene a mandarci in Alaska. Il Denali National Park and Preserve, che si trova 382 km a nord di Ancorage e include il monte Mac Kinnley, è abitato solo in alcune aree, dove è possibile praticare la caccia e la pesca, ma conta sei milioni di acri, perciò gli animali sono veramente tanti (alci, lupi, caribù, uccelli di ogni tipo) e pochi gli umani, cosa che sapevamo ci avrebbe reso più semplice il nostro compito con la neonata. Le sorelle di Denali avevano trovato una casa molto isolata, nell’area in cui non si poteva né cacciare né pescare, perciò difficilmente Bella avrebbe sentito, nell’aria pulitissima di montagna, l’ odore del sangue umano.
   Mia sorella ed io viaggiammo per tutto il giorno e arrivammo a destinazione verso sera. A Denali, le auto private non possono entrare, ma al nostro arrivo Rosalie ed io fummo accolti da un uomo che portava un uniforme verde, sicuramente un guardiano dell’area più esterna del parco, il quale dopo aver rivolto un’occhiata di puro sbalordimento a Rose ci disse che era stato procurato un permesso speciale per farci entrare e raggiungere la nostra destinazione e che “l’altro signore” (cioè Emmett) era già arrivato. Ci diede un biglietto che avremmo dovuto mostrare a chi eventualmente ci avesse fermato più avanti. Rosalie, che mi aveva sostituito alla guida, non perché fossi stanco, ma perché capivo quanto avesse voglia di far correre l’auto commentò:
   - Tanya deve aver usato tutto il suo fascino per ottenere quei permessi! – e si accinse a prendere la strada che attraversava il parco.
    L’abitazione di Tanya si trovava sul monte a circa settecento metri d’altezza e non fu difficile raggiungerla. La vista delle montagne d’Alaska era così bella e rasserenante che per un po’ riuscii quasi a dimenticare quanto era accaduto. Mi sembrò all’improvviso di trovarmi in un altro mondo e sentii rinascere la speranza. Forse quel luogo candido e freddo avrebbe attenuato il dolore e la vergogna che provavo. Forse avrei potuto ricominciare da capo lì… forse…
   Quando vidi la bianca, quadrata, solida casa di Tanya mi sembrò di tornare indietro di cinquant’anni quando Carlisle mi aveva portato lì perché iniziassi, sotto la guida sua e di Eleazar a seguire la nuova dieta a base di sangue animale. Allora mi ero sentito confuso e frustrato; ora invece ero felice di trovarmi lì e sentii rinascere in me qualcosa di simile all’affetto per il clan di Denali.
   Davanti alla porta ci attendevano ad accoglierci Kate, Emmett ed Eleazar.
   - Jasper, Rosalie, benvenuti! – ci salutò Kate e ci baciò sulle guance. Emmett abbracciò stretta Rosalie, come se non la vedesse da sei mesi e mi diede una pacca sulla spalla. Eleazar ci salutò sorridendo.
   - Kate, - cominciò Rose – mi dispiace tantissimo per il disturbo che vi stiamo creando…
   - Rosalie, noi siamo come una famiglia sola, non scusarti. Avete fatto benissimo a portare Bella qui. Emmett ci ha spiegato cos’è successo.
   - Dov’è adesso Bella?
   - In una delle camere. Tanya e Carmen le sono rimaste vicino per dirle che siete arrivati… sembra che riesca a capire qualcosa di quello che sente, non so come spiegarlo.
   - Beh, tutti noi durante la trasformazione abbiamo sentito parlare gli altri… e abbiamo capito cosa stavamo diventando…
   - Sì, certo, ma Bella sembra proprio capire parola per parola. E’ incredibilmente controllata, avrà gridato sì o no tre volte da quando è arrivata e quando parliamo tra noi sembra veramente che ascolti, come se fosse sveglia.
   Kate si volse verso di me – Come stai, Jasper? – chiese - Immagino che tu ti senta piuttosto infelice… noi però ti comprendiamo, ti posso assicurare che siamo tutti felici di vederti.
   - Grazie, Kate. Naturalmente non sarebbe mai e poi mai dovuto succedere. Certo che sono infelice e sai perché sono venuto qui. Sempre che…
   Mi fermai perché un pensiero improvviso mi aveva attraversato la mente: e se Bella mi si fosse rivoltata contro e non avesse voluto aver niente a che fare con me? Se Edward avesse avuto ragione e lei avesse odiato la sua nuova condizione di vampira?
   - Sempre che lei me lo permetta. – conclusi.
   Kate mi sorrise. – Oh, io credo che te lo permetterà, prima mi veniva da ridere! Un momento chiamava Edward, il momento dopo chiamava te! Mi sono perfino chiesta se non fosse indecisa tra voi due! Naturalmente sto scherzando! – aggiunse in fretta – però sul serio era quasi divertente e Emmett ha cominciato a provare a indovinare chi avrebbe chiamato di volta in volta!
- Il solito infantile! – borbottò Rosalie, ma sorrideva.
   Io però non pensavo a Emmett. Bella continuava a chiamarmi! Prima che potessi rendermene conto, mi ritrovai a sorridere…
   - Ehi, fratellino, che fai, arrossisci? – scherzò quel bel tipo di mio fratello, ben sapendo che i vampiri non possono arrossire.
   - Potrei vederla un momento?
   - Penso di sì, sangue in giro non ce n’è, la trasformazione è già avanzata.
   Ci avviammo verso la villa, guidati da Kate.
   - Piuttosto, - chiese Eleazar – come sta Edward? Da quello che ci aveva raccontato Carlisle è molto innamorato di Bella, ma non ha mai voluto saperne di trasformarla in vampira. Emmett ci ha detto che è andato fuori di testa.
   - Altroché, - risposi e un’altra, inaspettata, ondata di odio verso Edward mi sommerse – Bella desiderava diventare vampira, non per causa mia ovviamente, ma lo desiderava. Edward invece ha sempre detto che lei doveva vivere una vita normale. Credo che abbia cercato di farle vedere tutti i lati negativi della faccenda.
   - Non che di lati negativi non ce ne siano, lo sappiamo tutti - continuò Emmett che sembrava condividere il mio punto di vista – ma non avrebbe dovuto dire che sarebbe diventata un mostro mentre lei stava già bruciando.
   - Ah, quindi ha proprio reagito male? Non mi avevi detto questo particolare, Emmett. Non posso dargli torto, se desiderava un futuro diverso per Bella, ma se lei stessa desiderava diventare un vampiro…
   - Sì, per restare accanto a lui per sempre! – sbottai aspramente.
   Quattro paia di occhi mi fissarono sbalorditi.
   - Jazz, sei sicuro di star bene? Non ti ho mai visto così infuriato contro un tuo familiare, meno che mai Edward! – Emmett mi guardava a bocca aperta.
   - Ho i miei motivi per avercela con lui… e poi io sto benissimo… - borbottai, e per fortuna l’arrivo di Tanya distrasse gli altri.
   - Benvenuti Rosalie e Jasper! Accomodatevi in salotto voi, vi raggiungo subito. – disse con la sua voce dolce -  Anzi, Jasper, vieni a vedere Bella?
   La seguii su per le scale, poi lungo un ampio corridoio e infine ci fermammo davanti a una porta semi aperta. Tanya era una giovane donna bellissima, probabilmente era la più bella tra le vampire del clan di Denali. I suoi capelli biondo rossi erano il suo grande orgoglio. Non ero mai stato particolarmente in confidenza con lei, ma era sempre stata gentile nei miei confronti.
   Insieme entrammo in una stanza dai mobili chiari e dalle ampie finestre che davano su un paesaggio verdeggiante. Appoggiato alla parete di fondo c’era un grande letto sopra il quale avevano steso Bella. Notai che indossava un abitino di raso blu al posto dei suoi abiti sbrindellati e macchiati di sangue. Era molto carina, senza dubbio.
   - Le ho messo un mio vestito, - mi spiegò Tanya – mi faceva pena vederla così malridotta.
   Un attimo dopo Bella parlò: ancora una volta udii la sua voce che mi chiamava, come se avesse intuito che mi trovavo nella stanza.
   - Davvero incredibile, - sussurrò Tanya – sembra solo addormentata.
   - Non capisco perché mi chiama…
   - Chiama anche Edward. Tu sei il suo creatore, ormai è legata a te. Sono tentata di dire che ti vuole bene.
   - Bella e io abbiamo avuto poco a che fare… mi sembra difficile che Bella mi voglia bene, casomai dovrebbe odiarmi…
   - Chissà, Jasper. Io però direi che dovresti dirle qualcosa.
Certo che dovevo! Mi avvicinai al letto e come la sera prima le presi la mano. Era pallidissima, ma tranquilla, sembrava davvero che dormisse.
   - Bella, sono qui. Sono Jasper. Non avere paura, finirà presto. Sei al sicuro, Bella, siamo tutti qui con te. Vedrai che ti piacerà l’Alaska e Tanya, Kate, tutti i nostri amici. Ti aiuterò ad ambientarti come ti avevo promesso, ricordi? Ti avevo detto che ti avrei raggiunto e infatti sono arrivato. Ora devo andare a parlare con gli altri, ma tornerò a trovarti e se mi chiamerai, sta’ sicura che verrò subito da te. A presto, Bella.
   Mi voltai verso Tanya e notai che sembrava piuttosto sorpresa. Anche lei! Ma cos’avevano tutti? Si stupivano perché ero gentile con Bella, perché esprimevo i miei sentimenti con foga… cosa c’era di male? Stavo forse facendo qualcosa di sbagliato?
   E poi mi resi conto di quanto tutti i miei familiari e conoscenti fossero abituati a vedermi sempre riservato, calmo e forse, anche indifferente.   Avevo il potere di influenzare l’umore degli altri, dono derivato dal fatto che nella mia vita umana ero stato molto carismatico e tendevo ad attrarre a me le persone. Tuttavia, il mio umore era sempre un mistero per gli altri, tranne che per la mia compagna, Alice. Tutti mi conoscevano come il tranquillo Jasper Hale, sempre gentile, taciturno e riservato e si erano talmente abituati a vedermi così, che nemmeno si sognavano che io potessi essere diversamente. Quello che era successo con Bella Swan aveva rotto il mio equilibrio e mi sentivo improvvisamente nella necessità di esternare i miei sentimenti, sentivo il bisogno di arrabbiarmi, di commuovermi, di gioire, di discutere con gli altri… il mio dialogo con Rosalie in macchina era stato il primo segnale di questo mio risveglio. A influenzare l’umore altrui, magari quello di Edward per calmarlo non ci pensavo nemmeno, dato che io stesso mi sentivo decisamente confuso e stranamente vigile. Per la prima volta mi sembrava che il mio potere fosse qualcosa di molto negativo: come il mio umore, in quel momento difficile era volubile, così era giusto che lo fosse quello degli altri. Percepire le loro emozioni non mi faceva venire il desiderio di analizzarle e modificarle, mi faceva invece riflettere sulle mie personali emozioni come non facevo da molto tempo. Ero confuso e sconvolto, ma avevo bisogno di sentirmi così, di risolvere dentro la mia testa tutti gli interrogativi che vi soggiornavano, di agire per rimediare a quello che avevo fatto e gli altri mi vedevano logicamente in una luce nuova di cui si stupivano. Andava benissimo così, ero sempre Jasper Hale, solo un po’ più… presente.
   Con un senso di liberazione di fronte questa nuova, inaspettata prospettiva, sorrisi a Tanya e dissi:
   - Raggiungiamo gli altri, Tanya, dobbiamo parlare di molte cose.
   Tanya annuì e ci avviammo fuori dalla porta.
   - Irina è in casa? – chiesi a Tanya
   - No, è a caccia…
   - Sono qui, Tanya. – disse una voce delicata e Irina apparve in cima alle scale.
   - Jasper, ti prego dimmi di Laurent! Cos’è successo? – chiese, senza nemmeno un saluto preliminare. Capii che non voleva essere maleducata, era solo ansiosa.
   - Ti dirò tutto quello che ci siamo detti io e lui davanti agli altri e anche voi dovete spiegarmi bene cos’è successo qui da quando si è unito a voi.
   Tanya lasciò semiaperta la porta della stanza di Bella e tutti e tre ci dirigemmo al piano inferiore.

   Trovammo gli altri tutti riuniti nel grande salotto al piano terra, arredato anch’esso con mobili moderni, chiari e allegri. Erano le sette di sera e in Alaska a settembre c’è ancora molta luce a quest’ora. Il tempo era bello e il sole stava scendendo all’orizzonte illuminando la stanza di una luce tenue, ma calda. Tanya si sedette sul divano accanto a Kate, Irina e Rosalie. Tutte e quattro erano bionde e bellissime, ma non si assomigliavano affatto: Rose era alta e statuaria, con una cascata di capelli dorati e ondulati; Tanya piccola e aggraziata; Kate era alta e magra con i capelli color del grano, lisci e dritti come se fossero stati stirati. Irina aveva un viso d’angelo e capelli così chiari da sembrare argentati. Carmen e Eleazar, di origini completamente diverse dalle sorelle, erano entrambi bruni e il sole faceva risaltare la sfumatura olivastra della loro pelle. Rimasero in piedi accanto alla finestra. Emmett era seduto sul tappeto e io mi sedetti nell’unica poltrona libera, proprio davanti a Tanya.
   - Bene, - esordì lei – prima di tutto facciamo il punto della situazione. Abbiamo una ragazza che si sta trasformando in vampiro e entrerà a far parte della famiglia Cullen. Giusto?
   - Giusto. – risposi – Bella è e sarà la compagna di Edward.
   - Naturalmente dovremo educarla – continuò Tanya – e farle conoscere da subito la nostra dieta. Siamo in tanti, dovremmo riuscire a gestirla senza problemi.
     - Se le mie supposizioni sono esatte – dissi – non dovrebbe essere troppo difficile. Personalmente ho sempre ritenuto che Bella fosse molto coraggiosa (del resto, se non lo fosse non avrebbe mai messo piede in casa nostra) e capace di un grande autocontrollo. Non è mai stato facile farle paura… oh, non che ci avessimo mai provato, intendo dire che il mondo dei vampiri non le ha mai fatto paura. Quando ci ha notati per la prima volta al liceo di Forks ho percepito le sue emozioni: era naturalmente affascinata dalla nostra bellezza, ma anche… impietosita direi, perché ha notato come fossimo isolati dagli altri. Non le sembrava giusto…
   - Davvero? Che cara ragazza! – esclamò Carmen – Ma davvero non vi ha mai temuti? Non ha mai mostrato segni di cedimento?
   - Mai. Il suo amore per Edward è sempre stato più forte di ogni paura. Quando la scorsa primavera, James, Victoria e Laurent sono capitati nel nostro territorio…
   - Laurent?!
   Tutti mi guardavano stupefatti tranne Rosalie ed Emmett. Gli occhi di Irina erano enormi per la sorpresa.
   - Cosa significa, Jasper? Cos’è questa storia? – chiese Eleazar con voce tonante.
   Toccò a noi tre essere confusi.
   - Ma come? -  chiesi – Cosa vi ha raccontato Laurent quando è venuto qui la scorsa primavera?
   - Ci ha detto di essersi trovato da solo nel vostro territorio, - spiegò Tanya in tono cauto, evidentemente temendo di poter essere smentita immediatamente  – di avervi chiesto se poteva prendere parte a una vostra partita di baseball e di essere rimasto affascinato dal vostro modo di vivere. Allora voi gli avete consigliato di provare a venire a stare da noi. Cosa ci ha nascosto?
   - Vi ha detto cose sostanzialmente vere, ma ha tralasciato alcuni particolari piuttosto importanti. Si era unito al segugio James e alla sua compagna Victoria e si sono fatti vedere tutti e tre. Con noi in quel momento c’era anche Bella e il segugio ne ha sentito l’odore. Ha deciso di darle la caccia e noi ci siamo divisi per proteggerla. Esme e Rosalie hanno creato una falsa scia per la femmina, prendendo l’auto e gli abiti di Bella, Carlisle, Emmett ed Edward hanno inseguito lui, mentre io e Alice abbiamo fatto fuggire Bella. Prima che ci dividessimo abbiamo parlato con Laurent e lui ha detto che preferiva non mettersi contro James, ma non voleva prendersela neanche con noi, perciò ha seguito il consiglio di Carlisle, di venire a stare qui. Carlisle ha pensato che fosse recuperabile, che non fosse malvagio e che con un po’ di aiuto avrebbe potuto diventare come noi. Sembrava veramente dispiaciuto di aver creato dei problemi.
   - Che cosa?! – urlò Irina.
   - Non ci ha detto niente! – sibilò Kate.
   - Se ci avesse detto quello che era successo non l’avremmo mai accolto! – esclamò Eleazar – Dev’essere per questo che non ha parlato. Probabilmente ha pensato che l’avremmo ucciso e saremmo venuti ad aiutarvi.
   Un pensiero mi attraversò la mente: - Ma tu Eleazar, non hai sentito i suoi pensieri? Avresti dovuto! Come puoi non aver scoperto niente?
   - Laurent è stato fortunato. – replicò Eleazar con voce dura – La scorsa primavera Carmen ed io eravamo in Francia per una vacanza, noi due soli. Avremmo voluto tornare indietro quando Tanya ci avvertì dell’arrivo del nuovo ospite, ma lei ci convinse a non farlo. Quando ritornammo qui, in estate, evidentemente Laurent aveva imparato a controllare i suoi pensieri. Quanto a me, a differenza di Edward, non sto sempre ad ascoltare ciò che pensano gli altri, ma lo faccio solo se necessario perché non è un passatempo che mi piaccia molto. E poi Carmen e io abbiamo un’altra casa qui vicino. Quest’estate siamo stati spesso per conto nostro… sai… una specie di seconda luna di miele…
   - Davvero, tutta fortuna! – mormorò Tanya – E’ stata colpa mia, io ho insistito perché Eleazar e Carmen non tornassero…
   - Che rabbia! – fece Kate.
   - Torniamo un momento a Bella. – disse Carmen – Com’è andata a finire la storia con James?
   - Bella è stata incredibile! – Scossi la testa ricordando i giorni in cui le ero stato accanto e faticavo a capire i suoi sentimenti e raccontai ai nostri amici di come Bella, per salvare sua madre che credeva essere stata rapita da James, fosse andata, da sola, ad affrontarlo.  
  - E poi siamo stati Jazz e io a far fuori James!!! – esplose Emmett tutto contento. Naturalmente per lui quello era un ricordo bellissimo…
   Raccontai anche di come Edward avesse salvato Bella da una possibile trasformazione e lo stupore generale aumentò ancora.
   - Allora la cicatrice sul polso di Bella…? Mi ero chiesta come fosse possibile che si fosse già pulita in quel modo se era opera tua. – fece Tanya sconvolta.
   - E’ opera di James.  
   - Ma è stupefacente! – sussurrò Kate.
   - Anche questa volta Edward ci avrebbe provato, ma era troppo tardi, era stato perso troppo tempo… comunque quello che volevo dire è che Bella è una ragazza forte e intelligente, io dubito fortemente che queste qualità scompaiano con la sua trasformazione, anzi, penso che potrebbero accentuarsi.
   - Cioè pensi che Bella potrebbe avere un grande autocontrollo?
   - Potrebbe essere.
   - Già, potrebbe. – rifletté Eleazar cominciando a camminare su e giù per la stanza – Sarebbe molto utile a lei e a noi.
   - Veniamo a Laurent. – disse Tanya – Dunque ci ha mentito. Irina, mia cara, sono desolata…
     - Ah, avevate ragione voi, sorelle mie! – gemette Irina e subito Tanya l’abbracciò – Sono stata una sciocca a credergli…
   - Irina, nessuno poteva sospettare che vi avesse mentito. – la consolò Rosalie – Voi non potevate sapere cos’era successo a noi…
   - Ma se l’avessimo saputo vi avremmo aiutato! – si disperò Irina – Anche se poteva sembrarci incredibile che Edward amasse Bella e che voi la proteggeste, saremmo venuti, siamo la stessa famiglia! Oh, ma loro lo dicevano che Laurent era un malvagio, io invece… io…
   - Laurent non è un malvagio. – le dissi con molta calma – non ha preso parte alla caccia di James e non ci ha fatto del male. Non è molto coraggioso, tutto qui, sarebbe stato meglio che si fosse schierato da una parte o dall’altra invece che scappare. E’ Victoria, la compagna di James ad essere malvagia, lei mi preoccupa. Ho detto a Laurent di riferirle, dato che era venuto in avanscoperta per lei, che Bella si sta trasformando e che non ha alcuna speranza di ucciderla ora e speriamo che la notizia basti a tenerla lontana. Gli ho anche detto di stare lontano da Forks.
   - Certo, ma perché esattamente? – chiese Eleazar.
   - Perché lì c’è ancora la famiglia Cullen, o almeno una parte di essa. Inoltre ci sono i Quileute. Non gli conviene farsi vedere da quelle parti, lo ammazzerebbero subito ed è meglio che non succeda, ci serve vivo. Ho detto a Laurent che una volta riferito il messaggio a Victoria, avrebbe dovuto decidere se stare con noi o andarsene. Ha detto – il mio sguardo incontrò quello di Irina – che sarebbe tornato in ogni caso per vedere te.
   Lei si nascose il viso tra le mani, chiaramente si vergognava. Mi apparve come una ragazza innamorata e delusa e ne ebbi pietà. Non era colpa sua se Laurent era quello che era e non credevo che i sentimenti che erano nati tra loro fossero falsi. Mi dispiaceva per lei.
   - Vi prego di non offendervi, ma Victoria è veramente pericolosa. A volte ragiono ancora come uno stratega della guerra civile e per questo sto parlando di Laurent come uno strumento… ci serve davvero, dobbiamo conoscere i piani di Victoria attraverso di lui.
   - Non preoccuparti, io non sono certo offesa! – sibilò Kate – Gli sta bene. Doveva farsi i fatti suoi e non avere contatti con questa Victoria.
   - Non importa neanche a me – aggiunse Carmen – Se ha cercato di mettersi contro i Cullen, peggio per lui.
   - Sono d’accordo. – le fece eco Eleazar.
   - Beh, Irina, - disse Tanya – speriamo che decida di tornare e di cambiare seriamente… Io personalmente sarei disposta a perdonarlo se mostrasse un pentimento sincero… ma naturalmente deve rispettare la parola data a Jasper.
   - Io non lo voglio più… - borbottò la sorella. – Dico anch’io che gli sta bene. Solo e disprezzato per la sua codardia. E’ quello che si merita per essere stato così subdolo! Non voglio che torni a stare qui con noi.
   - Nemmeno io! – esclamò Kate che sembrava la più arrabbiata di tutti – Per come la vedo non cambierà mai. Te l’ho sempre detto, Irina, che c’era qualcosa che non quadrava!
   - Non possiamo far altro che aspettarlo. – commentò Eleazar – Quando dovrebbe tornare?
   - Credo dopodomani, comunque immagino che Alice ci avvertirà.
   - Scusatemi. – Irina si alzò di scatto – Ho bisogno di stare per conto mio.
Detto questo uscì dalla porta finestra e in un attimo era scomparsa.
   - Tornerà, - sospirò Tanya – Sapete com’è, si sente delusa… noi sorelle abbiamo sempre avuto storie d’amore fugaci, anche perché spesso ci innamoriamo di umani, non di vampiri e ci siamo sempre accontentate di vivere il presente senza sognare troppo riguardo al futuro, ma credo che Irina si augurasse di legarsi definitivamente a Laurent. Mi dispiace moltissimo per lei…
   Rosalie annuì. Carmen, che era rimasta in disparte fino ad allora disse con la sua voce dolce dall’accento spagnolo: - Sentite il cuore di Bella? Batte sempre più forte!
   Aveva ragione. Bella aveva ancora quarantotto ore di sofferenza davanti a sé, ma il suo cuore non era più quello di un essere umano. Batteva così forte che era difficile distinguere un battito dall’altro. Restammo in ascolto per alcuni istanti.
   - Naturalmente noi vi saremo vicini e potrete restare qui fintanto che sarà necessario. – ci disse Tanya – Gli altri vi raggiungeranno presto?
   - Potranno farlo solo quando i poliziotti mobilitati dal padre di Bella daranno loro il permesso di lasciare la città. - le risposi e spiegai a lei e agli altri come avevamo architettato la sparizione di Bella.
   Tanya annuì: - Mi sembra logico. Bene, li aspetteremo, non c’è altro da fare. Speriamo che non abbiano troppi problemi.
   - Chissà come sta quel poveraccio di Charlie! – commentò Emmett – Sarebbe il padre di Bella. – spiegò ai nostri amici.
   - Già, poveretto. – annuì Carmen – Cerca disperatamente una figlia che non troverà mai più…
   - Probabilmente ora anche la madre di Bella sarà al corrente del presunto rapimento. – aggiunse Rosalie.
   - Poveretti, davvero. – mormorai.
   Restammo zitti per qualche minuto. Il silenzio fu spezzato da Bella che con una voce che sarebbe stata inudibile per un essere umano, ma che noi riuscimmo a sentire chiamò:
   - Edward…
   E poi:
   - Jasper…
   Emmett scoppiò a ridere. Rosalie lo guardò male, ma lui non le badò affatto, anzi, rise ancora più forte.
   - E’ incredibile! – spiegò tra le risate – Sembra proprio che li stia sognando tutti e due e sia indecisa!
   - Emmett piantala! – ruggii. Poi mi rivolsi a Tanya e agli altri: - Dato che sono qui per occuparmi di Bella e lei ogni tanto mi chiama, forse farei bene a restarle vicino…
   - Certo, Jasper. – sorrise Tanya – vai pure su. Emmett, Rosalie, potete sistemarvi nella camera qui accanto? Ve l’ho preparata apposta.
   - Grazie Tanya! Ho proprio bisogno di sistemarmi un po’. – E Rosalie scosse la fluente chioma bionda che in realtà non aveva bisogno nemmeno di un colpo di spazzola.
   - Kate e io andremo a caccia e cercheremo di parlare ancora con Irina. Carmen ed Eleazar cosa fate voi? Rimanete? Buonanotte ragazzi!
   Aspettai che Tanya e Kate fossero uscite e che Rosalie ed Emmett si fossero chiusi in camera, poi salutai Carmen ed Eleazar, che si tenevano per mano in piedi accanto alla finestra e mi diressi verso la stanza dove si trovava Bella.
   Lentamente aprii la porta ed entrai.

Nel prossimo capitolo ritroviamo Bella e Edward! A presto!

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Capitolo 6
*** Suoni ***


Capitolo VI: Suoni

Jasper

   La porta si richiuse alle mie spalle e io rimasi fermo sulla soglia. Avevo bisogno di riflettere sul comportamento di Bella e sui miei stessi sentimenti che tanto divertivano Emmett. Che Bella pronunciasse il nome di Edward, non solo aveva una spiegazione logica, ma nel suo caso era anche prevedibile. Bella parlava sempre nel sonno, lo sapevo.
   La prima volta in cui aveva detto a Edward di amarlo, l’aveva fatto proprio nel sonno, dunque non ero minimamente stupito dal fenomeno. Quello che mi preoccupava era che Edward non le era mai stato lontano per più di poche ore e soltanto se era certo che lei fosse perfettamente al sicuro. Se Bella aveva bisogno di lui, in men che non si dica la raggiungeva. Non aveva mai rifiutato di rispondere a un suo richiamo. In quel momento terribile invece, Edward non era accanto a lei e Bella doveva esserne consapevole in qualche misura. Mi sedetti su una poltroncina che stava accanto al letto e rimasi a lungo così, guardandola.
   - Edward…? – chiamò di nuovo Bella.
   Le andai vicino e le strinsi la mano, non sapendo cosa fare.
   - Edward…? Edward…?
   Dovevo rispondere qualcosa. Si stava agitando, poverina.
   - Bella, stai tranquilla…
   Silenzio. Poi, dopo forse un minuto…
   - Edward? Jasper?
   Di nuovo il mio nome! Ma perché?
   - Sono qui, Bella.
   Cosa dovevo fare? Cosa dovevo dirle? Se avesse semplicemente gridato di dolore come accade di solito sarebbe stato più facile! Possibile che agisse sempre al contrario di come ci si aspettava? Era andata da sola ad affrontare un vampiro letale, ora chiamava il suo creatore… Accidenti a lei…
   D’un tratto mi venne un’idea.
   - Ora chiamo Edward, stai tranquilla un momento, Bella, arriva subito.
   Presi il telefono, uscii dalla stanza come se dovessi andare a cercare qualcuno e a tutta velocità composi il numero di casa.
   - Pronto, Jasper? – Era Carlisle – Alice dice che devi parlare con Edward. – Ovviamente Alice aveva già visto tutto. Stranamente la cosa mi diede un po’ fastidio.
   - No, Carlisle, è Bella che ha bisogno di parlare con Edward.
   - Bella?! Ma come…
   - Continua a chiamare il nome di Edward, ho pensato che lui potesse parlarle al telefono, credo che le farebbe bene, abbiamo la sensazione che riesca a capire tutto quello che le viene detto.
   - Davvero? Capisce molte cose secondo voi? – Carlisle era un medico e come tale non poteva impedirsi di provare un interesse scientifico per il caso di Bella. Il tono della sua voce era concitato ed entusiasta.
   - Non posso dirlo con certezza, ma l’impressione è quella. Cosa ne pensi di far parlare Edward al telefono?
   - E’ un ottima idea, Jasper, possiamo provare. Ora te lo passo…
   Un attimo dopo udii un ringhio. Il saluto di Edward…
   Sbuffai. - Edward, ricambio il saluto, ma per piacere non far sentire questo genere di suoni animaleschi a Bella, altrimenti riattacco immediatamente! Hai capito? – Silenzio.
   Rientrai in camera e con delicatezza appoggiai il telefono all’orecchio di Bella. "Speriamo che possa sentire."
   - Ecco, Edward, parla pure.
   Attesi. Per più di un minuto non udii assolutamente niente. Eppure la comunicazione non si era interrotta… Dai, Edward parla, maledizione!
Invece fu Bella a parlare. Fortunatamente chiamò Edward, non me. Non osavo nemmeno immaginare cosa sarebbe potuto succedere se avesse fatto il mio nome…
   Finalmente Edward si riscosse e cominciò a parlare: con voce rotta, come se stesse piangendo, le disse che l’amava, che purtroppo per un po’ avrebbero dovuto stare lontani, che soffriva terribilmente per questo, ma era una cosa necessaria, che si sarebbero sentiti per telefono tutti i giorni e che lui l’avrebbe pensata sempre. Le portò i saluti di Alice, di Esme e di Carlisle e le promise che tutto sarebbe andato bene. Parlò anche di Charlie assicurandole che Esme aveva parlato con lui e che avrebbero cercato di rassicurarlo, di non farlo cadere nella disperazione.
   Nel sentire come, finalmente, si stesse sforzando di starle vicino e di mettere da parte i propri sentimenti, provai un po’ di compassione per lui e la mia rabbia precedente nei suoi riguardi mi parve eccessiva. Era infelice e molto scosso, tutto qui. Non era giusto che lo giudicassi in modo tanto duro. Tuttavia, mentre parlava, io restavo vigile perché temevo che da un momento all’altro il tono della chiamata cambiasse, sentivo che mio fratello era tesissimo. Infatti, come avrei dovuto immaginare, Edward cominciò a chiedere perdono a Bella per tutto il male che le aveva causato portandola nella nostra famiglia e a dirle che se lei avesse voluto abbandonarci, lui l’ avrebbe capita, che non l’avrebbe obbligata a restare. Una valanga di assurdità, insomma. Se non mi fossi trovato in casa di Tanya, probabilmente avrei ceduto alla tentazione di spaccare qualcosa.
   Il peggio doveva ancora venire però. Con perfetto tempismo infatti…
   - Jasper!
   …chiamò Bella.
   Chiusi il telefono nell’istante in cui partiva il ringhio di Edward, per non farlo sentire a Bella, poi corsi fuori dalla stanza mentre ricominciava a squillare. Risposi e prima che Edward cominciasse a insultarmi lo bloccai dicendo: - Non è colpa mia se Bella mi chiama, non so cosa significhi, è inutile che ti arrabbi per questo e soprattutto ti avevo detto di non ringhiare! Spero veramente che non ti abbia sentito!
   Dall’altra parte solo ringhi. Rinunciai a decifrare quello che mi stava dicendo e chiusi la comunicazione, disgustato. Che immaturo! Non era minimamente capace di controllare i propri sentimenti, mi ero illuso che li avesse messi da parte per Bella e invece niente, anzi, sempre peggio!
   Tornai in camera dove trovai Bella più agitata di prima: accidenti a Edward e ai suoi ringhi! Mi sedetti nuovamente in poltrona e mi rivolsi a lei, cercando di nasconderle il mio stato d’animo.
   - Bella, hai sentito che Edward ti è vicino? Non preoccuparti, è un po’ triste per quello che ti è successo, ma ha ragione ad esserlo e poi, sai, è arrabbiato con me perché dopotutto la colpa è mia. Non agitarti, cara, andrà tutto a posto vedrai…
   Cara? E questo da dove mi era uscito?! Il mondo si era davvero capovolto… Continuai così per un pezzo, sperando che le mie parole potessero davvero calmarla. Sembrava davvero che capisse tutto, anche se al momento nessuno poteva esserne certo. Cos’avrebbe ricordato della sua trasformazione? Speravo che non ricordasse il ringhio di Edward, che non l’avesse sentito.
   Mentre parlavo e ragionavo ancora così, entrò Emmett:
   - Che succede, fratellino? Ho sentito ringhiare… hai di nuovo litigato con Edward? – chiese in tono innocente spalancando i suoi occhioni da eterno bambino.
   - Non – davanti – a – Bella! – sibilai infuriato. Possibile che nessuno capisse?!
   - Oh, sì, hai ragione. A vederla sembra davvero che riesca a sentirci… Comunque stai attento, Jasper, non vale proprio la pena che vi comportiate così. Cerca di mantenere la pace, è molto importante adesso. – poi si avvicinò a Bella – Ehi, sorellina! – le disse in tono allegro – Lo sai che quando ti sveglierai sarai più forte di me? Però promettimi che farai la brava col tuo fratellone…
   - Emmett, ma tu riesci mai a stare serio per cinque minuti di fila?
   Lui finse di pensarci su. – No, non credo sai.
   Ciò detto uscì, lasciandomi nuovamente solo con Bella.
  
Edward

    Ero talmente infuriato che avrei voluto buttar giù la casa e l’avrei fatto se non avessi nutrito un grande rispetto per Esme e Carlisle… dopotutto, la casa l’avevano comprata loro…
   Non riuscivo a capacitarmi di come facesse Jasper essere così arrogante con me. Aveva ucciso Bella poche ore prima e si permetteva di darmi ordini come se fosse stato lui a sapere cosa fosse bene o male per la mia piccola.
   D’accordo, mi sentivo un verme, non avrei dovuto ringhiare al telefono, ma come avrei dovuto sentirmi? La mia povera piccola Bella stava soffrendo e chiamava il nome di Jasper? Impossibile!
   Sapevo cosa stava succedendo: Jasper stava manipolando i sentimenti di Bella perché non gli si rivoltasse contro una volta trasformata. Doveva essere così. Come avrebbe potuto Bella affezionarsi a lui, chiedergli aiuto di sua spontanea volontà, quando a causa sua si stava trasformando in una creatura malvagia per natura e assetata di sangue? Bella era sicuramente terrorizzata da lui, anzi da tutti noi, probabilmente anche da me. Maledetto Jasper e il suo stupido dono! Gliel’avrei fatta pagare, se avesse continuato. Bella doveva essere libera di comportarsi come voleva, non avrei permesso a mio fratello di manipolare le sue emozioni.
   E poco importava che Alice mi guardasse con occhi da cerbiatta e mi supplicasse di smetterla di odiare il suo innamorato dicendomi che Bella non era affatto terrorizzata…

Jasper

   Osservai la mia futura sorella per alcuni istanti. Potevo percepire tutto il dolore che stava provando a causa della trasformazione. Non riuscivo a captare le sue emozioni con precisione perché naturalmente erano molto confuse, ma percepivo in lei ansia, sofferenza, rassegnazione.
   - Edward? – sussurrò per l’ennesima volta.
   Come fare per tranquillizzarla? Cos’avrebbe potuto fare Edward?
   Evitare di ringhiare! Mi gridò una vocina nella mia mente.
   Sì, ma a parte questo?
   Un’idea mi attraversò la mente. Chiamai Carmen e le chiesi se avrei potuto usare il pianoforte che si trovava nella stanza accanto a quella di Bella e ricevuto il suo consenso mi diressi verso lo strumento.
    Non era un gran coda come quello di mio fratello, era molto più piccolo, un quarto di coda, ma era comunque uno strumento di valore.
    Io non ero un musicista d’eccezione come Edward, ma sapevo suonare abbastanza bene e forse Bella avrebbe potuto rasserenarsi ascoltando il suono di uno strumento che indubbiamente amava molto.
   Mi sedetti al pianoforte e posai le mani sulla tastiera, intenzionato a suonare la ninna nanna che Edward aveva composto per lei. Cos’altro avrebbe potuto piacerle di più?
   Eppure, senza che lo avessi premeditato, quando iniziai a suonare, furono le note di una trascrizione della "Pavane" di Gabriel Fauré a diffondersi nell’aria.
Mi ritrovai a suonare con trasporto. Adoravo quel brano: era una musica così dolce, così malinconica. Rispecchiava perfettamente il mio stato d’animo e il mio desidero di cullare Bella con il suono del pianoforte.
   Perché avrei dovuto suonare la musica di Edward? Perché avrei dovuto fingere di essere lui? La musica che mio fratello aveva composto gli apparteneva e per quanto la trovassi bella, mi sentivo estraneo ad essa.
   La casa di Denali era avvolta in un silenzio quasi irreale, mentre io, dimentico di tutto suonavo per Bella, solo per Bella.

   Il giorno seguente nuove notizie arrivarono da Forks.
   Rosalie mi raggiunse per farmi sapere che Carlisle aveva chiamato per dirci che il pick-up di Bella era stato trovato molto a sud di Portland e che Charlie aveva subito telefonato a casa nostra per darci la buona notizia. Aveva parlato nuovamente con Esme perché Edward era ancora in un stato pietoso e le aveva detto che le ricerche si sarebbero concentrate a sud, anche se non c’era una traccia, il che era proprio quello che volevamo noi. Charlie aveva detto che anche Reneé, la madre di Bella, era al corrente dell’accaduto e che nel giro di alcune ore l’avrebbe raggiunto a Forks perché non riusciva a starsene con le mani in mano a migliaia di chilometri di distanza, anche se lui le aveva detto che era inutile lasciare Phoenix.
   Quanto a noi, aspettavamo. Io rimasi per molte ore accanto a Bella, ma trascorsi anche del tempo con gli altri. Mi sforzai di conoscere meglio i membri del clan di Denali e cominciai a provare molta simpatia per Carmen, che aveva un carattere dolce e aperto e per Kate che invece era forte e decisa. Dai loro discorsi venni a sapere qualcosa di più sulla permanenza di Laurent presso il clan. Si era presentato alla loro porta facendo il nome di Carlisle e perciò era stato subito invitato a entrare. Poi, molto rispettosamente aveva detto di aver incontrato noi Cullen e di essere stato così colpito dal nostro stile di vita da accettare il consiglio di andare a Denali per provare a imitarci. Irina, la prima che l’aveva visto, se n’era subito invaghita e anche lui aveva mostrato fin dall’inizio di provare qualcosa di particolare per lei. Tanya e Kate erano sempre state gentili con lui, anche se a volte lo trovavano un po’ noioso, con quei suoi modi così mielati che, a detta di Kate, avevano qualcosa di insincero.
   Mi dissero che Irina sembrava davvero innamorata e di essere preoccupate per lei: al telefono aveva ribadito di voler stare da sola ed era meglio rispettare il suo desiderio.
   Rosalie e Emmett rimasero per conto loro gran parte della giornata e dopo la chiamata di Carlisle riguardo al pick-up non ricevemmo notizie dalla famiglia. Se da una parte questo era rassicurante perché voleva dire che non era successo niente dall’altra io mi chiedevo cosa stessero facendo laggiù a Forks Alice, Edward, Carlisle ed Esme.
   A sera decisi di tornare in camera di Bella.

Bella

   Non capivo. Cosa stava succedendo? Mi trovavo ancora a casa Cullen o no? Avevo la netta impressione di aver viaggiato in auto, ma com’era possibile? Dove sarei dovuta andare? I miei occhi non stavano funzionando. Davanti a me, intorno a me vedevo solo fuoco, rosso, giallo, rovente, letale. Eppure aveva smesso di farmi  male: splendeva, mi accecava, mi avvolgeva, ma non sentivo dolore. Quello era passato da molto tempo. Quanto tempo? Mi sembrava di essere in un sogno dal quale on riuscivo a svegliarmi. Sentivo delle voci intorno a me, ma non riuscivo a identificarle. Due in particolare erano riuscite a colpirmi però. La prima era dolce, rotta, disperata. Mi faceva pensare al ghiaccio che si incrina. La seconda era profonda, tenebrosa e rassicurante. Sembrava una fiammella distinta dal resto del fuoco, una luce nel buio.
   Non riuscivo a comprendere cosa mi dicessero le due voci, ma mi aggrappavo a entrambe. E che cos'era quella musica meravigliosa?




   La "Pavana" del compositore francese Gabriel Fauré è un brano per pianoforte e orchestra o per orchestra sola. Non so se ne sia stata realizzata una trascrizione per pianoforte, ma è abbastanza probabile. Se desiderate ascoltarlo, lo potete trovare su internet in varie versioni.
Ringrazio sentitamente tutte coloro che hanno recensito e anche chi legge soltanto! Al prossimo capitolo!

NinianeCullen88

 

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Capitolo 7
*** Risveglio ***


Prima di tutto GRAZIE alle mie gentilissime sostenitrici: Camilla L, Orsacchiotta Potta Potta, Nanerottola e Argentea. Grazie anche a Frego e dany60. Le vostre recensioni, mi hanno fatto tanto tanto piacere! Grazie anche a chi legge soltanto.
E ora…

Capitolo VII: Risveglio

Bella

   La voce rotta e disperata taceva. Taceva da ore. Ne sentivo la nostalgia e la cercavo. Ero certa che appartenesse a qualcuno di importante… Edward?  Ma non capivo perché Edward avrebbe dovuto sentirsi disperato.
   Tre giorni… quanto mancava perché mi trasformassi del tutto? Perché mi stavo
trasformando, vero?  Saremmo stati insieme per sempre, ne ero certa, insieme come avevo sempre desiderato. Allora perché non mi parlava più? Perché? Edward, dove sei?
   L’altra voce, quella tenebrosa e pacata  mi parlava spesso.
   - Coraggio, Bella, manca poco.
   Mi aggrappavo a quel suono senza poter comprendere chi mi parlasse. Non avevo mai udito quella voce.
   - Coraggio, cara…
… era una voce così bella…

Jasper

   Alle diciotto in punto del giorno seguente il mio cellulare squillò e la voce argentina di Alice annunciò:
   - Manca esattamente un’ora, trentacinque minuti e cinquanta secondi!
   Emozionati, ci dirigemmo tutti nella stanza di Bella e ci disponemmo secondo le indicazioni di Eleazar il quale, da quel metodico che era voleva prendersi per tempo… Emmett e io ci preparammo ad essere i primi che Bella avrebbe visto, Rosalie invece si mise un po’ in disparte. Eleazar e Kate si misero accanto alla porta per impedire che magari, in preda al panico, Bella tentasse di fuggire o altro.
   La osservai con attenzione e notai che alcuni cambiamenti radicali erano avvenuti in lei. I suoi lunghi capelli castani non erano più arruffati e sporchi, ora splendevano ed erano perfettamente lisci. La sua pelle chiara stava diventando perfettamente levigata le ferite sul suo corpo si erano tutte richiuse. Il cuore di Bella batteva all’impazzata e anche se nelle sue vene scorreva ancora sangue, sentivo che il mio veleno aveva ormai preso il sopravvento e che stava bruciando dentro di lei. L’odore del veleno copriva ormai l’odore del sangue di Bella, tanto che avrei potuto avvicinarmi al suo viso senza più avvertire la necessità di allontanarmi per precauzione.
   Stranamente, nessuno aveva commentato la mia esecuzione pianistica di due sere prima, però non potevo sperare di sottrarmi alle occhiate curiose di tutti, in particolare di Emmett che, non essendo abituato a sentirmi suonare, era palesemente colpito dalla mia abilità e evidentemente si chiedeva se fosse più indicato prendermi in giro bonariamente o complimentarsi.
   Irina riapparve verso le sette, intenzionata a darci una mano: avvertii la sua presenza prima che entrasse in casa perché una nuvola di tristezza e delusione mi raggiunse. Anche se usare il mio potere non mi allettava particolarmente, mi venne spontaneo cercare di rasserenarla: lei se ne accorse subito e mi ringraziò.
   Poco dopo le sette e mezzo, come previsto da Alice, il cuore di Bella diede i suoi ultimi battiti.
   Per forse un paio di secondi, nella stanza non ci fu alcun rumore.
   Poi, lentamente, Bella aprì gli occhi. Nessuno parlò, era meglio aspettare che fosse lei a muoversi per prima, altrimenti rischiavamo di spaventarla.
   - Sono viva? – fu la stupefacente domanda che ci rivolse. La sua voce era cambiata: non era né esile né roca, era diventata squillante come quella di Alice e naturalmente lei ne rimase sorpresa. Per un attimo rimase a bocca aperta, poi la richiuse, sconcertata.
   - Edward? – chiamò nel più totale smarrimento.
   Nessuno di noi rispose.
   - Perché ho questa voce? – chiese ancora, in tono spaventato.
   Emmett le si avvicinò con cautela e le chiese: - Bella, sorellina, sono Emmett! Riesci a girare lentamente la testa verso di me, per favore?
   La testa di Bella si mosse rapidissima e lei sorrise: - Ciao fratellone! Che bello vederti… allora sono viva?
   - Beh, in un certo senso… - Emmett mi guardò a disagio. Allora mi avvicinai anch’io con cautela. – Bella. – azzardai.
   Bella aveva già voltato la testa e un secondo dopo era sfrecciata accanto alla finestra in posizione di difesa, lo sguardo color cremisi fisso su di me. Sapevo perché: i suoi occhi di umana non erano stati in grado di vedere le cicatrici di cui il mio collo era coperto e ora che poteva vederle, le considerava un segno di pericolo, come avrebbe fatto qualunque vampiro. Rimasi immobile, senza però smettere di guardarla negli occhi. Trascorse un altro secondo, poi, a sorpresa, Bella si rilassò e mi guardò incuriosita prima di chiedere in tono quasi naturale: - Allora è vero? Sono diventata un vampiro? Non mi sono mai mossa così rapidamente!
   - Sì, Bella, ora sei come noi. – le risposi, meravigliato dalla calma che stava dimostrando - Cosa ricordi del processo di trasformazione?
   Mi guardò confusa per un attimo, ma si lasciò distrarre, come un attimo prima si era distratta dal pensiero di Edward.
   - Non ricordo bene. Ho dormito… credo. O qualcosa del genere.
   - Dormito?!
   - Non da subito. - mi spiegò – Ho sentito il dolore del morso.
   Mi limitai ad annuire. Il tono della sua voce non era né triste, né arrabbiato, senza ombra di accusa. Sembrava soprattutto curiosa. Sapeva chi l’aveva morsa o no?
   - Ho sentito il morso – continuò - e per un po’ mi è sembrato di vedere il mio corpo che bruciava, pezzo dopo pezzo, ma poi a un certo punto ho avuto l’impressione di essere mezza addormentata… e basta. Come se fossi in una specie di coma. Mi sembrava di fluttuare nell’aria.
   - Non hai sentito dolore? – Ero incredulo.
   - Dopo un po’ non più. Sentivo il cuore battere sempre più velocemente e all’inizio era terribile. Ma poi è migliorato… a tratti capivo che qualcosa in me stava cambiando e vedevo soltanto il fuoco, come quando James mi aveva morsa la scorsa primavera. Mentre mi trasformavo ho sentito delle voci. Probabilmente le vostre… - finalmente si voltò a guardare il clan di Denali, sempre con un’ombra di confusione negli occhi.
   - Se ti presento i nostri amici prometti di non agitarti? Non c’è niente da temere, sono tutti qui per aiutarti. – Annuì e così le presentai a uno a uno i membri del clan che non si avvicinarono per non spaventarla, ma le sorrisero con simpatia.
   - Ho sentito le vostre voci anche se non ho colto le parole. – disse Bella con quella sua nuova voce trillante – e vi ringrazio di averci ospitati. Vi ringrazio di aver aiutato me e la famiglia Cullen. Mi scuso infinitamente per l’intrusione…
   - Non scusarti, - disse Kate con decisione – noi ci consideriamo parenti dei Cullen. Era nostro dovere aiutarvi e siamo stati felici di farlo.
   Bella parve gratificata: - Un momento… Non dovrebbe esserci qui anche… anche Laurent? – chiese curiosa.
   Pronunciò il nome con voce incerta, chiaramente un vecchio ricordo della paura che le aveva causato  in passato le era rimasto nella mente.
   - Laurent purtroppo non è ancora così convinto di voler seguire la nostra dieta, - le spiegai con calma, omettendo il piccolo particolare che aveva fatto il doppio gioco per Victoria – Gli è stato detto che torni solo se è certo di ciò che desidera.
   - Capisco. – sospirò Bella – Beh, che strano pensare che non devo più aver paura di lui… Ho paura di muovermi – aggiunse – E’ tutto troppo veloce…
   - Sì, all’inizio è difficile controllare i gesti. Cominciamo con qualcosa di semplice: stringi la mano a Emmett, Bella. – suggerii. Lei eseguì ed Emmett disse: - Ahi!
   Bella rise: - Oh, per piacere Emmett, non prendermi in giro! Ce ne vuole per far del male a te!
   - Lascialo! – ordinai, più bruscamente di quanto volessi. Bella lo lasciò subito, allarmata e io le spiegai che al momento era più forte di Emmett in quanto neonata e che doveva stare attenta.
   - Non lo sapevo, non sapevo niente… mi dispiace, scusatemi. Scusa, Emmett. – Bella sembrava mortificata. Emmett le sorrise incoraggiante. Lei chiese - Quindi sono più forte dei vampiri adulti, in questo momento? Com’è possibile?
   - E’ così, tutti i neonati sono più forti dei vampiri adulti per alcuni mesi, perché il sangue che conservano ancora nelle vene li irrobustisce. Non preoccuparti, l’importante è che tu faccia un po’ di attenzione.
  Mi sarei aspettato di tutto, fuorché un dialogo del genere con la neonata vampira Bella: passava dalla perfetta tranquillità all’ansia, a quell’inspiegabile malinconia, quando avrebbe dovuto essere assolutamente fuori controllo. Il nome di Edward era sospeso nell’aria tra noi, ma Bella non sembrava nemmeno troppo ansiosa di vederlo. E non aveva nemmeno manifestato il desiderio di cacciare! Questa era di gran lunga la cosa più strana.
    - Devo imparare tutto e ho paura di far male a qualcuno… - mormorò. Provò a camminare e i suoi movimenti furono così veloci che in un secondo aveva attraversato la stanza, finendo praticamente in braccio a Tanya che si scansò appena in tempo per non essere travolta.
   - Mi dispiace molto…- mormorò di nuovo, ma Tanya le sorrideva con calore e alla fine anche lei si rilassò.
    - Bella, non angosciarti, non è niente. – le dissi deciso - Imparerai presto, come lo abbiamo fatto tutti. Ora dimmi, senti di avere sete?
   Ci pensò un attimo, poi annuì.  – Mi brucia la gola. – disse. Mi guardò speranzosa e poi disse: - Mi insegnerete a cacciare? Ci sono animali qui? Non ci sono umani vero?
   - Niente umani, tanti animali, stai tranquilla! – le dissi sorridendo - Certo che ti insegneremo, Bella.
   Emmett si fece avanti tutto felice, ma Bella scosse la testa. – Grazie Emmett, ma preferisco andare con Jasper. Ho… bisogno di parlargli…
   Detto questo Bella si girò per la prima volta verso Rosalie, rimasta immobile in un angolo, la guardò per un lungo istante, pensierosa:
   - Rosalie, - disse con cautela - mi dispiace di aver creato tanti problemi. Spero che con il tempo capirai che ho sempre voluto bene a tutti voi e che desidero il vostro affetto. So di non esserti mai piaciuta e che tu mi rimproveri di aver messo in pericolo la tua famiglia, ma ti prego, non essermi ostile. Non voglio far soffrire nessuno, non l’ho mai voluto.
   Rosalie, chinò la testa, non sapendo cosa rispondere. Temevo che Bella si innervosisse, invece fece qualcosa di inaspettato: sorrise a Rosalie.
   - Non devi dire niente, Rosalie. Non ho mai pensato che tu avessi torto ad avercela con me. Ripeto che mi dispiace per i problemi che ho causato…
   - Bella, - la interruppe Rosalie ansiosa, con la sua voce calda – Non voglio che ti scusi. Credo di aver sbagliato a giudicarti e in ogni caso non avrei dovuto esserti ostile. Avrei dovuto pensare meno a me stessa. Se questo è ciò che davvero desideravi, non preoccuparti di come la penso io, sei la benvenuta in famiglia.
   Bella annuì, all’improvviso raggiante. – Spero che diventeremo amiche allora, un giorno.
   Rosalie la fissò spaesata. – Certo… - mormorò.
   Bene, ecco che il mondo si era capovolto di nuovo. Credevo che ci sarebbero voluti mesi anche solo perché Rose e Bella si parlassero e che avrei dovuto convincere Rose un po’ alla volta a deporre le armi e adesso Bella in due parole aveva sistemato tutto. Ragazza impossibile! Ma perché non pensava alla caccia? Accidenti a lei…
   Bella si girò di nuovo verso di me: - Jasper, cosa sono tutte quelle cicatrici? – mi chiese diretta. Ecco un’altra cosa su cui avrei dovuto riflettere: come avevo immaginato, Edward non le aveva parlato del mio passato…
   - Niente che tu debba temere. – le risposi tranquillamente – Ti racconterò la mia storia quanto prima così potrai capire.
   Annuì. Poi il suoi occhi corsero al vestito, evidentemente si chiedeva da dove venisse. Come tutti i vampiri, stava cominciando a pensare a molte cose contemporaneamente anche se tendeva a distrarsi facilmente: la sete, il movimento, le mie cicatrici, Rosalie, il vestito, Edward…
   - Non preoccuparti, cara, è un mio vestito. – disse Tanya – Senti l’odore? Te l’ho messo perché i tuoi abiti erano molto mal ridotti. Tienilo pure e naturalmente ti presteremo tutto quello che ti serve.
   - Grazie, Tanya, ma mi dispiace…
   - Bella, non preoccuparti, i nostri guardaroba traboccano di vestiti! Ora vai a caccia!
   Bella si voltò a guardarmi, mi tese la mano e io la presi, come se fosse stato un gesto abituale anche se non potei fare a meno di pensare alla reazione che avrebbe potuto avere Edward vedendoci. Eleazar si fece avanti e si rivolse direttamente a lei:
   - Bella, non voglio darti l’impressione di non fidarmi di te, ma imparare a cacciare e a evitare gli odori… sbagliati, ecco, è molto difficile. Credimi, ho molta esperienza in questo campo ed è meglio se vi accompagna qualcun altro di noi. E poi, Jasper, - continuò rivolto a me – credo che Bella abbia un dono!
   - Davvero? Che dono? – chiesi sbalordito.
   Bella mi guardava interrogativamente e le spiegai quali fossero le capacità di Eleazar.
   - Sembra uno scudo. Non riesco a leggerle nel pensiero, è come se mi stesse bloccando lei, ma immagino che non ne sia consapevole. – spiegò Eleazar.
   - Edward non riusciva a leggermi nel pensiero neanche quand’ero umana. – gli rispose Bella e lui la guardò incredulo – Non so come mai, ma a quanto pare sono una muta mentale. Però io non sto bloccando nessuno…
   Disse le ultime parole in tono amaro e subito la rassicurai, prima che il pensiero dell’assenza di Edward cominciasse ad angosciarla: - Edward non riusciva a leggerti nel pensiero perché tu eri già predisposta ad avere questo dono particolare e ora si è sviluppato. Infatti anche Alice ha qualche difficoltà a vedere nel tuo futuro. La tua mente è un luogo privato, non ci può entrare nessuno… se tu non vuoi.  
   - E’ una cosa utile questo… scudo? – mi chiese Bella, incerta.
   Eleazar intervenne di nuovo: - Può essere molto utile se si sa come usarlo, ma al momento il fatto di non poter leggere nei tuoi pensieri, Bella, ci mette nella condizione di non sapere come reagirai di fronte alle novità che ti aspettano. Per questo sarebbe meglio che ci fossero alcuni di noi con voi. In seguito sarebbe utile che tu imparassi a controllare il tuo scudo, ma per ora dobbiamo pensare alla caccia.
   Bella rimase interdetta. Poi ripeté: - Ho bisogno di parlare con Jasper, da sola. Capisco la vostra apprensione, è pienamente giustificata, ma io mi sento tranquilla… sul serio, sto bene, mi sento solo un po’ spaesata…
   A un tratto decisi di fidarmi di lei: - Va bene, Eleazar, non preoccupatevi. Facciamo così, mentre noi cacciamo voi resterete nelle vicinanze in modo da aiutarci se ci sono problemi, poi quando Bella si sarà dissetata ci lascerete da soli e Bella mi dirà quello che mi deve dire.
   Anche se non del tutto convinto, Eleazar annuì, infondo era certo che sapessi il fatto mio. Bella e io uscimmo di casa camminando e gli altri ci seguirono. Dopo pochi passi guardai Bella e poi con un balzo mi spostai decisamente a est. In un baleno Bella fu al mio fianco.
   - Perché mi hai lasciato? – mi chiese arrabbiata
   - Non ti ho lasciato, Bella, volevo solo mostrarti come si muovono i vampiri. Hai visto che mi hai subito imitato? Non è difficile. Ora ti va di fare una bella corsa? Dobbiamo inoltrarci in quel bosco lassù, vedi?
   Bella sorrise radiosa e non potei evitare di pensare a quanto fosse diventata splendida. L’unica cosa che non mi piaceva tanto di lei erano i suoi occhi rossi: non perché fossero così brutti, in realtà, ma perché gli occhi color cioccolato di Bella da umana erano veramente bellissimi. Peccato che li avesse persi.
   Dietro le nuvole, il sole al tramonto brillava appena, illuminando la pelle mia e quella di Bella come fosse coperta di gocce di pioggia.
   - Ah, sì. – commentò lei, guardandosi il braccio – Una volta Edward mi ha fatto vedere come diventa la pelle dei vampiri al sole. Era stupendo, sembrava coperto di diamanti. Non ricordavo che sarebbe successo anche a me. Qui il tempo com’è di solito?
   Risi, sollevato dal fatto che pur nominando Edward avesse cambiato subito discorso, distraendosi come fanno tutti i neonati. Volevo evitare quel particolare soggetto di conversazione almeno fin dopo la prima caccia:
   - Non è piovoso e cupo come a Forks, ma l’inverno qui è lunghissimo perciò per diversi mesi le ore di luce sono poche e di solito il sole non si vede proprio. D’estate è diverso, ma Tanya e la sua famiglia vivono molto isolati, come puoi vedere, perciò la luce del sole non è un problema così grave. Andiamo?
   Mi prese nuovamente per mano e iniziammo a correre. Bella era più veloce di me, era agilissima (sopra la media anche per un vampiro) e tendeva a superarmi, ma riuscivo a starle dietro senza difficoltà. Fu una bellissima corsa a folle velocità in mezzo al verde che si faceva sempre più fitto e scuro. Dovevo stare sempre all’erta per cercare di prevedere i comportamenti di Bella, ma tutto sommato mi stavo divertendo e anche lei sembrava felice di muoversi.
   Ci fermammo in mezzo a una radura, sempre mano nella mano. Era strano essere così vicino a lei dopo che tante volte avevo dovuto starle lontano. Non mi sarei mai aspettato che succedesse.
   - Ora concentrati, Bella. – le dissi, avvicinandomi ancora di più a lei – Qui vicino ci sono degli animali. Chiudi gli occhi, resta immobile e dimmi cosa senti.
   Bella fece come le avevo detto. Dopo qualche secondo disse:
   - Sento un odore che proviene da nord e che… mi fa bruciare la gola.
   - Esatto, Bella! Dimmi, uno solo o tanti?
   - Un odore solo… ma proviene da tante creature tutte insieme. Cos’è? Un branco…?
   - Brava. Un branco di cervi. Memorizza l’odore, è quello del loro sangue, per questo senti la gola bruciare. Sappi che l’odore del sangue umano è molto più forte, ma tu dovrai imparare a resistere.
   - Ho capito… cosa devo fare adesso?
   - Quello che ti dice l’istinto. Per quanto possa sembrarti strano, ora sei una predatrice. L’unica cosa a cui devi fare attenzione è l’odore: non devi perderne le tracce e non devi lasciarti distrarre dagli altri odori. Questo è importantissimo. La distrazione può essere un errore fatale nella caccia, potresti trovarti ad arrivare troppo vicino a degli esseri umani e perderesti il controllo. Hai capito?
   - Ho capito… ho paura, Jasper.
   Avevo sentito bene? Incredibile! Aveva paura! Ma era davvero diventata un vampiro?Prima aveva avuto paura di muoversi, come di offendere qualcuno, aveva promesso amicizia a Rosalie e ora aveva paura di cacciare… e io che pensavo di avere esperienza in fatto di neonati…
   - Bella non hai niente da temere da un branco di cervi, te lo garantisco! Saranno loro ad aver paura di te. Hai sete, non è vero? Concentrati sul pensiero della sete e vedrai che ti verrà tutto naturale.
   Ero meno convinto di quanto non facessi vedere. Non avevo mai sentito un vampiro neonato dire di aver paura di qualcosa, anzi, i neonati di solito erano del tutto irresponsabili… Per un istante mi chiesi addirittura se Bella sarebbe riuscita a cacciare.
   Poi Bella lasciò andare la mia mano, la vidi mettersi in posizione di caccia e partire: le corsi dietro, non dovevo assolutamente perderla di vista, e ci avvicinammo al branco ignaro. Bella si mise in posizione d’attacco: aveva individuato la preda. Un secondo più tardi balzò in avanti e si avventò su un cervo maschio. Il resto del branco fuggì, i cervi avevano intuito che non eravamo esseri umani, ma anch’io balzai in avanti e attaccai, finendolo con un solo morso, nel punto giusto la mia preda. Bella impiegò più tempo ad annientare la sua, d’altra parte non aveva esperienza.
   In lontananza sentimmo applaudire: era il solito Emmett, naturalmente, che faceva il tifo per Bella.
   Quando, dopo essersi dissetata, Bella si voltò verso di me, il suo vestito era macchiato di sangue.
   - Sono ridotta malissimo. – brontolò – Mi spiace per il vestito di Tanya. Allora sono stata brava?
   Mi avvicinai a lei e ancora una volta le presi la mano. Io non mi ero sporcato minimamente. – Sei stata molto brava, Bella, ma non capisco perché prima tu avessi paura. Non ce n’era alcun motivo.
   - Ricordi com’ero goffa e insicura da umana? Adesso mi sembra impossibile che tutto questo sia finito. Ho ancora l’impressione che tra un attimo inciamperò da qualche parte e Carlisle dovrà darmi dei punti di sutura! Adesso naturalmente ho capito che almeno dei cervi non mi devo preoccupare! Certo non credo che avrei il coraggio di andare a caccia di orsi come Emmett!
   - Ricordiamoci che Emmett non va semplicemente a caccia di orsi: va a caccia di orsi a primavera, quando sono più irritabili!
   Ridevamo tutti e due e di nuovo pensai che cacciare con Bella era stato divertente, piacevole.
   Poi Bella tornò seria:
   - E ora parliamo, Jasper.

Edward

   Alice continuava a cicalare con la sua voce da soprano mancato da più di un’ora e i nostri genitori la ascoltavano rapiti. Fortunatamente Charlie ci aveva dato un po’ di requie e aveva smesso di interrogarci, almeno per il resto della giornata. Per fortuna. Facevo una fatica tremenda a star dietro a tutte le sue domande, avrei tanto voluto potergli dire la verità e chiedergli perdono…
   Alice riferì del risveglio di Bella, di quanto fosse diventata splendida, della sua prima, riuscitissima caccia… cercò di passar sopra al fatto che la suddetta caccia fosse avvenuta quasi interamente mano nella mano con Jasper, ma io vidi lo stesso la scena nei suoi pensieri. Un ringhio sommesso mi si formò in gola: da qualche giorno mi esprimevo un po’ troppo spesso ringhiando… sapevo che non era molto elegante, ma non potevo e non volevo farci nulla.
   Ero diviso tra un odio insanabile verso Jasper che osava tenere per mano la mia Bella e… la sensazione che quella stessa donna che stava tenendo per mano non fosse affatto lei. Non riuscivo a far collimare l’immagine che vedevo nella mente di Alice (quella vampira così statuaria, così irrealmente perfetta) con il ricordo che avevo della mia piccola Bella: guance rosse, passi insicuri e goffi, capelli arruffati, occhi color cioccolato…
   Quella che si trovava a Denali e che stava imparando a cacciare cervi non era più la mia Bella.
   Lei, l’avevo perduta.


Cari lettori miei, scusate se ho lasciato in sospeso il dialogo tra Jasper e Bella, ma bisognava, purtroppo, dare un po’ di spazio al piccolo Edward: il dialogo tra i due protagonisti arriverà nel prossimo capitolo che è già quasi pronto (quindi arriva prestissimo) e avranno un bel momento insieme, promesso! Ciao!

Niniane

 

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Capitolo 8
*** Rivelazioni ***


Eccoci al tanto atteso dialogo tra Bella e Jasper. Sono stata tempestiva come promesso! Grazie di nuovo a chi ha letto e a chi ha letto e recensito fin qui, soprattutto alle mie fedelissime, siete meravigliose!

Capitolo VIII: Rivelazioni

Jasper
  
   - Sono stata una vera stupida, Jasper. Solo io posso farmi male con la carta da regalo! Ridicolo… ora sono un peso per tutti… non che prima non lo fossi… sono una calamita che attira disgrazie.
Con queste parole Bella iniziò a parlare. Potevo avvertire il suo senso di colpa e mi affrettai a consolarla.
   - Bella, sai anche tu che Carlisle, Esme, Alice ed Emmett ti vogliono molto bene. Sono felicissimi di averti in famiglia. Rosalie non creerà alcun problema e per quanto possa sembrarti strano, anch’io sono contento che tu sia con noi.
   - Jasper, - mormorò – cos’è successo esattamente? Voglio sapere tutto. La prima domanda è: chi è stato a mordermi?
   Davvero non lo sapeva, quindi. Avevo sperato che avesse capito da sola, che quella spiegazione mi sarebbe stata evitata, ma era destino che avessi tutte le sfortune. Probabilmente me lo meritavo. Bene, avrei affrontato anche quel momento, la reazione di Bella, tutto. Era giusto che fosse così. Presi un respiro profondo prima di rispondere.
   - Bella, perdonami… sono stato io.
   Nulla mutò nell’espressione risoluta di Bella.
   - Dimmi cos’è successo dopo.
   Le raccontai di ciò che avevamo fatto per portarla via, senza smettere di fissarla un solo istante. Sapevo che per quanto fino ad allora fosse stata controllata era pur sempre una neonata instabile.
   Le spiegai delle nostre decisioni, dell’indagine dei poliziotti e della visione di Alice, temendo ogni secondo di provocare in lei una qualche reazione incontrollata; e infatti non appena nominai, inevitabilmente, Charlie, l’esplosione che stavo aspettando arrivò.
   Bella lanciò un urlo e si lanciò di corsa tra gli alberi, verso la montagna che si ergeva davanti a noi. La seguii e un attimo dopo sentii altri passi dietro di me: erano Emmett, Eleazar e Kate che ci seguivano.
   Correvamo a tutta velocità nel bosco sempre più fitto e sentivamo Bella ringhiare davanti a noi. Era sconvolta, si distinguevano parole piene di angoscia e di dolore tra i suoi denti. Io potevo percepire tutta la forza del suo strazio: aveva perso suo padre e si rendeva conto di aver perso anche la madre e tutto il suo mondo.
   All’improvviso prima un albero, poi un altro si abbatterono al suolo e per un attimo tutti noi ci fermammo spaesati. Sentii Eleazar brontolare sul fatto che quello era il parco di Denali e che qualcuno avrebbe potuto indagare su come era potuto accadere che due alberi precipitassero senza motivo, ma non me ne curai. Accelerai ancora l’andatura e pregai Bella di fermarsi. Quando fui alle sue spalle lei si girò alla velocità della luce e mi ringhiò contro, mettendosi in posizione d’attacco.
   Ecco qualcosa a cui ero davvero preparato, finalmente! Il ringhio di un neonato! Adesso sì che sapevo cosa fare!
   Urgeva calmare Bella, perciò le ringhiai contro in risposta e immediatamente cominciai a muovermi prima a destra poi a sinistra, facendo ricorso alle tecniche di attacco più raffinate che conoscessi. Bella cercò di seguire i miei movimenti, sempre più confusa, gli occhi rossi che guizzavano da una parte all’altra. Ad un certo punto provò a scagliarsi contro di me, ma non riuscì a raggiungermi. Continuai a muovermi a destra e a sinistra finché, con un ringhio esasperato lei si calmò e abbandonò la posizione di attacco, limitandosi a incenerirmi con lo sguardo.
   - Va bene, Jasper Hale! – sbottò  – Ho capito che devo stare buona. Ho capito. Ma io… Charlie… - Bella si coprì il volto con le mani come se volesse piangere. Ma non poteva…
   Si avvicinò Kate che le sorrise, prima di porgerle la mano. Era rimasta un passo dietro di me, pronta a intervenire in caso di bisogno.
   - Mi dispiace molto Bella, so che dev’essere terribile. – disse - Naturalmente hai tutto il diritto di essere infelice e di sentirti sola. Ma ormai sei una vampira e devi adeguarti. Pensa che se lo desideri ancora, potrai restare per sempre con la famiglia che desideravi per te. Se vuoi rimanere con noi ti preghiamo solo di cercare di controllare la tua rabbia. Non serve a niente sradicare gli alberi, non ti farà tornare indietro nel tempo, mi capisci?
   Bella si raddrizzò, strinse la mano di Kate e ci guardò ad uno ad uno:
   - Farò del mio meglio. – disse – Mi dispiace per gli alberi…il pensiero del mio povero papà da solo a casa, senza la mamma vicino… oh, lo so che è a Forks adesso, ma se ne tornerà in Florida da Phil… Charlie non ha  altri figli, non ha nessuno e questo mi fa stare tanto male… ero pronta a perderlo naturalmente, ma non proprio così. Pensavo che in qualche modo mi sarei allontanata gradualmente da lui. Cercate di capirmi…
   Kate sorrise ancora: - Ti capiamo Bella… Anche per chi, come te, desidera a un certo livello la trasformazione, non è possibile ottenerla senza dolore, fisico e psicologico. Vuoi che torniamo a casa? – chiese gentilmente – Puoi cominciare a imparare a muoverti negli ambienti più piccoli e a maneggiare le cose.
   Intervenni con decisione: - Tra un momento Kate. Vi raggiungiamo tra poco, Bella è molto turbata, ha bisogno di un momento di calma.
   Quando Bella ed io restammo da soli tra gli alberi, mi avvicinai a lei e le presi la mano come avevo fatto durante la caccia. Lei capì e azzardò un sorriso triste.
   - Edward ed Alice staranno lontani molto a lungo vero? Era questo che volevi dirmi?
   - Arriveranno presto, vedrai. Appena sarà loro possibile. Se Charlie dovesse creare troppi problemi fuggiranno e basta.
   Bella sorrise, ancora un po’ triste.
   - Potrei parlare a Edward? Al telefono? – chiese.
   - Immagino di sì. Vuoi chiamarlo ora?
   Bella annuì e io estrassi il mio telefono dalla tasca della giacca. Composi il numero di casa e mi rispose Carlisle. La cosa mi parve immediatamente strana.
   - Pronto, Jasper? Come sta Bella? – chiese sollecito.
   - E’ qui con me, sta benissimo! Ora te la passo.
   - Pronto Carlisle? – trillò Bella – Che bello sentire la tua voce!
   - Bella, figlia mia, benvenuta in famiglia! Come ti senti?
   - Ancora un po’ spaesata, ma la mia prima caccia è andata bene.
   - Mi fa molto piacere! Alice ci ha riferito tutto quello che è successo da quando ti sei svegliata. Bravissima, Bella!
   - Potrei parlare con Edward per favore?
   Seguì un istante di silenzio teso. Poi, la risposta di mio padre mi raggelò.
   - No, Bella, mi dispiace.
   No?! Come sarebbe a dire no? Cosa diamine stava succedendo a casa?
   - Charlie sta mettendo sotto pressione la famiglia perché è convinto che Edward sia in qualche modo coinvolto nella tua sparizione. – spiegò Carlisle a Bella - Potrebbe mettere sotto controllo i nostri telefoni. Non si fida delle nostre spiegazioni ed è comprensibile, poveretto.
   Sia Bella che io restammo impietriti.
   - E poi, Bella non è lui l’unico problema. – continuò Carlisle con voce triste.
   Povera Bella, potevo sentire tutto il suo sconcerto, la sua delusione:
   - C… cioè? – chiese con voce spezzata.
   - Ascoltami, figliola: sai qualcosa del legame che c’è tra noi e la riserva indiana di La Push?
   Bella spalancò gli occhi, sgomenta: - L’anno scorso, il mio amico d’infanzia Jacob Black mi svelò, senza volerlo, la vostra natura e mi parlò di un patto che tu hai stipulato con gli anziani della tribù Quileute. Mi disse che loro erano licantropi e che c’era ostilità tra di voi. Ma non so altro…
   - Ti ha detto bene. Vedi, Bella, il patto prevede che noi non dobbiamo attaccare gli umani e che loro, i Quileute, non devono attaccare noi.
   Bella era sempre più confusa, io invece cominciavo a capire:
   - Perché dovrebbero attaccarvi?
   - Perché semplicemente i licantropi sono i nostri nemici naturali e possono combatterci. E’ nella loro natura. Ora, vedi, con la tua trasformazione noi abbiamo infranto il patto. Non sono stupidi, potrebbero averne il sospetto e almeno uno di loro è in grado di trasformarsi in lupo. Si chiama Sam Uley. Se trasformato ha un udito fine come quello dei vampiri, capisci? Oltre a lui potrebbero esserci altri licantropi. Se decidono di spiarci possono sentire le nostre telefonate… E io vorrei evitare una guerra, mia cara. Ho fatto il possibile per mantenere la pace tra noi. Già adesso stiamo correndo un grande rischio, se ti facessi parlare con Edward sarebbe peggio.
   Carlisle sospirò: - Alice non riesce a vederli bene… li vede in ritardo, per così dire. Non ci possiamo fidare del suo dono. Non ci rende in grado di prevedere le loro mosse.
   Era vero, maledizione! Alice vedeva i Quileute solo se erano particolarmente vicini al nostro territorio e sempre in maniera confusa. Probabilmente era una sorta di inconscia autodifesa da parte loro. Accidenti! Dovevamo preoccuparci di Victoria, di Laurent, dei Quileute… di Bella. Possibile che fossi riuscito a causare una tale quantità di problemi?
   - Quindi… quindi è meglio che io non abbia contatti con Edward per ora? – chiese Bella. Il suo tono pacato mi sorprese oltre misura: se fossi stato al suo posto sarei stato fuori di me per l’angoscia e la rabbia. Io, inoltre non avevo ancora minimamente pensato alla rottura del patto…
   - Mi dispiace, Bella… - mormorò mio padre – lo saluterò da parte tua e gli dirò che lo stai aspettando. Va bene? Ti prometto che vi daremo nostre notizie il prima possibile. Jasper? Salutami Emmett e Rose, anche da parte di Esme e Alice. Non preoccupatevi per noi, tutto si risolverà al meglio.
   Non sapevo cosa dire. Mi sembrava tutto talmente irreale.
   - Va bene… a presto, Carlisle. – dissi alla fine.
   - A presto, - aggiunse Bella nel ricevitore – e riferisci a Edward il mio messaggio.
   Bella chiuse la chiamata.
   Io rimasi dov’ero, silenzioso.
   Passò un secondo, forse due, non di più.
   Poi le sue candide braccia mi strinsero con forza lasciandomi totalmente sbalordito.
   Il mio potere parve non funzionare più. Sentivo che Bella era infelice, che si sentiva di peso per tutti, che aveva nostalgia di Edward, che aveva bisogno di conforto. Sentivo anche che mi stava stringendo un po’ troppo forte, sia per la rabbia che provava dentro di sé, sia perché aveva la forza di una neonata di poche ore.
   Le sue emozioni però erano tranquille come l’acqua in confronto alle mie. Bella mi stava abbracciando! Mi stava abbracciando!
   In quel momento mi parve incredibile, ma la verità era che non riuscivo a formulare nessun altro pensiero coerente mentre le mie braccia, spontaneamente, si chiudevano a formare un cerchio protettivo attorno alla sua vita sottile.

Oooooh, dolce dolce Jasper…
Prima che cominciate a bombardare di domande la povera Autrice (la quale è un po’ provata dallo studio e dallo scrivere e invoca una pausa di almeno 24 ore)  ALCUNE DELUCIDAZIONI!
  
- Ho volutamente modificato una caratteristica del dono di Alice: può vedere i licantropi, ma non bene, li vede quando è troppo tardi per prevedere le loro mosse. Questo spiega perché Carlisle ha il timore che i lupi se la prendano con la famiglia. Mi sono sentita di farlo perché questa storia è ambientata dopo Twilight, libro in cui del legame tra il dono di Alice e i licantropi non si parla assolutamente. Spero non disturbi, per il resto Alice è simile all’originale.
   - Se il comportamento di Bella vi lascia perplessi allora ho raggiunto il mio scopo! Non vi preoccupate, tutto ha un motivo.

   - Nel prossimo capitolo ci sarà ancora un avanzamento nella trama e vedremo ancora Bella, Jasper e Edward. Seguiranno due capitoli più brevi, ma pressoché paralleli, in cui avrete quella che spero sarà una GROSSA sorpresa!!

Bene, ho detto tutto, ora vi saluto e ci rivediamo probabilmente all'inizio della prossima settimana! Un abbraccio

Niniane

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Capitolo 9
*** Autunno e inverno ***


Eccomi tornata! Non potete dire che fin qui non sia stata veloce...
Con questo capitolo si chiude, idealmente, la prima parte della storia! Buona lettura!


Capitolo IX: Autunno e inverno

Alice

La visione tornò, per l’ennesima volta.
Confusa, enigmatica, criptica.
Mi tormentava da mesi ormai e non avevo avuto il coraggio di parlarne a Jasper. Per la prima volta in sessant’anni gli stavo nascondendo qualcosa. Soltanto Edward sapeva, perché aveva letto i miei pensieri e mi aveva promesso di non farne parola con nessuno.
Anche quella volta, niente di nuovo nella visione. Il mio abito di organza bianca era una macchia chiara tra le ombre. Poco distante da me, Jasper sorrideva sereno e la rosa bianca all’occhiello della sua giacca sembrava una stella lucente.
Io. Jasper. Matrimonio.
Avrei dovuto essere felice.
Allora perché non riuscivo ad esserlo? Perché quell’assurda sensazione di disagio continuava a tormentarmi?
Io ero la sposa, Jasper lo sposo. Uno più uno fa due. Semplicissimo.
Eppure dietro di noi c’era qualcun altro. Ombre indistinte.
Io ero la sposa, Jasper lo sposo. Ma il matrimonio era lo stesso?

Jasper

   Il tempo prese a scorrere in maniera stranamente veloce nelle settimane che seguirono il risveglio di Bella e fortunatamente ci fu almeno un risvolto positivo in tutta la faccenda: Laurent mantenne la parola. Riferì il nostro messaggio a Victoria, in Canada e tornò a Denali dopo una settimana che Bella si era trasformata. Ci disse che la femmina aveva reagito molto male alla notizia, per lei del tutto inaspettata, ma che sembrava essersi rassegnata all’evidenza e aveva addirittura lasciato il continente americano. Dopo questa dimostrazione di lealtà, con gran divertimento di tutti, Laurent si diede da fare per riconquistare Irina svaligiando letteralmente i negozi di fiori di tutta la regione senza alcun successo. Irina gli disse in tutte le lingue che non si fidava più di lui e che non sarebbe mai riuscita a fidarsi in futuro: aveva preso molto male il fatto che lui l’ avesse ingannata e si sentiva sciocca per aver tanto fantasticato sulla loro relazione. Tanya, armata di gentilezza, cercò di mediare un po’ tra i due innamorati, ma Kate appoggiò la sorella e mandò senz’altro a quel paese Laurent. Emmett invece, dopo la prima settimana di consegne floreali a domicilio decise che bisognava scommettere un dollaro al giorno sui colori dei fiori che sarebbero arrivati il giorno seguente. Devo dire che un paio di volte prendemmo tutti parte alla scommessa, divertendoci un mondo.
  In casa di Tanya, Bella si trovava chiaramente a suo agio. Aveva dovuto accettare in prestito e in regalo vestiti e oggetti dalle altre vampire e un po’ alla volta strinse amicizia con tutte loro. Carmen e Kate le erano particolarmente simpatiche. Il rapporto con Rosalie si approfondì gradualmente: Bella imparò ad apprezzare il carattere della sorella e comprese il suo punto di vista sulla nostra natura dopo che Rose le ebbe raccontato la sua storia. Anche se Bella aveva una visione notevolmente diversa e forse un po’ troppo idilliaca del nostro mondo, da quel momento iniziò a nutrire un grande rispetto per Rosalie e ad amare la sua forza di carattere, come anche il senso della giustizia che albergava in lei.
   Nei riguardi di Emmett, Bella aveva il classico atteggiamento della sorellina minore un po’ pestifera: quand’erano insieme non facevano che farsi scherzi e prendersi in giro a vicenda.
   Ciò che mi rese più felice in quel periodo fu il legame che si instaurò tra me e Bella.
   Il suo atteggiamento nei miei confronti era quello della sorellina minore che si affida al protettivo fratello maggiore. Per gran parte della giornata ci muovevamo insieme per andare a caccia o per passeggiare, qualche volta tenendoci per mano. Bella era una ragazza dolce, simpatica, altruista e molto posata, una caratteristica di lei che apprezzavo moltissimo. Ero felice di conoscerla meglio e di poterla trattare con più confidenza di prima sia per incoraggiarla nella caccia, sia per consolarla, cosa di cui aveva senz’altro bisogno. Le notizie che arrivavano da Forks in quel periodo sereno erano confortanti per tutti, tranne che per lei: Charlie proseguiva le ricerche senza posa, orientandosi soprattutto verso sud, dove c’erano grandi città in cui la criminalità era purtroppo molto elevata. L’unica pista possibile per la sparizione di una ragazza di diciotto anni sembrava essere il rapimento, ma Charlie non aveva ricevuto telefonate con richiesta di riscatto e nemmeno Carlisle, perciò gli investigatori temevano che il rapimento di Bella fosse avvenuto per altre cause, che mandavano in delirio il povero Charlie, angosciatissimo all’idea della sua bambina in mano a criminali spietati.
   E poi c’era Edward. Carlisle ebbe un'unica, breve telefonata con Eleazar in cui gli spiegò la situazione e per la prima volta in tanti anni ebbi l’impressione che mio padre fosse molto incerto sul da farsi e che si sentisse a disagio per una situazione che lui stesso aveva creato. Edward infatti era tornato a scuola, dopo che Esme l’aveva supplicato per una notte intera e nessuno sembrava aver notato nulla di strano in lui, a parte, l’evidente, immenso dolore per aver perduto la sua fidanzata. Tuttavia, dopo pochi giorni Carlisle aveva deciso senz’altro di ritirarlo dal liceo. Aveva detto a tutti che il figlio era come malato, che aveva spesso delle reazioni imprevedibili e che preferiva prendersene cura a casa. Charlie era stato d’accordo: il “povero ragazzo” era molto provato e bisognava dargli tempo. Così Edward era a casa, sempre davanti al pianoforte, ricordandosi a malapena di nutrirsi, perennemente muto e sciupato. A parte il divieto di Carlisle, sembrava che non avesse voglia di parlare con Bella né tanto meno di correre in Alaska da lei.
   Bella mi sconcertava ancor più di Edward. Sembrava accettare il comportamento del suo ragazzo senza fare una piega. Era evidente che stava benissimo con noi, anzi era evidente che era felice! Rosalie poteva essere incredula quanto voleva, ma io capivo che Bella aveva davvero desiderato diventare una vampira, per stare vicino a Edward. A Edward e a tutti noi! Voleva bene a tutti! Voleva bene a Emmett, a Rose e a me (incredibile), parlando di Alice era affettuosa e spiritosa, verso Esme e Carlisle era piena di rispetto e di dolcezza. Era piena di gentilezza verso ciascuno di noi, anche Irina che talvolta consolava con una parola gentile. Aveva ancora un po’ paura di Eleazar, ma tutto sommato, visto il personaggio, era una cosa normale.
   Tutti noi, a turno, cercammo di parlarle, di farle capire che se qualcosa l’affliggeva poteva dircelo, che non doveva fingersi felice se non lo era, ma l’unica risposta era sempre il suo sorriso gentile e l’affermazione di stare benissimo.
   Trascorsero tranquillamente due mesi. L’autunno a Denali, benché un po’ freddo, era un’esplosione di colori vivaci grazie tutta la vegetazione che vi si trovava e l’acqua dei piccoli fiumi rifletteva la luce del dorato sole di ottobre. Una vista che metteva tutti di buonumore.
   Novembre iniziò invece con giornate molto più fredde e grigie e nel giro di una settimana si poteva dire che l’inverno fosse arrivato almeno in Alaska. Benché il freddo ci lasciasse del tutto indifferenti indossammo abiti più pesanti, per abitudine o per seguire la moda, a seconda dei casi.
   Quando iniziò a nevicare ci divertimmo a fare a palle di neve, tutti contro tutti o divisi in squadre. Emmett fantasticò a lungo sulla caccia all’orso bianco prima che gli ricordassimo che si trattava di una specie protetta e che avrebbe fatto meglio ad accontentarsi di altre prede.
   Se non fossimo stati sempre in apprensione augurandoci di ricevere qualche notizia da Forks, sarebbe stata una bellissima vacanza.
    Ai primi di dicembre, in virtù del suo grande autocontrollo, per Bella giunse il momento di avventurarsi al di fuori dell’isolamento di Denali. Circondata dalle altre vampire iniziò a fare piccole gite che la portarono in luoghi poco abitati nei quali restava sempre più a lungo via via che i giorni passavano. Eleazar, sempre il più preoccupato tra noi, iniziò ad ammorbidirsi un po’ e ad ammettere che sì, Bella era veramente affidabile. L’unica cosa che lo infastidiva era che Bella non avesse ancora iniziato a lavorare sul suo scudo mentale ( “è indispensabile che impari a utilizzare questo suo dono, ho passato secoli a cercare nuove reclute per Aro e tutti quello che ho trovato non vedevano l’ora di dimostrare la loro abilità…”) ma tutti noi eravamo d’accordo nel dirgli che era più importante per Bella imparare a controllare la sete, che non lo scudo. Per quello si poteva aspettare.
   A Natale, Rose ed Emmett rientrarono a Forks per qualche giorno, con la scusa delle vacanze del college. Io rimasi a Denali per non lasciare Bella da sola: anche se i nostri amici le piacevano molto, la sua famiglia eravamo noi Cullen e non mi andava di abbandonarla.
  Charlie, che non perdeva ancora le speranze di ritrovare Bella e si dava da fare praticamente giorno e notte interrogò anche Emmett e Rose. Convinto com’ era che la nostra famiglia dovesse essere in qualche modo coinvolta nel caso, non aveva ancora dato a Carlisle il permesso di lasciare la città o di far andar via Edward e Alice. Al loro ritorno, i miei fratelli ci riferirono che Charlie era distrutto dal dolore e che Carlisle cominciava a temere che le sue ricerche l’avrebbero portato a scoprire che la nostra famiglia aveva qualcosa di strano a maggior ragione se avesse deciso di coinvolgere l’FBI.
   Con l’arrivo di gennaio, Bella era in grado di muoversi senza troppe difficoltà tra gli umani.

Edward

   I lupi da tenere d’occhio erano tre. Si chiamavano Sam, Paul e Jared ed erano uno nero, uno grigio e uno marrone. Li vedemmo più volte, da lontano, durante le nostre battute di caccia. Non ci diedero mai alcun fastidio, anche se per me non era facile udire i loro pensieri, terribilmente  chiassosi.
   - Sono sicuro che sono stati loro! – pensava Paul, una testa calda come non ne avevo mai viste – Quella ragazza non può essere sparita senza motivo dopo essere stata in casa loro, io dico che dobbiamo attaccarli e ucciderli tutti!
   - Paul è proprio fuori. – pensava Jared, più cauto – Quelli ci fanno a pezzi, sono in quattro e ci sono anche gli altri! E poi Bella se l’è cercata, sapeva chi erano, lo sapeva di sicuro… io non la definirei una vittima.
   - Basta! – imponeva Sam, il capo branco – non abbiamo alcuna prova che siano stati loro. E senza prove non attaccheremo proprio nessuno. Chiaro?
   Carlisle aveva ragione a temerli, ma io non potevo dirmi altrettanto preoccupato. Se si fosse arrivati a uno scontro avrei lottato, naturalmente, per la mia famiglia. Magari avrei anche potuto considerare l’idea di non ammazzare Jasper e di perdonarlo. Mai però avrei potuto perdonare me stesso.
   La colpa di quanto era successo a Bella era mia prima che di mio fratello, non facevo che ripetermelo da mesi. Non avrei mai dovuto permettere a Bella di avvicinarsi a me e alla mia famiglia. Io ero un vampiro, un immortale, un assassino, una creatura dannata per l’eternità.  Bella era solo una ragazzina dal cuore puro che si era innamorata di quella che credeva essere la perfezione, ingannata dalla mia bellezza esteriore. E io me n’ero approfittato.
   Senza volerlo, naturalmente. Quando l’avevo portata a casa mia, per farle conoscere la mia famiglia adottiva, mai avrei creduto di potermi stancare di lei. Se avessi avuto anche solo un lievissimo dubbio al riguardo non mi sarei comportato così.
   Invece… ora che Bella era diventata come me, ora che non era più una fragile umana, mi rendevo conto di non amarla più. Non l’avevo mai amata, era stata solo un diversivo che aveva riempito per un po’ il vuoto della mia esistenza. Ero stato attratto dal suo profumo soave, dalla sua innata fragilità e dall’impossibilità di leggerle nel pensiero.
   Come avevo potuto essere così egoista? Io che avevo fatto il possibile per non essere un mostro ero peggio di un mostro perché avevo ingannato Bella, quella ragazzina che mi aveva amato al punto da volermi donare la sua vita umana pur di stare con me.
   E ora mi trovavo a Forks, ancora a Forks ad aspettare che la minaccia dei licantropi passasse, che Charlie smettesse di interrogarmi, che fosse possibile andarsene.
   Che cos’avrei detto a Bella quando l’avessi vista? Dove avrei trovato il coraggio di guardarla negli occhi?
   Cadeva la neve a Forks e a Denali. Tutto secondo le previsioni di Alice…

Vi prego con tutta la gentilezza di cui sono capace di lasciarmi delle recensioni, se avete letto la storia fin qui per aiutarmi a capire se vi piace. L'intreccio non è facile e io ci sto mettendo molto impegno, davvero, per creare una fic almeno dignitosa, se non bella. Alle mie fedelissime sostenitrici dico ancora un grazie e aggiungo che ho un certo timore a pubblicare il seguito perché credo sarà piuttosto inaspettato per tutti.
Allora, quanti problemi aperti in questo capitolo: Victoria sarà scomparsa davvero? Laurent riconquisterà Irina? Qual'è il senso della visione di Alice? Cosa sta succedendo tra Bella e Jasper? e tra Bella e Edward come finirà? Se leggerete ancora saprete il seguito!

AVVISO!!! I prossimi due capitoli, come già detto, sono paralleli perciò LI PUBBLICHERO' INSIEME tra qualche giorno!! Si intitoleranno FUGA e INSEGUIMENTO: attenzione quindi a non leggere direttamente il secondo altrimenti non riuscite a capire.

Bene, dopo questo discorso logorroico che avrà annoiato tutti...
Un abbraccio affettuoso!

Niniane

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Capitolo 10
*** Fuga ***


Capitolo X: Fuga

Volterra, 1 febbraio ore 9 a.m.

   Il palazzo era avvolto nella consueta atmosfera sommessa. Nessun rumore fastidioso, nessun parlare a voce troppo alta. Heidi sarebbe tornata solo nel pomeriggio, portando con sé una comitiva di turisti stranieri. Fino a quel momento non ci sarebbe stato alcuno strepito, solo passi troppo lievi per essere uditi dagli esseri umani e conversazioni bisbigliate.
   Aro percorreva serenamente i lunghi corridoi affrescati che conducevano all’ala est del palazzo, dove aveva creato il suo alloggio privato, seguito solo da Renata e da Jane, con cui conversava amabilmente. La giovanissima vampira non gli staccava gli occhi di dosso nemmeno per un istante e bevevo ogni parola che usciva dalle sue labbra.
   A metà di un piccolo corridoio, una porticina nascosta in una delle pareti si aprì dolcemente e un giovane vampiro biondo, avvolto in un mantello quasi nero avanzò con grazia verso il capo dei Volturi.
   - Mio signore? – disse il nuovo venuto, inchinandosi rispettosamente – Mi dispiace disturbarti, ma si tratta di una questione della massima importanza.
   Aro sorrise con calore: - Mio caro Alec, so che non mi disturberesti mai se non si trattasse davvero di qualcosa di urgente. Ebbene, dimmi.
   - E’ appena arrivata una vampira alle porte del palazzo. Sembrava non sapere assolutamente come comportarsi con noi, ma voleva entrare ad ogni costo. Felix e Demetri l’hanno fermata e lei continua a chiedere di poter parlare con te e con le loro signorie Caius e Marcus.
   - Una vampira? Dimmi, mio caro amico, non siamo forse persone beneducate? Come mai ti sento dire “una vampira” e non “una signora”? Immagino che stiamo parlando di qualcuno che io conosco.
   Jane rise, Alec invece abbassò il capo in segno di scusa, poi si giustificò:
   - Veramente mio signore io non l’ho mai vista. E’ una neonata.
   - Cosa? - la voce di Aro cambiò bruscamente tono – Una neonata in libertà a Volterra in pieno giorno? Com’è potuto accadere?
   - Non lo so, mio signore.
   Sul volto di Aro spuntò un sorriso divertito: - Meno male che siamo in inverno e non c’è il sole! – disse - Demetri e Felix l’hanno fatta entrare?
   - Sì, mio signore, per non correre rischi. La vampira in ogni caso è sola e sembra soprattutto spaventata. Non so chi sia, ma non credo rappresenti un pericolo. Tuttavia ho notato un particolare strano in lei.
   - Sarebbe?
   - I suoi occhi non sono color cremisi… sono color arancio.
   - Interessante. – Aro sorrise, mellifluo - Sono molto curioso, amico mio, molto curioso. Ordina che la facciano entrare, la riceverò immediatamente e sono sicuro che anche i miei fratelli vorranno partecipare. Jane, mia cara vorresti avvisarli?
   - Subito, mio signore – rispose Jane con entusiasmo, già incamminandosi. Era sempre felice di eseguire un ordine di Aro.
   - Riferirò a Felix e Demetri il vostro comando, mio signore. – aggiunse Alec inchinandosi di nuovo.
   - Molto bene. E dimmi, Alec, ce l’ha un nome questa misteriosa neonata?
- Mio signore, ha detto di chiamarsi Isabella Marie Swan.

Bella

   Avercela fatta mi sembrava inverosimile. Quasi due giorni di viaggio, due giorni di tortura, circondata da ignari esseri umani che avrei potuto attaccare da un momento all’altro… eppure ce l’avevo fatta, grazie anche all’aiuto del mio scudo. Avevo viaggiato per ore, in aereo, e avevo tenuto fede al giuramento fatto a me stessa: che non avrei ucciso nessun essere umano, ad ogni costo.
   Organizzare il viaggio era stata la cosa più semplice. Avevo acquistato i biglietti aerei online, usando il piccolo controcorrente che i Cullen avevano voluto intestarmi a tutti i costi, nonostante le mie proteste, dicendo che avevo perso tutto per diventare come loro e che avrei potuto avere bisogno di denaro. Un regalo dei miei nuovi fratelli, che alla fine si era rivelato utile. Avevo trovato una scusa per uscire da Denali e andare ad Anchorage con Carmen e lì l’avevo seminata, fuggendo verso l’aeroporto dove ero riuscita a prendere il volo per un pelo. Ero partita a sera e il mattino seguente ero arrivata a Chicago, dove, fortunatamente, il sole era coperto dalle nubi. Da lì, dopo altre dodici ore di viaggio ero arrivata a Londra e poi, finalmente, la mattina del giorno dopo, a Firenze. Per raggiungere Volterra avevo dovuto noleggiare un auto e avevo guidato il più velocemente possibile, rimpiangendo le macchine super potenti dei Cullen.
   Il viaggio che avevo fatto andava contro ogni logica: avrei potuto accorciarlo in mille modi. Risi, istericamente, ripensando al mio arrivo a Londra… passare dall’Inghilterra per arrivare in Italia… solo io potevo scegliere un percorso del genere. 
   Per quanto assurdo però, quel percorso mi aveva portata a destinazione ed ero lì, sola, nell’androne di un palazzo sconosciuto ad aspettare che si decidesse della mia vita o della mia morte.
   Sola, sola, sola.
   Il mio cellulare, altro regalo dei Cullen era finito nella spazzatura, dall’altra parte del globo. L’avevo buttato a malincuore, per non sentirlo squillare. Per non dover sentire le suppliche di Alice che aveva visto la mia decisione, per non cedere alla tentazione di chiamare Rose o Esme e di chiedere loro perdono, o di chiamare Jasper e di implorarlo di riportarmi a casa. Senza telefono ero davvero sola e non sapevo più nulla della mia famiglia di vampiri.
   Ingannare Alice e impedirle di vedere la mia decisione di partire per l’Italia era stato difficile, ma sapevo di potercela fare, perché l’avevo già fatto una volta, a Phoenix. Sapevo che presto o tardi avrebbe visto tutto, ma mi auguravo di averla disorientata per un po’ con la scelta delle tappe. Mi ero sforzata di non pensare alla meta finale fino a Londra. Evidentemente il trucco aveva funzionato perché a Volterra ci ero arrivata e da sola. Mi sforzavo di esserne contenta.
   Mentire a Jasper aveva richiesto ogni briciola di autocontrollo che avessi. Sapevo, sempre grazie all’esperienza di Phoenix, che era possibile nascondergli il mio stato d’animo, ma allora si era trattato solo di poche ore. Mentire per mesi era ben altra cosa. Immaginavo che avesse sentito la mia confusione, la mia nostalgia di Edward, il mio dolore. Non potevo sperare che non percepisse queste cose da parte mia. Jasper non era solo empatico, era anche un ragazzo profondo, protettivo, incredibilmente dolce e sensibile. Mi era stato accanto per mesi come un vero fratello. Anche senza il suo dono avrebbe capito che non ero felice come volevo far credere. Eppure ero riuscita a mentire abbastanza bene anche a lui, perché mai aveva sospettato che io volessi fuggire da Denali. Nessuno, nemmeno Eleazar che tanto desiderava leggermi nel pensiero.
   Mi abbracciai le ginocchia e cercai di non cedere alla paura e alla disperazione. Ormai la mia famiglia mi stava sicuramente cercando. Potevo solo sperare che Aro, Marcus e Caius agissero in fretta, prima che la mia famiglia intervenisse. E perché avrebbero dovuto aspettare? Cosa avrebbe potuto importare a loro di me e del mio destino?
   Non avevo aggiunto il cognome Cullen a Swan nel presentarmi. Come compagna e un giorno moglie di Edward avrei potuto, solo che io non ero né l’una né l’altra cosa.
   Avevo detto a Jasper di ricordare solo vagamente la trasformazione e avevo finto di non sapere neanche chi mi avesse morso. In realtà ricordavo molto bene. Nei giorni seguenti al mio risveglio, la mia mente organizzatissima di vampira aveva recuperato e rielaborato i ricordi, creandone un puzzle completo. Jasper mi aveva morso; Edward aveva detto che sarei diventata un mostro; Edward si era dato la colpa di tutto; Edward aveva detto che avrebbe preferito vedermi morta piuttosto che come lui. Ma soprattutto, Edward non mi aveva seguita in Alaska. Prima che Emmett mi portasse via, non mi aveva detto una singola parola. Non aveva cercato di seguirmi, non aveva insistito per venire con me. Né allora, né dopo. L’ultimo ricordo che avevo di lui era la sua voce rotta e disperata che mi parlava, prima di trasformarsi in un ringhio pieno di rabbia e di odio verso suo fratello, ma anche verso il mondo dei vampiri, il mio nuovo mondo.
   Edward non mi amava più e io l’avevo capito davvero quando Carlisle mi aveva vietato di parlagli. Sapevo che aveva le sue buone ragioni per farlo, rispettavo il suo desiderio di mantenere la pace con i Quileute almeno il più a lungo possibile se non per sempre… ma l’Edward che mi aveva protetta da James non si sarebbe arreso tanto facilmente, sarebbe corso in Alaska da me per starmi accanto, correndo qualunque rischio. Nei giorni seguenti avevo sperato che chiamasse, sarebbe bastata una telefonata di pochi secondi a rassicurarmi. A poco a poco la consapevolezza di aver perso l’amore della mia esistenza mi si era piantata nel cuore come una scheggia di vetro. Non avevo avuto bisogno di conferme da parte sua o degli altri: avevo capito da me che tra noi qualcosa si era rotto per sempre.
   Avevo deciso che senza Edward la mia eternità non avrebbe avuto alcun senso.
   Ma ormai ero una vampira: non avrei più potuto morire, se non con l’aiuto di altri. Sarei andata a cercare Victoria se avessi saputo dove trovarla. Oh, sarebbe stata felicissima di uccidermi! Victoria però era sparita nel nulla e cercarla avrebbe insospettito Alice che avrebbe visto qualcosa. Inoltre avrebbe potuto essere vicina come lontana e non potevo rischiare di essere raggiunta dagli altri mentre ero sulle sue tracce.
   Un altro ricordo umano era affiorato alla mia mente: Edward che mi diceva che se io fossi morta a causa di James sarebbe morto anche lui, dopo di me…
   L’alternativa a Victoria erano i Volturi.
   Il loro nome, da solo, bastava a incutermi terrore.
   Non era stato difficile trovarli: una volta entrata a Volterra erano state le loro guardie a trovare me e a portarmi al loro palazzo segreto. In quanto neonata, probabilmente ero giudicata pericolosa per la città.
   Non sapevo ancora cosa avrei detto o fatto, non sapevo quasi niente di Aro e dei suoi fratelli. Probabilmente la soluzione migliore sarebbe stata dire la verità.  
   - Aro ti riceverà subito. – mi disse il vampiro alto e magro che si chiamava Demetri, con un sorriso ambiguo – A quanto pare sei fortunata. Seguimi, Isabella.
   Lo seguii.

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Capitolo 11
*** Inseguimento ***


Ricordo a tutti che questo capitolo è stato pubblicato insieme al precedente. Accertatevi di non averne saltato uno. Buona lettura!

Capitolo XI : Inseguimento

Alice

Apparve all’improvviso, come un fulmine a ciel sereno. Stavo cercando la visione sul mio matrimonio, per l’ennesima volta, quando dal nulla uscì un’altra scena che mi invase la mente.
Vidi Bella viaggiare su un aereo per fuggire lontano da Denali. La vidi prendere un volo transoceanico. Non riuscii a capire se si trattasse di un futuro vicino o lontano e non potei trattenere un urlo. La visione si dissolse e fu sostituita da immagini fugaci che mi rivelarono lo stato di grave indecisione di Bella e il suo desiderio di non farmi vedere le sue intenzioni.
Edward vide la stessa scena nei miei pensieri e i nostri sguardi spaventati si incontrarono.

Rosalie

Denali, 30 gennaio ore 8 p.m.

Il mio cellulare squillò allegramente e io risposi con calma, leggendo il numero di Carmen. La sua voce concitata mi fece trasalire.
   - Rose… io non so come sia potuto succedere… Bella è fuggita!
   - Cosa stai dicendo, Carmen? Fuggita dove? – chiesi balzando in piedi dalla poltrona dov’ero sprofondata.
   Dal giardino, Emmett e Jasper arrivarono di corsa, attirati dalle mie parole.
   - Siamo passate vicino all’aeroporto di Anchorage, ci dovevamo passare… e all’improvviso si è fiondata fuori dall’auto ed è corsa all’interno… Ho provato a seguirla, ma mi ha seminata, l’ho trovata mentre faceva un check-in, ho provato a parlarle, ma lei si è limitata a chiedermi perdono e poi… è corsa via, l’ho persa in mezzo alla gente e non potevo seguirla senza destare sospetti negli umani.
   - Ma dove andava?
   Carmen sembrava sul punto di piangere: - Rose… ha preso un volo per Chicago!
   Non fece in tempo a finire la frase che sentii Jasper chiedere a uno stupefatto Eleazar di prestargli l’auto più veloce che avevano. Quanto a me, ero assolutamente basita.
   - Jasper, è pieno inverno, solo le slitte possono uscire da Denali… - provò a dire Eleazar a mio fratello – E poi non vorrai arrivare a Chicago in auto!
   - Carmen, - dissi, sforzandomi di apparire sicura - torna qui al più presto, non c’è niente che tu possa fare adesso. Solo Alice può dirci quali sono le intenzioni di Bella.
   Chiusi la comunicazione e in quello stesso istante anche il telefono di Jasper squillò.
   - Alice? – rispose concitato – Sì, Carmen ha chiamato…
   La voce argentina di Alice prese a dare istruzioni senza perdere neanche un secondo:
   - Bella non vuole fermarsi a Chicago, ha intenzione di prendere un altro volo. Vuole andare oltreoceano, in Europa.
   - Ma perché, Alice? – pregò Jasper – Perché?
   - Non vedo bene, Jazz! Bella sta giocando con le mie visioni, mi sta nascondendo la meta finale! Vedo solo che è indecisa, confusa, spaventata… Ci ha nascosto qualcosa, finora, ci ha ingannati tutti quanti!
   - Che cosa dobbiamo fare? – intervenne Emmett che come al solito odiava stare con le mani in mano nelle difficoltà.
   - L’unico modo per riuscire, forse, a raggiungerla presto è provare ad accorciare il viaggio. Dovete raggiungere New York…
   Jasper si fiondò fuori di casa; noi ci guardammo l’uno l’altro senza parole per lo shock.
   Kate fu la prima a riprendere conoscenza:
   - Rose, Emmett, dovete andare anche voi, ma non prima di aver ricevuto altre istruzioni da Alice. Se Bella sta giocando con le sue visioni e sta viaggiando in aereo non ci sono tracce da seguire, possiamo solo aspettare.
   Annuii e tornai a sedermi cercando di raccogliere le idee, cosa che mi risultava un po’ difficile in quel momento anche se ero una vampira. Emmett si sedette accanto a me e mi circondò con le sue braccia forti e sicure. Ci stavamo ponendo entrambi la stessa domanda: perché mai Bella aveva deciso di abbandonarci? Così, senza una parola… Dove diavolo aveva intenzione di andare?

Chicago, 31 gennaio ore 6.40 a.m.

Jasper

   Sebbene in aereo fosse vietato usare i telefoni cellulari, quando Alice mi chiamò risposi subito.
   - Jazz? Bella sta volando verso Londra!
   - Londra? E cosa c’è a Londra?
   - Niente di speciale. Sta cercando di nascondermi la sua meta finale, ti posso solo dire che non si fermerà neanche lì.
   - Ti prego, Alice, tesoro, concentrati, dobbiamo assolutamente trovarla.
   - Lo so. Ci sto provando con tutte le mie forze. – La voce della mia compagna si fece improvvisamente triste.
   - Alice che cosa c’è? Vedi altro? – chiesi angosciato.
   - No, niente di diverso. Ti chiamo appena ho novità.

   Trascorsero ore prima che mi richiamasse e l’aereo sembrava volare al rallentatore. Il mio pensiero andava costantemente a Bella: perché era fuggita? Perché ci aveva abbandonati? Perché mi aveva abbandonato?
   Ero già arrivato a New York quando finalmente le novità arrivarono…
   Dal tono della voce di Alice capii immediatamente che erano tutt’altro che buone.
   - Si è fatta sfuggire la sua meta finale… sta andando in Italia. – disse Alice in un soffio.
   Italia per me significò immediatamente una parola sola: Volturi. Alice parve leggermi nel pensiero:
   - Sì, Jazz, hai capito bene… Bella vuole andare dai Volturi…
   Poco mancò che un ringhio uscisse dalle mie labbra, lì, in mezzo all’aeroporto. Perché?
   - Vuole chiedere di morire. – sussurrò Alice.
   Se avessi avuto un cuore avrebbe cominciato a battere all’impazzata. Tutto mi fu chiaro in un istante: Bella non era mai stata felice con noi, aveva finto di esserlo era riuscita a ingannare il mio dono ancora una volta. O più probabilmente l’aveva sfruttato a suo vantaggio: la calma che ogni tanto le inviavo per aiutarla a controllare la sete, le era servita per disciplinare le proprie emozioni e non farmi sentire quanto fosse disperata in realtà. Non avevo sospettato niente. Niente!
   Mi sentii invadere dal dolore e dal senso di colpa. Se Bella desiderava porre fine alla sua esistenza allora voleva dire che Edward aveva avuto ragione? Bella non voleva più essere una vampira?
   Posi l’unica domanda a cui Alice avrebbe potuto darmi una risposta:
   - Quando?
   - Io non…
   - Quando? Alice, quanto tempo abbiamo?
   - Sarà lì domani mattina. Hai il tempo di prendere il volo per Firenze… forse ce la facciamo.

Più tardi in volo, la richiamai. Sapevo di averla trattata in modo brusco e non riuscivo a perdonarmelo. Non avevo mai risposto sgarbatamente ad Alice.
   - Scusami tesoro, - dissi appena lei alzò il ricevitore – sono stato molto brusco prima. Perdonami.
   - Non importa, Jazz. – Alice sembrava molto più serena di prima – l’importante è salvare Bella. Ho visto che abbiamo tempo. Aro la tirerà per le lunghe, sarà affascinato dalla sua storia e dal suo dono. Non vorrà ucciderla. E in ogni caso, Bella non potrà uscire dal palazzo finché non farà buio, quindi hai tempo fino a domani sera per raggiungerla… se non cambia qualcosa. Esme e Carlisle vorrebbero partire anche loro, ma gli ho detto che è troppo pericoloso. Rose e Emmett invece ti stanno seguendo, ho dato loro istruzioni per raggiungerti.
   - Alice, perché Bella ci sta facendo questo? Io credevo… credevo che fosse felice! E perché sono io a cercare di salvarla e non Edward? Dov’è quel maledetto egoista?
   - Sono qui. - intervenne a sorpresa la voce di mio fratello.
   - Jasper, io non posso salvarla. – mormorò Edward -  Sapevo che non avrebbe accettato la sua nuova condizione. La colpa è mia, io l’ho portata a questa trasformazione e il nostro legame non è sopravvissuto… io e Bella non eravamo destinati a vivere insieme in eterno e ora lei nemmeno vuole vivere… è tutta colpa mia e non so come rimediare… se anche la salvassi dai Volturi cosa potrei dirle poi?
   Interruppi quel flusso di frasi incoerenti sbottando: - Edward, non ho mai conosciuto un uomo più egoista e immaturo di te, né umano, né vampiro!

Volterra, 1 febbraio ore 14.00 p.m.

   La città incombeva, meravigliosa e terribile allo stesso tempo.
   Per l’ultima volta chiamai Alice e le dissi che ero arrivato, che avrei raggiunto Bella al più presto. Lo sapeva già, ma voleva dirmi qualcos’altro.
   - Quando troverai Bella, - mi disse serena – fa’ quello che il tuo cuore ti dirà di fare.
   L’affermazione di Alice mi lasciò perplesso: - Cosa intendi dire, Alice?
   - Jazz, ti fidi di me? – chiese con voce dolce
   - Sempre. – affermai con sicurezza.
   - Allora fidati anche questa volta. E stai attento… Ti prometto che andrà tutto bene. E Jazz… ti prego, riportala a casa.
   - Te lo prometto, Alice. A presto.
   - A presto, tesoro mio.
   Entrai in città.

   All’Autrice sarebbe piaciuto molto postare questi due capitoli senza dire neanche una parola, ma come avrete intuito è un’ipersensibile e proprio non ce la fa a stare zitta, perdonatela!
   Se i capitoli vi sono piaciuti potete tirare un primo sospiro di sollievo perché Jazz sta per raggiungere Bella. Ora però dovrà strapparla dalle grinfie dei Volturi… nei prossimi capitoli!
   Se i capitoli non vi sono piaciuti… cestinate serenamente la storia. Mi sento convinta di ciò che ho scritto anche se so di aver fatto un cambio di scena azzardato. Ho sempre immaginato la storia con dentro questo passaggio e credo che così debba restare. Sappiate comunque che nella descrizione del viaggio di Bella c’è una certa autoironia dell’Autrice, la quale sa benissimo di aver fatto fare un giro dell’oca alla protagonista!!! Se ci sono incongruenze portate pazienza.
   Un grazie di cuore alle mie sostenitrici Orsacchiotta Potta Potta, Camilla L, Nanerottola, Argentea e dany60! Siete fantastiche! Grazie per le loro recensioni anche a Frego, fria, lenny87, Karima e Meme__! A presto!

Niniane

 

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Capitolo 12
*** Nella sala delle udienze ***


Innanzitutto ringrazio di cuore tutte le mie care lettrici che hanno recensito gli ultimi due capitoli!! Che ci crediate o no avevo davvero paura che non vi piacessero per niente! Invece sono addirittura stata accusata di volervi causare un infarto coi miei colpi di scena! (Argentea e Frego state bene??)
Niente infarti per carità, leggete invece questo nuovo capitolo dopo un bel respiro profondo! Grazie alle mie fedelissime lettrici, in particolare
Camilla L, senza cui questa storia non sarebbe stata pubblicata e a Orsacchiotta Potta Potta per le sue divertentissime recensioni!
Buona lettura!


Capitolo XII: Nella sala delle udienze

Bella

   Demetri e Felix mi scortarono attraverso corridoi sempre più bui e freddi e non impiegai molto a capire che l’edificio in cui ero entrata non era altro che una copertura per il palazzo vero e proprio che evidentemente si trovava sotto terra. La temperatura si abbassò sempre di più mentre scendevamo, ma dopo alcuni minuti il percorso ricominciò a salire finché ci ritrovammo in un corridoio ben illuminato e decorato splendidamente. Sembrava appartenere molto più ad un antico castello che a un edificio in una città moderna. Porte laccate in oro si aprivano a entrambi i lati di esso e da qualche parte un impianto stereo diffondeva nell’ambiente musica barocca, aumentando in me l’impressione di essere capitata in un’altra epoca.
   Le mie guardie del corpo non mi staccarono gli occhi di dosso nemmeno per un istante e non mi rivolsero la parola per tutto il tragitto. Il corridoio terminava con una sontuosa scalinata in marmo bianco che conduceva ulteriormente verso il basso. Mentre scendevamo mi chiedevo a che altezza ci trovassimo rispetto al terreno. La temperatura rimase elevata: evidentemente i Volturi amavano le comodità, anche se non avevano alcun bisogno del calore. Al termine della scalinata, un altro breve corridoio, più sobrio del precedente, terminava con una porta laccata in bianco e oro. Due giovani vampiri l’aprirono al nostro passaggio.
   La stanza in cui entrammo era immensa e circolare, dal pavimento in marmo chiaro. Fui sorpresa di vedere piccole finestre dai vetri colorati che rischiaravano leggermente l’ambiente. Le pareti erano altissime, il soffitto era affrescato ancor più sontuosamente dei corridoi.
   Sul lato opposto rispetto all’entrata, tre alti troni erano posti su una piattaforma e dietro di essi c’erano due seggi più piccoli. Sui tre scranni più alti erano accomodati tre vampiri maschi, sugli altri due invece erano adagiate due femmine.
   - Dunque ecco Aro, Marcus e Caius, -  pensai  - e quelle devono essere le mogli di due di loro.
   Capii subito chi fosse Aro, non solo perché l’avevo visto nel quadro nello studio di Carlisle, ma anche perché sedeva sul trono centrale. Una giovane vampira era in piedi alle sue spalle e reggeva un lembo della sua mantella come se avesse paura che il capo dei Volturi si allontanasse da lei. Quello alla sinistra di Aro doveva essere Caius, a giudicare dalla lunga barba bianca che gli scendeva sul petto. L’altro, Marcus, aveva gli stessi capelli neri di Aro e un’espressione annoiata sul viso.
   Nella sala c’erano altri vampiri, circa una ventina tra maschi e femmine: il nostro ingresso interruppe bruscamente le loro conversazioni sussurrate.
   Avanzai, sempre guardata a vista da Felix e Demetri. Nel frattempo, il giovanissimo vampiro chiamato Alec e una vampira che gli somigliava moltissimo si avvicinarono ad Aro e gli si affiancarono, uno da un lato e una dall’altro. Nel guardare i volti bellissimi e imperturbabili del gruppetto radunato intorno al signore dei Volturi, ebbi l’impressione di trovarmi davanti a un quadro che ritraesse un padre circondato dai propri figli… o di un re circondato dai suoi cortigiani.
   Poi Aro parlo, con una voce che mi sorprese, delicata, dolce e molto esile: - Benvenuta a Volterra, mia giovane amica.
   Non sapendo cosa rispondere mi limitai a chinare il capo.
   - Non devi essere timida, - disse ancora Aro, sorridendomi con fare rassicurante – se sei venuta per farci una richiesta puoi parlare liberamente. Prima però vorrei sapere qualcosa di te.
   Il vampiro si alzò, seguito dalla giovane che gli stava alle spalle e si avvicinò a me. Sebbene fino a quel momento avesse parlato in modo molto gentile ero già terrorizzata da lui, perché ne intuivo la pericolosità, mascherata da modi garbati e signorili. Cercai di non farmi prendere dal panico e di ricordare perché mi ero messa in quella situazione estrema.
   - Isabella è uno splendido nome. – commentò Aro quando fu dinnanzi a me – Ora ti prego, mia cara, dammi la mano.
   Esitai, senza comprendere. Che cosa voleva?
   - Giusto, tu non mi conosci ancora. – sorrise lui, notando la mia indecisione – Vedi, Isabella, con il tocco della mano io posso sentire i pensieri degli altri. Tutti i pensieri che una persona abbia mai concepito, passati e presenti. Ascoltando i tuoi pensieri potrò conoscere la tua storia risparmiandoti la fatica di raccontarmela. Un dono utile, il mio, non trovi?
   La nuova scoperta aumentò il mio terrore: cosa sarebbe successo se, come Edward e Eleazar, non fosse riuscito a sentire i miei pensieri? Avrebbe creduto che volessi nascondergli qualcosa?
   Forse però il suo potere era diverso, più potente di quelli che avevo conosciuto fino a quel momento. Dopotutto Aro era considerato il signore di tutti i vampiri…
   Cercando di mostrarmi sicura di me, allungai la mano verso la sua, già tesa in avanti.
   Aro rimase in attesa per qualche secondo, tenendo la mia mano, gentilmente, ma con fermezza. Poi un misto d’incredulità e di divertimento gli si dipinse in volto.
   - Curioso! – esclamò – Marcus, Caius, è incredibile! La nostra Isabella possiede uno scudo mentale così potente che non riesco a sentire i suoi pensieri! Non mi era mai successo di incontrare un dono che riuscisse a opporsi al mio! Non è una scoperta straordinaria?
   Rimasi allibita dal suo sfacciato entusiasmo: che fosse un tranello? A giudicare dalle loro espressioni, l’una annoiata, l’altra seccata, né Marcus, né Caius trovavano la cosa "straordinaria".
   Prima che potessi darmi una risposta, Aro riprese: - Isabella cara, sei consapevole di avere questo dono?
   - S-sì… - balbettai, chiedendomi dove fosse andata a finire la mia voce trillante di vampira – ma non lo so usare. Non nascondo volontariamente i miei pensieri agli altri.
   Aro annuì pensieroso, poi disse: - Temo che dovrai raccontarmi tutta la tua storia dall’inizio.
   Sapevo che avrei dovuto farlo in un modo o nell’altro, così gli obbedii.
   Fu semplice parlare di Bella Swan, l’umana goffa e insicura che aveva lasciato Phoenix dopo il secondo matrimonio della madre, per andare a vivere a Forks con il padre. Più difficile fu raccontare di come avesse conosciuto i Cullen, di come si fosse innamorata di Edward e di come un incidente l’avesse portata alla trasformazione. A questo punto il racconto fu interrotto bruscamente da Caius:
   - Quindi i Cullen hanno rivelato la nostra esistenza a un’umana? Questo significa infrangere la nostra prima legge!
   - Non sono stati loro a rivelarmi cosa fossero, - spiegai timidamente – sono stata io a capirlo, facendo alcune ricerche.
   - E comunque – intervenne con calma Aro – ora Isabella è una di noi e questo problema non esiste più. Ah, il caro Jasper! Non riesco a immaginarmelo cacciare animali e infatti Isabella è la prova vivente di questo! Ho sempre detto che Carlisle combatte una battaglia persa con la sua dieta vegetariana! La nostra natura vuole che ci nutriamo del sangue umano… ma lui si ostina a non volerlo accettare. Ammiro molto la sua costanza, ma cercare di imporre questa scelta ad altri vampiri mi sembra… bizzarro.
   - La famiglia Cullen gestisce molto bene la sua scelta di vita, - sussurrai – la colpa di ciò che mi è successo è stata solo mia.
   - E cosa sei venuta a chiedere ai Volturi, Isabella Marie Swan? – chiese Caius – qualcosa per conto della famiglia Cullen?
   - No. – mormorai, sentendomi soffocare di nuovo dalla paura.
   - Fratello, la stai spaventando. – lo rimproverò gentilmente Aro – Lascia che ci dica il resto.
   Il resto era qualcosa di estremamente difficile da dire, eppure dovevo parlare. Tutti i volti della mia famiglia mi sfilarono davanti: Carlisle, Esme, Rosalie, Emmett, Alice, Jasper… Edward. Per l’ultima volta, pensai angosciata.
   Raddrizzai le spalle e mi sforzai di parlare chiaramente:
   - La scorsa primavera rischiai di morire per una caduta dalle scale. Edward, in seguito, mi disse che se fossi morta, mi avrebbe seguita anche lui, chiedendo a voi di dargli la morte. Diceva che senza di me non sarebbe sopravvissuto. Ora invece non mi ama più. Il nostro legame è finito con la mia trasformazione… e la mia eternità senza il suo amore non ha più alcun senso. Sono qui per chiedervi di farmi morire, non come punizione, ma come atto di pietà. Io non sono nulla per voi, vi prego, esaudite la mia richiesta e poi dimenticatevi di me.
   Inevitabilmente le mie parole suscitarono una reazione di sorpresa e un brusio sommesso serpeggiò in tutta la sala. Probabilmente non si erano mai trovati in una situazione simile.
   Aro alzò una mano per placare il mormorio e i suoi occhi scarlatti mi scrutarono attentamente.
   - E’ una strana richiesta. – disse.
   Caius gli si affiancò in un baleno.
   - Aro, non perdiamo tempo in discussioni, - disse – se è ciò che vuole lasciamo che muoia.
   - Calma, fratello. – rispose Aro. Poi si volse verso Marcus e gli chiese cosa pensasse della mia richiesta.
   - Non saprei che decisione prendere, - rispose Marcus in tono neutro – Sento che la ragazza ama molto i Cullen. E il suo potere è davvero notevole.
   - Giusta osservazione, Marcus. – disse Aro annuendo – Vedi, Isabella, - mi spiegò - Marcus è in grado di sentire i legami tra le persone e ha percepito l'affetto che ti lega ai Cullen. Fratelli, credo che sia meglio esaminare la cosa con calma e…
   In quel momento si udì uno strepito provenire dal corridoio dietro la porta. Felix e Demetri si precipitarono immediatamente fuori. Gli altri vampiri si fecero immobili. Mi chiesi chi fosse riuscito a turbare la calma innaturale che regnava in quell’ambiente fuori dal mondo.
   Una voce sconosciuta e imperiosa ordinò: - Portatelo dentro! Dato che vuole raggiungere a tutti i costi la neonata, che sia giudicato insieme a lei!
   La porta si riaprì ed entrarono sei vampiri: Felix, Demetri, altri tre che non conoscevo e al centro del gruppo, trattenuto a forza dagli altri… Jasper.
   I suoi occhi dorati incontrarono i miei e per un attimo mi parve che tutto il mio mondo tornasse al suo posto. Quegli occhi erano la cosa più bella che avessi mai visto in tutta la mia esistenza. Erano gli occhi dei Cullen. Se fossi morta potendoli vedere per l’ultima volta non avrei avuto paura.
   Guardai affascinata Jasper che con un ringhio minaccioso riusciva a scrollarsi di dosso le guardie che lo tenevano bloccato. Era forte e veloce, molto più di quanto immaginassi. Felix cercò di intrappolarlo di nuovo, ma Jasper si liberò in pochi secondi dalle sue braccia possenti. Demetri e gli altri lo circondarono, pronti a rispondere ai suoi attacchi. Temetti che scoppiasse una lotta e accolsi con sollievo il richiamo all’ordine di Aro.
   Le guardie si calmarono all’istante.
   Jasper si rilassò e senza degnarle di un altro sguardo si volse verso di me:
   - Bella… - disse in un soffio, la voce tenebrosa carica di sollievo.
   Forse ne avevo passate troppo negli ultimi due giorni per essere lucida, forse era solo la felicità di poter rivedere uno dei miei cari.
   Non potei resistere al richiamo di quel suono meraviglioso e dimentica di quello che ci stava accadendo mi gettai tra le sue braccia.
   Jasper mi abbracciò a sua volta e io respirai a fondo il suo profumo intenso e virile, sentendomi improvvisamente viva come non lo ero da mesi. La stretta delle sue braccia era infinitamente rassicurante e se chiudevo gli occhi potevo fingere di essere ancora a Forks o a Denali, circondata dai miei cari e non lì, a Volterra, a chiedere di morire, questa volta senza possibilità di rinascita.
   - Sono qui, Bella… - sussurrò Jasper tra i miei capelli – Sono qui, andrà tutto bene, te lo prometto.
   Provai a rispondergli, per chiedergli perdono, per dirgli quanto fossi dispiaciuta per tutti i problemi che avevo causato alla sua famiglia, ma mi posò un dito sulle labbra e sorrise.
   - Ora lascia che parli io, mia piccola Bella.

Ebbene, la parola a Jasper… nel prossimo capitolo!!!
Ringrazio ancora tutti coloro che stanno seguendo questa storia! Aggiornerò al più presto!
Ciao!!

Niniane

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Capitolo 13
*** Scegliere ***



Rieccomi! Per chi volesse rileggerlo, ho modificato leggermente il capitolo precedente perché ho visto che mancava qualche precisazione qua e là... Grazie a tutti coloro che stanno seguendo questa storia! Siete fantastici davvero!
Buona lettura!


Capitolo XIII: Scegliere

Bella

   - Potrei sapere qual'è il significato di tutto ciò?
   Nel porre la domanda, Aro mantenne un tono di voce gentile e garbato, ma cominciavo a conoscere il suo modo di esprimersi e intuii che dietro l’educata richiesta si celava un comando. Mi irrigidii tra le braccia di Jasper e lo strinsi più forte.
   - Mio signore, - rispose uno dei vampiri che lo aveva trascinato all’interno della sala – questo qui voleva entrare a tutti i costi… Ci ha chiesto di condurlo da te e di mostrargli dove fosse lei, la neonata. Gli abbiamo detto che non potevi essere disturbato, ma non ha voluto sentir ragioni. E’ riuscito a entrare, ha semidistrutto l’ufficio di Gianna e si è lanciato giù per i corridoi… conosceva già il percorso forse…
   - Siete degli inetti! – tuonò Caius all’indirizzo delle guardie – Possibile che senza Felix e Demetri non siate capaci di fermare neanche un vampiro solitario?
   Jane e Alec risero insieme. Aro posò una mano sulla spalla del fratello.
   - Caius, sai bene quanto me che Jasper Whitlock non è un vampiro qualsiasi, ma un combattente d’eccezione! Anch’io sono stupito, però: non era mai accaduto che un solo vampiro, per quanto forte e veloce, tenesse testa a cinque membri della mia guardia… non è una giornata memorabile? Abbiamo appena scoperto una neonata dalle potenzialità incredibili ed è venuto a trovarci anche il maggiore Whitlock! O forse ora dovrei dire "il maggiore Cullen", mio caro Jasper?
   - Veramente al momento mi chiamo Jasper Hale, - rispose amabilmente Jazz – ma il modo in cui decidi di chiamarmi non ha alcuna importanza. Ciò che adesso conta è la ragione per cui sono qui.
   Mentre Jasper parlava, una piccola parte di me notò che eravamo ancora abbracciati. Per un istante pensai che fosse opportuno staccarmi da lui, ma la me stessa irrazionale, totalmente in balia della disperazione e della paura si rifiutò di obbedire al richiamo della ragione. Se i Volturi avessero esaudito la mia richiesta, che male ci sarebbe stato ad abbracciare forte il proprio fratello per l’ultima volta? Anche Alice avrebbe capito, ne ero certa.
   Mi chiesi cosa significasse il riferimento al "maggiore Whitlock" e mi resi conto all’improvviso di non sapere assolutamente nulla del passato di Jasper. Edward mi aveva parlato di lui solamente in termini molto vaghi e nei mesi che Jasper e io avevamo trascorso a Denali non gli avevo mai chiesto niente di più preciso, se si escludeva la mia osservazione sulle sue cicatrici poco dopo il mio risveglio. Jasper non aveva mai mantenuto la promessa di raccontarmi la sua storia, né io gliel’avevo ricordata, presa com’ero da me stessa e dalle mie decisioni. Che razza di sorella ero stata! Prima l’avevo costretto ad allontanarsi da Forks e soprattutto da Alice e poi non avevo neanche cercato di conoscerlo veramente a fondo.
   Jasper doveva avermi giudicata un’egoista. Eppure era lì con me, mi teneva tra le braccia e non sembrava disposto a lasciarmi andare.
   - Dunque, Jasper  – riprese Aro, strappandomi alle mie riflessioni – che cosa ti porta a Volterra?
   Jasper soffocò un ringhio: - Come puoi chiedermelo? Lei! Bella Cullen!
   Rimasi sconvolta nell’udire il mio nome così modificato. Aro invece parve molto divertito:
   - La nostra amica ha detto di chiamarsi Isabella Marie Swan. – osservò.
   - Questo è il suo nome da umana. – replicò Jasper – Da quando si è trasformata noi la consideriamo una Cullen. Carlisle l’ha sempre considerata una figlia e anche Esme.
   - Ah, Carlisle ha sempre dimostrato di avere un gran cuore, se così si può dire di un vampiro! – sospirò Aro – Non dubito che abbia accolto a braccia aperte una nuova figlia. Cosa mi dici invece di Edward? Bella sostiene che lui non l’ama più.
   Jasper mi lasciò andare con delicatezza e mi guardò negli occhi.
   - Ti sbagli, Bella! – disse con forza, rivolgendosi a me soltanto.
   Tutto l’autocontrollo che mi ero imposta fino a quel momento fu spazzato via dalle sue parole.
   - Non mentirmi! – urlai, incurante dei presenti – Almeno tu, Jasper! Sai benissimo che sto dicendo la verità! Edward ha detto che avrebbe preferito vedermi morta piuttosto che trasformata in una di voi! Io l’ho sentito! E quando avrei avuto bisogno di una parola di conforto in più da parte sua lui ha ringhiato! Non mi ha seguita in Alaska, non ha fatto nulla per starmi vicino…
   Jasper cercò di superare le mie urla con la sua voce profonda: - Bella, Carlisle ti ha spiegato il problema del patto…
   - Non provare a difenderlo! – strillai – So benissimo che Carlisle ha agito con le migliori intenzioni, ma non vorrai farmi credere che Edward non avrebbe potuto disobbedirgli, volendo, infilarsi in una delle vostre dannate auto e raggiungermi, stare con me anche solo per un’ora! Quand’ero una piccola, stupida, fragile umana era sempre in pensiero per me, non mi lasciava mai sola. Adesso non mi vuole neanche vedere! Tu questo lo chiami amore? Emmett correrebbe qualunque rischio pur di vedere Rose ogni giorno e neanche tu abbandoneresti Alice per mesi…
   Jasper spalancò gli occhi. Mi interruppi, consapevole di aver detto un’enormità: Jasper aveva abbandonato Alice per stare accanto a me e insegnarmi a cacciare, a controllare la sete, a vivere la mia nuova esistenza. Sentii aumentare in me il senso di colpa nei suoi riguardi. Come aveva fatto a resistere lontano dalla sua compagna per tutto quel tempo?
   Jasper approfittò del fatto che avessi smesso di urlare: - Se Edward non ti ama più, se davvero è così e sappi che non sarò io a darti una risposta definitiva – disse, misurando le parole – la colpa non è tua. La  trasformazione vi ha dato la possibilità di stare insieme per sempre, ma lui sembra intenzionato a buttare via quello dovrebbe essere il suo tesoro più prezioso. Si sta comportando come un ragazzino immaturo e non è necessario il mio dono per capire quanto tu stia soffrendo a causa sua. Anche se non ti amasse davvero più però… - la sua voce melodiosa si incrinò: - Bella, non devi morire per lui. Non devi farlo! Noi non possiamo perderti!
   “Noi non possiamo perderti” disse la voce di Jasper.
   “Io non posso perderti” dissero i suoi occhi.
   Non credevo che avrei potuto sentirmi ancora più scossa di quanto non lo fossi già. Lo sguardo dorato di Jasper era inchiodato al mio e se fossi stata umana avrei sentito il sangue galoppare nelle vene.
   Io non posso perderti… No, dovevo aver immaginato tutto.
   Alla mia sinistra sentii un fruscio e quando mi voltai vidi che Marcus aveva toccato con la sua, la mano di Aro, evidentemente per fargli sentire i suoi pensieri. Il signore dei Volturi scoppiò a ridere.
   - Ah ah ah! Non c’è dubbio, è una giornata davvero strana! Miei cari – disse, rivolgendosi a me e Jasper – Marcus è sbalordito dall’intensità del vostro legame! Dice che raramente capita di riscontrare qualcosa di simile nella nostra razza! Dimmi Jasper, se per ipotesi io accogliessi la richiesta di Bella, tu cosa faresti?
   La risposta di Jasper fu un ringhio.
   - Combatterò contro tutte le tue guardie a una a una se lo farai! – annunciò.
   Mi sentii vacillare: - No, Jasper! – implorai, cercando di abbracciarlo di nuovo – Ti prego, non farlo! Torna a casa, da Alice, ti prego… è stata una mia scelta!
   - Zitta Bella! – mi ordinò bruscamente, respingendomi – Non ho intenzione di abbandonarti qui, mettitelo in testa!
   - Non scaldarti, mio valoroso amico! – disse Aro, sorridendo – Io non ho alcuna intenzione di esaudire il desiderio di Bella.
   Sia Jasper che io lo guardammo interrogativamente.
   - Vedete, - spiegò Aro, serafico – trovo che eliminare Isabella sarebbe come gettare via un gioiello di valore. Il suo scudo è potente e può diventarlo ancora di più con un giusto addestramento. Mi piacerebbe moltissimo che Bella si unisse a noi.
   Anche Jasper mi ha sorpreso. Non avevo notato, nei nostri precedenti incontri, che ormai risalgono a due secoli fa, quanto fosse abile nel combattere. Un elemento simile nel corpo di guardia ci sarebbe molto utile.
   Perché non rimanete qui, miei cari ospiti? Bella avrebbe la possibilità di dimenticare Edward vivendo lontana da lui e Jasper potrebbe tornare a essere un soldato. Oh, naturalmente se la dolce Alice volesse raggiungere il suo compagno sarei ben felice di accogliere anche lei… e lo stesso varrebbe per Edward, se scegliesse di rimanere accanto a Bella!
   Al mio fianco Jasper si irrigidì, ma quando parlò la sua voce era gentile: - Ti ringrazio dell’offerta, Aro, ma non posso accettare. Se restassi con voi dovrei tornare alla vecchia…dieta. Non voglio farlo. Quanto ad Alice, so che non sarebbe mai felice qui. E lo stesso vale per Edward e Bella.
   Si voltò verso di me e compresi che desiderava sentire una conferma da parte mia.
   - Non volete proprio accettare la mia richiesta? – chiesi. Le mie parole mi parvero senza senso nel momento stesso in cui le pronunciavo.
   - Mia cara, sarebbe un’azione imperdonabile! – esclamò Aro – Hai tutta l’eternità davanti, perché gettare al vento una simile possibilità! Accetta tu, piuttosto il mio invito a restare qui a Volterra!
   - Non posso. – risposi timidamente. – Ti ringrazio dell’offerta, ma ho giurato a me stessa che non avrei ucciso nessun essere umano. So che non condividi il mio punto di vista, ma non posso cambiarlo. Se proprio devo vivere, resterò con i Cullen.
   Guardai Jasper in cerca di sostegno e lui annuì, circondandomi le spalle con un braccio.
   Aro sospirò, dispiaciuto.
   - Se siete sicuri, allora al tramonto potrete andare. Spero comunque che penserete ancora a ciò che vi ho detto.
   - Un momento! – intervenne Caius – Chi ci assicura che questa neonata non ci darà problemi in futuro? Se è decisa a morire potrebbe commettere qualche sproposito rivelando la propria esistenza agli umani, o potrebbe impazzire e diventare incontrollabile.
   - Garantisco io per lei, Caius. – rispose Jasper pacato – I Cullen se ne  prenderanno cura.
   - Vi è già sfuggita una volta. – obiettò l’altro.
   - Non accadrà più, lo giuro.
   - Se dovesse accadere – disse Caius guardandomi dritto negli occhi – allora noi interverremo e la uccideremo. Chi mette in pericolo la nostra razza infrange la legge e deve essere soppresso.
   - Non commetterò spropositi. – sussurai, rivolgendomi direttamente a lui.
   - Allora dopo il tramonto siete liberi di andare. – disse Aro a mo' di congedo – Felix, Demetri? Scortate Bella e Jasper fino all’ingresso. Arrivederci spero, e portate a Carlisle i miei saluti.

   Il tragitto lungo i corridoi sotterranei mi parve molto più breve che all’andata. Mi sentivo esausta, incerta sulle gambe e se non fosse stato per il braccio di Jasper che mi sorreggeva sarei perfino caduta. Non era un problema di equilibrio: avevo vissuto un esperienza terribile ed era la mia mente ad essere provata.
   Mentre Felix e Demetri, silenziosi e guardinghi ci scortavano verso l’uscita del palazzo guardai Jasper. Lo guardai davvero, per la prima volta e rimasi sconcertata rendendomi conto di essere affascinata da lui. I suoi capelli dorati erano così folti e splendenti che provai la tentazione di accarezzarli per sentirne la morbidezza; i suoi occhi profondi e sinceri erano due pozze d’oro liquido in cui mi sembrava di annegare. Forse era solo la mia immaginazione, ma mi sembrava perfino di scorgere qualche traccia dell’antico azzurro nell’iride. Jasper era più alto e muscoloso di Edward e nonostante le cicatrici era di una bellezza che toglieva il fiato. E il suo profumo…
   Scossi la testa, scacciando quei pensieri poco opportuni. Jasper mi aveva appena salvata da me stessa e dai Volturi, era stato l’eroe della storia e probabilmente questo mi stava suggestionando. Dovevo evitare di comportarmi come un’adolescente in preda alle tempeste ormonali: una volta fuori di lì avrei dovuto affrontare la realtà, cioè Edward e la mia famiglia di vampiri. Soffermarmi a pensare a quanto fosse bello il compagno della mia sorella preferita, Alice, non mi sarebbe servito a niente.
   Cercai di concentrarmi sul percorso e quando ci trovammo nell’ingresso dell’edificio, mi si presentò davanti una scena inaspettata.
   L’ufficio della giovane segretaria umana dei Volturi sembrava essere stato colpito in pieno da una bomba. La furia di Jasper aveva rovesciato i mobili, crepato le pareti e sfondato le porte. Non c’era traccia di Gianna, evidentemente si era rifugiata da qualche altra parte.
   In mezzo a quella desolazione vidi Emmett e Rosalie.
   - Bella! – gridò Rose correndomi incontro e abbracciandomi stretta – Sei viva! Stai bene? Sei ferita?
   - Oh Rose… - singhiozzai – mi dispiace… mi dispiace tanto… io volevo solo… io… io…
   - Shhh, Bella non parlare! – mi confortò Rose, accarezzandomi i capelli come farebbe una mamma con la sua bambina – Ora è tutto finito, ci siamo noi con te. Non aver paura Bella, tutto andrà meglio d’ora in avanti.
   Annuii, guardandola con gratitudine. Emmett mi si avvicinò e mi posò le mani sulle spalle.
   - Bella, - disse, con una voce seria che non gli avevo mai sentito prima – non farmi mai più una cosa del genere. Ho temuto di perdere la mia sorellina minore. Prometti che d’ora in avanti non ci nasconderai più niente?
   - Ci proverò, te lo prometto... - dissi e lui mi strinse in uno dei suoi abbracci da orso, mentre Rose abbracciava il suo quasi gemello. Forse fu proprio la richiesta di Emmett, così decisa e accorata a farmi capire che potevo farcela. Edward magari non mi amava più, ma i suoi fratelli mi volevano bene e avevano attraversato mezzo mondo per impedirmi di commettere una pazzia. Mentre uscivamo dal palazzo le braccia di Rose e di Jasper mi sostenevano e io compresi che in un modo o nell’altro avrei ricominciato a vivere.
   
   Oooook, sospiro di sollievo, ce l’hanno fatta! Adesso devono tornare a casa…
   Per il prossimo aggiornamento dovrete aspettare il prossimo fine settimana, credo, perché sebbene il mio più grande desiderio sia passare 24 ore al giorno al pc a scrivere, proprio non lo posso fare e la stesura degli ultimi capitoli ha portato via del tempo prezioso ai miei Studi… sob…
 Spero di vedere le vostre recensioni puntuali come sempre!
Un abbraccio e buona domenica!

Niniane

 

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Capitolo 14
*** Affetto fraterno e altre emozioni ***


Evviva, ce l’ho fatta!! Ho sfornato un nuovo capitolo! Essendo mezza ammalata infatti, ho pensato GIUSTAMENTE di passare la serata di ieri a scrivere invece che a riposarmi…
Come sempre ringrazio tutti coloro che mi stanno seguendo! Buona lettura!

Capitolo XIV: Affetto fraterno e altre emozioni

Do You Know
Where you're going to?
Do you like the things?
That life is showing you
Where are you going to?
Do you know?

Do you get
What you're hoping for?
When you look behind you
There's no open doors

What are you hoping for?
Do you know?

Diana Ross: “Do You Know?”


Edward

   - Jazz ce l’ha fatta! Ha raggiunto Volterra e presto parlerà con Aro! – esclamò finalmente Alice e la vidi precipitarsi ad abbracciare Esme che aveva trascorso le ultime dodici ore in un tremendo stato d’ansia. Come tutti noi del resto.
   Carlisle arrivò dal suo studio e le abbracciò entrambe.
   Non fui particolarmente stupito del fatto che nessuno abbracciasse me.
   I pensieri dei miei familiari erano più che manifesti.
   - Edward, egoista, egoista che non sei altro, è tutta colpa tua se Bella ha fatto questa pazzia, se fossi un po’ più alta e un po’ più forte te le darei di santa ragione! – pensava la piccola Alice.
   - Come ha potuto mio figlio comportarsi in modo così irresponsabile nei confronti della sua compagna? Non capisco, ho sempre pensato di averlo educato in modo esemplare… - La costernazione di Carlisle.
   - Edward è stato trasformato troppo giovane, ho sempre pensato che fosse così… non è colpa sua, ha cercato per decenni di rendersi migliore e ci è riuscito, eccome se ci è riuscito… adesso però ha sbagliato, come accade a tutti i giovani… - Esme era comprensiva, ma anche molto addolorata.
   Se mi concentravo riuscivo a sentire anche quello che pensavano gli altri miei fratelli, in Italia. Ci riuscivo perché i loro pensieri erano letteralmente urlati.
   - Ammazzerò Edward se alla mia sorellina succede qualcosa!
   Sapevo che Emmett non parlava sul serio, ma sentire la sua rabbia mi fece ugualmente male.
   - Possibile che Edward non sappia far altro che comportarsi in modo melodrammatico quando dovrebbe essere qui?! – Rosalie. Anche lei! Era diventata così protettiva nei confronti di Bella… che ironia. Pensare che prima la odiava.
   I pensieri di Jasper erano talmente caotici che non provai neanche a decifrarli, sebbene la tentazione di farlo fosse forte. Temevo di sentire i rimproveri che mi avrebbero dato il colpo di grazia.
   Solo la mente di Bella restava muta, come sempre.
   I suoi erano gli unici pensieri che avrei voluto sentire in quel momento. Il non poterli ascoltare mi parve una giusta punizione per il male che le avevo fatto.
   Alice intanto continuava a infierire, la sua voce strillava nella mia testa... finché d’improvviso una forza più grande di lei la fece tacere.
   I suoi occhi si velarono e il suo corpo si immobilizzò.
   Vidi quello che lei vedeva, nei suoi pensieri.
   La visione era la stessa di sempre, ma ancora più nitida dell’ultima volta: Alice era vestita da sposa e Jasper da sposo e tutti e due sorridevano felici. Dietro a loro però c’erano altre ombre.
   No, altre due ombre. Una era l’ombra di un uomo, l’altra di una donna.
   Lo shock mi fece dimenticare per un momento tutto il mio dolore.
   Alice era la sposa, Jasper lo sposo. Ma il matrimonio non era lo stesso.
   Come diamine…?
   Dopo pochi secondi mia sorella si riprese e non ci fu bisogno di parole. Era giunta alla mia stessa conclusione.
   - Credo che sia meglio tenere d’occhio la situazione a Volterra. – disse, semplicemente, come se ci fosse stato bisogno di ricordarcelo.
   - Cosa c’è, Alice? Cos’hai visto? – chiese Esme, prendendole una mano.
   - Niente, non vi preoccupate. Era una cosa che riguarda un futuro lontano, non c’entra niente con Volterra.
   Alice sì allontanò e io rimasi da solo con i nostri genitori, sommerso dalla sua angoscia oltre che dalla mia.

   Uscii di casa e decisi che avrei fatto bene ad andare a caccia. Avevo bisogno di sfogarmi e di non sentire, almeno per qualche minuto le voci degli altri nella mia testa. Finì che rimasi fuori per alcune ore. In realtà tenevo sempre d’occhio la situazione, pregavo che tutto finisse bene, che Bella uscisse sana e salva da Volterra insieme a Jasper…
    Quando finalmente sentii la gioia traboccare dai pensieri di Alice capii che l'incubo doveva essere finito e mi diressi a tutta velocità verso casa.
    Ero appena arrivato al fiume quando vidi mia sorella che mi correva incontro. Mi fermai dov’ero e aspettai che mi raggiungesse.
   Alice mi raggiunse e mi guardò per un lungo istante. Non parlò, ma io potei vedere nella mia mente Jasper e Rosalie che guidavano Bella fuori dal palazzo dei Volturi, seguiti da Emmett. Un’ondata di sollievo mi invase e mi trovai a sorridere per la prima volta dopo mesi. Bella era salva!
   - Edward, - disse Alice con cautela – ascoltami. Ho visto che tra qualche giorno li raggiungeremo in Alaska. Tu verrai con noi, naturalmente e cercherai di dire qualcosa di sensato a Bella.
   Alaska. Bella. Chiarimento.
   Mi ci volle qualche secondo per assimilare il concetto. Il sollievo che avevo provato poco prima mi abbandonò.
   - Quando dovremmo partire? – chiesi, ostentando una disinvoltura che non avevo.
   - Tra una settimana. Dico sul serio Edward, dovrai cercare di dire a Bella qualcosa che valga la pena di essere ascoltato, perché altrimenti troverai ben poca comprensione da parte nostra.
   Alice mi guardava negli occhi, decisa e aperta com’era sempre stata. Capii che anche se era arrabbiata, a modo suo stava cercando di aiutarmi perché mi voleva bene come una vera sorella. D’un tratto sentii un disperato desiderio di farmi capire, almeno da lei.
   - Ascolta, Alice, - dissi con un sospiro – io ti giuro che non ho mai voluto che si arrivasse a questo. Ho sempre cercato di agire per il meglio.
   - Un conto è quello che tu hai voluto, altra cosa è la realtà, Edward. So che non hai ancora un’idea chiara di cosa dire a Bella perché continui a pensare al passato e a chiederti dove hai sbagliato e come siete arrivati a tutto questo. Beh, è troppo tardi! Avresti dovuto pensarci prima! Ora è tuo dovere lasciare da parte i tuoi ma e i tuoi se, vivere nel presente e cercare di rimediare a ciò che tu stesso hai provocato. Perché tu lo sai, vero, che il tuo comportamento non è stato migliore di quello di Jasper?
   Ringhiai sommessamente. Non avrei voluto farlo, almeno non davanti a Alice, ma ogni volta che qualcuno pronunciava il nome di Jasper nasceva in me un tremendo desiderio di spaccare qualcosa…
   - Lo vedi? – sbottò Alice, più arrabbiata di prima – Continui ad accusare lui perché ha trasformato Bella, quando sai benissimo che è stato un incidente. Un incidente! Tu però non hai questa scusante, mi dispiace!
   A quel punto il mio orgoglio mi impose di difendermi.
   - E tu invece? – chiesi più duramente di quanto in realtà non volessi – Tu non devi a Jasper qualche spiegazione? Sono mesi che gli nascondi quella visione!
   L’espressione risoluta di Alice non mutò: - Certo che gli devo qualche spiegazione! Quando ci rivedremo intendo dargli tutte le spiegazioni che merita. Anche se questa visione mi fa stare male non sono una vigliacca, Edward!
   Mi sedetti su un masso e mi presi la testa tra le mani.
   - Siamo proprio in una brutta situazione, tutti e due. - dissi
   - E’ vero, - mormorò lei – ma in qualche modo ne verremo fuori. In qualche modo.

Bella

   Aspettai che fossimo usciti da Volterra per cominciare a parlare. Assurdamente, temevo che le guardia dei Volturi fossero ancora dietro di noi, silenziose, attente a ogni nostra parola e pronte a riferire ad Aro. Solo quando le mura della città furono alle nostre spalle mi convinsi che il mio terrore era ingiustificato e che tutti noi potevamo respirare di sollievo.
   - Rose, Emmett? – azzardai. Entrambi si voltarono verso di me: Emmett era alla guida dell’auto che ci avrebbe portati all’aeroporto di Firenze e Rosalie era seduta al suo fianco.
   - Sì Bella?
   - Quando… quando siete arrivati?
   Rosalie mi sorrise, materna:
   - Abbiamo seguito Jasper, tutto qui. Fortunatamente i voli di collegamento tra l’Ovest e l’Est degli Stati Uniti sono molto frequenti. Poi, diciamo che abbiamo avuto un po’ di fortuna, siamo riusciti a saltare su un aereo per l’Italia che partiva con un ritardo di quattro ore…
   - … e per finire abbiamo noleggiato la macchina più veloce che abbiamo trovato per arrivare a Volterra! – completò Emmett – Rose è sempre la solita, non perde mai l’occasione di farsi notare! Ha visto una cabriolet simile alla sua e ha voluto salire per forza su quella! Si sono voltati tutti!
   - Senti chi parla! – lo prese in giro sua moglie – Non sei tu che hai insistito per partire “prima di subito”, due secondi dopo che Jazz era uscito dalla casa di Tanya? – Rosalie mi fece l’occhiolino – Emmett non riesce a stare fermo quando qualcosa non va, deve assolutamente agire, inventarsi qualcosa pur di non dover aspettare. Appena ha visto il suo fratello preferito passare all’azione ha dovuto fare altrettanto, immediatamente. Io naturalmente l’ho seguito. – aggiunse con una risata.
   - Rosie, tesoro, ma io lo so che tu mi ami proprio perché sono fatto così! – Emmett sorrideva nello specchietto retrovisore e sembrava l’immagine vivente della felicità. Improvvisamente mi sentii a disagio, di troppo: avevo creato così tanti problemi…
   Jasper, seduto accanto a me intervenne: - Ragazzi, è bellissimo vedervi.
   Com’era dolce la sua voce! Possibile che non me ne fossi accorta prima? Tutti i vampiri, me compresa, avevano una voce bellissima e musicale. Alice avrebbe potuto affrontare senza alcuna difficoltà la carriera di cantante lirica come soprano leggero… sostenere il ruolo della Regina della Notte sarebbe stata una bazzecola per lei. Rosalie aveva un timbro di voce più scuro, quasi di contralto, che richiamava colori caldi come il rosso e l’oro. La voce di Edward mi era sempre sembrata qualcosa di perfetto, naturalmente, ma non aveva la stessa profondità di quella del vampiro biondo e tenebroso. La voce di Jasper era Jasper: profonda, dolce, pacata, rassicurante… sensuale…
   Fortunatamente Emmett interruppe le mie riflessioni.
   - Oh, anche noi siamo contenti di vederti, Jazz! – disse ridendo – Rose non poteva permettere che accadesse qualcosa al suo gemello e io non potevo certo perdere il mio eterno avversario di lotta nel salotto di Esme…
   - Salotto che avete distrutto non so quante volte ormai, - li rimbrottò Rosalie, quando Jasper si unì alla risata del fratello – A parte gli scherzi, - disse poi, rivolta direttamente a me – Bella, c’è una cosa che devi sapere: gli altri ci raggiungeranno a Denali tra qualche giorno.
   Sollevai di scatto la testa: - Davvero?
   - Sì, Bella. Finalmente abbiamo una buona notizia: Charlie si è convinto della nostra innocenza e ha dato il permesso a Carlisle di lasciare Forks con tutta la famiglia. Si è anche scusato con Esme per aver sospettato che fossimo coinvolti nella tua scomparsa, ha detto che gli dispiaceva moltissimo e che sarebbe stato sicuramente meglio se la famiglia Cullen si fosse allontanata da Forks… Sai com’è, è una piccola cittadina e nascono facilmente i pettegolezzi. Sul tuo caso sono circolate le versioni più assurde e anche se la comunità ha continuato a stimare Carlisle come prima… il nostro nome non è molto amato, ecco. Non che prima lo fosse, ma purtroppo tutti sanno che sei scomparsa dopo essere stata a casa nostra e Charlie non è stato il solo a ritenere che fossimo coinvolti in qualcosa di losco. Il caso di una diciottenne sparita nel nulla provoca sempre molta rabbia a maggior ragione in un piccolo centro dove tutti si conoscono, come Forks. Credo che però adesso Charlie stia divulgando la notizia che i Cullen non c’entrano nulla.
   Charlie. Povero papà… Sentirne parlare mi procurava ancora una fitta di sofferenza. Immaginai che sarebbe stato così per sempre.
   - Quindi adesso Charlie non indagherà più? – chiesi con voce incerta.
   - Certo che indagherà, Bella – rispose Rosalie pazientemente – Indagherà per tutta la vita, temo. Ti ama moltissimo e gli manchi…
   - Ma lascerà stare Carlisle e Esme? E Alice… e Edward? – chiesi speranzosa.
- Sì, Bella, li lascerà stare. – Rosalie mi lanciò un’occhiata strana.
   - E verranno veramente in Alaska? – Non riuscivo a crederci.
   Jasper si voltò a guardarmi: - Sei preoccupata per Edward? – chiese - Non credo che ne valga la pena in questo momento.
   - Sono preoccupata per tutti voi! – risposi in tono deciso – D’accordo, Charlie li lascia andare, ma come faranno con i Quileute?
   - Correranno il rischio. – rispose Rose tranquilla – Vogliono vederti assolutamente, Bella. E naturalmente immagino che Alice abbia una tremenda nostalgia di Jasper.
   - Prima o poi avrebbero trovato il modo di andarsene comunque. – aggiunse Emmett.
   Non sembravano affatto preoccupati. Io invece mi sentivo sempre più a disagio. Avrei mai finito di creare problemi alla famiglia Cullen?
   - Partiranno tra una settimana per non dare l’impressione che la loro sia una fuga. - mi spiegò Rosalie, notando la mia incertezza –  Carlisle parlerà con i Quileute per comunicare loro la nostra partenza definitiva. Staremo in Alaska ancora per un po’, da Tanya, poi cercheremo un posto dove trasferirci.
   - A proposito di Tanya, - intervenne ancora Emmett – A Denali sono tutti arrabbiatissimi con Bella!
   Certo. I motivi per cui dovevo sentirmi in colpa erano infiniti. Avevo approfittato dell’ospitalità di Tanya finché mi aveva fatto comodo e poi me n’ero andata per seguire i miei folli istinti suicidi senza dedicare al clan di Denali neanche un pensiero. Avevo abbandonato Carmen all’aeroporto di Anchorage senza una spiegazione dopo che mi era stata amica per mesi. Senza dubbio il clan al completo mi odiava.
   Mi sentii un verme.
   Dovevo assolutamente sforzarmi di dire qualcosa, aprii bocca per parlare, ma non riuscii a emettere neanche un suono. Jasper, intuendo il mio stato d’animo intervenne al posto mio, parlando in modo calmo e  consolante.
   - Bella, nessuno ce l’ha veramente con te, questo devi capirlo. Carmen si è sicuramente sentita tradita quando te ne sei andata a quel modo e conoscendo Eleazar ti posso assicurare che stavolta non sfuggirai alle sue lezioni… sarai obbligata a imparare a usare quel tuo scudo che tanto ha impressionato Aro e non escludo che Eleazar si vendichi del tuo abbandono esagerando un po’. Kate ti vuole molto bene e ti tratterà in modo sgarbato finché non le sembrerà di aver sfogato a sufficienza il suo malumore. Tutte queste atteggiamenti dovrebbero servire però a farti capire quanto ti vogliamo bene tutti noi. Tu potrai sopportare che qualcuno sia arrabbiato con te dopo quello che ci hai fatto passare nelle ultime quarantott’ore… invece come credi che avremmo sopportato noi la tua scomparsa se io non fossi arrivato in tempo?
   - Io…
   - No, Bella, lo devi capire una volta per tutte. – m interruppe Emmett prima che fossi riuscita a mettere insieme una frase coerente – Noi siamo una famiglia e tu fai parte di questa famiglia. Non importa se nostro fratello Edward è, o non è il tuo compagno, tu sei nostra sorella, esattamente come lo è Alice per me e Rosalie per Jazz.
   - Se tu fossi scomparsa, - continuò Jasper – o se Aro ti avesse costretta a rimanere nella sua guardia, per noi sarebbe stata una sofferenza insopportabile. Tu sei una persona molto speciale, Bella. Da quando sei entrata nelle nostre vite tutto è cambiato nella nostra famiglia…. Tu non sei una calamita che attira disgrazie, tu sei una portatrice di amore e di felicità. Sei diventata la migliore amica di Alice, una figlia affettuosa e amorevole per Carlisle e Esme, una sorella per noi. E comunque vadano le cose tra voi, hai strappato Edward alla solitudine in cui si era rinchiuso per decenni. Siamo più uniti da quando ci sei tu.
   - Jasper ha ragione – mormorò Rosalie – anche se la tua presenza ha creato delle difficoltà alla nostra famiglia, grazie a te abbiamo imparato ad apprezzare la bellezza di essere qualcosa di più che un semplice clan di vampiri. Abbiamo riscoperto il lato umano di noi. Prima seguivamo la dieta vegetariana per pietà verso gli esseri umani e ci sembrava il massimo che potessimo fare; con te abbiamo cominciato a farlo perché eri qualcuno di importante, qualcuno che ci voleva bene e che non dovevamo deludere. Tu ci hai aiutato davvero, Bella. Adesso lascia che siamo noi ad aiutare te. Ora torneremo a Denali, tra qualche giorno potrai vedere Edward e chiarire questa situazione difficile…
   - … e comunque vada a finire tra voi due, tu resti con noi, capito sorellina? – chiese Emmett in tono fintamente minaccioso.
   - Comunque vada, Bella. – aggiunse Jasper.
   Le loro parole erano traboccanti d’affetto e io mi sentii travolgere da un vortice di stanchezza e di commozione, mentre l’auto correva verso l’aeroporto, prima tappa del ritorno a casa.

Jasper

   - I vampiri possono avere crisi isteriche? – chiese Emmett spaesato.
   - Carlisle dice di sì, un grande shock può provocare cose del genere. – risposi.
   Bella era accoccolata tra le braccia di Rosalie e il suo corpo minuto era scosso da singhiozzi asciutti. Continuava così da due ore e il mio potere sembrava non essere in grado di aiutarla. Eravamo in aereo, diretti verso l’America e ogni tanto qualcuno dei passeggeri si voltava incuriosito a guardarci. Più volte le hostess si avvicinarono per chiedere se “la signorina” aveva bisogno di qualcosa, ma noi le liquidammo senza tanti complimenti.
   Rosalie era tutta presa dal suo nuovo ruolo di sorella maggiore-zia-mamma e cullava Bella cercando di calmare il suo inutile pianto. Io le guardavo e mi sentivo impotente. Dopo tutto quello che aveva passato era normale che Bella si sentisse a pezzi: era andata molto vicina alla morte e aveva incontrato i Volturi. Sapevo che questa particolare esperienza poteva essere terrorizzante e non dubitavo che Bella ne avrebbe conservato un bruttissimo ricordo. Per quanto rispetto nutrissi per loro, non potevo negare che i Volturi incutessero timore. Il loro scopo era proprio quello. Quando li avevo incontrati la prima volta, un secolo e mezzo prima, in veste di giudici in una lotta per il controllo di una parte del Messico in cui Maria ed io avevamo combattuto, ne avevo avuto paura anch’io. La commozione per le nostre parole affettuose aveva fatto il resto e ridotto Bella in quello stato pietoso.
   Avrei dovuto essere felice. Bella era viva e presto avrei rivisto Alice. Avevo anche capito, definitivamente e senza ombra di dubbio che Emmett e Rose erano i migliori fratelli che potessi desiderare. I motivi per sentirmi finalmente in pace con me stesso non mi mancavano.
   In realtà ero inquieto.
   Guardando Bella, mi tornavano in mente le parole di Alice:
   Quando troverai Bella fa’ quello che il tuo cuore ti dirà di fare.
   Jazz, ti fidi di me?
   Fidati anche questa volta. E stai attento… Ti prometto che andrà tutto bene. E Jazz… ti prego, riportala a casa.

   Non riuscivo a comprendere il senso di quelle frasi spezzate. Cosa mi aveva detto di fare il mio cuore che Alice aveva previsto? Sicuramente mi aveva incitato a salvare Bella, ma perché Alice avrebbe dovuto avvertirmi di una cosa tanto ovvia? La mia compagna sapeva tutto di me, sempre e senza dubbio era certa che fossi andato a Volterra anche per combattere, se necessario. Il suo modo di parlare, così sibillino era molto strano. Di solito Alice rendeva chiare le situazioni che per me erano confuse, non il contrario.
   L’unica certezza che avevo da più di mezzo secolo era proprio Alice.
   Eppure il timore che quella certezza non fosse più così solida si insinuava in me ogni secondo un po’ di più.
   Perché anche se non volevo ammetterlo sapevo che quando avevo detto a Bella che la mia famiglia non poteva perderla, una parte di me le aveva gridato qualcos’altro. Qualcosa che non aveva una spiegazione razionale. 
   Io non posso perderti!
   Bella, io non posso perderti!

   Era stato il mio cuore a parlare?

Che fatica stendere questo capitolo...
Spero che vi sia piaciuto, aspetto con ansia i vostri commenti! Grazie ancora a tutte le mie lettrici: Camilla L, Orsacchiotta Potta Potta, Nanerottola, Argentea, dany60, lenny87, Meme___, ladyanyablu, Alice Hale e Frego!
La Regina della Notte che ho nominato in riferimento alla voce di Alice, è un personaggio del Singspiel " Il Flauto Magico" di Mozart!

Alla prossima!
Niniane

 

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Capitolo 15
*** Tramonto d'addio ***


Capitolo XV: Tramonto d’addio

Bella

   Appena arrivata in Alaska mi sentii cogliere da un senso di soffocamento e per un folle istante desiderai di trovarmi ancora sotto il cielo nuvoloso, ma chiaro d’Italia. Febbraio, a Denali, significava essere ancora in pieno inverno e non un inverno qualsiasi, bensì quello gelido e cupo del Nord. Le ore di luce erano poche, benché le giornate si stessero lentamente allungando; ghiaccio e neve ricoprivano ogni cosa e non accennavano a sciogliersi, anzi sembravano farsi sempre più resistenti. Tempeste di neve si abbatterono sulla regione per diversi giorni dopo il nostro rientro, costringendoci a rimanere in casa. Non che a me dessero fastidio il freddo e il vento, naturalmente, solo che non ero abituata a vivere in quelle condizioni. A Forks mi ero lamentata del clima, perennemente umido e piovoso, ma dovevo riconoscere che almeno di giorno c’era una quantità ragionevole di luce. Per non parlare dell’assolata Phoenix…
   Mi ero preparata a riceve un’accoglienza poco calorosa da parte del clan di Tanya, perciò quando lei e Irina mi corsero incontro per abbracciarmi mi sentii subito confortata e riuscii a sopportare meglio il cipiglio severo di Kate e di Eleazar. Mi scusai con tutti loro, chiesi perdono almeno dieci volte per averli fatti stare in ansia per me e per aver dato l’impressione di non curarmi dei loro sentimenti. Accettarono le mie scuse e come previsto da Jasper, subito Eleazar mi disse in un tono che non ammetteva repliche di seguirlo per cominciare a imparare a usare lo scudo. Mi adeguai senza protestare, naturalmente, sapendo che avrebbe potuto andare peggio.
   Carmen non fu ben disposta nei miei confronti quanto gli altri: pur avendo per natura un carattere dolce e accomodante era in collera con me (e a ragione) per come l’avevo trattata. Non venne ad accoglierci al nostro arrivo e nei giorni seguenti non riuscii a convincerla a rivolgermi la parola. Alla fine Eleazar, durante una delle nostre lezioni mi disse che era meglio lasciarla stare, si sarebbe fatta vedere lei quando lo avesse voluto.
   Jasper aveva visto giusto: Eleazar si vendicò un po’ del mio comportamento impartendomi lezioni lunghissime e davvero pesanti nelle quali, oltre a istruirmi riguardo allo scudo mi parlava anche di tutti i poteri sovrannaturali con cui aveva avuto a che fare e del suo passato come membro della guardia dei Volturi. Sopportai senza lamentarmi anche il suo  atteggiamento da professore noioso, ben consapevole di meritarmelo.
   Mentre aspettavamo che Carlisle, Esme, Alice ed Edward ci raggiungessero imparai a visualizzare nella mia mente lo scudo: era una sorta di ovale luminoso. Eleazar diceva che oltre a proteggere i miei pensieri, lo scudo poteva anche difendermi da altri poteri, come per esempio quello di Kate, che sapeva creare un illusione del dolore. Con il tempo avrei dovuto imparare sia a sollevare il mio scudo che a estenderlo in modo da proteggere anche gli altri oltre che me stessa da eventuali attacchi.
   Venni anche a sapere che Irina aveva incontrato Laurent, il quale aveva rinunciato a mandarle i fiori con l’arrivo dell’inverno, ma continuava imperterrito a cercare di riconquistarla. Tanya mi disse che c’era la possibilità che i due facessero pace e io ne fui contenta: Irina meritava la felicità e se Laurent ne veramente innamorato era giusto che trovassero il modo di stare insieme. Non aveva più avuto contatti con Victoria e questo per me era più che sufficiente.
   I giorni passarono in fretta, troppo in fretta e a una settimana esatta dal nostro arrivo, il resto della mia famiglia ci raggiunse. Proprio quel giorno l’ultima tempesta di neve era cessata: il cielo era molto più chiaro, di un colore indefinito tra il grigio e l’azzurro e in tarda mattinata vedemmo addirittura il sole.
   Arrivarono a piedi, di corsa, non potendo usare le loro amate auto a causa del ghiaccio.
   La prima che vidi fu Esme che appena varcata la soglia di casa abbracciò di slancio sia me che Jasper, travolgendoci.
    - Sono così felice di vedervi! – disse – Ho avuto tanta paura che vi accadesse qualcosa! Non farmi mai più una cosa del genere, Bella! – mi disse, riservandomi un’occhiata da vera mamma preoccupata.
   Carlisle ci raggiunse e abbracciò tutti i suoi figli a turno, me compresa. Quando toccò a Jasper gli disse: - Sono molto fiero di te, figliolo.
   Vidi un lampo di commozione negli occhi del solido e imperturbabile  Jasper mentre ricambiava l’abbraccio del padre e di nuovo mi parve che l’azzurro facesse capolino in mezzo all’oro.
   Alice entrò come sempre a passo di danza. Non mi vide nemmeno, aveva occhi solo per il suo compagno. Non mi ero aspettata niente di diverso, perciò aspettai pazientemente che si fossero salutati prima di correre ad abbracciarla. Tuttavia, mentre li guardavo provai una strana sensazione. Come se qualcosa non funzionasse…
   Non ebbi il tempo di elaborare meglio quest’impressione perché la mia migliore amica mi saltò letteralmente addosso e mi investì con una raffica di parole:
   - Come hai potuto nascondermi le tue decisioni, Bella? Non mi sarei mai aspettata un comportamento simile da parte tua! Siamo sorelle o no? Mi hai fatta stare malissimo, non ti perdonerò mai!
   Risi e l’abbracciai forte. Mi era mancata tantissimo.
   – Mi dispiace, Alice, credimi. – le dissi - Certo che siamo sorelle, non dubitarne mai: cosa posso fare per farmi perdonare?
   Lei finse di pensarci su, prima di illuminarsi: - Forse se mi permetterai di usarti di nuovo come Barbie-cavia-da-laboratorio prenderò in considerazione l’idea di perdonarti!
   - Oh no, Alice! Non di nuovo! – esclamai orripilata.
   Alice batté le mani, felice: - Invece sì, so che lo farai!
   - Uffa…
   Mentre salutavo mia sorella e i miei genitori adottivi, non avevo smesso un attimo di pensare anche a come avrei salutato Edward, il quale era entrato per ultimo e mi guardava, aspettando pazientemente che io mi rivolgessi anche a lui. Vidi le sorelle di Denali salutarlo con molta gentilezza, così come Carmen ed Eleazar; Rosalie gli diede un bacio sulla guancia, Emmett una pacca sulla spalla un po’ più vigorosa del necessario. Poi Edward incrociò lo sguardo di Jasper: l’occhiata che si lanciarono era talmente cupa e minacciosa che ne fui allarmata.
   Decisi che a quel punto toccava a me avvicinarmi. Mi staccai da Alice che parve dello stesso avviso e si accostò al suo compagno per toccargli il braccio in un gesto tranquillizzante; Jasper si rilassò un poco.
   Fu in quel momento che incrociai lo sguardo di Edward. Forse perché i miei occhi umani non l’avevano mai visto veramente bene, forse perché era passato tanto tempo dall’ultima volta che ci eravamo incontrati, la sua bellezza mi tolse il fiato. Era vestito con semplicità, ma con eleganza, come sempre e la sua espressione timida e ansiosa lo faceva sembrare in qualche modo più giovane di quanto non fosse in realtà.
   Edward era bellissimo, anzi no, era perfetto.
   Cercai affannosamente qualcosa di sensato da dire.
   Fu lui a venirmi in aiuto: - Ciao, Bella.
   La sua voce era soave e delicata come sempre, forse ancora di più perché mi era tanto mancata.
   Edward mi si avvicinò e mi prese una mano tra le sue: - Dobbiamo parlare, Bella.
   - Sì… - dissi, come ipnotizzata.
   - Vieni con me, andiamo a fare due passi. – propose lui.
   - Va bene. – risposi piano, senza staccare gli occhi dal suo volto.
   All’improvviso Edward emise un suono basso e minaccioso e si guardò intorno furente. Sulle prime non capii.
   - Volete smetterla? – sibilò, rivolto a tutti in generale – Mi state soffocando con i vostri pensieri, state urlando nella mia testa tutti quanti!
   - Te l’avevo detto… - borbottò Alice, alzando gli occhi al cielo.
   - Devo parlare con Bella e voglio farlo senza dovermi preoccupare anche di ciò che avete da dire voi! Perciò vedete di calmarvi!
   - Edward ha ragione. – intervenne con decisione Carlisle – Non dobbiamo essere invadenti, è suo diritto parlare con Bella senza l’interferenza delle nostre opinioni. Gli abbiamo fatto pesare a sufficienza quali siano i nostri pensieri al riguardo. Perciò adesso lasciamoli soli e cerchiamo di pensare a qualcos’altro. Sono stato chiaro? – disse, rivolto in particolare a Emmett e Jasper che guardavano piuttosto male il fratello. Entrambi annuirono, benché poco convinti.
   Edward ringraziò il padre con gli occhi, pi si voltò e mi precedette fuori di casa. Lo seguii, chiedendomi come fosse possibile che le mie gambe riuscissero a stargli dietro: mi sembrava di fluttuare, più che di camminare. Ci dirigemmo verso il bosco dove avevo cacciato per la prima volta insieme a Jasper. Camminammo per qualche minuto tra gli alberi e quando incontrammo il letto di un piccolo corso d’acqua, completamente ghiacciato, Edward si fermò.
   - Immagino di dover cominciare io. – esordì, voltandosi verso di me. Sussultai. Solo sentirlo parlare mi dava le vertigini.
   Edward respirò profondamente prima di proseguire:
   - Ci sono molte cose di cui devo chiederti perdono, Bella e sono tutte orribili. La prima è che mi dispiace infinitamente che tu mi abbia sentito pronunciare parole crudeli mentre tu stavi soffrendo per… per il morso. Qualsiasi cosa io pensassi della tua trasformazione non avrei dovuto lasciami andare a un comportamento simile. Sono disgustato da me stesso.
  Non volevo sapere. Non volevo sentire neanche una parola di scusa da parte di Edward. L’unica cosa che avrei voluto erano le sue braccia a rassicurarmi e la possibilità di ricominciare da capo. Sapevo che non era possibile dopo quanto era accaduto, ma finché non avesse parlato potevo ancora fingere che la rottura tra noi non fosse reale. Edward però ormai stava parlando e io non potevo non ascoltare.
   - Hai detto che noi siamo dei mostri e che avresti preferito vedermi morta piuttosto che come te. Lo pensi ancora? – chiesi a fatica, cercando di farmi coraggio. La mia voce melodiosa mi aveva abbandonata esattamente com’era successo a Volterra.
   - Vederti e pensare che tu sia un mostro non è possibile. – rispose Edward in tono dolce – Sei davvero bellissima.
   Quante volte mi aveva detto che lo ero, in passato? Allora avrei sentito battere il cuore per l’emozione. In quel momento invece mi sentii gelare, perché il tono di Edward non era più quello con cui mi avrebbe parlato se fossimo stati ancora compagni di banco al liceo di Forks. Aveva parlato in modo educato, ma distante, come se si stesse riferendo a un bel quadro, non certo alla donna che amava.
   La paura dilagò in me come un fiume in piena.
   Edward continuava a guardarmi con i suoi occhioni dorati, dolci, teneri e infinitamente tristi. Quando aprì bocca per parlare di nuovo avrei voluto tapparmi le orecchie e fuggire. Sapevo che sarebbe stato un atteggiamento più che infantile, perciò mi sforzai di ascoltare ancora.
   - Bella, io vorrei sapere da te una cosa: perché hai deciso di andare a Volterra?
   La sua domanda mi lasciò di sasso.
   - Non lo sai? – chiesi con voce tremante.
   - Sai che io non posso leggerti nel pensiero. Ti prego di rispondermi.
   Sentii un assurdo desiderio di mettermi a ridere.
   - Tu mi parli di lettura del pensiero… - dissi - Stiamo parlando di sentimenti o di poteri sovrannaturali, Edward? Hai bisogno di leggere nella mia mente per trovare una risposta? Non mi conosci abbastanza da poter intuire le mie intenzioni?
   Edward sospirò: - Bella, cerca di capire quanto io sia stanco di ascoltare sempre i pensieri dei miei familiari. Non fanno che attribuirmi le colpe più disparate e ciascuno di loro la pensa in modo diverso. Vorrei sapere da te cosa esattamente ti ha spinto a commettere una pazzia simile, te lo sto chiedendo per questo.
   Il desiderio di lasciarmi andare a una risata di disperazione aumentò, ma cercai di reprimerlo. Invece dissi:
   - Ricordo quando hai passato un giorno intero a farmi domande sulla mia vita e sui miei gusti. Mi sembrava di essere sottoposta a un test psicologico. A quanto pare, nemmeno è servito.
   - Ti prego, Bella, non scherzare.
   - Non sto scherzando infatti. Quel giorno ho avuto davvero l’impressione che fosse così. Da quello che mi dici adesso, sembra che senza la possibilità di usare il tuo potere tu non riesca a conoscermi veramente. E’ assurdo. Ora te lo chiedo nuovamente: davvero non sai cosa mi ha spinto ad andare a Volterra?
   L’espressione di Edward si fece ancora più addolorata: - Vorrei tanto che tu mi dicessi che non è stato a causa dell’amore che provi per me.
   Rimasi senza parole. La paura lasciò il posto alla furia con la rapidità della folgore.
   - E per quale motivo sarei dovuta andare dai Volturi allora? – esplosi – Perché sono diventata un mostro? Perché non desidero più essere una vampira e far parte della tua famiglia? O magari perché ti odio e ti attribuisco la colpa di tutto quello che mi è successo?
   Una volta iniziato a parlare non riuscii più a fermarmi: lo sforzo di nascondere agli altri ciò che avevo provato nei mesi precedenti era stato troppo grande perché riuscissi a contenere ancora il dolore che mi stava consumando.
   - Mentre mi trasformavo ho sentito tutti i vostri discorsi. – proseguii - Ho sentito che hai rimproverato Alice e minacciato di uccidere Jasper. Quando hai detto che io sarei diventata un mostro e che avresti addirittura preferito che io morissi piuttosto che mi trasformassi… come credi che mi sia sentita? E quando Carlisle ti ha chiesto di dirmi qualche cosa prima che Emmett mi portasse via da Forks e tu non hai aperto bocca? Mi sono sentita abbandonata e disprezzata da te nel momento stesso in cui la trasformazione è cominciata… E adesso tu hai il coraggio di chiedermi perché ho cercato la morte? Chiedilo a te stesso il perché!
   Mi allontanai di alcuni passi da Edward che continuò a guardami, muto e ansioso:
   - Sentirti parlare così, sapere che hai cercato la morte per colpa mia… - mormorò - perché non ti sei più sentita amata da me e hai creduto di non riuscire a sopportarlo mi fa sentire spregevole. E rende ancora più penoso e difficile dirti ciò che ti devo dire.
   Fu come se un enorme macigno mi avesse colpita in pieno petto: all’improvviso mi sembrò che mi mancasse l’aria e respirai a fondo, per stupirmi subito di quanto poco sollievo portasse quel gesto. Allora ricordai che i miei polmoni non avevano bisogno di ossigeno e ne fui lieta: almeno non avrei rischiato di svenire dopo che mi avesse detto… la mia mente si rifiutò di completare il pensiero.
   Edward si sedette su un tronco caduto e fissò un punto lontano davanti    a sé. Sembrava sconvolto quanto me. Io rimasi dov’ero, immobile.
   - Bella…
   Pronunciò il mio nome in tono supplichevole e capii che mi stava chiedendo in ginocchio di ascoltarlo, per quanto doloroso fosse. Annuii in risposta, non fidandomi a parlare.
   - Lascia che ti spieghi, ti scongiuro, hai il diritto di sapere che cosa mi ha portato a parlare in quel modo così orribile la sera del tuo compleanno. Quando ti ho incontrata per la prima volta, due cose di te mi hanno fortemente attratto: il profumo del tuo sangue e la tua mente in cui non riuscivo a leggere. Queste tue caratteristiche mi hanno spinto verso di te come se tu fossi la calamita e io il magnete. Poi ti ho conosciuta: ho scoperto in te il cuore più innocente che potesse esistere, l’anima più bella e pura che io potessi immaginare. Non avevo mai incontrato un essere umano come te.
   Le sue ultime parole mi colpirono: - Un essere umano? Non una donna?
   Edward sorrise con infinita tristezza: - Ti stai avvicinando al problema, Bella. Certo che ti ho amata come donna, come avrei potuto non amarti? Ma io ti ho amata come donna umana. Ti ho amata perché eri un’umana così diversa dagli altri… e allo stesso tempo perché eri esattamente come gli altri. In te ho amato e adorato tutto ciò che la vita mortale può avere di bello. Tu rappresentavi quel qualcosa che desideravo da sempre, che avrei desiderato se nel 1918 avessi continuato a vivere… e che non potevo più avere. Pur di ottenerlo ho finto di essere qualcuno che non ero: un ragazzo qualsiasi, umano, che può innamorarsi di una ragazza meravigliosa senza che ostacoli insormontabili gli impediscano di stare con lei. Mi sono comportato con te come avrebbe fatto quel ragazzo: ho cominciato a parlarti, a corteggiarti, a proteggerti da te stessa e dagli altri, ti ho dichiarato il mio amore e ti ho portata a conoscere la mia famiglia. Arrivati a questo punto era solo questione di tempo perché la finzione cedesse il passo alla realtà: la tua festa di compleanno mi ha ricordato che la mia famiglia è composta da vampiri, non da umani e che è pericolosa, dieta vegetariana o no. Me l’ha ricordato Jasper, attaccandoti, ponendo fine nel modo più duro possibile alla mia pietosa finzione. Quando hai cominciato a trasformarti la differenza abissale tra la tua natura e la mia mi si è presentata davanti con chiarezza e ho capito… ho capito…
   - Che non andavo bene per te. – completai con voce sepolcrale.
   Edward balzò in piedi e mi prese per un braccio: - No! – esclamò - Santi numi, Bella, non capisci? Sono io che non sono mai stato degno del tuo amore!
   Che cosa?
   - Non riesco a capire… - sussurrai.
   Edward si allontanò di nuovo da me e si prese il capo tra le mani. Aspettai che parlasse ancora e quando lo fece la sua voce era appena udibile:
   - Il mio amore… era tutto per la ragazza umana che avevo conosciuto al liceo. Quando sei diventata una vampira, mi sono reso conto di averti ingannata Bella e mi sento un mostro per questo. Tu mi hai dato tutto il tuo amore e ti sei affidata completamente a me credendo che io fossi un angelo… io me ne sono approfittato e ti ho usata per vivere il sogno irrealizzabile di ritornare umano. Capisci quanto io sia indegno anche solo di guardarti negli occhi? Capisci perché non ho avuto nemmeno il coraggio di venire a Volterra al posto di Jasper? Tutto quello che posso dire a mia discolpa è che ho davvero creduto che il mio amore per te sarebbe durato per sempre. Non mi ero reso conto di quanto il mio sentimento fosse legato alla tua umanità. Se solo l’avessi sospettato non avrei mai permesso che tu ti innamorassi di me. Vederti così cambiata nella mente di Alice mi ha fatto sentire come se la Bella che amavo fosse morta veramente. Io… io in te non la ritrovo più.
   Non può essere. Non sta dicendo sul serio…
   - Gli altri dicono che sono sempre la stessa… - mi uscì quasi involontariamente.
   - Per loro sicuramente lo sei. – rispose Edward con un sorriso amaro – Sono io a vederti diversa da prima e ti prego, anzi ti scongiuro di non incolpare te stessa per questo. L’unico colpevole sono io.
   Forse, oltre allo scudo possedevo anche un altro dono, cioè la capacità di sentire dolore come se fossi stata ancora umana… altrimenti come avrebbero potuto le ultime parole di Edward provocarmi un autentico senso di nausea?
   - E tu non riesci più ad amarmi così come sono? – chiesi disperata – I miei occhi rossi, la mia pelle granitica e la mia nuova voce sono sufficienti a far sì che tu non mi ami più? Come potevi preferirmi goffa, insicura, molto più brutta di così?
   - Ti preferivo umana. – rispose Edward.
   Sopra di noi il pallido sole invernale stava tramontando e il cielo era tinto di rosa e oro. Nel guardarlo mi sentii triste come non ero mai stata in vita mia. Le parole di Edward, per quanto tenere, per quanto intrise di rimorso erano parole d’addio. Addio a Isabella Marie Swan che era morta a diciotto anni appena compiuti.
   Bella Cullen avrebbe potuto disperarsi finché voleva, ma non avrebbe sostituito Isabella Swan nel cuore di colui che amava.
   Mi sentii improvvisamente svuotata di ogni energia.
   - Allora tra noi è finita?
   - Vorrei tanto che non fosse così, Bella… - Edward guardava il tramonto come me – Ho bisogno di allontanarmi dalla mia famiglia per un po’. Qui mi sento soffocare. Qualcosa sta cambiando e ci coinvolge tutti, non so ancora che cosa sia, ma sento che sta succedendo.
   - Parli come Alice…
   - No, lei è molto più sicura di me, perché le sue visioni la guidano. Io non ho il suo dono e talvolta il mio è fastidioso. Credo che sia meglio per tutti se mi allontanerò per un po’.
   No, non era giusto che la famiglia non potesse ancora essere unita. Cercai di farglielo notare: - Loro ci rimarranno male… Carlisle, Esme, Alice, Rose… Ascoltami, se è perché non vuoi vedermi ogni giorno posso andarmene io… ho detto a Caius che sarei rimasta con i Cullen, ma non credo che verrà a controllare dove sono.
   Edward sorrise: - Esme, Carlisle e Alice sanno già che dopo aver parlato con te intendevo andarmene. Ne abbiamo discusso a lungo e sono d’accordo con me.
   Anche se avrei dovuto sentirmi sollevata al pensiero di non rivedere ogni giorno il suo volto, la sua decisione mi fece venire una gran voglia di piangere.
   - Mi dispiace tanto, Edward. – dissi. Lui capì che dicevo sul serio. Finalmente mi si avvicinò e mi posò le mani sulle spalle.
   - Riuscirai a vivere, Bella, so che ci riuscirai. – disse con dolcezza -  Sei molto più forte di quanto non sembri.
   - Non andartene… - bisbigliai.
   - Ti chiedo solo di fare una cosa: sta’ vicina ai miei fratelli.
   Non capivo. - Perché?
   - Non ci pensare, fallo. Sìì una buona sorella, per tutti loro.
   - Lo farò.
   - Un'altra cosa. – Edward parve scegliere le parole con molta cura – So che quello che sto per dirti non ti piacerà, ma… ecco, non permettere a Jasper di usare il suo dono con te… Credo che si senta molto in colpa e che ci tenga molto al tuo affetto… Lui potrebbe… ecco… manipolare le tue emozioni…
   Lo interruppi stancamente: - Jasper non ha mai usato il suo potere senza prima chiedermelo. Non manipolerebbe mai le mie emozioni, mi vuole bene e mi è stato accanto quando tu non c’eri. Ti prego Edward, ti sembra il momento di prendertela con lui? Dopo tutto quello che mi hai detto?
   Lui parve ripensarci: - Hai ragione, Bella, scusami. Non dirò altro. E credo sia giunto il momento di salutarci. Tornerò, un giorno, non so ancora quando, ma tornerò. Da questo momento tu sei libera Bella, e io ti auguro di trovare qualcuno che ti renda felice come meriti.
   Non andare, non andare…
   - Dove andrai?
   - Tornerò a Forks a prendere le mie cose e poi andrò in Europa, non ho ancora scelto la meta.
   - Non vuoi salutare gli altri?
   Edward sorrise: - No, meglio di no. Carlisle a quest’ora avrà già spiegato tutto ed è meglio così.
   Non c’era altro da dire. Circondai con le braccia il collo di Edward e contro la sua spalla mormorai: - Abbi cura di te.
   Lui mi abbracciò delicatamente: - Anche tu, Bella.
   Si staccò da me e un attimo dopo era sparito tra gli alberi.
   Il sole se ne andò lasciando il posto a un crepuscolo che annunciava l’arrivo della sera. Tornai verso casa, un passo dopo l’altro e sulla soglia trovai ad attendermi Alice e Rosalie. Non ci fu bisogno di parole, sapevano già tutto. Mi abbracciarono forte e i nostri capelli agitati dal vento si fusero in un’insieme di nero, mogano e oro.

 

   Carissime amiche, la stesura di questo capitolo ha creato non pochi problemi. Mi sono arrovellata tantissimo perché scrivere un addio tra Edward e Bella che non ricalcasse il dialogo che hanno in New Moon e che non fosse un cumulo di sciocchezze non è facile. Non me ne vogliano le fans di Edward se lo faccio uscire di scena per un po’. Tornerà, più avanti. La storia è ancora lunga e ci sono un sacco di problemi aperti.
   Ora Bella dovrà imparare a vivere senza di lui e vedremo come nei prossimi capitoli, mentre Alice e Jasper avranno anche loro un dialogo importante.
   Ringrazio ancora tutte coloro che hanno recensito e che mi fanno sempre sentire il loro affetto per questa storia. Spero tanto che continuerete a darmi il vostro parere e vi do appuntamento al prossimo capitolo, tra qualche giorno!

Un abbraccio
NiniCullen88

 

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Capitolo 16
*** Sogni e visioni ***


Deliri dell'Autrice (che dopo essere stata sveglia fin tardi a scrivere è mezza addormentata): sono stata felicissima di leggere le vostre recensioni e spero tanto che continuerete a seguirmi! Grazie a Camilla L, Argentea, Orsacchiotta, Calisy, Alice Hale 89, maura 77 e alebibi85! Se qualcuno avesse ancora voglia di lasciarmi un parere sul capitolo precedente mi farebbe davvero piacere perché è un punto cardine della storia e ci ho messo molto impegno per scriverlo: i vostri pareri sono molto preziosi per me.
Detto ciò, vi auguro una buona lettura e una buona giornata! 


Capitolo XVI: Sogni e visioni

Yesterday I died, tomorrow's bleeding
Fall into your sunlight
The future's open wide beyond believing
To know why hope dies
Losing what was found, a world so hollow
Suspended in a compromise
The silence of this sound is soon to follow
Somehow sundown


Bella

   Ricordo poco i giorni seguenti alla partenza di Edward. Una sorta di torpore si impossessò di me e per quasi una settimana rimasi nella mia camera, sdraiata sul letto, immobile come una statua e silenziosa come una tomba. Il dolore mi aveva schiantata: non solo avevo perso per sempre colui che avevo tanto amato; non potevo neanche più vederlo. Non sapere dove fosse andato, cosa stesse facendo, come si sentisse lontano dalla sua famiglia era per me un tormento indescrivibile.
   In seguito scoprii che Esme e Rosalie erano rimaste al mio fianco per gran parte del tempo che avevo trascorso in quello stato di catatonia, proprio come una vera mamma e una vera sorella avrebbero fatto. Purtroppo non ricordo le parole affettuose con cui cercarono di confortarmi: credo, invece, di aver visto Alice, gli occhi pieni di tristezza e le labbra tremanti come se volesse piangere.
   Fu il suono di un pianoforte a destarmi dal mio sonno innaturale. Nell’udirlo pensai che Edward fosse tornato da me e che mi stesse suonando la sua ninnananna.
   Ascoltai per qualche secondo e poi un ricordo sbiadito si riaffacciò alla mia mente annebbiata.
   Non era la mia ninnananna.
   Io conoscevo quella melodia, l’avevo sentita mentre mi trasformavo.
   Di tutti i ricordi legati al passaggio tra la mia vita mortale e l’immortalità, quello era l’unico a cui non sapessi attribuire un significato. Avevo immaginato che mentre io giacevo tra le fiamme che bruciavano il mio corpo, qualcuno stesse ingannando l’attesa suonando. Tutte e tre le sorelle di Denali il erano pianiste eccellenti, poteva essere stata chiunque di loro.
   Era una melodia dolce e malinconica che mi faceva pensare a paesaggi bellissimi avvolti dalla nebbia autunnale.
   Mi venne una gran voglia di piangere.
   La mano che stava suonando sapeva infondere nella musica tanta dolcezza e passione che all’improvviso fui presa dal desiderio di correre fuori dalla stanza per scoprire chi fosse il misterioso esecutore.
   Aprii gli occhi (quando li avevo chiusi?) e incontrai lo sguardo sollevato di Carlisle, Esme e Rosalie. Nello stesso istante la melodia per pianoforte tacque.
   - Bella! Oh, Bella, finalmente! – singhiozzò Esme, abbracciandomi.
   - Bella, figliola, riesci a parlare? – chiese Carlisle, pratico e metodico come al solito.
   - Sì… - risposi – Chi… chi sta suonando?
   Si guardarono stupiti l’un l’altro.
   - Nessuno sta suonando, tesoro… - mi fece notare Esme.
   Mi alzai di scatto dal letto, sbigottita.
   - Ma io ho sentito suonare! – protestai - Ho sentito qualcuno che suonava il pianoforte fino a un attimo fa, ne sono certa…
   Esme e Rose continuarono a guardarmi con apprensione. Carlisle mi posò una mano sulla spalla:
   - La tua mente ha vagato per diversi giorni fuori dalla realtà, Bella. Sei stata molto male, anzi direi proprio che sei stata malata, anche se non si direbbe che ai vampiri possa succedere. Devi aver sognato, figlia mia, ora nessuno sta suonando, lo senti?
   Mi sedetti di nuovo sulla sponda del letto. Possibile che avessi immaginato tutto? Eppure ero certa che si trattasse della stessa melodia che avevo sentito mentre mi trasformavo… l’avevo sognata anche allora quindi?
   Realizzai di sentirmi molto confusa. Forse Carlisle aveva ragione, il mio desiderio di avere accanto Edward mi aveva tratta in inganno, probabilmente anche durante la trasformazione, portandomi a credere che lui stesse suonando per me. Altrimenti come avrebbe potuto quella melodia evanescente venirmi in aiuto due volte proprio quando ne avevo bisogno? Sì, doveva essere stata la mia mente a evocarla, non c’era altra spiegazione. Anche se mi chiedevo come avessi potuto dar vita una melodia mai ascoltata prima, io che non ero nemmeno una musicista…
   Vedendo gli altri che mi fissavano preoccupati decisi di non parlare più a nessuno di pianoforti e musiche misteriose. Li avevo fatti stare in pena per me a sufficienza, ci mancava solo che dessi segni di squilibrio.
   - Probabilmente avete ragione voi, - dissi in tono falsamente sereno.
   Poi mi alzai, sorrisi e mi avviai verso la porta della camera dicendo con tutta la naturalezza di cui ero capace: - Credo di aver bisogno di cacciare. Chi viene con me?
   - Io!! – gridò qualcuno con entusiasmo dal piano inferiore e un attimo dopo Emmett mi abbracciò forte – Ben svegliata, sorellina! Di’ un po’, da quant’è che sei a digiuno? Dieci giorni? Bisogna correre ai ripari, adesso vieni a caccia col tuo fratellone che ti aiuta a far fuori un bel grizzly di quelli permalosi! Vedrai che dopo ti sentirai rinascere!
   - Emmett, lasciala respirare. – intervenne Jasper che ci guardava sorridendo dal fondo delle scale. Alzò lo sguardo verso di me e con molta  dolcezza disse: - Ci hai fatti preoccupare, Bella. Sono felice che tu ora stia bene.
   Accanto a lui c’era Alice e dietro di loro il clan di Denali al completo.
   Sorrisi, improvvisamente commossa, perché ancora una volta la mia famiglia era accanto a me. Capii che sarebbe stato così per sempre.
   Nei giorni seguenti tornai poco a poco alla realtà.
   Non potevo dirmi felice, ma più forte e ottimista sì. Mi sforzai di non crollare ogni volta che pensavo a Edward. Se n’era andato e dovevo farmene una ragione, avevo promesso a lui e ai miei fratelli che sarei riuscita a vivere e dovevo farlo. Anche senza amore forse avrei potuto trovare un po’ di serenità per me.
   Durante la mia “convalescenza” , Jasper mi fu di grande aiuto. Quando sentiva che stavo per cedere di nuovo alla disperazione, mi si avvicinava e mi chiedeva se poteva aiutarmi a tranquillizzarmi. Allo stesso tempo però non mi impose mai il suo dono e mi chiesi come avesse fatto Edward a sospettare che suo fratello volesse manipolare le mie emozioni per essere sicuro del mio affetto.
   Chiesi a Carlisle se avesse incontrato qualcuno dei Quileute prima di partire da Forks. Venni così a sapere che aveva parlato agli anziani e aveva raccontato che ero stata rapita e uccisa da tre vampiri i quali avevano un conto in sospeso con i Cullen e avevano deciso di vendicarsi su di me. Carlisle aveva assicurato che la sua famiglia aveva dato la caccia a quei vampiri e li aveva eliminati e si era detto infinitamente dispiaciuto per me. Quanto a Edward, si era dato la colpa di tutto, come al solito. Non era una storia delle più convincenti, dubitavo fortemente che uno come Billy Black ci avesse creduto, ma Carlisle si augurava che i Quileute si sarebbero accontentati di sapere che la famiglia se n’era andata da Forks per sempre. Confidava nel fatto che essendo troppo pochi per poterci attaccare avrebbero rinunciato a indagare su di noi. Non potevo far altro che sperare con tutte le mie forze che avesse ragione. 
   Trascorsi giornate molto tranquille, scandite dalle lezioni di Eleazar e dalle battute di caccia. Mi rappacificai presto con Carmen che evidentemente riteneva che avessi sofferto abbastanza e tornò ad essere dolce e affettuosa come sempre. Anche tra Irina e Laurent le cose sembravano migliorare con il passare del tempo.
   Non mi accorsi subito che qualcosa non andava.
   La casa di Tanya, in cui avevamo deciso di rimanere ancora un paio di mesi, era silenziosa, pur essendo affollata di ospiti. In un primo momento attribuii questo particolare alla nostalgia che tutti provavano per Edward e non ci trovai nulla di strano. La sua partenza era senz’altro un lutto per Carlisle ed Esme e poco importava che fossero stati favorevoli al riguardo; Edward era stato il loro primo figlio adottivo, era naturale che soffrissero perché li aveva lasciati. Anche Emmett e Rose ne sentivano la mancanza, furono loro stessi a confermarmelo, senza l’ombra di un rimprovero, ed ero certa che perfino Jasper fosse amareggiato per come si erano svolte le cose.
   Fu durante un pomeriggio come tanti, mentre tutti erano fuori a giocare a palle di neve come al solito, che il mistero fu svelato.
   Alice, come me, non era in mezzo agli altri, si era ritirata in camera sua a disegnare. Se si fosse trattato di una coincidenza non ci avrei fatto caso, ma riflettendo sul fatto che non era la prima volta che accadeva, cominciai ad pormi qualche domanda. Alice ed io eravamo le due che facevano più fatica a stare in mezzo agli altri, in quei giorni, e se nel mio caso c’era una spiegazione abbastanza ovvia, non lo era altrettanto per lei. Non so come avessi fatto a non accorgermi subito di quanto fosse cambiata la mia migliore amica. Era l’assenza della sua voce e della sua risata a rendere la casa più silenziosa del normale. Dal suo arrivo in Alaska, Alice era stata estremamente taciturna e riservata, non aveva mai parlato delle sue visioni e si era spesso isolata dagli altri, persino da Jasper. Avere accanto un’Alice silenziosa era la cosa più strana e sospetta che potessi immaginare.
   Che fosse solo per l’assenza di Edward mi sembrava impossibile. Sapevo che tra lui e Alice c’era un legame molto forte: erano sempre stati come due fratelli veri e non dubitavo che Alice si sentisse triste perché il suo fratello preferito se n’era andato per chissà quanto tempo. Alice però aveva le visioni, poteva sapere dov’era Edward e cosa stesse facendo… avrebbe dovuto essere quella più tranquilla tra tutti noi.
   Allarmata, ricordai che il modo in cui Alice e Jasper si erano salutati dopo i mesi di lontananza forzata, mi era sembrato un po’ freddo. Non li avevo mai visti scambiarsi grandi effusioni in pubblico, perciò non mi ero aspettata che si salutassero in modo espansivo, sapevo che per loro era sufficiente uno sguardo per dirsi quanto si amavano e quanto avevano sentito nostalgia l’uno dell’altra. Quando li avevo visti insieme, avevo provato tuttavia una sensazione di disagio inspiegabile. Come se tra loro fosse calato un velo sottilissimo, ma impenetrabile che nessuno dei due sapeva come sollevare.
   Possibile che tra Alice e Jasper, la coppia più innamorata che conoscessi, ci fosse qualcosa che non funzionava? La sola idea mi sembrava inconcepibile. Alice e Jasper erano un’unica persona, stavano insieme da più di mezzo secolo e si amavano, incondizionatamente. Immaginarli separati era impossibile.
   Dovevo sapere cosa stava succedendo ad Alice. Edward mi aveva chiesto di essere una buona sorella per tutti e io avevo promesso che l’avrei fatto. Alice era troppo cambiata perché tutto fosse normale e io dovevo fare il possibile per aiutarla.
   Bussai delicatamente alla porta della sua stanza e chiesi se potevo entrare.
   - Certo, Bella, entra pure, ti ho vista arrivare. – rispose Alice.
   La trovai seduta nel vano della finestra, in mano aveva dei fogli da disegno su cui aveva riprodotto il panorama circostante. Mi sedetti su una sedia davanti a lei e la osservai con attenzione.
   Alice assomigliava più che mai a un angelo. Il suo sguardo era malinconico e distante, come se la creatura a cui apparteneva non fosse di questo mondo. In qualche modo, così triste, Alice sembrava ancora più piccola e minuta del solito.
   Come avevo fatto a non notare nulla? Dovevo essere stata cieca. Mi sentii stringere il cuore.
   Alice sorrise:
   - So cosa vuoi chiedermi, Bella. Ti ringrazio, sei una sorella meravigliosa. Ma non devi preoccuparti. Io sto bene.
   Il suo vago sorriso mi face sentire ancora peggio.
   - Oh, Alice, non mentirmi, ti prego… si vede che non è così. Non vuoi confidarti? Cosa ti succede?
   - Sto bene, credimi. Sono solo un po’ spaesata.
   - Ma perché?
   - Ho delle visioni riguardo al futuro che non so ancora interpretare e questo mi mette sempre a disagio quando accade. Però, non c’è altro, davvero.
   Osai porre la domanda più difficile:
   - Va tutto bene con Jasper? Lui cosa dice di queste tue visioni?
   Alice sorrise e non rispose subito. Temetti che non avesse gradito la mia intrusione, ma poi disse:
   - Jasper non sa ancora nulla, ma molto presto gliene parlerò. Non preoccuparti, Bella, io e lui ci siamo sempre capiti e così sarà anche adesso. Smetti di agitarti per me, pensa a vivere ora. Sarai ancora felice, sorellina.
   La guardai, scettica:
   - Hai avuto una visione su di me?
   Alice non smise di sorridere: - Te l’ho detto, le mie visioni sono confuse al momento. Però posso dirti con certezza che tu sarai ancora felice. E adesso, con questa buona notizia, perché non vai a goderti la battaglia a palle di neve?
   Alice mi stava invitando a lasciarla di nuovo sola e anche se avrei voluto insistere, feci come desiderava. Davanti al suo dolore silenzioso mi sentivo impotente.
   - Se cambiassi idea e decidessi di confidarti con me, io sarò sempre pronta ad ascoltarti. – promisi prima di lasciare la stanza.

And finding answers
Is forgetting all of the questions we called home
Passing the graves of the unknown

Alice

   Nessuno sospetta che io desideri ardentemente ricordare la mia vita umana. Oh, non tutta la mia vita, solo la mia infanzia. Ci dev’essere stato un tempo in cui Mary Alice Brandon era  una bambina come tutte le altre, senza ancora il dono della preveggenza a tormentarla. Darei tutto ciò che ho per ritornare a quei giorni.
   Odio le mie visioni. Sono sempre in agguato, pronte a rivelarmi verità che non voglio sapere, futuri vicini e lontani di cui raramente posso essere certa. Quando poi questo accade non si tratta mai di buone notizie.
   Quando ho visto il volto di Jasper nei miei pensieri, dopo la mia trasformazione, ho capito che le nostre vite si sarebbero intrecciate e ho seguito le mie visioni per raggiungerlo.
   Ma non ho visto l’eternità per noi.
  Credevo che fosse normale, una conseguenza del fatto che dovevo ancora incontrarlo. Jasper avrebbe potuto anche non innamorarsi di me, dopotutto.
   Ho voluto credere che fosse così. Ora so.
   Jasper ed io eravamo destinati a stare insieme perché potessimo aiutarci a vicenda,darci un po’ di serenità dopo che avevamo tanto sofferto, non perché fossimo due anime gemelle.
   Non capisco perché la mia visione mi mostra due matrimoni contemporaneamente, ma non è questo il dettaglio più importante. Noi due, che non ci siamo mai sposati perché non ci interessava particolarmente farlo, ci sposeremo, un giorno, con qualcun altro.
  Odio l’ombra accanto a me. Dovrei amarlo in teoria, è lui il mio futuro, la mia eternità. Invece lo odio perché mina tutte le mie sicurezze e mi costringe a cercarlo, a lasciare Jasper che non sospetta nulla, per seguire ancora una volta le mie visioni.
   L’ombra accanto a Jasper invece non la posso odiare. So chi è. Negli ultimi giorni il suo viso si è rivelato, un po’ confusamente, ma io l’ho riconosciuta.
   Non la posso odiare perché merita la felicità.
   E anche tu, Jasper, te la meriti.
   Io sto per lasciarvi liberi di trovarvi, finalmente.
  Poi forse avrò un’altra visione e un’altra ancora e le seguirò. Come ho sempre fatto.

There's a light
There's the sun
Taking all the shattered ones
To the place we belong
And his love will conquer



La canzone citata è, naturalmente, "Shattered" dei Trading Yesterday 

Lo so, lo so... state aspettando tutti di vedere come si sviluppa il legame tra Bella e Jasper e ancora niente...
Anch'io non vedo l'ora di arrivarci, ma vi chiedo di avere un po' di pazienza. Mi è sembrato giusto dare un po' di spazio ad Alice perché è un personaggio a cui voglio molto bene e non intendo trascurarla. I suoi sentimenti in questo momento sono molto complessi e mi è sembrato doveroso descriverli.
Nel prossimo capitolo vedremo Bella, Jasper ed Alice!

Un abbraccio!
NinianeCullen88

 

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Capitolo 17
*** Occhi color rame ***


   Buonasera a tutti!! Prima del nuovo capitolo l’Autrice deve fare la noiosona per due minuti, portate pazienza, vi prego. Ho verificato che della “Pavane” di Gabriel Fauré, la melodia suonata da Jasper nel capitolo 6 e sognata da Bella nel capitolo 16 è stata effettivamente realizzata una trascrizione per pianoforte, anzi sembra che la composizione in origine fosse proprio pensata per questo strumento… quindi Jasper può suonarla tranquillamente!
Detto ciò, ringrazio
jakefan per la squisita gentilezza con cui ha recensito la mia storia, le mie fedelissime Camilla L, Orsacchiotta Potta Potta, Argentea e Nanerottola e tutte coloro che hanno recensito!
Grazie anche a chi legge soltanto! Ora vi lascio finalmente al capitolo! Ciao!

 

Capitolo XVII: Occhi color rame

Jasper

   La battaglia a palle di neve era finita con l’arrivo della sera.
   Mi ero ritirato nello studio di Eleazar con la vaga intenzione di leggere un po’. In realtà speravo che Alice si facesse vedere: sapevo che era chiusa in camera a disegnare e l’avrei raggiunta se non avessi avuto la netta impressione che desiderasse stare da sola. Un desiderio piuttosto inconsueto per l’eterna festaiola Alice, ma naturalmente io lo rispettavo e attendevo pazientemente che avesse di nuovo voglia di compagnia.
   O perlomeno così facevo credere a lei: in realtà non occorreva essere empatici per intuire che qualcosa non quadrava. Alice era molto cambiata, me n’ero accorto dal primo istante, quand’era arrivata a Denali. Nei suoi occhi c’era sempre un velo di malinconia che non mi sapevo spiegare e nei momenti in cui stavamo insieme, anche in quelli più appassionati, avvertivo in lei una grande angoscia che mi spaventava.
   Il problema era che avevo cercato di parlarle un milione di volte e Alice mi aveva sempre pregato di non preoccuparmi, assicurandomi che mi avrebbe spiegato tutto quando si fosse sentita in condizione di farlo. E come avrei potuto imporle di spiegarsi? L’ amavo e la rispettavo troppo per poter anche solo pensare di obbligarla a darmi delle risposte o di usare il mio dono per captare le sue emozioni. Volevo essere paziente e dimostrarle che mi fidavo di lei perciò attendevo, ormai da molti giorni che si confidasse con me.
   Bussarono alla porta dello studio e fui molto sorpreso di trovarmi davanti Bella, avvolta in un pigiama blu. Benché non avesse più alcun bisogno di riposarsi, la mia sorellina aveva mantenuto la sua passione per tute da ginnastica, magliette comode e… pigiami. Grazie all’influsso di Rosalie e di Alice però, questi indumenti non erano trasandati come quelli che aveva usato da umana: il pigiama blu che indossava era in seta pesante e le stava indubbiamente molto bene. Probabilmente a lei piaceva perché era ampio e morbido: nessuno era ancora riuscito a far indossare a Bella un vestito attillato. Provai a immaginarmela, inguainata in un abito scintillante da sirena…
   La mia fantasia fu stroncata sul nascere perché l’espressione seria di mia sorella mi face capire che doveva parlarmi di qualcosa di importante. Posai il libro che tenevo in mano e la guardai interrogativamente.
   Bella aggirò il tavolo al centro della stanza, mi si avvicinò e mi posò una mano sulla spalla. In tono sollecito disse:
   - Jasper, ho parlato con Alice, oggi… cioè, ho cercato di parlarle, ma non ci sono riuscita, di fatto.
   Le sorrisi senza capire: - Cosa vuoi dire?
   Si passò una mano tra i capelli, a disagio.
   - Credo che Alice soffra per qualcosa e non ce lo voglia dire. Tu ne sai niente? – chiese timorosa.
   Io esitai, non sapendo cosa risponderle. Non ero abituato a parlare di Alice agli altri, forse perché non ce n’era mai stato bisogno, grazie al suo dono che le permetteva di sapere sempre con precisione che cosa stava succedendo intorno a noi. O forse perché gli altri non me lo chiedevano mai.
   Bella invece attendeva pazientemente che parlassi. Vedendo che non mi decidevo sfoderò un sorriso pieno di comprensione.
   - D’accordo, non vuoi tradire i suoi segreti, lo capisco. Ma dimmi, ti prego, va tutto bene tra voi? Con te, Alice è sempre la stessa?
   Com’era premurosa Bella… Sapeva capire al volo lo stato d’animo degli altri. A volte sembrava empatica quanto me.
   - Ma certo, non preoccuparti. . dissi, fingendomi sereno.
   Bella mi guardava attentamente, cercando di capire se le stavo dicendo la verità. Alla fine sembrò convincersi e si sedette su una sedia, accanto a me.
   - Vorrei che mi parlassi di lei, Jazz. – disse - E anche di te. A Volterra Aro ha accennato al tuo passato e io mi sono resa conto di non saperne nulla. Avevi promesso che mi avresti raccontato la tua storia: ti andrebbe di farlo adesso?
   Soppesai la sua richiesta per alcuni istanti. Sapevo di potermi fidare di Bella e dovevo ammettere che desideravo parlarle del mio passato fin dal giorno del suo risveglio. Ero suo fratello oltre che il suo creatore e desideravo che sapesse chi ero. Se poi non avevo affrontato l’argomento era stato per vigliaccheria: Bella si era tanto affezionata a me, temevo di perderla se avesse saputo che cosa ero stato per quasi un secolo.
   La osservai attentamente. I suoi grandi occhi non erano più rossi, ma color rame con già qualche pagliuzza dorata nell’iride.
   Occhi di vampira giovane, non più neonata e non ancora adulta, pieni di fiducia e aspettativa.
   Per un lungo, interminabile istante fui preso dal timore che se avessi parlato, quegli occhi non mi avrebbero mai più guardato così. Poi mi parve quasi di udire ciò che stava pensando Bella: parla, Jasper. Sono qui per ascoltarti e ti voglio bene.
   Decisi che dovevo fidarmi di quello sguardo.
   - Che cosa ti ha raccontato Edward di me, Bella? – chiesi.
   Bella sospirò: - Quasi niente. – rispose - Mi ha detto che tu e Alice siete stati gli ultimi a unirvi alla famiglia, che avete tutti e due dei poteri particolari e che tu hai avuto una famiglia molto diversa dai Cullen prima di incontrare lei. Non ho capito cosa volesse dire.
   - Ti ha detto molto poco, Bella – dissi sorridendo – ma credo di capire perché. Vedi, la mia storia è molto brutta e lui deve aver pensato che ti saresti spaventata troppo se ti avesse messo a parte di alcuni… particolari.
   Ho commesso delle azioni di cui mi vergogno molto, Bella. Il mio passato è molto buio… spesso mi sono autodefinito un buco nero.
   Gli occhi color rame si fecero enormi per la sorpresa: - Oh, Jasper, non ci credo! Cosa puoi aver mai fatto di così orrendo da definirti un buco nero?
   - Mi chiamo Jasper Whitlock, ho vissuto da umano durante la guerra Confederale e ho combattuto per gli stati del Sud. Sono nato a Houston in Texas. Ero un giovane molto carismatico, capace di farsi ascoltare dai soldati e dai superiori. Sono entrato nell’esercito dichiarando vent’anni e invece ne avevo diciassette. Nel giro di tre anni ero diventato Maggiore, il più giovane di tutti.
   - il Maggiore Whitlock di cui parlava Aro… - sussurrò Bella, meravigliata.
   - Proprio lui. Durante la prima battaglia di Galveston fui incaricato di evacuare gli abitanti della città e lo feci con molta cura. Sai, credevo davvero nella causa del Sud, non avevo altri pensieri per la testa oltre alla guerra. A sera, mentre tornavo indietro, mi imbattei per la prima volta in tre vampire. -
   Una volta iniziato a parlare non mi fu più possibile fermarmi. Raccontai tutto, cercando sostegno e conforto negli occhi di Bella che non si staccarono mai dal mio volto. Rievocai ogni dettaglio: Maria, Nettie e Lucy, le tre bellissime vampire dai volti d’angelo e dagli abiti bianchi e vaporosi; il dolore della trasformazione, decisa da Maria, che aveva intuito in me la presenza di un dono particolare e voleva tenermi per sé; l’esercito di neonati, violenti e incontrollabili, che avevo guidato per avere il controllo del Texas a discapito di altri clan del Sud. E poi ancora lei, Maria, la sua bellezza disumana, il suo animo corrotto, l’influenza che sapeva avere su di me e l’amore insano che ci aveva unito.
   Narrai della mia infelicità senza fine, del dolore che avevo provato quando, in qualità di comandante dell’esercito di Maria, ero stato costretto a sopprimere soldati diventati inutili perché non più neonati. Raccontai a Bella del mio unico amico, Peter e di come avessi lasciato fuggire lui e la sua compagna, Charlotte, quando Maria avrebbe voluto che li uccidessi entrambi. Infine le dissi di come avessi abbandonato quella vita insopportabile e del mio vagabondare senza meta durato decenni.
   Bella mi lasciò parlare senza mai interrompermi, fino alla fine. Poi fece qualcosa di inaspettato: mi posò una mano sulla guancia.
   - Le tue cicatrici… - disse – sono ferite di guerra, vero?
   Annuii.
   - Jasper, - mormorò con una dolcezza che mi colpì nel profondo – capisco benissimo come ti senti e quanto sia doloroso per te raccontare questa storia, ma credimi, non sei un buco nero. Hai agito così perché non sapevi che avresti potuto comportarti in modo diverso: è stata la tua creatrice a educarti e ti ha fatto credere che quella fosse l’unica maniera di vivere, come vampiro… sangue e nient’altro. Non è colpa tua, Jazz. La cosa più importante è che ti sia lasciato alle spalle tutto l’orrore che hai visto e subito. Ora puoi essere felice, hai tutta l’eternità per esserlo.
   Come avevo potuto dubitare dell’affetto di Bella? Commosso, presi la sua mano tra le mie: - Sono ancora molto tormentato, invece. Per me, come hai potuto vedere è molto difficile interagire con gli umani. Ho sempre fatto del mio meglio e non è mai abbastanza. Infatti, dopo anni di sforzi ho compiuto un altro crimine… ti ho trasformata.
   Bella sbuffò: - Basta, Jasper! Ancora rimproveri te stesso per questo? Quando ti convincerai che è stata tutta colpa mia? Era quello che volevo, non hai commesso alcun crimine e non permetterò a nessuno di prendersela con te! Non voglio più parlare di questo. Dimmi piuttosto di Alice. Come l’hai incontrata?
   - Alice mi trovò nel 1948 a Filadelfia perché naturalmente mi aveva già visto arrivare. Da quel momento fu la mia compagna e mi spiegò di aver visto i Cullen grazie al suo dono di prevedere il futuro. Mi disse di conoscere la loro dieta e di essersi abituata a seguirla. Andammo a cercarli e li incontrammo anni dopo.  
   - E da allora siete sempre rimasti con loro?
   - Sì, sempre. Alice ha davvero cambiato la mia vita: mi ha dato l’amore, l’affetto di una famiglia e la possibilità di ricominciare.
   Bella mi sorrise con affetto. - Grazie per avermi raccontato la tua storia, Jazz. Edward probabilmente non mi ha detto niente di preciso riguardo a te perché temeva di terrorizzarmi. Era sempre in attesa di una reazione incontrollata da parte mia, del tipo “fuggire via strillando”…
   Le sorrisi a mia volta: - Molto maleducato da parte sua! Tu sei molto coraggiosa.
   - Non è vero. Però di voi non ho mai avuto paura… Ti sembrerà strano, ma è così. E, Jasper, ho ascoltato tutto quello che mi hai detto e non giudico le tue azioni. Anzi, ora ti apprezzo ancora di più per la forza con cui ad un certo punto hai saputo reagire alla tua condizione. Dev’essere stato terribile vivere per anni in mezzo a un esercito di neonati e insieme a vampiri che non aspiravano ad altro se non a poter cacciare il maggior numero possibile di prede. Io non so davvero come tu abbia fatto a sopportarlo… sei una persona così dolce e i tuoi modi sono sempre così gentili… devi aver sofferto terribilmente.
   All’improvviso Bella si alzò e mi abbracciò. Il suo intento era sicuramente quello di farmi sentire quanto mi fosse vicina e quanto fossero sincere le sue parole di conforto e a me venne spontaneo ricambiare il suo gesto. Rimasi seduto e le cinsi la vita con le braccia alzando contemporaneamente gli occhi per incontrare ancora il suo sguardo color rame…

Bella

   Accadde di nuovo, esattamente come a Volterra.
   Gli occhi dorati di Jasper incontrarono i miei e mi trasmisero un messaggio silenzioso, carico di tenerezza e di qualcos’altro che mi inquietò.
   Sentii le sue braccia forti attorno alla vita e solo allora ricordai di essere in pigiama e di non avere neanche una canottiera sotto. Mi sentii a disagio, pur essendo completamente coperta, perché avevo l’impressione che la seta della giacca non fosse sufficiente a celare a Jasper la consistenza della mia pelle.
   Allo stesso tempo però mi sentii invadere da un senso di calore che non aveva nulla a che fare con il disagio, ma piuttosto con il fascino tenebroso del vampiro che mi stava abbracciando.
   Se fossi stata ancora umana, le mani di Jasper mi sarebbero sembrate fredde e durissime. La reazione più naturale sarebbe stata quella di rabbrividire al contatto e di arrossire furiosamente.
   Come vampira non avvertivo più alcuna differenza tra la mia pelle e la sua. L’unica consapevolezza che avevo era di stare abbracciando un uomo. Vampiro sì, ma sempre e comunque un uomo. Indubbiamente il più affascinante di tutti i Cullen.
   Possibile che io desiderassi Jasper, mio fratello?
   No, non era possibile.
   Ti senti così solo perché ti ha portata via da Volterra quando credevi che saresti morta senza Edward! Ora lo vedi come il tuo eroe e ne sei affascinata, ma è tutto qui… E’ Edward che vuoi in realtà, non Jasper! Ti senti sola e abbandonata e sei vulnerabile al suo fascino perché desideri ancora essere amata… stupida, stupida Bella…
   Mi sforzai di raccogliere le idee, in preda al terrore che Jasper potesse accorgersi della mia confusione. Non doveva assolutamente sapere che cosa mi stesse passando per la testa.
   Il modo in cui mi guardava però, non era di nessun aiuto. Sotto il suo sguardo mi sentivo rinascere, come se la parte più femminile di me, che credevo morta per sempre, tornasse prepotentemente a sbocciare. Non riuscivo a capire perché i suoi occhi mi dessero quell’impressione e avrei voluto che mi lasciasse andare. Ingenuamente, ero convinta che se avesse smesso di tenermi abbracciata avrebbe posto fine all’incantesimo oscuro che ci univa. Perché, perché? Io ero andata da lui solo per parlare di Alice e per farmi raccontare la loro storia…
   - Bella… - sussurrò Jasper senza staccare gli occhi dai miei. La sua voce era dolcissima, carezzevole e seducente. Troppo seducente.
   Quello sguardo, quell’abbraccio, quel tono di voce dovevano essere riservati ad Alice, non a me…
   Spaventata da ciò che inequivocabilmente stava succedendo tra noi, sciolsi l’abbraccio.
   - Ora è meglio che vada… - mormorai senza incrociare il suo sguardo e prima che potesse trattenermi lasciai la stanza.

Jasper
  
   Ero sconvolto. Cosa stava succedendo tra me e Bella? Quando ci eravamo abbracciati volevamo solo sentirci vicini come fratelli, era fuor di dubbio. Poi però l’abbraccio era inspiegabilmente cambiato e io l’ avevo guardata in modo tutt’ altro che fraterno.
    La colpa era di Bella e dei suoi occhi, maledizione! Così fiduciosi, sinceri… Bella non sapeva fingere, non l’avrebbe mai saputo fare: la mia storia l’aveva commossa e mi aveva abbracciato come se fossi stato un bambino bisognoso di conforto.
   Non si rendeva conto di essere una donna incredibilmente bella, oltre che una sorella meravigliosa? Non capiva che ero un uomo, non un bambino da coccolare? Non si accorgeva delle sensazioni che suscitava in me? Evidentemente no.
   Dovevo assolutamente dimenticare quant’era avvenuto tra noi. Bella doveva sentirsi sicuramente in imbarazzo e il nostro rapporto avrebbe potuto rovinarsi. Avrei dovuto chiarire con lei che non era successo niente di grave, inventarmi qualcosa per giustificare quegli attimi.
   Decisi di uscire anch’io da quello studio saturo del suo profumo. Magari sarei andato a caccia. Serviva sempre a schiarirmi le idee.
   Ero già sulla porta di casa, quando un’ondata di tristezza e rassegnazione mi travolse.
   Alice.      
  

Care amiche, questo capitolo è volutamente più breve degli altri perché in realtà è preparatorio al prossimo in cui ci sarà l’ormai inevitabile confronto tra Alice e Jasper. Non so se l’abbraccio tra Bella e Jazz sia venuto bene, non sono abituata a scrivere scene di questo tipo. Sto anche rimuginando se sia il caso più avanti di alzare il rating della storia da giallo a arancione, ma per ora non credo proprio. Accetto consigli, naturalmente!
Spero vi sia piaciuto e vi do appuntamento verso la fine della prossima settimana con il capitolo 18!
Un abbraccio

Nini

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Capitolo 18
*** Per il futuro, per l'amore ***


   Carissime lettrici (e carissimi lettori se per caso dovessero essercene!)
Prima di leggere questo capitolo, vi invito cortesemente a tornare un secondo al primo, perché dopo tanto penare ho inserito finalmente la copertina di “Luna di Mezzanotte” !!! Le immagini non le ho create io (magari lo sapessi fare, sigh!) ho solo fatto un lavoraccio di assemblamento, con dei copia e incolla che più contorti di così non si può… Sono ansiosa di sapere che cosa ne pensate!
Vi anticipo anche un’altra cosa: il titolo di questa storia non è stato scelto a caso e presto ne conoscerete il significato.
Ringrazio come sempre tutte le mie fedeli lettrici che recensiscono sempre e tutti coloro che leggono silenziosamente! Prometto che in coda all’epilogo della storia ringrazierò tutti, ma proprio tutti uno per uno! Vi voglio bene!

Capitolo XVIII:  Per il futuro, per l’amore

Jasper

   Mi precipitai al piano superiore e senza bussare spalancai la porta della stanza mia e di Alice con tanta forza che per poco non si staccò dai cardini. Non me ne curai e corsi al fianco della mia compagna che stava ritta in piedi accanto alla finestra.
   - Che cosa c’è? – chiesi, molto più bruscamente di quanto avessi voluto – Alice, per l’amor di Dio, dimmi che cosa ti succede! Non ce la faccio più a vederti in questo stato!
   Afferrai Alice per le braccia e la scossi un paio di volte, come se questo servisse a infondere più forza alle mie parole. I fogli da disegno che teneva in mano caddero a terra.
   - Jasper? – fece lei, meravigliata e incredula, senza però tentare di opporsi in alcun modo.
   Sentire la sua voce mi fece tornare lucido e la lasciai andare immediatamente come se mi fossi scottato.
   - Alice… - mormorai – perdonami ti prego, non intendevo… non volevo… sono solo preoccupato…
   - Lo so. – Alice sembrava solo vagamente stupita dal mio atteggiamento; non provava né timore, né tanto meno rabbia.  
   - Perdonami, - continuai – non era assolutamente mia intenzione essere villano nei tuoi riguardi. Un gentiluomo non alza mai le mani su una signora, dovrei saperlo meglio di chiunque altro. Non oserò mai più, te lo giuro, però ti supplico dimmi perché sei sempre così triste. E’ colpa mia? Ho fatto qualcosa che non dovevo? Dimmelo e saprò rimediare!
   Sorprendentemente Alice sorrise.
    -  Sei un vero gentiluomo del Sud, Jasper. Hai un carattere forte e impulsivo, ma anche profondo e altruista. Ti amo proprio per questo.
   Non capivo. – Perché mi dici questo, Alice?
   - Perché voglio che tu capisca che non hai fatto proprio niente di male, neanche adesso. Apprezzo che tu ti scusi per la tua reazione, ma credimi, non ce n’è bisogno. Se c’è qualcuno che deve scusarsi qui, quella sono io.
   Alice si sedette sulla sponda del letto e io la imitai.
   - Devo darti delle spiegazioni. – esordì.
   - Parla, ti ascolto. – le dissi, prendendole una mano. Volevo rassicurarla e farle capire che poteva dirmi qualsiasi cosa.
   - Grazie, Jazz. – sussurrò Alice. Aveva capito le mie intenzioni. Strinse forte la mia mano e volse lo sguardo attorno a sé, come se gli oggetti che la circondavano potessero aiutarla a scegliere le parole giuste da dire.
   - Tesoro, posso aiutarti a calmarti? – chiesi ancora – Sei così agitata…
   - No, Jazz.
   Il suo rifiuto, secco e conciso mi lasciò senza parole. Alice se ne accorse e disse in tono più dolce: - Intendevo dire che non ce n’è bisogno. E’ normale che io mi senta in ansia per quello che ti devo dire, ma voglio provare questo sentimento. Quando avrò finito di parlare sarai tu a soffrirne e nessuno potrà mandarti nuvole di tranquillità. Desidero che siamo pari. Capisci?
   No che non capivo! Perché non mi permetteva di aiutarla? Perché avrei dovuto soffrire? Cominciavo a spazientirmi.
   - E’ meglio che parli, Alice, questa discussione non ci sta portando da nessuna parte. – dissi.
   - Ho avuto una visione. – mormorò Alice abbassando il capo e chiudendo gli occhi come se avesse paura di guardarmi in faccia – Sono tanti mesi ormai che mi perseguita. Riguarda il nostro futuro.
   - E perché non mi hai detto niente? – chiesi sbalordito
   - Lascia che ti spieghi. All’inizio si trattava di una visione molto confusa in cui io ero vestita da sposa. Poi sei apparso anche tu…
   - Mi stai dicendo che hai avuto una visione in cui noi due ci sposiamo?
   Ero incredulo ed emozionato. Alice ed io non ci eravamo mai sposati perché quando ci eravamo conosciuti, tra noi si era instaurato un legame molto particolare e probabilmente unico al mondo, soprattutto a livello mentale. Le promesse matrimoniali ci erano sembrate inadatte a esprimere i sentimenti che ci univano e a me era sempre bastato sapere che Alice aveva visto che eravamo destinati a stare insieme. Tuttavia potevo solo essere felice se aveva avuto una visione del genere.
   - La visione è diventata più nitida con il passare del tempo. – continuò Alice, sempre tenendo gli occhi chiusi – e accanto a noi due sono comparse… altre due ombre. Un altro sposo e un’altra sposa.
   - E questo cosa significa?
   Alice riaprì gli occhi e mi guardò, improvvisamente piena di paura.
   - Significa che noi due siamo destinati a separarci e a sposare qualcun altro.
   Strano come a volte un’affermazione del tutto logica e coerente sembri senza senso perché la nostra mente si rifiuta di accettarla.
   Alice aveva parlato in modo molto chiaro e io, semplicemente, mi rifiutai di crederle.
   - Non è possibile. – dissi, sorridendo
   - E’ la verità, Jasper, la visione parla chiaro.
   Scossi la testa, continuando a sorriderle serenamente: - No, Alice, la visione sbaglia. Dev’essere per forza così. A Filadelfia mi hai detto che eravamo destinati a stare insieme, trovare i Cullen, seguire la loro dieta. Hai detto che il primo ricordo che avevi era il mio volto nei tuoi pensieri e che mi amavi. Questa è la verità, io lo so!
   - Certo che è la verità, ma anche la mia visione è veritiera.
   - E chi sarebbero le due ombre che ci stanno accanto? – chiesi in tono quasi scherzoso
   Alice si alzò di scatto e piantò i suoi occhi nei miei.
   - Smettila, Jasper! – sibilò – Stai rendendo tutto molto più difficile di quanto immaginassi! Perché non mi credi e basta, come hai sempre fatto?
   Mi alzai anch’io. – Perché non posso credere a una visione del genere, amore mio. – risposi tornando serio - Come puoi pretendere che io ti creda quando stiamo insieme da così tanti anni e tra noi è tutto normale? Hai detto tu stessa che non ho nulla da rimproverarmi, che non ti ho delusa in alcun modo. Ti amo così tanto che non posso neanche immaginare di sposare qualcun altro.
   - So che mi ami, Jazz. – sospirò Alice.
   - Se lo sai, allora che cosa temi?
   All’improvviso un pensiero mi attraversò la mente. Possibile che…?
   - Non sarà… forse… Alice, sei tu che non mi ami più? – chiesi, folgorato da quella possibilità – E’ questo che stai cercando di dirmi? Hai visto il tuo futuro sposo e ti sei innamorata di lui ancora prima di conoscerlo?
    Le mie parole parvero sconvolgere Alice ancora di più.
   - No, Jazz! – esclamò, con il pianto nella voce – Ti giuro che non lo conosco, non riesco neanche a distinguere i suoi lineamenti! Io amo solo te! Odio quell’ombra!
   - Allora ignoriamo questa visione! – dissi di slancio, prendendola tra le braccia – Ci amiamo e questa è l’unica cosa che conta! Lasciamo perdere il futuro, amore mio, viviamo il presente, insieme! Il nostro futuro dipende solo da noi, da ciò che vogliamo!
   Alice si svincolò con decisione dal mio abbraccio.
   - Non posso farlo, mi dispiace. – disse - Sai che il mio dono è parte di me, non posso fingere di non averlo. Le visioni arrivano quando vogliono arrivare e io devo agire di conseguenza. Se si trattasse solo del mio futuro potrei anche decidere di ignorare quell’ombra che mi sta accanto nella visione e che tanto odio perché mi allontana da te…
Ma sei coinvolto anche tu in tutto questo. L’ombra della tua futura sposa e  anima gemella si è mostrata, finalmente.
   La mia futura sposa?
   - Di grazia, potresti dirmi chi sarebbe questa misteriosa fanciulla? – chiesi con sarcasmo – Perché non riesco proprio a immaginarlo.
   - E’ inutile che tu faccia dell’ironia, Jasper. – replicò Alice con un sorriso triste – Credi che per me sia semplice vedere il suo volto nella mia mente e sapere che ti innamorerai di lei? Ti sto dicendo tutto questo perché hai il diritto di trovarla, di amarla e di essere davvero felice, molto di più di quanto tu lo sia mai stato con me. Non ho intenzione di rivelarti chi sia, perché ho passato sessant’anni a dirti in anticipo cosa avresti detto e fatto in ogni situazione. Ti ho soffocato con le mie visioni, sempre, e in questo ho sbagliato. Se ti dicessi il suo nome non farei che condizionare i tuoi comportamenti ancora una volta e non ne ho il diritto. Il tuo cuore la saprà trovare spontaneamente, credimi. Tu sarai felice e mi dimenticherai.
    Qualcosa, nella voce dolce e pacata di Alice, mi fece finalmente comprendere a fondo quello che mi stava dicendo.
   - Mi stai lasciando? – chiesi con voce rotta
   - Ti sto lasciando come partner. – rispose Alice con la stessa dolcezza di prima – Devo farlo, per la tua felicità. Però non mi perderai mai come sorella e amica.
   Questo era davvero troppo da sopportare.
   - Ma quale sorella e amica! – urlai, non riuscendo più a controllarmi – Non voglio un’altra sorella, maledizione! E non voglio sposare nessuno! Voglio solo te!
    Dovevo sfogare in qualche modo la mia rabbia per cui afferrai la lampada che stava sul comodino e la gettai a terra, mandandola in mille pezzi. Poi fu la volta di un vasetto di cristallo, una bambola di porcellana e forse anche qualcos’altro, non ricordo. Alice non cercò di fermarmi, si limitò a fissarmi, in silenzio.
   - Che cosa sta succedendo qui?
   Sia Alice che io ci voltammo verso la porta. Carlisle, Esme, Bella, Emmett, Rosalie e Tanya ci guardavano sbalorditi. Non li avevo sentiti arrivare, in preda alla furia.
   Carlisle avanzò tra i cocci.
   - Perché stai distruggendo le cose di Tanya, Jasper? E perché urli? – chiese severamente.
   - Perché Alice mi ha appena annunciato di aver avuto una visione in cui io e lei ci sposiamo, ma senti un po’ questa: non ci sposiamo tra noi, ma con qualcun altro! Sostiene di aver visto il volto della mia futura sposa, ha detto proprio così, e di volermi lasciare perché io possa trovarla! Intanto immagino che voglia andare a cercare il suo futuro sposo!
   Ci fu un attimo di silenzio totale. L’incredulità dei presenti era palpabile. Poi Carlisle chiese:
   - E’ la verità, Alice?
   Alice chinò il capo: - Sì, papà. Mi dispiace.
   Carlisle le rivolse un’occhiata di puro sbalordimento. Di solito Alice lo chiamava per nome. Mi resi conto che l’averlo chiamato “papà” era un modo per fargli capire quanto gli volesse bene e quanto le dispiacesse dover confermare le mie parole.
   Anche Esme era sconvolta.
   - Non vorrai davvero lasciarci, Alice? – chiese – Ti prego, tesoro, non andartene anche tu! Edward ci manca così tanto… rimani ancora un po’, ti scongiuro!
   Alice non rispose: si avvicinò all’armadio e tirò fuori una borsetta nera: frugò all’interno e ne estrasse una busta bianca e semplice.
   Ci guardò tutti a uno a uno come se volesse imprimersi per sempre nella memoria i nostri volti. A me riservò l’occhiata più lunga e struggente di tutte. Poi, lentamente, si avvicinò a Rosalie e le porse la busta.
   - Questa spiegherà tutto. Fidatevi di me, vi prego. Vi voglio bene. – sussurrò.
   Spalancò la finestra e uscì prima che potessimo fermarla. Un attimo dopo non si vedeva più.

Rosalie

   Stringevo la busta che Alice mi aveva dato e non avevo il coraggio di aprirla. Non volevo sapere che cosa conteneva. Continuavo a pensare che mia sorella sarebbe tornata dentro da un momento all’altro, ridendo, carica di borse da shopping.
Non poteva essersene andata.
   Carlisle mi si avvicinò e mi posò una mano sulla spalla.
   - Apri quella busta, Rose.
   Feci come mi chiedeva. La busta conteneva una breve lettera di Alice e tutti si avvicinarono per leggere.

Perdonatemi. Tornerò il prima possibile, non vi sto abbandonando. Siete la mia famiglia, il mio affetto è tutto per voi. Devo seguire le mie visioni per il mio bene e per quello di Jasper. Credetemi, non lo lascerei mai se non avessi la certezza che presto sarà felice. Stategli vicino e aiutatelo ad accettare la mia partenza. Carlisle, Esme, siete due genitori meravigliosi e io vi considero davvero un padre e una madre. Rosalie, Bella, Emmett, siete i migliori fratelli che una ragazza possa desiderare. Vi abbraccio forte. Tornerò, lo prometto. Anche Edward tornerà, non dovete temere per lui. Se nel viaggio che sto per affrontare dovessi incontrarlo, gli dirò che sentite la sua mancanza. Abbiate fiducia in me, ogni cosa si sistemerà.
Con tanto amore.
Alice.

   Esme si accasciò tra le braccia di Carlisle. Emmett si appoggiò alla parete, coprendosi il volto con una mano. Bella mi tolse il foglio dalle mani e continuò a fissare la scrittura di Alice, come se non potesse credere a quanto stava leggendo. Jasper lanciò un urlo di disperazione e si lanciò all’inseguimento della sua compagna.
   Io guardai a lungo la finestra da cui il nostro piccolo, dolce folletto era appena uscito, chiedendomi con disperazione che cosa stesse accadendo alla nostra famiglia.


Carissime, lo so, il momento è grave… Ho fatto una fatica tremenda con questo capitolo. So che vi lascio nell’incertezza più totale, ma vi assicuro che il prossimo capitolo sarà molto interessante perché troveremo Bella e Jasper che cercano di farsi forza per continuare a vivere nonostante l’abbandono di Edward e Alice.
A presto, credo a fine settimana o giù di lì!
Un abbraccio e buonanotte! Aspetto i vostri pareri!

Niniane

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Capitolo 19
*** Guarire ***


Buonasera a tutti!! Breve comunicazione: ho alzato il rating della storia da giallo ad arancione. Non sono sicura che fosse necessario, forse è uno scrupolo eccessivo, ma credo sia un atteggiamento prudente nei confronti di EFP e dei lettori. Riflettendo, ho riscontrato molta drammaticità dal capitolo 10 in avanti: tanta tristezza, dolore, emozioni complesse, senza contare la tematica delicatissima del suicidio (Bella). Inoltre questa è una storia d’amore: mi conosco abbastanza da sapere che non scriverò scene spinte, ma vorrei essere libera di inserire dei momenti un po’ appassionati dove la trama stessa lo richiede e il rating giallo forse è troppo basso, per così dire. Pertanto la modifica apportata mi sembra un modo corretto di pormi nei riguardi di tutti coloro che sono interessati a leggere.
 Vi lascio leggere in pace! Ciao!



Capitolo XIX: Guarire

I don't wanna live without your love,
I don't wanna face the night alone.
I could never make it through my life
If I had to make it on my own.
I don't wanna love nobody else,
I don't wanna find somebody new.
I don't wanna live without your love,
I just wanna live my life with you.

(Chicago: I don’t wanna live withaut your love)


Bella
   
   Non so per quanto tempo rimasi immobile al centro della stanza stringendo tra le mani la lettera di Alice. Probabilmente molto a lungo, perché ad un certo punto Carlisle mi sfiorò la spalla con una mano e disse affettuosamente: - Bella, cara, vieni. Non serve a niente rimanere qui.
   Mi voltai verso di lui e fui colpita dalla tristezza che vidi nei suoi occhi. Povero Carlisle, povera Esme… Alice se n’era andata senza alcun preavviso, lasciandoci solo poche righe come spiegazione. E francamente quelle poche righe dicevano ben poco: state tranquilli, fidatevi di me… Come se avessimo potuto ignorare allegramente il fatto che la piccola Alice aveva intrapreso tutta sola un viaggio di cui non conosceva neppure  la meta. All’idea del suo vagabondare solitario mi sentii stringere lo stomaco. Sapevo che Alice era una vampira, che era molto, molto più forte di quanto non sembrasse in realtà, sapevo che era guidata dalle sue visioni, ma ciò non mi impediva di essere preoccupata per lei.
   Notando che oltre a me, nella stanza c’era solo Carlisle chiesi: - Dove sono tutti?
   - Emmett e Rose hanno seguito le tracce di Jasper. Esme è con Tanya e Carmen. Sono un po’ preoccupato per lei: la partenza di Alice l’ha sconvolta. Edward ci aveva detto quali fossero le sue intenzioni, questo gli va riconosciuto. Alice invece se n’è andata da un momento all’altro. – Sospirò – Non avevo alcun sospetto, Bella, credevo che tra lei e Jasper fosse tutto normale. Come ho potuto non accorgermi di quanto fossero cambiate le cose?
   - Nessuno se n’era accorto, - risposi, cercando di consolarlo – io ho cominciato ad avere dei sospetti soltanto oggi ed era ormai troppo tardi. Non ho notato niente prima, perché ero troppo assorta nei miei pensieri e devastata dalla perdita di Edward. Ho provato a parlare con Alice, ma non ho voluto dirmi alcunché, quanto a Jasper, certamente aveva notato il suo cambiamento, ma evidentemente non ne conosceva la causa.
   - Questo è molto grave, secondo me. – replicò Carlisle – Vedi, Bella, per noi vampiri il legame tra partner è molto forte, più che per gli esseri umani. Quando decidiamo di condividere l’eternità insieme, generalmente non torniamo indietro sulla nostra scelta, perché per noi dire “per sempre” significa davvero che non ci separeremo mai. Questo perché siamo immortali e lo scorrere del tempo per noi non esiste più. Nascondere qualcosa al proprio partner non è un comportamento normale per i vampiri: quando instauriamo un legame d’amore, il nostro compagno o la nostra compagna diventa parte di noi. Naturalmente ci sono anche le eccezioni, come nel caso tuo e di Edward, purtroppo. Non avrei mai pensato che sarebbe successo anche a Jasper e Alice. Ricordo perfettamente il giorno in cui si sono presentati a casa nostra: ho avuto l’impressione di trovarmi davanti una sola anima in due corpi distinti.
   La sua ultima osservazione mi colpì e prima di rispondere riflettei per un momento. Non ero sicura di trovare buona l’impressione che Carlisle aveva avuto di Alice e Jasper al suo primo incontro con loro: l’unità di coppia andava bene, naturalmente, ma fino a tal punto… Anch’io avevo sempre considerato Alice e Jasper come un tutt’uno, ma ripensandoci alla luce di quanto era appena accaduto, forse il problema tra loro era proprio questo: la loro individualità era andata persa.
   Se Alice fosse stata con noi a Denali durante i miei primi mesi da vampira, quanto a fondo avrei conosciuto Jasper? Senza alcun dubbio avrei trascorso meno tempo con lui e molto di più con lei e avrei continuato a vederli con la stessa soggezione con cui li avevo considerati a Phoenix, cioè come una coppia bellissima, unita da un legame misterioso e inimitabile. Alice avrebbe preteso di portarmi a fare shopping ogni giorno e Jasper sarebbe rimasto nell’ombra, mi avrebbe parlato solo per dirmi come comportarmi e come controllare i miei istinti.
   Jasper. D’improvviso, pensando a lui provai una forte rabbia. Alice l’aveva abbandonato come Edward aveva abbandonato me. Poco mi importava che nella lettera fosse scritto che Jasper sarebbe stato di nuovo felice, non era giusto che dovesse soffrire ancora, dopo tutto quello che aveva già dovuto passare. Se avevo capito bene, sia Alice che Jasper erano destinati a trovare un altro amore e nel caso di Jazz doveva trattarsi di un futuro vicino, altrimenti Alice non se ne sarebbe andata. Mi sforzai di comprendere le ragioni della mia migliore amica, ma non ci riuscii, non pienamente almeno.
   - Tu hai qualche idea su chi possa essere la futura sposa di Jasper di cui si è parlato prima? – chiesi a Carlisle che si apprestava a uscire
   - Ho molte idee, una meno probabile dell’altra. – rispose lui, incamminandosi – Preferisco non pronunciarmi. Chiunque sia questa donna, Jasper non sembra interessato a lei, sempre che la conosca già. Gli importa solo di Alice, com’è giusto che sia. Spero che Emmett e Rose riescano a farlo ragionare e a riportarlo qui, temo che possa commettere qualche pazzia.
   Annuii vigorosamente: - Andrò anch’io a cercarlo. Glielo devo. Jasper ha fatto tanto per me, ora devo essere io a stargli vicino. A dopo, Carlisle!
   Non attesi una risposta e corsi fuori. La notte era gelida e cupa, ma non  nevicava, per fortuna. Il vento soffiava e mi scompigliava i capelli mentre correvo, seguendo le scie dei miei fratelli. Si erano allontanati parecchio da casa, ma non mi scoraggiai e mi addentrai nel bosco.
   Dopo un po’, i loro odori si fecero più intensi e capii che si erano fermati da qualche parte sicché accelerai l’andatura e provai a chiamarli.
   - Siamo qui, Bella! – mi rispose da est la voce di Rosalie.
   Mi diressi in quella direzione e dopo neanche un minuto trovai il terzetto riunito sotto una grande quercia.
   Jasper teneva il volto nascosto tra le mani e tremava violentemente. Rosalie gli accarezzava i capelli biondi cercando di calmarlo. Emmett mi venne incontro, ansioso:
   - Meno male che sei qui, Bella, forse tu sai come prenderlo! – disse, parlando a voce molto bassa -  Abbiamo fatto una fatica tremenda a raggiungerlo, sai quant’è veloce… voleva inseguire Alice per tutto il continente e anche più in là e io non posso certo dargli torto. E’ riuscito a raggiungerla e lei gli ha detto che doveva rimanere con noi e non seguirla più. Credo che l’abbia fatto per il suo bene, ma puoi immaginare come ci è rimasto Jasper. E’ sconvolto… Si sta controllando anche troppo bene, ti assicuro che se si trattasse di me avrei già distrutto metà della foresta.
   Rivolsi al mio fratellone un’occhiata distratta e avanzai di qualche passo. Non m’importava che di Jasper. Non l’avevo mai visto né spaventato, né sconvolto, né così disperato. Ero talmente abituata al suo modo di essere e di parlare, sempre pacato e controllato che non avevo mai immaginato potesse trasformarsi così tanto, nemmeno a causa di un grande dolore. Quanto mi ero sbagliata… la sofferenza che doveva provare in quel momento giustificava pienamente il suo tremito e i suoi singhiozzi senza lacrime.
   M avvicinai a lui e mi inginocchiai al suo fianco, cingendolo contemporaneamente con le braccia. Jasper alzò gli occhi per un momento poi affondò il viso contro la mia spalla.
   Fu un abbraccio molto diverso da quello che mi aveva costretta a fuggire dallo studio di Eleazar. Nel ripensarci, mi chiesi come avesse potuto crearsi tra noi quell’atmosfera così carica di elettricità. Jasper era mio fratello e il mio unico desiderio era confortarlo e fargli sentire quanto gli volessi bene. Non c’era altro. Forse, vulnerabile com’ero, mi ero addirittura immaginata che ci fosse stata attrazione tra noi. Avrei fatto meglio a dimenticare tutto.
   Accarezzai i capelli di Jasper e vi posai un bacio. Un gesto tenero, affettuoso, che mi venne spontaneo, in quel momento.
   - Vieni, Jazz, - dissi il più dolcemente possibile – torniamo a casa. Non c’è niente che tu possa fare.
   Lui alzò la testa e mi guardò, stralunato.
   - Bella. – disse soltanto.
   - Vieni, dai. – ripetei – Esme e Carlisle sono preoccupati per te.   
   Jasper si sciolse dalla mia stretta e si alzò. I suoi abiti erano macchiati di fango, muschio e neve nei punti in cui avevano toccato terra.
   - Avevi ragione. – disse con voce atona – Alice non era più la stessa, anche con me.
   - Jazz… - cominciai, senza però sapere come continuare.
   - Perché mi ha lasciato? Perché? – chiese con più forza.
   - Non lo so. – risposi, sconsolata. Non potevo dirgli che Alice aveva visto un futuro diverso per sé e per lui, non era ancora pronto per accettare una verità del genere. Come tutti noi, del resto.
   - Mi ha detto di non seguirla… - continuò Jasper – Mi ha guardato in modo così dolce e triste… ho fatto come mi chiedeva…
   - Coraggio, Jasper, sei fradicio. Vieni. – insistei per la terza volta. L’unica cosa che potevo fare era riportarlo in casa.
   Jasper non rispose, ma quando gli offrii la mano, la prese e lasciò che lo guidassi attraverso il sentiero. Emmett e Rosalie ci seguirono in silenzio.
   Dopo pochi minuti, mi voltai verso di lui e gli sorrisi, incoraggiante. Sapevo che ogni passo verso casa gli costava una fatica enorme perché lo portava lontano da Alice e sapevo che aveva bisogno di conforto e sostegno. Dovette comprendere le mie intenzioni, perché mi cinse le spalle con un braccio.
   Era come a Volterra, adesso però ero io a sostenere lui.  
   I tre giorni successivi rimasi sempre al suo fianco. Non cadde nello stato catatonico in cui ero piombata io solo poco tempo prima, però aveva un immenso bisogno di sfogare i propri sentimenti e io ero forse la persona che poteva capirlo meglio di tutti, dato che ero stata appena abbandonata dal mio amore, proprio come lui. Più volte gli permisi di abbracciarmi e di dare sfogo a un inutile pianto asciutto che purtroppo non gli portava nessun sollievo. Mi sarebbe piaciuto essere io quella in grado di manipolare le emozioni, per poterlo aiutare come lui aveva fatto con me. Jasper, naturalmente, non poteva usare il suo dono su sé stesso. Non poteva né piangere, né dormire, due cose che gli avrebbero fatto molto bene. Mi sforzai di essergli d’aiuto come potevo: parlammo poco in quei momenti, forse perché non ce n’era bisogno. Jazz sapeva che su di me poteva sempre contare.
   In quella situazione potei anche apprezzare a fondo il carattere materno di Esme. Per una che aveva passato diciassette anni a prendersi cura di una madre troppo spensierata, svagata e leggera, la solidità e la maturità di Esme erano una continua sorpresa. La mia madre adottiva era preoccupata per i suoi figli lontani e ancora di più per quelli che aveva sotto gli occhi; si dedicò a Jasper con un amore e una dedizione davvero commoventi e non fece mancare il suo sostegno neanche a me, perché non dimenticava certo quanto anch’io fossi prostrata.
   I nostri amici erano turbati dai recenti avvenimenti, ma non ci fecero mancare il loro affetto: Kate mi era sempre più simpatica e con Carmen mi ero ormai definitivamente rappacificata. L’unica con cui non riuscissi a comunicare era Irina, ma non perché non volessi: semplicemente non riuscivo a sentirmi a mio agio con lei, perché era tutta presa dalla sua riconciliazione con Laurent; era giustamente felice che le cose tra loro si stessero sistemando, ma io non ero in grado di partecipare alla sua gioia.
   Il dolore di Jasper, per quanto straziante fu una medicina per il mio cuore morto: stando accanto a lui, seguendo l’esempio di Esme, impegnandomi a essere una sorella affettuosa, comprensiva e forte, dimenticai per un po’ le mie sofferenze. L’abbandono di Edward arrivò a sembrarmi poca cosa rispetto alla partenza frettolosa di Alice. Sforzandomi, potevo riuscire a capire i motivi per cui la mia storia d’amore era finita, ma la visione di Alice, per quanto chiara fosse, non mi aiutava ad accettare che se ne fosse andata anche lei, lasciando improvvisamente Jasper e tutti noi.
   Soffrivo per mio fratello e mi chiedevo se e quando la sua cosiddetta futura sposa si sarebbe fatta vedere. Chiunque fosse, speravo che non tardasse e che regalasse a Jasper la felicità che meritava. Mi chiedevo anche cos’avesse voluto dirmi Alice quando aveva affermato che sarei stata di nuovo felice: potevo immaginare un po’ di serenità per me, forse, in un futuro lontano, ma la felicità era un’altra cosa.
   Ne ebbi la conferma quando, un lunedì mattina, Edward ci telefonò.
Noi Cullen eravamo tutti riuniti nel salotto di Tanya e io tenevo d’occhio Jasper che sedeva sul divano accanto a me, immobile e silenzioso da ormai due ore. Quando il telefono squillò, fu Esme a rispondere e non appena seppe chi era, sul suo volto si aprì un sorriso luminoso.
   - Edward, caro! – esclamò – Come stai? Dove sei?
   Rosalie si alzò per la sorpresa. Il resto di noi non si mosse.
   Dall’altra parte, la voce di Edward rispose, dolce e sommessa:
   - Ciao mamma! Sono felice di sentirti. Sto bene, mi trovo in Canada in questo momento. A dire il vero faccio un po’ la vita del nomade, ma non mi dispiace… e prima che me lo chiediate, vi assicuro che non dovete  preoccuparvi, mi nutro solo di sangue animale! Voi come state? Ho saputo che Alice se n’è andata.
   Anche Emmett balzò in piedi:
   - Coma lo sai? – chiese a Edward senza riuscire a trattenersi.
   - Ciao Emm… lo so perché mi ha chiamato. Ha detto che farei bene a tornare da voi. Io però non me la sento ancora, vi chiedo scusa.
   - Ma cos’ha detto Alice? – chiese Esme, concitata – Anche lei è in Canada?
   - No, - sospirò Edward – Si trova a Parigi in questo momento.
   Parigi! Dunque era andata davvero molto lontano.
   - Perché proprio a Parigi? – chiese Rose
   - Alice sta cercando il vampiro che appare confusamente nella sua visione.
   - Ti ha parlato della visione? – chiese ancora Rose
   Edward esitò prima di rispondere: - Veramente io lo sapevo già. – confessò – Ho visto la visione nei suoi pensieri. Le ho promesso che non avrei detto niente a nessuno, infondo riguardava il suo futuro, però ho cercato più volte di convincerla a parlarne a Jasper prima che lasciassimo Forks. Non mi sembrava giusto che gli tenesse nascosta una cosa simile. Credo però che Alice sapesse quello che faceva e che abbia cercato di agire sempre per il meglio. Non può impedirsi di avere le visioni.
Mi chiedo come farà adesso a trovare la sua anima gemella, non ha idea di chi possa essere.
   - Anche noi siamo preoccupati, Edward. – disse Esme – Ha detto altro?
   - Mi ha detto di essere preoccupata per Jasper. Lui come sta?
   Mi parve piuttosto strano che Edward, dopo avermi messa addirittura in guardia contro Jasper, chiedesse sue notizie. La sua domanda, per quanto gentile, mi parve un’ intrusione e ne fui infastidita. Senza riflettere afferrai la mano di Jazz (che continuava a non muovere un muscolo) e la strinsi forte.
   - Se la caverà. – risposi freddamente a Edward, stupendo me stessa.
   Ci fu un secondo di silenzio teso. Poi Edward pronunciò il mio nome con voce incerta e chiese dolcemente:
   - Come stai, Bella?
   Tanto bastò a far crollare la maschera di marmo dietro cui mi ero nascosta. Aprii la bocca per rispondere, ma non riuscii a emettere suono.
   Finché Edward si era rivolto a tutti noi in generale ero riuscita a controllare le mie emozioni, immaginando che al telefono non ci fosse veramente lui, ma un membro qualsiasi della famiglia Cullen e mi era stato facile rispondere al posto di Jasper. Quando parlò direttamente a me non potei più ingannare me stessa: ricordai chi era e perché non era lì con noi…
   La disperazione che credevo ingenuamente di aver scacciato tornò immediatamente ad avvolgermi. Senza fiato, nascosi il capo tra le ginocchia, cercando di non cadere a pezzi. Avevo l’impressione di non vederci bene e che la testa mi girasse. Se avessi avuto un cuore, probabilmente sarebbe scoppiato.
   Due mani forti si posarono sulle mie spalle, aiutandomi a raddrizzarmi e in un attimo mi trovai chiusa nello stesso vigoroso abbraccio che a Volterra aveva avuto il potere di farmi sentire nuovamente viva e a casa.
   - Cosa ti importa di come sta Bella? – ringhiò Jasper, rivolto al telefono  – Cosa credi di fare? Pensi che telefonare e fare il gentiluomo serva a riparare ai tuoi errori? Tu e Alice ve ne siete andati, ci avete abbandonati, perché adesso non ci lasciate in pace? Te lo faccio vedere io come sta Bella e com’è stata dopo che te ne sei andato, basta che ascolti i miei pensieri, ragazzino!
   - Jazz, calmati… - provò a dire Esme, mentre io lo guardavo sbalordita.
   - No che non mi calmo! – sbraitò ancora più forte lui – Se ne sono andati? Che la smettano, allora! – Si rivolse a Edward - Di’ a Alice che me la caverò benissimo anche senza di lei, che faccia a meno di preoccuparsi e che sia felice con il suo futuro sposo! – Jasper sputò l’ultima parola come se fosse stata un insulto - Io non voglio più sentir parlare di visioni e futuro, chiaro? Quanto a te è meglio se non ti fai vedere da queste parti, o potrei prendere seriamente in considerazione l’idea di ucciderti. E adesso guarda, guarda!
   - Jasper, no! – implorai con voce soffocata. Avevo capito che voleva far leggere i suoi pensieri a Edward e che stava cercando di mostrargli il modo in cui mi ero ridotta nei giorni successivi alla sua partenza.
   Jasper ignorò completamente le mie parole, assunse un’aria concentrata e fissò con insistenza il telefono tra le mani di Esme come se volesse distruggerlo con la sola forza dello sguardo.
   Io rimasi inerte tra le sue braccia, confusa e incredula per tutto quello che stava succedendo. Ero felice che Jasper si fosse riscosso dal suo torpore, ancora più felice che mi stesse difendendo. Allo stesso tempo però temevo la reazione di Edward, non sapevo se effettivamente sarebbe riuscito a sentire i pensieri di Jasper; in più, mi vergognavo per l’effetto che sentire la sua voce aveva avuto su di me. Avrei dovuto essere molto più forte in futuro o non sarei mai riuscita a dimenticarlo.
   Edward rimase in silenzio per un paio di minuti. Quando riprese a parlare la sua voce era appena udibile.
   - Bella sa che sono infinitamente dispiaciuto per ciò che è accaduto tra noi. Non ho bisogno di leggere nel pensiero per sapere che l'ho fatta soffrire. E il suo dolore mi fa male. Resterò lontano anche per sempre se questo servirà a farla star meglio… Bella, mi senti? - chiese
   - Sì… - sussurrai.
   - Mi dispiace tanto, Bella, credimi, per te e per Jasper. Mi dispiace anche per Alice. Ti prego, cerca di essere felice, fallo per me.
   Perché insisteva? Non riuscii a rispondergli, non volevo sentire altro. Mi tappai le orecchie con le mani, senza curarmi del fatto che sarebbe stato un gesto inutile, oltre che infantile e nascosi il volto contro il petto di Jasper.
   La sua voce schioccò come un colpo di frusta, facendomi sussultare.
   - Adesso basta! – tuonò.
   Poi fece una cosa che mi lasciò letteralmente senza parole. Infilò un braccio sotto le mie ginocchia, con l’altro mi cinse i fianchi; quindi si alzò e tenendomi in braccio come se fossi stata una bambina si diresse a passi decisi verso la porta, portandomi lontano dalla voce di Edward che insisteva per parlare ancora con me.

Esme

   Edward mi stava dicendo qualcosa, io però riuscivo a malapena a sentirlo. Non potevo credere a ciò che avevo appena visto: l’immagine di Jasper che usciva dalla stanza tenendo in braccio Bella era qualcosa di talmente sconvolgente e inaspettato che non potevo impedirmi di pensarci. Sapevo che Edward avrebbe potuto accorgersi della mia distrazione, ma non me ne importava.
   Come al solito fu mio marito a prendere in mano la situazione: mi tolse il telefono dalle mani e si rivolse a Edward in modo gentile, ma deciso:
   - Edward, ascoltami bene. Non è il momento di parlare con Bella, non è pronta ad ascoltarti, non puoi pretendere che sia già in grado di far finta di niente. Chiamaci quando vuoi per darci tue notizie, ma usa il mio numero, non quello di Tanya, in modo che ti possa rispondere io. E’ meglio così, credimi.
   Mio figlio acconsentì e si affrettò a salutarci e a riattaccare. Mi ripromisi di richiamarlo al più presto, ma un attimo dopo, le espressioni sconvolte degli altri mi fecero subito tornare in mente Bella e Jasper.
   Emmett fu il primo ad aprire bocca:
   - E’ successo veramente? – chiese
   - Sì…. Davvero incredibile. – affermò Carlisle pensieroso.
   - Ma avete visto anche voi? – chiese ancora Emmett – Io non riesco a crederci!
   Non potevo che dirmi perfettamente d’accordo.
   - Anche a me sembra impossibile… - risposi – Non ho mai visto Jasper comportarsi in questo modo. Ha preso in braccio Bella come se fosse stata una bambina o una… Oh!
   Un campanello trillò all’improvviso nella mia mente. Incrociai lo sguardo strabiliato di mia figlia Rosalie e seppi che aveva pensato la stessa cosa.
   - Una sposa. – completò in un sussurro.
   Emmett spalancò gli occhi: - La futura sposa di Jasper… ma certo! Jasper sposerà Bella!
   Mi ritrovai a sorridere a trentadue denti. Ci guardammo l’uno l’altro, troppo emozionati per parlare.
   - E’ possibile. – disse Carlisle alla fine.
   Emmett scosse il capo con decisione: - Vorrai dire che è probabile! Andiamo, non vedi come si proteggono a vicenda e come Jazz ha messo al suo posto Edward? C’è del tenero tra quei due, ve lo dico io.
   - Potresti avere ragione, - disse Carlisle – però è meglio non fare ipotesi azzardate. Lasciamo che le cose vadano come devono andare e vi invito tutti a non far capire a Bella e Jasper quello che pensiamo del loro legame. Il tempo ci dirà se abbiamo ragione o no.
   Mio marito aveva ragione, naturalmente. Non avrei mai pensato che tra Bella e Jasper potesse nascere qualcosa di più che una semplice amicizia, ma sperai con tutte le mie forze che Emmett avesse ragione e che per i miei due figli più vulnerabili la felicità fosse davvero vicina, molto più di quanto avessimo mai immaginato.

Eccoci alla fine anche di questo capitolo! Spero vi siano piaciuti la dolce Bella e il protettivo Jasper! Il finale con il pov di Esme è servito a rischiarare finalmente un po’ l’atmosfera.
Il prossimo capitolo è uno dei miei preferiti e sono decisa a postarvelo entro la vigilia di Natale, come “regalo” da parte mia, insieme naturalmente ai migliori auguri! Sarà dedicato ai due protagonisti senza intrusioni di altri personaggi.
Non vi so dire però con precisione quando potrò pubblicarlo perché la prossima settimana sono impegnatissima: se non sono lezioni sono prove, se non sono prove sono concerti… e per fortuna, devo dire! Comunque prometto che entro la vigilia mi faccio viva!
Ringrazio come al solito tutti i miei lettori e recensori!

Con affetto
Niniane  
   
  

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Capitolo 20
*** La melodia della rinascita ***


Deliri dell’Autrice esausta: come promesso ce l’ho fatta, scrivendo due righe al giorno!!!
Prima del capitolo volevo solo dire pubblicamente, a chi avesse letto l’avviso della settimana scorsa, che la piccola discussione sul fatto che Edward possa o non possa sentire i pensieri attraverso il telefono è stata assolutamente educata e costruttiva. Non mi sono sentita né ferita, né offesa e ci tengo a precisarlo. Non si trattava infatti di una mia scelta personale (come nel caso del legame tra il dono di Alice e i licantropi… vedi cap 8), ma di una piccola svista. Quindi ringrazio sinceramente chi me l’ha fatta notare. Aggiungo un angolino pubblicitario per chi ama le storie su Bella e Jasper: vi consiglio di leggere, se non l'avete già fatto "J&B" e "Tre vite e un solo destino" di Camilla L! Sono storie davvero belle e piene di dolcezza!
Un abbraccio e buona lettura!



Capitolo XX: La melodia della rinascita

Bella

   Jasper camminava a passo svelto ormai da diversi minuti lungo il sentiero che da casa saliva lungo la montagna, i capelli biondi scompigliati dal vento e lo sguardo azzurro-dorato fisso davanti a sé. Era assorto nei suoi pensieri e se non fosse stato per le sue braccia che continuavano a sostenermi avrei pensato che si fosse addirittura dimenticato della mia presenza. Avrei voluto dirgli di fermarsi e di mettermi giù, ma ero troppo sconvolta per riuscire a parlare. Del resto, la situazione in cui ci trovavamo era davvero bizzarra, nessuno avrebbe potuto negarlo. Da umana, avevo immaginato per mesi la mia eternità accanto a Edward e tante fantasticherie sulla felicità che avremmo potuto condividere avevano riempito la mia mente; alcune erano abbastanza realistiche, altre meno, ma tutte riguardavano noi due e l’amore che ci univa allora. Sullo sfondo dei miei sogni romantici c’erano anche gli altri Cullen, tra cui Jasper e Alice, felici e innamorati come li avevo conosciuti a Forks. Possibile che le cose fossero tanto cambiate e che nessuna delle mie aspettative si fosse trasformata in realtà? Se mi avessero detto che sarei diventata vampira, ma che sarei rimasta senza Edward non ci avrei creduto. Ancora meno avrei creduto a chi mi avesse detto che Alice se ne sarebbe andata, abbandonando improvvisamente il suo compagno. Quanto all’idea che io e Jasper ci saremmo confortati a vicenda, probabilmente mi sarebbe sembrata inconcepibile. Invece stava accadendo proprio ciò che nella mia vita precedente avrei trovato assurdo.
   Mentre mio fratello camminava, l’angoscia profonda e la confusione che avevo provato nel risentire la voce di Edward se ne stavano andando lentamente, sostituite da altre sensazioni: stupore per il gesto inaspettato di Jasper, timore per la collera inspiegabile che ancora leggevo nel suo sguardo, gratitudine per il modo in cui aveva risposto a Edward… ma soprattutto il desiderio irrazionale e pericoloso di chiudere gli occhi e di abbandonarmi al suo abbraccio rassicurante. Benché mi sforzassi di rimanere lucida e di non indulgere in fantasticherie ridicole, mi sentivo come una principessa delle fiabe portata in braccio dal suo principe azzurro. Per di più Jasper, con i suoi capelli dorati e lo sguardo fiero e tenebroso era maledettamente perfetto per quel ruolo. Se da qualche parte ci fosse anche un cavallo bianco, la scena sarebbe da copione pensai. Accidenti a lui e al suo fascino irresistibile! Non era giusto che si comportasse in quel modo: mi confondeva, mi ammaliava inutilmente. Che fine aveva fatto il vecchio Jasper Hale, cupo, taciturno e sempre in ombra? Questo nuovo Jasper, impulsivo, protettivo e dolcissimo era sempre più sconcertante… e sempre più seducente.
   Cercai di mettere un freno ai miei voli di fantasia e finalmente riuscii a mormorare:
   - Jasper, fermati, ti prego…
   Come se la mia voce l’avesso destato da una profonda fantasticheria, Jasper si fermò di botto e mi rivolse un’occhiata un po’ spaesata. Poi mi fece scendere dalle sue braccia e lo fece con la stessa cautela che avrebbe usato se fossi stata umana. Non potei che sentirmi oltremodo commossa e lusingata per il modo in cui si stava prendendo cura di me.
   Per un lungo istante restammo entrambi in silenzio, senza guardarci negli occhi. Fu Jasper a parlare per primo.
   - Stai meglio? – chiese bruscamente
   - Sì… sì, sto meglio. – balbettai, un po’ spiazzata da quel tono di voce, in netto contrasto con la dolcezza dei suoi gesti.
   Evidentemente Jasper se ne accorse perché quando parlò di nuovo la sua voce tornò ad essere un morbido velluto:
   - Bella, ascoltami, non devi più permettere a Edward di ferirti in questo modo. – disse - Se n’è andato ormai e tu devi farti forza per ricominciare anche senza di lui. Credimi, non si merita né il tuo amore, né la tua sofferenza. E’ stato lui a lasciarti, non il contrario:lascialo ai suoi rimorsi e cerca di dimenticarlo. Se dovesse richiamare cerca di farti coraggio e ignoralo. Comunque – continuò con un sorriso sardonico – credo che la mia sfuriata gli sia servita di lezione almeno per un po’.
   - Credi che abbia sentito i tuoi pensieri? – chiesi ansiosa. Il punto di vista di Jasper era giusto, me ne rendevo conto, a me non avrebbe dovuto importare che Edward soffrisse o no. Tuttavia ero ancora troppo innamorata di lui per desiderare di vendicarmi in qualche modo. Inoltre, di tutte le cose che aveva detto, almeno una era giusta: sapevo che era davvero dispiaciuto per come si erano svolte le cose. Non volevo che si sentisse ulteriormente in colpa venendo a sapere quanto ero stata male.
   Jasper aggrottò la fronte: - Non credo che mi abbia sentito, a dire il vero. – rispose con sincerità – Il potere di Edward non è illimitato e il telefono rende molto difficile la lettura del pensiero. Però io ci ho provato ugualmente. Se lo meritava.
   A quel punto non riuscii più a trattenermi:
   - Perché? – chiesi con un fil di voce – Perché l’hai fatto?
   - Fatto cosa?
   - Perché hai aggredito Edward in quel modo? E poi… e poi questo.
   Jasper parve confuso: - Ti ha dato fastidio che ti abbia presa in braccio e portata via da lì? Se è così, scusami Bella… è che… mi sei sembrata così sofferente… come se non fossi più in grado di reggerti in piedi.
   - E’ proprio così. - mi affrettai a dire – Infatti io… ti ringrazio. Solo non capisco.
   Jasper mi lanciò un occhiata indecifrabile: - Vuoi sapere perché sto facendo tutto questo? Perché l’unico modo che ho per credere di poter continuare a vivere senza amore è farlo credere anche a te. – disse. Quindi girò sui tacchi e con un balzo sparì tra gli alberi.
   - Jazz, aspetta! – gridai. Non sapevo se corrergli dietro o se tornare in casa. Alla fine optai per la seconda possibilità: probabilmente Jasper desiderava restare un po’ da solo. Edward aveva parlato di Alice e per lui doveva essere stato un tormento.
   Il resto della giornata fu un inferno per me. Da un lato continuavo a risentire nella mia mente la voce triste e carezzevole di Edward e questo mi faceva sentire malissimo; dall’altro, senza volerlo, mi ritrovavo a guardare in continuazione fuori dalla finestra aspettando con ansia il ritorno di Jasper. I miei familiari non furono di grande aiuto, anzi: più volte, nel corso della giornata notai che Esme e Emmett mi lanciavano strane occhiate a metà tra il preoccupato e il curioso, come se fossero a conoscenza di qualcosa che io ignoravo, ma non volessero dirmi di cosa si trattasse. Dopo aver chiesto loro un paio di volte se ci fosse qualcosa che non andava e aver ricevuto risposte negative mi dissi che probabilmente, dopo la telefonata di Edward erano solo preoccupati per me.
   Jasper riapparve a sera, annunciando di volersi assentare per un paio di giorni: disse di aver bisogno di una lunga battuta di caccia. Considerato che dal giorno della partenza di Alice aveva trascurato di nutrirsi con regolarità, Carlisle fu subito d’accordo che si allontanasse di diversi chilometri e che si dirigesse a nord, dove avrebbe potuto trovare prede più grosse dei soliti cervi e caribù.
   Io mi sentii sollevata di fronte a quella prospettiva e decisi che avrei usato quei due giorni per riflettere, cosa di cui avevo enormemente bisogno. L’indomani, ormai certa che Jasper non fosse più nei paraggi, andai a fare una passeggiata nel bosco dove avevo cacciato la prima volta insieme a lui e mentre camminavo, ogni momento trascorso insieme da quando mi ero trasformata in vampira mi scorreva davanti.
   Di una cosa ero assolutamente certa: nessuna donna che possedesse un briciolo di sensibilità avrebbe potuto restare a lungo indifferente ad alcuni atteggiamenti che Jazz aveva avuto nei miei riguardi. Come dimenticare il nostro primo abbraccio? Come non soffermarsi a ricordare il modo in cui a Volterra aveva distrutto tutto ciò che incontrava sulla sua strada, pur di raggiungermi il più in fretta possibile? E i suoi occhi dorati, i messaggi silenziosi che mi sembrava a volte di cogliere in essi…
   Rievocando l’episodio dal mattino precedente, non riuscivo a non pensare che prendermi in braccio in quel modo fosse stato un gesto poco fraterno. Mi sforzai di immaginare Jasper agire allo stesso modo con la sua finta gemella, Rosalie, ma ogni volta che ci provavo il pensiero tornava inevitabilmente a me stessa e alla mia fantasia in stila bella addormentata nel bosco. Forse era perché Rosalie aveva un carattere molto più forte e tenace del mio e non avrebbe mai avuto bisogno di essere sostenuta fino a tal punto, ma l’idea di Jasper che la teneva in braccio suonava decisamente stonata. Senza contare il fatto che nel caso di Rosalie, Emmett avrebbe anche potuto non gradire…
   Naturalmente sapevo che Jasper si stava comportando semplicemente come un fratello particolarmente affettuoso, protettivo e attento; eravamo stati entrambi abbandonati dai rispettivi partner e questo creava tra noi un legame molto particolare, perché eravamo gli unici a poter capire quanto fosse doloroso vivere senza l‘amore di Edward e Alice. Ciò che Jasper aveva detto, lo spiegava chiaramente: mi stava aiutando a vivere e facendo questo riusciva in qualche modo ad aiutare anche sé stesso. Se l’effetto che i suoi comportamenti facevano su di me era totalmente diverso da quelle che erano le sue intenzioni, la colpa era solo mia.
   Sospirai, rassegnata. Inutile negarlo: faticavo a guardare Jasper come si guarda un fratello. Ogni volta che i nostri sguardi si incontravano mi perdevo nei suoi occhi e cercavo di capire quali e quante emozioni vi fossero riflesse; ogni qualvolta mi avvicinavo a lui desideravo passare le dita tra i suoi capelli biondo miele. Tante volte l’avevo osservato di nascosto, quand’era di spalle, soffermandomi sognante sulle linee del suo corpo, non certo come una sorella farebbe. La sua voce profonda, così diversa da quella di Edward faceva vibrare la mia anima in un modo che non osavo ammettere neanche a me stessa. Era come un richiamo al quale non potevo resistere. Se eravamo molto vicini, il profumo della sua pelle aveva il potere di inebriarmi e dovevo riconoscere che quando mi abbracciava il mio unico desiderio era che l’abbraccio non avesse mai fine.
   Mi fermai, spaventata dai miei stessi ragionamenti. Dovevo assolutamente impedire che la situazione degenerasse.
   E’ solo attrazione, Bella! mi dissi con decisione Solo attrazione! Se non vuoi perderlo farai bene a non pensare più a lui in questo modo, altrimenti lo scoprirà e per te sarà un’umiliazione tremenda. Questo sempre ammesso che non abbia già intuito qualcosa…
   Quell’ipotesi mi terrorizzava: se Jasper aveva anche solo una vaga idea di quello che mi frullava per la testa avrei fatto meglio a fuggire di nuovo da Denali e andarmi a nascondere per il resto dei miei giorni su qualche isola sperduta del Pacifico…
   Il peggio era che, per quanto mi arrovellassi, non ricordavo di aver mai pensato a Edward con altrettanta intensità.
   Eppure io avevo amato e desiderato Edward; l’avevo sempre paragonato a un angelo candido e bellissimo e avevo passato minuti, ore, giorni a bearmi della sua perfezione e della sua vicinanza.
  Jasper invece non mi faceva pensare a un angelo, ma semplicemente… a un uomo.
  E tu sei una donna, anche se vampira. Forse è proprio questo il punto.
  Una donna. Strana e contorta com’ero, da quando avevo incontrato i miei vampiri buoni non avevo più pensato che generalmente ogni donna è destinata ad amare un uomo e non un angelo. Non avrei mai scelto uno dei miei compagni di scuola al posto di Edward, l’idea non mi aveva mai sfiorata. Perché scegliere un ragazzo qualsiasi se potevo avere… lui?
   Ora invece, quello che mi attraeva di Jasper era proprio il suo essere vampiro e umano allo stesso tempo. Il connubio perfettamente equilibrato tra le sue due nature ne faceva un essere splendido; conoscendolo,  dubitavo che se ne rendesse conto. Certo, nessun uomo mortale avrebbe potuto essere bello, forte e veloce quanto lui, questo era fuor di dubbio. Allo stesso tempo però non conoscevo nessun vampiro che gli somigliasse. Era come se, nonostante fossero passati ben due secoli dalla sua trasformazione, il maggiore Jasper Whitlock vivesse ancora dentro di lui e ne determinasse il modo di essere e di agire.
   Jasper Hale era il compagno di Alice, il bellissimo vampiro biondo, riservato e gentile che non riusciva a resistere al richiamo del sangue umano e che viveva sempre all’ombra dei suoi fratelli.
   Io avevo conosciuto Jasper Whitlock, il carismatico gentiluomo e l’eroico soldato che aveva affrontato i Volturi per riportarmi a casa e che mi aveva difesa come avrebbe fatto con una signorina della sua epoca.
   Sia l’uno che l’altro mi avevano colpita più profondamente di quanto volessi ammettere e se non avessi cercato di controllare i miei sentimenti, il mio cuore ingenuo e ipersensibile avrebbe avuto il sopravvento sulla ragione.
   E la ragione mi diceva chiaramente che Jasper Whitlock Hale era mio fratello e tale doveva restare.
   Jasper non ricambia i tuoi sentimenti, Bella, lo vuoi capire? Sta aspettando la sua anima gemella…
… perché non potevo essere io la sua anima gemella, vero?
   Mi diedi automaticamente della stupida.
   Cosa andavo a pensare?
   Alice me l’avrebbe detto se fosse stato così.
   Non potevo essere io e basta, dovevo rendermene conto prima che fosse troppo tardi. Prima che…
   Mi imposi di non concludere il mio ultimo pensiero.
   Più tormentata che mai, tornai lentamente verso casa, cercando di concentrarmi su un altro interrogativo che non smetteva di assillarmi. Benché non ne avessi più parlato a nessuno, non avevo dimenticato la dolce melodia che per ben due volte mi era parso di udire in casa di Tanya. Non passava giorno senza che la cantassi dentro di me, cercando di identificarla e di capire se l’avevo già sentita da qualche parte. Avevo ascoltato più volte le sorelle di Denali suonare il pianoforte, sperando di riconoscerla tra i pezzi del loro repertorio, ma senza risultato. Tutte e tre conoscevano ed eseguivano magistralmente un’infinità di brani, alcuni malinconici e struggenti, altri molto virtuosistici. Tuttavia, nessuno di quelli che suonavano più frequentemente somigliava a ciò che cercavo e la cosa mi seccava moltissimo. Se la mia mente sconvolta non aveva  immaginato il tutto, doveva per forza essere stata una di loro a suonare. Anche Rosalie era un ottima musicista, ma non suonava spesso e quando lo faceva eseguiva sempre brani di Chopin che, per quanto fossero autentici capolavori, non avevano niente in comune con la mia melodia perduta.
   Non volevo credere di aver solo sognato quella musica meravigliosa… Doveva esistere!
   La casa di Tanya non era lontana quando, d’un tratto, un suono acuto e limpido attirò la mia attenzione. Mi voltai e rimasi in ascolto per qualche secondo, meravigliata e incredula. Poi, incuriosita, mi diressi a nord, da dove mi sembrava che il suono provenisse e ad ogni passo il mio stupore aumentò.
   Un flauto.
   Per essere precisi, un flauto traverso.
   Qualcuno stava suonando un flauto traverso, non lontano da me, all’aperto, ben nascosto dalla ricca vegetazione di alberi sempreverdi.
   Decisa a scoprire chi mai fosse tanto folle da esporre uno strumento musicale alle intemperie dell’inverno d’Alaska, mi misi a correre.
   Più mi avvicinavo, più il suono, che il vento portava facilmente alle mie orecchie super sviluppate si trasformava in una melodia ben definita, vagamente dissonante e formata da successioni di gorgheggi rapidissimi intervallati qua e là da note più lunghe e dolci. Sembrava un richiamo d’uccello.
   Quando sentii di essere abbastanza vicina al suonatore misterioso rallentai l’andatura e avanzai con molta cautela, ben decisa a vedere lui senza che lui vedesse me. Se era un umano non l’avrei disturbato; se invece si trattava di un vampiro avrei scoperto chi era.
   Mi concentrai per sentire con chiarezza gli odori che mi circondavano e non riconobbi quello del sangue umano. Bene. Registrai invece che Jasper doveva essere passato di lì poco prima, dato che la sua fragranza impregnava l’aria. Certo, si era diretto anche lui a nord… Resistendo alla tentazione di seguire le sue tracce decisi di avanzare ancora di qualche metro, ma dovetti ben presto fermarmi perché ormai ero giunta al limitare estremo del bosco. Se fossi andata avanti ancora sarei uscita allo scoperto per cui mi arrampicai silenziosamente su un albero: dall’alto avrei avuto una visuale più ampia.
   Fu allora che lo vidi.
   Jasper era in piedi, poco distante da un precipizio e suonava un flauto traverso. Era rivolto verso le montagne e mi dava le spalle, concentrato sulla musica. Lo strumento che teneva tra le mani era vecchio e opaco, ma i suoni che sapeva trarne erano assolutamente meravigliosi.
   Ero strabiliata. Un altro aspetto di Jasper mi si stava rivelando e, per l’ennesima volta si trattava di qualcosa di meraviglioso e sorprendente. Non avrei mai pensato che sapesse suonare uno strumento. Il flauto traverso poi, dal suono tanto delicato e gentile… uno strumento che avevo sempre e ingenuamente abbinato alla femminilità.
   Eppure non c’era proprio nulla di effeminato nel modo di suonare di Jasper: al contrario, in quel momento era più bello e virile che mai. Non l’avevo mai visto così assorto e ancora una volta ne fui assolutamente incantata.
   Ascoltai rapita mentre concludeva il brano e quando la musica tacque non ebbi il coraggio di muovere un muscolo.
   Jasper però sapeva che ero lì: le mie emozioni dovevano averlo travolto, tant’erano intense. Non fui stupita quando si voltò verso l’albero dove mi ero arrampicata.
   - Bella, so che sei lì, coraggio scendi. – disse serenamente.
   Mi affrettai a scendere, più imbarazzata che mai. Mi sentivo una bambina colta in fallo dopo una marachella.
   - Scusami…- cominciai, cercando di mettere insieme un discorso coerente – ho sentito suonare mentre tornavo a casa… cioè… io stavo andando in senso opposto, ma poi ti ho sentito e non ho saputo resistere e allora… io…
   - Lo so, Bella, non devi scusarti. Sono felice che tu mi abbia sentito. – rispose Jasper sorridendo.
   - Non sapevo che tu suonassi. – gli dissi avvicinandomi a lui – Dove hai imparato?
   Jasper continuò a sorridere, enigmatico: - Prima che ti dica dove e come ho imparato, vorresti ascoltare un altro brano?
   Lo fissai, confusa: - Ma certo. – dissi.
   - Allora chiudi gli occhi e ascolta.
   Obbedii, come sempre sottomessa al richiamo di quella voce incantevole e un istante dopo lo sentii riposizionare il flauto, apprestandosi a suonare.
   Quando le prima note del nuovo pezzo mi raggiunsero, il mio cuore morto ricominciò a battere e una scarica elettrica attraversò tutto il mio corpo.
   Era la mia melodia.
   Senza accompagnamento, naturalmente, ma era proprio lei, non mi sbagliavo. E non era meno bella che per pianoforte, anzi forse lo era ancora di più. Più semplice, più pura.
   Spalancai gli occhi e vidi Jasper che suonava, lo sguardo fisso su di me.
   La fragile barriera che avevo eretto tra noi due andò in frantumi e la verità mi travolse definitivamente senza che potessi più negarla in alcun modo.     
   Ero perdutamente innamorata di Jasper.



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…Perché ho come l’impressione che adesso stiate tutte festeggiando l’intuizione di Bella???

   Per questa favolosa immagine si ringrazia nanerottola, mia fedele lettrice, carissima ragazza e artista di talento!!! Allora, veniamo a noi! AUGURI DI BUON NATALE a tutti!!!
   Auguri speciali alle gentilissime: Orsacchiotta Potta Potta, Camilla L, Argentea, nanerottola, dany60, ladyanyablu e Frego! Auguri a tutte le mie recensitrici (sì lo so che non si dice, ma passatemela, dai) in particolare a: maura77, alebibi85, Meme__ (che ho perso di vista, ma che spero tornerà!) Alice Hale 89, lenny 87 e jakefan. Auguri calorosi a tutte le persone che hanno messo la mia storia tra le preferite, le seguite e le ricordate! Auguri e ringraziamenti anche allo staff di EFP (non li leggeranno, ma io li faccio comunque!).
   
   Per il prossimo capitolo vi do appuntamento al più tardi ai primi di gennaio! Un abbraccio affettuoso!


Nini
 

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Capitolo 21
*** Il sigillo del cuore ***





Capitolo XXI: Il sigillo del cuore

Bella

   Ero perdutamente innamorata di Jasper.

   Gioia e dolore dilagarono dentro me, quando fui travolta da quella consapevolezza allo stesso tempo sublime e spaventosa.
    Innamorata… una parola dal suono talmente dolce. Avrei voluto correre, saltare, ballare: il mio cuore aveva ritrovato la forza di amare, quasi a mia insaputa e quella forza era cresciuta in me, si era moltiplicata per dieci e adesso io ero viva come non lo ero mai stata in tutta la mia esistenza! Più viva e forte che mai.
    Cos’era stato il mio amore per Edward paragonato a tutto questo?
   Una goccia di pioggia contro un uragano, un tenue bagliore contro una luce accecante.
   Io avevo amato Edward, certo, con tutta me stessa. Senza quel primo, innocente amore, il mio cuore non avrebbe mai potuto aprirsi a un sentimento mille volte più  profondo e travolgente. Non avrebbe potuto sopportare tante emozioni tutte insieme, non sarebbe stato preparato ad affrontarle e si sarebbe spezzato.
   Edward aveva scaldato delicatamente il mio cuore, ancora chiuso nel candido e impenetrabile involucro dell’innocenza. Quando sen’era andato, dentro me non era rimasto altro che gelo e il mio cuore era diventato irraggiungibile per qualunque sentimento che non fosse la tristezza.
   Jasper era stato il fuoco che aveva combattuto il ghiaccio dentro me:  non aveva scaldato il mio cuore, l’aveva incendiato, spezzandone per sempre il sigillo.
   Ero pazza di felicità… ed ero senza speranza.
   Jasper non mi amava, avrebbe amato qualcuno che sarebbe arrivato molto presto, Alice l’aveva detto…
   Quel qualcuno non ero io.
   In un lampo di lucidità mi ricordai di usare il mio scudo per nascondere il mio stato d’animo a Jasper, almeno in parte. Non doveva sapere. Non avrebbe mai dovuto sapere.
   Evidentemente Alice aveva sbagliato, per una volta: io non ero destinata ad essere felice. Avrei solo potuto cercare di partecipare alla felicità degli altri e di accontentarmi. La felicità di Jasper…
   Contemplai angosciata il suo bellissimo viso su cui era dipinta un’espressione dolce e assorta. Suonava la mia melodia... la nostra melodia ormai. Non l’avrei mai dimenticato.
   Gioia e dolore. Estasi e sofferenza.
   “Questa è la vita” pensai.
  E poi: “Questo è l’amore.”


   - Eri tu…
   Le parole mi uscirono dalle labbra, senza che potessi far nulla per trattenerle.
   Jasper mi avvolse completamente nel suo sguardo dorato.
   - Sapevo che stavi cercando di capire chi avesse suonato questa melodia – spiegò - e quando ho avvertito la tua presenza qui, ho deciso di chiarire il mistero.
   Mi sentivo in trance. – Sei stato tu a suonare… - bisbigliai – Quella sera…
   Jasper annuì. - Quella sera tu eri molto agitata, Bella, come è logico che fosse. Avevo provato a farti parlare con Edward al telefono, pensando che sentire la sua voce ti avrebbe fatto bene, ma… come dire… il risultato non è stato dei migliori. Allora mi sono chiesto cos’avrei potuto fare io, per cercare di darti un po’ di sollievo. All’inizio ho pensato di suonarti la ninnananna di Edward, ma poi… non so, mi è sembrata fuori luogo. Ero arrabbiato per come si era comportato nei tuoi confronti e non ho voluto sostituirmi a lui. Senza che me ne rendessi conto mi sono trovato a suonare questa. – Jasper sorrise - La "Pavane" di Gabriel Fauré.
   - Conosco Fauré, ma non avevo mai sentito quest’opera. – mormorai - E’ bellissima. Così dolce e malinconica. Sono così felice di averla ritrovata…
   - Di solito la si sente eseguire per orchestra e volendo esiste anche una parte corale, in francese naturalmente, che però può anche essere omessa. Io ho suonato una semplice trascrizione per pianoforte.
   - La suonerai ancora per me? - pregai
   Il sorriso di Jasper si allargò:
   - Per te suonerò tutte le volte che vorrai. - rispose
  Oh, ma perché doveva sempre parlarmi in quel modo dolce? Mi sforzai di non farci troppo caso.
   - Jasper? – chiesi – Perché io non ho mai saputo che anche tu suonavi uno strumento? Non capisco… credevo che solo Carlisle e Rosalie fossero capaci di farlo. Oltre a Edward, naturalmente.
   - Non stupirti, Bella. Vedi, il mio rapporto con la musica è molto particolare. Edward si dedica a questa forma di arte perché ha un grandissimo talento e l’ha sviluppato nel corso degli anni. Per lui suonare il suo pianoforte è una grande passione e uno studio molto metodico allo stesso tempo e in egual misura. Edward è un vero musicista insomma.
   - E tu?
   Jasper all’improvviso s’incupì.
   - Non devi dirmelo se non vuoi. – mi affrettai a dire – Era solo una curiosità.
   - Devo e voglio dirtelo adesso. – replicò lui, deciso – Bella, vedi com’è vecchio questo flauto?
   Annuii. Jasper accarezzò lievemente con le dita la superficie dello strumento. – Questo flauto era del mio amico Peter. – disse.
   - Oh! – feci. Non sapevo che altro dire.
   - Quando Maria lo trovò e decise di trasformarlo in uno di noi, - proseguì Jasper – Peter era un giovane musicista squattrinato che cercava di campare come meglio poteva, offrendosi di suonare per chiunque fosse disposto a pagarlo, anche pochissimo. Durante la trasformazione, per un po’, continuò ad aggrapparsi disperatamente al suo strumento come a un ancora di salvezza; dopo il risveglio non ci fu verso di portarglielo via e chiunque ci provasse rischiava di essere strangolato da lui. Un paio di volte è perfino successo. Sai come sono i neonati con cui ho avuto a che fare: violenti e incontrollabili, litigavano per un nulla e cercavano in continuazione di attaccarsi tra loro. Peter era molto veloce e abile in combattimento, per gli altri sfidarlo era un grosso rischio. Alla fine toccò a me risolvere la situazione, anche perché ero l’unico con cui Peter non potesse misurarsi. Seppur con i miei dubbi, decisi di lasciargli il suo flauto: sapeva suonare veramente bene e le rare volte in cui osava farlo anche in mia presenza, riusciva a farmi sentire sereno… no, non sereno, diciamo un po’ rappacificato. -
   Jasper chiuse gli occhi e io rimasi immobile e muta, aspettando il seguito della storia.
   - La notte in cui dovevo sopprimere Charlotte (per ordine di Maria, che toglieva di mezzo i vampiri del nostro esercito quando non erano più neonati e quindi molto meno letali) Peter si era messo a suonare, per lei, naturalmente. Ogni volta che suonava lo faceva pensando a Charlotte, io lo sentivo. Sembrava che quella sera sapesse, intuisse che cose stava per accadere e volesse dedicarle un’ultima serenata.
Maria avrebbe voluto che li eliminassi entrambi e a me dispiaceva: Peter era l’unico amico che avessi in quel mondo di crudeltà, sapeva farmi sorridere, era sincero, sensibile. Charlotte… era una creatura fragile e dolce che non mi aveva fatto nulla di male. Quando udii il flauto di Peter mi vergognai di quello che avrei dovuto fare di lì a poco e fu proprio allora che cominciai a odiare veramente il mio compito. Così, anche se avrei potuto battere Peter in combattimento in qualsiasi momento, quando cercò di difendere Charlotte non mi opposi e lasciai che la portasse via con sé.
   Jasper mi guardò negli occhi: - Capisci, Bella? La musica ha aperto una breccia nel mio cuore, quella sera.
   - Capisco benissimo… - sussurrai. – E poi?
   - Il flauto di Peter rimase lì, nel nostro accampamento, se così vogliamo chiamarlo. Io lo conservai con cura e questo diede molto fastidio a Maria: non le piaceva l’idea che io provassi dei sentimenti diversi dalla rabbia, l’odio e naturalmente la devozione assoluta nei suoi riguardi. Un paio di volte provò a dirmi di gettarlo via, ma io cominciavo finalmente a ribellarmi a lei e non le permisi di darmi ordini anche su quello. E quando me ne andai, il flauto di Peter venne via con me.
Ritrovai lui e Charlotte qualche tempo dopo e non so descriverti la gioia del mio amico quando gli restituii il suo strumento. Ne possedeva un altro, più bello e nuovo, ma aveva sempre rimpianto il suo vecchio flauto traverso. Così, per sdebitarsi, mi insegnò a suonarlo e quando gli dissi che volevo andarmene di nuovo, me lo regalò, con l’augurio che potesse darmi un po’ di conforto.
   - Si separò di nuovo dal suo amato strumento? – chiesi meravigliata.
   Jasper sorrise con malinconia: - Sì. Era il suo modo per farmi capire che non dimenticava quanto avevo fatto per lui e Charlotte. Peter sapeva quant’ero infelice a causa del mio passato e con quel gesto cercò davvero di aiutarmi.
   - E’… è meraviglioso. – balbettai.
   - Trascorsi molti anni in solitudine quasi completa. A volte la mia unica compagnia era proprio questo flauto. Mi rifugiavo nelle melodie che Peter mi aveva insegnato e riuscivo a dimenticare per un po’ chi ero e quali crimini avevo commesso.
Poi però, quando mi sono unito a Alice e ai Cullen ho abbandonato l’abitudine di suonare. Non che non mi piacesse più, ma la vita mi ha offerto altri svaghi, finalmente. Quando ho avuto una compagna, dei fratelli, dei genitori, un nuovo scopo nella mia esistenza, non ho più avuto bisogno del conforto della musica. Ho suonato raramente, qualche volta per Alice, qualche volta per tutta la famiglia. Con il passare degli anni l’ho fatto sempre meno spesso. Io sono e rimango un soldato, Bella, non sono un musicista. Non posso reggere il confronto con il talento di Edward e ho sempre lasciato che fosse lui ad allietarci con il suono del suo pianoforte. Inoltre posso affermare con sicurezza che la mia famiglia mi preferisce così come sono.
   Lo guardai senza capire: - In che senso?
   - Mi hanno sempre visto come il soldato coperto di ferite di battaglia, lo stratega infallibile e il gentiluomo vecchio stampo. Questo è il mio ruolo e non c’è posto per la musica.
   Ero incredula, non mi capacitavo che potesse dire una cosa simile.
   - Vuoi dire che Alice e gli altri non apprezzano ciò che sai fare? – esclamai – Non ci credo, Jasper!
    - Non agitarti, Bella. Certo che lo apprezzano, ad un certo livello. Sono io che ho preferito lasciare in ombra questo lato della mia personalità. Forse sbaglio a pensare che non mi capiscano.
   Le sue parole mi portarono a fare una considerazione: qualsiasi cosa la famiglia Cullen facesse, al centro di tutto tendevano ad esserci sempre Edward e Alice con le loro personalità esuberanti. Ero certa che Carlisle ed Esme amassero tutti i loro figli allo stesso modo e che la cosa non dipendesse dalla loro volontà, ma non si poteva negare che Edward fosse un po’ il cocco di tutti, forse perché era il più giovane, forse per il suo carattere dolce. Quanto ad Alice… nessuno poteva batterla in fatto di entusiasmo e iniziativa. Era comprensibile che in mezzo a loro Jasper non riuscisse ad affermare pienamente la propria personalità.
   Mi parve ingiusto. Jasper aveva così tanto da dare.
   - Sono certa che sbagli. – risposi con decisione – Credo che anzi, dovresti suonare più spesso per noi. Emmett e Rosalie ne sarebbero felici, ne sono più che sicura. Hai talento, dico davvero Jazz… sai infondere tanta dolcezza nella tua musica…
   Jasper parve sinceramente stupito: - Davvero lo pensi?
   - Se non lo pensassi non te lo direi. – gli risposi sorridendo. – Dimmi, piuttosto: perché proprio oggi hai deciso di suonare? Anzi, scusa… da dove viene quel flauto? E’ sempre stato qui, tutti questi mesi?
   Jasper rise divertito: - Certo che no, Bella. Me l’ha portato Alice, su mia richiesta… o più probabilmente, Alice aveva visto che me l’avrebbe portato e che io l’avrei suonato presto. Infatti, quando ieri sono andato via, l’ho portato con me. Avevo bisogno di riflettere, di stare solo… e di qualcosa che mi rasserenasse. Qualcosa di meraviglioso e impalpabile come solo la musica può essere.
   Avrei voluto dirgli tante cose, ma il mio cervello non funzionava a dovere. L’unica cosa che riuscii a chiedergli fu: - E ora ti senti meglio?
   - Molto meglio. – sorrise lui. – Vieni, Bella, credo che possiamo tornare a casa.
   
Now there's no point in placing the blame
And you should know I suffer the same
If I lose you
My heart will be broken

Love is a bird, she needs to fly
Let all the hurt inside of you die
You're frozen
When your heart's not open

                                          " Frozen", Madonna
   


Jasper

   Non mi ero allontanato da casa soltanto per andare a caccia. Avevo detto la verità a Bella, il mio bisogno più grande era stare un po’ da solo.
   Era proprio vero: l’Alaska, con i suoi grandi spazi aperti, la neve presente in ogni stagione, le aurore boreali e i tramonti coloratissimi aveva su di me un effetto molto positivo. Sapevo che ben presto noi Cullen ci saremmo trasferiti, non potevamo abusare ancora a lungo dell’ospitalità di Tanya, non sarebbe stato giusto, anche se noi vampiri non abbiamo esigenze umane. Però se fosse stato per me, non mi sarei più mosso da lì. Denali era diventato un luogo speciale per me e non riuscivo a trovarlo brutto nemmeno dopo il trauma della partenza di Alice. Sospettavo che il merito fosse in gran parte di Bella: con la sua trasformazione, era entrata  profondamente nella mia esistenza e ne aveva stravolto ogni equilibrio precedente... Con lei ero riuscito ad aprirmi e a riscoprire cose di me stesso che credevo perse per sempre. Bella, la mia sorellina forte e coraggiosa, dolcissima e delicata…
   Il vuoto lasciato da Alice era una ferita aperta e sanguinante dentro me e dubitavo che ne sarei mai guarito del tutto. Tuttavia, grazie alla mia mente organizzatissima di vampiro cominciavo a incanalare meglio il mio dolore e a sopportarlo con maggior lucidità. La mia fiducia in Alice era talmente grande, che non dubitavo se ne fosse andata anche pensando a me e al mio futuro. Non che questo mi impedisse di arrabbiarmi con lei e di desiderare il suo ritorno: senza Alice mi sentivo perso, per mezzo secolo mi era stata sempre accanto e mi ero abituato a poter contare su di lei in ogni situazione. Rendere felice quel piccolo folletto era diventato lo scopo della mia esistenza e perderla era stato un shock terribile.
   Eppure, una piccola parte di me provava il desiderio prepotente di farcela anche senza la mia Alice. Era come se stessi combattendo una battaglia: tra il vampiro Jasper Hale e il maggiore Jasper Whitlock. Il primo era depresso, infelice e stanco di convivere con i sensi di colpa; il secondo voleva a tutti i costi mostrare la sua forza d’animo e i suoi lati migliori, stanco di apparire sempre agli occhi degli altri come il più debole e imprevedibile.
   In questa lotta interiore, Bella era senza dubbio l’alleata principale di Jasper Whitlock. Più il tempo passava, più mi rendevo conto di quanto mia sorella fosse importante per la rivincita che la parte migliore di me voleva prendersi… che io volevo prendermi.
   La mia sorellina adottiva. Certo.
   Che rabbia. Rosalie era mia sorella, le volevo bene, sempre di più, ma tra  ciò che provavo per lei e ciò che provavo per Bella c’era una differenza abissale.
   Volevo bene a Bella, naturalmente, come tutti: nessuno avrebbe potuto non amarla.
   Solo che…
   Non sapevo quando e come fosse cominciata, ma era ormai impossibile negare l’evidenza: desideravo Bella da impazzire. La spiavo di continuo, ammirandone la bellezza eterea e bramando segretamente di essere per lei chiunque fuorché un fratello.
   Alice si era rifiutata di dirmi di chi mi sarei innamorato per non influenzare la mia scelta, una volta tanto. Aveva detto che sarebbe stato molto meglio per me scoprirlo da solo.
   Ebbene, che così fosse!
   Avrei cercato di ricominciare a vivere senza la mia compagna, avrei messo alla prova ancora più duramente il mio autocontrollo per diventare migliore, sarei stato un figlio affettuoso per Esme e Carlisle, un fratello sempre affidabile per Emmett, Rose e… sì, anche per Bella.
   Non ero pronto per un nuovo legame. Non ero pronto ad essere il compagno di nessuno, meno che mai di una creatura meravigliosa come Bella. Anche ammesso che lei provasse nei miei riguardi un briciolo dell’attrazione che io avevo per lei, non ero degno del suo amore. Se nemmeno Edward aveva saputo esserlo, come avrei potuto riuscirci io?
   La cosa migliore per me era cercare di dimenticare la visione di Alice. Ciò che doveva accadere sarebbe accaduto comunque. E allora sarei stato pronto.


Buongiorno a tutte!! Spero che il capitolo via sia piaciuto! La storia di Peter, naturalmente, è tutta una mia invenzione, non tiene conto di quello che è scritto su di lui nella "Guida illustrata di Twilight", libro che tra l'altro secondo me è assolutamente inutile e della cui esistenza tendo a dimenticarmi... mi auguro che vi sia piaciuta! Mi hanno fatto tanto piacere le vostre recensioni del capitolo precedente! Grazie come al solito a Camilla L (che non tace mai!) Orsacchiotta Potta Potta (che mi fa morir dal ridere con le sue recensioni pazze) nanerottola (con le sue creazioni artistiche che presto vederete ancora... per chi non l'avesse vista vi rimando all'immagine creata da lei e pubblicata alla fine del capitolo 20!) dany60 per tutti i suoi buoni consigli, Argentea per le sue parole sempre dolci e gentili e Frego sempre a rischio infarto a causa dei miei colpi di scena! Un grazie anche a tutti gli altri che hanno recensito e alle lettrici silenziose! Il prossimo capitolo arriva la settimana prossima!
Un bacione!

Niniane

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Capitolo 22
*** Visite ***


Angolo dell'Autrice che casca dal sonno: eccomi qua, tornata con un nuovo capitolo. Piccolo avviso: ho messo l'indicazione OOC alla storia perché ormai prenderà una piega che si allontana dalla saga, inoltre ho già fatto due scelte che si differenziano dell'originale (una riguarda Alice e i licantropi e l'altra la storia di Peter che è tutta inventata).
Se non l'avete ancora vista, a fine capitolo 20 ho postato una favolosa immagine creata per me da nanerottola! Anche l'immagine che vi posto oggi è sua: grazie infinite cara!!
Ed ora buona lettura!


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Capitolo XXII : Visite

Bella

   Il mese di marzo trascorse molto tranquillamente per tutti noi. Esme e Carlisle cominciarono a vagliare alcune possibilità riguardo al nostro imminente trasferimento. La Scozia, la Finlandia, la Norvegia e addirittura l’Islanda erano tutti luoghi dove secondo i miei genitori adottivi avremmo potuto stabilirci senza troppe difficoltà, dato che si trovavano molto a Nord e quindi erano caratterizzate da inverni lunghissimi e bui. Non essendo mai stata in Europa, se si escludeva la mia fuga in Italia, l’opportunità di andare addirittura a viverci mi attraeva molto, anche se avrei preferito stabilirmi un po’ più vicino ai nostri amici di Denali.
   I miei fratelli la pensavano ciascuno in modo diverso: Jasper sosteneva, a ragione, che d’estate in Islanda il sole praticamente non tramonta neppure e che per noi sarebbe stato un problema muoverci all’aperto; Emmett, al contrario, era particolarmente interessato al fenomeno dei geyser e insisteva perché andassimo a vivere lì. Rosalie, da parte sua, non voleva saperne della Finlandia, ritenendo che fosse un posto deprimente. Sulla Scozia ci trovavamo tutti abbastanza d’accordo: poteva essere una buona possibilità per noi; non troppo a Nord, una discreta quantità di luce ogni giorno e nebbia, tanta nebbia.
   Ai primi d’aprile, finalmente cominciò il disgelo e apparvero i primi segni dell’arrivo della primavera: la neve, benché onnipresente era meno compatta e le giornate si erano decisamente allungate, cosa che ci rendeva tutti di umore migliore.
   Non ricevemmo notizie né di Edward né di Alice e io scoprii di non essere preoccupata per nessuno dei due. Anche se sentivo la mancanza di entrambi, ero riuscita a trovare un po’ di equilibrio. Inoltre, i miei sentimenti per Jasper avevano completamente stravolto l’ottica in cui vedevo i due Cullen assenti.
   Edward era definitivamente uscito dal mio cuore. Pensavo spesso a lui, chiedendomi come stesse e cosa facesse, ma lo facevo con un nuovo distacco, augurandomi solo di poterlo rivedere un giorno e di potergli dire che non gli serbavo rancore e che lo perdonavo. Quanto ad Alice, sapevo che avrebbe seguito le sue visioni finché non l’avessero portata alla meta: non ero più arrabbiata con lei per aver lasciato Jasper, speravo soltanto che stesse bene, che trovasse la vera felicità, che tornasse da noi con il suo nuovo compagno, il suo vero grande amore e che riprendesse il suo posto in famiglia come sorella e figlia.
   L’unica cosa che mi tormentava giorno e notte era la mia ossessione per Jasper. Non avevo mai pensato che l’amore per qualcuno potesse essere tanto intenso. Il suo volto invadeva costantemente i miei pensieri e io dovevo fare di tutto per nasconderlo a lui e al suo dono. A questo scopo presi l’abitudine di fare lunghe passeggiate da sola, durante il giorno, per potermi isolare e riflettere in santa pace. In quei momenti cercavo di non lasciarmi andare a sogni impossibili, ma non sempre ci riuscivo e allora era ancora più felice di essere sola e di poter sfogare la mia frustrazione e la mia infelicità senza che nessuno mi vedesse. Anche se non avevo più lacrime cercavo ugualmente sollievo in un pianto asciutto, ogni volta.
   La notte non mi portava alcun conforto, perché non potevo rifugiarmi nel sonno. Benché mi sforzassi di estraniarmi dal resto del mondo, sapevo benissimo che nel silenzio della grande casa, le coppie felici della nostra famiglia facevano l’amore, instancabili, fino all’alba e questa consapevolezza, unita alla complicità del buio mi portava a fantasticare su me e Jasper in modo ancor più intrigante e pericoloso.
   Unico evento degno di nota in quel periodo difficile fu la partenza di Irina. Un pomeriggio ci riunì tutti nel salotto e annunciò di volersi allontanare per un po’ da Denali, insieme a Laurent. Disse che aveva deciso di fidarsi nuovamente di lui e che erano tornati ad essere una coppia. Irina però, non intendeva reintrodurlo nel clan finché non fosse stata certa che tra loro funzionasse davvero. Si rendeva conto, così disse, che Laurent non aveva meritato la fiducia delle sue sorelle, pertanto non voleva imporre loro la sua presenza. Avrebbero vissuto da soli per un periodo in Canada e Irina avrebbe cercato di fargli adottare nuovamente la dieta vegetariana.
   - Se riuscirò a fargli cambiare stile di vita, se ci riuscirò veramente, torneremo qui, insieme – ci disse, guardandoci implorante – Altrimenti resteremo lontani. Per me Laurent è troppo importante, non posso rinunciare a lui. Lo amerò anche se dovesse continuare a nutrirsi di sangue umano. Non posso fare altrimenti.
   Tanya e Kate cercarono di opporsi alla sua decisione, l’una implorando, l’altra sbuffando e sibilando. Tanya si disse disponibile ad accogliere Laurent nel clan se Irina era certa del loro amore. Kate invece riteneva gli sforzi della sorella una perdita di tempo e cercò di dissuaderla dal partire.
   Io trovavo la scelta di Irina molto coraggiosa e romantica. Non era da tutti cercare di ricostruire un legame anche senza la certezza che potesse funzionare davvero. Se avessi avuto anch’io un uomo che mi amava avrei voluto essere forte come lei e lottare per il nostro futuro insieme. Appoggiai la sua decisione e prima che se ne andasse riuscii a parlarle da sola per qualche minuto.
   - Vorrei chiederti una cosa – esordii. Eravamo nella sua stanza e Irina aveva appena finito di riempire una valigia.
   Mi sorrise con calore: - Certo, Bella.
   - Credi che Laurent sia la tua anima gemella?
   Il sorriso della mia amica si addolcì: - Credo di sì. Nonostante tutte le differenze tra noi, credo che lui lo sia.
   La guardai, rapita: - Ma come puoi esserne sicura? E se fosse davvero un amore destinato a non durare? Se Kate avesse ragione?
   - Mia sorella si preoccupa per me – rispose serenamente Irina – e naturalmente io potrei sbagliarmi. Tuttavia, l’amore è qualcosa di ineffabile: ho disprezzato e odiato Laurent per tanti mesi, eppure ho anche continuato ad amarlo, nel profondo. Quando l’ho visto per la prima volta ho sentito battere di nuovo il mio cuore e mi è sembrato di rinascere. Poco importa quello che è successo dopo: in quel momento ho capito che ero destinata ad essere la sua compagna e da allora ho vissuto per questo sentimento. Capisci, Bella? L’amore può essere difficile e tormentato, può apparire lontano e irraggiungibile, ma se c’è la consapevolezza che senza di esso non si può vivere…  allora bisogna fare di tutto per coltivarlo, come se fosse un fiore.
   Ero senza parole. Ciò che Irina aveva detto era così bello…
   - Fallo anche tu, quando sarà il momento. – continuò lei – Combatti per il tuo amore.
   La guardai confusa: - Parli di Edward? – chiesi – Credo ci sia poco per cui combattere…
   Irina rise, una risata argentina e delicata: - Non parlo di Edward, Bella. Parlo del tuo vero amore. Quello che ti spezzerà il cuore in due e te lo porterà via per sempre, quello che ti farà soffrire, sospirare, palpitare. Quello per cui saresti disposta a fare qualsiasi cosa.
   Sentii una tremenda fitta al petto: Irina non sapeva che io amavo già in questo modo, che il mio cuore era spezzato e non mi apparteneva più. Ma non potevo combattere per questo amore, perché era già senza speranza…
   Come se mi avesse letto nel pensiero, Irina disse: - Non temere, Bella, quando arriverà il momento giusto per combattere, tu saprai cosa fare.
   Poi mi abbracciò forte, cosa insolita per lei, che generalmente era molto riservata e poco espansiva. L’abbracciai a mia volta. Ha paura! mi resi conto Sa che potrebbe andare male di nuovo e che non ci saremo noi accanto a lei… ma è coraggiosa e decisa a provarci lo stesso.
   Così, Irina ci salutò e se ne andò, con la promessa di darci sue notizie e di ritornare presto.
   Trascorsero altri quindici giorni senza che avessimo ancora deciso dove andare ad abitare. Tanya e gli altri insistevano perché restassimo ancora un po’ di tempo con loro, dicendo che avrebbero sentito molto la nostra mancanza dopo che ce ne fossimo andati.
   Nel frattempo, Eleazar continuava a impormi le sue lezioni e cercava di insegnarmi a sollevare lo scudo, in modo che fosse possibile leggermi nel pensiero, se io lo desideravo.
   I risultati però erano pessimi.
   - Tu non ti impegni, Bella! – brontolò, dopo l’ennesimo tentativo fallito – Dici che è troppo difficile per te, ma io non ci credo, tu saresti capace di farlo se solo lo volessi! Non è che per caso c’è qualcosa che non vuoi farmi vedere? – insinuò.
   - Ma certo che no! – protestai, fingendomi indignata – E’ davvero difficile!
   - Uhm! – fece Eleazar, guardandomi pensieroso – Non mi convinci.
   Sospirai. Come glielo spiegavo, che se avessi sollevato lo scudo, probabilmente la prima cosa che avrebbe visto sarebbe stato il viso di Jasper? La prospettiva di rivelare a Eleazar quali fossero i sentimenti che nutrivo per lui era terrificante.
   - Mi dispiace, Eleazar… - mormorai, mortificata.
   Eleazar sorrise, con più gentilezza del solito: - Bella, il mio dono non è invadente come quello di Edward, ho imparato a disciplinarlo molto bene quando servivo i Volturi. – spiegò - Ti assicuro che non leggerò davvero i tuoi pensieri, mi basta un attimo di tempo per capire se hai sollevato il tuo scudo. Se hai qualche segreto, non lo scoprirò tanto in fretta.
   Ero scettica: - Davvero?
   - Davvero, Bella. Ora cosa ne dici di riprovare?
   Lo guardai di sottecchi. Poi, sapendo che non avrei potuto sottrarmi in eterno al dovere, mi misi d’impegno cercando contemporaneamente di sollevare lo scudo e di controllare i miei pensieri. Lo scudo obbedì… i miei pensieri no.
   Vidi Eleazar concentrarsi e poi spalancare gli occhi, sbalordito, quando vide ciò a cui stavo pensando.
   Seguì un istante di silenzio teso.
   Poi Eleazar si schiarì la voce: - Bella… - cominciò in tono formale – Di’ un po’, era questo che non volevi farmi vedere?
   Mugugnai qualcosa di incomprensibile e abbassai gli occhi, imbarazzatissima.
   Quando rialzai lo sguardo vidi che il mio insegnante sorrideva divertito.
   - Ragazza mia, non hai nulla di cui vergognarti. – disse – Provi qualcosa per Jasper? Bene, questa è una bellissima notizia. Sia tu che lui siete liberi, Alice se n’è andata, Edward se n’è andato, quindi perché avere tanta paura? Tanto per cominciare, io ti prometto che non rivelerò a nessuno quello che ho visto nella tua mente. E poi credo che anche Jasper provi qualcosa per te, sai?
   - No, non è vero, – protestai – Jasper mi vede solo come una sorella, non si accorge affatto di me. Presto a tardi incontrerà la donna che Alice ha visto nella visione e la sposerà.
   - E se quella donna fossi tu? – suggerì Eleazar sempre sorridendo.
   - Ma non è possibile!
   - Perché no? – chiese lui - Oh, insomma sei più testarda di un mulo! Va bene, non insisterò. Basta per oggi. Domani lavoreremo soltanto sull’espansione del tuo scudo. Questo dovrebbe farti sentire più tranquilla.
   - Prometti che non ne farai parola con nessuno? – chiesi, tesissima.
   - Promesso.
   - Neanche con Carmen?
   - Parola d’onore, mia cara. – rispose Eleazar in tono solenne.

   Il giorno seguente a questo episodio, Carlisle tornò dall’ospedale di Anchorage (dove aveva trovato lavoro come medico durante i turni di notte) con una novità.
   - Ho ricevuto una telefonata di Randall. – disse allegramente – Mi ha detto di trovarsi a Baltimora e che gli piacerebbe trascorrere un po’ di tempo in un luogo tranquillo, dice che non ne può più della confusione della città. Gli ho detto che noi siamo tutti qui e mi ha chiesto se può venire a trovarci per qualche giorno. E’ un problema?
   - Certo che no, - sorrise Tanya – dato che nessuno di noi ha esigenza umane non è un fastidio se anche la casa è un po’ affollata…
   - Ehm… Randall ha detto che forse riesce a trascinare qui anche Mary. – aggiunse Carlisle, titubante.
   - Tanto meglio. – disse Kate – Mary mi è sempre stata simpatica. Un po’ chiusa, certo, ma mi piace. La rivedo volentieri.
   - Chi sono Mary e Randall? – chiesi a Rosalie.
   - Sono amici nostri – rispose – Sono entrambi nomadi e amanti della solitudine. Ogni tanto ci vengono a trovare.
   - Sono una coppia?
   Rosalie rise: - No, certo che no! Sono solo buoni amici e dubito che ci sarà mai qualcosa di più tra di loro. Mary proviene dalla Scozia e dimostra circa trent’anni, Randall invece è americano e ne ha diciotto; sono stati trasformati in due epoche diverse e hanno conosciuto Carlisle quand’erano ancora vampiri molto giovani. Randall è molto affezionato a lui, lo considera un po’ una specie di zio. Mary è un tipo molto riservato, raramente si comporta in modo espansivo, ma anche lei gli vuole sinceramente bene e a modo suo glielo dimostra sempre. Sono contenta che vengano a trovarci, non capita spesso, ma quando succede è sempre piacevole stare in loro compagnia.
   - Ma… - chiesi ancora – La loro dieta…?
   - Non preoccuparti, Bella – rispose Carlisle – anche se Mary e Randall non condividono la nostra scelta di vita, sono sempre stati molto corretti quando sono venuti a trovarci. Hanno cacciato prima di arrivare e durante la permanenza non l’hanno mai fatto nelle vicinanze. Vedrai che non ti sentirai a disagio.
   Non ero del tutto convinta, ma la prospettiva di conoscere persone nuove mi allettava.
   - Cosa diranno nel vedermi? Sanno quello che è successo?
   - Certo, Bella – disse ancora Carlisle – ho detto a Randall che Edward e Alice al momento non vivono insieme a noi e che ho adottato una nuova figlia.
   Mi sentii commossa: - Oh, Carlisle… grazie…
   Lui mi accarezzò una guancia: - Ho solo detto la verità, tesoro.
   D’un tratto la commozione lasciò il posto alla tristezza:
   - Carlisle, - mormorai – sono tanto felice che tu mi consideri una figlia, ma io non sono ancora in grado di chiamarti papà e non so se lo sarò mai. Forse un giorno…
   - Oh, Bella, non pretenderei mai che tu mi chiamassi così mentre il tuo vero padre è ancora in vita! Charlie è tuo padre e così sarà sempre, io non voglio prendere il suo posto. Voglio solo che tu sappia quanto sei importante per me e per Esme. Chiamami pure Carlisle e non preoccuparti di questo.
   Sentii una nuvola di serenità avvolgermi e mi voltai sorridendo verso Jasper che mi strizzò l’occhio e disse: - Coraggio, Bella, vedrai che i nostri ospiti ti adoreranno! Ora vieni a caccia anche tu, con me e Emm!
   Mi sentii subito molto meglio e dopo aver lanciato un ultimo sguardo pieno di gratitudine a Carlisle seguii i miei fratelli.
   Mary e Randall arrivarono due giorni dopo, insieme.
   Anche se mi ero sforzata di prepararmi all’idea, non potei impedirmi di provare disagio quando vidi com’erano rossi i loro occhi. Per qualche strana ragione mi fecero più paura quelli di Mary, forse perché, come notai subito, la vampira era circondata da un’aura di mistero che la rendeva affascinante e terribile allo stesso tempo.
   Mary era davvero molto bella: aveva capelli rossi, lisci e folti, pelle bianchissima e labbra carnose. Era alta e slanciata e l’abito attillato che indossava ne evidenziava le forme prosperose e perfette.
   Randall, invece era basso e mingherlino, con un viso vagamente infantile. Era biondo, un biondo sbiadito, color sabbia. Sorrideva cordiale e nonostante la sua natura vampiresca c’era qualcosa di inspiegabilmente buffo nel suo modo di muoversi. Sembrava un cucciolo che stesse imparando a correre.
   Esaurite le presentazioni, Tanya fece accomodare gli ospiti in salotto e subito Randall cominciò a bombardarmi di domande: chi ero, da dove venivo, perché ero lì… Per lo più risposero gli altri al posto mio, probabilmente per togliermi dall’imbarazzo, io però non mi sentivo a disagio. Anche se non avevo molta voglia di parlare di me, non trovavo Randall antipatico o invadente, anzi, mi piaceva. Sembrava sinceramente interessato alla mia storia e quando seppe di come Edward mi avesse abbandonata commentò:
   - Edward è forse impazzito? Aveva tra le mani un bellissimo giglio, o una bellissima rosa se preferite e l’ha lasciato cadere e appassire!? Che vergogna! Se fossimo ancora nel secolo scorso lo sfiderei a duello!
   La sua dichiarazione mi fece ridere: era un bel complimento e niente aiuta una donna infelice e confusa più dei complimenti, tanto più se a farli è qualcuno di simpatico. E Randall sembrava proprio un ragazzo simpatico… e inoffensivo, nonostante gli occhi rossi.
   Mary invece non parlò molto, si limitò ad ascoltare e a sorridere ogni tanto. La osservai attentamente, cercando di capire che personalità avesse, ma Rosalie aveva ragione: era un tipo riservato e cauto, avrei impiegato molto tempo a conoscerla.
   Anche il giorno seguente, Mary mantenne un atteggiamento gentile, ma distaccato nei miei confronti, al contrario di Randall, che cercava di animare il più possibile ogni conversazione. Facemmo una passeggiata nel bosco, proprio come se fossimo stati un gruppo di umani in vacanza in montagna e ben presto notai che Mary guardava Jasper con evidente interesse.
   Non ci volle molto perché fossi divorata dalla gelosia. Naturalmente Mary sapeva che Alice se n’era andata e perché l’avesse fatto e Jasper era un uomo attraente e soprattutto libero. Non mi stupiva più di tanto il fatto che la bellissima vampira rossa avesse posato gli occhi su di lui. Quello che mi faceva soffrire era che Jasper sembrava altrettanto interessato a lei.
   E se fosse stata proprio Mary la donna che l’avrebbe conquistato?
   Quel pensiero mi faceva impazzire. Mary era così bella e sensuale, senza dubbio lo sapeva benissimo. Sembrava anche matura e riflessiva e questo a Jasper sicuramente piaceva.
   Paragonata a lei, io ero solo una ragazzina scialba.
   Col passare delle ore divenni via via sempre più cupa e taciturna. Tenevo d’occhio Jasper e Mary, che camminavano davanti a me sulla via del ritorno e ascoltavo i loro discorsi, cercando di non farmi notare e di scoprire in loro i segni dell’innamoramento. Ogni sguardo, ogni piccolo gesto, ogni parola detta a voce appena più bassa del solito mi faceva soffrire e quando vidi che lei lo prendeva amichevolmente sottobraccio trattenni a stento un ringhio.
   Mi ricordai appena in tempo che non avevo alcun diritto di interferire se tra quei due stava nascendo qualcosa. Jasper era libero, non era mai stato più libero di così…
   Il giorno dopo andò ancora peggio: gli sguardi di Mary mandavano messaggi sempre più espliciti e Jasper non sembrava infastidito o imbarazzato, anzi, era sempre gentilissimo e sorridente in presenza di lei.
   Mi sentii sempre più irritata e infelice. Fu solo al tramonto che riuscii a impormi di smetterla di torturarmi, grazie a Randall che mi propose di andare a fare un’altra passeggiata, insieme a lui…



Care lettrici scusatemi se vi ho lasciate così in sospeso, ma quello che sta per succedere non ci stava in questo capitolo! Prometto di aggiornare presto!
Allora, che ne pensate dei due ospiti? Stanno creando qualche incomprensione eheh... nel prossimo capitolo scopriremo cosa succederà nela passeggiata di Bella e Randall e... non dico altro, preparatevi, è interessante!

Un caro saluto e come sempre grazie a tutti i miei recensori e lettori! Vi voglio bene!!!

Niniane

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Capitolo 23
*** Notte d'aprile ***


Carissime lettrici, questo capitolo giustifica il rating arancione e non è stato facile per me scriverlo, spero che il risultato sia efficace.
Buona lettura!


Capitolo XXIII: Notte d’aprile

Bella

   - E così, i Cullen ti hanno protetta da James quand’eri umana? – chiese Randall, pieno di curiosità.
   Mi trattenei con estrema difficoltà dall’alzare gli occhi al cielo. Stavamo camminando da venti minuti e Randall aveva chiacchierato per quasi tutto il tempo. Benché ormai da due giorni stessimo parlando praticamente solo di me e del mio passato, sembrava che il mio nuovo amico non fosse mai sazio di particolari: un po’ alla volta gli avevo raccontato la mia storia nei minimi dettagli, o quasi.
   - Sì, - risposi, sforzandomi di non mostrarmi annoiata – mi hanno sempre trattata come se fossi stata un membro della famiglia.
   - Anche dopo che Edward ti ha lasciata? Scusa se insisto a chiederti queste cose, il fatto è che mi sembra tutto così surreale...
   Alzai le spalle: - Beh, se avessero deciso di allontanarmi dalla famiglia li avrei capiti, visti tutti i guai che la mia presenza aveva creato. Ho detto anche a Edward di non andarsene, proponendo di farlo io al suo posto, ma non ne ha voluto sapere e gli altri mi hanno riempita di attenzioni, sempre.
   - E tu ti trovi davvero bene con loro? Non hai mai pensato di andartene per conto tuo, ora che non hai più Edward?
   Risi: - A dire il vero no, sono troppo legata ai miei fratelli adottivi e anche a Carlisle e a Esme... E poi, dove potrei andare?
   Randall mi strizzò l’occhio: - Potresti girare un po’ il mondo. – suggerì sorridendo.
   Scossi la testa, disillusa: - No, non fa per me. Non mi piacerebbe viaggiare tutta sola.
   - Oh, ma io non intendo dire questo! – esclamò lui, divertito – Potremmo farlo insieme, tu ed io. Ti piacerebbe, credo.
   Colta di sorpresa dalle sue parole, mi lasciai sfuggire una risatina un po’ insulsa: - Cos’è, una proposta? – chiesi maliziosamente.
   La mia stessa reazione mi sorprese: non era da me fare la smorfiosa. In quel momento però ero talmente stanca di essere la solita Bella, sempre cupa e triste, che perfino un po’ di civetteria mi andava bene, come alternativa.
   Alla mia domanda, Randall rispose in modo enigmatico: - Forse sì, forse no. Tu che ne dici?
   - Dico che sei davvero gentile. – replicai sorridendo.
   Camminammo ancora per un tratto, senza parlare, osservando l’avanzare delle tenebre che in breve ricoprirono il bosco e i monti. Ad un certo punto, Randall ruppe nuovamente il silenzio:
   - Toglimi un’altra curiosità, sempre se non ti dà fastidio farlo – disse – Quando eri umana, Edward ti stava accanto come un vero fidanzato?
   Lo guardai, senza capire immediatamente il senso delle sue parole.
   - Voglio dire, - riprese lui, lievemente imbarazzato – ti abbracciava? Ti baciava?
   - Perché vuoi saperlo? – chiesi, più bruscamente di quanto volessi. Improvvisamente ero irritata. Stava decisamente cominciando a impicciarsi troppo.
   - Scusami, non volevo essere invadente, era solo una curiosità. – rispose Randall, imbronciato.
   Per qualche strana ragione le sue scuse non mi convinsero affatto. Avevo la netta impressione che fosse ancora curioso e che morisse dalla voglia di chiedermi qualcos’altro.
   Cominciai a sentirmi a disagio. Randall era ancora poco più di un estraneo per me e non ero più tanto sicura che mi fosse simpatico.
   - Che ne diresti di rientrare? – proposi – Si sta facendo tardi, gli altri saranno tutti in casa.
   - Aspetta un momento, Bella! Da qui, tra poco potremo vedere la luna. – replicò lui, improvvisamente eccitato - Non trovi anche tu che sia una notte splendida?
   - Beh, - azzardai – in effetti la primavera si sta avvicinando…
   - Il profumo dei fiori che sbocciano è meraviglioso, - continuò Randall, fermandosi e alzando gli occhi verso il cielo – lo scorrere dell’acqua non più costretta nella morsa del ghiaccio è dolce come una musica. – Si voltò verso di me e io mi fermai a mia volta, restando accanto a lui - Ma niente, in questa notte è bello quanto lo sei tu, Isabella.
   Avevo sentito bene? Lo studiai attentamente, un po’ spiazzata. A poco a poco e non senza sorpresa, mi resi conto che qualcosa nel suo atteggiamento era cambiato. Mi stava guardando in modo strano… e intenso. I suoi occhi color cremisi percorrevano tutto il mio corpo, lentamente; provai una fitta d’ansia nell’intuire che in quello sguardo c’era desiderio.
    - Randall… - cominciai.
    - Non dire niente, Isabella. - mi interruppe lui, facendo un passo verso di me e continuando a fissarmi – Non c’è bisogno di spiegazioni, la magia di questa notte parla per noi.
   Continuò ad avanzare, a passi misurati e istintivamente feci un passo indietro. La situazione stava diventando sgradevole.
   Il mio gesto tuttavia non servì a smontare Randall: - Non essere timida, - disse con voce suadente – non c’è nulla di cui vergognarsi.
   Indietreggiai ancora, sempre più agitata.
   - Randall, ascolta – dissi, cercando di mostrarmi sicura di me – io… non so assolutamente di cosa tu stia parlando.
   - Ma certo che lo sai, - continuò lui in un tono falsamente dolce che aumentò il mio livello di tensione  – sei un po’ spaventata e io ti capisco. Non è facile ricominciare da capo, dopo essere stata lasciata dal proprio compagno… ma ti prometto che non ti pentirai di nulla, dolcissima Bella.
   A quel punto mi infuriai: come si permetteva?
   - Di cosa diavolo stai parlando? – ringhiai.
   L’espressione sul viso di Randall cambiò alla velocità della luce.
   - Adesso fai la difficile? – ringhiò a sua volta, scoprendo i denti. – Cosa c’è, non sono allo stesso livello del tuo Edward? Non sono abbastanza raffinato per te?
   Le sue parole crudeli mi lasciarono esterrefatta: all’improvviso non vidi più Randall, il cucciolo inoffensivo e festoso che credevo di aver appena conosciuto. Al suo posto era apparso un perfetto estraneo: un cacciatore spietato, deciso a intrappolare la sua preda.
   E come ogni altro genere di preda, anch’io avevo paura. I suoi occhi stavano diventando neri per la rabbia e la passione che, senza volerlo e senza rendermene conto, avevo suscitato in lui e solo questo era sufficiente a terrorizzarmi. Certo ero una vampira, velocissima e forte… ma anche Randall lo era.
   - Ascoltami, - ansimai, nel disperato tentativo di calmarlo – mi dispiace, hai frainteso. Forse la colpa è mia, non avrei dovuto seguirti fin qui, ma… te lo giuro, non immaginavo che tu provassi dell’interesse nei miei riguardi, non l’avevo capito… scusami…
   Randall non rispose, forse non mi aveva nemmeno sentita. Mi raggiunse con un balzo e mi prese rudemente per le braccia, schiacciandomi contro un albero con il peso del suo corpo.
    - Coraggio, Bella, lasciati andare… - disse, mellifluo, cercando contemporaneamente di insinuare una mano sotto la mia camicia.
   Lottai per liberarmi, ringhiando minacciosamente.

Jasper

   Di solito essere un gentiluomo era per me un comportamento naturale e un piacere, oltre che un dovere. Tuttavia, nelle ultime ventiquattr’ore avevo cominciato a desiderare di somigliare un po’ di più a Emmett che, pur essendo sempre gentile e cordiale con tutti badava molto meno a certe formalità.
   Mi era sempre più difficile mostrarmi educato e impassibile in presenza di Mary: le sue emozioni erano fin troppo manifeste e mi mettevano in grande imbarazzo. Si era invaghita di me e stava silenziosamente cercando di sedurmi, confidando nel suo indubbio fascino.
   Non sapevo come tirarmi fuori da quella situazione indesiderata: Mary era bella e gentile, certo, ma non suscitava alcun sentimento particolare in me. Non volevo offenderla mostrandomi freddo o sgarbato, ma dovevo trovare un modo per farle capire che non gradivo le sue… attenzioni.
   Ero riuscito finalmente a liberarmene grazie a Esme (l’unica che sembrava aver capito quanto mi sentissi a disagio con lei) ed ero andato a caccia, da solo.
   Nel frattempo, come ormai accadeva sempre, pensavo a Bella e mi chiedevo perché mai fosse andata a zonzo con quell’idiota di Randall, il quale, per giunta, era evidentemente interessato a lei e irradiava sentimenti che mi facevano venire una gran voglia di prenderlo a calci.
   Quando li avevo visti uscire insieme, al calar del sole, Bella mi era sembrata abbastanza serena e spensierata. Naturalmente io desideravo che si divertisse e che stesse bene, ma il sospetto che fosse proprio Randall la causa di quelle emozioni mi dava sui nervi. Bella meritava di meglio, accidenti! Quella specie di cagnolino scodinzolante non mi era mai piaciuto.
   Avvistai un alce e mi acquattai, preparandomi a scattare e ad abbatterlo. L’animale percepì la mia presenza e cercò di scappare, ma con un balzo lo raggiunsi e bastò un solo morso, nel punto giusto, per finirlo. Mi nutrii del suo sangue, sentendomi subito meglio. Più il tempo passava, più mi abituavo al sapore del sangue animale. Forse non l’avrei mai trovato delizioso come quello umano, ma almeno non mi disgustava come in passato.
   Mi rialzai, con l’intenzione di tornare subito a casa, quando udii un ringhio, poi un’altro. Voltai la testa di scatto, per capire da dove venissero quei suoni inquietanti e con mio grande fastidio fui raggiunto da un’ondata di rabbia e passione.
   Questo è quell’ameba di Randall! pensai disgustato. Certo che potrebbe almeno provare a controllarsi!
   Un attimo dopo percepii altre emozioni. Ansia, paura, smarrimento.
   Provenivano da…
   - Bella! – urlai, lanciandomi tra gli alberi.

Bella

   Randall e io continuavamo a fronteggiarci e a ringhiare. Non era più un corteggiamento andato male, era ormai un’autentica lotta tra vampiri. Ero riuscita a scrollarmelo di dosso, ma la mia camicia era tutta strappata e sul mio collo una ferita bruciava, laddove il suo bacio si era trasformato in un morso, quando avevo cercato di respingerlo.
    Non sapevo combattere, non sarei riuscita a tenerlo lontano per molto.
    - Mi hai provocato tu, Isabella! – ringhiò Randall – Adesso vedrai con chi hai a che fare…
   Balzò in avanti. Mi preparai a rispondere all’assalto…
   …e all’improvviso Randall fu a terra.
    Un suono che non aveva nulla di umano esplose nella mia testa, facendomi tornare indietro, alla mia festa di compleanno, quando mi ero tagliata con la carta da regalo e una goccia di sangue aveva cambiato il mio destino.
   Ma questa volta il ringhio di Jasper non era una minaccia per me. Al contrario: era la musica più bella che avessi mai sentito.
   E niente in quel momento avrebbe potuto sembrarmi più perfetto della vista di Jasper che afferrava Randall per il collo e lo sbatteva violentemente a terra, i canini scoperti e gli occhi neri come la pece.
   - Cosa stai facendo, bastardo schifoso? – tuonò – Sta’ lontano da Bella!
   Randall, evidentemente conscio della superiorità di Jasper in combattimento non reagì: alzò entrambe le mani in segno di resa e rantolò qualcosa di incomprensibile.
   - Ti faccio paura, vero? – sibilò Jasper, minaccioso, la bocca ad un centimetro dall’orecchio dell’avversario – Adesso non hai più tanta voglia di fare lo spavaldo, eh?
   - Jasper… - sussurrai, lasciandomi invadere dal sollievo.
   Si voltò verso di me, senza mollare la presa su Randall. – Stai bene? – chiese, sbrigativo.
   - Sì… - mentii, voltandomi verso gli alberi, perché non vedesse com’ero ridotta. Troppo tardi.
   Jasper spalancò gli occhi alla vista della mia camicia a brandelli e della ferita aperta sulla mia pelle.
   - Tu… tu… - ansimò, gettandosi nuovamente addosso a Randall – tu l’hai attaccata… l’hai morsa!
   Randall si sforzò di dire qualcosa, senza riuscirci.
   - Hai firmato la tua condanna a morte!
   Il sollievo mi abbandonò all’istante. - No! – urlai.
   - Stanne fuori, Bella! – sbottò Jasper, sempre più infuriato – Con te faccio i conti dopo!
   - Ti prego, - implorai – lascialo stare, non è successo niente… Jasper, ti prego, gli hai dato la lezione che merita… adesso basta.
   Jasper guardò prima Randall poi me, dubbioso. Alla fine allentò la presa attorno al collo dell’altro vampiro. Lo lasciò andare e si alzò, continuando a guardarlo, schifato.
   - Prima che cambi idea e ti stacchi la testa a morsi farai bene a sparire dalla mia vista immediatamente, sono stato chiaro? – disse.
   Randall si alzò a sua volta, tremando e ritrovò la voce: - Vado, vado… - bisbigliò.
   Fece per voltarsi e andarsene, quando la voce di velluto di Jasper lo fermò: - Non dimentichi qualcosa?
   Randall si bloccò, spaventato: - Co…cosa?
   - Devi scusarti con la signora. – La voce di Jasper era bassissima, ma stranamente questo la rendeva ancora più minacciosa.
   All’improvviso Randall mi fece quasi pena. Quasi.
   - Ma… ma certo! – esclamò, disorientato – Ti chiedo perdono, Bella, non era mia intenzione farti del male, ho esagerato e me ne vergogno. Ora me ne andrò e ti assicuro che non sentirai più parlare di me. Addio!
   Quindi, senza aspettare una risposta, spiccò una corsa folle e fu subito inghiottito dalle tenebre.
   Jasper mi si avvicinò e i suoi occhi corsero al mio collo.
   - Credo di aver capito cos’è accaduto qui, - disse bruscamente – ma vorrei sentire la tua versione.
   - Io… io non so com’è successo… - risposi con voce rotta – Stavamo passeggiando ed era tutto normale… Poi all’improvviso si è fermato e ha cominciato a dirmi frasi romantiche… ho cercato di dirgli che aveva frainteso, ma non mi ha voluta ascoltare e ha cercato di mettermi le mani addosso. – Guardai Jasper, in cerca di conforto – Dice che sono stata io a provocarlo, ma non è vero, Jazz, te lo giuro.
   - Ho i miei dubbi. – replicò lui seccamente, senza guardarmi.
   Rimasi senza fiato: - Cosa vorresti dire? – balbettai - Ti sembro il genere di donna che provoca gli uomini per divertimento?
   - Per divertimento no, – rispose Jasper con un sospiro – ma credo che Randall non abbia tutti i torti a sostenere che l’hai provocato. Tu sei ingenua, Bella, più ingenua di una bambina di dieci anni! Ti ho vista, quando siete usciti di casa! Ridevi, eri felice, spensierata, i tuoi occhi brillavano… Randall ha pensato che fosse a causa sua.
   Non riuscivo a credere alle mie orecchie: - Lo stai giustificando?
   - No, non lo farei mai, si è comportato malissimo. Però trovo che neanche tu abbia agito nel migliore dei modi. Davvero non sospettavi che ti avesse messo gli occhi addosso? Si può sapere cosa ti è passato per la testa, quando hai accettato di fare una passeggiata con lui? Le sue intenzioni erano evidenti! Sei una giovane vampira, attraente e senza legami, un autentico bocconcino per uno come Randall.
   Mi sentii umiliata e offesa. Non capivo cosa ci fosse di male nell’aver accettato un invito a fare due passi.
   - Randall mi sembrava gentile. – mormorai. – Non credo di aver fatto niente di sbagliato. Sono uscita di casa con lui, perché mi andava di farlo.
   - Vuoi dire che quell’idiota ti piaceva? – chiese Jasper in tono tagliente.
   Non so cosa mi spinse a reagire. Forse la stanchezza, forse il mio stupido orgoglio. – E se anche fosse? L’hai appena detto tu, sono libera e posso fare ciò che voglio. O pensi di essere l’unico ad avere questo diritto?
   Jasper mi guardò, stranito: - Che cosa stai dicendo, Bella?
   Risi, istericamente. Ormai ero giunta al limite di sopportazione.
   - Lo sai benissimo. Ho visto come vi guardate tu e Mary… e se tra voi è nato qualcosa ne sono felice, ma anch’io ho il diritto di provare a dimenticare Edward. E ho anche il diritto di provare a fidarmi di qualcuno, per una volta… anche se poi quel qualcuno si rivela essere un bastardo.
   Jasper rimase in silenzio per qualche istante, gli occhi ancora neri fissi nei miei. Sostenni il suo sguardo senza lasciarmi intimidire. Volevo almeno prendermi la soddisfazione di fargli vedere che non avevo paura di lui.
   Le mie parole l’avevano spiazzato come desideravo, ma non feci in tempo a rallegrarmene. Quando Jasper parlò di nuovo lo fece con una freddezza che non aveva mai usato nei miei riguardi:
   - Molto bene, Bella, se è quello che vuoi, la prossima volta che ti troverai in una situazione del genere ti lascerò libera.
   Girò sui tacchi e fece per andarsene. Dopo pochi passi si fermò.
   - La ferita brucerà un po’ per qualche ora, ma si cicatrizzerà presto. – aggiunse, sempre freddamente, prima di allontanarsi.
   Affranta, mi lasciai cadere sull’erba.
   Lo shock per l’esperienza vissuta e per il modo in cui Jasper mi aveva trattata cominciò a farsi sentire.
   Ero in preda a tante emozioni diverse: rabbia nei confronti di Randall, umiliazione e perfino un vago senso di colpa: non avrei mai dovuto cacciarmi in quella situazione equivoca… Jasper aveva avuto ragione, ero stata sciocca e ingenua.
   Cominciai a singhiozzare disperatamente. Ciò che mi faceva più male era la consapevolezza che Jasper mi riteneva responsabile dell’accaduto quasi al pari di Randall. Senza dubbio mi disprezzava, mi aveva aiutata per dovere, ma poi mi aveva accusata di aver provocato il disastro e le sue parole mi avevano ferita in modo indescrivibile.
   Mary, invece…
   Nascosi il capo tra le ginocchia, soffocando i gemiti.
   Probabilmente stava davvero sbocciando un nuovo amore: quando gliel’avevo nominata, Jasper non aveva detto niente, non aveva negato di averla guardata con interesse. Era lei la sua anima gemella, evidentemente e l’aveva raggiunto, presto, proprio come Alice aveva previsto.
   Potevo sopportare un’altra delusione, infinitamente più grande di quella che mi aveva dato Edward?
   La risposta era no. Non in quel momento, almeno. Sapevo per certo che se avessi dovuto trascorrere i giorni successivi a guardare la felicità di Mary e Jasper avrei finito con l’impazzire.
   Jasper avrebbe, forse, continuato a trattarmi come una sorellina minore e io non l’avrei sopportato. I tempi in cui potevamo volerci bene in quel modo erano finiti per sempre. Il mio amore per lui aveva cancellato in me ogni traccia del sentimento fraterno che prima ci aveva uniti.
   O forse non c’era mai stato alcun affetto fraterno? Forse, senza saperlo l’avevo amato nello stesso istante in cui mi aveva trasformata?
   Quale che fosse la risposta, non faceva alcuna differenza, se Jasper era destinato a innamorarsi di Mary e non di me.
   Dovevo trovare il modo di stare un po’ da sola per rielaborare l’accaduto, non mi sentivo abbastanza lucida da tornare a casa e affrontare gli altri.
   Mi alzai a fatica e ripresi a camminare in direzione delle montagne.

O rendetemi la speme,
o lasciatemi morir.
Qui la voce sua soave,
mi chiamava e poi sparì.
Qui giurava esser fedele
E poi crudele ei mi fuggì.
Ah mai più qui assorti insieme
Nella gioia del sospir.
O toglietemi la vita,
o rendetemi il mio amor.


(Vincenzo Bellini “I Puritani” Atto II Scena ed Aria di Elvira)


Carissime, scusatemi per la citazione operistica, spero non vi dia fastidio, ma stavolta proprio non ho resistito!
Lo so, state tutte odiando sia Bella che Jasper, i quali in questo capitolo sono un po' due zucconi, si amano, ma sono testardi come due muli e nvece che dichiararsi litigano. E poi sembra che Mary non faccia poi così paura, mentre invece Randall non era inoffensivo come sembrava dalla descrizione dello scorso capitolo.
Dato che siete delle lettrici e recensitrici davvero meravigliose, vi meritate che vi dica che nell prossimo capitolo ci sarà un lungo e fondamentale pov Jasper e che l'atmosfera si rasserenerà di nuovo! Abbiate fiducia nella vostra Autrice!
Un grazie di cuore per le loro recensioni a: Camilla L, Argentea, Orsacchiotta Potta Potta, maura 77, elisa petrova, dany60, Serenitatis, Dills Nightmare, Lesley_Gore, Calisy, Frego e ladyanyablu.
A prestissimo col nuovo capitolo!

Un abbraccio

Niniane

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Capitolo 24
*** Piccolo Cigno ***


Poche, brevi parole dall'Autrice! A fine capitolo non ci saranno note, il motivo lo capirete leggendo! Vi ringrazio come al solito delle vostre numerose recensioni e spero che continuerete a lasciarmi i vostri pareri, in particolare dopo questo capitolo! Riguardo al titolo, ho fatto un piccolo gioco di parole dato che Swan significa cigno... ma non anticipo altro! Buona lettura e un abbraccio dalla vostra Nini!



Capitolo XXIV: Piccolo Cigno

Jasper

   Rientrai dieci minuti dopo, ancora fumante di rabbia.
   Emmett e Rosalie erano seduti sul tappeto del salotto e giocavano a scacchi, mentre Kate, Eleazar e Mary stavano a guardare.
   Quando, inavvertitamente feci sbattere la porta d’ingresso, i miei fratelli e i nostri amici si voltarono a guardarmi, perplessi.
   - Ehi, Jazz, che succede? – chiese Emmett con insolita cautela. Chissà che espressione avevo… – Dove sei stato?
   Decisi che tanto valeva dirglielo subito.
   - Ragazzi, Randall se n’è andato e credo anzi spero, che non lo rivedremo tanto presto.
   Eleazar aggrottò la fronte: - Perché? – chiese.
   - Ha cercato di mettere le mani addosso a Bella e quando lei l’ha respinto l’ha addirittura attaccata e morsa…
   - Che cos’hai detto?
   Rosalie scattò in piedi con tale rapidità che rovesciò scacchiera, pezzi da gioco e tavolino. Senza curarsene minimamente, m’inchiodò con uno sguardo che lanciava fiamme nere.
   - Come ha osato? – sibilò – La mia sorellina! Dimmi esattamente cos’è successo! – ordinò.
   - Randall ha fatto questo? – chiese contemporaneamente Mary, incredula.
   Non le badai nemmeno, essere gentile con lei in quel momento era l’ultimo dei miei pensieri. A mia sorella risposi: - Rose, calmati, l’ho già sistemato. Ero a caccia quando ho sentito ringhiare e sono arrivato in tempo. Gli ho fatto passare la voglia di fare il seduttore per i prossimi cento anni.
   Emmett si alzò a sua volta: - Potrebbe aver bisogno di un'altra… esortazione per convincersi… - disse, ammiccando – Potrei pensarci io…
   - Non è il momento, Emmett! – sbuffò Rosalie, seccata – Jazz, dov’è Bella? Perché non è con te?
   A disagio abbassai gli occhi: - Ci siamo separati poco dopo, nel bosco. Pensavo che sarebbe arrivata presto a casa.
   - L’hai lasciata da sola?
   Di male in peggio. Rosalie, inviperita, mi raggiunse con una sola falcata e mi afferrò per un braccio.
   - Ma sei impazzito? – urlò – Come ti è venuto in mente di abbandonarla lì? E se Randall tornasse?
   Mi liberai con decisione dalla sua presa.
   - Randall non tornerà. – affermai con sicurezza – Quanto a Bella… credevo che mi avrebbe seguito!
   In quel momento vidi Esme e Carlisle scendere di corsa le scale, attirati dalla confusione. Li seguivano anche Tanya e Carmen.
   - Un momento, Jasper – intervenne Esme, la quale naturalmente aveva sentito tutto – Bella non avrebbe dovuto semplicemente seguirti, avresti dovuto essere tu a portarla a casa, al sicuro. Era addirittura ferita! Perché non l’hai semplicemente presa in braccio e portata via da lì?
   Già, perché non l’avevo fatto?
   - Jasper? – Il tono di Esme assunse tutt’a un tratto una sfumatura perentoria e non potei non alzare di nuovo lo sguardo.
   - Dimmi cos’è successo dopo che Randall se n’è andato. – disse.
   Mai come in quel momento mi era sembrata una vera madre. Una madre preoccupata per la più fragile delle sue figlie e giustamente severa con il proprio figlio, che riteneva le stesse nascondendo qualcosa.
   Sotto lo sguardo materno e ansioso di Esme s’insinuò in me una grande vergogna e le motivazioni per cui mi ero arrabbiato con Bella mi parvero improvvisamente del tutto prive di senso.
   - Abbiamo litigato. – confessai – Io ritenevo che Bella fosse stata un’ingenua a restare da sola con Randall quando era evidente che lui intendeva conquistarla e gliel’ho detto. Allora Bella ha risposto che era libera di fare ciò che voleva… io mi sono arrabbiato e… l’ho lasciata lì.
   Seguì un istante di silenzio.
   Un secondo dopo, mi trovai faccia a faccia con Rosalie e uno schiaffo mi centrò in piena guancia.
   - Rose! – esclamò Carlisle, sconvolto.
   - Scusa, papà, – si giustificò lei, voltandosi a guardarlo negli occhi – ma proprio non riesco a tollerare che il mio gemello si sia comportato in modo tanto riprovevole!
   Nel più completo sbalordimento, mi toccai la guancia offesa e naturalmente non reagii. Mi limitai a fissare mia sorella, cercando di capire cosa esattamente la facesse tanto infuriare.
   Arrivai facilmente alla conclusione e mi sentii ancora peggio.
   - Voi uomini! – sputò lei, squadrandomi con aria ferita e incredula – Credete sempre di sapere tutto! Oh, certo, per voi è facile dire che noi donne ce la siamo cercata! La vuoi sapere una cosa, caro il mio fratellino? Ho passato anni a colpevolizzarmi per quello che mi era successo, a dirmi che se non fossi uscita dalla casa di Vera così tardi, non sarebbe successo niente! Tu non hai idea di quante volte mi sia rimproverata per non aver chiamato mio padre, per farmi venire a prendere quella sera! No, non ce l’hai, anche se sei un empatico! Non ce l’hai perché sei un uomo, il classico uomo che non riesce a capire come si senta una donna che ha appena subito un’ aggressione!
Bella se l’è cercata?! Cos’avrà mai fatto Bella di così terribile? Una passeggiata nel bosco con un ragazzo che le sembrava simpatico? Che grave colpa! Ha diciotto anni, Jasper! Dovremmo metterla sotto una campana di vetro?
   - Rosalie ha ragione. – dichiarò Carlisle in tono duro – Jasper, mi meraviglio di te. Non mi sarei mai aspettato un comportamento tanto immaturo da parte tua.
   - Io credo che le cose stiano un po’ diversamente. – intervenne Eleazar, a sorpresa.
   Ci voltammo tutti a guardarlo e lui fermò il suo sguardo dorato su di me. Fui colpito dalla diversità delle sue emozioni, rispetto a quelle degli altri. Sembrava che volesse dirmi qualcosa di importante, non rimproverarmi.
   Eleazar si alzò dalla poltrona dov’era sprofondato e disse.
   - Jasper, ti andrebbe di seguirmi un momento fuori?
   Annuii, sorpreso dalla sua richiesta, ma più che contento di allontanarmi dagli sguardi accusatori della mia famiglia e lo seguii in giardino.
   Facemmo il giro della casa ed Eleazar si fermò sul lato meridionale, il più lontano dal salotto e dalle orecchie degli altri. Per un lungo istante parve che mi stesse studiando. Poi, in tono pacato chiese:
   - Sei sicuro che le motivazioni per cui ti sei arrabbiato con Bella siano quelle che hai detto a noi? Non si tratta molto più semplicemente di gelosia e paura per quello che avrebbe potuto succederle?
   Rimasi a bocca aperta.
   Gelosia? Certo, ero geloso da morire. La sola idea che Randall avesse attaccato Bella, quando io non osavo neanche sognare di poterla sfiorare con una carezza era una tortura per me.
   Paura? Anche paura, sì, ma di cosa, esattamente non lo sapevo.
   Eleazar rimase in silenzio alcuni istanti, per darmi il tempo di riflettere.
   - Ho ragione, Jasper? – chiese poi, in tono gentile.
   - Sì. – mormorai, sconfitto.
   - Tu provi qualcosa per lei, non è vero?
   Alla domanda di Eleazar sentii la temperatura notturna salire di dieci gradi: se avessi potuto arrossire sarei diventato color papavero. Le emozioni che provai in quel momento erano confuse: mi chiedevo affannosamente come avesse fatto Eleazar a rendersi conto dell’esistenza di un sentimento che credevo di aver nascosto molto bene; allo stesso tempo però, ero felice che me ne avesse parlato, non avevo più la forza di tenermi tutto dentro.
   Forse era giunto il momento di provare a rispondere con sincerità a me stesso e a lui. Quello che provavo per Bella era… più che altro tanti sentimenti tutti insieme. Attrazione, desiderio, gelosia, ammirazione, stima e anche affetto, in un certo senso. Volevo proteggerla da ogni pericolo e da ogni più piccolo dolore. Odiavo Edward perché l’aveva fatta soffrire, ero pentito di non aver ucciso Randall per aver cercato di prenderla con la forza. Quando l’avevo seguita fino a Volterra avevo pregato ogni secondo di riuscire a salvarla e riportarla a casa, con me.
   - Io… non lo so… - balbettai.
   - Ne sei certo? – incalzò Eleazar. – Jasper, lascia da parte l’orgoglio e di’ la verità, almeno a te stesso, se non a me.  
   Un nodo mi serrò la gola. Eleazar aveva ragione, non ero ancor sincero con me stesso, stavo solo cercando delle scuse.
   

   Fa’ quello che il tuo cuore ti dirà di fare.

   
   L’eco delle parole che Alice mi aveva detto fu come il tintinnio di un campanello dentro di me.
   Mi parve di udire davvero la voce di quella che era stata la mia compagna e che mi aveva promesso di rimanermi accanto come sorella e amica.
   Ogni catena che stringeva il mio cuore morto s’infranse e tutto mi fu improvvisamente chiaro.
   Alice sarebbe stata davvero una sorella per me e aveva già cominciato ad esserlo nel momento in cui mi aveva detto quella frase che non ero riuscito a comprendere. Superando il proprio dolore per la nostra separazione imminente, Alice mi aveva indicato la strada per raggiungere colei che ero destinato ad amare più di qualsiasi altra cosa, più di me stesso e della mia esistenza.
   Poco importa che il mio cuore non potesse realmente riprendere a funzionare. Io lo sentii ugualmente battere, con tale intensità da farmi male. Finalmente sentii il suo grido, anzi no, il suo ordine perentorio di ritrovare il coraggio di amare, di credere in me stesso, perché la felicità era a un passo da me, se solo avessi avuto la forza necessaria per rendermene degno, per catturarla e trattenerla.
   Il fulgido viso di Bella invase i miei pensieri, regalandomi un attimo di pace… e di tormento mai conosciuto prima.
   - Ma io l’amo... – esalai, quasi senza rendermene conto.
   Solo allora mi ricordai di non essere solo, ma quando riemersi dalla nebbia dorata in cui ero sprofondato vidi che Eleazar mi sorrideva, improvvisamente raggiante.
   - Jasper, ascoltami. – disse, cercando di controllare la propria emozione - Io non ho il dono di Edward, ma sono in grado di analizzare la mente, a un certo livello. Quando ho insegnato a Bella come sollevare il suo scudo, all’inizio si rifiutava di farlo e sai perché? Non voleva che io scoprissi che il suo pensiero costante eri tu.
   - Cosa stai dicendo? – dissi in un soffio. Non potevo crederci, non poteva essere…
   - Ti sto dicendo la verità. – rispose Eleazar, sempre con gentilezza - Quando ho capito cosa stava succedendo ho promesso a Bella che non avrei detto niente a nessuno, ma credo che mi perdonerà se infrango questa promessa per il vostro bene. Bella ti ama, Jasper ed è ora che entrambi vi lasciate alle spalle il passato. Credo che insieme potreste essere davvero felici.
   Senza riuscire a trattenermi lo afferrai per il polso:
   - Sei certo di quello che dici? – implorai – Come può Bella provare qualcosa per me, dopo che per colpa mia ha perso Edward?
   Eleazar scostò la mia mano, senza scomporsi e sul suo volto si dipinse un’espressione divertita che aumentò il mio smarimento.
   - Di’ un po’, Jasper, che fine ha fatto il tuo dono? – chiese – Possibile che proprio tu, l’empatico, sia l’unico tra noi a ignorare che Bella non ti ha mai incolpato, nemmeno una volta, per tutto quello che le è successo? Senza contare che sembri non essere in grado di sentire le sue vere emozioni. D’accordo, Bella possiede uno scudo, ma non è immune dal tuo potere ed è sempre così trasparente… davvero non sai che pensa a te giorno e notte?
   Cercai di controllare il vortice delle mie emozioni e di riflettere sulle sue parole. In effetti, da quando avevo iniziato a non guardare più Bella come una sorella, mi ero talmente preoccupato di non farglielo capire che le sue emozioni erano passate in secondo piano e non le avevo mai veramente analizzate. In questo aveva contribuito anche la paura di scoprire che lei mi vedeva solo come il suo fratello maggiore.
   Eleazar comprese perfettamente a cosa stessi pensando.
   - Credo che vi siate vicendevolmente nascosti ciò che provate l’uno per l’altra davvero molto bene. – sorrise - Ma noi stiamo qui a ragionare a vuoto, quando invece è giunto il momento di dipanare la matassa. Va’, Jasper, corri! Va’ a prenderti Bella e la felicità che ti meriti!
   Non potei più arginare l’ondata di gioia che la rivelazione di Eleazar aveva provocato e lasciai che la felicità esplodesse dentro me.
   Lanciai a Eleazar un’occhiata piena di gratitudine e senza aggiungere altro, finalmente mi misi a correre come non avevo mai corso in vita mia, per raggiungere lei, Bella.
   Il mio unico, vero, grande amore.

Rosalie

   Quando Eleazar rientrò ero già pentita di aver dato quello schiaffo a Jasper, pur essendo ancora arrabbiata con lui. Carlisle continuava a lanciarmi occhiate perplesse e mi sentivo sempre più in colpa ogni secondo che passava.
   Ci alzammo tutti quando Eleazar comparve nel vano della porta d’ingresso. Era solo.
   - Dov’è Jasper? – chiese subito Emmett.
   E fu con nostra immensa sorpresa che Eleazar sorrise.
   - E’ andato da Bella, finalmente. Per dirle che è innamorato di lei.
   Esme si lasciò sfuggire un ooooh di gioia e di sollievo. Emmett esplose in una risata delle sue. Eleazar ammiccò:
   - Non credo che li rivedremo comparire prima di domani mattina.
   Sorrisi anch’io, molto più serena. Finalmente un po’ di felicità per i miei fratelli!

Jasper
   
   La scia di Bella era debole, ma la ritrovai senza troppe difficoltà. Si inoltrava nel bosco e proseguiva, sempre avanti. Tanto avanti che, ad un certo punto cominciai a preoccuparmi e a chiedermi quanto lontana fosse la mia Bells, il mio piccolo cigno. Il fatto che la scia si facesse sempre più intensa, tuttavia, mi fece comprendere che doveva essersi fermata da qualche parte e che prima o poi l’avrei ritrovata.
   Sapevo quello che le avrei detto non appena avessi potuto parlare con lei. Le avrei confidato i miei sentimenti, con semplicità, senza nasconderle niente. Le avrei chiesto perdono per essermi fatto travolgere dalla gelosia e dalla rabbia, le avrei detto di amarla e le avrei offerto il mio cuore. E se Eleazar si fosse sbagliato e Bella non fosse stata pronta per diventare la mia compagna avrei aspettato, anche per l’eternità e avrei lottato per rendermi degno del suo amore.
   Gli alberi si diradavano. Mi ritrovai nella radura dove Bella mi aveva ascoltato suonare. La scia proseguiva ancora, dritta verso le montagne.
   Bella, dove sei?
   Un’improvvisa paura mi strinse lo stomaco. E se Bella se ne fosse andata di nuovo? Peggio ancora, se Randall fosse tornato e le avesse fatto del male?
   Accelerai l’andatura, ben deciso a correre anche fino in capo al mondo pur di raggiungerla.
   Finalmente, dopo un po’, sentii il suo profumo delicato e frizzante farsi più vicino. Il sollievo però durò poco, perché insieme alla fragranza di Bella sentii anche le sue emozioni: rassegnazione e disperazione.
   Perché, Bells?
   Correre, dovevo correre.
   Il rumore dell’acqua fu una sorpresa per me. Non mi ero mai allontanato tanto dalla casa di Tanya e il paesaggio che mi trovai davanti mi era del tutto estraneo. Non era niente di speciale, in realtà, ma aveva una sua bellezza: un piccolo lago, circondato dalle montagne e immerso nella luce lunare.
   Il profumo di Bella mi avvolse non appena arrivai in prossimità della sponda e fu il mio cuore a vederla, ancor prima dei miei occhi.
   - Bella! – chiamai, in preda all’angoscia.
   Il mio piccolo cigno giaceva a terra, vicino all’acqua, gli occhi chiusi e le ali spezzate.
   Caddi in ginocchio accanto a lei e presi la sua manina diafana nella mia; con l’altra mano le scostai i capelli dal viso, cercando di capire.
   - Bella, amore mio…
   Gli occhi del mio tesoro si spalancarono, con mio enorme sollievo.
   - Jasper? – chiese debolmente
   La sollevai delicatamente e la strinsi a me, accarezzandole i capelli e sfiorando con le dita la ferita scura che aveva sul collo.
   - Sono io, sono davvero io. – le dissi, commosso.
   Avrei voluto continuare a parlare, ma Bella mi interruppe. Pronunciando due parole che mi raggelarono.
   - Voglio morire.
   - Bella! – esclamai, sconvolto. Le posai un dito sulle labbra: - Non dire queste cose. E’ tutto finito, adesso sono qui con te.
   Ma Bella scosse il capo, guardandomi dolorosamente.
   - No, niente è finito. – mormorò – Torna a casa, Jasper. Hai tutta l’eternità davanti, adesso hai trovato Mary e con lei potrai essere felice… io non ho niente, sono solo un peso per tutti… Alice si è sbagliata, non c’è nessun futuro per me, nessuna felicità…
   - No, Bella, Alice non ha sbagliato, non questa volta! – le dissi con forza – Dimmi solo una parola e sarò io a donarti tutta la felicità del mondo. Guardami, Bella!
   Fece come le avevo chiesto, ma sembrava sonnambula. I suoi occhi erano due identiche pozze di dolore e non mi vedevano.
   - Pensavo che l’eternità fosse vivere per sempre – continuò – Invece io ogni giorno muoio… in eterno…
   - Bella…
   - Se Aro avesse esaudito la mia richiesta, a quest’ora non sarei qui e non soffrirei più…
   - Bella…
   - Sono stanca, Jasper, così stanca…
   - Bella...
   Perché non taceva? Perché non mi permetteva di gridare il mio amore, di prenderla tra le braccia e riportarla al sicuro, a casa?
   A quel punto feci l'unica cosa possibile in quel momento.
   Presi il suo volto tra le mani e delicatamente la baciai.
   Per un istante non accadde assolutamente nulla. Poi sentii le labbra di Bella dischiudersi e rispondere al mio bacio con una dolcezza e una passione che mi tolsero il fiato. Non avevo mai conosciuto un bacio così travolgente. La circondai con le braccia continuando a baciarla e la sentii stringersi a me come se da quel contatto dipendesse la sua vita. Ebbi la certezza assoluta che non avesse mai baciato Edward in quel modo.
   - Jasper… - sussurrò contro le mie labbra.
   Mi separai da lei, piano e le sorrisi.
   - E’ successo veramente? – chiese con voce tremante.
   - Sì Bella. Adesso ci credi?
   Finalmente Bella comprese cosa stavo cercando di dirle e avvertii le sue emozioni ribaltarsi, passare dal nero della disperazione al bianco accecante della gioia incredula e dell’amore.
   - Sì… - sussurrò, guardandomi sognante.
   E con un altro, dolcissimo bacio mi donò la chiave di purissimo cristallo del suo cuore.


SUN AND MOON

You are sunlight and I moon
Joined by the gods of fortune
Midnight and high noon
Sharing the sky
We have been blessed, you and I

You are here like a mystery
I'm from a world that's so different
From all that you are
How in the light of one night
Did we come so far?

Outside day starts to dawn

Your moon still floats on high

The birds awake

The stars shine too

My hands still shake

I reach for you

And we meet in the sky!

You are sunlight and I moon
Joined here
Bright'ning the sky
With the flame
Of love

Made of
Sunlight
Moonlight


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Per chi fosse interessato ad ascoltarla, qusta canzone si trova su youtube con anche il testo. "Sun and moon" dal musical Miss Saigon. E' un duetto d'amore e a me sembra adatto alle emozioni dei nostri protagonisti.
Al prossimo capitolo!
Nini

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Capitolo 25
*** Interludio (Luna di Mezzanotte) ***






Capitolo XXV: Interludio (Luna di Mezzanotte)

Parte prima: Sonno

Bella

    Quando mi ero allontanata dal luogo in cui ero stata aggredita da Randall avevo scelto a caso la direzione da prendere, senza avere la benché minima idea di dove mi avrebbe portato. Avevo semplicemente camminato, avanti, sempre avanti. Un passo alla volta. Il mio unico desiderio in quel momento era allontanarmi il più possibile da casa e dagli occhi glaciali di Jasper. Sapevo che prima o poi sarei dovuta tornare indietro, avevo giurato ai miei familiari che non sarei fuggita mai più e non sarebbe stato giusto farli soffrire ancora una volta, ma desideravo ardentemente rimandare il più possibile il momento in cui avrei dovuto confrontarmi di nuovo con l’uomo che amavo. Perché forse, quando l’avessi rivisto ci sarebbe già stata Mary al suo fianco e io avrei dovuto sorridere e congratularmi con loro;e se così fosse stato, ben presto avrei assistito anche allo sposalizio, sempre se la visione di Alice era veritiera (e non c’era alcun indizio che così non fosse). Non ero pronta per questo; forse non lo sarei stata mai, anche se cercavo di non pensarci.
    Alice… la mia migliore amica, la mia sorellina. Quanto mi mancava! Chissà cosa stava facendo, come si sentiva. Sapeva del mio amore senza speranza per Jasper?
    Stranamente mi sarebbe piaciuto potermi confidare proprio con lei:  probabilmente mi avrebbe guardato con infinita tristezza e mi avrebbe soltanto confermato che la donna della sua visione non ero io, ma nonostante questo, sapevo che proprio lei mi avrebbe capita e che mi avrebbe detto qualche parola di conforto.
    Alice però non c’era e probabilmente non aveva visto niente che le rivelasse il mio stato d’animo.
    Piccolo folletto, questa volta ti sei sbagliata: non vedi anche tu come il cielo è nero e senza stelle? Non c‘è niente per me qui. Solo morte.


   Dopo aver camminato per un lunghissimo tratto in pianura, ero rimasta vagamente sorpresa di trovarmi davanti uno placido specchio d’acqua e questo mi aveva spinta a fermarmi un momento.
    Se fossi stata umana, forse non avrei esitato ad entrare nell’acqua gelida per poi lasciarmi annegare. Sarebbe stato semplice e la sofferenza sarebbe stata breve, prima che l’oblio mi portasse via con sé.
   Avevo osservato a lungo la superficie del lago, leggermente increspata dal vento, immaginando come sarebbe stato il freddo abbraccio dell’acqua.
   Poi, la ferita scura e luccicante che pulsava sul mio collo bianco e granitico mi aveva ricordato che se anche mi fossi buttata nelle profondità dell’oceano non avrei sentito né il freddo, né il dolore, né il peso tremendo del liquido nei miei polmoni.
    Così, sconvolta e ormai esausta, mi ero sdraiata sull’erba ed ero rimasta lì, immobile, per non so quanto tempo, guardando il cielo notturno che mi sovrastava.
    Non avrei potuto impedirmi a lungo di ripensare all’accaduto, tanto valeva provare a sbrogliare il filo interminabile dei miei pensieri. Solo che rimanere lucida mi era stato impossibile e non erano passati che pochi secondi prima che la tristezza e la nostalgia si impossessassero di nuovo del mio cuore.
    Il volto di Randall, sfigurato da un ringhio, mi faceva serrare le palpebre per la paura ogni volta che involontariamente ci pensavo. Anche se non avrei voluto mi ritrovai a immaginare quello che sarebbe potuto accadere se Jasper non ci avesse sentiti.
    Jasper… sì, ma quale dei due Jasper? Quello che mi aveva soccorsa, piombando addosso a Randall come una furia, o quello che mi aveva trattata con estrema freddezza solo cinque minuti dopo?
    Sopra di me una piccola stella brillava. Lontanissima e irraggiungibile.
   Proprio come te, amore mio.


    All’improvviso, il calore.
   La stessa voce che mi aveva confortato durante la trasformazione, come una fiammella nel buio, ora mi parlava di nuovo.
   Due braccia, allo stesso tempo forti e delicate avvolsero il mio corpo inerte e una mano accarezzò dolcemente i miei capelli sparsi sull’erba.
   - Bella, amore mio…
   Spalancai gli occhi e mi ritrovai a guardare il volto più bello del mondo.
   - Jasper? – sussurrai, incredula.
   - Sono io, sono davvero io.
   Gli credei, anche se forse me ne sarei pentita ben presto. Si trattava sicuramente di un allucinazione.
   Più oltre, in cielo, brillava la luna e nella luce siderale i suoi capelli biondi splendevano some un’aureola d’argento.


   Se colui che avevo davanti non era altro che un sogno, non ci sarebbe stato niente di sbagliato nel dirgli quanto stessi soffrendo. Il vero Jasper non avrebbe mai dovuto sapere che io lo amavo, ma questo avrebbe portato con sé i miei segreti e non li avrebbe mai rivelati a nessuno.
   Le parole mi uscirono di bocca senza che riuscissi a fermarle: l’ombra di Jasper, o quello che era, mi lasciò parlare, limitandosi a pronunciare il mio nome di tanto in tanto, in tono dolce e sollecito.
   Poi, all’improvviso non fui più in grado di continuare.

Parte seconda: Risveglio


   Quando le labbra di Jasper si posarono sulle mie, fu come se mi risvegliassi da un sonno profondo. In un lampo di lucidità compresi di non aver sognato nulla e tornai a sentire l’aria fresca della notte, l’erba sotto la schiena, il rumore dell’acqua e soprattutto Jasper, che non era un ombra o un’illusione, era reale, era l’uomo che amavo ed era accanto a me.
   E mi baciava.
   Jasper mi stava baciando.
   Incredula e assurdamente felice dischiusi le labbra per accogliere il suo bacio. Un brivido mi corse lungo la schiena quando sentii che lui faceva altrettanto e mentre il nostro bacio si faceva più profondo dimenticai perfino chi ero. Non esisteva altro eccetto Jasper e il fuoco che ci univa e divampava tra noi, escludendo tutto il resto.
   La stretta delle sue braccia attorno a me era insieme protettiva e possessiva e io non desideravo che di poter restare così in eterno. Mi strinsi a lui, cercando di far aderire il mio corpo al suo e quel nuovo contatto mi causò un altro brivido, più intenso.
   Era questa la passione? Stringere tra le braccia colui che si ama e desiderare di stringerlo ancora di più?
   Se era così, io non avevo mai conosciuto la passione prima di quel momento.
   Le labbra di Jasper si muovevano contro le mie, delicate ed esperte, eppure, anche se sapevo che aveva già baciato Alice e Maria prima di me, avevo la sensazione inspiegabile e meravigliosa che non le avesse mai baciate con la stessa intensità.
   Ne ebbi la conferma quando Jasper, nell’interrompere il bacio, mi accarezzò gentilmente una guancia e mi guardò negli occhi per un lunghissimo istante: nel suo sguardo azzurro-dorato che tanto adoravo vidi il riflesso della stessa felicità incredula che stavo provando io.
   - E’ successo veramente? – chiesi, meravigliata di scoprire un tremito nella mia voce.
   - Sì, Bella – rispose lui, con infinita dolcezza – Adesso ci credi?
   Sì, finalmente potevo crederci.
   Lo baciai di nuovo e con quel bacio gli donai tutta me stessa e tutto l’amore che avevo conservato fino ad allora nel cuore, soltanto per lui.
   Ci separammo dopo un tempo infinito e Jasper appoggiò la sua fronte alla mia, in un gesto che in qualche modo era ancora più intimo del bacio di un attimo prima. Le sue dita accarezzarono lievemente la mia ferita.
   - Perdonami, Bella – mormorò, improvvisamente ansioso – sono stato un idiota, non avrei mai dovuto parlarti in quel modo. Ero furioso con Randall perché ti aveva toccata, con te perché temevo che tu fossi invaghita di lui, ero spaventato e geloso…
   Scossi la testa e gli posai un dito sulle labbra: - Adesso non importa più, Jasper. Ma ti prego, dimmi… dimmi tutto. Come mi hai trovata?
   Jasper prese il mio viso tra le mani e incatenò i suoi occhi ai miei.
   - Ti dirò tutto quello che vorrai, - disse – ma prima di ogni altra cosa, devi sapere… che io ti amo, Bella.
   Se fossi stata umana sarei svenuta.
   - L’hai detto… - sussurrai, sognante.
   Jasper sorrise, un sorriso luminoso e raggiante: - Piccola Bella, mio piccolo cigno, ragazzina dal candore disarmante… sì, l’ho detto davvero, non stai sognando, te lo giuro. Ti amo, sono innamorato di te e voglio essere il tuo compagno per l’eternità. La donna della visione di Alice sei tu, ora lo so. Posso sperare che un giorno ricambierai i miei sentimenti?
Sorrisi anch’io, in balia di una felicità così grande da sembrarmi insopportabile:
   - Il mio gentiluomo del Sud… - dissi, emozionata - Sai benissimo che ricambio i tuoi sentimenti, testone, come puoi non saperlo? Ti amo, con tutta me stessa e so che ti amerò per sempre e sempre di più. Forse ti ho amato dal primo istante, senza rendermene conto. Forse dovevamo incontrare Edward e Alice per poterci trovare. Quello che so con certezza è che non potrei mai amare nessun altro dopo di te… tu sei tutto ciò che desidero per me, senza il tuo amore non potrei sopravvivere, lo sento. E se davvero mi ami, allora sono pronta a lasciarmi alle spalle il mio passato e a guardare soltanto al futuro… al nostro futuro.
   Jasper mi prese una mano e vi posò un bacio pieno d’amore e devozione.
   - Isabella Marie Swan Cullen, io ti prometto che da questo momento in avanti mi avrai sempre al tuo fianco e che farò qualsiasi cosa per renderti felice come meriti.
   Dopo queste parole mi baciò di nuovo, suggellando così il nostro legame e mi parve di essermi ricongiunta con l’altra metà di me stessa.
   Sopra di noi, serena e rassicurante brillava la luna di mezzanotte.


Carissime, spero che questo capitolo un po' particolare vi sia piaciuto! La narrazione prosegue in maniera "normale" dal prossimo! Ci sono ancora molte sorprese e la storia è lunga, spero mi seguirete! Grazie per le loro recensioni a: Serenitatis, Camilla L, Orsacchiotta Potta Potta, Argentea, Frego, nanerottola, Adria Volturi, maura 77, ladyanyablu e tutti gli altri! Grazie anche a chi legge soltanto!
AVVISO: nelle prossime due settimane sono parecchio impegnata quindi non so dire quando potrò aggiornare, cercherò di trovare il tempo per farlo, ma potrebbe essere che il ritmo della pubblicazione sia un po' rallentato. Abbiate pazienza.
A presto e un forte abbraccio
Niniane

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Capitolo 26
*** Aurora boreale ***


Eccomi tornata, miracolosamente! Avevo talmente tanta voglia di scrivere che ho trovato il tempo di staccare un attimo dagli Studi! grazie come sempre alle mie lettrici, noto che siete in aumento e questo mi rende tanto felice!! Continuate a recensire, vi prego! Dimenticavo di ringraziare nanerottola per l'immagine a fine capitolo 24! Buona lettura!!



Capitolo XXVI: Aurora boreale

Bella

   Quando Jasper e io ci incamminammo verso casa, stava ormai sorgendo il sole. Avevamo trascorso la notte intera sulla riva del lago che Jazz chiamava scherzosamente “il lago dei cigni” per il fatto che lì aveva trovato me, il suo piccolo cigno. Finché il cielo non aveva iniziato a schiarirsi avevamo parlato molto poco: l’emozione era stata troppo grande per entrambi perché potessimo esprimere facilmente i nostri sentimenti a parole. Jasper, naturalmente, non aveva usato il suo dono per stabilizzare il nostro umore: al contrario, mi aveva detto che desiderava assaporare pienamente la felicità e l’amore che io gli stavo trasmettendo e che in un momento così bello, il suo dono sarebbe stato addirittura inutilizzabile. Così, avevamo trascorso le ore più buie e fredde della notte a guardarci negli occhi e a scambiarci effusioni cariche di tenerezza. Ora che potevo guardare Jasper senza preoccuparmi di non lasciar trasparire il mio amore per lui, mi rendevo conto di quanto riuscisse a comunicarmi anche solo con uno sguardo: ad un certo punto, timidamente, gli avevo chiesto se a Volterra avevo solo immaginato che mi avesse silenziosamente supplicato di non lasciarlo. Mi aveva accarezzato i capelli e aveva scosso la testa, dicendo: - Non l’hai immaginato, amore mio, io ti amavo già, anche se non ne ero consapevole. Il pensiero di poterti perdere era insopportabile.
   Poi mi aveva raccontato di Alice, di ciò che gli aveva detto al telefono, mentre lui era in aereo diretto in Italia e io mi ero sentita oltremodo commossa davanti all’altruismo e al coraggio dimostrato dalla mia migliore amica.
   - Pensi che tornerà presto? – gli avevo chiesto piano.
   Jasper aveva sorriso: - Lo spero. Se siamo insieme in questo momento lo devo a lei e vorrei tanto poterla ringraziare serenamente per questo regalo meraviglioso, come farei con Rosalie. – Improvvisamente era scoppiato a ridere - A proposito, anche Rose merita un grazie… per lo schiaffo che mi ha dato!
   - Schiaffo?!
   - Proprio uno schiaffo in piena regola, sì! Non agitarti, amore, me lo sono meritato, visto il modo in cui ti avevo trattata.
   - Rose ti ha dato uno schiaffo perché avevi litigato con me? – Ero incredula.
   - Per quello e perché ti avevo lasciata sola; e aveva ragione, non avrei dovuto comportarmi così. – aveva risposto Jasper, serio.
   - Se dovesse provarci di nuovo, Rose se la vedrà con me… - avevo ringhiato io, subito alterata.
   Jasper aveva riso fragorosamente e mi aveva rovesciata sull’erba dicendo:
   - Amore mio, questo ringhio non farebbe paura neanche a una mosca, figurati a Rosalie!
   Avevamo parlato anche di Edward: Jasper era preoccupato che io potessi non aver ancora superato la mia rottura con lui. L’avevo rassicurato con forza, ammettendo di non essere ancora in grado di considerare Edward un fratello o un amico, ma affermando con sicurezza di non amarlo più. E non mentivo: volevo bene a Edward, gli avrei sempre voluto bene, ma il mio amore per lui non era altro che un ricordo sbiadito, intriso di dolcezza e tristezza. Speravo che un giorno avrei potuto anch’io ringraziarlo per quello che mi aveva dato, come desiderava fare Jasper con Alice: se non fosse stato per lui, non sarei mai entrata a far parte della famiglia Cullen e non avrei mai conosciuto Jasper. Non dovevo dimenticarlo.
   Jasper mi prese in braccio quando decidemmo di tornare a casa e alle mie deboli proteste rispose che intendeva far capire agli altri e senza ombra di dubbio a chi appartenessi io. A questa spiegazione sorrisi.
   - Ecco, in effetti – rimuginai – non sarebbe male far capire a Mary che deve tenere giù le mani da un certo vampiro biondo…
   Jasper ridacchiò: – Povera Mary! Una donna così attraente e raffinata merita considerazione… Purtroppo è incappata nell’uomo sbagliato! Non l’ho neanche guardata, assorto com’era nella contemplazione di una certa fanciulla dai capelli scuri…
   - Sicuro? – lo punzecchiai.
   Jazz mi guardò negli occhi in modo fintamente serio: - Sicurissimo e ti ricordo che la mia memoria è perfetta! – dichiarò.
   - Anche la mia – ribattei con un sorriso – e ho il sospetto che tu l’abbia guardata eccome, invece!
   - Non è vero e tu lo sai. - rispose dolcemente – Non ho fatto altro che sbirciare te e l’ameba per cercare di capire se tra voi due stava nascendo qualcosa.
   - Così mi offendi! – brontolai - Non potrei mai innamorarmi di un’ameba!
   All’improvviso Jasper si incupì: - Bella, se per qualche ragione Randall dovesse farsi vedere di nuovo… resta sempre accanto a me.
   - Va bene, amore, ma non credo che tornerà e comunque adesso non voglio parlare di lui, preferisco dimenticarlo completamente.
   Jasper non parve soddisfatto della mia spiegazione: - Ti ha ferito, mio piccolo cigno… - mormorò, tormentato – io non posso dimenticarlo tanto facilmente.
   Lo zittii con un bacio e sorrisi: - Lo so, ma ti prego, non pensarci adesso. Stiamo tornando a casa, dalla nostra famiglia e abbiamo l’eternità davanti! In questo momento dobbiamo essere felici!
   Jasper s’illuminò di nuovo: - Forse hai ragione, Bells! Allora, forza, corriamo a casa!
   E sempre tenendomi tra le braccia, sfrecciò tra gli alberi e il bosco fu ben presto alle nostre spalle.
   Quando la casa di Tanya fu in vista, Jasper rallentò l’andatura e assunse un’aria concentrata. Lo guardai interrogativamente, ma dopo un momento  aggrottò la fronte e mi scoccò un sorriso divertito.
   - Sono tutti sulle spine, tesoro! – disse – Non vedono l’ora di vederci e di sapere cos’è successo tra noi!
   - Potremmo provare a coglierli di sorpresa… - suggerii in un bisbiglio.
   Jasper non fece in tempo a rispondermi. Un’allegra risata giunse chiarissima alle nostre orecchie e un attimo dopo Emmett e Rosalie ci saltarono letteralmente addosso, avvolgendoci in un abbraccio pieno di affetto. Rosalie mi baciò su tutte e due le guance e vidi un lampo di preoccupazione nei suoi occhi. Capii subito che quello che mi era successo l’aveva spaventata e mi affrettai a dirle che stavo bene.
   - E allora, piccioncini? – esclamò Emmett, guardandoci con aria inquisitoria – che è successo?
   - Vuoi sapere anche i particolari? – replicò Jasper, posandomi a terra, ma continuando a stringermi a sé.
   - Beh, il fratello maggiore sono io, è naturale che mi preoccupi per voi!
   Rosalie si avvicinò a suo marito e gli accarezzò dolcemente una guancia: - Tesoro, da quand’è che saresti tu il fratello maggiore? – chiese pazientemente.
   - Da adesso, – rispose lui, sornione – da quando, cioè, la mia sorellina si è legata a questo tipo pieno di cicatrici e dall’aria poco raccomandabile! E’ mio dovere proteggerla! – Emmett mi strizzò l’occhio – A proposito, Bells, e adesso non sto scherzando… se vuoi che Randall la paghi veramente per quello che ti ha fatto ci penso io, non hai che da chiedere.
   - A proteggerla da Randall e da ogni altro possibile pericolo ci penserà questo tipo dall’aria poco raccomandabile, fratellone! – rispose per me Jasper, ghignando.
   Emmett rise, poi tornò serio e in tono compunto disse: - Beh, ragazzi, sono tanto felice per voi. Ce l’aspettavamo tutti, naturalmente, - Rosalie gli lanciò un’occhiataccia – ma ci chiedevamo quando vi sareste decisi a parlare. Jasper, mi raccomando, tratta bene la mia sorellina; e tu, Bella, porta sempre il sorriso a mio fratello.
   - Lo farò. – rispondemmo Jasper e io, all’unisono, divertiti e commossi allo stesso tempo dalla sua buffa, ma sincera benedizione.
   Rosalie mi prese per mano, staccandomi con dolcezza dal fianco del mio compagno.
   - Vieni, Bella, Esme e Carlisle vi aspettano. – disse. Guardò Jasper – Jazz, scusami per prima…
   Lui la raggiunse in due passi e la mise a tacere con un abbraccio.
   - Non dirlo neanche, Rose, hai fatto bene.
   - Davvero non sei arrabbiato? – chiese Rose contro la sua spalla.
   - Per niente, cara.   
   Si sorrisero con affetto, le chiome bionde splendenti nel sole del mattino e per la prima volta da quando li conoscevo mi parvero davvero due gemelli, identici e inseparabili. Davanti a quella visione dimenticai immediatamente di essere seccata con Rose per lo schiaffo.
   Dentro casa trovammo tutti gli altri.
   Esme, naturalmente, ci corse incontro inchiodandoci con lo sguardo più materno e apprensivo che potessi immaginare. Si informò subito della mia ferita, imitata immediatamente da Carlisle, che dichiarò in tono professionale:
   - E’ una ferita superficiale, Bella, ma dovrai tenerti la cicatrice, questo genere di ferite non guarisce mai del tutto.
   La sapevo, ovviamente e non ne fui affatto turbata. Avevo tre cicatrici adesso: una sul polso, opera di James, e due sul collo. Una di queste era completamente nascosta dai miei capelli. La sfiorai con le dita, delicatamente, come se fosse stata qualcosa di prezioso e in un certo senso era così: quello era il punto in cui Jasper mi aveva morsa. Forse ero solo una sciocca romantica, ma mi piaceva pensare che il nostro legame fosse iniziato allora, con la mia trasformazione.
   Mi accorsi che Jasper mi guardava preoccupato e mi affrettai a rassicurarlo con un sorriso.
   - Complimenti, ragazzi. – disse Kate, con calore. Il clan di Denali era riunito nel salotto e i volti di ciascuno dei nostri amici erano illuminati da un sorriso sincero. Eleazar mi strizzò l’occhio, come a dire: lo vedi che avevo ragione io?
   C’era anche Mary, la quale non lasciò trasparire alcuna emozione, cosa che doveva essere abituata a fare ormai da secoli: ci sorrise con cortese freddezza e rimase in silenzio. Tuttavia, quella sera stessa, quando gli animi si furono un po’ calmati e l’esaltazione lasciò il posto a una quieta serenità, Mary mi si avvicinò e disse in tono sinceramente dispiaciuto:
   - Mi sento in imbarazzo per quanto ha fatto Randall e non so come rimediare. Mi sono sempre considerata una sorta di guida per lui, oltre che una cara amica e non mi sarei mai aspettata che perdesse il controllo in quel modo. Ti prego di perdonarmi, Isabella, se non sono intervenuta in tempo; questa volta ho sottovalutato il suo temperamento irrequieto e impetuoso che invece dovrei conoscere molto bene.
   Certo, eri troppo impegnata a fare le moine a Jasper! pensai, vagamente divertita. Senza dubbio però, la colpa di quanto accaduto non era di Mary.
   - Non preoccuparti, - le dissi serenamente – Randall è un uomo adulto e deve prendersi la responsabilità della azioni che compie. Se si è comportato male, la colpa non è certo tua.
   - Domani ripartirò e andrò a cercarlo. – rispose Mary – Mi chiedo dove possa essersi nascosto. Devo dirgli qualcosa da parte tua, quando l’avrò trovato?
   Ci pensai per un momento: - Digli che io preferisco dimenticare l’accaduto, ma che Jasper non è disposto a fare altrettanto, quindi è meglio che non si faccia più vedere. Digli anche che in futuro stia più attento e che a prendere le cose con la forza non si guadagna niente.
   Lo sguardo di Mary rimase indecifrabile, come sempre: - Riferirò. – disse laconicamente.
   Il giorno dopo, come annunciato, ci salutò, ringraziandoci con molta gentilezza dell’ospitalità e promettendo di darci sue notizie. Mi chiesi se l’avremmo rivista tanto presto e se fosse addolorata per non essere riuscita a conquistare Jasper. Esme, intuendo come al solito la mia preoccupazione, disse con dolcezza:
   - Non preoccuparti, Bella, conosciamo bene Mary: è una donna forte che sa riprendersi da ogni urto. E poi non credo che sia così dispiaciuta, ha sempre amato la solitudine. Si sarà ripresa prima ancora di essere arrivata in Scozia.
   Mi voltai verso di lei e chiesi: - Sei davvero contenta per me e Jasper?
   Esme sorrise con affetto: - Ma certo che lo sono, tesoro. Siete i miei figli, tutti e due. Oh, naturalmente non pretendo di offuscare il ricordo di tua madre, Bella, perdonami… ma non posso fare a meno di considerarti come la mia figlia più giovane.
   - Non devi scusarti, Esme, so bene quanto tu e Carlisle mi vogliate bene. Sono io che devo scusarmi con voi… i miei genitori sono ancora vivi, grazie a Dio e io non me la sento di considerare voi due come un padre e una madre fintanto che li sento così presenti nella mia vita. Soprattutto Charlie. Non posso dimenticare che sta ancora indagando sulla mia scomparsa.
   - E nessuno ti chiede di farlo, Bella. Per noi l’unica cosa che conta è che tu sia felice.
   Le sorrisi, raggiante: - Lo sono, Esme. Lo sono sempre stata e adesso ancora di più, perché ho trovato il mio posto in questa famiglia.
   Ed era vero. I giorni che seguirono furono i più belli e sereni che avessi mai vissuto. La primavera si apriva la strada, finalmente, tra la neve e il ghiaccio di Denali e non c’era stagione che potesse adattarsi meglio a ciò che sentivo nel cuore.

Come per me sereno
Oggi rinacque il dì
Come il terren fiorì
Più bello e ameno
Mai di più lieto aspetto
Natura non brillò
Amor lo colorò
Del mio diletto.


   Il momento di trasferirsi era ormai prossimo e avevamo optato per il nord della Scozia in una tenuta che Esme avrebbe restaurato e che si trovava in aperta brughiera, lontana da sguardi indiscreti. I nostri amici cercavano ancora di trattenerci, ma Carlisle disse che avevamo abusato troppo della loro ospitalità e che era giunto il momento di separarci.
   Trascorremmo gli ultimi giorni della nostra permanenza a Denali tra battute di caccia, partite a carte, scommesse di ogni genere. Emmett e Jasper si sfidarono in ogni genere di gara, dalla corsa alla lotta ed Eleazar doveva continuamente fare da arbitro in ogni nuova trovata.
   Io invece mi scoprii desiderosa di provare qualche vestito di mia sorella Rosalie, la quale non solo ne fu felicissima, ma addirittura mi regalò un quarto del suo sterminato guardaroba, tacitando le mie proteste in un modo che mi ricordò molto Alice.
   - La compagna di Jasper dev’essere un esempio di raffinatezza e semplice eleganza, - cinguettò  – quindi non fare tante storie, questi vestiti sono perfetti per te e a lui piaceranno tantissimo. – disse, mettendomi sulle braccia altri tre abiti, uno di chiffon rosa (che probabilmente non avrei mai usato in vita mia) uno di seta azzurra (che forse avrei anche potuto usare se non fosse stato così attillato) e uno di velluto color avorio, decisamente il migliore.
   - I tuoi occhi ormai sono completamente dorati! - continuò Rosalie, sempre più entusiasta – Sei splendida, sorellina!
   Non credevo di esserlo veramente, anche dopo la trasformazione avevo conservato una grande modestia e avevo la tendenza a vedermi nello stesso modo in cui mi vedevo da umana. Senza dubbio però ero al settimo cielo e questo mi rendeva sicuramente più luminosa.
   Il mio amore per Jasper, ora che non dovevo più nasconderlo, mi sembrava farsi sempre più grande e profondo man mano che i giorni passavano. Faticavo a stare concentrata sulle cose, bastava il suono della sua voce a distrarmi e a farmi pensare subito a lui. Ogni volta che incontravo il suo sguardo desideravo poterci annegare dentro e appena lo vedevo muoversi, automaticamente mi muovevo anch’io, per raggiungerlo. La cosa che adoravo di più era poter accarezzare i suoi capelli dorati, così folti e morbidi, mentre lo ascoltavo parlare con la sua voce profonda e rassicurante.
   Jasper mi disse di sentirsi esattamente nello stesso modo e che l’amore e la dedizione che sentiva provenire da me lo rendevano felice e orgoglioso come non era mai stato in tutta la sua esistenza.
   Ci furono momenti di felicità indescrivibile, parole sussurrate, nottate passate a osservare le stella seduti sulla riva del “nostro lago”. Ridevamo, ci abbracciavamo, ci rincorrevamo nei boschi, come bambini, tuttavia bastava un secondo perché una risata si trasformasse in un bacio appassionato.
   Jasper era dolce, incredibilmente dolce e protettivo, ma non come lo era stato Edward. Non viveva nel timore che potesse accadermi qualcosa, il suo atteggiamento faceva semplicemente parte del suo carattere: voleva che io mi sentissi sempre circondata dal suo amore e che avvertissi sempre la sua presenza accanto a me. Non era possessivo, mi lasciava trascorrere pomeriggi sereni accanto a Rosalie e alle altre così come io non lo privavo dei suoi “momenti da uomini” in compagnia di Emmett. Quando uno dei due si allontanava per un po’ era sufficiente un bacio e un sorriso perché l’altro capisse il messaggio: torno presto, amore, non preoccuparti.
   Così passò anche aprile, che nel mio cuore sarebbe sempre rimasto il mese consacrato all’amore.

   Una sera, due giorni prima della data stabilita per la nostra partenza, Tanya ci radunò tutti in giardino, chiamandoci ad uno ad uno con voce squillante e stranamente eccitata.
   - Ascoltate! Kate ha avuto un’idea! – trillò.
   - E’ un’idea stupidissima… - brontolò la sorella, che la seguiva, imbronciata.
   - Non è vero, Kate, è un’idea fantastica! – la rimbeccò Tanya. Poi si rivolse a noi, sorridendo emozionata – Kate ha pensato a un modo per trascorrere la nostra ultima serata insieme prima che voi ve ne andiate.
   - Cioè, come? – chiese Esme interessata.
   - Una gara di ballo! – rispose Tanya, estatica.
   Ci fu uno scambio di occhiate stupite.
   - Mi piace! – disse Rosalie – come ci organizziamo?
   - La gara prevede solo balli di coppia, naturalmente. – spiegò Tanya – Kate e io saremo i giudici.
   - Tanya e Kate sono ballerine eccellenti – mi sussurrò Jasper all’orecchio – hanno anche partecipato a un paio di concorsi internazionali in passato…
   - Per ogni ballo la giuria darà un punteggio ad ogni coppia, da 1 a 10 e i balli saranno: valzer, mazurka, tango, polka, lindy, conga, rumba, boogie-woogie e charleston! Ogni coppia dovrà raggiungere un punteggio minimo per passare al turno successivo, nel quale questi balli saranno ripetuti in un altro ordine. E così via, fino allo spareggio tra le ultime due coppie.
   - Fantastico! – esclamò Carmen.
   - Un’altra cosa: in questa gara nessuno sarà in coppia con il proprio compagno! – annunciò Tanya, con gli occhi che brillavano - Aumenta il divertimento e lo spirito di competizione!
   - Ah-ha! – motteggiò Emmett – Mi piace questa condizione! Ehi, Rosie, pensi di riuscire a resistere senza di me?
   - Orso! – lo prese in giro Rosalie
   - Come saranno le coppie? – chiese ancora Carmen.
   - Avevamo pensato a queste possibilità: Emmett e Bella; Jasper e Carmen; Eleazar ed Esme; Carlisle e Rosalie. Che ne dite?
   - Ottimo! – approvò Carmen.
   - Bello! – commentò Esme.
   - Equilibrato. – riflettè Carlisle.
   - Io non so ballare… - cominciai, ma il mio fratellone mi zittì.
   - Non preoccuparti, Bells, entro domani sera conoscerai alla perfezione tutti i balli, te li insegnerò io e vedrai che vinceremo! A proposito, che cosa si vince?
   - Un mese di permanenza nella nostra residenza nelle Isole Figi! – rispose Tanya – In pratica un mese intero alla luce del sole, senza nessun umano attorno che possa vedervi!
   - Io non voglio andare alle Figi con Emmett! – brontolai.
   Tanya rise: - Tranquilla, Bella! Se doveste vincere voi due, ovviamente il premio va diviso, Emmett ci andrà due settimane con Rose e tu altre due con Jasper!
   - Ma così non vale! – protestò Emmett.
   - Prendere o lasciare! – minacciò Tanya, guardandolo storto.
   - Oh… e va bene! – si arrese il mio fratellone – Facciamo anche questa, premio o non premio ci sarà da divertirsi! Forza, sorellina abbiamo un sacco di lavoro da fare…
   - Un momento, un momento! – prorruppe Eleazar, impettito – Non è giusto che ci siano solo due donne ad arbitrare, occorre anche un uomo!
   La sua affermazione scatenò un coro di approvazione da parte dei maschi presenti, ma Kate disse:
   - Se togliamo uno di voi, non ci saranno abbastanza ballerini per le coppie.
   - E’ vero, però non mi va di essere giudicato solo da voi due! – rispose Eleazar, scherzosamente.
   - Ci vorrebbe qualcun altro… - azzardò Carmen – Conosciamo nessuno che potrebbe aver voglia di partecipare come giudice?
   Restammo in silenzio, pensierosi, per un momento.
   - Una persona ci sarebbe. – disse infine Carlisle.
   - Chi?
   - Si chiama Garrett, è un mio caro amico. E’ un buon ballerino e soprattutto ha una caratteristica: si butta con grande entusiasmo in ogni sfida, di qualunque cosa si tratti. Sono sicuro che se lo chiamassi verrebbe subito. Inoltre la compagnia gli piace, è simpatico e molto espansivo.
   - Come Randall? – non potei fare a meno di chiedere.
   Carlisle mi sorrise con gentilezza: - No, non come Randall, Bella, non devi preoccuparti. Ti assicuro che da Garrett non avresti nulla da temere.
   - Se pensi che potrebbe accettare, allora chiamalo, Carlisle! – disse Tanya – E digli che sarà un piacere averlo con noi!
   - Lo faccio subito! – rispose Carlisle, contagiato dall’entusiasmo dell’amica.
   Un attimo dopo lo sentimmo parlare al telefono, salutare, spiegare la situazione. Poi lo sentimmo ridere, una, due, tre volte. Alla fine disse: - Allora ti aspettiamo domani sera! Grazie, Garrett, a presto!
   - Come prevedevo ha accettato subito con entusiasmo. – ci disse subito dopo – Vedrete che vi piacerà e ci divertiremo un mondo.
   - Ottimo, adesso siamo ben organizzati! – concluse Eleazar soddisfatto.
   - E adesso si comincia! – esplose Emmett. Mi prese per il braccio e mi trascinò lontano da casa. Jasper ci raggiunse con un balzo e riuscì a darmi un bacio frettoloso, ma appassionato prima che il mio fratellone si mettesse a correre portandomi via con sé.
   Decisamente, avevo davanti una giornata faticosa!


Allora che ne dite? Ci voleva un po' di vitalità, secondo me! Aspetto i vostri pareri con ansia e vi do appuntamento al prossimo capitolo nei prossimi giorni, con la gara di ballo vera e propria!

(I versi postati a metà capitolo appartengono al libretto de "La Sonnambula" di Vincenzo Bellini, Atto I, scena ed aria)

Un bacione

Nini
 

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Capitolo 27
*** Volteggi ***


Prima di tutto, GRAZIE a: Argentea, Camilla L, Orsacchiotta Potta Potta, Frego, Dills Nightmare, nanerottola, Serenitatis, jakefan, Lesley_Gore, ladyanyablu, maura77 e dany60 per le recensioni graditissime!! L'affetto che state dimostrando verso la mia storia mi rende felicissima!!! Grazie anche a chi legge soltanto!

Solo un paio di informazioni riguardo al capitolo: i balli previsti dalla gara sono di origini diverse: valzer, mazurka e polka sono di provenienza europea (i nostri eroi balleranno il classico valzer viennese); gli altri sono tutti della tradizione americana. Il "Lindy, hop
" che forse conoscete in pochi, è un ballo nato negli anni '20 che trae il suo nome dal pioniere dell'aviazione Charles Lindbergh, detto appunto Lindy.

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Capitolo XXVII: Volteggi

Bella

   - Bene così, Bells, un-due-tre-quattro… - scandiva Emmett.
   - Emm, potrei riposarmi un momento? – implorai. Da ore, ormai, stavamo provando tutti i balli in successione e cominciavo a non poterne più. Non avevo mai amato la danza e anche se, in quanto vampira sapevo di non correre il rischio di scivolare o inciampare, non riuscivo proprio ad esserne entusiasta.
   - Neanche per idea, pigrona, è già mezzogiorno e dobbiamo ancora iniziare a perfezionarci. – rispose Emmett senza smettere di danzare.
   Dovevo ammettere che come insegnante se la cavava egregiamente. Conosceva alla perfezione tutti i balli previsti dalla gara e mi aveva spiegato con pazienza e precisione i passi che dovevo fare. Non si era scomposto neanche quando Kate, eccitata come una bambina il mattino di Natale, ci aveva comunicato che lei e Tanya avevano deciso di aggiungere anche il fox-trot ( - E’ un ballo troppo importante nella nostra tradizione, non possiamo lasciarlo fuori! - ).  
   - Perfezionarci?! Ma… ho imparato tutti i passi… non è sufficiente? – chiesi preoccupata.
   - Vuoi scherzare? Se fosse sufficiente imparare i passi non ci sarebbe alcuna differenza tra ballerini dilettanti e professionisti! Dobbiamo trovare il nostro stile, Bells, diventare una coppia affiatata. Coraggio, il charleston di prima era penoso, ricominciamo!
   Sbuffai sonoramente, ma obbedii. Sembrava che fossi l’unica a non apprezzare particolarmente l’idea della gara di ballo: gli altri Cullen, Jasper compreso, erano tutti su di giri. In casa erano rimaste solo Tanya e Kate, occupate a trasformare l’enorme salotto in una balera.
   Emmett e io avevamo fatto una prima lezione di danza che aveva occupato quasi tutta la nottata e nella quale, di malavoglia avevo imparato a ballare il valzer, la mazurka, il tango, la polka e il lindy. Per esercitarci avevamo scelto uno spiazzo ghiaioso, poco lontano da casa: non era certo l’ideale per la danza, ma Emmett non aveva voluto che restassimo in casa “per evitare che gli altri copiassero il nostro lavoro”. Avrebbe continuato a istruirmi anche tutta la mattina, se alle prime luci dell’alba non fosse intervenuta Rosalie, desiderosa di passare un po’ di tempo insieme a lui. Avevo quindi potuto trascorrere un paio d’ore tra le calde braccia di Jasper, che aveva ascoltato divertito le mie lamentele riguardo alla gara e mi aveva coccolata teneramente come solo lui sapeva fare, finché Emmett non era tornato a reclamarmi per un’altra, faticosa lezione.
   Il valzer, la mazurka e la polka non presentavano particolari problemi. Ben altra cosa era il tango, non solo in quanto era difficile ballarlo bene, ma anche perché la mia mente lo associava spontaneamente all’amore, alla passione, alla seduzione; Emmett indovinò subito che il mio desiderio segreto era di ballarlo con Jasper, ma stranamente non mi prese in giro per questo, anzi, divenne ancora più gentile e paziente nelle sue spiegazioni, perché mi rilassassi il più possibile e mi affidassi a lui nella danza.
   Non avevamo a disposizione la musica, ragion per cui Emmett scandiva il tempo, assicurandomi che in gara mi sarebbe stato molto più facile lasciarmi andare grazie all’effetto che le melodie e i ritmi avrebbero avuto su di me.
   - Nessuno può resistere al boogie! – mi disse. – Vedrai che ti divertirai un mondo, Bella!
   Verso le tre del pomeriggio, con mio grande sollievo sembrò decisamente soddisfatto del lavoro che avevamo fatto insieme:
   - Brava, Bells! Sei una ballerina molto promettente e aggraziata! La tecnica è perfetta, ora manca solo un po’ di espressività e per ottenerla basta che creda un po’ di più in te stessa, quando balli.
   - Ha ragione. Complimenti, sorellina! – disse una voce. Mi voltai sorpresa e vidi avvicinarsi Rosalie. Teneva in mano una scatola e me la porse con un sorriso. – Queste sono per te. – disse.
   - Che cos’è? – chiesi incuriosita, aprendo la scatola.
   Dentro trovai un paio di delicate scarpine col tacco a spillo, argentate e coperte di strass.
   Un terribile sospetto mi fece spalancare gli occhi.
   - Rose, - cominciai in tono minaccioso – non è quello che penso, vero?
   Rosalie scoppiò a ridere: - Non so a cosa tu stia pensando in questo momento, Bella, ma queste sono le tue scarpe da ballo. Ti conviene metterle subito e fare un po’ di pratica.
   Orripilata balbettai: - Rose… io non so camminare sui tacchi a spillo…
   - Sei un vampiro, Bella, non puoi storcerti una caviglia, ricordi?
   Le restituii la scatola e incrociai le braccia con fare risoluto.
   - Non se ne parla. Non le indosso.
   Rosalie mi lanciò un’occhiata divertita. – Fammi capire: pensavi che avresti ballato in camicia, jeans e scarpe da ginnastica, vero?
   - Più o meno. – ammisi.
   - Beh, scordatelo, saresti squalificata in partenza! Avrai le scarpe e l’abito adatto come tutti. Coraggio, niente storie! Non vorrai far perdere la gara a Emmett, vero?
   - C’è anche l’abito? – chiesi terrorizzata.
   Rosalie mi porse nuovamente la scatola e dal suo sguardo capii che sarebbe stato inutile ribattere ancora. Con un sospiro mi sfilai le scarpe da ginnastica che indossavo e le calze e mi infilai le scarpette argentate. Mi andavano a pennello.
   - Di chi sono? – chiesi controvoglia.
   - Di Carmen. – rispose Rosalie – Adesso, Bella, vedi di non distruggerle. Assorbi sempre l’impatto sulle punte quando cammini; non premere mai sul tacco o lo spezzerai. E attenta alla ghiaia, potrebbe rovinare la suola. Devi muoverti con estrema leggerezza, chiaro?
   - Sì. – risposi, cercando di fare qualche passo seguendo le sue istruzioni. Rosalie annuì.
   - Brava. Adesso prova a ballare il valzer con Emmett e vediamo come te la cavi con i tacchi.
   Benché poco convinta feci come mi chiedeva e ballai, guidata da Emmett che scandiva il classico “un-due-tre”. Dovevo ammettere che con i tacchi alti mi sembrava quasi di volare e che ballare non era affatto più difficile di prima, anzi, forse era perfino più semplice proprio perché io mi sentivo più leggera.
   Rosalie approvò con un cenno caloroso del capo.
   - Bravissima, Bella! Vedi che non è poi così terribile? Beh, ora vi saluto, anch’io devo andare a provare qualche passo insieme a papà. Bella? Ci vediamo in casa alle nove in punto.
   - Perché?
   Rosalie alzò gli occhi al cielo, esasperata: - Per vestirci e acconciare i capelli, no?
   - Oh… Rose, ti prego, almeno i capelli vorrei lasciarli come sono…
   - Niente storie! – sibilò lei puntandomi contro l’indice – A dopo, tesori miei!
   - A dopo, Rosie! – la salutò Emmett con entusiasmo. Poi si rivolse a me con gli occhi che brillavano: - Rosalie è una ballerina stupenda, batterla sarà difficile.
   Cominciai a sentirmi incuriosita, mio malgrado.
   - Chi sono i nostri avversari più temibili? – chiesi.
   Emmett aggrottò la fronte: - A dire il vero non saprei. Jasper e Carmen eseguiranno sicuramente un tango impareggiabile, ma potrebbero non essere altrettanto brillanti nella mazurca e nella polka. Carlisle al contrario eccelle in questi balli, ma non se la cava molto bene con la conga e il charleston. Eleazar ed Esme sono un incognita, lui è bravissimo a condurre e lei è favolosa nel valzer, ma non riesco a immaginarli ballare insieme.
   - Jasper balla così bene il tango? – chiesi sognante.
   - Altroché! E Carmen si muove con un’eleganza davvero rara.
   - Che bello… - mormorai, abbandonandomi di nuovo alle mie fantasie in cui ero io e non Carmen a ballare il tango tra le braccia di Jasper.
   Emmett sbuffò: - Sì, sì, molto bello e intanto il tempo passa! Forza, Bells! Rumba!
   - Va bene, va bene! – mi arresi ridendo.
   Continuammo ad esercitarci mentre all’orizzonte il sole calava sempre più e alla fine l’entusiasmo di mio fratello contagiò anche me. Emmett aveva ragione: era impossibile non sentirsi allegri quando dalla casa cominciavano a giungere alle nostre orecchie spezzoni di brani che Tanya e Kate stavano accuratamente scegliendo per la gara nella loro sterminata collezione di dischi.
   Alle sette e mezzo udimmo il rombo di una macchina che si avvicinava.
   - Questo è Garrett! – disse Emmett – Su, andiamo a salutarlo.
    Arrivammo giusto in tempo per veder saltare giù da un’elegante auto sportiva rossa un giovane dai capelli lunghi e biondi e dal fisico atletico. Carlisle, sopraggiunto prima di noi, si affrettò ad accoglierlo e il nuovo venuto lo abbracciò calorosamente.
   - Lascia che ti presenti le mie care cugine. – disse Carlisle – Tanya, Kate, questo è il mio amico Garrett.
   - Onoratissimo, signore. – disse Garrett con un correttissimo e rispettoso inchino alle due sorelle. Forse era solo la mia immaginazione, ma mi parve che i suoi occhi cremisi si soffermassero appena più del necessario su Kate. Da parte sua, la vampira aveva stampato in volto un sorriso luminoso che riconobbi subito come il primo segnale di interesse.
   Poi Garrett fece un elegante baciamano a Esme e salutò con affetto Emmett e Rose. Quando ci trovammo faccia a faccia si fermò perplesso a guardarmi.
   - Non credo di avere l’onore di conoscerla, signorina. – disse educatamente.
   Gli sorrisi: - Infatti non ci conosciamo. Io sono Isabella Swan Cullen, ma tutti mi chiamano Bella.
   Carlisle mi affiancò e mi posò una mano sulla spalla: - Bella è la mia ultima figlia adottiva, si è unita a noi pochi mesi fa. – disse affettuosamente.
   - Ed è la mia compagna. – aggiunse Jasper con orgoglio, circondandomi la vita con un braccio.
   A questa notizia, Garrett non avrebbe potuto apparire più sorpreso.
   - La tua… compagna? – balbettò - Ma…
   Carlisle sorrise: - Non preoccuparti, Garrett, ti spiegherò tutto. Sono cambiate molte cose dall’ultima volta che ci siamo visti. Su, entriamo, così potremo parlarne con tranquillità.
   - Volentieri – annuì Garrett – e poi vorrei fare conoscenza con queste affascinanti signore, nonché giudici di gara. Comunque, piacere di conoscerti, Bella! – aggiunse, con un sorriso simpatico.
   - Piacere mio. – risposi con sincerità.
   Lo guardai allontanarsi e posai il capo sulla spalla di Jasper. Lui mi baciò i capelli.
   - Forse abbiamo un po’ di tempo per noi prima che inizi questa folle serata. – sussurrò.
   - Ne dubito, - risposi con una risatina – tra poco Rosalie mi sequestrerà per vestirmi e pettinarmi…
   - E prima che arrivi Rosalie dobbiamo provare di nuovo il lindy! – comandò Emmett che era rimasto accanto a noi e aveva sentito tutto – Jazz, lasciala, stasera Bella è la mia dama e sarò io ad occuparmi di lei!
   Jasper ghignò: - Ti terrò d’occhio, fratellone e tornerò a riprendermela al minimo cenno da parte sua.
   Dopodiché mi strizzò l’occhio e si allontanò.
   Alle nove in punto, dopo l’ultima prova della sequenza dei balli, Emmett mi lasciò andare e passando dal retro entrai direttamente in camera di Rosalie. Non appena mi vide, mia sorella mi buttò letteralmente a sedere davanti alla specchiera.
   - I tuo capelli sono un disastro. – brontolò – Adesso te li sistemo.
   Era già pettinata, aveva raccolto la sua chioma dorata in un morbido chignon al quale erano sfuggite alcune ciocche ribelli che aveva arricciato e che le incorniciavano il viso d’angelo. Naturalmente era perfetta.
   Attraverso lo specchio vidi Esme, seduta sul letto e avvolta in un lungo e vaporoso abito verde smeraldo che faceva risaltare la sfumatura rossa dei suoi capelli che le ricadevano in morbide onde sulle spalle.
   - Sei bellissima, Esme. – dissi con affetto.
   Lei mi sorrise dolcemente: - Grazie, Bella!
   Accanto alla finestra c’era Carmen, tutta intenta a sistemarsi dei fiori tra i capelli corvini. Il suo abito rosso fuoco era adorno di nastri e volant e sembrava terribilmente scomodo da portare. Notando un vestito molto simile, color turchese, appeso ad una gruccia appendiabiti, mi chiesi preoccupata se per caso fosse destinato a me.
   Fortunatamente mi sbagliavo: l’abito che Rosalie mi fece indossare (dopo avermi arricciato e rialzato accuratamente i capelli) era molto più semplice. Di chiffon bianco, con un corpetto attillato e una gonna molto ampia che mi arrivava appena sotto al ginocchio. Due candidi fiori di stoffa allacciati subito sotto le braccia sostituivano le maniche. Dovevo ammettere che era un bellissimo vestito: l’unica cosa che mi procurava un lieve imbarazzo era la scollatura piuttosto profonda che lasciava scoperto metà del seno.
   Rosalie indossò il vestito turchese e dopo un’ultima occhiata allo specchio ci preparammo ad uscire dalla stanza. Dall’ingresso giungevano le voci e le risate dei nostri partner, i quali ammutolirono non appena ci videro.
   Erano tutti bellissimi e impeccabili nei loro frac, ma io notai soltanto Jasper, snello, tenebroso e affascinante come non mai.
   I suoi occhi si accesero di desiderio quando mi vide e percorsero tutto il mio corpo in una lenta e struggente carezza che mi provocò un brivido interiore. Sotto il suo sguardo intenso dimenticai tutto, la gara, il mio nervosismo, la presenza dei nostri fratelli… Desideravo soltanto prenderlo per mano e trascinarlo da qualche parte dove potessimo rimanere soli, per ore e placare finalmente il bisogno che avevamo l’uno dell’altra…
   Prima che le mia fantasie diventassero troppo ardite, Emmett mi riportò alla realtà con un allegro: - Ehi sorellina, sei bellissima, sembri una rosa! Se fossi vestita di giallo, Jazz potrebbe cantarti una bella serenata, di quelle dei suoi tempi, intendo dire gli anni Sessanta… dell’Ottocento!
   Riemersi a fatica dalle mie fantasticherie: - Di cosa stai parlando? – chiesi perplessa.
   - Ma come?! Non conosci “The yellow rose of Texas”? – fece lui – Ah no, Bella, questo è imperdonabile!
   E con voce baritonale prese a cantare:

There's a yellow rose in Texas, that I am going to see,
No other darky knows her, no darky only me
She cryed so when I left her it like to broke my heart,
And if I ever find her, we nevermore will part.
She's the sweetest rose of color this darky ever knew,
Her eyes are bright as diamonds, they sparkle like the dew;
You may talk about your Dearest May, and sing of Rosa Lee,
But the Yellow Rose of Texas beats the belles of Tennessee.


 Dopodiché si allontanò per salutare Rosalie. Jasper mi sorrise dolcemente.
   - Scusami, - farfugliai – mi spiace, ma non conosco bene la canzone.
   - Non preoccuparti, tesoro. Però Emmett ha ragione, sei davvero una rosa stasera. La mia rosa.
   La porta del salotto si spalancò e Kate gridò al di sopra della musica:
   - Forza, entrate, siamo pronti per cominciare!
   Appena varcata la soglia mi arrestai, un po’ spaesata. L’enorme salotto era stato liberato dai mobili, ad eccezione di un piccolo divano riservato ai giudici. Il pavimento era stato tirato a lucido e rifletteva le luci colorate emanate da tre fari posti negli angoli. Una delle pareti più corte era quasi interamente occupata dall’impianto stereo più grande che avessi mai visto; superava perfino quello di Edward. Dietro la postazione dei giudici era appeso un enorme tabellone destinato ai punteggi e in elegante grafia erano scritti i nostri nomi in coppia e i balli che avremmo eseguito.
   - Attenzione prego! – trillò Kate nel microfono che teneva in mano. Era vestita di un abito nero e scintillante di paillettes, così come sua sorella Tanya. Garrett sedeva sul divano e osservava la scena, palesemente compiaciuto
   - La gara sta per avere inizio! – annunciò Kate – Prendete posizione sulla pista in modo che ogni coppia abbia spazio sufficiente. Io annuncerò i nomi delle danze ad ogni cambio di ritmo. I punteggi saranno indicati in modo che tutti voi li possiate vedere e per passare al turno successivo dovrete raggiungere un minimo di 50 punti. In bocca al lupo a tutti!
   Emmett mi prese sottobraccio e mi guidò proprio al centro della pista. Con la coda dell’occhio vidi Jasper e Carmen sistemarsi alla nostra sinistra.
   - E adesso... valzer! – annunciò Kate.
   E la gara ebbe inizio. Emmett aveva avuto due volte ragione: nel giro di pochi minuti divenni perfettamente padrona dei movimenti, la musica mi trasportò in un mondo fatto di luci e colori bellissimi e un sorriso spuntò sulle mie labbra. Fugacemente vidi Esme che volteggiava con grazia tra le braccia di Eleazar, cerimonioso e solenne. Erano davvero bellissimi.
   Il valzer fu misericordioso e tutti noi ottenemmo un buon punteggio. Poi il ritmo cambiò improvvisamente.
   - Fox-trot! – esclamò Kate.
   Mi adeguai senza scompormi ed Emmett mi strizzò l’occhio in sengo d’intesa.
   - Forza Bella! Facciamogli vedere chi siamo! – sussurrò.
   - Polka!
   Come Emmett aveva previsto, con la polka il punteggio di Jasper e Carmen si abbassò leggermente, mentre Carlisle e Rosalie svettarono in testa alla classifica. Provai una segreta soddisfazione.
   - Mazurka!
   E dopo un po’…
   - Tango!
   Chiusi gli occhi e cercai di immaginare che il mio partner fosse Jasper.
   - Ottimo, Bella! – approvò Emmett.
   Ma come mi aspettavo, non era abbastanza. Jasper e Carmen furono gli unici ad ottenere il punteggio massimo e nel vederli volteggiare non potevo che essere d’accordo con i giudici.
   - Lindy, hop!
   Un ballo dopo l’altro, giungemmo infine al charleston, il più sfrenato di tutti e a quel punto mi accorsi che Emmett ed io avevamo ottenuto ben 85 punti e che quindi non avremmo avuto alcun problema a superare il turno. In testa c’erano ancora Jasper e Carmen con 104 punti. Dopo di noi c’erano Carlisle e Rosalie. Esme ed Eleazar erano in coda.
   - Comincia il secondo round! – annunciò la voce eccitata di Kate – Prego, rumba!
   Tutto ricominciò daccapo. Arrivati alla conga, Kate decretò l’uscita dalla gara di Esme ed Eleazar, i quali applaudirono sorridendo sereni e lasciarono subito la pista per andare a sedersi accanto ai giudici.
   La gara si fece sempre più competitiva e io mi sentii sempre più entusiasta. In un turbinio di colori danzammo di nuovo i balli in successione e Kate annunciò l’inizio del terzo round.
   Sembrava non ci fosse modo di superare Jasper e Carmen. Rosalie e Carlisle invece furono eliminati nel boogie-woogie.
   - Siamo alla finale! Emmett e Bella contro Jasper e Carmen! – disse Kate.
   Ancora una volta: valzer, mazurca, tango, polka, fox-trot, conga, rumba, lindy, boogie, charleston...
   E poi...
   Non so cosa mi successe, non fu una decisione razionale. Nel charleston incrociai lo sguardo di Jasper, per la prima volta da quando avevamo cominciato a ballare. Automaticamente, come rispondendo a un ordine silenzioso, lasciai la mano di Emmett e volteggiai verso di lui, con una grazia che non credevo di possedere. Jasper spalancò gli occhi per la sorpresa, ma subito fece altrettanto: con gentilezza lasciò andare Carmen e in un solo passo mi raggiunse. Mi cinse la vita con un braccio e ordinò:
   - Un tango, Kate! Subito!
   - Ehi, voi due! – tuonò Garrett, balzando in piedi e afferrando il microfono – Non è previsto lo scambio di coppia!
   Ma nessuno gli badò. Gli altri, capito il gioco, si ricongiunsero in fretta ciascuno al proprio compagno e la pista fu nuovamente piena di ballerini che si muovevano con eleganza, guardandosi negli occhi come solo gli innamorati sanno fare.
   Garrett scosse la testa, tra l’esasperato e il divertito: - Siete impossibili! – esclamò - E va bene, avrete il vostro tango! – e tra la sorpresa generale afferrò la mano di Kate e trascinò la ragazza in pista.
   Tango, valzer, conga, rumba…
   Ballare con Jasper era come volare. Mi accorgevo a malapena di fare i passi, seguivo i suoi movimenti precisi e aggraziati senza mai staccare gli occhi dai suoi. Non mi sentii a disagio nemmeno quando, inaspettatamente, mi prese per i fianchi e mi sollevò, facendomi ruotare più volte prima di posarmi di nuovo a terra (una sorta di “presa” che ricordava molto la danza classica e che non aveva niente a che vedere con il lindy…)
   Fox-trot, boogie, charleston…
   Ci lasciammo trasportare dalla magia che la danza e la musica avevano creato e lo stesso accadde a tutti gli altri. Rosalie ed Emmett ballavano con entusiasmo; Carmen ed Eleazar si guardavano intensamente negli occhi; Kate e Garrett ridevano felici come bambini e scambiavano battute scherzose ad ogni giravolta; Carlisle, gentile e premuroso come sempre, alternava un giro di danza con Esme a uno con Tanya, l’unica che altrimenti sarebbe rimasta senza partner.
   E all’improvviso, tra le note dell’ennesimo valzer si insinuò una stonatura.
   Un suono stridulo e insistente.
   Ci volle qualche secondo perché ci rendessimo conto che si trattava di un telefono cellulare, lasciato negligentemente nell’ingresso.
   Tanya spense lo stereo e il silenzio calò nel salotto.
   Un’inquietudine inspiegabile mi strinse il cuore e cercai lo sguardo di Jasper.
   Lentamente, quasi al rallentatore, Carlisle raggiunse l’apparecchio che continuava a squillare.
   - Pronto?
   - Carlisle, sono Alice.
   Alice?!
   - Dovete tornare a Forks, immediatamente.
   



Che diavolo è successo adesso?
Come avete ormai capito adoro i colpi di scena!
Beh, se volete saperlo, tenetevi pronti per il prossimo capitolo!

La canzone "The yellow rose of Texas" è veramente una canzone dei tempi di Jasper, nel senso che è stata composta proprio negli anni della guerra Confederale: la Rosa Gialla non è altro che una ragazza da cui il soldato del Sud partito per la guerra (come Jazz) desidera tornare.

Ancora grazie a tutti coloro che hanno letto questo capitolo, spero di trovare le vostre recensioni!
A presto e buona serata a tutti!
Un abbraccio
Niniane


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Capitolo 28
*** Laddove tutto ebbe inizio ***




Capitolo XXVIII: Laddove tutto ebbe inizio

Jasper

   - Dovete tornare a Forks, immediatamente.
   L’affermazione di Alice fu seguita da un istante di tesissimo silenzio.
   - Perché? – chiese semplicemente Carlisle.
   La voce della mia ex compagna era carica di apprensione.
   - Ho appena avuto una visione. Victoria è tornata e sta per agire.
   - Che cosa? – fece Rosalie, allibita.
   - Ha trovato un altro modo per vendicare la morte di James. – spiegò Alice – Dal momento che le sarebbe troppo difficile cercare di uccidere Bella ha deciso di colpirla eliminando le persone a lei più care. Intende cominciare domani notte… da Charlie.
   - Nooooo! – urlò Bella, spalancando gli occhi.
   Cercai di stringerla tra le braccia, ma lei si divincolò con decisione; in tre passi raggiunse Carlisle e gli strappò il telefono di mano.
   - Alice! – implorò, la voce rotta dal pianto che non poteva versare – Oh, Alice, sei sicura di quello che hai visto?
   - Calmati, Bella. – rispose Alice, con dolcezza – Sono sicura, sì, avete il tempo di tornare a Forks e organizzarvi per difendere Charlie. Ora ascoltatemi: Victoria ha un nuovo compagno, Riley ed è affiancata da altri due vampiri molto giovani, poco più che neonati; con un piano di battaglia efficace riuscirete a eliminarli senza difficoltà.
   Mi avvicinai nuovamente a Bella e con delicatezza le tolsi il telefono dalle mani.
   - Tesoro, fammi parlare con Alice. – pregai dolcemente.
   Bella mi rivolse uno sguardo vacuo e fece come le avevo chiesto.
   - Alice. – dissi.
   - Ciao, Jazz. – rispose lei, senza scomporsi.
   - Dimmi tutto quello che sai su questi vampiri.
   - Non molto, purtroppo. Victoria sapeva del mio dono, naturalmente, perché James ne aveva parlato con lei ed è riuscita a eludere le mie visioni molto a lungo. L’ho sempre tenuta d’occhio, lo giuro, ma per tutto questo tempo non sono mai riuscita a vedere niente di allarmante. Il punto forte di Victoria è la velocità: ha un istinto di fuga fuori dal comune. Dovrete impedirle in ogni modo di fuggire. Se dovesse scappare, tornerebbe ancora: una volta eliminato Charlie vuole dare in pasto ai suoi neonati gli amici umani di Bella… Angela, Ben, Mike, Jessica…
   Vidi Esme portare una mano alla bocca, orripilata.
   - I vampiri che seguono Victoria sono tutti giovani, anche Riley. Jasper, tu sai come si uccide un neonato, dovrai far ricorso a quelle tecniche. Adesso preparatevi a partire. Domani mattina sarete a Forks e avrete il tempo di nascondervi nella vecchia casa e di pianificare l’attacco.
   Ripensando alla casa dove avevamo abitato per tre anni, mi ricordai improvvisamente di un altro problema, lasciato in sospeso.
   - Se torniamo a Forks, i Quileute ci potrebbero vedere. – dissi ad Alice.
   - Lo so, lo so… - sospirò lei, in tono amaro – Credi che non ci abbia pensato? Ma non possiamo permettere che Victoria compia un massacro, Charlie è il padre di Bella e gli altri… sono pur sempre esseri umani.
   Carlisle annuì: - Andremo a Forks. – annunciò in tono duro – Correremo il rischio e proteggeremo Charlie. Coraggio, prepariamoci.
   - Aspetta! – lo fermò Alice – Prima dovete sapere qualcosa sui Quileute. La presenza di nuovi vampiri nella penisola Olimpica ha fatto nascere altri licantropi e adesso il branco è più numeroso. Oltre a Sam, Paul e Jared, ci sono un ragazzo di nome Embry e… Jacob Black.
   Quell’ultimo nome non mi disse nulla, ma Bella emise un suono rauco, a metà tra un grido e un rantolo.
   - Jacob… Jacob è un licantropo? – chiese, spaventata e allora ricordai di aver visto quel ragazzo al ballo di fine anno, al liceo di Forks. Aveva parlato a lungo con Bella e ballato con lei: evidentemente allora erano  buoni amici. Suo padre, Billy era amico intimo di Charlie e aveva cercato di mettere in guardia Bella contro di noi, ma Jacob aveva considerato questi avvertimenti solo come sciocche leggende e non aveva mai fatto pressioni sull’amica. Chissà quanto diversamente vedeva la cosa, adesso che era diventato anche lui un licantropo.
   Le emozioni di Bella erano altalenanti: i suoi occhi erano animati da una viva preoccupazione per la sorte di Charlie e ad essa si mescolavano rabbia nei confronti di Victoria e pietà verso il suo amico Jacob, un sentimento, questo, che mi sorprese e mi spinse a riflettere. In quanto vampiro io odiavo i licantropi e non avevo alcun bisogno di chiedermene il motivo: li odiavo semplicemente perché erano i miei nemici naturali; Bella, invece  aveva conosciuto Jacob Black, quando era solo un ragazzo come tanti. In quel momento, anche lei era un’ umana e noi Cullen non eravamo ancora entrati così a fondo nella sua vita. La mia dolce Bella… probabilmente se si fosse trovata faccia a faccia con Jacob avrebbe storto il naso sentendo il suo odore e avrebbe sentito il desiderio di attaccarlo, ma questo non le avrebbe mai impedito di provare compassione e dolore per il destino che era toccato a quell’amico a lei tanto caro. Bella intuiva, senza che ci fosse bisogno di spiegarglielo, quanto potesse essere difficile scoprire e accettare di essere diverso da ciò che ci si credeva e se Jacob non aveva mai prestato fede alle storie raccontate dal padre, la trasformazione doveva avergli causato un grande shock.
   Le mie riflessioni furono interrotte da Alice che aggiunse: - Jacob Black ha preso il posto di Sam. E’ lui il capobranco, l’alfa: quel ruolo gli spettava di diritto e non appena si è trasformato, Sam glielo ha ceduto volontariamente.
   - Questo complica le cose. – dissi – Un giovane licantropo alla guida di un branco è difficile da tenere a bada. Si lascerà trasportare dagli istinti e se ci vede, e soprattutto se vede Bella e la riconosce, probabilmente ordinerà subito ai suoi di attaccarci.
   - Correremo il rischio. – ripeté Carlisle. Ci guardò tutti ad uno ad uno e i suoi occhi erano pieni di saggezza e di tristezza.
   - Ce ne siamo andati da Forks lasciandoci alle spalle troppi problemi non risolti. - disse – Ora siamo giunti alla resa dei conti e la affronteremo, costi quel che costi.
   - Dovrete fare attenzione a non farvi vedere quando vi avvicinerete alla casa. – disse Alice – Non scendete dalle auto fino all’ultimo momento, in questo modo è meno probabile che sentano le scie.
   - La sentiranno comunque. – mormorò Rosalie.
   - Un momento, Alice! – esclamò Emmett all’improvviso – Tu come fai a sapere tutte queste cose sui lupi? Di solito non riesci a vederli così chiaramente…
   La voce delicata di Alice si addolcì nel rispondergli: - Questo preferirei spiegarvelo quando ci vedremo. Ora andate, noi vi raggiungeremo al più presto.
    - Chiamaci se vedi qualcosa di diverso. – disse Carlisle.
    - Certo. A presto!
   Alice riattaccò e il silenzio calò nuovamente tra noi, più assordante di tanti rumori fastidiosi tutti insieme. Ci guardammo l’uno l’altro, tesi increduli e dopo un attimo, tutti cominciarono a muoversi, a raggiungere le camere. Ci sentivamo improvvisamente ridicoli, nei nostri abiti da ballo… la telefonata di Alice aveva spazzato via tutta l’allegria e la serenità di poc’anzi.
   Rosalie prese per mano Bella e la guidò verso la propria camera. Io seguii Emmett. Nel giro di cinque secondi sostituimmo i nostri eleganti frac con una felpa, jeans e scarpe da corsa. Ci infilammo anche le giacche, più per abitudine che per necessità e in baleno tornammo nell’ingresso. Carlisle e Esme ci aspettavano, già pronti.
   - Cos’avrà voluto dire Alice, quando ha parlato al plurale? Ha detto: noi vi raggiungeremo. Noi, non io. – chiese mio fratello, pensieroso.
   - Forse intendeva dire che con lei ci sarà anche Edward. – azzardò Esme, speranzosa.
   - O forse, Alice ha trovato la sua anima gemella. – dissi io, con calma.
   - E se fossero la stessa persona? – ipotizzò Emmett.
   - Alice e Edward? – esclamai, poco convinto – No, non credo. Si sono sempre voluti bene come due veri fratelli.
   In quel momento vidi tornare Bella e Rosalie. Mi affrettai a raggiungere la mia compagna e a prenderla per mano. Infagottata nel suo giubbotto rosso, Bella sembrava più bambina. Aveva ancora quell’aria spaventata e la sua mano strinse spasmodicamente la mia.
   Vedendoci tutti riuniti, Carlisle disse: - Bene, siamo pronti. Rose, Emmett, salite sulla jeep. Noi vi seguiamo con la mia macchina, Bella e Jasper vengono con noi. Ora, dobbiamo congedarci…
   Si udì un rumore di passi sulle scale e il clan di Denali al completo, più Garrett, apparve, abbigliato in abiti da viaggio.
   - Ma cosa…? – fece Emmett.
   Eleazar ci rivolse un’occhiata decisa.
   - Veniamo anche noi. – disse, semplicemente.
   - E Irina e Laurent ci raggiungeranno. – aggiunse Tanya.
   - No! – protestò Esme – Non dovete farlo!
   - Sì, invece! – disse Kate – Siamo la stessa famiglia.
   Carlisle scosse il capo: - E’ bello che vi preoccupiate per noi, ma credetemi, è meglio se restate. Se ci seguiste a Forks daremmo nell’occhio ancora di più e questo dev’essere evitato, assolutamente. Vi prego, non insistete.
   Insistettero eccome, uno più appassionatamente dell’altro. Garrett, che non avrebbe neanche dovuto sentirsi coinvolto ci assicurò che niente gli avrebbe fatto più piacere che aiutarci. Sospettavo che in realtà desiderasse dimostrare il suo coraggio a Kate.
   Un po’ con le preghiere, un po’ con le minacce, riuscimmo a convincerli che avrebbero fatto meglio a restare in Alaska. Eleazar, tuttavia si fece giurare che li avremmo chiamati immediatamente se Alice avesse avuto visoni allarmanti.
   Commossi dalla loro solidarietà e dal loro affetto li salutammo con calore e fu con il cuore gonfio di tristezza che salii in macchina accanto a Bella. Mi dispiaceva enormemente lasciare la pace di Denali, sapevo che mi sarebbe dispiaciuto.
   Sapevo anche che a Forks mi sarei trovato di nuovo faccia a faccia con il mio passato e con le mie debolezze. Avevo sperato di potermi lasciare per sempre alle spalle quel capitolo della mia esistenza, ma evidentemente non era possibile.
   Strinsi forte la mano di Bella e mi preparai a tornare laddove tutto era cominciato.

   La notte trascorse lentamente. Carlisle guidava in silenzio, tenendo la mano a Esme. Bella aveva posato il capo sulla mia spalla, come se fosse stanca e io le accarezzavo i capelli, chinandomi di tanto in tanto a baciarla.
   Parlammo pochissimo, appagati dal solo fatto di poter essere vicini e io ripensai a lungo alla telefonata di Alice. Risentire la sua voce non mi aveva fatto soffrire, anzi, mi avrebbe fatto piacere parlare con Alice, se solo ci avesse chiamato per darci buone notizie. Non potei fare a meno di chiedermi che cosa avesse provato, mentre parlava con me: non avevo percepito in lei tristezza o rimpianto. Aveva quindi trovato colui che cercava? E io contavo ancora qualcosa per lei?
   Certo che sì. Alice mi aveva promesso che mi avrebbe sempre voluto bene e senza dubbio era stata sincera nel dirmi questo. Ciononostante, anche se mi dispiaceva ammetterlo, un pizzico di rimorso da parte sua avrebbe gratificato il mio orgoglio. Non che avessi dei dubbi riguardo a ciò che provavo per Alice o per Bella, ma avevo trascorso tanti anni felici accanto a quel piccolo folletto e non avrei mai potuto dimenticarlo, neanche se non avessi avuto una memoria infallibile. L’idea che Alice, invece, fosse riuscita a lasciarsi tutto alle spalle con facilità mi rattristava.
   Sei ingiusto! mi dissi Anche Alice ha sofferto per la vostra separazione e tu lo sai. Non avrebbe voluto lasciarti, se fosse dipeso da lei sarebbe rimasta.
   Probabilmente era solo questione di tempo, prima che anche gli ultimi, debolissimi nodi che mi legavano alla mia ex compagna si sciogliessero. Quando avessi rivisto Alice avremmo potuto parlare liberamente e iniziare un nuovo legame, di amicizia e affetto.
   Il peso caldo di Bella era dolce e confortante. La guardai a lungo e la tenni stretta a me, cercando di infonderle un po’ di serenità. Non conoscevo suo padre, era stato Edward ad avere quell’onore: tuttavia non avevo alcun dubbio sul fatto che difendere Charlie fosse mio dovere. In un certo senso, ero suo genero.
   L’alba spuntò grigia e cupa. Avevamo lasciato l’Alaska ed eravamo ormai nello stato di Washington. Ad un certo punto, Bella sollevò il capo e si guardò intorno.
   - Carlisle, quando saremo vicini a Forks, fermati. – disse.
   Mio padre si voltò a guardarla, perplesso.
   - Perché?
   - Ho bisogno di parlare con Jasper, da sola. Non preoccuparti, Carlisle, vi raggiungeremo al più presto e resteremo sempre in contatto con voi.
   - Tesoro, che cosa mi devi dire? – chiesi.
   - Non qui. – Bella scosse il capo. – Ti prego, Carlisle, tra poco fermati.
   - Come desideri, Bella. – rispose lui – Ma spero che tu sappia quello che fai.
   Ci fermammo poco dopo, nel bel mezzo di un paesaggio brullo e tetro. Dietro di noi, anche la jeep di Emmett si arrestò.
   - Che succede? – chiese lui, sporgendosi dal finestrino.
   - Jasper e Bella ci raggiungeranno presto. – gli spiegò Carlisle – Bella ha chiesto che proseguissimo senza di loro.
   Emmett non fece domande e io scesi dall’auto di Carlisle insieme a Bella. Poi, sia la mercedez che la jeep ripartirono a tutta velocità.
   Guardai interrogativamente il mio piccolo cigno e percepii in lei ansia, timore e aspettativa. Mi stava guardando negli occhi e le sue iridi erano limpide e dure come diamanti.
   - Jazz, insegnami a combattere. – disse con voce chiara.
   Era l’ultima richiesta che mi sarei aspettato.
   - Sei un soldato, - continuò – ti prego, insegnami… almeno a difendermi.
   - No. – risposi, senza nemmeno pensarci.
   - Perché no? Sono stanca di essere sempre un peso per tutti! Non ho saputo difendermi da Randall, ora non so come aiutarvi! Jazz, ascoltami, voglio poter difendere Charlie e i miei amici! Non posso permettere che siate soltanto voi a occuparvi di questo, non ora che sono anch’io un vampiro!
   Ero spiazzato: mai come in quel momento Bella mi era apparsa splendida, forte, decisa. Eppure, la sola idea di vederla combattere mi spaventava: il ricordo di ciò che le aveva fatto Randall era ancora vivo dentro me.
   - Bella… - cominciai – Io non posso farlo…
   - Sì che puoi! – Bella mi afferrò per la giacca, con forza – Jasper, non comportarti come Edward! Non mettermi sotto una campana di vetro, non voglio essere trattata così! – cercai di interromperla, ma mi fermò con un gesto della mano - No, ascoltami! Tu conosci l’arte della guerra e io ti sto chiedendo di insegnarmi. Non c’è niente di sbagliato in questo e io voglio imparare, Jasper!
   Soppesai la sua richiesta per un momento. Infine dissi:
   - Bella, non è mia intenzione metterti sotto una campana di vetro. Desideri veramente condividere con me anche questo? Desideri conoscere il soldato che c’è in me?
   Lo sguardo di Bella non vacillò: - Sì, e amerò quel soldato come amo il vampiro e l’uomo che c’è in te.
   - Allora sappi che in quest’ambito io sono il tuo comandante e tu mi devi ubbidire. Capisci? Nel momento in cui io sono il tuo superiore, l’uomo che ti ama non ci sarà più, non mentre combattiamo.
   - Ho capito. Ai tuoi ordini, maggiore.
   E così iniziammo quell’allenamento improvvisato e disperato. Mostrai a Bella le più elementari tecniche di difesa e di attacco. Non si sarebbe mai trasformata in una combattente entro sera, ma avrebbe avuto almeno l’illusione di sapersi difendere. Io, naturalmente, non l’avrei lasciata sola neanche un secondo.
   Bella era agilissima e veloce, aveva intuito e imparava in fretta. Eseguì ogni mio ordine, sempre in silenzio e con quell’espressione risoluta negli occhioni dorati. Combattemmo più volte e solo alla fine permisi a lei di atterrarmi, non perché non fossi più in grado di difendermi, ma perché sapevo che non avrei potuto insegnarle altro, in quel momento.
   E non appena il viso di Bella si trovò ad un centimetro dal mio, il maggiore Jasper Whitlock si dissolse nella nebbia.
   In un secondo invertii le nostre posizioni e inziai a coprire il suo viso di baci, affondando insieme a lei nell’erba umida. I nostri muscoli, tesi nel combattimento, si rilassarono e noi ci stringemmo in un abbraccio disperato. Le mie labbra trovarono quelle di Bella e sentii il suo corpo inarcarsi per aderire al mio. Continuai a baciarla, a lungo e senza rendermi pienamente conto di ciò che stavo facendo, lasciai che le mie mani si insinuassero sotto i suoi vestiti per trovare e assaporare la morbidezza della sua pelle. Bella si lasciò sfuggire un sospiro e nell'udire quel flebile suono rischiai di perdere il controllo. Baciai teneramente le cicatrici sul suo collo, continuando ad accarezzarle la schiena e risalendo lungo i fianchi, fino a raggiungere la morbida dolcezza del suo seno.
   Bella sospirava e rabbrividiva sotto le mie carezze e per un istante di pura follia provai il desiderio di fare l’amore con lei lì, sull’erba, in quel luogo silenzioso e fuori dal mondo. Mi imposi di riprendere il controllo: non avrei potuto, Bella era vergine e meritava di meglio; soprattutto meritava di essere serena quando quel momento fosse arrivato, non confusa e disperata.
   Con delicatezza sciolsi il nostro abbraccio e l’aiutai a rialzarsi. Bella mi accarezzò una guancia: i suoi occhi non erano più duri come il ghiaccio, erano tornati ad essere due laghi dorati, pieni di dolcezza.
   - Grazie, maggiore Whitlock. – disse con semplicita. E poi aggiunse. – Grazie, amore mio.


 
 
  


Per l'immagine si ringrazia Camilla L!
Allora, mie care lettrici, buona domenica! Spero che il capitolo vi sia piaciuto, io personalmente l'ho scritto con molto piacere! Nel prossimo vedremo l'arrivo di Alice e giungerà la sera...
Spero che continuerete a lasciarmi i vostri pareri (anche voi, lettori silenziosi!!!) e ringrazio le mie fedelissime recensitrici che mi fanno sempre sentire il loro affetto per questa storia! Alla prossima!
Un abbraccio
Nini

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Capitolo 29
*** L'angelo e la fata ***





Capitolo XXIX: L’angelo e la fata

Bella

   Raggiungemmo i nostri familiari, a bordo di una vecchia Rover, lenta e malandata. Entrambi avevamo completamente dimenticato il consiglio di Alice di non scendere dalle nostre macchine prima di essere arrivati a casa e a dire il vero, sembrava l’avessero scordato anche gli altri. Onestamente, non ritenevo possibile che i licantropi non si accorgessero di noi, in qualunque modo arrivassimo a Forks; tuttavia la mia solerte sorellina veggente non aveva mancato di telefonare per rimproverarci la nostra poca prudenza. Aveva risposto Jasper e l’aveva rassicurata in poche parole, dicendole che… avremmo rubato un auto.
   L’idea non mi era piaciuta per niente, ma il pensiero di Charlie e di Victoria a Forks mi aveva fatto subito dimenticare i miei scrupoli, ragion per cui mi ero infilata in quella macchina antiquata (l’unica che avessimo trovato non lontano dal luogo dove ci eravamo fermati) senza muovere alcuna obiezione.
   Mentre Jazz guidava, il mio cervello aveva cercato di rielaborare quant’era accaduto tra noi e il mio pensiero era tornato incessantemente a lui, a come mi era apparso in combattimento: fiero, terribile e glorioso come un giovane dio.
   Avevo fatto tutto quello che mi aveva chiesto, senza mai obiettare, ben decisa ad imparare almeno i rudimenti dell’arte della guerra. Qualcuno avrebbe potuto dirmi che ero una pazza a definire il combattimento una forma d’arte, ma era proprio in questi termini che io vedevo la cosa: Jasper aveva danzato con me un altro tango, pieno di fascino oscuro e ben diverso da quello che avevamo ballato nel salotto di Tanya, ma ugualmente magico. Ero euforica: finalmente anche l’ultimo velo che nascondeva la triplice natura del mio compagno era stato sollevato e io avevo potuto conoscere il combattente che c’era in lui.
   Sapevo che Jasper era stato restio ad insegnarmi, all’inizio, perché temeva una reazione di paura e di repulsione da parte mia. Gli avevo stretto forte la mano, per fargli capire una volta di più quanto fossi felice in quel momento e sapendo che poteva leggermi nel cuore, avevo lasciato che sentisse da tutto quello che provavo per lui: amore, ammirazione, adorazione, desiderio, rispetto. Jasper aveva capito e mi aveva avvolto per un lungo istante nel suo sguardo azzurro-dorato: con una stretta al cuore avevo ripensato ai suoi baci e alle sue carezze, dopo il nostro allenamento  e nemmeno il timore che Alice potesse aver visto tutto era riuscito a scalfire la mia gioia profonda.
   Con Edward non mi ero mai spinta tanto avanti e in ogni caso non avevo mai pensato che fosse nella mia natura abbandonarmi con tanta naturalezza all’abbraccio appassionato di un uomo. Sapevo che la mia reazione dipendeva dall’amore infinito che mi legava a Jasper: il suo abbraccio era l’unico che avrei desiderato per tutta l’eternità.
   Senza quasi rendermene conto avevo sussurrato:
   - Avrei voluto che non ti fossi fermato, prima…
   Jasper aveva sorriso con infinita tenerezza.
   - Amore mio, fermarmi era l’ultima cosa che avrei voluto, ma dovevo farlo. Tu eri sconvolta e ansiosa e io non voglio che la nostra prima volta insieme sia una conseguenza di questo. Quando accadrà dobbiamo essere felici, entrambi.
   Annuii: - Spero che quest’ansia ci abbandoni presto, allora…
   Jasper mi aveva accarezzato una guancia: - Non temere, amore mio, andrà tutto bene.
   Avevamo costeggiato la città e nel rivederla avevo provato una strana sensazione: mi era sembrato di guardare Forks da dentro un acquario di vetro da cui non potevo uscire. Osservando la gente, del tutto ignara della nostra presenza, mi ero chiesta se c’era qualcuno che si ricordasse di Bella Swan e che cosa ne pensasse della sua sparizione. In lontananza avevo scorto il liceo e avevo provato una fitta di nostalgia al pensiero dei miei vecchi compagni. Chissà se Angela e Ben stavano ancora insieme… E Mike e Jessica? Laureen si era mai rammaricata per la mia scomparsa?
   La mia unica, magra consolazione era che avevo la possibilità di difendere Charlie, per una volta. Certo, lui non l’avrebbe mai saputo…
   Gli altri ci aspettavano in casa, la grande casa sul fiume dove Edward mi aveva portata per la prima volta, ormai un anno prima e dove Jasper aveva causato la mia trasformazione.
   Non sembrava neanche una casa, ma piuttosto lo spettro di una casa: le tende erano tirate, il giardino era incolto e quando entrammo vidi che tutti i mobili erano stati coperti con dei teli: doveva essere stata Esme a sistemare tutto, prima di raggiungerci a Denali insieme a Carlisle, Edward e Alice. Eppure, anche così, nel rivedere il salotto mi sentii intenerire: avremmo potuto trasferirci in mille altri posti, ma quella, per me sarebbe sempre rimasta “Casa Cullen” e ne avrei conservato un ricordo dolcissimo.
   Tutti si voltarono a guardarci, non appena varcammo la soglia.
   Rosalie chiese: - Ma che avete fatto?! Siete tutti sporchi di terra!
   Ed Emmett: - Ehi, ragazzi, ve le siete date di santa ragione?
   - Bella ha voluto una breve lezione… di combattimento. – spiegò Jasper, orgoglioso.
   Emmett scoppiò a ridere, per niente sorpreso: - Lo sapevo che era successo qualcosa del genere! E allora, chi ha vinto?
   - Lui, naturalmente! – risposi, guardandolo come se fosse matto  – Ti pare possibile che in dieci minuti io diventi abbastanza brava da batterlo?
   - Veramente siete in ritardo di ben più di dieci minuti… - obiettò Rose.
   - Oh, andiamo Bells, io speravo di poter scommettere su di te! – continuò Emmett, che sembrava l’unico di buon umore tra tutti noi – Vedi di migliorare, mi raccomando.
   Gli feci una linguaccia, poi chiesi se Alice avesse chiamato ancora.
   Emmett tornò immediatamente serio: - Sì, ha chiamato pochi minuti fa.  - rispose – Ha detto che sta arrivando e che ha avvertito anche Edward.
   Alice aveva avvertito Edward… quindi con lei c’era qualcun’altro.
   - Vi ha detto chi c’è con lei? – chiesi.
   - No, ha detto che vuole farci una sorpresa, – sorrise Esme – ma a questo punto mi sembra evidente che stiamo per conoscere il suo nuovo compagno.
   - E di Edward che cos’ha detto? – chiesi ancora.
   - Ha detto che non ci potrà raggiungere in tempo. – sbuffò Rosalie – A quanto pare, Edward ha scelto proprio questo momento per andare nel Caucaso! Nel Caucaso, vi rendete conto?!
   Jasper aggrottò la fronte: - Cosa c’è di tanto strano? Edward aveva bisogno di stare da solo, posso capire che desiderasse andare in un posto dove non fosse stato almeno una decina di volte…
   - Non mi interessa il perché ci è andato… - spiegò Rose con calma – Il problema è un altro: sia che adesso si diriga a Ovest, sia che vada verso Est, non riuscirà mai ad arrivare a Forks entro stasera!
   - Vorrà dire che ci organizzeremo senza fare conto sulla sua presenza. – concluse Carlisle – Per quanto mi riguarda, l’importante è che Edward sia partito subito con l’intenzione di venire ad aiutarci.
   - Adesso cosa facciamo? – chiese Esme.
   Jasper ci guardò tutti ad uno ad uno come soppesandoci. Quando parlò, riconobbi subito il timbro di voce autoritario del maggiore Whitlock:
   - Dobbiamo pianificare la difesa. – disse - Se Alice e chi è con lei ci raggiungeranno in tempo saremo in otto. Tre di noi dovranno impedire in ogni modo ai nostri nemici l’accesso in casa di Charlie; gli altri cinque tenderanno loro un’imboscata. Alice ci dirà da che parte stanno arrivando, prima ancora che sentiamo le loro scie.
   - Ottimo piano. – approvò Emmett – Come ci disponiamo?
   Jasper prese a camminare su e giù per la stanza:
   - Senza dubbio, Emmett, Rosalie e Bella faranno parte dell’imboscata, insieme a me.
   - Io? – chiesi, sbalordita. Ero ingenua, ma non stupida: sapevo benissimo di essere una principiante e per quanto fossi felice di poter restare accanto a Jasper, non credevo che mi ritenesse davvero in grado di affrontare addirittura un’imboscata.
   Jasper mi rivolse un sorriso tirato: - Tu resti accanto a me. – disse.
   Cominciai a capire: - Ma… Jasper…
   - Bella? Questo è un ordine del maggiore Whitlock e una preghiera del tuo ragazzo. – Jasper mi prese le mani tra le sue – Non posso lasciarti da sola, tesoro, se ti succedesse qualcosa e io non ci fossi, come credi che potrei perdonarmelo?
   - Esme e Carlisle resteranno a casa Swan. – continuò, ignorando il mio smarrimento - Credo che sarebbe bene avere Alice nel primo gruppo, ma non posso decidere finché non vedo chi c’è insieme a lei. Ha scelto un brutto momento per decidere di farci una sorpresa.
   - Decideremo quando Alice sarà qui, non c’è problema. – dichiarò Emmett – Quando dovrebbe arrivare?
   - Nel pomeriggio. – rispose Carlisle. – Speriamo che non tardi…
   Il resto della giornata trascorse troppo velocemente per i miei gusti. Ora dopo ora, l’ansia crebbe in me e nemmeno il potere di Jasper riusciva a placarla: avevo paura per Charlie e per i Cullen.
   Jasper mi portò in quello che era stato il suo studio, una piccola stanza in cui non ero mai entrata. Restammo a lungo abbracciati, in piedi accanto alla vetrata rivolta a sud e aspettammo. Jazz sembrava tranquillo, ma sapevo che era concentrato sul pensiero dell’imminente battaglia e che stava riesaminando il suo piano nei minimi dettagli.
   Gli altri trascorsero la giornata in apparente tranquillità, come noi e ben pochi furono i rumori udibili all’interno della grande casa.
   Finalmente, verso le cinque sentimmo un fruscio tra gli alberi e intuimmo subito che non si trattava del vento. Qualcuno stava correndo attraverso la foresta.
   In un baleno fummo tutti nell’ingresso, giusto in tempo per vedere, attraverso la porta a vetri che dava sul retro, la piccola Alice che avanzava danzando verso di noi, simile a una fata appena uscita da una fiaba.
   Esme si precipitò ad aprire e mia sorella fu circondata da quattro paia di braccia, quelle di sua madre, di suo padre, di Emmett e di Rosalie. Jasper e io ci tenemmo un po’ in disparte, mano nella mano.
   Alice ricambiò gli abbracci con trasporto, ma i suoi occhi cercarono subito i miei e le prime parole che mi disse mi lasciarono senza fiato:
   - Ce ne hai messo di tempo, Bella!
   Rimasi a guardarla, basita. Lei si avvicinò a me e a Jasper, sorridendo:
   - Ho temuto che non vi sareste mai decisi a confessare i vostri sentimenti. – spiegò con la sua voce melodiosa e acuta che tanto ci era mancata - Dovrò ringraziare Eleazar per aver aiutato il destino.
   Non capii: - Eleazar?
   Alice liquidò la questione con un gesto della mano: - Ti spiegherò un’altra volta, Bella. Quello che conta, adesso, è che vi siate trovati. – Guardò Jasper con i suoi occhini limpidi e sinceri e aggiunse: - Grazie per esserti fidato di me ancora una volta, Jazz.
   Lui le sorrise, timido, ma molto più sereno di quanto avrei creduto possibile in una situazione come quella. Doveva amarmi davvero incondizionatamente, se riusciva a comportarsi con tanta naturalezza davanti alla sua ex fidanzata.
    - Io mi fido e mi fiderò sempre di te, Alice. – le disse - Non ho parole per ringraziarti per tutto quello che mi hai dato in questi anni: una famiglia, uno scopo, tanta serenità. E dopo tutto questo hai saputo anche lasciarmi andare, quando hai avuto quella visione. Non tutte avrebbero avuto il tuo coraggio, tu… sei una persona meravigliosa. L’unica cosa che mi renderebbe pienamente felice adesso è sapere che anche tu hai trovato la tua metà, come io ho trovato Bella.
    Il sorriso di Alice si allargò e nei suoi occhi lessi qualcosa che non avevo mai visto e che, lì per lì non seppi definire con precisione. Sembrava… saggezza. Come se Alice fosse improvvisamente cresciuta e avesse acquisito una nuova consapevolezza di sé e una maggiore maturità.
   - Lasciate che vi mostri io stessa quanto sono felice adesso. – disse. Si voltò verso la finestra con lo stesso sorriso dolce e noi la guardammo in attesa, cercando di capire cosa stesse facendo.
   La risposta arrivò un attimo dopo. Dagli alberi uscì un giovane vampiro, che sapevo per certo di non aver mai visto. Era alto e longilineo, aveva capelli corvini, come quelli di Alice e occhi… dorati, come i nostri. La sua pelle era bianchissima, sembrava di gesso e le sue movenze erano molto eleganti, quasi delicate. Vestiva in modo semplice, con abiti chiari e moderni, ma sembrava un angelo, caduto per sbaglio sulla Terra, tant’era bello e silenzioso. Ci osservò con occhi riflessivi e pieni di cautela, come a chiederci il permesso di avvicinarsi alla casa.
   Esme guardò Alice, poi a un cenno di quest’ultima aprì di nuovo la porta, con il suo sorriso più materno stampato in volto.
   - Buongiorno. – disse al nuovo venuto.
   Mia sorella si avvicinò danzando al giovane vampiro, lo fece entrare e gli circondò la vita con un braccio:
   - Vi presento Gabriel Maurice Gilligan… mio marito.
   E così dicendo, la piccola Alice si sfilò la sciarpa che aveva avvolta attorno al collo e ci mostrò una catenina in cui era infilata una vera d’oro bianco.
   - L’ho nascosta perché la sorpresa fosse completa. – spiegò, con un sorriso nervoso, infilandosi contemporaneamente la fede all’anulare sinistro.
   Seguì un istante di shock generale.
   - Tuo… marito? - chiese Esme con voce incerta.
   Alice annuì.
   - Accidenti! – fu il commento di Emmett.
   - E ti sei sposata senza dirci niente? – fece Rose, incredula.
   - Oh, insomma! – esclamò Alice, spazientita – Sono stanca di essere sempre la solita esaltata che organizza eventi in grande stile, feste costose e inutili, giornate di shopping sfrenato… Ho avuto anch’io i miei momenti difficili e per una volta ho desiderato qualcosa di più semplice e di più intimo. Due amici di Gabriel ci hanno fatto da testimoni e questo è stato sufficiente. L’importante è che fossimo presenti noi due.
   Nel pronunciare le ultime parole, Alice guardò suo…marito con tanto amore che mi sentii improvvisamente di troppo. Con la coda dell’occhio guardai Jasper e lo vidi altrettanto sbalordito.
   - Non intendevo escludervi dalla mia felicità. – disse ancora Alice, con affetto – Credetemi, ho solo voluto essere sola, per una volta e non al centro dell’attenzione.
   Carlisle si fece avanti con un sorriso cordiale: - Non devi darci alcuna  spiegazione, figlia mia, per noi l’importante è che tu sia felice. Benvenuto nella famiglia Cullen, Gabriel.
   Il vampiro sorrise a sua volta e rispose con voce vellutata: - La ringrazio, dottor Cullen. Sono onorato di poter finalmente conoscere la splendida e numerosa famiglia di mia moglie.
   Pronunciò la parola “moglie” con tale palese orgoglio, che anche se avessi avuto ragione di nutrire dei dubbi riguardo a lui sarebbero immediatamente stati fugati dalla certezza che amava davvero Alice.
   Strinse la mano a tutti noi, incluso Jasper (senza mostrare il benché minimo disagio nel trovarsi davanti a lui) e a quel punto il ghiaccio era rotto. Ci sedemmo tutti sui divani che Esme aveva liberato dai teli e subito Rosalie pregò Alice e Gabriel di raccontarci tutto di quel matrimonio improvviso.
   Alice rivelò di essere andata in Francia e di aver trascorso quasi un mese nei dintorni di Parigi, senza che le sue visioni le mostrassero con chiarezza dove doveva dirigersi. Alla fine, esasperata, aveva optato per la Bretagna ed era stato proprio lì che aveva incontrato Gabriel.
   - Eravamo entrambi a caccia, quando l’ho visto per la prima volta. Non ho avuto il minimo sentore che potesse essere lui, nelle mie visioni continuavo a non vederlo bene… Poi l’ho visto e all’improvviso tutto è diventato chiarissimo! Ho avuto una visione del nostro matrimonio e ho capito che si trattava di un futuro molto vicino.
   - E ti sei innamorata di Gabriel appena hai avuto la visione? – chiese Rose, sognante.
   - Sì! Mi sono avvicinata a lui e intanto mi chiedevo cosa avrei potuto dirgli. E allora è arrivata la vera sorpresa!
   - Cioè? – chiesi io.
   - Anche Gabriel è in grado di vedere il futuro.
   Gabriel s’intromise educatamente: - Non appena ho posato gli occhi su Alice, ho avuto la sua stessa visione e ho capito che era lei la donna che stavo aspettando da sempre.
   Carlisle ebbe un moto di sorpresa: - Questa sì che è una notizia interessante! – esclamò – Vorresti dirci qualcosa di te, Gabriel? Non sei obbligato a farlo adesso, se non te la senti. – si affrettò ad aggiungere.
   Gabriel sorrise: - Al contrario, ci tengo a farmi conoscere da voi che siete i cari di Alice. Sono nato in Bretagna nel 1680, da padre inglese e madre francese: la mia famiglia era molto altolocata e la mia vita era serena, ma a ventiquattro anni sono stato trasformato. Da chi e perché non l’ho mai saputo: credo che il vampiro che mi morse fosse convinto di avermi ucciso e che per questo non si fece mai più vedere, dopo il mio risveglio. Per molti anni non ho incontrato anima viva, né ho desiderato farlo. Ho vissuto da nomade, tra la Francia e l’Inghilterra e fortunatamente ho scoperto in me la capacità di vedere il futuro: le mie visioni mi hanno guidato e mi sono sempre nutrito di sangue animale, perché ho visto che in qualche modo il mio destino era legato a questo modo di vivere.
   - Proprio come Alice! – osservò Esme, meravigliata.
   Gabriel annuì: - Infatti, Alice ed io abbiamo lo stesso dono.
   - Caro, non essere modesto, - lo rimproverò dolcemente Alice
   - Il dono di Gabriel è molto più potente del mio. – spiegò poi, a noi – Questo dipende dal fatto che ricorda bene la sua vita umana. E poi, poco tempo dopo il nostro primo incontro abbiamo fatto un’altra scoperta interessante: se ci teniamo per mano, i nostri doni possono sommarsi. Gabriel riesce a vedere le mie visioni, e quando dico questo, non intendo dire che le vede nei miei pensieri, come Edward: quando io ho una visione, se Gabriel mi sta tenendo per mano, ce l’ha anche lui. E’ così che abbiamo scoperto tutte quelle cose sui licantropi: insieme riusciamo a vederli, anche se non perfettamente.
   - E’ davvero incredibile! – osservò Carlisle – Il vostro legame è simile a quello tra Jane e Alec, tenendovi per mano riuscite a comunicare… è meraviglioso!
   - E ci sarà molto utile questa sera. – aggiunse Jasper, pensieroso.
   - Jazz, Gabriel non è obbligato a combattere con noi. – gli feci notare pazientemente.
   - Certo che lo sono! – rispose il vampiro moro, quasi offeso – Ciò che riguarda Alice riguarda anche me. Per secoli ho vissuto nella più completa solitudine e non ho mai avuto niente e nessuno per cui combattere. Jasper ha ragione, io posso e voglio aiutarvi.
   Jasper si alzò e posò una mano sulla spalla del suo nuovo fratello.
   - Ti ringrazio. – disse con sincerità.
   - Toglietemi una curiosità. – disse Carlisle ai due novelli sposi – Se entrambi potete vedere il futuro, come mai non siete stati in grado di vedervi a vicenda finché non vi siete trovati faccia a faccia?
   Alice sospirò. – Questo purtroppo non lo sappiamo. – disse – E’ un altro motivo per cui vorrei parlare con Eleazar: è possibile che ci siano aspetti dei nostri poteri che noi stessi ignoriamo e forse lui può svelare questo arcano.
   Carlisle annuì. – Lo faremo il prima possibile. Ora concentriamoci sui nostri nemici. Jasper, dicci quali sono le tue istruzioni.
   Jasper volse lo sguardo intorno, aveva già deciso.
   - Alice e Gabriel staranno con me, Emmett e Bella. – disse - Rosalie, tu vai con Esme e Carlisle.
   Alice prese la mano di Gabriel e gli occhi di entrambi si velarono mentre cercavano insieme una nuova visione.
   - Dobbiamo andare. – dissero all’unisono – Manca poco.

   Secondo le previsioni dei nostri fratelli, Victoria e i neonati sarebbero arrivati da sud-est, per cui ci disponemmo secondo le direttive di Jasper, in modo da coglierli di sorpresa. Alice e Gabriel, imbattibili grazie al loro dono, avrebbero confuso e distratto i neonati e Riley, mentre Emmett e Jasper si sarebbero occupati di Victoria. Il mio compito era quello di restare nascosta e di comunicare con l’altro gruppo: Jasper non aveva voluto saperne di lasciarmi combattere, sosteneva che Victoria non fosse alla mia portata e che Alice e Gabriel se la sarebbero cavata benissimo da soli con i neonati.
   Aspettammo per un tempo che mi parve interminabile. Vedevo Alice, una piccola ombra scura e immobile; Gabriel, alto e slanciato accanto a lei, la mano intrecciata alla sua; Emmett era già in posizione d’attacco; Jasper era teso e concentrato.
   Non si udiva alcun rumore sospetto e cominciai a sperare che Victoria non si facesse vedere, che ci avesse sentiti e che avesse deciso di rinunciare al suo piano…
   Le mie speranze si concretizzarono, ma non come avrei voluto.
   Alice si voltò verso di noi, gli occhi spalancati e vitrei. Gabriel fece altrettanto, quasi nello stesso istante.
   Pensai che fosse un segnale e mi mossi, già pronta ad affrontare l’ assalto dei neonati, ma la mano di Jasper mi fermò.
   - Che cosa succede? – sibilò – Parlate, diteci cos’avete visto!
   - Victoria non verrà. – sussurrò Alice. – Ha sentito le nostre scie e ha rinunciato…
   Mi rilassai immediatamente.
   - Allora cosa succede? – chiesi, incerta.
   - Stanno arrivando. – sussurrò ancora Alice – Non sentite?
   Fu sufficiente un istante perché capissi a chi si riferiva. Un odore sgradevole e sconosciuto s’insinuò nel fitto degli alberi e mi riempì le narici.
   - Bella, avverti subito gli altri. – disse in fretta Jasper – Di’ che ci raggiungano subito!
   Feci come mi chiedeva e scrutai la foresta, improvvisamente molto più impaurita di prima.
   Dall’oscurità emersero cinque, enormi lupi.



Angolino dell'Autrice, stremata dopo questo capitolone, forse uno dei più difficili da scrivere di tutta la storia: ehi, lettori carissimi, adesso non ridetemi dietro per la storia di Edward che è andato nel Caucaso!! Avevo bisogno di un posto lontanissimo da Forks che non fosse la solita America meridionale, inghilterra o Italia, presso i Volturi... e comunque Edward sta per tornare sulla scena!! In che modo lo vedremo al prossimo capitolo!
Spero che vi sia piaciuto il nuovo personaggio, Gabriel: fatemelo sapere con una piccola recenZione, ok? Grazie alle mie lettrici fedelissime: Camilla L, Dills Nightmare, Argentea, Frego, nanerottola, Orsacchiotta Potta Potta, dany60, maura 77, ladyanyablu, Serenitatis, corinna_black303, jakefan, Lesley_Gore, Meme__ e a tutte le altre!!
Angolino pubblicitario: vi segnalo, se avete voglia di leggerle, l'altra mia Bella/Jasper appena iniziata, "L'amore è un Canto"  completamente diversa da questa, molto più leggera, e la mia OS "Sinfonia Fantastica" della categoria storie originali.

Ci vediamo nei prossimi giorni con il nuovo capitolo!!
Un bacione
Nini

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Capitolo 30
*** Veloci come fulmini ***




Capitolo XXX: Veloci come fulmini

   Non avrei saputo dire con esattezza quando l’urlo di mia sorella si fosse trasformato in un suono a metà tra un ringhio e un ululato.
   Non avrei saputo dire quando il mio urlo si fosse trasformato in un suono simile.
   Stavamo litigando, Leah e io, come al solito. Da quando nostro padre era morto litigavamo per qualsiasi cosa e il più delle volte finivamo con l’insultarci per delle stupidaggini. Leah scaricava su di me tutto il suo astio e la sua tristezza e io rispondevo alle sue provocazioni. Quelle liti passavano in fretta: dopo ognuna di esse ci ritrovavamo abbracciati a piangere: per nostro padre, per la mamma, per noi stessi.
   Questa volta però era stato diverso: non ricordavo neanche più quale fosse il pretesto della lite, ma di qualsiasi cosa si trattasse ero furibondo. Anche Leah lo era, aveva i capelli tutti scompigliati e urlava come una pazza, con le guance in fiamme, ma scossa da un tremito violento.
   Poi… Poi niente. Era successo qualcosa di inspiegabile.
   Il grido di mia sorella si era tramutato in quel suono assurdo e io avevo cominciato a tremare quanto lei, non di freddo e certamente non di paura… di rabbia, piuttosto. O forse neanche quello, non avrei saputo dirlo.
   All’improvviso al posto di Leah era apparso un lupo. Cioè, Leah si era trasformata in un lupo… sì, un lupo, anzi una lupa, grigia.
   Non ero riuscito a fermare il mio tremito, anzi mi ero sentito ancora peggio, mi sembrava di non avere più aria nei polmoni, ogni parte del corpo era indolenzita e tesa…
   Avevo perso il controllo del mio corpo: dalla mia bocca era uscito un urlo che non era mio, era il richiamo di un animale.
   Anch’io ero diventato un lupo. Come Leah.
   Mia sorella ed io ci eravamo guardati per un dolorosissimo istante. Attorno a noi la camera di Leah era devastata: la lampada che stava sul comodino si era rotta, libri e oggetti erano caduti a terra. Avevo udito un tonfo dietro di me: mi ero voltato… no non io, il lupo si era voltato… aveva sfondato la libreria.
   - Seth? Oddio Seth… cosa ci è successo?
   Quella era la voce di Leah… Ma com’era possibile? Davanti a me c’era solo quella lupa…
   Avevo provato a dire qualcosa, ma dalla mia bocca – la bocca del lupo – non era uscito che un guaito. Leah aveva risposto con un verso simile, ma avevo continuato a sentire la sua voce:
   - Seth? Seth mi senti? Aiuto…
  Allora la sentivo parlare dentro la testa?
   -Leah… Leah, sono qui… - mi sentivo uno stupido, ma avevo provato ugualmente a chiamarla col pensiero.
   - Seth? Sei tu?
   - Sì… ma tu dove sei? Che succede?
   Un attimo di silenzio.
   - Credo… credo che le leggende che ci raccontava papà fossero vere… siamo diventati due lupi! Portiamo il gene dei nostri antenati e siamo in grado di trasformarci… come loro…
   - Cosa? Ma io non voglio! – avevo pensato con rabbia – Io non voglio restare così per sempre…
   - Aspetta… - aveva sussurrato Leah, guardinga – Ascolta.
   Avevo ascoltato. E le voci avevano fatto irruzione nella mia testa.
   - Combattete, cercate di dividerli…
   - Attenti, così rischiate di farvi male…
   - Separate quei due! Io me la vedo con questi…
   Avevo serrato le palpebre, sforzandomi di non ascoltare.
   - Chi è che sta parlando così? – chiesi a Leah
   - Una delle voci è quella di Sam. – aveva mormorato lei. – Sta combattendo… lui e il resto del branco…
   - Branco?!
   - Taci, Seth! Ascolta!
   Avevo ascoltato. Nella mia testa scoppiavano urla, richiami, ordini… qualcuno stava combattendo.
   Qualcuno aveva bisogno di aiuto.
   Qualcuno a cui noi volevamo bene aveva bisogno di aiuto.
   Tra tutte le voci che sentivamo, una si imponeva sempre sulle altre, come se fosse stata amplificata da un potente microfono: le parole che quella voce pronunciava avevano qualcosa di strano, come se… come se non si potesse smettere di ascoltarle, come se ignorarle fosse impossibile.
   Uccideteli tutti!
   - Di chi sta parlando? Uccidere chi? – avevo chiesto
   - I vampiri. – aveva risposto Leah nella mia testa – Noi uccidiamo solo i vampiri.
   Noi. Inspiegabilmente avevo capito all’istante a chi si riferisse mia sorella.
   Avevo guardato quella lupa, che ormai sapevo essere Leah: i suoi occhi dardeggiavano verso la finestra e tutto il suo corpo era teso come se volesse spiccare un balzo.
   Lei era un lupo, io ero un lupo. E non eravamo gli unici, c’era un branco là fuori, da qualche parte nella foresta. Un branco di lupi, in origine ragazzi della riserva, come noi. C’era Sam in quel branco e ce ne’erano altri e c’era quella voce strana che dava gli ordini e io volevo e dovevo ubbidire, no, non ero io era il lupo, il lupo deve sempre obbedire al capo branco…
   Leah ed io dovevamo unirci al nostro branco, in fretta.
   I nostri fratelli avevano bisogno di aiuto.


Bella

   Erano giganteschi. Un lupo normale non avrebbe mai potuto raggiungere la loro taglia. Il primo di quegli animali era color bronzo ed era il più grande di tutti; il secondo era nero e quasi altrettanto grande; il terzo era  grigio, gli ultimi due marroni. Il lupo nero era Sam Uley, lo sapevo per certo grazie a Carlisle. Sembrava il più tranquillo di tutti; i suoi compagni avevano il pelo irto e avanzavano lentamente, digrignando i denti in segno di avvertimento. Quando furono a pochi metri da noi, il lupo color bronzo lanciò un potente ululato e prima che potessi attribuire un significato a quel suono, le cinque creature balzarono in avanti, in sincrono e formarono una fila compatta, come uno schieramento di soldati.
   Udii il sibilo di Jasper: Resta dove sei! poi vidi la testa bionda del mio amore scattare in direzione dei lupi.
   Emmett agì nello stesso istante: lui e Jazz si pararono davanti a noi per contrastare l’imminente assalto. Mezzo secondo dopo, in un balenio dorato, la treccia di Rosalie mi passò davanti. Lei, Esme e Carlisle li affiancarono; Alice e Gabriel si misero dietro di me e bisbigliarono istruzioni, le mani ancora serrate.
   Sarebbe bastato un niente perché si scatenasse l’inferno. Polvere e foglie erano sollevati dalle zampe dei lupi che raspavano il terreno, ringhi e ululati squarciavano il cielo. Fortunatamente non eravamo così vicini alla città, altrimenti qualcuno avrebbe potuto sentire dei rumori strani. Non avrei mai creduto che esistessero degli esseri in grado di confrontarsi con i vampiri, in battaglia, ma quei lupi… sembravano nati per combattere la nostra razza. E anche noi sembravamo fatti apposta per metterci contro di loro. Non ero preparata a ciò che stavo provando, nessuno mi aveva spiegato quanto potesse essere forte l’antagonismo tra la razza dei vampiri e quella dei licantropi: sentivo crescere dentro di me il desiderio irrefrenabile di attaccarli, di morderli, di ferirli…
   Allo stesso tempo, mi chiedevo spaesata come avrei potuto far loro del male, senza rischiare di essere sopraffatta. Mi era sufficiente guardarli per rendermi conto di quanto fossero forti e pericolosi.
   C’era Jacob Black tra loro? Era lui, quel lupo dal manto color bronzeo che sembrava il capo branco?
   Non può essere… Jacob, il mio amico, il figlio di Billy… può essere diventato tanto crudele da attaccarci a sangue freddo?
   Jacob può volermi uccidere?
   E io posso desiderare con tanta intensità di voler uccidere lui, perché è diventato un licantropo? Lui, il mio caro, dolce Jake?

   All’improvviso lui, il capo branco (mi rifiutavo di pronunciare anche solo mentalmente il nome del mio amico… non volevo credere che fosse Jake) lanciò un altro ululato, più penetrante del precedente e partì alla carica, seguito da tutti gli altri. Jasper rispose con un ringhio, per lanciare una sfida, credo. Il lupo capì e concentrò la propria attenzione su di lui. Si fronteggiarono a lungo, cercando di prevedere l’uno le mosse dell’altro: fu Jasper ad attaccare per primo, al segnale di Alice; nel sentire il guaito del lupo, colpito sul fianco da Jazz, mi sentii rassicurata e allo stesso tempo spaventata. Jake…
   Gli altri lupi si spartirono gli avversari e fu il caos. Impietrita dalla paura rimasi dov’ero, nascosta dagli alberi, chiedendomi affannosamente che cosa dovessi fare. Non potevo non combattere, ma come sconfiggere simili nemici?
   In qualche modo quegli esseri erano in contatto tra loro: non ringhiavano solo contro di noi, comunicavano attraverso altri suoni e se Carlisle non si sbagliava, anche le loro menti erano collegate. Avevano capito che Alice e Gabriel erano i più pericolosi perché era difficilissimo coglierli di sorpresa e avevano anche capito che la loro forza stava nelle loro mani intrecciate: a un comando del loro capo, i tre più lupi piccoli lasciarono gli altri avversari e attaccarono i due vampiri. Fu sufficiente un istante perché le mani di Alice e Gabriel fossero separate, ponendo fine al legame tra i loro poteri. Il lupo grigio riuscì ad allontanare Alice da noi, gli altri due lottarono contro Gabriel, il quale cercava invano di liberarsene e gridava disperatamente il nome di mia sorella. Il lupo nero se la stava vedendo con Emmett e Rosalie.
   E poi…
   Altri due licantropi emersero dall’oscurità: uno dei due era grigio chiaro e molto più piccolo di tutti gli altri. Sembrava uscito dal nulla e a velocità spaventosa si scagliò contro Jasper che lottava ancora con l’alfa.
   Agii senza riflettere, seguendo il mio istinto.
   Non potevo più obbedire al mio comandante, non nel momento in cui lui stesso era in pericolo. Uscii allo scoperto e con un balzo mi portai davanti a Jasper. Le zanne del lupo grigio schioccarono a un soffio dalla mia gola. Jasper allontanò da me l’animale che prese a correre, subito inseguito da Rose. L’altro lupo, un animale color sabbia che era sopraggiunto più lentamente puntò Esme e Carlisle.
   In un lampo di lucidità mi chiesi come fosse possibile che fossimo stati attaccati da sette lupi invece che da cinque. Allora Alice e Gabriel si erano sbagliati?
   In poco tempo fummo tutti sparpagliati. Alice non si vedeva più; Gabriel si era scrollato di dosso i suoi avversari, ma questi l’avevano inseguito nel folto della foresta dove si era infilato per raggiungere sua moglie. Rosalie era sulle tracce del lupetto grigio. Emmett combatteva una battaglia alla pari con l’enorme lupo nero. Jasper ed io fronteggiavamo l’alfa.
   Il lupo rossiccio mi fissò con i suoi grandi occhi neri nei quali vedevo brillare il fuoco.
   Il lupo. Jacob.
   Il lupo. Il mio nemico.
   Jacob…
   Ringhiai, preparandomi a rispondere al suo attacco, in qualunque modo.
   Non pensare a te stessa, pensa a Jasper.
   Il lupo balzò in avanti…
   Pensa al tuo amore.
   …non contro di me. Dritto contro la gola di Jasper.
   Combatterai per il tuo amore quando sarà il momento.
   Le parole di Irina…
   Combatti, Bella!
   Mi avventai su di lui. Non riuscii a morderlo, ma lo scaraventai a terra, lontano dal mio compagno. Jacob si rialzò in un baleno e con un ringhio terribile tornò all’assalto, questa volta puntando verso di me. Mi travolse, mi schiacciò sotto il suo peso e caddi a terra, con il suo muso vicinissimo al mio viso.
   - Jake, no… - gridai.
   Lui emise un latrato minaccioso, poi, inspiegabilmente si allontanò da me. Mi guardò per un lungo istante: il suo sguardo era intelligente, fiero, concentrato nella lotta… e conservava un fondo di umanità. Anche se nascosto sotto le sembianze di quella belva assetata di sangue, il mio amico Jacob esisteva ancora. Forse potevo riavvicinarlo a me…
   Mi rialzai e mi guardai intorno per controllare la situazione. Jasper si frappose all’istante tra me e Jacob:
   - Vattene, Bella! – urlò – Non puoi stare qui!
   - Non dire stupidaggini! – risposi con decisione  – Io sto dove ci sei tu!
   - Bella, è troppo pericoloso per te!
   - No!
   Di nuovo. Il lupo emise un latrato e attaccò. Jasper fu pronto a rispondergli, ma non riuscì a ferirlo.
  Li osservai, angosciata, pronta a intervenire in aiuto di Jazz se fosse accaduto qualcos’altro, ma inaspettatamente tutto finì.
    Il lupo nero, Sam, si allontanò da Emmett senza alcuna ragione apparente e prese a latrare, furiosamente, guardando in direzione di Jacob. Non capii. Jacob rispose con un verso simile.
   Da est vidi tornare Rosalie, Esme e Carlisle.
   - Sono fuggiti! – gridò Rose – I due lupi marroni e quello grigio… Ma quello più piccolo e l’altro, quello color sabbia stanno inseguendo Alice e Gabriel!
   Jacob e Sam latrarono ancora, chiaramente si stavano dicendo qualcosa. Poi con mia immensa sorpresa si dileguarono entrambi.
   Restammo tutti immobili e vigili, temendo un nuovo assalto.
   - Non può essere finita. – mormorò Jasper, dando voce al pensiero di ciascuno di noi – Non capisco, all’improvviso sembra che abbiano avuto paura, ma perché? Era una lotta alla pari…
   - Alla pari non direi… - replicò Emmett che sembrava insolitamente scosso – Da dove sono spuntati gli ultimi due? Alice e Gabriel ne avevano visti solo cinque…
   - Non lo so… - mormorò Jasper, sconsolato.
   Cercai la sua mano e la strinsi forte. Aspettammo che accadesse qualcosa.
   Ma non furono i lupi a tornare. Riapparvero, invece Alice e Gabriel, arruffati, ma illesi.
   Insieme a loro c’era Edward.
   - Tu qui! – fece Esme, al settimo cielo non appena vide il figlio – Oh, Edward, sei tornato finalmente!
   Edward corse verso di lei e l’abbracciò; Carlisle li circondò entrambi con le braccia. Edward volse intorno un’occhiata circolare e vidi un lampo di commozione nei suoi occhi dorati
   - State bene? – chiese ansiosamente.
   - Sì. – rispose Jazz per tutti – E voi?
   - Tutto bene. – rispose Alice con un sorriso – Leah ci ha dato parecchio filo da torcere, ma Edward l’ha messa in fuga.
   - Leah? – chiesi io, sbalordita – Vuoi dire che tra loro c’era una femmina?
   - Sì. – confermò Gabriel stancamente – quei due lupi che sono arrivati per ultimi e che non avevamo visto sono due fratelli, Leah e Seth Clearwater.
   - Clearwater? Vuoi dire i figli di Harry e Sue?
   Ero sconvolta: che razza di posto era Forks? Quante creature leggendarie vi abitavano, all’oscuro di tutti?
   Rosalie osò porre la domanda che più stava a cuore a tutti noi: - Com’è potuto succedere che non abbiate visto il loro arrivo?
   - A questo posso rispondere io. – disse Edward, sciogliendosi dall’abbraccio dei genitori – Leah e Seth si sono trasformati solo stasera, nello stesso momento e nello stesso luogo, probabilmente. Ho sentito i pensieri del branco, le loro menti sono tutte collegate: quando i due Clearwater si sono trasformati, la battaglia era già iniziata e loro hanno sentito le voci dei loro… fratelli.
   - Quindi poco fa avevo avuto l’impressione giusta! – esclamai – Non stavano solo ringhiando contro di noi, si dicevano anche dell’altro, tra loro!
   - Esatto. – Edward annuì – in realtà la trasformazione di quei due è stata un bene per noi. Un licantropo appena nato non è in grado di controllare gli istinti, proprio come un vampiro e questo i membri del branco lo sanno bene. Sam Uley, che pur non essendo più il maschio alfa resta comunque il più maturo di tutti, ha avvertito subito la presenza dei nuovi fratelli ed è andato a recuperarli, insieme all’alfa, Jacob. Hanno dato ordine a tutti gli altri di allontanarsi, sanno che senza di loro Jared, Paul ed Embry hanno ben poche possibilità di vittoria…
   - Non capisco. – mormorò Carlisle – Se Seth e Leah erano da tutt’altra parte al momento della trasformazione, perché si sono lanciati nella mischia?
   - Perché hanno sentito gli ordini alfa di Jacob, per esempio. – spiegò Edward – Si tratta di un certo genere di comando, a cui gli altri lupi non possono assolutamente sottrarsi. E quel comando era rivolto a tutto il branco, di cui adesso fanno parte anche Seth e Leah… Non sono stati loro a decidere di combattere, ma i lupi in cui si sono trasformati. Hanno seguito il branco, perché il branco stava combattendo e combattere la nostra razza è nella loro natura. Il lupo che c’è in loro ha completamente eclissato la parte razionale. Sam e Jacob però hanno dovuto fermarli, si sarebbero solo fatti del male, non sono in grado di difendersi da dei vampiri adulti.
   - Tu dici? – osservò Jasper scettico – Se Bella non l’avesse fermata, la lupacchiotta mi avrebbe azzannato alla gola.
   Edward si voltò verso di me: - Hai combattuto anche tu, Bella? – chiese preoccupato.
   Sostenni il suo sguardo con fierezza: - Certo. – risposi – Sono una di voi, non dimenticarlo.
   Edward continuò a guardarmi stupito. Chissà che espressione avevo.
   Beh, che si stupisse pure! Molte cose erano cambiate da quando se n’era andato, io ero cambiata, grazie al dolore e grazie all’amore. Non ero più la piccola sciocca Bella Swan, che non era neanche in grado di camminare in linea retta senza cadere: e soprattutto, avevo smesso di farmi mettere sotto una campana di vetro dalla mia famiglia. Ero forte, fisicamente e interiormente: Edward avrebbe fatto meglio a capirlo subito.
   Non sembrava che lui fosse cambiato: aveva sempre la stessa espressione angelica che in passato avevo tanto amato e la sua apprensione verso tutti noi non era diversa da quella che aveva mostrato in altre occasioni. Solo due mesi prima non sarei stata neanche in grado di sostenere il suo sguardo, ora invece mi faceva tenerezza: era tornato davvero, per aiutarci. Era un vero figlio e un vero fratello.
   - Che cosa facciamo adesso? – chiese Emmett all’improvviso – Credete che torneranno?
   - Certo che torneranno. – sospirò Alice, prendendo la mano di Gabriel – Stanno cercando di riorganizzarsi.
   - Possiamo evitare che ci attacchino di nuovo? – chiese Carlisle, preoccupato – Se solo si fermassero ad ascoltarci un momento…
   - Si può tentare. – disse Edward con decisione – Io potrei avvicinarmi abbastanza da poter parlare con loro: se sapessero che io leggo nel pensiero e che per comunicare con noi non hanno bisogno di ritrasformarsi in umani, si sentirebbero più propensi ad accettare un incontro.
   - Ma Edward, è pericoloso! – protestò Rosalie
   Lui scosse il capo, sereno: - Non così tanto.
   Alice sorrise: - Edward ce la farà. – disse semplicemente.
   - E quando li avrò convinti, - continuò lui – Dovremo persuaderli a non attaccare noi, ma a tenere d’occhio Victoria. Loro non sanno che voleva uccidere Charlie e che noi siamo tornati solo per difenderlo. Dovremo cercare di spiegare che Victoria è davvero pericolosa e che intende uccidere finché non riterrà di essersi vendicata a sufficienza.
   - No. – dissi a voce bassa.
   Tutti si voltarono verso di me.
   - No cosa, Bella? – chiese Jasper, perplesso.
   - Noi non convinceremo nessuno. – dichiarai in tono deciso – Sarò io a parlare con Jacob. Il motivo per cui ci hanno attaccati non ha niente a che vedere con Victoria: sono qui per la rottura del patto che avevano stipulato con voi tanti anni fa, la mia trasformazione, per loro, è stato un crimine e vogliono… vendicare la mia morte. Devo essere io a spiegare a Jake che non sono una vittima, che ho sempre saputo a cosa andavo incontro stando insieme ad Edward e che ho sempre desiderato tutto questo.
   Non mi ero mai sentita sicura di me come in quel momento. Sapevo quale fosse il mio compito, finalmente: se c’era qualcuno in grado di far ragionare Jacob, quella ero io. Dovevo riuscirci, ad ogni costo.
   - Bella… - cominciò Jasper, ma io lo interruppi subito con un segno di diniego.
   - No, Jazz. Questa volta vi chiedo di fidarvi di me. Se Jacob accetterà l’incontro, voi mi starete accanto, Edward tradurrà i suoi pensieri e io gli parlerò. Dovessi impiegare tutta l’eternità per convincerlo della nostra innocenza, ci riuscirò!
   Edward mi guardò come se fossi un fantasma.
   - Bella, Jasper ha ragione, è pericoloso…
   - Insomma! – esplosi – Il mio parere non conta niente? Che cosa c’è che non va in questo piano? Alice ha già visto che riuscirai a comunicare con Jake, quindi non farla tanto lunga e fidati di me, ti prego!
   - E va bene. – risolse Edward, evidentemente troppo stupito per trovare un altro modo per protestare – Voi aspettatemi qui. Sono andati a ovest e non sono lontani, li raggiungerò in un attimo.
   - Sta’ attento… - raccomandò Rosalie.
   Aspettammo, di nuovo. Troppe attese angoscianti per una sola notte! riflettei.
   Edward tornò dopo quasi un quarto d’ora. Dietro di lui venivano Paul, Jared ed Embry, tutti in forma di lupo. Non c’era traccia di Sam, di Leah o di Seth.
   Per ultimo apparve un ragazzo vestito solo di un paio di calzoncini corti, alto, moro, bellissimo.
   Jacob Black. 



 

Ok, prima che mi mandiate tutte a quel paese, vi comunico che il prossimo capitolo sarà ancora un po' tosto, poi però, visto che la storia non è ancora vicina alla conclusione, aspettatevi anche delle  belle sorprese (prima o poi...ahahah!)!
Ma intanto ce la farà Bella a convincere Jacob a non attaccare più?
Per saperlo continuate a seguirmi! Il pov di Seth è stato volutamente non esplicitato, per creare un po' di suspance. Come sempre, ringrazio tutte le mie recensitrici e tutte le persone che leggono questa storia, anche senza commentare. Aggiornerò presto, la settimana prossima, se non ci sono intoppi!
Un abbraccio
Niniane

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Capitolo 31
*** Oro contro il nero ***


Buongiorno a tutti! Innanzitutto grazie di cuore alle mie lettrici che non mancano mai di recensire e a quelle nuove, che hanno letto anche tutti i trenta capitoli in un colpo e mi hanno fatto sapere quanto trovassero bella questa storia. Per quanto mi riguarda, per quante storie possa scrivere, questa sarà sempre la mia... primogenita... So di aver puntato molto in alto con questo intreccio epico-fantasy, ma io sono fatta così! Sono felice che ci siano lettori così affezionati a ciò che scrivo, le recensioni mi danno la forza di continuare, perciò fatemi sapere anche in futuro cosa ne pensate dei miei capitoli. Sono tornata indietro a correggere qualche svista nel precedente, lo dico per chi l'ha letto appena è stato pubblicato, venerdì scorso.
Buona lettura!



Capitolo XXXI: Oro contro il nero

Bella

   Non era il Jacob che ricordavo. Anzitutto era cresciuto in statura, doveva aver raggiunto i due metri d’altezza. I suoi bellissimi capelli neri non erano più lunghi, ma corti appena tre centimetri. Non c’era traccia del Jacob esile e allampanato, dai lineamenti ancora un po’ infantili, che avevo conosciuto l’anno precedente: il ragazzo che avevo davanti era un autentico fascio di muscoli. Immaginai che la trasformazione in licantropo avesse inciso in modo indelebile sul suo fisico.
   Lo guardai negli occhi e anch’essi mi parvero diversi da come li ricordavo: erano neri e profondi, ma freddi e pieni di cautela.
   I temibili occhi di un lupo.
   Non riuscivo a capire perché fosse mezzo nudo: a Forks non era mai caldo. Immaginai che anche questo particolare fosse in qualche modo legato alla sua duplice natura.
   - Jacob ha accettato di incontrarci e di parlare con noi in forma umana. – ci disse Edward in tono neutro – Ha portato con sé Paul, Jared ed Embry.
   Subito, Carlisle si fece avanti: - Ti ringrazio, Jacob per aver accettato quest’incontro. La mia famiglia ed io desideriamo la pace quanto voi, credimi.
   Vidi un lampo d’ira passare negli occhi di Jacob e capii all’istante che con quelle parole gentili, Carlisle aveva commesso un errore.
   - Non mi interessano i tuoi ringraziamenti, dottore! – rispose infatti Jake, in tono sprezzante – Ho accettato di parlare con voi solo perché al momento non sono in condizione di attaccarvi. Come già sai, grazie al tuo figlio leggi-pensieri, Sam è dovuto andare ad occuparsi di Seth e Leah… e senza tre elementi del branco, noi siamo numericamente inferiori a voi.
   Nel pronunciare i nomi dei suoi nuovi fratelli, come Edward aveva definito Seth e Leah, Jacob assunse una strana espressione che a me non sfuggì: non sembrava affatto contento di aver guadagnato due alleati; al contrario, sembrava che… che soffrisse per la trasformazione dei due Clearwater.
   - Siete stati fortunati, - riprese – Non avremmo mai potuto permettere a Seth e a Leah di farsi ammazzare da voi e perciò abbiamo dovuto ritirarci… ma potete star certi che la tregua non durerà a lungo. E’ colpa vostra se Seth e Leah si sono trasformati!
   Perplessa da quell’accusa guardai interrogativamente Jasper, ma lui rimase immobile come una statua, gli occhi fissi su Jacob.
   Fu di nuovo Carlisle a parlare, in tono calmo e paziente:
   - Jacob, so bene che per voi la prima trasformazione in licantropo è una sorta di reazione alla vicinanza dei vampiri al vostro territorio, ma rifletti: noi siamo tornati a Forks solo oggi, possono essere sufficienti poche ore a causarla?
   - Seth e Leah preoccupavano tutti noi, da tempo. – replicò Jacob e io vidi ancora una volta l’ombra del dolore e della compassione nei suoi occhi. Aveva detto che Seth e Leah preoccupavano… chi? Il branco? Ma per quale motivo?
   - Erano diventati sempre più caldi, nelle ultime settimane… - continuò – Non capivamo come potessero essere sul punto di trasformarsi, dal momento che voi ve n’eravate andati da un pezzo.
   Faticavo a seguire il suo discorso. Ad un tratto avvertii un lieve fruscio alle mie spalle e udii il sussurro di Gabriel, vicinissimo al mio orecchio:
   - La prima trasformazione in lupo è dolorosa. – spiegò – Nessun licantropo augura ai propri amici una sofferenza simile.
   Oh. Ora sì che capivo. Jacob era felice di avere due nuovi lupi nel branco, ma soffriva per loro perché sapeva che loro avrebbero sofferto e che non avrebbero accettato facilmente il loro destino.
   Mi chiesi inevitabilmente e con una stretta al cuore che cosa fosse stata per lui, la prima trasformazione. In che modo era avvenuta? E quando? C’era stato qualcuno insieme a lui, per confortarlo in quei momenti difficili? Tutte domande destinate con ogni probabilità a rimanere senza risposta.
    Jacob continuò a guardarci, fermando lo sguardo su ognuno di noi, spavaldo e apparentemente sicuro di sé. Tuttavia notai che stava tremando.
   - Non ha freddo. – sussurrò ancora Gabriel, che evidentemente stava vedendo in anticipo tutte le domande che io mi stavo ponendo in quel momento – I licantropi hanno una temperatura corporea più alta di quella degli umani. Così è solo più comodo quando deve trasformarsi, i vestiti gli sarebbero d’intralcio e li distruggerebbe.
   - Perché mi dici tutto questo? – sussurrai in risposta.
   - Perché se devi convincerlo a non attaccarci è bene che tu sappia più cose possibili su di lui.
   - Ma allora perché trema, se non è per il freddo? – chiesi a Gabriel.
   - Essere in forma umana davanti a noi lo mette a disagio, sta cercando di controllarsi e di non trasformarsi di nuovo, ma è faticoso.
   - E lui soffre per questo? Fisicamente, intendo?
   - Sì, soffre.
   Quella conversazione sussurrata avvenne nello spazio di due secondi, ma tanto bastò perché Jacob si accorgesse dei nostri bisbigli.
   - Che cosa vi state dicendo voi due? – sbottò – E tu chi sei? – chiese a Gabriel, in tono rude.
   - E’ mio marito. – rispose Alice con sicurezza – Si è appena unito alla nostra famiglia. Ma non è di lui che dobbiamo parlare adesso.
   - Invece io credo di sì. – rispose Jacob, voltandosi verso di lei – Con che razza di stregoneria avete cercato di batterci, voi due, prima?
   - Nessuna stregoneria. – rispose Alice, tranquilla – Io e Gabriel abbiamo la capacità di vedere il futuro, anche il vostro futuro, ma solo quando ci teniamo per mano.
   - Alice, non dirglielo! – implorò Rosalie, troppo tardi.
   - Tanto l’hanno capito da un pezzo. – replicò Alice, annoiata. – Jacob, credo che faresti meglio ad ascoltare ciò che Bella ha da dirti.
   - Bella?!
   Jacob si voltò di scatto a guardarmi. Nello stesso istante il tremito del suo corpo si fece più violento. Silenziosamente, Jasper mi si accostò, protettivo.
   - Io non vedo Bella da nessuna parte! – disse Jacob, con rabbia.
   Non mi aveva riconosciuta? No, non era possibile…
   Mi feci avanti, sempre tallonata da Jasper.
   - Jake, sono io. – mormorai.
   Lui mi squadrò dalla testa ai piedi con tale disprezzo che mi venne voglia di piangere.
   - Tu non sei Bella! – sputò, lasciandomi allibita – Bella era una ragazza dolce e carina, non una schifosa succhiasangue assassina!
   Indietreggiai come se mi avesse schiaffeggiata; Jasper si lasciò sfuggire un ringhio basso e minaccioso.
   - Jacob, ti pregherei di non offendere la mia figlia adottiva. – intervenne Carlisle con molta calma – Noi non abbiamo offeso i tuoi fratelli.
   Jake rise, una risata amara, del tutto priva di allegria: - Ah, non li avete offesi, dottore? E come la definiresti la rottura del patto se non un’offesa, uno spergiuro… e un assassinio?
   - Non è stato un assassinio, Jake! – urlai. Non potevo ascoltare un’accusa del genere, andava molto al di là del mio limite di sopportazione. Jasper non era un assassino…
   Jacob smise di ridere.
   - Cosa vuoi dire, sanguisuga? – chiese in tono di scherno - Vorresti farmi credere che non sono stati loro? Non l’abbiamo mai bevuta la favola che avete raccontato a Sam e agli anziani, che Bella era stata uccisa da tre vampiri che avevano un conto in sospeso con voi… non siamo così idioti!
   - Non negheremo di aver infranto il patto. – disse Carlisle, gravemente – ma è stato un incidente, non un’azione premeditata e Bella desidera spiegarti alcune cose che tu e il resto del branco dovete assolutamente sapere.
   - Io non intendo ascoltare neanche una parola da quella Fredda disgustosa! – urlò Jacob, ancora più arrabbiato.
   Jasper ringhiò di nuovo, questa volta più forte. Gli posai una mano sulla spalla, per tranquillizzarlo. Colsi un’occhiata fulminea di Edward verso di lui, ma non vi feci caso.
   - Jake, ti prego, ascoltami! – dissi in tono urgente al licantropo – Hai il diritto di sapere perché siamo tornati…
   - Non mi importa niente del motivo! Voi non dovevate tornare e basta! Non dovreste neanche esistere, se è per questo!
   - Jake, non dire così, Carlisle ha fatto in modo di mantenere la pace per tanti anni!
   - E ora è finita! Non sono mai stato convinto che il patto sarebbe stato davvero onorato per sempre e tu ne sei la prova… vivente, se così si può dire di una vampira!
   Mi staccai da Jasper e a grandi passi mi avvicinai a Jacob, per guardarlo dritto negli occhi. Anche se ero molto più bassa di lui, dovette notare qualcosa di minaccioso nel mio sguardo, perché indietreggiò automaticamente di un passo.
   - Jacob, devi ascoltarmi! – scandii lentamente - Siete in pericolo!
   Non si arrese: - L’unico pericolo qui sei tu, succhiasangue! – disse tra i denti.
   - Smettila-di-chiamarmi-così! – urlai esasperata. Stava diventando terribilmente difficile mantenere il controllo. Una parte di me desiderava più che mai azzannare Jacob alla gola, per farlo tacere, per non dover più ascoltare le cose orribili che stava dicendo…
   Anche gli altri si stavano scaldando: Rosalie, Edward, Emmett e Jasper ringhiavano in segno d’avvertimento, acquattati; Paul, Jared ed Embry avevano il pelo irto e rispondevano con versi altrettanto minacciosi.
   - Basta così! – tuonò Carlisle – Questo doveva essere un incontro diplomatico! Jacob, per l’ultima volta, smettila di offendere Bella, altrimenti non impedirò ai miei figli di attaccarti… adesso!
   Ero sempre stata colpita dal carattere di Carlisle: sapeva essere dolce, paziente e compassionevole, ma anche deciso, autoritario e perfino temibile. Le sue parole suscitarono infatti una reazione immediata: i vampiri smisero di ringhiare e abbandonarono la posizione d’attacco, i lupi abbassarono orecchie e coda.
   Jacob riservò a Carlisle un’occhiata con la quale, palesemente gli augurava una morte dolorosa, ma quando tornò a rivolgersi a me, lo fece in modo più civile, anche se non amichevole.
   - E va bene, Bella. – disse, sottolineando in modo sinistro il mio nome – Ti ascolto.
   Mi lasciai sfuggire un sospiro di sollievo.
   - La prima cosa che devi sapere, - cominciai, misurando le parole – è che noi siamo tornati per proteggere Charlie.
   Ero andata subito al sodo per costringere Jacob ad ascoltarmi. Sapevo che non avrebbe potuto ignorare il nome di mio padre, perciò non avevo perso tempo in preamboli.
   Funzionò: Jacob parve confuso.
   - Charlie? Di cosa stai parlando?
   - E’ in pericolo. Non siamo gli unici vampiri a trovarci nei paraggi di Forks. Una nemica dei Cullen l’avrebbe ucciso questa notte se Alice e Gabriel non fossero riusciti a vedere le sue decisioni in anticipo, permettendo a noi di tornare.
   - Da dove siete tornati? – chiese Jacob.
   - Dall’Alaska. Siamo stati lì tutti questi mesi, dopo che io mi sono trasformata.
   - E questa nemica dei Cullen chi sarebbe?
   - Si chiama Victoria, ha i capelli rossi, del colore del fuoco ed è affiancata da altri tre vampiri. Jacob, io credo che siano stati loro, per primi a causare la trasformazione di Seth e Leah. Il nostro ritorno ha solo accelerato un processo già iniziato.
   Jacob annuì: - Abbiamo visto questa vampira rossa un paio di volte nelle vicinanze. Sapevamo che non era una Cullen, perciò abbiamo cercato di eliminarla, ma non ci siamo riusciti, è maledettamente veloce. E non è sola, dici? Ma perché dovrebbe voler uccidere Charlie?
   - Perché l’anno scorso Edward ha ucciso James, il suo compagno, un segugio che aveva deciso di darmi la caccia finché non fosse riuscito… a bere il mio sangue…
   Jacob spalancò gli occhi: - Quand’è avvenuto tutto questo? – chiese, improvvisamente ansioso.
   - La primavera scorsa. Ricordi che sono stata all’ospedale? E’ stato a causa di James e se i Cullen non mi avessero salvata sarei morta.
   Non aggiunsi altri particolari, era sufficiente che Jacob sapesse che i Cullen mi avevano protetta.
   - Quindi questa Victoria vuole vendicarsi uccidendo Charlie?
   - Voleva uccidere me: compagna per compagno, capisci? Solo che non ha potuto farlo perché io mi sono trasformata e ho vissuto per mesi circondata da un clan di vampiri molto numeroso… così ha deciso di agire in modo diverso.
   Jacob mi guardava concentrato. L’espressione sprezzante di poco prima l’aveva abbandonato, finalmente, e cominciai finalmente a sperare che le cose potessero sistemarsi.
   - Vuole colpirti uccidendo Charlie… - sussurrò.
   - Non solo Charlie! Anche i miei amici umani, i ragazzi del liceo… Mike, Jessica, Angela, Ben…
   Jacob rimase in silenzio per alcuni istanti e io non aggiunsi altro, comprendendo che aveva bisogno di riflettere sulle mie parole.
    Infine disse: - Della rossa possiamo occuparci noi. Il vostro aiuto non ci serve.
   Sbuffai: - Che vi serva o no, per me non ha importanza. Charlie è mio padre e lo difenderò. Lui e i miei amici! – affermai con decisione.
   Ma a quanto pareva era la cosa sbagliata da dire. Jacob mi rise in faccia: - Un vampiro che difende gli umani? Di’ un po’, Bella, quanti ne hai ammazzati in Alaska, prima di imparare a controllarti?
   Sostenni il suo sguardo: - Nessuno, Jake. Lo giuro.
   Jacob parve davvero spiazzato, per la prima volta da quando avevamo iniziato a parlare, per cui approfittai della sua indecisione per rincarare la dose.
   - Non ho mai attaccato un essere umano, sono in grado di muovermi in mezzo alla gente senza perdere il controllo. Credimi, Jake, tutti i Cullen si impegnano ogni giorno a onorare i patto che hanno stipulato con voi e a mantenere fede alla loro decisione di nutrirsi solo di sangue animale. Ciò che è successo a me è stato un incidente del quale io per prima sono responsabile. E un’altra cosa: so che nella tua testa mi consideri una vittima e so che hai attaccato la mia famiglia con l’intento di vendicare quello che tu definisci un omicidio, ma ti prego, credimi se ti dico che non è così che sono andati i fatti. Ho sempre saputo che cosa fossero i Cullen, Edward non ha mai mentito sui pericoli che avrei corso stando accanto a lui e alla sua famiglia. Sono stata io a non volerlo ascoltare; sono stata io a innamorarmi di lui e a volergli stare accanto a qualunque costo; sono stata io a implorarlo di rendermi come lui; e infine sono stata io a causare l’incidente che ha portato alla mia trasformazione.
   Continuai a tenere gli occhi fissi in quelli di Jacob. Oro contro il nero. Alla fine fu lui ad abbassare il capo.
   - Non ho mai rimpianto il mio desiderio di diventare un vampiro. – continuai con dolcezza – I Cullen sono la mia famiglia e io sono felice. Non pensare che mi abbiano fatto il lavaggio del cervello, o roba del genere… So che ti sembra inconcepibile, ma io non sono una vittima, ho scelto il mio destino molto tempo fa, quando mi sono innamorata di Edward. Non voglio che si scateni una guerra tra licantropi e vampiri a causa mia, non dev’essere così, Jake, non sarebbe giusto.
   Jacob mi lanciò un’occhiata indagatrice e fui colpita ancora una volta dalla profondità del suo sguardo: era un sedicenne sbruffone e spavaldo, questo sì, ma era anche qualcosa di più. Era… era davvero un capo branco. Stava valutando se prendere in considerazione o no le mie parole e non vi erano dubbi sul fatto che il suo primo pensiero fosse la sicurezza dei suoi amici.
   - Ammettiamo per un attimo che io ti creda. – disse – Cosa dovrei fare adesso? Dimenticare il patto? Per noi, la tua trasformazione è un omicidio e niente di meno.
   Sospirai: - Lo so, Jake. Ma è stato davvero un incidente, i Cullen non hanno colpa.
   - Questo non è possibile. – ghignò lui, beffardo. – Toglimi una curiosità, è stato lui a morderti? – chiese, indicando Edward con un movimento del capo.
   - No… - esalai, allarmata.
   - Sì. – disse nello stesso istante, Edward in tono secco.
   Mi voltai a guardarlo, senza fiato e Jasper fece altrettanto. Anche gli altri sembravano sorpresi.
   Ma cosa stava dicendo?
   Edward si avvicinò a me, silenzioso ed elegante come sempre e si rivolse a Jacob, perfettamente a suo agio:
   - Bella si è tagliata con la carta da regalo, a casa nostra, la sera del suo diciottesimo compleanno. – raccontò - Ha perso qualche goccia di sangue e io le ero accanto… ho perso il controllo e l’ho attaccata, i miei familiari non sono riusciti a fermarmi. Emmett, Jasper e Rosalie non c’erano, avevano appena iniziato il college… Se ci fossero stati, probabilmente non sarebbe accaduto nulla: Carlisle, Esme e Alice non sono riusciti a impedirmi di mordere Bella. Non mi sono mai perdonato per questo, Jacob e se c’è qualcuno che merita di morire qui, quello sono io, non Bella o qualcuno dei miei familiari.
   La dichiarazione di Edward fu seguita da un silenzio pesante.
   Non capivo… perché tutt’a un tratto stava coprendo Jasper? Edward aveva sempre avuto la tendenza a colpevolizzarsi per ogni cosa che mi capitava, in questo non si era mai smentito… tranne che nel caso della mia trasformazione, l’unica circostanza in cui avesse scaricato ogni responsabilità sul fratello.
   Non riuscivo a trovare una spiegazione razionale per quella menzogna. Accanto a me, Jasper appariva impassibile, ma lo conoscevo abbastanza da intuire che sotto la maschera indifferente nascondeva un caleidoscopio di emozioni. Avrei voluto porre a Edward mille domande, ma se l’avessi fatto avrei solo confuso ancora di più Jacob, proprio nel momento in cui era indispensabile che ogni cosa fosse chiarita. Perciò, rimasi in silenzio, aspettando di capire dove volesse arrivare il mio ex ragazzo con quella falsa confessione.
   La risposta ai miei interrogativi non tardò ad arrivare.
   Jacob squadrò Edward in modo strano, a metà tra il disgustato e il divertito: - Beh, sanguisuga, e così hai fatto un favore a te stesso…  - commentò – Hai fatto in modo di poter avere Bella per tutta l’eternità.
   - So che per te è inconcepibile, Jacob – rispose Edward, sereno - ma ho detto a Bella che era libera di odiarmi e di abbandonarmi per ciò che le avevo fatto, gel’ho detto più volte, credimi, non volevo che si sentisse costretta a stare con me solo perché io l’avevo trasformata. Ma Bella ha detto di amarmi esattamente come prima e anche di più. Perciò, credo che dovresti dare ascolto alle sue parole.
   Nel pronunciare questo discorso, Edward mi aveva passato un braccio intorno alle spalle, in modo delicato, ma possessivo. Rimasi come paralizzata, tant'ero confusa e incredula; Jasper era, se possibile, ancora più immobile.
   Restammo così per alcuni secondi, silenziosi. Edward e Jacob si guardavano negli occhi; il mio sguardo guizzava inquieto dall’uno all’altro; Jasper fissava il braccio di Edward attorno alle mie spalle come se il suo unico desiderio fosse toglierlo da lì e distruggerlo.
   - Non credo che riuscirò mai a ritrovare in te la mia amica Bella, - disse infine Jacob, rompendo il silenzio – ma se davvero puoi giurare che questo è ciò che hai sempre voluto, allora io, Jacob Black, discendente di Ephraim Black concedo una e una sola deroga al nostro patto. La tua trasformazione non sarà considerata un omicidio. Ma attenzione: se dovesse capitare un altro incidente – e sottolineò accuratamente la parola incidente – e in particolare se fossi proprio tu a causarlo, allora noi vi attaccheremo, senza preavviso e senza alcuna pietà. Credo che vi convenga accettare le mie condizioni, sono le migliori che possiate sperare di ottenere.
   - Condizioni accettate. – dichiarò Carlisle in tono fermo  – Grazie, Jacob.
   Il vampiro si fece avanti e molto lentamente tese la mano al licantropo. Ebbi paura che Jacob si offendesse o rifiutasse, ma con mio grande sollievo, dopo un attimo di sorpresa, strinse la mano a Carlisle. Si separarono immediatamente, non doveva essere stato un contatto piacevole per nessuno dei due, ma era fatta.
   L’armistizio con i lupi era firmato.
   
   
   Dunque, ragazze, nelle mie intenzioni il capitolo avrebbe dovuto comprendere anche altri fatti, ma ho capito che se avessi continuato, poi non avrei più trovato un punto decente dove fermarmi. Posterò presto il prossimo capitolo, perché non vedo l'ora di scriverlo: ora che Jacob si è convinto a non attaccare i Cullen, occorre fissare una strategia per eliminare Victoria, la quale è fuggita di nuovo, ma sappiamo bene che non si arrende tanto facilmente. E poi perché Edward ha coperto Jasper, per giunta fingendosi ancora il partner di Bella? Come potete intuire, il vampiro dai capelli bronzei e il vampiro dai capelli d'oro hanno alcune cose da chiarire...
Dunque, nel prossimo capitolo vedremo soprattutto Bella, Edward e Jasper!

Altro avviso: secondo il parere della mia simpaticissima lettrice Lesley_Gore, parere da me condiviso, Gabriel Maurice Gilligan, maritino di Alice dovrebbe essere... così:


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Per la cronaca, questo è Gaspard Ulliel. Infine (uff, che discorso lungo) vi segnalo che nanerottola, ha realizzato per me un video-trailer di questa storia. Provo a mettervi il link, ma non assicuro che funzioni:
http://www.youtube.com/watch?v=XqUx7o2uUUo
altrimenti dovreste trovarlo semplicemente digitando il titolo "Luna di Mezzanotte" su Google. Guardatelo, è davvero bello!

Un abbraccio forte a tutti e alla settimana prossima!

Nini

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Capitolo 32
*** Fratelli ***


Angolo dell'Autrice: buonasera,care lettrici! La scorsa settimana avevo troppe cose da dire e credo di non aver fatto abbastanza pubblicità al video trailer di questa storia realizzato da nanerottola, la quale si meriterebbe un monumento per il suo lavoro davvero riuscito! Andate a vederlo, vi avevo messo il link a fine capitolo 31, ma non funziona, comunque basta digitare "Luna di Mezzanotte" e lo trovate! Se siete iscritti a youtube lasciate un commentino, ci farebbe molto piacere!

E adesso, buona lettura!



Capitolo XXXII: Fratelli

Bella

   - Immagino che adesso dovremo decidere cosa fare con la rossa. – disse Jacob.
   Carlisle sospirò: - Jacob, io non amo la violenza, ma purtroppo temo che l’unica vera soluzione sia ucciderla. La morte del suo compagno, per lei, ha significato vendetta, nient’altro che vendetta e non si farà scrupolo alcuno a proseguire con il suo piano. E noi non possiamo permetterle di compiere un massacro a Forks.
   - Se ho capito bene, voi avete fatto fuori il suo compagno l’anno scorso ed era stato lui a mandare Bella in ospedale e non una caduta dalle scale, come avevate fatto credere a Charlie.
   - Esatto.
   - Cos’era successo esattamente? – chiese Jacob, curioso.
    Carlisle gli raccontò in breve i fatti avvenuti la primavera precedente, omettendo solo un particolare, cioè che avevo rischiato non solo di morire, ma di essere trasformata in vampiro a causa di James. Capii che non voleva attirare domande inopportune da parte di Jacob.
   Quante bugie dovremo ancora inventare per mantenere la pace? non potei fare a meno di chiedermi.
   Al termine del racconto, Jacob si voltò a guardarmi.
   - Sei andata incontro a un vampiro che voleva ucciderti? – chiese incredulo – Bella, tu non cosa sia l’istinto di auto conservazione…
   Alzai gli occhi al cielo, esasperata: - Jake, se ti dicessero che tuo padre è in pericolo di vita e che l’unico modo per salvarlo è offrirti di morire al suo posto, tu cosa faresti?
   - Immagino che agirei come te. – ammise lui, pensieroso. – Ma quando è successo tutto questo casino, tu non eri un vampiro, eri solo una ragazza indifesa… E’ pazzesco, quello che hai fatto, davvero!
   Jake scosse la testa un paio di volte, incredulo, prima di continuare: - E così questa Victoria vuol vendicarsi e siccome non può ucciderti tanto facilmente, adesso che sei diventata fortissima e dura come il marmo, vuole provarci facendo fuori Charlie e anche qualcun altro… giusto?
   - Giusto. – intervenne Jasper – A questo proposito, devi sapere che i vampiri che stanno aiutando Victoria nel suo intento sono neonati. Non credo che tu e il branco sappiate come si combatte contro un neonato.
   Jacob lo guardò in tralice, evidentemente infastidito dal fatto che Jasper, con le sue parole, stesse mettendo in dubbio le capacità del branco, ma poi chiese in un tono quasi gentile che mi sorprese: - E’ diverso che con i vampiri adulti?
   - Molto diverso. – confermò Jasper, serio.
   - Mio figlio ha molta esperienza in questo campo. – s’intromise Carlisle – In passato ha fatto parte lui stesso di un esercito di neonati e si è occupato di addestrarli a combattere, quindi sa anche come sconfiggerli. Credo che il branco farebbe bene ad accettare qualche consiglio da parte sua.
   Jacob osservò Jasper con curiosità.
   - Avevo notato il tuo modo di combattere. – disse – Prima, quando mi hai sfidato… ho capito che avevo davanti un avversario temibile.
   Jasper gli rivolse un mezzo sorriso: - Posso dire lo stesso di te, Jacob.
   Guardai prima l’uno, poi l’altro, sbalordita: sperare che diventassero amici era forse un po’ troppo, ma sembrava che ad un certo livello si capissero alla perfezione. Forse perché entrambi erano nati per combattere e per essere condottieri….
   - Pensi che potrei mostrare al branco le tecniche di combattimento da usare contro i neonati? – continuò Jasper, sereno - Sono convinto che possano essere utili anche a voi, quando siete in forma di lupo s’intende.
   - D’accordo. – rispose Jacob – Inizieremo domani. Avete una qualche idea di quando la rossa potrebbe tornare?
   - Al momento no, - disse Alice, avvicinandosi – le visioni mie e di Gabriel sono un po’ confuse. Posso dire con certezza che non ha rinunciato e che tornerà, ma sembra che non abbia ancora deciso come e quando… o forse sta cercando di confondermi. Sono anche costretta ad aggiungere che la vicinanza a un licantropo non mi aiuta a vedere. Ho bisogno di allontanarmi da voi per poter sfruttare al massimo il mio dono.
   - Abbiamo comunque un po’ di tempo. – intervenne Gabriel con un sorriso – Sono previsti tre giorni interi di sole, cosa piuttosto rara qui a Forks. Victoria non potrà agire di giorno e dovremo tenerla d’occhio solo di notte.
   - Dovremo circondare casa Swan. – disse Jacob, annuendo – E anche la stazione di polizia e il liceo. Siamo in tanti, faremo in modo di non lasciare mai la città incustodita. Seth e Leah saranno certamente in grado di aiutarci, soprattutto lei… quando l’ho vista correre sono rimasto di sasso, nessuno di noi è altrettanto veloce! Ben presto dovrebbe aggiungersi al branco anche un altro ragazzo della riserva, si chiama Quil e credo che manchi davvero poco alla sua trasformazione… Ma è meglio non fare conto sulla sua presenza… - rimuginò.
   Carlisle sospirò di nuovo, come se fosse stanco e forse, in qualche modo lo era, dopo tutto quello che avevamo passato nelle ultime ventiquattr’ore: - Bene, credo che per ora sia giunto il momento di separarci. – disse – Jacob, se per il branco va bene, potremo incontrarci domani alle sei. Il sole sarà già sufficientemente basso da permettere a voi di osservarci mentre ci alleniamo, ma non sarà ancora scesa la notte, per cui non dovremo preoccuparci di Victoria. In ogni caso, Alice e Gabriel ci avvertiranno immediatamente in caso di pericolo.
   - D’accordo, dottore. – disse Jake – Ora è meglio che vada ad occuparmi di Seth e Leah, insieme a Sam. Ho il permesso di avvicinarmi a casa vostra, se avessi bisogno di comunicare con voi?
   - Certo, Jacob. - rispose Edward, al posto del padre – Anche a qualche chilometro di distanza, io dovrei riuscire a sentire i tuoi pensieri e poi, naturalmente, sentiremo il tuo odore, quando sarai più vicino.
   - Chiamala pure puzza, leggi-pensieri! – sghignazzò Jacob – Comunque, mi sta bene anche la telepatia.
   - Allora, arrivederci, Jacob. – disse Jasper.
   - Arrivederci, comandante! – replicò Jacob, ammiccando – Ciao, Bells!
   - Veramente sono un Maggiore… - cominciò Jasper.
   - Mi hai chiamata Bells… - osservai io, simultaneamente.
   - Preferivi succhiasangue o sanguisuga? – mi chiese Jake, con un ghigno.
   - Certo che no!
   - Allora non lamentarti!
   Con queste parole, molto più amichevoli di quanto mi sarei aspettata, Jacob tornò ad essere un grande lupo color bronzo e un attimo dopo, sparì tra gli alberi, seguito a ruota da Embry, Paul e Jared.
   Per alcuni secondi, nella radura regnò il silenzio più totale. Poi Esme disse, con una strana voce tremante:
   - Non posso credere che sia davvero finita…
   Carlisle la circondò con le braccia, tenero e protettivo e lo stesso fecero Emmett e Gabriel, con Rose e Alice.
   Jasper mi si accostò, ma il braccio di Edward lo fermò, prima che potesse anche solo sfiorarmi.
   - Dobbiamo andare a casa. – disse il vampiro dai capelli bronzei, in tono fermo – Venite.
   Mi circondò le spalle con un braccio, come aveva fatto prima e con delicatezza, ma anche con decisione mi trascinò in avanti, insieme a lui.
   Sconcertata e infastidita da quell’atteggiamento per me incomprensibile, mi voltai a guardare Jasper che emise un ringhio sommesso.
   Alice gli fu accanto in un attimo.
   - Tranquillo, Jazz, Edward ha un valido motivo per comportarsi così. – sussurrò, posandogli una mano sul braccio – Quando saremo a casa, capirai.
   - Lo spero… - sibilò tra i denti il mio compagno.
   Per tutto il tragitto sentii il suo sguardo di fuoco fisso su Edward e su di me e respirai di sollievo, quando fummo in vista della grande casa.
   Edward mi lasciò andare appena varcata la soglia e nello stesso istante la mano di Jasper serrò il mio polso in una morsa quasi dolorosa.
   - Jazz, calmati… - sussurrai, allarmata, cercando di liberarmi.
   Jasper non mi ascoltò, né mi lasciò andare.
   - Cosa significa tutto questo? – ringhiò a Edward.
   Il fratello si limitò a sorridere: -  Jazz, smettila di insultarmi nei tuoi pensieri, non ho alcuna intenzione di rivendicare diritti su Bella.
   - E allora perché ti stai comportando in questo modo? – sbottò Emmett, mettendosi a fianco di Jasper e lanciando a Edward un’occhiata più che minacciosa.
   Edward ci guardò ad uno ad uno, incredulo e ferito:
   - Ma non capite? – chiese – Se avessi detto a Jacob cos’è successo veramente in questa casa la sera del compleanno di Bella, non avremmo mai ottenuto la collaborazione del branco! Se gli avessi detto che ben tre di noi hanno perso il controllo, quando Bella ha cominciato a perdere sangue, come credete che avrebbe reagito? Avrebbe pensato che siamo inaffidabili, che non sappiamo controllarci e che quello che è successo a Bella potrebbe accadere di nuovo, a qualcun altro! Ho preferito addossarmi tutta la responsabilità, infondo avrei dovuto essere io il più sensibile all’odore di Bella. Ma se preferite, - continuò, in tono molto più freddo e controllato – tornerò indietro e gli dirò tutta la verità!
   La sua dichiarazione fu seguita da un silenzio carico di incredulità.
   Povero Edward. Aveva ragione, eccome se aveva ragione…  Ci aveva protetti tutti e noi non eravamo nemmeno riusciti a capire le sue reali intenzioni. Io per prima.
   - Scusaci, Edward… - mormorai, mortificata – Non avevamo capito…
   - Sì, scusa, fratello… - aggiunse subito Emmett, rilassando i suoi possenti muscoli – Non volevo offenderti.
   - Il tuo è stato un gesto molto coraggioso. – disse Carlisle, dando a Edward un’affettuosa pacca sulla spalla – Avremmo dovuto capire e fidarci di te, figliolo, perdonaci.
   - Ma certo, papà. – rispose Edward, commosso.
   L’atmosfera si sarebbe rasserenata in quel momento, se un nuovo ringhio di Jasper non ci avesse fatti sussultare tutti.
   - Va bene, Edward… - sibilò – Hai fatto ancora una volta la parte dell’eroe e ti siamo tutti molto riconoscenti. Ma questo non spiega il perché tu abbia abbracciato Bella in quel modo.
   La sua mano era ancora stretta attorno al mio polso, possessiva. Cercai nuovamente di liberarmi, ma senza risultato.
   - Jasper, lascia andare Bella! – ordinò Emmett, secco – La stai spaventando.
   Jazz spalancò gli occhi e solo allora parve rendersi conto di ciò che stava facendo. Allentò la presa sul mio polso e portò la mia mano alle labbra.
   - Scusa, tesoro, non volevo… - mormorò con dolcezza, prima di baciarla.
   - Cosa?!
   Sia Jasper che io ci voltammo, sorpresi.
   Edward ci stava guardando come se ci vedesse per la prima volta in vita sua.
   - Cosa… cosa sta succedendo tra voi? – esalò.
   Jasper ghignò, palesemente soddisfatto: - Ancora non l’avevi capito? I miei pensieri non ti hanno rivelato niente? Bella è la mia compagna, adesso.
   Edward si voltò verso Alice.
   - Perché non me l’hai detto? – urlò, inferocito.
   - Ti invito a non urlare contro mia moglie. – disse Gabriel, apparentemente calmissimo – Potresti pentirtene.
   - Se anche te l’avessi detto, sarebbe cambiato qualcosa? – disse invece Alice, alzando le spalle – Non credevo che ti saresti tanto agitato.
   Edward guardò prima lei, poi Carlisle, poi me e Jasper e le nostre mani intrecciate.
   - E pensare che vi ho protetti due volte… - disse, con voce rotta – mi sono finto il compagno di Bella solo per non attirare altre domande da parte di Jacob… mi avrebbe staccato la testa a morsi se avesse saputo che dopo aver trasformato Bella, l’avevo abbandonata e avreste combattuto di nuovo… l’ho fatto per tutti noi… e adesso scopro che è successo… questo?
   A quel punto cominciai davvero ad arrabbiarmi. Che cosa, esattamente, lo sconvolgeva tanto?
   - Vorresti spiegarmi cosa c’è di tanto disdicevole? – chiesi in tono tagliente – Tu ed Alice ve n’eravate andati da un pezzo, quando Jasper e io ci siamo innamorati. Non vi abbiamo mai traditi, se è a questo che stai pensando.
   Edward scosse la testa con impazienza: - Non sto pensando al tradimento, Bella! – esclamò – Tu non puoi stare insieme a Jasper!
   Cosa? – Come hai detto? – ringhiai.
   - Jasper ti ha manipolata! – urlò Edward, fuori di sé – Ha usato il suo potere per farti innamorare di sè, non capisci? L’ha fatto fin dall’inizio, da quando la tua trasformazione è iniziata!
   Carlisle superò le urla del figlio: - Edward, sei impazzito? Jasper non farebbe mai una cosa del genere!
   Edward si voltò di scatto verso di lui: - Bella non può essere innamorata di Jasper, è il suo creatore, lei ha sempre avuto paura di lui!
   - Questo è quello che hai sempre creduto tu! – sbottai, ancor più alterata.
   - Anche Carlisle è il creatore di Esme! – intervenne Rosalie, sconcertata quanto me  – Questo non le ha impedito di innamorarsene.
   - Carlisle non manipola le emozioni! – sbraitò Edward – Non è la stessa cosa! Mentre Bella si trasformava, pronunciava il nome di Jasper e io ho sempre sospettato che fosse stato lui a indurla a farlo! Perché non mi credete?
 
   Jasper

   Basta.
   Non anche questo.
   Non ne avevo passate abbastanza? Mi ero preparato ad una battaglia contro Victoria, avevo affrontato una battaglia contro un branco di licantropi imbizzarriti, avevo guardato Bella rischiare la vita per salvarmi…
   Quante volte mi ero auto accusato di essere eccessivamente impulsivo? O al contrario, troppo paziente e inerte?
   O entrambe le cose, perché niente è peggio che sopportare, a lungo e senza lamentarsi mai, per poi esplodere, all’improvviso quando gli altri meno se l’aspettano. E’ qualcosa che non porta mai nulla di buono, alla fine.
   Lo sapevo benissimo, ma questo non mi aveva mai impedito di ricadere in quell’errore, dozzine di volte.
   Accadde anche allora, perché Edward aveva parlato nel momento sbagliato, quando ormai non c’era più posto per la pazienza, nella mia mente spaziosa e tanto articolata.
   Tutto l’astio che avevo accumulato in seguito alla trasformazione di Bella, tutto il disgusto verso me stesso e verso di lui, che avevo covato dentro me e poi rinchiuso ermeticamente in un cassetto, nel mio cuore, tornò ad opprimermi e mi comportai esattamente come una bottiglia di spumante, agitata troppo a lungo prima di essere aperta.
   Esplosi.
   Nello spazio di un secondo avevo eliminato la distanza tra me e mio fratello, l’avevo sbattuto violentemente a terra e le mie mani si erano serrate intorno alla sua gola.
   Strinsi.
   Sapevo benissimo che non si può uccidere un vampiro soffocandolo, ma per un attimo lo dimenticai: non fu il vampiro che ero, ad agire. In quel momento fui soltanto un ragazzo esasperato, stanco di essere insultato e accusato di un crimine che non avevo commesso. Avrei potuto tollerare qualsiasi cosa, ma non potevo accettare che mi si dicesse in faccia che il mio amore per Bella era falso, che l’avevo manipolata per averla… era un infamia.
   Due braccia fortissime, quelle di Emmett senza dubbio, mi allacciarono alla vita e tirarono. Altre due braccia, quelle di Gabriel, intervennero in aiuto di mio fratello.
   Poi due mani morbide e delicate si posarono sulle mie e le staccarono con dolcezza dalla gola di Edward.
   Ancora accecato dalla rabbia udii la voce più bella del mondo:
   - Jasper, amore, lascialo, ti prego…
   Bella…
   Sentii, più che vederlo veramente, che il mio piccolo cigno era chino su di me e lasciai che le sue mani guidassero le mie, riportandomi alla ragione.
   Non so come, mi ritrovai in piedi, a due metri da Edward, affiancato da Emmett e Gabriel, entrambi vigili e concentrati. Bella era davanti a me e mi guardava: i suoi occhi dorati non esprimevano né rabbia, né disgusto, né paura, solo amore e sollecitudine.
   - Jasper, va tutto bene. Va tutto bene... – disse con voce dolce, come se stesse cantando una nenia, sempre uguale, quasi ipnotica. – Guardami, tesoro, va tutto bene, sono qui, è tutto finito.
   Non riuscii a rispondere, ma annuii, per farle capire, in qualche modo, che stavo meglio, che non avrei ammazzato Edward, che mi dispiaceva…
   Bella dovette capire, perché mi aprì le braccia e allora la raggiunsi in un passo e la strinsi forte a me, affondando il viso nei suoi capelli profumati. Lei ricambiò il mio abbraccio e mi accarezzò con dolcezza le spalle, come per consolarmi.
   Poi si staccò da me, sorridendomi un’ultima volta e si voltò verso Edward, in piedi accanto ai nostri genitori, per fulminarlo con l’occhiata più cupa che avessi mai colto in lei.
   - Tu! – disse, con voce bassa e vibrante – Non osare mai più parlare in questo modo del mio ragazzo, hai capito? Se dovessi sentire un’altra parola contro di lui, da parte tua, sarò io a staccarti la testa con le mie mani! Sono stata chiara?
   Edward chinò il capo.
   - Forse ho esagerato… - ammise, ancora scosso – E credo di essermi meritato questa reazione incontrollata da parte di Jasper, ma cerca di capire, ero preoccupato…
   - Non mi interessa la tua preoccupazione! – sibilò Bella, furente – Tu ti preoccupi per le cose sbagliate, sei sempre stato così, Edward! Jasper non ha fatto che colpevolizzarsi, dopo la mia trasformazione, ma non è stato lui a far sì che mi tagliassi con la carta da regalo, e non è stato lui a lanciarmi contro il muro! E non mi ha mai manipolata! MAI! – ringhiò.
   - Io non volevo che tu ti facessi del male… - rispose Edward, sconvolto da questa nuova Bella, che non conosceva – Ti ho spinta via perché temevo che Jasper ti attaccasse…
   Ritrovai la voce.
   - Eh no, fratellino, se tu mi avessi dato il tempo di uscire dalla stanza, prima di difendere Bella, come dici tu, non sarebbe successo nulla, perché io non l’avrei attaccata per una stupida goccia di sangue! – dissi, ancora tremante di rabbia – E vorrei sapere con che coraggio tu, che l’hai abbandonata perché non hai accettato che non fosse più la ragazzina totalmente dipendente da te, adesso mi accusi di aver manipolato le sue emozioni, addirittura i suoi sentimenti… Ti sembro a tal punto un mostro?
   Bella raggiunse Edward in tre falcate e si alzò in punta dei piedi per guardarlo dritto negli occhi.
   - Io amo Jasper. – disse con voce chiara – Hai capito? Io. Amo. Jasper. E nessuno mi ha costretta a questo.
   Non attese la risposta di mio fratello. Rigida, tornò verso di me, ignorando le occhiate perplesse e quasi spaventate degli altri.
   - Vieni, Jazz. – disse – Andiamo a caccia.
   Mi tese la mano e io la presi, senza dire niente; lasciai semplicemente che mi conducesse all’aperto, dove sapevo che insieme a lei avrei ritrovato un po’ di pace e avrei dimenticato la follia che aveva rischiato di travolgermi.


Care lettrici, vi annuncio con grande sollievo che abbiamo superato il capitolo più drammatico di tutta la storia! Spero, che nonostante l'argomento molto... arancione... vi sia piaciuto! Nel prossimo, l'atmosfera tornerà a rasserenarsi e vi anticipo che al capitolo 34 accadrà qualcosa di interessante che riguarda solo e soltanto i nostri piccioncini preferiti, che in questi ultimi capitoli ne hanno davvero passate di tutti i colori. Care fans di Edward, non arrabbiatevi per la scena appena letta, io non voglio affatto male a questo personaggio, solo che il cerchio doveva chiudersi: nei primi capitoli, se ricordate, tra lui e Jasper c'era dell'astio mai espresso pienamente... il confronto era inevitabile.

Vi prego di lasciarmi le vostre recensioni e se non vi rispondo subito è perché da sabato 25 a mercoledì 29 sarò all'estero. Risponderò appena torno e vi ringrazio in anticipo.

Un forte abbraccio alle mie fedelissime e a tutte le altre recensitrici, nonché alle lettrici silenziose!

Alla prossima!
Niniane




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Capitolo 33
*** All'alba ***


Buongiorno e ben ritrovate! Scusate l'attesa, è un periodo davvero complicato, potrebbe essere che la pubblicazione dei capitoli proceda più lentamente di prima. Dunque abbiamo lasciato Jasper in preda alla rabbia a causa di ciò che Edward ha detto contro di lui, mentre i lupi sembrano ben disposti a collaborare con i Cullen, in particolare Jake, che sta ricominciando a fidarsi di Bella. Victoria tornerà, come avrete già intuito: in che modo, lo vedremo nei prossimi capitoli!
Grazie alle mie lettrici fedelissime e meravigliose: Dills Nightmare, nanerottola, Camilla L, Argentea, Orsacchiotta Potta Potta, maura 77, Serenitatis, miss_yuuki, Lesley_Gore, ladyanyablu, Frego, fede cullen e tutte coloro che hanno recensito qualche volta, oltre che, naturalmetne alle lettrici silenziose, ma comunque presenti. Buona lettura!


Capitolo XXXIII: All’alba

This is how you remind me,
of what I really am...
it's not like you to say sorry,
I was waiting on a different story,
this time i'm mistaken
for handing you a heart worth breaken
And I've been wrong, I've been down
into the bottom of every bottle
This five words in my head
scream "Are we having fun yet?"

                                     !Nickelback, "How you remind me")




Jasper

   Lasciai che Bella mi guidasse lontano da quella che era ormai diventata la casa dei miei incubi, e che mi portasse con sé, dove voleva. Mi parve di essere tornato indietro nel tempo: anche la sera del suo compleanno ero stato portato fuori dai miei fratelli, dopo che avevo perso il controllo. Allora, la mia impulsività aveva causato la morte dell’umana Bella Swan e la nascita della vampira Bella Cullen; questa volta, grazie a Dio, non era successo nulla di irreparabile, ma rabbrividivo nel ripensare a ciò che avevo fatto. Se Emmett, Gabriel e Bella non mi avessero fermato avrei ucciso Edward. L’avrei ucciso perché era iperprotettivo nei confronti di quella che adesso era sua sorella, perché si era preoccupato per lei, perché era, infondo, profondamente buono e giustamente mi considerava ancora un mostro… e l’avrei ucciso perché mi aveva accusato di qualcosa che non avrei mai e poi mai potuto fare, bastardo, bastardo maledetto…
   Posai lo sguardo su Bella che camminava un passo avanti a me, silenziosa, la mano intrecciata alla mia. Che cosa mi avrebbe detto il mio piccolo cigno? Mi aveva difeso, certo, aveva parlato a Edward in modo chiaro e deciso, ma poi, quando avesse riflettuto, cos’avrebbe pensato di me? Che ero inaffidabile, che ero una creatura infernale, senza speranza di redenzione.
   Mi sentii attanagliare dall’angoscia: se Bella mi avesse rimproverato, se non si fosse più fidata di me, se mi avesse lasciato… sarei morto. Lo sapevo. In un modo o nell’altro avrei attirato l’attenzione dei Volturi e mi sarei fatto uccidere da loro. Senza Bella non avrei potuto sopravvivere all’eternità.
   Il sole stava ormai sorgendo e sarebbe stata una bella giornata, come Alice aveva previsto. I capelli di Bella mandavano riflessi ramati e io mi persi a guardarli, mentre ancora stavamo camminando tra gli alberi, lontano dalla casa, dal fiume, dalla nostra famiglia, dal mio ennesimo errore.
   D’un tratto la mia ragazza si voltò a guardami e disse, serenamente:
   - Andiamo a caccia, Jazz.
   Annuii, incapace di parlare. Una caccia era proprio quello di cui avevo bisogno per calmarmi.
   Bella mi tirò per il polso e ci mettemmo a correre, verso ovest, seguendo le deboli scie dei cervi. Ripensai alla nostra prima caccia insieme… anche allora ci eravamo tenuti per mano. Sembravano passati secoli da quel tramonto luminoso in Alaska.
   I cervi non erano lontani, raggiungemmo presto il branco e li attaccammo. Come avevo sperato, nutrirmi mi aiutò a tornare lucido, almeno in parte. Il sangue, anche quello animale, aveva sempre quel potere su di me; probabilmente era così per tutti i vampiri, dato che senza di esso non possiamo sopravvivere.
   Anche Bella era più tranquilla di prima, lo potevo percepire con chiarezza: le emozioni che mi mandava erano tranquille, positive. Una dominava su tutte: l’amore. Ancora una volta, l’amore.
   Mi avvicinai a lei e, delicatamente la presi tra le braccia:
   - Bella, tesoro… - cominciai.
   - Shhh… - sussurrò – Non dire niente, amore.
   - Scossi la testa con decisione: - Invece devo parlare. – dissi – Sento le tue emozioni, sento quanto mi sei vicina in questo momento e ciò che tu provi mi fa sentire ancora più disgustato da me stesso… non avrei voluto aggredire Edward, Bells, te lo giuro…
   - Lo so, tesoro, lo so… - mormorò lei, accarezzandomi una guancia, dolce e consolante.
   - No, non lo sai. Tu sei troppo buona, troppo pura per sapere cosa voglia dire provare una rabbia cieca e non saperla controllare. Io non potevo sopportare che mi accusasse di averti manipolata, ho commesso dei crimini in passato, ma questo… no, lo giuro sul nostro amore, non l’ho mai fatto…
   Bella mi guardò, un po’ spaventata: - Jazz, smettila di giurare, non ce n’è bisogno, so benissimo che non l’hai mai fatto, non hai sentito quello che ho detto a Edward?
   - Sì e ti ringrazio di avermi difeso… ma adesso, comunque, cosa penserai di me?
   - Che ti amo e che non conosco nessun vampiro che sia umano come te.
   Risi amaramente: - Umano? Bella, non sai quello che dici. Nutrirsi di sangue non è umano; né lo è trasformare in vampiro una ragazza, né tantomeno cercare di uccidere il proprio fratello.
   - Non l’hai ucciso, è questo ciò che conta.
   - Ma avrei potuto!
   - Lo so e credimi, se fossi stata al posto tuo, anch’io ci avrei provato.
   - Quello che ha detto sul mio dono mi ha fatto perdere la testa. – mormorai, disperato.
   - L’avrebbe fatta perdere a chiunque. – disse Bella, decisa, guardandomi negli occhi. – Jazz, non dico che tu abbia fatto una cosa giusta o ragionevole, hai sbagliato, certo e io spero che non accadrà mai più un incidente del genere. Me lo prometti?
   - Per quello che può valere, sì, te lo prometto.
   - Detto questo, sappi che è finito il tempo in cui potevo amare la perfezione, che per me era rappresentata da Edward. Ora sono cresciuta, Jasper e so che amare non significa adorare qualcuno e bearsi della sua bellezza e delle sue qualità; amare vuol dire accettare l’altro esattamente così com’è, con i suoi pregi e con i suoi difetti. Io ti ho accettato, Jazz, per come sei, ti ho accettato con il tuo passato difficile, le tue debolezze, i tuoi scatti d’ira… e tutto ciò che hai di bello.
   Sostenni lo sguardo di Bella: - E se dovesse accadere di nuovo? – chiesi – Se per qualche ragione dovessi ricadere nei miei vecchi errori?
   Bella sorrise, sempre serena: - Allora io sarò lì a prenderti per mano e a riportarti alla ragione, proprio come oggi.
   - Oh, Bells! – sospirai, abbracciandola – Sono talmente fortunato…
   Ci baciammo, con dolcezza e a me parve che in quel bacio fosse racchiusa una nuova promessa di amore eterno, bella quanto la prima, più matura e consapevole.
   Bella mi sorrise, radiosa: - Andiamo a casa, amore. Non facciamo preoccupare Esme e Carlisle.
   Feci una smorfia: - Non so se sia una buona idea, Bells… Edward potrebbe irritarsi.
   Lei ridacchiò: - Non credo che ci proverà, Jazz, in tal caso dovrebbe vedersela con me e non penso che la prospettiva lo diverta.
   Mi unii alla sua risata, anche se mi sentivo ancora scosso: - Allora andiamo. Dopotutto ci sono tante cose a cui pensare… Mi sembra incredibile che stasera insegnerò a un branco di licantropi come ci si difende da un neonato.
   - Sai, credo che Jacob ti abbia preso in simpatia. – commentò Bella, incamminandosi lentamente – E’ stato più gentile con te che con Edward. Mi dispiace che creda ancora che io sia insieme a lui, a maggior ragione dopo quello che è successo.
   Le accarezzai i capelli: - Vedrai che un giorno glielo diremo. Se tutto andrà come speriamo, Jacob tornerà a fidarsi di te, se non di tutti noi.
   - Sarebbe bello che diventaste amici… - rifletté Bella – Ma forse sto esagerando con le pretese.
   Sospirai: - Bells, amore, non credo che potrei diventare amico di un licantropo. Il massimo che posso prometterti è che se Jacob si dimostrerà degno di rispetto, io non gli farò mancare il mio.
   - Grazie, Jazz. Significa molto per me. – disse Bella, sorridendomi.
   Un raggio di sole ci colpì in pieno, mentre continuavamo a camminare e la nostra pelle si illuminò. Guardai la mia compagna e pensai che era la cosa più bella che avessi mai visto. Mille volte più bella di Alice. Perfino più bella di Rosalie. Sarei rimasto fermo a guardarla in eterno, senza stancarmi.
   La casa sul fiume sembrava addormentata, ma Esme ci venne incontro, sorridendo, materna come sempre.
   - Venite. – disse – Jazz, come stai?
   - Meglio, mamma. – risposi.
   Esme spalancò gli occhioni dorati, sbalordita:
   - Jazz… tu non mi chiami quasi mai mamma
   Le sorrisi: - Lo so, perché per molto tempo non sono riuscito a vederti davvero in questo modo e allora, il più delle volte ho evitato di farlo. Negli ultimi mesi, però, la mia vita è talmente cambiata… tu mi sei stata vicino quando Alice mi ha lasciato, come solo una madre avrebbe potuto fare e io non l’ho dimenticato. Se non fosse stato per te e per Bella, non so dove sarei adesso.
   Esme sembrava sul punto di piangere: - Jazz, non sai quanto queste tue parole mi rendano felice. Certo che mi sono presa cura di te, come avrei potuto non farlo? E lo farò sempre, tutte le volte che tu ne avrai bisogno.
   Sorrisi a fatica, commosso quanto lei. Non c’era nulla di premeditato in quel dialogo: mi era venuto spontaneo, finalmente, chiamare Esme mamma appena l’avevo vista; era un modo per farle capire quanto le volessi bene.
   - Lo spero, - dissi – perché ho bisogno anche adesso di mia madre.
   - Jazz! – Esme mi strinse in un abbraccio che mi avrebbe stritolato, se non fossi stato ben più forte di lei. Ricambiai e provai una profonda sensazione di pace. Come se fossi tornato bambino e lei, mia madre mi stesse cullando mentre dormivo.
   Bella si unì al nostro abbraccio e in cima alle scale apparve Carlisle, sorridente ed emozionato: aveva sentito tutto, naturalmente. Gli feci un cenno e lui ci raggiunse. Mi staccai da Esme per rivolgermi a lui.
   - Scusa, papà. – dissi con gli occhi bassi – Non succederà più.
   Carlisle mi batté una mano sulla spalla: - Sei perdonato, figliolo.
   - Bella, Jazz! – chiamò Alice, sollecita, dal piano superiore – Venite su, Rose ci vuole parlare!  
   - Arriviamo! – dissi, contagiato dall’ allegria che traspariva dalla sua voce. Alice era sempre la stessa, la sua vitalità era qualcosa di unico al mondo: era bello che fosse di nuovo tra noi, la nostra sorellina pestifera. Lanciai un’ultima occhiata ai miei genitori adottivi, silenziosi e sorridenti, poi presi per mano Bella e insieme salimmo le scale.

Bella

   Rosalie ci aspettava nella sua stanza, che era tre volte più grande della mia cameretta a casa di Charlie e arredata in modo infinitamente più lussuoso. Alice e Gabriel erano accanto ala finestra e sorridevano; Emmett non c’era.
   - Edward si è chiuso in camera sua. – esordì Rose, perfettamente a suo agio – Si è scusato con Esme e Carlisle per ciò che ha detto nei riguardi di Jasper, ma credo che sia ancora piuttosto scettico riguardo al fatto che uno dei suoi fratelli stia insieme a Bella.
   - Non sono affari suoi. – sbottai, subito seccata.
   - Lascia stare, Bells, rinsavirà, ormai sai anche tu com’è fatto, - disse Rosalie, con noncuranza - ha bisogno di assecondare il suo lato più teatrale per un po’, prima di ammettere che non c’è proprio nulla di male nella vostra storia.
   - Speriamo che lo capisca in fretta. – borbottai.
   - A questo proposito, Rosalie ha deciso di farci un prestito. – intervenne Alice, con entusiasmo.
   La guardai confusa: - Di che genere? – chiesi. Non mi risultava che alcun membro della famiglia Cullen, me compresa, avesse bisogno di denaro.
   - Non si tratta di soldi. – spiegò Rose, intuendo i miei pensieri – E’ di una casa che sto parlando.
   - Una casa?! – fece Jasper, incredulo.
   - Proprio così. – confermò mia sorella con un sorriso – Emmett e io abbiamo pensato che adesso che Gabriel e Bella si sono uniti a noi, questa casa è un po’ troppo stretta… non c’è spazio per due camere matrimoniali e in ogni caso credo che nessuno di voi abbia voglia di installarsi nella stanza che è stata di Alice e Jasper, quand’erano insieme.
   Se avessi potuto, sarei arrossita: l’argomento “camere matrimoniali” mi faceva pensare a qualcosa che non aveva nulla a che fare con gli spazi della casa e che occupava quasi costantemente i miei pensieri. Dato che le camere non ci sarebbero servite per dormire, l’affermazione di Rosalie si riferiva senz’altro a quella cosa. Certo, Alice e Gabriel si erano appena sposati, a quanto avevo capito in fretta e furia e avevano sicuramente bisogno di un po’ d’intimità, era facilmente intuibile dagli sguardi furtivi che si lanciavano. Quanto a me e Jasper… non avevamo ancora affrontato certi argomenti, in parte perché non ne avevamo avuto il tempo, in parte perché io ero troppo timida per parlarne e Jasper troppo gentiluomo per esercitare la benché minima pressione su di me al riguardo. Immaginavo che ciò che mi era successo con Randall l’avesse indotto ad essere estremamente cauto, perlomeno fino a dopo il nostro allenamento improvvisato, quando ci eravamo lasciati andare davvero per la prima volta. Da allora non avevo fatto che desiderare di potermi trovare di nuovo sola con lui, in un luogo che fosse soltanto nostro, dove potessimo, finalmente, conoscerci anche sul piano fisico. Volevo fare l’amore con lui e appartenergli così in modo totale, per sempre.
   Non che non avessi un pizzico di paura: dopotutto cos’ero io, se non una ragazza vergine, di appena diciotto anni?
   Però… però Jasper era la mia anima gemella, non un estraneo. Non avevo bisogno di lunghe riflessioni per rendermi conto che mi avrebbe aiutata, con la sua infinita dolcezza, a superare ogni minimo dubbio che la mia inesperienza avrebbe fatto nascere in me.
   L’offerta di Rosalie mi appariva ancora un po’ confusa, ma di una cosa ero certa: mi sarebbe sembrato di mancare di rispetto ad Alice, facendo l’amore con Jasper nella stanza dove loro due avevano condiviso tanti momenti di intimità e senza dubbio, anche a lei sarebbe sembrato di cattivo gusto riutilizzare con suo marito il letto dove tante volte si era data a Jasper. Dunque Rosalie aveva ragione, la villa che a me era sempre sembrata immensa, d’un tratto era diventata piccolissima.
   - Di quale casa stai parlando? – chiese Jasper, distraendomi dai miei pensieri.
   - Mi riferisco a quella che si trova a qualche chilometro da qui, una delle prime che Esme ha costruito per me ed Emmett. E’ piuttosto grande, voi quattro potrete trasferirvi lì, temporaneamente e vi basterebbero cinque minuti di corsa veloce per tornare a Forks, nel caso ce ne fosse bisogno. Finché dobbiamo restare qui e non possiamo comprare una casa che soddisfi tutte le nostre esigenze, mi sembra una buona soluzione. Che ne dite? Vi assicuro che è davvero spaziosa…
   - Non è spaziosa, è immensa… - rettificò Alice, sorridendo – C’è da perdersi, lì dentro. Questa, ci sta dentro comodamente tre volte, tutta intera.
   - Potrete prendervi i vostri spazi senza intralciarvi a vicenda. – continuò Rosalie – Sarà pronta tra un paio d’ore, Emmett è andato a sistemare alcune cose che noi… beh… ecco… diciamo che abbiamo lasciato un po’ di disordine…
   - Okay, Rose, risparmiaci i particolari, ti prego! - rise Alice – Non voglio sapere che cosa avete fatto tu ed Emmett lì dentro! Comunque noi accettiamo l’offerta, naturalmente!
   - Grazie, Rosalie. – aggiunse Gabriel, educatamente – Ti prometto che lasceremo ogni oggetto al suo posto, che non romperemo nulla e che se, per caso, non riuscissimo ad evitare di danneggiare qualcosa, ripareremo o ricompreremo tutto.
   - Ho solo una richiesta: - disse Rose – Emmett ha chiuso a chiave una stanza, che si trova al centro del secondo piano, gli ho chiesto io di farlo, perché quella è l’unica stanza dove non voglio che si entri, per nessuna ragione. Quella è solo mia e di Emm.
   - Naturalmente. – disse Alice, comprensiva.
   Rosalie si voltò verso me e Jazz: - E voi? Non vi piace la mia proposta?
   Jasper mi guardò interrogativamente, come a chiedermi una conferma, prima di rispondere alla sua gemella, per cui dissi:
   - Sei gentile, Rose, è una proposta generosa e se davvero non ti dispiace cederci per un po’ a tua casa, ci andremo volentieri. Però, non voglio che tu lo faccia di malavoglia, non sentirti in obbligo, o qualcosa del genere…
   Rose rise: - Bella, ho più case io che certe star del cinema, non ti preoccupare, mi fa davvero piacere darvi le chiavi!
   - Ma Emmett è d’accordo? – chiesi, ancora dubbiosa.
   - Certo, anche lui è convinto che in questo momento abitare tutti insieme provocherebbe solo disagio. Naturalmente aspettatevi qualche battuta piccante su quello che combinerete nella nostra casa, ma credo che possiate sopportarlo, vero? Mentre voi sarete lontani, noi potremo anche parlare con Edward e cercare di farlo ragionare.
   - E’ davvero un bel pensiero. – disse Jasper, sorridendo – Non so come ringraziarti, Rose.
   Rosalie batté le mani: - Allora su, preparatevi, so che avete poche cose con voi, ma ho chiamato Tanya e le ho chiesto di impacchettare tutti i nostri effetti personali che riusciva a trovare. Lei ed Eleazar ce li porteranno questa sera, andrò io stessa loro incontro, per evitare che i lupi si insospettiscano vedendo arrivare due vampiri sconosciuti.
   - Davvero? – chiesi, stupita – Hai pensato proprio a tutto!
   - Io porterò Gabriel a fare shopping! – cinguettò Alice - siamo scappati da Parigi senza fare i bagagli! E dato che a Forks, incredibile, ma vero, splenderà il sole, andremo a Portland!
   - Va bene, piccola, - disse il marito, con un ghigno – ma se dovessi stancarmi, tornerò a casa di corsa, hai capito?
   Alice gli pizzicò scherzosamente una guancia: - Io so già che non ti stancherai! – disse, prima di baciarlo con dolcezza sulle labbra.
   - Molto bene, la giornata è stata organizzata. – concluse Rosalie – Prima che tutti noi ci dedichiamo a mettere in atto i nostri propositi, però, vorrei parlare un po’ da sola con Alice e Bella.
   La guardai interrogativamente, ma Jasper diede una pacca sulla spalla a Gabriel, dicendo: - E’ meglio che ce ne andiamo di sotto, le donne hanno bisogno di parlare di noi, in privato.
   - Chi ti dice che parleremo di voi? – scherzò Alice.
   - Semplice intuizione. – replicò Jasper, facendomi l’occhiolino. Si chinò a baciarmi leggermente sulle labbra e insieme a un sorridente Gabriel lasciò la stanza.
   Rosalie si sedette sul letto, quasi rimbalzando, come una ragazzina che non vede l’ora di confidare qualcosa alle sua amiche. Ci guardò entrambe con gli occhi che brillavano e disse in tono cospiratorio:
   - E adesso che siamo sole, parliamo di cose serie!
   Da sotto il letto, tirò fuori una scatola e me la porse con un sorriso birichino.
   - Questo è un regalo per te, sorellina.
   - Un regalo? Ma mi hai appena messo a dispossizione casa tua, Rose, non dovevi farmi anche un regalo... - protestai. L'antipatia verso le sorprese non mi aveva abbandonata.
   - Aprila, che aspetti? - incalzò mia sorella.
   Obbedii e scoperchiai la scatola, che portava il logo di una sartoria che non conoscevo. Il contenuto mi lasciò allibilta: una camicia da notte, in seta, lunga, fluente e bianchissima.
   - Ma... - balbettai - ma... è per me?
  .- Certo! - cinguettò Alice - E non l'abbiamo comprata, la scatola serviva solo per nasconderla. Te l'abbiamo appena cucita, con della seta che in passato avevo conservato, con il presentimento che sarebbe servita, prima o poi. Un regalo da parte delle tue sorelle per la tua prima notte d'amore con Jasper!
   Mi voltai a guardarla, attonita:
   - Vuoi dire che hai partecipato anche tu? - chiesi - Ma, Alice... io apprezzo tutto questo, ma... insomma...
  - Ti stai chiedendo come sia possibile che a me non dia fastidio che tu e Jasper stiate insieme? - chiese Alice, seria - La risposta è molto semplice, Bella.
   Alice mi circondò le spalle con un braccio: - Io adesso ho Gabriel, è lui la mia anima gemella; Jasper ha te, siete felici e lo sarete sempre di più. Credimi, Bells, il vostro futuro è un bel futuro. 
   - Davvero? - chiesi, ansiosa - Ne sei certa?
   - Fintanto che voi siete certi del vostro amore, io sono certa del vostro futuro. E dato che il vostro amore non vacillerà, perché questo non accade mai tra due anime gemelle, posso dirti con sicurezza che la felicità, per voi, è appena iniziata. - Alice sorrise, radiosa - Ora tutti i pezzi del puzzle stanno andando al loro posto e io non ho alcun motivo per invidiare te e Jasper. Sono tanto felice per voi, davvero, siete i miei fratelli, proprio come Emm e Rose. Gabriel è tutto ciò che potessi desiderare per me e non rimpiango Jazz, anche se gli vorrò sempre bene, naturalmente.
   Le sorrisi, commossa dalle sue parole: - Alice, non pretenderei mai che tu e Jasper non vi voleste bene, avete vissuto insieme per tanti anni: so che avrai sempre un posto speciale nel suo cuore, perché gli hai dato un'amore, una famiglia, una nuova vita. E' giusto che sia così e io non sarò gelosa del vostro affetto.
   - Grazie, Bella. - mormorò Alice - era ciò che speravo mi dicessi.
   - Su, basta con la commozione! - intervenne Rose, sorridente - Abbiamo un sacco di lavoro da fare prima che arrivi stasera!
   - Intendi dire... shopping? - suggerì Alice, eccitata.
   - Anche. - rispose Rose, vaga, lanciandomi un'occhiata significativa.
   Qualsiasi cosa intendesse Rosalie, per una volta, non mi sentii a disagio o mal disposta: anche se lei e Alice mi avessero trascinata da un negozio all'altro per tutto il giorno, non me la sarei presa. Mai come in quel momento mi ero resa conto di quanto fosse bello avere due sorelle come loro.


Ok, cos'avrà in mente Rosalie?
E' in arrivo il famoso capitolo 34, che potrete leggere la settimana prossima!

Il momento tra Esme e Jasper è dedicato a una mia lettrice a cui auguro di essere presto chiamata mamma. Non dico chi è, per non metterla a disagio, ma lei capirà. Un abbraccio, cara.

E un abbraccio anche a voi!

Alla prossima!
Nini



  

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Capitolo 34
*** Il significato dell'eternità ***


Angolino dell’Autrice: sono molto felice di essere qui a postare questo tanto sospirato capitolo. Scrivere di notte mi piace tantissimo, peccato non poterlo fare sempre… Prima di tutto una precisazione: ho modificato molto lievemente il finale dello scorso capitolo perché mi sono accorta di un’incongruenza. Dato che Alice ha previsto che Forks ci sarà il sole, non è possibile che lei e le sorelle vadano a fare shopping nei paraggi di casa Cullen, perciò le ho fatto dire che andranno a Portland dove… il cielo è coperto! Scusate per la svista, la smemorataggine galoppa… Ora, dopo aver di nuovo ringraziato tutti per le recensioni, vi lascio al capitolo, niente note alla fine, l’Autrice ritiene di dover riservare le chiacchiere alle recensioni. Spero che mi lascerete un parere anche questa volta. Un abbraccio affettuoso e buona lettura!



Capitolo XXXIV:  Il significato dell’eternità


Bella

   - Uhm, non questo, il colore è troppo acceso e il modello non mi convince. – sentenziò Rosalie, posando sul ripiano del bancone l’ennesimo completino.
   La commessa, una ragazza giovane e molto carina, ci guardava in modo strano ormai da un quarto d’ora e come darle torto? Certamente si stava chiedendo chi fossero queste tre bellissime ed eleganti signorine, che sembravano intenzionate a svaligiare il suo negozio. Aveva sciorinato davanti a noi la sua merce più bella (non ci aveva messo più di due secondi a capire che eravamo ricche sfondate) e aveva ci dato un mucchio di consigli, sorridente, ma disorientata. Continuava a guardare fuori, dove, all’ombra, era parcheggiata la mercedez di Carlisle, nella quale Gabriel ci aspettava pazientemente. Forse pensava che fosse il nostro autista, o la nostra guardia del corpo…
    Erano ormai le quattro e avevo visto tanti di quei capi d’abbigliamento da sentirmi quasi confusa, nonostante la mia memoria fosse infallibile. Alice e Rosalie, al contrario, sembravano ben lungi dall’essere stanche. Mi avevano portata in tutti i negozi di Portland che conoscevano, come avevo previsto che avrebbero fatto e la mia sorellina bionda non faceva in tempo a darmi un consiglio, che il folletto moro stava già protestando e suggerendo altre dieci alternative.
   La nostra gita era iniziata a mezzogiorno, con grande disappunto di Alice, che avrebbe voluto uscire prima. A causare il cambio di programma era stato Emmett, rientrato alle dieci e mezzo: il mio fratellone aveva annunciato che la casa destinata a me, Jasper, Alice e Gabriel era pronta. L’avevamo ripetutamente ringraziato, come prima con sua moglie e la cosa sarebbe finita lì, se lui non mi avesse sussurrato all’orecchio:  - Vi prego, non rompete niente! Rose è capace di farla pagare a me…
   - Perché dovrebbe? – avevo chiesto io, perplessa – Le abbiamo già promesso che lasceremo tutto come l’abbiamo trovato, e che se dovessimo danneggiare qualcosa glielo ricompreremo… e poi, io non sono più così goffa… - gli avevo fatto notare, imbronciata.
   A quest’ affermazione, Emmett era scoppiato a ridere.
   L’avevo guardato interrogativamente.
   - Davvero non lo sai? – mi aveva preso in giro lui.
   Avevo scosso la testa, sempre più spiazzata: - No, non so di cosa tu stia parlando, lo giuro!
   Il mio fratellone aveva cercato, con evidente sforzo, di frenare la sua ilarità:
   - Beh ecco, vedi, - mi aveva spiegato - stasera, quando tu e Jasper vi scatenerete, potreste, senza rendervene conto, buttare giù un muro o qualcosa del genere…
   - Emmett Mc Carty Cullen!
   Rosalie si era avvicinata a grandi passi, guardando minacciosamente il marito:
   - Questo dovevo spiegarglielo io! – si era lamentata – Sono sua sorella!
   - Beh, e io sono suo fratello! – aveva replicato Emmett, tranquillo – Non è la stessa cosa?
   - No, non direi! Adesso lasciaci, per favore, è meglio che chiarisca le idee a Bella, prima che pensi che siamo tutti impazziti…
   Rosalie mi aveva dunque trascinata di nuovo in camera sua e aveva chiuso la porta a chiave.
   - Scusa, Bella, gli uomini qualche volta parlano senza riflettere. – mi aveva sbuffato – Siediti.
   Avevo ubbidito, un po’ intimorita dalla sua espressione stranamente solenne e allora lei mi aveva sorriso.
   - Non guardarmi così, non hai nulla di cui preoccuparti. C’è qualcosa di cui desideravo parlarti e pensavo di farlo nel pomeriggio, ma dato che Emmett non ha potuto trattenersi dal fare i suoi soliti commenti infantili, lo farò adesso, lo shopping può aspettare.
   Ed ecco spiegato cos’aveva voluto dire Rosalie quando aveva risposto in tono vago a Alice riguardo alle cose che aveva in mente di fare nell’arco della giornata. Ciò che Rose aveva in serbo per me non era altro che una chiacchierata fra sorelle sull’amore fisico tra vampiri. La mia sorella maggiore (così la consideravo, ormai) mi aveva detto che non le era sembrato il caso di coinvolgere anche Alice, dato che Jasper era pur sempre il suo ex. Non avrei potuto essere più d’accordo: volevo evitare in ogni modo di mettere in imbarazzo l’altra mia adorabile sorellina.
   Rosalie mi aveva spiegato in termini più chiari ciò che Emmett aveva detto riguardo al buttar giù i muri: era effettivamente possibile che, in balia della passione, involontariamente, Jasper e io non riuscissimo a controllare la nostra forza e velocità e dato che eravamo ben più pesanti e resistenti dei mobili di una casa, poteva accadere che trasformassimo la camera da letto in un cumulo di macerie. Rosalie mi aveva confidato che, nei primi anni della loro convivenza, lei e Emmett avevano sfasciato addirittura intere case! Poi, vedendo la mia confusione si era affrettata a rassicurarmi, dicendomi che la cosa migliore per me sarebbe stato affidarmi completamente a Jasper, che sarebbe stato più che in grado di gestire la situazione. Allora, non senza timidezza, le avevo chiesto di spiegarmi cosa si prova, interiormente, nel fare l’amore con la persona che si ama, dato che non avevo alcuna esperienza in proposito. Avevo confessato di avere paura, ma di desiderare fortemente che questo avvenisse. Rosalie era stata comprensiva e materna ed era riuscita a fugare completamente le mie preoccupazioni. Aveva aggiunto che non c’era nulla di male nell’avere paura e che Jasper mi avrebbe trattata con il massimo rispetto.
   La nostra conversazione si era conclusa con un forte abbraccio, che avevamo sciolto solo quando Alice ci aveva strillato dal piano inferiore di sbrigarci a scendere. Carlisle era stato tanto gentile da prestarci la sua auto, che essendo dotata di finestrini scuri era la più adatta ai nostri spostamenti e a Gabriel era toccato l’onore di guidarla. Avevamo raggiunto Portland e lì, Rosalie e io avevamo osservato con divertimento il modo in cui Alice convinceva suo marito a comprare questo o quello. Davvero, quei due erano molto affiatati: il legame che li univa mi appariva ancora confuso, vagamente mistico, o magico, ma si amavano, senza dubbio, di un amore vero e profondo.
   Gabriel era gentile ed educato con me e con Rosalie: ci trattava con rispetto, quasi con reverenza, come se non riuscisse ancora a credere di aver trovato una famiglia, dopo tanti anni di solitudine completa. Noi ci rivolgevamo a lui con sincera simpatia, cercando di fargli capire con ogni piccolo gesto che era il benvenuto tra noi.
   Dopo che Alice si era ritenuta soddisfatta delle sue spese, era arrivato il mio turno, come avevo temuto ed ecco perché ci trovavamo in un negozio di biancheria intima, nel quale, fortunatamente, Gabriel non ci aveva seguite.
   - Che ne dici di questo? – chiese Alice – Color lavanda… starebbe bene con la carnagione di Bella.
   - Ma non ne abbiamo scelti abbastanza? – azzardai
   - Io direi che questi sono sufficienti. – confermò Rosalie, disponendo in una pila ordinata la merce che Alice aveva già approvato – Quanto dobbiamo in tutto?
   Quando uscimmo dal negozio, la commessa, sempre più disorientata, si profuse in complimenti e saluti e pregò “le signorine” di tornare ancora.
   Erano ormai le cinque, quando Alice, Gabriel e io rincasammo. Come promesso, Rosalie andò ad incontrare Tanya ed Eleazar, che erano stati tanto premurosi da portarci le cose che avevamo lasciato in Alaska. Rosalie rientrò carica di valige e di buone notizie: Kate e Garrett si erano innamorati a prima vista l’uno dell’altra e il nomade sembrava deciso a stabilirsi definitivamente a Denali. Tanya si era detta felicissima, Garrett le piaceva molto e trovava che fosse il tipo adatto a sua sorella, anche se non lo consoceva bene; era diventato buon amico di Eleazar, che aveva sicuramente bisogno di una compagnia maschile, dato che viveva da anni solo con quattro donne ed era simpatico anche a Carmen. Nel frattempo, la storia d’amore tra Irina e Laurent sembrava aver preso, finalmente, la direzione giusta e Tanya si augurava che un giorno non troppo lontano, anche loro sarebbero tornati a Denali.
   Eleazar si era informato sugli eventi che avevano seguito la nostra partenza improvvisa e aveva pregato Rosalie di non esitare a chiamare lui e il resto del clan se avessimo avuto bisogno di aiuto.
   Le sei arrivarono cogliendomi di sorpresa. Ci recammo tutti insieme al confine tra il territorio dei Cullen e quello dei licantropi. Edward aveva lasciato il suo rifugio per fare da interprete, dato che Jake e i suoi fratelli sarebbero venuti tutti in forma di lupo, in modo da poter osservare meglio le mosse che Jasper avrebbe insegnato loro.
   Trovammo il branco già riunito, in attesa e con mia grande sorpresa erano presenti anche Leah e Seth: incrociai lo sguardo di Leah che rizzò il pelo ed emise un ringhio sommesso, non proprio amichevole; Seth invece aveva le orecchie basse e uggiolava piano.
   Fu una strana riunione: noi combattemmo tutti contro Jasper, a turno e ad ogni scontro corrispondeva un tipo diverso d’insegnamento. Quando toccò a Edward, per un attimo ebbi paura. Sapevo che in circostanze normali non era vendicativo, ma dopo quello che era avvenuto tra loro, non potei impedirmi di credere che avrebbe approfittato dell’opportunità per attaccare Jasper e magari fargli del male.... Alice si affrettò a stringermi la mano per rassicurarmi e restammo così per tutto il tempo dello scontro tra i due vampiri. Fortunatamente non accadde nulla di sospetto. Come aveva fatto con tutti gli altri, Jasper si limitò a dare indicazioni e rimase impassibile: il fratello fece altrettanto, con mio immenso sollievo.
   Poi Jasper si voltò verso i lupi e chiese se qualcuno di loro avesse voglia di provare a simulare un combattimento contro di lui.
   La sua affermazione suscitò brontolii sommessi da parte del branco, ma Jacob si fece avanti, a testa alta.
   - Dice che l’idea gli piace. – riferì Edward – Ma ti raccomanda di tenere le tue zanne lontano dal suo collo, ha detto proprio così…
   - Naturalmente. – confermò Jasper, pacato. – Coraggio, Jacob, attaccami!
   Il lupo partì alla carica e diede inizio al combattimento più emozionante che avessi mai visto. Non si ferirono, naturalmente, non si sfiorarono nemmeno: Jasper simulò le mosse che i neonati avrebbero potuto usare per attaccare Jake e il licantropo gli mostrò come si difendevano quelli della sua specie. Li osservai, affascinata: tifavo per Jasper, naturalmente, ma una piccola parte di me era felice anche della forza e della velocità di Jake, che almeno una parte di me considerava ancora un amico d’infanzia. Vederlo così mi rassicurava e mi faceva pensare che in uno scontro con Victoria e i vampiri che erano con lei, non avrebbe avuto problemi a uscirne illeso. Lo scontro si concluse dopo parecchio tempo, in perfetta parità. Nessun altro dei lupi volle imitare l’esempio di Jacob, ma il loro atteggiamento diffidente era comprensibile e Jasper non insistette. La riunione si sciolse alle sette e mezzo e salutammo il branco in modo… civile. Non amichevole, non ancora. Civile.
   Non appena se ne furono andati, Rosalie estrasse dalla tasca due mazzi di chiavi che fece tintinnare un paio di volte prima di lanciarli in aria. Ne presi al volo uno, l’altro finì dritto tra le mani di Alice.
   - Ed ora andiamo a vedere la vostra nuova dimora! – disse Rosalie, entusiasta.
   
   Dieci minuti dopo eravamo tutti e sei stipati nella jeep di Emmett (Alice sedeva sulle ginocchia di Gabriel). Il bagagliaio era pieno di borse che le mie solerti sorelline avevano preparato di ritorno dallo shopping. Preferivo non sapere cosa avrei trovato nella mia.
   La casa di Emmett e Rosalie ci aspettava, addormentata sotto il cielo che cominciava a colorarsi di blu. La riconobbi subito, prima ancora che me la indicassero, perché solo Rosalie avrebbe potuto possedere una casa del genere.
   Più che una semplice casa, sembrava una reggia: era sviluppata soprattutto in orizzontale e sorretta da un ampio porticato, le cui colonne svettavano snelle, ma solide e le conferivano un aspetto simile a quello dei palazzi che potevo aver visto in Italia, a Volterra. La facciata era color avorio, e ogni singola finestra era decorata in modo elaborato e raffinato. Guardai verso l’alto e vidi che oltre ai quattro piani che la costruzione vantava, un’enorme terrazza occupava la superficie del tetto. Infine, il giardino: un lungo viale alberato conduceva dritto alla porta principale, mentre tutt’intorno aiuole e fontanelle creavano un’atmosfera quasi magica, avvolte nella soffusa luce serale.
   Tutto ciò doveva essere costato miliardi. Non riuscivo a credere che Rosalie volesse cedere a noi una simile meraviglia. Potevo solo immaginare come fosse l’interno…
   La jeep percorse tutto il viale e si fermò davanti all’ingresso. Scendemmo tutti e Rosalie chiese a Alice:
   - Sai dove alloggerete?
   - Certo, l’ho già visto. – rispose Alice, con un sorriso felice – Gabriel e io andremo al primo piano, Jasper e Bella all’ultimo!
   Emmett rise: - Mai una volta che si riesca a farti una sorpresa, vero Alice? Beh, ragazzi, passate una buona notte e domani chiamateci, d’accordo?
   - Certo. – annuì Jasper, cingendomi le spalle con un braccio – E voi chiamateci immediatamente se ci dovessero essere problemi.
   - Non preoccuparti. – disse Rosalie – Di guardia a Forks c’è l’intero branco, oltre a cinque di noi. Credo che almeno per questa notte voi quattro possiate stare tranquilli.
   - Non fateci l’abitudine, però! – s’intromise Emmett – Domani sera tocca a voi fare la guardia!
   - Tranquillo, fratellone, domani sera ci saremo! – gli dissi, con affetto.
   - Allora noi andiamo. – disse Rose – Buonanotte, ragazzi.
   Li osservammo risalire in macchina e allontanarsi. Poi Alice aprì la porta con la sua chiave ed entrammo nell’androne più lussuoso che avessi mai visto in vita mia.
   - Noi andiamo di qua. – sussurrò mia sorella, sfiorandomi il braccio con la mano – Buonanotte.
   - Buonanotte, Alice. – risposi, sorridendole. Lei prese per mano il marito e io vidi lo sguardo pieno d’amore e di emozione che si scambiarono. Per un attimo dimenticai tutto il resto, persa nella contemplazione della loro felicità. Erano così belli…
   Fu Jasper a riscuotermi, mormorando: - Vieni, Bella, andiamo di sopra.
   Mi cinse la vita con un braccio e io posai il capo sulla sua spalla, fiduciosa. Il pensiero di quello che stava per accadere tra noi, che avevo cercato di accantonare per tutto il pomeriggio, tornò prepotentemente ad affacciarsi alla mia mente; dimenticai i pericoli che ci attendevano fuori da quella casa meravigliosa, dimenticai la nostra famiglia, Alice e Gabriel…
   Percorremmo un infinità di scale, lunghi corridoi dove facevano bella mostra di sé enormi quadri (tutti originali, senza dubbio) e giungemmo infine all’ultimo piano.
   - Credo che la nostra stanza sia questa, Emmett è stato qui stamattina. – disse Jasper, dirigendosi verso una porta in legno scuro. Essa si aprì non appena Jasper la sfiorò.
   Ciò che vidi mi lasciò senza fiato: eravamo sulla soglia di una camera da letto, ampia e ariosa. Le pareti erano color avorio e cremisi e così pure il letto a baldacchino, le cui tende in velluto rosso erano in netto contrasto con il biancore delle lenzuola. Una porta finestra che dava, probabilmente su un balcone, era celata ala nostra vista da tende bianchissime e leggere come nuvole. I mobili erano tutti di legno pregiato, di colore scuro, forse mogano. Una graziosa lampada che si trovava su uno dei comodini accanto al letto diffondeva una luce calda e dorata tutt’intorno. Non avevo mai visto una stanza più bella.
   E all’improvviso l’emozione mi strinse la gola.
   - Jasper? – chiesi con un fil di voce – Potresti… per favore, potresti lasciarmi un minuto da sola? Ho bisogno… di ambientarmi.
   Il mio discorso era quanto di più incoerente avessi mai detto, ma Jasper capì ugualmente. Mi baciò delicatamente sulla fronte e disse che sarebbe andato a fare una doccia, per ripulirsi dopo l’allenamento.
   Rimasi sola nella grande stanza, chiusi la porta e lentamente mi sedetti sul letto, cercando di calmarmi. Non dovevo avere paura. Quello che stava per succedere era del tutto naturale, non era un esame, non era una gara…
   Aprii la mia valigia e tirai fuori la camicia da notte che le mie sorelle mi avevano cucito, senza degnare di un’occhiata il resto: tenere tra le mani quell’indumento, che racchiudeva tutto il loro amore servì a tranquillizzarmi. Lo indossai, senza nient’altro sotto. Poi spazzolai a lungo i miei capelli arruffati, fino a districare tutti i nodi e a renderli di nuovo lucenti.
   Avevo appena finito, quando un lieve bussare alla porta mi fece sussultare:
   - Bella? Posso entrare? – chiese Jasper, con dolcezza.
   Andai ad aprire e non appena incrociai il suo sguardo azzurro-dorato ogni paura mi abbandonò. Jasper non era mai stato più bello: nemmeno quando l’avevo ascoltato suonare, o quando avevamo ballato insieme. Si era cambiato, dopo la doccia ed era vestito di tutto punto, un particolare che mi intenerì: capii che l’aveva fatto per non mettermi a disagio. Nel guardarlo non pensai più a me stessa e alla mia sciocca apprensione, ricordai solo che lo amavo, che lui mi amava e che per il nostro amore avremmo fatto qualsiasi cosa.
   Non ci fu bisogno di parlare. Jasper chiuse la porta, escludendo il mondo esterno dal nostro piccolo paradiso personale. Le sue labbra trovarono presto le mie e il nervosismo lasciò il posto al desiderio in meno di un secondo. Chiusi gli occhi e mi abbandonai all’abbraccio dell’uomo che amavo, restituendo suoi baci.
   Jasper mi sollevò tra le braccia e mi posò con delicatezza al centro del letto. Si sdraio accanto a me e per un lungo, magico istante ci guardammo negli occhi.
   - Bella… - sussurrò, con quella sua voce profonda e sensuale che sapeva sempre imprigionarmi in un incantesimo oscuro e meraviglioso.
   - Jasper… - risposi nello stesso tono, sfiorandogli con una mano la guancia e il collo su cui spiccavano le sue cicatrici.
   I nostri nomi furono le uniche parole che pronunciammo. I baci e le carezze si fecero sempre più intensi e la mia camicia da notte cadde a terra, insieme agli ultimi residui di timidezza. Lasciai che la passione prendesse il sopravvento sulla ragione, allontanai da me tutto ciò che non era Jasper. Jasper con il suo sguardo pieno d’amore e desiderio, incatenato al mio; Jasper con le sue cicatrici, ferite di guerra ancora pulsanti nel suo cuore; Jasper con i suoi capelli d’oro; Jasper con la sua voce dolce che sussurrava il mio nome come nessun altro avrebbe saputo fare.
   E quando, infine, divenni una cosa sola con lui, mi parve che il significato della mia esistenza e dell’eternità che mi era stata donata fosse racchiuso nel nostro amplesso.
   Questa è la vita.
   Questo è l’amore.
   



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Come, show me your Kindness
In your arms I know I'll find it,
Don't you know with you I'm born again?
Lying safe with you, I'm born again!
  

Il banner è di nanerottola!

Un abbraccio, a presto con il prossimo capitolo!

Niniane


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Capitolo 35
*** Sinfonia d'amore ***






Capitolo XXXV: Sinfonia d'amore

Jasper

   Non avevo più alcun bisogno di chiedermi se esisteva il paradiso, per quelli come me. Il mio paradiso l’avevo trovato in Bella. Forse, una volta che la mia seconda esistenza si fosse conclusa, eventualità che avrebbe potuto verificarsi, un giorno, indipendentemente dalla mia volontà, sarei comunque andato all’inferno. Dopotutto ero un criminale, un assassino, il più terribile e spietato dei predatori, ero un peccatore, più di tanti umani… ma l’avrei sopportato. L’inferno non sarebbe stato così atroce se avessi potuto conservare un ricordo del paradiso, non l’avrei nemmeno definito un luogo di supplizi, se solo Dio mi avesse concesso la grazia di ricordare la felicità che avevo potuto conoscere in vita.
   Tutte le ferite che mi erano state inferte in passato, fisiche e psicologiche, parvero richiudersi, questa volta per sempre, grazie ai baci e alle carezze di colei che era diventata, finalmente, una cosa sola con me. Non intendevo negare che Alice fosse riuscita a donarmi un po’ di pace. Non dimenticavo quanto quella piccola e forte vampira aveva fatto per me, non lo dovevo dimenticare: il mio debito di riconoscenza nei suoi confronti era immenso. Eppure, con Alice non mi ero mai sentito così in pace con me stesso. Non si trattava di semplice serenità, ma di qualcosa di più profondo, come se avessi finalmente individuato la ragione per la quale esistevo: non credevo più di essere stato trasformato in vampiro per combattere o per uccidere, né per espiare le mie colpe vivendo all’ombra di una famiglia i cui componenti erano di gran lunga migliori di me.
   No, l’immortalità mi era stata donata perché potessi incontrare e amare Isabella Marie Swan. La mia Bella.
   La sua pelle, bianca e luminosa come l’alabastro, morbida e delicata a contatto con la mia, era più dolce e lenitiva di qualunque farmaco e benché il profumo che essa emanava mi inebriasse al punto che faticavo a mantenere il controllo su me stesso, un senso di pace infinita si faceva strada in me, oltre alla passione che sembrava aver richiamato in vita il mio cuore muto.
   Come descrivere la complessità di ciò che provavo?
   Sentire Bella abbandonarsi completamente a me, senza paura e senza vergogna mi rendeva felice, oltre che pieno di desiderio di lei. La sua bellezza mi abbagliava, la perfezione del suo corpo era
tale che non potevo staccarle gli occhi di dosso un solo istante. Le mie mani la accarezzavano, frementi e adoranti allo stesso tempo. Sapere che ero il suo primo amante e avere la certezza assoluta che sarei stato anche l’ultimo, mi riempiva d’orgoglio.
   Cercai di mantenermi lucido il più possibile, per non spaventare il mio piccolo cigno, mentre la facevo mia; non dovevo dimenticare che era una giovane donna che si stava donando a un uomo per la prima volta. Il suo corpo si aprì a poco a poco, come uno scrigno pregiato, e lei sorrise per un breve istante, felice e turbata esattamente come me. I suoi occhi non espressero alcun timore, solo desiderio e tutto l’amore che avessi mai osato sognare di ricevere.
   Non smisi mai di baciarle il viso e il collo mentre, ancora increduli, facevamo l’amore per la prima volta: volevo rassicurarla, o forse volevo rassicurare me stesso. Mi sentivo come se fosse stata la prima volta anche per me e tutte le mie esperienze precedenti sembravano svanite nella nebbia. Bella circondò la mia schiena con le braccia e con le gambe, stringendosi a me e accarezzò con estrema delicatezza le cicatrici che deturpavano il mio volto. Affondai dentro di lei ancora di più e nel momento in cui la sentii rispondere alle mie spinte con uguale intensità, perdetti anche l’ultimo barlume di raziocinio. Insieme, ci abbandonammo a quell’esperienza incredibile e meravigliosa.
   La lampada sul comodino continuava a diffondere la sua luce bassa e rassicurante e io, pensando improvvisamente a ciò che ci aspettava, desiderai con intensità quasi dolorosa che tutto finisse presto e che la felicità predetta da Alice per me e per Bella potesse avere inizio, senza più nubi nere all’orizzonte.
   

   Bella

   L’alba arrivò troppo presto per i miei gusti. Il sole avrebbe impiegato del tempo a raggiungere l’ultimo piano dell’immensa e assurda casa di Rosalie, ma vidi ugualmente il cielo tingersi prima di rosa, poi d’oro e infine d' azzurro.
   Mi voltai sorridendo verso Jasper che, girato su un fianco, mi osservava in silenzio, accarezzandomi un braccio con il dorso della mano.
   La passione si era momentaneamente placata e, dato che non potevamo addormentarci come gli esseri umani, eravamo rimasti semplicemente fermi e silenziosi, a lungo, in uno stato di rilassamento che ricordava vagamente il sonno.
   Il mio compagno sorrise:
   - Come stai, tesoro? - chiese premuroso.
   Sorrisi a mia volta:
   - Sto bene, amore mio. Anzi, più che bene, direi.
   Jasper mi accarezzò una guancia: - Vorrei solo che tu fossi felice, sempre.
   - Ma lo sono, Jazz. In questo momento credo che non esista nessuno più felice di me. Non ricordo nemmeno che presto affronteremo una battaglia…
   Lui sospirò: - Io lo ricordo fin troppo bene. Vorrei tanto che potessimo evitarlo, Bella… ma temo che non sia possibile, Victoria attaccherà, prima o poi.
   Lo abbraccia di slancio, affondando insieme a lui tra le lenzuola:
   - Jazz, amore, affronteremo ogni cosa, insieme, Ora pensa solo a noi due…
   Jasper ricambiò l’abbraccio e per alcuni secondi nessuno dei due parlò.
   - Posso chiederti una cosa? – azzardai, timidamente, dopo un po', alzandomi sui gomiti per poterlo guardare in volto.
   - Certo, dimmi.
   Mi sentii arrossire, anche se ovviamente non era possibile : - Ecco… volevo chiederti… se… se… insomma, se è andato tutto bene…
   Jasper mi sollevò il viso con due dita:
   - Mi stai chiedendo se sei stata all’altezza della situazione? – chiese, perspicace.
   Abbassai lo sguardo, imbarazzatissima, ma quando rialzai gli occhi vidi che il mio uomo sorrideva, sereno e quasi commosso:
   - Bella, amore della mia vita, è stata una notte meravigliosa e so che sarà così per sempre, tutte le volte che faremo l’amore. Non farmi più una domanda del genere, tesoro, non devi dubitare di te stessa.
   Non potei trattenere un sorriso raggiante e lo baciai con trasporto. Cademmo di nuovo, insieme, tra le lenzuola e la magia ricominciò…
   - Credo che dovremmo tornare a casa. – sussurrai, all'improvviso  – Ci staranno aspettando…
   - Hai ragione, dovremmo chiamare Rosalie. – sospirò Jasper – Prima però c’è un’altra cosa che vorrei fare.
   Si alzò e cominciò a vestirsi; io lo imitai e tra gli abiti che Alice e Rose mi avevano preparato ne scelsi uno bianco, di cotone. Il sole si era alzato e cominciava a filtrare attraverso le tende, avvolgendo la stanza in una luce chiara e allegra.
   Jasper indossò una camicia azzurra e un paio di pantaloni chiari: era elegante e semplice allo stesso tempo e ogni volta mi ritrovavo ad ammirarlo. Si diresse verso una delle innumerevoli borse che ci eravamo portati dietro e ne estrasse qualcosa: una custodia lunga e rigida che riconobbi immediatamente.
   Il suo flauto.
   - Eleazar me l’ha riportato dall’Alaska. – spiegò, cogliendo la mia occhiata sorpresa – Ne sono stato felicissimo, non mi andava di averlo lasciato lì…
   - So quanto ci tieni a quello strumento. – dissi, avvicinandomi a lui – Mi piacerebbe ascoltare qualcosa.
   Jasper sorrise: - Era proprio quello che speravo. – mormorò teneramente – Sdraiati e chiudi gli occhi, amore.
   Obbedii, tornai verso il letto e mi adagiai tra le coltri, chiudendo gli occhi. Un attimo dopo, il suono limpido e dolce dello strumento giunse alle mie orecchie e io iniziai a sognare.
   Jasper stava suonando un brano che non conoscevo: si trattava di una melodia dolcissima, molto lenta e in tempo ternario, caratterizzata da note lunghissime perfettamente legate l’una all’altra. Gorgheggi, scale e trilli erano completamente assenti e la musica procedeva, misteriosa e pura, dandomi l’impressione di galleggiare a mezz’aria, o di nuotare nella profondità dell’oceano. Bianco e azzurro, argento e blu, erano i colori che quella melodia sconosciuta mi faceva immaginare.
   Quando il flauto tacque, aprii lentamente gli occhi e vidi che il sole stava ormai inondando la stanza: in quella fulgida luce, Jasper sembrava ancora più bello.
   - E’ meraviglioso… - mormorai, incantata – ogni cosa lo è… questa musica… tu sei meraviglioso…
   - L’hai ispirata tu. – disse Jasper, piano – Spero tanto che ti sia piaciuta.
   - L’ho ispirata io?
   Non potevo crederci.
   Ricordai che anche Edward mi aveva dedicato un brano musicale, d’incomparabile dolcezza. Solo che un conto era Edward, così legato alla musica, al suo pianoforte… ma Jasper! Jasper il guerriero, Jasper il condottiero, Jasper il predatore…
   Non era la stessa cosa: Edward aveva dedicato una canzone anche a Esme e certamente sarebbe stato in grado di comporre un pezzo per ciascuno dei membri della sua famiglia. La sua ninnananna era qualcosa che avrei ricordato per sempre e che mai e poi mai avrei disprezzato.
   Eppure il gesto di Jasper, forse perché inaspettato, forse perché sapevo che non aveva dedicato nemmeno una nota ad Alice o agli altri Cullen mi parve doppiamente pregiato.
   - Jazz, è bellissima. – lo rassicurai – Come potrebbe essere altrimenti? Parla del nostro amore. Forse è perfino troppo bella, non so se me la merito…
   Lui posò lo strumento e prese le mie mani tra le sue:
   - Niente è abbastanza bello per te, Bella. - disse, in tono deciso.
   Ci guardammo negli occhi, a lungo.
   - Devi darle un titolo. – mormorò Jasper – A che cosa ti fa pensare?
   A cosa mi faceva pensare?
   A tante cose: ai giorni in cui lui e io ci eravamo sostenuti e consolati a vicenda, dopo che Edward e Alice se n’erano andati; al momento in cui avevo capito di essere innamorata di lui; al nostro primo bacio, al nostro lago, a quella notte iniziata così male e finita nel migliore dei modi e…
   - Luna di mezzanotte. – sussurrai.
   - Come?
   - Jazz, ricordi il nostro primo bacio? Era circa mezzanotte e c’era la luna piena che illuminava quel piccolo lago… io… la musica me l'ha fatta tornare in mente.
   Jasper annuì, pensieroso: - Luna di mezzanotte. – mormorò – Bellissimo.
   Gli passai le braccia intorno al collo: - Nessuno saprà a cosa ci riferiamo quando ne parleremo.
   Ci baciammo con dolcezza e il sole continuò a illuminarci, benevolo e splendente.
   Ma le sorprese non erano ancora finite.
   Jasper si staccò da me e mi guardò in modo stranamente intenso:
   - Bella, c’è una cosa che vorrei chiederti. – disse.
   - Dimmi.
   Si avvicinò alla giacca che aveva lasciata appesa accanto alla porta della camera e da una delle tasche estrasse qualcosa. Lo guardai incuriosita, intuendo che si trattava di un oggetto piuttosto piccolo, ma non avrei mai immaginato che fosse…
   - Isabella Marie Swan, - disse Jasper con voce chiara, inginocchiandosi ai miei piedi e prendendo la mia mano sinistra nwlla sua, prima che potessi muovere un muscolo o dire una sola parola  – Mi vuoi sposare?
   Per forse un secondo il mio cervello andò completamente in tilt.
   Mi vuoi sposare?
   In astratto, io consideravo il matrimonio come qualcosa di orribile e da evitare ad ogni costo, questo perché tra i miei genitori non aveva funzionato.
   Allora perché la proposta di Jasper non mi lasciava inorridita?
   La spiegazione poteva trovarsi nel fatto che Alice aveva previsto che ci saremmo sposati e quindi per me, in realtà, non era una sorpresa così grande.
   Oppure, più semplicemente, il tutto aveva a che fare con Jasper. Nessuna donna poteva essere tanto sciocca da odiare la prospettiva di un matrimonio quando lo sposo sarebbe stato l’uomo che amava più di sé stessa e con il quale desiderava condividere ogni istante della sua vita, nel bene e nel male.
   Sposati o no, Jasper e io saremmo rimasti sempre gli stessi: il matrimonio sarebbe stato solo un vincolo che ci avrebbe ulteriormente uniti, agli occhi del mondo, ma dopo che fosse avvenuto, niente in noi sarebbe mutato.
   - Sì. – dissi, con semplicità – Sì, Jasper, con tutto il cuore.
   Jazz non si rialzò ancora.
   - Sei sicura, amore mio? Sei certa di potermi accettare così come sono, per sempre?
   Mi inginocchiai a mia volta, davanti a lui per guardarlo negli occhi: - Jasper, ti ho già detto che ti amo esattamente come sei. Non ti vorrei diverso.
   Lo sguardo azzurro-dorato del mio amore si illuminò.
   - Allora permettimi di donarti questo. – disse.
   Aprì la scatolina scura e un attimo dopo un anello leggero e delicato era infilato al mio anulare sinistro.
   Non era un gioiello vistoso, il modello era molto classico, in oro bianco e con un unico diamante  incastonato sulla sommità. Lo adorai subito, anche se in genere non apprezzavo particolarmente i gioielli: il significato che quel cerchietto d’oro racchiudeva era il più bello che potessi immaginare.
   - Amore è… oh, Jazz, sono così felice! – esclamai, buttandogli le braccia al collo – Ma dimmi… per curiosità… quando mi hai comprato questo anello?
   Jasper rise, pieno di sollievo, ora che avevo accettato la sua proposta: - L’ho comprato in Alaska, con l’aiuto di Rosalie e Carmen, ma ho aspettato a dartelo, perché temevo che tu non fossi pronta per questo passo.
   - E di questo ti ringrazio, tesoro, ma credo che avrei accettato comunque, come avrei potuto rifiutarti, quando ti amo così tanto? Pensi che saranno contenti? – chiesi, alludendo alla nostra famiglia.
   - Ma certo, tesoro, in fin dei conti credo che se lo aspettino. Che ne dici di andare subito a dar loro la notizia?
   - Sì, amore andiamo! – Mi alzai, presi Jasper per il polso e per un momento quasi ci mettemmo a ballare. Eravamo tanto felici…
   Il ricordo di ciò che ci aspettava irruppe nei miei pensieri e Jasper colse subito il mio cambiamento d’umore.
   - Cosa c’è, Bella?
   - Jasper, - mormorai, improvvisamente inquieta – promettimi che ci sposeremo subito, quando tutto sarà finito.
   Lui mi strinse a sé e mi baciò tra i capelli: - Sì, amore te lo prometto e sai dove ci sposeremo?
   - Dove?
   - A Denali, vicino al nostro lago.
   Annuì solennemente, lo sguardo incatenato al suo:
   - A Denali, Jasper. E’ una promessa.




Buonasera care lettrici e ben trovate! Sono di corsa, perciò sarò breve. Vi ringrazio di aver recensito la mia storia e di seguirmi sempre con tanto affetto. Ora, come avete potuto vedere, il quadro è completo, resta solo da sconfiggere Voctoria e i suoi neonati... o così dovrebbe essere! Nel prossimo capitolo, che spero di postare la settimana prossima ci saranno altre sorprese! Mi auguro che il fidanzamento di Bella e Jasper vi sia piaciuto.
Sono costretta a ribadire ciò che ho scritto nell'altra mia storia, "L'amore è un Canto": a me stanno bene recensioni di ogni tipo purché non siano stupide e una di veramente stupida mi è arrivata per lo scorso capitolo. Recensite con tranquillità, criticate pure, se dovete, ma vi prego, fatelo in modo costruttivo. Detto schiettamente, non me ne faccio nulla di recensioni da cui risulta palesemente che la storia non è stata nemmeno letta. Anzi, ci rimango anche male, perché per questa storia, come per le altre, ci sto mettendo molto impegno e molta passione e certi commenti fanno davvero cadere le braccia.
Bene, finita la ramanzina, scusatemi, non dimentico assolutamente tutte le persone che hanno recensito fin qui con affetto e gentilezza, oltre che rispetto verso la mia storia. Vi ringrazio tutti e sappiate che vi voglio bene e tengo a voi.
Ci ritroviamo, spero prima di pasqua con il prossimo capitolo.
Un bacione grande
Vostra Nini

   
  

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Capitolo 36
*** In famiglia ***


 


Capitolo XXXVI: In famiglia


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Bella

   Scoprimmo che Alice e Gabriel ci avevano preceduti, per cui ci affrettammo a correre a casa, attraverso il fitto degli alberi perché il sole non ci colpisse in pieno. Rallentammo solo in vista del fiume e allora Jasper mi chiese a cosa stessi pensando.
   - Ai miei genitori. – risposi – Charlie e Renée… mi chiedo cosa penserebbero se venissero a sapere che presto mi sposerò. Renée probabilmente andrebbe su tutte le furie: per lei, il matrimonio a diciotto anni è qualcosa di inconcepibile. Charlie invece… credo che potrebbe fare un infarto.
   Jasper rifletté per un momento sulle mie parole:
   - Non credo che reagirebbero così, sai? - rimuginò – Tua madre pensa così male del suo matrimonio perché per lei, sposarsi da giovanissima è stata un’esperienza fallimentare, ma immagino che sappia che tu non sei la sua fotocopia. Da quello che ho potuto capire dai tuoi racconti al riguardo, siete molto diverse, sono certo che tua madre ne è consapevole. Inorridirebbe se sapesse che sei un vampiro che ti sposerai con un vampiro, piuttosto che per un problema d’età, non credi? Lo stesso vale per Charlie, naturalmente.
   - Charlie non ha mai avuto molta simpatia per Edward. – raccontai – Forse tu gli piaceresti di più, ma probabilmente hai ragione, se sapesse cosa sono diventata, l’infarto sarebbe il minimo che potrebbe capitargli!
   - Tuo padre sembra un tipo sveglio, - disse Jasper – forse ha sempre intuito che i Cullen non erano come te e lui. Ha potuto osservare Edward da vicino e la sua diffidenza nei nostri confronti può solo essere aumentata. E poi, forse Charlie aveva capito che Edward non ti avrebbe resa felice a lungo… certe cose i padri le sentono.
   Sorrisi, poi un velo di tristezza si posò su di me.
   - Mi piacerebbe tanto poterli rivedere, tutti e due e poterli salutare. Anche solo per un minuto.
   Jasper mi avvolse in una nuvola di serenità.
   - So quanto lo vorresti, amore mio, ma non è possibile e non sai come mi dispiace non poter esaudire il tuo desiderio.
   Scossi la testa, cercando di scacciare la malinconia.
   - Non preoccuparti, Jasper, so che non è possibile. Piuttosto, io vorrei davvero che almeno Jake sapesse la verità. Tutta la verità.
   Lo sguardo di Jasper si indurì:
   - Non possiamo rischiare, Bella. E’ troppo presto, non sappiamo ancora quanto possiamo fidarci di lui.
   - Ma ha accettato di aiutarci! Jazz, non voglio fingere di essere la compagna di Edward, non ne sono in grado, dopo quello che ha detto l’altra notte!
   - So che è difficile, - disse Jasper, conciliante, cingendomi le spalle con un braccio – ma temo che non ci sia altro da fare per ora. I licantropi sono estremamente inaffidabili, Bells, Jake non ci penserebbe due volte a piantarci in asso e magari ad attaccarci di nuovo se sapesse la verità sulla tua trasformazione e quello che è successo dopo.
   Lo guardai a bocca aperta, incredula: - Mi stai dicendo che non ti fidi affatto di lui? E io che credevo vi piaceste a vicenda!
   - Jacob sembra animato da ottime intenzioni e senza dubbio ti vuole bene, ma è un giovane licantropo ed è questo a fare di lui una creatura imprevedibile. Sarei molto più tranquillo se si trattasse di Sam Uley, sembra molto più maturo e controllato di Jacob.
   Jasper stava parlando in termini molto chiari e sensati e una parte di me era convinta che avesse ragione. Tuttavia, desideravo veramente poter contare di nuovo su Jacob e potergli confidare tutti i segreti che mi stavo tenendo dentro. Mi sentivo certa del fatto che alla fine avrebbe capito, magari avrebbe brontolato un po’ e mi avrebbe senz’altro dato di nuovo della stupida per essermi avvicinata ai Cullen, ma poi si sarebbe rabbonito.
   - Presto o tardi glielo dirò. – insistei. Poi vedendo che Jasper stava per ribattere, preoccupato e forse anche un po’ irritato dalla mia cocciutaggine aggiunsi: - Mi assicurerò che si fidi davvero di me e che abbia abbandonato almeno qualcuno dei pregiudizi sui vampiri che si porta dietro. Non agirò affrettatamente, sarò cauta, lo prometto.
   Jazz mi diede un buffetto: - Sai sempre come convincermi, eh? Va bene, intanto pensiamo a parlare con il resto della famiglia e poi si vedrà…
   Un paio di minuti dopo varcammo la soglia di casa e la prima accoglienza che ricevemmo fu il fischio lungo e acuto di Emmett.
   - Emm, tesoro, non ti avevo pregato di evitare battute e scherzi? – sentimmo dire a Rosalie.
   - Io non sto facendo battute! – protestò Emmett – Era solo un fischio di benvenuto ai nostri piccioncini!
   Rosalie gli diede una lieve e affettuosa botta sulla nuca e Alice si avvicinò a noi, danzando.
   - Ce ne avete messo di tempo! – commentò – Noi siamo arrivati un’ora fa! Che è successo?
   Le feci una linguaccia: - Come se tu non lo sapessi già! – la presi in giro.
   Alice alzò le spalle, ridendo: - Facciamo finta che io non sappia nulla, per una volta, va bene? Allora, ce la date la notizia?
   - Quale notizia? – chiese Esme, arrivando dalla cucina.
   Jasper mi circondò con entrambe le braccia e per un momento contemplò il mio viso come se non avesse mai visto niente di altrettanto bello. L’amore e l’orgoglio che trasparivano dai suoi occhi mi lasciarono senza fiato. Poi sorrise agli altri e finalmente annunciò: - Ho chiesto a Bella di sposarmi e lei ha accettato. Ci sposeremo a Denali, non appena ci saremo liberati di Victoria.
   Il primo a muoversi fu Carlisle, che ci venne incontro sorridendo e ci abbracciò entrambi, dicendo: - Congratulazioni, figlioli!
   Poi toccò a Esme, felice come non l’avevo mai vista, la quale ci sussurrò all’orecchio gli auguri più belli e materni che potessi desiderare. Quindi furono le braccia di Alice, Rosalie, Emmett e Gabriel a circondarci.    Solo nel momento in cui anche quell’abbraccio collettivo si sciolse, in cima alle scale comparve Edward.
   La sua apparizione mi ricordò molto la sera del mio compleanno: quando ero entrata in quella casa, insieme a lui, era stato Jasper a rimanere in disparte, come se volesse nascondersi da me. Ora invece era l’esatto opposto: Jasper mi aveva scortata dentro casa ed era toccato a Edward rimanere nell’ombra. Che ironia: i ruoli dei due fratelli si erano dunque invertiti?
   Edward scese le scale lentamente e il suo sguardo incrociò il mio. Quando fu davanti a noi, si rivolse a Jasper.
   - Innanzitutto vorrei scusarmi. – esordì, con la sua voce melodiosa – Non avrei dovuto dire quelle cose e mi sono meritato la tua reazione violenta. Non accadrà più, lo prometto.
   Jasper, con mia grande sorpresa, gli scoccò un sorriso sardonico:
   - Edward, io sono un empatico, ricordi? – disse, in tono beffardo – Che le tue scuse sono forzate lo capisco benissimo, quindi risparmia il fiato.
   Lo guardo di Edward si fece freddo e distante.
   - E’ vero. – ammise – Non riesco ancora a dare un senso a tutta questa storia e non riesco a capire come lei – e indicò me con un cenno del capo – possa essere innamorata di te. Se però Bella mi assicura che è ciò che desidera veramente, allora avete la mia benedizione.
   Guardai Edward negli occhi.
   - E’ ciò che voglio. – dissi.
   Carlisle si mise tra lui e Jasper.
   - Desidero che vi stringiate la mano e che detoniate le armi, tutti e due. – disse in tono fermo – La nostra famiglia non può essere divisa in un momento come questo. Edward, confido nel fatto che rifletterai ancora sulle tue supposizioni riguardo al dono di tuo fratello e che ti scuserai presto con lui, sinceramente. Jasper, ti prego di controllare la tua rabbia e di non aggredire verbalmente o fisicamente Edward.
   Osservai i due vampiri che si fronteggiavano: per un momento sembrò che nessuno dei due volesse accogliere la richiesta di Carlisle, ma poi Edward disse: - Va bene, papà, farò come dici.
   - Lo stesso vale per me. – aggiunse Jasper.
   - Stringetevi la mano! – ripeté Carlisle in tono di comando – Non me ne andrò finché non l’avrete fatto.
   Obbedienti, i suoi figli fecero ciò che chiedeva. Ebbi l’impressione che stringessero parecchio l’uno la mano dell’altro, ma quando si separarono i loro volti erano impassibili.
   - Molto bene. – disse ancora Carlisle – Ora credo che possiamo stare tranquilli per un po’, prima che arrivi l’ora dell’incontro con i lupi. C’è il sole, quindi non corriamo alcun pericolo.
   - Vieni, Bella! – cinguettò Rosalie, sciogliendo la tensione che si era creata nell’aria – Voglio che mi racconti tutto! Ti è piaciuta la mia casetta?
   Risi, più leggera: - Tu quella la chiami casetta? Comunque sì, Rose, è meravigliosa, non so davvero come ringraziarti!
   - Oh, non è nulla! – disse lei, noncurante – Vieni dai, abbiamo un sacco di cose di cui parlare!
   Sapendo che tanto non sarei riuscita a sfuggirle a lungo, baciai Jasper ( che sembrava essere nella mia stessa situazione, dato che Emmett continuava a dargli pacche sulle spalle, con l’aria di chi la sa lunga) e salii le scale insieme a lei.


Alice

   L’annuncio del matrimonio di Bella e Jasper non fu certamente una sorpresa per me: sapevo benissimo, da tempo, che si sarebbero sposati, prima o poi. Tuttavia, un senso d’insoddisfazione si era insinuato in me, quella mattina, e la causa di questo mio stato psicologico era ancora una volta lei, la duplice visione matrimoniale che per mesi e mesi non mi aveva dato pace, che mi aveva portata a lasciare Jasper e a trovare Gabriel.
   Sapevo di dover utilizzare il mio dono, soprattutto per aiutare la mia famiglia a prevenire un eventuale attacco nemico: cercare di interpretare, da sola, ciò che quella maledetta visione stava cercando di dirmi avrebbe richiesto moltissima energia e io decisi che non potevo tenermi tutto dentro, ancora una volta. Senza indugio, dopo che Edward e Jasper ebbero firmato il loro armistizio e non appena il resto della famiglia si fu dispersa nella casa e in giardino, chiesi a Carlisle di potergli parlare nel suo studio: avevo bisogno di lui, sia come padre che, in un certo senso, come medico.
   Carlisle, naturalmente, mi invitò subito a seguirlo al piano superiore.
   - Siediti qui, Alice, e dimmi tutto. – mi incoraggiò, sedendosi dietro la sua scrivania e indicandomi una poltroncina su cui voleva che mi accomodassi.
   - Ecco, Carlisle, ho bisogno di essere… come dire… analizzata da te. – cominciai – Vorrei che tu mi aiutassi a comprendere meglio le mie visioni.
   Carlisle sorrise: - Naturalmente, figlia mia, ma credevo che questo ruolo spettasse a Gabriel.
   Mi tormentai le mani, agitata: - Ci sono alcune cose che devo spiegarti, in modo che tu possa capire perché Gabriel non può essermi d’aiuto.
   - Parla, figliola, ti ascolto.
   - Come già sai, quasi un anno fa, ho avuto per la prima volta una visione nella quale io e Jasper eravamo vestiti come se dovessimo sposarci, ma accanto a noi c’erano altre due ombre confuse e con il tempo ho capito che i matrimoni che vedevo erano due e non uno, il mio e quello di Jasper.
   - Ricordo tutto perfettamente. Continua.
   - Ho lasciato Jasper quando l’ombra accanto a lui si è rivelata essere quella di Bella: anche se non vedevo ancora con chiarezza, nel momento in cui l’ho riconosciuta ho capito che era tempo, per me, di cederle il posto che era stato mio.
   - E così sei andata in Francia…
   - Esatto, inseguendo altri lampi di visioni ho capito che era lì che dovevo dirigermi, ma finché non ho posato gli occhi su Gabriel, non ho neppure immaginato che potesse essere lui, quello che stavo cercando, percé la visione di cui stiamo parlando continuava ad essere confusa e io non distinguevo il suo volto.
   - Che cos’è successo quando l’hai incontrato?
   - La mia visione è diventata più nitida, ho visto con chiarezza Gabriel accanto a me e Bella accanto a Jasper. Gabriel, invece ha visto solo noi due.
   A questa informazione, Carlisle aggrottò la fronte: - Credevo che Gabriel vedesse le tue stesse visioni.
   - Infatti normalmente è così, ma non in quest’unico caso: quando ci siamo incontrati, Gabriel non ha visto né Bella, né Jasper.
   - Cos’è successo, dopo?
   - La visione è rimasta, anche dopo che noi ci siamo sposati e io non ne capisco la ragione: credevo che dopo la mia decisione di sposarmi a Parigi qualcosa sarebbe cambiato, invece niente. Fino a stamattina…
   - Cosa intendi?
   - Stamattina, quando Jasper ha chiesto a Bella di sposarlo, la visione è diventata quasi sfavillante per un secondo e poi puff! Si è dissolta.
   - Dissolta? E che cosa vedi adesso? – chiese Carlisle, sempre in tono calmo e professionale.
   - Vedo molti possibili futuri e sembrerebbe che il motivo sia che adesso siamo tutti in pericolo e quindi il nostro destino è incerto, ma non capisco… perché non vedo più Bella e Jasper come prima? Che stia per accadere loro qualcosa? – chiesi, improvvisamente spaventata.
   Carlisle si alzò, mi venne vicino e mi posò una mano rassicurante sulla spalla: - Calmati, Alice. – disse – Credo di aver capito cos’è successo e non ha niente a che vedere con la battaglia che stiamo per affrontare.
   Lo guardai in cerca di conforto: - Davvero? – chiesi, speranzosa
   - Dimmi una cosa, Alice. Dal giorno della tua trasformazione, ogni volta che hai guardato il tuo futuro che cos’hai visto, prima che questa misteriosa visione iniziasse a tormentarti?
   Non avevo bisogno di pensarci a lungo, per rispondere:
   - Jasper. – sospirai – Sempre Jasper. Non potevo avere una visione su me stessa senza che vi fosse anche lui.
   - Appunto! Il tuo futuro e il suo futuro si sono intrecciati al punto da diventare una cosa sola. Tutti sappiamo che grazie a te, la vita di Jasper è cambiata in meglio, ma ci dimentichiamo, a volte, che anche lui ha cambiato la tua esistenza: anche tu eri terribilmente sola e infelice, prima di incontrarlo. I vostri destini si sono uniti e così sono rimasti, per moltissimi anni, finché qualcosa non è cambiato.
   - Vuoi dire la visione?
   Carlisle tornò a sedersi.
   - Alice, io non credo che quella visione ti abbia mostrato veramente due matrimoni simultanei. Credo invece, che fosse semplicemente il segno che tu e Jasper avreste preso due strade diverse: due strade che si chiamano Gabriel e Bella. Ora, per continuare la nostra analisi, devo chiederti un’altra cosa: come ti sentivi mentre cercavi Gabriel? Provavi già amore per lui, o almeno tenerezza? Oppure no?
   Ci pensai per un paio di secondi, poi quasi con vergogna dissi: - No. Io odiavo Gabriel, o meglio, odiavo la sua ombra… riuscivo a pensare soltanto a Jasper, lo amavo ancora.
   - Il che spiega il motivo per cui non hai visto Gabriel finché non l’hai incontrato: tu, inconsciamente, non volevi vederlo, Alice, tutto qui. Non volevi ancora lasciar andare Jasper e ti aggrappavi al suo ricordo: solo quando Gabriel ti si è rivelato, hai accettato il tuo nuovo destino. Se non mi sbaglio di grosso, è per lo stesso motivo che Gabriel non è riuscito a vedere te: dato che non lo amavi ancora (e anche se apparentemente lo stavi cercando, una parte di te si ribellava a questa nuova realtà) hai fatto in modo di nasconderti a lui. Spero che potremo parlare presto con Eleazar e avere una conferma di questa mia teoria: naturalmente potrebbe esserci qualcosa, nel dono di Gabriel, che ci sfugge e che potrebbe essere la vera causa di quanto accaduto, ma sono abbastanza convinto di ciò che dico.
   - Penso che tu abbia ragione, fin qui. Ma perché Gabriel non ha visto anche Jasper e Bella, quando mi ha incontrata? E soprattutto perché la mia visione si è dissolta stamattina?
   Carlisle sorrise: - La risposta alla prima domanda è molto semplice, Alice, se ci pensi un momento ci arrivi anche tu.
   Ci pensai, ma non riuscii a trovare la soluzione all’enigma.
   - Che cosa ti ho detto prima, riguardo al tuo futuro e a quello di Jasper? – continuò Carlisle – Che si sono intrecciati al punto da diventare un unico futuro… ma questo non vale per Gabriel. Quando ti ha incontrata, per lui, il futuro di Bella e Jasper non avrebbe avuto alcun significato, l’unica che contava eri tu.
   - Ma io invece ho continuato a vedere anche loro…
   - Certo! Perché quella è stata la tua ultima visione in cui il tuo futuro era intrecciato a quello di Jasper. Dopo che ti sei sposata la visione è rimasta, perché evidentemente il sentimento nato nel frattempo tra lui e Bella, benché solido e felice, non era ancora così profondo. Adesso invece hanno deciso anche loro di sposarsi, e suppongo che stanotte si siano uniti fisicamente: a questo punto il loro legame è davvero indissolubile e non c’è più nulla che unisca te a Jasper, tranne un nuovo affetto fraterno, naturalmente. Avete scelto entrambi la vostra strada, il tuo futuro e Gabriel, il suo è Bella, perciò quella visione non ha più ragione di esistere. Ce ne saranno altre, naturalmente, belle e brutte, alcune potranno riguardarvi entrambi o riguardare uno di voi, o tutta la famiglia, ma non sarà più come prima: i vostri destini sono separati, adesso.
   Cercai di raccogliere le idee: ciò che Carlisle aveva detto quadrava perfettamente e mi faceva sentire molto più leggera. Quella duplice visione mi aveva tanto tormentata che potevo essere solo felice di essermene liberata, a maggior ragione se la sua scomparsa non implicava che stesse per accadere qualcosa ai miei fratelli.
   Mi alzai e andai ad abbracciare Carlisle:
   - Grazie, papà! – dissi con affetto.
   Lui ricambiò l’abbraccio.
   - Non crucciarti più, bambina mia, ora pensa solo a tenere d’occhio Victoria e chi è insieme a lei, non possiamo permetterci di sbagliare.
   - Lo so, papà, non ti preoccupare! Andrò da Gabriel, mi aiuterà lui… grazie ancora!
   E con la sensazione di essermi tolta un enorme peso dalle spalle, lasciai lo studio di mio padre e corsi a cercare mio marito.




Angolino dell'Autrice: buonasera, care lettrici e cari lettori, se per caso ce ne fossero! Sono tornata presto, perché ho avuto finalmetne un pomeriggio da poter dedicare alla mia scrittura. Prima di tutto, ringrazio tutte coloro che hanno recensito lo scorso capitolo, siete state davvero gentili! Sono contenta che vi sia piaciuto il fidanzamento molto spontaneo e semplice di Jasper e Bella! Personalmente ho sempre faticato a seguire tutte le paranoie di Bella prima del suo matrimonio, nell'originale e quindi ho dato una versione dei suoi sentimenti completamente diversa. Ora si è capito (spero!) anche il mistero della visione di Alice, ma restano aperti tanti problemi e ancora non si sa quando i nemici attaccheranno... nel prossimo capitolo nuove sorprese! Spero di aggiornare la prossima settimana!
Nel frattempo vi invito a dare un'occhiata alle altre mie storie, alle storie di
Camilla L, molte delle quali riguardano Jasper o Bella e Jasper insieme, e una piccola, dolce OS, sempre dedicata a questa coppia Il mio "felici e contenti" pubblicata da Dills Nightmare e scritta, oltre che da ei, anche da me e da Camilla. Ringrazio infine nanerottola per l'immagine di questa settimana!
Un abbraccio a tutti e a presto!
Vostra Nini

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Capitolo 37
*** Nell'attesa ***





Capitolo XXXVII: Nell’attesa

Bella

   Il secondo incontro con i lupi ebbe luogo alle sei, sul confine tra il nostro territorio e il loro, com’era avvenuto il giorno prima e fu ancora più costruttivo del precedente: continuammo ad allenarci sotto i loro occhi, grandi e vigili e, a turno, combattemmo tutti contro Jasper, che non smise un secondo di impartire insegnamenti con la sua voce profonda e rassicurante. Fu terribilmente difficile, per me, combattere contro di lui e fingere che fosse mio fratello, e non il mio compagno: avevo accettato, per il momento, di continuare a recitare il ruolo della compagna di Edward, per il bene della famiglia, ma i risultati non erano granché, perché ero una pessima attrice e soprattutto perché non desideravo affatto stargli accanto ogni momento. Mi sforzavo, come meglio potevo, di apparire sicura di me e indifferente nei confronti di Jazz, ma avevo giurato a me stessa che molto presto avrei posto fine a quella finzione. Era terribile non poter neanche sorridere a Jasper più del necessario per il timore che qualcuno lo notasse e si insospettisse.
   Conclusi gli scontri tra di noi, Jacob e il mio maggiore Whitlock mimarono nuovamente un meraviglioso combattimento, che tutti, licantropi inclusi, seguimmo con grandissimo interesse. Personalmente non sapevo per chi fare il tifo: erano così belli e forti, entrambi! Naturalmente esultavo ogni volta che Jasper mostrava di avere la meglio, ma continuavo a sentirmi felice per il modo di combattere di Jake, così valoroso e sorprendente. Ero anche fermamente convinta che, prima o poi, quei due sarebbero diventati amici: avevano davvero molto in comune, anche se probabilmente non se ne rendevano conto. Entrambi avevano un carattere appassionato e fiero, talvolta erano troppo impulsivi, ma nel loro cuore albergavano l’amore, la sincerità, il coraggio… tutti sentimenti meravigliosi che li rendevano persone pregevoli. Persone, sì. Uomini. Uno era un vampiro, l’altro un licantropo, uno era di ghiaccio, l’altro era rovente come il fuoco, ma per me erano solo Jasper e Jacob, l’amore della mia vita e il mio amico d’infanzia. Il resto non significava nulla, o quasi, per me. Il desiderio di uccidere Jake, che aveva rischiato di sopraffarmi solo due notti prima, mi aveva ormai abbandonata: nonostante il suo cattivo odore, non vedevo più, in lui, il disgustoso licantropo da eliminare all’istante.
   Dopo che ebbero concluso il round, Jasper propose nuovamente agli altri lupi di provare a imitare il loro alfa e con mia grande sorpresa, Embry e Seth accettarono la sfida. Leah ringhiò e sibilò furiosamente, evidentemente non era d’accordo, non si fidava assolutamente di noi e il suo pelo irto lo dimostrava chiaramente. Jacob, tuttavia, la zittì con un secco latrato, forse un ordine alfa, perché la lupacchiotta abbassò immediatamente le orecchie e la coda, uggiolando.
   Jasper, naturalmente, non usò tutta la sua forza e la sua velocità con i due giovani licantropi: immaginai che volesse dimostrare una volta di più a Jacob che poteva fidarsi di noi Cullen. Sia Embry che Seth parvero divertirsi parecchio, a giudicare dai suoni che emettevano e dal sorriso compiaciuto di Edward il quale, discreto, ma vigile seguiva attentamente i pensieri di tutto il branco.
   Alla fine, anche Sam decise di partecipare e combatté sia contro Jasper che contro Emmett, con il quale sembrava aver sviluppato un certo feeling, che non si poteva definire amicizia, ma piuttosto una forma d’intesa un po’ particolare: del resto avevano combattuto a lungo l’uno contro l’altro, due notti prima, nella radura e in qualche modo dovevano essersi capiti. Stranamente, mi faceva più paura Sam che Jacob, forse perché era così grande e così nero, ma ricordai a me stessa che si era dimostrato saggio ed equilibrato, quando aveva rinunciato a combattere contro di noi, per soccorrere i neo-lupi Leah e Seth; seguii i due scontri con attenzione, cercando di imparare il più possibile da ciò che avevo davanti agli occhi.
   Dopodiché, furono Alice e Gabriel a concludere la serata, combattendo l’ una contro l’altro e regalandoci uno spettacolo davvero notevole: nessuno dei due, infatti, riusciva mai a colpire l’avversario, e nemmeno a sfiorarlo; grazie al loro dono, erano entrambi in grado di prevedere le mosse del nemico e ciò li rendeva pressoché invincibili. Lo spettacolo continuò a lungo, silenzioso e magico, finché Jasper non decretò che era finito in parità.
   La riunione si sciolse, in un’atmosfera distesa, davvero rincuorante e mentre tornavamo verso casa, notai che la serenità era riapparsa anche negli occhi di Edward.
   Quella notte, Alice, Gabriel, Jasper ed io facemmo la guardia alla casa dove avevo abitato per pochi mesi, e dove adesso Charlie dormiva, da solo e ignaro della mia presenza. Poco distante, Jacob, Sam e Leah facevano la guardia alla stazione di polizia, mentre Carlisle ed Esme tenevano d’occhio il liceo.
   Seduta su un ramo dell’albero che sovrastava la finestra della sua camera, osservai a lungo Charlie che dormiva e russava sonoramente, scomposto come sempre. Quando mi ero avvicinata alla casa, sentire l’odore di mio padre mi aveva sconvolta: da umana avevo sentito spesso il suo profumo, un misto di cuoio, legno e sapone. Ora però era tutto diverso: l’odore di Charlie mi era sembrato il più sublime che avessi mai sentito e mi aveva bruciato la gola, mi aveva fatto venire sete, una sete terribile. Mi ero imposta di mantenere la calma: ero lì per proteggerlo, non per ucciderlo. Se avessi ceduto alla sete sarei stata di gran lunga peggiore di Victoria, di James, di tutti i vampiri che uccidevano gli umani senza pietà…
   Jasper mi aveva subito avvolta in una nuvola di serenità e si era seduto accanto a me, la mano intrecciata alla mia.
   - E pensare, - disse all’improvviso, pensieroso, guardando anche lui Charlie – che io sono il suo futuro genero e lui non sa nemmeno che esisto e che tu, in un certo senso sei viva…
   - Già. – mormorai – E’ strano essere così vicina a lui e non potergli parlare.
   - Tesoro, l’importante in questo momento è proteggerlo e tu lo stai facendo. – mi consolò Jazz – Ti stai comportando come la migliore delle figlie.
   Risi nervosamente: - Immagino non capiti a tutti di avere una figlia vampira! – commentai in tono amaro.
   Jasper s’incupì: - Temo che capiti molto più spesso di quanto non si creda. Solo che quando questo accade, i genitori non ne sanno nulla.
   Capii subito a cosa si riferiva: - Stai pensando al tuo passato, vero? – chiesi con dolcezza.
   - Sì. – ammise lui, tristemente – Sto pensando a quante figlie ho tolto ai loro genitori, uccidendole o trasformandole per Maria. Quante… non me lo ricordo nemmeno.
   Posai il capo sulla sua spalla: - Coraggio, Jazz, cerchiamo di non essere tristi. Come hai detto tu, prima, stiamo facendo la cosa giusta, stiamo proteggendo mio padre e questo è ciò che dobbiamo continuare a fare.
   Jasper mi circondò con le braccia e mi tenne stretta a lungo, baciandomi di tanto in tanto tra i capelli. Lo lasciai fare e per il resto della notte continuai a guardare Charlie, mentre mi lasciavo cullare dall’abbraccio confortante dell’uomo che amavo.
   Fu solamente all’alba che Jasper e io potemmo rifugiarci di nuovo nella casa di Emmett e Rosalie: ritornare in quel luogo da favola e chiudere alle nostre spalle la porta della camera bianca e rossa all’ultimo piano fu una liberazione per me.
   Non dissi una parola, mi voltai verso Jasper con il cuore in gola per l’emozione, gli gettai le braccia al collo e lo baciai con forza, cercando di comunicargli il bisogno disperato che avevo di lui, in quel momento. Jazz ricambio il bacio con passione anche maggiore e un attimo dopo sentii i miei abiti lacerarsi. Non me ne curai, sentii solo le sue carezze sulla pelle: tutto ciò che desideravo era fare ancora una volta l’amore con lui e dimenticare, almeno per un po’ la tristezza e le mie paure; sentirlo rispondere con tanta intensità alla mia muta richiesta mi fece comprendere che anche lui aveva disperatamente bisogno di me.
   Cademmo insieme tra le lenzuola e mi strinsi a Jasper, inspirando profondamente il suo profumo: era una fragranza meravigliosa che non sapevo ancora definire, sebbene l’avessi sentita milioni di volte, un misto di fiori, miele, sole, sabbia…
   Ci unimmo con ancora più passione e desiderio della notte precedente, come se da quello dipendesse la nostra vita e dopo molto tempo, un raggio di sole ci illuminò in pieno, facendo brillare la nostra pelle e avvolgendo l’intera stanza in una luce sfavillante, quasi irreale. Ancora una volta, gli occhi di Jasper mi apparvero azzurri: sapevo che era soltanto una suggestione, erano dorati, naturalmente… eppure ero certa, come lo ero sempre stata, che un riflesso blu fosse rimasto in essi, ed era così bello intravedere qualcosa della natura umana del mio amore...
   Avrei voluto rimanere così per sempre e non uscire più da quella stanza: le ore passarono piano, mentre il sole, che brillava su Forks come Alice aveva previsto, ci illuminava, sempre più alto e poi sempre più basso all’orizzonte.
   - Dobbiamo andare… - sussurrò Jasper, d’un tratto – Tra poco dovremo incontrare di nuovo il branco… e domani il cielo tornerà ad essere coperto…
   - … e Victoria potrà agire anche di giorno, lo so. – completai, immusonita. Non volevo ancora andarmene, non ancora…
   Invece ce ne andammo, felici del nostro amore e allo stesso tempo preoccupati per il futuro. Un altro incontro con i lupi, un’altra notte passata a fare la guardia…
   …e l’indomani il sole non si vide più. Al suo posto, solo nuvole nere.

   Ero ben decisa a fare di testa mia riguardo alla faccenda di Jacob: i rapporti tra il branco e i Cullen si erano decisamente stabilizzati, perfino ammorbiditi, perciò non credevo che il mio amico avrebbe reagito male a ciò che volevo dirgli. Certo, dovevo riconoscere che non avrei potuto svelargli tutta la verità: Edward purtroppo aveva ragione, se Jake avesse saputo che ero stata morsa da Jasper dopo che lui, Rosalie e Esme avevano perso il controllo a causa del richiamo del mio sangue, si sarebbe infuriato e avrebbe potuto decidere di attaccarci di nuovo. Avrebbe giudicato i Cullen inaffidabili e falsi e non potevo permettere che la mia famiglia perdesse una preziosa alleanza appena stipulata. Tuttavia, ero intenzionata a dirgli di me e di Jasper: non intendevo fingermi innamorata di Edward, non più e a nessuna condizione.
   Il piano stabilito da Carlisle e da Jacob prevedeva che la città e i dintorni fossero controllati giorno e notte e che in ogni punto strategico vi fossero sia lupi che vampiri (un particolare che doveva aver dato molto fastidio a Leah), perciò convinsi Jasper a rimanere per un po’ in compagnia di Emmett e Gabriel e feci in modo di trovarmi da sola nell’area sorvegliata da Jake.
   Il mio amico non sembrava eccessivamente preoccupato: era in forma umana e scrutava l’orizzonte sereno.
   - Non dovresti trasformarti? – gli chiesi con una punta di sarcasmo, avvicinandomi.
   - Ciao, Bells. – disse lui, per niente sorpreso e continuando a guardare davanti a sé – Che ci fai qui?
   - Faccio la guardia, come te. – risposi – Ti dà fastidio se resto?
   Jake alzò le spalle: - Certo che no, resta pure. Se ti va possiamo fare due chiacchiere, non credo che mi trasformerò.
   - E se arrivasse Victoria, all’improvviso?
   - Sono in grado di trasformarmi in meno di un secondo, Bells, non preoccuparti, ho la pellaccia dura.
   - Lo vedo. – sospirai – Comunque, desideravo proprio poter fare quelle due chiacchiere con te.
   - Allora comincia pure. – disse lui, con un lieve sorriso – Io ti ascolto.
   - Volevo chiederti… - azzardai – Cosa ne pensi adesso dei Cullen?
   Jake mi lanciò un’occhiata penetrante: - Che domanda è?
   Gli sorrisi, cercando di rassicurarlo: - Una domanda qualunque, Jake. Rispondimi, ti prego.
   - Beh, ecco, non lo so… non posso dire di trovarli simpatici… ma ammetto che quest’alleanza non è poi così male… si può sapere perché me lo chiedi? – sbuffò – Chi lo vuole sapere?
   - Sono io che lo voglio sapere. – mi affrettai a spiegare – Jake, ci sono alcune cose che vorrei dirti.
   Jacob mi lanciò un’occhiata ancora più penetrante e sospettosa della precedente: - Mi devo preoccupare, vero? – chiese, un po’ freddamente – C’è qualcosa che il tuo ragazzo leggi-pensieri non mi ha detto e adesso tu stai per tradire il suo segreto… Non è così?
   - Edward non è il mio ragazzo. – dissi tutto d’un fiato. Non avrei voluto crollare così, ma non riuscii proprio a resistere.
   Jacob parve assolutamente spiazzato: - Hai detto che non è il tuo ragazzo? L’hai detto davvero?
   - Davvero, Jake. Ci siamo lasciati molto tempo fa.
   Il mio amico fece una smorfia: - Ma perché? E soprattutto, perché ha finto di stare ancora insieme a te, se non è più così.
   - Beh… - dissi, incerta – E stato lui a mordermi e non ha voluto attirare altre domande, rivelando che tra noi era finita.
   Jacob aggrottò le sopraciglia: - Fammi capire, lui ti ha morsa, ti ha trasformata… e poi ti ha lasciata? Perché?
   Abbassai gli occhi: - Non mi amava più. – confessai. Quella almeno, era la verità.
   - Che cosa?!
   Alzai lo sguardo, di scatto e subito arretrai, preoccupata: il corpo di Jacob aveva preso a tremare.
   - Sta’ calmo, Jake. – dissi con decisione - Non c’è niente di cui preoccuparsi, è passata e io sto bene.
  - Passata? – ringhiò lui in risposta – Passata? Quel succhiasangue schifoso ti ha tolto la tua vita umana e poi ha avuto il coraggio di abbandonarti? Non è possibile! Non mi quadra…
   - Ma è così… - dissi, affannata – Jake, ascoltami, ora è davvero finita, io sono felice. Ho trovato l’amore, quello vero…
   Inaspettatamente, le mie parole parvero calmare Jacob che smise di tremare e mi osservò a lungo con i suoi occhi neri.
   Poi, lasciandomi senza parole, disse:
   - Stai parlando del biondo, Jasper… vero?
   Lo guardai, attonita.
   - Non sono stupido, Bells. – continuò lui, sorridendo soddisfatto – Basta fare due più due: tu e il leggi-pensieri non state più insieme e la chiromante è sposata a uno della sua specie… e poi, se non sbaglio, Jasper ti ha protetta da me con molta più veemenza di tutti gli altri. Avrei dovuto capirlo prima, in effetti…
   Ritrovai la voce: - Mi dispiace, Jake, per questa bugia. Edward voleva proteggerci tutti…
   - Edward è un imbecille. – sbuffò Jacob, irritato – Invece che farsi prendere dai rimorsi poteva pensarci prima…
   - Non dire così. – lo ripresi – Edward è una persona meravigliosa, non ha mai voluto farmi soffrire…
   - Sì, vabbè… - brontolò Jacob, scettico – Comunque io sono contento per te, Bells. Jasper mi piace, più degli altri. E’ un combattente, un tipo deciso e pratico… credo che saprà proteggerti molto meglio del suo fratellino dalle disgrazie che tu attiri in continuazione!
   Quelle parole affettuose mi resero felice: - Jake! Davvero sei contento per me? – chiesi, avvicinandomi di nuovo a lui, con un sorriso enorme stampato in volto.
   - Bah, io non capisco perché tu non abbia scelto di fidanzarti con un tuo compagno di scuola… sarebbe stato molto più facile, invece guarda dove sei finita… in mezzo a vampiri e licantropi… proprio una fregatura, non credi? – scherzò Jake.
   Scossi la testa, con decisione, ma senza smettere di sorridere al mio amico: - No, Jake. Lo sai che sono un tipo strano, lo sono sempre stata… sono felice così.
   Jacob rise, una risata simile a un latrato: - Non ti capirò mai, Bells. E pensare… ma sì, te lo dico! Quand’eri ancora umana mi piacevi parecchio e invidiavo Cullen perché era il tuo ragazzo. Adesso invece guarda come siamo ridotti… due tipi diversi di mostri.
   - Tu non sei un mostro, Jake! – protestai – Sei un bravissimo ragazzo e… anche un ottimo capo branco. Troverai una ragazza meravigliosa che ti amerà per quello che sei, come Jasper e io ci amiamo per quello che siamo.
   Lui mi strizzò l’occhio: - Speriamolo, Bells! E adesso dimmi un’altra verità, per favore: è stato il tuo Jasper a morderti, non Edward… giusto?
   Mi sentii vacillare… ma allora... allora aveva già capito tutto…
   - Jake… - cominciai, preoccupata
   - Non allarmarti, Bells. – mi interruppe lui, alzando una mano – non voglio scatenare nessuna guerra. Ormai me l’hai detto chiaramente, sei felice e non sei una vittima dei Cullen. Inoltre ho già concesso una deroga al patto per la tua trasformazione, quindi non preoccuparti. Ah, vuoi sapere come ho fatto a capirlo? Semplice, ho fatto due più due, anche in questo caso: è stato Jasper a unirsi per ultimo alla famiglia e a fare più fatica degli altri ad apprendere la loro dieta, non Edward, il quale ti è rimasto vicino per mesi senza parti del male e se non sbaglio ti ha anche salvata dal compagno della rossa che voleva farti fuori…
   - Anche Jasper mi ha protetta da James. – rettificai – E per essere precisi è proprio lui che l’ha ucciso, insieme a Emmett.
   Jake rise di gusto: - Non voglio sapere altro, Bells. Non parliamo più della tua trasformazione, preferisco non scendere nei dettagli, davvero. Jasper mi convince ugualmente più di Edward, anche se è stato lui a trasformarti. Se ti ama davvero, sono felice per voi.
   Non potevo crederci. Era andata molto meglio di quanto avessi osato sperare: sollevata come non mi sentivo da giorni, mi slanciai verso Jacob e lo abbracciai, cercando di controllare la mia forza. Sapevo che era forte e resistente, ma io ero pur sempre fatta di marmo. Fu un gesto istintivo e spontaneo, ma non avevo fatto i conti con un problema…
    - Ehi, Bells, ti prego… puzzi! – esclamò Jacob, respingendomi gentilmente.
   - Come osi, cagnaccio? – scherzai arretrando – Sei tu che puzzi!
   - Io? Nossignora, sono i vampiri a puzzare. Apprezzo il tentativo, Bells, ma ti prego, la prossima volta che vuoi ringraziarmi fallo a distanza, va bene?
   - Uffa! Vabbè, come vuoi, così eviterò di scottarmi a contatto con te, mi è sembrato di toccare una pentola piena di acqua bollente!
   - Ah, grazie del paragone!
   In quel momento il mio cellulare squillo: risposi immediatamente, immaginando che Jasper si stesse chiedendo dove fossi finita.
   Era effettivamente Jasper, ma il motivo della chiamata non era quello che pensavo.
   - Bella, dove sei? Devi tornare a casa, immediatamente!
   - Tranquillo, Jazz, sono con Jake, vengo subito. Che succede?
   Jasper esitò, prima di rispondere: - Alice e Gabriel hanno avuto la visione… quella che aspettavamo.
Mi sentii gelare.
   - Che cos’hanno visto? – chiesi
   La voce di Jasper era tenera e consolante: - Stiamo ancora cercando di capirlo; non riescono a riprendersi, sono entrambi in trance già da più di un minuto.
   - Allora… allora è qualcosa di molto grave… - sussurrai.
   - Temo di sì, ora Edward sta cercando di interpretare la visione. Vieni, presto… e di’ a Jacob di radunare il branco, li informeremo il prima possibile.
   - Arrivo. – dissi e riattaccai.
   - Lascia che venga con te, Bells. – mi implorò subito Jake – Anch’io devo sapere…
   - No, Jake, perdonami, ma la tua vicinanza rende difficile vedere il futuro, Alice e Gabriel sarebbero in difficoltà…- spiegai, in preda all’ansia - Ti prego, fa’ come ha detto Jasper, raduna i tuoi fratelli, ti giuro che ci faremo al più presto.
   Lui sbuffò: - E va bene, ma mi raccomando, fate presto!
   E così, Jake e io ci mettemmo a correre, in direzione opposte: lui verso La Push e io verso casa
   L’ultima cosa che udii, prima che la foresta mi inghiottisse fu l’ululato dell’enorme lupo bronzeo.





Buonasera a tutti, anzi, visto l’orario dovrei dire buonanotte… e buongiorno a chi leggerà il capitolo domani! Sono tornata un po’ prima del previsto, perché nonostante i numerosi impegni, non ho avuto difficoltà a scrivere questo capitolo e perciò ve lo posso mostrare, cogliendo l’occasione per augurarvi buona Pasqua!
Lo so, come al solito vi lascio in sospeso... che cos'hanno visto esattamente Alice e Gabriel? Lo scoprirete nel prossimo capitolo, uno dei prossimi giorni!
Devo fare un ringraziamento speciale a chicca85, che si è letta tutte le mie storie in un sol colpo, facendomi sentire al settimo cielo con le sue bellissime recensioni: ecco, questi sono i casi in cui un autore si sente davvero gratificato… grazie mille, chicca85! E grazie anche a fede cullen che ha fatto lo stesso con questa storia, poco tempo fa. Un grazie di cuore spetta anche a jakefan, autrice bravissima che consiglio a tutti, per avermi seguita nonostante il pairing Bella/Jasper non sia il suo preferito e per le sue parole sempre gentili e incoraggianti. Infine grazie alle mie fedelissime: Camilla L, Dills Nightmare, nanerottola, Frego, dany60, Argentea (il cui pc spero resusciti presto… carissima, mi mancano i tuoi commenti precisissimi!) Orsacchiotta Potta Potta, Serenitatis, Miss Yuuki e a tutte le altre che hanno recensito fin qui.
Rinnovo gli auguri di Buona Pasqua e ci vediamo la prossima settimana!
Un bacione!
Niniane

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Capitolo 38
*** Inaspettato ***




Capitolo XXXVIII: Inaspettato


Alice

   L’unica cosa di cui riuscivo ad essere pienamente consapevole era la mano di Gabriel, che stringeva convulsamente la mia.
   Il resto era solo paura e smarrimento.
   Fortunatamente eravamo già mano nella mano, quando la visione ci aveva travolti entrambi: se non avessi avuto mio marito accanto non so come avrei reagito.
   La sua mano era la mia ancora di salvezza: stringendola riuscivo a ricordare di essere al sicuro a casa, a Forks e non nel luogo che la mia mente stava vedendo.
   Gabriel e io eravamo stati portati dalla Visione in un luogo dove non eravamo mai stati prima, ma che io conoscevo già. L’avevo visto, tanti anni prima, all’ epoca in cui cercavo di raggiungere Jasper: era una casa abbandonata e fatiscente, situata da qualche parte, in Messico.
   L’interno dell’abitazione era a dir poco disgustoso: polvere, ragnatele, crepe, sporcizia ovunque…
   E nel bel mezzo di tutto ciò, perfettamente a proprio agio come se fossero nati apposta per vivere in quelle condizioni, vi erano diversi vampiri, tutti neonati. Ringhiavano, alcuni rivolti al nulla, altri in direzione di uno dei compagni e tutti ugualmente minacciosi e terribili; i suoni che emettevano facevano paura, perfino orrore, da quanto erano animaleschi.
   Eppure non furono quelle disgraziate creature a terrorizzarmi, mi aspettavo di vedere dei neonati, dopotutto: Victoria voleva affidarsi alla loro forza bruta, per attaccarci…
   E Victoria era presente, infatti, nella casa fatiscente, più selvatica di come la ricordavo e li guardava compiaciuta, gli occhi rossi più brillanti che mai.
   Solo che insieme a lei c’era qualcun altro e fu proprio questo a farmi perdere la testa.
   Alle spalle di Victoria c’era una vampira che avevo incontrato solo nelle mie visioni e che avevo sperato con tutto il cuore di non dover rivedere mai più.
   Capelli neri, occhi rosso sangue, pelle luminosa e bianchissima.
   Forse la più terribile delle immortali, la più bella e letale condottiera che esistesse sulla faccia della Terra, colei che aveva trasformato Jasper e reso la sua vita un inferno.
   - Come tu stessa puoi vedere, mia cara Victoria, i miei soldati sono pronti per combattere. – disse la vampira con voce vellutata – Sono certa che sapranno svolgere il loro lavoro al meglio.
   Victoria annuì, ammaliata, continuando a guardare i neonati che si sfidavano l’un l’altro.
   - Non ne dubito, mia Signora. Ma ti prego… hai promesso…
   L’altra fece un gesto annoiato: - Lo so, lo so, vuoi tenerti la piccola Bella Cullen tutta per te. Non preoccuparti, a me quella ragazzina non interessa. C’è qualcun altro, all’interno della famiglia che conta molto, molto di più, ai miei occhi.
   - Il tuo amato? Jasper Cullen?
   - Jasper Whitlock, così si chiama… - sospirò la mora, sognante – Lo costringerò a scegliere tra la sua famiglia e me…
   Victoria pendeva dalle sue labbra.
   - E dopo che avrà scelto te, per salvare i suoi cari… - disse.
   -… li uccideremo tutti comunque e tu avrai la tua vendetta!
   Victoria scoppiò in una risata incontrollata, quasi folle:
   - Quando attaccheremo, mia Signora?
   Gli occhi rossi dell’altra si dilatarono.
   - Tra tre giorni, non appena farà buio. – sussurrò, estatica.
   Tre giorni…
   Solo tre giorni, per prepararci a combattere contro l’esercito di Maria.



Bella

   Mi precipitai dentro casa e per prima cosa vidi Edward che scuoteva con forza un’inerte Alice, accasciata tra le braccia di Gabriel, in piedi e altrettanto immobile.
   Gli occhi di entrambi erano enormi e vitrei come non li avevo mai visti.
   - Che succede? – ansimai – Ditemi cosa sta succedendo!
   Jasper, inginocchiato accanto a Edward balzò in piedi e mi corse incontro.
   - Alice e Gabriel hanno visto i nostri nemici… - sussurrò, prendendo le mie mani tra le sue – All’inizio era tutto molto confuso, Edward non riusciva a capire che cosa stesse succedendo, ma adesso credo che ci siamo…
   Preoccupata, osservai Edward che, concentratissimo scrutava i nostri fratelli veggenti: ad un tratto la sua espressione tesa divenne una maschera di dolore…
   - No… - mormorò incredulo – Non è possibile…
   Esme, in piedi dietro il divano gli si avvicinò angosciata:
   - Che succede, tesoro? – mormorò, materna come sempre, nel tentativo di rassicurarlo in qualche modo – Dicci che cos’hanno visto, ti prego…
   Edward si alzò e mi spaventai nel rendermi conto che stava tremando.
   - Stiamo per essere attaccati… - cominciò.
   - Quando? Da chi? – esclamò Emmett, impaziente.
   - Da un esercito di neonati come immaginavamo, – spiegò Edward – ma non è Victoria a guidarli.
   - Cosa?!
   In quel momento si udì un gemito: mi voltai verso Alice e vidi che finalmente i suoi occhi stavano tornando lucidi così come quelli di suo marito.
   Carlisle si precipitò a fianco dei due sposi:
   - State bene? – chiese concitato – Mi sentite?
   Alice e Gabriel lo guardarono straniti per un momento, poi all’unisono, soprano e baritono, dissero:
   - Stanno arrivando. I neonati, Victoria e Maria.
   Per forse dieci secondi nessuno di noi riuscì a dire una parola.
Il mio cervello lavorava freneticamente: dunque, stavamo per essere attaccati da un esercito di vampiri neonati e, naturalmente alle loro spalle c’era Victoria. Fin qui era tutto come l’ avevamo immaginato. La nota stonata, in questa storia era la presenza di Maria. Che cosa c’entrava lei con Victoria e la sua vendetta? Che cosa voleva da noi? E soprattutto, se fosse stata proprio lei a mettere a disposizione dei neonati per una battaglia, quanti nemici avremmo dovuto affrontare? Certamente Maria comandava un esercito molto grande…
   Maria…
   - Che cosa c’entra Maria? – osò chiedere finalmente Rosalie, con voce rotta, rompendo il silenzio assordante che si era creato nella stanza – Perché si è messa in combutta con Victoria?
   Alice si liberò con dolcezza dalla stretta delle braccia di Gabriel. Sembrava un fantasma.
   - Rose, a Maria non importa nulla della vendetta di Victoria. – sospirò – Ha solo colto l’occasione che stava aspettando da tempo.
   - L’occasione per cosa? – chiesi.
   Poi capii, prima ancora che Alice mi rispondesse.
   A Maria non importava niente dei Cullen.
   Non ci conosceva nemmeno.
   A lei importava di uno solo di noi ed era per quell’unico che intendeva assecondare i desideri di Victoria.
   - Jasper… - sussurrai, atterrita, sentendomi venir meno.
   Maria voleva riprendersi Jasper. Era ovvio.
   Il mio compagno mi fu accanto in un lampo e mi strinse forte tra le braccia. Mi lasciai abbracciare e respirai il suo profumo meraviglioso, cercando di trarne un po’ di forza.
   - Non temere, Bells… - sussurrò lui tra i miei capelli – Non mi avrà mai. A nessuna condizione.
   - Oh Dio, Jazz… - singhiozzai, stringendomi a lui.
   - Shhh, Bells… calmati, va tutto bene, sono qui…
   Fortunatamente, prima che crollassi definitivamente a pezzi, Carlisle intervenne con quella sua voce calma che tanto sapevamo apprezzare nei momenti difficili; riuscii a concentrarmi abbastanza da ascoltare ciò che aveva da dire:
   - Cerchiamo di non perdere la testa. – disse – Alice, dicci con esattezza che cos’hai visto.
   - Ho visto una casa abbandonata in Messico, con tanti neonati dentro. – rispose in fretta Alice – Ne ho visti circa quindici, ma so che ce ne sono altri. Victoria e Maria li stavano guardando e Maria ha promesso a Victoria di lasciarle il compito di uccidere Bella…
   A queste parole, Jasper, Emmett e Rosalie ringhiarono. Carlisle li zittì con un cenno e invitò Alice a continuare.
   - Poi Maria ha detto che intende ricattare Jasper, fare in modo che scelga lei, promettendogli di risparmiarci… e quando lui avrà scelto intende ucciderci tutti comunque.
   Strinsi Jazz ancora più forte.
   Perché? Perché?
   Ero più che preparata alla prospettiva di uno scontro con Victoria, avevo sempre saputo che voleva uccidermi. Ma questo…
   - Quando attaccheranno? – chiese ancora Carlisle a Alice.
   - Tra tre giorni, al calar della notte.
   Esme si portò una mano alla bocca:
   - Solo tre giorni! – esalò – C’è pochissimo tempo!
   Carlisle la prese per mano:
   - Una cosa alla volta. – disse – Innanzitutto bisogna avvertire il branco.
   - Ci penso io. – annuì Edward schizzando verso la porta d’ingresso.
   Carlisle lo guardò uscire, poi si rivolse a noi.
   - Temo che questa volta dovremo chiamare Tanya e gli altri. – mormorò, sconfortato.
   Tutti noi annuimmo, in silenzio, tranne Esme.
   - No! – protestò – Sono nostri amici… non possiamo chiedergli di combattere per noi!
   Jasper mi lasciò andare con delicatezza e si rivolse alla madre.
   - Sono stati loro a dirci di chiamarli se avessimo avuto bisogno di aiuto. – osservò – Siamo riusciti a cavarcela da soli fin qui, ma stavolta non abbiamo scelta, dobbiamo accettare la loro offerta.
   - No, Jazz, ti prego! Non possiamo mettere a rischio le loro vite…
   A quel punto Jasper esplose:
   - Esme, santo Cielo, credi che non capisca? Credi che mi faccia piacere coinvolgerli? Ma se non li chiamiamo moriremo tutti! Pensa che cosa può fare il dono di Kate contro dei neonati ignari! E la forza di Eleazar? – Jasper ci guardò, tormentato – Voi non avete idea di come Maria addestri i suoi soldati. Se fosse stata Victoria a comandarli non mi sarei preoccupato eccessivamente, con l’aiuto del branco avremmo potuto vincere senza difficoltà. Victoria è una nomade qualsiasi… pericolosa, da non sottovalutare, ma non letale, inoltre dubito che da sola riuscirebbe a controllare un grande esercito. Maria è completamente diversa! Non possiamo farcela da soli e anche per i lupi sarebbe troppo pericoloso.
   - Jasper ha ragione. – concluse Carlisle – Dobbiamo rassegnarci a chiedere aiuto. Chiamerò subito Tanya. - E sfrecciò al piano di sopra.
   La porta d’ingresso si spalancò di nuovo ed Edward entrò, seguito a ruota da Jacob.
   - Gli ho già detto tutto. – ci rassicurò – Il branco è pronto a schierarsi con noi.
   - Impediremo che quelle maledette Fredde portino qui i loro neonati. – confermò Jacob, con un ghigno – E se questo significa allearsi con voi, a me sta bene.
   Mi avvicinai a lui:
   - Grazie, Jake. – bisbigliai.
   - Di niente, Bells. – sorrise lui – Non voglio che altri succhiasangue si facciano vedere da queste parti. Andrò subito ad avvertire Sam e gli altri.
   - Noi abbiamo avvertito i nostri amici. – disse Carlisle, scendendo le scale. Ci voltammo tutti verso di lui, in attesa di sapere che cosa gli avesse detto Tanya.
   Jacob aggrottò la fronte: - Amici?
   - La famiglia di vampiri vegetariani come noi, che vive in Alaska. – spiegai in fretta – Abbiamo vissuto per alcuni mesi insieme a loro, dopo la mia trasformazione.
   - Ah, ora ricordo! – esclamò Jacob, annuendo – Verranno ad aiutarvi? Quanti sono?
   - Verranno. – confermò Carlisle, con un sorriso pieno di sollievo – Sono in tanti. Tanya, Kate, Garrett, Eleazar, Carmen, Irina e Laurent.
   - Anche Garrett e Laurent? – chiese Rosalie, sbalordita.
   - Anche loro. – disse Carlisle – Cercheranno di essere qui domani mattina.
   - E si nutrono di sangue animale come voi? – chiese Jacob, incredulo.
   - Sì, proprio così. Non preoccuparti, Jacob, sono tutti affidabili.
   Jake annuì: - E’ meglio che vada, il branco ha bisogno di me. Se cambia qualcosa fatemi un fischio!
   Dopo che Jacob fu uscito, restammo tutti in silenzio, a lungo. Alice e Gabriel continuavano a tenersi per mano, scrutando il futuro, ma sembrava che nulla di nuovo dovesse accadere; Emmett e Rose si tenevano abbracciati.
   Mi rivolsi a mia sorella:
   - Rose?
   - Sì, Bella?
   - Credi che Jasper e io potremmo andare un po’ a casa tua?
   Lei annuì, aveva capito il mio desiderio disperato di stare da sola con il mio compagno: - Certo, Bella, andate pure.
   E così presi per mano Jazz e insieme ce ne andammo.
   Per quella notte, la casa di Emm e Rose tornò ad essere il nostro rifugio e il nostro piccolo paradiso personale. Facemmo l’amore teneramente e disperatamente, per ore. Per quanto mi sforzassi di controllarmi, non riuscivo a nascondere a Jasper la mia paura e potevo avvertire anche la sua apprensione.
   Certo, anche Jasper aveva paura: non voleva incontrare di nuovo colei che l’aveva trasformato e usato per i suoi scopi ignobili. E soprattutto, Jazz era preoccupato per noi. Per me…
   Jasper, il mio Jazz…
   Non potevo perderlo, no, non potevo permettere che gli accadesse qualcosa. Piuttosto mi sarei fatta uccidere, mi sarei sacrificata per lui.
   Odiavo Victoria, una minaccia costante per la mia famiglia, ormai da un anno.
   Odiavo ancora di più Maria che voleva togliermi il mio tesoro più prezioso.
   Maria…
   Non l’avevo mai vista, ma potevo immaginarla perfettamente: bella, affascinante, fredda e senza scrupoli, capace di comandare un esercito di neonati, capace di ammaliare, come di uccidere senza pietà.
   No! Non avrei permesso a quell’essere demoniaco di distruggere la mia famiglia e soprattutto di torturare Jasper con un ricatto.
   Dovevo farcela. Dovevo combattere per lui, per i miei fratelli, per i miei genitori adottivi.
   Per Charlie, per tutti i miei vecchi amici, che non potevano diventare il pasto di una masnada di vampiri neonati.
   Baciai Jasper con forza e con quel bacio cercai di trasmettergli una volta di più, tutto il mio amore, tutto il coraggio che era nel mio cuore, tutta la determinazione che possedevo.

   L’indomani, come ci avevano promesso, i nostri amici arrivarono.
   Mi fece uno strano effetto vedere Laurent scendere dall’auto a fianco di Irina: ci salutò in tono molto educato e subito si dichiarò felice di aiutarci.
   Carlisle gli strinse la mano, cordialmente e lo stesso fecero tutti gli altri, incluso Edward, che evidentemente aveva deciso di fidarsi dei pensieri del vampiro.
   Strinsi anch’io la mano a Laurent e lui mi sorrise, dicendo:
   - L'immortalità ti dona, Bella.
   Garrett fu aperto e spavaldo come lo ricordavo: ci abbracciò tutti, già chiedendoci di spiegargli nei dettagli contro chi avremmo dovuto combattere. Notai che Kate, accanto a lui era raggiante.
   Non avrei mai dimenticato la reazione inaspettata che ebbi nel vedere Eleazar: i nostri rapporti erano sempre stati piuttosto formali, ma quando me lo ritrovai davanti scoprii all’improvviso che mi era mancato molto. Impulsivamente lo abbracciai, cosa che credevo non avrei mai fatto in vita mia. Eleazar rimase perplesso per un istante, ma poi ricambiò l’abbraccio.
   - Su, su, Bella… - borbottò, confuso e commosso – Sei sempre molto emotiva, vedo…
   Risi, per la prima volta dopo tante ore: - Hai ragione, scusami...
   Lui mi diede un buffetto, un gesto quasi paterno che mi stupì. Forse anche Eleazar sapeva essere affettuoso, nonostante i modi piuttosto scostanti che usava a volte.
   - Ho un annuncio da fare. - intervenne Tanya - Abbaimo altri due alleati che ci raggiungeranno in giornata.
   La guardammo, stupiti.
   - Di chi parli? - chiese Rosalie, curiosa.
   - Parlo di Mary e Randall.
   Randall?!
   Al mio fianco Jasper ringhiò:
   - Come osa ripresentarsi qui? Quel... quel bastardo...
   Gli posai una mano sul braccio per calmarlo. Kate disse: - Non preoccuparti, Jasper. Randall ha troppa paura di te per azzardarsi anche solo a guardare Bella... Non le si avvicinerà. E poi, credimi, è davvero mortificato per quello che è successo a Denali. Vuole rimediare dandoci una mano e io credo che faremmo bene ad accettare.
   - Sono d'accordo. - disse Carlisle - Dobbiamo dargli una seconda possibilità.
   - Io non sono d'accordo. - sbuffò Jasper - Se il suo comportamento non dovesse piacermi, lo toglierò di mezzo...
   - Calmati, figliolo. Non parlare così, non è il momento di riaprire vecchie ferite. Se Randall vuole aiutarci io ne sono felice e lo stesso vale per Mary.
   - Un momento! - intervenne Edward, che fino a quel momento era rimasto in silenzio - Mi sembra di capire dai vostri pensieri che... Randall ha fatto del male a Bella?
   - E' così. - rispose Emmett - Ma Jasper l'ha sistemato.
   Edward chinò il capo e vidi un lampo di smarrimento nei suoi occhi dorati.
   - Scusatemi. - mormorò, prima di allontanarsi in direzione della grande casa.
   Non so con esattezza perché lo feci, ma qualcosa mi disse che dovevo seguirlo.
   - Edward? - chiamai, entrando nel salotto - Edward, ci sei?
   - Sono qui, Bella. - disse lui, comparendo in cima alle scale - Che cosa c'è?
   Lo raggiunsi in due salti.
   - Come mai te ne sei andato?
   Edward sospirò.
   - A volte mi sento fuori posto, qui. - confesso timidamente - Non riesco a capire, sono cambiate così tante cose... mi sembra di non riconoscere più la mia famiglia. In questi mesi le nostre vite hanno subito davvero tanti cambiamenti e io che sono stato lontano per tanto tempo, adesso mi sento come se avessi lasciato indietro qualcosa.
   Edward, caro, dolce Edward. Lo capivo: per lui doveva essere frustrante scoprire in continuazione dai nostri pensieri che erano accaduti fatti importanti in sua assenza.
   Gli sorrisi, cercando di confortarlo: - Lo so, Edward non dev'essere facile, ma ti prego, non sentirti fuori posto. Tutti noi ti vogliamo bene. Anche Jasper... e anch'io.
   Edward ricambiò il sorriso: - Grazie, Bella. Non sai quanto mi faccia bene saperlo. Ancora non riesco a capire come sia possibile che voi due stiate insieme... ma se siete davvero felici, allora lo sono anch'io.
   - Grazie, Edward! - esclamai, stupita da quell'inaspettata anifestazione di affetto.
   - Vedrai che tutto tornerà al suo posto. - continuai poi - Adesso siamo tutti confusi, spaventati, il nostro futuro è incerto, ma presto, in un modo o nell'altro tutto finirà e allora, se ne saremo usciti vivi, ritroveramo l'equilibrio. Anche tu.
   Il sorriso di Edward si allargò: - Hai ragione, Bella. Su, torniamo dagli altri, ci sono molte cose di cui parlare.
   Scendemmo di nuovo le scale e nonostante la paura che dilagava in me, mi sentii appena più sollevata perché, per la prima volta da quando Edward era tornato, avevo la sensazione che tra noi stesse nascendo una nuova amicizia.




Buonasera a tutti! Miracolo, sono riuscita ad aggiornare! Ora, vi informo che mancano pochi capitoli alla conclusione, ancora non so se saranno quattro o cinque... quindi siamo alla battaglia finale, davvero!
Spero che la storia continui ad appassionarvi, ringrazio come sempre tutti coloro che leggono e che commentano e i lettori silenziosi.
Non so dirvi quando potrò aggiornare di nuovo, i tempi potrebbero dilatarsi, sono molto impegnata in questo periodo. Comunque non vi preoccupate, la storia continuerà fino a giungere alla conclusione!

Vi abbraccio con affetto, a presto!

Niniane

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Capitolo 39
*** Conto alla rovescia ***




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Capitolo XXXIX:  Conto alla rovescia


Bella

   - Toglimi una curiosità: che cos’ha fatto esattamente Randall, di così terribile? Ho capito qualcosa dai pensieri di Jasper, ma mi piacerebbe avere un quadro più preciso.
   Sorrisi, un po’ imbarazzata: - Beh, ecco… quando è venuto a trovarci a Denali, io ero sola e lui si è invaghito di me. Credo di averlo illuso involontariamente e… insomma… ha provato a mettermi le mani addosso.
   Edward spalancò gli occhi: - Stai scherzando?
   - No, purtroppo no. Mi sono difesa per un po’, ma è riuscito a mordermi… - spiegai, scostando i miei capelli in modo che vedesse la cicatrice sul mio collo.
   - Che bastardo… - commentò Edward, furibondo – Se fossi stato a Denali l’avrei ammazzato. Forse Jasper ha ragione, non avremmo dovuto accettare il suo aiuto.
   Alzai le spalle: - Non credo che ci riproverà. Quando Jasper ha scoperto cosa mi stava facendo, l’ha attaccato con una furia inimmaginabile: Randall non ha neanche avuto il coraggio di reagire, è fuggito non appena ho pregato Jazz d lasciarlo andare e credo che abbia corso per parecchie miglia senza rallentare!
   - Comunque non sono tranquillo.
   - Oh, insomma, Edward! Come credi che possa avvicinarsi a me se io sono circondata da guardie del corpo? Jasper, Emmett, Eleazar, Rosalie… Rosalie! Avresti dovuto vederla, il giorno dopo era più arrabbiata di me!
   Edward rise, per la prima volta da quando era tornato a casa: - Ecco un’altra novità sorprendete: tu e Rosalie amiche per la pelle! Non l’avrei mai creduto possibile.
   - Ehi, non è stato poi così difficile! – protestai – Rose mi è sempre stata vicina da quando mi sono trasformata.
   - Cosa che io non ho fatto. – commentò lui, tristemente.
   Eravamo seduti sull’erba, vicini. Attorno a noi, i nostri parenti e amici si allenavano, sotto la guida di Jasper e di Eleazar. L’assenza del sole aveva permesso ai lupi di unirsi al gruppo ed era strano, ma rassicurante vedere vampiri e licantropi che si preparavano ad affrontare insieme una battaglia. Erano assenti soltanto Sam e Leah, incaricati di tenere d’occhio Forks, perché, nonostante la visione di Alice e Gabriel ci avesse detto chiaramente quando avremmo dovuto aspettarci un attacco, era meglio che la città non fosse lasciata incustodita.
   Ancora un giorno e avremmo combattuto: noi, i nostri cugini, i lupi… saremmo stati in grave pericolo.
   Potevo solo augurarmi che ne uscissimo tutti vivi, non riuscivo nemmeno a concepire l’idea che qualcuno potesse non farcela. Non avrei augurato nemmeno al mio peggior nemico di essere ucciso da Victoria, o da Maria, nemmeno a Laurent, di cui non mi fidavo ancora del tutto e neppure a Randall di cui avevo paura.
   Accanto a me, Edward era teso e concentrato, mentre osservava i suoi fratelli combattere. Lo studiai con la coda dell'occhio: era bellissimo, senza ombra di dubbio. Il suo viso aveva un’espressione dolce e ansiosa, mentre scrutava ogni movimento delle persone a lui care; i suoi occhi dorati erano profondi e pieni di malinconia. Sembrava un angelo con le ali spezzate, che cercava, in qualche modo di ricominciare a volare.
   All’improvviso mi chiesi se avesse sofferto, nel periodo in cui era rimasto lontano: non avevo mai pensato a questa possibilità, troppo presa dal mio dolore e poi dal mio nuovo amore per Jasper, ma era ovvio che non fosse stato facile neanche per lui adattarsi a una nuova realtà, lontano dalla famiglia che tanto amava, ossessionato dai sensi di colpa…
   - Edward? – chiesi con dolcezza – Che cos’hai fatto dopo che te ne sei andato? Vorresti raccontarmelo?
   Mio fratello – che strano definirlo così – mi rivolse un’occhiata stupita, ma poi sorrise:
   - Ho viaggiato. – spiegò – Sono stato in Canada, in Giappone, in Tibet… luoghi che conoscevo già, naturalmente, ma che ho spesso voglia di rivedere.
   - Beh, il Giappone e il Tibet sono luoghi un po’… esotici… - dissi, comprensiva – Piacerebbe anche a me andarci.
   - Poi, continuando verso ovest sono finito nel…
   -… Caucaso! – completai divertita – Me lo ricordo bene! Mi dici cosa c’è di interessante nel Caucaso?
   Edward sorrise: - All’inizio proprio niente. – mormorò – Non sapevo nemmeno perché ci fossi andato.
   Intuii che stava per aggiungere qualcos’altro: - E poi? – lo incoraggiai.
   - E poi… non lo so, Bella. Non lo so ancora con certezza.
   - Che cosa, Edward?
   Lui sospirò, guardando verso l’orizzonte:
   - Forse, laggiù c’è qualcuno da cui voglio tornare.
   Oh.
   Rimasi in silenzio, aspettando che continuasse.
   - Si chiama Nastas'ja, detta Nast’ja. Io la chiamavo Nasty.
   - Una ragazza? – sussurrai.
   - Sì, una vampira. Giovanissima, ha sedici anni. L’ho incontrata per caso e quando l’ho vista la prima volta…
   Edward tacque e capii in che quel momento non voleva dire nient'altro. Gli posai una mano sul braccio:
   - Spero che la ritroverai e che sarete felici. – gli dissi ed ero assolutamente sincera.
   - E’ giovane e molto sola… - continuò Edward, rivolto più a sé stesso che a me – E’ ancora in balia del suo creatore, un nomade violento e senza scrupoli che l’ha trasformata, si può dire, per capriccio, meno di sei mesi fa. Già è un miracolo che io sia riuscito a incontrarla un paio di volte… E' piuttosto dolce per essere una neonata, sai? Avrei voluto portrla via, ma ho temuto che qui avrebbe corso troppi pericoli. Ha già sofferto tanto, merita di vivere felice, in pace con sé stessa, in un mondo dove non esistano la violenza e la paura. Quando me ne sono andato, mi ha chiesto di tornare, un giorno…  e credo davvero, che non appena ci saremo liberati di Victoria e Maria partirò di nuovo.
   Annuii: - Devi salvarla, Edward. Sono certa che lei… Nasty… sono certa che ti sta aspettando.
   - Non so ancora con certezza se sono o non sono innamorato di lei. – Edward mi guardò negli occhi – E non voglio sbagliare, Bella. Non un’altra volta.
   - Non sbaglierai, ne sono sicura. – risposi con un sorriso, riprendendo a osservare gli allenamenti in corso.
   Edward non aggiunse altro e io nemmeno. Restammo in silenzio, sereni e immersi ciascuno nei propri pensieri.
   Nasty.
   Una giovanissima vampira di sedici anni, una principessina da salvare… forse era proprio il tipo adatto a Edward, così premuroso e protettivo. Sperai con tutte le mie forze che Alice avesse una visione su quella creatura: non mi sarebbe dispiaciuto avere una sorellina più piccola in famiglia e poi Edward meritava di essere felice.
   Sarebbe stato bello poter sposare Jasper circondata da un’aura di gioia…
   Magari avremmo potuto partire tutti insieme, per salvare la piccola Nasty dal suo creatore. Sicuramente sarebbe stato un avversario di gran lunga inferiore a Maria e Victoria…
   Quella prospettiva mi piacque e mi fece odiare ancor di più le nostre nemiche che ci impedivano di essere felici come desideravamo.

   Mary e Randall arrivarono nel pomeriggio: notai con soddisfazione che Randall sembrava piuttosto titubante ad avvicinarsi, si nascondeva dietro all’amica e somigliava nuovamente a un cagnolino irrequieto. Carlisle si avvicinò ai due e diede loro il benvenuto, educato e cordiale come sempre. Mary e Randall furono comprensibilmente sorpresi di trovarsi davanti un intero branco di licantropi, ma accettarono di combattere al loro fianco senza fare una piega. O meglio, fu Mary ad accettarlo, perché Randall non disse una parola.
   Jasper, che si era messo al mio fianco non appena aveva riconosciuto l'odore dei due, mantenne fede alla sua promessa di non lasciarmi da sola neanche per un secondo. La cosa non mi dispiacque affatto: volevo trascorrere con lui ogni momento che ci restava a disposizione prima della battaglia.
   Mary e Randall rimasero nella grande casa, per quella notte e io sapevo che Edward avrebbe tenuto d’occhio i loro pensieri. Jasper e io ci rifugiammo per l’ultima volta a casa di Rosalie e questa volta, oltre a Alice e Gabriel vennero con noi anche lei ed Emmett, perché evidentemente non si sentivano a proprio agio nella villa sovraffollata.
   A letto, raccontai a Jasper del mio dialogo con Edward e gli feci promettere che passata la battaglia ci saremmo occupati di aiutarlo a ritrovare la sua Nasty.
   Jasper mi arruffò i capelli: - Sei sempre un angelo, mia piccola Bella! – mormorò e io colsi nella sua voce un velo di tristezza – Ti preoccupi per tutti, vuoi sempre il meglio per la tua famiglia. – la sua voce dolce e armoniosa si ruppe all’improvviso – Oh, amore mio… ti prego, domani cerca di sopravvivere, fallo per me…
   Lo fissai, spaventata: - Jasper, che cosa dici?
   Lui mi prese il volto tra le mani: - Bella, sarà una battaglia molto dura. Conosco Maria e so che dobbiamo aspettarci il peggio.
   Cominciai a tremare: - Vuoi dire… vuoi dire che potremmo perdere?
   Jasper annuì, guardandomi negli occhi: - Sì, Bella, potremmo non farcela, anche con l’aiuto dei nostri amici. Oppure potremmo farcela, ma pagando un prezzo.
   - Qualcuno morirà… - sussurrai sconvolta.
   - Potrebbe accadere. – mormorò Jasper, accarezzandomi una guancia – E io non voglio che succeda a te. Sappi che ti proteggerò finché avrò vita. Victoria non ti toccherà finché ci sarò io e Maria non mi avrà mai, nessun ricatto potrà portarmi via da te.
   Mi strinsi a lui, cercando di non scoppiare in singhiozzi: - Jazz, smettila! – implorai – Non voglio sentirti parlare così! Ce la faremo, tutti e due, ne sono certa! Devo esserne certa! Altrimenti come potrò affrontare quello che ci aspetta?
   Jasper mi strinse forte tra le sue braccia muscolose: - Io sono soltanto realista, Bella. Ci aspetta un giorno difficile e non posso negare di aver paura.
   Paura.
   Jasper aveva paura.
   Mi sollevai sui gomiti e mi persi nei suoi occhi:
   - So che hai paura. – dissi con tutta la dolcezza di cui ero capace – Stai per incontrare dopo tanto tempo la tua creatrice e carceriera. Non lo dai a vedere, ma sei spaventato e angosciato. Non temere Jasper, come tu proteggerai me, allo stesso modo io proteggerò te.
   Baciai dolcemente il mio compagno sulle labbra.
   - E quando tutto questo sarà finito, io diventerò tua moglie. – continuai, posando di nuovo la testa sul suo petto – Andremo via da qui, troveremo un posto meraviglioso dove vivere e ci godremo l’eternità. Alice e Gabriel non avranno più visioni brutte, Edward sarà felice con Nasty, Garrett sposerà Kate e Laurent sposerà Irina… Jacob non dovrà più proteggere Forks dai vampiri, il branco potrà riprendere la sua vita di sempre…
   Continuai così per non so quanto tempo, come se volessi far diventare realtà i miei desideri con la sola forza delle mie stesse parole.
   Jasper rimase in silenzio, ma a poco a poco il suo viso si rilassò, il suo sguardo tornò sereno e io capii che grazie a me aveva ricominciato a sperare.
   L’indomani trascorse rapido e angosciante per tutti noi.
   La grande casa si riempì di sussurri: parole d’amore, promesse, addii. Vidi Esme circondare Carlisle con un braccio e Edward con l’altro; sentii Edward raccontare loro del Caucaso e di Nasty; sorpresi un bacio appassionato tra Emm e Rose, colsi uno sguardo innamorato di Gabriel verso Alice…
   E alla fine, la sera tanto attesa e tanto temuta arrivò.
   In silenzio ci disponemmo in due file nel luogo che Alice ci aveva indicato, una radura che fortunatamente era molto lontana da Forks: davanti c’erano Emmett, Rosalie, Eleazar, Carmen, Carlisle, Esme, Randall, Edward, Jasper ed io; dietro Kate, Garrett, Laurent, Irina, Tanya, Mary, Alice e Gabriel. In questo modo le forze erano distribuite equamente. I lupi invece, erano nascosti qualche miglio più indietro: speravano di poter sfruttare l’effetto sorpresa con l’esercito nemico, che senza dubbio non si aspettava di incontrarli. Leah sarebbe certamente stata in grado di eliminare dei neonati prima ancora che si rendessero conto di aver davanti una lupa; Sam e Jacob erano forti e veloci; speravo che agli altri lupi non toccasse troppo lavoro, erano ancora così giovani e inesperti, soprattutto Seth.
   Strinsi forte la mano di Jasper, calato come non mai nel suo ruolo di Maggiore.
   - State pronti. – sussurrò Gabriel dietro di noi – Ancora pochi minuti e saranno qui.




Angolino dell'Autrice: buonasera a tutti! Come state? Sono molto contenta di aver aggiornato, spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Prima dei soliti ringraziamenti devo proprio farne uno particolare a mia madre per aver creato i noimi di Gabriel Maurice Gilligan e di Nastas'ja detta Nast'ja e inglesizzata da Edward in Nasty. Uhm, per lei manca ancora il cognome, ma al momento non è importante e in ogni caso si spera che finirà col chiamarsi Nasty Cullen, no?
L'immagine che ho postato, per una volta è opera mia, come anche quella che trovate al primo capitolo e che ha sostituito la precedente diventando la copertina definitiva e ufficiale della storia! Ve la riposto nel caso non l'abbiate vista!

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Ringrazio tutte le gentilissime persone che mi seguono: a fine storia (dovrei arrivare a 43 o 44 capitoli) farò un bel ringraziamento ufficialissimo a ciascuno di voi recensori e anche a chi legge soltanto.
A presto e statemi bene! Nel prossimo capitolo siamo alla battaglia vera e propria!

Con affetto

Niniane

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Capitolo 40
*** Il profumo della paura ***






Capitolo XXXX: Il profumo della paura


I'd listen to the words he'd say
But in his voice I heard decay
The plastic face forced to portray
All the insides left cold and gray
There is a place that still remains
It eats the fear it eats the pain
The sweetest price he'll have to pay
The day the whole world went away

                      (Nine Inch Nails The day the wold went away)



Bella

   Spesso, la paura non fa rumore.
   La paura striscia, sinuosa e silenziosa come un serpente e s’intrufola a poco a poco in ogni angolo del cuore, senza che niente possa fermare la sua lenta, ma inesorabile avanzata…
   La paura non può essere sconfitta, quando la vita delle persone che ami è in pericolo. In casi del genere, il suo potere è troppo grande, riesce a soggiogare totalmente la mente e l’animo, rendendo impossibile il rimanere lucidi. Il coraggio, la forza di volontà, la determinazione possono arginarla, possono renderla più gestibile, ma non potranno mai eliminarla: anche i gesti più coraggiosi sono spesso, infondo, animati solo e soltanto dalla paura.
   Paura di morire. Paura di veder morire coloro che si ama. E così il cerchio si chiude.
   Quella notte di maggio, la paura ebbe per noi un volto: quello di Maria.
   Un volto bellissimo, marmoreo, incorniciato da folti riccioli neri.
   Ebbe anche il suo profumo: un misto di viole, erba, oceano… e sangue.
   Strano a dirsi, visto che Maria non era né un essere umano, né un’animale: eppure era proprio odore di sangue, quello che raggiungeva il mio olfatto e mi atterriva, annebbiandomi la vista e la mente.
   O era solo una suggestione, la mia?
   Sapere quanto sangue doveva aver sparso quella vampira, nell’arco di due secoli o forse più, mi aveva impressionato tanto da farmi credere di poterne percepire il tanfo attorno alla sua persona?
   Strinsi spasmodicamente la mano di Jasper, cercando di controllare le mie emozioni.


Jasper


   Arrivarono marciando in formazione compatta: Maria e Victoria in testa al loro esercito, schierato in cinque file ordinate. Contai circa trenta neonati, un numero alto, anche se non quanto avevo temuto: se ci fossimo spartiti gli avversari con attenzione, avremmo potuto farcela. Avevamo dalla nostra parte il dono di Kate, che avrebbe potuto fulminare parecchi di quegli esseri, l’inafferrabilità di Alice e Gabriel, la forza di Emmett e di Eleazar, la mia abilità di stratega, la lettura del pensiero esercitata da Edward. Avevamo i licantropi, nascosti nel fitto della foresta. Avevamo anche lo scudo di Bella, anche se contro dei neonati un potere di quel genere non era particolarmente utile...
   Lo scudo di Bella…
   Mi sentii gelare.
   In nome di Dio, che cosa stavo facendo?
   Bella, la mia Bella non doveva trovarsi lì. Perché era al mio fianco? Avrebbe dovuto essere al sicuro, da qualche parte… Perché non l’avevo mandata via quand’ero ancora in tempo?
   Mi sentii stringere lo stomaco da una morsa dolorosa.
   Erano gli uomini a dover combattere, non le donne. Era sempre stato così e così doveva essere anche questa volta, non mi importava che Bella fosse immortale, forte, veloce, indistruttibile… avrei dovuto essere io a combattere per lei, come per mia madre Esme, le mie sorelle, Rosalie e Alice e tutte le altre…
   Non era giusto che Bella combattesse per me.
   La mano della mia compagna si strinse attorno alla mia e io percepii tutta la paura che il mio piccolo cigno stava provando. Automaticamente mi sforzai di usare il mio potere per infonderle almeno un po’ di lucidità, ma scoprii, senza nemmeno troppa sorpresa, che il mio dono era inutilizzabile. Le mie emozioni erano troppo confuse e violente perché potessi pensare di occuparmi di quelle altrui.
   Mi imposi di mantenere la calma: anche se nessuno l’aveva detto esplicitamente, il capo del nostro piccolo esercito ero io. Tutti contavano su di me, Bella per prima e io non potevo deluderla. Non potevo deludere nessuno. Dovevo calarmi nel mio ruolo di soldato esperto, dimenticare i sentimenti, l’ansia, tutto e pensare solo agli avversari.
   Mi accorsi che stavo tremando quando Bella strinse ancora di più la mia mano.
   - Jasper? – sussurrò – Come stai?
   - Ho paura, Bella, lo sai. – mormorai.
   - Jazz, ricordi cosa ti ho detto ieri sera?
   - Sì…
   - Sono qui con te, non dimenticarlo. Saremo insieme fino alla fine, qualsiasi cosa accada.
   Quelle parole ebbero il potere di farmi sentire meglio.
   Già, perché in guerra il ruolo degli uomini è combattere, quello delle donne è di consolare e asciugare le lacrime. E Bella, la mia piccola donna, stava svolgendo il suo ruolo alla perfezione, dunque era indispensabile che io facessi altrettanto.
   - Grazie, amore mio. – sussurrai.
   - Jasper?
   - Sì?
   - Devo dirti una cosa… Jacob sa tutto. Gliel’ho detto io, alla fine… e lui aveva già capito. E’ stato felice per noi.
   Jacob. Che tipo...
   Se ce l’avessimo fatta avrei davvero potuto contemplare l’idea di diventare suo amico.
   Mi concentrai sui neonati: non erano diversi da quelli che avevo incontrato in passato, sembravano fremere dalla voglia di combattere e ci osservavano con i loro occhi rossi e perennemente in movimento. Alcuni di loro, però erano ragazzi molto giovani, tra i sedici e i diciotto anni e sembravano quasi spaventati dalla prospettiva di uno scontro.
   - Non tutti amano la lotta. – sussurrò Edward, che doveva avermi letto nel pensiero – Questo è un punto a nostro favore: se riusciamo a creare abbastanza scompiglio da spaventarli davvero potrebbero arrendersi.
   - Quanti sono? – chiesi mentalmente a mio fratello.
   - Circa una decina, tutti quelli più giovani d’età. – rispose lui – Non hanno ben chiaro il motivo per cui sono qui e hanno paura di Maria.
   - Qualcuno sospetta la presenza dei lupi? – pensai, di nuovo.
   - No, - rispose Edward – al momento nessuno ha captato nulla.
   Ci fu un attimo di silenzio.
   E poi sentii che dovevo dirlo:
   - Edward? – azzardai.
   - Sì?
   - Grazie. Di essere tornato e di essere qui con noi… nonostante tutto.
   Lo sentii sorridere al mio fianco: - Siete la mia famiglia, dovevo tornare… ti chiedo perdono per tutto, fratello mio.
   Non potei trattenere il sorriso che voleva sbocciare sulle mie labbra: cosa importava delle incomprensioni passate? Edward era mio fratello ed era accanto a me, anche se solo pochi giorni prima avevo addirittura tentato di ucciderlo.
   - Ti perdono, fratellino. Ti voglio bene. – pensai e la nostra bizzarra conversazione si concluse così.
   Continuammo ad attendere: l’esercito nemico era ormai vicino, ma avanzava ancora molto lentamente.
   Forse, prima di sporcarsi le mani, Maria vorrà parlare con me…
   Una prospettiva alla quale avevo cercato di prepararmi mentalmente. Sapevo che non sarebbe stato facile ingannare quella donna, perciò, anche se era stato doloroso, mi ero sforzato di rievocare tutte le sfumature del suo carattere ambiguo, in modo da rendermi in grado di prevedere le sue mosse.
   Finalmente la massa di vampiri si arrestò, a pochi metri da noi e il mio sguardo fu subito catturato da quello della nostra nemica numero uno.
   Rivederla mi fece una strana impressione: mi chiesi, prima di tutto, come avessi fatto, in passato a trovarla bella. Non lo era affatto, al contrario, mi parve la vampira più brutta che avessi mai incontrato: nei suoi occhi c’era una luce di follia, i suoi movimenti non avevano nulla di umano. Mi fece pensare a una pantera pronta a spiccare un balzo. Sorrideva appena, come se fosse già sicura del risultato della battaglia e quel sorrisetto malefico fece subito salire di parecchio il livello della mia rabbia: Non toccherai la mia famiglia, belva maledetta…
   Al suo fianco, Victoria sembrava invece piuttosto nervosa. Il suo sguardo era caduto immediatamente su Bella e i pensieri della rossa erano perfettamente intuibili: voleva Bella morta. Subito.
   Strinsi più forte la mano della mia compagna: Ti sistemo io, Victoria, fatti avanti se ne hai il coraggio.
   Fu Maria a prendere la parola e come avevo immaginato, si rivolse direttamente a me:
   - Jasper, mio caro. Quanto tempo.
   La sua voce era profonda e vibrante come la ricordavo e mi diede i brividi.
   - Maria. – risposi seccamente.
   - Che accoglienza! – commentò lei, per nulla impressionata – Dunque la mia amica Victoria aveva ragione, c’è qualcuno, tra voi, che sa prevedere il futuro e ci ha visti arrivare.
   Lo sguardo di Maria percorse il nostro schieramento, misero, in confronto al suo.
   - E’ quella ragazzina laggiù. – sibilò Victoria, indicando Alice – E’ di lei che James mi aveva parlato.
   - Molto bene, mia cara. – replicò Maria, fissando a sua volta mia sorella – E dimmi, qual è la nostra preda?
   Gli occhi di Victoria saettarono verso Bella.
   Maria seguì il suo sguardo e per la prima volta parve sorpresa: - Lei? – chiese – Ma Bella Cullen non è la compagna di Edward, colui che ha ucciso il tuo James? Perché dovrebbe trovarsi accanto a Jasper?
   Victoria parve confusa: - Non lo so, mia Signora. Ma è proprio lei, ne sono certa.
   Maria tornò a rivolgersi a me: - Dunque, devo dedurre che questa ragazza è la tua compagna, Jasper?
   - Sì. – risposi, guardandola negli occhi – Molte cose sono cambiate rispetto all’anno scorso, quando James è morto. Edward e Bella sono fratelli, adesso. In ogni caso, non è questo ciò che conta: Victoria farà bene a rinunciare immediatamente al suo intento, nessuno le permetterà di uccidere questa ragazza.
   - Ma davvero? – sibilò ironica la rossa – Di’ un po’, non hai visto l’esercito che mi segue?
   Le sorrisi, sardonico: - Quell’esercito non segue te. Segue Maria. Sei proprio sicura che Maria voglia mettere a rischio i suoi soldati per assecondare i tuoi desideri? Ben trenta neonati per una vendetta personale? Fossi in te, avrei qualche dubbio.
   - Vedo che mi conosci bene, Jasper. – commentò Maria, lusingata – Ammetto che in parte hai ragione, preferirei evitare uno scontro. Posso proporti un accordo?
   - So già cosa vuoi. – la interruppi – Vuoi che io torni in Texas con te. La mia risposta è no.
   - Ma, mio tesoro, rifletti. – continuò Maria, carezzevole – Se tu mi seguissi, la tua famiglia sarebbe salva, inclusa Bella.
   - Non è vero, Maria, non è vero. – risposi stancamente – Tu vuoi che io mi allontani da coloro che amo, perché sai che sono io a guidarli… una volta che mi fossi fatto convincere da te, li faresti uccidere tutti dai tuoi neonati e daresti Bella in pasto a Victoria. No, mai: io resto accanto alla mia famiglia.
   Un silenzio pesante seguì le mia parole.
   - Ne sei proprio sicuro, Jasper? – bisbigliò la vampira mora, con voce seducente – Vogliamo vedere se è proprio il caso che ti rifiuti con tanta veemenza?
   - Ho già rifiutato, due volte. Per la terza volta: non verrò con te.
   Maria sorrise e riconobbi con orrore un sorriso che avevo già visto tanto tempo prima.
   Capii in anticipo cosa stava per succedere.
   - Quand’è così… - mormorò, serena.
   Il suo braccio si alzò e poi ricadde.
   Era il segnale.
   Victoria e i neonati si lanciarono all’attacco, ringhiando all’unisono. Noi partimmo alla carica per rispondere all’assalto e un possente ululato annunciò l’arrivo della retroguardia, i nostri alleati licantropi. Vidi un lampo d’incertezza negli occhi di Maria e questo mi riempì di soddisfazione. Atterrai in men che non si dica un paio di neonati, vidi Eleazar fare lo stesso con altri due, vidi Kate correre e far crollare a terra, come fulminati i nemici che incontrava. Udii il grido di battaglia di Garrett, che si lanciava coraggiosamente nella mischia, in aiuto di Edward, che stava facendo a pezzi una nemica. Vidi Alice, Gabriel, Rosalie ed Emmett circondare Bella e impedire a chiunque di avvicinarsi a lei.
   Grazie ragazzi… pensai infinitamente sollevato.
   I lupi ci raggiunsero.
   La bellissima, argentea Leah superò tutti i suoi compagni e spezzò le ultime file dell’esercito dei neonati, che cercavano ancora di rimanere uniti. Jacob e Sam la seguivano a ruota e bastò la loro presenza a seminare il panico tra gli avversari.
   In preda all’euforia lanciai un urlo e corsi il più velocemente possibile da una parte all’altra del campo di battaglia, per cercare di aiutare chi dei nostri ne aveva bisogno.
   Ad un certo punto vidi Victoria, sola, nel bel mezzo di quel putiferio. Sembrava smarrita e molto meno spavalda di prima.
   - Ehi, rossa! – urlai, correndo verso di lei  – Lo sai che sono stato io a uccidere James?
   Victoria si volse verso di me e mi guardò stralunata.
   - Proprio così! Io, sono stato io! Non Edward! Mio fratello l’ha solo allontanato dal corpo di Bella!
   La vampira si mise in posizione di attacco, ringhiando minacciosamente. Bene, era proprio quello che volevo: almeno ci saremmo liberati di lei. Cominciai a girarle intorno, velocemente, continuando a provocarla, mentre attorno a noi, amici e nemici combattevano gli uni contro gli altri:
   - Non lo sapevi, vero? Volevi uccidere Bella e magari anche Edward, vero? Invece non ucciderai Bella e te la vedrai con me! Perché sono io il compagno di Bella e sono io che ho ucciso James!
   Victoria si lanciò all’attacco con un urlo disumano e io, che non aspettavo altro, fui pronto a risponderle.
   Era veloce, la rossa e molto agile. Si batté eroicamente, come una furia, anche se sapeva di non avere scampo, ero un avversario troppo forte per lei. Provò in ogni modo di attaccarmi e solo quando si vide davvero in difficoltà cercò una via di fuga, senza però riuscire a trovarla. Più volte l'atterrai e poi finsi di lasciarla andare, solo per atterrarla di nuovo. Usai anche il mio potere per destabilizzare ulteriormente le sue emozioni: le causai paura, nervosismo, esasperazione, tutte cose che peraltro meritava, dato che lei stessa le aveva causate a noi, ingiustamente. Ad un tratto riuscii a staccarle un braccio, poi anche l'altro e a quel punto, per lei non ci furono più speranze. Era stato uno scontro talmente rapido da sembrarmi deludente e tuttavia non riuscii a spiegarmi il suo sorriso snaturato, che colsi proprio nel momento in cui l’afferravo per il collo, pronto a tirare.
   Quando il sorriso si trasformò in una vuota risata pensai che forse, dopotutto, era completamente impazzita.
   Non ci misi molto a staccarle la testa, facendo morire per sempre i suoi bei capelli rossi.
   Il primo fuoco a divampare nel campo di battaglia fu proprio per Victoria.
   In quel momento sentii dei suoni diversi da prima.
   Urla di terrore nel nostro schieramento...
   Mi guardai intorno, cercando di capire cosa stesse succedendo e non tardai a scoprirlo.
   Ecco perché Victoria rideva... compresi all’improvviso, orripilato.
   Da sud, altri neonati avanzavano verso di noi.



Ehm , buonasera!
Visto? Sono tornata anche prima del previsto!
Questa battaglia, che spero vi sembri avvincente (io del mondo militare ne so molto poco...) durerà ancora, come potete ben intuire... mi spiace lasciarvi in sospeso come al solito, adesso mi odierete tutti a morte, lo so, ma che ci posso fare, mi piacciono troppo i colpi di scena!
Non dico altro, stavolta, chiacchiererò un po' di più a battaglia conclusa, per oggi mi limito a ringraziarvi tutti e a mandarvi un abbraccio affettuoso!
Aggiornerò in settimana, spero!
Un bacione, vi voglio bene
Niniane

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Capitolo 41
*** Sacrificio ***








Capitolo XXXXI: Sacrificio


Jasper


   Erano una quindicina: non tanti, ma comunque troppi rispetto a noi.
   Il mio primo pensiero fu per Bella. Dovevo raggiungerla immediatamente.
   Corsi più veloce che potevo attraverso il campo di bataglia, scansando amici e nemici: fortunatamente Bella era ancora insieme a Alice e Gabriel.
   - Jasper! – urlò, sollevata non appena mi vide, gettandosi contemporaneamente tra le mie braccia: – Che cosa succede? Ti ho visto andare verso Victoria...
   La strinsi a me: - Victoria è morta, Bella, ma sono arrivati altri neonati… siamo in pericolo più di prima…
   Bella spalancò gli occhi:
   - Victoria è morta? – chiese, incerta.
   Annuii: - L’ho sistemata io, Bells.
   Lei mi prese le mani tra le sue:
   - Oh, Jazz… - sussurrò, spaventata e sollevata allo stesso tempo.
   - Jasper! – mi chiamò Eleazar in istante dopo – Dobbiamo cominciare a bruciare quelli che abbiamo fatto a pezzi o si ricomporranno!
   - Bruciate! – ordinai – E state attenti alle fiamme, non avvicinatevi troppo!
   L’ordine fu ripetuto ed eseguito: i primi fuochi iniziarono a brillare e il panico tornò a serpeggiare tra i neonati.
   - Vieni con me! – gridai a Bella. La presi per mano e insieme corremmo verso Esme e Carlisle che lottavano contro tre avversari particolarmente feroci.
   Aiutammo i nostri genitori a finirli, poi ci voltammo, per andare in soccorso di Edward e Randall che si battevano come due leoni (rimasi io stesso stupito nel vederli) contro altri avversari.
   I fuochi aumentarono. Il fumo cominciò a salire sempre più in alto, formando una nuvola nera sopra di noi.
   - Jasper, guarda! – urlò Bella, sconvolta – Laggiù!
   Guardai nella direzione che mi stava indicando e vidi il giovane Seth accasciarsi a terra: una delle zampe posteriori era piegata in modo innaturale. Un secondo dopo, Jacob lo raggiunse, insieme a Embry e lo trascinò lontano dal campo di battaglia. Feci per rimettermi a correre, ma Leah sfrecciò alla mia destra, ululando e si occupò di farla pagare al neonato che aveva ferito suo fratello.
   Più in là, Emmett e Sam combattevano fianco a fianco, contro i nemici più robusti com’era prevedibile.
   Se ce la faremo, quei due diventeranno amici per sempre…pensai, rimanendo fermo a guardarli per un lungo istante, come incantato.
   Poi tornai a esaminare la situazione.
   Molti avversari erano stati definitivamente eliminati, ma non erano abbastanza: parecchi altri riuscivano a ricomporsi dopo aver perso un arto o anche qualcosa di più e noi eravamo accerchiati da loro e dalle fiamme, sempre più alte e pericolose.
   Le sorelle di Denali si stavano dando da fare per spegnere almeno alcuni dei roghi; Alice e Gabriel combattevano, insieme come sempre, con movimenti talmente fluidi da sembrare passi di danza; Carlisle, Edward, Randall e Mary impedivano la via di fuga ai nemici più veloci; Kate seminava il terrore ovunque, con le potenti scariche elettriche che sapeva evocare; Leah correva e colpiva, instancabile; Jacob lanciava secchi latrati di comando ai suoi fratelli lupi.
   Bella e io continuammo a passare da un gruppo all’altro. Anche se odiavo il saperla in pericolo, dovevo riconoscere che se lei non fosse stata al mio fianco, sarei stato sopraffatto dalla disperazione. Combattere a gomito a gomito con la mia compagna manteneva viva la mia determinazione e mi faceva rimanere lucido, almeno quel tanto che bastava: mi sentivo meglio perché potevo starle accanto e proteggerla e perché, allo stesso tempo, potevo lasciarmi rassicurare dalla sua presenza e dal suono della sua voce.
   Il caos era totale e mi chiesi quando e come sarebbe tornata la calma. Il tempo sembrava essersi fermato.
   L’ennesimo fuoco divampò: fuori un altro! pensai.
   Ma poi sentii le grida dei miei cari e un dubbio attraversò la mia mente.
   - Che diavolo?
   Bella parlò con voce irriconoscibile: - Jazz… Credo… credo sia… successo qualcosa…
   Corremmo verso il nuovo falò e arrivammo appena in tempo per balzare in avanti e fermare Randall, il quale voleva gettarvisi dentro.
   - Mary! – urlava, fuori di sé – Hanno ucciso Mary!
   Orripilanti, cercammo con tutte le nostre forze di tirarlo via da lì. Eleazar ci raggiunse e con il suo aiuto riuscimmo finalmente ad allontanarlo dalle fiamme. Gli altri si erano tutti voltati a guardare noi. Inclusi i nostri nemici.
   Per un lungo momento tutto parve cristallizzarsi. Eravamo attoniti, increduli. Bella stringeva forte la mia mano. Carlisle era caduto in ginocchio. I volti di Rosalie e di Esme erano contratti come se le due vampire volessero piangere.
   Mary…
   Mary era morta…
   La povera dolce, silenziosa, aggraziata Mary.
   Non era giusto.
   No, tutto questo doveva finire…
   Cercai di dire qualcosa, di dare un ordine qualsiasi, ma la voce si rifiutò di uscire.
   Fu Edward a parlare per me, con voce incerta, ma ben udibile:
   - Dobbiamo continuare a combattere… o Mary sarà morta invano! Coraggio, vendichiamola!
   Un urlo fece eco al suo discorso e la battaglia riprese più furibonda che mai, senza esclusione di colpi. Anche Randall tornò alla carica, con un urlo belluino e sfogò il proprio dolore facendo a pezzi il neonato che aveva appena ucciso la sua migliore amica e appiccando il fuoco ai suoi resti.
   Eravamo talmente inferociti, euforici e soggiogati dal desiderio di vincere che per un po’ sembrò dovessimo farcela davvero: altri fuochi divamparono, l’odore di bruciato si mescolò a un altro tanfo insopportabile, quello dei neonati morti.
   Ce la facciamo… ce la possiamo fare…
   Ma era un’illusione.
   Un altro urlo, duplice, questa volta, mi fece gelare.
   La prima cosa che vidi fu Edward che si lanciava verso Tanya e l’afferrava per la vita, gettandola a terra, poi scorsi Rosalie che tentava di fare lo stesso con Kate, ma senza riuscirvi a causa del dono di quest’ultima, che evidentemente in quel momento era funzionante. Garrett tentò di aiutare mia sorella, ma anche lui cadde a terra, fulminato.
   Eleazar urlò: - Bella! Lo scudo, adesso!
   Bella lo guardò imbambolata per un momento.
   - Pressa lo scudo attorno a Kate! – ripeté Eleazar, impaziente – Altrimenti non possiamo fermarla!
   Finalmente Bella comprese, la vidi concentrarsi e il suo scudo dovette entrare in azione, perché poco dopo Garrett riuscì ad afferrare Kate e a gettarla a terra, come Edward aveva fatto con Tanya.
   Solo allora cercai la causa di quell’improvvisa colluttazione e la trovai ben presto: un immenso fuoco bruciava, da pochissimi secondi e stava distruggendo i resti di due vampiri.
   Scorsi un ciuffo di capelli biondo platino e uno di capelli neri.
   Irina e Laurent… compresi all’improvviso.
   Irina e Laurent.
   Tutto il mondo parve rimpicciolire davanti ai miei occhi, mentre mi sforzavo di credere a ciò che stavo guardando.
   Non è possibile…
   Irina e Laurent, il loro amore tormentato, iniziato con le bugie e finito nella sincerità e nella dedizione… Laurent si era convertito definitivamente alla nostra dieta e Irina, povera Irina, aveva avuto ragione a fidarsi di lui, dopotutto…
   Ci avevano aiutati, erano stati tanto coraggiosi…
   Irina e Laurent.
   Morti. Finiti. Bruciati.
   Udii a malapena le parole con cui gli altri cercavano di confortare le sorelle di Irina, non vidi nemmeno i lupi che continuavano a combattere.
   La mia mente fu improvvisamente occupata da un unico pensiero: Maria, dov’era Maria? Era lei la causa di tutto. Era lei ad aver portato qui quei neonati, era lei ad aver dato retta a quella pazza di Victoria.
   La vidi, quella schifosa subdola e crudele, su un’altura. In disparte, lontano dagli scontri.
   Ci osservava, attenta, ma serena e naturalmente non aveva alcuna intenzione di scendere a combattere. No, lei ci guardava, senza sporcare le sue belle manine bianche.
   - Aspettami qui, - dissi a Bella – Devo fare una cosa…
   Non mi sentì nemmeno: era assorta nella contemplazione del fuoco e non sembrava in grado di muoversi o di agire.
   Con il cuore a pezzi mi allontanai dal mio amore e alzai gli occhi verso colei che stava distruggendo la mia famiglia.
   - Maria! – gridai, marciando verso di lei – Ora basta! Victoria è morta, non devi più occuparti della sua sciocca vendetta. Noi non ti abbiamo fatto nulla di male, ordina ai tuoi soldati di ritirarsi!
   La mora mi sorrise, quasi allegramente: - Lo so bene che Victoria è morta, mio caro e a dire il vero ho sempre immaginato che sarebbe finita così.
   - E allora che cosa vuoi? – chiesi, esasperato – Hai avuto delle perdite, ritirati, questa battaglia non ha alcun senso.
   Maria scese con grazia dall’altura e mi si avvicinò, morbida e sinuosa:
   - Accetta di tornare in Texas con me e io ordinerò ai miei di andarsene.
   La guardai negli occhi: - Tu sei convinta che io sia ancora il vampiro che ero due secoli fa, ma ti sbagli. Io sono cambiato e credimi, non ti sarei di alcun aiuto.
   - Lo vedo bene che sei cambiato, Jasper, – rispose Maria -  ma sai, credo che adesso tu mi piaccia ancora di più.
   - Non verrò con te.
   - Accetta, e io farò allontanare il mio esercito. Rifiuta e ordinerò ai miei soldati di sterminare la tua famiglia, a cominciare dalla tua Bella.
   Quella minaccia mi diede i brividi, ma mi sforzai di apparire spavaldo: - La mia famiglia potrebbe avere la meglio sul tuo esercito. – dissi.
   - Ma davvero? – commentò Maria – Guarda laggiù.
   Guardai.
   I lupi più giovani, Embry, Paul, Jared, Seth e Quil, l’ultimo arrivato, non si vedevano più. Dovevano essere stati tutti feriti gravemente… o peggio. Sul campo restavano solo Jacob, Sam e Leah.
   I miei famigliari combattevano tutti, ma i nemici erano ancora troppi per loro. Con orrore, vidi Rosalie perdere un braccio, prima che Emmett intervenisse e spaccasse la testa a un giovane nemico. Anche Carlisle era ferito e perfino Edward era in difficoltà. Le sorelle di Denali lottavano ancora, ma sembravano entrambe troppo scioccate dalla morte di Irina per riuscire a vincere in uno scontro; i loro movimenti erano scoordinati e fiacchi. Cercai con lo sguardo Bella e la vidi alle prese con il neonato più grosso che avessi visto fino a quel momento: fui mille volte grato a Eleazar che andò ad aiutarla.
   - Non possono farcela. – mi sussurrò Maria a un orecchio – Lo vedi? Rinuncia, Jasper, adesso, se vuoi che si salvino.
   Avevo scelta?
   Era meglio che continuassimo a combattere eroicamente e morissimo tutti, o che almeno la mia famiglia si salvasse?
   - Se tornerò in Texas con te… - chiesi, con voce rotta – Che cosa farai di me?
   - Ti renderò quello che eri prima, tesoro. Il mio compagno.
   Non posso sopportarlo... pensai. Non posso...
   Ma poi guardai Bella, i suoi capelli che mulinavano al vento, i suoi movimenti scattanti, il suo viso concentrato nella lotta.
   Per salvare lei avrei fatto qualunque cosa.
   Se Bella avesse potuto vivere, io sarei stato in pace con me stesso. Il ricordo del nostro amore mi avrebbe aiutato a sopportare ciò che mi aspettava.
   - Va bene. – mormorai – Verrò con te.
   Per il mio amore, pensai angosciato. E per la mia famiglia.
   Maria sorrise come una bambina felice:
   - Molto bene, Jasper. Hai preso la decisione giusta.
   Risalì sull’altura e gridò a gran voce: - Soldati! Ritirata!
   Poi, rivolta a me: - Forza, amore mio, andiamo!
   Si mise a correre, velocissima e io la seguii, senza voltarmi indietro.
   Ma prima di lasciarmi tutto alle spalle, urlai un ultimo pensiero, con la speranza che mio fratello Edward potesse sentirlo.
   Addio, Bella. Perdonami.


Bella


   L’ordine di Maria ci colse tutti di sorpresa.
   I neonati si bloccarono all’istante e rimasero fermi dove si trovavano, incerti sul da farsi.
   Noi ci guardammo intorno, perplessi.
   - Non capisco. – borbottò Eleazar – Perché vuole che se ne vadano? Stanno vincendo…
   Nessuno fu in grado di rispondergli.
   Spaesata, cercai con gli occhi Jasper. Quando si era allontanato da me? Da quanto tempo mancava?
   - Jasper? – chiamai, preoccupata – Jazz, dove sei?
   Poi Edward cadde in ginocchio, con il capo tra le mani.
   - Se n’è andato. – singhiozzò – Ha ceduto al ricatto di Maria, per salvarci tutti.
   - Che cosa? – urlò Esme, sconvolta.
   - Ha chiesto a Bella di perdonarlo… ho sentito i suoi pensieri… - continuò Edward.
   Mi sentii esattamente come se stessi precipitando in caduta libera dalla cima di una montagna.
   Jasper se n’era andato…
   No.
   Non poteva essere…
   Aveva promesso che non mi avrebbe mai lasciata…
   Jasper…

   Caddi a terra.
   E urlai.




Deliri della delirante Autrice: vi prego, non tiratemi addosso uova e pomodori marci per questo capitolo così triste... la storia non è ancora finita, anzi vi annuncio che sono arrivata alla decisione di portarla a 45 capitoli, quindi devono ancroa succedere alcune cose. Secondo voi, la famiglia Cullen potrebbe mai lasciare Jasper in balia di Maria? Ma certo che no! Nel prossimo capitolo, che spero di postare in questi giorni vedremo che cosa faranno Bella e gli altri per salvare Jazz.
Intanto ringrazio vivamente coloro che mi stanno seguendo, in particolare le bellissime persone che ultimamente si sono imbattute in questa storia e l'hanno letta tutta d'un colpo lasciandomi delle recensioni davvero carine, che mi hanno resa felice.
Vi auguro una buona giornata, vi prego di continuare a lasciarmi i vostri pareri e spero che ci risentiremo presto con il prossimo capitolo!
Un abbraccio!!!
Niniane


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Capitolo 42
*** In pochi minuti ***






Capitolo XXXXII: In pochi minuti


Edward

   - Jasper! Jasper! Dobbiamo andare… dobbiamo andare da lui…
   In ginocchio, Bella urlava e singhiozzava senza poter versare una lacrima. Rosalie, Esme e Alice la circondavano con le braccia, cercando di blandirla e di calmarla.
   - Certo che andiamo da lui, Bella, – diceva Rosalie in tono urgente – ma dobbiamo avere un piano d’attacco…
   - Tranquilla, Bella, Jazz non corre alcun pericolo. – aggiungeva Alice, convinta – Maria non vuole fargli del male, vuole soltanto portarlo via con sé. Abbi pazienza, dobbiamo decidere che cosa fare…
   Ma Bella continuava a invocare il nome del suo compagno e cercava in ogni modo di sfuggire alla presa delle sorelle per spiccare una corsa.
   Alice, comunque aveva ragione: eravamo noi ad essere ancora in pericolo, non Jasper. Dovevamo decidere cosa fare dei neonati, i quali continuavano a guardare noi, confusi e disorientati, come se l’ordine di ritirata del loro generale fosse stato qualcosa di incomprensibile.
   Li contai: dei quarantacinque contro i quali avevamo combattuto ne erano rimasti diciannove. Un numero piuttosto alto. Li osservai con attenzione e mi concentrai sui loro pensieri, chiedendomi come mai non fossero fuggiti.
   Mi bastò un secondo per capire e mi diedi automaticamente dello stupido.
   Ma certo.
   La visione di Alice aveva parlato chiaro.
   - Hanno l’ordine di attaccarci comunque! – esclamai, assumendo la posizione di difesa, quasi senza accorgermene – La ritirata era una finta di Maria per ingannarci! Alice l’aveva visto, quella pazza intende ucciderci tutti.
   I miei compagni furono tutti al mio fianco in un baleno, tranne Bella (la quale evidentemente non era più intenzionata a scappare, ma non sembrava neppure in grado di fare nient’altro e che rimase inginocchiata dov’era) e Alice, che rimase accanto alla sorella e mi sorrise, stranamente serena.
   - Tranquillo, Edward. – disse – Non vogliono attaccarci.
   Era vero?
   Continuai a sondare i pensieri dei nostri nemici: lessi nelle loro menti incertezza, paura di combattere, paura di morire e molti interrogativi: dov’era andata la Signora? Perché li aveva lasciati lì, da soli? Perché dovevano combattere contro di noi?
   Forse Alice aveva ragione di nuovo.
   - E’ vero? – sibilai – Non volete più combattere?
   Una dei neonati, una ragazza molto giovane, sedici anni al massimo sussurrò: - Io mi arrendo.
   Il ragazzo che le stava accanto chinò il capo e aggiunse: - Anch’io. Non voglio più combattere.
   Un altro ringhiò: - Abbiamo ricevuto un ordine preciso dalla Signora!
   Alcuni approvarono:
   - E’ vero!
   - Dobbiamo combattere!
   Ma i più rimasero in silenzio.
   Carlisle mi si avvicinò e con voce insolitamente dura disse:
- Per mano vostra abbiamo perso tre dei nostri amici e questa è una cosa che non potremo mai perdonarvi. Ora stiamo rischiando di perdere un’altra persona a noi cara: arrendetevi e vi risparmieremo la vita; combattete e non avremo alcuna pietà di voi.
   - Arrendetevi. – aggiunsi io, con maggior dolcezza – Se lo farete avrete la possibilità di vivere. Se invece vi ostinerete a combattere morirete comunque: oggi, per mano nostra, o tra qualche mese, quando Maria deciderà che non le servite più a niente.
   Le mie ultime parole colsero di sorpresa il gruppo di neonati: udii molto mormorii terrorizzati e ne approfittai subito per rincarare la dose.
   - Non potete non saperlo! – dissi con forza – Maria vi usa come soldati, soltanto finché siete nel vostro primo anno di vita da vampiri. Poi, quando il sangue che scorre ancora nelle vostre vene si esaurisce, togliendovi una parte della vostra forza e della ferocia che adesso vi differenzia da noi e dai vampiri adulti in genere, vi getta via. Allora, ditemi: volete vivere o morire?
   Ci fu un attimo di silenzio tesissimo, durante il quale pregai con tutte le mie forze che il mio discorso avesse fatto breccia nei loro animi.
   E poi, con un gran tonfo, quindici neonati caddero in ginocchio, tutti insieme e ciuascuno di loro mormorò: - Mi arrendo!
   Grazie a Dio… pensai, sollevato.
   I quattro rimasti in piedi si guardarono l’un l’altro, incerti sul da farsi. Poi, commisero l’errore madornale di tentare ugualmente la fuga.
   Fu un attimo: Eleazar, Kate, Emmett, Rosalie, Garrett, Tanya e Randall balzarono in avanti, quasi in sincrono e li accerchiarono…
   L’ultimo rogo illuminò il campo di battaglia, ormai devastato.
   Alla mia destra sentii un fruscio: mi voltai e vidi Jacob, in forma umana, venire verso di noi.
   I neonati in ginocchio lo guardarono spauriti: compresi che non avevano ancora capito che cosa fossero Jacob e gli altri lupi e si stavano chiedendo come fosse possibile che un essere umano puzzasse in modo tanto repellente, anziché far venire loro sete.
   Per nulla impressionato dai loro sguardi, Jacob continuò ad avanzare, lentamente:
   - Sam! Leah! – chiamò – Tenete d’occhio questa feccia, che non provino a scappare. Embry, anche tu!
   Dagli alberi riemersero i compagni di Jacob: Sam, Leah ed Embry, le cui ferite dovevano essersi rimarginate, velocemente come solo ai licantropi poteva accadere, presero a girare in cerchio attorno ai neonati.
   - Non vi faranno del male. – spiegò Jacob al gruppo di prigionieri  - Non finché io non glielo ordinerò, ma vedete di non muovervi di un passo da lì, o per voi sarà la fine.
   Detto ciò, si rivolse a mio padre:
   - Dottore, - disse, con voce improvvisamente incrinata – devi venire a vedere Seth e gli altri… Sono riuscito a farli tornare umani, ma sono feriti gravemente e non so che cosa fare. A Seth la gamba si sta sistemando, ma ho paura, non nel modo giusto…
   Carlisle esitò, evidentemente combattuto tra il desiderio di correre a cercare Jasper e la volontà di curare degli amici feriti.
   - Vai, papà! - lo incoraggiò Emmett – Noi siamo in tanti, possiamo cavarcela. E’ giusto che ti occupi dei feriti. Ora che questi qua si sono arresi – aggiunse, indicando con un cenno sprezzante del capo i nostri nemici – Non sarà un problema raggiungere Jazz e far fuori la pazza.
   Carlisle annuì: - D’accordo, allora io vado con Jacob. Voi occupatevi di... tutto il resto.
   Dopo che si furono allontanati, Eleazar chiese ad Alice quanto lontani fossero Jasper e Maria.
   - Sono vicini. – lo rassicurò mia sorella – Molto vicini.
   - Se non vi dispiace, io preferirei rimanere di guardia qui. – intervenne timidamente Randall – Non che non mi fidi dei lupi, naturalmente, ma questi neonati sono in tanti, forse è meglio se rimane qualcuno in più.
   - Anch’io vorrei restare… - aggiunse Tanya con una vocina piccola piccola. La osservai: i suoi vestiti erano laceri e i suoi bei capelli rossi erano arruffati e sporchi, ma soprattutto sembrava esausta e addolorata oltre l’immaginabile. Mi fece una gran pena.
   - Resta pure. – le dissi – Anche tu, Randall. Anzi, potete rimanere tutti, se volete. Saranno sufficienti i Cullen, per quest’impresa.
   - Noi resteremo. – disse Garrett, abbracciando Kate, che era in uno stato pietoso quasi quanto sua sorella.
   Eleazar ci guardò tutti, accigliato:
   - Sicuri che potete farcela da soli?
   - Sicuri. – affermò Gabriel con un sorriso, il primo da molte ore – Coraggio, andiamo!
   Come galvanizzati dalle sue parole, mia madre e i miei fratelli raddrizzarono le spalle e si prepararono a correre.
   Mi avvicinai a Bella: era ancora immobile nella stessa posizione in cui era caduta poco prima. Sembrava più che mai uno spettro.
   Le posai una mano sulla spalla:
   - Bella? – la chiamai dolcemente – Coraggio, vieni. Andiamo a salvare Jasper.
   Lei non mi rispose subito: poi, quando cominciavo già a temere che non avesse nemmeno compreso il senso di ciò che le avevo appena detto, alzò i suoi occhi dorati, enormi e vitrei, e li piantò nei miei.
   - Sì. – disse inaspettatamente, con una strana voce, bassa e vibrante che non le avevo mai sentito – Sì, andiamo.
   Il suo sguardo e la sua voce mi spaventarono: che cos'aveva intenzione di fare Bella, esattamente?
   Cercai il sostegno di Alice, ma lei si limitò ad alzare le spalle.


Jasper


   Quella notte imparai che il dolore e la disperazione possono offuscare la mente di un vampiro, che molto difficilmente può incorrere in errori o distrazioni.
   Ero talmente ossessionato dal pensiero di aver abbandonato Bella e la mia famiglia, che impiegai qualche minuto per rendermi conto che qualcosa non quadrava.
   Io e Maria eravamo inseguiti da… un’innaturale silenzio.
   Non da un esercito di neonati!
   Attorno a noi, dietro di noi, tutto taceva.
   Mi fermai di colpo, sconvolto, ricordando improvvisamente la visione di Alice:
  
   - E dopo che avrà scelto te, per salvare i suoi cari…
   -… li uccideremo tutti comunque e tu avrai la tua vendetta!

  
   Come avevo potuto essere tanto sciocco?
   Era un inganno, una dannata menzogna!
   I neonati stavano ancora combattendo contro la mia famiglia.
   - Che succede, mio caro? – chiese Maria, fermandosi pochi metri avanti a me – Su, vieni, dobbiamo andare!
   In quel momento la odiai come non l’avevo mai odiata in passato.
   - Il tuo esercito! – ringhiai – Ecco cosa succede! Il tuo esercito non ci ha seguiti, maledetta bugiarda!
   Maria rise allegramente: - Jasper, tesoro, non potevo permettere che la tua famiglia venisse a prenderti, non ti sembra?
   E’ pazza. E’ veramente pazza.
   - Non voglio sentire un’altra parola! – urlai, e nello stesso istante spiccai il balzo più felino, più bello, più mirato che avessi mai fatto. Talmente ben riuscito da non trovare aggettivi per descriverlo.
   Dritto verso di lei.
   Le fui addosso in un secondo e la schiacciai a terra con tutto il peso del mio corpo.
   Provò a dimenarsi, ma anche se era molto forte, fisicamente io lo ero tre volte di più.
   - Riportami indietro! – le ordinai, i denti a due centimetri dalla sua gola – Riportami indietro, ordina ai tuoi di andarsene e se ritroverò la mia famiglia illesa forse ti lascerò vivere!
   - Non c’è bisogno di tornare indietro, siamo qui noi! – gridò una voce allegra.
   Emmett?!
   Senza mollare la presa su Maria voltai la testa di scatto e allora li vidi: i miei fratelli correvano verso di noi. Emmett, caro Emmett, che non aveva potuto fare a meno di scherzare anche in quel momento; Rosalie, la mia splendida gemella bionda; Edward, scattante come un leone; Gabriel, misterioso e affascinante come un elfo delle leggende; Alice leggera e agile come una gazzella; Esme, con una strana aria determinata sul viso materno; e in testa al gruppo lei, la mia Bella, il mio amore, la mia anima gemella…
   Non ero più solo…
   Ci raggiunsero in un baleno e ci accerchiarono. Maria continuò a dimenarsi, ma senza risultato e percepii con sadica soddisfazione che cominciava finalmente ad avere davvero paura.
   Solo allora notai l’assenza di Carlisle, ma con mio grande sollievo Edward mi disse sbrigativamente che si stava occupando dei lupi feriti.
   - Maria! – disse allora Bella alla vampira mora, guardandola dall’alto – Il tuo esercito si è arreso! Non ti seguirà mai più. Sei sola, adesso!
   Bella. Bella era di nuovo al mio fianco...
   Si inginocchiò accanto a me e parlò all’orecchio di Maria:
   - Tu non sai niente. – le disse – Hai sottovalutato l’amore per la vita che animava i tuoi soldati; li hai lasciati soli, per te non contavano niente, vero? E adesso chi ti aiuterà? Nessuno, perché loro non sono qui a morire per te e io non ti perdonerò mai per tutta la sofferenza che hai causato all’uomo che amo.
   Maria non rispose, non avrei saputo dire se per orgoglio o per paura. Continuavo a tenerla ferma e intanto ascoltavo incantato la voce del mio piccolo cigno che avevo temuto di non sentire mai più.
   - Jazz, spostati. – intervenne Emmett all’improvviso.
   - Cosa? – feci, confuso.
   - Ti aiutiamo a tenerla.
   Mi scostai da Maria quel tanto che bastava da permettere a Edward, Emmett e Gabriel di aiutarmi a immobilizzarla completamente. Ormai non avrebbe potuto muoversi in alcun modo. In piedi, Alice e Rosalie ci osservavano in attesa, vagamente preoccupate.
   E poi accadde ciò che mi avrebbe segnato per sempre: qualcosa di talmente inaspettato da rimanere impresso in modo più che indelebile nella mia mente.
   Bella era ancora inginocchiata accanto a Maria e mi chiesi perché non si scostasse, dato che non avevamo certamente bisogno del suo aiuto.
   Cercai con gli occhi il suo sguardo per farle capire che era meglio si allontanasse, ma lei avvicinò di nuovo le labbra all’orecchio della mora.
   - Sai, Maria, - disse, in tono confidenziale – non credevo che ne sarei stata capace. Puoi essere fiera di te: pochi altri possono vantarsi di aver saputo infliggere tutta la sofferenza che tu hai causato a coloro che hai incontrato nella tua esistenza, fossero umani o vampiri. Ma quello che non sai è che tutto ciò che hai fatto ti si ritorcerà contro... tra un attimo!
   Un movimento secco.
   Un suono stridente e agghiacciante.
   La testa di Maria, staccata dal resto del corpo finì tra le mani di Bella.
   - Date fuoco a tutto. – ordinò il mio piccolo cigno con una voce che non le avevo mai sentito prima.
   Ci allontanammo tutti, automaticamente ed Emmett appiccò fuoco al corpo esanime della vampira che era stata fino a un istante prima una delle più temibili immortali che esistessero sulla faccia della Terra. Quando le fiamme furono abbastanza alte, Bella vi gettò anche la testa che teneva in mano.
   Per forse un minuto nessuno disse nulla: gli sguardi di tutti erano puntati su Bella, la quale ci sorrise: - Non guardatemi così! Sapevo che l'avrei fatto alla fine.
   - Io l'avevo visto. - mormorò Alice, triste - Avrei voluto impedirtelo, ma ho capito che non ci sarei riuscita...
   - Sono fiero di te, sorellina. - disse Emmett, avvolgendo Bella in uno dei suoi abbracci da orso - Sei stata molto coraggiosa.
   Bella si limitò ad alzare le spalle:
   - Dovevo farlo. - disse soltanto.
   - Ehi, ragazzi, è finita! - gridò Emmett, cogliendoci tutti di sorpresa.
   Ma come faceva mio fratello ad essere sempre così in pace con sè stesso?  
   Dopodiché fui abbracciato da ciascuno dei miei cari e ricambiai quelle manifestazioni d’affetto col cuore gonfio di commozione.
   Ma anche in quel momento di gioia condivisa osservavo la mia compagna, rimasta in disparte a fissare il fuoco che bruciava.
   Stentavo a credere a ciò che avevo appena visto.
   Bella, la mia dolcissima Bella aveva ucciso. A sangue freddo.
   Mi avvicinai a lei, timoroso:
   - Bella? – azzardai.
   Lei voltò la testa verso di me e lentamente mi si avvicinò.
   Presi le sue mani tra le mie.
   - Perché l’hai fatto? – chiesi – Avrei potuto farlo io… amore mio, non volevo che toccasse a te, desideravo tanto preservarti da un’esperienza del genere…
   Bella mi guardò negli occhi e io vidi che i suoi erano duri e splendenti come diamanti. Era calma, determinata, quasi serena.
   - Jasper, - mi disse – tu hai ucciso Victoria per proteggere me. Io ho ucciso Maria per vendicarmi di ciò che ti aveva fatto in passato e… per proteggerti, anche se può sembrare assurdo. Ora siamo pari: anch’io ora sono un’assassina, anch’io so cosa vuol dire uccidere e soffrire per averlo fatto. Com’è successo a te, per tanti anni…
   Non potei ascoltare altro: in preda a mille emozioni la presi tra le braccia e la strinsi forte a me.
   - Ti amo, Bella. – sussurrai tra i suoi capelli.
   - Ti amo anch’io. – rispose lei nello stesso tono – Non mi lasciare mai più…
   - Mai più, amore mio, te lo giuro.
   Emmett e Rosalie ballavano una danza improvvisata; Alice e Gabriel si guardavano negli occhi, felici; Edward teneva stretta Esme, stanca e provata dalla lotta.
   Bella ed io restammo abbracciati a lungo, senza dirci nulla: non ce n’era bisogno. Ora che non solo l’amore, ma anche la sofferenza e la morte avevano contribuito a rafforzare la nostra unione sapevamo che niente e nessuno avrebbe più potuto dividerci.
   Non avrei voluto che Bella si macchiasse di un crimine, ora anche la sua vita, non solo la mia, sarebbe stata una lunga espiazione. Avrebbe dovuto superare il trauma per tutto ciò che ci era successo e il senso di colpa per ciò che aveva fatto.
   Io sarei stato accanto a lei.
   E se Dio esisteva anche per noi, forse un giorno ci avrebbe compresi e perdonati.
   Albeggiava, mentre il fuoco consumava i resti di Maria, ormai diventata cenere.
   Mi stupii del fatto che avessimo combattuto quasi per una notte intera. Poi guardai il cielo che si colorava di un azzurro più chiaro e finalmente mi lasciai invadere dal sollievo: era finita, ce l’avevamo fatta.




Angolino dell’Autrice: buonasera carissimi! Ok, potete rilassarvi, la battaglia è finita e gli ultimi tre capitoli di questa storia saranno belli, sereni ed emozionanti (si spera!)
Un piccolo chiarimento: a me non piace molto l’idea che Bella sia sempre la solita buona che non fa mai nulla di male, sempre protetta dagli altri. Dato che è una vampira giovane e forte è in grado di combattere e anche di uccidere: se fosse stato Jasper a eliminare Maria, sarebbe stato logico, ma per lui sarebbe stato l’ennesimo delitto e si sarebbe sentito in colpa per altri due secoli… per Bella invece è stata una vera vendetta, ha ucciso perché non poteva perdonare che il suo Jazz le fosse stato portato via, anche se per poco. Così i due sono pari, ancora una volta...  ma forse non dannati per sempre… l’aldilà c’è anche per loro, questo è ciò che Jasper spera.
Volevo fare un ringraziamento speciale a quattro mie nuove lettrici che si sono lette la storia in un colpo: Morkia94, JadeGreen, MikoWhitlockCullen e in particolare Snowly, che mi ha dato il soprannome di Niniane-Colei-Che-Scrive-Con-Le-Emozioni-In-Mano… un po’ lungo e complicato, ma ovviamente graditissimo!

Ringrazio anche le lettrici fedeli: Camilla L, Dills Nightmare, maura77, dany60, nanerottola, fefe cullen, Serenitatis, Miss Yuuki, chicca85, corinna black_303, Frego, Argentea; e infine coloro che molto gentilmente hanno lasciato recensioni qua e là come: jakefan, sere_cullen, Dolce Lilith, Adria Volturi, Meme__,  Lesley_Gore, mimi cullen e tutte le altre (se ho dimenticato qualcuno perdonate, alla fine rimedierò!)
Non so quando potrò aggiornare, ma spero presto! Nel frattempo aspetto i vostri commenti su questo capitolo!
A chi interessa, la prossima settimana vedrò di aggiornare anche “L’amore è un Canto”, rimasta indietro rispetto alla tabella di marcia.

Vi auguro una buona serata e vi abbraccio forte
Vostra Nini

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Capitolo 43
*** Addio a Forks e ultimo viaggio dei Cullen ***







Capitolo XXXXIII: Addio a Forks e ultimo viaggio dei Cullen


Bella


   - Senza dubbio, la presenza del branco ha creato confusione e disorientamento nei neonati! – dichiarò Jacob, orgoglioso.
   Erano le nove del mattino e ci trovavamo di nuovo stipati nel salotto di casa Cullen: oltre al clan di Denali e a Randall erano venuti con noi anche Jacob e Sam. Motivo: conclusa la battaglia era indispensabile che ci concentrassimo sul futuro e discutessimo nuovamente i termini del patto alla luce di quanto era accaduto.
   I licantropi feriti erano stati portati a La Push, nell’abitazione dei Clearwater dove a prendersi cura di loro, oltre a Sue e a Leah c’erano anche Emily e Kim, rispettivamente le compagne di Sam e di Jared. Le due ragazze erano arrivate di corsa, appena saputo l’esito della battaglia: rimasi molto colpita dall’affetto e dall’amore con cui si precipitarono accanto ai membri del branco che avevano bisogno di essere assistiti e compresi come i Quileute di La Push formassero davvero un’unica, grande famiglia. In un certo senso erano più simili a noi di quanto immaginassero: anche Emily e Kim avrebbero fatto qualsiasi cosa per i loro compagni, proprio come me e le mie sorelle per i nostri; viceversa, Jacob e i suoi fratelli sentivano che il loro primo dovere era proteggere la propria famiglia che comprendeva oltre ai genitori e i fratelli, anche i cugini, gli anziani della tribù, le compagne, l'intera comunità di La Push. Quel giorno osservai con attenzione i comportamenti di quelli che consideravo ormai degli amici e la mia stima nei loro confronti crebbe, nel vederli così affiatati tra loro.
   Una volta ricevuta l’autorizzazione di Jacob, Carlisle aveva dovuto agire molto rapidamente sulle ferite inferte a Seth, Paul, Quil e Jared: un licantropo può guarire molto in fretta e senza bisogno di medicazioni da un taglio o da una botta, ma in caso di ossa rotte può accadere che queste comincino a rinsaldarsi… nel modo sbagliato. Questo era accaduto sia a Seth che a Paul e Carlisle era stato costretto a rompere una seconda volta le loro ossa, per poi fasciare le fratture in modo che potessero guarire.
   Nel frattempo, recuperato Jasper e tornati insieme a lui sul campo di battaglia, noi ci eravamo occupati dei neonati: li avevamo lasciati andare, come promesso, ma ingiungendo loro di non andare a caccia finché non avessero superato i confini dello stato di Washington. Avevano obbedito senza esitare: se n'erano andati ognuno per conto proprio o a coppie, ed Edward si era detto certo del fatto che non li avremmo rivisti mai più.
   Scomparsi i neonati, Embry, Sam e Leah avevano potuto ritornare umani. La ragazza aveva protestato a tutti i livelli quando aveva scoperto a che genere di cura doveva essere sottoposto Seth: la disgustava vedere un vampiro che rompeva volontariamente la tibia a suo fratello. Aveva fatto capire in ogni modo possibile che non si fidava della competenza di Carlisle, ma Jacob doveva averla zittita con un ordine alfa, perché ad un certo punto non aveva parlato più e si era limitata a fissare i feriti con uno sguardo insolitamente spaventato.
   Carlisle aveva insistito perché i ragazzi non fossero portati a casa nostra, anche se era il luogo più vicino al campo di battaglia: sosteneva che il nostro odore avrebbe potuto dar loro molto fastidio. Così, Jacob, Sam, Embry e Leah li avevano trasportati a casa Clearwater.
   I quattro lupacchiotti feriti, una volta medicati, erano diventati incredibilmente allegri benché soffrissero ancora: erano certi di aver contribuito in maniera eroica alla vittoria e ciascuno di loro era fiero di sé in un modo che trovavo molto divertente. Seth, in particolare era convinto che se non fosse stato per il suo tempestivo intervento, un gruppo di neonati avrebbe avuto la meglio su di noi; Paul aveva protestato dicendo che il merito non era di Seth, ma suo; Jared era rimasto tranquillo, ma aveva sorriso beato per tutto il tempo, tra le braccia della sua innamorata; Quil, infine, aveva annunciato di aver salvato la vita a Rosalie, cosa assai poco probabile, ma che mia sorella non aveva osato smentire. Benché trovassimo il loro atteggiamento forse un po’ infantile, li avevamo assecondati in tutti i loro voli di fantasia: se lo meritavano, erano ragazzi così giovani e avevano combattuto con coraggio e lealtà... Non si erano tirati indietro nemmeno per un istante e dovevamo solo esser loro grati per averci aiutato fino all’ultimo. La loro allegria ci aveva contagiati tutti e l’ombra dell’ansia aveva abbandonato anche gli occhi di Leah.
   Lasciati i feriti alle amorevoli cure delle loro donne, ce n’eravamo tornati a casa nostra.
   Tanya e Kate erano sconvolte: sospettavo che non sarebbero mai guarite del tutto dal dolore che la perdita di Irina stava causando loro. Allo stesso modo, Randall sembrava spiritato: anche se Mary non era mai stata per lui niente di più che un’amica, la sua morte doveva essere stata un colpo tremendo per lui, abituato a vivere in solitudine.
   Mary evidentemente era stata una figura affettiva insostituibile nella sua seconda vita. Provai pena per lui e non pensai più allo sgradevole episodio avvenuto a Denali: anche Randall aveva combattuto e ci aveva aiutati senza tirarsi indietro.
   Nel salotto, l’atmosfera era carica di stanchezza e dolore, ma anche di sollievo: era finita, finalmente, nessun pericolo avrebbe più minacciato gli abitanti di Forks, in particolare Charlie. Avremmo potuto andarcene e ricominciare la nostra vita senza più ombre a minacciarci.
   Non occorreva che ce lo dicessimo a vicenda: ciascuno di noi era interiormente convinto che fosse opportuno lasciare Forks. Troppi fatti, belli e brutti erano accaduti in quella piccola e oscura cittadina dello stato di Washington. Non ci sentivamo in grado di continuare a vivere lì.
   Ne discutemmo a lungo, mentre Jacob e Sam ci ascoltavano: i nostri amici ribadirono che eravamo i benvenuti a Denali ogni qualvolta avessimo voluto andarvi. Kate disse che personalmente desiderava che ci trasferissimo accanto a loro, per sempre.
   Jasper e io parlammo del nostro desiderio di sposarci nei pressi della loro casa, sulla riva del lago dove ci eravamo dati il nostro primo bacio. La proposta fu accolta con entusiasmo da tutto il clan, ma io dissi (e Jazz fu d’accordo con me) che per non calpestare il lutto che colpiva in particolare Tanya e Kate, avremmo rimandato lo sposalizio di tre mesi.
   Alice, rimasta zitta fino a quel momento, si aprì in un sorriso raggiante e cinguettò: - Il tredici di settembre mi sembra una data perfetta! E’ il giorno del compleanno di Bella e proprio durante il suo ultimo compleanno è stata trasformata e ha iniziato la sua nuova vita da immortale!
   - Tre mesi vanno benissimo. – confermò Eleazar – Grazie della vostra comprensione, ragazzi.
   - Ci mancherebbe! – continuò Alice – E poi, prima che Bella e Jasper si sposino la nostra famiglia deve compiere un’ultima missione!
   Alcuni dei presenti la guardarono interrogativamente, ma io capii all’istante a cosa si riferisse e così Edward che alzò immediatamente gli occhi.
   Era seduto al pianoforte, naturalmente: in un lampo di intuizione, compresi che fino a quel momento doveva essersi sentito davvero a suo agio soltanto lì, davanti al suo amato strumento. Forse però, la missione che ci apprestavamo a compiere gli avrebbe regalato la pace e la felicità che meritava e che andava cercando ormai da molto, troppo tempo.
   - Un’altra missione? – chiese Jacob, perplesso, interrompendo il flusso dei miei pensieri. – Di cosa state parlando?
   - Oh, è una cosa semplicissima. – rispose Alice, serena – Non ci saranno ostacoli.
   - Non dovremo aiutarvi? – chiese il mio amico licantropo incredulo, quasi deluso.
   - Non ce ne sarà bisogno, Jake. – spiegai con dolcezza – Dobbiamo aiutare una persona in difficoltà. Una vampira che credo entrerà a far parte della nostra famiglia.
   - Se lo vorrà… - sussurrò Edward, timido.
   - Oh, ma sì che lo vorrà! – sbuffò Alice, spazientita – Insomma, Edward, mostrati un po’ più fiducioso nelle mie capacità di veggente! Non ti ho ancora perdonato per avermi detto che il mio dono è inutile, dopo che Bella era stata morsa.
   Edward sorrise, più sereno:
   - Hai ragione, Alice. Scusami.
   - Dunque ve ne andrete da Forks? – chiese Jacob – Salverete questa… persona e poi andrete in Alaska?
   - Credo che prima potremmo andare in Scozia, come avevamo stabilito prima che fosse necessario tornare qui. – suggerì Esme – Poi, quando le acque si saranno calmate, andremo a Denali.
   - E a Denali, loro due si sposeranno? – chiese ancora Jacob indicando me e Jasper.
   Jazz strinse forte la mia mano:
   - Sì, Jacob, Bella e io ci sposeremo. Spero che non negherai le congratulazioni alla tua amica d’infanzia.
   Jake parve confuso per un istante: poi ci guardò tutti ad uno ad uno e disse, misurando le parole:
   - Io non credo che potrà mai esserci amicizia tra licantropi e vampiri. Perciò sono felice che ve ne andiate da Forks, la ritengo una buona soluzione per tutti. Devo ammettere, comunque, che combattere con voi è stato… bello. Abbiamo difeso insieme una città e credo che un’alleanza del genere tra le nostre razze non sia mai stata stipulata. Ora spero che per lealtà verso voi stessi continuerete a onorare il patto, anche se andrete lontano.
   - Naturalmente. – rispose Carlisle, in tono fermo – La dieta… vegetariana fa ormai parte di noi, non torneremmo mai a nutrirci di sangue umano.
   - In questo caso, andate pure dove volete. Noi resteremo qui, a fare il nostro dovere. Tra noi ci chiamiamo Protettori perché il nostro compito è difendere gli esseri umani dai nostri nemici mortali: continueremo a farlo, se mai qualche vampiro che non sia uno di voi dovesse farsi vedere da queste parti.
   - Lo trovo giusto. – annuì Carlisle. – Grazie Jacob.
   - E congratulazioni, Bells – concluse Jake, con un sorriso – Sii felice.
   - Anche tu, Jake. – risposi, commossa – Mi mancherai.
   E così, quella sera stessa la grande casa iniziò a svuotarsi: il clan di Denali se ne andò e con mio grande stupore, oltre a Garrrett (che era palesemente intenzionato a rimanere accanto a Kate per il resto dei suoi giorni) anche Randall si unì al gruppo. Notai che lui e Tanya si tenevano per mano, non come due innamorati, ma piuttosto come due persone che cerchino di darsi conforto l’un l’altro. Non ci trovai nulla di strano: Kate aveva Garrett a consolarla della perdita di Irina e Laurent, ma Tanya era così sola… e anche Randall lo era. Se potevano aiutarsi a vicenda, io ero felice per loro e ancora più felice sarei stata se, un giorno, la loro amicizia nata da tutto questo dolore si fosse trasformata in qualcosa di più profondo.
   Noi aspettammo tre giorni ad andarcene, perché Carlisle, giustamente non intendeva abbandonare i lupi feriti prima che si fossero ristabiliti completamente.
   Vennero a salutarci tutti insieme, chi allegro e ciarliero, chi compunto e timido. Leah si limitò a un brusco cenno del capo.
   Come Jasper aveva immaginato, tra Emmett e Sam si era instaurato un rapporto particolare, derivato dal fatto che prima erano stati nemici e poi avevano combattuto dalla stessa parte. Si strinsero la mano in silenzio, ma il messaggio che s’inviarono l’un l’altro diceva chiaramente: grazie dell’aiuto, non dimenticherò.
   Dopo aver salutato tutti i membri del branco, mi accostai al mio amico d’infanzia:
   - Posso abbracciarti, Jake? – chiesi – Per favore? Non so se ci rivedremo ancora…
   Lui non rispose, ma mi aprì le braccia e io gli circondai la vita con le mie, delicatamente, cercando di non infastidirlo con la mia pelle dura e fredda. Era bollente.
   - Addio, Bells. – sussurrò lui e con stupore vidi una lacrima brillare nei suoi occhi – Abbi cura di te.
   - Anche tu, Jake. Ti voglio bene.
   Sciolsi l’abbraccio e vidi che Jasper stava tendendo la mano a Jacob: il ragazzo parve spiazzato per un attimo, ma poi la strinse con vigore.
   - Addio, Maggiore Whitlock! – esclamò.
   Jasper sorrise radioso:
   - Addio, Comandante Black! – rispose, scattando sull’attenti.
   Fu una scena talmente buffa che scoppiammo tutti a ridere e quella risata spontanea rese più leggero il nostro commiato.
   Ci lasciammo alle spalle la grande casa: Jasper e io eravamo nella mercedez di Carlisle insieme a lui e a Esme; Alice e Gabriel erano nella volvo di Edward; Rosalie guidava tutta contenta la sua cabriolet ed Emmett chiudeva il corteo con la sua jeep.
   Dietro di noi Jacob, Sam, Seth, Leah, Paul, Embry, Quil e Jared, ora in forma di lupi, ululavano il loro ultimo saluto.


   Portare via Nastas’ja Ivanova dalle montagne del Caucaso fu talmente facile, paragonato a tutto ciò che avevamo passato, che per due giorni faticai a credere che ce l'avessimo fatta e che fossimo davvero sani e salvi nel nord della Scozia.
   Era stato sufficiente che il creatore di quella piccola vampira ci vedesse tutti insieme perché si spaventasse a morte. Non appena aveva capito che eravamo lì per lei, aveva mollato immediatamente la sua "preda", senza neanche provare a difenderla.
   Dal canto suo, Nast’ja si era gettata tra le braccia di Edward non appena l’aveva visto, senza nemmeno chiedersi che cosa ci facessero altri otto vampiri adulti accanto a lui. Aveva detto soltanto: - Sapevo che saresti tornato! – e da quella frase avevamo capito senza ombra di dubbio che ne era innamorata.
   Quando poi aveva scoperto che Edward aveva una famiglia e che quella famiglia era disposta ad accoglierla, si era mostrata felice di conoscerci in modo talmente spontaneo da conquistarci tutti all’istante.
   L'avevamo subito portata in Scozia con noi (Emmett era riuscito, preferivo non sapere in che modo, a procurarsi un jet privato che Edward aveva pilotato) e lì era iniziata la sua educazione alla nostra dieta. Da umana, la piccola era cresciuta in modo piuttosto selvatico e la sua trasformazione non aveva certo migliorato quel lato della sua natura, perciò ebbe qualche difficoltà ad adattarsi; tuttavia, grazie alla sua forza di volontà e al sostegno costante di Edward, a poco a poco imparò a controllare i gesti, gli istinti, le emozioni.
   Jasper fu un maestro perfetto e così pure Carlisle, che si occupò anche di sondare cautamente l’animo della giovane Nasty per scoprire quali traumi avesse subito e quale fosse il modo migliore per aiutarla a superarli. Alice si accollò subito l’incarico di fornire alla sua nuova sorellina un guardaroba raffinato. Io mi occupai invece della sua cultura: l’aiutai a migliorare il suo inglese e le prestai i miei libri preferiti, quando sentii che era in grado di leggerli.
   Ma chi influì maggiormente su Nastass’ja, ora ribattezzata Anastasia Valery Cullen e chiamata da tutti Nasty furono Emmett e Rosalie.
   Una sera, Nasty mi confessò che Rose le ricordava tanto sua madre, che era morta quando lei era piccola. Le dissi che avrebbe dovuto dirlo a Rosalie, perché nessun complimento avrebbe potuto essere più bello per lei.
   Nasty dovette seguire il mio consiglio perché da quella sera un nuovo legame si instaurò tra lei e mia sorella e un mese dopo, Rose chiese ai nostri genitori di permetterle di adottare la piccola insieme a Emmett che le si era a sua volta affezionato moltissimo.
   Esme e Carlisle, i quali conoscevano bene il desiderio di Rosalie di diventare madre e la sofferenza che il non poterlo realizzare le provocava da sempre, acconsentirono subito, per nulla scontenti di essere chiamati "nonni" da Nasty.
   La mia nuova sorellina era di una bellezza mozzafiato: biondissima, con due occhi grandi grandi, sempre sgranati e almeno all’inizio, molto spaventati. Era piccolina (non quanto Alice, ma comunque più bassa di me e di Rosalie) e molto minuta. Era anche molto silenziosa e le piaceva avventurarsi nella brughiera, dove si sentiva libera di correre, perfino di giocare. Ci volle del tempo perché si decidesse a raccontare a Carlisle la sua storia, ma noi non insistemmo. Edward sapeva già quanto quella creatura avesse sofferto e dato che il suo unico desiderio sembrava quello di starle accanto e di proteggerla da tutto il male del mondo non c’era da preoccuparsi: tutto ciò di cui Nasty sembrava aver bisogno era la sua presenza e una vita serena accanto a persone che le volessero bene.
   Edward non avrebbe potuto essere pià felice di così: lui e Nasty erano destinati a trascorrere insieme il resto dell’eternità, su questo non vi era dubbio e tutti noi ne eravamo lieti, perché sapevamo quanto il cuore di Edward fosse pieno d’amore e di dolcezza da donare a colei che amava e quanto meritasse di essere ricambiato allo stesso modo.
   L’estate trascorse molto in fretta e finalmente arrivò settembre. Pochi giorni prima di partire per Denali mi ritrovai a riflettere, mentre ero in piedi davanti allo specchio che troneggiava in camera mia, un regalo di Alice, naturalmente.
   Ero felice.
   Finalmente felice.
   Sapevo che mia sorella mi stava organizzando un matrimonio in grande stile, sapevo che avrei potuto avere qualche sorpresa bizzarra, ma ero preparata, avrei accettato qualsiasi decisione Alice avsse preso.
   Cosa importava di che addobbi avrebbe scelto, o dei colori dei vestiti da damigelle che avrebbero indossato lei, Rose e Nasty? O dei regali che avrei ricevuto?
   Soltanto di Jasper, mi importava.
   E pensare…
   Pensare che solo un anno prima ero una ragazzina goffa, insicura, arrabbiata perché compivo diciotto anni.
   Ora ero una vampira adulta, circondata da una famiglia meravigliosa e presto, molto presto sarei diventata la moglie dell’uomo che amavo. Un uomo che non era perfetto, nel cui passato c’erano molte ombre, ma nel cui prsente e futuro c'era anche tanta luce, per illuminarmi e scaldarmi. Avevo imparato ad amare quell’uomo con tutta me stessa e non avevo dubbi: insieme a lui avrei affrontato qualunque cosa.
   A questo pensavo, mentre Alice, inginocchiata al mio fianco, dava gli ultimissimi ritocchi al mio abito da sposa.




Buonasera a tutti!! Beh, non ho molto da dire! Al prossimo capitolo tutti pronti con i chicchi di riso da lanciare sugli sposi!!!
Intanto vi faccio vedere la mia Nasty Valery Cullen:

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Ma sapete che adesso che sono a fine storia mi sembra anche un po' strano: Jasper e Bella sposi? Sembra incredibile!
Spero di poter aggiornare presto, comunque: so che in moltissimi aspettate questo matrimonio, e vi prometto che cercherò di renderlo emozionante il più possibile!
Un abbraccio a tutte le mie lettrici!
Vi voglio bene!
Nini

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Capitolo 44
*** Fiori e flauti ***






Capitolo XXXXIV: Fiori e flauti


Bella

   La mattina del tredici settembre spuntò limpida e serena. Nella grande casa che Esme aveva appena ristrutturato per noi regnava un silenzio familiare e gradevole. Il talento della mia favolosa madre adottiva era smisurato: era stata in grado di trasformare un rudere che aveva l'aria di essere del tutto irrecuperabile in una villa immensa, nella quale ciascuno poteva avere per sè molto spazio a disposizione.
   Mi trovavo in una delle camere e leggevo Via col vento, seduta sul letto, mentre Nasty, accoccolata in una poltrona accanto alla finestra si stava divertendo a leggere Alice nel paese delle meraviglie. Mi aveva detto di non riuscire a capire a fondo il significato di quel libro: le avevo risposto che l’importante, per il momento, era che si lasciasse guidare dal suono delle parole e che comunque nessuno, a una prima lettura, riusciva a capire davvero cosa volesse trasmettere Carrol con quella favola bizzarra.
   Quanto a Via col vento, ero stupita di fronte alla quantità di informazioni sulla guerra Confederale che quel romanzo racchiudeva. Avevo deciso di rileggerlo proprio per farmi un’idea più precisa di quell’epoca storica e dovevo ammettere che mi era servito: a ogni pagina riuscivo a immaginare il mio Jasper che combatteva e pativa enormi sofferenze per la Causa del Sud e intanto sognava di ritornare dalla sua Rosa gialla del Texas.
   Il matrimonio sarebbe avvenuto al calar del sole, perché a detta di Alice, lo scenario del lago e delle montagne circostanti sarebbe stato molto più romantico di sera. Non potevo essere più d’accordo.
   Ciò significava che avevo ancora del tempo da trascorrere in tranquillità, prima che le mie sorelle mi sequestrassero per aiutarmi a vestirmi e pettinarmi.
   La sera prima, Eleazar, Garrett, Randall e naturalmente i miei fratelli avevano rapito Jasper per il suo addio al celibato, che consisteva in una battuta di caccia particolarmente complessa e "pericolosa" in cui il mio quasi marito doveva dimostrare tutta la sua forza e abilità.
Nel frattempo io ero stata costretta da Rosalie, Alice, Nasty, Carmen e le sorelle di Denali a partecipare a una sorta di addio al nubilato per il quale avevo cercato di non arrabbiarmi troppo. In realtà non era stato poi così terribile: le ragazze mi avevano obbligata a mangiare un piatto di… insalata, che avevo trovato semplicemente disgustosa, poi Alice mi aveva messo in mano un pacco che conteneva la lingerie più assurda e provocante che avessi mai visto. Dopo averle giurato che avrei indossato uno di quei capi per ogni sera, avevo riposto la scatola e aperto i regali delle altre che si erano rivelati molto più innocenti: gioielli, soprattutto e abiti, dato che Jasper e io non avevamo certamente bisogno di oggetti per la casa e cose del genere.
   Il tutto si era concluso prima dell’alba ed era piacevole starsene lì seduta, con la silenziosa Nasty a farmi compagnia, aspettando che anche gli uomini tornassero dalla loro escursione.
   Naturalmente, nulla avrebbe potuto far stare tranquilla Alice: subito dopo la festa si era eclissata e io sapevo che era andata al lago, per trasformare quella riva ghiaiosa in uno scenario da sogno.
   - Quando pensi che torneranno? – chiesi a Nasty, alludendo ai ragazzi.
   - Non lo so, ma credo verso mezzogiorno. – rispose lei, voltandosi. I suoi occhi erano diventati di un color arancio sbiadito ed era più bella che mai – Comunque non preoccuparti, zia, ci sarà tanto di quel lavoro da fare che non ti accorgerai nemmeno del tempo che passa.
   La mia nipotina aveva ragione. Alle dieci Rosalie annunciò che per lei e Nasty era giunto il momento di prepararsi e che gli uomini erano sulla via del ritorno. Dalla casa di Tanya, che si trovava a pochi metri dalla nostra giungevano le voci delle nostre cugine, già intente a vestirsi, anche se era così presto.
   Tanya e Kate non erano veramente allegre, certo che no. Erano entrambe addolorate e ancora scosse, sentivano fortemente la mancanza di Irina: tuttavia Kate trovava in Garrett una fonte inesauribile di conforto; Tanya invece passava molto tempo insieme a Randall e parlavano a lungo di ogni argomento possibile. A tutti noi sembrava che quei dialoghi avessero il potere di rasserenare entrambi.
   Ero contenta che i nostri amici partecipassero al mio matrimonio e in particolare ero lusingata dal fatto che l’avrebbe celebrato Eleazar. Si era offerto di farlo dopo un mese dalla nostra separazione, dicendo che infondo, se Jasper e io eravamo arrivati a questo, il merito era anche suo. Non avevo capito cosa volesse dire, ma nonostante le mie insistenze, si era rifiutato di dirmi altro, perciò avevo rinunciato a tormentarlo e accettato con entusiasmo.
   A mezzogiorno, come previsto da Nasty, i ragazzi tornarono: dalla finestra scorsi appena la chioma bionda di Jasper, prima che Emmett lo trascinasse dentro casa; Gabriel mi vide e mi fece un cenno di vittoria con la mano, poi anche lui sparì all'interno, insieme a Edward.
   Rimasi in attesa, sempre seduta sul letto che occupavo da ore, finché Esme, l’unica che per tutta la mattina fosse stata tranquilla e silenziosa quanto me comparve per dirmi che era ora di cominciare a prepararmi. Era splendida nel suo abito color dell’oro: avrebbe accompagnato Jasper all’altare ed ero certa che avrebbero fatto una bellissima figura l’uno accanto all’altra.
   Nasty e Rosalie, più che mai simili a due angeli biondi ci raggiunsero poco dopo: entrambe erano vestite d’azzurro, con abiti leggeri e vaporosi e tenevano in mano un piccolo bouquet di fiori bianchi e blui. Ero stata io a scegliere quei colori per il mio bouquet e per quelli delle mie damigelle d’onore: ero convinta che rappresentassero me e Jasper alla perfezione: blu era stato, un tempo, il colore dei suoi occhi, bianco quello della mia pelle di immortale.
   Il passato, il presente, ill futuro... l'unione tra la natura umana e quella vampiresca che caratterizzava sia me che lui e che dava tanta forza al nostro amore.
   La cerimonia della mia vestizione richiese più tempo di quanto avessi immaginato: Rose si occupò di acconciare i miei capelli, lavorandoli finché non furono lucenti e setosi e raccogliendoli in trecce che poi puntava sul mio capo, in modo da formare una pettinatura complessa e raffinata. Poi, lei, Nasty e Esme mi fecero entrare nel mio abito da sposa e quando mi guardai allo specchio capii a fondo cosa volesse dire essere davvero emozionata.
   L’abito era in raso, di un bianco candido, morbido, aderente in vita e non molto ampio sulla gonna, che terminava con un bellissimo strascico, non troppo lungo. Le maniche erano corte, dato che comunque non avrei sofferto il freddo e finemente ricamate così come il corpetto sul quale spiccavano molte perle lucenti. Il tradizionale velo da sposa cadeva dolcemente lungo la mia schiena e dava il tocco finale a quella meraviglia.
   Avevamo appena finito e mi stavano coprendo di complimenti, che Alice entrò nella stanza come un turbine.
   - Siete tutte pronte? – chiese, sbrigativa – Io devo vestirmi, ho mandato Edward e Gabriel a finire di appendere i fiocchi…
   - Quali fiocchi? – chiesi un po’ confusa.
  -  Lo vedrai dopo! – sbuffò lei, ancora in preda alla sua crisi organizzativa – Ci vediamo più tardi! Ah, Bella, Carlisle vuole parlarti, sta per arrivare! E a proposito, sorellina… sei bellissima!
   E sfrecciò via, verso la sua stanza.
   - Sarà meglio che vada a darle una mano. – sospirò Esme, divertita – Sembra piuttosto agitata.
   Lei e le altre se ne andarono e io rimasi sola, ma solo per poco, perché un discreto bussare alla porta annunciò l’arrivo di Carlisle.
   - Posso entrare? – chiese educatamente.
   - Ma certo, Carlisle, entra pure!
   Il mio giovanissimo e meraviglioso padre adottivo mi fece cenno di sedermi e si accomodò sulla poltrona che prima era stata occupata da Nasty.
   - Mia cara Bella, sei uno schianto! - esordì – Come ti senti?
   - Felice. – risposi senza alcuna esitazione – Non credevo che sarebbe successo proprio a me, ma non vedo l’ora di andare a sposarmi!
   - So che l’esperienza matrimoniale dei tuoi genitori ha influito negativamente su di te, ma come certamente sai, noi siamo le scelte che facciamo. La tua scelta non ha nulla a che vedere con ciò che hanno vissuto loro e io sono convinto che sarebbero entrambi felici di vederti sposata, perché capirebbero la profondità del legame che c’è tra te e Jazz.
   - Anche a me piace pensare che sia così. – dissi, con un sorriso – Non ho alcun dubbio, ho fatto la scelta giusta.
   Carlisle sorrise a sua volta, poi tirò fuori un pacchetto dalla tasca della giacca:
   - Questo è per te, Bella. E’ arrivato stamattina presto.
   Mi porse il pacchettino e io lo aprii curiosa.
   Un biglietto scivolò tra le mie dita: lo afferrai prima che cadesse e lessi:

Cara Bells,
ti mando questo piccolo regalo in ricordo della nostra amicizia. So che non vale niente in confronto a tutto quello che ti regaleranno i tuoi ricchissimi parenti, ma questo l’ho fatto io e spero che lo accetterai lo stesso.
Ti auguro ogni bene.
Con affetto
Jake


   - Oh… non ci posso credere! E’ Jacob!
   Guardai ancora nel pacchetto e vi trovai un piccolo lupo intagliato in legno, che somigliava moltissimo all’enorme animale bronzeo a cui mi ero tanto affezionata.
   - Che bel regalo… -sussurrai emozionata – Sono così contenta che Jake non mi abbia dimenticata. Ma come fa a sapere dove siamo?
   - Oh, quello è un piccolo segreto tra me e lui! - rispose Carlisle, divertito - In realtà siamo rimasti in contatto anche in questi due mesi, così ho potuto informarmi sulla salute dei suoi fratelli e dargli il nostro nuovo indirizzo. Jacob ti vuole molto bene, Bella. - aggiunse, più serio - Non ti dimenticherà mai.
   - Grazie per avermelo portato, Carlisle. – sorrisi.
   - Di niente. Ora, vorrei chiederti una cosa: sei davvero felice che sia io ad accompagnarti all’altare? So che vorresti avere accanto tuo padre, ma…
   Lo interruppi alzando una mano:
   - Non voglio che tu dica altro, Carlisle. Non devi sentirti in colpa o credere che io non ti voglia vicino. Tutt’altro: sai che finora non me la sono sentita di chiamarti papà, ma intendo farlo proprio a partire da oggi. Nessuno potrà sostituire Charlie nel mio cuore, ma ho bisogno di qualcuno che mi stia accanto come farebbe lui e tu sei l’unico in tutto l’universo che può farlo. Tutti i tuoi figli hanno bisogno di te e anch’io… ora più che mai. Mi sento terribilmente giovane e piena di incertezze e credo che sarà per sempre così. Come tutti i Cullen, anch’io cercherò i tuoi consigli preziosi, la tua saggezza, il tuo affetto… perciò, ti assicuro che se desidero la tua presenza al mio fianco, in un giorno importante come questo è proprio perché è di te che ho bisogno.
   Carlisle rimase in silenzio per un momento, spiazzato dalle mie parole. Poi mi rivolse un sorriso abbagliante.
   - Queste parole sono le più belle che mi siano state rivolte negli ultimi anni, Bella. Non potevi farmi un regalo più gradito. Non mi resta che darti ancora una volta il benvenuto nella nostra famiglia.
   Ci abbracciammo e mi chiesi come fosse possibile provare tanta felicità tutta insieme: Jake mi aveva appena mandato un segno del suo affetto, Carlisle era finalmente diventato mio padre a tutti gli effetti…
   E stavo per sposare l'uomo che amavo.


Jasper

   Il sole calava sempre più all’orizzonte e sapevo che ormai mancava davvero poco al momento fatidico. Mi guardai attorno, cercando di concentrarmi sugli addobbi per non essere travolto dall’onda delle emozioni che i miei parenti e amici stavano provando, oltre che dalle mie.
   Alice aveva fatto un lavoro magnifico come sempre: una gigantesca piattaforma bianca occupava il lato nord della riva del lago e su di essa molte sedie candide erano disposte in file ordinate. Un corridoio centrale era interamente occupato dal tappeto rosso sul quale avremmo camminato Esme e io prima, le damigelle, Bella e Carlisle poi. Eleazar era già pronto, ritto al suo posto, sotto la tradizionale arcata fatta di fiori bianchi e quando mi vide arrivare insieme a Emmett, mi fece l’occhiolino come a dire: so che sei emozionato, ma goditi il momento!
I nostri invitati erano già tutti al loro posto: Tanya e Kate, elegantissime nei loro vestiti rosa pallido erano scortate da Randall e Garrett; Carmen sedeva composta e serena come sempre, avvolta in un sontuoso abito verde; Peter e Charlotte invece si guardavano attorno incuriositi.
   I miei vecchi amici erano arrivati solo un’ora prima a Denali: naturalmente li avevo invitati io e avevo raccontato loro le vicende che mi avevano portato a questo giorno, pur temendo che avrebbero fatto fatica a capire il modo in cui Bella era entrata nella mia vita.
   Ma Peter mi aveva sorpreso, dicendomi che non era mai stato del tutto convinto che Alice fosse la donna giusta per me, per quanto meravigliosa potesse essere. Charlotte si era detta d’accordo con lui e aveva dichiarato che non vedeva l’ora di conoscere la mia futura moglie. Non che avessi bisogno di conferme, ma la loro opinione mi aveva fatto sentire ancora più sereno: erano entrambi molto intuitivi e sapevo per esperienza di potermi fidare del loro giudizio.
   Un applauso fragoroso annunciò l’arrivo di Edward, il quale si sedette al pianoforte, poco distante da Eleazar e lo liberò dal telo con cui era stato coperto per proteggerlo dall’umidità. Era il pianoforte verticale su cui, un anno prima avevo suonato mentre Bella si trasformava. Vederlo lì mi riportò indietro nel tempo e compresi che forse mi ero innamorato del mio piccolo cigno proprio quella sera, anche se allora non potevo rendermene conto.
   Qualche minuto dopo sentimmo arrivare la mercedez di Carlisle: Gabriel saltò giù e si affrettò a far scendere Esme, Rosalie, Alice e Nasty. Tra gli applausi mio fratello raggiunse il suo posto, poi, finalmente Esme e io percorremmo il tappeto rosso, accompagnati dal pianoforte di Edward e raggiungemmo Eleazar. Le tre damigelle invece rimasero in attesa di Bella.
   La mia sposa non tardò ad arrivare. Una lamborghini bianca si arrestò nei pressi della piattaforma e Carlisle scese per primo. Poi aiutò qualcuno a uscire dall'abitacolo: un' esile figura femminile completamente vestita di bianco.
   La mia Bella.
   Fu difficile resistere all’impulso di correrle incontro: mi parve che il tappeto rosso fosse davvero troppo lungo mentre, con il braccio infilato in quello di Carlisle, scortata dalle sorelle e dalla nipotina e quasi sorretta dalla musica dolcissima che Edward stava suonando lo percorreva lentamente, gli occhi dorati fissi nei miei.
   Solo quando fummo l’uno davanti all’altra e potei prendere le sua mani tra le mie mi sentii davvero in pace con me stesso.
   In pace sì.
   In Bella avevo trovato la pace.
   I miei occhi rimasero incatenati ai suoi mentre ci scambiavamo le tradizionali promesse e i voti nuziali. Commosso come non mai infilai al dito di Bella una sottile vera d’oro e lei fece lo stesso con me. Mi lasciai avvolgere dalle emozioni che mi stava inviando: amore, desiderio, felicità, entusiasmo e pensai che avrei fatto il possibile perché si sentisse così ogni giorno. Eleazar ci dichiarò marito e moglie e finalmente potei baciarla, mentre tutti applaudivano, estatici.
   Il sole era ormai tramontato e adesso era la luna a salire in cielo.


Bella

   I festeggiamenti durarono tutta la notte.
   Alice aveva fatto le cose in grande, ovviamente. A me e a Jasper toccò tagliare una gigantesca torta nuziale e mangiarne un pezzo ciascuno. Lanciai il bouquet tra le mani di Nasty e ballai con tutti i miei fratelli e amici.
   Mentre volteggiavo tra le braccia di Eleazar mi trovai accanto a Alice che ballava con Emmett e lei disse allegramente:
   - Oh, Eleazar, dimenticavo che devo assolutamente ringraziarti! E’ merito tuo se Bella e Jasper sono arrivati all’altare!
   Eleazar ghignò: - Lo so benissimo!
   - Ehi, aspettate un attimo, mi volete spiegare cos’è questa storia? – chiesi, aggrottando la fronte.
   Eleazar sorrise, come a scusarsi:
   - Ricordi quando durante i nostri allenamenti hai sollevato lo scudo e io ho letto nella tua mente che eri innamorata di Jasper? Ti avevo promesso di non dirlo a nessuno, ma dopo l’episodio con Randall, Jazz era talmente furioso che ho pensato fosse il caso di dirgli la verità… era convinto che tu ti fossi invaghita di Randall e non voleva ammettere di provare qualcosa per te… quando gli ho svelato i tuoi sentimenti ha capito di essersi comportato da idiota e ha pensato bene di correre a cercarti. Capisci? Mi spiace di aver tradito la tua fiducia, Bella, ma voi due siete così testardi! Sembrava che non ci fosse altro modo di sistemare le cose, quella notte…
   Rimasi a bocca aperta, incredula. Poi scoppiai a ridere.
   - Non ci posso credere! Allora è così che è andata! Beh, Eleazar, ti ringrazio anch’io. Quella notte ero convinta che in un modo o nell’altro avrei dovuto cercare di nuovo la morte, tanto ero infelice. Jasper mi aveva lasciata sola e pensavo che non saremmo più nemmeno riusciti a guardarci in faccia… E poi io credevo che si fosse innamorato di Mary...
   - Questo perché sei una sentimentale melodrammatica! – mi prese in giro Alice – Sciocchina, Jasper non ti avrebbe mai abbandonata, aveva solo bisogno di una spintarella nella direzione giusta!
   - Esme e Rosalie sono state le prime a capire che sarebbe finita così, comunque. – intervenne Emmett – Le visioni di Alice non sbagliano mai!
   - A proposito... - chiesi improvvisamente nervosa, guardando mia sorella – Non è che hai visto qualcosa…?
   Lei sorrise con dolcezza: - Stai tranquilla, Bella. Va tutto bene. Hai un bellissimo futuro davanti.
   Sorrisi a mia volta, rasserenata: - Grazie, Alice. Per tutto... E grazie anche di avermi organizzato questo favoloso matrimonio. E' stato tutto perfetto, davvero.
   - Ne sono contenta, Bella e ovviamente sono felice di aver contribuito a rendere speciale questo giorno. Vedrai che la luna di miele sarà ancora meglio!
   - Non ne dubito, visto che passeremo tre mesi in Europa, a visitare le città più belle del mondo!
   - Bah, tre mesi in luna di miele non sono niente! - esclamò Emmett facendoci ridere - Rosalie e io ne abbiamo avuta una che è durata quasi un anno! E' stato negli anni Settanta!
   I festeggiamenti continuarono: ballai con Peter e conobbi Charlotte, che era una splendida piccola vampira dall’aria decisa. Mi piacque all’istante e le promisi che avremmo mantenuto i contatti: desideravo conoscere a fondo quei due amici tanto cari a Jasper.
   A mezzanotte mio marito mi sorprese con un regalo inaspettato: sotto la luna, suonò la nostra meravigliosa melodia “Luna di Mezzanotte”. Era una musica così dolce e struggente che tutti la ascoltarono rapiti, ma nessuno quanto me: se avessi potuto piangere sarei stata una fontana.
   Fu solo all’alba che la festa si concluse: la lamborghini bianca, dono di nozze di Esme e Carlisle ci aspettava al suo posto. Jasper e io corremmo, mentre chicchi di riso e fiori ci rimbalzavano addosso. Mio marito salì al posto di guida e io accanto a lui: partimmo a gran velocità, salutando a gran voce i nostri cari che ci acclamavano e ci auguravano una splendida luna di miele.
   Strinsi forte la mano di Jasper:
   - Restami sempre accanto, amore mio. – gli dissi con forza – Non osare lasciarmi, hai capito?
   Lui si voltò a guardarmi serio e commosso e ricambiò la stretta:
   - Noi non ci lasceremo mai. Ci apparteniamo. Per sempre.
   E insieme andammo incontro alle luci dell’alba.









Ehm... mi spiace disturbare...
Buonasera! Dato che all'epilogo farò un ringraziamento collettivo, lungo e noioso, per questo capitolo risparmio le chiacchiere! E poi cosa c'è da dire se non evviva gli sposi?
L'immagine che vedete qui è della mia amica
Camilla L.  Sua era anche quella al capitolo 28, mentre invece le altre sono quasi tutte di nanerottola.
Non ho portato testi di canzoni, quiesta volta, anche se sarebbe parso logico, ma dato che ancora una volta c'era Luna di Mezzanotte non l'ho ritenuto necessario.
Spero che questo sposalizio vi abbia fatti sognare almeno un po', aspetto con ansia le vostre recensioni e spero che arriveranno numerose, anche più del solito vista l'importanza del capitolo! Su dai, perdete un minuto e lasciatemi una decina di parole!
Vi abbraccio tutti con affetto e vi do appuntamento all'epilogo, ormai vicinissimo.
Buona serata!
Niniane

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Capitolo 45
*** Epilogo: Ciò che è stato, che è e che sarà ***





Epilogo

Ciò che è stato, che è e che sarà


Alice


   In passato mi sono definita segretamente infelice a causa del dono che ha condizionato entrambe le mie vite: la prima, irrimediabilmente dimenticata e la seconda, che potrebbe non avere mai fine.
   In tutti questi anni esso è stato un peso enorme da portare, una forza oscura e misteriosa che molto spesso mi ha costretta ad agire anche contro quella che sarebbe stata la mia volontà.
   Credo che non smetterò mai del tutto di detestarlo e di sognare segretamente di liberarmene. Eppure oggi posso dire che sto cominciando a sopportarlo con maggior serenità.
   Fino a quando non sono andata in Francia, alla ricerca di Gabriel, essere una veggente era una qualità che mi faceva sentire molto sola: non c’era nessuno che la condividesse con me. Né Jasper, con tutto il suo amore e la sua dedizione, né Edward con la sua capacità di leggere nel pensiero erano mai riusciti a penetrare davvero quella dimensione particolare, che era solo mia.
   Così, infondo, pur sembrando una figura di spicco nella famiglia Cullen ero isolata dal resto del mondo.
   Ora tutto è diverso, non devo più affrontare da sola le mie visioni: Gabriel è sempre al mio fianco e in ogni istante divide con me il peso di essere a conoscenza di fatti che devono ancora verificarsi.
   Questo mi fa sentire infinitamente più serena. So che qualunque visione dovesse affacciarsi alla mia mente, lui sarà per sempre lì, a guardarla insieme a me.
   E poi, in questo momento la mia mente è invasa da immagini troppo positive perché possa sentirmi in qualche modo oppressa: sono felice, ad esempio, di sapere che presto la solitudine di Tanya e di Randall avrà fine perché troveranno l’uno nell’altra ciò che hanno cercato tanto a lungo… come Kate e Garrett, che l’anno prossimo si sposeranno, anche se non lo sanno ancora.
   Mi intenerisce vedere lo splendido e roseo futuro che aspetta Edward e la sua Nasty. Il loro tempo non è ancora arrivato, naturalmente: la mia nipotina ha tanto da imparare, è così giovane e fragile… ha dovuto affrontare pericoli e sofferenze da bambina e adesso sta ancora cercando di adattarsi a ciò che è diventata. Ha bisogno delle cure materne di Rose e dell’amore di Edward per superare i traumi che ha subito. Quando ho scoperto che da piccola è stata maltrattata e la sua trasformazione è avvenuta in seguito a uno stupro (proprio com’è successo a Rose) ho provato tanta pena per lei, ma proprio grazie alle mie visioni ho potuto dire a Edward che non deve preoccuparsi: Nasty guarirà da ogni dolore e insieme, loro due saranno molto, molto felici.
   Anche per tutti gli altri membri della famiglia vedo un’eternità piena di luce e gioia e non potrei esserne più sollevata: Rosalie ha realizzato il suo sogno, è diventata una madre meravigliosa e la sua felicità è destinata ad aumentare. Quanto a Emmett, è un padre molto migliore di quanto lui stesso creda e non smetterà mai di portare allegria e affetto nella nostra famiglia. E nulla scalfirà l’amore immenso che Esme e Carlisle provano l’uno per l’altra e per tutti noi.
   Infine ci sono loro: Bella e Jasper…
   Quante preoccupazioni mi hanno causato, in passato! Quanto rimorso per non aver visto che Bella sarebbe diventata come noi. Quanto dolore, quando ho capito che avrei perduto il mio Jazz… E adesso, come sono felice per loro! Carlisle ha avuto ragione: il mio destino e quello di Jasper si sono separati con quell’ultima duplice visione e ciascuno di noi due ha trovato la sua strada.
   Credevo che vedere lui e Bella insieme mi avrebbe sempre resa un po’ malinconica, ma non è così e immagino che avrei dovuto saperlo fin da subito: tutti i pezzi del puzzle sono andati al loro posto, Jasper e io siamo ottimi amici e Bella è sempre la mia sorellina preferita.
   Il loro futuro appare grandioso, come una lunga strada dritta illuminata dal sole del mezzogiorno e circondata da un paesaggio idilliaco. Al loro matrimonio ho detto la verità: non vedo ombre.
   Ho sempre pensato che i pilastri della nostra famiglia fossero Esme e Carlisle e naturalmente in un certo senso è così: senza la bontà e la tenacia di mio padre e il grande cuore di Esme, la famiglia Cullen non esisterebbe. Tuttavia, credo che il sentimento inaspettato e meraviglioso che ha travolto e unito Bella e Jasper e i fatti che ne sono derivati, abbiano contribuito a rafforzare i legami tra fratelli, tra genitori e figli, perfino tra partner.
   Ricordo il tempo in cui Jasper faticava a controllare gli istinti e rimaneva sempre in disparte. La stessa epoca in cui Bella era insicura e ingenua come una bambina. Ora sono cambiati, entrambi e nessuno potrebbe affermare che non siano persone speciali: insieme sono cresciuti, hanno tirato fuori tutte quelle qualità che in passato erano rimaste in ombra.
   Grazie a Bella e a Jasper siamo cresciuti anche tutti noi, ecco come la penso.
   Qualsiasi cosa dovesse riservare loro la vita, sono certa che insieme faranno grandi cose.
   Quando glielo dico di solito ridono e fingono di non crederci, ma poi si scambiano uno dei loro sguardi languidi e tornano seri.
   Soprattutto Bella.
   Perché dopo tutto quello che ci è successo da quando è entrata nelle nostre vite, la mia incredibile sorellina una cosa l’ha capita: non bisogna mai scommettere contro di me.



The End



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Conferenza stampa dell’Autrice:

No, scherzo, tranquilli! Solo il solito angolino, un po’ allargato!
Bene, miei cari, ecco a voi Luna di Mezzanotte finita e pubblicata. E’ stata la prima storia che ho scritto su efp e mi sento entusiasta per il fatto che l’ho conclusa.... e un po’ triste per lo stesso motivo. Devo ammettere che mi mancherà non dover più scervellarmi per scrivere capitoli lunghi, complessi e pieni di emozioni come questi.

Comunque, a tutti gli amanti della coppia Bella/Jasper dico: non vi preoccupate! NinianeCullen88 ritornerà sicuramente con altre storie che parlano di loro. Prima di tutto bisogna portare a termine “L’amore è un Canto” con una Bella e un Jasper assolutamente inediti, poi… si vedrà!
Ora, ritengo doveroso ringraziare sentitamente alcune persone che mi hanno accompagnata e sostenuta nella stesura di questa mia storia:
Camilla L: senza il cui appoggio Luna di Mezzanotte forse non sarebbe mai stata pubblicata e sarebbe rimasta un documento personale nel mio pc. Grazie, tesoro, ti voglio bene!
nanerottola: per le immagini che mi ha fornito, il video-trailer e le carinissime recensioni! Un milione di grazie!
Dills Nightmare: la mia nipotina, per il suo sostegno, il suo affetto e le bellissime parole che mi dice sempre.
dany60: per i suoi consigli e la simpatia che mi ha sempre dimostrato.
Snowly: per il soprannome complicatissimo che mi ha dato! Spero di essermelo meritato!
Serenitatis e Miss Yuuki: per aver letto e recensito molto spesso, anche se la loro passione sono le fic su Sailor Moon.
Inoltre ringrazio:

chicca85, MikoWhitlockCullen, JadeGreen e fefe cullen: per aver letto qualcosa come 30 capitoli in un colpo e non essersi stancate di seguirmi, fino alla fine.
maura77, Frego, Argentea, Orsacchiotta Potta Potta, Meme__, Lesley_Gore, corinna_black303, lenny87, lady anya blu cullen, piedidivetro, jakefan e poi tutte le persone che sporadicamente hanno lasciato recensioni ai miei capitoli.
Infine ringrazio coloro che hanno inserito la storia tra le preferite, le seguite e le ricordate.
Grazie infinite a tutti, mi mancherete molto.
Con affetto, vi saluto e vi do appuntamento… alla prossima storia!!!


Niniane (alias Cristina)

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