Il Re di Disneyland

di Claudia Ponto
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: Non era una gita qualunque. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: Oltre la porta ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3: La rivelazione dello stregone ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4: Confusione ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5: Incoronazione forzata ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6: il dittatore ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7: Alla ricerca dei cristalli perduti: La partenza ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8: I confini dei mondi ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9: Decisione importante ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10: Terra di musica e di segreti ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11: Finalmente la prima pietra! ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12: Pirata a bordo e Cambi di rotta ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13: Destino ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14: la spia ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15: Demoralizzati ***
Capitolo 16: *** Capitolo 17: Assalto. ***
Capitolo 17: *** Capitolo 18: Vento di tempesta ***
Capitolo 18: *** Capitolo 19: Silly ***
Capitolo 19: *** Capitolo 20: Caccia al tesoro ***
Capitolo 20: *** Capitolo 21: Caos sotto e sopra ***
Capitolo 21: *** Capitolo di avviso ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1: Non era una gita qualunque. ***


Capitolo 1: Non era una gita qualunque.
 
Elias balzò sul letto quando la sveglia squillò all’improvviso.
Si agitò a tal punto che le coperte l’avvolsero completamente, impedendogli di muoversi e quindi evitare di cadere giù dal letto.
Sdraiato scomodamente sul pavimento scivolò fuori dal “bozzolo” dopo che la testa smise di pulsare di dolore, raggiungendo l’orologio per farlo smettere di squillare.
Era ancora presto… la luce del sole filtrava a malapena attraverso le imposte della finestra illuminando a malapena la stanza; sbadigliò e si stropicciò gli occhi, sistemando il cuscino per potersi riaddormentare, quando però posò lo sguardo sul disegno di Topolino che faceva da sfondo all’orologio perse completamente il sonno.
<< Muovi quel sedere! Tra poco dobbiamo uscire! >>
A dargli un ulteriore svegliata ci pensarono i suoi compagni di stanza, urlando con estrema vivacità.
 
Sospirò pesantemente, si era appena ricordato di essere in una camera d’albergo nei pressi del parco a tema più amato da bambini e adulti: Disneyland.
 
Elias avrebbe dovuto godersi quanto gli altri del viaggio a Disneyland, una simile vacanza-premio offerta dalla professoressa di francese non era privilegio per molti.
Accidenti, aveva sempre desiderato poter finalmente andare in quel posto e circondarsi dei vivaci colori di quell’immenso parco, di impregnarsi dei dolci odori delle pasticcerie apparentemente magiche e di ascoltare senza mai stancarsi le continue musiche da fiaba. Da questo si può facilmente evincere che il ragazzo è un cosiddetto “fan” del marchio Disney, nome che subito conduce alla figura dell’uomo che è stato in grado di rivoluzionare la fantasia… un genio che Elias ammirava perché con la propria testa e il proprio cuore aveva dato vita ad un intero fantastico universo.
Proprio questa sua ammirazione lo faceva vergognare.
Per quanto fossero normale quella cosa e in molti, come lui, apprezzavano la Disney, Elias non aveva il coraggio di ammetterlo: ora che aveva compiuto 14 anni credeva di sbagliare nel farsi piacere certe cose che magari la gente “comune” considerava infantile. Ci teneva a non perdere la passione per qualcosa che riusciva sempre a mettergli il buon umore; d’altra parte voleva essere considerato all’altezza degli altri coetanei già propensi alle attività più mature come le ragazze oppure le feste.
Conclusione: cercare di restare innocenti e nel contempo maturare era difficile.
 
Dopo essersi vestito con una semplice salopette nera e una maglietta bianca, insieme ai  compagni di stanza uscì dal Disney's Hotel Cheyenne, sistemandosi ripetutamente i capelli neri che negli ultimi tempo erano cresciuti troppo.
Il resto della classe era già fuori, girovagando per la struttura che ricordava una vecchia città del selvaggio west facendo finta di essere cowboy che si scontravano a colpi di pistola; la strada di ghiaia rumoreggiava sotto i passi della gente, coperto in parte dalle gaie risate dei bambini che non vedevano l’ora di raggiungere il parco di divertimenti esibendo peluche di Topolino.
Cavolo, voleva anche lui un souvenir del genere.
Forse, se non veniva notato dai cui compagni di classe, avrebbe potuto comprare qualcosa.
La professoressa chiamò a raccolta il gruppo e insieme, come dei soldatini cominciarono ad avviarsi al parco.
                                                                                  ****
Il Disneyland Paris era meraviglioso.
La gente faceva a gara per poter entrare e raggiungere le giostre, non prima di aver visitato la “Main Street” con i suoi ristoranti, negozi di giocattoli e piccoli musei; c’era solo l’imbarazzo della scelta. Il parco era diviso in 4 sezioni con un tema ciascuno abitati dai personaggi dei cartoni, in determinate ore del giorno erano animate da strabilianti parate con carri allegorici e musica a tutto spiano. Camminare era difficile, tentando di guardare tutto si rischiava di andare a sbattere contro tutto e tutti… ma a Elias non dispiaceva, era tutto ciò che aveva sognato!
Se suo padre fosse lì, appassionato della Disney quanto lui, si sarebbe divertito il doppio fino a notte fonda.
Main Street era alle loro spalle quando finalmente giunsero al Castello della Bella Addormentata color rosa confetto con rifiniture bianche, le cupole delle torri blu con dorate architetture, le vetrate che brillavano al sole: l’interno incredibilmente simile ad un vero maniero medievale con tanto di armature e drappeggi, i bambini sotto voce esprimevano la propria ammirazione, aspettando di vedere da un momento all’altro la principessa Aurora comparire da qualche parte.
<< Guarda, c’è un drago qui. >> disse uno dei suoi compagni.
Un’insegna avvertiva della presenza della tana di un drago.
Spinti dalla curiosità scesero una stretta rampa di scale, un ruggito li avvisò di essere arrivati, soprattutto le urla spaventate di alcuni bambini che si allontanarono dalla pozza verdastra che li divideva dall’enorme rettile sputa fuoco incatenato alla roccia, circondato da frammenti di osso di qualche cena digerita.
Si trattava di un animatrix, ma il modo in cui si muoveva lo faceva sembrare reale.
<< Che te ne pare Elias? >>
<< Non c’è male… >>
Invece è bellissimo! pensò.
Rimase in disparte, sospirando tristemente.
Elias era un ragazzo dal cuore d’oro, per colpa del conflitto interno però diventava scontroso.
Non lo faceva apposta, non voleva comportarsi in quel modo… era più forte di lui.
Quando fece per andarsene una mano rugosa gli afferrò la spalla e lo bloccò: un uomo alto con una folta barba, i capelli lunghi e castani legati a coda di cavallo, addosso un completo in giacca e cravatta blu scuro, lo guardò penetrante; si mise una mano sul petto ammettendo a se stesso di essersi spaventato.
<< Scusa ragazzo, mi potresti aiutare? >> gli chiese.
<< Certo… volentieri signore... >>  rispose lui intimorito.
<< Purtroppo mi è caduta una chiave nella pozza del drago, la mia schiena non mi permette di piegarmi. Potresti prenderla per me? Devo aprire quella porta. >> spiegò lo sconosciuto, indicando una stretta porticina di legno con lo stemma di Topolino impresso sopra.
Non l’avevo notata quella porta… ma giurerei che fino a poco fa non c’era.
<< Sicuro, nessuno problema. >>
Elias si sporse dalle finte rocce e scrutò l’acqua, la chiave luccicava proprio sotto di lui, sottile e con una sola dentatura, attaccata da un anello argentato. Immerse la mano e la raccolse, rabbrividendo al contatto con l’acqua fredda.
<< Signore, è questo quello che cercava? >>
<< Proprio così. Ora… solo un ultimo favore se non ti reco disturbo. >>
<< Dica pure. >>
<< Apri la porta per me e guardaci dentro. C’è una cosa molto importante che mi serve. >>
Elias non fece domande, inserì la chiave nella toppa che si trovava proprio al centro della piattaforma di legno, immaginandosi per un attimo un eroe del Keyblade o qualcosa di simile, ridacchiando divertito al pensiero. Quando la serratura scattò la porta si mosse da sola, cigolando verso l’esterno sinistramente, uno spiffero di aria gelida che scaturì dall’oscurità che si celava oltre l’uscio.
<< Signore, cos’è che le serve? Qui non vedo niente… >>
<< Mi serve che tu ci entri dentro Elias. >>
Sentendosi chiamare per nome, Elias si voltò e venne spinto nell’oscurità.
 
Precipitò nel nulla, la porta si chiuse con un tonfo e la chiave si dissolse in miliardi di particelle dorate.
Urlò a pieni polmoni mentre si dirigeva verso il suo destino.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2: Oltre la porta ***


Capitolo 2: Oltre la porta
 
Elias continuò a precipitare nel vuoto fino a quando non cozzò contro qualcosa.
Cominciò allora a rotolare su se stesso, riuscendo a fermarsi “frenando” con le mani.
Rimase sdraiato a pancia in giù fino a quando non si sentì sicuro di potersi nuovamente muovere, le orecchie gli fischiavano, respirava velocemente e il cuore aveva accelerato il battito, le gambe tremavano come gelatina.
Si rese conto che si trovava nel nascondiglio del drago, stranamente, il robot era ancora lì, addormentato come un gatto.
<< Come primo giorno di gita non poteva andare peggio… >> si disse tra sé e sé.
Si avvicinò al drago e lo ammirò, infastidito in parte dal suo russare.
<< Beato te che dormi tranquillamente. Io invece sono nei guai fino al collo. >>
Il drago in quel momento aprì gli occhi e si voltò verso di lui, come se avesse reagito a quel che aveva detto.
Era un grosso giocattolo, finto come tutto il resto… eppure il megarutto che esalò non sembrava affatto finto.
Si allontanò tossendo, squadrò il lucertolone che si sollevò sulle zampe anteriori e allungò il collo verso di lui, notando che gli mancava la catena che avrebbe dovuto tenerlo confinato. Entrambi si fissarono negli occhi in un silenzio rotto solo dal gocciolare dell’acqua.
<< Questo… è solo… un effetto… speciale… >> disse lentamente Elias, tentando di convincersi della cosa più logica.
Improvvisamente il drago ruggì, con le fauci spalancate mise in mostra gli affilati denti e la lingua biforcuta, a quel punto ignorò la logica e corse via, imboccando l’uscita, chiudendosi la porta alle spalle.
 
Era vero!
Non era un robot!
Ma i draghi non esistevano!
Erano roba da libri fantasy!
Sto sognando… non mi sono ancora svegliato…
Era stordito, non riusciva a inquadrare i pensieri correttamente, parole e immagini si accavallavano disordinatamente.
Si tirò i capelli, un modo doloroso che riuscì, nonostante ciò, a calmarlo un poco.
 
Proprio allora si rese conto di non trovarsi nello stesso animato corridoio da cui era venuto: un tappeto viola con decorazioni dorate ricopriva la parte centrale del pavimento, le vetrate non rappresentavano più le scene della favola bensì semplici figure di fiori o creature mitologiche, sulle pareti erano appesi arazzi ricamati con personaggi su fondali di alberi, stelle o oceani.
Un’eco lontana attirò la sua attenzione, rimase in ascolto e riuscì a distinguere le chiare note di una melodia, accompagnate da voci e risate.
Forse sono finito nelle quinte del castello. Magari da questa parte troverò qualche addetto della sicurezza.
Elias lentamente cominciò a percorrere il corridoio verso la fonte di rumore, il tappeto che attutiva i suoi passi.
Ad un certo punto finì un ampio salone circolare bianco candido che la calda luce del sole, entrante da un trittico di finestre a punta rosse e verdi, rendeva abbagliante; fiori di ogni tipo intrecciati tra loro adornavano la rampa di scale alla sua sinistra, enormi candelabri dorati pendevano dal soffitto, una volta a botte con dipinto un paesaggio incantato. Non mancavano statue e quadri… però non capì perché rappresentassero personaggi Disney sia buoni che cattivi…  toccandoli si rese conto che non erano realizzati in polistirolo o cartone.
<< Ehi tu! Che ci fai qui!? >>
Da una porta nascosta dall’altro capo della stanza due guardie in armatura d’argento e pennacchio viola sull’elmo, lance in mano e aria minacciosa, puntarono verso di lui.
Intimorito dal loro aspetto corse via, salendo la rampa di scale nella speranza di trovare una via di uscita, alle sue spalle udiva il fracasso metallico degli uomini in armatura che pareva farsi sempre più assordante, più della musica dapprima udita che ora suonava forte e chiara.
Era in un MARE di guai.
E come ci fosse finito dentro ancora non l’aveva capito.
 
Nella disperazione imboccò una strada senza uscita, un unico passaggio che portava dritto ad un balcone dalla quale entrava una fresca brezza, la ringhiera frenò la fuga, si aggrappò saldamente per non cadere oltre stringendo le mani sulla nuda roccia che lo formava,.
Rimase fermo, davanti a sé uno spettacolo incredibile.
La musica ora era un trionfo di percussioni, ottoni e altri strumenti a percussione, palloncini, stelle filanti e fuochi artificiali volavano nel cielo tingendolo di mille colori mentre sotto di sé grandi carri allegorici dalle forme più disparate procedevano lentamente uno dietro l’altro nella strada sottostante, circondati da ballerini dai costumi elegantissimi e una folla che entusiasta applaudiva e ballava senza sosta. La città in festa era meravigliosa, i tetti dorati e rossi delle villette brillavano senza fine decorati con festoni e bandiere appesi sopra, doveva trattarsi di una delle famose parate di Main Street… eppure tanta festività era eccessiva per un semplice evento giornaliero… inoltre quella non assomigliava a Main Street.
 
Udì delle voci, stavolta non riconducibili a quelle dei soldati che aveva distanziato, alzò lo sguardo notando così i balconi sulle torri circostanti a lui, affollati da persone che lo stavano fissando con sorpresa.
Un momento, quelle non sono persone. pensò Elias, rendendosi conto che gli spettatori sopra di sé non erano… come dire… “Normali”.
Nel tentativo di focalizzare meglio quel che stava vedendo Elias si sporse troppo dalla ringhiera e cadde giù.
Per fortuna il carro che stava passando sotto di lui, con un grande drago rosso al centro che ruotava la testa avanti e indietro, attutì la caduta: scivolò lungo il suo corpo a spirale fino alla punta della coda sollevata verso l’alto che finì per lanciarlo in aria, dritto contro l’unico ostacolo in parallelo al punto di atterraggio.
Il tonfo assordante della testa che sbatteva pareva quello di una pentola di ferro battuta con in cucchiaio, Elias rimase spiaccicato contro la dura superficie della strada, perdendo all’istante i sensi.
                                                                                  ****
Un brivido freddo lo destò dal profondo sonno.
In contrasto al gelo si sentì avvampare da un pungente calore sulla faccia, doloroso soprattutto.
Elias sussultò e si mise a sedere togliendosi l’impacco di ghiaccio dalla faccia, assicurandosi di non toccarsi il naso leggermente violaceo.
Era seduto su un divano blu sistemato di lato a un largo salotto circondato da scaffali colmi di libri sistemati in ogni angolo, soffitto compreso; vicino al mobile c’era un basso tavolino di legno abbellito con un mazzo di margherite, poco distante una scrivania di legno colma di lettere, quadri di bestie mitologiche appesi ai muri.
Dov’era finito?
Con la coda dell’occhio notò un movimento: c’era qualcosa lì dentro insieme a lui.
Aveva avuto fin troppe sorprese, non aveva intenzione di rischiare l’infarto un’altra volta.
Prese una statuetta e la alzò come un martello, indietreggiando verso la vicina porta nella speranza di poter uscire, afferrò la maniglia ma non riuscì a farla scattare, costringendolo così ad abbandonare “l’arma” e cominciare sia a spingere che a tirare per poter uscire.
<< Ciao! >> gridarono due voci stridule.
Elias si voltò agitato, ma non trovò nessuno alle sue spalle.
<< Qui in basso! >>
Fece come suggerito e notò, finalmente, due piccoli scoiattoli: uno dal pelo marrone scuro con il nasino nero, l’altro dal pelo di colore più chiaro tendente al dorato e con un grosso naso rosso. Insieme scodinzolavano e sorridevano, ridacchiando oltretutto.
<< Ben svegliato! >> dissero in sincronia.
Elias urlò, arrampicandosi come una scimmia sulla tenda della finestra fino alla cima.
I due scoiattoli risero senza sosta, lui invece continuava a strillare incredulo a ciò che stava vedendo: scoiattoli parlanti… e per giunta li conosceva!
Solo allora la porta si aprì, ne entrò una splendida ragazza dai capelli corti e neri, le labbra rosse come rubini e la pelle chiara come la neve, sul capo portava una tiara dorata con un diamante sulla punta centrale, il suo abito formato da un bustino blu dalle maniche a palloncino e una lunga gonna gialla.
<< Biancaneve! Biancaneve! Hai visto? Si è svegliato! >> urlarono Cip e Ciop correndo verso la fanciulla.
<< Bianca… neve? >> ripetè Elias incredulo, scivolando giù dal suo riparo.
La principessa gli corse incontro con un sorriso raggiante, abbracciandolo con una gioia fuori luogo; ma la cosa più assurda era che sentiva il calore del suo abbraccio e la morbidezza della sua pelle.
Era, insomma, in carne ed ossa.
<< Sono così felice che tu sia qui! Abbiamo atteso così tanto il tuo incontro! >> gli disse.
<< Per favore amici, chiamate gli altri e avvisateli del risveglio del nostro gradito ospite. Sono impazienti, ne sono sicura, di potergli parlare. >>
I due scoiattoli, scattando sull’attenti come dei soldatini, uscirono dalla piccola biblioteca.
Elias rimase con il fiato sospeso per un’ora intera, accudito da Biancaneve che gli sistemava i capelli e vestiti stropicciati, com’era solito fare sua madre, dopo un po’ di tempo entrarono correndo altri personaggi che ben conosceva del mondo Disney, tutti quanti si fermarono davanti a lui manifestando differenti emozioni, ci fu chi esultò… chi pianse di gioia… e chi invece non sapeva come comportarsi.
Lo devo considerare un brutto segno?
Tra tutti quei personaggi però, uno solo sovrastò per importanza gli altri: era basso, aveva un gran paio di orecchie grandi sulla testa, guanti bianchi a coprirgli le mani e un paio di pantaloncini rossi, con una coda sottile che usciva da dietro.
Come poteva non riconoscerlo?
<< Felice di rivederti Elias! Io mi chiamo Topolino! >>

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Capitolo 3
*** Capitolo 3: La rivelazione dello stregone ***


Capitolo 3: La rivelazione dello Stregone,
 
Elias tacque.
Non aveva più voce per urlare.
Non aveva più forza per scappare.
Non aveva più cervello per ragionare.
 
Loro lo avevano mandato in tilt.
 
“Loro” che non potevano esistere.
“Loro” che aveva sempre visto come figure animate.
“Loro” che adesso interagivano con lui come persone in carne e ossa.
 
In realtà non avrebbe dovuto avere paura di loro… cioè… erano i personaggi della Disney, quelli buoni!
Coloro che vincevano sempre sul male con la loro bontà!
Eppure non riusciva a non tremare alla loro presenza, battendo addirittura i denti.
Forse il topo più amato al mondo avrebbe saputo spiegargli, una volta per tutte, cosa stava succedendo.
Topolino, o Mickey nella sua lingua originale, si sedette accanto a lui con un saltello, affiancato dalla splendida Biancaneve ed altri storici personaggi come Cenerentola, Belle, Ariel, i più “recenti” come Hercules o Rapunzel invece restarono in piedi, senza distogliere lo sguardo da lui, simili a dei bambini che studiano di nascosto qualcosa di nuovo.
<< Come ti senti Elias? Ti sei ripreso dalla scivolata improvvisata? >> gli chiese Topolino.
Elias mugugnò, non riuscendo a formulare una risposta verbale.
Ad un certo punto nella stanza entrarono dei pinguini col frac che portarono dentro dei carrelli colmi di succulenti cibi posizionandoli davanti a lui, Elias ispirò a fondo l’aroma delizioso che proveniva da tutte le portate, provando ad immaginare quale incredibile sapore potessero avere. Una torta Red Velvet l’attirò per primo, tonda e rossa con i bordi ricoperti di crema bianca, avrebbe cominciato volentieri da lì se da essa non uscirono i due scoiattoli facendola “esplodere”. Il ragazzo balzò sul bordo del divano urlando: anche se erano cartoni animati, lui gli animali di piccola taglia non li poteva vedere.
<< Cip e Ciop! Sono per il nostro ospite! >> li rimproverò il topo.
<< Ci dispiace, volevo solo scherzare! >> dissero simultaneamente i due fratelli.
Io non ne ho affatto voglia! pensò Elias.
 
Scese dal trespolo e corse dall’altra parte della stanza, non capendo perché reagisce in quel modo, i personaggi provarono ad avvicinarsi.
<< No! >> urlò lui improvvisamente, bloccandoli.
Aveva una mano tesa in avanti, come una specie di scudo.
Tremava, i suoi occhi luccicavano rivelando che era sul punto di piangere, dalla bocca uscirono solo singhiozzi.
 
<< Non devi avere alcuna paura Elias. >> esordì una voce autoritaria.
Una voce già udita.
Era appena entrato, senza che nessuno se ne accorgesse, un altro noto personaggio Disney: era alto, indossava una lunga tunica blu con i bordi delle larghe maniche azzurre, teneva una folta e lunga barba che con una mano si accarezzava e sulla testa recava un cappello a punta tempestato di stelle e lune dorate. Il suo sguardo serio fu la cosa che più colpì il ragazzo, lo stesso sguardo dell’uomo che aveva chiesto a lui aiuto per recuperare una chiave dorata nella falsa tana del drago.
<< Maestro Yen Sid, cosa ci fa lei qui? >> chiese una stupita Aurora.
<< È per questo giovane che mi trovo qui, mia cara…. >> rispose lui, facendosi largo tra i personaggi.
<< …E mi sembrava di aver detto a tutti quanti di non farvi vedere fino a quando non fosse stato pronto, per non traumatizzarlo. >> aggiunse subito dopo con una leggera nota di disappunto.
<< Ci perdoni, ma non siamo riusciti a trattenerci. Lei capisce che grande sorpresa sia per noi incontrare di persona il…. >> gli rispose il Principe Eric, dal film della Sirenetta.
Yen Sid lo interruppe prima che potesse finire di parlare.
<< Lo comprendo bene, ma questa non è una giustificazione. Uscite tutti quanti adesso. Biancaneve, Topolino, voi restate con me. >> sentenziò il mago.
Senza ribattere il corteo di personaggi andarono via, controllati dal cupo stregone. Prima che la porta si chiudesse da sola per magia, i personaggi fecero in tempo per voltarsi e salutare Elias con i loro raggianti sorrisi.
 
Non lo disse, ma quando se ne andarono fu un vero piacere.
 
<< Ora pensiamo a te. >> disse Yen Sid, rivolgendosi a lui.
Il ragazzo trasalì, sentendosi minacciato: da piccolo aveva avuto molta paura di quel mago apparso per la prima volta nel film “Fantasia”, durante il cortometraggio intitolato L’apprendista Stregone; da quanto riusciva a ricordare si era impressionato a causa proprio di quella sua espressione cattiva. Vederlo di persona riaccese quella paura infantile, non riusciva a credere di averlo incontrato nella Disneyland dei divertimenti sotto false sembianze… era apparso talmente normale!
<< Accomodati Elias, abbiamo molto di cui parlare. >> disse Yen Sid.
Elias scosse la testa, rifiutandosi di avvicinarsi.
Protestare fu inutile contro il mago, la magia lo trasportò all’istante sul divano, nuovamente accanto alla principessa dalla pelle candida e il topo. Deglutì, aggrappandosi con le mani al bordo del mobile imbottito.
<< Ti prego di scusare i miei modi bruschi, ma non sono un mago a cui piace perdere tempo. >>
L’ho appena notato... pensò lui.
<< Dunque ragazzo, deduco che tu mi abbia riconosciuto come il vecchio che ti ha chiesto aiuto, quando ti trovavi nella tua realtà. >>
<< Si… >>
<< Ingannare il prossimo non è nella mia natura, ma vi sono stato costretto per poterti condurre qui, sapendo bene che se ti avessi chiesto direttamente di seguirmi, con la mia vera identità, avresti rifiutato. >>
<< Non lo nego… >>
Ci fu una breve pausa, il tempo necessario per permettere a Elias di capire che il tranello del mago era stato spinto da buone intenzione; ma c’era una cosa in particolare che voleva sapere subito.
<< Com’è possibile che tutto questo esista? >>
I personaggi sorrisero, evidentemente si aspettavano quella domanda.
A rispondergli fu la principessa:
<< Noi esistiamo da sempre, caro Elias. La nostra casa e tutti i suoi abitanti sono veri proprio come te: hanno la loro storia, una famiglia, sanno provare amore e hanno dei sogni da realizzare. Nella tua realtà noi siamo solo dei racconti, ma come puoi ben vedere, noi siamo tutt’altro che una fantasia. >>
Elias si stava sforzando di credere in ciò che stava avvenendo.
Si affacciò alla finestra e ammirò la città che circondava il castello, il vetro dell’imposta gli mostrò un riflesso diverso dall’originale: era diventato la caricatura di sé stesso, i capelli sembravano una chiazza di inchiostro nero, il viso chiazzato di lentiggini leggermente affusolato, i suoi occhi castani erano grandi e tondi, il suo corpo gli dava l’impressione di essere sproporzionato.
<< A noi piace far sognare sia i bambini che gli adulti, siamo consapevoli di quanta felicità diamo e questo ci appaga più di ogni avventura vissuta. >> gli disse Topolino, avvicinandosi a lui.
La sua presenza non lo turbava più, si sentiva più tranquillo, le parole da esso pronunciate erano veritiere da molti punti di vista e lui lo sapeva bene.
<< Anche tu hai sognato con noi, non è vero? >>
La domanda lo imbarazzò, anche in presenza dei suoi eroi non se la sentiva di mostrare il suo vero volto. A quel punto passò ad un’altra domanda, la seconda ancora senza spiegazione.
<< Se tutto questo è reale, perché mi trovo qui? >>
Yen Sid rimase stranamente in silenzio, Biancaneve si sistemò nervosamente i capelli corvini mentre Topolino cominciò a fischiettare; quando un cartone animato agiva così, voleva dire che nascondeva qualcosa di importante.
<< Il nostro mondo aveva un Re una volta che ci governava. >> iniziò a dire Yen Sid.
Re? pensò confuso Elias.
Di che Re stanno parlando?
<< La nostra è una realtà “divisa”: esistono tanti piccoli mondi qui in questo universo parallelo, come molti lo chiamano, e ognuno segue le proprie regole e il proprio equilibrio. Secoli fa non sapevamo di far parte di qualcosa di grande, la nostra era una esistenza ristretta su determinati limiti; ma il Re cambiò tutto e con il suo progetto più ardito fu capace di abbattere i confini riuscendo così ad unirci, un lavoro che ancora oggi persiste nel tempo. >>
<< Non sapevo che aveste un re. >>
<< Fu l’unico della nostra storia. Un lavoro come il suo non è mai più stato emulato, i suoi eredi hanno continuato il lavoro che per primo aveva iniziato, ma nessuno ha raggiunto il suo livello. Noi non l’abbiamo mai potuto ringraziare abbastanza per ciò che ha fatto, ed è un peccato non averlo potuto ringraziare personalmente. Nessuno è eterno, e lui non faceva eccezione. >>
Elias rimase ad ascoltare con interesse quella storia, cercando al tempo stesso di dare un volto a questo sovrano così incredibile.
Chi l’avrebbe mai detto che c’era stato un simile individuo? Retroscena simili non se li sarebbe mai potuti immaginare.
<< Ora, per quanto può sembrare inverosimile, a distanza di tanti anni abbiamo di nuovo bisogno di lui. Questa realtà necessità del suo animo nobile ancora una volta, di poter avvalersi della grandiosità delle sue abilità. >>
<< Ma non avete appena detto che è morto? >>
<< Il suo corpo mortale ci ha lasciato… ma non il suo spirito che ha potuto reincarnarsi. >>
 
Yen Sid non aggiunse nient’altro, né lui e né Biancaneve o Topolino.
Tacquero tutti e tre, lasciando in attesa il ragazzo che non aspettava altro che sentire il seguito.
All’improvviso un sospetto si insinuò in Elias, ripensando con più attenzione alle ultime parole pronunciate dallo stregone.
<< Quel re che si è reincarnato… sono io? >>
<< Si Elias, proprio tu. Il nostro Re, un tempo si chiamava Walt Elias Disney >>
Elias rimase in silenzio per un attimo.
Improvvisamente scoppiò a ridere, e aveva le sue buoni ragioni: una cosa simile era fin troppo assurda. Yen Sid lo fissò quasi seccato, Biancaneve e Topolino invece si scambiarono occhiate confuse.
<< Ok, adesso si che sono tranquillo! Sto sognando per davvero! >> esclamò divertito, asciugandosi le lacrime agli occhi.
<< Questo non è un sogno ragazzo. >> gli disse seriamente il mago.
<< Certo, certo! Perché io sono il più grande cartonista del mondo! O cielo, non scherzava mia madre quando mi diceva che leggo troppi fumetti! Devo darci un taglio appena torno a casa… via i Topolini e vai con i Manga! >>
<< Credo che tu non ti renda conto della serietà del mio discorso. >>
<< Oh, scommetto che adesso mi dirai che sono importante e che sono destinato a fare grandi cose. Questo non è il primo sogno che faccio sulle mie incertezze; inoltre adesso mi sono convinto definitamente di una cosa. >>
<< E cioè? >> mentre parlava, Elias non si era reso conto che una sorta di aura bluastra si era formata intorno al corpo dello stregone, gli altri due personaggi sembravano conoscerne la ragione e lo guardarono impauriti, allontanandosi da lui.
<< Mi sono convinto che è una cosa stupida avere quattordici anni e guardare roba da bambini! Devo cominciare a comportarmi da adulto e dimenticare queste sciocchezze! Ci credo che non riesco a relazionarmi con i miei coetanei: sono un idiota che fa cose idiote! >>
Elias non si era reso conto che lo Stregone gli si era avvicinato alle spalle visibilmente innervosito. L’aura magica tremava come le fiamme del fuoco, la stanza tremava leggermente come scossa da un terremoto; quello stato perdurò fino a quando di colpo non gli diede un pugno secco sulla testa, sprigionando stelle e pianeti che si sparsero tutti intorno come coriandoli. Elias crollò sul pavimento circondato dal planetario magico, la principessa e il topo gli andarono incontro tentando di risvegliarlo.
<< Non mi piace che mi si storpi il nome. >> disse Yen Sid come scusa.
<< Temo proprio che sarà difficile fargli accettare il trono che gli spetta. >> disse Topolino sotto voce.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4: Confusione ***


Capitolo 4: Confusione
 
<< Si Elias, proprio tu. Il nostro Re, un tempo si chiamava Walt Elias Disney. >>
Elias si svegliò di soprassalto urlando.
Era immerso nel buio, davanti a sé c’era una sottile striscia di luce, non abbastanza per illuminare l’ambiente.
Cavolo, che sogno! Devo smetterla di guardare cartoni animati fino a mezzanotte… pensò stordito.
Tastò l’ambiente circostante cercando una lampada da accedere, sentendo solo sotto le dita il materasso e le lenzuola.
Nella ricerca toccò la familiare forma circolare di un tasto, schiacciandolo la luce elettrica illuminò l’ambiente… una camera da letto grandissimadi forma ovale, il pavimento era tutto un mosaico complesso e il tetto raffigurava un cielo stellato.
Alla sua destra c’era una tavola rotonda rossa con una rosa dei venti dipinta sopra e lì vicino uno scaffale con libri e foto, a sinistra invece un largo armadio ad arco e una porticina che conduceva in bagno, oltre ad una scala a chiocciola che conduceva chissà dove. Davanti al suo letto vastissimo dalle lenzuola arancioni, di cui occupava una minuscola porzione, si trovava una tenda rossa da cui entrava la poca luce naturale, la lampada elettrica aveva la forma della “lampada” di Aladino.
O cavolo… pensò.
Scese dal letto e andò verso la tenda, ne afferrò le estremità e l’aprì di scatto.  
Il sole stava per sorgere, il cielo del mondo Disney si tingeva lentamente di luccicante oro sostituendo il blu stellato della notte e l’argento della luna, le nuvole candide come zucchero filato cominciavano a diventare bianche e il mondo intero a svegliarsi.
Elias si addentrò nel balcone per poter ammirare meglio il regno che circondava il castello, tutto era ancora tranquillo… immerso nel sonno.
Non era un sogno. pensò meravigliato.
 
Si sentì avvampare da un gran imbarazzo: la ridicola scenata era appena balzata dai ricordi caotici.
Scosse la testa energicamente; non doveva trovarsi lì.
I suoi professori e i suoi compagni probabilmente lo stavano cercando, doveva tornare al più presto indietro.
 
                                                                                  ****
Tutti dormivano nella fatiscente costruzione, solo le guardie dalle armature dorate e il pennacchio blu vigilavano sveglie il palazzo con attenzione, marciando per le faraoniche sale ornate da arazzi e vetrate colorate, ben attenti a qualunque movimento sospetto potessero notare, Elias dovette fare molta attenzione.
 
Non aveva idea che la sua fuga sarebbe stata presto scoperta.
 
Un servitore, dotato di uno spesso paio di occhiali che gli rendevano gli occhi due enormi punti neri, un ridicolo parrucchino bianco stile vittoriano e una lunga cravatta gialla che gli arrivava fino alle ginocchia, si recò ben sveglio verso l’alloggio da cui il ragazzo era uscito.
Delicatamente bussò alla porta e aspettò una risposta.
Passarono 10 secondi e bussò nuovamente.
La seconda chiamata fu silenziosa come la prima e a quel punto provò a chiamarlo.
Nell’accostarsi alla porta, vi sbirciò dentro e nel giro di pochi secondi mise in allarme l’intero palazzo.
                                                                                  ****
Elias udì chiaramente le urla quasi effeminate del consigliere, solo che non immaginava che provenissero da un uomo.
Le guardie scattarono verso la direzione del grido impugnando l’elsa delle proprie spade, superando Elias che si era nascosto dietro una statua raffigurante una divinità greca, con la via libera corse nella direzione opposta sperando nell’uscita, ma svoltato il primo corridoio andò a scontrarsi contro un cinese, un giovane uomo che indossava una particolare armatura da samurai grigia e bianca provvista di un lungo mantello rosso, i capelli neri raccolti dietro la testa con un codino, sguardo serio caratterizzato dalle folte sopraciglia e i tipici occhi a mandorla.
<< Capitano Li Shang, sta bene? >> chiese un soldato appena accorso al cinese.
<< Riposo soldato, è tutto ok. >> rispose l’uomo alzandosi.
Il Capitano porse la mano ad Eliasper aiutarlo ad alzarsi, rivolgendogli un sorriso cordiale.
<< Spero di non averti fatto male. >>
<< No… io sto bene. >> gli rispose, accettando quel gesto.
Il servitore li raggiunse in quel momento strillando come una donnetta, agitandosi per il fatto che il loro ospite speciale era scomparso.
Li Shang tentò di calmarlo e fargli notare che Elias era sano e salvo proprio accanto a lui, il tizio striminzito però era talmente preso dal panico che non gli dava proprio ascolto. I soldati, trattenendo le risate, aiutarono il loro capitano portando via il tizio con una scusa, permettendo così a Li Shang di tirare un sospiro di sollievo.
<< Finalmente un po’ di tranquillità... e così tu saresti Elias, ho indovinato? >>
Il ragazzo annuì; anche se il cinese era un personaggio animato, riusciva comunque a trasmettergli la sua autorità militare.
<< Ieri tutti parlavano di te, i sovrani dei vari regni sembravano impazziti quando la notizia si è diffusa. Ammetto che mi ero immaginato una persona più… adulta. Il Maestro Yen Sid mi ha nominato tuo protettore finché alloggerai nel castello; sei uno ospite speciale e godrai di molti privilegi. >>
<< Questo… mi sembra un poco esagerato… >>
<< Se hai dei dubbi potrai discutere  durante la colazione. >>
 
L’idea di mettere qualcosa sotto i denti gli piaceva.
Forse, con lo stomaco pieno, avrebbe potuto prendere meglio in considerazione la sua attuale situazione; i crampi della fame non lo aiutavano di certo a pensare.
 
La sala da pranzo era lunghissima, necessaria per poter contenere il tavolo argentato da 100 posti con ogni sedia ornata da una pietra preziosa fissa sullo schienale, a sinistra si trovavano 6 larghi finestroni dai tendaggi violetti mentre a destra 3 porte di legno socchiuse da cui si udiva un riecheggiare di mestoli e padelle. I pinguini camerieri erano disposti in fila accanto all’ingresso, non appena Elias entrò lo fecero accomodare a capotavola, sistemandogli davanti piatti, bicchieri e posate.
Attese qualche minuto e la sua colazione venne servita: un vassoio costituito da un piatto di uova strapazzate ai funghi a mezzaluna e bacon fritto arrotolato come una sorta di fiore, una ciotola di cereali a forma di insetti e frutti di bosco all’interno immersi nel latte, accompagnati da fette di frutta mista sistemati tutt’intorno alla base, e infine una pila di caldi pancakes ricoperti di sciroppo d’acero e zucchero a velo, il tutto accompagnato da una caraffa di succo di frutta arancio.
Decise di assaggiare di tutto, troppo affamato per farsi scrupoli su cosa cominciare.
Ad un certo punto non poté fare a meno di contemplare la quiete che lo circondava, un particolare che lo faceva sentire a disagio e molto solo, come isolato da tutto.
<< Va tutto bene? >>
Elias sobbalzò, rischiando di versarsi addosso il succo.
Seduto accanto a lui c’era Topolino, con in mano una tazza di caffè fumante; non si era accorto della sua presenza.
Sentì un brivido lungo la spina dorsale, parlargli era così assurdo e (al momento) imbarazzante dopo la brutta figura che aveva fatto. Non trovò il coraggio di guardarlo in faccia, fissò i resti della colazione, ingoiando con difficoltà il boccone rimasto in bocca.
<< Hai dormito bene questa notte? >>
<< Si… >>
<< E la colazione? L’hai gradita? >>
<< Molto buona… >>
<< Il nostro chef si è messo all’opera di buon mattino apposta per te. >>
Proprio in quel momento salì sul tavolo lo “chef”, un ratto dal pelo celeste chiaro che portava in testa un cappello da cuoco. Elias si bloccò e trattenne il respiro, il topolino squittì indicando i piatti con i resti di cibo, ignorando l’espressione di terrore del ragazzo aggrappato alla sedia.
<< Remì ti sta chiedendo se hai gradito quello che ha cucinato. >> gli tradusse Topolino.
<< Tutto perfetto! Niente di cui lamentarmi! >> rispose prontamente Elias con apprezzamenti, per assicurarsi che il topolino non si arrabbiasse.
<< Oggi ti abbiamo programmato una piccola gita in città. Abbiamo intenzione di farti conoscere Main Street, spero che l’idea ti piaccia. >>
<< Si! Certo! Andiamo subito! >>
 
                                                                                  ****
In realtà Elias non si sentiva abbastanza di buon umore per una passeggiata; cambiò presto idea quando la vitalità del mondo animato lo catturò nel suo trionfo di colori brillanti e musicale vivacità.
La città era quasi del tutto simile a quella realizzata nel parco di Disneyland, con la differenza che le case erano abitate e alcuni negozi erano sostituiti da attività menzionate solo per gioco nella realtà; non mancavano i concertini jazz e le carrozze trainate da cavalli.
Impossibile nascondere lo stupore, anche l’elemento più banale lo meravigliava.
<< Che ne pensi Elias? >>
<< è davvero… ecco… come si dice? >>
<< Fantastico? >>
<< Si. Proprio così! >>
Topolino cercò di mostrargli di tutto, era ovvio però che in una sola giornata non sarebbe stato in grado di fargli vedere ogni cosa della città; Elias smise di dargli ascolto quando, entrando in una piazza, non vide qualcosa che catalizzò completamente la sua attenzione: al centro del cerchio perfetto dell’area costituita da mattoni dorati, circondato da margherite e campanule, si ergeva una statua che nella sua semplicità rappresentava un grande uomo che alzava la mano al cielo in segno di saluto, al suo fianco la mascotte che lo rese celebre nel mondo intero.
Era Walt Disney, il creatore di sogni.
<< Dopo tanti anni sei ancora una figura importante. >> disse il topo avvicinandosi.
<< Io non penso che sia giusto paragonarmi a lui… non è nemmeno sicuro che sia un suo discendente. E poi, io non ho mai fatto niente di speciale… >>
<< Si invece! C’è un sacco di gente che vorrebbe diventare come te! >>
<< Come me?! >>
Elias alzò la voce a tal punto che le persone si voltarono nella sua direzione.
<< Nessuno vorrebbe essere come me! >> ribatté il ragazzo incredulo.
Con rabbia e frustrazione corse via, inseguito da Li Shang che gli ordinava di fermarsi.
 
Elias riuscì a seminare il militare grazie dalla caduta accidentale di una montagna di cassette di frutta: travolto da chili di arance, mele e limoni, Li Shang non potè vederlo infilarsi in un vicolo cieco e nascondersi dentro un cassonetto della spazzatura a forma di faccia sorridente, sfuggendo così dal pressante controllo imposto.
 
Circondato da carte di caramelle, briciole di pane e altra spazzatura, Elias pianse per la vergogna.
Il suo atteggiamento era stato scorretto e lo ammise, ma quello che Topolino aveva detto con tanta innocenza era stata esagerata per lui, se non inadeguata.
Ricevere complimenti per quanto riguardava il lavoro di una esistenza che probabilmente non aveva neppure vissuto, lui che si vergognava di essere se stesso, era immeritato.
 
Ad un tratto all’esterno udì delle grida festose, si rannicchiò il più possibile all’interno del cassonetto, spaventato dall’improvvisa confusione.
<< Avete sentito? Finalmente ci sarà un Re a regnare sul nostro mondo! >>
<< Credevo che fosse solo uno scherzo! >>
<< Invece no! Sembra che abbiano finalmente trovato una degna persona che poterà serenità; mio nonno mi ha detto che erano 80 anni che non accadeva un fatto simile. >>
Il discorso lasciò Elias scioccato: stavano parlando di lui e non solo.
Io dovrei regnare? Ma di che cavolo stanno parlando?! Io devo tornare a casa! Non sono un vero Re, tanto meno un cartone animato!
Spiazzato dalla notizia, il ragazzo uscì dal suo “nascondiglio” e corse via per poter sfuggire ad un destino che non era adatto per lui. Se non avesse avuto così tanta fretta, avrebbe potuto sentire altre cose importanti in quelle chiacchiere di strada:
<< Credete che in questo modo ci libereremo dal tiranno? >>
<< Io sono convinto di si! Il Re caccerà via l’usurpatore! >>
<< E se non si ci riuscisse? >>
<< Ci riuscirà! Almeno spero… >>
 
                                                                                  ****
Elias si rese conto che l’unico modo per tornare indietro era andare al castello.
Non si era dimenticato di essere giunto lì attraverso la tana del drago, se avesse riattraversato la porta a guardia del mostro avrebbe lasciato quel mondo animato.
Il problema era infiltrarsi dentro e scappare senza essere visto.
 
Nella zona circostante il castello le guardie stazionavano nei dintorni, Li Shang li aveva sicuramente informati della sua fuga, se solo avesse provato a mettere il naso allo scoperto sarebbe stato catturato.
Come faccio adesso? Non riuscirò mai a raggiungere le segrete. pensò demoralizzato.
Improvvisamente uno squillo di trombe richiamò l’attenzione generale, spaventato dal suono acuto Elias si gettò dentro un cespuglio di cactus di un vicino fioraio: davanti all’ingresso del castello giunse un drappello di giovanotti dalle divise simili a quelle di un giullare, metà gialle e viola, stivaloni larghi con la punta ricurva e capelli simili a cilindri. Alcuni distribuivano alla folla riunitasi volantini colorati, il più vecchio del gruppo srotolò un lungo papiro che arrivò fino all’altro capo della piazza, schiarendosi la voce per dare un’importante annuncio:
<< Udite! Udite! I sovrani dei regni lontani annunciano al popolo che questa sera al palazzo reale si terrà l’incoronazione ufficiale del nuovo Re! Il lieto evento avrà luogo nella Sala del Trono e sarà aperto a tutti quanti! Chi non riuscirà ad entrare potrà assistere dalle piazze grazie a degli appositi schermi televisivi che saranno montati questo pomeriggio! Alle ore 20:00 precise le campane annunceranno l’inizio dell’incoronazione! >>
La gente udendo la notizia urlò di gioia, proprio come i ragazzi che Elias aveva sentito nel vicolo.
La situazione era più importante di quanto avesse immaginato, volevano che l’intero paese fosse partecipe alla sua incoronazione.
Ora si che si sentiva eccessivamente al centro dell’attenzione, una ragione in più per scappare a gambe levate.
 
La fortuna gli diede una mano.
Un camion che recava le regali insegne parcheggiò accanto al negozio di fiori, il proprietario porse all’autista una lista di fiori da consegnare; mentre caricavano quel che era richiesto, Elias saltò a bordo del veicolo nascondendosi dietro le piante.
Rimase accovacciato scomodamente dietro un mucchio di tulipani aggrappandosi alle casse di legno che lo sbatacchiavano da una parte all’altra, dopo una decina di minuti si avvicinò allo sportello e attraverso una finestrella spiò l’esterno per capire dove stesse andando: entrarono in un cortile triangolare dove si trovavano tante porte di legno nei vertici da cui uscivano o entravano camerieri, una zona probabilmente adibita agli alloggi della servitù e alle aree a loro. Non appena il camion rallentò saltò giù e velocemente imboccò uno dei passaggi: entrò in un corridoio stretto dalle varie diramazioni provviste di scale e botole che lo portarono in vari luoghi come una lavanderia, un’officina e anche una piccola palestra.
Era un vero e proprio labirinto, adatto per un cartone animato.
<< Ma da dove caspiterina si esce! >> urlò disperato Elias.
Sfinito da quel vagabondare senza senso si gettò contro l’ennesima porta senza nemmeno assicurarsi di sbirciare per eventuali pericoli, la luce naturale del sole e la frescura dell’esterno furono una panacea che riuscirono a calmarlo in un attimo.
Si trattava di una serra, una grande cupola di vetro racchiudeva al suo interno fiori e piante irrigati da pompe elettriche nascoste in mezzo a finte rocce, le gocce d’acqua proiettavano piccoli arcobaleni grazie ai raggi solari che penetravano dalle finestre, c’erano anche alberi di frutta e orticelli i cui prodotti raggiungevano dimensioni impressionanti.
Che bellezza. Pensò Elias.
Un ruggito alle sue spalle ruppe la magia del momento.
Si voltò di scatto attirato da quel rumore, trovandosi faccia a faccia con il muso del drago.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5: Incoronazione forzata ***


Capitolo 5: Incoronazione forzata
 
Tre fate stavano rimproverando il Capitano Li Shang e Topolino per aver smarrito Elias, agitando le ali talmente velocemente da produrre un ronzio.
Non ascoltarono una sola parola delle loro giustificazioni, quel che più premeva le tre signore era il ritrovamento del fanciullo.
Improvvisamente una folata di vento violenta aprì la finestra della stanza che stavano occupando, attraverso la stretta apertura il drago guardiano del castello fece passare il proprio muso, Elias appeso tra le fauci tramite un lembo sottile della maglietta se ne stava raggomitolato su sé stesso pallido come un lenzuolo.
<< Finalmente siete tornato altezza! >> esclamò una delle fate dall’abito rosso.
<< Eravamo in pensiero per lei! >> disse la secondo dall’abito verde.
<< Non faccia mai più una sciocchezza simile! è troppo giovane per andarsene a zonzo da solo! >> gli urlò la terza dall’abito blu.
<< Forza Squamoso, lascialo andare. >>
Il gigantesco rettile lo lasciò andare solo quando glielo si chiese, la fata verde lo accarezzò sul muso squamato come se si trattasse di un cagnolino.
Elias si sbloccò dallo stato catatonico di colpo, strisciando in preda al panico sotto un mobile vicino, la chioma corvina pareva essersi sbiadita.
<< Grazie al cielo il Re è tornato sano e salvo. Siete stati fortunati, altrimenti non vi sareste salvati dal castigo che meritavate. Potete congedarvi adesso, ora ci occuperemo noi di lui. >>
<< Non sarebbe il caso di restare e aiutarvi? >>
<< Ho detto fuori di qui! >>
I due personaggi scapparono davanti alla determinazione della fata, discutere con loro era fatica sprecata in certe situazioni.
 
Finalmente Li Shang e Topolino si concessero entrambi un attimo di respiro.
I preparativi fremevano intorno a loro, l’estasi di quanto stava per accadere si poteva notare sui volti di tutti, si trattava di un giorno di festa che nella storia sarebbe stato decantato per sempre.
Il Capitano cinese era però preoccupato, dell’erede del creatore del loro mondo si era aspettato un diverso atteggiamento… l’elemento che più lo aveva sconcertato era stata la tristezza nei suoi occhi.
<< Comincio ad avere qualche dubbio su questa sera. >> ammise il militare.
Topolino si voltò e aspettò che continuasse ad esprimere il suo pensiero.
<< Forse siamo stati troppo precipitosi: il ragazzo è qui da solo un giorno, tutta questa confusione e ciò che gli è stato rivelato l’avranno stressato parecchio. >>
<< Non sbaglia capitano, anche io avrei preferito aspettare. Purtroppo non abbiamo avuto altra scelta. >> gli rispose il piccolo personaggio, condividendo lo stesso dubbio.
Entrambi incrociarono le dita: stasera doveva essere la sera della rinascita.
 
                                                                                  ****
Flora, Fauna e Serenella riempirono Elias di attenzioni paragonabili a quelle di una nonna molto affettuosa propinandogli tisane, pasti troppo sostanziosi e altri inutili interventi.
A metà giornata iniziarono a prepararlo per l’atteso evento: cucirono vestiti, combinarono tra loro spille e bottoni, presero scarpe e provarono ogni cosa su Elias sfruttandolo come una sorta di manichino vivente, tentando di sfuggire da quell’incubo di lustrini.
<< La smetta di agitarsi! Dobbiamo trovarle il vestito adatto per questa sera! >> sbuffò Serenella, tentando di mettergli al collo un foulard blu.
<< Dovrà fare bella figura davanti ai suoi sudditi. Non può presentarsi così disordinato. >> gli disse Fauna, facendogli indossare una lunga giacca verde.
<< Come posso rilassarmi?! Mi state soffocando! Smettetela! >> ribatté lui.
Flora gli diede una bacchettata in testa per zittirlo, dal colpo sprizzando scintille rosse.
<< Faccia il bravo e ci lasci lavorare! >>
<< Oh, forse ho avuto un’idea per risolvere il guaio. >> esordì Fauna, raccogliendo con la magia alcuni materiali sparsi a terra che, con un vortice di particelle smeraldine, avvolsero il ragazzo da capo a piedi.
Il risultato della magia lasciò le fate piacevolmente soddisfatte: l’abbigliamento finale di Elias consisteva in una giacca dorata dal collo alto con due grossi bottoni argentati sul lato sinistro per tenerla chiusa, sul lato destro erano appuntate medaglie dagli elementi che ricordavano alcuni film Disney, i pantaloni color crema invece erano semplici così come per gli stivali neri.
<< Ottimo lavoro mia cara! È perfetto! >>
<< Direi allora che il nostro lavoro qui è concluso. Lasciamo riposare sua Maestà adesso, torneremo più tardi per concludere le altre faccende. >>
 
Le fate andarono via trasformandosi in scintille di luce.
A quel punto Elias potè tirare un sospiro di sollievo.
 
Rimirò il suo aristocratico riflesso allo specchio, quell’abbigliamento era inusuale per la sua persona, si considerava ridicolo a tal punto da immaginarsi che qualcuno di nascosto ridesse di lui.
Sto sbagliando tutto! urlò nella sua testa.
Si tolse agitato i raffinati abiti gettandoli via, dopodiché si chiuse dentro il largo armadio e vi rimase a lungo, piangendo senza sosta.
<< Elias? >> una candida voce lo chiamò.
Attraversò la sottile apertura dell’armadio vide che Biancaneve lo cercava.
Elias rimase fermo e zitto nel ristretto spazio, augurandosi che la principessa se ne andasse via presto… cambiò idea quando si rese conto che la sua candida presenza non era così inopportuna, anzi, il suo modo di fare gli trasmetteva fiducia… arrivando ad fargli pensare che forse avrebbe potuto rassicurarlo dall’attuale disagio… perciò uscì fuori dal suo nascondiglio, coprendosi con una vestaglia troppo larga per la sua minuta taglia.
<< Maestà, cosa ci faceva lì dentro? >> chiese la principessa confusa.
<< Niente… volevo solo… starmene tranquillo. >> rispose lui imbarazzato.
Biancaneve afferrò delicatamente il volto del giovane e lo sollevò in modo tale da poterlo meglio osservare, i suoi piccoli occhi color nocciola si allargarono quando si accorse delle scie umide delle lacrime sulle guancie, prontamente raccolse un fazzoletto e delicatamente lo asciugò.
<< Le è successo qualcosa di grave? Qualcuno le ha fatto del male? >> chiese agitata lei.
<< No, sono a posto. È solo un poco di… allergia, tutto qui. E per favore, mi chiami Elias. >>
Biancaneve non fu affatto convinta da quelle parole, perciò lo strinse al suo petto intonando una melodia che forse da bambino aveva sentito più volte da sua madre, accarezzandogli la testa facendo attenzione a non fargli male.
 
Elias era pietrificato dall’imbarazzo, prima d’ora nessuna donna così bella (seppur si trattasse di un cartone animato) l’aveva abbracciato in quel modo, riuscì sentire il profumo di frutti di bosco che la sua pelle sprigionava, delicato e fragrante.
Si rese conto che l’abbraccio trasudava qualcos’altro oltre al semplice conforto… di cosa si trattasse non riusciva ad interpretarlo, ma il calore che infondeva riuscì a calmare il disagio turbinante al suo interno.
 
<< Mi dispiace… >> disse ad un certo punto Elias.
<< Per cosa? >> domandò lei candidamente.
<< Ho detto delle cose molto cattive e offensive. Io… io non le pensavo davvero, non potrei mai farlo! Il fatto e che in quel momento ero confuso… sono stato davvero uno stupido. >>
Biancaneve interruppe Elias poggiando un solo dito sulle sue labbra, un gesto semplice che riuscì ad impedirgli di parlare.
<< È tutto a posto mio caro, non sono adirata con te. Nessuno lo è. Al contrario, dovremmo essere noi a chiederti scusa per averti condotto qui senza chiedere il tuo permesso. Avevi tutto il diritto, e lo hai anche adesso, di essere arrabbiato. >>
La principessa doveva essere per forza un angelo, nessuno al mondo era così candido, Elias la vedeva come la rappresentazione della bontà assoluta. Di punto in bianco la fanciulla lo fece sdraiare a letto, ordinandogli con una forzata e ridicola voce mascolina di mettersi a riposo, cosa che fece ridere il ragazzino fino a farsi male le guancie per lo sforzo.
Cantò Biancaneve subito dopo, la sua voce era superiore a quella di qualunque rinomata star della musica moderna che avesse ascoltato, poco alla volta cominciò ad assopirsi e alla fine, di punto in bianco, si addormentò.
 
                                                                                  ****
In città era tutto pronto, la fatidica ora era quasi giunta.
Le piazze si affollarono come se fosse Capodanno, i collegamenti con il castello erano pronti e funzionanti, bevande e cibi pronti in tavola per festeggiare lietamente anche con la gola l’incoronazione del nuovo Re.
Dappertutto risuonava la storia del primo sovrano che aveva costruito il regno, le sue immagini e il suo lavoro vennero proiettate per le nuove generazioni affinché conoscessero le sue meravigliose imprese ed imparassero a perseguire il suo stesso obiettivo: credere nei propri sogni.
 
Tutti erano presi dalla festa.
Per questo nessuno notò la figura avvolta in un mantello viola che, consapevole di non essere notata, si avviò in direzione del Castello con passo sicuro.
Altre figure dello stesso aspetto la seguirono, muovendosi con la stessa invisibilità.
 
                                                                                  ****
Elias venne svegliato di soprassalto; le tre fate erano tornate e lo incitavano ad alzarsi.
Confuso venne trascinato avanti e indietro nella stanza per essere vestito e lavato in un battibaleno, sballottandolo come un giocattolo.
Quando si rese conto di ciò che stava accadendo fu preso dal panico: era giunto il momento, l’incoronazione avrebbe avuto luogo a breve.
D’istinto sarebbe fuggito ma le tre fate lo avevano “catturato”, inoltre era ancora inebetito dal sonno quindi non riuscì nemmeno a pensarci; durante il tragitto verso la sala in cui la cerimonia si sarebbe svolta lo avevano preparato di tutto punto mentre lui: vestiti, pettini e ornamenti volteggiavano intorno a lui, Fauna Flora e Serenella si parlavano l’una sopra l’altra cercando di spiegargli che cosa avrebbe dovuto fare senza però riuscire a farsi capire.
<< Se avesse evitato di dormire tutto il giorno ora non avrebbe questa preoccupazione! >> gli disse Serenella, legandogli al collo un lungo mantello rosso con il bordo adornato con una pelliccia bianca.
<< Ma-ma non de-devo fare niente di complesso, ve-vero? >>
<< Non dica sciocchezze; deve comportarsi bene o farà una colossale brutta figura. >>
<< Cosa?! >>
<< Siamo arrivati. Prenda posto! >>
Sparirono le fate, Elias rimase da solo all’interno di un buio corridoio scarsamente illuminato di cui si notavano pochi elementi interessanti, davanti a lui c’era una tenda legata con una spessa corda.
Perfetto, come se non fossi già abbastanza spaventato!
Elias camminò avanti e indietro cercando di calmarsi, non poteva nemmeno scappare perché l’unica porta a disposizione era chiusa a chiave. Ad un tratto uno squillo di trombe ruppe la quiete, dalla tenda filtro un’abbagliante luce, voci esultavano e campane risuonavano…. delicatamente aprì uno spiraglio e ammirò lo scenario che vi si trovava dietro.
Oh – santo- cielo!
 
La sala del trono era un’unica meraviglia.
Era di forma ottagonale, difficile dire quanto fosse grande esattamente, solo la folla dava una certa idea della sua vastità, a desta e a sinistra c’erano dei balconi dalla quale le guardie reali tenevano d’occhio ogni cosa e i trombettisti davano fiato agli strumenti, accompagnati anche dalle intense note di un organo nascosto chissà dove.
Dall’altro capo del salone, davanti ad un’immensa vetrata che occupava quasi tutta la parete, c’era un rialzamento a mezzaluna che ospitava al centro un trono bianco con delle imbottiture blu oltremare, di fianco i personaggi animati della Disney stazionavano sfoderando per l’occasione eleganti abiti dei colori dell’arcobaleno.
Un uomo di fronte al pubblico iniziò a decantare un lunghissimo discorso non appena la musica cessò di suonare, una noia colossale il cui argomento principale era proprio Elias.
<< Signori e Signore! è con grande piacere che vi presento l’erede di Walt Disney! >>
Preso dal discorso che eccessivamente lo elogiava, Elias finì per non rendersi conto che l’individuo lo stava puntando e la platea, di conseguenza, si era voltata in direzione della scala.
Elias, in procinto di avere un attacco di cuore, indietreggiò per fuggire ma nel gesto finì per toccare un cactus nascosto nell’ombra che gli diede la “spinta” per andare avanti, oltre la tenda.
 
Uscì allo scoperto, un fragoroso applauso ne conseguì.
Aveva la bocca spalancata ma ne uscì solo un gridolino bassissimo che nessuno, ovviamente udì.
Stava in cima ad una rampa di scale che in quel momento gli sembrava un trampolino di lancio posizionato su una voragine, su di sé sentiva la pressante attenzione della gente, tanto forte da paralizzargli le gambe.
Oddio… che faccio adesso? pensò preoccupato.
Lì dove si trovava il trono si rese conto che Biancaneve gli faceva segno di scendere, evidentemente preoccupata del suo stato. Trattandosi dell’unico suggerimento a disposizione non potè che eseguirlo, perciò discese la rampa di scale mentre la musica riprendeva a suonare, il tappeto rosso che segnava il percorso da seguire gli pareva l’asse usata dai pirati per gettare i poveracci in pasto agli squali. Cercò di tenere la testa alta per non rivelare il suo disagio,  di certo il pesante mantello che rischiava di strozzarlo non lo aiutava; raggiunto il trono si voltò verso la platea e un inchino collettivo fu eseguito solo per lui, anche da parte dei personaggi animati.
Non riesco a credere che lo stiano facendo per me.
Yen Sid e Topolino apparvero in sala, acclamati anch’egli dalla folla.
Il topo trasportava uno scrigno arancione quasi più grande di lui, il mago invece teneva solo una pergamena fra le mani, tre guardie li scortavano nel tragitto fino al trono; la luce nel frattempo si era attenuata e dalla grande vetrata la luce della luna si rafforzò.
<< Emozionato? >> gli chiese sottovoce Topolino.
Elias scosse energicamente la testa.
<< Non ti preoccupare, andrà tutto bene. >> gli disse.
Yen Sid si schiarì la voce, la pergamena si aprì per magia liberando simboli e parole che si librarono nella sala formando delle visioni che ritraevano l’uomo che tanto rispettavano: Walt Disney.
<< “Se potete sognarlo, potete farlo”.
Questo era l’ideale in cui Walt Elias Disney credeva.
Era un uomo, un comune mortale come ogni altro, non era nato in una famiglia speciale e non aveva avuto benefici che agevolassero la sua condizione sociale.
Eppure è riuscito da solo a fare cose inimmaginabili.
Perché lui, a differenza di molti altri uomini, aveva un grande sogno.
Walt non aveva veri e propri progetti ambiziosi, voleva però realizzare qualcosa che potesse dar immagine alla felicità che secondo lui la gente meritasse, in particolar modo i bambini, costretti ai suoi tempi a diventar troppo presto adulti. Lavorò duramente per anni, molto spesso ebbe delusioni e persino tradimenti che minarono gli ideali in cui credeva…. ma non arrese mai, ogni volta che cadeva si rialzava e continuava a lottare con nuova passione, per ciò che amava e sentiva appartenergli più della vita stessa.
Fu allora che il suo piccolo desiderio divenne la sua missione principale.
Se non avesse lottato, oggi il nostro mondo sarebbe un illusione.
Walt Disney fu l’unico nel suo secolo a dar vita ai sogni, il suo operato permise ai nostri regni di espandersi fino ai confini del sole ed unirsi, trasformandosi in un unico grande regno.
Quello che la gente “dell’altra realtà” credeva fossero solo disegni… in realtà era la costruzione della nostra civiltà, lui fu primo eroico cavaliere che salvò dall’isolamento tutti noi, lui fu il rivoluzionare che rimosse il grigiore di un esistenza vuota…. Lui fu il nostro unico Re e noi tutti ancora oggi lo consideriamo come tale.
Non ebbe mai l’opportunità di visitare il nostro mondo di persona, ma sicuramente sarebbe stato lieto di farvi parte… e oggi abbiamo l’opportunità di mostrargli il grande beneficio che ci ha portato.
Oggi lui è qui con noi, con un aspetto diverso ma con lo stesso spirito di un tempo. >>
Elias deglutì.
Lo stregone si stava rivolgendo a lui.
<< Noi ti ringraziamo per ciò che hai fatto. >> disse infine.
Fu in quel momento che Topolino si avvicinò e aprì il forziere: dall’interno il mago prese una corona con 3 grosse punte sulla zona frontale adornate ciascuna con gioiello, la parte restante invece aveva 7 punte più piccole, la sommità era foderata da stoffa viola sulla cui cima stava una minuscola coroncina, il bordo ornato da tante piccole perle.
Ci furono dei cori di stupore alla sua vista, lo stregone ordinò a Elias di inchinarsi mentre sollevava il prezioso monile sopra di sé.
<< Dal giorno in cui ci lasciati, abbandonando le tue spoglie mortali, io e i Sovrani attualmente reggenti delle terre del mondo di Fantasia giurammo che al tuo ritorno a nuova vita ti avremmo ufficialmente dichiarato nostro Re a tutti gli effetti. Con questa corona, forgiata con il potere dei sognatori, noi ti riconosciamo come nostro pari e come unico monarca. >> declamò Yen Sid, abbassando la corona sulla testa del ragazzo.
Alla fine sta succedendo per davvero! Sto davvero diventando un Re! pensava nel frattempo il ragazzo, chiudendo gli occhi in attesa di sentire l’imminente peso di ciò per cui era stato “rapito”.
 
Il suo cuore batteva all’impazzata.
All’udire di un vetro fracassato fu convinto che fosse esploso.
Ma non era così.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6: il dittatore ***


Capitolo 6: Il dittatore
 
Elias non aveva notato la cupola di cristallo che fungeva da tetto.
Il rumore prodotto dalla sua rottura fu rimbombante, la gente istintivamente si abbassò mentre le schegge precipitavano giù.
Yen Sid prontamente creò una barriera incantata che impedì al vetro di causare ingenti danni, tra l’altro il contatto con l’energia magica lo trasformò in un ammasso di innocue piume bianche. Attraverso l’apertura formatasi nel tetto, un numero incalcolabile di individui avvolti da mantelli viola chiaro entrarono come un nugolo di vespe nella sala facendo roteare asce e martelli enormi, seminando il caos tra il pubblico che tentò di scappare, ma gli sconosciuti bloccarono ogni via di uscita, costringendo con la loro tempra di interrompere ogni ribellione e le persino di far gettare le armi alle guardie, minacciando quest’ultime di far del male agli ostaggi.
Chi erano? Non aveva mai visto simili individui in nessun film o fumetto Disney… da dove erano venuti fuori?
<< Oh no! Non adesso! >>
<< Non può essere proprio lui! >>
<< Aveva detto che sarebbe tornato il più tardi possibile! >>
Elias udì centinaia di commenti simili, era come tutti sapessero che cosa stava accadendo.
 
Di colpo le urla e gli schiamazzi si interruppero, l’attenzione si concentrò al centro della sala dove apparve da un turbine di petali di fiori il capo di quella gente.
Era un tizio magrissimo che indossava un farsetto bianco con cinque fiocchi rosa sul petto, intorno al collo aveva una collana di perle rosa e bianche mentre ai polsi bracciali larghissimi con minuscoli diamanti a forma di goccia, pantaloni attillati viola scuro mettevano in risalto le gambe ossute con stivali neri che portavano altrettanti fiocchi sui lati e sulla parte frontale invece delle spille rosse a triangolo, un mantello rosato gli copriva la schiena.
L’individuo se ne stava seduto su una portantina  rivestita in oro con incisioni che rappresentavano facce allegre, i capelli rosa avevano un ridicolo taglio a vite con la punta leggermente piegata all’indietro; gli occhi arancioni e piccoli sembravano brillare a causa del biancore della pelle, ma forse… era il largo sorriso l’elemento più rilevante.
Era totalmente ridicolo, come poteva la gente avere paura di lui?
 
Scese dalla portantina e mandò baci alla gente con la stessa teatralità di un cantante, nessuno era felice, eppure questo continuava ad atteggiarsi come se tutti lo stessero acclamando.
<< Mio carissimo Yen Sid! Quale gioia incontrarla di nuovo! Noto con piacere che è in forma nonostante l’età! >> con tutto quel rosa Elias era convinto che lo sconosciuto parlasse con un tono più effeminato, invece la sua voce era mascolina al punto giusto.
<< Nessuno si aspettava un tuo ritorno. >> gli disse lo stregone furente.
<< La spiegazione è assai semplice: durante la mia bella vacanza, un simpatico uccellino mi ha detto che stavate preparando una festa e sono corso per godermela…. E so anche che avete un ospite speciale che si sta godendo al mio posto la festa >>
Quando il tizio parlò in quel modo, i personaggi disney tirarono dietro di loro Elias per nasconderlo.
Ma una di quelle figure dal viola mantello lo prese con sé e con un balzo lo portò di fronte a quella specie di confetto umano, la gente sussultò spaventata e i sovrani più di tutti.
Yen Sid tentò di intervenire ma una falce alla gola lo costrinse a fermarsi.
<< Piacere di fare la tua conoscenza giovanotto: io sono il Principe Fade Folly. >> disse l’individuo.
Questo è un principe?
Dall’aspetto Elias lo avrebbe meglio definito come un giullare.
<< Tu sei Elton, giusto? >>
<< Elias… >>
<< Oh, giusto! Che sbadato! Dicevo: ho sentito molto parlare di te. Pare che tu sia considerato un tipo speciale. >>
Elias non trovò il coraggio di rispondere, il modo in cui lo guardava lo metteva in soggezione… Tutto intorno a quel “principe” sembrava apparire distorto.
<< Ma sinceramente, non vedo niente di così esuberante in te: sei solo un ragazzino, che cosa hai di spettacolare più di me? >>
<< Lui è l’erede al trono del nostro regno! >> urlò un uomo della prima fila.
Le persone accanto a lui gli diedero spintoni e gomitate, a quanto pare il principe non doveva sapere di quella cosa. Quest’ultimo si voltò con aria stupita, le labbra sporte in avanti a mo di pesce per fischiare, battendo le mani per applaudire.
<< Ma che sorpresa! Quindi tu sei il discendente di quel famoso signore con i baffi! Sono davvero meravigliato! Allora questa serata è più divertente di quanto pensassi! >> disse il principe, tirando fuori dalla giacca uno specchietto a forma di fiore per passarsi sulle labbra uno spesso strato di rossetto rosso e una generosa porzione di cipria bianca.
 
Quando smise di trafficare con i trucchi, lo specchio in mano sua andò in frantumi, la frattura era stata così forte che il rumore del vetro spaccato era sembrato un’esplosione.
Elias era sempre più spaventato, stava rendendosi conto di aver mal sottovalutato quel figuro anomalo.
 
<< Sono tante le storie che ho sentito sul conto di questo Re, qualcuno aveva pure vociferato che sarebbe tornato e avrebbe portato con sé nuove interessanti emozioni. Ma… per quanto io ami il divertimento… questo non ti autorizza a rubarmi il trono che mi spetta. >>
Tutti notarono il repentino cambio d’umore nel volto del cosiddetto principe.
La gente stava tremando di paura, alcuni addirittura iniziarono a piangere, una reazione giustificata dato che lo sguardo del personaggio era di un cupo inquietante, per non parlare della voce che avrebbe fatto gelare il sangue persino ai morti.
<< Ditemi bestioline, perché siete così dure di comprendonio? Io vi offro i miei servigi per rendere questo circo un posto migliore e voi mi ringraziate così? Acclamando un bambino che puzza ancora di latte? Eppure non vi ho chiesto niente… >>
<< “NIENTE” DICI?! >> Tuonò furioso Yen Sid.
<< Hai assalito il nostro regno con la forza! Caos e dolore è stato l’unico dono che ci hai portato, pretendendo con assurde e offensive scuse di voler diventare il nuovo re! Nessuno ti riconosce questo onore che va solo a colui nelle cui vene scorre il sangue di Walt Disney! >>
<< Cioè lui? Questo piccoletto qui? >>
L’ira nelle parole dello stregone non sortirono alcun effetto nel Principe che, al contrario, scoppiò in una sonora risata.
<< Non osare deridere il ragazzo! Tu non immagini nemmeno cosa ti accadrà quando…! >>
<< “Quando” cosa? Questo scarafaggio non può farmi niente! Nessuno di voi può torcermi un capello e lo sapete bene! Ma potrei perdonare questo piccolo tradimento se tu, da bravo vecchio, porrai fine alla cerimonia alla cerimonia incoronando il sottoscritto. >>
<< Mai! Preferisco morire piuttosto che incoronarti! >>
<< Morire, tu? Oh cielo che cosa terribile! Non ti farei mai una cosa simile… >>
Improvvisamente il Principe Folly afferrò Elias per il colletto della camicia e lo sollevò con sorprendente forza, ai suoi piedi sbocciarono dei crisantemi esageratamente grandi che aprendosi rivelarono di essere una sorta di mostri vegetali provvisti di occhi su ogni petalo e una sola enorme bocca dentata al centro da cui spuntava una lingua da serpente.
I loro movimenti erano limitati, le radici non consentivano loro di muoversi agilmente o di saltare, ma ciò nonostante cercarono afferrare i piedi del ragazzo che cercava di ritrarli il più possibile per non essere morso.
<< … Ma a questo ragazzino qualcosa di sgradevole accadrà di sicuro. Se davvero tenete a lui… incoronatemi vostro Re oppure stasera le mie piantine lo divoreranno vivo! >>
Ci furono grida di terrore a quel macabro annuncio, lo stesso Yen Sid era scioccato da ciò che aveva appena sentito.
Lo stregone fissò la corona che luccicava tra le sue mani, maledisse quell’uomo a denti stretti mentre gli si avvicinava sconfitto.
<< Lunga vita al Re! >> esclamò il Principe, acclamato dai suoi sicari.
 
La sua risata venne bruscamente interrotta da un’esclamazione di dolore.
Elias fu lasciato andare e gli parve di sentire i denti dei mostri vegetali addentarlo; le mostruose piante al contrario scapparono via, rifugiandosi dietro le gambe del loro padrone.
Topolino era accanto a lui con uno spadaccino da moschettiere in mano, il Principe Folly che si teneva il didietro. Quando il dittatore si rese conto di lui, emise un grido stridulo mettendosi poi in equilibrio su un piede solo.
<< Oh no! Tu no! Vai via! Io odio i topi! >> disse chiaramente disgustato.
<< Fai bene ad avere paura di me Folly! Oggi sarà il giorno in cui la tua dittatura avrà termine! Non opprimerai più la gente! >> esordì coraggiosamente il roditore.
<< Sbagli ratto, non mi arrenderò proprio adesso! Diventerò Re e tu cibo per gatti! Guardie a me! Sterminate questo topo e chiunque osi intralciarmi! >>
I servitori dal mantello viola si scagliarono contro Topolino, in sua difesa alcuni principi e eroi intervennero prontamente, dando inizio alla battaglia.
Elias venne spinto via mentre il suo salvatore affrontava contemporaneamente 3 avversari, gli urlò di uscire dal castello insieme ai civili. Mentre lo conducevano via, si rese conto che un quarto figuro si stava avvicinando di soppiatto alle spalle del topo brandendo due pugnali seghettati, allarmato Elias prese uno scudo abbandonato lì vicino e lo lanciò come un frisbee verso il vigliacco avversario, colpendo dritto in faccia.
Quando Topolino si rese conto del pericolo corso, gli fece il segno dell’Ok per ringraziarlo.
Purtroppo non erano finiti i guai: il dittatore si stava avvicinando al regale copricapo che giaceva dimenticato a terra, Yen Sid era stato costretto a gettarla via affinchè potesse difendersi dagli oppressori, una preziosa opportunità che il malvagio non voleva farsi sfuggire; si vedeva nei suoi occhi il desiderio rapace. A parte lui, nessun’altro si accorse di quel che stava accadendo, Elias si rese conto che doveva intervenire, perciò raccolse tutto il coraggio a disposizione e saltò addosso al principe, sperando di farlo desistere da quel progetto.
La corona cadde e rotolò lontano da loro, entrambi provarono a cacciarsi via a vicenda per prenderla per primi.
<< Non ti permetterò di rovinare questo mondo! >> urlò il ragazzo.
<< Piccolo insignificante insetto! Ti taglierò la testa! >> gli urlò il principe.
Folly lo afferrò i capelli e se lo scrollò dalle spalle, con un piede lo costrinse a restare disteso schiacciandogli il petto con la punta dello stivale… di nuovo libero raccolse la corona, ammirandola estasiato.
Il Principe stava per incoronarsi e l’incubo temuto dai personaggi disneiani stava per avverarsi.
Elias non riusciva a credere che si stesse scatenando un tale caos in un mondo che era stato concepito per essere felice, la considerò una sorta di ingiustizia: non era giusto che rovinassero la sua fonte di gioia.
 
Ma l’imprevisto incombeva, la storia non era giunta alla sua conclusione.
 
Prima di porre sul capo l’oggetto, Folly si rese conto che esso iniziò a brillare di luce propria e levitare nell’aria, vibrando debolmente.
Tutti fecero in tempo a voltarsi per vedere la corona lanciarsi con impeto di propria volontà verso la vetrata che crollò completamente per il violento impatto.
Il copricapo, nell’urto, andò in mille pezzi, producendo una vigorosa esplosione dorata che produsse delle onde energetiche.
Si coprirono il volto per non venire accecati, attesero parecchi minuti prima di trovare il coraggio di alzare la testa e rendersi conto che non era rimasto nulla dell’oggetto, nè tantomeno dei nemici affrontati, solo Folly era rimasto come unico superstite dell’invasione, stupito quanto gli altri dell’accaduto.
Si rese conto di avere un frammento d’oro in mano: un pezzo di corona che stava lentamente disgregandosi in polvere. Notando una macchia rossa su di esso sorrise, dopodichè, prima di andarsene, si rivolse ad Elias allegramente.
<< Ora son ben tranquillo: tu non otterrai mai il trono. >>
 
                                                                                  ****
All’una di notte erano ancora tutti svegli.
Yen Sid Rimasto entrò nella stanza di Elias, un bastone gli permetteva di camminare: lo trovò seduto sul bordo del letto imbronciato, vistose occhiaie che rivelavano la stanchezza della movimentata serata… e della rabbia scatenatasi dalla verità.
La realtà dietro la sua incoronazione era ben altra da quella che gli era stata detta: non lo avevano portato lì perché era discendente di Walt Disney, bensì per impedire a quel folle dittatore di dominare il loro mondo.
I suoi eroi dell’infanzia gli avevano mentito…Come avevano potuto fargli una cosa del genere?!
Proprio loro! Loro che aveva sempre ammirato e che avevano allietato i suoi pomeriggi di bambino!
<< Voglio tornare a casa. >>
<< Mi dispiace, le ho già detto che non è possibile. >>
<< Non voglio più darvi la soddisfazione di usarmi come un capro espiatorio. >>
Nonostante le esigue forze, la magia dello stregone era ancora abbastanza potente da far esploder l’elettricità contenuta nelle lampade vicine.
<< Nessuno qui ti ha usato! >> tuonò furioso lo stregone.
<< Mi avete scelto solo perché avevate bisogno di uno stupido che vi togliesse dai piedi un’idiota! >>
<< Mai abbiamo pensato questo! >>
<< MI AVETE MENTITO! PERCHÉ DOVREI CREDERVI?! >>
Elias era distrutto.
Si sentiva tradito… non credeva più nella purezza della magia Disney… tutto ciò che aveva a che fare con la fantasia in quel momento gli dava la nausea.
Improvvisamente alla porta bussarono con impeto, Yen Sid non fece in tempo a mandare via chiunque stesse bussando che la porta venne scardinata, permettendo ad un personaggio famoso di entrare: era alto quanto Topolino, anch’egli aveva la pelle nera ma le orecchie lunghe come quelle di un coniglio, i piedi lunghi e la coda leggermente arrotondata; indossava un paio di calzoncini blu scuro e il viso era bianco.
<< Oswald? Che cosa ci tu….? >>
<< Niente chiacchiere! >>
Il coniglio ignorò lo stregone e andò dritto verso Elias.
Non si poteva dire che fosse di umore allegro, batteva nervosamente il piede a terra e teneva le braccia incrociate. Senza preavviso cominciò a strapazzare Elias tirandogli i capelli o pizzicandoli la faccia, saltellando avanti e indietro con incredibile destrezza.
<< Bah! Non hai niente di speciale. >> disse infine.
<< Oswald, puoi spiegare il motivo di questo atteggiamento privo di senso? >> gli chiese lo stregone, spazientito.
<< Le voci corrono Yen Sid! Ho sentito tutto quanto e sono infuriato! >>
<< Oswald, ti prego. Siamo tutti sanchi e per questa notte siamo saturi di… >>
<< Saturi?! Ma avete la più pallida idea dell’assurda assurdità che avete fatto?! Questa incoronazione non doveva avere luogo! >>
<< È stato necessario! Cerca di comprenderlo! Il Principe Folly aveva proferito chiare minacce! >>
<< Io avrei capito subito che si trattava di un tranello! >>
<< Oswald! Adesso calmati! >> sentenziò una terza voce.
Topolino entrò in quel momento nella stanza, non appena Oswald lo vide iniziò a parlare talmente veloce che il povero topolino non riusciva a concludere nemmeno mezza parola, aggredito verbalmente da colui che fu il primo vero e proprio personaggio creato dalle mani di Walt Disney. Elias non gli prestava più attenzione, voleva solo tornare a casa, non voleva più saperne di cartoni animati e mondi paralleli.
Oswald gli saltò nuovamente addosso, non per picchiarlo stavolta ma solo per afferrargli il colletto e fissarlo dritto negli occhi, il pugno alzato sopra la testa.
<< Tu ci darai una zampa, non è vero? >> gli chiese minaccioso.
<< Che dovrei fare? >> chiese lui confuso, non capendo a cosa si riferisse.
<< Tu hai distrutto la corona e tu la ricostruirai! Chi rompe paga e i cocci li rimette insieme! >>
<< Cosa? Io non farò proprio niente! È andata in pezzi da sola! >>
<< Ti scongiuro Elias, tu sei l’unico che può ricomporla e salvare il nostro regno. Abbiamo bisogno di quella corona, ora più che mai. >>
<< Era solo una corona! Che cos’aveva di così importante? >>
<< Aveva dei poteri. >>
 
Poteri?
La cosa si stava facendo ridicola.
Ciò nonostante fu costretto ad ascoltare, conoscendo così alcuni importanti antefatti della storia.
 
Sebbene Walt Disney non fosse mai giunto nel regno da lui stesso creato, in qualche modo la sua “presenza” riuscì ad assumere una forma solida e restare in quella terra magica.
Non era senziente o con un corpo umano, si sapeva solo che era “viva” e imprigionata in tre corpi cristallini.
Queste pietre, si scoprì in seguito, avevano dei poteri nessuno poteva anche solo desiderare di avere, un dono che solo la gente come Walt Disney poteva riuscire ad ottenere: il potere di Creare, il potere di Cambiare, il potere di Distruggere.
La loro forza si manifestava da sola e in rare occasioni, nessuno era capace di controllarle, per quale motivo era un mistero, ma ciò nonostante ci sarebbe stato qualcuno che avrebbe voluto ottenerle ed usarle senza scrupolo.
Come perfetto esempio c’era il Principe Folly.
Chi fosse davvero o da dove venisse non si aveva idea.
La sua apparizione non aveva portato niente di buono o di positivo, le sue azioni avevano parlato per lui, motivo per definirlo uno spietato dittatore.
Elias, insieme alla corona, erano l’unica speranza per fermarlo.
<< …E adesso grazie a te siamo tutti destinati a diventare spezzatino. >>
<< Oswald! >>
Elias mise il broncio.
Non si sentiva in colpa per nulla.
<< Ritrovare i cristalli non sarà un’impresa semplice, potrebbero essere finiti ovunque. È vasto e senza confini il regno, il viaggio potrebbe durare mesi o addirittura anni, nel frattempo il Principe potrebbe tornare all’attacco e stavolta più furioso che mai. >>
<< I nostri amici degli altri regni ci aiuteranno nella ricerca, per fortuna non siamo soli in questa impresa. >>
<< Ma è necessario che io debba aiutarvi? >>
<< Assolutamente marmocchio! Sei un parente di Walt, hai il dovere di riparare il danno fatto! >>
<< E se non volessi venire? >>
<< Allora scordati di tornare a casa. >>
La minaccia del coniglio fu chiara, potevano davvero imprigionarlo a vita.
<< Va bene, farò come volete voi. >>
<< Bravo ragazzo! Allora non sei stupido! >>
Elias non sapeva se disperarsi o arrabbiarsi, d’altra parte, se quello era l’unico modo per tornare a casa, avrebbe fatto qualsiasi cosa gli sarebbe stata chiesta.
 
                                                                                  ****
Nel frattempo, in una lussuosa camera da letto adornata da montagne di monete d’oro e gioielli, le pareti tinte di rosso e ogni mobile di purissimo diamante, su un letto con morbide lenzuola color ciclamino il Principe si rotolava per la rabbia. Una delle sue spie entrò nella stanza e riferì al suo capo ciò che aveva scoperto restando nascosto al castello.
Subito il morale del Principe si risollevò e gettandosi nei suoi preziosi cominciò a ridere di gusto.
<< Richiamate i migliori guerrieri del mio reame! è tempo di dar inizio alla più mirabolante caccia al tesoro di tutti i secoli! >>

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Capitolo 7
*** Capitolo 7: Alla ricerca dei cristalli perduti: La partenza ***


Capitolo 7: Alla ricerca dei cristalli perduti - La partenza
 
Elias fissò la montagna di valigie, armamenti e provviste sistemate nel cortile del castello.
La servitù continuava a portare fuori roba senza un attimo di tregua, se non ci fosse stata tutta quella confusione, avrebbe potuto meravigliarsi delle siepi e degli alberi potati ad arte e le decorazioni in marmo.
Vicino al cancello alcuni furgoni con soldati alla guida ritiravano parte della roba per portarla chissà dove, da un torrione Yen Sid assisteva all’operazione in compagnia di Topolino e di Oswald.
<< Maestro! Qui abbiamo quasi finito! >> disse Li Shang allo stregone che annuì in silenzio.
Il cinese condusse Elias a bordo di una carrozza con 4 magnifici cavalli bianchi, salito a bordo il cocchiere fece partire i magnifici stalloni che galopparono veloci verso una destinazione al momento sconosciuta.
Si affacciò all’esterno della carrozza per contemplare il panorama della città che scorreva veloce, la paura di quel che sarebbe potuto accadere in seguito cresceva. Non invidiava più le avventure di quei ragazzi che nei film diventavano degli eroi, per la prima volta la normalità gli sembrava la più preziosa delle cose.
 
                                                                                  ****
Dopo una buona mezz’ora, la carrozza giunse a destinazione.
L’immensità del mare li accolse insieme ad un pittoresco villaggio marinaresco stile ottocentesco: il porto era ampio, imbarcazioni di ogni epoca erano approdate sui moli di pietra tra velieri, navi da crociera e fregate; marinai dalle uniformi bianche e la pelle abbrustolita da tanti giorni trascorsi sotto il sole erano gli unici che passeggiavano per le banchine, impegnati a caricare a terra reti da stracolme di pesci o revisionare i motori delle navi più moderne.
In una zona più lontana dal porto c’era un cantiere costituito da quelle che assomigliavano a piscine vuote su cui navi in fase di costruzione o riparazione erano sistemate, tra le tante solo una stupì il ragazzo, l’unica integra: un’immensa nave a vapore, simile a quelle che una volta navigavano nelle acque del Mississippi, sfoggiava una magnificenza senza pari. Quattro paia di ciminiere nere si ergevano dal centro della nave, la cabina di comando simile ad una specie di tozza casupola grigia era situata vicino al primo camino, ai lati dello scafo si trovavano grandi ruote a pale, più una terza sistemata a poppa; l’intero mezzo era verniciato di bianco.
<< Cosa ne pensi? >> gli chiese Li Shang, notando il suo stupore.
<< È… è incredibile! >> esclamò Elias.
<< Questa è la “Silly Sinphonie”, la più veloce e potente nave che mai stata costruita. Fu realizzata  come nave da crociera e navigava intorno al mondo senza sosta, per poi essere dimenticata in questo cantiere. Il maestro ha deciso di recuperarla per trasformarla nel mezzo di trasporto che ci aiuterà a cercare i gioielli della corona. >>
<< Ma è una nave a vapore, sarà lentissima. >>
<< Fidati di Yen Sid, ha scelto bene. >>
 
Elias aveva dei dubbi sulla velocità, ma ciò nonostante adorò quella nave.
C’era di tutto lì sopra, gli interni dei vari numerosi locali si differenziavano a seconda del loro uso: le zone da lavoro come il ponte o la sala motori erano sobrie, rivestite di bianco metallo e munite di tutti quegli strumenti elettronici necessari per la navigazione come i computer; gli ambienti invece  predisposti al relax dello staff ricordavano quelli di un lussuoso hotel, rivestiti di legno pregiato e con dei quadri dai colori rilassanti, c’era una mensa che assomigliava ad un ristorante e persino una sorta di sala congressi con un proiettore da cinema.
C’era un mucchio di gente che stava lavorando per sistemare gli ultimi dettagli, ad un tratto un noto personaggio disneyano li approcciò: era una donna, ma il viso somigliante a quello di un gatto comprese le orecchie, molto snella e dagli occhi azzurro cielo; aveva i capelli corti e rossi che nascondeva sotto un cappello da capitano, la sua silhouette evidenziata da una giacca blu scuro con 3 bottoni dorati sul petto e il colletto alto. Il suo nome era Amelia, una sorta di gatto alieno proveniente dal film “Il Pianeta del Tesoro”.
<< Signori, non siamo ancora pronti ad imbarcare. >> disse semplicemente.
<< Capitano Amelia, felice di vederla. >> la salutò Li Shang con un inchino.
<< Sorpreso di vedermi? Non dovrebbe. >>
<< Sapere che è davvero lei al comando non può che sollevarmi il morale. A proposito, mi permetta di presentarle l’ospite speciale che farà parte del viaggio: Elias. >>
La donna gatto sgranò gli occhi quando il nome del ragazzo venne pronunciato, le orecchie si rizzarono e le pupille si strinsero sottili.
<< Onorata di fare la sua conoscenza e di averla a bordo. Ho sentito incredibili storie su di lei. >>
Chissà che genere di storie. Pensò Elias.
L’aliena condusse i due visitatori nella cabina di pilotaggio: a parte il pavimento di acciaio blu, l’ambiente era costituito di solo vetro, al centro della stanza dominava il timone rivestito di bronzo e tutt’intorno radar, mappe per la rotta e apparecchi strani.
<< Lei ha esperienza di navigazione? >>
<< Io? No di certo! Cioè… non ho mai messo piede su una nave. Ehm… questa è la prima volta. >>
Questo perché soffro il mal di mare.
<< Davvero? Allora mi assicurerò che si senta a suo agio quando salperemo. >>
Improvvisamente un fischio acuto accompagnato dai rintocchi di una campana attirò l’attenzione dei tre; alcuni marinai entrarono nella cabina annunciando che la partenza era imminente e che tutti erano ai loro posti; la donna annuì soddisfatta e invitò il ragazzo a seguirla sul ponte principale.
 
Fu sorprendente la parata che ebbe luogo prima della partenza: migliaia di individui si imbarcarono uno dopo l’altro sulla nave, festeggiati dalle grida della folla raccolta sulle banchine che rischiava di cadere in acqua a causa della calca, non c’erano più i camion trovati all’arrivo e le ciminiere sbuffavano fumo che attirava piccoli stormi di gabbiani; c’erano anche volti famosi della Disney a porgere il proprio saluto all’equipaggio.
Elias sentiva l’emozione dell’imminente partenza, tremava ogni qual volta volgeva lo sguardo verso l’orizzonte marino, si morse le nocche delle mani per cercare di contenere la paura, voleva scendere da quella nave e scappare.
<< Ormai sono tutti pronti. Tu lo sei? >>
Elias trasalì sentendo la voce di Yen Sid.
Lo stregone era salito a bordo: non riuscì a fissarlo negli occhi.
Si sentiva sotto esame come quando i professori lo dovevano interrogare, si immaginò di tutto, ma non che gli accarezzasse la testa, sorpreso alzò lo sguardo e lo vide sorridergli, chiedendogli con una silenziosa occhiata che cosa volesse significare.
<< Non tirarti mai indietro davanti alle possibilità che questa impresa ti offrirà: esse ti appariranno impossibili, molto spesso pericolose, e soprattutto spaventose… ma se saprai affrontarle usando il tuo cuore, il tuo coraggio e la tua saggezza, niente sarà capace di fermarti. >>
<< Io sono solo un ragazzo… >>
<< Puoi fare sempre la differenza. >>
Elias non credeva a quelle parole, lui apparteneva ad una realtà in cui fare la differenza era solo questione di fortuna o di furbizia, niente a che vedere con l’età o le buone qualità. Oswald e Topolino apparvero poco dopo, uno gli rivolse il solito gran sorrisone e l’altro invece lo guardò male, vestiti ambedue con un completo da marinaio. Il capitano annunciò che ormai erano pronti, invitando lo stregone e Li Shang a scendere a terra.
<< Tornate vincitori, tutti quanti. >> gli disse.
<< Non si preoccupi Maestro! Ritorneremo a casa in un battibaleno! >> lo rassicurò Topolino.
<< Saremo così veloci che non avremo nemmeno bisogno dell’aiuto di qualcuno. >> disse con presunzione Oswald, lanciando un occhiata seria a Elias che ricambiò allo stesso modo.
Prima che levassero l’ancora, Biancaneve salì a bordo seguita da un gruppetto di damigelle che le pregavano di tornare indietro. La principessa dalla pelle candida puntò dritta verso Elias e afferrandolo delicatamente per le orecchie gli diede un caloroso bacio sulla fronte; il ragazzo arrossì vistosamente all’inaspettata sorpresa, massaggiandosi la fronte che scottava per il “colpo” subito.
<< Questo è il mio portafortuna per te! Torna vincitore! >> gli disse prima di lasciarlo.
Elias rispose con un incomprensibile mugugno, limitandosi a ricambiare con un banale gesto della mano.
 
Finalmente gli ormeggi vennero mollati, l’immenso mezzo prese a vibrare e le pale cominciarono a ruotare, ogni membro dell’equipaggio correva avanti e indietro eseguendo ogni ordine che Amelia impartiva loro attraverso degli auto-parlanti. Lentamente la nave a vapore uscì dal porto, l’eco della sirena strideva assordantemente coprendo le voci della gente che l’ammirò solcare il mare aperto verso l’avventura.
Elias rimase ad osservare la città allontanarsi sempre di più, ormai era fatta e non poteva più tornare indietro.
Non vedendo più la città portuale si concentrò sul particolare lavoro che alcuni marinai stavano effettuando su una larga cartina appesa alle spalle del Capitano. A mano a mano che si inoltravano nel mondo marino la nave a vapore andava sempre più veloce, rapidissima, le pale che creavano alte onde che lasciavano una scia schiumosa dietro di sé.
In tutto quel can-can però non gli era stato detto quale fosse la destinazione da raggiungere.
<< Dove siamo diretti di preciso? >> chiese alla donna gatto.
<< Questo devi dircelo tu. >> gli ripose.
<< Cosa?! Io?! >>
<< Il Sommo Yen Sid mi ha assicurato che avresti tracciato tu le rotte destinate al raggiungimento dei cristalli. Quindi parla pure, siamo pronti a seguire le tue coordinate. >>
Ma io non ne ho la più pallida idea!
Gli ufficiali di bordo lo fissarono in attesa di conoscere le sue intenzioni, non notando che stava tremando per il panico. Fissò la mappa, impaurito nel poter dare coordinate che avrebbero affondato l’intera operazione, si mise le mani ai capelli pronto a confidare il problema quando di colpo la sua mano destra afferrò una penna e da sola tracciò una linea perfettamente dritta che curvava verso l’angolo sinistro proprio alla fine della mappa, sottolineando con dei cerchi i numeri in rilievo in quella zona e una macchia di mare scuro.
<< Perfetto. Non si è sprecato a parole. Primo Ufficiale, dia l’ordine di “avanti tutta” e prepari il resto delle mappe, dobbiamo raggiungere il punto prestabilito. In quanto a lei, signor Elias, può andare. La chiamerò più tardi per farle sapere quale sarà il suo prossimo lavoro. >>
Interdetto da ciò che era appena avvenuto, Elias non fece resistenze mentre lo accompagnavano fuori, fissando la sua mano che teneva alzata davanti al viso.
 
La mano si era mossa da sola.
Non fece che chiedersi come avesse fato.
Solo quando si trovò da solo dalla sua folta chioma di capelli la risposta apparve: zampettando fino al naso per farsi vedere meglio, il topino Remì gli rivolse uno squittio di saluto, sorridendo furbescamente.
Elias lo fissò sbalordito prima di urlare come un pazzo; la sua paura per i roditori lo aveva appena messo nei guai.
 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8: I confini dei mondi ***


Capitolo 8: I confini dei mondi
 
Una settimana di navigazione fu come un secolo di tortura.
Elias aveva costantemente mal di mare, la sua faccia era letteralmente verde per la nausea, il suo stomaco colto da crampi e acidità che gli impedivano di fare un pasto decente.
Nei brevi momenti in cui non poteva starsene disteso sulla branda si occupava delle mansioni affidate: faceva il mozzo in parole povere, una mansione che andava dalla pulitura dell’immenso ponte al riordinare le stanze, a volte aiutava a lavare i piatti oppure a ripulire i cannoni…. insieme e moltissime altre cose.
Dalle stelle alle stalle. pensò.
Il Capitano Amelia gli aveva detto che a bordo ognuno doveva rendersi utile e che soprattutto era una precauzione affinché nessuno venisse a conoscenza della sua presunta discendenza.
Prima ero un re e adesso uno sguattero. La mia carriera ha fatto un gigantesco passo avanti.
Un brontolio allo stomaco costrinse Elias a fermarsi, corse verso il parapetto per… evitare di sporcare di nuovo la plancia.
Rimase affacciato sul mare aspettando che la nausea passasse, avrebbe pagato tutto l’oro del mondo pur di scendere da lì, non ne poteva più del moto ondoso. Come se non fosse abbastanza, la ciurma lo tormentava: essendo l’unico ragazzino a bordo era più che ovvio che venisse bersagliato, nessuno di quei rozzi marinai tatuati da capo a piedi e linguaggio alquanto rozzo sapeva chi egli fosse e quanto lo considerasse importante gente più intelligente di loro.
Era come essere a scuola, quando si veniva bersagliati dai bulli, con la sola differenza che il “preside” era troppo occupato per dargli una sonora strigliata…. e la cosa non gli risollevava il morale.
Spero che alla fine ne valga la pena.
Uno squittio richiamò la sua attenzione, si battè il volto con entrambe le mani.
<< Per la centesima volta: non ho fame. >> disse seccato al piccolo Remì che gli aveva portato una ciotola di macedonia.
Il roditore squittì acutamente, muovendo la scodella verso i suoi piedi, agitando un cucchiaio con la coda.
<< Senti, sei molto gentile, ma credimi… non sono dell’umore giusto per mangiare. Stamattina questi pazzoidi mi hanno infilato nei pantaloni un granchio vivo e mi è andata bene che non abbia pizicato in un posto alquanto delicato…. e come se non bastasse oggi ho un sacco di cose da fare. >>
Proprio in quel momento una voce rauca richiamò Elias: uno dei due cuochi di bordo, un uomo magro come un grissino con un paio di lunghi baffi arricciati sotto il naso, mani quasi scheletriche con unghie aguzze e con indosso una camicia bianca tipica degli chef gli urlò di correre in cucina, voce profonda quasi da tenore.
<< Come volevasi dimostrare… >>
 
                                                                                  ****
La sala da pranzo al momento della pausa si riempiva sempre, ovviamente.
Tra i banchi rettangolari di legno scuro coperti da tovaglie quadrettate bianche e blu era impossibile trovare un solo posto libero, non appena si annunciava il pasto pronto, tutti si precipitavano per mangiare.
Sucrès e Salès, i cuochi di bordo nonché fratelli, con pochi ingredienti riuscivano a realizzare deliziosi pasti che accontentavano tutti: Salès era il più vecchio, nonché il più serio e brontolone, Sucrès, il più piccolo invece era tutto l’opposto sia di carattere che di corporatura, bonaccione e solare, con un gran pancione e la faccia tonda come una mela, gli occhi piccoli e le orecchie a sventola. Con impazienza la ciurma si serviva della propria razione prendendola dalla finestrella che dava sulla cucina, spingendosi l’uno con l’altro; Elias invece aveva il suo posto personale… in cambusa a pelare montagne di patate.
<< Giovanotto, non hai ancora finito? >> gli chiese Salès stizzito.
<< Ci sono troppe patate! >> replicò lui stanco.
<< Vorrà dire che domani comincerai prima: ti voglio qui dentro per le 5 del mattino. >>
Elias grugnì esasperato, infilzando il tubero che teneva in mano.
Odiava essere trattato in quel modo: meritava un minimo di rispetto, per giove!
<< Ehi nano! Di nuovo a far compagnia ai tuoi simili? >> gli chiese ironicamente uno degli addetti ai motori, sporgendosi dalla finestrella, le risate dei compagni all’esterno.
Elias si limitò a fargli una linguaccia, niente di più, sapendo che non avrebbe potuto fare niente senza essere ingiustamente rimproverato.
<< Come va oggi? Hai realizzato qualche nuovo “Niagara” di vomito, oppure ti sei nascosto sotto il letto per la paura dei topi? >>
<< Topi? Io sapevo che le pulci non avessero paura dei topi. >>
Che umorismo… Elias non era sorpreso che solo loro potessero capirlo.
<< Attenzione: il signorino Elias è desiderato nell’ufficio del Capitano. Ripeto: il signorino Elias è desiderato nell’ufficio del Capitano… >>
La chiamata fu presto accolta, Elias uscì dalla cucina e di corsa andò dal Capitano Amelia, domandandosi che cosa volesse da lui.
 
Quando Elias credeva che le cose non potessero andare peggio, ecco la peggiore delle note stonate.
 
<< A-a-arrivati? Ho ca-capito bene? >>
<< Si, abbiamo quasi raggiunto il punto che ci ha segnato. >>
Quando Amelia gli disse che l’obiettivo finale della rotta era a poche ore di navigazione cominciò a sudare freddo e non potè fare a meno di balbettare.
Non aveva avuto il coraggio di dire che si era trattata di una mossa di Remì; aveva avuto troppa paura che potessero arrabbiarsi con lui.
<< Non appena l’equipaggio si sarà rifocillato daremo inizio alle manovre di attracco: non abbiamo scorto nessuna terra all’orizzonte, ma Yen Sid ci ha ben informato che i cristalli potrebbero essere finiti nei luoghi più impervi del mondo, quindi anche sott’acqua, al sicuro da chi vuole depredarli. >>
<< Ok… >>
<< Va tutto bene? È diventato molto pallido. >>
<< Ho ancora il mal di mare… se vuole scusarmi vorrei andare a stendermi nella mia branda… >>
<< Certamente. Quando saremmo in zona la faremo chiamare. >>
Era talmente in ansia Elias che non aveva nemmeno più la nausea.
Raggomitolato sulla brandina fissava il vuoto grattandosi costantemente le mani, tra lo scricchiolio della nave che fungeva da musica di sottofondo e gli spruzzi del mare che bagnavano gli oblò teneva l’orecchio all’erta all’imminente chiamata.
Con lui c’era solo Remy, l’unico a tenergli compagnia.
 
Una campana venne suonata, una gran confusione si scatenò all’esterno, il segnale che erano arrivati.
 
Trattenne il respiro, riluttante uscì dall’alloggio.
 
                                                                                  ****
<< Ehi “OcchioNero”, tu scorgi qualche roba? >>
<< Niente di niente “LinguaLunga”; nemmeno una coda di pesce. >>
I primi commenti che Elias udì non furono incoraggianti, anche se la folla di gente sul ponte gli impediva di vedere il panorama, non aveva bisogno di immaginare che cosa ci fosse: solo acqua.
I marinai non potevano sapere perché si trovassero nel bel mezzo del nulla, ma il Capitano e i Vice al contrario lo sapevano fin troppo bene, per questo erano i più seri di tutto il gruppo.
Amelia in particolare era in piedi sul bordo del parapetto, con un cannocchiale esaminava la vastità oceanica, le unghie affilate che ticchettavano sulla superficie di bronzo.
Elias sapeva che avrebbe dovuto dirgli qualcosa ma non ci riusciva, l’arrivo di Topolino e Oswald non migliorò la situazione con le loro insistenti domande.
<< Ho bisogno di tranquillità! Datemi un attimo di tregua! >> rispose bruscamente, sempre più nervoso.
<< Ragazzino, non ci avrai mica fatto navigare in lungo e in largo per niente, vero? >> gli disse Oswald, punzecchiandogli i fianchi.
<< Assolutamente no! >>
<< Allora dicci che fare adesso. Siamo dove tu ci ha detto di andare: ora, qual è il nostro prossimo obiettivo? >> gli chiese, con più calma Topolino.
<< Io… io… ci sto pensando, va bene?! Smettetela di seccarmi! >>
<< “Smettetela di seccarmi?” Portaci rispetto marmocchio! Chi ti credi di essere? Jafar? >>
<< Voglio solo un attimo di respiro! Mi state stressando fin da quando siamo partiti! >>
<< Ci dispiace Elias, noi… >>
<< Ehi topo! Non difenderlo! Ci sta facendo perdere tempo prezioso con i suoi capricci! >>
<< Capricci? Siete stati voi a volermi portare su questa ridicola bagnarola! Io nemmeno ci volevo venire sottospecie di… di…. scarabocchio animato! >>
 
Tutti udirono quell’insulto, sussultando in coro.
Le sue parole risuonarono talmente forti nell’aria che misero a tacere il mormorio di natura e di cartoni.
 
L’urlo furioso di Oswald riaccese il tutto.
Il coniglio era davvero arrabbiato, agitava pugni e calci talmente rapidamente che sembravano un’unica massa nera che Elias parava con difficoltà; né Topolino o Amelia riuscirono a fermarli, i marinai al contrario incitavano alla lotta.
Un poderoso pugno fece finire Elias fuori bordo: le bollicine parevano pizzicare mentre scivolavano lungo la pelle, il freddo dell’acqua aumentava man mano che andava a fondo, il sapore salato dell’acqua gli seccò la bocca.
Non appena la confusione cessò si rese conto di essere sottosopra, i piedi rivolti verso la superficie e la testa verso il fondale blu.
si agitò per nuotare verso la giusta direzione… fermandosi quasi subito quando stupende sirene nuotarono davanti a lui mettendo in mostra le code di pesce colorate: descrivere la loro bellezza fu impossibile, nessuna parola sarebbe stata adatta, in particolar modo per la loro incantevole voce che riusciva ad udire chiaramente; le parole ch si confondevano con il verso di megattere che nuotavano nei paragi. Tre di quelle mitiche creature lo scortarono dolcemente fino in fondo al mare, un luccichio tra la “foresta” di alghe attirò la sua attenzione e una sirena più piccola, una bambina, spuntò fuori da esso con quel piccolo splendore tra le mani.
Ridendo gioiosamente gli mise in mano quella che non era altro che una perla bianca, fatto ciò le sorelle maggiori nuotarono rapide, riportandolo verso la superficie.
 
Un paio di salde lo afferrarono per i fianchi, uno dei marinai lo issò a bordo.
Il medico di bordo lo avvolse in una calda coperta frattanto che Topolino gli chiedeva con sincera preoccupazione se stesse bene, Oswald era trattenuto da ben 5 uomini che presentavano segni di morsi e di pugni, Amelia stava rimproverando l’equipaggio per l’immaturità dimostrata.
Aprì il palmo della mano e mostrò il piccolo tesoro ritrovato, catalizzando l’attenzione di tutti che fissarono la minuscola sfera perlata.
<< È per quella briciola che siamo venuti fino a qui? >> chiese il coniglio perplesso.
Elias era pronto a rispondere, ma fu proprio la perla a farlo per lui.
D’incanto il sole cominciò a discendere verso l’orizzonte con anormale velocità, “inabissandosi” a metà nell’oceano, dal capo opposto la luna era comparsa e si trovava nella stessa posizione della sua controparte, il bagliore argentato illuminava per metà il cielo mescolandosi con quello dorato della stella splendente; le nuvole si dissolsero come nebbia e l’azzurro si tinse di uno scuro violetto solcato da una più che incredibile aurora boreale.
“La pura fantasia si rivela... l'azione controllata da un motivo musicale ha grande fascino nel regno dell'irrealtà"
Elias udì tali parole mentre esterrefatto rimirava ciò che stava avvenendo intorno a loro.
Chi le pronunciò non lo capì, non era una voce familiare.
D’improvviso il suo tesoro volò via lasciando dietro di sé una scia bianca, sparendo in quello spazio di mare tra sole e luna: un’isola comparve, una vasta massa con coste e montagne verde smeraldo, foreste a perdita d’occhio e luci pulsanti di vario colore.
 
Era per quello che erano venuti
 
                                                                                  ****
<< In vita mia sono stata così emozionata solo quando sono nati i miei 4 figli. Avevo sentito migliaia di leggende su questo posto, ma che potesse essere realtà… mi sento una sciocca ad aver sempre pensato che fossero soltanto sciocchezze. >>
<< Cioè… voi sapete dove siamo? >>
<< Accipicchia che lo sappiamo! Siamo ai Confini dei Mondi! >>
Quando Mickey pronunciò quel nome, Elias pensò al film dei Pirati dei Caraibi e l’ultimo livello di Kingdom Hearts…. gli venne leggermente da ridere.
<< Il nostro mondo è assai vasto, ma esso ha dei “limiti” che ci impediscono di conoscerlo a fondo. >>
<< Non credo di capire… >>
<< Vedi Elias, a differenza del tuo mondo, il nostro è sempre in continua evoluzione. Non ha limiti, ogni giorno qualcosa di nuovo accade, il che ci rende unici, ma questo non avviene ovunque e normalmente… questo è il caso dei Confini. >>
<< Che cosa sono in realtà? >>
<< Nessuno lo sa, circolano molte ipotesi, alcuni dicono che siano il punto in cui la fantasia giunge alla sua fine. Ovviamente nessuno ci è mai stato per osar dire una cosa simile, noi siamo i primi che ci arrivano dopo secoli dalla loro scoperta. >>
<< Se sono apparsi significa che qui si trovano i cristalli. Organizzerò subito una squadra di ricerca e partiremo per l’interno della terra. In quanto a te Elias… >>
Amelia fece una pausa, strana poté dire il ragazzo, notando la particolare occhiata a lui rivolta e il cambiamento del tono di voce che gli appariva più serio.
<<… fino ad allora resterai a bordo della nave continuando a svolgere le tue mansioni. Puoi andare. >>
 
Elias fece come detto, senza discutere.
Ma mentre andava via si sentì una fastidiosa pressione al petto, la quale aumentava in particolar modo ogni volta che incrociava qualcuno e che, si rese conto, aveva una reazione simile a quella della Capitana.
 
La consapevolezza gli strinse il cuore fino a fargli male: erano arrabbiati con lui.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9: Decisione importante ***


Capitolo 9: Decisione importante
 
Delle urla svegliarono di colpo Elias.
Spaventato cadde al letto e strisciò in un angolo della stanza, portandosi dietro lenzuola e cuscini.
Si rese conto da chi provenivano e si calmò appena un po’: venivano  dell’infermeria, la squadra di esplorazione era appena tornata.
 
Erano approdati sui misteriosi Confini dei Mondi da una settimana circa e ancora non erano riusciti a farsi largo nella terra emersa dal nulla, bloccati sulla costa che era l’unico punto sicuro.
Antistante la spiaggia rosso mattone cominciava una folta foresta, ogni volta che gli esploratori entravano dopo pochi minuti ne uscivano correndo, conciati male con graffi e morsi, strillando di essere inseguiti da qualcosa che non riuscivano a vedere. Versi animaleschi di origine sconosciuta dimostravano la verità di quanto detto, ciò nonostante altre spedizioni furono mandate in avanscoperta, solo per ottenere lo stesso identico risultato.
Solo uno era tornato senza ferite, lo stesso che aveva partecipato a tutte le altre missioni poiché, secondo le voci di corridoio, era il più forte dell’equipaggio.
Non conosceva il suo nome e la sua identità, era sempre coperto da un mantello blu scuro che nascondeva il corpo dalla testa ai piedi; l’unica cosa impossibile da celare era la sua stazza… imponente come quella di un gigante.
<< Questa situazione è inaccettabile! Stiamo perdendo tempo prezioso qui! Non possiamo bloccarci al primo ostacolo! >> urlava furiosa Amelia, sibilando come un perfetto felino.
L’infermeria si trovava proprio sotto la sua cabina, non era stata abbastanza isolata acusticamente, il che gli dava la possibilità di sentire bene quello che diceva la gente lì dentro.
<< Capitano, lì dentro ci sono i mostri! È una fortuna che nessuno sia rimasto ucciso! >> si giustificò uno degli uomini.
<< Trovate un modo per attraversare quell’ammasso di foglie o dovrete sopravvivere a me! >>
Ci un una confusione di vetri rotti e di grida, Amelia era decisamente arrabbiata, Elias si considerò fortunato a non essere presente. Poco dopo udì le di Topolino e di Oswald, la conversazione non era ancora finita.
<< La terra è più impervia di quanto immaginassi, sono trascorsi sette giorni e siamo ancora bloccati qui! >> diceva la donna ancora furibonda.
<< Un modo per proseguire esisterà per forza. >> disse Mickey con voce preoccupata.
<< Rilassatevi, non va poi così male: stiamo solo rischiando le nostre vite per ritrovare dei gioielli che forse sono andati perduti per sempre. >> ironizzò Oswald.
<< Il sarcasmo è fuori luogo coniglio! Questo ritardo può costarci caro! Forse a quest’ora il Dittatore starà già attaccando il nostro regno! >>
<< Quel pagliaccio? Ma per favore! È così scemo che muoverà un dito solo per fare spettacolo. >>
Ci fu un eco di vetro fracassato, Elias sussultò per la sorpresa.
<< Per favore Amelia, si calmi. >>
<< Non ci riesco! Odio restare qui con le mani in mano! >>
<< Vuoi un gomitolo di lana gattina? >>
<< Oswald! Ora basta! Questo atteggiamento non è cortese! >>
Il coniglio sbuffò seccato, come accidenti riuscisse a scherzare in un momento simile solo lui poteva saperlo.
<< Ho un’idea: perché non mandiamo il marmocchio a cercare i gioielli? Forse lui farà qualcosa di utile, finalmente. >>
<< Davvero lo metteresti in pericolo? >>
<< Se sa usare la spada allo stesso modo in cui sa usare la lingua non avrà alcun problema. >>
<< Per favore, non parliamo di nuovo di questa faccenda… >>
<< Oh si che ne parliamo! >>
Al ragazzo non piaceva la piega che stava per prendere la discussione, istintivamente strinse a sé le lenzuola, come uno scudo per difendersi.
<< Se quella pulce fosse davvero l’erede di Walt non si comporterebbe come un piccolo spaccone! Yen Sid può dire quello che vuole, ma lui non assomiglia lontanamente a nostro padre! Lui non ci offenderebbe e non tratterebbe nessuno come “scarabocchi”! >>
Mickey tentò di dire qualcosa ma balbettò parole senza senso, Oswald poi gli impediva di rispondere alla sua “ramanzina” per quanto urlava, talmente rapido che le parole si confondevano l’una con l’altra.
 
Per Elias era abbastanza.
Scappò via piangendo, rintanandosi in una zona remota della sala macchine dove venivano sistemati utensili da lavoro, pezzi di macchinari da sostituire e roba di ogni genere, l’unico posto in cui potersi sfogare senza essere visto e sentito. Il rumore vibrante delle macchine copriva i singhiozzi, il fumo emesso dalle caldaie poco lontane celavano la presenza delle sue lacrime… solo una minuscola figura riuscì a trovarlo, il suo squittio richiamò l’attenzione del ragazzo che frettolosamente si asciugò le lacrime, imbarazzato di essere scoperto in quello stato.
<< Per favore… voglio restare solo… >> gli disse.
Remì però non andò via, gli salì sulla testa e si accoccolò tra i suoi capelli, dondolando la coda avanti e indietro sulla fronte. Elias lo prese per cominciare ad accarezzarlo, rinfrancato dalla sua presenza.
 
La situazione era abbastanza tesa, l’ostacolo doveva essere superato in qualche modo.
Non si sarebbe mai immaginato che dei cartoni animati potessero odiarlo, lo stress a cui era stato sottoposto gli era costato  caro e per questo non poteva che odiarsi a morte, stava rovinando il suo sogno con le proprie mani e non aveva idea di come porvi rimedio.
 
Perso il sonno, Elias salì sul ponte per una passeggiata.
Non era né giorno né notte, il tempo era immutato, solo gli orologi a bordo aiutavano a comprendere che ore fossero. Il continente misterioso si stagliava nella sua magnificenza, a guardalo non sembrava pericoloso, gli infondeva, al contrario degli altri, una sensazione di piacevole meraviglia e felicità.
<< Vorrei poter chiedere scusa… ma non so come fare… tutti mi odiano… >>
A quelle parole Remì scese dalla sua testa e scarabocchio qualcosa sul pavimento con del carboncino, disegnando un personaggio che gli somigliava circondato da alberi e facce mostruose, delle frecce verso la loro direzione.
<< Che cerchi di dire? >> gli chiese confuso.
Il topolino squittì ripetutamente, facendo altri disegni che rappresentavano sempre lui che correva o in cima a montagne, l’ultimo schizzo invece aveva una specie di oggetto tra le mani con dei raggi tutt’intorno; solo a quel punto capì che cosa significava.
<< Vuoi che io vada a cercare le pietre? Nell’isola? Tutti quelli che sono entrati lì dentro ne sono usciti a pezzi. >>
Il topolino squittì ancora, sicuramente per chiedergli se aveva altre idee in mente, incrociando le zampe in attesa di una risposta; Elias cercò di mostrarsi ferreo sulla sua decisione… ma sapendo bene che cosa avrebbe potuto guadagnarci, si arrese e tornò nella sua camera per cambiarsi d’abito, deciso a tentare un perdono forse impossibile.
Riempito uno zaino di viveri e di utensili che credeva potessero tornare utili, muovendosi con cautela raggiunse la prua della nave e con una corda si calò a terra; non c’erano sentinelle e questo agevolò la fuga, poi, acquattato sulla sabbia tiepida, rimase a pensare sulle conseguenze del suo gesto sconsiderato, fino a quando non si decise a correre verso la foresta.
 
                                                                                  ****
Topolino era riuscito a “calmare” Oswald.
Ora, quello di cui aveva bisogno era un calmante.
Non dormiva da due giorni, colpa delle troppe cose da fare a bordo e soprattutto del temperamento focoso del coniglio.
Occupato com’era non aveva trovato il tempo di poter parlare con Elias, di chiarire quanto accaduto e mettere la parola pace tra lui e Oswald, in modo che anche l’equipaggio capisse che era successo tutto per sbaglio.
Un’ufficiale lo raggiunse in quel momento, pregandolo di raggiungere rapido l’ufficio comunicazione dove lo attendeva in linea Yen Sid.
Senza farselo ripetere eseguì l’ordine, afferrando la cornetta del telefono per rispondere alla chiamata.
<< Salve Maestro! Felice di sentirla! >> esordì il topo.
<< Topolino, non ho vostre notizie da molto tempo ormai, state tutti bene? >> chiese il mago.
<< Stiamo tutti bene, può stare tranquillo. Abbiamo scoperto dove si trovano i gioielli e siamo alla loro ricerca. >>
<< Davvero? Ma questa è una notizia incredibile! Come ci siete riusciti in così poco tempo? >>
<< Il merito è di Elias. Non sappiamo come, ma ci ha portato lui nel punto giusto; è stata una cosa sorprendente. >>
<< Lo sapevo che il suo aiuto sarebbe stato rilevante. Vorrei poter parlare con lui. >>
A Topolino gli venne un groppo in gola, sapeva bene che il ragazzo non era dell’umore per poter chiacchierare.
Ciò nonostante chiese ad uno degli ufficiali di contattarlo, sperando nel frattempo che lo stregone cambiasse idea o che, per qualche intoppo, la chiamata si interrompesse, in modo da non dover raccontare quel che era successo.
Per sua sfortuna, le cose andarono molto peggio.
<< Il ragazzo è sparito! >> annunciò il mandante, quando tornò indietro dopo un’ora.
<< COSA?! >> esclamarono contemporaneamente Topoino e Yen Sid.
<< Non è nella sua stanza! Nessuno l’ha visto! Si è come volatilizzato nel nulla! >>
<< Topolino! Che cosa sta accadendo?! >>
<< Maestro! La richiamo! >>
Chiuse il ricevitore il roditore schiacciandolo forte, correndo in lungo e largo per la nave alla ricerca del giovane, chiedendo a chiunque incontrasse di aiutarlo.
Quando gli dissero di aver trovato delle impronte sulla spiaggia, il cuore gli si fermò.
<< Oh caspiterina… >>
 
                                                                                  ****
Nonostante i racconti terrificanti degli esploratori, la foresta si rivelò un luogo di fiaba.
Piante, fiori e alberi brillavano grazie alle gocce di rugiada, la luce violetta del cielo illuminava perfettamente l’interno seppur le chiome degli alberi ne coprissero la vista, in sottofondo si udivano vari versi di animali la maggior parte riconducibili a uccelli, a volte da sembrare il suono prodotto da strumenti musicali.
Elias camminava tranquillamente, l’atmosfera serena della foresta aveva dissipato la paura iniziale, Remì se ne stava sulla sua testa tracciando con un foglio di carta il percorso fatto, aggrappato ad un ciuffo di capelli.
<< Non è così male. >> gli disse Elias.
Il topolino squittì debolmente, indaffarato nel suo lavoretto speciale.
<< Ho sentito dire dagli altri che hanno provato ad andare sempre dritto verso le montagne, prima di tornare indietro… ehm… per forza. Forse dovrei fare la stessa cosa, tu che ne dici? >>
Elias aveva portato una bussola e con essa puntò verso est, la direzione in cui si trovavano i lontani monti, non sapeva quando sarebbe riuscito a raggiungerle, sarebbe stata una fatica immane ma indietro non si tornava. Tutto proseguì senza intoppi fino a quando un rapido movimento della vegetazione non lo costrinse a fermarsi, sia lui che Remì si guardarono intorno allarmati.
Ho parlato troppo presto. Pensò il ragazzo.
Improvvisamente Remì si infilò all’interno della sua giacca squittendo acutamente, dietro di loro era comparsa una figura interamente incappucciata, la stessa che aveva sempre incontrato sulla nave.
<< Finalmente ti ho trovato. >> esordì lo sconosciuto con voce possente.
<< Ma che….! Cosa ci fai tu qui!? >> gli disse ansimando Elias.
<< Ci siamo accorti della tua fuga e mi hanno incaricato di riportarti indietro. Sono tutti preoccupati per te, li hai spaventati. >>
<< Preoccupati? Ne dubito! >>
Elias non credeva ad una sola parola detta: tutti sulla nave non lo sopportavano e quella era la prima volta che parlava con l’incappucciato, quindi la fiducia era praticamente nulla nei suoi confronti.
<< Qui è pericoloso, hai visto come gli esploratori si sono ridotti, cercando di conoscere i segreti di questo mondo sconosciuto? Non puoi stare qui, devi tornare indietro. >>
<< Neanche per sogno! Mi sono stufato di essere relegato lì sopra, soffrendo continuamente il mal di mare! >>
<< Cosa pretendi di fare esplorando da solo questo luogo misterioso? >>
<< Trovare quelle pietre e tornare a casa! >>
<< Sei un bambino. Non ne hai la capacità. >>
<< Ah davvero? Però a filarmela da sotto il vostro naso ci riesco benissimo. >>
L’incappucciato grugnì seccato, il mantello vibrò debolmente quando scrollò le spalle, Elias si mostrava sfrontato, in realtà tremava.
Senza dire niente d’improvviso lo afferrò per il colletto della giacca e lo sollevò, a grandi passi ripercorse all’indietro la strada, ignorando i calci che gli dava per farsi rimettere giù.
<< Non puoi farmi questo! Ho 14 anni adesso! Sono un adulto e posso fare ciò che voglio! >>
<< Tra quelli come me, gli “adulti” della tua età sono considerati ancora dei cuccioli. >>
<< Cuccioli? Guarda che non sono mica un’animale! Trattatami con più rispetto tu…! Tu…! Gigante che non sei altro! Mettimi giù! >>
 
In soccorso al suo richiamo, qualcosa di inaspettato giunse.
 
Il gigante cadde a terra, i rami e le radici della natura lo avvolsero, fiori e piante presero vita e afferrarono il suo mantello per legarlo a pesanti sassi.
Sembravano folletti... foglie, steli o boccioli muovendosi ricordavano gli arti umani, nessuno di loro si avvicinò ad Elias, il loro unico obiettivo era il misterioso uomo.
Che accidenti sta succedendo?!
Un debole respiro alle sue spalle gli fece venire i brividi, una voltandosi però, la meraviglia ne prese il posto.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10: Terra di musica e di segreti ***


Capitolo 10: Terra di musica e di segreti
 
Elias si ritrovò faccia a faccia con una fanciulla… Non si trattava però di una qualsiasi ragazza.
Il suo corpo si fondeva con il tronco di un albero straripante di muschio, la chioma di capelli formata da foglie di felci su cui insetti variopinti vi si adagiavano; i suoi occhi sfavillavano d oro.
Fissava sorridente Elias, lui invece se ne stava a bocca aperta.
Ipnotizzato, non sentiva l’uomo incappucciato che ringhiava nel tentativo di liberarsi dalla vegetazione vivente, ormai intrecciato da liane e ancorato al terreno con enormi sassi, la sua schiena che venne usata come una pista da ballo per le creature magiche.
 Remì lo scuoteva per far si che andassero via, Elias però non era preoccupato, non c’era motivo di aver paura, conosceva quella creatura e sapeva che non avrebbe potuto fargli del male: lei era lo spirito della Primavera, un personaggio apparso nel film Fantasia.
<< Va tutto bene, sta dalla parte dei buoni. >> disse al roditore.
Elias si chiese cosa lei ci facesse in un posto che avevano definito misterioso e sconosciuto.
La Primavera cominciò a danzargli intorno, volando leggiadra e lasciando dietro di sé una scia di fiori che crescevano a vista d’occhio, imitata dai piccoli esseri che si unirono in un girotondo variopinto.
A quel punto cominciarono a spingerlo verso un sentiero che si formò in quel preciso istante: gli alberi si piegarono per far si che passare fosse facile, alcune campanule si illuminarono a mano a mano che si inoltravano e una sorta di musica di sottofondo cominciava a risuonare.
<< Non andare ragazzo! Torna indietro! >> gli urlò l’incappucciato.
Ma le sue furono parole al vento.
 
                                                                                  ****
<< Topolino! La nave è ormai pronta a partire! Aspetta ancora qualche minuto! >>
<< Non posso! Elias potrebbe essere in pericolo! Devo assolutamente trovarlo! >>
La fuga di Elias aveva sconvolto i piani dei personaggi animati, data la sua importanza non si perse tempo ad allestire la nave affinché fosse capace di inoltrarsi nell’entroterra, Topolino però non riusciva più ad aspettare. Amelia a stento lo trattenne, prima che anch’egli scomparisse lo prese per la coda e lo legò all’albero maestro, tentando di farlo ragionare.
<< Concentrati soldato! Rimetti un po’ di sale in zucca in quel cervello! Non abbiamo bisogno di femminucce isteriche in guerra! >> urlò la gatta aliena prendendo a schiaffi.
<< Sono mortificato. Mi sono lasciato prendere dal panico… >> rispose il topo, massaggiandosi le guancie.
<< Il panico non è ammesso finché ci sono io al comando! Ora ascoltami attentamente, Elias potrà avere molto vantaggio ma uno dei miei uomini migliori è già sulle sue tracce. Per quanto riguarda la nave le modifiche speciali sono ultimate, tra pochi minuti partiremo e scopriremo quale assurda vita animale o vegetale alberga in questo luogo. In parole povere, è tutto sotto controllo. >>
 
Era ovvio che tutto fosse sotto controllo.
Topolino però non riusciva a rendersene conto.
Guardò la foresta che nella sua apparente normalità non sembrava costituire alcuna sorta di pericolo, immaginando Elias piangente e terrorizzato… Il loro Re era in pericolo… il discendente del suo creatore era nei guai.
 
Improvvisamente una folata di vento spirò così forte che riuscì quasi a sollevarlo in aria.
Le vele della nave si gonfiarono in un secondo, aiutate da un inaspettato e spiacevole intervento.
 
                                                                                  ****
Un muro d’erba formato di rampicanti e fiori legati tra loro come corde ostruirono il passaggio seguito fino a quel momento.
Non era davvero un muro, Elias si rese conto che ci poteva passare attraverso, la sua guida gli fece segno di seguirla.
Esitò, poi si immerse come se stesse andando sott’acqua.
Fu piacevole, le piante lo solleticavano dappertutto e curiosamente il tutto era impregnato di un forte aroma di miele.
Andò avanti fino a quando il sole non lo abbagliò; impiegò qualche secondo prima di abituarsi e poter ammirare il mondo nascosto al di là del passaggio: valli e colline verde menta si espandevano a perdita d’occhio, boschetti di alberi dalle chiome rosse, gialle e arancioni rallegravano il paesaggio nascondendo nel loro insieme laghetti e ruscelli.
Il cielo e la terra erano abitati da unicorni, pegaso e centauri si crogiolavano sotto il sole mentre giocavano o mangiavano, alcuni fauni intonavano musiche liete che istigavano a ballare, era un insieme quello che dava vita ad un serraglio mitologico incredibile, lo stesso che il film Fantasia aveva mostrato per la prima volta.
Finalmente Elias comprese il significato delle parole udite al suo arrivo ai Confini dei Mondi.
Erano state pronunciate da Walt Disney per descrivere l’alchimia tra arte e musica.
 
La Primavera raggiunse gli essere fantastici che la salutarono con larghi sorrisi, trattandoli come vecchi amici.
Elias la seguì con lo sguardo tenendosi sempre lontano, troppo affascinato per decidersi a raggiungerla, all’improvviso uno splendido stallone nero (un pegaso per la precisione) atterrò alle sue spalle dispiegando le larghe ali da uccello, lo spostamento d’aria causato dal suo fece ruzzolare Elias giù dalla collina su cui si trovava. Finì in mezzo al gruppo di leggendari che sussultarono per la sorpresa, una massa enorme di fiori sulla testa gli dava l’impressione che avesse una chioma afro, sulla vita invece una specie di gonnellino hawaiano, Remì invece pareva essere diventato una sorta di pulcino giallo per via del polline di cui i fiori erano pieni.
Insieme tossirono ripetutamente per espellere l’erba ingerita nella caduta.
<< Argh! Che saporaccio! Ora capisco perché sono solo belli da vedere! >> disse il ragazzo pulendosi la lingua.
<< Tu stai bene? >> gli chiese al topino, il quale squittì nauseato.
Rendendosi conto di essere osservato, Elias si bloccò, deglutendo preoccupato.
<< Ehm… salve. Come va? >>
Lo spirito della natura cominciò a parlare… in realtà non uscì davvero un suono, assomigliava più ai fruscii delle foglie degli alberi, ciò nonostante capì dai suoi gesti che stava parlando di lui. Per fortuna reagirono bene gli amici dello spirito, gli strinsero la mano e gli sorrisero con simpatia, tranquillizzato da ciò Elias ne approfittò per chiedere aiuto riguardo le tanto famose pietre.
<< Qualcuno di voi, per caso, ha visto qua in giro delle pietre? >>
Alcuni fauni saltellarono via, tornando indietro qualche minuto dopo con mucchi di sassi tra le braccia.
<< No! No! Non intendo quel tipo di pietre! Queste sono preziose. >>
Di nuovo i fauni andarono via, ma stavolta gli portarono pepite d’oro di tutte le dimensioni, alcune grandi quanto il palmo della sua mano altre invece quanto la sua testa.
<< Ok, siamo ancora lontani da quello che voglio… le pietre che cerco sono colorate. >>
Le creature a quel punto si guardarono tra di loro facendo spallucce, non avendo idea di cosa il ragazzo intendesse. Ad un certo punto un centauro dal pelo giallo mostarda schioccò le dita e fece salire sulla sua groppa Elias; partì al galoppo seguito da alcuni suoi simili che si unirono alla corsa e alla Primavera che volò aggraziata, dritto verso la campagna aperta.
 
Il ragazzo si aggrappò al busto del suo “destriero” per non cadere, era incredibilmente veloce l’ibrido, sentiva all’interno dello stomaco crearsi un vuoto che si inacidiva leggermente quando sobbalzava su e giù ad ogni atletico salto; Remì rischiò più volte di volare via, lo dovette mettere nella sua maglietta affinchè fosse al sicuro.
Tenne gli occhi chiusi nel tragitto, quando gli aprì per un attimo si ritrovò circondato da girasoli assai alti, i centauri imboccarono una piccola entrata costituita da un cancello di marmo simile ad un’arpa con delle punte acuminate lì dove le corde si univano
La fine della cavalcata fu un vero sollievo, subito scese dal centauro e si accovacciò a terra.
Quando alzò la testa, una volta ritrovate le forze, si rese conto dove era stato condotto con tanta fretta: avevano raggiunto un lago immenso la cui sponda opposta non si vedeva, alle sue spalle la foresta di girasoli lo circondava, ma la loro avanzata era interrotta da una recinzione che dall’esterno non aveva notato, allestita per tenere alla larga gli estranei dal contenuto di quel luogo.
C’erano delle finestre sospese a mezz’aria lì intorno, con le forme più disparate: c’erano finestre ad arco e ad oblò, con inferiate oppure con serrande, alcune situate alla sua altezza e altre invece a 20 metri da sopra la sua testa.
 
<< Tu hai la più pallida idea di cosa sia questo? >> chiese il giovane a Remì.
Questo gli rispose deglutendo preoccupato.
<< Già, è strano anche per me. Però, chissà… se mi hanno portato qui vuol dire che magari è una cosa utile. >>
Elias si avvicinò ad una finestra a caso e vi sbirciò attraverso… vide oltre il vetro, con sorpresa, personaggi di un cartone animato trasmesso su Disney Channel… uno scenario che si ripeteva su ogni finestra su cui diede una occhiata.
<< Questo si che è allucinante. >> commentò.
Chiuse gli occhi e si arrovellò le meningi domandandosi in che modo poteva sfruttare quel vantaggio, se tale poteva definirlo. Si picchiettò la testa con un dito, passeggiando nei dintorni di quella specie giardino segreto. Elias esplorò i dintorni in cerca di un indizio, il posto era enorme, si chiedeva quante “magiche finestre” ci fossero e perché si trovassero in un posto simile,.
Remì lo interruppe e gli indicò qualcosa: a largo del lago, non molto distante dalla riva, si trovava una finestra diversa dalle altre… essa aveva la forma di una testa di animale dalla fauci aperte; incuriosito entrò nell’acqua spaventando i piccoli pesci dalle pinne trasparenti; fece solo qualche passo prima che la Primavera lo afferrasse e lo trascinasse indietro.
<< Che ti prende? >> le chiese.
Era spaventata, il suo corpo era diventato grigio, i fiori che crescevano ai suoi piedi erano appassiti di colpo.
<< Ehi calma, non ho mica intenzione di annegare. Voglio solo vedere che cosa c’è lì. >> le disse.
Raggiunta la particolare finestra, subito si rese conto che dall’altra parte non c’era niente se non il deserto in una notte buia e stellata.
Non essendoci nulla istintivamente sarebbe tornato indietro, ma una specie di sensazione gli suggerì di esplorare più attentamente il deserto, perciò lasciandosi guidare inconsapevolmente da quella coscienza, aprì la finestra e l’attraversò.
 
Faceva freddo, il vento era glaciale e la sabbia talmente soffice da rischiare di affondarci dentro.
Il cielo era limpido, le centinaia di stelle che riusciva a vedere, insieme alla via lattea, rendevano meraviglioso il paesaggio.
Un luccichio in particolare però, non proveniente dal cielo, lo indirizzò in una duna davanti a sé: scavando sulla base trovò due frammenti d’oro la cui foggia assomigliava ad un insetto, Elias li unì e una volta ricomposto l’insetto prese vita e volò verso l’orizzonte lasciandosi dietro una scia dorata.
Credo di aver fatto una cavolata!
Elias lo seguì per scoprire dove finisse, proprio quando pensò di averlo perso la sabbia improvvisamente esplose con grande impatto, mescolandosi su se stessa fino a quando non assunse una chiara e spaventosa forma: una Testa di Tigre, meglio conosciuta come la Caverna delle Meraviglie di Aladdin.
Confermo: ho fatto una grandissima cavolata!
La Tigre si inchinò leggermente per fissar Elias con i suoi luccicanti occhi bianchi, dalla bocca spalancata si intravedeva un bagliore rosso, il muso aggrottato in una smorfia quasi rabbiosa.
<< Solo colui che intende cambiare il proprio destino potrà potar via il tesoro della Caverna. Non porterai via nient’altro che questo. >>
Elias deglutì, Remì nascosto nella sua maglietta tremava.
Poco dopo la luce nella gola della Tigre divenne verde, i suoi occhi si spensero e si immobilizzò, senza dire più una parola.
I due si guardarono a lungo, scioccati dalla sorpresa mai potuta immaginare.
<< Credo… credo che dobbiamo entrare dentro… >>

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Capitolo 11
*** Capitolo 11: Finalmente la prima pietra! ***


Capitolo 11: Finalmente la prima pietra!
 
La parte della Testa di Tigre di Aladdin era una delle scene preferite di Elias.
Ora che vi ci si trovava dentro voleva scappare via.
Si sentiva come una mosca che veniva inghiottita viva da un rospo e che perlustrava l’antro del suo stomaco in cerca di una via d’uscita. 
 
Scese la lunghissima rampa di scale celata oltre la lingua di sabbia della Tigre, la luce non illuminava abbastanza l’ambiente per far sì che si potesse vedere dove mettesse in piedi, tantè che ad un certo punto inciampò e rotolò giù fino alla fine.
Più tardi attraversò una piccola entrata, oltre non trovò oro e gioielli raccolti in modo tale da formare montagne preziose costellate da statue, scrigni e ogni possibile gioiello, solo un canyon diviso in due sponde al cui centro, sul fondo, scorreva un fiume che brillava di verde, produttore della luce misteriosa.
Le sponde, ossia le alte pareti dell’ambiente, erano collegate da centinaia di ponti di legno, da ogni parte si intravedevano delle aperture simili a quella che Elias aveva davanti a sé dall’altra parte del ponte davanti a sè.
Dovrei attraversarlo? Non se ne parla nemmeno! pensò riluttante.
Fece un passo indietro per uscire, ma una lastra di roccia la ostruì, impedendogli di andar via.
Come non detto.
Costretto dalle avversità, passo dopo passo, attraversò il percorso, sforzandosi di non guardare in basso.
Raggiunta l’altra sponda pareva finita… ma improvvisamente il fiume ribollì e getti di acqua si innalzarono, trasformandosi nell’insieme in un’onda anomala che iniziò a inseguirlo.
Corse a perdifiato nella strette rete di labirintici cunicoli, la massa d’acqua che inondava ogni galleria.
La massa d’acqua a quel punto lo travolse con dirompente forza, la corrente lo sballottò contro le rocce sommerse mentre bolle impregnate di sale gli inaridirono la gola, l’ossigeno ben presto venne a mancargli dai polmoni.
Per quanto tempo rimase in balia di ciò non riuscì a capirlo, solo l’idea di morire sovrastava prepotentemente i pensieri nella sua testa come il ritornello di una canzone, quando l’aria tornò a fluire in lui fu come ricevere uno schiaffo in faccia, scuotendolo dallo stato di semi coma.


Tossì e sputò, il cervello dopo una lunga serie di dolorose pulsazioni tornò a lavorare, focalizzando quando accaduto in quel breve ma intenso istante.
<< Stai bene? >> chiese il ragazzo al topolino, talmente fradicio da sembrare una spugna.
Elias si guardò intorno, era finito in un ambiente chiuso, la sola uscita che cadeva sul canyon ora vuoto e silente, i resti del ponte che dondolavano su un lato.
Non potè far altro che sedersi e contemplare la situazione, accendendo una torcia per fendere il buio opprimente, tutto ciò che aveva cercato di fare era di riscattarsi di una impressione sbagliata, avendo fallito quel tentativo si immaginava quanta felicità avrebbero provato coloro a cui non stava simpatico.
Lo aveva fatto per loro… e a nessuno sarebbe importato.
In uno scatto d’ira afferrò una pietra e la lanciò in aria ringhiando di frustrazione, le mani che gli tremavano; con la coda dell’occhio si rese conto che il topolino lo stava fissando spaventato, reggendosi la coda con le zampe rosa. Quello sguardo lo impietosì, arrabbiarsi non lo avrebbe tirato fuori da lì; le lacrime parvero togliergli le energie, fu costretto a sedersi a terra per non cadere, asciugandosi continuamente il naso.
<< Io volevo solo rendermi utile…per un attimo mi ero illuso di averne azzeccata una… non volevo sembrare una persona odiosa… volevo far vedere che sono disposto ad aiutare… io volevo cambiare. >>
Remì gli si avvicinò accarezzandogli delicatamente la mano, avrebbe voluto parlare così avrebbe potuto consolare quel povero ragazzo la cui unica colpa era di essere discendente di un Re immortale, in quello stato essere un semplice ratto non era di aiuto.
 
Una specie di tintinnio attirò l’attenzione del roditore.
 
Seguì il suono che lo portò in una determinata parte di roccia, annusò l’aria e si arrampicò sulle pietre, esaminando sospettoso i dintorni fino a quando non sgranò gli occhi e corse da Elias, afferrandogli un lembo di giacca.
Il ragazzo non aveva voglia di far nulla, solo l’insistenza del ratto tra testate e morsi riuscì a smuoverlo e fargli scoprire un passaggio segreto.
La fessura era larga abbastanza per il suo corpo esile e in fondo riusciva a scorgere una luce, senza pensarci due volte ci entrò e strisciò nel claustrofobico sentiero, tossendo per la polvere e graffiandosi continuamente a causa delle piccole affilate sporgenze nascoste, fino a quando finalmente non raggiunse la fonte.
 
Davanti a i suoi occhi si presentò uno spettacolo che andava ben oltre la camera del tesoro vista nel film di Aladdin.
Una steppa si celava dietro il passaggio, ma non c’erano terriccio e ciuffi di erba secca a far si che fosse sorprendente, bensì uno strato spesso di ambra che del suolo ne faceva il sostituto e filamenti di smeraldo sostituivano la vegetazione, il cielo di un terso bianco perla brillava dei colori dell’arcobaleno grazie ad un’aurora boreale, pietre levigate di rubino erano sparse ovunque, misere se comparate alla grandezza delle rupi di ametista ben visibili all’orizzonte. A bocca aperta si incamminò in quel luogo, l’eco dei passi tintinnava sulla pietra di avorio che formavano l’unico sentiero che proseguiva in linea retta senza deviazioni, passando accanto alla riva di fiumi di oro liquido, quelli e tante altre furono le meraviglie fino a quando non scorse un altare di pietra alto forse 4 metri, formato da rocce perfettamente rotonde che si rimpicciolivano verso la cima, scalini scalfiti da un lato.
<< Speriamo che non esploda niente. >> disse, incrociando le dita.
Giunto in cima trovò su un sottile piedistallo su cui un minuscolo oggetto di un bel giallo limone e la forma sferica levitava, circondato da minuscole particelle luminose che ad esame più attento avevano l’aspetto di piccoli rombi.
Elias e Remì si scambiarono uno sguardo scioccato, sotto le insistenze del roditore il ragazzo lo prese, avvertendo una sensazione di solletico tra le dita.
Non appena le mani si chiusero, sprizzanti scie luminose che ricordavano fuochi d’artificio fuoriuscirono volando tutt’intorno al prezioso paesaggio, esplodendo con eco che sembravano grida di gioia di bambini. Ogni cosa che venne toccata dalle scintille mutò: i gioielli divennero piante e animali, una magia più stupefacente di quella di David Copperfield… quello era una reale magia Disney.
<< Questa è una delle pietre che stiamo cercando! Ci siamo riusciti! >> disse raggiante, alzando le braccia al cielo.
Una vittoria per sé stesso, ,on vedeva l’ora di far vedere ai cartoni che cosa era riuscito a fare, soprattutto a Oswald sulla quale voleva una sorta di rivincita.
Il problema però era uscire da lì, adesso.
<< Uhm… Yens Sid ha detto che queste pietre hanno poteri, e questo affare lo ha dimostrato. Potremmo usarlo a nostro favore. >>
La proposta non fu ben accolta dal roditore che scosse la testa in segno negativo, squittendo le proprie ragioni.
<< Oh, andiamo. Potrebbe essere divertente. >> replicò lui.
Ignorando le repliche del piccolo amico, strinse ulteriormente il gioiello desiderando di uscire dalla caverna.
 
Non accadde nulla.
Rimase in attesa, impaziente di una sorpresa.
Proprio nel momento in cui cominciò ad annoiarsi, la piattaforma dell’altare partì a razzo verso l’alto.
I due rimase schiacciati contro la base urlando simultaneamente, in pochi secondi uscirono all’esterno, sotto di loro la Testa di Tigre della Caverna delle Meraviglie si sfaldò ridiventando un mucchio di sabbia che si mimetizzò con il resto del paesaggio. Il loro “mezzo” andò in pezzi poco dopo, l’atterraggio di conseguenza fu tutt’altro che morbido.
<< Bè… però a funzionato. >> disse il ragazzo, rispondendo allo sguardo seccato di Remì.
 
                                                                                  ****
Riattraversata la finestra incantata, Elias tornò nel giardino segreto.
Non trovò nessuno ad accoglierlo, dei centauri e della Primavera non se ne vedeva traccia; pensò che forse lo attendevano all’entrata e perciò si diresse lì, impaziente di mostrare il trofeo scovato con tanta fatica.
Prima di allontanarsi si voltò un’ultima volta, scoprendo che la finestra era sparita e al suo posto c’era una statua di Walt Disney.
 
Non fece in tempo a chiedersi come fosse comparsa che qualcosa lo afferrò alle spalle sollevandolo in aria.
Una sorta di caricatura di un diavoletto lo aveva preso.
 
Altri simili comparvero sghignazzando come tanti pagliacci, accompagnati da serpenti alati sputafuoco cavalcati da persone incappucciate, le stesse che avevano fatto irruzione il giorno della sua incoronazione.
Solo all’ora si rese conto della gigantesca nave da crociera nero e rosa veleggiare nel cielo, provvista di quattro fumaioli che liberavano nell’aria un fumo denso che rovinava la purezza della volta celeste crepuscolare e cannoni enormi che spuntavano sui fianchi, sul ponte centinaia di figure che si muovevano interrottamente trasportando catene, palle di cannone e armi. Sulla terra ferma alcuni stavano inseguendo e catturando gli abitanti di quel mondo di fiaba che cercavano disperatamente di fuggire o di lottare per la propria libertà; la confusione era incredibile e alcuni addirittura stavano appiccando fuoco alla variopinta natura per puro divertimento, rovinando la bellezza unica che lo contraddistingueva.
La creatura lo portò a bordo della nave, nella parte più alta situata sulla prua, formata da una piattaforma rosa pastello dove si trovava una persona sola ad occuparla.
<< Ci incontriamo di nuovo, bambolino. >> disse il Principe Folly con un largo sorriso.
<< Tu qui?! >> disse incredulo Elias vedendolo.
Il principe era sdraiato su una poltrona viola maculata adornata con code di animali, indossando una specie di costume da bagno intero simili a quelli che si usavano nel 1920 pieno di merletti e con una fantasia a pois verdi e blu, i capelli raccolti in un grandissimo boccolo che pareva un palloncino, accanto a lui vassoi di cibo e bevande.
<< Son sorpreso quanto te di vederti, ma non tutto il male è venuto per nuocere: con gran piacere noto che mi hai portato quello che stavo cercando! >>
Elias mise la pietra in tasca, il principe ridacchiò sotto i baffi mentre sorseggiava una specie di champagne arancione.
<< Non fare lo sciocco, non sei degno di sfoggiare una così splendida meraviglia. >>
<< Come hai fatto a raggiungere questo posto? Io mi sono quasi ammazzato! >>
<< Una delle mie spie mi ha informato che stavate preparando una simpatica scampagnata per ritrovare i miei gioielli e ho deciso di unirvi a voi. >>
<< Ci hai seguito lasciando a noi il lavoro sporco… sei un approfittatore! >>
<<  Questo perché tu sei uno sciocchino mentre io sono furbo. >>
Il principe schioccò le dita e una delle zampe del diavoletto afferrò la testa del ragazzo, cominciando a schiacciargliela lentamente.
<< Dammi la pietra adesso, da qui in poi non abbiamo bisogno del tuo aiuto. In questa discarica colorata sarà facile rintracciare i componenti della corona mancanti. >>
<< Mai! >>
<< Forse non ti rendi conto che posso ucciderti se non fai quello che ti dico. >>
<< Mi farebbe più male vederti padroneggiare un mondo che non ti appartiene! >>
<< Come vuoi tu. >>
La stretta divenne più pressante, Elias cercò di togliere quell’artiglio ma le unghie erano come ancorate alla pelle e gli sembrava che il cranio stesse per spaccarsi.


Ma nonostante quel dolore mai avrebbe dato un simile tesoro ad un simile mostro!
Morte o no, non lo avrebbe mai aiutato!
 
Un ruggito animalesco attirò l’attenzione del dittatore, una figura stava volando intorno il vascello demolendo varie parti con inaudita violenza, le urla degli sgherri si fecero spaventate.
Chiunque egli fosse stava avendo la meglio da solo contro un intero esercito, Elias non potè far altro che gioire vedendo quei maledetti prendere le legnate che meritavano, ma la felicità venne bruscamente interrotta quando Folly lo afferrò per la gola tentando di strozzarlo.
<< DAMMI LA PIETRA! MI APPARTIENE! >> gli urlò.
Remì sbucò in quel momento dalla giacca mordendogli entrambe le mani, trovandosi libero il ragazzo scappò via, scavalcando la ringhiera della piattaforma e scendendo giù, inseguito dal pazzo principe che non esitò a rischiare di spezzarsi il collo.
Per quanto delicato e viziato apparisse, l’uomo era sorprendentemente agile.
<< NON PUOI FUGGIRE MARMOCCHIO! >>
<< Ragazzo! >> una voce familiare lo chiamò, era il tizio volante, nonché l’uomo incappucciato che aveva tentato di riportarlo sulla nave dei personaggi animati.
<< Lascia la presa! >>
<< Cosa?! >>
<< Fidati di me! è l’unico modo per essere salvo! >>
Lasciare la presa?
Voleva dire schiantarsi al suolo e morire sul colpo!
D’altra parte il principe lo aveva quasi raggiunto, se l’avesse acchiappato non avrebbe avuto scampo, Elias a quel punto si trovò costretto a mollare la presa.
 
Agitò le braccia come se fossero delle ali, Remì che lo imitava aggrappato ad un sottile lembo della sua camicia.
La nave velocemente si allontanava sopra di lui e poi di colpo si allontanò all’orizzonte, stavolta senza più avvertire l’attrazione verso la terra, solo una salda presa che lo stringeva al fianco. L’incappucciato l’aveva preso al volo, rapidamente si allontanarono dalla zona di fuoco grazie alle larghe ali sul dorso spuntate attraverso il tessuto del mantello, le sue mani di un chiaro grigio perlato erano tozze e muscolose e il suo volto si poteva definire spaventoso con la mandibola enorme, le orecchie a punta e i penetranti occhi scuri.
<< Non temere, ora sei salvo. >> gli disse.
Elias deglutì, annuendo semplicemente.
Le grida degli abitanti della terra incantata lo destarono dallo shock, si era completamente dimenticato di loro.
<< Aspetta! Dobbiamo aiutarli! Non possiamo lasciarli! >>
<< Li stiamo già salvando. >>
A conferma di quelle parole, dalla fitta foresta sbucò quasi con un salto niente meno che la “Silly Sinphonie” in persona, le vele rimosse e le grandi ruote ai lati sistemate nella parte inferiore come le ruote di una macchina, cannoni sui bordi che sparavano all’impazzata dando l’impressione di liberare coriandoli. I nemici, colti alla sprovvista, furono costretti alla ritirata, liberando le creature incantate che alcuni della nave soccorrevano, sulla prua il Capitano Amelia incitava gli uomini a dare il massimo e mostrare il loro valore, Topolino e Oswald nelle manovre dei cannoni.
<< Ehi “vostra maestà”! Dove ti eri cacciato?! Guarda che “bibidibobidibu” ci hai fatto combinare per trovarti! >> gli gridò il coniglio vedendolo arrivare.
<< Siamo felici di vedere che stai bene Elias! >> gli urlò Topolino felice.
<< Piccoletti, a dopo le cerimonie! Siamo nel bel mezzo di una battaglia! >> urlò Amelia, visibilmente eccitata dall’adrenalina dell’azione.
Il Principe era di tutt’altro umore invece, batteva i piedi a terra e strillava come una donnetta, i capelli disordinati che lo facevano sembrare più pazzo del solito. Ad uno strillo i suoi seguaci abbandonarono il capo, tornando a bordo della loro nave lasciando perdere ciò che stavano facendo, un attimo prima che il mezzo facesse uscire due enormi razzi sui fianchi e lo allontanasse alla velocità della luce da lì.
La ritirata non potè che scatenare esultanza tra la ciurma, si scambiarono pacche sulla schiena e abbracci, lanciarono in arma le armi e saltavano sul posto insultando la codardia degli avversari, una vittoria che significava molto per tutti quanti.
Un piccolo passo per la riuscita della loro missione.
 
                                                                                  ****
<< Dovrei sbatterti in prigione per esserti ammutinato, ma dato che hai trovato il motivo del nostro viaggio, considerati fortunato oltre che perdonato. >>
<< Grazie Capitano. >>
Sulla nave ancora si festeggiava, nonostante fossero trascorse ormai molte ore; dall’infermeria Elias poteva sentire i movimenti degli altri locali, motivati dalla gioia di aver dato filo da torcere al dittatore.
Lui stava bene, ma i medici gli avevano ordinato di restare almeno una notte a riposare lì dentro, circondato tra i mobili colmi di medicine o strumenti chirurgici rossi e verdi, sdraiato in uno dei tanti letti a disposizione con Remì che dormiva in un lato del cuscino.
Amelia era pronta a sgridarlo per il suo gesto avventato, quando però gli mostrò la pietra magica la rabbia calò, stupendo persino Topolino e Oswald; il ragazzo raccontò l’avventura vissuta nei misteriosi “Confini dei Mondi” in ogni dettaglio, spiegando come aveva raggiunto il luogo segreto in cui il prezioso monile era nascosto e l’aiuto prezioso di coloro che popolavano la landa fantastica.
<< Che ridicolo! Tutta questa confusione per una cosa che avremmo potuto fare da soli! >>
commentò il coniglio, ma Topolino gli diede un calcio per farlo stare zitto.
<< Sei stato davvero coraggioso Elias, grazie a te abbiamo trovato un frammento della corona del tuo antenato. È un buon segno questo, ne sono sicuro: troveremo presto gli altri due mancanti. >> gli disse raggiante il topo.
<< Non essere ottimista, abbiamo il Principe al seguito. Finchè ci sarà lui in mezzo ai piedi, avremmo parecchi grattacapi. >>
<< Oswald ha ragione, la sua presenza in questo luogo dimostra solo quanto il suo desiderio di conquista sia morboso. A questo punto non resta che rimboccarci le maniche e precedere il nostro nemico ad ogni possibile pista sicura per il ritrovamento delle pietre. >>
<< E allora diamoci una mossa! Non stiamo qui a perdere tempo! >>
Il coniglio era davvero determinato, uscì dall’infermeria urlando a chi passava di rimettersi al lavoro invece di gozzovigliare, con gran piacere di Elias, Amelia e Mickey uscirono poco dopo, prima che la porta si chiudesse il topolino lo ringraziò per ciò che aveva fatto, definendolo coraggioso.
 
Elias non si considerava un eroe, ma fu piacevole addormentarsi sapendo di aver fatto una buona.
 
Ma doveva ammettere che Oswald aveva detto una cosa vera… negli occhi di quel folle aveva visto un male che nella gente comune non aveva mai visto… a quel punto avrebbe messo da parte le sue paure per fermarlo e impedirgli di rovinare il regno di Disney.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12: Pirata a bordo e Cambi di rotta ***


Capitolo 12: Pirata a bordo
 
<< Seguimi, il tuo lavoro odierno è da questa parte. >> disse uno dei vice.
Elias lo seguì annoiato, smise di fare il serio quando gli consegnarono scope, stracci e spolverini vari, capendo le intenzioni.   
<< Scherza, vero? Devo pulire tutto quanto… da solo! >> chiese incredulo.
L’uomo lo guardò e annuì, consegnandoli un lungo papiro con accurate istruzioni, talmente lungo che uscì fuori dalla stanza fino a percorrere il corridoio.
Elias lesse sconvolto ogni rigo, il vice spiegò le più importanti con accurata precisione, consigliandogli di cominciare presto invece di brontolare…. Perciò si rimboccò le maniche e cominciò a pulire, brontolando continuamente per tutta la durata del tempo… di tanto in tanto alcuni uomini della ciurma rendevano vano lo sforzo costringendolo a ricominciare da capo.
Si costrinse a non uscire fuori dai gangheri, proseguendo il compito affidatogli.
 
Era trascorsa una settimana, caratterizzata solo dall’esplorazione del nuovo continente, navigando sia per mare che per terra.
Per quanto riguarda lui, le cose non erano molto cambiate: l’equipaggio lo trattava come un idiota, con Oswald era sempre in lotta e via dicendo, solo Remì continuava a congratularsi per ciò che aveva fatto, una piccola consolazione che riusciva a farlo sorridere.
Elias aveva sperato di poter cambiare le cose con la sua scappatella, ma evidentemente non era bastato, forse l’unica cosa positiva della situazione era che fosse riuscito a farsi perdonare per il suo atteggiamento scorretto.
 
Quando finì di pulire, membri dell’equipaggio occuparono la stanza per dar inizio ad una riunione, senza nemmeno ringraziarlo del lavoro svolto.
Almeno adesso posso andare a mangiare. 
Liberatosi di stracci e scope andò dritto verso la mensa, l’appetito gli passò quando si ritrovò davanti il “diavolo” alato che gli aveva salvato la vita: non indossava il mantello che aveva celato la sua identità, era a torso nudo e solo una specie di kilt di tessuto marrone copriva le zone intime, le ali poggiate sulle spalle larghe come un mantello, una coda che dondolava di dietro e una lunga chioma di capelli neri come pece.
Elias rimase semplice lì, immobile come un baccalà, fissandolo con un nodo alla gola.
<< Stanno cercando di carpire i segreti per vincere questa guerra. >> disse con voce profonda.
Si stava riferendo alla riunione appena iniziata, più a tante altre avute già luogo.
<< Mi rammarica sapere che stanno ponendo tutte le loro speranze su una cosa piccola e fragile: quel cristallo, per quanto potere possa sprigionare, rimane sempre un cristallo. Non possono contare su quel potere, sperano di poterlo utilizzare da solo; questo si rivelerà il più grande degli errori. >>
<< E tu… come fai a saperlo? >>
Elias pose quella domanda sia per curiosità che per preoccupazione, il modo in cui parlava lo aveva spaventato. Il gigante lo fissò senza battere ciglio, grugnì leggermente e sospirò, passandosi una mano tra i capelli.
<< Un tempo anch’io ero come un oggetto che da solo veniva usato in ogni guerra, i miei alleati si fidavano di ciò che io e i miei fratelli sapevamo fare, credendoci la soluzione di ogni male. Ma un errore da parte loro pose fine a questa lunga serie, decretando la loro sconfitta… e il mio esilio. >>
Elias Riuscì ad avvertire il rammarico del racconto, immaginandolo nella sua mente come un proprio ricordo.
Molto probabilmente il gigante aveva ragione, ma d’altra parte non vedeva in quale altro modo portare a termine l’impresa senza utilizzare “fenomenali poteri cosmici”.  
<< Devi convincerli a cambiare metodo. >>
<< Io? >>
<< Sei l’unico che può fargli cambiare idea. Non lo ricordi, ma hanno sempre avuto la certezza che ciò che dicevi fosse giusto. >>
Ad un certo punto dagli auto-parlanti una voce annunciò alla ciurma che la nave stava tornando a navigare in acqua, dall’ufficio lo staff uscì per tornare alle proprie operazioni, il demone si unì a loro, promettendo a Elias che sarebbero tornati a discutere dell’argomento.
Il giovane non era affatto entusiasta all’idea, ancor meno quando gli tornò il mal di mare.
 
                                                                                  ****
<< Buongiorno Oswald, splendida giornata oggi, non trovi? >>
<< Un giorno mi dovrai spiegare come fai ad essere sempre di buon umore. >>
Topolino e Oswald erano affacciati sulla balconata che circondava l’esterno della cabina di comando, il coniglio se stava seduto sul corrimano godendosi il particolare tepore con le orecchie che gli svolazzavano all’indietro per il vento, il topo si sedette accanto a lui.
<< Ho informato Yen Sid della nostra prima vittoria, ha detto che era fiero di noi. >>
<< L’hai chiamato solo adesso? >>
<< La linea è disturbata, le comunicazioni con il castello stavo diventando molto difficili da mantenere. >>
<< Cavoli amari! Sarà un problema se avremmo bisogno di aiuto. >>
<< Non ti preoccupare, abbiamo gente in gamba su questa nave, tutti pronti all’avventura e a dar battaglia contro i cattivi. >>
<< Detto da te sembra tutto facile. >>
Oswald sospirò rassegnato, era davvero difficile far cambiare atteggiamento al suo cosiddetto fratello.
Uno stormo di Pegaso sorvolò in quel momento il cielo, le loro figure spiccavano nel cielo grazie ai loro colori, i loro cuccioli che si intravedevano quasi a malapena per quanto piccoli erano; il fiume navigabile sulla quale si erano spostati scorreva quieto, la superficie che luccicava per i riflessi del sole.
<< A proposito di “positività”: il nostro nuovo Re mi fa davvero ridere. >>
<< Davvero? Vuol dire che finalmente avete fatto pace? >>
<< Mai detto, mi riferisco al fatto che come pagliaccio è perfetto. >>
Topolino non se n’era accorto, ma sul ponte stava avendo luogo una dinamica scena: la ciurma era riunita tutt’intorno ad Elias in mutande e ad un uomo dalla pelle scura di abbronzatura che teneva in mano i suoi abiti, il braccio alzato per impedirgli di recuperarli.
<< Avanti moscerino! Salta più in alto! >>
<< Piantala! Non ho voglia di scherzare! >>
Oswald rideva tenendosi la pancia, Topolino di tutt’altro parere corse giù per porre termine alla cosa; con il suo solito modo gentile chiese di smetterla di infastidire Elias, con molta riluttanza i marinai gli diedero ascolto, tornando al lavoro.
<< Grazie… >> mormorò Elias nel rivestirsi.
<< Non prendertela troppo, hanno solo voglia di scherzare. >> gli disse Topolino.
<< Non condivido il loro umorismo. >>
Il topo sapeva che il ragazzo non avrebbe sopportato a lungo quell’atteggiamento, essendo il solo bersaglio della ciurma, aveva chiesto di porre fine alla cosa, ma le promesse fatte erano tutte, ovviamente, “promesse da marinaio”.
<< Oggi è una splendida giornata, non trovi? Si potrebbe fare un pic-nic! Magari possiamo chiedere ad Amelia di poterci fermare e fare una passeggiata! >>
<< E tu pensi che il Capitano fermerà questo mostro di nave solo per un pic-nic? Con tutto quello che c’è in ballo? >>
<< Allora potremmo andare nella Sala Relax e chiacchierare, bevendo nel frattempo una tazza di tè. >>
<< Odio il tè, e comunque io non ci posso entrare lì dentro, mi hanno detto che per me è zona vietata. >>
La conversazione stava andando davvero male, Topolino voleva rallegrarlo e invece lo stava facendo solo innervosire ancora di più.
Propose idee sempre più strampalate, sperando che almeno una potesse interessarlo, ad un certo punto lo vide sorridere e pensò di aver fatto centro… invece era per l’arrivo di Remì, il quale portò un sandwich al ragazzo.
Non era quello che sperava ma fu lieto di vederlo rallegrato.
<< Ti chiedo scusa, non sono sgarbato di proposito… il fatto e che vorrei far qualcosa di più, invece di pulire e riordinare. Trovare quel gioiello è stato incredibile, mi sono sentito al settimo cielo! Inoltre, ho realizzato quanto sia importante questa avventura. >>
Topolino si rese conto che il ragazzo sprizzava di nuova vitalità, forse era grazie all’esperienza diretta del viaggio… chi poteva saperlo?
Ma in fondo non importava, solo vederlo cambiato in meglio
 
Improvvisamente uno schianto mandò tutti a gambe all’aria.
 
Volarono via mobili e le finestre si incrinarono, gli allarmi scattarono e subito la gente con le armi in mano puntò dritta verso la mensa, l’origine di tutto quel caos. C’era un sacco di fumo, nessuno osò aprire il fuoco per timore di ferire chi, sfortunatamente, si era trovato al momento dell’impatto e ora tentava di uscire dalla coltre asfissiante.
Quando finalmente la cortina fumogena si diradò aguzzarono la vista: una barca, una specie di chiatta di salvataggio rivestita completamente di ferro, aveva sfondato la parete della sala. Sprizzavano scintille due piccoli motori, una vela era afflosciata all’interno, qualcuno da li sotto si contorceva per uscire; una sciabola strappò a metà il tessuto permettendo così all’ uomo di corporatura robusta di venir fuori.
Oltre alla voluminosa pancia, braccio e gamba destra erano robotizzati, la gamba in particolare appariva come una stampella, anche l’occhio destro e parte di quella zona di viso avevano componenti meccanici, il bulbo oculare soprattutto era una sfera rossa che ruotava su se stessa. L’abbigliamento era un altro elemento interessante: addosso aveva un vecchio giaccone marrone, una camicia bianca schiarita e un paio di pantaloni a strisce rosse e verdi; in testa portava un cappello pirata come quello di Jack Sparrow, leggermente calato da un lato così che si potesse vedere la bandana rossa di sotto.
<< Yohoho! Come va gentaglia di mare? >> esordì lo sconosciuto, mostrandosi cordiale.
Il Capitano Amelia entrò in quel momento nella sala da pranzo, quando il suo sguardo si incrociò quello dell’uomo, iniziò a sibilare rabbiosamente.
<< Johnn Silver. >> disse a denti stretti. 
                                                                                  ****
<< Come è riuscito ad arrivare in un posto simile? >>
<< Non lo so e non mi interessa! È un pirata! Anche se siamo in missione non vuol dire che egli eviterà una condanna esemplare! >>
Amelia era furibonda, gli si era addirittura rizzato il pelo, Topolino e Oswald furono attenti dal restarle alla larga.
 
Johnn Silver era un personaggio che proveniva dallo stesso mondo della Capitana: una possibile versione futuristica della Terra dove gli abitanti avevano usi e costumi dell’epoca dei pirati.
Il nuovo ospite apparteneva all’ultima categoria, Elias se lo ricordava bene; ma non si sarebbe mai aspettato di poterlo conoscere di persona e come gli altri era curioso di sapere come mai si trovasse a navigare ai Confini dei Mondi, il tanto definito luogo “proibito”.
 
<< Lei pensa che potrebbe essere stato ingaggiato dal dittatore? >>
<< Sarebbe un ipotesi… ma lo escludo. Silver lavora per se stesso, non per gli altri, a tutti i costi deve essere al comando e mai si abbasserebbe ad operare per qualcun’altro. >>
<< Quindi è qui “per caso”, decisamente difficile da credere. Come intende operare nei suoi confronti? >>
<< Abbiamo centinaia di uomini che lavorano senza tregua su questa nave, avere un paio di mani in più non sarà un male: Silver si guadagnerà vitto e alloggio lavorando per noi. Ordinerò all’equipaggio il silenzio totale sulla missione nei suoi riguardi, potrebbe farsi delle strane idee se venisse a sapere dei gioielli della corona. >>
<< È lampante. >>
<< Un’ultima cosa… Elias, puoi entrare un momento? >>
Cavolo! Mi ha beccato!
Il ragazzo fino a quel momento aveva spiato l’intera conversazione di nascosto, uscire allo scoperto fu alquanto imbarazzante.
La donna gli si avvicinò camminando con la sua solita grazia, estraendo dalla tasca un manifesto da ricercato che ritraeva il parlato di cui aveva tanto parlato.
<< Ho un nuovo compito per te, il quale richiede molto impegno: dovrai fare la guardia al detenuto Johnn Silver. >>
<< Perché proprio io? >>
<< Perché sei un ragazzo. Quel pirata si aspetta di essere sorvegliato, ma non da un ragazzino, questo è certo. In tal modo abbasserà la guardia e non dubito che farà dei passi falsi, vedendo che sei l’unica persona intorno. >>
A Elias non andava di fare la spia, però quella era il primo vero e proprio compito importante che gli assegnavano e non aveva alcuna intenzione di discutere. Amelia marcò spesso il fatto che quell’uomo fosse un tipo dal cuore e l’anima nera che non avrebbe esitato a fargli del male; ma Elias assicurò che sarebbe stato all’altezza del compito.
Prima di dar inizio alla nuova mansione, trovò il coraggio di chiedere una cosa delicata:
<< Ehm… capitano, posso sapere una cosa? Con quel gioiello, quello che ho trovato, cosa ha intenzione di fare? >>
<< Stiamo prendendo in considerazione molte idee, ma questo non è un problema che ti deve interessare al momento. >>   
Elias fece per replicare ma si fermò.
Si passò entrambe le mani tra i capelli e se ne andò, in parte deluso con se stesso.
 
                                                                                  ****
Con la scusa di dover portare il pranzo al detenuto, Elias diede inizio all’incarico.
Le prigioni si trovavano proprio sul fondo della nave, quasi vicino alla chiglia, per raggiungerle si dovevano scendere un mucchio di scale e ad un certo punto usare persino un ascensore, questo per assicurare una difficile fuga a chi provasse ad evadere.
Quella zona era provvista di telecamere, mine, laser infuocati e altre diavolerie per tenere sotto controllo l’unico corridoio per accedervi, solo grazie ad una sorta di bardatura di ferro si poteva passare sani e salvi attraverso senza innescare quella trappola, raggiungendo così l’ufficio con le celle.
 
Appena entrò fu accolto da un allegro fischiettare, c’erano ben due piani di sole celle e se non fosse stato per quello avrebbe dovuto esaminarle tutte per trovare quella giusta, l’ultima in fondo al primo piano: lì dentro Johnn Silver trascorreva il tempo giocando con un cubo di rubik.
<< Ho portato da mangiare. >>
All’avviso il pirata smise di fischiare e giocare, si voltò verso Elias e l’occhio bionico brillò intensamente.
Rendendosi conto che si trattava di un ragazzo sorrise, mettendo in mostra i denti rovinati probabilmente dal fumo e dalla poca igiene.
<< Bene bene, finalmente. Il servizio è davvero pessimo, stavo per morire di fame. >>
Elias non rivolse alcuna parola al detenuto, limitandosi a passargli il vassoio.
<< Che ti prende mozzo? Il gatto ti ha mangiato la lingua? >>
<< Mi hanno ordinato di non rivolgere la parola ai criminali. >>
<< Davvero? Allora dovrai star più attento, visto che hai appena sprecato fiato. >>
Il ragazzo si morse la lingua, quel genere di giochetti li odiava, Silver se la rise di gusto rischiando di mandare di traverso il pasto.
Fare la spia, come accidenti si doveva fare un lavoro del genere?
<< Fammi indovinare, il nostro caro Capitano ti ha mandato qui perché vorrebbe che diventassi un vero marinaio, non è così? Decisione giusta. Per diventare uomini bisogna svolgere sempre i lavori più duri, però tu mi sembri ancora un poppante per certe cose. >>
<< Io non sono un poppante! >>
<< Hai anche la voce di un bambino, vuoi un ciuccio per caso? >>
All’inizio Elias si tenne molto sulla difensiva, gli insulti parevano una scusa per distrarlo e, al momento opportuno, costringerlo a commettere qualche errore che permettesse al pirata di fuggire; invece, col passare del tempo, si limitò ad una conversazione normale. L’astio iniziale passò senza che nemmeno se ne rendesse conto, ascoltò con interesse la chiacchierata del filibustiere arrivando a dimenticare con chi aveva a che fare.
<< Non mi hai ancora detto come ti chiami. >>
<< Elias. >>
<< Per la barba di Nettuno, che razza di nome. Tu non sei di queste parti, vero? >>
<< Bè… ehm… è un nome comune il mio. >>
<< Comune quanto quello di un Re. Non è vero, vostra maestà? >>
Elias fissò il pirata, la bocca rimasta leggermente aperta.
Silver prese dalla tasca della propria giacca un sigaro e lo accese grazie ad un accendino nascosto nel mignolo della mano robotica, inalando il fumo che usciva dalle narici.
<< Possono mantenere il silenzio quanto vogliono i miei carcerieri, questo trucco non funziona con me. Tu sei l’erede di quel tale chiamato Walt Disney, il cosiddetto “Re dei Sogni”, il “Viaggiatore dei Mondi” e altri simpatici appellativi. >>
Elias deglutì, Amelia non aveva esagerato nel dire che fosse un tipo molto furbo.
<< Nel vagabondare per i sette universi, non puoi non trovare un pirata che non conosca questo nome. >>
Tacque il ragazzo, sforzandosi di non far trasparire alcuna emozione.
 
Elias non aveva la più pallida idea di come fosse a conoscenza della verità, l’unica spiegazione logica era che avesse assistito alla serata di incoronazione.
Ma era un’idea che non lo convinceva, forse si trattava solo di tenere ben aperte le orecchie.
A questo punto non posso fare a meno di pensare, una volta per tutte, di essere realmente la reincarnazione di Walt! Persino un pirata afferma che gli somiglio!
 
Si incamminò verso l’uscita, gli avevano raccomandato di non farsi distrare da quell’uomo, e dopo quanto aveva detto, era assolutamente d’accordo con la cosa.
Prima di allontanarsi Silver gli lanciò una specie di bussola senza ago, mezza rotta e con gli ingranaggi che quasi uscivano fuori.
<< Ha ottenuto molta considerazione tra noi filibustieri questo Disney, soprattutto con l’unico sinonimo affibbiatogli: fortuna. Si dice abbia lasciato, oltre al suo titolo nobiliare, una ricchezza inimmaginabile: qualcuno spiffera che si tratti di oro e gioielli, altri invece addirittura di un atto di proprietà che riguarderebbe il castello, ma io sono convinto che si tratti di qualcosa di più prezioso del semplice oro. >>
Il ragazzo inarcò un sopracciglio, non avrebbe immaginato che Walt potesse rappresentare qualcos’altro di meno nobile per certi personaggi.
<< E mi sta dicendo questo perché si aspetta che io le dia uno di questi possibili tesori? >>
<< Certo che no, io mi aspetto ben altro da te ragazzo. Tienitelo stretto quell’oggetto, ci tornerà molto utile. >>
                                                                                  ****
Elias si era rintanato sulla cima del pennone, nella guardiola dove la vedetta scrutava l’orizzonte nell’eventualità ci fosse qualcosa da segnalare, era uno dei pochi posti in cui poteva starsene tranquillo per i fatti suoi.
L’uomo addetto a quella zona era uno di poche parole che si faceva gli affari suoi, costantemente attaccato ad una specie di binocolo attaccato ad un casco con lenti di varia grandezza.
Rifletteva il ragazzo sulla strana conversazione avuta con Johnn Silver: che fosse stato un pretesto il suo, per carpire informazioni sui cristalli?
Di più prezioso c’erano solo quelli, perciò appariva ovvia la cosa.
Quando aveva riferito ad Amelia ogni parte della conversazione si era allarmata e aveva messo sottochiave il cristallo, rinforzando inoltre la sorveglianza sul pirata…. decisamente non gli era affatto piaciuto quello che aveva sentito.
Si era tenuto per sé la bussola rotta, per quanto inutile gli piaceva e non gli sarebbe dispiaciuto riparlarla.
Guardò le nuvole provando a riconoscere forme familiari delle loro siluette, un gioco infantile che magicamente lo rilassava, soprattutto in compagnia dei nonni quando aveva la possibilità di andare a trovarli.
<< Capitano! Iceberg a prua! >> urlò all’improvviso la vedetta.
Amelia si affacciò dal ponte di comando, l’uomo indicò le “montagne di ghiaccio” galleggianti a poca distanza.
Era innaturale trovare degli iceberg in un fiume, la loro presenza sconcertò l’equipaggio intero che fissarono inebetiti gli enormi massi che passarono accanto alla nave lemmi-lemmi, perdendo pezzi che cadevano in acqua oppure sul ponte, rischiando di dare una sonora testata a qualcuno. Quando l’ombra sovrastava per pochi minuti il mezzo, i riflessi azzurri del ghiaccio si sparpagliavano rivelando perfette forme geometriche tipiche dei fiocchi di neve, nascoste all’interno delle venature dell’acqua congelata.
<< State all’erta uomini! Basta un errore e coliamo a picco! >> urlò la capitana.
Elias era contento di starsene sul pennone, si sentiva abbastanza al sicuro lì sopra.
Senza rendersene conto la bussola che teneva in mano aveva cominciato a brillare, come per magia cominciò ad auto-ripararsi… gli ingranaggi tornarono dentro il contenitore che fu rivestito da uno strato di marmo nero, un ago verde scuro al centro ruotava su se stesso, indicando i punti cardinali segnati.
 
Il ragazzo scoprì la trasformazione solo quando, mosso da chissà quale forza, la bussola lo strattonò di colpo fuoribordo.
 
La vedetta lo prese per i piedi, solo per un colpo di fortuna non caddero giù, agganciandosi con i piedi al bordo del cabinato. La bussola tirava, Elias fece di tutto per non perdere l’appiglio, proprio allora dagli iceberg vennero proiettate immagini di Walt Disney in persona, proiezioni che incantarono i personaggi che non riuscivano a credere ai loro occhi.  
Nulla della sua vita venne tralasciata, il suo volto faceva capolino da una parte e l’altra, i più scioccati erano senza dubbio Topolino e Oswald.
Un ultimo strattone e la bussola si liberò.
Cadde dritta in acqua, sparendo nelle profondità del fiume.
Le immagini sugli iceberg sparirono e i blocchi stessi si sciolsero diventando neve.
Tutti si guardarono intorno con preoccupante attesa, non si udiva altro che le onde frantumarsi sullo scafo della nave e la stoffa delle vele rizzarsi di colpo ogni qual volta il vento soffiava forte.
 
Improvvisamente il paesaggio divenne nebuloso, dal fiume delle bolle si levarono, la riva si allontanò sempre più.
La corrente fece sballottare la nave su e giù; in quel mentre la vedetta riuscì a sollevare se stessa e Elias al sicuro all’interno della postazione, tornando subito al lavoro…. trattenendo il fiato subito dopo. Prese una campana e la suonò, urlando scatenato:
<< Capitano! Capitano! Allarme! Cascata a prua! Ripeto! Cascata a prua! Stiamo per andare contro una cascata! >>
<< Una cascata!? Sei ubriaco marinaio!? >>
<< Purtroppo no capitano! >>
Non stava scherzando: c’era proprio una cascata lì davanti a loro, il fiume spariva non appena superati due spuntoni di roccia, precipitando verso un baratro celato da una colonna di vapore. Avvenne un caotico via vai tra la ciurma, ma manovrare la grossa nave per scongiurare la caduta non servì a nulla.
 
La nave volò letteralmente in aria.
Mentre precipitava produsse una sorta di fischio, gli oggetti non fissati finirono fuori bordo e la gente urlava, probabilmente il pensiero unico di tutti in quel momento era che stessero per morire.
Il tonfo che venne in seguito interruppe bruscamente l’evento, l’acqua inondò la nave e per un po’ Elias perse i sensi.
                                                                                  ****
Nelle prigioni l’unico occupante stava ad ascoltare i rumori all’esterno.
Anche lui era stato vittima della burrascosa avventura, diversamente dagli altri aveva la scorza abbastanza dura da mantenersi lucido.
 
La bussola aveva funzionato alla fine, se questa aveva raggiunto il suo scopo allora voleva dire che era giunto il momento di mettersi al lavoro.
Tutti i sistemi di sicurezza erano spenti, le telecamere che dovevano spiarlo erano ripiegate su se stesse inattive, quindi potè tirar fuori la chiave doppia e aprire la cella senza allarmare le guardie.
Recuperò la sua roba, controllò l’efficienza delle sue parti robotiche, tutto per prendere tempo prima di andare alla ricerca del tesoro di Walt Disney. 
                                                                                  ****
Punture gelide aiutarono Elias a risvegliarsi.
Era rannicchiato scomodamente nella postazione della vedetta, anch’egli all’interno priva di sensi.
Tutto dondolava, pioveva leggermente e la volta celeste era diventata buia, sentiva delle deboli voci che si confondevano con il verso di alcuni gabbiani e l’unica luce ad illuminare il panorama era la splendida aurora boreale.
Si sollevò e sbirciò di sotto, anche il resto della ciurma era stordito e pochi si erano rimessi in piedi dopo  la brusca avventura, solo una persona camminava in piena forma sul ponte, ignorando quelli che gli dicevano di fermarsi.
<< Spiacente molluschi mutanti, ho degli affari da sbrigare. >> disse Jhonn Silver.
Come il pirata fosse riuscito ad uscire aveva poca importanza, stava fuggendo e lui che doveva controllarlo non poteva lasciarselo scappare: mentre il cyborg preparava una scialuppa di salvataggio, Elias silenziosamente si calava alle sue spalle; sapeva che contro un omaccione simile non poteva combinare nulla, aveva bisogno di una strategia a riguardo.
Ma Silver di certo non aspettava, calata in acqua la barca cominciò a remare verso l’orizzonte, Elias perciò decise di gettarsi in acqua e si aggrappò al bordo dell’imbarcazione, lasciando dietro di sé una scia di oggetti che potevano galleggiare e quindi fare da segnali indicatori.
Era gelida l’acqua, compì uno sforzo immenso per non battere i denti, desiderando ardentemente un boccale di cioccolata calda. Silver canticchiava, ma si potè notare un chiaro disagio nelle note scoordinate e spesso interrotte, una cosa strana per un duro come lui….
Che accidenti stava accadendo?

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Capitolo 13
*** Capitolo 13: Destino ***


Capitolo 13: Destino
 
Ehi, l’acqua è diventata più calda… che fortuna. Non morirò più di freddo. 
Dopo diverso l’aria si fece meno fredda e con essa l’acqua, permettendo ad Elias di riscaldarsi un poco.
Silver aveva smesso di cantare da parecchio tempo, negli ultimi minuti aveva più spesso esaminato una sfera che, schiacciato un pulsante, riproduceva con dei laser una mappa, sopra trattini luminosi che proseguivano in una direzione non molto ben delineata.
Parlava tra se e sé, spesso si trattavano frasi di auto-incoraggiamento, quando di colpo tacque, Elias sbirciò dal suo nascondiglio scoprendo che erano giunti a destinazione.
 
La terra che apparve era una distesa deserta con montagne all’orizzonte, qualche cespuglio e delle grandi costruzioni adorante con sculture dalle forme umanoidi o animali erano sparse nei dintorni, alcune sepolte nella sabbia.
Elias aveva l’impressione di aver già visto da qualche parte quelle strane opere ma non riusciva a ricordare dove….
 
Improvvisamente toccò il fondale e con la testa andò a sbattere contro la barca, Johnn Silver si accorse allora della sua presenza, tirandolo a bordo grazie al braccio meccanico.
<< Che diavolo ci fai tu qui?! Credevo che fossi KO insieme a quelle mezze sardine! >>
<< Non abbastanza da permetterti di fuggire, criminale! >>
<< Non so scappando per la libertà, piccolo mollusco spaziale! La mia ragione è un’altra! >>
<< Quale? Un tesoro del cavolo che ti farà diventare ricco? >>
<< No. Un solo gioiello per salvare il nostro mondo. >>
Silver tirò fuori la sua mappa sferica e la proiezione virtuale di uno dei cristalli che Elias stava cercando.
La figura roteava sulla cima della mappa mentre sotto di essa comparivano delle scritte abbinate a foto di Walt Disney, del castello dove lo avevano quasi incoronato e del Principe Folly.
Avevano intuito giusto alla fine: Silver era a conoscenza di tutta la storia, nascondergli la verità era stata una perdita di tempo, e non era il solo motivo che spiegava la sua presenza estranea da quelle parti.
<< Tu vuoi salvare il mondo? >>
<< Si, proprio come voi idioti e so soprattutto che state navigando a caso, senza avere la più pallida idea di dove andar a cercare quei gioielli. Al contrario di voi, però, io so quale rotta seguire, ed è grazie a questa mappa che a quanto pare il tuo antenato ha lasciato. >>
<< Quella palla… davvero contiene le indicazioni per trovare i cristalli? >>
Elias rimirò il futuristico oggetto, sotto la luce superficie ambrata luccicava molto più intensamente, le incisioni sottili erano molto marcate viste da vicino… non riusciva a credere che lì dentro potesse esserci la strada per i ritrovamento dei tesori ambiti da buoni e cattivi.
<< Quando l’ho avuta tra le mani ho pensato che avrei potuto approfittarne e tener per me il tesoro… ma diamine! Sarò uno che non esita a tagliar la gola a chi si mette sulla mia strada, ma che Nettuno mi anneghi se mento quando dico che non ho a cuore il futuro della mia terra!
Anche io sono vittima di quel maledetto Principe Idiota! Ha ucciso un sacco di miei compagni! Perciò ho accettato di salvar le chiappe a tutti e ora mi trovo qui! >>
<< Ma…. Non capisco… E quella bussola? >>
<< Era la chiave per sbloccare il percorso che ora andremmo a percorrere; ci porterà da uno di quei gioielli. Hai già trovato una “chiave” simile, dico bene? Ho sentito che si trattava di una perla. >> 
 
Elias era senza parole.
Di certo una cosa del genere andava aldilà di ogni sua immaginazione.
Si sentì in colpa per aver trattato male il pirata, non sapendo cosa dire per scusarsi, gli chiese quali fossero i suoi progetti, ora che erano a destinazione.
<< Scarpinare  e sperare in una enorme dose di fortuna. >>
<< Non è rassicurante. >>
<< Questa è la vita dei cercatori di tesori gamberetto, d’altra parte, qui ci sarà bisogno di più di due occhi per guardarsi le spalle. Questo posto è strano… che va oltre l’alieno… >>
Silver aveva detto bene, le bizzarre sculture non incutevano una gran fiducia, non con quegli occhi spalancati o le braccia lunghe fino ai piedi: da qualunque idea di Walt Disney fosse scaturito quel posto… doveva essere basata su qualche suo problema, che forse si era trasformato in quell’insieme di cose senza senso.
Ormai si trovava lì, pattuita una tregua diede inizio all’esplorazione, augurandosi di trovar presto la seconda gemma.
                                                                                  ****
Sulla “Silly Symphony” tutti si erano ripresi dal burrascoso viaggio.
Risistemarono la nave e gli strumenti a bordo, controllando ogni centimetro quadrato affinchè non ci fossero falle, solo le balene apparse nel mentre avevano la voglia di giocare, ignorando il caotico lavoro a bordo della nave.
 
Quando si scoprì che mancavano sia Elias che Johnn Silver il Capitano Amelia diede di matto: la donna gatto impartiva ordini senza permettere di far riprendere fiato ai poveri marinai, voleva seguire le tracce lasciate dal ragazzo il più fretta possibile, persino Topolino e Oswald si ritrovarono “vittime” del suo feroce atteggiamento.
<< Caspiterina! Spero che Elias stia bene! I pirati possono essere davvero cattivi! >> disse Topolino preoccupato.
<< Questo nostro nuovo Re ci sta facendo sudare sette camicie! La prossima volta chiudiamo anche lui in gabbia così se ne sta buono! >> replicò Oswald al contrario.
<< Vorrei che Yen Sid fosse qui con noi: con la sua magia risolverebbe in un battibaleno questo guaio! >>
<< Oppure trasformarci in criceti per aver lasciato scappare sua maestà… >>
Ad un tratto uno dei marinai annunciò di aver trovato qualcosa: tirò fuori dall’acqua con una lunga lenza la bussola che Elias aveva ricevuto dal pirata, ancora pulsante di luce.
Tutti erano incuriositi dal’oggetto, domandandosi da dove provenisse; poi di colpo la freccia indicatrice prese a ruotare vorticosamente per poi bloccarsi, indicando una nuova direzione; nel medesimo momento la nave si spostò violentemente nella stessa direzione, virando con una angolazione ad “U” molto brusca, allontanandosi dal percorso segnato da Elias.
<< Timoniere! Chi ti ha detto di cambiare la rotta?! >>
<< È la nave Capitano! Si sta muovendo da sola! >>
<< Fate qualcosa lavativi! Intervenite! >>
<< Ci stiamo provando! Ma è inutile! È tutto bloccato! >>
Riprendere il controllo del vascello fu vano, il timone era duro come la pietra impossibile da girare, persino il tentativo di spegnere i motori fu un’idea da scartare.
Era come se la nave fosse stregata.
<< Poteva andare peggio. >> commentò qualcuno, cercando di vedere il lato positivo.
Le parole gli si cacciarono in bocca quando comparve una massa all’orizzonte.
 
                                                                                  ****
Era tutto deserto, eppure faceva un freddo cane.
Durante il viaggio Elias e Silver non avevano incontrato alcun essere vivente “normale”: trovarono animali come elefanti e giraffe dalle zampe assurdamente sottili e più lunghe del resto del corpo, gusci di uova rotti poggiati su avvallamenti e dorsi di montagne, costruzioni decadenti di torri dalle aperture che stranamente avevano la forma di facce, parti umane che spuntavano dalla roccia oppure orologi sciolti.
Elias era sicuro di aver già visto quelle assurdità, glielo diceva la sensazione che qualcosa di simile l’avesse tormento per lungo tempo, quando era piccolo.
 
Ad un certo punto all’orizzonte comparve qualcosa; corsero verso di essa e quando la raggiunsero scoprirono che si trattava di un’altra costruzione che, al contrario delle altre, aveva un aspetto più normale: si trattava di una grande struttura piramidale poggiata su due basi quadrate, uno dei quattro lati aveva scolpito sopra una figura umana intera con una mano poggiata su un orologio, sorretto da una testa di medusa e un cherubino.
Poco distante sulla sinistra si vedeva un campanile la cui ombra giungeva fino alla base della piramide, guarda caso la punta dell’ombra indicava un oggetto semisepolto nella sabbia: una targa di lucido bronzo.
“Nel 1946, due leggendari artisti iniziano la collaborazione per un film corto. Più di mezzo secolo dopo, la loro creazione è stata finalmente completata.”
Riflettè il ragazzo su quali persone e quale film si riferisse la targa.
L’illuminazione giunse con un lampo, incredulo alla conclusione a cui era arrivato si passò le mani tra i capelli girando su se stesso per fissare tutto ciò che lo circondava, balbettando parole sconnesse e nomi dal suono fantasioso.
<< Salvador Dalì! >> riuscì ad esclamare.
<< “Saltatore chi?” >> ripetè Silver senza aver capito.
<< Salvador Dalì! Il pittore più assurdo del mondo! È di lui che si parla nella targa! Insieme a Walt Disney! >>
Rapidamente, preso dall’emozione che gli toglieva il fiato, spiegò quel binomio incredibile: Salvador Dalì, uno dei massimi esponenti della corrente artistica detta Surrealismo, incontrò il genio della fantasia Walt Disney e insieme, trovando chissà quale similitudine ad accumunarli, diedero il via ad un complesso e folle progetto che mescolava i loro stili artistici: Destino. Doveva diventare un film dai profondi significati rappresentati, per l’appunto, dalle opere di Dalì che avrebbero accompagnato la classica storia d’amore ideata da Walt... ma sfortunatamente, per una serie di circostanze, il progetto non venne mai completato se non molti anni dopo dal nipote di Walt che lo trasformò in un cortometraggio.
<< Tutto ciò riesce a interessarmi quanto una pulce sul pelo di un cane morto. Questo imbratta tele ha qualche utilità per il nostro viaggio? >>
Elias ne era certo al 100%, le figure realizzate da Dalì avevano un significato preciso, un suo cugino fissato con la storia dell’arte gli aveva fatto una testa tanta con quei dipinti e aveva imparato giusto qualcosa.
"Cosa c'è di più surreale? Un'opera d'arte che vola via e non si fa imprigionare, libera come i nostri sogni".
<< Follia bella e buona. Questa roba è solo un mucchio di sciocchezze. >>
<< Sono convinto che non è un caso se ci troviamo qui. >>
<< Siamo sbarcati in questo circo a cielo aperto solo perché stiamo evitando che un tizio dalle braghe rosa ci faccia diventare suo schiavi. >>
<< Non può essere così semplice! >>
Silver era scettico sulla teoria di Elias, avrebbe potuto discuterne all’infinito ma non sarebbe riuscito a far cambiare idea al pirata, perciò imbronciato riprese il cammino, lasciandosi alle spalle la piramide e la targa commemorativa, senza notare le impronte di piedi che si formavano sulla sabbia proprio dietro di loro.
                                                                                  ****
Il Castello Disney ogni giorno si riempiva di sudditi.
L’impresa per la ricostruzione della corona del Re era un costante pensiero, tutti supplicavano di poter avere notizie per essere rassicurati sul fatto che il Dittatore non stesse vincendo.
Yen Sid desiderava poter dare informazioni alla gente, ma era importante che nessuna notizia trapelasse fuori dalle mura; i suoi poteri non potevano dar più aiuto di quanto non avesse già potuto fare normalmente.
Era tutto nelle mani del Re.
 
Restare con le mani in mano lo rendeva inquieto, indossò sul capo il suo cappello a punta blu e si diresse fuori dal palazzo.
Evocato con la magia una carrozza incantata che poteva muoversi senza cavalli si recò nella sua dimora, un’altissima torre di pietra circondata da un fitto bosco e con il cielo perennemente oscurato da anomale nuvole color bronzo.
Risalì una lunga rampa di scale fino a raggiungere il suo studio, una stanza ovale con alambicchi e provette che contenevano strane creature e sostanze, libri di varie dimensioni erano sistemati secondo un preciso ordine di rune negli scaffali illuminati da candele mezze sciolte, strumenti quasi scientifici giacevano impolverati su larghi tavoli di legno.
Lo stregone prese a sé una sfera di vetro posta sulla sua scrivania, vi poggiò le mani sopra e quando le sollevò una scia di energia magica venne trascinata fuori, sparpagliandosi nella stanza come festoni di carnevale. Eseguì  dei gesti particolari, le dita sfioravano la superficie di cristallo che distorcevano la magia mutandola in forme simili a fiocchi di neve; una luce azzurra venne proiettata dall’interno della sfera, formando un cono che originò  delle immagini, dapprima in bianco – nero e poi colorate, unite formarono una visione di quelle azioni che i nostri eroi stavano compiendo.
Fu stupito di veder Elias in sola compagnia di un pirata… ciò che però trovò su stupefacente fu il paesaggio si trovavano.
Osservò a lungo le sue azioni, le mani congiunte sul grembo, quanto stava accadendo lo incuriosiva, aveva letto alcuni libri su “Destino” ma nulla di utile gli era apparso.
 
Ad un certo punto da uno dei libri si manifestò una apparizione: un disegno, posto nelle ultime pagine, fu l’oggetto scatenante.
L’inchiostro nero e il tenue viola delle ombre emersero dal bianco foglio, una figura femminile dalle forme aggraziate danzò davanti a lui, seguendo il ritmo di una musica non udibile. 
Lo stregone la osservò sconcertato, indeciso se usar o meno la magia per propria difesa… la creatura d’inchiostro lo percepì e con le mani giunte in preghiera fermò i suoi intenti… facendo apparire sul suo stesso corpo la ragione della sua apparizione: “Loro hanno bisogno di te. Salvali.”
Yen Sid non capì a cosa riferisse fino a quando la donna non si trasformò in un veliero.
Sollo allora congiunse le due cose.
 
Dopo pochi istanti stava pronunciando parole incomprensibili.
L’incantesimo che stava eseguendo avrebbe fatto venir la pelle d’oca a chiunque, le mani si muovevano nell’aria in rapida successione generando scie luminose che si trasformavano in rune, ai suoi piedi un cerchio incantato lo circondava proiettando una magica luce rossa rubino.
Ad un certo punto tutta quella energia esplose, lo studio vibrò sotto la forza magica dello stregone rischiando di distruggere ogni cosa al suo interno, lì dove si trovava il cerchio runico ora c’era una sorta di grande specchio che rifletteva un mondo diverso, intorno a lui il vuoto cosmico.
<< Topolino! Oswald! Mi sentite?! >> urlò lo stregone.
Ciò che Yen Sid vedeva attraverso quella specie di specchio era una vasta massa d’acqua, della Silly Sinphony non c’era traccia.
<< Qualcuno mi risponda! >>
<< Yen Sid?! È davvero lei?! >>
La voce della donna gatto finalmente rispose alla chiamata, l’imponente figura della nave comparve poco dopo, sfrecciando a tutta velocità sull’acqua.
La ciurma a bordo era in preda al panico, chi mostrava un minimo di lucidità cercava di riparare delle falle sullo scafo.
Dietro di loro sott’acqua, si accorse, una grande ombra li inseguiva, minuscole scintille rosse brillavano sulla punta ad un palmo dallo scafo, due grosse protuberanze si allungavano con discontinuità per cercare di toccarlo.
La “cosa” fece un salto fuori dall’acqua, rivelandone la natura mostruosa.
Era una specie di crostaceo, il carapace grigio con incisi sopra sottili segni che brillavano di azzurro, aveva quattro chele e ognuna di esse cercava di afferrare la nave.
Quello era il Leviatano, una creatura meccanica posta a guardia del regno di Atlantide.
 
<< Amelia! Ditemi cosa sta succedendo?! >>
<< Maestro Yen Sid! Siamo inseguiti da quella bestiaccia da ore! La nave affonderà da un momento all’altro! >>
<< Cercate di resistere! Date più energia ai motori! >>
<< Non possiamo! È tutto bloccato! La nave agisce di proprio conto! >>
Yen Sid non riuscì a credere alle proprie orecchie, tanto meno che ai suoi occhi.
Non perse tempo, richiamò nuovamente le forze mistiche della magia facendole fluire attraverso lo specchio, nello stesso tempo, nel mondo in cui i viaggiatori si trovavano, una pioggia di stelle cadenti andò in loro incontro, alcune che si inabissarono sott’acqua. Il primo gruppo di stelle circondò la nave poggiandosi delicatamente sullo scafo, sprigionarono un’aura d’oro… subito dopo la Silly Sinphony si alzò in volo…. ma il Leviatano non rimase ad osservare la scena quieto.
Saltò ancora e con la punta di una chela riuscì ad agganciarsi, la nave smise di sollevarsi ed entrambi rimasero a penzolare in aria.
Sul fondale, le altre stelle si ingigantirono a tal punto da raggiungere le stesse dimensioni della creatura, catene d’oro scaturirono dalle loro punte per avvolgerla completamente, tirando verso il basso. Contestò la bestia sonoramente, ma fu vana la resistenza, finendo infine per staccarsi ed essere trascinata sul fondo senza fine dell’oceano.
La nave riprese a volare, i suoi occupanti tirarono un sospiro di sollievo, accasciandosi sul ponte provati dalle continue “emozioni”.
<< Maestro… lei è un salvatore. >>
<< Non riesco a capire come abbiate fatto a finire in una situazione tanto inverosimile. >>
<< È cominciato tutto grazie ad un pirata…. >>
<< Jhonn Silver. So tutto. È insieme a Elias in questo momento, che tentano insieme di recuperare il secondo gioiello della corona. >>
<< Cosa?! Quel furfante matricolato sta davvero facendo questo?! >>
<< Non temete, le sue intenzioni non sono le stesse che animano la mente malvagia del principe. Egli sta aiutando il Re, nei suoi occhi ho letto onestà. >>
<< Sul… serio? Ma perché? >>
<< Questo non lo so, ma di sicuro non farà del male a Elias. Ora riposate, recuperate le forze e lasciate che la nave vi guidi lì dove vuole portarvi. >>
<< Mi perdoni Maestro se le sembro maleducato, ma questa idea non pare così buona. >>
<< Abbiate fiducia amici miei, non c’è alcun pericolo nell’imprevisto dirottamento. Sono perché sta accadendo, ma sono certo che è l’unico modo per avere un vantaggio sul nostro nemico. >>
Quelle ultime parole tranquillizzarono poco, il dubbio e l’agitazione brillava attraverso gli occhi stanchi di coloro che, nonostante la rassicurazione di colui che rispettavano più al mondo, non riuscivano a tranquillizzarsi.
 
                                                                                  ****
Elias era preoccupato per gli altri, sperava che stessero bene tutti quanti.
Remì era l’individuo di cui sentiva più nostalgia, anche se era un topo la sua compagnia si era rivelata preziosa e senza di lui si sentiva abbandonato.
Non farsi prendere dalla malinconia fu atroce, voleva restare lucido quanto più possibile, distrarsi era un’opzione che non voleva più permettersi.
 
Now I can smile and say
Destino, my heart was sad and lonely
In knowing that you only
Could bring my love to me
 
Destino, this heart of mine is thrilled now
My empty arms are filled now
As they were meant to be
For you came along
Out of a dream I recall
 
Yes you came along
To answer my call
 
I know now that you are my destino
We'll be as one for we know
Our destiny of love
Destiny, destiny, destiny, ever I follow, follow, follow my Destino.
 
Era stato improvviso, Elias si era bloccati all’udire un canto proveniente dal nulla.
<< Hai sentito anche tu, vero? >> chiese al pirata che, al contrario, non aveva udito niente
Era stata una voce femminile, la parlata era inglese ma con l’accento spagnolo…. La canzone che accompagnava il cortometraggio di Destino.
Si accorse solo allora che i particolari animali e le costruzioni erano scomparsi, all’orizzonte, qualcosa prese forma, riflettendo i raggi del sole che rischiò di accecarli: un castello.
 
La forma non era esattamente quella di una reggia, assai discosta da quella tipica che invece il Castello Disney rappresentava perfettamente.
La struttura, a prima vista, pareva un rudere diroccato privo sia di forma che di grazia… più precisamente un ammasso di forme contorte tipiche dell’arte di Dalì che, grazie ad un particolare gioco di illusioni e prospettive, formavano torri, cappelle, merlature ed eccetera.
Che quella canzone fosse un avvertimento per… questo?
Ma non era ancora finita: una donna con lunghi capelli neri che il vento faceva dondolare sinuosamente nell’aria approcciò il duo, il corpo coperto da un leggerissimo vestito trasparente che faceva intravedere le forme. Silver con un braccio intero coprì gli occhi ad Elias, con l’altro robotico tirò fuori una sciabola… la donna però non mostrò alcuna ostilità nei loro confronti, sorridendo seducentemente con belle labbra carnose.
Il suo corpo ad un certo punto si dissolse, divenendo un’ombra che sfrecciò sul suolo in direzione del castello, una sorta di invito quello a seguirli.
<< Il comitato di benvenuto è alquanto “interessante”, ma ci vuole ben altro che una bella sirena per incantarmi. >>
<< L’altra pietra è sicuramente dentro quel posto. Andiamoci subito. >>
<< Calma ragazzino, mai partire verso il mare aperto senza prima conoscere le sue insidie. Potrai anche conoscere chi ha dato origine a questa landa, ma ricorda che adesso ti si pone da una prospettiva assai diversa. Questo luogo è colmo di misteri… e presenze aliene. Dobbiamo stare ben attenti qui… >>
<< …così fa paura la cosa… >>
<< Stammi dietro piccoletto, per trovare il tesoro dovremmo essere maledettamente fortunati. >>
 
Si fecero coraggio i due ed entrarono.
L’interno non era tanto diverso dall’esterno; esplorarono con cautela le stanze che, nella loro anomalia, riproducevano ambienti tipici di una casa normale: camere da letto, bagni, salotti… probabilmente solo un pazzo avrebbe avuto il coraggio di abitarci. Non incontrarono minacce, bastarono, ad esempio, le scale che collegavano tra loro le zone per mandarli in palla: erano sotto e sopra, oblique oppure orizzontali, alcune addirittura a chiocciola mentre altre disposte a zig-zag… insomma, non erano affatto normali!
 
Furono costretti per questo motivo, a fermarsi.
 
Per la centesima volta si ritrovarono al punto di partenza, un “salotto” fatto di conchiglie, si sedettero sullo strano divano di tuorli molli e freddi e non fecero più nient’altro, la casa era peggio del labirinto di Alice nel Paese delle Meraviglie, nemmeno lasciar indicazioni tornò utile in quanto una specie di figura umana femminile, alta e magrissima, il cui corpo era composto nientemeno di cassetti, compariva dal nulla e cancellava i segni.
Era stregato il posto, altro che artistico.
Era ben nascosta la pietra, persino il Principe Folly avrebbe sicuramente avuto difficoltà.
Elias però non era ancora pronto a gettar la spugna sebbene le cose dicessero il contrario, lui voleva restar aggrappato alla fiducia con la quale era partito, voleva tenersi dentro quella sensazione che lo faceva sentire utile per la causa.
Era stressato, Dalì stava mettendo a dura prova i suoi nervi.
Mi chiedo come accidenti sia riuscito Walt Disney a lavorare a fianco di Dalì. Non mi sorprende che abbiano impiegato secoli a finire “Destino”, io, al posto di Walt, mi sarei arreso già dal primo schizzo. 
È molto più semplice disegnare…. Topolino? 
 
Mentre pensava, gli occhi di Elias si soffermarono su un minuscolo dettaglio: 3 cerchi che formavano nell’insieme il simbolo di Topolino. 
 
Era mimetizzato tra le numerose spirali incise sul pavimento, si doveva girare la testa in un certo modo per riuscire a scovarlo; a prima vista poteva sembrare solo una curiosa coincidenza, ma poi si rese conto che quel disegno si ripeteva.
Si mise a quattro zampe e cominciò a seguire il sentiero, il collo dolente per la posizione forzata della testa, il pirata da dietro lo seguiva. Disse ben poco Elias, non voleva rischiare di perdere di vista il segnale, riprendendo inconsapevolmente l’esplorazione; stavolta badavano ad una cosa sola, la creatività del castello non riusciva più a distrarli.
Gira e rigira, i “topolini” portarono i due viaggiatori in un’ala della casa non visitata.
Era un semplice corridoio a prima vista, situato nei pressi di una camera da letto con aragoste come tema, ma alla fine c’era una porta di legno priva di maniglia e con uno spioncino posizionato in alto, al centro della superficie rugosa. Non c’era verso di aprirla, si poteva solo spiare quel poco di chiaro che si trovava dall’altra parte, una massa nera con una sfuocata striscia marrone a terra….
<< Mi sembra di vedere un altro corridoio, ma non ci giurerei nemmeno sul forziere di Davy Jones.
Per fortuna ho la chiave giusta proprio qui, a portata di mano. >> disse Silver, scambiando l’arto da cyborg con la sua sciabola.
<< No fermo! >> gli urlò tardi Elias.
Non appena la superficie metallica dell’arma si scontrò con quella della porta, un enorme guantone di gomma ne uscì fuori colpendo in piena faccia il pirata che venne “sparato” all’indietro, facendolo precipitare nella stanza situata dalla parte opposta. Il ragazzino andò a soccorrere Silver, il quale cercava di uscire dall’armadio nella quale si era infossato, il braccio metallico andato in corto circuito sprizzava scintille e vibrava stranamente.
<< Sto proprio invecchiando, una volta nemmeno una palla di cannone avrebbe potuto scalfire la mia pellaccia. >>
<< Non si può risolvere tutto con la forza! Perché voi pirati dovete fare sempre così? >>
<< Perché ci divertiamo. >>
Sospirò esasperato il ragazzo, per lo meno quell’atteggiamento era il segno che stava bene.
Tornarono alla porta, il guantone da boxe era sparito nel frattempo, toccandola normalmente non scatenò nulla.
Bisognava aprila, niente gesti bruschi però.
A braccia incrociate Elias provò ad individuare il segreto per aprirlo.
Aspetta! Siamo in una casa costruita da un pittore fissato con i simboli e i significati della vita! Non avrebbe mai perso tempo per fare qualcosa di banale!
La teoria di Elias parve essere captata dalla misteriosa natura della casa, proprio in quel momento le venature del legno iniziarono a scivolare sul ripiano marrone chiaro per mescolarsi tra loro e realizzare dei numeri che fuoriuscivano leggermente: 68, 86, 22, 4, 7, 9, 24, 21, 37.
 
<< NON AZZARDARTI A FARE SCIOCCHEZZE! >>

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Capitolo 14
*** Capitolo 14: la spia ***


Capitolo 14: La spia
 
La voce di Oswald per poco non gli fece esplodere i timpani, per lo spaventò arrivò a saltare tra le braccia del pirata.
<< Oswald! Calmati! Non c’è ragione di urlare! >>
Altre voci si aggiunsero, tutte che ricondusse alla ciurma di marinai della “Silly Sinphony”.
Era sorpreso e contento al tempo stesso, sapere che stavano tutti bene lo rassicurò, vederli però avrebbe reso il momento ancora più speciale e avrebbe, tra l’altro, calmato Silver che imprecava come un dannato per la paura.
<< Per forza sciocco! Ci senti telepaticamente! Il Maestro Yen Sid è autore di questo! >>
<< Oswald, calma ora, lascia parlare me adesso. >>
La voce dello stregone lasciò Elias senza fiato, parevano trascorsi secoli da quando aveva parlato con lui l’ultima volta… l’uomo, prima di proferire parola, dovette ripetutamente zittire l’altra gente collegata a quella magica comunicazione… quando il silenzio fu totale si schiarì la voce e si rivolse a Elias.
<< Sono lieto di sapere che stai bene ragazzo. >>
<< “Bene” è una parola grossa… >>
<< Conosco la tua situazione. Lasciami dire che è stata un’azione sconsiderata la tua, hai rischiato di mettere a repentaglio la tua vita. Ma non nego che ammiro ciò che hai fatto fino adesso. Hai dimostrato un coraggio senza pari. >>
<< Io direi una stupidità senza limiti. >>
A qualcuno scappò da ridere per l’intervento di Oswald, buon per lui che Yen Sid non era lì presente.
Ripresero a parlare, condividendo le esperienze vissute fino all’intoppo della porta, lo stregone pose curiose domande su ogni dettaglio di quell’ostacolo prima di tacere.
<< La porta divide gli ambienti, si apre o si chiude per permettere il passaggio da un ambiente all’altro della casa, e nei sogni segnala e divide aspetti psichici diversi. >> disse ad un certo punto il mago.
La parola “sogni” incuriosì Elias, aveva avvertito uno strano effetto nel momento in cui era stata pronunciata.
<< La sua presenza enfatizza questa diversità oppure mette in evidenza la necessità di un passaggio. Può essere simbolo della rivelazione, di un passaggio ad una realtà superiore e di tutte le istanze legate all’evoluzione dalla materia allo spirito. >>
<< Non credo di capire… >>
<< I numeri che vedi hanno un preciso significato, sono come dei simboli che dicono quale “tipo” di porta un individuo si trova davanti: ognuno mostra una diversa realtà che può risultare invitante oppure misteriosa, terrorizzante o meravigliosa. Di conseguenza l’ambiente a cui si accede sarà molto importante, questo avviene spesso per la comprensione di un sogno, così come importante sarà la facilità o la difficoltà nell’aprirla per andare oltre, o nel chiuderla per proteggersi da ciò che sta fuori. >>
Si sentì piccolo Elias di fronte a quella montagna di informazioni; gli faceva venire il mal di testa. A quel punto chiese quale numero avrebbe dovuto schiacciare per aprila, la risposta fu che avrebbe dovuto capirlo da solo in quanto era, chiaramente, la sua porta e solo lui aveva la chiave giusta.
Non gradiva la soluzione Elias, d’altra parte non si tirò indietro.
Lesse e rilesse i numeri provando ad intuire quello esatto, di tanto in tanto azzardava ad avvicinare la mano per poi ritirarla incerto, aggrappandosi ai propri vestiti.
Decise di correre il rischio: schiacciò con un colpo secco il numero 68… con il contatto mentale potè avvertire l’ansia delle altre persone, in attesa di sapere il risultato di quel gesto. Ci fu uno scatto metallico, qualcosa di pesante che ruotava… la porta si aprì davanti ai suoi occhi.
Per poco non svenne, era stato davvero emozionante.
<< Complimenti mozzo! Ora la strada per il tesoro sarà semplice come una navigata su una vasca da bagno! >>
<< Stai buono manigoldo! Non c’è nulla di “prezioso” lì dentro che serve ad arricchirti! >>
<< Stia calma mia cara Amelia, voglio solo aiutare il giovanotto, nulla più. Non sono mica un farabutto come quel Principe che tanto in comune disprezziamo. >>
<< Sarà meglio per te che tu stia dicendo la verità Silver, perché ti posso giurare che se osi torcere un capello al ragazzo io… * >>
Improvvisamente calò il silenzio, nelle menti dei due avventurieri non si sentiva più la presenza dei personaggi, solo i propri pensieri.
Prima di chiedersi che cosa stava accadendo, un manto nero avvolse il pirata dalla testa ai piedi, trascinandolo all’interno del passaggio rivelato. Elias venne solo spinto da un lato, sbattendo contro la parete, nella distorta visione della botta vide la scena senza rendersi conto degli occhi nascosti nel nero mantello che per un breve attimo lo fissarono intensamente.
 
<< Elias! Elias! >>
Il “collegamento” mentale riprese a funzionare, le voci dei compagni di viaggio si susseguirono incessanti l’una dietro l’altra.
La testa pulsava, la zona dietro la nuca sprigionava un lancinante dolore che dava l’impressione che un coltello, o qualcosa di appuntito, si fosse infilato fin dritto al cervello.
<< Buon cielo Elias! Dicci qualcosa! >>
<< Sono a posto Topolino… non ti preoccupare… >> solo quando sentirono la sua voce la gente potè un poco calmarsi, ciò nonostante continuarono a fargli domande e parlargli.
<< Qualcosa mi ha spinto… >>
<< “Qualcosa”? Qualcuno vorrai dire! E si tratta di uno molto brutto! >>
Quando chiese cosa gli fosse successo, non si raccapezzò del fatto che il pirata fosse stato rapito dal misterioso individuo che lo aveva violentemente spinto, non esitò a quel punto a raccogliere il suo cappello e correre verso il passaggio rivelato, ma venne fermato da Yen Sid che lo mise in guardia.
<< Non essere precipitoso Elias! Chiunque sia ha mostrato un’aura malvagia senza pari! Proprio essa ha interrotto, con spaventosa facilità, i miei poteri… Temo che si tratti di un’appartenente delle schiere nemiche…. >>
<< Cosa devo fare allora? Non posso lasciare Silver nei guai! >>
<< Da solo non puoi affrontare questo sconosciuto! Potrebbe ucciderti! >>
<< E poi perché ti preoccupi di quel mezzo cyborg? è un fuorilegge assettato di sangue e avido di denaro! >>
<< Mi dispiace gente, ma io non lascio nessuno nei guai. >>
Con coraggio il ragazzo attraversò la porta la quale si chiuse alle sue spalle con un sonoro tonfo.
Per qualche minuto l’oscurità gli impedì di vedere, poi lentamente, con incanto, delle colorate bolle luminose sbucarono dappertutto, fornendo l’illuminazione che gli serviva.
<< Buona fortuna ragazzo. >>
                                                                                  ****
Elias avanzò attraverso il passaggio segreto.
Le bolle di luce oltre a generare tutti i colori dell’arcobaleno cambiavano pure forma, esse scaturivano attraverso sottili crepe nel muro; a mano a mano che avanzò la galleria si allargò e l’oscurità si fece meno opprimente, rivelando l’apparenza di una casa abbandonata che pareva sul punto di crollare da un momento all’altro, libri e disegni ingialliti erano appiccicati all’interno di cornici, principalmente scarabocchiati. 
 
Un “crack” alle sue spalle lo fece voltare, spaventato afferrò un sottile pezzo di legno, più somigliante ad uno stuzzicadenti.
 
La donna da lunghi capelli corvini gli stava sorridendo, i riflessi di luce delle bolle svelavano le sue forme più del dovuto e perciò in un attimo le guancie arrossirono… posò l’arma improvvisata e distolse lo sguardo per la vergogna. Gli porse la mano la donna, lui con incertezza la prese stringendola delicatamente per paura di farle male; mano nella mano lo condusse serenamente attraverso il cadente passaggio aiutandolo così ad evitare i pericoli celati nel percorso, trasmettendo la stessa sicurezza di una madre.
Chissà come sta la mamma… pensò Elias malinconico.
Ad un certo punto raggiunsero la fine del corridoio, solo una tenda purpurea ostruiva il passaggio, aria gelida fuoriusciva con sbuffi frequenti…. L’attraversarono insieme, il freddo lo faceva tremare e il fiato si condensava, quando ne uscì fuori era ricoperto da un sottile strato di ghiaccio… si dimenò come un pazzo per riscaldarsi.
<< Lasciami andare sottospecie di scarafaggio mutante! >>
Udendo la voce del pirata, Elias si fermò.
Attratto dal richiamo diede la dovuta attenzione a ciò che si trovava intorno a lui: era a forma di imbuto la stanza in cui era appena arrivato, profonda mille metri di sicuro e suddivisa in anelli, la volta della stanza era costituita da un semplice tendone porpora da cui pendevano dei palloncini argentati. Su ogni livello c’era una lunga serie di porte dalle forme più bizzarre, illuminate da lanterne a mezzaluna appese sul pavimento invece che sulle pareti, per accedervi c’erano degli scalini nero carbone sistemati ai quattro punti cardinali che a mano a mano che sprofondavano nell’imbuto diventavano una sottile linea. In uno dei livelli più alti intravide due figure: una era distesa a terra su un lato, l’altra invece camminava veloce attraversando completamente l’anello… avvolta in un mantello.
La donna si agitò, adesso stringeva la propria chioma e la mano di Elias con più forza, gli occhi chiusi da cui scendevano lacrime cristalline.
<< Ehi, che succede? Stai male? >> le chiese Elias preoccupato.
La donna si trasformò all’istante in un Dente di Leone, fluttuando nell’aria fino a quando non scomparve.
<< Chi c’è qui? >> esclamò una voce estranea.
Sopraggiunse con un salto il “mantello”, atterrando con un tonfo secco davanti a Elias: era all’apparenza un essere umano, a tradire però l’idea furono nientemeno che le braccia e le gambe sottili come cannucce, al posto di mani e piedi c’erano solo dei rombi solidi che ruotavano su se stessi, muniti di tre punte che dovevano fungere da dita. L’uomo aveva il volto completamente avvolto da uno strato di bende con tre corposi nodi sul retro, il resto del mantello tenuto legato al collo era così lungo che era quasi completamente raccolto a terra come un panno vecchio, sul corpo muscoloso che pareva coperto da una tuta di latex erano presenti innumerevoli cuciture.
<< Finalmente ci hai raggiunto, Vostra Maestà. >> disse il losco figuro.
<< Elias! Scappa! Questo qui è un tirapiedi del principe! >> urlò Silver da lontano.
Il ragazzo provò ad eseguire il suggerimento, con un saltò però l’individuo tornò davanti a lui.
Lo sollevò in aria usando solo uno di quei “diti” strani che aveva, lanciandolo oltre il parapetto del primo cerchio con un solo gesto: mentre precipitava saltò a sua volta, afferrandolo al volo e insieme atterrarono al sicuro senza danno vicino a Silver.
<< Dannazione a te! Non osare torcere un capello al ragazzo o ti getterò personalmente in pasto agli squali! >> sbraitò furioso il pirata.
<< Taci vecchio robot, sono stanco delle tue continue lamentele. >> gli rispose gelido lo sconosciuto, lasciando cadere Elias ai suoi “piedi”.
Il ragazzino lo fissò, una simile figura dava un forte impatto e lui non poteva fare a meno di tremare per paura.
<< Chi sei? >>
<< Un fedele servitore del Principe Folly, futuro re di questo regno. Io sono la Spia e mi è stato ordinato di recuperare i gioielli della corona che essa adornerà il suo capo. >>
Non fu per nulla contento della notizia Elias, l’ultima cosa di cui aveva bisogno era trovarsi un’altra seccatura in mezzo ai piedi.
Le “dita” della Spia stridevano tra loro, il rumore era fastidioso e non aveva intenzione di smettere, le bende che lo avvolgevano si muovevano stringendosi ulteriormente come corpi di serpente.
<< Il mio sovrano mi ha detto che tu se l’unico che può aprire la serratura degli scrigni che nascondono le gemme. Perciò prego, a te l’onore di aprirmi la giusta porta. >>
<< Scordatelo! Sei un’idiota se pensi che ti darò una cosa tanto preziosa! >>
<< Oh, capisco. Allora… se ti chiedessi di farlo in cambio della vita di questo vecchio, tu cambieresti idea? >>
<< Non dargli retta ragazzo! Questo stoccafisso sta solo dando aria alla bocca! >>
Improvvisamente il lungo mantello dell’essere avvolse quasi completamente il pirata impedendogli di continuare a parlare, l’unico suono che si udì provenire da lui furono mugugni soffocati che rapidamente si fecero agitati e doloranti, accompagnati da stridii metallici.
<< Credi ancora che io stia solo blaterando? >>
<< No! Lascialo andare! >>
Elias tentò di sciogliere la presa, disperato dal sentire Silver soffrire, La Spia non si lasciò impressionare dalle suppliche, in quello stesso momento le cuciture sparse il suo corpo si “staccarono” e si poggiarono un po’ dappertutto, i quali cominciarono a muoversi subito dopo come dei millepiedi. Si ingrossarono quelle cose raggiunta una certa dimensione si unirono per formare una complessa ragnatela che ricopriva la sala quasi per intero, grazie alla luce prodotta dai filamenti si poteva meglio ammirare la particolare fantasia dell’ambiente.
<< So per certo che la gente sulla tua nave sta giungendo qui. Questa è una sorpresa che ho in serbo per loro… nel caso tu insista con testardaggine a negarmi ciò per cui sono venuto. >>
Alcuni pezzi di stoffa del mantello si scucirono, assunsero le sembianze di piccole farfalle che cominciarono a volare tutt’intono: si avvicinarono alla ragnatela e di netto vennero tagliate a metà. Il concetto era chiaro… se Elias non collaborava sarebbero morti tutti… ma lui non sapeva cosa fare per trovare la seconda gemma.
<< Non mi pare che tu sia nella posizione per prenderti gioco di me ragazzo. >>
<< Sto dicendo sul serio! Non ho idea di come funzioni questo posto! Non so come recuperare quella maledetta pietra! >>
<< Allora dovrai improvvisare, oppure il vecchio morrà. >>
 
L‘ansia crebbe.
Fissò le numerose porte, così diverse tra loro e ognuna che mandava un allettante impressione: forse c’erano dei trabocchetti, forse niente, forse un’aiuto… il ragazzo però tremava al sol pensiero di doverle toccare.
Come uno zombi, senza pensare a ciò che faceva, vagò per i vari cerchi fissando le variopinte porte domandandosi quale fosse la giusta da aprire, la Spia nel frattempo lo fissava con grave silenzio aspettando che il ricatto venisse attuato, accarezzando delicatamente la complessa ragnatela realizzata. Voleva piangere Elias, in quello pregava che accadesse al più presto una svolta miracolosa che lo salvasse da quella situazione, come accadeva sempre nei film Disney.
Doveva succedere anche a lui, no?
Cioè… sarebbe accaduto qualcosa che lo avrebbe certamente salvato… o si sbagliava?
 
Distratto, ci mancò poco che finisse polverizzato da uno dei filamenti bianchi della ragnatela; fece un salto all’indietro per evitare di toccarlo, ma poggiò male i piedi e cadde all’indietro, rotolando nei livelli più bassi della stanza.
<< Non è il momento di giocare. >> gli urlò l’individuo.
Elias rimase accasciato a terra con la schiena che sprizzava dolore, dovette rotolare su sé stesso per riuscire a trovare la posizione giusta e sollevarsi; era atterrato nientemeno che al centro dell’imbuto, l’unica piattaforma senza porte e dove il pavimento era così lucido che ci si poteva riflettere sopra, riuscendo persino a vedere il tendone sopra la sua testa. Fissandolo bene, notò che la misteriosa donna era nascosta fra le sue pieghe fissandolo con sguardo triste… rendendosi conto che l’aveva vista scostò leggermente la tenda quanto bastava per rivelare nientemeno che un’altra porta.
Era rotonda e più simile ad uno specchio, il riflesso perfetto si specchiava lì dove Elias poggiava i piedi; non essendo in bella vista come le altre pareva chiaro che era, probabilmente, quella giusta da aprire… il giovane però non ne era contento, non lo toglieva comunque dai guai.
<< Abbi fiducia mio vecchio amico, andrà tutto bene. >>
La voce fantasma dal tono allegro per un secondo gli ronzò nelle orecchie.
Non si spaventò il giovane udendola, gli trasmise molta fiducia, come se una parte del suo subconscio riconoscesse l’interlocutore;
In quello stesso tra le pieghe della mano destra comparve un numero: il 9.
Di nuovo la matematica… che altro significato potevano avere i numeri con le porte?
Devo prendere tempo per capire come salvare Silver.
 
Recuperata un poco di fiducia, Elias provò a lasciarsi guidare dall’istinto: ricominciò a perlustrare i vari livelli,la pelle arrossata sui bordi del numero 9 gli procurava un leggero continuo fastidio… una delle lampade sul pavimento si spense di colpo, la porta che illuminava era a forma di clessidra color bianco panna, il fenomeno lo costrinse ad avvicinarsi per curiosità e solo all’ora il numero svanì.
<< Trovato qualcosa? >> chiese la Spia.
<< Forse… >> rispose incerto Elias.
<< …ma se anche così fosse, ci sarebbe un altro problema. >> aggiunse subito dopo.
<< Quale? >>
<< Chi mi assicura che dopo averti aiutato tu rispetta i patti? >>
<< Nessuno. Devi solo avere fiducia. >>
<< Fiducia? Questa è una battuta divertente. Spiacente “amico”, mi rifiuto di continuare a lavorare per te senza garanzie. >>
<< Ho il pirata in ostaggio. >>
<< E io sono l’unico che può darti la gemma. >>
Già dalla prima occhiata si poteva capire che la Spia fosse un individuo spietato che non temeva di far rispettare la parola data, ciò nonostante Elias riuscì a metterlo in difficoltà costringendolo a lasciare Silver, allontanandosi da esso e avvicinandosi a lui.
<< Da qui non posso raggiungere il vecchio, è al sicuro. Perciò adesso continua a lavorare. >>
Fissandolo torvo, il ragazzo aprì la porta prescelta, trovandovi dentro un minuscolo stanzino con attrezzature da disegno assai vecchiotte e una leva, al centro, la cui maniglia aveva la forma di un 9 deformato.
La tirò verso di sé, l’eco meccanica dimostrò che funzionava bene.
Un possente meccanismo nascosto chissà dove mutò l’ambiente intero; poco alla volta gli anelli si unirono tra loro rendendo la pavimentazione un unico livello; dove si trovava la sezione a specchio si sollevò verso l’alto trasformandosi in una scala a chiocciola e sullo stesso vertice, nel tetto, le tende viola si spostarono per rivelare la porta nascosta che gli era stata rivelata.
La Spia cominciò a risalire la scala, Elias raggiunse Silver tentando di trascinarlo verso l’uscita.
<< Non avresti dovuto farlo. >> gli disse.
<< Che dovevo fare? Lasciarti crepare? >> replicò lui.
<< Ci ucciderà comunque. >>
<< Non è ancora finita. >>
Intanto il nemico aveva raggiunto la cima della scalinata, la porta segreta si stava aprendo liberando una luce accecante, le sue braccia erano alzate verso di essa per cercare di prenderla. La sorpresa divenne confusione quando numerose mani gli afferrarono le braccia trascinandolo all’interno del passaggio che si richiuse alle sue spalle. Si udirono rombi e tremori, vibrava leggermente il pavimento e sbuffi di vapore fuoriuscivano da crepe nascoste.
<< Ma che diavolo sta succedendo? >>
<< Chi se ne importa, andiamo via da qui. >>
<< Aspetta ragazzino! Guarda lì! >>
La scalinata di vetro si stava dissolvendo in uno sciame di farfalle di diamante, quando furono andate via tutte lasciarono un piedistallo formato da due mani aperte a calice, reggendo al centro una pietra viola chiaro: il secondo cristallo della corona.
<< Per tutti gli squali balena bionici! È davvero quello che credo che sia?! >>
<< Si! è la pietra magica!>>
Appariva come un miracolo la comparsa del prezioso tesoro, pareva proprio che le cose si erano sistemate, dopo la brutta sorpresa.
 
Ma non era così.
 
La cupola esplose con un boato, pietra e tende crollarono rovinosamente al suolo, atterrando la maggior parte sulla ragnatela mortale ancora presente.
Il cielo terso del mondo costruito da Salvador Dalì fece capolino con il suo accecante sole che spiccava proprio al centro dell’azzurra volta celeste, caldo e freddo venendo a contatto crearono una bizzarra nebbia arcobaleno che venne risucchiata verso l’esterno, avvolgendo la forma snella della Spia che si trovava in aria, a bordo di una specie di disco volante nero.
<< È stato molto astuto il tuo trucco, piccolo Re. Ma hai commesso un grosso errore: mi hai sottovalutato. >>
Si precipitò come una meteora il seguace del Principe, si scansarono per il rotto della cuffia i due avventurieri, presero l’oggetto per il quale erano venuti e cercarono di fuggire. Era troppo rapido però il sicario, bloccava loro ogni via di fuga, tentando tra l’altro di ferire mortalmente Elias con una sottile lancia che fuoriusciva nientemeno che dalle bende sul viso; nella confusione il pirata e la spia si ritrovarono a lottare tra loro, sciabola e lancia cozzavano l’una contro l’altra mosse da forze che non riuscivano a dominarsi. Distratti dal tentativo di uccidersi a vicenda, non notarono l’arrivo della Silly Sinphony che volò sopra di loro con lentezza. Una scaletta venne gettata dal ponte, Oswald, Mickey e Amelia erano appesi sui pioli ed entrambi tesero la mano al ragazzo che scioccato fissò a bocca aperta l’intero susseguirsi di avvenimenti.
<< Presto Elias! Sali a bordo! Questo posto sta crollando su sé stesso! >>
I personaggi animati sollevarono il ragazzo in modo tale che potesse avere facile aiuto nella salita. La nave cominciò a salire verso l’alto, a quel punto Elias cominciò a protestare:
<< Aspettate! Silver è rimasto giù! >>
<< Dimenticati quella palla di lardo aliena! Non possiamo far niente per lui! Dobbiamo pensare a salvare la tua pellaccia e la gemma! >>
<< No! Questo non è giusto! Io non lo voglio abbandonare! >>
<< Non dire sciocchezze! Sei l’erede di Walt Disney e devi pensare a proteggere te stesso! >>
<< Mi rifiuto di essere quel genere di Re! >>
Elias prese la spada del Capitano e ignorando i richiami scese di nuovo a terra per andare a salvare Silver: si lanciò sulla Spia tentando di infilzarla, quest’ultimo si atteggiò incuriosito nei suoi confronti, sorpreso dall’entrata in scena imprevista.
<< Or dunque c’è un poco di coraggio in te, ma ciò non cambierà la sorte già scritta di questo duello. >>
<< Fatti sotto razza di pagliaccio! >>
Non si risparmiò la Spia, fu aggressivo più di quanto non lo fosse stato con Silver, infierì su di lui provocandogli ferite che fecero uscire sangue, calciandolo e picchiandolo per incrementare la pena. Elias non poteva tenergli testa, ciò nonostante combatté come un leone, dimostrando ammirevole coraggio e perseveranza.
 
La pietra.
C’è l’aveva ancora stretta in mano.
Non esitò a sfruttarla per dare una lezione a quel mostro.
 
Come se fosse una cosa viva le “chiese” di mandare KO quel maledetto... per magia, tramite uno scoppiettio di scintille porpora e rosa, un gigantesco martello apparve dal nulla schiacciando l’avversario, facendolo sprofondare sotto il pavimento stesso.
Quella scena… era proprio ciò che lui aveva immaginato… il cristallo aveva creato dal niente quel che la sua fantasia aveva scaturito. A differenza del primo gioiello trovato Elias percepì una sensazione molto intensa che gli bruciava dentro…. Era una sorta di soddisfazione più che piacevole.
<< Beccati questo, schifoso verme! >> gli urlò trionfante.
Si, si sentiva decisamente bene.
I personaggi animati lo recuperarono subito dopo, stavolta in compagnia di un malconcio Silver, assicurandosi che non scendesse più da quella scaletta.
Mentre si risaliva verso il cielo, con il sole all’orizzonte che brillava, la sensazione di vittoria lentamente ridava gioia agli stanchi viaggiatori, Elias in particolare….
 
Il dramma perà interruppe la nascente felicità.
 
Gli artigli della Spia si conficcarono profondamente nella carne, costringendo il ragazzo a lasciar cadere il prezioso cristallo che andò a finire tra le sue fauci, una semplice ma inquietante bocca sdentata da cui un occhio si affacciò per un breve istante.
Nessuno l’aveva sentito arrivare, nessuno l’aveva visto avvicinarsi, aveva colpito rapido e si era preso il premio desiderato.
Così com’era arrivato se ne andò rapido l’essere, volandosene via per raggiungere colui che serviva con tanto devozione.

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Capitolo 15
*** Capitolo 15: Demoralizzati ***


 
Capitolo 15: Demoralizzati
 
Il Principe Folly scoppiò in una fragorosa risata, tutti sulla nave la udirono.
Quando era particolarmente felice era saggio stargli a debita distanza, mai diventare partecipi della sua manifestazione di gioia esagerata.
L’unico che ebbe il coraggio di stargli accanto era la Spia; a differenza degli altri servitori non temeva di finir male.
<< Mio fidato amico! Sapevo che potevo contare su di te! Osserva quanto è meraviglioso questo gioiello! >> disse esultate il dittatore, alzando al cielo la preziosa gemma violetta.
Si mise a cantare e ballare, indossò uno dopo l’altro gli accessori e i vestiti più stravaganti del suo armadio, ognuno accompagnato da un fiore carnivoro che accarezzava come un cucciolo, indeciso quale tra questi fosse il più adeguato per festeggiare l’evento.
<< Le porterò i mancanti gioielli, ha la mia parola mio Sovrano. >> disse la Spia con la solita voce priva di emozioni.
<< Oh! So bene che lo farai caro mio! È per questo che sei il migliore fra tutti i miei schiavi! A proposito… raccontami ancora di come di come hai fatto piangere il giovane Re. >>
Per la decima volta la Spia ripetè le gesta compiute, Folly rise così tanto che dovette uscire sul balcone del suo appartamento privato per riprendere fiato.
Si calmò ammirando la propria nave; un ghigno malvagio dipinse il suo volto e più nulla di ridicolo caratterizzò il suo bizzarro aspetto.
<< Questo mondo è già nelle mie mani, sento che posso schiacciarlo già da adesso. Da questo momento il nostro obiettivo sarà distruggere quei bifolchi che hanno osato mettersi sulla mia strada. Devono pagarla per avermi intralciato. Ma voglio che mi portiate vivo il Re: ho delle sorprese in serbo per lui. >>
                                                                                  ****
Elias si svegliò urlando, il medico di bordo e alcuni infermieri intervennero per calmarlo, lui cercò di scappare ma venne schiacciato sul lettino a, gridando disperato fino a quando non gli iniettarono tra calci e pugni un calmante.
La medicina fece rapidamente effetto, il ragazzo poco per volta smise di agitarsi…. Un amaro sollievo.  
Topolino entrò in quel momento, si avvicinò a Elias in procinto di addormentarsi di nuovo, il volto corroso dalle lacrime… Remy subito dietro di lui si arrampicò fino al volto del ragazzino e con le zampe gli tastò una guancia, squittendo agitato per cercare di farlo reagire e avere una sua risposta per potersi rassicurarsi.
<< Voglio tornare a casa… >> disse sottovoce Elias, prima di addormentarsi.
Le parole erano state pronunciate con immensa tristezza…. per quei personaggi che vivevano soprattutto di gioia…. quello era un sentimento traumatizzante sia da vedere che da provare.
Prima di uscire il topo gli accarezzò la testa con malinconia, pregando che si riprendesse presto.
 
Topolino era giù di morale, e non l’unico d’altra parte.
Tutti erano più o meno nella stessa situazione, avevano perduto molta della determinazione.
Si sforzarono di mostrarsi fiduciosi al resto della ciurma, se il morale di tutti fosse crollato la missione sarebbe fallita e avrebbero consegnato la vittoria al dittatore; invece dovevano andare avanti ad ogni costo, ormai.
Passò dalle parti della stanza di Amelia, avrebbe voluto sapere cosa fare adesso: nella sua stanza il Capitano sedeva su una poltrona di velluto ramato, lo sguardo basso su un tappeto arabo, in sottofondo uno strano grammofono Steampunk riproduceva un classico di Mozart. Quando l’asta dello strumento saltò la donna fece ripartire la sinfonia, alzando la testa i suoi occhi puntarono una bottiglia di vino sistemata, la prese e la scolò quasi per intero.
<< Ehm… Capitano? >>
Il richiamo fece scattare sull’attenti la donna, la quale però non lasciò la bottiglia.
<< Oh, sei solo tu. >> fu la risposta sua.
<< Sono passato solo per sapere come stava… >>
<< Come tutte le altre volte che me l’ha chiesto: male. >>
Amelia era stufa di ripetere le stesse identiche parole, all’inizio per sfogarsi si limitava a grattare le affilate unghie su una superficie di legno che si poteva udire fin dalla sala macchine, il seguito il bere si era rivelato più semplice e rinfrescante.
<< Come sta Elias? >>
<< L’aggressione è stata uno shock forte. >>
Non era quello che la Capitana voleva sentire
<< Avrei dovuto proteggerlo meglio… Yen Sid non mi perdonerà mai per questo… >>
<< Non dica così, lei non ha commesso alcun errore, anzi, è da premiare! Nessuno al suo posto sarebbe stato capace di compiere le mirabili imprese che è riuscita a realizzare! >>
La donna non fu fiera del complimento, continuando ad operare sulla bottiglia di vino, le labbra tinte di amaranto scuro del liquido.
<< Non so cosa fare: recuperare i gioielli della corona è importante, ma non posso mettere a repentaglio la vita del nostro Re. >>
<< Il maestro ha detto che senza di lui non potremmo mai trovarli. >>
<< Lo so dannazione! Ti pare che non lo sappia?! >>
Topolino si mise le mani in testa per “difendersi” dall’urlo.
Amelia si rese subito conto dell’eccessività della sua reazione, con imbarazzo chiese scusa.
<< Vediamo come vanno le cose. Se nei prossimi giorni non accadrà nulla di rilevante, deciderò che misure prendere su Elias. >>
 
                                                                                  ****
Remy rimase al fianco di Elias.
Fin dal primo incontro aveva avuto un buon ascendente su di lui, da subito aveva pensato che avrebbe avuto bisogno di un amico.
Forse era stato l’istinto animale a suggerirgli di non abbandonarlo… e aveva avuto ragione.
Adesso che era indifeso doveva rendersi partecipe insieme ai medici per il suo recupero, più dal punto di vista emotivo che fisico.
 
<< HAAAAAA! Un topo! >>
L’urlo per poco non gli fece venire un infarto.
Distratto dai propri pensieri aveva finito per imboccare una delle zone più trafficate della nave, non aveva proprio voglia di inseguimenti da parte di quei rozzi marinai che cercavano di catturarlo più per gioco che per igiene. Stava per seminarli quando improvvisamente un piede non gli schiacciò la coda, bloccandolo: Silver lo sollevò da terra e se lo fece dondolare davanti alla sua faccia annoiata.
<< Siete un branco di patetiche lumache di mare. Non siete nemmeno capaci di catturare un topolino. >> commentò il pirata.
<< Questo qui è furbo, sono settimane che cerchiamo di catturarlo. >> disse uno del gruppo di improvvisati cacciatori.
<< Chiara dimostrazione del vostro basso quoziente intellettivo. >>
Sebbene Jhonn Silver fosse un prigioniero, nessuno a bordo osava mettersi contro di lui, era una figura che riusciva a mettere soggezione anche se tenuta sotto controllo dalle guardie.
<< Spiacente moscerino, temo che il tuo soggiorno qui sia finito. >> disse l’uomo, leccandosi le labbra con pericolosa golosità. Non c’era bisogno di essere un alieno per sapere che quelli come Silver mangiavano qualunque cosa, Remy doveva correre al riparo.
Il topolino cercò di simulare dei gesti che rappresentassero le parole che voleva dire, sperando di potergli far capire le proprie intenzioni, non abbastanza da impedire al pirata di metterlo in bocca, un coro di disgusto venne da tutti i marinai, nessuno escluso.
 
Mugugnando contento se ne andò per i fatti suoi, mostrandosi strafottente con tutti quelli che incontrò fino a quando, rintanandosi in una stanza vuota, non arricciò il naso sputando Remy.
 
<< Hai un sapore orribile! >> disse il pirata pulendosi la lingua ricoperta di peli blu.
<< Tu invece hai l’alito che puzza di pesce! >> gli rispose lui.
I personaggi impiegarono una mezz’ora solo per dirsi chiaramente quanto fossero disgustati l’uno dall’altro. Per qualche bizzarro motivo il topo e il bucaniere si comprendevano, un motivo senza senso che risolveva le incomprensioni linguistiche.
<< Come sta il piccolo mozzo? Non l’ho più visto da quando mi hanno rigettato in cella. >>
<< Se la passa male… non si riprende… >>
Calò un triste silenzio tra i due personaggi, l’aria dura del pirata si sciolse in una espressione rammaricata.
<< Diavolo, non aveva idea di questa cosa. Quell’essere ignobile ha lasciato un brutto segno sulla pulce… se me lo ritrovo sotto mano lo concio per le feste! >>
<< A proposito di feste, io avevo proprio intenzione di organizzare qualcosa di simile per Elias. >>
<< Una festa? >>
Scoppiò a ridere Silver, afferrandosi la voluminosa pancia per contenersi.
<< Per quello che è successo ci vuole ben altro che una festicciola per bambini! Ascolta ratto, se vuoi risollevare il morale al ragazzino, dovrai fare di più! >>
Purtroppo Remy non potè rispondere, aveva dei dubbi sulla sua stessa idea e doveva ammetterlo; però non voleva cedere così facilmente, voleva comunque tentare di fare qualcosa di buono a tutti i costi. Il pirata lo sollevò di nuovo per la coda, poggiandolo su un barile in modo tale che potessero essere faccia a faccia, gli porse un mazzo di chiavi e poi se ne andò, richiamato dall’allarme prodotto dal grosso bracciale elettrico sul braccio sano dell’uomo.
<< Quelle chiavi aprono tutte le porte della nave. Fatti un giro e prendi tutto ciò che ti serve: fai tornare felice quel ragazzo. >>
Remy, sorridendo, acconsentì, ringraziandolo per la possibilità.
 
Alla sera, quando la maggior parte della ciurma andò a dormire, il topo agì.
Aveva trovato oggetti interessanti in giro, trasformandoli in regali sperava che servissero allo scopo che perseguiva.
Arrivato nei pressi dell’infermeria si accorse che non era vuota, Amelia e Topolino bisbigliavano sotto voce, sbirciando verso Elias, profondamente addormentato.
<< La guerra incombe, il nemico ora è più pericoloso che mai… non possiamo correre iil rischio che la sua incolumità venga compromessa… dobbiamo rimandarlo al castello. Stiamo già tentando di chiamare Yen Sid per avvisarlo.>>
<< Sono assolutamente d’accordo con lei… la coscienza mi tormenterebbe per anni se ad Elias dovesse accadere… insomma… se le cose non andassero bene. >>
Remy non riusciva a credere alle sue orecchie, come poteva fare una cosa simile?
 
Il piano di Amelia prese subito atto.
 
Remy cercò di fermare tutto quanto, non voleva che Elias venisse mandato via.
Quando Amelia e Topolino andarono via, si barricò insieme al ragazzo dentro l’infermeria; mobili e letti vennero accatastati davanti alla porta, fuori gli infermieri battevano dei colpi per cercare di entrare, chiedendo aiuto a chiunque.
Si armò di forchette, coltelli e cucchiai… pronto a lanciarli nel caso fosse stato necessario, aveva il pelo e la coda ritti per la rabbia, legato sulla fronte come una bandana aveva un sottile pezzo di garza per sottolineare la sua attuale anima battagliera: nessuno avrebbe portato via Elias.
Si era convinto, in realtà, che volessero mandar via il fanciullo per ragioni di codardia, più che protezione.
Le voci all’esterno si fecero sentire per un po’, poi dei tonfi cominciarono a picchiare sulla porta che si deformava verso l’interno con delle forme ovali…. se avessero insistito un poco sarebbero riusciti ad entrare, ma i colpi di cannone interruppero il meticoloso lavoro.
<< All’arrembaggio! >> urlò qualcuno.
 
Capitolo 15: Demoralizzati
 
Il Principe Folly scoppiò in una fragorosa risata, tutti sulla nave la udirono.
Quando era particolarmente felice era saggio stargli a debita distanza, mai diventare partecipi della sua manifestazione di gioia esagerata.
L’unico che ebbe il coraggio di stargli accanto era la Spia; a differenza degli altri servitori non temeva di finir male.
<< Mio fidato amico! Sapevo che potevo contare su di te! Osserva quanto è meraviglioso questo gioiello! >> disse esultate il dittatore, alzando al cielo la preziosa gemma violetta.
Si mise a cantare e ballare, indossò uno dopo l’altro gli accessori e i vestiti più stravaganti del suo armadio, ognuno accompagnato da un fiore carnivoro che accarezzava come un cucciolo, indeciso quale tra questi fosse il più adeguato per festeggiare l’evento.
<< Le porterò i mancanti gioielli, ha la mia parola mio Sovrano. >> disse la Spia con la solita voce priva di emozioni.
<< Oh! So bene che lo farai caro mio! È per questo che sei il migliore fra tutti i miei schiavi! A proposito… raccontami ancora di come di come hai fatto piangere il giovane Re. >>
Per la decima volta la Spia ripetè le gesta compiute, Folly rise così tanto che dovette uscire sul balcone del suo appartamento privato per riprendere fiato.
Si calmò ammirando la propria nave; un ghigno malvagio dipinse il suo volto e più nulla di ridicolo caratterizzò il suo bizzarro aspetto.
<< Questo mondo è già nelle mie mani, sento che posso schiacciarlo già da adesso. Da questo momento il nostro obiettivo sarà distruggere quei bifolchi che hanno osato mettersi sulla mia strada. Devono pagarla per avermi intralciato. Ma voglio che mi portiate vivo il Re: ho delle sorprese in serbo per lui. >>
                                                                                  ****
Elias si svegliò urlando, il medico di bordo e alcuni infermieri intervennero per calmarlo, lui cercò di scappare ma venne schiacciato sul lettino a, gridando disperato fino a quando non gli iniettarono tra calci e pugni un calmante.
La medicina fece rapidamente effetto, il ragazzo poco per volta smise di agitarsi…. Un amaro sollievo.  
Topolino entrò in quel momento, si avvicinò a Elias in procinto di addormentarsi di nuovo, il volto corroso dalle lacrime… Remy subito dietro di lui si arrampicò fino al volto del ragazzino e con le zampe gli tastò una guancia, squittendo agitato per cercare di farlo reagire e avere una sua risposta per potersi rassicurarsi.
<< Voglio tornare a casa… >> disse sottovoce Elias, prima di addormentarsi.
Le parole erano state pronunciate con immensa tristezza…. per quei personaggi che vivevano soprattutto di gioia…. quello era un sentimento traumatizzante sia da vedere che da provare.
Prima di uscire il topo gli accarezzò la testa con malinconia, pregando che si riprendesse presto.
 
Topolino era giù di morale, e non l’unico d’altra parte.
Tutti erano più o meno nella stessa situazione, avevano perduto molta della determinazione.
Si sforzarono di mostrarsi fiduciosi al resto della ciurma, se il morale di tutti fosse crollato la missione sarebbe fallita e avrebbero consegnato la vittoria al dittatore; invece dovevano andare avanti ad ogni costo, ormai.
Passò dalle parti della stanza di Amelia, avrebbe voluto sapere cosa fare adesso: nella sua stanza il Capitano sedeva su una poltrona di velluto ramato, lo sguardo basso su un tappeto arabo, in sottofondo uno strano grammofono Steampunk riproduceva un classico di Mozart. Quando l’asta dello strumento saltò la donna fece ripartire la sinfonia, alzando la testa i suoi occhi puntarono una bottiglia di vino sistemata, la prese e la scolò quasi per intero.
<< Ehm… Capitano? >>
Il richiamo fece scattare sull’attenti la donna, la quale però non lasciò la bottiglia.
<< Oh, sei solo tu. >> fu la risposta sua.
<< Sono passato solo per sapere come stava… >>
<< Come tutte le altre volte che me l’ha chiesto: male. >>
Amelia era stufa di ripetere le stesse identiche parole, all’inizio per sfogarsi si limitava a grattare le affilate unghie su una superficie di legno che si poteva udire fin dalla sala macchine, il seguito il bere si era rivelato più semplice e rinfrescante.
<< Come sta Elias? >>
<< L’aggressione è stata uno shock forte. >>
Non era quello che la Capitana voleva sentire
<< Avrei dovuto proteggerlo meglio… Yen Sid non mi perdonerà mai per questo… >>
<< Non dica così, lei non ha commesso alcun errore, anzi, è da premiare! Nessuno al suo posto sarebbe stato capace di compiere le mirabili imprese che è riuscita a realizzare! >>
La donna non fu fiera del complimento, continuando ad operare sulla bottiglia di vino, le labbra tinte di amaranto scuro del liquido.
<< Non so cosa fare: recuperare i gioielli della corona è importante, ma non posso mettere a repentaglio la vita del nostro Re. >>
<< Il maestro ha detto che senza di lui non potremmo mai trovarli. >>
<< Lo so dannazione! Ti pare che non lo sappia?! >>
Topolino si mise le mani in testa per “difendersi” dall’urlo.
Amelia si rese subito conto dell’eccessività della sua reazione, con imbarazzo chiese scusa.
<< Vediamo come vanno le cose. Se nei prossimi giorni non accadrà nulla di rilevante, deciderò che misure prendere su Elias. >>
 
                                                                                  ****
Remy rimase al fianco di Elias.
Fin dal primo incontro aveva avuto un buon ascendente su di lui, da subito aveva pensato che avrebbe avuto bisogno di un amico.
Forse era stato l’istinto animale a suggerirgli di non abbandonarlo… e aveva avuto ragione.
Adesso che era indifeso doveva rendersi partecipe insieme ai medici per il suo recupero, più dal punto di vista emotivo che fisico.
 
<< HAAAAAA! Un topo! >>
L’urlo per poco non gli fece venire un infarto.
Distratto dai propri pensieri aveva finito per imboccare una delle zone più trafficate della nave, non aveva proprio voglia di inseguimenti da parte di quei rozzi marinai che cercavano di catturarlo più per gioco che per igiene. Stava per seminarli quando improvvisamente un piede non gli schiacciò la coda, bloccandolo: Silver lo sollevò da terra e se lo fece dondolare davanti alla sua faccia annoiata.
<< Siete un branco di patetiche lumache di mare. Non siete nemmeno capaci di catturare un topolino. >> commentò il pirata.
<< Questo qui è furbo, sono settimane che cerchiamo di catturarlo. >> disse uno del gruppo di improvvisati cacciatori.
<< Chiara dimostrazione del vostro basso quoziente intellettivo. >>
Sebbene Jhonn Silver fosse un prigioniero, nessuno a bordo osava mettersi contro di lui, era una figura che riusciva a mettere soggezione anche se tenuta sotto controllo dalle guardie.
<< Spiacente moscerino, temo che il tuo soggiorno qui sia finito. >> disse l’uomo, leccandosi le labbra con pericolosa golosità. Non c’era bisogno di essere un alieno per sapere che quelli come Silver mangiavano qualunque cosa, Remy doveva correre al riparo.
Il topolino cercò di simulare dei gesti che rappresentassero le parole che voleva dire, sperando di potergli far capire le proprie intenzioni, non abbastanza da impedire al pirata di metterlo in bocca, un coro di disgusto venne da tutti i marinai, nessuno escluso.
 
Mugugnando contento se ne andò per i fatti suoi, mostrandosi strafottente con tutti quelli che incontrò fino a quando, rintanandosi in una stanza vuota, non arricciò il naso sputando Remy.
 
<< Hai un sapore orribile! >> disse il pirata pulendosi la lingua ricoperta di peli blu.
<< Tu invece hai l’alito che puzza di pesce! >> gli rispose lui.
I personaggi impiegarono una mezz’ora solo per dirsi chiaramente quanto fossero disgustati l’uno dall’altro. Per qualche bizzarro motivo il topo e il bucaniere si comprendevano, un motivo senza senso che risolveva le incomprensioni linguistiche.
<< Come sta il piccolo mozzo? Non l’ho più visto da quando mi hanno rigettato in cella. >>
<< Se la passa male… non si riprende… >>
Calò un triste silenzio tra i due personaggi, l’aria dura del pirata si sciolse in una espressione rammaricata.
<< Diavolo, non aveva idea di questa cosa. Quell’essere ignobile ha lasciato un brutto segno sulla pulce… se me lo ritrovo sotto mano lo concio per le feste! >>
<< A proposito di feste, io avevo proprio intenzione di organizzare qualcosa di simile per Elias. >>
<< Una festa? >>
Scoppiò a ridere Silver, afferrandosi la voluminosa pancia per contenersi.
<< Per quello che è successo ci vuole ben altro che una festicciola per bambini! Ascolta ratto, se vuoi risollevare il morale al ragazzino, dovrai fare di più! >>
Purtroppo Remy non potè rispondere, aveva dei dubbi sulla sua stessa idea e doveva ammetterlo; però non voleva cedere così facilmente, voleva comunque tentare di fare qualcosa di buono a tutti i costi. Il pirata lo sollevò di nuovo per la coda, poggiandolo su un barile in modo tale che potessero essere faccia a faccia, gli porse un mazzo di chiavi e poi se ne andò, richiamato dall’allarme prodotto dal grosso bracciale elettrico sul braccio sano dell’uomo.
<< Quelle chiavi aprono tutte le porte della nave. Fatti un giro e prendi tutto ciò che ti serve: fai tornare felice quel ragazzo. >>
Remy, sorridendo, acconsentì, ringraziandolo per la possibilità.
 
Alla sera, quando la maggior parte della ciurma andò a dormire, il topo agì.
Aveva trovato oggetti interessanti in giro, trasformandoli in regali sperava che servissero allo scopo che perseguiva.
Arrivato nei pressi dell’infermeria si accorse che non era vuota, Amelia e Topolino bisbigliavano sotto voce, sbirciando verso Elias, profondamente addormentato.
<< La guerra incombe, il nemico ora è più pericoloso che mai… non possiamo correre iil rischio che la sua incolumità venga compromessa… dobbiamo rimandarlo al castello. Stiamo già tentando di chiamare Yen Sid per avvisarlo.>>
<< Sono assolutamente d’accordo con lei… la coscienza mi tormenterebbe per anni se ad Elias dovesse accadere… insomma… se le cose non andassero bene. >>
Remy non riusciva a credere alle sue orecchie, come poteva fare una cosa simile?
 
Il piano di Amelia prese subito atto.
 
Remy cercò di fermare tutto quanto, non voleva che Elias venisse mandato via.
Quando Amelia e Topolino andarono via, si barricò insieme al ragazzo dentro l’infermeria; mobili e letti vennero accatastati davanti alla porta, fuori gli infermieri battevano dei colpi per cercare di entrare, chiedendo aiuto a chiunque.
Si armò di forchette, coltelli e cucchiai… pronto a lanciarli nel caso fosse stato necessario, aveva il pelo e la coda ritti per la rabbia, legato sulla fronte come una bandana aveva un sottile pezzo di garza per sottolineare la sua attuale anima battagliera: nessuno avrebbe portato via Elias.
Si era convinto, in realtà, che volessero mandar via il fanciullo per ragioni di codardia, più che protezione.
Le voci all’esterno si fecero sentire per un po’, poi dei tonfi cominciarono a picchiare sulla porta che si deformava verso l’interno con delle forme ovali…. se avessero insistito un poco sarebbero riusciti ad entrare, ma i colpi di cannone interruppero il meticoloso lavoro.
<< All’arrembaggio! >> urlò qualcuno.
 
Cambiò il tipo di confusione fuori dall’infermeria, il susseguirsi di suoni e voci violente intimorì il topolino che rimase in ascolto.
Ombre e flash rapidi si proiettavano dagli abitacoli della stanza, vi si affacciò varie volte ma senza vedere nulla che lo aiutasse a decifrare quel che stava avvenendo. Improvvisamente la faccia di una specie di troll si spiaccicò sul vetro, scivolando via poco dopo con la lingua a penzoloni che lasciò una scia di bava.
 
A quel punto fu tutto chiaro: erano stati attaccati dal Principe Folly.
 

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Capitolo 16
*** Capitolo 17: Assalto. ***


Capitolo 17: Assalto.
 
Cambiò il tipo di confusione fuori dall’infermeria, il susseguirsi di suoni e voci violente intimorì il topolino che rimase in ascolto.
Ombre e flash rapidi si proiettavano dagli abitacoli della stanza, vi si affacciò varie volte ma senza vedere nulla che lo aiutasse a decifrare quel che stava avvenendo. Improvvisamente la faccia di una specie di troll si spiaccicò sul vetro, scivolando via poco dopo con la lingua a penzoloni che lasciò una scia di bava.
 
A quel punto fu tutto chiaro: erano stati attaccati dal Principe Folly.
 
Remy potè solo immaginare come stessero andando le cose: rinforzò la barricata e coprì le finestre per evitare che altra gente sgradita si affacciasse, si assicurò che Elias (ancora addormentato per i farmaci) rimanesse tranquillo e di avere una buona scorta di possibili “armi”. Erano brutti i rumori che si sentivano e come tremava la nave per i cannoni che sparavano, pareva anche di poter sentire la terribile risata del Principe che molto sicuramente stava assistendo allo spettacolo restandosene comodo – comodo nei suoi alloggi… e Remy non faceva che pregare affinchè nessuno rimanesse secco.
Ad un certo punto un sinistro cigolio metallico proveniente dal pavimento gli fece venire (ironico, ma vero) la pelle d’oca: una delle piastrelle d’acciaio del pavimento si stava muovendo, c’era qualcuno lì sotto che stava provando ad entrare. In un battibaleno un pugno d’acciaio aprì il varco e Silver potè uscire dal condotto nascosto, rimanendo per un attimo incastrato a causa della vistosa pancia.
<< Tu vuoi proprio farmi venire un infarto oggi! >>  urlò il piccolo chef.
<< Dacci un taglio! Dov’è il ragazzo!? >> rispose lui.
Vedendo Elias il pirata lo prese in braccia con cautela, dalla stessa botola apparve poco dopo anche Golia il Gargoile, ferito e con un’espressione assai furente in volto.
<< Dobbiamo far presto a nascondere Elias, non impiegherà molto il dittatore per trovarlo. >> disse quest’ultimo.
<< Dovremmo combattere! Non nasconderci! >>
<< Ci sarà tempo per questo, ora però dobbiamo proteggere il Re. Se cade nelle mani nemiche non avremo possibilità di salvare noi stessi. Perciò proseguiamo con il piano. >>
<< Ehi! Ehi! Fermi un attimo! Che cosa avete in mente di preciso!? Come avete fatto a venire qui?! >>
<< Chiudi quella bocca e vieni con noi. >>
Remy obbedì, seguì i due personaggi nel condotto largo quanto un corridoio, orecchie tese e occhi ben aperti al minimo segnale di pericolo.
 
L’attacco a sorpresa stava impegnando ogni singolo uomo e donna a bordo della Silly Sinphony.
Il gargoile e il pirata erano sfuggiti alla battaglia in corso solo per pura fortuna.
Liberarsi dei più deboli tirapiedi del dittatore era stato un gioco da ragazzi, Golia però aveva faticato più di Silver in quanto si era gettato a capofitto tra i corridoi dell’imbarcazione per prendere il gioiello della corona, nascondendosi nei condotti subito dopo.
Era sorprendente quanto grandi fossero i passaggi sotto la pavimentazione, forse necessario per poter lavorare ai tubi per l’acqua e per il gas che scorrevano lungo le pareti per tutta la nave; ma anche ottimi per fuggire. Dopo un po’ si fermarono ad un vicolo cieco, con la forza ruppero il pavimento uscendo dall’angusto spazio, entrando così nella stiva in cui erano ammucchiati ingranaggi, provviste e anche delle armi, illuminato dai buchi delle palle di cannone che avevano sfondato lo scafo rendendolo simile ad uno scolapasta.
<< Qui siamo al sicuro, per il momento. Noi siamo gli unici salvi, dobbiamo approfittare di questo tempo per organizzare un attacco contro il Principe. >>
<< Finalmente dici una cosa che mi interessa pipistrello, non vedo l’ora di fare a fettine qualche mostriciattolo mutante! Qual è il piano? >>
Golia fece un giro tra le casse fino a quando non ne prese una piccola, fatta interamente di pietra e sigillata da catene e marchiata con un’unica parola rossa sul coperchio: pericolo. Il gargoile spezzò le catene e delicatamente aprì la cassa, dentro c’era un cristallo bianco-azzurro che brillava di luce propria, lungo quanto un braccio e sottile come un ferro da calza, lo infilò in un fodero per spada e assicurò che quello sarebbe stato l’asso nella manica in caso la situazione fosse peggiorata.
<< Questo è ciò che faremo: io e il fuorilegge lotteremo e costringeremo il Principe a venir fuori dalla sua tana, allora useremo questo cristallo per neutralizzarlo. >>
<< Tutto qui? Ehm… non per fare il guastafeste, ma qui si parla di un intero esercito! Come pensate di potervi misurare contro tutti quei mostri?! Vi faranno a fettine! >>
<< Probabile. Ma siamo in guerra piccolo topo, non è concesso avere paura. >>
<< Io do ragione al bestione, perciò piantiamola con queste chiacchiere e andiamo! >>
<< Un minuto! E io che faccio?! >>
<< Tu resta insieme al Re e proteggilo come già hai fatto. >>
<< Ti raccomando roditore, al mio ritorno voglio ritrovare il ragazzino tutto intero. >>
Remy ci sperava proprio.
L’ansia stava cominciando a logorare le sue speranze.
                                                                                  ****
Intanto la battaglia infuriava.
 
I due velieri erano attaccati l’uno con l’altro con giganteschi rampini che affondavano nello scafo della Silly Sinphony, in ogni parte si combatteva nel nome del bene o del male, tra spade che riecheggiavano di ferro rovente e fucili che esplodevano proiettili a ripetizione.
Combattevano addirittura gli addetti alle pulizie, nessuno della ciurma volle tirarsi indietro di fronte all’esercito del Dittatore che sbraitava e ringhiava per incutere più paura possibile, il Capitano Amelia in mezzo alla confusione che incoraggiava i suoi uomini per non far perdere loro la speranza.
Ad un tratto una fastidiosa familiare risata risuonò dai megafoni della nave nemica, la donna gatto rizzò il pelo infastidita, la presa sull’impugnatura della spada che si fece ancora più forte.
<< Che spettacolo meraviglioso! Non ho mai goduto così tanto come adesso in vita mia! >>
Pochi diedero ascolto alla voce del Principe, qualcuno provò ad individuarlo ma questo era ben nascosto nel suo alloggio per non essere costretto a sporcarsi le mani personalmente; l’unico motivo per cui stava “intervenendo” era solo per dimostrare per l’ennesima volta di essere superiore a tutti.
<< Ammetto che starei a guardare questo simpatico scambio di convenevoli senza mai stancarmi, ma il lavoro mi attende, purtroppo. Perciò, sareste così gentili da darmi il gioielli che mi avete tenuto da parte con tanto amore? Oh, mi piacerebbe anche che a bordo salisse anche il vostro Re. >>
Se avesse avuto possibilità di rispondere Amelia avrebbe urlato al pazzo di cucirsi la bocca, Mickey al contrario fu terrorizzato all’idea di poter perdere Elias.
<< Tutto questo è soprattutto per Elias? >> domandò ironico Oswald, saltando sulle teste dei nemici per farsi strada.
<< Quel ragazzo è una calamità per i guai. Mi sono rimboccato le zampe per prendere a pugni questi scimmioni credendo di fare un dispetto al principe, e invece scopro che è stato tutto organizzato per quel signorino. >>
<< Non ora Oswald! Chiudi la bocca e pensa a combattere! Anzi, vai dal ragazzo e proteggilo! Non deve finire nelle mani di quello psicopatico! >>
<< Ci avevo già pensato Capitano, dico sul serio. Peccato però che sia stato battuto sul tempo. >>
<< Che diavolo dici?! >>
<< Elias non era in infermeria. è scomparso. >>
L’ennesima esplosione dei cannoni nemici parve far esplodere anche Amelia e Mickey.
Quella era decisamente la peggior notizia che potessero sentire in un frangente tanto disperato.
Fissarono la nave del Principe terrorizzati, il pensiero che il loro Re fosse stato catturato era terribile, il peggior mesto fine che potesse esserci. Amelia infoderò la propria spada, gli occhi felini si erano fatti luminosi e le labbra vibravano causa di un ringhio trattenuto a stento, prese una radiotrasmittente appesa alla cintura e con voce rabbiosa ordinò all’armeria di tirare fuori i “pezzi grossi”.
Poco dopo, da alcune parti dello scafo emersero dei giganteschi cannoni laser presi da chissà quale film futuristico, cavi e lampadine brillavano di differenti colori e la struttura tozza di ferro a forma di tubo vibrava intensamente, avevano una sorta di antenna che spuntava dalla bocca che culminava con una punta a tridente e sul dorso era stato sistemato un contenitore a clessidra in cui bolle di cera, uguali a quelle delle Lava Lamp, galleggiavano pigramente.
<< Fate fuoco e non risparmiate colpi. >> ordinò il Capitano.
Al suo comando i nuovi cannoni spararono.
Raggi laser accecanti e intensi vennero generati dai macchinari, l’onda d’urto dell’energia rilasciata spinse letteralmente i combattenti che si fermarono per osservare i raggi rosso incandescente che forarono la nave del principe scuotendola come un giocattolo. La violenza dell’attacco sganciò alcuni dei rampini, la luce dei laser resero opaco il sole e proiettili di legno e metallo precipitarono nell’oceano che stava sotto di loro.
<< Perdinci! Questo è giocare pesante! Dove sono finite le buone maniere?! >> protestò il Principe Folly.
Amelia si concesse un sorriso soddisfatto, ma non aveva ancora finito.
<< Voi due continuate a combattere insieme al resto della ciurma, io faccio visita a quel pazzo. >>
<< Cosa?! è impazzita! Per quale motivo vuole farlo?! >>
<< Dobbiamo assicurarci che Elias non sia stato catturato, e se grazie a Dio non è così, sarà stato almeno un pretesto per far fuori una volta per tutte quel dannato. >>
Non appena completò la spiegazione, Amelia diede inizio alla propria missione, correndo a quattro zampe verso l’obiettivo.
 
In quello stesso momento Golia e Silver fecero il loro ingresso sul ponte.
Il gargoyle continuava a stringere il cristallo azzurro in mano e non vedeva l’ora di usarlo per porre fine alla guerra, il pirata d’altra parte preferiva che quella “festa” continuasse così che potesse menare a destra e a manca senza controllo.
Entrambi si resero conto della figura che apparve sul pennone ammirando la gran confusione, il Principe Folly era avvolto in un mantello giallo evidenziatore così accecante che non notarlo era impossibile, alcuni fiori tra i capelli arricciati per l’occasione e un pesante trucco viola in faccia lo rendevano ancora più ridicolo. Golia aveva sperato che si facesse vedere, non vedeva l’ora di interrompere il suo operato e mettere in salvo la ciurma, sperando al tempo stesso di costringerlo ad abbandonare l’impresa di rubare i preziosi gioielli della corona di Walt Disney.
<< è la nostra occasione. Dobbiamo agire subito. >>  
<< Spero proprio che quel diamante funzioni davvero altrimenti siamo fregati. >>
<< Mi assicurerò che la disfatta del tiranno sia perfetta. Tu coprimi le spalle. >>
Un ultimo scambio di sguardi.
Poi l’azione.
Golia spiccò il volo e si precipitò diritto verso Folly, Silver rimasto dov’era sparava a qualunque ostacolo.
Alcuni bersaglieri tentarono di fermare l’avanzata del mostro sparandogli contro una specie di shuriken, larghi quanto un tavolo per 4 persone, per decapitarlo o almeno tagliargli le ali, il ferro delle lame che li costituivano sibilavano fastidiosamente come vespe furiose. Li schivò con ogni genere di piroetta aerea, non aveva proprio intenzione di fermarsi, a dargli la forza era soprattutto il desiderio di vendicare i propri compagni di nido diventati, per loro sfortuna, parte della cerchia di vittime del Principe… si rammaricava del fatto di non essere stato al loro fianco quando avevano avuto bisogno di lui, il cuore bruciava ogni volta che il ricordo tornava a galla.
Il Principe Folly avrebbe pagato per i suoi crimini.
Il Dittatore parve avergli letto nel pensiero: si era voltato verso di lui e senza muovere un dito lo fissò venirgli incontro, accarezzando con la punta delle dita una piccola pistola d’oro appesa alla cintura… la stessa usata per far del male ai suoi fratelli.
Una stupida piccola pistola capace di fare grossi danni.
Prese il cristallo impugnandolo come una spada, consapevole del pericolo che correva se non l’avesse usato nel modo giusto. Schivò i fumaioli spenti della nave, con la mandria di balene volanti che la trainavano non c’era bisogno di tenere accesi i motori… ma questo non voleva dire che non potevano essere utili per il suo scopo.
Il principe era solo, tutti i suoi servi stavano combattendo… non esitò oltre: scagliò il cristallo all’interno della canna fumaria, dritto sui motori a cui erano collegati, le radiazioni che scaturivano come saette.
Silver vide tutto: si precipitò nella cabina di comando e prese il timone, azionando ogni comando possibile per aumentare la forza dei motori e staccare la “Silly Sinphony” dai rampini in modo da allontanarla il più possibile, dagli megafoni lanciò l’allarme alla gente che lentamente si ritirò, confusa ma obbediente. Lo scafo si “aprì” un poco quando i rampini mollarono la presa portandosi dietro alcuni pezzi, la nave fece un balzo all’insù e velocemente si allontanò, in tempo per evitare l’esplosione che si susseguì poco dopo: il veliero del Principe fu circondato prima da un alone azzurro, scintille bianche sprizzarono in seguito come piccoli fuochi d’artificio e infine raggi luminosi filtrarono dal suo interno prima di esplodere.
 
Fu potente lo scoppio.
 
L’oceano sottostante e il cielo intero parvero scomparire, un unico potente suono eclissò tutti gli altri.
Il tempo parve congelarsi e il cuore di ogni essere vivente bruciare, caldo e freddo si susseguirono l’uno dietro l’altro velocemente e l’aria si rese apparentemente tossica.
L’effetto dell’esplosione scemò a rilento, la normalità riprese il suo corso con difficoltà, la “Silly Sinphony” dondolava pericolosamente a mezz’aria ruotando nel contempo su sé stessa, la gente a bordo che stava male dopo tutto quel casino. Golia era aggrappato al pennone completamente pietrificato, il suo corpo riprese una morbida consistenza solo quando la luce dell’esplosione svanì completamente; Silver invece era rimasto incastrato tra le pale di legno del timone e il suo occhio bionico era schizzato fuori dall’orbita di metallo… la prima cosa che entrambi fecero fu di guardare quanto era rimasto dell’odiato nemico….
E con orrore constatarono che la nave era ancora lì.
Non una sola ammaccatura, era rimasta intatta e addirittura luccicava come un gioiello.
Non riuscivano a capacitarsi che dopo la violenta reazione del cristallo non fosse rimasta minimamente danneggiata.
<< Mi dispiace cari miei, ci avete provato. Lodo la vostra creatività, ma vi boccio in intelligenza. >> esordì ad un tratto la voce del Principe.
Il Dittatore si era spostato sul balcone panoramico del suo appartamento, una mano alzata verso il cielo che sorreggeva uno scettro a forma di ciglio con le ali spiegate sulla cui testa era incastonata la pietra magica rubata ad Elias, in quel momento luccicante per la magia che stava sprigionando.
Ora nulla poteva aiutarli.
 
                                                                                  ****
Remì si rese conto che era calato un anomalo silenzio.
Era spaventato a morte, nascosto sotto la maglietta di Elias attendeva un segnale che annunciava la salvezza.
Non osare andare in ricognizione, non osava chiamare qualcuno… qualunque cosa appariva come una pessima idea.
 
Gli si gelò il sangue quando un eco di passi rimbombò forte fuori dalla stiva.
 
Dal nascondiglio diede un’occhiata e con orrore scoprì che un bruttissimo gnomo violetto armato di mazza ferrata, naso a punta e orecchie enormi, era appena entrato dentro. Il piccolo chef era terrorizzato, anche se era da solo quel brutto coso poteva far davvero molto male; constatò che la situazione si era aggravata all’esterno e che nessuno sarebbe giunto in soccorso, quindi toccava a lui scacciare l’invasore e proteggere il piccolo Re… e così, raccogliendo tutto il coraggio di cui disponeva, si lanciò all’attacco.
Con mestoli e forchette aggredì lo gnomo che non capì subito che cosa lo stesse attaccando; agitò la mazza sopra la testa mandando imprecazioni in una lingua assai strana e incomprensibile.
Andarono a sbattere da una parte all’altra mandando all’aria la roba che c’era dentro, di bernoccoli ne spuntarono e imprecazioni intraducibili erano il coro principale che accompagnava il duello assurdo. La situazione proseguì in quel modo fino a quando il ciuffo di capelli sporchi a cui era aggrappato Remì non si staccò dalla testa del mostriciattolo, facendolo volare via e atterrare su un mucchio di rondelle e viti, stordendolo pesantemente. Lo gnomo (raccogliendo i capelli perduti e attaccandoseli al capo con un poco di saliva) prese la mira sul piccolo Chef, ridendo malvagio, con entrambe le mani sollevò l’arma per poi farla cadere pesantemente sul bersaglio, facendo schizzare dappertutto i componenti metallici.
La creatura soddisfatta rialzò l’oggetto, l’allegria però si trasformò in stupore quando si rese conto che non c’era niente di spiaccicato sotto.
Improvvisamente alcune grosse scatole sistemate su delle scaffalature gli crollarono addosso in una sorta di valanga, con il loro peso lo ridussero a frittata fino a fargli vedere le stelle… Elias uscì fuori dal retro della struttura con Remì al sicuro in una tasca della sua salopette.
<< Elias? >> non si era reso conto il topo di essere stato salvato, tantomeno dal ragazzino.
Vederlo in piedi fu una gioia per i suoi occhi, lo abbracciò come poteva, scodinzolando vistosamente.
L’entusiasmò scemò quando notò che lo sguardo del fanciullo era assai serio.
Gli chiese se stava bene ma Elias non parlò; come se non bastasse le sue pupille erano leggermente pallide come perle.
Il ragazzo si aggirò nella stiva esaminando il contenuto di tutte le scatole che gli parvero interessanti, raccolse alcune cose strane che lo chef non riuscì a capire a cosa potessero servire… deglutendo preoccupato, però, quando lo vide agganciarsi alla cintura una spada assai grande. Elias si tolse le bende e i cerotti, arrotolò le maniche della maglietta e lasciò cadere ai fianchi le bretelle sgualcite della salopette, dopodiché uscì dalla stiva e a passo svelto cominciò a salire verso il ponte.
Ipnotizzato, posseduto, incantato… non aveva idea quale fosse la ragione del suo comportamento, ma era abbastanza strano da spaventarlo.
<< Elias, ci sei? Non so cosa ti stia passando per la testa ma sarebbe bello se tu ti riprendessi, subito. >> disse Remì, provando a fermarlo.
Il ragazzo, invece, continuò a camminare imperturbabile.
<< Senti, è successo di tutto mentre dormivi: il principe ci ha attaccato e fino a poco fa c’è stato il finimondo! Non so quale pandemonio sia successo ma temo che le cose si siano messe male per i nostri! Credo proprio che sarebbe meglio tenerci alla larga dal “campo di battaglia”… >>
Tamburi risuonarono in quel momento, le pareti di ferro vibravano a ritmo dei colpi rombanti e in sottofondo si riusciva ad udire a malapena una sorta di coro hooligans.
Elias si fermò ad ascoltare, quando una voce si aggiunse al concerto sgranò gli occhi e si infilò in una conduttura dell’aria molto stretta, scivolando interrottamente fino a quando non sbucò nella sala di comando e da lì, grazie alla larga vetrata, assistette al dramma che stava avendo luogo: tutta la ciurma al completo della “Silly Sinphony” era stata fatta prigioniera, ammanettata come delle bestie, l’esercito del Principe che dominava inneggiando alla vittoria.
E il capo della banda era al centro di tutto, su un piedistallo d’oro.
<<… e pertanto dichiaro i qui presenti colpevoli di alto tradimento della mia maestà. Essi saranno puniti per aver tentato di rovinare il mio bel regno e come risarcimento danni tutti i loro beni saranno confiscati, nave compresa. >>
Cercò di applaudire qualcuno dei suo scagnozzi, battendo le mani con l’atteggiamento che doveva vagamente assomigliare a quello di un gentiluomo; qualunque discorso avesse pronunciato quel pazzo era, di sicuro, l’ennesima stupidaggine di autocelebrazione.
<< E ora, per celebrare degnamente la mia vittoria, userò uno dei miei giocattoli preferiti: la ghigliottina! >>
Una struttura alta 4 metri circa, costituita principalmente da due montanti di legno laccato in oro al cui centro si trovava una spessa lama trapezoidale, fu portata al cospetto del dittatore accompagnata da cori eccitati.
La ciurma impallidì e fissò spaventata la ghigliottina, non avendo idea se fosse un brutto scherzo oppure una terribile realtà.
<< Forza, chi è il primo a voler giocare con il mio tesoro? >> chiese ironico Folly.
Fu tremendo il silenzio che calò tra la gente, la paura incredibilmente evidente nei volti di ognuno.
Quando il Principe cominciò a canticchiare una filastrocca molto simile a quelle per fare la conta qualcuno cominciò a tremare, cercando di evitare il suo sguardo e le sue dita che cercavano di scegliere il primo sfortunato candidato.
<< Tu. >> disse ad un certo punto.
Un macchinista venne sollevato di peso e gettato ai piedi del dittatore, gli sollevarono la testa e con un metro da sarta gli misurarono la circonferenza del collo rischiando di strozzarlo.
<< Si, sei perfetto. Considerati fortunato, quello che ti sto offrendo è un privilegio. >>
La ciurma scoppiò in una sonora protesta, tentarono di ribellarsi e fermare l’assurdo atto che proseguì sotto i loro occhi senza interruzione, il compagno che disperato tentò di non finire con la testa incastrata nel foro della struttura. Il principe srotolò la corda che teneva bloccata la lama, la strinse intorno alla mano e giocò con essa, aumentando il terrore nel poveretto che piangente implorava di essere risparmiato.
 
Ma il dittatore non conosceva il significato della pietà, perciò lasciò la corda, il peso che cadde di colpo.
 
Un razzo colpì la ghigliottina distruggendola.
L’accecante luce rossa incendiò il legno, il fumo scaturito dal proiettile si disperse intossicando la gente.
Lo sfortunato meccanico riuscì a liberare la testa e a ricongiungersi ai compagni, il principe nel frattempo strillava come una donnetta ordinando prepotentemente di salvare il suo “giocattolo” e di trovare il colpevole, occhi arrossati e lacrimanti per colpa del fumo intenso.
<< Sono stato io! >>
Tutti si voltarono all’udire il richiamo, lo stupore fu grande quando si resero conto che si trattava di Elias, affacciato dalla finestra della sala comando.  
<< Oh! Ma quale sorpresa! Il caro piccolo Elias! Come sta sua maestà? Non ha una bella cera; ancora scosso per la strapazzata che la mia Spia ti ha impartito? >> disse il Principe con ironia.
<< Quello che mi ha fatto il tuo leccapiedi non sarà nulla in confronto a ciò che ti farò io. Libera subito questa gente e vattene via, altrimenti ti farò passare il peggior momento della tua vita. >>
Scoppiò a ridere Folly e al suo seguito i suoi servi, formando un coro di assurde tonalità.
<< Ti sei fatto molto spiritoso, caro mio! In questa bella giornata mi ci voleva una grassa risata! Lo sai, sono così contento che ho deciso di ingaggiarti come giullare di corte! >>
<< Lascio a te questo onore: il tuo vestiario è brutto abbastanza da ricoprire il ruolo meglio di me. >>
Le risate si ammutolirono di colpo.
Gli sgherri avversari si tapparono la bocca oppure si bloccarono con espressione spaventata, lo sguardo rivolto verso il padrone: Folly aveva assunto un’espressione inquietante, le sue labbra laccate di rosso contorte di rabbia.
<< Non permetto a nessuno, tantomeno ad un moscerino come te, di criticare il mio splendido vestiario. >>
<< Solo un pagliaccio può definire elegante la roba che indossa. >>
Il Principe schioccò le dita e alle sue spalle una gabbia apparve, all’interno vi erano imprigionati Mickey, Oswald, Golia e Silver, conciati molto male rispetto all’altra gente. 
<< Ti credi spiritoso ragazzino? Bè, io lo sono più di te: se non fai il bravo ragazzo e ti metti a cuccia con gli altri, i signori qui dietro si faranno un bel tuffo qui in fondo al mare. >>
<< Questo è un ricatto. >>
<< è per questo che mi diverte. >>
<< Allora eccoti un buon motivo per piangere. >>
Elias lanciò in aria quello che apparentemente sembrava solo un mattone… ma dopo 5 secondi scarsi esplose, liberando una pioggia di fuochi d’artificio e mortaretti che esplodendo diedero vita ad una scintillante e colorata parata di fuoco. Colti di sorpresa il Principe e il suo esercito scapparono da tutte le parti per evitare le scintille, Elias approfittò di quel prezioso attimo di distrazione per raggiungere gli sventurati marinai e liberarli con spesse tronchesi che spezzarono le catene. Quando una persona veniva liberata essa prendeva la prima cosa che poteva essere utile come arma e ingaggiava subito battaglia con il primo nemico che trovava sulla propria strada iniziando così a decimare gli invasori, e qualcuno si prese la briga di scardinare la gabbia in cui i personaggi animati erano rinchiusi.
Mickey subito cercò di raggiungere Elias, ma il ragazzino accelerò il passo in mezzo alla bolgia, diretto verso il Principe che urlava di contrattaccare. Folly, sentendosi osservato, si voltò e digrignò i denti, estraendo dal fianco lo scettro prezioso che si trasformò in una spada sottile.
<< Questo duello si è protratto fin troppo a lungo. Deponi il tuo titolo “maestà” o ti trasformerò in groviera. >> lo minacciò.
Elias, di tutta risposta, frugò ancora nel suo carico ed una spada laser ne uscì fuori, molto simile a quelle viste in Star Wars.
Con uno scatto rapido fece una piroetta su sé stesso, parando con la fantascientifica spada un vigliacco attacco alle spalle da parte della Spia, apparsa da chissà dove per dar sostegno al suo sovrano.
<< Sei capace di tener testa a due avversari? >> gli chiese questo.
<< Combattiamo e ve lo dimostrerò. >> rispose lui.
 
                                                                                  ****
Elias aveva lasciato Remì nella sala comando, al sicuro dal pericolo.
Il topolino stava male vedendo quanta violenza scaturiva dalla guerra, anche se loro lottavano per il bene non era una cosa che gli faceva pensare di andar fieri.
Trattenne il fiato quando vide il ragazzo ingaggiar battaglia contro due nemici, tentò di andargli incontro per aiutarlo ma fu rallentato dal continuo schivare di numerosi piedi che potevano schiacciarlo e ucciderlo. Mickey lo prese prima che due individui gli cadessero addosso, portandolo al sicuro in uno di quei pochi nascondigli dove si poteva evitare la battaglia, Silver li raggiunse poco dopo, trascinandosi a fatica per colpa della gamba robotica mancante.
<< Dovete aiutare Elias! è nei guai seri! >> disse il piccolo chef.
<< Faremo tutto il possibile palla di pelo, ma qui le cose si stanno davvero facendo incasinate. Dobbiamo prima salvare noi stessi, la fortuna ci ha dato una seconda possibilità per liberarci di quel pazzo dittatore e dobbiamo sfruttarla subito. >> disse il pirata affaticato.
<< Ma Elias è in pericolo! Non voglio che quel ragazzino ci rimetta la vita! >>
<< Non morirà, te lo assicuro. Ma per salvarlo, prima dobbiamo liberarci di questa gente, e per questo abbiamo bisogno di te. >>
<< Di me? >>
<< Torna alla cabina di controllo e smanetta con i comandi: taglia i fili, manda in cortocircuito i meccanismi, fai saltare le viti… insomma! Fai tutto il possibile! >>
<< E a che servirebbe questo lavoro? >>
<< Fallo e basta! Vedrai dopo il risultato del tuo lavoro! >>
Remì squittì seccato, ma decise di dar retta al pirata, tornando sui suoi passi.
<< Signor Silver, è sicuro che questa volta ci salveremo? >> chiese Mickey.
<< Come la morte. >> rispose lui, cambiando il proprio braccio con la scimitarra.
 
Remì corse come un disperato per tornare indietro.
Quando rientrò nella cabina di comando fece tutto quello che il pirata gli aveva suggerito, augurandosi che funzionasse davvero e non fosse solo un tentativo disperato.
Quando il sistema fu abbastanza manomesso la nave cominciò ad impazzire: le sirene suonavano, i fari di accendevano ad intermittenza, tutto che era elettrico esplose e così via dicendo… ma l’effetto più bizzarro avvenne sul ponte. Delle botole nascoste si aprirono in mezzo alla rissa liberando ogni sorta di cosa, dai razzi a potenti getti d’acqua, bombe di coriandoli oppure scie di fuoco, tutto ciò a discapito di chi si vi trovava in mezzo, nemico o alleato che fosse.
Cosa diavolo ci facessero dei simili trabocchetti su una nave era una bella domanda, eppure, nonostante questo, fu un ottimo mezzo per mandare nel panico l’esercito del Principe che si diede alla ritirata sulla propria nave. Si svuotò l’imbarcazione riconsegnandola ai legittimi proprietari che iniziarono a festeggiare, i soli rimasti a combattere erano Elias, Folly e la Spia, giunti con la loro foga fino in prossimità della prua, ancora pieni di energia da vendere.
Qualcuno tentò di andare in aiuto del ragazzino ma fu impossibile, dittatore e leccapiedi impedivano a chiunque di avvicinarsi.
Elias aveva svuotato completamente la borsa che si era portato dietro, a terra giacevano i resti di bizzarre armi che si era portato dietro e che aveva consumato durante la mirabolante battaglia che stava sostenendo grazie a chissà quale forza segreta.
Improvvisamente i due antagonisti lo disarmarono dell’ultima arma rimasta, puntandogli  all’altezza del petto le proprie spade. Se la Spia era una maschera priva di emozioni il Principe Folly al contrario era assolutamente divertito tanto da avere le lacrime agli occhi.
<< Un bel gioco! Lo devo ammettere! Quest’oggi mi sono divertito più che mai! è un peccato che siamo giunti alla fine, sarei ben lieto di proseguire ancora un poco questo incontro. >> disse questo contento.
<< Guai a te se ori torcere un capello a quel ragazzo! >> urlò Silver tentando di raggiungere il trio.
<< Nessuno di muova! Chi si avvicina decreterà la sua morte! >>
<< Non dategli retta, mi ucciderà comunque. O forse lascerà questo privilegio al suo leccapiedi qui presente, chi lo sa. >> fu il commento di Elias, stranamente serio nonostante la situazione.
Il principe tornò nuovamente a fissarlo, le labbra truccate parevano brillare più del solito, i denti aguzzi bianchi come perle.
<< Come sei perspicace, non ti si può nascondere nulla. Ma chissà, forse potrei cambiar idea se qualcuno fosse così gentile da regalarmi il gioiello che tenete qui nascosto. Il suo “fratellino” qui al mio fianco si sente tanto solo, non sarebbe carino farlo soffrire in questo modo. >>
<< Oh, intendi questo? >>
Tutti trattennero il respiro quando Elias tirò fuori il cristallo appena menzionato, tenendolo delicatamente con la sola punta delle dita. Il Dittatore era soddisfatto, subito allungò la mano verso il piccolo tesoro ma il ragazzino si tirò indietro e cominciò a giocare con il gioiello, lanciandolo in aria per prenderlo poi al volo.
<< è così leggero che pare quasi una piuma. Scommetto che se il vento soffiasse più forte sarebbe capace di spazzarlo via. Una buona ragione per stare attenti a non perderlo. >>
<< Hai detto bene, quindi faresti meglio a darmelo. >>
<< Fortuna che io sono bravo a conservare la roba, mia madre mi ha sempre lodato per questo. Non ho mai perso un solo giocattolo o un libro. >>
<< Molto interessante, adesso però devi smettere di conservare quel gioiello e darlo a me. >>
<< Ma sai una cosa? >>
<< Cosa?! >>
<< è diventato molto noioso essere così diligenti… >>
Con un sorriso beffardo, Elias lanciò alle sue spalle il gioiello, scioccando il Principe che si lanciò per prenderlo prima che esso sparisse negli abissi dell’oceano, la Spia lo precedette staccando le braccia dal resto del corpo e prendendolo al volo. Fu allora che avvenne l’imprevedibile: il cristallo mutò, trasformandosi in un gigantesco drago orientale, dalle fauci una fiammata dorata avviluppò la nave nemica scatenando il caso a bordo, confusi il principe e il suo servitore vennero assaliti dalla ciurma dei nostri eroi con pugni e bastoni.
Elias era in disparte, in mano il “vero” cristallo.
Si era trattato tutto di un trucco.
Furioso per essere stato ingannato, il Principe giurò vendetta mentre tornava a bordo della sua imbarcazione, liberandosi dei suoi assalitori con un teletrasporto. Veloce se ne andò, sparendo all’orizzonte opaco a causa del chiarore del maestoso rettile che ruggì vittorioso, volando sopra la “Silly Sinphony” che si rese partecipe di quel grido di gioia. Avevano vinto, per il loro caro mondo non era ancora finita.

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Capitolo 17
*** Capitolo 18: Vento di tempesta ***


Capitolo 18: Vento di tempesta
 
La ciurma della Silly Sinphony era approdata su una isoletta non solo per rimettere a nuovo la nave ma anche la gente.
Erano parecchi gli uomini che se ne stavano sdraiati sul bagnasciuga, alcuni si stavano facendo persino il bagno sguazzando nell’acqua come dei bambini piccoli; a turno si scambiavano di posto con i colleghi al lavoro. Certi preferivano continuare e si prendevano una pausa mangiando qualcosa.
 
Tra gli instancabili c’era Elias, tra tutti era quello che più si stava dando da fare.
Nessuno lo riconosceva, pareva essersi letteralmente trasformato: rispondeva con spirito alle frecciatine, organizzava perfetti piani per la ripresa della ciurma, metteva in riga gli scansafatiche e addirittura riparava le falle come se niente fosse. Quasi si pensava che il dittatore gli avesse fatto un favore confrontandolo in un duello all’ultimo sangue.
<< Ehi ragazzino, prendi fiato! Questa bagnarola non tornerà a galla tanto presto! >> gli urlò Silver, tentando di fermarlo.
<< Non preoccuparti! C’è la faccio ancora! >> rispose lui.
Elias era seduto su una specie di altalena appesa su un lato dello scafo, un secchio con alcuni strumenti da lavoro sistemato al suo fianco. Mentre si dilettava nei lavori manuali canticchiava famosi motivetti provenienti dai film Disney, per alcuni la serenità che mostrava era bizzarra, persino Mickey pensava che fosse davvero strano dopo quello che aveva passato.
Le opinioni su Elias erano ben differenti tra loro, a discuterne di più di sicuro erano Oswlad e Silver, era impossibile non sentire le loro voci.
<< Mi chiedo cosa gli stia passando per la zucca. Comincio a pensare che non abbia messo a posto tutte le rotelle. >>
<< Forse si è solo reso conto che fare il poppante non serve a nulla. Finalmente si sta rendendo utile, io non potevo chiedere di meglio; non sarò costretto a fargli da balia. >>
<< Cosa? Ti saresti preso cura di lui? E quando di preciso? In quei momenti in cui non eri troppo preso ad insultarlo? >>
<< Se lor signori hanno finito di polemizzare, desidererei proseguire la conversazione in maniera civile! >> ribattè scocciato Yen Sid.
Per fortuna le comunicazioni con il mondo civile erano rimaste intatte, quasi tutte le radio a bordo funzionavano e con una di esse si erano messi a contatto con lo stregone Yen Sid per ragguagliarlo degli ultimi eventi. Per la prima volta il serio personaggio aveva ammesso di essere inquieto, la situazione aveva preso una brutta piega e temeva per le vite di tutti coloro che erano coinvolti; il dittatore stava puntando sempre più in alto e non era un bene.
<< Avete notizie del Capitano Amelia? >>
<< Dall’arrembaggio nemico non abbiamo più sue notizie. L’ultima volta che l’abbiamo vista aveva detto di voler fare una retata sull’imbarcazione nemica… e poi da lì più nulla. È sparita. >>
<< Auguriamoci che stia bene, adesso è più importante che troviate l’ultimo cristallo. Cercate di rimettervi in viaggio il prima possibile, il tempo stringe. >>
La comunicazione si concluse, tutti sospirarono stanchi, la fine pareva irraggiungibile.
<< Tempi duri eh? >>
Elias scese giù da loro allentando le corde della propria “altalena”, aveva ascoltato tutto eppure a differenza degli altri non sembrava nient’affatto preoccupato.
<< Rilassatevi, andrà tutto bene. Essere negativi non ci servirà ad andare all’avventura, quindi pensate positivo, d’accordo? >>
Poche parole dette col sorriso, poi se ne tornò su, riavvolgendo i sostegni.
I personaggi erano sinceramente sorpresi, l’ottimismo del ragazzo sarebbe dovuto essere considerato fuori luogo e invece diede una ventata di speranza agli altri uomini, che udite le sue parole, seguirono il suo suggerimento dandosi la carica per lavorare.
<< Quel ragazzino è più in gamba di quanto pensassi. Evidentemente aveva solo bisogno di trovare il modo giusto per mostrare chi è davvero. >>
<< Sarà… voglio vedere quanto durerà. >>
C’era da dire che Elias aveva ottenuto molta stima, eppure chi più stava dalla sua parte non riusciva ad essere contento: il cambiamento era stato troppo sconvolgente.
 
Remì era l’esempio più evidente; prima di allora era rimasto attaccato ad Elias come se fosse la sua ombra, invece stavolta si era messo in disparte.
 
Il piccolo Chef era accovacciato su una pila di salvagente e di giubbotti di salvataggio riparati di fresco; al suo fianco un modesto pasto composto da strisce di formaggio, bresaola e un poco di prezzemolo, un ditale riempito con una goccia di acqua frizzante.
Tutte le emozioni provate… preoccupazioni, l’ansia, il panico…. ad un certo punto era crollato e nemmeno la coda riusciva più a muovere, persino pensare al ragazzino lo provava di energie. Sebbene lo vedesse con il sorriso in volto il suo istinto animale gli diceva che non c’era nulla di cui rassicurarsi; dietro si celava qualcos’altro, ne era certo.
<< Anche tu percepisci l’anormalità di questa apparente pace, non è vero? >> gli chiese Golia.
Il gargoile se ne stava appollaiato sul bordo del corrimano, tra le mani il prezioso gioiello.
Elias gliela aveva consegnato dicendogli che in mano sua sarebbe stato più al sicuro, piuttosto che rischiare di nasconderlo in un qualsiasi scrigno.
<< Non so cosa possa significare questo cambiamento, ma se deve accadere allora lasciammo che così sia. >>
Il demone alato aveva una sua particolare visione delle cose, enigmatiche e preoccupanti certe volte, dando l’impressione di sapere più cose rispetto agli altri.
<< Lui rischia di… di farsi male? >>
<< Forse si, forse no. Possiamo solo restare a guardare. In gioco, adesso, ci sono forze più grandi di noi. >>
Spalancò le ali e se ne andò, con quel suo discorso non aveva fatto altro che sollevare molti altri dubbi.
Cosa fare a quel punto?
Per il momento solo tenere d’occhio Elias.
 
                                                                                  ****
Amelia rizzò le orecchie a tal punto che le fecero male.
Si appiattì all’interno una sottile apertura tra le pareti, in tempo per evitare di essere avvistata dalla ronda che stava passando proprio in quel momento.
L’incursione sulla nave del Principe Folly non era andata esattamente come aveva immaginato: la collera le aveva fatto agire senza ragione ed era finita solo per perdersi nel più profondo meandro dello scafo dove nemici a centinaia l’aveva assalita.
Dopo di che non ricordava niente, una forte esplosione le aveva fatto perdere i sensi.
Al suo risveglio aveva subito notato e percepito l’anormalità piombata sulla nave, aveva capito che qualcosa di importante era successo.
 
Durante la permanenza lì dentro aveva raccolto parecchie informazioni: la battaglia che avevano ingaggiato con il nemico era stata vinta, il Principe non era riuscito a rubare il gioiello della corona e il Re aveva dato una sonora batosta ai nemici.
Buone notizie in poche parole, adesso doveva ricongiungersi con la ciurma.
Muoversi continuamente di soppiatto nel dedalo di livelli fu una durissima prova per le sue capacità feline, le guardie pullulavano dappertutto, per non parlare delle stanze accessoriate disseminate ovunque che le facevano perdere il senso dell’orientamento. Ci furono delle volte… parecchie volte… che dovette nascondersi da qualche parte e riposare; le capitò persino di addormentarsi e svegliarsi di soprassalto a causa dell’eco dei passi o del rombo dei macchinari, lo stomaco che brontolava prepotentemente per la mancanza di cibo.
Era stanca, non vedeva l’ora di uscire da lì.
Dopo un poco l’ambiente mutò di colpo: tutti i livelli che aveva attraversato erano spogli, rivestiti di ferro, adibiti a sala macchine oppure a depositi, in quello attuale lo sfarzo e l’eleganza parevano essere esplosi con tappeti di seta, lampade ad olio dorate e quadri antichi di artisti famosi su cornici pregiate. Era molto silenzioso lì, probabilmente le pareti attutivano i fastidiosi rumori delle macchine di sotto, avanzò in punta di piedi nell’ambiente color pastello che cambiava colore man mano che proseguiva; svoltato l’angolo trovò una porta aperta che portava in una sala da pranzo in stile fondale marino con statue di pesci e sirene ad abbellire ogni angolo, un dolce aroma di carne alla griglia e di crespelle dolci riempiva l’aria. Il locale offriva una splendida vista sul mare da cui si scorgevano isole variopinte, una tavola d’oro era sistemata proprio lì vicino con leccornie di ogni sorta, Amelia vi ci fiondò dopo aver dato solo una veloce occhiata, la fame che si saziava.
Rischiò di strozzarsi quando sentì crescere un eco di passi, si fiondò dietro la statua di un delfino e vi si appiattì quanto più potè mentre il principe entrava nella stanza.
 
Era sorprendentemente silenzioso, il suo volto impassibile che non mostrava la minima traccia della solita follia che lo distingueva.
 
Ignorò il tavolo imbandito, la sua attenzione era rivolta al mondo fuori dalla larga finestra, ne aprì una sezione e l’aria fresca del mare entrò dentro spazzando via l’aroma delle vettovaglie, grida di gabbiani che si udivano molto vicini.
Una coppia di farfalle entrò dentro proprio in quel momento, il principe osservava incantato il movimento delle delicate creature che lo sfioravano appena con il loro armonioso battito d’ali. Ne toccò una con la punta dell’indice… questa esplose senza lasciar traccia, la solitaria compagna che fuggì via prima di subire la stessa sorte.
<< Maestà. >>
La Spia e una specie di vecchio goblin entrarono in quel momento, il loro sovrano non gli degnò nemmeno di uno sguardo. A parlare era stato proprio l’essere decrepito, le orecchie più grandi della sua faccia e il naso appuntito come una freccia.
<< Abbiamo effettuato i rifornimenti e sistemato l’armamentario come ordinato. Possiamo riprendere la ricerca dei ribelli. >>
<< No. >>
Il mostriciattolo si sorprese della risposta, probabilmente non s’è l’aspettava.
<< Ehm… sarebbe un’ottima opportunità per liberarci di loro. La loro nave era in pessime condizioni, per non parlare della ciurma. >>
<< Non mi interessano quei bifolchi. Mi sono stancato di corrergli dietro, voglio solo avere il potere di quei gioielli e liberarmene. >>
Liberarsene?
Perché il dittatore avrebbe dovuto “liberarsi” degli oggetti a cui stava dando la caccia con tanta insistenza? Amelia pensò che avesse udito male o che l’individuo avesse sbagliato ad usare quel termine.
<< Fino adesso abbiamo seguito i nostri nemici per trovare il tesoro perduto, se modifichiamo questa idea, come potremmo avere un miglior vantaggio su di loro? Nessuno del nostro esercito ha la capacità di trovare la via, solo il Re suo avversario è capace di ciò. >>
<< MI RENDO CONTO DI OGNI COSA CHE TU HAI DETTO, PATETICO ESSERE! NON DIRMI COSE DI CUI SONO GIÀ A CONOSCENZA!>>
La voce del principe divenne profonda e vibrante come quella di un mostro, la superficie del suo volto si deformò per un attimo… Amelia a quel punto avvertì una sensazione differente nei suoi confronti… molto più pericolosa di quanto i suoi sensi felini non le avessero già fatto sentire il giorno in cui l’aveva conosciuto per la prima volta.
Stava cambiando qualcosa di male in peggio.
<< Mentre voi inetti perdevate tempo a leccarmi i piedi, io ho escogitato un nuovo piano d’attacco. Andremo in direzione del sole che tramonta e navigheremo fino a quando la notte con calerà, seguiremo questa rotta fino a quando non verrà il giorno in cui non ci sarà luce ad illuminare il cielo. >>
<< Maestà, dove intende portarci? >>
<< Nella prigione delle anime nere. Sarà lì che troveremo l’arma contro il caro Re. >>
Crebbe talmente la negatività in quella sala che il cibo improvvisamente marcì completamente, l’eleganza della stanza fu sostituita da putridume e vecchiume… Amelia per la prima volta nella sua vita provò il vero senso del terrore.
Fuori il tempo stava mutando, nuvole sempre più dense e scure celavano il sole, alterando inoltre il tempo che stava perdendo stabilità.
 
Il Dittatore aveva deciso di passare alle maniere forti.
Il mondo ora davvero in serio pericolo.
 
                                                                                  ****
La Silly Sinphony galleggiava, incredibilmente.
Arrancava con qualche difficoltà nell’acqua ma per lo meno non affondavano.
La maggior parte della gente a bordo stava dormendo, il lavoro li aveva spossati e se lo meritavano dopo tutto quel tempo trascorso a restaurare la nave.
Il fracasso dei motori era attutito dall’infrangersi delle onde, uno stormo di gabbiani con il loro canto fungevano da ninnananna, lo scintillio delle stelle uno spettacolo per conciliare il sonno a chi difficilmente non sapeva prenderlo.  
 
Oswald aveva approfittato della calma per farsi una passeggiata alla ricerca d’ispirazione per le lettere da inviare a casa, la nostalgia per la sua amata Ophelia e i suoi figli aveva raggiunto il punto da farlo piangere all’improvviso ogni volta che dava un’occhiata all’album di foto che si era portato dietro. La lettera che stringeva in mano era ancora bianca, solo in alto sul lato sinistro era presente un semplice “Cara Ophelia…”, dopodiché alcune gocce di inchiostro colate dalla penna rimasta in attesa dal scrivere il seguito. Il coniglio non aveva idea di cosa scrivere, non voleva raccontare dei spaventosi eventi avvenuti per timore di mettere in apprensione la famiglia… d’altra parte non aveva il coraggio di scrivere cose non vere per non fare la figura del bugiardo… la carta aveva finito per spiegazzarsi completamente per tutte le volte che l’aveva piegata e ripiegata per colpa dell’indecisione.
Dopo una lunga riflessione buttò giù qualche parola:
“ Cara Ophelia,
Perdonami se ho ritardato nell’inviarti la consueta lettera promessa per farti sapere come sto.
Qui siamo molto indaffarati, questi incapaci di cartoni colorati combinano un guaio dietro l’altro se non li tengo d’occhio continuamente. Accipicchia a loro!
Comunque io sto bene, in gamba e fortunato come sempre.
Mi piacerebbe scrivere tante cose su quello che è successo ma me ne manca il tempo, soprattutto ora che non abbiamo nemmeno più un attimo di respiro. Quello che posso dirti però è che continuo ad amarti e non vedo l’ora di tornare a casa! Spero che i piccoli si stiano comportando bene.
 Saluti a tutti quanti!
 
Tornerò presto, è una promessa.
                                                                                                                                        Tuo, Oswald.”
Ripiegò la lettera dentro una busta e la legò alla zampa di un piccione viaggiatore, il bianco pennuto sparì rapido alla vista del mittente che non potè far altro che sospirare.
Era rimasto sul vago infine, non avrebbe potuto continuare quella impresa sapendo di lasciare in pensiero la sua compagna.
Adesso doveva andare avanti, lavorare per assicurare il futuro felice promesso alla sua gente.
<< Ti sei mai chiesta a cosa farai quando tutto tornerà alla normalità? >>
Fece un salto così alto Oswald che potè quasi toccare la torre di vedetta, atterrò dolcemente grazie ai pantaloni che si allargarono come un paracadute. Elias era seduto sul corrimano, proprio vicino da dove il coniglio era saltato per la sorpresa, rimasto tutto il tempo ad osservarlo senza che lui se ne rendesse conto.
Aveva ancora quella anormale aria serena, al buio essa pareva brillare attraverso gli occhi limpidi.
Oswald brontolò ma non rimproverò il ragazzo, era troppo stanco per pensarci, riflettè invece sulla domanda che gli aveva posto.
<< Spesso, questo è certo. Tu, invece? Ricomincerai a fare il bambino piagnucolone? >>
<< Non ne ho idea. Dopo questa esperienza non sarò più quello di prima. Ed è strano perché io ho sempre saputo chi sarei voluto essere. >>
<< Io so per certo che sei un ragazzino che procura molte seccature. >>
Elias cominciò a ridere, Oswald non capiva cosa ci trovasse di divertente in quello che aveva detto. Il ragazzo gli prese di mano la penna e alcuni fogli rimasti per le lettere, con tratto veloce cominciò a scarabocchiarci sopra fischiettando un motivetto familiare che in quel momento non riusciva a riconoscere, provò a sbirciare l’operato ma ogni volta lui si allontanava ripetendo che doveva aspettare.
<< Sei diventato molto scontroso da quando ti hanno portato via…. >> iniziò a dire Elias.
<< Posso solo immaginare la rabbia che hai provato: come si sono permessi quegli artisti scadenti di toglierti alla persona che più ti voleva bene? Se avessi potuto avresti preso a pugni tutti quanti, ci scommetto. >>
<< Di che accidenti stai parlando? >>
<< Quella volta sei stato sfortunato Oswald; quell’uomo ti ha strappato dal tuo creatore. Ed ora che sei qui nel suo regno, dopo esserci tornato da un esilio imposto giustamente, non puoi far altro che ammirare il ricordo che resta di lui. >>
Il coniglio aveva perso la parola, quel discorso lo aveva completamente allibito, e ancora più quando il ragazzino finalmente gli mostrò che cosa aveva disegnato per tutto il tempo: era un suo ritratto, bianco e nero con qualche semplice sfumature… ma il tratto tondo… la marcatura della matita… la leggerezza delle forme… solo una persona era capace di rendere un disegno così perfetto.
<< Walt…? >> mormorò incredulo.
<< Ormai manca poco alla fine della storia. Tieniti pronto perché sarà un finale travolgente. >>
 
Una raffica di vento scosse la nave violentemente.
L’aria aveva trasportato qualcosa che aveva acceso un allarme e non si trattava solo di nuvole di pioggia; in pochi secondi i deboli fulmini che avevano raramente brillato nel buio si intensificarono a tal punto da splendere come il cielo di giorno. Nell’oceano si generò un vortice immenso, si inabissarono all’interno pesci e atolli, le onde giganti sollevarono l’imbarcazione in aria come se si trattasse di una foglia secca; la nave per anni aveva resistito alle peggiori intemperie, ora però si temeva che potesse crollare.
Quando finalmente la ciurma si accorse del maltempo, la tempesta era già al 100% attiva.
Tutti si misero ai posti di manovra, c’era bisogno dell’aiuto di ogni uomo a bordo per evitare di affondare.
Oswald ed Elias si erano precipitati al timone, gli strumenti di bordo erano impazziti e la ruota di legno girava senza tregua su sé stessa follemente quando si perdeva la presa. L’acqua bagnava ripetutamente la vetrata della cabina, dell’esterno si vedeva poco e niente, di tanto in tanto i fulmini rivelavano la presenza della cresta delle onde giganti che si abbattevano su di loro, la pioggia scrosciante quasi più densa della nebbia.
<< Dobbiamo tirarci fuori da questo tempaccio o non sopravvivremo! >>
<< Guarda laggiù Oswald! C’è una luce! >>
Una piccola scintilla bianca fece capolino nel nero seppia delle nubi, anche se non si vedeva cosa la generasse era un segno di speranza che doveva essere seguito. Il coniglio scongiurò tutta la fortuna per cui era conosciuto di tirarlo fuori da quell’impiccio, se la tempesta avesse avuto la meglio o se la luce fosse stata un bluff, allora l’oceano sarebbe diventato la loro tomba.
Un grido attirò la loro attenzione, alcuni marinai erano rimasti incastrati in una rete agganciata ad un’ancora che stava scivolando fuori bordo e stavano facendo di tutto per evitarlo: Elias si precipitò in loro soccorso armandosi di un’ascia, con essa cominciò a tagliare la corda e liberare gli sfortunati, scivolando spesso sulla plancia a causa dell’acqua.
<< Attento ragazzo! >>
L’onda arrivò improvvisa, precipitò violenta sulla nave ricoprendola interamente per pochi secondi. Prosciugatasi, Oswald ispezionò i dintorni preoccupato per la ciurma.
Con orrore si rese conto che Elias non c’era più.  

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Capitolo 18
*** Capitolo 19: Silly ***


19: Silly
 
Chi della Disney è un fedele ammiratore, a menadito conosce ogni cattivo che abbia dato sfondo ai film di cui è stato protagonista a fianco dell’eroe.
Ma poi ci si è chiesto, alcune volte, spesso da bambini: che fine hanno fatto?
La risposta che spesso ci è stata data, una volta consapevoli della realtà, e che dopo la meritata sconfitta sono tutti “andati via”… forse in parte è vero, ma non completamente.
 
I cartoni animati non muoiono mai, regola che vale anche per i cattivi.
 
Nessuno sa che essi, dopo la punizione subita, la maggior parte si ritirano in un luogo appartato dove dedicarsi ad affari più adatti e tranquilli (sempre però mettendo in mezzo la loro natura di malvagi).
Ai confini di un deserto di sabbia grigia c’era una bizzarra città; era un miscuglio di varie culture e tradizioni differenti: c’erano templi grechi, grattacieli simili a torri di castelli, villette settecentesche circondate da foreste di rovi, tutto di colore grigio o nero, blu o viola, il fuoco delle varie lanterne appese un po’ ovunque verde e giallo. Le strade erano piastrellate con mattonelle viola, solo una era lastricata di verde melma e attraversava il centro perfetto della città fino ai confini, le uscite erano limitate da cancelli di ferro scuro con sbarre dalla foggia minacciosa; uno di essi si aprì per permettere ad un oscuro figuro di uscire dalla città.
Era un cavaliere senza testa, indossava un’armatura nera come la notte ed un mantello viola scuro che danzava al vento quando si muoveva al galoppo del suo stallone, nella mano destra reggeva una zucca intagliata adibita a lanterna con la quale illuminava il percorso davanti a sé. Partì al galoppo attraversando veloce il desertico paesaggio, quando fu ormai lontano dalla città si fermò bruscamente, trovando in prossimità della strada un ragazzo semi sepolto dalla sabbia.
Sebbene non avesse una testa lo fissò incuriosito, scese da cavallo e con la spada lo toccò leggermente varie volte ottenendo di risposta dei lamenti lievi, improvvisamente scatenò una risata spaventosa che avrebbe gelato il sangue a chiunque l’avesse udito, prese il ragazzo e con lui fece ritorno in città, conducendolo nel primo posto dove i nuovi arrivati vanno di solito.
Dal dottore.
 
                                                                    ******
Un incessante rintocco riuscì alla fine a svegliare il ragazzo.
I suoi occhi castani risplendettero debolmente al bagliore delle candele che illuminavano la larga stanza adornata da maschere grottesche e lettini scalcinati, oltre ad un tavolo su cui si trovavano sistemati siringhe, bisturi, bende chirurgiche e altra roba ospedaliera.
Non badò alle ossa sparpagliate in giro e alle parti anatomiche chiuse dentro barattoli di vetro, il posto era strano e ridicolo, curiosò nei dintorni indossando le maschere una diversa all’altra e facendo versi da mostro davanti ad uno specchio. Divertito com’era non si rese conto dell’uomo che entrò, quando si voltò e lo vide urlò terrorizzato, inciampando in un vicino comodino.
<< Ti sei ripreso in fretta. >> disse l’uomo dalla carnagione scura.
L’individuo indossava un cilindro su cui era stampato un teschio con le tibie incrociate e una lunga scura leggermente tendente al rosso, al collo portava una collana con due aguzzi artigli appesi, un paio di baffi sottili marcavano il labbro superiore e come elemento caratteristico aveva un bastone da passeggio sulla cui cima era sistemata una grossa sfera viola.
Imbarazzato si levò la maschera cercando di rimetterla a posto, causando però, di conseguenza, il crollo totale di tutte le altre maschere.
L’uomo sospirò, ignorando la confusione e recuperò un mazzo di carte con disegni e nomi particolari, li fece scivolare davanti a sé creando così un triangolo perfetto.
<< Ricordi il tuo nome? >> gli chiese.
Lui ci pensò su, arricciandosi una ciocca di capelli.
Balbettò qualcosa ma non riuscì a rispondere:
<< Cominciamo bene… io sono il Dr. Facilier, il medico del mondo dell’aldiquà. >>
<< Aldiquà? >>
<< Esatto. Ci farai presto l’abitudine, come tutti coloro che sono giunti fino a qua. Per dirlo in modo che tu possa capirlo…. diciamo che sei morto e defunto.>>
Ci fu una pausa di silenzio.
Aspettò la tipica reazione di chi apprendere di essere morti, era la prima cosa che ogni nuovo arrivato nel mondo dell’aldiquà faceva, dopo ci sarebbero state le lunghissime e noiosissime settimane di terapia post-traumatica. Invece, sorprendentemente per il Dottore, il ragazzo svenì solamente, cadendo all’indietro con un tonfo.
<< Bè, l’ha presa bene. >>
 
Nelle settimane seguenti al suo arrivo in quel mondo sotto sopra, il nuovo arrivato aveva impegnato gran parte del suo tempo solo per esplorare interamente EclipseTown, questo era il nome della città oscura; oltre alle sedute obbligatorie a cui si sottoponeva ogni giorno insieme al Dr. Facilier per fargli accettare il fatto di essere morto e di aiutarlo a ricordare la sua identità di quando era vivo.
Il Dottore lo aveva rinominato “Silly”, il ragazzino diceva che quella parola gli suonava importante e non riusciva a dimenticarsela.
I residenti svolgevano dei lavori alquanto particolari: c’era una donna polipo al porto che vendeva pozioni magiche, un cacciatore alto e muscoloso articoli per la caccia, un mostro dal corpo realizzato con un sacco ripieni di insetti che realizzava scherzi e giochetti.
A differenza di lui tutti ricordavano da dove erano venuti, il che era frustrante.
Silly scappò via insultandosi a ripetizione; preso dai suoi problemi aveva scordato il dovere che gli spettava compiere.
A tempo di record attraversò la città salutando distrattamente i cittadini che lo vedevano correre.
Bizzarro a dirsi, ma il giovane era riuscito a stringere amicizia con quei loschi figuri, in particolar modo con l’uomo mascherato che si era dimostrato interessato al suo caso, forse perché non era mai successo che un ragazzo arrivasse da quelle parti, non con la fama oscura che EclipseTown si era fatta. Inizialmente nessuno degli abitanti gli rivolgeva la parola, troppo presi ad occuparsi dei propri affari, poi la sua presenza li aveva conquistati, chissà come.
 
Silly, per tenersi impegnato, aveva accettato di svolgere qualche lavoretto in attesa di recuperare la memoria.
L’occupazione del giorno consisteva nel servire ai tavoli di un bar frequentato da gente poco raccomandabile, portando ai tavoli cibo piccante e bevande alcoliche il più in fretta possibile, se perdeva di vista una sola ordinazione avrebbe passato un terribile quarto d’ora.
 
Il bar, oltre ad avere qualche tavolo che ricordava pipistrelli e sedili imbottiti con facce di mostri sullo schienale, era caratterizzata da un soffitto alto da cui pendevano ogni genere di armi mortali, la cucina era accessibile solo tramite un cancello con il filo spinato, le ordinazioni uscivano da un minuscolo forellino che, ogni tanto, sputava fuoco e fiamme. Delle falene gironzolavano intorno alle lampade al neon, ragnatele e vecchie cianfrusaglie facevano da mobilio, ogni tanto da qualcuno uscivano strane cose che lo spaventavano, ottimo intrattenimento per i clienti.
<< Ride bene chi ride ultimo! >> replicava lui ogni volta.
<< Fammi vedere come lavori, invece di sprecare fiato! >> gli risponde il cuoco di cui conosceva solo la voce.
Il ragazzo doveva muoversi con cautela, stando lì dentro rischiava che roba pericolosa gli venisse lanciata contro; sfruttando le sue piccole dimensioni gli riusciva facile schivare quel che poteva fargli male.
<< Vedi di resistere fino alla prossima settimana! Il Dio Ade ha organizzato un party importante e io voglio fare bella figura! >>
<< Ci proverò capo, ma questo dipende fino a quando sarò capace di restare in piedi o mi tornerà la memoria. >>
<< Lo dici tutte le volte! Adesso lavora! >>
Prima che il cuoco sempre nascosto nella sua cucina urlasse l’ennesimo ordine, un rombo scosse il bar da cima a fondo: un fulmine esplose nel centro del locale, fuoco e fumo divamparono mandando a gambe all’aria i clienti spaventati; alcune decorazioni caddero giù e fu una fortuna che per Silly si bloccarono fermandosi a mezz’aria.
<< Bel posticino. Allora non tutto l’Aldiquà è un inferno. >>
<< Ehi pazzoide! Volevi ammazzarci tutti?! Di nuovo?! >> gli urlò un pirata con il petto trafitto da una spada.
Quando il fumo si dissipò la figura di una donna alta e slanciata, il volto verde chiaro contornato da aguzze corna nere come la sua veste nere, in mano stringeva uno scettro con una sfera gialla sulla sommità. Tacquero i clienti, visibilmente intimoriti dalla sua presenza, la donna li ignorò e passeggiò nei dintorni;  guardando dall’alto in basso la gente che si allontanava.
<< Sto cercando il capo di questa “città”. >> chiese lei.
<< Il Dio Ade è fuori per affari. Chi sei tu che ti atteggi con tanta sfrontatezza? >>
Chi le parò in quel modo finì incenerito da un fulmine, la strega non
<< Sono qui per svolgere un incarico molto importante: organizzare una caccia al tesoro. >>
Ci furono delle risate, l’annuncio era stata davvero strano.
<< E cosa dovremmo cercare sua signoria? La strada per raggiungere L’isola che non C’è? >>
<< Oh no, qualcosa di più ben prezioso. >>
Un corvo entrò gracchiando dalla finestra, su una zampa aveva legata una specie di pergamena che la sua padrona slegò con la punta delle dita. Gli accarezzò la testa delicatamente prima di lasciarlo volare via, poi aprì il foglio e lo appese su una sgangherata bacheca, in modo che tutti potessero leggerlo.
Le gaie risate s’interruppero di colpo, i volti di chi fino a un secondo fa si stava divertendo divennero una maschera di paura e shock.
<< Dovete trovare la mano che cancella. >>
 

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Capitolo 19
*** Capitolo 20: Caccia al tesoro ***


Capitolo 20: Caccia al tesoro
 
Silly non sentiva una mosca volare, avrebbe potuto pensare che il bar si fosse svuotato di colpo, se non vedesse l’esatto contrario. 
Il panico esplose, ed era bastato un gioco a far impazzire tutti quanti.
I clienti corsero fuori dal bar urlando, alcuni gettandosi fuori dalle finestre, la maggior parte riuscì a barricarsi negli edifici attigui che sbarrarono con assi di legno, frigoriferi, divani e qualunque cosa che fosse pesante da spostare, circondando i confini con lance appuntite, mine sotterrate, cannoni e anche candelotti di dinamite.
Il ragazzo fissò scioccato l’intera azione, la strega invece aveva assistito impassibile allo spettacolo.
Dalla cucina spuntarono un paio di occhi, spaventati tra l’altro.
 << Sta scherzando, vero? >>
<< Se si trattasse di un diabolico scherzo per farmi quattro risate, ora starei ridendo. >>
<< Ma lei sa che questa idea ci ammazzerà? >>
<< Si e non mi interessa. >>
<< Lo sapevo! Solo un vero cattivo poteva dare una risposta simile! Qui c’è in ballo la “cancellazione”! >>
<< Chi cerca il tesoro proibito dal niente verrà divorato! >> continuò qualcuno da dentro una cassapanca.
<< Ti senti un re all’inizio, ma poi diventi un bignè! >> aggiunse un coro di voci da dentro dei bidoni per la spazzatura.
I vari abitanti continuarono senza sosta ad elencare i più terribili aspetti di quel non più apparente gioco… Silly stava rabbrividendo, quelle storie gli avevano messo paura.
<< Ora basta, voi tutti parteciperete a questa caccia, altrimenti vi incenerirò tutti quanti. Vi assicuro che manterrò la promessa. >>
Così com’era apparsa la strega andò via, sparendo per magia.
 
E intanto la domanda rimaneva: perché tutti avevano paura di una caccia al tesoro?
 
                                                                    ******
Il blu e il nero della notte prevalsero sulla città, qualche pipistrello svolazzava nel cielo in cerca di cibo.
Dopo il lavoro il ragazzo era corso in fretta nel suo piccolo appartamento, un minuscolo loft largo quanto uno stanzino, situato su una torre alta e pericolante che dondolava avanti e indietro pericolosamente, provvisto di un lettino, un cucinino e una finestra. Per la prima volta sentiva una gran calma nell’Aldiquà, una quiete che ammise di apprezzare moltissimo.
<< Ancora sperduto giovincello? >> gli domandò un personaggio che apparve nascosto in un angolo della stanza.
Abbassò lo sguardo verso sinistra, era minuscola la figura ma teneva, nonostante le dimensioni, un portamento elegante, strano a dirsi visto che si trattava di un ratto.
<< Il dottore ha usato trucchi come l’ipnosi, l’agopuntura e riti voodoo per farmi tornare la memoria…. niente a funzionato. >> rispose lui.
<< Se lo desideri potrei sezionare il tuo cervello e stimolare i nervi della memoria. >>
<< Preferisco continuare con i metodi tradizionali… piuttosto Professore, lei sa qualcosa a riguardo di una caccia al tesoro? >>
<< Oh si, ne ho sentito parlare: è un progetto di cui si è discusso spesso negli anni tra noi “Cattivi”, è legata ad una vecchia storia riguardante il creatore del nostro mondo. >>
 
Il Professor Rattigan si sedette sul bordo del letto, fece tintinnare una campanella e subito alcuni topi gli portarono thè, biscotti e un grammofono che fece partire una lenta melodia; c’era anche un libro ma per quello persero 20 minuti prima di riuscire a sistemarlo sul grosso leggio in modo tale che sia lui che Silly potessero leggerlo.
 
Le pagine erano ingiallite, appiccicate sopra c’erano delle vecchie foto in bianco nero con gente ripresa a lavorare su tavole da disegno, alcuni girati verso l’obiettivo sorridendo allegramente mentre mettevano in mostra i loro lavori oppure in buffe pose.
<< Tu sai bene che noi cartoni non possiamo morire per mano nostra reciproca, noi Cattivi finiamo in questo posto soprannominato “Aldiquà” in quanto è solo una prigione dove scontiamo i nostri atti. Esiste solo un modo per farci sparire, ed è quello di cancellarci. >>
Mentre parlava gli sgherri del Professore continuavano a sfogliare le pagine, questo fino a quando non si fermarono su una pagina con la foto di un uomo intento a strappare un disegno.
<< Due sono le strade per realizzare questo piano: cancellarci con le nostre stesse mani, oppure strappare la fonte da cui siamo venuti, ossia i disegni su cui il nostro creatore ha messo mano… E tal proposito, solo lui può farlo in quest’ultimo caso. >>
<< Ma lui è defunto. >>
<< Si, ma ha dei successori, non dimenticarlo. Ovviamente nessuno di loro ha mai osato tanto e noi non siamo tanto stupidi da farlo… eppure è un rischio che noi costantemente corriamo. >>
<< Come? >>
<< Con “La mano che cancella”. >>
I leccapiedi di Rattigan divennero ritratto di paura, quel titolo già pronunciato dalla strega sortì lo stesso effetto dei clienti del bar. Con cautela uno di loro girò l’ultima pagina del libro, si vedeva un altro uomo, stavolta molto corrucciato, con le mani tra i capelli che fissava stressato pile di disegni scarabocchiati o rovinati, palle di carta accartocciata e tagliata davanti a lui.  
<< Il nostro creatore ha avuto tanti attimi di odio e tradimenti, si vocifera che questi sentimenti abbiamo preso forma trasformandosi in una “arma” assai letale che abbiamo ribattezzato nella “ Mano che cancella”. Chi la trova pare che ottenga il potere di estinguere ogni cosa. >>
<< Caspita! Fa paura! >>
<< Avrai più paura sapendo che chiunque l’abbia cercato sia scomparso. >>
<< Ora capisco perché tutti sono terrorizzati. Ma è davvero necessario, sapendo questo, provare a cercarla? >>
<< Certo giovanotto, e abbiamo ottimi motivi per farlo. >>
Uno scossone improvviso fece sussultare il duo, si aggrapparono ai bordi del letto per non cadere giù.
Qualche pezzo di stucco si staccò dalle pareti, tutto dondolò e la porta si piegò leggermente verso l’interno schiacciata dalle pareti, spezzettando la superficie legnosa. Saltò sul cucinino e aprì la finestra posizionata lì sopra, sbirciò la città scoprendo che era illuminata da potenti fuochi artificiali rossi. Silly assistette allo spettacolo incredulo, gli abitanti uscirono per strada attirati dalla confusione.
<< Ti consiglio di prepararti signorino, domani sarà un gran giorno. >>
Aveva altre opzioni Silly? Certo che no.
 
                                                                    ******
Lo spettacolo della caccia al tesoro ebbe un inizio sfolgorante: un lampo di luce si innalzò nel cielo fino alla luna, che si stagliava nella volta celeste senza stelle, nei pressi della zona residenziale medievale, figure demoniache piroettarono tra le nuvole con sinistri ululati e risate.
In mezzo alla strada aveva luogo una parata di carri orridi, mostri mitologici e incubi erano i principali motivi scenici che davano corpo ai semoventi carrozzoni illuminati da incalcolabili piccole lampadine, mostriciattoli e streghe vi ballavano sopra.
Si guardava in giro Silly cercando di capire come avrebbe iniziato il “gioco”, nessuno aveva dato indicazioni precise, solo il luogo dell’appuntamento e l’orario.
La parata terminò nei pressi di un diroccato castello, si dissolsero i carri in fumo pece lasciando solo larghe macchie scure di polvere, si fece largo tra la folla un individuo dalla pelle grigia e per certi tratti un po’ scheletrico, i suoi occhi erano giallo limone e per capelli aveva invece fuoco azzurro, il suo abbigliamento costituito da una lunga tunica nera e grigia stile greco.  
<< Buondì a tutti felici abitanti di Ecplise Town! Sono soddisfatto di vedere che abbiate accettato spontaneamente di partecipare a questa caccia al tesoro unica nel suo genere. >>
Sai che entusiasmo… pensò il ragazzo.
<< Sapete tutti che il tesoro è ben nascosto, negli anni gli indizi disseminati son pochi e machiavellici, chi li ha creati voleva assicurarsi che fossero difficili… ma sono sicuro che quest’anno uno di voi riuscirà a vincere il gioco che più mette allegria alla nostra città! Perciò andate e buona fortuna a tutti quanti! >>
La folla non si smosse nemmeno un poco, non c’era un briciolo di entusiasmo.
Perciò per “incoraggiarli” il dio dei morti sprizzò fuoco e fiamme, solo così la gente partì alla ricerca del temuto tesoro.
 
Per parecchio tempo la folla si mantenne eterogenea, tutti procedettero per la stessa strada fin dove era possibile.
Poi, poco alla volta, la gente cominciò a sparire, rinunciando all’impresa.
Nei pressi dell’unico parco presente in città, caratterizzato da una rara collezione di piante carnivore, fiori velenosi e intricati rovi, Silly si perse fra i viottoli di ghiaia rossa asfaltati da poco che sprigionavano un acre odore di cemento, fino ad abbandonarsi esausto sulle panchine di ossa che brillavano per la recente lucidatura. Gli indizi erano troppo complessi, non ne poteva più di andarsene da una parte all’altra tirando ad indovinare cosa volessero dire.
Era scocciato Silly, fosse stato per lui se ne sarebbe tornato subito a casa.
<< Ehi! Al ladro! Ci hanno derubato! >>
<< Fermati o ti conciamo per le feste! >>
Una scattante figura incappucciata passò davanti a lui, inseguita da due omaccioni che sbraitavano come cani.
Era una città di tipi poco raccomandabili Eclipse Town, furti e scippi erano all’ordine del giorno e nessuno si preoccupava di risolvere la cosa, anzi, era una delle maggiori caratteristiche del posto che a detta degli abitanti lo rendeva interessante.
Ma lui non era come gli altri, a lui importava portare un poco di giustizia.
È così, senza perdere altro tempo, si lanciò all’inseguimento, deciso a raggiungere il ladro.
 
Senza le strade affollate fu facile star dietro al ladro che tenacemente tentò di seminarlo, nulla fermò il ragazzo, nemmeno i continui ostacoli, tanto che alla fine riuscì ad avvicinarsi quando bastava per lanciarsi addosso al fuggitivo.
Non si era accorto di essere arrivato fino alla fiumara, finirono in acqua e vennero trascinati via dalla corrente che portava fin dentro le fogne, tra condutture arrugginite e vasche per la raccolta della sporcizia. Riuscirono ad approdare su una delle passerelle d’acciaio sistemate fra i cunicoli, zuppo dalla testa ai piedi il ragazzo imbronciato tentò di asciugarsi e soprattutto di liberarsi di dosso l’orrenda puzza impregnata nei vestiti.
<< Accidenti! è disgustoso! >>
<< Questo t’insegnerà ad impicciarti degli affari tuoi raga… Elias? >>
Il ladro era…. una ladra.
Una donna che pareva essere stata fusa con un gatto, i suoi occhi nel buio della fogna erano l’elemento che più lo fece spaventare di lei in quanto brillavano come piccoli fari.
Gli afferrò il viso e lo rigirò da una parte all’altra facendo scricchiolare il collo, le unghie aguzze che gli pungevano le guancie, i capelli rossi erano sporchi e la particolare blusa blu era assai sgualcita.
<< Cosa ci fai qui da solo?! Questo è un posto pericolo! Sei di nuovo scappato dalla nave, non è così?! >>
<< Signora, di che diavolo sta parlando? >>
<< Non prendermi in giro Elias! Non puoi mettere a repentaglio la missione in questo modo! Che cosa hai combinato questa volta? >>
<< Ehi! Ehi! Si dia una calmata! “Missione”? “Nave”? Quello che dice non ha senso! E comunque il mio nome è Silly, non Elias! >>
La donna rimase a squadrarlo fino a quando non si rese conto che il ragazzo era serio, sbattè gli occhi rapidamente in modo tale che le pupille si allargassero, un particolare che parve addolcire il suo volto. Gli fece un paio di domande a cui lui non seppe rispondere, Silly pensò che fosse impazzita e lentamente indietreggiava, preoccupato che da un momento all’altro potesse scattare qualche cosa di pericoloso.
<< Non è possibile, non esistono altri come te… tu… come ci sei finito qui, in questo covo di malvagi? >>
<< Io non ne idea, sinceramente. Mi hanno trovato fuori dal cancello e adesso vivo qui. Il dottore ha detto che soffro di… come l’ha chiamata?... ah, si! Amnesia. >>
<< Amnesia?! Oh no! Questa non ci voleva! Come se le cose non fossero abbastanza catastrofiche! >>
<< Ok… mi dispiace di averla delusa… adesso io me ne vado e la lascio in pace… >>
<< No! Fermo! Non puoi correre altri pericoli! Non ora che il principe è nelle vicinanze! >>
 
                                                                    ******
Il più vistoso dei palazzi di Eclipse Town era, in realtà, una torre di pietra la cui vetta era dominata da un teschio aguzzo circondato dalla nebbia, da sopra il cranio fuoriuscivano dei vapori strani che andavano ad oscurare il cielo già nero di suo.
 
In una sala in cui c’era solamente un lungo tavolo rettangolare, otto individui se ne stavano seduti stretti al centro per poter osservare meglio quello che una sfera di cristallo proiettava con un chiarore fin troppo perfetto.
<< Alla fine è arrivato sin qui. >>
La strega appariva infastidita da quanto vedeva, sapeva ben nascondere quel che realmente provava.
<< A questo punto è stato inutile mettere in scena questa sciocca caccia al tesoro: l’abbiamo persa in partenza. >> commentò il Dio dei Morti.
La sfera mostrava delle figure in movimento, stavano attraversando il deserto in fretta e furia, sopra di loro si intravedeva una figura più grande che li sovrastava come un gigante. Le ombre dei personaggi spiati si riflettevano sulle pareti, nessuna di quelle però era inquietante quanto quella dell’individuo che guidava la folle parata che stava venendo verso di loro.
<< Ha un bel coraggio quel cosiddetto Principe di presentarsi da queste parti. >>
Chi aveva parlato era una donna dal corpo per metà come quello di una piovra, i tentacoli ondulavano a terra nervosamente.
<< Se è venuto a “farci visita” allora ha intuito qualcosa che gli frutterà fortuna. >>
<< Dobbiamo impedirgli di raggiungere la città! Non dovrà posare un solo piede qui! >>
<< Sei davvero certo di riuscire in tale cosa? Sei più sciocco di quanto pensassi. Il Dittatore riuscirà a realizzare qualunque cosa egli desidera. >>
<< E cosa dobbiamo fare allora? Diccelo Malefica, pendiamo dalle tue labbra. >>
<< Semplice: lo accogliamo. >>
 
I presenti non capirono subito quanto detto dalla strega.
Eppure Malefica era stata chiara e non aveva intenzione di ripetersi.
Si trasformò in una sfera di luce e volò via dalla stanza, per andare incontro al visitatore sgradito che stava venendo.

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Capitolo 20
*** Capitolo 21: Caos sotto e sopra ***


Capitolo 21: Caos sotto e sopra
 
Malefica scrutava l’orizzonte con glaciale autorevolezza, i “colleghi” l’avevano raggiunta dopo qualche minuto.
A parte loro, nessun’altro sapeva cosa stava accadendo fuori dalla città, la gente doveva restare nell’ignoranza fino quando non ci fosse stato un vero motivo per dare l’allarme.
A differenza della strega nera, gli altri erano convinti di poter tenere testa al fronte tempestoso che stava venendo loro incontro, riponevano molto fiducia in ciò che sapevano fare…. ma lei era più lungimirante a tal proposito.
Il suo corvo gracchiava e dispiegava le ali con fastidiosa ripetizione, lo faceva perché sentiva quanta agitazione lei provasse e nascondesse nella sua impassibilità; inutile calmarlo, quel comportamento sarebbe proseguito fino a quando avrebbe sentito il minimo grammo di agitazione.
 
Ad un tratto l’orizzonte si fece turbolento, rappresentava il segnale dell’arrivo della tempesta.
Nessuno parlava, eppure sembrò proprio che si fossero zittiti, una reazione strana per loro che avevano sempre da dire l’ultima parola in qualunque occasione.
A mano a mano che si avvicinava la turbolenza, gli strepitii dell’esercito si udivano chiaramente come lo scrosciare della pioggia che si avvicinava e nella foschia polverosa le figure diventavano sempre più nitide… ma la sagoma della nave volante era la più inquietante, che occupava tutto il cielo fino a celare le stelle e la luna.
Si fermò l’avanzata, ancora lontani ma non abbastanza da permettere agli oscuri signori di sentirsi al sicuro.
L’ombra proiettata li sovrastava, pareva un perfido presagio di ciò che il futuro gli riservava se non si fossero preparati ad affrontare il disastro incombente.
 
Ad un tratto una figura li approcciò, comparendo da sopra le due uniformi: indosso aveva una pelliccia bianca avorio con colbacco e pellicciotto azzurri, diamanti e lapislazzuli sparsi sopra che luccicavano abbaglianti creando nell’insieme piccoli arcobaleni. Non c’era nessuno al suo seguito, era evidente che si sentiva al sicuro, il sorrisetto delle labbra laccate di un ridicolo rossetto viola diedero molto fastidio alla strega e ai suoi soci; avrebbe voluto cancellarglielo subito.
<< Buonasera a tutti voi. Che accoglienza, sono lusingato. >> disse il Dittatore allegro.
<< L’onore è tutto nostro. Non pensavamo di ricevere una sua visita, maestà. >> rispose gelida Malefica.
<< Mi perdoni, ho avuto un sacco di impegni. È così difficile lavorare al giorno d’oggi, soprattutto quando hai dei rompiscatole che si intromettono dei tuoi affari. >>
Malefica strinse il suo scettro ancora più saldamente, nel ridicolo aspetto di quell’individuo riusciva a cogliere una scintilla di ribrezzo che le faceva venire voglia di strappargli via la faccia; ma non poteva tradirsi, mettere in mostra le vere emozioni era la peggior mossa che si potesse giocare durante una guerra.
<< Qual è la ragione della sua visita? >>
<< Passavo da queste parti per puro caso, ricordandomi che il vostro bel posto era nei paragi mi son detto… “Ho una gran voglia di conoscere quella gente che di crudeltà è famosa. Rimarrei contento se questi diventassero colleghi con cui poteri collaborare. ” >>
Scoppiarono a ridere i cattivi, quel che il Principe aveva detto era, per loro, una esilarante barzelletta…. ben pochi però non condivisero l’umorismo, consapevoli del fatto che il vero senso era sottointeso con brutali intenzioni.
<< Non ho idea di come possa nascere una qualche sorta di collaborazione, per quanto le nostre anime siano corrotte, non abbiamo interesse nel dare inizio ad alleanze che riguardino lei al nostro fianco. >>
<< Oh! Oh! Mi si spezza il cuore! Perché questa crudeltà!? Io voglio solo avere gente fidata al mio fianco! >>
<< Forse saremo simili del desiderio di dominio, nell’ottenimento del potere o dalla voglia di vendetta, ma questi non sono che dettagli… quello che conta è che non siamo e mai saremo pazzi come lei. >>
Già, aveva usato l’espressione giusta la strega: pazzia.
Perché era questa l’espressione adeguata da usare nei confronti di quell’essere spregevole.
Il Principe asciugò le lacrime di coccodrillo, il vento che soffiava gli faceva volare i due boccoli di capelli sulla fronte, pesantemente laccati e il biondo più innaturale del solito.
 
Improvvisamente il suo sguardo si tramutò, nessuno dei cattivi riuscì a trattenere un esternazione di sgomento.
Ora tutti quanti avevano paura seria di lui.
<< Chi non intende lottare al mio fianco, che perisca con tutti coloro che osano mettersi sulla mia strada. >>
 
                                                                    ******
Amelia era sempre più irrequieta, le cose non stavano andando per il verso giusto; l’unica cosa che contava di fare con assoluta sicurezza era proteggere Elias.
La sua perdita memoria era il peggior imprevisto che potesse capitare, come lo avrebbe spiegato al popolo del loro regno e soprattutto a Yen Sid?
Guai, soprattutto, se lo avesse scoperto il Dittatore, sicuramente ne avrebbe approfittato per ingannare il fanciullo e magari, nelle peggiori delle ipotesi, farlo passare dalla sua parte.
<< Signora, vorrei andarmene a casa. >>
<< Per fortuna i “Cattivi” non si sono accorti della tua identità, avrebbero cominciato a pretendere di avere dei privilegi. Li conosco bene. >>
<< Chi, i miei datori di lavoro? Sono gente a posto, perché dovrebbero volere qualcosa da me? >>
<< Quante volte devo dirtelo?! Tu sei un Re! Cioè il Re di… oh, lasciamo perdere! Adesso dobbiamo andarcene da questa città! >>
<< Andare via? Non finchè c’è la caccia al tesoro in corso, i grandi capi si infurieranno se mi beccano con le mani in mano. >>
<< Perché tanta agitazione per uno stupido gioco? >>
<< Non sarebbe stupido se non ci fosse in mezzo un prezioso oggetto di un certo famoso tizio. >>
<< Aspetta, di cosa stai parlando? >>
Frettolosamente Elias, o Silly, raccontò le ragioni della caccia al tesoro, Amelia incredula rizzò le orecchie e mugugnò a bassa voce; gli strappò di mano la lista degli indizi, ad ogni rigo una esclamazione oppure frasi che non avevano fine, stringeva così tanto la carta da strapparla.
<< Possibile che…? No, non può essere… eppure è molto simile…. >>
<< Potrebbe dire qualcosa che io possa capire? >>
<< Non c’è tempo, seguimi, dobbiamo vincere questo gioco prima che lo facciano altri. >>
Una luce particolare brillò negli occhi felini della donna, la quale trascinò via il ragazzo con una determinazione che le faceva bruciare la pelle: era una luce di speranza.
 
In poche ore visitarono ogni angolo recondito di Eclipse Town, per non esserci mai stata la donna seppe orientarsi molto bene, grazie all’esclusivo ausilio degli indizi.
Anche se Elias non avesse perso la memoria sarebbe comunque rimasto affascinato dalla sua determinazione, lo ispirava, una rara considerazione che aveva avuto solo nei confronti di pochissime persone. Non provò a fermarla o rallentarla, voleva vederla sprizzare di energia, in qualche modo lo stimolava a dare una svolta alla monotona vita condotta fino a quel momento.
Dopo un lungo esplorare si fermarono, finalmente… la nuova tappa spense l’entusiasmo al ragazzo, erano in quella che era la cosiddetta zona proibita della città: la discarica.
Non era una vera discarica, bensì una semplice casupola semi diroccata limitata da filo spinato con mozziconi di matite e mattoni incrinati gettati lì per terra, cartelli ammuffiti che vietavano l’ingresso. Nessuno aveva idea a cosa quel posto fosse servito e chi ci aveva abitato prima dell’abbandono, strane voci giravano sul conto di quel posto e tutti se ne stavano alla larga per sicurezza.
Amelia ignorò li avvisi ed entrò, fidandosi solo del proprio istinto: c’erano tre stanze all’interno della casa e a parte immensi cumuli di polvere e ragnatele non c’era altro, scarafaggi e ragni avevano preso possesso del niente. La donna esplorò l’angusto spazio, le sue impronte rimasero impresse sulla polvere stesa a terra che sollevandosi formava una specie di nebbiolina asfissiante, toccò ogni cosa che le lasciò sulle mani uno strato di sporco nero.
<< Ma che cosa sta facendo? >> chiese perplesso il ragazzo.
<< Sto cercando… questo! >>
Sprofondò la mano nella donna in una spessa ragnatela, centinaia di minuscoli ragni ne uscirono fuori… il pavimento su cui poggiavano i piedi che si aprì di colpo facendoli cadere.
<< Ahia! Il mio fondoschiena! Perché non mi ha avvisato di questo…! Ma cosa… che razza di casa è questo? >>
<< Non è una casa, bensì un nascondiglio. >>
Sotto il pavimento si celava tutto un altro ambiente: una sorta di foresta di pietra.
 
Era calmo l’innaturale ambiente, gli alberi scolpiti nella grigia roccia si districavano su un terreno brullo di foglie morte, delle casette per le bambole apparivano di tanto in tanto nel labirintico paesaggio, prive di porte e finestre così che si potesse veder le stanze ordinate. Perlustrarono con prudenza, c’era un delicato ed inusuale profumo di gelsomino misto a frutti di bosco sprigionato da candele poste sui rami degli alberi, statue di animali composte da rametti di legno di tanto in tanto apparivano.
<< Non mi piace stare qui… voglio andare via. >>
<< Lo faremo, ma prima dobbiamo trovare il cristallo della corona. >>
<< Corona? Cristallo? >>
<< Quando avrai riacquistato la memoria ti ritornerà tutto in mente. >>
Ad un tratto nella selva apparve una vasta radura, al suo centro un piccolo villaggio di case giocattolo illuminate da minuscole lanterne sistemate ai confini.
Era “abitato”, tra le strade strette si trovavano piccole bambole e animali di pezza, uccelli e insetti si muovevano sui tetti o nei giardini tramite delle asticelle; i rumori e le voci provenivano invece da grammofoni nascosti tra le abitazioni.
Sarebbe stato un allestimento carino se il drago nero sistemato al centro della città non lo rendesse un poco inquietante.
Chissà cosa ci faceva una figura simile lì in mezzo era curioso, Elias provò a toglierlo ma si rese conto che era incollato saldamente a terra. Proprio allora con quel gesto scoprì che la testa del rettile si poteva ruotare, una cosa che interessò Amelia che ci mise le mani sopra.
<< Bravo Elias, anche senza memoria sai che strada prendere per trovare il cristallo. >>
<< Ma io volevo solo… >>
Uno scatto, la testa del drago smise di ruotare, le fauci si spalancarono e il fuoco uscì prorompente, incenerendo la cittadina giocattolo.
Ciò che rimase allo spegnimento delle fiamme fu cenere, nemmeno i pupazzi erano scampati al fuoco, ma lì nascosto nell’ammasso informe nero trovarono una botola già aperta, da lì uno strano crepitio ne uscì fuori.
<< Sembra tutto ok, vedo che c’è solo una stanza e nient’altro. >>
<< Lì sotto non ci vado, non mi piace la piega che ha preso questo gioco. >>
<< Non stiamo giocando, stiamo combattendo per salvare il mondo. Cerca di ricordarlo… è importante. >>
Amelia si infilò nella nicchia, Elias riluttante la seguì: la stanza era distrutta, i raggi di luce filtravano a stento il buio, nonostante l’angusto ambiente l’aria era fresca e non c’era depositato un grammo di polvere.
In fondo alla stanza una statua raffigurante le fattezze di un uomo privo completamente del volto stava di guardia, ai suoi piedi una cassa aperta.
<< Vuoto? Tutto questo casino per un tesoro che non c’è? >> esclamò incredulo il ragazzo.
<< è nascosto, il tesoro c’è eccome. Dobbiamo capire come rivelarlo. >>
Elias alzò gli occhi al cielo in segno che non avevano più idea di che pensare.
 
Le orecchie iniziarono a fischiare, respirare diventava complicato, lo stomaco che bruciava.
Prima d’ora non si era mai sentito così a disagio, gli sembrava di impazzire, aveva bisogno di eliminare quel fastidioso star male.
Tentò di ignorar la cosa, prepotentemente però si faceva sentire diventando sempre più intensa e trattenere il malumore a tal punto diventava difficile, fino a non fargli tollerare niente.
La statua dell’uomo senza volto divenne oggetto del suo malumore, la prese a calci e la spinse rischiando di farla cadere, lo scricchiolio della pietra troppo rumoroso per lui. Gli venne voglia di spingerla a terra, trovò però più allettante prendere una pietra acuminata e scheggiarla poco alla volta.
Ma tirato il primo colpo… tutto ciò che ottenne fu di cancellare la parte bersagliata.
Si era formata una conca vuota sul fianco dell’oggetto, nessun rumore o vibrazione era scaturito come conseguenza del gesto; provò una seconda volta e lo stesso effetto accadde di nuovo.
Strano… mi fa sentire meglio questa cosa.
Era forse quello il metodo inteso dalla donna per scoprire il tesoro?
L’unico modo che aveva per scoprirlo era andar avanti, perciò cancello la statua completamente fino a quando non rimase solamente un piccolo piedistallo su cui poggiava un cristallo nero.
<< La “mano che cancella”… >> mormorò il ragazzo.
 
Improvvisamente ogni cosa iniziò a crollare.
Il bosco di pietra si stava sgretolandosi sulle proprie fondamenta mentre l’eco di un corno si intensificava; di corsa ripercorsero la strada per l’uscita, ma il pericolo era in agguato. Una gabbia dorata precipitò su Amelia ed Elias, le sbarre erano così strette tra loro che era impossibile far passare persino un dito.
<< Non è possibile… Come hai fatto a trovarci?! >>
Il Principe Folly apparve dalla nebbia sopra di loro, scendendo un passo alla volta una scala che si formava davanti a lui.
<< Vi ho seguito, un’idea ovvia e geniale. >> disse il dittatore fiero.
Una mano si materializzò dal metallo che componeva la gabbia, brutalmente perquisì Elias fino a strappargli la maglietta che poi porse al sovrano sottoforma di un vassoio elegantemente decorato, adagiate sopra le pietre magiche.
Il sorriso del dittatore era di una soddisfazione incredibile, con il cristallo già in suo possesso ora aveva conquistato al completo il tesoro tanto desiderato.
Qualcosa scattò nell’individuo, nei suoi occhi una parte nascosta di lui emerse leggermente, la stessa che Amelia aveva già intravisto e temuto, in silenzio contemplò i tre gioielli passandoci sopra i palmi delle mani.
<< Anni di progetti e idee… secoli di maniacale lavoro… e finalmente posso realizzare il mio sogno più grande! SI! NE SONO SICURO! QUI NELLE MIE MANI POSSO CAMBIARE LE SORTI DEL MONDO! >>
<< Non diventerai mai il nostro padrone! Io e tutti gli abitanti del regno ti ripudiamo come tale! >>
Il principe Folly rideva… ma non era la risata di un folle intenzionato a dominar chiunque e qualunque cosa, decisamente no… era una risata, quella, che solo un’entità propensa al male poteva scatenare.
<< Ora che ho in mano la fonte vitale di questo sciocco luogo di patetici sogni, non ho più motivo di fingere. >>

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Capitolo 21
*** Capitolo di avviso ***


Scusate se la storia va molto a rilento; ho avuto parecchi impegni e imprevisti il che non è un bene per uno scrittore. Comunque... volevo avvisare che sono appena entrata nella fase finale della fiction: tra pochi capitoli (si spera) la fiction avrà fine.

A tal punto revisionerò i capitoli precedenti così da rivedere eventuali errori/dimenticanze/cavolate varie.
Restate "sintonizzati" e non perdetevi il finale del Re di Disneyland!

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