La cameriera del diner

di OttoNoveTre
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** // ***
Capitolo 2: *** Trenta ottimi motivi ***
Capitolo 3: *** Grazie ***
Capitolo 4: *** Whistle ***



Capitolo 1
*** // ***


La cameriera del diner




Le giornate di merda bisognava imparare a riconoscerle a fiuto, così da darsi malati e rimanere tutto il giorno sotto la trapunta del divano. Così almeno la cosa peggiore che sarebbe potuta capitarti era doversi trascinare fino al frigo per trovare qualcosa di commestibile.
E invece, all’inizio di quella giornata di merda, aveva trovato Wis rimasto a bocca asciutta la sera prima, di conseguenza voglioso di sfogarsi e di conseguenza pronto a farlo sui suoi dipendenti. Non era la prima volta che si prendeva le gentilezze di Wis, ma quella mattina il suo “Jo, come al solito hai perso un'ottima occasione per stare zitta e non rompere il cazzo” era arrivato dopo una notte insonne, tre bollette nuove e un perizoma della Troia Svedese ritrovato dopo mesi tra i cuscini del divano. A quanto pare il suo ex e l’attuale fidanzata non ci davano dentro solo nel suo letto, sul suo tavolo della cucina e in sella alla sua moto.
Almeno il turno di lavoro era finito: scalciò via la divisa del diner e tirò fuori dallo zaino la canottiera bianca.
Sarebbe stato bello fare una scenata da film, con il capo scornato, i clienti che applaudono e lei che incede in mezzo ai tavoli rovesciando a terra la brocca del caffè. Anzi, prima avrebbe appallottolato la stupida divisa rosa, poi avrebbe preso la brocca del caffè e l’avrebbe versata sulla pelata lucida di Wis, allora la signora Richardson le avrebbe sorriso, mite, sorseggiando il solito tè freddo alla pesca, mentre il resto della sala applaudiva.
Si allacciò i jeans e le scarpe da ginnastica, mise la divisa appallottolata nello zaino e si appuntò mentalmente di guardare la pagina degli annunci di lavoro sul giornale gratuito della metro. Almeno, con un nuovo contratto in mano, avrebbe potuto fare la sua uscita trionfale. Nel frattempo si sarebbe accontentata di perfezionare la scenografia. Si sbatté alle spalle la porta del retro, con lo zaino su una spalla e il sacchetto della spazzatura sull’altra. Lo mollò vicino ai bidoni e uscì dal vicolo sulla strada principale.
Frugò la tasca esterna dello zaino in cerca del pacchetto di sigarette, ma la scatoletta di cartone era vuota.
Giornata di merda, giusto.
- Permette?
Una mano sporse verso il suo naso un portasigarette di cuoio pieno di Marlboro. La mano apparteneva a un uomo alto e biondo, che le fece un sorriso.
- Quando arriva la fregatura?
L’uomo biondo la guardò perplesso.
- Sono scese così tanto di qualità le Marlboro da quando le ho comprate l’ultima volta? Scusi, forse sono io che non ricordavo più il sapore di una buona sigaretta, dopo tutti gli anni passati a fumare catrame, al fronte. Se mi indica una rivendita di tabacchi, le posso offrire un pacchetto di una marca più di suo gusto.
Lei lo fissò, indecisa se inquietarsi o ridere per il modo affettato con cui le si rivolgeva. Alla fine gli prese una delle sigarette.
- Marlboro andrà benissimo, grazie. Le offrirei un caffè al diner dove lavoro, qui dietro, ma temo che rivaluterebbe il catrame.
Il biondo rise, accese a entrambi le sigarette e mise via scatola e accendino.
- Peccato, perché il gusto del caffè dopo quello del tabacco è qualcosa che… mi manca molto. Ma venendo in qui ho visto un baracchino. Se non la offendo, potremmo prenderci qualcosa lì.
- Certo che bruci le tappe in fretta, soldato! Facciamo che è stato molto gentile…
- Steve.
- Ok, facciamo che è stato molto gentile, Steve, ma preferisco andare a casa. È stata una brutta giornata oggi. – Jo si sporse sulla strada per fermare un taxi di passaggio. L’autista bloccò la macchina qualche metro davanti a loro. Il biondo la superò, spalancò la portiera dell’auto e le prese la mano per aiutarla ad accomodarsi. La gentilezza dei modi la spiazzò, tanto che si bloccò con un piede sull’auto e l’altro sul marciapiede.
- Se vuole andare a casa, io chiudo la portiera e non la importuno più. Ma se ha voglia di fare due chiacchiere e prendere un caffè, non le nascondo che mi farebbe molto piacere.
Era strano quel tipo. Non aveva detto “prendere un caffè” col tono che sottintendeva “buttare a terra le mutande il più in fretta possibile”. Gli occhi azzurri erano rimasti seri in attesa della sua risposta.
Jo tolse il piede dal taxi e il biondo chiuse la porta.
- Va bene, Steve.

A guardarlo meglio poteva avere trenta, massimo trentacinque anni. Ma dava l’impressione che dai suoi capelli mancasse giusto un po’ di brillantina, per fare il paio con quei pantaloni a vita un po’ troppo alta e la camicia dentro la cintura. E non una camicia a scacchettoni, proprio una camicia.
Si erano seduti su una panchina vicino al baracchino del caffè, con due bicchieri fumanti e ciambelle coperte di glassa.
- Quindi lavori in un diner, Josephine?
A Jo il morso della ciambella andò quasi di traverso.
- Oddio, non chiamarmi così!
- Perché?
Steve fece una faccia educatamente perplessa. Ecco, avrebbe potuto mettere l’avverbio “educatamente” prima di ogni sua azione, sarebbe stato appropriato.
- Beh, perché oggi non sono vestita da Josephine. – e questa da dove esce? Perché questo tipo vestito come miononno sembra assolutamente appropriato e devo fare io quella strana?
Steve le fece un gesto di incoraggiamento, come a dirle di proseguire la storia, e lei ricominciò:
- Josephine è un essere misterioso e anacronistico come il suo nome; appare solamente ai pranzi con la nonna, vestita di tutto punto e col filo di perle. Così la nonna potrà stupirsi se ancora non si è presentato alla porta un giovanotto con un mazzone di rose rosse e una di quelle scatole di cioccolatini a forma di cuore chiusa da un nastro di raso rosso, che chiederà a mio padre il permesso di portarmi fuori a cena. Quando finisce di fare parte delle fantasie anni ’50 della nonna, Josephine scompare sotto un telo di cellophane nell’armadio, e io torno a essere Jo.
- Peccato, credo che Josephine mi starebbe simpatica.
- Non dirlo alla nonna! Poi come minimo ti vuole a cena in completo.
- Credo di averne uno sotto naftalina, da qualche parte.
Jo pensò a un attimo che lui, in completo, sarebbe stato ancora più Steve. Bevve un altro sorso di caffè.
- Ogni vestito dà un nome appropriato alla persona che lo indossa, no? Come i supereroi.
Steve proruppe in una risata cristallina, che riuscì a fermare soltanto col sorso di caffè successivo.
- Ok, ho detto una cosa davvero da ragazzina scema. Sarà perché abbiamo Stark in città, non so se hai presente... Diciamo allora che è come quando tu ti metti la divisa da militare. Lì diventerai il capitano Rogers, no?
- Sai, Josephi… Jo, in realtà i due esempi si assomigliano molto.
Steve scosse il tovagliolo con le briciole della ciambella e attirò qualche piccione vicino alla panchina. Sembrava sereno, come se si stesse godendo ogni cosa nel parco, dall’aria fresca al caffè ai piccioni che tubavano per avere ancora briciole.
- Sei stato via per molto tempo con l’esercito, Steve?
- Un bel po’. Mi mancavano questi posti, anche se sembra sempre che cambi tutto troppo in fretta. Però il diner dove lavori me lo ricordavo. Mi sono trovato a passeggiarci davanti quasi per caso. Non hanno cambiato neppure le divise.
- Credo che Wis non le cambi da quarant’anni le divise, due o tre anni sono una bazzecola! Ogni tre anni cambia al massimo il filtro nella macchina del caffè. – Jo finì l’ultimo sorso dal bicchiere e guardò l’orologio sul suo polso. Quando alzò lo sguardo Steve era già in piedi che le porgeva la mano.
- Mi offrirei di accompagnarla a casa, signorina, ma non credo si usi più.
- Questo non vuol dire che rifiuterei, capitano Rogers.
- Lo sapevo.
- Cosa?
- Una cameriera di diner rimane sempre un po’ anni ’50.

La mattina successiva non preannunciò nessun giorno di merda all’orizzonte.
Nel retro del locale, Wis si era scusato a modo suo, offrendole un vassoio di muffin del giorno prima da portare a casa.
Poi, sbirciando dal retro del diner, Jo aveva visto Steve nascosto dietro un giornale sportivo. Slacciò i primi due bottoni della divisa, in modo che facesse capolino il filo di perle, infilato quella mattina nello zaino tra una smorfia e una risata.
Steve prese una colazione standard e sette tazze di caffè (sette tazze, sette giri di Jo con la brocca al suo tavolo), aspettò la fine del suo turno ed erano tornati a Central Park per un hot-dog.
Il primo invito a cena arrivò per lettera, una settimana dopo. Jo scelse un vestito con la gonna a campana, aprì la porta a Steve nascosto dietro un gigantesco mazzo di rose rosse. In qualunque modo avesse fatto, si era procurato pure una scatola di cioccolatini a forma di cuore, con il fiocco di raso rosso. Li mangiarono assieme al tavolo del ristorante, con un’orchestrina che suonava sotto la luna.









La tana di Otto

AVVISO (17/12/2012): la cameriera del diner innamorata di Steve è stata aggiunta (grido di gioia) alla lista personaggi, e si chiama Beth. Josephine/Jo è un nome di mia invenzione, perché quando ho cominciato a scrivere non sapevo ne esistesse uno ufficiale. Oramai mi ci sono affezionata e ho deciso di non modificare il nome nelle storie, ma il personaggio quello è. Beth rimarrà il secondo nome :-)
Steve Rogers/Capitan America è fondamentalmente un gentiluomo. Soprattutto al nostro gusto moderno il suo spirito e le sue motivazioni suonano esagerate e cliché. Eppure a me il modo in cui hanno scelto di rappresentarlo, nel film, è piaciuto moltissimo: buono, idealista al limire dello sciocco. Ma io sono come Phil (Phiiiil!) e se avessi delle figurine vintage le porterei al capitano per un autografo.
Josephine sarebbe la ragazza che viene salvata e intervistata alla tv dopo l'attacco alieno a New York. Amici informati mi dissero che dovrebbe diventare la nuova morosa del Capitano, sono andata a cercare sulla wiki il suo nome ma non ho scoperto molto. Probabilmente faranno come con Jane e cambieranno nome o mestiere rispetto ai fumetti (Jane sarebbe un'infermiera e non un'astrofisica). Diciamo che è la mia interpretazione del personaggio così come, per ora, è comparso nel film.
La storia è ambientata prima dei fatti di Avengers.
Spero di non aver aumentato troppo il diabete in giro per il fandom, con questo sfacciatisimo fluff vintage!
Grazie a tutti quelli che leggeranno.













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Capitolo 2
*** Trenta ottimi motivi ***


TRENTA OTTIMI MOTIVI



- Nonna, ho trovato un posto all’ombra, andiamo che ci siamo fatte a piedi quasi tutto Central Park.
Lilian la prese a braccetto e la accompagnò sotto le fronde di un castagno, le appoggiò il cuscino sulla panchina e la aiutò a sedersi. Peggy riprese fiato un attimo e si asciugò il sudore dalle guance con un fazzoletto. Lilian si mise accanto a lei, con le gambe incrociate e le braccia aperte ad abbracciare lo schienale.
- Sia chiaro, Lily, mi sono seduta solamente perché ti vedevo boccheggiare e ho avuto pietà di te. Non sono mica come tuo nonno, io. E mettiti composta che rubi spazio.
Lilian drizzò la schiena e si portò la mano destra alla fronte, tesa.
- Signorsì generale, signore.
Peggy emise un sospiro e tirò fuori dalla borsa un libro. Lilian aveva già infilato le cuffie nelle orecchie e scorreva col dito gli album dell’Ipod, con il rosso lucido delle unghie che risaltava sullo schermo nero. A quanto pareva quella settimana le aveva preso in prestito lo smalto e un braccialettino d’argento.
Due ragazzi che passavano in bici voltarono la testa verso la loro panchina e suonarono i campanelli. Lily emise uno sbuffo e non alzò gli occhi dall’Ipod, ma aveva dipinto in faccia quell’orgoglio misto a imbarazzo che hanno le ragazzine quando cominciano a capire di essere belle.
- Devi uscire più spesso con me, Lily. Tutti i giovanotti mi notano, quelli che non mi piacciono posso presentarli a te, che ne dici?
- Ah, questo lo dico al nonno!  
- Come se lui non fosse stato uno di loro.
- Io la sapevo diversa.
- Del nonno ti devi fidare solo quando non parla di pesca e di donne. E di pesca di donne, a maggior ragione. Altrimenti finirà per raccontarti di quella volta che ha salvato una naufraga dalle grinfie di un polipo gigante. Lily, la schiena.
Lilian si raddrizzò di nuovo dalla posizione accucciata in cui stava ancora scorrendo lo schermo dell’Ipod. Non solo si tirò dritta più di un manico di scopa, ma posò l’Ipod sul palmo aperto e cominciò a scorrere la lista solo con la punta del dito indice.
- Oh, sei impossibile! Perché non sei rimasta la bimba di 5 anni con cui andavamo a vedere i pesci rossi nella fontana e che si teneva buona con un gelato?
- Il gelato! Sai che è un’ottima idea, nonna?
- Lily…
- Giusto. Ahem, - Lilian abbassò la voce di qualche tono – generale, lasci che provveda al rancio per la truppa.
- Nessuno ha mai parlato così nell’esercito.
Ma parlò alla panchina vuota, perché Lilian aveva afferrato il portafogli dalla sua borsa e stava già correndo verso il carrettino dei gelati.
Peggy alzò gli occhi al cielo, poi tornò a occuparsi del suo libro. Tolse la foto che usava come segno e aprì il libro sull’ultima pagina, per metterla lì in attesa di usarla di nuovo, ma un colpo di vento strappò la foto dalle sue dita e la fece volare qualche metro avanti sul viale del parco.
Peggy si attaccò al bracciolo e si alzò dalla panchina il più in fretta possibile, il libro che teneva in grembo cadde a terra e lì rimase. La foto svolazzava e si posava di nuovo sul viale, poi una folata la fece sterzare bruscamente verso il prato, dove planò vicino alla coscia di una ragazza bionda.
Quella se ne accorse subito e la prese in mano. Peggy tirò un sospiro di sollievo e agitò in aria un braccio.
- Signorina!
La ragazza si guardò attorno per un attimo, poi la vide e le andò incontro.
- Salve, questa è sua, vero?
- Temevo che finisse in acqua, grazie. È un ricordo, sa.
- Immaginavo. Quella è lei, gli occhi sono gli stessi.
Peggy tentò di rispondere, ma lo spavento le aveva fatto venire un po’ di affanno. La ragazza se ne accorse.
- Aspetti, la riaccompagno alla panchina, se la sente di camminare? Poi le prendo un po’ d’acqua magari.
- Adesso non esageriamo. Sono anziana, non moribonda – borbottò Peggy, ma si fece prendere a braccetto e recuperò la posizione su cuscino. Appoggiò la mano sulla panchina per far segno alla ragazza di sedersi: - Lasci perdere l’acqua e stia un momento qui, appena torna mia nipote ci penserà lei.
Peggy riprese il libro e infilò la foto dov’era prima. Rimasero a guardarla, incastrata tra le due facciate.
- Era il 1947, sa? A sinistra c’è la vecchia befana, a destra ci sono io.
La ragazza scoppiò a ridere, guardando l’uomo in divisa, a sinistra, che abbracciava una sposina raggiante.
- Suo marito è nell’esercito?
- C’eravamo entrambi. Ci ha sposati un tenente che era anche pastore, lì alla base. Ne sono rimaste poche di foto di quel giorno, perché il rullino di quelle “ufficiali” ha preso luce per colpa di quell’incompetente del soldato Kowalskj. Indovini chi è stato messo alla pelatura cipolle e patate per i cinque anni successivi?
- Stai attenta, sembra un’innocua vecchietta ma questa donna è un demonio! Hai presente le scene all’inizio di “Tutti insieme appassionatamente”, coi ragazzini che si presentano a passo di marcia? Io da piccola vedevo scene del genere, in casa. - Lilian era ricomparsa con due granite. – Ti ho preso la menta. Faceva troppo caldo per il gelato, mi si sarebbero squagliati in mano.
Lilian si infilò sulla panchina tra Peggy e la ragazza e si passò il bicchiere di granita sulla fronte.
- Ragazzi che afa! Non vedo l’ora di essere come te, nonna, per avere sempre freddo. – si girò verso la ragazza – Sai che stamattina mi ha detto di prendere un golfino perché saremmo state fuori la sera? Un golfino!
- Solo perché andiamo al ristorante, Lily, e c’è l’aria condizionata.
La ragazza sorrise educatamente, ma si vedeva che era un po’ imbarazzata dal battibecco. Si alzò dalla panchina.
- Se va tutto bene, torno al mio angolo, anche perché temo che qualcuno mi stia dando per dispersa… - indicò in direzione della cerata. Peggy seguì il dito e vide un uomo biondo che si aggirava per il prato con in mano due bicchieri di caffè.
- Steve, qui! – la ragazza si sbracciò e il biondo si girò nella loro direzione. Con quattro falcate raggiunse la panchina e sorrise sollevato. Peggy aveva avuto un sussulto a sentire il nome, come tutte le volte che lo sentiva. Stava per dire qualcosa di carino a quel particolare Steve, a dirgli che aveva una ragazza molto premurosa, a spiegargli perché il suo era un nome che non la lasciava indifferente, ma ogni suono le si bloccò in gola. La granita che Lilian le aveva messo in mano tremò leggermente e ne finì qualche goccia sulla gonna.
- Nonna, stai bene?
No, impossibile. Vecchia bacucca, hai il cervello che ti fa venire le traveggole.
- Signora, è tutto a posto?
Anche la voce era esattamente la sua voce. Era lì davanti, aveva la stessa faccia dell’ultima volta che si erano visti, gli stessi capelli, la stessa voce.
Sono Peggy, Steve, Peggy Carter! Mi hai fatto preoccupare come una matta, brutto stupido.
- Non vi preoccupate, sto benissimo. Lilian, tesoro, andiamo che voglio darmi una rinfrescata prima di andare al ristorante, stasera. Grazie davvero per la foto, non saprei come sdebitarmi. Avanti, Lily, andiamo.

- Mamma, lo sai cosa ne penso sul fatto che vai troppo in giro. Lily mi ha detto che avete camminato ore, oggi, e faceva un caldo indecente. Infatti alla fine hai avuto quel brutto giramento di testa, poi sai che mi preoccupo.
- E tu sai cosa ne penso io. Dove si è cacciato tuo padre, invece?
- A fumare, dove vuoi che sia!
- Dai, intanto fai accomodare lo squadrone che siamo in ritardo.
Entrarono da Charles’, dove il flusso di aria condizionata fece tirare a entrambe un sospiro di sollievo. Peggy porse il suo scialle a un cameriere e lanciò uno sguardo al salone principale. A un tavolo un po’ in disparte, vicino alla pista da ballo, un uomo biondo stava studiando il menu.
Una volta era caso, due era destino
- Anne, ho visto un amico che non saluto da un pezzo, arrivo subito.
Lasciò la figlia al bancone, proprio mentre entravano anche Mark e i ragazzi. Attraversò la pista da ballo vuota e arrivò al tavolo dell’uomo. Si sedette nel posto vuoto davanti a lui. Steve alzò gli occhi dal menu, la guardò con il suo sguardo smarrito e buono, proprio quello del ragazzino mingherlino che ammetteva di non aver mai parlato con una donna in vita sua.
- Sei in ritardo.

Jo arrivò trafelata e spalancò la porta a vetri più con la spalla che con le mani. Riprese fiato e si avvicinò al maitre con le prenotazioni.
- Salve, dovrebbe esserci un tavolo per due a nome “Rogers”.
Mentre il maitre scorreva la lista, Jo guardò nella sala in cerca della testa bionda. Il maitre trovò il nome sul libro e controllò il numero del tavolo.
- Sì, il capitano Rogers è già arrivato, la faccio accomodare subito.
- Non fa nulla, l’ho visto, lo raggiungo da sola.
Jo andò verso la pista da ballo ma, quando arrivò a qualche metro dal tavolo in cui era seduto Steve, vide la signora che avevano conosciuto al parco quella mattina, seduta al tavolo con lui.  
Steve aveva una faccia indescrivibile, quasi quella di chi ha visto un fantasma. Jo indietreggiò di qualche passo e tornò verso il bar, raggiungendo una signora che tentava di mettere il farfallino a un bimbetto di otto anni.
- Mamma, poi dato che ho lo smoking come James Bond posso farmi fare un Martini agitato non shakerato?
- La mamma ti ha già detto che ti regala la sua oliva. Poi appena la nonna finisce abbiamo già da mangiare e da bere un sacco di cose buone. Mi chiedo chi sia quello lì, tra l’altro.
Jo colse lo sguardo della signora che saettava verso il tavolo di Steve, allora prese coraggio e si schiarì la voce.
- Scusi se la disturbo, sua madre è la signora seduta al tavolo vicino alla pista?
La donna lasciò perdere per un attimo il farfallino e la guardò.
- Sì esatto, è lei. Non so se sia peggio gestire lei o il signorino qui, James Bond Junior. Và, sei bellissimo! – e diede un ultimo colpetto di aggiustata al completo del bambino.
- La nonna Peggy lo può bere il Martini?
- La cosa più alcolica che la nonna Peggy dovrebbe bere è lo sciroppo per la tosse, ma come si fa a dare ordini a un generale?
Aggiunse altre cose su come il bambino doveva stare composto e non accapigliarsi con sua cugina Yuki, ma Jo aveva una specie di bestia ringhiante nello stomaco da quando aveva sentito il nome della nonna.
Perché sapeva di Steve e della foto che teneva in una vecchia bussola, anzi si diede della stupida per non averla riconosciuta quella mattina, nell’altra foto.
E allora la scena al tavolo le fece venire un groppo alla gola, specie in quel momento, in cui Peggy, quella Peggy, accarezzava una guancia di Steve.
- Guarda te se devo stare dietro ai colpi di testa di tua nonna. Non bast-
- Mamma, la signorina piange.
- Oddio, tutto bene? Aspetti, devo avere un fazzoletto nella borsa…
Ma Jo aveva già sorpassato la porta a vetri.

Al tavolo, i primi minuti erano passati in un silenzio imbarazzato, interrotto solo dal cameriere che era arrivato con la bottiglia di vino. Steve, dopo aver contato i cristalli del lampadario, si allentò la cravatta e si schiarì la voce.
- E… e cosa mi racconti?
- Santo cielo, Steve, spero che con le altre donne tu riesca a intavolare conversazioni migliori di quelle che hai fatto con me.
- Scusa, scusami.
Peggy rise dell’imbarazzo del… sì, del ragazzino che aveva davanti. Perché non era cambiato di una virgola da quando lo aveva beccato in braccio alla bionda e lui la aveva accusato, balbettando, che lei e Stark avrebbero “fondueato” assieme.
- Stamattina per un momento mi sono sentita di nuovo la ventenne di fronte al grande eroe americano. Poi stasera ti ho rivisto qui, ma avevo per mano Fred, il figlio più piccolo di Annie. Stasera abbiamo la riunione annuale di famiglia, mio figlio Mickey è arrivato apposta da Okinawa. – Peggy guardò verso la sala con la festa privata – Lì dentro c’è quello tutto quello che ti posso raccontare, Steve.
- Mi sono perso un sacco di cose, vero?
- No, direi che hai solo ritardato un po’. La puntualità non è mai stata il tuo forte. E nemmeno quello della tua ragazza, se non si è ancora presentata.
Steve fece una faccia colpevole e preoccupata.
- Posso spiegarti…
- “Spiegarti”? – Peggy rise tanto da doversi asciugare una lacrima – Steve, io mi ero invaghita del sogno americano e dei tuoi muscoli, tu della prima donna che ti avesse mai rivolto la parola.
- Io…
- Ed ero anche una frivola superficiale, dato che ho cominciato a considerare l’idea di uscire con te solo dopo che Stark ti ha fatto entrare in quel marchingegno. Scusa ma devo tornare dalla mia famiglia e da quell’adorabile muso giallo di mio marito, adesso. E spero che la dolce bionda di stamattina al parco arrivi presto. Posso chiederti solo un’ultima cosa, capitano Rogers?
- Quello che vuoi, Peggy.
- Ti avevo promesso che ti avrei insegnato a ballare.
- Ne sarei felice.

Seduta per una volta dalla parte dei clienti, Jo non sapeva bene cosa ordinare, soprattutto in un posto come quello. Si era infilata in un bar poco distante da Charles’, dove aveva sistemato alla meglio il trucco, in bagno, e ora tentava di far passare il tempo fino a quando Steve non fosse uscito dal ristorante. Decise di andare sul sicuro con un bicchiere di vino.
- Permette? Mia moglie mi ha scaricato con uno molto più giovane di me e sono solo per stasera.
Sullo sgabello accanto a lei si era accomodato un uomo asiatico dai lineamenti affilati, con gli occhi stretti e nerissimi. Li riconobbe come quelli della foto nel libro, esattamente come quelli sognanti di sua moglie.
- Permette? Generale Morimoto.
Jo sorrise stiracchiando le labbra e bevve un sorso dal suo bicchiere.
- Josephine March. Come ha fatto a trovarmi?
- E’ stata Anne, l’ha vista correre fuori.
Il generale si limitò a fare un cenno al barista e quello gli mise davanti del whisky.
- Dunque?
Jo sussultò alla domanda.
- Che cosa vuol dire?
- Avanti, mi dica cosa ne pensa.
- Beh, che è incredibile che si siano ritrovati così, che è una cosa bellissima e che…
-…che lei non può fare a meno di essere gelosa.
Jo prese un tovagliolino di carta e cominciò a farlo metodicamente a pezzettini.
- Mi sento una stupida, ma non posso farne a meno. Dovrei essere contenta per lui, e invece sono qui a rodermi il fegato, a…
-… a essere gelosa di una novantenne perché è stata il primo amore del suo fidanzato. Effetti collaterali di uscire con un super-esperimento militare, immagino.
Jo cercò di far prevalere la bestiaccia gelosa che covava nel suo stomaco, ma le uscì una risatina, che non sfuggì a Morimoto.
- La chiacchierata che stanno facendo adesso non è l’inizio di nulla, è il finale di una vecchissima e malinconica questione in sospeso. Che cosa crede che abbia fatto Peggy, per settant’anni, che abbia pianto su un vecchio fumetto dove il suo ragazzo dava un cazzotto a Hitler? Glielo dico io cosa ha fatto, - indicò il ristorante dall’altra parte della strada, - laggiù ho trenta ottimi motivi per non essere geloso di Steve Rogers. E anche perché sono più bello e ho una collezione di katane, ovviamente.
Jo questa volta rise e basta, la bestia nello stomaco si era addormentata, o se n’era andata. Levò il bicchiere di vino e lo fece tintinnare contro quello di whisky. Morimoto rispose al brindisi con la sua faccia da volpe.
- Alla provvidenziale ibernazione, che il cielo sia ringraziato.

- Signore, credo stia ballando con la mia ragazza.
L’uomo che aveva tamburellato sulla spalla di Steve era un anziano dagli occhi svegli, arrivato a braccetto di…
- Josephine?
- Takumi!
Peggy si era fermata a metà del ballo e guardava con disapprovazione la coppia appena arrivata. L’uomo, Takumi, ghignò.
- Non ti posso lasciare sola un attimo che te la fai con i ragazzini, vecchia sporcacciona?
- Guarda che ci metto un attimo a rispedirti a Naha, ho ancora parecchi amici nei piani alti della Nato.
- Mi rifugerò in una isoletta del pacifico e non mi troverete mai.
Peggy si sciolse dalla stretta di Steve e si piantò a braccia conserte di fronte al marito. Lui le porse la mano.
- Credo che di là stiano aspettando solo noi, generale. – spostò gli occhi verso Steve. - Per questa volta la perdono giovanotto, ma veda di non lasciare più da sola una bella ragazza, il Nemico Giallo è sempre in agguato per rubare all’America le sue donne migliori. Insomma, una volta passi, ma due sarebbe davvero troppo…
- Oh, falla finita, Takumi. Josephine.
La ragazza scattò sull’attenti.
- Io gli ho insegnato le basi, ma sono troppo vecchia perché un marcantonio mi pesti i piedi. Sacrificati un pochino anche tu.
Jo non se lo fece ripetere e avanzò verso il suo capitano, proprio nel momento in cui l’orchestra attaccava un altro lento. Si spostarono in mezzo alla pista, mentre il generale e la generalessa attraversarono la sala a passo di tango.
Jo sentì la scarpa di Steve che quasi le sfilava la sua, ma quando abbassò lo sguardo al pavimento glielo fece rialzare subito.
- Non te l’ha detto la generalessa? Il cavaliere e la dama si guardano negli occhi.
- Preferisco farti ballare quando siamo da soli all’Apollo, almeno se ti pesto i piedi non lo vedono decine di persone.
- Credevo che data la sua età avesse una lunga esperienza di balli, capitano Rogers.
- Chiedere a qualcuno di ballare era sempre tremendo, e negli ultimi anni avevo capito che era meglio aspettare.
- Aspettare cosa?
Steve si fermò e la baciò lì, in mezzo alla pista.
- La compagna giusta.



EPILOGO: CARRAMBA

Jo uscì dal bagno rimettendo la cipria nella pochette, e quasi finì per terra nell’urtare un tipo tarchiato.
- Ehi, stia attento… agente Carter?
- Agente March, che piacere! Vedo che anche lei apprezza il Charles’. Se non ha ancora ordinato, le consiglio il tris di agnello, una cosa che si scioglie in bocca. Ah, e questa è la mia Barbara.
Una biondona con gambe chilometriche da modella le fece un sorriso a trentadue denti e strascicò un  “ciaaaaooo”, accompagnato dalla manina.
- P-piacere Barbie. È strano non vederla in completo o in grembiule, Carter.
- Occasione specialissima, stasera. Ora però dobbiamo andare, che la zia ci aspetta, siamo già in ritardo.
- Cenerà con sua zia, agente?
- La mia prozia per essere esatti. Gran donna, anche allo SHIELD molti degli anziani si ricordano del generale Peggy Carter. Ci vediamo martedì al diner, agente March, mi saluti il capitano Rogers.
Jo tornò al tavolo ridacchiando. Steve, che stava scrutando il menu con aria assorta, alzò la testa e la guardò educatamente perplesso.
- Questa non la indovineresti mai…





La tana di Otto

Peggy Carter è, assieme a Jane quella di Thor di cui manco ricordo il cognome, un personaggio femminile che nel film ho detestato. Di conseguenza, dato che coerenza è il mio secondo nome, avevo in mente da tempo di inscenare questo incontro 70 anni dopo. Credo che la storia spieghi già cosa penso dell'infatuazione che hanno avuto uno per l'altro i due, al tempo della guerra. Ma anche fosse stato amore vero, la vita (specie 70 anni di vita) continuano.
Takumi Morimoto è una mia invenzione, non so se nel canone Marvel Peggy si sia sposata con qualcuno o sia morta o cosa. Io mentre scrivevo questa storia pensavo molto intensamente al Giappone, così mi è venuta l'idea. Okinawa è l'isola più a sud dell'arcipelago giapponese, Naha è il capoluogo. E' stata purtroppo vittima di uno degli episodi più brutti del conflitto tra giapponesi e americani, con i primi che obbligavano interi gruppi di persone a suicidarsi, mentre i secondi tutt'ora occupano l'isola con la base militare più grande del mondo. Immaginare almeno qualcuno disposto a non ammazzarsi, da entrambe le parti, mi sembrava bello.
Come mi sembrava bello circondare Peggy di una prova tangibile dei 70 anni di vita passata, in modo che non fosse solo "beh è vecchia che senso ha" il motivo per cui non aveva senso che fosse ancora invaghita di Steve.
Tutta la storia del ballo, del ritardo, delle lezioni di ballo e lo scambio di battute
- Chiedere a qualcuno di ballare era sempre tremendo, e negli ultimi anni avevo capito che era meglio aspettare la compagna giusta. - vengono dritte e uguali dal film "Capitan America".
Jimmy "Big Jim" Carter e il suo cognome (che giuro è stato un puro caso, quando l'ho scelto) li potete trovare da quest'altra parte.
James Bond Junior esiste, mi chiedo quanti se ne ricordino ancora...

Davvero grazie a chi è arrivato fino in fondo anche a questo capitolo :)









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Capitolo 3
*** Grazie ***


Grazie



Pensa, a qualsiasi cosa. A Wis che dalla prossima settimana metterà nel manuale dei dipendenti il capitolo "Cosa fare in caso di invasione aliena".
- Signorina! Soltanto una domanda, per cortesia.
Da molto che non tornava qui. Avrei dovuto capirlo... Avrei potuto capirlo?
- Lei era tra i civili intrappolati dentro il perimetro dell'attacco, che cosa ha provato in quei momenti?
Occasione giusta per incolpare lo shock pre-post-durant-traumatico. Allucinazioni, il desiderio di avere accanto una persona amica... Sì, Jo, quello che ti ha tirata fuori dai guai era la coppia sputata del gentile ragazzo che da qualche giorno ti porta fuori a cena, solo vestito come la bandiera nazionale e capace di prendere a cazzotti un'entità aliena.
- Ehm, signorina?
Era lui. 
- Almeno un commento sulla comparsa della squadra dei cosiddetti vendicatori. Secondo lei potrebbero costituire una minaccia? C'è anche chi ha pensato che siano stati proprio loro ad attirare quegli esseri sul nostro pianeta.
- Frank, lascia stare, è sotto shock.
No.
Jo quasi strappò di mano al giornalista il microfono.
- Qualcuno vorrebbe dare la colpa a loro? - si schiarì la voce e guardò dritto verso la telecamera.
Quello che viene a fare colazione da me tutte le mattine, il ragazzo che mi porta al ristorante, Steve - Capitan America - ossanto cielo - mi ha salvato la vita. Ovunque lui sia e ovunque siano tutti gli altri voglio solo - chiedergli un bel po' di spiegazioni. - ...voglio solo dire grazie.







La tana di Otto
Ho rivisto recentemente il film, ma era la prima volta che lo vedevo "arredato", ovvero dopo averci scritto e aggiunto personaggi. Quindi, ai pochi secondi di comparsa della "mia" Jo, ho deciso di scrivere questo suo POV dell'intervista che si vede sullo schermo di Fury. Per prendere due piccioni con una fava, ho immaginato che sia stato il momento in cui si è resa conto di chi fosse quel giovanotto così gentile che le aveva offerto la sigaretta nel primo capitolo.
L'ultima frase di Jo è presa pari pari dal film.
So che è cortissima, ma sono bloccata da un po' con la scrittura e spero che le righe quassù servano per ingranare la marcia e ributtarmi sulle ventimila cose che ho in mente.
Grazie a tutti quelli che passeranno!

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Capitolo 4
*** Whistle ***


whistle


Whistle




- E questo youtube come funziona?
- Ci caricano su qualsiasi tipo di video, specie di musica. Puoi mettere qui sopra la chiave di ricerca e lui ti manda fuori i risultati.
- Secondo te c’è anche musica dei miei tempi?
- Oh, praticamente c’è tutto! Basta che cerchi.

Tony Stark amava i contatti umani solo quando li decideva lui, per tutte le altre occasioni si rifugiava in trucchetti più o meno da comuni mortali.
Per non parlare con Rogers, in ascensore con lui in quel momento, bastava fingere di essere molto concentrati nel digitare un messaggio al cellulare. Il capitano aveva ancora un approccio cauto alla tecnologia.
A quanto pare però non poteva tollerare il silenzio dell’ascensore, perché si mise a fischiettare un motivetto. Qualcosa di commerciale, forse Tony l’aveva già sentito in una pubblicità… Lo collegava a una spiaggia estiva e a qualcosa di molto gangsta. Liquidò il fischiettìo concentrandosi di più sulla sua partita di tetris.
Rogers continuò ancora per un po’, poi voltò la testa dalla sua parte.
- La conosci?
- Mph.
- E’ carina, parla di uno che insegna alla sua ragazza a fischiettare. Non mi dispiace.
Riprese la melodia dall’inizio. Tony si rassegnò a chiudere tetris, in fondo doveva incoraggiare l’inserimento di Rogers nel mondo moderno.
- Ammetto che hai una certa abilità di “fischiettamento”, se si dice così.
- Ah, ecco come si chiama, “whistle”.
Guidato dall’istinto atavico del sempiterno collegato a internet, Tony digitò il nome su youtube e aprì il risultato “whistle - official video HD”. Quasi all’unisono con Rogers che fischiettava, il suo cellulare mandò l’attacco della canzone.
Tony ascoltò estasiato il testo.
- Perché non la fai ascoltare a Josephine? Scommetto che potrebbe fischiettare benissimo, lei.

- Can you blow my whistle baby, whistle baby, let me know.
La cesta con i calzini sporchi di tutta la base SHIELD cadde sul pavimento della lavanderia. Jade rimase con un calzino scampato di traverso sul braccio e gli occhi grossi come palline da ping pong. Steve alzò lo sguardo dal giornale che si era portato dietro e smise di canticchiare.
- Tutto bene?
- Benissimo! Il detersivo a volte si attacca ai manici e sono sempre scivolosi…
Jade si riscosse e si chinò a terra, lieta di avere i calzini da raccogliere e non doverlo guardare negli occhi. Steve vide che era tutto in ordine e tornò a occuparsi del giornale. Quando la cesta fu di nuovo colma, Jade si diresse verso la lavatrice da caricare.
Il capitano Rogers aveva ripreso a canticchiare.
- Girl I’m gonna show you how to do it and we start real slow. Tu sei brava a fischiettare? –
- C-cosa?
Davvero capitan Amo i Bambini e Salvo gli Animali dalle Case in Fiamme le aveva chiesto una cosa del genere? E soprattutto, era lecito mandarlo a cagare? Oppure Tony Stark era in vena di scherzoni e travestimenti...
- Scusa, domanda stupida. Una delle ultime cose che ho visto al cinema è stato “Biancaneve e i Sette Nani”. Ci eravamo andati assieme Bucky, io e due ragazze. Poi le due ragazze se n’erano andate entrambe con Bucky, vabbè. Comunque, Biancaneve. C’era questa canzone di lei mentre faceva le pulizie, e fischiettava per rendere più leggero il lavoro. Così mi chiedevo se anche tu facessi la stessa cosa tra una lavatrice e l’altra.
Ah, in quel senso. Fischiettare nel senso di fischiettare.
- Temo di non esserne molto capace, al massimo accendo la radio. – rispose Jade avviando il programma di lavaggio intenso.
Steve era tornato al suo giornale, lasciando in sottofondo solo lo sciaguattìo delle lavatrici.
- You just put your lips togheter and you come real close. Can you blow my whistle baby, whistle baby, here we go.
Bree aveva appena varcato la soglia della lavanderia ed era rimasto a contemplare Rogers, che canticchiava di nuovo sottovoce.
- Io il piffero te lo suono anche tutta la notte, capitano.

- Allora, novità dal magico mondo di youtube?
- E’ incredibile! Io avevo scritto “whistle” perché cercavo la canzone di Biancaneve per te, sai quella con tutti gli animali che la aiutano a pulire casa.
- Farò finta di non aver colto la parte del “cercavo per te” associato a una canzone sulle pulizie, ma continua.
- Come primo risultato, mi è spuntata quest’altra canzone con un titolo simile, ma deve essere recente. Sta di fatto che non mi esce più dalla testa.
- Come fa?
Steve le fischiettò l’intro, e Jo la collegò a qualche spot di telefonia, ma nulla di preciso.
- Poi è carino perché c’è lui che insegna alla sua ragazza a fischiettare, no?
- Ah sì?
- Sì, continua Can you blow my whistle baby, whistle baby, let me know. Girl I’m gonna show you how to do it and we start real slow. You just put your lips togheter and you come real close. Can you blow my whistle baby, whistle baby, here we go.
- Steve…
- Tu sai fischiettare, Josephine?
- Steve.
- Se vuoi ti insegno.
- STEVE! E tu… tu stai ridendo! L’HAI FATTO APPOSTA!

- E ti dico che me l’ha cantata in faccia, quando sono entrata.
- Oddio ziaaaa! A me sarebbero cedute le gambe! Sei una baldracca, tutte le fortune a te, sei sempre circondata da quei figoni. Aspetta, ma mi stai deviando dalla notizia del secolo!
- Quale, che tua zia è irresistibile? Non è una novità.
Julianna sbuffò dall’altra parte della cornetta.
- Se Steve Rogers stava cantando “Whistle”, questo vuol dire che è…
- Non ti seguo, scoiattolina della zia.
- Che è di sicuro gay! Insomma, non lo segui Glee?
- Ti ho detto che a volte mi fai più paura dei Chitauri?
- Oddio questa la faccio cantare a Tony prima che si porti a letto Steve, nella AU Crossover in cui Cap è un prostituto di Capitol City e Tony il suo facoltoso cliente! Gliela sussurra all’orecchio mentre con le dita… O secondo te è meglio che la usi per la nuova Thorki? Sarebbe davvero perfetta per una Bottom!Thor.






La Tana di Otto

Flashfic di esatte 1000 parole. Dato il contenuto credo che il numero tondo sia l'unica cosa di cui vantarsi...
Comunque, la genesi: ieri su facebook sono incappata in una discussione secondo la quale la canzone Whistle sarebbe chiaramente indice di un orientamento omosessuale. Pur ritenendo che la pratica del "fischiettare" non abbia confini di genere della coppia, il video della canzone originale è la cosa più macho-etero che si possa immaginare. In quanto al testo, alcuni direbbero che più che un doppio senso è un senso unico. Seconda parte della genesi: io e le mie sexy assistenti Dragana e Vannagio eravamo sulla nostra isola dell'arcobaleno a spazzolarci i capelli e raccogliere conchiglie, quando ci è sovvenuto "e se qualcuno non capisse o facesse finta di non capire gli evidenti doppi sensi?" La scelta su chi poteva ricadere se non sul buon Cap? E vualà!

Altre noticine sparse:
- Jade è la mitica lavandaia dello SHIELD, nonché dolce metà del dottor Banner. La sua lavanderia è ormai teatro di commedie e drammi, nonché confessionale dell'elivelivolo (ma solo di mercoledì).
- Bree e la sua dolce nipotina slasher Julianna sono sempre proprietà di Vannagio.
- La canzone di Biancaneve è questa. Io da piccola ero davvero convinta che cantando sarebbero arrivati gli animali a pulire camera mia. Stupida Disney!
- Bucky è l'amico di Steve che muore ingloriosamente nel film di cap America. Prima che a cap dessero tutti quei bei muscoli, nel film il dongiovanni della coppia è lui.
- e infine, Steve che provoca Jo con evidenti doppi sensi? Tutto merito dell'uragano Sandy.

Grazie a tutti quelli che sono arrivati fin qua!












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