Assassin's Creed: Angel's Wrath

di xJimmy182
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sequenza 1, Ricordo 1 ***
Capitolo 2: *** Sequenza 1, Ricordo 2 ***



Capitolo 1
*** Sequenza 1, Ricordo 1 ***


Lui viveva per la Vendetta. Lo sapeva fin troppo bene. Sapeva che una delle regole dell'Ordine era vivere seguendo il Credo, e il Credo denunciava la Vendetta e l'Odio personale...
Eppure, ogni volta che lo guardava, leggeva chiaramente il fuoco della Vendetta bruciargli in fondo agli occhi.
Anche adesso, nascosti tra la folla adorante Dio del Duomo, mentre lo fissava, notava quell'Odio così radicato nel cuore di Angelo.
Già, Angelo. Angelo Sforza, figlio illegittimo dell'attuale Mentore, Ezio, che non l'aveva voluto riconoscere come tale, ma che l'aveva accolto nell'ordine. Quell'Angelo che del nome non rappresentava nulla, una volta che l'avevi visto in azione. Perché se fosse stato un Angelo, avrebbe portato una morte di sollievo.
No. Sarebbe bastato essere un Assassino degno del proprio Credo. E non semplicemente un Macellaio, come molti lo definivano.
Mi riscosse dai miei pensieri la gomitata che mi diede attraverso le mani congiunte.
Tornai con la mente dentro il Duomo, fissando il Vescovo che recitava la Messa.
-Ricordi l'obiettivo, Angelo?-
-Come non potrei- rispose con indifferenza, una semplice affermazione.
Il suo odio non è solo negli occhi. È radicato dentro di lui, fin nel profondo, e lo corrode, secondo dopo secondo, attimo dopo attimo, facendogli bramare sempre di più la vendetta.
-Puoi usare quel tuo potere... ehm, dell'uccello per dirmi quante guardie ci sono?-
-Occhio dell'aquila- mi corresse. In 9 anni di conoscenza, era diventato molto diverso...
Un tempo, era la persona più allegra che conoscessi.
Ora, era solo cinico e freddo.
-Una ventina, più o meno- commentò dopo essersi dato un occhiata intorno.
Sospirai. Il Duomo era ben difeso.
-Angelo, dobbiamo prima liberarci di tutte le loro difese. Puoi darmi la loro posizione?-
-Me ne occupo io. Stai qui- rispose con tono neutro. Quindi girò sui tacchi e spostando le persone intorno a lui se ne andò senza far rumore.
Feci per seguirlo, pensando alla pazzia che stava per fare, ma la gente si richiuse dietro di lui, e due guardie a lato vennero attirate dai miei movimenti.
Sussurrai una bestemmia, quindi mi voltai e congiungei nuovamente le mani in preghiera, non poco preoccupato.
Passarono una manciata di minuti, non li contai con precisione. Ma alla fine di quel periodo, un fischio acutissimo interruppe il discorso del Vescovo.
Tutti, me compreso, alzammo la testa sul pulpito che sovrastava l'altare e il cerimoniere.
Sopra, Angelo teneva appoggiata al proprio braccio sinistro il corpo senza vita di una guardia, il collo aperto gocciolante sangue ancora caldo, mentre nella destra la lama uncinata gocciolava debolmente.
Lasciò la presa sul cadavere, che si appoggiò alla ringhiera del pulpito e poi cadde con un tonfo. L'apparizione era stata talmente di sorpresa e d'effetto che nessuno fiatava.
Poi, con uno scatto, Angelo si aggrappò alla ringhiera del pulpito e si lanciò sul Vescovo, facendo saettare la mano sinistra con la lama celata all'interno.
Fu un secondo, un lampo. Se qualcuno avesse chiuso gli occhi, non avrebbe mai visto la figura incappucciata, con la tunica rossa, di Angelo, volare verso l'uomo di chiesa, e non avrebbe visto la sua mano abbassarsi verso i corpi nascosti dall'altare.
In compenso, avrebbe visto chiaramente la linea rossa di sangue che, dalla sinistra dell'altare, si allungava sui bianchi gradini della chiesa.
“Merda” pensai. Aveva fatto di nuovo di testa sua.
Alzai la mano in aria, e sparai un colpo, sciogliendo l'incantesimo. Il panico si diffuse ovunque, mentre i fedeli tentavano di mettersi in salvo. Io corsi verso Angelo, furioso.
Lui era fermo, immobile, la lama posta tra il collo e la spalla del Vescovo, uno dei punti più dolorosi del corpo umano.
In compenso, la sua vittima era in preda agli spasmi ed alle urla accecanti, tentando di liberarsi della lama di Angelo, che intanto si spingeva sempre più in profondità all'interno del suo corpo.
-Dannato Templare... mi avete tolto tutto. Ora prova la mia stessa sofferenza, bastardo!-
Estrasse dall'altra mano la lama uncinata, e fece per spingerla nell'altro incavo.
Intervenni io, a quel punto. Forse lo presi di sorpresa, in quel momento, ma penso che in realtà se lo aspettasse. Lo colpì con un calcio al petto, lanciandolo via, ed estratto il falcetto lo piantai nella testa del Vescovo.
-Riposa in pace...- sussurrai chiudendo i suoi occhi. Quindi rivolsi uno sguardo carico di rabbia al mio compagno.
Mi fissò in un primo momento, con quel fiume incontrollabile d'odio chiaramente visibile negli occhi. Poi si voltò sbuffando.
-Dobbiamo andarcene, Angelo!-
-Sai quanto me ne importa!- disse, girandosi di nuovo verso di me, furioso. Mi prese per il colletto, urlandomi in faccia. -Le ucciderò tutte, fino all'ultimo!-
Poi si rese conto del gesto che aveva fatto. Stava minacciando un fratello. Non rispettava molto il credo, in tutti i sensi, ma si fermò, e si girò ancora. -Andiamo- disse, iniziando a correre.

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Capitolo 2
*** Sequenza 1, Ricordo 2 ***


Lo afferrai per il bavero della divisa e, inarcata la mano destra, lo colpì sulla guancia con uno schiaffo.
Poi rimasi a fissarlo, aspettandomi una qualche reazione.
Pensai che mi avrebbe ucciso, conoscendolo. Ma mi fissò ed abbassò lo sguardo.
-Posso sapere- chiesi trattenendomi a stento -che cosa pensavi di fare, in quella chiesa?-
-Ottenere quella cosa che il nostro credo proibisce- rispose, voltandosi.
Lo feci voltare con un gesto brusco, gli tolsi dalla mano il guanto e la Lama Celata e gli mostrai l'anulare dove teneva la bruciatura, simbolo degli Assassini.
-E se lo proibisce, e se hai anche promesso che avresti seguito il nostro Credo, perché cazzo porti questo segno!?-
-...capisci che è difficile per me?-
-Certo che lo capisco! È difficile per tutti, cosa credi!-
Strinsi i pugni. Sapevo fin troppo bene l'inutilità di quel discorso.
-Ma è proprio per questo che abbiamo un Credo da seguire! E potrai avere tutti i rimorsi e tutte le vendette di questo mondo, ma non voglio più vederti fare una cazzata come quella ancora una volta! Sono stato chiaro?-
-Hai visto tua madre morire per quei Templari?-
-Ho detto. Sono. Stato. Chiaro?-
-Si. Ora possiamo andare?-
-...ma non finisce qui. Farò rapporto al Maestro, e te la rivedrai con lui-
-Bene- disse con differenza.
Ci trovavamo, in quel momento, su un tetto. Dopo una fuga rapida, e tinta vagamente di disperazione per non farci notare dalle guardie che arrivavano a frotte, avevamo raggiunto il centro di Pisa, e saliti sul tetto di un palazzo particolarmente alto a riprendere fiato, mentre in città ancora il caos e la gente fuggivano, lontani.
Lì si era svolta la scena sopra descritta.
Quindi, Angelo si lanciò nel vuoto con un Salto della Fede, atterrando in un carro di fieno e lanciandosi subito fuori, mimetizzandosi tra la gente. Rimasi a guardarlo finché non scomparve tra la folla, quindi feci per lanciarmi anch'io, quando un tipo spostò il carro di fieno.
Imprecai.
“Ma tutte a me devono sempre succedere?” pensai, mentre mi lanciavo sul tetto sottostante e vi atterravo con la Lama Uncinata, rialzandomi e cominciando a correre verso il Covo.
 
-QUESTA CONDOTTA È ASSOLUTAMENTE INACCETTABILE!- esplose il Maestro quando gli feci rapporto, con Angelo accanto.
-INSOMMA,  ALTOBIANCO! Ti ho affidato una delle reclute più indisciplinate e più ribelli del Covo affinché tu la istruissi al nostro Credo... E LA LASCI MARTORIARE IL BERSAGLIO!?-
-C'è una spiegazione, signore, vede, io...-
-NO! Non voglio sentire le tue scuse! Sparisci di qui!-
Mi alzai. Ciò che avvenne dopo mi venne raccontato per bocca di Angelo, quindi non sono sicuro dell'ufficialità dei fatti.
-...spero che tu abbia una spiegazione, figliolo. PERCHÉ CREDIMI, CAMBIEREBBE BEN POCO!- gli esclamò battendo il pugno sulla scrivania.
-Allora non ha senso darla...- rispose Angelo, che non diminuiva la sua aria di strafottenza e superiorità neppure di fronte a lui.
-Vedremo che scusa darai a Corvelia, figliolo- gli rispose con un sorriso sadico.
-A Livorno non ci vado- disse cercando di nascondere la propria ira. Nessun Pisano sarebbe stato contento di finire a Livorno, oltretutto sotto la giurisdizione di Girolamo “Acchiappa-ratti” Corvelia, uno dei Maestri più severi della zona italica, e Angelo non faceva differenza.
-Non mi sembri nello stato di porre condizioni, te. Pertanto, tu e quel beota del tuo amico, da adesso, siete ufficialmente sotto tirocinio di Corvelio. Partirete tra 2 settimane.
E, cazzo, se sento una sola altra parola uscire da quella boccaccia, ti SPEDISCO A LUCCA!-
Da come era descritta, sembrava che Pisa fosse il paradiso terrestre degli Assassini e tutto il resto della Toscana una sudicia topaia logorata dai Templari.
Il che non era del tutto vero. Gli scontri erano presenti, più o meno, in tutta la nazione, ma non essendo ancora scemati gli “odi tra città”, ognuno si immaginava le altre come l'inferno in terra.
E, a dirla tutta, non è che i livornesi avessero in amore i pisani, e viceversa, quindi i vari “pregiudizi” non erano tanto infondati.
Angelo si limitò ad uno sbuffo. Non voleva Livorno, figuriamoci Lucca.
-Bene. Volatizzati-
Detto fatto, Angelo si alzò. si sentiva superiore a tutti ma odiava quando gli altri sembravano superiori a lui. uscì dalla stanza, e trovò me ad attenderlo.
Lo fissai con un'espressione indecifrabile, chiuso in un imbronciato silenzio.
-Che guardi?- chiese lui, irritato dal mio sguardo.
Sospirai.
-Niente. Che ti ha detto?-
-Ci aspetta Livorno-
Lo fissai nei suoi occhi, la cui iride era di un anomalo color rossastro.
-Che vuoi ancora?!- mi chiese scocciato.
-Niente- dissi con stanchezza -andiamo a fare i bagagli-
Lui non rispose, alzò i tacchi e si diresse ai dormitori.
 
Quando entrai nella stanza, qualche minuto più tardi, Angelo era sdraiato sul suo letto, la divisa ancora addosso, e fissava il soffitto. Chiunque altro avrebbe detto che stava dormendo, ma io lo conoscevo abbastanza bene da riconoscere quando era sveglio e quando no, pure in quei momenti di silenzio.
Fece finta di non accorgersi di me, o forse era solo immerso nei suoi pensieri.
Mi avvicinai e mi sedetti sul letto accanto al suo, senza dire nulla. Notai ai suoi piedi un fagotto stretto in una cintura di cuoio. Non aveva perso tempo.
Mi sdraiai, assumendo una posizione uguale alla sua. Restammo in silenzio così, per un po'. Fuori, il sole entrava come un proiettile attraverso le finestre sparse per tutta la stanza.
-Ci sono volte in cui penso che te le vai a cercare-
Sospirò.
Decisi di non controbattere. Non ero il tipo che girava i coltelli nelle piaghe. Quindi mi voltai, chiusi gli occhi e in poco tempo mi addormentai.
Lui probabilmente restò sveglio, tutto il tempo. Sapevo che poteva farlo, stare lì fermo a riflettere e non sarebbe stata la prima volta.

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