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Quella mattina Vanitas si svegliò carico come
non succedeva da molto tempo.
Balzò giù dal letto e aprì la finestra per illuminare la camera e cambiare
l’aria.
la sua stanza era molto ampia,ma stipata di ogni genere di oggetti: CD, libri, fumetti e un sacco di vestiti buttati in
giro a casaccio.
Le pareti erano tappezzate di poster punk o da metallaro,di supercar
e ovviamente di belle ragazze; una libreria troneggiava vicino alla
finestra,carica di vecchi dischi rock e vinili di ogni tipo e un paio di
amplificatori ingombravano un angolo della stanza assieme a una chitarra e a un
basso scordato,era parecchio che non suonava seriamente.
Nel complesso la stanza rappresentava in pieno Vanitas,tant’è che i colori
dominanti erano il nero e il rosso,i suoi preferiti.
Van restò per un paio di minuti a godersi il
fresco frizzante del mattino di un metà maggio già estivo e afoso.
Bussarono alla porta.
- Entra, sono sveglio – disse Vanitas ad alta voce, un po’ infastidito. Con un
cigolio irritante Sora spalancò la porta,lo guardò e represse una risatina.
- Già sveglio fratellone? Non è che per caso sei rimasto sveglio tutta notte a
pensare alla tua ragazza? -
il ragazzo diede una piccola gomitata al fratello con un sogghigno sul volto.
- Coff! Coff! Che?! –
esclamò Vanitas tossendo, perché si era quasi strozzato con dell’acqua che
stava bevendo.
Sora ridacchiò e uscì dalla stanza dicendo – Guarda guarda
chi si è preso una cotta … - Piccolo stronz ... Se lo
dici un’altra volta ti appendo a testa in giù in cantina!! -
Gli urlò dietro il ragazzo, ma poco dopo si mise a ridacchiare anche lui – Io
con una cotta..che idea assurda eh eh -
Sora e Vanitas erano fratelli e tra loro c’erano due anni di differenza,oltre
che il colore di capelli e occhi.
Sora difatti era castano con gli occhi blu e Vanitas moro con gli occhi
dorati,per il resto erano identici.
Dopo una colazione e una doccia veloce erano
pronti a uscire.
La divisa della scuola era formata da una camicia bianca e da un paio di pantaloni
celesti che secondo Vanitas facevano a pugni con la cravatta rossa, ma le
regole le faceva il preside, ed era molto intransigente: la divisa doveva
sempre essere in ordine e ogni studente era obbligato a iscriversi a un club
scolastico, inoltre bracciali, collane, anelli e ovviamente il cellulare o
qualsiasi apparecchio elettronico erano proibiti.
In ogni caso nessuno rispettava quelle regole, erano così all’antica, e Vanitas
era ormai un ospite fisso in presidenza, tant’era che gli avevano praticamente
riservato una sedia col suo nome.
Ventus
e Roxas suonarono al campanello, come ogni mattina.
Erano proprio uguali: biondissimi,con gli occhi azzurri e entrambi vestivano
con un look metropolitano dominato dal bianco e dal nero, ma Ventus aveva un ciondolo a forma di stella in vetro verde e
in argento al collo, mentre Roxas indossava una
giacca dall’interno rosso sopra la divisa scolastica.
più che altro si differivano per carattere, difatti Ventus
era molto più sciolto di Roxas e quindi finiva per
essere trascinato più facilmente nei guai di Vanitas.
- Ehi ragazzi! – salutò l’amico dei gemelli.
- Ciao Van – risposero i due all’unisono,scambiando con lui un pugno fraterno.
- Oggi fuga? – rise Vanitas buttandola lì con noncuranza.
- Quasi quasi.. – mormorò Ventus
allettato, e stava quasi per accettare quando Roxas
si intromise – Ma nemmeno per sogno! -
- E dai Roxy, non essere sempre così rigido,
sciogliti un po’ ! – ridacchiò Vanitas punzecchiandogli il fianco.
- No e no! Ricordate cosa è successo l’ultima volta che ti abbiamo dato
ascolto? –
- Ehm … - Vanitas si grattò la tempia imbarazzato, ricordando quello che era
successo il mese scorso : lui e Ven si erano
infiltrati nel club di nuoto per fare un piccolo scherzo, cioè prendere la
biancheria delle ragazze e nasconderla nella borsa di Terra e Riku, ma prima che potessero filarsela erano stati beccati
da Namine, la ragazza di Roxas,
che tra l’altro faceva pure parte del consiglio studentesco. Risultato? Due
settimane di sospensione, anche a causa della ripicca di Vanitas,che aveva
vandalizzato l’auto del preside.
- Già,ma stavolta sarà diverso! – disse Vanitas trionfante.
- E in cosa sarà diverso? Dovremmo comunque infrangere le regole della scuola!-
. -Aaah … Roxy, l’influenza
della tua ragazza si fa sentire … – Sospirò Vanitas – Alle medie te la spassavi
come noi, ora invece sei una palla -
- Già, che bei ricordi – rise Ventus mentre si
incamminavano verso la scuola.
E ridendo e scherzando giunsero ai cancelli del
loro liceo Sembrava una mattinata come tante di una giornata come tante … o
forse no?
- Woah! Chi è quella?! – Vanitas si bloccò,fissando
incantato una ragazza splendida : era probabilmente sui diciotto, capelli blu
con un taglio da maschietto che le stava troppo bene e un fisico invidiabile.
Era davvero graziosa, e dai modi di fare e dal suo sorriso così dolce si
intuiva che era davvero una ragazza tenera.
- Porta la divisa della nostra scuola, quindi deve essere anche lei una
studentessa … – mormorò Ventus stregato
– Ma quanto è bella ... - . Roxas tossicchiò,richiamando l’attenzione dei due
amici – è nuova, credo si chiami Aqua … me ne aveva
parlato Namine qualche giorno fa…
Frequenta tutti i club sportivi e ha già ottimi voti, è una specie di idolo per
metà della scuola -
- Davvero? Ma è proprio il mio tipo – ridacchiò Vanitas con uno sguardo
malizioso – Signori, è Mia! – E detto questo raggiunse la ragazza. Aqua stava chiacchierando con due sue compagne : una
era una ragazza orientale,dal viso tondo e grazioso,ma con gli occhi neri molto
orgogliosi, che celavano uno spirito combattivo; mentre l’altra, che sembrava
uscita dalle “Mille e una notte”, appena più giovane.
Van interruppe i loro discorsi con un saluto amichevole.
- Eilà ragazze- esordì allegro - Come va? -
- Ciao, ehm … Ci conosciamo? – Rispose Aqua un po’
incerta : non l’aveva mai visto.
- No, non credo - Ridacchiò il ragazzo guardandola con i due profondi occhi
dorati,inquietanti e con una intensa malizia nel profondo. – Mi chiamo Vanitas
- .
Lei rimase interdetta un istante, colpita da quegli occhi così strani e
magnetici.
- I - io sono Aqua … - disse Aqua
arrossendo leggermente.
Le sue amiche si scambiarono uno sguardo di divertita intesa e si allontanarono
senza farsi notare.
Van e Aqua rimasero a chiacchierare ancora qualche
minuto,poi lei si scusò dicendo che era in ritardo per un compito in classe.
- Ehi! Ci incontriamo qui dopo scuola? - chiese il ragazzo speranzoso.
- Eh? Ma certo! – rise lei prima di voltarsi e correre in classe.
Van la guardò andare via e poi tornò dai gemelli con un sorriso trionfante.
- Sono o non sono il migliore? – Ridacchiò guardando Ventus
e Roxas.
- Certo, certo, un grande seduttore … - Sogghignò Ventus
mollando una pacca sulla spalla dell’amico.
- Intanto entriamo, che il prof della prima ora non aspetta altro che un
ritardo per punirci - disse Roxas con un sorriso.
- Uhg … non dirmi che c’è Lui …? – mormorò Vanitas
deglutendo.
- Lo “Spezza –Studenti”… -disse Roxas, annuendo rassegnato.
- SephirothShinra! – conclusero
con un brivido correndo in classe.
Lo “Spezza – Studenti”, SephirothShinra,
era un giovane insegnante di venticinque o ventotto anni, con i capelli
argentati lunghi fino al bacino che incorniciavano un viso affilato, quasi
femminile, su cui spiccavano due occhi verde acqua che avevano un che di
maligno .
Riscuoteva un grande successo nella parte femminile del corpo studentesco,
forse a causa del suo aspetto così particolare e, anche qualche ragazzo lo
ammetteva con invidia, fico.
Comunque, la ragione maggiore del suo successo forse era la sua innata predisposizione
alla disciplina : non permetteva nemmeno uno sgarro nelle sue lezioni, perfino
le mosche rimanevano immobili fino a che non era uscito dalla classe.
era spietato, sia con gli studenti,sia con i genitori, a volte perfino con gli
altri professori . Insegnava Storia e Filosofia, e adorava i ragionamenti dei
filosofi nichilisti .
- Ah, Ventus e RoxasHeart, insieme al teppista … Perché la cosa non mi
sorprende? Siete in ritardo, quindi starete fuori dall’aula fino alla prossima
ora. – commentò seccamente il professore quando vide i tre amici entrare in
classe col fiato corto, spedendoli subito fuori .
- Ufff … quel Bastardo, non lo sopporto! – sbottò Vanitas
appoggiandosi al muro con le braccia incrociate.
- E dobbiamo stare qui fino alla prossima ora, che rottura ... – sospirò Ventus .
Intanto Roxas si lamentava con il fratello e l’amico,
che non lo ascoltavano minimamente .
- Che facciamo ora? – chiese Ventus guardando l’amico
.
- Facile,si gioca a poker col bidello! – rise Vanitas. – Ehy,
Luxord! Ti va un pokerino? – esclamò poi, rivolto a
un uomo sulla quarantina,biondo e col pizzetto. Luxord era uno sfaticato dongiovanni che sbavava
dietro a Tifa, la professoressa di educazione fisica, non che campionessa di
arti marziali miste; infatti il povero bidello aveva sempre qualche livido
violaceo da qualche parte.
In ogni caso,se c’era da buttare un po’ di tempo senza annoiarsi era il tipo
giusto. Luxord si voltò verso i tre con un sorriso,felice di
poter scampare alla pulizia dei corridoi.
- Certo ragazzi,venite qui! – disse l’uomo aprendo la porta di un’aula vuota,
inutilizzata da tempo.
In teoria inutilizzata da tempo,in pratica quella stanza era diventata la loro
sala da poker clandestina,con tanto di chips
nell’armadio: tre set interi, se Vanitas non ricordava male.
I giocatori si sedettero e Luxord prese a mischiare
un mazzo di carte dal dorso bianco e grigio, che portava sempre nascosto nelle
tasche dei pantaloni o della giacca.
- Allora amico,ti ha rifiutato di nuovo? – ridacchiò Vanitas,sgomitando l’uomo
con maliziosa curiosità.
- Eh sì! A tempo di record, tra l’altro, ma non mi arrendo! -
- Ma non ti vuole! – rise Roxas.
- Embè? Non mi frega, e poi ha … -
- Un gran bel culo,lo sappiamo – risero i ragazzi prendendo le carte.
- Ah! Ah! Ah! Ve ne intendete allora – ridacchiò Luxord,soddisfatto.
- Vuoi mettere? – ridacchiò Vanitas – Allora,che si punta? -
- Non guardate me, ho finito la moneta - Roxas mise
avanti le mani,con un sorrisetto di scuse.
- Già,anch’io – rise Ventus.
- Io pure – fece eco Luxord.
Vanitas sbuffò – Mamma che disadattati … Facciamo come al solito allora,cinque
mani e chi perde paga il pranzo? -
Si trovarono tutti d’accordo e iniziarono a giocare.
Tra una chiacchiera e l’altra ci misero poco a finire sull’argomento “Ragazze”e
tra conquiste e due di picche, inutile dire che Luxord
aveva le storie più interessanti, Vanitas finì per parlare della ragazza
incontrata la mattina.
Da come la descriveva, agli amici sembrava chiaro che il ragazzo aveva appena
preso la prima grande cotta della sua vita.
Il suono della campanella e l’uscita del
professore dall’aula significavano “Ora d’Aria” per i ragazzi della quinta A,
specie per Axel, a capo di un trio che combinava
sempre guai, a volte fin troppo grossi.
Questa volta aveva in mente qualcosa di mai visto, uno degli atti di ribellione
più forti nella storia della scuola.
Ne stava appunto discutendo i dettagli con i suoi due compari.
Loro parlavano di graffiti, gomme tranciate o altre cose del genere :
Ad Axel “Il Rosso” sembravano semplici ragazzate.
Voleva qualcosa di più, qualcosa che mandasse nel panico i professori. Iniziò a
pensare a qualche idea.
- Ci vorrebbe uno scandalo, poco importa se vero o falso ! – esclamò infine,
schioccando le dita.
- Fate meno casino, idioti – sbuffò qualcuno alle spalle di Axel.
- Oh,non fare il solito guastafeste, Saix ! – rispose
il Rosso con un sospiro esasperato: Era sempre così quando lui, Zexion e Larxene discutevano un
piano.
- Non funzionerà … - sbuffò di nuovo Saix.
- Umpf, vedremo! Ma prima del gran finale voglio
divertirmi ancora e … -
- Attento – la voce calma di Saix venne coperta da un
urlo stridulo che fece accapponare la pelle agli studenti:
- Voglio SILENZIO QUANDO ENTRO IN CLASSE!! - .
Era la voce del minuscolo professore di geografia, Topolino.
lui detestava quella classe, non solo perché gli studenti erano tutti
esageratamente più alti di lui, ma anche perché non si degnavano affatto di
ascoltarlo !
- Che palle prof, sappiamo entrambi che a nessuno frega delle sue lezioni –
commentò Axel mettendo i piedi sul banco e accendendo
una sigaretta : se c’era una cosa che quel ragazzo sapeva fare bene era far
saltare i nervi in appena cinque secondi e mezzo, tempo cronometrato da Demix due anni prima.
Infatti Topolino era già paonazzo e con una piccola vena che pulsava sul
faccione. – Ragazzino,torna composto o fili dritto in presidenza! E non sto
scherzando! -
- Certo prof, ora però si calmi e prenda le sue medicine – ridacchiò Axel con strafottenza, suscitando uno scoppio di risa.
- Ragazzi, non dovete apprezzare lo sciocco comportamento del vostro compagno,
ma dovete invece … -
- Prof, ma si rende conto delle cazzate che sta dicendo ? – lo interruppe di
nuovo il ragazzo.
Accompagnato da un altro scoppio di risate, la sfuriata del minuscolo
professore non si fece attendere: - Ora basta, mi hai stufato, in presidenza,
SVELTO!! – Sbraitò il topo lanciando dietro ad axel
una raffica di gessi presi chissà dove.
- Mi fa solo un favore prof, almeno non dovrò vedere la sua brutta faccia per
il resto della giornata! – rispose Axel scansando i
gessi,che finirono tutti in faccia a Saix, dietro di
lui, poi si alzò con un sorrisetto strafottente e uscì dall’aula lanciando uno
sguardo ai suoi “colleghi” : i due avevano giusto finito di sistemare le
puntine da disegno che tenevano in tasca sulla sedia del professore e lanciato
due petardi nell’armadietto in metallo.
Dopo qualche respiro profondo Topolino sorrise alla classe,un freddo sorriso di
circostanza.
- Bene ragazzi,possiamo finalmente iniziare la lezio ... – Due scoppi molto
sonori lo fecero balzare a quasi un metro da terra,col cuore in gola.
La classe, inutile dirlo, si esibì in una risata corale.
- Chi è stato?! – chiese ancora scioccato il piccolo professore, senza aspettarsi
una risposta sincera,o anche solo una risposta. Odiava quei ragazzini ...
E mentre si mise a sedere ecco che il trio di Axel,la
sua unica nemesi, colpì ancora. Le puntine penetrarono con facilità disarmante
nei pantaloni si tessuto del topo, strappandogli un altro acuto da opera lirica
e costringendolo ad esibirsi in un secondo balzo olimpionico.
La classe stava collassando dal ridere e Axel fuori
dal corridoio era piegato in due con le lacrime agli occhi e una dolorosa fitta
alla pancia.
“ Ho esagerato? Naaah “ si chiese mentre andava verso
la presidenza, con calma e salutando qualche amico,con cui scambiò due battute.
Bussò alla porta e la voce autoritaria di Yen Sid, preside della Sunset High lo
invitò a entrare. appena varcata la porta, trovò un ragazzo
dai capelli neri come la notte che lo salutò ridacchiando.
- Buongiorno signore. Oh ciao Van.. la nostra seduta settimanale eh? – rise di
rimando Axel sedendosi di fianco a lui, poi si
rivolse al preside ricomponendosi.
- Ragazzi – esordì il preside dal cipiglio severo – Posso capire che alcuni
professori possano essere irritanti – e lì rivolse uno sguardo severo,ma anche
leggermente divertito, ad Axel. – o troppo ortodossi
– ammise ridacchiando fissando Vanitas. – Ma sono comunque dipendenti di questa
scuola, e come tali sono assolutamente qualificati; se andaste oltre le
apparenze lo capireste. -
- Certo signore, però esagerano e abusano del loro potere per.. Ahia! -
Vanitas venne zittito da una gomitata di Axel.
- Ha assolutamente ragione signore. – Concluse Axel
annuendo – Ci dispiace averle fatto perdere tempo. - .
- Non preoccupatevi ragazzi.. Ma Tu smettila di fumare in classe Axel, sono stufo delle lamentele del resto dei professori.
– Sbuffò Yen Sid quasi divertito, poi proseguì il
discorso con un cipiglio paterno che rilassò i ragazzi: dopotutto, non era male
passare qualche minuto con quel vecchio preside.
- Il punto è che sei intelligente e nelle materie riesci senza sforzi, se
tenessi un comportamento più consono tutto sarebbe più semplice per te. E anche
per me, che non dovrei rimproverarti ogni settimana – concluse con un sorriso e
Axel sorrise imbarazzato in risposta sapendo che
aveva ragione.
- E la stessa cosa vale per te Vanitas, se ti impegnassi un po’ di più e
tollerassi un minimo i professori sarebbe meglio. -
- Certo signore – risposero i ragazzi all’unisono.
- Andate pure,e cercate di non tornare prima di domani – sorrise Yen Sid
- Ci conti! – ridacchiarono in ragazzi chiudendosi la porta alle spalle.
Ad un certo punto Axel si mise a ridere e Vanitas lo
guardò con un espressione interrogativa – Che hai da ridere? – chiese
sospettoso.
- No niente, è solo che.. Ah ah! Questa è forte: due anni fa ci siamo
incontrati qui alla seconda ora, proprio come adesso, come passa il tempo –
rispose all’amico con un sorriso malinconico.
- siamo a maggio, e tra meno di un mese finirà anche quest’anno, e visto che
sono in quinta me ne andrò … -
- E di che ti lamenti ? – Sorrise vanitas con una leggera pacca sulla palla
dell’amico. – Per me sarebbe una liberazione -
- Vero, ma mi mancherà questo posto.. bhe,quasi
tutto- Ridacchiò più sereno.
- Specie Roxy eh? – Sogghignò Vanitas malizioso.
- Eh – Ehi! Non c’è bisogno di dirlo così forte … sì, Roxas
in modo particolare, ma non farlo sapere in giro ok? Ho un’ immagine da duro da
rispettare, Amico – annuì Axelconvinto, ridendo assieme a Vanitas subito
dopo: in effetti il ragazzo era il classico duro dal cuore tenero, e Van aveva
capito subito che per il suo amico Roxas provava
qualcosa più dell’amicizia, ma era solo un forse che non gli importava più di
tanto.
Tornati seri, il ragazzo dai capelli neri incrociò lo sguardo dell’amico con un
sorriso ottimista e sincero – Sta tranquillo tenerone,
i segreti sono al sicuro col sottoscritto! – rise picchiandosi il pugno sul
cuore e poi con quello di Axel in un gesto di
fratellanza. Si scambiarono qualche altra
chiacchiera,poi suonò la campanella e sbuffando Axel
notò un messaggio sul cellulare, lo aprì e ne lesse il contenutocon un espressione insofferente. – messaggio
di Saix, dice che mi ammazza se lo lascio ancora nei
casini come oggi, meglio che torni in classe, và. - .
- Saix? Dici il tipo coi capelli azzurri? Ma dai,non
lo facevo un tipo da metterti sotto. – sogghignò Vanitas. – Comunque meglio che
torni anch’io.. dopo scuola esco con una ragazza di quarta e mi spiacerebbe
arrivare in ritardo,sai com’è - . Axel annuì e gli picchiò una paca sonora sulla
schiena – Auguri allora! – rise e si avviò verso la sua classe strascicando i
piedi.
Vanitas seguì il suo esempio,pensando a dove portare la ragazza per lasciarle
qualche bel ricordo, optò per la spiaggia.
La città era stata chiamata Sunset City non a caso, ma
per via gli splendidi tramonti che si vedevano in riva al mare.
Aqua sospirò sedendosi su una delle panchine fuori dal cancello scolastico,
aspettando che Vanitas la raggiungesse.
Il loro primo incontro l’aveva incuriosita: quel ragazzo non era un tipo
comune, anche se forse era un po’ troppo sicuro di se.
Sorrise divertita ripensando al suo modo di fare, un po’ furbo, un po’ sciocco,
quando un pensiero fulmineo e non così piacevole le attraversò la mente
facendola arrossire: quello, comunque si guardasse era un Appuntamento in piena
regola!
Un appuntamento a un ragazzo che aveva appena conosciuto? Non era per niente da
lei, ma ormai il danno era fatto.
Almeno Vanitas le stava simpatico, si sarebbe divertita comunque, ammesso che
il ragazzo non tentasse qualcosa di strano …
In quel momento arrivò Vanitas, di corsa e col
fiato corto, scusandosi mentre riprendeva fiato piegato in due sulle ginocchia
per la corsa.
La ragazza rise dolcemente - Non preoccuparti, non sei in ritardo, sono
arrivata presto io - .
- D–Davvero? – chiese Van ancora un po’ affannato.
- Davvero – rispose Aqua con un sorriso divertito che
imbarazzò leggermente il ragazzo.
Vanitas si voltò tossicchiando, prese un
respiro e tornò a guardarla rivolgendole un sorriso entusiasta. – Allora,
conosci già la città? – chiese curioso,guardandola negli occhi.
- Ehm … Veramente no – Ammise la ragazza. – Sai, mi sono appena trasferita e …
- Venne interrotta da uno schiocco di dita.
- Perfetto, dai, ti faccio fare un giro allora! Ci stai? – le propose
speranzoso e sorridente.
Aqua
ci pensò su, più che altro per farlo stare sulle spine: spesso i ragazzi di lì
ci provavano così con lei, era un classico, ma dall’alto dei suoi diciotto
aveva iniziato a volere una storia vera, non solo una semplice avventura.
Vanitas dal canto suo si sentiva elettrizzato e
turbato al tempo stesso in sua compagnia. Provava desideri strani e
contrastanti che proprio non sapeva spiegarsi: voleva stare con lei il più
possibile, eppure aveva una paura maledetta di calcare troppo la mano e
allontanarla o farsi odiare.
La voce di Aqua ruppe il filo dei suoi pensieri:
aveva accettato.
- Okey, siccome Sunset è
piccola ma c’è di tutto, hai qualche preferenza? – domandò il ragazzo mentre
controllava l’ora sul display del cellulare. Erano le due passate, avevano
ancora un po’ di ore prima della sorpresa che le avrebbe fatto.
- Mmh.. non saprei.. – Iniziò Aqua
che in effetti non sapeva dove andare con lui,ne cosa piaceva anche al ragazzo!
- Ho capito,nel dubbio andiamo dove c’è
un po’ di tutto eh eh quindi Viale dei Negozi –
Ridacchiò Vanitas tendendole gentilmente la mano.
– Sai, la città è bella,ma per apprezzarla al meglio bisogna essere tra le
persone che la abitano, almeno, io la penso così - .
- Vada per i negozi allora – Aqua sorrise e si
alzò,stirandosi distrattamente le pieghe della gonna dell’uniforme e seguendo
il ragazzo per le vie del centro.
Vanitas rimase in silenzio per qualche momento,
poi la guardò allegro con uno scintillio interessato negli occhi dorati.
-Allora.. hai detto che ti sei trasferita, di dove sei? - Aqua ci mise un momento a rispondere – vengo da un
paesino fuori città, sulle colline a Est, ma lì le possibilità erano poche e
così.. -
Lo sguardo blu marino della ragazza si fece triste per qualche istante, ma non
sfuggì a Vanitas, da sempre un attento osservatore.
- Deve essere dura ricominciare da zero.. – Mormorò il ragazzo pensieroso.
- Dai, per qualunque cosa hai il mio appoggio! – dichiarò a voce alta con un
sorriso sincero e fiducioso. Aqua arrossì appena sulle guance e sorrise con
dolcezza.
- Grazie Vanitas. - .
Mentre i minuti e i negozi sfilavano ai lati
della strada coi loro carichi di colori e sensazioni, l’atmosfera tra i due
ragazzi diventava più rilassata.
Chiacchieravano e ridevano a ogni battuta, mentre vanitas commentava la città
attorno a loro in modo ironico e scanzonato, alternando la spiegazione ad
alcune delle avventure che aveva vissuto in quei posti assieme ai gemelli o ad Axel. Aqua invece raccontava al ragazzo del suo paese e
della sua vita prima di Sunset City.
Si stupì sentendo quanto era lontana quell’ infanzia spensierata e quell’
adolescenza acerba fatta di sogni di fuga e doversi verso la madre ancora un
po’ ragazza.
Sospirò,chiudendo gli occhi appena velati di lacrime egoiste.
Vanitas, che non l’aveva persa di vista un
momento, si affrettò a correre ai ripari.
- Ehi.. sai cosa ci vuole per scacciare la malinconia? – le chiese con un
sorriso amichevole, poggiandole una mano sulla spalla.
- No, cosa? – chiese lei interrogativa: era riuscito a capire il suo stato
d’animo così in fretta … Forse Vanitas era più sensibile di quello che voleva
far credere.
- Dunque.. Aspetta, com’era? Ah, sì! Ci vogliono compagnia e qualcosa di dolce;
o almeno Kairi diceva così, credo … - . Aqua ridacchiò – Credi? Comunque, Kairi
è una tua amica? – nel fargli quella domanda la ragazza sentì una piccola e
fastidiosa punta di gelosia che non riusciva a spiegarsi.
- Più o meno, è la ragazza di mio fratello. – annuì Vanitas e le sorrise –
Comunque la compagnia l’abbiamo, andiamo a trovare una gelateria? -
- Andiamo – Aqua rispose sorridendo e ringraziandolo
mentalmente perché cercava di farle passare quei pensieri amari.
Quella parte di Sunset
era una zona turistica, per cui gelaterie e bar abbondavano, quindi non fu
difficile trovarne una tranquilla e fermarsi lì per qualche minuto.
Infatti ora i ragazzi stavano seduti su una delle panchine, intenti a gustarsi
due grandi coni gelato.
Avevano ripreso la chiacchierata, ora spostata sul tema della scuola e sui
professori.
Dopo il resoconto dettagliato da parte di Vanitas di una serie di bravate e
situazioni più o meno stupide in compagnia del suo migliore amico, Axel, erano entrambi scoppiati a ridere di gusto.
- Siete pazzi voi due! – esclamò Aqua tra grandi
sospiri per riprendersi.
- Già, ti garantisco che non tenterò mai più una cosa del genere – ridacchiò il
ragazzo.
- Lo credo bene- concordò la ragazza guardando l’ora sul cellulare.
- Già le sei? Il tempo vola! – esclamò stupita.
Vanitas stava guardando il cielo che si stava
tingendo d’arancio e rosa.
- Aqua – mormorò senza smettere di guardare in aria.
– Sai perché Sunset si chiama così? - .
- N – No, perché? – chiese interrogativa e leggermente emozionata: Vanitas
all’improvviso si era fatto serio e la osservava con una scintilla di malizia
negli occhi dorati.
- Ti fidi di me? – Le chiese a bruciapelo, facendola arrossire. Aqua si morse il labbro inferiore stringendo tra le
dita il tessuto dell’ uniforme e teneva lo sguardo basso.
- Dipende da cosa vuoi fare – commentò con voce atona e leggermente intimorita,
fissandolo nei suoi occhi penetranti.
Per tutta risposta il ragazzo sorrise astuto e la prese per un polso prima di
alzarsi e trascinarla giù per quel viale alberato.
- E – Ehi! Che fai?! – esclamò impaurita la ragazza, lasciandosi però
trascinare con curiosità crescente.
In lontananza iniziava a sentirsi il rumore del mare e presto il profumo della
brezza riempì le narici dei ragazzi.
La spiaggia! Ecco dove la stava portando! Aqua sorrise dolcemente: adorava il mare, l’acqua e
la brezza, come anche la sabbia calda tra le dita e il tepore del sole sulla
pelle.
Scesero fino al bagnasciuga, togliendosi le scarpe con entusiasmo a metà
tragitto e buttandole sulla sabbia: erano praticamente soli.
Entrambi avevano il batticuore, emozionatissimi:
di fronte a loro il sole era già sull’orizzonte e affogato per metà nell’oceano
colorava il cielo di un arancione vivo e di rossi mozzafiato, mentre l’acqua
era di magico violetto su cui i riflessi brillavano come una miriade di schegge
di incandescente vetro colorato.
L’ insieme era perfetto: il mare, la spiaggia e il silenzio davano ai ragazzi
l’impressione di essere gli unici davvero vivi in città.
In quel momento, sopraffatti dalla bellezza del
tramonto, entrambi sussultarono ricordandosi di essere ancora mano nella mano.
Aqua,
che fin dall’inizio aveva visto vanitas come uno dei soliti che l’avevano
avvicinata solo per il bel visino, quel pomeriggio aveva dovuto ricredersi
almeno un po’ : era simpatico, pazzo, ma anche sensibile in fondo.
Vanitas invece sentiva la ragazza molto più
vicina ota.
A prima vista le era sembrata una sfida impossibile e ne era stato attratto per
quello, ma poi in quelle poche ore passate assieme avevano riso, scherzato e
condiviso pezzi di sé come se si conoscessero da una vita...
Lui le lasciò la mano e la ragazza provò un
brivido difficile da spiegare.
Ancora immersa nei suoi pensieri alla luce
romantica del tramonto si sentì abbracciare da dietro e rimase immobile,
sgranando i bellissimi occhi blu.
Si morse il labbro inferiore sentendosi avvampare in un secondo: quello era un
abraccio semplice, caldo e tenero come non ne aveva ricevuti da tanto.
Con un sospiro leggero si fece coraggio, con la voce bassa e quasi incrinata.
- Van.. Io ti piaccio davvero? – sembrava più un affermazione che una vera
domanda.
Vanitas, che aveva posato il viso sulla schiena della ragazza, rispose con
sincerità e usando lo stesso suo tono, emozionato.
- Sì Aqua, da subito - .
Ecco la conferma che spezzò definitivamente la
sua razionalità, gettandola nel caos di sentimenti veri quanto potevano essere
falsi; però.. Quell’ abbraccio era così caldo e rassicurante …
E mentre i minuti scorrevano preziosi e il rosso diventava indaco, vanitas e Aqua restarono così, tretti e in
silenzio, assaporando il momento e cercando di riportare in loro l’ordine
necessario.
Il telefonino della ragazza squillò spezzando
quella piccola magia. Aqua lesse in fretta il messaggio e rispose.
- Mia madre, si chiede che fine ho fatto – Mormorò ancora confusa mentre lui la
lasciava andare.
Rimasero ancora qualche momento uno di fronte
all’altra, in un silenzio imbarazzato.
Ancora una volta Vanitas si riscosse per primo.
Si voltò verso il lungo mare con un sorriso soddisfatto e malinconico al tempo
stesso: - E così te ne devi andare … - Aqua si spostò una delle ciocche celesti dal viso
prima di rispondere
- Già.. – forse aggiunse qualcosa, ma lui non se ne accorse.
- E ... Ci rivedremo? Dopo la scuola intendo. – chiese Van sperando in un
assenso, anche a qualsiasi condizione.
- Sì, è stato molto bello – rispose Aqua imbarazzata.
– Grazie Van - .
Il sorriso che gli rivolse fu il più bello che vanitas avesse mai visto.
- Allora vai.. – sospirò il ragazzo.
- Sì, scusami – mormorò lei.
Era il momento buono? Era solo una bella favola? Vanitas non era il tipo da
curarsene di solito, quindi si lanciò senza timore di un rifiuto .
- Aqua, ti metteresti con me? – disse tutto d’un
fiato.
La ragazza trattenne il respiro per un momento
- Io.. Io non lo so … Dammi tempo Vanitas - .
Erano così vicini che Van poteva sentire il suo profumo dolce e leggero; aveva
una voglia matta di baciarla fino a perdere il fiato,però quella risposta aveva
quasi spento la fiamma che gli bruciava nel petto.
- Capisco – mormorò abbattuto. Aqua sorrise: non aveva insistito e era rimasto
davvero male alla sua risposta.
Gli posò un bacio tenero sulla guancia.
- Ti abbatti così in fretta? – gli disse sorridendo,chiudendo uno degli occhi
azzurri in un’ espressione dolce e divertita – Guarda che non ho ancora detto
di no. Usciamo insieme ancora qualche volta, poi deciderò, va bene? -
propose sorridente.
Vanitas le rivolse un sorriso deciso ed emozionato - Va bene, ma non intendo
rinunciare, perché mi piaci, mi piaci tanto - .
Il cuore della ragazza ebbe un altro sussulto.
- Lo so Vanitas – Aqua arrossì sorridendo radiosa –
Anche tu, ma è presto per decidere, lo sai. - .
Vanitas annuì – Sì, è vero, ho corso troppo, lo ammetto -
- Vero, ridacchiò Aqua più rilassata – Facciamo per
sabato? -
- E vada per sabato, qui in spiaggia alle tre? -
- Alle tre. Ciao Van, non vedo l’ora -
- Oh, anch’io – Ri se vanitas mentre lei si
allontanava verso casa.
Le rivolse un ultimo sguardo prima di scuotere la testa ancora con un sorriso
ebete stampato in volto: Il suo primo amore e un colpo di fulmine nello stesso
giorno. Era proprio una giornata da ricordare.
Ora non restava che chiedersi se sarebbe riuscito a farla innamorare davvero,
però sembrava che una scintilla si fosse accesa tra loro, finalmente.
Xion era
inquieta.
Da quando era tornata a casa, dopo le lezioni, continuava a ripensare a quello
che le era successo qualche ora prima.
La campanella aveva appena finito di suonare, indicando
l’intervallo, e quando tutti avevano lasciato campo libero lei era andata a
sedersi sul davanzale come suo solito, pensando che sarebbe stata assolutamente
una mattinata come le altre.
La ragazza aveva pochi amici, per lo più in altre scuole.
Gli unici che come lei avevano scelto la Sunset High
erano stati i gemelli Roxas e Ventus,
con cui però non aveva più contatti.
L’unico svago che davvero soffocava quella punta di
disagio era la scrittura: Xion, all’età di sedici
anni, aveva già pubblicato il suo primo romanzo, un thriller, e ora stava
abbozzando il seguito.
Infatti era così intenta a scrivere e riscrivere lo
svolgersi di una sparatoria che non si accorse di non essere più la sola in
aula.
- Accidentaccio! – ringhiò frustrata, tirando l’ennesima pagina appallottolata
nel cestino; solo che invece di finire assieme alle altre,quella palla di carta
colpì in fronte un ragazzo dai capelli argentati.
- Ehi, tratti sempre così i ragazzi che vogliono fare due chiacchiere? –
ridacchiò Riku, aprendo il foglio e leggendo distrattamente
quello che vi era scritto sopra.
-Ah ! Non pensavo che ci fosse qualcun.. oh… - La voce si congelò nella gola di Xion,
mentre fissava colpita il ragazzo.
Lui parve non farci caso, mentre le porgeva la pagina con un sorriso
affascinante.
- Non mi sembra male, è il seguito di “Tredici Cuori” ? -
- Sì, dovrebbe, ma … - Xion lo guardò sorpresa,
sgranando appena gli occhi scuri – Come sai che ho scritto io quel libro?! - Riku le si sedette accanto, prendendo una sedia.
- Ho saputo che la scrittrice di quel bel romanzo era una ragazza dell’
istituto. Il resto è stato facile: avevi sempre un quaderno tra le mani e ci
scrivevi continuamente sopra, quindi … - lasciò la frase in sospeso, sotto
intendendo il resto.
- Un attento osservatore. – Il tono della ragazza, seppur emozionato, divenne
leggermente insolente. Si sapeva molto di lui in quel liceo.
Riku era
il figlio di un uomo di nome Eraqus, proprietario di
un colosso dell’informatica e dei videogames, inoltre
era un vero ragazzo prodigio, sempre col massimo dei voti e campione delle gare
studentesche in molte discipline da quando si era iscritto alla Sunset.
La sua fama però non era dovuta certo solo a questo: Riku
era un vero e proprio playboy consumato, capace di sedurre qualsiasi sua preda.
Ma lei non era nulla di speciale! Certo, si reputava carina, ma non mozzafiato,
e non era nemmeno così desiderata..
E allora perché Riku era venuto da lei, con tante
altre ragazze migliori e più facili da conquistare? La risposta non si fece
attendere.
- Uh ... Era una punta di fiele quella che ho sentito? – il ragazzo le rivolse
ancora quel caldo sorriso, ma che stavolta aveva qualcosa di dolciastro,
velenoso. Frustrazione? Xion lo sperava proprio.
-Vedi, mi è piaciuto molto quel libro, scrivi davvero
molto bene. Mi aveva catturato, una simile bravura. quindi, quando ho scoperto
che eri Tu l’autrice, ho deciso che dovevo assolutamente conoscerti un po’
meglio. -
“ Vuoi conoscermi meglio eh?” pensò Xion, mentre
un’idea perfida le germogliava in mente “ no, tu vuoi solo provarci con me.
Bene. Sta a vedere”.
Finse di rimanere affascinata dal tono di Riku, senza
però accorgersi che si stava davvero perdendo nei suoi occhi di quel
particolare colore tra il verde e l’azzurro.
- Cosa cerchi di dirmi.. Riku …? – gli chiese con un
luccichio furbo negli occhi scuri e le labbra incurvate in un sorriso
piacevolmente caldo.
Quella era una sfida: Riku voleva divertirsi con lei?
Alla fine non sarebbe stata l’unica a farsi male, no di certo.
Riku
sorrise divertito in risposta.
- Sto dicendo che mi piacerebbe molto passare la serata con una ragazza di
talento come te – le rispose, accarezzandole la guancia sinistra con le nocche,
il viso a un soffio dal suo.
- E va bene.. accetto, ti aspetto stasera alle otto, ma se tardi sei fuori –
sussurròsorridendo con innocenza
calcolata.
In quel momento suonò la campanella, avvertendoli che il tempo per
chiacchierare era finito. Riku sbuffò uscendo dalla
classe dopo averla guardatacon gli
occhi socchiusi per qualche momento.
- Alle otto ... ci sarò, stai tranquilla. –
Batterlo al suo stesso gioco? Questo è quello che aveva
pensato, ma ora che ci ripensava nella calma della sua villetta vuota, non le
sembrava più un’ idea così brillante.
Il guaio era che in fondo Riku
non le dispiaceva poi così tanto come dava a vedere, anche se le dava fastidio
quell’aria da divo che si dava sempre; e poi lei non era così esperta come
voleva fargli credere.
Certo, non era così innocente come sembrava, perché con Ventus
aveva avuto una storia lunga e seria, prima che il ragazzo avesse problemi in
famiglia e lei partisse per un lungo periodo all’estero con i suoi genitori.
Aveva voluto rompere, anche se a volte sentiva la mancanza del ragazzo, specie
quando le riaffioravano alla mente i ricordi della loro unica notte insieme,
passata sotto la luna in un prato fuori città.
Sospirò, rigirandosi tra le mani il peluche di un moguri
che Ven le aveva regalato per il loro primo mese.
- Fare la donna fatale non fa per me, vero? – si chiese strapazzando il pon - pon rosso del pupazzo.
- Ma guarda in che guaio ti sei cacciata Xion … -
sospirò, sdraiandosi sul letto con il viso affondato nel cuscino, prima di
addormentarsi senza accorgersene.
Si sveglio col tramonto che invecchiava: erano le sette e
mezza e si sentiva ancora confusa.
Entrò nel largo bagno dai marmi chiari, così freddi sotto i suoi piedi scalzi.
Rabbrividì leggermente, guardandosi allo specchio, che le restituì l’immagine
di una ragazza come tante, non facile, non preziosa, non speciale …
Si lasciò scivolare l’abito di dosso, stringendosi nelle braccia. Era estate,
ma aveva comunque un freddo fastidioso sulla pelle.
Si gettò sotto l’acqua bollente, lasciando che fosse lei a scioglieree lavare via i pensieri; ma la mente corse, e
di ricordo in ricordo la trasportò alla sua prima volta, la notte con Ventus, e il sorriso che avevano quando erano tornati a
casa, con l’alba che li accarezzava.
Era stato quasi magico.
Sospirò, realizzando che con Riku non sarebbe stato
lo stesso: Ventus era speciale per lei, ma con Riku avrebbe solo fatto male, senza alcun vero senso.
Lacrime salate le salirono agli occhi, mischiandosi al
getto d’acqua che le batteva sulla nuca, mentre si lasciava scivolare sulle
ginocchia, scoppiando in un pianto sommesso, stringendosi nelle braccia: si sentiva
sporca, e meschina a pensare di averlo dimenticato, quel biondino così
importante …
Quando si fu calmata , Xion
finì la doccia e dopo essersi fasciata nell’accappatoio andò a scegliersi gli
abiti da mettere, cercando un look non troppo elegante, ma da sera.
Sì guardò nello specchio della camera, notando come la luce fredda della
lampada azzurra sul comò le dipingeva ombre scure e d’atmosfera sul corpo
snello. Scosse la testa, prendendo dal cassetto del mobile della biancheria
nera che si mise in fretta, dedicandosi poi alla scelta dei vestiti .
Quando Riku suonò alla porta,
fin troppo puntuale, lo accolse con un sorriso di circostanza, vestita con un
abito blu scuro al ginocchio e con una collanina di zaffiri , presa in prestito
dal porta gioie della madre, al collo.
- Buonasera Riku.. – salutò fissandolo negli occhi,
sforzandosi di mantenere quel sorriso falso e tirato.
- Ti sono mancato pare – commentò il ragazzo, sfoderando un sorriso ammaliante. Xion inghiottì un fiotto di bile che le risaliva la
gola assieme a una rispostaccia e si limitò a non rispondere, lasciando che
fosse lui a cambiare discorso; cosa che non fece, quindi decise di chiedergli
dove sarebbero andati. Riku ridacchiò divertito. – Impaziente eh? Pensavo a
un ristorantino romantico e poi passeggiata sul lungomare, al chiaro di luna,
che ne dici? – Le domandò, sicuro di fare centro. Xion, a cui era squillato il cellulare in quel
momento ne approfittò per pensare a cosa dire: in realtà non aveva tutta quella
voglia di uscire, ma una promessa la rispettava, di solito …
- Uh, è okey, andiamo? – lo guardò, trapassandolo con
il suo sguardo scuro e profondo che lo fece vacillare un poco.
Rimase perplesso qualche momento, poi sorrise, il suo sorriso artefatto dolce e
accattivante.
- Andiamo - .
Il viaggio in macchina, una favolosa fuoriserie
sicuramente comprata dal padre in un paese straniero, velocissima e anche
parecchio comoda, fu rapido, ma per Xion durò un’
eternità, un’ eternità fatta di rimorsi ma anche di stuzzicanti fantasie, di
cui si vergognò quasi subito. Riku chiacchierava, e lei gli rispondeva ogni tanto,
fingendo di afferrare i discorsi che le sfuggivano ogni tanto, persi nei fiumi
di pensiero.
Fu così anche al ristorante, un locale intimo e accogliente, molto raffinato ma
per nulla snob: sapeva come metterla a suo agio, pareva.
Riku
cercava di farla sorridere in ogni modo, ma i suoi tentativi erano quasi tutti
miseramente falliti.
Nemmeno lui riusciva a spiegarsi perché si stesse dando così da fare, ma solo
che non poteva sopportare così tanto la vista dei suoi occhi blu scuro così
malinconici.
Era così perché in fondo sapeva che Xion non era una
delle solite, ma forse quella giusta. Xion invece sapeva perché era così turbata: i ricordi
di Ventusle
ronzavano in testa con enorme insistenza.
- Ti senti bene? – le chiese Riku con sincera
preoccupazione, fissandola attentamente.
- Sì, non preoccuparti, grazie … - Lei gli sorrise per tranquillizzarlo, il
primo sorriso sincero quella sera, nonostante iniziasse a sentire la nausea.
- Sicura? – Lo sguardo di Riku si addolcì un poco,
mentre le prendeva la mano nella sua, molto delicatamente.
- No.. per niente. – ammise alla fine, arrossendo lievemente per il gesto del
ragazzo. – Portami fuori, per favore.. - Riku parve titubare qualche momento, ma alla fine
sorrise e annuì – D’accordo, andiamo - .
Dopo che il ragazzo ebbe pagato il conto, uscirono a caminare
sul lungomare. Xion si perdeva ogni tanto a guardare i riflessi
argentei della luna sull’acqua nera dell’ oceano, mentre i ricordi l’assalivano
impietosi: adorava sedere sugli scogli con Ventus a
osservare meravigliata le ode infrangersi maestose contro la roccia,
abbracciata a lui per scaldarsi durante le serate ancora della primavera.
- Davvero uno spettacolo mozzafiato, vero? – mormorò Riku,
seguendo la linea del suo sguardo, la ragazza annuì.
- Mi ricorda il tuo sguardo, il mare di stasera .. Calmo e profondo, così
solitario. – Lui sorrise, un sorriso sincero che le fece fare lo stesso.
Si rilassò un poco, e con un sospiro leggerosi diresse verso la spiaggia, lasciando Riku a
guardarla con un’ espressione interrogativa.
La raggiunse sul sentiero di rocce e si sedette di fianco a lei. Xion lo guardò un momento e sorrise con malinconia, un
sorriso dolce e tremendamente nostalgico che quasi lo catturò.
- Riku, è stata una bella serata.. – cominciò – Sei davvero
galante, e anche molto tenero, devo ricredermi, ma non me la sento di andare
oltre … - Mormorò in un sospiro.
- Certo, lo avevo capito, non fa nulla.. – rispose lui con riluttanza: non
voleva certo demordere così! E poi, Xion aveva
davvero iniziato a interessargli.
- Non fraintendermi, non mi sei certo indifferente, ma.. – Xion
si morse le labbra, prendendo una decisione di vitale importanza, la decisione
a cui aveva pensato tutta la sera. – Ma ho capito che farei un torto a me
stessa se stanottevenissi con te, perché
c’è una persona diversa nel mio cuore.-
- Aspetta, non dirmelo, è il tuo ragazzo? – le chiese a bruciapelo, con un tono
piuttosto distaccato, nascondendo una nota di risentimento.
- No, sono single ora.. – mormorò Xion, quasi mortificata
dalla reazione del ragazzo.
- E allora qual è il problema? -
- Però lui.. -
- Ti ha piantato? Meschino … - quel commento fu come una coltellata nella
schiena per Xion, che arrossì infervorata.
- Ventus non è meschino! E tu sei un idiota! – Gli urlò
in faccia, ferita nel profondo.
- Lui era sempre dolce con me, non mi avrebbe mai fatto del male e io.. Io ho
sbagliato, Riku, per questo non ho intenzione di
andare oltre con te, perché spero ancora di poter aggiustare le cose tra noi,
per quanto difficile..! – urlò contro il mare, gli occhi invasi di lacrime e i
singhiozzi che venivano trattenuti a forza in gola dall’orgoglio.
Avvampò quando Riku l’abbracciò comprensivo ,
sorridendo malinconico.
- Dovresti andare a cercarlo allora, se davvero è così importante. – le disse,
appoggiando le mani sulle sue spalle e scostandosi un poco per guardarla negli
occhi.
- Riku.. – mormorò con gli occhi color notte sgranati
e arrossati, prima di ricambiare quell’abbraccio che aveva un sapore fraterno. –
Grazie … -
- Di nulla – Riku sorrise socchiudendo gli occhi
verde acqua e le baciò la fronte teneramente, facendola arrossire di botto:
quel ragazzo riusciva a calmarla e agitarla nello stesso momento.
- Certo che sei proprio una serpe .. prima fai il galante, e poi te ne esci con
queste tenerezze, per forza nessuna ti resiste. – Bofonchiò lei con un broncio
simpatico e le braccia incrociate al petto.
- Guarda che questa sera ero serio: tu mi piaci davvero, non sopporto di
vederti triste.. – Riku sorrise tristemente – ma a
quanto pare, per questa volta dovrò farmi da parte. – il tono di voce del
ragazzo si era abbassato, come se avesse mormorato la frase tra sé, e questo,
unito al leggero rossore che poteva intuire dalla luce della luna, le fece
capire che Riku diceva il vero e questo fece franare
qualcosa nel profondo di lei, qualcosa di importante.
Era così vicino che poteva sentire il suo profumo, intenso ed esotico, e il
calore del suo soffio sul viso.
Ci mise un istante per riordinare i pensieri e capire quello che stava per
succedere, un istante di troppo.
sentì le labbra di Riku sulle sue: non era per niente
come l’aveva immaginato, non erano possessive, ma anzi, molto dolci e sincere.
Quando si staccarono lei rimase confusa, con gli occhioni
sgranati di stupore e vergogna, rossa più del fuoco.
- Ehi! – Esclamò spingendolo via senza
convinzione.
- Scusa, non ho.. potuto resistere. – quel sorrisetto di scuse era palesemente
fasullo, ma questa volta gli occhi di Riku erano
sinceri, lui era sincero, e lei di nuovo confusa, più di prima.
- Io.. Io torno a casa, ci vediamo – mormorò prima di avviarsi verso la strada;
per fortuna la spiaggia non era così lontana dalla sua villetta. Riku aveva risposto qualcosa, ma non se ne curò, o meglio,
non volle ascoltare.
Pochi minuti dopo era sulla soglia di casa sua, l’aprì e
corse a buttarsi sul letto, mordendosi le labbra, tormentata dal grande dubbio:
Riku, o Ventus?
- Aah.. Xion, perché sei così stupida?! – Urlò esasperata prendendo a pugni il cuscino.
Nove
e quaranta di sera: a casa di Axel quattro loschi figuri complottano
e tramano malefici intrighi...
Stavano
attorno a quel tavolo da almeno un ora a proporre e scartare un' idea
dopo l'altra.
Axel
era decisamente irritato e niente sembrava andargli a
genio. Graffiti, vandalismo.. Aah, era così dura trovare
qualcosa di veramente infido e creativo da fare colpo, insomma, per
uscire col botto!
Zexion,
come al solito, non proponeva nulla, lasciando che fossero gli altri
ad avere le idee: preferiva agire, piuttosto che proporre qualcosa
che poi sicuramente non sarebbe piaciuto, anche se aveva un'ideuzza
che gli ronzava in testa da un po'...
Larxene,
invece, era un vulcano di proposte più o meno subdole, ma che
comunque non attiravano “il Rosso” . - Andiamo Axel,
qualcosa dovrà pur andare bene! - sbottò dopo
l'ennesimo tentativo scartato a caldo, -No invece! Tutta roba già
fatta, già vista qui alla Sunset: voglio qualcosa di nuovo,
qualcosa di grosso e così umiliante da far cacciare il nostro
bersaglio dalla scuola! - . I ragazzi sbuffarono: nulla da dire,
quando quel tipo voleva le cose, le otteneva in un modo o nell'altro.
-Bah,
non puoi pretendere di spedire a casa qualcuno da un giorno
all'altro! Specie se, come immagino, è un prof ! - sbottò
larxene esasperata da quel comportamento, alzando gli occhi al
cielo. -Dovremmo..mm... Dovremmo beccarne uno a limonarsi una
studentessa- La proposta di Zexion spezzò il probabilissimo
litigio tra Axel e la biondina. - Certo, e dove la troviamo una
che... - I ragazi si voltarono all'unisono verso Larxene con un ampio
ghigno sul volto. - Che?! Oh no! Io non ci stò! - Protestò
lei, mettendo le mani avanti. -Avanti, basteranno un paio di
foto..., a proposito, sai che sei davvero fotogenica? - Axel sfoderò
un falsissimo sorriso a trentadue denti – Daaai... - . Larxene
sbuffò ma alla fine si lasciò convincere. -
D'accordo, ma in cambio.. Axel, mi devi un Grosso favore. - Il
ragazzo ci pensò su qualche istante: Larxene sapeva essere
davvero sadica alle volte, e probabilmente gli avrebbe appioppato uno
degli incarichi noiosi che le affidava il padre, che aveva
un'officina appena fuori città. Forse anche per questo lei
adorava i motori e i Jeans. - E va bene, Larxy, accetto –
Acconsentì rassegnato stringendole la mano. - Eddai, sarà
divertente... bhe, per me sicuramente lo sarà! - ridacchiò
lei in rimando, in un modo che fece rabbrividire i suoi amici.
In
realtà l'idea di ridicolizzare un certo insegnante la riempiva
di una gioia sadica, e la stuzzicava davvero tanto. -Posso
scegliere io la “Vittima”? - domandò quindi, per
essere sicura di fare centro.
-Ehm...
Certo! - Escalarono Axel e Zexion all'unisono, sollevati che la sua
attenzione si fosse spostata su qualcun' altro. Passarono dei
minuti in silenzio, mentre ognuno pensava a come scattare le foto
incriminanti.
Alla
fine Larxene scelse come bersaglio il vicepreside, Xemnas, docente di
Diritto nel corso umanistico della scuola. Quell'uomo non le
piaceva granchè, perchè teneva i voti bassi, e poi il
suo ufficio era quello sistemato meglio: al piano terra e con una
grande finestra che dava su due cespugli di ginepro poco più
alti del davanzale. nel parchetto interno dell'istituto.
-Il
vicepreside, eh?- Axel sorrise tra sé, molto soddisfatto. - Ti
adoro quando te ne esci con queste pensate, ragazza – Ridacchiò
poi, dandole un buffetto.
Larxene
sorrise beffarda passandosi una mano tra i capelli cortissimi e
biondo acceso, tinti di fresco.
In
realtà il gesto le serviva a nascondere un attimo di imbarazzo
che svanì veloce come era arrivato: preferiva tenere la
maschera da fredda stronza, piuttosto che apparire una ragazza
normale.
Era
una cosa che aveva scelto quando era stata mollata dal suo ultimo
ragazzo prima di entrare alla Sunset e dopo una storia lunga e
sofferta durata quasi tre anni. Quel giorno aveva deciso che non
si sarebbe più affidata a nessuno, e era stato anche il giorno
in cui aveva detto basta a storie e cotte.
Almeno
fino al giorno in cui aveva conosciuto Axel!
Lo
spirito ribelle dell'amico e la sua tendenza lasciarsi libero di
essere come voleva erano per lei oggetto d'ammirazione fin da subito.
Quando poi aveva scoperto per puro caso che sotto l'apparenza da duro
anarchico del ragazzo c'era un cuore tenero e leale, aveva proprio
iniziato a piacerle, e piacerle davvero! C'era un piccolo, enorme
problema però: Lui non se la filava di striscio. - Bhe,
comunque, quando facciamo quest'ultima diavoleria? - Larxene cercò
di sviare il discorso, e chiedere qualche informazione in più,
dato che lei aveva la parte principale, e adorava recitare.
Axel
ci pensò su qualche momento: In effetti, con tutti i dettagli
e le varianti che gli erano saltati in mente aveva tralasciato un
dettaglio importante: il quando. -Uhmm... Direi la prossima
settimana, anche perchè tra quindici giorni finisce l'anno, e
venerdì pubblicheranno l'ultimo numero del giornalino
scolastico e...- -Aspetta, Aspetta?! Che c'entra il
giornalino. Larxene lo guardò scioccata: non avevano mai
parlato di giornalino!
-Bhe,
sì.. per fare il colpo grosso un pubblico è necessario,
e qui abbiamo giusto giusto un cronista che fa al caso nostro –
Doveva ammetterlo: era proprio un genio quando si trattava di buttare
in aria un gran polverone. -magnifico.. Ho sempre sognato di fare
il paparazzo...- il commento di Zexion poteva solo essere definito
“Sarcasmo del condannato” - Comunque, direi che mercoledì
prossimo può andare bene: devo rubacchiare una delle
fotocamere buone a mio padre e studiare l'ambiente – Il padre
di zexion era un fotografo e lavorava per un settimanale
naturalistico locale. -Siamo d'accordo allora, mercoledì si
va in scena: sincronizzate gli orologi e ci organizzeremo via sms.
Quando Zexion avrà le foto migliori ti chiamerà al
cellulare, e quello sarà il segnale per la fuga, se tutto va
bene sarà una toccata e fuga e quell'allocco non se ne
accorgerà neppure. Mi raccomando Larxy.. Il gran finale
dipende da te. - - Certo capo! – esclamarono gli altri
due.- .
Uno
sbuffo ironico e un – Non funzionerà mai –
tagliarono l'aria eccitata della riunione portando il gelo- Saix
era rimasto ad ascoltare tutto il tempo, e anche se non lo avrebbe
mai ammesso per principio, il suo amico aveva avuto l'idea giusta a
usare il giornalino:
Era
noto a tutti che i club studenteschi non potevano essere toccati dal
corpo docente in quanto totalmente autogestiti dagli studenti.
Questa
era una concessione ottenuta qualche anno prima da Squall Leonheart,
un presidente del consiglio studentesco quasi leggendario: era stato
lui a portare avanti gli estenuanti negoziati con Yen Sid e alla fine
aveva stroncato il vecchio preside con un'arringa mitica che tutt'ora
era incorniciata nell'aula insegnanti e scritta a lettere cubitali,
giusto per ricordarlo a certi docenti che tendevano ad allargarsi
troppo. -Axel, questa volta finirete nei guai sul serio, e lo dico
da amico, non da rappresentante di classe. - Axel ringhiò
infastidito. -Tranquillo Saix, ho già pensato a tutto: i
voti sono troppo alti perchè non ci ammettano all'esame, e
avranno già fatto gli scrutini quando uscirà il
giornale. Tra due settimane siamo fuori da questo inferno. -Sei
comunque un Idiota – sbottò saix picchiandogli una secca
manata in fronte. -Eppiantala! - sbottò Axel scostandogli
il braccio: nonostante fosse un buon amico, Saix sapeva essere
davvero seccante!
-In
ogni caso, ti ho chiamato perchè mi serve una mano –
borbottò Axel sfregandosi la fronte con uno sguardo
vendicatore tutto per Saix. -Fammi indovinare: vuoi che come
rappresentante della classe nel consiglio tiri fuori Zexion dalle
grane che questa storia potrebbe portare... - Sbuffò Saix
divertito: per quanto tentasse di fare il duro, Axel pensava sempre a
proteggere i suoi amici prima.
Accettò
la richiesta del Rosso. -Grazie Saix, sei un amico – sorrise
Axel.
-Sei
sempre un idiota, ma ti devo un favore- sbottò in rimando il
ragazzo dai capelli azzurri passandosi una mano sul viso.
Alla
fine venne il Mercoledì scelto, e l'ora scelta per il grande
piano.
Larxene,
camicetta sbottonata sul seno e capelli sciolti dalla pettinatura
sbarazzina, aspettava il vicepreside
seduta
a gambe scoperte e obbligatoriamente accavallate sulla scrivania del
suo studio, sistemando gli ultimi ritocchi al trucco, tenuto leggero.
Il risultato la la soddisfaceva.
Adorava
recitare, se solo non avesse dovuto essere COSì provocante si
sarebbe divertita ancora di più.
Sbuffò
pensando a come fare per stuzzicare quell'uomo.. Bhe, almeno era
bello, non sarebbe stato troppo difficile, sperava.
Controllò
che Zexion fosse in posizione, e un cenno da dentro ai cespugli le
avvisò che ormai non si tornava più indietro. “Bene
bene.. sarà da Oscar mhmhmhmhm...“ pensò
guardando la porta che si apriva con un leggero cigolio.
Il
professore entrò nella stanza, guardandola non poco stupito di
trovarla sulla cattedra in quel modo.
-Salve
prof...- lo salutò la ragazza con un sorriso languido,
mordendosi appena le labbra. -Ehm.. Larxene, come..come mai nel
mio studio?- Il povero professore andò a sedersi,senza
riuscire a smettere di guardarla.
-in
realtà.. - la ragazza si stese sulla cattedra, appoggiandosi
ai gomiti in modo da far risaltare il seno e prese a fare circoletti
con l'indice sul legno della scrivania -è da tempo che...
vorrei passare un po' di tempo con lei.. da soli, se mi capisce-
mormorò maliziosa.
Xemnas
deglutì a vuoto, chiedendosi come diavolo era finito in quella
maledetta situazione.
-S-sarebbe
proibito e.. p-passeresti dei guai se venissero a saperlo.. -
Vederlo
in crisi era davvero appagante per la biondina e le permetteva di
divertirsi nonostante il suo importantissimo compito.
-Le
assicuro che sarà un segreto tra me e lei... - gli sussurrò
all'orecchio con voce suadente mentre gli massaggiava le spalle
lentamente, trattenendo un sorriso sadico dentro la mente. Osservava
attentamente i suoi occhi ambra, e il sudore accennato che le
rivelava quanto fosse brava. -Puoi.. puoi giurarlo?- Larxene
sorrise dolcemente, un sorriso palesemente falso. - Certamente...
- “Nemmeno... morta” La “preda” era
cascata nella trappola del trio con tutti i piedi. - Prof.. non
sia gentile, mi piacciono gli uomini carismatici... -
Il
prof, da bravo burattino, le prese i polsi e la baciò con
trasporto bruciante, e le diede non poco fastidio all'inizio, anche
se in effetti non era male come baciatore...
Zexion
si era appostato nel posto migliore possibile e ora scattava foto a
raffica usando angolazioni che nascondevano il viso dell'amica e
ritraevano il “pollo” come la stesse forzando.. Axel non
avrebbe desiderato di meglio...
Un
paio di minuti dopo il cellulare di Larxene suonò e alla
ragazza parve il coro angelico che la chiamava. Avevano abbastanza
materiale, a quanto pareva. Si scostò dall'uomo e finse di
guardare lo schermo del telefonino: in realtà stava osservando
la fuga silenziosa di Zexion.
Scivolò
giù dalla cattedra e si riabbottonò la camicia
strizzando l'occhio al professore, -mm.. è davvero bravo
sa? Mi ha fatto sentire così bene.. peccato che non sia il mio
tipo, e che sia in un mare di guai.. ciao ciao – la risatina
deliziata della ragazza l'accompagnò mentre usciva e si
dirigeva in palestra, dove aveva lasciato un cambio adatto a quel che
voleva fare nel pomeriggi in uno degli armadietti dello spogliatoio
femminile.
Arrivata
si spogliò in fretta e si infilò un paio di jeans
leggermente aderenti tenuti con una cintura in pelle nera e dalla
fibbia d'acciaio e una maglietta comoda e leggera, sempre nera e con
il logo dei “Blaze”, la band di Axel, stampato sulla
schiena. Si rimise gli elastici e i braccialetti che le davano un
tocco leggermente punk e uscì all'ingresso, dove l'aspettava
Axel.
-Vedo
che ti sei divertita parecchio eh? - disse,salutandola con un cenno
della mano.
-Sì,
lo confesso, mi sono divertita, e poi avevamo un accordo, ricordi
Axel? - -Oh, sì... è vero, chiedi pure allora. -
-Voglio
uscire con te, Ora e da soli- disse lei, guardandolo negli occhi con
un cipiglio malizioso e scherzoso al tempo stesso.
Axel
rimase veramente spiazzato stavolta.
-CHEE?!- -Hai
sentito bene, idiota- bofonchiò lei arrossendo appena. -S-sì,
va bene.. usciamo insieme.- Anche Axel, come il professore, non
riusciva a credere a quello che gli aveva chiesto: Larxene, la fredda
Larxene, che voleva uscire con lui? Ma se di solito era al pari di
uno straccio per lei.
-Perfetto!-
esclamò la bionda attaccandosi al suo braccio ridcchiando.
Axel
evitò di fare polemiche, anche perchè in fondo non era
così male: non lo avrebbe mai ammesso, ma larxene lo attraeva,
e nemmeno poco!
Decisero
di gironzolare per Sunset un poco prima di dirigersi al parco dei
divertimenti.
-…
E alla fine non ha retto alla mia grande recitazione- Larxene
concluse il racconto con evidente soddisfazione.
-e
quindi ti ha baciato? - chiese Axel ridacchiando.
-Lo
ha fatto. E quindi? - Il ragazzo tossicchiò e si schiarì
la gola con nonchalance – Niente, niente.. è che se devo
dire la verità sono quasi invidioso. - sorrise poi,
guardandola.
Larxene
spostò l'attenzione dalla sua crepes dolce ad Axel e gli
rivolse un sorrisetto divertito. - Se vuoi baciarmi, prima devi
convincermi. -
-Uh,
e da qando non ti prendi quello che vuoi da sola? -
-Mmmh...
in effetti non è da me, ma non puoi sapere quello che voglio
no? - sorrise divertita prima di prendere un altro boccone, guardando
di sottecchi la reazione di Axel: le piaceva mettere il ragazzo in
crisi,
anche
se evitava di andarci pesante per paura di un vero litigio.
Il
Rosso ci pensò su dubbioso, poi convenne con la sua risposta.
-Colpito e affondato- sbuffò -Ma non sei la sola a prendere
qualcosa quando vuole, sai? - ridacchiò, prima di rubarle un
morso di quel dolcetto invitante. -Ma... Idiota,non sai nemmeno
come si fa! - Larxene alzò gli occhi al cielo: possibile che
fosse così ottuso? “al diavolo”, pensò, “
Ha ragione, e poi è da un pezzo che voglio farlo.”.
-Axel?-
lo chiamò con la sua solita innocenza sfacciatamente falsa.
-Sì?-
la guardò curioso, per sentirsi afferrare il viso e baciare
con fare possessivo dall'amica.
Ci
mise qualche attimo a riordinare le sensazioni: il tocco affilato
delle unghie, che teneva sempre lunghe e smaltate con colori vivaci,
il profumo forte che le piaceva, le labbra allo zucchero per via del
dolce lasciato ancora a metà...
In
quel momento, a cui si era abbandonato senza quasi accorgersene,
percepiva chiaramente, oltre tutto l'imbarazzo e il desiderio, una
punta di gioia pura, come se qualcosa di importante fosse finalmente
tortato a posto.
Larxene,
dal canto suo, si godeva quell' attimo con tutta sé stessa.
Si
sentì arrossire quando Axel la strinse a sé per la vita
e le loro lingue si sfiorarono e iniziarono a cercarsi.
Con
indosso la maglietta leggera e così stretta ad Axel, poteva
sentire il piacevole tepore del ragazzo e tra le dita, che aveva
spostato sulla nuca, i capelli del ragazzo, ispidi, ribelli e color
del fuoco le facevano un solletico leggero.
Scostò
il viso di qualche centimetro e sorrise, puntando i grandi occhi
smeraldini in quelli di lui, sorridendo divertita ed emozionata,
scordando chi fingeva di essere.
-Da
quanto aspettavo..- mormorò passandosi la lingua sulle labbra.
-Cosa
aspettavi?- sorrise Axel ancora stupito.
-Di
baciarti,scemo! Sei così' lento... - ridacchiò
cherzosa, baciandogli la guancia – Ed è pure due anni
che cerco di farti capire che mi piaci,accidenti a te- sbottò
poi con un piccolo broncio. -Bhe, ecco... In realtà anche
tu mi piaci...- ridacchiò imbarazzato, spostando lo sguardo da
lei all'orologio. -Accidenti!- esclamò – Il tempo
vola! Però... Massì, non credo mi uccideranno se tardo
di qualche minuto. -
tornò
a guardarla: gli rivolgeva uno sguardo interrogativo. -Tra poco
levo le tende, ma prima..-
La
baciò ancora, prendendole le mani e chiudendo gli occhi.
Larxene
arrossì, quasi indignata per essere stata presa alla
sprovvista, ma felice che non gli fosse indifferente.
Quando
si staccarono,Axel sembrava ancora più imbarazzato.
Tossicchiò
– Ehm.. devo dirti una cosa un po'.. come dire, privata. - .
Lei
tornò seria, forse aveva intuito dove stava andando a parare.
-Dimi
pure-
il
ragazzo era un po' in ansia, e in effetti ne aveva tutte le
ragioni. -Ecco.. sono bi- buttò lì tutto d'un fiato,
aspettandosi come minimo una smorfia disgustata.
E
invece la risata sollevata di larxene lo colse completamente alla
sprovvista. - Quindi è soltanto questo? Che scemo, e poi lo
sono anch'io-
“Ok,
questa davvero non me l'aspettavo” pensò Axel stupito.
-Davvero?-
Larxene
annuì sorridendo orgogliosa – Certo, ma non me ne
preoccupo di certo- .
-Piuttosto,
credevo che stessi per dirmi che eri già impegnato! Non
dovresti spaventare così una ragazza. Certo che fai proprio
schifo a corteggiare- rise poi, pizzicandogli una guancia.
-Ah
grazie, sempre così carina eh?- Ridacchiò Axel.
-Sempre
per te- rispose furba lei, in rimando. -Dai, scherzo..! Però
mi piace un sacco la tua sincerità, sai?- -Mh.. Grazie.-
Axel si addolcì un po' e la prese di nuovo tra le braccia.
-Allora, grande attrice, il mio tempo è scaduto, purtroppo..
ci vediamo domani?- -Che capo scemo mi sono trovata.. Sì,
“Rosso”, a domani- ridacchiò la biondina
dolcemente. -Ok, intanto scappo, che ho già fatto dieci
minuti di ritardo!-
-Dai,
vai!- disse lei con un sorriso, infilando le mani nei pantaloni.
-Ah!
Grazie della splendida giornata Axel, davvero!-
-Figurati,
ci vediamo domani-
-A
domani!- lo salutò, mentre lui correva verso la sua auto, una
chiassosa camaro modificata. -che scemo..- Mormorò
sorridendo dolcemente e scuotendo la testa, incamminandosi verso
casa.