Il sangue di Cory

di TheClia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


 Il sangue di Cory


Capitolo 1

"Scusa! Scusa! Scusa! Prometto che non arriverò mai più in ritardo! Scusa Daniel!" esclamai appena aprii la porta della libreria di antiquariato dove lavoravo.
"Va bene. Per questa volta passi, ma la prossima…" lasciò cadere la frase a metà scuotendo il capo e ridacchiando sommessamente. La sua risata era tanto simile al tintinnio di migliaia di cristalli.
"Vado a cambiarmi Dan. Torno tra un nano-secondo!" entrai nel piccolo magazzino passando da una porticina nel muro situata dietro la cassa. Un piccolo scaffale situato sulla parete destra era pieno di vecchi libri, tutti quelli che non riuscivano a esporre perché avrebbero potuto rovinarsi. Una scatola di cartone sotto lo scaffale conteneva la mia 'divisa'. Un maglietta nera con stampato sopra in rosso il nome della libreria 'Bloody Diary', diario insanguinato. Certo era un nome parecchio strano per una libreria di antiquariato ma almeno attirava qualche turista di tanto in tanto. La maglietta nera mi arrivava fin sotto la vita e mi era larga di spalle. Ero piccolina, alta non più del metro e sessanta. I capelli neri e lunghi fino alla vita, si forse erano un po’ troppo lunghi ma non avevo mai avuto il coraggio di tagliarli, se ne stavano sciolti ed erano in netto contrasto con gli occhi azzurri, simili a zaffiri. Presi i lunghi capelli fra le mani e feci una coda di cavallo che mi dava più praticità.
"Cory! Devo andare a fare una commissione. Ti lascio la cassa." Dan fece capolino con la testa nel magazzino e mi lanciò la chiave della cassa.
"Va bene, capo!" afferrai la chiave per poi fare quello che assomigliava a un saluto militare. Depositai la mia borsa e il cappotto nel magazzino, infilai il cellulare in tasca e tornai al negozio sedendomi su uno gabellino dietro la cassa. Presi un libro fra le mani, aveva la copertina dorata ed era abbastanza pesante per non essere molto grande. In quella libreria c’era qualsiasi tipo di libro, si partiva da un libro di ricette antiche fino ad arrivare ai libri di leggende. Il libro che stavo leggendo era a dir poco assurdo. Parlava di: angeli, demoni, vampiri, licantropi… Era divertente! Leggevo cose assurde una dopo l’altra. Esseri alati dalle ali nere e bianche, esseri zannuti e pelosi. Ridacchiai sommessamente leggendo le righe seguenti e mi appoggiai allo schienale dello sgabello.
La campanella, che avvertiva dell’entrata di un nuovo cliente, suonò e posai il libro sporgendomi sul bancone curiosa.
"Buongiorno! Posso aiutarla?" chiesi con un sorriso cordiale che andava da orecchio a orecchio.
"Oh si… ‘Giorno…" era un giovane dai capelli biondi e lunghi fino alle spalle legati da un cordino di pelle marrone. Il viso spaesato come se si fosse perso e non riuscisse più a trovare la sua strada.
"Posso aiutarla?" mi avvicinai con calma evitando qualsiasi movimento brusco che potesse turbarlo.
"Uhm..." mi guardò dubbioso come un bambino rimasto senza parole.
"Cerca un libro in particolare? Magari posso aiutarla a restringere il campo." lo guardai con dolcezza come una mamma in apprensione.
"Oh… Si… Un libro sugli angeli… Sa per una tesina…" si scusò arrossendo. I capelli biondi come il grano che prima credevo fossero lunghi solo fino alle spalle erano lunghi fino alle ginocchia. Era bellissimo e con il suo dolce sorriso mi scaldava il cuore. Rimasi imbambolata per qualche minuto prima di riuscire a distogliere lo sguardo.
"S-Si, mi segua." sorrisi a mia volta e dopo una breve ispezione per la libreria trovai i libri più adatti alla sua richiesta. Mi era facile orientarmi lì dentro avevo imparato qualsiasi codice a memoria, facilitava il lavoro. Posai cinque libri sul bancone e lui passò le dita sulle copertine, gli occhi chiusi come se gli facesse male toccarli.
"Li prendo tutti." sorrise rivolgendosi a me, ed in quel momento fu come se il suo sorriso brillasse di luce propria.
"Fanno 250 dollari." sorrisi a mia volta cominciando ad impacchettarli.
"Certo." sorrise e tirò fuori dalla tasca posteriore dei pantaloni un piccolo portafoglio in cuoio lucido. I capelli lunghi stretti nella coda di cavallo oscillarono sulla schiena elegantemente. Mi porse 300 dollari e prese la borsetta di carta, dove erano contenuti i libri. "Tenga il resto, per favore." mi fece un altro di quei sorrisi tanto abbaglianti da accecarmi.
"N-Non posso accettare, davvero…" sussurrai porgendogli il resto risolutamente.
"La consideri una mancia per essersi scomodata tanto, la prego." un altro sorriso e fu come se il negozio venisse riempito da una tenue luce bianco-azzurra.
Quel ragazzo sembrava emanare luce propria. Era così bello da mozzare il fiato a qualunque ragazza. Avevo quasi paura a toccarlo nel timore si dissolvesse nell’aria al mio tocco.
"Va bene, la ringrazio." sorrisi e misi i soldi al loro posto della cassa.
Lui sorrise così delicatamente, un’altra volta, e si girò camminando verso la porta. La coda bionda che gli oscillava a ogni suo movimento sinuoso e perfetto. Dio! Sembrava un angelo. Quando uscì e la porta si chiuse dietro di lui, fu come se avessero spento tutte le luci, l’ambiente tornò della sua luce originaria come se davvero quell’uomo avesse rischiarato tutto l’ambiente semplicemente con la sua presenza.
Tornai ad appoggiarmi con la schiena allo sgabello riprendendo tra le mani il manuale che trattava di angeli, demoni, vampiri e licantropi. Era buffo come adesso cominciassi quasi a essere interessata a quel libro. All’improvviso mi venne un’insensata voglia di poter tenere quel libro, di poterlo leggere con attenzione.  Costava solo 50 dollari, quanto la mia mancia, magari potevo prenderlo e così sarei anche riuscita a spiegare i 50 dollari in più in fin di giornata.
La campanella suonò nuovamente e saltai in piedi con lo sguardo puntato sulla porta.
"Buongiorno!" sorrisi educatamente poggiando il libro sulla mensoletta sotto la cassa. Alzando gli occhi notai un ragazzo dagli ispidi e scomposti capelli corti. La luce che entrava dalle vetrine non mi permetteva di vedere chiaramente il suo viso.
"Tranquilla Cory, sono io." Daniel ammiccò avvicinandosi e finalmente potei vederlo. Entrò subito nel magazzino portando con sé due borse nere piene di nuovi libri.
"Bentornato Dan! Sei andato a fare spese?" ridacchiai seguendolo e appoggiandomi allo stipite della porta rimanendo a guardarlo mentre disponeva i libri sugli scaffali.
"Si." disse mentre si abbassava a prendere il prossimo libro "Qualche cliente durante la mia assenza?" si voltò a guardarmi con attenzione.
"Oh, si! Un ragazzo ha preso cinque libri sugli angeli." lo guardai tranquilla.
"Bene." detto questo tornò al suo lavoro ed io al mio.
Daniel era un buon capo. Sempre disponibile, simpatico anche se forse un po’ riservato, o forse io che pretendevo troppo dalle persone. Aveva dei capelli corti e sempre spettinati, biondi. Gli occhi profondi e marroni. Era molto più alto di me, anche se non ci voleva molto a superarmi. Il fisico non era quello di un atleta ma neanche quello di uno sfaticato, era snello e si teneva in forma andando una volta a settimana a correre.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

Il tempo passava lento alla libreria. Per quanto fosse in centro la gente, non si curava molto di una libreria di antiquariato nella rinomata città dell’illegalità e malavita come Detroit.
La libreria era molto ampia e dalla mia postazione d’onore, riuscivo a vederla per intero. Le pareti erano di un verde pistacchio scurito e vagamente ingiallito dal tempo, gli scaffali neri e pieni zeppi di libri di qualsiasi genere erano disseminati nello spazio formando tre corridoi. Era un bel posto dove potersi rilassare e fuggire per almeno qualche minuto dalla vita mondana lasciandola al di fuori della porta. L’orologio sopra la mia testa suonò le 12 in punto ed io posai il libro che stavo leggendo sotto il bancone. Andai alla porta e voltai il cartellino in modo che si leggesse il: “Pausa pranzo =)” con uno smile sorridente per cui avevo dovuto combattere con Daniel per rendere quel cartellino almeno un po’ più felice. Tornai alla cassa e la chiusi a chiave, come mi aveva raccomandato Daniel circa un milione di volte, mi diressi al magazzino a prendere le mie cose. Mi svestii della maglia nera e indossai la mia, la sciarpa e il capello. Presi anche la borsa, ci infilai dentro il libro comprato prima e me ne andai a pranzare uscendo dalla porta posteriore.
 
Il vento ululava tra i rami degli alberi portando con sé un fruscio di foglie e uno strano e pungente profumo di menta. Annusai l’aria sorpresa e alquanto stranita dalla fragranza che aleggiava nell’aria. Sembrava provenire dagli alberi o forse era proprio l’aria che ne era impregnata. L’odore filtrava dalla finestra aperta del giro scale. Eppure sapevo benissimo che nessuno di quegli alberi possedeva quello strano profumo. Scuotendo il capo e alzando le spalle con espressione dubbiosa estrassi il mazzo di chiavi dalla borsa. Sbuffai cercando di infilare la chiave giusta nella serratura, peccato che mi risultava parecchio difficile dato la fioca luce che filtrava dalla finestra e l’assenza della lampadina rotta non mi facilitava, in più i capelli mi cadevano come una tenda nera sugli occhi. Li soffiai via dal viso, ma inutilmente, loro tornarono a posarsi davanti ai miei occhi. Con uno scatto a vuoto mi resi conto che la serratura fosse già aperta, corrugando la fronte cercai di ricordare se quella mattina avessi lasciato aperta la porta o se l’avessi chiusa. Sì. Ne ero sicurissima. La porta l’avevo chiusa, la chiudevo sempre. Soprattutto dopo quando da piccola io e mia madre rimanemmo vittime di una rapina in casa nostra a causa di una sua dimenticanza. Tornai alla realtà poggiando una mano aperta a spingere la porta, il palmo che aderiva perfettamente al legno scuro. Quella cigolò un paio di volte, ricordandomi che da troppo tempo mi ero ripromessa di oliarla senza mai ricordarmene, per poi aprirsi di colpo sbattendo silenziosamente contro il muro. Scivolai all’interno del caldo buio accogliente del corridoio anche se una strana sensazione di pericolo mi faceva contrarre le spalle. Con la parte destra appiccicata al muro cercai a tentoni l’interruttore della luce ed appena la mia mano lo trovò, toccò anche qualcosa di caldo, caldissimo. Accesi la luce e ritrassi la mano repentinamente per poi girarmi a fissare cosa avessi mai toccato. Poi tutto accadde così velocemente che non ebbi il tempo di comprendere cosa stesse succedendo. Una figura nera si mosse tanto velocemente che non riuscii a vedere né il viso né il resto. Sembrava una macchia di petrolio che si espandeva a vista d’occhio davanti al mio viso stupefatto e spaventato. L’unica cosa che riuscii a captare era l’altezza e la possanza di ciò che mi stava davanti. Mi sentii colpire al viso con tale potenza che fui piroettata contro la parete opposta andando a sbattere contro il muro sotto la finestra. L’impatto così violento che mi si mozzò il fiato e tanti piccoli puntini bianchi cominciarono ad annebbiarmi la vista e danzare sotto le mie palpebre che si stavano chiudendo. Silenziosamente con un rombo assordante nelle orecchie scivolai in un abisso nero e corposo dal qualche non riuscivo a riemergere. Qualcosa di caldo mi scorreva lungo la fronte e la guancia. Avrei tanto voluto toccarmi per rendermi conto di quanto fossi messa male ma ero troppo stanca, troppo dannatamente stanca. Sospirai e poi più niente, il buio mi avvolse.
 
Aprii gli occhi all’improvviso sentendomi pulsare la testa in modo atroce come se avessi ricevuto davvero una bella botta, ed in quel momento realizzai che era stato proprio così. In quel momento la paura prese il posto della sorpresa nel trovarsi stesa e legata sul pavimento di un auto che non riconoscevo. Il cuore cominciò a battermi talmente forte che cominciai a temere che mi schizzasse fuori dal petto o che semplicemente mi sarebbe venuto un infarto e sarei morta senza neanche sapere cosa mi sarebbe accaduto. Girai il viso, solo per riuscire a sbattere il naso contro un paio di lucide scarpe di vernice nere con un tacco vertiginoso che avrebbe provocato invidia a qualsiasi top-mode. Ansimai per lo sforzo di quel semplice movimento, mentre il profumo di menta che avevo sentito nel condominio mi investi nuovamente provocandomi nausea e capogiri. Cercai anche se dolorosamente di alzare il viso quel tanto che mi permettesse di osservare chi sedesse sui sedili posteriori.
Tre figure mi fissavano con occhi impenetrabili che non riuscii a scorgerne neppure il colore, le loro espressioni indecifrabili come quelle dei poliziotti. Chissà perché ero convinta che non lo fossero affatto. Forse erano le loro espressioni minacciose o forse aveva appena scoperto di possedere un sesto senso.
Una donna sedeva affiancata da due uomini, uno dei quali era enorme quanto io fossi piccola e questo la diceva lunga sulla sua stazza. Tardai qualche secondo a rendermi conto che quella figura non fosse solo enormemente grande ma anche enormemente inumana. I suoi lineamenti assomigliavano molto di più a quelli di un animale, a quelli di un lupo, che a quelli di un essere umano. Il viso appena allungato come se da un momento all’altro al suo posto potesse comparire un muso animale. Il mio sesto senso mi avvisò che se mai fosse successo non avrei voluto essere lì per qualsiasi ragione al mondo.
L’uomo animale, che in quel momento non riuscivo a descrivere in altro modo, si curvò su di me come se avesse voluto accarezzarmi il viso ma la sua mano o forse era più corretto descriverla come una zampa anche se non del tutto pelosa si posò sul mio collo dapprima lievemente per poi stringere sempre di più. Sgranai gli occhi, il mio cuore sul punto di cedere per il terrore, mentre lui stringeva sempre più. Il mio mondo cominciò nuovamente a traballare mentre la mia bocca cercava invano di emettere qualche suono di disperato aiuto. Ma l’aria ormai non raggiungeva più i miei polmoni che cominciarono a bruciare e prosciugarsi in un modo terribilmente veloce. L’ultima cosa che vidi prima di perdere conoscenza per la seconda volta fu solo il viso animale dell’uomo seguito da un ringhio rabbioso e lupesco prodotto da qualcosa che sembrava una gola umana.

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