A.W.O.L.

di _Lightning_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Blue Monday ***
Capitolo 2: *** Head Up High ***
Capitolo 3: *** Stranger ***
Capitolo 4: *** In Your Head ***
Capitolo 5: *** Insomnia ***
Capitolo 6: *** Epilogo: Empty Handed ***



Capitolo 1
*** Blue Monday ***


1. Blue Monday
 
 

"I took all your pictures off the wall
And wrapped them in a newspaper blanket.
I haven't slept in what seems Like a century,
And now I can barely breathe..."

[The Crow And The Butterfly - Shinedown]

 


Pepper non aveva mai capito con chiarezza se amava o odiava il lunedì.
Nonostante la mole di lavoro che si trovava costretta a svolgere, era sempre piuttosto piacevole essere a Villa Stark, soprattutto per la presenza vitale del suo proprietario.
Quella mattina, però, entrando nel suo ufficio di solito impeccabile e ordinato, quasi svenne di fronte alla piramide instabile di documenti impilati sulla scrivania, probabilmente portati lì da Happy.
Quel giorno decise di odiare profondamente il lunedì, soprattutto perché era esausta a causa della sua festa del giorno prima, finita quasi alle due di notte. Le venne da sorridere nel ricordare l'imbarazzo di Tony nell'essersi dimenticato del suo compleanno e della sua solita faccia tosta mentre cercava di salvare come sempre le apparenze.
Stava quasi per scendere in laboratorio per costringerlo a partecipare attivamente agli affari della sua compagnia, prima di ricordarsi che era in viaggio appunto per occuparsi di quegli affari.
Si sedette rassegnata alla scrivania, pronta a svolgere il suo lavoro con la consueta diligenza.

Villa Stark diventava desolata e opprimente senza Tony, tanto più in quel piccolo ufficio senza il minimo svago, dato che il suo sport abituale, cioè inseguire il suo capo da una parte all'altra della casa, era al momento impraticabile.
Decise di trasferirsi in salone e si sedette più rilassata del solito sul divano, riprendendo a compilare i vari rapporti e relazioni, mettendo da parte quelli che richiedevano la presa visione di Tony. Non sarebbe scampato al suo dovere: se li sarebbe ritrovati davanti al naso non appena sceso dal suo aereo.
Si fermò per qualche minuto, facendo vagare lo sguardo al di fuori della vetrata, fissando l'oceano senza alcun pensiero in particolare; era così stanca che avrebbe dormito volentieri.

Realizzò di essersi veramente addormentata solo quando fu risvegliata di soprassalto dal trillo del suo cellulare. Si alzò all'istante, ancora un po' intontita dal sonno. Da quanto squillava?
Si diresse rapida nel suo ufficio, dove l'aveva dimenticato, ma la suoneria cessò di colpo. Troppo tardi...
Lesse il nome del Tenente Colonnello Rhodes sullo schermo e strinse le labbra, accigliandosi: se Rhodes chiamava, Tony provocava, attirava o era nei guai.
Fece per richiamarlo, ma poi decise di telefonare direttamente a Tony.
Attese il familiare "tu-tu" nella cornetta, ma al suo posto risuonò una fredda voce femminile che la informava che il numero chiamato era al momento irraggiungibile.
Strano: il cellulare high-tech di Tony aveva segnale ovunque, probabilmente anche mille metri sottoterra; non poteva neanche averlo spento, perché non era scattata la segreteria telefonica. S'incupì, un po' inquieta, e provò a richiamare Rhodes. Suonò occupato.
Per niente tranquilla, si chiese cosa fosse successo, ma non riuscendo a trovare una spiegazone plausibile decise di darsi un contegno e aspettare che fossero loro a informarla: se fosse stato qualcosa di grave l'avrebbe saputo a breve, ma ne dubitava. Era più plausibile che Tony ne avesse combinata una delle sue, magari presentandosi alticcio a una riunione o organizzando festini del tutto inappropriati in una zona di guerra.

Tornò in salone e riprese a lavorare, dopo aver acceso la tv per farsi un po' di compagnia in quella casa enorme e silenziosa. Prestò poca o nessuna attenzione allo schermo, seguendo distrattamente le immagini che scorrevano sullo schermo. Captò la sigla pimpante del telegiornale che trasmetteva con distacco e monotonia le notizie del giorno, che Pepper recepì semplicemente come un tenue brusio di sottofondo mentre era concentrata sulle sue carte. La presentatrice stava giusto per introdurre l'ultima parte di notizie quando un forte segnale acustico la interruppe.
Interdetta, guardò un po' confusa il suo programma e poi lo schermo che aveva davanti e riacquistò rapidamente la sua compostezza, assumendo un tono grave di circostanza:

– È arrivata in questo istante la terribile notizia di un attentato terroristico in Afghanistan, nella zona di Gizab. Non abbiamo ancora dati precisi, ma il nostro inviato Lawrence Frost è in linea per informarci più dettagliatamente. Lawrence, ci ricevi? –

Pepper rialzò meccanicamente la testa dai fogli, sentendo uno spiacevole gelo in tutto in tutto il corpo. Afghanistan. A Gizab.
Una voce maschile, resa metallica e sconnessa dalle scariche statiche si intromise, rispondendo con un po' di ritardo:

– Vi ricevo. Sono proprio sul luogo dell'attacco. – una telecamera un po' sgranata ruotò sulla scena, mostrando un desolato paesaggio desertico sul quale spiccavano le carcasse di tre jeep divorate dalle fiamme. Il terreno era carbonizzato nel raggio di un decina di metri da esse e delle squadre di soccorritori si affannavano per portare in salvo un paio di uomini in uniforme su delle barelle.

– Non sappiamo ancora molto, ma si ritiene sia opera della cellula terroristica nota come "I Dieci Anelli" che ha attaccato un convoglio militare diretto alla base dopo un'operazione di cui non siamo stati messi al corrente per ragioni di segretezza. –

Pepper sentiva il sangue rombarle nelle orecchie mentre fissava colma d'ansia le immagini che scorrevano davanti ai suoi occhi, in bilico tra il panico e il sollievo.

– Le vittime sono finora sei, più tre feriti gravi e... – il reporter venne avvicinato da un militare che lo distolse dal microfono.

La donna scattò in piedi senza quasi rendersene conto, le gambe molli e la testa svuotata. 
Rhodes.
I due parlottarono per qualche istante, poi Lawrence sbarrò gli occhi, sembrò chiedere conferma di qualcosa e Rhodes annuì serio; poi il reporter si rivolse di nuovo al pubblico e riprese a parlare velocemente.

– Il Tenente Colonnello James Rhodes mi ha appena informato che qui, al momento dell'attentato, era presente anche il famoso miliardario e produttore d'armi Tony Stark, che risulta attualmente disperso. Il signor Stark era qui per presentare... –

Le parole si persero in un ronzio penetrante, amplificate di mille volte nella sua mente.
Disperso. Disperso. Probabilmente morto. Morto.
Pepper crollò inerte sul divano, la testa tra le mani, incapace di articolare un solo pensiero coerente né di accettare ciò che aveva appena sentito. Le immagini sullo schermo le sembravano prive di senso, così come le parole che scorrevano via prima che potesse comprenderle.

Doveva essere un semplice viaggio d'affari. Uno dei tanti, dal quale Tony sarebbe tornato col suo solito sorriso smagliante e una faccia tosta inattaccabile per qualunque disastro avesse combinato in trasferta, probabilmente accompagnata da un qualche souvenir ridicolo per rabbonirla.
Nella gelida confusione dei suoi pensieri, si rese conto che non sarebbe mai più riuscita a vivere il suo compleanno allo stesso modo, d'ora in poi.
Sentì le lacrime scorrerle sulle guance, ma non fece nulla per fermarle.
Il telegiornale finì prima che potesse rendersene conto e lei rimase immobile a fissare il vuoto, senza riuscire a fare niente se non piangere, annichilita.
Il telefono squillò ancora, e ancora, e forse era di nuovo Rhodes, forse qualcun altro che esprimeva il suo dispiacere, forse il Presidente in persona, ma lei non rispose.
Adesso poteva solo aspettare.
 

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Note Dell'Autrice:

Hallo!
Non mi stanco mai di scrivere su questo fandom. Sono vagamente in fissa... ma dettagli.
Facendo un approfondito giro sul fandom in cerca di Fluff e varie, ho notato che non c'era niente di simile a ciò che ho scritto sopra, cioè sul momento in cui Pepper sa del rapimento di Tony, e così... ho deciso di rimediare.
In realtà era partita come one-shot, ma sarà di due capitoli, quindi chiamiamola bi-shot. Dai cazzo: nuovi termini!

Bene, questo è quanto; ringrazio le mie Bete
MoonRay e ___Nick (double-POWA!).
Sayonara,

-Light-

P.S. Il nome del reporter non è scelto a caso. Qualcuno capirà <3
P.P.S. Il titolo, A.W.O.L. vuol dire Absent WithOut Leave ed è una formula militare per indicare i disertori che, appunto, lasciano l'esercito senza un permesso ufficiale.
Diciamo che tecnicamente non ci azzecca una ceppa, ma il concetto è quello: Pepper non gli ha dato il permesso! D:
EDIT (15/03/18) : ho eliminato la parte con il filmato che veniva trasmesso in tv, che a parte essere inverosimile contraddice anche il fatto che quel filmato viene ritrovato per la prima volta nei file secretati di Stane da Pepper stessa. Sviste, sviste ovunque!




© Marvel

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Capitolo 2
*** Head Up High ***


2. Head Up High


 
"That's me in the corner,
That's me in the spotlight,
Losing my religion
Trying to keep up with you,
And I don't know if I can do it.
Oh no, I've said too much...
I haven't said enough."

[Losing My Religion - R.E.M.]

 




Il sole a picco arroventava spietato l'asfalto della pista e il calore distorceva le immagini, rendendo l'aeroporto militare una massa tremolante in lontananza.
Pepper si schermò gli occhi dalla luce, accecata dal riflesso sulla fusoliera dell'aereo appena atterrato e cercando di scorgere qualcosa in quell'intenso bagliore. Si sentiva oppressa da un miscuglio di emozioni contrastanti, sulle quali predominava il sollievo, ma allo stesso tempo l'angoscia per le condizioni in cui avrebbe rivisto Tony. Rhodes era stato estremamente vago, limitandosi a dire che era rimasto ferito ma che adesso stava bene, seppure un po' acciaccato, e alle sue insistenze aveva aggiunto a malincuore di averlo trovato nel deserto mezzo morto di sete e caldo. Poi si era chiuso in un ostinato silenzio ed aveva interrotto la chiamata accampando una qualche scusa riguardo ai suoi doveri militari.
La riluttanza dell'amico a parlare dell'accaduto la turbava più di quanto volesse ammettere: temeva in cuor suo che oltre ai danni fisici della prigionia anche il carattere e la mentalità di Tony fossero cambiati in qualche modo.
Cercò di tranquillizzarsi: avrebbe potuto constatarlo tra poco di persona.

La pancia dell'aereo si aprì con esasperante lentezza, e infine Pepper poté distinguere due sagome nell'ombra che avanzarono piano alla luce, permettendole di riconoscere Rhodes e Tony. Sentì un nodo sciogliersi in fondo allo stomaco quando vide che le sue uniche ferite visibili erano un braccio al collo e un paio di cerotti sul viso; si appoggiava a Rhodes per camminare e sembrava piuttosto incerto sulle gambe, ma per il resto era sano e salvo, praticamente impeccabile in un sobrio giacca e cravatta. Sentì gli occhi inumidirsi, ma rimase immobile, temendo che un qualsiasi movimento avrebbe potuto far traboccare le lacrime.
Aveva già pianto abbastanza.


Tony mosse qualche passo, sempre sorretto dall'amico, e rifiutò con un gesto secco e un'espressione dura la barella che si stava avvicinando.
Pepper si accigliò appena: a parte le sue evidenti difficoltà fisiche, c'era un qualcosa nel suo modo di muoversi che non la convinceva e che la spinse a riflettere. Tony non si ammalava spesso, ma quando accadeva era un tragedia. Un semplice raffreddore diventava una malattia incurabile, e Pepper non avrebbe mai dimenticato il mese d'inferno che aveva passato quando si era rotto una gamba tre o quattro anni prima: era il peggior paziente e convalescente con cui avesse mai avuto a che fare, sempre pronto a lamentarsi e completamente insofferente. Adesso, invece, nonostante i suoi ovvi problemi motori e il dolore che dovevano comportare, avanzava con una sorta di cieca determinazione e notò che evitava di appoggiarsi troppo a Rhodes, pur zoppicando vistosamente. Sembrava deciso a non mostrare il minimo cenno di debolezza e non voler neanche sminuire il disagio con le sue solite battutine o il suo sorriso beffardo. Si limitava a procedere a testa alta, indifferente a chiunque, e il suo sguardo era puntato unicamente su di lei.
Lentamente la raggiunse, ora non più scortato da Rhodes, e Pepper poté vedere la sua espressione insolitamente seria e il suo viso provato e un po' smunto, con un preoccupante livido violaceo che spiccava sullo zigomo e un'altra decina di graffietti e sbucciature minori che da lontano non aveva notato.
Gli sorrise, e a quel gesto un po' della tensione sembrò svanire dal volto dell'uomo, ora di fronte a lei. Abbassò un po' la testa e strinse gli occhi, come a scrutarla meglio, e sollevò le sopracciglia apparentemente perplesso.
 
– Ha gli occhi rossi. – osservò, con voce che suonò molto meno spiritosa del solito – Lacrime per il suo capo scomparso? – aggiunse, con una scintilla d'ironia negli occhi troppo seri e determinati.
 
Il sorriso di Pepper non si affievolì neanche di fronte a quella freddezza così estranea, anche se lo osservò più intensamente, alla ricerca di un qualcosa di familiare e rassicurante in lui.
Trovò solo una maschera di diffidenza e distacco.
 
– Lacrime di gioia. Odio cercare altri lavori. – tentò di sdrammatizzare, offrendogli la possibilità di rispondere a tono come suo solito e cercando di non far tremare troppo la voce.
 
– La vacanza è finita. – commentò invece lui seccamente, e la superò per dirigersi alla macchina.
 
Pepper colse di sfuggita un accenno appena percettibile di sorriso sulle sue labbra, ma i suoi occhi rimasero impassibili e persi in qualche altro pensiero.
Rimase spiazzata per qualche secondo, sentendo quel nodo d'ansia che riprendeva a stringersi.

Forse Tony non era ancora tornato.


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Note Dell'Autrice:

Mi rendo conto che questo capitolo è molto più corto del precedente, ma volevo focalizzarmi unicamente su questa scena.
Credo che i successivi non si rifaranno al film e ritorneranno a "riempire" i Missing Moments, ma sono indecisa se inserire la conferenza o meno... vedremo. Comunque saranno sicuramente altri tre capitoli (sì, sono prolissa al massimo...)
Spero di aver mantenuto IC i personaggi e che il capitolo non vi sia dispiaciuto :)
Ringrazio
Halley, AriCastle66, Rogue92, JoJo92 e Nightly Blossom che hanno recensito lo scorso capitolo.
Grazie davvero!

-Light-

 

-Tutti i diritti di Iron Man vanno alla Marvel; tutti i diritti di "Losing My Religion vanno ai R.E.M.. Questa storia è scritta senza scopo di lucro.-

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Capitolo 3
*** Stranger ***


3. Stranger

 
"I need some sleep,
Time to put the old horse down.
I'm in too deep,
And the wheels keep spinning 'round.
Everyone says I'm getting' down too low.
Everyone says "You just gotta let it go."
You just gotta let it go..."
 
[I Need Some Sleep - Eel]
 
 


Villa Stark era buia e silenziosa, immersa nel mormorio costante del mare che diventava sempre più forte man mano che l'auto si avvicinava. Tony aveva lo sguardo perso fuori dal finestrino e non lo distolse neanche per rivolgerlo alla villa, completamente disinteressato, o forse solo molto distratto. Non aveva pronunciato parola da quando aveva parlato con Obadiah subito dopo la conferenza stampa, e tutte le domande di Pepper riguardo alla sua decisione erano cadute nel vuoto. "So quel che faccio" era stata l'unica risposta che era riuscita ad ottenere.
Chinò la testa, in cerca di un modo per risolvere quella situazione così tesa, e lo guardò di sottecchi nella penombra dell'abitacolo. Le sue occhiaie erano più che evidenti e si vedeva chiaramente che era spossato. Una notte di riposo era quello che gli serviva, e Pepper sperò che per una volta usasse il buon senso e non si rinchiudesse in laboratorio non appena rimesso piede in casa.
Happy imboccò il lungo vialetto d'ingresso, e a quel punto Tony si riscosse, come se si fosse svegliato all'improvviso.
 
– Accosta. Qui, fermati qui. – disse rapido, facendo cenno all'autista di rallentare e catturando lo sguardo sorpreso di Pepper.
 
– Ma, signor Stark, non siamo ancora... – Happy rallentò appena.
 
– Fermati, ho detto. – replicò lui con più veemenza.
 
L'auto frenò un po' bruscamente con uno scricchiolio di ghiaia.
 
– Signor Stark, posso chiederle cosa... – iniziò Pepper, quando vide che aveva aperto la portiera, ma lui la interruppe con quel tono secco e sbrigativo che aveva continuato ad usare da quando era tornato:
 
– No, non può, signorina Potts. – si voltò a guardarla per un istante – Se vuole seguirmi a piedi, va bene, se si fa accompagnare all'ingresso, anche, e se vuole tornare a casa ora, può. – continuò mentre scendeva dall'auto senza più guardarsi indietro.
 
Happy si voltò verso Pepper, interrogativo. Lei si portò una mano alla fronte e sospirò.
 
– Vai pure. Qui ci penso io. – disse lei, mostrandosi molto più sicura di quanto si sentisse, e subito dopo scese dall'auto per raggiungere Tony, già una decina di passi più avanti.
 
Happy apparve decisamente perplesso, ma infine annuì e, dopo un attimo di esitazione, fece inversione e ripartì verso Los Angeles. 
Pepper raggiunse Tony, ora fermo sul ciglio della strada e intento a fissare malinconico la villa e la scogliera sulla quale si affacciava. L'aria della sera era ferma e stagnante, senza alcuna brezza a rinfrescarla. Il frinire penetrante dei grilli risuonava intorno a loro, fondendosi con il fragore incessante delle onde. L'uomo prese un lento respiro e puntò gli occhi al cielo buio e nuvoloso, privo di stelle, come a riempirsi i polmoni di quel sapore salmastro e familiare. Pepper era ferma al suo fianco, timorosa a interrompere quel momento così intenso da farla rabbrividire anche con quel caldo. Le sembrava di poter percepire il profondo turbamento di Tony far vibrare l'aria.
Stava per riscuoterlo, preoccupata, ma lui parlò per primo:
 
– Quanto tempo è passato? – mormorò, e sembrò sinceramente disorientato.
 
– Tre mesi. Tre mesi e quattro giorni. – rispose dopo un attimo d'esitazione, anche lei a bassa voce.
 
Tony si girò verso di lei e assunse un'espressione interdetta. Si accigliò e il suo sguardo divenne più intenso. Solo allora notò quanto i suoi occhi sembrassero più profondi ed espressivi che mai, tanto che ne rimase quasi ipnotizzata.
 
– Sembra di più. – commentò infine scuotendo la testa, e iniziò a camminare in direzione della villa senza attendere una sua risposta.
 
Pepper lo seguì esitante, sentendosi più insicura ed estranea che mai di fronte all'uomo che avanzava lentamente davanti a lei. Il vialetto era in leggera salita, e vedendo che Tony era ancora provato Pepper si arrischiò ad aiutarlo a camminare, ma lui si sottrasse bruscamente e la fissò stizzito. C'era un tale risentimento nei suoi occhi che Pepper se ne sentì schiacciata e ferita allo stesso tempo: non aveva mai rifiutato il suo aiuto. Adesso cominciava davvero a temere che qualcosa in lui fosse cambiato. 
Tony si accorse del suo turbamento, e la sua espressione corrucciata si addolcì appena, come se si fosse pentito della sua reazione. Tentò un sorriso forzato e le posò una mano sulla spalla, accettando di appoggiarsi a lei mentre riprendeva a camminare. Lei si rilassò un po', ma era ancora inquieta per il suo strano comportamento. Si era aspettata di vederlo felice, o perlomeno sollevato, non cupo e taciturno, come spaventato da quel ritorno che aveva atteso così a lungo.
Arrivarono finalmente alla porta d'ingresso e lì Tony si bloccò, esitante. Prima che Pepper potesse chiedere qualsiasi cosa, si riscosse ed entrò con passo deciso nell'ampio atrio.
Lì si fermò di nuovo, guardandosi intorno come spaesato. Sembrava smarrito in casa propria.
 
– Bentornato, signore. – enunciò la voce monocorde di JARVIS, e le luci si accesero di colpo.
 
Tony non rispose e socchiuse gli occhi infastidito, poi con un gesto della mano le abbassò in modo che producessero solo un alone soffuso.
Non accennò a muoversi e rimase lì impalato sulla soglia, come se non sapesse dove andare. Mosse un passo verso la vetrata buia, ma si arrestò ancora. Pepper lo udì tirare un sospiro tremante. Si fece coraggio e gli poggiò timidamente una mano sul braccio. Lo sentì trasalire appena, ma stavolta non si sottrasse al suo tocco.
 
– Tony, è sicuro di stare bene? – chiese, aspettandosi già una risposta positiva e spavalda; almeno, così sperava.
 
– Ho solo... molti pensieri. Da quando sono tornato non ho avuto un attimo di riposo e sono... – esitò, cercando la parola giusta – ... frastornato. Ho bisogno di un po' di pace. Sa, riordinare le idee, poi starò meglio. E, dopotutto, adesso va tutto bene. – concluse, poco convinto e senza girarsi a guardarla.
 
Pepper non rispose, ma strinse la presa sul suo braccio, a comunicargli che non credeva affatto che le cose si potessero risolvere così facilmente.
 
– Adesso mi guardi negli occhi e mi ripeta che va tutto bene. – disse in tono calmo ma determinato.
 
Lui si voltò, tentando di mantenere un'espressione neutra, ma appena incontrò le iridi di Pepper si incupì, e lei vide di nuovo i suoi occhi che diventavano pozzi profondi e torbidi.
Tony strinse le labbra e distolse lo sguardo, amareggiato.
 
– Andrà bene. – affermò, sfuggendo la domanda e ritornando a fissare il salone con un'ombra di sospetto – È solo... molto strano. – commentò tra sé e sé, con un sorriso mesto.
 
Pepper non chiese spiegazioni e attese che fosse Tony a parlare, se mai avesse voluto.
 
– È strano tornare qui: sarei dovuto essere morto. Tutti pensavano che lo fossi, persino io. – aggiunse con apparente leggerezza, e Pepper si sentì gelare al ricordo dell'angoscia che l'aveva attanagliata in quei mesi di logorante attesa.
– Mezzo mondo mi cercava, l'altra metà mi dava per morto e... – si interruppe un istante e fissò Pepper con uno sguardo che sembrava quasi di scusa – E quando finalmente torno, chi trovo ad aspettarmi a casa? Nessuno, a parte un'intelligenza artificiale e un mucchio di robot. Non è ironico? – disse con inattesa veemenza, con voce che tradiva un dolore più profondo di quel che voleva dare a vedere.
 
A quelle parole Pepper si appoggiò a lui, toccata da quel tono malinconico che non aveva mai sentito e che faceva apparire Tony estremamente fragile. In quel momento, ebbe paura di perderlo ancora.
 
– Io l'ho aspettata. – disse semplicemente, e sentì il braccio di Tony che le cingeva le spalle e la stringeva a sé.
 
– Non ho nessuno se non lei. – mormorò Tony, come se questo bastasse a spiegare tutto.
 
Si staccò da lei, e fece evidentemente finta di non notare i suoi occhi lucidi. Il suo volto era più sereno, ma ancora solcato da emozioni indefinite che ne accentuavano i tratti decisi.
Si addolcì in un sorriso, che stavolta raggiunse anche gli occhi e li illuminò della loro consueta vitalità.
 
– Potrebbe dormire qui? – chiese a sorpresa, e dall'improvviso mutamento d'espressione Pepper capì che non aveva avuto intenzione di dirlo ad alta voce, o perlomeno non in quel modo.
 
Lo fissò interdetta, cercando di capire se stesse scherzando.
 
– Sa, io vorrei... no, no, non è per quello che sta pensando, glielo giuro, è tutta un'altra... in realtà non volevo neanche... – si interruppe, non sapendo come continuare, e si stropicciò gli occhi, esausto –Davvero, preferirei che rimanesse qui, per stanotte. Glielo chiedo per favore. – disse infine, evidentemente a disagio.
 
Pepper non capì il motivo della sua agitazione, ma si fidava di lui e sapeva perfettamente che non gliel'avrebbe mai chiesto se non ci fosse stata una motivazione valida, per di più in una situazione simile.
Annuì appena, e Tony si rilassò all'istante.
 
– Grazie. Sa dov'è la camera degli ospiti. – concluse, avviandosi verso le scale con passo stanco.
 
– Buonanotte. – gli augurò, e lui si girò appena con un'espressione strana.
 
– Lo spero. Anche a lei. –
 
Pepper era convinta di aver colto un lampo di paura negli occhi di Tony, ma prima di potersene accertare lui era già scomparso per le scale, lasciandola sola nel salone buio.


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Note Dell'Autrice:

Olè, aggiorno a tempo di record! Ma, d'altronde, con un capitolo pronto... perché aspettare?
E così ecco a voi un bel po' di angst e un po' di miele che gronda alla fine. I personaggi possono risultare un po'... strani, soprattutto Tony (ok, chiamiamolo OOC), ma ho sempre pensato che si fosse ripreso un po' troppo in fretta da questo incidente. E così eccomi qui a torturarlo. E nel prossimo capitolo sarà anche peggio... tenetevi forte *Tony si nasconde dietro alla poltrona*
Ringrazio tutti coloro che hanno recensito, cioè Nightly Blossom, JoJo92, Rogue92, AriCastle66 e Halley, oltre alla mia carissima e santa Beta MoonRay che mi sopporta :)
Grazie!

-Light-


-Tutti i diritti di Iron Man vanno alla Marvel; tutti i diritti di "I Need Some Sleep" vanno a Eel. Questa storia è scritta senza scopo di lucro.-

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Capitolo 4
*** In Your Head ***


4. In Your Head

 

"In your head, in your head
They're still fighting,
With their tanks and their bombs,
And their bombs and their guns.
In your head, in your head, they are dying..."
 
[Zombie - The Cranberries]

 
 
Freddo, un freddo pungente che si insinua nelle ossa e le gela dall'interno.
Buio, interrotto da un debole bagliore arancione che tremola sulle pareti e ne accentua le asperità.
Lo scoppiettio di un fuoco risuona in sottofondo, amplificato in quel piccolo spazio.
Nuvolette di vapore si levano nell'aria umida.
 
– Tu perché sei qui? –
 
– Per... lavoro. –
 
Due uomini parlano intorno al fuoco, uno di fronte all'altro. Le fiamme si alzano e si inseguono in mezzo a loro avvitandosi in lingue sinuose.
Uno dei due, quello più magro, prende un rametto e smuove le braci come riflettendo sulla risposta dell'altro.
Il bagliore del fuoco si riflette nei suoi occhialetti rotondi e ne cela lo sguardo di un azzurro vivo.
L'altro, più robusto ma dall'aspetto più provato, si agita sullo sgabello dov'è seduto, messo a disagio dal quel silenzio.
Infine l'uomo magro sospira e lo guarda di nuovo negli occhi.
 
– Il tuo lavoro sembra essere molto richiesto, qui. –
 
Parla senza rancore. È una semplice constatazione, ma l'altro si stringe nel suo giacchetto lacero sentendo improvvisamente più freddo.
Non contesta ciò che ha detto, ma sembra trattenere le parole e si morde il labbro inferiore.
Adesso fissa anche lui il fuoco, ma distoglie subito lo sguardo e lo fissa sulle sue mani ferite e sporche di sangue, fuliggine e olio per motori, come se volesse prendersela con loro.
Il bagliore del fuoco diventa più ampio e avvolge la grotta, cancellandone i contorni e spegnendosi poi in un pozzo d'inchiostro.

Un alone azzurrino si accende nel buio, illuminando fiocamente il suo volto di una luce fredda e innaturale, scolpendo le ombre dipinte sul suo viso.
È disteso su un mucchio di coperte, supino, una mano dietro la testa e l'altra che picchietta distrattamente sulla piastra metallica infissa nel suo petto.
Gli occhi sono spalancati nel buio, immobili e persi in pensieri insondabili.
Respira piano, lentamente, e l'aria gelida gli punge i polmoni affaticati prima di diventare un alone opalescente davanti al suo volto.
Distoglie un istante lo sguardo dal vuoto e lo concentra sul congegno che lo tiene in vita.
Fa una smorfia e si scompiglia i capelli, poi sospira e torna a fissare il buio sopra di sé. L'occhio rosso di una telecamera ricambia il suo sguardo.
Si copre il volto con un braccio per non vederlo, e  solo allora crolla addormentato, esausto.
Il puntino di luce rossa rimane fisso su di lui e si allarga sempre più, fino ad inghiottirlo.
Il mondo diventa vermiglio e infuocato, poi ripiomba nel buio.

Rosso su nero nel nulla, lontano, una fiamma che si contorce fuori dalla sua portata, irraggiungibile.
Allunga una mano, sfiora il suo calore, ma quella si spegne in uno sbuffo d'arancio fluttuante. Il suo pugno si chiude sul nulla e il suo corpo cade nel vuoto.
Un lampo, ed è in ginocchio su un terreno roccioso, le gambe tremanti e incastrate in piastre di metallo. La terra è tinta di sangue, una marea che sale lentamente.
Fiamme vere divampano attorno a lui, divorano la luce che filtra dall'uscita.
L'uomo riverso davanti a lui respira rantolando, fissandolo con l'azzurro penetrante dei suoi occhi.
La sua mano è fiacca, stretta nel suo pugno ferrato.
 
– Non sprecare la tua vita, Stark. Non sprecarla... – un flebile sussurro che si perde nel crepitio del fuoco.
 
Si spegna senza un lamento, la testa reclinata di lato e gli occhi chiusi incorniciati dai suoi soliti cerchietti dorati.
Qualcosa implode dentro di lui, e la vista gli si annebbia mentre tutto diventa di nuovo rosso.
Le fiamme avvolgono l'uomo di ferro e tutto svanisce in una nebbia nera.

È sdraiato, confuso, la mente ottenebrata dal dolore e dalla paura.
Un calore bruciante in mezzo al petto, e la sensazione che gli stiano strappando via il cuore.
Grida, colpi, una sensazione viscida nel petto, poi il nulla e ancora un grido, una voce lontana e conosciuta.
 
– Tony! –


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Note Dell'Autrice:

Eccomi qui! Sono sparita un po', ma le meritate (?) vacanze chiamano, e quindi ho avuto tempo zero per scrivere, anche a causa della pessima connessione internet e della mancanza del mio quadernino sacro (aka "Il Sacrendino").
Comunque, torno a tormentarvi con l'angst *coro funebre si leva alle sue spalle*

Sì, non mi stanco mai di tormentare il povero Tony... 
Ordunque, per questo capitolo devo dire di essere stata molto influenzata dallo stile di Haruki Murakami, di cui ho letto un paio di libri recentemente (se vi piace il genere onirico/paradossale e introspettivo ve lo consiglio assolutamente), quindi è per quest che potrebbe risultare un po' diverso dagli altri. Non me ne voglia Murakami-sama.
Nulla di nuovo, si parla della prigionia di Tony con un paio di Missing Moments in più. Nulla di speciale. E ditemi che non sono l'unica che nel film sente la voce di qualcuna che chiama Tony durante l'operazione. Ditemi che non sono allucinata, vi prego ç.ç

Beh, questo è tutto -finalmente-... ringrazio la mia Beta MoonRay che nonostante tutto continua a sopportarmi e meriterebbe una medaglia e un monumento per ciò; poi tutta la bella e brava gente che ha recensito, cioè Halley, AriCastle66, Rogue92 (grazie per seguirmi sempre <3), JoJo92, Nightly Blossom, blackpearl_ (dove sei finita? D: Ci sono i tuoi broccoli preferiti! xD), Sherlock_Watson e di nuovo MoonRay, che non paga di sorbirsi la betatura, commenta anche ;3

Grazie a tutti ^^

-Light-


P.S. So che il capitolo è cortissimo, ma il prossimo compenserà (spero)... dipende dalla mia ispiraizone.


-Tutti i diritti di Iron Man vanno alla Marvel; tutti i diritti di "Zombie" vanno ai "The Cranberries". Questa storia è scritta senza scopo di lucro.-

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Capitolo 5
*** Insomnia ***


 
5. Insomnia
 


"You hid your skeletons when I had shown you mine,
You woke the devil I thought you had left behind.
I saw the evidence, the crimson soaking through
Ten thousand promises, ten thousand ways to lose."
 
[Powerless - Linkin Park]
 
 
Si risvegliò col respiro spezzato, boccheggiando come se fosse riemerso dopo una lunga apnea.
La voce gli riecheggiava ancora nelle orecchie e un dolore acuto alla tempia gli pulsava nel cranio.
Non riusciva a muoversi e gli ci volle qualche secondo per rendersi conto di essere per terra, avviluppato in un groviglio di lenzuola che lo stringevano come una camicia di forza. Si districò a fatica con mani incerte, fradicio di sudore e col respiro ancora affannato mentre cercava di calmare i battiti del suo cuore impazzito.
Riuscì finalmente a liberarsi delle coperte e a risalire a tentoni sul letto, poi si appoggiò alla testiera, coprendosi gli occhi con un braccio. Si scostò tremante i capelli incollati alla fronte, fissando il buio della sua camera interrotto da una luce azzurrina. Il silenzio era opprimente, e aveva una spiacevole sensazione di deja-vù che gli gelava le ossa.
Per distrarsi guardò l'orologio accanto al letto: le 2:54.
Liberò un sospiro stentato, imponendosi una lucidità che non possedeva. Parole lontane gli rimbombavano nella mente.
 
"Tu perché sei qui?"
 
Si alzò la maglietta, scoprendo il Reattore Arc che gli brillava nel petto; il bagliore era più fioco del solito.
Quella era la sua "seconda possibilità". Per cosa poteva usarla?
Scosse la testa, quasi ipnotizzato, e si riabbassò la maglia sbattendo le palpebre nel tentativo di scacciare le macchie di luce rimaste impresse sulla sua retina.
Per cosa usarla? Vivere, e basta. Chiudere con le armi: l'aveva già fatto. Dimenticare: quello no. Forse non ci sarebbe mai riuscito.
Fissò di nuovo il buio, così familiare ed estraneo allo stesso tempo, e sperò che il sonno e la stanchezza lo vincessero presto.
Serrò gli occhi e poggiò la testa sulle ginocchia, in cerca di un po' di pace.
Aspettò. Percepì il labile confine del dormiveglia e tentò di superarlo, ma quello si allontanò, sfuggente.
Lanciò un'imprecazione soffocata e diede un pugno frustrato al materasso, mentre si alzava di scatto ed usciva a passo malfermo dalla camera.
 
"Non sprecare la tua vita, Stark. Non sprecarla."
 
Chiuse di scatto gli occhi e sbattè la porta dietro di sé.

 
 ***
 

Pepper socchiuse gli occhi, improvvisamente sveglia. Sospirò assonnata, scacciando gli ultimi residui di sonno e sollevandosi dal letto. Era ancora notte fonda. Perplessa, ancora all'oscuro di cosa l'avesse svegliata, notò una fioca luce che filtrava da sotto la porta.
 
"Tony..."
 
Perché era sveglio a quell'ora?
Ancora intorpidita, si alzò avanzando a tentoni verso la porta. Esitò, pensando che forse avrebbe preferito rimanere solo, ma il pensiero di lasciarlo a rimuginare su chissà quali ricordi spazzò via quell'opzione.
Percorse con decisione il breve corridoio che si affacciava sulla cucina, da dove proveniva la luce.
Si fermò sulla soglia: Tony era seduto al tavolo, una tazza fumante tra le mani e lo sguardo che sembrava inseguire le volute di vapore nell'aria. Indossava una felpa grigio scuro, con le maniche troppo lunghe e la zip completamente allacciata nonostante il caldo estivo.
La televisione chiacchierava in sottofondo, completamente ignorata dall'uomo.
 
– Tony? – chiamò piano, e lui alzò di scatto la testa.
 
I suoi occhi, prima concentrati e attenti, si schermarono di un velo di diffidenza, come se si sentisse sulla difensiva.
 
– L'ho svegliata? – chiese, aggrottando la fronte apparentemente preoccupato.
 
– Non fa niente. – minimizzò Pepper, avvicinandosi esitante.
 
Le sembrava ancora distante, perso in riflessioni per lei insondabili: era scivolato di nuovo nell'umore cupo del giorno prima e se possibile sembrava ancor più turbato.
Tony prese un sorso distratto dalla tazza e cambiò canale con aria assente, iniziando a fare zapping.
Pepper sospirò.
 
– La teina non è il massimo per dormire. – commentò, inclinando la tazza verso di lei per vederne il contenuto.
 
– Ma io non voglio dormire. – rispose semplicemente lui, con un mezzo sorriso un po' triste.
 
Si accigliò improvvisamente quando capitò su un canale che trasmetteva Apocalypse Now. Rimase immobile a fissare lo schermo sul quale scorrevano esplosioni e raffiche di proiettili e poi spense di colpo la tv, con una smorfia quasi dolorosa. Pepper non commentò, non osando immaginare quali ricordi potessero aver risvegliato quelle immagini.
 
– Vuole un tè anche lei? – cambiò argomento, vagamente a disagio – È una delle cose utili che ho imparato a fare ultimamente, a parte un sacco di altre che di solito... – s'interruppe, lanciandole un'occhiata sfuggente.
 
Pepper fece finta di niente:
 
– Non si disturbi: faccio io. – disse, superandolo per raggiungere i fornelli.
 
Poco dopo era seduta anche lei al tavolo, bevendo il suo tè mentre fissava di sottecchi Tony.
Il silenzio era pesante, tanto da essere palpabile e da avvolgerli in una cappa di disagio.
La donna non riusciva a fare a meno di notare sempre più dettagli sul viso di Tony: era dimagrito e profonde occhiaie gli incorniciavano gli occhi. I segni della prigionia erano ancora impressi su di lui.
L'uomo dovette sentirsi osservato, perché sollevò lo sguardo su di lei, che invece lo distolse imbarazzata. Lui non si risentì e, anzi, sollevò appena un angolo della bocca in un sorriso sghembo, quasi a mo' di scusa per il suo aspetto così innaturale.
 
– Mi trova diverso? – chiese a sorpresa, passando sovrappensiero un dito sul bordo della tazza vuota.
 
Pepper riuscì a cogliere mille sottintesi e chiavi d'interpretazione a quella domanda in apparenza così semplice. Ne scelse uno, quello che le stava più a cuore: per lei era davvero cambiato?
 
– No. – rispose tranquilla, non riuscendo a trattenere un lieve sorriso nell'affermare quella verità così rassicurante.
 
Tony parve sorpreso, perché inclinò la testa di lato e la scrutò intensamente, credendo che lo stesse prendendo in giro.
Dopo essersi assicurato della sua effettiva serietà, prese a fissarsi le mani, smarrito.
 
– Sono solo io a sentirmi diverso? – chiese infine, con un velo d'inquietudine.
 
– Lei è cambiato molto, ma non vuol dire che sia diverso. – disse pacata, sperando che fosse davvero così.
 
A quel punto Tony riprese a fissarla, dubbioso e non del tutto convinto.
 
– Quindi sono cambiato. – chiese conferma, sporgendosi verso di lei per guardarla meglio.
 
La donna esitò nel rispondere, non sapendo come descrivere la sensazione di distacco che gli aveva trasmesso al suo ritorno, la lontananza estrema del suo sguardo e l'impressione di parlare a due diverse parti di Tony in conflitto tra loro.
Si accigliò, in cerca delle parole giuste, ma lui la anticipò, bloccandola con un gesto gentile della mano.
 
– No, non me lo dica, tanto cambierò ancora. E potrei anche diventare molto "diverso". Anzi, lo spero. – annunciò sibillino, con un sorriso.
 
Pepper lo guardò confusa, senza sapere a cosa si stesse riferendo, ma vide gli occhi di Tony illuminarsi della luce scherzosa e sicura che l'aveva sempre caratterizzato e fu contagiata dal suo sorriso così spontaneo.
A quel punto Tony si alzò, giocherellando con la zip della felpa.
 
– È un po' tardi. – osservò distrattamente, dopo un'occhiata all'orologio.
 
– Sì, credo che andrò a dormire anch'io. – confermò Pepper, alzandosi a sua volta.
 
– E chi ha parlato di dormire? – commentò Tony, con uno dei suoi sguardi maliziosi, poi scoppiò a ridere nel notare la sua espressione perplessa: sembrava aver recuperato improvvisamente in buon umore – Ho del lavoro che mi aspetta in laboratorio. – affermò, probabilmente non vedendo l'ora di rimetterci piede per chissà quale invenzione.
 
Pepper sospirò, in cuor suo rassicurata dalla rinnovata vitalità di Tony.
 
– Allora buon lavoro. – gli augurò.

Si avviò alla sua camera, un po' barcollante per il sonno, ma poi si bloccò davanti a lui, incerta.
 Tony ricambiò lo sguardo, a metà tra il perplesso e il curioso, e Pepper si sporse per posargli un bacio leggero sulla guancia.
Fece per ritrarsi, ma lui la strinse a sé, portandola a pochi centimetri dal suo volto.
Pepper ebbe una fugace visione degli occhi di Tony, di nuovo intensi e scuri, ma stavolta addolciti da una luce diversa che non gli aveva mai visto. Poi sentì solo le sue labbra che sfioravano le proprie e le sue braccia che le cingevano delicatamente i fianchi, attraendola a sé.
Ricambiò il bacio, reprimendo qualsiasi senso di colpa e pensando solo a quanto gli fosse mancato e a quanto perfetto fosse quel momento.
Si separarono brevemente, guardandosi come a scrutare l'uno la reazione dell'altro, poi Tony sorrise appena e affondò le dita tra i suoi capelli, catturandola in un bacio più profondo.
Tutto scomparve attorno a loro, inghiottito dal buio stellato della notte.


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Note Dell'Autrice:

Momento, momento, momento, questo non è il mio bicchiere di Iron Man! D: Il fluff: la mia bestia nera. Si vede. Tanto. Chiedo venia, sono un mostrooo... *Tony la patta sulla spalla: per una volta che gli va bene!*
Ok, ci sono, sono sveglia e ho facoltà cognitiva.
L'ultima frase è a scazzo/non scazzo. Ci sta, ma non ci sta. Capirete tutto nel prossimo ed ultimo capitolo. Sappiate solo che è lì per un perché e sono stata obbligata a inserirla. 
Eh, già, non è finita. Povero, povero Tony... *il suddetto sbatte la testa al muro*

Ordunque, dopo questa sfilza di cazzate (detto con molto pathos) passo a ringraziare la mia adoratissima Beta MoonRay che tengo sveglia fino a quest'ora indecente perché ho i blocchi mentali con le scene romantiche (disse colei che voleva il p0rn nella BlackHawk...coffcoff).
Grazie a tutti coloro che hanno recensito, cioè Rogue92 (mia fedele <3), Sherlock_Watson, JoJo92, MoonRay (di nuovo :3), AriCastle66, Nightly Blossom, blackpearl_ e Halley (quante siete!) 
Grazie a tutti!

-Light-

 

-Tutti i diritti di Iron Man vanno alla Marvel; tutti i diritti di "Powerless" vanno ai Linkin Park. Questa storia è scritta senza scopo di lucro.-

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Capitolo 6
*** Epilogo: Empty Handed ***


 
Epilogo 

Empty Handed
 
 

"We come to find
What we take for granted
Keeps us alive in the end,
So don't let time
Leave you empty handed:
Reach out tonight and make amends.
So I'm coming home,
Back to the place where I belong."
 
[Coming Home - Alter Bridge]
 
 
Il cielo stellato ricambiò il suo sguardo.
Rimase a fissare per interminabili secondi quell'immensità, frastornato dalla miriade di puntini luminosi e dal buio profondo che li circondava.
Qualcosa gli sfiorò il volto e lo scacciò istintivamente con la mano. Le sue dita percepirono dei granelli di sabbia appiccicati alla sua pelle, che sentì con stupore essere bagnata. Era disteso – se ne rendeva conto ora – su qualcosa di troppo morbido per essere un pavimento.
Una folata d'aria gli scompigliò i capelli, accompagnata da un'altra manciata di sabbia.

Si drizzò a sedere di scatto, le dita che affondavano nei granelli e la vista annebbiata.
Dune desertiche incontrarono i suoi occhi spaesati.
Affannato, si alzò in piedi barcollando e girò su se stesso, spaziando su quella distesa desolata: sabbia, polvere e arbusti rinsecchiti. Miglia e miglia di deserto si stendevano dinanzi a lui, in cima a un'alta duna scoscesa, illuminate flebilmente da una falce di luna in un'atmosfera surreale.
Si lasciò scivolare in ginocchio, lo sguardo perso in un punto lontano, immensamente solo, inghiottito da quell'oceano rossastro.
Strinse inconsapevolmente un pugno di sabbia tra le dita.

Era stato tutto così vero e reale. Quel momento di pace perfetta sembrava balenargli dietro alle palpebre socchiuse, sovrapponendosi al terreno sabbioso.
Pepper...
I granelli sfuggirono alla sua presa e si persero nel vento.
Chiuse con lentezza gli occhi, annichilito. Stava sognando, di nuovo, e in realtà era ancora in quella maledetta grotta, senza speranza o via di fuga e l'armatura era stata solo un sogno delirante e irrealizzabile e Yinsen era ancora vivo e forse l'avrebbe dissuaso da quell'idea folle, gli avrebbe fatto capire che doveva rassegnarsi e...
Poggiò la fronte a terra, la mente turbinante di pensieri e confusione. Cercò di controllare il respiro, ma riuscì solo a inalare una boccata d'aria gelida e sabbia.
Il freddo pungente del deserto lo faceva rabbrividire; nonostante ciò non si mosse, cercando di capire se quel che stava vivendo era reale o meno. Non aveva mai avuto sogni – anzi, incubi – così vividi, e si chiese se non fosse una conseguenza dello stress post-traumatico o, peggio, del reattore che influiva in un qualche modo sulla sua mente. 
Non si era neanche accorto di essersi addormentato: il suo ultimo ricordo era di stare camminando senza sosta, al tramonto, in cerca di un rifugio per la notte. Doveva essere svenuto senza neanche accorgersene, e ringraziò non sapeva chi per essere sopravvissuto a un'insolazione e al freddo intenso. Aveva resistito, ancora una volta.
Per cosa?

Si rialzò lentamente, gli occhi semichiusi e assorti.
Non aveva alcuna speranza di uscire da quel luogo maledetto, ma allo stesso tempo sentiva uno strenuo attaccamento alla vita, lo stesso che l'aveva accompagnato in quegli interminabili mesi.
Si impose di ignorare la gola secca e bruciante, straziata dalla sete, i crampi che gli attanagliavano le gambe e i morsi feroci della fame.
Reclinò la testa all'indietro, fissando di nuovo la volta celeste sopra di lui. Meravigliosa, mozzafiato, fredda e indifferente.
Si riscosse e fissò l'orizzonte lontano. Era la direzione giusta?
Non permise alla sua mente di soffermarsi troppo a lungo su quella domanda e si strinse nel suo giacchetto lacero, stordito.
Un passo dopo l'altro, incominciò a camminare lentamente lungo la cresta della duna.
Nel dormiveglia forzato, intontito dal ritmo monotono della marcia, una voce lontana lo chiamava.

 


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Note Dell'Autrice:

Aloha!
Allora, chi si unisce al circolo di "evvai, aggiorniamo ad orari improponibili"? Nessuno? Beh, vi capisco...
Dunque, come avete ben notato, non ci riesco proprio a non farlo soffrire. Me sadica. Complice il fatto della mia scazzatura odierna con la quale vi ammorberò. E cioè che Jeremy Renner (alias Hawkeye) era a Roma per la presentazione di The Bourne Legacy, in tutto il suo grande splendore/figaggine/fascino e io non lo sapevo. Come incazzarsi all'una di notte: parte uno. Devo sfogare i miei istinti omicidi, e Tony è lì apposta... (scusa caro *patta Tony sulla schiena mentre è semisvenuto*).
Sono in fase-rosico, indi per cui intrattabile.

Precisazione: Tony sogna effettivamente solo il capitolo precedente, ovvero quello del bacio con Pepper. Il resto è parte del mio head-canon e accade al suo ritorno dall'Afghanistan, quindi possono essere considerate parti "narrate", soprattutto perché sono tutte PoV Pepper. Mi rendo conto che la cosa poteva non essere chiarissima. E sì... lo stratagemma del "era tutto un sogno" è assai cliché, ma spero che sorvolerete la cosa :P

Chiudo qui questa fan fiction, sperando che vi sia piaciuta e che non vi abbia deluso (ah! Qual soddisfazione premere quel tastino "completa"!).
Ringrazio la mia Beta-Highlander che ha resistito fino a quest'ora assurda, MoonRay, e poi tutti coloro che hanno recensito: Sherlock_Watson, Rogue92, JoJo92, Nightly Blossom, Halley, AriCastle66 e blackpearl_, oltre a tutti coloro che hanno semplicemente letto e/o aggiunto la storia tra le seguite/ricordate/preferite.

Grazie <3

-Light-

 

-Tutti i diritti di "Iron Man" vanno alla Marvel; tutti i diritti di "Coming Home" vanno agli Alter Bridge. Questa storia è scritta senza scopo di lucro.-

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