Il Principe

di siemdrew
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Il Principe
Capitolo 1


C'era una volta un Principe. Egli regnava con amore dai Monti della Morte, passando per La Foresta dei Sogni e La Foresta Ombrosa, fino al Mare delle Luci. Il Principe amava il suo regno, ma era troppo avido, prepotente ed arrogante. Uccideva i civili, condannava a morte gli innocenti e derideva i più deboli. Finché un giorno arrivò al suo Castello una donna bellissima, che si era persa. Egli le offrì doni, cibo... e una stanza per la notte: la sua. Il Principe era così malvagio che non si curò di far sentire a suo agio la donna, bensì tentò di violentarla. Ma la donna si trasformò in una strega dinanzi al Principe. Lo maledette: per tutta l'eternità, il Principe avrebbe dovuto vivere nella torre ovest del suo Castello. Passarono gli anni, ed egli si accorse di non invecchiare. Sicché ebbe un'idea. Decise di rapire ogni mese sei vergini, che avrebbe rinchiuse, ma che poi avrebbe dominate e uccise. E così ancora oggi il Principe violenta e uccide le sue vittime.
 
Chiusi il libro di scatto. Che razza di scrittore era colui che aveva scritto una storiella simile? Riposi il libro sullo scaffale impolverato.
Ero nella vecchia villa di Nonna Melanie. Lei era morta da una settimana e tutti i parenti avevano raggiunto la villa per appropriarsi dei vari oggetti segnati nel testamento. La Nonna mi voleva molto bene e sapeva del mio amore per i libri. Dunque mi aveva lasciato tutti i suoi libri. Il problema era che si trovavano in una soffitta ultrapolverosa.
Quindi eccomi lì, a trafficare tra i libri.
Sentii gli scricchiolii della vecchia scala di legno ormai marcio e vidi spuntare mia sorella. Lei ed io non andavamo molto d'accordo, ma comunque ci volevamo bene. Lei aveva gli stessi capelli castani della mamma, ma gli occhi azzurri di Nonna Melanie. Io avevo preso tutto da papà: avevo i capelli rosso fuoco e gli occhi verdi. Ero lui in versione femminile, diciamo.
«Bello lavorare nella polvere?», mi derise. Certo, a lei erano toccati tutti i film vecchi della Nonna, dato che faceva la scuola d'arte con indirizzo cinema, che si trovavano in salotto.
«Non è divertente, Mary», rimbeccai. Ma Marissa prese a ridere, quindi non l'avrebbe più fermata nessuno. Sbuffai. Toccai con due dita il dorso del libro che conteneva quella storia stupida e feci per scendere le scale. Ma Marissa mi fermò.
«Che libro è?», chiese prendendolo. Sulla copertina rigida c'era una donna nuda avvolta in un velo color rosa antico.
«"Storie da Vartia"», lesse il titolo. «Sembra carino!»
Aprì la prima pagina, dove c'era la storia di poco prima, e la lesse ad alta voce.
«Le donne venivano “dominate e uccise”?», chiese accigliata. «In che senso?»
«Dai, Mary, sei persino più grande di me!», le feci notare aprendo le braccia. Dio, quella ragazza non ce la poteva fare. «Nel senso che le costringeva a far sesso con lui»
«Woah! Se è affascinante mi offro volontaria!»
Avrei voluto dirle “Sì, come tributo?”, ma lei non aveva letto The Hunger Games, quindi non avrebbe capito.
«A parte il fatto che è un personaggio inventato», le dissi ridendo. «Le vergini di cui abusava questo Principe venivano uccise»
Marissa fece un sospiro triste.
«E poi tu non sei vergine», le ricordai con una linguaccia.
Scesi in fretta le scale e raggiunsi la cucina. Mamma era seduta al tavolo di vetro e piangeva, mentre papà le passava una mano sulla schiena. Era una settimana che mamma non faceva altro che piangere. Infondo, Nonna Melanie era sua madre.
Zio Alec, fratello di mamma, era ai fornelli. Non era così bravo a cucinare, ma faceva una frittata e un cheesecake perfetti. Di solito ci cucinava quelli.
«Tutto bene?», mi chiese a bassa voce rompendo le uova. Annuii e guardai fuori dalla finestra. Era già buio! Possibile che fossi stata in soffitta otto ore?
Uscii dalla cucina e andai in salotto. Presi le chiavi della nostra Audi nera e uscii dalla villa.
Quando quella mattina eravamo arrivati si stava bene anche senza felpa, ma ora si gelava. Così aprii la portiera e presi la mia felpa con cappuccio dei Green Day.
Era tutto buio, a parte l'interno dell'auto, e ciò mi faceva un po' paura. Noi, la famiglia Russell, abitavamo in un hotel a cinque stelle. Voglio dire, i miei lo gestivano e quindi vivevamo nell'attico. Era un “appartamento” nel centro di Londra. Era tutto a finestroni, quindi sembrava quasi di stare nell'ascensore invisibile di Willy Wonka. Ed ero così abituata alle luci e ai rumori della città, che andare a stare qualche giorno in campagna mi faceva uno strano effetto. Infatti la villa si trovava molto fuori Sheffield.
Comunque, in tutto quel buio riuscii a vedere una figura grossa che mi si avvicinava. Entrai terrorizzata nell'auto e chiusi la portiera con le sicure. Poi l’Audi sprofondò nel buio. Quando la figura si appoggiò all'auto, riconobbi Amadeus, il rottweiler della Nonna. Lei lo aveva lasciato a zia Coleen, una sorella di mamma – mamma aveva due sorelle e cinque fratelli – ma Amadeus si era innamorato di me, quindi zia ce lo aveva lasciato. Il problema di questo cane grande e grosso era che da solo in giardino non ci andava, quindi mi toccava sempre accompagnarlo.
Quindi uscii dall'auto e facemmo un giro nel giardino. Avevo sempre con me una mini torcia, di quelle che si attaccano ai passanti dei jeans, e quindi illuminavo il sentiero.
Amadeus trotterellava qua e là allegramente, ogni tanto abbaiava agli alberi e inseguiva degli uccellini. Dietro di noi, si stagliava l’enorme villa della Nonna. Era una villa vittoriana nel bel mezzo della campagna e circondata da un boschetto. Io avrei avuto paura a vivere in un posto simile, in stile eremita, ma se a Nonna Melanie piaceva non potevo farci niente. Ormai lei non c’era neanche più.
Amadeus cominciò ad abbaiare con più foga verso un albero, sicché gli tirai una pedata sul culo per invogliarlo a proseguire. Mi ringhiò contro, ma poi riportò l’attenzione davanti a sé.
Mi affiancò nel camminare, quasi appiccicandosi alle mie gambe, poi abbaiò di nuovo e corse a scavare davanti alle radici profonde di una quercia. Tentai di allontanarlo da lì per tornare a casa, ma Amadeus continuò a scavare.
Feci per andarmene, ma mi raggiunse uggiolando.
«Stupido cane…», imprecai velocizzando la camminata.
Ma Amadeus continuava ad uggiolare, dandomi terribilmente fastidio.
«Basta!», gridai e lui si bloccò. Non so perché, ma cominciai a correre come una forsennata. E il cane mi inseguiva, ma solo per non restare solo. Mi guardai indietro e quel momento lo rimpiansi immediatamente: andai a sbattere contro un albero.
«AHIA!», urlai tappandomi il naso. Mi usciva un po’ di sangue, ma non era nulla di grave.
Imprecai un altro pochettino, poi diedi un pugno al tronco.
Come se fosse colpa sua, pensai ridacchiando amareggiata. Ma poi notai qualcosa. C’era una porta sul tronco dell’albero. Era una porta a forma di corona, e ciò mi fece venire in mente il Principe violentatore.
Osservai un po’ la porta. C’era un pomello d’oro, ma la corona sembrava incisa nel legno del tronco. La mia intenzione fu quella di aprire la porta, ma mi venne in mente una cosa.
Ragiona, mi dissi. In Nightmare Before Christmas Jack Skeletron apre la porta a forma di albero di Natale e finisce nel paese del Natale. Ora, vuoi finire anche tu in posti strani? No. Quindi sloggia.
Seguii il mio stesso consiglio e mi girai per andarmene con tutta tranquillità. L’avrei semplicemente ignorata, quella porta, come se non fosse mai esistita. Ecco.
Amadeus corse per raggiungermi, ma morse il pomello della porta.
«NO!», gridai spaventata mentre la porta veniva aperta.
Cominciai a correre di nuovo, certa che il cane mi avrebbe seguita. Ma si alzò un vento gelido, che mi spingeva verso la porta. Oddio.
Il vento sapeva di mare e caramelle e mi spingeva sempre di più verso la corona ormai aperta. Mi aggrappai ai lati dell’albero, ma il vento mi fece precipitare in esso.

Oibò? Eccomi di nuovo qua con una storia nuova :D Come "Pekaftet", ho sognato anche questa storia, solo che cominciava da quando lei finiva già dentro l'albero°-° Che ve ne pare*-*? Mio fratello si è spaventato leggendo la storia del Principe, AHAHAHAH, povero :')! Forza, fatemi sapere che ne pensate uwu Grazie :3!
SheBecameBelieber

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Il Principe
Capitolo 2


Atterrai sul morbido… sabbia? A Sheffield? Va bene che facevo schifo in geografia, ma ero piuttosto sicura che Sheffield non si trovasse sulla costa. Altrimenti avrei sentito sapore di mare. La brezza marina soffiarmi tra i capelli. Lo stridio dei gabbiani nel cielo. E… un momento. Perché avevo gli occhi chiusi? Li aprii immediatamente. E vidi il mare. Il cielo limpido, colmo di gabbiani. Un veliero in lontananza. Ero sul bagnasciuga e mi stavo bagnando d’acqua tutti i jeans, così scattai in piedi. Oh mamma mia. Che ci facevo lì? Sì, ero caduta in un albero cavo. Ma negli alberi non c’è il mare.
Mi girai. Vidi delle dune, poi un sentiero, dietro il quale iniziava un fitto bosco. C’erano delle colline verdi e su una di esse c’era un castello. Era tutto in pietra, mi ricordava quello del leone Aslan nel primo film de Le Cronache di Narnia. Era bellissimo. L’unica cosa che lo rendeva cupo era che l’edera aveva preso il sopravvento. In più, affianco al castello c’era un altro bosco, ma molto più scuro di quello vicino al mare.
Avanzai un passo, ma caddi nella sabbia. Cielo, solo io potevo inciampare sulla sabbia! Mi misi a sedere, sicura che c’era qualcosa di duro sotto l’arena. Pescai un libro. C’era sopra una donna nu… Era il libro del Principe! In alto sulla copertina si vedeva oro su marrone (?) il titolo: “Storie da Vartia”.
Oh mio Dio. Ero finita a… Vartia. Ero sicura che fosse il nome di questo posto. Oggesù. Non potevo trovarmi nel regno del Principe da me soprannominato violentatore. Che fine avrei fatto?
D’accordo, questo posto poco prima stava cominciando a piacermi. Ma ora… No. Era uno scherzo. Non era fisicamente possibile.
Sei sicura?, mi disse la mia coscienza. Però è successo. Sei qui. Non puoi scappare. Trovati un nascondiglio e restaci. Tornerai a casa, in qualche modo.
Mi appoggiai a uno scoglio e respirai a fondo. Quando sentii delle voci. Oh, no! Il Principe violentatore!
Ma cosa dici! Non ricordi la storia? E’ costretto nella sua torre per l’eternità.
Giusto. La coscienza aveva ragione. Ma quindi chi era? Mi sporsi per vedere.
Ora, avete presente il cartone animato di Robin Hood? Ecco, nel cartone ci sono delle guardie che però non sono umane – certo, neanche il protagonista è umano, è una volpe – ma sono rinoceronti. Ecco ciò che vidi: due rinoceronti che camminavano su due zampe soltanto, con tanto di elmo, armatura di bronzo e spade scintillanti nella fodere. Ridevano di qualcosa. Ma non importava in quel momento. Avevo di fronte due animali che parlavano!
Dovevo scappare. Inoltrarmi nel bosco. Presi in mano il libro: di sicuro mi avrebbe aiutato. Ne ero certissima. Poi mi feci spazio tra gli alberi alti.
Mi immaginavo il bosco tutto ombroso e privo di luce, invece il sole filtrava tra le foglie e scaldava tutto intorno a me.
Mi decisi ad aprire il libro.
Allora, prima pagina: la leggenda del Principe. Già letta. Perfetto, giriamo pagina.
Nell’altra pagina c’era una mappa e in alto ad essa c’era scritto “Vartia”. Riconobbi la costa, il bosco in cui ero entrata, il castello e l’altro bosco. Poi dietro il castello erano segnati dei monti, circondati da nubi alte: i Monti della Morte. D’accordo, io ero nella Foresta dei Sogni. Ah. Non era un bosco. Perfetto. Girai ancora pagina. C’era una descrizione per ogni luogo e lessi quella della Foresta dei Sogni.
La Foresta dei Sogni è, come dice il suo nome, una foresta in cui ogni desiderio verrà esaudito…
«Perfetto!», esclamai tirando un pugno in aria. «Voglio tornare a casa!»
Aspettai qualche secondo, ancora euforica, poi continuai a leggere. Magari avevo sbagliato il modo della pronuncia del sogno…
Le entrate segrete per Vartia sono in totale sedici. Tre su Nettuno, uno su Marte, cinque su Mercurio e sette sulla Terra. Una volta varcata la soglia, non è più possibile uscire. Quindi non è possibile chiedere alla Foresta dei Sogni di essere riportati a casa…
«Maledizione!», urlai frustrata, tant’è che lanciai a terra il libro. Ma capii che non dovevo arrabbiarmi con lui, così lo raccolsi e passeggiai.
Non avevo idea di che ora fosse, ma di sicuro era pomeriggio. E avevo così tanta fame… mi sarei mangiata due gorilla. Ma in quel momento avevo così tanta voglia di pizza. Con la panna e i funghi. O margherita con l’occhio di bue al centro. Oddio, pensare a tutto ciò mi faceva venire ancora più fame!
Mentre camminavo inciampai su qualcosa. No, precisamente scivolai su qualcosa di viscido. Oh santo babbuino verde! Ero appena scivolata sulla mia amata pizza alla panna! Giusto, era la Foresta dei Sogni. Che scema, potevo pensarci prima, anziché rovinare una pizza!
Comunque, vagai per la Foresta desiderando e ottenendo cibo. Finché non raggiunsi i piedi delle colline. Alzai lo sguardo e vidi il castello. Sembrava medioevale, ma non rovinato o chissà che. Scintillava sotto i raggi di un sole che ormai stava tramontando, sebbene l’edera lo coprisse quasi del tutto. Era una vista mozzafiato. Vi avrei immaginato soltanto tanti fuochi d’artificio sopra di esso e sarebbe stato ancora più bello! Ok, ma non dovevo avvicinarmi. Là dentro c’era un mostro in forma umana.
Rientrai nella Foresta e lessi il libro. Erano un bel po’ di pagine, così finii quando il sole ormai aveva già lasciato posto alla luna e alle stelle. Secondo la storia, il Principe viveva in una stanza sola della torre e conservava avidamente la copia reale di “Storie da Vartia”. Quindi se io volevo andarmene dovevo bruciare con lo stesso fuoco la mia copia di libro più quella originale. Oppure dovevo rompere la maledizione. La leggenda diceva che il Principe sarebbe stato libero solo trovando il vero amore e salvando le anime delle donne da lui uccise. Oh, la solita cosa. Peccato che io a quel tizio non mi ci volevo neanche avvicinare. Quindi dovevo arrampicarmi sulla torre ovest, la più alta ovviamente, fregare la copia originale e appiccare un fuoco. Non sembrava così difficile. Ce la potevo fare.
Uscii dalla Foresta, ma rientrai subito: tantissime guardie-rinoceronte erano postate sul cammino di ronda e per metà nascoste dalle merlature. Brandivano le lance e osservavano l’orizzonte con sguardo crudele. Sui cammini di ronda avevano acceso dei falò per far luce. No… mi avrebbero vista se fossi salita.
Maledetti bastardi…
Decisi che avrei tentato ugualmente. Avrei fatto il giro, sarei passata dalla Foresta Ombrosa e mi sarei intrufolata nel castello. Mi incamminai decisa. Andai verso destra, dove terminava la Foresta dei Sogni. Poi iniziò la Foresta Ombrosa.
Come dice il suo nome, era una Foresta Ombrosa. Si sentiva lo stridio dei pipistrelli e tra i cespugli degli occhi rosso sangue che mi fissavano minacciosi. Mi terrorizzavano. Avevo con me la mini torcia, quindi no problem!, ma faceva impressione il fatto che le fronde degli alberi nascondessero addirittura la luce della luna. In alcuni punti gli alberi erano marci e i rami spogli sembravano voler graffiare il cielo blu notte. Non mi sentivo per niente al sicuro.
Non so quanto ci misi a raggiungere i piedi della collina su cui si ergeva il castello. Magari un’oretta, magari tutta la notte. Le fronde alte non mi permettevano di osservare il cielo e non sapevo quanto ci avessi impiegato.
Lo scoprii quando cominciò l’arrampicata per la collina: il cielo stava schiarendo, quindi l’alba era poco lontana. Sospirai e mi tirai su le maniche della maglietta. Avevo i vestiti sporchi e un po’ a brandelli e avevo un graffio sulla fronte, provocatomi da un maledettissimo pipistrello che aveva perso la cognizione del luogo e aveva dato di matto. Mi preparai psicologicamente e feci per cominciare l’arrampicata. Ma sentii di nuovo delle voci. Solo che parlavano a me.
«Guarda qui che abbiamo!», esultò una guardia-rinoceronte incrociando poi le braccia.
Oh dio. Non è vero. Ditemi che è un incubo, che aprirò gli occhi e vedrò Marissa che mi schiaffeggia per risvegliarmi.
«E’ un umana», disse l’altra guardia.
«Che palle ‘sti umani, però», si lamentò l’altra sbuffando. «Dici che gliela dobbiamo portare?»
«Cavolo, sì! Stanotte è stata uccisa l’ultima vergine del mese, quindi ce ne servono altre per il mese prossimo»
«Cosa?», intervenni.
«Su, umana, vieni con noi», disse una delle due guardie prendendomi per un braccio.
Mi divincolai in fretta e feci per scappare, ma l’altra mi prese per la vita e mi rimise a posto.
Mi afferrarono per le braccia e aggirammo la collina. Intanto le guardie parlavano spensierate della mia sorte e ridevano come ubriache.
«Comunque io sono Warmyn», si presentò una. Erano identiche, non sapevo come distinguerle.
«E ioooo Butan!», esclamò l’altra. Poi scoppiarono a ridere. Ah. Ah. Ah. Che cosa divertente…
Prendemmo un sentiero che portava davanti a un muro alto, ma senza accessi. Cos’è, lo avremmo attraversato come i fantasmi? Speravo di no. 
Quello alla mia destra, Warmyn, corse tra i cespugli, ridacchiando come un idiota, e tirò qualcosa di duro verso di sé: una leva. Nel muro spuntò una porta, che ci lasciò passare.
Oh Dio… stavo entrando nella fossa dei leoni.
Butan mi diede uno scossone, visto che non mi muovevo, poi mi spinse davanti a sé e varcammo la soglia. Oddio, dovevo tenere gli occhi chiusi…
…Ma non ci riuscii. Li aprii non appena sentii la porta segreta chiudersi dietro di noi.
C’erano quattro torri – di sicuro nord, sud, est ed ovest – che formavano un quadrato. E noi eravamo in mezzo a questo quadrato. C’era un laghetto e un prato immenso. Ma le guardie-rinoceronte non diedero peso alla bellezza di quel posto, proseguirono verso una torre, sulla quale c’era uno scudo con la lettera O. Non ci volle molto per capire: era la torre ovest. Dove si trovava il Principe violentatore. Mi stavano portando lì.
Warmyn, che era davanti, aprì il portone e mi esortò a salire le scale, a meno che non volessi vedere la mia faccia spiaccicata sui gradini. O almeno, lui mi minacciò così. E prese a litigare con Butan perché voleva fare lui quella minaccia. Pensai che fosse possibile scappare, ma mi tenevano d’occhio e quindi mi toccò salire le scale a chiocciola. Fu una salita lunghissima, non finiva più. Ma finalmente – se così si può davvero dire – raggiungemmo la cima. Eravamo su un pianerottolo, su cui affacciava una porta di legno. Warmyn e Butan bussarono all’unisono e una voce giovane fece segno di aprire. Le due guardie-rinoceronte obbedirono.
La stanza che mi apparve davanti era bellissima. C’era un grande letto a baldacchino, tutto rosso e d’oro. C’erano tre finestre, chiuse con pesanti tende di un tessuto che sembrava seta rossa. C’erano tantissimi scaffali, pieni di libri e fogli. Un cassettone aperto, dal quale uscivano dei vestiti puliti e profumati. Per terra c’era un tappeto morbido e caldo. E infine una scrivania ricoperta da disegni. Un ragazzo era seduto coi piedi sulla superficie del tavolo e leggeva svogliato un libro.
Volse lo sguardo verso noi tre, incuriosito, e mi guardò dalla testa ai piedi. Inutile dire che come Principe violentatore era bellissimo. Aveva un viso dolce, occhi color miele, un nasino tenero (?), delle labbra all’apparenza morbide e carnose e dei capelli biondo scuro, come il grano quand’è pronto per essere tranciato. Era pur perfetto, ma non dovevo dimenticare che nel suo cuore regnava la malignità pura.
Si alzò ancora più incuriosito dalla mia vista e mi girò intorno.
«Non sei di Vartia», mi disse.
Scossi la testa. Non avevo intenzione d’aprir bocca dinanzi a lui.
«Vieni dalla Terra, allora», proseguì lui, le mani sui fianchi, gli occhi puntati sulle mie labbra. «I tuoi vestiti sembrano gli stessi usati dai terrestri»
Annuii, guardando dritta davanti a me come fanno i militari. Ma cavolo se aveva una voce melodiosa!
«Quanti anni hai?», domandò in un sussurro. Fece un gesto, come a sventolare la mano, e sentii la porta chiudersi dietro di me: Warmyn e Butan mi avevano abbandonata!
Non risposi alla sua domanda.
«Quanti anni hai, ti ho chiesto», ripeté. Gli occhi gli si scurirono. «Oh be’, dovrò farti tagliar la lingua, così non saprai parlare davve…»
«No!», esclamai. Una secchiata di paura mi cadde addosso. «Ho… Ho diciassette anni»
«Uhm…». Mi soppesò con lo sguardo, come a valutare l’offerta. «E vieni da…?»
Mentii subito. «Vengo da… Boston. Negli Stati Uniti»
«Sì, so dov’è Boston», mi disse annuendo. «Massachusetts. Però tu non vieni da lì. Il tuo accento è inglese, mia cara donzella»
«…»
«Non importa», tagliò corto lui, sorridendo in modo… malvagio. «Lo scoprirò. Allora dimmi, qual è il tuo nome? E sappi che non ammetterò falsità»
Deglutii rumorosamente, ma poi risposi. «Valerie Russell»
«Un nome perfetto per una fanciulla perfetta!»
Portò la mano dietro la schiena, poi la riportò dinanzi al mio volto. Ma questa volta aveva in mano due fiori: un giglio bianco e una camelia rosa.
Oh porco porcospino ibernato! Nonna Melanie mi aveva insegnato i significati di alcuni fiori – secondo lei erano pochi, ma mi aveva fatto studiare tutto il libro, più o meno – e riconobbi subito i significati di quei due. Il giglio bianco indica purezza, verginità. Mentre la camelia rosa indica il desiderio che si prova verso un’altra persona. Speravo con tutto il mio cuore che li avesse pescati a caso…
«Ebbene», riprese il ragazzo, che non riuscivo più a indicare come Principe, visto che era un ragazzo. Mi aspettavo tipo il Principe Harry o che so io… «Spero che i fiori vi siano graditi»
Cos’era questo tono formale?
«Certo…», risposi poco convinta.
«Coraggio, prendeteli e conservateli», esortò sorridendo come un angelo. «Alloggerete nelle mie stanze per qualche tempo»
Poi chiamò le guardie. «WARMYN! BUTAN! Accorrete!»
I rinoceronti entrarono facendo casino nella stanza.
«Scortate la nostra ospite nelle stanze apposite», ordinò sorridendo malizioso e le guardie ridacchiarono con lui.
Infine il ragazzo mi prese la mano e ne baciò il dorso. «Benvenuta nel mio castello, Valerie. Il mio nome è Drew»

ED ECCO A VOI IL CAPITOLO DUE :D! Sono davvero contenta di questa storia e anche di voi, perché ho avuto cinque recensioni e un SACCO DI VISUALIZZAZIONI! Vi ringrazio tanto :')!
Allora, vi spiego velocemente perché Justin l'ho chiamato semplicemente Drew: il fatto è che nella mia testa non riesco a vedermelo mentre si presenta e dice "Sono il Principe Justin", ma se immagino "Sono il Principe Drew" mi suona bene.. (?) Vabbé, tanto Drew è sempre un suo nome uwu
Che ne pensate comunque di questo capitolo? E' un po' lungo, ma non riesco ad accorciarlo, mi dispiace cwc
Grazie ancora di tutto, e recensite mi raccomando ;)
SheBecameBelieber
#BelieveIsCOMING!

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Il Principe
Capitolo 3


Warmyn e Butan, le due guardie-rinoceronti, mi trascinarono nella torre Est, opposta alla Ovest, dalla cui finestra il Principe – come si chiamava? – Drew ci guardava ridacchiando, sempre con quella maligna punta di maliziosità.
Avevo avuto di lui solo un piccolo assaggio e ciò che avevo visto non mi piaceva per niente. Era un ruffiano, un pervertito, un… non c’erano abbastanza aggettivi brutti per descriverlo! Avrei voluto non vederlo mai più. Avrei voluto non inoltrarmi mai nella Foresta Ombrosa. Avrei voluto non avvicinarmi mai alla porta a forma di corona intagliata nell’albero. E avrei voluto non aprire mai quel libro, in soffitta! Ero stata una sciocca, ma d’altronde uno che ne sa se c’è un modo per precipitare nelle storie scritte nei libri? Ecco, avrei dovuto fare come Fraser, l’ex di Marissa, che stava ventiquattro ore su ventiquattro attaccato ai videogiochi di guerra e ci mancava poco che non sapesse cosa fosse un libro. Be’, però magari ero così sfigata da riuscire a precipitare anche nei videogiochi di guerra.
Attraversammo il campo centrale ed entrammo nella torre Est, ma non prendemmo le scale. Affianco ad esse c’era una porta e una guardia aprii quella, sempre ridacchiando.
Mi scaraventarono dentro.
«C’è un’altra ragazza qui», riferì Butan. «Fatti spiegare tutto da lei e… buona permanenza!»
Mentre Warmyn mi chiudeva la porta davanti agli occhi lo sentii dire: «Sì… e buona fortuna, ne avrai bisogno!»
Poi scattò la serratura: ero chiusa a chiave lì dentro. Mi girai immediatamente e vidi un piccolo salottino, riempito solo con un divanetto rosso molto elegante, un tavolino basso di cristallo e un lampadario che sembrava molto fragile. Non c’erano ampie finestre, ma solo delle piccole finestrelle da cui non sarebbe passata neanche la mia gamba. Il soffitto era altissimo e le finestrelle rettangolari erano in alto, in modo che non venissero raggiunte.
Accanto al divanetto rosso c’era una porta in legno e l’aprii. Mi ritrovai una cucina a sinistra, con tanto di tavolo moderno e vetroceramica ai fornelli, e a sinistra un lungo muro di mattoni con varie porte. Anzi, con sei porte. Dalla più vicina uscì una ragazza castana, con gli occhi azzurri e spaventati e la pelle diafana. Aveva un vestito lungo, che ricordava molto le tuniche del medioevo. Era azzurrognolo con ricami ed eleganti bottoni argentati sulle maniche. Anche i lacci sulla schiena erano argentati.
Appena la ragazza mi vide sussultò.
«Chi siete?», domandò ancora più spaventata. Ma cos’era quel tono formale usato fino all’ottocento? Rendeva tutto così inquietante.
«Ehm, ciao», salutai imbarazzata.
Sentendo le mie parole, la ragazza parve quasi svenire.
«Scusa, ma qual è il problema?», chiesi andando alla cucina e riempendo un bicchiere d’acqua dal rubinetto, sperando che fosse potabile.
«No, niente», mormorò la ragazza sedendosi al tavolo. «Perdonatemi, madonna, ma non sono abituata a certi toni così informali con una sconosciuta»
«Che modo strano di parlare, che hai», risi sorseggiando l'acqua. Okay, era fresca e pura e non ero ancora morta. Potevo stare tranquilla.
Anche la ragazza rise, ma si vedeva lontano un chilometro che era timida.
«Da dove vieni?», chiesi dopo qualche minuto di silenzio, visto che lei non si dava più il disturbo di parlare. «No perché, sai, nel libro delle storie di Vartia vengono citate entrate su Nettuno, Marte e Mercurio»
«Vengo da Vartia»
«Sei di qui?». Ero stupita, sulla mappa non c’era segnato un villaggio o che so io.
«Sì», confermò lei guardando la cucina rossa. «Intendevo, Vartia è il nome dell’isola, ed io e vengo da un villaggio, chiamato Myrjay. Però ce ne sono altri sette»
«Ma scusa, non sono segnati sul libro»
La ragazza, di cui ancora non sapevo il nome, rise di nuovo. «Il libro “Storie da Vartia” è l’unico che parla della nostra isola ed è antichissimo. Quando venne scritto, Myrjay e gli altri villaggi non esistevano ancora. Su tutto il territorio erano sparse capanne isolate, ma quando poi il Principe venne rinchiuso e maledetto, gli abitanti preferirono riunirsi in otto villaggi e nessuno osò aggiornare il libro. Tutto qui»
«Capisco. E come ti chiami?»
«Sanna», rispose arrossendo.
«Mi ricorda il nome di un fiume a Parigi, la Senna», riflettei scoppiando a ridere. Odiavo il francese, ma preferivo passare una settimana intera a studiarlo pur di non essere lì, in quel posto maledetto. «Conosci?»
Lei scosse la testa, poi sobbalzò. «Ma da dove vieni?»
Ricordai ciò che aveva detto Drew. “Non sei di Vartia. Vieni dalla Terra, allora”.
«Ehm, dalla Terra…». Di solito rispondevo: “Da Londra” e tutti gli stranieri esclamavano cose tipo “Non ci credo, che culo!”, “VIENI DA LONDRA? Oh dio, adesso svengo!”, “Wow, sto studiando inglese apposta per andare lì!” o “Londra è il mio sogno, sai!”. E mi sentivo così potente che quasi potevo tenere in mano il mondo e dire: “MUAHAHAHAH!”. Però non capivo cosa ci trovassero di bello le persone in quella città. In Inghilterra fa freddo e il cielo è sempre annuvolato, ci sono posti migliori come New York, Firenze, Sharm El-Sheik o Sydney e tutti cosa fanno? Vanno a Londra. La grigia, vecchia Londra.
«Dalla Terra?». Sanna mi guardava con adorazioni, quasi quasi i suoi occhi erano diventati cuoricini. Dire “dalla  Terra” aveva avuto lo stesso effetto di “da Londra”. «Che invidia, piacerebbe anche a me vivere lì! Infatti il Principe Drew ha fatto portare tutto l’arredamento per la Liberty dalla Terra!»
«La Liberty?»
«Sì. Chiama così l’ala del Castello in cui ci troviamo ora. Qui le vergini vivono finché non vengono… uccise. Tara, la mia migliore amica, l’hanno scorso ha vissuto qui solo una settimana…»
Sanna rabbrividì e, non so per quale motivo, mi vennero le lacrime agli occhi. Mi trovavo in un posto dove chissà quante ragazze della mia età si erano disperate. Comunque non ci trovavo niente di “liberty” in quel posto.
«Ma cambiamo argomento», esortò Sanna asciugandosi gli occhi. «Perdonami, non dovrei mostrare un atteggiamento simile davanti ad altre persone. A proposito, qual è il tuo nome?»
«Valerie»
E la conversazione non proseguì. Lei sospirò e ritornò nella stanza da cui era venuta. Probabilmente la camera da letto. Forse per questo c’erano sei stanze, erano sei camere da letto, in realtà. Optai per la stanza più in fondo, dato che potevo sceglierla. Affacciava sul grande salotto, che aveva due lunghi divani, una TV al plasma attaccata alla parete, scaffali pieni di libri, cinque mappamondi sistemati dietro uno dei divani e un ampio tappeto d’orso che, constatai con mio orrore, era vero.
La mia stanza aveva le pareti verdi e una moquette nera così morbida che l’avrei preferita al letto. Ma quando mi ci sedetti sopra capii che era un materasso ad acqua ed ero così estasiata che quasi non ci credevo. Certo, i miei avevano un bell’hotel a cinque stelle, ma rifilavano i materassi ad acqua solo nelle suite di lusso e non ne avevo mai provato uno… Oh cavoli! Ora capivo perché il Principe portava tutti questi affari innovativi: così che ci distraessimo. O almeno la pensavo così.
Oltre al letto, nella stanza avevo a mia disposizione un grande specchio, una scrivania con Mac, una TV, un gigantesco armadio e un frigobar. Il tutto era verde o nero, Oh-Oh, estremamente sexy (?)
Aprii l’armadio, ma era vuoto. Ma come, io ero in jeans e maglioncino, non potevo indossare questo per – speravo – un mese! Che già erano insudiciati e strappati. Così andai alla prima stanza e bussai alla porta di Sanna. Lei la socchiuse e non riuscii a vedere la sua camera.
«Non ho vestiti, che faccio?»
Sanna mi sbatté la porta in faccia. No, cioè, era così stronza da volersi tenere tutti i vestiti? Ma dai!
«Apri immediatamente!», gridai dando un colpo alla porta, sembrandomi mio padre quando aveva saputo che ero chiusa in camera con un mio compagno di classe – col quale stavo facendo un compito, poi, ma papà non ci aveva creduto.
Sanna obbedì, aprendo la porta e diventando rossa dalla vergogna. Ben le stava, toh!
«Scusa», bisbigliò. «Ma non voglio mostrare agli altri la mia camera»
Uscì dalla sua stanza ed entrò nella mia senza chiedere se era un problema per me. Ma certo che era davvero ingenua. O magari era il modo di comportarsi degli abitanti di Vartia. Chissà.
Sanna mi indicò una piccola sfera di cristallo posta dietro il Mac e disse che quando avevo bisogno di qualcosa dovevo scuoterla e le guardie sarebbero arrivate a chiedere di cosa avessi bisogno.
Era piccolina, più piccola del mio palmo, e dentro c’erano dei brillantini colorati sospesi nell’aria, tipo Sette Sfere del Drago in miniatura. La scossi e un minuto dopo Warmyn e Butan, sempre con lance e spade, bussarono alla porta principale della Liberty.
«La principessina sul pisello ha bisogno?», domandò Butan facendo la vocina da donnetta.
«Sì», confermai. «Abiti comodi, spazzolino, intimo, uno shampoo alle…»
«Portaci la lista della spesa!», esclamò Warmyn. Chissà perché, ora riuscivo a riconoscerli. «Cosa credi, che abbiamo la memoria così lunga?»
Sanna mi diede un foglietto di carta e un pastello rosso, si rifugiò in camera sua e io cominciai a scrivere la lista, che consegnai subito alle guardie. Loro la lessero ad alta voce.
«Abiti comodi, hai sentito Butan? Comodi. Spazzolino, intimo, shampoo alle mandorle, balsamo al cocco, accappatoio di spugna viola, dopobagno,…»
«Sì, Warmyn, non mi interessa, andiamo o vuoi restare qui tutto il giorno?»
Se ne andarono commentando la mia lunga lista. E intanto mi ricordai che quando ero uscita dalla Foresta Ombrosa era quasi l’alba. Chissà, magari ora il cielo era azzurro, il sole brillava e faceva caldo. Ma purtroppo ero chiusa in quel posto che aveva nome di Liberty, ma lì la libertà quasi quasi neanche la si poteva sognare. Ed ero lì da nemmeno un’ora.
Non potevo farmi una doccia se non c’erano gli accappatoi. Però mi venne un dubbio, così andai in cerca dei bagni, ma ne trovai solo uno. Cioè, e avrei condiviso il bagno con sei ragazze per più o meno un mese? Almeno c’erano due docce e due vasche da bagno grandi, dentro.
Dietro la porta notai sei accappatoi, di cui solo uno stropicciato. Avevano i colori delle nostre stanze, infatti il mio era verde. Quello usato era giallo, ciò voleva dire che la stanza di Sanna era gialla. Sotto uno dei lavandini trovai gli shampoo e i balsami, ma avevo sempre usato lo shampoo alle mandorle e il balsamo al cocco, quindi non avevo intenzione di usare uno shampoo all’aloe vera o un balsamo all’eucalipto. Che orrore, non pensavo neanche che potessero esistere.
Così tornai in camera e accesi il Mac. Ma ci voleva una password per accedere all’account creato. Uffa!
Andai a scocciare Sanna.
«Dai fammi entrare!», insistetti, ma lei mi chiuse la porta in faccia di nuovo. Così la aprii di colpo, prima che potesse chiudersi a chiave dentro. La stanza era identica alla mia, tranne per il fatto che fosse gialla.
«Sanna!», esclamai prendendole il viso tra le mani. «Perché piangi?»
Aveva gli occhi rossi e le pulsava una vena sul collo.
«Sono irritata, mi succede sempre quando qualcosa mi infastidisce»
«Cosa ti disturba?»
Lei in tutta risposta indicò il Mac e subito dopo la PS3 sistemata sotto il televisore. Mi sedetti al computer e scoppiai a ridere.
«Non sai usare un computer? Oh wow!»
«Non ho mai visto un incantesimo peggiore di questo!»
«Non è un incantesimo! E’ un oggetto artificiale, creato dall’uomo che abita la Terra. Guarda, nell’insieme lo chiamiamo computer, ma in realtà il computer è quello sotto, dove lo accendi, questo nero è solo lo schermo. La tavola su cui si trovano le lettere e i numeri si chiama tastiera. E, be’, il pc serve a poter fare e disfare. Più o meno»
Sì, la spiegazione non era delle migliore, ma provate voi a spiegare qualcosa che conoscete da tutta la vita e che per voi è naturale.
Mi alzai e raggiunsi la PS3.
«Questo è un aggeggio con cui giochiamo noi sulla Terra. Fino a vent’anni fa non esistevano né il pc né la playstation. Vedi, tu scegli un disco, che è un affare rotondo, lo ficchi nella playstation e giochi»
«E’ spaventoso»
«Sì, un po’. Prima non veniva usata così tanto, ma ora tutti i ragazzi si chiudono in casa per giocare a queste cose virtuali e il cervello prima o poi ne subirà le conseguenze»
Non volevo fare la vecchietta saggia, ma la realtà era quella e almeno Sanna doveva saperlo.
Verso mezzogiorno aprii il frigo, sotto lo sguardo incantato di Sanna, e le spiegai tutti gli oggetti domestici che avevamo in quella stanza, mentre cucinavo semplicemente degli spaghetti al sugo.
Proprio mentre stavamo per metterci a mangiare, le guardie arrivarono e misero tutte le mie cose sul tavolo, così chiesi loro di portare dei videogiochi.
«Per il computer portate: The Sims 3, Skyrim, Call of Duty 2, GTA Liberty City, dato che siamo in Liberty, e Imperium Civitas 2»
Warmyn si segnò tutto.
«Per la Play: tutti gli Assassin’s Creed, Battlefield 3, tutti gli Uncharted e Dante’s Inferno. E poi, come mai non riusciamo a usare i Mac?»
«Hanno la password, ora ve la dico», rispose Butan. «La posta è controllata e i social network inaccessibili. Attente a cosa fate, altrimenti vi buttiamo nel laghetto con tanto di palla da carcerato alle caviglie»
Warmyn inserì la password – che era: Miami Beach sto arrivando! – poi fece per andarsene.
«Ma no War, che stai facendo?», lo riprese Butan.
«Ah già…! Senti un po’, principessa sul pisello, il Principe non capisce molto la tua calligrafia e vuole sapere cosa siano le Svrpa uioea»
«…Eh?»
Warmyn sbuffò, mi prese per un braccio e mi trascinò fuori dalla Liberty.
«Adesso ti portiamo da lui, così ci capisci meglio»
No. No no no no no! Oh dio. Perché non stavo svenendo? Così almeno mi avrebbero chiusa nella Liberty e non sarei andata lì! Oh, cosa avevo scritto?
«Ma gli spaghetti si freddano!»
«Problemi tuoi»
Rifacemmo tutto il percorso fatto poche ore fa e ricordai il terrore che provavo nell’immaginarmi il Principe. Che alla fine era un ragazzino normale e ciò mi spaventava ancora di più. Si poteva essere così perversi ma così giovani?
Lui non invecchia, ricordi?, fece la coscienza. Chissà quanto è vecchio, in realtà, AHAHAHAAHAH!
Warmyn aprì la porta della stanza di Drew. Era sdraiato sul letto a baldacchino e leggeva la mia lista. Alzò la testa, con quel suo sorriso bellissimo e quei capelli così splendidi. Dopodiché la voce sensuale del ragazzo dagli occhi color miele mi accolse di nuovo.
«Ci rivediamo, eh, Valerie Russel?»

CIAO MONDO :D! In realtà volevo far passare una settimana prima di postare questo capitolo, ma (a parte il fatto che Selsana - lei capirà leggendo - insisteva) domani devo andare a Milano da una mia amica, che lunedì ha gli esami di terza D: Quindi devo darle sostegno e consigli, visto che io sono uscita con 7 dalle medie*-*! Sicché ho preferito postare prima, anziché farmi odiare da voi per essere sempre in ritardo çç Mi dispiace, ma "Pekaftet" la posterò martedì D:!
Comunque, vi piace questo capitolo :3? Ho voluto spiegare la civiltà (?) degli abitanti di Vartia e anche la tecnologia di cui Drew vuole che le vergini godano (...)
Sanna è una tipa non troppo sveglia, ma è importante nella storia :) E infine.. Cosa saranno le Svrpa oiea u.u? Chissà.. :3!
Fatemi sapere che ne pensate! Voglio taaaante recensioni, shì shì uwu E grazie per le precedenti e per tutte le visualizzazioni, aumentano di ora in ora, asncdjsacn*-*!
SheBecameBelieber

P.S.: Selsana, questo capitolo l'ho fatto lungo apposta per te :3 Grazie per il sostegno, ti voglio già bene anche se ci conosciamo da poco :') cdjcnpddfgfk #VivaIlVillaggioTuristicoSulMarCeco (?) lol

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


 

Il Principe
Capitolo 4

«Ci rivediamo, eh, Valerie Russel?»
Uhm, okay…? Cosa potevo rispondergli?
«Sì», decisi. «Qual è il problema ora?»
O diamine, forse non glielo dovevo dire… Il suo sguardo, prima sorridente e vittorioso, si sciolse e mi guardò con una pesante serietà, come lo sguardo profondo degli assassini in CSI, che guardano i poliziotti come se li volessero uccidere.
Warmyn e Butan subito mi puntarono contro le lance, come nel trailer de Biancaneve e il Cacciatore (?) ma il Principe Drew li ammonì abbassando la mano, e loro puntarono le armi verso il pavimento. Ero terrorizzata all’idea che mi fosse fatto del male per colpa della mia boccaccia che non sta mai chiusa.
«Fammi capire, Valerie Russell», bisbigliò, gli occhi socchiusi e lo sguardo concentrato. Avrei voluto dirgli di chiamarmi Valerie e basta, ma non era educato. «Io ti ospito nel mio Castello, metto al tuo servizio le mie guardie affinché ti procurino il necessario di cui vorresti disporre e… osi addirittura fare l’insolente?»
No, fesso, tu non mi ospiti nel tuo Castello! Mi vuoi usare come oggetto sessuale, per coronare una delle tue infinite notti! L’insolente, qui, non dovresti farlo TU!
Ecco ciò che pensavo. Ma tenni la bocca chiusa, altrimenti mi avrebbe gettato giù dalla torre, come i pesci che si buttano fuori dalla loro boccia d’acqua. E sarei precipitata, toccando violentemente il terreno. Mi sarei rotta qualche ossa, poi mi sarei ritrovata a fluttuare su quel dannatissimo Castello per l’eternità! Non era il caso: non mi costava niente tenere la bocca chiusa.
Il Principe, vedendo che non replicavo nulla, sospirò e fu come se riuscissi a sentire la sua ira scorrere lungo il suo corpo e abbandonarlo. Mandò via le due guardie-rinoceronte con un cenno della mano, poi mi invitò a sedermi sul suo letto a baldacchino rosso ed oro. Non protestai. Non dissi “grazie”. Mi sedetti silenziosamente, nella speranza che andasse meglio di com’era iniziata.
«Vorreste un po’ di tè? Con dei biscotti, se preferite». Eccolo, aveva ripreso il tono formale. Che nervoso! Anzi, che amarezza!, come dice Cesare de I Cesaroni.
«No, grazie», risposi percorrendo lo sguardo su tutto il suo corpo. Aveva dei lunghi pantaloni neri a sigaretta, ma non erano jeans, infilati in stivali che gli arrivavano alle ginocchia, e una camicia bianca con le maniche arrotolate fino ai gomiti. Era abbastanza elegante, ma per un Principe era un abbigliamento strano. Mi aspettavo qualcosa in stile rococò, ma sorvolai.
«Siete sicura? Il vostro viso è particolarmente pallido, probabilmente non avete mangiato granché, per ora»
«No, infatti»
«E non desiderate comunque rifocillarvi?»
«Esatto». Basta, non avrei mai accettato cibo da lui, perché insisteva? Dovevo finire quest’argomento. «Allora, le guardie mi hanno condotta qui per una ragione specifica»
«Vero»
Andò a prendere la mia lista, scritta con il pastello rosso, e me la passò. Indicò una parola nel bel mezzo del pezzo di carta. Anzi, due parole: Serpa niora. Scoppiai a ridere, non resistetti, ma per fortuna ciò non offese in alcun modo il Principe Drew, che si limitò ad alzare un sopracciglio, incuriosito.
«Ebbene?», chiese impaziente. «Qual è il suo significato?»
«Supra. Supra viola»
«Uhm…», meditò per un po’. «Sono oggetti volanti? Tipo saponette o robe simili?»
«Saponette? Non esattamente… Sono scarpe»
«Sono scarpe? Ma “supra” in latino significa “sopra”, pensavo che fosse qualcosa che potesse volare»
«Ma no… Ecco, vedi, hai confuso le lettere e non capivi il significato delle due parole»
Drew annuì, prese la lista tra le mani rovistò dentro un cassettone. Da lì tirò fuori tutto ciò che avevo chiesto e mise tutti gli oggetti in una scatola di cartone, che poi mi consegnò. Non sembrava pesare molto, ma quando la presi tra le braccia quasi la feci cadere e ridacchiai imbarazzata.
«Suppongo abbiate chiesto troppi oggetti», commentò il Principe conducendomi alla porta.
Tutta la tensione che provavo era scomparsa, come si dirada la nebbia.
«Non importa», ribattei poggiando una mano sul pomello. Feci un segno di saluto a Drew e aprii la porta. Uhm… la porta non si apriva. Era chiusa a chiave. E con la coda dell’occhio vidi il sorriso del Principe allargarsi ulteriormente.
«Oops», mormorò lui ridendo. «Dove saranno finiti Warmyn e Butan?»
Che stronzo! Aveva fatto chiudere la porta a chiave apposta! E io, come una scema, non me n’ero nemmeno accorta. Ero un’imbranata cronica, confermato.
«Quindi ci toccherà aspettarli, giusto?», sibilai al Principe.
Il suo sorriso si spense un poco notando il mio sguardo gelido da non-mi-prendi-mica-per-stupida, ma poi ritornò brillante. Chissà a cosa pensava.
«Giusto»
«No!», esclamai incavolata nera.
Sbuffai e posai a terra la scatola, poi mi avviai alla finestra. Se quell'idiota fatto e finito aveva intenzione di farmi stare lì chissà quanto tempo, era davvero un idiota fatto e finito. Cacciai la testa fuori dalla finestra. Si era alzato il vento e delle nuvole grigie avevano ormai coperto il sole.
«GUARDIE!», gridai, mentre Drew scoppiava a ridere.
Perché quei due rinoceronti non arrivano, diamine?!
«GUARDIE!», ripetei, con più voce. Sbuffai e mandai a quel paese il cielo con un brutto gestaccio. Però la torre era così alta che vedevo luccicare il mare. Pazzesco come riuscivo a distrarmi in così poco. Il mare luccicava, anche se il sole era quasi del tutto sparito per via delle nuvole. Anche da dov’ero io, si sentiva lo stridio dei gabbiani. Notai delle luci nella Foresta dei Sogni, come se fosse abitato da fate sberluccicose… o qualcosa del genere. Il vento sapeva di salmastro, probabilmente veniva dal mare, e chiusi gli occhi mentre venivo inebetita da  quel familiare profumo. Poi delle braccia mi avvolsero la vita e una testa mi si appoggiò tra le scapole.
«Vostra maestà lo sciupafemmine potrebbe spostarsi?», chiesi cortesemente.
«No», rispose facendo aderire maggiormente i nostri corpi.
Okay, la cosa si faceva imbarazzante. Caleb, il mio primo e unico ragazzo, era piuttosto timido – motivo per il quale stavamo insieme, forse – quindi era difficile che ci baciassimo a stampo. Invece ora c’era quello sconosciuto aggrappato al mio corpo e la situazione era abbastanza ricca di tensione. O almeno, lui si trovava a suo agio. Lo sentivo respirare, la sua guancia sinistra appoggiata alla mia schiena. Avrei scommesso che avesse gli occhi chiusi.
«Staccati»
«Ancora cinque minuti»
Stavo entrando nel panico. Non avevo mai avuto un contatto così intimo con un ragazzo e non sapevo come comportarmi. Anche perché il Principe Drew era un assassino. Godeva due volte, perché faceva sesso con le vittime ma poi le uccideva. Come il re persiano de Le Mille e una Notte. Solo che eravamo in un mondo parallelo. Così, accaldata per l’imbarazzo, lo lasciai tranquillo, avvinghiato al mio corpo magro. Se non andava oltre, per me non c’erano problemi. Più o meno…
Restò attaccato a me per non so quanto tempo, mentre io osservavo il cielo cambiare, il sole lasciare posto a una triste pioggia, che mi ricordò molto il mio Paese. Mi stavo quasi per addormentare dalla stanchezza quando sentii le sue mani salire sulla pancia e toccare i bordi del reggiseno.
«STAI FERMO!», gridai spintonandolo.
«E dai!», esclamò lui ridendo. «Sono bravo con le mani, qual è il problema?»
Al suono di quella frase, se possibile diventai ancora più rossa di quel che già ero. Decisa, andai alla porta sperando in un miracolo, ma era ancora chiusa.
«Fammi uscire»
«No, ahah».
La sua risata si propagò per tutta la stanza e non potei far altro che allontanarmi quando si avvicinò protendendo le mai in avanti, verso di me. Ma scivolai addosso alla scrivania a sinistra, prendendo lo spigolo sul bacino. Soffocai un urlo e continuai a girare intorno alla stanza, seguita da lui, dal suo sguardo famelico, bisognoso. Che orrore. Fortunatamente mi segnalò la presenza del cassettone, accanto alla finestra dov’eravamo prima, altrimenti mi sarei fatta male anche con quello. Sorpassai la finestra, poi salii in piedi sul letto a baldacchino rosso e oro e scesi dalla parte opposta, davanti agli scaffali pieni di libri. Tra due di essi c’era una finestra e dando un’occhiata fuori vidi il laghetto centrale. Ebbi un’idea… non pazza, peggio. Guardai il Principe, ma lui era davanti alla scrivania, col suo sguardo famelico, ma al contempo derisorio. Non sapeva ancora cosa stavo per fare. Mi aggrappai in fretta e furia al davanzale e mi buttai dalla finestra, nella speranza di morire sul colpo per non soffrire troppo. E mi venne in mente che solo poco fa ero entrata pensando che se mi fossi buttata da lì il mio spirito avrebbe infestato il Castello per sempre. Ma ora ero così spaventata che non mi importava.

PERDONATEMI IL MOSTRUOSO RITARDO çç! Sono sinceramente dispiaciuta, ma questo capitolo prima non mi convinceva molto. Cioè, come avrei potuto continuare? Poi ho guardato mio fratello e i suoi amici bimbominchia e ho pensato che avrei preferito buttarmi dalla finestra, ed eccomi qua a far buttare Valerie dalla finestra per la disperazione C: #SonoCattiva
Allora, grazie per le CENTO VISUALIZZAZIONI E TUTTE QUELLE RECENSIONI*-*! Sono davvero contenta che voi siate contenti (?) Ho scritto sul cellulare il primo capitolo di una mia storia, ma non so se postarla D: Voi che ne dite..?
Comunque fatemi sapere se vi piace questo capitolo C: Perché a me piace u.u Grazie :3
SheBecameBelieber

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Il Principe
Capitolo 5


Stavo cadendo nel vuoto. Sarei morta. L’aria mi sferzava i capelli, la pioggia mi picchiettava addosso. Chiusi gli occhi quando vidi il prato del Castello avvicinarsi sempre di più… E poi una mano mi prese. E quando riaprii gli occhi il prato non era più vicino come l’avevo visto prima. Ero ancora all’ultimo piano della torre Ovest, e il Principe si stava sforzando di non farmi cadere.
«Sei una stupida!», esclamò.
Colsi nel suo sguardo un misto di paura e sollievo. Una sua mano si allungò a prendermi l’avambraccio e piano piano mi riportò all’interno della stanza. Tremavo come una foglia, non c’era più traccia di adrenalina. La stessa adrenalina che mi aveva convinta a buttarmi. Solo ora capivo che stavo sbagliando alla grande, e se non ci fosse stato Drew… forse sarei morta davvero. E avrei davvero infestato per l’eternità questo dannatissimo Castello.
Caddi in ginocchio per terra e sentii il suo petto premuto contro il mio viso. Mi stava abbracciando. Ciò fu molto inquietante visto che lui era un assassino di povere vergini capitate nel posto sbagliato al momento sbagliato.
In quel momento mi accorsi che mi stava parlando, ma avevo l’udito come ovattato e vedevo la stanza intorno a me in modo offuscato. Così mi appoggiai a una parete fresca e ripresi subito vigore.
Drew stava chiamando le guardie, che accorsero immediatamente.
«Diteci, Vostra Maestà!», esclamarono Warmyn e Butan all’unisono, sull’attenti.
«Portate coperte pesanti e sali da bagno nella Liberty», ordinò Drew. «E anche lo scatolone»
«Sì, Vostra Maestà!», risposero i due, per poi fare dietrofront a lasciare la torre, col mio scatolone appresso.
Drew si chinò verso di me, passandomi una mano sulla fronte.
«Vieni», disse dolcemente.
Mi prese per un braccio e mi strinse a sé, per poi uscire dalla stanza e scendere le scale della torre. Quando aprì la porta di legno per passare all’ala della Liberty, la pioggia cadeva ancora fitta. Senza ombrello né giacche, mi fece uscire all’aperto e tenendomi per mano corremmo verso la Liberty. Ma… un momento! Lui non doveva mica essere rinchiuso per sempre nella torre più alta del Castello?
«Aspetta!», gridai sotto la pioggia, fermando la nostra corsa.
Lui mi fece accovacciare a terra e si chinò in modo tale da coprirmi la testa dall’acqua. Gentile, da parte sua.
«Drew…»
«Ditemi»
«Come sei riuscito ad abbandonare la torre Ovest?»
Lui ridacchiò teneramente. «Dobbiamo parlarne ora? Sapete, sta piovendo, se non ve ne siete accorta»
Sbuffai, lui mi riprese per mano e ricominciammo a correre, attraversando il prato fradicio.
Arrivati alla porta dell’ala, Drew bussò. Butan aprì la porta e ci fece entrare nel salottino. Ci fece strada fino alla cucina e lì Sanna, che stava uscendo dalla sua stanza con delle coperte pesanti tra le mani, lanciò un grido alla vista del Principe.
Dovetti ammettere che lui aveva un bel corpo. Sulla Terra avrebbe potuto fare il modello o l’assistente di Johnny Depp. La camicia e i pantaloni bagnati gli si aderivano al corpo, tant’è che – era inquietante, però – sotto la camicia trasparente si vedevano i capezzoli. Sì, decisamente inquietante.
Sanna guardava Drew terrificata, anche mentre gli consegnava le coperte. Lui ne prese una verde e me l’avvolse attorno al corpo, poi ne scelse una viola per sé. Quindi ci sedemmo tutti al tavolo, Sanna compresa.
«Siete tutto bagnato, Sire!», sghignazzò Warmyn dando di gomito a Butan.
«Che novità, Warmyn», ribatté il Principe scuotendo la testa.
«Cos’è successo?», mi sillabò Sanna.
Io scossi leggermente il capo come a dirle “Dopo ti spiego”. Lei annuì preoccupata.
«Dunque», esordì Drew. «Per rispondere alla vostra domanda, Valerie Russell, c’è un motivo per cui posso uscire dalla mia torre. Quando la strega mi maledette inizialmente non riuscii a lasciare la torre. Era come se ci fosse un muro invisibile oltre la porta. Quando ella morì, potetti uscire liberamente»
«Ma non può abbandonare il Castello», mi spiegò Butan gesticolando.
Qualcosa di più inquietante che vedere i capezzoli del Principe Drew attraverso la camicia bagnata: sedere a tavola con due rinoceronti vestiti da guardie reali.
«Cosa?», squittì Sanna ancora più impaurita, avvicinandosi a me. «Vuol dire che  voi... Sire… verrete a farci visita?»
Il Principe annuì sorridendo soddisfatto. «Esattamente»
Sanna lo guardò con tanto d’occhi. Poi deglutì e rientrò nella sua stanza con una scusa banale.
«Che le è preso?», mormorò Drew.
Mi limitai a scuotere le spalle. Di sicuro non gli avrei spiegato che il fatto di stuprare e uccidere le vergini ci faceva un po’ paura.
«Warmyn», chiamò Drew guardando la superfice del tavolo. «Prepara una minestra calda»
«No!», esclamò Butan alzandosi in fretta. «Lo faccio io!»
«Cretino, l’ha ordinato a me!», replicò Warmyn.
«Ma a te chiede sempre tutto!»
«E allora? Cosa vuoi che…?»
«Basta», sibilò Drew. Si era rabbuiato, sembrava quasi Light Yagami di Death Note quando era incazzato con gli Shinigami Ryuk e Rem. «Warmyn, fai la minestra. Butan, guarda la TV»
«…Cosa?»
«Butan, vedi quella cosa nera attaccata al muro? Si chiama televisione. Accendila col tasto rosso e guardala»
Butan andò a sedersi sul divano brontolando, prese il telecomando e schiacciò tutti i tasti assieme, mentre Drew si dava una sberla sulla fronte.
«Non si accende, Sire!»
«Il tasto rosso! Premi il tasto rosso, Butan!»
Butan eseguì l’ordine e apparve, sulla CW, un episodio appena iniziato di The Vampire Diaries.
Neanche un quarto d’ora dopo, ci venne servita una minestra all’apparenza deliziosa. Ancora avvolta nella coperta calda, presi il cucchiaio e cominciai a rifocillarmi. Drew fece lo stesso, ma con più grazia. Anche se mangiavo normalmente, in confronto a lui sembravo davvero rozza.
Ero assorta nei miei pensieri quando Butan rise per una battuta di Damon Salvatore. Mi sembrava quasi di essere tornata alla normalità. Marissa, mia sorella, guardava tutti i giovedì sera quella serie televisiva. Io tifavo per Damon, ma lei era innamorata persa di Alaric Saltzman. Solo che sulla Terra andava in onda alle otto di sera. A Vartia però era pomeriggio. Guardai l’orologio accanto al frigorifero: segnava le tre del pomeriggio. Quindi eravamo cinque ore indietro rispetto a tutti i fuso orari della Terra? Pazzesco.
Quando finii la minestra, spostai il piatto e appoggiai la testa sul tavolo. Mio padre mi aveva sempre detto che era da maleducati farlo, ma me n’ero sempre fregata. Ora invece avrei seguito tutte le sue regole alla lettera pur di tornare a casa. Mi sarei sorbita persino tutte le cose commoventi che diceva Marissa su Alaric Saltzman. Magari mi stavano dando per dispersa, a casa, ed io ero lì al calduccio...
Drew mi guardò negli occhi pensieroso. Chissà cosa pensava? Mi stava immaginando in intimo? O nuda su una spiaggia? O magari vestita come Beyoncé mentre lava la macchina o i piatti nel video di Why Don’t You Love Me? Ecco, non avrei voluto sapere a cosa pensava un Principe violentatore.
Drew spostò lo sguardo da me alla porta della camera di Sanna. Secondo me, s’immaginava qualche rapporto con lei. In fondo era una bella ragazza.
Guardai il suo piatto, quando sentii qualcosa di caldo su una guancia. Era il suo indice. Guardai Drew come a dire “Che stai facendo…?”, ma non spostai la sua mano. L’avrebbe presa come una provocazione e avrebbe continuato. Fece passare il dito lungo la mia guancia destra, poi lungo la mandibola, la gola, le spalle… fece per passarlo nella scollatura della maglietta, ma lo bloccai in fretta.
Dovrebbe essere divertente provocarlo, disse la mia coscienza. La mia coscienza era anche la mia mente, quindi arrossii dopo quel pensiero. Di sicuro non gli avrei permesso di infilarmi la mano dentro la maglietta solo per vederlo eccitarsi. No, non l’avrei mai fatto. Anzi, lo guardai male.
«Qual è il problema?», sussurrò ridacchiando.
Intanto le risate di Warmyn e Butan crearono un’eco.
Drew si avvicinò a me con la sedia e appoggiò come me il mento sulla superfice del tavolo. Io evitavo il suo sguardo divertito, mentre il rossore si faceva sempre più avanti.
«Ve l’ho detto, sono bravo con le mani»
«Smettila»
Lui, ridendo, mi sfiorò le braccia con le punte delle dita.
«Warmyn, Butan! Premete il tasto rosso e sloggiate», ordinò.
Oh, no! Sanna non sarebbe mai corsa a salvarmi, in caso di un suo stupro. Non potevo rimanere così, sola!
Warmyn e Butan borbottarono un po’, infine se ne andarono. Rimanemmo noi due, nel silenzio della cucina. La mia paura era palpabile.
«Finalmente soli!», esclamò alzandosi in piedi e facendo cadere la coperta. I suoi vestiti erano più o meno asciutti.
Andò a prendere il mio scatolone e cominciò a passare dalla mia stanza al bagno per sistemare i vari oggetti che avevo richiesto. Mi alzai, intimorita, per andare ad aiutarlo. Attraversai il corridoio lentamente, impaurita, il cuore a mille. Aprii la porta socchiusa ed avanzai nella mia stanza. Sembrava ancora più in ordine di quando vi ero entrata quella mattina. Corsi verso il letto: accanto ad esso erano state sistemate le mie Purple Supra. Erano pulite, nuove. Era quasi commovente riaverle con me. Anche se non erano proprio mie.
Poi la porta si chiuse da sola. Ma quando mi girai, Drew stava chiudendola a chiave. Prese la chiave e l’appoggiò sopra l’armadio, dove le mie mani non sarebbero mai arrivate. Ma lui, che era alto, sì.
«Ora sì che siamo soli!», esclamò strofinandosi le mani con fare malefico.  


Oddio D: Il lato maniaco di Bieber sta fuoriuscendo D: (?)
Comunque, ehm ehm *si schiarisce la voce* SCIAO BELI :D! Ecco a voi il capitolo 5! Sono un po' in anticipo, a quanto pare: l'ultima volta che ho postato è stata lunedì lol AMATEMI (?) :')!
Allora, come vi sembra? A me fa paura, questo capitolo AHAHAHAH! Lui è un po' un pervertito, e la cosa mi inquieta assai ewe
Comunque, che ne dite di passare dalla One Shot di SheBecameDirectioner? E' bellissima, si chiama "Hearts Beating". Vi ringrazio per tutte quelle recensioni e visualizzazioni dvcnbdjcnpdf*-* non so cosa farei senza di voi! Grazie çç! E fatemi sapere che ne pensate di questo capitolo, il   namber faiv   (?) u.u!

SheBecameBelieber

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Il Principe
Capitolo 6

«Ora sì che siamo soli!», esclamò strofinandosi le mani con fare malefico.
«Oh, no, non credo…», dissi imbarazzata mentre indietreggiavo. Non andai contro il letto – come farebbe la protagonista di un film porno; non che io li abbia mai visti, davvero – ma comunque non avevo via di fuga. Lui era davanti alla porta, e la chiave ben nascosta sull’armadio affinché non riuscissi a prenderla. Se ne fossi uscita illesa, lo avrei picchiato, quel Principe!
«Io credo di sì…», ribatté lui avvicinandosi.
Si ripeté la scena sulla torre, poco prima che mi buttassi: io che giravo intorno alla stanza, impaurita, e lui che si divertiva a guardarmi, pregustando il piacere dei momenti successivi.
«E io credo di no…»
«Ma siamo soli davvero», insisté lui. «Niente guardie, niente ragazzina impaurita, nien…»
«Si chiama Sanna», lo interruppi.
«E allora? Basta che sia vergine, il suo nome non conta»
«Ma il mio sì?»
«Sì»
«Motivo?»
«Sei solo più carina di Sunna»
«Sanna…», lo corressi.
Ah, per lui ero solo più carina. Che sciupafemmine! Non lo insultai con parolacce pesanti solo perché ero una ragazza perbene. Al contrario di mia sorella Marissa, ovvio.
«Qualunque sia il suo nome», mi liquidò lui con un gesto della mano. «Valerie, basta, ho il mal di testa solo a guardarti girare intorno. Stai ferma!»
«Ridammi la chiave!», esclamai spazientita.
«No»
«Voglio uscire di qui! Muoviti!»
Gli diedi le spalle per saltellare davanti all’armadio e cercare di prendere la chiave della porta. Ma lui mi prese per i fianchi e cercò di tenermi ferma. Cominciai a scalciare e lui mi lasciò andare.
«SANNA!», cominciai a gridare impaurita. «SAAAAANNA!»
Drew appoggiò le mani sulle mie spalle e mi fece sedere per terra, la schiena contro il muro freddo. Un brivido mi percorse la schiena. Si inginocchiò davanti a me, con lo sguardo serio, e si chinò verso di me. Poi mi carezzò una guancia col dorso del pollice e si avvicinò abbastanza da baciarmi. Be’, quello era il suo intento. Ma presa dall’adrenalina, gli diedi uno schiaffo. Stordito, si alzò in piedi. Sulla sua guancia prima bianca, c’era l’impronta rossa della mia manata.
«E giuro che se ti avvicini ancora a me te ne do altri, di schiaffi!», gli gridai contro.
Fece per chinarsi ancora verso di me, ed ero già pronta con la mano alzata, ma qualcuno bussò alla porta.
«Chi è?», chiese Drew seccato, massaggiandosi la guancia.
«Sono Kurda, Vostra Maestà!», rispose una voce profonda.
Probabilmente Kurda era una guardia-rinoceronte.
«Che succede, Kurda?», domandò Drew avvicinandosi alla porta.
«Due nuove arrivate!»
Drew sorrise, prese la chiave dall’alto dell’armadio e aprì la porta. Poi uscì dalla mia stanza e infine dalla Liberty. Mi sedetti su uno dei due divani in salotto e accesi svogliata la TV. C’era in onda un reality show che neanche avevo voglia di vedere. Ero arrabbiata con Sanna. Lei aveva sicuramente sentito le mie grida. Eppure non era venuta ad aiutarmi. Che razza di amica era? Poi mi venne in mente una cosa… Due nuove arrivate, aveva detto la guardia-rinoceronte? Magari le altre due erano più simpatiche di Sanna. Le portarono nella Liberty verso sera.
Attraversarono la soglia impaurite.
La prima aveva i capelli biondi, con sfumature azzurrastre, occhi azzurri e rossetto azzurro alle labbra. Indossava un vestito che a malapena raggiungeva gli slip azzurri. E ovviamente il vestito era azzurro. Si chiamava Agualyn. Che nome assurdo.
L’altra ragazza era vestita di rosso, ma con gli occhi arancioni. Mi sembravano uscite da Capitol City. Lei si chiamava Ignis.
Ci sedemmo al tavolo. Agualyn aveva una vocetta stridula e sembrava anche schizzinosa e prepotente. Ignis era semplice, gentile e simpatica.
«Da dove vieni?», mi chiese Ignis gentilmente.
«Da Londra»
«Mai sentita», disse. Poi arrossì. «Scusa, devo averti offesa»
«Per niente. È sulla Terra»
«Vieni dalla Terra? Eccitante! Io da Marte. Il pianeta rosso»
«Ora capisco come mai sei vestita di rosso…»
«Io vengo da Nettuno», si intromise Agualyn. Ed ecco spiegata parte del suo nome. «E’ un posto odioso, sempre azzurro. Mi dicono che la Terra è varia»
«Sì», confermai.
Lei si girò a parlare con Sanna, che però non l’ascoltava. Mi pareva molto in difficoltà. Così le toccai la gamba con una mano, ma lei trasalì e scappò in camera sua. Sbuffai.
«Che ha quella?», chiese Agualyn con la sua voce stridula.
«Stress»
«Ma l’avete visto il Principe?», esclamò Ignis eccitata. Le brillavano gli occhi.
«Che giovane affascinante!», concordò Agualyn.
Si misero a farneticare su Drew e quanto sia bello. Io pensavo che è solo un idiota. Un illuso. Un pervertito. E chi più ne ha più ne metta! Le ascoltai per un po’, poi non ce la feci più. Ciò che dicevano era apparenza. Non avevano mai avuto nelle vene la paura che lui potesse ucciderle. Ci avrei scommesso tutto che non sapevano neanche che lui doveva stuprarle e poi ammazzarle. Lo riferii loro.
«Mai letto il libro “Storie da Vartia”?», domandai.
Era da lì che cominciava la storia, d’altronde.
«Quella sul Principe che molestava e uccideva le sue vittime?», azzardò Ignis.
Certo che era intelligente. Più o meno. Se aveva letto il libro ed era finita per caso nello stesso posto citato nel libro, se ne sarebbe dovuta accorgere. Diciamo allora che era intelligente solo in parte, visto che non aveva capito niente. E di Agualyn… Neanche a parlarne.
«Esatto», sorrisi. «Vi trovate nel libro»
Calò il silenzio. Stavano registrando l’informazione. I loro visi passarono da “sto sbavando per un ragazzo bellissimo” a “non so se essere terrorizzata o eccitata”. Mi sbattei una mano sulla fronte.
«Pronto? Siamo chiuse qui! Okay? Non possiamo uscire. Non possiamo fare niente! Poi verremo stuprate e infine uccise. Contente?»
Riuscii a scatenare il panico. Agualyn si alzò e cominciò a gridare correndo in giro per la cucina; Ignis cadde dalla sedia e mi toccò gettarle l’acqua addosso quando svenne. Sono ufficialmente due pazze. Sanna uscì dalla sua stanza e ridacchiò alla vista del caos nella Liberty e mi si avvicinò.
«Cos’è capitato loro?», chiese con quel linguaggio medievale.
«Si sono rincretinite quando ho detto loro del perché siamo qui», risposi semplicemente sbuffando.
«ODDIO!», gridava intanto Agualyn. «NON VOGLIO MORIRE COSI’ GIOVANE!»
«Verrò stuprata?», mormorava Ignis guardando il nulla.
«PIANTATELA!», gridai a un certo punto non sopportandole più.
«Si possono piantare anche gli ortaggi, qui, o solo le piante?», chiese Sanna pensierosa.
«Stai scherzando, vero?», domandai perplessa.
«Dovrei?»
«AGUALYN! IGNIS! BASTA!», urlai allora.
Ma qui non capiscono niente? O sono io l’unico essere umano intelligente di questa isola? Comunque dopo la mia sfuriata tornò il silenzio. Feci sistemare le due arrivate sui divani e guardammo un po’ la TV. Dopodiché iniziarono tutte e tre – Agualyn, Ignis e Sanna – a farmi domande sull’arredamento. Per me è tutto naturale, come posso spiegare a cosa serve la TV? O il computer? O gli shampoo?
A un certo punto bussarono. Mi immobilizzai. Non avevo detto alle tre ragazze di cosa era successo con Drew prima del loro arrivo, per non spaventarle ulteriormente. Ma adesso io ero terrorizzata all’idea che il Principe ritornasse.
Sanna, sebbene un po’ impaurita, andò ad aprire e apparvero in cucina le due guardie-rinoceronti. Trascinarono con loro due ragazze. E contai. Eravamo in sei. E quante erano le vergini che venivano rapite ogni mese? Sei o sette?
«Eh-Eh!», ridacchiò Butan. «Ora siamo al completo!»
«E in una solo serata!», aggiunse Warmyn.
«Vostra Maestà avrà da divertirsi!», esclamo Butan.
Le due ragazze si guardarono intorno smarrite. Quella bionda la riconobbi subito come una della Terra. L’altra non ne avevo idea.
«Fate le brave», si raccomandò Warmyn.
Poi le due guardie uscirono. La bionda stava piangendo e si mise al tavolo cercando di calmarsi. L’altra ragazza, invece, aveva i capelli completamente bianchi. Ma non era vecchia, anzi. Agualyn, Ignis, Sanna ed io ci avvicinammo e le altre due ci guardarono con circospezione. Mi rivolsi alla bionda.
«Abiti sulla Terra?», le chiesi lentamente.
Lei mi guardò… non male, malissimo. «Che razza di domanda è?!»
Veniva dalla Terra, sì.
«E tu?», chiese Agualyn alla ragazza bianca, con quella sua vocetta stridula.
La ragazza fece un sospiro. «Da Venere»
Poi cominciò a maledirsi, dal giorno in cui vide una copia del “Storie da Vartia”. Intanto la bionda si riprese.
«Sei inglese, vero?», mi domandò asciugandosi le lacrime.
Io annuii e lei sorrise.
«Immaginavo», continuò. «Il tuo accento è inorecchiabile»
«Non esiste “inorecchiabile”», osservai.
«Non parlo inglese. Non così bene. Sono russa»
«E come vi chiamate?», domandò Ignis.
«Io mi chiamo Edna», sorrise la ragazza da Venere.
«Ed io Liliya», mormorò la russa.
Parlammo tutta la sera. Liliya ed io cucinammo, visto che né Sanna, né Agualyn, né Ignis e né Edna avevano mai visto fornelli, pentole e tutto il resto. Edna faceva molte battute e lei e Ignis se la ridevano in continuazione. Da quando Agualyn aveva scoperto gli smalti, in bagno, si era dedicata solo alle sue mani. Sanna ci guardava cucinare e commentava. Liliya era burbera e antipatica. Voglio dire, non avevo nulla contro i russi. Anzi, la mia migliore amica ospitava un bimbo russo due mesi, d’estate, e lui era molto simpatico. Ma Liliya era da ricovero.
Dopo cena, insegnammo alle altre a mettere piatti, bicchieri e posate nella lavastoviglie. E fu mentre la azionavo che Drew entrò nella Liberty scortato da Warmyn e Butan.
Il Principe ci guardò, le mani sui fianchi e lo sguardo fiero. Ogni nostra azione venne interrotta e lo fissammo immobili. Lui fece un passo avanti, fino ad affiancarsi a Ignis, che si spostò immediatamente facendolo sorridere.
«Il mese è iniziato», esordì Drew. «Siete sei giovani ragazze. Belle e desiderabili. Ma la vostra bellezza giovanile rimarrà immortale, questo ve lo assicuro. Non mi piace spaventare le giovani come voi, ma durante questo mese tutte e sei verrete sacrificate. A me. Nessuno sa chi sarà la prima e chi l’ultima. Vi sceglierò in base al mio umore quotidiano»
Si girò a fissarci negli occhi una ad una e sorrise dinanzi alla nostra paura. Poi fece un cenno col capo.
«Buona permanenza»
Sempre scortato da Warmyn e Butan, uscì dalla Liberty. E in quel momento esposi i miei pensieri.
«Ci vuole un piano per fuggire», dissi seria attirando l’attenzione di tutte. «Adesso ve lo spiego»

sono. un. MOSTRO. la mia mancata presenza non ha giustificazioni çç in realtà ne ha una, ma non è così valida: sapevo come volevo continuare la storia, ma ero bloccata a questo capitolo. alla fine mi ha contattata biebs_behappy e mi ha esortata a continuare, così l'ho fatto. quindi ringraziatela se sono andata avanti c': lol ora so che sarà difficile riavere le recensioni e le visualizzazioni di un tempo, ma ci provo lo stesso. quindi grazie per - ODDIO - quelle NOVE recensioni. davvero, siete sdnvcfjsdncksdncsdk*-* grazie di cuore, a tutte! e scusate il pesante ritardo.
SheBecameBelieber

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Il Principe
Capitolo 7

«Tu vuoi solo fare l’eroina della situazione!», esclamò Agualyn battendo una mano sul tavolo e facendoci sobbalzare tutte.
«Non è vero, non dire così…», mormorò Ignis.
«E’ invece ti dico che è così!», quasi gridò Agualyn. «Ma guardatela! Che subito se ne esce con un piano, ma a chi la dai a bere?»
«Ma sei scema?! Io me ne voglio andare da questo posto!», esclamai io. «Non so te, ma non ci tengo a venire stuprata da una checca e poi uccisa!»
«A me non sembra una checca!», ribatté Agualyn. «Anzi, a me piacciono!»
Liliya si mise a ridere. «Valerie, mi sa che la tizia di Nettuno non sa cosa sia una checca»
«Certo che lo so, razza di sgualdrine! È una bevanda al sapore di alghe!»
Liliya ed io ci guardammo e scoppiammo a ridere anche noi. Tutte le altre ci fissarono come se fossimo pazze.
«Lasciamo stare», dissi riprendendomi. «Allora, il piano è…»
«Non lo voglio sentire!», gridò Agualyn tappandosi le orecchie e canticchiando “la la la la!”.
«Ma mi fai finire di parlare, cavolo?!»
«NO! Sei solo un’egocentrica. Ve lo dico io il piano, ragazze. Ci facciamo fottere e basta. Dove le vedete, voi, le vie di uscita?! Volete passare dalle finestre? Ma se non ci passa neanche una conchiglia!»
«Non essere pessimista, Agualyn», la rimproverò Ignis. «Se Valerie ha in mente un piano, forse una via di uscita c’è»
«Esatto», aggiunse Sanna arrossendo. «Valerie non ci ha ancora spiegato il piano, ma io voglio dare il massimo per far sì che funzioni»
«Io sto qui da poco e già me ne voglio andare», commentò Edna amaramente. «Valerie, spiegaci il piano, per favore. E Agualyn, se tu provi a fiatare ti spappolo con le mie stesse mani»
Finalmente un attimo di silenzio. Lo sguardo di tutte, tranne quello di Agualyn, si posò su di me. Mi guardavano tutte speranzose, impaurite, ma pronte a mettere da parte la paura per salvarsi.
«Allora…», esortai sedendomi al tavolo. «Quando ho richiesto dal Principe un paio di scarpe, le guardie mi hanno mandata nella torre ovest, da lui. Lì ho cercato di buttarmi dalla finestra, ma il mio suicidio non ha funzionato»
Le ragazze trattennero il fiato, spaventate.
«Ah, quindi dovremmo suicidarci tutte?», chiese sarcastica Agualyn.
«No. Questo vi farà comprendere il piano», dissi soltanto. «Una di noi dovrà raggiungerlo nelle sue stanze. Nel frattempo, le altre si armeranno di coltelli e tutto ciò che abbiamo in cucina per uccidere le guardie. C’è un punto, nelle mura, che si apre se si alza una leva. È là che punteremo»
«Ma… se una va dal Principe… morirà», domandò Liliya fissando il pavimento.
«Sì. In modo da distrarlo quando attaccheremo le guardie»
Temevo si scatenasse il finimondo, ma ognuna rimase zitta. Tranne Agualyn che borbottò qualche maledizione su di me.
«Quindi», disse Edna per fare il punto della situazione. «le possibilità sono tre. O si sacrificherà la prima che verrà chiamata nel suo letto. O si offre qualcuna come volontario. O facciamo un sorteggio»
Pensai che magari potevo sacrificarmi io. In fondo il piano era mio. Quando lo dissi, l’unica a essere d’accordo era Agualyn. Liliya disse che non le importava chi moriva, basta che lei riusciva a tornare a casa. Sanna scoppiò in lacrime, scuotendo la testa. Ignis e Edna rimasero in silenzio.
«No», disse Ignis alla fine. «Il piano può funzionare, e se ci salveremo sarà grazie a te. Quindi non voglio la tua morte»
Le strinsi la mano, rabbrividendo, e ci demmo supporto in questo modo.
«Sorteggiamo?», propose Edna.
«E se andassi io?», disse invece Sanna.
La guardammo tutte con sguardo interrogativo e lei si strinse nelle spalle.
«Vivo solo con mio fratello, non abbiamo nessun’altro», si giustificò arrossendo di nuovo.
«No, Sanna no», scossi la testa. «E’ come abbandonare un cucciolo di cane in mezzo alla strada»
«Hai ragione», confermò Liliya sospirando. «Il tuo piano è perfetto. Ma sai qual è l’unica falla, Valerie?»
«Quale?», sussurrai anche se sapevo già la risposta.
«Questa. Nessuno vuole uccidersi per salvare persone che neanche conosce»
«Conosco abbastanza bene Sanna», ribattei.
Liliya scosse la testa come a dire “non hai capito”.
«Io sorteggerei», ripeté Edna.
«Io no», si intromise Agualyn. «Non voglio far parte di questo piano, e non voglio uscire come tributo al dio del sesso»
«Tanto se anche non venissi scelta, resteresti qui e moriresti lo stesso», spiegò Ignis.
«Puttanate»
Certo, sapeva la parola “puttanata” ma riteneva che una checca fosse una bevanda al gusto di alghe.
«MA CERTO! MA CERTO, CI SONO!», esclamai cominciando a saltellare.
«Dicci!»
«Innanzitutto ci facciamo portare un tappeto elastico. Poi dobbiamo agire di giorno. Di giorno le guardie sui cammini di ronda volgono lo sguardo a ciò che c’è fuori dalle mura, non all’interno. Se facciamo silenzio, potete porre il tappeto elastico sotto la finestra che dà sul laghetto, non sul mare, così la ragazza nella torre ovest ci si butta sopra. Poi scappiamo tutte insieme»
«Mi sembra una cosa forzata, Valerie», sospirò Liliya. «Ma potrebbe funzionare! Provare non costa nulla!»
Le altre ci guardavano male, così spiegammo loro cosa fosse un tappeto elastico e cominciarono a ridere quando capirono.
«Bene, sorteggiamo», disse allora Edna.
Ora eravamo più tranquille, convinte che saremmo sopravvissute tutte. Insieme.
Prendemmo ognuna dei pezzetti di carta e scrivemmo i nostri nomi. Poi li mettemmo in un pentolino che Edna agitò per un po’. Infine ne prese uno a caso.
Non mi importava se uscivo io. Sarei comunque sopravvissuta. Certo, il volo dalla cima della torre sarebbe stato inquietante. Ma alla fine sarei tornata a casa, nella villa di Sheffield della nonna. Avrei riabbracciato Marissa, i miei genitori, gli zii… e anche Amadeus, il cane, sebbene fosse stato lui ad aprire la porta a forma di corona, nel boschetto.
Edna aprì il bigliettino e sussultò. Infine girò il pezzo di carta affinché tutte potessimo leggere.
«Andrò io?», domandò sorpresa Ignis. «Oh per tutti i vulcani…»
La guardammo mentre la paura si impossessava di lei.
 
Tre giorni dopo stavamo tutte comodamente spaparanzate sui letti. Avevamo portato i divani in una camera e avevamo unito tutti i letti in salotto, per confermare la solidarietà formatasi tra noi. Agualyn all’inizio aveva dormito da sola su un divano, ma poi era venuta da noi dicendo di non voler restare sola tutta la notte. Ormai, con Sky, ci guardavamo tutte le puntate di The Adventure Time. Avevo spiegato loro che era una cavolata unica, ma Sanna e Ignis erano incollate alla TV a guardarsi quel cartone assurdo. Anche a una sola parola, ridevano così tanto che poi soffocavano. Così mi dovetti sorbire quel cartone. Appena potevo facevo altro. Mi facevo la doccia sia di mattina che di pomeriggio che di sera. Preparavo abbondanti colazioni, pranzi unici e cenoni natalizi. Pulivo, sistemavo oggetti, giocavo al pc. Tutto pur di non guardare quel cartone. Non toccavo Facebook, né Twitter, né Skype. Cosa avrei detto alla mia famiglia, in webcam? Sì, sono rinchiusa in un castello e c’è un tizio che mi vuole scopare. Forse anche uccidere. E passo il mio tempo sui social network. Papà vienimi a prendere, o credo che non ci rivedremo mai più. No, mi avrebbero presa per pazza.
Andai in cucina a farmi una cioccolata calda e in quel momento la porta principale si spalancò. Entrò Drew, scortato da Warmyn e Butan. Lui indossava una camicia dorata, pantaloni stretti e… Purple Supra? Sì, Purple Supra! Uguali alle mie.
Si sedette al tavolo davanti a me e mi fissò negli occhi. Cominciai a spaventarmi sul serio quando schioccò le dita e Warmyn appoggiò sul tavolo uno scatolone bianco.
Le altre accorsero e aprirono lo scatolone. Io ero convinta ci fosse dinamite, invece c’erano…
«Vestiti?», domandò Liliya accigliata.
«Esattamente», rispose Drew.
«E dobbiamo lavarteli?», chiesi io sospettosa.
Lui rise. Una risata cristallina che mi fece venire voglia di farlo ridere di nuovo.
«Ovviamente no», ridacchiò. «Sono per voi. Dovete indossarli. Ve li farò portare ogni giorno»
«Li scegliamo noi?», chiese Edna.
«No, c’è un foglietto all’interno dello scatolone con scritto chi deve indossare cosa»
Sanna mi passò il biglietto, che lessi. Era scritto in una grafia elegante, decisamente maschile.
 
Sanna Demir – giallo
Valerie Russell – rosso
Agualyn Maji – argento
Ignis Kempu – arancione
Lilya Romanovna Ivanov – lilla
Edna Alamana – verde

 
Tirammo fuori i vestiti e ognuno cercò quello del proprio colore. Io avrei indossato un vestito rosso. Perfetto, era il colore che più odiavo. Tifavo per il Chelsea, che ha i colori blu, e odiavo l’Arsenal… che ha i colori rossi. Guardai malissimo Drew. Lui però stava fissando le curve di Liliya. E mi venne in mente una aggiunta al piano. Quel ragazzo non meritava di vivere. Troppe giovani erano state uccise da lui. Non dovevo permettere che ciò accadesse di nuovo, una volta uscite da questo posto. E mi venne in mente anche un’altra cosa. Il libro. Di Vartia. Cosa diceva? Che se volevo scappare dovevo bruciare la copia originale. Quindi… Ignis sarebbe dovuta entrare nella torre. Avrebbe dovuto tirar fuori un coltello e uccidere il Principe. E rubare la copia originale del libro. Oddio, non avevo calcolato il libro! Era probabile che il Principe l’avesse fatto sparire. Ma magari era nella stessa torre in cui viveva lui.
«Non mi resisti, vero?»
Una voce mi arrivò sotto forma di eco e mi guardai intorno.
«Ehi, bella addormentata?»
«Ma mi lasci in pace?», sospirai.
«Non si risponde a una domanda con una domanda»
«Sì, sì, la convinzione è tutto»
«Non capisco se mi stai…»
«Ma certo che ti sto pigliando per il culo!», lo interruppi scorbutica e lui scoppiò a ridere.
«Che frase strana. “Pigliare per il culo”», ripeté ridacchiando.
«Noi dobbiamo vestirci, fate meglio ad andarvene», disse Edna interrompendoci.
Drew colse l’antifona, la guardò male, chiamò le guardie e se ne andò senza salutare.
«A picchiarlo mi trattiene solo il fatto che mi ha regalato un bel vestito», rise Liliya.
Mi girai verso le altre ragazze e le misi al corrente dei miei pensieri.
«COSA?!», esclamò Ignis. «Non ucciderò mai alcun uomo!»
«Ma lui se lo merita», spiega Sanna tranquillamente.
«Ma non ne ho il coraggio!». Ignis tentò di calmarsi e si sedette sul tavolo. «Prendo il libro e basta. Non ucciderò nessuno»
«MA LUI VUOLE UCCIDERE TE!», gridò Liliya furibonda. «LO VUOI CAPIRE?»
«Calmati, tu», la ammonì Agualyn.
«Mi dispiace… non ce la faccio».
Il tavolo cominciò a bagnarsi di lacrime.
«Solo il pensiero di tutto quel sangue che fuoriuscirà dal suo petto, io…»
Ignis prese a singhiozzare animatamente e la dovetti consolare mentre Liliya pensava a qualcosa.
«Possiamo dire alle guardie…», iniziò Liliya. «…che ci sono i topi! Così ci facciamo portare il veleno per topi! E quando Ignis si troverà sulla torre, gli offrirà da bere e lo avvelenerà!»
«Ragazze», disse Agualyn calma. «Non voglio distruggere i vostri sogni, ma già non riesco a pensare a come si salverà Ignis con il tappeto ermalastico. Poi il veleno per topi… Mi sembra tutto uno stupido libro di fantasia! C’è troppa fantasia! Siamo nel mondo reale!»
«Si dice "tappeto elastico"! E poi che possibilità abbiamo?!», esclamai io.
«Accettare la morte»
«Fanculo la morte», sentenziò Edna.
Così ci battemmo il cinque, anche se le dovetti spiegare cosa fosse.
«Bene!», esclamò Liliya eccitata. «Ora chiamiamo le guardie!»

BUOOOON POMERIGGIO :D! Come va, guys? sono tornata con un nuovo capitolo èwé a quanto pare, il piano di Valerie è parecchio suicida e solo Agualyn lo capisce - Agualyn, ma che nome ho scelto çç? Peccato, morranno tutte c': (?) no okay scheeerzo :'D non mi piace far morire i miei personaggi, lo trovo crudele çç ma probabilmente la Rowling non è d'accordo, visto che ha fatto morire i miei personaggi preferiti, Remus e Sirius çç bien, la devo piantare, va bene.
Comunque
u.u ho provato ad aggiornare sabato - anche "Pekaftet" - ma sabato mattina sono finita in punizione tutto il weekend. povera me .-.
coooomunque, ecco, grazie per quelle sei recensioni çç davvero ogni volta che le leggo impazzisco e fangirleggio per tutto il pomeriggio looool cfsdjcndsk quindi grazie, anche per le visualizzazioni :') vi ADORO! Promise I'll be here forever, I swear.  

Love Me Like You Do 

 

SheBecameBelieber

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Il Principe
Capitolo 8

«Oh dèi del fuoco!», esclamò Ignis sussultando. «Ora ho davvero paura»
«NON AGITATEVI!», disse Liliya.
Ma Ignis scoppiò in lacrime, così Sanna le batté una mano sulla schiena.
Le lasciai perdere e raggiunsi il Mac nella mia stanza verde. Dietro di esso trovai la sfera di cristallo, che agitai affinché arrivassero le guardie. Contai i secondi che impiegarono a venire qui.
Al ventitreesimo secondo sentimmo bussare alla porta e subito dopo fecero la loro comparsa Warmyn e Butan. Edna entrò subito nei panni d’attrice: corse verso le guardie-rinoceronte e si nascose dietro di loro.
«Ci sono i topi!», gridò terrorizzata. «Oh cielo! Fate qualcosa! I topi, Venere santissima! FORZA, GUARDIE, AGITE!»
«Topi?», domandò Warmyn grattandosi la testa.
Annuimmo tutte e cinque. La scena di Ignis che piangeva li convinse maggiormente.
«Ma dove?», chiese Butan.
«In giro!», rispose a tono Liliya. «Hanno attaccato Ignis, che ha la fobia dei topi! Insomma, aiutateci!»
«Io non so cacciare i topi», borbottò Butan all’altra guardia.
«Ma neanche io», aggiunse Warmyn. «Porca miseria, siamo rinoceronti!»
«Cosa farebbe il Principe, Warmyn?»
«Li stuprerebbe!», rispose Warmyn, e io due si fecero un paio di risate.
«ODDIO ECCOLO!», gridò Edna indicano una delle stanze con la porta aperta.
Le guardie corsero nella stanza, che era uguale alla mia ma rossa, e frugarono in ogni angolo in cerca di un topo che credevano esistesse… ma che in realtà non c’era.
«Portate… non so, del veleno!», suggerii.
«Veleno? E per chi?», chiesero le guardie perplesse.
«MA PER I TOPI!», esclamò Liliya.
«I topi giusto!», sghignazzò Warmyn. «Forza, Butan, andiamo!»
Uscirono ridendo e li guardammo sospirando.
«Se ci chiedono che fine hanno fatto i topi morti, cosa diciamo?», sussurrò Agualyn.
«Che…», pensai. «Non lo so, ci inventeremo qualcosa. Ma non è sicuro che lo chiedano»
Se il piano non sarebbe funzionato, non so cosa avrei fatto. Cosa mi sarebbe successo? Violentata, uccisa e lasciata a marcire in mezzo a una foresta terrificante. Per Dio, solo a pensarci mi saliva la bile. No. Non potevo morire. Non così. Non qui. Non per quel motivo. Cavolo, c’erano troppe ragioni per cui non potevo morire!
Mi buttai su uno dei letti in salotto e mi addormentai non appena la mia testa toccò il cuscino soffice. Non dormii molto, ma feci un sogno strano. Ero nella torre ovest, colma di paura. Drew era di fronte a me, con quel suo sorriso smagliante, e un calice vuoto in mano. Stava parlando del tramonto, di come fossero energiche le ultime luci del giorno. E io lo ascoltavo seria, versando un liquido nei nostri calici. Nel suo aggiungevo il veleno per topi. Ma alla fine non gli facevo bere il veleno, anzi, lo lanciavo sulla copia del libro delle “Storie da Vartia”, che andava in fiamme.
Mi alzai sussultando, un po’ scossa, quando bussarono le guardie. Le vidi dare la boccetta di veleno verdognolo a Liliya, che disse che avrebbe provveduto subito a uccidere i topi. Aggiunse anche di mandare un tappeto elastico. Appena le guardie se ne andarono, mi misi a sedere e sbadigliai.
«Hanno portato il veleno», sospirò Liliya. «Ora stiamo aspettando il tappeto elastico»
«Perfetto», mugugnai. «Appena arriva il tappeto ci armiamo. Ci riposiamo. All’alba chiamiamo le guardie e con una scusa facciamo andare Ignis sulla torre»
Il resto l’avremmo visto.
Non ci volle molto affinché il tappeto elastico ci venne recapitato. Guardammo la grossa scatola blu sistemata in cucina. Leggemmo le istruzioni. Assemblammo i pezzi. E alla fine dovemmo spostare il tavolo per far entrare il tappeto in cucina. Chiunque ci fosse saltato sopra, sarebbe sicuramente sopravvissuto. Di questo ne ero certa. Anzi, era l’unica cosa di cui fossi certa. Non sapevo se Ignis sarebbe sopravvissuta nella torre. Non sapevo se saremmo state in grado di abbattere le guardie. Di scappare. Di rubare il libro, la copia originale. Dovevo dormirci sopra.
Liliya cucinò del pudding sotto mie istruzioni, visto che in Inghilterra mangiavo solo quello a colazione. Non mi piaceva, ma secondo mamma faceva bene e inoltre mi faceva sentire più vicina alla realtà di Hogwarts, dove gli studenti mangiano pudding a colazione. Certo, per cena non era il massimo, ma la mia mente era semivuota e l’unica ricetta che mi venne in mente con prugne secche, mandorle e uova era quella.
Il pudding finì per entusiasmare tutte le altre e andammo a letto più calme di quanto lo fossimo state durante la giornata. Dormimmo tutte avvinghiate, come se stessimo unendoci per scacciare la paura, il male.
Ci svegliammo quando la sveglia del mio cellulare suonò. Certo, non c’era campo ed essendo uno di quei vecchissimi cellulari  dell’anteguerra la batteria aveva retto per qualche giorno. Ma quando spensi la suoneria notai solo una tacca su dieci. Non sarebbe durato per molto.
«Che ore sono?», sospirò Sanna sbadigliando.
«Le sette del mattino», risposi.
Facemmo colazione in fretta poi Ignis scrisse a casaccio una liste di cose che voleva. Scriveva veloce affinché Drew non capisse la sua scrittura. Infatti, dopo che demmo la lista alle guardie, queste ritornarono per portare Ignis dal Principe.
Intanto noialtre ci eravamo preparate coi coltelli e con l’acqua bollente. Uscì prima Ignis dalla Liberty, poi le guardie. Ma Liliya mise un piede affinché la porta non si chiudesse. Le guardie si girarono confuse e noi entrammo in azione: Sanna gettò contro di loro un pentolone d’acqua bollente in cui avevamo diluito un po’ di veleno per topi. Agualyn tagliò loro le mani – sì, erano dei rinoceronti, ma avevano delle mani umane. Edna le tempestò di pugni. Liliya ed io le ferimmo a morte coi coltelli.
Quando Warmyn e Butan caddero stramazzando a terra il veleno per topi li stava corrodendo. Dissi a Ignis di andare sulla torre. Normalmente mi sarei messa a gridare dallo shock, ma l’adrenalina mi aveva invasa e non davo retta a nient’altro che non fosse l’obiettivo. Mi tenni stretta il coltello da cucina e intanto aiutai le altre a trascinare il materasso elastico sotto la finestra della torre ovest. In poco tempo lo rimontammo e aspettammo. Aspettammo un’infinità di tempo. Ma Ignis non arrivava.
«Cosa le sarà successo?», sussurrò Sanna con le lacrime agli occhi.
«Non lo so», rispose Agualyn.
«Ragazze guardate le istruzioni! Manca un pezzo! Senza quello, se Ignis si buttasse sul tappeto si spappolerebbe», spiegò Liliya.
Corse con Edna e Agualyn a prendere il pezzo mancante, anche se non avevo capito di cosa stesse parlando. Restammo Sanna ed io, ad analizzare le nostre paure. Lei si sedette per terra sull’erba. Io restai in piedi.
Mi avvicinai a lei e mi chinai per accarezzarle i capelli. Era terrorizzata, tremava ed era pallida. Non potevo fare altro se non darle del conforto. Ma poi sentimmo dei passi.
«Vi credete così intelligenti?», ci schernì il Principe.
Mi voltai e lo trovai a meno di un metro da me. E neanche lo avevamo sentito.
«Dov’è Ignis?», chiesi furiosa.
«Ha messo del veleno per topi nel mio bicchiere di champagne», disse lui tranquillo. «Ma io ho invertito i bicchieri. E lei ha bevuto quello avvelenato»
«Cosa?!», squittì Sanna, che scoppiò a piangere.
Ma Drew non la degnò di uno sguardo. Mi prese per un gomito e cominciò a spingermi verso la torre.
«NO! NO! LASCIA VALERIE, MOSTRO!», gridava Sanna, ma il Principe le diede uno schiaffo e lei piombò letteralmente a terra.
Terrificata da ciò che sarebbe potuto capitarmi da lì a dieci minuti, non parlai, ma mi lasciai trascinare dal Principe.
Quando arrivammo alle scale della torre ovest, però, ripresi coscienza e gli feci lo sgambetto. Lui crollò sui gradini, battendo la testa e ferendosi, ma mi prese una caviglia e fece rantolare sulle scale anche me. Quando sentimmo le urla delle altre ragazze, Drew si affrettò a chiudere a chiave la porta della torre. Poi, dal momento che non ero più in grado di muovermi dal dolore atroce, mi prese in braccio e si fece tutte le scale senza mostrare un minimo di sforzo. Mi depositò a terra non appena arrivammo all’ultima stanza. La sua. Mi sedetti con la schiena contro la parete così fresca, ma lui mi prese le spalle con le mani.
«Hai ucciso Warmyn e Butan», mi incolpò furioso.
«Sì»
Mi diede uno schiaffo, che continuò a pulsare sulla mia guancia.
«Sporco bastardo!», gli gridai contro.
Quando fece per darmi un altro schiaffo, però, caddi di lato in modo tale da non essere colpita. Lui sbuffò e mi prese per mano, tirandomi su. Ma sentii le budella contorcersi dentro di me, dopo l’impatto forte con le scale. Crollai a terra tenendomi la pancia con le braccia.
«Avanti, alzati», mi ordinò.
Ma io continuai a guardare il pavimento, stringendo la pancia sempre più forte e ricacciando le lacrime.
«Alzati, ho detto!»
Mi prese di peso e mi fece sdraiare sul letto.
Oddio, adesso questo mi usa. Poi mi butta via.
Drew mi guardò mentre lottavo contro il dolore. Osservai la stanza, chiedendomi dove fosse il corpo di Ignis. Porca troia… l’avevo portata alla morte, col mio piano. Ero un mostro, tanto quanto il Principe. Quella ragazza aveva avuto la possibilità di tornare a casa dalla sua famiglia, ma io gliel’avevo bruciata. La sua famiglia non l’avrebbe mai più rivista.
«Vuoi sapere dov’è Ignis Kempu?», sussurrò Drew.
Il suo naso sfiorava il mio, così osai guardarlo negli occhi.
«No»
«E’ sotto il letto», mi rivelò lui ridendo.
Questa volta fui io a dargli uno schiaffo. Un secondo schiaffo. Ma più forte di quello che gli avevo dato quel giorno in cui ci aveva chiusi a chiave in camera mia.
Ma lui ignorò la manata che gli avevo lasciato e mi accarezzò la guancia che mi aveva colpito lui. Lo guardai di sottecchi, mentre lui non distolse gli occhi dai miei. Fu quando avvicinò le sue labbra alle mie che mi allontanai da lui in tutta fretta.
«Brutto… schifoso! È morta una ragazza e stai qui a fartene un’altra? Mi dai il voltastomaco»
Le parole che sputai lo fecero sussultare. «Ho vissuto così per secoli. Non farmene una colpa»
«Ah, non dovrei? Se non sbaglio sei stato tu ad avere l’idea di sfruttare le vergini, non la strega che ti maledette!»
«Sto cercando tra loro il mio amore vero, perché mi liberi da questa maledizione», spiegò serio guardando la finestra.
«E ovviamente cerchi il vero amore scopandotelo e uccidendolo», dissi sarcastica dando sfogo alle lacrime. «Sei proprio un mostro»
«Non hai paura che io ti uccida, dopo tutti questi insulti?», chiese socchiudendo gli occhi.
«Ascoltami bene, Drew», iniziai, asciugandomi le lacrime. «Siamo in questa torre, la porta è chiusa a chiave e nessuno verrà mai a salvarmi. Credi davvero che, sapendo che sto per morire, abbia paura di insultarti? Fra poco mi ucciderai in un modo meschino. Ma se mi uccidi adesso perché ti insulto alla fine muoio comunque»
Mi strinse a sé, inaspettatamente, e sospirò nascondendo il volto tra i miei capelli. Lo sentii respirare, come se stesse risucchiando al suo interno il profumo della mia pelle. E poi sentii le sue labbra sfiorarmi il collo. La sensazione di fastidio – come le mosche quando ti ronzano attorno – fu così forte che per poco non gli diedi un altro schiaffo per farlo smettere. Ma alla fine, quando le sue labbra raggiunsero le mie, non ci riuscii e lo scansai.
«Stammi lontano!»
«Stai ferma!», ribatté lui.
Il suo corpo mi travolse. Fu così veloce che neanche me ne accorsi. Ma mi trovai sotto di lui sul suo letto a baldacchino. Le sue labbra baciarono le mie e ne percorsero il perimetro. Mi dibattei, lo scansai, ma la sua forza non aveva limiti. Quando per la seconda volta la sua bocca si unì alla mia mi sentii male. Male dal piacere. Era come se trasudasse erotismo allo stato puro. Davvero.
Si schiacciò maggiormente contro di me. E in quel momento decisi di agire, per la mia salvezza. 

..Non uccidetemi, ve ne prego çç oookay, so che questo capitolo è terribile e che tutto si svolge in modo veloce. ma.. ma.. non ho scusanti, ecco. spero sul serio che nonostante tutto vi piaccia :'D
cooooomunque
u.u vi ricordate che vi ho parlato dell'esame di chimica che mi rallentava? ecco, l'ho superato e domani andrò ufficialmente in SECONDA SUPERIORE, SWAGGIE! (?)
Scusate il ritardo con cui ho aggiornato, maaaa sono stata impegnata tutto il tempo
D: domenica sera ho cominciato il capitolo ma si è fatto così tardi che mamma si è incazzata che stavo al pc e mi ha messa in punizione per tutto il lunedì çç oggi ho dovuto finire i compiti per domani scndsjc santo iddio, che stress! quindi ho postato ora c':
grazie per tutte le recensioni, e per le visualizzazioni, davvero çç io.. vi adoro vndvkndfkvndf non ho parole per descrivervi, punto. yeah man (?) grazie per tutte le vostre belle parole, really :'3
SheBecameBelieber

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Il Principe
Capitolo 9

Per la prima volta in vita mia tirai un pugno. Sapevo farlo, Marissa una volta mi aveva insegnato. Ma era una cosa per scherzare, visto che un gruppo di oche in classe mi prendeva in giro. Così Marissa mi disse come lanciare un pugno. E lo feci. Voglio dire, probabilmente mi spaccai le nocche, ma lo feci. Ci riuscii.
Drew rimase così sconcertato, col sangue che usciva dal naso e da un labbro spaccato, che si allontanò dal letto imprecando contro di me.
Era il momento per trovare la copia del libro. Ma non la vedevo. Non vedevo tra gli scaffali quel libricino rosso con le venature d’oro. Avevo bisogno di più tempo. Molto di più. Così, seppur mi fece un male cane, tirai un altro pugno al Principe, che si accasciò a terra. Tentò di lottare contro di me per un po’, ma probabilmente lo avevo troppo indebolito perché si difendesse. Lo lasciai mezzo morente, sotto la sua scrivania. Così presi a frugare nei cassetti, tra i fogli, tra i libri. Non osai guardare sotto il letto, sapendo che c’era Ignis senza… vita. Mi sembrava così strano pensarci. Quando feci crollare a terra tutti i libri, però, uno non si staccava dalla parete. Così lo spinsi verso di me, facendo scattare una serratura, e caddi a terra. Avevo aperto un cassetto segreto.
Mi affrettai a prendere la copia originale di “Storie da Vartia”, poi mi affacciai alla finestra che dava sul laghetto. Subito sentii le voci delle altre ragazze che stavano gridandosi contro perché non trovavano la leva nascosta che apriva la porta segreta nelle mura.
«Sono qui! Sono viva!», esclamai sbracciandomi.
Subito mi guardarono sbalordite, e poi sistemarono il tappeto elastico. Dovevo solo saltare. Salii sul davanzale della finestra, ma una mano si chiuse attorno alla mia caviglia.
«Non andartene!», gridò Drew.
«Lasciami!», ribattei io divincolandomi.
Ma le sue mani mi presero in fretta le gambe. Per fortuna, me la cavai con un paio di calci, che lo fecero rovesciare a terra. Nell’arco di tempo disponibile, saltai dalla torre ovest.
Atterrai sul morbido, rimbalzando un paio di volte. Ma poi Sanna, che ancora piangeva, mi prese un braccio, fermando i miei balzi.
«Ho il libro!», affermai mostrando loro il piccolo libro.
«E io la tua copia!», mi confermò Edna mostrandomi il mio.
«Benissimo, di qua!»
Attraversammo l’enorme prato. Intanto le guardie-rinoceronte gridavano ordini che nessuno eseguiva, e un forte squillo segnalava l’attivazione di un allarme. Ma io trovai immediatamente la leva nascosta, la tirai, e vedemmo una porta aprirsi tra le mura. Le attraversammo e, quando la porta si richiuse dietro di noi, sapevamo di aver raggiunto la libertà.
 
Aprii uno dei due libri, e lessi la mappa. Perfetto, dovevamo attraversare la Foresta Ombrosa. Corremmo finché non ci mancò il fiato. Ma quando ci fermammo ognuna mi lanciò uno sguardo di rimprovero.
«Sentite, non è colpa mia se Ignis è morta», dichiarai guardandole tutte male.
«Ah no?», rise Agualyn amaramente. «E a chi è venuto in mente il piano?»
«Intanto vi ho salvate. Non mi siete neanche riconoscenti. E poi poteva uscire chiunque dal sorteggio che abbiamo fatto», ribattei.
«Non prendertela con Valerie, dai», mormorò Sanna prendendomi per mano.
«Io sono arrabbiata, invece», disse Liliya. «Senza Ignis, nessuno potrà mai accendere un fuoco in questa Foresta»
«Ah, quindi a te di Ignis non frega nulla?», sbottò Edna con le mani sui fianchi. «Povera, è morta, ora come accenderai il fuoco, eh?»
«Non scherzare», la avvisò Liliya socchiudendo gli occhi. «E’ una cosa seria. Niente fuoco, niente falò. Niente falò, niente cenere di libri. Niente cenere di libri, niente CASA!»
«Sentite», dissi sospirando. «Ignis Kempu è morta invano. Capite cosa significa? L’abbiamo mandata al patibolo senza ragioni. E non ce ne siamo neanche accorte. Quindi non mi va di stare a litigare con voi perché è colpa mia o perché non può accendere il fuoco. Me ne vado»
Seguita da Sanna, attraversai a passo lento tutta la Foresta Ombrosa. Arrivammo al mare verso pomeriggio tardi. Il cielo azzurro che era solo un poco più chiaro del mare mi diceva che erano circa le cinque. Sospirai. Eravamo dalla parte sbagliata!
«Non è questa la strada», sussurrai guardando dietro di me.
«Cosa?», squittì Sanna. «Non è possibile!»
«Se vogliamo del fuoco dobbiamo arrivare alla Foresta dei Sogni. Che probabilmente sta dall’altra parte dell’isola»
«Cosa intendi dire?»
«Quando sono arrivata qui, dietro di me c’era una Foresta incantata», spiegai sbuffando. «Dietro di essa c’erano delle montagne, poi il castello. Dietro di noi, invece, c’è ancora la Foresta Ombrosa. Si vedono troppo bene le montagne»
«Be’, allora costeggiamo il mare», suggerì lei.
«Sì»
Ci incamminammo, ma delle voci ci chiamarono.
«Valerie! Sanna!»
Liliya ed Edna si sbracciarono per farsi riconoscere da noi, poi ci rincorsero.
«Dov’è Agualyn?», domandò Sanna. Io di sicuro non l’avrei chiesto.
«Ha preferito rimanere da sola che seguire voi due», spiegò semplicemente Edna.
Annuii e continuai a camminare coi piedi in acqua e le scarpe in mano. Le altre  parlarono un po’. Io non vedevo l’ora di tornarmene a casa. Certo… mi dispiaceva per Drew. Insomma, per come lo avevo lasciato. Mi sentivo un po’ in colpa, ma solo perché era sincero quando aveva detto che stava cercando il vero amore, per liberarsi. Ma ovviamente io non volevo dargli false illusioni. Per niente. Non sarei rimasta con lui neanche se mi avesse giurato amore eterno, una mega villa – che già possedeva, per giunta – e un maneggio. Non lo amavo. Per lui provavo solo schifo. E pietà, aggiungerei.
Verso sera raggiungemmo la Foresta dei Sogni. Le lucciole sprigionavo luce e si vedeva abbastanza bene. Ci inoltrammo e chiedemmo un letto enorme. Un letto, con tanto di coperte, cadde dal cielo e ci buttammo sopra. Subito dopo preparammo un banchetto da re con dolce. Ci riempimmo di cibo come mai avevamo fatto negli ultimi giorni. Poi facemmo scomparire tutto, e chiedemmo un focolare.
Mentre il fuoco scoppiettava, noi quattro ci girammo a guardarci.
«E’ stato bello vedervi», sospirò Edna. «Anche se per poco»
«Questa esperienza», cominciò Liliya. «è stata un incubo. Non la vorrei ripetere per nulla al mondo. Ma avervi come amiche è stato piacevole»
«Io sono stata la seconda a venir portata nella Liberty», dissi io, quasi in preda alle lacrime. «Sanna all’inizio era terribilmente pallosa! Ma poi abbiamo fatto amicizia. E, a parte Agualyn, vi voglio bene. A tutte voi. Anche Ignis, che non c’è più»
Sanna scoppiò a ridere e mi abbracciò. «Ragazze, davvero. Grazie di tutto»
Non riuscì a parlare oltre, perché le lacrime la inondarono.
«Ora è il momento», sussurrò Edna.
Presi la mia copia di libro. E Liliya prese l’originale. Ci guardammo tutte e quattro, poi gettammo i libri nelle fiamme, che li divorarono.
Fu come essere risucchiata dall’aspirapolvere. Tutto si scompose, tutto si annebbiò. E chiusi gli occhi. Capii che il vortice era finito perché non c’era lo stesso odore della Foresta dei Sogni. Ero nel boschetto di Sheffield, il boschetto accanto alla villa della nonna.
Avevo le braccia attorno alle gambe e sentivo Amadeus, il rottweiler della nonna, che mi si affannava attorno. E dei colpi, su una spalla.
«…Svegliati…», diceva qualcuno, ma la voce era troppo debole perché la sentissi.
«…Eh?»
Alzai la testa, sentendola terribilmente pesante. Marissa mi guardò semi incazzata. Marissa…? Ero tornata, quindi?
«E’ almeno un’ora che ti cerchiamo!», sbraitò lei. «Sei stata qui tutto il tempo?!»
«UN’ORA?», grida sconcertata. «Ma… sono stata via per giorni! Drew voleva uccidermi! E Ignis… IGNIS! È morta! Oddio… aiuto… mi sento male»
«Ignis? Drew? Ma tu sei suonata», bofonchiò alzando gli occhi al cielo. Poi mi prese a braccetto e mi forzò a camminare. «Sarà stato un sogno, Valerie»
«No!», ribattei convinta. «Sono stata via interi giorni! Non un’ora!»
Mi voltai e tornai indietro, all’albero con la porta a forma di corona. Ma la porta non c’era. Cosa…?
«Dov’è la porta?», chiesi seria indicando l’albero che Amadeus stava segnando.
«Porta?», ripeté Marissa lentamente.
«E’ una cosa seria, non fare la stupida. Dov’è quella porta?!»
«E che ne so, io, Valerie!», gridò spazientita.
Mi prese per un gomito e mi spinse verso le villa. Accanto alla porta mamma e papà si mangiucchiavano le dita o chiedevano notizie di me ad altri parenti.
«E’ qui, la svitata!», annunciò Marissa.
Tutti erano così felici di vedermi che non diedero retta all’insulto di Marissa. Una massa di famigliari mi si aggrappò addosso, e dovevano essere davvero preoccupati. Eppure mancavo da un’ora, secondo Marissa. Magari era una balla.
«Avvertite la polizia che Valerie è qui», disse papà a qualcuno.
«Che spavento, Valerie!», mi rimproverò mamma. «Sì, sarà anche un'ora ma… non rispondevi al cellulare, non ti trovavamo da nessuna parte, eri davvero sparita! Ti rendi conto del terrore che ci hai fatto passare? Dov’eri? Che diavolo stavi facendo?!»
Non potevo raccontarle del Principe. Delle altre ragazze. Non potevo dire loro che in realtà ero stata via molti giorni. Mi avrebbero presa per pazza. O peggio. Io sapevo che era stato tutto reale. Ne ero convinta. Era tutto troppo vivido per essere un sogno. Troppo vero. Ma dovevo mentire, in questo caso.
«…Probabilmente, mentre ero fuori col cane, mi sono addormentata», farfugliai. «Ah, è vero! Mi ero fatta male, quindi mi ero seduta contro un albero. E mi sa che mi sono addormentata, sì…»
«E il cellulare? Dov’era?», chiese papà. «Ti abbiamo chiamato miliardi di volte!»
Mi toccai le tasche, ma del cellulare non c’era traccia. Dove poteva… oddio! L’avevo lasciato sul tavolo della Liberty prima di uscire per attaccare le guardie! Che guaio!
«Non lo so…», mormorai.
«Almeno gliene comprerete uno nuovo, sapete…», suggerisce giustamente Marissa con le braccia conserte. «Quel cellulare dannatamente vecchio era proprio da buttar via»
«Provvederemo», sospirò papà annuendo. «Non possiamo davvero lasciarti con quel coso»
Annuisco. A me non importava di uno stupido cellulare, ma se questo li faceva sentire meglio poco male.
Marissa mi portò in casa. Quasi mi aspettavo l’arrivo della nonna… ma lei non c’era più da un po’. Marissa mi accompagnò in cucina e mi fece mangiare una fetta di cheesecake e un po’ di frittata cucinati da zio Alec. Mi venne in mente che anche la sera che finii a Vartia stava cucinando cheesecake e frittata. E se fosse passata davvero un’ora…? Possibile che qui il tempo fosse più lento rispetto al libro?
Lo sguardo di mia sorella fisso su di me mi fece un po’ preoccupare. Mi credeva pazza? Anzi, domanda principale: ero pazza? Mi ero sognata tutto? Però sembrava tutto così vero. E il fatto che avevo lasciato il cellulare sul tavolo della Liberty e che nella realtà non lo trovavo doveva significare qualcosa.
Sbuffai, rifiutando la seconda fetta di cheesecake. Ero satolla come un gatto. E dovevo controllare una cosa in soffitta.
Senza dire nulla, mi alzai da tavola e percorsi le scale e i corridoi per arrivare alla soffitta. Marissa mi seguiva senza fare domande, tenendomi d’occhio. Pensava che volessi scappare? Mica era colpa mia se ero finita magicamente in un libro.
Aprii la porta della soffitta e restai a guardare l’interno tenebroso senza muovere un muscolo. Dovevo trovare il coraggio di affrontare il libro. Entrai nella stanza, più o meno piccola, riconoscendo solo gli scaffali pieni di libri. Cercai con le mani il filo che pendeva dalla lampadina. Una volta trovato lo tirai e la luce si accese. Dopo qualche minuto di tenebre, la luce mi accecò, ma non durò molto. Non ricordavo dove fosse il libro “Storie da Vartia” così passai in rassegna tutti gli scaffali. Com’era possibile che una stanza così piccola contenesse tutta quella roba?
«Cosa stai cercando precisamente?», mi chiese Marissa con le mani sui fianchi.
«Libro», risposi semplicemente toccando il dorso di alcuni tomi.
«Un libro. Perfetto. Quale?»
«Quello sulle donne stuprate e poi uccise da un principe»
«Capisco. E a cosa ti servirebbe?»
Mi girai a guardarla. «Basta domande, devo concentrarmi»
«Ehi ehi ehi! Sono più grande di te, occhio agli... ai... ai cosi!», si agitò.
«”Basta domande” non è un "coso", Mary», le feci notare alzando gli occhi al cielo.
«Sì, invece! Te lo dico io che ho voti… ehm… più o meno alti in inglese», vacillò.
«Più o meno alti?», mi schiarii la voce, guardandola male. «Allora dovresti sapere che è imperativo»
«…Va bene, non sono proprio una cima in inglese», ammise sbuffando. «Certo che tu sei stata programmata per infrangere i sogni altrui!»
«Sì. Io. Ovviamente!»
«Ma che poi non è che sei… CHI E' QUELLO?!»
Marissa indicò una figura in fondo alla soffitta, seminascosta dietro una scaffale. Mi voltai di scatto, visibilmente terrificata. Oh, no. Non qui!

Buon Pomeriggio c': ecco a voi il capitolo number nine vbnfdevcnfd yo! ho deciso di postare subito questo capitolo perché ero ispirata*^* ..vi avverto, stiamo giungendo alla fine: preparatevi psicologicamente (?)
uuuuuuuuuuuhm, non ho nulla da aggiungere
u.u apparte il fatto che mi avete scritto sei recensioni. capito? 6. s.e.i. s-e-i. SEEEEEI! SDBVNJFDCVF Y'all make me feel so happy sometimes sdnvjcdfnvcfd okay okay, devo smetterla di fangirleggiare, altrimenti perdo la vostra stima çç e questo NON lo voglio, yo u.u
okay, prolunghiamo questo "spazio autore" perché devo fare la ceretta a mia cugina ma non c'ho voglia di farmi le scale fino a camera nostra lol allora, *trova un argomento* dovete dirmi che ne pensate u.u cioè.. vi è piaciuto la scena dove Valerie ha lasciato Drew nella torre çç? io non sono sicura di quella scena, ecco e.e e poi Agualyn mi stava sul cazzo e l'ho mollata in mezzo alla Foresta MUAHAHAHAH (?) e c'è da risolvere il fatto che nel mondo reale si dice sia passata un'ora dalla scomparsa di Valerie, ma a Vartia sono passati giorni! (non sto qui a contarli, scià) o: è un casino, yep u.u
MIA CUGINA MI CHIAMA D: Sono morta, letteralmente çç lei non ha i peli, lei ha una FORESTA sulle gambe! pregate che non debba farle anche l'inguine çç
SheBecameBelieber

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Il Principe
Capitolo 10

Il suo viso era ancora martoriato dai miei pugni e il suo sguardo era dolorante. Eppure era lì, nella soffitta, nascosto tra gli scaffali. Ma nessuno sfuggiva alla vista di Marissa Russell, né di sua sorella Valerie.
Presi il primo libro che trovai e glielo scagliai contro. Drew si abbassò giusto in tempo, prese il libro a terra e lo osservò.
«”Jane Eyre?”», ridacchiò osservando la copertina. «Povera Charlotte Brontë, come hai osato lanciare un suo libro, Valerie?»
«CHI CAZZO E’ QUESTO, VALERIE?!», gridò Marissa.
Io ero ancora paralizzata. L’adrenalina che mi aveva immediatamente invasa era stata lanciata via con il libro della Brontë. Come era riuscito ad arrivare sulla Terra? Come?! E perché era nella soffitta? Ma certo! Cercava l’altro libro… un momento. Lui aveva la copia originale di “Storie da aVartia”. Io quella non originale. Però la mia copia di libro era venuta con me a Vartia e l’avevo bruciata. Quindi, perché avevo la brutta sensazione che in realtà si trovava ancora in quella soffitta?
«Dov’è il cellulareeee?!», borbottava intanto Mary trafficando nelle tasche.
«Che vorresti fare con il cellulare, scusa?», chiesi perplessa.
«Chiamare la polizia, stupida!», esclamò spaventata indicando il Principe. «Non vedi che c’è un ladro?!»
«Ehi, non sono un ladro!», si difese Drew.
«Sì, invece, di vite umane!», sibilai furiosa.
Il ricordo di Ignis, che avevo conosciuto per così poco tempo, mi bruciava dentro e mi dava il coraggio di ribattere. Anche perché qui eravamo nel mio mondo. Non più nel suo. Nel mondo reale non ci sono guardie-rinoceronti o Foreste magiche.
«Un assassino?!», piagnucolò Mary.
«Esattamente»
«VALERIE, IO ME NE VADO!»
Marissa si diresse alla porta, ma Drew la chiuse a chiave velocissimamente. Ciò mi ricordò quello che aveva voluto fare nella mia camera alla Liberty.
«Nessuno qui se ne va», disse il Principe squadrandoci. Ma poi si rivolse a me: «Ho bisogno del tuo aiuto, Valerie»
«Ah certo. Subito!», dico sarcastica. «Ti aspetti davvero che dopo aver rischiato di venire stuprata e uccisa da te io ti aiuti? Sei sulla strada sbagliata»
«Non volevo stuprarti. Né ucciderti», assicurò.
«Sì. Come no»
«Voleva stuprarti?», disse Mary sbalordita, con un filo di voce. «E… ucciderti
«Storia lunga», la liquidai.
«Posso convincerti che ho buone intenzione», affermò il Principe. «Ho mandato a casa Agualyn Maji. E ti ho portato il tuo vestito»
Trasalii. «Quello rosso?»
«Sì. Ma ne ho preso uno blu… come i colori del Chelsea»
In quel momento mi sembrava quasi dolce. Sincero. Ma non dovevo dimenticare che in realtà era un maniaco. E che voleva morta me tanto quanto altre ragazze. E di sicuro Agualyn non era viva. Non poteva averla davvero rilasciata. Non era da lui, andiamo!
«Vestito rosso?», squittì Marissa. Lei tifa per l’Arsenal… «Sarei interessata!»
«Marissa!», sbottai. «Il sentimento più vicino all’amore che questo tizio abbia mai provato è l’odio»
Certo, la mia non era una frase semplice. Infatti non la capirono. Ma con quella intendevo dire che l’odio era il sentimento meno cattivo che provava Drew.  
«Voglio sapere chi è», disse Marissa guardando il Principe dritto negli occhi.
«Un Principe. Mi chiamo Drew», rispose lui senza abbassare lo sguardo, come se andasse fiero del suo nome. Ero sicura che ne andava davvero fiero. «Subii una maledizione che mi costrinse per sempre nella torre ovest del mio Castello. Così da quel giorno mi feci sempre portare delle vergini per…»
«Ma sei quello uscito dal libro delle “Storie da Vartia”?!», esclamò Marissa.
Drew ed io annuimmo.
«Valerie è finita nel libro ed è arrivata a Vartia. In realtà dovevo stuprarla e ucciderla come sempre, ma in qualche modo ha eluso le mie guardie ed è scappata con le altre cinque vergini. Da quando è morta la strega, però, posso aggirarmi nel Castello. E ho trovato il modo di venire sulla Terra», spiegò lui tranquillo sedendosi su uno scatolone. Aveva ancora in mano “Jane Eyre”.
«E dimmi, come sei venuto qui?», chiesi segretamente curiosa.
Lui mi guardò dritta negli occhi, facendomi rabbrividire. Quei suoi occhi color miele mi infiammavano tutte le volte.
«Sono uscito dal Castello. Sono entrato nella Foresta dei Sogni. E ho desiderato di essere qui, con te», mormorò.
«Mica non potevi uscire dal Castello?»
«Era ciò che pensavo. Ma dev’essere successo qualcosa di strano che non mi spiego…»
«E nella Foresta dei Sogni non si può desiderare di tornare sulla Terra», aggiunsi sospettosa.
Lui scoppiò a ridere. «Valerie! Ma io regno sulla Foresta dei Sogni! Così come su tutta l’isola»
«Non ci sto capendo niente!», si lamentò Marissa. «Di’ perché vuoi l’aiuto di Valerie e basta!»
«Sono venuto qui per trovare la mia anima gemella. E lasciare in pace gli abitanti di Vartia», rispose Drew prontamente. «Che se la vedano loro con quel regno! Io ci rinuncio»
«Stai insinuando che potrei essere io la tua anima gemella?», sussurrai terrorizzata.
«No!», esclamò lui burbero. «Tu? Ti pare? Voglio solo che tu mi aiuti a cercarne una. Anzi, non lo voglio. Lo pretendo»
«Stronzo»
«Mary!», esclamai.
Guardai il Principe severamente. E l’unica cosa che mi venne in mente fu: «Vedo che sei davvero passato al registro informale»
Lui alzò gli occhi al cielo. «Lascia perdere i registri! Devo trovare il mio vero amore. Solo così la maledizione svanirà»
«E va bene, va bene!», esclamai rabbiosa. «Ma sappi che sei sulla Terra. È il…?»
«Quindici novembre duemiladodici», disse Marissa.
«Ecco. Siamo nel ventunesimo secolo. E qui, se sei uno stupratore, la polizia ti arresta»
«E magari in America ottieni pure la pena di morte», aggiunse Marissa.
«Insomma, prova solo a farci del male che finirai nei guai», lo avvisai.
«Ah, tanto io non sono vergine», ridacchiò Marissa. «Non puoi toccarmi»
Stava diventando imbarazzante. Loro sapevano certe cose, e io no. E nel silenzio che seguì ero sicura che stessero pensando a quello. Marissa alla prima volta con il suo ragazzo. E Drew… be’, con tutte. Chissà se per lui era stata bella, la prima volta… Non glielo chiederò mai, ovviamente. Pura curiosità.
Una voce dal piano di sotto mi fece sobbalzare.
«Ragazze! Stiamo tornando a Londra, sbrigatevi!»
Era papà. Guardai Drew. Lui come se la sarebbe cavata, qui? Avevo un piano.
Scesi in fretta le scale e raggiunsi mio padre, fingendo di sentirmi male.
«Papà... Io, davvero, non sto bene...»
«Vuoi restare qui?», chiese premuroso.
Annuii con una smorfia.
«Va bene, zio Alec resterà qui, tanto. Chiama tua sorella allora»
«Non può restare con me?»
«No, Valerie», rispose mesto scuotendo la testa. «Lo sai che ha l’università»
Giusto. Marissa andava all’università e niente e nessuno le avrebbe impedito di andarci. Oh almeno, così la vedeva nostro padre. Marissa avrebbe fatto anche a meno di andarci.
Annuii di nuovo e risalii le scale. Riferii tutto a Mary e Drew.
«Non voglio lasciarti sola con questo», disse Marissa indicando il Principe.
«Ehi, ho un nome!», ribatté lui.
«Sì, e anche dei vestiti orribili. Ma ti sei per caso rotolato nel fango come i maiali?»
«No, Marissa, è il colore del tessuto! Marrone!»
«Be’, non mi piace. Non è sul mio vocavolario. Se devi vagare per Londra devi almeno indossare vestiti decenti»
«Io ho questi vestiti, non posso mica travestirmi!»
«Sì, invece, basta che...»
«PIANTATELA!», gridai arrabbiata. «Marissa, ti vogliono giù. Drew, pigliati dei vestiti normali»
«Non ne ho
«Sì, te li trovo io»
Con cautela scendemmo le scale. Nascosi Drew nel bagno del secondo piano, sotto il lavabo, dentro un armadietto. Poi scesi con Marissa. Salutai i miei genitori e vidi la loro macchina fare retromarcia e uscire dalla villa di nonna Melanie.
Zio Alec si offrì di farmi un tè o una camomilla, ma mi dissi stanca e corsi in quella che un tempo era stata la stanza di mia madre da giovane. Mamma diceva sempre che era uguale a quando era adolescente lei. Aveva un letto vittoriano bianco, un cassettone con specchio bianco, un enorme armadio bianco con incisi dei gigli rosa. Attorno allo specchio del cassettone erano appese foto sbiadite dal tempo e in una boccia di vetro c’erano tanti bigliettini ingialliti, di quelli che ci si scambia a scuola. Il più bello era quello che le aveva regalato papà all’ultimo anno di liceo, prima di uscire dalla villa per andare a una festa. Il biglietto diceva: così come i gigli è il tuo viso d’alabastro.
Aprii la porta del bagno e dissi a Drew di uscire dall’armadietto. Ma dato che non si sbrigava, aprii io le ante. E lui non c’era. Cominciai a immaginarmelo mentre si aggirava furtivo per la casa, nascondendosi a malapena dietro un vaso antico o sotto i banconi in cucina, e sospirai affranta. Povera me, quando mai gli avevo detto che l’avrei aiutato...
Sentii frantumarsi qualcosa nella stanza e uscii in fretta dal bagno. Quando vidi Drew in piedi fra pezzetti di vetro e bigliettini ingialliti non riuscii a non trattenere il malcontento.
«DREW!», gridai furibonda. «CHE COSA HAI COMBINATO!»
La boccia di vetro mia madre. Non c’era più. In frantumi ai piedi del Principe. Lui mi guardò amareggiato e si chinò a raccogliere dei bigliettini per poggiarli sul cassettone. Tremavo tutta, cercando di trattenere la rabbia. Sospirai e mi accasciai a terra, ma lui sussultò e mormorò: «Non ti conviene, lì potrebbero esserci minuscoli pezzetti di vetro»
«Hai mandato a puttane l’infanzia di mia madre», ribattei guardandolo così male che non osò alzare lo sguardo per incontrare il mio.
«Io non ho mai conosciuto la mia», rivelò lui ripiegando i bigliettini apertisi.
Doveva interessarmi? Be’, non mi interessava.
«Mio padre la uccise quando nacqui», continuò lui fissando il pavimento con insistenza. «Ma non ricordo il motivo. Sono passati talmente tanti anni da quando mio padre mi istruiva...»
Scosse la testa e sorrise mesto.
«Scusa, Valerie», sospirò. «Per , ehm, la boccia di vetro di tua madre»
«Perché non eri in bagno dove ti avevo lasciato?», chiesi scorbutica.
Lui si guardò intorno. «La stanza accanto a questa è la stanza da bagno dei tuoi nonni»
Sgranai gli occhi. Insomma, tutti la vedevano come un bagno. Come sapeva che in realtà era dei miei nonni? Mamma mi diceva che lì facevano le loro, ehm, sconcerie. E lei lo sapeva perché una volta li aveva sentiti. Che cosa imbarazzante.
«E’ tutta in granito e la piscinetta al centro del bagno è vuota. In un angolino cj sono incisi due nomi. Melanie+Edmund. Immagino siano i tuoi nonni»
«Sai troppo», mormorai.
Lui prese un bigliettino e lo lesse. Da dove ero seduta non lo vedevo, ma il biglietto era minuscolo, quindi non ci poteva essere scritto un poema. Eppure ci mise tanto. Drew alzò lo sguardo dal pezzo di carta, pensieroso, e se lo mise in una tasca dei pantaloni.
«Ehi!», gridai più che incavolata. «Quello non ti appartiene!»
«Facciamo una prova», disse lui alzandosi in piedi e mettendosi di fronte a me.
Il suo sorriso era quasi maligno e ciò non mi dava una buona sensazione. Pensai subito al peggio. Che mi uccidesse. Che mi stuprasse. Che uccidesse me e tutta la mia famiglia. Che...
      ...Che mi baciasse.
E fu così che, per la terza volta – le prime due nella torre ovest a Vartia – mi ritrovai ad assaporare le sue labbra. Perfette. Calde. Le sue mani allacciate dietro la mia schiena, le mie mani allacciate dietro il suo collo. Eravamo come un puzzle. Il mio corpo s’incastrava perfettamente con il suo. E la sua lingua, guizzante e passionale – come se una lingua possa essere passionale, ovviamente, ma probabilmente ero io che avevo qualche problema – mi sfiorava con dolcezza il palato e la mia lingua.
Quando mi staccai con un sussulto, lui sbuffò.
«Com’è che ti è uscito questo scatto passionale?», chiesi col fiatone.
Quel bacio veloce mi aveva praticamente prosciugata, avevo finito le scorte d’energia rimaste dopo gli eventi a Vartia.
Lui sorrise, ma poi il suo sorriso si spense.
«Così come i gigli è il tuo viso d’alabastro», sussurrò poggiando la sua fronte contro la mia.
Sgranai gli occhi di nuovo e sospirai.
«Valerie Russell, cosa hai provato mentre ti baciavo?», chiese scuotendo la testa per allontanare un ciuffo ribelle dinanzi ai suoi occhi.
«Qualcosa», risposi. «E tu?»
«Niente»
Mi scappò un gemito. Di dolore.
«Valerie, non sei tu la mia anima gemella»

Salve, faaaaaans c: ci ho messo un po', lo so çç perdonatemi D: ma la seconda superiore è sfiancante. sapete che stiamo facendo i Promessi Sposi? cioè, Como è dove sto io, ma sentire tutte le descrizioni di Manzoni mi fa addormentare. ma niente e nessuno potrà impedire alla prof, domani, di interrogarci çç poveri noi D: anzi, ora che ci penso dovrei pure studiare storia e tedesco.. ahah, ma a voi non ve ne frega, lo so :'D
ora che Drew è in cerca della sua anima, avverranno i guai seri looool taaaaanti taaaanti problemi u.u che ne pensate di questo capitolo, comunque :3? è terribile, vero? eh, lo so e.e 
ma grazie comunque per le recensioni al capitolo nove. DIECI RECENSIONI! SDFDNIJSFESENRJFHE Avete un grande coraggio a recensire una storia simile, davvero :'3 solo per questo vi dovrebbe andar concesso l'ingresso gratis al Paradiso lol oh, ma io sto leggendo un libro sjfrjefdgfdfraiu che si chiama "Il Bacio Maledetto", di Lisa Desrochers. E' BELLISSIMO, VE LO CONSIGLIO, DAVVERO. c'è anche il secondo libro, nel caso vi piacesse il primo :3
sddsvdnf okay, ora che vi ho aggiornati (?) vi saluto in fretta, che vado a studiare D: grazie di TUTTO. vi adoro. tantissimo. immensamente.
SheBecameBelieber

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Il Principe
Capitolo 11

Sentii un colpo al centro del mio cuore e nella mia mente lo vidi franare. Non sapevo perché, ma la delusione mi colse in pieno. D’accordo, lui non mi piaceva, ma sentirmi dire che non ero la sua anima gemella fu ugualmente triste.
«Oh, ehm...», mugugnai. «Si sapeva già, mhm, credo»
Lui annuì e fece per uscire dalla stanza, ma lo bloccai.
«Dove credi di andare?», sibilai.
Mi guardò male. «A prendere qualcosa da mangiare. Ho fame»
«Be’, andrò io. Giù ci sono i miei parenti»
Sbuffò e si lasciò cadere sul letto. Ma non mi fidavo di lui. Se già una volta era sparito, poteva rifarlo. E non volevo poi spiegare agli zii il motivo per il quale il Principe era da noi. Mi avrebbero presa per pazza, se non peggio.
«Non guardatemi così», mi ammonì mentre si toglieva le scarpe per infilarsi sotto le coperte. «Non farò nulla di male, lo prometto»
Oh cielo, aveva ricominciato col tono formale!
«Ti conviene»
Andai di soppiatto in cucina borbottando qualche imprecazione indirizzata a Drew. Arraffai qualche salatino e dei sandwich e salii di nuovo in camera. Per fortuna nessuno mi aveva trovata. Aprii la porta della camera e quasi quasi mi aspettavo di non trovarvi Drew. Ma invece eccolo là, stravaccato sul letto e con il caminetto acceso. Come aveva potuto accendere il fuoco così in fretta? Alzai gli occhi al cielo, come per scacciare il pensiero.
«Ah, eccovi», disse contento mettendosi a sedere. «Pensavo foste scappata»
In quel momento pensai che preferivo il tono informale. Sembrava stesse pigliandomi in giro.
Prese a mangiare i salatini, osservandoli con attenzione prima di infilarseli in bocca. Pensai fosse la prima volta che li vedeva.
«Che affarini strani», commentò sorridendo.
Ora i salatini erano diventati degli affarini. Forse dovevo dare retta a Marissa e denunciare Drew alla polizia. Stavo cominciando a dannarmi per non averlo fatto. Però i sandwich li mangiò senza dire o fare cose strane.
«Posso fare una cosa imbarazzante?», mormorò arrossendo lievemente.
E ORA COSA VUOLE FARE?!
«Tipo cosa?»
«Ditemi solo se posso o meno»
No. Certo che no. Dovevo prima sapere di cosa si trattava. Ma il suo sguardo mi diceva chiaramente che non me l’avrebbe mai detto. Così, vinta dalla curiosità, dissi di sì. Lui sorrise e sembrava ancora più imbarazzato. Passò l’indice sul piatto per prendere le briciole e se lo mise in bocca. Scoppiai a ridere.
«E questo dovrebbe essere imbarazzante?», dissi ridendo.
«Be’, sì», rispose. Mi fece un sorriso. «Non sapete che è maleducazione pulire il piatto con le dita?»
Ah, be’, convinto lui.
«No, non lo sapevo», ammisi, e feci spallucce.
Lui mi fissò qualche attimo, poi si distese elegantemente sul letto, sotto quelle coperte che erano così spesse da essere anche alte. Era buffo.
«Potresti smetterla di fissarmi?», chiesi stizzita, visto che non mi toglieva gli occhi di dosso.
Con la coda dell’occhio lo vidi guardare il fuoco, ma poi riportò lo sguardo su di me. Si rimise a sedere e allargò le braccia.
«Vieni qui», sussurrò.
Ma come, hai appena detto che non provi nulla per me, stupido!
«Dove?», domandai imbarazzata.
«Tra le mie braccia»
Ah. Merda.                                                                                                  
Ci fu un attimo di silenzio in cui nessuno dei due si mosse. Poi, lentamente, salii sul letto e mi sedetti tra le sue gambe. Lui sbuffò visto che mi ero seduta sulle coperte e mi ci portò sotto. Erano calde del suo corpo. Il mio cuore era... a mille. Mi avvolse tra le sue braccia e appoggiò una guancia contro la mia nuca. Ero tentata di gridargli perché cavolo si comportava così. Prima mi aveva baciata, poi aveva detto che non ero la sua anima gemella. Ora invece ero mezza distesa tra le sue braccia, manco fossimo una coppietta felice. Mi venne in mente che stesse verificando in qualche suo strano modo che non fossi davvero la sua anima gemella. Non bastava non sentire nulla durante un bacio?
 
Bussarono alla porta più volte, finché non alzai la testa da sotto il cuscino. Dannato. Zio. Alec. Aveva il pessimo vizio di bussare alle porte chiuse a chiave finché non venivano aperte. Ero certa che fosse lui. Mi alzai e vidi sotto di me un braccio.
Un... braccio?
Mi voltai improvvisamente verso Drew, che dormiva beato. Io invece avevo dormito sotto il cuscino ma sopra il suo braccio. E zio Alec stava bussando alla porta. Mi alzai in fretta e mi aggiustai i capelli allo specchio. Vidi dal riflesso che il fuoco si era spento e un po’ di cenere era sparsa a terra.
Sentii zio Alec borbottare.
«Arrivo, zio!», dissi mettendo poca enfasi nella frase per fargli capire che mi ero appena svegliata.
Mi avviai alla porta e feci per aprirla, ma mi ricordai del Principe. Corsi al letto e coprii il suo corpo con le coperte, ma i miei movimenti frettolosi lo svegliarono di soprassalto.
«Che succede?!», esclamò e nel contempo i borbottii dello zio si fermarono.
«Sssh! Zitto!», sibilai. «C’è mio zio di là»
Lui spalancò gli occhi, si liberò dalle coperte e corse nel piccolo bagno a nascondersi. Ciò mi fece ridere molto, così quando aprii la porta mio zio mi prese per ubriaca.
«Hai bevuto, Valerie?», fu la prima cosa che mi chiese.
«No, no...». Non ero stata molto convincente. «È che, ehm... sono caduta in modo stupido dal letto e mi sono messa a ridere»
Ridacchiò. «Ah! Comunque, buongiorno. Oggi ti senti meglio?»
Che intende dire?
«Eh?»
Mi guardò perplesso. «Ieri sera stavi male...»
«Ah, intendi in quel senso! Oggi mi sento molto meglio, davvero», garantii con un sorriso falso in volto. «Mi sa che ieri sera il freddo mi ha fatto male»
«Può essere», commentò. «Vieni giù a mangiare?»
«Ah, preferisco restare ancora un po’ a letto, zio. Non è che potrei mangiare in camera?»
Annuì e scesi in cucina con lui. Lì c’era già mia zia Audrey, moglie dello zio Alec, che aiutai a cucinare. Per fortuna aveva già preparato le uova al tegamino e i funghi. Io mi preparai il succo d’arancia, del pane tostato con marmellata e una tazza di tè. I miei zii rimasero sorpresi da quanta roba avevo preparato. In fretta misi tutto su un vassoio e tornai in camera. Lì, Drew stava rianimando il fuoco nel camino. Sbirciai fuori da una tenda e vidi che pioveva. Non sapevo neanche che ore fossero.
«Sento odore di cibo», lo sentii ridacchiare.
Annuii e appoggiai il vassoio al centro del letto. Sdraiati su di esso, mangiammo uno davanti all’altra, in silenzio. Ogni tanto adocchiavo il fuoco che coi suoi scoppiettii attirava la mia attenzione.
«Hai dormito bene stanotte?», chiese il Principe guardando ovunque tranne me.
Annuii distrattamente e il suo sorriso si allargò.
«Hai dormito avvinghiata a me, lo sai?», disse come a provocarmi.
Nella mia mente mi immaginai mentre gli sputavo addosso il cibo, ma nella realtà mantenni un certo contegno.
«Non capisco perché sorridi così felicemente. Solo ieri sera hai detto che non provi nulla per me e ora ti gongoli perché abbiamo dormito abbracciati?»
L’avevo confuso.
«Il fatto che non siamo anime gemelle non significa che non possiamo essere amici», disse intelligentemente. «Gli amici si abbracciano»
Lo guardo dall’alto in basso. «E non cercano di stuprarsi a vicenda e uccidersi»
Il mio commento lo fece soffocare, così prima di rispondere diede una sorsata dalla tazza di tè che avevo portato.
«Non voglio più saperne di Vartia», asserì.
«Certo, perché da un giorno all’altro ti levi il passato di torno»
Socchiuse gli occhi. «Cosa intendi dire?»
«Ieri eri a Vartia. E sempre ieri hai tentato di stuprarmi! E ora, ossia il giorno dopo, vieni a chiedermi aiuto per cercare la tua anima gemella visto che il tuo cuore è magicamente diventato puro e si pente di tutte le ragazze che hai ucciso»
«Non importa se è tutto troppo veloce». Si chinò verso di me. «Io voglio che tutto ciò cambi»
Si alzò in piedi e prese a gironzolare per la stanza. Mentre mi parlava gesticolava.
«Guardami», disse indicandosi. «Ho l’aspetto di... un diciottenne? Ventenne? Un ragazzo. Ho questo aspetto da secoli. E non combino nulla da secoli! Trovo, scopo, uccido. Quotidianamente per l’eternità»
«Non è colpa della strega, ma tua», gli feci notare.
Sembrava disperato. O forse lo era davvero. «No! Io non volevo essere così! Parlando onestamente, mi piaceva andare a letto con le donne e prendermela coi più deboli, ma... Non lo so! Ero un mostro! Vorrei trovare qualcuno che mi apprezzi per quel che sono ora, non per quel che ho»
Con quel “che ho” intende dire che ha un maschio e che ha...? Non glielo chiesi, ma sospettavo intendesse quello.
Si buttò a peso morto sul letto, facendo traballare pericolosamente il vassoio ancora pieno di cibo. Sbuffò sonoramente e si passò più volte una mano fra i capelli. Voltò la testa in direzione mia.
«Avvicinati», mormorò.
Accigliata gattonai sul letto fino a raggiungerlo. Mi accarezzò una guancia e già immaginavo cosa sarebbe accaduto. Solo, non lo impedii. Lasciai che mi baciasse per una quarta volta – ma perché tenevo i conti?! Non fu diverso dall’ultimo che mi aveva dato la sera prima, ma in qualche modo non fu neanche uguale. E ci assaporammo per non so quanto tempo, fatto sta che nessuno dei due si allontanava dall’altro. Fu zio Alec a bussare, di nuovo.
Staccai le mie labbra da quelle di Drew, ma lui mi trattenne e continuò a baciarmi.
«Valerie!», esclamò lo zio. «Ti sta suonando il cellulare, che faccio?»
«Il cellulare?», tentai di chiedere, ma mi uscì qualcosa simile a “il ciacciare”.
«Eh?», borbottò lo zio. «Il tuo cellulare sta in cucina, e suona! Rispondo?»
«Sì!»
Sentii i suoi passi che lo portarono lontano dalla mia camera e lanciai un’occhiataccia a Drew.
«Non dirlo», mi avvisò.
«Cosa non dovrei dire?», domandai incazzata.
Lui rise. «”Cos’è, prima mi vuoi scopare e ammazzare e ora mi baci?”», mi scimmiottò.
«Dovrebbe far ridere?»
«A me sì», infatti non la smetteva di ridere.
«Zitto!», esclamai quando zio bussò di nuovo alla porta.
«Valerie, posso entrare?»
Drew filò in bagno a nascondersi, ma continuando a ridere. Io invece corsi alla porta e la aprii, facendo entrare lo zio, che mi passò il cellulare. Sorpreso, si avvicinò al camino. Probabilmente non mi riteneva capace di accenderlo, e a ragione, perché ci aveva pensato il Principe.
«Pronto?», dissi al telefono.
«Valerie?», chiese Marissa. «Sei tu? Sono Mary»
«Sì, sono io, Mary»
«Oh bene! Senti, sono a un cambio dell’ora e devo raggiungere un’ala lontana dell’università», mi disse. «E ne ho approfittato per chiamarti. Sei viva? Quel ragazzo non ti ha stuprata, vero?»
Risi. «No, stupida. Si gode...»
Non finii la frase, mio zio mi guardava. Gli feci cenno di uscire e lui annuì e si chiuse dietro la porta della mia camera. Io però corsi a chiudere a chiave la porta.
«Dicevo. Si sta godendo il letto e il camino»
«Cosa intendi con “il letto”?», domandò preoccupata. «Non te nel letto, vero?»
«NO!»
Mi ha solo baciata due volte e abbiamo dormito avvinghiati tutta la notte, e lui è convinto che siamo solo amici.
«Meno male», la sentii sospirare. «Quel tizio non mi convince, Valerie. Sta’ attenta»
«Agli ordini, padrone!»
«Perfetto. Che altro si dice laggiù, nelle sperdute campagne di Sheffield?», cambiò argomento.
«Piove»
«Anche qui»
«Che sorpresa»
Come se Londra non fosse sempre grigia e piovosa.
«Oh, sono arrivata», disse. «Adesso sono sicura al cento per cento che mi interrogano»
«...E tu ovviamente non hai studiato»
«Ovviamente. Dai, chiudo. Dimmi buona fortuna»
«Buona fortuna!»
«Grazie!», esclamò ridendo. «Ciao, Valerie»
Mi voltai verso il camino dopo aver osservato la pioggia dalla finestra. Drew era seduto su una poltroncina e mi fissava. Ora glielo avrei detto.
«SE MI RITIENI UN’AMICA MI SPIEGHI COME MAI NON LA FINISCI DI BACIARMI?!», urlai.
Mi aspettavo ridesse, invece era serio.
«È che ho un piano», rispose passandosi una mano fra i capelli.
«Quale, rendermi più confusa che mai?»
I suoi occhi divennero quasi gelidi, in quel momento. E aveva lo stesso sguardo senza pietà che aveva anche a Vartia quando tentava di catturarmi per stuprarmi. E ora lui si trovava accanto a una porta chiusa a chiave, e se solo avesse voluto avrebbe potuto tenermici prigioniera.

D'accordo, SONO VENTISEI GIORNI CHE NON CONTINUO çç mi spiace tanto tanto tanto tantissimo > COMUNQUE. Drew ha qualche problema col suo passato e con il presente D: ma è certo del suo futuro: trovare l'anima gemella. secondo una mia amica il Principe usa Valerie come tester AHAHAHAHAH Ma dettagli :') non faceva neanche ridere. 
che carini che si baciano, ah? asnfcjds E QUANTO NON SIETE CARINE VOI CON LE VOSTRE RECENSIONI? cioè giuro, ne ho avute assai ma OGNI VOLTA mi sorprendo di ciò che mi scrivete. mi fate sentire.. non so.. davvero felice e orgogliosa
:') YOU MAKE MY DAYS (?) Quindi grazie di tutto, davvero. <3
SheBecameBelieber

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Il Principe
Capitolo 12

«Va bene, va bene!», esclamai spaventata. «Drew. Parliamone»
Drew mi guardò perplesso e prese la chiave dalla toppa della porta. E... e se la infilò in tasca. Ero in trappola. Merda. Dovevo mantenere la calma e discutere con lui in modo diplomatico. Ecco, perfetto, in modo diplomatico.
«Di cosa dovremmo parlare?», chiese passeggiando per la stanza.
Lo stavo facendo innervosire?
«Solo poco fa hai detto che vuoi dimenticarti di Vartia», dissi con calma. «E ora vuoi stuprarmi?»
Lui rise. «Non voglio stuprarti. Ma sapere che non puoi prendere la chiave mi fa stare più tranquillo. Non ti è possibile scappare da me»
«Perché dovrei scappare da te?», sussurrai.
Lui mi guardò, col capo chino, e deglutì. Osservò intorno a sé con fare imbarazzato e si strinse nelle spalle.
«Sono un mostro», mormorò con un sorriso amaro.
«In effetti...»
«Stronza che non sei altro», esclamò corrucciato. «Io ti avrei consolata»
Arrossii di colpo e mi scusai. In fondo era solo un ragazzo con molti problemi di socializzazione con le ragazze. Però non pensavo dovesse avere problemi con me, insomma...
«Mi porti a Londra?», chiese.
«Drew, senti... Non ho la patente», usai come scusa.
«Neanche io»
«Quindi ci tocca stare qui»
 
Andammo a Londra. Anzi, mi costrinse ad andare a Londra e non lo dissi neanche a zio Alec. Praticamente preparammo le borse e scavalcammo la finestra della camera di mia madre. Per poco non caddi, più volte, ma Drew, che era sceso per primo, mi teneva ferma per le caviglie, impedendo la mia caduta. Inutile dire che avevo il cuore in gola dal terrore. Attraversammo il boschetto della villa e raggiungemmo l’autostrada più vicina. Lui voleva andare a piedi fino a Londra – stupido Principe – ma io lo convinsi a fare l’autostop. Finimmo in una quattro per quattro occupata già da due genitori e due figli. Due figli capricciosi, con cui dovevamo cantare canzoncine per bambini, altrimenti il padre ci avrebbe fatto pagare il viaggio. E se io non avevo soldi, figuriamoci il Principe. Al primo semaforo rosso nei pressi di Londra, Drew ed io ci lanciammo fuori dall’auto senza salutare la famiglia e scappammo via.
«E questa è Londra?», chiese Drew guardandosi intorno nella City.
«Sì. E sta anche cominciando a piovere», mi lamentai.
«Che ore sono?»
«Quasi le sette»
Era già buio da un po’ e Londra era più accesa che mai, sebbene ci fosse la nebbia e piovigginava lievemente. Ci rintanammo sotto dei portici e proseguimmo da lì la nostra passeggiata. Finché non mi suonò il cellulare.
«VALERIE, DOVE CAZZO SEI?!», gridò mia sorella. «Zio Alec ti sta cercando dappertutto!»
«Giura che non mi gridi contro di nuovo», la supplicai.
Lei sospirò. «Va bene, dimmi»
«Siamo scappati e abbiamo raggiunto Londra»
«COOOOOSA?!»
«Mi ha costretta lui!»
«Non è vero!», esclamò Drew.
Prese il cellulare e lo lanciò per terra, poi mi schiacciò contro una colonna dei portici.
«Stupido!», esclamai. «Se me l’hai rotto ti ammazzo!»
«Tanto è vecchio», sussurrò a pochi centimetri da me.
Gli diedi uno spintone. «Stammi lontano», intimai.
Ma lui si mise a ridere quasi in tono malefico. Non lo riconoscevo più. Fino a poco prima era dolce e simpatico e ora sembrava quasi un assassino dalla mente contorta.
Mi intrappolò contro la colonna, impedendomi ogni via di fuga mettendo le braccia ai miei lati. Lo stavo odiando come non mai. Così quando provò ad avvicinarmisi di più mi abbassai, passai sotto le sue braccia e presi a correre con tutta la forza di cui disponevo. Mi fermai un attimo solo per raccogliere il cellulare a terra, ma continuai la corsa. Attraversai i portici e mi buttai in strada, facendomi investire da un forte getto d’acqua piovana. La pioggia che veniva giù dal cielo era forte e faceva rumore nello schiacciarsi a terra, quindi non sentivo i passi di Drew ma sapevo che mi stava inseguendo. Così svoltai in una piccola via e cercai di levarmelo dalle calcagna. Trovai facilmente una scorciatoia per l’hotel dei miei genitori, così avrei potuto nascondermici. Entrai nella hall senza salutare Dallas, il capo dei facchini. Infatti, sebbene stessi correndo, vidi la sua faccia a metà tra l’arrabbiato e l’offeso. Salii di fretta le scale e l’adrenalina era così parte di me che non sentii la stanchezza per lo sforzo. Solo in quel momento mi venne in mente che dovevo prendere l’ascensore che arrivava diretto all’attico – ossia mi lasciava in cucina. Presi un ascensore e arrivai al piano terra. Poi cambiai ascensore e presi quello che dagli altri piani non si poteva prendere, e che arrivava solo all’attico.
«Ciao Jimmy», salutai.
Jimmy Carlton è un addetto agli ascensori, ossia chiude le porte e aiuta gli ospiti con le valigie. È l’unico del suo gruppo che mi piace, anche perché è giovane... figo... e... ed è un ottimo consigliere. Voglio dire, ha molte esperienze di vita e chiedo sempre consiglio a lui.
«Ehi Valerie», mi salutò lui chiudendo le porte dell’ascensore e azionandolo. «Sembri senza fiato»
«Ho fatto una corsa...», sospirai accasciandomi a terra.
«Ah. Lo sai, vero, che i tuoi sono incazzatissimissimissimi con te perché non ti trovano?» 
Mi rannicchiai in un angolo. «Lo credo bene»
«Perché non li hai avvisati?»
«Storia lunga...»
Fece un sorriso sornione. «C’entra un ragazzo, vero? Quante volte ti ha fatta venire?»
Lo guardai con gli occhi stralunati. «COOOOOSA?!»
«Eh dai, a me puoi dirlo!»
«N-non c’entra un ragazzo!»
Che bugia...
«Allora sei stata con una ragazza? Sai, sono un maschio, e immaginare due lesbiche che...»
«Jimmy Jimmy Jimmy! No!», esclamai. «Non sono lesbica!»
Si aprirono le porte dell’ascensore e vidi mio padre davanti a me, le mani sui fianchi e gli occhi in fiamme. Jimmy lo salutò e chiuse l’ascensore per svignarsela. Ha il terrore di mio padre.
Feci finta di nulla e raggiunsi il frigorifero, da cui presi una scatoletta di mais. Mi armai di ciotola e cucchiaino e versai il mais nella ciotola. Poi, guardando mio padre con la coda dell’occhio, camminai furtiva verso la mia stanza.
«Valerie», sospirò. «Dove sei stata?»
Affrettai il passo, perché mio padre mi si stava avvicinando.
«Valerie!»
Mi volsi per illuderlo che mi sarei fermata, ma poi corsi verso la mia stanza e mi ci chiusi dentro.
«VALERIE!», gridò tempestando di pugni la mia porta. «APRIMI!»
Imitai gli stessi gemiti che faccio quando piango e urlai in risposta: «VOGLIO STARE SOLA!»
Lo sentii sospirare di nuovo e la voce di mia madre gli consigliò di lasciarmi in pace per un po’, gli disse che poi sarei andata io da loro.
Guardai la ciotola. Perfetto, non avevo rovesciato il mais. Avevo qualcosa da mangiare, su. Mi voltai per raggiungere il letto, ma il Principe ci era già sdraiato sopra e smangiucchiava degli acini d’uva. Mi salii il nervoso.
«E tu che ci fai qui?! Come ci sarei arrivato?!», esclamai.
Lui sorrise divertito e fece spallucce. Così appoggiai la ciotola di mais sulla scrivania, mi tolsi una scarpa e gliela lanciai addosso.
«Ehi!», esclamò indignato massaggiandosi la testa, dove l’avevo colpito.
«”Ehi” un corno! Che ci fai qui? Perché? Ti avevo lasciato ai portici!», sbraitai.
«Mi documento su tutte le vergini che conduco nella mia torre», spiegò.
Bene, si beccò una seconda scarpa in faccia. Si alzò dal letto, furioso, gettando da una parte la mia scarpe. Mi si avvicinò pericolosamente.
«Smettila di provocarmi», intimò.
«Io non provoco nessuno, mi sto solo arrabbiando con te!», risposi.
«Ma io la vedo come una provocazione! È per il tuo comportamento!», esclamò.
«Non rifilarmi la solita tiritera che dicono i ragazzi alle ragazze. “Quando ti arrabbi sei bellissima”. Ma chi ti credi di essere?»
«Nessuno. Perché non sono più nessuno da tanto tempo»
...Non sapevo cosa rispondergli.
«Bene! Meglio per te!», dissi. «Ma ora buttati dall’edificio e sparisci dalla mia vita. Lo sai che mi hai messo nei guai? I miei sono adirati con me come non mai! Sei solo un... un... UN VIZIATO! Non ti sopporto più!»
Avevo le lacrime agli occhi dalla rabbia. Lui abbassò lo sguardo, mentre io lo tenni alto, come a sfidarlo. Fece un sorrisino amaro e mi abbracciò. Ecco perché mi ero sentita male quando gli avevo detto “sparisci dalla mia vita”. Perché mi faceva battere forte il cuore.
Mi avvinghiai a lui e liberai la mia rabbia piangendo. Lui, sempre abbracciato a me, ci girò e camminò. Capii che aveva raggiunto il letto perché sentivo il materasso contro le mie gambe. In poco tempo fu lui sopra di me.
«No no no no no, ehi, spostati», intimai.
Scosse lievemente la testa come a dire no mentre prendeva a baciarmi il collo, la mascella, il retro dell’orecchio. Ero... confusa. Non sapevo se respingerlo o se accoglierlo. Insomma, Drew era... Drew, e stava avendo qualche effetto su di me. Non sapevo, però, se positivo o negativo. Lui era il Principe, e come tale si stava imponendo. Più mi baciava, più ero meno propensa ad allontanarlo. Però mi costrinsi e provai a staccare le sue labbra dalla mie pelle.
«Lasciati andare», mi consigliò sfiorandomi, sotto la maglietta, la pancia con le dita.
«Non voglio scopare», dissi rudemente.
Perché per lui sarebbe stata solo una scopata.
«Nessuno ha detto che dobbiamo scopare», rise osservandomi. «Avevo in mente di fare l’amore»
Quell’ultima frase mi fece arrossire come non mai, così mi misi a pancia in giù e strisciai via da lui, facendolo ridere ancora di più.
«Ehi!»
«G-gli amici non fanno l’am-amore», protestai.
Mi guardò con un cipiglio interrogativo, continuando a ridere. «Ma noi potremmo essere più che amici, giusto?»
Si stese sul letto accanto a me, a pancia in giù, e mi lasciò un lieve bacio su una spalla. La cosa mi fece ribollire le viscere. In senso positivo, voglio dire...
«Solo ieri hai detto che non siamo anime gemelle», dissi. «E solo due giorni fa volevi stuprarmi e uccidermi»
«L’avrei fatto con dolcezza»
«Nessuno viene stuprato con dolcezza, Drew»
Ci guardammo negli occhi per un po’, poi allo stesso tempo ci avvicinammo l’uno all’altra e ci baciammo. Fu una cosa strana. Lui mi passò le mani sulla schiena e mi portò sopra di lui, ma la posizione mi imbarazzava, così mi misi su di lui solo per metà. Per fortuna era lui che mi guidava... ovviamente. Quindi quando mi tolse la maglietta si posizionò lui su di me. Mi baciava ovunque, e non avevo tempo per pensare che doveva essere imbarazzante, anche perché non lo era. Era qualcosa che volevo. Con Drew. Il Principe.
«Bene, Victoria’s Secret!», rise lui alludendo al mio reggiseno. «Ne hai uno viola, per caso?»
Lo guardai perplessa, puntellandomi sui gomiti. «Non credo... Viola è un colore che non mi attrae»
«Perfetto, ti comprerò io un reggiseno viola», promise.
Fu quando cominciai a slacciare i bottoni della sua camicia che mi accorsi che aveva ancora i vestiti che indossava nella torre ovest. La camicia d’oro, i pantaloni stretti e le Purple Supra. Le Supra le aveva lasciate accanto al letto, però.
Mi passò i polpastrelli sotto il reggiseno, e quest’azione mi fece rabbrividire. Sentivo le sue labbra e le sue dita su di me. Ma... forse non dovevo andare in fondo con lui. D’altronde due giorni prima mi aveva fatta volare dalle scale e mi aveva dato uno schiaffo. E voleva stuprarmi. E infine uccidermi.
«Un momento», sussurrai fermandolo. «Non voglio»
«Perché?», domandò Drew. Sembrava quasi deluso.
«Per me è troppo presto», spiegai. «Devo ancora smaltire il più possibile i ricordi di Vartia»
«Cosa intendi dire?»
Gli ricordai di quanto era stato crudele con me e misi a confronto quel Principe, con questo. Quello che diceva, due giorni dopo avermi minacciato di morte, che voleva fare l’amore con me. Se non faceva finta, era cambiato davvero tanto.
Sorrise amaramente. «Se questo è quello che vuoi, non ti costringerò»
Prima di scendere dal letto gli diedi un ultimo, profondo bacio di ringraziamento. 

Buon pomeriggio c': uuuhm, okay, yo (?) è dal 27 ottobre che non aggiorno. poco più di due settimane ewe spero non mi stiate odiando così tanto da voler la mia morte D: comunque, a parte le cavolate, come state? io sono stanchissima, è da venerdì che sono giù di morale e in più oggi è stata una giornata pesante. la mia prof di tedesco mi sta portando a odiare la sua materia, quando invece io amo il tedesco. che palle çç okay, basta lagnarsi!
che ne dite di questo capitolo
ewe? sarò sincera, fino a cinque minuti fa ero convinta che avrei scritto la scena in cui Valerie e Drew fanno l'amour (?) ma rileggendo i capitoli passati mi sono accorta che, nella realtà, una persona con un po' di sale in zucca (?) non si concede con piacere a chi l'ha offesa in qualche modo. quindi ho cambiato finale :'D non disprezzatemi, vi prego.
fatemi sapere che ne pensate! e grazie per le.. dieci recensioni, cioè
çç fuiesdbfhurert siete adorabili, sul serio çç grazie grazie graaaazie! 
infine, per chi non se ne fosse accorto, ho cambiato nome. prima ero
SheBecameBelieber, ora siemdrew. fdvndjf vi amo. e grazie per tutto <3
siemdrew

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Il Principe
Capitolo 13


«Forse non hai ben in testa il significato di “complicità fra sorelle”», disse Marissa seccata facendo avanti e indietro per la mia stanza.
I miei genitori avevano cercato di convincermi a farli entrare, persino Jimmy, l’addetto al nostro ascensore. Ma io avevo mandato via tutti usando scuse quali la depressione adolescenziale, il fatto che avevo la febbre e che mi mancava la nonna. Erano tutte scuse false, tranne ovviamente l’ultima.
«La complicità fra sorelle è quella che avresti dovuto seguire», continuò Marissa. «Ossia: io sono tua sorella, tu sei nei guai e io ti copro. Sono anche tua sorella maggiore, quindi avresti dovuto obbedire a tutto ciò che ti dicevo»
«Il fatto che sei più grande di...», tentai di protestare.
«STO PARLANDO», mi zittì. «Non mi interrompere. Sono in uno di quei momenti in cui ti senti un poeta. Dicevo, essendo tua sorella maggiore qualsiasi ordine avresti dovuto seguirlo. Ti avevo detto di chiamare la polizia – e non l’hai fatto. Ti avevo detto di non dar retta a quel tipo losco – e non l’hai fatto. Ti avevo di detto di stare attenta – e non l’hai fatto. Ti avevo anche detto di lasciar stare i libri, anni fa – e, di nuovo, non l’hai fatto. Ora, se tu mi avessi...»
«Cosa c’entrano  libri, adesso?», chiesi spaesata.
«Oh ti prego, Valerie, non fare la finta tonta», mi riprese. «Se tu non avessi avuto tutta ‘sta passione per i libri, la nonna non ti avrebbe dato la sua libreria in soffitta, tu non avresti aperto il libro da cui è spuntato fuori ‘sto Drawn, non ci saresti finita dentro e lui ora non sarebbe qui! Mannaggia a te!»
Drew rise. «Mi chiamo Drew»
«E tu smettila di prendere la cosa come divertente», squittì Marissa. «Stiamo parlando di cose davvero serie, Drew-Drawn o come ti chiami! Mia sorella – mia sorella – sta rischiando grosso a causa tua. È tutta colpa tua»
«Mia?»
«Sì! Ti sto odiando, quindi non mi parlare o finisce che ti picchio»
«La cosa si sta facendo comica», commentò il Principe.
«Comica? La cosa comica te la ficco su per...»
«ABBIAMO CAPITO!», esclamai con un sorriso imbarazzato. «Mary, piantala, ti prego. Non fare la mammina, per questo abbiamo già nostra madre. Ora, non è colpa di Drew se è un povero sventurato, sfigato in amore e quant’altro. Okay?»
«Ehi!», protestò indignato Drew. «Io sarei un “povero sventurato, sfigato in amore”?»
Lo guardai e annuii. «Diciamo le cose così come stanno, dai. Hai dovuto cambiare mondo parallelo per venire a cercare la tua anima gemella»
Il suo sguardo passò velocemente da Mary a me, così io abbassai gli occhi e osservai il pavimento. Che imbarazzo. Che vergogna. Che imbarazzo. Mi aveva toccato le tette. Mi aveva baciata ovunque era possibile. Aveva detto che avrebbe voluto fare l’amore con me. Ma io non ero la sua anima gemella.
«Ho il ragazzo da un po’ di tempo», disse Marissa. «Quindi non pensate che non mi sia accorta dell’occhiata focosa che vi siete lanciati»
«Occhiata focosa?», smentii. «Ma che dici?»
«So che sta accadendo qualcosa tra voi due», disse osservandoci con attenzione dopo aver sospirato. «Ti conosco troppo bene, Valerie: sei mia sorella. E più vi guardo, più mi convinco che tra voi due sia successo qualcosa. O stia succedendo... non ne sono sicura. Ma indagherò a fondo. E non credere, Drew, che due sorelle non si dicano niente»
«Marissa, ma ci guardi?», rise il Principe. «Siamo come il cane e il gatto. Ci odiamo. Credi davvero che tra Valerie e me ci sia qualcosa?»
«Sì», confermò. «E il fatto che tu lo stia negando mi convince ancora di più»
Drew fu sul punto di risponderle, ma poi si ammutolì. Ovviamente non poteva controbattere, aveva ragione lei. Io quindi mi limitai a mantenere il silenzio.
«Fuori da qui», ordinò allora Marissa.
«Cosa?», sibilò in risposta il Principe.
«Smamma! Ci stai dando fin troppi problemi!»
«Mary», protestai io. «Piantala, mi sto innervosendo»
Lei guardò Drew con odio profondo, poi girò i tacchi e uscì dalla stanza. Mi affrettai a chiudere la porta a chiave, per evitare che i miei genitori entrassero. Li sentii fare domande sul mio conto, e papà chiese se doveva di nuovo mandare Jimmy in perlustrazione, ma Marissa disse cose a mio favore.
Presi un sospiro di sollievo e mi voltai. Drew ed io ci guardammo un attimo. Ovviamente non sapevo a cosa stesse pensando. Ma io pensavo a quello che era successo poco prima con lui. Non riuscivo a togliermi dalla testa quella frase.
Avevo in mente di fare l’amore.
Oh santo cielo. Avevo diciassette anni, non trenta! Ero ancora troppo piccola per pensare di trovare l’uomo della mia vita con cui fare l’amore. O no? Ecco che arrivavano i dubbi. Però più ci pensavo, e più mi batteva forte il cuore. Non è possibile, il Principe solo poco fa voleva stuprarmi e uccidermi. E ora era così... docile. Sì, direi che è l’aggettivo migliore da attribuirgli.
Più o meno, visto che non si è dato tanti problemi nel palparmi e ficcarmi la lingua in bocca.
Cammino verso la finestra e tiro le tende, lasciando uno spiraglio di luce soltanto. Si era fatta sera, probabilmente erano le otto, ma io stavo morendo dal sonno. Accesi l’abat-jour e spensi la luce grande. Drew mi guardava senza fare o dire niente. Presi il mio pigiama e mi avviai alla porta.
«Non puoi uscire», mi fermò.
«Ah, giusto...», ricordai ridacchiando.
Se fossi uscita avrei dovuto affrontare mamma e papà e non volevo. Affatto. Mi voltai verso Drew e lo guardai intensamente. Il suo sguardo passò da “perché mi fissa?” a “ho capito perché mi fissa”.
«Mi giro», si voltò con un sorriso pervertito in volto. «Non ha senso, ma mi giro»
«Perché non ha senso?», gli chiesi mentre mi cambiavo in fretta.
«Perché ti ho appena vista mezza nuda», rispose alzandosi in piedi.
Si girò verso di me non appena infilai la maglietta del pigiama. Per fortuna non intravide il mio corpo. Ma la prima cosa che pensai non appena mi misi sotto le coperte fu che lo volevo. Arrossii, ma la luce era così fioca che probabilmente Drew non se ne accorse.
Lui si tolse le Supra con due piccoli calci, poi cominciò a sbottonarsi i pantaloni. Cercai in ogni modo di evitare di guardarlo, ma ogni tanto sbirciai. Prima non gli avevo tolto la camicia, così ebbi modo di intravedere i suoi pettorali. Sembrava un dio greco. La cosa mi fece arrossire ancora di più, soprattutto quando lui si chinò su di me. Pensavo sarebbe successo qualcosa, ma poi lui allungò la mano per spegnere la luce dell’abat-jour. La stanza calò nel buio. Intravidi la sua figura, come un’ombra, che si insinuava sotto le coperte del letto.
Intrecciò le gambe con le mie, e sentii che non indossava i pantaloni. Giusto, lui se li era tolti e io non gli avevo prestato nulla. Si strinse contro di me, era ancora a petto nudo, ovviamente. Ma... Oh no... Aveva almeno l’intimo?!
Lanciai un gemito di paura e pensai a cosa fare. Non potevo allungare una mano, se era nudo avrei toccato... Panico.
Che diamine faccio?!
Lui era in silenzio, con i polpastrelli mi carezzava lentamente la schiena, sotto la maglietta. Da una parte mi rilassava, dall’altra mi agitava. Forse facevo prima a chiederglielo, ma la cosa mi avrebbe messo ansia. Mi venne in mente cosa fare, e decisi di tentare.
Anziché dargli le spalle, mi girai verso di lui, fermando le sue carezze. Lo vidi sorridere nel buio, poi sentii le sue dita sfiorarmi la pancia. Il mio cuore batteva fortissimo, ma si calmò quando mi accertai che le sue dita non sarebbero salite.
Mi sbagliavo. Lentamente portò la mano sinistra sul mio fianco e risalì.
«Chiudi gli occhi», sussurrò, ma con una lieve risatina.
Forse aveva notato il mio panico. Non importa, feci come aveva richiesto, e poi misi io una mia mano sul suo petto. Come se lo stessi carezzando, feci scendere la mano lungo il suo fianco... Non incontrai lacci o elastici. Era del tutto nudo. La cosa mi sconvolse, tant’è ritraendo la mano lanciai un altro gemito di ansia. Lui se ne accorse, e ridendo mi ripeté di chiudere gli occhi. Non avevo neanche notato che li avevo aperti.
Oh merda, è nudo. È NUDO! Che cosa faccio?! Sto impazzendo, ma che ho?!
Drew mi faceva un effetto strano. Non avevo paura di chiudere gli occhi, non più. E lui avrebbe potuto farmi quel che voleva... Da una parte mi sarei abbandonata a lui. Dall’altra... anche.
Causandomi la pelle d’oca, i suoi polpastrelli passarono sullo sterno, tra i seni. Poi con l’indice mi sfiorò sotto un seno, finché non mi titillò un capezzolo. Il mio cuore riprese a battere fortissimo, nel silenzio della stanza sentivo i battiti che rimbombavano nelle mie orecchie. E sentivo il respiro più accelerato di Drew. E il mio.
Riportò la mano sul fianco e si chinò su di me. Mentre il mio cuore esplodeva in una fontana di colori, emozioni e scintille, le sue labbra trovarono le mie, la sua lingua sfiorò la mia. Cercavo di non pensare al fatto che era sotto le coperte, ma nudo su di me.
Come poco prima, mi tolse la maglietta, il mio petto in bella vista. E poi i pantaloni del pigiama, sotto cui non indossavo niente. Mi baciò tutta, mi fece gemere e sognare. Chiusi gli occhi nel più puro dei piaceri.
 
La mattina dopo una sveglia suonò insistentemente. Segnava le sei del mattino. In alto a sinistra c’era scritto “lun”. Era un lunedì. Avevo proprio perso il senso del tempo, e mi sa che dovevo anche prepararmi per andare a scuola. Sbuffai e mi misi a sedere. Accanto a me Drew dormiva profondamente. Mi chinai verso di lui e poggiai le mie labbra sulle sue. Subito rispose al bacio, intensificandolo qualche secondo dopo. Più pensavo a stanotte, e più volevo restare a letto con lui, anziché alzarmi per andare a scuola. Che poi, dopo tutto quello che è successo negli ultimi giorni, andare a scuola mi sembrava davvero strano.
Interruppi il bacio e feci per alzarmi, ma lui mi fermò.
«Dove vai? Sono le sei del mattino», mi chiese.
«Devo andare a scuola», bofonchiai.
«Vuoi che ti accompagno?»
«Se vuoi dormire, resta. Non c’è problema»
Ci alzammo al contempo e ci vestimmo. Io in fretta mi preparai lo zaino. Quel giorno avevo cinque ore: due di letteratura inglese, una di fisica e due di spagnolo. Per fortuna non dovevo portare nulla di pesante.
Qualcuno bussò alla porta.
«Valerie, sei sveglia?», era mamma.
«Sì», risposi con fare annoiato.
«Meno male! Se vuoi sul tavolo c’è la colazione. Io e papà andiamo a lavoro»
La sentii allontanarsi, traballando sui tacchi. Aprii la porta, accertandomi che nessuno ci fosse. Feci uscire Drew, e mangiammo bacon e uova insieme. A quanto pare, mamma e papà erano nel loro ufficio a lavorare, e Marissa era già andata all’Università.
In tinta con la maglietta bianca e i jeans verdi, infilai un paio di Nike bianche. Poi mi misi lo zaino in spalla e andai all’ascensore, seguita da Drew che continuava a guardarsi intorno.
Quando Jimmy aprì le porte fece per salutarmi, ma nel vedere Drew si ammutolì. Entrammo e lui premette le lettere PT, Piano-Terra. Continuò a guardar male Drew.
«Ma da dove sei spuntato?», gli chiese, facendoci ridere entrambi.
Il Principe si limitò a far spallucce.
«Non ne ho idea neanch’io», ridacchiai.
«Quindi davvero non sei lesbica», rifletté Jimmy.
«Esatto!»
«Oh, peccato... Ho delle amiche lesbiche, e a loro piace farlo davanti a me»
Ammutolii io. Che orrore.
«Jimmy bello, non voglio sapere nulla della tua vita intima», precisai. «Quindi, niente più riferimenti a cose simili, intesi?»
«Sissignora!»
Ci aprì le porte quando arrivammo al pianoterra. Lo salutai e fuggii dall’hotel con Drew, nella speranza che nessuno ci vedesse.
A piedi ci avremmo messo venti minuti, quindi per le sette e mezza saremmo arrivati a scuola.
«Cosa si fa precisamente in una scuola?», domandò Drew camminando tranquillamente, le mani in tasca.
Gli avevo prestato un paio di jeans miei – non mi sembravano femminili – poi lui si era tenuto la camicia. Gli avevo fatto mettere su una felpa nera e una giacca di mio padre. Le Supra erano sue.
«Si studia», risposi. «Ci sono delle persone, i docenti, che ti insegnano delle materie»
«Bello! Come l’astronomia? O la chimica?»
«Sì... ma non l’astronomia. Voglio dire, non approfonditamente. La chimica sì. La matematica. La fisica. La storia. Le lingue»
«Lingue?», chiese stranito. «Come queste?»
Mi attirò a sé velocemente e in un secondo sentii la sua lingua accarezzare la mia. Sapeva di lavanda, e mandorle – dopo il latte alle mandorle che aveva trovato in frigo e bevuto. Poggiai una mano dietro la sua nuca, poi salii infilando le dita tra i suoi capelli profumati.
Si staccò per primo, tenendo lo sguardo fisso su di me. Gli diedi un veloce bacio a fior di labbra, poi feci scivolare la mano lungo il suo braccio, per incastrare le mie dita con le sue.
«Senti, Valerie», disse in fretta. «Riguardo a stanotte, ecco... Non volevo aggredirti, o forzarti»
«Non mi hai aggredita, o forzata», precisai con un cipiglio interrogativo. «Altrimenti ti avrei respinto»
Fece un sospiro, sicuramente di sollievo.
«Avevo questa paura», spiegò. Poi mi guardò negli occhi. «E credo mi sia servito questo»
«In che senso?»
«Per capire», continuò. «Per capire di chi ho bisogno. Ti ricordi quando a Sheffield, l’altro giorno, ti ho baciata e ti ho detto che non eri tu la mia anima gemella? Ecco, mi sbagliavo. Insomma, stanotte ho provato emozioni vere nel... nel farlo con qualcuno. A Vartia quando costringevo una ragazza a, ehm, subire, non provavo niente. Rabbia, solitudine. Con te è stato diverso. Ho sentito di aver bisogno di te. Ero felice, mentre facevamo l’amore. Sentivo il mio cuore battere forte insolitamente. Ero come la persona più felice del mondo»
L’ha detto.
«Ora, mentre ti tengo la mano, Valerie, sono felice. Sentilo, il cuore mi batte fortissimo. Io, in questo esatto momento, accanto a te sono la persona più felice del mondo. Non so come tutto sia cambiato in pochi giorni. Solo una settimana fa uccidevo, ero infelice, solo. Ora ho te, sempre se tu mi vuoi davvero. Ora ho te, e mi sento completo. Valerie, sei tu la mia anima gemella. Ora... ora lo so»

 

fine


Buon pomeriggio! scusate l'ennesimo ritardo, ma da quando mia cugina se n'è andata (giovedì 13, di mattina) non ho più avuto un pc in casa. voglio dire, c'è quello in salotto, ma sto portando avanti una ribellione contro i miei che non vogliono mettermi il computer in camera. secondo loro mi chiudo nella mia stanza, quindi se non me lo mettono io sto più con loro. be', si sbagliano: io apposta resto in camera lo stesso, anche se non c'è il pc di mia cugina, così loro poi me lo metteranno (?) quindi in tutto questo tempo non ho scritto. mi sono messa d'impegno ora.
..come noterete, è l'ultimo capitolo. ho pensato a come sviluppare un quattordicesimo chapter, ma non mi viene in mente nulla. nella storia, il cattivo deve trovare l'amore. e ce la fa. quindi fare un altro capitolo sarebbe inutile. mi seguite? spero di sì. ora continuo con i ringraziamenti lol

Ringraziamenti

Ringrazio mia cugina Alessandra, per avermi permesso di usare il suo pc quando ero in punizione, giusto per continuare la storia. Ringrazio la mia migliore amica Linda per avermi sopportata agli inizi della storia, quando non sapevo come svilupparla e impazzivo dalla gioia alle prime recensioni. Ringrazio VOI, le lettrici, e tutte coloro che hanno recensito, rendendo speciale questa storia. E infine, ringrazio Justin per esserne il secondo protagonista. 
Un bacio, e spero voi abbiate davvero apprezzato. 

siemdrew

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