Shattered lives

di Daisy Potter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13...the last? ***
Capitolo 15: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


“Shattered Lives”

“Shattered Lives”

 

Prologo.

 

Una casa buia. Le tende tirate, le finestre accuratamente chiuse, le luci spente … Nessun rumore, se non quello, udibile solo alle orecchie di una giovane venticinquenne, di un cuore … il suo cuore … che batteva all’impazzata, spaventato quanto lei per ciò che sarebbe accaduto nel giro di qualche ora, mentre con la mano destra si rigirava nervosamente un costoso anello di brillanti attorno all‘anulare sinistro. Improvvisamente un altro suono si aggiunse a quel battito furioso, rumore di passi che si avvicinavano lentamente e si fermavano alle sue spalle, poi due braccia che si serravano attorno ai suoi fianchi con dolcezza.

«Sei pronta, Sana?» chiese una voce calda e rassicurante all’orecchio della ragazza. Lei si voltò, recitando per l’ennesima volta nella sua vita un tenero e falsamente sicuro sorriso.

«Sì, Nao … andiamo.»

E tenendosi per mano, mentre nell’altra portavano dietro di loro alcune valigie, i due uscirono dalla porta d’ingresso di una grande villa newyorchese, chiudendosela momentaneamente a chiave alle spalle.

 

aha

 

«Ragazzi! Siete pronti?!» una voce femminile dal tono autoritario chiamò con impazienza i suoi amici dal salotto di una graziosa casetta del centro di Tokyo.

«Sì, Fuka, arriviamo!» rispose un’altra voce, dal timbro decisamente più timido di quella precedente, e una ragazza minuta fece il suo ingresso nel soggiorno, seguita da un’altra sua amica e due ragazzi.

«Dai, Aya! Muoviamoci! L’aereo arriverà tra meno di un’ora!» sbraitò ancora la prima, e prese le chiavi di casa spingendo tutti i suoi amici fuori dall’appartamento e chiudendolo frettolosamente, prima di precipitarsi verso un’auto parcheggiata di fronte al cancello d’ingresso. Quando tutti furono a bordo, Fuka mise in moto e partì, direzione: Aeroporto di Tokyo.

«Pensate che lui verrà?» chiese uno dei ragazzi dopo alcuni minuti, quasi con timore.

«Non lo so, Gomi …» rispose con sincerità l’altro, abbassando lo sguardo nascosto dietro un paio di grandi occhiali da vista.

«Oh, sarà meglio per lui che ci sia, Tsuyoshi!» esclamò Fuka mentre attendeva che un semaforo diventasse verde. «Anzi, andiamo proprio a prenderlo a casa sua!»

«Sempre decisa, eh, Fuka?» le sorrise una ragazza dal sedile posteriore.

«Certo, Hisae. Deve smetterla di comportarsi ancora come un dodicenne …!» ribatté lei, dandole uno sguardo nello specchietto retrovisore rispondendo anche se debolmente al sorriso.

Pochi minuti, e avevano raggiunto una piccola casetta sul cui cancello una targhetta recitava: Hayama. Fuka parcheggiò alla meglio l’auto e scese, raggiungendo la porta d’ingresso. Bussò un paio di volte, ma come d’altronde si era aspettata non ricevette risposta. Riprese a battere il pugno con un po’ più forza, aggiungendo questa volta anche la voce:
«Akito! Lo so che sei in casa! E so anche che sai benissimo perché sono qui! Esci, per favore!»

Ma ancora dall’interno non sopraggiungeva alcuna voce, né la porta si aprì. Fuka rinunciò a bussare, ma non smise di chiamare l’amico:
«Hayama, ti prego! Non puoi fuggirle in eterno! Sai benissimo che tra una settimana la dovrai vedere per forza! Non ti sembra sia il caso di venirla a salutare all’aeroporto?!»

Ma un silenzio ostinato seguì le sue parole. Aya le si avvicinò.

«Fuka … dopotutto, è pur sempre una sua scelta. Non possiamo fare nulla se non è lui a volerlo …» le disse timidamente, e la ragazza non poté far altro che lanciare un ultimo sguardo alla porta chiusa prima di arrendersi.

«Sappi solo che Sana ci rimarrà molto male …» disse ancora, questa volta con un tono leggermente più basso, poi si voltò e salì nuovamente in macchina, guidando verso l’aeroporto.

 

aha

 

Dentro una piccola villetta, sdraiato su un letto un po’ disfatto, un ragazzo guardava ostinatamente il soffitto, le mani dietro la nuca, mentre cercava in tutti i modi di impedire che le parole che gli venivano urlate dall’ingresso potessero raggiungerlo, ma nonostante ciò la voce della sua migliore amica penetrava nel suo cervello con violenza. Le sue parole lo ferivano …

«Non puoi fuggirle in eterno! Sai benissimo che tra una settimana la dovrai vedere per forza!»

Ecco, doveva proprio ricordarglielo … doveva per forza fargli tornare alla mente che di lì a sette giorni l’avrebbe vista, lei, la sua Sana, come ancora la considerava, nell’abito più bello e puro che le avrebbe mai visto addosso, camminare lentamente e con un sorriso sulle labbra che solo lui avrebbe voluto ricevere, verso il suo peggior nemico …?

Chiuse gli occhi, sperando con tutto se stesso che Fuka volesse risparmiargli qualche altra frase dolorosa. Ma non era ancora abbastanza, a quanto pareva …

«Sappi solo che Sana ci rimarrà molto male …»

Certo … era sempre colpa sua se Sana soffriva …

Non poté trattenersi dallo sferrare un pugno violento alla parete che aveva accanto, mentre sentiva il motore di un’auto accendersi e allontanarsi dalla sua casa pochi istanti dopo. Maledisse Fuka, e la verità di tutto ciò che gli aveva detto. Era così, era tutto stramaledettamente vero. Non avrebbe potuto fuggire in eterno a Sana, nonostante fosse riuscito, per così dire, a farlo per cinque anni. Be’, per così dire perché era sfuggito a lei, ma non certo al suo ricordo … quello lo rincorreva spietatamente ogni istante della giornata, rendendogli la vita sempre più un inferno …

Ed era anche dannatamente vero che se non fosse stato lì, quel giorno, a salutare Sana quando sarebbe scesa dall’aereo che finalmente l’aveva riportata in Giappone, forse lei ne avrebbe sofferto …

Ma lui allora? Lui non avrebbe sofferto nel rivederla, dopo cinque anni, al fianco di Naozumi Kamura, l’uomo che più odiava su tutta la faccia della Terra, per il solo fatto che le avesse messo un anello al dito … che avesse compiuto il gesto che lui, Akito Hayama, avrebbe voluto fare?! Sì, certo, ne avrebbe sofferto, e non poco … ma per lui la felicità di Sana veniva sempre prima di tutto. E se ciò avesse voluto dire andare in aeroporto, salutarla come se niente fosse, stingere amichevolmente la mano al suo compagno, sorriderle come fanno due … amici - aveva sempre difficoltà a pensare quella parola quando parlava di loro due - be’, se renderla felice avesse significato questo, non poteva fare altro che alzarsi da quel maledetto letto, farsi una doccia, vestirsi decentemente e infilare la porta di casa per raggiungere l’aeroporto in tempo, sperando che tutto il tempo passato insieme ad un’attrice gli sarebbe servito a qualcosa …

E così fece …

 

Ciao ragazze! Caspita, da quant’è che non scrivo una fic su Kodocha?? Mi sembra un’eternità, come mi sembra ieri quando ne sfornavo una dietro l’altra…!^^ ma non perdiamoci in chiacchiere, se non per parlare di questa storia. Pensare che è da mesi che ho il prologo scritto, nonché abbozzi di alcuni capitoli, e ancora da prima che so già l’intera trama, come voglio svilupparla, come voglio farla finire … ci pensavo già mentre ancora lavoravo a “Due calciatori e una showgirl”! e ora, finalmente, mi sono decisa a pubblicare l’inizio. Non so perché, forse ero stanca di lasciarla lì in sospeso sul mio pc, forse perché volevo soprattutto un vostro parere su quest’idea che mi tormenta da secoli, non lo so. Fatto sta che ora è qui, e non attende altro che le vostre recensioni! Ne ho davvero bisogno per continuarla!

Ultima cosa: non so se sarò in grado di aggiornare molto velocemente, per via di vari impegni (tra una settimana la scuola …) e perché mi devo dedicare anche all’altra fic che sto scrivendo su Twilight, il mitico libro della Meyer. Ce la metterò comunque tutta, anche se sarà difficile, visto che l’avevo quasi abbandonata e devo “riprendere il ritmo” e la confidenza con questa trama.

 Bene, ho finito di annoiarvi! Ora tocca a voi: ditemi che ne pensate, anche se so che è solo un prologo e servirà almeno il primo capitolo per iniziare a capire qualcosa. Prometto di farvelo avere presto, magari anche entro domani!

- Daisy -

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

Capitolo 1.

 

«Si pregano i gentili passeggeri di allacciare le cinture di sicurezza: stiamo per atterrare …»

La femminile voce metallica raggiunse Sana risvegliandola dallo strato di trance in cui si trovava da un po’, e la ragazza eseguì il suggerimento dell’assistente di volo prima di spostare nuovamente lo sguardo fuori dal finestrino.

' Tokyo …' pensò, osservando gli edifici della sua città natale stagliarsi oltre l’aeroporto. Un misto di emozioni la pervase: gioia, nostalgia, trepidazione … e un opprimente senso di inquietudine, che in realtà non l’aveva mai abbandonata dal momento in cui lei e Naozumi avevano deciso di tornare in Giappone. Improvvisamente sentì una mano stringersi sulla sua con gentilezza e si voltò trovandosi davanti al viso preoccupato del suo fidanzato.

«Tutto ok?» le chiese apprensivo, cercando di dissimulare il suo stesso nervosismo.

«Sì, sì … sono solo i vuoti d’aria …» mentì spudoratamente lei, quasi senza pensarci su, ricambiando però la stretta di mano, poi tornò alla contemplazione della sua città.

Infine l’aereo atterrò, e lei fu costretta a riprendersi e concentrare la sua attenzione sulla folla di giornalisti che, come si erano aspettati, scalpitava al fondo della scaletta che scendeva dal portellone di uscita.

«Signorina Kurata … signorina Kurata!» li sentiva gridare dal corridoio dell’aereo. Quando infine si affacciò all’uscita, un’infinità di flash l’accecò, lasciandola un attimo basita per l’enorme quantità di giornalisti presenti. Uno dei tanti le si avvicinò mentre stava scendendo le scale, seguita subito dietro da Naozumi.

«Bentornata, signorina Kurata! O dovremmo chiamarla Signora Kamura …?»

Sana fece un piccolo sorriso.

«C’è ancora tempo una settimana. Per ora continuo a essere Sana Kurata. Se devo essere sincera, Signora Kamura mi impressiona un po’ …» scherzò, e il giornalista non mancò di ridere alla sua battuta, sperando di ingraziarsela per ottenere magari un’intervista esclusiva, ma ogni suo sforzo sarebbe stato inutile in partenza.

«Signorina Kurata, signor Kamura, guardate di qua, per favore!» esclamò uno dei fotografi, immortalando la giovane coppia sicuro di avere una bellissima foto da prima pagina.

Fu solo grazie all’insistenza di Naozumi e a quella decisamente più convincente delle loro guardie del corpo che qualche minuto dopo riuscirono a districarsi dalla folla e lasciare finalmente la pista d’atterraggio. Camminarono fianco a fianco dentro l’aeroporto, cercando l’uscita, finché Sana non si sentì chiamare da una voce familiare, un istante prima di essere travolta da qualcosa … o meglio, qualcuno …

«Bentornata, Sana!!!»

Rimase un attimo attonita e confusa, ma quando sentì quella voce ricambiò l’abbraccio, riconoscendo la sua migliore amica.

«Ciao, Fuka!! Ma come …?» disse ancora al colmo della felicità quando si furono finalmente separate.

«Sei un’attrice, amica mia, non dimenticarlo! Le notizie volano!»

Si sorrisero, ritrovando in pochi attimi la complicità che le aveva sempre legate, poi lo sguardo stupito di Sana si spostò sulle figure alle spalle della ragazza.

«Aya, Hisae, Tsuyoshi, Gomi!!?» esclamò incredula e piacevolmente sorpresa mentre si lanciava a salutare tutti i suoi vecchi amici. Notò un’assenza che per un attimo la fece incupire, ma seppe controllare bene le proprie emozioni e fu quasi certa di non aver lasciato trasparire nulla … anche se un’occhiata di Fuka le fece intendere che forse non era proprio così. La sua migliore amica le si avvicinò, mentre tutti gli altri salutavano anche Naozumi, e le mise una mano sulla spalla. Un solo sguardo fece capire in una tacita intesa tutti i loro sentimenti, ma dopo quel solo istante entrambe fecero finta di nulla e tornarono a ridere e scherzare con gli altri.

«Non vedo Takaishi … dove l’hai nascosto?» sorrise Sana a Fuka.

«È dovuto rimanere al lavoro, ma ci ha assicurato che sarà presente alla festa di benvenuto di questa sera!» rispose lei raggiante.

«Festa di benvenuto?!» chiese Sana.

«Certo! Quella in tuo onore! Pensavi che dopo cinque anni in cui ci siamo sentite quasi solo per telefono non avrei organizzato una festa per il tuo ritorno??» esclamò scandalizzata Fuka. Sana sorrise. Le erano mancati davvero i suoi amici, quell’atmosfera quasi di famiglia che le dava la sensazione di essere davvero a casa. Però, c’era ancora un vuoto … mancava ancora qualcosa … qualcuno … a completare il gruppo. Forse la persona più importante …

Continuarono a camminare verso l’uscita, questa volta tutti insieme, finché qualcosa non attirò lo sguardo di Sana, facendole fermare il cuore per un istante.

 

aha

 

«È in arrivo il volo 792 New York - Tokyo …»

Una figura se ne stava immobile, appoggiata ad una colonna, le mani nelle tasche, i capelli color del miele che nascondevano un paio di occhi ambrati capaci di trasmettere mille emozioni in un solo sguardo.

Ascoltava a testa china il proprio cuore accelerare i battiti sentendo le grida dei giornalisti raggiungerlo fino a lì, rivelando l’arrivo di una nota attrice giapponese e del suo futuro marito.

A quest’ultimo pensiero il cuore quasi si arrestò, ma riprese a vivere non appena la figura dei due famosi personaggi fece finalmente il suo ingresso nell’aeroporto, abbandonando la pista d’atterraggio. Li vide camminare fianco a fianco, e il suo sguardo penetrante si soffermò sulla ragazza, escludendo il suo accompagnatore. La vide, bella come la ricordava se non di più, avanzare nell’aeroporto avvicinandosi sempre di più al punto in cui si nascondeva lui. Questa volta il cuore aveva davvero smesso di battere: incapace di raggiungere una velocità degna della vista di quella donna, semplicemente aveva deciso di fermarsi.

Vide Sana venire abbracciata da una ragazza della sua stessa età. La conosceva fin troppo bene: era Fuka. Spostò lo sguardo qualche metro più lontano dalle due e scorse tutti gli altri loro amici. Vide Sana salutarli tutti con calore, mentre loro scambiavano strette di mano e complimenti anche con Naozumi. Per un istante, fissando il radioso volto di Sana, gli sembrò di scorgervi una strana espressione, quasi di tristezza, ma svanì subito, sostituita dal suo solito, stupendo sorriso. Non gli sfuggì però lo sguardo che l’attrice scambiò con Fuka, uno sguardo che racchiudeva mille parole tacitamente espresse tra le due amiche, che in qualche modo raggiunsero anche lui. E a quel punto capì che doveva farlo … doveva far cadere la corazza di indifferenza che aveva faticosamente cercato di costruirsi in quegli anni, allontanarsi da quella maledetta colonna alla quale sembrava si volesse fondere, e provare anche lui a recitare la sua parte, come Sana sicuramente avrebbe fatto.

E così, quando i suoi amici ripresero il loro cammino verso l’uscita, puntò un piede sulla colonna allontanandosi da essa e fece qualche passo verso di loro, fermandosi proprio di fronte al gruppo, incrociando per la prima volta dopo tanto tempo lo sguardo innocente della ragazza che aveva amato sin da piccolo.

 

 

Come promesso, il primo capitolo! La storia si svilupperà lentamente, quindi non aspettatevi di capire tutto subito. Vi terrò sulle spine!^^

Grazie mille per le recensioni, ragazze! Vvb!!!

- Daisy -

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

Capitolo 2.

 

Un battito. Poi un altro. Lentamente il suo cuore ricominciava a prendere il normale ritmo, ma non si fermò una volta che lo ebbe raggiunto, anzi, continuò la sua corsa accelerando sempre di più. Era incredibile ciò che creava dentro di lei la vista di quegli occhi intensi … la faceva morire e rinascere, in un crescendo di emozioni che l’avvolgevano togliendole il respiro. Sana rimase a fissare quello sguardo profondo che la scrutava da qualche metro di distanza, cercando di carpire ogni dettaglio della sua figura che non ricordava. Ne era passato di tempo … cinque anni, senza mai rivedere una sola volta il viso del ragazzo che aveva amato per lungo tempo fin da piccola … solo nei suoi sogni lo aveva incontrato, ma ora era reale, era lì di fronte a lei. Come sempre il suo volto non esprimeva alcuna emozione, e d’altronde anche Sana cercava di contenersi, ma notò una cosa che la sorprese: questa volta anche i suoi occhi dorati, che erano sempre stati lo specchio dell’anima del ragazzo per lei, non trasmettevano nulla. Erano come celati dietro un muro invisibile che li divideva da lei, quasi volessero … proteggersi da Sana.

 

aha

 

Akito continuò a guardare la ragazza, cercando in ogni modo di non lasciar trapelare l’emozione che gli provocava il rivedere la sua Sana. Sentì gli sguardi dei presenti carichi di ogni tipo di sentimento rivolti verso di sé. Chi di gioia per il fatto che alla fine fosse venuto, chi di sorpresa, chi di dubbio per ciò che la sua comparsa avrebbe portato …

Alla fine si risolse ad avanzare verso di loro. Vide Sana trasalire leggermene al suo primo passo, come se si fosse risvegliata da una sorta di trance in cui era caduta nel momento in cui lo aveva visto. Non pensava che il suo sguardo potesse ancora esercitare questo effetto su di lei …

Dopo un istante che parve un’eternità la raggiunse, e con tono neutro la salutò:

«Ciao, Kurata.»

Le ragazza si morse il labbro inferiore sentendosi chiamare con il suo cognome, tra l’altro pronunciato con tale distacco dal ragazzo, ma mantenne il controllo almeno sulla mente, visto che il cuore ormai era sfuggito ad ogni sua autorità, e rispose al saluto con altrettanto, anche se finto, disinteresse:

«Ciao, Hayama.»

Poi però il ragazzo compì un gesto che la spiazzò, soprattutto dal momento che aveva lui stesso preso l’iniziativa. Le si avvicinò ancora di più ed eliminò la distanza tra di loro con un abbraccio. Fu però così breve che Sana non ebbe nemmeno il tempo di rispondervi. Infine stupì anche tutti gli altri presenti avvicinandosi a Naozumi.

«Kamura …» disse con il solito tono freddo, fissandolo negli occhi di ghiaccio. Poi abbassò lo sguardo e gli porse la mano. «… Bentornato.»

Sana non riuscì ad impedire alla sua bocca di aprirsi leggermente in segno di stupore. Mai, decisamente mai, aveva visto Akito abbassare lo sguardo di fronte a qualcuno, specie a Naozumi. Eppure quel giorno, per la prima volta, sembrava non essere riuscito a reggere lo sguardo cristallino del ragazzo.

Naozumi, ancora stupito per quel saluto, strinse la mano di Akito, biascicando un distaccato «Grazie, Hayama.».

Infine il silenzio calò sul gruppo, carico di tensione, ma rotto provvidenzialmente da Fuka, che con un sorriso forse un po’ forzato richiamò l’attenzione di tutti.

«Allora, andiamo?»

A quel punto Naozumi scoccò un’occhiata a Sana, e la vide cercare un disperato aiuto nel suo sguardo. Cogliendo al volo la sua muta richiesta, annunciò:
«Scusateci, ma io e Sana siamo un po’ stanchi per il volo. Se non vi dispiace, andiamo a casa a riposarci, c’è un taxi che ci aspetta qua fuori.»

Con un sorriso rispose allo sguardo di gratitudine che gli lanciò furtivamente la sua fidanzata. Come Naozumi aveva prontamente capito, in quel momento non desiderava altro che fuggire a quella situazione, e rimanere un po’ di tempo da sola a casa sua.

«Ah, certo …» disse Fuka, nascondendo quel pizzico di delusione che le avevano provocato le parole del ragazzo. «Allora ci vediamo questa sera a casa mia per la festa, va bene?» chiese con un sorriso, al quale Sana rispose questa volta spontaneamente.

«Certo! Non mi perderei una festa dedicata a me per nulla al mondo! A dopo, allora!»

E dopo i saluti, lei e Naozumi uscirono finalmente dall’aeroporto, salendo sul taxi che li avrebbe accompagnati a villa Kurata.

 

aha

 

«Mama …?»

Sana entrò nella grande casa guardandosi attorno alla ricerca della donna, mentre dietro di lei Naozumi portava dentro i bagagli.

«Mama, ci se …?!!»

Non riuscì a terminare la frase che una figura si scagliò su di lei travolgendola in un abbraccio quasi soffocante.

«Sanaaaaaaaaaa!! Finalmente sei tornata! Non ne potevo più di fare il manager a distanza!»

La ragazza scostò l’uomo da sé dopo aver risposto all’abbraccio e si trovò a fissare gli occhi pieni di lacrime di Rei.

«Ciao, Rei!» esclamò, anche lei felice di rivederlo. «Ma tu cosa ci fai qui? E dov’è Mama?»

Fu una voce femminile a rispondere alle sue domande.

«Eccomi!» annunciò infatti la signora Kurata, facendo il suo ingresso nel salotto. «Quando ha saputo che saresti tornata Rei ha abbandonato Asako a casa per venire a salutarti …»

«Ah, giusto, la signorina Kurumi! … o meglio, la Signora Sagami … come sta?» chiese Sana con interesse. Rei si asciugò le ultime lacrime di gioia, poi con una punta di orgoglio le disse:
«Benissimo! Ormai la nostra piccola sta per nascere e lei non deve affaticarsi, così le ho detto di rimanere a casa … ma ti manda i suoi saluti!»

«Dille che anch’io la saluto, e che le faccio gli auguri per la vostra primogenita!» sorrise Sana. Poi l’attenzione fu spostata su Naozumi, che aveva raggiunto la ragazza.

«Ciao, Kamura. Felice di rivederti.» lo salutò Rei con una calorosa stretta di mano.

«Sono davvero felice che siate tornati a Tokyo per le nozze!» disse Misako, e il ragazzo sorrise gentilmente.

«Non potevamo non sposarci in Giappone, dopotutto è la nostra casa …!» rispose, trovando subito il consenso della sua fidanzata in un bacio. Poi Sana si rivolse alla madre e al manager dicendo loro che essendo stanchi per il viaggio in aereo, sarebbe loro piaciuto andare a riposarsi, e subito Rei li accompagnò nella loro stanza, aiutando Naozumi a portare di sopra le valigie.

Una volta in camera, Sana si lasciò cadere sul letto. Chiuse gli occhi, e immediatamente uno sguardo dorato apparve di fronte a lei, fissandola con intensità, catturandola, quasi volesse trascinarla verso di sé come una calamita … Improvvisamente sentì il materasso piegarsi sotto il peso di una seconda persona e un attimo dopo si trovava tra le braccia di Naozumi. I suoi occhi azzurri presero il posto di quelli di prima, scacciando, anche se solo momentaneamente, la visione di quello sguardo profondo.

Nessuno dei due disse niente, ma avvicinarono i loro visi e si baciarono, prima che Sana si accoccolasse contro il petto del fidanzato che la stringeva dolcemente a sé. Era sempre stato così in quegli anni: più volte il ricordo di Akito l’aveva assalita, l’aveva tormentata, l’aveva perseguitata senza fine facendola disperdere in un turbine di emozioni talmente forti da sovrastarla, da rischiare di trascinarla via … e tutte le volte Naozumi si era rivelato la sua ancora alla quale aggrapparsi per riuscire a sfuggire quel ricordo che apparteneva al passato, sconfiggendolo con il pensiero del futuro che li attendeva.

Eppure i fantasmi del passato devono essere affrontati per essere definitivamente sconfitti, o continueranno a rincorrerti per sempre …

«Sana …» la chiamò Naozumi accarezzandole i capelli con una mano.

«Mmh?» mugugnò lei, senza muoversi da quella posizione comoda per entrambi, mentre si staccava dal filo dei suoi pensieri.

«Se hai bisogno di parlare, io sono qui.» le disse semplicemente. Sana rimase in silenzio un istante

«Lo so, Nao.»

Chiuse così la discussione. Sapeva di poter contare su di lui, l’aveva sempre saputo … ma cosa doveva dirgli? “Scusa, Nao, ma tornando in Giappone mi sono accorta che forse provo ancora qualcosa per Akito … forse non dovremmo sposarci!”. No, decisamente non poteva dirgli una cosa del genere. E, ora che ci pensava, come era anche solo potuta venirle in mente?? Lei non provava proprio niente per Akito! Aveva accettato all’istante la proposta di matrimonio di Naozumi, e questo perché l’uomo che amava era lui! Pensieri come quello di prima non dovevano nemmeno presentarsi nella sua mente! E così, sussurrando un dolce «Ti amo» al ragazzo, chiuse gli occhi e si addormentò.

 

Un altro aggiornamento, non posso crederci… ora però devo dedicarmi all’altra mia storia, perché sono ad un punto delicato…

Grazie sempre per i vostri commenti! Un bacione

- Daisy -

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

Capitolo 3.

«Akito?»

Il ragazzo biondo si voltò senza dare ascolto alla voce che lo chiamava.

«Akito!!» esclamò Fuka cercando invano di fermarlo, ma lui non le dava retta e continuava a camminare in direzione dell’uscita dell’aeroporto, lo sguardo fisso a terra, perso dietro i suoi pensieri.

«Hayama, ascoltami!»

Improvvisamente si sentì tirare per la maglietta e si voltò, fissando lo sguardo tagliente in quello di Fuka. La ragazza non si intimorì, ma sostenne lo sguardo, lasciando lentamente la presa sulla maglia dell’amico, ormai sicura di avere la sua attenzione. Per la seconda volta nella sua vita, fu invece lui ad abbassare gli occhi ambrati, nascondendoli dietro alla frangetta bionda, gesto che fece rimanere Fuka di sasso, e comprese forse solo allora veramente quanto fosse costato al ragazzo venire lì …

«Grazie di essere venuto …» gli disse, senza ottener risposta dal giovane. «Stasera … ci sarai?»

Ancora un volta il silenzio. Akito si voltò.

«Ci penserò …»

E si incamminò nuovamente verso l’uscita, mentre Fuka sospirava rassegnata. Le dispiaceva … le dispiaceva davvero tanto vedere il suo migliore amico in quelle condizioni … vedeva quanto l’argomento “Sana” fosse doloroso per lui, ma sapeva anche che se non lo avesse aiutato ad affrontare la cosa, alla fine si sarebbe sentito ancora peggio, e non voleva che ciò accadesse. Voleva aiutare il suo amico … e voleva aiutare Sana, perché aveva capito dal suo sguardo quando era arrivata che anche lei aveva una questione in sospeso che avrebbe fatto meglio a risolvere. soprattutto ora che era imminente il suo matrimonio con Naozumi.

E così, non poté fare altro che sperare che il biondino avrebbe partecipato alla festa, affrontando le sue paure invece che sfuggirvi come aveva fatto per troppo tempo, mentre con i suoi amici raggiungeva la sua auto.

 

aha

 

Una moto sfrecciava nel traffico con velocità. Superò un semaforo da poco diventato rosso accelerando con rabbia, scattando in avanti un attimo prima che le auto partissero, mentre l’urlo furioso dei clacson la accompagnava per un tratto nella sua folle corsa. Le marce scalavano rapide, le ruote divoravano l’asfalto, il motore rombava aggressivo e la marmitta ardeva tremando, sputando ogni tanto del fumo nella scia che si lasciava alle spalle. Il ragazzo che domava quel mostro di metallo guardava dritto di fronte a sé, gli occhi profondi che fissavano intensamente l’orizzonte, i capelli biondi che venivano scompigliati dal vento. Il casco giaceva imprigionato nel bauletto posteriore, provocando un rumore secco contro le sue pareti ogni volta che la moto passava su una buca o su un dosso, quasi prendendo il volo. L’aria sembrava tenere lontani i pensieri, farli scivolare via, così il casco gli era sembrato inutile, se non opprimente, in quella corsa. Improvvisamente la velocità diminuì, le marce scalarono con rapidità, e una mano del ragazzo premette con forza sulla leva del freno, quasi piegandola, mentre le gomme inchiodavano, lasciando segni indelebili sull’asfalto. Pochi istanti, e la moto era ferma davanti ad una villetta. Akito spense il motore, calmando così la sua furia e la sua voglia di correre, mentre smontava dalla sella e apriva il cancello di casa sua. Spinse il suo ‘destriero’ ormai placato all’interno, lo parcheggiò sul retro, assicurandolo sul cavalletto, poi entrò in casa. Le chiavi della moto caddero pesantemente sul tavolino dove il ragazzo le lanciò, e qualche istante dopo una porta sbatté violentemente al piano superiore.

Akito sferrò un calcio potente e preciso all’anta di un armadio che si trovava sfortunatamente sul suo cammino, poi si abbandonò sul letto.

Per un attimo, quel giorno, aveva creduto di non farcela … aveva creduto di non riuscire a resistere allo sguardo di Sana, di non riuscire a mantenere quella maschera di freddezza che si era costruito … un secondo di più, e sarebbe crollato, ne era certo. Quando si era avvicinato a lei, abbracciandola, respirando di nuovo il suo profumo, aveva sentito i sensi irretirsi. Se non si fosse accorto subito di ciò che gli stava accadendo e non si fosse scostato all’istante, forse ora la starebbe ancora tenendo tra le braccia, con l’intenzione di non lasciarla più andare via, sotto lo sguardo di Naozumi.

Già, Kamura …

Non era nemmeno riuscito a reggere il suo sguardo di ghiaccio … Non avrebbe resistito nel vedere quella luce di vittoria che sicuramente avrebbero avuto i suo occhi. Non avrebbe resistito a leggere nel suo sguardo una frase del tipo “Ho vinto io, Hayama … Sana non è più tua!”. No, non ce l’avrebbe fatta. Era già troppo sapere che quella era la realtà, non avrebbe sopportato sentirla proprio da lui. Eh già, perché alla fine era proprio lui il vincitore, era lui che era riuscito a prendersi Sana … tutto per colpa di uno stupido sbaglio … uno solo, ma che aveva rovinato una vita … o forse due …

Decise di scacciare quei ricordi, che lo facevano solo stare peggio.

Poi pensò alle parole di Fuka, a quella che era stata quasi una supplica:
«Stasera … ci sarai?»

Ci rifletté. Per cinque anni aveva voluto sfuggire alla vista di Sana, per lungo tempo aveva fatto di tutto per evitare di rivederla … ma ora … ora che l’aveva fatto … ora che l’aveva avuta di nuovo davanti agli occhi, tra le braccia … ora si riscoprì a volerla vedere ancora.

 

aha

 

«Sana?»

La ragazza dai capelli rossi riposava tranquilla accoccolata contro il petto del suo fidanzato.

«Sana?!» ripeté Naozumi, accarezzandole la testa, ma lei non diede segno di averlo sentito.

«Sana, alle otto c’è la festa a casa di Matsui …» le ricordò. Questa volta fu solo un mugolio a rispondergli, mentre la ragazza si stringeva un po’ di più a lui, gli occhi sempre chiusi.

' E va bene, a mali estremi …'

«… Sono già le otto e mezza …»

«Kyaaaaaaaaaaaaaaaaaaaah!!!!!!»

Con un urlo assordante Sana balzò giù dal letto, inciampando sul tappeto che stava ai suoi piedi, mentre Naozumi la guardava con un sorrisetto divertito.

«Le otto e mezza?! Fuka mi ucciderà!» prese a sbraitare la ragazza, mentre iniziava a cambiarsi. «Ma che diavolo ci fai ancora lì??» chiese infuriata al ragazzo, che non si era mosso dal letto. «Dobbiamo andare!»

Naozumi sorrise scuotendo la testa, poi le disse:

«Stai calma, sono solo le sette e un quarto, abbiamo ancora tempo.»

Sana lo fissò inebetita.

«C-cosa? Ma tu hai detto …»

«Altrimenti non ti saresti più svegliata.» spiegò lui ,sempre sorridendo, guadagnandosi così una cuscinata in pieno viso.

«Ah, è così?! Tu menti alla tua futura moglie per farla alzare dal letto!?! Ma tu guarda con che razza di uomo ho a che fare …»

«La pensi davvero così?» le chiese lui, abbracciandola e baciandole sensualmente il collo.

«Mmh … potresti farmi cambiare idea?»

Lui la sospinse di nuovo verso il letto, dove si sdraiarono baciandosi. Si scambiarono carezze e baci per alcuni minuti, finché Sana non riacquistò un istante di lucidità e interruppe il ragazzo.

«Dai, ora no … altrimenti arriviamo davvero in ritardo …»

Lui, seppur di malavoglia, lasciò che si rialzasse e raggiungesse il bagno. Una volta sulla soglia la ragazza si voltò. Vedendo l’espressione dispiaciuta di Naozumi e i suoi strategici occhi dolci, gli sorrise maliziosa e gli promise:
«Magari stasera, quando torniamo a casa …» poi sparì oltre la porta, andandosi a preparare per la festa.

 

aha

 

Un’auto parcheggiò di fronte al cancello di una casa del centro di Tokyo. I due passeggeri che stavano sul sedile posteriore scesero, poi uno di loro si avvicinò alla portiera anteriore, il cui vetro era appena stato abbassato.

«Grazie del passaggio, Rei!»

«Di niente, Sana. Divertiti! Ci vediamo tra qualche giorno. A presto, Kamura.» il manager salutò anche il ragazzo, poi rialzò il finestrino e ripartì, lasciando i due davanti alla casa. Sana corse a suonare il campanello, che recitava 'Matsui', e insieme al suo ragazzo entrò nella casa della sua migliore amica. Nessuno dei due degnò di uno sguardo la bellissima moto che era parcheggiata proprio lì accanto, il motore ancora caldo che indicava che era lì da poco …

TOC TO…

Sana fece per bussare, ma scoprì che la porta era già socchiusa, così la spinse e si ritrovò in un corridoio buio. La richiuse alle spalle di Naozumi, poi fece qualche passo avanzando nella casa.

«Muoviti, Hayama …!» sentì bisbigliare poco più avanti, e subito dopo udì il rumore di una porta che veniva chiusa. Sorridendo, mentre teneva per mano il suo ragazzo, la raggiunse e girò la maniglia. Come si era spettata, non appena l’ebbe aperta la luce quasi l’accecò, mente sentiva tutti i suoi amici accogliere lei e Naozumi con un caloroso:
«BENTORNATI!!»

Erano tutti lì, anche la sua vecchia amica Mami-chan e Takaishi, e perfino Komori.

In un angolo, ancora con il cappotto addosso, segno che era appena arrivato, come Sana aveva dedotto dal bisbiglio che aveva udito poco prima, c’era anche Akito …

La ragazza distolse rapidamente lo sguardo da lui, che per conto suo non l’aveva nemmeno alzato quando era entrata nella stanza, e corse a salutare gli amici che non aveva visto all’aeroporto. Anche Naozumi venne meglio presentato ai ragazzi, che lo conoscevano più che altro di vista, o per fama, e infine ragazzi e ragazze si trovarono divisi, i primi attorno ad uno stereo ultimo modello intenti nella scelta della musica, le altre a prendere possesso del divano del salotto pronte a sprofondare nel vasto mondo dei pettegolezzi … dopotutto Sana doveva recuperare cinque anni di assenza!

In breve il tavolino davanti a loro fu pieno di bottiglie di alcolici che i ragazzi avevano rubato dalla cucina, e anche le donne se ne servirono senza pensarci troppo. Quando l’alcol fece abbastanza effetto da far venire loro voglia di ballare, le ragazze abbandonarono le loro conversazioni per raggiungere lo spazio vuoto della stanza e seguire il ritmo che Gomi aveva appena fatto partire dallo stereo. Pochi secondi dopo, anche i ragazzi erano 'in pista', e si scatenarono tutti quanti, divertendosi come non avevano più fatto da anni. Si sentirono appena diciassettenni, mentre la musica li trasportava facendoli muovere a ritmo. Sana e Naozumi ballavano vicini, sfiorandosi, sorridendosi.

Improvvisamente la musica si interruppe, e subito proteste si levarono dai ragazzi, ma Fuka le mise tutte a tacere:

«Adesso dedichiamo un canzone a Sana e Naozumi, per il loro imminente matrimonio! Dopo potremo scatenarci di nuovo …»

E con un sorriso, subito ricambiato da Sana, le cui guance si erano leggermente arrossate per l’imbarazzo, cambiò il cd facendo partire un lento.

Naozumi attirò lo sguardo della sua ragazza porgendole la mano, e un secondo dopo erano abbracciati, muovendosi lentamente sul posto, le dita di una mano intrecciate, le teste appoggiate sulla spalla del compagno. I ragazzi, dopo la prima riluttanza, si strinsero nelle spalle e presero per mano le altre ragazze, seguendo anche loro quel ballo. Fuka si strinse a Takaishi, mentre si scambiavano un piccolo bacio, Hisae accettò l’invito di Gomi, lasciandosi cingere la vita, Aya già da tempo si era rifugiata tra le braccia di Tsuyoshi e perfino Mami e Komori avevano deciso di unirsi agli altri. Per tre minuti non si sentì altro che la dolce musica provenire dallo stereo, mentre i corpi delle cinque coppie sembravano fondersi sulla pista da ballo.

Ma improvvisamente l’atmosfera venne rotta da un fischio e lo scoppiare di un applauso. Sana aprì gli occhi, che aveva chiuso lasciandosi andare tra le braccia di Naozumi, e si scostò da lui guardandosi intorno per capire cosa fosse successo, e non le ci volle molto: a qualche passo da lei, Hisae e Gomi avevano appena allontanato i visi abbassando imbarazzati lo sguardo, le guance di un rosso acceso. A quanto pareva, lasciandosi trasportare dalla canzone romantica, si erano appena scambiati il primo bacio! Anche Sana si unì agli applausi, sorridendo felice per il nuovo amore finalmente venuto a galla tra i suoi due amici, poi all’improvviso il lento terminò e Gomi, per distogliere l’attenzione da quanto era successo, corse allo stereo cambiando disco e facendo partire di nuovo la musica tecno. I ragazzi tornarono a scatenarsi. Anche Sana riprese a ballare insieme a Naozumi, ma qualcosa attirò la sua attenzione …

«Vado a prendere un po’ d’aria, ok?» disse in un orecchio al ragazzo, e lui annuì, lasciandola andare. Sana abbandonò il centro del salotto e si diresse verso la terrazza, dove aveva intravisto da dietro le tende una figura appoggiata alla ringhiera. Una volta fuori, l’affiancò, poggiandosi anche lei al parapetto, e disse:

«Ciao, Akito …»

 

Eheh, classica ‘cliff-hanger’, come la chiamano gli inglesi! Cosa si diranno i due protagonisti? Mistero…! ^_^

Grazie mille per i commenti allo scorso capitolo a:

gingi

LizDreamer

Gin_15

Lady Anderson

giulia_88

viola

Sania

miki90

E a Geo88 e miki18 per i loro!

bacioni

- Daisy -

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

Capitolo 4.

 

Le note di un lento risuonavano dolci nell’aria, rendendo romantica l’atmosfera di una piccola villetta di Tokyo. Improvvisamente, quelli che erano attimi prima solo dei corpi scatenati dal ritmo incalzante si trasformarono in tenere coppie domate dalla calma della nuova musica. Solo uno dei presenti non si univa alla leggera danza, ma anzi provava un sentimento avverso nei riguardi di quella situazione. Gettò un ultimo sguardo su una delle coppie, precisamente su quella al centro del salotto, alla quale la canzone era stata dedicata, poi, ormai al limite della sopportazione, distolse gli occhi da quella visione per lui dolorosa e le diede le spalle, uscendo sulla terrazza dell’abitazione. Trasse dalla tasca una piccola scatola e l’aprì, facendone uscire una lunga sigaretta e un accendino. Si rigirò la spagnoletta tra le mani, fissandola, ma senza in realtà vederla. Anche quel semplice rotolo di carta e tabacco era un ricordo doloroso, o meglio lo era il motivo per cui aveva cominciato a fumare … Scosse la testa e si mise la sigaretta in bocca, accendendola, scacciando quei pensieri dalla sua testa, concentrandosi solo sul fumo che aspirava ogni tanto e che ributtava fuori, e sulla notte che lo circondava. Sentì degli applausi provenire dal salotto, ma non vi fece caso: decisamente non era in vena di festeggiamenti, qualunque fosse il motivo di tanta allegria.

Quasi non si accorse della figura che poco dopo gli si era accostata, finché non ne sentì la voce salutarlo:

«Ciao, Akito …»

Sobbalzò, facendo scattare gli occhi alla sua destra incrociando con stupore quelli di Sana. Improvvisamente una sensazione che mai Akito Hayama aveva provato in vita sua si insediò in lui … la paura … Aveva paura di stare accanto a quella donna … anzi, aveva paura di ciò che sarebbe stato capace di fare avendola a così poca distanza da sé …

«Be’, non mi rispondi nemmeno? Siamo arrivati a questo punto?»

Il ragazzo fu costretto a riscuotersi e a ricercare il controllo. Sentì un leggero risentimento e una punta di dispiacere nella voce della giovane. Già, erano arrivati fino a quel punto? Nemmeno salutarsi quando si incontravano? Be’, Akito era arrivato già al punto di preferire non incontrarla proprio …

«Ciao.» disse rapidamente, tornando a guardare il giardino sotto di loro e rimettendo in bocca la sigaretta. Sana rimase in silenzio, guardando il ragazzo. Le era mancato … Fu il primo pensiero che le venne in mente: le era mancato. Cinque anni senza vederlo, dopo tutto ciò che avevano passato insieme …. i litigi da piccoli … l’amore da più grandi … anche a lei quel ricordo fece male, e cercò di distrarsi provando ad intavolare una qualsiasi conversazione:

«Da quando fumi?»

Akito sbuffò. Era cominciata la recita. Sana voleva per forza conversare, e a lui non restava altro da fare che interpretare la sua parte di duro e indifferente, nascondendo la tempesta dei suoi sentimenti sotto la maschera di calma apparente del suo viso.

«Ormai sono cinque anni.» disse tagliente. Il colpo arrivò dritto al cuore della ragazza. Sapeva che la stava accusando. Cercò di non badarvi.

«Non dovresti farlo …»

Akito diede un ultimo tiro, poi lanciò la sigaretta nel prato di fronte a sé, senza dire nulla, assumendo soltanto un’espressione che sembrava dire 'Sei soddisfatta?'

Sana rimase ancora qualche istante in silenzio, finché non lo sopportò più. Sospirò sonoramente, poi parlò di nuovo:

«Non hai nulla da dirmi? Dopo cinque anni pensavo che almeno avresti potuto rivolg …»

«No, Sana, non ho niente da dirti! Che cosa vorresti sentire esattamente?!»

Decisamente non si era aspettata una reazione simile da parte di Akito, che la guardava con un lampo di rabbia negli occhi intensi.

«L’hai detto tu stessa, cinque anni fa: 'non abbiamo nulla da dirci!'!»

E con quest’ultima, tagliente, frase, si voltò con l’intenzione di tornare in casa, o magari anche andarsene da lì. Ma Sana fu più veloce, e lo afferrò per la felpa.

«No, Akito! Non scappare! Non comportarti come un ragazzino, sei cresciuto ormai!»

Ma queste parole ebbero un altro effetto sul ragazzo di ciò che si sarebbe aspettata lei. Infatti Akito si fermò, voltandosi lentamente, fissandola con occhi che invece della rabbia che lei aveva immaginato esprimevano tristezza e rimpianto.

«No, ti sbagli …» le disse con voce bassa, mentre lei lasciava lentamente la presa sulla sua maglia. «Io non sono cresciuto, Sana … tu l’hai fatto! Tu sei diventata una venticinquenne, con al dito un anello di fidanzamento! Io no … io sono rimasto il dodicenne che hai conosciuto, sono rimasto il quindicenne che per la prima volta ti ha baciata veramente, sono rimasto il diciassettenne che ti ha avuta completamente per primo, sono rimasto il ventenne che … che ti ha persa, per uno stupido errore! Non sono più cresciuto, Sana … io mi sono fermato … insieme alla nostra storia …»

Sana rimase impietrita. Tutto si era aspettata meno che quello sfogo, che quelle parole cariche di dolore. Non seppe cosa rispondere. Sentiva solo che loro due avevano bisogno di parlare, che c’era qualcosa di irrisolto che doveva essere affrontato. Ma non ebbe il tempo di spiegarlo anche al ragazzo …

«Eccoti, ti cercavo da mezz’ora!»

Naozumi fece il suo ingresso sul terrazzo. Capì all’istante di aver interrotto qualcosa di significativo, ma ormai era tardi.

«Ciao, Kamura.» fece freddamente Akito, e approfittò del momento per andarsene. Sana lo vide attraverso la piccola fessura che lasciavano le tende muovendosi al vento infilare il cappotto e avvicinarsi a Fuka, prima di uscire dalla stanza, diretto alla porta d’ingresso.

«Vi stavate dicendo qualcosa di importante, vero?»

Fu la voce di Naozumi a riportare la sua attenzione a lui. Scosse senza convinzione il capo, tenendolo chino.

«Sana, se hai ancora dei problemi con Hayama vorrei che me ne parlassi.» disse il ragazzo con dolcezza, ma anche una punta di preoccupazione, alzandole con gentilezza il viso.

«Lo so, Nao … è che non saprei nemmeno cosa dirti … davvero …» rispose lei con sincerità. In quel momento si sentì il motore di una moto accendersi con un potente rombo e scattare con rabbia, allontanandosi velocemente.

«Dai, torniamo alla festa … non può mancare l’ospite d’onore!» le sorrise, cambiando argomento, e lei rispose grata al sorriso, aggrappandosi al braccio che le porgeva e lasciandosi trasportare qualche minuto dopo dalla musica e dalle bevande.

 

aha

 

L’orologio segnava le due e un quarto. Sana entrò nella villa di sua madre cercando di fare il meno rumore possibile per non svegliarla. Lei e Naozumi salirono al piano di sopra, si fecero una doccia, poi si infilarono sotto le coperte. Sana sentì un braccio del compagno avvolgerla delicatamente in vita attirandola verso di lui, mentre l’altra mano le spostava i capelli dal collo per poterlo baciare.

«Mi avevi promesso una cosa, prima di uscire …» le sussurrò con un sorriso. Ma Sana lo allontanò gentilmente ma con decisione.

«Scusami, Nao, ma stasera sono stanca …» mentì, girandosi dall’altra parte. In realtà non era vero. Altre notti erano tornati a casa molto più tardi e spossati, e non aveva mai rifiutato le carezze del suo ragazzo. Ma questa volta era la sua mente ad essere stanca. Era il suo cuore ad essere altrove … rivolto al ricordo delle parole che aveva pronunciato Akito sulla terrazza della casa di Fuka …

'Perché, Akito …? Perché non riesco a non pensare a te?!'

 

Ecco finalmente anche questo capitolo! È uno dei pochi di cui sono abbastanza soddisfatta, ma ovviamente è il vostro parere che conta!

Grazie 1000 a:

Gin_15

Lady Anderson

Coco Lee

miki18

viola

Rossana

LizDreamer

giulia_88

Sania

per le recensioni allo scorso capitolo!

- Daisy -

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Eccomi qui, raga

Eccomi qui, raga! E in questo capitolo si scoprirà cosa è successo nel passato… ci risentiamo alla fine del chappy!

 

 

Capitolo 5.

 

Una camera. Una scrivania. Un cassetto. Una fotografia. Akito teneva tra le mani quell’immagine che raffigurava lui insieme a Sana, uno dei tanti ricordi del passato. Quante volte l’aveva stretta a sé come in quella foto … quante volte non avrà più occasione di farlo … Sospirò, riponendo la fotografia nel cassetto e richiudendolo. Poi scese al piano di sotto e andò in cucina. Aprì un’anta del mobiletto accanto al lavello, alla ricerca di qualcosa da bere, e il suo sguardo si posò su un bottiglia di vodka. Chissà da quanto tempo era lì? Non ricordava ci fosse mai stata … All’improvviso, prepotentemente, un ricordo riaffiorò nella sua mente …

 

- INIZIO FLASHBACK -

 

«Aky?»

Sana entrò in casa, posando le chiavi su un mobile nell’entrata.

«Akito … ci sei?»

All’improvviso sentì un paio di braccia avvolgerla decise e un bacio posarsi dolcemente sulla sua guancia destra.

«Ciao, piccola!» la salutò una voce calda e rassicurante alle sue spalle, a pochi centimetri dal suo orecchio. Lei sorrise teneramente, voltandosi e catturando le labbra di Akito con le proprie.

«Ciao …» sussurrò, senza allontanarsi di troppo dal viso del ragazzo.

«Al telefono hai detto che dovevi parlarmi di una cosa …» le ricordò il ragazzo. Improvvisamente il sorriso si indebolì sul viso di Sana, fino a scomparire mentre si voltava, dandogli le spalle e allontanandosi di qualche passo da lui.

«Già.» disse solo, incapace di continuare.

«Allora?» incalzò lui, curioso, in attesa. Lei sospirò. Perché non riusciva a dirglielo? Così tante volte gli aveva dato una notizia come quella, eppure questa volta era più difficile … aveva come un presentimento …

«Io …» iniziò, poi, dopo un ultimo sospiro, concluse: «Devo andare a New York per due mesi per girare un nuovo film.»

Non si accorse nemmeno di trattenere il fiato, mentre attendeva una risposta da parte di Akito … ma questa non venne. Non voleva girarsi, non voleva incontrare i suoi occhi, per paura dell’espressione che vi avrebbe scorto, ma quando il silenzio si fece troppo pesante fu costretta a farlo. Sentì il sangue gelarsi nelle vene quando incrociò lo sguardo freddo di lui.

«Non … non dici niente …?» chiese titubante, cercando di non far trapelare il suo nervosismo, fissando quegli occhi diventati improvvisamente gelidi.

«Cosa dovrei dirti?»

Secco. Tagliente. Leggermente accusatore.

«Posso restare, Akito … se lo vuoi, non accetterò il contratto! Io …» ma venne interrotta dal ragazzo che l’aveva abbracciata.

«No, Sana, sai che non voglio intromettermi nel tuo lavoro.» le alzò il mento, e la ragazza vide che i suoi occhi si erano raddolciti … ma ancora avevano una luce strana …

«Parti. Io ti aspetterò.» fu l’ultima cosa che disse il ragazzo, questa volta senza guardarla negli occhi, il tono che sembrava quasi … rassegnato. Poi si scostò e prese le chiavi di casa.

«Scusami, devo uscire.» disse frettolosamente, e sparì oltre la porta d’ingresso prima che Sana potesse fermarlo.

 

aha

 

Un bar. Una bottiglia di vodka per metà già vuota. Un ragazzo vi si aggrappava come fosse l’unica cosa che aveva.

'Di nuovo … parte di nuovo!' pensava tra sé Akito. Bevve un altro sorso di alcolico, osservando il liquido trasparente calare nella bottiglia.

'Stiamo insieme da ormai più di cinque anni … e tutte le volte il suo lavoro viene prima di noi!'

Batté con rabbia la bottiglia sul tavolo.

'Posso restare se vuoi … ’ dice sempre così, ma chi sono io per dirle di non andarsene, quando è questo ciò che vuole fare?! Io lo so che lei ci tiene … E così le dico di partire, le dico che me ne starò qui ad aspettarla … e mi distruggo l’anima per mesi, aspettando che lei ritorni, fingendo che stare così tanto tempo lontano da lei non mi importi! Perché non lo capisce?! Se solo non fosse così concentrata sul suo lavoro forse si renderebbe conto che così non possiamo andare avanti! Sono stanco … sì, sono stanco di aspettarla …'

I suoi pensieri, già un po’ annebbiati dall’alcol, vennero completamente interrotti da una voce femminile:

«Ciao, bello.»

Si voltò, e i suoi occhi riuscirono con un po’ di fatica a mettere a fuoco l’immagine di una bella ragazza bionda. La prima cosa che notò fu il suo seno prosperoso …

«Ciao» le disse poi freddamente, tornando alla sua bottiglia. Ma la ragazza non sembrava volersene andare, così le diede di nuovo la sua attenzione. «Cosa vuoi?»

Un sorrisetto comparve sulle sue labbra carnose e truccate, prima della risposta sussurrata in un orecchio del ragazzo. Gli occhi ambrati di lui tornarono a fissare quelli della ragazza … e l’alcol fece il resto. Annuì.

 

aha

 

'Dannazione, ma dove diavolo è finito?!'

Sana continuava a camminare avanti e indietro nel salotto del suo appartamento - del loro appartamento - mentre continuava a provare a chiamare il cellulare di Akito. Dopo una decina di squilli, per l’ennesima volta sentì la voce di un operatore automatico annunciarle che la chiamata veniva trasferita alla segreteria telefonica.

«Maledizione!» imprecò ad alta voce, ormai seriamente preoccupata, mentre il suo sguardo si spostava nervosamente sull’orologio appeso alla parete, le cui lancette segnavano ormai quasi l’una di notte. Riportò la sua attenzione al telefono che aveva in mano e ricompose l’ultimo numero chiamato, pregando che il ragazzo rispondesse.

 

aha

 

TRRR TRRRRRRRRR

TRRR TRRRRRRRRR

Da qualche parte, in un buio appartamentino, si sentiva la vibrazione di un cellulare. I gemiti che provenivano da una delle stanze della casa si spensero lentamente, mentre un ragazzo dalla frangetta bionda attaccata alla fronte sudata si metteva a sedere su un materasso drizzando le orecchie.

«Cazzo, è il cellulare …» mormorò, leggermente senza fiato, trovando stranamente difficile pronunciare quelle sole parole, mentre cercava di alzarsi dal letto su cui si trovava. Una mano tentò di bloccarlo, posandosi sul suo petto nudo, ma lui la scostò, alzandosi per raggiungere la fonte di quel rumore che aveva catturato la sua attenzione. Quando fu in piedi, barcollò leggermente, e una volta afferrato il cellulare da un mobiletto si affrettò a risedersi sul bordo del materasso, sicuro che le sue gambe non lo avrebbero retto oltre.

«Pronto?» biascicò portandosi il telefonino all’orecchio, ma nessuno rispose, e un secondo dopo lo sentì di nuovo vibrare tra le sue mani. Lo guardò confuso, poi tra la nebbia che sembrava avvolgere il suo cervello qualcosa riuscì a ricordargli che doveva premere il tasto verde per avviare la chiamata. Con la vista un po’ offuscata, lo fece, e rispose di nuovo.

«Akito!!! Finalmente!» esclamò una voce stridula e chiaramente allarmata, stordendolo ancora di più di quanto non avesse già fatto la vodka. Gli sembrava di riconoscerla, ma il suo cervello non era ancora in grado di informarlo su chi fosse esattamente.

«Ma chi è?!» mugugnò, mentre di nuovo una piccola mano si posava sul suo petto, questa volta acarezzandolo dolcemente.

«Akito, sono io! Sono Sana!»

A quell’ultima parola qualcosa dentro di lui si risvegliò, mentre nella sua mente si facevano strada molto lentamente i ricordi delle ultime ore.

«Amore, dove sei? È quasi l’una di notte! Sono preoccupata! Sei sparito così, senza dirmi nulla, ed è da ore che provo a chiamarti … Stai bene??»

Quella raffica di parole gli fece di nuovo venire un po’ di mal di testa. Intanto la mano che accarezzava il suo petto scendeva sempre di più, lentamente, mentre un piccolo corpo si avvicinava al suo da dietro, sedendosi alle sue spalle. Sentì dei capelli biondi sfiorargli il braccio destro, mentre un paio di labbra si posavano sul suo collo quasi con avidità.

«Ah … S-sana. … sì, sto bene …» riuscì a rispondere, sebbene a fatica, incapace di mettere insieme una frase di senso compiuto. La ragazza dall’altra parte del telefono se ne accorse:

«Sei sicuro? Ti sento strano …»

«N-no … è tutto ok …» la voce di Akito era incerta.

«Ma … Akito, hai bevuto?!» esclamò Sana realizzando solo ora ciò che era evidentemente accaduto. Il ragazzo non rispose, mentre la giovane alle sue spalle si staccava dal suo collo e gli diceva:
«Ma chi è? Dai, metti giù, torniamo a divertirci …!»

Purtroppo quelle parole non sfuggirono a Sana, che però cercò di convincersi di aver sentito male.

«A-Aky … chi c’è con te? Dove sei?!» il suo tono si era fatto più flebile, più insicuro. A quella voce Akito parve riprendere un po’ di lucidità.

«Niente … lascia stare, ti spiego dopo … torno subito!»

Ma prima che potesse finire l’ultima parola la ragazza che prima baciava il suo collo gli prese il cellulare di mano e terminò la chiamata, gettandolo poi al fondo del letto, prima di baciare con passione le labbra di Akito.

 

aha

 

Sana sedeva sul divano di casa, il cordless abbandonato accanto a lei, gli occhi chiusi nascosti dietro le mani che reggevano la testa, i gomiti poggiati sulle ginocchia. Come aveva potuto? Una domanda che rimbombava dentro di lei da quando aveva sentito quella voce femminile parlare nel cellulare di Akito. Come diavolo aveva potuto?? Lei era in piedi da più di cinque ore ad aspettare che il suo ragazzo tornasse a casa, preoccupata come non lo era mai stata, e lui era da qualche parte a scoparsi un’altra donna!? Una lacrima le sfuggì tra le dita che le coprivano gli occhi, ma non vi badò.

Improvvisamente sentì il rumore di un mazzo di chiavi che veniva estratto fuori dalla porta di casa. Non si mosse, mentre Akito fuori cercava di inserire la chiave giusta nella serratura. A causa dell’alcol che ancora gli annebbiava la vista e la mente ebbe qualche difficoltà, ma alla fine riuscì finalmente ad entrare. In silenzio mosse qualche passo incerto verso il salotto, fino a scorgere la figura di Sana immobile sul divano. Si fermò sulla soglia, guardandola, incapace di trovare qualcosa da dire. Anche Sana rimase in silenzio, alzando soltanto lo sguardo freddo su di lui. Infine si alzò.

«Dove sei stato?»

Il suo tono era stato tagliente, accusatore, nascondeva già consapevolezza.

«Io …»

Non disse altro. Si mise una mano sulla fronte per cercare di fermare il continuo ruotare della stanza attorno a lui e di placare le pulsazioni che gli rimbombavano nella testa.

«Perché, Akito?»

Questa volta le sue parole erano cariche di disperazione, non voleva accettare che lui l’avesse tradita. Ma lui parve non farci caso. Qualcosa si era risvegliato in lui a quella domanda.

«Perché … PERCHÈ?!» urlò, facendo sobbalzare Sana per lo spavento. «Perché non ne posso più! Vai pure a New York dal tuo caro Naozumi, ma non sperare che io me ne stia qua ad aspettarti come un deficiente!»

Gridando si era avvicinato a Sana, e ora il suo viso paonazzo era a pochi centimetri da quello scioccato e intimorito della ragazza.

«Ma … cosa …?»

«Non fare la finta tonta!!»

Preso da uno scatto d’ira, si avventò su Sana prendendola per i polsi e la sbatté contro la parete. Rimasero qualche istante così, con lui che la tratteneva immobile contro il muro e lei che teneva gli occhi chiusi, spaventata. Quando finalmente si accorse di quello che aveva fatto, barcollando e inciampando Akito la lasciò e si allontanò.

«Io … i-io …»

Sana si avvicinò al ragazzo, gli diede un ultimo sguardo raggelante, nel quale lui scorse una lacrima brillare, e sibilò sei sole parole che lo colpirono come la lama di una spada:

«Non abbiamo più nulla da dirci.»

Poi gli passò accanto e senza un’altra parola scomparve su per le scale. Akito sentì chiaramente una porta sbattere e una serratura scattare con rabbia, nello stesso momento in cui avvertì il suo cuore frantumarsi … Aveva fatto uno sbaglio, e gli era costato una vita … una vita con Sana … solo allora iniziò a rendersene conto …

 

- FINE FLASHBACK -

 

Akito continuò a fissare la bottiglia di vodka che aveva in mano. Quanto era stato stupido! Invece di parlare con Sana, aveva preferito nascondersi in un bar a bere, e quello era stato il risultato. In un moto di rabbia scagliò la bottiglia dall’altra parte della cucina. Quella si frantumò in mille pezzi contro una parete, lasciando scivolare sul pavimento il liquido trasparente. Senza pensare a ripulire, il ragazzo lasciò la stanza, mentre ancora una volta i ricordi lo divoravano senza pietà.

 

Allora? Lo so, qualcuno può pensare: che banale, sempre la stessa storia del lavoro … ed avrebbe perfettamente ragione! Ma c’è soprattutto il fatto del tradimento, che, almeno secondo me, è una colpa davvero grave … e altri aspetti, che svilupperò in seguito. Infatti più avanti si tornerà ancora a parlare dei fatti di cinque anni fa, non solo nel prossimo capitolo, ma anche in seguito. continuate a leggere!!

Ringraziamenti:

miki18

Coco Lee

fra007

virgo

viola

giulia_88

Lady Anderson

Haci

SyriaPluto

LizDreamer

Sania

miki19

laukurata89

Grazie 1000, siete unici!!!!!!

-Daisy-

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

 

Capitolo 6.

 

Il suono di una sveglia si propagò insistente nella camera da letto di una grande e lussuosa villa. Un venticinquenne aprì lentamente un paio di vispi occhi azzurri e li posò sull’aggeggio che lo aveva destato. Ne guardò il display, mettendo a fuoco i numeri: 09.30. Fece scivolare una mano fuori dalle lenzuola e la portò sulla sveglia, arrestando il suo squillo, poi volse lo sguardo dalla parte opposta e incrociò il viso della sua ragazza. Sana dormiva ancora, l’allarme sembrava non averla raggiunta. Le accarezzò delicatamente una guancia, senza l’intenzione di svegliarla, e si stupì nel sentire che i suoi muscoli erano tesi, non rilassati come tutte le altre mattine: evidentemente era turbata da qualcosa, magari un incubo, ma in ogni caso Naozumi decise di lasciarla riposare finché avesse voluto. Dopotutto, in quella settimana non erano più vincolati dal loro lavoro, perciò potevano stare a letto fino a tardi. Il ragazzo scostò le coperte dalla sua parte e si alzò lentamente, cercando di non far sobbalzare troppo il materasso, poi andò in bagno prima di recarsi nella cucina al piano di sotto. Qui Misako gli diede il buongiorno servendogli una tazza di caffé. Lui la ringraziò e si servì, poi sentì la donna rivolgersi nuovamente a lui:

«E così, alla fine vi sposate …» constatò.

«Già» fu la sola risposta di lui. 'Oddio, inizio a parlare a monosillabi come Hayama??' si disse sconcertato nella testa, poi scosse il capo e riportò la sua attenzione sulla Signora Kurata che aveva continuato la conversazione.

«Be’, dopotutto c’era da aspettarselo … sei stato molto vicino a Sana in questi cinque anni, le sei stata davvero d’aiuto.»

Lui annuì, ma lo fece distrattamente: i suoi pensieri si stavano allontanando verso i ricordi …

 

- INIZIO FLASHBACK -

 

«Uao, Sana! Hai visto che meraviglia le stanze che ci hanno dato?!»

Un Naozumi ventenne fece vagare il suo sguardo ammirato sulla spaziosa e lussuosa camera d’albergo.

«Mmh.» fu la sola risposta distratta della ragazza, che si sedette pesantemente sul bordo del materasso, lo sguardo vuoto che fissava un punto imprecisato della moquette. Gli occhi azzurri del giovane si fermarono su di lei, scrutando quell’espressione così … poco 'da Sana'

Le si avvicinò, e sospirando si sedette accanto a lei. Rimase alcuni istanti in silenzio, guardandola, ma lei non sembrava curarsi della sua presenza, così con un ultimo, pesante, sospiro si decise a chiederle:

«Allora, Sana, mi vuoi dire che cos’hai?! Non rispondermi 'niente' perché lo so che non è vero!» la prevenne. Il silenzio fu l’unica risposta che ottenne, ma non si diede per vinto.

«Senti, Sana, non ne posso più di vederti con quell’espressione vuota e afflitta! Non sei più tu! Ti prego, dimmi cosa c’è che non va, magari posso aiutarti …»

«No, tu non puoi!» fu la secca risposta di Sana, che finalmente aveva trovato la forza di parlare. Non appena si accorse della sua freddezza, abbassò lo sguardo e chiese scusa a Naozumi, poi trasse un respiro e infine si decise, seppur con qualche esitazione, a parlare con lui:

«È che … io … ho litigato con Akito … non stiamo più insieme da una settimana.»

«Cosa?!»

Naozumi rimase a bocca aperta a quella notizia. Certo, in cuor suo aveva sempre sperato che tra i due non funzionasse, dal momento che lui amava Sana, ma vedendoli insieme per tanti anni pian piano si era convinto anche lui che il legame tra Hayama e la ragazza fosse qualcosa di indistruttibile, che la loro storia dovesse essere eterna … Alla notizia che i due avessero rotto fissò Sana incredulo.

«M-ma … com’è successo? Vuoi parlarmene?» le chiese piano. Sana per un attimo non rispose, poi decise che dopotutto forse le avrebbe fatto bene parlare con un amico, così iniziò a raccontare:

«È stato la sera che gli ho detto che sarei dovuta venire qui a New York … appena gliel’ho rivelato, i suoi occhi si sono ghiacciati, improvvisamente è diventato freddo, mi rispondeva con distacco … così gli ho detto che se avesse voluto sarei potuta restare, ma lui ha detto di non voler interferire con il mio lavoro e un attimo dopo è uscito di casa. Sono stata in piedi fino a dopo mezzanotte, ma lui non era ancora rientrato, e non avevo notizie di lui, così ho provato a chiamarlo al cellulare. Ho riprovato decine di volte, ma non mi rispondeva mai, io ero preoccupata, e quando finalmente ha risposto …»

Qui Sana si fermò. Aveva iniziato a parlare a raffica, rivivendo tutta quella dannata serata, ma quando arrivò alla telefonata non riuscì a proseguire.

«Quando ha risposto?» ripeté un po’ titubante Naozumi, invitandola a continuare. Sana prese coraggio e dopo un lungo respiro continuò:

«Quando ha riposto … ho sentito che era ubriaco fradicio e che … che era con un’altra donna.»

Naozumi trattenne il fiato, mentre una lacrima scendeva sul viso di Sana. Non era possibile, Hayama non avrebbe mai … però Sana aveva detto che aveva bevuto … ma magari si stava sbagliando lui, aveva inteso male … sì, doveva essere così, aveva frainteso!

«Cioè, stava parlando con una sua amica?» azzardò, ma all’improvviso lo sguardo bagnato di lacrime di Sana si fissò nel suo e la ragazza lo interruppe bruscamente:
«Stava scopando con una donna che nemmeno conosceva, Nao!!»

Dopo quell’urlo liberatorio, la ragazza si prese il viso tra e mani, iniziando a singhiozzare. Dopo un primo momento di incertezza, Naozumi le si avvicinò e la circondò con le braccia, attirandola a sé, cercando di confortarla con qualche carezza tra i lunghi capelli rossi.

«Mi ha … m-mi ha tradita, Nao … e senza motivo! Io … noi stavamo così bene insieme … ogni tanto litigavamo, certo, ma come avevamo sempre fatto fin da piccoli, per delle sciocchezze, facendo pace un istante dopo, ridendo poi su ciò che era accaduto … e invece quella sera … e poi, tornato a casa, abbiamo discusso ancora, e lui mi ha preso per i polsi e mi ha sbattuta contro la parete, facendomi male. Era ubriaco, mi faceva paura … si è pentito, non sapeva cosa stava facendo, però …  e il fatto che sia stato con un’altra … perché, Nao? Perché lo ha fatto?!» continuò a singhiozzare la ragazza stringendosi a lui. Il giovane continuò ad accarezzarle la testa dolcemente, mentre la cullava lentamente, poi la scostò da sé e le alzò il mento con una mano, mentre con l’altra le asciugava le lacrime che le rigavano le guance.

«Smettila di piangere per lui, Sana … è Akito che dovrebbe disperarsi per averti perso!» le sussurrò, e Sana non poté fare a meno di tendere le labbra in un piccolo sorriso, che lo fece felice. Lui vi rispose, poi si allontanò da lei.

«Allora, va meglio adesso?» le chiese con tono più allegro. Sana annuì, asciugandosi anche l’ultima lacrima, poi si alzò dopo il ragazzo, che si stava già avviando verso la porta della camera.

«Nao!» lo chiamò. Lui si voltò, e gli mancò il respiro quando vide il viso di Sana così vicino al suo e avvertì le labbra morbide di lei sfiorare le sue.

«Grazie» la sentì sussurrare un attimo dopo, poi la ragazza lo superò e uscì prima di lui dalla stanza, dicendogli sorridendo di seguirlo.

 

- FINE FLASHBACK -

 

Naozumi tornò a fissare la tazza di caffé che aveva di fronte, mentre continuava a riflettere sugli avvenimenti di quegli ultimi cinque anni. Da quel momento era stato sempre più vicino a Sana. Nei due mesi che trascorsero a New York per girare il film cercò in tutti i modi di aiutarla a superare la rottura con Akito e a dimenticarlo. Non fu facile, dato che inevitabilmente i pensieri della ragazza andavano sempre a lui, ma dopo quei sessanta giorni qualcosa gli fece capire che c’era riuscito, che Akito era finalmente solo un ricordo appartenente al passato: il giorno prima della partenza prevista per il ritorno in Giappone, infatti, Sana aveva bussato alla porta della sua stanza e una volta entrata, fissandolo negli occhi, gli aveva chiesto con determinazione di restare lì. Aveva detto di non voler tornare in Giappone, ma di voler restare con lui a New York. E ancora prima che il ragazzo avesse potuto rispondere qualsiasi cosa, lei era già tra le sue braccia e lo aveva baciato.

Quello era stato l’inizio della loro relazione. Si erano messi insieme, avevano continuato a lavorare fianco a fianco negli States, dopo poco più di un anno avevano deciso di comprare una casa e convivere, e quattro anni dopo la decisione di sposarsi. Insieme avevano deciso che sarebbe stato meglio tornare in Giappone per il matrimonio, essendo quella la loro vera patria, nonostante entrambi ne avessero un po’ timore, chi per paura dei fantasmi del passato, chi per il possibile, anche se forse ormai improbabile, ritorno in gioco di un rivale … ma alla fine eccoli lì, a casa, a meno di una settimana dall’attesa celebrazione.

«Be’ … non vedo l’ora di vedervi all’altare, allora!»

La voce di Misako lo riscosse dai suoi pensieri, e il ragazzo le sorrise sinceramente, prima di finire la sua tazza di caffé e prenderne una seconda per portarla di sopra a Sana che, ne era sicuro, si sarebbe svegliata a momenti.

 

Ho aggiornato! Perdono (soprattutto all’impaziente virgo, o meglio, seed!^^), ma non ho davvero tempo per dedicarmi alle mie due fic in corso, e il fatto di averne due da scrivere non facilita le cose …! In ogni caso, ce la metterò tutta per postare almeno un capitolo alla settimana, e voi continuate a sostenermi, siete grandi!

Ringraziamenti a:

Lady Anderson

laukurata89

seed

Coco Lee

miki90

SyriaPluto

giulia_88

Katy 92

viola

per i vostri commenti! 1 bacione!

- Daisy -

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

Capitolo 7.

 

Sana si rigirò per l’ennesima volta nel letto, poi aprì lentamente gli occhi, mettendo a fuoco la sua camera da letto. Non poté evitare di tirare un sospiro di sollievo nel sapere che finalmente si era svegliata: l’incubo che aveva fatto fino a quel momento l’aveva tormentata per tutta la notte e non vedeva l’ora di sfuggirgli … di sfuggire al viso perso e dispiaciuto di Akito … Già, perché quello era stato il suo incubo: aveva rivissuto la notte in cui gli aveva detto addio, l’aveva rivisto lì, sulla soglia del salotto della loro casa, gli occhi lucidi per l’alcol che le imploravano il perdono per un errore che forse non aveva voluto commettere. Quante volte, dopo che come sempre litigavano per una sciocchezza, lei finiva sempre per perdonarlo e fare pace con lui, con un bacio, una carezza, un semplice sguardo carico di dolcezza … ma quella volta non ce l’aveva fatta a perdonarlo. Troppo grande era la sua colpa. Lo sguardo che gli aveva lanciato non era stato dolce, ma freddo e ostile, come le parole che gli aveva sibilato prima di chiudersi in camera - la loro camera.

La mattina dopo, quando era scesa in salotto con la valigia già pronta per partire - per fuggire - lo aveva trovato sul divano. A causa della sbronza della sera prima era caduto in un sonno profondo, dal quale non si sarebbe svegliato se non ore dopo, quando la ragazza ormai sarebbe stata sull’aereo che l’avrebbe portata via da lui per cinque lunghi anni. Scrutando il suo viso gli era sembrato di scorgere una scia umida sulla sua guancia un po’ arrossata, ma aveva subito distolto lo sguardo ed era uscita dalla porta d’ingresso, chiudendosela per sempre alle sue spalle.

Sospirò, raggomitolandosi sotto le lenzuola, cercando di scacciare quella scena che dopo cinque anni era tornata a perseguitarla.

«Buongiorno!»

Quella voce inaspettata la fece sobbalzare, ma si tranquillizzò all’istante quando vide il sorriso di Naozumi sulla porta della camera.

«’Giorno!» gli rispose, poi si rizzò a sedere vedendo che il ragazzo le aveva portato il caffé.

«Quando la smetterai di viziarmi portandomi la colazione a letto? Potrei abituarmici …» gli disse con un sorriso.

«Correrò il rischio.» disse semplicemente lui, e le diede la tazza. La ragazza sorseggiò con gusto il suo caffé, e quando ebbe finito Naozumi si riprese la tazza, posandola sul comodino accanto al letto.

«Allora, sei sveglia adesso?» le chiese, avvicinandosi al suo viso.

«Sì, perchè?» chiese lei, ma sulle sue labbra era già comparso un sorriso malizioso. La risposta fu un passionale bacio di Naozumi, che la fece sdraiare nuovamente sul materasso, iniziando ad accarezzarla.

«Devi ancora mantenere una promessa, questa notte mi hai lasciato a bocca asciutta …» le sussurrò staccandosi di poco dalla sua bocca, mentre iniziava ad abbassare una delle spalline della sua camicia da notte. Già. La sera prima il pensiero di Akito e le poche parole che si erano scambiati alla festa di Fuka erano troppo vive nella sua mente … e anche quella mattina lo erano, ma questa volta aveva capito che Naozumi era l’unico che l’avrebbe sempre potuta aiutare in quei momenti, come aveva fatto negli ultimi cinque anni, standole accanto e dandole tutto il suo amore.

«Mi farò perdonare, allora …» fu quindi la sola risposta di lei, e in breve erano entrambi sotto le ormai roventi lenzuola, uniti nel loro amore.

 

aha

 

«Allora, quale assaltiamo per primo?!»

La voce squillante di Fuka raggiunse con entusiasmo le sue amiche, facendo mostra di uno strano accento. La risposta alla sua domanda non tardò ad arrivare:

«Io dico di cominciare con quella boutique all’angolo!» esclamò infatti Sana, già con le idee chiare, indicando un negozio a pochi passi da loro. Lei, Fuka e Aya si trovarono immediatamente d’accordo e non persero tempo, iniziando all’istante il tour di spese. Essendo la loro prima uscita insieme da anni, non avevano intenzione di badare al portafoglio, e poi gli ‘uomini’ erano stati lasciati a casa, quindi nessuno avrebbe potuto impedire loro di godersi una sana giornata di shopping!

Il primo negozio fu quasi svaligiato, come d’altronde anche il secondo, il terzo e così via. Ben presto le ragazze iniziarono a rimpiangere di non aver invitato anche i loro compagni: una mano a portare le borse avrebbe certamente fatto comodo! E proprio mentre cercava di tenere in equilibrio i vari pacchetti che aveva in mano, Sana urtò involontariamente qualcuno, cosicché i suoi tentativi risultarono vani e gli acquisti caddero a terra.

«Oh, mi scusi, non l’avevo vista!» esclamò Sana chinandosi a raccogliere le buste. «Accidenti, guarda che disastro …» mormorò a se stessa mentre riuniva i vari acquisti, ma una voce la interruppe.

«Kurata?»

Si paralizzò, spostando lo sguardo dai pacchetti al paio di scarpe da ginnastica che si trovavano di fronte a lei, per poi risalire lentamente fino ad incrociare un paio di occhi ambrati che la fissavano seri. Il respiro le si mozzò, mentre il cuore disobbediva al suo comando e iniziava a battere ad un ritmo più veloce. Distolse immediatamente lo sguardo, riportando, anche se con difficoltà, la sua attenzione ai sacchetti e finalmente riuscì a raccoglierli tutti. Si alzò, poi tornò a guardare quelle iridi che tanto le piacevano, e con un tono formale che quasi non si aspettava nemmeno lei, riuscì finalmente a salutarlo:

«Ciao, Hayama.»

In quel momento altre due paia di occhi incrociarono i loro e diverse emozioni vennero espresse in pochi secondi da uno sguardo all’altro: c’erano curiosità, sorpresa, tristezza, indecisione, timore, intesa … il tutto mischiato in quel gioco di sguardi, in quel saettare di pupille che si incontravano per lasciarsi l’attimo dopo, per poi ricercarsi con rapidità. Infine tutti gli occhi si fermarono in quelli di Sana. Lei spostò i suoi da quelli di Aya a quelli di Fuka, poi tornò a perdersi nelle pozze dorate di Akito, cercando inutilmente di decifrarle. Rimase per un attimo spiazzata quando vide che di nuovo, come all’aeroporto, erano imperscrutabili. Si chiese perché. Perché non riusciva più a leggere dentro di lui? Era sempre stata in grado di farlo, era per questo che si erano avvicinati, che lui l’aveva lasciata entrare nella sua vita: perché lei riusciva a capirlo con un solo sguardo, senza che lui dovesse esprimersi a parole. E invece ora non era più così. Era come se Akito non glielo volesse più permettere, come se avesse chiuso quella finestra che una volta le mostrava la sua anima. Ciò, inaspettatamente, le fece male.

 

aha

 

Dopo aver distolto lo sguardo da quello di Aya e Fuka che si erano voltate appena avevano sentito pronunciare il suo nome, Akito tornò a fissare Sana. Si era rialzata, e ora poteva ammirare di nuovo il suo bellissimo viso. Non gli era sfuggita la sua espressione stupita e quasi … timorosa? … quando aveva sentito la sua voce chiamarla. Sì, gli era sembrata spaventata, l’aveva vista raggelarsi prima che alzasse gli occhi su di lui. Ma di cosa aveva paura? Forse che volesse parlarle? Be’, allora non aveva di che preoccuparsi. L’aveva incrociata per strada per caso e non aveva affatto la forza di sostenere una conversazione con lei. Cosa avrebbe potuto dirle? L’unica cosa che voleva farle sapere era che l’amava ancora e che non aveva mai smesso di farlo, nemmeno quella notte di cinque anni prima, ma sapeva che non ne aveva il diritto. Non aveva il diritto di parlarle dei suoi sentimenti e di rovinare la sua relazione con Kamura. Per quanto odiasse ammetterlo, alla fine quel damerino aveva davvero vinto: lui ora aveva Sana, e probabilmente lei sarebbe stata felice con lui. Non poteva rovinare ancora una volta la sua vita, non poteva distruggere il suo matrimonio. Doveva dimenticarla, o almeno uscire dalla sua vita. Se avesse aperto bocca, non sarebbe stato in grado di trattenersi, probabilmente sarebbe finito con l’urlare lì, in pieno centro della città, tutto il suo amore per lei, sconvolgendola. Così si costrinse a rimanere in silenzio, a nascondere le sue emozioni dentro di sé, celando i suoi occhi, accertandosi che non rispecchiassero i suoi sentimenti. E ricacciando indietro il fiume di parole che minacciava di esplodere dalla sua bocca distolse lo sguardo dal suo, rinunciando a fatica a continuare a rispecchiarsi in quegli occhi innocenti, e le passò accanto, superandola e allontanandosi.

 

aha

 

Sana rimase a guardare la schiena di lui allontanarsi con passo lento, tranquillo, come se il loro incontro non fosse avvenuto, come stesse proseguendo la sua passeggiata dimentico di quella piccola interruzione. Si accorse dopo qualche secondo che ciò le faceva male: davvero non provava più alcuna emozione quando la incontrava? Ma dopotutto, non avrebbe dovuto essere così anche per lei? Non si erano più visti né parlati per cinque anni, ora lei era fidanzata con Naozumi e presto si sarebbero sposati, era normale che lui fosse andato avanti senza di lei e ora non facesse più parte della sua vita. E allora perché lei si sentiva strana? Perché si sentiva confusa, emozionata, stordita, scossa …? Un semplice scontro, una sola parola da parte sua, e lei si sentiva così?

«Aspetta!»

La sua bocca aveva parlato quasi senza che se ne rendesse conto. Vide Akito fermarsi e voltarsi, un’espressione sorpresa e interrogativa sul viso. Sana continuò a guardarlo negli occhi; se non poteva più capire le sue emozioni in quel modo, allora doveva parlargli. Avevano finalmente l’occasione di chiarire quella situazione, e questa volta non gli avrebbe permesso di fuggire come a casa di Fuka.

«Dobbiamo parlare, Akito.» gli disse fermamente. L’espressione sorpresa scomparve, lasciando di nuovo posto ad uno sguardo imperscrutabile.

 

Stavolta sono riuscita ad aggiornare + in fretta! ^_^ Però vi ho lasciati un po’ sulle spine …eheh

Ringraziamenti a:

laukurata89

seed

giulia_88

SyriaPluto

Coco Lee

viola

Lady Anderson

miki90

per le stupende recensioni, vvb!

- Daisy -

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8

 

Capitolo 8.

 

Akito rimase immobile in mezzo al marciapiede. Si era aspettato di poter andare via indisturbato, di lasciarsi di nuovo alle spalle Sana, almeno per altri cinque minuti prima che il suo ricordo tornasse a perseguitarlo, e invece questa volta non era così: Sana cercava lo scontro diretto. Lo lesse nei suoi occhi: basta fuggire, è il momento di affrontarci. Ma lui era pronto? No. Forse. Non lo sapeva. Dopotutto, pronto per cosa? Per dirle che odiava non averla più? Sì, per quello era pronto. Ma sentire cosa aveva da dire lei? Sentire magari dalle sue labbra che amava un altro? Per quello no …

Ma Sana stava lì, di fronte a lui, l’espressione sicura. Sapeva di non avere scampo, questa volta. Era davvero giunto il momento di mettere la parola fine a quell’agonia, a quella fuga dalla realtà.

Sana si voltò, facendo un breve cenno di saluto ad Aya e Fuka, e Akito la seguì in silenzio. Camminarono fianco a fianco, ben attenti a non sfiorarsi, timorosi di ciò che avrebbe potuto provocare un improvviso contatto. Quando giunsero in un parco, Sana lasciò le borse della spesa sul prato e andò a sedersi su un’altalena. Akito rimase poco distante da lei, appoggiandosi ad uno dei pali che sorreggevano la struttura, troppo agitato per riuscire a stare seduto.

Quando il silenzio aleggiava ormai da qualche istante, in quanto nessuno dei due sapeva da dove iniziare, o forse aveva così tante idee per farlo che non sapeva quale scegliere, Akito estrasse dalla tasca un pacco di sigarette e ne accese una, mettendoci quanto più tempo poteva, inspirando lentamente la prima boccata.

Sana alzò lo sguardo su di lui e un’espressione irritata comparve sul suo viso.

«Puoi smetterla di fumare, almeno quando sei con me?!» sbottò.

«Mi rilassa.» fu la sua unica replica.

«Sarà … ma ti fa male! Si può sapere perché hai iniziato?»

Akito stava per sputarle in faccia la verità, ma si trattenne.

«Non credo ti piacerebbe saperlo.» disse soltanto.

«Perché?»

«Perché è così.»

«Ah, certo, e tu sai cosa mi farebbe piacere e cosa no, vero?»

«Fidati, lo so.»

«Allora sapevi anche che mi avrebbe fatto piacere avere un ragazzo che mi amasse davvero, e non che mi tradisse con la prima che capitava?!»

Akito le lanciò un’occhiata di fuoco.

«Non ti ho tradita.» sibilò.

«Ah no?! E allora come lo chiami fare sesso con un’altra donna, quando la tua ragazza è a casa ad aspettarti preoccupata?!?»

«Ero ubriaco, dannazione! Non so perché l’ho fatto!»

«Ti sembra una scusa? Dovrei perdonarti perché avevi bevuto?! Quella notte sono stata alzata fino a tardi, preoccupata perché non tornavi, perché non riuscivo a rintracciarti, perché non sapevo cosa diavolo ti fosse successo!! Ma tu non ti sei degnato di chiamarmi! Mi hai lasciata lì, a telefonare ad ogni persona che conoscevo per sapere se ti aveva visto, a comporre il tuo numero più volte, solo per venire a sapere che stavi con un’altra! Secondo te questo mi ha fatto piacere??»

Qualche lacrima già bagnava i suoi occhi, ma Sana era decisa a non farle scendere.

«Non è andata così …» disse Akito.

«Ma davvero? E come è andata, allora?» chiese lei incredula ed esasperata.

«Io non ce la facevo più, Sana.»

A sentire pronunciare di nuovo il suo nome, il cuore della ragazza mancò un battito.

«Non ne potevo più di aspettarti! Ogni straccio di giorno che stavamo finalmente bene insieme, che magari preparavo qualcosa per noi due, per passare una bella serata in qualche cavolo di posto, o che speravo di poterti avere per una notte senza preoccupazioni, tu dovevi rovinare tutto! Dovevi venirmi a dire che c’era un dannato aereo che ti aspettava, che mi dovevi lasciare qui ad aspettarti come un cane per giorni, settimane, mesi!! Non ti sfiorava nemmeno il pensiero che io potessi non essere d‘accordo!» alzò la voce anche Akito.

«Secondo te non ci pensavo?! Certo che ci pensavo, ogni volta!! Ho sempre chiesto il tuo parere proprio per questo! Non dovevi far altro che dirmi di restare e non sarei partita! Anche quella sera, ti ho detto chiaramente che se solo avessi voluto sarei rimasta qui con te, ma sei stato tu a dirmi di andare!» esclamò Sana disperata.

«Ma cosa ti aspettavi che facessi, che ti dicessi di no? Che ti proibissi di realizzare un tuo sogno?»

Ormai la sigaretta giaceva spenta a terra, consumata solo per metà.

«Sana, io ho sempre saputo che per te il tuo lavoro era una delle cose più importanti, forse la più importante di tutte. Chi ero io per dirti di rinunciarci? Forse ti avrei avuto accanto ancora per qualche giorno, ma a che prezzo? Per vederti ogni volta fingere che tutto andasse bene, quando invece ti sarebbe dispiaciuto non aver partecipato a quel film o a quella presentazione? E poi? Subito dopo si sarebbe presentata un’altra offerta, e di nuovo daccapo. Dovevo vietarti di lavorare per sempre?»

«Sì, se serviva a salvare il nostro rapporto!»

«Non potevo pensare solo a me, Sana. Se per te il tuo lavoro di attrice era importante, non avevo alcun diritto di interferire.»

«Ma tu eri più importante per me!»

«Non mentire a te stessa.» disse Akito a voce più bassa.

«No, Akito, questo non me lo merito.» Sana si alzò, avvicinandosi al ragazzo. «Non pensare che tu per me non contassi, neanche per un istante. Tu sei stato il centro della mia vita per anni! Quando eravamo alle elementari il mio obiettivo era farti scendere dal piedistallo su cui credevo ti fossi posto. Quando ti ho conosciuto meglio era aiutarti. Quando siamo cresciuti era stare con te. Non sai quante offerte di lavoro ho rifiutato perché temevo ti avrebbero potuto offendere, perché contenevano battute che sapevo ti avrebbero ferito! Credi ancora che il lavoro fosse più importante di te?!»

Il silenzio seguì le sue parole. Akito aveva abbassato lo sguardo, ascoltando il suo discorso e volendo fuggire. Davvero teneva così tanto a lui? Cosa aveva fatto per meritarselo?

«Allora perché sei subito scappata da Kamura? Perché non mi hai detto cinque anni fa queste cose?» le chiese infine.

«Io … in quel momento avevo bisogno di Nao! Avevo bisogno di potermi appoggiare a qualcuno, di avere accanto qualcuno che sapevo mi avrebbe amata in qualunque momento.»

«Vorresti dire che io non ti amavo??» esclamò incredulo lui.

«Be’, non è che quella sera me lo avessi proprio dimostrato …! Ma non è solo questo, cerca di capire … lui ci sarebbe sempre stato, anche nel mio lavoro … in quel momento avevo bisogno di quella sicurezza …»

«E ora?» chiese Akito a voce più bassa, fissando gli occhi mielati in quelli di Sana. «Ora di cosa hai bisogno?»

La ragazza rimase in silenzio. Fissando quegli occhi, le sembrò di essere tornata a quando era una ragazzina, a quando riusciva a leggere l’anima di Akito con uno sguardo. Vedeva di nuovo tutte le sue emozioni brillare nell’oro delle sue iridi. Capì la sofferenza, e l’amore che ancora provava per lei.

Ma ora aveva Nao

«Adesso … voglio continuare a vivere la mia vita così com’è» sospirò. Akito distolse lo sguardo. Ora aveva la conferma che non c’era davvero più spazio per un noi tra lui e Sana.

«Ma voglio che tu ne faccia ancora parte! Ti prego, Akito … smettiamola di farci la guerra. Io ti voglio ancora bene.»

Sana tacque, attendendo con timore e ansia la risposta del ragazzo. Lui cosa voleva? Voleva continuare ad ignorare Sana? Voleva continuare a vivere in quel modo, rinchiudendosi nel suo guscio, annegandosi nel rimorso? O voleva ricominciare daccapo?

«Anch’io ti voglio bene.» le disse infine, e abbozzò un sorriso. Una leggera smorfia, come quelle che faceva da bambino quando Sana gli aveva insegnato cosa voleva dire sorridere. Ma per lei fu più che sufficiente. Gli saltò al collo, lo abbracciò come non aveva fatto da anni. E lui ricambiò. In quel momento erano di nuovo Sana e Akito, i due eterni nemici-amici, quasi fratelli, le due anime indivisibili, ed entrambi ne erano felici.

Eppure … in un angolo del loro cuore, sembrava mancasse ancora qualcosa …

 

 

 

Finalmente tutti i chiarimenti sono stati fatti! Ora sono tornati amici, ma le cose saranno davvero così semplici d’ora in poi? Uhm, io non ne sarei così sicura…^^

Ringraziamenti a:

Coco Lee

Gin_95

isachan

miki90

seed

giulia_88

Lady Anderson

per i meravigliosi commenti! Non sapete quanto mi facciano piacere e quanto mi spronino a continuare!!! vvtb

Al prossimo capitolo!

- Daisy -

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9

Capitolo 9.

 

«Ridammela! Hayama, vieni qui!!!»

Sana si lanciò all’inseguimento del ragazzo, che teneva in mano una carta d’identità e rideva a crepapelle osservandone la foto.

«Se ti prendo sei morto! Guarda che ho ancora il mio martelletto!» lo minacciò.

«Oh, no! Ancora?? Detesto quell’affare!»

«Be’, dovrai vedertela con lui se non mi ridai il mio passaporto! Fermati!!!»

Dal tavolino di un bar tre ragazzi scuotevano la testa sconsolati.

«Sono tornati quelli di un tempo.» sospirò Fuka.

«Già. Non cambieranno mai, vero?» chiese Tsuyoshi. Si guardarono tutti negli occhi, poi ripresero a scuotere le teste, Aya compresa, nonostante un sorriso facesse mostra sulle loro labbra.

«Ti ho preso!» esclamò d’un tratto Sana lanciandosi su Akito e riuscendo a strappargli di mano il prezioso foglietto, mentre lui cercava di riprendere fiato dalla lunga risata. Sana gli scoccò un’occhiata fulminante e stava per fargli una ramanzina quando fu interrotta da una voce:

«Ciao, tesoro.»

Si voltò con un sorriso e andò incontro a Naozumi, che si stava avvicinando a loro. Si salutarono con un bacio a fior di labbra, che il ragazzo approfondì, e si separarono solo quando sentirono la falsa tosse di Fuka che li richiamava. Sana arrossì leggermente e andò a sedersi accanto ai suoi amici, mentre Naozumi la seguiva sogghignando soddisfatto.

«Ho parlato con il prete» disse, posando gli occhi azzurri su quelli della fidanzata e cingendole le spalle con un braccio. «Abbiamo sistemato le ultime cose per sabato, direi che è tutto pronto.»

Sana fece un grande sorriso e gli diede un bacio sulla guancia.

«Ancora non ci credo: tre giorni e vi sposerete!» esclamò Aya, gli occhi sognanti.

«Chissà, magari la prossima sarai tu.» suggerì Sana in tono complice. L’amica arrossì, mentre al suo fianco Tsuyoshi guardava da un’altra parte, imbarazzato. Poi lo sguardo della rossa cadde sull’orologio al polso di Naozumi.

«Oh, caspiterina! È tardissimo! Alla boutique mi stanno aspettando per ritirare l’abito!» esclamò alzandosi di scatto.

«Ti accompagno, così arriviamo in tempo.» propose Naozumi, ma fu subito rifiutato:

«Assolutamente no! Non puoi vedere l’abito della sposa, porta male.»

Il ragazzo stava per ribattere, ma fu interrotto:

«Ti do un passaggio io.»

Quando sentirono la sua voce, tutti si voltarono verso Hayama, che era rimasto in silenzio fino a quel momento.

«Ho la moto qui vicino» proseguì in risposta allo sguardo interrogativo e perplesso dei suoi amici «faremo in fretta.»

«O-ok.» rispose Sana dopo un primo istante di esitazione. «Ci vediamo a casa.» aggiunse rivolta al fidanzato. Entrambi salutarono e si avviarono sul marciapiede, Akito qualche passo più avanti a fare strada. Quando svoltarono un angolo e il ragazzo si fermò davanti alla sua moto, Sana si immobilizzò.

«Non vuoi davvero che io salga su quel coso, vero?!» disse incerta, adocchiando con rispettoso timore il ‘mostro di metallo’ . Akito le scoccò un’occhiata esasperata e alzò un sopracciglio.

«Stai scherzando, vero?»

Lei scosse la testa, ancora senza staccare gli occhi dalla moto.

«Vorresti dirmi che hai paura?» la prese in giro.

«Be’, sinceramente credo di sapere come guidi … e non muoio dalla voglia di provare!»

Intanto Akito aveva tolto il catenaccio dalla ruota posteriore e aveva estratto un casco dal bauletto. Inserì le chiavi nell’avviamento, salì in sella al veicolo togliendolo dal cavalletto e avviò il motore dando gas e facendo ruggire la marmitta. Sana fece un leggero passo indietro.

«Senti, lo vuoi o no questo abito?» sbottò Akito stizzito incrociando le braccia.

«E va bene.» si arrese infine lei, e prese il casco che il ragazzo le porgeva. «Ma vai piano!» lo redarguì una volta in sella dietro di lui. Akito non rispose. Si limitò a sgommare via dal parcheggio e scalare rapidamente le marce mentre si insinuava nel traffico di Tokio, mentre alle sue spalle Sana si stringeva ai suoi fianchi in una morsa d’acciaio.

I ricordi si fecero largo prepotenti nella sua testa, mentre sentiva quelle piccole mani afferrare la sua giacca. Si rivedeva su un piccolo motorino mente andava a prendere Sana all’uscita degli studi televisivi; risentiva la sua presa, quelle volte più dolce, sui suoi addominali; ricordava come lei approfittasse di ogni variazione di accelerazione per avvicinarsi un po’ di più a lui, e di come lui la lasciava fare. Ricordava le occhiate che si lanciavano negli specchietti, i fugaci sorrisi, le frenate improvvise che facevano premere Sana di più contro il suo corpo …

Proprio come quella che si trovò a fare ora, accorgendosi di aver raggiunto il negozio che gli aveva detto Sana poco prima. Le ruote stridettero sull’asfalto, mentre lui teneva perfettamente il controllo della moto, e Sana si stringeva di più a lui chiudendo gli occhi. Li riaprì solo quando sentì il motore spegnersi, e si affrettò a scendere.

«Mai più …» borbottò, liberandosi del casco e suscitando l’ombra di un sorriso nel ragazzo.

«Dai, muoviti! Ti aspetto qui.» le disse lui, e Sana si precipitò nel negozio.

Akito si appoggiò alla moto, attendendo pazientemente - molto pazientemente - che Sana terminasse. Iniziò a passarsi una mano tra i capelli, cercando di risistemare ciò che il vento aveva spettinato, ma con poco successo. Proprio in quell’istante Sana uscì, e si fermò a guardarlo. Le sembrava di nuovo il ragazzo che aveva lasciato: ribelle, spavaldo, misterioso, intrigante … bellissimo …

«Allora, andiamo?»

Sussultò quando si accorse di essere stata scoperta. Abbassò lo sguardo e annuì leggermente, prima di montare di nuovo in sella e assicurare la scatola con l’abito tra sé e Akito. Un po’ le dispiacque avere quell’ostacolo a dividerli, ma spinse via quel pensiero, prendendosela con se stessa.

 

aha

 

La grande villa Kurata le sembrava una vuota prigione solitaria. Ora che la mamma era uscita, Rei era da Asako e Naozumi era andato all’aeroporto a prendere alcuni conoscenti americani che avrebbero partecipato al matrimonio, si sentiva sola come non mai. Non era abituata a non avere nessuno accanto con cui parlare, e una casa così grande e vuota non l’aiutava di certo. Dopo aver gironzolato un po’ per la casa in camicia da notte e pantofole di pelo, aver fatto zapping in tv senza vero interesse, e aver sgranocchiato qualcosa dalla dispensa, decise di prendere il telefono e comporre il numero delle sue migliori amiche.

«Pronto, Fuka?»

«Sana? Ciao! Ti serve qualcosa?»

«Be’, in realtà sono a casa da sola, Nao è andato a prendere dei conoscenti all’aeroporto e gli farà visitare Tokyo fino a questa sera … tu cosa fai di bello? Hai voglia di venire a tenermi compagnia?» chiese speranzosa, ma Fuka distrusse subito ogni sua illusione.

«Mi dispiace, ma oggi sono impegnata con le lezioni di aerobica. Devo stare in palestra fino a cena, e poi esco con Yuta»

«Ah, ho capito. Non importa! Ci sentiamo domani, allora! Ciao!»

Chiuse la telefonata, e si affrettò a farne una ad Aya, ma il risultato fu lo stesso. Con un sospiro si abbandonò sul divano, ormai rassegnata ad un eterna giornata di ozio e noia, finché un’idea non le balenò in testa. Allora si alzò, andò alla ricerca del suo cellulare, e quando lo trovò iniziò a scorrere i nomi in rubrica finché non le apparve quello che cercava. Premette il tasto di avvio chiamata e rimase a fissare per qualche secondo la scritta «Hayama» sul display, prima di portarselo all’orecchio.

«Pronto?»

Sussultò quando sentì la sua voce, profonda e intrigante come sempre, e si diede mentalmente della sciocca.

«Pronto?!» sbraitò ancora il ragazzo dall’altra parte della cornetta, irritato.

«Akito? Ciao, sono io.» si decise finalmente a rispondere.

«Ah, ciao, Sana. Dimmi.»

Si meravigliò di come l’avesse riconosciuta all’istante, e di come la sua voce fosse cambiata, si fosse fatta più calda. Ancora una volta si impose di non pensare a quel genere di cose, e si riconcentrò sul discorso.

«Senti, oggi avresti voglia di uscire?»

 

aha

 

Quando sentì la richiesta della ragazza, il cuore di Akito accelerò leggermente i battiti.

«Sai, a casa non c’è nessuno, e sia Aya che Fuka hanno degli impegni … sai come sono fatta, no? Ho bisogno di fare qualcosa, sennò impazzisco! Allora, ci vediamo?!» continuò Sana, e il cuore del ragazzo ritornò al suo ritmo normale.

Che cosa aveva creduto?

Si diede mentalmente uno schiaffo per la sua stupidità e si decise finalmente a rispondere:

«Sì, non ho impegni. Passo a prenderti e facciamo un giro?»

Sentì Sana rallegrarsi dall’altra parte della cornetta.

«Sì, va benissimo! Ti aspetto per la mezza, allora! A dopo!»

Chiudendo la chiamata, sospirò. Davvero aveva pensato che volesse uscire con lui come facevano una volta? Cosa gli era preso? In due giorni sarebbe diventata la Signora Kamura!

Trasse un ennesimo sospiro, e decise di tornare ai suoi esercizi fisici.

 

 

So che in questo capitolo non è successo nulla di importante, ma è uno di quelli che chiamo “di transizione”: mi serviva per far capire come si fossero evoluti i fatti dal capitolo precedente (finalmente Sana e Akito sono tornati i due amici affiatati di una volta – nonostante qualche emozione ancora contrastante) e per introdurre il successivo (che spero di postare nel weekend!). Detto ciò, passo ai ringraziamenti per i stupendi commenti a:

seed

giulia_88

SyriaPluto

LizDreamer

viola

Lady Anderson

Coco Lee

miki90

baci

- Daisy -

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10

Capitolo 10.

 

Il pendolo segnava le 12.25. Nella lussuosa villa Kurata si sentiva solo il rumore ritmico di un paio di tacchi fare avanti e indietro per i corridoi, mentre Sana controllava che ogni porta o finestra fosse debitamente chiusa. Esattamente cinque minuti dopo, contemporaneamente al rintocco che segnava la mezza, si sentì risuonare il trillo del campanello. La ragazza corse freneticamente verso il primo specchio a sua portata e ricontrollò meticolosamente il trucco, si sistemò i capelli, aggiustò il colletto della camicetta … Non si seppe spiegare quella frenesia, né il perché fosse già pronta venti minuti prima. Si limitò a non pensarci, e a precipitarsi alla porta. L’aprì, e si trovò davanti Akito, perfetto in quella giacca da motociclista, con quei bellissimi capelli scompigliati, gli occhi intensi e … aspetta un attimo, giacca da motociclista?!

«Ciao.» la salutò.

«Ciao! Ti prego, dimmi che non è come penso …» implorò lei sporgendosi a guardare oltre le spalle del ragazzo. E proprio lì, dove si era aspettata di vederla, nonostante avesse sperato non ci fosse, era parcheggiata la potente moto di Akito. Riportò lo sguardo sul viso del ragazzo e si indispettì nel vedere che vi era spuntato un ghigno di presa in giro.

«Avevo detto che non volevo più andare su quell’affare!» si lamentò Sana, mentre chiudeva la porta a chiave e si dirigeva riluttante verso il veicolo in questione.

«Senti, non potevo farmela a piedi fino a qui!  E poi, mi sembrava che in realtà ti fosse piaciuto, l’ultima volta … sbaglio, o ci avevi preso gusto a stringerti a me anche nelle curve più leggere?!» replicò Akito con un sorrisetto che l’abbagliò. Sana arrossì violentemente mentre gli sferrava un pugno alla spalla.

«Sta’ zitto, va’, che è meglio! Allora, dove si va?»

Akito montò in sella e accese il motore mentre lei prendeva posto dietro di lui.

«Uhm … il parco?»

«Ok.» acconsentì Sana con un’alzata di spalle, e partirono con una sgommata.

La corsa fu un ripetersi dell’ultima:  ogni curva, ogni frenata, ogni attimo giusto li faceva avvicinare, e mentre le sue guance si tingevano di rosso Sana ripensava alle parole che aveva detto il ragazzo poco prima. Ma non voleva crederci, e si ripeteva - anche se con poca convinzione - che era solo la paura della moto a farle stringere così tanto i fianchi di Akito. Represse anche la voce che negava la sua paura della corsa con la motivazione che lui le infondeva sicurezza in ogni cosa …

In dieci minuti raggiunsero il parco, ma proprio mentre stavano per entrarvi lo stomaco di Sana iniziò a brontolare.

«Affamata?» chiese semplicemente Akito. Sana non ebbe tempo di rispondere che dalla pancia del ragazzo provenne un suono identico.

«Anche tu, vedo. Andiamo a quel bar?» disse Sana sorridendo e indicando un locale dalla parte opposta della strada. Akito alzò le spalle e la seguì.

Si sedettero ad un tavolino all’esterno, e in pochi istanti un cameriere era al loro fianco pronto a segnare le ordinazioni. Quando Sana sentì il ragazzo ordinare l’onigiri alla francese, non riuscì a reprimere un sorriso. Una marea di ricordi la travolse, e per non affogare sotto quei mille pensieri decise di condividerli con lui: se fossero naufragati, l’avrebbero fatto insieme.

«Che buffo, mi sono ricordata di una cosa.» disse, un lieve sorriso sulle labbra e gli occhi persi dietro immagini invisibili. Akito si limitò a fissarla interrogativo, mentre attendeva che continuasse.

«Quando eravamo ancora ragazzini, e siamo usciti per festeggiare i nostri compleanni … ci eravamo fermati a pranzare e io ti avevo preparato il bento con l’onigiri alla francese.»

Qui si interruppe, chiedendosi perché le era sembrato così importante. Era solo lo stupido ricordo di un pranzo, non aveva neanche senso parlarne ad alta voce. Eppure lo sentiva importante … forse per ciò che era successo dopo, forse perché era stato il loro primo vero appuntamento … forse semplicemente perché era qualcosa che condividevano solo loro due.

«Già, me lo ricordo anch’io.» disse Akito, interrompendo il filo dei suoi pensieri. «Era buono.» aggiunse dopo un po’, e infine dedicò la sua attenzione al piatto che gli era stato posto davanti, mentre Sana sorrideva felice: se l’era ricordato anche lui.

 

aha

 

Consumato il pranzo in silenzio, si diressero poi verso il parco. Mentre attraversavano nuovamente la strada anche la mente di Akito vagò tra i ricordi, rivivendo quel giorno di una decina di anni prima. Quanto avrebbe voluto che tutto fosse tornato così, solo loro due, spensierati, insieme. Un pomeriggio fuori, due risate, qualche battuta, sempre mano nella mano, e a fine giornata un bacio a ricordare quanto ci si vuole bene, come quel bacio che le aveva rubato dopo averla intrappolata sulla porta della sua camera. Sospirò, e insieme a quel sospiro volarono via quei sogni di un qualcosa che non sarebbe più tornato.

Sana se ne accorse, e gli chiese:

«Cosa c’è?»

Lui la guardò, indeciso se dire la verità o no.

«Nulla» rispose. «Stavo pensando.»

Sperò di concludere così, ma Sana, eterna chiacchierona e grande curiosa, non lasciò cadere il discorso:

«E a cosa?»

«Al passato.»

Questa risposta la fece zittire, o meglio, fece cadere anche lei nel mondo dei ricordi e delle riflessioni. Passato. Tutto quanto era successo tra loro era il passato. E allora perché i ricordi erano così vividi, sembravano ancora così belli, volevano ancora essere rivissuti?

Aspetta.

Rivivere i ricordi, il passato?

Sana non riusciva a capire se stessa. Cosa voleva?

«Andiamo di qui.» la voce di Akito interruppe i suoi pensieri confusi e lei lo seguì su un nuovo sentiero del parco, finché non intravide il gazebo. Mentre si avvicinavano alla panchina, decise di abbandonare quelle riflessioni caotiche e di godersi la giornata. Si lasciò andare ad un sorriso, e con un sospiro si abbandonò sulla panchina.

Rimasero alcuni minuti in silenzio, a guardare le nuvole spostarsi lentamente nel cielo, assumendo forme sempre nuove, a sentire il venticello fresco scompigliare loro i capelli, ad ascoltare i rumori degli alberi, degli uccelli, delle persone attorno a loro.

«Allora, che mi racconti?» chiese infine Sana. «Cosa hai fatto in questi cinque anni? Come va con il karate, per esempio?»

«Bene. Sono quarto dan, e sto pensando di diventare maestro.»

«Davvero?! Uao! Scommetto che sarai bravissimo.» disse lei spontaneamente, poi leggermente imbarazzata cercò di aggiungere qualcos’altro. «Magari un giorno potresti insegnare qualche mossa ai bambini dell’orfanotrofio.»

«Sì, perché no?» disse semplicemente Akito.

Per alcuni minuti continuarono a parlare di lavoro, degli amici, di piccole cose che venivano loro in mente all’improvviso. Occasionalmente le labbra di Akito si tendevano in un sorriso, le guance di Sana si accendevano, i loro occhi si incrociavano. Infine la magia venne per un attimo spezzata, per una domanda buttata lì, neanche troppo per caso:

«E ragazze? Hai incontrato nessuna che ti interessasse?»

Nel silenzio che seguì dopo le parole di Sana, la mente di Akito si dibatteva tra la verità e la bugia. Voleva dirle di aver pensato solo a lei per tutta la vita, di non essere stato in grado di guardare nessun altra ragazza, di amarla ancora e di volerla per sé … mentre una piccola parte di lui gridava cercando di ricordargli che Sana stava per sposarsi e non sarebbe mai più stata sua, quindi non aveva il diritto di dirle una cosa del genere. Ma quella voce era troppo debole, e venne sovrastata, sconfitta, messa a tacere.

«Ho sempre pensato solo a te.»

Le parole sfuggirono dalle labbra di Akito e aleggiarono nell’aria, catturate dal vento che soffiò tra di loro, rimbombando in un improvviso innaturale silenzio. E non si pentì di averle dette.

aha

 

«Ho sempre pensato solo a te.»

Come potevano sconvolgerla così tanto delle semplici parole?

Akito era rimasto legato a lei.

Aveva continuato a pensarla, forse a volerla. Non aveva cercato di dimenticarla come aveva fatto lei. Ma dopotutto, lei ci aveva provato davvero? O l’aveva fatto con poca convinzione, lasciando che qualche ricordo rimanesse sempre nel suo cuore, si facesse sempre avanti nella sua mente a ricordarle quel ragazzo per lei tanto importante? Forse era così. Forse non aveva mai davvero voluto abbandonarlo.

No, aspetta. Perché sta pensando queste cose? Lei ha chiuso con Akito, si è innamorata pazzamente di Naozumi e in due giorni sarà sua per sempre. Tutto ciò che la lega a questo ragazzo è il passato, che tale è e tale deve rimanere.

Giusto?

Sbagliato.

Glielo dicono i suoi occhi d’ambra, così dannatamente profondi. Glielo dicono le sue labbra, così pericolosamente vicine.

I suoi occhi ormai si sono chiusi, mentre le sue labbra si sono posate sulle sue. Una mano di Akito ha raggiunto, non vista, la sua guancia sinistra, quasi a dirle di non scappare.

Ma non ce n’è bisogno.

Ormai si sta lasciando andare al bacio.

Al diavolo quella confusione di pensieri, al diavolo i sensi di colpa, le incertezze, le indecisioni, e, perché no, al diavolo anche Naozumi. In questo momento è stanca di razionalizzare tutto, di pensare alle conseguenze delle sua azioni, alle emozioni di ogni partecipante della sua vita. Ora basta. Vuole seguire il destino, l’istinto, il cuore, chiunque sia che in questo momento le dice di baciare Akito.

E lo fa.

 

aha

 

Quanto gli erano mancate quelle labbra morbide e calde! Quanto gli era mancata la sensazione dei soffici capelli rossi tra le sue dita. Quanto quel dolce sapore della sua lingua che accarezzava la sua in una tenera lotta senza vincitori.

Per un attimo sentì ancora quella debole voce dirgli che stava sbagliando, ma la mandò al diavolo in un istante, riconcentrandosi sul bacio che lui e Sana si stavano scambiando.

Durò diversi istanti, non fu troppo lungo, né troppo breve. Non fu troppo dolce, né troppo passionale. Per loro, fu semplicemente perfetto. Quando si allontanarono, entrambi stavano sorridendo, debolmente, ancora un po’ senza fiato, ma felici. I loro occhi si incontrarono e trovarono di nuovo l’intesa e la complicità di un tempo. Si alzarono, si presero per mano ed uscirono dal parco. Il loro passo era leggermente veloce, ansioso. Salirono sulla moto, Sana si strinse ad Akito ancora prima che il motore si fosse acceso, dolcemente, e partirono. In pochi minuti intravidero la villa di Sana, ma la superarono senza fermarsi, mentre la ragazza chiudeva gli occhi e appoggiava, rilassata, la guancia contro la schiena di lui.

Trascorsero altri minuti, e infine la moto si arrestò di fronte ad un cancello. Akito l’aprì, guidò fino al retro della casa e spense il motore. Sana scese rapida e sempre con uno spensierato sorriso sulle labbra si fece prendere per mano e guidare fino sulla soglia della casa. Le chiavi girarono velocemente nella serratura, la porta si aprì, e Akito lasciò entrare la ragazza, prima di seguirla. Fece appena in tempo a richiudere l’ingresso che un bacio catturò di nuovo le sue labbra, mentre le braccia di Sana si stringevano morbidamente attorno al suo collo. L’accolse con un mezzo sorriso, divertito e compiaciuto, ebbro di felicità e di passione. Giocarono per qualche istante l’uno con le labbra dell’altro, muovendo piccoli passi incerti, sorridendo sfiorandosi, cercando di togliersi contemporaneamente le scarpe e le giacche che li accaldavano. Non seppero come, raggiunsero le scale. Decisero di staccarsi per salire, ma una volta al piano di sopra un’invisibile calamita li attrasse nuovamente. E continuarono così la loro via fino alla camera di Akito, fino al letto, fino a sotto le lenzuola. Non seppero come o quando si ritrovarono improvvisamente senza abiti, sdraiati sul materasso a sorridere, baciarsi, sfiorarsi, accarezzarsi. Tutto ciò di cui erano coscienti erano l’emozione e la passione che provavano, e che li invase per ore.

 

 

Finalmente! Confessate, quanti di voi hanno esclamato la stessa cosa?!^^ Vi ho fatto patire per 10 capitoli, ma alla fine è successo, eh? Ma mica è finita qui?! Ora sì che iniziano davvero i problemi …

Ma prima di tutto, i ringraziamenti per i favolosi commenti che mi commuovono sempre!

seed

giulia_88

Coco Lee

Lady Anderson

SyriaPluto

miki90

LizDreamer

Gin_15

viola

Grazieeeeeeee!!!!

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11

Capitolo 11.

 

Era stata di nuovo sua. Ancora una volta aveva potuto attribuirle quell’aggettivo che tanto gli piaceva: sua.

Quei capelli rossicci posati disordinatamente sul cuscino - il suo cuscino; quelle labbra morbide che avevano più volte catturato le sue; quella pelle chiara e fresca che le sue mani avevano sfiorato e accarezzato; quel profumo che gli aveva inebriato i sensi; quella dolcezza che gli aveva trasmesso; quel calore che gli aveva fatto provare … tutto quanto, tutto era stato nuovamente suo.

Sana Kurata era ancora una volta sua.

Si girò nel letto, lentamente, un po’ assonnato e per non svegliare lei, che ancora giaceva al suo fianco. E se la ritrovò lì, a pochi centimetri dal suo viso. Bella come l’aveva sempre vista, forse ancora di più in quel momento. Quelle labbra, semidischiuse, invitanti, tese nell’ombra di un sorriso forse memore della notte appena trascorsa o di un dolce sogno, lo attiravano. Era difficile trattenersi dal baciarle, ma resistette perché non voleva svegliarla, voleva ammirarla mentre ancora dormiva accanto a lui, così come l’aveva lasciata dopo un’intera notte di passione.

Lasciò scivolare lo sguardo lungo il suo corpo, sulle curve che il leggero lenzuolo non riusciva a nascondere, quelle curve così morbide che aveva potuto di nuovo toccare. Mai un corpo gli era parso così perfetto. La sua mano quasi gli doleva tanto era violento il desiderio di sentire di nuovo la sua pelle. Ma ancora una volta, mise a freno i suoi istinti, perché la vista di Sana addormentata così pacificamente ne valeva la pena.

Sorrise.

Un vero sorriso, come uno di quelli che aveva fatto meno di dieci ore prima. Buffo, dopo cinque anni che non l’aveva più fatto, si trovava a sorridere di nuovo, facilmente, quasi senza volerlo.

Diede un ultimo sguardo alla figura della ragazza, poi con un leggero, quasi impercettibile, dolce sospiro richiuse gli occhi …

Fu come un lampo a ciel sereno.

Un paio di occhi azzurri.

Saettarono davanti a lui, ingenui, per poi scomparire.

E di nuovo, questa volta accusatori. Rimasero lì, a perseguitarlo.

Akito riaprì immediatamente gli occhi, e tutto ciò che vide fu di nuovo il viso di Sana. Ma questa volta non bastò a calmarlo. Questa volta c’era la consapevolezza che tutto ciò che vedeva, che stava provando fino a poco prima, era un errore.

Ciò che aveva fatto il giorno prima, a partire da quella frase che non avrebbe dovuto pronunciare al parco, il bacio che vi era seguito, ogni altra azione, fino a quel mattino … era tutto sbagliato. Per quanto fosse stato bello, indimenticabile, paradisiaco … non doveva succedere.

Quella voce che inutilmente aveva cercato di impedirgli di commettere un errore, ora era lì a deriderlo, gli sembrava quasi di sentirla dire: ‘te l’avevo detto!’

Ma lui, stupido, non aveva voluto darle retta. Si sentiva tanto sicuro, tanto forte … e ora invece navigava tra incertezza e debolezza. Cosa sarebbe successo? Cosa doveva fare? Cosa avrebbe potuto dire a Sana? Cosa gli avrebbe detto lei? Mille interrogativi che lo schiacciavano con il loro peso, lo lasciavano senza fiato. E in quel momento quello che prima era il dolce timore di perdere una stupenda visione qualora Sana si fosse svegliata, ora era la paura di ciò che avrebbe dovuto affrontare una volta che anche il suo sonno fosse terminato. Doveva guardare in faccia il suo errore, allontanarlo, cancellare quella meravigliosa parentesi dalla sua vita - o almeno da quella di Sana, per il suo bene.

«Mmh»

Un mugolio scosse i suoi pensieri. Ecco, il momento era arrivato. E lui aveva preso la sua decisione.

 

aha

 

Sana emise un leggero mugolio, si mosse, infine aprì gli occhi. La prima cosa che vide - e la prima cosa che aveva cercato - furono le bellissime iridi dorate di Akito, che le portarono subito un sorriso alle labbra: era vero, non aveva sognato tutto. Quella notte aveva davvero fatto l’amore con lui, più volte, proprio come una volta. Era stata di nuovo sua, come le piaceva essere.

Il nome di Naozumi quasi non le sfiorava la mente, l’anello al suo dito non aveva più alcun significato; ora c’erano solo loro due, e il sentimento che si era risvegliato dall’angolo del cuore in cui l’aveva segregato anni prima.

«Ciao.» lo salutò, la voce bassa, sensuale. Si avvicinò di più a lui, fece per appoggiarsi al suo petto … ma lui si alzò. Si sedette sul bordo del letto, dandole le spalle. Poi si alzò, vagò in silenzio per la stanza recuperando qualche abito, infine, senza dire una parola, andò verso il bagno.

«Akito?» lo chiamò Sana, confusa. «Akito?!» ripeté con più forza e un tremito nella voce quando lui non diede segno di ascoltarla. Il ragazzo si limitò a fermarsi sulla porta del bagno.

«Cos’hai?» gli chiese, preoccupata. Un lungo silenzio seguì la sua domanda, un silenzio durante il quale Akito lottava per trovare la forza di far uscire quelle parole che la sua lingua si rifiutava di pronunciare.

«Vattene.»

Fu l‘unica cosa che riuscì a dire, con un tono,non seppe nemmeno lui come, freddo e tagliente.

Quasi riuscì ad udire il cuore di Sana spezzarsi, gli parve un fragore assordante, nel silenzio che aveva lasciato dietro di sé quella parola.

«C-cosa?»

Sana cercò di aggrapparsi alla vana convinzione di non aver capito, ma fu inutile.

«Ho detto vattene.»

Ci volle tutto il suo autocontrollo per mantenere il tono di voce basso e per evitare di dirle che in realtà l’avrebbe voluta al suo fianco per sempre.

«Ma … Akito … cosa vuol dire? Non … quello che è successo stanotte non significa nulla per te?! E guardami, quando mi parli, maledizione!» alzò la voce Sana, arrabbiata, ferita, spaventata. Akito aveva continuato a darle le spalle, sicuro che se l’avesse guardata negli occhi la sua commedia non avrebbe retto un istante. Ma ora doveva riuscire a farcela. Si voltò, i suoi occhi che non trasmettevano l’amore che in realtà provava, ma solo disinteresse e freddezza.

«Sì, bella scopata.»

Con questa enorme bugia lasciò la stanza, ormai incapace di reggere oltre, e si chiuse nel bagno. Aprì immediatamente l’acqua della doccia, per coprire il rumore straziante dei singhiozzi che provenivano dall’altra stanza.

Sana si alzò dal letto e corse alla porta del bagno, tempestandola di pugni, chiedendo una spiegazione ad Akito, continuando a domandare un perché al quale non ricevette risposta, mentre le lacrime le offuscavano la vista. Infine si accasciò a terra, distrutta. Il sogno era finito. Dal paradiso in cui le era sembrato di trovarsi pochi attimi prima era piombata nell’inferno della realtà.

Svuotata di ogni vitalità, incapace di combattere, si rivestì lentamente ed uscì.

 

 

 

Ehi, ragazzi, cosa sono quei fucili che avete in mano?! Non volete uccidermi, vero?? ^^’

E dai, su, altrimenti come fa la storia a proseguire? Eheh!

Ringraziamenti speciali a chi ha commentato lo scorso capitolo, ovvero i mitici:

LizDreamer

miki90

SyriaPluto

Coco Lee

seed

giulia_88

Lady Anderson

isachan

viola

 

ma anche a chi legge soltanto! Vvb

- Daisy -

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12

Capitolo 12.

 

L’acqua scorreva sulla sua pelle, cercando inutilmente di lavare via il senso di colpa dal corpo di Akito, che restava immobile sotto il getto della doccia, le mani appoggiate ad una delle pareti, le braccia tese, i muscoli gonfi, lo sguardo fisso a terra. Tra i capelli incollati alla fronte qualche goccia rovente scendeva fino a farsi strada su un suo sopracciglio, a volte scivolando giù lungo la linea del naso, raggiungendo anche le sue labbra tese in una linea impenetrabile.

I colpi che risuonavano dalla porta del bagno erano da poco cessati. Sentiva dei passi pesanti e lenti, quasi trascinati, spostarsi nella sua stanza, poi, qualche minuto dopo, più nulla.

Chiuse gli occhi, scuotendo la testa non appena il ricordo dell’espressione ferita di Sana gli balenò nella mente.

Le aveva detto di andarsene. Malamente, facendole intendere di essersi solo divertito con lei per una notte come con una qualsiasi puttana, proprio come aveva fatto con quella donna cinque anni prima. Le aveva fatto credere che tutto ciò che avesse desiderato di lei fosse stato solo il suo corpo. Le aveva dato l’impressione di averla ingannata con quelle parole dette al parco, con un bacio dolce pieno di falsi sentimenti solo per attirarla a casa sua.

Quanto era stato falso. Quanto erano grandi quelle bugie. Lui non si era divertito, non aveva desiderato solo il piacere di possederla, non aveva mentito con quella frase, il suo bacio era stato pieno di vero amore.

Ma questo non poteva lasciarglielo sapere. Aveva dovuto ferirla. Era necessario che l’allontanasse. La sua vita aveva seguito il suo corso quando si erano lasciati, era andata avanti, aveva incontrato un altro uomo. Nonostante fosse il suo peggior nemico, non contava: era qualcuno con cui Sana aveva trovato la felicità e la stabilità, qualcuno che era pronta a sposare. Se avesse distrutto tutto ciò, avrebbe sbagliato. Per quanto fosse dura ammetterlo, in fondo sapeva che Kamura le poteva offrire molto più di quanto non potesse lui. Sapeva che se Sana avesse abbandonato ciò che aveva costruito in quegli anni per stare con lui, se ne sarebbe pentita. Vecchi problemi sarebbero riaffiorati, col tempo forse anche di nuovi, e avrebbero di nuovo sofferto entrambi.

Così, invece, Kamura avrebbe sicuramente curato all’istante quella ferita che le aveva inferto pochi minuti prima e sarebbe andata avanti, costruendo una famiglia, raggiungendo la felicità che meritava con un uomo che l’amava - anche se, ovviamente, Akito non poteva credere l’avrebbe mai amata più di quanto avrebbe sempre fatto lui.

 

aha

 

L’abitacolo del taxi le sembrava una piccola prigione, si sentiva soffocare, a causa della miriade di sentimenti che provava. C’erano la delusione, la tristezza, l’amarezza, il rimpianto, la confusione, e laggiù, nel suo cuore, tradito, ferito, respinto, l’amore.

Quando l’auto si fermò Sana si affrettò a pagare l’autista e a scendere, prendendo una lunga boccata d’aria. Ma questa non bastò a soffocare le sue emozioni devastanti.

Avanzò lentamente fino all’ingresso della villa, aprì la porta e la richiuse alle sue spalle senza curarsi di fare piano, di far passare inosservato il suo rientro.

Una voce la raggiunse al rumore dello scatto della serratura:

«Amore, sei tu?»

Non rispose. Le sembrava di non averne la forza.

«Sana? Sei rientrata?» insistette la voce, facendosi sempre più vicina tra i corridoi, finché la figura di Naozumi non comparve di fronte a lei. Vide il sorriso affiorare sulle labbra del fidanzato non appena la vide, ma non corrispose.

«Ehi, ciao.» la salutò caldamente lui, abbracciandola e baciandola.

«Ciao.» si sforzò di dire Sana. Per un attimo fu tentata di sottrarsi, di non fargli toccare quelle labbra che erano appartenute ad Akito, ma si trattenne. In ogni caso fece in modo che fosse solo un veloce sfiorarsi di bocche.

«Ma dove sei stata? Pensavo di trovarti qui, questa notte, invece il letto era vuoto.» le chiese lui, non facendo caso alle sue azioni, poi la guardò con più attenzione e notò la sua espressione stravolta. «Ehi, va tutto bene?»

Sana non lo guardò negli occhi, ma anzi iniziò a salire le scale.

«Sì, tutto a posto. È che ieri sera sono andata da Fuka e siamo rimaste in piedi fino a tardi, così non ho dormito molto. Vado a farmi una doccia e a stendermi un po’.»

Lo liquidò così, senza attendere una risposta, e sparì su per le scale. Arrivata in camera si tolse lentamente quei vestiti che la sera prima altre mani avevano sfilato, si passò stancamente una mano tra i capelli che altre dita avevano intrecciato tra di loro e si diresse verso il bagno, facendo scorrere il getto caldo della doccia su di sé a lavare via le ultime tracce di quella che era stata definita una «bella scopata». Sì, bella era stata bella. Si era sentita benissimo, si era sentita … amata davvero. Ma a quanto pare era stata solo un’illusione, non era amore quello che aveva vissuto. Aveva sperato che fosse così, ma la sua era stata la stupida ingenuità di una ragazzina alle prese con un sentimento troppo grande per lei. Avrebbe dovuto sapere che ad Akito non importava più nulla di lei: gliel’aveva già dimostrato cinque anni prima.

E ora a lei cosa restava? Un sentimento non corrisposto, che doveva di nuovo segregare nel suo cuore e cercare di seppellire sotto l’amore che le donava Naozumi; un matrimonio da celebrare in meno di due giorni, che ormai era la strada che aveva scelto - o che Akito aveva scelto per lei con le sue azioni; e il profumo di Akito, che sembrava non voler lasciare la sua pelle …

 

aha

 

Il giorno dopo.

A villa Kurata fervevano i preparativi. Un viavai continuo tra i corridoi, chi impartiva ordini, chi richiedeva qualcosa, chi semplicemente si aggirava saltellando emozionato per la casa.

«Aya, corri alla porta! Credo sia arrivato il bouquet!» si sentì la voce di Fuka risuonare dal piano di sopra, mentre una figura minuta schizzava giù per le scale verso l’ingresso.

Nella camera da letto di Sana, un magnifico abito bianco con ricami, pizzi e piccoli diamanti era posato a fare bella mostra di sé sul letto a due piazze. Accanto ad esso stava Fuka, il piede che batteva ritmicamente a terra in attesa della sua migliore amica, chiusa da più di mezz’ora nel bagno.

«Sana, vedi di muoverti! Mancano poco più di due ore, e ancora dobbiamo fare capelli e trucco!»

«Sì, arrivo.» fu l’unica risposta che si poté udire da oltre la porta, prima che questa si aprisse a mostrare la giovane attrice avvolta in un asciugamano.

«Dai, indossa l’abito, poi penseremo al resto.» istruì Fuka. Sana obbedì, poi si sedette davanti ad uno specchio. Proprio in quel momento si sentì bussare alla porta, e quando gli venne dato il permesso entrò un giovane parrucchiere.

«Ciao, Jean!» lo salutò calorosamente Sana, alzandosi ad abbracciare il vecchio amico.

«Bonjour, madamoiselle! Iniziamo?» rispose questi con un amichevole sorriso, facendole segno di prendere posto. Sana rispose al sorriso e si sedette di nuovo, mentre Jean iniziava ad asciugare i capelli che la ragazza aveva appena lavato. Fuka si sedette accanto a lei e iniziò a fissarla. Sana se ne accorse, ma fece finta di nulla: credeva di sapere cosa non andasse, e non aveva assolutamente voglia di parlarne.

«Sana …»

Ecco. Come non detto.

«Sì, Fuka?» rispose lei con falsa disinvoltura.

«Ieri mi ha chiamato Naozumi …»

Sana guardò da un’altra parte, cercando inutilmente di impedire alle parole della sua amica di raggiungerla.

«Mi ha chiesto cosa avessimo fatto ieri sera.»

Fuka si fermò, guardando intensamente l’amica negli occhi.

«E tu cosa gli hai risposto?» chiese Sana, un po’ timorosa, un po’ indifferente.

«Ti ho retto il gioco.» rispose Fuka, e Sana trasse involontariamente un sospiro di sollievo. «Ma vorrei sapere cos’è successo. Dove sei stata ieri? Perché ho dovuto coprirti?»

Sana sospirò, spostando di nuovo lo sguardo dall’altro lato della stanza.

«Non ora, Fuka.» quasi la supplicò.

«Sana … eri con lui?»

Non servivano nomi, era chiaro di chi parlasse. Improvvisamente la voglia di raccontare tutto si fece largo in lei, e Sana si rivolse al parrucchiere:

«Jean, per favore, potresti lasciarci sole due minuti?»

«Ma, Sana …?! Devo finire, abbiamo poco tempo, non …!»

«Ti prego» lo implorò, e il ragazzo decise di acconsentire. «Merci.» lo ringraziò con un debole sorriso, poi rivolse nuovamente la sua attenzione a Fuka.

«Sì, ero con Akito.» ammise finalmente. E andò avanti a raccontare, le rivelò tutto ciò che era successo quel pomeriggio, ogni parola che si erano scambiati, ogni azione, tutto quanto fino al mattino dopo, a quella frase che l’aveva distrutta. Sentì le lacrime premere per uscire, ma le ricacciò indietro: era stanca di piangere per lui, dalla sera prima si era ripromessa di non farlo mai più, e voleva mantenere fede a quella promessa. Akito non meritava più le sue lacrime, né il suo amore. Ma stava mentendo a se stessa, non avrebbe ami potuto smettere di amarlo …

Fuka non disse nulla durante tutto il racconto, non la interruppe, non l’accusò, non la giudicò. Semplicemente rimase ad ascoltarla, e alla fine l’abbracciò in silenzio, mentre una lacrima traditrice sfuggiva dagli occhi della sua amica.

«Cosa vuoi fare, Sana?» fu l’unica cosa che le chiese. Lei la guardò interrogativa.

«Come cosa voglio fare? Mi sto per sposare, no?!»

«Ma è quello che vuoi?»

Sana ci pensò. Voleva sposare Naozumi? La prima risposta che avrebbe dato sarebbe stata “no, la persona con cui voglio trascorrere il resto della mia vita è Akito”. Ma a cosa sarebbe servito dirlo? Akito non la pensava così, non l’amava, non voleva stare con lei. E allora perché distruggere qualcosa che sarebbe potuto essere un buon rapporto? Col tempo magari avrebbe imparato ad amare Naozumi quanto aveva amato il freddo, intrigante ragazzo biondo che aveva rapito il suo cuore per primo. Perchè negargli questa possibilità, dopo tutto quello che aveva fatto per lei? Lui c’era sempre stato: quando aveva pianto per Akito le aveva offerto la sua spalla, quando aveva avuto bisogno di un amico lui era lì al suo fianco … si meritava un’occasione, no?

E anche lei, non si meritava forse di essere felice? Magari col tempo e l’amore che Naozumi le avrebbe sempre dato avrebbe trovato questa felicità.

«Sì.» rispose infine. «Voglio sposarlo, Fuka. Voglio vivere con Nao.»

Un debole sorriso accompagnò le sue parole, e l’amica l’abbracciò di nuovo, annuendo, prima che venissero di nuovo interrotte da Jean che, stanco di aspettare, aveva deciso di fare irruzione nella camera e di terminare il suo lavoro.

 

Un’ora dopo, Sana era pronta. L’abito le stava d’incanto, l’acconciatura non era troppo elaborata, ma Jean aveva fatto un ottimo lavoro, il trucco era perfetto, il bouquet che le aveva porto Aya era magnifico … tutto sembrava perfetto.

Sorridendo, la ragazza uscì dalla casa, salendo su una limousine bianca che l’avrebbe portata alla chiesa …

 

 

Et voilà. Il matrimonio sta per essere celebrato. Ormai siamo agli sgoccioli della ff! mancheranno … boh … due, tre capitoli al massimo. ^^

Allora, ho visto che lo scorso capitolo ha sollevato parecchi dubbi e perplessità. Ho cercato di spiegare meglio i ragionamenti di Akito all’inizio di questo, in ogni caso, ditemi cosa ne pensate, e se avete domande chiedete!

Ora passo ai ringraziamenti, e vedrò di rispondere alle vostre stupende recensioni:

-         giulia_88: come ho cercato di spiegare in questo capitolo, effettivamente ad Akito di Naozumi non gliene frega più di tanto.^^ la sua preoccupazione è solamente per Sana, come sempre!

-         seed: già, io detesto i finali scontati, meglio incasinare un po’ le cose! ;-)

-         Lady Anderson: eh, un bazooka?! Help me!! Cmq … già, tutto è per il bene di Sana, ricordatelo! Non potrei mai permettere che Akito la ferisse intenzionalmente!

-         Coco Lee: Eh, già. Il quadro generale è proprio quello. Peggio di Beautiful, eh?! Ma altrimenti dove starebbe il colpo di scena?

-         laura: sono molto felice che ti piaccia! E riguardo al comportamento di Akito, be’, spero che ora sia più chiaro il perché delle sue azioni.

-         Mary: lo so, si comportano da stupidi, ma dopotutto l’amore fa fare cose stupide, no? Quando c’è di mezzo un sentimento così forte, non si riesce mai a prendere le decisioni migliori … riguardo al lieto fine, ho deciso di non concludere subito semplicemente perché mi sembrava troppo veloce come soluzione, e improbabile. Voglio dire, non può essere tutto così facile, lo trovo un po’ irreale. In ogni caso, sappi che le critiche sono sempre ben accette!

-         isachan: esatto, è proprio il ragionamento che ho fatto io! A me piace scrivere storie verosimili, non posso far compiere ai miei personaggi azioni improbabili. Bene, vedo che hai capito perfettamente la mia storia, e non può che farmi piacere!! Continua a seguirmi!

-         SyriaPluto: No, dai, povero Nao … be’, certo, non che io non la pensi così, un po’ … ma dopotutto che colpa ne ha lui se Sana lo ha fatto innamorare?! J

-         miki90: grazie dei complimenti! Eh, già, finalmente Sana aveva seguito il suo cuore … ma Akito metterà sempre lei al primo posto!

-         Amber: già, l’amore gli ha fatto perdere un po’ la testa, eh? Speriamo di riportarlo sulla retta via…! ;-) ah, complimentissimi per la tua storia “Note e Anima”! è davvero stupenda, entrambe le parti! Continua così!^^

-         Elisa: come hai visto, non è finita! Se continuerai a seguirmi, proseguirà ancora per un po’! sono contenta che fin qui ti sia piaciuta!

-         viola: anche se breve, il tuo commento mi ha fatto sicuramente piacere!

-         eles: lo so, è stato un po’ brutale, ma l’avevo proprio inteso così. volevo in un certo senso far avvertire le sensazioni che ha provato Sana, e spero di esserci riuscita.

-         LizDreamer: uhm, risolvere i problemi ed evitare il matrimonio? Vedremo … ma non aspettarti che sia semplice! ^_*

-         *Little Star*: grazie! Davvero ti ha presa? Ne sono felice!^^  continua a seguirmi, e grazie per i complimenti!

 

E con questo ho finito! Mamma mia, 15 recensioni! Grazie ragazziiiiii!!!!!

 

Ps. NOTA IMPORTANTE: la prossima settimana sarò sommersa di compiti in classe, e quella dopo ancora sarò a Vienna per una gita scolastica. Come se non bastasse, ieri ho avuto problemi con la connessione ad internet. Ora dovrei essere riuscita a risolvere tutto, ma se il problema dovesse ripresentarsi, per questo e per i motivi detti prima potrei non aggiornare per un po’. Mi dispiace, ragazzi! Siate pazienti.^^’

 

- Daisy -

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Capitolo 14
*** Capitolo 13...the last? ***


Capitolo 13

Capitolo 13.

 

Il suono di campane a festa riempiva le strade di Tokyo, annunciando a tutti l’inizio di qualcosa di speciale. Davanti ad una grande chiesa, migliaia di persone erano riunite ad attendere l’arrivo di una persona importante. All’improvviso, tutti si voltarono a guardare una lunga e lussuosa limousine farsi strada tra la folla, fino a raggiungere i gradini d’ingresso. L’autista scese dall’auto e fece il giro, posizionandosi accanto alla portiera posteriore e l’aprì, porgendo la mano al passeggero. Una piccola mano guantata di bianco, con un bracciale di perle attorno al polso, l’afferrò. Poi un piede calzato da scarpette dello stesso colore si posò a terra, e infine fece la sua comparsa la persona tanto attesta.

«È lei, è Sana Kurata!!!» si sentì esclamare dalla folla qualche bambino. La giovane donna gli rivolse un sorriso radioso, fece qualche saluto generale mentre i flash di alcune macchine fotografiche colpivano il suo viso, poi si voltò finalmente verso le porte della chiesa, e dopo un lungo respiro iniziò a salire le scale.

 

aha

 

In una piccola villetta si sentiva la suoneria di un cellulare richiedere attenzione. Il proprietario, però, gliela negava, ostinato, deciso a non voler sentire nessuno. Per più di un minuto le note metalliche risuonarono nell’appartamento, finché non si spensero. Un ragazzo biondo sospirò, scocciato, gridando un «finalmente» nella sua testa. Ma aveva parlato troppo presto: tempo dieci secondi, e il telefonino aveva ripreso il suo disperato richiamo. Provò a snobbarlo ancora una volta, ma quando riprese a squillare per la terza, il ragazzo si costrinse a rispondere:

«Lasciatemi in pace!» sbottò sgarbatamente, e fece per riattaccare, ma la voce che rispose lo fermò:

«Non prima che tu mi abbia detto che diavolo ti è passato per la testa.»

Era una voce fredda, carica di rabbia a stento contenuta, accusatrice e pretenziosa.

Doveva aspettarselo.

«Fuka.» replicò soltanto.

«Già, Akito, sono io. Ti do cinque minuti per spiegarmi perché cazzo hai detto una cosa del genere a Sana e quindici per venire alla chiesa.» sbottò in tono perentorio la donna.

«Non ci vengo.» rispose subito Akito. Esitò un attimo, poi proseguì: «E ho detto solo ciò che pensavo.»

«Non provare a raccontarlo anche a me, Aky.» questa volta il tono di Fuka si era addolcito.

Lui non rispose, rimase in silenzio a sentire il peso della tristezza, del rimorso, della solitudine, schiacciarlo.

«Non servirà a farle dimenticare di te, Akito. Lei ti ama, ed era pronta ad ammetterlo, ma tu l’hai ferita.»

«Lo so.» fu il suo sussurro quasi impercettibile. «Ma ho dovuto farlo, Fuka. Ho dovuto.»

Sembrava volesse convincere se stesso prima di tutti.

«Se le avessi detto quello che provavo davvero … Anch’io la amo, dannazione! Ma potevo davvero rovinare ancora la sua vita?!»

Fuka rimase interdetta, e attese che continuasse.

«L’avrei fatta soffrire di nuovo, lo so … Non possiamo stare insieme. Ci abbiamo provato, fin da bambini, ma le nostre vite sono troppo diverse! Dovevo dirle quelle cose, era necessario che l’allontanassi.»

Si rese conto di ripetere le stesse parole che aveva continuato a dirsi dal giorno prima, ormai erano una cantilena continua nella sua testa.

«Akito.» Fuka lo interruppe. «Non arrenderti.»

Il ragazzo rimase a bocca aperta: non si era aspettato quelle parole.

«La vita è piena di ostacoli, ma non per questo dobbiamo smettere di viverla. Credo valga anche per l’amore. Se sei sicuro che ciò che provi è amore, allora non arrenderti.»

Akito rimase immobile a sentire il segnale di occupato del cellulare. Abbassò lentamente il telefonino, lo sguardo perso nel vuoto, e quella sola frase ad occupare i suoi pensieri: non arrenderti.

 

aha

 

La cerimonia stava per iniziare. Le porte della chiesa erano state chiuse, i flash si erano spenti dietro quel legno, non più spettatori dell’evento. I pochi rimasti, amici fidati e parenti stretti, avevano già preso posto nelle file di panche.

Davanti all’altare, in un perfetto completo elegante, stava il famoso Naozumi Kamura, quel giorno un qualsiasi giovane uomo di fronte all’evento più grande della sua vita. Gli occhi azzurri, ancora più brillanti del solito, erano fissi alla fine del corridoio, in attesa dell’arrivo della sposa. E proprio in quel momento la musica iniziò.

Sul ritmo della marcia nuziale, Sana Kurata fece la sua comparsa, un sorriso timido e impacciato sul viso, gli occhi accesi di emozione nascosti dietro al velo, il cuore che batteva a mille. Eccola lì, a compiere i passi più importanti della sua vita, quelli che l’avrebbero portata all’altare, ad una promessa decisiva. Con essa la sua vita sarebbe cambiata. E lei era pronta? Desiderava la nuova vita che la aspettava a pochi metri da lei?

No, Sana: basta con i dubbi, i ripensamenti, le incertezze! Vai fino in fondo e non voltarti indietro!

Già, però cosa perderò se oggi pronuncerò il fatidico sì?

Non pensarci. Pensa a quello che avrai, non guardare ciò che ti lasci alle spalle, chi non potrai più avere.

Ma

Basta con i ma! È stato lui a lasciarti andare, a dirti di uscire dalla sua vita e di costruirne un’altra! Ora ne hai l’opportunità, devi coglierla e crederci.

Sana trasse un sospiro, mentre ormai era di fronte all’altare. Guardò Naozumi, che le sorrise radioso e le prese leggermente tremante una delle mani candide.

Sì, doveva credere in quella nuova vita che le veniva proposta quel giorno. Doveva andare fino in fondo, non pentirsi della sua scelta, e soprattutto non pensare al passato.

Ricambiò il sorriso del compagno, e insieme si voltarono verso il prete, pronti a pronunciare i voti.

 

aha

 

Nella chiesa era calato il silenzio, rotto solo dalla voce del prete che pronunciava il rito:

«Vuoi tu, Sana Kurata, prendere il qui presente Naozumi Kamura come tuo legittimo sposo, e prometti …»

Il cuore di Sana aveva ripreso a battere freneticamente. Sentiva gli occhi di tutti puntati su di sé, e più di tutti quegli occhi azzurri, di cristallo, che fissavano i suoi intensamente. Poi si accorse del silenzio: il prete aveva terminato di formulare la domanda, e ora decine di persone attendevano la sua risposta. Poteva quasi avvertire i fiati sospesi, la tensione …

Chiuse gli occhi per un momento. Sì, sapeva cosa doveva dire. Li riaprì, li fissò in quelli del suo compagno, e con fermezza finalmente pronunciò:

«Sì, lo voglio.»

Tutta la chiesa sorrise, un paio di lacrime sfuggirono a qualche occhio, mentre il prete iniziava a porre la stessa domanda a Naozumi. Ma qualcosa interruppe quel momento, facendo crollare in un istante tutte le certezza che Sana credeva d’aver trovato.

«No, non vuoi.»

Il gelo calò improvvisamente nella chiesa, e tutti gli occhi si puntarono su Naozumi.

«C-cosa?» chiese Sana spaesata, timorosa.

«Non vuoi sposarmi.» replicò lui, apparentemente calmo, nonostante dentro di sé stesse combattendo una dura battaglia: tutto questo gli costava molto, ma sapeva che stava facendo la cosa giusta. Aveva continuato a guardare Sana negli occhi mentre il prete recitava i voti e aveva letto qualcosa in lei che gli era sembrato rassegnazione. Aveva capito che ciò che faceva lo stava facendo solo per lui, non per se stessa, non era quello che voleva lei.

Sana rimase in silenzio, lo sguardo fisso in quello di Naozumi, mentre cercava di capire cosa fare. Non voleva mandare tutto all’aria, non voleva deludere il suo compagno, ma alla fine capì che ormai era stata scoperta e decise di arrendersi.

«Come lo hai capito?» sospirò.

Il ragazzo le rivolse un debole sorriso amaro.

«Non bisogna essere un genio.»

Fece una pausa, poi sospirò, frustrato.

«Perché è così sbagliato amarti?»

A Sana si strinse il cuore. Non era così che voleva che finisse, non voleva vederlo soffrire.

«Io ti amo …» provò a dire, ma fu interrotta:

«No, tu credi di amarmi.»

Sana abbassò lo sguardo.

«Perché è tutto così difficile? Io vorrei amarti, davvero … ma non posso. Non ci riesco. Per quanto ci provi, c’è sempre …»

«C’è sempre Hayama.» concluse lui al suo posto.

«Già.» affermò infine Sana.

Naozumi prese fiato, poi pronunciò l’ultima frase per la quale aveva la forza:

«Tu sei l’amore della mia vita, Sana … ma a quanto pare io non sono il tuo, quindi non potremo mai sposarci … mai …»

Con questo abbassò lo sguardo, e rimase lì, in silenzio, un sogno infranto come il suo cuore.

Sana lo abbracciò, piangendo silenziosamente sulla sua spalla.

«Mi dispiace, Nao. Davvero. Scusa.»

Ma non c’è nulla di cui chiedere scusa quando si è innamorati. L’amore non ha colpe.

Naozumi ricambiò la stretta, sentendola come l’ultima volta che avrebbe avuto quel corpo tra le braccia. Inspirò a fondo il suo profumo, poi tutto finì. Sana si allontanò lentamente da lui, lo guardò un’ultima volta negli occhi umidi, poi si voltò e corse via, lasciandosi alle spalle quella possibilità di vita.

Naozumi rimase a guardare quella parte del suo cuore andarsene, mentre sentiva la mano di Fuka, unico, piccolo conforto, poggiarsi gentilmente sulla sua spalla, e avvertì subito una forte sensazione di vuoto che col tempo si sarebbe attenuata, ma non sarebbe forse mai scomparsa del tutto.

 

aha

 

I suoi piedi correvano veloci, le scarpette bianche la portavano lontano, il velo da sposa si agitava alle sue spalle. Una folata di vento glielo portò via, ma Sana non se ne curò. Continuò  a correre, i lembi della parte inferiore dell’abito stretti nelle sue mani, il respiro affannato, i capelli rossi ormai sciolti. Solo quando non ebbe più fiato si fermò, appoggiandosi ad un cancello.

Il suo pianto soffocato le impediva di respirare bene, la vista era offuscata, ma il dolore più forte era quello del suo cuore: aveva fatto soffrire Naozumi, e non riusciva a perdonarselo. Lui le aveva donato tutto il suo amore, e lei lo aveva tradito, lo aveva abbandonato, aveva calpestato il suo affetto. E nonostante tutto, lui l’aveva lasciata andare, le aveva lasciato seguire le sue emozioni, aveva rinunciato al suo sogno.

Lui sapeva - l’aveva capito, prima, mentre lui la guardava negli occhi in chiesa, dicendole quelle parole - lui sapeva che l’aveva tradito, sapeva che la notte prima non era stata da Fuka, e sapeva benissimo che era stata con Akito, lo si leggeva nei suoi occhi. E nonostante tutto, non l’aveva rimproverata, non aveva urlato contro di lei, non l’aveva accusata di nulla. Aveva compreso e accettato, in silenzio, che il suo era un amore impossibile, un amore a senso unico. E aveva deciso di lasciarle vivere il suo sentimento.

Aveva fatto così tanto per lei. E invece lei cosa aveva fatto per lui? Nulla. L’aveva illuso di ricambiare il suo affetto, era andata a letto con il suo nemico la sera prima del loro matrimonio, e ora lo aveva lasciato lì, davanti all’altare, correndo via! Si odiava per questo.

Fu scossa da altri singhiozzi, mentre le lacrime non si arrestavano. Poi qualcosa attrasse la sua attenzione: un nome famigliare era inciso sulla targhetta accanto al cancello cui si era aggrappata. Si strofinò gli occhi con una mano, cercando di asciugarli e di mettere meglio a fuoco le lettere, e alla fine riuscì a leggere il nome: Hayama.

Alzò stupita e confusa lo sguardo, trovandosi di fronte la casa in cui aveva trascorso la notte precedente. Senza volerlo, la sua fuga l’aveva portata fin lì. Ma a che scopo? Ormai ad Akito non importava più nulla di lei, era stato fin troppo chiaro, quindi perché andargli a dire che alla fine non aveva sposato Naozumi?

Eppure voleva farglielo sapere. Anche se non gli sarebbe interessato, anche se le avrebbe chiuso la porta in faccia, anche se magari avrebbe detto che avrebbe preferito vederla con Kamura piuttosto che averla ancora attorno …

Così aprì il cancello e andò verso la porta d’ingresso, dove suonò il campanello senza pensarci più di tanto.

 

aha

 

Akito era nel salotto, il giubbotto di pelle in una mano e il casco nell’altra, mentre cercava le chiavi della moto. Non ne poteva più di stare chiuso in casa, visto che ogni pensiero verteva inevitabilmente alle nozze in corso nella chiesa più grande di Tokyo, così aveva deciso di fare un giro in moto.

All’improvviso il campanello suonò, e sbuffando lasciò cadere ciò che teneva sul divano e si avviò verso la porta.

«Chi è?» gridò, mentre afferrava la maniglia e l’apriva, ma quando ebbe scoperto la figura che stava in piedi sulla soglia, ogni altra parola, tranne il suo nome sussurrato, gli morì in gola.

«Sana…?»

Lei non disse nulla, rimase immobile a fissare quegli occhi dorati che la rapivano, cercando di imprimerseli al meglio nella mente se fosse stata l’ultima volta che li avesse visti.

«Ma … ma tu non …?»

Akito continuava ad inciampare nelle parole, non capiva cosa stesse accadendo, se Sana, sulla soglia di casa sua, con indosso un abito da sposa, i capelli arruffati e il viso rigato di lacrime, fosse una visione o la realtà.

«Non ci siamo sposati.» disse infine lei, semplicemente, senza espressione. «Naozumi ha fermato le nozze, ha detto che non lo amavo, che in realtà amo … qualcun altro …»

Non disse il suo nome, non ce la fece. Non voleva sentirsi dire che per lui non era così.

«Credo avesse ragione.» furono le sue ultime parole, prima che si voltasse e si allontanasse.

Non arrenderti.

Un lampo balenò nella testa di Akito, risvegliandolo dal momentaneo shock. Non doveva arrendersi, doveva lottare per ottenere ciò che voleva. Lui voleva Sana, e quella era l’occasione per riprendersela.

Così iniziò a correre, la raggiunse sul vialetto, la afferrò per le spalle facendola votare e l’abbracciò. Strinse con forza qual corpo inerme a sé, facendolo aderire al suo, e le sussurrò all’orecchio il suo amore. Le confessò sottovoce le sue menzogne della sera precedente, le trasmise il suo calore, le fece sentire il suo cuore battere per lei, le ripeté ancora una volta quelle due parole che esprimevano i suoi sentimenti, e solo allora sentì le braccia di Sana alzarsi e stringersi attorno a lui.

Erano di nuovo insieme, con l'oppurtunità di esserlo per sempre.

 

 

Eccomi tornata!! Chiedo perdono per non essermi fatta viva per ben tre settimane, ma sono stata davvero impegnatissima! Prima la scuola che aveva serrato i ritmi, poi la gita a Vienna, e infine il “post-gita” devastante, dal momento che non sono stata molto bene e avevo moltissime ore di sonno arretrate!^^’

Ma ora, eccovi finalmente l’ultimo capitolo! Spero di avervi soddisfatti con il finale, anche se forse potrei ancora aggiungere un breve epilogo. Voi cosa ne pensate? Be’, se mi verrà bene, forse in seguito posterò anche quello, altrimenti possiamo proprio dire …

 

THE END!!!

 

A proposito del finale: questo era quello che avevo in mente, più o meno, nei primi momenti in cui avevo iniziato a scrivere, e che ho sviluppato seguendo anche i vostri commenti. C’è però un finale alternativo – che non ho scritto, ancora, ma al quale ho pensato più volte mentre mi avvicinavo al termine della ff – e che forse pubblicherò, tanto per farvi sapere come sarebbe potuta andare a finire nell’altro modo.

 

Ah, una cosa: i dialoghi tra Sana e Naozumi nel momento in cui vengono interrotte le nozze non sono interamente opera mia, ma sono stati tratti (e adattati) dal telefilm Summerland. In effetti, è stato proprio quel dialogo a darmi l’idea per questa storia!

 

E ora, che altro dire se non ringraziare tutti quelli che mi hanno supportato fin dall’inizio della ff, i cui nomi sono stati citati già più di dieci volte, chi ha commentato il capitolo precedente (Gin_15, laura, viola, SyriaPluto, Lady Anderson, isachan,Mary, LizDreamer, miki18, Amber, miki90, Coco Lee, *Little Star*, Cicci 12, giulia_88, eles, seed, .¤·° Sara °·¤., pinacchia, akitohayama4ever. Raga, siete tantissimi, mitici!) e chi commenterà questo?!

GRAZIE 1000 RAGAZZI!!!

Alla prossima fic! Perché credo di avere un’altra idea … ^__^

 

- Daisy -

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Capitolo 15
*** Epilogo ***


Epilogo

Epilogo.

 

Sono passati ormai tre anni da quel giorno. Alla fine sono riuscita a compiere il grande passo: con Akito. Siamo felici, il passato ci ha insegnato a convivere con i nostri impegni e il nostro amore ci fa superare le avversità. E devo dire che ora mi sentirei pronta a compiere il secondo passo: adorerei avere una piccola copia di Akito da accudire … Temo però che Aky sia terrorizzato all’idea di biberon e pannolini, quindi penso che non gli dirò nulla quando smetterò di prendere la pillola …!

 

It's hard to remember how it felt before
Now I found the love of my life
Passes things, get more comfortable
Everything is going right

Comunque, la cosa speciale di questa giornata è che rivedrò Nao! È da molto che non ci sentiamo, il primo anno non ho quasi avuto sue notizie, non si è presentato al matrimonio, come mi ero aspettata, e in seguito l’ho solo sentito alcune volte per telefono. Ma oggi ha detto che verrà a trovarci! Sono davvero felice, non vedo l’ora di vedere come sta.

«Sana, a che ora hai detto che sarebbe arrivato Kamura?»

Oh, ecco Akito, ha appena finito di farsi la doccia.

«Dovrebbe essere qui in una mezz’oretta. Dai, muoviti, asciugati i capelli!»

In realtà mi piacciono di più così, bagnati e in disordine, con quei ciuffi che gli coprono scompostamente gli occhi, ma purtroppo non sono adatti a ricevere ospiti.

Venti minuti dopo, ecco che suona il campanello. Mi precipito alla porta, mentre vedo mio marito finire di abbottonarsi una camicia. Quando la apro, ecco comparire lui …

«Nao!»

Con entusiasmo avanzo a baciare entrambe le sue guance e stringerlo in un affettuoso abbraccio, poi, mentre sento Akito raggiungermi alle mie spalle, mi volto a presentarmi, con piacevole sorpresa, alla ragazza al suo fianco.

«Ciao, io sono Sana, vecchia amica di Naozumi. E tu sei …?» le chiedo con un sorriso.

La giovane, alta e snella, manda dietro le spalle una ciocca dei lisci capelli bruni e mi stringe la mano, sorridendo a sua volta:

«Veronica, molto piacere.»

Nel frattempo Akito e Nao si sono cordialmente salutati, e invitiamo gli ospiti ad entrare.


And after all the obstacles
It's good to see you now with someone else
And it's such a miracle that you and me are still good friends
After all that we've been through
I know we're cool
I know we're cool

Ci siamo accomodati nel salotto, ognuno con la sua tazza di saké tra le mani, pronti a intrecciare di nuovo le nostre vite e condividere alcuni degli attimi che abbiamo vissuto.

«Allora» inizio, incapace di trattenermi. «Come sei stato in questi anni, ero preoccupata! Non ti sei quasi mai fatto sentire, cosa hai fatto?»

Naozumi mi guarda sorridente, forse divertito dalla mia solita parlantina.

«Nulla di speciale, ho semplicemente deciso di ritirarmi dalla scena per un po’. E non preoccuparti, come vedi sono ancora vivo!» aggiunge ironicamente.

«Oh, lo vedo, lo vedo!» replico io, scoccando un’occhiata allusiva alla ragazza seduta al suo fianco sul divano del nostro salotto. La mia curiosità prende come sempre il sopravvento:

«Da quanto tempo vi conoscete tu e Veronica?»

I due posano le tazze sul tavolino che ci separa e si scambiano un’occhiata, poi è sempre Nao a parlare:

«A dir la verità, sin da prima della scuola media. Ci eravamo persi di vista, ma qualche anno fa ci siamo ritrovati. È stato un caso, ma ha segnato le nostre vite …»

Fa una pausa, durante la quale io continuo a fissarlo interrogativa, e questa volta è lei a rispondermi:

«Abbiamo deciso di sposarci.»

Credo che la mia mascella abbia toccato il pavimento.

«Che cosa? Ma … davvero?!» balbetto, mentre Akito non trattiene un sorrisetto alla mia espressione incredula.

«Be’, ormai ci frequentiamo da più di due anni, stiamo bene insieme, quindi … sì, ci sposiamo.» conferma Nao. Io non posso fare a meno di sorridergli, realmente felice per loro.

«E tu, Signora Hayama?» chiede in tono scherzoso. «Come va?»


We used to think it was impossible
Now you call me by my new last name
Memories seem like so long ago
Time always kills the pain

Mi perdo in racconti sulla mia vita con Akito, di aneddoti divertenti, particolari insignificanti, storie più o meno importanti. Ogni tanto anche Akito entra nel discorso, parliamo tranquillamente delle nostre vite, senza pensieri, come una volta, quando eravamo bambini.


Remember Harbor Boulevard
The dreaming days where the mess was made
Look how all the kids have grown, oh
We have changed but we're still the same
After all that we've been through
I know we're cool
I know we're cool
Yeah, I know we're cool

Ad un certo punto chiedo a Veronica di farmi vedere il suo anello di fidanzamento, ci sediamo vicine, cerchiamo di approfondire quella nuova amicizia appena iniziata, mentre Akito e Naozumi discutono a loro volta, amichevolmente, forse un po’ imbarazzati e straniti per trovarsi in quella situazione, ma finalmente sicuri dei loro ruoli.


And I'll be happy for you
If you can be happy for me
Circles and triangles
And now we're hanging out with your new girlfriend
So far from where we've been
I know we're cool
I know we're cool

Al termine della giornata, ci salutiamo, con la promessa, questa volta, di sentirci presto.

 

Quella notte mi sono fatta stringere dalle braccia di Akito, come sempre, sentendo ancora una volta il conforto che mi arrivava dal calore del suo corpo, e mai mi sono sentita più sicura della mia vita. Finalmente tutto era al suo posto. Il mio era accanto a mio marito, nei panni della Signora Hayama, per sempre. E magari, perché no, domani potrei anche essere mamma …

 

THE END

 

Questa è davvero la fine, ragazzi! Il testo è della canzone “Cool” di Gwen Stefani, che ha contribuito a darmi l’idea per la fic.

Credo di non avere altro da dire, quindi …a voi la parola!^_^

1bacione a tutti quanti!!

- Daisy -

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