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Una casa buia. Le tende
tirate, le finestre accuratamente chiuse, le luci spente … Nessun rumore, se
non quello, udibile solo alle orecchie di una giovane venticinquenne, di un
cuore … il suo cuore … che batteva all’impazzata, spaventato quanto lei
per ciò che sarebbe accaduto nel giro di qualche ora, mentre con la mano destra
si rigirava nervosamente un costoso anello di brillanti attorno all‘anulare
sinistro. Improvvisamente un altro suono si aggiunse a quel battito furioso,
rumore di passi che si avvicinavano lentamente e si fermavano alle sue spalle,
poi due braccia che si serravano attorno ai suoi fianchi con dolcezza.
«Sei pronta, Sana?» chiese una voce calda e rassicurante all’orecchio
della ragazza. Lei si voltò, recitando per l’ennesima volta nella sua vita un
tenero e falsamente sicuro sorriso.
«Sì, Nao … andiamo.»
E tenendosi per mano,
mentre nell’altra portavano dietro di loro alcune valigie, i due uscirono dalla
porta d’ingresso di una grande villa newyorchese, chiudendosela momentaneamente
a chiave alle spalle.
aha
«Ragazzi! Siete pronti?!» una voce femminile dal tono autoritario chiamò con
impazienza i suoi amici dal salotto di una graziosa casetta del centro di
Tokyo.
«Sì, Fuka, arriviamo!» rispose un’altra voce, dal timbro decisamente più
timido di quella precedente, e una ragazza minuta fece il suo ingresso nel
soggiorno, seguita da un’altra sua amica e due ragazzi.
«Dai, Aya! Muoviamoci! L’aereo
arriverà tra meno di un’ora!» sbraitò
ancora la prima, e prese le chiavi di casa spingendo tutti i suoi amici fuori
dall’appartamento e chiudendolo frettolosamente, prima di precipitarsi verso un’auto
parcheggiata di fronte al cancello d’ingresso. Quando tutti furono a bordo,
Fuka mise in moto e partì, direzione: Aeroporto di Tokyo.
«Pensate che lui verrà?» chiese uno dei ragazzi dopo alcuni minuti, quasi
con timore.
«Non lo so, Gomi …» rispose con sincerità l’altro, abbassando lo
sguardo nascosto dietro un paio di grandi occhiali da vista.
«Oh, sarà meglio per lui
che ci sia, Tsuyoshi!» esclamò Fuka
mentre attendeva che un semaforo diventasse verde. «Anzi, andiamo proprio a prenderlo a casa sua!»
«Sempre decisa, eh,
Fuka?» le sorrise una ragazza dal
sedile posteriore.
«Certo, Hisae. Deve
smetterla di comportarsi ancora come un dodicenne …!» ribatté lei, dandole uno sguardo nello specchietto
retrovisore rispondendo anche se debolmente al sorriso.
Pochi minuti, e avevano
raggiunto una piccola casetta sul cui cancello una targhetta recitava: Hayama. Fuka
parcheggiò alla meglio l’auto e scese, raggiungendo la porta d’ingresso. Bussò
un paio di volte, ma come d’altronde si era aspettata non ricevette risposta. Riprese
a battere il pugno con un po’ più forza, aggiungendo questa volta anche la
voce: «Akito! Lo so
che sei in casa! E so anche che sai benissimo perché sono qui! Esci, per
favore!»
Ma ancora dall’interno
non sopraggiungeva alcuna voce, né la porta si aprì. Fuka rinunciò a bussare,
ma non smise di chiamare l’amico: «Hayama, ti
prego! Non puoi fuggirle in eterno! Sai benissimo che tra una settimana la
dovrai vedere per forza! Non ti sembra sia il caso di venirla a salutare all’aeroporto?!»
Ma un silenzio ostinato
seguì le sue parole. Aya le si avvicinò.
«Fuka … dopotutto, è pur
sempre una sua scelta. Non possiamo fare nulla se non è lui a volerlo …» le disse timidamente, e la ragazza non poté far
altro che lanciare un ultimo sguardo alla porta chiusa prima di arrendersi.
«Sappi solo che Sana ci
rimarrà molto male …» disse ancora,
questa volta con un tono leggermente più basso, poi si voltò e salì nuovamente
in macchina, guidando verso l’aeroporto.
aha
Dentro una piccola
villetta, sdraiato su un letto un po’ disfatto, un ragazzo guardava
ostinatamente il soffitto, le mani dietro la nuca, mentre cercava in tutti i
modi di impedire che le parole che gli venivano urlate dall’ingresso potessero
raggiungerlo, ma nonostante ciò la voce della sua migliore amica penetrava nel
suo cervello con violenza. Le sue parole lo ferivano …
«Non puoi fuggirle in
eterno! Sai benissimo che tra una settimana la dovrai vedere per forza!»
Ecco, doveva proprio
ricordarglielo … doveva per forza fargli tornare alla mente che di lì a sette
giorni l’avrebbe vista, lei, la sua Sana, come ancora la considerava,
nell’abito più bello e puro che le avrebbe mai visto addosso, camminare
lentamente e con un sorriso sulle labbra che solo lui avrebbe voluto ricevere,
verso il suo peggior nemico …?
Chiuse gli occhi,
sperando con tutto se stesso che Fuka volesse risparmiargli qualche altra frase
dolorosa. Ma non era ancora abbastanza, a quanto pareva …
«Sappi solo che Sana ci
rimarrà molto male …»
Certo … era sempre colpa
sua se Sana soffriva …
Non poté trattenersi
dallo sferrare un pugno violento alla parete che aveva accanto, mentre sentiva
il motore di un’auto accendersi e allontanarsi dalla sua casa pochi istanti
dopo. Maledisse Fuka, e la verità di tutto ciò che gli aveva detto. Era così,
era tutto stramaledettamente vero. Non avrebbe potuto fuggire in eterno a Sana,
nonostante fosse riuscito, per così dire, a farlo per cinque anni. Be’, per così
dire perché era sfuggito a lei, ma non certo al suo ricordo … quello lo
rincorreva spietatamente ogni istante della giornata, rendendogli la vita
sempre più un inferno …
Ed era anche
dannatamente vero che se non fosse stato lì, quel giorno, a salutare Sana
quando sarebbe scesa dall’aereo che finalmente l’aveva riportata in Giappone,
forse lei ne avrebbe sofferto …
Ma lui allora? Lui non
avrebbe sofferto nel rivederla, dopo cinque anni, al fianco di Naozumi Kamura,
l’uomo che più odiava su tutta la faccia della Terra, per il solo fatto che le
avesse messo un anello al dito … che avesse compiuto il gesto che lui,
Akito Hayama, avrebbe voluto fare?! Sì, certo, ne avrebbe sofferto, e non poco …
ma per lui la felicità di Sana veniva sempre prima di tutto. E se ciò avesse
voluto dire andare in aeroporto, salutarla come se niente fosse, stingere
amichevolmente la mano al suo compagno, sorriderle come fanno due … amici -
aveva sempre difficoltà a pensare quella parola quando parlava di loro due - be’,
se renderla felice avesse significato questo, non poteva fare altro che alzarsi
da quel maledetto letto, farsi una doccia, vestirsi decentemente e infilare la
porta di casa per raggiungere l’aeroporto in tempo, sperando che tutto il tempo
passato insieme ad un’attrice gli sarebbe servito a qualcosa …
E così fece …
Ciao ragazze! Caspita, da quant’è che non scrivo una fic su Kodocha??
Mi sembra un’eternità, come mi sembra ieri quando ne sfornavo una dietro
l’altra…!^^ ma non perdiamoci in chiacchiere, se non per parlare di questa
storia. Pensare che è da mesi che ho il prologo scritto, nonché abbozzi di
alcuni capitoli, e ancora da prima che so già l’intera trama, come voglio
svilupparla, come voglio farla finire … ci pensavo già mentre ancora lavoravo a
“Due calciatori e una showgirl”! e ora, finalmente, mi sono decisa a pubblicare
l’inizio. Non so perché, forse ero stanca di lasciarla lì in sospeso sul mio
pc, forse perché volevo soprattutto un vostro parere su quest’idea che mi
tormenta da secoli, non lo so. Fatto sta che ora è qui, e non attende altro che
le vostre recensioni! Ne ho davvero bisogno per continuarla!
Ultima cosa: non so se sarò in grado di aggiornare molto
velocemente, per via di vari impegni (tra una settimana la scuola …) e perché
mi devo dedicare anche all’altra fic che sto scrivendo su Twilight, il mitico
libro della Meyer. Ce la metterò comunque tutta, anche se sarà difficile, visto
che l’avevo quasi abbandonata e devo “riprendere il ritmo” e la confidenza con
questa trama.
Bene, ho finito di annoiarvi! Ora tocca a voi: ditemi
che ne pensate, anche se so che è solo un prologo e servirà almeno il primo
capitolo per iniziare a capire qualcosa. Prometto di farvelo avere presto,
magari anche entro domani!
«Si pregano i
gentili passeggeri di allacciare le cinture di sicurezza: stiamo per atterrare …»
La femminile voce
metallica raggiunse Sana risvegliandola dallo strato di trance in cui si
trovava da un po’, e la ragazza eseguì il suggerimento dell’assistente di volo
prima di spostare nuovamente lo sguardo fuori dal finestrino.
' Tokyo …' pensò, osservando gli edifici della sua città
natale stagliarsi oltre l’aeroporto. Un misto di emozioni la pervase: gioia,
nostalgia, trepidazione … e un opprimente senso di inquietudine, che in realtà
non l’aveva mai abbandonata dal momento in cui lei e Naozumi avevano deciso di
tornare in Giappone. Improvvisamente sentì una mano stringersi sulla sua con
gentilezza e si voltò trovandosi davanti al viso preoccupato del suo fidanzato.
«Tutto ok?» le chiese apprensivo, cercando di dissimulare il
suo stesso nervosismo.
«Sì, sì … sono
solo i vuoti d’aria …» mentì
spudoratamente lei, quasi senza pensarci su, ricambiando però la stretta di
mano, poi tornò alla contemplazione della sua città.
Infine l’aereo
atterrò, e lei fu costretta a riprendersi e concentrare la sua attenzione sulla
folla di giornalisti che, come si erano aspettati, scalpitava al fondo della
scaletta che scendeva dal portellone di uscita.
«Signorina Kurata
… signorina Kurata!» li sentiva
gridare dal corridoio dell’aereo. Quando infine si affacciò all’uscita, un’infinità
di flash l’accecò, lasciandola un attimo basita per l’enorme quantità di
giornalisti presenti. Uno dei tanti le si avvicinò mentre stava scendendo le
scale, seguita subito dietro da Naozumi.
«Bentornata,
signorina Kurata! O dovremmo chiamarla Signora Kamura …?»
Sana fece un
piccolo sorriso.
«C’è ancora tempo
una settimana. Per ora continuo a essere Sana Kurata. Se devo essere sincera,
Signora Kamura mi impressiona un po’ …»
scherzò, e il giornalista non mancò di ridere alla sua battuta, sperando di
ingraziarsela per ottenere magari un’intervista esclusiva, ma ogni suo sforzo
sarebbe stato inutile in partenza.
«Signorina
Kurata, signor Kamura, guardate di qua, per favore!» esclamò uno dei fotografi, immortalando la giovane
coppia sicuro di avere una bellissima foto da prima pagina.
Fu solo grazie
all’insistenza di Naozumi e a quella decisamente più convincente delle loro
guardie del corpo che qualche minuto dopo riuscirono a districarsi dalla folla
e lasciare finalmente la pista d’atterraggio. Camminarono fianco a fianco
dentro l’aeroporto, cercando l’uscita, finché Sana non si sentì chiamare da una
voce familiare, un istante prima di essere travolta da qualcosa … o meglio,
qualcuno …
«Bentornata,
Sana!!!»
Rimase un attimo
attonita e confusa, ma quando sentì quella voce ricambiò l’abbraccio,
riconoscendo la sua migliore amica.
«Ciao, Fuka!! Ma
come …?» disse ancora al colmo della
felicità quando si furono finalmente separate.
«Sei un’attrice,
amica mia, non dimenticarlo! Le notizie volano!»
Si sorrisero,
ritrovando in pochi attimi la complicità che le aveva sempre legate, poi lo
sguardo stupito di Sana si spostò sulle figure alle spalle della ragazza.
«Aya, Hisae,
Tsuyoshi, Gomi!!?» esclamò incredula e
piacevolmente sorpresa mentre si lanciava a salutare tutti i suoi vecchi amici.
Notò un’assenza che per un attimo la fece incupire, ma seppe controllare bene
le proprie emozioni e fu quasi certa di non aver lasciato trasparire nulla …
anche se un’occhiata di Fuka le fece intendere che forse non era proprio così. La
sua migliore amica le si avvicinò, mentre tutti gli altri salutavano anche
Naozumi, e le mise una mano sulla spalla. Un solo sguardo fece capire in una
tacita intesa tutti i loro sentimenti, ma dopo quel solo istante entrambe
fecero finta di nulla e tornarono a ridere e scherzare con gli altri.
«Non vedo
Takaishi … dove l’hai nascosto?» sorrise
Sana a Fuka.
«È dovuto
rimanere al lavoro, ma ci ha assicurato che sarà presente alla festa di
benvenuto di questa sera!» rispose lei
raggiante.
«Festa di
benvenuto?!» chiese Sana.
«Certo! Quella in
tuo onore! Pensavi che dopo cinque anni in cui ci siamo sentite quasi solo per
telefono non avrei organizzato una festa per il tuo ritorno??» esclamò scandalizzata Fuka. Sana sorrise. Le erano
mancati davvero i suoi amici, quell’atmosfera quasi di famiglia che le dava la
sensazione di essere davvero a casa. Però, c’era ancora un vuoto … mancava
ancora qualcosa … qualcuno … a completare il gruppo. Forse la persona più
importante …
Continuarono a
camminare verso l’uscita, questa volta tutti insieme, finché qualcosa non attirò
lo sguardo di Sana, facendole fermare il cuore per un istante.
aha
«È in arrivo il
volo 792 New York - Tokyo …»
Una figura se ne
stava immobile, appoggiata ad una colonna, le mani nelle tasche, i capelli
color del miele che nascondevano un paio di occhi ambrati capaci di trasmettere
mille emozioni in un solo sguardo.
Ascoltava a testa
china il proprio cuore accelerare i battiti sentendo le grida dei giornalisti
raggiungerlo fino a lì, rivelando l’arrivo di una nota attrice giapponese e del
suo futuro marito.
A quest’ultimo
pensiero il cuore quasi si arrestò, ma riprese a vivere non appena la figura
dei due famosi personaggi fece finalmente il suo ingresso nell’aeroporto,
abbandonando la pista d’atterraggio. Li vide camminare fianco a fianco, e il
suo sguardo penetrante si soffermò sulla ragazza, escludendo il suo
accompagnatore. La vide, bella come la ricordava se non di più, avanzare nell’aeroporto
avvicinandosi sempre di più al punto in cui si nascondeva lui. Questa volta il
cuore aveva davvero smesso di battere: incapace di raggiungere una velocità
degna della vista di quella donna, semplicemente aveva deciso di fermarsi.
Vide Sana venire
abbracciata da una ragazza della sua stessa età. La conosceva fin troppo bene:
era Fuka. Spostò lo sguardo qualche metro più lontano dalle due e scorse tutti
gli altri loro amici. Vide Sana salutarli tutti con calore, mentre loro
scambiavano strette di mano e complimenti anche con Naozumi. Per un istante,
fissando il radioso volto di Sana, gli sembrò di scorgervi una strana
espressione, quasi di tristezza, ma svanì subito, sostituita dal suo solito,
stupendo sorriso. Non gli sfuggì però lo sguardo che l’attrice scambiò con
Fuka, uno sguardo che racchiudeva mille parole tacitamente espresse tra le due
amiche, che in qualche modo raggiunsero anche lui. E a quel punto capì che
doveva farlo … doveva far cadere la corazza di indifferenza che aveva
faticosamente cercato di costruirsi in quegli anni, allontanarsi da quella
maledetta colonna alla quale sembrava si volesse fondere, e provare anche lui a
recitare la sua parte, come Sana sicuramente avrebbe fatto.
E così, quando i
suoi amici ripresero il loro cammino verso l’uscita, puntò un piede sulla
colonna allontanandosi da essa e fece qualche passo verso di loro, fermandosi
proprio di fronte al gruppo, incrociando per la prima volta dopo tanto tempo lo
sguardo innocente della ragazza che aveva amato sin da piccolo.
Come promesso, il primo capitolo! La storia si svilupperà
lentamente, quindi non aspettatevi di capire tutto subito. Vi terrò sulle
spine!^^
Un battito. Poi
un altro. Lentamente il suo cuore ricominciava a prendere il normale ritmo, ma
non si fermò una volta che lo ebbe raggiunto, anzi, continuò la sua corsa
accelerando sempre di più. Era incredibile ciò che creava dentro di lei la
vista di quegli occhi intensi … la faceva morire e rinascere, in un crescendo
di emozioni che l’avvolgevano togliendole il respiro. Sana rimase a fissare
quello sguardo profondo che la scrutava da qualche metro di distanza, cercando
di carpire ogni dettaglio della sua figura che non ricordava. Ne era passato di
tempo … cinque anni, senza mai rivedere una sola volta il viso del ragazzo che
aveva amato per lungo tempo fin da piccola … solo nei suoi sogni lo aveva
incontrato, ma ora era reale, era lì di fronte a lei. Come sempre il suo volto
non esprimeva alcuna emozione, e d’altronde anche Sana cercava di contenersi,
ma notò una cosa che la sorprese: questa volta anche i suoi occhi dorati, che
erano sempre stati lo specchio dell’anima del ragazzo per lei, non
trasmettevano nulla. Erano come celati dietro un muro invisibile che li
divideva da lei, quasi volessero … proteggersi da Sana.
aha
Akito continuò a
guardare la ragazza, cercando in ogni modo di non lasciar trapelare l’emozione
che gli provocava il rivedere la sua Sana. Sentì gli sguardi dei
presenti carichi di ogni tipo di sentimento rivolti verso di sé. Chi di gioia
per il fatto che alla fine fosse venuto, chi di sorpresa, chi di dubbio per ciò
che la sua comparsa avrebbe portato …
Alla fine si
risolse ad avanzare verso di loro. Vide Sana trasalire leggermene al suo primo
passo, come se si fosse risvegliata da una sorta di trance in cui era caduta
nel momento in cui lo aveva visto. Non pensava che il suo sguardo potesse ancora
esercitare questo effetto su di lei …
Dopo un istante
che parve un’eternità la raggiunse, e con tono neutro la salutò:
«Ciao, Kurata.»
Le ragazza si
morse il labbro inferiore sentendosi chiamare con il suo cognome, tra l’altro
pronunciato con tale distacco dal ragazzo, ma mantenne il controllo almeno
sulla mente, visto che il cuore ormai era sfuggito ad ogni sua autorità, e
rispose al saluto con altrettanto, anche se finto, disinteresse:
«Ciao, Hayama.»
Poi però il
ragazzo compì un gesto che la spiazzò, soprattutto dal momento che aveva lui
stesso preso l’iniziativa. Le si avvicinò ancora di più ed eliminò la distanza
tra di loro con un abbraccio. Fu però così breve che Sana non ebbe nemmeno il
tempo di rispondervi. Infine stupì anche tutti gli altri presenti avvicinandosi
a Naozumi.
«Kamura …» disse con il solito tono freddo, fissandolo negli
occhi di ghiaccio. Poi abbassò lo sguardo e gli porse la mano. «… Bentornato.»
Sana non riuscì
ad impedire alla sua bocca di aprirsi leggermente in segno di stupore. Mai,
decisamente mai, aveva visto Akito abbassare lo sguardo di fronte a
qualcuno, specie a Naozumi. Eppure quel giorno, per la prima volta, sembrava
non essere riuscito a reggere lo sguardo cristallino del ragazzo.
Naozumi, ancora
stupito per quel saluto, strinse la mano di Akito, biascicando un distaccato «Grazie, Hayama.».
Infine il
silenzio calò sul gruppo, carico di tensione, ma rotto provvidenzialmente da
Fuka, che con un sorriso forse un po’ forzato richiamò l’attenzione di tutti.
«Allora, andiamo?»
A quel punto
Naozumi scoccò un’occhiata a Sana, e la vide cercare un disperato aiuto nel suo
sguardo. Cogliendo al volo la sua muta richiesta, annunciò: «Scusateci, ma
io e Sana siamo un po’ stanchi per il volo. Se non vi dispiace, andiamo a casa
a riposarci, c’è un taxi che ci aspetta qua fuori.»
Con un sorriso
rispose allo sguardo di gratitudine che gli lanciò furtivamente la sua
fidanzata. Come Naozumi aveva prontamente capito, in quel momento non
desiderava altro che fuggire a quella situazione, e rimanere un po’ di tempo da
sola a casa sua.
«Ah, certo …» disse Fuka, nascondendo quel pizzico di delusione
che le avevano provocato le parole del ragazzo. «Allora ci vediamo questa sera a casa mia per la festa, va bene?» chiese con un sorriso, al quale Sana rispose
questa volta spontaneamente.
«Certo! Non mi
perderei una festa dedicata a me per nulla al mondo! A dopo, allora!»
E dopo i saluti,
lei e Naozumi uscirono finalmente dall’aeroporto, salendo sul taxi che li
avrebbe accompagnati a villa Kurata.
aha
«Mama …?»
Sana entrò nella
grande casa guardandosi attorno alla ricerca della donna, mentre dietro di lei
Naozumi portava dentro i bagagli.
«Mama, ci se …?!!»
Non riuscì a
terminare la frase che una figura si scagliò su di lei travolgendola in un
abbraccio quasi soffocante.
«Sanaaaaaaaaaa!!
Finalmente sei tornata! Non ne potevo più di fare il manager a distanza!»
La ragazza scostò
l’uomo da sé dopo aver risposto all’abbraccio e si trovò a fissare gli occhi
pieni di lacrime di Rei.
«Ciao, Rei!» esclamò, anche lei felice di rivederlo. «Ma tu cosa ci fai qui? E dov’è Mama?»
Fu una voce
femminile a rispondere alle sue domande.
«Eccomi!» annunciò infatti la signora Kurata, facendo il suo
ingresso nel salotto. «Quando ha
saputo che saresti tornata Rei ha abbandonato Asako a casa per venire a
salutarti …»
«Ah, giusto, la
signorina Kurumi! … o meglio, la Signora Sagami … come sta?» chiese Sana con interesse. Rei si asciugò le ultime
lacrime di gioia, poi con una punta di orgoglio le disse: «Benissimo! Ormai la nostra piccola
sta per nascere e lei non deve affaticarsi, così le ho detto di rimanere a casa
… ma ti manda i suoi saluti!»
«Dille che anch’io
la saluto, e che le faccio gli auguri per la vostra primogenita!» sorrise Sana. Poi l’attenzione fu spostata su
Naozumi, che aveva raggiunto la ragazza.
«Ciao, Kamura. Felice
di rivederti.» lo salutò Rei con una
calorosa stretta di mano.
«Sono davvero
felice che siate tornati a Tokyo per le nozze!» disse Misako, e il ragazzo sorrise gentilmente.
«Non potevamo non
sposarci in Giappone, dopotutto è la nostra casa …!» rispose, trovando subito il consenso della sua
fidanzata in un bacio. Poi Sana si rivolse alla madre e al manager dicendo loro
che essendo stanchi per il viaggio in aereo, sarebbe loro piaciuto andare a
riposarsi, e subito Rei li accompagnò nella loro stanza, aiutando Naozumi a
portare di sopra le valigie.
Una volta in
camera, Sana si lasciò cadere sul letto. Chiuse gli occhi, e immediatamente uno
sguardo dorato apparve di fronte a lei, fissandola con intensità, catturandola,
quasi volesse trascinarla verso di sé come una calamita … Improvvisamente sentì
il materasso piegarsi sotto il peso di una seconda persona e un attimo dopo si
trovava tra le braccia di Naozumi. I suoi occhi azzurri presero il posto di
quelli di prima, scacciando, anche se solo momentaneamente, la visione di
quello sguardo profondo.
Nessuno dei due
disse niente, ma avvicinarono i loro visi e si baciarono, prima che Sana si
accoccolasse contro il petto del fidanzato che la stringeva dolcemente a sé. Era
sempre stato così in quegli anni: più volte il ricordo di Akito l’aveva
assalita, l’aveva tormentata, l’aveva perseguitata senza fine facendola
disperdere in un turbine di emozioni talmente forti da sovrastarla, da
rischiare di trascinarla via … e tutte le volte Naozumi si era rivelato la sua
ancora alla quale aggrapparsi per riuscire a sfuggire quel ricordo che
apparteneva al passato, sconfiggendolo con il pensiero del futuro che li
attendeva.
Eppure i fantasmi
del passato devono essere affrontati per essere definitivamente sconfitti, o
continueranno a rincorrerti per sempre …
«Sana …» la chiamò Naozumi accarezzandole i capelli con una
mano.
«Mmh?» mugugnò lei, senza muoversi da quella posizione
comoda per entrambi, mentre si staccava dal filo dei suoi pensieri.
«Se hai bisogno
di parlare, io sono qui.» le disse
semplicemente. Sana rimase in silenzio un istante
«Lo so, Nao.»
Chiuse così la
discussione. Sapeva di poter contare su di lui, l’aveva sempre saputo … ma cosa
doveva dirgli? “Scusa, Nao, ma tornando in Giappone mi sono accorta che forse
provo ancora qualcosa per Akito … forse non dovremmo sposarci!”. No,
decisamente non poteva dirgli una cosa del genere. E, ora che ci pensava, come
era anche solo potuta venirle in mente?? Lei non provava proprio niente per
Akito! Aveva accettato all’istante la proposta di matrimonio di Naozumi, e
questo perché l’uomo che amava era lui! Pensieri come quello di prima non
dovevano nemmeno presentarsi nella sua mente! E così, sussurrando un dolce «Ti amo» al ragazzo, chiuse gli
occhi e si addormentò.
Un altro aggiornamento, non posso crederci… ora però devo
dedicarmi all’altra mia storia, perché sono ad un punto delicato…
Il ragazzo biondo
si voltò senza dare ascolto alla voce che lo chiamava.
«Akito!!» esclamò Fuka cercando invano di fermarlo, ma lui
non le dava retta e continuava a camminare in direzione dell’uscita dell’aeroporto,
lo sguardo fisso a terra, perso dietro i suoi pensieri.
«Hayama,
ascoltami!»
Improvvisamente
si sentì tirare per la maglietta e si voltò, fissando lo sguardo tagliente in
quello di Fuka. La ragazza non si intimorì, ma sostenne lo sguardo, lasciando
lentamente la presa sulla maglia dell’amico, ormai sicura di avere la sua
attenzione. Per la seconda volta nella sua vita, fu invece lui ad abbassare gli
occhi ambrati, nascondendoli dietro alla frangetta bionda, gesto che fece
rimanere Fuka di sasso, e comprese forse solo allora veramente quanto fosse
costato al ragazzo venire lì …
«Grazie di essere
venuto …» gli disse, senza ottener
risposta dal giovane. «Stasera … ci
sarai?»
Ancora un volta
il silenzio. Akito si voltò.
«Ci penserò …»
E si incamminò
nuovamente verso l’uscita, mentre Fuka sospirava rassegnata. Le dispiaceva … le
dispiaceva davvero tanto vedere il suo migliore amico in quelle condizioni …
vedeva quanto l’argomento “Sana” fosse doloroso per lui, ma sapeva anche che se
non lo avesse aiutato ad affrontare la cosa, alla fine si sarebbe sentito
ancora peggio, e non voleva che ciò accadesse. Voleva aiutare il suo amico … e
voleva aiutare Sana, perché aveva capito dal suo sguardo quando era arrivata
che anche lei aveva una questione in sospeso che avrebbe fatto meglio a
risolvere. soprattutto ora che era imminente il suo matrimonio con Naozumi.
E così, non poté
fare altro che sperare che il biondino avrebbe partecipato alla festa,
affrontando le sue paure invece che sfuggirvi come aveva fatto per troppo
tempo, mentre con i suoi amici raggiungeva la sua auto.
aha
Una moto
sfrecciava nel traffico con velocità. Superò un semaforo da poco diventato
rosso accelerando con rabbia, scattando in avanti un attimo prima che le auto
partissero, mentre l’urlo furioso dei clacson la accompagnava per un tratto
nella sua folle corsa. Le marce scalavano rapide, le ruote divoravano l’asfalto,
il motore rombava aggressivo e la marmitta ardeva tremando, sputando ogni tanto
del fumo nella scia che si lasciava alle spalle. Il ragazzo che domava quel
mostro di metallo guardava dritto di fronte a sé, gli occhi profondi che
fissavano intensamente l’orizzonte, i capelli biondi che venivano scompigliati
dal vento. Il casco giaceva imprigionato nel bauletto posteriore, provocando un
rumore secco contro le sue pareti ogni volta che la moto passava su una buca o
su un dosso, quasi prendendo il volo. L’aria sembrava tenere lontani i
pensieri, farli scivolare via, così il casco gli era sembrato inutile, se non
opprimente, in quella corsa. Improvvisamente la velocità diminuì, le marce
scalarono con rapidità, e una mano del ragazzo premette con forza sulla leva
del freno, quasi piegandola, mentre le gomme inchiodavano, lasciando segni
indelebili sull’asfalto. Pochi istanti, e la moto era ferma davanti ad una
villetta. Akito spense il motore, calmando così la sua furia e la sua voglia di
correre, mentre smontava dalla sella e apriva il cancello di casa sua. Spinse
il suo ‘destriero’ ormai placato all’interno, lo parcheggiò sul retro,
assicurandolo sul cavalletto, poi entrò in casa. Le chiavi della moto caddero
pesantemente sul tavolino dove il ragazzo le lanciò, e qualche istante dopo una
porta sbatté violentemente al piano superiore.
Akito sferrò un
calcio potente e preciso all’anta di un armadio che si trovava sfortunatamente
sul suo cammino, poi si abbandonò sul letto.
Per un attimo,
quel giorno, aveva creduto di non farcela … aveva creduto di non riuscire a
resistere allo sguardo di Sana, di non riuscire a mantenere quella maschera di
freddezza che si era costruito … un secondo di più, e sarebbe crollato, ne era
certo. Quando si era avvicinato a lei, abbracciandola, respirando di nuovo il
suo profumo, aveva sentito i sensi irretirsi. Se non si fosse accorto subito di
ciò che gli stava accadendo e non si fosse scostato all’istante, forse ora la
starebbe ancora tenendo tra le braccia, con l’intenzione di non lasciarla più
andare via, sotto lo sguardo di Naozumi.
Già, Kamura …
Non era nemmeno
riuscito a reggere il suo sguardo di ghiaccio … Non avrebbe resistito nel
vedere quella luce di vittoria che sicuramente avrebbero avuto i suo occhi. Non
avrebbe resistito a leggere nel suo sguardo una frase del tipo “Ho vinto io,
Hayama … Sana non è più tua!”. No, non ce l’avrebbe fatta. Era già troppo
sapere che quella era la realtà, non avrebbe sopportato sentirla proprio da
lui. Eh già, perché alla fine era proprio lui il vincitore, era lui che era
riuscito a prendersi Sana … tutto per colpa di uno stupido sbaglio … uno solo,
ma che aveva rovinato una vita … o forse due …
Decise di scacciare
quei ricordi, che lo facevano solo stare peggio.
Poi pensò alle
parole di Fuka, a quella che era stata quasi una supplica: «Stasera … ci
sarai?»
Ci rifletté. Per
cinque anni aveva voluto sfuggire alla vista di Sana, per lungo tempo aveva
fatto di tutto per evitare di rivederla … ma ora … ora che l’aveva fatto … ora
che l’aveva avuta di nuovo davanti agli occhi, tra le braccia … ora si riscoprì
a volerla vedere ancora.
aha
«Sana?»
La ragazza dai
capelli rossi riposava tranquilla accoccolata contro il petto del suo
fidanzato.
«Sana?!» ripeté Naozumi, accarezzandole la testa, ma lei
non diede segno di averlo sentito.
«Sana, alle otto
c’è la festa a casa di Matsui …» le
ricordò. Questa volta fu solo un mugolio a rispondergli, mentre la ragazza si
stringeva un po’ di più a lui, gli occhi sempre chiusi.
' E va bene, a
mali estremi …'
«… Sono già le
otto e mezza …»
«Kyaaaaaaaaaaaaaaaaaaaah!!!!!!»
Con un urlo
assordante Sana balzò giù dal letto, inciampando sul tappeto che stava ai suoi
piedi, mentre Naozumi la guardava con un sorrisetto divertito.
«Le otto e
mezza?! Fuka mi ucciderà!» prese a
sbraitare la ragazza, mentre iniziava a cambiarsi. «Ma che diavolo ci fai ancora lì??» chiese infuriata al ragazzo, che non si era mosso
dal letto. «Dobbiamo andare!»
Naozumi sorrise
scuotendo la testa, poi le disse:
«Stai calma, sono
solo le sette e un quarto, abbiamo ancora tempo.»
Sana lo fissò
inebetita.
«C-cosa? Ma tu
hai detto …»
«Altrimenti non
ti saresti più svegliata.» spiegò lui
,sempre sorridendo, guadagnandosi così una cuscinata in pieno viso.
«Ah, è così?! Tu
menti alla tua futura moglie per farla alzare dal letto!?! Ma tu guarda con che
razza di uomo ho a che fare …»
«La pensi davvero
così?» le chiese lui, abbracciandola e
baciandole sensualmente il collo.
«Mmh … potresti
farmi cambiare idea?»
Lui la sospinse
di nuovo verso il letto, dove si sdraiarono baciandosi. Si scambiarono carezze
e baci per alcuni minuti, finché Sana non riacquistò un istante di lucidità e
interruppe il ragazzo.
«Dai, ora no …
altrimenti arriviamo davvero in ritardo …»
Lui, seppur di
malavoglia, lasciò che si rialzasse e raggiungesse il bagno. Una volta sulla
soglia la ragazza si voltò. Vedendo l’espressione dispiaciuta di Naozumi e i
suoi strategici occhi dolci, gli sorrise maliziosa e gli promise: «Magari
stasera, quando torniamo a casa …»poi
sparì oltre la porta, andandosi a preparare per la festa.
aha
Un’auto parcheggiò
di fronte al cancello di una casa del centro di Tokyo. I due passeggeri che
stavano sul sedile posteriore scesero, poi uno di loro si avvicinò alla
portiera anteriore, il cui vetro era appena stato abbassato.
«Grazie del
passaggio, Rei!»
«Di niente, Sana.
Divertiti! Ci vediamo tra qualche giorno. A presto, Kamura.» il manager salutò anche il ragazzo, poi rialzò il
finestrino e ripartì, lasciando i due davanti alla casa. Sana corse a suonare
il campanello, che recitava 'Matsui', e insieme al suo ragazzo entrò nella casa della
sua migliore amica. Nessuno dei due degnò di uno sguardo la bellissima moto che
era parcheggiata proprio lì accanto, il motore ancora caldo che indicava che
era lì da poco …
TOC TO…
Sana fece per
bussare, ma scoprì che la porta era già socchiusa, così la spinse e si ritrovò
in un corridoio buio. La richiuse alle spalle di Naozumi, poi fece qualche
passo avanzando nella casa.
«Muoviti, Hayama …!» sentì bisbigliare poco più avanti, e subito dopo
udì il rumore di una porta che veniva chiusa. Sorridendo, mentre teneva per
mano il suo ragazzo, la raggiunse e girò la maniglia. Come si era spettata, non
appena l’ebbe aperta la luce quasi l’accecò, mente sentiva tutti i suoi amici
accogliere lei e Naozumi con un caloroso: «BENTORNATI!!»
Erano tutti lì,
anche la sua vecchia amica Mami-chan e Takaishi, e perfino Komori.
In un angolo,
ancora con il cappotto addosso, segno che era appena arrivato, come Sana aveva
dedotto dal bisbiglio che aveva udito poco prima, c’era anche Akito …
La ragazza
distolse rapidamente lo sguardo da lui, che per conto suo non l’aveva nemmeno
alzato quando era entrata nella stanza, e corse a salutare gli amici che non
aveva visto all’aeroporto. Anche Naozumi venne meglio presentato ai ragazzi,
che lo conoscevano più che altro di vista, o per fama, e infine ragazzi e
ragazze si trovarono divisi, i primi attorno ad uno stereo ultimo modello
intenti nella scelta della musica, le altre a prendere possesso del divano del
salotto pronte a sprofondare nel vasto mondo dei pettegolezzi … dopotutto Sana
doveva recuperare cinque anni di assenza!
In breve il
tavolino davanti a loro fu pieno di bottiglie di alcolici che i ragazzi avevano
rubato dalla cucina, e anche le donne se ne servirono senza pensarci troppo. Quando
l’alcol fece abbastanza effetto da far venire loro voglia di ballare, le
ragazze abbandonarono le loro conversazioni per raggiungere lo spazio vuoto
della stanza e seguire il ritmo che Gomi aveva appena fatto partire dallo
stereo. Pochi secondi dopo, anche i ragazzi erano 'in pista', e si scatenarono tutti quanti, divertendosi come
non avevano più fatto da anni. Si sentirono appena diciassettenni, mentre la
musica li trasportava facendoli muovere a ritmo. Sana e Naozumi ballavano
vicini, sfiorandosi, sorridendosi.
Improvvisamente
la musica si interruppe, e subito proteste si levarono dai ragazzi, ma Fuka le
mise tutte a tacere:
«Adesso
dedichiamo un canzone a Sana e Naozumi, per il loro imminente matrimonio! Dopo
potremo scatenarci di nuovo …»
E con un sorriso,
subito ricambiato da Sana, le cui guance si erano leggermente arrossate per l’imbarazzo,
cambiò il cd facendo partire un lento.
Naozumi attirò lo
sguardo della sua ragazza porgendole la mano, e un secondo dopo erano
abbracciati, muovendosi lentamente sul posto, le dita di una mano intrecciate,
le teste appoggiate sulla spalla del compagno. I ragazzi, dopo la prima
riluttanza, si strinsero nelle spalle e presero per mano le altre ragazze,
seguendo anche loro quel ballo. Fuka si strinse a Takaishi, mentre si
scambiavano un piccolo bacio, Hisae accettò l’invito di Gomi, lasciandosi
cingere la vita, Aya già da tempo si era rifugiata tra le braccia di Tsuyoshi e
perfino Mami e Komori avevano deciso di unirsi agli altri. Per tre minuti non
si sentì altro che la dolce musica provenire dallo stereo, mentre i corpi delle
cinque coppie sembravano fondersi sulla pista da ballo.
Ma
improvvisamente l’atmosfera venne rotta da un fischio e lo scoppiare di un
applauso. Sana aprì gli occhi, che aveva chiuso lasciandosi andare tra le
braccia di Naozumi, e si scostò da lui guardandosi intorno per capire cosa
fosse successo, e non le ci volle molto: a qualche passo da lei, Hisae e Gomi
avevano appena allontanato i visi abbassando imbarazzati lo sguardo, le guance
di un rosso acceso. A quanto pareva, lasciandosi trasportare dalla canzone
romantica, si erano appena scambiati il primo bacio! Anche Sana si unì agli
applausi, sorridendo felice per il nuovo amore finalmente venuto a galla tra i
suoi due amici, poi all’improvviso il lento terminò e Gomi, per distogliere l’attenzione
da quanto era successo, corse allo stereo cambiando disco e facendo partire di
nuovo la musica tecno. I ragazzi tornarono a scatenarsi. Anche Sana riprese a
ballare insieme a Naozumi, ma qualcosa attirò la sua attenzione …
«Vado a prendere
un po’ d’aria, ok?» disse in un
orecchio al ragazzo, e lui annuì, lasciandola andare. Sana abbandonò il centro
del salotto e si diresse verso la terrazza, dove aveva intravisto da dietro le
tende una figura appoggiata alla ringhiera. Una volta fuori, l’affiancò,
poggiandosi anche lei al parapetto, e disse:
«Ciao,
Akito …»
Eheh, classica ‘cliff-hanger’, come la chiamano gli inglesi!
Cosa si diranno i due protagonisti? Mistero…! ^_^
Grazie mille per i commenti allo scorso capitolo a:
Le note di un
lento risuonavano dolci nell’aria, rendendo romantica l’atmosfera di una
piccola villetta di Tokyo. Improvvisamente, quelli che erano attimi prima solo
dei corpi scatenati dal ritmo incalzante si trasformarono in tenere coppie
domate dalla calma della nuova musica. Solo uno dei presenti non si univa alla
leggera danza, ma anzi provava un sentimento avverso nei riguardi di quella
situazione. Gettò un ultimo sguardo su una delle coppie, precisamente su quella
al centro del salotto, alla quale la canzone era stata dedicata, poi, ormai al
limite della sopportazione, distolse gli occhi da quella visione per lui
dolorosa e le diede le spalle, uscendo sulla terrazza dell’abitazione. Trasse
dalla tasca una piccola scatola e l’aprì, facendone uscire una lunga sigaretta
e un accendino. Si rigirò la spagnoletta tra le mani, fissandola, ma senza in
realtà vederla. Anche quel semplice rotolo di carta e tabacco era un ricordo
doloroso, o meglio lo era il motivo per cui aveva cominciato a fumare … Scosse
la testa e si mise la sigaretta in bocca, accendendola, scacciando quei
pensieri dalla sua testa, concentrandosi solo sul fumo che aspirava ogni tanto
e che ributtava fuori, e sulla notte che lo circondava. Sentì degli applausi
provenire dal salotto, ma non vi fece caso: decisamente non era in vena di
festeggiamenti, qualunque fosse il motivo di tanta allegria.
Quasi non si
accorse della figura che poco dopo gli si era accostata, finché non ne sentì la
voce salutarlo:
«Ciao, Akito …»
Sobbalzò, facendo
scattare gli occhi alla sua destra incrociando con stupore quelli di Sana. Improvvisamente
una sensazione che mai Akito Hayama aveva provato in vita sua si insediò in lui
… la paura … Aveva paura di stare accanto a quella donna … anzi, aveva paura di
ciò che sarebbe stato capace di fare avendola a così poca distanza da sé …
«Be’, non mi
rispondi nemmeno? Siamo arrivati a questo punto?»
Il ragazzo fu
costretto a riscuotersi e a ricercare il controllo. Sentì un leggero
risentimento e una punta di dispiacere nella voce della giovane. Già, erano
arrivati fino a quel punto? Nemmeno salutarsi quando si incontravano? Be’,
Akito era arrivato già al punto di preferire non incontrarla proprio …
«Ciao.» disse rapidamente, tornando a guardare il giardino
sotto di loro e rimettendo in bocca la sigaretta. Sana rimase in silenzio,
guardando il ragazzo. Le era mancato … Fu il primo pensiero che le venne in
mente: le era mancato. Cinque anni senza vederlo, dopo tutto ciò che avevano
passato insieme …. i litigi da piccoli … l’amore da più grandi … anche a lei
quel ricordo fece male, e cercò di distrarsi provando ad intavolare una
qualsiasi conversazione:
«Da quando fumi?»
Akito sbuffò. Era
cominciata la recita. Sana voleva per forza conversare, e a lui non restava
altro da fare che interpretare la sua parte di duro e indifferente, nascondendo
la tempesta dei suoi sentimenti sotto la maschera di calma apparente del suo
viso.
«Ormai sono
cinque anni.» disse tagliente. Il
colpo arrivò dritto al cuore della ragazza. Sapeva che la stava accusando. Cercò
di non badarvi.
«Non dovresti farlo
…»
Akito diede un
ultimo tiro, poi lanciò la sigaretta nel prato di fronte a sé, senza dire
nulla, assumendo soltanto un’espressione che sembrava dire 'Sei soddisfatta?'
Sana rimase
ancora qualche istante in silenzio, finché non lo sopportò più. Sospirò
sonoramente, poi parlò di nuovo:
«Non hai nulla da
dirmi? Dopo cinque anni pensavo che almeno avresti potuto rivolg …»
«No, Sana, non ho
niente da dirti! Che cosa vorresti sentire esattamente?!»
Decisamente non
si era aspettata una reazione simile da parte di Akito, che la guardava con un
lampo di rabbia negli occhi intensi.
«L’hai detto tu
stessa, cinque anni fa: 'non abbiamo
nulla da dirci!'!»
E con quest’ultima,
tagliente, frase, si voltò con l’intenzione di tornare in casa, o magari anche
andarsene da lì. Ma Sana fu più veloce, e lo afferrò per la felpa.
«No, Akito! Non
scappare! Non comportarti come un ragazzino, sei cresciuto ormai!»
Ma queste parole
ebbero un altro effetto sul ragazzo di ciò che si sarebbe aspettata lei. Infatti
Akito si fermò, voltandosi lentamente, fissandola con occhi che invece della
rabbia che lei aveva immaginato esprimevano tristezza e rimpianto.
«No, ti sbagli …» le disse con voce bassa, mentre lei lasciava
lentamente la presa sulla sua maglia. «Io
non sono cresciuto, Sana … tu l’hai fatto! Tu sei diventata una
venticinquenne, con al dito un anello di fidanzamento! Io no … io sono rimasto
il dodicenne che hai conosciuto, sono rimasto il quindicenne che per la prima
volta ti ha baciata veramente, sono rimasto il diciassettenne che ti ha avuta
completamente per primo, sono rimasto il ventenne che … che ti ha persa, per
uno stupido errore! Non sono più cresciuto, Sana … io mi sono fermato … insieme
alla nostra storia …»
Sana rimase
impietrita. Tutto si era aspettata meno che quello sfogo, che quelle parole
cariche di dolore. Non seppe cosa rispondere. Sentiva solo che loro due avevano
bisogno di parlare, che c’era qualcosa di irrisolto che doveva essere
affrontato. Ma non ebbe il tempo di spiegarlo anche al ragazzo …
«Eccoti, ti
cercavo da mezz’ora!»
Naozumi fece il
suo ingresso sul terrazzo. Capì all’istante di aver interrotto qualcosa di
significativo, ma ormai era tardi.
«Ciao, Kamura.» fece freddamente Akito, e approfittò del momento
per andarsene. Sana lo vide attraverso la piccola fessura che lasciavano le
tende muovendosi al vento infilare il cappotto e avvicinarsi a Fuka, prima di
uscire dalla stanza, diretto alla porta d’ingresso.
«Vi stavate
dicendo qualcosa di importante, vero?»
Fu la voce di
Naozumi a riportare la sua attenzione a lui. Scosse senza convinzione il capo,
tenendolo chino.
«Sana, se hai
ancora dei problemi con Hayama vorrei che me ne parlassi.» disse il ragazzo con dolcezza, ma anche una punta
di preoccupazione, alzandole con gentilezza il viso.
«Lo so, Nao … è
che non saprei nemmeno cosa dirti … davvero …» rispose lei con sincerità. In quel momento si sentì il motore di una
moto accendersi con un potente rombo e scattare con rabbia, allontanandosi
velocemente.
«Dai, torniamo
alla festa … non può mancare l’ospite d’onore!» le sorrise, cambiando argomento, e lei rispose grata al sorriso,
aggrappandosi al braccio che le porgeva e lasciandosi trasportare qualche
minuto dopo dalla musica e dalle bevande.
aha
L’orologio
segnava le due e un quarto. Sana entrò nella villa di sua madre cercando di
fare il meno rumore possibile per non svegliarla. Lei e Naozumi salirono al
piano di sopra, si fecero una doccia, poi si infilarono sotto le coperte. Sana
sentì un braccio del compagno avvolgerla delicatamente in vita attirandola
verso di lui, mentre l’altra mano le spostava i capelli dal collo per poterlo
baciare.
«Mi avevi
promesso una cosa, prima di uscire …» le
sussurrò con un sorriso. Ma Sana lo allontanò gentilmente ma con decisione.
«Scusami, Nao, ma
stasera sono stanca …» mentì,
girandosi dall’altra parte. In realtà non era vero. Altre notti erano tornati a
casa molto più tardi e spossati, e non aveva mai rifiutato le carezze del suo
ragazzo. Ma questa volta era la sua mente ad essere stanca. Era il suo cuore ad
essere altrove … rivolto al ricordo delle parole che aveva pronunciato Akito
sulla terrazza della casa di Fuka …
'Perché, Akito …?
Perché non riesco a non pensare a te?!'
Ecco finalmente anche questo capitolo! È uno dei pochi di
cui sono abbastanza soddisfatta, ma ovviamente è il vostro parere che conta!
Eccomi qui, raga! E in questo capitolo si scoprirà
cosa è successo nel passato… ci risentiamo alla fine del chappy!
Capitolo 5.
Una camera. Una
scrivania. Un cassetto. Una fotografia. Akito teneva tra le mani quell’immagine
che raffigurava lui insieme a Sana, uno dei tanti ricordi del passato. Quante
volte l’aveva stretta a sé come in quella foto … quante volte non avrà più
occasione di farlo … Sospirò, riponendo la fotografia nel cassetto e
richiudendolo. Poi scese al piano di sotto e andò in cucina. Aprì un’anta del
mobiletto accanto al lavello, alla ricerca di qualcosa da bere, e il suo
sguardo si posò su un bottiglia di vodka. Chissà da quanto tempo era lì? Non
ricordava ci fosse mai stata … All’improvviso, prepotentemente, un ricordo
riaffiorò nella sua mente …
- INIZIO
FLASHBACK -
«Aky?»
Sana entrò in
casa, posando le chiavi su un mobile nell’entrata.
«Akito … ci sei?»
All’improvviso
sentì un paio di braccia avvolgerla decise e un bacio posarsi dolcemente sulla
sua guancia destra.
«Ciao, piccola!» la salutò una voce calda e rassicurante alle sue
spalle, a pochi centimetri dal suo orecchio. Lei sorrise teneramente,
voltandosi e catturando le labbra di Akito con le proprie.
«Ciao …» sussurrò, senza allontanarsi di troppo dal viso
del ragazzo.
«Al telefono hai
detto che dovevi parlarmi di una cosa …»
le ricordò il ragazzo. Improvvisamente il sorriso si indebolì sul viso di Sana,
fino a scomparire mentre si voltava, dandogli le spalle e allontanandosi di qualche
passo da lui.
«Già.» disse solo, incapace di continuare.
«Allora?» incalzò lui, curioso, in attesa. Lei sospirò.
Perché non riusciva a dirglielo? Così tante volte gli aveva dato una notizia
come quella, eppure questa volta era più difficile … aveva come un
presentimento …
«Io …» iniziò, poi, dopo un ultimo sospiro, concluse: «Devo andare a New York per due mesi per girare un
nuovo film.»
Non si accorse
nemmeno di trattenere il fiato, mentre attendeva una risposta da parte di Akito
… ma questa non venne. Non voleva girarsi, non voleva incontrare i suoi occhi,
per paura dell’espressione che vi avrebbe scorto, ma quando il silenzio si fece
troppo pesante fu costretta a farlo. Sentì il sangue gelarsi nelle vene quando
incrociò lo sguardo freddo di lui.
«Non … non dici
niente …?» chiese titubante, cercando
di non far trapelare il suo nervosismo, fissando quegli occhi diventati
improvvisamente gelidi.
«Cosa dovrei
dirti?»
Secco. Tagliente.
Leggermente accusatore.
«Posso restare,
Akito … se lo vuoi, non accetterò il contratto! Io …» ma venne interrotta dal ragazzo che l’aveva
abbracciata.
«No, Sana, sai
che non voglio intromettermi nel tuo lavoro.» le alzò il mento, e la ragazza vide che i suoi occhi si erano
raddolciti … ma ancora avevano una luce strana …
«Parti. Io ti
aspetterò.» fu l’ultima cosa che disse
il ragazzo, questa volta senza guardarla negli occhi, il tono che sembrava
quasi … rassegnato. Poi si scostò e prese le chiavi di casa.
«Scusami, devo
uscire.» disse frettolosamente, e sparì
oltre la porta d’ingresso prima che Sana potesse fermarlo.
aha
Un bar. Una
bottiglia di vodka per metà già vuota. Un ragazzo vi si aggrappava come fosse l’unica
cosa che aveva.
'Di nuovo … parte
di nuovo!' pensava tra sé Akito. Bevve
un altro sorso di alcolico, osservando il liquido trasparente calare nella
bottiglia.
'Stiamo insieme
da ormai più di cinque anni … e tutte le volte il suo lavoro viene prima di
noi!'
Batté con rabbia
la bottiglia sul tavolo.
'Posso restare
se vuoi … ’ dice sempre così, ma
chi sono io per dirle di non andarsene, quando è questo ciò che vuole fare?! Io
lo so che lei ci tiene … E così le dico di partire, le dico che me ne starò qui
ad aspettarla … e mi distruggo l’anima per mesi, aspettando che lei ritorni,
fingendo che stare così tanto tempo lontano da lei non mi importi! Perché non
lo capisce?! Se solo non fosse così concentrata sul suo lavoro forse si
renderebbe conto che così non possiamo andare avanti! Sono stanco … sì, sono
stanco di aspettarla …'
I suoi pensieri,
già un po’ annebbiati dall’alcol, vennero completamente interrotti da una voce
femminile:
«Ciao, bello.»
Si voltò, e i
suoi occhi riuscirono con un po’ di fatica a mettere a fuoco l’immagine di una
bella ragazza bionda. La prima cosa che notò fu il suo seno prosperoso …
«Ciao» le disse poi freddamente, tornando alla sua
bottiglia. Ma la ragazza non sembrava volersene andare, così le diede di nuovo
la sua attenzione. «Cosa vuoi?»
Un sorrisetto
comparve sulle sue labbra carnose e truccate, prima della risposta sussurrata
in un orecchio del ragazzo. Gli occhi ambrati di lui tornarono a fissare quelli
della ragazza … e l’alcol fece il resto. Annuì.
aha
'Dannazione, ma
dove diavolo è finito?!'
Sana continuava a
camminare avanti e indietro nel salotto del suo appartamento -
del loro appartamento - mentre continuava a provare a chiamare il
cellulare di Akito. Dopo una decina di squilli, per l’ennesima volta sentì la
voce di un operatore automatico annunciarle che la chiamata veniva trasferita
alla segreteria telefonica.
«Maledizione!» imprecò ad alta voce, ormai seriamente
preoccupata, mentre il suo sguardo si spostava nervosamente sull’orologio
appeso alla parete, le cui lancette segnavano ormai quasi l’una di notte. Riportò
la sua attenzione al telefono che aveva in mano e ricompose l’ultimo numero
chiamato, pregando che il ragazzo rispondesse.
aha
TRRR TRRRRRRRRR
TRRR TRRRRRRRRR
Da qualche parte,
in un buio appartamentino, si sentiva la vibrazione di un cellulare. I gemiti che
provenivano da una delle stanze della casa si spensero lentamente, mentre un
ragazzo dalla frangetta bionda attaccata alla fronte sudata si metteva a sedere
su un materasso drizzando le orecchie.
«Cazzo, è il
cellulare …» mormorò, leggermente
senza fiato, trovando stranamente difficile pronunciare quelle sole parole,
mentre cercava di alzarsi dal letto su cui si trovava. Una mano tentò di
bloccarlo, posandosi sul suo petto nudo, ma lui la scostò, alzandosi per
raggiungere la fonte di quel rumore che aveva catturato la sua attenzione. Quando
fu in piedi, barcollò leggermente, e una volta afferrato il cellulare da un
mobiletto si affrettò a risedersi sul bordo del materasso, sicuro che le sue
gambe non lo avrebbero retto oltre.
«Pronto?» biascicò portandosi il telefonino all’orecchio, ma
nessuno rispose, e un secondo dopo lo sentì di nuovo vibrare tra le sue mani. Lo
guardò confuso, poi tra la nebbia che sembrava avvolgere il suo cervello
qualcosa riuscì a ricordargli che doveva premere il tasto verde per avviare la
chiamata. Con la vista un po’ offuscata, lo fece, e rispose di nuovo.
«Akito!!!
Finalmente!» esclamò una voce stridula
e chiaramente allarmata, stordendolo ancora di più di quanto non avesse già
fatto la vodka. Gli sembrava di riconoscerla, ma il suo cervello non era ancora
in grado di informarlo su chi fosse esattamente.
«Ma chi è?!» mugugnò, mentre di nuovo una piccola mano si
posava sul suo petto, questa volta acarezzandolo dolcemente.
«Akito, sono io!
Sono Sana!»
A quell’ultima
parola qualcosa dentro di lui si risvegliò, mentre nella sua mente si facevano
strada molto lentamente i ricordi delle ultime ore.
«Amore, dove sei?
È quasi l’una di notte! Sono preoccupata! Sei sparito così, senza dirmi nulla,
ed è da ore che provo a chiamarti … Stai bene??»
Quella raffica di
parole gli fece di nuovo venire un po’ di mal di testa. Intanto la mano che
accarezzava il suo petto scendeva sempre di più, lentamente, mentre un piccolo
corpo si avvicinava al suo da dietro, sedendosi alle sue spalle. Sentì dei
capelli biondi sfiorargli il braccio destro, mentre un paio di labbra si
posavano sul suo collo quasi con avidità.
«Ah … S-sana. … sì,
sto bene …» riuscì a rispondere,
sebbene a fatica, incapace di mettere insieme una frase di senso compiuto. La
ragazza dall’altra parte del telefono se ne accorse:
«Sei sicuro? Ti
sento strano …»
«N-no … è tutto
ok …» la voce di Akito era incerta.
«Ma … Akito, hai
bevuto?!» esclamò Sana realizzando
solo ora ciò che era evidentemente accaduto. Il ragazzo non rispose, mentre la
giovane alle sue spalle si staccava dal suo collo e gli diceva: «Ma chi è? Dai, metti giù, torniamo a
divertirci …!»
Purtroppo quelle
parole non sfuggirono a Sana, che però cercò di convincersi di aver sentito
male.
«A-Aky … chi c’è
con te? Dove sei?!» il suo tono si era
fatto più flebile, più insicuro. A quella voce Akito parve riprendere un po’ di
lucidità.
«Niente … lascia
stare, ti spiego dopo … torno subito!»
Ma prima che
potesse finire l’ultima parola la ragazza che prima baciava il suo collo gli
prese il cellulare di mano e terminò la chiamata, gettandolo poi al fondo del
letto, prima di baciare con passione le labbra di Akito.
aha
Sana sedeva sul
divano di casa, il cordless abbandonato accanto a lei, gli occhi chiusi
nascosti dietro le mani che reggevano la testa, i gomiti poggiati sulle
ginocchia. Come aveva potuto? Una domanda che rimbombava dentro di lei da
quando aveva sentito quella voce femminile parlare nel cellulare di Akito. Come
diavolo aveva potuto?? Lei era in piedi da più di cinque ore ad aspettare che
il suo ragazzo tornasse a casa, preoccupata come non lo era mai stata, e lui
era da qualche parte a scoparsi un’altra donna!? Una lacrima le sfuggì tra le
dita che le coprivano gli occhi, ma non vi badò.
Improvvisamente
sentì il rumore di un mazzo di chiavi che veniva estratto fuori dalla porta di
casa. Non si mosse, mentre Akito fuori cercava di inserire la chiave giusta
nella serratura. A causa dell’alcol che ancora gli annebbiava la vista e la
mente ebbe qualche difficoltà, ma alla fine riuscì finalmente ad entrare. In
silenzio mosse qualche passo incerto verso il salotto, fino a scorgere la
figura di Sana immobile sul divano. Si fermò sulla soglia, guardandola,
incapace di trovare qualcosa da dire. Anche Sana rimase in silenzio, alzando
soltanto lo sguardo freddo su di lui. Infine si alzò.
«Dove sei stato?»
Il suo tono era
stato tagliente, accusatore, nascondeva già consapevolezza.
«Io …»
Non disse altro.
Si mise una mano sulla fronte per cercare di fermare il continuo ruotare della
stanza attorno a lui e di placare le pulsazioni che gli rimbombavano nella
testa.
«Perché, Akito?»
Questa volta le
sue parole erano cariche di disperazione, non voleva accettare che lui l’avesse
tradita. Ma lui parve non farci caso. Qualcosa si era risvegliato in lui a
quella domanda.
«Perché … PERCHÈ?!» urlò, facendo sobbalzare Sana per lo spavento. «Perché non ne posso più! Vai pure a New York dal
tuo caro Naozumi, ma non sperare che io me ne stia qua ad aspettarti come un
deficiente!»
Gridando si era
avvicinato a Sana, e ora il suo viso paonazzo era a pochi centimetri da quello
scioccato e intimorito della ragazza.
«Ma … cosa …?»
«Non fare la finta
tonta!!»
Preso da uno
scatto d’ira, si avventò su Sana prendendola per i polsi e la sbatté contro la
parete. Rimasero qualche istante così, con lui che la tratteneva immobile
contro il muro e lei che teneva gli occhi chiusi, spaventata. Quando finalmente
si accorse di quello che aveva fatto, barcollando e inciampando Akito la lasciò
e si allontanò.
«Io … i-io …»
Sana si avvicinò
al ragazzo, gli diede un ultimo sguardo raggelante, nel quale lui scorse una
lacrima brillare, e sibilò sei sole parole che lo colpirono come la lama di una
spada:
«Non abbiamo più
nulla da dirci.»
Poi gli passò
accanto e senza un’altra parola scomparve su per le scale. Akito sentì
chiaramente una porta sbattere e una serratura scattare con rabbia, nello
stesso momento in cui avvertì il suo cuore frantumarsi … Aveva fatto uno sbaglio,
e gli era costato una vita … una vita con Sana … solo allora iniziò a
rendersene conto …
- FINE
FLASHBACK -
Akito continuò a fissare
la bottiglia di vodka che aveva in mano. Quanto era stato stupido! Invece di
parlare con Sana, aveva preferito nascondersi in un bar a bere, e quello era
stato il risultato. In un moto di rabbia scagliò la bottiglia dall’altra parte
della cucina. Quella si frantumò in mille pezzi contro una parete, lasciando
scivolare sul pavimento il liquido trasparente. Senza pensare a ripulire, il
ragazzo lasciò la stanza, mentre ancora una volta i ricordi lo divoravano senza
pietà.
Allora? Lo so, qualcuno può pensare: che banale, sempre la
stessa storia del lavoro … ed avrebbe perfettamente ragione! Ma c’è soprattutto il
fatto del tradimento, che, almeno secondo me, è una colpa davvero grave … e
altri aspetti, che svilupperò in seguito. Infatti più avanti si tornerà ancora
a parlare dei fatti di cinque anni fa, non solo nel prossimo capitolo, ma anche
in seguito. continuate a leggere!!
Il suono di una
sveglia si propagò insistente nella camera da letto di una grande e lussuosa
villa. Un venticinquenne aprì lentamente un paio di vispi occhi azzurri e li
posò sull’aggeggio che lo aveva destato. Ne guardò il display, mettendo a fuoco
i numeri: 09.30. Fece scivolare una mano fuori dalle lenzuola e la portò sulla
sveglia, arrestando il suo squillo, poi volse lo sguardo dalla parte opposta e
incrociò il viso della sua ragazza. Sana dormiva ancora, l’allarme sembrava non
averla raggiunta. Le accarezzò delicatamente una guancia, senza l’intenzione di
svegliarla, e si stupì nel sentire che i suoi muscoli erano tesi, non rilassati
come tutte le altre mattine: evidentemente era turbata da qualcosa, magari un
incubo, ma in ogni caso Naozumi decise di lasciarla riposare finché avesse
voluto. Dopotutto, in quella settimana non erano più vincolati dal loro lavoro,
perciò potevano stare a letto fino a tardi. Il ragazzo scostò le coperte dalla
sua parte e si alzò lentamente, cercando di non far sobbalzare troppo il
materasso, poi andò in bagno prima di recarsi nella cucina al piano di sotto. Qui
Misako gli diede il buongiorno servendogli una tazza di caffé. Lui la ringraziò
e si servì, poi sentì la donna rivolgersi nuovamente a lui:
«E così, alla
fine vi sposate …» constatò.
«Già» fu la sola risposta di lui. 'Oddio, inizio a parlare a monosillabi come Hayama??' si disse sconcertato nella testa, poi scosse il
capo e riportò la sua attenzione sulla Signora Kurata che aveva continuato la
conversazione.
«Be’, dopotutto c’era
da aspettarselo … sei stato molto vicino a Sana in questi cinque anni, le sei
stata davvero d’aiuto.»
Lui annuì, ma lo
fece distrattamente: i suoi pensieri si stavano allontanando verso i ricordi …
- INIZIO
FLASHBACK -
«Uao, Sana! Hai
visto che meraviglia le stanze che ci hanno dato?!»
Un Naozumi
ventenne fece vagare il suo sguardo ammirato sulla spaziosa e lussuosa camera d’albergo.
«Mmh.» fu la sola risposta distratta della ragazza, che
si sedette pesantemente sul bordo del materasso, lo sguardo vuoto che fissava
un punto imprecisato della moquette. Gli occhi azzurri del giovane si fermarono
su di lei, scrutando quell’espressione così … poco 'da Sana'
…
Le si avvicinò, e
sospirando si sedette accanto a lei. Rimase alcuni istanti in silenzio,
guardandola, ma lei non sembrava curarsi della sua presenza, così con un
ultimo, pesante, sospiro si decise a chiederle:
«Allora, Sana, mi
vuoi dire che cos’hai?! Non rispondermi 'niente' perché lo so che non è vero!» la prevenne. Il silenzio fu l’unica risposta che
ottenne, ma non si diede per vinto.
«Senti, Sana, non
ne posso più di vederti con quell’espressione vuota e afflitta! Non sei più tu!
Ti prego, dimmi cosa c’è che non va, magari posso aiutarti …»
«No, tu non puoi!» fu la secca risposta di Sana, che finalmente aveva
trovato la forza di parlare. Non appena si accorse della sua freddezza, abbassò
lo sguardo e chiese scusa a Naozumi, poi trasse un respiro e infine si decise,
seppur con qualche esitazione, a parlare con lui:
«È che … io … ho
litigato con Akito … non stiamo più insieme da una settimana.»
«Cosa?!»
Naozumi rimase a
bocca aperta a quella notizia. Certo, in cuor suo aveva sempre sperato che tra
i due non funzionasse, dal momento che lui amava Sana, ma vedendoli insieme per
tanti anni pian piano si era convinto anche lui che il legame tra Hayama e la
ragazza fosse qualcosa di indistruttibile, che la loro storia dovesse essere
eterna … Alla notizia che i due avessero rotto fissò Sana incredulo.
«M-ma … com’è
successo? Vuoi parlarmene?» le chiese
piano. Sana per un attimo non rispose, poi decise che dopotutto forse le avrebbe
fatto bene parlare con un amico, così iniziò a raccontare:
«È stato la sera
che gli ho detto che sarei dovuta venire qui a New York … appena gliel’ho
rivelato, i suoi occhi si sono ghiacciati, improvvisamente è diventato freddo,
mi rispondeva con distacco … così gli ho detto che se avesse voluto sarei
potuta restare, ma lui ha detto di non voler interferire con il mio lavoro e un
attimo dopo è uscito di casa. Sono stata in piedi fino a dopo mezzanotte, ma
lui non era ancora rientrato, e non avevo notizie di lui, così ho provato a
chiamarlo al cellulare. Ho riprovato decine di volte, ma non mi rispondeva mai,
io ero preoccupata, e quando finalmente ha risposto …»
Qui Sana si fermò.
Aveva iniziato a parlare a raffica, rivivendo tutta quella dannata serata, ma
quando arrivò alla telefonata non riuscì a proseguire.
«Quando ha
risposto?» ripeté un po’ titubante
Naozumi, invitandola a continuare. Sana prese coraggio e dopo un lungo respiro
continuò:
«Quando ha
riposto … ho sentito che era ubriaco fradicio e che … che era con un’altra
donna.»
Naozumi trattenne
il fiato, mentre una lacrima scendeva sul viso di Sana. Non era possibile,
Hayama non avrebbe mai … però Sana aveva detto che aveva bevuto … ma magari si
stava sbagliando lui, aveva inteso male … sì, doveva essere così, aveva
frainteso!
«Cioè, stava
parlando con una sua amica?» azzardò,
ma all’improvviso lo sguardo bagnato di lacrime di Sana si fissò nel suo e la
ragazza lo interruppe bruscamente: «Stava scopando con una donna che
nemmeno conosceva, Nao!!»
Dopo quell’urlo
liberatorio, la ragazza si prese il viso tra e mani, iniziando a singhiozzare. Dopo
un primo momento di incertezza, Naozumi le si avvicinò e la circondò con le
braccia, attirandola a sé, cercando di confortarla con qualche carezza tra i
lunghi capelli rossi.
«Mi ha … m-mi ha
tradita, Nao … e senza motivo! Io … noi stavamo così bene insieme … ogni tanto
litigavamo, certo, ma come avevamo sempre fatto fin da piccoli, per delle
sciocchezze, facendo pace un istante dopo, ridendo poi su ciò che era accaduto …
e invece quella sera … e poi, tornato a casa, abbiamo discusso ancora, e lui mi
ha preso per i polsi e mi ha sbattuta contro la parete, facendomi male. Era
ubriaco, mi faceva paura … si è pentito, non sapeva cosa stava facendo, però …
e il fatto che sia stato con un’altra … perché, Nao? Perché lo ha fatto?!» continuò a singhiozzare la ragazza stringendosi a
lui. Il giovane continuò ad accarezzarle la testa dolcemente, mentre la cullava
lentamente, poi la scostò da sé e le alzò il mento con una mano, mentre con l’altra
le asciugava le lacrime che le rigavano le guance.
«Smettila di
piangere per lui, Sana … è Akito che dovrebbe disperarsi per averti perso!» le sussurrò, e Sana non poté fare a meno di
tendere le labbra in un piccolo sorriso, che lo fece felice. Lui vi rispose,
poi si allontanò da lei.
«Allora, va
meglio adesso?» le chiese con tono più
allegro. Sana annuì, asciugandosi anche l’ultima lacrima, poi si alzò dopo il
ragazzo, che si stava già avviando verso la porta della camera.
«Nao!» lo chiamò. Lui si voltò, e gli mancò il respiro
quando vide il viso di Sana così vicino al suo e avvertì le labbra morbide di
lei sfiorare le sue.
«Grazie» la sentì sussurrare un attimo dopo, poi la ragazza
lo superò e uscì prima di lui dalla stanza, dicendogli sorridendo di seguirlo.
- FINE FLASHBACK
-
Naozumi tornò a
fissare la tazza di caffé che aveva di fronte, mentre continuava a riflettere
sugli avvenimenti di quegli ultimi cinque anni. Da quel momento era stato
sempre più vicino a Sana. Nei due mesi che trascorsero a New York per girare il
film cercò in tutti i modi di aiutarla a superare la rottura con Akito e a
dimenticarlo. Non fu facile, dato che inevitabilmente i pensieri della ragazza
andavano sempre a lui, ma dopo quei sessanta giorni qualcosa gli fece capire
che c’era riuscito, che Akito era finalmente solo un ricordo appartenente al
passato: il giorno prima della partenza prevista per il ritorno in Giappone,
infatti, Sana aveva bussato alla porta della sua stanza e una volta entrata,
fissandolo negli occhi, gli aveva chiesto con determinazione di restare lì. Aveva
detto di non voler tornare in Giappone, ma di voler restare con lui a New York.
E ancora prima che il ragazzo avesse potuto rispondere qualsiasi cosa, lei era
già tra le sue braccia e lo aveva baciato.
Quello era stato
l’inizio della loro relazione. Si erano messi insieme, avevano continuato a
lavorare fianco a fianco negli States, dopo poco più di un anno avevano deciso
di comprare una casa e convivere, e quattro anni dopo la decisione di sposarsi.
Insieme avevano deciso che sarebbe stato meglio tornare in Giappone per il
matrimonio, essendo quella la loro vera patria, nonostante entrambi ne avessero
un po’ timore, chi per paura dei fantasmi del passato, chi per il possibile,
anche se forse ormai improbabile, ritorno in gioco di un rivale … ma alla fine
eccoli lì, a casa, a meno di una settimana dall’attesa celebrazione.
«Be’ … non vedo l’ora
di vedervi all’altare, allora!»
La voce di Misako
lo riscosse dai suoi pensieri, e il ragazzo le sorrise sinceramente, prima di
finire la sua tazza di caffé e prenderne una seconda per portarla di sopra a
Sana che, ne era sicuro, si sarebbe svegliata a momenti.
Ho aggiornato! Perdono (soprattutto all’impaziente virgo, o
meglio, seed!^^), ma non ho davvero tempo per dedicarmi alle mie due fic in
corso, e il fatto di averne due da scrivere non facilita le cose …! In ogni
caso, ce la metterò tutta per postare almeno un capitolo alla settimana, e voi
continuate a sostenermi, siete grandi!
Sana si rigirò
per l’ennesima volta nel letto, poi aprì lentamente gli occhi, mettendo a fuoco
la sua camera da letto. Non poté evitare di tirare un sospiro di sollievo nel
sapere che finalmente si era svegliata: l’incubo che aveva fatto fino a quel
momento l’aveva tormentata per tutta la notte e non vedeva l’ora di sfuggirgli …
di sfuggire al viso perso e dispiaciuto di Akito … Già, perché quello era stato
il suo incubo: aveva rivissuto la notte in cui gli aveva detto addio, l’aveva
rivisto lì, sulla soglia del salotto della loro casa, gli occhi lucidi per l’alcol
che le imploravano il perdono per un errore che forse non aveva voluto
commettere. Quante volte, dopo che come sempre litigavano per una sciocchezza,
lei finiva sempre per perdonarlo e fare pace con lui, con un bacio, una
carezza, un semplice sguardo carico di dolcezza … ma quella volta non ce l’aveva
fatta a perdonarlo. Troppo grande era la sua colpa. Lo sguardo che gli aveva
lanciato non era stato dolce, ma freddo e ostile, come le parole che gli aveva
sibilato prima di chiudersi in camera - la loro camera.
La mattina dopo,
quando era scesa in salotto con la valigia già pronta per partire -
per fuggire - lo aveva trovato sul divano. A causa della sbronza
della sera prima era caduto in un sonno profondo, dal quale non si sarebbe
svegliato se non ore dopo, quando la ragazza ormai sarebbe stata sull’aereo che
l’avrebbe portata via da lui per cinque lunghi anni. Scrutando il suo viso gli
era sembrato di scorgere una scia umida sulla sua guancia un po’ arrossata, ma
aveva subito distolto lo sguardo ed era uscita dalla porta d’ingresso,
chiudendosela per sempre alle sue spalle.
Sospirò,
raggomitolandosi sotto le lenzuola, cercando di scacciare quella scena che dopo
cinque anni era tornata a perseguitarla.
«Buongiorno!»
Quella voce
inaspettata la fece sobbalzare, ma si tranquillizzò all’istante quando vide il
sorriso di Naozumi sulla porta della camera.
«’Giorno!» gli rispose, poi si rizzò a sedere vedendo che il
ragazzo le aveva portato il caffé.
«Quando la
smetterai di viziarmi portandomi la colazione a letto? Potrei abituarmici …» gli disse con un sorriso.
«Correrò il
rischio.» disse semplicemente lui, e
le diede la tazza. La ragazza sorseggiò con gusto il suo caffé, e quando ebbe
finito Naozumi si riprese la tazza, posandola sul comodino accanto al letto.
«Allora, sei
sveglia adesso?» le chiese,
avvicinandosi al suo viso.
«Sì, perchè?» chiese lei, ma sulle sue labbra era già comparso
un sorriso malizioso. La risposta fu un passionale bacio di Naozumi, che la
fece sdraiare nuovamente sul materasso, iniziando ad accarezzarla.
«Devi ancora
mantenere una promessa, questa notte mi hai lasciato a bocca asciutta …» le sussurrò staccandosi di poco dalla sua bocca,
mentre iniziava ad abbassare una delle spalline della sua camicia da notte. Già.
La sera prima il pensiero di Akito e le poche parole che si erano scambiati
alla festa di Fuka erano troppo vive nella sua mente … e anche quella mattina
lo erano, ma questa volta aveva capito che Naozumi era l’unico che l’avrebbe
sempre potuta aiutare in quei momenti, come aveva fatto negli ultimi cinque
anni, standole accanto e dandole tutto il suo amore.
«Mi farò
perdonare, allora …» fu quindi la sola
risposta di lei, e in breve erano entrambi sotto le ormai roventi lenzuola,
uniti nel loro amore.
aha
«Allora, quale
assaltiamo per primo?!»
La voce
squillante di Fuka raggiunse con entusiasmo le sue amiche, facendo mostra di
uno strano accento. La risposta alla sua domanda non tardò ad arrivare:
«Io dico di
cominciare con quella boutique all’angolo!» esclamò infatti Sana, già con le idee chiare, indicando un negozio a
pochi passi da loro. Lei, Fuka e Aya si trovarono immediatamente d’accordo e
non persero tempo, iniziando all’istante il tour di spese. Essendo la loro prima
uscita insieme da anni, non avevano intenzione di badare al portafoglio, e poi
gli ‘uomini’ erano stati lasciati a casa, quindi nessuno avrebbe potuto
impedire loro di godersi una sana giornata di shopping!
Il primo negozio
fu quasi svaligiato, come d’altronde anche il secondo, il terzo e così via. Ben
presto le ragazze iniziarono a rimpiangere di non aver invitato anche i loro
compagni: una mano a portare le borse avrebbe certamente fatto comodo! E
proprio mentre cercava di tenere in equilibrio i vari pacchetti che aveva in
mano, Sana urtò involontariamente qualcuno, cosicché i suoi tentativi
risultarono vani e gli acquisti caddero a terra.
«Oh, mi scusi,
non l’avevo vista!» esclamò Sana
chinandosi a raccogliere le buste. «Accidenti,
guarda che disastro …» mormorò a se
stessa mentre riuniva i vari acquisti, ma una voce la interruppe.
«Kurata?»
Si paralizzò,
spostando lo sguardo dai pacchetti al paio di scarpe da ginnastica che si
trovavano di fronte a lei, per poi risalire lentamente fino ad incrociare un
paio di occhi ambrati che la fissavano seri. Il respiro le si mozzò, mentre il
cuore disobbediva al suo comando e iniziava a battere ad un ritmo più veloce. Distolse
immediatamente lo sguardo, riportando, anche se con difficoltà, la sua
attenzione ai sacchetti e finalmente riuscì a raccoglierli tutti. Si alzò, poi
tornò a guardare quelle iridi che tanto le piacevano, e con un tono formale che
quasi non si aspettava nemmeno lei, riuscì finalmente a salutarlo:
«Ciao, Hayama.»
In quel momento
altre due paia di occhi incrociarono i loro e diverse emozioni vennero espresse
in pochi secondi da uno sguardo all’altro: c’erano curiosità, sorpresa,
tristezza, indecisione, timore, intesa … il tutto mischiato in quel gioco di
sguardi, in quel saettare di pupille che si incontravano per lasciarsi l’attimo
dopo, per poi ricercarsi con rapidità. Infine tutti gli occhi si fermarono in
quelli di Sana. Lei spostò i suoi da quelli di Aya a quelli di Fuka, poi tornò
a perdersi nelle pozze dorate di Akito, cercando inutilmente di decifrarle. Rimase
per un attimo spiazzata quando vide che di nuovo, come all’aeroporto, erano
imperscrutabili. Si chiese perché. Perché non riusciva più a leggere dentro di
lui? Era sempre stata in grado di farlo, era per questo che si erano
avvicinati, che lui l’aveva lasciata entrare nella sua vita: perché lei
riusciva a capirlo con un solo sguardo, senza che lui dovesse esprimersi a
parole. E invece ora non era più così. Era come se Akito non glielo volesse più
permettere, come se avesse chiuso quella finestra che una volta le mostrava la
sua anima. Ciò,
inaspettatamente, le fece male.
aha
Dopo aver
distolto lo sguardo da quello di Aya e Fuka che si erano voltate appena avevano
sentito pronunciare il suo nome, Akito tornò a fissare Sana. Si era rialzata, e
ora poteva ammirare di nuovo il suo bellissimo viso. Non gli era sfuggita la
sua espressione stupita e quasi … timorosa? … quando aveva sentito la sua voce
chiamarla. Sì, gli era sembrata spaventata, l’aveva vista raggelarsi prima che
alzasse gli occhi su di lui. Ma di cosa aveva paura? Forse che volesse
parlarle? Be’, allora non aveva di che preoccuparsi. L’aveva incrociata per
strada per caso e non aveva affatto la forza di sostenere una conversazione con
lei. Cosa avrebbe potuto dirle? L’unica cosa che voleva farle sapere era che l’amava
ancora e che non aveva mai smesso di farlo, nemmeno quella notte di cinque anni
prima, ma sapeva che non ne aveva il diritto. Non aveva il diritto di parlarle
dei suoi sentimenti e di rovinare la sua relazione con Kamura. Per quanto
odiasse ammetterlo, alla fine quel damerino aveva davvero vinto: lui ora aveva
Sana, e probabilmente lei sarebbe stata felice con lui. Non poteva rovinare
ancora una volta la sua vita, non poteva distruggere il suo matrimonio. Doveva
dimenticarla, o almeno uscire dalla sua vita. Se avesse aperto bocca, non
sarebbe stato in grado di trattenersi, probabilmente sarebbe finito con l’urlare
lì, in pieno centro della città, tutto il suo amore per lei, sconvolgendola. Così
si costrinse a rimanere in silenzio, a nascondere le sue emozioni dentro di sé,
celando i suoi occhi, accertandosi che non rispecchiassero i suoi sentimenti. E
ricacciando indietro il fiume di parole che minacciava di esplodere dalla sua
bocca distolse lo sguardo dal suo, rinunciando a fatica a continuare a
rispecchiarsi in quegli occhi innocenti, e le passò accanto, superandola e
allontanandosi.
aha
Sana rimase a
guardare la schiena di lui allontanarsi con passo lento, tranquillo, come se il
loro incontro non fosse avvenuto, come stesse proseguendo la sua passeggiata
dimentico di quella piccola interruzione. Si accorse dopo qualche secondo che
ciò le faceva male: davvero non provava più alcuna emozione quando la
incontrava? Ma dopotutto, non avrebbe dovuto essere così anche per lei? Non si
erano più visti né parlati per cinque anni, ora lei era fidanzata con Naozumi e
presto si sarebbero sposati, era normale che lui fosse andato avanti senza di
lei e ora non facesse più parte della sua vita. E allora perché lei si sentiva
strana? Perché si sentiva confusa, emozionata, stordita, scossa …? Un semplice
scontro, una sola parola da parte sua, e lei si sentiva così?
«Aspetta!»
La sua bocca
aveva parlato quasi senza che se ne rendesse conto. Vide Akito fermarsi e
voltarsi, un’espressione sorpresa e interrogativa sul viso. Sana continuò a
guardarlo negli occhi; se non poteva più capire le sue emozioni in quel modo,
allora doveva parlargli. Avevano finalmente l’occasione di chiarire quella
situazione, e questa volta non gli avrebbe permesso di fuggire come a casa di
Fuka.
«Dobbiamo parlare, Akito.» gli disse fermamente. L’espressione sorpresa
scomparve, lasciando di nuovo posto ad uno sguardo imperscrutabile.
Stavolta sono riuscita ad aggiornare + in fretta! ^_^ Però
vi ho lasciati un po’ sulle spine …eheh
Akito rimase
immobile in mezzo al marciapiede. Si era aspettato di poter andare via
indisturbato, di lasciarsi di nuovo alle spalle Sana, almeno per altri cinque
minuti prima che il suo ricordo tornasse a
perseguitarlo, e invece questa volta non era così: Sana cercava lo scontro
diretto. Lo lesse nei suoi occhi: basta fuggire, è il momento di affrontarci. Ma lui era pronto? No. Forse. Non lo sapeva. Dopotutto,
pronto per cosa? Per dirle che odiava non averla più?
Sì, per quello era pronto. Ma sentire cosa aveva da
dire lei? Sentire magari dalle sue labbra che amava un altro? Per quello no …
Ma Sana stava lì, di fronte a lui, l’espressione
sicura. Sapeva di non avere scampo, questa volta. Era davvero giunto il momento
di mettere la parola fine a quell’agonia, a quella
fuga dalla realtà.
Sana si voltò,
facendo un breve cenno di saluto ad Aya e Fuka, e Akito la seguì in silenzio. Camminarono fianco a fianco, ben attenti a non sfiorarsi, timorosi di
ciò che avrebbe potuto provocare un improvviso contatto. Quando
giunsero in un parco, Sana lasciò le borse della spesa sul prato e andò a
sedersi su un’altalena. Akito rimase poco distante da lei, appoggiandosi ad uno
dei pali che sorreggevano la struttura, troppo agitato per
riuscire a stare seduto.
Quando il
silenzio aleggiava ormai da qualche istante, in quanto nessuno dei due sapeva
da dove iniziare, o forse aveva così tante idee per farlo che non sapeva quale
scegliere, Akito estrasse dalla tasca un pacco di sigarette e ne accese una, mettendoci quanto più tempo poteva,
inspirando lentamente la prima boccata.
Sana alzò lo
sguardo su di lui e un’espressione irritata comparve sul suo viso.
«Puoi smetterla
di fumare, almeno quando sei con me?!» sbottò.
«Mi rilassa.»fu la sua unica replica.
«Sarà
… ma ti fa male! Si può sapere
perché hai iniziato?»
Akito stava per
sputarle in faccia la verità, ma si trattenne.
«Non credo ti
piacerebbe saperlo.»disse soltanto.
«Perché?»
«Perché è così.»
«Ah, certo, e tu
sai cosa mi farebbe piacere e cosa no, vero?»
«Fidati, lo so.»
«Allora sapevi
anche che mi avrebbe fatto piacere avere un ragazzo che mi amasse davvero, e
non che mi tradisse con la prima che capitava?!»
Akito le lanciò
un’occhiata di fuoco.
«Non ti ho tradita.» sibilò.
«Ah no?! E allora come lo chiami fare sesso con un’altra donna,
quando la tua ragazza è a casa ad aspettarti preoccupata?!?»
«Ero ubriaco,
dannazione! Non so perché l’ho fatto!»
«Ti sembra una
scusa? Dovrei perdonarti perché avevi bevuto?! Quella
notte sono stata alzata fino a tardi, preoccupata perché non tornavi, perché
non riuscivo a rintracciarti, perché non sapevo cosa diavolo ti fosse successo!!Ma tu non ti sei degnato di
chiamarmi! Mi hai lasciata lì, a telefonare ad ogni
persona che conoscevo per sapere se ti aveva visto, a comporre il tuo numero
più volte, solo per venire a sapere che stavi con un’altra! Secondo te questo
mi ha fatto piacere??»
Qualche lacrima
già bagnava i suoi occhi, ma Sana era decisa a non farle
scendere.
«Non è andata
così …» disse Akito.
«Ma davvero? E come è andata,
allora?» chiese lei incredula ed
esasperata.
«Io non ce la
facevo più, Sana.»
A sentire
pronunciare di nuovo il suo nome, il cuore della ragazza mancò un battito.
«Non ne potevo più di aspettarti! Ogni straccio di
giorno che stavamo finalmente bene insieme, che magari
preparavo qualcosa per noi due, per passare una bella serata in qualche cavolo
di posto, o che speravo di poterti avere per una notte senza preoccupazioni, tu
dovevi rovinare tutto! Dovevi venirmi a dire che c’era
un dannato aereo che ti aspettava, che mi dovevi lasciare qui ad aspettarti
come un cane per giorni, settimane, mesi!! Non ti sfiorava nemmeno il pensiero
che io potessi non essere d‘accordo!» alzò la voce anche Akito.
«Secondo te non
ci pensavo?! Certo che ci pensavo, ogni volta!! Ho sempre chiesto il tuo parere proprio per questo! Non
dovevi far altro che dirmi di restare e non sarei partita!
Anche quella sera, ti ho detto chiaramente che se solo avessi
voluto sarei rimasta qui con te, ma sei stato tu a dirmi di andare!» esclamò Sana disperata.
«Ma cosa ti aspettavi che facessi, che ti dicessi di
no? Che ti proibissi di realizzare un tuo sogno?»
Ormai la
sigaretta giaceva spenta a terra, consumata solo per metà.
«Sana, io ho
sempre saputo che per te il tuo lavoro era una delle cose più importanti, forse
la più importante di tutte. Chi ero io per dirti di
rinunciarci? Forse ti avrei avuto accanto ancora per qualche giorno, ma a che
prezzo? Per vederti ogni volta fingere che tutto andasse bene, quando invece ti
sarebbe dispiaciuto non aver partecipato a quel film o a quella
presentazione? E poi? Subito dopo si sarebbe
presentata un’altra offerta, e di nuovo daccapo. Dovevo vietarti di lavorare
per sempre?»
«Sì, se serviva a
salvare il nostro rapporto!»
«Non potevo
pensare solo a me, Sana. Se per te il tuo lavoro di attrice
era importante, non avevo alcun diritto di interferire.»
«Ma tu eri più importante per me!»
«Non mentire a te
stessa.»disse
Akito a voce più bassa.
«No, Akito,
questo non me lo merito.» Sana si alzò, avvicinandosi al ragazzo. «Non pensare che tu per me non
contassi, neanche per un istante.
Tu sei stato il centro della mia vita per anni! Quando eravamo alle elementari il mio obiettivo era farti scendere dal
piedistallo su cui credevo ti fossi posto. Quando ti
ho conosciuto meglio era aiutarti. Quando siamo
cresciuti era stare con te. Non sai quante offerte di lavoro ho rifiutato
perché temevo ti avrebbero potuto offendere, perché
contenevano battute che sapevo ti avrebbero ferito! Credi ancora che il lavoro fosse più importante di te?!»
Il silenzio seguì
le sue parole. Akito aveva abbassato lo sguardo, ascoltando il suo discorso e
volendo fuggire. Davvero teneva così tanto a lui? Cosa aveva fatto per meritarselo?
«Allora perché
sei subito scappata da Kamura? Perché
non mi hai detto cinque anni fa queste cose?» le chiese infine.
«Io … in quel momento avevo bisogno di Nao! Avevo bisogno di potermi appoggiare a qualcuno, di
avere accanto qualcuno che sapevo mi avrebbe amata in
qualunque momento.»
«Vorresti dire che io non
ti amavo??» esclamò incredulo lui.
«Be’, non è che quella sera me lo avessi
proprio dimostrato …! Ma non è solo questo, cerca di capire … lui ci
sarebbe sempre stato, anche nel mio lavoro … in quel momento avevo
bisogno di quella sicurezza …»
«E
ora?» chiese Akito a voce più bassa,
fissando gli occhi mielati in quelli di Sana. «Ora di
cosa hai bisogno?»
La ragazza rimase
in silenzio. Fissando quegli occhi, le sembrò di essere tornata a quando era una ragazzina, a quando riusciva a leggere
l’anima di Akito con uno sguardo. Vedeva di nuovo tutte le sue emozioni
brillare nell’oro delle sue iridi. Capì la sofferenza,
e l’amore che ancora provava per lei.
Ma ora aveva Nao …
«Adesso … voglio continuare a vivere la mia vita così com’è …» sospirò. Akito distolse lo sguardo. Ora aveva la
conferma che non c’era davvero più spazio per un noi tra lui e Sana.
«Ma voglio che tu ne faccia ancora parte! Ti prego, Akito … smettiamola di farci la guerra. Io ti voglio
ancora bene.»
Sana tacque,
attendendo con timore e ansia la risposta del ragazzo. Lui cosa voleva? Voleva
continuare ad ignorare Sana? Voleva continuare a vivere in quel modo,
rinchiudendosi nel suo guscio, annegandosi nel rimorso? O
voleva ricominciare daccapo?
«Anch’io ti voglio bene.»le disse infine, e abbozzò un sorriso. Una
leggera smorfia, come quelle che faceva da bambino quando
Sana gli aveva insegnato cosa voleva dire sorridere. Ma
per lei fu più che sufficiente. Gli saltò al collo, lo abbracciò come non aveva
fatto da anni. E lui ricambiò. In quel momento erano di nuovo Sana e Akito, i due eterni nemici-amici,
quasi fratelli, le due anime indivisibili, ed entrambi ne erano felici.
Eppure … in un angolo del loro cuore, sembrava mancasse
ancora qualcosa …
Finalmente tutti i chiarimenti sono stati fatti! Ora sono
tornati amici, ma le cose saranno davvero così semplici d’ora in poi? Uhm, io
non ne sarei così sicura…^^
Ringraziamenti a:
Coco
Lee
Gin_95
isachan
miki90
seed
giulia_88
LadyAnderson
per i meravigliosi commenti! Non sapete
quanto mi facciano piacere e quanto mi spronino a
continuare!!! vvtb
Sana si lanciò
all’inseguimento del ragazzo, che teneva in mano una carta d’identità e rideva
a crepapelle osservandone la foto.
«Se ti prendo sei morto! Guarda che ho ancora il mio
martelletto!» lo minacciò.
«Oh, no! Ancora??
Detesto quell’affare!»
«Be’, dovrai
vedertela con lui se non mi ridai il mio passaporto!
Fermati!!!»
Dal tavolino di
un bar tre ragazzi scuotevano la testa sconsolati.
«Sono tornati
quelli di un tempo.»sospirò Fuka.
«Già. Non
cambieranno mai, vero?» chiese
Tsuyoshi. Si guardarono tutti negli occhi, poi ripresero a scuotere le teste, Aya compresa, nonostante un sorriso facesse mostra sulle
loro labbra.
«Ti ho preso!» esclamò d’un tratto Sana
lanciandosi su Akito e riuscendo a strappargli di mano il prezioso foglietto,
mentre lui cercava di riprendere fiato dalla lunga risata. Sana gli scoccò
un’occhiata fulminante e stava per fargli una ramanzina
quando fu interrotta da una voce:
«Ciao, tesoro.»
Si voltò con un
sorriso e andò incontro a Naozumi, che si stava
avvicinando a loro. Si salutarono con un bacio a fior di labbra, che il ragazzo
approfondì, e si separarono solo quando sentirono la
falsa tosse di Fuka che li richiamava. Sana arrossì
leggermente e andò a sedersi accanto ai suoi amici, mentre Naozumi
la seguiva sogghignando soddisfatto.
«Ho parlato con
il prete» disse, posando gli occhi
azzurri su quelli della fidanzata e cingendole le spalle con un braccio. «Abbiamo sistemato le ultime cose per sabato, direi che è tutto pronto.»
Sana fece un grande sorriso e gli diede un bacio sulla guancia.
«Ancora non ci
credo: tre giorni e vi sposerete!»
esclamò Aya, gli occhi sognanti.
«Chissà, magari la prossima sarai tu.»suggerì Sana in tono
complice. L’amica arrossì, mentre al suo fianco Tsuyoshi guardava da un’altra
parte, imbarazzato. Poi lo sguardo della rossa cadde sull’orologio al polso di Naozumi.
«Oh, caspiterina!
È tardissimo! Alla boutique mi stanno aspettando per ritirare l’abito!» esclamò alzandosi di scatto.
«Ti accompagno, così
arriviamo in tempo.»proposeNaozumi,
ma fu subito rifiutato:
«Assolutamente no! Non
puoi vedere l’abito della sposa, porta male.»
Il ragazzo stava per
ribattere, ma fu interrotto:
«Ti do un passaggio io.»
Quando sentirono la sua voce, tutti si voltarono verso Hayama, che era rimasto in silenzio fino a quel momento.
«Ho la
moto qui vicino» proseguì in
risposta allo sguardo interrogativo e perplesso dei suoi amici «faremo in fretta.»
«O-ok.»rispose Sana dopo un primo istante di esitazione. «Ci vediamo a casa.»aggiunse rivolta al fidanzato. Entrambi
salutarono e si avviarono sul marciapiede, Akito qualche passo più avanti a fare strada. Quando svoltarono un angolo e il ragazzo si
fermò davanti alla sua moto, Sana si immobilizzò.
«Non vuoi davvero che io
salga su quel coso, vero?!» disse incerta, adocchiando con rispettoso timore
il ‘mostro di metallo’ . Akito le scoccò un’occhiata
esasperata e alzò un sopracciglio.
«Stai scherzando, vero?»
Lei scosse la testa,
ancora senza staccare gli occhi dalla moto.
«Vorresti dirmi che hai paura?»
la prese in giro.
«Be’, sinceramente credo
di sapere come guidi … e non muoio dalla voglia di provare!»
Intanto Akito aveva
tolto il catenaccio dalla ruota posteriore e aveva estratto un casco dal bauletto.
Inserì le chiavi nell’avviamento, salì in sella al veicolo togliendolo dal
cavalletto e avviò il motore dando gas e facendo ruggire la marmitta. Sana fece
un leggero passo indietro.
«Senti, lo vuoi o no questo abito?»
sbottò Akito stizzito incrociando le braccia.
«E va bene.»si arrese infine lei, e prese il casco che il ragazzo
le porgeva. «Ma vai piano!»
lo redarguì una volta in sella dietro di lui. Akito non rispose. Si limitò a
sgommare via dal parcheggio e scalare rapidamente le marce mentre si insinuava nel traffico di Tokio, mentre alle sue spalle
Sana si stringeva ai suoi fianchi in una morsa d’acciaio.
I ricordi si fecero largo prepotenti nella sua testa, mentre sentiva quelle
piccole mani afferrare la sua giacca. Si rivedeva su un piccolo motorino mente
andava a prendere Sana all’uscita degli studi televisivi; risentiva la sua
presa, quelle volte più dolce, sui suoi addominali; ricordava come lei
approfittasse di ogni variazione di accelerazione per
avvicinarsi un po’ di più a lui, e di come lui la lasciava fare. Ricordava le
occhiate che si lanciavano negli specchietti, i fugaci sorrisi, le frenate
improvvise che facevano premere Sana di più contro il
suo corpo …
Proprio
come quella che si trovò a fare ora, accorgendosi di aver raggiunto il negozio
che gli aveva detto Sana poco prima.
Le ruote stridettero sull’asfalto, mentre lui teneva perfettamente il controllo
della moto, e Sana si stringeva di più a lui chiudendo
gli occhi. Li riaprì solo quando sentì il motore
spegnersi, e si affrettò a scendere.
«Mai più …» borbottò, liberandosi del casco e suscitando
l’ombra di un sorriso nel ragazzo.
«Dai,
muoviti! Ti aspetto qui.»le disse lui, e Sana si
precipitò nel negozio.
Akito
si appoggiò alla moto, attendendo pazientemente - molto pazientemente -
che Sana terminasse. Iniziò a
passarsi una mano tra i capelli, cercando di risistemare ciò che il vento aveva
spettinato, ma con poco successo. Proprio in quell’istante
Sana uscì, e si fermò a guardarlo. Le sembrava di nuovo il ragazzo che
aveva lasciato: ribelle, spavaldo, misterioso, intrigante … bellissimo …
«Allora, andiamo?»
Sussultò
quando si accorse di essere
stata scoperta. Abbassò lo sguardo e annuì leggermente, prima di montare di
nuovo in sella e assicurare la scatola con l’abito tra sé e Akito. Un po’ le
dispiacque avere quell’ostacolo a dividerli, ma spinse via quel pensiero,
prendendosela con se stessa.
aha
La grande
villa Kurata le sembrava una vuota prigione
solitaria. Ora che la mamma era uscita, Rei era da Asako e Naozumi era andato
all’aeroporto a prendere alcuni conoscenti americani che avrebbero partecipato
al matrimonio, si sentiva sola come non mai. Non era abituata a non avere
nessuno accanto con cui parlare, e una casa così grande e vuota non l’aiutava
di certo. Dopo aver gironzolato un po’ per la casa in camicia
da notte e pantofole di pelo, aver fatto zapping in tv senza vero interesse, e
aver sgranocchiato qualcosa dalla dispensa, decise di prendere il
telefono e comporre il numero delle sue migliori amiche.
«Pronto, Fuka?»
«Sana? Ciao! Ti serve
qualcosa?»
«Be’, in realtà sono a
casa da sola, Nao è andato a prendere dei conoscenti
all’aeroporto e gli farà visitare Tokyo fino a questa sera … tu cosa fai di
bello? Hai voglia di venire a tenermi compagnia?» chiese speranzosa, ma Fuka distrusse subito
ogni sua illusione.
«Mi dispiace, ma oggi
sono impegnata con le lezioni di aerobica. Devo stare
in palestra fino a cena, e poi esco con Yuta …»
«Ah, ho capito. Non
importa! Ci sentiamo domani, allora! Ciao!»
Chiuse la telefonata, e si
affrettò a farne una ad Aya, ma il risultato fu lo
stesso. Con un sospiro si abbandonò sul divano, ormai rassegnata ad un eterna giornata di ozio e noia, finché un’idea non le
balenò in testa. Allora si alzò, andò alla ricerca del suo cellulare, e quando
lo trovò iniziò a scorrere i nomi in rubrica finché non le apparve quello che
cercava. Premette il tasto di avvio chiamata e rimase
a fissare per qualche secondo la scritta «Hayama»
sul display, prima di portarselo all’orecchio.
«Pronto?»
Sussultò
quando sentì la sua voce,
profonda e intrigante come sempre, e si diede mentalmente della sciocca.
«Pronto?!» sbraitò ancora
il ragazzo dall’altra parte della cornetta, irritato.
«Akito? Ciao, sono io.»si decise finalmente a
rispondere.
«Ah,
ciao, Sana. Dimmi.»
Si meravigliò di come
l’avesse riconosciuta all’istante, e di come la sua voce fosse
cambiata, si fosse fatta più calda. Ancora una volta si
impose di non pensare a quel genere di cose, e si riconcentrò sul
discorso.
«Senti,
oggi avresti voglia di uscire?»
aha
Quando sentì la richiesta della ragazza, il cuore di
Akito accelerò leggermente i battiti.
«Sai, a casa non c’è
nessuno, e siaAya che Fuka hanno degli impegni … sai come sono fatta, no? Ho
bisogno di fare qualcosa, sennò impazzisco! Allora, ci vediamo?!» continuò Sana,
e il cuore del ragazzo ritornò al suo ritmo normale.
Che cosa aveva creduto?
Si diede mentalmente uno
schiaffo per la sua stupidità e si decise finalmente a rispondere:
«Sì, non ho impegni.
Passo a prenderti e facciamo un giro?»
Sentì Sana rallegrarsi
dall’altra parte della cornetta.
«Sì, va benissimo! Ti
aspetto per la mezza, allora! A dopo!»
Chiudendo la chiamata,
sospirò. Davvero aveva pensato che volesse uscire con lui come facevano una
volta? Cosa gli era preso? In due giorni sarebbe
diventata la Signora Kamura!
Trasse un ennesimo
sospiro, e decise di tornare ai suoi esercizi fisici.
So che in questo capitolo non è successo nulla di importante, ma è uno di quelli che chiamo “di
transizione”: mi serviva per far capire come si fossero evoluti i fatti dal
capitolo precedente (finalmente Sana e Akito sono tornati i due amici affiatati
di una volta – nonostante qualche emozione ancora contrastante) e per
introdurre il successivo (che spero di postare nel weekend!). Detto ciò, passo
ai ringraziamenti per i stupendi commenti a:
Il pendolo segnava le
12.25. Nella lussuosa villa Kurata si sentiva solo il rumore ritmico di un paio
di tacchi fare avanti e indietro per i corridoi, mentre Sana controllava che
ogni porta o finestra fosse debitamente chiusa. Esattamente cinque minuti dopo,
contemporaneamente al rintocco che segnava la mezza, si sentì risuonare il
trillo del campanello. La ragazza corse freneticamente verso il primo specchio
a sua portata e ricontrollò meticolosamente il trucco, si sistemò i capelli,
aggiustò il colletto della camicetta … Non si seppe spiegare quella frenesia, né
il perché fosse già pronta venti minuti prima. Si limitò a non pensarci, e a
precipitarsi alla porta. L’aprì, e si trovò davanti Akito, perfetto in quella
giacca da motociclista, con quei bellissimi capelli scompigliati, gli occhi
intensi e … aspetta un attimo, giacca da motociclista?!
«Ciao.» la salutò.
«Ciao! Ti prego, dimmi
che non è come penso …» implorò lei
sporgendosi a guardare oltre le spalle del ragazzo. E proprio lì, dove si era
aspettata di vederla, nonostante avesse sperato non ci fosse, era parcheggiata
la potente moto di Akito. Riportò lo sguardo sul viso del ragazzo e si
indispettì nel vedere che vi era spuntato un ghigno di presa in giro.
«Avevo detto che non
volevo più andare su quell’affare!» si
lamentò Sana, mentre chiudeva la porta a chiave e si dirigeva riluttante verso
il veicolo in questione.
«Senti, non potevo farmela
a piedi fino a qui! E poi, mi sembrava che in realtà ti fosse piaciuto, l’ultima
volta … sbaglio, o ci avevi preso gusto a stringerti a me anche nelle curve più
leggere?!» replicò Akito con un
sorrisetto che l’abbagliò. Sana arrossì violentemente mentre gli sferrava un
pugno alla spalla.
«Sta’ zitto, va’, che è
meglio! Allora, dove si va?»
Akito montò in sella e
accese il motore mentre lei prendeva posto dietro di lui.
«Uhm … il parco?»
«Ok.» acconsentì Sana con un’alzata di spalle, e
partirono con una sgommata.
La corsa fu un ripetersi
dell’ultima: ogni curva, ogni frenata, ogni attimo giusto li faceva
avvicinare, e mentre le sue guance si tingevano di rosso Sana ripensava alle
parole che aveva detto il ragazzo poco prima. Ma non voleva crederci, e si
ripeteva - anche se con poca convinzione -
che era solo la paura della moto a farle stringere così tanto i fianchi di
Akito. Represse anche la voce che negava la sua paura della corsa con la
motivazione che lui le infondeva sicurezza in ogni cosa …
In dieci minuti
raggiunsero il parco, ma proprio mentre stavano per entrarvi lo stomaco di Sana
iniziò a brontolare.
«Affamata?» chiese semplicemente Akito. Sana non ebbe tempo di
rispondere che dalla pancia del ragazzo provenne un suono identico.
«Anche tu, vedo. Andiamo
a quel bar?» disse Sana sorridendo e
indicando un locale dalla parte opposta della strada. Akito alzò le spalle e la
seguì.
Si sedettero ad un
tavolino all’esterno, e in pochi istanti un cameriere era al loro fianco pronto
a segnare le ordinazioni. Quando Sana sentì il ragazzo ordinare l’onigiri alla
francese, non riuscì a reprimere un sorriso. Una marea di ricordi la travolse,
e per non affogare sotto quei mille pensieri decise di condividerli con lui: se
fossero naufragati, l’avrebbero fatto insieme.
«Che buffo, mi sono
ricordata di una cosa.» disse, un
lieve sorriso sulle labbra e gli occhi persi dietro immagini invisibili. Akito
si limitò a fissarla interrogativo, mentre attendeva che continuasse.
«Quando eravamo ancora
ragazzini, e siamo usciti per festeggiare i nostri compleanni … ci eravamo
fermati a pranzare e io ti avevo preparato il bento con l’onigiri alla
francese.»
Qui si interruppe,
chiedendosi perché le era sembrato così importante. Era solo lo stupido ricordo
di un pranzo, non aveva neanche senso parlarne ad alta voce. Eppure lo sentiva
importante … forse per ciò che era successo dopo, forse perché era stato il
loro primo vero appuntamento … forse semplicemente perché era qualcosa che
condividevano solo loro due.
«Già, me lo ricordo anch’io.» disse Akito, interrompendo il filo dei suoi
pensieri. «Era buono.» aggiunse dopo un po’, e infine dedicò la sua
attenzione al piatto che gli era stato posto davanti, mentre Sana sorrideva
felice: se l’era ricordato anche lui.
aha
Consumato il pranzo in
silenzio, si diressero poi verso il parco. Mentre attraversavano nuovamente la
strada anche la mente di Akito vagò tra i ricordi, rivivendo quel giorno di una
decina di anni prima. Quanto avrebbe voluto che tutto fosse tornato così, solo
loro due, spensierati, insieme. Un pomeriggio fuori, due risate, qualche
battuta, sempre mano nella mano, e a fine giornata un bacio a ricordare quanto
ci si vuole bene, come quel bacio che le aveva rubato dopo averla intrappolata
sulla porta della sua camera. Sospirò, e insieme a quel sospiro volarono via
quei sogni di un qualcosa che non sarebbe più tornato.
Sana se ne accorse, e
gli chiese:
«Cosa c’è?»
Lui la guardò, indeciso
se dire la verità o no.
«Nulla» rispose. «Stavo
pensando.»
Sperò di concludere così,
ma Sana, eterna chiacchierona e grande curiosa, non lasciò cadere il discorso:
«E a cosa?»
«Al passato.»
Questa risposta la fece
zittire, o meglio, fece cadere anche lei nel mondo dei ricordi e delle
riflessioni. Passato. Tutto quanto era successo tra loro era il passato. E
allora perché i ricordi erano così vividi, sembravano ancora così belli,
volevano ancora essere rivissuti?
Aspetta.
Rivivere i ricordi,
il passato?
Sana non riusciva a
capire se stessa. Cosa voleva?
«Andiamo di qui.» la voce di Akito interruppe i suoi pensieri
confusi e lei lo seguì su un nuovo sentiero del parco, finché non intravide il
gazebo. Mentre si avvicinavano alla panchina, decise di abbandonare quelle
riflessioni caotiche e di godersi la giornata. Si lasciò andare ad un sorriso,
e con un sospiro si abbandonò sulla panchina.
Rimasero alcuni minuti
in silenzio, a guardare le nuvole spostarsi lentamente nel cielo, assumendo
forme sempre nuove, a sentire il venticello fresco scompigliare loro i capelli,
ad ascoltare i rumori degli alberi, degli uccelli, delle persone attorno a
loro.
«Allora, che mi
racconti?» chiese infine Sana. «Cosa hai fatto in questi cinque anni? Come va con
il karate, per esempio?»
«Bene. Sono quarto dan,
e sto pensando di diventare maestro.»
«Davvero?! Uao!
Scommetto che sarai bravissimo.» disse
lei spontaneamente, poi leggermente imbarazzata cercò di aggiungere qualcos’altro.
«Magari un giorno potresti insegnare
qualche mossa ai bambini dell’orfanotrofio.»
«Sì, perché no?» disse semplicemente Akito.
Per alcuni minuti
continuarono a parlare di lavoro, degli amici, di piccole cose che venivano
loro in mente all’improvviso. Occasionalmente le labbra di Akito si tendevano
in un sorriso, le guance di Sana si accendevano, i loro occhi si incrociavano. Infine
la magia venne per un attimo spezzata, per una domanda buttata lì, neanche
troppo per caso:
«E ragazze? Hai
incontrato nessuna che ti interessasse?»
Nel silenzio che seguì
dopo le parole di Sana, la mente di Akito si dibatteva tra la verità e la
bugia. Voleva dirle di aver pensato solo a lei per tutta la vita, di non essere
stato in grado di guardare nessun altra ragazza, di amarla ancora e di volerla
per sé … mentre una piccola parte di lui gridava cercando di ricordargli che
Sana stava per sposarsi e non sarebbe mai più stata sua, quindi non aveva il
diritto di dirle una cosa del genere. Ma quella voce era troppo debole, e venne
sovrastata, sconfitta, messa a tacere.
«Ho sempre pensato solo
a te.»
Le parole sfuggirono
dalle labbra di Akito e aleggiarono nell’aria, catturate dal vento che soffiò
tra di loro, rimbombando in un improvviso innaturale silenzio. E non si pentì
di averle dette.
aha
«Ho sempre pensato solo
a te.»
Come potevano
sconvolgerla così tanto delle semplici parole?
Akito era rimasto legato
a lei.
Aveva continuato a
pensarla, forse a volerla. Non aveva cercato di dimenticarla come aveva fatto
lei. Ma dopotutto, lei ci aveva provato davvero? O l’aveva fatto con poca
convinzione, lasciando che qualche ricordo rimanesse sempre nel suo cuore, si
facesse sempre avanti nella sua mente a ricordarle quel ragazzo per lei tanto
importante? Forse era così. Forse non aveva mai davvero voluto abbandonarlo.
No, aspetta. Perché sta
pensando queste cose? Lei ha chiuso con Akito, si è innamorata pazzamente di
Naozumi e in due giorni sarà sua per sempre. Tutto ciò che la lega a questo
ragazzo è il passato, che tale è e tale deve rimanere.
Giusto?
Sbagliato.
Glielo dicono i suoi
occhi d’ambra, così dannatamente profondi. Glielo dicono le sue labbra, così
pericolosamente vicine.
I suoi occhi ormai si
sono chiusi, mentre le sue labbra si sono posate sulle sue. Una mano di Akito
ha raggiunto, non vista, la sua guancia sinistra, quasi a dirle di non
scappare.
Ma non ce n’è bisogno.
Ormai si sta lasciando
andare al bacio.
Al diavolo quella
confusione di pensieri, al diavolo i sensi di colpa, le incertezze, le
indecisioni, e, perché no, al diavolo anche Naozumi. In questo momento è stanca
di razionalizzare tutto, di pensare alle conseguenze delle sua azioni, alle
emozioni di ogni partecipante della sua vita. Ora basta. Vuole seguire il
destino, l’istinto, il cuore, chiunque sia che in questo momento le dice di
baciare Akito.
E lo fa.
aha
Quanto gli erano mancate
quelle labbra morbide e calde! Quanto gli era mancata la sensazione dei soffici
capelli rossi tra le sue dita. Quanto quel dolce sapore della sua lingua che
accarezzava la sua in una tenera lotta senza vincitori.
Per un attimo sentì
ancora quella debole voce dirgli che stava sbagliando, ma la mandò al diavolo
in un istante, riconcentrandosi sul bacio che lui e Sana si stavano scambiando.
Durò diversi istanti,
non fu troppo lungo, né troppo breve. Non fu troppo dolce, né troppo
passionale. Per loro, fu semplicemente perfetto. Quando si allontanarono,
entrambi stavano sorridendo, debolmente, ancora un po’ senza fiato, ma felici. I
loro occhi si incontrarono e trovarono di nuovo l’intesa e la complicità di un
tempo. Si alzarono, si presero per mano ed uscirono dal parco. Il loro passo era
leggermente veloce, ansioso. Salirono sulla moto, Sana si strinse ad Akito
ancora prima che il motore si fosse acceso, dolcemente, e partirono. In pochi
minuti intravidero la villa di Sana, ma la superarono senza fermarsi, mentre la
ragazza chiudeva gli occhi e appoggiava, rilassata, la guancia contro la
schiena di lui.
Trascorsero altri minuti,
e infine la moto si arrestò di fronte ad un cancello. Akito l’aprì, guidò fino
al retro della casa e spense il motore. Sana scese rapida e sempre con uno
spensierato sorriso sulle labbra si fece prendere per mano e guidare fino sulla
soglia della casa. Le chiavi girarono velocemente nella serratura, la porta si
aprì, e Akito lasciò entrare la ragazza, prima di seguirla. Fece appena in
tempo a richiudere l’ingresso che un bacio catturò di nuovo le sue labbra,
mentre le braccia di Sana si stringevano morbidamente attorno al suo collo. L’accolse
con un mezzo sorriso, divertito e compiaciuto, ebbro di felicità e di passione.
Giocarono per qualche istante l’uno con le labbra dell’altro, muovendo piccoli
passi incerti, sorridendo sfiorandosi, cercando di togliersi contemporaneamente
le scarpe e le giacche che li accaldavano. Non seppero come, raggiunsero le
scale. Decisero di staccarsi per salire, ma una volta al piano di sopra un’invisibile
calamita li attrasse nuovamente. E continuarono così la loro via fino alla
camera di Akito, fino al letto, fino a sotto le lenzuola. Non seppero come o
quando si ritrovarono improvvisamente senza abiti, sdraiati sul materasso a
sorridere, baciarsi, sfiorarsi, accarezzarsi. Tutto ciò di cui erano coscienti
erano l’emozione e la passione che provavano, e che li invase per ore.
Finalmente! Confessate, quanti di voi hanno esclamato
la stessa cosa?!^^ Vi ho fatto patire per 10 capitoli, ma alla fine è successo,
eh? Ma mica è finita qui?! Ora sì che iniziano davvero i problemi …
Ma prima di tutto, i ringraziamenti per i favolosi commenti
che mi commuovono sempre!
seed
giulia_88
Coco Lee
Lady Anderson
SyriaPluto
miki90
LizDreamer
Gin_15
viola
Grazieeeeeeee!!!!
Per chi fosse interessato al mio contatto msn, me lo
richieda contattandomi dal mio account di efp [ciccate su “Contatta”accanto al
mio nick] e vi manderò l’indirizzo!
Era stata di nuovo sua. Ancora
una volta aveva potuto attribuirle quell’aggettivo che tanto gli piaceva: sua.
Quei capelli rossicci
posati disordinatamente sul cuscino - il suo cuscino;
quelle labbra morbide che avevano più volte catturato le sue; quella pelle
chiara e fresca che le sue mani avevano sfiorato e accarezzato; quel profumo
che gli aveva inebriato i sensi; quella dolcezza che gli aveva trasmesso; quel
calore che gli aveva fatto provare … tutto quanto, tutto era stato nuovamente
suo.
Sana Kurata era ancora
una volta sua.
Si girò nel letto,
lentamente, un po’ assonnato e per non svegliare lei, che ancora giaceva
al suo fianco. E se la ritrovò lì, a pochi centimetri dal suo viso. Bella come
l’aveva sempre vista, forse ancora di più in quel momento. Quelle labbra,
semidischiuse, invitanti, tese nell’ombra di un sorriso forse memore della
notte appena trascorsa o di un dolce sogno, lo attiravano. Era difficile
trattenersi dal baciarle, ma resistette perché non voleva svegliarla, voleva
ammirarla mentre ancora dormiva accanto a lui, così come l’aveva lasciata dopo
un’intera notte di passione.
Lasciò scivolare lo
sguardo lungo il suo corpo, sulle curve che il leggero lenzuolo non riusciva a
nascondere, quelle curve così morbide che aveva potuto di nuovo toccare. Mai un
corpo gli era parso così perfetto. La sua mano quasi gli doleva tanto era
violento il desiderio di sentire di nuovo la sua pelle. Ma ancora una volta,
mise a freno i suoi istinti, perché la vista di Sana addormentata così
pacificamente ne valeva la pena.
Sorrise.
Un vero sorriso, come
uno di quelli che aveva fatto meno di dieci ore prima. Buffo, dopo cinque anni
che non l’aveva più fatto, si trovava a sorridere di nuovo, facilmente, quasi
senza volerlo.
Diede un ultimo sguardo
alla figura della ragazza, poi con un leggero, quasi impercettibile, dolce
sospiro richiuse gli occhi …
Fu come un lampo a ciel
sereno.
Un paio di occhi
azzurri.
Saettarono davanti a
lui, ingenui, per poi scomparire.
E di nuovo, questa volta
accusatori. Rimasero lì, a perseguitarlo.
Akito riaprì
immediatamente gli occhi, e tutto ciò che vide fu di nuovo il viso di Sana. Ma
questa volta non bastò a calmarlo. Questa volta c’era la consapevolezza che
tutto ciò che vedeva, che stava provando fino a poco prima, era un errore.
Ciò che aveva fatto il
giorno prima, a partire da quella frase che non avrebbe dovuto pronunciare al
parco, il bacio che vi era seguito, ogni altra azione, fino a quel mattino …
era tutto sbagliato. Per quanto fosse stato bello, indimenticabile, paradisiaco
… non doveva succedere.
Quella voce che
inutilmente aveva cercato di impedirgli di commettere un errore, ora era lì a
deriderlo, gli sembrava quasi di sentirla dire: ‘te l’avevo detto!’
Ma lui, stupido, non
aveva voluto darle retta. Si sentiva tanto sicuro, tanto forte … e ora invece
navigava tra incertezza e debolezza. Cosa sarebbe successo? Cosa doveva fare?
Cosa avrebbe potuto dire a Sana? Cosa gli avrebbe detto lei? Mille
interrogativi che lo schiacciavano con il loro peso, lo lasciavano senza fiato.
E in quel momento quello che prima era il dolce timore di perdere una stupenda
visione qualora Sana si fosse svegliata, ora era la paura di ciò che avrebbe
dovuto affrontare una volta che anche il suo sonno fosse terminato. Doveva
guardare in faccia il suo errore, allontanarlo, cancellare quella meravigliosa
parentesi dalla sua vita - o almeno da quella di Sana, per il suo bene.
«Mmh»
Un mugolio scosse i suoi
pensieri. Ecco, il momento era arrivato. E lui aveva preso la sua decisione.
aha
Sana emise un leggero
mugolio, si mosse, infine aprì gli occhi. La prima cosa che vide -
e la prima cosa che aveva cercato - furono le bellissime iridi
dorate di Akito, che le portarono subito un sorriso alle labbra: era vero, non
aveva sognato tutto. Quella notte aveva davvero fatto l’amore con lui, più
volte, proprio come una volta. Era stata di nuovo sua, come le piaceva essere.
Il nome di Naozumi quasi
non le sfiorava la mente, l’anello al suo dito non aveva più alcun significato;
ora c’erano solo loro due, e il sentimento che si era risvegliato dall’angolo
del cuore in cui l’aveva segregato anni prima.
«Ciao.» lo salutò, la voce bassa, sensuale. Si avvicinò di
più a lui, fece per appoggiarsi al suo petto … ma lui si alzò. Si sedette sul
bordo del letto, dandole le spalle. Poi si alzò, vagò in silenzio per la stanza
recuperando qualche abito, infine, senza dire una parola, andò verso il bagno.
«Akito?» lo chiamò Sana, confusa. «Akito?!»
ripeté con più forza e un tremito nella voce quando lui non diede segno di
ascoltarla. Il ragazzo si limitò a fermarsi sulla porta del bagno.
«Cos’hai?» gli chiese, preoccupata. Un lungo silenzio seguì
la sua domanda, un silenzio durante il quale Akito lottava per trovare la forza
di far uscire quelle parole che la sua lingua si rifiutava di pronunciare.
«Vattene.»
Fu l‘unica cosa che
riuscì a dire, con un tono,non seppe nemmeno lui come, freddo e tagliente.
Quasi riuscì ad udire il
cuore di Sana spezzarsi, gli parve un fragore assordante, nel silenzio che
aveva lasciato dietro di sé quella parola.
«C-cosa?»
Sana cercò di
aggrapparsi alla vana convinzione di non aver capito, ma fu inutile.
«Ho detto vattene.»
Ci volle tutto il suo
autocontrollo per mantenere il tono di voce basso e per evitare di dirle che in
realtà l’avrebbe voluta al suo fianco per sempre.
«Ma … Akito … cosa vuol
dire? Non … quello che è successo stanotte non significa nulla per te?! E
guardami, quando mi parli, maledizione!»
alzò la voce Sana, arrabbiata, ferita, spaventata. Akito aveva continuato a
darle le spalle, sicuro che se l’avesse guardata negli occhi la sua commedia
non avrebbe retto un istante. Ma ora doveva riuscire a farcela. Si voltò, i
suoi occhi che non trasmettevano l’amore che in realtà provava, ma solo
disinteresse e freddezza.
«Sì, bella scopata.»
Con questa enorme bugia
lasciò la stanza, ormai incapace di reggere oltre, e si chiuse nel bagno. Aprì
immediatamente l’acqua della doccia, per coprire il rumore straziante dei
singhiozzi che provenivano dall’altra stanza.
Sana si alzò dal letto e
corse alla porta del bagno, tempestandola di pugni, chiedendo una spiegazione
ad Akito, continuando a domandare un perché al quale non ricevette risposta,
mentre le lacrime le offuscavano la vista. Infine si accasciò a terra,
distrutta. Il sogno era finito. Dal paradiso in cui le era sembrato di trovarsi
pochi attimi prima era piombata nell’inferno della realtà.
Svuotata di ogni vitalità,
incapace di combattere, si rivestì lentamente ed uscì.
Ehi, ragazzi, cosa sono quei fucili che avete in mano?! Non volete
uccidermi, vero?? ^^’
E dai, su, altrimenti come fa la storia a proseguire? Eheh!
Ringraziamenti speciali a chi ha commentato lo scorso capitolo,
ovvero i mitici:
L’acqua scorreva sulla
sua pelle, cercando inutilmente di lavare via il senso di colpa dal corpo di
Akito, che restava immobile sotto il getto della doccia, le mani appoggiate ad
una delle pareti, le braccia tese, i muscoli gonfi, lo sguardo fisso a terra. Tra
i capelli incollati alla fronte qualche goccia rovente scendeva fino a farsi
strada su un suo sopracciglio, a volte scivolando giù lungo la linea del naso,
raggiungendo anche le sue labbra tese in una linea impenetrabile.
I colpi che risuonavano
dalla porta del bagno erano da poco cessati. Sentiva dei passi pesanti e lenti,
quasi trascinati, spostarsi nella sua stanza, poi, qualche minuto dopo, più
nulla.
Chiuse gli occhi,
scuotendo la testa non appena il ricordo dell’espressione ferita di Sana gli
balenò nella mente.
Le aveva detto di
andarsene. Malamente, facendole intendere di essersi solo divertito con lei per
una notte come con una qualsiasi puttana, proprio come aveva fatto con quella
donna cinque anni prima. Le aveva fatto credere che tutto ciò che avesse
desiderato di lei fosse stato solo il suo corpo. Le aveva dato l’impressione di
averla ingannata con quelle parole dette al parco, con un bacio dolce pieno di
falsi sentimenti solo per attirarla a casa sua.
Quanto era stato falso.
Quanto erano grandi quelle bugie. Lui non si era divertito, non aveva
desiderato solo il piacere di possederla, non aveva mentito con quella frase,
il suo bacio era stato pieno di vero amore.
Ma questo non poteva
lasciarglielo sapere. Aveva dovuto ferirla. Era necessario che l’allontanasse.
La sua vita aveva seguito il suo corso quando si erano lasciati, era andata
avanti, aveva incontrato un altro uomo. Nonostante fosse il suo peggior nemico,
non contava: era qualcuno con cui Sana aveva trovato la felicità e la stabilità,
qualcuno che era pronta a sposare. Se avesse distrutto tutto ciò, avrebbe
sbagliato. Per quanto fosse dura ammetterlo, in fondo sapeva che Kamura le
poteva offrire molto più di quanto non potesse lui. Sapeva che se Sana avesse
abbandonato ciò che aveva costruito in quegli anni per stare con lui, se ne
sarebbe pentita. Vecchi problemi sarebbero riaffiorati, col tempo forse anche
di nuovi, e avrebbero di nuovo sofferto entrambi.
Così, invece, Kamura
avrebbe sicuramente curato all’istante quella ferita che le aveva inferto pochi
minuti prima e sarebbe andata avanti, costruendo una famiglia, raggiungendo la
felicità che meritava con un uomo che l’amava - anche se,
ovviamente, Akito non poteva credere l’avrebbe mai amata più di quanto avrebbe
sempre fatto lui.
aha
L’abitacolo del taxi le
sembrava una piccola prigione, si sentiva soffocare, a causa della miriade di
sentimenti che provava. C’erano la delusione, la tristezza, l’amarezza, il
rimpianto, la confusione, e laggiù, nel suo cuore, tradito, ferito, respinto, l’amore.
Quando l’auto si fermò
Sana si affrettò a pagare l’autista e a scendere, prendendo una lunga boccata d’aria.
Ma questa non bastò a soffocare le sue emozioni devastanti.
Avanzò lentamente fino
all’ingresso della villa, aprì la porta e la richiuse alle sue spalle senza
curarsi di fare piano, di far passare inosservato il suo rientro.
Una voce la raggiunse al
rumore dello scatto della serratura:
«Amore, sei tu?»
Non rispose. Le sembrava
di non averne la forza.
«Sana? Sei rientrata?» insistette la voce, facendosi sempre più vicina
tra i corridoi, finché la figura di Naozumi non comparve di fronte a lei. Vide
il sorriso affiorare sulle labbra del fidanzato non appena la vide, ma non
corrispose.
«Ehi, ciao.» la salutò caldamente lui, abbracciandola e
baciandola.
«Ciao.» si sforzò di dire Sana. Per un attimo fu tentata
di sottrarsi, di non fargli toccare quelle labbra che erano appartenute ad
Akito, ma si trattenne. In ogni caso fece in modo che fosse solo un veloce
sfiorarsi di bocche.
«Ma dove sei stata?
Pensavo di trovarti qui, questa notte, invece il letto era vuoto.» le chiese lui, non facendo caso alle sue azioni,
poi la guardò con più attenzione e notò la sua espressione stravolta. «Ehi, va tutto bene?»
Sana non lo guardò negli
occhi, ma anzi iniziò a salire le scale.
«Sì, tutto a posto. È
che ieri sera sono andata da Fuka e siamo rimaste in piedi fino a tardi, così
non ho dormito molto. Vado a farmi una doccia e a stendermi un po’.»
Lo liquidò così, senza
attendere una risposta, e sparì su per le scale. Arrivata in camera si tolse
lentamente quei vestiti che la sera prima altre mani avevano sfilato, si passò
stancamente una mano tra i capelli che altre dita avevano intrecciato tra di
loro e si diresse verso il bagno, facendo scorrere il getto caldo della doccia
su di sé a lavare via le ultime tracce di quella che era stata definita una «bella scopata». Sì, bella era stata
bella. Si era sentita benissimo, si era sentita … amata davvero. Ma a quanto
pare era stata solo un’illusione, non era amore quello che aveva vissuto. Aveva
sperato che fosse così, ma la sua era stata la stupida ingenuità di una
ragazzina alle prese con un sentimento troppo grande per lei. Avrebbe dovuto
sapere che ad Akito non importava più nulla di lei: gliel’aveva già dimostrato
cinque anni prima.
E ora a lei cosa
restava? Un sentimento non corrisposto, che doveva di nuovo segregare nel suo
cuore e cercare di seppellire sotto l’amore che le donava Naozumi; un
matrimonio da celebrare in meno di due giorni, che ormai era la strada che
aveva scelto - o che Akito aveva scelto per lei con le sue
azioni; e il profumo di Akito, che sembrava non voler lasciare la sua pelle …
aha
Il giorno dopo.
A villa Kurata fervevano
i preparativi. Un viavai continuo tra i corridoi, chi impartiva ordini, chi
richiedeva qualcosa, chi semplicemente si aggirava saltellando emozionato per
la casa.
«Aya, corri alla porta!
Credo sia arrivato il bouquet!» si
sentì la voce di Fuka risuonare dal piano di sopra, mentre una figura minuta
schizzava giù per le scale verso l’ingresso.
Nella camera da letto di
Sana, un magnifico abito bianco con ricami, pizzi e piccoli diamanti era posato
a fare bella mostra di sé sul letto a due piazze. Accanto ad esso stava Fuka,
il piede che batteva ritmicamente a terra in attesa della sua migliore amica,
chiusa da più di mezz’ora nel bagno.
«Sana, vedi di muoverti!
Mancano poco più di due ore, e ancora dobbiamo fare capelli e trucco!»
«Sì, arrivo.» fu l’unica risposta che si poté udire da oltre la
porta, prima che questa si aprisse a mostrare la giovane attrice avvolta in un
asciugamano.
«Dai, indossa l’abito,
poi penseremo al resto.» istruì Fuka.
Sana obbedì, poi si sedette davanti ad uno specchio. Proprio in quel momento si
sentì bussare alla porta, e quando gli venne dato il permesso entrò un giovane
parrucchiere.
«Ciao, Jean!» lo salutò calorosamente Sana, alzandosi ad
abbracciare il vecchio amico.
«Bonjour, madamoiselle!
Iniziamo?» rispose questi con un
amichevole sorriso, facendole segno di prendere posto. Sana rispose al sorriso
e si sedette di nuovo, mentre Jean iniziava ad asciugare i capelli che la
ragazza aveva appena lavato. Fuka si sedette accanto a lei e iniziò a fissarla.
Sana se ne accorse, ma fece finta di nulla: credeva di sapere cosa non andasse,
e non aveva assolutamente voglia di parlarne.
«Sana …»
Ecco. Come non detto.
«Sì, Fuka?» rispose lei con falsa disinvoltura.
«Ieri mi ha chiamato
Naozumi …»
Sana guardò da un’altra
parte, cercando inutilmente di impedire alle parole della sua amica di
raggiungerla.
«Mi ha chiesto cosa
avessimo fatto ieri sera.»
Fuka si fermò, guardando
intensamente l’amica negli occhi.
«E tu cosa gli hai
risposto?» chiese Sana, un po’
timorosa, un po’ indifferente.
«Ti ho retto il gioco.» rispose Fuka, e Sana trasse involontariamente un
sospiro di sollievo. «Ma vorrei sapere
cos’è successo. Dove sei stata ieri? Perché ho dovuto coprirti?»
Sana sospirò, spostando
di nuovo lo sguardo dall’altro lato della stanza.
«Non ora, Fuka.» quasi la supplicò.
«Sana … eri con lui?»
Non servivano nomi, era
chiaro di chi parlasse. Improvvisamente la voglia di raccontare tutto si fece
largo in lei, e Sana si rivolse al parrucchiere:
«Jean, per favore,
potresti lasciarci sole due minuti?»
«Ma, Sana …?! Devo finire,
abbiamo poco tempo, non …!»
«Ti prego» lo implorò, e il ragazzo decise di acconsentire. «Merci.» lo
ringraziò con un debole sorriso, poi rivolse nuovamente la sua attenzione a
Fuka.
«Sì, ero con Akito.» ammise finalmente. E andò avanti a raccontare, le
rivelò tutto ciò che era successo quel pomeriggio, ogni parola che si erano
scambiati, ogni azione, tutto quanto fino al mattino dopo, a quella frase che l’aveva
distrutta. Sentì le lacrime premere per uscire, ma le ricacciò indietro: era
stanca di piangere per lui, dalla sera prima si era ripromessa di non farlo mai
più, e voleva mantenere fede a quella promessa. Akito non meritava più le sue
lacrime, né il suo amore. Ma stava mentendo a se stessa, non avrebbe ami potuto
smettere di amarlo …
Fuka non disse nulla
durante tutto il racconto, non la interruppe, non l’accusò, non la giudicò. Semplicemente
rimase ad ascoltarla, e alla fine l’abbracciò in silenzio, mentre una lacrima
traditrice sfuggiva dagli occhi della sua amica.
«Cosa vuoi fare, Sana?» fu l’unica cosa che le chiese. Lei la guardò
interrogativa.
«Come cosa voglio fare? Mi
sto per sposare, no?!»
«Ma è quello che vuoi?»
Sana ci pensò. Voleva
sposare Naozumi? La prima risposta che avrebbe dato sarebbe stata “no, la
persona con cui voglio trascorrere il resto della mia vita è Akito”. Ma a cosa
sarebbe servito dirlo? Akito non la pensava così, non l’amava, non voleva stare
con lei. E allora perché distruggere qualcosa che sarebbe potuto essere un buon
rapporto? Col tempo magari avrebbe imparato ad amare Naozumi quanto aveva amato
il freddo, intrigante ragazzo biondo che aveva rapito il suo cuore per primo. Perchè
negargli questa possibilità, dopo tutto quello che aveva fatto per lei? Lui c’era
sempre stato: quando aveva pianto per Akito le aveva offerto la sua spalla,
quando aveva avuto bisogno di un amico lui era lì al suo fianco … si meritava
un’occasione, no?
E anche lei, non si
meritava forse di essere felice? Magari col tempo e l’amore che Naozumi le
avrebbe sempre dato avrebbe trovato questa felicità.
«Sì.» rispose infine. «Voglio sposarlo, Fuka. Voglio vivere con Nao.»
Un debole sorriso
accompagnò le sue parole, e l’amica l’abbracciò di nuovo, annuendo, prima che
venissero di nuovo interrotte da Jean che, stanco di aspettare, aveva deciso di
fare irruzione nella camera e di terminare il suo lavoro.
Un’ora dopo, Sana era
pronta. L’abito le stava d’incanto, l’acconciatura non era troppo elaborata, ma
Jean aveva fatto un ottimo lavoro, il trucco era perfetto, il bouquet che le
aveva porto Aya era magnifico … tutto sembrava perfetto.
Sorridendo, la ragazza
uscì dalla casa, salendo su una limousine bianca che l’avrebbe portata alla
chiesa …
Et voilà. Il matrimonio sta per essere celebrato. Ormai siamo
agli sgoccioli della ff! mancheranno … boh … due, tre capitoli al massimo. ^^
Allora, ho visto che lo scorso capitolo ha sollevato
parecchi dubbi e perplessità. Ho cercato di spiegare meglio i ragionamenti di
Akito all’inizio di questo, in ogni caso, ditemi cosa ne pensate, e se avete
domande chiedete!
Ora passo ai ringraziamenti, e vedrò di rispondere alle
vostre stupende recensioni:
-giulia_88: come ho cercato di spiegare in questo capitolo, effettivamente
ad Akito di Naozumi non gliene frega più di tanto.^^ la sua preoccupazione è
solamente per Sana, come sempre!
-seed: già, io detesto i finali scontati, meglio incasinare un po’ le
cose! ;-)
-Lady Anderson: eh, un bazooka?! Help me!! Cmq …
già, tutto è per il bene di Sana, ricordatelo! Non potrei mai permettere che
Akito la ferisse intenzionalmente!
-Coco Lee: Eh, già. Il quadro generale è proprio quello. Peggio di
Beautiful, eh?! Ma altrimenti dove starebbe il colpo di scena?
-laura: sono molto felice che ti piaccia! E riguardo al comportamento di
Akito, be’, spero che ora sia più chiaro il perché delle sue azioni.
-Mary: lo so, si comportano da stupidi, ma dopotutto l’amore fa fare cose
stupide, no? Quando c’è di mezzo un sentimento così forte, non si riesce mai a
prendere le decisioni migliori … riguardo al lieto fine, ho deciso di non
concludere subito semplicemente perché mi sembrava troppo veloce come soluzione,
e improbabile. Voglio dire, non può essere tutto così facile, lo trovo un po’
irreale. In ogni caso, sappi che le critiche sono sempre ben accette!
-isachan: esatto, è proprio il ragionamento che ho fatto io! A me piace
scrivere storie verosimili, non posso far compiere ai miei personaggi azioni
improbabili. Bene, vedo che hai capito perfettamente la mia storia, e non può
che farmi piacere!! Continua a seguirmi!
-SyriaPluto: No, dai, povero Nao … be’, certo, non che io non la pensi
così, un po’ … ma dopotutto che colpa ne ha lui se Sana lo ha fatto
innamorare?! J
-miki90: grazie dei complimenti! Eh, già, finalmente Sana aveva seguito
il suo cuore … ma Akito metterà sempre lei al primo posto!
-Amber: già, l’amore gli ha fatto perdere un po’ la testa, eh? Speriamo di
riportarlo sulla retta via…! ;-) ah, complimentissimi per la tua storia “Note e
Anima”! è davvero stupenda, entrambe le parti! Continua così!^^
-Elisa: come hai visto, non è finita! Se continuerai a seguirmi,
proseguirà ancora per un po’! sono contenta che fin qui ti sia piaciuta!
-viola: anche se breve, il tuo commento mi ha fatto sicuramente piacere!
-eles: lo so, è stato un po’ brutale, ma l’avevo proprio inteso così. volevo
in un certo senso far avvertire le sensazioni che ha provato Sana, e spero di
esserci riuscita.
-LizDreamer: uhm, risolvere i problemi ed evitare il matrimonio? Vedremo …
ma non aspettarti che sia semplice! ^_*
-*Little Star*: grazie! Davvero ti ha presa? Ne sono felice!^^ continua
a seguirmi, e grazie per i complimenti!
E con questo ho finito! Mamma mia, 15 recensioni! Grazie ragazziiiiii!!!!!
Ps. NOTA IMPORTANTE: la
prossima settimana sarò sommersa di compiti in classe, e quella dopo ancora
sarò a Vienna per una gita scolastica. Come se non bastasse, ieri ho avuto
problemi con la connessione ad internet. Ora dovrei essere riuscita a risolvere
tutto, ma se il problema dovesse ripresentarsi, per questo e per i motivi detti
prima potrei non aggiornare per un po’. Mi dispiace, ragazzi! Siate pazienti.^^’
Il suono di campane a
festa riempiva le strade di Tokyo, annunciando a tutti
l’inizio di qualcosa di speciale. Davanti ad una grande
chiesa, migliaia di persone erano riunite ad attendere l’arrivo di una persona
importante. All’improvviso, tutti si voltarono a guardare una lunga e lussuosa
limousine farsi strada tra la folla, fino a
raggiungere i gradini d’ingresso. L’autista scese dall’auto e fece il giro, posizionandosi accanto alla portiera posteriore e l’aprì,
porgendo la mano al passeggero. Una piccola mano guantata
di bianco, con un bracciale di perle attorno al polso, l’afferrò. Poi un piede
calzato da scarpette dello stesso colore si posò a terra, e infine fece la sua
comparsa la persona tanto attesta.
«È lei, è Sana Kurata!!!» si sentì esclamare dalla folla qualche bambino. La
giovane donna gli rivolse un sorriso radioso, fece qualche saluto generale mentre i flash di alcune macchine fotografiche
colpivano il suo viso, poi si voltò finalmente verso le porte della chiesa, e
dopo un lungo respiro iniziò a salire le scale.
aha
In una piccola villetta
si sentiva la suoneria di un cellulare richiedere attenzione. Il proprietario,
però, gliela negava, ostinato, deciso a non voler sentire nessuno. Per più di
un minuto le note metalliche risuonarono nell’appartamento, finché non si
spensero. Un ragazzo biondo sospirò, scocciato, gridando un «finalmente»
nella sua testa. Ma aveva parlato troppo presto: tempo
dieci secondi, e il telefonino aveva ripreso il suo disperato richiamo. Provò a
snobbarlo ancora una volta, ma quando riprese a
squillare per la terza, il ragazzo si costrinse a rispondere:
«Lasciatemi in pace!» sbottò sgarbatamente, e fece per riattaccare, ma
la voce che rispose lo fermò:
«Non prima che tu mi
abbia detto che diavolo ti è passato per la testa.»
Era
una voce fredda, carica di
rabbia a stento contenuta, accusatrice e pretenziosa.
Doveva aspettarselo.
«Fuka.»replicò soltanto.
«Già, Akito, sono io. Ti
do cinque minuti per spiegarmi perché cazzohai detto una cosa del genere a Sana e quindici per venire
alla chiesa.»sbottò
in tono perentorio la donna.
«Non ci vengo.»rispose subito Akito.
Esitò un attimo, poi proseguì: «E ho
detto solo ciò che pensavo.»
«Non provare a
raccontarlo anche a me, Aky.»questa volta il tono di Fuka si era addolcito.
Lui non rispose, rimase in silenzio a sentire il peso della
tristezza, del rimorso, della solitudine, schiacciarlo.
«Non servirà a farle
dimenticare di te, Akito. Lei ti ama, ed era pronta ad ammetterlo, ma tu l’hai
ferita.»
«Lo so.»fu il suo sussurro quasi
impercettibile. «Ma ho dovuto farlo, Fuka.
Ho dovuto.»
Sembrava volesse
convincere se stesso prima di tutti.
«Se le avessi detto quello che provavo davvero …
Anch’io la amo, dannazione! Ma potevo davvero rovinare ancora la sua vita?!»
Fuka rimase interdetta, e attese che continuasse.
«L’avrei
fatta soffrire di nuovo, lo so … Non possiamo stare insieme. Ci abbiamo provato, fin da bambini, ma le nostre vite sono
troppo diverse! Dovevo dirle quelle cose, era necessario che
l’allontanassi.»
Si rese conto di
ripetere le stesse parole che aveva continuato a dirsi dal
giorno prima, ormai erano una cantilena continua nella sua testa.
«Akito.»Fuka lo interruppe. «Non arrenderti.»
Il ragazzo rimase a
bocca aperta: non si era aspettato quelle parole.
«La vita è piena di ostacoli, ma non per questo dobbiamo smettere di viverla.
Credo valga anche per l’amore. Se sei sicuro che ciò che provi è amore, allora
non arrenderti.»
Akito rimase immobile a
sentire il segnale di occupato del cellulare. Abbassò
lentamente il telefonino, lo sguardo perso nel vuoto, e
quella sola frase ad occupare i suoi pensieri: non arrenderti.
aha
La cerimonia stava per iniziare.
Le porte della chiesa erano state chiuse, i flash si erano
spenti dietro quel legno, non più spettatori dell’evento. I pochi rimasti,
amici fidati e parenti stretti, avevano già preso
posto nelle file di panche.
Davanti all’altare, in
un perfetto completo elegante, stava il famoso NaozumiKamura, quel giorno un qualsiasi giovane uomo di
fronte all’evento più grande della sua vita. Gli occhi azzurri, ancora più
brillanti del solito, erano fissi alla fine del corridoio, in
attesa dell’arrivo della sposa. E proprio in quel
momento la musica iniziò.
Sul ritmo della marcia
nuziale, Sana Kurata fece la sua comparsa, un sorriso
timido e impacciato sul viso, gli occhi accesi di emozione
nascosti dietro al velo, il cuore che batteva a mille. Eccola
lì, a compiere i passi più importanti della sua vita, quelli che l’avrebbero
portata all’altare, ad una promessa decisiva. Con essa
la sua vita sarebbe cambiata. E lei era pronta?
Desiderava la nuova vita che la aspettava a pochi metri da lei?
No, Sana: basta con i
dubbi, i ripensamenti, le incertezze! Vai fino in fondo e non voltarti
indietro!
Già, però cosa perderò
se oggi pronuncerò il fatidico sì?
Non pensarci. Pensa a
quello che avrai, non guardare ciò che ti lasci alle spalle, chi non potrai più avere.
Ma …
Basta con i ma! È stato lui
a lasciarti andare, a dirti di uscire dalla sua vita e di costruirne
un’altra! Ora ne hai l’opportunità, devi coglierla e
crederci.
Sana trasse un sospiro,
mentre ormai era di fronte all’altare. Guardò Naozumi,
che le sorrise radioso e le prese leggermente tremante
una delle mani candide.
Sì, doveva credere in
quella nuova vita che le veniva proposta quel giorno.
Doveva andare fino in fondo, non pentirsi della sua scelta, e soprattutto non
pensare al passato.
Ricambiò il sorriso del
compagno, e insieme si voltarono verso il prete, pronti a pronunciare i voti.
aha
Nella chiesa era calato
il silenzio, rotto solo dalla voce del prete che pronunciava il rito:
«Vuoi tu, Sana Kurata, prendere il qui presente NaozumiKamura come tuo legittimo sposo, e prometti …»
Il cuore di Sana aveva
ripreso a battere freneticamente. Sentiva gli occhi di tutti puntati su di sé,
e più di tutti quegli occhi azzurri, di cristallo, che fissavano i suoi
intensamente. Poi si accorse del silenzio: il prete aveva terminato di
formulare la domanda, e ora decine di persone attendevano la sua risposta.
Poteva quasi avvertire i fiati sospesi, la tensione …
Chiuse gli occhi per un
momento. Sì, sapeva cosa doveva dire. Li riaprì, li fissò in quelli del suo
compagno, e con fermezza finalmente pronunciò:
«Sì, lo voglio.»
Tutta la chiesa sorrise,
un paio di lacrime sfuggirono a qualche occhio, mentre
il prete iniziava a porre la stessa domanda a Naozumi.
Ma qualcosa interruppe quel momento, facendo crollare in un
istante tutte le certezza che Sana credeva d’aver trovato.
«No, non vuoi.»
Il gelo calò
improvvisamente nella chiesa, e tutti gli occhi si puntarono su Naozumi.
«C-cosa?» chiese
Sana spaesata, timorosa.
«Non vuoi sposarmi.»replicò lui,
apparentemente calmo, nonostante dentro di sé stesse combattendo una dura
battaglia: tutto questo gli costava molto, ma sapeva che stava facendo la cosa
giusta. Aveva continuato a guardare Sana negli occhi mentre
il prete recitava i voti e aveva letto qualcosa in lei che gli era sembrato
rassegnazione. Aveva capito che ciò che faceva lo stava facendo
solo per lui, non per se stessa, non era quello che voleva lei.
Sana rimase in silenzio,
lo sguardo fisso in quello di Naozumi, mentre cercava
di capire cosa fare. Non voleva mandare tutto all’aria, non voleva
deludere il suo compagno, ma alla fine capì che ormai era stata scoperta e
decise di arrendersi.
«Come lo hai capito?»
sospirò.
Il ragazzo le rivolse un
debole sorriso amaro.
«Non bisogna essere un
genio.»
Fece
una pausa, poi sospirò,
frustrato.
«Perché è così sbagliato amarti?»
A Sana si strinse il
cuore. Non era così che voleva che finisse, non voleva
vederlo soffrire.
«Io ti amo …» provò a dire, ma fu interrotta:
«No, tu credi di amarmi.»
Sana abbassò lo sguardo.
«Perché è tutto così difficile? Io vorrei amarti, davvero … ma non posso. Non ci riesco. Per quanto ci provi,
c’è sempre …»
«C’è sempre Hayama.»concluse lui al suo posto.
«Già.»affermò infine Sana.
Naozumi prese fiato, poi pronunciò l’ultima frase per la
quale aveva la forza:
«Tu sei l’amore della
mia vita, Sana … ma a quanto pare io non sono il tuo,
quindi non potremo mai sposarci … mai …»
Con questo abbassò lo
sguardo, e rimase lì, in silenzio, un sogno infranto come il suo cuore.
Sana lo abbracciò,
piangendo silenziosamente sulla sua spalla.
«Mi dispiace, Nao. Davvero. Scusa.»
Ma non c’è nulla di cui
chiedere scusa quando si è innamorati. L’amore non ha
colpe.
Naozumi ricambiò la stretta, sentendola come l’ultima
volta che avrebbe avuto quel corpo tra le braccia. Inspirò a
fondo il suo profumo, poi tutto finì. Sana si allontanò lentamente da
lui, lo guardò un’ultima volta negli occhi umidi, poi si voltò e corse via,
lasciandosi alle spalle quella possibilità di vita.
Naozumi rimase a guardare quella parte del suo cuore
andarsene, mentre sentiva la mano di Fuka, unico,
piccolo conforto, poggiarsi gentilmente sulla sua spalla, e avvertì subito una
forte sensazione di vuoto che col tempo si sarebbe attenuata, ma non sarebbe forse mai scomparsa del tutto.
aha
I suoi piedi correvano
veloci, le scarpette bianche la portavano lontano, il velo da sposa si agitava
alle sue spalle. Una folata di vento glielo portò via, ma Sana
non se ne curò. Continuò a correre, i lembi della parte inferiore
dell’abito stretti nelle sue mani, il respiro affannato, i capelli rossi ormai
sciolti. Solo quando non ebbe più fiato si fermò, appoggiandosi ad un cancello.
Il suo pianto soffocato
le impediva di respirare bene, la vista era offuscata, ma il dolore più forte
era quello del suo cuore: aveva fatto soffrire Naozumi,
e non riusciva a perdonarselo. Lui le aveva donato
tutto il suo amore, e lei lo aveva tradito, lo aveva abbandonato, aveva
calpestato il suo affetto. E nonostante tutto, lui
l’aveva lasciata andare, le aveva lasciato seguire le sue emozioni, aveva
rinunciato al suo sogno.
Lui sapeva - l’aveva capito, prima, mentre lui la guardava
negli occhi in chiesa, dicendole quelle parole - lui sapeva che l’aveva tradito, sapeva che la
notte prima non era stata da Fuka, e sapeva benissimo
che era stata con Akito, lo si leggeva nei suoi occhi.
E nonostante tutto, non l’aveva rimproverata, non
aveva urlato contro di lei, non l’aveva accusata di nulla. Aveva compreso e
accettato, in silenzio, che il suo era un amore impossibile, un amore a senso unico. E aveva deciso
di lasciarle vivere il suo sentimento.
Aveva fatto così tanto per lei. E invece lei
cosa aveva fatto per lui? Nulla. L’aveva illuso di ricambiare il suo affetto,
era andata a letto con il suo nemico la sera prima del loro matrimonio, e ora
lo aveva lasciato lì, davanti all’altare, correndo via! Si odiava per questo.
Fu scossa da altri
singhiozzi, mentre le lacrime non si arrestavano. Poi qualcosa attrasse la sua attenzione:
un nome famigliare era inciso sulla targhetta accanto al cancello cui si era
aggrappata. Si strofinò gli occhi con una mano, cercando di asciugarli e di
mettere meglio a fuoco le lettere, e alla fine riuscì a leggere il nome: Hayama.
Alzò stupita e confusa
lo sguardo, trovandosi di fronte la casa in cui aveva trascorso la notte
precedente. Senza volerlo, la sua fuga l’aveva portata
fin lì. Ma a che scopo? Ormai ad Akito non importava
più nulla di lei, era stato fin troppo chiaro, quindi perché andargli a dire che alla fine non aveva sposato Naozumi?
Eppure voleva farglielo sapere. Anche se non gli sarebbe
interessato, anche se le avrebbe chiuso la porta in faccia, anche se magari
avrebbe detto che avrebbe preferito vederla con Kamura piuttosto che averla ancora attorno …
Così aprì il cancello e
andò verso la porta d’ingresso, dove suonò il campanello senza pensarci più di
tanto.
aha
Akito era nel salotto,
il giubbotto di pelle in una mano e il casco nell’altra, mentre cercava le
chiavi della moto. Non ne poteva più di stare chiuso in casa, visto che ogni
pensiero verteva inevitabilmente alle nozze in corso nella chiesa più grande di
Tokyo, così aveva deciso di fare un giro in moto.
All’improvviso il
campanello suonò, e sbuffando lasciò cadere ciò che teneva sul divano e si
avviò verso la porta.
«Chi
è?» gridò, mentre afferrava la
maniglia e l’apriva, ma quando ebbe scoperto la figura che stava in piedi sulla
soglia, ogni altra parola, tranne il suo nome sussurrato, gli morì in gola.
«Sana…?»
Lei
non disse nulla, rimase immobile a fissare quegli occhi dorati che la rapivano,
cercando di imprimerseli al meglio nella mente se fosse stata l’ultima volta
che li avesse visti.
«Ma …
ma tu non …?»
Akito continuava ad
inciampare nelle parole, non capiva cosa stesse
accadendo, se Sana, sulla soglia di casa sua, con indosso un abito da sposa, i
capelli arruffati e il viso rigato di lacrime, fosse una visione o la realtà.
«Non ci siamo sposati.»disse infine lei,
semplicemente, senza espressione. «Naozumi
ha fermato le nozze, ha detto che non lo amavo, che in
realtà amo … qualcun altro …»
Non disse
il suo nome, non ce la fece. Non voleva sentirsi dire
che per lui non era così.
«Credo avesse ragione.»furono le sue ultime parole, prima che si voltasse e si allontanasse.
Non arrenderti.
Un lampo balenò nella
testa di Akito, risvegliandolo dal momentaneo shock.
Non doveva arrendersi, doveva lottare per ottenere ciò
che voleva. Lui voleva Sana, e quella era l’occasione per riprendersela.
Così iniziò a correre, la
raggiunse sul vialetto, la afferrò per le spalle facendola votare e
l’abbracciò. Strinse con forza qual corpo inerme a sé, facendolo aderire al
suo, e le sussurrò all’orecchio il suo amore. Le confessò sottovoce le sue
menzogne della sera precedente, le trasmise il suo calore, le fece sentire il
suo cuore battere per lei, le ripeté ancora una volta quelle due parole che
esprimevano i suoi sentimenti, e solo allora sentì le
braccia di Sana alzarsi e stringersi attorno a lui.
Erano di nuovo insieme, con l'oppurtunità di esserlo per sempre.
Eccomi tornata!! Chiedo perdono per
non essermi fatta viva per ben tre settimane, ma sono stata davvero impegnatissima! Prima la scuola che aveva serrato i ritmi,
poi la gita a Vienna, e infine il “post-gita” devastante, dal
momento che non sono stata molto bene e avevo moltissime ore di sonno
arretrate!^^’
Ma ora, eccovi
finalmente l’ultimo capitolo! Spero di avervi soddisfatti con
il finale, anche se forse potrei ancora aggiungere un breve epilogo. Voi
cosa ne pensate? Be’, se mi verrà bene, forse in seguito posterò anche quello,
altrimenti possiamo proprio dire …
THE END!!!
A proposito del finale: questo era quello che avevo in
mente, più o meno, nei primi momenti in cui avevo
iniziato a scrivere, e che ho sviluppato seguendo anche i vostri commenti. C’è
però un finale alternativo – che non ho scritto, ancora, ma al quale ho pensato
più volte mentre mi avvicinavo al termine della ff – e che forse pubblicherò, tanto per farvi sapere come
sarebbe potuta andare a finire nell’altro modo.
Ah, una cosa: i dialoghi tra Sana e Naozumi
nel momento in cui vengono interrotte le nozze non
sono interamente opera mia, ma sono stati tratti (e adattati) dal telefilm Summerland. In effetti,
è stato proprio quel dialogo a darmi l’idea per questa storia!
E ora, che altro dire se non ringraziare tutti quelli che mi
hanno supportato fin dall’inizio della ff, i cui nomi
sono stati citati già più di dieci volte, chi ha commentato il capitolo
precedente (Gin_15, laura, viola, SyriaPluto,
Lady Anderson, isachan,Mary, LizDreamer, miki18, Amber, miki90, CocoLee, *Little Star*, Cicci 12, giulia_88, eles, seed, .¤·° Sara °·¤., pinacchia, akitohayama4ever. Raga,
siete tantissimi, mitici!) e chi commenterà questo?!
GRAZIE 1000 RAGAZZI!!!
Alla prossima fic! Perché credo di
avere un’altra idea … ^__^
Sono passati ormai tre
anni da quel giorno. Alla fine sono riuscita a compiere il grande passo: con
Akito. Siamo felici, il passato ci ha insegnato a convivere con i nostri
impegni e il nostro amore ci fa superare le avversità. E devo dire che ora mi
sentirei pronta a compiere il secondo passo: adorerei avere una piccola copia
di Akito da accudire … Temo però che Aky sia terrorizzato all’idea di biberon e
pannolini, quindi penso che non gli dirò nulla quando smetterò di prendere la
pillola …!
It's hard to
remember how it felt before
Now I found the love of my life
Passes things, get more comfortable
Everything is going right
Comunque, la cosa
speciale di questa giornata è che rivedrò Nao! È da molto che non ci sentiamo,
il primo anno non ho quasi avuto sue notizie, non si è presentato al
matrimonio, come mi ero aspettata, e in seguito l’ho solo sentito alcune volte
per telefono. Ma oggi ha detto che verrà a trovarci! Sono davvero felice, non
vedo l’ora di vedere come sta.
«Sana, a che ora hai
detto che sarebbe arrivato Kamura?»
Oh, ecco Akito, ha
appena finito di farsi la doccia.
«Dovrebbe essere qui in
una mezz’oretta. Dai, muoviti, asciugati i capelli!»
In realtà mi piacciono
di più così, bagnati e in disordine, con quei ciuffi che gli coprono
scompostamente gli occhi, ma purtroppo non sono adatti a ricevere ospiti.
Venti minuti dopo, ecco
che suona il campanello. Mi precipito alla porta, mentre vedo mio marito finire
di abbottonarsi una camicia. Quando la apro, ecco comparire lui …
«Nao!»
Con entusiasmo avanzo a
baciare entrambe le sue guance e stringerlo in un affettuoso abbraccio, poi,
mentre sento Akito raggiungermi alle mie spalle, mi volto a presentarmi, con
piacevole sorpresa, alla ragazza al suo fianco.
«Ciao, io sono Sana,
vecchia amica di Naozumi. E tu sei …?»
le chiedo con un sorriso.
La giovane, alta e
snella, manda dietro le spalle una ciocca dei lisci capelli bruni e mi stringe
la mano, sorridendo a sua volta:
«Veronica, molto
piacere.»
Nel frattempo Akito e
Nao si sono cordialmente salutati, e invitiamo gli ospiti ad entrare.
And
after all the obstacles
It's good to see you now with someone else
And it's such a miracle that you and me are still good friends
After all that we've been through
I know we're cool
I know we're cool
Ci siamo accomodati nel
salotto, ognuno con la sua tazza di saké tra le mani, pronti a intrecciare di
nuovo le nostre vite e condividere alcuni degli attimi che abbiamo vissuto.
«Allora» inizio, incapace di trattenermi. «Come sei stato in questi anni, ero preoccupata! Non
ti sei quasi mai fatto sentire, cosa hai fatto?»
Naozumi mi guarda
sorridente, forse divertito dalla mia solita parlantina.
«Nulla di speciale, ho
semplicemente deciso di ritirarmi dalla scena per un po’. E non preoccuparti,
come vedi sono ancora vivo!» aggiunge
ironicamente.
«Oh, lo vedo, lo vedo!» replico io, scoccando un’occhiata allusiva alla
ragazza seduta al suo fianco sul divano del nostro salotto. La mia curiosità
prende come sempre il sopravvento:
«Da quanto tempo vi
conoscete tu e Veronica?»
I due posano le tazze
sul tavolino che ci separa e si scambiano un’occhiata, poi è sempre Nao a
parlare:
«A dir la verità, sin da
prima della scuola media. Ci eravamo persi di vista, ma qualche anno fa ci
siamo ritrovati. È stato un caso, ma ha segnato le nostre vite …»
Fa una pausa, durante la
quale io continuo a fissarlo interrogativa, e questa volta è lei a rispondermi:
«Abbiamo deciso di
sposarci.»
Credo che la mia
mascella abbia toccato il pavimento.
«Che cosa? Ma …
davvero?!» balbetto, mentre Akito non
trattiene un sorrisetto alla mia espressione incredula.
«Be’, ormai ci
frequentiamo da più di due anni, stiamo bene insieme, quindi … sì, ci sposiamo.» conferma Nao. Io non posso fare a meno di
sorridergli, realmente felice per loro.
«E tu, Signora Hayama?» chiede in tono scherzoso. «Come va?»
We
used to think it was impossible
Now you call me by my new last name
Memories seem like so long ago
Time always kills the pain
Mi perdo in racconti
sulla mia vita con Akito, di aneddoti divertenti, particolari insignificanti,
storie più o meno importanti. Ogni tanto anche Akito entra nel discorso,
parliamo tranquillamente delle nostre vite, senza pensieri, come una volta,
quando eravamo bambini.
Remember
Harbor Boulevard
The dreaming days where the mess was made
Look how all the kids have grown, oh
We have changed but we're still the same
After all that we've been through
I know we're cool
I know we're cool
Yeah, I know we're cool
Ad un certo punto chiedo
a Veronica di farmi vedere il suo anello di fidanzamento, ci sediamo vicine,
cerchiamo di approfondire quella nuova amicizia appena iniziata, mentre Akito e
Naozumi discutono a loro volta, amichevolmente, forse un po’ imbarazzati e
straniti per trovarsi in quella situazione, ma finalmente sicuri dei loro
ruoli.
And
I'll be happy for you
If you can be happy for me
Circles and triangles
And now we're hanging out with your new girlfriend
So far from where we've been
I know we're cool
I know we're cool
Al termine della
giornata, ci salutiamo, con la promessa, questa volta, di sentirci presto.
Quella notte mi sono fatta
stringere dalle braccia di Akito, come sempre, sentendo ancora una volta il
conforto che mi arrivava dal calore del suo corpo, e mai mi sono sentita più
sicura della mia vita. Finalmente tutto era al suo posto. Il mio era accanto a
mio marito, nei panni della Signora Hayama, per sempre. E magari, perché no, domani potrei anche
essere mamma …
THE END
Questa è davvero la fine, ragazzi! Il testo è della canzone “Cool”
di Gwen Stefani, che ha contribuito a darmi l’idea per la fic.
Credo di non avere altro da dire, quindi …a voi la parola!^_^