Just a dream

di persempretusarai
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** chapter one. ***
Capitolo 2: *** chapter two. ***
Capitolo 3: *** chapter three. ***
Capitolo 4: *** chapter four. ***
Capitolo 5: *** chapter five. ***
Capitolo 6: *** chapter six. ***
Capitolo 7: *** chapter seven. ***
Capitolo 8: *** chapter eight. ***
Capitolo 9: *** chapter nine. ***
Capitolo 10: *** chapter ten. ***
Capitolo 11: *** chapter eleven. ***
Capitolo 12: *** chapter twelve. ***
Capitolo 13: *** chapter thirteen. ***
Capitolo 14: *** chapter fourteen. ***
Capitolo 15: *** chapter fifteen. ***
Capitolo 16: *** chapter sixteen. ***
Capitolo 17: *** chapter seventeen. ***
Capitolo 18: *** chapter eighteen. ***
Capitolo 19: *** chapter nineteen. ***
Capitolo 20: *** chapter twenty. ***
Capitolo 21: *** chapter twenty one. ***
Capitolo 22: *** chapter twenty two. ***
Capitolo 23: *** chapter twenty three. ***
Capitolo 24: *** chapter twenty four. ***
Capitolo 25: *** chapter twenty five. ***



Capitolo 1
*** chapter one. ***


Just a dream.

 

Capitolo uno.

Finn strinse forte la mano di Rachel mentre l’aereo toccava terra. La ragazza alzò gli occhi verso di lui e sorrise dolcemente alla sua espressione contrita, immaginando quanti e quali brutti ricordi suscitassero gli aerei. Concentrò poi lo sguardo fuori dal finestrino. Era così… New York.

Il profilo della città s’intravedeva in lontananza, i palazzi sfioravano le nuvole e perfino il rumore delle macchine era percettibile. Rachel rimase ferma in mezzo all’aeroporto davanti ad un immenso vetro, centinaia di persone che le passavano di fianco senza né vederla né toccarla. Era quella la sensazione che si provava a New York, allora. Milioni di persone, ma era come essere soli. A Lima tutti sapevano tutto di tutti, era essenziale conoscersi ed essere qualcuno. A New York, invece… Rachel respirò profondamente, sorridendo al vuoto. New York era la patria della libertà, a New York potevi essere chi desideravi, senza la preoccupazione dell’apparire in un certo modo. Non che per lei fosse mai stato un gran problema, il pensiero degli altri. Osservò a questo proposito le deliziose calze bianche che le arrivavano al ginocchio e lisciò la gonna del suo vestito rosso preferito, prima di voltarsi in cerca del suo fidanzato. Finn stava camminando verso di lei, due enormi valigie nelle mani e una deliziosa camicia a quadri aperta sul torace.

“Andiamo?”

Rachel si alzò sulle punte dei piedi e gli posò un bacio sulle labbra.

“Guarda… E’ perfetto.” Disse a Finn, indicando il profilo sfocato della città.

“Lo è. Ora andiamo, i taxi non aspettano le star chiacchierone!”

Rachel lo seguì ridacchiando, ringraziando mentalmente il destino che le aveva dato ciò che desiderava e molto di più.

I due varcarono la soglia del loro appartamento all’incrocio tra la settantasettesima e l’undicesima. Dalle finestre filtrava una debole luce che illuminava il prezioso nido che i due ragazzi avevano scovato qualche mese prima e che Finn aveva regalato a Rachel per il suo ventesimo compleanno. La ragazza aveva gridato di gioia ed era saltata in braccio a Finn, rischiando di farlo cadere sul pavimento della sua vecchia stanza in casa Berry. Sorrise tra se. Ora era in casa Hudson-Berry e presto quella sarebbe stata solamente casa Hudson. Sospirò contemplando l’anello al suo dito e intrecciò le dita della mano libera con quelle di Finn.

“Che ne pensi?”

“E’ ancora più bella di quanto ricordassi.”

Rachel annuì estasiata prima di spingere un’enorme valigia in mezzo a quello che sarebbe diventato il loro salotto. I vecchi proprietari, una giovane coppia che aveva deciso di trasferirsi in una città meno rumorosa, avevano lasciato i principali mobili, quindi non c’era stato il bisogno di fare grandi acquisti. Rachel e Finn, però, avevano portato con loro alcune cose cui erano affezionati, e Rachel non stava nella pelle all’idea di sistemare tutto nelle nuove stanze. Aprì la valigia davanti a lei, togliendosi le scarpe e appoggiando i piedi nudi sul pavimento di legno. Finn attraversò a grandi passi l’appartamento, entrò nella camera da letto, adiacente al salotto, e si tuffò sul letto. Rachel zampettò nel bagno di piastrelle azzurre e appoggiò sul lavandino le sue spazzole e una scatola rosa in cui teneva alcuni profumi e alcuni prodotti per il viso. Si fissò allo specchio, sistemandosi i capelli e un pensiero le balenò in mente. Silenziosamente raggiunse la camera da letto e osservò Finn, sdraiato e con gli occhi chiusi. Quell’immagine sarebbe rimasta nel suo cuore per sempre: la prima volta in cui Finn dormiva nel loro letto. L’idea la fece arrossire violentemente. In quell’istante Finn aprì gli occhi e la invitò a raggiungerlo sul letto. Rachel fece qualche passo verso di lui, incerta. Infine sorrise e si accucciò sul letto contro l’enorme corpo del ragazzo che la accolse nel suo caldo abbraccio.

“Ti piace?”

Rachel sfregò il naso contro la spalla di Finn, e respirò il suo profumo.

“E’ bellissima. E’ bellissimo. Molte meglio del mio vecchio appartamento.”

Finn sospirò e le baciò la testa.

“E’ il tuo sogno. Il mio compito è realizzare tutti i tuoi sogni d’ora in poi.”

Rachel sollevò la testa e lo fissò negli occhi.

“Ti amo, lo sai, vero? Sono felice che tu sia di nuovo con me.”

Finn ridacchiò e le sollevò i fianchi, sistemandola sopra di lui e baciandole il naso.

“Anche io ti amo.”

“Riesci ad immaginarci, qui, tra vent’anni? Tu un grande attore, io a Broadway, svegliarci la mattina, cantare insieme, recitare insieme, passeggiare per Central Park con nostro figlio...”

Finn le accarezzò i capelli e giocò con una ciocca ribelle, uno sguardo leggermente malinconico negli occhi.

“Sei perfetta, Rachel Berry.”

Rachel sorrise, alzandosi in ginocchio.

“Sai che facciamo ora?”

Finn scosse la testa.

“Adesso tu mi aiuti a sistemare le nostre cose e poi ci facciamo un giretto al Rockefeller Center.”

“Solo se poi mi porti anche a Times Square.”

Rachel rise forte, alzandosi dal letto e trascinando Finn.

“Assolutamente no!”

“E perché mai?”

Rachel si alzò in punta di piedi e sfiorò le labbra di Finn.

“Perché ho altro in mente per stasera.”

La ragazza gli voltò le spalle e uscì dalla stanza.

 

Finn osservò il viso estasiato di Rachel mentre salivano nel loro appartamento. L’aveva portato sulla quinta strada e avevano camminato mano nella mano lungo le strade che durante quei due anni Rachel aveva imparato a memoria, prima di arrivare davanti all’osservatorio di Top Of The Rock. Finn le aveva comprato i biglietti e insieme erano saliti sul palazzo. Avevano riso nell’ascensore e al sessantatreesimo piano erano usciti sul tetto, dove avevano visto il sole tramontare e creare fantastici giochi di luce sui loro volti. Finn aveva tenuto per mano Rachel mentre guardava giù e sorrideva vedendo le macchine e le persone minuscole. Rachel aveva canticchiato New York New York e insieme avevano immaginato un enorme scimmione arrampicato sull’Empire State Building davanti a loro. Quando erano scesi Rachel aveva insistito per fermarsi in un supermercato, dove avevano fatto provviste per la settimana, come una vera famiglia. E ora, mentre salivano nel loro appartamento, Finn non poteva non leggere la felicità sul volto della sua fidanzata. Questo era tutto ciò che aveva sempre sognato, e sapere che due anni prima lasciandola per arruolarsi le aveva spezzato il cuore gli ribaltò da cima a fondo lo stomaco. Rachel si fermò davanti alla porta e sventolò davanti al viso di Finn il mazzo di chiavi.

“Casa.”

Sussurrò.

“Casa.”

Confermò Finn con un sorriso. Ora che era tornato, non l’avrebbe più lasciata in quella grande città senza di lui.

_______
 

Angolo delle Laras

oh, oh. non ho mai fatto uno spazio post-capitolo. diciamo che a confronto di Nano - l'altra Lara - io non ho mai pubblicato nulla su EFP e questa è la mia prima volta.
Non smetterò mai di ringraziare la mia socia per aver creduto così tanto in me e sono così onorata di lavorare in sua compagnia - quanto sono sdolcinata. :3
Passiamo alla storia: niente da dire, è una cosa nata dalla nostra mente contorta e speriamo che vi prenda come sta prendendo noi. Visto che è stata scritta a quattro mani, i capitoli sono stati suddivisi uno a testa. Quindi, quelli dispari saranno scritti da Nano e quelli pari da persempretusarai.


Prometto di scrivere almeno la prossima volta qualcosa di decente su questo spazio e, niente.
al prossimo capitolo. (:

persempretusarai (e Nano)

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Capitolo 2
*** chapter two. ***


Just a dream.

 

Capitolo due.
 

Dei piccoli spiragli di luce entravano furtivamente tra le tende della nuova casa svegliando per prima la ragazza che era rannicchiata accanto al ragazzo. Alzò lo sguardo per ammirare il volto rilassato di Finn e si chiese come poteva essere così fortunata che un ragazzo come lui potesse essersi innamorato così tanto di lei fino a chiederle di sposarlo. Lei che era egocentrica, chiacchierona, una ragazzina che desiderava con tutta se stessa andare a New York e seguire la stessa strada della sua Barbra. E ora era nella città dei suoi sogni, con Finn che non aveva mai smesso di credere nel suo talento e nel suo amore. E lo stesso era per Rachel: per tutte quelle volte che Finn si era sentito insicuro di quello che poteva dare agli altri ma soprattutto a se stesso, lei gli era sempre stato accanto.  Erano due persone imperfette che insieme creavano qualcosa di forte e dopo tante incomprensioni avevano capito che uno aveva bisogno dell’altro.

Rachel, continuando a sorridere, si avvicinò alle labbra di Finn che le baciò delicatamente così da svegliarlo dolcemente. Il ragazzo arricciò il naso e cercò di aprire gli occhi trovandosi la ragazza, a parer suo, più bella che avesse mai conosciuto.

“Buongiorno, Finn”, disse baciandolo un’altra volta.
“Buongiorno, Rachel”, rispose alzandosi piano dal loro letto. “Tu stai ferma qua che torno subito”
Rachel annuì e vide Finn sparire. Mentre aspettava si mise a guardare la camera e qui, si disse, serviva proprio un colore nuovo! Il bianco delle pareti rendeva troppo povera la stanza e un tocco di colore – un bel giallo tenue avrebbe reso tutto più speciale.
Quando il suo ragazzo tornò, quello che non si aspettava di certo era una colazione a letto, e il suo viso fu attraversato da un ampio sorriso che, giurò Finn guardandola, era il migliore del mondo.
“Hai portato la colazione in camera!”
“Non sono un compagno perfetto?”, chiese sorridendo e appoggiando il tutto sul grande letto.
“E chi lo dubitava. È per questo che sto con te, sciocchino!”
Subito prese il suo bicchiere di latte e ne fece un sorso per poi addentare la sua fetta biscottata.
“Sai a cosa pensavo di fare oggi?”
L’altro fece segno di no.
“Avevo intenzione di pitturare la nostra stanza. Questo bianco è troppo povero e avevo intenzione di sostituirlo con un giallo tenue. Sempre se per te va bene.”
 “Certo che per me va bene. Dopo andiamo a prendere tutto l’occorrente e ci mettiamo al lavoro”

Per Finn vedere il suo tutto sorridere per il programma della giornata lo faceva sentire così fiero, almeno una volta, di aver trovato la persona giusta per migliorare se stesso. Chi lo avrebbe mai immaginato che il quarterback del liceo si mettesse con una ragazza che per il resto della scuola era insignificante? Nessuno, ma a lui questo non importava. Aveva trovato in Rachel quello che lui non riusciva a esserlo veramente: ambizioso e con tanta autostima nel corpo.
 

Dopo aver finito la colazione e aver compiuto la personale routine mattutina, si prepararono a andare a prendere tutto l’occorrente per la pittura – e anche il loro pranzo. Successivamente rivestirono tutti i mobili con dei teli di plastica per non rovinarli, spostarono i mobili – Finn finiva sempre per spostare tutti i più pesanti e Rachel quelli più piccoli – e iniziarono a pitturare la stanza.
Tutto avveniva con l’indimenticabile stereo rosa di Rachel che rendeva ogni pennellata un divertimento tra una nota e l’altra. Ormai la musica era una compagna per ogni momento: raccontava felicità, dolori, paure. In questo momento trasmetteva solo divertimento, raccontava dei momenti di felicità e di amore.
“Amore”, disse Finn, “che ne dici se scriviamo qualcosa sul muro? Tipo qualche frase, così, per ricordare sempre chi siamo”
“Cosa pensavi di scrivere?”, chiese Rachel curiosa della proposta.
“Beh, pensavo a ‘I’m forever yours, faithfully’ sopra alla testata del letto. Che ne pensi?”. Per qualche motivo strano, gli occhi di Rachel si erano inumiditi. Forse perché quel pezzo di canzone era stato il suo preferito, oppure perché tutta quella canzone era un inno al loro amore, a quello che erano diventati. E ogni volta che pensava a quelle regionali, non smetteva di pensare al primo ‘ti amo’ di Finn dedicato solo e unicamente a lei.
“E’ bellissimo. È perfetto. Come te.” riuscì a dire e si alzò in punta di piedi per baciare la sua ragione di vita.
Quando si staccarono una pennellata di giallo finì sul naso di Rachel che iniziò a imprecare e ridere allo stesso tempo. Iniziarono a tirarsi pennellate di colore come dei piccoli bambini.
 
Dopo ore e ore di pittura finirono la camera che risplendeva della luce “Finchel”, come li chiamavano i loro amici. “Che ne dici se facciamo una vasca rilassante così ti tolgo tutta quella vernice sui capelli e poi ci mettiamo a guardare Funny Girl?”, chiese Finn dal loro bagno mentre Rachel finiva di sistemare le ultime cose in armadio.
“Accetto tutte e due le proposte”
Iniziarono a liberarsi dei loro indumenti e prima uno e dopo l’altra finirono in vasca. Le lunghe gambe di Finn avvolgevano il corpo minuto di Rachel che si appoggiava al suo petto mentre veniva coccolata dal movimento delle mani del suo ragazzo mentre le lavava dolcemente la testa eliminando la pittura incastrata tra i capelli. Poi successivamente Rachel si mise dietro di lui e con una spugna gli lavò la schiena mentre si aggiungevano dei piccoli baci sulle spalle.
Rimasero in acqua a rilassarsi mentre Finn canticchiava una canzone che riscaldava e rendeva ancora più intimo quel momento tra di loro.
“Amore, usciamo prima che ti addormenti in vasca”
“Non ho sonno e poi voglio vedere Funny Girl”, dichiarò la piccola stella cercando di non chiudere gli occhi.
“Ne sei sicura?”
“Sì”

Finn finse di credere alle sue parole, infatti, poco dopo, neanche a metà film, la sua Rachel si addormentò sul suo petto ma doveva capirla, era stata una giornata pesante e doveva ancora metabolizzare l’idea di essere nella loro casa a New York – al solo pensiero si mise a ridere ripensando a qualche ora prima quando si mise a cantare ‘I love New York’ con un pennello in mano e si mise a  fare piroette per tutta la casa. Iniziò a quel punto a chiudere il film e con tutta la gentilezza che possedeva la prese in braccio e la portò in camera dove la mise sotto le coperte.
“Ti amo, amore mio”, disse baciandola sulla fronte e unendosi con lei nelle braccia di Morfeo.

_______
 

Angolo delle Laras

eccoci qua con il secondo capitolo di questa storia. è stato scritto dalla sottoscritta (persempretusarai) quindi non linciatemi se fa così schifo. ho dato del mio meglio ma, quando si tratta di primi capitoli e poca esperienza con le fan fiction, è tutto un po' difficile. Ma non vi preoccupate, il prossimo capitolo sarà di Nano.

So che i Finchel non sono una coppia molto amata ma credo che vale la pena leggere qualche storia su di loro, cercare di farseli almeno piacere un po'. Il ruolo di questa storia è quello di farvi amare un po' di più questi due personaggi importanti per la storia di Glee.

Volevamo ringraziare chi ha commentato - fronci con il suo bellissimo commento e RRobertaa - e chi l'ha inserita nelle seguite e nelle preferite. ci fa un grande piacere, davvero.

persempretusarai (e Nano)

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Capitolo 3
*** chapter three. ***


Just a dream.

 

Capitolo tre.

Rachel entrò in casa e si appoggiò sfinita contro la porta dietro di lei. Era stata una giornata infinita. Lanciò le chiavi su un tavolino che Finn si divertiva a riempire con le cose più strampalate che trovava in giro per New York. Le chiavi colpirono una statuina della statua della Libertà che avevano scelto insieme la settimana prima quando finalmente Rachel lo aveva accompagnato a Liberty Island, e tintinnarono contro la cornice di una foto scattata pochi giorni prima a Central Park. La foto ritraeva Rachel e in lontananza un piccolo scoiattolino. Sullo sfondo l’enorme distesa di prato era interrotta dall’immenso campo da baseball. Rachel indossava un vestitino rosa che Finn aveva adorato dal primo istante in cui glielo aveva visto addosso. Così aveva scattato quella foto, con la scusa di volere immortalare l’animaletto dietro di lei e sulla via di casa si erano fermati in un negozietto, dove avevano comprato una cornice bianca, dove Finn aveva messo la foto una volta fatta sviluppare. Nonostante le proteste di Rachel, la foto era ancora sul tavolino all’ingresso, e Finn sembrava intenzionato a lasciarla li, così come una vecchia pallina da baseball trovata nel parco sotto casa grazie al quale avevano fatto pace dopo la loro prima litigata su chi dovesse lavare i piatti, un orsetto che aveva ricevuto dalla sua prima fan nella scuola e di cui Rachel era stata terribilmente gelosa e un mucchietto di altre cianfrusaglie più o meno significative. Rachel respirò l’odore di casa. Non si era mai abituata a chiamare casa l’appartamento dove aveva abitato per quasi due anni prima del ritorno di Finn, ma ora con lui finalmente sentiva nuovamente la sensazione di appartenere a qualcosa e a qualcuno. Finn, la sua casa era tornato. Camminò verso la camera da letto, sfilandosi dalla testa il vestito che indossava e lasciando le scarpe lungo la strada. Indossò una maglia di Finn che il ragazzo aveva lasciato sul letto e si avviò in cucina, concentrata sulla cena. Sia lei che Finn si erano trovati un lavoretto, che li teneva impegnati praticamente tutto il giorno, insieme alle rispettive lezioni e ai rispettivi impegni.
Il cellulare di Rachel interruppe la sua profonda riflessione sulla cena.

“Pronto?”
“Ehi stella!”
La voce di Mercedes risuonò nell’orecchio di Rachel.
“Ciao!” Rispose sorridendo la ragazza, incastrando il telefono tra spalla e orecchio e ispezionando il frigo.
“Come va la vita?”
“Terribilmente stancante, ma vivo in un sogno.”
“Non ti chiamo per svegliarti, allora!”
Rachel rise con Mercedes.
“Tu stai bene?”
“Ovv- ... Oddio. Scusa ti devo lasciare. Sam, che diavolo? Rachel? Ti richiamo, ok? Ci manchi.”

La linea cadde di colpo, e Rachel mollò il telefono sul bancone della cucina, sorridendo. Era così felice, anche se era lontana, che i suoi amici fossero ancora gli stessi di sempre. 

 
Finn strinse tra le mani i due pezzetti di carta, prima di entrare in casa.
“Sono a casa!”
Annunciò, chiudendosi la porta alle spalle.
Rachel zampettò verso di lui, praticamente nuda se non per una maglia che le arrivava alle ginocchia e gli circondò il collo con le braccia.
“Ehi, a chi hai rubato questa maglia?”
Le chiese mentre  le baciava leggermente le labbra.
“Mmh, non so..”

Rachel ruotò su se stessa e tornò verso la cucina.
Finn si diresse in camera da letto, appoggiando la sua borsa vicino al letto. Osservò il muro colorato di giallo e la scritta che riluceva sul letto. Sospirò e afferrò il vestito di Rachel abbandonato sul letto.
 
“Che diavolo?”
“Mettitelo.”
“Ma.. cioè, stavo cercando qualcosa da cena!”
Rachel protestò, mentre Finn le tendeva il vestito blu che aveva indossato tutto il giorno.
“Stiamo uscendo, ho una sorpresa per te.”
“Ma..”
“Mettitelo!”
 
“Quindi, dove stiamo andando?”
Finn ignorò l’ennesima irritante domanda della fidanzata e fermò un taxi.
“Al 222 ovest della cinquantunesima strada, per favore.”
“Finn..?”
Finn fulminò con lo sguardo Rachel, prima di depositarle un dolce bacio sulla guancia.
“Eri molto sexy con la mia maglia, comunque.”
Rachel arrossì e abbassò la guardia, quanto bastava perché Finn ne approfittasse e le coprisse gli occhi con le sue grandi mani.
“Finn!”
“Lascia che ti faccia una sorpresa, accidenti.”
 
“Pronta?”
“Si cavolo, togli queste mani!”
Finn sorrise. Fare scendere Rachel dal taxi era stata la scena più divertente del mondo, la sua isteria aveva fatto sorridere perfino il tassista, che aveva scontato la corsa di un paio di dollari e aveva fatto un occhiolino comprensivo a Finn. Il ragazzo aveva poi preso per mano Rachel, tenendole gli occhi coperti con una mano, e l’aveva condotta lungo la strada.

“Pronta al centro per cento?”
Rachel strappò la mano di Finn dalla sua faccia e si guardò intorno. Una sola cosa catturò il suo sguardo. Una strega verde.
Un gridolino eccitato le uscì dalle labbra.
Si girò verso Finn che stava sventolando distrattamente tra le mani due biglietti.
Rachel ne consultò da vicino uno.
Wicked.
“Oddio.” Rachel si chiuse la bocca con le mani.
“Ecco, siamo qui da un mese e non ti ho ancora portato a vedere nulla.. E credo che Wicked sia la cosa migliore. Ricordo che avevi cantato con Kurt qui..”
Rachel lo abbracciò con entusiasmo.
“Non hai idea di quanto ti ami in questo momento.”
“Uhm, spero tanto, perché non ho intenzione di vederti nessuna maglia addosso più tardi.”
Rachel arrossì, mentre Finn la prendeva per mano e insieme entravano al Gershwin Theatre.

_______
 

Angolo delle Laras

Salve a tutti, qui è Lara 2 (Nano) che vi parla. Intanto volevo ringraziare chi da subito ha cominciato a seguirci, dando fiducia e corda a queste due pazze!

Lara e io abbiamo cominciato a pensare a questa trama, intrecciando cose e persone e ormai non riusciamo più a fermarci, e speriamo sinceramente vi piaccia. Questo è il terzo capitolo, scritto con cura e amore dalla sottoscritta e spero che vi piaccia. A breve compariranno le prime stranezze e spero vi intrighino così come hanno intrigato me e la mia socia! Buona lettura, e un ringraziamento speciale alle commentatrici, ai commentatori, a chi ci ha messo tra i preferiti e a chi ci segue in silenzio! Vi amiamo

Lara (nano) e Lara (persempretusarai)

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Capitolo 4
*** chapter four. ***


Just a dream.

 

Capitolo quattro.

Rachel poteva essere paragonata tranquillamente a una bambina il giorno di Natale: il luccichio degli occhi, il sorriso che occupava tutto il volto e l’evidente euforia. E Finn non poteva che non essere trascinato dalla felicità della sua futura moglie.

“Finn, non ci credo, andiamo a vedere Wicked! Quanto vorrei che Kurt fosse qui, avremo sicuramente saltellato per tutto il teatro!”
Finn sorrise e prese le mani di Rachel, accarezzando delicatamente l’anello di fidanzamento che attendeva solo di essere sostituito con una fede, e si avvicinò per baciare la sua fronte venendo invaso dal dolce profumo dei capelli di lei.

“Volevo che questa serata fosse solo per noi. Non volevo mica diventare un terzo incomodo, visto che quando si parla di musical, voi due impazzite”
“Non è vero!”
“Invece sì. Un giorno, io e Blaine, ci metteremo a filmarvi durante le vostre serate musical del giovedì’, sorrise amorevolmente mentre Rachel gli diede un piccolo pugno al braccio.

Pochi minuti dopo entrarono nel teatro e si sedettero nelle comode poltroncine nei posti a loro assegnati. La magia del musical era palpabile e Rachel non riusciva a non guardarsi intorno e sorridere, sorridere davanti alla magia di Broadway e perlopiù in compagnia della persona più importante della sua vita. E un giorno, si promise, avrebbe reso orgoglioso Finn presentandosi sul palco e cantare per lui, per il pubblico e per se stessa. Sorrise quando si immaginò loro due in un lunghissimo red carpet di qualche evento importante, lui come attore e lei come artista di Broadway, sedersi tra i tavoli e assistere al ritiro del premio di uno dei due. E si sarebbero dedicati parole d’affetto e amore, ricordando quanto hanno bisogno del sostegno dell’altro.
Le luci si abbassarono e Rachel prese la mano di Finn immergendosi nel mondo di Wicked.


Finito lo spettacolo andarono a mangiare in un piccolo ristorantino modesto e presero in seguito un taxi che li avrebbe portati quasi vicini a casa con l’intenzione di gustarsi un po’ l’aria di New York. Il giorno seguente sarebbero dovuti andare a lezione ma per Rachel, l’Actor Studio incominciava a stare un po’ antipatico. O meglio, non le piaceva chi c’era dentro. La irritava vedere il suo futuro marito rientrare dalle lezioni con qualche nuovo regalo ma sapeva benissimo che Finn li accettava per cortesia. Sospirò, doveva ammetterlo: era completamente gelosa delle ragazze che erano in quella scuola.

Finn percepì che Rachel era preda di un suo conflitto interiore, visto che stava stritolando il suo braccio con le sue piccole mani ma se aveva un problema glielo avrebbe detto sicuramente.

“Amore, tutto bene?”
“Sì, certo. Mi piace stare qui con te. Tutto è perfetto”, rispose Rachel cercando di cacciare quei stupidi pensieri. Finn l’amava, non l’avrebbe mai tradita.
Quando arrivarono all’appartamento si precipitarono in camera per prepararsi per andare a dormire ma Rachel sprizzava ancora della piccola euforia.

“Finn, era ancora valida quella proposta?”, chiese ridendo maliziosamente mordendosi il labbro inferiore. La risposta non si fece attendere e Finn si avvicinò a lei prendendola con le sue braccia forti incominciando a baciarle il collo e spostando la spallina del vestito. Le mani di lei torturavano i suoi capelli cercando di fermare i gemiti di piacere. Quando raggiunsero il letto, iniziarono il loro duetto migliore fatto di sospiri e amore, un modo per confermare che insieme si completavano a vicenda.

 
◊ ◊
 

«Quando diciamo che non siamo una scuola, non vogliamo dire che qui non si fa scuola. […] Non è il tipo di scuola in cui chiunque entra semplicemente facendo domanda. È una scuola che seleziona il meglio in un certo ambito – e certamente ne siamo degni.[…]
Devo sempre spiegare che noi non siamo una scuola, nel senso della sistematicità del lavoro. Il nostro lavoro è su di un piano molto ristretto, part-time, e il fatto che i risultati che abbiamo raggiunto siano stati effettuati su questo piano ci spinge solo a voler porre il lavoro su di una base più solida.»


Finn ci era riuscito alla fine, era riuscito ad entrare in quella prestigiosa scuola cercando in tutti i modi di realizzare i suoi sogni. Forse, finalmente, James Lipton aveva visto qualcosa di diverso in lui dopo due anni. Perché era davvero cambiato in quei due anni, aveva fatto esperienze di vita. Sorrise, era anche dimagrito e era un po’ più muscoloso – non avrebbe mai ringraziato gli allenamenti nell’Esercito, anche se erano faticosi e intensi.

Con passi decisi si diresse a ‘Gestualità’, la prima lezione della sua giornata. Gli piaceva quella materia e con la sua esperienza precedente era riuscito a controllare le sue espressioni facciali per non tradire nessuna emozione. Quando entrò, trovò al solito posto John, un ragazzo che aveva conosciuto i primi giorni di scuola, e si avvicinò a lui.

“Ciao John, tutto bene?”, chiese appoggiando la sua tracolla sopra al tavolo.
“Ciao Finn. Tutto bene. Allora, a Rachel è piaciuta la sorpresa?”
“Dovevi vederla! Era così euforica che per farla stare in silenzio dovevo continuarla a b…”
“C-ciao Finn”, disse una voce appena dietro di lui. Quando si girò vide Elizabeth, una ragazza bionda con dei tratti molto delicati.
“Ciao Elizabeth. Ti serve qualcosa?”
“Volevo chiederti se dopo lezione tu fossi libero”
“Mi dispiace, devo lavorare nel pomeriggio”. Abbandonato totalmente l’esercito – quel capitolo della sua vita lo tormentava ancora nel sonno – si era deciso di sfruttare le sue abilità sui motori per procurarsi qualche soldo, quindi aveva trovato un’officina vicino a casa mentre Rachel teneva lezioni private di canto.
“Devo ritornare da Rachel e ho intenzione di preparare la cena. Ma se vuoi un giorno usciamo tutti insieme al karaoke. Che ne dici?”
“Certo”, rispose Elizabeth con vivo in fiamme per l’imbarazzo e se ne andò con la rabbia che le mangiava il cervello perché, il ragazzo che teneva d’occhio da ormai vari mesi, era decisamente impegnato e, da come aveva nominato il suo nome, si vedeva chiaramente che era pazzamente innamorato.
“Perché era così fredda?”, chiese confuso Finn a John.
“Lascia perdere. Ha solo ricevuto una brutta notizia”

Anche se era maturato negli anni, era ancora rimasto ingenuo nel campo sentimentale ma forse, era solo troppo innamorato della sua Rachel per accorgersi che tutte le ragazze del corso cercavano in tutti i modi di avere contatti con lui. Non lo infastidiva nemmeno dei regali perché li reputava solo gesti di cortesia per un ragazzo che aveva abbandonato la guerra per cercare di realizzare i propri sogni.

Pochi minuti dopo entrò il professore che aveva un particolare sorriso sul volto accompagnato da una pila di fogli. “Buongiorno a tutti”, disse posizionandosi accanto alla cattedra, “abbiamo una notizia tutta per voi. A fine semestre sceglieremo un ragazzo e una ragazza per una parte secondaria di un film che verrà girato proprio qui a New York con la partecipazione di una delle migliori cantante-attrice emergente da qualche anno. Come insegna questa scuola, pretendiamo il meglio da tutti voi da renderci orgogliosi di avervi qui. È il vostro momento, non perdete quest’occasione”
Finn, dopo quelle parole, dentro di sé si accese una determinazione che aveva solo percepito nel Glee Club. Avrebbe dimostrato che era quello il posto giusto, che era nato per diventare attore. E si sarebbe impegnato duramente, a costo di rimanere sveglio per notti intere.
 
 
“Muoviti che New York ci aspetta!”
“Guarda che non ho una super auto e devo rispettare i limiti se no non ci arriviamo in aeroporto!”

_______

Angolo delle Laras

Ecco qui il quarto capitolo. dovevo inserirlo ieri - abbiamo deciso che pubblicheremo mercoledì e domenica - ma non ho avuto ore libere e dopo la partita dell'Italia sono corsa sotto le coperte di un comodissimo letto.


Passiamo alla storia che è meglio. Da questo capitolo le cose inizieranno a cambiare e a farsi molto interessanti. La citazione che 'accoglie' Finn è presa da 'Lezioni all'Actor Studio: Le registrazione originali di un'esperienza mitica' di Lee Strasberg (fondatore della scuola).
Devo essere sincera, scrivere la parte della scuola non è stato facile, vista la mia scarsa conoscenza delle scuole di recitazione, quindi il corso che ho scritto potrebbe essere vero o meno.

Volevamo ringraziare chi commenta - le recensioni sono bellissime e ci riempie il cuore - e chi segue la storia in silenzio. Grazie di cuore


Lara (persempretusarai) e Lara (Nano)

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Capitolo 5
*** chapter five. ***


Just a dream.

 

Capitolo cinque.

Lo squillo del telefono svegliò improvvisamente Rachel. Il suo sguardo corse verso l’orologio, che segnava le 8. Finn era uscito mezz’ora prima per la tradizionale corsa mattutina a cui non aveva più rinunciato dopo aver lasciato l’esercito. Rachel aveva tentato di trattenerlo nel letto con lei, ma il più delle volte la testardaggine di Finn vinceva contro la buona volontà e il ragazzo saltava giù dal letto pronto alla sua corsa. Rachel afferrò il cellulare che squillava e rispose in fretta, sgranchendosi la voce.

“Pronto?”
“Rachel?”
“Si?”
“Oddio ciao cara, sono Carole.”

Rachel osservò confusa il cellulare. Finn doveva avere dimenticato il suo a casa.

“Ehm, si, Finn è fuori.”
“Non importa, posso parlare anche con te. Come vanno le cose?”

Da quando Finn era tornato, lui e la madre si erano visti poche volte, e Rachel non aveva ancora messo a fuoco il pensiero di Carole riguardo la scelta che Finn aveva preso.

“Tutto a gonfie vele direi, e voi laggiù?”
“Benissimo anche noi, cara. Io e Burt stavamo giusto pensando di venire a farci un giretto dalle vostre parti tra qualche giorno, che ne pensate?”

Rachel sorrise.

“Penso che sia un ottima idea, Finn ne sarà entusiasta. Riuscite ad essere qui per il giorno del ringraziamento?”
“Assolutamente si piccola.”
“E’ perfetto. Ti faccio richiamare da Finn più tardi, a presto Carole.”
 
 
La settimana passò in fretta e presto sarebbe stato il Ringraziamento. Le giornate cominciavano a farsi fredde e scure e Rachel e Finn tra i vari impegni trovavano poco tempo per stare insieme.

Quella sera Finn aveva insistito affinché uscissero insieme e si godessero la bellezza notturna di New York. Il sabato sera era diventato sacro per loro, una delle poche sere in cui tutti gli impegni venivano azzerati ed esistevano solo loro due e i loro sogni, il loro futuro e il loro passato. Avevano cenato in fretta con un panino e poi avevano camminato lungo la Broadway fino a Times Square. Avevano parlato di cosa organizzare per il Ringraziamento e di come accogliere la sua famiglia, Finn l’aveva aggiornata sul progetto dell’Actor Studio per un film e avevano riso fino alle lacrime ricordando i tempi in cui avevano recitato nel Rocky Horror Show, tenendosi per mano ed osservando le luci attorno a loro che ormai conoscevano a memoria. Rachel non si sarebbe mai stancata di New York e del suo profumo, così come non si sarebbe mai stancata di Finn e del suo profumo. Si voltò sorridendo verso Finn, scorgendo però nei suoi occhi una tristezza che sperava non avrebbe più rivisto, dopo che nonostante i tirati sorrisi era rimasta nei suoi occhi finché non l'aveva vista sparire sul treno l'estate di tanti anni prima. Da quando qualche mese prima aveva richiesto il congedo ed era tornato a casa e da lei, mai una volta avevano toccato l'argomento esercito e mai nei suoi occhi aveva visto tanta tristezza. Ma in quel momento, gli occhi persi nel vuoto e le labbra immobili, Finn le sembrò per la prima volta un uomo che aveva vissuto e visto cose talmente orribili da non poter chiudere gli occhi. E gli occhi di Finn erano spalancati, immobili, freddi. Rachel strinse piano la sua mano e abbassò la testa, rispettosa, mentre continuavano a passeggiare sulla lunga ed illuminata via.

Da quando Finn era tornato quell'estate e aveva reclamato Rachel per se, regalandole il piccolo appartamento dove si erano trasferiti e dichiarandole nuovamente amore eterno - davvero, questa volta - Rachel aveva finto che i 18 mesi in cui era stato lontano non fossero mai esistiti e aveva finto che niente avesse cambiato il suo Finn, goffo dolce e innocente. Ma dentro di lei sapeva che non era più lo stesso. Sapeva che dentro di lui accadevano orribili cose, anche se non ne era messa a parte. E forse neanche voleva esserne messa a parte, ciò che accadeva dentro di lui era suo, e era a sua discrezione condividerlo.

Il cuore di Finn batteva potentemente nelle sue orecchie. Sentiva a malapena la piccola presenza di Rachel al suo fianco e la debole stretta della sua mano e i rumori della città attorno a loro. Non era in grado di mettere a fuoco le immagini e le luci.

L'immagine di un bambino che strillava invocando il suo papà rimbombava nella sua mente. Ma diversamente dalle scene a cui era ormai tristemente abituato, il padre del bambino era comparso alle sue spalle e lo aveva consolato dolcemente. No, non era abituato a quelle scene. Da quando era tornato era sempre riuscito a controllarsi, lasciandosi alle spalle le cose che aveva visto e riuscendo a comportarsi normalmente, con se stesso, con gli altri e con Rachel. Ma quella notte, la scena che aveva visto aveva portato a galla tutti i ricordi e tutte le brutte sensazioni della guerra. Strinse gli occhi con forza e sciolse la stretta con la mano di Rachel, passandole un braccio attorno al collo e stringendola a se. Non era pronto per condividere con lei tutto quanto, ma era tornato per lei e questo significava che lei e ciò che aveva visto e vissuto erano strettamente collegati.

Rachel passò una mano attorno alla vita di Finn e appoggiò la testa al suo petto continuando a camminare al suo fianco.

“E’ tutto a posto?”

Finn rimase in silenzio, contemplando la città. Non erano le luci a cui era stato abituato, non erano i volti a cui era stato abituato. Ma ora era li, e il passato non contava.

“Tutto a posto.”

 
L’urlo della ragazza fu spezzato ancora prima che potesse uscire dalle sue labbra perfette. La testa del ragazzo colpì violentemente il vetro del finestrino, frantumandolo.

 
Finn e Rachel camminarono in silenzio per i restanti sei isolati, e infine arrivarono al centro di Times Square. Finn sorrise dolcemente a Rachel, come volendosi far perdonare la sua precedente tristezza. Rachel strinse la sua mano.

“Hai fame?”

Finn si guardò intorno, prima di trascinare la ragazza contro di se.

“Ho sete.”

Affermò prima di baciare dolcemente le sue labbra.

Dopo pochi minuti Rachel si staccò da lui e sorridendo lo guidò verso un pub che l’anno prima aveva frequentato molto spesso con alcuni compagni.

Fu nel momento in cui Finn si girò un attimo a contemplare ancora una volta l’immensa piazza che la vide. La vide solo di sfuggita, una piccola ombra di una piccola e scura figura. Teneva in mano due bicchieroni di caffè, nonostante fossero quasi le 10 di sera. I lunghi capelli ricadevano lungo la schiena e le gambe erano nude nonostante la bassa temperatura. Il sorriso genuino che indirizzò a qualcuno in lontananza gli fece tremare le ginocchia e in fretta Finn si voltò e seguì Rachel nel pub, il cuore che gli batteva forte nel petto.

 

_______

Angolo delle Laras

dopo la partita dell'Italia, ecco il quinto capitolo.

La mia socia è già a nanna ma domani metterò il suo commento. Comunque, credo che questo sia uno dei miei capitoli preferiti della storia e certe cose vi sembreranno confuse e strane ma non vi preoccupate, era il nostro scopo LOL! xD


Ringrazio sempre con tanto amore chi commenta e chi segue la storia in silenzio. Grazie mille.

Lara (persempretusarai) e Lara (Nano)

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Capitolo 6
*** chapter six. ***


Just a dream.

 

Capitolo sei.
 

Delle urla svegliarono Rachel nel cuore della notte e vide il suo Finn muoversi nel letto in preda ad un incubo che solo lei, forse, poteva liberarlo. Si avvicinò di più a lui e incominciò a baciarlo dolcemente su ogni parte del viso.

“Amore, sono qui. Sono qui”, continuava a sussurrare cercando di calmarlo.

Andava avanti da giorni, ormai. C’era qualcosa che tormentava Finn rubandogli il sonno e il sorriso, anche se cercava in tutti i modi di nasconderlo. Qualcosa che centrava il passato e che faceva male. E in qualche modo, anche la felicità di Rachel era stata toccata: oltre a percepire il disagio di Finn – qualunque fosse – sentiva da giorni dei dolori al petto e spesso doveva ricorrere a medicinali per far fermare l’allucinante mal di testa che le faceva compagnia. Aveva attribuito tutto a una stanchezza da lezioni ma in cuor suo sentiva che era successo qualcosa di strano, che non la riguardava direttamente ma che, forse, avrebbe cambiato il corso degli eventi.

Dopo che Finn riuscì a dormire come un sasso senza incubi, si erano fatte ormai le cinque del mattino. Con delicatezza scese dal letto, si mise la vestaglia e andò in cucina a bere un po’ di acqua. Non aveva proprio intenzione di andare a lezione, quel mattino, così prese il telefono e scrisse a Kurt così da non farlo preoccupare. Voleva completamente prepararsi per i festeggiamenti del Ringraziamento e trovare un hotel confortevole per Burt e Carole che sarebbero arrivati in città nei giorni seguenti.

A piedi nudi si avvicinò alla finestra e si mise ad ammirare la vista della sua New York. I ricordi s’impossessarono di lei portandola a molti mesi prima, quando il suo Finn era ritornato nella sua vita.

Era una giornata afosa di fine maggio e la consegna del saggio di fine anno era sempre più vicino. Blaine e Kurt stavano cercando in tutti i modi di convincerla ad andare a mangiare nel loro locale preferito dove offrivano il karaoke. “Non posso, devo sistemare il saggio”, aveva detto.

“Ti stai massacrando con questo saggio. È da quando te l’hanno assegnato che ci stai lavorando. Andrà tutto bene”, la riproverò Kurt. Si ricordava solo che desiderava stare nel suo appartamento a vedere il “The Rocky Horror Show” e affogarsi nella grande confezione di gelato alla pesca.

Avvenne tutto così velocemente e in modo confuso, poco dopo: avevano suonato al suo campanello e se lo era trovato davanti, più bello di quando si erano separati e lo aveva fatto accomodare.

“È un appartamento grande quanto…”, iniziò lui, “… una scatola di scarpe” aveva terminato mentre Rachel cercava di rimanere lucida. Poi le aveva fatto quell’osservazione sull’anello e le era crollata tutta la corazza che si era costruita con la sua distanza. E senza fiato aveva detto che non lo aveva mai tolto e che non avrebbe retto mai più un’altra separazione. Tra un bacio disperato e l’altro lui aveva detto “Per sempre. Rimarrò per sempre”

Dei passi dietro di lei la riportarono al presente e fu avvolta da braccia forti e muscolose.
“Stai meglio, Finn? Prima mi hai fatto preoccupare”
“Ho solo avuto un brutto incubo. Mi dispiace averti svegliato”
“Non ti preoccupare di me.”

 

Dopo aver chiuso l’acqua ed essersi messa un asciugamano attorno al piccolo corpo, uscì dal bagno e trovò il suo ragazzo già sveglio che la guardava incantato.

“Buongiorno”

“Buongiorno”, disse lui baciandole la spalla che profumava di vaniglia e, accorgendosi di una goccia che scendeva fra i seni, si affrettò a catturarla e si mise a giocare con i suoi lunghi capelli sfilandole completamente l’asciugamano che, in quel momento, era diventato inutile. Delle risate e dei piccoli gemiti di piacere provenivano dalla ragazza e staccandosi da lui, andò nuda verso l’armadio estraendo dai cassetti la sua biancheria intima e un vestitino azzurro.

“Dai pigrone, vestiti e usciamo. Devi assolutamente assaporare l’aria di New York”.


“Devi andare a lezione, oggi? Non riesci a stare a casa”

“Oggi ho solo due lezioni, però non posso mancare, lo sai. Voglio quel ruolo. Ma oggi pomeriggio sono tutto tuo”, disse Finn baciando Rachel sull’uscio di casa prima di uscire per andarea lezione. Doveva ringraziare molte volte Rachel. Se non fosse stata accanto a lui, ora sarebbe come suo padre. Pensava che andando in Georgia, tra la vita dei militari, avrebbe ritrovato il suo papà e si sarebbe sentito un eroe per sua madre, per i suoi amici e per la sua Rachel. Ma si sbagliava. La guerra lo aveva distrutto, mostrandogli i più brutti scenari della vita che lo tormentavano tutt’oggi nei momenti di debolezza. Urla di ragazze che venivano violentate dai propri compagni – glielo avevano proposto ma si era rifiutato. In ognuna di loro gli sembrava di vedere un po’ di Rachel, chi negli occhi, chi nelle labbra, chi nei movimenti. Finiva sempre alla sera a nascondersi dentro se stesso e vomitare tutto mentre la notte lo inghiottiva.

E dopo quell’episodio aveva detto basta. Aveva chiesto il congedo e prese il primo volo per New York per cercare di vivere, perché in quei due anni aveva solo sopravvissuto.



L’aria di New York entrava nelle narici e, anche se odorava di smog e asfalto, era una sensazione fantastica, soprattutto se si è originari di questa città. E se era già magica di suo, lo era ancora di più con il fascino di due ragazzi che camminavano tranquillamente per le strade mano nella mano riservandosi dei sorrisi intimi e sguardi innamorati. Tutto attorno a loro si accendeva del loro amore, e chi passava di fianco a loro, poteva percepire il loro amore.

Il caso o per altri fattori si erano trovati davanti da Sardi’s, uno dei ristoranti che aveva segnato in qualche modo il loro rapporto.

“Entriamo? Però, questa volta ci mangiamo veramente!”, disse il ragazzo sorridendo ed entrando nell’edificio.

Ordinarono e si tuffarono nel passato, ricordando gli avvenimenti di New York, degli scherzi con la loro seconda famiglia.

“Hai preso in considerazione quel film da girare a Los Angeles?”
“Sto valutando ma non ne sono sicuro”
“Ho letto il copione, non sarebbe male. Anzi, secondo me il personaggio di James potrebbe essere perfetto per te. Poi io lavorerò tra poco qua a New York. Sapere che lavori mi rende più tranquilla”
“Sei gelosa?”, iniziò a ridere.
“No, scemo. È per la distanza. Sapere che entrambi stiamo lavorando su dei progetti mi piace e poi saremmo completamente concentrati sul lavoro”
“Ok, sei gelosa”
“Ma non è vero! E poi nessuno ti rende occupato come faccio io”
“Qui signorina devo pensare male, molto male.”
“Pensa quello che vuoi ma non puoi dire che non abbia ragione”. La ragazza si alzò e con sguardo malizioso si diresse nella direzione del bagno, dove poco dopo fu raggiunta dal suo ragazzo.

_______

Angolo delle Laras

dovevo pubblicare il capitolo ieri sera ma ho finito di lavorare alle due di notte ed ero troppo stanca.

Siamo arrivati al capitolo sei e le cose continuano ad essere un po' confuse ma non esitate a scrivere il vostro parere sulla storia e spero che questa fan fiction vi catturi come sta facendo con noi. (:


Ringrazio sempre chi commenta e chi segue la storia in silenzio. Grazie mille.

Lara (persempretusarai) e Lara (Nano)

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Capitolo 7
*** chapter seven. ***


Just a dream.

 

Capitolo sette.


Rachel si buttò esausta sul letto ancora disfatto. Era stata una settimana infinita, piena di stress e di grandi avvenimenti. Il martedì erano arrivati Carole e Burt da Lima ed era iniziato il panico. Rachel aveva rinunciato a ben due giorni di lezioni per prepararsi al loro arrivo e organizzare il Ringraziamento, ma ancora mancavano molte cose. Il mattino del Ringraziamento, Finn era uscito molto presto dopo una nottata piuttosto tranquilla ed aveva sostituito la sua corsa mattutina con una bella passeggiata in compagnia di Burt e di chiacchiere maschili in giro per New York. Carole aveva invece preferito aiutare Rachel in cucina, cosicché quando i due uomini erano tornati dopo alcune ore, la tavola era già parzialmente allestita e un ottimo tacchino cuoceva nel forno. Finn aveva stretto le mani attorno al corpo di Rachel e le aveva baciato la testa, ringraziandola sottovoce. Nel pomeriggio Finn aveva sonnecchiato sul divano mentre Rachel chiacchierava tranquilla con i suoi genitori e infine erano tutti e quattro usciti per un ultima passeggiata, prima che Carole e Burt riprendessero l’aereo. Erano rimasti solo due giorni, ma erano stati immensamente felici di vedere i ragazzi felici  e con la loro vita. Il resto della settimana era stato un rincorrersi di impegni, di lezioni, di notti insonni e di baci rubati tra un pranzo e l’altro. La routine stava prendendo il sopravvento nella loro vita e Rachel era sempre più preoccupata dei silenzi di Finn. Si rigirò nel letto, respirando il profumo sul cuscino del fidanzato e sperando che tornasse a casa presto. Il weekend era appena cominciato, in fondo, e aveva tutte le intenzioni di stare il più tempo possibile con lui.

Finn attraversò scattando la strada e si immerse nell’ombra di Central Park. I suoi passi rimbombavano sull’asfalto e doveva ancora decidere se rimanere li o se andare a correre sul prato. L’indecisione lo attanagliava sempre ma sapeva cosa alla fine avrebbe scelto. Il prato era una soluzione troppo libera, era al freddo e duro asfalto che era tristemente abituato. Si spostò a lato della strada e continuò la sua corsa, tra decine di newyorkesi mattutini come lui. Cosa c’era che non andava? Perché negli ultimi giorni la sua tranquillità era così turbata? La notte precedente aveva riflettuto, al buio, mentre Rachel respirava piano al suo fianco, ed era arrivato alla conclusione che non era stata la scena di quel bambino a scatenare i ricordi in lui. O meglio, in parte lo era stata. Si era rispecchiato molto in quel bambino, abbandonato dal padre, che aveva dovuto soccorrere per poi vederlo morire tra le sue braccia colpito a morte dal suo stesso padre inferocito. E vedere il bambino perso per strada qualche settimana prima aveva sconvolto la sua tranquillità interiore. Ma non era stato solo quello. C’era stata un ombra, un ombra che conosceva fin troppo bene e che aveva attraversato la sua mente infinite volte in Georgia. Un’ombra che vedeva in sogno, in veglia e ogni giorno alla luce del sole. Era una piccola ombra di una ragazza sottile e dai capelli lunghi, ma era solo un’ombra. Non poteva scorgere il suo brillante sorriso, né i suoi dolci occhi, né le sue dita fresche. Poteva coglierne solo il contorno, ma sapeva a chi apparteneva. Rachel. La Rachel che aveva lasciato a casa, a migliaia di chilometri, e che vedeva in ogni istante. O meglio, che gli sembrava di vedere in ogni istante. Quando era tornato a casa, l’ombra era scomparsa, non lo aveva più tormentato, ed era stata sostituita dalla vera figura di Rachel, delicata e bellissima. Ma ora era ricomparsa. Ogni mattina, quando usciva, ogni sera, quando passeggiavano, ogni pomeriggio, mentre andava a lezione, ecco che ogni tanto l’ombra compariva, a un lato della strada, sotto un semaforo, dentro a un taxi, dietro a un albero. Per Finn l’incubo era tornato, inseguire l’ombra, e nonostante il più delle volte Rachel fosse al suo fianco, non riusciva a convincersi. Se lei era li, perché l’ombra continuava ad inseguirlo?
 

“Dai dai dai, ti prego ti prego ti prego. Ti prego.”Guardò gli occhi della ragazza e sorrise. L’aveva in pugno.
“Ti prego.” Ripetè piano vicino al suo orecchio.
“Ah, d’accordo, che noioso che sei!” La ragazza scese dal letto e si alzò sulle punte dei piedi per baciare le labbra del gigante ragazzo in piedi davanti a lei.
“Adesso mi vesto e poi andiamo a fare colazione.”
“E poi andiamo al parco.”  Le fece di nuovo gli occhi dolci. Era ingiusto, e scorretto.
“E poi andiamo al parco.”

 
Stava ripercorrendo la strada al contrario, diretto a casa, quando qualcosa attirò la sua attenzione. Si bloccò di colpo, causando le imprecazioni di alcuni ciclisti dietro di lui, e sentì il cuore accelerare i battiti. L’aveva vista. Chiaramente. Non era un’ombra, era la copia esatta di Rachel. Camminava dritta nel parco. Ma così com’era comparsa, era scomparsa. Finn rimase alcuni minuti immobile. Rachel era a casa, era praticamente impossibile che fosse li e soprattutto che passeggiasse con qualcuno, come gli era parso. Ripartì correndo sperando di rivederla, ma la ragazza era scomparsa. Stava impazzendo, si disse.
 

La ragazza strinse la mano del ragazzo al suo fianco e succhiò dalla cannuccia del suo bicchiere di frullato.

“Allora hai deciso?”
“Si, direi che accetto la parte. Così possiamo stare insieme.”
La ragazza sorrise dolcemente e protese le labbra, aspettando un bacio che non arrivò. Il ragazzo si chinò verso di lei evitando le labbra e arrivando direttamente al bicchiere di frullato.
“Dai!”
Il ragazzo la guardò dall’alto della sua imponente altezza, sorridendo sornione.
La piccola ragazza al suo fianco aveva messo il broncio e mordicchiava la cannuccia, tenendo gli occhi bassi e camminando al suo fianco.
“Grazie per avermi portato a passeggiare nel parco.”
“E’ quello che si fa con i cani.” Affermò la ragazza.
“Ti amo.”
Le labbra della ragazza si piegarono in un sorriso, ma finse di essere interessata a un ragazzo che la fissava fermo sulla strada.
“Anche io.” Mormorò piano, tendendo il bicchiere di frullato al ragazzo al suo fianco, lasciandoglielo finire.

 


“Amore sono a casa!”
Rachel si precipitò alla porta e accolse con un abbraccio il fidanzato.
“Ehi, sono tutto sudato!” Finn sorrise.
“Si fai un po’ schifo..”
Finn la sollevò e la portò in bagno con lui.
“Fai la doccia con me?”
Rachel sorrise e gli mordicchiò un orecchio, cominciando a spogliarsi.
“Sei rimasta qui tutta la mattina?”
“Si ho dormicchiato un po’ e ho pulito qua e la, perché?”
“Niente, tranquilla.”
Finn aprì la porta della doccia e la fece accomodare all’interno. Prima di seguirla si guardò allo specchio, cercando di sembrare tranquillo e a suo agio.

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Angolo delle Laras

Buongiorno (o buonasera) lettori e lettrici :)
 
Qui è Lara numero 2 che vi parla (Nano) e fondamentalmente vi ringrazio di cuore per tutti i commenti e per la continuità con cui leggete la nostra storia.
 
Questo capitolo dovrebbe intrigarvi molto, ci siamo impegnate per entrare a fondo nei pensieri di Finn e speriamo che vi piaccia!
 
E chi saranno questi due nuovi personaggi di cui leggiamo qualche dialogo qua e la? 
 
Restate sintonizzati e presto (o tardi) tutto sarà (più o meno) svelato!
 
Un bacio a tutti, Lara (Nano) e Lara (persempretusarai)

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Capitolo 8
*** chapter eight. ***


Just a dream.

 

Capitolo otto.

 

“Ho guardato il copione e sono così eccitata di iniziare. E devono ancora scegliere i due personaggi secondari. Ho sentito dire che non sono ancora sul panorama cinematografico.”

“Non sono quelli dall’Actor Studio? È un grande impegno investire su di loro”

“Ehm… sì. In teoria sì”, disse pensierosa la ragazza, “È una delle migliori scuole di recitazione, se si vuole puntare su di loro, ci sarà un buon motivo.”

Si alzò dalla sedia della cucina e si diresse verso il suo ragazzo che guardava beato un programma sportivo e, sedendosi sulle sue gambe cominciò a mordicchiare il lobo dell’orecchio e a lasciare una scia di baci che partivano dall’alto e scendevano al collo, succhiando in seguito la pelle. Di tutta risposta il ragazzo posò le grandi mani sul suo sedere per avvicinarla per poi unire le proprie labbra in qualcosa di esplosivo e maledettamente eccitante.

 

 

Ci sono dei giorni che attendi con tutto te stesso, li segni perfino sul calendario con un grande cerchio rosso e aspetti. Ed era quello che faceva Finn. Tra incubi, incontri casuali con una ragazza che sembrava identica a Rachel, era riuscito a dedicarsi totalmente allo studio per prendersi quella parte secondaria in quel film.

Quel giorno era arrivato, si era svegliato più energico del solito e continuava a girare per tutto l’appartamento.

“Tesoro, la parte sarà tua, ne sono certa”, disse Rachel passandogli la tazza contenente il caffè.

“Lo spero.”, sussurrò.

“Vieni qua”, disse e venne raggiunta subito da Finn, “Tutti noi crediamo in te: io, tua madre, Burt e tutto il resto del Glee Club. Sei partito da eroe e sei tornato da eroe. Sei cresciuto ma la tua determinazione non è mai andata via, è sempre stata con te. Lo so che desideri tanto quella parte per far vedere a tutto il mondo che puoi farcela perché ti sei sempre sentito insicuro. E ce la farai perché se sei dentro in quella scuola, ci sarà un motivo. Forse due anni fa non eri pronto ma, ora lo sei.”

“Ti amo così tanto, Rachel”

“Per sempre. Ora andiamo e vai a prendere quello che è tuo”. Si diedero un ultimo bacio e entrambi raggiunsero la rispettiva scuola.

 

Per Rachel la NYADA era il primo passo per raggiungere il suo mondo: Broadway. Quella scuola faceva decisamente per lei e non era considerata come “la provinciale ragazza che vive di sogni” ma come una potenziale artista. Lo stesso era per i suoi “colleghi” e adorava la competizione professionale che c’era tra di loro. Tutti puntavano al massimo e avere le parti in qualche spettacolo organizzato dalla scuola era veramente difficile ma, qualche volta ci era riuscita. Come la parte di Anna Frank che aveva ottenuto nello spettacolo in memoria delle vittime dell’olocausto.

“Ehi, Rach!”, disse Tasha avvicinandosi a lei.

“Ciao, Tasha. Tutto bene?”

“Sì, sì. Ah, ti devo raccontare la serata che ho passato con Christian. Ma dimmi di te, che ti vedo tesa come una corda di violino”

“È per via di Finn. Oggi comunicheranno i prescelti per quel ruolo secondario del film che ti ho detto e non vedo l’ora di sapere che è stato preso. Sento che sarà suo.”

“Andrà tutto bene.”

“Prima che arrivi quella comare di Kurt”, disse Rachel ridendo, “racconta un po’ della serata passata con Christian”

 

“Buongiorno, ragazzi. Sono certo che siate tutti ansiosi di sapere chi sarà scelto quindi accomodatevi pure”, il professore occupava il palco del teatro della scuola mentre cercava di far accomodare nelle poltroncine tutti i suoi studenti, “Siete stati tutti molto disponibili e questo fa capire che siete gli studenti che noi vogliamo in questa scuola”. Finn si mise nelle zone centrali cercando di rimanere calmo e provando in tutti i modi di non mangiarsi le unghie. Nella sua mente passavano frasi contrastanti tra loro come “Mi sono impegnato, devono scegliere me” al “No, non lo passerò. Farò vedere ancora una volta di non essere all’altezza.”

Un battito di mani lo riportò alla realtà quando comunicarono il nome della ragazza, una certa Susan Polvesky. Una morsa allo stomaco lo prese in pieno, facendogli sudare freddo. Non era stato mai così ansioso in vita sua – anche se la guerra l’aveva messo a dura prova emotivamente ma è un’altra storia – e desiderava alzarsi e scappare, magari facendosi cullare dalle braccia della sua Rachel che lo consolava e gli donava ogni singola doccia del suo amore.

“Finn Hudson”

Aveva sentito bene? Era davvero il suo nome quello che aveva appena comunicato il professore? Sbatté più volte le palpebre per riacquistare un po’ di lucidità mentre attorno a sé arieggiava uno scroscio di applausi, di qualche “sei grande” e di piccoli schiamazzi di ragazze presenti nel teatro. Si alzò e, senza inciampare, aveva raggiunto il palco prendendosi le lodi dal suo insegnante.

“Comunicheremo alla protagonista i vostri nomi così da iniziare a conoscervi e iniziare il vostro cammino verso il sogno che custodite dentro di voi. A giorni avrete il copione e i primi incontri con il regista e il resto del cast. In bocca al lupo e rendeteci orgogliosi di voi."

 

La porta si chiuse ed entrò una Rachel stanchissima e senza forze. Si aspettava di essere sola in casa ma vide la luce accesa della camera da letto. Si tolse il cappotto e i stivaletti che portava ai piedi e si diresse nella stanza trovando un Finn steso sul letto a guardare il soffitto con un’espressione rilassata ma felice sul volto.

“Amore, sei già a casa”, disse Finn alzandosi e avvicinandosi a lei.

“Sì, anche se è stato abbastanza pesante come lezione. A te come è andata? Hanno comunicato i prescelti?”, chiese con voce ansiosa. Lui semplicemente le porse una busta e con delicatezza l’aprì.

Sig. Hudson,
l’impegno dimostrato in questi mesi di prove, lezioni ha colpito moltissimo la nostra scuola e i produttori del film.
Le comunichiamo, quindi, che Lei è stato preso per partecipare come ruolo secondario.
A breve riceverà il copione.

“Ommiodio, tesoro, ce l’hai fatta. Ce l’hai fatta!”, disse Rachel buttandosi nel corpo del suo ragazzo stringendolo a sé e incominciando a baciarlo su tutto il corpo mentre lacrime di gioia scendevano sul suo viso.

 
 

“Con tutto questo sesso che facciamo mi sta distruggendo”

“Sei già stanco di me, caro?”

“No, mai.”, disse il grande ragazzo mentre scorreva le proprie dita sulla schiena nuda della ragazza.

Un segnale acustico li riportò al mondo reale, annunciando così l’arrivo della posta sul computer di lei.

Si alzò, mettendosi una maglia trovata sul pavimento e si avvicinò ad aprire la posta.

“Ah, è il regista”, disse mentre scorreva lo sguardo al messaggio quando si bloccò alla lettura dei nomi.

Susan Polvesky
Finn Hudson

“Questo è uno scherzo, non è possibile.”

 

_______

Angolo delle Laras

Buon pomeriggio, cari lettori.
La scorsa settimana non sono riuscita ad aggiornare ma quando ti trovi a lavorare e finisci tardi, la voglia di aggiornare è poca. Poi domenica scorsa è stato il mio ultimo giorno di lavoro ed ero andata a festeggiare lol.
Comunque, visto che questo non interessa a nessuno, passiamo al capitolo che è la cosa più importante. 
Signori e signore, le cose iniziano a farsi interessanti ora. Avete capito chi sono i due ragazzi misteriosi o avete ancora qualche dubbio? non temete, i nomi li saprete prossimamente. A parte questo, siete contente per Finn? io decisamente sì! *fangirling modeON* finalmente ha la sua occasione per dimostrare che anche lui può essere qualcuno. *___*
sto decisamente sclerando ma va beh.
ringrazio ovviamente tutte le persone che leggono sia in silenzio e chi lascia delle recensioni. non sapete quanto ci fa piacere e soprattutto a me che è la prima esperienza qui su EFP. Grazie di cuore. :3

Un bacio enorme,
persempretusarai e Nano.

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Capitolo 9
*** chapter nine. ***


Just a dream.

 

Capitolo nove.


“No, no. È il panico. Come si fa? Come faccio? COSA faccio?”

Per l’ennesima volta Finn percorse il corridoio dell’appartamento e si bloccò davanti alla porta della camera da letto.

Premette con forza il telefono all’orecchio e gridò un disperato “COSA FACCIO!” a un tranquillissimo Kurt, prima di buttarsi sul letto al centro della stanza. Fissò per un attimo il soffitto giallo, in silenzio.

“Hai finito?” Domandò Kurt a bassa voce.

“Si.”

“Bene. Finn, non preoccuparti, è il primo dicembre, abbiamo almeno due settimane ancora per pensare al compleanno di Rachel.”

Finn respirò profondamente.

“No, è il panico, Kurt, non si può, devo fare una cosa grandiosa, devo fare in modo che sia il compleanno migliore che abbia mai trascorso.”

“Finn, lo sarà. Ogni mattino la incontro e tutto quello che vedo in lei è felicità. Felicità perché sei con lei, perché siete a New York, perché hai avuto la parte e lavori sodo. Sarà il compleanno migliore per lei.”

Finn si alzò dal letto e scrutò l’orologio. Salutò velocemente Kurt ed uscì dubbioso di casa.

 

“Buongiorno micina.”

“Mmh.”

“Coraggio, non hai voglia di un bel caffè?”

“No.”

La piccola ragazza voltò la testa dalla parte opposta e continuò a dormire.

“Eddai. Lo so che lo vuoi.” Le toccò il naso con le dita e cominciò a baciarle il collo.

“No.”

Il ragazzo continuò imperterrito a baciarle e a leccarle il collo, ignorando il respiro della ragazza che si faceva via via più pesante.

“Non lo voglio il caffè. Non mi voglio alzare, non voglio andare a lavorare, non voglio conoscere quei tipi e non voglio lasciare il mio letto.”

“A parte che sei nel mio, di letti, devi andare principessa e devi brillare più di tutti gli altri. Farai vedere quanto sei brava e professionale e spaccherai i culi a tutti, va bene?”

La fissò un attimo prima di piegarle il viso fino ad incontrare le sue labbra, che baciò delicatamente.

“Ehi.” Lo richiamò prima che si allontanasse.

“Si?”

“Lo vorrei un goccino di caffè.”

Il ragazzo uscì dalla stanza sorridendo trionfante.

 

“E poi?” Insistette Rachel, premendo il telefono all’orecchio, ansiosa di sapere di più.

“E poi nulla, entrano questi due attori, un tipo altissimo e una ragazza mingherlina e dai capelli lunghi e Susan si presenta immediatamente, sai com’è fatta. Io sto un po’ in disparte, ma poi questo tipo, Brad, si avvicina e mi stringe la mano. E’ fatta, Rachel,  sono uno di loro. La ragazza stava un po’ più sulle sue ma è andata bene anche con lei. Abbiamo passato il pomeriggio a discutere e a riguardare il copione.”

“Oddio Finn sono così felice per te! Dobbiamo assolutamente festeggiare stasera!” Rachel represse un urletto eccitato e controllò che i suoi compagni di corso non avessero notato il suo rumoreggiare.

“Quanto ti manca?”

Rachel fece un segno a Tasha, che la guardò di traverso prima di mimarle un numero.

“Una mezz’ora. Poi corro a casa.”

“Ti aspetto qui.”

“Ti amo, Finn.”

Rachel riattaccò e ripose il telefono, sorridendo.

Finn  si lanciò sul letto. La giornata non era andata esattamente come aveva raccontato a Rachel. Non le aveva raccontato della stretta al cuore che aveva avuto varcando i cancelli del set al fianco di una super eccitata Susan. Non aveva raccontato di come si fosse sentito piccolo di fronte alla grandezza di quei due attori. Non aveva raccontato del fiato che si era spezzato nel momento in cui aveva scoperto che la ragazza che sarebbe stata la protagonista del film era l’esatta copia di Rachel. Non aveva raccontato del brivido che aveva percorso la sua schiena quando, stringendo la mano della ragazza, dalle sue labbra perfette era uscito solo un nome. “Lea.” Si era presentata prima di voltarsi a chiacchierare con il suo collega attore. Non aveva raccontato a Rachel di come quel viso e quel nome, Lea, fossero rimasti nella sua mente, affascinandolo.

 

“Si, tutto ok!”

“Hai visto! E tu non volevi andare, rompiscatole!”

La ragazza lanciò un cuscino verso il ragazzo.

“Dai, Lea, lo sai che avevo ragione!”.

“Probabile. Ma è stato istruttivo. Susan, una dei due, è molto carina. L’altro è un po’ sulle sue, ma neanche tanto simpatico.”

“Finn?”

“Già.”

 

_______

Angolo delle Laras

Buona sera, cari lettori.
Io e la mia poca voglia di pubblicare di domenica. .-. credo che alla fine prendo la decisione di pubblicare ufficialmente di lunedì, forse è meglio. u.u
ma passiamo al capitolo. non è molto lungo ma diciamo importante per la storia. Avete capito chi è la protagonista del film? Lea, sì, quella Lea. *rullo di tamburi* Lea Michele Sarfati!
ma cosa ci farà Lea in mezzo alla realtà di Finn Hudson? AHAHAHA, lo scoprirete presto(?) comunque, si, siamo pazze. Ma Lea non è sola, quindi ne succederanno delle belle!
E dopo questa scoperta così intensa, volevo ringraziare ovviamente RRoberta per la sua disponibilità a commentare ogni capitolo; le ragazze che hanno mostrato un amore per la FF direttamente dal gruppo FB 'Gleeks. <3'e chi rimane un lettore silenzioso. Speriamo di non avervi deluso e alla prossima!

Un bacio enorme,
persempretusarai e Nano.

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Capitolo 10
*** chapter ten. ***


Just a dream.

 

Capitolo dieci.

Aveva lavorato con molte persone nel corso degli anni, chi era famoso e chi ancora alla ricerca della ribalta ma tutti erano rimasti incantati dal sorriso contagioso e allegro di Lea. Tutti tranne Finn Hudson. Era l’unico che ancora non parlava apertamente con lei e rimaneva sulle sue cercando di non infastidire nessuno.

L’aveva osservato nei primi giorni di conoscenza tra il cast e aveva notato come si guardava intorno con attenzione – a confronto di Susan che era una macchina esplosiva di parole e cercava di farsi amici più persone possibili. Ma una cosa che l’aveva colpita dall’inizio era lo sguardo assente e vuoto che lo colpiva nei momenti di stanchezza. Apparivano grandi occhiaie e il suo sesto senso le suggeriva che dietro a quella fragilità ci stava una storia dura e combattuta, perlopiù non raccontata a qualcuno di vicino a lui. Quella fragilità però scompariva quando rispondeva al telefono e i suoi occhi si illuminavano. Forse perché parlava con la sua ragazza, pensò Lea. Ma si susseguirono altre domande: Perché aveva deciso di puntare a questo film? Qual’era stato il motivo a spingerlo ad entrare all’Actor Studio?.

Ma soprattutto si chiedeva perché continuava ad avere la sensazione che la sua partecipazione non fosse del tutto casuale?

Scosse la testa dandosi della stupida per aver pensato a simili scemenze e poco dopo vide uscire dal bagno il suo ragazzo. Portava solo un asciugamano in vita evidenziando gli ultimi progressi dell’elevata attività fisica imposta dal regista. Lo guardò sentendosi offesa per non aver partecipato alla doccia

“Perché non mi hai chiamato?”, disse con voce lamentosa.

“Stavi dormendo e non volevo svegliarti”

“Non ti dico niente solo perché non lavoro.”

“Allora”, disse Cory baciandole la fronte, “sono fortunato. Comunque, io ho un impegno con la band. Riesci a stare senza di me per tutto il giorno?”

“Ehm…”, mugugno mentre baciando il petto di Cory una mano scendeva verso l’asciugamano, “…ci proverò” disse mentre dedicava dei piccoli massaggi dall’erezione del suo ragazzo.

“Lo sai che dopo dovrò farmi un’altra doccia?”

“Meglio. Così la prossima volta impari a farla senza di me”, disse ridendo mentre Cory le stuzzicava un capezzolo, lasciando sul collo una scia di baci. E prima di liberare la mente e dedicarsi al piacere, Lea aveva pensato a Finn e si promise che l’avrebbe chiamato.

 
 

La mano di Finn scorreva delicatamente sulla schiena nuda di Rachel mentre lei lasciava dei baci sulle cicatrici che occupavano il busto del suo compagno.

“Ogni ferita ha un ricordo”, sussurrò Rachel, “fanno male?”, chiese mentre con le dita sfiorava una cicatrice appena sopra il ventre.

“Un po’ ma avendo te passa il dolore.”

“Non mi hai mai raccontato il tuo soggiorno in guerra. So che non è un argomento da affrontare a tavola ma vorrei sapere.”

“Non mi è successo nulla di particolare, solite cose da soldato”, mentì Finn mentre nella loro camera scendeva un silenzio indagatore.

“Finn?"

“Dimmi, amore”

“Mi prometti che un giorno ci racconteremo tutto?”, chiese Rachel. Si era promessa di soddisfare la sua curiosità e di aiutare in qualche modo il suo Finn ma senza sapere non poteva soccorrerlo dalla voragine che pian piano lo stava catturando. Anche se faceva finta di nulla, notava in qualche momento della giornata, l’allontanamento di Finn dalla realtà per essere catturato dai ricordi e tutti, ci avrebbe giurato, riguardavano la guerra.

“Lo prometto”, rispose baciandole la fronte. Stava per proseguire verso lo zigomo quando squillò il telefono.

“Ma chi è che chiama di sabato mattina?”, sbuffò Rachel immergendo la testa nel cuscino e Finn andò a rispondere.

 

“Pronto?”

Finn Hudson, giusto? Ciao. Sono Lea. Ti ho disturbato?

“N-no. D-dimmi pure”, rispose cercando di non far capire a nessuna delle due ragazze il suo imbarazzo.

Volevo chiederti se sei disponibile per un pranzo di lavoro con me. Sai, mi piace molto interagire con i miei colleghi e se vuoi dei consigli io sono pronta per offrirteli.

“Sei veramente gentile a offrirti come mentore. E qualche consiglio non mi farebbe male; quindi per me va bene.”

Perfetto! Sono così felice. Ci vediamo per le mezzogiorno e mezzo al ‘Gobo’. Ciao Finn

“A più tardi, ci vediamo.”

 

“Chi era?”
“Un collega. Mi ha invitato per pranzo e si offre come mentore per offrirmi dei consigli.”, mentì per metà. Finn era a conoscenza della gelosia della sua Rachel.
“Ma che cosa carina. Credo che ti farà bene. Casomai ne approfitto per andare a trovare Quinn. Che ne dici?”
“È da un bel po’ che non la vedi, le farebbe piacere vederti”

 
 

Lea, dopo aver fatto la doccia con Cory, andò a vestirsi e si preparò per dirigersi al ‘Gobo’ per pranzare con Finn.

Non era agitata, continuava a ripetersi nella sua testa, ma solo curiosa di scoprire qualcosa di lui.

Mancavano decisamente venti minuti e Finn era preso nel panico più totale. Che cosa poteva mettersi? Felpa non di sicuro, anche se da un po’ di anni le aveva un po’ abbandonate, e solo una maglietta gli sembrava troppo poco. Optò per una maglia a collo a V, con dei jeans scuri e una giacca. Guardò per l’ultima volta la divisa da soldato che giaceva in fondo all’armadio e lasciò la sua casa.

 

‘Gobo’ era un grazioso ristorante che offriva cucina vegana e abbastanza riservato da non disturbare Lea e Finn alle prese con il loro pranzo di lavoro.

“Allora, Finn. Come mai hai deciso di provare a partecipare a questo film?”, chiese Lea addentando la sua insalata.

“È la mia occasione per credere di più in me stesso. Sono accanto a persone ambiziose, che credono davvero nei propri sogni, nelle loro capacità. Io faccio tutt’ora fatica a credere in me, a rendermi conto che se sono all’Actor Studio, delle qualità ce le ho anch’io.”

Era il discorso più lungo che avesse mai fatto davanti a Lea – era difficile fare un discorso normale e sensato davanti a una bellezza così particolare e simile alla sua Rachel – e non le aveva mai rivolto lo sguardo per paura di cadere nella rete della sua perfezione. Finn ricordati quanto ami la tua futura moglie.

“Sai, Finn. Tutti noi abbiamo delle potenzialità e spetta solo a noi far vedere al mondo intero che possiamo essere qualcosa di importante, di sentirci orgogliosi di quello che facciamo. Sono sempre cresciuta nell’arte, amando il mio lavoro e Broadway e, credimi, cantare, recitare mi ha sempre fatto sentire davvero giusta nel mondo, come se una voce mi dicesse: ‘Lea, sei nata per emozionare la gente. È il tuo compito.’ Questo mi fa sentire speciale

“Sono dovuto scappare da una vita non mia. Voglio solo dimostrare che Finn può farcela”, sussurrò continuando a guardare il suo piatto ormai terminato.

Vide la piccola mano di Lea appoggiarsi sopra la sua e alzò lo sguardo, dove si scontrò con gli occhi grandi della ragazza.

“Ce la farai. Ti aiuterò, mi offrirò come amica, se tu lo vorrai.”

“G-grazie, Lea”

Lea sorrise dolcemente di fronte al grande ragazzo. Le venne in mente il fidanzato del suo personaggio preferito e pensò a quanto fosse simile, non solo per il nome ma anche per la fragilità. Sembrava che fosse uscito dalla testa di Ryan e che fosse diventato reale, con la sua vita e con i suoi sentimenti veri. Dopo aver pagato il conto – Finn offrì tutto lui, anche se era stata lei ad invitarlo – si separarono, tornando nelle loro dimore con tanti pensieri in testa e una tonnellata di farfalle allo stomaco.


_______

Angolo delle Laras

Saaaalve, gente!
Devo ancora riprendermi dal weekend di riprese a New York - che è tra un misto di fangirling puro per il Monchele e un'odio per la visione della Brochel - e volevo comunicare che, qualunque cosa possa accadere, non dobbiamo abbatterci. Noi Fincheliani siamo forti e lo devono essere anche i Klainers. L'amore vince sempre, non è giusto? Buona sera, cari lettori.

Passiamo alla storia. Con il capitolo scorso abbiamo svelato l'identità della protagonista del film ma pensavate che la lasciavamo da sola? Con lei c'è il caro Monteith, se no, che Fan Fiction Finchel/Monchele sarebbe? xD e se prima c'era più spazio ai pensieri dei Finchel, ora ci apriamo a scoprire meglio i Monchele. Sembra che ora Lea ha un maggiore spazio ma abbiamo così taaaante cose da raccontare.

Arriviamo ai ringraziamenti che quelli non mancano mai. Volevo ringraziare per le recensioni Shes_aGleek, Miss Wixen che è fresca fresca nel mondo di EFP - benvenuta da parte nostra - e Tatiadream. Ovviamente ringrazio il gruppo FB 'Gleeks. <3' e chi rimane semplicemente un lettore silenzioso.
a lunedì prossimo (:

Un bacio enorme,
persempretusarai e Nano.

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Capitolo 11
*** chapter eleven. ***


Just a dream.

 

Capitolo undici.

Il trillo della sveglia strappò Rachel dal suo bellissimo sogno e immediatamente lo dimenticò.

“Accidenti!” Si batté sconsolata una mano sulla fronte, cercando Finn al suo fianco.

Ma il letto era vuoto. Se non per una busta bianca.

 
 

Cory entrò silenzioso nella camera da letto ed appoggiò delicatamente un vassoio sul materasso. Si sporse e posò le labbra sulle labbra di Lea, che si stropicciò gli occhi ancora assonnati.

“Buongiorno piccola.”

“Buongiorno.”

Cory le porse una tazza di caffè e una brioche, poi si accomodò al suo fianco, morsicando una mela.

“Grazie.” Lea gli sorrise raggiante. “Cosa fai stamattina?”

Cory prese la tazza dalle sue mani e bevve un sorso di caffè.

“Direi un paio di commissioni e oggi pomeriggio prove intense con i ragazzi.”

Lea si avvicinò al ragazzo e sfregò il naso contro il suo.

“Pensi che riusciremo a ritagliarci un po’ di tempo per noi stasera?”

Cory le sorrise, prima di alzarsi e di cominciare a vestirsi.

“Direi proprio di si!”

Si chinò per baciarla, ma all’ultimo le lanciò una maglietta rossa e scoppiò a ridere.
 
 

Rachel stava passeggiando per Central Park, attendendo l’ora di pranzo. Finn le aveva lasciato una lettera quel mattino, la cosa più dolce che avesse mai fatto da… da sempre. Rachel sorrise tra se e se, sorseggiando il milk-shake alla fragola che si era fermata a comprare.

“Purtroppo stamattina devo discutere di alcune cose con i produttori e i colleghi, ma alle 12 sarò alle porte di Central Park e voglio trovarti li con il tuo vestito migliore.”

Rachel ripensò alla lettera di Finn e si lisciò il vestito azzurro.

“Voglio che questa giornata sia perfetta, per te, per noi. Ti amo da morire e neanche immagini quanto mi renda felice averti al mio fianco ogni giorno.”

Rachel sorrise beata e osservò uno scoiattolo correre su un ramo.

“Sei sempre stata la cosa migliore della mia vita, e niente cambierà quello che provo per te.”

“Ehi, attenta!”

Una voce interruppe i suoi pensieri e una alta figura le si parò davanti.

“Oh, mi scusi. Non guardavo dove andavo.”

Rachel scrutò il ragazzo davanti a lei. Era alto, gli occhi scuri.. o chiari? Non ne era sicura, ma erano bellissimi, come il resto di lui.

Il ragazzo rise.

“Lo avevo notato!”

Rachel arrossì e si guardò le mani.

“Sono Rachel.” Disse infine.

“Io sono Cory, piacere.”

Il ragazzo fece un largo sorriso e le porse la mano.

Rachel gli porse sovrappensiero la mano in cui teneva il milk-shake. Cory sorrise.

“E’ per me?”

Scherzò, indicando il bicchiere.

Rachel sorrise e cambiò mano, stringendo la sua.

“Decisamente no!”

“Ti andrebbe di accompagnarmi a prendermene uno?”

Rachel valutò la proposta. In fondo aveva ancora un paio d’ore prima dell’appuntamento con Finn.

“D’accordo.” Acconsentì infilando una mano nel braccio che Cory le porgeva.
 

Finn sorrise impercettibilmente incontrando lo sguardo serio di Lea. Gli era dispiaciuto lasciare Rachel proprio la mattina del suo compleanno, ma doveva assolutamente partecipare all’incontro se voleva davvero dare una bella impressione. Era indescrivibilmente attratto dalla ragazza di fronte a lui, come se non bastasse. La vibrazione del suo cellulare lo distrasse dai suoi pensieri.

Prendo milk-shake con sconosciuti alti e attraenti. Mi manchi.

Finn sorrise e digitò una veloce risposta per la sua adorata fidanzata. Nonostante l’attrazione che provava per Lea, non avrebbe mai potuto rinunciare a Rachel.

Fattelo offrire, almeno. Mi manchi anche tu J
 
 

Lea alzò gli occhi al cielo, maledicendosi per l’ennesima volta. Avrebbe fatto meglio a rimanere a letto, piuttosto che combattere nuovamente con la naturale attrazione che sentiva per Finn. No, non era corretto. Le facce della medaglia erano due, si sentiva attratta da lui inspiegabilmente ma al tempo stesso non provava un vero interesse per lui, e anzi, negli ultimi quaranta minuti la sua presenza l’aveva più volte infastidita. Confusa, digitò un veloce messaggio a Cory. Lui la faceva sempre sentire meglio.

Inquietanti colleghi di lavoro, perché sono uscita a pranzo con quel tipo?

Dopo qualche minuto il cellulare si illuminò.

Perché sei la persona più fantastica della Terra, piccola. Sto prendendo un milk-shake con la tua sosia, inquietante?

Lea sorrise prima di tornare a concentrarsi sul copione.
 
 

“E quindi tutto questo ti ha portata qui a New York?”

Domandò Cory, curioso.

“Eh già. Ma nonostante tutto questo è il mio sogno, e sono felice.”

Rachel lo guardò negli occhi e sorrise. Assomigliava così tanto al suo Finn.

Improvvisamente un tuono li avvisò dell’imminente temporale e Rachel si portò istintivamente le mani ai capelli, cercando di proteggerli.

“Dove sarebbe il tuo appuntamento?”

Le chiese Cory, mentre le prime gocce di pioggia cominciavano a scendere.

Rachel rise.

“All’ingresso del parco, tra la cinquantanovesima e la settima. Ma immagino che potrei dire a Finn di venire sotto a questo ponte.”

Cory le sorrise mentre digitava velocemente il messaggio.

“Sarà qui tra 10 minuti!”

Disse Rachel, eccitata.

“Spero abbia un ombrello!”

Ancora un paio di passi e furono sotto il ponte. La pioggia diventò ancora più forte e Cory si guardò intorno, sconsolato.

“Credo farei meglio a correre a casa, ho ancora un sacco di cose da fare.”

Rachel gli sorrise dolcemente.

“D’accordo. Arrivederci, Cory e grazie per la compagnia.”

“E’ stato un piacere!”Gridò Cory mentre correva via nella pioggia.

Rachel rimase imbambolata a guardarlo per qualche minuto. Avevano parlato per più di tre ore e non si era mai sentita così bene.

“Rachel!!”

La voce di Finn la distrasse dai suoi pensieri.

“Finn!”

Il ragazzo le corse incontro, fradicio, e spinse il suo corpo contro la fredda parete del ponte. Scostò i capelli bagnati dalla sua fronte e la baciò profondamente, incurante delle persone attorno a loro, incurante degli ombrelli, della pioggia, di Lea. Era la sua giornata e niente l’avrebbe rovinata.

“Buon compleanno piccola.”

Rachel gli sorrise.

“Ho cambiato i nostri programmi per la giornata, andiamo.”

Rachel lo attirò ancora una volta a se, godendo della meravigliosa sensazione del suo corpo umido e delle sue labbra bagnate.

_______

Angolo delle Laras

Buonasera (o buongiorno) cari gleeks.
Eccoci arrivati all'undicesimo capitolo - ah, come sta correndo il tempo.
Anche Rachel e Cory si sono conosciu
ti - dai, non sono adorabili? - ma loro non sono consapevoli che tutto sommato sono uniti dal destino. La nostra Rachel non sa che Lea è la fidanzata di Cory e Cory non sa che il ragazzo di Rachel partecipa al film con la sua ragazza.
Dalle ultime recensioni abbiamo visto che non riuscite a fidarvi completamente di Lea... Ha un caratterino la signorina, è un po' difficile da prendere e sicuramente lo avete notato anche il questo capitolo.
Vi ricordate le foto della settimana scorsa di New York? Bene, una pagina Facebook che io, persempretusarai, adoro e si chiama I'm forever yours, faithfully ha pubblicato questa foto con la didascalia 'Rachel Berry con Cory Monteith - Finn Hudson con Lea Michele'. non vi dice qualcosa? sembra proprio la nostra Fan Fiction. xD si, siamo delle streghe. avevamo previsto tutto quanto! AHAHAH *momento stupidità*
Vi starate chiedendo perché ancora Lea e Cory non hanno capito che quelli sono i loro personaggi ma diciamo che sono un po' giustificati. Ovviamente più avanti scoprirete il perché. *risata malvagia* ci piace mettervi in confusione.


Volevamo ringraziare, come sempre, per le recensioni Shes_aGleek, Miss Wixen, Tatiadream e RRobertaa. Ovviamente ringraziamo anche il gruppo FB 'Gleeks. <3' e chi rimane semplicemente un lettore silenzioso.

E, infine, ultime due notizie. la prima è una piccola anticipazione per il prossimo capitolo: preparatevi con l'ombrello che pioverà un bel po' di angst - quanto lo amo.
la seconda, invece, vi lasciamo semplicemente i nostri profili twitter. se volete scriverci, seguirci o quello che vi pare, potete trovarci qui: persempretusarai e Nano

Un bacio enorme, a lunedì prossimo.
persempretusarai e Nano.

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Capitolo 12
*** chapter twelve. ***


Just a dream.

 

Capitolo dodici.


Era da diverse ore che Cory era rinchiuso nello studio di registrazione cercando di non pensare alla forte emicrania che lo stava colpendo nelle ultime ore. Ma era difficile con il suono degli vari strumenti e lo sforzo nel cantare. Era come se mille pezzi di vetro si fossero conficcati nel suo cervello e qualcuno con una pinzetta toccava dei punti deboli nella sua testa. Non aveva mai avuto questi sintomi ma era da giorni che si sentiva particolarmente stanco.

La situazione sembrava essere sottocontrollo – dopotutto, nessuno dei ragazzi aveva notato la sofferenza di Cory – tranne quando caddero a terra le bacchette e il ragazzone sembrava sul punto di svenire.

“O mio dio, Cory. Stai bene?”, chiese Justin preoccupato.

“Dobbiamo chiamare un’ambulanza!”, disse Jared quasi in preda ad una crisi isterica.

“S-sto b-bene”, provò dire Cory mentre cercava di alzarsi dal seggiolino della batteria ma cadde a terra, sfiorando per pochi centimetri lo strumento ma colpendo con violenza il pavimento e l’ultimo ricordo prima di essere catturato dal buio, era il sussurro del nome della sua ragazza.

 
 

L’aria fredda di New York entrava con cattiveria dentro le narici e passava tra i diversi strati di vestiti provocando molti brividi. Erano da dieci ore che stavano lavorando su una scena in particolare e le forze stavano pian piano scomparendo lasciando posto alla stanchezza. Ma tutto sommato a Finn piaceva quello che stava facendo, lo stress delle riprese era nulla a confronto all’esercito. Stava onorando al meglio la sua parte – era il direttore della protagonista – e spesso riceveva dei complimenti dal regista e dalla troupe in generale. Tranne che da Lea, non che aveva molta importanza o sì? Stava di fatto che, dopo quel primo pranzo, i rapporti si erano un po’ raffreddati e Finn non riusciva a capirne il motivo. Era una star, doveva lasciarla perdere ma non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Gli piaceva quando sorrideva o mostrava la sua bellezza semplicemente spostando i capelli che buffamente si erano posizionati davanti al viso.

 

Stavano girando l’ultima scena – lui era come spettatore – quando un telefono squillò interrompendo tutto.

“Quante volte ho detto di tenere chiusi i telefoni?”, urlò il regista seccato dall’interruzione. Lea con uno scattò si voltò verso la direzione della sua borsa, consapevole che era il suo. Quando vide il nome nel display alzò un sopracciglio.

“Jared! Cory non ti ha detto che lavoravo oggi?”, sentì dire da Lea, che era a pochi metri da Finn. Non sentiva cosa stava dicendo questo Jared ma la vide sbiancare e le mani avevano incominciato a tremare.

“A-arr-arrivo subito. Dammi qualche minuto”

“Lea, è successo qualcosa?”, disse Brad, il regista, mentre si era posizionato accanto alla ragazza. “C-Cory”, riuscì a percepire Finn mentre, probabilmente, stava spiegando la situazione dell’interruzione. Stava di fatto che Brad era a conoscenza di Cory e sembrava protettivo nei confronti di loro due.

“Finn”, urlò il regista guardandolo negli occhi, “devi accompagnare Lea in ospedale. Dimmi che hai la macchina”

Finn annuì e prese la mano di Lea per accompagnarla alla sua auto. Quel gesto era così naturale e sembrava di tenere per mano la sua Rachel che gli provocò dei brividi lungo la schiena. Lea, invece, sembrò non curarsi del gesto, troppo immersa nei suoi pensieri.

 
 

“Dimmi Rachel, come va il lavoro a Finn?”

“Bene, credo. Sta facendo degli orari abbastanza strani e lo vedo poco, a dir la verità.”

Kurt sorrise alla sua migliore amica mentre sorseggiavano un buon caffè da Starbucks. “Ti vedo preoccupata, Rachel.”, disse e sapeva di aver fatto centro perché le guance della sua amica erano diventate rosse.

“Ho paura che Finn si possa allontanare da me, anzi, che si stia allontanando da me”, disse guardandosi le mani.

“Rachel Barbra Berry, mio fratello ti ama con tutto se stesso. Perché dovresti dubitare di questo?”

“Sembra stupido ma lo sento. Come tu avevi paura che Sebastian ti portasse via Blaine al liceo”

“È diverso, Rachel. Tu e Finn vi sposerete”

Rachel sbuffò, “Non ti darebbe fastidio vedere il tuo ragazzo tornare a casa da scuola o da uno spettacolo con molti regali o parlare costantemente del protagonista del film nonché collega di lavoro?”

Voleva piangere, Rachel. Alzarsi e fare un’uscita di scena degna di lei e non essere in preda a una crisi di gelosia?

“Prima cosa respira”, le ordinò Kurt, “secondo, sai com’è fatto Finn. Lui è troppo buono per rifiutare dei regali ma questo non significa che è interessato ad altre e terzo, sta facendo una nuova esperienza, la prima come attore, ed è normale essere elettrizzato e parlare della protagonista e del suo lavoro. Dopotutto la sua collega è una star conosciuta da molti. Ti stai facendo troppi castelli.”

“Va bene, hai ragione tu.”

“Ora devo andare e, mi raccomando, cerca di stare tranquilla, se no ti appaiono le prime rughe.”

 
 

Non sapeva neanche lei come era finita in macchina di Finn Hudson e non ricordava per niente il viaggio in ospedale. Le si erano gelate ogni membra quando Jared le aveva comunicato che Cory aveva sbattuto violentemente la testa mentre era svenuto e desiderava solo raggiungerlo e accertarsi delle sue condizioni.

Ora era fuori dalla stanza del suo ragazzo in attesa di entrare dentro e stare con lui. Si girò e guardò Finn posizionato davanti alla macchinetta del caffè.

Non aveva fatto domande. Non si era intrufolato nella sua vita alla ricerca di fatti sul suo privato, di chi fosse Cory. Era diverso, diverso da chiunque altro. Ecco cosa le dava fastidio: il comportamento troppo buono, la riservatezza di quel ragazzo le dava sui nervi.

“Signorina Michele?”, sentì una voce dietro di lei. Quando si voltò vide un uomo con un camice bianco che stava a significare che era un dottore.

“Sta bene?”

“È stabile ma dovremmo tenerlo in osservazione per qualche giorno. Soffre di una grande emicrania che lo porterà ad assumere per qualche settimana dei medicinali e la caduta gli ha provocato una lieve commozione celebrare.”, Lea sospirò tranquillizzandosi.

“Grazie mille, davvero.”

Il dottore lasciò di nuovo sola e lei decise di andare da Finn.

“Come sta?”, chiese il ragazzo.

“Lieve commozione celebrare, niente di gravissimo.”

“È stato fortunato.”, sorrise e Lea per un attimo le tremarono le gambe, “ora è meglio che vada. Ti lascio andare da lui.”

Si stava dirigendo verso l’uscita del reparto quando lei lo fermò. “Finn”, disse. Lui si voltò. “Grazie mille. Grazie per il passaggio e per non aver fatto domande”.

Nessuna riposta, solo un sorriso passò sulle labbra di Finn ma a Lea bastò e lo vide allontanarsi.

 
 

“Rachel, sono a casa”, sentì Finn dire dalla porta mentre Rachel era alle prese con il lavaggio del piatto, dove aveva consumato la sua cena da sola.

“Rachel dove sei?”, sentì nuovamente chiamarla.

“Sono in cucina, Finn”, disse semplicemente cercando di non pensare e di non piangere. Sentì il suo futuro marito avvicinarsi a lei e percepì il movimento delle braccia che volevano posizionarsi sui suoi fianchi, così si scansò, lasciando sorpreso Finn.

“Ti sei dimenticato di venirmi a prendere alle sette all’università”, disse guardando il lavello.

“Rach…”

“Per lo più ti sei dimenticato di avvisare e ho cenato da sola”

“Rachel, non volevo. Stavamo girando l’ultima scena della giornata e abbiamo avuto un imprevisto. Ho dovuto accompagnare Lea all’ospedale per un’emergenza!”

“Ecco che ci risiamo”, disse sbuffando Rachel voltandosi verso di lui.

“Cosa ci risiamo?”, domandò Finn confuso.

“Non fai altro che parlare di Lea.”

“È una mia collega, Rachel”

“Allora se è una tua collega, perché non parli di Susan o degli altri tuoi colleghi? O perfino di Brad, il tuo regista?”, disse Rachel alzando di qualche tono la sua voce. Sperava con tutto il cuore che Finn rispondesse, che le dicesse qualcosa perché quel silenzio che stava lasciando era una piccola conferma di quello che sentiva da giorni.

“Lo sapevo. Ti sta portando via da me.”

“No, non è vero”, disse prontamente Finn.

Sul volto di Rachel apparve un sorriso isterico, “Ti stai innamorando di Lea”, sussurrò guardandolo negli occhi.

“Cazzo, Rachel. Perché pensi che mi stia innamorando di lei?”, urlò Finn.

“Perché nei tuoi perfetti occhi vedo che si illuminano ogni volta che parli di lei e ti stai allontanando da me!”, urlò di rimando Rachel.

“Non…”

“No, adesso tu mi ascolti”, disse Rachel seria, “Quando due anni fa mi lasciasti su un cavolo di treno per New York, potevo semplicemente scegliere di cambiare vita, di buttarti nel dimenticatoio e vivere i miei primi due anni della mia vita newyorkese nella felicità più totale, invece no. Il mio amore per te è più grande di qualsiasi cosa e non ti sto accusando di nulla perché io ti amo, e quello che ho fatto in questi anni – cioè disperarmi e aspettare ogni giorno il tuo ritorno – non li rimpiangerò mai perché ora sei qui con me, anche se non so il vero motivo del tuo abbandono nell’esercito ma non voglio entrare nei particolari perché aspetterò te per sapere. Finn, io ti voglio sposare ma ti sento distante, capisci? E lo è da quando hai incontrato Lea”

Rachel riprese fiato mentre Finn era rimasto in silenzio ad ascoltare le parole. E sapeva che aveva completamente ragione. L’aveva sempre avuta. Ma si stava veramente innamorando di Lea?

“È così simile a te ma non ne sono sicuro di esserne innamorato. So solo che sono attratto da lei.”, disse semplicemente Finn. “Ma ti giuro che ti amo, Rachel. Sono successe delle cose in guerra che mi hanno fatto capire che il mio posto è con te. Ricordi cosa ti avevo detto quel giorno? ‘Se siamo destinati a stare insieme, allora staremo insieme’. Non ho mai messo in discussione il mio amore”

Finn si avvicinò a Rachel, cercando il suo corpo ma si scansò ancora una volta.

“Forse è meglio se riflettiamo un po’”

“Rachel…”

“Finn è meglio così”

 

Finn non se n’era andato dalla loro casa, semplicemente si era stabilito nella camera degli ospiti ma aveva lasciato comunque un grande vuoto soprattutto nella loro camera. Rachel, quando uscì dal bagno e dirigendosi sul grande letto, vide la loro frase, la loro canzone impressa nel muro, scoppiò a piangere senza sosta, inconsapevole che nell’altra stanza un’altra persona stava piangendo con lei.


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Angolo delle Laras

Per favore non uccidetemi con i vostri forconi, fucili, bazooka - o come si scrive.
io vi avevo avvisati che ci sarebbe stato un bel po' di angst e io adoro l'angst *cerca di giustificarsi*
però devo dire che è uno dei miei capitoli ben riusciti e non volevo che succedesse ma non poteva andare tutto liscio ma state tranquilli, l'amore vince sempre. Già quei maledetti spoiler ci dicono 7492018479 destini per i nostri Finchel e in più mi metto io con questo capitolo. ah, capisco se inizierete ad odiarmi.
Quindi faccio veloce e scappo via e vi lascerò in mano di Nano che è molto più brava di me e che non è crudele.


Ringraziamo per le recensioni Shes_aGleek e RRobertaa. Ovviamente ringraziamo anche il gruppo FB 'Gleeks. <3' e chi rimane semplicemente un lettore silenzioso.

Un bacio enorme, a lunedì prossimo.
persempretusarai e Nano.

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Capitolo 13
*** chapter thirteen. ***


Just a dream.

 

Capitolo tredici.

 

Aveva evitato in ogni modo di parlare con lui.

Cinque giorni. Cinque lunghissimi giorni. Erano passati cinque giorni dalla sua discussione con Finn, e Rachel aveva tentato in ogni modo di evitare di parlare con lui. Aveva evitato di incontrarlo in casa, aveva cercato di mangiare fuori il maggior numero di volte possibile ed era tornata a casa tardi e sfinita tutte le sere. Finn a sua volta era sempre in casa, quando Rachel tornava. Seduto sul divano a leggere o a scrivere davanti alla finestra in cucina, fingeva di non notare il silenzioso passaggio di Rachel nella stanza. Entrambi sapevano però che una volta al sicuro nelle loro stanze, le spalle contro al muro e la testa tra le mani, tiravano un immenso sospiro di sollievo.

Tra una lezione e l’altra Rachel aveva preso l’abitudine di andare a Central Park, sperando ogni volta di rivedere il ragazzo con cui aveva passeggiato il giorno del suo compleanno, ma di lui non c’era traccia. Il Natale era ormai alle porte,  e Rachel si godeva nelle sue solitarie passeggiate le decorazioni che venivano piano piano aggiunte e le prove delle lucine. Niente era romantico come New York a Natale, e il pensiero di Finn era sempre più presente nella sua mente. Le mancavano le loro passeggiate, il profilo del suo viso, le sue mani calde e le sue labbra.

Il mattino della vigilia di Natale Rachel uscì di casa molto presto. Con una cioccolata calda in mano percorse le strade decorate fino al parco, dove si lasciò cadere su una panchina davanti ad un laghetto. Sarebbe stato così bello poter stringere la mano di Finn in quel momento, osservando le persone che passavano e il profilo delicato dei palazzi lontani. Alcune lacrime punsero gli occhi di Rachel, ma prontamente la ragazza le ricacciò indietro con la mano guantata. Si strinse nel cappotto e si alzò, scaldandosi con la cioccolata. Fu passeggiando tra i negozi  che l pensiero la colpì. Lei e Finn non avevano decorato il loro appartamento. Non un albero, non una luce, non una pallina, non una candela. Si era perfino dimenticata la data d’inizio dell’Hannukkah. Si guardò intorno sconsolata. Non aveva saputo onorare la sua festa ebraica, e nemmeno la festa cristiana di Finn. Altre lacrime le punsero gli occhi, a stavolta le lasciò scendere, lasciò che rigassero il suo viso e che scendessero fredde lungo il collo. Continuò a camminare tra la folla, quando urtò uno sconosciuto.

“Ehi signorina!”

Rachel lo guardò desolata.

“Mi scusi, non stavo guardando..”

“Lo vedo.” Lo sconosciutole sorrise dolcemente prima di porgerle un biglietto.

“Non bisogna essere tristi a natale. Questo è il mio negozio, è proprio dietro l’angolo.”

Rachel lesse il biglietto.

“Decorazioni per interni.”

Tra le lacrime sorrise trionfante all’uomo.

 

Lea aprì prima un occhio e poi l’altro. Si era addormentata. Si alzò di colpo dal letto, cercando a tastoni il cellulare. Nessuna traccia, né di quello né di Cory. Corse in cucina, temendo il peggio, ma lì trovò Cory, accucciato per terra alle prese con un gigantesco albero di Natale.

“Ciao dormigliona. Non ti andava proprio di aiutarmi eh?”

Cory si voltò verso di lei, sorridendo.

“Scusami.. Potevi svegliarmi.”

“Scherzi, eri così bella.”

Cory appese una pallina rossa all’albero. Poi tornò a frugare nella scatola.

“Sei qui da molto?”

Dopo aver pranzato con la madre di Cory che per l’occasione era volata a New York dal Canada, i due ragazzi si erano accoccolati sul letto, chiacchierando di come decorare l’albero e di come festeggiare il giorno successivo. Lea doveva essersi addormentata.

“Non tanto.. mi sono addormentato anche io un pochino.”

Lea sorrise e si sedette vicino a lui per terra.

“Come va la testa?”

“Bene direi. Ho preso le pastiglie prima e ora sono pronto a fare questo lavoraccio con te!”

Si sporse verso di lei e le posò un bacio sui capelli, porgendole una pallina color oro.

“Oro e rosso eh? Che fantasia!”

Cory le diede un buffetto sulla guancia e si alzò, posando una punta verde acqua sulla cima dell’albero.

“Così sei più felice?”

Le chiese ammiccando.

Lea estrasse una punta rossa dalla scatola e la confrontò con quella verde acqua. Poi scosse la testa e lasciò ricadere la punta.

“Sta benissimo.”

Affermò sorridendo.

 

Rachel corse su per le scale del palazzo e arrivò davanti alla porta dell’appartamento con il fiatone. Stava per aprire la porta quando sentì Finn chiamare il suo nome, dietro di lei. Stava uscendo dall’ascensore, e teneva in mano due sportine. Il voltò di Rachel si illuminò di un sorriso.

“Hai..”

“Hai..”

Scoppiarono a ridere.

“Ho preso..”

“Anche io.”

“Mi ero dimenticata..”

“Anche io.”

Rachel mollò le sportine e andò incontro a Finn, che avvolse le sue braccia attorno al suo corpo, respirando l’odore dei suoi capelli.

“Non voglio mai più che mi eviti.”

Sospirò Finn tra i suoi capelli.

“Io non voglio mai più evitarti.”

“Ti amo, Rachel.”

“Ti amo anche io, Finn.”

 

Passarono il resto del pomeriggio ad addobbare l’albero di Natale, a spargere candele per l’appartamento e a ridere, ricordando i giorni in cui non si parlavano. Cenarono a base di pizza sotto all’albero luminoso e rimasero abbracciati a guardare uno stupido film di Natale alla televisione.

“Rachel..?”

La ragazza stava per addormentarsi sulla spalla di Finn.

“Si?”

“Scusa.”

Rachel si voltò e lo fissò negli occhi.

“Ammetto di essere attratto da Lea, ma senza di te non posso vivere, Rachel. Ti amo e non ho intenzione di perderti. Vedere Lea mi ha ricordato i momenti in cui pensavo di intravedere te tra le linee dei soldati, mi ha ricordato il dolore che ho provato, non riuscivo più a ragionare, non riuscivo a realizzare che in realtà tu c’eri, ed eri al mio fianco. Mi dispiace averti ferita.”

Rachel si avvicinò a lui e gli posò un dolce bacio sulla guancia.

“Ti amo anche io, Finn. Mi dispiace.”

“Andiamo a letto.”

 

“Sveglia!!”

Cory balzò sul letto al fianco di Lea e le battè le mani vicino alle orecchie.

“Coraggio, ormai non fai altro che dormire, su! E’ Natale!”

Le stampò un bacio sulle labbra mentre la ragazza apriva gli occhi.

“Buongiorno..”

Sussurrò piano.

Cory la guardò offeso negli occhi.

“Non vuoi aprire i tuoi regali?”

Lea si stropicciò gli occhi e sorrise al suo bambinone.

“Ma tu non eri quello quasi morto in ospedale?”

Cory sorrise e le porse un pacchetto colorato.

“Questo è il primo.”

Le comunicò.

 

Rachel osservò ancora una volta il contorno dei palazzi dietro agli alberi di Central Park. Era stata una mattinata perfetta. Lei e Finn avevano scartato insieme i regali ed avevano pranzato con i rispettivi genitori. Era stato un ottimo pranzo, e dopo il caffè Carole e i suoi papà si erano lasciati andare a simpatici aneddoti sul passato. Burt aveva aiutato Rachel a sistemare i piatti mentre chiacchierava animatamente con Finn. Solo alle tre avevano finalmente lasciato l’appartamento, e Finn aveva accompagnato Carole e Burt all’hotel.

“Devo fare un salto sul set, dopo, ti dispiace?”

Rachel gli aveva stampato un bacio sulle labbra e lo aveva salutato. Non aveva più paura di Lea.

Quindi era uscita per una passeggiata nel parco, come sempre. Respirava l’aria di New York, felice come non lo era mai stata.

 

Cory allungò le gambe davanti a se sulla panchina e respirò profondamente l’aria di Central Park. Era mai stato così felice in vita sua? Si guardò intorno. Centinaia di persone camminavano, da sole o in compagnia, e nessuno sembrava triste. Nessuno. Era il giorno di Natale, dopotutto. Un bambino gli si fermò accanto e gli porse un fiocco azzurro. Gli fece vedere che ne indossava uno uguale sulla giacca anche lui. Cory gli sorrise e gli diede una banconota da un dollaro, poi si appuntò il fiocco sulla giacca pesante. Il bambino rifiutò la banconota e sorrise, correndo via. Cory lo seguì con lo sguardo, immaginando Lea che abbracciava dolcemente loro figlio. Da quando era stato in ospedale nulla era importato più per lui che la salute della sua ragazza. La amava profondamente, e non avrebbe permesso che nessuno gliela portasse via. Mai. Osservò il cielo farsi sempre più scuro sopra di lui e decise di camminare un po’.

 

Rachel osservò il cielo farsi più scuro sopra di lei e decise che era il momento di bere qualcosa di caldo. Attraversò un piccolo ponticello e si diresse verso la città, respirando l’aria fresca dell’inverno.

 

Era solo un’ombra in lontananza, ma Cory ebbe un sussulto al cuore. Quella ragazza. Camminava guardando dritto davanti a se, esattamente come l’altra volta che l’aveva vista, ma non sembrava vedere veramente quello che aveva davanti. Si sarebbe scontrata con qualcuno, di nuovo, pensò Cory. L’idea lo fede sorridere. Si incamminò, indeciso se salutarla o meno.

 

“Sei sempre così sovrappensiero, Rachel?”

La voce arrivò calda alle sue orecchie, esattamente come la ricordava. Si voltò piano ed incontrò nuovamente quei bellissimi occhi.

“Ciao.”Le sussurrò Cory.

“Ciao.” Rispose Rachel, arrossendo. Cosa stava facendo? Non era lei che aveva fatto una scenata solo pochi giorni prima a Finn? Cory le sorrise, nel modo che quel mattino di otto giorno prima l’aveva tanto affascinata.

Caffè caldo?” Le propose.

“Cioccolata?” Rispose timidamente Rachel. Il suo cuore manco di un battito nel vedere che Cory le porgeva la mano.

Andiamo.”

_______

Angolo delle Laras

lo so che oggi è martedì e che dovevo spostare ieri ma quando stavo per farlo EFP non andava e quando è ritornato funzionante stavo guardando per la 153292725 volta il pilot di the new normal - che vi consiglio di guardarlo perché bryan e david sono la cosa più adorabile di sto mondo - e poi sono andata a nanna perché ero decisamente stanca dopo una lezione-suicida di nuoto solo perché ho saltato il corso di giugno - certo, mica puoi andare a nuotare quando ti buttano a lavorare a cinque ore da casa. comunque, visto che questo non interessa a nessuno LOL passiamo alla storia!
Avete visto? Questa semi-rottura è durata per poco, anche perché Nano è meno crudele di me e amiamo i nostri Finchel insieme.
e niente, non riusciamo a far entrare nelle vostre simpatie la cara Lea, anche perché è ancora più bella accanto a Cory - e chi si scorda lo sguardo completamente perso e innamorato di Lea verso Cory ai Do Something Awards. aaaw, i nostri Monchele :3 - e può sembrare che assuma un comportamento da 'diva' quando è con Finn ma non è così. è solo che è consapevole che la sua presenza non sia del tutto casuale e quindi lo trova un po' antipatico.
dai, non shippate anche voi Cory e Rachel? aaaaw, quei due sono adorabili.

Bene, dopo questo insulso commento - ah, povera Nano che mi ha conosciuto, passiamo ai ringraziamenti. Ringraziamo ovviamente le sempre presenti Tatiadream, Shes_aGleek, RRobertaa e la nuova recensionista (?) RachelBerry. ah, e anche chi è un lettore silenzioso (: alla prossima settimana.

persempretusarai e Nano.

ps. faccio del piccolo sano spam. vi lascio tutti i link delle FF moncheliane e non di Nano perché questa ragazza scrive da dio e dovete leggere i suoi capolavori.

Song Challenge

Gives You Hell

What Real Love Is About

Vancouver

M&M's Story

Guardami

Sasso Carta Forbice

I Hope You're Happy

 

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Capitolo 14
*** chapter fourteen. ***


Just a dream.

 

Capitolo quattordici.


 

Rachel aveva imparato da piccola a non parlare con gli sconosciuti ma questa volta aveva deciso di fare un’eccezione. Dopotutto era in compagnia di una persona che aveva visto già una volta e non l’aveva aggredita e di certo non aveva l’aria da maniaco sessuale. Ecco perché camminava a fianco a un ragazzo enorme – e poteva giurarci: era grande quanto il suo fidanzato – e lui continuava a sorriderle mentre cercavano con rapidità una caffetteria dove proteggersi dal freddo invernale di New York – a dir la verità era lei a far camminare rapidamente il ragazzo. Avevano letteralmente attraversato Central Park quando trovarono uno Starbucks poco distante dagli studi del Late Show with David Letterman.

“Un giorno mi dirai come fai con questo freddo a stare solo con una felpa e giacca aperta”, disse Rachel mentre si sfregò le mani in cerca di riscaldarle, inutilmente.

“Semplice se parli con un canadese che con il freddo non ha problemi”, rispose Cory riservandole un caloroso sorriso.

“Ecco perché! In effetti, non mi sembravi molto di New York.”

Dopo aver ordinato la loro cioccolata, si accomodarono su un tavolino situato accanto alle grandi vetrate.

“E allora”, disse Rachel dopo essersi tolta il cappotto, “perché sei qui a New York?”

“Sono qui con la mia ragazza e con la band. Mentre lei lavora, io m’impegno nella registrazione di canzoni aspettando l’inizio delle riprese di un film”

“Sei molto impegnato a quanto vedo. Cantante e attore. Non ti stanchi mai?”, chiese Rachel curiosa. In verità doveva essere famoso questo Cory ma non ne aveva sentito parlare ma lei seguiva il mondo di Broadway, forse era uno dei tanti attori provenienti dalla calda Los Angeles.

“In verità adesso sono in pausa. Sai, quando svieni la tua fidanzata e i tuoi ragazzi diventano superprotettivi e non ti lasciano toccare nulla che ti possa stancare”, sorrise imbarazzato Cory toccandosi goffamente il capo abbassando la testa.

“Eh, se succedesse anche a Finn, farei la stessa cosa e questo riguarda anche i nostri amici”

“A proposito, come va con Finn? L’ultima volta ti ho lasciata mentre dovevi aspettarlo”

“Bene”, sorrise.

 

Quella sua risposta lasciò perplesso Cory. L’ultima volta appena nominava Finn, i suoi occhi brillavano come due diamanti appena lucidati. Solo che ora il suo sguardo era meno acceso. Poteva essere successo qualcosa? Si domandò Cory. Non che gli dovesse importare, visto che non la conosceva, ma si era fatto protettivo nei suoi confronti e non voleva vederla triste.

“Tutto bene, Rachel?”, domandò allora alla ragazza, “Da come hai detto quel ‘bene’ non mi pare”. Vide il volto di Rachel diventare color porpora e affondare il suo viso tra i suoi lunghi capelli castani.

“Oh, no.”, disse, “va tutto alla grande, sinceramente. Solo che qualche giorno fa ci siamo allontanati ma ora è tutto a posto.”Le parole uscirono velocemente e Cory notò di averla resa in imbarazzo. Sapeva di averla messa a disagio e gli dispiaceva da morire.

“Scusami dell’invadenza, non volevo”, sussurrò.

“Ehi, non ti scusare. Ho solo avuto nella mia testa una visione di quei giorni abbastanza bui. Tutto ok.”

Tra di loro si creò il silenzio. Uno di quei silenzi che non mettevano a disagio ma che lasciava spazio a delle riflessioni personali.

Cory guardò Rachel un’altra volta. Assomigliava così tanto a Lea quando lasciava intravedere sul suo lato ancora da adolescente che amava tremendamente. Aveva nei lineamenti qualcosa di suo ma più genuino, dato anche dalla giovane età di Rachel. La sua testa iniziò a vagare e, perdio, quel viso sapeva di averlo già visto ma era come se avesse un buco enorme nel suo cerv…

“Ho avuto paura”, disse a un tratto Rachel porgendo lo sguardo sulla figura di Cory.

“Lo avevo perso una volta. Ho combattuto per quel periodo durante la sua assenza, pensavo che New York non significasse più nulla per me, che non valevo per questa città, ma andavo avanti perché sapevo che a lui non sarebbe piaciuto vedermi scivolare tra le mani il mio talento. Mi aveva detto ‘Diventerai una stella, senza di me’. Come poteva pensare che sarei diventata qualcuno senza di lui? Ma ho provato. E mi sentivo incompleta, anche se ero una delle migliori studentesse del corso. Quando è ritornato da me, mi sono sentita per la prima volta a casa. E pochi giorni fa ho avuto paura di perderlo ancora. Che non gli bastassi più. Pensavo che si fosse innamorato di lei invece lui ha detto che ne era attratto perché le ricordava me.”

Cory notò che una lacrima iniziò a scendere sul volto di Rachel e la raccolse con le sue lunghe dita.

“Che stupida, sto piangendo davanti ad uno sconosciuto e ho praticamente detto la mia vita”, disse Rachel con modo isterico.

“Non sei stupida, Rachel. Fa bene parlare con qualcuno. E non ti preoccupare, so di sicuro che per il tuo Finn è stato solo un piccolo momento di debolezza ma so per certo che ti ama molto.”

“Lo credo anch’io”, disse sfoggiando un sorriso luminoso.

“Ecco, così ti voglio. E sai cosa ti consiglio?”.

“Ti ascolto”,disse Rachel curiosa.

“Conquistalo con il tuo lato sexy. Non conosco la vostra vita sessuale ma un po’ di divertimento non farebbe male”

“Oddio, Cory”, vide Rachel sprofondare in un leggero imbarazzo, “stiamo andando verso quel discorso?”

“A quanto pare sì”

 

Non capiva come poteva essersi aperta tanto con uno sconosciuto fino ad arrivare a parlare di sesso. Non che avesse problemi a fare l’amore con Finn – erano molto attivi – ma ancora faceva fatica a parlarne apertamente. Il telefono iniziò a suonare così tra una scusa e l’altra a Cory andò a rispondere.

“Rachel, mi devi fare un favore”, disse una voce fin troppo famigliare dall’altra parte del telefono.

“Kurt?”

“E chi vuoi chi sia”, disse ridendo, “comunque, volevo sapere se sei fuori”

“Sì, sono fuori perché?”

Sentì un sospiro di sollievo, “grazie a dio. Non trovo più la mia sciarpa di Alexander McQueen”

“Ehm… io cosa centro Kurt?”

“Il punto è che credo di averla dimenticata in teatro e io in questo momento non posso visto che sono dall’altra parte della città con Blaine”

“Sei davvero impossibile, Kurt. E va bene, te l’andrò a prendere io.”

“Sei un tesoro, Rachel”

“Oh, sì, lo so. Divertitevi tu e Blaine”. E chiuse la chiamata tornando da Cory.

“Scusami ma il mio migliore amico è sbadato. Si dimentica le cose a teatro e la migliore amica deve provvedere a prenderla.”, annunciò Rachel prendendo il cappotto.

“Che ne dici se ti accompagno?”, chiese Cory

“No, davvero. Ti ho già occupato troppo tempo.”

“Rachel, non ho impegni fino a stasera. Non c’è nessun disturbo”

Non c’era stato nulla da fare per Rachel, Cory era testardo e non voleva lasciarla sola. Così tra una chiacchierata e l’altra andarono alla NYADA a recuperare la tanto desiderata sciarpa.

 
 

Stava ritornando a casa con uno grande scatolone di pizza da condividere con la sua grande metà. Anche se non era il miglior pasto serale di Natale ma aveva avvisato Rachel e per lei andava bene.

Aveva rivisto sua madre e Burt e tutto andava per il meglio, tranne per il fatto di aver trascorso il maggior tempo sul set il giorno di Natale. Ma quelli non riposano mai? Si domandò mentre scese dal taxi e si affrettò a pagare l’autista.

“Rachel, sono a casa e ho le pizze!”, disse all’uscio di casa mentre si toglieva il cappotto.

“Adesso arrivo, amore. Tu intanto prepara tutto che mangiamo in salotto davanti al camino.”, disse la voce di Rachel proveniente dal bagno. Non si fece attendere e appoggiò tutto sul tavolino posto al centro del salotto e si diresse in cucina a prendere qualche birra.

Quando tornò si ritrovò una Rachel ancora più bella del solito. Indossava un’enorme felpa – che sicuramente apparteneva a lui – con dei pantaloncini blu raccogliendo i suoi capelli in una coda disordinata.

“Tesoro, accomodati che la pizza si raffredda”, disse Finn accomodandosi vicino al tavolino.

“Come è andata sul set?”, chiese Rachel addentando un pezzo di pizza.

“Pesante. Io mi chiedo perché proprio il giorno di Natale hanno avuto la brillante idea di rigirare una scena. Brad a volte non lo capisco. Tu che hai fatto?”

“Sono stata un po’ in giro e ho parlato con un conoscente. L’ho visto solo una volta ma abbiamo fatto subito amicizia. Dovresti conoscerlo ma non so dove abita, visto che è qui con fidanzata e amici.”

“Casomai la prossima volta che lo incontrerai gli dirai che sarei contento di conoscerlo”

“Aspetta…”, disse Rachel avanzando verso di lui, “sei sporco proprio qui” e le labbra di lei si posarono a lato della bocca, catturando il pomodoro che aveva sporcato il viso di Finn.

“Grazie”, disse e sentì il respiro di Rachel abbattersi sulle sue stesse labbra. “Ah, Rach. Lo sai che non si ruba le felpe del proprio ragazzo?”

“E tu, lo sai, che non puoi farmi diventare vulnerabile ogni volta che mi parli o mi tocchi?”

Le loro labbra si scontrarono, desiderandosi. Le mani di Finn accarezzavano le gambe perfette di Rachel mentre le sue vagavano sotto la maglietta e le labbra si spostavano verso il collo.

Con un gesto secco e veloce, si alzò prendendola con sé, che avvolgeva il busto di lui con le sue gambe. Non si erano staccati neanche un secondo.

Finn stanco della sua felpa nel corpo di Rachel la sfilò in poco tempo e si rese conto che non indossava il reggiseno.

“Dillo… che mi vuoi… far impazzire… signorina Berry”, disse in affanno cercando di fermare l’eccitazione che premeva nei pantaloni.

“Io sono tua, Hudson”, rispose Rachel in preda a dei gemiti. La bocca di Finn si appoggiò sui suoi seni, stuzzicando un capezzolo con la lingua e successivamente mordicchiandolo. Dopo aver sfilato anche la maglietta di Finn, lasciandola probabilmente nel corridoio di casa, finirono in camera dove l’adagiò sul morbido letto senza schiacciarla. Mentre lasciava baci sul corpo asciutto della sua futura moglie, lei portò le mani verso i jeans che, con gesto esperto, li sfilò. Finn sorrise mentre fece lo stesso portandosi con sé anche l’intimo lasciandola nuda.

“Sei sempre bellissima”, sussurrò Finn mentre lasciava dei morbidi baci nell’interno coscia facendo inarcare la schiena a Rachel. La stanza si riempì di gemiti di piacere che si moltiplicarono quando, successivamente, entrò dentro di lei.

_______

Angolo delle Laras

ladies and gentleman, lascio la parola a Lara aka Nano.

Buongiorno! Dico buongiorno perchè è già martedì mattina. Martedì mattina. A causa mia la mia socia non ha potuto pubblicare ieri sera (lunedì) dal momento che il mio commento non era pronto, quindi mi scuso con tutti. *faccino triste qui*

Beh sono qui per presentarvi il fantastico capitolo 14, frutto dell'ingegno e del lavoro di persempretusarai. Ebbene si, siamo già al capitolo 14, aiuto! I nostri ragazzi come avete avuto occasione di leggere sono sempre più alle prese gli uni con gli altri, e non siamo sicure che le cose resteranno tranquille (più o meno) ancora per molto.. anzi! Tutto sarà sempre più scombussolato e confuso e - come piace a noi - pieno di dramma, fino a un punto di non ritorno, quando tutto sarà svelato. Tutto cosa? La strada è ancora lunga, lettori. Leggete in pace e in compagnia, sul water o sulla scrivania!

Grazie di cuore a tutte le dolcissime recensitrici (Rroberta mi fai emozionare heart ) e vi invitiamo ad amare tutti incondizionatamente, presto capirete cosa sta succedendo e soprattutto che anche noi non possiamo rinunciare alle nostre coppiette smile Evviva Cory, Lea, Rachel e Finn!!

Con amore e gratitudine,
Nano e persempretusarai

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Capitolo 15
*** chapter fifteen. ***


Just a dream.

 

Capitolo quindici.

Osservando attentamente l’orologio sul comodino, Lea decise che era troppo presto. Allungò la mano verso il lenzuolo e lo tirò fin sopra alla fronte, coprendosi tutta e sistemandosi nella classica posizione che Cory amava definire “a mummia”. Il Natale aveva lasciato dietro di sé tristi giorni di pioggia e mai Lea era stata così depressa. La neve, voleva con tutta se stessa la neve. Cory le aveva già più volte proposto di trascorrere un paio di giorni in Canada per poter sciare, ma Lea aveva sempre ribattuto fermamente di desiderare la neve a Capodanno a New York. Niente e nessuno l’avrebbe smossa. Era libero di andare in Canada, Cory, se desiderava, aveva detto. Il ragazzo aveva riso di gusto e l’aveva presa tra le braccia. Mai e poi mai l’avrebbe lasciata sola a Capodanno, le aveva promesso. Il familiare rumore di passi le arrivò alle orecchie.

“Buongiorno piccola!”

La salutò dolcemente Cory sedendosi sul letto.

“’Giorno.”

“Qual è il problema?”

Lea indicò la finestra.

“Se domani non nevica uccido tutti!”

Cory rise dolcemente e si chinò su di lei.

“Nevicherà di sicuro, tesoro. Ora esci dal sarcofago, ti ho preparato la colazione.”

Dopo qualche minuto Lea scese riluttante dal letto, appallottolando in un angolo il lenzuolo e maledicendo nuvole e santi.

 
 

“Lasciami!”

Finn la lasciò, e Rachel cadde con un tonfo sul letto, rimbalzando dolcemente.

“Ahhh!”  Gridò sorpresa la ragazza, prima di aggrapparsi con tutte le sue forze alle gambe di Finn.  Il ragazzo si divincolò facilmente e la sollevò nuovamente per le braccia, trattenendola in piedi sul letto con sé. La fissò negli occhi per qualche secondo, prima che Rachel gli allacciasse le braccia al collo e lo baciasse appassionatamente. Finn le sollevò le gambe e la prese in braccio, sdraiandosi sul letto e portando la piccola ragazza con sé.

“Sono felice.”

Le parole uscirono sussurrate dalla bocca di Rachel, e mai furono più vere per entrambi. Dopo Natale avevano passato insieme ogni momento e si erano trovati in sintonia come mai nella loro vita. Negli occhi di Finn, Rachel non vedeva più la spaventosa distanza di una settimana prima, li vedeva pieni di amore per lei e solamente per lei. Amava quel ragazzo e lo avrebbe amato per tutta la vita, decise. Sorridendo tornò alle sue labbra e le mordicchiò gentilmente.

“Credo sia ora di fare da pranzo..”

Le ricordò Finn.

In quei giorni di vacanza avevano perfino imparato a cucinare insieme. Finn riempiva le pentole, controllava i condimenti, tagliava la carne, mentre Rachel apparecchiava, sceglieva il vino, scolava la pasta e condiva le verdure. Era quello che aveva sempre sognato con Finn, e ora il suo sogno si stava realizzando al meglio.

Corse in fretta verso la cucina.

“Chi arriva ultimo cucina tutta la cena di domani!”

 
 

La giornata passò lentamente tra i negozi. Lea e Cory avevano deciso insieme che avrebbero cenato a lume di candela la sera successiva, quella di Capodanno, e successivamente, in attesa del conto alla rovescia, avrebbero raggiunto un paio di amici in un locale con una spettacolare vista su Times Square. Stringendo la mano calda di Cory, Lea lo fissò dal basso. Era così bello mentre la teneva stretta a lui sotto la pioggia e per niente al mondo avrebbe rinunciato al suo bellissimo sorriso. Già, il suo sorriso. Per quanto gli ultimi giorni fossero stati un sogno con lui, Lea non aveva potuto fare a meno di notare come quel suo bellissimo e dolcissimo sorriso sparisse ogni tanto dalla sua faccia, lasciando una muta e pensierosa smorfia. Non aveva fatto domande, ma sapeva che c’era qualcosa sotto.

Cory si voltò a guardarla e le posò un bacio sui capelli.

“Torniamo a casa? Sta venendo freddo.”

Lea annuì, notando ancora una volta lo sguardo pensieroso del suo amato fidanzato.

 
 

“Finn, corri, presto!!”

Rachel staccò per un attimo il naso dalla finestra e gridò in direzione della camera da letto.

“Dai!!”

Finn arrivò trascinando i passi e stropicciandosi gli occhi.

“Che c’è piccola?”

“Guarda, guarda fuori!”

Rachel lo strattonò contro la finestra.

“Wow!”

Gli occhi del ragazzo si illuminarono un poco e si avvicinò ancora di più.

“Hai visto? E’ bellissima!”

Grossi fiocchi di neve compatti si appoggiavano delicatamente sulla linea geometrica dei palazzi, per poi scivolare via velocemente posandosi su qualsiasi cosa capitasse a tiro, strade, marciapiedi, lampioni, persone, automobili. Uno spesso strato copriva già tutta quanta New York. Era lo spettacolo più straordinario a cui Rachel avesse mai assistito. Strinse dolcemente la mano di Finn.

“Ora è tutto perfetto.” Affermò ridendo e trascinando Finn in camera da letto.

 
 

“Lea?”

La ragazza si voltò su un fianco e aprì faticosamente gli occhi.

“Ciao. Che ore sono?”

Cory le sorrise. “Tardi. Ascolta.”

Lea si stropicciò gli occhi. Silenzio. Si guardò intorno confusa.

Nessun ticchettio strano. Niente pioggia.

Balzò giù dal letto e corse alla finestra. New York era bianca. Completamente bianca.

“Ahh!” Cacciò un gridolino deliziato e tornò saltellando sul letto, abbracciando stretto Cory.

“Sarà il miglior Capodanno del secolo!”

Cory le mordicchiò il collo.

“Visto che è tardi per pranzare..” Disse consultando il suo orologio. “Che ne pensi se esco a fare la spesa finché le strade sono agibili? Così possiamo fare merenda e preparare la nostra cenetta.”

Lea gli scoccò un bacio sulle labbra.

“E’ un’ottima idea!”
 
 

Rachel sfogliò velocemente il libro di ricette, escludendo uno a uno tutti i piatti.

“Nulla.” Concluse, lanciandolo di lato. Era seduta sul tappeto del salotto, le gambe incrociate e i capelli raccolti in una buffa treccina laterale tutta scarmigliata. Di fronte a se aveva una pila di libri di ricette e nessuno la aveva ancora soddisfatta. La prima cena di Capodanno con il suo futuro marito doveva essere speciale, accidenti, e nessun libro sembrava capirlo.

Finn uscì dal bagno in quel momento, fresco di doccia, domandandosi cosa mandasse tanto in escandescenza la sua cucciola.

“Che c’è?” Chiese a Rachel sedendosi sul divano alle sue spalle e massaggiandole delicatamente la schiena. I capelli bagnati di Finn gocciolavano sulla fronte e sul collo di entrambi ma nessuno se ne curò.

“Non c’è niente di adatto!”

Sospirò mentre gettava di lato l’ennesimo libro.

Finn le bloccò le mani sulla testa e la fece voltare verso di lui.

“Sei solo su di giri, cucciola. Adesso facciamo così, fai una telefonata ai tuoi papà per rilassarti, vai un po’ a passeggio con Kurt e mentre torni indietro verso sera passi a comprare un’ottima bottiglia di vino, d’accordo? Alla cena ci penso io.”

Rachel lo fissò attentamente da sotto la frangetta.

“D’accordo.”

La ragazza si alzò contrariata, ma Finn la trattenne per un braccio.

“Cosa?”

Il ragazzo sporse la guancia, e sorridendo Rachel gli stampò un dolce bacio.

 

Cory decise che niente avrebbe superato il vino che vendevano sulla prima. Recuperò la macchina e si mise in marcia. La neve comprometteva abbastanza la viabilità, ma la cena di Capodanno doveva essere perfetta. Così, con molta pazienza, Cory percorse gli infiniti isolati che lo separavano dal negozio e parcheggiò davanti ad esso verso le 6 del pomeriggio, dando una veloce e sofferente occhiata alle sportine della spesa.  Entrò con passo sicuro, scivolando di tanto in tanto sul terreno ghiacciato, ignaro del disastro che stava per avventarsi su di lui.

 

Se glielo avevano consigliato tutti, allora doveva proprio valere la pena, pensò Rachel mentre si dirigeva sulla prima, alla ricerca del famigerato negozio di vini. Aveva attraversato tutto Central Park con Kurt chiacchierando del più e del meno e inzuppandosi tutti gli stivali, e aveva tutte le intenzioni di tornare in fretta al calduccio della sua casa. Localizzò l’entrata della metropolitana più vicina e si avviò verso l’entrata del negozio.

 

Cory stava scorrendo col dito vari nomi, ignorando le persone che gli giravano intorno infastidite dalla sua lentezza. Non c’era niente che gli ispirasse abbastanza e che fosse abbastanza speciale per la serata che gli aspettava con Lea. Continuò la sua lenta analisi, finché non si scontrò con qualcuno altrettanto lento.

Lunghi capelli scuri, figura sottile, profumo delicato.

“Rachel?”

Picchiettò piano sulla spalla della ragazza davanti a lui.

Rachel balzò indietro spaventata, stringendosi al petto una bottiglia di vino.

“Cory! Mi hai spaventata!”

Cory esplose in una risata divertita. Era così adorabile che Rachel non poté fare a meno di sorridere, riponendo la bottiglia. Cory intercettò la sua mano ed afferrò la bottiglia.

“Questa è perfetta!” Affermò.

Rachel sorrise.

“Felice di esserti stata utile.”

“Sei sparita.”

Un’ombra passò sul viso di Cory.

“Scusa?”

Cory sollevò lo sguardo e la guardò tristemente.

“Sei sparita, dopo quel giorno al parco. Passeggio tutti i pomeriggi li intorno per trovarti, ma tu non ci sei più venuta.”

Improvvisamente Cory realizzò di aver sentito la mancanza di quella ragazza così dolce e piccolina. Osservò il suo cappottino stretto e i suoi stivali bagnati. Cory pensò che fosse.. bella. Ma cosa..? Era forse impazzito? Lui era innamorato di Lea, non di questa ragazzina. Si voltò di scatto, distogliendo lo sguardo.

 

Rachel scosse la testa. Perché quel ragazzo la mandava così in confusione? Il cervello le ordinò di voltarsi e proseguire nella sua strada, ma lei in tutta risposta afferrò il polso di Cory. In quell’istante le luci del negozio si spensero di colpo.

 

“Chiediamo scusa ai signori clienti, ma a causa del maltempo le linee elettriche non saranno utilizzabili per qualche ora. Vi invitiamo a non perdere la calma ed ad accettare un bicchiere di vino offerto dal nostro staff. Scusate per il disagio, buone feste.” La voce gracchiante lasciò spazio al silenzio. Un paio di luci di emergenza si accesero e la maggior parte delle persone all’interno del negozio si catapultarono verso la porta, che però era bloccata a causa della mancanza di elettricità. Un paio di commesse stapparono delle bottiglie di vino e riempirono alcuni bicchieri. Rachel cercò a tastoni il telefono, riuscendo ad inviare un messaggio preoccupato a Finn prima che la linea sparisse del tutto. Cory aveva mollato la presa sulla bottiglia di vino, che si era frantumata in mille pezzi ai suoi piedi.

“Vuoi mandare un messaggio?”

Chiese Rachel.

Cory controllò il suo cellulare. Provò a chiamare Lea, ma dopo un paio di squilli la linea cadde.

“No grazie. Spero veda le notizie, se non torno..” Cory si guardò intorno preoccupato. Una cinquantina di persone erano accovacciate per terra, contro gli scaffali, impaurita. Guardò Rachel. Aveva lo sguardo impaurito come tutte le altre persone.

“Ehi piccolina.. Non c’è nulla di cui preoccuparsi, capita con la neve. Sai, una volta sono rimasto bloccato in una baita per sei giorni in Canada. Mia madre mi credette morto. L’esperienza più bella della mia vita.!”

Cory sorrise al ricordo e Rachel non poté fare a meno di ammirare la sua calma. Gli sorrise di rimando e si accorse in quel momento che le loro mani erano strette. Fece per lasciare la mano di Cory ma lui la trattenne.

“Ci sediamo?” Rachel annuì poco convinta e osservò Cory stendere per terra la sua morbida giacca e farle spazio accanto a sé.

 

Le ore passarono. Di nuovo, Rachel e Cory parlarono ininterrottamente, serenamente, per tutto il tempo. Complici i bicchieri di vino che le commesse continuavano a servire per tenerli caldi, Rachel era ormai un po’ brilla. Mezz’ora prima Cory aveva ricevuto una preoccupatissima chiamata di Lea, e prima che la linea si interrompesse di nuovo, era riuscito a spiegarle la situazione, rassicurandola. Il cellulare di Rachel invece era rimasto irraggiungibile. Di colpo stanca, Rachel appoggiò la testa alla spalla di Cory e strinse la sua mano. Annusò il suo collo e sospirò.

“Io sono fidanzata.”

Non sapeva perché lo aveva detto, ma sentiva di doverlo chiarire.

“Lo avevo intuito.”

Cory giocò con la fede che aveva al dito, intrecciato al suo. Rachel sorrise imbarazzata.

“Tu mi piaci, Rachel. Non riesco a smettere di pensarti. Nonostante io sia innamorato perso della mia..”

Rachel lo zittì con un dito.

Si fissarono per un’interminabile istante. Rachel si morse un labbro. Com’era arrivata a quel punto? Il cuore le batteva all’impazzata nel petto e Cory non la smetteva di fissarla. Finn, pensa a Finn. Ma non bastava.

Cory si avvicinò impercettibilmente a lei.

“Vorrei morderlo io.”

Le luci si accesero improvvisamente, accecando tutti i presenti. Le porte del negozio si aprirono. Rachel si alzò in piedi di scatto e corse fuori, anelando l’aria fredda, sperando che la congelasse.

_______

Angolo delle Laras

Happy Listen Monday, gente! *cerca di portare allegria post-capitolo*
allora, io avevo chiesto a Lara (Nano) di scrivere lei al posto mio ma si è rifiutata e ora mi dovrò subire le vostre minacce di morte. grazie, eh. *lancia sguardo minaccioso*
ma guarda te se noi dobbiamo complicare la vita a questi quattro ragazzi. prima Finn con Lea e ora Cory prova attrazione per Rachel. che sia lo stesso anche per lei? diciamo solo che nessuno può rimanere indifferente al fascino di Cory. ma non odiatelo, vi prego che è la persona più afskaksjal del mondo.
e niente, non saprei neanche cosa dire. *inserire imbarazzo qui* vi dico solo che sto scrivendo qualcosa che vedremo più avanti, non so quando e ci sarà ovviamente angst - sì, lo amo.
per motivi scolastici e personali, non credo di pubblicare la prossima settimana anche perché il capitolo non è ancora pronto e mi sta creando un po' di problemi.

ovviamente ringraziamo qualsiasi persona che perde il suo bellissimo tempo a leggere questa pazzia. davvero, ci fa troppo piacere.

AAAAAAAW, prima che mi dimentico. visto che un po' di pubblicità non fa mai male, andate a leggere la nuova os tutta monchele di Nano e, basta, AMATELA.
[ http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1266258&i=1 ]

ci sentiamo tra due settimane, gente.
Nano e persempretusarai

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Capitolo 16
*** chapter sixteen. ***


Just a dream.

 

Capitolo sedici.

Stava correndo scontrandosi con persone che non perdevano di certo tempo a insultarla. Non era tradimento, non aveva baciato Cory ma perché si sentiva come se l’avesse fatto? Il problema stava nel fatto che, quando l’enorme e grande ragazzo si era avvicinato a lei, tutto era diventato confuso, nuovo e voleva baciarlo. Si sentiva lusingata ed eccitata di aver ricevuto delle attenzioni da un bel ragazzo canadese.

Ma lui non era fidanzato?

 
 

Era rimasto seduto per interminabili minuti mentre continuava a fissare la porta che si apriva e si chiudeva interrottamente. Che diavolo gli aveva fatto quella ragazzina per portarlo fuori orbita? Voleva darsi due schiaffi belli forti da tornare sulla terra ferma. Amava Lea, l’amava da ormai tre anni abbondanti, aveva lottato per conquistarla, per farla sentire al sicuro tra le sue braccia – glielo ricordava ogni giorno con il suo sguardo completamente innamorato – ma come era riuscito ad interessarsi a una versione più giovane e, sicuramente, più egocentrica di lei?

La testa riprese a scoppiare e, maledicendosi, decise di prendere quella dannata bottiglia di vino e ritornare nella casa di Lea, che era diventata la loro di casa.

 
 

“Tesoro, sei tu?”, sentì la voce del suo Finn provenire dal salotto.

“S-si, amore. Sono io”, rispose mentre si chiudeva dietro di sé la porta cercando di concentrarsi su di loro e di raggiungerlo. Stava sul divano attento alla lettura di un libro. Si era vestito elegante – dopotutto era l’ultimo giorno dell’anno – e più bello che mai: indossava dei pantaloni color cachi abbinata a una camicia bianca e maglioncino blu che risaltava i muscoli delle braccia e le grandi spalle. Quando lui alzò lo sguardo, si imbatté nei suoi occhi color castano pieno di amore, amore solo per lei. Concentrati, Rachel si disse mentre leggermente gli sorrideva.

“Non ho comprato il vino, mi dispiace”, iniziò a dire, “stavo scegliendo una bottiglia e poi c’è stato un blackout e ho avuto paura. E quando hanno ripristinato la corrente sono scappata via.”

“Non ti preoccupare, Rachel. Non è niente di grave. Dovremo avere sempre qualcosa in casa, no? Anche se non è il miglior vino del mondo.”

“Mi dispiace, davvero”, ripeté. All’ennesimo tentativo di scuse da parte di Rachel, Finn si alzò avanzando vicino a lei e appoggiò le proprie labbra sulla fronte della ragazza.

“Non devi scusarti, l’importante è che non sia successo nulla.”, disse e Rachel fu sul punto di piangere, ma si trattenne, “ora, vai a farti una doccia e metti il vestito migliore che tra mezz’ora è pronta la cena”.

“Non ti stancherai mai di essere così perfetto?”, sussurrò Rachel.

“Non dire sciocchezze. Quella perfetta sei tu ed è per questo che sono così fortunato ad essere amato da te.”

 
 

“Non abbiamo mai fatto un capodanno insieme ed è un vero peccato”, disse Lea mentre addentava la sua cena.

“Hai ragione”, rispose semplicemente Cory.

“Cory, tutto bene? Ti vedo un po’ assente”, chiese preoccupata. Da quando era rientrato in casa l’aveva baciata e poi senza proferire parola l’aveva aiutata nella cena. Non aveva detto nulla per non essere invadente ma tutto questo distacco le faceva male. E non voleva rivivere certi sentimenti che aveva vissuto quando era legata a Theo.

“Non è nulla, tesoro. Ho solo un po’ di mal di testa”, cercò di tranquillizzarla mentre provava a non pensare al negozio, a Rachel e alla sua confessione.

Più la guardava, più si sentiva disgustato da se stesso. Sapeva quanto aveva sofferto per Theo e non se lo meritava.

“Se vuoi possiamo andarcene a Times Square e poi andare a casa se l’emicrania ti da tanto fastidio”

“No, non vorrei renderti il capodanno uno schifo. Andremo alla festa”

“Non mi renderai mai il capodanno uno schifo. Cory, tu lo rendi perfetto anche solo con la tua presenza. Sei tutto quello che potessi desiderare”, disse Lea porgendosi per baciarlo.

 
 

Continuò a guardarsi davanti al grande specchio della loro camera, indossando uno dei vestiti che gli aveva regalato Finn. Era un vestito rosso sopra al ginocchio con microscopici pallini bianchi con una parte di merletto, posta sopra al seno che continuava fino a metà schiena, con una decorazione floreale. Tutto unito a delle calze invernali nere con delle decolté con cinturino blu marino che si intonava perfettamente al giaccone blu che avrebbe indossato poco dopo. Poteva essere decisamente un abito primaverile ma erano stati invitati da John e Tasha dopo la mezzanotte in un locale dove offrivano un karaoke e si era convinta che dentro sarebbe stato un forno con la gente che si sarebbe presentata successivamente per i festeggiamenti del nuovo anno.

Più volte le aveva detto Finn che quel vestito era stato pensato per lei ma in quel momento si sentiva non perfetta per il suo ragazzo. E la colpa di questa consapevolezza era solo e unicamente di Cory. Perché si era comportato così? Aveva detto che era innamorato pazzo della sua stupenda e bellissima ragazza – si perché deve esserci al suo fianco una ragazza bellissima, si disse mentalmente.

Era furiosa, non per la ragazza di Cory che sia chiaro, ma perché si stava rovinando il suo miglior capodanno e non poteva fare questo a se stessa e nemmeno a Finn.

Fanculo Cory, non riuscirai a rovinarmi questo giornosi disse mentre raggiunse Finn per raggiungere Times Square per il conto alla rovescia. 

 
 

Come al solito, quando si trattava di feste, Lea aveva alzato un po’ il gomito bevendo circa tre cocktails per niente analcolici ed ora continuava a ridere e a ballare in modo goffo e spensierato in mezzo alla grande sala del locale che dava una perfetta visione di Times Square. Cory era seduto su una poltroncina a parlare con Jared lanciando occhiate preoccupate verso la sua ragazza, pregando che non succedesse nulla di strano.

“Allora, amico. Cosa hai combinato in questi giorni?”, chiese Jared.

“Mah, diciamo che ho fatto il fidanzato premuroso mentre voi ancora mi tenete lontano dallo studio di registrazione. E ho iniziato a leggere il copione del prossimo film”, rispose sorridendo timidamente. Voleva aggiungere anche un ho conosciuto una ragazza e credo che mi piace ma, aveva preferito tacere.

“Se proprio ci tieni allora tra due giorni riproviamo”, disse mentre con il corpo seguiva il ritmo della musica. Guardò l’orologio e si rese conto che non mancava molto allo scoccare della mezzanotte, così prese in mano una flute contenente del buon champagne e andò a sistemarsi vicino alle grandi vetrate perché, come sapeva qualsiasi persona del pianeta terra, Cory Monteith non sapeva per niente ballare.

 

La vista di New York era da togliere il fiato e gli offriva una Times Square gremita di gente. Ci sarà anche Rachel, lì tra quella folla? Si chiese mentre delle piccole mani – di cui una stringeva un bicchiere – si attaccarono ai suoi fianchi. Quando si girò, si imbatté nei grandi occhi castani e decisamente lucidi di Lea che lo guardavano estasiati, come se dentro ci fossero tante stelle.

“Lo so che non sai ballare ma vieni lo stesso? Mi sento sola e poi a me piace quando ti muovi perché diventi goffo ma tremendamente adorabile e coccoloso”, disse Lea dondolando nelle sue scarpe tacco quattordici laccate di vernice nera.

“Non è il caso, amore”, rispose mentre prese tra le mani il bicchiere di vino, “e questo lo prendo io”

“No, dai. Lo voglio!”, si lamentò Lea e Cory in quel momento voleva ridere davanti al lato da bambina che aveva in quel momento la sua ragazza.

“Te l’ho già detto che sei bellissima stasera?”, gli disse. E lo era davvero. Indossava un tubino monospalla rosso fuoco con taglio asimmetrico che le arrivava sopra al ginocchio che metteva in mostra ogni sua perfezione. Non poteva negare che ogni volta riusciva sempre ad essere migliori di tutte.

“Mi stai comprando Monteith, non è giusto.”

“Te lo prometto. Riavrai il bicchiere a mezzanotte per festeggiare”

“Non mi lamento però tu devi venire con me”, e senza replicare, una brilla Lea, lo trascinò in mezzo alla pista.
 
Se l’era promesso a se stessa: niente avrebbe rovinato il suo capodanno newyorkese insieme al suo ragazzo. Nemmeno il pensiero di Cory la stava distraendo dal momento di spensieratezza che stava provando in quel momento in compagnia di Finn. Erano a Times Square con John e Tasha mentre ballavano qualche canzone del momento. Tra una piccola giravolta e un ondeggiamento, sorrideva per come Finn, a distanza di anni, era rimasto impacciato nei movimenti ma l’aveva sempre trovato maledettamente adorabile. Dopo che la musica si fermò, Rachel si appoggiò al corpo di Finn inspirando il profumo che portava addosso.
 
“Che ne dici se mi insegni qualche passo? Almeno quando divento famoso non dovrò finire a ‘Dancing with the stars’ e mettermi in ridicolo davanti a tutta l’America”, disse Finn facendo ridere tra il suo petto Rachel.
 
“Così almeno non romperai il naso alle persone”, disse ridendo ancora più forte e di conseguenza anche l’enorme ragazzo. “Comunque, sono lieta di darti lezioni, anche se trovo il tuo modo di muoverti molto adorabile”
 
Quando Finn abbassò il capo per posare le sue labbra a quelle di Rachel, l’enorme palla, simbolo del capodanno newyorkese, iniziò a scendere annunciando così l’inizio del countdown.
 
Tutto attorno a loro sembrò fermarsi. Fu così anche per Cory, Lea, Finn e Rachel. I primi due porgevano lo sguardo oltre la grande vetrata intrecciando le loro mani, gli altri due con lo sguardo all’insù erano stretti in un grande abbraccio.
 
Dieci

“Qualsiasi cosa succederà staremo sempre insieme e lo supereremo. Me lo prometti?”, disse Rachel alzando lo sguardo verso Finn.

“Certo, Rachel. Sono tornato per stare con te, per crearmi un futuro. Non ti lascerò sola.”, rispose baciandole la fronte.

Nove

“Sei la cosa più bella che mi sia capitata in questi anni”

“Lo stesso è per me, Lea.”

Otto

“Grazie di essere qui, di sorridermi, amarmi”

Sette

Sei

Cinque

Quattro

Tre

“Ti amo, Cory”

“Ti amo, Lea”

Due

“Sei l’amore della mia vita, Rachel”

“Ti amo più di me stessa”

Uno

 
La palla si adagiò al suolo facendo così scoccare la mezzanotte. Coriandoli coloravano il cielo e tutte le coppie si affrettarono a baciarsi, per augurarsi che avrebbero passato insieme un altro anno. Un anno pieno di amore e propositi perché nella testa di Finn iniziarono a scorrere immagini che lo portavano alle lacrime. Nella sua mente vedeva una Rachel solare e rilassata in attesa di un bambino, nella loro casa. E lui che entrava dal suo lavoro e la baciava mentre appoggiava le sue grandi mani sul ventre gonfio. Sorrideva, sorrideva d’amore.
 
Un vestito bianco, Lea nella sua mente aveva la visione di un vestito bianco. Non quello che aveva indossato per una puntata ma il suo vestito bianco – e non stava dando la colpa all’alcol che aveva ingerito nelle precedenti ore per dedicarsi al festeggiamento del capodanno. Era successo tutto così all’improvviso: si era girata a guardare Cory mentre sorrideva e aveva capito. Voleva sposarsi. Con lui, con Cory.
Ne era sicura. Si conoscevano da un po’ di anni, era l’unico che la capiva veramente essendo anche il suo migliore amico ma sapeva che era incompleta. Si mise ad osservare l’anello che portava al dito, quel ‘love’ che sapeva tanto di promessa e, forse, era realmente così. L’avrebbe voluto anche lui, sposarsi?
Sperava di sì.
 
_______

Angolo delle Laras

*toc toc* *si schiarisce la voce* salve, siete ancora vivi o devo parlare con i vostri fantasmi. Ammettiamolo, questo Listen Monday ci ha distrutto e la puntata dobbiamo ancora vederla. vi dico già in anticipo che vi ho voluto bene.
dopo due settimane eccoci qua con la storia. che capitolo impegnativo e devo dire che a me non piace, anche se l'ho riscritto tipo come 3690833578 volte - ma a Lars (nano) piace e va bene.
sulla storia non ho molto da dire, solo che il prossimo sarà una bella bomba. ci odierete, sicuramente. mwahahah

per andare molto off topic volevo solo dirvi che noi fan finchel dobbiamo rimanere uniti, capito? non dobbiamo farci abbattere da chi non rispetta noi e la nostra ship. lo so che è difficile, che continueremo sempre a essere presi di mira per ogni cazzata e, anch'io personalmente sono così stanca di leggere offese verso finn o la finchel in generale. perché potremo anche odiare rachel e il mascellone ma rispettiamo i suoi shippers - anche se RIPETO, shippano qualcosa di assurdo (come la faberry). glee insegna il rispetto verso chi è diverso di noi anche se hanno un pensiero diverso ma spesso questo viene dimenticato. come viene dimenticato l'immenso amore che ha finn per rachel. lui si è messo da parte per vederla crescere come artista, per quello che ha sempre ambito rach dalla prima stagione e lui era consapevole che poteva essere un ostacolo per lei, per il suo futuro ma questo non significa che non l'ama, anzi, è il contrario. 
e ricordiamoci, il re del fandom ha parlato:

Finchel is forever

be' vi ho fatto perdere tempo quindi me ne vado e alla prossima settimana.
persempretusarai e nano

ps. grazie chi commenta (:

 

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Capitolo 17
*** chapter seventeen. ***


Just a dream.

 

Capitolo diciassette.


“L’anno non poteva cominciare in modo migliore”, pensò Rachel mentre Finn rotolava al suo fianco con il respiro ancora pesante.

La ragazza riprese fiato e si infilò velocemente la maglia di Finn.

“Ehi! Non ho detto che potevi rivestirti!” Finn le bloccò le mani sopra la testa e rotolò di nuovo sopra di lei.

Rachel lo guardò confusa e stanca.

“Beh, ciò che si fa a Capodanno, si fa tutto l’anno, o sbaglio?” Rachel sorrise ammiccante e chiese silenziosamente il permesso a Finn di liberarsi le mani. Finn la aiutò a sfilarsi la maglia e fissò il suo corpo.

“Sei bellissima.”

“Dai, che sono stanca!”

Esclamò Rachel ridendo, mettendosi seduta e baciando le sue labbra in attesa.
 


“Ero brilla eh?”

Chiese Lea guardano Cory negli occhi.

“Solo un tantino!”

Lea rise dolcemente mentre si sfilava le scarpe che aveva indossato quella sera.

“Scusa.” Disse avvicinandosi provocante a Cory. Lasciò scorrere un dito lungo la sua guancia, lungo il suo collo, infilandolo poi sotto alla camicia che aveva slacciato nei primi bottoni, mentre con l’altra mano accarezzava la sua schiena e in punta di piedi alitava sul suo collo.

“Se stai cercando di sedurmi, Lea Michele, credo che non ce ne sia bisogno.”

Esclamò Cory, afferrandole la schiena e spingendola contro la parete della loro camera. Lea sollevò lo sguardo e si morse il labbro.

Rachel.

Quel nome attraversò la mente di Cory, e il ragazzo rivide il dolce sguardo della ragazza che si  mordeva innocentemente il labbro, quel pomeriggio all’interno del negozio.

Esattamente come Lea in quel momento. Solo che Cory conosceva bene Lea, e sapeva che di innocente c’era ben poco in lei. Cory si abbassò sulle sue labbra e scacciò l’immagine di Rachel, mentre Lea allacciava le gambe alla sua vita, il tubino rosso che era arrotolato alla vita.

Cory afferrò il fondoschiena di Lea e la trasportò sul letto, facendola sdraiare.

“Non credo che ce la farei a fare sesso con te per un anno contro ad una parete.”

La risata di Lea riempì la stanza, mentre osservava Cory liberarsi dei suoi pantaloni e raggiungerla in fretta.


“Io esco!!”

Gridò Lea, alle quattro del pomeriggio del primo Gennaio, raggiungendo Cory in salotto.

“D’accordo cucciola, ci vediamo più tardi.” Disse stampandole un bacio sulle labbra.

“Salutami Jon!”

Le gridò mentre la ragazza usciva di casa. Cory si lasciò cadere sul divano, indeciso sul da farsi. Aveva un paio di ore buone, e avrebbe preferito passare il primo giorno del nuovo anno con i suoi amici, ma erano tutti sparsi per il globo. Quindi prese l’unica decisione rimasta, o forse l’aveva già presa da tempo, ma senza saperlo.

 

“Dove corri?”

Finn catturò Rachel mentre si dirigeva in bagno e la fece roteare attorno a se.

La ragazza esplose in una risata e gli scompigliò i capelli.

“Vado a fare una passeggiata!”

Finn la guardò triste.

“Come? E mi lasci solo a casa? Il primo giorno dell’anno? Sei pazza?”

Rachel gli accarezzò una guancia.

“Finn, stavi guardando la partita, nemmeno facevi caso a me!”

Finn la guardò sottecchi e fece una smorfia.

“D’accordo, ma tra un’ora e mezza finisce.”

Rachel gli stampò un bacio sulle labbra.

“Sarò di ritorno in un’ora e ventotto minuti.”

“Ho il vago sospetto che tu ti diverta molto a impararti a memoria queste battute ad effetto da film.”

Finn liberò Rachel dal suo abbraccio e le diede una pacca sul sedere, sventolando la mano a mò di saluto.



Cosa stava facendo?

Cory dimenticò perfino di camminare quando scorse in lontananza Rachel. Lo sapeva. Sapeva che l’avrebbe incontrata al parco. Nonostante avesse scacciato con tutte le forze il pensiero ed avesse immaginato che dopo il loro ultimo incontro la ragazza non lo avrebbe mai più voluto vedere, eccola li, che camminava verso di lui, il suo bellissimo sorriso timido ed innocente stampato sul volto. Aveva in mano due contenitori di Starbucks, uno probabilmente di cioccolato, per lei, e uno di caffè, per lui. Ne era certo, aveva due bicchieri identici tra le sue mani. Rachl si fermò a pochi passi da lui e sorrise dolcemente, indicando i suoi bicchieri.

“Ti ho preso..”

“Anche io.”

Confermò Cory.

“Come sapevi che sarei venuta qui?”

“Lo sapevo.”

“Non volevo venire, non ricordo neanche perché ho comprato del caffè per te.”

“Sapevi che sarei stato qui.”

Cory le porse un bicchiere.

“Cioccolato al latte.”

Rachel lo guardò confusa.

“Anche io sapevo che saresti stata qui.”

Rachel sorrise e buttò in un cestino il proprio bicchiere di cioccolata, ormai vuoto, e prese quello che le porgeva Cory. A sua volta lui gettò il bicchiere vuoto del suo caffè e accettò quello pieno che gli porgeva Rachel.

I due si guardarono imbarazzati per alcuni secondi, prima che Rachel intrecciasse naturalmente le dita a quelle di Cory e cominciasse a camminare al suo fianco.

“Quindi, raccontami del tuo Capodanno!”

Esclamò eccitato Cory.

“E’ stato perfetto, ero in Times Square, con il mio fidanzato, è stato terribilmente caotico e romantico, non mi ero mai sentita così viva in vita mia!”

“Wow, io non sono mai stato là per Capodanno!”

“Sarà per l’anno prossimo!”

Rachel sorrise dolcemente al ragazzo, nascondendo il rossore delle sue guance dietro al bicchiere di cioccolata. Come mai le risultava così naturale parlare del suo fidanzato a colui con cui lo.. tradiva? No, solo perché provava una disperata attrazione per Cory non significava che stava avrebbe tradito Finn con lui. Eppure erano stati sul punto di.. No. No.

“Tu invece?”

Cory guardò in alto.

“Festicciola, con la mia fidanzata e alcuni amici.”

“Ah, quindi ce l’hai una fidanzata.”

La frase uscì dalle labbra di Rachel prima che potesse fermarla.

Cory scoppiò a ridere.

“Certo che si, piccoletta. E’ la donna più straordinariamente intelligente, bella, affascinante e sexy dell’universo.”

“Devi amarla davvero tanto..”

Commentò Rachel.

“Non immagini.”

Cory le sorrise dolcemente. Si, la amava. Rachel lo capiva benissimo, la amava quanto lei amava Finn. Lui era l’unico per lei, come la fidanzata di Cory lo era per lui. Eppure perché si erano trovati li, nel parco, anche quel pomeriggio, l’attrazione palpabile tra di loro, la tensione alle stelle.

“Oh, si, lo immagino.”

Camminarono insieme in silenzio, per un po’, le mani non più strette e gli sguardi lontani.

“Perché siamo qui allora?”

Si azzardò a chiedere Rachel.

“Se li amiamo così tanto, perché siamo qui?”

Cory non rispose, ma la guardò per un secondo.

“Perché se Lea è la ragazza più bella dell’universo, tu vieni subito dopo di lei.”


_______

Angolo delle Laras

pensavate che eravamo morte dopo la puntata? io ci ho quasi lasciato la pelle ma abbiamo speranza. mi raccomando, la nostra frase è 'atlantic city'. la nostra speranza è tutta racchiusa in quella canzone.
cooomunque, dovevo pubblicare ieri sera ma diciamo che l'arrivo di 14320265 verifiche mi ha tolto il tempo e devo ancora fare la stesura del prossimo capitolo - ma non temete, qualche appunto l'ho scritto - quindi non è per niente sicura la pubblicazione la prossima settimana.
passiamo al capitolo. oh, prendetevela tutti con nano, non con me - anche se ho adorato, amato questo capitolo - che è l'autrice di tutto questo! quanto amiamo farvi soffrire! mwhahahaha!
per quanto riguarda le recensioni, siamo grate di tutti i commenti che ci lasciate. (: e riceverete risposta al più presto.
ci vediamo prossima settimana o tra due settimane!
un bacione enorme.


persempretusarai e nano

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Capitolo 18
*** chapter eighteen. ***


Just a dream.

 

Capitolo diciotto.

 

“Perché se Lea è la ragazza più bella dell’universo, tu vieni subito dopo di lei”, Rachel alzò lo sguardo verso Cory sgranando gli occhi. Non può essere quella Lea, pensò Rachel. Non poteva essere la ragazza per cui il suo Finn aveva perso la testa. Scosse il capo dandosi della stupida. Al mondo potevano esserci tante ragazze che si chiamavano Lea, giusto?

Abbassò lo sguardo imbarazzata trovando più interessanti i suoi stivaletti. Non era stata abituata ai complimenti che provenivano al di fuori del suo ragazzo. Era abituata a quelli dedicati alla sua voce, al suo talento, alla sua ambizione ma non quelli sul suo aspetto fisico. Era migliorata con gli anni ma non si era mai sentita la più bella dell’universo. Anzi, quella persona poteva essere questa Lea oppure le sue amiche Santana e Quinn. Ma non lei.

Fu in quel momento che sentì le lunga dita di lui alzarle il capo facendo incontrare, ancora una volta, i loro sguardi. Quello che successe dopo, però, sembrava tutto così naturale. Le labbra di Cory che si posavano dolcemente sulle sue trasmettendole solo amore e dolcezza. Un bacio così solo una persona gliela aveva dato: il suo Finn.

Finn.

Si staccò e appoggiò la sua testa al petto di Cory. Poteva percepire il suo battito accelerato rimbombarle nelle orecchie.

“Lo sai che questo è sbagliato?”, disse Rachel, “È sbagliato nei confronti della tua ragazza e di Finn.”

“Lo so ma non riesco a toglierti dalla mia mente e non riesco a dimenticarti. E non lo voglio fare.”

“Nemmeno io”

“Rachel, verresti a cena con me uno di questi giorni? Solo noi due”

 
 

“Lo sai che ti ho praticamente odiato per non essere venuto alla festa di Capodanno?”, disse Lea ridendo tra un sorso di tè e un biscotto.

“Lee, tesoro, era il primo Capodanno con Zach! E poi mi è giunta voce che eri decisamente ubriaca!”

“Chi te l’ha detto?”

“Non lo stai negando! Quindi ti sei ubriacata! Lea Michele ubriaca è la cosa migliore del mondo. La prossima volta costringo Zach a venirci insieme così ci facciamo quattro risate!”

“Jon, sei impossibile. Preferisco che tu stia con il tuo ragazzo a far porcate.”, disse facendo una linguaccia al suo migliore amico.

“Parla la santa tra i due. Lo so bene che tu e Cory avete una vita sessuale molto attiva.”

Jonathan era la sua vita e se non fosse stato per il suo orientamento sessuale, si sarebbe messa insieme a lui immediatamente. Era l’unico, insieme a Cory, a capirla veramente e le piaceva da morire trascorrere del tempo con lui, quando ne avevano la possibilità. E quel giorno era uno di questi. Entrambi avevano passato il Capodanno con i rispettivi fidanzati e avevano la necessità di passare del tempo insieme e parlare.

“Sai cosa ho immaginato dopo che è scoccata la mezzanotte?”, disse e Jon la guardò inarcando un sopracciglio, “non mi guardare così. Questa volta non centra l’alcol. Anche perché me lo ricordo bene quel momento”

“Spara”

“Mi sono immaginata a un matrimonio. Al mio”, disse tranquillamente. Vide Jon strozzarsi con il suo tè e guardarla sorpreso.

“Al tuo matrimonio, sei sicura Sarfati?”.

Lea gli lanciò una M&M’s colpendolo al petto, “Sicurissima. E sposavo Cory e tu eri il mio testimone di nozze”

“Ne hai mai parlato con lui?”, chiese curioso. La sua migliore amica ne aveva pensate tante ma mai era giunta all’idea del matrimonio. Certo, le sue origini davano un’importanza maggiore al matrimonio e al valore di famiglia ma se aveva immaginato il suo matrimonio con il suo ragazzo, significava soltanto che si sentiva pronta di compiere il grande passo di unirsi per sempre a qualcuno.

“No e non credo che gli parlerò mai di questo. Ci conosciamo da anni e usciamo come coppia da più di tre anni ma se lui non fosse pronto? Se non mi volesse per sempre?”

“Ti stai sbagliando. Lui vuole stare con te per sempre. È completamente perso di te.”, disse convintissimo. Da Lea non arrivò nessuna risposta.

“Perché sto pensando che ci sia qualcosa che non va?”

“Si, cioè no. Non c’è niente ma spesso lo vedo distante con lo sguardo.”, Lea aveva notato delle volte che il suo ragazzo finiva dentro a qualche pensiero ma non sapeva l’oggetto delle sue riflessioni.

“Può essere un momento dove si sente particolarmente stanco. Può essere colpa delle sue emicranie.”

“Si può essere.”, sussurrò. Posò lo sguardo all’orologio e notò che si era fatto tardi, abbastanza da non preparare qualcosa al momento. Prese il telefono, digitò un messaggio a Cory e ritornò a guardare il suo migliore amico.

“Forse è meglio che vada. Si è fatto tardi e domani devo ritornare sul set.”, disse porgendosi per dare un bacio sulla guancia di Jon.

“Va bene, stella. Se ci sono problemi non esitare a chiamarmi”

 
 

“Devo andare. Finn mi aspetta”, disse alternando lo sguardo tra Cory e il cielo ormai diventato scuro.

“E la mia fidanzata desidera sapere se mangerò con lei”, rispose sorridendo.

“Quindi ci vedremo a cena uno di questi giorni”

“Sì e mi raccomando, vestiti elegante”

“Certamente. Ci vediamo Cory”, disse lasciando la mano di Cory, indirizzandosi verso casa.
 

Quando aprì la porta di casa venne avvolta da un profumo particolarmente dolce che proveniva dalla cucina. Curiosa, si tolse velocemente il cappotto e gli stivaletti e si diresse nel luogo del profumo e si trovò davanti ai suoi occhi un Finn alle prese con un grande pentolame con tanto di grembiule e un ricettario di cucina.

“Amore”, disse a bassa voce e lo vide alzare lo sguardo e posarsi su di lei.

“Ciao Rachel. La partita era finita e tu non eri ancora tornata così mi sono messo a provare a fare qualcosa di italiano.”

“Lo stai dicendo come se avessi compiuto un omicidio. È bellissimo da parte tua”, sorrise, “cosa mi ha preparato lo chef?”

“Pasta con sugo al pomodoro con un po’ d’insalata”, disse mentre preparava il piccolo tavolo.

“Oh, sì”, disse entusiasta, “corro a mettermi qualcosa di comodo e arrivo”.

Raggiunse la loro camera e, dopo aver chiuso la porta, si diresse verso lo specchio. Vedeva riflesso un mostro. Il suo futuro marito l’amava più di se stesso ed era in cucina a finire di preparare la loro cena e lei cosa faceva? Si sentiva attratta da un altro dopo aver fatto una scenata di gelosia per una cosa simile. Sicuramente è una cosa passeggera, passerà tra poco, si disse mentre si toglieva gli indumenti del pomeriggio. Dall’armadio tirò fuori dei leggings e una maglia larga a maniche lunghe. Quando ritornò non aveva nulla da fare, Finn l’aspettava per cenare con lei.

“Com’è andata la tua passeggiata?”, chiese mentre divideva gli spaghetti nei rispettivi piatti.

“Bene. New York mi ha sempre incantato d’inverno. Mi dispiace aver tardato”

“Signorina Berry, lei si scusa troppo spesso”, scherzò donandole un mezzo sorriso.

“Ho paura di trascurarti delle volte”, ammise con sincerità, “quando riprenderanno le riprese?”

“Proprio domani mattina. Non manca molto, stiamo solo girando le ultime scene al chiuso e poi ci sarà il montaggio.”

“Sono curiosa di sapere come verrà fuori. Da come me ne parli, deve essere veramente fantastico e sono contentissima che il tuo sforzo sia stato ripagato.”

“Lo è. Anche se, giustamente, ho una parte secondaria, ho avuto modo di osservare come si lavora in un set e come si preparano i grandi attori. Devo dire che ne è valsa la pena di riprovarci di nuovo.”

“Sono così orgogliosa di te”, disse sporgendosi per baciarlo.

Mai come ora si sentiva sbagliata per Finn.
 

Se nella sua adolescenza la sveglia era una nemica super antipatica, ora non lo era più. Anzi, non gli serviva neanche perché il suo corpo aveva mantenuto le abitudini dell’esercito e svegliarsi alle sei in punto ormai era una cosa normalissima. Un po’ come il bisogno di correre ogni mattina.

Si mise a fissare per qualche minuto il volto della sua amata che dormiva tranquillamente e, senza far rumore, scese dal letto controllando il tempo dalla finestra e andò a vestirsi per correre un’oretta a Central Park.

Quando uscì dal portone del condominio venne investito dall’aria fredda e pungente di New York ma sapeva benissimo che si sarebbe presto scaldato. Alzò il cappuccino della sua felpa e iniziò a correre liberando la mente da qualsiasi pensiero.
 

Non era a conoscenza di quanto tempo aveva corso ma quando era tornato a casa, aveva trovato Rachel che dormiva ancora come una piccola bambina. Le lezioni sarebbero riprese tra una settimana e capiva il bisogno di rilassarsi e riposarsi prima di tornare alle lezioni dure e impegnative della  NYADA.

Tutto sudato andò in bagno togliendosi di dosso i vestiti. Quando si tolse la canotta, fissò il suo riflesso allo specchio e si soffermò sulla lunga cicatrice che occupava la zona del ventre. Ricordava molto bene come se l’era procurata quella ferita e forse era quella che lo aveva spinto ad andare a New York per ricominciare a vivere. Sfiorò le lunga dita sulla pelle e poi, quando si liberò di tutta la biancheria, sentì un corpo freddo appoggiarsi su di lui, mentre delle mani si appoggiavano sul suo petto, segnando con le dita il profilo degli addominali.

“Sono tutto sudato, Rachel”, disse.

Da parte della ragazza sentì provenire un mormorio ma non era per niente intenzionata ad allontanarsi da lui. Anzi, sentì le sue labbra appoggiarsi sulla sua schiena con delicatezza.

“Hai sempre avuto un buon profumo”, disse sottovoce mentre le mani si posavano su zone che Rachel aveva imparato a conoscere bene con gli anni, “mi è sempre piaciuto sentire il tuo profumo sulla mia pelle”

Quando Finn si volse per ammirarla, catturò le sue labbra sulle sue mentre sfilava la camicia da notte di Rachel lasciandola cadere sul pavimento. Sapeva che tra neanche di un’ora doveva essere sul set ma se ne curò, troppo impegnato a baciare, succhiare ogni parte del corpo della sua amata sentendola viva ad ogni tocco provocando emozioni che sembrava essere la prima volta di qualche anno fa.

Era amore quello, quando andava oltre il tocco di due corpi. Andava oltre la penetrazione carnale; era una continua unione di due anime che si ritrovavano in ogni momento quando volevano allontanarsi dai problemi, dal mondo. Avevano bisogno sia dell’uno che dell’altro e, anche se Rachel era consapevole che quello che le stava capitando non era giusto, la sua unica certezza era Finn. Solo e soltanto Finn.

_______

Angolo delle Laras

chiedo scusa per questa lunga attesa. sto decisamente passando delle settimane d'inferno e non ho neanche un attimo di respiro e mi sento in colpa per non esser riuscita a dedicare alla storia più tempo. e poi, capitemi, devo scrivere il capitolo che sia all'altezza di quello precendente perché non voglio deludere Lars e voi lettori che ci leggete con tanto amore. speriamo di non aver perso nessuno.

passiamo alla storia.. ehm.. avevo in mente un bel discorso ma credo che dovrei iniziare a scappare perché sicuramente vorreste uccidermi per quello che è capitato tra cory e rachel.
si sono baciati e credetemi, doveva capitare. no, non odiatemi e non odiate loro. certo, stanno ferendo sia finn che lea ma questo fatto sarà importante per la storia e per il futuro dei quattro ragazzi. da qui le cose cambieranno, ci saranno colpi di scena, qualche bel angst che non fa mai male ma tanto amore. perché loro si amano e lo sanno anche gli alberi e le foglie che, dio solo lo sa, cosa avranno assistito mentre lea e cory era in tenda in campeggio questo weekend. ** #mymonchelefeelings

volevamo ringraziare chi ci legge e soprattutto Roberta che è di una dolcezza infinita e noi l'adoriamo agshsskssjksl. **

ci vediamo lunedì prossimo con un capitolo che - a parer mio - è una bomba!

persempretusarai e nano. (:

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Capitolo 19
*** chapter nineteen. ***


Just a dream.

 

Capitolo diciannove.

 

Cory guardò Rachel allontanarsi nel parco, sorridendo stupidamente.

Poi realizzò. L’aveva baciata.

Come era potuto succedere?

Si prese la testa tra le mani e si sedette sulla panchina più vicina, esasperato. Cosa era successo? Si maledì silenziosamente. O forse non tanto silenziosamente, dal momento che un ciclista gli urlò in lontananza di calmarsi. Cory si alzò di colpo.

Poi realizzò. Si era dimenticato di chiederle il numero.

“Scherzi, Cory? Il numero? Poi cosa vuoi, portartela anche a letto?”

Cory si lasciò cadere nuovamente sulla panchina e si prese la testa tra le mani. Di nuovo imprecò.

Si, voleva.

“Cosa?”

Cory si alzò di colpo e si incamminò verso casa, cercando di concentrarsi sulla ragazza che lo aspettava.

 

Lea sentì la porta di casa aprirsi.

“Sono a casa!”

Gridò Cory, entrando in cucina con un mazzo di fiori rosa.

“E questi?”

Domandò Lea, appoggiando la pentola che aveva in mano e porgendo la guancia al bacio di Cory.

“Li ho rubati a un giardino.”

Buttò li Cory, togliendosi la giacca e tornando in salotto per appenderla.

“Si, certo, a New York.”

Lo beffeggiò Lea, indicandogli il tavolo apparecchiato.

“Wow.”

Esclamò Cory accomodandosi al tavolo e scrutando le candele e le decorazioni.

“A cosa devo tutto questo?”

“Al mio amore per te.”

Disse Lea sparendo in cucina.

La ragazza appoggiò le mani sul bancone e respirò profondamente. Cosa poteva dirgli? “Cory, sai, vorrei che mi chiedessi di sposarti, ti direi di si, sai?”

Cory si fissò le ginocchia. Non meritava Lea, non meritava niente di lei, non meritava che quella ragazza perfetta lo amasse anche se lui provava attrazione per qualcun altro. La guardò mentre tornava in cucina, sorridente e con una pentola in mano da cui proveniva un delizioso odore. La guardò mentre lo serviva e mentre gli parlava della sua giornata con Jon, mentre gli diceva che lo amava e che stava organizzando una cena con le loro rispettive famiglie. Cory continuò a guardarla ammirato mentre sparecchiava la tavola e portava il suo dolce preferito al cioccolato in piccoli piattini gialli. La guardò mentre si sporcava di dolce il naso e rideva allegramente, e rise con lei, sporcandosi anche lui. La guardò mentre lo guardava innamorata, alzandosi e sedendosi sulle sue ginocchia. Rimase a guardarla mentre lo spogliava dolcemente e gli portava una mano calda sul petto, Cory non smise di guardare Lea che si sistemava a cavalcioni su di lui e piano lo lasciava entrare in lei.

“Ti amo.” Le disse dolcemente, prima di afferrarle i fianchi e stringere la sua pelle morbida. Cory chiuse gli occhi.

 

Il mattino arrivò troppo in fretta. Lea sgusciò fuori dalle coperte posandogli un bacio sulla tempia e sparì in bagno. Quando Cory sentì la doccia aprirsi decise che l’avrebbe raggiunta. Cacciò via le coperte e si tolse la maglia e i boxer, entrando in bagno e aprendo la porta della doccia. Lea lanciò un grido sentendo le sue mani fredde sui fianchi e si voltò di scatto, sorridendo.

“Ciao piccola.”

“Cory, devo andare a lavorare stamattina!”

“Che fidanzato sarei se non ti facessi mai fare tardi?”

Le disse mordicchiandole un lobo e lasciando che le sua mani afferrassero il fondoschiena di Lea. La ragazza annuì poco convinta e allacciò le mani al collo di Cory.

“Non mi sembri convinta.”

Il ragazzo le strinse le natiche e la sollevò.

Lea strinse le gambe attorno alla sua vita e gli graffiò la schiena.

“Sono una bravissima attrice.”

Disse prima di passare la lingua sul suo collo bagnato.

 

Il mattino era tranquillo, così Cory decise di tentare la fortuna.  Uscì subito dopo di Lea e si avviò verso Central Park, fermandosi a comprare un caffè caldo nel tragitto.

Rachel era seduta sulla panchina dove si erano salutati il giorno prima.

Vedendolo la ragazza si alzò di scatto, sorridendo.

“Mi sono resa conto di non averti lasciato il mio numero!”

Cory sorrise e senza una parola estrasse il suo cellulare.

Rachel glielo dettò lentamente e si lasciò fare una foto per il contatto.

“Direi che ora siamo a posto.” Le disse Cory.

“Devo andare..”Rachel abbassò lo sguardo sui suoi piedi. Cory le sfiorò il mento e all’improvviso si ritrovò a fissare quei grandi occhi marroni. Non li aveva mai visti così da vicino, così seri e silenziosi, pieni di segreti e magia. Cory sentì un brivido familiare che gli rincorreva la schiena. Quegli occhi..

Rachel si allungò sulle punte e gli posò un piccolo bacio a lato della bocca.

“Chiamami.”

Disse prima di allontanarsi.

 

Cory la chiamò. C’era qualcosa in lei, qualcosa. La chiamò la sera successiva, Lea sarebbe uscita con le sue amiche per una serata tra ragazze e lui decise di sostituire Rachel ai suoi amici. Rachel gli rispose di si, si, certo che le andava di uscire  con lui, Finn era sul set fino a tardi e poi avrebbe partecipato a una serata con alcuni colleghi, certo che le andava di uscire con lui, si, si, certo, le andava. Cory sorrise alle sue tante parole e riattaccò. La sarebbe andata a prendere alle sette.

Prima di uscire Lea gli scoccò un bacio sulle labbra.

“Senti, Cory, più tardi possiamo parlare?”

Cory sorrise e le prese la mano, intrecciando la sua piccola mano con la propria.

“Certamente, cucciola, di cosa esattamente?” Chiese baciandole le nocche.

“Beh.. Boh, del nostro futuro.” Lea arrossì delicatamente. Era così bella quando arrossiva, si disse Cory.

 
 

La ragazza arrossì dolcemente mentre abbassava imbarazzata lo sguardo.

“Quando arriviamo, Cory, quando arriviamo, vorrei parlarti del nostro futuro.”

Lui continuò a guardare la strada.

“Di cosa esattamente?”

“Ecco, Cory.. Io vorrei sposarmi, un giorno.”

L’urlo della ragazza fu spezzato ancora prima che potesse uscire dalle sue labbra perfette. La testa del ragazzo colpì violentemente il vetro del finestrino, frantumandolo.

 
 

Rachel scese velocemente le scale, eccitata. Aveva un bellissimo vestito blu notte, scollato nella schiena, che le arrivava sopra al ginocchio.

Saltò sulla macchina parcheggiata davanti al palazzo e incontrò il bellissimo sorriso di Cory.

“Dove vuoi andare?”

Rachel si fissò le mani, sudate, intrecciate, non sapendo bene cosa rispondere. Voleva stare con lui, guardarlo, annusarlo, ascoltarlo, stringerlo.

“Ovunque.”

Rispose incerta.

Cory le strinse l’occhio.

Il tragitto in macchina fu accompagnato dalla dolce voce di Rachel che canticchiava le canzoni alla radio. Cory parcheggiò l’auto in una trasversale della Broadway e girò attorno alla macchina, aprendo la portiera a Rachel. La ragazza gli strinse dolcemente la mano mentre raggiungevano il ristorante. Era un locale piccolo, a luci soffuse. Cory scambiò qualche parola e la fece accomodare ad un tavolo appartato. Non era mai stata in un luogo così elegante e bello, si disse Rachel, spostandosi i capelli a lato del collo.

“Cosa ti va?”

“Non vorrei offenderti dicendo che sono una vegana, ma beh in effetti lo sono, prendo solo un’insalata.”

“Anche tu?”

Chiese senza pensarci.

“Cosa?”

“No niente, una insalata è perfetta.” Cory appoggiò il menu e la guardò negli occhi.

“Quindi, parlami di te, Rachel.”

In realtà sapeva già tutto di lei, ma la ragazza gli raccontò nuovamente tutta la sua vita, ridendo, giocando con i suoi capelli e versando qualche lacrima ricordando alcuni episodi della sua vita. Raccontò a Cory del primo periodo a New York senza Finn, di quanto fosse perduta ma anche quanto amasse quel luogo. Gli raccontò di quando aveva conosciuto la sua vera madre per la prima volta e di quando al liceo aveva partecipato alla rappresentazione di West Side Story nel ruolo di Maria. Cory la ascoltò rapito e affascinato, mentre mangiava la sua carne e sorseggiava il suo vino. Rachel smise di parlare solo quando si rese conto di avere terminato l’insalata e il dolce. Allora si zittì di colpo e fissò Cory negli occhi.

“Cosa c’è?”

Rachel sospirò.

“Ho parlato troppo, eh?”

Cory sorrise.

“No, anzi, mi fa..”

“Oddio!”Il gridolino di Rachel lo interruppe.

“Cosa?”

“E’ – è.. Oddio. Cory, è Patty Lupone.”

Rachel indicò un angolino della sala.

“No, non girarti!”

Cory si voltò di scatto. Aveva già vissuto questa scena..

“Devo andare a salutarla.”Esclamò Rachel, alzandosi di scatto.

Quando tornò al tavolo era eccitatissima, e continuò a parlare ininterrottamente, fino a quando Cory non le propose di andare a bere qualcosa. Rachel tentennò, ma gli occhi di Cory mostravano un tale interesse per lei che non poté che accettare. Cory intrecciò la mano alla sua e la condusse in un piccolo pub poco lontano e poco illuminato. Una band suonava canzoni rock che nuovamente Rachel si trovò a canticchiare mentre Cory le porgeva un bicchierino di Tequila e un limone.

“Bevi!”

Rachel sorrise e annusò il bicchiere, prima di svuotarlo velocemente. Aprì la bocca pronta a ricevere il limone, che però Cory mangiò al posto suo.

“Ma!”

Le labbra di Cory si posarono su quelle di Rachel che rabbrividì al contatto e leccò il sapore del limone dalle sue labbra.

Cory le sorrise e si sedette su una poltroncina.

Rimasero a parlare per un’intera ora, ora nella quale, forse grazie all’alcol, Rachel aveva ascoltato Cory e gli aveva fatto un sacco di domande sulla sua vita. Cory rispondeva distrattamente, c’era qualcosa ch non andava, ma non riusciva a capire cosa. Quella ragazza lo attraeva, ma in lei c’era qualcosa di sbagliato.

Era terribilmente ubriaca, si disse Cory, vedendola alzare il braccio e chiedere un altro bicchiere.

“Rachel, forse dovremmo andare..”

“No, dai Cory, vieni andiamo a ballare.”

“Non sono capace.”

“No dai. Lo voglio!”Gli disse alzandosi e facendo oscillare pericolosamente il bicchiere che teneva in mano. Lo guardò decisa.

 

Cory si alzò per sorreggerla e si ritrovò stretto tra le sue braccia.

Era sinceramente bellissima, e sembrava una bambina a volte proprio come la sua Lea.

“Sai che quando balli sei goffo ma tremendamente adorabile e coccoloso Cory?”Gli sussurrò Rachel.

Il ricordo della sua fidanzata ubriaca a capodanno lo colpì improvvisamente.

Rachel. Lea.

Lea. Rachel.

Patty Lupone, Central Park, il NYADA, la sua parlantina, un certo Finn, i suoi occhi. I suoi occhi, Finn, la sua parlantina, il NYADA, Central Park, Patty Lupone, New York. Rachel. Glee. Rachel Berry, Finn Hudson.

“Rachel, come ti chiami di cognome?” Le domandò distrattamente. Ma la ragazza era quasi un ombra.

“Berry.”Sentì la sua voce dire, ma era una voce più profonda, dolce, musicale. Era la voce di Lea.

_______

Angolo delle Laras


capitolo bomba, eh?
io l'ho semplicemente adorato e tutti i complimenti vanno a Lars che, come sempre è magnifica e mi lascia senza fiato. spero che sia stato lo stesso per voi.
adesso penserete: che succederà ora? e credo che sia una domanda legittima. da qui la storia inizierà a complicarsi e non sarà tutto rose e fiori per quei quattro. ci saranno problemi, dolori ma anche il bisogno di amore.
cosa succederà ora ai finchel e ai monchele? lo saprete continuando a leggere la nostra long.

non smetteremo di ringraziare Roberta per le sue magnifiche recensioni e le nostre chiacchierato su twitter. Ringraziamo anche chi legge in silenzio. siete fantastici e vi adoriamo tutti.

ci vediamo con il prossimo aggiornamento che potrebbe essere anche lunedì.
buona serata,

persempretusarai e nano.

ps: io disgraziata di persempretusarai alias monchelehands su twitter, ho scritto una os finchel intitolata 'i want your sex' se volete farci un salto è qui [
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1361905&i=1 ]

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Capitolo 20
*** chapter twenty. ***


Just a dream.

 

Capitolo venti.



Rachel era Lea.

Lea era Rachel.

Immagini delle riprese sul set di Glee iniziarono a scorrere davanti ai suoi occhi: l’incontro tra lui e Lea e la palpabile alchimia tra di loro; la fine della relazione tra Lea e Theo e i pianti di lei sulla sua spalla; poi i primi sguardi nascosti; le uscite segrete e i baci; la prima volta che fecero l’amore dentro la roulotte di Cory; i viaggi. Tutto si incastrava con Rachel, dopotutto era un pezzo di vita di Lea. Avevano le stesse ambizioni, erano fin da piccole criticate per i loro difetti fisici ma avevano la stessa voce potente e viva, gli stessi occhioni quando erano felici.

Come diavolo aveva fatto a non arrivarci prima?

La testa incominciò a pulsare con molta forza tanto da portare le mani sul capo cercando di fermare il dolore. Era come se mille pezzi venissero ricomposti e successivamente saldati.

Iniziò a mancargli l’aria e doveva assolutamente uscire dal locale ma non poteva lasciare da sola Rachel in preda dell’alcol e da ragazzi che, da quando erano entrati, non smettevano di guardarla per la sua bellezza particolare ma seducente, in grado di stendere qualsiasi uomo con un semplice movimento.

Invitò Rachel ad uscire dal locale e si sedette su una panchina mentre guardava lo sfondo del suo telefono.

“C-Cory stai bene?”, chiese una Rachel un po’ brilla.

“Mi mancava un po’ l’aria. Sai, troppa gente”, rispose. Rachel si sporse per posare le sue labbra su quelle di Cory – baciarlo era diventato una necessità – ma lo sguardo andò a posarsi sul telefono.

“Perché sono il tuo sfondo? Non mi hai mai visto con quel vestito ed era del liceo”, disse mentre Cory si rese conto di essersi messo in un grande casino. Come poteva spiegare a Rachel che la ragazza dello sfondo era Lea poco prima di girare la prima volta che lei e Finn fecero l’amore?

“Non sei tu”, disse continuando a guardare l’oggetto tra le mani.

“Ma io ho quel cappotto, quel vestito”, si lamentò.

“È Lea”. Le pupille di Rachel si dilatarono cercando di capire come poteva essere che la sua ragazza fosse uguale a lei.

“Posso vedere un’altra sua foto”, chiese gentilmente. Cory le mostrò un’altra immagine. L’aveva scattata lui stesso ad una premiere.

Rachel alla visione di Lea iniziò a capire. La ragazza di Cory era Lea, la stessa Lea che Finn aveva perso la testa qualche mese prima. Le venne in mente il giorno che, colta dalla rabbia, si era messa a curiosare tra i documenti del film e aveva visto la foto di lei e aveva capito come Finn si fosse invaghito. Era la ragazza più solare, bella che avesse mai visto.

“Finn aveva perso la testa per la tua ragazza.”, iniziò a dire, “io sto facendo del male a lui con il ragazzo di Lea!”

Rachel aveva decisamente perso il controllo di se stessa. Continuava a blaterare cose senza un filo conduttore e Cory non poteva far altro che guardarla e pensare che, anche in quel momento era bellissima.

“Non guardarmi così! Non puoi. Capisci che siamo dei traditori? Stiamo tradendo i nostri rispettivi compagni!”, urlò e i suoi occhi iniziarono a diventare sempre più lucidi.

“Lo capisco.”, sussurrò soltanto.

“Voglio tornare a casa”

Senza dire una parola, accompagnò Rachel a casa.

 

Cory sapeva che tutto questo era sbagliato; già solo essersi introdotto nella vita per personaggio che Lea teneva di più lo faceva sentire uno schifo e in più aveva tradito la sua ragazza con la versione più giovane di se stessa.

Ma soprattutto aveva fatto del male a Finn che era a conoscenza del suo amore verso Rachel, dei sacrifici che aveva compiuto, forse pensando meno a se stesso, per vedere gli altri veramente felici. E ora finalmente stava provando a vivere il suo sogno e si stava riscattando. Da quello che aveva appreso da Lea, Brad era veramente rimasto impressionato dalla forza di volontà del ragazzo e che, in vista di un altro film, l’avrebbe di certo richiamato per un ruolo ancora più di spessore.

Era fiero di lui ma lo stava ferendo. Gli stava portando via la sua Rachel.

 

Una volta giunto sotto il palazzo dell’appartamento di Finn e Rachel – era diventato più grande di una scatola di scarpe? Si chiese – si girò per guardarla e notò che stringeva la borsetta facendo diventare le nocche bianche per la forza della stretta.

“Forse è meglio chiuderla qui”, disse infine Rachel.

“Credo che sia la cosa giusta.”

“È stato bello conoscerti, Cory. Davvero, sono stata fortunata ad incontrare una persona gentile e umile come te. Mi hai fatto provare sentimenti strani ma belli, piacevoli.”

Rachel appoggiò la mano sulla maniglia ma venne bloccata da Cory che, per l’ultima volta, la baciò. Un po’ per ricordare le sue labbra, il suo profumo. Il primo a terminare quel contatto fu proprio Rachel con gli occhi lucidissimi, pronti per un lungo pianto. Uscì dall’auto sussurrando un “addio”.

L’unica cosa che fece Cory fu appoggiare la testa sullo schienale e cominciare a piangere senza fermarsi.

 
 

Stava provando in tutti i modi di far entrare la chiave dentro la serratura ma le lacrime le impedivano di guardare tutto con lucidità. Che senso aveva piangere? Aveva fatto la cosa giusta, non poteva continuare a fare del male a Finn dopo che gli aveva fatto una scenata per un’infatuazione.

Sperava con tutta se stessa che non fosse già rientrato a casa se no non sarebbe riuscita a nascondergli nulla e poi cosa sarebbe successo? L’avrebbe di certo lasciata e odiava sentirsi sola senza di lui. Era l’unica certezza del suo presente, del suo futuro. Non poteva.

Come poteva essere una buona moglie per Finn?

Quando aprì la porta, la casa era avvolta dal buio totale; sospirò sollevata e si liberò del giaccone. Senza accendere nessuna luce se ne andò in camera togliendo ogni indumento rimanendo nuda e, prendendo il suo pigiama, si diresse in bagno per liberarsi dal trucco e da tutto quello che si sentiva addosso. Mentre la vasca iniziava a riempirsi, iniziò a struccarsi con delicatezza; di solito lo faceva cantando qualche canzone ma stasera non ne aveva assoluta voglia. Voleva solo prendersi a schiaffi offendendosi per esser stata così stupida e infantile. Che senso aveva perdere la testa quando aveva il suo ragazzo? Non era stanca di lui, non lo era mai stata, e amava quando facevano l’amore, preparavano il pranzo, andavano a farsi un giro per New York o per pub invidiando tutti per la perfetta armonia delle loro voci quando cantavano insieme. Soltanto che Cory aveva quel qualcosa che lo rendeva così simile a Finn ma allo stesso tempo diverso. Non sapeva spiegarselo ma sembravano la stessa persona.

Riempita la vasca di acqua bollente si immerse rilassando tutti i suoi muscoli. Raccolse i lunghi capelli in un chignon disordinato e appoggiò la testa a bordo vasca chiudendo gli occhi cercando di dimenticare una volta per tutte Cory.

 
 

Nella casa c’era solo il rumore di vestiti e oggetti che venivano spostati e inseriti in una grande valigia. Stava andando via, Cory, e la sua decisione era sofferta e combattuta.

Come poteva vivere affianco a Lea continuando a mentire e prendersi gioco di lei? Non avrebbe sopportato il suo sguardo innamorato, lo avrebbe soltanto fatto sentire peggio. Si sentiva tremendamente un cretino. E un mostro. Un completa idiota che non si meritava in questo momento di avere una ragazza così stupenda e talentuosa al suo fianco. Per quanto l’amava non riusciva a separarsi da lei ma doveva essere forte.

Doveva allontanarsi per un po’, capire come mai la sua vita si era scontrata con quella di Rachel Berry e far chiarezza con se stesso sperando, nel frattempo, che Lea fosse stata forte, che sarebbe andata avanti lo stesso senza di lui perché non si sarebbero mai lasciati ma il quel momento doveva chiarire delle faccende. Ma aveva paura per lei perché quando Lea perdeva la sua sicurezza diventava la persona più fragile di tutto l’universo e doveva avere qualcuno vicino a lei ma non poteva essere lui.

Si ricordò quando vide Lea sgretolarsi dopo la rottura con Theo, di quanto i suoi occhi si erano spenti sotto la sua vista mentre fuori pensavano che aveva metabolizzato bene la rottura; delle notti passate a casa sua cercando di fermare le lacrime che continuavano a scendere silenziose e dei piccoli pugni ricevuti perché cercava in tutti i modi di aiutarla e lei non voleva. Chi l’avrebbe aiutata questa volta?

“Ecco, Cory.. Io vorrei sposarmi, un giorno.”

Un flash. La voce di Lea. Che lui ricordasse, non aveva sentito mai quella frase e allora perché sentiva che quella frase provenisse dalle labbra della sua compagna?

La testa riprese ancora una volta a pulsare ma con più forza tanto da mandare a quel paese l’emicranie che non lo lasciavano più in pace.

 

Si guardò intorno. Si percepiva che iniziava a mancare qualcosa: i cassetti vuoti – tranne il cardigan grigio che Lea adorava mettersi – i prodotti per il corpo portati via dalle mensole del bagno. Non voleva farlo ma era la cosa giusta.

Guardò l’orologio e segnavano quasi le undici. Lea sarebbe rientrata tra qualche ora e preferiva non trovarsi lì perché a voce non sarebbe riuscito a spiegargli nulla. Così prese un foglio e iniziò a scrivere per poi appoggiarlo sopra al suo cuscino.

Così, dopo aver chiuso la zip della valigia, lasciò la casa.

 
 

Era stata decisamente una giornata lunga: era rimasto sul set fino a tardi per completare delle ultime scene per poi andare a cena con i suoi colleghi in un locale che sembrava troppo anche per lui. Era tutto così.. ricco. Lui proveniva da una famiglia umile e tutto quel lusso lo portava a sentirsi inadeguato e piccolo a confronto dei suoi colleghi.

Parcheggiò l’auto e si diresse verso il piano del suo appartamento; non era molto tardi – era appena passata la mezzanotte – e sperava di trovare la sua ragazza ancora sveglia alle prese con qualche materia da studiare o altro. Quando inserì la chiave e successivamente aprì la porta di casa, trovò tutto buio. Forse Rachel era stanca e si era coricata a letto, pensò mentre si toglieva silenziosamente scarpe e cappotto. Appoggiò le chiavi sul piccolo mobile all’ingresso e si diresse in camera; sperava di trovarla lì ma non c’era.

“Rachel?”, la chiamò con voce incrinata dall’ansia. Sentiva la sua presenza ma non poteva essere di certo uscita, anche perché il suo pigiama non c’era. Poi si girò e guardò la porta del bagno chiusa. Forse era a farsi un bagno e non lo aveva sentito; si avvicinò alla porta e quando l’aprì gli si congelò il sangue: vide Rachel immersa nella vasca con gli occhi completamente chiusi e sembrava immobile. Si buttò verso di lei continuando a chiamarla per cercare di farle aprire gli occhi.

“Rachel? Rachel, rispondimi!”, disse con voce spezzata. Tirò un sospiro di sollievo quando Rachel aprì di colpo gli occhi spaventata; era spaesata e guardava Finn con occhi spenti.

“Rachel, per Dio! L’acqua è gelata; da quanto sei qui dentro?”, chiese con apprensione notando non solo la temperatura ormai fredda dell’acqua ma anche le labbra viola di Rachel.

“Io.. io non lo so”, sussurrò.

Se ne fregò altamente del suo completo nero comprato di recente e con un movimento veloce, portò Rachel fuori dalla vasca e subito l’avvolse in un grande accappatoio così da tenerla al caldo e coperta.

La portò in camera e l’adagiò sul grande materasso mentre recuperava un asciugamano per asciugare i lunghi capelli che cadevano umidi sulla sua schiena. Finn non voleva intromettersi ma desiderava conoscere il disagio di Rachel ma la vedeva stanca per parlare. Così per cercare di distrarla si mise a cantare una canzone a caso. Non si chiese neanche perché stava cantando “Hey there Delilah” ma sapeva che era giusta in quel momento. La cantava sempre quando era in esercito, quando era stanco degli spari e voleva tornare ad abbracciare o fare l’amore con la sua Rachel. I suoi compagni lo prendevano in giro per questo, perché cantare non era abbastanza da “uomo”. Così lui se ne fregava e inseriva il cd con le loro cover fatte negli anni del liceo, prima di separarsi; era decisamente buffo vedere la faccia incantata e il corpo paralizzato mentre la voce della sua anima gemella conquistava tutta la sala. Rachel era così: quando cantava, diventava un angelo. 

 

Rachel si faceva sistemare e sperava con tutta se stessa di non scoppiare a piangere perché tutto quello che provava in quel momento era di non meritare l’amore di Finn, il suo tocco gentile mentre le asciugava e pettinava i capelli; il modo di accarezzare il suo corpo con il tessuto dell’asciugamano.

Voleva raccontare tutto ma non avrebbe retto la sua assenza perché era sicura che non l’avrebbe perdonato. No, non l’avrebbe fatto e lo capiva se sarebbe successo. Era giusto, dopotutto. Aveva sbagliato lei, solo lei.

 

Quando Finn terminò la canzone si posizionò davanti a Rachel catturando il viso nella grandi mani, “Rachel”, sussurrò, “Amore, non so cosa ti sta succedendo, cosa ti ha preoccupato durante la mia assenza e non lo voglio sapere ora se non sei pronta. Ma per qualsiasi cosa, per uno sfogo, un bisogno, io sono qui per te. Sono e starò accanto a te. Non ho intenzione di lasciarti in preda ai tuoi tormenti e se è necessario salterò anche lavoro. Chiamerò Brad e dirò che sono ammalato. Hai capito?”

Gli occhi di Rachel incominciarono a punzecchiare per via delle lacrime che erano pronte a uscire. “No.. non saltare il lavoro per me. S-sto bene, davvero”, disse quasi implorando, “solo abbracciami”.

Solo una volta Finn l’aveva vista così ed era quando aveva fallito la sua prima audizione per la NYADA. Non si lasciò ripetere due volte così l’abbracciò circondandola con le sue grandi e muscolose braccia sussurrando parole d’amore fino quando non si addormentò.

 
 

Cory accese la luce e posizionò la sua grande valigia vicino alla porta. Sarebbe partito il mattino dopo per il Canada. Si sentiva uno schifo, decisamente e non aiutavano neanche l’emicranie che facevano ancora più male del solito. Maledì tutto e si distese sul letto cercando di dormire.

 

“Buonanotte, Stephanie. Ti voglio bene”

“Ti voglio bene anch’io, Lea. Salutami Cory e buonanotte.”

Non fece neanche il tempo di entrare dentro al palazzo che si era tolta le scarpe con tacco vertiginoso e aveva preso a correre per raggiungere il suo enorme appartamento. Era elettrizzata, la serata con le sue amiche era stata memorabile e voleva concludere la lunga giornata avvolta tra le braccia di Cory. Quando entrò dentro casa annunciandosi, si bloccò, consapevole che la casa era fin troppo silenziosa e buia. Di solito quando usciva lasciava sempre dei post-it così si diresse in cucina ma non c’era nulla. Ed era strano perché nell’aria c’era qualcosa di strano, di diverso. Di sbagliato.

Raggiunse la loro camera, notò che sopra al suo cuscino c’era il cardigan preferito di Lea e un foglio. L’istinto la guidò di corsa verso l’armadio aprendolo.

“Dottore! Dottore!”

Non c’era niente. Ogni singola cosa di Cory dentro all’armadio non c’era più.

“Cosa succede?”

“Il paziente ha risposto a degli impulsi”

Confusione. C’era solo confusione. Era come se si era staccata dal suo corpo e vedeva una Lea sconvolta cercare invano qualcosa che appartenesse a Cory ma erano rimaste soltanto le foto, quel cardigan e uno stupido foglio. Si erano lasciati tranquillamente: si erano sussurrati tanti “ti amo” a fior di labbra e basta. Erano semplicemente felici.

Allora perché non era più con lei?

“Signor Monteith, riesce a sentirmi? Signor Monteith?”

Si girò e guardò il foglio sul letto. Forse la spiegazione stava tutta lì e doveva sapere. Si avvicinò e trovò due fogli: uno era Finn Hudson e l’altra per lei.

“Ben tornato nel mondo dei vivi, Signor Monteith”


_______

Angolo delle Laras


 

Buonasera, qui è Lara - Nano che vi parla! Mi scuso immensamente per la mia lunga assenza nei commentini a questa storia. La mia socia mi sostituisce sempre quando ne ho bisogno e sono straoccupata e le sono molto grata. Direi che essere arrivate al ventesimo capitolo è un grande traguardo per noi. Quando abbiamo cominciato questa storia, e penso di parlare a nome di entrambe, non ci saremmo mai aspettate nè che venisse fuori decente, nè che piacesse a così tante persone. Quindi vi siamo immensamente grati, a tutti voi lettori e in particolare a voi recensori. Mi prendo la libertà (Lara, scusa) di rispondere alle care Anna e Roberta, che con la loro confusione e le loro supposizioni cercano di rovinarci l'effetto sorpresa! Ovviamente scherzo, vi adoriamo e siete magnifiche e bellissime da leggere come sempre, e io personalmente amo leggere cosa pensate e cosa passa nella vostra testa dopo la lettura del capitolo, e non mi stancherò mai di dirvelo. E per quanto riguarda Shes_aGleek (uff odio non sapere i nomi delle persone con cui parlo xD), certo che ci accorgiamo delle assenze, abbiamo un librone in cui segniamo con una faccina triste chi non ci commenta ogni volta :( In realtà non è vero nemmeno questo, ma siamo davvero felici che ti sei rimessa in pari e sei di nuovo dei nostri. Siamo felici che ognuno di voi sia dei nostri e ci accompagni, ci da tanta forza e tanto coraggio e tanto calore al cuore. Vi ringrazio immensamente, e spero vi sia piaciuto questo capolavoro che il mio amore di socia ha prodotto per voi e spero di leggervi presto. Ringrazio ancora una volta la piccola Lara, che mi da sempre le più grandi soddisfazioni e di cui sono orgogliosa come una mamma :) Ti voglio bene.

Lara (nano) e Lara (persempretusarai).

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Capitolo 21
*** chapter twenty one. ***


Just a dream.

 

Capitolo ventuno.


“Voglio un ECG e una tac, il più in fretta possibile.”

Un uomo in camice bianco snocciolò in fretta l’ordine a una ragazza bionda, mentre sollevava gli arti di Cory e ne controllava le pupille.

“Come si sente?”

Cory si guardò intorno confuso. Come si sentiva? Ma dove si trovava? E Lea?

“Lea?”

“La sua fidanzata è ancora in coma, ma siamo fiduciosi. Lei era messo molto peggio eppure è qui.”

Il dottore gli sorrise.

“Le fa male qui?”

 

Alla fine il dottore smise di torturarlo ed uscì dalla stanza. Cory fissò per un attimo il soffitto, confuso. Era in ospedale.

Che fosse stato tutto un sogno? Rachel? Finn? La vita a New York? Il natale, la festa a capodanno, la neve, gli incontri a Central Park, il negozio di vini, i caffè e le cioccolate, i baci con Rachel? Il suo tradimento?

Il pensiero fece sorridere Cory, e l'involontario movimento gli causò una profonda fitta alla guancia destra.

Tradimento? E di chi? Rachel non esisteva, Rachel era Lea. Era sempre stato solo innamorato di lei, e chi altri potrebbe amare? Essersi innamorato di Rachel nel sogno aveva dimostrato ancora una volta quanto il suo amore per quella ragazza fosse forte, quanto fosse imperlato di magia tanto da innamorarsi della stessa donna anche sotto una diversa forma. Il sogno sembrava essere durato una vita. Cory ritornò con la mente agli avvenimenti precedenti il sogno.

Lui e Lea.

Lui e Lea erano in macchina, diretti all'aeroporto di Los Angeles, pronti a volare a New York. Ma cosa era successo prima? E durante il viaggio? E perché andavano a New York? Cory chiuse gli occhi improvvisamente sfinito.

 

“Signor Monteith? Signor Monteith?”

“Cory?”

Alcune voci lo svegliarono. Non aveva fatto sogni.

Il volto preoccupato di sua madre lo fissava, insieme a quello di suo fratello, dei genitori di Lea e della bionda infermiera con cui il dottore bianco aveva parlato.

“Cory, sei sveglio, grazie a Dio.”

Sua madre gli strinse la mano, cedendo alle lacrime. La madre di Lea stringeva l’altra sua mano e tutti lo guardavano ansiosi.

“Come stai?”

Cory chiuse gli occhi, stanco e accecato dalla troppa luce.

 

E così aveva sognato. Aveva sognato una vita fantastica, aveva sognato di rovinare quella fantastica vita incontrando per caso una ragazzetta che avrebbe dovuto essergli familiare, ma che non lo era stata. Rachel. Perché aveva conosciuto Rachel? E perché lei era in quel sogno? Perché si era innamorato di lei? La testa gli faceva sempre più male.

 
 

Erano passate due settimane. Due lunghe settimane dall’incidente, e Shaun era stato ogni secondo al fianco del fratello. Era la persona che più gli stava a cuore, ed era corso immediatamente dal Canada. La loro madre aveva pianto diversi giorni prima di mettersi come lui il cuore in pace stringendo in silenzio la mano di Cory. Shaun Monteith aveva versato una piccola lacrima soltanto nel momento in cui i genitori di Lea Michele erano entrati nella stanza, in silenzio, e avevano abbracciato sua madre, Ann, augurandosi tutto il bene a vicenda.

I due ragazzi erano stati tamponati da un camion che percorreva una strada contromano mentre si dirigevano all’aeroporto di Los Angeles, dove li aspettava un volo per New York, dove avrebbero festeggiato il loro anniversario. Cory lo aveva chiamato, la sera prima, confidandogli di avere in mente di chiedere a Lea di passare con lui il resto della sua vita, e Shaun non era mai stato così felice per il suo fratellino.

Poi, la chiamata. Il viaggio in aereo, la corsa all’ospedale, l’albergo, i pianti. Shaun non lo poteva sopportare. Non sopportava la sofferenza. In cuor suo aveva già deciso che Cory si sarebbe risvegliato, quindi per lui era già risolta la situazione. Per questo motivo nel momento esatto in cui il ragazzo aprì debolmente i suoi occhi, semplicemente sorrise. Sorrise, perché lui non l’aveva lasciato, lui sarebbe sempre stato con lui e avrebbe combattuto per sempre al suo fianco. Shaun sorrise, guardando Cory richiudere lentamente gli occhi e cadere addormentato.

“Mamma, è stanco. Sono state due settimane dure per tutti.”

Annunciò, sorridendo ai genitori di Lea Michele.

“Credo sia il caso di prenderci una serata per rinfrescarci.”

Guidò la madre fuori dalla stanza e le avvolse un braccio attorno alle spalle.

“Andiamo prima..?”

Shaun sorrise dolcemente e accompagnò la madre, seguendo i genitori di Lea Michele, alla stanza della ragazza. Non l’aveva mai incontrata, la conosceva solo attraverso i racconti di Cory, e Dio, quanto rompeva quel bimbetto con quella ragazza.

 

Shaun stette in disparte mentre i genitori della ragazza si sistemavano ad un lato del letto e la fissavano pieni d’amore, mentre sua madre le prendeva la mano piena di fili e tubicini e la stringeva leggermente. Lea era davvero la ragazza più bella che Shaun avesse mai visto, nonostante i graffi e i tagli ancora presenti sul suo viso. Era finita contro il finestrino e l’aveva sfondato, aveva sentito raccontare, ed era svenuta sul momento. Il coma era arrivato subito dopo, così come i suoi genitori da New York.

Osservò sua madre mentre versava nuove lacrime, si avvicinò a lei e la abbracciò.

“Andiamo mamma.”

La donna annuì mestamente e si appoggiò al figlio maggiore. Uscendo dalla stanza Shaun si voltò verso la ragazza che suo fratello amava più della sua stessa vita. Era stata “Lea” la prima parola di Cory appena sveglio. Shaun si augurò che si svegliasse in fretta. Sorrise tristemente lanciando un ultima occhiata ai genitori della ragazza chini su di lei, mentre usciva dalla stanza abbracciando la madre.

 

Cory spalancò di colpo gli occhi e improvvisamente ricordò il dettaglio fondamentale che gli era sfuggito per tutto quel tempo.

Lui e Lea stavano volando a New York per il loro anniversario, che doveva essere passato da un po’, in quel momento. Cory ricordò di colpo l’anello che aveva comprato e che non sapeva quando darle. Chissà dov’era, chissà se glielo avrebbe dato.

Sbattè le palpebre confuso.

Ovvio che glielo avrebbe dato, prima o poi. Il fatto che l’avesse lasciata con un “perdonami” nel loro stramaledetto sogno campato in aria non significava niente. L’aveva fatto anche Lea? E soprattutto, l’avrebbe ricordato? L’avrebbe ricordato anche Lea? Il pensiero gli provocò una fitta al braccio e alla testa, e chiuse gli occhi nuovamente. Accidenti. Avrebbe con tutto il cuore desiderato alzarsi, correre nella stanza di Lea, abbracciare i suoi genitori, stringerle la mano e sfiorarle le dolci labbra che da tempo non sentiva né vedeva. Le mancava da morire, anche se paradossalmente nel sogno era sempre stato con lei. Desiderava stare con lei, rassicurarla, parlarle. E invece tutto quello che riuscì a fare, fu, per l’ennesima volta quel giorno, chiudere gli occhi e cadere addormentato.

 

Durò giorni. Cory imparò a distinguere il giorno dalla notte semplicemente dai volti che il suo sguardo sfiorava nei pochi momenti di lucidità. Riusciva a rimanere sveglio per pochi minuti prima di ricadere nel sonno. È la morfina, sussurrava un infermiera a sua madre. Si sveglierà del tutto? Domandava la donna al fratello. Coraggio, bambino, le montagne ti aspettano, buttava li ogni tanto Shaun, tranquillo e sorridente. Quando vedeva il viso rilassato del fratello o quello contratto della madre, Cory sapeva che era giorno, e che loro erano li con lui e per lui, a parlargli. Quando lo sguardo vagava nella stanza vuota o una gentile infermiera gli scostava il cuscino, Cory capiva che era notte. Non vide più i genitori di Lea, ma sapeva che c’erano, erano li in giro e pregavano per lui, e per lei.

 

Per giorni Cory non riuscì a ripensare al sogno senza cadere sfinito nel sonno. Pian piano cominciò a stare sveglio per più tempo, e passava le notti di colpo insonni a pensare a Lea, a come fare per riportarla indietro. Doveva esserci un modo, magari era intrappolata nel sogno. Arrivò a questa conclusione una notte tre settimane dopo l’incidente. Doveva esserci un film simile, si disse soddisfatto. Doveva esserci qualcosa che l’avrebbe riportata da lui. Che gli avrebbe ridato indietro la sua Lea. Passò un’intera ora a pensare al sogno e finalmente il viso giovane e felice di Rachel gli tornò in mente.

“Finn aveva perso la testa per la tua ragazza.”, iniziò a dire, “io sto facendo del male a lui con il ragazzo di Lea!”

Era una sera fresca. Rachel era Lea. Lea era Rachel.

Cory di colpo comprese.

Era una pazzia, ma nel momento in cui aveva capito che Rachel e Lea erano la stessa persona si era risvegliato. O meglio, no. Si era svegliato nel momento in cui aveva capito di essere innamorato di Rachel, ovvero di Lea, perché Lea e Rachel erano la stessa persona. Non aveva avuto più senso per lui rimanere nel sogno, ora che tutto era al suo posto. Non aveva tradito Lea e mai avrebbe potuto.

Forse era ciò che doveva fare Lea. Innamorarsi del Finn del sogno, e realizzare che era Cory. ne sarebbe uscita, si sarebbe svegliata.

Sbuffò, procurandosi una fitta alle costole. Nessun danno grave, aveva detto il dottore, in un mesetto sarebbe stato come nuovo e anzi molto più arzillo e solo più prudente in strada.

Ma che accidenti stava dicendo? Stava fantasticando su uno stupido sogno. Le morfine e i loro effetti, si disse, chiudendo le palpebre di nuovo pesanti.

_______

Angolo delle Laras

 

Buon pomeriggio. l'aggiornamento doveva essere lunedì però ero tornata a casa e mi ero addormentata invece di postare il capitolo. poi ieri dovevo metterlo ma EFP non voleva funzionare quindi ecco che l'aggiornamento arriva di mercoledì. 
Non saprei neanche cosa scrivere sinceramente perché il capitolo parla da sé.
Però sicuramente vi avrà fatto capire un po' di cose - Roberta anche questa volta i tuoi pensieri ci hanno preso in pieno: per caso siamo così scontate? lol
chiediamo perdono ad Alexandra e ad Anna che le abbiamo decisamente spaventate e portate alla confusione più totale. ora è un po' più chiaro, no?

comunque, volevamo ringraziarvi per i commenti, le visuallizzazioni. non sapete quanto siamo felici di questo.
ci vediamo al prossimo aggiornamento. (:

Lara (nano) e Lara (persempretusarai).

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Capitolo 22
*** chapter twenty two. ***


Just a dream.

 

Capitolo ventidue.

“E stop! Siete stati bravissimi in questa scena”

La voce potente di Brad si estese per tutto lo stabile facendo partire dei rumorosi applausi verso i due attori che avevano appena finito di girare, compreso Finn che era rimasto a guardare le ultime riprese, anche se il suo lavoro era praticamente finito da qualche giorno ma si era decisamente affezionato alla storia e ai suoi colleghi che non voleva lasciarli. Uno dei due attori impiegati nella scena era Lea e doveva ammetterlo: era veramente una bravissima attrice. Non aveva mai visto nessuno girare una scena così intensa e vera. Si vedeva che amava il suo lavoro.

Solo che c’era qualcosa di diverso in lei, anche se non lo dava a vedere. Era troppo iperattiva negli ultimi giorni di riprese e non l’aveva mai vista così. Era solito vedere Lea parlare con la troupe, sorridere ad ogni istante, soprattutto quando prendeva in mano il suo telefono.

In questi giorni però, appena finivano le lunghe riprese, prendeva le sue cose e si rifugiava nel suo trailer dicendo che era molto stanca e tornava poco dopo per riprendere il lavoro. Giravano voci che la sua stanchezza fosse dovuta a una presunta gravidanza ma non sapeva che pensare. Poteva essere vero come no ma non erano affari suoi e non voleva violare la privacy di una sua collega.

Non sapeva descrivere il suo rapporto con Lea. Gli era passata l’infatuazione ma desiderava essere qualcosa per lei. Tipo un amico, qualcuno con cui parlare anche in modo distratto. Però lei manteneva sempre le distanze e non capiva perché. Era stata lei inizialmente a contattarlo e poi più niente. Pensava che le cose sarebbero cambiate dopo la scena in ospedale ma nulla.

Lea non lo calcolava per niente.

 

La vide allontanarsi avvolta dal suo enorme cardigan grigio e lui riprese a guardare il copione e a prendere appunti su ogni cosa che aveva visto negli ultimi giorni. Si maledì per non aver portato con sé il suo portatile così da lavorare alla sua relazione dell’esperienza avuta con il film: avrebbe portato ad un elevato punteggio nella valutazione a fine anno.

Prese il telefono dalla tasca dei suoi jeans e scrisse velocemente un messaggio alla sua ragazza per assicurarsi che stesse bene e per comunicarle che non sarebbe rientrato per pranzo; aveva lasciato la casa con una Rachel stanca e ancora addormentata nel loro grande letto e non sapeva come stava, dopo quella sera di tre giorni fa. Si era ammalata e sapeva che non doveva preoccuparsi più di tanto ma il comportamento di quella sera l’aveva messo sull’attenti, come se qualcosa era sul punto di cambiare. Devi pensare di meno Finn Hudson disse dentro la sua testa e tornando a concentrarsi al suo lavoro però venne interrotto dalla suoneria del suo telefono.

Guardò il numero e sinceramente non aveva la più pallida idea di chi lo stava chiamando.

“Pronto?”

“Ehi, Finn! Sono Paul”, disse la voce proveniente dal telefono. Come poteva non conoscere quella voce: Paul faceva parte dell’esercito e nei suoi due anni di permanenza aveva fatto amicizia con lui e sembrava l’unico a capirlo quando soffriva della sua situazione.

“Paul, amico mio! Come stai?”, disse entusiasta allontanandosi dalla zona delle riprese andando verso i trailers.

“Procede bene. Sono in licenza e mi trovo all’aeroporto in Georgia. Tu sei ancora a New York?”

“Certo. Devo trovarti un posto per qualche giorno da queste parti?”, chiese con il sorriso sulle labbra.  Era contento di rivederlo dopo tanto tempo.

“Sarebbe grandioso, anche perché ho una voglia matta di vederti. Ti avviso quando arriverò, okay?”

“Certo, Paul. Non vedo l’ora di vederti!”

Quando chiuse la chiamata per dirigersi nuovamente sentì un rumore provenire da uno dei trailer posizionati nel parcheggio dello stabile. Si fermò guardandosi attorno cercando di capire la provenienza e per non sembrare pazzo. Si incamminò verso i trailer quando sentì nuovamente quel rumore. Era un rumore strozzato, come se fosse un lamento o perfino un pianto.

Proveniva dal trailer di Lea.

“Lea, tutto bene?”, chiese cercando di farsi sentire bene dalla ragazza. Come risposta sentì di nuovo un rumore strozzato.

“Lea, sono Finn. Sono in pensiero, stai bene?”

“S-si, sto bene Finn. Puoi anche tornare dagli altri”

“Se apri la porta e vedo che stai bene, torno dagli altri e ti lascerò in pace”, affermò con voce ferma e decisa.

Dopo qualche minuto la porta si aprì facendo vedere una Lea con guance e occhi arrossati segnale che aveva pianto.

“Credo che non tornerò dagli altri perché non stai bene”, disse Finn sorridendo dolcemente.

“Finn”, si lamentò, “sto bene”

“Oh, certo. Perché una ragazza sta divinamente quando piange”

Lea sospirò pesantemente, segno che aveva colpito nel segno. “Non cerco la tua pena, Finn.”, disse sulla difensiva.

“Non voglio provare pena per te.  Non sono una persona del genere.”

“Dai, entra. Scusami del disastro”, disse facendolo entrare.

Il suo trailer era grazioso e si adattava completamente allo stile di Lea. Vicino alla cucinetta spiccava una macchina da caffè segno che non poteva resistere senza quella bevanda – che lui non amava particolarmente. In effetti c’era un po’ di confusione ma riguardava principalmente i miliardi di fogli e da bicchieri di caffè che erano sparpagliati sul divanetto e sul tavolino, insieme a una coperta pesante.

Una volta che Lea liberò il divano dai fogli lo fece accomodare mentre lei cercava di farsi un altro caffè.

“Sei proprio dipendente dal caffè”

“Oh, si. È tutto quello che ho ora, al momento.”, disse accomodandosi di fianco a Finn. Raccolse le gambe vicino al petto coprendo le gambe con il suo enorme cardigan.

“Ho sempre pensato che eri una grande lavoratrice.”, iniziò a dire Finn guardandola, “ho ammirato le tue doti e devo ammettere che ho imparato molto da te. Sei sempre stata spontanea e hai trasformato la troupe come una famiglia e hai fatto amicizia con tutti, tranne che con me”, disse sorridendo.

“Mi dispiace, non volevo”, ammise Lea attenta alle sue parole.

“Non scusarti, avrai avuto i tuoi motivi. Il punto è che ti ho notato abbastanza – non pensare male, ho avuto una cotta per te ma è stato agli inizio delle riprese – per capire che qualcosa è cambiato. Sei troppo iperattiva in questi giorni e dopo ore di stancanti riprese, ti nascondi in questo posto.”

“Sono soltanto stanca.”

“Molti affermano che la causa potrebbe essere una gravidanza ma non credo. Ho ragione, vero?”

“No, non è vero. Non aspetto nessun bambino.”

Un silenzio alquanto imbarazzante scese dentro il trailer. Finn voleva solo che Lea si aprisse con lui, che trovasse un amico con cui parlare e lei era sempre sulla difensiva.

“Che ti succede, Lea?”, chiese timidamente. Lei sospirò.

“Volevo sposarmi, un giorno”, iniziò, “era dal primo dell’anno che segretamente mi prendevo del tempo e guardavo i cataloghi da sposa, tutto senza farmi vedere dal mio ragazzo. Ne avevo perfino parlato con il mio migliore amico e sa quanto tengo alle tradizioni e quanto significano per me. Sai, dopo che stai insieme da più di tre anni con una persona che ti fa sentire costantemente amata e protetta, be’, un po’ inizi a pensare al matrimonio e poi casomai a un figlio. L’altro giorno ero pronta per parlargli di questa cosa perché so per certa che lui sarebbe un ottimo marito e anche un ottimo padre. Ero tutta euforica, le mie amiche volevano uccidermi quella sera.”, disse allegra. Andava tutto bene, per ora. Si vedeva quanto teneva a questa cosa. Finn gli venne in mente la sera di Capodanno quando si immaginò la sua Rachel in attesa del loro figlio.

Poi vide il volto di Lea oscurarsi.

“Quando ero scesa dalla macchina, mi tolsi subito le scarpe e mi affrettai per raggiungere casa per parlarne. Non c’era più. Era sparito. Si era portato via tutto lasciando due fogli e il suo cardigan.”

Finn capì perché quel cardigan era importante per lei. Apparteneva al suo ragazzo.

“Non capisco il perché l’abbia fatto. Andava tutto bene.”

“Se ne è andato via così?”, chiese sconvolto Finn dopo tutta la storia. Come poteva averla abbandonata così?

“Sì”, disse alzandosi e andando a prendere dei fogli appoggiati su una credenza, “è andato via lasciandomi questi”

Afferrò i fogli e vide che uno era ancora chiuso e c’era scritto il suo nome; l’altro, invece, era per Lea e spiccava un perdonami.

“Non mi chiedere perché c’è scritto il tuo nome in uno di quei fogli. Non ti ha mai visto, sa solo la tua esistenza per il film”

Controllò il telefono e vide un messaggio di Paul che gli comunicava l’orario di arrivo a New York e doveva ancora trovargli un alloggio. Non voleva lasciare sola Lea.

“Lea, ora devo andare ma tieni il mio numero”, disse.

“Perché?”

“Non voglio lasciarti sola. Quindi se hai qualche problema, se hai voglia di urlare, picchiare qualcuno o semplicemente parlare, questo è il mio numero. Basta che mi chiami e vengo subito da te.”

“Grazie”
 

Vide Finn Hudson andarsene dal suo trailer rivolgendole un dolcissimo sorriso. Fissò il biglietto con il suo numero di telefono chiedendosi come fosse possibile che proprio lui doveva accorgersi che non stava bene. Solo una volta era capitato ed era stato dopo la rottura con Theo e Cory… no, non doveva pensarci. Avrebbe ripreso a piangere ancora una volta.

Era sempre stata forte, si ripeteva, ma lui le donava quella protezione che la faceva sentire invincibile, tipo wonder woman. Andato via lui, era sparita tutta la sua forza. Lo stava odiando ma non riusciva a smettere di amarlo.

Non poteva non amarlo.

Con Theo era diverso, la loro relazione si era spezzata da tempo colpa della gelosia del ragazzo ed erano arrivati alla decisione di separarsi dopo due anni. Aveva pianto, si ma solo perché ci era dentro, perché dopo anni aveva capito come era realmente. Cory l’aveva aiutata, le era stata accanto nei momenti di rabbia, di pianti isterici e quando trovava rimedio nell’alcol.

Sorrise debolmente quando le venne in mente una fredda giornata di anni indietro quando si era rinchiusa in un pub a ubriacarsi pesantemente, lui l’aveva raggiunta e portata a casa. Da quella volta lui le aveva vietato di consumare alcolici in sua assenza, chiudendo a chiave il mobiletto delle bottiglie. Si erano uniti ancora di più e da quel giorno non si erano più separati.

Sospirò pesantemente cercando di frenare le lacrime che erano pronte, ancora una volta a scendere sul suo viso. Doveva andare avanti ma come poteva? Era tutto così strano e vuoto senza di lui. Non ce la poteva fare.


Ripose le chiavi di casa sul mobiletto togliendosi il cappotto.

“Finn sei a casa?”, disse vedendo le luci della cucina accese.

“Sì, Rachel.”

La ragazza sorrise mentre si precipitava a salutarlo. Erano passati dei giorni da quella sera e aveva fatto finta che non fosse successo nulla. La vita doveva andare avanti, no? Cory era sparito, non si era fatto più sentire ed era giusto così.

“Sono passata da Blaine per aiutarlo per l’audizione off-Brodway e mi manda i tuoi saluti”, disse baciandolo dolcemente notando che il suo portatile era aperto su degli hotel della zona.

“Come mai stai guardando degli hotel?”

“Ti ricordi di Paul? Te ne avevo parlato molto tempo fa”

“Il tuo amico dell’esercito?”, chiese.

“Sì, ora è in licenza e passa per di qui per ricordare i vecchi tempi e per conoscerti.”, sorrise, “sai, quando ero in esercito facevo sempre sentire a tutti la tua bellissima voce così Paul si era fissato di conoscerti”

“Sono curiosa di conoscerlo. Casomai organizziamo una cena e poi andiamo in qualche locale.”

“Certo”

Terminato la sua piccola ricerca, Finn e Rachel iniziarono a preparare la cena. Rachel gli parlò di come stava preparando Blaine per l’audizione e che presto sarebbe tornata a lavorare come insegnante privata per qualche bambina che voleva prendere lezioni di canto.

“A te com’è andata?”, chiese curiosa. Sapeva che Finn aveva terminato da qualche giorno le sue riprese ma le attirava quel mondo tutto strano.

“Benissimo. Hanno girato una delle ultime scene e Lea e Jackson sono stati fenomenali.”

Lea. Rachel sentì un dolore provenire dal petto e non riuscì a fermare le immagini di lei e Cory insieme.

“Non vedo l’ora di vedere il film, allora”, disse cercando di essere il più normale possibile.

“Si”

“C’è qualcosa che non va?”, chiese vedendolo preoccupato e pensieroso.

“No, no. Stavo pensando un attimo a Lea. In questi giorni non sta molto bene”

“Ma sei hai appena detto che ha registrato oggi.”

“Infatti è vero ma fisicamente sta bene. Ho notato che era fin troppo iperattiva così ho provato a parlare con lei. Si è confidata con me e mi ha detto che il suo ragazzo l’ha lasciata senza avvisare o dirle una parola. Se n’è andato approfittando di una serata tra amiche”

Era come ricevere uno schiaffo in pieno viso in una giornata d’inverno: faceva male il doppio. Cory se n’era andato per non rivelare il suo tradimento sapendo che avrebbero sofferto entrambi perché sapeva che Cory amava ancora Lea ma si era preso una sbandata per lei.

“Hai una faccia sconvolta”

“È che… è orribile quello che ha fatto il suo ragazzo”

“Questo è certo. Un uomo non dovrebbe comportarsi così, è da codardi. E pensare che Lea voleva sposarlo.” Rachel cercò con le sue forze di non scoppiare a piangere e di dire tutta la verità.

“Le ho dato il mio numero così da chiamarmi se ha problemi.”

“Hai fatto la cosa giusta, Finn”, disse cercando di pensare solo alla cena.

Cenarono tranquillamente, lasciando perdere il mondo esterno. Solo Finn e Rachel. Amavano coccolarsi, riscaldarsi con gli sguardi e sentirsi amati. Tutto sembrava perfetto.

Si erano accomodati sul divano mangiando schifezze e bevendo birra mentre si mettevano a commentare qualche serie tv in modo assolutamente infantile e senza senso. Finn amava vedere Rachel ridere e Rachel amava vedere Finn ridere con lei.

Si sentiva viva con lui, gli anni trascorsi da sola a New York erano soltanto un ricordo lontano e sfocato. Le avance rifiutate da studenti del suo stesso corso, le dure prove per essere sempre all’altezza per Carmen Tibideaux, i pianti dentro il suo minuscolo appartamento e il rifiuto dell’aiuto di Kurt e successivamente di Blaine. Era come se a vivere non era la vera Rachel Berry. Era determinata, sì ma lo faceva per Finn perché se l’aveva costretta a partire per New York c’era un vero e proprio motivo. Voleva vincere per lui e lo faceva tutt’ora.

La suoneria del telefono di Finn la fece riportare alla realtà.

 

“Pronto?”

Una voce prese a ridere. “Lo sai che vado matta per gli M&M’s? Amo mangiarli con Jon ma lui non c’è”

Non ci mise molto Finn a capire chi era dall’altra parte del telefono. Chi poteva chiamare alle undici e mezza passate?

“Lea?”, chiese per avere conferma.

“Si, si, sono io. Lea, quella non adatta alla televisione”

“Sei ubriaca, per caso?”

“Cory non si è portato via la chiave del mobiletto degli alcolici e io l’ho trovata!”

Finn guardò Rachel cercando di capire cosa stava succedendo dall’altra parte del telefono. Lea era ubriaca e poteva commettere qualche sbaglio e, visto che non aveva nessuno, era meglio raggiungerla.

“Lea, dove abiti?”

“Nel Bronx, no? Sono italiana, ho tanti tatuaggi e il mio porno preferito è il cibo!”, rispose.

“Non bere, adesso arrivo”.

Chiuse la chiamata guardando Rachel negli occhi. Non amava abbandonarla così, stavano passando una bella serata da soli in tranquillità.

“Mi disp…”

“Non dispiacerti, Finn”, disse Rachel interrompendolo, “vai da lei e non farle fare qualche cavolata. Questa separazione le sta facendo male e se non ha nessuno in questo momento, è giusto che ci sia qualcuno al suo fianco e tu sei l’uomo e l’amico perfetto.”

“Grazie, Rach”, disse sfoggiando un mezzo sorriso e dirigendosi verso la porta mettendosi di corsa cappotto e scarpe.

 

Se Lea stava soffrendo così tanto era solo per colpa sua si disse Rachel guardando ormai la porta chiusa che segnava che Finn era andato via. Era colpa sua perché era entrata nella vita di Cory e di aver fatto del male a tutti e due. “Lea desiderava sposarsi con lui, voleva parlarne la sera stessa” quelle parole facevano male. Mai come ora desiderava correre da lui e dirle la verità.

 

Non fu difficile trovare l’appartamento di Lea – okay, doveva ringraziare tutte le persone a cui aveva chiesto indicazioni se no non ci arrivava proprio – e lei abitava in uno dei più modesti edifici nella zona del Bronx circondata da migliaia di negozi dall’insegna italiana. Quando giunse di corsa nel grande pianerottolo pensò che l’appartamento suo e di Rachel era decisamente la metà di quello che si trovava davanti alla sua faccia.

Bussò la porta con insistenza per farsi sentire dalla ragazza; continuava a chiamarla per assicurarsi che stesse bene e dopo cinque minuti abbondanti gli aprì una Lea con un maglione enorme, dei leggins e i capelli arruffati con tanto di bottiglia alla mano. Era per caso del whisky, quello? si chiese mentre guardava Lea con espressione seria.

“Ma tu sei Finn!”, urlò prendendolo per un braccio e portandolo dentro casa.

“Lea è meglio se mi dai la bottiglia”, disse Finn seriamente. Di tutta risposta la ragazza gli rise in faccia facendo una giravolta e inciampando sui suoi stessi piedi così da cadere per terra ridendo ancora più forte. Iniziò a intonare Defying Gravity senza nessuna sbavatura e Finn si chiese da quanto era attaccata alla bottiglia per essere così fuori controllo.

Si tolse il cappotto mentre vide Lea avvicinarsi a lui e iniziare a ballare in modo goffo che fece sorridere Finn.

“Lo sai che sei un po’ ridicola quando sei ubriaca?”

“Lo sai che sei completamente noioso?”

“Io sarò noioso ma di certo non ubriaco!”

“Si, sei noioso”, ripeté.

“Dammi la bottiglia, Lea. Casomai te la ridò indietro quando sarai un po’ più lucida.”

Vide Lea bloccarsi e guardarlo con rabbia e disperazione.

“Non dirlo.”, disse sottovoce.

“Cosa, Lea?”, chiese confuso. Non aveva detto nulla di strano; allora perché scaldarsi così senza motivo?

“Non dirlo!”, iniziò a urlare iniziando a piangere, “non parlare come Cory!”

“Lea calmati. Non piangere”, disse Finn provando a calmarla. Mai come d’ora si era sentito impotente. Non sapeva che fare e Lea non stava ragionando.

“Io piango quanto cazzo voglio!”, urlò ancora facendo cadere a terra la bottiglia che aveva in mano frantumandosi a terra e ferendosi a una mano.

“Non muoverti, Lea. Cerca di fare un respiro profondo.”

Vide Lea rispondere ai suoi ordini mentre si avvicinava a lei spostando con i piedi i pezzi di vetro. “Ascoltami. Hai i tuoi amici e hai me. Riusciremo ad uscirne. Non ti dico che lo dimenticherai ma proveremo a farti ritornare un po’ serena con te stessa perché continuando a ferirti non lo riavrai indietro.”

“Perché ti comporti così?”, chiese

“Non c’è un perché. Ho sempre aiutato le persone.”, disse prendendo la mano di Lea che continuava a sanguinare per un pezzo di vetro che si era conficcato nella mano.

“Ti sei ferita. Adesso ti curo e poi vai a riposare, okay?”

Lea annuì e Finn la prese in braccio facendole evitare di calpestare i pezzi di vetro e la portò in bagno medicandola; poi, portandola in camera, le diede del tempo per cambiarsi. Intanto lui si mise a sistemare il disastro rimasto in soggiorno.

 

Poco dopo vide tornare in soggiorno e lo guardò con occhi smarriti e colpevoli di qualcosa di ingiusto.

“Non dovevi”, disse.

“Ti senti meglio?”

“Brucia un po’”

Finn sorrise cercando di farla sentire a suo agio. “Vuoi che ti preparo una tazza di tè? Con Rachel funziona quando beve qualche bicchiere di troppo”

Scosse la testa. “No. R-Rachel è la tua ragazza?”

“Sì, è la mia ragazza.”

“L’ami tanto?”

“Più della mia stessa vita”, rispose senza esitazione. Non sapeva perché Lea gli aveva fatto quella domanda ma non importava più di tanto.

La vide portare le piccole mani alla testa e fare una smorfia di dolore, “ho un mal di testa allucinante”

“Forse è meglio che ti vai a riposare”

“La camera degli ospiti è libera. C’è tutto, anche il pigiama se vuoi”

“Grazie”

“Buonanotte Finn”

“Buonanotte Lea”
_______

Angolo delle Laras
 

Oddio, finalmente sono riuscita a scrivere e sposare il ventiduesimo capitolo - sto prendendo una piccola pausa dal mio 'studio matto e disperto'. chiedo e chiediamo perdono per questa pausa di due settimane ma siamo prese con le bombe letteralmente. sono due settimane di fuoco e vorrei decisamente spararmi un colpo - credo che anche Lars vorrebbe fare la mia stessa fine.

Comunque, passiamo al capitolo. siamo ritornati nel sogno dove è ancora intrappolata e per ritornare da Cory deve innamorarsi di Finn e non è per niente facile perché lei ama immensamente il suo ragazzo.
Finn lo amo, decisamente. credo che sia l'uomo più dolce e disponibile di questo mondo e vorrei averne uno anch'io (anche un Cory Monteith mi va bene uu). Lui è un personaggio che scorre sulla mia tastiera con molta facilità; è lui a comandare me e mi cambia tutte le scene che mi ero preparata.
Lo adoro e tutti dovrebbero amarlo, soprattutto in questa quarta stagione. si sta facendo valere e non solo come il ragazzo di Rachel.
so, mi sto perdendo in chiacchiere, decisamente. quindi vi ringrazio tutti e ci sentiamo presto con il prossimo aggiornamento.

Lara (persempretusarai) Lara (Nano)

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Capitolo 23
*** chapter twenty three. ***


Just a dream.

 

Capitolo ventitré.


Il terreno scricchiolava sotto ai suoi piedi. Era nevicato di nuovo, quella notte, quindi il terreno era ghiacciato.

“Passeggiate, Signor Monteith, passeggiate all’aria aperta e vedrà come si riprenderanno in fretta le sue articolazioni.”

Era troppo buffo, quel medico, e Cory passava la metà delle sue giornate a farne una inefficace imitazione cercando di far ridere la sua preoccupatissima madre. Shaun era da poco tornato in Canada dalla sua famiglia, ma Ann aveva puntato i piedi per restare ancora un po’ con il suo bambino. In realtà era rimasta soprattutto nella speranza di esserci quando Lea avrebbe riaperto gli occhi.

Erano passate cinque settimane dall’incidente, Cory si era svegliato due settimane prima e nell’ultima settimana si era ripreso in fretta, tanto che l’avevano mandato a casa in anticipo e con mille raccomandazioni. Nonostante questo, Cory trascorreva la maggior parte delle sue giornate all’ospedale, seduto al fianco di Lea, nella sua stanzetta spoglia. Dava la possibilità ai genitori di andare a rinfrescarsi, e poi faceva loro compagnia, insieme con sua madre, fino a tarda sera, quando Ann cominciava a sbattere velocemente le palpebre per tenerle aperte. Cory a quel punto posava un dolce bacio sulla fronte della ancora addormentata Lea, stringeva la mano a Marc, abbracciava Edith, e infine prendeva la madre per il braccio e la portava a casa, dove si addormentava sfinita.

Cory non dormiva molto.

“Passeggiate, Signor Monteith, passeggiate all’aria aperta e vedrà come si riprenderanno in fretta le sue articolazioni.”

Aveva detto il dottore, e ogni sera prima di dormire usciva al freddo di febbraio e respirava l’aria notturna, camminando lentamente sempre più lontano. Tornava esausto a casa, si stendeva a letto e di colpo la stanchezza passava, lasciando spazio ai pensieri e alle digressioni. Finiva per addormentarsi vestito, e al mattino era in piedi all’alba, pronto a un’altra passeggiata.

Cercava di non pensare, Cory. In ospedale aveva speso così tanto tempo cercando di analizzare il significato del sogno che aveva fatto, cercando di spiegarsi il suo significato, ma ogni volta la sua conclusione era diversa e fantasiosa. Era stanco di pensarci, di rimuginarci sopra. Tutto quello che desiderava era riavere Lea con lui, al suo fianco, il suo sorriso radioso e il suo piccolo corpicino caldo da abbracciare.

Gli faceva male tornare nella casa che dividevano da poco, dove tutto profumava di lei, le sue cose erano sparse ovunque nonostante la maggior parte fosse ancora chiusa nelle valigie che un poliziotto aveva gentilmente fatto recapitare a casa loro dopo l’incidente e che Cory non aveva ancora avuto il cuore di aprire, certo di trovare l’anello che aveva accuratamente nascosto in una tasca del suo maglione per tenerlo al sicuro. Gli faceva male tornare in quella casa, e in tutti i posti che avevano condiviso durante la loro relazione, tornarci anche involontariamente, gli faceva salire le lacrime agli occhi e gli chiudeva lo stomaco in una morsa, tanto da essere  stato costretto per diverse notti di fila a recarsi in ospedale, per guardarla dormire tranquilla e sperando che una qualunque anima ci fosse in cielo la riportasse da lui in fretta, spaventando a morte sua madre che lo chiamava terrorizzata al mattino non trovandolo in casa.

“Sono da lei.”

Rispondeva, come se fosse la cosa più naturale del mondo. E lo era, per lui.

Era da lei, era a casa. 

 

Quella mattina si era svegliato più tardi del solito. Gli parve di essere tornato a quando era un bambino, e si svegliava dolcemente solo quando il profumo del caffè inondava la casa. Allora come ora non andava matto per quella bevanda, ma gli aveva sempre fatto piacere sentirne l’odore appena sveglio. Negli ultimi anni, poi, quell’odore era sempre associato al viso appena sveglio di Lea e ai suoi baci assonnati, ed era quindi diventato ancora più piacevole. Sentì un leggero colpo alla porta e il viso di Ann sbucò di soppiatto.

“Sei sveglio?”

Domandò la madre.

“Si, buongiorno mamma.”

La donna entrò piano nella stanza e si sedette accanto al figlio.

“Ciao. Hai dormito un sacco oggi. Come ti senti?”

Cory stirò le braccia in aria e riavviò i capelli.

“Meglio, molto meglio.”

“Ha chiamato Shaun, ieri sera, voleva parlarti ma eri ancora da Lea.”

Trattenendo uno sbadiglio, Cory appoggiò i piedi per terra e si aggiustò la maglia.

“Lo chiamo appena esco, vieni con me in ospedale?”

“No, tesoro, ricordi che ieri Edith mi ha invitata a colazione con lei? Ci vediamo..” Meditò un attimo.

“Ecco, dove dovevamo vederci non me lo ricordo, ma la chiamo tra poco. Ti raggiungiamo da Lea più tardi, dopo che saremo passate a prendere anche Marc.”

Cory si stropicciò gli occhi, cercando di focalizzare la memoria al momento in cui le due donne si erano organizzate.

“Non mi ricordo, ma va bene. Ho solo una domanda.”

Ann, che si era alzata dal letto per lasciarmelo cambiare, si risedette di colpo.

“Dimmi, è tutto a posto cucciolo?”

“Certo. Solo, se vai a colazione con Edith, perché stai bevendo il caffè adesso? E questo è decisamente odore di uova.”

Affermò annusando l’aria.

“Beh.. Si sa che in Canada il sole sorge prima rispetto a New York, non posso mica aspettare le 10 per le mie calorie.”

Cory sorrise dolcemente e si diresse in bagno.

“Sappi che io il caffè non lo bevo!”

“Quando mai te lo ho offerto!” Gridò la madre di rimando.

“Ne lasci sempre un po’ per me!”

“Non è affatto vero!!”

Ann si chiuse stizzita la porta della cucina alle spalle, e versò il contenuto della moka nel lavandino. Non sarebbe mai cambiato il suo bambino.

 

“Ehi ciao fratellino!” La voce di Shaun risuonò nel vivavoce della macchina e Cory sorrise istintivamente.

“Ciao a te. Come te la passi su al nord?”

“Bene, anche se mi manca vederti tutto ammaccato e morente. E tu? Mamma ieri ha detto che vaghi ogni notte in cerca di spiriti e pace.”

“Non cerco nulla e non vago.” Replicò stizzito Cory, mettendo in moto il veicolo.

“Whoah, frena. Guidi anche adesso?”

“Come cazzo fai a saperlo?”

“Solo tu parti in seconda con certe sgasate, pazzo furioso. Ti stai riprendendo alla grande.”

“Pensavi facessi il tragitto fino all’ospedale sempre a piedi? O peggio ancora, che mi lasciassi portare da tua madre?”

Cory percepì il sorriso del fratello.

“Povero bimbo. Allora hai notizie della tua bella?”

Sospirando, Cory si fermò a un semaforo. Appoggiò le mani sulle cosce e le strinse forte.

“No, Shaun, neanche una. E’ li ferma, immobile tutto il giorno, c’è ma è come se non ci fosse. E’ come parlare a un muro, a una roccia grigia e senza nulla della mia Lea. Mi manca.”

Shaun respirò prima di rispondere.

“Cor, lo sai perché sono tornato a casa e mamma no?”

Confuso dalla domanda, Cory rispose che no, non lo sapeva.

“Per lo stesso motivo per cui non ho pianto una volta quando ero li al tuo fianco. Eri immobile, fermo, grigio e non avevi niente del mio fratellino, e beh, in realtà il muro di casa mia è molto più socievole di quanto non lo fossi tu, con i suoi terribili fiori che ha scelto quella pazza di mia moglie.”

Cory sentì il rumore di una porta che sbatteva e un ti amo anche io gridato in lontananza.

“Quello che intendo dire, è che io sapevo che tu saresti tornato. Nn c’era bisogno di grandi esternazioni, solo di pazienza. Stavo li, ogni giorno, curioso di sapere quanto ci avresti messo a tornare, non se saresti tornato. Quello era ovvio, per me, io l’avevo già deciso. Lea è una ragazza forte, in gamba, piena di vita, piena di entusiasmo, e soprattutto di amore. Mi dispiace dirtelo, ma lasciarti non credo sia possibile per lei. Mai. Stando a quanto mi hai raccontato, è una ragazza straordinaria, e lo dimostrerà tornando da te il momento che ritiene più giusto. Il trucco è pazientare, fratellino, pazientare, perché dentro di te sai benissimo che lei tornerà da te e ti sposerà, così come avevi programmato. Lei tornerà.”

Cory parcheggiò davanti all’ospedale e si asciugò una lacrima.

“Tornerà davvero?”

“Ci scommetto lo yeti che rotola giù dalle montagne dietro casa!”

Cory sorrise, ricordando i vecchi giochi che lui e il fratello facevano sempre da piccoli.

“Non credo sia mai esistito comunque.”

“E anche se ci fosse non credo si rotolerebbe giù..”

“Io lo farei.”

“Oh, si, anche io.”

Risero insieme un paio di minuti, prima che Cory prendesse parola nuovamente.

“Ascolta, ti sembrerà assurdo, ma prima o poi vorrei parlarti di una cosa, di un sogno che ho fatto.”

“Giuro che ho un libro che li interpreta. Non sto scherzando. Spero che se mai sposerai Lea, lei sia per te una moglie migliore di quanto non lo sia la mia.”

Di nuovo Cory sentì una porta sbattere e un vaffanculo urlato in lontananza.

“Ha solo bisogno di un po’ di coccole.”

Cory sorrise.

“Va da lei, su. Io devo andare, sono in ospedale.”

“A presto allora.”

“Grazie per avere avuto fiducia in me, Shaun.”

“Grazie per esserti svegliato, Cory.”

Il ragazzo raggiunse in fretta la camera di Lea ripensando alle parole del fratello. Certo che si sarebbe svegliata, e anche in fretta, pensò sorridendo. La stanza era vuota e buia, e il viso di Lea più pallido del solito se possibile.

Sfiorò le sue piccole dita attaccate ai tubicini e sorrise.

“Ti sto aspettando piccola.”

Il pensiero scivolò per un secondo al sogno che aveva fatto, chiedendosi di fatto se lei ci fosse ancora dentro, in qualche strano modo, e sperando che non fosse troppo tardi per riaverla indietro, in tutti i sensi.


_______

Angolo delle Laras

Buonasera a tutti!
Qui è Lara due, Nano, che vi parla. Innanzitutto mi scuso immensamente per l'imbarazzante ritardo che sto avendo su tutti i fronti fanfiction, insomma, sono un pò alla deriva ultimamente, ma la fine del trimestre, le vacanze e mille altre cose mi hanno lasciato pochissimo tempo per scrivere e dedicarmi a voi. Chiedo quindi immensamente perdono, ma non vi ho dimenticati :3 Quindi, in questo capitolo ci dedichiamo a Cory, che povero cucciolo è un pò scombussolato e distrutto dalla mancanza della sua dolce metà.. Ho voluto reintrodurre fratello Shaun perchè mi sanno di tanto carini insieme e spero lo apprezziate nella sua simpatica dolcezza come lo apprezzo io :) infine aggiungiamo tanto amore per mamma Ann e mamma Edith. Sono felice che vi sia piaciuto il precedente capitolo della mia adorata compagna (ho letto tutti i vostri dolci commentini e vi ringrazio tanto) e spero vi piaccia questo mio capitolo :)

Tanti baci, Lara (Nano)

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Capitolo 24
*** chapter twenty four. ***


Just a dream.

 

Capitolo ventiquattro.

 

“Ti sto aspettando piccola”

Lea venne svegliata di colpo dalla voce di Cory nella sua testa e da un rumore sconosciuto proveniente fuori dalla sua stanza da letto. Quando cercò di sedersi sul materasso, la mano destra iniziò a pulsare incredibilmente – che poco dopo capì di averla fasciata – aggiunto anche a un dolore allucinante alla testa.

Dentro di lei c’era sicuramente confusione e un vuoto di circa dieci ore, più o meno. Aveva letteralmente il cuore in gola e cercò di respirare normalmente senza cadere nel panico. Non sapeva come aveva fatto ad arrivare in camera e di avere una mano fasciata; si guardò e notò che aveva i vestiti della sera prima di certo non mi hanno violentato, quindi posso stare tranquilla pensò mentre cercava di ricordare qualcosa e pensare.

Sentì un altro rumore provenire fuori dalla sua stanza.

Chi poteva essere a casa sua alle – girò la testa verso l’orologio – sette del mattino? La paura si impossessò del suo corpo.

Scese dal letto e a passi veloci ma silenziosi andò ad aprire la porta e guardare verso il corridoio che portava al soggiorno e alla cucina. Lo sapeva: il rumore proveniva da quelle parti.

Andò verso lo sgabuzzino e prese la scopa per prepararsi a difendersi in caso il ladro, o qualsiasi altra persona, l’avrebbe aggredita.

Quando raggiunse silenziosamente la cucina e si mise ad urlare verso il ladro, di certo non si immaginava di trovarci un Finn Hudson infarinato dalla testa ai piedi per colpa dello spavento dovuto dalla voce squillante della ragazza.

“Finn?”, disse sorpresa cercando di non ridere davanti al ragazzo con il capo ancora rivolto verso le mensole della cucina con gli occhi chiusi.

“Lea, non volevo sporcare la cucina. Insomma, volevo preparare qualcosa e poi, una come te come cavolo fa a tenere la farina così…”, quando voltò lo sguardo vide Lea che teneva a mezz’aria una scopa, “perché hai una scopa in mano?”

“Io pensavo che ci fosse un ladro”, ammise prima di scoppiare a ridere seguito da Finn.

“Io credo che l’unica soluzione sia farsi una bella doccia”, disse Lea aiutandolo a togliere un po’ di farina.

“Lo credo anch’io ma prima vorrei sistemare il disastro”

“Non penso proprio. Tu ora fila a farti una doccia; non immagino dove ti sia finita la farina”

Finn annuì e fu guidato verso il bagno. Mentre lo aspettava, iniziò a sistemare tutto il disastro cercando comunque di capire la presenza di Finn in casa sua. Forse si era trovata in pericolo e lui l’ha salvata oppure aveva combinato qualcosa con lui. Diventò rossa al solo pensiero, maledicendosi pochi secondi dopo per aver soltanto pensato di lei e Finn, ma pensò che dopotutto la parte di letto di Cory era rimasta in ordine e non era successo nulla. E allora, perché era lì?

 

“Scusami ancora per il disastro”, annunciò Finn appena varcò la porta della cucina. Lea alzò lo sguardo dalla sua macchinetta del caffè notando come gli stessero bene quei capelli umidi, come la maglia evidenziasse i musc.. che diamine stai pensando Lea Michele? Sei impazzita?

“Non ti scusare neanche, alla fine è stata colpa mia. E poi,” aggiunse cercando di non incrociare il suo sguardo, “ti ringrazio per avermi fatto compagnia, qualsiasi cosa sia successa nelle ultime dieci ore”

Ecco, aveva ammesso che si era scordata qualsiasi cosa e si sentiva stupida. Sentì Finn sorridere, “Dopo la tua esilarante chiamata di ieri sera dove hai fatto capire bene che eri ubriaca marcia, non potevo mica lasciarti sola”

L’aveva chiamato e.. cosa? Si era ubriacata? Ecco perché il vuoto di memoria.

“Qualsiasi cosa io abbia detto di stupido, mi scuso già subito”, disse porgendo la tazza fumante di caffè.

“Hai soltanto detto che amavi le M&M’s e che, siccome sei italiana, la tua passione sono i tatuaggi e il cibo”, disse sorridendo ancora, “e ne ho conosciuti di italiani e tu hai decisamente uno strano stereotipo di italiani”

“Ah, davvero?”, disse sorridendo a sua volta, “e in cosa sbaglio?”

“Credo proprio nei tatuaggi. Siamo noi americani quelli pazzi. Loro gesticolano e urlano un po’ troppo ma sono simpatici senza tatuaggi”

“E dimmi Hudson, dove hai conosciuto questi italiani?”

“Di certo non nel Bronx. Quando sono andato in guerra in Afghanistan per un breve periodo, comunque.”

Lea guardò Finn mentre lui fece una smorfia davanti al ricordo della guerra, “Mi dispiace. Sarà successo di tutto quando eri lì”

“Non è stato per niente facile, a dir la verità. L’Afghanistan è stato un periodo duro ma è una storia lunga e forse è meglio che me ne vada. Ormai si è fatto tardi”

Poteva capire il disagio del ricordo di guerra e poi, sicuramente doveva tornare a casa, forse dalla sua ragazza.

“Uhm.. si.”, disse mentre lo accompagnava alla porta, “Finn, se qualche volta vuoi parlare di qualche tuo ricordo.. mi piacerebbe ascoltarti.”

“Va bene. Ciao Lea”, disse e se ne andò.

 

Lea chiuse la porta alle sue spalle e guardò la sua casa così vuota. Grazie a Finn aveva ripreso un po’ di vita e lei si sentiva così bene e serena. Forse aveva fatto male ad allontanarlo ed essere così dura con lui mesi fa.

È vero, si era avvicinata a lui ma poi si era staccata subito, senza provare ad approfondire alcun rapporto d’amicizia. Non aveva detto ancora niente di Cory a qualcuno, per renderlo un po’ meno reale. Solo che aveva bisogno di qualcuno, visto che la sua famiglia e Jon erano lontani da lei e ora più che mai si sentiva sola. E sentiva il bisogno di avere Finn al suo fianco e non capiva il perché.

Potevano diventare amici ora, anche se si sarebbero persi di vista terminato il film ma non aveva voglia di tornare a Los Angeles, voleva stare nella fresca e magica New York.

Voleva comunque conoscere di più Finn, sapere la sua storia, capire quello sguardo malinconico.

Si guardò attorno e notò qualcosa attaccato al mobiletto degli alcolici, che sicuramente aveva aperto la sera prima. Si avvicinò e trovò un post-it colorato.

“Cerca di stare lontana da questi che ti fanno male.
Finn”

Sorrise amorevolmente tenendo con cura il post-it lasciato dal ragazzo. Prese il telefono e digitò un veloce messaggio: “Va bene paparino. Starò lontana dagli alcolici”

Una fitta enorme alla testa la colpì facendola quasi svenire. Forse, anche lei iniziava a soffrire di emicrania.

 
 

Le continue visite di Cory a Lea avevano fatto il giro dell’intero ospedale. Era da un mese che Cory varcava la porta della stanza di Lea portandole fiori colorati, notizie della calda Los Angeles e faceva in modo che fosse sempre curata. A volte si trovava a pettinarle i capelli che erano diventati un po’ più lunghi dall’incidente, oppure a leggerle tutti i tweet dei suoi fans che davano forza anche a Cory sentendosi meno solo. Gli mancava da morire e la rivoleva indietro al più presto.

E non c’era da sorprendersi se aveva fatto amicizia con tutti i medici e le infermiere che entravano e uscivano da quella stanza. La loro storia aveva fatto commuovere tutti.

 

Era un soleggiato giorno d’aprile e Cory era a prendersi la sua dose di caffè per poi entrare a salutare Lea quando vide da un lungo corridoio la figura di una ragazza bionda che continuava a guardarsi attorno alla ricerca di qualcuno. Era così famigliare e graziosa quella figura che non poteva non sbagliarsi: era Dianna. Quando riuscirono a incrociarsi, gli occhi verdi della ragazza si illuminarono e raggiunse velocemente la figura alta di Cory stringendolo in un forte abbraccio.

“Cory, sei vivo!”, disse Dianna cercando di non scoppiare a piangere. Anche se i rapporti davanti al pubblico sembravano ormai spenti da anni, Lea, Cory e Dianna non avevano smesso di sentirsi e di rimanere amici. Solo che quando i due ragazzi furono vittima dell’incidente, Dianna era dall’altra parte del mondo.

“Ciao, Lady D. mi sei mancata”

“Brutto irresponsabile, mi avete fatta quasi morire. Ho saputo la notizia soltanto due settimane fa e sapere che non potevo raggiungermi mi faceva male.”

“Ehi, non ti preoccupare.”

“Come stai? E come sta Lea?”, chiese timidamente.

“Io sto bene, sono riuscito a recuperare tutte le forze. Lea invece è ancora immobile da più di due mesi e io… ho paura”, Cory avrebbe voluto piangere.

“Cory”, lo chiamò Dianna, “sappiamo bene quanto Lee è forte, non ti lascerà mica andare senza averti sposato” cercò di sorridere. Era vero, pensò Dianna, Lea non avrebbe mai permesso che qualcosa fermasse il suo desiderio di sposare Cory. Lo desiderava da un po’.

“Sai, quando avremo raggiunto New York le avrei fatto la proposta”, sorrise timido, “ma credo che rinvierò tutto”

“Riuscirai a farle la proposta e se non mi chiamerete come damigella, dovrete fare i conti con me Monteith”, disse dando un piccolo pugno sul braccio di Cory facendolo sorridere.

“Dai, vuoi entrare a salutarla?”

 

Dianna lasciò entrare per primo Cory e vide come nei suoi occhi dalla preoccupazione passavano subito al pieno amore e devozione. Lo vide dare un piccolo bacio sulla fronte di Lea e poi parlarle. E faceva male vederla intubata, immobile e il suo tenero viso rovinato da tanti piccoli tagli che stavano pian piano guarendo.

“Oggi è venuta una persona a trovarti.”, lo sentì dire prima di avvicinarsi al capezzale.

“Ehi, Lee. Sono Dianna”, disse un po’ in imbarazzo.

“Ho saputo solo poche settimane fa e ho fatto in modo di ritornare a casa e stare con voi”, sorrise, “quindi è meglio che ti svegli perché ho bisogno di abbracciarti e dobbiamo parlare di tante cose”

“D.”, annunciò Cory, “posso parlarti di una cosa?”

“Certo, dimmi pure”

Cory desiderava parlare con qualcuno del suo sogno ed ora che con loro c’era Dianna, insomma, sembrava la persona giusta.

“È qualcosa di strano che mi è capitato durante il coma e so che tu non mi puoi dare del pazzo”

La ragazza annuì curiosa.

“Sembrava tutto così reale, di certo non pensavamo di essere coinvolti in un incidente. Eravamo a New York, Lea doveva iniziare un film, la nostra vita procedeva più che bene quando un giorno ho conosciuto Rachel mentre Lea ha iniziato a lavorare con Finn. Non mi ero reso conto che Rachel assom..”

“Stai parlando dei vostri personaggi? Di Rachel Berry e Finn Hudson?”, chiese sorpresa.

“Si, proprio loro. Mi ero accorto della somiglianza di Rachel con Lea ma non avevo pensato che potevano essere la stessa persona. Era come se i personaggi di Ryan avessero continuato a vivere la loro vita. Lei mi parlava di Finn, delle difficoltà avute e tutto il resto e ho imparato a conoscerla.”

“E Lea con Finn?”

“Finn fu preso per un ruolo da attore nel film di Lea. Non ne parlava molto, a dir la verità. Quando vide il suo nome pensava già di conoscerlo – e in effetti era così – ma poi lasciò perdere. Quando iniziai a parlare con Rachel, iniziai ad provare qualcosa per lei fino a quando non me ne sono innamorato. Quando avevo capito che non potevo stare con Lea perché le stavo facendo del male mi sono svegliato.”

Calò il silenzio attorno a loro, per lasciar modo alla ragazza di pensare. Dianna non poteva immaginare che due mondi potessero intrecciarsi tra loro ed essere perfino una porta tra realtà e fantasia. Lei era una persona che viveva un po’ nel suo mondo, lo sapeva bene ed era pronta ad accettare anche le cose più strane ma, mai aveva pensato che il mondo di Glee potesse collegarsi con il mondo reale.

Le sarebbe piaciuto conoscere la sua Quinn Fabray, aiutarla e vedere quale donna era diventata.

“Non ti darò del pazzo, non ti preoccupare Cory. Tu pensi che, se Lea si innamorasse di Finn, potrebbe risvegliarsi?”

“È una possibilità, forse l’unica. Credo che sia il ponte tra noi e loro. Non pensi che io l’abbia tradita, vero?”

“Forse nel sogno sì, e ora Lea si starà chiedendo il motivo della tua scomparsa e purtroppo ne soffrirà ma dopotutto ti sei innamorato di una parte di lei, perché sappiamo tutti quanto Rachel sia una parte di Lea. Speriamo solo che ora Finn le stia accanto e che lei si innamori ma…”

“Ma non è facile. Lo so. Dobbiamo solo aspettare”

Disse Cory guardando ancora una volta il corpo immobile della sua Lea.

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Angolo delle Laras


oh, chi si rivede. non sembra neanche vero. l’ultimo aggiornamento risale a gennaio e l’aveva scritto Lars e toccava a me scrivere questo capitolo. È stato un periodo abbastanza duro quello della scuola, soprattutto quello della maturità: ero sfinita, la mia voglia di fare qualcosa era andato sotto terra e avevo deciso di prendere una pausa.
Non sono stata molto corretta verso di voi e verso questa storia.
Questo capitolo era pronto prima di quel schifoso giorno; ero così elettrizzata nel tornare a scrivere questa storia e di pubblicarla ma tutto è cambiato. Un conto è parlare solo di Finn e Rachel e pensi “ok, sono personaggi irreali, possiamo scrivere qualsiasi lieto fine” ma Lea e Cory? Io e Lars abbiamo parlato e non ci sembra giusto di parlare di loro due ora come ora e anche in un futuro perché ci sono tante cose che rispecchiano la realtà e non voglio passare per insensibile perché non lo sono. Tutto quello che c’è scritto qui è antecedente al 13 luglio.
Questa storia non manca molto per essere conclusa e non vogliamo che sia incompleta. Proveremo a finirla, a dare un lieto fine felice ad entrambe le coppie.  
 
Grazie se siete arrivati fin qui a leggere questa storia.
Lara – persempretusarai

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Capitolo 25
*** chapter twenty five. ***


Just a dream.

 

Capitolo venticinque.
 
Scusa per la lunga attesa
 

Lea si svegliò di soprassalto, la bocca asciutta e la fronte umida. Cosa era successo? Dove si trovava? Non sapeva quanto tempo fosse passato, non era nemmeno sicura che il tempo fosse effettivamente passato. Cercò di tamponarsi la fronte con le mani, ma si accorse che queste erano immobili. Perché non riesco a muovere le mani? Con un respiro profondo Lea sollevò un braccio, ma era come se fosse di piombo. Non riusciva a capire il motivo, e una profonda sensazione di insicurezza e pericolo si stava impossessando di lei.

“Ah..” Cercò di articolare una frase, ma non ne era in grado. Non era in grado di respirare a pieni polmoni, né di sollevare le braccia, né di.. Ma dove si trovava? Ecco la vera domanda che doveva porsi. Che avrebbe dovuto porsi sin dall’inizio. Perché, non era nella sua stanza, nel suo letto. No, Lea si trovava in una stanza d’ospedale.

 

Il film era finito. Concluso. E Finn non era mai stato così felice.

Rachel lo vedeva, tutte le mattine, con il giornale in mano, in attesa delle prime recensioni.

Finn, non ne scriveranno prima di due o tre mesi.” gli ricordava sempre. Lui la guardava sorridendo, ammiccava e le spediva un bacetto.

Non si sa mai.

E invece lo sapeva benissimo. Ci voleva ancora un mese per finire la produzione e chissà poi quanto tempo ancora prima che il film uscisse. Ma Finn era soddisfatto. Il suo primo lavoro era concluso, conviveva con la ragazza che amava e aveva tutte le intenzioni di uscire a comprarle un anello di fidanzamento nel pomeriggio. Oh, si. La cosa lo esaltava tantissimo. Da mesi non era così felice. Non era così felice da… già. Non era così felice da quella notte che aveva passato a prendersi cura di Lea Michele, a casa sua. Quella notte era stato così vicino a tradire Rachel, così a pochi passi dall’arrendersi e donarle tutto, che non appena aveva messo piede nel suo appartamento, quello che condivideva con la ragazza più bella, più entusiasta, più talentuosa, più egocentrica che conoscesse, si era ripromesso di tagliare ogni tipo di relazione che aveva avuto con Lea. Certo, gli era dispiaciuto. La vedeva, sola sul set, decine di fazzoletti stropicciati in mano, simbolo che Cory non si era fatto più vivo.

Cory.

Rachel aveva confessato. Una sera, gli aveva preso le mani e lo aveva trascinato davanti al caminetto nel loro piccolo appartamento. “Finn.” gli aveva detto. E Finn aveva capito. Aveva asciugato le sue lacrime. “E’ stato solo un bacio.”, “Ti perdono.”, “Non conta niente per me.”.

E così era stato. Finn aveva perdonato Rachel. La sua Rachel. L’aveva perdonata perché aveva provato sulla sua stessa pelle ciò che si provava ad avere la tentazione a portata di mano. Lo sapeva. Desiderava ogni giorno Lea, sul set, in cabina, a cena. Ma si limitava a guardarla da lontano, a sorriderle annuendo. Si, anche lei lo sapeva. Sapeva che Finn provava qualcosa per lei, e che era stato meglio che lui si fosse allontanato. Il giro di sofferenze sarebbe stato troppo grande, non ne sarebbe valsa la pena.
 

Anche Lea lo guardava da lontano. Gli sorrideva, ogni tanto in modo triste. Finn capiva subito, e le prime volte l’aveva raggiunta in bagno dopo qualche minuto, l’aveva stretta tra le braccia mentre piangeva, poi, senza dire una parola, così come erano fuggiti in bagno erano ricomparsi, a tavola, sul set, e tutto era tornato normale. Anche quei momenti piano piano si spensero, e Lea compariva sempre più spesso accompagnata da Jon. Finn ne era felice. Era felice di vedere il suo bellissimo sorriso italiano brillare sotto la luce del sole, sebbene spesso vedesse le ombre che lo offuscavano.

Le altre persone quelle ombre non le vedevano. Vedevano solo Lea, tornata ad essere felice ora che Cory era andato via. Ma non era questa la verità. Non era felice, non stava meglio, non si era tornata a godersi la vita. No. Finn riusciva a leggerle nel cuore, riusciva a vedere come in certe situazioni si sforzasse di non scoppiare in lacrime davanti a tutti.

Avevano smesso di portarle il giornale, sul set. Avevano smesso di farle leggere qualsiasi articolo si riferisse a lei come “Rinata.”, “Sopravvissuta.”. Lea non era rinata, né sopravvissuta. Era diventata un’ombra, un’ombra il cui sorriso splendente celava i peggiori segreti.

Finn li leggeva a tavola, a colazione, i giornali. “Finn, non ne scriveranno prima di due o tre mesi” gli diceva sempre Rachel, pensando che stesse a cercare informazioni sul suo film. Finn era felice di lasciarglielo credere, era una menzogna con cui riusciva a sopravvivere. Un giorno glielo avrebbe detto. Se lo era ripromesso. Un giorno avrebbe preso le sue piccole delicate mani, l’avrebbe condotta in salotto, davanti al camino del loro piccolo appartamento e gli avrebbe confessato: “Rachel, non aspetto delle recensioni. Leggo per sapere cosa dicono di Lea, quali storie di inventano sul suo conto. Cosa dicono, fingendo di non sapere che ogni giorno convive con la scomparsa di Cory.” Non avrebbe aggiunto che la scomparsa di Cory era stata causata anche da Rachel. No, Rachel l’avrebbe capito da sola. Era sempre stata intelligente, la sua stella.

E così, il tempo era passato. Tra articoli nascosti e letture mattutine, tra sorrisi rubati e parole spente, le riprese del film erano finite. Finn era tornato ad essere l’uomo di casa, contento di abbracciare una esausta Rachel sera dopo sera. Aveva ricominciato a correre al mattino presto, e per la prima volta aveva accettato l’aiuto di uno psicologo. Il mercoledì, il giovedì e il sabato si recava in un piccolo ufficio sulla settima strada, parlava delle sue vicende nell’esercito, cercava di non piangere e puntualmente piangeva. Le prime due settimane erano state struggenti. Rachel non sapeva come affrontare i silenzi di Finn, troppo spesso alternati a crisi di pianto violente. Non sapeva come consolarlo, non sapeva come gestirlo. Il suo pensiero, le prime volte costantemente concentrato su Cory e sulla sua scomparsa, sui suoi sensi di colpa e sulla sua pena nei confronti di Lea, era adesso popolato da Finn. “Come posso aiutarti”, “Cosa posso fare per te”, “Parlami”.

E Finn aveva iniziato a parlare con lei. Aveva iniziato a stringerle le mani alla notte, quando non riusciva a togliersi dalla mente le immagini dell’Afghanistan. Le baciava le guance quando la confondeva con un’ombra sconosciuta, e Rachel era sempre disponibile. Non pensava più a Cory.

Finn era il suo presente, e il suo futuro.


Erano passate esattamente tre settimane dall’ultima volta che Finn aveva visto Lea. Si erano salutati sul set, e Lea non aveva partecipato alla cena che festeggiava con gli attori la fine delle riprese. A breve avrebbero ricevuto le date che richiedevano la loro presenza alle diverse prime dei film. Una data a Parigi, una a Londra, una a Los Angeles. “Ti porto a Parigi!” aveva detto Finn a Rachel. La ragazza aveva riso a bocca aperta, “Ma devo studiare! Non riuscirò mai a ballare in modo decente!” Finn annuiva, comprensivo. “Che bisogno c’è? Ti insegno io a ballare!”. Rachel aveva riso ancora di più.

Era successo a Los Angeles. Rachel aveva acconsentito ad andare con Finn, per vedere la parte di America che non aveva mai visto. Sull’aereo era eccitatissima, così come lo era Finn. Los Angeles sarebbe stata l’unica destinazione a cui Lea avrebbe partecipato. In Europa non era venuta, e Finn si era trovato a girare da solo per i quartieri malfamati, cercando campo per chiamare Rachel, o Kurt. Loro si che se ne intendevano. Solo a Londra lo aveva raggiunto una orgogliosissima Carole, che con il suo sorriso lo aveva accompagnato alla presentazione del film, posando con lui e stringendogli la mano durante le interviste.

Los Angeles. Chissà come sarebbe stato rivederla. Chissà com’era cambiata in quei quattro mesi. Chissà se si sarebbe legata i capelli in quel modo che le donava tantissimo. Un dolce sorriso era comparso sul viso di Finn, e aveva lasciato credere a Rachel che fosse per l’emozione.

Non appena scesi dall’aereo, Finn aveva preso la mano di Rachel. Consapevole degli innumerevoli paparazzi che li avrebbero accolti, le aveva consigliato di attrezzarsi di occhiali scuri e di cappello a tesa larga. Era comunque bellissima. Il suo sorriso illuminava tutto quanto l’aeroporto, ed era sicuro che in vita sua mai avrebbe visto qualcosa di più bello. I flash avevano già cominciato a illuminare i loro volti, quando in lontananza, Finn scorse un volto famigliare. Lea era bella da mozzare il fiato. Decine di fotografi chiamavano il suo nome, ma lei avanzava impassibile, borsone alla mano. Per un momento alzò gli occhi, incrociando quelli chiari di Finn.

Un lampo di riconoscimento le attraversò il viso.

Lea si bloccò in mezzo all’atrio dell’enorme aeroporto, diretta verso l’uscita. Finn non seppe mai se uscì o meno dall’aeroporto. Strinse forte la mano di Rachel nella sua, e con un ultimo sorriso diretto a Lea, uscì. Né lui né Rachel videro mai più Lea. Né Cory.

 

Una mano le accarezzava il braccio. Le dita erano fresche, così come era fresca l’aria che filtrava dalla finestra. Sentiva i piedi riscaldati dal sole, e non desiderava aprire gli occhi. Il proprietario della mano che la stava accarezzando le sussurrò qualcosa all’orecchio.

Mamma.

Lea cercò di aprire gli occhi, stringendo i denti. Non riusciva a sollevare le braccia. Non riusciva, esattamente come la notte precedente. La cosa la mandava in bestia.

I suoi grandi occhi marroni si aprirono infine. La luce era accecante, ma confortevole allo stesso tempo. Si sentiva al sicuro.

Due infermiere erano ai lati del suo letto, sua madre e sua padre le tenevano la mano destra, Jon quella sinistra. Quest’ultimo si chinò dolcemente verso di lei, sfiorandole la guancia con un bacio.

“Sono felice che tu sia sveglia.” Disse piano.

“Oh, tesoro.” Edith strinse la presa sul braccio di Lea, cercando di trattenere le lacrime. No. Il braccio no. Lea voleva parlare, urlare, tutto quello che riuscì a fare fu un piccolo cenno con la testa.

“E’ possibile che il braccio le dolga, Signora Sarfati. Dopotutto, sono mesi che gli aghi sono infilati li.” osservò una infermiera, rivolta alla madre di Lea. Edith annuì rispettosa, e si concentrò sul volto della figlia.

“Come sta?” domandò al vento.

“Starà bene. I livelli sono regolari, la respirazione è autonoma. Stanotte ha anche chiesto un bicchiere d’acqua, prima di riaddormentarsi. Il dottore stamattina presto l’ha visitata, non sembrano esserci danni alla memoria. C’è solo una cosa..”

L’infermiera venne interrotta dal respiro profondo di Lea, che cercava di attirare la sua attenzione. La piccola ragazza raccolse tutte le forze che aveva in corpo, e per la quarta volta da quando la notte prima si era risvegliata, pose la domanda che più le stava a cuore. “Cory?”

L’infermiera annuì, comprensiva. Poi, rivolta ai genitori di Lea, scosse la testa sconsolata. “Il dottore non ha avuto la forza di dirglielo. Alle sue domande stamattina ha risposto solo con dei cenni, l’unica cosa che ha detto è il suo nome.” A quelle parole, fece gesto alla sua collega di uscire dalla stanza.

“Se avete bisogno, sono qua fuori.” disse prima di congedarsi lei stessa. Resse lo sguardo perso di Jon fino alla completa chiusura della porta.

“Lea.” cominciò il padre di Lea.

“Mark. No.” Intercettò Edith, posandogli una mano sul braccio.

“Posso?” Jon chiese il permesso ai Sarfati, prima di piegarsi su Lea.

“Tesoro. Ti ricordi cosa è successo prima dell’incidente?”

Lea guardò Jon confusa, cercando di concentrarsi. Certo, si ricordava. Annuì.

“Ecco. Nell’incidente, tu e Cory siete rimasti gravemente feriti. Lui.. Ecco, Cory ha resistito fino a qualche mese fa, in stato incosciente come il tuo. Una notte, però..”

Ma Lea non aveva più bisogno di sentire. Lo sapeva già. Calde lacrime riempirono i suoi occhi. Aveva visto Finn e Rachel nell’aeroporto. Non aveva senso, perché Finn e Rachel erano lei e Cory. Aveva subito compreso che qualcosa non andava. Tutto non andava. L’incidente, la corsa verso l’aeroporto,

“Muoviti che New York ci aspetta!”,  “Guarda che non ho una super auto e devo rispettare i limiti se no non ci arriviamo in aeroporto!”. 

Le sirene. Cory non c’era, ecco cosa le stava dicendo Jon, cosa sua madre non voleva che suo padre le dicesse.

Fu in quel momento, mentre le sue mani erano strette dalle tre persone che le stavano più a cuore, le uniche tre persone che avrebbe voluto con lei in quel momento, che sentì una voce dentro di lei. Chiuse gli occhi, lasciando che le lacrime le scendessero sulle guance, e si concentrò sull’immagine che il suo cervello le stava donando. Riusciva a vedere chiaramente Finn e Rachel, ma no, che stava dicendo. Vedeva lei e Cory, in una foto scattata dai paparazzi, mentre uscivano dall’aeroporto. Vedeva Cory, il suo bellissimo sorriso, i suoi occhi chiari. Era al suo fianco, le teneva la mano insieme ai suoi genitori. Le sorrideva, il solito dolcissimo ghigno che dedicava a lei e solo a lei.

“Sono contento che ti sia svegliata piccola. Io sono al tuo fianco, come sempre.”.

Non riusciva a sollevare le braccia. Gli aghi le pungevano la carne. Le mani le sudavano, strette tra quelle dei suoi genitori e del suo migliore amico. Le guance e gli occhi le bruciavano per le lacrime.

Non avrebbe più rivisto Cory, eppure non l’aveva mai sentito così vicino a lei prima d’ora.

Lea spalancò gli occhi.
 

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Angolo delle Laras
 

Quindi siamo arrivati alla fine.. Volevo dire due parole anche io, l’altra Lara, Nano. Insomma, prima di tutti mi dispiace avervi fatto aspettare così a lungo per il mio capitolo. Quando io e Lara ci siamo viste, pochi mesi fa, le avevo detto che ero a buon punto, ma poi sono rimasta ferma immobile dove ero arrivata. Abbiamo molto discusso riguardo quello che sarebbe dovuto succedere in questo capitolo, e beh, speriamo sinceramente che non vi abbia deluso il risultato. Ci sarebbero così tante cose da spiegare, così tanti significati da farvi capire, ma io penso sia meglio lasciare tutto alla vostra lettura, e alla passione che coltivate nel cuore. Io personalmente, so che porterò dentro al mio moltissimi momenti, vissuti grazie alle coppie protagoniste di questa storia, e soprattutto grazie alla mia compagnia di avventure (e di nome). Scrivere questa storia con te è stato, come sempre, un onore. Scrivere di Lea e Cory, Rachel e Finn, è stato un onore, lo è ancora oggi, e l’emozione che mi ha dato scrivere questo capitolo è immensa, semplicemente immensa. La forza che ancora mi danno è incredibile, proprio quando credevo si fosse spenta. Ora so che mai si spegnerà, sebbene non intenda scrivere ulteriormente di loro. Infine, scrivere per voi è stato bellissimo. Come i primi capitoli, le prime storie. Mi rendete felice, mi avete reso felice negli anni, e spero sinceramente che con questo capitolo porterò ancora un po' di felicità nelle vostre vite.
Un bacio enorme,
Lara
–  Nano.

Ho voluto mettere come primo commento le parole di Lars perché è giusto così. Se questa storia ha un inizio e una fine è grazie a lei - la mia compagna di scrittura, la mia amica che vive lontano ma è vicina con anima e cuore. Ho tanta nostalgia nel cuore ma allo stesso tempo tanta felicità perché con questa storia sono cresciuta, mi ha fatto compagnia nei momenti di sconforto e di pura euforia. Porto nel cuore tanti di momenti importanti che difficilmente andranno via e non ho intenzione di dimenticarli.
Sono passati due anni dall'inizio di questa fan fiction e sembra ieri quando Lars mi chiese di scrivere una storia insieme a lei - io che mi divertire a recensire (cosa che mi diverte tutt'ora) storie altrui consapevole di non essere brava quanto lei e di tante fanwriter in giro per il sito. 
Scrivere con te, Lara, è stata la cosa più fantastica della mia vita.
Scrivere di Lea e Cory, Rachel e Finn mi ha riempito il cuore; vederli prendere vita sulle pagine di Word - o sui tantissimi fogli sparsi in camera mia - è stata un'emozione immensa. Il sentimento che provo per loro non andrà mai via perché ormai sono parte della mia vita, della mia persona. E sono sicura che sia così anche per voi. 
Scrivere per voi è stato un piacere bellissimo e ognuno di voi mi ha dato quella spiinta in più per andare avanti. E qui voglio fare un ringraziamento speciale a Roberta per aver sempre creduto in questa storia e il suo supporto è stato essenziale. Grazie Roberta. 
Grazie a tutti per tutto. 
Un bacio enorme,
Lara 
– persempretusarai

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