Learning to Breathe - SUO Second Ground

di CottonBatu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ordinary Life ***
Capitolo 2: *** Lovers' Walk ***
Capitolo 3: *** Bittersweet ***
Capitolo 4: *** Venomous kiss ***
Capitolo 5: *** More than it seems ***
Capitolo 6: *** Between love and hate ***



Capitolo 1
*** Ordinary Life ***


Learning To Breathe

DEDICATO ALLA MIA NONNY GIULY WEASLEY, ALLA MIA ZIA FUNKIA E ALLA MIA GEM DAISY05

 

Learning To Breathe

- SUO Second Ground -

 

 

 

1.

 

 

 

 

 

I feel like I'm falling
Falling through time
Slipping through cracks
I'm buried alive
It's pulling me under
I'm sinking so fast
It's so hard to breathe
With this all on my back

 

 

                                    Full Blown Rose – The Longest Day

 

 

El aspetta, non ce la faccio più!” ansimò Andrew gettando la borsa di libri a terra, stremato dalla lunga corsa per i corridoi pressoché deserti di Hogwarts.

Elly si fermò un attimo, rivolgendo lo sguardo dietro di sé fino ad arrivare ad uno sfiancato Andrew Lupin che si teneva il fianco semi accasciato contro il muro e con la divisa tutta sgualcita.

Sbuffò, cercando di camuffare una risatina.

 

“Siamo in ritardo, Andy, se a mia madre arriva un altro gufo di richiamo per la condotta ha giurato che viene direttamente di persona al posto di mandarmi la solita strillettera!” disse lei ricominciando a camminare a passo spedito. Andrew emise un gemito di disappunto e, riacchiappando la borsa, ricominciò a correrle dietro tentando di accostarla.

 

“Rallenta, ti prego! Abbiamo visto Vitious passare poco fa di fronte alla Sala Grande, come puoi anche solo pensare che arrivi prima di noi?!

 

“Sta zitto e cammina!” replicò stizzita la ragazza, portandosi un ciuffo più ribelle degli altri dietro l’orecchio. Andrew le lanciò un’occhiataccia.

 

“Non trattarmi come se…se…”

 

“Se?!” o incitò lei divertita, mentre vedeva i suoi capelli diventare bordeaux

 

“Come se fossi il tuo schiavo! Non sono hai tuoi comandi, sai?” disse lui smettendo all’improvviso di camminare e incrociando le braccia, indispettito.

Elly alzò gli occhi al cielo.

 

Andy per favore, non è il momento! Ti prometto che litighiamo più tardi! Ora però andiamo…” il ragazzo rimase fermo dov’era.

 

“No”

 

Andrew ci farai passare un guaio!” disse lei strattonandolo per la manica. I capelli di Andrew diventarono verde acido, mentre lei cercava inutilmente di schiodarlo dalla sua postazione.

 

“Guarda un po’ chi c’è! Litigate piccioncini? Cosa c’è Senzaforma, la Mezzosangue non ci vuole venire con te?” esclamò strafottente una terza voce che sia Andrew che Elly conoscevano fin troppo bene.

Poco lontano da loro, infatti, Rex Malfoy e la sua molto poco amichevole fidanzata, Morgan Torres, Serpeverde del sesto anno, si stavano avvicinando con un ghigno maligno stampato sulla faccia.

 

“Togliti dalle palle Malfoy” mormorò Andrew tra i denti, frapponendosi tra lui e Elly che gli rifilò un’occhiataccia e gli si rimise accanto. Rex fece qualche passo avanti, fronteggiandoli.

 

“Non osare parlarmi con quel tono Senzaforma…solo perché sei divertente da guardare non vuol dire che anche tu non sia un lurido Sanguesporco come la tua amica qui…dovete portami rispetto” Andrew strinse i pugni e fece un altro passo verso di lui, pronto a colpirlo, ma Elly lo bloccò in tempo, spingendolo leggermente verso di lei.

 

“Andiamo Andy, lascia stare…” mormorò lei continuando a scambiarsi sguardi rabbiosi con Morgan che continuava a ghignare giocando con una ciocca scura.

Rex le rivolse un sguardo di puro disgusto e le afferrò il braccio con violenza.

 

“Non osare intrometterti tu…non sono affari che ti riguardano” disse lui sdegnato strattonandola brutalmente da un lato, facendola cadere.

Andrew s’infiammò di rabbia, facendo inconsciamente diventare i suoi capelli nero pece e scatenando l’ilarità dei due Serpeverde.

 

“Ti stai per caso arrabbiando Senzaforma? Cos’è, ora cambi anche forma delle orecchie?!” esclamò Rex ridendo, mentre Morgan faceva capitare in maniera apparentemente casuale il suo piede sulla gonna di Elly, che cercava di rialzarsi.

 

“Non giocare con il fuoco Malfoy…i pugni li possono sferrare anche i MutaformaRex gli rivolse uno sguardo, minimamente scalfito dalla minaccia.

 

“Mi conforta pensare che almeno per la lotta potete essere sfruttati, voi Mezzosangue!” Andrew lo prese istantaneamente per il colletto, mentre Morgan si staccava repentinamente da Rex, guardandosi in giro in cerca di un nascondiglio adatto in caso di rissa.

 

“Signor Lupin, non si fa! Metta giù il Signor Malfoy, coraggio!” una vocina amichevole arrivò alle loro orecchie, un attimo prima che Rex muovesse il braccio per colpire Andrew in pieno viso.

A qualche metro di distanza da loro, il tondo ectoplasma di un ormai defunto Professor Lumacorno ondeggiava in tutta la sua massa, per raggiungere il gruppetto. Andrew lasciò Rex istantaneamente, mentre Elly, ormai in piedi, gli si rimetteva accanto.

 

“Qualcuno di voi può gentilmente spiegarmi cosa sta succedendo qui?” chiese lui agitando i lunghi baffoni da tricheco ad ogni parola, mentre tentava di infilare le manone nelle piccole tasche del solito panciotto cremisi, ora inconsistente e pressoché trasparente.

 

“Mi sembra tutto alquanto ovvio professore…” mormorò Morgan con un lieve accento spagnolo, facendo un piccolo passo avanti, dando sfogo a tutte le sue capacità teatrali. Lumacorno le rivolse uno sguardo, con aria indifferente.

 

“…Lupin ha aggredito con indicibile violenza il povero Signor Malfoy senza alcuna ragione, né preavviso e…”

 

“Suvvia Miss Torres…non crederà davvero che io mi beva che un ragazzo così gentile come Lupin sia capace di una cosa simile!” interruppe Lumacorno ridacchiando e rivolgendo uno sguardo allegro a Andrew, che fece diventare i suoi capelli blu elettrico. Il professore fece un piccolo saltino sul posto, ridendo con le guancione tutte rosse.

 

Adoro quando lo fa!” Rex si passò una mano sugli occhi, vedendo il professore saltellare contento come un enorme bambino che va allo zoo per la prima volta.

 

Lupin, caro…perché mai stavi per picchiare il Signor Malfoy, così indifeso e puro di cuore agli occhi di Miss Torres?” chiese Lumacorno una volta calmato l’entusiasmo dei capelli cambiacolore, allisciandosi un baffo. Andrew raccontò dettagliatamente l’accaduto lasciando il professore scandalizzato.

 

“Signor Malfoy che brutte cose da dire ad una signorina così graziosa come la Weasley…” disse lui scuotendo la testa. “…Sapete tutti che due delle mie migliori allieve erano Mezzosangue? Nulla da invidiare ai Purosangue, parola mia!” Elly ridacchiò.

 

“Una di loro è mia madre professoreHermione Granger” le guanciotte di Lumacorno si tinsero di rosso.

 

“Dici seriamente?! Merlino, dille che mi manca tanto quando la senti! Di ragazze come lei ormai se ne trovano sempre di meno…” disse lui nostalgico e con gli occhi sognanti rivolti al grande finestrone sopra di loro, parlando più a se stesso che altri.

 

“Lo farò certamente!” disse lei con indicibile gentilezza, guadagnandosi le occhiatacce di Rex e Morgan.

 

“Bene, bene…” disse lui cominciando a camminare “Ora tornate a lezione, da bravi…e non bisticciate più!” i ragazzi presero a camminare e Rex cominciò quasi a correre trascinando Morgan per il braccio.

 

“Ah, Signor Malfoy?” disse all’improvviso Lumacorno arrestandosi.

 

“Sì, professore?” l’uomo gli rivolse un sorriso.

 

“Venti punti in meno a Serpeverde. Buona giornata!” Andrew e Elly si scambiarono uno sguardo raggiante, vedendo Rex che se ne andava via borbottando con Morgan al seguito, e ricominciarono a correre alla volta dell’aula di incantesimi.

 

 

*

 

 

 

Cosa si fa, in una classe, quando il professore non c’è o ha le gambine troppo corte per arrivare in tempo? Si possono fare tante cose. Leggere un giornale, studiare per la lezione dopo o spettegolare sull’ultimo flirt di qualche sconosciuto, ad esempio.

Sophie Weasley, invece, litiga con il fidanzato.

 

Smettilà di fare cossì!” esclamò Sophie all’apice dell’ennesimo litigio.

 

“E tu smettila di far finta di avere l’accento francese,  visto che sei nata e cresciuta qui!” urlò William Darcy, bel Corvonero del settimo anno, dai capelli neri e brillanti occhi azzurri. Sophie sbuffò.

 

“Ecco, questo è quello che non sopporto di te…sei così…così realista! Cosa c’è di male a cambiare qualcosa di sé?!

 

“Non divagare, Sophie, non ho voglia di starti a sentire per ore persa nei tuoi inutili sproloqui sulla moda!” la ragazza ridusse gli occhi a due fessure.

 

“Ma si può sapere cosa m’è saltato in mente quando ho deciso di stare con te?! Non ti sopporto più, sei peggio di peggio di mio zio Percy! Che poi non vedo cosa ci sia di male nell’accento francese…”

 

“Non c’è nulla di male nell’accento francese, ma se ci parli tu sei ridicola e passi per stupida!”

 

“Quante sciocchezze! Ti sei mai domandato perché non ti chiedono mai consigli sulla moda?! Perché sei assolutamente l’opposto di me! Io detto legge qui a Hogwarts, se io ti lascio ritorni ad essere il prefetto sfigato che da una mano con i compiti!”

 

“Sempre meglio questo che il ragazzo di una pazza egocentrica!” Sophie stava aprendo la bocca per ribattere l’ennesima cattiveria, quando nei banchi dietro il loro si sedettero Elly e Andrew.

 

“Te lo avevo detto che non era ancora arrivato!” sbottò il ragazzo accasciandosi sul banco col fiatone e lanciando un’occhiataccia a Elly. Lei gli fece un sorrisone di scusa.

 

“Che dicevate di bello?” chiese lei tentando di deviare il discorso e ignorando bellamente i borbottii di Andrew vicino a lei. Sophie e Will si scambiarono uno sguardo, sprezzanti.

 

“Ribattevo alle sue sciocchezze!” disse Sophie lanciando l’ennesima occhiataccia.

 

“Lei dice assurdità! Io cercavo di farla rinsavire!” esclamò invece Will, incrociando le braccia al petto, scuro in volto. Elly si grattò svogliatamente una tempia, vedendoli ricominciare a bisticciare come due bambini. Lei era certa di non aver mai visto in tutta la sua vita una coppia peggio assortita di loro.

 

Sophie, bella e sostanzialmente antipatica, era la regina incontrastata di tutta Hogwarts. Poteva avere qualsiasi cosa desiderasse con un semplice gesto della mano, sfruttando la sua bellezza in maniera pressoché totale, poiché veniva riconosciuta oggettivamente da chiunque.

Will, il ragazzo della porta accanto, carino e gentile sempre e comunque e un po’ maniaco dell’ordine. Prefetto e decisamente negato per il Quidditch, ma innamorato dello sport in generale.

 

Elly decise saggiamente di occuparsi in qualche altro modo, per evitare di essere coinvolta nel litigio.

Qualche minuto e una decina di insulti dopo, il professor Vitious fece il suo ingresso nella stanza, cominciando a borbottare qualcosa di imprecisato contro le rampe mobili, mentre sistemava la solita dozzina di libroni che gli permettevano di farsi vedere dalla classe, sedando la discussione.

 

Alla fine della lezione, ormai ora di pranzo, Sophie e Will si ignoravano bellamente, camminando vicini senza calcolarsi a vicenda.

Elly e Andrew rivolsero loro uno sguardo, tentando in tutti i modi di capire come mai stessero ancora insieme, nonostante la situazione fosse ormai invivibile sia per loro che per le persone che gli stavano accanto.

 

Una volta usciti tutti dall’aula, una concitatissima Jolie Weasley, sorella minore di Sophie, venne loro addosso, iniziando a coprirli di chiacchiere.

Dopo appena cinque minuti Elly e Andrew si guardarono, persi.

 

“…e allora io gli ho detto ‘prova ancora a ripeterlo e ti trasformo in uno schiopodo!’ e lui a quel punto mi ha spinto! Ti rendi conto, mi ha spinto! Se non ci fosse stata la Sprite a quest’ora quell’idiota sarebbe in infermeria!…”

 

Joquell’idiota chi?” interruppe allora Elly, cercando almeno di capire di chi stesse parlando. Jolie la guardò male.

 

“Quello stupido imbecille di Chris Bennet, ovviamente! È l’essere più insulso e borioso che esista sulla faccia della terra!”

 

Jo…è un Serpeverde! È una loro prerogativa essere insulsi e boriosi!” disse Elly ironica, mentre Jolie si rinchiudeva in un meditabondo – e ahimé breve – silenzio.

 

“Credo tu abbia ragione…” disse infine, annuendo soprappensiero. Andrew ridacchiò.

 

“Assurdo, El, sei riuscita a zittire Jolie per quasi un minuto…è un’impresa non da poco!” commentò lui scherzoso, facendo ridere Elly. Jolie sorrise leggermente, arrossendo di botto e allontanandosi con la scusa di dover raggiungere Sophie e Will, che ora si stavano guardando in cagnesco.

Andrew le rivolse uno sguardo.

 

“Non è che si è offesa, vero?” chiese lui preoccupato, mentre la vedeva nella grinfie della sorella maggiore, che la stava sgridando per le unghie mal curate.

Elly si strinse nelle spalle.

 

“Non credo…io la tratto molto peggio a volte!”

 

“Questo perché sei cattiva e antipatica!” disse Andrew pensieroso, guardando dalla parte dove era appena scomparsa Jolie.

Elly lo fulminò.

 

“Non sono antipatica! Ho un umorismo sottile e raffinato” corresse lei sorpassandolo, con finta altezzosità. Andrew rise, dandole un buffetto sulla testa riccioluta.

 

“Dai, andiamo a mangiare…”

 

“Sì…ho fame!”

 

“Non avevo dubbi, El

 

 

*

 

 

 

I'd rather be with you
Because I love the way
You scream my name
And there's no other man
That gives me what I want
And makes me feel this way
I'd rather be with you because
You hustle hard to take care of me
I'd rather be with you
Boy I'd rather be with you

 

                                  Beyoncé KnowlesBe with you

 

 

Ron uscì dal bagno, maledicendosi per la sua stupidità.

Non che non ci fosse abituato ormai, ma quando si accorgeva di aver dimenticato l’accappatoio nell’altra stanza quando il pericolo era in vista, diventava sempre piuttosto irritabile. Asciugò alla bene e meglio il corpo, lanciando di tanto in tanto qualche imprecazione, e si coprì con il primo asciugamano che gli capitò sotto gli occhi.

 

Aprì furtivo la porticina del piccolo bagno e si guardò intorno.

Nessuno in vista.

Si avviò velocemente fuori, e corse verso la stanza da letto, tenendosi scompostamente l’asciugamano sulla vita.

Chiuse rumorosamente la porta dietro di sé e vi si lasciò andare contro, facendosi sfuggire un piccolo sospiro di sollievo.

L’aveva scampata anche stavolta.

 

In quei giorni i genitori di Hermione piombavano inaspettatamente in casa quasi a tutte le ore, e Ron preferiva non far sapere ai suoi suoceri, della sua singolare abitudine di girare nudo per casa dopo aver fatto la doccia.

Qualcuno si schiarì la voce, facendolo sobbalzare.

In fondo alla stanza, e con tanto di grembiulino verde mela e biancheria pulita alla mano, Hermione lo guardava divertita. Lui non riuscì a trattenersi dal sorridere sornione. La adorava in versione casalinga.

 

“Paura che papà Granger ti becchi nell’attuare le tue particolari abitudini quotidiane?” chiese lei con occhi ridenti, poggiando i panni sul cassettone e avvicinandosi al ragazzo.

 

“Non dovrei averne? L’altro giorno mi ha lanciato un’occhiataccia per averti abbracciata, immagina cosa potrebbe fare se mi vedesse circuire la sua dolce figliola in questa maniera…” mormorò con sguardo giocoso avvicinandosi anche lui. Hermione ridacchiò ormai contro le sue labbra.

 

“Sta solo cercando di salvaguardare sua figlia dai cattivi soggetti come te…”

 

“Poteva pensarci un po’ prima che tu partorissi il quarto figlio, tu non credi?” soffiò lui ridendo, mentre lei gli circondava il collo con le braccia.

Lei sorrise apertamente e prendendolo per la nuca lo baciò con foga.

 

“Come mai così audaci oggi?” chiese Ron staccandosi un attimo, piacevolmente sorpreso da quella novità. Hermione sorrise contro le sue labbra, accarezzandogli il collo, per poi scendere sulle spalle, ancora leggermente bagnate. Un mugolio d’approvazione uscì dalle labbra di lui.

 

 “Ti dispiace, forse?” ghignò lei tra un bacio e l’altro, mentre si cominciavano a muovere verso il grande letto alle spalle della ragazza.

 

“Dov’è David?” gemette lui, ad un certo punto, staccandosi di mala voglia dalle labbra della moglie. Lei sorrise maliziosa.

 

“Guarda i cartoni…per due ore almeno avrà da fare…” disse abbassando una mano fino a raggiungere l’asciugamano che Ron aveva intorno alla vita. Il ragazzo sorrise sornione.

 

“Cosa ti prende oggi, si può sapere?!” rise lui, mentre l’asciugamano volava da qualche parte sul parquet.

 

“è da quasi due settimane che non stiamo un po’ insieme…io e te…mi manchi…” mormorò lei strusciandoglisi contro continuando a baciarlo, mentre si buttavano sul letto ridacchiando.

 

Adoro quando ti manco con così tanta intensità”  disse Ron, sospirando compiaciuto, vedendola mettersi a cavalcioni su di lui.

Hermione si tolse sorridendo il grembiulino verde mela e lo gettò poco lontano dall’asciugamano intonso.

In quell’istante, la porticina bianca della camera da letto si aprì rivelando un bimbetto dal visino spruzzato di lentiggini e dai capelli di un rosso quasi accecante.

David Weasley.

 

“Mamma?”  a Ron e Hermione si gelò il sangue. La ragazza scese repentinamente da lui, che cercò più velocemente possibile qualcosa con cui coprirsi, guardando con rimpianto l’asciugamano, gettato a tre metri dal letto. 

 

“David!” esordì Hermione con una risatina isterica di sottofondo, mentre Ron si copriva con un cuscino, guardando nervosamente il figlio che li fissava straniti.

 

“Che stavate facendo?” chiese lui facendo qualche passo avanti, puntando i suoi grandi occhi azzurri prima sul padre che tentava la fuga, e poi sulla madre, che lo bloccava tenendolo per il cuscino.

Hermione spalancò gli occhi con aria quasi inquietante.

 

“Che stavamo facendo, chiedi…noi…stavamo…” guardò Ron in cerca d’aiuto.

 

“Ehm…noi…stavamo…la mamma mi stava facendo il solletico!” esclamò lui quasi urlando. Hermione gli rivolse un’occhiata omicida. David corrucciò la fronte.

 

“E perché sei nudo?” Ron divenne color aragosta.

 

“Sono nudo perché…non sono vestito!” Hermione si passò una mano sugli occhi.

 

“Non mi sembra soddisfacente come risposta…Non è che mi state facendo un altro fratellino vero?” mormorò David alzando il sopracciglio.

Hermione ingoiò il vuoto, mentre il suo occhio aveva inevitabilmente un tic nervoso.

 

“Cosa ti viene in mente?!” disse Ron con una vocina isterica. Hermione guardava il figlio con occhi cerchiati, paonazza.

 

“Tesoro, per un altro fratellino bisogna aspettare l’arrivo della cicogna, lo sai!” David guardò la madre.

 

“Guarda che lo so che non arriva la cicogna che ti credi! E non abbiamo neanche i cavoli! Sono grande, ho capito benissimo il meccanismo!”

Ron e Hermione lo guardarono con gli occhi spalancati.

 

“COSA HAI CAPITO?!

 

“Tutto, tutto! L’ho visto prima in un cartone!” Ron corrucciò la fronte.

 

“Ma che cartoni vedi tu?!” David alzò le spalle.

 

“Me li ha dati la mamma” Ron si girò verso Hermione.

 

“Cosa miseriaccia gli fai vedere?!” lei si strinse nelle spalle.

 

“Quelli che vedevo io quando ero piccola! E ti assicuro non c’è nulla a proposito del…bhè…di quello!”

 

“E allora come te lo spieghi?”

 

“Non me lo spiego!”

 

“Tu spieghi sempre tutto! È la tua natura!” Hermione lo guardò con sufficienza.

 

Papy non urlare alla mamma! Anche voi due lo fate sempre in giro per casa!” I due si girarono repentinamente verso di lui, arrossendo violentemente.

 

“Quante volte ci hai visto?!” David rimase qualche secondo in silenzio, pensieroso.

 

“Non so di preciso…ma tante! Lo fate tutti i giorni!” Hermione corrucciò la fronte. C’era sicuramente qualcosa che non andava.

 

Davie…e cosa facciamo di solito?” Ron la guardò come se fosse pazza.

 

“Ma sei impazzita?! Vuoi anche i dettagli?!Hermione lo ignorò, continuando a fissare il figlio, che ora sospirava meditabondo.

 

Bhè…vi date tanti bacini! Non è così che si fanno i bambini?” Ron e Hermione tirarono un sospiro di sollievo, ricominciando a ridacchiare.

 

“Allora?! Non è così?” insistette il bambino, curioso. I due ragazzi si scambiarono uno sguardo, con occhi divertiti.

 

“CERTO!”

 

 

*

 

 

Small town homecoming queen
She's the star in this scene
There's no way to deny she's lovely
Perfect skin, perfect hair 
Perfumed hearts everywhere
Tell myself that inside she's ugly
Maybe I'm just jealous
I can't help but hate her
Secretly I wonder  

If my boyfriend wants to date her 

 

                                                             Saving Jane – Girl Next Door

 

 

“Perchè come dicevo a Tiffany l’altro giorno, non è importante se tu sia intelligente, per trovare un lavoro molto redditizio, l’importante è soprattutto essere simpatica al capo!” gracchiò Venus Malfoy, tutta presa in uno dei suoi assurdi discorsi che teneva in Sala Grande quasi tutti pomeriggi. Intorno a lei, un gruppetto di ragazzine con lo smalto favolosamente rosa, i capelli perfettamente pettinati e le lunghe ciglia imbrattate di mascara, ascoltavano avidamente quello che insegnava loro l’unica erede dei Malfoy ad essere accasata a Tassorosso.

 

“…Nulla impedirà agli altri di soffiarvi il posto nella vita se siete delle perdenti! Quindi fate come me: se non ottenete quello che volete con gentilezza…prendetevelo con la forza!” le ragazzine annuirono estasiate, seguendo con lo sguardo le ciocche dorate di Venus che si spostavano elegantemente sulle sue spalle.

 

In quel momento accanto alla tavolata Tassorosso, sopra cui era appollaiato il gruppetto di ragazze, passò la squadra Serpeverde di Quidditch diretta all’allenamento, con Rex Malfoy in testa. Venus scese con un saltino dal tavolo, quando vide Chris Bennet poco dietro il fratello.

Si avvicinò e bloccò con mala grazie l’intero gruppo, saltando al collo di un più che disgustato Rex, per attirare l’attenzione di Chris.

 

Rexy! Vai agli allenamenti? Posso venirvi a vedere? Ti prego, prometto di non dire una parola!” chiese lei strattonandogli il braccio. Il fratello si staccò duramente da lei, rivolgendole un’occhiata glaciale e non degnandosi neanche di risponderle.

Venus abbassò lo sguardo amareggiata.

 

“Non trattarmi come se ti vergognassi di me, Rex…” mormorò lei sfiorandogli leggermente l’avambraccio, senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi. Il ragazzo la guardò con indifferenza.

 

“Io mi vergogno di te, Venus. Non mi sento neanche il dovere di nascondertelo” mormorò lui, mentre i componenti della squadra cominciavano a scambiarsi sguardi tesi notando la piccola lacrima che rigò il bel viso di lei.

Rex si liberò in maniera decisa dalla sua presa e ricominciò a camminare con il gruppo al seguito, in un silenzio ora un po’ nervoso.

 

La ragazza rivolse un ultimo sguardo alla squadra e vide Chris rivolgerle un piccolo sorriso, poco prima di scomparire oltre il grande portone di mogano.

Sorrise al pensiero che, forse, l’ennesima umiliazione subita dal fratello, questa volta aveva sortito gli effetti desiderati.

 

 

Poco lontano dal gruppo, Sylvie Weasley, sorella minore di Sophie e Jolie, aveva spiato tutta la scena con finta indifferenza.

Sospirò, accasciandosi contro un muro.

Doveva decisamente smetterla di provare quella malsana passione per Chris Bennet.

 

È un Serpeverde, è cattivo.

Continuava a ripetersi giorno per giorno, quando la sua mente, ancora prima dei suoi occhi, andavano in cerca della sua figura.

Tutto inutile.

Sylvie era cotta di Chris. Lei ormai se n’era accorta ed aveva quasi accettato l’idea, ma proprio non riusciva a trovare il coraggio di dirlo alle sue sorelle, a cui mai aveva nascosto qualcosa. Scosse leggermente la testa come a scacciare quei brutti pensieri. Si sentiva sporca sapendo di mentire al suo sangue, ma non era proprio il caso di far sapere a Jolie che la sua sorellina aveva una cotta per il suo peggior nemico.

 

“No, non è decisamente una bella mossa…” si disse ad alta voce, sospirando pesantemente e riprendendo a camminare alla volta della sala comune Tassorosso.

 

Completamente persa nei suoi pensieri, non si accorse di andare addosso a qualcuno, che inciampò e cadde nel massimo della goffaggine.

Sylvie guardò in basso. Robin Paciock era davanti a lei, tutto rosso in faccia e gli occhi spalancati posati su di lei.

 

Robin!” disse lei cercando di aiutarlo ad alzarsi. Lui si ritrasse, rossissimo, trattenendo a stento un urletto quando lei gli prese le mani per farlo reggere.

 

Sy-Sylvie! Scusa! I-Io…”

 

Robin tranquillo, ti sono venuto addosso io! Mi dispiace moltissimo, è solo che…”

 

N-non fa nulla davvero…” mormorò lui annuendo aritmicamente con la testa, cominciando a raccogliere i libri che gli erano caduti di mano. Sylvie si chinò per aiutarlo.

 

“Che fai?” chiese lui, arrossendo violentemente, guardandola adoperarsi tanto per lui. Sylvie gli rivolse uno sguardo confuso, portandosi una ciocca biondissima dietro l’orecchio.

 

“Ti aiuto a raccogliere i libri! Ti ho fatto cadere, mi sembra il minimo!” lui arrossì ancora di più e rivolgendole un sorriso timido, prese in fretta e furia i suoi libri e alzandosi la ringraziò in maniera appena udibile, per poi eclissarsi dietro l’angolo.

 

Sylvie guardò il punto dove era appena scomparso il ragazzo, dubbiosa. Il suo sguardo poi si posò su un blocco dall’aria decisamente vissuta, con la copertina marrone scuro.

Lo prese in mano e lo studiò per un attimo, fissandolo attentamente. Lo aprì cautamente, non potendo fare a meno di sorridere sorpresa a ciò che le si presentò davanti agli occhi. Sfogliò per qualche secondo le pagine e poi richiuse il quaderno e, alzandosi, riprese a camminare alla volta della sua sala comune, con un sorriso particolare sulle labbra.

 

 

 

*

 

 

“Ho prenotato prima io il campo, vattene Malfoy!” urlò Ben Weasley sbuffando alterato, scambiandosi uno sguardo irritato con Rex Malfoy.

 

“Guardati intorno nano, non credo che i tuoi piccoli amici ti possano aiutare se per caso io e i miei compagni ti cominciassimo a fare male…” mormorò Rex rabbioso, mentre Chris gli si metteva al fianco, sogghignando.

Ben ridusse gli occhi a due fessure, mentre, imitando Chris, James Potter si affiancava all’amico, scambiandosi sguardi cattivi con un membro molto brufoloso della squadra Serpeverde.

Rex guardò sprezzante James, per poi ricominciare a parlare con Ben. 

 

“Cos’è, sarebbe lui il tuo aiuto? Se volessi potrei schiacciarvi sotto le mie scarpe firmate, stupidi mocciosi…”

 

“Sempre che tu riesca a prenderli!” una vocina femminile e dal tono saccente arrivò alle loro orecchie, facendo girare le due squadre.

Poco lontano, Emily Paciock, dall’alto dei suoi 160 centimetri d’altezza, lanciava occhiatacce a tutti i Serpeverde presenti.

Rex rise.

 

Cosa vuoi tu, piccola rompiscatole?!” Emily lo guardò con indifferenza, camminando lentamente, facendo ondeggiare la sua gonnella a pieghe, fino ad arrivare ai suoi compagni di casa.

 

“Nulla Malfoy…ma mi faceva piacere farti notare che questi mocciosi che tu tanto sminuisci ti hanno battuto diverse volte quest’anno…e quale umiliazione peggiore per te, farti battere da un gruppetto di ragazzini mezzosangue e per di più Grifondoro, non ti pare?” Rex la guardò come se stesse pensando di ucciderla in quel preciso momento, nel peggiore dei modi.

I Serpeverde stavano pensando ad una maniera per ribattere decentemente, ma tutti rimasero in silenzio, decisamente innervositi.

Chris sbuffò, stringendo le labbra nervosamente.

 

“Forza andiamo…” mormorò lui tirando Rex per la divisa, mentre i restanti membri, cominciavano a camminare alla volta del grande portone del castello.

Quando anche Rex e Chris se ne furono andati, continuando a masticare improperi contro qualsiasi cosa capitasse loro sotto gli occhi, James si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo, rivolgendo un sorrisone a Emily che arrossì leggermente.

 

Ben le rivolse un’occhiataccia.

 

“Grazie tante!” ringhiò lui, gettando la scopa a terra, continuando a borbottare. Emily lo guardò senza capire.

 

“Come prego?!” Ben la guardò rabbioso.

 

“Sei contenta adesso?! Ora quegli idioti penseranno che io abbia bisogno di una femmina per difendermi!”  Emily ridusse gli occhi a due fessure.

 

“Beh, è vero! Sei solo un ragazzino immaturo, non sei neanche capace di rispondere a tono!”

 

“Frena la lingua, nessuno ha chiesto l’intervento di Super Emily! Me la sarei potuto cavare benissimo da solo!” Emily sbuffò, cercando di camuffare una risata nervosa.

 

“Sappiamo entrambi che non è vero! Ammettilo, se non fossi arrivata io, a quest’ora Malfoy e i suoi stupidi amici starebbero svolazzando sul campo mentre tu e la squadra stareste borbottando diretti in sala comune!” James guardò preoccupato, il viso livido di Ben, che si stava avvicinando minaccioso alla ragazza.

 

Non.Ti.Impicciare.” ringhiò lui, puntandole un dito contro, rabbioso. Emily riuscì a stento a sostenere il suo sguardo. Ben raccolse la scopa, dirigendosi verso gli spogliatoi, mentre James tentava inutilmente di richiamarlo.

Emily con lo sguardo fisso per terra, tentava in tutti i modi di non piangere. James le si avvicinò, incerto.

 

Em…scusalo…lo sai come è fatto no? È un idiota!”  Emily alzò lo sguardo su di lui, mentre una lacrima sfuggiva dai suoi occhi cristallini. Sorrise, arrossendo leggermente.

 

“Già…Ora…ora è meglio che vada…” mormorò lei cominciando a camminare, dirigendosi verso il castello, mentre James la seguiva mortificato con lo sguardo.

 

 

 

*

 

 

 

 

Rex Malfoy non era un tipo paziente. Si arrabbiava con poco ed era decisamente una persona violenta e poco amichevole.

Ogni volta  che qualcuno lo vedeva camminare con il suo cipiglio più minaccioso stampato in faccia per i corridoi di Hogwarts, gli studenti trovavano tutte le scappatoie possibili per eclissarsi il prima possibile, ben consci del pericolo che correvano se le loro strade e quella di lui si fossero incrociate.

 

Quel giorno la piccola Lily Potter, non sembrò accorgersi del pericolo che stava correndo. Camminava tranquilla appena tornata dalla biblioteca, con qualche libro tenuto disordinatamente in mano e i lunghi capelli rossicci leggermente scombinati dalle ore di studio.

 

Quando i suoi occhi si incontrarono con quelli glaciali di lui, il respiro le si mozzò in gola.

Sulle labbra sottili di Rex, si disegnò un ghigno quasi inumano.

 

“Sono proprio costretto ad avere a che fare con voi piccoli mocciosi in qualsiasi istante, vero?” disse Rex vedendo la ragazzina che ora cominciava ad indietreggiare, in preda al panico, maledicendosi per essersi trattenuta in biblioteca anche durante la cena.

 

I-io…” il ghigno di Rex si allargò maggiormente, vedendola tremare e stringersi contro il petto i libri che aveva in mano.

 

“Hai paura per caso, piccola Potter? Cos’è, la spavalderia del tuo odioso padre se l’è presa tutta il fratellino?” Lily scosse terrorizzata la testa, quando vide lui avvicinarsi minacciosamente.

 

T-ti prego…n-no…” Rex rise, prendendola rudemente per le spalle e facendole cadere a terra tutti i libri. Lily cominciò ad essere scossa da incontrollabili singulti.

 

No cosa, piccola, dolce, Lily? Non ti ho ancora fatto niente! Risparmia le suppliche per quando comincerò a picchiarti…” dalla bocca di Lily uscì un singhiozzò terrorizzato, che fece ridere Rex.

 

“Sai, credevo che questa fosse veramente una brutta giornata…” esordì lui con sguardo allegro, cominciando a trascinarla verso un’aula vuota, mentre lei tentava inutilmente di liberarsi dalla sua presa “…insomma, prima la tua stupida cugina Mezzosangue che mi fa perdere venti punti…poi l’altro tuo stupido cugino Mezzosangue, insieme al tuo fratellino e alla loro piccola paladina della giustizia non mi fanno allenare la squadra…una giornata orribile! Poi, però…sei arrivata tu” disse lui ridendo, cercando di aprire un’aula chiusa a chiave. Ricominciò a camminare in cerca di una stanza che non fosse costretto a forzare.

 

“…Sai quanto sarebbe meraviglioso per me vedere le loro facce distrutte nel vederti piena di lividi e ferite profonde e dolorose, distesa su un letto dell’infermeria?! Vedere i loro occhi cerchiati, fissare il tuo corpo violentato privo di sensi, con la consapevolezza di essere stati loro la causa del tuo martirio?!” Lily ormai singhiozzava apertamente, pregandolo inutilmente di lasciarla andare.

 

“Piccola Lily questo è un grande giorno per te” disse lui sorridendole e accarezzandole amorevolmente le ciocche ramate, mentre lei continuava a tremare nel suo abbraccio violento.

 

T-ti pre-prego…no…” Rex rise asciugandole le guance bagnate di lacrime con le dita callose.

 

“Dovresti essere onorata bambina…” mormorò dandole un primo schiaffo, che la fece cadere a terra come fosse stata una bambola di pezza.

 

“…Molte ragazze desiderano avere le mie mani sui loro corpi lo sai?” mormorò strattonandola verso di lui e schiaffeggiandola un’altra volta.

 

“Perché non picchi loro, al posto suo allora?” una voce arrivò alle spalle di lui, che si arrestò dal colpire un’altra volta la piccola Lily.

Rex si girò, ben conscio di chi avesse parlato.

 

“Vuoi prendere tu il suo posto Mezzosangue? Godrei ancora di più a sentirti urlare di dolore!”  disse lui ghignando divertito strattonando Lily verso di sé e accarezzandole la guancia con forza.

 

“Lei è così carina…così pura e innocente…è eccitante, la piccina! Saresti disposta a far cambio, per salvare l’anima candida della ragazzina?”

 

“Non ho intenzione di far cambio” Elly Weasley si eresse in tutta la sua statura, avvicinandosi velocemente a Rex e Lily che ormai non emetteva più neanche un suono.

Rex la guardò con curiosità, lo sguardo vitreo.

 

“Non si fa così Weasleyla tua madre Sanguesporco non ti ha insegnato le buone maniere? Io do una cosa a te, tu ne dai una a te! Io non dono nulla per pura bontà d’animo!” Elly lo guardò con disgusto, prendendo la mano tremante di Lily e trascinandola verso di sé. Rex la lasciò andare, con un sorriso maligno sulla faccia.

 

“Va via” mormorò la ragazza a Lily che tremò un attimo girandosi verso di lei.

 

“Cosa?! Non ti lascio qui da sola con lui! El vieni via con me!”

 

“Va via ho detto”  ordinò lei senza mezzi termini, con durezza nella voce.

 

“Elly…”

 

“VAI!” Lily tremò quando incontrò lo sguardo della ragazza. Indietreggiò di qualche passò.

 

“Chiamerò aiuto…i-io…” mormorò lei subito prima di cominciare a correre in cerca di qualcuno che potesse aiutare la ragazza.

 

Ora il corridoio era deserto fatta eccezione per due persone.

Elly cominciò a sentirsi nervosa quando i suoi occhi incontrarono quelli di Rex, che la fissavano giocosi.

 

“Allora Weasley, cos’hai da offrirmi?” mormorò lui avvicinandosi, mentre lei continuava a guardare fissa davanti a sé.

Quando Rex le sfiorò la guancia con la mano, lei si spostò, come se qualcosa l’avesse scottata all’improvviso.

 

“Non toccarmi Malfoy” mormorò lei decisa. Rex scoppiò in una risata argentina.

 

“Hai paura che io mi approfitti di te? Oppure sotto sotto lo speri Weasley?…Sotto sotto speri che io ti tocchi…che ti faccia sentire il mio corpo sopra al tuo?”

 

“Mi fai schifo” disse lei dura, guardandolo con odio.

 

“Non meriti il mio rispetto, né tanto meno qualcosa da parte mia….mi fai pena” il ghigno di Rex si oscurò di colpo per lasciare spazio ad un’espressione furente.

 

“Sta attenta a come parli Mezzosangue…nulla mi impedisce di ucciderti in questo stesso corridoio!” Elly rise sarcastica.

 

“Ma davvero?! E dimmi…credi sul serio che il tuo paparino possa riuscire a tirarti fuori da Azkaban? Lascia che te lo dica, tuo padre conta meno di un sassolino in una scarpa all’interno del Ministero” gli occhi di Rex lampeggiarono di rabbia.

 

“…e sappi che nulla mi impedisce questa notte di andare a dire tutto quello che sta accadendo in questo corridoio alla Preside. Come pensi reagirebbe papino se venisse a sapere che suo figlio è stato espulso per aver picchiato una Mezzosangue?” Rex rimase in silenzio, rabbioso.

 

“Me la pagherai, Mezzosangue…sappilo” Elly sorrise, girando sui tacchi e cominciando a camminare verso la Sala Grande.

 

“Buona serata Malfoy

 

 

*

 

 

Draco Malfoy sospirò pesantemente leggendo la lettera che suo figlio Rex gli aveva appena spedito. Accanto a lui, Lavanda si metteva la crema all’olio di baobab per rendere la sua pelle ancora più morbida ed elastica di quanto già non fosse.

 

Che dice il mio cucciolo?” chiese lei sistemandosi per bene il babydoll fucsia che indossava. Il ragazzo le rivolse uno sguardo di preghiera quando sentì il nomignolo che lei aveva appena affibbiato al figlio.

 

“Per l’amor del cielo! Smetti di chiamare mio figlio Cucciolo!” Lavanda lo guardò con il broncio.

 

OkRexy?”

 

“No!”

 

Passerottino?”

 

“Lavanda, smettila”

 

Patatino croccantino?”

 

“Ma sei pazza?!

 

“Amorino batuffoloso?” l’occhio di Draco ebbe un tic nervoso.

 

“Come ti sentiresti tu, se ti chiamassi Vanda in pubblico?!” Lavanda fece per parlare, ma si zittì all’improvviso incrociando le braccia al petto, piccata.

 

“Non sei per nulla carino, amorino mio...Pensare che eravamo così felici appena sposati!” Draco la guardò stressato, mettersi la vestaglietta rosa di pail, con aria stizzita.

 

Ma se mia madre ci ha costretto a sposarci perché eri incinta! Non facevi altro che inveire contro chiunque i primi mesi…”

 

“Ero nel periodo degli sbalzi d’umore, è normale che io abbia inveito contro qualsiasi cosa mi capitasse a tiro in quei mesi, cucciolotto…sennò lo sai che zuccherino di ragazza che sono! Cissy lo dice sempre, che non avresti potuto desiderare di meglio!”

 

“Ti prego smettila di chiamare mia madre Cissy…” Lavanda sbuffò, prendendo dalle mani di lui la lettera di Rex.

 

“Comincio a pensare che tu abbia qualcosa contro i soprannomi…”

 

“Dopo diciassette anni, ora cominci?!” Lavanda lo ignorò.

 

“Uh! Il mio amore ha preso E al compito di Trasfigurazione!” squittì lei tutta contenta.

 

“Sì! E ha anche picchiato la Potter! Sono orgoglioso del mio figliolo!”  Lavanda scorse velocemente la lettera, ignorando l’ultimo commento del marito, per poi fare un sospiro sognante.

Draco si girò stranito verso di lei, che ora stringeva la lettera al petto e fissava fuori dalla finestra con un sorriso più ebete del solito sulla faccia.

 

“Che ti prende?!” Lavanda si girò verso di lui, continuando a sorridere.

 

“Il mio cucciolotto coccoloso si è innamorato!” Draco provò ad ignorare il nuovo soprannome, concentrandosi sul resto della frase.

Dopo qualche secondo si rese conto del reale significato di quelle parole.

 

“COSA?!” Lavanda ridacchiò.

 

“Sì! Lo dice chiaramente nella lettera!” Draco strappò la lettera dalle mani di lei, rileggendola velocemente.

 

“Qui non dice nulla!” Lavanda lo guardò con espressione vuota.

 

“Sì, invece!”

 

“Vanda, scusa, ma…” lei gli rifilò un’occhiataccia “…qui dice che è andato bene il compito, che il piccolo Weasley non gli ha fatto allenare la squadra e che quella stupida, idiota di una Mezzosangue di Eleanor Weasley  gli ha rovinato la giornata più di tutte le altre con la sua stupida e inutile presenza sulla faccia della terra! Non parla di nessun innamoramento” Lavanda rise.

 

“Certo che sei proprio stupidotto cucciolo mio…è ovvio che è innamorato!” il sopracciglio di Draco s’inarcò inconsciamente, leggendo anche il p.s. dove diceva di aver picchiato Lily Potter.

 

“Ovvio?”

 

“Sì amore!”

 

E sentiamo, di chi sarebbe innamorato il mio unico erede sano?”

 

“Della figlia di Ron e Hermy naturalmente!” Draco si lasciò andare sul puff rosa di Lavanda, completamente sotto shock.

 

“Stai bene cucciolino?” lui la guardò con occhi cerchiati.

 

“NO CHE NON STO BENE! Sei impazzita forse?! Vuoi farmi morire a trentasei anni?!” Lavanda lo guardò senza capire.

 

E perché il fatto che il nostro Rexy sia innamorato della Weasley dovrebbe ucciderti? Va bene, magari Hermy non sarà il massimo della simpatia e francamente tenerla come consuocera non mi piacerebbe per niente, ma nonostante questo, e che i capelli di quella povera ragazza sono veramente orribili, non ci trovo nulla di male!” Draco la guardò, sull’orlo dell’esaurimento nervoso.

 

“Lavanda...quella...quella è Mezzosangue! E mai, un Malfoy si unirà in qualche modo ai Sanguesporco!” lei scoppiò a ridere.

 

Ma com’è sciocchino il mio amore? Sempre a scherzare stai!” disse ancora ridendo, cominciandosi ad infilare a letto. Draco la guardò con gli occhi cerchiati.

 

“Vanda, non sto scherzando”

 

“Certo che sì, invece! Guarda noi! Io sono Messosangue amore mio adorato, eppure siamo felici come il primo giorno!” lui sentì un dolore al cuore, accompagnato da un preoccupante tic alla guancia.

Sarebbe morto ora, lì, ne era certo.

 

T-tu s-sta-i sche-scherzando vero?!” chiese lui, isterico, una volta che fu sicuro che l’infarto che lo stava per colpire gli stava lasciando ancora un po’ di tempo prima di ucciderlo definitivamente.

Lavanda lo guardò tranquilla.

 

“No, amorino. Ora forza, vieni a letto, hai una brutta cera stasera!”  Draco fissò la moquet fucsia dell’angolo della stanza di Lavanda, ancora accasciato sul puff rosa.

 

“Arrivo fra un attimino Vanda…”

 

La mattina dopo, Lavanda ritrovò Draco nella stessa posizione in cui lo aveva lasciato la sera prima.

 

 

 

 

 

 

 

Oddio…ci sono riuscita!!!! *gigia si commuove* Ragazzi…ho finalmente iniziato il sequel! (e che qualcuno ci salvi ora, perché sono inarrestabile! Wuahuahauah!).

Ditemi cosa ne pensate, mi raccomando, spero tanto che vi sia piaciuto questo primo capitolo! So che i personaggi sono tanti, ma presentandoveli a poco a poco sono sicura che alla fine li ricorderete tutti! (spero almeno .__________. )   

A presto!

Baciotti potti! ^^

 

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Capitolo 2
*** Lovers' Walk ***


Learning To Breathe

Learning To Breathe

- SUO Second Ground –

 

 

 

 

2.

 

 

 

 

 

With the venomous kiss you gave me,

I'm killing loneliness
With the warmth of your arms,

You saved me
Oh, I'm killing loneliness with you
The killing loneliness

that turned my heart into a tomb
I'm killing loneliness

 

 

                                         HIM – Killing Loneliness

 

 

Il vento soffiava forte fuori dalla finestra e il cielo plumbeo preannunciava presto tempesta, quella mattina.  Era quasi l’alba di una fredda giornata di inizio novembre, quando Rex Malfoy si decise finalmente ad aprire gli occhi, nonostante fosse sveglio già da un po’, cullato dal soffio quasi violento del vento.

Sospirò profondamente e si girò cauto, mettendosi supino, mentre il corpo caldo che gli riposava accanto cominciava a muoversi pigramente in cerca di calore umano.

 

Morgan, accanto a lui, si avvicinò lentamente, ancora con gli occhi chiusi e la coperta di seta stretta in una mano affinché non scivolasse. Si accoccolò cautamente contro il corpo marmoreo di lui, talmente freddo da farle venire i brividi.

La ragazza aprì gli occhi e si alzò facendo leggermente leva su di un gomito, per guardarlo meglio in viso.

Sorrise.

 

“Buongiorno” mormorò lei con voce assonnata e appagata strusciando leggermente il naso contro la guancia fredda di lui, che fissava ancora impassibile il soffitto e non sembrava essersi neanche accorto della presenza della ragazza.

Lui scansò leggermente il viso quando lei lo sfiorò.

Morgan s’incupì, avvertendo che qualcosa non andava.

 

Che ti prende si può sapere?” chiese lei sistemandosi meglio il lenzuolo pregiato sul petto. Lui si alzò velocemente a sedere non rispondendole neanche, apparentemente preso da pensieri di maggiore importanza.

Morgan si azzardò ad appoggiare il suo corpo contro la schiena duramente scolpita di Rex, lambendogli una spalla con le labbra piene.

 

Morgan va via per favore” mormorò improvvisamente lui con voce fredda e distaccata, muovendosi leggermente in avanti per farla staccare dalla sua schiena.

Morgan lo guardò, incredula.

 

Cosa? Ma…ma…”

 

“Va via, ti ho detto” Morgan lo strattonò per la spalla, per farlo girare. Con difficoltà lei riuscì ad incontrare gli occhi ghiacciati di lui.

 

Rex, perché vuoi che vada via?” chiese lei, con la voce leggermente rotta. Lui la guardò, freddo.

 

“Non è la tua stanza, Morgan, non dovresti stare qui” lei lo fissò con rabbia.

 

“Beh, pare che stanotte anche se non dovevo stare qui, tu abbia apprezzato la mia presenza!”  scattò lei furiosa.

Rex si alzò dal letto, cominciando a rivestirsi, come se nulla fosse.

 

“Stanotte è stanotte, Morgan, dovresti sapere che con la luce del giorno le carte in tavola cambiano”  gli occhi di lei cominciarono a farsi lucidi.

 

Cosa vuoi dire con questo?! Che sono valida come puttanella di notte, ma che con la luce del sole tutto torna come il giorno prima?!” Rex le rivolse una sguardo distratto.

 

“Esattamente” un singhiozzo uscì dalle labbra di lei, che si coprì subito la bocca con le mani.

 

Rex non farmi questo…ti prego…io…io…” lui rise quando notò le lacrime calde di lei scivolare sulle guance lisce e ambrate.

 

“Dio, Morgan, risparmiami la scena madre, ti prego! Cos’è che volevi da me, eh?! Le coccole?! Volevi che ci tenessimo mano nella mano in pubblico?! Volevo questo Morgan?!

 

I-io…”

 

“Beh, mi dispiace, ma hai proprio sbagliato persona. Ora rivestiti, ti voglio fuori di qui entro dieci minuti”   Morgan scosse violentemente la testa, le lacrime scivolavano lente, ma cotanti sulle sue guance.

 

“No, Rex, non ti permetto di trattarmi così…Io non sono così…io…”

 

“Tu cosa, Mor? Ora non mi verrai mica a dire che hai sentimenti vero?! Che hai un cuore, che sei capace di amare?! Beh, lascia che ti dica una cosa, tesoro…io e te stiamo così bene insieme, perché siamo uguali. Non abbiamo cuore, né buoni sentimenti, e ci limitiamo a seguire il desiderio e la brama della carne. Tu sei una Serpe, Mor, proprio come me.

 

“Se sono come te allora perché non riesci ad amarmi?”  Rex rise aprendo la porta di mogano.

 

“L’amore è debolezza, Morgan, ricordalo sempre. L’amore è dolore e sofferenza. L’amore è una condanna dell’uomo. Noi siamo Serpi. Siamo superiori”

 

Ma senza amore…senza amore saremmo come morti” obiettò lei, con una vocina appena udibile. Rex si girò verso di lei.

 

“L’amore uccide, Morgan, non la sua mancanza. Ora rivestiti.”

 

 

 

 

*

 

 

 

È mai capitato a qualcuno di voi, che per quanto vi sforziate di fare una cosa per bene, più vi c’impegnate e meno vi riesce di farla?

Anche qualcosa di stupido, come smettere di mangiarsi le unghie o arrivare in orario ad un appuntamento.

 

Ebbene Jolie Weasley, per quanto si sforzasse al massimo per svegliarsi in tempo la mattina, non riusciva mai ad arrivare in orario a colazione, né tanto meno in classe.

Il suo problema base, era che per quanto ce la mettesse tutta per svegliarsi prima, le poche volte in cui ci riusciva, perdeva tempo distraendosi. Non che lo facesse a posta, chiaramente, ma le capitava di incantarsi a guardare fuori dalla finestra o di non accorgersi del tempo che passava, leggendo distrattamente qualche riga di un libro.

 

E quella mattina non era di certo diversa dalle altre.

Jolie si era svegliata quasi in orario, ed essendosi accorta di essere quasi in anticipo le sembrò una buona idea ripassare un , prima di scendere per colazione. Solo dieci minuti dopo che l’ultima sua compagna di stanza abbandonò il dormitorio, lei si accorse di che ora fosse.

 

Si alzò velocemente dal letto sfatto e prese qualche libro a caso, lasciando sul materasso quello che le serviva realmente.

Corse fuori dal dormitorio e scese velocemente le scale, accorgendosi troppo tardi di stare per andare addosso ad un altro ritardatario.

 

Fu un attimo.

Jolie andò contro il povero malcapitato, facendo cadere entrambi. I capelli del suddetto malcapitato – da tutti conosciuto come Andrew – per lo spavento diventarono color topo. La ragazza lo fissò, arrossendo violentemente.

 

“Cielo, Andrew stai bene?! Ti ho fatto male?! Sei ferito?!” chiese la ragazza isterica, spostandosi velocemente da sopra di lui, che sembrava ancora un po’ confuso.

 

“Sto bene, Jo…” disse lui alzandosi da terra e dandole la mano per aiutarla.

Jolie diventò pressoché color pulce, prendendo con mano tremante l’aiuto offertole.

 

“Si può sapere dove corri di mattina?! Non si arriva tardi alle lezioni!” disse lui canzonatorio, mentre si avviavano verso il buco del ritratto. La ragazza gli rifilò un’occhiataccia, ignorando il calore costante delle sue guance.

 

“Sai bene quanto io faccia difficoltà a svegliarmi la mattina!” disse lei burbera. Andrew rise.

 

“Certo che lo so, ma è sempre divertente prenderti un po’ in giro!” esclamò lui, facendo diventare i capelli giallo acceso.

Jolie sbuffò cercando di camuffare una risatina.

 

“Tu piuttosto? Non dovresti andare a lezione?”

 

“Ho Incantesimi, vuoi che non arrivi prima di Vitious?!” chiese divertito lui. Jolie sbatté un paio di volte le palpebre.

 

AndrewIo ho Incantesimi alla prima ora…” il ragazzo smise immediatamente di ridere e sbiancò, mentre i suoi capelli ritornavano color topo.

 

“Cos’ho io allora?!” domandò isterico con gli occhi cerchiati dalla preoccupazione per il probabile e imminente disastro.

 

“Non ne ho idea! Divinazione?”

 

“No”

 

“Cura delle creature magiche?”

 

“Ho lasciato quel corso”

 

Aritmanzia!”

 

“Mai fatta”

 

“Pozioni”

 

“No”

 

“Astronomia!”

 

“Alle nove di mattina?” Jolie s’incupì.                                         

 

“Oddio…” la ragazza si girò immediatamente verso di lui, che era impallidito all’improvviso.

 

“Trasfigurazione! Merlino, la lezione sarà iniziata da almeno dieci minuti! La McGranitt mi uccide!” piagnucolò lui sotto lo sguardo allibito di Jolie, mentre i suoi capelli cambiavano colore ad intervalli regolari di qualche secondo.

Con un fievole ‘ci vediamo a pranzo, se sopravvivo’, Andrew cominciò a correre alla volta dell’aula di Trasfigurazione, mentre Jolie, ridendo, lo seguiva, con lo sguardo.

Sospirò contenta, vedendolo scomparire dietro l’angolo. Quella giornata era iniziata decisamente bene per lei.

 

“Che ci fai fuori dalla classe?” una voce proveniente dalle sue spalle la fece sobbalzare. Si girò e si ritrovò davanti Will Darcy, più sorridente che mai.

 

“Lo sai che in qualità di prefetto io potrei anche punirti per averti beccata a saltare la prima lezione del giorno?” Jolie rise.

 

“Con me la tua credibilità di prefetto va a farsi benedire, lo sai! E poi non stavo saltando la lezione! Mi limitavo ad arrivare in regale ritardo…” disse lei scimmiottando la voce e i gesti di sua sorella Sophie, mentre Will si avvicinava ridendo.

 

“Sta attenta a non farti sentire, da tua sorella o sta sicura di passarci un guaio!” Jolie lo guardò curiosa.

 

“Ora Sophie è mia sorella? Non più la tua dolce metà, Will?” ghignò lei, vedendolo in difficoltà alla domanda.

 

Jo…lo sai com’è fatta no? Un giorno ti vuole, un giorno ti tratta come uno sconosciuto, non so fino a quanto sono disposto a sopportare ancora…” la ragazza alzò le spalle cominciando a camminare, seguita da lui.

 

“Beh…state insieme da quanto, quattro anni, forse? Sophie non ha cominciato ieri a trattare le persone così…cosa ti impedisce di continuare su questa strada?”

 

“Il mio amor proprio!” Jolie rise.

 

E non solo quello, se proprio lo vuoi sapere…” mormorò poi lui, abbassando lo sguardo. La ragazza lo guardò, interessata.

 

“C’è qualcun’altra forse?”  azzardò lei, con non poche riserve. Will arrossì violentemente e la guardò di sottecchi.

 

“Come fai a saperlo?!

 

“Non lo so! Sono andata a caso!” rise lei, tranquillamente. Will sembrò molto più sollevato.

 

Jo, promettimi di non dire nulla a Sophie…devo chiarire personalmente” Jolie gli sorrise, scompigliandogli i capelli.

 

“Sta tranquillo! Io non so nulla!” disse lei, avviandosi su per una rampa mobile.

Will le sorrise, salutandola con la mano, cercando di velare la preoccupazione nei suoi occhi.

 

Tutto questo gli sarebbe sfuggito di mano, ne era certo.

 

 

 

 

*

 

 

 

Ron?”

 

“Dimmi”

 

“Secondo te Elly starà bene a scuola?” Ron la guardò fissare intensamente il bicchiere di succo d’arancia che aveva in mano.

Inarcò il sopracciglio, perplesso.

 

“Certo…cioè…credo di sì…se ci fosse qualcosa che non va, ce lo direbbe, non credi?” Hermione represse uno sbuffo, gli occhi cominciavano a farsi lucidi.

 

“Non essere ridicolo! Quando mai abbiamo detto hai nostri genitori cosa accadeva a Hogwarts! Chissà che cosa starà passando la mia povera piccola…”  mormorò lei mettendosi una mano sulla bocca per soffocare un singhiozzo.

Ron la guardò, basito.

 

Hermioneeravamo in guerra…c’era Voldemort e…”

 

“Motivo in più perché avremmo dovuto parlarne! Chissà come saranno morti di paura i nostri genitori!” ringhiò lei sbattendo un pugno sul tavolo. Ron spalancò gli occhi, decisamente allarmato.

 

Herm…ti senti bene?” lei lo guardò, tirando su con il naso.

 

“Certo! Come vuoi che stia sapendo che mia figlia sta rischiando la vita a scuola! Sto benissimo, non vedi?!” disse lei ironica, con occhi lampeggianti di rabbia.

Ron ingoiò il vuoto, terrorizzato.

 

Mione…” azzardò lui, guadagnandosi subito un’occhiataccia “…la guerra è…finita ora…non c’è motivo per cui tu ti debba preoccupare della vita di El…E poi, andiamo…è Hogwarts! È praticamente inespugnabile!” lo sguardo di Hermione si poggiò rabbioso su di lui.

 

Vaglielo a dire tu, a Silente, che Hogwarts è inespugnabile!” abbaiò lei, con le spalle che tremavano per i singulti.

Ron si alzò, un po’ – tanto - timoroso e si avvicinò alla moglie.

 

Herm…che ti prende eh? Hai le tue cose, per caso?” chiese lui dolcemente, passandogli le mani sulle spalle. Lei gli rifilò un’occhiataccia, dandogli un vigoroso schiaffetto sul braccio.

 

“Idiota!”

 

“Che ho detto?!Hermione lo ignorò, ricominciando a singhiozzare.

Ron, massaggiandosi la parte offesa, penso bene di lasciarla tranquilla per un po’.

 

 

“Sei un insensibile” sussurrò lei ad un certo punto, dopo qualche minuto di silenzio. Lui la guardò senza capire.

 

Cosa ho fatto ora?!”

 

“Non ti importa che nostra figlia rischi la vita, ecco cosa!”  Ron sbattè un paio di volte le palpebre.

 

“Non dire sciocchezze, lo sai che darei la vita per i nostri figli! Sei tu che sei paranoica! Nelle lettere ci scrivono che va tutto bene, sarà così no?!


”NO, ovviamente! Se ci scrivono che va tutto bene, c’è senza alcun dubbio qualcosa che non va! Lo fanno per non farci preoccupare, è lampante!”

 

Hermione e se andasse veramente tutto bene?! Capita, a volte, sai?” Hermione fece per parlare, ma richiuse subito la bocca, piccata.

 

“E di Ben che mi dici, allora?! Parla sempre e solo di Quidditch! È ovvio che lo fa per non farci sapere che va male a scuola!”  Ron sbuffò esasperato.

 

Hermione, Ben parla di Quidditch da quando ha detto la sua prima parola, che se ti ricordi bene è stata ‘puffa’! E poi lo sappiamo già che va male a scuola! Cosa dovrebbe essere diverso stavolta?!” lei borbottò, incrociando le braccia al petto.

Rimase qualche secondo in un riflessivo silenzio prima di parlare di nuovo, facendo sobbalzare Ron.

 

Gilly! Ecco, lei ha senz’altro qualcosa che non va!”

 

“Cosa, di grazia?! 

 

“Parla sempre di scuola!”

 

“Esattamente come facevi tu!”

 

“Lei lo fa per nasconderti qualcosa, ne sono certa!” Ron la guardò come se fosse impazzita.

 

“E cosa dovrebbe nascondermi?!

 

“L’esistenza di un ragazzo ad esempio! Tutti noi sappiamo come sei apprensivo! Figurati se poi, per ironia della sorte questo ragazzo si chiamasse Viktor! Ci scommetto che non parla d’altro che di libri!” disse lei convinta, annuendo tra sé e sé.

Ron si grattò una guancia, sconvolto. 

 

Hermionenon è che vuoi sederti un attimo vero?” lei lo guardò, alzando il sopracciglio.

 

Sono seduta, Ron…”

 

“Allora perché non ti sdrai? Io nel mentre chiamo…ehm…non so…mia madre, Ginny, il San Mungo…qualcuno, insomma!”

 

Perché dovresti chiamare il San Mungo? Stai male?”

 

“Ehm…no. Tu invece?”

 

“Sto benissimo non vedi?!Ron annuì cauto.

 

“Certo…” rimase qualche secondo a guardala studiare i minuscoli pezzettini d’arancia non del tutto frullati nella sua spremuta, poi sospirare pensieroso.

 

Ha le sue cose…Ne sono certo.

 

 

 

*

 

 

 

Sometimes I get emotional
Sometimes I do some stupid things
Sometimes I say what I should just keep inside
Sometimes I'm sad about everything
Sometimes I'm mad and break some things
Sorry times 10 but you just got in the way

 

                                                          Diana De GarmoEmotional

 

 

Il pomeriggio nella sala comune Tassorosso trascorreva tranquillo.

Nella stanza regnava un pigro e sonnacchioso silenzio e i pochi studenti presenti erano disposti uniformemente a piccoli gruppetti accoccolati sulle poltroncine di pelle nera o seduti ai tavolini intarsiati di legno di palissandro.

 

Sylvie Weasley era comodamente seduta sulla sua poltroncina preferita, alla sinistra del caminetto. Sul suo viso aggraziato era stampata un’espressione di meravigliata sorpresa, e le sue labbra non cessavano di incurvarsi in un sorriso ogni volta che girava una pagina.

Sulle sue gambe, il vecchio quaderno che Robin aveva dimenticato durante il loro ultimo scontro,

qualche giorno prima.

 

Sfogliava le pagine lentamente, ammirandone il contenuto, con occhi giocosi e allegri. Di tutto si sarebbe aspettata, tranne che quel ragazzo sapesse disegnare con una tecnica tanto perfetta, nella sua straordinaria semplicità.

 

Continuava così da quasi un’ora. Non finiva di sorprendersi per l’ultimo piccolo capolavoro che i suoi occhi avevano incontrato, che subito tornavano a risplendere di gioiosa meraviglia, vedendone uno tutto nuovo e anche migliore del precedente.

Accarezzava le pagine lentamente, come a cercare di carpirne ricordi, pensieri e sentimenti nascosti tra le linee tracciate febbrilmente, quasi in maniera arrabbiata, da una matita che nelle mani di lui, assumeva un potere tale da creare un’opera d’arte.

E lei quasi non riusciva a contenere, la gioia che stava provando, con la consapevolezza di aver avuto il privilegio di ammirare un’arte tanto pregiata nelle tremanti mani di un artista tanto impensabile.

 

Quando qualcuno vicino a lei, emise un suono simile ad uno sbuffo sorpreso, Sylvie non si poté impedire di sobbalzare.  

Alzò lo sguardo e non poté trattenersi dal lanciare quella che sembrava una colorita imprecazione in francese, quando i suoi occhi incontrarono quelli attoniti di Robin Paciock.

 

“Quello è mio!” soffiò lui, guardando il suo quaderno sulle gambe di lei, più apprensivo che mai. Sylvie si portò una mano sulla bocca, gli occhi spalancati sulla tremante figura di lui.

 

Robin!” disse lei a voce decisamente troppo alta, chiudendo velocemente il quaderno e alzandosi in piedi. Gli occhi di lui rimasero puntati sul quaderno.

 

“Quello è mio!” ripeté, ora isterico, fissando ancora l’oggetto, indicandolo con un dito tremante. Sylvie annuì lentamente cautamente con la testa.

 

Robin…lo avevi lasciato per terra l’altro…”

 

“Chi ti ha detto di prenderlo?!” urlò lui, disperato, passandosi una mano tra i capelli. La ragazza sbatté un paio di volte le palpebre.

 

Robin…l’ho raccolto…te lo avrei ridato!” gli occhi di lui indugiarono per la prima volta sul volto di Sylvie. Arrossì violentemente.

 

Ma…ma…facciamo lezione insieme…avresti dovuto ridarmelo prima! Sono quattro giorni che lo cerco come un forsennato!” disse lui con voce incrinata.

 

“…e…e poi scopro che lo hai tu...cioè mica una persona normale, tu!” lei si portò una ciocca di capelli disordinati dietro l’orecchio, lo sguardo decisamente perplesso.

Fece per dire qualcosa, ma vedendolo accasciarsi su un divanetto per poi risaltare in piedi subito dopo, le fece cambiare idea. Ingoiò il vuoto, ora un po’ imbarazzata.

 

“…e tu hai avuto in mano quel quaderno per quattro giorni… “ ribadì lui piagnucolando “…hai avuto in mano la mia vita! E…e ora…ora lo dirai a tutti…oh! Robin Paciock disegna! Facciamoci fare le cartine di astronomia dal più scemo dei Tassorosso!”

 

“Ehi.”  lo interruppe lei, lo sguardo un po’ indurito. “Non dirò a nessuno che tu disegni ok?” Robin emise uno sbuffò.

 

“Certo come no”

 

Cosa vorresti dire scusa?!” Robin arrossì, gli occhi fissi sul pavimento.

 

“Siete sempre piene di buone intenzioni voipoi però vi sfugge sempre qualche cosa!”

 

Noi? E sentiamo, chi saremmo, noi?!” disse lei, ora decisamente alterata, da quella non voluta generalizzazione.

 

“Voi…voi ragazze…carine…” mormorò lui con un filo di voce, la testa rivolta talmente in basso, da risultare una posizione decisamente innaturale. Sylvie si ritrovò a sorridere, guardandolo con tenerezza.

Si avvicinò lentamente senza che lui potesse notarlo per via dello sguardo basso e gli posò una mano sulla spalla. Robin trasalì visibilmente e arrossì.

 

“Puoi fidarti di me, ok? Per quel che vale sappi che sei fantastico…ma se non vuoi che si sappia in giro del tuo talento…lo rispetterò” mormorò lei, continuando imperterrita a guardarlo negli occhi, nonostante lui stesse diventando gradatamente e inesorabilmente rosso.

 

Da-davvero? Credi davvero che io sia…bravo?”  lei sorrise.

 

“Certo! Voglio dire…guarda! Sono capolavori!”  Robin fece una risatina, mentre i suoi occhi gli cominciavano a brillare d’entusiasmo.

 

“Oh, grazie!” disse lui, con sincera gratitudine, mentre riprendeva il quaderno che lei gli stava porgendo con un sorriso.

 

“Ora sarà meglio che vada…” mormorò lei, sorridendogli un’ultima volta e sorpassandolo gentilmente. Robin sembrò molto scontento di quell’interruzione così brusca.

 

Sylvie…” richiamò lui, prima di rendersi veramente conto di quello che stesse facendo. Lei si rigirò, curiosa verso di lui, che ora la guardava basito per la sua stessa azione.

 

“Sì?” chiese quindi dopo un po’, notando che lui non sembrava dar segno di alcun movimento.

Al richiamo si riscosse immediatamente, sobbalzando leggermente. Sotto gli occhi attenti di lei, aprì il quaderno e staccò una pagina con scrupolosa cura, per poi porgerla a lei con un sorriso adorabilmente imbarazzato.

Sylvie lo prese, gli occhi sorpresi su di lui.

 

“Per me?” lui annuì, paonazzo.

Sylvie vedendo il disegno di una fatina, non poté fare a meno che arrossire, contenta. Si alzò sulla punta dei piedi e senza pensarci schioccò un piccolo bacio sulla guancia rosa acceso di Robin.

 

“Grazie!” disse poi tutta sorridente, tornandosi a dirigersi verso la scala del suo dormitorio.

 

Robin si accasciò sulla poltroncina che aveva vicino, rimanendovi per circa tre ore sotto shock.

 

 

 

*

 

Di sera la sala comune Grifondoro non era mai stato un luogo particolarmente frequentato dagli studenti e i pochi che decidevano di trascorrere una tranquilla serata in quella piccola stanzetta quasi completamente cremisi, avevano praticamente un posto mutamente assegnato.

 

Elly Weasley e Andrew Lupin erano tranquillamente accoccolati su due poltroncine a giocare a scacchi, e come ogni sera lei lo stava serenamente, inevitabilmente e inesorabilmente stracciando.

La ragazza si sistemò meglio sul divano, i lunghi capelli disordinati le ricadevano spettinati sulle spalle e gli occhi azzurri leggermente assonnati erano sempre vispi e attenti sul volto corrucciato di lui.

 

Guardava con divertimento, lo sguardo perso di Andrew rivolto alla scacchiera, come nella speranza che le sue pedine – di cui un paio ora stavano sbadigliando – gli svelassero la giusta maniera di agire.

 

“Allora?” mormorò Elly ad un certo punto, dopo che vide per l’ennesima volta i capelli di lui diventare dello stesso colore dei suoi pedoni. Andrew le rivolse un’occhiataccia.

 

“Non avere fretta!” sbottò lui, facendo saltare il re dallo spavento. Lei ridacchiò, cominciando a giocare con una ciocca di capelli.

 

“Sai…ho sentito qualcosina oggi…” sospirò lei vaga, cercando di nascondere al meglio il ghigno divertito che minacciava di uscire dalle sue labbra. Andrew distolse per un attimo la sua attenzione dalla torre di lei e la guardò interrogativo.

 

Cosa?” Elly ridacchiò.

 

“Che combinate tu e Jo?” i capelli di Andrew diventarono rosso vivo.

 

“Io e Jo?” lei annuì, ridacchiando al suo imbarazzo.

 

Non è che per caso i miei due migliori amici si stanno mettendo insieme e io lo devo sapere da uno sconosciuto vero?” Andrew si strozzò con la sua stessa saliva.

 

“MA SEI SCEMA?!” urlò lui rossissimo, facendo trasalire tutti i pedoni. Elly rise di gusto.

 

“Beh, mi è giunta voce che siete stati tutta la mattina insieme, io che devo pensare?” lui sbuffò, i capelli ormai di un colore variabile tra il rosso scuro e il nero pece.

 

“Quante idiozie…abbiamo percorso il corridoio insieme e poi io sono scappato a lezione! Sarà stato al massimo dieci minuti…e poi, oh santo cielo El, io e Jo!...Cioè…Io e Jo! Come cavolo ti viene in mente?!

 

Perché?” Andrew sbatté un paio di volte le palpebre.

 

El…è Jo! Come potrei stare con Jo?!” gracchiò lui passandosi una mano tra i capelli verde acido. Elly alzò le spalle, cercando di mascherare in un’espressione partecipe, la risata che continuava a minacciare di uscire.

 

Jolie è una bella ragazza…è figlia di una veela, qualcosa pur varrà!”

 

Ma non è perché è brutta…” mormorò lui, mentre sia guance, che orecchie che capelli diventavano rossi.

 

“…perché è…è lei!”

 

“Questa sì che è una risposta eloquente” Andrew le lanciò un’occhiataccia.

 

Jo è Jo, è come una sorella per me!”

 

Ma sei un baldo giovincello adolescente! Qualcuno dovrà pure interessarti!” esclamò curiosa lei, sistemandosi meglio nella poltroncina.

Andrew arrossì violentemente.

 

“Sei in vena di scoop oggi?” mormorò lui tagliente, vedendola per l’ennesima volta cominciare a ridacchiare.

 

“Come sempre!”   Andrew sbuffò, arrossendo.

 

“Beh, vai a cercare scoop da qualcun altro!” lei non sembrò minimamente scalfita, anzi rise ancora più forte.

 

“Oh! Il nostro Andy è innamorato!”

 

“Non è vero!”

 

“Sì invece! Hai i capelli quasi color pulce!” rise lei, mentre lui si copriva la testa con le mani.

 

“Non è vero!” ribadì lui, convinto, nonostante i capelli ora fossero bordeaux.

 

E com’è, bella?”

 

“Smettila!”

 

“La conosco?”

 

“Non ti riguarda!”

 

Quindi sì! E chi è? Me lo dici?”

 

“Smettila…”

 

“Dai”

 

“No!”

 

“Ti prego”

 

“Finiscila”

 

“Dai”

 

“No”

 

“Dai”

 

“No!”

 

“Dai”

 

“Scacco matto”

 

“COSA?!” tempo che lei abbassò lo sguardo sui pedoni ancora fermi lì dove li aveva lasciati che Andrew si eclissò oltre il buco del ritratto.

Elly sbuffò.

 

Possibile che io ci caschi sempre?!

 

 

*

 

 

You say I'm just impossible
Totally unpredictable
I'm just a girl get use to it
No big deal
You can't change me why would you try?
I'm no angel but I can make you smile
And that's the way it is
That's just the way I am


                                 Diana De GarmoEmotional

 

 

Se all’interno della sala comune Grifondoro si respirava un’aria quasi idilliaca nella propria serena felicità, al di fuori di quelle quattro mura scarlatte, l’atmosfera era decisamente più burrascosa.

 

Ben Weasley ed Emily Paciock avevano preso da ormai diversi anni la cattiva abitudine di litigare ad ogni ora del giorno e della notte, non preoccupandosi né del luogo, né dell’ora, né tanto meno di quanto stessero dando spettacolo con le loro offese prettamente assurde. 

 

Quel giorno, sembravano decisamente in vena di offese umanamente inconcepibili, tanto da radunare persino un piccola folla di discreti pettegoli che non aspettavano altro che le loro litigate per farsi due risate durante le cupe e pesanti giornate scolastiche. 

 

 

“Sei un idiota, Weasley!” ripeté per l’ennesima volta Emily, incrociando le braccia al petto e mettendo il broncio. Ben emise uno sbuffo scocciato, passandosi nervosamente una mano tra i capelli.

 

“Ora mi chiami Weasley?! Ben è troppo poco fine per una signorina dolce e delicata come te?!

 

“Smettila di fare il bambino! Ti odio quando fai così!”

 

Io faccio il bambino?! Se non ricordo male io ero venuto a scusarmi per quello che ti ho detto al campo e tu hai cominciato a urlare come una pazza!” Emily gli lanciò un’occhiataccia.

 

“è lampante che te lo ha detto James di venire!”

 

“Mi pareva strano che non avessi ancora nominato il caro, dolce, perfettissimo James!”  Emily arrossì, mentre la piccola folla formatasi cominciava ad aumentare di numero in proporzioni man mano più elevate.

 

“Non parlare così del tuo migliore amico!”

 

“Non sono affari tuoi di come parlo del tuo fidanzatino!”

 

“Non è il mio fidanzatino!!” urlò lei arrossendo violentemente.

 

“Beh se proprio lo vuoi sapere non è stato James a dirmi di chiederti scusa! Perdonami se per una volta ho avuto la brillante idea di ammettere che magari avevi ragione tu! Ti prometto che non succederà in futuro!” disse lui rosso di rabbia, cominciando ad andarsene.

Emily gli si parò davanti.

Una Corvonero del secondo anno trasalì emozionata.

 

“Non pensare nemmeno di andartene adesso!”

 

“Per quale motivo dovrei rimanere?! Contrariamente a quello che pensi, non è particolarmente piacevole sentire la tua vocina petulante nelle orecchie!” Emily ridusse gli occhi a due fessure.

 

“Beh, stai tranquillo allora, perché la mia vocina petulante, non arriverà più alle tue orecchie almeno finché non mi arriveranno delle scuse decenti da parte tua!” Ben si passò nervosamente una mano tra i capelli.

 

“Io ti ho fatto le mie scuse, principessina, se tu hai iniziato ad urlare, di certo non sono io che ha qualcosa che non va!” lei gli lanciò un’occhiata significativa, gli occhi impercettibilmente umidi.

 

“Hai mai pensato che magari essere presa in giro da te ogni singolo momento di ogni singolo giorno non è poi così piacevole?!” mormorò lei tagliente, abbassando la voce all’improvviso, con le braccia abbandonate lungo i fianchi in segno di resa.

 

“Io non ti ho mai presa in giro…” mormorò il ragazzo mortificato, ora anche lui visibilmente più calmo. Lei represse uno sbuffo.

 

Vocina petulante non si può certo definire un complimento, Ben!” disse lei con la voce leggermente tremante. Il ragazzo distolse lo sguardo da lei, incapace di replicare.

 

Senti…senti, non piangere, ok? Non voglio che piangi…” Emily gli scoccò un’occhiataccia.

 

“Facile parlare solo con l’intento di dormire sereno la notte! Prova a frenare la lingua la prossima volta!”

 

Senti, io ci sto provando!”

 

“Non abbastanza!” puntualizzò lei, con le unghie che si conficcavano nei palmi

 

“Ma chi ti credi di essere eh?! Il mondo non gira intorno a te è bene che qualcuno te lo dica, in caso ti sia sfuggito

 

“Non mi pare di starti chiedendo chissà cosa, Ben!” il ragazzo fece qualche passo verso di lei.

 

“Santo cielo Em, vienimi incontro!”

 

“Io ti sto venendo incontro!” 

 

“Non è vero”

 

Cosa?”

 

“Tu stai cercando di sabotare il mio progetto di pace!” Emily inarcò inconsciamente il sopracciglio.

 

“Hai uno strano modo di far pace! In meno di una settimana mi hai fatta piangere due volte!”

 

“Vedi cosa intendevo? Guardi sempre il lato cattivo delle cose! In questa settimana mi sono anche scusato con te!”

 

“Certo! Subito prima di litigare un’altra volta! Per quanto dovrò attendere le tue scuse per questa litigata?!”  Ben sbatté un paio di volte le palpebre.

 

“Io non ti farò le mie scuse per questo! È colpa tua!” Emily cambiò espressione all’improvviso.

 

“Non ti scuserai con me?”

 

“No!”

 

“Oh Ben, sei un’idiota!”

 

“Tu di più!”

 

“Non ti parlerò mai più!”

 

“Bene!”

 

“Bene!” urlò lei subito prima di entrare velocemente in Sala comune.

Ben la guardò male, finché la ebbe nel suo campo visivo.

 

Odiava litigare con lei.

Lei era più furba e lo fregava sempre. Sempre.

 

Lui si girò di spalle dal buco del ritratto, ritrovandosi davanti una ventina di studenti basiti. Le sue orecchie diventarono rosa acceso.

 

“Che avete da guardare voi!?

 

 

*

 

 

 

Ogni domenica mattina a casa Weasley si respirava profumo di frittelle.

L’odore dolciastro mischiato con il zuccheroso aroma dei mielosi dolcetti glassati appena sfornati da Ron, pervadeva tutta la casa facendo svegliare i suoi occupanti con il sorriso sulle labbra e un’espressione di pura letizia sul volto.

Ron ai fornelli era un Dio.

Ogni domenica – e di solito anche a Natale e compleanni - si alzava un po’ prima della stessa Hermione, famosa per le sue levatacce, e in una decina di minuti preparava banchetti con ogni prelibatezza presente, tanto buoni e deliziosamente assortiti da far attendere con grandissima impazienza la sospirata colazione della domenica.

Persino Harry e Ginny, si alzavano prima nonostante fosse il giorno di festa, pur di assaporare le prelibatezze che solo Molly riusciva ad eguagliare.

 

Ogni domenica verso le nove bussavano, e Ron andava ad aprire la porticina blu acceso con il sorriso sulle labbra, per poi unirsi a Hermione e David che, tutti sorridenti, già cominciavano a permettersi di assaggiare qualche mieloso dolcino zuccheroso e glassato.

 

 

Capitavano però mattine, in cui Hermione avesse inaspettatamente voglia di cucinare.

E se un Granger vuole fare qualcosa, si sa, in una maniera o nell’altra state sicuri che ci riesce.

 

In quei giorni Ron non andava ad aprire con il sorrisone sulle labbra come era solito fare, ma con un cipiglio preoccupato che subito metteva Harry e Ginny in allarme. In quelle occasioni, David era sempre con lui, attaccato alla maglietta che rivolgeva sguardi allarmati ad ogni rumore che sentiva provenire dalla cucina.

 

 

Ebbene, quel giorno Hermione aveva voglia di cucinare.

 

Ron andò ad aprire la porta scuro in volto, con David in braccio attaccato prepotentemente alla sua maglietta blu cupo.

Quando li vide, Ginny emise un gemito di disappunto.

 

“No…” mormorò Harry con gli occhi spalancati. Ron gli rivolse uno sguardo.

 

“Entrate, avanti…” disse lui, spostandosi leggermente da un lato. Harry e Ginny esitarono per diversi secondi prima di decidersi a superare la soglia.

Dalla cucina, un vago profumo  di frittelle bruciate e l’intonato canticchiare di Hermione.

 

“Oh, siete arrivati! Sedetevi, sarà tutto pronto fra pochissimo!” disse lei tutta sorridente sistemandosi la vestaglietta leggera addosso.

Harry e Ginny le rivolsero uno sguardo, per poi guardare maliziosi Ron. L’amico lo tirò da un lato, mentre Ginny e David guardavano allarmati Hermione che ricominciava a cantare, mentre faceva saltare quattro frittelle facendone cadere due.

 

“Che cosa avete fatto stanotte, eh marpione?!” chiese ridacchiando Harry, sistemandosi gli occhiali sul naso. Ron arrossì.

 

“Nulla, idiota! È così da almeno tre giorni!” Harry si corrucciò un po’.

 

Quindi niente sesso sfrenato?”

 

“Ahimé no…è crollata alle nove, lasciandomi a fare giochi da tavola con David…”

 

“Che donna cattiva…come può addormentarsi così presto il sabato sera!? Il giorno dopo non c’è lavoro e si può fare tanto…”

 

“Sì, Harry abbiamo afferrato il punto” tagliò corto Ron, vedendo che David ora stava guardando loro con gli enormi occhi azzurri spalancati e avidi di sapere.

 

Che ingiustizia…” disse infine lui, abbandonando le braccia lungo i fianchi.

 

“Forza ragazzi è pronto!” un’Hermione più radiosa che mai li interruppe all’improvviso, trascinandoli gentilmente verso il tavolo apparecchiato, mentre Ginny analizzava – cercando di nascondere al meglio l’espressione schifata – il papposo pappone di un marroncino inquietante che Hermione le aveva appena messo davanti, presentandolo soddisfatta come porridge.

 

“Sono due ore che lavoro! Buon appetito!” Ron, David, Harry e Ginny si scambiarono un lungo sguardo prima di decidersi a prendere le posate.

 

“Allora com’è?” chiese lei curiosa, guardandoli ad uno ad uno.

 

“è…sq-squisito, piccola…” mormorò Ron, ingoiando a forza il boccone di pappone papposo.

 

“Sicuro?” mormorò lei, alzandosi per prendere la lettera che un piccolo gufetto appena arrivato alla finestra, aveva attaccata alla zampina.

 

“Uh! È di Ben!” disse subito lei. Diede una letta veloce, per poi risedersi e poggiare la lettera sul tavolo.

 

Che dice?”

 

“Sproloquia contro Emily come al solito” mormorò semplicemente lei, prendendo un bicchiere di succo di frutta.

Ron prese la lettera e diede una letta veloce, per poi ridacchiare.

 

“Merlino…la piccola Paciock è uguale a te!” rise lui, passandosi una mano trai capelli. Hermione gli rivolse uno sguardo assassino.

 

“Prego?”  Ron sbatté un paio di volte le palpebre. Harry, Ginny e David cominciarono ad allarmarsi.

 

Emily…ti assomiglia moltissimo caratterialmente…” disse lui cauto, non riuscendo ancora a capire cosa avesse detto di tanto sbagliato.

 

“Ma se Neville non fa altro che dire che è uguale a nonna Paciock!” tutti i presenti ingoiarono il vuoto.

 

Ah…eh”

 

“Quindi cosa stai cercando di dirmi?! Che sono uguale a quella vecchia bisbetica?!

 

“No no no!” disse isterico lui, chiedendo con lo sguardo aiuto a Harry.

 

Hermione, sono certo che…”

 

“Zitto tu!” tuonò lei, con occhi fiammeggianti. Ginny si alzò di scatto subito seguita da Harry e prese in braccio David.

 

“Beh, è stato fantastico esservi venuti a trovare! Noi ora portiamo Davie un po’ al parco che ne dite? Torniamo a pranzo!” disse Ginny quasi urlando, uscendo dalla porta principale, con David in pigiama in braccio.

 

Hermione attese che la serratura scattasse prima di rivolgere una sguardo furente a Ron.

 

Hermione non penso tu sia come nonna Paciock te lo giuro!”

 

“Lo hai appena detto!” ringhiò lei.

 

Ma io con nonna Paciock non ci andrei mai a letto!” Hermione si zittì.

 

“Tu non mi ami più…”

 

COSA?!”

 

“Mi paragoni a quella vecchiaccia! Cosa dovrei pensare?” mormorò lei con gli occhi lucidi.

Ron si alzò all’improvviso, posando prepotentemente le sue labbra su quelle di lei.

 

“E questo cos’era?...” mormorò lei contro di lui, con gli occhi scuriti dal desiderio.

 

“Una cosa che non farei mai alla nonna…” mormorò lui prendendola in braccio e portandola di sopra.

 

Per il resto della mattinata, Ron fece vedere a Hermione tutte le cose che a nonna Paciock non farebbe mai.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ed infine eccomi qui…U.U

Amoooooriiiiiii!!!! ** Ma quanti bei commentucci che mi avete lasciato! *gongoling gongoling gongoling* spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto come il primo!

Dunque, alcuni di voi, mi hanno giustamente ricordato dei missing! Ebbene per quanto riguarda questo, ho deciso di aggiornare a ritmo di un missing ogni due capitoli del sequel più o meno! A grandi linee sarà così, quindi! ^^

Ora, a grande richiesta…GLI SCHEMINIIII! **

 

RON\HERMIONE: ELLY, BEN, GILLY, DAVID

HARRY\GINNY: JAMES E LILY, IAN

NEVILLE\LUNA: ROBIN, HELEN E EMILY

DRACO\VANDA (XD): REX, VENUS

LUPIN\TONKSY : ANDREW

BILL\FLEUR: SOPHIE, JOLIE, SYLVIE, DANIELLE

 

7° ANNO

ELLY WEASLEY – GRIFONDORO

ANDREW LUPIN – GRIFONDORO

REX MALFOY – SERPEVERDE

SOPHIE WEASLEY – CORVONERO

WILL DARCY – CORVONERO

 

6° ANNO

JOLIE WEASLEY – GRIFONDORO

CHRIS BENNET – SERPEVERDE

MORGAN TORRES – SERPEVERDE

 

5° ANNO

SYLVIE WEASLEY – TASSOROSSO

ROBIN PACIOCK – TASSOROSSO

VENUS MALFOY – TASSOROSSO

 

4° ANNO

BEN WEASLEY – GRIFONDORO

JAMES POTTER – GRIFONDORO

LILY POTTER – CORVONERO

EMILY PACIOCK – GRIFONDORO

HELEN PACIOCK – CORVONERO

 

3°ANNO

GILLY WEASLEY – GRIFONDORO

IAN POTTER – GRIFONDORO

 

Ok, spero che così sia un pochino più semplice per i personaggi! ^^

Ringraziamenti ^^

karmyGranger, _Roby02_, Zia funkia e Nonny Giuly Weasley **, redRon, Merilyn, Mouline^^, ale146, zia Ly!**,  MaryPotter92, la mia Gem daisy05, Sandy85, Moonlight rage (uh! Già i nomi delle coppie **!!! Sono trepidante!!), fiamma90 (chi ha mai detto che Herm è casalinga? *faccing sorrisone furbetto* ogni cosa ci sarà a suo tempo!), SiJay, Ginny_Potter, Fenix (mi hai commosso çç Mi hai fatto piangere, ti ringrazio!), Hiromi (ma che caruccia la pargola ** mi hai fatto mettere in discussione la mia! Rex, è cattivo hai ragione…io l’ho sempre visto come degno erede di Lucius sotto questo punto di vista! Andando avanti si scopriranno anche altri lati di lui *facing sisi con la testa*), pinkstone, Saty, sery black, Chloe88, valeria18, giuggy (mi hai chiamata XDD) , Evan88, ciocco, daniel14, Prongs e Padfoot ^^

 

GRAZIE MILLE! TUTTI I VOSTRI COMMENTI MI HANNO RESA FELICISSIMA! **

Mi raccomando lasciate un commentino!^^

Baciotti potti!

 

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Capitolo 3
*** Bittersweet ***


La sala comune non è mai stata più di un luogo di passaggio per i Grifondoro

Learning To Breathe

- SUO Second Ground –

 

 

 

 

3.

 

 

 

You just call out my name
And you know wherever I am
I'll come running to see you again
Winter, spring, summer or fall
All you have to do is call
And I'll be there 

You've got a friend

                              Carol King – You’ve got a friend

 

 

La sala comune non era mai stata un luogo particolarmente frequentato, meno che mai una volta scattato il coprifuoco, quando le luci si spegnevano e i respiri stanchi e affaticati dalla dura giornata scolastica si regolarizzavano, rilassati dal caldo tepore delle coperte morbide e pesanti.

Emily Paciock  non sembrava però ben propensa a godere della familiare comodità del suo letto.

Se ne stava lì, rannicchiata in un angolino della grande poltrona cremisi posta direttamente di fronte all’enorme camino che ancora sputacchiava qualche scintilla di calore nonostante l’orario.

Se qualcuno l’avesse vista lì, con gli occhi chiusi, il viso disteso e il respiro regolare, l’occhio sarebbe stato sicuramente imbrogliato dalla forviante tranquillità del suo riposo ingannevole.

Se la si osservava con più attenzione, infatti, si sarebbe sicuramente notato che il corpicino esile di lei era scosso da piccoli, ma costanti singulti.

 

Succedeva sempre così.

Emily litigava con Ben, si urlavano contro tutte le cattiverie peggiori che non pensavano neanche lontanamente l’uno dell’altra, e poi lei piangeva, sopraffatta dal senso di colpa per le meschinità dette.

Le veniva in mente che per quanto Ben potesse avere una grande colpa, lei era comunque sempre troppo esagerata nelle sue reazioni.

Pensava che magari era stata troppo dura, che addirittura meritasse tutte le offese e le cattiverie che lui le rivolgeva.

Lei non era mai stata un tipo facile da prendere, questo lo aveva sempre saputo. E per quanto fosse una ragazza prettamente pragmatica, estremamente realista e con i piedi piantati con prepotenza per terra, in quei momenti di crisi non riusciva a non pensare che in fondo, in fondo, magari quella sbagliata era lei e non lui.

 

Emily scosse leggermente la testa come a scacciare cattivi pensieri.

 

È colpa sua, punto. 

Non era un buon momento, quello, per addossarsi colpe non sue. Non era mai un buon momento, in effetti.

Ben aveva voglia di litigare? Beh ci era riuscito, fine della storia.

Se lo stava continuando a ripetere da ore ormai, eppure per quanto ad alta voce le sarebbe parso un ragionamento del tutto sensato, nella sua testa continuava a non quadrarle qualcosa.

Sbuffò.

Odiava quando durante i suoi ragionamenti ci si metteva di mezzo la coscienza.

 

Non si litiga mai da soli Em

Sbuffò di nuovo, più rumorosamente.

Odiava la sua coscienza. Profondamente.

 

Un piccolo rumore proveniente dalle scale di uno dei dormitori la fece riscuotere all’improvviso.

Di fronte a lei, Gilly Weasley, sorella minore di Ben, la stava guardando con espressione vagamente preoccupata.

Emily chiuse stancamente gli occhi, per un attimo.

Di tutte le persone meno indicate da incontrare in quei momenti, lei era sicuramente una nella top ten.

 

Gilly guardò per un attimo Emily, lo sguardo imbarazzato, ma fisso sulla figura tramante dell’altra.

 

“Oddio…ti ho disturbata?” mormorò lei, stringendosi nella propria vestaglia color pastello. Si avvicinò lentamente, sul viso un’espressione sempre più preoccupata.

 

“Oh no! Tranquilla, io…non mi hai disturbata…” Gilly non sembrava del tutto convinta, ma fece comunque qualche passo avanti, un sorriso imbarazzato sulle labbra.

 

“Tu…tu sei Emily, vero? L’amica di Ben e Jamie?” Emily annuì piano, non riuscendo a impedirsi di arrossire leggermente.

 

E tu sei Gillian, giusto? Ben in quelle poche occasioni in cui non mi urla addosso mi ha parlato di te…” la ragazzina rise.

 

Sono io…chiamami Gilly, ok? Il mio nome intero lo usa solo mia madre per sgridarmi” mormorò lei, sorridendo amichevole.

Gilly si mosse sui piedi, un po’ nervosa.

 

“Posso sedermi qui? Non riuscivo a dormire e sono scesa…” disse lei, indecisa se continuare o no la sua frase alla vista delle lacrime dell’altra “…ma forse ti disturbo?”  Emily si riscosse e si spostò leggermente da un lato per farle spazio.

L’altra sorrise, sedendosi cautamente vicino alla ragazza, che ora guardava insistentemente il camino.

 

Gilly rimase in silenzio per qualche secondo, leggermente imbarazzata.

“Ti ho sentita litigare con Ben prima” mormorò lei a mezza voce. L’altra tirò su con il naso, annuendo aritmicamente con la testa.

 

“Chi non ci ha sentiti?” disse lei facendole un sorriso che non le arrivava agli occhi.

Un’altra lacrima scendeva incontrollata sulla sua guancia.

Gilly sospirò pesantemente calcolando attentamente le parole che stava per dire.

 

Quindi…è colpa del mio fratello stupido se tu ora stai piangendo?” chiese innocentemente lei, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

Emily annuì leggermente con la testa, vergognandosi troppo per girarsi verso di lei.

 

“Lo so che tutto questo è stupido, ma…”

 

“Non è stupido!” la interuppe Gilly alzando improvvisamente la voce “…è lui lo stupido!” Emily per la prima volta alzò lo sguardo su di lei.

 

“Non sai quanto ho dovuto combattere contro il mio buon senso, oggi, per evitare di venirlo a picchiare! È così…così…Ben! Ti prego perdonalo…non è neanche colpa sua povero idiota…è colpa di nostro padre! Lui è la causa! Mia madre è normale!”  Emily rise tra le lacrime, vedendola attaccare in quella maniera i maschi della sua famiglia.

Gilly le sorrise sinceramente.

 

“E poi, sai…Ben parla tanto, ma i tre quarti dei suoi discorsi neanche li pensa! Quindi dimenticati tutti i simpatici epiteti che ti ha lanciato addosso, ok? Gli vengono al momento, ha un’inventiva fantastica!” Emily sorrise amaramente.

 

Però è vero che ho una voce petulante…” Gilly rise, sotto lo sguardo attonito dell’altra.

 

“Capirai! Mio padre se l’è sposata mamma, perché aveva la voce petulante!” Emily sbatté un paio di volte le palpebre.

Poi arrossì.

Gilly non sembrava essersi minimamente resa conto delle parole che aveva pronunciato.

 

“Allora mi prometti che d’ora in poi piangerai solo per motivi che meritano tanta pena? Mio fratello non vale tanta acqua!”  Emily sorrise, tirando di nuovo su con il naso.

 

“D’accordo”

 

“Ecco! Così ti voglio sentire! E se la prossima che vedi Ben litigate ancora, cosa ahimé assai probabile, tu chiamami, e io lo stendo con un’unghiata ben piazzata e lo minaccio con una lettera già pronta da mandare alla mamma!” entrambe risero ed Emily si asciugò il viso bagnato con una manica.

Gilly sembrò molto soddisfatta.

 

“Molto meglio, no? non intendo più vederti in questo stato, mi raccomando!” disse lei alzandosi dalla poltroncina “…Non mi piace vederti così capito? E poi sei molto più carina quando sei serena!...lo ha detto anche Ben!” prima che Emily recepisse completamente il messaggio di Gilly, la ragazzina di eclissò su per la scalinata del dormitorio femminile, lasciando l’altra paonazza e basita.

 

 

 

*

 

 

Cellophane
Mister cellophane
Should have been my name
Mister cellophane
'cause you can look right through me
Walk right by me
And never know I'm there!  

 

                                John C. Reilly – Mr. Cellophane (Chicago sdt)

 

 

 

Il pomeriggio in biblioteca trascorreva tranquilla per Robin Paciock.

Fare i compiti della sua materia preferita – Erbologia – si rivelava quasi un piacere piuttosto che un dovere.

 

In ogni caso sempre meglio di Trasfigurazione.

Si continuava a ripetere ogni volta che qualcuno obiettava a proposito dei suoi particolari interessi.

 

Respirò profondamente l’aria leggermente viziata, mischiata all’odore dei libri antichi e alla cera delle candele fluttuanti qua e là.

Si alzò un attimo per prendere qualche libro, non mettendosi fretta nel cercarli, e con lentezza esasperante tornò al suo posto, con in mano un paio di tomi dall’aria trasandata.

 

Di fronte a lui: Sylvie Weasley aveva preso posto al suo tavolo.

 

“Ciao Robin!” Robin sbatté un paio di volte le palpebre, come ad essere sicuro di non stare sognando.

 

Sylvie mi ha salutato! Me! Proprio me!  No, magari stava salutando quello dietro…

 

Si girò un attimo sotto lo sguardo divertito di lei.

Sylvie alzò gli occhi al cielo.

 

“Ciao Robin Paciock!” Robin si rigirò all’improvviso verso di lei, arrossendo adorabilmente.

 

C-ciao!” disse lui con voce un pochino troppo squillante, guadagnandosi un’occhiataccia di Madama Pince.

Lei ridacchiò, abbassando gli occhi sul libro che aveva in mano.

 

“Senti, non ci sono tavoli liberi…non è che ti disturbo se sto seduta qui?”  Robin la guardò con le pupille leggermente più dilatate del normale, mentre annuiva furiosamente con la testa e le sue orecchie s’infiammavano.

 

“Certo! Me lo chiedi? Cioè…no certo, mi disturbi, certo puoi rimanere! Non c’è bisogno di chiedermelo! Rimani pure!” disse lui, cercando di fare il disinvolto.

Nel tentativo di risedersi inciampò sulla panca.

 

“Tutto ok?” chiese incerta lei, una volta che il ragazzo si riuscì a risedere pressoché indenne di fronte a lei.

 

“Assolutamente! Sai ogni tanto mi capita di inciampare…su me stesso…ormai ci sono abituato! Tutto tranquillo, davvero! Quasi mi preoccupo se quando mi sveglio non inciampo!” sotto lo sguardo basito di Sylvie, Robin decise saggiamente di zittirsi.

 

Passarono diverso tempo così, lei studiacchiando tranquillamente, giocherellando di tanto in tanto con una matita, lui guardandola di sottecchi con fare adorante.

 

Robin si mosse nervosamente sulla sedia, rivolgendo uno sguardo un pochino più esplicito nella direzione di lei.

Averla lì e non fare nulla.

Azione decisamente stupida, persino per lui.

Da quasi un quarto d’ora il ragazzo stava tentando di aprire bocca in qualsiasi modo.

Quasi mezz’ora dopo, una sorta di grugnito fuoriuscì dalle sue labbra.

Sylvie alzò lo sguardo allarmata.

 

“Stai bene?” Robin spalancò gli occhi su di lei.

 

“Certo! Ti sembra che ci sia qualcosa che non va? È tutto perfetto qui!” lei annuì cautamente, guardandolo non del tutto convinta.

Robin guardò la sua testa bionda, riversa sul libro, decisamente esasperato.

 

Gli aveva parlato, tanto valeva cogliere la palla al balzo.

 

“Sai…mi chiedevo…hai…hai…non so…qualche hobby?” Sylvie alzò il sopracciglio.

 

“Ehm…non tanti a dir la verità…”

 

“Oh…peccato…io sono bravo negli hobby! Mi adatto a tutto! Persino al punto croce! Ho qualche difficoltà con la maglia, ma durante le vacanze di Natale mi eserciterò! Poi…poi magari t’insegno se vuoi…” soffiò lui con voce appena udibile e lo sguardo rivolto sul libro.

Non sentitendo alcuna risposta, di decise finalmente ad alzare lo sguardo. Notò che gli occhi di lei erano persi in un qualche punto direttamente alle sue spalle.

Il sorriso adorante di Sylvie, gli suggerì che stesse parlando da solo già da diverso tempo.

 

Si girò con circospezione per capire cosa stesse guardando di tanto interessante.

Di fronte a lui, Chris Bennet la guardava con un sorrisino stampato sulla faccia che lui giudicò più che irritante.

Si rigirò verso Sylvie.

A giudicare dalla sua espressione lei lo giudicava tutt’altro che irritante.

 

Robin si schiarì la voce, ripromettendosi che a Natale il punto croce poteva attendere.

Sylvie si rigirò improvvisamente verso di lui, ravvivandosi i capelli nervosamente.

 

“Scusa…dicevi qualcosa?” Robin sorrise leggermente.

 

“Oh no…ti stavo solo chiedendo se…se potevo usare la tua matita un attimo…”

 

“Certo!” disse lei, sorridendogli apertamente e porgendogli la matita che aveva in mano.

 

Robin sospirò impercettibilmente.

Forse era il momento di aprire gli occhi.

Sylvie non sarebbe mai stata alla sua portata.

Mai.

 

 

 

*

 

 

You don't want a boyfriend,

What you want is Mr. Spock

To come to your wasteland

And destroy the robot

Something more than human

Someone with blood that's cold and green

You want something better than me

 

                                 Nerf Herder – Mr. Spock

 

 

“Santo cielo Jo! Quante volte ti ho detto che ti devi assolutamente rifare una manicure?! Le tue unghie sono inguardabili!”  Jolie sbuffò all’ennesimo richiamo della sorella.

 

Se qualche secondo prima, l’idea di fare due chiacchiere con Sophie le era parso un pensiero intelligente, in quel momento stava pian piano riconsiderando l’idea di tornare indietro ed aiutare Hagrid a riacchiappare vermicoli.

 

Rivolse uno sguardo esasperato verso Sophie, minimamente conscia del fatto di stare parlando da sola e del tutto presa da uno dei suoi in utilissimi discorsi.

 

“…non puoi andare avanti così! Ti ho richiamata per le unghie già due volte questa settimana, quante volte ancora dovrò sgolarmi?!”

 

Tante, tante, tante altre ancora…

 

“Prometto di riparare a questa mia mancanza il prima possibile…” mormorò lei con voce annoiata.

Sophie la guardò, leggermente risollevata.

 

“Prima possibile quando?” insistette Sophie, saltellandole davanti.

 

“Non lo so! Un giorno!” Sophie mise il broncio.

 

E pensare che io ti parlo…ti consiglio, mi prodigo per te, affinché tu non rimanga una vecchia zitella…” Jolie si massaggiò la tempia, mentre guardava la sorella dare sfogo ai suoi molteplici talenti drammatici.

 

Phie ti prego basta…io e te siamo diverse! Lo eravamo da bambine quando tu mi sgridavi per avere tagliato i capelli alla mia bambola e lo siamo ancora oggi quando mi sgridi perché mi mangio le unghie!” Sophie sembrò zittirsi per un breve momento.

 

Però la tua bambola era davvero brutta con i capelli tagliati…” Jolie la fulminò con lo sguardo.

Sophie la ignorò bellamente.

 

In quel momento Will le sorpassò.

 

“Oh ciao Jo!” disse lui aprendosi in un sorrisone.

Jolie agitò la mano sorridente.

Sophie e Will si grugnirono reciprocamente.

 

“Qualcosa non va?” chiese Jolie, quando si accertò che Will fosse troppo lontano per sentirle.

Sophie grugnì un’altra volta.

 

“Tutto non va! Maledetto il giorno in cui ho accettato di mettermi con quel tronco d’albero!”

Jolie sospirò, stringendosi i libri al petto.

 

“Avete litigato di nuovo?”

 

Domanda retorica…

 

Jo, ti giuro, la prossima volta che litighiamo lo lascio!” urlò lei, facendo girare allarmati una decina di studenti di ritorno dalle lezioni all’aperto castello.

“…Io non sono perfetta, nonostante sia difficile pensarlo! Non so se riuscirò a sopportarlo a lungo...è così irritante! E sai che vuol dire se sono irritata? Che mi vengono le rughe prima del tempo!” Jolie la guardò, basita.

 

Phie…ma…tu e Will state insieme da tanto…e poi in cosa i irrita?! Quel ragazzo è perfetto!”

 

“Prenditelo tu allora! Te lo cedo!”  Jolie fece per parlare ma si zittì all’istante e arrossì.

 

“…Andiamo…cos’ha di sbagliato? Ti porta persino la borsa usciti dalle lezioni!”

 

“Bene…avrà futuro come portapacchi!”

 

“Non essere acida…Molte ragazze vorrebbero essere al tuo posto…” Sophie si fermò all’improvviso e prese Jolie per le spalle, bloccandola.

 

“Guardala per un attimo dal mio punto di vista, Jo…anche io volevo essere nei miei panni prima! Non posso negare che Will sia un ragazzo carino, ok?...ma andiamo…è troppo affettuoso! Tutte quelle coccole in pubblico, sai che scocciatura?!

 

“Sei impazzita?!” squittì Jolie, liberandosi dalla presa della sorella.

 

“Certo che no! Le coccole sono così poco virili…” Jolie la guardò come se fosse pazza.

 

“E cosa vuoi, che un ragazzo ti chiami baby in pubblico?!

 

“Oh, non esagerare…guarda Jack Elliot ad esempio…lui è un vero uomo! Ed è anche troppo fine per quegli stupidi nomignoli di bassa estrazione” disse Sophie rivolgendo lo sguardo sognante alla sua sinistra, dove un ragazzo con i capelli color sabbia e l’aria imbronciata stava camminando altero verso il portone.

 

Elliot?! Sei matta?! È una Serpe!” Sophie sembrò cadere dalle nuvole.

 

E con questo? I Serpeverde sono i migliori! Guarda Malfoy…o Chris Bennet!”

 

“I Serpeverde sono incostanti…e cattivi!”

 

“Guarda il bicchiere mezzo pieno per una volta! Non puoi negare che sono tutti straordinariamente belli…”

 

Anche il battitore brufoloso?” sul viso di Sophie si disegnò una smorfia comica.

 

“Beh ecco…quello magari no…” Jolie ridacchiò. “…Però devi ammettere che Jack è fantastico!”

 

Mhm…beh…diciamo che è carino…”

 

“Oh, lo so, è meraviglioso! Credi che io possa piacergli?”

 

Phie, tu piaci a tutti!” Sophie sembrò molto soddisfatta della sua risposta. Rivolse un altro sguardo verso di lui, e i loro occhi si incrociarono per un attimo.

 

“Mi ha guardata! Jo, mi ha guardata!” squittì lei, strattonandola per un braccio.

 

“Sono contenta, ma tu non dovresti prima parlare con qualcuno?”

 

“Con chi? Con Sylvie? Ma a lei non importa della mia vita privata!” Jolie alzò gli occhi al cielo.

 

“Con Will! Penso tu gli debba almeno una spiegazione prima di gettarti in un’altra relazione!” Sophie sbuffò.

 

Ma io non sono capace di lasciare i ragazzi! Ti ricordi di quel nanetto al terzo anno? È stata durissima!”

 

Ma se l’ho lasciato io per te!”

 

Ma non hai idea che colpo sia stato vederlo da lontano scappare via tutto dispiaciuto!” Jolie la fulminò, ma Sophie non sembrò notarlo.

 

“Non è magari…”

 

“Assolutamente no!”

 

“Non sai neanche quello che ti sto per chiedere!”

 

“Non lascerò Will da parte tua!”

Sophie fece per parlare, ma si zittì subito.

 

Magari avrebbe potuto chiederlo a Sylvie.

 

 

*

 

 

 

 

You're the colour
You're the movement and the spin
Could it stay with me the whole day long
Fare with consequence
lose with eloquence
and smile
I'm not in this movie
I'm not in this song
never leave me paralyzed love
never leave me hypnotised love

 

                             The Notwist – Consequence

 

 

Hermione Granger non ha mai passato più di un quarto d’ora in bagno.

Era il classico tipo di donna che raramente perdeva tempo in quelle pratiche in cui Vanda Brown sembrava avesse dedicato la proprio esistenza e nonostante usasse meticolosa cura nell’igiene personale, non si era mai crogiolata nella vasca circondata da colorate bollicine alla vaniglia come faceva invece la nostra beneamata Vanda.

Hermione Granger, però, quella mattina era chiusa in bagno da più di un’ora.

 

Ron aveva già bussato tre volte quando, non ricevendo risposta, si era deciso ad aprire cautamente la porticina di un bianco quasi accecante. Di fronte a lui, Hermione, con la pancia scoperta, studiava assorta la sua figura allo specchio.

 

C’era senz’altro qualcosa che non andava.

Se prima Ron era allarmato non vedendola uscire dal bagno, ora era quasi terrorizzato vedendola studiarsi tanto attentamente allo specchio.

 

Hermione Granger, anche se con secondo nome Weasley rimaneva pur sempre Hermione Granger.

Lei e lo specchio si incontravano sì e no un minuto e mezzo in tutto l’arco della sua giornata e anche in quei brevi momenti, non erano mai andati particolarmente d’accordo.

Hermione aveva la sua vita, lo specchio la sua. Rimanevano in pacifica convivenza come Ron con Grattastichi.

Con l’unica differenza che lo specchio non faceva la pipì nelle pantofole di Hermione. 

 

Ron si schiarì nervosamente la voce, annunciando la propria presenza.

Hermione si girò tranquillamente verso di lui.

 

“Oh amore! Sei tornato!” mormorò lei sorridente, abbassandosi la maglia e andandogli incontro con un’espressione benevola sul viso.

 

Amore?! 

C’era sicuramente qualcosa che non andava.

Le possibilità che Hermione chiamasse Ron ‘amore’ erano le stesse di vedere Madame Maxime scambiarsi infuocate effusioni con il Professor Vitious.

 

“Sì, Hermione…” disse semplicemente lui, guardandola basito mentre lo abbracciava.

 

“…’Mione?...c’è…c’è qualcosa che non va?”  chiese lui sciogliendosi lentamente dal suo abbraccio. Hermione gli rivolse uno sguardo con gli occhi talmente aperti da farlo quasi spaventare.

 

“Oh, sì…” mormorò lei con occhi sognanti. Ron la incitò a continuare con la testa.

 

“…Sono incinta”

 

“COSA?!Hermione annuì concitatamente, scoprendosi di nuovo l’addome.

 

“Guarda! Guarda che pancia gonfia che ho!” disse lei convinta. Il sopracciglio di Ron si inarcò inconsciamente.

 

“Pensi di essere incinta solo perché hai la pancia gonfia?” Hermione annuì vigorosamente con la testa.

 

“Certo!” Ron rise.

 

“Sei golosa, non incinta Hermione!” lei lo fulminò con lo sguardo.

 

Non sono golosa!”

 

“Lo sei! E anche parecchio mangiona!”

 

“Perché sono incinta!” ribadì lei.

 

Perché sei golosa!” la ragazza serrò le labbra.

 

Ronald Weasley, io sono rimasta incinta quattro volte e tu, stupido essere semina-embrioni, hai anche il coraggio di espormi quello che la tua retrograda mente maschile pensa a questo proposito!? So riconoscere quando aspetto un bambino!” scattò lei mentre i suoi ricci si agitavano freneticamente sulle spalle ad ogni parola.

Ron dopo il primo momento di smarrimento dovuto al nuovo nomignolo che Hermione gli aveva appena dato, ingoiò il vuoto, decisamente allarmato.

 

Hermione perché non andiamo di là e ne parliamo un po’?” lei si illuminò.

 

“Scegliamo il nome? Adoro scegliere il nome!” Ron rimase basito, vedendola trotterellare fuori dalla stanza per prendere un blocchetto e una matita.

 

“Allora! Che ne dici di Brian? Come Silente sarebbe un bel nome per…”

 

Hermione?”

 

“Non ti piace Brian?” Ron si passò una mano sugli occhi.

 

Non è che non mi piace è che forse dovremmo prima controllare se sei veramente…”

 

“Perfetto, allora lo aggiungo! Se è femmina? A me piace Katie! Tu che ne pensi di Katie?”

 

Hermione forse è meglio che ti siedi…”

 

Dici che è troppo comune?” chiese lei, ignorandolo completamente tamburellando la matita sulla guancia e camminando avanti e indietro sotto lo sguardo allibito di Ron.

 

Julie! Julie è un bel nome! Mi piace! Questo lo segno anche se non ti piace” annuì lei convinta scribacchiando sul blocchetto.

 

“Mi piace Julie! È un nome carino…e dolce! Sono convinto di non aver mai conosciuto una Julie rossa…ma santo cielo io mi sto distraendo! Hermione ti prego parliamone…”

 

“Non ti piace Julie?”

 

“Sì, ma non è questo il punto!”

 

“Ah…allora è Brian, vero? Non mi parevi convinto dall’inizio…”

 

Hermione per Merlino, controlla prima!” disse infine Ron, passandosi una mano tra i capelli.

 

“Controllare cosa?” chiese lei cadendo tra le nuvole, del tutto intenta a scrivere un nome di dubbia comprensione sul quadernino.

 

“Beh…” mormorò lui a disagio “…se…se sei veramente…beh lo sai! Oppure no…” terminò lui, in un tono appena udibile.

Hermione sbuffò.

 

“Certo che sei testardo! Ti ho detto che lo sono!”

 

“Hai controllato?”

 

“No!”

 

“Allora come puoi esserne sicura?!

 

“Lo so e basta!”

 

E come, sentiamo!” Hermione gli lanciò un’occhiataccia.

 

“Voi semina-embrioni non potete capire!”  disse lei uscendo dalla stanza scribacchiando.


”Ma io non sono un semina-embrioni qualunque!” urlò lui facendo spuntare la testa fuori dalla porta. 

Hermione agitò una mano in aria.

 

“Quisquilie!”

 

 

 

*

 

 

 

Il parco di Hogwarts era sempre stato un luogo piuttosto affollato di sabato pomeriggio, quando la temperatura ancora permetteva di stare all’aperto abbastanza a lungo.

Elly, Andrew e James stavano passeggiando, parlando del più e del meno, di ritorno dagli allenamenti di Quidditch.

 

“Come sta andando ultimamente con Ben?” chiese Elly ad un certo punto, giocherellando con un lembo della sua sciarpa.

James la guardò per un attimo, per poi passarsi una mano tra i capelli.

                                                 

“Perché me lo chiedi?”  lei si strinse nelle spalle, non apparentemente notando il nervosismo nello sguardo dell’altro.

 

“Perché è paranoica!” s’intromise Andrew, guadagnandosi un’occhiataccia di lei.

 

Jamie tu me lo diresti se ci fosse qualche problema, vero?”  chiese lei, ignorando Andrew che alzava gli occhi al cielo esasperato.

Il ragazzo esitò un attimo, abbassando lo sguardo.

 

El…Ben è strano negli ultimi tempi, ok?....Noi due non parliamo più molto se proprio lo vuoi sapere…”

 

Ma ci dev’essere un motivo no?” disse lei, improvvisamente innervosita. Andrew le mise istintivamente una mano su un braccio. Lei si liberò quasi subito dalla presa, facendo un respiro profondo per riprendere la calma.

 

Senti, io non lo so! Non posso aiutarlo se lui non vuole essere aiutato! E poi a dirla tutta…comincio a pensare che sia io la causa del suo malumore…”

 

Perché mai dovresti essere tu? Avete litigato?”

 

“No!” Elly sembrava confusa.

 

Ma allora come…”

 

“Non lo so, ok? È così e basta!” Elly si zittì, gli occhi fissi verso la foresta proibita.  

 

“Magari è solo stanco…” azzardò Andrew, mettendosi le mani in tasca. “è dura essere capitano al quarto anno…in più lo stress aumenta, con il passare del tempo…” Elly annuì pensierosa, senza notare un bambinetto del primo anno che trotterellava alquanto allarmato verso di loro.

Quando se lo ritrovarono davanti, videro che arrivava più o meno allo stomaco di Andrew.

 

“Questo è per te” disse lui dando un bigliettino al ragazzo, ora piuttosto sorpreso.

 

“Grazie…” mormorò lui incerto, mentre il bimbetto si eclissava oltre il grande portone di mogano.

 

“Cos’è?!” chiese subito Elly, sporgendosi goffamente per leggere il messaggio. Andrew accartocciò istantaneamente il foglietto, nascondendolo in una tasca del mantello.

 

“Nulla di cui un’impicciona come te si debba preoccupare!” Elly lo fulminò.

 

“Non sono un’impicciona!”

 

“Sì che lo sei”  ribatté lui deciso. La ragazza sbuffò, incrociando le braccia al petto.

James ridacchiò.

 

L’attenzione però venne subito catturata dalla comparsa di Lily ed Helen Paciock che stavano uscendo in quel momento dal portone aperto appena.

James arrossì.

Poi sbiancò.

Poi arrossì di nuovo.

 

Elly agitò energicamente una mano, attentando varie volte all’occhio di Andrew per farsi vedere.

Quando finalmente Lily e Helen – che stava studiando un bruco su un sasso da cinque minuti buoni – li raggiunsero, James era color mattone.

Lily rivolse un sorrisone al fratello, quando Helen puntò i suoi grandi occhi chiari su di lui.

 

C-ciao Helen…” balbettò lui, sorridendole impacciato. Helen gli sorrise appena, ma quanto bastava per farlo andare in pappa per un buon quarto d’ora.

Elly guardò di sottecchi James, che ora seguiva anche lui attento le lente movenze del bruco.

Ridacchiò.

 

È-è d-da un po’ ce non ti si vede in giro…” mormorò James distogliendo lo sguardo dal bruco. Helen puntò i suoi grandi occhi tondi su di lui.

 

“Ho avuto molto da fare con le mie collane…”

 

“Davvero?! Adoro le collane! Non sai quanto mi piacerebbe vederle!” Lily si passò una mano sulla faccia.

Helen inarcò un sopracciglio, guardandolo intensamente e in silenzio per qualche secondo.

 

“Che strano tipo che sei…Lily me lo dice sempre che sei bizzarro…” James rivolse un’occhiataccia alla sorella, che nel mentre si stava cacciando una mano in bocca per non scoppiare a ridere.

 

“Oh Helen, non ascoltare mia sorella…non sono strano, assolutamente!”

 

“A me piacciono le persone strane…” James sbatté diverse volte le palpebre.

 

“Davvero?! Anche a me! Le adoro quasi quanto le collane! Senza contare che io sono strano! Il più strano tra gli strani!” disse lui, con risatina isterica.

Elly, Andrew e Lily, osservavano la scena, facendo di tutto per trattenersi dal ridere.

 

“Sei veramente strambo…” convenne lei, aggiustandosi l’orecchino a forma di ravanello.

Rimasero per un attimo tutti in silenzio, finché Lily non si schiarì la voce.

 

“Beh, ragazzi, noi stavamo andando alla ricerca di Ricciocorni Schiattosi…se volete scusarci…” mormorò lei ridacchiando, mentre James le salutava energicamente con la mano.

 

“Buona caccia!” urlò lui quando si furono allontanate di qualche metro.

Quando Lily e Helen scomparvero oltre una grande siepe, James di girò interrogativo verso Andrew e d Elly.

 

“Ragazzi…ma cosa Merlino sono i Ricciocosi Schiattosi?!”

 

 

 

*

 

 

 

Ginny rigirò per l’ennesima volta il piccolo foglietto color pastello che sua figlia le aveva appena spedito.

Di fronte a lei, Harry tentava in tutti i modi di non sfigurarsi con la lametta.

 

“Possibile che in tutti questi anni tu non abbia ancora imparato a farti la barba come si deve?!” Harry la fulminò con lo sguardo, non degnandosi neanche di risponderle.

 

“Inutile che mi ignori, i due tagli che ti sei fatto nel giro di dieci minuti provano la mia tesi” lui sbuffò e poggiò la lametta sul bordo del lavandino, incrociando le braccia al petto, mentre la schiuma da barba scendeva languida sul suo collo.

 

“C’è qualcosa che devi dirmi Gin?” lei sorrise trionfante.

 

“Ti adoro quando sei così arguto!”

 

“Io sono sempre arguto!” Ginny lo guardò intensamente.

 

“Non costringermi a mentirti, lo sai che non mi piace” mormorò lei con voce zuccherosa, sotto lo sguardo truce di Harry.

Lei si schiarì la voce, agitandogli la letterina di Lily.

 

“Indovina un po’? Abbiamo un Potter innamorato!” squittì lei ridacchiando contenta.

Harry si grattò una tempia.

 

“…Quindi?”

 

“Come quindi? È la prima volta che Lily fa la spia, quindi deve essere davvero importante!”

 

Ginny…non credo che…”

 

“Già mi immagino quanto sarà buffo il nostro Jamie! Diventa sempre così teneramente idiota quando è imbarazzato!” Harry dovette riflettere qualche secondo in più per assimilare le parole di Ginny.

 

Hey! Mio figlio non è un idiota!”

 

“Io ho detto teneramente idiota! C’è una bella differenza! Senza contare che alle donne piace il tipo stupido e coccoloso! Guarda me!” 

 

Cosa vorresti dire con guarda me?!”

 

“Ho sposato te!”

 

E con questo?”

 

“Amore, tu sei la tenera idiozia per eccellenza! Da chi credi che abbia preso Jamie?”

 

“Da Ron!”

 

“No, lui è idiota e basta…” Harry sbuffò.

 

“Io e il mio povero figliolo non siamo idioti! Siete voi che fate le difficili!” Ginny lo fulminò con lo sguardo.

 

Io non sono difficile!” ringhiò lei in una maniera tale da farlo tremare di terrore.

 

“No, infatti! Tu sei perfetta luce dei miei occhi!” convenne Harry uscendosene con una risatina isterica. “Io mi stavo ovviamente riferendo alla ragazza che piace a James!...chiunque essa…ehm…sia…”

 

“Non essere ridicolo! Helen Paciock è una ragazza talmente tranquilla! Il massimo che avrà potuto fare è dirgli che la sua carnagione si intona con l’ultima collana di tappi che ha fatto!” Harry spalancò gli occhi in maniera allarmante.

 

“A James piace Helen Paciock?! La fotocopia di Luna?! Stai scherzando, vero?!Ginny lo guardò di sottecchi.

 

“Perché, cos’ha che non va Helen?”  Harry la guardò come per vedere se lo stesse prendendo in giro oppure no.  Lo sguardo omicida di Ginny gli suggerì la risposta.

 

“Assolutamente nulla! È solo che…”

 

“Che?!Harry esitò, visibilmente allarmato dall’espressione di Ginny.

 

“Beh…è così…così…Luna…” mormorò lui in un soffio appena udibile, tenendo la testa bassa per non incontrare gli occhi di lei.

 

“E con questo?! Luna non ha nulla di sbagliato!”

 

“Non volevo dire questo!” scattò subito lui, la schiuma da barba ormai avanzava incontrollata.

 

Helen è carina e infondo non deve piacere a te, ma a James!”

 

Ma non voglio che indossi collane con i tappi per amore!”

 

“Per amore si può fare tutto” urlò lei stringendo i pugni lungo i fianchi.

 

Ma non portare collane!” obiettò Harry, tamponandosi distrattamente il petto con un asciugamano.

 

“Non dire sciocchezze! Solo perché io non ti costringo a portare collane, non vuol dire che non possa fartelo fare d’ora in poi!”

 

“Non oseresti…”

 

“Ne sei certo?”

 

“Beh…no. Ma in ogni caso sono io che porto i pantaloni in questa casa! Non puoi costringermi!” Harry si pentì subito delle sue parole.

Ginny ridusse gli occhi a due fessure.

 

“Punto primo: ora come ora, io ho i pantaloni e tu sei in mutande, cosa che nella maniera più assoluta, non ti mette in condizione di fare il maschilista, considerando anche che i voti di James e Ian non arrivano neanche sommandoli, a quelli di Lily. Harry ingoiò il vuoto, indietreggiando lentamente.

“Punto secondo: facciamo che ora tu mi abbia messa in condizione di costringerti. Perfetto. Vorrà dire che se tu domani non verrai alla Tana con una collana appesa al tuo collo rimarrai nella tua metà del letto fino a Capodanno!”

 

“Ma…ma…siamo a inizio Novembre!”

 

“Lo hai voluto tu, marito stupido!” Harry emise un gemito di disappunto, gettando l’asciugamano appiccicaticcio di schiuma da barba nel lavandino.

 

Il giorno dopo, si presentò alla Tana con tre collane al collo.

 

 

 

*

 

 

 

I'm feeling cold today
Not hurt just fucked away
I'm devastated and frustrated
God I feel so bound
So why I'd feel the need
I think it's time to bleed
I'm gunna cut myself and
Watch the blood hit the ground

 

                                      Korn – Right Now

 

 

Andrew si aggirava nervosamente per i corridoi di Hogwarts quella sera.

Cacciò per l’ennesima volta il biglietto dalla tasca, e lo rilesse con attenzione, benché ci fossero scritte solo poche parole.

Un invito da onorare da solo.

 

O una trappola. 

Andrew non riusciva a togliersi dalla testa quel cattivo presentimento che gli diceva che la sua idea di presentarsi a quell’appuntamento non era tra le migliori che gli fossero venute nel corso della sua vita.

C’era qualcosa che non andava, in quella richiesta, decisamente troppo misteriosa per essere di natura benevola.

Eppure era umano. La curiosità è il difetto più pericoloso quanto diabolico con cui l’uomo deve avere a che fare da millenni.

Andrew lo sapeva. E anche l’autore del bigliettino.  

 

Quando giunse nel luogo prestabilito, era completamente immerso nei suoi pensieri per notare che quel corridoio fosse troppo silenzioso e deserto per essere solamente le nove di sera.

 

“Finalmente! Cominciavo ad annoiarmi!” Andrew si voltò di scatto sentendo quella voce.

Di fronte a lui Rex Malfoy ghignava non degnandosi neanche di celare il suo perverso divertimento.

L’agnello era caduto nella trappola del lupo.

Andrew fece un passo incerto in avanti ormai orribilmente conscio della sua situazione, ostentando finta sicurezza. Il suoi capelli, nero pece.

 

“Il biglietto è tuo?” mormorò lui cercando conferma, prendendo dalla tasca lo stropicciato foglietto che aveva nascosto ad Elly quello stesso pomeriggio. Vedendo il suo ghigno sfacciato ancora disegnato sulle labbra sottili, si accorse della stupida ovvietà della sua domanda.

 

“Deluso?” chiese lui spavaldo parlando a voce molto alta e sfidando l’eco costante dei corridoi.

 

“Solo sorpreso” mormorò l’altro mantenendo il contatto visivo con Rex. “Posso sapere il motivo di tutto questo?” Malfoy cominciò a camminare verso di lui, con un’espressione di una tranquillità quasi inumana sul viso.

 

“Beh…i motivi sono molteplici…” mormorò lui sorridente, mentre alle spalle di Andrew i primi due Serpeverde facevano la loro furtiva comparsa. “…ma se proprio lo vuoi sapere…il ribrezzo che provo per te e la tua razza sanguesporco è uno dei motivi fondamentali…. Altri due cominciarono ad accerchiare il ragazzo, che solo in quel momento cominciò realmente a rendersi conto della situazione. “…subito seguito poi dalla tua insopportabile e perenne voglia di rovinarmi la vita ogni momento che passa…” due di loro lo bloccarono per le spalle, facendogli sfuggire un tremito visibile agli occhi allegri di Rex, che arrivatogli di fronte, gli prese la bacchetta dalla tasca della divisa e la gettò lontano, tutto sorridente.

Un pugno furioso gli arrivo diretto alla mascella, il viso di Andrew, contratto dal dolore intenso ed improvviso.

Rex si avvicinò sereno al viso ferito dell’altro.

 

“…e poi, se proprio lo vuoi sapere…” sussurrò prendendogli il viso con decisione sulla parte offesa “…è colpa sua se ora tu sei qui” un risolino diabolico contro l’orecchio di Andrew gli fece gelare il sangue.

Fece per dire qualcosa, ma un altro colpo secco gli arrivò potente sullo zigomo sinistro, facendolo gemere di dolore.

 

Quando un calcio lo colpì furiosamente allo stomaco, le due Serpi che ancora lo reggevano per spalle lo lasciarono cadere pesantemente al suolo, tra le risa di scherno degli altri due, che controllavano attenti le vie deserte del piano.

 

“Già morente Lupin? E io che mi aspettavo di divertirmi ancora un po’ con te!” rise Rex inginocchiandosi a sporgendosi su di lui.

 

“Vorrà dire che mi divertirò con lei...” Andrew scattò all’improvviso e lo spinse indietro, aggredendolo con tutta la foga rimastagli in corpo.

Immediatamente due dei compagni di Rex si avventarono sopra di lui, non riuscendo comunque ad impedire che un pugno arrivasse furioso in pieno viso del loro capo.

Contrariamente a quello che tutti si erano aspettati, Rex scoppiò in una risata argentina.

 

Se sapevo che per farti reagire in qualche modo, avrei dovuto nominare quella sgualdrina Mezzosangue potevi anche dirmelo! Avrei risparmiato diverso tempo!”

 

Non.Toccarla.”  ringhiò Andrew tra i denti, dimenandosi nella stretta ferrea dei due ragazzi.

 

Perché, sennò che mi fai?”

 

“ Ti ammazzo, te lo giuro” la sicurezza fredda e calcolata di Andrew fece vacillare Rex per qualche momento. Poi si avvicinò di nuovo e si chinò per arrivare alla sua stessa altezza.

 

“è bene che mettiamo in chiaro una cosa, Senzaforma…quello che è bloccato e decisamente malconcio sei tu, non io. Di conseguenza è il sottoscritto che detta le regole. Spero che questo ti sia finalmente chiaro, anche perché se proprio vuoi saperlo non ci metterei più di dieci minuti a far venire qui la tua bella e a violentarla davanti al tuo sguardo inerme” il respiro di Andrew si mozzò in gola, lo sguardo fisso nel vuoto.

Rex rise.

 

“Sono contento che finalmente hai capito la gravità della tua posizione!...Ora però mi sto annoiando…i piagnistei di Morgan sono quasi più interessanti di delle tue minacce!”  fece segno ai due alle spalle di Andrew di lasciarlo andare e gli sorrise amichevolmente subito prima di sferrargli un calcio in faccia che gli fece perdere in sensi.

Rex sorrise ai suoi amici.

 

“Andiamo a mangiare qualcosa?” sorpassò il corpo di Andrew con tranquillità e si avviò serenamente verso la Sala Grande, mentre la pozza di sangue sul pavimento si allargava ogni secondo di più.

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve a tuuuuuutti…^^ Me è stata cattiva in questo chap, eh? ScusateeeeU.U  Ma sapete ogni tanto un po’ di movimento ci vuole, no? *scapping per evitare le casse di pomodori*

Spero comunque che vi sia piaciuto anche questo cap, nonostante sia un pochino di transizione e io vi abbia fatto attendere un tempo vergognoso…T.T  *autoflagelling*

Ringrazio tantissimo Ginny_Potter, Pinkstone, ^clod^, Merilyn, SiJay, Evan88, la mia Nonny Giuly Weasley, Moonlight Rage (bello metamorphodrunks *-*!!!), MaryPotter92, daniel14, Topomouse, Chloe88, emmaerupert, Hermionina (questo capitolo ha spiegato un po’ le cose? ^_________________- ), Hiromi, la zia funkia, valeria18, redRon, Fenix (sai che non avevo mai pensato di scriverne una? Mi hai messo la curiosità, la scriverò di certo!*-*! Non so quando perché devo essere ben disposta, ma sarà un piacere accontentarti!), Saty (ahimè scuola già giàU.U), mem (XDD), Giuggy, sery black, zia Ly! (ha ricevuto il messaggio! *facing sisi* è viva, ma è stata maluccio per un po’…ti saluta tanto tanto!^^), Silvia91, Padfoot (Nuuuu çç amore fatti sentire, che mi preoccupo! Riguardati mi raccomando ^^), Tabita ed Elly per le recensioni!!! Davvero meritereste risposte singole e ben fatte, ma ho pochissimo tempo ultimamente…sappiate che adoro quello che scrivete nei commenti e ogni volta mi fate commuovere! Vi adoro tanto davvero!^^!

Ovviamente adoro moltissimo anche tutti quelli che hanno solo letto la mia fic ma che per timidezza, pigrizia, mancanza di tempo o per altri motivi non commentano…Grazie mille! ^^    

 

A presto (scuola cattiva permettendo T.T)!!!!!!

Lasciate un commentino, mi raccomando!

Baciotti potti! ^^

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Capitolo 4
*** Venomous kiss ***


Learning To Breathe

Learning To Breathe

- SUO Second Ground –

 

 

 

4.

 

 

 

 

 

 

I still remember the world
From the eyes of a child
Slowly those feelings
Were clouded by what I know now
Where has my heart gone
An uneven trade for the real world
I want to go back to
Believing in everything and knowing nothing at all

 

                                         Evanescence – Field of Innocence

 

 

La notte fa paura tra le mura silenziose di Hogwarts.

La scuola addormentata sembra quasi uno spettacolo inquietante alla luce delle candele che formano ombre sconosciute e oscure dietro ogni angolo.

 

Un ticchettio.

Veloce e irregolare, intenso e ansioso.

Un rumore di passi veloci e nervosi, che spezzava l’opprimente silenzio che aleggiava nei corridoi, a quell’ora di notte.

 

Movimenti scattosi e allarmati dominavano il corpo minuto e tremante di Jolie, che correva instancabile verso un luogo preciso.

I capelli corti e spettinati di un biondo intenso ballavano frenetici lungo il collo sottile ad ogni suo passo, la vestaglia indossata di fretta scendeva lungo le sue spalle minute, scosse di tanto in tanto da qualche piccolo  tremito.

 

Sorpassò velocemente l’apertura che l’avrebbe portata in Sala comune e salì freneticamente gli scalini di marmo che conducevano ai dormitori, mentre una mano andava incontrollata a poggiarsi sul suo petto.

Arrivò davanti a una porticina di legno scuro e senza preoccuparsi dell’orario, la aprì senza riguardo, lanciandosi verso il secondo letto a sinistra.

Il buio le impediva qualsiasi visuale, ma sapeva benissimo chi occupasse quel baldacchino e conosceva perfettamente la sua reazione quando l’avrebbe sentita parlare.

 

Jolie esitò per un lungo momento.

Ora, da più vicino, riusciva a scorgere le figura dormiente di Ellie, che riposava tranquilla e inconsapevole del mondo cattivo che dilaniava gli uomini fuori da quella porticina di mogano.

Sospirò.

Non poteva non dirglielo.

 

Alzò lentamente un braccio e lo poggiò, cauta, sulla spalla di lei, che si mosse appena sotto il suo tocco leggero. 

Quando finalmente, aprì gli occhi, Jolie si spostò leggermente per farsi vedere in volto da Ellie.

Un velo di preoccupazione si formò sul suo viso quando notò una lacrima sfuggire lungo una guancia.

 

Ellie fece per parlare, ma Jolie la prese per mano, facendola alzare e la portò fuori dal dormitorio, sforzandosi di non fissarla negli occhi.

Lei seguiva, confusa e in silenzio.

 

 

“È successa una cosa” esordì Jolie, continuando a camminare verso il buco del ritratto, la voce solitamente squillante, ora ridotta ad un rauco sussurro.

Ellie provò a guardarla in viso.

 

Jo, che succede? Che ti prende?” provò lei allarmata.

Le si dovette parare davanti per bloccare il suo cammino.

 

“Guardami” imperò lei con voce ferma e composta.

Il sonno che era stato padrone di lei fino a qualche minuto prima, era ormai completamente scomparso, lasciando posto ad una gradevolissima sensazione di perdita.

Jolie alzò lentamente lo sguardo affranto e guardò Ellie con occhi gonfi e lucidissimi di pianto. Aprì la bocca per parlare, ma le uscì solo un suono strozzato, che la fece singhiozzare anche più forte. Si mise un mano sulla bocca, tentando di calmare il respiro affannato dai singulti, mentre Ellie attendeva, paziente.

 

ElAndy…” lei spalancò gli occhi, la sensazione di malessere ogni momento più intensa.

 

“Che gli è successo?! Jo rispondi! Sta bene?”

 

Il primo singhiozzo sfuggì rumoroso quando l’altra non le rispose.

 

Jo, dov’è?! Smettila di piagnucolare e rispondimi!” ringhiò lei, facendola trasalire.

Mai l’aveva vista in quello stato.

Sul viso un’espressione terrorizzata, che celava la rabbia quasi inquietante negli occhi lucidi di lei.

Si scambiarono uno sguardo che di amichevole non aveva nulla.

 

Seguimi” mormorò Jolie fredda, abbassando lo sguardo e facendole cenno di seguirla, stringendosi nella sua vestaglia.

 

Sospirò tra sé.

La odiava quando credeva di essere l’unica a tenere a lui.

La odiava profondamente.

 

 

 

 

*

 

 

                             

La notte in casa Weasley era sempre stata piuttosto tranquilla.

Nonostante, infatti, Hermione avesse un sonno alquanto leggero, Ron – e conseguentemente lo stuolo di piccoli Weasley – diventava l’incarnazione della possibile unione tra un ghiro e un bradipo in letargo.

 

Tuttavia, quella notte, qualcuno si aggirava senza pace per i corridoi bui della casina dalla vivace porticina blu elettrico.

 

David Weasley era sempre stato un tipo piuttosto temerario dall’alto dei suoi sette anni.

Si aggirava furtivo per la casa non preoccupandosi di Grattastichi che rimaneva acquattato dietro ogni angolo pronto a tendere un’imboscata a Ron in caso fosse uscito dalla stanza, né del buio e del silenzio che aleggiavano nella casa addormentata.

Trotterellava tranquillo, audace e nell’ombra, in cerca di qualche libro da leggere per combattere l’insonnia che resisteva nonostante i quattro libricini illustrati già attentamente sfogliati nella sua cameretta.

 

Arrivato in sala da pranzo, era pronto per la ricerca dell’ultimo libretto che nonna Molly gli aveva regalato, quando la sua attenzione venne catturata dalla luce accesa della cucina.

 

“Mamma, perché stai ancora mangiando?”  mormorò il bimbo facendo capolino dal corridoio, abbracciando Potty, l’orsacchiotto regalatogli da zio Harry, alto quasi quanto lui.

Hermione per poco non si strozzò con il gelato alla papaia con cui si stava ingozzando da lì a dieci minuti.

 

Perché ho fame, tesoro” disse una volta sicura di non sputacchiare gelato, cercando di assumere un’aria quanto mai autoritaria.

 

Perché?” 

Ora David aveva decisamente trovato un modo per ingannare il tempo.

Hermione si girò verso di lui, distogliendo per un attimo la sua attenzione dalla coppa di gelato ormai smezzata che aveva davanti.

 

Perché non ho mangiato abbastanza a cena”

 

Perché?”

 

Perché prima non avevo fame!”

 

“Perché?”  Hermione grugnì.

 

“Tu perché sei ancora in piedi?! È notte fonda!” David alzò le spalle, avanzando nel pigiama troppo largo per lui.

 

“Non ho sonno…neanche Potty…tu perché?” Hermione gli scoccò un’occhiataccia.

 

“Non ho sonno neanche io”

 

Perché?”

 

Perché sono affamata”

 

Perché?”

 

“Smettila di chiedere perché!”

 

Perché?”

 

Perché sei fastidioso!” David spalancò gli occhioni celesti stringendosi Potty al petto.

 

“Perché?...” mormorò il bimbo in un soffio appena udibile, gli occhi lucidi e la vocina tremolante.

Hermione emise un gemito dispiaciuto.

 

“Oh tesoro, scusami!” squittì lei, alzandosi, mentre il labbro inferiore di lui tremava pericolosamente.

 

“No, non piangere! No, amore, no!” David emise un piccolo singhiozzo, gli occhi lucidissimi.

 

P-perché?”

 

Perché fai dispiacere mamma così!”

 

“Ma io non ti voglio far dispiacere!” la vocina di lui, sembrava ancora più sussurrata e tremolante di quanto già non fosse, alle orecchie di Hermione. Lei si alzò di scatto abbandonando il gelato alla papaia a se stesso.

Prese il bimbo e Potty in braccio e li abbracciò talmente forte, che David emise un piccolo suono disarticolato, colto di sorpresa da quel gesto.

 

“Lo so, amore, lo so! Tu sei un bravo bambino…”

 

“Anche tu sei una brava mamma!” mormorò lui, poggiando la testa sulla spalla di lei.

Un risolino provenne dalla porta della cucina.

Di fronte a Hermione e David, Ron Weasley, favoloso nel suo pigiama con i boccini disegnati sopra.

 

“Ancora in piedi?” chiese con sguardo divertito, ostentando una voce autoritaria.

Hermione fece un sorriso nervoso e si mise davanti al tavolo, nel tentativo di coprire la coppa di gelato mezza vuota e appena aperta.

 

“Già! Davie doveva andare in bagno, mi ha chiesto di accompagnarlo, sai…” David le scoccò un’occhiataccia.

 

“Capisco…e mentre Davie e Potty facevano pipì hai pensato di mangiare una quantità inumana di gelato alla papaia, perché…?” Hermione lo fulminò.

 

“Io la so fare la pipì da solo!” s’intromise David, facendo ridere Ron.

 

“Non stavo mangiando il gelato, Ron! Che ti viene in mente!”  il bambino scosse la testa, esasperato, scambiandosi un’occhiata intensa con Potty.

 

E la vaschetta si è aperta da sola?”

 

“Sì!” rispose stupidamente lei, senza rifletterci.

 

“…Cioè no…ma non l’ho aperta per mangiarla, giuro!” Ron guardò prima la vaschetta mezza vuota, poi Hermione, poi David con cui si scambiò uno sguardo.

 

E per far cosa?” Hermione boccheggiò, mentre David scendeva e salutava con la manina trascinandosi Potty.

 

“Vai a dormire tesoro?” chiese lei concitata, deviando al meglio il discorso. Il bimbo annuì svogliato.

 

“Mi avete fatto venire sonno…”

Ron e Hermione attesero di sentire il rumore della porticina del bambino chiudersi, prima di fare qualsiasi movimento.

Poi lui sospirò.

 

Mione…perché mangi schifezze a quest’ora di notte?”  Hermione sbuffò accasciandosi sulla sedia e giocando con il cucchiaino sporco.

 

“Non trattarmi come una bimba, odio quando lo fai!” Ron si avvicinò a lei, chinandosi per guardarla negli occhi.

 

“Io mi preoccupo per te!...” esitò un attimo. “…Credi…credi ancora di aspettare un bambino?”

 

“Io non credo di aspettare un bambino, Ron, so di essere incinta!” scattò lei facendo cadere il cucchiaio per terra per il trasporto.

 

Ok…”

 

“Non dire ok solo per zittirmi!”  sbottò lei inviperita.

 

“Non posso fare altro se tu mi dici di essere sicuro di aspettare un figlio solo perché sei più affamata!” Hermione mise il broncio.

Ron espirò rumorosamente e l’aiutò ad alzarsi circondandole le spalle con un braccio e poggiandole la guancia sulla testa.

 

“Mi prometti che domani andrai da un medimago e farai qualche analisi?” sussurrò lui, camminando con lei verso la stanza da letto.

Lei si rannicchiò contro il suo petto, annuendo lentamente con la testa.

 

“Brava la mia Hermione” sorrise Ron, mentre lei gli passava le braccia intorno alla vita, sospirando assonnata.

 

“Ti amo Weasley

 

“Io di più Granger!” Hermione sorrise soddisfatta della risposta.

 

“Secondo te Ellie starà bene a Hogwarts?” mormorò lei poco dopo, mettendosi a letto insieme a lui. Ron si strinse nelle spalle.

 

“Credo di sì…perchè?” lei si accoccolò contro di lui.

 

“Non so…ho una strana sensazione…”

 

“Nah! Sarà tutto il gelato alla papaia che ti sei mangiata che ti è rimasto sullo stomaco!”

 

“Già…è probabile…”

 

“Non preoccuparti!...Starà una favola!”  

 

 

 

*

 

 

 

Ellie spalancò le porte dell’infermeria a notte fonda, senza alcun apparente interesse per l’assordante rumore provocato.

I passi veloci e nervosi scandivano un ritmo angoscioso nella semioscurità della stanza.

 

Da dietro un paravento, Madama Chips uscì attirata dai rumori, gli abiti sporchi di sangue e l’aria affaticata.

Ellie si bloccò all’improvviso, con Jolie poco dietro, vedendo la donna. L’aria sfatta e spossata, il volto contrito in una smorfia di tristezza non facevano altro che accentuare la lugubre atmosfera che aleggiava silenziosa e onnipresente nella grande sala.

 

“Siete arrivate” la voce solitamente squillante e imperiosa, ora ridotta ad un sussurro stanco e affannato.

Jolie fece un piccolo cenno con la testa, facendo capolino alle spalle dell’altra.

Ellie sembrò riscuotersi in quel momento, e fece un piccolo passo avanti, il viso bagnato di lacrime, gli occhi spenti e tristi.

 

“Lui…c-come…” provò lei, cercando di non badare all’improvvisa mancanza di ossigeno nei polmoni.

 

“Non bene, Weasley…non bene” Ellie dovette reggersi ad un letto per non cadere. Guardò la donna, portarsi una mano sulla fronte imperlata di sudore, chiudere gli occhi stancamente.

 

“Ha riportato brutte escoriazioni e un trauma cranico piuttosto grave. Per quanto io stia facendo il possibile temo che dovrà stare parecchio a letto prima di riprendersi definitivamente…lo hanno conciato veramente male” scomparve un attimo dentro il suo studio, per poi ricomparire con un paio di fialette contenenti un liquido giallino.

 

“Il colpevole non è stato ancora scovato?” chiese Ellie, seguendo con la testa Madama Chips oltre il paravento.

Uno spettacolo orribile le si presentò agli occhi.

Andrew, privo di coscienza, giaceva inerme nel piccolo lettino dell’infermeria, irriconoscibile. Sul viso, un’espressione placida e serena che si contrapponeva ai profondi tagli sul viso e sul collo. Parte della faccia era gonfia e livida, aveva uno zigomo spaccato, e la testa fasciata, dalle cui bende traspariva una macchia scura di sangue. 

Lo stomaco era stato fasciato con enorme cura, su entrambi i bicipiti si notavano senza sforzo due grosse ecchimosi.

 

Ellie si mise le mani sulla bocca, gli occhi spalancati dall’orrore.

Madama Chips la guardò un attimo, pensando bene alle parole da usare nella risposta. Trasfigurò una siringa, iniettando il contenuto dei flaconcini nel braccio di Andrew che si contrasse inconsciamente.

 

I colpevoli non sono stati visti da nessuno” disse infine la donna, facendo evanescere le boccette vuote.

 

“Il Signor Lupin è stato ritrovato durante la ronda da uno dei prefetti Tassorosso in uno dei corridoi meno frequentati dagli studenti. Ha visto solamente il ragazzo in una pozza di sangue e si è precipitato qui”

 

“Mi stava medicando un polso perché sono caduta dal letto, e quando ho visto che era Andy mi sono precipitata a chiamarti” completò Jolie, con voce tremula, con gli occhi fissi sull’immobile figura di lui.

Un moto di rabbia colpì Ellie guardando nuovamente il viso tumefatto di Andrew.

 

Ma chi ha fatto questo non può rimanere impunito!” ringhiò lei, avvicinandosi al letto.

 

“Certo che no!” convenne Madama Chips, quasi indignata per aver messo in dubbio una cosa tanto ovvia.

 

“Ho già mandato a chiamare la Preside, e ti assicuro che arriveremo in fondo a questa storia! I colpevoli di tutto questo saranno cacciati fuori di qui nel giro di una quarto d’ora dal risveglio di Lupin” mugugnò lei, controllando per l’ennesima volta le fasciature.

 

Rimasero in silenzio per qualche minuto, poi Jolie si mosse nervosamente sui piedi.

 

“Vado ad avvertire Remus e Tonks…” sussurrò lei, distogliendo finalmente lo sguardo da Andrew.

 

“Sarebbe inutile…” mormorò Ellie, accasciandosi su una sediolina vicino al letto di Andrew, la sua mano stretta in quella di lui.

 

Perché?”

 

“Sono in missione per conto dell’Ordine…sarebbe inutile spedire un gufo in una casa vuota”

 

“Manderò un gufo alla Tana allora” propose lei, girando sui tacchi e dirigendosi verso la porta senza aspettare il consenso dell’altra.

Ellie annuì vaga con la testa quando Jolie era già fuori dall’infermeria.

 

Madama Chips rivolse uno sguardo apprensivo a lei, notando il modo quasi ossessivo con cui continuava a fissare il volto di lui, come per imprimersi in mente il ricordo immortale di quel momento.

 

“Stai bene cara?” chiese lei premurosa, poggiandogli una mano sulla spalle.

Una lacrima sfuggì dagli occhi di lei, lo sguardo fisso su Andrew.

 

“No” 

 

 

 

*

 

 

 

Jolie arrivò in guferia quasi all’alba.

Entrò cauta nella stanza, un brivido di freddo dovuto alla temperatura rigida la obbligò a stringersi ancora di più nella sua piccola vestaglia, troppo leggera per combattere il gelo non solo fisico che la stava avvolgendo.

Sospirò pesantemente e prese dalla taschina un pezzetto di pergamena e una piuma che si era fermata a prendere prima di andare lì.

Scrisse un breve messaggio con grafia tremula e ripiegò il biglietto, mentre l’ennesima lacrima scivolava lungo il viso stanco. Prese uno dei gufi più efficienti, e lo fece partire, seguendo fino a che fu possibile il puntino nero che si allontanava a forte velocità verso l’orizzonte.

 

Un soffio troppo forte di vento la fece riscuotere violentemente.

Il freddo ora le scivolava addosso, scossa solamente dalla consapevolezza di quanto fosse diabolica la crudeltà umana.

 

Solo se ci sei dentro, te ne accorgi davvero.

Suo padre lo aveva sempre ripetuto a lei e alle sue sorelle.

Anni di sofferenze e sacrifici lo avevano portato a parlare in maniera dura e pragmatica delle esperienze sue e degli altri membri dell’Ordine, raccontando in maniera realistica e particolareggiata quello che veramente voleva dire essere in guerra.

Diceva sempre che fortunatamente non avrebbero mai potuto capire cosa voleva dire pregare tutti gli Dei conosciuti per far salvare una persona cara dalla morte. Sentire il gelo impossessarsi del cuore, lo stomaco contorcersi violento all’apprendere notizie.

 

Ora lei lo aveva capito.

 

Un rumore veloce di passi la fece trasalire.

Si asciugò veloce le lacrime e si strinse ancora di più la vestaglia addosso.

 

Jo?” una voce calda e familiare, le diede finalmente una parvenza di calore.

Si girò.

Di fronte a lei, Will, già nella sua divisa, la guardava allarmato.

 

Che succede?” incalzò lui, avvicinandosi.

Lei non rispose e tirò sul con il naso, guardandosi e scarpe.

Will le si parò davanti, le mise le mani sulle spalle e cercò di incrociare i suoi occhi.

 

Jo? Parla…che è successo? Mio Dio sei gelata…vieni via dalla finestra…” si tolse veloce il maglione e l’aiuto a metterlo, preoccupato.

Jolie finalmente lo guardò, facendo un piccolo sorriso che non arrivava agli occhi.

Lui la portò fuori dalla guferia, strofinandole energicamente le braccia per riscaldarla.

 

Will…” disse infine lei. Lui le accarezzò i capelli, continuando a guardarla, in attesa. “…A-Andy…”

Il sangue si gelò nelle vene di lui.

 

Che gli è successo? Sta bene?” Jolie scosse lentamente la testa, ricominciando a piangere.

Will la abbracciò e lei si strinse, come se fosse la sua unica ancora di salvezza.

 

L-loro lo hanno picchiato…” squittì lei, tra un singhiozzo e l’altro, Will la strinse ancora più forte.

 

“Chi è stato, Jo? Chi lo ha picchiato?” chise lui, tra i denti, mentre un moto di rabbia vendicativa gli nasceva nel petto.

Jolie si staccò leggermente da lui, asciugandosi una guancia.

 

“Non lo sappiamo…Solo Andy lo potrà dire quando si sveglia…”

Will sospirò, grave. Le posò le labbra sulla testa, continuando a stringerla, per combattere il gelo che il suo corpo emetteva.

 

Sei gelata, Jo…dovresti tornare in dormitorio e dormire un po’…” mormorò lui, muovendo la mano sulla sua schiena per riscaldarla. Jolie scosse la testa.

 

“Non riuscirei a dormire, con tutto quello che è successo…”

 

“Beh, però potresti evitare di prenderti una polmonite se te ne ritorni in sala comune al calduccio, no?” disse lui, sorridendo, cercando di tirarla su.

Lei fece un debole sorriso, sincero.

 

Ok…ma sappi che lo faccio solo perché me lo ha ordinato un prefetto”

Lui sorrise, sollevato, cominciando a camminare.

 

“Andiamo su, ti accompagno” lei sorrise, accoccolandosi contro di lui, facendolo irrigidire senza apparente motivo.

 

“Grazie Will” lui arrossì ancora e passò incerto una mano sulla spalla di lei.

Sorrise.

                                                                          

“Di nulla, Jo

 

 

 

*

 

 

 

Quella mattina a Hogwarts si respirava aria di novità.

La notizia di quello che era accaduto a Andrew si era diffusa a macchia d’olio tra gli studenti e in Sala Grande non si parlava d’altro.

Tutti gli studenti ora stavano avanzando assurde ipotesi su cosa potesse essere successo, travisando particolari e trasformando un pestaggio in un attentato dei Mangiamorte fuggiti da Azkaban e decisi a vendicarsi su Hogwarts.

Ciò nonostante, alla tavolata Serpeverde, alcuni ragazzi del sesto e settimo anno, evitavano accuratamente di esprimersi in proposito, scambiandosi sguardi furtivi, più che allarmati quando Morgan arrivò con la notizia che i responsabili avrebbero pagato con l’espulsione assicurata.

 

Rex Malfoy era stranamente assente quel giorno.

Venus studiò per un attimo la tavolata delle Serpi, notando che il posto tra Morgan e il battitore brufoloso e massiccio era vuoto.

Si alzò e si diresse fuori dalla sala, diretta ai sotterranei con un peso sullo stomaco che, decise, non era dovuto alle tre brioche alla crema che aveva appena mangiato col cappuccino.

 

Arrivata all’imbocco delle segrete vide la figura possente del fratello dirigersi sicura verso l’ingresso della sala comune.

 

Rex…” chiamò lei da lontano, tentando di correre sui suoi tacchi troppo vertiginosi.

Lui non sembrava dar segno di aver sentito la voce di sua sorella continuando a camminare imperterrito.

 

Rex fermati!” urlò lei, cercando di non badare all’eco provocato.

Lui si girò verso di lei, per poi riprendere un attimo dopo a camminare come se nulla fosse.

 

“Ma tu guarda…”  mugugnò lei, guardando male la figura sempre più lontana di Rex.

Si guardò un attimo le scarpe, poi si chinò e se le tolse.

Sorrise soddisfatta, dieci centimetri più bassa del solito, cominciando a correre con le sue scarpe firmate in mano.

 

Rex, fermati un secondo…” lo pregò lei parandoglisi davanti. Rex alzò gli occhi al cielo, un’espressione scocciata sul viso indurito.

 

“Che vuoi?” chiese lui freddo, fissandola negli occhi con il suo sguardo di ghiaccio che tanto l’aveva spaventata da bambina.

Venus vacillò sotto il suo sguardo ostile.

Si rimise le scarpe, cercando di prendere tempo, mentre la consapevolezza che l’idea di venirgli a parlare, non era poi così geniale come aveva creduto all’inizio, le appesantiva sempre di più lo stomaco.

 

Rex…io…ho sentito di Lupin” sussurrò lei con voce appena udibile.

Non aveva il coraggio di alzare la testa, per paura di qualsiasi reazione di lui.

 

“Non capisco di cosa tu stia parlando” rispose Rex, in maniera distaccata e inaspettatamente controllata. Venus si azzardò ad alzare gli occhi, le mani tormentavano angosciate il maglione.

 

“È stato picchiato…” aggiunse ancora lei, troppa paura per formulare un’accusa più precisa.

 

“Non riesco ancora a capire il motivo per cui il fatto che quello stupido Senzaforma abbia avuto quel che gli spettava, debba scalfirmi in qualche modo”

 

Rex, è su un letto di ospedale! Ha rischiato grosso per tutta la notte, come puoi parlare così?!” la voce improvvisamente alta e impudente di lei, risuonò violenta lungo il corridoio dei sotterranei.

Lui le scoccò un’occhiata colma di disprezzo.

 

“Non ti è mai importata la mia opinione sui sanguesporco, perché ora ci tieni tanto eh?!Venus esitò un attimo.

 

“La gente parla, Rex…e io sono tua sorella! I colpevoli rischiano veramente grosso stavolta…”

 

Cosa stai insinuando? Che ho picchiato io Lupin?” la voce tremò di rabbia, le iridi chiare cominciarono a scurirsi.

 

“Non è forse così?” soffiò lei; un moto di ribellione si impossessò di lei, imprudente.

 

“Non ho il dovere di raccontarti della mia vita…Io non ti dico nulla quando decidi di farti un ragazzo dopo l’altro come la peggiore delle donnacce, e tu non hai il diritto di stare qui a fare la sorellina fedele! Lasciami in pace” fece per sorpassarla, ma lei gli si parò di nuovo davanti, gli occhi lucidissimi facevano trasparire il suo reale stato d’animo.

 

“Non trattarmi così! Io lo faccio per te! Io…io ti voglio bene” singhiozzò lei, poggiandogli le mani sul petto.

Rex rimase impassibile.

 

“Nessuno te lo ha chiesto!”  abbaiò lui, strattonandola da un lato per passare.

Venus non sembrava intenzionata a demordere.

 

“Lo sai qual è la cosa che ti brucia più di tutto eh?! È che tu non sai amare. Non sei capace di provare un sentimento così forte, non sei capace di aprire gli occhi e capire che la gente intorno a te, ci prova a venirti incontro…la verità è che tu invidi i Mezzosangue, perché non gliene frega niente a loro del sangue, perché sono troppo impegnati a vivere. Questo ti fa schifo vero? Invidiare i Mezzosangue ti fa odiare te stesso e gli altri” un sonoro schiaffo le arrivò in pieno viso, con violenza inaudita.

Venus barcollò, appoggiandosi al muro per non cadere.

Tenendosi la guancia offesa con una mano, alzò lo sguardo, sgomenta.

Di fronte a lei, Rex la guardava, con un misto di disgusto e sdegno sul viso.

 

“Non azzardarti a parlarmi mai più in questo modo sono stato chiaro?!” ringhiò lui, trattenendosi a stento dal schiaffeggiarla di nuovo.

 

Rex…ma…”

 

“STA ZITTA!” urlò lui, mentre il suo viso prendeva caratteri inumani, contorto in una smorfia di rabbia. Lei smise persino di respirare per un lungo momento.

 

“Non voglio più che mi parli, non voglio che mini la mia reputazione con la tua nomea di puttana, non voglio che tu faccia finta che siamo una famiglia felice!” ringhiò lui, non preoccupandosi di tutto il veleno che stava sputando gratuitamente sulla sorella, che rimaneva immobile, attonita ad ascoltare le parole di lui.

Lei annuì appena, quando Rex smise di parlare.

 

Da questo momento dimenticati di avere un fratello, così non dovrai più preoccuparti se io decido di rendere giustizia” sibilò tagliente, andandosene come se nulla fosse.

Venus rimase immobile per un attimo, cercando di metabolizzare tutto l’odio e il disprezzo che aveva ricevuto tutto in una volta, senza una buona ragione.

Pian piano scivolò lungo il muro, finché non raggiunse il pavimento, e si rannicchiò come faceva da bambina, cercando di ripararsi dall’ingiustizia del mondo. Rimase in quella posizione per diverso tempo, singhiozzando rumorosamente, ignorando completamente gli sguardi curiosi degli studenti che uscivano dalla sala comune.

 

“Ehi, stai bene?”  una voce dolce e rassicurante arrivò ai timpani di lei, estasiati da quella voce.

Venus alzò le testa; di fronte a lei, Chris Bennet, la guardava impensierito. Lei si asciugò istantaneamente le guance, tentando inutilmente  di fare un sorriso abbagliante.

 

“No…” confessò lei, tirando su con il naso, imbarazzata.

Lui sorrise e le porse una mano per aiutarla.

 

“Vieni, su...” lei la prese, dopo un momento di incertezza, ringraziandolo con lo sguardo.

Chris si scurì un attimo, concentrando la sua attenzione sulla guancia innaturalmente arrossata di lei.

Poggiò una mano sul suo viso, e lei si ritrasse come scottata, cercando di mascherare inutilmente una smorfia di dolore.

Lui fece per dire qualcosa, ma sembrò ripensarci all’ultimo momento.

 

“Credo sia meglio metterci un po’ di ghiaccio lì sopra…” disse lui, additando alla guancia.

Venus annuì imbarazzata.

 

“Sai…sono così sbadata! Cado sempre e…”

 

“Ehi” la interruppe lui “Non c’è bisogno che tu mi dia spiegazioni” lei sorrise riconoscente e lo seguì di fronte all’ingresso della sala comune.

Lo sentì borbottare la parola d’ordine ed entrò sicuro nella stanza. Quando si accorse di non essere seguito, si girò verso l’entrata.

 

“Puoi entrare…non ti mangio mica” mormorò lui divertito notando che Venus era rimasta sulla porta titubante.

Lei se ne uscì con una risatina nervosa alle sue parole, improvvisamente conscia di stare da sola con il ragazzo che era costantemente presente nei suoi sogni da diverso tempo a questa parte.

Fece qualche passo avanti, incerta, nell’imponente sala comune Serpeverde.

 

Guardandosi intorno si rese conto di quanto fosse diversa dalla sala Tassorosso.

Molto più elegante, ma fredda nella propria austera maestosità, con mobili dallo stile fiero e curati con la massima minuziosità e attenzione.

 

“Non dovrei essere qui…” disse lei, sorridendo. Tutto sembrava, tranne che fosse dispiaciuta di questo fatto.

Chris si avvicinò, una divertita convinzione si faceva lentamente strada in lui.

Le accarezzò leggermente una ciocca di liscissimi capelli dorati, prima di risalire su per la guancia offesa poco prima dal fratello.

 

“No, non dovresti…” sorrise lui, guardandola per un attimo per poi allontanarsi, tranquillo.

Venus sospirò frustrata.

 

“…però neanche Rex dovrebbe picchiarti”

 

Rex non mi picchia” lui rise.

 

Ok…ed eri per terra lacrimante, perché ti eri persa un orecchino?” entrambi sorrisero.

Venus evitò saggiamente di riferire che una volta la stessa scena si era ripetuta realmente per colpa di un orecchino. 

 

“Come va la guancia?” chiese poco dopo facendo un piccolo cenno, armeggiando con un paio di libri poggiati su un tavolino, accanto ad una lampada dall’aria grottesca.

Lei alzò le spalle, guardandosi ancora un po’ intorno. Nessuna traccia di lacrime era rimasta sul suo viso di porcellana.

 

“È stata meglio…” mormorò lei, facendolo sorridere.

 

“Immagino”

Venus sospirò, quando si rese conto di essere ricaduta di nuovo in quel silenzio imbarazzante quanto mai scomodo.

Doveva fare qualcosa.

E doveva farla ora. 

 

“…Sei stato gentile a farmi venire qui…” il tono di voce di lei cambiò all’improvviso; dal solito squillante era passata ad uno più basso e sensuale.

Per mesi lo aveva provato allo specchio.

Tutto era per questo momento. Tutte le parole pronunciate al vento nascosta nel bagno, tutti i vestiti particolarmente attillati, tutti i cibi esageratamente insipidi. Tutto sarebbe valso quel giorno.

Ora era il momento prefetto per dimostrare tutte le doti che sua madre Vanda le aveva cercato di inculcare per anni e anni prima dell’arrivo a Hogwarts.

Per il fratello era una puttana? Bene, lo sarebbe stata. Gli avrebbe fatto capire, cosa voleva dire sul serio.

 

Chris sembrò piacevolmente sorpreso da quell’improvviso cambiamento d’umore.

Venus non poté giurarci, ma le sembrò di vedere uno strano luccichio carico di depravazione nei suoi occhi nocciola. Sorrise, soddisfatta, avanzando di qualche passo.

 

“È un piacere godere della tua compagnia, Venus…”

 

“Certo che sarà un piacere…” ridacchiò lei, ormai arrivatagli di fronte, disegnando cerchi immaginari sul petto.

Chris sorrise compiaciuto.

 

Che ragazzina licenziosa sei diventata…l’ultima volta che siamo stati da soli giocavi ancora con le bambole”

 

“Sono cresciuta, Chris…non ti piacciono i cambiamenti che il tempo ha attuato su di me?” mormorò facendo una piccola giravolta su se stessa, facendosi ammirare in tutta la sua proporzionata bellezza.

Lo sguardo di lui viaggiò impudente sul suo corpo, l’immancabile sorrisino disegnato sulle sue labbra maschili.

 

Ven…sono un uomo…” mani possenti si posarono sui fianchi di lei, il respiro mozzato in gola dall’emozione.

 

“Lo prendo per un sì?”  sorrise lei, mordendosi il labbro inferiore, maliziosa.

Chris le accarezzò lentamente il collo, risalendo lento, ma costante lungo la mascella femminile di lei, fino ad arrivare alle labbra piene e rosse. 

Fissò attento la sua bocca, leggermente aperta e in febbrile attesa, e facendo passare languido la mano dietro la nuca, si avvicinò ancora, massaggiandole il collo in maniera calma e accurata.

 

“Potresti prenderlo per un sì…” convenne, mordendosi un labbro divertito.

Venus seguì ogni singolo movimento, sempre più vogliosamente abbandonata contro di lui.

 

Le baciò languido la mandibola, ben attento ai sospiri sempre più incontrollati di lei, che cacciò indietro la testa, per agevolarlo maggiormente.

Baciò il mento, poi la guancia maliziosamente vicino alla bocca.

 

Le donne gli piacevano, era innegabile.

Farle impazzire era il suo passatempo preferito.

 

Giocò per un lunghissimo attimo con le labbra di lei, lambendo con attenzione ogni millimetro. Quando Venus gemette frustrata, lui sospirò vittorioso e divertito.

 

“Ti prego, smettila…” mormorò lei, la voce affannata, gli occhi lucidi di desiderio.

Le rivolse un piccolo sorriso, poi la baciò, irruente.

Venus lo strinse forte, approfondendo il bacio all’istante, trascinandolo verso il divano.

Chris rise dentro di sé.

 

Le donne…farle impazzire è così dannatamente facile…

 

 

 

*

 

 

 

 

The winter here’s cold, and bitter
It’s chilled us to the bone
We haven’t seen the sun for weeks
To long too far from
home
I f
eel just like I’m sinking
And I claw for solid ground
I’m pulled down by the undertow
I never thought I could feel so low

 

                                               Sarah McLachlan – Full of grace

 

 

Madama Chips rivolse per l’ennesima volta uno sguardo apprensivo a Ellie, che era rimasta praticamente immobile da quasi sette ore.

Lo continuava a fissare, immobile, studiando ogni più impercettibile movimento, nonostante questo fosse semplicemente il flebile respiro che gli faceva alzare e abbassare il petto ad intervalli regolari.

 

Una mano sulla spalla la fece trasalire.

Alzò gli occhi ed incontrò lo sguardo materno di Madama Chips.

 

“Cara, vai a riposare un po’…non si sveglierà prima di diverse ore…” Ellie scosse energicamente la testa.

 

“Voglio esserci quando si sveglierà...” la donna sospirò, rassegnata.

 

Ma sei stata sveglia tutta la notte…ora è quasi ora di pranzo, ufficialmente non avrei neanche potuto permetterti di rimanere durante lo svolgimento delle lezioni…”

 

“Madama Chips, la prego…voglio che Andy sappia che sono stata qui”

 

“Sono certa che lui già lo sappia Miss Weasley…e sono anche sicura che non sarebbe felice vederla in questo stato per causa sua…”

 

“Non è per causa sua.” scattò subito lei “…è a causa di quelli che lo hanno ridotto così” Madama Chips sospirò, rassegnata, tornando nel suo studio.

 

Ellie attese di sentire il rumore della porta che si chiudeva prima di alzarsi e sedersi sul letto, stringendogli la mano ancora più forte.

Sospirò accarezzandogli i capelli con la mano libera, intristendosi nel vederli del loro colore originale, per la prima volta dopo diversi anni.

 

Quando le sue dita accarezzarono timide una tempia, il viso di Andrew si mosse impercettibilmente.

Ellie scattò allarmata ritirando la mano.

 

Andy? Andy mi senti?” tentò lei, mentre anche le palpebre cominciavano a muoversi, ancora chiuse.

Ellie si mise le mani alla bocca, incapace di trattenere la sua gioia.

 

Andy, avanti! Andy svegliati!” lo incitò lei, quasi urlando, stringendogli ancora di più la mano quando sentì una lievissima pressione ricambiare la sua presa.

Una lacrima di felicità, scese veloce, mentre continuava a richiamarlo.

 

Madama Chips, allarmata da quelle urla, uscì dal suo studio, guardando basita il corpo di lui, cominciare a muoversi dopo ore di inquietante immobilità.

Corse veloce verso il letto, mentre Ellie continuava a chiamarlo e controllò i valori di Andrew.

Un sorriso sincero si aprì sul suo viso quando lui riaprì finalmente gli occhi.

 

Andy!” squittì Ellie, facendo un saltino sul letto, mentre l’infermiera verificava velocemente le sue condizioni, non riuscendo a impedirsi di sorridere.

 

El…” mugugnò rauco lui, subito interrotto da un violento colpo di tosse che lo fece contrarre dal dolore.

 

“Vado immediatamente ad avvertire la McGranitt!” disse Madama Chipsuna volta che ebbe appurato che Andrew non rischiava di riperdere conoscenza.

 

Quando l’infermiera uscì trotterellando dallo stanzone, Ellie gli saltò al collo, gioiosa.

Un gemito di dolore la fece staccare repentinamente.

 

“Oddio scusami…” Andrew sorrise, pigro e cercò inutilmente di mettersi dritto.

Ellie lo respinse giù.

 

“Che vuoi fare, sei pazzo?! Tu ora stai buono, buono qui!” Andrew le rivolse un’occhiataccia.

 

“Non trattarmi come un poppante!” gracchiò lui, con voce bassa e affaticata.

Lei lo guardò male.

 

“Ti sei appena svegliato dopo quasi sedici ore di incoscienza, non puoi pretendere di andare a fare jogging ora!”

 

“Non ne ho l’intenzione…” mugugnò lui, cercando di cambiare posizione.

Ellie sorrise, intenerita.

 

“Mi hai fatto preoccupare Lupin…non farlo mai più…” mormorò lei, continuando a giocare con le dita di lui.

Lui sorrise.

 

“Non è ho la minima intenzione!” disse lui, cercando di sdrammatizzare.

Ellie, sorrise leggermente.

 

Quando Jo mi ha detto quello che era successo…Andy…chi…chi ti ha fatto questo?” chiese in tono appena udibile.

Andrew sospirò non badando al dolore intenso che quest’azione gli provocava.

 

“Io…non posso dirtelo” gli occhi di lei si dilatarono in maniera paurosa.

 

Cosa vuoi dire che non puoi dirmelo?! Sei impazzito forse!?” lui la guardò supplicante.

 

El, per favore…”

 

“Per favore nulla! Ti hanno quasi ucciso e pretendi che questi bastardi rimangano impuniti!?

 

“Non è così semplice…”

 

“Sì che lo è! Tu dici dei nomi e in tempo reale vengono cacciati a calci da scuola, come è giusto che sia!” Andrew distolse il suo sguardo da lei.

Non poteva dirglielo.

La conosceva da troppo tempo e sapeva che la prima cosa che avrebbe fatto era vendicarsi.

E lui non le avrebbe mai permesso di andare a gettarsi tra le grinfie di Malfoy.

 

“Senti…io non ricordo” lei emise uno sbuffò, per camuffare una risata nervosa.

 

“Io so che tu ricordi chi ti ha fatto questo…e non intendo cedere finché tu non me lo avrai detto!”

 

El sono stanco, lasciami riposare ora”

 

“È stato Malfoy vero?” il respiro di lui si mozzò in gola.

 

Cosa?”

 

“È stato lui, vero? È ovvio…”

 

“Non è stato lui” mentì Andrew.

Ellie lo guardò sconcertata.

 

“Come puoi ostinarti a difendere il tuo carnefice?!

 

Per proteggere te…

Pensò lui, cercando una scusa da propinarle.

 

“Ti ho già detto che non ricordo chi è stato”

 

“Allora come fai a dire che non è stato Malfoy?”

Andrew si maledì per la sua distrazione.

Rimase in silenzio, mentre Ellie non gli staccava gli occhi di dosso, guardandolo attentamente in cerca di qualche movimento che potesse farle capire.

Il suo silenzio fu molto più eloquente di quanto entrambi credessero.

 

“Mi hai dato la tua risposta Andy” disse alzandosi.

Lui la guardò allarmato.

 

“Dove vai ora?! Non crederai che io ti lasci andare a cercarlo vero?”

 

Perché credi che io stia andando a cercarlo?”

 

Perché ti conosco” lei rimase in silenzio.

Non contraddisse la sua tesi, né disse qualcosa di vagamente convincente per non farlo preoccupare.

Si limitò a guardarlo, avviandosi veloce, verso l’uscita.

 

El, fermati!” la pregò lui, cercando di alzarsi, inutilmente.

 

Andy stai tranquillo ok? Torno presto”

 

Eleanor no!” lei si bloccò.

Nessuno la chiamava con il suo nome intero da almeno cinque anni.

 

“Vado a cambiarmi Andy ok? Non posso stare in pigiama per sempre” disse lei, cercando di essere il più possibile convincente, dandogli ancora le spalle.

 

Dimmi che non andrai da lui. Promettilo” lei si girò, sorridendo.

 

“Prometto” Andrew sembrò vagamente risollevato, accasciandosi sul letto.

Sorrise in risposta, nonostante il volto gli facesse male.

 

“Torno presto” assicurò lei, salutandolo.

Lui, annuì, seguendola con la sguardo finché non scomparve dietro il grande portone.

Ellie chiuse gli occhi, le membra stanche ma colme di rabbia atavica.

 

Perdonami Andy

 

 

 

*

 

 

I'm the snow on your lips
The freezing taste, the silvery sip
I'm the breath on your hair
The endless nightmare, devil's lair

Only so many times
I can say I long for you
The lily among the thorns
The prey among the wolves

 

                                     NightwishFeel for you

 

 

Passi veloci e irosi, rimbombavano nel corridoio.

Dita arrabbiate, stringevano febbrili la bacchetta, un gesto convulso, malato nella sua capacità di lenire il dolore dell’animo.

 

Occhi chiari, ora oscurati da uno dei sentimenti peggiori di cui l’uomo possa essere schiavo.

Vendetta.

Desiderio di morte, di urla e sofferenza, desiderio di far uscire per un lungo attimo il peggio di noi.

Sentire l’odore del male impossessarsi dell’anima conducendoci in un gioco scellerato e ripugnante.

 

Gli occhi di lei lampeggiarono riconoscendo la figura imponente di lui. 

Rideva, sereno e quasi immemore delle proprie meschinità perversamente eccitanti. 

La mano tornò padrona di se stessa alla tasca della bacchetta.

Lei ispirò profondamente l’aria pungente provenire dal portone poco lontano.

È qui. E aspetta.

La vendetta è paziente.

 

Rex incrociò il suo sguardo glaciale con quello di lei. Sorrise, leccandosi le labbra.

La aspettava. Dio se l’aspettava.

 

Fece cenno agli altri di andare, la scopa affidata a Chris Bennet, che ora guardava con un particolare sorrisino storto Ellie che si avvicinava come una furia.

 

Buona fortuna amico…lo zuccherino ora caccia gli artigli…” Rex rispose con uno sguardo.

 

“Non aspetto altro” mormorò ghignando avviandosi fuori da portone, le mani in tasca e l’espressione tranquilla sul volto.

 

Fottuto bastardo” abbaiò lei appena se lo ritrovò davanti, puntandogli la bacchetta alla gola con violenza.

Rex rimase per un secondo spiazzato dall’azione di lei.

La guardò fisso negli occhi. Odio e disprezzo oscuravano quegli occhi cristallini, facendoli diventare quasi neri.

 

Cosa vuoi fare, eh? Vuoi uccidermi per caso?” la stuzzicò lui, ripresosi dal momento di sorpresa, mentre il solito ghigno si disegnava sulle sue labbra sottili.

Ellie fece un piccolo passo verso di lui, diminuendo maggiormente la distanza.

 

“Non darmi idee, Malfoy…giuro che dopo quello che hai fatto a Andy, non ci penserei due volte” una risata argentina spezzò l’atmosfera tetra del corridoio.

Il petto di lei si alzava e riabbassava ritmicamente, la fredda brezza serale penetrava nelle viscere, dilaniandole.

 

Andy…povero Andy, già…si è già svegliato? Oh, ti giuro, sono rimasto veramente deluso quando ha perso i sensi…mi stavo appena scaldando!” rise lui, sotto lo sguardo di fuoco di Ellie.

Strinse i denti.

Non avrebbe ceduto.

Tutti quello che lui voleva era farle perdere la ragione.

Non gliel’avrebbe mai data vinta.

 

“Non raccogli Mezzosangue? Voi Grifoni siete una delusione continua! Anche Andy, come lo chiami tu…pensavo di divertirmi di più con lui…”

 

“Smettila” ringhiò lei, mentre gli occhi diventavano inconsciamente lucidi. Rex ghignò.

Stava crollando.

Doveva solo continuare su questa strada.

 

Dovessi sentire come urlava…una femminuccia! Invocava pietà, Mezzosangue…la mia pietà! Ah, è stato meraviglioso!” lui fece un passo avanti, approfittando della momentanea incertezza di lei, alle sue parole.

Con uno scatto prese la bacchetta di Ellie, strappandogliela di mano e gettandola in un qualche punto dietro di lui, all’interno delle mura del castello.

 

Ellie trasalì.

 

“Non più tanto insolente senza bacchetta in mano, vero?” disse Rex avanzando verso di lei, avvicinandosi più del consentito.

Ellie mantenne un’espressione fredda, stoica nella propria ostentata sicurezza. Gli occhi lucidi, però nascondevano l’odio atavico, mischiato alla crescente paura che si stava impossessando di lei.

 

Malfoy rise.

Con uno scatto, imprigionò i polsi di lei nella morsa ferrea delle sue dita, facendola trasalire.

 

“Brutta mossa, Mezzosangue, quella di venirmi a cercare per vendicarti…un gesto stupido, oltre che visto e rivisto mille volte. Non ti insegnano nulla le esperienze altrui? La vendetta è ciò per cui il male vive, respira e si rafforza. È la parte più oscura di ognuno di noi, e farla uscire senza saperla controllare è quanto di più stupido che l’essere umano possa fare” lei rimase in silenzio.

Persino un respiro le pareva troppo rumoroso, in quel momento.

I polsi le facevano male, stretti nella morsa violenta di lui, che non accennava ad allentare la pressione che le sue mani stavano esercitando.

 

“Lasciami ora” provò lei, cercando di liberarsi. Il ghigno di lui si allargò.

 

“Già stanca della mia compagnia? Oh, ma io ho ancora tanto tempo da dedicarti”

 

“Mi fai solo schifo, non meriti nulla da me” il sorriso storto di Rex si spense, la stretta s’andava rafforzando ogni secondo di più.

Ellie dovette sforzarsi per non urlare.

Chiuse per un attimo gli occhi, accecata dal dolore quando sentì un polso scricchiolare. Un soffio caldo lungo il collo, la fece rabbrividire, le sue viscere si contorcevano violente.

 

“Vuoi che ti sveli un segreto?” sussurrò lui, contro il suo orecchio. Le braccia di lei bloccate dietro la schiena dalle sue mani.

Ellie non osò fare il minimo movimento.

Sentì Rex sorridere, benché non potesse vedere nulla con gli occhi ancora ostinatamente chiusi.

 

“Il motivo per cui il tuo piccolo amico cambiacolore si trova in un letto d’ospedale…sei solo e unicamente tu” il respiro le si bloccò in gola.

Spalancò gli occhi, rendendosi conto che i loro corpi erano più vicini di quanto in realtà non credesse.

 

“…vedi…tutto il sangue versato…è per colpa tua che ho quasi ucciso Andy…Non ti pare un gesto egoistico pensare di non avere colpa quando anche solo con la tua stupida presenza in questo mondo rovini le giornate a persone che hanno il diritto di essere chiamate con questo nome?”

 

“E suppongo che una di queste persone saresti tu…” ringhiò lei con odio, ignorando la domanda,  gli occhi le pungevano pericolosamente.

 

“Certo” sorrise lui. “Tu sei feccia…io il futuro”

Ellie alzò lo sguardo su di lui.

 

Dev’essere terribile allora, pensare che persino la feccia disprezzi un futuro tanto orribile”

 

“Ti seccherebbe tanto avere un futuro come me?”

 

“Preferirei morire” mormorò lei, gli occhi incatenati a quelli di lui.

Vide la mascella di lui serrarsi violentemente, la pelle del viso tendersi a quelle parole.

Lei lo vide avvicinarsi ancora, il respiro caldo sul viso.

 

Ti odio” sibilò lui, un attimo prima che le sue labbra cercassero vogliosamente quelle di lei.

Un bacio famelico, pieno d’odio e di rabbia.

Violento e non voluto, necessario quanto amaro nella propria mielata tortura.

Rancore, tradimento, depravazione in un contatto carnale che rappresenta la sconfitta della ragione sulla peccaminosa lascivia.

Una danza violenta, un litigio e una lotta di cui nessuno voleva essere il perdente.

Un turbinio di sentimenti contrastanti, nuovi e devastanti li colpì feroce e crudele, senza che potessero avere controllo.

Abbandonati alla scelleratezza di un peccato, senza possibilità di redenzione.

 

Una lacrima percorse veloce la guancia di lei.

Morse furiosa il labbro di Rex, sentendo in bocca il sapore rugginoso del sangue.

Lui si staccò repentinamente, lasciandole i polsi e spingendola lontano da lui come si fosse scottato.

Ellie lo guardava, le mani sulla bocca, incapace di fare nulla.

 

“Mi fai schifo” disse lei poco dopo, con la voce rauca e impastata dal pianto.

Abbassò lo sguardo e lo superò, andando a raccogliere la bacchetta.

Rex la guardò finché non scomparve oltre un angolo, lasciandolo solo nel freddo di una sera di Novembre.

Si passò le mani tra i capelli, non preoccupandosi del labbro che sanguinava.

Sarebbe diventato pazzo.

 

E lei lo avrebbe ucciso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ta-daaaaaaaaaaa! Colpo si scena!!! (più o meno T.T) O.O!!!!!!

Capitolone one one questo amori miei! Lungo come una Quaresima anche più degli altri, ma spero (çç) coinvolgente! ^^

Ringrazio tantissimissimo Topomouse, light lily, daniel14, Elly, Tabita, redRon, Silvia91, Evan88, SiJay, Moonlight Rage, MaryPotter92, Vichan, Hermionina, Hiromi, Ginny_Potter, Merylin, pinkstone, Giuggy, valeria18, emmaerupert, Saty, la Nonny Giuly Weasley, sery black, la Gem daisy05, Chloe88, mem, Padfoot e Zia funkia!

Siete fantasticissimi, vi amo tantissimo! ** nel prossimo cap – scuola permettendo ØØ  - metterò anche le fotine! ^_____________________________________^

Mi raccomando lasciate un commentino!

Siete meravigliosi!

Baciotti potti!!!!!!!!!! ^0^!!!

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Capitolo 5
*** More than it seems ***


A Daisy…guarisci presto tesorina

A Daisy…guarisci presto tesorina!!!!  ç______________________________ç  Ti voglio tantu bene, Gem adorata!

 

 

Learning To Breathe

- SUO Second Ground –

 

 

 

5.

 

 

 

 

When I go fishing for the words
I am wishing you would say to me,
I'm really only praying
That the words you'll soon be saying
Might betray the way you feel about me.
But to me, coming from you,
Friend is a four letter word.

 

                                   Cake - Friend is a Four Letter Word

 

 

Quando succede qualcosa di brutto, ci sono sempre modi differenti di reagire all’accaduto.

Magari qualcuno può provare a sdrammatizzare la situazione, cercare di renderla meno pesante e più sopportabile, e a chi ci riesce viene riconosciuto un grande pregio.

Altri invece si limitano a cadere nel baratro della disperazione, non sentendo ragioni neanche quando ci sono tutte le probabilità che non sia successo nulla di realmente grave.

 

Lily e Gilly sembravano essere cadute nel baratro più profondo quando videro il volto sorridente e tumefatto di Andrew.

 

“Stai bene?!” ripeté per l’ennesima volta una delle due – non importa chi, perché subito dopo l’avrebbe ripetuto anche l’altra – in tono sempre più apprensivo.

Andrew sorrise incoraggiante ad entrambe, leggermente a disagio.

 

“State tranquille…è tutto ok!”

 

Non è tutto ok!” scattò Gilly facendo quasi cadere la sedia su cui era seduta e James che vi si era appoggiato.

Tutti la guardarono leggermente inquietati e lei si risedette, composta e quieta come al solito.

 

“Non è il caso di farne una tragedia…” disse Andrew ostentando una finta tranquillità. “Non è successo nulla di tanto grave” tagliò corto lui, evitando appositamente di guardare dalla parte di Ellie.

 

Andy, mi sembra un po’ da idioti dire una cosa del genere due giorni dopo essere stato picchiato a sangue da un gruppo di pazzi” s’intromise Jo, muovendosi a disagio, appollaiata sul bordo del letto.

Andrew sembrò innervosito da quel commento.

 

“È solo che sono stanco di questa storia…voglio solo…rimuoverla”

 

“Ma sarebbe utile riuscire a capire chi ti ha fatto una cosa simile, prima di rimuovere, non credi?” disse James ragionevole, mentre Ben annuiva al suo fianco.

 

“Non parliamone più per favore…sono stati i giorni più brutti della mia vita! Senza contare che mia madre mi ha mandato cinquantatre gufi nel giro delle ultime quarantott’ore…” James, Ben e Jo ridacchiarono, mentre il cinquantaquattresimo si apprestava a planare appena entrato dalla finestra.

 

Tutti risero quando notarono che il gufo aveva lasciato un adorabile ricordino sul copriletto. Madama Chips lanciò più di una imprecazione masticata mentre faceva evanescere il tanto apprezzato regalino.

Scacciò Jo dal letto e cominciò a rassettare alla bene e meglio le coperte, borbottando qualche frase sconnessa di tanto in tanto.

I capelli di Andrew erano rosso fuoco.

 

Jolie, guardando la scenetta comica di Madama Chips versione colf, lanciò uno sguardo distratto dalla parte di Ellie.

Sul suo viso non c’era la minima traccia di divertimento.

Se ne stava lì, accasciata su una sediolina poco lontana, con le braccia incrociate al petto e lo sguardo perso nel vuoto.

 

Lei si avvicinò, arrivandole davanti senza che l’altra avesse una benché minima reazione.

 

El, stai bene?” chiese Jolie chinandosi su di lei per guardarla meglio.

Ellie sembrò riscuotersi solo allora.

Si guardò intorno e arrossì violentemente notando gli sguardi di tutti su di lei.

 

C-certo! Sì, è tutto ok” disse lei, cercando si sembrare più convincente possibile.

Andrew distolse lo sguardo da lei, improvvisamente serio.

 

“Penso sia la persona più movimentata che io abbia mai conosciuto Signor Lupin!”  borbottò Madama Chips, mentre si rimetteva dritta, massaggiandosi la schiena con un’espressione dolorante sul viso.

Andrew sembrava troppo impegnato in una delle sue elucubrazioni mentali per prestare attenzione alla donna.

 

La stanza cadde in un silenzio sonnacchioso, mentre l’infermiera finiva di controllare le ferite del ragazzo.

 

“Per la barba di Merlino!” urlò lei all’improvviso facendo trasalire tutti i presenti. “E quello cos’è?!” squittì lei isterica.

Nessuno di loro capì di cosa stesse parlando.

L’improvviso cambiamento d’espressione di Ellie, però, attirò l’attenzione di Andrew.

 

“Mi faccia vedere!” imperò la donna rivolta alla ragazza.

Lo sguardo di tutti si spostò per la seconda volta su di lei.

 

“Non è nulla, davvero…”

 

“Mi faccia vedere, ho detto!”

Jolie e Ben si scambiarono un’occhiata, non capendo.

Lo sguardo di Andrew era sempre più concentrato sulla figura di lei.

 

Ellie sbuffò e porse il braccio all’infermiera.

Lei slacciò con un gesto esperto i bottoncini della manica rivelando il polso di lei, gonfio e livido.

Tutti guardarono Ellie, assolutamente attoniti.

 

“Cos’è successo?!” chiese Jolie, cercando di mascherare la sua espressione leggermente schifata guardando il polso.

Ellie arrossì, scuotendo la testa.

 

“Sono stata così sbadata!” disse lei simulando una risatina divertita.“Ieri sera era buio quando sono tornata in sala comune…sono inciampata e ho sbattuto il polso contro uno spigolo, tutto qui!”

La scusa di Ellie era talmente scarna da non crederci neanche lei stessa.

Vide i suoi amici sforzarsi di sorriderle e di credere alle sue parole, mentre Madama Chips teneva lo sguardo ostinatamente rivolto alla fasciatura che stava facendo intorno al polso.

 

“Quindi tu ora…” disse Andrew, con voce dura e decisa.“…vorresti farmi credere che una sedia ti ha fatto questo?” Ellie lo guardò tesa, sorridendo nervosamente.

 

“Lo sai, Andy quanto facilmente cado, no?”

 

“Non mentirmi, non sei mai stata brava” improvvisamente un silenzio angosciante era calato nella sala.

Andrew teneva gli occhi fissi su di lei, deciso in tutti i modi ad incontrare il suo sguardo, ora ostinatamente rivolto in basso.

 

El, mi avevi dato la tua parola!” ringhiò lui rosso di rabbia. Lei alzò lo sguardo, furente.

 

“E tu sapevi benissimo che non l’avrei mantenuta!” Andrew fece per parlare, ma sembrò cambiare idea. “Sapevi che sarei andata! Lo sapevi quando ti sei svegliato e io ti ho cominciato a fare domande e lo sapevi anche prima, mentre quel bastardo ti picchiava! Mi sbaglio forse?” Andrew non disse nulla.

Madama Chips ebbe l’ottima idea di rinchiudersi nel suo studio, mentre gli altri cominciarono a scambiarsi occhiate nervose.

Nel giro di pochi secondi, l’infermeria era deserta, fatta eccezione per Andrew ed Ellie.

 

“Non puoi biasimarmi perché mi sono stupidamente fidato di te! NON TE LO PERMETTO!”

 

“Chi ti credi di essere, si può sapere?! Sono grande abbastanza da decidere da sola le mie azioni!”

 

“ALLORA COMINCIA A CRESCERE! COSA CREDEVI DI FARE ANDANDO Lì, ME LO SPIEGHI?!Ellie rimase in silenziò, nera di rabbia. “Volevi vendetta?! Beh lascia che ti dica una cosa, principessa…SE SONO QUI è UNICAMENTE COLPA TUA!” lei lo guardò, piena d’odio.

 

“Sai che mi ha detto anche lui la stessa cosa? Stai usando le stesse parole di quel pazzo!”

Andrew rise, furioso.

 

“Questa mi mancava! Davvero, El, nessuno mi aveva mai messo sullo stesso piano di quello che mi ha quasi ucciso!”

 

“Non cercare di sminuirmi, Andrew! Come puoi notare dal mio polso che tende al viola scuro, non mi è andata poi così bene!”

 

“Già, con la differenza che tu hai praticamente scelto di essere picchiata!”

 

“Non mi ha picchiata!”

Andrew si passò una mano sugli occhi.

 

“Allora cosa ti ha fatto?”

 

“Non ha fatto niente” mentì, non riuscendo ad impedirsi di arrossire.

 

“Scommetto che ha goduto da morire a vederti lì, di fronte a lui…non è così forse? In fondo mi ha picchiato per ferite te! Non aspettava altro che quel momento! Spero tu l’abbia fatto divertire!”

 

“Non fare il bastardo, ora…”

 

“Sto solo esponendo i fatti! Lui mi ha quasi ucciso per soddisfare la voglia che ha di te!”

 

“TU VANEGGI!” urlò lei, rossa in viso.

 

“IO ESPONGO I FATTI! So quello che dico e lo so perché quel figlio di puttana ha avuto il buongusto di spiegarmi il reale motivo, prima di farmi perdere i sensi!” lei rimase in silenzio, con lo sguardo basso e gli occhi lucidi.

 

“Sai una cosa? Nonostante tutto, lui mi ha trattata con più rispetto di come stai facendo tu adesso” mormorò lei, alzando lo sguardo appannato dalle lacrime su di lui.

 

“Vattene” sibilò lui, duro.

Ellie gli rivolse uno sguardo freddo, prima di avviarsi a grandi falcate verso l’uscita.

 

Andrew, si lasciò andare completamente contro i cuscini, esausto.

 

Era finita.

 

Il problema, ora, stava nel capire cosa era recuperabile della loro amicizia dopo le cose che si erano detti.

 

 

 

*

 

 

Is my imagination running away
Or is all this really happening to me
Am I a prince in a far away land filled with fantasy
Where is reality and what are the actions that will define who I am?
I am holding onto the visions I've seen of what I could be
It's what I should be

 

                                          Kutless – More than it seems  

 

 

Non c’è mai un momento buono per le brutte notizie.

Ti distruggono la vita e arrivano nell’esatto istante della tua vita in cui ne avresti meno bisogno.

 

Non che esistano momenti adatti per ricevere una brutta notizia, ovviamente, ma diciamo che esistono modi giusti per dirle e momenti un po’ più adatti di altri per farlo.

 

Sylvie Weasley quel pomeriggio era nel momento peggiore per ricevere una cattiva notizia.

 

Era contenta.

Non c’era un motivo preciso…lo era e basta, come quando di mattina ci si alza con un sorriso idiota stampato in faccia e ci viene da ridere senza alcun motivo.

Era contenta semplicemente per il fatto di esserlo. E non c’è momento peggiore per ricevere una brutta notizia.

 

Nei momenti molto buoni o in quelli molto cattivi è sempre più amara la pillola che devi ingoiare.

Sono le giornate di mezzo, quelle che magari potrebbero essere più adatte. Le tipiche giornate piatte, vuote e lente in cui anche se si riceve una brutta notizia la si prende nella maniera giusta, convincendosi di guardare il lato positivo: almeno ora si ha qualcosa a cui pensare per passare il tempo.

E questo perché tutti sanno che se si deve risolvere un problema e non si riesce a trovare la soluzione, il tempo passa con una velocità che quasi fa rabbia.

Perché il problema rimane lì anche se il tempo passa, ma la soluzione proprio non si trova.

 

Quando Venus Malfoy entrò nella sala comune Tassorosso, quel giorno, Sylvie era davvero troppo contenta per preoccuparsi del possibile arrivo di una cattiva notizia.

Eppure l’espressione di Venus la preannunciava in tutta la sua gravità.

 

Si avvicinò ancheggiando, con un orribile sorrisino di vittoria sul volto.

 

Weasley?” lei si girò, sorridendole amichevole. “Sai che Chris Bennet ha la ragazza?” il suo sorriso si spense di fronte a tanta insensibilità.

Venus si chinò su di lei con occhi ridenti.

 

“E vuoi sapere chi è?” Sylvie temeva quella risposta. “Io!” squittì Venus tutta pimpante.

Sylvie desiderò fortemente di essere ingoiata dalla poltrona.

 

“Ah” riuscì solo a dire, con la voce tremante e la gola terribilmente secca.

Venus annuì vigorosamente con la testa.

 

“Ora scusami! Mi devo preparare! Stasera ho un appuntamento con il mio ragazzo!” gracchiò lei, ancheggiando su per il dormitorio femminile.

Sylvie si sentiva mancare il respiro nei polmoni.

Voleva piangere, ma gli occhi erano inverosimilmente secchi. Si mise la mano sul petto, sentendosi quasi male.

 

Ricevere una cattiva notizia da una cattiva persona in un cattivo momento è quanto di più terribile possa capitare.

E l’arrivo di un amico, talvolta, può anche riuscire a peggiorare le cose.

Soprattutto se l’amico in questione è innamorato cotto.

 

Robin Paciock varcò l’entrata della sala comune praticamente saltellando.

 

Vide la figurina composta di Sylvie e le si sedette accanto, con un blocco di fogli in mano e l’aria disordinata, ma contenta.

 

“Guarda, guarda, guarda!” esclamò lui, entusiasta, cacciando dal blocco un foglio dall’aria vissuta.

Sylvie rivolse uno sguardo sofferente a Robin, troppo impegnato a mostrarle il suo nuovo disegno per accorgersi che qualcosa non andava.

 

“Che ne pensi? Ci sono stato su tutto il pomeriggio! Pensavo di regalarlo a Andrew come augurio di pronta guarigione! Tu  che dici? Ti sembra una buona idea? Forse un po’ scontata? Sai pensavo…”

 

Robin ti prego…” esalò lei, soffocando un singhiozzo.

Lui si girò preoccupato verso di lei.

 

“Che ti prende?” chiese lui, con gli occhi spalancati.

Lei scosse la testa passandosi una mano tra i capelli.

 

“Non è niente…”

 

“Sei sicura di stare bene? Sei pallida come un foglietto di carta…”

 

“Ti ho detto che sto bene!” replicò stizzita lei, pentendosene subito dopo.

Lui non disse nulla.

 

“È solo che…è stata una brutta giornata…” continuò lei, con voce più calma.

Lui la guardò mortificato.

 

“Le brutte giornate sono…beh…brutte” disse stupidamente. “Proprio l’altro giorno ne ho avuta una terribile! Ho fatto un disegno orribile…perché sai, tante volte la mia giornata si riflette tanto nei miei disegni! Giusto ieri ho…”

 

Robin!” lo sbloccò subito lei, chiudendo un attimo gli occhi per calmarsi. “Con tutto il rispetto, ora non mi interessa nulla di che cosa hai disegnato ieri!”

 

“Eh…scusa.” Sylvie lo guardò per un secondo.

Lo sguardo basso e ferito di Robin la fece sentire ancora peggio.

 

“Senti Rob…”

 

“No, non fa nulla, davvero!” disse lui con un tono per nulla convincente, scattando subito in piedi e raccogliendo alla bene e meglio i suoi fogli.

 

“Mi dispiace! È solo che…”

 

“Lo so. Ho capito, sta tranquilla.”

Robin scomparve su per le scale lasciando Sylvie sola.

 

Lei era convinta che lui non potesse capire.

Aveva il cuore spezzato e la mente vuota. Il respiro affannato e un dolore che attanagliava lo stomaco, furioso.

 

Sylvie, però, non sapeva che Robin la capiva benissimo.

 

 

 

 

 

 

*

 

 

L’aria era leggera e profumata nella periferia di Londra in quel tramonto di fine novembre.

 

Hermione camminava lentamente sul praticello curato, lanciando di tanto in tanto qualche sguardo al campo di Quidditch che si estendeva sterminato sotto i suoi occhi.

Ridacchiò vedendo Ron, tutto intento a spiegare alla sua piccola squadra di campioni in erba una nuova tecnica di gioco nel suo modo paterno e autoritario allo stesso tempo.

 

Un soffio di vento leggermente più forte fece smuovere i capelli fuori dalla crocchia improvvisata, liberando una cascata di capelli ribelli e adorabilmente spettinati.

Sorrise, nonostante tutto.

 

Osservò per un attimo David e Danielle litigarsi una delle scope, e non poté fare a meno di sorridere.

Da sempre il bimbo si era lamentato di essere il più piccino della famiglia, non riuscendo ad apprezzare i vantaggi che questo comportava.

 

Ebbene da quel giorno in poi non avrebbe più avuto motivo di lamentarsi.

Non sarebbe più stato il più piccolo della famiglia.

 

Si toccò istintivamente il ventre, meditabonda.

 

 

Pensierosà ma chère?” Hermione si girò di scattò, mentre un sorriso le illuminava il volto.

 

“Ti trovo bene”

Fleur Delacour si avvicinò a lei sospirando sommessamente, l’andatura regale ed elegante, lo stile impeccabile come sempre.

 

“Non hai risposto ala mia domanda…non è una buona cosà” si mise le mani nelle tasche dei jeans firmati, guardando sorridente sua figlia Danielle giocare con Ron, David e gli altri piccoli membri della squadra.

Hermione si passò una mano tra i capelli, gli occhi fissi su Ron.

 

“Sono incinta. Di nuovo” mormorò semplicemente lei, mantenendo lo sguardo dritto davanti a sé.

Fleur si girò basita verso di lei.

 

“Stai schersando? Un altro picolo Ron?!Hermione non poté impedirsi di sorridere.

 

“Un altro piccolo Ron” confermò, affondando anche lei le mani nelle tasche.

Fleur le rivolse uno sguardo di sottecchi.

 

“Beh, è una bela cosà, no? Sono scerta che Ron sarà très contanto cando glielo dirai!” squittì lei, agitando la mano in aria per salutare Danielle.

Hermione la guardò per un attimo, confusa.

 

“Come sai che non l’ho ancora detto a Ron?”

Fluer si girò verso di lei.

 

“Mi prendi in jiro ma chère? Ho quatro filie anche io, so che non è facìle dire ai Weasley che li aspetta un lungo periodo sensa sesso”

Hermione non poté trattenersi dal ridacchiare.

 

“…però sono scerta che Ron sarà contantissimo…lui adorà te e li vostri fili!”

 

“Oh, lo so, lo so! Solo che ho paura che la possa prendere male…sarebbe pur sempre il quinto! Il quinto, capisci? Non è uno scherzo…poi proprio ora che eravamo ad un passo dall’avere la casa libera dai bambini, ne arriva un altro!”

 

“Motivo en plus per esere arrabbiati per la futura mancansa di sesso!”

Hermione sbuffò per mascherare una risatina, mentre Fleur le circondava le spalle con un braccio.

 

“Su con la vìte ma petit! Ti tocherà ricominsciare con papine, bavaglinì, sciusciotti e vestitini! Capisco très bièn la situasione! Ma pensà per un secondo a moi …per canto io sempro très bellà e jiovàne sto per arivare a quarant’ans! E sai che vol dire? Te lo dico io!” squittì lei, facendo trasalire Hermione, ancora stretta nel suo abbraccio “…Pele che cade, rughe teribili, corpo che cede in modò incredibìle alla gravità!” Hermione si lasciò sfuggire un piccolo sorriso “…sensa contare le machie sur le mani, le guansce che inaspettamonte si afflosciano cando per i passati trantanove anni erano rimaste su e il mio rotandissimo sedere che ariva alle jinocchia!” Hermione guardò Fleur riprendere fiato dopo il suo monologo.

Sospirò.

 

La verità era che per quanto avesse avuto quattro figlie, fosse alla soglia dei quarant’anni e in piena crisi esistenziale, era rimasta bella come la prima volta che l’aveva vista per il torneo.

 

“Sono certa che il tuo sedere rimarrà dov’è anche a settant’anni” disse infine Hermione, annuendo convinta. 

Fleur sembrò riflettere attentamente.

 

“Forse hai rajione…” concesse lei, staccandosi dall’abbraccio a facendo qualche passo. “Ma in oni caso non hai nesun motivò per stare ici a gardare il nula! ” 

 

“Io non guardo il nulla!” corresse Hermione, subito. “Guardo Ron!”

 

“Ma Ron lo puoi gardare tutte le volte che vuoi, ma petit!...Sensa contare che il suo fondoschiena non rende così da lontanò…” Hermione la guardò di sottecchi.

 

“Da quando guardi il fondoschiena di mio marito, tu?!Fleur agitò la mano in aria stizzita.

 

“Non est questo le point” tagliò corto Fleur, non guardandola in faccia. 

Hermione ridusse gli occhi a due fessure, ma non disse nulla.

 

“Quindi cosa mi consigli di fare?” disse infine, vedendo la squadra rientrare negli spogliatoi.

 

“Stasera porta Davìd da Mollì e salta adosso a Ron. Domani matina dilli che sei inscinta. La prenderà melio, ti assicuro! È un metòdo testato!”

 

Hermione capì finalmente il motivo per cui in tutti quegli anni non aveva mai sentito Bill lamentarsi di Fleur.

 

 

 

 

*

 

 

 

 

Capitano giorni in cui il tempo sembra non passare mai.

Si sta lì, a guardare l’orologio, e nel momento in cui si crede – ne si è assolutamente certi – che sia passato davvero molto tempo dall’ultima volta che si è guardato il pendolo, si scopre che non sono passati che una manciata di minuti.

 

Converrete con me che è decisamente frustrante.

 

Ebbene, la stessa cosa stava accadendo a Ben Weasley, accasciato su un banco di una classe vuota, in attesa che la sua vita prendesse una svolta decisiva.

Ovviamente non era una grande idea, quella di stare lì a guardare il vuoto, perché è più che assurdo pensare che la vita possa cambiare senza fare nulla per aiutarla, ma a quanto pare Ben la trovava una magnifica idea.

Se ne stava seduto su un banco, con lo sguardo assente e le labbra imbronciate, lanciando di tanto in tanto uno sbuffo e qualche imprecazione contro una mattonella rotta che aveva da subito catturato la sua attenzione. 

 

I motivi per cui un ragazzo è rinchiuso in un luogo chiuso di sabato pomeriggio potrebbero essere molteplici.

 

Il più ovvio di tutti è l’umiliazione.

Quando qualcuno viene umiliato è una reazione quasi primitiva, quella di andare in un posto nascosto, per sbuffare e imprecare contro qualsiasi cosa capiti sott’occhio finché non ci si rende conto di stare solo perdendo tempo.

Ben, ahimè, in quel momento, era ancora nella fase delle imprecazioni, e solitamente ci voleva un po’ prima che qualcuno venisse in aiuto per farlo passare alla fase perdita di tempo.

Ma chi è che se ne sta chiuso in un castello quando fuori c’è il primo pomeriggio di bel tempo dopo quasi due mesi di pioggia?

Nessuno, direte voi.

 

Invece qualcuno c’è.

 

Lily Potter entrò molto rumorosamente nella stanza, trascinandosi addosso una serie di tomi dalla voluminosità non indifferente.

Quando le cadde uno di mano, atterrando a terra con un sonoro tonfo, Ben ebbe la netta sensazione di capire il motivo di tutte quelle mattonelle rotte disseminate per la stanza. 

Si schiarì la voce facendo cacciare un gridolino spaventato a Lily.

 

“Che ci fai qui?!” squittì lei senza un’apparente buona ragione.

Ben fece un’alzata di spalle, tornando a guardare il vuoto.

 

“Qualcosa non va?” chiese lei, tornando ad un tono di voce più controllato, guardandolo apprensiva, mentre poggiava i volumi su un banchetto poco lontano.

L’ennesima alzata di spalle arrivò poco dopo.

 

“Pensi che riuscirò a sentire la tua voce oggi, oppure mi devo accontentare delle tue alzate di spalle?” mormorò lei, cercando di sdrammatizzare.

Il primo sorriso illumino il viso di lui.

 

“Scusa…”

 

“Molto meglio!” sorrise lei, avvicinandosi. “Allora…cosa c’è che non va?” Ben dovette trattenersi con tutte le sue forza per non alzare le spalle un’altra volta.

In compenso scosse la testa.

 

“Non lo so…” borbottò lui focalizzando nuovamente la sua attenzione sulla mattonella rotta. Lily gli si parò davanti, con un evidente sopracciglio inarcato.

 

“Puoi fidarti di me!”

 

“Lo so!” si affrettò a dire lui, vedendo la bocca di Lily che si stava pericolosamente imbronciando. “…è solo che…Merlino…voi siete così complicate!” sbottò lui, saltando giù da un banco e cominciando a camminare avanti e indietro per la stanza.

Lily sbatté un paio di volte le palpebre, senza capire.

 

“Ben…noi chi?!” lui le scoccò un’occhiataccia.

 

“Voi ragazze, ovviamente! Siete incoerenti! E non sapete mai cosa volete…e…e non vi fate capire!”

 

“Hai litigato ancora con Emily?” Ben sembrò in procinto di ricominciare a sbraitare contro l’intero genere femminile, quando si bloccò all’improvviso, arrossendo fino alla punta delle orecchie.

 

“Chi ti ha detto che ho litigato con Emily?!” gracchiò lui isterico.

Lily agitò una mano in aria, sedendosi dove era appollaiato Ben fino ad un attimo prima.

 

“Chiamalo intuito femminile…”

Ben sbuffò di nuovo.

 

“Odio l’intuito femminile…”

Lily ridacchiò.

 

“Quindi…” azzardò lei. “Sei qui perché ti senti in colpa per Emily?”

 

“Io non mi sento in colpa!” scattò lui.

 

“Allora perché sei qui?”

 

“Perché…perché…” Ben sembrava in difficoltà. “Perché sì!”

 

“Perché sì, non è una risposta, lo sai…”

 

“Non stare sempre a cavillare, tu! Sono qui perché ne ho voglia!” abbaiò lui incrociando le braccia al petto.

 

“No, sei qui perché ti stai nascondendo” insistette lei, candida.

 

“Non è vero”

 

“La cosa che ti manda in bestia più di tutto è il fatto di non sapere rispondere a tono quando Emily ti lancia una frecciatina, vero?” Ben arrossì, ma rimase in silenzio.

 

“E non c’è niente di peggio di far vincere alla ragazza che ti piace un litigio, vero?”

Ben alzò repentinamente lo sguardo, diventando più o meno color pulce.

 

“A me non piace Emily!” la sua voce si avvicinava pericolosamente all’isterico.

 

“Guarda che non ci sarebbe nulla di male se ti piacesse Emily! È carina!”

 

“Non mi piace, ti ho detto!”

 

Ok…”

 

“È vero!”

 

“Va bene”

 

“Non dire va bene con quel tono!”

 

Ok…”

 

“Smettila!” 

Lily ridacchiò, divertita.

 

“Vedi Ben…” scese con un saltello dal banco, circondando le spalle di lui con un braccio e assumendo un’aria professionale. “Con le donne bisogna saperci fare…”

 

“Ti ho detto che Emily non mi piace!” ribadì lui.

 

“Io mica ho detto che bisogna saperci fare con Emily…”

Ben arrossì dal collo alla punta delle orecchie.

 

“Devi essere gentile…”

 

“Gentile?” Lily annuì. “E come si fa ad essere gentile?!

Lei sospirò pesantemente.

Aveva la netta sensazione che sarebbe stato più arduo del previsto.

 

“Ora, Benjamin, ti svelerò un segreto…”

 

“Non chiamarmi Benjamin! Sai che lo odio!”

 

“Non sviare il discorso!” scattò lei, guardandolo truce.

Ben si fece piccolo, piccolo.

 

“Vedi…” riprese lei con più calma. “Non è poi così difficile far capitolare un ragazza…” Lily ignorò il commento poco carino che Ben borbottò. “…basta un po’ di gentilezza, qualche sorriso, e l’effimera certezza che non le spezzerai il cuore in mille pezzi andandotene con una più formosa!”  Ben non sembrava aver capito.


“Quindi…cosa dovrei fare?” azzardò lui, temendo che Lily lo avrebbe picchiato di lì a poco.

 

“Per prima cosa…” disse “…fila a scusarti con Emily

 

“Quante volte ti ho detto che non mi piace?”

 

“Non è questione di piacerti o no, è questione di buona educazione!” abbaiò Lily mettendosi le mani suoi fianchi.

Ben ingoiò il vuoto, inquietato.

 

“Non dico di regalarle un mazzo di fiori o recitarle una poesia…anche perché non sarebbe umanamente fattibile immaginarti in versione romantica…” riprese lei, facendo un respiro profondo. “…ma almeno limitati a non insultarla gratuitamente!”

 

“Io non insulto gratuitamente…” borbottò lui piccato. Lily lo ignorò.

 

“Ora vai a scusarti!”

 

Ok…”

 

“E non farla sembrare una costrizione!”

 

“Ma tu mi stai costringendo!”

Si girò verso di lei, ormai sulla porta, ma la visione di Lily che gli lanciava un’occhiataccia brandendo un dei suoi massicci volumi gli fece cambiare repentinamente idea.

 

Ok. Vado.” squittì lui eclissandosi oltre la porticina della stanza.

 

 

Lily sospirò, quando vide la porta richiudersi dietro Ben.

 

Che idiota

 

 

*

 

 

Come on closer

I wanna show you

What I’d like to do

You sit back now

Just relax now

I’ll take care of you

 

                         Jem – Come on closer

 

 

Ron aprì la porta di casa a sera inoltrata, sospirando pesantemente.

Hermione non era tanto bizzarra da diverso tempo ormai.

 

Appena rientrato dagli allenamenti si era ritrovato praticamente di nuovo fuori dalla porta con David in braccio, con l’ordine di portarlo alla Tana e tornare più in fretta possibile, e neanche ora, di nuovo a casa, avanzando lentamente per le stanze apparentemente deserte, riusciva a trovare una spiegazione plausibile.

 

Due piccole mani sfiorarono la sua schiena, decise.

 

Tutto fu immediatamente chiaro nella mente di lui.

Le labbra di Ron s’incurvarono in un sorriso languido girandosi lentamente.

Hermione sorrise leggermente e lo trascinò senza dire una parola in camera da letto, baciandolo con foga.

 

“E questo per cos’è?” chiese lui, mentre lei gli sfilava il maglione con gesti esperti.

Lo baciò di nuovo facendo aderire il suo corpo a quello di lui.

 

“Ci dev’essere per forza un motivo per saltarti addosso?” soffiò lei, gettandolo sul letto e mettendosi a cavalcioni su di lui.

 

“No…certo che no…ma di solito…” fece una pausa, sospirando pesantemente per non cedere del tutto a lei. “…se Hermione salta addosso a Ron…un motivo c’è…” lei ridacchiò contro l’incavo del suo collo.

 

“La mancanza di intimità da quasi vent’anni?” azzardò lei, arrivando con una mano alla cintura dei pantaloni.

 

“No…” corresse lui. “…quello è quando Ron salta addosso a Hermione…” lei rise.

La cintura di lui volò dall’altra parte della stanza.

 

“Può darsi ci sia un motivo…” ammise lei dopo un po’, guardandolo maliziosa.

 

“Hai di nuovo rigato il maggiolone?” lei scosse la testa, nascondendo il suo viso ridente nel cuscino.

 

Dorothy sta bene…” mormorò lei, accarezzandogli leggermente il petto.

 

“Allora cosa?”

Hermione fece un mugolio scocciato con la bocca, mettendo su il broncio che Ron adorava tanto.

 

“Non puoi proprio aspettare domani? Domattina, quando ti sveglierai…e sarai esausto perché non ti avrò fatto dormire neanche un attimo…” entrambi sorrisero sornioni “Ti dirò quello che succede”

I pantaloni di Ron raggiunsero maglione e cintura.

 

“Ti trovo organizzata”

 

“Come sempre”

Ron annuì, meditabondo.

 

“Beh…non mi pare giusto mandare all’aria i tuoi piani, non credi?” lei scosse la testa.

 

“Divento irascibile quando qualcosa non va come dico io…”

 

“Lungi da me l’idea di far arrabbiare un’Hermione in sottana di seta” lei ridacchiò. “Cosa dici quindi di iniziare?”

 

 

La sottana di Hermione volò per terra.

 

Ron lo prese inevitabilmente per un sì.

 

 

 

*

 

 

 

La biblioteca della scuola non è mai stato un luogo particolarmente frequentato.

 

Sembrava essere tornato in auge, mentre Hermione Granger era a Hogwarts, ma presto Madama Pince si rese conto che i tempi d’oro della biblioteca della scuola erano ormai passati da diversi decenni.

 

Quindi come può essere che un tipo come Sophie Weasley, attraente Corvonero, nemica delle ragazze normali che oltre a preoccuparsi dei brufoli dovevano anche avere a che fare con lei, si trovasse chiusa in biblioteca di sabato pomeriggio?

 

Il motivo era facilmente visibile ad uno scaffale e tre tavoli di distanza.

 

Jack Elliot non era mai stato un tipo particolarmente loquace.

Era sicuramente un Serpeverde affascinante, dai lineamenti raffinati e l’immancabile espressione da infame bastardo stampata sul viso incorniciato dai capelli color sabbia. 

Un motivo più che valido, quindi, per far diventare un odioso imbecille borioso, la star del momento.

Senza contare, ovviamente, l’enorme eredità a fare da sfondo al tutto.

 

Irresistibile, direbbe qualcuno.

Insopportabile direbbero altri.

 

In ogni caso…Sophie lo trovava la creatura divina per eccellenza.

Nessuno seppe mai se il portafogli di quella creatura tanto divina contasse, nel metro di giudizio di Sophie.

 

In ogni caso la sua perseveranza era degna di nota.

Pochi avrebbero resistito a quattro ore di appostamento in biblioteca.

Sarebbe stata ammirabile (o patetica, dipende dai punti di vista), se solo non stesse pianificando di tradire l’epitome della gentilezza personificata in Will, con una ricchissima creatura divina boriosa.

Quello era senz’altro patetico sotto qualsiasi punto di vista. 

 

Tranne, ovviamente, quello di Sophie.

 

Sbuffò sonoramente guardando per l’ennesima volta il cucù attaccato sopra il bancone di Madama Pince.

Lei non riusciva a concepire come si potesse umanamente resistere a tante ore rinchiusi in un posto tanto polveroso e maleodorante.

 

Persa nelle sue elucubrazioni mentali, non si accorse che qualcuno si era avvicinato al suo tavolo, e ora la guardava, annoiato in attesa di essere notato.

 

“Scusa?” Sophie trasalì e alzò immediatamente lo sguardo: Jack Elliot in tutto il suo metro e ottanta era impalato di fronte a lei, in attesa.

 

Si trattenne a stento dal girarsi per controllare se stesse realmente parlando con lei.

Sophie si diede mentalmente della stupida.

Di sabato pomeriggio, in una bella giornata autunnale, persino Madama Pince era uscita per prendersi una boccata d’aria.

Era ovvio che stesse parlando con lei.

Non c’era nessuno nell’arco di almeno cento metri.

 

Sophie si riprese dal suo breve momento di shock.

Scattò in piedi e sorrise invitante, ravvivando con un gesto elegante i suoi capelli, talmente biondi da sembrare quasi bianchi. 

 

“Posso fare qualcosa per te?” chiese, ammiccando.

Jack non fece una piega.

 

“Mi chiedevo se avessi finito con quel libro” chiese con voce atona, additando al volume che giaceva sul tavolo di Sophie.

Lei glielo porse, velocissima, sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi.

 

“Posso fare qualcos’altro?!

Jack la guardò.

 

“No”

Sophie aprì e richiuse la bocca più volte.

Arrossì lentamente, ma inesorabilmente.

 

“Ci vediamo Sasha

 

Sophie!” squittì lei, isterica.

Lui mosse una mano in aria, tornando al suo tavolo.

 

Sophie non vide mai che girato di spalle, Jack Elliot ridacchiava divertito.

 

 

All’entrata della biblioteca, qualcuno guardava interessato la scena, concentrandosi su Sophie, che guardava sognante Jack.

Will strinse i pugni fino a far diventare le nocche bianche.

 

Di essere preso in giro era davvero stufo.

 

 

 

 

*

 

 

I always thought you were the best
I guess I always will
I always felt that we were blessed
And I feel that way still
Sometimes we took the hard road
But we always saw it through
If I had only one friend left
I'd want it to be you

                               Dan Seal – One friend

 

 

Emily fece un respiro profondo, godendosi l’aria autunnale che lambiva, lenta, la superficie increspata del Lago Nero.

Le foglie della grande quercia cadevano di tanto in tanto, circondandola di un manto naturale dai colori caldi e ospitali.

 

Abbassò lo sguardo continuando a sistemare i suoi orecchini come stava facendo da un’ora a questa parte.

Rimirò per un attimo quelli a forma di ravanello.

Senz’altro i suoi preferiti.

Non poté impedirsi di ridacchiare quando le tornò alla mente l’espressione di Ben dopo averli visti.

Li osservò ancora qualche secondo, un sorriso nostalgico s’increspò sulle sue labbra. 

 

Il suo sorriso si spense repentinamente quando la sua mente focalizzò la scena di lei e Ben che litigavano.

Sbuffò, innervosita.

 

Di certo non si può andare avanti così.

E non poteva neanche dire che la colpa era tutta di Ben, perché doveva ammettere di essere davvero odiosa quando ci si metteva d’impegno.

Mentalmente si ripromise di non confidare mai a nessuno questa sua idea.

 

Passi leggeri ed affrettati la distrassero dai suoi pensieri.

Si girò: Ben era di fronte a lei, rosso, sudato e visibilmente in crisi.

 

Hey” mormorò semplicemente lei, non riuscendo a guardarlo in faccia. “Volevi qualcosa?”

 

Ben la guardò per un attimo, mentre lei, con la testa china, continuava ad armeggiare con i suoi orecchini.

 

“Effettivamente…

Arrossì, schiarendosi la voce nervosamente.

 

“Senti…mi…mi dispiace…per averti…beh…offesa” soffiò lui con la testa bassa di vergogna e le orecchie adorabilmente arrossate.

Emily si girò repentinamente verso di lui.

 

“Parli con me?!” chiese, basita.

Ben la guardò male.

 

“Con chi starei parlando secondo te?! Con la piovra gigante?!”

Emily borbottò qualcosa piccata, tornando a guardare gli orecchini.

 

Dopo due minuti buoni di silenzio, Ben si mosse sui piedi, innervosito.

 

“Beh? Non dici nulla?” chiese lui, confuso.

Emily si girò verso di lui, lo sguardo annoiato e i capelli più scompigliati del normale.

 

“Cosa dovrei dirti?”

Ben sbatté più volte le palpebre.

 

“Mi sono appena scusato!” disse lui, calcando sull’ovvietà della situazione.

 

“E allora?” chiese lei, senza capire.

Ben dovette trattenersi con tutte le sue forze per evitare di strozzarla.

 

“Mi sono appena scusato con te!” ribadì. “Non è mai successo prima!”

 

“Vuoi un premio?!” chiese lei sarcastica.

Ben  strinse i pugni talmente forte da far diventare le nocche bianche.

Di certo non si aspettava che lei gli sarebbe saltata felice al collo, ma un ringraziamento sentito era d’obbligo.

 

“Beh…!” abbaiò lui rosso di rabbia. Emily si levò in piedi, lo sguardo truce e il broncio sul viso.

 

“Ecco! Vedi? Fai tutto per scopi personali! Scommetto persino che qualcuno ti ha costretto a venire a scusarti!”

 

“Non dire sciocchezze!” mentì lui, con vocina isterica, sempre più rosso.

 

“Avanti, dillo! Chi ti ha detto di venire?! Tua sorella!? James?”

Ben, al contrario di tutte le aspettative…rise.

Una risata, nervosa, arrabbiata e delusa.

Si ficcò le unghie nei palmi, e provò inaspettatamente sollievo.

La rabbia ribolliva nel sangue, la testa gli doleva e sarebbe stato tentato di prendere a pugni la quercia pur di scaricare la mania omicida che lo stava sopraffacendo.

 

Emily lo guardò, shockata.

 

“Cosa ridi ora!?” squittì innervosita.

La cosa che più odiava al mondo era essere presa in giro e Ben sapeva più di chiunque altro di questa sua debolezza.

 

“Mi sembrava strano che non avessi ancora nominato il meraviglioso James!” ringhiò lui, improvvisamente serio.

Emily vacillò.

 

Co-cosa c’entra ora?” Ben alzò le spalle, vago.

 

“Non saprei…tu l’hai nominato, non io!”

 

“Ben non essere geloso!”

 

Io.Non.Sono.Geloso!” abbaiò lui, facendola tremare. “Tutti credete che io sia geloso di James! Ma a me non importa niente di essere come James! Perché…vedi…il beneamato Jamie non è poi così perfetto come credi sai?” disse lui, furioso, avanzando verso di lei.

Emily cominciò a indietreggiare.

 

“Ben, adesso calmati…”

 

“CALMARMI?! CHE C’È EM? TI FACCIO PAURA PER CASO?”

 

“SÌ!” urlò lei quasi in lacrime.

Ben sembrò tornare in sé.

La guardò per un attimo, accorgendosi solo in quel momento dell’espressione terrorizzata che lei aveva in volto.

 

Em…” soffiò lui, mortificato.

 

“Cosa Ben? Ora dirai di nuovo che ti dispiace?!” urlò lei quasi in lacrime.

 

“Io…”

 

“E ti sorprendi anche che io preferisca James a te? Perché è questo il punto, no? Il fatto che tu sia l’eterno secondo in tutto!”

 

“Io ero venuto per scusarmi con te! Hai una vaga idea di quanto mi ci sia voluto? Io mi sono scusato esattamente come avrebbe fatto il tuo adorato James! Eppure, sai una cosa? Ho la netta sensazione che le sue scuse le avresti accettate!”

 

“Le avrei accettate perché sarebbero state fatte con il cuore!”

 

“E LE MIE NO?! CHE PERSONA CREDI CHE SIA, EMILY?!” lei rimase in silenzio, guardandolo fisso.

Ben sorrise amaro.

 

“Ora si capiscono molte cose, Em…”

Lei lo guardò senza capire, mentre Ben si cominciava ad allontanare.

 

“Dove stai andando ora?!” chiese lei, quasi urlando. 

 

“Da qualcuno che mi consideri un amico” disse semplicemente lui, non preoccupandosi neanche di fermarsi.

Continuò a camminare, veloce e deciso a non guardare indietro verso di lei.

 

Stavolta aveva ragione lui, punto.

Odiava il fatto di essere secondo in qualsiasi occasione e odiava ancora di più se stesso per non riuscire a capire in cosa sbagliasse.

 

Alzò senza un apparente motivo lo sguardo, studiando il paesaggio circostante farsi sempre più scuro alla luce della luna appena sorta.

I suoi occhi incontrarono le figure sfocate di James e Ian, che parlava concitatamente con l’action figure di un Ungano Spinato decisamente più action del normale.

Lo sguardo di lui di fece più scuro.

 

Benny! Dove sei stato si può sapere?” chiese ironico James, appena furono abbastanza vicini.

Ben non proferì parola.

Si limitò a sorpassarli ben attento a non sfiorarli nemmeno per sbaglio.

 

Hey, che ti prende?!” provò di nuovo lui. Nessuna traccia di sarcasmo nella sua voce.

Lo prese per un braccio nel tentativo inutile di farlo girare.

 

“Lasciami” mormorò lui duro, gli occhi scuriti dalla rabbia.

James sembrò non credere alle proprie orecchie.

Rivolse un breve sguardo incredulo al fratello minore, che sembrava altrettanto colpito.

 

“Stai bene? Sei…verdino” disse preoccupato Ian. Ben scosse la testa, calmandosi leggermente.

Lui in fondo non c’entrava nulla.

 

“Non è niente” borbottò semplicemente il ragazzo, tentando l’imitazione di un sorriso.

 

“Sicuro? Vuoi che ti accompagni dalla Chips?” chiese James, facendo qualche passo avanti verso di lui. Ben si ritirò come scottato.

 

“Lasciami in pace, ho detto!” sbottò lui, furente.

James non fece in tempo a dire più nulla che Ben era già scomparso dietro un angolo.

Rimase semplicemente lì, immobile, chiedendosi cosa mai avesse potuto fare di tanto grave da far arrabbiare Ben per la prima volta da quando si conoscevano.

 

Ian di appropinquò lentamente verso il fratello.

 

Hey…” mormorò. “Ma che gl’è preso?! Non gli avrai ancora nascosto la scopa, vero?” James scosse la testa, guardando preoccupato il punto dove era appena scomparso Ben.

 

“No…io non ho fatto niente” Ian lo guardò poco convinto.

 

“Io non direi...non è che fai il marpione con la sua ragazza?!James lanciò un’occhiataccia al fratello, che lo guardava sospettoso.

 

“Io non faccio il marpione con nessuno! E poi Ben non ha la ragazza” borbottò lui, arrossendo violentemente.

 

“Ma come?! E la biondina con gli occhi tondi?”

 

“Chi?! Emily?” Ian annuì distrattamente, riprendendo a studiare la sua action figure.

 

“Lei non è la sua ragazza, è solo…” si bloccò all’improvviso, vedendo Emily che gli veniva incontro sorridente e adorabilmente arrossita.

 

“…un gran bel casino” completò Ian, guardando la ragazza avvicinarsi.

 

“Già…” sospirò lui, mentre la realtà della situazione lo colpiva come una scarica di pugni allo stomaco.

 

“Ciao James!” mormorò Emily passando, tutta rossa in faccia.

 

“Ciao!” rispose Ian agitando la mano amichevole.

James lo guardò male, mentre si faceva piccolo piccolo accanto a lui.

 

“Cretino!”

 

 

 

 

*

 

 

 

Neville sbuffò con aria grave, poggiando sul tavolo la lettera che Emily aveva spedito poco tempo prima.

 

“Allora?” chiese Luna seduta di fronte a lui, estremamente concentrata nella realizzazione di una nuova collana di tappi.

Neville si strinse nelle spalle, vago.

 

“Non ho capito una sola parola di quello che ha scritto”

Lei annuì vaga.

 

“Ha sempre avuto una calligrafia pessima…”

Neville la guardò, con una sopracciglio inevitabilmente inarcato.


“Non è per via della grafia! È che ha sproloquiato per quattro pagine a proposito di solo Merlino sa cosa!”

Luna sospirò, alzando lo sguardo su di lui.

Quella settimana aveva cambiato tipo di tappi con cui realizzare le sue collane e la situazione era più ardua del previsto anche senza che Neville iniziasse con le sue teorie paranoiche.

Urgeva un rimedio veloce.

 

“Non innervosirti Nev…lo sai che ti sale la pressione”

La calma disarmante di Luna lo fece innervosire ancora di più.

 

“Non mi sale la pressione! È che Em è…illeggibile!”

 

Paciockino mio, sono certa che sei tu che non capisci” Neville le lanciò un’occhiataccia.

Quel nomignolo era davvero un colpo basso.

Luna sapeva quanto Neville non resistesse a nulla quando veniva chiamato così.

 

“Sei malvagia…” borbottò lui, incrociando le braccia al petto, tutto rosso in faccia.

Luna gli rivolse a mala pena una sguardo, ridacchiando tra sé e sé.

Distolse per un attimo la sua attenzione dai tappi, concentrandola sulla lettera.

La prese, la lesse velocemente e poi la riposò, riprendendo a fare collane anche più tranquilla di prima.

 

Neville, nel mentre, attendeva delucidazioni.

 

Quando Luna, arrivò a metà collana senza più proferire parola, lui ebbe la netta sensazione che il suo bisogno di traduzione, non era poi così ovvio come credeva.

Si schiarì la voce, rumorosamente.

Una volta.

Due.

Tre volte.

 

“Hai la tosse Paciockino?”

Neville non si degnò neanche di fulminarla con lo sguardo.

Si limitò a diventare di un dignitoso color mattone.

 

Passarono altri minuti.

La prima collana fu messa da parte per far posto ad una nuova, questa volta fatta di tappi rosa confetto di chissà quale bibita che solo Luna era in grado di bere.

 

“Luna , ti dispiacerebbe dirmi cosa succede?!” sbottò lui, alzandosi in piedi.

Lei alzò la testa verso di lui, guardandolo interrogativa, con occhi più tondi del normale.

 

Emily!”

Il sonoro ‘aaaah’ di Luna fece capire a Neville che forse una risposta era in arrivo.

 

“Sbraita perché non riesce a capire i maschi, tutto qui” 

Lui sembrò non capire.

 

“Cosa c’è da capire?!

 

“Ben si arrabbia e non capisce il motivo, James è gentile e non capisce perché, lei arrossisce e odia arrossire e la situazione le sta sfuggendo di mano per il semplice fatto che ha quindici anni e non riesce a capire perché fino a ieri tutto era normale e oggi quel normale è cambiato all’improvviso”.

 

“Perché, che è successo ieri?!

 

“Era unieri’ figurato Paciockino” Neville annuì soprappensiero.

Ora guardava l’infinito come se gli si fosse stato aperto tutto un mondo nuovo davanti agli occhi.

 

Un pensiero improvviso lo fece riscuotere.

 

“E dove stanno scritte tutte queste cose?!

Luna indicò la lettera con un cenno della testa annoiato.

 

Neville la rilesse per l’ennesima volta.

 

“Ma io non leggo nulla di quello che hai detto!”

 

“Non dire sciocchezze!”

 

“Io non dico sciocchezze!”

 

“Parla di Ben?”

Neville lanciò una rapida occhiata hai fogli.

 

“Beh…sì”

 

“Di James?”

 

“Anche”

 

“Sembra arrabbiata?”

 

“Beh…lancia imprecazioni, quindi sembrerebbe di sì”

 

“Si lamenta dei bei tempi andati dell’asilo?”

Neville controllò minuziosamente.

 

“Nel Post scriptum”

 

“Vedi! Cosa ti dicevo? Sei tu che non sai leggere tra le righe!”

Neville sospirò, sconfitto.

Rivolse uno sguardo sognante al frigorifero.

 

Senz’altro un sandwich gli avrebbe tirato su il morale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*affaccising da angolino, con tre bodyguard intorno*

*agiting manina* Heeeeyy? Amori? Ciauuuuuuuuuuuu!!!! ^0^!!

Come state tesorini adorati? Spero tanto di buon’umore! - così non mi picchiate per lo spaventoso, orripilante, terrificante, abnorme, inumano, schifoso ritardo! ^^;;;;;;!!! – Tesori miei, SCUSATEEEEEE TAAAAANTO!!!!  A mia difesa dico che non è stata - del tutto – colpa mia perchè mi si è rotto il Compy!

 In ogni caso se non mi credete ho portato questi pargoli qui *additing ai bodyguards Aldo, Gigi e Martino * nel caso decideste di infliggermi punizioni corporali XDXDXD!

Mi sono già autoflaggellata da sola, vi prego, pietà...ç.ç!!

In compenso, non so se avete notato, ma il chappy è più luuungo dei precedenti, e in più...*rullo di tamburi* *pubblico in delirio* *gente che suda ovunque*  

LE FOTINEEEEEEEE!!!! Ve le avevo promesse ed eccole qui, pronte per voi! ^_________________^!

Intanto ringrazio infinitissimamente evanescense88, daniel14, Nonny Giuly Weasley, Evan88, light lily, Merylin, Silvia91, Elly, Padfoot (me ha visto che ci sono taaaante nuove cosucce nel vostro account! **! Non vedo l’ora di leggere ^0^!), valeria18, SiJay, Saty, Pinkstone e l’immancabile zio Tobia XD (amorina era assolutamente previsto che cambiassero! *facing sisi* in fondo sono diventati adulti no? É normale cambiare un pò, anche se temo che l’idiozia di base rimanga sempre quella ._______.), MaryPotter92,Vichan, redRon, Ginny_Potter, mem, sery black, Hermionina, Chloe88, Redrum, ale, Zia funkia, Lupetta e per ultimo\a, ma non meno importante ... !!!! Grazie mille per aver avuto pazienza, avermi incitato sempre a contuare ed essere sempre genitli con me nonostante faccia sempre un ritardo da far cchifu!

 

E ora...FOTO! *________________________________________*

 

Ellie: http://img299.imageshack.us/my.php?image=elweasleyid7.jpg

 

Andrew: http://img485.imageshack.us/my.php?image=popstar01ih3.jpg  

 

Rex:  http://img485.imageshack.us/my.php?image=rexmalfoyzb3.jpg

 

Jolie: http://img485.imageshack.us/my.php?image=jolieweasleyjp2.jpg 

 

Will: http://img217.imageshack.us/my.php?image=williamdarcywm2.jpg

 

Sophie: http://img485.imageshack.us/my.php?image=sophieweasleypf4.jpg

 

Ben:  http://img217.imageshack.us/my.php?image=gall2yf2.jpg

 

Gilly: http://img65.imageshack.us/my.php?image=11hf0.jpg

 

James: http://img65.imageshack.us/my.php?image=jamespotterza5.jpg

 

Lily:  http://img297.imageshack.us/my.php?image=danithorne1161463646oi4.jpg

 

Emily: http://img65.imageshack.us/my.php?image=emilypaciockbm8.jpg 

 

Helen: http://img129.imageshack.us/my.php?image=fashionweekdinnerparty0rn8.jpg

 

Robin:  http://img352.imageshack.us/my.php?image=robinpaciockwo3.jpg

 

Sylvie:  http://img352.imageshack.us/my.php?image=sylvieweasleykn4.jpg

 

Venus: http://img297.imageshack.us/my.php?image=venusmalfoyvj5.jpg

 

Chris: http://img451.imageshack.us/my.php?image=shanewestwv3.jpg

 

Morgan:  http://img352.imageshack.us/my.php?image=morgantorrespr4.jpg

 

Jack: http://img297.imageshack.us/my.php?image=jackelliotie3.jpg

 

Ian:  http://img66.imageshack.us/my.php?image=gregorysmivespa83221940dh2.jpg

 

David: http://img54.imageshack.us/my.php?image=davidweasleynq4.jpg

 

Santo ciuppino, ma quanti personaggi ho?! O.O;;;!!

Come shono taaaaanti!

Okay...ho finito per oggi!!

Spero che fotine e chappy vi siano piaciuti! ^^!!!

Lasciate un commentino, mi raccomando!

Baciotti potti!

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Capitolo 6
*** Between love and hate ***


Sylvie si sedette sul letto di lui, l’ennesima lacrima le scendeva rapida lungo la guancia

Learning To Breathe

- SUO Second Ground –

 

 

 

 

6.

 

 

 

 

 

 

 

Some days I wake up dreaming
Feels like I've never even woke
I answer life's big questions
As if it's one big joke

 

                               Jeremy Kay – Have it all

 

 

La mattina era ancora giovane quando Ron aprì gli occhi spostandosi dall’innaturale posizione in cui dormiva.

Si stiracchiò leggermente le membra doloranti, con un pigro sorriso contento stampato sul viso.

 

Hermione era decisamente la donna perfetta.

 

Si rotolò tra le lenzuola color pastello abbracciando affettuoso il cuscino di lei.

Sapeva di buono.

Sorrise di nuovo scendendo dal letto con uno scatto atletico e mettendosi qualcosa addosso. Ignorando i muscoli indolenziti di diresse saltellando verso la cucina, canticchiando una canzone vecchia chissà quanto che cantava solo quando era particolarmente di buon umore.

 

“Hermione?” chiamò facendo capolino nel salotto deserto.

 

“Qui!” urlò una voce squillante dal piccolo cortiletto adiacente alla cucina.

Ron la trovò appoggiata allo stipite della piccola porticina gialla sul retro, godendosi l’aria d’autunno.

Le circondò a vita con le braccia e poggiò il mento nell’incavo del suo collo.

 

Hermione sorrise, serena.

 

“È arrivato il momento di dirti il motivo di quello che è successo ieri sera” mormorò, mentre lui le baciava la guancia.

 

“Vai! Sono pronto a tutto!”

Hermione sospirò, sperando fosse davvero così.

 

“Sono incinta. Per davvero, ho anche controllato stavolta!”

Hermione percepì un piccolo miagolio indistinto uscire dalle labbra di Ron. 

 

Si slacciò dal dolcemente dal suo abbraccio, girandosi per guardarlo negli occhi.

 

“Qualcosa non va?”

 

“Un altro!” disse solo, e Hermione non riuscì a capire dal suo tono se era una buona notizia o no.

 

“È...è qualcosa di buono no?” chiese, titubante.

Ron sembrò svegliarsi dal torpore e un lampo gli illuminò lo sguardo.

 

“CERTO CHE LO È!”

Hermione sorrise, sollevata.

Ron emise un altro miagolio (stavolta più entusiasta) e l’abbracciò talmente forte da sollevarla da terra senza neanche accorgersene. 

 

“Hermione! Un altro Weasley morbidoso!”

 

“Sì!” rise lei, contenta.

 

“Mandiamo un gufo ai ragazzi! Chiamiamo mamma e papà! Vestiamoci! Io corro da Harry e Ginny e tu lo dici a Luna e Nev alla locanda! Forza sbrighiamoci!” squittì, rosso d’entusiasmo.

Hermione lo bloccò un attimo, in dubbio.

 

“Vuoi dirlo a tutti proprio ora?” chiese, con uno sguardo che rifletteva con ovvietà il fatto che lei non era d’accordo.

 

“Non vuoi dirlo? Ma...ma fra un po’ cominceranno ad avere sospetti non ti pare?”

 

“Certo che voglio dirlo, Ron! Solo, non ora! E non a tutte le persone che conosciamo!”

 

“Io non voglio dirlo proprio a tutti, ora!” convenne lui. “A Dean, Seamus, Calì, i membri dell’Ordine, Fleur, i miei fratelli, Gabrielle e a Vicky manderei un gufo o qualcosa del genere!” Hermione lo fulminò.

 

“Lo diremo a tutti a Natale” disse, con una voce tale da non ammettere repliche.

Ron spalancò gli occhi.

 

Ma Natale è fra poco meno di un mese! E poi non ce la faccio a mantenere la bocca chiusa per tutto questo tempo!”

Hermione sembrò pensare per qualche secondo.

 

Che Ron se lo sarebbe fatto scappare con qualcuno, di proposito o no era un dato di fatto.

 

“Beh...possiamo dirlo a Harry e Ginny! E...e a David! Vive con noi, lo capirebbe

Ron annuì tutto contento.

 

Rimasero qualche istante in silenzio.

Poi Ron parlò facendo trasalire Hermione.

 

E stavolta non discuto!” esordì, guadagnandosi la prima occhiataccia di lei. “Lo chiameremo Romuald!“

 

“RON!”

 

“Che c’è?! È un nome bellissimo!”

 

“Non chiamerai mio figlio in quel modo!”

Il tono di Hermione suonava come un minaccia che Ron colse al volo.

 

“È un nome bellissimo” borbottò.

Hermione sospirò.

Poi sorrise, guardandolo borbottare di sottecchi.

 

Un’altra nottata e quel nome se lo sarebbe dimenticato. 

 

 

 

 

*

 

 

 

L’aria del mattino era ancora fredda quando Jolie entrò nell’aula di astronomia.

Un sorriso le illuminò il volto notando un groviglio di capelli rossissimi che si muoveva accarezzato dalla brezza di fine autunno.

 

“Ti ho cercata dappertutto” mormorò facendo qualche passo avanti.

Ellie non si girò neanche per vedere chi stesse parlando.

 

“Non sei neanche tornata in dormitorio stanotte...

Jolie esitò qualche istante prima di affiancarla. Appoggiò le braccia sulla balaustra rivolgendo lo sguardo verso l’altra.

 

Sembrava…assente.

Gli occhi tristi erano rivolti verso un punto imprecisato della Foresta Proibita, il respiro appena accennato, le mani gelate dal vento.

 

“Dovremmo rientrare…” propose Jolie, mettendole le mani sulle spalle immobili. 

Ellie si scostò lievemente, quanto bastava per liberarsi dalla debole presa dell’altra.

 

“Tu rientra” soffiò solo, con la voce impastata di pianto.

Jolie la guardò dispiaciuta.

 

Andy mi ha detto tutto” disse, controllando le reazioni dell’altra. “…e…beh, lo sai che non pensava tutte quelle cose” mormorò, cercando di sorridere.

Solo allora Ellie si girò verso di lei, uno sguardo duro e triste allo stesso tempo.

 

E tu ovviamente gli credi! Che novità!” rise, furiosa. 

Jolie la guardò, senza capire.

 

“Io non…”

 

“Oh, ora non farai la finta tonta, vero?” disse, alzando notevolmente il tono di voce. “Mi ha infamato, ha detto cose orrende, quando io sono sempre stata l’unica a stargli vicino!”

 

“Non essere ingiusta ora…” mormorò Jo, incrociando le braccia al petto.

 

“Io non sono ingiusta! Sono realista, che è di gran lunga differente”

 

“Sai bene quanto me che Andy ti vuole bene!”

 

E tu non riesci a sopportarlo, vero?”

Jolie sbuffò per trattenere una risata nervosa.

 

“Cosa c’entra ora, con quello che è successo?!

Ellie la guardò, stringendo i pugni dalla rabbia.

 

“C’entra eccome! Scommetto tu abbia fatto salti di gioia quando hai saputo del nostro litigio! Quale occasione migliore per metterti in luce, no?”

Jolie sgranò gli occhi dalla sorpresa.

 

“Non sarai seria, vero!? Ti rendi conto di quello che dici?!

 

“Me ne rendo contro eccome!”

 

“El, io ero venuta qui perché ero preoccupata!...”

 

“Potevi risparmiarti la fatica!”

 

“Tu…tu non sai quello che stai dicendo…” mormorò Jolie, gli occhi pieni di lacrime e le guance arrossate dal freddo.

 

“Ti ripeto che so esattamente quello che dico! Sei solo patetica! Scommetto perfino che tu sia mia amica solo per stare vicino a Andrew!”

 

“IO ERO VENUTA QUI PER CONSOLARTI!” urlò, mentre la prima lacrima scendeva pesante lungo il suo viso. Se l’asciugò veloce con la mano, mentre un singulto la fece tremare quasi completamente.

 

“DIMMI COSA TI DA IL DIRITTO DI PARLARMI COSì! TU NON PUOI! IL MONDO NON è AI TUOI PIEDI E IO SONO STANCA DELTUO EGOCENTRISMO!” respirò a fondo, mentre un altro singhiozzo le riempiva il petto.

Ellie, di fronte a lei, la guardava in silenzio.

 

“Tu non sei l’unica a capire le cose, non sei l’unica ad avere problemi, non sei l’unica a trovare la vita difficile e non sei l’unica a tenere a Andy nel modo che intendi tu” disse poco dopo, con voce meno tremante possibile. “...magari ai ragione…sono patetica! Contenta ora? Hai ragione tu!...ma non ti permetto di parlarmi così.”

La guardò negli occhi, prima di avviarsi verso la porta. “Io ti voglio bene El.” Mormorò, frazionandosi le braccia con le mani. “Ma temo dovrai scendere a compromessi, perché se continui con questo atteggiamento presto non avrai più nessuno attorno da comandare”.

 

Jolie chiuse la porta, alle sue spalle, lasciando Ellie di nuovo sola.

Un singhiozzò sordo uscì dalle labbra di lei, subito bloccato da una mano tremante.

Si appoggiò e scivolò lentamente contro il muro, desiderando intensamente di essere inghiottita. Si massaggiò leggermente il polso dolorante, tirando su con il naso.

 

 Il vento soffiò più forte, scompigliandole violentemente i capelli.

Ellie respirò a fondo l’aria gelata.

 

Quello – ne era sicura – sarebbe stato vento di cambiamenti.

 

 

 

*

 

 

 

Quando tuo fratello è innamorato della tua migliore amica, non è mai una cosa buona.

Per prima cosa, l’esaurimento nervoso della malcapitata cresce fino a sfiorare limiti dell’umana sopportazione inimmaginabili.

Lui è irritante perché diventa zuccheroso e stramaledettamente sentimentale.

Lei è tranquilla e pacata, ignara dell’intera situazione.

L’altra è sull’orlo della crisi di nervi perché non sa come comportarsi.

 

Decisamente una brutta situazione.

 

Lily Potter si massaggiò nervosamente la tempia, al culmine dell’ennesimo racconto di Helen Paciock sulla leggendaria collana di sua madre, ereditata giusto l’estate scorsa.

 

“…E così me la diede. Ero così contenta quando avevo quella collana tra le mani” disse Helen con voce piatta e un sorriso sereno sul volto.

Lily non poté impedirsi di sorridere.

 

Rivolse uno sguardo distratto alla finestra e incrociò lo sguardo di James, intento a spiarle abbarbicato alla sua scopa.

Lily emise un urletto disarticolato.

Helen salutò James con la mano, con tranquillità inaudita.

James per poco non cadde.

 

“Ma da quand’è che è lì?!” squittì Lily portandosi una mano al petto e lanciando un’occhiataccia al fratello, che giudicò saggio cominciare a svolazzare un pochino più lontano.

 

“Almeno da metà racconto” disse Helen, con voce meditabonda.

Lily la guardò.

 

“E non hai detto niente?! Merlino quell’idiota sembrava un maniaco!”

 

“Sarà stato interessato anche lui alla storia della collana” mormorò lei, sicura.

Lily fece cadere il discorso, psicologicamente esausta per ribattere.

 

L’ennesimo passaggio di James e una nuova occhiataccia ricordarono a Lily che non poteva lasciar cadere il discorso.

Lei era lì per un motivo preciso, non bisognava scordarlo.

Mettere in buona luce il suo fratello idiota di fronte agli enormi occhi all’infuori della sua più cara amica.

 

James sapeva essere convincente quando voleva.

E se voleva davvero era anche pedante, isterico, ossessivo e inverosimilmente appiccicoso.

Tutte cose che – state certi – lo aiutavano a raggiungere la sua meta.

 

Lily sospirò, girandosi con un sorriso stanco verso Helen, assolutamente concentrata nella creazione di una nuova collana a immagine e somiglianza di quella di Luna.

 

Hel…ehm…che ne pensi di James?” chiese, quasi avendo paura della reazione dell’altra.

Helen la guardò con i suoi enormi occhi chiari, più dilatati del normale, mentre un rossore appena accennato le colorava le guance.

 

“È buffo” disse semplicemente, tornando a concentrarsi sulle collane.

Lily annuì meditabonda.

Buffo era un buon modo di iniziare se si parlava con Helen Paciock.

 

“Oh, mio fratello è molto buffo!” disse, enfatizzando le parole in maniera esagerata.

Rivolgendo uno sguardo distratto a James che svolazzava ancora fuori dalla finestra, Lily non sentì di stare mentendo.

Più che altro le sembrava che ‘buffo’ fosse un complimento confrontato al suo gemello scemo.

Sospirò, di nuovo.

Si girò verso Helen, decisa a continuare quello che aveva iniziato.

 

Via il dente via il dolore…poi se la vedono loro!

 

“…Sai…oltre che buffo, la maggior parte delle volte è anche molto simpatico! Sono certa che ti trovi favolosa!”

Helen rivolse un’occhiata a James fuori dalla finestra.

Il sorriso di lui si allargò da un orecchio all’altro.

 

“James è buffo” ripeté. “…credo gli farò una collana”

Lily squittì, mettendosi le mani sulla bocca.

Helen non faceva mai collane se non come segno d’affetto profondo.

 

“Davvero!?” urlò quasi, spalancando gli occhi.

Helen annuì, arrossendo in maniera leggera.

 

“Allora…” mormorò “Meglio tappi di burrobirra o di idromele?”

 

Lily fissò i tappi praticamente uguali con espressione basita.

 

Forse…forse non sarebbe stato così difficile come credeva.

 

Idromele...” rise. “Senz’altro idromele!”

 

 

 

*

 

 

Sweet boy, come in
I am the dark side of you
Die for my sins
Like the One once did
Cinnamon bed
For your unashamed appetite
A figurant
This dance will hurt like hell

 

                       Nightwish – Bare Grace Misery

 

 

 

Rex si passò una mano sugli occhi, massaggiandoseli in maniera stanca.

Ogni cosa stava diventando davvero troppo per lui.

 

Era una vita che combatteva contro qualsiasi cosa.

Combatteva, perché era giusto che lo facesse e perché il ghiaccio benché impossibile da modellare a proprio piacimento, poteva essere quanto di più facile da annientare.

Però lui lo manteneva solido.

Compatto.

Imperturbabile.

Perché ne andava della sua vita.

 

Solo entrando a contatto con il fuoco, il ghiaccio si scioglie irrimediabilmente.

Lui per anni si era guardato bene dall’avvicinarsi al fuoco, per anni era sopravvissuto con la convinzione di non aver neanche lontanamente bisogno di quello che lentamente lo avrebbe ucciso se solo ci si fosse avvicinato.

 

Le emozioni uccidono.

Rendono deboli.

Lui lo sapeva e si proteggeva da quel fuoco che così apertamente minava a distruggerlo.

Non si sarebbe piegato a cose tanto futili e stupidamente controllabili.

 

Eppure nonostante anni e anni di pratica, qualcosa di inaspettato, un fuoco improvviso, stava attentando al suo cuore ghiacciato.

 

Rex si morse il labbro inferiore, incattivito da quella sensazione incontrollata che gli faceva dolere il petto.

 

Dio, quanto la odiava.

 

E la odiava perché era tutta colpa sua.

Lo aveva completamente soggiogato e mai lui avrebbe permesso una cosa del genere se solo se ne fosse reso conto in tempo.

Odiava lei e odiava ancora di più se stesso per la leggerezza con cui aveva preso l’accenno di desiderio che lo aveva vagamente riscaldato quando gli si era insinuato nel petto.

 

Desiderio di lei.

 

Rex inspirò profondamente, appoggiando la testa contro lo schienale della poltrona della Sala Comune.

 

Un mano sconosciuta gli accarezzò appena le spalle, un lieve ticchettio risuonò nella stanza silenziosa e deserta.

Rex aprì gli occhi cerulei pur sapendo a chi appartenessero quei passi.

 

“È stata una giornata dura” il tono di voce di Morgan non era interrogativo.

I suoi occhi mostravano sicurezza e neanche una traccia di dolore al ricordo del loro ultimo incontro.

 

Incredibile quanto l’amore possa provocare.

Morgan aveva sentimenti, emozioni, paure, e di certo non aveva dimenticato quello che Rex le aveva detto nella sua camera qualche tempo prima.

 

Eppure era lì.

Di nuovo.

Con lui, in attesa di un qualche segno d’amore, che lei sapeva, non sarebbe mai arrivato.

 

Rex però aveva ragione.

Il suo cinismo e la sua protezione dai sentimenti erano in qualche modo utili.

Lei era una Serpe.

E se lei non poteva averlo, avrebbe tratto la sua voglia d’amore dalle debolezze dell’altro.

Il suo vantaggio era quello di conoscere a fondo Rex, più di quanto lui stesso si sarebbe mai aspettato.

 

Era solo questione di trarre da parte l’orgoglio, rinchiuderlo in un cantuccio quanto più nascosto possibile e continuare a fingere.

Perché in fondo questo si fa sempre.

 

Nella vita si finge.

 

“Dovresti rilassarti” un tono stucchevole, zuccheroso, minimamente ostile e accondiscendente.

Morgan iniziò a massaggiargli le spalle in maniera delicata e appena accennata.

 

Era uso reciproco, in fondo.

Rex non si sentiva in colpa nel trattare male Morgan semplicemente per il fatto che lei, tornando da lui ogni volta, era come se chiedesse di farlo.

Lui era fatto così, e se veniva accettato per quello che era, bisognava tenere in conto ogni cosa.

 

Morgan non si sentiva in colpa nel trarre popolarità da lui.

Era infamata, usata e violata da lui in qualsiasi momento e in qualsiasi accezione questi termini potevano essere usati.

Si meritava quello per cui soffriva.

 

Lui sospirò compiaciuto, quando lei lo fece stendere.

Morgan lo baciò appena sulle labbra, passandogli le mani sul petto lentamente e in maniera costante.

 

“Sai piccina, potrei abituarmi a queste smancerie... mormorò, mentre le labbra di lei indugiavano sul collo di Rex.

 

Improvvisamente un’immagine diversa si fece largo nella mente di lui.

Un’immagine inizialmente sfocata, indistinta, ma provocante ed inaspettatamente esaltante.

 

Mise prepotentemente le mani sui fianchi di Morgan, sollevandola e portandola su di lui.

Lei lo baciò con maggiore intensità e questa volta l’immagine nella mente di lui si fece più chiara e dolorosa.

 

Eleanor Weasley.

 

Rex spalancò immediatamente gli occhi, spingendo via Morgan violentemente.

 

“Che ti prende?!” disse lei reggendosi al bracciolo.

Lo vide respirare affannosamente, passarsi una mano sulla fronte imperlata di sudore.

Guardò per un attimo il vuoto, più che disgustato dai suoi istinti selvaggi e incontrollabili; poi rivolse il suo sguardo ghiacciato a Morgan, che ancora lo fissava intimidita.

Si avvicinò a lei con uno scatto, baciandola con irruenza.

 

Doveva cancellarla dalla sua testa.

Lei lo avrebbe ucciso.

Doveva precederla oppure soccombere.

 

Accarezzò fugace le guance di lei, scendendo lungo il collo fino ad arrivare alla cravatta, diligentemente legata sulla camicia ancora del tutto allacciata.

 

Si liberò velocemente della cravatta, concentrandosi sui bottoncini della camicia candida.

Quando fu completamente aperta e la sua attenzione venne catturata dalle bretelline ricamate del reggiseno, di nuovo l’immagine di Eleanor comparve veemente nella sua testa.

Piccola e calda tra le sue mani callose e violente, la riusciva a sentire in maniera vivida sotto di lui, mentre cercava di trattenere sospiri rubati.

 

Le sue mani viaggiavano lente sul corpo di Morgan completamente arresa nella sua stretta, ma la sua mente era schiava di una fantasia che era malcelata e velenosa.

 

Affondando il viso nell’incavo del suo collo, sentì un brivido di piacere attraversare tutta la lunghezza della sua spina dorsale, accarezzando i suoi fianchi un senso di forza, di vittoria s’impadronì del suo petto, mentre il confine tra realtà e fantasia diventava ogni secondo più labile e difficile da gestire.

 

“Rex...” la voce strascicata di Morgan, lo fece riscuotere per la seconda volta nel giro di pochi minuti.

Aprì gli occhi sottraendosi al suo corpo, per incontrare lo sguardo profondo della sua vera amante.

 

Un moto di disprezzo nei confronti di se stesso e di lei lo fece scostare con ancora più violenza dal corpo seminudo di Morgan.

 

La spinse via, come fosse un qualcosa di orribile e detestato.

Morgan cadde a terra, ma Rex non sembrò preoccuparsene particolarmente.

 

La guardava con terrore, ma non la vedeva realmente.

Lui stava combattendo contro se stesso e contro la sua mente, e stava perdendo inesorabilmente contro il suo stesso desiderio di calore.

 

Un singhiozzo soffocato di Morgan, lo fece tornare alla realtà.

Rivolse uno sguardo verso il basso e la vide in tutta la sua fragilità.

 

Lei si alzò con le lacrime agli occhi, coprendosi alla bene e meglio per cercare di avere un’uscita più dignitosa possibile.

 

“Io...” un singhiozzo la costrinse ad arrestarsi. “Io...non so davvero come non farmi odiare da te” mormorò, guardandolo negli occhi e studiandolo con una profondità che lo mise a disagio.

 

Morgan andò via, raccogliendo qua e là le sue cose, senza guardarsi indietro.

 

Rex si accasciò sul divano, mettendosi entrambe le mani tra i capelli.

 

Aveva commesso un grave errore di valutazione. 

Lei lo aveva già ucciso.

 

 

*

 

 

 

Robin, si mosse nervosamente sulla sedia, guardando Sylvie piangere distesa sul suo letto.

Vedeva il suo corpo tremare, piegato a violenti singulti, e non una parola era uscita dalla sua bocca da quando lei era entrata nella sua camera.

 

Era solo andata lì, aveva guardato Robin negli occhi e lui l’aveva fatta sedere.

Poi lei aveva cominciato a giocare con i lembi della sua coperta e ben presto – Robin non seppe mai in che momento di preciso – lei iniziò a piangere, dando sfogo a tutto quello che aveva dentro.

 

In una situazione normale, lui l’avrebbe certamente abbracciata, o almeno avrebbe cercato di fare qualcosa per consolarla, ma se illui’ in questione, si chiamava Robin Paciock, è chiaro che la situazione cambia radicalmente.

 

Incapace di fare qualsiasi cosa – tranne un piccolo colpetto sulla spalla che le diede all’inizio – si era semplicemente seduto poco lontano, lasciandola a se stessa.

 

Senza contare che a dirla tutta Robin non aveva del tutto digerito il trattamento che lei gli aveva riservato qualche tempo prima.

Ma non aveva importanza.

Robin si sentiva troppo un perdente per credere di avere il diritto di portare rancore.

 

Quasi un’ora dopo il suo arrivo, senza un’apparente motivo, Sylvie si alzò a sedere, mentre l’ennesima lacrima le scendeva rapida lungo la guancia.

 

“Mi dispiace per quello che ti ho detto l’altro giorno…” cominciò lei, con gli occhi fissi sul pavimento. “È solo che non era esattamente un buon momento…” accennò un sorriso, alzando leggermente lo sguardo.

 

“Non…non devi scusarti…” mormorò lui con poca convinzione. “Capitano momento no!” le sorrise, sedendosi su una sediolina accanto alla finestra. 

Lei non sembrava particolarmente consolata.

Non sembrava neanche particolarmente toccata dal fatto che lui l’avesse perdonata, a dire il vero.

 

“C’è…c’è qualcosa che non va?” chiese lui, guardandola di sottecchi, non del tutto sicuro di volerlo realmente sapere.

Lei tirò su con il naso.

 

“Cos’ho che non va?” chiese semplicemente, guardandolo fisso negli occhi come se volesse perforargli l’anima.

 

Robin rimase spiazzato.

Si mosse nervosamente sulla sedia, arrossendo e schiarendosi la voce senza un apparente motivo.

 

Tu non hai nulla che non va.

 

“Non saprei…perché dovresti avere qualcosa di sbagliato? Tu non hai proprio nulla che non vada!” assicurò, sorridendo timidamente.

Sylvie distolse lo sguardo.

Si alzò dal letto e Robin la vide studiare attentamente una foto sua e delle sue sorelle, poggiata sul grande cassettone insieme a molte altre dei suoi compagni di stanza.

 

“Non sono certa tu possa capirmi” disse solo.

Per lui sortì l’effetto simile ad una pugnalata.

Si sforzò di controllare le sue reazioni, mentre un moto di rabbia inaspettata gli saliva nel petto, squarciandolo.

 

“Beh…potresti provare…io…sono un buon ascoltatore!” sussurrò lui, quasi avendo paura delle sue reazioni.

 

“Va bene” disse con voce stranamente indurita.

 

“Venus Malfoy ha vinto” ringhiò, con voce incattivita.

Mentre lo diceva non guardava né lui né qualcos’altro nella stanza. Sembrava fuori da quel posto, astratta da quella situazione.

Robin boccheggiò, non sapendo cosa dire.

 

“Chris sta con lei” continuò, mentre un nuovo singhiozzo le riempiva il petto.

Di nuovo, come sempre nella sua vita, Robin sentì di aver perso.

 

Rise di se stesso nella sua testa, per aver anche solo pensato per un secondo di poter avere qualche possibilità con lei.

 

I perdenti non vincono mai, idiota.

 

È un dato di fatto.

Visto sotto un certo punto di vista è anche giusto che sia così.

La gente vince, la gente perde.       

È il caso – o il destino – che decide il chi e il come.

Dettagli irrilevanti per un disegno tanto grande.

 

Sylvie alzò gli occhi su di lui, in attesa di un qualche commento.

Robin non alzò lo sguardo per fronteggiarla, ma seppe che i suoi occhi erano su di lui, in attesa di un qualcosa.

 

“Mi…mi dispiace” mentì.

La perversa consolazione che la gente trova quando si sta male è che anche gli altri lo siano allo stesso modo.

Perverso, ma equo.

 

Nella sua maschera di perdente, Robin aveva trovato una sorta di fuga dalla vita.

Era arrivato ad una sorta di conoscenza; ogni reazione, ogni opinione, ogni gesto nervoso, lui riusciva a riconoscerlo e a decifrarlo in qualsiasi persona.

 

Sapeva che quando sua madre era preoccupata per qualcosa o pensava a cosa preparare per cena, faceva collane solo con tappi di burrobirra.

Sapeva che quando sua sorella Emily saltava la cena aveva litigato con Ben.

Sapeva che quando Ben faceva indigestione aveva litigato con Emily.

 

La solitudine lo aveva portato a conoscere più persone di chiunque altro.

Erano le persone che non conosceva lui.

 

Sylvie emise un suono strano, risvegliandolo dai suoi pensieri.

La vide ridere, innervosita.

 

“Sapevo che non avresti capito!” disse sprezzante.

 

Cosa?!”

 

Cosa credi che basti un ‘mi dispiace’ poco convinto per tirarmi su di morale?! Ti vanti tanto di essere mio amico, ma credo tu sia davvero poco capace!”

Robin rimase in silenzio, guardandola urlare.

 

“Non sai proprio fare altro?” chiese, rabbiosa. “Sai cosa sono gli amici Robin? Gli amici sono quelli che ti sostengono! Sono quelli ti abbracciano quando piangi, sono quelli che ti tirano su o almeno provano a farlo! Robin la persona che amo, che sogno la notte da quando avevo dodici anni, la persona per cui io respiro si sta sbaciucchiando con la puttana che odio di più al mondo!”

 

“BASTA!” urlò lui, improvvisamente, un tono duro e inaspettato nella sua voce solitamente insicura.

Sylvie lo guardò, attonita, asciugandosi velocemente la guancia bagnata.

 

C-cosa?”

 

“Mi hai sentito!” urlò, alzandosi. “Chi diavolo ti credi di essere, eh? Io so cosa vuol dire essere amico di qualcuno! Io lo so! Ma tu, invece?! Tu che ne sai, eh? Ti reputi un’amica?!

 

“Robin, ma…” squittì lei, gli occhi increduli fissati sul suo viso rabbioso.

Lui si passò una mano fra i capelli, nervoso, prendendo a camminare avanti e indietro per la stanza.

 

“Ti sei mai chiesta…” continuò, girandosi verso di lei. “…cosa possono provare quelli che ti circondano?! No, vero?” rise, distogliendo lo sguardo. “Non te ne frega un cazzo degli altri, come potresti! Basta che tu sia in pace con il mondo con la tua vita perfetta, no? Poi che il povero scemo qui, muoia dietro ogni parola che mormori non importa!”

Lei ridusse gli occhi a due fessure.

 

Cosa vuoi dire, ora?! Mi darai anche tu della viziata egocentrica? Non avete proprio fantasia, voi! Mi infamate, quando neanche vi disturbate a conoscermi!”

 

Io ho provato! HO PROVATO AD ESSERE TUO AMICO! HO PROVATO A CAPIRTI, HO PROVATO A CONSOLARTI! MA TU, VIE?...TU HAI MAI PROVATO A FARLO?!”

Sylvie boccheggiò.

 

“Non darmi colpe che non ho! Non te lo permetto” rispose, dura.

Robin, rise furioso.

 

“Lungi da me l’idea di rovinare la giornata alla nostra reginetta!” rise di nuovo, guardandola assumere un’espressione furiosa. “È bello quando tutti ti ascoltano, no? Vedere tutti che pendono dalle tue labbra, sapere che qualunque stronzata ti passerà per la testa verrà sicuramente apprezzata! Poi però che succede? Il mondo crolla. E allora corriamo dallo scemo di turno, giusto?! E qui entro in scena io! Quello stupido, quello sfigato…magari simpatico, ma decisamente da evitare quando si è in giro per il castello!”

 

“Non mi sono mai vergognata di te!”

 

“Vie…da quanto esattamente hai notato la mia esistenza? Quando, qualche settimana fa mi sei venuta addosso, non è vero? Lascia che ti svegli, principessa, noi viviamo nello stesso luogo, frequentiamo le stesse lezioni da cinque anni!”

Sylvie rimase zitta, guardandolo fisso.

 

Robin la guardò, sconfitto.

 

Eppure sono stato qui, quando ne hai avuto bisogno! Ti ho vista piangere, ti ho provato a consolare, anche se non sono abbastanza per te…non sono alla moda, non sono bello, non sono particolarmente ricco…non sono nulla! Eppure sono stato qui. E…” s’interruppe, pesando bene le parole. “E nonostante…” mormorò infine, appena un sussurro si riusciva a percepire. “…nonostante

Chris ti abbia spezzato il cuore tu continui ad amare lui anziché me.

 

Sylvie cercò a tentoni il comodino dietro di lei, provando a sostenersi.

Robin sembrò tornare improvvisamente in sé.

 

“Scusa” disse solo lui, abbassando lo sguardo. “Non ho il diritto di dirti quello che devi o non devi fare…”

 

“Io…io non credo di aver…”

 

“Oh già…” mormorò. “Quando dici che nessuno ti capisce…beh…ora sai che non è vero. Io capisco.” Disse non trovando il coraggio di guardarla negli occhi. “Capisco tutto, anche se credi il contrario.

 

“Tu dovevi dirmelo!” disse lei, le lacrime minacciarono di ricominciare a uscire.

 

“L’ho fatto!”

Sylvie sbuffò camuffando una risata nervosa.

 

“Non mi aspetto nulla da te” mormorò, riaccasciandosi sulla sediolina. “Non ne ho il diritto! Neanche nei miei sogni più belli, avrei il diritto di sperare…” la nota di amarezza nella sua voce, le fece male.

 

“Robin, io ti voglio bene…” mormorò lei, la voce impastata di lacrime.

Lui le sorrise.

 

“Lo so!”

Lei sorrise, continuando a piangere.

 

Però mi lascerai anche tu” nella sua voce non c’era interrogativo.

Sylvie sapeva bene quanto lui quanto potesse essere difficile.

 

“Non dipende da me, né da te…sono umano Vie! Non riuscirei a sopportare quello che tu provi per lui, esattamente come non lo sopporteresti tu”

Lei annuì, consapevole.

 

Lo vide alzarsi e dirigersi verso la porta.

 

“Io…credo che andrò a prendere una boccata d’aria” mormorò, lasciandola sola nella stanza.

Sylvie si accasciò sul letto di lui, stringendosi le coperte al petto, in cerca di calore.

 

Sola di nuovo.

Non avrebbe resistito a lungo stavolta.

 

 

 

*

 

 

 

“...e quell’idiota si è fatto scappare la pluffa, che per poco non colpiva la mia scopa! Capisci, è stato terrificante! E lo ha fatto apposta, ne sono sicuro! Chris Bennet è un imbecille!”

James sembrava davvero troppo preso dal suo avvincente racconto – che ormai stava arrivando alla sua terza ora di fitta narrazione – per accorgersi che Emily Paciock aveva cominciato a sospirare in maniera decisamente troppo sognante per ascoltare la sua storia.

 

“...e lo sai perché mi voleva colpire?! Perché mi stavo avvicinando in maniera compromettente a Steve!”

Emily si corrucciò leggermente.

 

“Chi è Steve?” chiese, sbattendo le ciglia in maniera esagerata.

James non sembrò averlo notato.

 

“Il boccino! Noi lo chiamiamo Steve!”

Lei annuì, benché non sembrasse del tutto convinta.

 

“...Comunque dicevo...Bennet mi aveva colpito per far prendere a Malfoy il boccino! Mi ha lanciato la pluffa deliberatamente addosso! Ed è contro le regole!” esalò concitato.

 

Ma...” mormorò lei, quasi dispiaciuta di doverlo contestare. “...Bennet è Serpeverde...non dico che sia ovvio che infrangano le regole, ma...insomma ci sarebbe da aspettarselo!”

James sembrò riflettere a quelle parole.

 

“Non ci avevo pensato” disse infine, sorridendole.

Emily arrossì in maniera pressoché totale.

 

Comunque abbiamo vinto, no? È questo che conta!”

Il sorriso di lui si allargò maggiormente.

 

“Già!”

 

“Sei...sei stato fantastico in campo!” biascicò Emily, con voce stridula dall’imbarazzo.

Lui, sembrò a disagio.

Emily lo vide spalancare gli occhi e muoversi nervosamente nella poltroncina, guardando qualcosa che era dietro di lei.

 

Lei si girò, ritrovandosi Ben di fronte.

 

Scattò in piedi, guardando prima James e poi di nuovo Ben.

 

“Io...io credo...credo che andrò a letto” disse solo, quasi correndo su per le scale del dormitorio femminile.

 

James e Ben, rimasti soli, si scambiarono un lungo sguardo.

 

“Allora...” esordì Ben, incrociando le braccia al petto e sorridendo, irritato. “Avete già deciso la data?”

James ridusse gli occhi a due fessure.

 

“Prego?”

 

E lei ha già scelto il vestito, le damigelle e tutto il resto? È impegnativo!”

 

“Non fare l’idiota! Sai benissimo che Em e me non c’è niente!”

Ben sbuffò, camuffando una risatina nervosa.

 

“Certo! Io lo so! Em, invece?”

James lo guardò, senza capire. “Lei non sa che ti piace la sua gemella, vero?! Nessuno si preoccupato di dirle che tu non stai facendo altro che prenderla in giro!” 

 

“Ben, calmati ok? Non ho intenzione di litigare con te per qualcosa che non ho fatto!” gli occhi di Ben cominciarono a scurirsi di rabbia.

 

“Tu lo fai in continuazione.”

 

“Cosa di grazia?! Emily è una mia amica!”

 

“Sfoderi i tuoi sorrisi, le tue occhiate, sembra che tu ti concentri in maniera spaventosamente attenta nei tuoi tentativi di rubarla a me!”

James rimase spiazzato e Ben sembrò rendersi conto di quello che aveva effettivamente detto solo dopo che gli uscì di bocca.

 

“Io...” mormorò James, “...io non voglio rovinare la mia amicizia con te! Sei come un fratello! E...e...io, davvero, non sapevo che...”

 

“Senti, lascia stare” disse Ben, duro.

Si passò una mano tra i capelli, respirando furiosamente, mentre le sue orecchie si tingevano inevitabilmente di rosso acceso.

 

“Io ho occhi solo per Helen, lo sai!” ribadì James, con voce stridula.

Ben annuì.

 

E io sono solo un idiota invidioso”

 

“Non sei idiota, né invidioso! Sei solo innamorato!”

Ben emise un miagolio molto simile a quelli di suo padre durante i momenti di nervosismo.

 

“Io non sono innamorato!” squittì, schifato.

James cercò in tutti i modi di trattenersi dal ridere.

 

“Emily è irritante! E...e molesta! Senza contare che è arrogante e saccente! È insopportabile!”

 

“Immagino che zio Ron non ti abbia mai raccontato la sua storia con zia Hermione, vero?”

Ben si corrucciò.

 

“No! Perché avrebbe dovuto?!

James agitò un mano in aria.

 

“Lascia stare. Lo saprai quando sarà tempo”

Ben alzò le spalle, non particolarmente interessato.

 

“Ora...saliamo in dormitorio? Urlarti addosso mi ha fatto perdere molte energie”

James annuì, iniziando a salire, subito seguito da Ben.

 

Il silenziò calò nella stanza ormai deserta.

Emily scese le poche scale che aveva percorso prima di fermarsi ad ascoltare la discussione tra James e Ben.

 

Si appoggiò contro il muro, portandosi una mano sul petto.

 

Ora le cose sarebbero cambiate.

Nessuno aveva più il controllo di nulla.

 

 

 

*

 

 

I'm just a kid
And life is a nightmare
I'm just a kid
I know that it's not fair
Nobody cares cuz I'm alone and the world is
Nobody wants to be alone in the world
Nobody cares cuz I'm alone and the world is having more fun than me tonight
I'm all alone tonight
Nobody cares tonight
Cuz I'm just a kid tonight

 

                                   Simple Plan – I’m just a kid

 

 

Ellie camminò a lungo per i corridoi del castello senza una meta apparentemente precisa.

Camminava e camminava, desiderando fortemente di non essere lì, e di scappare via da quel posto dove – per colpa sua, lei se ne rendeva assolutamente conto – ora non aveva più nessuno.

 

Le faceva male il petto pensando a tutto quello che aveva detto; malediceva la sua impulsività.

La rendeva immatura.

Debole.

Sola.

 

Si frizionò leggermente le braccia, alla ricerca di calore.

Guardandosi intorno si rese conto di non sapere effettivamente dove si trovasse.

Sbuffò.

 

Mi mancava solo di perdermi.

 

Imprecò sottovoce, cominciando a percorrere velocemente corridoi che non aveva mai visto prima.

Cominciò a correre sempre più veloce con il passare dei minuti, spaventata all’idea di ritrovarsi sola chissà in quale ala del castello.

 

Rabbrividì al pensiero di chi avrebbe potuto incontrare in quei corridoi solitari.

 

Quando finalmente incontrò un piccolo gruppo di studenti, il suo respiro tornò ad essere regolare.

Si guardò intorno e si accorse di essere esattamente a metà strada tra la sala comune Grifondoro e l’infermeria.

 

Si bloccò.

 

Era solo questione di scegliere, ora.

Essere sola o avere qualcuno da amare.

 

Senza neanche pensarci cominciò a correre verso l’infermeria.

 

Corse veloce, non curante di nulla e con gli occhi fissi davanti a sé, senza però guardare qualcosa in particolare, arrestandosi solo di fronte al grande portone socchiuso dell’infermeria.

 

Sentendo le voci di Andrew e Jolie, per la prima volta da quando aveva iniziato a correre ebbe paura di non riuscire a scusarsi con loro.

Si conficcò le unghie nei palmi con violenza, nel momento stesso in cui il pensiero di non farcela le passò per la mente.

Non era il momento di fare la codarda. 

 

Spinse lievemente il portone, rivelando la sua figura agli altri due.

Un silenzio angosciante calò su tutta la sala.

Ellie avanzò lentamente verso di loro, i suoi passi riecheggiavano lenti e costanti nell’eco silenzioso.

 

“Io...” esordì, prendendo un respiro prima di guardarli negli occhi. “Io...sono un’idiota”

 

Dalle loro espressioni, Andrew e Jolie sembravano decisamente sorpresi da quello slancio autocritico.

 

“...avete ragione!...Su tutto! Sono immatura, egocentrica e fondamentalmente imbecille... accennò un sorriso, guardando il pavimento e tormentandosi le mani. “...Ma...ma...” prese un respiro, alzando lo sguardo. “...mi avete sopportato per tanto tempo... Jolie e Andrew si scambiarono uno sguardo. “...Non...non vorreste fare questo sacrificio per...diciamo...altri cinquanta o sessant’anni?” Jolie si lasciò scappare un sorriso.

 

“El...” disse Andrew, con sguardo severo. “Hai ragione. Sei un’idiota” Ellie annuì mortificata.

 

“Geni paterni, sospetto”

 

“NON SCARICARE LE COLPE!”

Ellie si fece piccola, piccola, mentre Jolie, accanto a lui continuava a ridacchiare.

 

“No. Scusa.”

 

“Sei stata molto cattiva con noi”

Lei annuì.

 

“Sì”

 

“Scontrosa”

 

“Sì”

 

“Irritante”

 

“Già...”

 

“Ingiusta”

 

“Hai ragione”

 

“Indiscutibilmente indisponente e arrogante come pochi”

 

Andy io credo che basti...” intervenne Jolie.

Ellie convenne, annuendo con la testa.

 

“...Oltre che...” concluse. “una pazza incosciente”

Sia Jolie, che Ellie si ritrovarono ad annuire d’accordo.

 

“Quindi...nonostante io sia scontrosa, irritante, indisponente, egocentrica, ingiusta, arrogante, cattiva, pazza, incosciente e ovviamente un’idiota...mi perdonate?”

 

“Certo!” squittì Jolie, correndo da lei per abbracciarla.

Andrew sorrise, mettendosi dritto sul letto per farsi abbracciare.

 

“Non farlo mai più, idiota!”

 

Ellie sorrise, dimentica di tutto quello che era successo.

Idiota, sì, ma finalmente felice.

 

 

*

 

 

 

“FLEUR IL FORNO EMETTE STRANI VERSI!” urlò Bill stravaccato sul divano, non distogliendo gli occhi dalla rivista di Quidditch che teneva in mano.

Fleur fece capolino dall’altra stanza, rivolgendo un’occhiata al forno.

 

“Sono impeniata” disse semplicemente, prima di scomparire di nuovo.

Bill rivolse un’occhiataccia al vuoto.

 

“Fleur ti prego! Sono stanco!”

 

“Chi non lo è ai jorni notri!”

Bill sbuffò.

Fleur stava diventando molto più simile a sua madre di quanto non avesse mai temuto.

 

Si issò in piedi gettando la rivista sul tavolino elegante.

 

“Si può sapere che combini?!

 

“Niente che t’importi!”

Lui sorrise sornione sbirciando in camera da letto.

 

Se hai intenzione di farti un bagno m’importa!” disse, entrando.

Lei lo guardò come se volesse incenerirlo.

Sospirò e ripose il foglietto che aveva in mano in un cassetto.

 

“Cos’era quello?” chiese lui sospettoso.

 

“Niente mon petit” rispose, candida, sfoderando un sorriso moderatamente falso.

Bill ridusse gli occhi a due fessure.

 

“Quale delle nostre figlie ha combinato cosa?”

Il sorriso finto di Fleur si allargò maggiormente.

 

“Fleur non m’incanti”

Lei ridusse gli occhi a due fessure.

 

“Potrei se volessi”

Bill grugnì.

 

“Allora…Sophie mi ha mandato in banca rotta facendo shopping?”

 

“Non esere ridicolo!”

 

“Jolie ha fatto a botte con qualche Serpeverde?”

 

“Non questo mese” rispose, meditabonda.

 

“Sylvie ha…” pensò un attimo. “…che può aver fatto?!

Fleur alzò le spalle, uscendo dalla stanza.

 

“Devo controlare il forno”

Bill la seguì soprapensiero.

Poi di bloccò e tornò indietro.

Aprì il cassetto e lesse la lettera che Sylvie aveva appena inviato a sua madre con il preciso ordine di nasconderla a Bill.

 

L’urlo disumano che Fleur sentì provenire dalla camera da letto, mentre estraeva la sua torta di mele carbonizzata dal forno, le fece capire che Bill aveva trovato la lettera.

 

“IO LO UCCIDO!”

Fleur lo guardò con occhi annoiati mentre leggeva il nome di Chris con occhi assetati di sangue.

 

“Non è la fine del monde, mon petit”

 

“CERTO CHE LO è!”

Fleur sospirò sconfitta.

Guardò Bill e poi la sua torta carbonizzata.

 

Non era decisamente giornata.

 

“Sono scerta che Sylvie sappia sceliere con attensione!”

 

“Quello non mi piace!” ringhiò additando al nome di Chris Bennet e ai tre cuoricini disegnati intorno.

 

“Non deve piascere a te!” puntualizzò lei, cercando di capire se la sua torta era ancora vagamente salvabile.

 

“Sì invece! A chi altri, sennò?!

 

“A lei, magari?”

Bill le rivolse un’occhiataccia, piccato.

 

“Non è questo il punto.”

La torta nel mentre si era completamente sgretolata tra le mani smaltate di lei.

Sbuffò, lanciando uno sguardo incattivito alle briciole bruciate.

 

“Io so quello che va bene per lei! Sono suo padre! E suo padre dice che Robin Paciock è meglio!”

 

Ma a lei piasce l’altro!”

 

Ma io tifo per Robin!”

Fleur fece evanescere a malincuore la sua torta e poi si rivolse a Bill.

 

“I miei jenitori tifavano per Viktor Krum!”

 

COSA?!”

 

Scerto! Aitonte, bulgaro...”

 

“...dall’attraente monociglio e l’accento incomprensibile…l’uomo perfetto!” concluse, isterico.

Fleur ridacchiò.

 

“È pur sempre tuo coniato! Abbi rispeto!”

 

“Io ho rispetto per Krummy! Ma provo pena per Gabrielle! Cosa le ha fatto prendere per convincerla a sposarlo?!”

 

“Non ho mai indagato” rispose assorta.

 

“Faresti bene a farlo!”

Fleur agitò una mano in aria, per far cadere il discorso.

 

Comunque questo era per farti capire…i jenitori non hanno sempre rajione!”

 

Io sì!” disse andandosi a risedere sul divano, ponendo così fine alla discussione.

 

Fleur sospirò.

Poi alzò le spalle e cacciò zucchero e farina da un cassetto.

 

Quella torta di mele era diventata una questione di principio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*asciughising sudore con asciugamanino*

Che parto è stato! XDDDDDD

Capitolo soffertissimo, parola di autrice >.

Sono momenti come questi che uno si chiede chi me l’avrà mai fatto fare di inventarmi tanti personaggi! XDD

Ringrazio tantissimo mem, redRon, SiJay, Evan88, Saty, Giuggy, Silvia91, la Nonny Giuly Weasley, sery black, pinkstone e zio Tobia, Padfoot, Redrum, Hermionina, Zia Funkia per le recensioni! ** Vi amo tantissimo miei fedelissimi! XD

Grazie, grazie, grazie non ci shono parole *v*!!!!

Ok, detto questo non posso far altro che augurarvi un

Buonissimissimissimissimissimissimo anno nuovo!

Speriamo che porti via le cose brutte di quello vecchio e si porti dietro quelle buone! XD

 

Ora...cotechino e lenticchie sono pesantucci...perchè non vi mantenete in forma a partire dalle dita? – le dita longilinee sono sexy! XD - ??! XDDD

Vi adoro tanto, e grazie di tutto!

Ancora auguri e baciottosi bacini baciotti potti! ^0^!

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