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DEDICATO ALLA MIA NONNY GIULY WEASLEY, ALLA MIA ZIA FUNKIA E ALLA MIA GEM DAISY05
Learning To Breathe
- SUO
Second Ground -
1.
I feel like I'm falling
Falling through time
Slipping through cracks
I'm buried alive
It's pulling me under
I'm sinking so fast
It's so hard to breathe
With this all on my back
Full Blown Rose – The Longest Day
“El aspetta, non ce la
faccio più!” ansimò Andrew
gettando la borsa di libri a terra, stremato dalla lunga corsa per i corridoi
pressoché deserti di Hogwarts.
Elly si fermò un attimo, rivolgendo lo sguardo dietro
di sé fino ad arrivare ad uno sfiancato AndrewLupin che si teneva il fianco semi accasciato contro
il muro e con la divisa tutta sgualcita.
Sbuffò, cercando di camuffare una risatina.
“Siamo in ritardo, Andy, se
a mia madre arriva un altro gufo di richiamo per la condotta ha giurato che
viene direttamente di persona al posto di mandarmi la solita strillettera!” disse lei ricominciando a camminare a
passo spedito. Andrew emise un gemito di disappunto
e, riacchiappando la borsa, ricominciò a correrle dietro tentando di
accostarla.
“Rallenta, ti prego! Abbiamo visto Vitious
passare poco fa di fronte alla Sala Grande, come puoi anche solo pensare che
arrivi prima di noi?!”
“Sta zitto e cammina!” replicò stizzita
la ragazza, portandosi un ciuffo più ribelle degli altri dietro
l’orecchio. Andrew le lanciò
un’occhiataccia.
“Non trattarmi come se…se…”
“Se?!” o incitò
lei divertita, mentre vedeva i suoi capelli diventare bordeaux
“Come se fossi il tuo schiavo! Non sono hai tuoi comandi, sai?” disse lui smettendo
all’improvviso di camminare e incrociando le braccia, indispettito.
Elly alzò gli occhi al cielo.
“Andy per favore, non
è il momento! Ti prometto che litighiamo più tardi! Ora
però andiamo…” il ragazzo rimase fermo dov’era.
“No”
“Andrew ci farai passare un
guaio!” disse lei strattonandolo per la manica. I capelli di Andrew diventarono verde acido, mentre lei cercava
inutilmente di schiodarlo dalla sua postazione.
“Guarda un po’ chi c’è! Litigate piccioncini? Cosa c’è Senzaforma,
la Mezzosangue
non ci vuole venire con te?” esclamò strafottente una terza voce
che sia Andrew che Elly conoscevano fin troppo bene.
Poco lontano da loro, infatti, RexMalfoy e la sua molto poco
amichevole fidanzata, Morgan Torres, Serpeverde del sesto anno, si stavano avvicinando con un
ghigno maligno stampato sulla faccia.
“Togliti dalle palle Malfoy”
mormorò Andrew tra i denti, frapponendosi tra
lui e Elly che gli rifilò un’occhiataccia e gli si rimise accanto.
Rex fece qualche passo avanti, fronteggiandoli.
“Non osare parlarmi con quel tono Senzaforma…solo
perché sei divertente da guardare non vuol dire che anche tu non sia un
lurido Sanguesporco come la tua amica qui…dovete
portami rispetto” Andrew strinse i pugni e fece
un altro passo verso di lui, pronto a colpirlo, ma Elly lo bloccò in
tempo, spingendolo leggermente verso di lei.
“Andiamo Andy, lascia
stare…” mormorò lei continuando a scambiarsi sguardi
rabbiosi con Morgan che continuava a ghignare
giocando con una ciocca scura.
Rex le rivolse un
sguardo di puro disgusto e le afferrò il braccio con violenza.
“Non osare intrometterti tu…non sono affari che
ti riguardano” disse lui sdegnato strattonandola brutalmente da un lato,
facendola cadere.
Andrew s’infiammò di
rabbia, facendo inconsciamente diventare i suoi capelli nero
pece e scatenando l’ilarità dei due Serpeverde.
“Ti stai per caso arrabbiandoSenzaforma? Cos’è, ora cambi anche forma
delle orecchie?!” esclamò Rex ridendo, mentre Morgan faceva
capitare in maniera apparentemente casuale il suo piede sulla gonna di Elly,
che cercava di rialzarsi.
“Non giocare con il fuoco Malfoy…i
pugni li possono sferrare anche i Mutaforma” Rex gli rivolse uno sguardo, minimamente scalfito dalla
minaccia.
“Mi conforta pensare che almeno per la lotta potete
essere sfruttati, voi Mezzosangue!” Andrew lo
prese istantaneamente per il colletto, mentre Morgan
si staccava repentinamente da Rex, guardandosi in
giro in cerca di un nascondiglio adatto in caso di rissa.
“Signor Lupin, non si fa!
Metta giù il Signor Malfoy, coraggio!”
una vocina amichevole arrivò alle loro orecchie, un
attimo prima che Rex muovesse il braccio per
colpire Andrew in pieno viso.
A qualche metro di distanza da loro, il tondo ectoplasma di
un ormai defunto Professor Lumacorno ondeggiava in
tutta la sua massa, per raggiungere il gruppetto. Andrew
lasciò Rex istantaneamente, mentre Elly, ormai
in piedi, gli si rimetteva accanto.
“Qualcuno di voi può gentilmente spiegarmi cosa
sta succedendo qui?” chiese lui agitando i lunghi baffoni da tricheco ad
ogni parola, mentre tentava di infilare le manone
nelle piccole tasche del solito panciotto cremisi, ora inconsistente e
pressoché trasparente.
“Mi sembra tutto alquanto ovvio
professore…” mormorò Morgan con un
lieve accento spagnolo, facendo un piccolo passo avanti, dando sfogo a tutte le
sue capacità teatrali. Lumacorno le rivolse
uno sguardo, con aria indifferente.
“…Lupin ha aggredito
con indicibile violenza il povero Signor Malfoy senza
alcuna ragione, né preavviso e…”
“Suvvia Miss Torres…non crederà davvero
che io mi beva che un ragazzo così gentile come Lupin
sia capace di una cosa simile!” interruppe Lumacorno
ridacchiando e rivolgendo uno sguardo allegro a Andrew,
che fece diventare i suoi capelli blu elettrico. Il professore fece un piccolo
saltino sul posto, ridendo con le guancione tutte
rosse.
“Adoro quando lo fa!” Rex si passò una mano sugli occhi, vedendo il
professore saltellare contento come un enorme
bambino che va allo zoo per la prima volta.
“Lupin,
caro…perché mai stavi per picchiare il Signor Malfoy,
così indifeso e puro di cuore agli occhi di Miss
Torres?” chiese Lumacornouna
volta calmato l’entusiasmo dei capelli cambiacolore,
allisciandosi un baffo. Andrew
raccontò dettagliatamente l’accaduto lasciando il professore
scandalizzato.
“Signor Malfoy che brutte
cose da dire ad una signorina così graziosa come la Weasley…”
disse lui scuotendo la testa. “…Sapete tutti che due delle mie migliori
allieve erano Mezzosangue? Nulla da invidiare ai Purosangue, parola mia!”
Elly ridacchiò.
“Una di loro è mia madre
professore…HermioneGranger”
le guanciotte di Lumacorno
si tinsero di rosso.
“Dici seriamente?! Merlino, dille che mi manca tanto quando la senti! Di ragazze come
lei ormai se ne trovano sempre di meno…” disse lui nostalgico e con
gli occhi sognanti rivolti al grande finestrone sopra
di loro, parlando più a se stesso che altri.
“Lo farò certamente!” disse lei con
indicibile gentilezza, guadagnandosi le occhiatacce di Rex
e Morgan.
“Bene, bene…” disse lui cominciando a
camminare “Ora tornate a lezione, da bravi…e non bisticciate
più!” i ragazzi presero a camminare e Rex
cominciò quasi a correre trascinando Morgan
per il braccio.
“Ah, Signor Malfoy?”
disse all’improvviso Lumacorno arrestandosi.
“Sì, professore?” l’uomo gli
rivolse un sorriso.
“Venti punti in meno a Serpeverde.
Buona giornata!” Andrew e Elly si scambiarono
uno sguardo raggiante, vedendo Rex che se ne andava
via borbottando con Morgan al seguito, e
ricominciarono a correre alla volta dell’aula di incantesimi.
*
Cosa si fa, in una classe, quando il professore non
c’è o ha le gambine troppo corte per
arrivare in tempo? Si possono fare tante cose. Leggere
un giornale, studiare per la lezione dopo o spettegolare sull’ultimo
flirt di qualche sconosciuto, ad esempio.
SophieWeasley,
invece, litiga con il fidanzato.
“Smettilà di fare cossì!” esclamò Sophie
all’apice dell’ennesimo litigio.
“E tu smettila di far finta di avere l’accento
francese,visto
che sei nata e cresciuta qui!” urlò William Darcy,
bel Corvonero del settimo anno, dai capelli neri e
brillanti occhi azzurri. Sophie sbuffò.
“Ecco, questo è quello che non sopporto di
te…sei così…così realista!
Cosa c’è di male a cambiare qualcosa di sé?!”
“Non divagare, Sophie, non
ho voglia di starti a sentire per ore persa nei tuoi
inutili sproloqui sulla moda!” la ragazza ridusse gli occhi a due
fessure.
“Ma si può sapere cosa m’è saltato
in mente quando ho deciso di stare con te?! Non ti
sopporto più, sei peggio di peggio di mio zio Percy!
Che poi non vedo cosa ci sia di male nell’accento francese…”
“Non c’è nulla di male nell’accento
francese, ma se ci parli tu sei ridicola e passi per stupida!”
“Quante sciocchezze! Ti sei mai domandato
perché non ti chiedono mai consigli sulla moda?!
Perché sei assolutamente l’opposto di me! Iodetto
legge qui a Hogwarts, se io ti lascio ritorni ad essere il prefetto sfigato che da una mano
con i compiti!”
“Sempre meglio questo che il ragazzo di una pazza
egocentrica!” Sophie stava aprendo la bocca per
ribattere l’ennesima cattiveria, quando nei banchi dietro il loro si
sedettero Elly e Andrew.
“Te lo avevo detto che non era ancora arrivato!”
sbottò il ragazzo accasciandosi sul banco col fiatone e lanciando
un’occhiataccia a Elly. Lei gli fece un sorrisone
di scusa.
“Che dicevate di bello?” chiese lei tentando di
deviare il discorso e ignorando bellamente i borbottii di Andrew
vicino a lei. Sophie e Will
si scambiarono uno sguardo, sprezzanti.
“Ribattevo alle sue sciocchezze!” disse Sophie lanciando l’ennesima occhiataccia.
“Lei dice assurdità! Io cercavo di farla
rinsavire!” esclamò invece Will,
incrociando le braccia al petto, scuro in volto. Elly si grattò svogliatamente
una tempia, vedendoli ricominciare a bisticciare come due bambini. Lei era
certa di non aver mai visto in tutta la sua vita una coppia peggio assortita di
loro.
Sophie, bella e sostanzialmente
antipatica, era la regina incontrastata di tutta Hogwarts.
Poteva avere qualsiasi cosa desiderasse con un
semplice gesto della mano, sfruttando la sua bellezza in maniera
pressoché totale, poiché veniva riconosciuta oggettivamente da
chiunque.
Will, il ragazzo della porta accanto, carino e gentile sempre e comunque e un
po’ maniaco dell’ordine. Prefetto e decisamente
negato per il Quidditch, ma innamorato dello sport in
generale.
Elly decise saggiamente di occuparsi in qualche altro modo,
per evitare di essere coinvolta nel litigio.
Qualche minuto e una decina di insulti dopo, il professor Vitious fece il suo ingresso nella stanza, cominciando a
borbottare qualcosa di imprecisato contro le rampe mobili, mentre sistemava la
solita dozzina di libroni che gli permettevano di farsi vedere dalla classe,
sedando la discussione.
Alla fine della lezione, ormai ora di pranzo, Sophie e Will si ignoravano
bellamente, camminando vicini senza calcolarsi a vicenda.
Elly e Andrew rivolsero loro uno
sguardo, tentando in tutti i modi di capire come mai stessero ancora insieme,
nonostante la situazione fosse ormai invivibile sia
per loro che per le persone che gli stavano accanto.
Una volta usciti tutti
dall’aula, una concitatissima JolieWeasley, sorella minore di Sophie,
venne loro addosso, iniziando a coprirli di chiacchiere.
Dopo appena cinque minuti Elly e Andrew si guardarono, persi.
“…e allora io gli ho detto ‘prova ancora a
ripeterlo e ti trasformo in uno schiopodo!’ e
lui a quel punto mi ha spinto! Ti rendi conto, mi ha spinto! Se non ci fosse stata la Sprite
a quest’ora quell’idiota sarebbe in
infermeria!…”
“Jo…quell’idiota chi?” interruppe allora
Elly, cercando almeno di capire di chi stesse
parlando. Jolie la guardò male.
“Quello stupido imbecille di ChrisBennet, ovviamente! È l’essere
più insulso e borioso che esista sulla faccia della terra!”
“Jo…è un Serpeverde! È una loro prerogativa essere insulsi e
boriosi!” disse Elly ironica, mentre Jolie si
rinchiudeva in un meditabondo – e ahimé breve – silenzio.
“Credo tu abbia ragione…” disse infine,
annuendo soprappensiero. Andrew ridacchiò.
“Assurdo, El, sei riuscita a
zittire Jolie per quasi un minuto…è
un’impresa non da poco!” commentò lui scherzoso, facendo
ridere Elly. Jolie sorrise leggermente, arrossendo di
botto e allontanandosi con la scusa di dover raggiungere Sophie
e Will, che ora si stavano guardando in cagnesco.
Andrew le rivolse uno sguardo.
“Non è che si è offesa, vero?”
chiese lui preoccupato, mentre la vedeva nella grinfie
della sorella maggiore, che la stava sgridando per le unghie mal curate.
Elly si strinse nelle spalle.
“Non credo…io la tratto molto peggio a
volte!”
“Questo perché sei cattiva e antipatica!”
disse Andrew pensieroso, guardando dalla parte dove
era appena scomparsa Jolie.
Elly lo fulminò.
“Non sono antipatica! Ho un umorismo sottile e
raffinato” corresse lei sorpassandolo, con finta altezzosità. Andrew rise, dandole un buffetto sulla testa riccioluta.
“Dai, andiamo a mangiare…”
“Sì…ho fame!”
“Non avevo dubbi, El”
*
I'd rather be with you
Because I love the way
You scream my name
And there's no other man
That gives me what I want
And makes me feel this way
I'd rather be with you because
You hustle hard to take care of me
I'd rather be with you
Boy I'd rather be with you
BeyoncéKnowles – Bewithyou
Ron uscì dal bagno,
maledicendosi per la sua stupidità.
Non che non ci fosse abituato
ormai, ma quando si accorgeva di aver dimenticato l’accappatoio
nell’altra stanza quando il pericolo
era in vista, diventava sempre piuttosto irritabile. Asciugò alla bene e meglio il corpo, lanciando di tanto in tanto
qualche imprecazione, e si coprì con il primo asciugamano che gli
capitò sotto gli occhi.
Aprì furtivo la porticina del piccolo bagno e si
guardò intorno.
Nessuno in vista.
Si avviò velocemente fuori, e corse verso la stanza
da letto, tenendosi scompostamente l’asciugamano sulla vita.
Chiuse rumorosamente la porta dietro di sé e vi si
lasciò andare contro, facendosi sfuggire un
piccolo sospiro di sollievo.
L’aveva scampata anche
stavolta.
In quei giorni i genitori di Hermione
piombavano inaspettatamente in casa quasi a tutte le ore, e Ron
preferiva non far sapere ai suoi suoceri, della sua singolare abitudine di girare nudo per casa dopo aver fatto la
doccia.
Qualcuno si schiarì la voce, facendolo sobbalzare.
In fondo alla stanza, e con tanto di grembiulino verde mela
e biancheria pulita alla mano, Hermione lo guardava
divertita. Lui non riuscì a trattenersi dal sorridere sornione. La
adorava in versione casalinga.
“Paura che papà Granger
ti becchi nell’attuare le tue particolari abitudini quotidiane?”
chiese lei con occhi ridenti, poggiando i panni sul cassettone e avvicinandosi
al ragazzo.
“Non dovrei averne? L’altro giorno mi ha
lanciato un’occhiataccia per averti abbracciata, immagina cosa potrebbe
fare se mi vedesse circuire la sua dolce figliola in questa
maniera…” mormorò con sguardo giocoso avvicinandosi anche
lui. Hermione ridacchiò ormai contro le sue
labbra.
“Sta solo cercando di salvaguardare sua figlia dai
cattivi soggetti come te…”
“Poteva pensarci un po’ prima che tu partorissi
il quarto figlio, tu non credi?” soffiò lui ridendo, mentre lei
gli circondava il collo con le braccia.
Lei sorrise apertamente e prendendolo per la nuca lo
baciò con foga.
“Come mai così audaci oggi?”
chiese Ron staccandosi un attimo, piacevolmente
sorpreso da quella novità. Hermione sorrise
contro le sue labbra, accarezzandogli il collo, per poi scendere sulle spalle,
ancora leggermente bagnate. Un mugolio d’approvazione uscì dalle
labbra di lui.
“Ti
dispiace, forse?” ghignò lei tra un bacio e l’altro, mentre
si cominciavano a muovere verso il grande letto alle spalle della ragazza.
“Dov’è David?” gemette lui, ad un
certo punto, staccandosi di mala voglia dalle labbra della moglie. Lei sorrise
maliziosa.
“Guarda i cartoni…per due ore almeno avrà
da fare…” disse abbassando una mano fino a raggiungere
l’asciugamano che Ron aveva intorno alla vita.
Il ragazzo sorrise sornione.
“Cosa ti prende oggi, si può sapere?!” rise lui, mentre l’asciugamano volava da
qualche parte sul parquet.
“è da quasi due settimane che non stiamo un
po’ insieme…io e te…mi
manchi…” mormorò lei strusciandoglisi
contro continuando a baciarlo, mentre si buttavano sul letto ridacchiando.
“Adoro quando ti manco con
così tanta intensità”disse Ron, sospirando compiaciuto, vedendola
mettersi a cavalcioni su di lui.
Hermione si tolse sorridendo il
grembiulino verde mela e lo gettò poco lontano dall’asciugamano
intonso.
In quell’istante, la porticina
bianca della camera da letto si aprì rivelando un bimbetto dal visino
spruzzato di lentiggini e dai capelli di un rosso quasi accecante.
David Weasley.
“Mamma?”a Ron e
Hermione si gelò il sangue. La ragazza scese
repentinamente da lui, che cercò più velocemente possibile
qualcosa con cui coprirsi, guardando con rimpianto l’asciugamano, gettato
a tre metri dal letto.
“David!” esordì Hermione
con una risatina isterica di sottofondo, mentre Ron
si copriva con un cuscino, guardando nervosamente il figlio che li fissava
straniti.
“Che stavate facendo?” chiese lui facendo
qualche passo avanti, puntando i suoi grandi occhi azzurri prima sul padre che
tentava la fuga, e poi sulla madre, che lo bloccava tenendolo per il cuscino.
Hermione spalancò gli occhi
con aria quasi inquietante.
“Che stavamo facendo,
chiedi…noi…stavamo…” guardò Ron
in cerca d’aiuto.
“Ehm…noi…stavamo…la mamma mi stava
facendo il solletico!”
esclamò lui quasi urlando. Hermione gli
rivolse un’occhiata omicida. David corrucciò la fronte.
“E perché sei nudo?” Ron
divenne color aragosta.
“Sono nudo perché…non sono
vestito!” Hermione si passò una mano
sugli occhi.
“Non mi sembra soddisfacente come risposta…Non
è che mi state facendo un altro fratellino vero?” mormorò
David alzando il sopracciglio.
Hermione ingoiò il vuoto,
mentre il suo occhio aveva inevitabilmente un tic nervoso.
“Cosa ti viene in mente?!”
disse Ron con una vocina isterica. Hermione guardava il figlio con occhi cerchiati, paonazza.
“Tesoro, per un altro fratellino bisogna aspettare
l’arrivo della cicogna, lo sai!” David guardò la madre.
“Guarda che lo so che non arriva la cicogna che ti
credi! E non abbiamo neanche i cavoli! Sono grande, ho capito benissimo il meccanismo!”
Ron e Hermione
lo guardarono con gli occhi spalancati.
“COSA HAI CAPITO?!”
“Tutto, tutto! L’ho visto prima in un
cartone!” Ron corrucciò la fronte.
“Ma che cartoni vedi tu?!”
David alzò le spalle.
“Me li ha dati la mamma” Ron
si girò verso Hermione.
“Cosa miseriaccia gli fai vedere?!”
lei si strinse nelle spalle.
“Quelli che vedevo io quando
ero piccola! E ti assicuro non c’è nulla a proposito del…bhè…di quello!”
“E allora come te lo spieghi?”
“Non me lo spiego!”
“Tu spieghi sempre tutto! È la tua
natura!” Hermione lo guardò con
sufficienza.
“Papy non urlare alla mamma!
Anche voi due lo fate sempre in giro per casa!” I due si girarono
repentinamente verso di lui, arrossendo violentemente.
“Quante volte ci hai visto?!”
David rimase qualche secondo in silenzio, pensieroso.
“Non so di preciso…ma tante! Lo fate tutti i
giorni!” Hermione corrucciò la fronte.
C’era sicuramente qualcosa che non andava.
“Davie…e cosa facciamo
di solito?” Ron la guardò come se fosse
pazza.
“Ma sei impazzita?! Vuoi
anche i dettagli?!” Hermione
lo ignorò, continuando a fissare il figlio, che ora sospirava
meditabondo.
“Bhè…vi date
tanti bacini! Non è così che si fanno i bambini?” Ron e Hermione tirarono un
sospiro di sollievo, ricominciando a ridacchiare.
“Allora?! Non è così?” insistette
il bambino, curioso. I due ragazzi si scambiarono uno sguardo, con occhi
divertiti.
“CERTO!”
*
Small town homecoming queen
She's the star in this scene
There's no way to deny she's lovely
Perfect skin, perfect hair
Perfumed hearts everywhere
Tell myself that inside she's ugly
Maybe I'm just jealous
I can't help but hate her
Secretly I wonder
If my boyfriend wants to date her
SavingJane
– Girl NextDoor
“Perchè come dicevo a Tiffany
l’altro giorno, non è importante se tu sia intelligente, per
trovare un lavoro molto redditizio, l’importante è soprattutto
essere simpatica al capo!”
gracchiò VenusMalfoy,
tutta presa in uno dei suoi assurdi discorsi che teneva in Sala Grande quasi
tutti pomeriggi. Intorno a lei, un gruppetto di ragazzine con lo smalto
favolosamente rosa, i capelli perfettamente pettinati e le lunghe ciglia
imbrattate di mascara, ascoltavano avidamente quello che insegnava loro
l’unica erede dei Malfoy ad essere accasata a Tassorosso.
“…Nulla impedirà agli altri di soffiarvi
il posto nella vita se siete delle perdenti! Quindi fate come me: se non
ottenete quello che volete con gentilezza…prendetevelo con la
forza!” le ragazzine annuirono estasiate, seguendo con lo sguardo le
ciocche dorate di Venus che si spostavano
elegantemente sulle sue spalle.
In quel momento accanto alla tavolata Tassorosso,
sopra cui era appollaiato il gruppetto di ragazze,
passò la squadra Serpeverde di Quidditch diretta all’allenamento, con RexMalfoy in testa. Venus scese con un saltino dal
tavolo, quando vide ChrisBennet
poco dietro il fratello.
Si avvicinò e bloccò con mala grazie
l’intero gruppo, saltando al collo di un più che disgustato Rex, per attirare l’attenzione di Chris.
“Rexy! Vai agli allenamenti?
Posso venirvi a vedere? Ti prego, prometto di non dire una parola!”
chiese lei strattonandogli il braccio. Il fratello si staccò duramente
da lei, rivolgendole un’occhiata glaciale e non degnandosi neanche di
risponderle.
Venus abbassò lo sguardo amareggiata.
“Non trattarmi come se ti vergognassi di me, Rex…” mormorò lei sfiorandogli
leggermente l’avambraccio, senza avere il coraggio di guardarlo negli
occhi. Il ragazzo la guardò con indifferenza.
“Io mi
vergogno di te, Venus. Non mi sento neanche il dovere
di nascondertelo” mormorò lui, mentre i componenti della squadra
cominciavano a scambiarsi sguardi tesi notando la piccola lacrima che
rigò il bel viso di lei.
Rex si liberò in maniera
decisa dalla sua presa e ricominciò a camminare con il gruppo al
seguito, in un silenzio ora un po’ nervoso.
La ragazza rivolse un ultimo sguardo alla squadra e vide Chris rivolgerle un piccolo sorriso, poco prima di
scomparire oltre il grande portone di mogano.
Sorrise al pensiero che, forse, l’ennesima umiliazione
subita dal fratello, questa volta aveva sortito gli
effetti desiderati.
Poco lontano dal gruppo, SylvieWeasley, sorella minore di Sophie
e Jolie, aveva spiato tutta la scena con finta
indifferenza.
Sospirò, accasciandosi contro un muro.
Doveva decisamente smetterla di provare quella malsana
passione per ChrisBennet.
È un Serpeverde, è cattivo.
Continuava a ripetersi giorno per giorno, quando la sua
mente, ancora prima dei suoi occhi, andavano in cerca della sua figura.
Tutto inutile.
Sylvie era cotta di Chris. Lei ormai se n’era accorta
ed aveva quasi accettato l’idea, ma proprio non riusciva a trovare il
coraggio di dirlo alle sue sorelle, a cui mai aveva nascosto qualcosa.
Scosse leggermente la testa come a scacciare quei brutti pensieri. Si sentiva
sporca sapendo di mentire al suo sangue, ma non era proprio il caso di far
sapere a Jolie che la sua sorellina aveva una cotta
per il suo peggior nemico.
“No, non è decisamente una bella
mossa…” si disse ad alta voce, sospirando pesantemente e
riprendendo a camminare alla volta della sala comune Tassorosso.
Completamente persa nei suoi pensieri, non si accorse di
andare addosso a qualcuno, che inciampò e cadde nel massimo della
goffaggine.
Sylvie guardò in basso. RobinPaciock era davanti a lei,
tutto rosso in faccia e gli occhi spalancati posati su di lei.
“Robin!” disse lei
cercando di aiutarlo ad alzarsi. Lui si ritrasse, rossissimo, trattenendo a
stento un urletto quando lei gli prese le mani per farlo reggere.
“Sy-Sylvie! Scusa!
I-Io…”
“Robin tranquillo, ti sono
venuto addosso io! Mi dispiace moltissimo, è
solo che…”
“N-non fa nulla
davvero…” mormorò lui annuendo aritmicamente con la testa,
cominciando a raccogliere i libri che gli erano caduti di mano. Sylvie si chinò per aiutarlo.
“Che fai?” chiese lui, arrossendo violentemente,
guardandola adoperarsi tanto per lui. Sylvie gli
rivolse uno sguardo confuso, portandosi una ciocca biondissima dietro
l’orecchio.
“Ti aiuto a raccogliere i libri! Ti ho fatto cadere,
mi sembra il minimo!” lui arrossì ancora di più e
rivolgendole un sorriso timido, prese in fretta e furia i suoi libri e
alzandosi la ringraziò in maniera appena udibile, per poi eclissarsi
dietro l’angolo.
Sylvie guardò il punto dove
era appena scomparso il ragazzo, dubbiosa. Il suo sguardo poi si posò su
un blocco dall’aria decisamente vissuta, con la copertina marrone scuro.
Lo prese in mano e lo studiò per un attimo,
fissandolo attentamente. Lo aprì cautamente, non potendo fare a meno di
sorridere sorpresa a ciò che le si presentò
davanti agli occhi. Sfogliò per qualche secondo le pagine e poi richiuse
il quaderno e, alzandosi, riprese a camminare alla volta della sua sala comune,
con un sorriso particolare sulle labbra.
*
“Ho prenotato prima io il campo, vattene Malfoy!” urlò Ben Weasley
sbuffando alterato, scambiandosi uno sguardo irritato con RexMalfoy.
“Guardati intorno nano, non credo che i tuoi
piccoli amici ti possano aiutare se per caso io e i miei compagni ti
cominciassimo a fare male…” mormorò Rex
rabbioso, mentre Chris gli si metteva al fianco,
sogghignando.
Ben ridusse gli occhi a due fessure, mentre, imitando Chris, JamesPotter
si affiancava all’amico, scambiandosi sguardi cattivi con un membro molto
brufoloso della squadra Serpeverde.
Rex guardò sprezzante James, per poi ricominciare a parlare con Ben.
“Cos’è, sarebbe lui il tuo aiuto? Se
volessi potrei schiacciarvi sotto le mie scarpe firmate, stupidi
mocciosi…”
“Sempre che tu riesca a prenderli!” una vocina
femminile e dal tono saccente arrivò alle loro orecchie, facendo girare
le due squadre.
Poco lontano, EmilyPaciock, dall’alto dei suoi 160 centimetri
d’altezza, lanciava occhiatacce a tutti i Serpeverde
presenti.
Rex rise.
“Cosa vuoi tu, piccola
rompiscatole?!” Emily lo guardò con
indifferenza, camminando lentamente, facendo ondeggiare la sua gonnella a
pieghe, fino ad arrivare ai suoi compagni di casa.
“Nulla Malfoy…ma mi
faceva piacere farti notare che questi mocciosi
che tu tanto sminuisci ti hanno battuto diverse volte quest’anno…e
quale umiliazione peggiore per te, farti battere da un gruppetto di ragazzini
mezzosangue e per di più Grifondoro, non ti
pare?” Rex la guardò come se stesse
pensando di ucciderla in quel preciso momento, nel peggiore dei modi.
I Serpeverde stavano pensando ad
una maniera per ribattere decentemente, ma tutti rimasero in silenzio,
decisamente innervositi.
Chris sbuffò, stringendo le
labbra nervosamente.
“Forza andiamo…” mormorò lui
tirando Rex per la divisa, mentre i restanti membri,
cominciavano a camminare alla volta del grande portone del castello.
Quando anche Rex e Chris se ne furono andati, continuando a masticare
improperi contro qualsiasi cosa capitasse loro sotto gli occhi, James si lasciò sfuggire un
sospiro di sollievo, rivolgendo un sorrisone a Emily
che arrossì leggermente.
Ben le rivolse un’occhiataccia.
“Grazie tante!” ringhiò lui, gettando la
scopa a terra, continuando a borbottare. Emily lo
guardò senza capire.
“Come prego?!” Ben la
guardò rabbioso.
“Sei contenta adesso?! Ora
quegli idioti penseranno che io abbia bisogno di una femmina per difendermi!”Emily
ridusse gli occhi a due fessure.
“Beh, è vero! Sei solo un ragazzino immaturo,
non sei neanche capace di rispondere a tono!”
“Frena la lingua, nessuno ha chiesto
l’intervento di Super Emily! Me la sarei potuto cavare benissimo da solo!” Emily sbuffò, cercando di camuffare una risata
nervosa.
“Sappiamo entrambi che non è vero! Ammettilo,
se non fossi arrivata io, a quest’ora Malfoy e
i suoi stupidi amici starebbero svolazzando sul campo mentre tu e la squadra
stareste borbottando diretti in sala comune!” James
guardò preoccupato, il viso livido di Ben, che si stava avvicinando
minaccioso alla ragazza.
“Non.Ti.Impicciare.”
ringhiò lui, puntandole un dito contro, rabbioso. Emily
riuscì a stento a sostenere il suo sguardo. Ben raccolse la scopa,
dirigendosi verso gli spogliatoi, mentre James
tentava inutilmente di richiamarlo.
Emily con lo sguardo fisso per
terra, tentava in tutti i modi di non piangere. Jamesle si avvicinò, incerto.
“Em…scusalo…lo
sai come è fatto no? È un idiota!”Emily
alzò lo sguardo su di lui, mentre una lacrima sfuggiva dai suoi occhi
cristallini. Sorrise, arrossendo leggermente.
“Già…Ora…ora è meglio che
vada…” mormorò lei cominciando a camminare, dirigendosi
verso il castello, mentre James la seguiva
mortificato con lo sguardo.
*
RexMalfoy
non era un tipo paziente. Si arrabbiava con poco ed era decisamente una persona
violenta e poco amichevole.
Ogni voltache qualcuno lo vedeva camminare
con il suo cipiglio più minaccioso stampato in faccia per i corridoi di Hogwarts, gli studenti trovavano tutte le scappatoie
possibili per eclissarsi il prima possibile, ben consci del pericolo che
correvano se le loro strade e quella di lui si fossero incrociate.
Quel giorno la piccola Lily Potter,
non sembrò accorgersi del pericolo che stava correndo. Camminava
tranquilla appena tornata dalla biblioteca, con qualche libro tenuto
disordinatamente in mano e i lunghi capelli rossicci leggermente scombinati
dalle ore di studio.
Quando i suoi occhi si incontrarono
con quelli glaciali di lui, il respiro le si mozzò in gola.
Sulle labbra sottili di Rex, si
disegnò un ghigno quasi inumano.
“Sono proprio costretto ad avere a che fare con voi
piccoli mocciosi in qualsiasi istante, vero?” disse Rex
vedendo la ragazzina che ora cominciava ad indietreggiare, in preda al panico,
maledicendosi per essersi trattenuta in biblioteca anche durante la cena.
“I-io…” il
ghigno di Rex si allargò maggiormente,
vedendola tremare e stringersi contro il petto i libri che aveva in mano.
“Hai paura per caso, piccola Potter?
Cos’è, la spavalderia del tuo odioso padre se l’è
presa tutta il fratellino?” Lily scosse terrorizzata la testa, quando
vide lui avvicinarsi minacciosamente.
“T-ti
prego…n-no…” Rex rise, prendendola
rudemente per le spalle e facendole cadere a terra tutti
i libri. Lily cominciò ad essere scossa da incontrollabili singulti.
“No cosa,
piccola, dolce, Lily? Non ti ho ancora fatto niente! Risparmia le suppliche per quando comincerò a picchiarti…” dalla
bocca di Lily uscì un singhiozzò terrorizzato, che fece ridere Rex.
“Sai, credevo che questa fosse veramente una brutta
giornata…” esordì lui con sguardo allegro, cominciando a
trascinarla verso un’aula vuota, mentre lei tentava inutilmente di
liberarsi dalla sua presa “…insomma, prima la tua stupida cugina
Mezzosangue che mi fa perdere venti punti…poi l’altro tuo stupido cugino Mezzosangue, insieme al tuo
fratellino e alla loro piccola paladina della giustizia non mi fanno allenare
la squadra…una giornata orribile! Poi, però…sei arrivata
tu” disse lui ridendo, cercando di aprire un’aula chiusa a chiave.
Ricominciò a camminare in cerca di una stanza che non
fosse costretto a forzare.
“…Sai quanto sarebbe meraviglioso per me vedere
le loro facce distrutte nel vederti piena di lividi e ferite profonde e dolorose, distesa su un letto dell’infermeria?! Vedere
i loro occhi cerchiati, fissare il tuo corpo violentato privo di sensi, con la
consapevolezza di essere stati loro la causa del tuo martirio?!”
Lily ormai singhiozzava apertamente, pregandolo inutilmente di lasciarla
andare.
“Piccola Lily questo è un grande giorno per
te” disse lui sorridendole e accarezzandole amorevolmente le ciocche ramate,
mentre lei continuava a tremare nel suo abbraccio violento.
“T-tipre-prego…no…”
Rex rise asciugandole le guance bagnate di lacrime
con le dita callose.
“Dovresti essere onorata bambina…”
mormorò dandole un primo schiaffo, che la fece cadere a terra come fosse
stata una bambola di pezza.
“…Molte ragazze desiderano avere le mie mani sui
loro corpi lo sai?” mormorò strattonandola verso di lui e
schiaffeggiandola un’altra volta.
“Perché non picchi loro, al posto suo
allora?” una voce arrivò alle spalle di lui, che si arrestò
dal colpire un’altra volta la piccola Lily.
Rex si girò, ben conscio di
chi avesse parlato.
“Vuoi prendere tu il suo posto Mezzosangue? Godrei
ancora di più a sentirti urlare di dolore!”disse lui ghignando divertito
strattonando Lily verso di sé e accarezzandole la guancia con forza.
“Lei è così carina…così
pura e innocente…è eccitante, la piccina! Saresti disposta a far
cambio, per salvare l’anima candida della ragazzina?”
“Non ho intenzione di far cambio” Elly Weasley si eresse in tutta la sua statura, avvicinandosi
velocemente a Rex e Lily che ormai non emetteva
più neanche un suono.
Rex la guardò con
curiosità, lo sguardo vitreo.
“Non si fa così Weasley…la tua madreSanguesporco non ti
ha insegnato le buone maniere? Io do una cosa a te, tu ne
dai una a te! Io non dono nulla per pura bontà d’animo!”
Elly lo guardò con disgusto, prendendo la mano tremante di Lily e
trascinandola verso di sé. Rex la
lasciò andare, con un sorriso maligno sulla faccia.
“Va via” mormorò la ragazza a Lily che
tremò un attimo girandosi verso di lei.
“Cosa?! Non ti lascio qui da sola con lui! El vieni via con me!”
“Va via ho detto”ordinò lei senza mezzi
termini, con durezza nella voce.
“Elly…”
“VAI!” Lily tremò
quando incontrò lo sguardo della ragazza. Indietreggiò di
qualche passò.
“Chiamerò aiuto…i-io…”
mormorò lei subito prima di cominciare a correre in cerca di qualcuno
che potesse aiutare la ragazza.
Ora il corridoio era deserto fatta eccezione per due
persone.
Elly cominciò a sentirsi nervosa
quando i suoi occhi incontrarono quelli di Rex,
che la fissavano giocosi.
“Allora Weasley,
cos’hai da offrirmi?” mormorò lui avvicinandosi, mentre lei
continuava a guardare fissa davanti a sé.
Quando Rex le sfiorò la
guancia con la mano, lei si spostò, come se qualcosa l’avesse
scottata all’improvviso.
“Non toccarmi Malfoy”
mormorò lei decisa. Rex scoppiò in una
risata argentina.
“Hai paura che io mi approfitti di te? Oppure sotto sotto lo speri Weasley?…Sotto
sotto speri che io ti tocchi…che ti faccia
sentire il mio corpo sopra al tuo?”
“Mi fai schifo” disse lei dura, guardandolo con
odio.
“Non meriti il mio rispetto, né tanto meno
qualcosa da parte mia….mi fai pena”
il ghigno di Rex si oscurò di colpo per
lasciare spazio ad un’espressione furente.
“Sta attenta a come parli Mezzosangue…nulla mi
impedisce di ucciderti in questo stesso corridoio!” Elly rise sarcastica.
“Ma davvero?! E
dimmi…credi sul serio che il tuo paparinopossa riuscire a tirarti fuori da Azkaban?
Lascia che te lo dica, tuo padre conta meno di un sassolino in una scarpa
all’interno del Ministero” gli occhi di Rex
lampeggiarono di rabbia.
“…e sappi che nulla mi impedisce questa notte di
andare a dire tutto quello che sta accadendo in questo corridoio alla Preside.
Come pensi reagirebbe papino se venisse a sapere che
suo figlio è stato espulso per aver picchiato una Mezzosangue?” Rex rimase in
silenzio, rabbioso.
“Me la pagherai, Mezzosangue…sappilo” Elly
sorrise, girando sui tacchi e cominciando a camminare verso la Sala Grande.
“Buona serata Malfoy”
*
DracoMalfoy
sospirò pesantemente leggendo la lettera che suo figlio Rex gli aveva appena spedito. Accanto a lui, Lavanda si
metteva la crema all’olio di baobab per rendere la sua pelle ancora
più morbida ed elastica di quanto già non fosse.
“Che dice il mio
cucciolo?” chiese lei sistemandosi per bene il babydoll fucsia che
indossava. Il ragazzo le rivolse uno sguardo di preghiera
quando sentì il nomignolo che lei aveva appena affibbiato al
figlio.
“Per l’amor del cielo! Smetti
di chiamare mio figlio
Cucciolo!” Lavanda lo guardò con il broncio.
“Ok…Rexy?”
“No!”
“Passerottino?”
“Lavanda, smettila”
“Patatinocroccantino?”
“Ma sei pazza?!”
“Amorino batuffoloso?”
l’occhio di Draco ebbe un tic nervoso.
“Come ti sentiresti tu, se ti chiamassi Vanda in pubblico?!”
Lavanda fece per parlare, ma si zittì all’improvviso incrociando
le braccia al petto, piccata.
“Non sei per nulla carino, amorino mio...Pensare che
eravamo così felici appena sposati!” Draco
la guardò stressato, mettersi la vestaglietta rosa di pail, con aria stizzita.
“Ma se mia madre ci ha
costretto a sposarci perché eri incinta! Non facevi altro che inveire
contro chiunque i primi mesi…”
“Ero nel periodo degli sbalzi d’umore, è
normale che io abbia inveito contro qualsiasi cosa mi capitasse a tiro in quei
mesi, cucciolotto…sennò lo sai che zuccherino di ragazza che sono! Cissy lo dice sempre, che
non avresti potuto desiderare di meglio!”
“Ti prego smettila di chiamare mia madre Cissy…”
Lavanda sbuffò, prendendo dalle mani di lui la
lettera di Rex.
“Comincio a pensare che tu abbia qualcosa contro i
soprannomi…”
“Dopo diciassette anni, ora cominci?!” Lavanda lo ignorò.
“Uh! Il mio amore ha preso E al compito di
Trasfigurazione!” squittì lei tutta
contenta.
“Sì! E ha anche
picchiato la Potter! Sono orgoglioso del mio
figliolo!”Lavanda
scorse velocemente la lettera, ignorando l’ultimo commento del marito,
per poi fare un sospiro sognante.
Draco si girò stranito
verso di lei, che ora stringeva la lettera al petto e fissava fuori dalla finestra con un sorriso più ebete del
solito sulla faccia.
“Che ti prende?!”
Lavanda si girò verso di lui, continuando a sorridere.
“Il mio cucciolottococcoloso si è innamorato!” Draco provò ad ignorare il nuovo soprannome,
concentrandosi sul resto della frase.
Dopo qualche secondo si rese conto del reale significato di
quelle parole.
“COSA?!” Lavanda
ridacchiò.
“Sì! Lo dice chiaramente nella lettera!” Draco strappò la lettera dalle mani
di lei, rileggendola velocemente.
“Qui non dice nulla!” Lavanda lo guardò
con espressione vuota.
“Sì, invece!”
“Vanda, scusa, ma…” lei gli rifilò
un’occhiataccia “…qui dice che
è andato bene il compito, che il piccolo Weasley
non gli ha fatto allenare la squadra e che quella stupida, idiota di una Mezzosangue di EleanorWeasleygli ha rovinato la giornata più di tutte le altre con la sua stupida e inutile presenza sulla faccia
della terra! Non parla di nessun innamoramento” Lavanda
rise.
“Certo che sei proprio stupidotto
cucciolo mio…è ovvio che
è innamorato!” il sopracciglio di Draco
s’inarcò inconsciamente, leggendo anche il p.s.
dove diceva di aver picchiato Lily Potter.
“Ovvio?”
“Sì amore!”
“E sentiamo, di chi sarebbe
innamorato il mio unico erede sano?”
“Della figlia di Ron e Hermynaturalmente!”
Draco si lasciò andare sul puff
rosa di Lavanda, completamente sotto shock.
“Stai bene cucciolino?” lui la guardò con
occhi cerchiati.
“NO CHE NON STO BENE! Sei impazzita forse?! Vuoi farmi morire a trentasei anni?!”
Lavanda lo guardò senza capire.
“E perché il fatto che
il nostro Rexy sia innamorato della Weasley dovrebbe ucciderti? Va bene, magari Hermy non sarà il massimo della simpatia e
francamente tenerla come consuocera non mi piacerebbe
per niente, ma nonostante questo, e che i capelli di quella povera ragazza sono
veramente orribili, non ci trovo nulla di male!” Draco
la guardò, sull’orlo
dell’esaurimento nervoso.
“Lavanda...quella...quella
è Mezzosangue! Emai, un Malfoy si unirà in qualche modo ai Sanguesporco!” lei scoppiò a ridere.
“Ma com’è
sciocchino il mio amore? Sempre a scherzare stai!”
disse ancora ridendo, cominciandosi ad infilare a letto. Draco la guardò con gli occhi cerchiati.
“Vanda, non sto scherzando”
“Certo che sì, invece! Guarda noi! Io sonoMessosangue amore mio
adorato, eppure siamo felici come il primo giorno!” lui sentì un
dolore al cuore, accompagnato da un preoccupante tic alla guancia.
Sarebbe morto ora, lì, ne era
certo.
“T-tu s-sta-i sche-scherzando vero?!”
chiese lui, isterico, una volta che fu sicuro che l’infarto che lo stava
per colpire gli stava lasciando ancora un po’ di tempo prima di ucciderlo
definitivamente.
Lavanda lo guardò tranquilla.
“No, amorino. Ora forza, vieni a letto, hai una brutta cera stasera!”Draco
fissò la moquet fucsia dell’angolo della
stanza di Lavanda, ancora accasciato sul puff rosa.
“Arrivo fra un attimino
Vanda…”
La mattina dopo, Lavanda ritrovò Draco
nella stessa posizione in cui lo aveva lasciato la sera prima.
Oddio…ci sono
riuscita!!!! *gigia si commuove* Ragazzi…ho finalmente iniziato il sequel! (e che qualcuno ci salvi
ora, perché sono inarrestabile! Wuahuahauah!).
Ditemi
cosa ne pensate, mi
raccomando, spero tanto che vi sia piaciuto questo primo capitolo! So che i
personaggi sono tanti, ma presentandoveli a poco a poco sono sicura che alla
fine li ricorderete tutti! (spero almeno .__________.
)
I'm killing loneliness With the warmth of your arms,
You saved me Oh, I'm killing loneliness with you
The killing loneliness
that turned my heart into a tomb
I'm killing loneliness
HIM – KillingLoneliness
Il vento soffiava forte fuori dalla
finestra e il cielo plumbeo preannunciava presto tempesta, quella mattina.Era quasi l’alba di una fredda
giornata di inizio novembre, quando RexMalfoy si decise finalmente
ad aprire gli occhi, nonostante fosse sveglio già da un po’,
cullato dal soffio quasi violento del vento.
Sospirò profondamente e si girò cauto,
mettendosi supino, mentre il corpo caldo che gli riposava accanto cominciava a
muoversi pigramente in cerca di calore umano.
Morgan, accanto a lui, si
avvicinò lentamente, ancora con gli occhi chiusi e la coperta di seta
stretta in una mano affinché non scivolasse. Si accoccolò
cautamente contro il corpo marmoreo di lui, talmente freddo da farle venire i
brividi.
La ragazza aprì gli occhi e si alzò facendo
leggermente leva su di un gomito, per guardarlo meglio in viso.
Sorrise.
“Buongiorno” mormorò lei con voce
assonnata e appagata strusciando leggermente il naso contro la guancia fredda
di lui, che fissava ancora impassibile il soffitto e non sembrava essersi
neanche accorto della presenza della ragazza.
Lui scansò leggermente il viso
quando lei lo sfiorò.
Morgan s’incupì,
avvertendo che qualcosa non andava.
“Che ti prende si può
sapere?” chiese lei sistemandosi meglio il lenzuolo pregiato sul petto.
Lui si alzò velocemente a sedere non rispondendole neanche,
apparentemente preso da pensieri di maggiore importanza.
Morgan si azzardò ad
appoggiare il suo corpo contro la schiena duramente scolpita di Rex, lambendogli una spalla con le labbra piene.
“Morgan va via per
favore” mormorò improvvisamente lui con voce fredda e distaccata,
muovendosi leggermente in avanti per farla staccare dalla sua schiena.
Morgan lo guardò,
incredula.
“Cosa? Ma…ma…”
“Va via, ti ho detto” Morgan
lo strattonò per la spalla, per farlo girare. Con difficoltà lei
riuscì ad incontrare gli occhi ghiacciati di lui.
“Rex, perché vuoi che
vada via?” chiese lei, con la voce leggermente rotta. Lui la
guardò, freddo.
“Non è la tua stanza, Morgan,
non dovresti stare qui” lei lo fissò con rabbia.
“Beh, pare che stanotte anche se non dovevo stare qui, tu abbia apprezzato la mia presenza!”scattò
lei furiosa.
Rex si alzò dal letto,
cominciando a rivestirsi, come se nulla fosse.
“Stanotte è stanotte, Morgan,
dovresti sapere che con la luce del giorno le carte in tavola cambiano”gli occhi di
lei cominciarono a farsi lucidi.
“Cosa vuoi dire con questo?!
Che sono valida come puttanella
di notte, ma che con la luce del sole tutto torna come il giorno prima?!”
Rex le rivolse una sguardo distratto.
“Esattamente” un singhiozzo uscì dalle labbra di lei, che si coprì subito la bocca con le
mani.
“Rex non farmi questo…ti
prego…io…io…” lui rise quando
notò le lacrime calde di lei scivolare sulle guance lisce e ambrate.
“Dio, Morgan, risparmiami la scena madre, ti prego! Cos’è che
volevi da me, eh?! Le coccole?! Volevi che ci tenessimo mano
nella mano in pubblico?! Volevo questo Morgan?!”
“I-io…”
“Beh, mi dispiace, ma hai proprio sbagliato persona. Ora rivestiti, ti voglio fuori di qui entro dieci
minuti”Morgan scosse violentemente la testa, le lacrime
scivolavano lente, ma cotanti sulle sue guance.
“No, Rex, non ti permetto di trattarmi così…Io non sono
così…io…”
“Tu cosa, Mor? Ora non mi
verrai mica a dire che hai sentimenti vero?! Che hai
un cuore, che sei capace di amare?! Beh, lascia che ti
dica una cosa, tesoro…io e te stiamo così bene insieme, perché siamo uguali.
Non abbiamo cuore, né buoni sentimenti, e ci limitiamo a seguire il
desiderio e la brama della carne. Tu sei una Serpe, Mor,
proprio come me.”
“Se sono come te allora perché non riesci ad
amarmi?”Rex rise aprendo la porta di mogano.
“L’amore è debolezza, Morgan, ricordalo sempre. L’amore è
dolore e sofferenza. L’amore è una condanna dell’uomo. Noi
siamo Serpi. Siamo superiori”
“Ma senza amore…senza
amore saremmo come morti” obiettò lei, con una vocina appena
udibile. Rex si girò verso di lei.
“L’amore uccide, Morgan,
non la sua mancanza. Ora rivestiti.”
*
È mai capitato a qualcuno di voi, che per quanto vi sforziate di fare una cosa per bene, più vi
c’impegnate e meno vi riesce di farla?
Anche qualcosa di stupido, come smettere
di mangiarsi le unghie o arrivare in orario ad un appuntamento.
EbbeneJolieWeasley, per quanto si sforzasse al massimo per
svegliarsi in tempo la mattina, non riusciva mai ad arrivare in orario a
colazione, né tanto meno in classe.
Il suo problema base, era che per quanto ce la mettesse tutta per svegliarsi prima, le poche volte in cui
ci riusciva, perdeva tempo distraendosi.
Non che lo facesse a posta, chiaramente, ma le
capitava di incantarsi a guardare fuori dalla finestra o di non accorgersi del
tempo che passava, leggendo distrattamente qualche riga di un libro.
E quella mattina non era di certo
diversa dalle altre.
Jolie si era svegliata quasi in orario, ed essendosi accorta di
essere quasi in anticipo le sembrò una buona idea ripassare un pò, prima di scendere per colazione. Solo dieci
minuti dopo che l’ultima sua compagna di stanza abbandonò il
dormitorio, lei si accorse di che ora fosse.
Si alzò velocemente dal letto sfatto e prese qualche
libro a caso, lasciando sul materasso quello che le serviva realmente.
Corse fuori dal dormitorio e scese
velocemente le scale, accorgendosi troppo tardi di stare per andare addosso ad
un altro ritardatario.
Fu un attimo.
Jolie andò contro il povero
malcapitato, facendo cadere entrambi. I capelli del suddetto malcapitato
– da tutti conosciuto come Andrew – per
lo spavento diventarono color topo. La ragazza lo
fissò, arrossendo violentemente.
“Cielo, Andrew
stai bene?! Ti ho fatto male?!
Sei ferito?!”
chiese la ragazza isterica, spostandosi velocemente da sopra di lui, che
sembrava ancora un po’ confuso.
“Sto bene, Jo…” disse lui alzandosi da terra e dandole la
mano per aiutarla.
Jolie
diventò pressoché color pulce, prendendo con mano tremante
l’aiuto offertole.
“Si può sapere dove
corri di mattina?! Non si arriva tardi alle
lezioni!” disse lui canzonatorio, mentre si
avviavano verso il buco del ritratto. La ragazza gli rifilò
un’occhiataccia, ignorando il calore costante delle sue guance.
“Sai bene quanto io faccia
difficoltà a svegliarmi la mattina!” disse lei burbera. Andrew rise.
“Certo che lo so, ma
è sempre divertente prenderti un po’ in giro!”
esclamò lui, facendo diventare i capelli giallo acceso.
Jolie
sbuffò cercando di camuffare una risatina.
“Tu piuttosto? Non dovresti
andare a lezione?”
“Ho Incantesimi, vuoi che
non arrivi prima di Vitious?!”
chiese divertito lui. Jolie sbatté un paio di
volte le palpebre.
“Andrew…Io ho Incantesimi alla prima
ora…” il ragazzo smise immediatamente di ridere e sbiancò,
mentre i suoi capelli ritornavano color topo.
“Cos’ho io allora?!” domandò isterico con gli occhi cerchiati
dalla preoccupazione per il probabile e imminente disastro.
“Non ne ho idea!
Divinazione?”
“No”
“Cura delle creature
magiche?”
“Ho lasciato quel
corso”
“Aritmanzia!”
“Mai fatta”
“Pozioni”
“No”
“Astronomia!”
“Alle nove di
mattina?” Jolie s’incupì.
“Oddio…” la ragazza si girò
immediatamente verso di lui, che era impallidito all’improvviso.
“Trasfigurazione! Merlino, la lezione
sarà iniziata da almeno dieci minuti! La McGranitt
mi uccide!” piagnucolò lui sotto lo
sguardo allibito di Jolie, mentre i suoi capelli
cambiavano colore ad intervalli regolari di qualche secondo.
Con un fievole ‘ci vediamo a pranzo,
se sopravvivo’, Andrew
cominciò a correre alla volta dell’aula di Trasfigurazione,
mentre Jolie, ridendo, lo seguiva, con lo sguardo.
Sospirò contenta, vedendolo scomparire dietro
l’angolo. Quella giornata era iniziata decisamente
bene per lei.
“Che ci fai fuori dalla
classe?” una voce proveniente dalle sue spalle la fece sobbalzare. Si
girò e si ritrovò davanti WillDarcy, più sorridente che mai.
“Lo sai che in qualità di
prefetto io potrei anche punirti per averti beccata a saltare la prima lezione
del giorno?” Jolie rise.
“Con me la tua credibilità
di prefetto va a farsi benedire, lo sai! E poi non
stavo saltando la lezione! Mi limitavo ad arrivare in regale ritardo…” disse lei scimmiottando la voce e i
gesti di sua sorella Sophie, mentre Will si avvicinava ridendo.
“Sta attenta a non farti sentire, da tua sorella o sta
sicura di passarci un guaio!” Jolie lo
guardò curiosa.
“Ora Sophie è mia sorella? Non più la tua dolce metà,Will?” ghignò lei, vedendolo in
difficoltà alla domanda.
“Jo…lo sai
com’è fatta no? Un giorno ti vuole, un giorno
ti tratta come uno sconosciuto, non so fino a quanto sono disposto a sopportare
ancora…” la ragazza alzò le spalle cominciando a camminare,
seguita da lui.
“Beh…state insieme da quanto, quattro anni,
forse? Sophie non ha cominciato ieri a trattare le
persone così…cosa ti impedisce di
continuare su questa strada?”
“Il mio amor proprio!” Jolierise.
“E non solo quello, se
proprio lo vuoi sapere…” mormorò poi lui, abbassando lo
sguardo. La ragazza lo guardò, interessata.
“C’è qualcun’altra forse?”azzardò
lei, con non poche riserve. Will arrossì
violentemente e la guardò di sottecchi.
“Come fai a saperlo?!”
“Non lo so! Sono andata a
caso!” rise lei, tranquillamente. Will
sembrò molto più sollevato.
“Jo, promettimi di non dire
nulla a Sophie…devo chiarire
personalmente” Joliegli
sorrise, scompigliandogli i capelli.
“Sta tranquillo! Io non so
nulla!” disse lei, avviandosi su per una rampa mobile.
Will le sorrise, salutandola con la mano, cercando di velare la preoccupazione
nei suoi occhi.
Tutto questo gli sarebbe sfuggito di mano, ne era certo.
*
“Ron?”
“Dimmi”
“Secondo te Elly starà bene a scuola?” Ron la guardò fissare intensamente il bicchiere di
succo d’arancia che aveva in mano.
Inarcò il sopracciglio, perplesso.
“Certo…cioè…credo
di sì…se ci fosse qualcosa che non va, ce lo direbbe, non
credi?” Hermione represse uno sbuffo, gli occhi
cominciavano a farsi lucidi.
“Non essere ridicolo! Quando
mai abbiamo detto hai nostri genitori cosa accadeva a Hogwarts!
Chissà che cosa starà passando la mia
povera piccola…”mormorò lei mettendosi una mano sulla bocca per soffocare un
singhiozzo.
Ron la guardò, basito.
“Hermione…eravamo in guerra…c’eraVoldemort
e…”
“Motivo in più perché avremmo dovuto parlarne!
Chissà come saranno morti di paura i nostri
genitori!” ringhiò lei sbattendo un pugno sul tavolo. Ron spalancò gli occhi, decisamente
allarmato.
“Herm…ti senti
bene?” lei lo guardò, tirando su con il naso.
“Certo! Come vuoi che stia sapendo che mia figlia sta rischiando la vita a scuola! Sto
benissimo, non vedi?!” disse lei ironica, con
occhi lampeggianti di rabbia.
Ron ingoiò il vuoto,
terrorizzato.
“Mione…”
azzardò lui, guadagnandosi subito un’occhiataccia “…la
guerra è…finita ora…non c’è motivo
per cui tu ti debba preoccupare della vita di El…E
poi, andiamo…è Hogwarts! È praticamente inespugnabile!” lo sguardo di Hermione si poggiò rabbioso su di lui.
“Vaglielo a dire tu, a
Silente, che Hogwarts è inespugnabile!”
abbaiò lei, con le spalle che tremavano per i singulti.
Ron si alzò, un po’
– tanto - timoroso e si avvicinò alla moglie.
“Herm…che ti prende
eh? Hai le tue cose, per caso?”
chiese lui dolcemente, passandogli le mani sulle spalle. Lei gli rifilò
un’occhiataccia, dandogli un vigoroso schiaffetto
sul braccio.
“Idiota!”
“Che ho detto?!” Hermione lo ignorò, ricominciando a singhiozzare.
Ron, massaggiandosi la parte
offesa, penso bene di lasciarla tranquilla per un po’.
“Sei un insensibile” sussurrò lei ad un
certo punto, dopo qualche minuto di silenzio. Lui la guardò senza
capire.
“Cosa ho fatto ora?!”
“Non ti importa che nostra
figlia rischi la vita, ecco cosa!”Ronsbattè un
paio di volte le palpebre.
“Non dire sciocchezze, lo sai che darei
la vita per i nostri figli! Sei tu che sei paranoica! Nelle lettere ci scrivono
che va tutto bene, sarà così no?!”
”NO, ovviamente! Se ci scrivono che va tutto bene, c’è senza alcun dubbio qualcosa che non va! Lo fanno per non farci preoccupare, èlampante!”
“Hermione e se andasse veramente tutto bene?!
Capita, a volte, sai?” Hermione fece per
parlare, ma richiuse subito la bocca, piccata.
“E di Ben che mi dici, allora?!
Parla sempre e solo di Quidditch! È ovvio che
lo fa per non farci sapere che va male a scuola!”Ron
sbuffò esasperato.
“Hermione, Ben parla di Quidditchda quando ha detto la
sua prima parola, che se ti ricordi bene è stata ‘puffa’! E
poi lo sappiamo già che va male a scuola! Cosa dovrebbe
essere diverso stavolta?!” lei borbottò, incrociando le braccia al
petto.
Rimase qualche secondo in un riflessivo
silenzio prima di parlare di nuovo, facendo sobbalzare Ron.
“Gilly! Ecco, lei ha
senz’altro qualcosa che non va!”
“Cosa, di grazia?!”
“Parla sempre di scuola!”
“Esattamente come facevi tu!”
“Lei lo fa per nasconderti qualcosa, ne sono
certa!” Ron la guardò come se fosse
impazzita.
“E cosa dovrebbe nascondermi?!”
“L’esistenza di un ragazzo ad esempio! Tutti noi
sappiamo come sei apprensivo! Figurati se poi, per ironia
della sorte questo ragazzo si chiamasse Viktor! Ci scommetto che non
parla d’altro che di libri!” disse lei convinta, annuendo tra
sé e sé.
Ron si grattò una guancia,
sconvolto.
“Hermione…non è che vuoi sederti un attimo vero?” lei lo
guardò, alzando il sopracciglio.
“Sono
seduta, Ron…”
“Allora perché non ti sdrai? Io nel mentre chiamo…ehm…non so…mia madre, Ginny, il San Mungo…qualcuno, insomma!”
“Perché dovresti
chiamare il San Mungo? Stai male?”
“Ehm…no. Tu invece?”
“Sto benissimo non vedi?!”
Ron annuì cauto.
“Certo…” rimase qualche secondo a guardala studiare i minuscoli pezzettini d’arancia non
del tutto frullati nella sua spremuta, poi sospirare pensieroso.
Ha
le sue cose…Ne sono
certo.
*
Sometimes I get emotional
Sometimes I do some stupid things
Sometimes I say what I should just keep inside
Sometimes I'm sad about everything
Sometimes I'm mad and break some things
Sorry times 10 but you just got in the way
Diana
De Garmo – Emotional
Il pomeriggio nella sala comune Tassorosso
trascorreva tranquillo.
Nella stanza regnava un pigro e sonnacchioso silenzio e i
pochi studenti presenti erano disposti uniformemente a piccoli gruppetti accoccolati
sulle poltroncine di pelle nera o seduti ai tavolini intarsiati di legno di
palissandro.
SylvieWeasley
era comodamente seduta sulla sua poltroncina preferita, alla sinistra del
caminetto. Sul suo viso aggraziato era stampata un’espressione di
meravigliata sorpresa, e le sue labbra non cessavano di incurvarsi in un
sorriso ogni volta che girava una pagina.
Sulle sue gambe, il vecchio quaderno che Robin aveva dimenticato durante il loro ultimo scontro,
qualche giorno prima.
Sfogliava le pagine lentamente, ammirandone il contenuto,
con occhi giocosi e allegri. Di tutto si sarebbe aspettata, tranne che quel
ragazzo sapesse disegnare con una tecnica tanto perfetta, nella sua
straordinaria semplicità.
Continuava così da quasi un’ora. Non finiva di
sorprendersi per l’ultimo piccolo capolavoro che i suoi occhi avevano
incontrato, che subito tornavano a risplendere di gioiosa meraviglia, vedendone
uno tutto nuovo e anche migliore del precedente.
Accarezzava le pagine lentamente, come a cercare di carpirne
ricordi, pensieri e sentimenti nascosti tra le linee tracciate febbrilmente,
quasi in maniera arrabbiata, da una matita che nelle mani di
lui, assumeva un potere tale da creare un’opera d’arte.
E lei quasi non riusciva a contenere, la gioia
che stava provando, con la consapevolezza di aver avuto il privilegio di
ammirare un’arte tanto pregiata nelle tremanti mani di un artista tanto
impensabile.
Quando qualcuno vicino a lei, emise
un suono simile ad uno sbuffo sorpreso, Sylvie non si
poté impedire di sobbalzare.
Alzò lo sguardo e non poté trattenersi dal
lanciare quella che sembrava una colorita imprecazione in francese, quando i
suoi occhi incontrarono quelli attoniti di RobinPaciock.
“Quello è mio!” soffiò lui,
guardando il suo quaderno sulle gambe di lei,
più apprensivo che mai. Sylvie si portò
una mano sulla bocca, gli occhi spalancati sulla tremante figura di lui.
“Robin!” disse lei a
voce decisamente troppo alta, chiudendo velocemente il
quaderno e alzandosi in piedi. Gli occhi di lui
rimasero puntati sul quaderno.
“Quello è mio!” ripeté, ora
isterico, fissando ancora l’oggetto, indicandolo con un dito tremante. Sylvie
annuì lentamente cautamente con la testa.
“Robin…lo
avevi lasciato per terra l’altro…”
“Chi ti ha detto di prenderlo?!”
urlò lui, disperato, passandosi una mano tra i capelli. La ragazza
sbatté un paio di volte le palpebre.
“Robin…l’ho
raccolto…te lo avrei ridato!” gli occhi di lui
indugiarono per la prima volta sul volto di Sylvie.
Arrossì violentemente.
“Ma…ma…facciamo
lezione insieme…avresti dovuto ridarmelo prima! Sono quattro giorni che
lo cerco come un forsennato!” disse lui con voce
incrinata.
“…e…e poi scopro che lo hai tu...cioè mica una persona normale, tu!” lei si portò una ciocca di capelli disordinati
dietro l’orecchio, lo sguardo decisamente perplesso.
Fece per dire qualcosa, ma vedendolo
accasciarsi su un divanetto per poi risaltare in piedi subito dopo, le fece
cambiare idea. Ingoiò il vuoto, ora un po’ imbarazzata.
“…e tu hai avuto in mano quel quaderno per
quattro giorni… “ ribadì lui
piagnucolando “…hai avuto in mano la mia vita! E…e
ora…ora lo dirai a tutti…oh! RobinPaciock disegna! Facciamoci fare le cartine di astronomia dal più scemo dei Tassorosso!”
“Ehi.”lo interruppe lei, lo sguardo un po’
indurito. “Non dirò a nessuno che tu disegni ok?”
Robinemise uno sbuffò.
“Certo come no”
“Cosa vorresti dire
scusa?!” Robin arrossì, gli occhi fissi
sul pavimento.
“Siete sempre piene di buone intenzioni voi…poi
però vi sfugge sempre qualche cosa!”
“Noi? E
sentiamo, chi saremmo, noi?!” disse lei, ora
decisamente alterata, da quella non voluta generalizzazione.
“Voi…voi ragazze…carine…”
mormorò lui con un filo di voce, la testa rivolta talmente in basso, da
risultare una posizione decisamente innaturale. Sylvie si ritrovò a sorridere, guardandolo con
tenerezza.
Si avvicinò lentamente senza che lui potesse notarlo
per via dello sguardo basso e gli posò una mano sulla spalla. Robin trasalì visibilmente e arrossì.
“Puoi fidarti di me, ok? Per
quel che vale sappi che sei fantastico…ma se non vuoi che si sappia in
giro del tuo talento…lo rispetterò” mormorò
lei, continuando imperterrita a guardarlo negli occhi, nonostante lui stesse
diventando gradatamente e inesorabilmente rosso.
“Da-davvero? Credi davvero
che io sia…bravo?”lei sorrise.
“Certo! Voglio dire…guarda! Sono capolavori!”Robin fece una risatina, mentre i suoi occhi gli
cominciavano a brillare d’entusiasmo.
“Oh, grazie!” disse lui, con sincera gratitudine,
mentre riprendeva il quaderno che lei gli stava porgendo con un sorriso.
“Ora sarà meglio che vada…”
mormorò lei, sorridendogli un’ultima volta e sorpassandolo
gentilmente. Robin sembrò molto scontento di quell’interruzione così brusca.
“Sylvie…” richiamò
lui, prima di rendersi veramente conto di quello che stesse
facendo. Lei si rigirò, curiosa verso di lui, che ora la guardava basito
per la sua stessa azione.
“Sì?” chiese quindi dopo un po’,
notando che lui non sembrava dar segno di alcun
movimento.
Al richiamo si riscosse immediatamente,
sobbalzando leggermente. Sotto gli occhi attenti di lei, aprì il
quaderno e staccò una pagina con scrupolosa cura, per poi porgerla a lei
con un sorriso adorabilmente imbarazzato.
Sylvie lo prese, gli occhi sorpresi
su di lui.
“Per me?” lui annuì, paonazzo.
Sylvie vedendo il disegno di una
fatina, non poté fare a meno che arrossire,
contenta. Si alzò sulla punta dei piedi e senza
pensarci schioccò un piccolo bacio sulla guancia rosa acceso di Robin.
“Grazie!” disse poi tutta sorridente, tornandosi
a dirigersi verso la scala del suo dormitorio.
Robin si accasciò sulla
poltroncina che aveva vicino, rimanendovi per circa tre ore sotto shock.
*
Di sera la sala comune Grifondoro non
era mai stato un luogo particolarmente frequentato dagli studenti e i pochi che
decidevano di trascorrere una tranquilla serata in quella piccola stanzetta
quasi completamente cremisi, avevano praticamente un
posto mutamente assegnato.
Elly Weasley e AndrewLupin erano
tranquillamente accoccolati su due poltroncine a giocare a scacchi, e come ogni
sera lei lo stava serenamente, inevitabilmente e inesorabilmente stracciando.
La ragazza si sistemò meglio sul divano, i lunghi
capelli disordinati le ricadevano spettinati sulle spalle e gli occhi azzurri
leggermente assonnati erano sempre vispi e attenti sul volto corrucciato di
lui.
Guardava con divertimento, lo sguardo perso di Andrew rivolto alla scacchiera,
come nella speranza che le sue pedine – di cui un paio ora stavano
sbadigliando – gli svelassero la giusta maniera di agire.
“Allora?” mormorò Elly ad un certo punto,
dopo che vide per l’ennesima volta i capelli di lui
diventare dello stesso colore dei suoi pedoni. Andrew
le rivolse un’occhiataccia.
“Non avere fretta!” sbottò lui, facendo
saltare il re dallo spavento. Lei ridacchiò, cominciando a giocare con
una ciocca di capelli.
“Sai…ho sentito qualcosina
oggi…” sospirò lei vaga, cercando
di nascondere al meglio il ghigno divertito che minacciava di uscire dalle sue
labbra. Andrew distolse per un attimo la sua
attenzione dalla torre di lei e la guardò
interrogativo.
“Cosa?” Elly
ridacchiò.
“Che combinate tu e Jo?”
i capelli di Andrew
diventarono rosso vivo.
“Io e Jo?” lei
annuì, ridacchiando al suo imbarazzo.
“Non è che per caso i
miei due migliori amici si stanno mettendo insieme e io lo devo sapere da uno
sconosciuto vero?” Andrew si strozzò con
la sua stessa saliva.
“MA SEI SCEMA?!”
urlò lui rossissimo, facendo trasalire tutti i pedoni. Elly rise di
gusto.
“Beh, mi è giunta voce che siete stati tutta la
mattina insieme, io che devo pensare?” lui sbuffò, i capelli ormai
di un colore variabile tra il rosso scuro e il nero pece.
“Quante idiozie…abbiamo percorso il corridoio
insieme e poi io sono scappato a lezione! Sarà stato al
massimo dieci minuti…e poi, oh santo cielo El,
io e Jo!...Cioè…Io e Jo! Come cavolo ti viene in mente?!”
“Perché?” Andrew sbatté un paio di volte le palpebre.
“El…è Jo! Come potrei stare con Jo?!”
gracchiò lui passandosi una mano tra i capelli verde acido. Elly
alzò le spalle, cercando di mascherare in un’espressione
partecipe, la risata che continuava a minacciare di uscire.
“Jolieè
una bella ragazza…è figlia di una veela,
qualcosa pur varrà!”
“Ma non è
perché è brutta…” mormorò lui, mentre sia
guance, che orecchie che capelli diventavano rossi.
“…perché
è…è lei!”
“Questa sì che è una risposta
eloquente” Andrew le lanciò
un’occhiataccia.
“Joè
Jo, è come una sorella per me!”
“Ma sei un baldo giovincello
adolescente! Qualcuno dovrà pure interessarti!” esclamò
curiosa lei, sistemandosi meglio nella poltroncina.
Andrew arrossì
violentemente.
“Sei in vena di scoop oggi?” mormorò lui
tagliente, vedendola per l’ennesima volta cominciare a ridacchiare.
“Come sempre!”Andrew
sbuffò, arrossendo.
“Beh, vai a cercare scoop da qualcun altro!” lei
non sembrò minimamente scalfita, anzi rise ancora più forte.
“Oh! Il nostro Andy è
innamorato!”
“Non è vero!”
“Sì invece! Hai i capelli quasi color
pulce!” rise lei, mentre lui si copriva la testa con le mani.
“Non è vero!” ribadì
lui, convinto, nonostante i capelli ora fossero bordeaux.
“E com’è,
bella?”
“Smettila!”
“La conosco?”
“Non ti riguarda!”
“Quindi sì! E chi è? Me lo dici?”
“Smettila…”
“Dai”
“No!”
“Ti prego”
“Finiscila”
“Dai”
“No”
“Dai”
“No!”
“Dai”
“Scacco matto”
“COSA?!” tempo che lei
abbassò lo sguardo sui pedoni ancora fermi lì dove li aveva
lasciati che Andrew si eclissò oltre il buco
del ritratto.
Elly sbuffò.
Possibile che io ci
caschi sempre?!
*
You say I'm just impossible
Totally unpredictable
I'm just a girl get use to it
No big deal
You can't change me why would you try?
I'm no angel but I can make you smile And that's the way it is
That's just the way I am
Diana De Garmo – Emotional
Se all’interno della sala comune Grifondoro
si respirava un’aria quasi idilliaca nella propria serena
felicità, al di fuori di quelle quattro mura scarlatte,
l’atmosfera era decisamente più
burrascosa.
Ben Weasley ed EmilyPaciock avevano preso da ormai diversi anni la
cattiva abitudine di litigare ad ogni ora del giorno e della notte, non
preoccupandosi né del luogo, né dell’ora, né tanto
meno di quanto stessero dando spettacolo con le loro
offese prettamente assurde.
Quel giorno, sembravano decisamente
in vena di offese umanamente inconcepibili, tanto da radunare persino un
piccola folla di discreti pettegoli che non aspettavano altro che le loro
litigate per farsi due risate durante le cupe e pesanti giornate
scolastiche.
“Sei un idiota, Weasley!”
ripeté per l’ennesima volta Emily,
incrociando le braccia al petto e mettendo il broncio. Ben emise uno sbuffo
scocciato, passandosi nervosamente una mano tra i capelli.
“Ora mi chiami Weasley?! Ben è troppo poco fine per una signorina dolce e delicata come te?!”
“Smettila di fare il bambino! Ti odio
quando fai così!”
“Io faccio
il bambino?! Se non ricordo male io ero venuto a scusarmi per quello che ti ho
detto al campo e tu hai
cominciato a urlare come una pazza!” Emily gli
lanciò un’occhiataccia.
“è lampante che te lo ha
dettoJames di venire!”
“Mi pareva strano che non avessi ancora nominato il
caro, dolce, perfettissimoJames!”Emily arrossì, mentre la piccola folla formatasi
cominciava ad aumentare di numero in proporzioni man mano più elevate.
“Non parlare così del tuo migliore
amico!”
“Non sono affari tuoi di come parlo del tuo fidanzatino!”
“Non è il mio fidanzatino!!” urlò lei
arrossendo violentemente.
“Beh se proprio lo vuoi sapere non è stato James a dirmi di chiederti scusa! Perdonami se per una
volta ho avuto la brillante idea di ammettere che magari avevi ragione tu! Ti
prometto che non succederà in futuro!” disse
lui rosso di rabbia, cominciando ad andarsene.
Emily gli si parò davanti.
Una Corvonero del secondo anno
trasalì emozionata.
“Non pensare nemmeno di andartene adesso!”
“Per quale motivo dovrei rimanere?!
Contrariamente a quello che pensi, non è particolarmente piacevole
sentire la tua vocina petulante nelle orecchie!” Emilyridusse gli occhi a due fessure.
“Beh, stai tranquillo allora, perché la mia
vocina petulante, non arriverà più alle tue orecchie almeno
finché non mi arriveranno delle scuse decenti da parte tua!” Ben
si passò nervosamente una mano tra i capelli.
“Io ti ho fatto le mie scuse, principessina, se tu hai
iniziato ad urlare, di certo non sono io che ha qualcosa che non va!” lei
gli lanciò un’occhiata significativa, gli
occhi impercettibilmente umidi.
“Hai mai pensato che magari essere presa in giro da te
ogni singolo momento di ogni singolo giorno non
è poi così piacevole?!” mormorò lei tagliente,
abbassando la voce all’improvviso, con le braccia abbandonate lungo i
fianchi in segno di resa.
“Io non ti ho mai presa in giro…”
mormorò il ragazzo mortificato, ora anche lui visibilmente più
calmo. Lei represse uno sbuffo.
“Vocina
petulante non si può certo definire un complimento, Ben!”
disse lei con la voce leggermente tremante. Il ragazzo distolse lo sguardo da
lei, incapace di replicare.
“Senti…senti, non
piangere, ok? Non voglio che piangi…” Emily gli scoccò
un’occhiataccia.
“Facile parlare solo con l’intento di dormire
sereno la notte! Prova a frenare la lingua la prossima
volta!”
“Senti, io ci sto
provando!”
“Non abbastanza!” puntualizzò lei, con le
unghie che si conficcavano nei palmi
“Ma chi ti credi di essere
eh?! Il mondo non gira intorno a te è bene che qualcuno te lo dica, in
caso ti sia sfuggito”
“Non mi pare di starti chiedendo chissà cosa,
Ben!” il ragazzo fece qualche passo verso di lei.
“Santo cielo Em, vienimi
incontro!”
“Io ti sto
venendo incontro!”
“Non è vero”
“Cosa?”
“Tu stai cercando di sabotare il mio progetto di pace!” Emily
inarcò inconsciamente il sopracciglio.
“Hai uno strano modo di far pace! In meno di una
settimana mi hai fatta piangere due volte!”
“Vedi cosa intendevo? Guardi sempre il lato cattivo
delle cose! In questa settimana mi sono anche scusato con te!”
“Certo! Subito prima di litigare un’altra volta!
Per quanto dovrò attendere le tue scuse per questa litigata?!”Ben sbatté un paio di volte le
palpebre.
“Io non ti farò le mie scuse per questo! È colpa tua!” Emily
cambiò espressione all’improvviso.
“Non ti scuserai con me?”
“No!”
“Oh Ben, sei un’idiota!”
“Tu di più!”
“Non ti parlerò mai più!”
“Bene!”
“Bene!” urlò lei subito prima di entrare
velocemente in Sala comune.
Ben la guardò male, finché la ebbe nel suo
campo visivo.
Odiava litigare con lei.
Lei era più furba e lo fregava sempre. Sempre.
Lui si girò di spalle dal buco del ritratto,
ritrovandosi davanti una ventina di studenti basiti. Le sue orecchie
diventarono rosa acceso.
“Che avete da guardare voi!?”
*
Ogni domenica mattina a casa Weasley
si respirava profumo di frittelle.
L’odore dolciastro mischiato con il
zuccheroso aroma dei mielosi dolcetti glassati appena sfornati da Ron, pervadeva tutta la casa facendo svegliare i suoi
occupanti con il sorriso sulle labbra e un’espressione di pura letizia
sul volto.
Ron ai fornelli era un Dio.
Ogni domenica – e di solito anche a Natale e
compleanni - si alzava un po’ prima della stessa Hermione,
famosa per le sue levatacce, e in una decina di minuti preparava banchetti con
ogni prelibatezza presente, tanto buoni e deliziosamente assortiti da far
attendere con grandissima impazienza la sospirata colazione della domenica.
Persino Harry e Ginny, si alzavano prima nonostante fosse il giorno di
festa, pur di assaporare le prelibatezze che solo Mollyriusciva ad eguagliare.
Ogni domenica verso le nove bussavano, e Ron
andava ad aprire la porticina blu acceso con il sorriso sulle labbra, per poi
unirsi a Hermione e David che, tutti sorridenti,
già cominciavano a permettersi di assaggiare qualche mieloso dolcino
zuccheroso e glassato.
Capitavano però mattine, in
cui Hermione avesse inaspettatamente voglia di
cucinare.
E se un Granger
vuole fare qualcosa, si sa, in una maniera o nell’altra state sicuri che
ci riesce.
In quei giorni Ron non andava ad
aprire con il sorrisone sulle labbra come era solito
fare, ma con un cipiglio preoccupato che subito metteva Harry
e Ginny in allarme. In quelle
occasioni, David era sempre con lui, attaccato alla maglietta che rivolgeva
sguardi allarmati ad ogni rumore che sentiva provenire dalla cucina.
Ebbene, quel giorno Hermione aveva voglia di cucinare.
Ron andò ad aprire la porta scuro in volto, con David in braccio attaccato
prepotentemente alla sua maglietta blu cupo.
Quando li vide, Ginny
emise un gemito di disappunto.
“No…” mormorò Harry
con gli occhi spalancati. Ron gli rivolse uno
sguardo.
“Entrate, avanti…” disse lui, spostandosi
leggermente da un lato. Harry e Ginny
esitarono per diversi secondi prima di decidersi a superare la soglia.
Dalla cucina, un vago profumodi frittelle bruciate e
l’intonato canticchiare di Hermione.
“Oh, siete arrivati! Sedetevi,
sarà tutto pronto fra pochissimo!” disse lei tutta
sorridente sistemandosi la vestaglietta leggera addosso.
Harry e Ginny
le rivolsero uno sguardo, per poi guardare maliziosi Ron.
L’amico lo tirò da un lato, mentre Ginny
e David guardavano allarmati Hermione
che ricominciava a cantare, mentre faceva saltare quattro frittelle facendone
cadere due.
“Che cosa avete fatto stanotte, eh marpione?!” chiese ridacchiando Harry,
sistemandosi gli occhiali sul naso. Ron
arrossì.
“Nulla, idiota! È così
da almeno tre giorni!” Harry si
corrucciò un po’.
“Quindi niente sesso
sfrenato?”
“Ahimé no…è crollata alle nove,
lasciandomi a fare giochi da tavola con David…”
“Che donna cattiva…come può addormentarsi
così presto il sabato sera!? Il giorno dopo non
c’è lavoro e si può fare tanto…”
“Sì, Harry abbiamo
afferrato il punto” tagliò corto Ron,
vedendo che David ora stava guardando loro con gli enormi occhi azzurri
spalancati e avidi di sapere.
“Che
ingiustizia…” disse infine lui, abbandonando le braccia lungo i
fianchi.
“Forza ragazzi è pronto!” un’Hermione più radiosa che mai li interruppe
all’improvviso, trascinandoli gentilmente verso il tavolo apparecchiato,
mentre Ginny analizzava – cercando di
nascondere al meglio l’espressione schifata – il papposo pappone di un marroncino inquietante che Hermione le aveva appena messo
davanti, presentandolo soddisfatta come porridge.
“Sono due ore che lavoro! Buon appetito!” Ron, David, Harry e Ginny si scambiarono un lungo sguardo
prima di decidersi a prendere le posate.
“Allora com’è?” chiese lei curiosa,
guardandoli ad uno ad uno.
“è…sq-squisito,
piccola…” mormorò Ron, ingoiando a
forza il boccone di pappone papposo.
“Sicuro?” mormorò lei, alzandosi per
prendere la lettera che un piccolo gufetto appena
arrivato alla finestra, aveva attaccata alla zampina.
“Uh! È di Ben!”
disse subito lei. Diede una letta veloce, per poi risedersi e poggiare la
lettera sul tavolo.
“Che dice?”
“Sproloquia contro Emily
come al solito” mormorò semplicemente
lei, prendendo un bicchiere di succo di frutta.
Ron prese la lettera e diede una
letta veloce, per poi ridacchiare.
“Merlino…la piccola Paciock
è uguale a te!” rise lui, passandosi una mano
trai capelli. Hermione gli rivolse uno sguardo
assassino.
“Prego?”Ron
sbatté un paio di volte le palpebre. Harry, Ginny e David cominciarono ad
allarmarsi.
“Emily…ti assomiglia
moltissimo caratterialmente…” disse lui cauto, non riuscendo ancora
a capire cosa avesse detto di tanto sbagliato.
“Ma se Neville non fa altro che dire
che è uguale a nonna Paciock!” tutti i
presenti ingoiarono il vuoto.
Ah…eh”
“Quindi cosa stai cercando di dirmi?!
Che sono uguale a quella vecchia bisbetica?!”
“No nono!” disse isterico lui,
chiedendo con lo sguardo aiuto a Harry.
“Hermione, sono certo
che…”
“Zitto tu!” tuonò lei, con occhi
fiammeggianti. Ginny si alzò di scatto subito
seguita da Harry e prese in braccio David.
“Beh, è stato fantastico esservi venuti a
trovare! Noi ora portiamo Davie un po’ al parco
che ne dite? Torniamo a pranzo!” disseGinny quasi urlando, uscendo dalla porta principale, con
David in pigiama in braccio.
Hermione attese che la serratura scattasse prima di rivolgere una sguardo furente a Ron.
“Hermione non penso tu sia
come nonna Paciock te lo giuro!”
“Lo hai appena detto!” ringhiò lei.
“Ma io con nonna Paciock non ci andrei mai a letto!” Hermione si zittì.
“Tu non mi ami
più…”
“COSA?!”
“Mi paragoni a quella vecchiaccia! Cosa dovrei pensare?” mormorò lei con gli occhi
lucidi.
Ron si alzò
all’improvviso, posando prepotentemente le sue labbra su quelle di lei.
“E questo cos’era?...”
mormorò lei contro di lui, con gli occhi
scuriti dal desiderio.
“Una cosa che non farei mai alla nonna…”
mormorò lui prendendola in braccio e portandola di sopra.
Per il resto della mattinata, Ron
fece vedere a Hermione tutte le cose che a nonna Paciock non farebbe mai.
Ed infine eccomi qui…U.U
Amoooooriiiiiii!!!! ** Ma quanti bei commentucci
che mi avete lasciato! *gongolinggongolinggongoling* spero che anche questo capitolo vi sia
piaciuto come il primo!
Dunque, alcuni di voi, mi hanno giustamente
ricordato dei missing! Ebbene per quanto riguarda
questo, ho deciso di aggiornare a ritmo di un missing
ogni due capitoli del sequelpiù
o meno! A grandi linee sarà così, quindi! ^^
Ora, a grande richiesta…GLI SCHEMINIIII! **
RON\HERMIONE: ELLY, BEN, GILLY, DAVID
HARRY\GINNY: JAMES E LILY, IAN
NEVILLE\LUNA: ROBIN, HELEN E EMILY
DRACO\VANDA (XD): REX, VENUS
LUPIN\TONKSY : ANDREW
BILL\FLEUR: SOPHIE, JOLIE, SYLVIE, DANIELLE
7° ANNO
ELLY
WEASLEY – GRIFONDORO
ANDREW
LUPIN – GRIFONDORO
REX MALFOY – SERPEVERDE
SOPHIE WEASLEY – CORVONERO
WILL DARCY – CORVONERO
6° ANNO
JOLIE WEASLEY – GRIFONDORO
CHRIS BENNET – SERPEVERDE
MORGAN
TORRES – SERPEVERDE
5° ANNO
SYLVIE
WEASLEY – TASSOROSSO
ROBIN
PACIOCK – TASSOROSSO
VENUS
MALFOY – TASSOROSSO
4° ANNO
BEN
WEASLEY – GRIFONDORO
JAMES
POTTER – GRIFONDORO
LILY
POTTER – CORVONERO
EMILY
PACIOCK – GRIFONDORO
HELEN
PACIOCK – CORVONERO
3°ANNO
GILLY
WEASLEY – GRIFONDORO
IAN POTTER
– GRIFONDORO
Ok, spero che così sia un pochino
più semplice per i personaggi! ^^
Ringraziamenti ^^
karmyGranger,
_Roby02_, Zia funkia e NonnyGiulyWeasley **, redRon, Merilyn, Mouline^^,
ale146, zia Ly!**,MaryPotter92, la mia Gem
daisy05, Sandy85, Moonlightrage (uh! Già i nomi delle coppie **!!! Sono trepidante!!), fiamma90
(chi ha mai detto che Herm è casalinga? *faccing sorrisone furbetto* ogni cosa ci sarà a suo
tempo!), SiJay, Ginny_Potter, Fenix (mi hai commossoçç Mi hai fatto piangere, ti ringrazio!), Hiromi (ma che caruccia la pargola ** mi hai fatto mettere in discussione
la mia! Rex, è cattivo hai
ragione…io l’ho sempre visto come degno erede di Lucius sotto questo punto di vista! Andando avanti si scopriranno
anche altri lati di lui *facingsisi
con la testa*), pinkstone, Saty, sery black, Chloe88, valeria18, giuggy
(mi hai chiamata XDD) , Evan88, ciocco, daniel14, Prongs e Padfoot ^^
GRAZIE MILLE! TUTTI I
VOSTRI COMMENTI MI HANNO RESA FELICISSIMA! **
La sala comune non è mai stata più di un luogo di
passaggio per i Grifondoro
Learning To Breathe
-
SUO Second Ground –
3.
You just call out my name
And you know wherever I am
I'll come running to see you again
Winter, spring, summer or fall
All you have to do is call
And I'll be there
You've got a friend
Carol
King – You’ve got a friend
La sala comune non era mai stata un luogo
particolarmente frequentato, meno che mai una volta scattato il
coprifuoco, quando le luci si spegnevano e i respiri stanchi e affaticati dalla
dura giornata scolastica si regolarizzavano, rilassati dal caldo tepore delle
coperte morbide e pesanti.
EmilyPaciocknon sembrava
però ben propensa a godere della familiare comodità del suo
letto.
Se ne stava lì, rannicchiata in un angolino
della grande poltrona cremisi posta direttamente di fronte all’enorme
camino che ancora sputacchiava qualche scintilla di calore nonostante
l’orario.
Se qualcuno l’avesse vista
lì, con gli occhi chiusi, il viso disteso e il respiro regolare,
l’occhio sarebbe stato sicuramente imbrogliato dalla forviante
tranquillità del suo riposo ingannevole.
Se la si osservava con più
attenzione, infatti, si sarebbe sicuramente notato che il corpicino
esile di lei era scosso da piccoli, ma costanti singulti.
Succedeva sempre così.
Emily litigava con Ben, si
urlavano contro tutte le cattiverie peggiori che non pensavano neanche
lontanamente l’uno dell’altra, e poi lei piangeva, sopraffatta dal
senso di colpa per le meschinità dette.
Le veniva in mente che per quanto Ben potesse avere una grande colpa, lei era comunque sempre troppo esagerata nelle
sue reazioni.
Pensava che magari era stata troppo
dura, che addirittura meritasse tutte le offese e le cattiverie che lui le
rivolgeva.
Lei non era mai stata un tipo facile da
prendere, questo lo aveva sempre saputo. E per quanto fosse
una ragazza prettamente pragmatica, estremamente realista e con i piedi
piantati con prepotenza per terra, in quei momenti di crisi non riusciva a non
pensare che in fondo, in fondo, magari quella sbagliata era lei e non lui.
Emily scosse leggermente la testa
come a scacciare cattivi pensieri.
È colpa sua,
punto.
Non era un buon momento, quello, per addossarsi colpe non
sue. Non era mai un buon momento, in
effetti.
Ben aveva voglia di litigare? Beh ci era
riuscito, fine della storia.
Se lo stava continuando a ripetere
da ore ormai, eppure per quanto ad alta voce le sarebbe parso un ragionamento
del tutto sensato, nella sua testa continuava a non quadrarle qualcosa.
Sbuffò.
Odiava quando durante i suoi
ragionamenti ci si metteva di mezzo la coscienza.
Non si litiga mai da
soli Em…
Sbuffò di nuovo, più rumorosamente.
Odiava la sua coscienza. Profondamente.
Un piccolo rumore proveniente dalle scale di uno dei
dormitori la fece riscuotere all’improvviso.
Di fronte a lei, GillyWeasley, sorella minore di Ben, la stava guardando con
espressione vagamente preoccupata.
Emily chiuse stancamente gli
occhi, per un attimo.
Di tutte le persone meno indicate da incontrare in quei
momenti, lei era sicuramente una nella top ten.
Gilly guardò per un attimo Emily, lo sguardo imbarazzato, ma
fisso sulla figura tramante dell’altra.
“Oddio…ti ho disturbata?”
mormorò lei, stringendosi nella propria vestaglia color pastello. Si
avvicinò lentamente, sul viso un’espressione sempre più
preoccupata.
“Oh no! Tranquilla, io…non mi hai disturbata…” Gilly non
sembrava del tutto convinta, ma fece comunque qualche passo avanti, un sorriso
imbarazzato sulle labbra.
“Tu…tu sei Emily,
vero? L’amica di Ben e Jamie?” Emily annuì piano, non riuscendo a
impedirsi di arrossire leggermente.
“E tu sei Gillian,
giusto? Ben in quelle poche occasioni in cui non mi urla addosso mi ha parlato
di te…” la ragazzina rise.
“Sono io…chiamamiGilly, ok? Il mio nome intero lo usa solo mia madre per sgridarmi” mormorò lei,
sorridendo amichevole.
Gilly si mosse sui piedi, un
po’ nervosa.
“Posso sedermi qui? Non riuscivo a dormire e sono
scesa…” disse lei, indecisa se continuare o no la sua frase alla
vista delle lacrime dell’altra “…ma forse ti disturbo?”Emily si riscosse e si spostò leggermente da un lato
per farle spazio.
L’altra sorrise, sedendosi
cautamente vicino alla ragazza, che ora guardava insistentemente il camino.
Gilly rimase in silenzio per
qualche secondo, leggermente imbarazzata.
“Ti ho sentita litigare con
Ben prima” mormorò lei a mezza voce. L’altra tirò su
con il naso, annuendo aritmicamente con la testa.
“Chi non ci ha sentiti?”
disse lei facendole un sorriso che non le arrivava agli occhi.
Un’altra lacrima scendeva incontrollata sulla sua
guancia.
Gilly sospirò pesantemente
calcolando attentamente le parole che stava per dire.
“Quindi…è colpa
del mio fratello stupido se tu ora stai piangendo?” chiese innocentemente
lei, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Emily annuì leggermente con
la testa, vergognandosi troppo per girarsi verso di lei.
“Lo so che tutto questo è stupido,
ma…”
“Non è stupido!” la interuppe
Gilly alzando improvvisamente la voce
“…è lui lo
stupido!” Emily per la prima volta alzò
lo sguardo su di lei.
“Non sai quanto ho dovuto combattere contro il mio
buon senso, oggi, per evitare di venirlo a picchiare! È
così…così…Ben!
Ti prego perdonalo…non è neanche colpa
sua povero idiota…è colpa di nostro padre! Lui è la causa! Mia madre è normale!”Emily rise tra le lacrime, vedendola attaccare in quella
maniera i maschi della sua famiglia.
Gilly le sorrise sinceramente.
“E poi, sai…Ben parla tanto, ma i tre quarti dei
suoi discorsi neanche li pensa! Quindi
dimenticati tutti i simpatici epiteti che ti ha lanciato addosso, ok? Gli vengono al momento, ha
un’inventiva fantastica!” Emily sorrise
amaramente.
“Però è vero
che ho una voce petulante…” Gilly rise,
sotto lo sguardo attonito dell’altra.
“Capirai! Mio padre se l’è sposata mamma,
perché aveva la voce petulante!” Emilysbatté un paio di volte le palpebre.
Poi arrossì.
Gilly non sembrava essersi
minimamente resa conto delle parole che aveva pronunciato.
“Allora mi prometti che d’ora in poi piangerai
solo per motivi che meritano tanta pena? Mio fratello non vale tanta
acqua!”Emily sorrise, tirando di nuovo su con il naso.
“D’accordo”
“Ecco! Così ti voglio sentire! E se la prossima
che vedi Ben litigate ancora, cosa ahimé assai
probabile, tu chiamami, e io lo stendo con un’unghiata ben piazzata e lo
minaccio con una lettera già pronta da mandare alla mamma!”
entrambe risero ed Emily si asciugò il viso
bagnato con una manica.
Gilly sembrò molto
soddisfatta.
“Molto meglio, no? non
intendo più vederti in questo stato, mi raccomando!” disse lei alzandosi
dalla poltroncina “…Non mi piace vederti così capito? E poi
sei molto più carina quando sei serena!...lo ha
detto anche Ben!” prima che Emily recepisse
completamente il messaggio di Gilly, la ragazzina di
eclissò su per la scalinata del dormitorio femminile, lasciando
l’altra paonazza e basita.
*
Cellophane
Mister cellophane
Should have been my name
Mister cellophane
'cause you can look right through me
Walk right by me
And never know I'm there!
John C. Reilly – Mr. Cellophane (Chicagosdt)
Il pomeriggio in biblioteca trascorreva tranquilla per RobinPaciock.
Fare i compiti della sua materia
preferita – Erbologia – si rivelava quasi
un piacere piuttosto che un dovere.
In ogni caso sempre
meglio di Trasfigurazione.
Si continuava a ripetere ogni volta che qualcuno obiettava a
proposito dei suoi particolari interessi.
Respirò profondamente l’aria leggermente
viziata, mischiata all’odore dei libri antichi e alla cera delle candele
fluttuanti qua e là.
Si alzò un attimo per prendere qualche libro, non
mettendosi fretta nel cercarli, e con lentezza esasperante tornò al suo
posto, con in mano un paio di tomi dall’aria
trasandata.
Di fronte a lui: SylvieWeasley aveva preso posto al suo
tavolo.
“Ciao Robin!” Robin sbatté un paio di volte le palpebre, come ad
essere sicuro di non stare sognando.
Sylvie mi ha salutato! Me! Proprio me! No, magari stava salutando quello
dietro…
Si girò un attimo sotto lo sguardo divertito di lei.
Sylvie alzò gli occhi al
cielo.
“Ciao RobinPaciock!” Robin si
rigirò all’improvviso verso di lei, arrossendo adorabilmente.
“C-ciao!” disse lui
con voce un pochino troppo squillante, guadagnandosi un’occhiataccia di
Madama Pince.
Lei ridacchiò, abbassando gli occhi sul libro che
aveva in mano.
“Senti, non ci sono tavoli liberi…non è
che ti disturbo se sto seduta qui?”Robin
la guardò con le pupille leggermente più dilatate del normale,
mentre annuiva furiosamente con la testa e le sue orecchie
s’infiammavano.
“Certo! Me lo chiedi? Cioè…no
certo, mi disturbi, certo puoi rimanere! Non c’è bisogno di
chiedermelo! Rimani pure!” disse lui, cercando
di fare il disinvolto.
Nel tentativo di risedersi inciampò sulla panca.
“Tutto ok?” chiese
incerta lei, una volta che il ragazzo si riuscì a risedere
pressoché indenne di fronte a lei.
“Assolutamente! Sai ogni tanto mi
capita di inciampare…su me stesso…ormai ci sono abituato!
Tutto tranquillo, davvero! Quasi mi preoccupo se quando mi
sveglio non inciampo!” sotto lo sguardo basito di Sylvie,
Robin decise saggiamente di zittirsi.
Passarono diverso tempo così, lei studiacchiando
tranquillamente, giocherellando di tanto in tanto con una matita, lui
guardandola di sottecchi con fare adorante.
Robin si mosse nervosamente sulla
sedia, rivolgendo uno sguardo un pochino più esplicito
nella direzione di lei.
Averla lì e non fare nulla.
Azione decisamente stupida, persino
per lui.
Da quasi un quarto d’ora il ragazzo
stava tentando di aprire bocca in qualsiasi modo.
Quasi mezz’ora dopo, una sorta di grugnito
fuoriuscì dalle sue labbra.
Sylvie alzò lo sguardo allarmata.
“Stai bene?” Robin
spalancò gli occhi su di lei.
“Certo! Ti sembra che ci sia qualcosa che non va?
È tutto perfetto qui!” lei annuì cautamente, guardandolo
non del tutto convinta.
Robin guardò la sua testa
bionda, riversa sul libro, decisamente esasperato.
Gli aveva parlato, tanto valeva
cogliere la palla al balzo.
“Sai…mi chiedevo…hai…hai…non
so…qualche hobby?” Sylvie alzò il
sopracciglio.
“Ehm…non tanti a dir la
verità…”
“Oh…peccato…io sono bravo negli hobby! Mi
adatto a tutto! Persino al punto croce! Ho qualche difficoltà con la
maglia, ma durante le vacanze di Natale mi eserciterò!
Poi…poi magari t’insegno se vuoi…” soffiò
lui con voce appena udibile e lo sguardo rivolto sul libro.
Non sentitendo alcuna risposta, di
decise finalmente ad alzare lo sguardo. Notò che gli occhi
di lei erano persi in un qualche punto direttamente alle sue spalle.
Il sorriso adorante di Sylvie, gli
suggerì che stesse parlando da solo già
da diverso tempo.
Si girò con circospezione per capire cosa stesse guardando di tanto interessante.
Di fronte a lui, ChrisBennet la guardava con un sorrisino stampato sulla faccia
che lui giudicò più che irritante.
Si rigirò verso Sylvie.
A giudicare dalla sua espressione lei lo giudicavatutt’altro che irritante.
Robin si schiarì la voce,
ripromettendosi che a Natale il punto croce poteva attendere.
Sylvie si rigirò improvvisamente verso di lui, ravvivandosi i
capelli nervosamente.
“Scusa…dicevi qualcosa?” Robin sorrise leggermente.
“Oh no…ti stavo solo chiedendo se…se potevo usare la tua matita un attimo…”
“Certo!” disse lei, sorridendogli apertamente e
porgendogli la matita che aveva in mano.
Robin sospirò
impercettibilmente.
Forse era il momento di aprire gli occhi.
Sylvie non sarebbe mai stata alla
sua portata.
Mai.
*
You don't want a boyfriend,
What you want is Mr. Spock
To come to your wasteland
And destroy the robot
Something more than human
Someone with blood that's cold and green
You want something better than me
Nerf Herder – Mr. Spock
“Santo cielo Jo!Quante volte ti ho detto che ti devi assolutamente rifare una manicure?! Le tue
unghie sono inguardabili!”Jolie
sbuffò all’ennesimo richiamo della sorella.
Se qualche secondo prima, l’idea di fare due
chiacchiere con Sophiele era
parso un pensiero intelligente, in quel momento stava pian piano riconsiderando
l’idea di tornare indietro ed aiutare Hagrid a
riacchiappare vermicoli.
Rivolse uno sguardo esasperato verso Sophie,
minimamente conscia del fatto di stare parlando da sola e del
tutto presa da uno dei suoi in utilissimi discorsi.
“…non puoi andare avanti così! Ti ho richiamata per le unghie già due volte questa settimana,
quante volte ancora dovrò sgolarmi?!”
Tante, tante, tante altre ancora…
“Prometto di riparare a questa mia mancanza il prima
possibile…” mormorò lei con voce annoiata.
Sophie la guardò,
leggermente risollevata.
“Prima possibile quando?” insistette Sophie, saltellandole davanti.
“Non lo so! Un
giorno!” Sophie mise il broncio.
“E pensare che io ti
parlo…ti consiglio, mi prodigo
per te, affinché tu non rimanga una vecchia zitella…” Jolie si massaggiò la tempia, mentre guardava la
sorella dare sfogo ai suoi molteplici talenti drammatici.
“Phie ti prego
basta…io e te siamo diverse! Lo eravamo da bambine quando tu mi sgridavi per avere tagliato i capelli
alla mia bambola e lo siamo ancora oggi quando mi sgridi perché mi
mangio le unghie!” Sophie sembrò
zittirsi per un breve momento.
“Però la tua bambola
era davvero brutta con i capelli tagliati…” Jolie
la fulminò con lo sguardo.
Sophie la ignorò
bellamente.
In quel momento Will le
sorpassò.
“Oh ciao Jo!” disse
lui aprendosi in un sorrisone.
Jolie agitò la mano
sorridente.
Sophie e Will
si grugnirono reciprocamente.
“Qualcosa non va?” chiese Jolie,
quando si accertò che Will fosse troppo
lontano per sentirle.
Sophie grugnì
un’altra volta.
“Tutto non va! Maledetto il giorno
in cui ho accettato di mettermi con quel tronco d’albero!”
Jolie sospirò, stringendosi
i libri al petto.
“Avete litigato di nuovo?”
Domanda
retorica…
“Jo, ti giuro, la prossima
volta che litighiamo lo lascio!” urlò
lei, facendo girare allarmati una decina di studenti di ritorno dalle lezioni
all’aperto castello.
“…Io non sono perfetta, nonostante sia difficile
pensarlo! Non so se riuscirò a sopportarlo a lungo...è
così irritante! E sai che vuol dire se sono irritata? Che mi vengono le rughe prima del tempo!” Jolie
la guardò, basita.
“Phie…ma…tu e Will state insieme da tanto…e poi in cosa i irrita?! Quel ragazzo è perfetto!”
“Prenditelo tu allora! Te lo cedo!”Jolie fece per parlare ma si zittì all’istante
e arrossì.
“…Andiamo…cos’ha
di sbagliato? Ti porta persino la borsa usciti dalle
lezioni!”
“Bene…avrà futuro come
portapacchi!”
“Non essere acida…Molte ragazze vorrebbero
essere al tuo posto…” Sophie si
fermò all’improvviso e prese Jolie per
le spalle, bloccandola.
“Guardala per un attimo dal mio punto di vista, Jo…anche io volevo essere
nei miei panni prima! Non posso negare che Will sia
un ragazzo carino, ok?...ma andiamo…è troppo affettuoso! Tutte quelle coccole in pubblico, sai che
scocciatura?!”
“Sei impazzita?!”
squittì Jolie, liberandosi dalla presa della
sorella.
“Certo che no! Le coccole sono così poco
virili…” Jolie la guardò
come se fosse pazza.
“E cosa vuoi, che un ragazzo ti chiami baby in pubblico?!”
“Oh, non esagerare…guarda Jack
Elliot ad esempio…lui è un vero uomo! Ed
è anche troppo fine per quegli stupidi nomignoli di bassa
estrazione” disse Sophie rivolgendo lo sguardo
sognante alla sua sinistra, dove un ragazzo con i capelli color sabbia e
l’aria imbronciata stava camminando altero verso il portone.
“Elliot?! Sei matta?!È una Serpe!” Sophie sembrò cadere dalle nuvole.
“E con questo? I Serpeverde sono i migliori! Guarda Malfoy…o
ChrisBennet!”
“I Serpeverde sono
incostanti…e cattivi!”
“Guarda il bicchiere mezzo pieno per una volta! Non
puoi negare che sono tutti straordinariamente belli…”
“Anche il battitore
brufoloso?” sul viso di Sophie si
disegnò una smorfia comica.
“Beh ecco…quello magari no…” Jolie ridacchiò. “…Però
devi ammettere che Jack è fantastico!”
“Mhm…beh…diciamo che è carino…”
“Oh, lo so, è meraviglioso! Credi che io possa
piacergli?”
“Phie, tu piaci a
tutti!” Sophie sembrò molto soddisfatta
della sua risposta. Rivolse un altro sguardo verso di lui, e i loro occhi si incrociarono per un attimo.
“Mi ha guardata! Jo, mi ha guardata!” squittì lei, strattonandola per
un braccio.
“Sono contenta, ma tu non dovresti
prima parlare con qualcuno?”
“Con chi? Con Sylvie? Ma a lei non importa della mia vita privata!” Jolie alzò gli occhi al cielo.
“Con Will! Penso tu gli debba almeno una spiegazione prima di gettarti
in un’altra relazione!” Sophie
sbuffò.
“Ma io non sono capace di
lasciare i ragazzi! Ti ricordi di quel nanetto al
terzo anno? È stata durissima!”
“Ma se l’ho lasciato io
per te!”
“Ma non hai idea che colpo
sia stato vederlo da lontano scappare via tutto dispiaciuto!” Jolie la fulminò, ma Sophie
non sembrò notarlo.
“Non è magari…”
“Assolutamente no!”
“Non sai neanche quello che ti sto
per chiedere!”
“Non lascerò Will da
parte tua!”
Sophie fece per parlare, ma si
zittì subito.
Magari avrebbe potuto chiederlo a Sylvie.
*
You're the colour
You're the movement and the spin
Could it stay with me the whole day long
Fare with consequence
lose with eloquence
and smile
I'm not in this movie
I'm not in this song
never leave me paralyzed love
never leave me hypnotised love
The Notwist – Consequence
HermioneGranger
non ha mai passato più di un quarto d’ora in bagno.
Era il classico tipo di donna che raramente perdeva tempo in
quelle pratiche in cui Vanda Brown sembrava avesse
dedicato la proprio esistenza e nonostante usasse
meticolosa cura nell’igiene personale, non si era mai crogiolata nella
vasca circondata da colorate bollicine alla vaniglia come faceva invece la
nostra beneamata Vanda.
HermioneGranger,
però, quella mattina era chiusa in bagno da più di un’ora.
Ron aveva già bussato tre volte quando, non ricevendo risposta, si era deciso ad
aprire cautamente la porticina di un bianco quasi accecante. Di fronte a lui, Hermione, con la pancia scoperta, studiava assorta la sua
figura allo specchio.
C’era senz’altro qualcosa che non andava.
Se prima Ron
era allarmato non vedendola uscire dal bagno, ora era quasi terrorizzato
vedendola studiarsi tanto attentamente allo specchio.
HermioneGranger, anche se con secondo nome Weasley rimaneva pur sempre HermioneGranger.
Lei e lo specchio si incontravano
sì e no un minuto e mezzo in tutto l’arco della sua giornata e
anche in quei brevi momenti, non erano mai andati particolarmente
d’accordo.
Hermioneaveva
la sua vita, lo specchio la sua. Rimanevano in pacifica convivenza come Ron con Grattastichi.
Con l’unica differenza che lo
specchio non faceva la pipì nelle pantofole di Hermione.
Ron si schiarì nervosamente
la voce, annunciando la propria presenza.
Hermione si girò
tranquillamente verso di lui.
“Oh amore! Sei tornato!”
mormorò lei sorridente, abbassandosi la maglia e andandogli
incontro con un’espressione benevola sul viso.
Amore?!
C’era sicuramente
qualcosa che non andava.
Le possibilità che HermionechiamasseRon
‘amore’ erano le stesse di vedere Madame Maxime
scambiarsi infuocate effusioni con il Professor Vitious.
“Sì, Hermione…”
disse semplicemente lui, guardandola basito mentre lo
abbracciava.
“…’Mione?...c’è…c’è qualcosa che non
va?”chiese lui sciogliendosi
lentamente dal suo abbraccio. Hermione gli rivolse
uno sguardo con gli occhi talmente aperti da farlo quasi spaventare.
“Oh, sì…” mormorò lei con
occhi sognanti. Ron la incitò a continuare con
la testa.
“…Sono incinta”
“COSA?!” Hermione annuì concitatamente, scoprendosi di nuovo
l’addome.
“Guarda! Guarda che pancia gonfia che ho!” disse
lei convinta. Il sopracciglio di Ronsi inarcò inconsciamente.
“Pensi di essere incinta solo perché hai la
pancia gonfia?” Hermioneannuì
vigorosamente con la testa.
“Certo!” Ron rise.
“Sei golosa, non incinta Hermione!”
lei lo fulminò con lo sguardo.
“Non sono
golosa!”
“Lo sei! E anche parecchio mangiona!”
“Perché sono incinta!” ribadì
lei.
“Perché sei
golosa!” la ragazza serrò le labbra.
“RonaldWeasley,
io sono rimasta incinta quattro volte
e tu, stupido essere semina-embrioni,
hai anche il coraggio di espormi quello che la tua retrograda mente maschile
pensa a questo proposito!? So riconoscere
quando aspetto un bambino!” scattò lei mentre i suoi ricci
si agitavano freneticamente sulle spalle ad ogni parola.
Ron dopo il primo momento di
smarrimento dovuto al nuovo nomignolo
che Hermione gli aveva appena dato, ingoiò il
vuoto, decisamente allarmato.
“Hermione perché non
andiamo di là e ne parliamo un po’?” lei si
illuminò.
“Scegliamo il nome? Adoro scegliere il nome!” Ron rimase basito, vedendola trotterellare fuori dalla stanza per prendere un blocchetto e una matita.
“Allora! Che ne dici di
Brian? Come Silente sarebbe un bel nome per…”
“Hermione?”
“Non ti piace Brian?” Ron
si passò una mano sugli occhi.
“Non è che non mi
piace è che forse dovremmo prima controllare se sei
veramente…”
“Perfetto, allora lo aggiungo! Se
è femmina? A me piace Katie! Tu che ne pensi di Katie?”
“Hermione forse è
meglio che ti siedi…”
“Dici che è troppo
comune?” chiese lei, ignorandolo completamente tamburellando la matita
sulla guancia e camminando avanti e indietro sotto lo sguardo allibito di Ron.
“Julie! Julie
è un bel nome! Mi piace! Questo lo segno anche
se non ti piace” annuì lei convinta scribacchiando sul blocchetto.
“Mi piace Julie! È un
nome carino…e dolce! Sono convinto di non aver mai conosciuto una Julierossa…ma santo cielo
io mi sto distraendo! Hermione ti prego
parliamone…”
“Non ti piace Julie?”
“Sì, ma non è questo il punto!”
“Ah…allora è Brian, vero? Non mi parevi
convinto dall’inizio…”
“Hermione per Merlino,
controlla prima!” disse infine Ron, passandosi
una mano tra i capelli.
“Controllare cosa?” chiese lei cadendo tra le
nuvole, del tutto intenta a scrivere un nome di dubbia comprensione sul quadernino.
“Beh…” mormorò lui a disagio
“…se…se sei veramente…beh lo sai!
Oppure no…” terminò lui, in un tono
appena udibile.
Hermione sbuffò.
“Certo che sei testardo! Ti ho detto
che lo sono!”
“Hai controllato?”
“No!”
“Allora come puoi esserne sicura?!”
“Lo so e basta!”
“E come, sentiamo!” Hermione gli lanciò un’occhiataccia.
“Voi semina-embrioni non potete capire!”disse lei
uscendo dalla stanza scribacchiando.
”Ma io non sono un semina-embrioni qualunque!”
urlò lui facendo spuntare la testa fuori dalla porta.
Hermione agitò una mano in
aria.
“Quisquilie!”
*
Il parco di Hogwarts era sempre
stato un luogo piuttosto affollato di sabato pomeriggio, quando la temperatura
ancora permetteva di stare all’aperto abbastanza a lungo.
Elly, Andrew e James
stavano passeggiando, parlando del più e del meno, di ritorno dagli
allenamenti di Quidditch.
“Come sta andando ultimamente con Ben?” chiese
Elly ad un certo punto, giocherellando con un lembo della sua sciarpa.
James la guardò per un
attimo, per poi passarsi una mano tra i capelli.
“Perché me lo chiedi?”lei si strinse nelle spalle, non
apparentemente notando il nervosismo nello sguardo dell’altro.
“Perché è paranoica!”
s’intromise Andrew, guadagnandosi un’occhiataccia di lei.
“Jamie tu me lo diresti se
ci fosse qualche problema, vero?”chiese lei, ignorando Andrew che alzava gli occhi al cielo esasperato.
Il ragazzo esitò un attimo, abbassando lo sguardo.
“El…Ben è
strano negli ultimi tempi, ok?....Noi
due non parliamo più molto se proprio lo vuoi sapere…”
“Ma ci dev’essere
un motivo no?” disse lei, improvvisamente innervosita. Andrew le mise istintivamente una mano su un braccio. Lei
si liberò quasi subito dalla presa, facendo un respiro profondo per
riprendere la calma.
“Senti, io non lo so! Non
posso aiutarlo se lui non vuole essere aiutato! E poi a dirla tutta…comincio a pensare che sia io la
causa del suo malumore…”
“Perché mai dovresti
essere tu? Avete litigato?”
“No!” Elly sembrava confusa.
“Ma allora come…”
“Non lo so, ok? È così e basta!” Elly si zittì,
gli occhi fissi verso la foresta proibita.
“Magari è solo stanco…” azzardò
Andrew, mettendosi le mani in tasca. “è
dura essere capitano al quarto anno…in più lo stress aumenta, con
il passare del tempo…” Elly annuì pensierosa, senza notare
un bambinetto del primo anno che trotterellava
alquanto allarmato verso di loro.
Quando se lo ritrovarono davanti, videro che arrivava più o meno allo stomaco di Andrew.
“Questo è per te” disse lui dando un
bigliettino al ragazzo, ora piuttosto sorpreso.
“Grazie…” mormorò lui incerto,
mentre il bimbetto si eclissava oltre il grande
portone di mogano.
“Cos’è?!”
chiese subito Elly, sporgendosi goffamente per leggere il messaggio. Andrew accartocciò istantaneamente il foglietto,
nascondendolo in una tasca del mantello.
“Nulla di cui un’impicciona come te si debba
preoccupare!” Elly lo fulminò.
“Non sono un’impicciona!”
“Sì che lo sei”ribatté lui deciso. La
ragazza sbuffò, incrociando le braccia al petto.
James ridacchiò.
L’attenzione però venne
subito catturata dalla comparsa di Lily ed HelenPaciock che stavano uscendo in quel momento dal portone
aperto appena.
James arrossì.
Poi sbiancò.
Poi arrossì di nuovo.
Elly agitò energicamente una mano, attentando varie
volte all’occhio di Andrew
per farsi vedere.
Quando finalmente Lily e Helen – che stava studiando un bruco su un sasso da
cinque minuti buoni – li raggiunsero, James era
color mattone.
Lily rivolse un sorrisone al
fratello, quando Helen puntò i suoi grandi
occhi chiari su di lui.
“C-ciaoHelen…”
balbettò lui, sorridendole impacciato. Helengli sorrise appena, ma quanto bastava per farlo andare in
pappa per un buon quarto d’ora.
Elly guardò di sottecchi James,
che ora seguiva anche lui attento le lente movenze del
bruco.
Ridacchiò.
“È-èd-da un po’ ce non ti si vede in giro…”
mormorò James distogliendo lo sguardo dal
bruco. Helen puntò i suoi grandi occhi tondi
su di lui.
“Ho avuto molto da fare con le mie
collane…”
“Davvero?! Adoro
le collane! Non sai quanto mi piacerebbe vederle!” Lily si passò una mano sulla faccia.
Helen inarcò un
sopracciglio, guardandolo intensamente e in silenzio per qualche secondo.
“Che strano tipo che sei…Lily me lo dice sempre
che sei bizzarro…” James rivolse
un’occhiataccia alla sorella, che nel mentre si
stava cacciando una mano in bocca per non scoppiare a ridere.
“Oh Helen, non ascoltare mia
sorella…non sono strano, assolutamente!”
“A me piacciono le persone strane…” James sbatté diverse volte le palpebre.
“Davvero?! Anche a me! Le
adoro quasi quanto le collane! Senza contare che io sono strano! Il più strano tra gli strani!” disse lui,
con risatina isterica.
Elly, Andrew e Lily, osservavano la
scena, facendo di tutto per trattenersi dal ridere.
“Sei veramente strambo…” convenne lei,
aggiustandosi l’orecchino a forma di ravanello.
Rimasero per un attimo tutti in silenzio, finché Lily
non si schiarì la voce.
“Beh, ragazzi, noi stavamo andando alla ricerca di RicciocorniSchiattosi…se
volete scusarci…” mormorò lei ridacchiando, mentre James le salutava energicamente con la mano.
“Buona caccia!” urlò lui
quando si furono allontanate di qualche metro.
Quando Lily e Helenscomparvero oltre una grande siepe, James
di girò interrogativo verso Andrew e d Elly.
“Ragazzi…ma cosa Merlino
sono i RicciocosiSchiattosi?!”
*
Ginny rigirò per
l’ennesima volta il piccolo foglietto color pastello che sua figlia le
aveva appena spedito.
Di fronte a lei, Harry tentava in
tutti i modi di non sfigurarsi con la lametta.
“Possibile che in tutti questi anni tu non abbia
ancora imparato a farti la barba come si deve?!”
Harry la fulminò con lo sguardo, non
degnandosi neanche di risponderle.
“Inutile che mi ignori, i due
tagli che ti sei fatto nel giro di dieci minuti provano la mia tesi” lui
sbuffò e poggiò la lametta sul bordo del lavandino, incrociando
le braccia al petto, mentre la schiuma da barba scendeva languida sul suo
collo.
“C’è qualcosa che devi dirmi Gin?”
lei sorrise trionfante.
“Ti adoro quando sei
così arguto!”
“Io sono sempre arguto!” Ginny
lo guardò intensamente.
“Non costringermi a mentirti, lo sai che non mi
piace” mormorò lei con voce zuccherosa, sotto lo sguardo truce di Harry.
Lei si schiarì la voce, agitandogli la letterina di
Lily.
“Indovina un po’? Abbiamo un Potter innamorato!” squittì lei
ridacchiando contenta.
Harry si grattò una tempia.
“…Quindi?”
“Come quindi? È la prima volta che Lily fa la
spia, quindi deve essere davvero importante!”
“Ginny…non credo
che…”
“Già mi immagino
quanto sarà buffo il nostro Jamie! Diventa
sempre così teneramente idiota quando è
imbarazzato!” Harry dovette riflettere qualche
secondo in più per assimilare le parole di Ginny.
“Hey! Mio figlio non
è un idiota!”
“Io ho detto teneramente
idiota! C’è una bella differenza! Senza contare che alle donne
piace il tipo stupido e coccoloso! Guarda me!”
“Cosa vorresti dire con guarda me?!”
“Ho sposato te!”
“E con questo?”
“Amore, tu sei la tenera idiozia per eccellenza! Da
chi credi che abbia preso Jamie?”
“Da Ron!”
“No, lui è idiota e basta…” Harry sbuffò.
“Io e il mio povero figliolo non siamo
idioti! Siete voi che fate le difficili!” Ginny
lo fulminò con lo sguardo.
“Io non sono
difficile!” ringhiò lei in una maniera tale da farlo tremare di
terrore.
“No, infatti! Tu sei perfetta luce
dei miei occhi!” convenneHarry
uscendosene con una risatina isterica. “Io mi stavo ovviamente riferendo alla ragazza che piace a James!...chiunque essa…ehm…sia…”
“Non essere ridicolo! HelenPaciock è una ragazza talmente tranquilla! Il
massimo che avrà potuto fare è dirgli
che la sua carnagione si intona con l’ultima collana di tappi che ha
fatto!” Harry spalancò gli occhi in
maniera allarmante.
“A James piace HelenPaciock?!
La fotocopia di Luna?! Stai scherzando, vero?!” Ginny lo guardò
di sottecchi.
“Perché, cos’ha che non va Helen?”Harry
la guardò come per vedere se lo stesse prendendo in giro oppure no.Lo sguardo
omicida di Ginny gli suggerì la risposta.
“Assolutamente nulla! È solo che…”
“Che?!” Harry esitò, visibilmente allarmato
dall’espressione di Ginny.
“Beh…è
così…così…Luna…” mormorò lui in un
soffio appena udibile, tenendo la testa bassa per non incontrare gli occhi di lei.
“E con questo?! Luna non ha
nulla di sbagliato!”
“Non volevo dire questo!” scattò
subito lui, la schiuma da barba ormai avanzava incontrollata.
“Helen è carina e
infondo non deve piacere a te, ma a James!”
“Ma non voglio che indossi
collane con i tappi per amore!”
“Per amore si può fare tutto” urlò
lei stringendo i pugni lungo i fianchi.
“Ma non portare
collane!” obiettò Harry, tamponandosi
distrattamente il petto con un asciugamano.
“Non dire sciocchezze! Solo perché io non ti
costringo a portare collane, non vuol dire che non
possa fartelo fare d’ora in poi!”
“Non oseresti…”
“Ne sei certo?”
“Beh…no. Ma in ogni
caso sono io che porto i pantaloni in questa casa! Non puoi
costringermi!” Harry si pentì
subito delle sue parole.
Ginny ridusse gli occhi a due
fessure.
“Punto primo: ora come ora, io ho i pantaloni e tu
sei in mutande, cosa che nella maniera più assoluta, non ti mette in
condizione di fare il maschilista, considerando anche che i voti di James e Ian non arrivano neanche
sommandoli, a quelli di Lily.”Harry ingoiò il vuoto, indietreggiando lentamente.
“Punto secondo: facciamo che ora tu mi abbia messa in
condizione di costringerti. Perfetto. Vorrà dire
che se tu domani non verrai alla Tana con una collana appesa al tuo collo
rimarrai nella tua metà del letto fino a Capodanno!”
“Ma…ma…siamo a
inizio Novembre!”
“Lo hai voluto tu, marito stupido!” Harry emise un gemito di disappunto, gettando
l’asciugamano appiccicaticcio di schiuma da barba nel lavandino.
Il giorno dopo, si presentò alla Tana con tre collane
al collo.
*
I'm feeling cold today
Not hurt just fucked away
I'm devastated and frustrated
God I feel so bound
So why I'd feel the need
I think it's time to bleed
I'm gunna cut myself and
Watch the blood hit the ground
Korn – Right Now
Andrew si aggirava nervosamente
per i corridoi di Hogwarts quella sera.
Cacciò per l’ennesima volta il biglietto dalla
tasca, e lo rilesse con attenzione, benché ci fossero scritte solo poche
parole.
Un invito da onorare da solo.
O una trappola.
Andrew non riusciva a togliersi
dalla testa quel cattivo presentimento che gli diceva che
la sua idea di presentarsi a quell’appuntamento
non era tra le migliori che gli fossero venute nel corso della sua vita.
C’era qualcosa che non andava, in quella richiesta, decisamente troppo misteriosa per essere di natura benevola.
Eppure era umano. La
curiosità è il difetto più pericoloso quanto diabolico con
cui l’uomo deve avere a che fare da millenni.
Andrew lo sapeva. E anche l’autore del bigliettino.
Quando giunse nel luogo prestabilito, era completamente
immerso nei suoi pensieri per notare che quel corridoio fosse
troppo silenzioso e deserto per essere solamente le nove di sera.
“Finalmente! Cominciavo ad
annoiarmi!” Andrew si voltò di
scatto sentendo quella voce.
Di fronte a lui RexMalfoy ghignava non degnandosi neanche di celare il suo
perverso divertimento.
L’agnello era caduto nella trappola del lupo.
Andrew fece un passo incerto in
avanti ormai orribilmente conscio della sua situazione, ostentando finta
sicurezza. Il suoi capelli, nero pece.
“Il biglietto è tuo?” mormorò lui cercando
conferma, prendendo dalla tasca lo stropicciato foglietto che aveva nascosto ad
Elly quello stesso pomeriggio. Vedendo il suo ghigno sfacciato ancora disegnato
sulle labbra sottili, si accorse della stupida ovvietà della sua
domanda.
“Deluso?” chiese lui spavaldo parlando a voce
molto alta e sfidando l’eco costante dei corridoi.
“Solo sorpreso” mormorò l’altro mantenendo
il contatto visivo con Rex. “Posso sapere il
motivo di tutto questo?” Malfoy cominciò
a camminare verso di lui, con un’espressione di una tranquillità
quasi inumana sul viso.
“Beh…i motivi sono molteplici…”
mormorò lui sorridente, mentre alle spalle di Andrew i primi due Serpeverde
facevano la loro furtiva comparsa. “…ma se proprio lo vuoi
sapere…il ribrezzo che provo per te e la tua razza sanguesporco
è uno dei motivi fondamentali….”
Altri due cominciarono ad accerchiare il ragazzo, che solo in quel momento
cominciò realmente a rendersi conto della situazione.
“…subito seguito poi dalla tua insopportabile e perenne voglia di
rovinarmi la vita ogni momento che passa…” due di loro lo
bloccarono per le spalle, facendogli sfuggire un
tremito visibile agli occhi allegri di Rex, che
arrivatogli di fronte, gli prese la bacchetta dalla tasca della divisa e la
gettò lontano, tutto sorridente.
Un pugno furioso gli arrivo diretto
alla mascella, il viso di Andrew, contratto dal
dolore intenso ed improvviso.
Rex si avvicinò sereno al
viso ferito dell’altro.
“…e poi, se proprio lo vuoi sapere…”
sussurrò prendendogli il viso con decisione sulla parte offesa
“…è colpa sua se
ora tu sei qui” un risolino diabolico contro l’orecchio
di Andrew gli fece gelare il sangue.
Fece per dire qualcosa, ma un altro colpo secco gli
arrivò potente sullo zigomo sinistro, facendolo gemere di dolore.
Quando un calcio lo colpì
furiosamente allo stomaco, le due Serpi che ancora lo reggevano per spalle lo
lasciarono cadere pesantemente al suolo, tra le risa di scherno degli altri
due, che controllavano attenti le vie deserte del piano.
“Già morente Lupin? E io che mi aspettavo di divertirmi ancora un po’ con
te!” rise Rex inginocchiandosi a sporgendosi su
di lui.
“Vorrà dire che mi
divertirò con lei...” Andrew scattò all’improvviso e lo spinse
indietro, aggredendolo con tutta la foga rimastagli in corpo.
Immediatamente due dei compagni di Rex
si avventarono sopra di lui, non riuscendo comunque ad
impedire che un pugno arrivasse furioso in pieno viso del loro capo.
Contrariamente a quello che tutti si erano aspettati, Rex scoppiò in una risata argentina.
“Se sapevo che per farti
reagire in qualche modo, avrei dovuto nominare quella sgualdrina Mezzosangue
potevi anche dirmelo! Avrei risparmiato diverso tempo!”
“Non.Toccarla.”ringhiò Andrew tra i denti, dimenandosi nella stretta ferrea dei
due ragazzi.
“Perché, sennò
che mi fai?”
“ Ti ammazzo, te lo giuro” la sicurezza fredda e
calcolata di Andrew fece
vacillare Rex per qualche momento. Poi si
avvicinò di nuovo e si chinò per arrivare alla sua stessa
altezza.
“è bene che mettiamo in chiaro una cosa, Senzaforma…quello che è bloccato e decisamente malconcio sei tu, non io. Di conseguenza è
il sottoscritto che detta le regole. Spero che questo ti sia finalmente chiaro,
anche perché se proprio vuoi saperlo non ci metterei più di dieci
minuti a far venire qui la tua bella e a violentarla
davanti al tuo sguardo inerme” il respiro di Andrew
si mozzò in gola, lo sguardo fisso nel vuoto.
Rex rise.
“Sono contento che finalmente hai capito la
gravità della tua posizione!...Ora però
mi sto annoiando…i piagnistei di Morgan sono
quasi più interessanti di delle tue minacce!”fece segno ai due alle spalle di Andrew di lasciarlo andare e gli sorrise amichevolmente
subito prima di sferrargli un calcio in faccia che gli fece perdere in sensi.
Rex sorrise ai suoi amici.
“Andiamo a mangiare qualcosa?” sorpassò
il corpo di Andrew con
tranquillità e si avviò serenamente verso la
Sala Grande, mentre la pozza di sangue sul
pavimento si allargava ogni secondo di più.
Salve a tuuuuuutti…^^ Me è
stata cattiva in questo chap, eh? Scusateeee…U.UMa sapete ogni tanto un po’ di movimento ci vuole, no? *scapping per evitare le casse di pomodori*
Spero comunque che vi sia piaciuto anche questo cap, nonostante sia un pochino di transizione e io vi abbia
fatto attendere un tempo vergognoso…T.T*autoflagelling*
Ringrazio tantissimo Ginny_Potter, Pinkstone, ^clod^, Merilyn, SiJay, Evan88, la mia NonnyGiulyWeasley, MoonlightRage (bellometamorphodrunks *-*!!!), MaryPotter92, daniel14, Topomouse,
Chloe88, emmaerupert, Hermionina
(questo capitolo ha spiegato un po’ le cose? ^_________________- ), Hiromi, la zia funkia,
valeria18, redRon, Fenix (sai che non avevo mai pensato di scriverne una?
Mi hai messo la curiosità, la scriverò
di certo!*-*! Non so quando perché devo essere ben disposta, ma
sarà un piacere accontentarti!), Saty (ahimè scuola già già…U.U), mem (XDD), Giuggy, sery black, zia Ly!(ha ricevuto il messaggio! *facingsisi* è viva, ma è stata maluccio per
un po’…ti saluta tanto tanto!^^),
Silvia91, Padfoot
(Nuuuuçç
amore fatti sentire, che mi preoccupo! Riguardati mi raccomando ^^), Tabitaed Elly per le recensioni!!! Davvero meritereste
risposte singole e ben fatte, ma ho pochissimo tempo ultimamente…sappiate
che adoro quello che scrivete nei commenti e ogni volta mi fate commuovere! Vi
adoro tanto davvero!^^!
Ovviamente adoro
moltissimo anche tutti quelli che hanno solo letto la mia fic
ma che per timidezza, pigrizia, mancanza di tempo o per altri motivi non
commentano…Grazie mille! ^^
I still remember the world
From the eyes of a child
Slowly those feelings
Were clouded by what I know now
Where has my heart gone
An uneven trade for the real world
I want to go back to
Believing in everything and knowing nothing at all
Evanescence – Field of Innocence
La notte fa paura tra le mura silenziose di Hogwarts.
La scuola addormentata sembra quasi uno spettacolo
inquietante alla luce delle candele che formano ombre sconosciute e oscure dietro
ogni angolo.
Un ticchettio.
Veloce e irregolare, intenso e ansioso.
Un rumore di passi veloci e nervosi, che spezzava
l’opprimente silenzio che aleggiava nei corridoi, a quell’ora
di notte.
Movimenti scattosi e allarmati
dominavano il corpo minuto e tremante di Jolie, che
correva instancabile verso un luogo preciso.
I capelli corti e spettinati di un biondo intenso ballavano
frenetici lungo il collo sottile ad ogni suo passo, la vestaglia indossata di
fretta scendeva lungo le sue spalle minute, scosse di tanto in tanto da qualche
piccolotremito.
Sorpassò velocemente l’apertura che l’avrebbe portata in Sala comune e salì freneticamente
gli scalini di marmo che conducevano ai dormitori, mentre una mano andava
incontrollata a poggiarsi sul suo petto.
Arrivò davanti a una
porticina di legno scuro e senza preoccuparsi dell’orario, la aprì
senza riguardo, lanciandosi verso il secondo letto a sinistra.
Il buio le impediva qualsiasi visuale, ma sapeva benissimo
chi occupasse quel baldacchino e conosceva
perfettamente la sua reazione quando
l’avrebbe sentita parlare.
Jolie esitò per un lungo
momento.
Ora, da più vicino, riusciva a scorgere le figura dormiente di Ellie, che
riposava tranquilla e inconsapevole del mondo cattivo che dilaniava gli uomini
fuori da quella porticina di mogano.
Sospirò.
Non poteva non dirglielo.
Alzò lentamente un braccio e lo poggiò, cauta,
sulla spalla di lei, che si mosse appena sotto il suo
tocco leggero.
Quando finalmente, aprì gli
occhi, Jolie si spostò leggermente per farsi
vedere in volto da Ellie.
Un velo di preoccupazione si formò sul suo viso quando notò una lacrima sfuggire lungo una
guancia.
Ellie fece per parlare, ma Jolie la prese per mano, facendola
alzare e la portò fuori dal dormitorio, sforzandosi di non fissarla
negli occhi.
Lei seguiva, confusa e in silenzio.
“È successa una cosa” esordì Jolie, continuando a camminare verso il buco del ritratto,
la voce solitamente squillante, ora ridotta ad un rauco sussurro.
Ellie provò a guardarla in
viso.
“Jo, che succede? Che ti prende?” provò lei allarmata.
Le si dovette parare davanti per
bloccare il suo cammino.
“Guardami” imperò lei con voce ferma e
composta.
Il sonno che era stato padrone di lei fino a qualche minuto
prima, era ormai completamente scomparso, lasciando posto ad una gradevolissima
sensazione di perdita.
Jolie alzò lentamente lo
sguardo affranto e guardò Ellie con occhi gonfi
e lucidissimi di pianto. Aprì la bocca per parlare, ma le uscì
solo un suono strozzato, che la fece singhiozzare anche più forte. Si
mise un mano sulla bocca, tentando di calmare il
respiro affannato dai singulti, mentre Ellie
attendeva, paziente.
“El…Andy…” lei spalancò gli occhi, la
sensazione di malessere ogni momento più intensa.
“Che gli è successo?!Jo rispondi! Sta bene?”
Il primo singhiozzo sfuggì rumoroso
quando l’altra non le rispose.
“Jo, dov’è?! Smettila di piagnucolare e rispondimi!” ringhiò lei, facendola trasalire.
Mai l’aveva vista in quello stato.
Sul viso un’espressione
terrorizzata, che celava la rabbia quasi inquietante negli occhi lucidi di lei.
Si scambiarono uno sguardo che di amichevole
non aveva nulla.
“Seguimi” mormorò
Jolie fredda, abbassando lo sguardo e facendole cenno
di seguirla, stringendosi nella sua vestaglia.
Sospirò tra sé.
La odiava quando credeva di essere
l’unica a tenere a lui.
La odiava profondamente.
*
La notte in casa Weasley era sempre stata piuttosto tranquilla.
Nonostante,
infatti, Hermione avesse un sonno alquanto leggero, Ron – e conseguentemente lo stuolo di piccoli Weasley – diventava l’incarnazione della
possibile unione tra un ghiro e un bradipo in letargo.
Tuttavia, quella
notte, qualcuno si aggirava senza pace per i corridoi bui della casina dalla
vivace porticina blu elettrico.
David Weasley
era sempre stato un tipo piuttosto temerario dall’alto dei suoi sette
anni.
Si aggirava furtivo per la casa non
preoccupandosi di Grattastichi che rimaneva
acquattato dietro ogni angolo pronto a tendere un’imboscata a Ron in caso fosse uscito dalla
stanza, né del buio e del silenzio che aleggiavano nella casa
addormentata.
Trotterellava tranquillo, audace e
nell’ombra, in cerca di qualche libro da leggere per combattere
l’insonnia che resisteva nonostante i quattro libricini illustrati
già attentamente sfogliati nella sua cameretta.
Arrivato in sala da pranzo, era
pronto per la ricerca dell’ultimo libretto che nonna Molly
gli aveva regalato, quando la sua attenzione venne
catturata dalla luce accesa della cucina.
“Mamma, perché stai ancora mangiando?”mormorò
il bimbo facendo capolino dal corridoio, abbracciando Potty,
l’orsacchiotto regalatogli da zio Harry, alto
quasi quanto lui.
Hermione per poco non si
strozzò con il gelato alla papaia con cui si stava ingozzando da
lì a dieci minuti.
“Perché ho fame,
tesoro” disse una volta sicura di non sputacchiare gelato, cercando di
assumere un’aria quanto mai autoritaria.
“Perché?”
Ora David aveva decisamente trovato
un modo per ingannare il tempo.
Hermione si girò verso di
lui, distogliendo per un attimo la sua attenzione dalla coppa di gelato ormai
smezzata che aveva davanti.
“Perché non ho
mangiato abbastanza a cena”
“Perché?”
“Perché prima non
avevo fame!”
“Perché?”Hermione
grugnì.
“Tu perché sei ancora in piedi?!È notte fonda!” David
alzò le spalle, avanzando nel pigiama troppo largo per lui.
“Non ho sonno…neanche Potty…tu
perché?” Hermione gli scoccò
un’occhiataccia.
“Non ho sonno neanche io”
“Perché?”
“Perché sono affamata”
“Perché?”
“Smettila di chiedere perché!”
“Perché?”
“Perché sei
fastidioso!” David spalancò gli occhioni
celesti stringendosi Potty al petto.
“Perché?...” mormorò il bimbo in un soffio appena udibile, gli
occhi lucidi e la vocina tremolante.
Hermione emise un gemito
dispiaciuto.
“Oh tesoro, scusami!” squittì lei,
alzandosi, mentre il labbro inferiore di lui tremava pericolosamente.
“No, non piangere! No, amore, no!” David emise
un piccolo singhiozzo, gli occhi lucidissimi.
“P-perché?”
“Perché fai dispiacere
mamma così!”
“Ma io non ti voglio far dispiacere!” la vocina di lui, sembrava ancora più sussurrata e
tremolante di quanto già non fosse, alle orecchie di Hermione.
Lei si alzò di scatto abbandonando il gelato alla papaia a se stesso.
Prese il bimbo e Potty in braccio
e li abbracciò talmente forte, che David emise un piccolo suono
disarticolato, colto di sorpresa da quel gesto.
“Lo so, amore, lo so! Tu sei
un bravo bambino…”
“Anche tu sei una brava mamma!” mormorò
lui, poggiando la testa sulla spalla di lei.
Un risolino provenne dalla porta della cucina.
Di fronte a Hermione
e David, RonWeasley,
favoloso nel suo pigiama con i boccini disegnati sopra.
“Ancora in piedi?” chiese con sguardo divertito,
ostentando una voce autoritaria.
Hermione fece un sorriso nervoso e
si mise davanti al tavolo, nel tentativo di coprire la coppa di gelato mezza
vuota e appena aperta.
“Già! Davie doveva
andare in bagno, mi ha chiesto di accompagnarlo, sai…” David le
scoccò un’occhiataccia.
“Capisco…e mentre Davie
e Potty facevano pipì hai pensato di mangiare
una quantità inumana di gelato alla papaia, perché…?”
Hermione lo fulminò.
“Io la so fare la pipìda solo!” s’intromise
David, facendoridere Ron.
“Non stavo mangiando il gelato, Ron!
Che ti viene in mente!”il bambino scosse la testa, esasperato,
scambiandosi un’occhiata intensa con Potty.
“E la vaschetta si è
aperta da sola?”
“Sì!” rispose stupidamente lei, senza
rifletterci.
“…Cioè
no…ma non l’ho aperta per mangiarla, giuro!” Ron guardò prima la vaschetta mezza vuota, poi Hermione, poi David con cui si scambiò uno sguardo.
“E per far cosa?” Hermione boccheggiò, mentre David scendeva e
salutava con la manina trascinandosi Potty.
“Vai a dormire tesoro?” chiese lei concitata,
deviando al meglio il discorso. Il bimbo annuì svogliato.
“Mi avete fatto venire sonno…”
Ron e Hermione
attesero di sentire il rumore della porticina del
bambino chiudersi, prima di fare qualsiasi movimento.
Poi lui sospirò.
“Mione…perché
mangi schifezze a quest’ora di notte?”Hermione sbuffò accasciandosi sulla sedia e giocando
con il cucchiaino sporco.
“Non trattarmi come una bimba, odio quando lo fai!”
Ron si avvicinò a lei, chinandosi per
guardarla negli occhi.
“Io mi preoccupo per te!...”
esitò un attimo.
“…Credi…credi ancora di aspettare un bambino?”
“Io non credo
di aspettare un bambino, Ron, so di essere incinta!” scattò lei facendo cadere il
cucchiaio per terra per il trasporto.
“Ok…”
“Non dire ok solo per zittirmi!”sbottò lei inviperita.
“Non posso fare altro se tu mi dici di
essere sicuro di aspettare un figlio solo perché sei più
affamata!” Hermione mise il broncio.
Ron espirò rumorosamente e
l’aiutò ad alzarsi circondandole le spalle con un braccio e
poggiandole la guancia sulla testa.
“Mi prometti che domani andrai da un medimago e farai qualche analisi?” sussurrò
lui, camminando con lei verso la stanza da letto.
Lei si rannicchiò contro il suo petto, annuendo
lentamente con la testa.
“Brava la mia Hermione”
sorrise Ron, mentre lei gli passava le braccia
intorno alla vita, sospirando assonnata.
“Ti amo Weasley”
“Io di più Granger!”
Hermione sorrise soddisfatta della risposta.
“Secondo teEllie starà bene a Hogwarts?”
mormorò lei poco dopo, mettendosi a letto insieme a lui. Ron si
strinse nelle spalle.
“Credo di sì…perchè?” lei si
accoccolò contro di lui.
“Non so…ho una strana
sensazione…”
“Nah!Sarà tutto il gelato alla papaia che ti sei mangiata che ti
è rimasto sullo stomaco!”
“Già…è probabile…”
“Non preoccuparti!...Starà
una favola!”
*
Ellie spalancò le porte
dell’infermeria a notte fonda, senza alcun apparente interesse per
l’assordante rumore provocato.
I passi veloci e nervosi scandivano un ritmo angoscioso
nella semioscurità della stanza.
Da dietro un paravento, Madama Chips
uscì attirata dai rumori, gli abiti sporchi di sangue e l’aria
affaticata.
Ellie si bloccò
all’improvviso, con Jolie poco dietro, vedendo
la donna. L’aria sfatta e spossata, il volto contrito in una smorfia di
tristezza non facevano altro che accentuare la lugubre atmosfera che aleggiava
silenziosa e onnipresente nella grande sala.
“Siete arrivate” la voce solitamente squillante
e imperiosa, ora ridotta ad un sussurro stanco e affannato.
Jolie fece un piccolo cenno con la
testa, facendo capolino alle spalle dell’altra.
Ellie sembrò riscuotersi in
quel momento, e fece un piccolo passo avanti, il viso bagnato di lacrime, gli
occhi spenti e tristi.
“Lui…c-come…”
provò lei, cercando di non badare all’improvvisa mancanza di ossigeno nei polmoni.
“Non bene, Weasley…non
bene” Ellie dovette reggersi ad un letto per
non cadere. Guardò la donna, portarsi una mano sulla fronte imperlata di
sudore, chiudere gli occhi stancamente.
“Ha riportato brutte escoriazioni e un trauma cranico piuttosto
grave. Per quanto io stia facendo il possibile temo che dovrà stare
parecchio a letto prima di riprendersi
definitivamente…lo hanno conciato veramente male” scomparve un
attimo dentro il suo studio, per poi ricomparire con un paio di fialette contenenti
un liquido giallino.
“Il colpevole non è stato ancora
scovato?” chiese Ellie, seguendo con la testa
Madama Chips oltre il paravento.
Uno spettacolo orribile le si
presentò agli occhi.
Andrew, privo di coscienza,
giaceva inerme nel piccolo lettino dell’infermeria, irriconoscibile. Sul viso, un’espressione placida e serena che si
contrapponeva ai profondi tagli sul viso e sul collo. Parte della faccia
era gonfia e livida, aveva uno zigomo spaccato, e la testa fasciata, dalle cui
bende traspariva una macchia scura di sangue.
Lo stomaco era stato fasciato con enorme
cura, su entrambi i bicipiti si notavano senza sforzo due grosse
ecchimosi.
Ellie si mise le mani sulla bocca,
gli occhi spalancati dall’orrore.
Madama Chips la guardò un
attimo, pensando bene alle parole da usare nella risposta. Trasfigurò
una siringa, iniettando il contenuto dei flaconcini nel braccio di Andrew che si contrasse
inconsciamente.
“Icolpevoli non sono stati visti da
nessuno” disse infine la donna, facendo evanescere
le boccette vuote.
“Il Signor Lupin è
stato ritrovato durante la ronda da uno dei prefetti Tassorosso
in uno dei corridoi meno frequentati dagli studenti. Ha visto solamente il
ragazzo in una pozza di sangue e si è precipitato qui”
“Mi stava medicando un polso perché sono caduta
dal letto, e quando ho visto che era Andy mi sono
precipitata a chiamarti” completò Jolie, con voce tremula, con gli occhi fissi
sull’immobile figura di lui.
Un moto di rabbia colpì Ellie
guardando nuovamente il viso tumefatto di Andrew.
“Ma chi ha fatto questo non
può rimanere impunito!” ringhiò lei, avvicinandosi al
letto.
“Certo che no!” convenne Madama Chips, quasi indignata per aver messo in dubbio una cosa
tanto ovvia.
“Ho già mandato a chiamare la Preside, e ti
assicuro che arriveremo in fondo a questa storia! I colpevoli di tutto questo saranno cacciati fuori di qui nel giro di una quarto
d’ora dal risveglio di Lupin”
mugugnò lei, controllando per l’ennesima volta le fasciature.
Rimasero in silenzio per qualche minuto,
poi Jolie si mosse nervosamente sui piedi.
“Vado ad avvertire Remus e Tonks…” sussurrò lei, distogliendo
finalmente lo sguardo da Andrew.
“Sarebbe inutile…” mormorò Ellie, accasciandosi su una sediolina
vicino al letto di Andrew,
la sua mano stretta in quella di lui.
“Perché?”
“Sono in missione per conto
dell’Ordine…sarebbe inutile spedire un gufo in una casa
vuota”
“Manderò un gufo alla Tana allora”
propose lei, girando sui tacchi e dirigendosi verso la porta senza aspettare il
consenso dell’altra.
Ellie annuì vaga con la testa quandoJolie era già
fuori dall’infermeria.
Madama Chips rivolse uno sguardo
apprensivo a lei, notando il modo quasi ossessivo con cui continuava a fissare
il volto di lui, come per imprimersi in mente il
ricordo immortale di quel momento.
“Stai bene cara?” chiese lei premurosa,
poggiandogli una mano sulla spalle.
Una lacrima sfuggì dagli occhi di
lei, lo sguardo fisso su Andrew.
“No”
*
Jolie arrivò in guferia quasi all’alba.
Entrò cauta nella stanza, un brivido di freddo dovuto
alla temperatura rigida la obbligò a stringersi ancora di più
nella sua piccola vestaglia, troppo leggera per combattere
il gelo non solo fisico che la stava avvolgendo.
Sospirò pesantemente e prese dalla taschina un
pezzetto di pergamena e una piuma che si era fermata a prendere prima di andare
lì.
Scrisse un breve messaggio con grafia tremula e
ripiegò il biglietto, mentre l’ennesima lacrima scivolava lungo il
viso stanco. Prese uno dei gufi più efficienti, e lo fece partire, seguendo
fino a che fu possibile il puntino nero che si allontanava a forte
velocità verso l’orizzonte.
Un soffio troppo forte di vento la fece riscuotere
violentemente.
Il freddo ora le scivolava addosso, scossa solamente dalla
consapevolezza di quanto fosse diabolica la
crudeltà umana.
Solo se ci sei dentro,
te ne accorgi davvero.
Suo padre lo aveva sempre ripetuto a lei e alle sue sorelle.
Anni di sofferenze e sacrifici lo avevano portato a parlare
in maniera dura e pragmatica delle esperienze sue e degli altri membri
dell’Ordine, raccontando in maniera realistica e particolareggiata quello
che veramente voleva dire essere in guerra.
Diceva sempre che fortunatamente non avrebbero mai potuto
capire cosa voleva dire pregare tutti gli Dei conosciuti per far salvare una
persona cara dalla morte. Sentire il gelo impossessarsi del cuore, lo stomaco
contorcersi violento all’apprendere notizie.
Ora lei lo aveva capito.
Un rumore veloce di passi la fece trasalire.
Si asciugò veloce le lacrime e si strinse ancora di
più la vestaglia addosso.
“Jo?” una voce calda e
familiare, le diede finalmente una parvenza di calore.
Si girò.
Di fronte a lei, Will, già
nella sua divisa, la guardava allarmato.
“Che succede?”
incalzò lui, avvicinandosi.
Lei non rispose e tirò sul con il naso, guardandosi e
scarpe.
Willle si
parò davanti, le mise le mani sulle spalle e cercò di
incrociare i suoi occhi.
“Jo? Parla…che
è successo? Mio Dio sei gelata…vieni via
dalla finestra…” si tolse veloce il maglione e l’aiuto a
metterlo, preoccupato.
Jolie finalmente lo guardò,
facendo un piccolo sorriso che non arrivava agli occhi.
Lui la portò fuori dallaguferia, strofinandole energicamente le braccia per
riscaldarla.
“Will…” disse
infine lei. Lui le accarezzò i capelli, continuando a guardarla, in attesa. “…A-Andy…”
Il sangue si gelò nelle vene di lui.
“Che gli è successo?
Sta bene?” Jolie scosse lentamente la testa,
ricominciando a piangere.
Will la abbracciò e lei si
strinse, come se fosse la sua unica ancora di salvezza.
“L-loro lo hanno
picchiato…” squittì lei, tra un singhiozzo
e l’altro, Will la strinse ancora
più forte.
“Chi è stato, Jo? Chi lo ha picchiato?” chise lui,
tra i denti, mentre un moto di rabbia vendicativa gli nasceva nel petto.
Jolie si staccò leggermente
da lui, asciugandosi una guancia.
“Non lo sappiamo…Solo Andy
lo potrà dire quando si sveglia…”
Will sospirò, grave. Le
posò le labbra sulla testa, continuando a stringerla, per combattere il
gelo che il suo corpo emetteva.
“Sei gelata, Jo…dovresti tornare in dormitorio e dormire un
po’…” mormorò lui, muovendo la mano sulla sua schiena
per riscaldarla. Jolie scosse la testa.
“Non riuscirei a dormire, con tutto quello che
è successo…”
“Beh, però potresti evitare di prenderti una
polmonite se te ne ritorni in sala comune al calduccio, no?” disse lui,
sorridendo, cercando di tirarla su.
Lei fece un debole sorriso, sincero.
“Ok…ma sappi che lo
faccio solo perché me lo ha ordinato un prefetto”
Lui sorrise, sollevato, cominciando a camminare.
“Andiamo su, ti
accompagno” lei sorrise, accoccolandosi contro di lui, facendolo
irrigidire senza apparente motivo.
“Grazie Will” lui
arrossì ancora e passò incerto una mano sulla spalla
di lei.
Sorrise.
“Di nulla, Jo”
*
Quella mattina a Hogwarts si
respirava aria di novità.
La notizia di quello che era accaduto aAndrew si era diffusa a macchia d’olio tra gli
studenti e in Sala Grande non si parlava d’altro.
Tutti gli studenti ora stavano avanzando
assurde ipotesi su cosa potesse essere successo, travisando particolari
e trasformando un pestaggio in un attentato dei Mangiamorte
fuggiti da Azkaban e decisi a vendicarsi su Hogwarts.
Ciò nonostante, alla tavolata Serpeverde,
alcuni ragazzi del sesto e settimo anno, evitavano accuratamente di esprimersi
in proposito, scambiandosi sguardi furtivi, più che allarmati
quando Morgan arrivò con la notizia che i
responsabili avrebbero pagato con l’espulsione assicurata.
RexMalfoy
era stranamente assente quel giorno.
Venus studiò per un attimo
la tavolata delle Serpi, notando che il posto tra Morgan
e il battitore brufoloso e massiccio era vuoto.
Si alzò e si diresse fuori dalla
sala, diretta ai sotterranei con un peso sullo stomaco che, decise, non era
dovuto alle tre brioche alla crema che aveva appena mangiato col cappuccino.
Arrivata all’imbocco delle segrete vide la figura
possente del fratello dirigersi sicura verso l’ingresso della sala
comune.
“Rex…”
chiamò lei da lontano, tentando di correre sui suoi tacchi troppo
vertiginosi.
Lui non sembrava dar segno di aver sentito la voce di sua
sorella continuando a camminare imperterrito.
“Rex fermati!”
urlò lei, cercando di non badare all’eco provocato.
Lui si girò verso di lei, per poi riprendere un
attimo dopo a camminare come se nulla fosse.
“Ma tu guarda…”mugugnò lei, guardando
male la figura sempre più lontana di Rex.
Si guardò un attimo le scarpe, poi si chinò e
se le tolse.
Sorrise soddisfatta, dieci centimetri
più bassa del solito, cominciando a correre con le sue scarpe firmate in
mano.
“Rex, fermati un
secondo…” lo pregò lei parandoglisi
davanti. Rex alzò gli occhi al cielo,
un’espressione scocciata sul viso indurito.
“Che vuoi?” chiese lui freddo,
fissandola negli occhi con il suo sguardo di ghiaccio che tanto l’aveva
spaventata da bambina.
Venus vacillò sotto il suo
sguardo ostile.
Si rimise le scarpe, cercando di prendere tempo, mentre la
consapevolezza che l’idea di venirgli a parlare, non era poi così
geniale come aveva creduto all’inizio, le appesantiva sempre di
più lo stomaco.
“Rex…io…ho
sentito di Lupin” sussurrò lei con voce
appena udibile.
Non aveva il coraggio di alzare la testa, per paura di
qualsiasi reazione di lui.
“Non capisco di cosa tu stia parlando” rispose Rex, in maniera distaccata e inaspettatamente controllata. Venus si azzardò ad alzare gli
occhi, le mani tormentavano angosciate il maglione.
“È stato picchiato…” aggiunse
ancora lei, troppa paura per formulare un’accusa più precisa.
“Non riesco ancora a capire il motivo per cui il fatto che quello stupido Senzaforma
abbia avuto quel che gli spettava, debba scalfirmi in qualche modo”
“Rex, è su un letto di ospedale! Ha rischiato grosso per tutta la notte, come
puoi parlare così?!” la voce
improvvisamente alta e impudente di lei, risuonò violenta lungo il
corridoio dei sotterranei.
Lui le scoccò un’occhiata colma di disprezzo.
“Non ti è mai importata la mia opinione sui sanguesporco, perché ora ci tieni tanto eh?!” Venus esitò un
attimo.
“La gente parla, Rex…e
io sono tua sorella! I colpevoli rischiano veramente grosso
stavolta…”
“Cosa stai insinuando? Che ho picchiato io Lupin?” la
voce tremò di rabbia, le iridi chiare cominciarono a scurirsi.
“Non è forse così?” soffiò
lei; un moto di ribellione si impossessò di
lei, imprudente.
“Non ho il dovere di raccontarti della mia
vita…Io non ti dico nulla quando decidi di farti
un ragazzo dopo l’altro come la peggiore delle donnacce, e tu non hai il
diritto di stare qui a fare la sorellina fedele! Lasciami in pace” fece per sorpassarla, ma lei gli si parò di nuovo
davanti, gli occhi lucidissimi facevano trasparire il suo reale stato
d’animo.
“Non trattarmi così! Io lo faccio per te!
Io…io ti voglio bene” singhiozzò
lei, poggiandogli le mani sul petto.
Rex rimase impassibile.
“Nessuno te lo ha chiesto!”abbaiò lui, strattonandola
da un lato per passare.
Venus non sembrava intenzionata a
demordere.
“Lo sai qual è la cosa che ti brucia più
di tutto eh?! È che tu non saiamare. Non sei
capace di provare un sentimento così forte, non sei capace di aprire gli
occhi e capire che la gente intorno a te, ci prova a venirti incontro…la
verità è che tu invidi i Mezzosangue, perché non gliene
frega niente a loro del sangue, perché sono troppo impegnati a vivere.
Questo ti fa schifo vero? Invidiare i
Mezzosangue ti fa odiare te stesso e gli altri” un sonoro schiaffo le arrivò in pieno viso, con violenza inaudita.
Venus barcollò,
appoggiandosi al muro per non cadere.
Tenendosi la guancia offesa con una mano, alzò lo
sguardo, sgomenta.
Di fronte a lei, Rex la guardava,
con un misto di disgusto e sdegno sul viso.
“Non azzardarti a parlarmi mai più in questo
modo sono stato chiaro?!” ringhiò lui,
trattenendosi a stento dal schiaffeggiarla di nuovo.
“Rex…ma…”
“STA ZITTA!” urlò lui, mentre il suo viso
prendeva caratteri inumani, contorto in una smorfia di rabbia. Lei smise
persino di respirare per un lungo momento.
“Non voglio più che mi parli, non voglio che
mini la mia reputazione con la tua nomea di puttana, non voglio che tu faccia
finta che siamo una famiglia felice!” ringhiò lui, non
preoccupandosi di tutto il veleno che stava sputando gratuitamente sulla
sorella, che rimaneva immobile, attonita ad ascoltare le parole
di lui.
Lei annuì appena, quando Rex
smise di parlare.
“Da questo momento dimenticati
di avere un fratello, così non dovrai più preoccuparti se io
decido di rendere giustizia”
sibilò tagliente, andandosene come se nulla fosse.
Venus rimase immobile per un
attimo, cercando di metabolizzare tutto l’odio e il disprezzo che aveva
ricevuto tutto in una volta, senza una buona ragione.
Pian piano scivolò lungo il muro, finché non
raggiunse il pavimento, e si rannicchiò come faceva da bambina, cercando
di ripararsi dall’ingiustizia del mondo. Rimase in quella posizione per
diverso tempo, singhiozzando rumorosamente, ignorando completamente gli sguardi
curiosi degli studenti che uscivano dalla sala comune.
“Ehi, stai bene?”una voce dolce e rassicurante
arrivò ai timpani di lei, estasiati da quella voce.
Venus alzò le testa; di fronte a lei, ChrisBennet, la guardava impensierito. Lei si asciugò
istantaneamente le guance, tentando inutilmentedi fare un sorriso abbagliante.
“No…” confessò lei, tirando su con
il naso, imbarazzata.
Lui sorrise e le porse una mano per aiutarla.
“Vieni, su...” lei la
prese, dopo un momento di incertezza, ringraziandolo con lo sguardo.
Chris si scurì un attimo,
concentrando la sua attenzione sulla guancia innaturalmente arrossata di lei.
Poggiò una mano sul suo viso, e lei si ritrasse come
scottata, cercando di mascherare inutilmente una smorfia di dolore.
Lui fece per dire qualcosa, ma sembrò ripensarci
all’ultimo momento.
“Credo sia meglio metterci un po’ di ghiaccio
lì sopra…” disse lui, additando alla guancia.
Venus annuì imbarazzata.
“Sai…sono così sbadata! Cado sempre
e…”
“Ehi” la interruppe lui “Non
c’è bisogno che tu mi dia spiegazioni” lei sorrise
riconoscente e lo seguì di fronte all’ingresso della sala comune.
Lo sentì borbottare la parola d’ordine ed
entrò sicuro nella stanza. Quando si accorse di
non essere seguito, si girò verso l’entrata.
“Puoi entrare…non ti mangio mica”
mormorò lui divertito notando che Venus era
rimasta sulla porta titubante.
Lei se ne uscì con una risatina nervosa alle sue
parole, improvvisamente conscia di stare da sola con il ragazzo che era
costantemente presente nei suoi sogni da diverso tempo a questa parte.
Fece qualche passo avanti, incerta,
nell’imponente sala comune Serpeverde.
Guardandosi intorno si rese conto di quanto fosse diversa
dalla sala Tassorosso.
Molto più elegante, ma
fredda nella propria austera maestosità, con mobili dallo stile fiero e
curati con la massima minuziosità e attenzione.
“Non dovrei essere qui…” disse lei,
sorridendo. Tutto sembrava, tranne che fosse dispiaciuta di questo fatto.
Chris si avvicinò,
una divertita convinzione si faceva lentamente strada in lui.
Le accarezzò leggermente una ciocca di liscissimi
capelli dorati, prima di risalire su per la guancia offesa poco prima dal
fratello.
“No, non dovresti…” sorrise lui,
guardandola per un attimo per poi allontanarsi, tranquillo.
Venus sospirò frustrata.
“…però neanche Rex dovrebbe picchiarti”
“Rex non mi picchia”
lui rise.
“Ok…ed eri per terra
lacrimante, perché ti eri persa un orecchino?” entrambi sorrisero.
Venus evitò saggiamente di
riferire che una volta la stessa scena si era ripetuta realmente per colpa di un orecchino.
“Come va la guancia?” chiese poco dopo facendo
un piccolo cenno, armeggiando con un paio di libri poggiati su un tavolino,
accanto ad una lampada dall’aria grottesca.
Lei alzò le spalle, guardandosi ancora un po’
intorno. Nessuna traccia di lacrime era rimasta sul suo viso di porcellana.
“È stata meglio…” mormorò
lei, facendolo sorridere.
“Immagino”
Venus sospirò, quando si
rese conto di essere ricaduta di nuovo in quel silenzio imbarazzante quanto mai
scomodo.
Doveva fare qualcosa.
E doveva farla ora.
“…Sei stato gentile a farmi venire qui…” il tono di voce di lei cambiò
all’improvviso; dal solito squillante era passata ad uno più basso
e sensuale.
Per mesi lo aveva provato allo specchio.
Tutto era per
questo momento. Tutte le parole pronunciate al vento nascosta
nel bagno, tutti i vestiti particolarmente attillati, tutti i cibi
esageratamente insipidi. Tutto sarebbe valso quel giorno.
Ora era il momento prefetto per dimostrare tutte le doti che
sua madre Vanda le aveva cercato di inculcare per anni
e anni prima dell’arrivo a Hogwarts.
Per il fratello era una puttana? Bene, lo sarebbe stata. Gli
avrebbe fatto capire, cosa voleva dire sul serio.
Chris sembrò piacevolmente
sorpreso da quell’improvviso cambiamento
d’umore.
Venus non poté giurarci, ma
le sembrò di vedere uno strano luccichio carico di depravazione nei suoi
occhi nocciola. Sorrise, soddisfatta, avanzando di qualche passo.
“È un piacere godere della
tua compagnia, Venus…”
“Certo che sarà un piacere…”
ridacchiò lei, ormai arrivatagli di fronte, disegnando cerchi immaginari
sul petto.
Chris sorrise compiaciuto.
“Che ragazzina licenziosa sei
diventata…l’ultima volta che siamo stati da soli giocavi ancora con
le bambole”
“Sono cresciuta, Chris…non
ti piacciono i cambiamenti che il tempo ha attuato su di me?”
mormorò facendo una piccola giravolta su se stessa, facendosi ammirare
in tutta la sua proporzionata bellezza.
Lo sguardo di lui viaggiò
impudente sul suo corpo, l’immancabile sorrisino disegnato sulle sue
labbra maschili.
“Ven…sono un
uomo…” mani possenti si posarono sui fianchi di
lei, il respiro mozzato in gola dall’emozione.
“Lo prendo per un sì?”sorrise lei, mordendosi il labbro
inferiore, maliziosa.
Chris le accarezzò
lentamente il collo, risalendo lento, ma costante
lungo la mascella femminile di lei, fino ad arrivare alle labbra piene e
rosse.
Fissò attento la sua bocca,
leggermente aperta e in febbrile attesa, e facendo passare languido la mano
dietro la nuca, si avvicinò ancora, massaggiandole il collo in maniera
calma e accurata.
“Potresti prenderlo per un sì…”
convenne, mordendosi un labbro divertito.
Venus seguì ogni singolo
movimento, sempre più vogliosamente abbandonata contro di lui.
Le baciò languido la mandibola, ben attento ai
sospiri sempre più incontrollati di lei, che cacciò indietro la
testa, per agevolarlo maggiormente.
Baciò il mento, poi la guancia
maliziosamente vicino alla bocca.
Le donne gli piacevano, era
innegabile.
Farle impazzire era il suo passatempo preferito.
Giocò per un lunghissimo attimo con le labbra di lei, lambendo con attenzione ogni millimetro. QuandoVenus gemette frustrata,
lui sospirò vittorioso e divertito.
“Ti prego, smettila…” mormorò lei,
la voce affannata, gli occhi lucidi di desiderio.
Le rivolse un piccolo sorriso, poi la
baciò, irruente.
Venus lo strinse forte,
approfondendo il bacio all’istante, trascinandolo verso il divano.
Chris rise dentro di sé.
Le donne…farle
impazzire è così dannatamente facile…
*
The winter here’s cold, and bitter It’s chilled us to the bone We haven’t seen the sunfor weeks
To long too far from home
I feel just like I’m sinking
And I claw for solid ground
I’m pulled down by the undertow
I never thought I could feel so low
Sarah McLachlan – Full of grace
Madama Chips rivolse per
l’ennesima volta uno sguardo apprensivo aEllie, che era rimasta praticamente immobile da quasi sette
ore.
Lo continuava a fissare, immobile, studiando ogni più
impercettibile movimento, nonostante questo fosse semplicemente il flebile
respiro che gli faceva alzare e abbassare il petto ad intervalli regolari.
Una mano sulla spalla la fece trasalire.
Alzò gli occhi ed incontrò lo sguardo materno
di Madama Chips.
“Cara, vai a riposare un po’…non si
sveglierà prima di diverse ore…” Ellie
scosse energicamente la testa.
“Voglio esserci quando si
sveglierà...” la donna sospirò,
rassegnata.
“Ma sei stata sveglia tutta
la notte…ora è quasi ora di pranzo, ufficialmente non avrei
neanche potuto permetterti di rimanere durante lo svolgimento delle
lezioni…”
“Madama Chips, la
prego…voglio che Andy sappia che sono stata
qui”
“Sono certa che lui già lo sappia Miss Weasley…e sono anche sicura che non sarebbe felice
vederla in questo stato per causa sua…”
“Non è per causa sua.” scattò
subito lei “…è a causa di quelli che lo hanno ridotto
così” Madama Chips sospirò,
rassegnata, tornando nel suo studio.
Ellie attese di sentire il rumore
della porta che si chiudeva prima di alzarsi e sedersi sul letto, stringendogli
la mano ancora più forte.
Sospirò accarezzandogli i capelli con la mano libera,
intristendosi nel vederli del loro colore originale, per la prima volta dopo
diversi anni.
Quando le sue dita accarezzarono timide una tempia, il viso di Andrew si mosse
impercettibilmente.
Ellie scattò allarmata ritirando la mano.
“Andy? Andy
mi senti?” tentò lei, mentre anche le
palpebre cominciavano a muoversi, ancora chiuse.
Ellie si mise le mani alla bocca,
incapace di trattenere la sua gioia.
“Andy, avanti! Andy svegliati!” lo incitò lei, quasi urlando,
stringendogli ancora di più la mano quando
sentì una lievissima pressione ricambiare la sua presa.
Una lacrima di felicità, scese veloce, mentre
continuava a richiamarlo.
Madama Chips, allarmata
da quelle urla, uscì dal suo studio, guardando basita il corpo di lui,
cominciare a muoversi dopo ore di inquietante immobilità.
Corse veloce verso il letto, mentre Ellie
continuava a chiamarlo e controllò i valori di Andrew.
Un sorriso sincero si aprì sul suo viso
quando lui riaprì finalmente gli occhi.
“Andy!” squittì
Ellie, facendo un saltino
sul letto, mentre l’infermiera verificava velocemente le sue condizioni,
non riuscendo a impedirsi di sorridere.
“El…”
mugugnò rauco lui, subito interrotto da un violento colpo di tosse che
lo fece contrarre dal dolore.
“Vado immediatamente ad
avvertire la McGranitt!” disse Madama Chipsuna volta che ebbe appurato che Andrew
non rischiava di riperdere conoscenza.
Quando
l’infermiera uscì trotterellando dallo stanzone, Ellie gli saltò al collo, gioiosa.
Un gemito di dolore la
fece staccare repentinamente.
“Oddio scusami…”
Andrew sorrise, pigro e cercò inutilmente di
mettersi dritto.
Ellie lo
respinse giù.
“Che vuoi fare, sei pazzo?! Tu ora stai buono, buono qui!” Andrew le rivolse un’occhiataccia.
“Non trattarmi come un
poppante!” gracchiò lui, con voce bassa e affaticata.
Lei lo guardò male.
“Ti sei appena svegliato
dopo quasi sedici ore di incoscienza, non puoi
pretendere di andare a fare jogging ora!”
“Non ne ho
l’intenzione…” mugugnò lui, cercando di cambiare
posizione.
Ellie
sorrise, intenerita.
“Mi hai fatto preoccupare Lupin…non farlo mai più…”
mormorò lei, continuando a giocare con le dita di lui.
Lui sorrise.
“Non è ho la minima
intenzione!” disse lui, cercando di sdrammatizzare.
Ellie,
sorrise leggermente.
“QuandoJo mi ha detto quello che era successo…Andy…chi…chi ti ha fatto questo?” chiese
in tono appena udibile.
Andrew
sospirò non badando al dolore intenso che quest’azione
gli provocava.
“Io…non posso dirtelo” gli occhi di lei si dilatarono in maniera paurosa.
“Cosa vuoi dire che non puoi
dirmelo?! Sei impazzito forse!?” lui la
guardò supplicante.
“El, per
favore…”
“Per favore nulla! Ti hanno quasi ucciso e pretendi
che questi bastardi rimangano impuniti!?”
“Non è così semplice…”
“Sì che lo è! Tu dici dei nomi e in
tempo reale vengono cacciati a calci da scuola, come
è giusto che sia!” Andrew distolse il
suo sguardo da lei.
Non poteva dirglielo.
La conosceva da troppo tempo e sapeva che la prima cosa che
avrebbe fatto era vendicarsi.
E lui non le avrebbe mai permesso
di andare a gettarsi tra le grinfie di Malfoy.
“Senti…io non ricordo” lei emise uno sbuffò, per camuffare una risata nervosa.
“Io so che
tu ricordi chi ti ha fatto questo…e non intendo cedere finché tu
non me lo avrai detto!”
“El sono stanco, lasciami
riposare ora”
“È stato Malfoy vero?”
il respiro di lui si mozzò in gola.
“Cosa?”
“È stato lui, vero? È
ovvio…”
“Non è stato lui” mentì Andrew.
Ellie lo guardò
sconcertata.
“Come puoi ostinarti a difendere il tuo carnefice?!”
Per proteggere
te…
Pensò lui, cercando una scusa da propinarle.
“Ti ho già detto che
non ricordo chi è stato”
“Allora come fai a dire che
non è stato Malfoy?”
Andrew si maledì per la sua
distrazione.
Rimase in silenzio, mentre Ellie
non gli staccava gli occhi di dosso, guardandolo attentamente in cerca di
qualche movimento che potesse farle capire.
Il suo silenzio fu molto più eloquente di quanto
entrambi credessero.
“Mi hai dato la tua risposta Andy”
disse alzandosi.
Lui la guardò allarmato.
“Dove vai ora?! Non crederai
che io ti lasci andare a cercarlo vero?”
“Perché credi che io
stia andando a cercarlo?”
“Perchéti conosco” lei rimase in
silenzio.
Non contraddisse la sua tesi, né disse qualcosa di
vagamente convincente per non farlo preoccupare.
Si limitò a guardarlo, avviandosi veloce, verso
l’uscita.
“El, fermati!” la
pregò lui, cercando di alzarsi, inutilmente.
“Andy stai tranquillo ok? Torno presto”
“Eleanor no!” lei si
bloccò.
Nessuno la chiamava con il suo nome intero da almeno cinque
anni.
“Vado a cambiarmi Andyok? Non posso stare in pigiama per
sempre” disse lei, cercando di essere il più possibile convincente,
dandogli ancora le spalle.
“Dimmi che non andrai da lui.
Promettilo” lei si girò, sorridendo.
“Prometto” Andrew
sembrò vagamente risollevato, accasciandosi sul letto.
Sorrise in risposta, nonostante il
volto gli facesse male.
“Torno presto” assicurò lei, salutandolo.
Lui, annuì, seguendola con la
sguardo finché non scomparve dietro il grande portone.
Ellie chiuse gli occhi, le membra
stanche ma colme di rabbia atavica.
Perdonami Andy…
*
I'm the snow on your lips The freezing taste, the silvery sip
I'm the breath on your hair
The endless nightmare, devil's lair
Only so many times
I can say I long for you The lily among the thorns
The prey among the wolves
Nightwish – Feel for you
Passi veloci e irosi, rimbombavano nel corridoio.
Dita arrabbiate, stringevano febbrili la bacchetta, un gesto
convulso, malato nella sua capacità di lenire il dolore
dell’animo.
Occhi chiari, ora oscurati da uno dei
sentimenti peggiori di cui l’uomo possa essere schiavo.
Vendetta.
Desiderio di morte, di urla e
sofferenza, desiderio di far uscire per un lungo attimo il peggio di noi.
Sentire l’odore del male
impossessarsi dell’anima conducendoci in un gioco scellerato e ripugnante.
Gli occhi di lei lampeggiarono
riconoscendo la figura imponente di lui.
Rideva, sereno e quasi immemore delle proprie
meschinità perversamente eccitanti.
La mano tornò padrona di se stessa alla tasca della
bacchetta.
Lei ispirò profondamente l’aria pungente
provenire dal portone poco lontano.
È qui. E aspetta.
La vendetta è paziente.
Rex incrociò il suo sguardo
glaciale con quello di lei. Sorrise, leccandosi le labbra.
La aspettava. Dio se l’aspettava.
Fece cenno agli altri di andare, la scopa affidata a ChrisBennet, che ora guardava
con un particolare sorrisino storto Ellie che si
avvicinava come una furia.
“Buona fortuna amico…lo
zuccherino ora caccia gli artigli…” Rex
rispose con uno sguardo.
“Non aspetto altro” mormorò ghignando avviandosi
fuori da portone, le mani in tasca e
l’espressione tranquilla sul volto.
“Fottuto
bastardo” abbaiò lei appena se lo ritrovò davanti,
puntandogli la bacchetta alla gola con violenza.
Rex rimase per un secondo
spiazzato dall’azione di lei.
La guardò fisso negli occhi. Odio e disprezzo
oscuravano quegli occhi cristallini, facendoli diventare quasi neri.
“Cosa vuoi fare, eh? Vuoi uccidermi per caso?” la
stuzzicò lui, ripresosi dal momento di sorpresa, mentre il solito ghigno si disegnava sulle sue labbra sottili.
Ellie fece un piccolo passo verso
di lui, diminuendo maggiormente la distanza.
“Non darmi idee, Malfoy…giuro
che dopo quello che hai fatto a Andy,
non ci penserei due volte” una risata argentina spezzò
l’atmosfera tetra del corridoio.
Il petto di lei si alzava e
riabbassava ritmicamente, la fredda brezza serale
penetrava nelle viscere, dilaniandole.
“Andy…povero Andy,
già…si è già svegliato? Oh, ti giuro, sono rimasto
veramente deluso quando ha perso i sensi…mi
stavo appena scaldando!” rise lui, sotto lo sguardo di fuoco di Ellie.
Strinse i denti.
Non avrebbe ceduto.
Tutti quello che lui voleva era farle perdere la ragione.
Non gliel’avrebbe mai data vinta.
“Non raccogli Mezzosangue? Voi Grifoni siete una
delusione continua! Anche Andy, come lo chiami
tu…pensavo di divertirmi di più con lui…”
“Smettila” ringhiò lei, mentre gli occhi
diventavano inconsciamente lucidi. Rex ghignò.
Stava crollando.
Doveva solo continuare su questa strada.
“Dovessi sentire come
urlava…una femminuccia! Invocava pietà, Mezzosangue…la miapietà!
Ah, è stato meraviglioso!” lui fece un
passo avanti, approfittando della momentanea incertezza di lei, alle sue
parole.
Con uno scatto prese la bacchetta di Ellie, strappandogliela di mano e gettandola in un qualche
punto dietro di lui, all’interno delle mura del castello.
Ellie trasalì.
“Non più tanto insolente senza bacchetta in
mano, vero?” disse Rex avanzando verso di lei,
avvicinandosi più del consentito.
Ellie mantenne
un’espressione fredda, stoica nella propria ostentata sicurezza. Gli occhi lucidi, però nascondevano l’odio atavico,
mischiato alla crescente paura che si stava impossessando di lei.
Malfoy rise.
Con uno scatto, imprigionò i polsi
di lei nella morsa ferrea delle sue dita, facendola trasalire.
“Brutta mossa, Mezzosangue, quella
di venirmi a cercare per vendicarti…un gesto stupido, oltre che visto e
rivisto mille volte. Non ti insegnano nulla le
esperienze altrui? La vendetta è ciò per cui
il male vive, respira e si rafforza. È la parte più oscura di
ognuno di noi, e farla uscire senza saperla controllare è quanto di
più stupido che l’essere umano possa
fare” lei rimase in silenzio.
Persino un respiro le pareva troppo rumoroso, in quel momento.
I polsi le facevano male, stretti nella morsa violenta di
lui, che non accennava ad allentare la pressione che le sue mani stavano
esercitando.
“Lasciami ora” provò lei, cercando di
liberarsi. Il ghigno di lui si allargò.
“Già stanca della mia compagnia? Oh, ma io ho
ancora tanto tempo da dedicarti”
“Mi fai solo schifo, non meriti nulla da me” il
sorriso storto di Rex si spense, la
stretta s’andava rafforzando ogni secondo di più.
Ellie dovette sforzarsi per non
urlare.
Chiuse per un attimo gli occhi, accecata
dal dolore quando sentì un polso scricchiolare. Un soffio caldo lungo il collo, la fece rabbrividire, le sue viscere si
contorcevano violente.
“Vuoi che ti sveli un segreto?” sussurrò
lui, contro il suo orecchio. Le braccia di lei bloccate
dietro la schiena dalle sue mani.
Ellie non osò fare il
minimo movimento.
Sentì Rex sorridere,
benché non potesse vedere nulla con gli occhi ancora ostinatamente
chiusi.
“Il motivo per cui il tuo
piccolo amico cambiacolore si trova in un letto d’ospedale…sei
solo e unicamente tu” il
respiro le si bloccò in gola.
Spalancò gli occhi, rendendosi conto che i loro corpi
erano più vicini di quanto in realtà non credesse.
“…vedi…tutto il sangue
versato…è per colpa tua che ho quasi ucciso Andy…Non ti pare un gesto
egoistico pensare di non avere colpa quando anche solo con la tua stupida
presenza in questo mondo rovini le giornate a persone che hanno il diritto di
essere chiamate con questo nome?”
“E suppongo che una di queste persone saresti
tu…” ringhiò lei con odio, ignorando la domanda,gli occhi le
pungevano pericolosamente.
“Certo” sorrise lui. “Tu sei
feccia…io il futuro”
Ellie alzò lo sguardo su di
lui.
“Dev’essere terribile
allora, pensare che persino la feccia disprezzi un futuro tanto orribile”
“Ti seccherebbe tanto avere un futuro come me?”
“Preferirei morire” mormorò lei, gli
occhi incatenati a quelli di lui.
Vide la mascella di lui serrarsi
violentemente, la pelle del viso tendersi a quelle parole.
Lei lo vide avvicinarsi ancora, il respiro caldo sul viso.
“Ti odio”
sibilò lui, un attimo prima che le sue labbra
cercassero vogliosamente quelle di lei.
Un bacio famelico, pieno d’odio e di rabbia.
Violento e non voluto, necessario quanto amaro nella propria
mielata tortura.
Rancore, tradimento, depravazione in un
contatto carnale che rappresenta la sconfitta della ragione sulla peccaminosa
lascivia.
Una danza violenta, un litigio e una lotta
di cui nessuno voleva essere il perdente.
Un turbinio di sentimenti contrastanti,
nuovi e devastanti li colpì feroce e crudele, senza che potessero avere
controllo.
Abbandonati alla scelleratezza di un peccato, senza
possibilità di redenzione.
Una lacrima percorse veloce la guancia di
lei.
Morse furiosa il labbro di Rex, sentendo in bocca il sapore rugginoso del sangue.
Lui si staccò repentinamente, lasciandole i polsi e
spingendola lontano da lui come si fosse scottato.
Ellie lo guardava, le mani sulla
bocca, incapace di fare nulla.
“Mi fai schifo” disse lei poco dopo, con la voce
rauca e impastata dal pianto.
Abbassò lo sguardo e lo superò, andando a
raccogliere la bacchetta.
Rex la guardò finché
non scomparve oltre un angolo, lasciandolo solo nel freddo di una sera di
Novembre.
Si passò le mani tra i capelli, non preoccupandosi del
labbro che sanguinava.
Sarebbe diventato pazzo.
Elei lo avrebbe ucciso.
Ta-daaaaaaaaaaa! Colpo si scena!!!
(più o meno T.T)O.O!!!!!!
Capitoloneone one
questo amori miei! Lungo come una Quaresima anche più degli altri, ma
spero (çç) coinvolgente! ^^
Siete
fantasticissimi, vi amo tantissimo! ** nel prossimo cap – scuola permettendo ØØ- metterò anche le fotine!
^_____________________________________^
A Daisy…guarisci presto tesorina!!!!ç______________________________çTi voglio
tantu bene, Gem adorata!
Learning To
Breathe
- SUO Second Ground
–
5.
When I
go fishing for the words
I am wishing you would say to me,
I'm really only praying
That the words you'll soon be saying
Might betray the way you feel about me.
But to me, coming from you,
Friend is a four letter word.
Cake - Friend is a Four
Letter Word
Quando succede qualcosa di brutto, ci sono sempre modi
differenti di reagire all’accaduto.
Magari qualcuno può provare a sdrammatizzare la
situazione, cercare di renderla meno pesante e più sopportabile, e a chi
ci riesce viene riconosciuto un grande pregio.
Altri invece si limitano a cadere nel baratro della
disperazione, non sentendo ragioni neanche quando ci
sono tutte le probabilità che non sia successo nulla di realmente grave.
Lily e Gilly sembravano essere
cadute nel baratro più profondo quando videro
il volto sorridente e tumefatto di Andrew.
“Stai bene?!”
ripeté per l’ennesima volta una delle due – non importa chi,
perché subito dopo l’avrebbe ripetuto anche l’altra –
in tono sempre più apprensivo.
Andrew sorrise incoraggiante ad
entrambe, leggermente a disagio.
“State tranquille…è tutto ok!”
“Non è tutto ok!”
scattò Gilly facendo quasi cadere la sedia su
cui era seduta e James che vi si era appoggiato.
Tutti la guardarono leggermente inquietati e lei si
risedette, composta e quieta come al solito.
“Non è il caso di farne una tragedia…”
disse Andrew ostentando una finta tranquillità. “Non è
successo nulla di tanto grave” tagliò corto lui, evitando
appositamente di guardare dalla parte di Ellie.
“Andy, mi sembra un
po’ da idioti dire una cosa del genere due giorni dopo essere stato picchiato
a sangue da un gruppo di pazzi” s’intromise Jo,
muovendosi a disagio, appollaiata sul bordo del letto.
Andrew sembrò innervosito da quel commento.
“È solo che sono stanco di questa
storia…voglio solo…rimuoverla”
“Ma sarebbe utile riuscire a capire chi ti ha fatto
una cosa simile, prima di rimuovere, non credi?” disse James ragionevole, mentre Ben annuiva al suo fianco.
“Non parliamone più per favore…sono
stati i giorni più brutti della mia vita! Senza contare che mia madre mi
ha mandato cinquantatre gufi nel giro delle ultime quarantott’ore…”
James, Ben e Jo
ridacchiarono, mentre il cinquantaquattresimo si apprestava a planare appena
entrato dalla finestra.
Tutti risero quando notarono che
il gufo aveva lasciato un adorabile ricordino sul copriletto. Madama Chips lanciò più di una imprecazione
masticata mentre faceva evanescere il tanto
apprezzato regalino.
Scacciò Jo dal letto e
cominciò a rassettare alla bene e meglio le
coperte, borbottando qualche frase sconnessa di tanto in tanto.
I capelli di Andrew erano rosso
fuoco.
Jolie, guardando la scenetta
comica di Madama Chips versione colf, lanciò
uno sguardo distratto dalla parte di Ellie.
Sul suo viso non c’era la minima traccia di
divertimento.
Se ne stava lì, accasciata su una sediolina poco lontana, con le braccia incrociate al petto
e lo sguardo perso nel vuoto.
Lei si avvicinò, arrivandole davanti senza che
l’altra avesse una benché minima reazione.
“El, stai bene?”
chiese Jolie chinandosi su di lei per guardarla
meglio.
Ellie sembrò riscuotersi
solo allora.
Si guardò intorno e arrossì violentemente
notando gli sguardi di tutti su di lei.
“C-certo! Sì,
è tutto ok” disse lei, cercando si
sembrare più convincente possibile.
Andrew distolse lo sguardo da lei, improvvisamente serio.
“Penso sia la persona più movimentata
che io abbia mai conosciuto Signor Lupin!”borbottò
Madama Chips, mentre si rimetteva dritta,
massaggiandosi la schiena con un’espressione dolorante sul viso.
Andrew sembrava troppo impegnato in una delle sue
elucubrazioni mentali per prestare attenzione alla donna.
La stanza cadde in un silenzio sonnacchioso, mentre
l’infermiera finiva di controllare le ferite del ragazzo.
“Per la barba di Merlino!” urlò lei
all’improvviso facendo trasalire tutti i presenti. “E quello cos’è?!” squittì lei
isterica.
Nessuno di loro capì di cosa
stesse parlando.
L’improvviso cambiamento d’espressione di Ellie, però, attirò l’attenzione di
Andrew.
“Mi faccia vedere!” imperò la donna
rivolta alla ragazza.
Lo sguardo di tutti si spostò per la seconda volta
su di lei.
“Non è nulla, davvero…”
“Mi faccia vedere, ho detto!”
Jolie e Ben si scambiarono un’occhiata,
non capendo.
Lo sguardo di Andrew era sempre più concentrato
sulla figura di lei.
Ellie sbuffò e porse il
braccio all’infermiera.
Lei slacciò con un gesto esperto i bottoncini della manica rivelando il polso di lei, gonfio e
livido.
Tutti guardarono Ellie,
assolutamente attoniti.
“Cos’è successo?!”
chiese Jolie, cercando di mascherare la sua
espressione leggermente schifata guardando il polso.
Ellie arrossì, scuotendo
la testa.
“Sono stata così sbadata!” disse lei
simulando una risatina divertita.“Ieri sera era buio
quando sono tornata in sala comune…sono inciampata e ho sbattuto
il polso contro uno spigolo, tutto qui!”
La scusa di Ellie era talmente
scarna da non crederci neanche lei stessa.
Vide i suoi amici sforzarsi di sorriderle e di credere
alle sue parole, mentre Madama Chips teneva lo
sguardo ostinatamente rivolto alla fasciatura che stava facendo intorno al
polso.
“Quindi tu ora…” disse Andrew, con voce
dura e decisa.“…vorresti farmi credere che una sedia ti ha fatto
questo?” Ellie lo guardò tesa,
sorridendo nervosamente.
“Lo sai, Andy quanto
facilmente cado, no?”
“Non mentirmi, non sei mai stata brava”
improvvisamente un silenzio angosciante era calato nella sala.
Andrew teneva gli occhi fissi su di lei, deciso in tutti i
modi ad incontrare il suo sguardo, ora ostinatamente rivolto in basso.
“El, mi avevi dato la tua
parola!” ringhiò lui rosso di rabbia. Lei alzò lo sguardo,
furente.
“E tu sapevi benissimo che non l’avrei
mantenuta!” Andrew fece per parlare, ma sembrò cambiare idea.
“Sapevi che sarei andata! Lo sapevi quando ti
sei svegliato e io ti ho cominciato a fare domande e lo sapevi anche prima,
mentre quel bastardo ti picchiava! Mi sbaglio forse?” Andrew non disse
nulla.
Madama Chips ebbe l’ottima
idea di rinchiudersi nel suo studio, mentre gli altri cominciarono a scambiarsi
occhiate nervose.
Nel giro di pochi secondi, l’infermeria era deserta,
fatta eccezione per Andrew ed Ellie.
“Non puoi biasimarmi perché mi sono
stupidamente fidato di te! NON TE LO PERMETTO!”
“Chi ti credi di essere, si
può sapere?! Sono grande abbastanza da decidere da sola le mie
azioni!”
“ALLORA COMINCIA A CRESCERE! COSA CREDEVI DI FARE
ANDANDO Lì, ME LO SPIEGHI?!” Ellie rimase in silenziò, nera di rabbia.
“Volevi vendetta?! Beh lascia che ti dica una
cosa, principessa…SE SONO QUI è UNICAMENTE COLPA TUA!” lei
lo guardò, piena d’odio.
“Sai che mi ha detto anche lui la stessa cosa? Stai
usando le stesse parole di quel pazzo!”
Andrew rise, furioso.
“Questa mi mancava! Davvero, El,
nessuno mi aveva mai messo sullo stesso piano di quello che mi ha quasi ucciso!”
“Non cercare di sminuirmi, Andrew! Come puoi notare
dal mio polso che tende al viola scuro, non mi è andata poi così
bene!”
“Già, con la differenza che tu hai
praticamente scelto di essere picchiata!”
“Non mi ha picchiata!”
Andrew si passò una mano sugli occhi.
“Allora cosa ti ha fatto?”
“Non ha fatto niente” mentì, non
riuscendo ad impedirsi di arrossire.
“Scommetto che ha goduto da morire a vederti
lì, di fronte a lui…non è così forse? In fondo mi ha
picchiato per ferite te! Non aspettava altro che quel momento! Spero tu
l’abbia fatto divertire!”
“Non fare il bastardo, ora…”
“Sto solo esponendo i fatti! Lui mi ha quasi ucciso
per soddisfare la voglia che ha di te!”
“TU VANEGGI!” urlò lei, rossa in viso.
“IO ESPONGO I FATTI! So quello che dico e lo so perché quel figlio di puttana ha avuto il
buongusto di spiegarmi il reale motivo, prima di farmi perdere i sensi!” lei
rimase in silenzio, con lo sguardo basso e gli occhi lucidi.
“Sai una cosa? Nonostante tutto, lui mi ha trattata con più rispetto di come stai facendo tu
adesso” mormorò lei, alzando lo sguardo appannato dalle lacrime su
di lui.
“Vattene” sibilò lui, duro.
Ellie gli rivolse uno sguardo
freddo, prima di avviarsi a grandi falcate verso l’uscita.
Andrew, si lasciò andare completamente contro i
cuscini, esausto.
Era finita.
Il problema, ora, stava nel capire cosa era recuperabile
della loro amicizia dopo le cose che si erano detti.
*
Is my imagination running away Or is all this really happening to me
Am I a prince in a far away land filled with fantasy
Where is reality and what are the actions that will define who I am?
I am holding onto the visions I've seen of what I could be
It's what I should be
Kutless – More thanitseems
Non c’è mai un momento buono per le brutte
notizie.
Ti distruggono la vita e arrivano nell’esatto istante
della tua vita in cui ne avresti meno bisogno.
Non che esistano momenti adatti per ricevere una brutta
notizia, ovviamente, ma diciamo che esistono modi giusti per dirle
e momenti un po’ più adatti di altri per farlo.
Sylvie Weasley quel pomeriggio era
nel momento peggiore per ricevere una cattiva notizia.
Era contenta.
Non c’era un motivo preciso…lo era e basta, come
quando di mattina ci si alza con un sorriso idiota stampato in faccia e ci
viene da ridere senza alcun motivo.
Era contenta semplicemente per il fatto di esserlo. E non
c’è momento peggiore per ricevere una brutta notizia.
Nei momenti molto buoni o in quelli molto cattivi è
sempre più amara la pillola che devi ingoiare.
Sono le giornate di mezzo, quelle che magari potrebbero essere più adatte. Le tipiche giornate
piatte, vuote e lente in cui anche se si riceve una brutta notizia la si prende nella maniera giusta, convincendosi di guardare
il lato positivo: almeno ora si ha qualcosa a cui pensare per passare il tempo.
E questo perché tutti sanno che se si deve risolvere
un problema e non si riesce a trovare la soluzione, il tempo passa con una
velocità che quasi fa rabbia.
Perché il problema rimane lì
anche se il tempo passa, ma la soluzione proprio non si trova.
Quando VenusMalfoy
entrò nella sala comune Tassorosso, quel
giorno, Sylvie era davvero troppo contenta per preoccuparsi del possibile
arrivo di una cattiva notizia.
Eppure l’espressione di Venus
la preannunciava in tutta la sua gravità.
Si avvicinò ancheggiando, con un orribile sorrisino
di vittoria sul volto.
“Weasley?” lei si
girò, sorridendole amichevole. “Sai che ChrisBennet ha la ragazza?” il suo sorriso si spense
di fronte a tanta insensibilità.
Venus si chinò su di lei
con occhi ridenti.
“E vuoi sapere chi è?” Sylvie temeva
quella risposta. “Io!” squittì Venus
tutta pimpante.
Sylvie desiderò fortemente di essere ingoiata dalla
poltrona.
“Ah” riuscì solo a dire, con la voce
tremante e la gola terribilmente secca.
Venus annuì vigorosamente
con la testa.
“Ora scusami! Mi devo preparare! Stasera ho un appuntamento
con il mio ragazzo!”
gracchiò lei, ancheggiando su per il dormitorio femminile.
Sylvie si sentiva mancare il respiro nei polmoni.
Voleva piangere, ma gli occhi erano inverosimilmente secchi.
Si mise la mano sul petto, sentendosi quasi male.
Ricevere una cattiva notizia da una cattiva persona in un
cattivo momento è quanto di più terribile possa
capitare.
E l’arrivo di un amico, talvolta, può anche
riuscire a peggiorare le cose.
Soprattutto se l’amico in questione è
innamorato cotto.
RobinPaciock
varcò l’entrata della sala comune praticamente saltellando.
Vide la figurina composta di Sylvie e le
si sedette accanto, con un blocco di fogli in mano e l’aria
disordinata, ma contenta.
“Guarda, guarda,
guarda!” esclamò lui, entusiasta, cacciando dal blocco un foglio
dall’aria vissuta.
Sylvie rivolse uno sguardo sofferente a Robin,
troppo impegnato a mostrarle il suo nuovo disegno per accorgersi che qualcosa
non andava.
“Che ne pensi? Ci sono stato su tutto il pomeriggio!
Pensavo di regalarlo a Andrew come augurio di pronta guarigione! Tuche dici? Ti
sembra una buona idea? Forse un po’ scontata?
Sai pensavo…”
“Robin ti
prego…” esalò lei, soffocando un singhiozzo.
Lui si girò preoccupato verso di lei.
“Che ti prende?” chiese lui, con gli occhi
spalancati.
Lei scosse la testa passandosi una mano tra i capelli.
“Non è niente…”
“Sei sicura di stare bene? Sei pallida come un foglietto
di carta…”
“Ti ho detto che sto bene!” replicò
stizzita lei, pentendosene subito dopo.
Lui non disse nulla.
“È solo che…è stata una brutta
giornata…” continuò lei, con voce più calma.
Lui la guardò mortificato.
“Le brutte giornate sono…beh…brutte” disse stupidamente. “Proprio l’altro
giorno ne ho avuta una terribile! Ho fatto un disegno
orribile…perché sai, tante volte la mia giornata si riflette tanto
nei miei disegni! Giusto ieri ho…”
“Robin!” lo
sbloccò subito lei, chiudendo un attimo gli occhi per calmarsi.
“Con tutto il rispetto, ora non mi interessa
nulla di che cosa hai disegnato ieri!”
“Eh…scusa.” Sylvie lo guardò per un
secondo.
Lo sguardo basso e ferito di Robin
la fece sentire ancora peggio.
“Senti Rob…”
“No, non fa nulla, davvero!” disse lui con un
tono per nulla convincente, scattando subito in piedi e raccogliendo alla bene e meglio i suoi fogli.
“Mi dispiace! È solo che…”
“Lo so. Ho capito, sta tranquilla.”
Robin scomparve su per le scale
lasciando Sylvie sola.
Lei era convinta che lui non potesse capire.
Aveva il cuore spezzato e la mente vuota. Il respiro
affannato e un dolore che attanagliava lo stomaco, furioso.
Sylvie, però, non sapeva che Robin
la capiva benissimo.
*
L’aria era leggera e profumata nella periferia di
Londra in quel tramonto di fine novembre.
Hermione camminava lentamente sul praticello curato, lanciando di tanto in tanto qualche
sguardo al campo di Quidditch che si estendeva
sterminato sotto i suoi occhi.
Ridacchiò vedendo Ron,
tutto intento a spiegare alla sua piccola squadra di campioni in erba una nuova
tecnica di gioco nel suo modo paterno e autoritario allo stesso tempo.
Un soffio di vento leggermente più forte fece
smuovere i capelli fuori dalla crocchia improvvisata,
liberando una cascata di capelli ribelli e adorabilmente spettinati.
Sorrise, nonostante tutto.
Osservò per un attimo David e Danielle
litigarsi una delle scope, e non poté fare a meno di sorridere.
Da sempre il bimbo si era lamentato di essere il più
piccino della famiglia, non riuscendo ad apprezzare i vantaggi che questo
comportava.
Ebbene da quel giorno in poi non avrebbe più avuto
motivo di lamentarsi.
Non sarebbe più stato il più piccolo della
famiglia.
Si toccò istintivamente il ventre, meditabonda.
“Pensierosà ma chère?” Hermione si
girò di scattò, mentre un sorriso le
illuminava il volto.
“Ti trovo bene”
FleurDelacour
si avvicinò a lei sospirando sommessamente, l’andatura regale ed
elegante, lo stile impeccabile come sempre.
“Non hai risposto ala mia domanda…non è
una buona cosà” si mise le mani nelle
tasche dei jeans firmati, guardando sorridente sua
figlia Danielle giocare con Ron,
David e gli altri piccoli membri della squadra.
Hermione si passò una
mano tra i capelli, gli occhi fissi su Ron.
“Sono incinta. Di nuovo” mormorò
semplicemente lei, mantenendo lo sguardo dritto davanti a sé.
Fleur si girò basita
verso di lei.
“Stai schersando? Un altro
picoloRon?!” Hermione non poté
impedirsi di sorridere.
“Un altro piccolo Ron”
confermò, affondando anche lei le mani nelle tasche.
Fleur le rivolse uno sguardo di
sottecchi.
“Beh, è una bela cosà,
no? Sono scerta che Ron
sarà trèscontantocando glielo dirai!” squittì lei,
agitando la mano in aria per salutare Danielle.
Hermione la guardò per un
attimo, confusa.
“Come sai che non l’ho ancora detto a Ron?”
Fluer si girò verso di
lei.
“Mi prendi in jiro ma chère? Ho quatrofilie anche io, so che non è facìle
dire ai Weasley che li aspetta
un lungo periodo sensa sesso”
Hermione non poté
trattenersi dal ridacchiare.
“…però sono scerta
che Ron sarà contantissimo…lui
adorà te e li vostri
fili!”
“Oh, lo so, lo so! Solo che
ho paura che la possa prendere male…sarebbe pur sempre il quinto!
Il quinto, capisci? Non è uno scherzo…poi proprio ora che eravamo
ad un passo dall’avere la casa libera dai bambini, ne arriva
un altro!”
“Motivo en plus per esere
arrabbiati per la futura mancansa di sesso!”
Hermione sbuffò per
mascherare una risatina, mentre Fleur le circondava
le spalle con un braccio.
“Su con la vìte ma
petit! Ti tocheràricominsciare
con papine, bavaglinì,
sciusciotti e vestitini! Capisco trèsbièn la situasione!
Ma pensà per un secondo a moi
…per canto io semprotrèsbellà e jiovànesto per arivare a quarant’ans! E sai che vol
dire? Te lo dico io!” squittì lei, facendo trasalire Hermione, ancora stretta nel suo abbraccio “…Pele che cade, rughe teribili,
corpo che cede in modòincredibìle
alla gravità!” Hermione si lasciò
sfuggire un piccolo sorriso “…sensa contare le machie sur le
mani, le guansce che inaspettamonte
si afflosciano cando per i passati trantanove anni erano rimaste su e il mio rotandissimo sedere che ariva
alle jinocchia!” Hermione
guardò Fleur riprendere fiato dopo il suo
monologo.
Sospirò.
La verità era che per quanto avesse avuto quattro
figlie, fosse alla soglia dei quarant’anni e in
piena crisi esistenziale, era rimasta bella come la prima volta che
l’aveva vista per il torneo.
“Sono certa che il tuo sedere rimarrà
dov’è anche a settant’anni”
disse infine Hermione, annuendo convinta.
Fleur sembrò riflettere
attentamente.
“Forse hai rajione…”
concesse lei, staccandosi dall’abbraccio a facendo
qualche passo. “Ma in oni caso non hai nesun motivò per stare ici
a gardare il nula!
”
“Io non guardo il nulla!” corresseHermione, subito. “Guardo Ron!”
“Ma Ron lo puoi gardare tutte le volte che vuoi, ma petit!...Sensa contare che il suo fondoschiena non rende così
da lontanò…” Hermione
la guardò di sottecchi.
“Da quando guardi il fondoschiena di mio marito, tu?!” Fleur agitò la mano
in aria stizzita.
“Non est questo le point”
tagliò corto Fleur, non guardandola in
faccia.
Hermione ridusse gli occhi a due
fessure, ma non disse nulla.
“Quindi cosa mi consigli di fare?” disse
infine, vedendo la squadra rientrare negli spogliatoi.
“Stasera porta Davìd
da Mollì e salta adosso
a Ron. Domani matina dilli
che sei inscinta. La prenderà melio, ti assicuro! È un metòdo
testato!”
Hermione capì finalmente
il motivo per cui in tutti quegli anni non aveva mai
sentito Bill lamentarsi di Fleur.
*
Capitano giorni in cui il tempo sembra non passare mai.
Si sta lì, a guardare l’orologio, e nel
momento in cui si crede – ne si è
assolutamente certi – che sia passato davvero molto tempo
dall’ultima volta che si è guardato il pendolo, si scopre che non
sono passati che una manciata di minuti.
Converrete con me che è
decisamente frustrante.
Ebbene, la stessa cosa stava accadendo a Ben Weasley, accasciato su un banco di una classe vuota, in attesa che la sua vita prendesse una svolta decisiva.
Ovviamente non era una grande idea, quella di stare
lì a guardare il vuoto, perché è
più che assurdo pensare che la vita possa cambiare senza fare nulla per
aiutarla, ma a quanto pare Ben la trovava una magnifica idea.
Se ne stava seduto su un banco, con lo sguardo assente e
le labbra imbronciate, lanciando di tanto in tanto uno sbuffo e qualche
imprecazione contro una mattonella rotta che aveva da subito catturato la sua
attenzione.
I motivi per cui un ragazzo
è rinchiuso in un luogo chiuso di sabato pomeriggio potrebbero essere
molteplici.
Il più ovvio di tutti è l’umiliazione.
Quando qualcuno viene umiliato
è una reazione quasi primitiva, quella di andare in un posto nascosto,
per sbuffare e imprecare contro qualsiasi cosa capiti sott’occhio
finché non ci si rende conto di stare solo perdendo tempo.
Ben, ahimè, in quel momento, era ancora nella fase
delle imprecazioni, e solitamente ci voleva un po’ prima che qualcuno
venisse in aiuto per farlo passare alla fase perdita di tempo.
Ma chi è che se ne sta chiuso in un castello quando fuori c’è il primo pomeriggio
di bel tempo dopo quasi due mesi di pioggia?
Nessuno, direte voi.
Invece qualcuno c’è.
Lily Potter entrò molto
rumorosamente nella stanza, trascinandosi addosso una
serie di tomi dalla voluminosità non indifferente.
Quando le cadde uno di mano, atterrando a terra con un
sonoro tonfo, Ben ebbe la netta sensazione di capire il motivo di tutte quelle
mattonelle rotte disseminate per la stanza.
Si schiarì la voce facendo cacciare un gridolino spaventato a Lily.
“Che ci fai qui?!”
squittì lei senza un’apparente buona ragione.
Ben fece un’alzata di spalle, tornando a guardare il
vuoto.
“Qualcosa non va?” chiese lei, tornando ad un
tono di voce più controllato, guardandolo apprensiva, mentre poggiava i
volumi su un banchetto poco lontano.
L’ennesima alzata di spalle arrivò poco dopo.
“Pensi che riuscirò a sentire la tua voce
oggi, oppure mi devo accontentare delle tue alzate di spalle?”
mormorò lei, cercando di sdrammatizzare.
Il primo sorriso illumino il viso
di lui.
“Scusa…”
“Molto meglio!” sorrise lei, avvicinandosi.
“Allora…cosa c’è che non va?” Ben dovette
trattenersi con tutte le sue forza per non alzare le
spalle un’altra volta.
In compenso scosse la testa.
“Non lo so…” borbottò lui
focalizzando nuovamente la sua attenzione sulla mattonella rotta. Lily gli si
parò davanti, con un evidente sopracciglio inarcato.
“Puoi fidarti di me!”
“Lo so!” si affrettò a dire lui,
vedendo la bocca di Lily che si stava pericolosamente imbronciando.
“…è solo che…Merlino…voi siete
così complicate!” sbottò lui, saltando giù da un
banco e cominciando a camminare avanti e indietro per la stanza.
Lily sbatté un paio di volte le palpebre, senza
capire.
“Ben…noi chi?!”
lui le scoccò un’occhiataccia.
“Voi ragazze, ovviamente! Siete incoerenti! E non
sapete mai cosa volete…e…e non vi fate capire!”
“Hai litigato ancora con Emily?”
Ben sembrò in procinto di ricominciare a sbraitare contro l’intero
genere femminile, quando si bloccò all’improvviso, arrossendo fino
alla punta delle orecchie.
“Chi ti ha detto che ho litigato con Emily?!” gracchiò lui
isterico.
Lily agitò una mano in aria, sedendosi dove era
appollaiato Ben fino ad un attimo prima.
“Chiamalo intuito femminile…”
Ben sbuffò di nuovo.
“Odio l’intuito femminile…”
Lily ridacchiò.
“Quindi…” azzardò lei. “Sei
qui perché ti senti in colpa per Emily?”
“Io non mi sento in colpa!”
scattò lui.
“Allora perché sei qui?”
“Perché…perché…” Ben
sembrava in difficoltà. “Perché sì!”
“Perché sì, non è una risposta,
lo sai…”
“Non stare sempre a cavillare, tu! Sono qui
perché ne ho voglia!” abbaiò lui incrociando le braccia al
petto.
“No, sei qui perché ti stai
nascondendo” insistette lei, candida.
“Non è vero”
“La cosa che ti manda in bestia più di tutto
è il fatto di non sapere rispondere a tono quandoEmily ti lancia una frecciatina,
vero?” Ben arrossì, ma rimase in silenzio.
“E non c’è niente di peggio di far
vincere alla ragazza che ti piace un litigio, vero?”
Ben alzò repentinamente lo sguardo, diventando
più o meno color pulce.
“A me non piace Emily!”
la sua voce si avvicinava pericolosamente all’isterico.
“Guarda che non ci sarebbe nulla di male se ti
piacesse Emily! È carina!”
“Non mi piace, ti ho detto!”
“Ok…”
“È vero!”
“Va bene”
“Non dire va bene con quel tono!”
“Ok…”
“Smettila!”
Lily ridacchiò, divertita.
“Vedi Ben…” scese con un saltello dal
banco, circondando le spalle di lui con un braccio e assumendo un’aria
professionale. “Con le donne bisogna saperci fare…”
“Ti ho detto che Emily non
mi piace!” ribadì lui.
“Io mica ho detto che
bisogna saperci fare con Emily…”
Ben arrossì dal collo alla punta delle orecchie.
“Devi essere gentile…”
“Gentile?” Lily annuì. “E come si
fa ad essere gentile?!”
Lei sospirò pesantemente.
Aveva la netta sensazione che sarebbe
stato più arduo del previsto.
“Ora, Benjamin, ti
svelerò un segreto…”
“Non chiamarmi Benjamin!
Sai che lo odio!”
“Non sviare il discorso!” scattò lei,
guardandolo truce.
Ben si fece piccolo, piccolo.
“Vedi…” riprese lei con più
calma. “Non è poi così difficile far capitolare un ragazza…” Lily ignorò il commento poco
carino che Ben borbottò. “…basta un po’ di gentilezza,
qualche sorriso, e l’effimera certezza che non le spezzerai il cuore in
mille pezzi andandotene con una più formosa!”Ben non sembrava aver capito.
“Quindi…cosa dovrei fare?” azzardò lui, temendo che
Lily lo avrebbe picchiato di lì a poco.
“Per prima cosa…” disse
“…fila a scusarti con Emily”
“Quante volte ti ho detto che non mi piace?”
“Non è questione di piacerti o no, è questione di buona educazione!” abbaiò Lily
mettendosi le mani suoi fianchi.
Ben ingoiò il vuoto, inquietato.
“Non dico di regalarle un mazzo di fiori o recitarle
una poesia…anche perché non sarebbe umanamente fattibile
immaginarti in versione romantica…” riprese lei, facendo un respiro
profondo. “…ma almeno limitati a non insultarla
gratuitamente!”
“Io non insulto gratuitamente…”
borbottò lui piccato. Lily lo ignorò.
“Ora vai a scusarti!”
“Ok…”
“E non farla sembrare una costrizione!”
“Ma tu mi stai costringendo!”
Si girò verso di lei, ormai sulla porta, ma la
visione di Lily che gli lanciava un’occhiataccia brandendo un dei suoi
massicci volumi gli fece cambiare repentinamente idea.
“Ok. Vado.” squittì lui eclissandosi oltre la porticina della
stanza.
Lily sospirò, quando vide la porta richiudersi
dietro Ben.
Cheidiota…
*
Come on
closer
I wanna show you
What
I’d like to do
You sit
back now
Just
relax now
I’ll
take care of you
Jem – Come on closer
Ron aprì la porta di casa a
sera inoltrata, sospirando pesantemente.
Hermione non era tanto bizzarra da
diverso tempo ormai.
Appena rientrato dagli allenamenti si era ritrovato
praticamente di nuovo fuori dalla porta con David in
braccio, con l’ordine di portarlo alla Tana e tornare più in
fretta possibile, e neanche ora, di nuovo a casa, avanzando lentamente per le
stanze apparentemente deserte, riusciva a trovare una spiegazione plausibile.
Due piccole mani sfiorarono la sua schiena, decise.
Tutto fu immediatamente chiaro nella mente di lui.
Le labbra di Ron
s’incurvarono in un sorriso languido girandosi lentamente.
Hermione sorrise leggermente e lo
trascinò senza dire una parola in camera da letto, baciandolo con foga.
“E questo per cos’è?” chiese lui,
mentre lei gli sfilava il maglione con gesti esperti.
Lo baciò di nuovo facendo aderire il suo corpo a
quello di lui.
“Ci dev’essere per
forza un motivo per saltarti addosso?” soffiò lei, gettandolo sul
letto e mettendosi a cavalcioni su di lui.
“No…certo che no…ma di
solito…” fece una pausa, sospirando pesantemente per non cedere del
tutto a lei. “…se Hermione salta addosso
a Ron…un motivo c’è…”
lei ridacchiò contro l’incavo del suo collo.
“La mancanza di intimità da quasi
vent’anni?” azzardò lei, arrivando con una mano alla cintura
dei pantaloni.
“No…” corresse
lui. “…quello è quandoRon salta addosso a Hermione…”
lei rise.
La cintura di lui volò dall’altra parte della
stanza.
“Può darsi ci sia un motivo…”
ammise lei dopo un po’, guardandolo maliziosa.
“Hai di nuovo rigato il maggiolone?”
lei scosse la testa, nascondendo il suo viso ridente nel cuscino.
“Dorothy sta
bene…” mormorò lei, accarezzandogli leggermente il petto.
“Allora cosa?”
Hermione fece un mugolio scocciato
con la bocca, mettendo su il broncio che Ron adorava
tanto.
“Non puoi proprio aspettare domani? Domattina, quando
ti sveglierai…e sarai esausto perché non ti avrò fatto dormire
neanche un attimo…” entrambi sorrisero sornioni “Ti
dirò quello che succede”
I pantaloni di Ron raggiunsero
maglione e cintura.
“Ti trovo organizzata”
“Come sempre”
Ron annuì, meditabondo.
“Beh…non mi pare giusto mandare all’aria i
tuoi piani, non credi?” lei scosse la testa.
“Divento irascibile quando
qualcosa non va come dico io…”
“Lungi da me l’idea di far arrabbiare un’Hermione in sottana di seta” lei ridacchiò.
“Cosa dici quindi di iniziare?”
La sottana di Hermione volò
per terra.
Ron lo prese inevitabilmente per
un sì.
*
La biblioteca della scuola non è mai stato un luogo particolarmente frequentato.
Sembrava essere tornato in auge, mentre HermioneGranger era a Hogwarts, ma
presto Madama Pince si rese conto che i tempi d’oro della biblioteca
della scuola erano ormai passati da diversi decenni.
Quindi come può essere che un tipo come SophieWeasley, attraente Corvonero, nemica delle ragazze normali che oltre a
preoccuparsi dei brufoli dovevano anche avere a che
fare con lei, si trovasse chiusa in biblioteca di sabato pomeriggio?
Il motivo era facilmente visibile ad uno scaffale e tre tavoli
di distanza.
Jack Elliot non era mai stato un
tipo particolarmente loquace.
Era sicuramente un Serpeverde
affascinante, dai lineamenti raffinati e l’immancabile espressione da
infame bastardo stampata sul viso incorniciato dai capelli color sabbia.
Un motivo più che valido, quindi, per far diventare
un odioso imbecille borioso, la star del momento.
Senza contare, ovviamente, l’enorme eredità a
fare da sfondo al tutto.
Irresistibile, direbbe qualcuno.
Insopportabile direbbero altri.
In ogni caso…Sophie lo
trovava la creatura divina per eccellenza.
Nessuno seppe mai se il portafogli di quella creatura tanto
divina contasse, nel metro di giudizio di Sophie.
In ogni caso la sua perseveranza era degna di nota.
Pochi avrebbero resistito a quattro ore di appostamento in
biblioteca.
Sarebbe stata ammirabile (o patetica, dipende dai punti di
vista), se solo non stesse pianificando di tradire l’epitome della
gentilezza personificata in Will, con una ricchissima
creatura divina boriosa.
Quello era senz’altro patetico sotto qualsiasi punto
di vista.
Tranne, ovviamente, quello di Sophie.
Sbuffò sonoramente guardando per l’ennesima
volta il cucù attaccato sopra il bancone di Madama Pince.
Lei non riusciva a concepire come si potesse
umanamente resistere a tante ore rinchiusi in un posto tanto polveroso e
maleodorante.
Persa nelle sue elucubrazioni mentali, non si accorse che
qualcuno si era avvicinato al suo tavolo, e ora la guardava, annoiato in attesa di essere notato.
“Scusa?” Sophie trasalì
e alzò immediatamente lo sguardo: Jack Elliot
in tutto il suo metro e ottanta era impalato di fronte
a lei, in attesa.
Si trattenne a stento dal girarsi per controllare se stesse
realmente parlando con lei.
Sophie si diede mentalmente della
stupida.
Di sabato pomeriggio, in una bella giornata autunnale,
persino Madama Pince era uscita per prendersi una boccata d’aria.
Era ovvio che stesse parlando con lei.
Non c’era nessuno nell’arco di almeno cento
metri.
Sophie si riprese dal suo breve
momento di shock.
Scattò in piedi e sorrise invitante, ravvivando con
un gesto elegante i suoi capelli, talmente biondi da sembrare quasi
bianchi.
“Posso fare qualcosa per te?” chiese,
ammiccando.
Jack non fece una piega.
“Mi chiedevo se avessi finito con quel libro”
chiese con voce atona, additando al volume che giaceva sul tavolo di Sophie.
Lei glielo porse, velocissima, sfoderando uno dei suoi
migliori sorrisi.
“Posso fare qualcos’altro?!”
Jack la guardò.
“No”
Sophie aprì e richiuse la
bocca più volte.
Arrossì lentamente, ma inesorabilmente.
“Ci vediamo Sasha”
“Sophie!”
squittì lei, isterica.
Lui mosse una mano in aria, tornando al suo tavolo.
Sophie non vide mai che girato di
spalle, Jack Elliot ridacchiava divertito.
All’entrata della biblioteca, qualcuno guardava
interessato la scena, concentrandosi su Sophie, che
guardava sognante Jack.
Will strinse i pugni fino a far
diventare le nocche bianche.
Di essere preso in giro era davvero stufo.
*
I always
thought you were the best
I guess I always will
I always felt that we were blessed
And I feel that way still
Sometimes we took the hard road
But we always saw it through
If I had only one friend left
I'd want it to be you
DanSeal – One friend
Emily fece un respiro profondo,
godendosi l’aria autunnale che lambiva, lenta, la superficie increspata
del Lago Nero.
Le foglie della grande quercia
cadevano di tanto in tanto, circondandola di un manto naturale dai colori caldi
e ospitali.
Abbassò lo sguardo continuando a sistemare i suoi
orecchini come stava facendo da un’ora a questa parte.
Rimirò per un attimo quelli a forma di ravanello.
Senz’altro i suoi preferiti.
Non poté impedirsi di ridacchiare
quando le tornò alla mente l’espressione di Ben dopo averli
visti.
Li osservò ancora qualche secondo, un sorriso
nostalgico s’increspò sulle sue labbra.
Il suo sorriso si spense repentinamente
quando la sua mente focalizzò la scena di lei e Ben che
litigavano.
Sbuffò, innervosita.
Di certo non si può andare avanti così.
E non poteva neanche dire che la colpa era tutta di Ben,
perché doveva ammettere di essere davvero odiosa
quando ci si metteva d’impegno.
Mentalmente si ripromise di non confidare mai a nessuno
questa sua idea.
Passi leggeri ed affrettati la distrassero dai suoi
pensieri.
Si girò: Ben era di fronte a lei, rosso, sudato e
visibilmente in crisi.
“Hey” mormorò
semplicemente lei, non riuscendo a guardarlo in faccia. “Volevi
qualcosa?”
Ben la guardò per un attimo, mentre lei, con la
testa china, continuava ad armeggiare con i suoi orecchini.
“Effettivamente…sì”
Arrossì, schiarendosi la voce nervosamente.
“Senti…mi…mi dispiace…per
averti…beh…offesa” soffiò lui con la testa bassa di
vergogna e le orecchie adorabilmente arrossate.
Emily si girò
repentinamente verso di lui.
“Parli con me?!”
chiese, basita.
Ben la guardò male.
“Con chi starei parlando secondo te?! Con la piovra gigante?!”
Emily borbottò qualcosa
piccata, tornando a guardare gli orecchini.
Dopo due minuti buoni di silenzio, Ben si mosse sui piedi,
innervosito.
“Beh? Non dici nulla?” chiese lui, confuso.
Emily si girò verso di
lui, lo sguardo annoiato e i capelli più scompigliati del normale.
“Cosa dovrei dirti?”
Ben sbatté più volte le palpebre.
“Mi sono appena scusato!” disse lui, calcando
sull’ovvietà della situazione.
“E allora?” chiese lei, senza capire.
Ben dovette trattenersi con tutte le sue forze per evitare
di strozzarla.
“Mi sono appena scusato con te!”
ribadì. “Non è mai successo prima!”
“Vuoi un premio?!”
chiese lei sarcastica.
Benstrinse i pugni talmente forte da far diventare le nocche
bianche.
Di certo non si aspettava che lei gli sarebbe saltata
felice al collo, ma un ringraziamento sentito era d’obbligo.
“Beh…sì!” abbaiò
lui rosso di rabbia. Emily si levò in piedi,
lo sguardo truce e il broncio sul viso.
“Ecco! Vedi? Fai tutto per scopi personali!
Scommetto persino che qualcuno ti ha costretto a venire a scusarti!”
“Non dire sciocchezze!” mentì lui, con
vocina isterica, sempre più rosso.
“Avanti, dillo! Chi ti ha detto di venire?! Tua sorella!?James?”
Ben, al contrario di tutte le aspettative…rise.
Una risata, nervosa, arrabbiata e delusa.
Si ficcò le unghie nei palmi, e provò
inaspettatamente sollievo.
La rabbia ribolliva nel sangue, la testa gli doleva e
sarebbe stato tentato di prendere a pugni la quercia pur di scaricare la mania
omicida che lo stava sopraffacendo.
Emily lo guardò,
shockata.
“Cosa ridi ora!?” squittì innervosita.
La cosa che più odiava al mondo era essere presa in
giro e Ben sapeva più di chiunque altro di questa sua debolezza.
“Mi sembrava strano che non avessi ancora nominato
il meraviglioso James!” ringhiò lui,
improvvisamente serio.
Emily vacillò.
“Co-cosa c’entra
ora?” Ben alzò le spalle, vago.
“Non saprei…tu l’hai nominato,
non io!”
“Ben non essere geloso!”
“Io.Non.Sono.Geloso!”
abbaiò lui, facendola tremare. “Tutti credete
che io sia geloso di James! Ma a me non importa
niente di essere come James!
Perché…vedi…il beneamato Jamie non
è poi così perfetto come credi sai?” disse lui, furioso,
avanzando verso di lei.
Emily cominciò a
indietreggiare.
“Ben, adesso calmati…”
“CALMARMI?! CHE C’È EM?
TI FACCIO PAURA PER CASO?”
“SÌ!” urlò lei quasi in lacrime.
Ben sembrò tornare in sé.
La guardò per un attimo, accorgendosi solo in quel
momento dell’espressione terrorizzata che lei aveva in volto.
“Em…”
soffiò lui, mortificato.
“Cosa Ben? Ora dirai di nuovo che ti dispiace?!” urlò lei quasi in lacrime.
“Io…”
“E ti sorprendi anche che io preferiscaJamesa te? Perché è questo il
punto, no? Il fatto che tu sia l’eterno secondo in tutto!”
“Io ero venuto per scusarmi con te! Hai una vaga
idea di quanto mi ci sia voluto? Io mi sono scusato
esattamente come avrebbe fatto il tuo adorato James!
Eppure, sai una cosa? Ho la netta sensazione che le sue scuse le avresti accettate!”
“Le avrei accettate perché
sarebbero state fatte con il cuore!”
“E LE MIE NO?! CHE PERSONA CREDI CHE SIA, EMILY?!” lei
rimase in silenzio, guardandolo fisso.
Ben sorrise amaro.
“Ora si capiscono molte cose, Em…”
Lei lo guardò senza capire, mentre Ben si
cominciava ad allontanare.
“Dove stai andando ora?!”
chiese lei, quasi urlando.
“Da qualcuno che mi consideri un amico” disse
semplicemente lui, non preoccupandosi neanche di fermarsi.
Continuò a camminare, veloce e deciso a non
guardare indietro verso di lei.
Stavolta aveva ragione lui, punto.
Odiava il fatto di essere secondo in qualsiasi occasione e
odiava ancora di più se stesso per non riuscire a capire in cosa sbagliasse.
Alzò senza un apparente motivo lo sguardo,
studiando il paesaggio circostante farsi sempre più scuro alla luce
della luna appena sorta.
I suoi occhi incontrarono le figure sfocate di James e Ian, che parlava
concitatamente con l’action figure di un Ungano
Spinato decisamente più action del normale.
Lo sguardo di lui di fece
più scuro.
“Benny! Dove sei stato si
può sapere?” chiese ironico James,
appena furono abbastanza vicini.
Ben non proferì parola.
Si limitò a sorpassarli ben attento a non sfiorarli
nemmeno per sbaglio.
“Hey, che ti prende?!” provò di nuovo lui. Nessuna traccia di
sarcasmo nella sua voce.
Lo prese per un braccio nel tentativo inutile di farlo
girare.
“Lasciami” mormorò lui duro, gli occhi
scuriti dalla rabbia.
James sembrò non credere
alle proprie orecchie.
Rivolse un breve sguardo incredulo al fratello minore, che
sembrava altrettanto colpito.
“Stai bene? Sei…verdino” disse
preoccupato Ian. Ben scosse la testa, calmandosi
leggermente.
Lui in fondo non c’entrava nulla.
“Non è niente” borbottò
semplicemente il ragazzo, tentando l’imitazione di un sorriso.
“Sicuro? Vuoi che ti accompagni dalla Chips?” chiese James,
facendo qualche passo avanti verso di lui. Ben si ritirò come scottato.
“Lasciami in pace, ho detto!” sbottò
lui, furente.
James non fece in tempo a dire
più nulla che Ben era già scomparso dietro un angolo.
Rimase semplicemente lì, immobile, chiedendosi cosa
mai avesse potuto fare di tanto grave da far arrabbiare Ben per la prima volta da quando si conoscevano.
Ian di appropinquò
lentamente verso il fratello.
“Hey…”
mormorò. “Ma che gl’è preso?!
Non gli avrai ancora nascosto la scopa, vero?” James
scosse la testa, guardando preoccupato il punto dove era appena scomparso Ben.
“No…io non ho fatto niente” Ian lo guardò poco convinto.
“Io non direi...non è che fai il marpione con
la sua ragazza?!” James
lanciò un’occhiataccia al fratello, che lo guardava sospettoso.
“Io non faccio il marpione con nessuno! E poi
Ben non ha la ragazza” borbottò lui, arrossendo violentemente.
“Ma come?! E la biondina
con gli occhi tondi?”
“Chi?! Emily?” Ian annuì distrattamente, riprendendo a studiare la sua action figure.
“Lei non è la sua ragazza, è
solo…” si bloccò all’improvviso, vedendo Emily che gli veniva incontro sorridente e adorabilmente
arrossita.
“…un gran bel casino” completò Ian, guardando la ragazza avvicinarsi.
“Già…” sospirò lui, mentre
la realtà della situazione lo colpiva come una scarica di pugni allo
stomaco.
“Ciao James!”
mormorò Emily passando, tutta rossa in faccia.
“Ciao!” rispose Ian
agitando la mano amichevole.
James lo guardò male,
mentre si faceva piccolo piccolo
accanto a lui.
“Cretino!”
*
Neville sbuffò con aria grave, poggiando sul tavolo
la lettera che Emily aveva spedito poco tempo prima.
“Allora?” chiese Luna seduta di fronte a lui,
estremamente concentrata nella realizzazione di una nuova collana di tappi.
Neville si strinse nelle spalle, vago.
“Non ho capito una sola parola di quello che ha
scritto”
Lei annuì vaga.
“Ha sempre avuto una calligrafia
pessima…”
Neville la guardò, con una
sopracciglio inevitabilmente inarcato.
“Non è per via della grafia! È che ha sproloquiato per
quattro pagine a proposito di solo Merlino sa cosa!”
Luna sospirò, alzando lo sguardo su di lui.
Quella settimana aveva cambiato tipo di tappi con cui
realizzare le sue collane e la situazione era più ardua del previsto
anche senza che Neville iniziasse con le sue teorie paranoiche.
Urgeva un rimedio veloce.
“Non innervosirti Nev…lo sai che ti sale la
pressione”
La calma disarmante di Luna lo fece innervosire
ancora di più.
“Non mi sale la pressione! È che Em è…illeggibile!”
“Paciockino mio, sono
certa che sei tu che non capisci” Neville le lanciò
un’occhiataccia.
Quel nomignolo era davvero un colpo basso.
Luna sapevaquanto Neville
non resistesse a nulla quando veniva chiamato così.
“Sei malvagia…” borbottò
lui, incrociando le braccia al petto, tutto rosso in faccia.
Luna gli rivolse a mala pena una
sguardo, ridacchiando tra sé e sé.
Distolse per un attimo la sua attenzione dai tappi,
concentrandola sulla lettera.
La prese, la lesse velocemente e poi la
riposò, riprendendo a fare collane anche più
tranquilla di prima.
Neville, nel mentre, attendeva delucidazioni.
Quando Luna, arrivò a metà collana
senza più proferire parola, lui ebbe la netta sensazione che il suo
bisogno di traduzione, non era poi così ovvio come credeva.
Si schiarì la voce, rumorosamente.
Una volta.
Due.
Tre volte.
“Hai la tosse Paciockino?”
Neville non si degnò neanche di fulminarla con lo
sguardo.
Si limitò a diventare di un dignitoso color
mattone.
Passarono altri minuti.
La prima collana fu messa da parte per far posto ad una
nuova, questa volta fatta di tappi rosa confetto di chissà quale bibita
che solo Luna era in grado di bere.
“Luna , ti dispiacerebbe
dirmi cosa succede?!” sbottò lui, alzandosi in piedi.
Lei alzò la testa verso di lui, guardandolo
interrogativa, con occhi più tondi del normale.
“Emily!”
Il sonoro ‘aaaah’ di
Luna fece capire a Neville che forse una risposta era in arrivo.
“Sbraita perché non riesce a capire i maschi,
tutto qui”
Lui sembrò non capire.
“Cosa c’è da capire?!”
“Ben si arrabbia e non capisce il motivo, James è gentile e non capisce perché, lei
arrossisce e odia arrossire e la situazione le sta
sfuggendo di mano per il semplice fatto che ha quindici anni e non riesce a
capire perché fino a ieri tutto era normale e oggi quel normale è
cambiato all’improvviso”.
“Perché, che è successo ieri?!”
“Era un ‘ieri’
figurato Paciockino” Neville annuì
soprappensiero.
Ora guardava l’infinito come se gli si fosse stato aperto tutto un mondo nuovo davanti agli occhi.
Un pensiero improvviso lo fece riscuotere.
“E dove stanno scritte tutte queste cose?!”
Luna indicò la lettera con un cenno della testa
annoiato.
Neville la rilesse per l’ennesima volta.
“Ma io non leggo nulla di quello che hai
detto!”
“Non dire sciocchezze!”
“Io non dico sciocchezze!”
“Parla di Ben?”
Neville lanciò una rapida occhiata hai fogli.
“Beh…sì”
“Di James?”
“Anche”
“Sembra arrabbiata?”
“Beh…lancia imprecazioni, quindi sembrerebbe
di sì”
“Si lamenta dei bei tempi andati
dell’asilo?”
Neville controllò minuziosamente.
“Nel Post scriptum”
“Vedi!
Cosa ti dicevo? Sei tu che non sai leggere tra le righe!”
Neville
sospirò, sconfitto.
Rivolse uno
sguardo sognante al frigorifero.
Senz’altro
un sandwich gli avrebbe tirato su il morale.
*affaccising
da angolino, con tre bodyguard intorno*
Come state
tesorini adorati? Spero tanto di buon’umore! - così non mi
picchiate per lo spaventoso, orripilante, terrificante, abnorme, inumano,
schifoso ritardo! ^^;;;;;;!!! – Tesori miei, SCUSATEEEEEE TAAAAANTO!!!!A mia difesa dico che non è stata
- del tutto –
colpa mia perchè mi si è rotto il Compy!
In ogni caso se non mi credete ho portato
questi pargoli qui *additing ai bodyguards Aldo, Gigi e Martino * nel caso
decideste di infliggermi punizioni corporali XDXDXD!
Mi sono
già autoflaggellata da sola, vi prego,
pietà...ç.ç!!
In compenso,
non so se avete notato, ma il chappy è più luuungo dei
precedenti, e in più...*rullo di tamburi* *pubblico in delirio* *gente
che suda ovunque*
LE
FOTINEEEEEEEE!!!! Ve le avevo promesse ed eccole qui, pronte per voi!
^_________________^!
Intanto
ringrazio infinitissimamente evanescense88,
daniel14, Nonny Giuly Weasley, Evan88, light lily, Merylin, Silvia91, Elly,
Padfoot (me ha visto che ci sono taaaante nuove cosucce nel vostro account!
**! Non vedo l’ora di leggere ^0^!),
valeria18, SiJay, Saty, Pinkstone e l’immancabile zio Tobia XD
(amorina era assolutamente previsto che cambiassero! *facing sisi* in fondo
sono diventati adulti no? É normale cambiare un pò, anche se temo
che l’idiozia di base rimanga sempre quella ._______.), MaryPotter92,Vichan, redRon, Ginny_Potter,
mem, sery black, Hermionina, Chloe88, Redrum, ale, Zia funkia, Lupetta e
per ultimo\a, ma non meno importante ...
!!!! Grazie mille per aver avuto pazienza, avermi incitato sempre a contuare ed
essere sempre genitli con me nonostante faccia sempre un ritardo da far cchifu!
E
ora...FOTO! *________________________________________*
Sylvie si sedette sul letto di lui, l’ennesima lacrima le scendeva
rapida lungo la guancia
Learning To Breathe
-
SUO Second Ground –
6.
Some days I wake up dreaming
Feels like I've never even woke
I answer life's big questions
As if it's one big joke
Jeremy Kay – Have it all
La mattina era ancora giovane quando
Ron aprì gli occhi spostandosi dall’innaturale posizione in cui
dormiva.
Si stiracchiò leggermente le membra doloranti, con un
pigro sorriso contento stampato sul viso.
Hermione era decisamente la donna
perfetta.
Si rotolò tra le lenzuola color pastello abbracciando
affettuoso il cuscino di lei.
Sapeva di buono.
Sorrise di nuovo scendendo dal letto con uno scatto atletico
e mettendosi qualcosa addosso. Ignorando i muscoli
indolenziti di diresse saltellando verso la cucina,
canticchiando una canzone vecchia chissà quanto che cantava solo quando
era particolarmente di buon umore.
“Hermione?” chiamò facendo capolino nel
salotto deserto.
“Qui!” urlò una voce squillante dal
piccolo cortiletto adiacente alla cucina.
Ron la trovò appoggiata allo stipite della piccola
porticina gialla sul retro, godendosi l’aria d’autunno.
Le circondò a vita con le braccia e poggiò il
mento nell’incavo del suo collo.
Hermione sorrise, serena.
“È arrivato il momento di dirti
il motivo di quello che è successo ieri sera” mormorò,
mentre lui le baciava la guancia.
“Vai! Sono pronto a tutto!”
Hermione sospirò, sperando fosse davvero così.
“Sono incinta. Per davvero, ho anche controllato
stavolta!”
Hermione percepì un piccolo miagolio indistinto
uscire dalle labbra di Ron.
Si slacciò dal dolcemente dal suo abbraccio,
girandosi per guardarlo negli occhi.
“Qualcosa non va?”
“Un altro!” disse solo, e Hermione non
riuscì a capire dal suo tono se era una buona notizia o no.
“È...è qualcosa di buono no?”
chiese, titubante.
Ron sembrò svegliarsi dal torpore e un lampo gli
illuminò lo sguardo.
“CERTO CHE LO È!”
Hermione sorrise, sollevata.
Ron emise un altro miagolio (stavolta più entusiasta)
e l’abbracciò talmente forte da sollevarla da terra senza neanche
accorgersene.
“Hermione! Un altro Weasley morbidoso!”
“Sì!” rise lei,
contenta.
“Mandiamo un gufo ai ragazzi! Chiamiamo mamma e
papà! Vestiamoci! Io corro da Harry e Ginny e tu lo dici a Luna e Nev
alla locanda! Forza sbrighiamoci!”
squittì, rosso d’entusiasmo.
Hermione lo bloccò un attimo, in dubbio.
“Vuoi dirlo a tutti proprio ora?” chiese, con
uno sguardo che rifletteva con ovvietà il fatto che lei non era
d’accordo.
“Non vuoi dirlo? Ma...ma fra
un po’ cominceranno ad avere sospetti non ti pare?”
“Certo che voglio dirlo, Ron! Solo, non ora! E non a tutte le persone che conosciamo!”
“Io non voglio dirlo proprio a
tutti, ora!” convenne lui. “A Dean,
Seamus, Calì, i
membri dell’Ordine, Fleur, i miei fratelli, Gabrielle e a Vicky manderei un gufo o qualcosa del genere!”
Hermione lo fulminò.
“Lo diremo a tutti a Natale” disse,
con una voce tale da non ammettere repliche.
Ron spalancò gli occhi.
“Ma Natale è fra poco
meno di un mese! E poi non ce la faccio a mantenere la
bocca chiusa per tutto questo tempo!”
Hermione sembrò pensare per qualche secondo.
Che Ron se lo sarebbe fatto scappare con qualcuno, di
proposito o no era un dato di fatto.
“Beh...possiamo dirlo a Harry e Ginny! E...e a David! Vive con noi, lo capirebbe”
Ron annuì tutto contento.
Rimasero qualche istante in
silenzio.
Poi Ron parlò facendo trasalire Hermione.
“E stavolta non
discuto!” esordì, guadagnandosi la prima occhiataccia di lei.
“Lo chiameremo Romuald!“
“RON!”
“Che c’è?!
È un nome bellissimo!”
“Non chiamerai mio figlio in quel modo!”
Il tono di Hermione suonava come un
minaccia che Ron colse al volo.
“È un nome bellissimo” borbottò.
Hermione sospirò.
Poi sorrise, guardandolo borbottare di sottecchi.
Un’altra nottata e quel nome se lo
sarebbe dimenticato.
*
L’aria del mattino era ancora fredda
quando Jolie entrò nell’aula di astronomia.
Un sorriso le illuminò il volto notando un groviglio
di capelli rossissimi che si muoveva accarezzato dalla brezza di fine autunno.
“Ti ho cercata dappertutto”
mormorò facendo qualche passo avanti.
Ellie non si girò neanche per vedere chi stesse parlando.
“Non sei neanche tornata in dormitorio stanotte...”
Jolie esitò qualche istante prima
di affiancarla. Appoggiò le braccia sulla balaustra rivolgendo lo
sguardo verso l’altra.
Sembrava…assente.
Gli occhi tristi erano rivolti verso un punto imprecisato
della Foresta Proibita, il respiro appena accennato, le mani gelate dal vento.
“Dovremmo rientrare…” propose Jolie,
mettendole le mani sulle spalle immobili.
Ellie si scostò lievemente, quanto bastava per
liberarsi dalla debole presa dell’altra.
“Tu rientra” soffiò solo, con la voce
impastata di pianto.
Jolie la guardò dispiaciuta.
“Andy mi ha detto
tutto” disse, controllando le reazioni
dell’altra. “…e…beh, lo sai
che non pensava tutte quelle cose” mormorò, cercando di sorridere.
Solo allora Ellie si girò verso di lei, uno sguardo
duro e triste allo stesso tempo.
“E tu ovviamente gli credi! Che novità!” rise, furiosa.
Jolie la guardò, senza capire.
“Io non…”
“Oh, ora non farai la finta tonta,
vero?” disse, alzando notevolmente il tono di voce. “Mi ha infamato,
ha detto cose orrende, quando io sono
sempre stata l’unica a stargli vicino!”
“Non essere ingiusta ora…” mormorò Jo, incrociando le braccia al petto.
“Io non sono
ingiusta! Sono realista, che è di gran lunga
differente”
“Sai bene quanto me che Andy
ti vuole bene!”
“E tu non riesci a
sopportarlo, vero?”
Jolie sbuffò per trattenere una risata nervosa.
“Cosa c’entra ora, con quello che è
successo?!”
Ellie la guardò, stringendo i pugni dalla rabbia.
“C’entra eccome! Scommetto tu abbia
fatto salti di gioia quando hai saputo del nostro litigio! Quale
occasione migliore per metterti in luce, no?”
Jolie sgranò gli occhi dalla sorpresa.
“Non sarai seria, vero!? Ti
rendi conto di quello che dici?!”
“Me ne rendo contro eccome!”
“El, io ero venuta qui
perché ero preoccupata!...”
“Potevi risparmiarti la fatica!”
“Tu…tu non sai quello che stai
dicendo…” mormorò Jolie, gli occhi pieni di lacrime e le
guance arrossate dal freddo.
“Ti ripeto che so esattamente quello che dico! Sei solo patetica! Scommetto perfino che tu sia mia amica solo per stare vicino a Andrew!”
“IO ERO VENUTA QUI PER
CONSOLARTI!” urlò, mentre la prima lacrima scendeva pesante lungo
il suo viso. Se l’asciugò veloce con la mano,
mentre un singulto la fece tremare quasi completamente.
“DIMMI COSA TI DA IL DIRITTO DI PARLARMI COSì! TU NON PUOI!
IL MONDO NON è AI TUOI PIEDI E IO SONO STANCA DELTUO
EGOCENTRISMO!” respirò a fondo, mentre un
altro singhiozzo le riempiva il petto.
Ellie, di fronte a lei, la guardava in silenzio.
“Tu non sei l’unica a capire le cose, non sei
l’unica ad avere problemi, non sei l’unica a trovare la vita
difficile e non sei l’unica a tenere aAndy nel modo che intendi tu” disse poco dopo, con
voce meno tremante possibile. “...magari ai ragione…sono
patetica! Contenta ora? Hai ragione tu!...ma non ti permetto di parlarmi così.”
La guardò negli occhi, prima di avviarsi verso la
porta. “Io ti voglio bene El.” Mormorò, frazionandosi le
braccia con le mani. “Ma temo dovrai scendere a compromessi,
perché se continui con questo atteggiamento
presto non avrai più nessuno attorno da comandare”.
Jolie chiuse la porta, alle sue spalle, lasciando Ellie di nuovo sola.
Un singhiozzò sordo
uscì dalle labbra di lei, subito bloccato da una mano tremante.
Si appoggiò e scivolò
lentamente contro il muro, desiderando intensamente di essere inghiottita.
Si massaggiò leggermente il polso dolorante, tirando su con il naso.
Il vento
soffiò più forte, scompigliandole violentemente i capelli.
Ellie respirò a fondo l’aria gelata.
Quello – ne era sicura
– sarebbe stato vento di cambiamenti.
*
Quando tuo fratello è
innamorato della tua migliore amica, non è mai una cosa buona.
Per prima cosa, l’esaurimento nervoso della malcapitata
cresce fino a sfiorare limiti dell’umana sopportazione inimmaginabili.
Lui è irritante perché diventa zuccheroso e
stramaledettamente sentimentale.
Lei è tranquilla e pacata,
ignara dell’intera situazione.
L’altra è sull’orlo della crisi di nervi
perché non sa come comportarsi.
Decisamente una brutta situazione.
Lily Potter si massaggiò nervosamente la tempia, al
culmine dell’ennesimo racconto di Helen Paciock
sulla leggendaria collana di sua madre, ereditata giusto l’estate scorsa.
“…E così me la
diede. Ero così contenta quando avevo quella
collana tra le mani” disse Helen con voce piatta e un sorriso sereno sul
volto.
Lily non poté impedirsi di sorridere.
Rivolse uno sguardo distratto alla finestra e
incrociò lo sguardo di James, intento a spiarle abbarbicato alla sua
scopa.
Lily emise un urletto
disarticolato.
Helen salutò James con la mano, con
tranquillità inaudita.
James per poco non cadde.
“Ma da quand’è che è lì?!” squittì Lily portandosi una mano al petto e
lanciando un’occhiataccia al fratello, che giudicò saggio
cominciare a svolazzare un pochino più lontano.
“Almeno da metà racconto” disse Helen,
con voce meditabonda.
Lily la guardò.
“E non hai detto niente?!Merlino quell’idiota sembrava
un maniaco!”
“Sarà stato interessato anche lui alla storia
della collana” mormorò lei, sicura.
Lily fece cadere il discorso,
psicologicamente esausta per ribattere.
L’ennesimo passaggio di James e una nuova occhiataccia
ricordarono a Lily che non poteva
lasciar cadere il discorso.
Lei era lì per un motivo preciso,
non bisognava scordarlo.
Mettere in buona luce il suo fratello
idiota di fronte agli enormi occhi all’infuori della sua più cara
amica.
James sapeva essere convincente quando
voleva.
E se voleva davvero era anche
pedante, isterico, ossessivo e inverosimilmente appiccicoso.
Tutte cose che – state certi
– lo aiutavano a raggiungere la sua meta.
Lily sospirò, girandosi con un sorriso stanco verso Helen,
assolutamente concentrata nella creazione di una nuova collana a immagine e somiglianza di quella di Luna.
“Hel…ehm…che ne
pensi di James?” chiese, quasi avendo paura della reazione
dell’altra.
Helen la guardò con i suoi enormi occhi chiari,
più dilatati del normale, mentre un rossore appena accennato le colorava
le guance.
“È buffo” disse semplicemente, tornando a
concentrarsi sulle collane.
Lily annuì meditabonda.
Buffo era un buon
modo di iniziare se si parlava con Helen Paciock.
“Oh, mio fratello è molto buffo!” disse, enfatizzando le parole in maniera
esagerata.
Rivolgendo uno sguardo distratto a James che svolazzava
ancora fuori dalla finestra, Lily non sentì di
stare mentendo.
Più che altro le sembrava che
‘buffo’ fosse un complimento confrontato al suo gemello scemo.
Sospirò, di nuovo.
Si girò verso Helen, decisa a continuare quello che
aveva iniziato.
Via il dente via il
dolore…poi se la vedono loro!
“…Sai…oltre che
buffo, la maggior parte delle volte è anche molto simpatico! Sono certa
che ti trovi favolosa!”
Helen rivolse un’occhiata a
James fuori dalla finestra.
Il sorriso di
lui si allargò da un orecchio all’altro.
“James è buffo”
ripeté. “…credo gli farò una collana”
Lily squittì, mettendosi le
mani sulla bocca.
Helen non faceva mai collane se
non come segno d’affetto profondo.
“Davvero!?”
urlò quasi, spalancando gli occhi.
Helen annuì, arrossendo in
maniera leggera.
“Allora…”
mormorò “Meglio tappi di burrobirra o di idromele?”
Lily fissò i tappi praticamente uguali con espressione basita.
Forse…forse non sarebbe
stato così difficile come credeva.
Rex si passò una mano sugli occhi, massaggiandoseli
in maniera stanca.
Ogni cosa stava diventando davvero troppo per lui.
Era una vita che combatteva contro qualsiasi cosa.
Combatteva, perché era giusto che lo facesse e
perché il ghiaccio benché impossibile da modellare a proprio
piacimento, poteva essere quanto di più facile da annientare.
Però lui lo manteneva
solido.
Compatto.
Imperturbabile.
Perché ne andava della sua
vita.
Solo entrando a contatto con il fuoco, il ghiaccio si
scioglie irrimediabilmente.
Lui per anni si era guardato bene dall’avvicinarsi al
fuoco, per anni era sopravvissuto con la convinzione di non aver neanche lontanamente
bisogno di quello che lentamente lo avrebbe ucciso se solo ci si fosse
avvicinato.
Le emozioni uccidono.
Rendono deboli.
Lui lo sapeva e si proteggeva da quel fuoco che così
apertamente minava a distruggerlo.
Non si sarebbe piegato a cose tanto futili e stupidamente
controllabili.
Eppure nonostante anni e anni di pratica, qualcosa di inaspettato, un fuoco improvviso, stava attentando al suo
cuore ghiacciato.
Rex si morse il labbro inferiore, incattivito da quella
sensazione incontrollata che gli faceva dolere il petto.
Dio, quanto la odiava.
E la odiava perché era tutta
colpa sua.
Lo aveva completamente soggiogato e mai lui avrebbe permesso
una cosa del genere se solo se ne fosse reso conto in
tempo.
Odiava lei e odiava ancora di più se stesso per la
leggerezza con cui aveva preso l’accenno di desiderio che lo aveva
vagamente riscaldato quando gli si era insinuato nel
petto.
Desiderio di lei.
Rex inspirò profondamente, appoggiando la testa
contro lo schienale della poltrona della Sala Comune.
Un mano sconosciuta gli
accarezzò appena le spalle, un lieve ticchettio risuonò nella
stanza silenziosa e deserta.
Rex aprì gli occhi cerulei pur sapendo a chi appartenessero quei passi.
“È stata una giornata dura” il tono di
voce di Morgan non era interrogativo.
I suoi occhi mostravano sicurezza e neanche una traccia di
dolore al ricordo del loro ultimo incontro.
Incredibile
quanto l’amore possa provocare.
Morgan aveva sentimenti, emozioni, paure, e di certo non
aveva dimenticato quello che Rex le aveva detto nella
sua camera qualche tempo prima.
Eppure era lì.
Di nuovo.
Con lui, in attesa di un qualche
segno d’amore, che lei sapeva, non sarebbe mai arrivato.
Rex però aveva ragione.
Il suo cinismo e la sua protezione dai sentimenti erano in qualche modo utili.
Lei era una Serpe.
E se lei non poteva averlo, avrebbe
tratto la sua voglia d’amore dalle debolezze dell’altro.
Il suo vantaggio era quello di conoscere a fondo Rex,
più di quanto lui stesso si sarebbe mai aspettato.
Era solo questione di trarre da parte l’orgoglio,
rinchiuderlo in un cantuccio quanto più nascosto possibile e continuare
a fingere.
Perché in fondo questo si fa sempre.
Nella vita si finge.
“Dovresti rilassarti” un tono stucchevole,
zuccheroso, minimamente ostile e accondiscendente.
Morgan iniziò a massaggiargli le spalle in maniera
delicata e appena accennata.
Era uso reciproco, in fondo.
Rex non si sentiva in colpa nel trattare male Morgan
semplicemente per il fatto che lei, tornando da lui ogni volta, era come se
chiedesse di farlo.
Lui era fatto così, e se veniva
accettato per quello che era, bisognava tenere in conto ogni cosa.
Morgan non si sentiva in colpa nel trarre popolarità
da lui.
Era infamata, usata e violata da lui in qualsiasi momento e
in qualsiasi accezione questi termini potevano essere
usati.
Si meritava quello per cui
soffriva.
Lui sospirò compiaciuto, quando lei lo fece stendere.
Morgan lo baciò appena sulle labbra, passandogli le
mani sul petto lentamente e in maniera costante.
“Sai piccina, potrei abituarmi a queste smancerie...”mormorò, mentre le
labbra di lei indugiavano sul collo di Rex.
Improvvisamente un’immagine diversa si fece largo
nella mente di lui.
Un’immagine inizialmente sfocata, indistinta,
ma provocante ed inaspettatamente esaltante.
Mise prepotentemente le mani sui fianchi di Morgan,
sollevandola e portandola su di lui.
Lei lo baciò con maggiore intensità e questa
volta l’immagine nella mente di lui si fece
più chiara e dolorosa.
Eleanor Weasley.
Rex spalancò immediatamente gli occhi, spingendo via Morgan violentemente.
“Che ti prende?!” disse
lei reggendosi al bracciolo.
Lo vide respirare affannosamente, passarsi una mano sulla
fronte imperlata di sudore.
Guardò per un attimo il vuoto, più che disgustato
dai suoi istinti selvaggi e incontrollabili; poi rivolse il suo sguardo
ghiacciato a Morgan, che ancora lo fissava intimidita.
Si avvicinò a lei con uno scatto, baciandola con
irruenza.
Doveva cancellarla dalla sua testa.
Lei lo avrebbe ucciso.
Doveva precederla oppure soccombere.
Accarezzò fugace le guance di lei,
scendendo lungo il collo fino ad arrivare alla cravatta, diligentemente legata
sulla camicia ancora del tutto allacciata.
Si liberò velocemente della cravatta, concentrandosi
sui bottoncini della camicia candida.
Quando fu completamente aperta e la sua attenzione venne catturata dalle bretelline
ricamate del reggiseno, di nuovo l’immagine di Eleanor
comparve veemente nella sua testa.
Piccola e calda tra le sue mani callose e
violente, la riusciva a sentire in maniera vivida sotto di lui, mentre cercava
di trattenere sospiri rubati.
Le sue mani viaggiavano lente sul corpo di Morgan
completamente arresa nella sua stretta, ma la sua
mente era schiava di una fantasia che era malcelata e velenosa.
Affondando il viso nell’incavo del suo collo,
sentì un brivido di piacere attraversare tutta la lunghezza della sua
spina dorsale, accarezzando i suoi fianchi un senso di
forza, di vittoria s’impadronì del suo petto, mentre il confine
tra realtà e fantasia diventava ogni secondo più labile e
difficile da gestire.
“Rex...” la voce
strascicata di Morgan, lo fece riscuotere per la seconda volta nel giro di
pochi minuti.
Aprì gli occhi sottraendosi al suo corpo, per incontrare lo sguardo profondo della sua vera
amante.
Un moto di disprezzo nei confronti di se stesso e di lei lo
fece scostare con ancora più violenza dal corpo seminudo di Morgan.
La spinse via, come fosse un
qualcosa di orribile e detestato.
Morgan cadde a terra, ma Rex non
sembrò preoccuparsene particolarmente.
La guardava con terrore, ma non la vedeva realmente.
Lui stava combattendo contro se stesso e contro la sua
mente, e stava perdendo inesorabilmente contro il suo stesso desiderio di
calore.
Un singhiozzo soffocato di Morgan, lo fece tornare alla
realtà.
Rivolse uno sguardo verso il basso e la vide in tutta la sua
fragilità.
Lei si alzò con le lacrime agli occhi, coprendosi alla bene e meglio per cercare di avere un’uscita
più dignitosa possibile.
“Io...” un singhiozzo
la costrinse ad arrestarsi. “Io...non so davvero come non farmi odiare da
te” mormorò, guardandolo negli occhi e studiandolo con una
profondità che lo mise a disagio.
Morgan andò via, raccogliendo qua e là le sue
cose, senza guardarsi indietro.
Rex si accasciò sul divano, mettendosi entrambe le
mani tra i capelli.
Aveva commesso un grave errore di valutazione.
Lei lo aveva già
ucciso.
*
Robin, si mosse nervosamente sulla sedia, guardando Sylvie
piangere distesa sul suo letto.
Vedeva il suo corpo tremare, piegato a violenti singulti, e
non una parola era uscita dalla sua bocca da quando
lei era entrata nella sua camera.
Era solo andata lì, aveva guardato Robin negli occhi
e lui l’aveva fatta sedere.
Poi lei aveva cominciato a giocare con i lembi della sua
coperta e ben presto – Robin non seppe mai in
che momento di preciso – lei iniziò a piangere, dando sfogo a
tutto quello che aveva dentro.
In una situazione normale, lui l’avrebbe certamente
abbracciata, o almeno avrebbe cercato di fare qualcosa per consolarla, ma se il ‘lui’ in questione, si chiamava Robin Paciock, è chiaro che la situazione cambia
radicalmente.
Incapace di fare qualsiasi cosa – tranne un piccolo
colpetto sulla spalla che le diede all’inizio
– si era semplicemente seduto poco lontano, lasciandola a se stessa.
Senza contare che a dirla tutta Robin non aveva del tutto
digerito il trattamento che lei gli aveva riservato qualche
tempo prima.
Ma non aveva importanza.
Robin si sentiva troppo un perdente per credere di avere il
diritto di portare rancore.
Quasi un’ora dopo il suo arrivo, senza un’apparente motivo, Sylvie si alzò a sedere, mentre
l’ennesima lacrima le scendeva rapida lungo la guancia.
“Mi dispiace per quello che ti ho detto l’altro
giorno…” cominciò lei, con gli occhi fissi sul pavimento.
“È solo che non era esattamente un buon momento…”
accennò un sorriso, alzando leggermente lo sguardo.
“Non…non devi scusarti…”
mormorò lui con poca convinzione. “Capitano
momento no!” le sorrise, sedendosi su una sediolina
accanto alla finestra.
Lei non sembrava particolarmente consolata.
Non sembrava neanche particolarmente toccata dal fatto che
lui l’avesse perdonata, a dire il vero.
“C’è…c’è qualcosa che
non va?” chiese lui, guardandola di sottecchi, non del tutto sicuro di
volerlo realmente sapere.
Lei tirò su con il naso.
“Cos’ho che non va?” chiese semplicemente,
guardandolo fisso negli occhi come se volesse perforargli l’anima.
Robin rimase spiazzato.
Si mosse nervosamente sulla sedia, arrossendo e schiarendosi
la voce senza un apparente motivo.
Tu non hai nulla che
non va.
“Non saprei…perché dovresti avere
qualcosa di sbagliato? Tu non hai proprio nulla che non vada!”
assicurò, sorridendo timidamente.
Sylvie distolse lo sguardo.
Si alzò dal letto e Robin la vide studiare
attentamente una foto sua e delle sue sorelle, poggiata sul grande
cassettone insieme a molte altre dei suoi compagni di stanza.
“Non sono certa tu possa capirmi” disse solo.
Per lui sortì l’effetto simile ad una pugnalata.
Si sforzò di controllare le sue reazioni, mentre un
moto di rabbia inaspettata gli saliva nel petto, squarciandolo.
“Beh…potresti provare…io…sono un
buon ascoltatore!” sussurrò lui, quasi avendo paura delle sue
reazioni.
“Va bene” disse con voce stranamente indurita.
“Venus Malfoy ha vinto” ringhiò, con voce
incattivita.
Mentre lo diceva non guardava
né lui né qualcos’altro nella stanza. Sembrava fuori da quel posto, astratta da quella situazione.
Robin boccheggiò, non sapendo cosa dire.
“Chris sta con lei” continuò, mentre un
nuovo singhiozzo le riempiva il petto.
Di nuovo, come sempre nella sua vita, Robin sentì di
aver perso.
Rise di se stesso nella sua testa, per aver anche solo
pensato per un secondo di poter avere qualche possibilità con lei.
I perdenti non vincono
mai, idiota.
È un dato di fatto.
Visto sotto un certo punto di vista è anche giusto
che sia così.
La gente vince,
la gente perde.
È il caso – o il destino – che decide il
chi e il come.
Dettagli irrilevanti per un disegno tanto grande.
Sylvie alzò gli occhi su di lui, in
attesa di un qualche commento.
Robin non alzò lo sguardo per fronteggiarla, ma seppe
che i suoi occhi erano su di lui, in attesa di un
qualcosa.
“Mi…mi dispiace” mentì.
La perversa consolazione che la gente trova
quando si sta male è che anche gli altri lo siano allo stesso
modo.
Perverso, ma equo.
Nella sua maschera di perdente, Robin aveva trovato una
sorta di fuga dalla vita.
Era arrivato ad una sorta di conoscenza; ogni reazione, ogni opinione, ogni gesto nervoso, lui riusciva a
riconoscerlo e a decifrarlo in qualsiasi persona.
Sapeva che quando sua madre era preoccupata per qualcosa o
pensava a cosa preparare per cena, faceva collane solo con tappi di burrobirra.
Sapeva che quando sua sorella Emily saltava la cena aveva
litigato con Ben.
Sapeva che quando Ben faceva indigestione aveva litigato con
Emily.
La solitudine lo aveva portato a conoscere più
persone di chiunque altro.
Erano le persone che non conosceva lui.
Sylvie emise un suono strano, risvegliandolo dai suoi
pensieri.
La vide ridere, innervosita.
“Sapevo che non avresti capito!” disse
sprezzante.
“Cosa?!”
“Cosa credi che basti un
‘mi dispiace’ poco convinto per tirarmi
su di morale?! Ti vanti tanto di essere mio amico, ma
credo tu sia davvero poco capace!”
Robin rimase in silenzio, guardandola urlare.
“Non sai proprio fare altro?” chiese, rabbiosa.
“Sai cosa sono gli amici Robin? Gli amici sono quelli che ti sostengono!
Sono quelli ti abbracciano quando piangi, sono quelli
che ti tirano su o almeno provano a farlo! Robin la persona che amo, che sogno
la notte da quando avevo dodici anni, la persona per
cui io respiro si sta sbaciucchiando con la puttana che odio di più al
mondo!”
“BASTA!” urlò lui,
improvvisamente, un tono duro e inaspettato nella sua voce solitamente insicura.
Sylvie lo guardò, attonita, asciugandosi velocemente
la guancia bagnata.
“C-cosa?”
“Mi hai sentito!” urlò, alzandosi.
“Chi diavolo ti credi di essere, eh? Io so cosa
vuol dire essere amico di qualcuno! Io lo
so! Ma tu, invece?! Tu che ne sai, eh? Ti reputi
un’amica?!”
“Robin, ma…” squittì lei, gli occhi
increduli fissati sul suo viso rabbioso.
Lui si passò una mano fra i capelli, nervoso,
prendendo a camminare avanti e indietro per la stanza.
“Ti sei mai chiesta…” continuò,
girandosi verso di lei. “…cosa possono provare quelli che ti
circondano?! No, vero?” rise, distogliendo lo
sguardo. “Non te ne frega un cazzo degli altri,
come potresti! Basta che tu sia in pace con il mondo con la tua vita perfetta,
no? Poi che il povero scemo qui, muoia dietro ogni parola che mormori non
importa!”
Lei ridusse gli occhi a due fessure.
“Cosa vuoi dire, ora?! Mi
darai anche tu della viziata egocentrica? Non avete proprio fantasia, voi! Mi infamate,
quando neanche vi disturbate a conoscermi!”
“Io ho provato!
HO PROVATO AD ESSERE TUO AMICO! HO PROVATO A CAPIRTI, HO
PROVATO A CONSOLARTI! MA TU, VIE?...TU HAI MAI PROVATO A FARLO?!”
Sylvie boccheggiò.
“Non darmi colpe che non ho!
Non te lo permetto” rispose, dura.
Robin, rise furioso.
“Lungi da me l’idea di rovinare la giornata alla
nostra reginetta!” rise di nuovo, guardandola assumere
un’espressione furiosa. “È bello quando
tutti ti ascoltano, no? Vedere tutti che pendono dalle tue labbra, sapere che
qualunque stronzata ti passerà per la testa verrà sicuramente apprezzata! Poi però che
succede? Il mondo crolla. E allora corriamo dallo scemo di turno, giusto?!E qui entro in scena io! Quello stupido, quello sfigato…magari simpatico, ma decisamente da evitare
quando si è in giro per il castello!”
“Non mi sono mai
vergognata di te!”
“Vie…da quanto esattamente hai notato la mia
esistenza? Quando, qualche settimana fa mi sei venuta
addosso, non è vero? Lascia che ti svegli, principessa, noi viviamo
nello stesso luogo, frequentiamo le stesse lezioni da
cinque anni!”
Sylvie rimase zitta, guardandolo fisso.
Robin la guardò, sconfitto.
“Eppure sono stato qui,
quando ne hai avuto bisogno! Ti ho vista piangere, ti ho provato a consolare,
anche se non sono abbastanza per te…non sono alla moda, non sono bello,
non sono particolarmente ricco…non sono nulla! Eppure sono stato qui. E…”
s’interruppe, pesando bene le parole. “E
nonostante…” mormorò infine, appena un sussurro si riusciva
a percepire. “…nonostante
Chris ti abbia spezzato il cuore tu continui ad amare lui anziché me.”
Sylvie cercò a tentoni il
comodino dietro di lei, provando a sostenersi.
Robin sembrò tornare improvvisamente in sé.
“Scusa” disse solo lui, abbassando lo sguardo.
“Non ho il diritto di dirti quello che devi o
non devi fare…”
“Io…io non credo di aver…”
“Oh già…” mormorò.
“Quando dici che nessuno ti
capisce…beh…ora sai che non è vero. Io capisco.” Disse non trovando il coraggio di guardarla
negli occhi. “Capisco tutto, anche se credi il contrario.”
“Tu dovevi dirmelo!” disse lei, le lacrime
minacciarono di ricominciare a uscire.
“L’ho fatto!”
Sylvie sbuffò camuffando una risata nervosa.
“Non mi aspetto nulla da te” mormorò, riaccasciandosi sulla sediolina.
“Non ne ho il diritto! Neanche nei miei sogni più belli, avrei il
diritto di sperare…” la nota di amarezza
nella sua voce, le fece male.
“Robin, io ti voglio bene…” mormorò
lei, la voce impastata di lacrime.
Lui le sorrise.
“Lo so!”
Lei sorrise, continuando a piangere.
“Però mi lascerai
anche tu” nella sua voce non c’era interrogativo.
Sylvie sapeva bene quanto lui quanto potesse
essere difficile.
“Non dipende da me, né da te…sono umano Vie! Non riuscirei a sopportare quello che tu
provi per lui, esattamente come non lo sopporteresti tu”
Lei annuì, consapevole.
Lo vide alzarsi e dirigersi verso la porta.
“Io…credo che andrò a prendere una
boccata d’aria” mormorò, lasciandola sola nella stanza.
Sylvie si accasciò sul letto di lui,
stringendosi le coperte al petto, in cerca di calore.
Sola di nuovo.
Non avrebbe resistito a lungo stavolta.
*
“...equell’idiota
si è fatto scappare la pluffa, che per poco
non colpiva la mia scopa! Capisci, è stato
terrificante! E lo ha fatto apposta, ne sono sicuro!
Chris Bennet è un imbecille!”
James sembrava davvero troppo preso dal suo avvincente
racconto – che ormai stava arrivando alla sua terza ora di fitta
narrazione – per accorgersi che Emily Paciock
aveva cominciato a sospirare in maniera decisamente
troppo sognante per ascoltare la sua storia.
“...e lo sai perché mi voleva colpire?!Perché mi stavo avvicinando in
maniera compromettente a Steve!”
Emily si corrucciò leggermente.
“Chi è Steve?”
chiese, sbattendo le ciglia in maniera esagerata.
James non sembrò averlo notato.
“Il boccino! Noi lo chiamiamo Steve!”
Lei annuì, benché non sembrasse del tutto convinta.
“...Comunque dicevo...Bennet mi aveva colpito per far prendere a Malfoy il
boccino! Mi ha lanciato la pluffa deliberatamente
addosso! Ed è contro le regole!”
esalò concitato.
“Ma...” mormorò lei, quasi dispiaciuta di doverlo contestare.
“...Bennet è Serpeverde...non dico che sia ovvio che infrangano le regole, ma...insomma ci
sarebbe da aspettarselo!”
James sembrò riflettere a quelle parole.
“Non ci avevo pensato” disse infine,
sorridendole.
Emily arrossì in maniera pressoché totale.
“Comunque abbiamo vinto, no?
È questo che conta!”
Il sorriso di lui si allargò
maggiormente.
“Già!”
“Sei...sei stato fantastico in campo!”
biascicò Emily, con voce stridula dall’imbarazzo.
Lui, sembrò a disagio.
Emily lo vide spalancare gli occhi e muoversi nervosamente
nella poltroncina, guardando qualcosa che era dietro di lei.
Lei si girò, ritrovandosi Ben di fronte.
Scattò in piedi, guardando prima James e poi di nuovo
Ben.
“Io...io credo...credo che
andrò a letto” disse solo, quasi correndo su per le scale del
dormitorio femminile.
James e Ben, rimasti soli, si scambiarono un lungo sguardo.
“Allora...” esordì
Ben, incrociando le braccia al petto e sorridendo, irritato. “Avete
già deciso la data?”
James ridusse gli occhi a due fessure.
“Prego?”
“E lei ha già scelto
il vestito, le damigelle e tutto il resto? È impegnativo!”
“Non fare l’idiota! Sai benissimo che Em e me non c’è niente!”
Ben sbuffò, camuffando una risatina nervosa.
“Certo! Io lo so! Em,
invece?”
James lo guardò, senza capire. “Lei non sa che
ti piace la sua gemella, vero?! Nessuno si preoccupato
di dirle che tu non stai facendo altro che prenderla
in giro!”
“Ben, calmati ok? Non ho
intenzione di litigare con te per qualcosa che non ho fatto!” gli occhi
di Ben cominciarono a scurirsi di rabbia.
“Tu lo fai in continuazione.”
“Cosa di grazia?! Emily
è una mia amica!”
“Sfoderi i tuoi sorrisi, le tue
occhiate, sembra che tu ti concentri in maniera spaventosamente attenta nei
tuoi tentativi di rubarla a me!”
James rimase spiazzato e Ben sembrò rendersi conto di
quello che aveva effettivamente detto solo dopo che gli uscì di bocca.
“Io...” mormorò
James, “...io non voglio rovinare la mia amicizia con te! Sei come un
fratello! E...e...io, davvero, non sapevo
che...”
“Senti, lascia stare” disse Ben, duro.
Si passò una mano tra i capelli, respirando
furiosamente, mentre le sue orecchie si tingevano inevitabilmente di rosso
acceso.
“Io ho occhi solo per Helen, lo sai!” ribadì James, con voce stridula.
Ben annuì.
“E io sono solo un idiota
invidioso”
“Non sei idiota, né invidioso! Sei solo
innamorato!”
Ben emise un miagolio molto simile a quelli di suo padre
durante i momenti di nervosismo.
“Io non sono innamorato!”
squittì, schifato.
James cercò in tutti i modi di trattenersi dal
ridere.
“Emily è irritante! E...e
molesta! Senza contare che è arrogante e saccente! È
insopportabile!”
“Immagino che zio Ron non ti abbia mai raccontato la
sua storia con zia Hermione, vero?”
Ben si corrucciò.
“No! Perché avrebbe dovuto?!”
James agitò un mano in aria.
“Lascia stare. Lo saprai quando
sarà tempo”
Ben alzò le spalle, non particolarmente interessato.
“Ora...saliamo in dormitorio? Urlarti addosso mi ha
fatto perdere molte energie”
James annuì, iniziando a salire, subito seguito da
Ben.
Il silenziò calò
nella stanza ormai deserta.
Emily scese le poche scale che aveva percorso prima di
fermarsi ad ascoltare la discussione tra James e Ben.
Si appoggiò contro il muro, portandosi una mano sul
petto.
Ora le cose sarebbero cambiate.
Nessuno aveva più il controllo di nulla.
*
I'm just a kid
And life is a nightmare
I'm just a kid
I know that it's not fair
Nobody cares cuz I'm alone and the world is
Nobody wants to be alone in the world
Nobody cares cuz I'm alone and the world is having
more fun than me tonight
I'm all alone tonight
Nobody cares tonight Cuz I'm just a kid tonight
Simple
Plan – I’m just a kid
Ellie camminò a lungo per i corridoi del castello
senza una meta apparentemente precisa.
Camminava e camminava, desiderando
fortemente di non essere lì, e di scappare via da quel posto dove
– per colpa sua, lei se ne rendeva assolutamente conto – ora non
aveva più nessuno.
Le faceva male il petto pensando a tutto quello che aveva
detto; malediceva la sua impulsività.
La rendeva immatura.
Debole.
Sola.
Si frizionò leggermente le braccia, alla ricerca di calore.
Guardandosi intorno si rese conto di non sapere
effettivamente dove si trovasse.
Sbuffò.
Mi mancava solo di
perdermi.
Imprecò sottovoce, cominciando a percorrere
velocemente corridoi che non aveva mai visto prima.
Cominciò a correre sempre più veloce con il
passare dei minuti, spaventata all’idea di ritrovarsi sola chissà
in quale ala del castello.
Rabbrividì al pensiero di chi avrebbe potuto
incontrare in quei corridoi solitari.
Quando finalmente incontrò
un piccolo gruppo di studenti, il suo respiro tornò ad essere regolare.
Si guardò intorno e si accorse di essere esattamente
a metà strada tra la sala comune Grifondoro e l’infermeria.
Si bloccò.
Era solo questione di scegliere, ora.
Essere sola o avere qualcuno da
amare.
Senza neanche pensarci cominciò a correre verso
l’infermeria.
Corse veloce, non curante di nulla e con gli occhi fissi
davanti a sé, senza però guardare qualcosa in particolare,
arrestandosi solo di fronte al grande portone
socchiuso dell’infermeria.
Sentendo le voci di Andrew e Jolie,
per la prima volta da quando aveva iniziato a correre ebbe paura di non
riuscire a scusarsi con loro.
Si conficcò le unghie nei palmi con violenza, nel
momento stesso in cui il pensiero di non farcela le passò per la mente.
Non era il momento di fare la codarda.
Spinse lievemente il portone, rivelando la sua figura agli
altri due.
Un silenzio angosciante calò su tutta la sala.
Ellie avanzò lentamente verso di loro, i suoi passi
riecheggiavano lenti e costanti nell’eco silenzioso.
“Io...” esordì,
prendendo un respiro prima di guardarli negli occhi. “Io...sono
un’idiota”
Dalle loro espressioni, Andrew e
Jolie sembravano decisamente sorpresi da quello
slancio autocritico.
“...avete ragione!...Su tutto! Sono immatura, egocentrica e
fondamentalmente imbecille...”accennò un sorriso, guardando il pavimento e
tormentandosi le mani. “...Ma...ma...” prese un respiro, alzando lo sguardo. “...mi avete
sopportato per tanto tempo...” Jolie e Andrew si
scambiarono uno sguardo. “...Non...non vorreste
fare questo sacrificio per...diciamo...altri cinquanta o sessant’anni?”
Jolie si lasciò scappare un sorriso.
“El...” disse Andrew,
con sguardo severo. “Hai ragione. Sei
un’idiota” Ellie annuì mortificata.
“Geni paterni, sospetto”
“NON SCARICARE LE COLPE!”
Ellie si fece piccola, piccola,
mentre Jolie, accanto a lui continuava a ridacchiare.
“No. Scusa.”
“Sei stata molto cattiva con noi”
Lei annuì.
“Sì”
“Scontrosa”
“Sì”
“Irritante”
“Già...”
“Ingiusta”
“Hai ragione”
“Indiscutibilmente indisponente e arrogante come
pochi”
Sia Jolie, che Ellie si ritrovarono
ad annuire d’accordo.
“Quindi...nonostante io sia scontrosa, irritante,
indisponente, egocentrica, ingiusta, arrogante, cattiva, pazza, incosciente e
ovviamente un’idiota...mi perdonate?”
“Certo!” squittì Jolie, correndo da lei
per abbracciarla.
Andrew sorrise, mettendosi dritto sul letto per farsi
abbracciare.
“Non farlo mai più, idiota!”
Ellie sorrise, dimentica di tutto quello che era successo.
Idiota, sì, ma finalmente felice.
*
“FLEUR IL FORNO EMETTE STRANI VERSI!”
urlò Bill stravaccato sul divano, non distogliendo gli occhi dalla
rivista di Quidditch che teneva in mano.
Fleur fece capolino dall’altra stanza, rivolgendo
un’occhiata al forno.
“Sono impeniata” disse
semplicemente, prima di scomparire di nuovo.
Bill rivolse un’occhiataccia al vuoto.
“Fleur ti prego! Sono stanco!”
“Chi non lo è aijorninotri!”
Bill sbuffò.
Fleur stava diventando molto più simile a sua madre
di quanto non avesse mai temuto.
Si issò in piedi gettando la
rivista sul tavolino elegante.
“Si può sapere che combini?!”
“Niente che t’importi!”
Lui sorrise sornione sbirciando in camera da letto.
“Se hai intenzione di farti
un bagno m’importa!” disse, entrando.
Lei lo guardò come se volesse incenerirlo.
Sospirò e ripose il foglietto che aveva in mano in un
cassetto.
“Cos’era quello?” chiese lui sospettoso.
“Niente mon petit”
rispose, candida, sfoderando un sorriso moderatamente falso.
Bill ridusse gli occhi a due fessure.
“Quale delle nostre figlie ha combinato cosa?”
Il sorriso finto di Fleur si allargò maggiormente.
“Fleur non m’incanti”
Lei ridusse gli occhi a due fessure.
“Potrei se volessi”
Bill grugnì.
“Allora…Sophie mi ha mandato in banca rotta
facendo shopping?”
“Non esere ridicolo!”
“Jolie ha fatto a botte con qualche Serpeverde?”
“Non questo mese” rispose, meditabonda.
“Sylvie ha…” pensò un attimo.
“…che può aver fatto?!”
Fleur alzò le spalle, uscendo dalla stanza.
“Devo controlare il
forno”
Bill la seguì soprapensiero.
Poi di bloccò e tornò
indietro.
Aprì il cassetto e lesse la lettera che Sylvie aveva
appena inviato a sua madre con il preciso ordine di nasconderla a Bill.
L’urlo disumano che Fleur sentì provenire dalla
camera da letto, mentre estraeva la sua torta di mele carbonizzata dal forno,
le fece capire che Bill aveva trovato la lettera.
“IO LO UCCIDO!”
Fleur lo guardò con occhi annoiati
mentre leggeva il nome di Chris con occhi assetati di sangue.
“Non è la fine del monde,
mon petit”
“CERTO CHE LO è!”
Fleur sospirò sconfitta.
Guardò Bill e poi la sua torta carbonizzata.
Non era decisamente giornata.
“Sono scerta che Sylvie sappiasceliere con attensione!”
“Quello non mi piace!” ringhiò additando
al nome di Chris Bennet e ai tre cuoricini disegnati
intorno.
“Non deve piascere a
te!” puntualizzò lei, cercando di capire se la sua torta era
ancora vagamente salvabile.
“Sì invece! A chi altri, sennò?!”
“A lei, magari?”
Bill le rivolse un’occhiataccia, piccato.
“Non è questo il punto.”
La torta nel mentre si era
completamente sgretolata tra le mani smaltate di lei.
Sbuffò, lanciando uno sguardo incattivito alle
briciole bruciate.
“Io so quello che va bene per lei! Sono suo padre! E
suo padre dice che Robin Paciock
è meglio!”
“Ma a lei piasce
l’altro!”
“Maio tifo per Robin!”
Fleur fece evanescere a malincuore
la sua torta e poi si rivolse a Bill.
“I miei jenitori tifavano
per ViktorKrum!”
“COSA?!”
“Scerto! Aitonte,
bulgaro...”
“...dall’attraente monociglio
e l’accento incomprensibile…l’uomo perfetto!” concluse, isterico.
Fleur ridacchiò.
“È pur sempre tuo coniato! Abbi rispeto!”
“Io ho rispetto per Krummy! Ma provo pena per
Gabrielle! Cosa le ha fatto prendere per convincerla a
sposarlo?!”
“Non ho mai indagato” rispose assorta.
“Faresti bene a farlo!”
Fleur agitò una mano in aria, per far
cadere il discorso.
“Comunque questo era per
farti capire…i jenitori non hanno sempre rajione!”
“Io
sì!” disse andandosi a risedere sul divano, ponendo
così fine alla discussione.
Fleur sospirò.
Poi alzò le spalle e cacciò zucchero e farina
da un cassetto.
Quella torta di mele era diventata una questione di
principio.
*asciughising
sudore con asciugamanino*
Che parto è stato! XDDDDDD
Capitolo soffertissimo, parola di autrice
>.
Sono momenti come
questi che uno si chiede chi me l’avrà mai fatto fare di inventarmi tanti personaggi! XDD
Ringrazio tantissimo mem, redRon,
SiJay, Evan88, Saty, Giuggy, Silvia91, la NonnyGiuly Weasley, sery
black, pinkstone e zio Tobia, Padfoot,
Redrum, Hermionina, Zia Funkia per le recensioni! ** Vi amo tantissimo miei
fedelissimi! XD
Grazie, grazie, grazie
non ci shono parole *v*!!!!
Ok, detto questo non posso
far altro che augurarvi un
Buonissimissimissimissimissimissimo
anno nuovo!
Speriamo che porti via
le cose brutte di quello vecchio e si porti dietro quelle
buone! XD
Ora...cotechino e
lenticchie sono pesantucci...perchè non vi
mantenete in forma a partire dalle dita? – le
dita longilinee sono sexy! XD - ??! XDDD
Vi adoro tanto, e
grazie di tutto!
Ancora auguri e baciottosi bacini baciottipotti! ^0^!