Helpless [traduzione di MyPassion]

di ivyblossom
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Scolpito nella roccia ***
Capitolo 2: *** Un paziente è un campo di battaglia ***
Capitolo 3: *** Nessuno sceglie un cancro ***
Capitolo 4: *** Sto bene ***
Capitolo 5: *** È un buon segno, davvero ***
Capitolo 6: *** Annegando ***
Capitolo 7: *** Non sei altro che efficiente ***
Capitolo 8: *** È tutto normale ***
Capitolo 9: *** Non c'è calore ***
Capitolo 10: *** Intollerabile ***
Capitolo 11: *** Io, al massimo ***
Capitolo 12: *** Più pericoloso che mai ***
Capitolo 13: *** La linea di gesso ***
Capitolo 14: *** Come le cose sono cambiate ***
Capitolo 15: *** L'attenzione di cento occhi ***
Capitolo 16: *** Guarda qua ***
Capitolo 17: *** Una singola sillaba ***



Capitolo 1
*** Scolpito nella roccia ***


HELPLESS - ivyblossom - tradotta da MyPassion
 


Sommario (dell’autrice): John, sempre il buon dottore, si accorge che c’è qualcosa che non va in Sherlock. Biopsia, diagnosi, chirurgia e radiazioni: Sherlock deve affrontare il trattamento per curare il cancro alla tiroide. Credi che sia di pessimo gusto? Sono d’accordo con te. Questa fanfiction è scritta da una sopravvissuta al cancro alla tiroide (me!) per una sopravvissuta al cancro alla tiroide che sta per affrontare la seconda parte del trattamento. Il suo proposito è di stampare sopra alla brutta esperienza dello slash. Ho inserito gioia nella fanfiction, ovunque io potessi. Questa è una storia hurt/comfort, avvolta in amore, momenti sexy, e “come sono finiti insieme”: qualcosa che serve veramente a un’amica per distrarsi mentre è in isolamento radioattivo. Scuse a chiunque si sente offeso.
Sommario (della traduttrice): Et voilà bella gente! Mi presento: sono MyPassion, sono folle, e tutti mi danno della stupida! Ho deciso di iniziare questa traduzione perché la storia è una stilettata al cuore ed è bellissima, e credo che soddisfi sia gli animi affamati d’angst che quelli affamati di fluff. Non temete, è molto variegata come storia, se sceglierete di seguirla non soffrirete tutto il tempo! ;) Alla fine della storia, quando necessario, troverete delle note di spiegazione, in caso ci fosse qualcosa da spiegare. In ogni caso credo che aggiornerò la storia una volta a settimana, ora che la scuola è finite ho letteralmente tonnellate di tempo libero, quindi… SONO LIBERA! Naturalmente un grazie va alla cara fanny_23 alias Francesca, che si è offerta volontaria ha volute scoprire le gioie del fandom si Sherlock è stata costretta dalla sottoscritta a betare il capitolo. OH I LOVE YOU, YOU ADORABILE HUMAN BEING!



Capitolo 1:
Scolpito nella roccia


La teiera sta fischiando, e anche se era Sherlock a volere il tè, sono stato io ad alzarmi e a farlo. Non è una gran sorpresa. Sherlock è seduto sulla sua poltrona, le dita intrecciate, il mento sollevato, gli occhi incollati al soffitto. Non chiedetemi perché, non ne ho la minima idea.
So che si è messo due cerotti alla nicotina, il che suggerisce che c’è un problema da risolvere, ma non ha alcun caso al momento.
Non mi sono ancora disturbato a chiederglielo, sebbene ci siano diversi ritagli di articoli di giornale sulle sue ginocchia. Potrei dedurre.


Sto pensando di chiederglielo quando gli porterò il tè. Lo metto sul tavolo: e poi chiederò: su cos’è che stai lavorando? E, come il genio che è, lui prenderà vantaggio sul pubblico pronto e volonteroso.
Alcune volte può parlare per ore, collegando i punti e meditando sul loro significato. Vedete, un teschio non chiede. Fissa soltanto, non batte le palpebre. Io, al massimo: faccio il tè.


Due tazze, due filtri del tè: verso l’acqua; quasi pieno fino all’orlo per lui, un centimetro di spazio per me. Zucchero nel suo, latte nel mio. È un’azione così semplice, non ho idea del perché Sherlock si rifiuti di farlo. Probabilmente perché qualcun altro lo farà sempre per lui. Perché questo? Cosa c’è in lui che ci fa scorrazzare attorno a lui per prendercene cura? Il suo genio, suppongo. E anche perché sembra un po’ come un ragazzo perduto,  aggrappato all’unica realtà che riesce a comprendere. Generalmente, quando pensi al tipo di persone di cui gli altri si prendono cura, gli abbandonati, pensi a persone davvero gentili, persone con gran cuore e generosità di spirito, adorabili benefattori con grandi, lacrimosi occhi. Sherlock non ha nessuna di queste cose, eppure tutti quanti nella sua vita (suo fratello, Mrs. Hudson, Lestrade, e, ovviamente, io) si fanno in mille per assicurarsi che stia bene. Credo che sia un particolare dono che ha. Essere tutto in una volta tirannico, difficile, sgarbato, sconsiderato e qualche volta - detto tra i denti - cattivo, ma anche sincero, confuso, indifeso e perso. Oh, non ditegli che ho detto “indifeso”, mi scorticherebbe per questo, senza dubbio. Ma continuo a pensare sia vero.

Appoggio la sua tazza sul tavolo, in fianco a lui. Non si è ancora mosso per niente; le dita intrecciate, occhi al soffitto, senza battere le palpebre.
Sto per chiedere, su che cos’è che stai lavorando, allora, Sherlock? quando invece noto qualcosa.


Un dottore è praticamente sempre un dottore, compila mentalmente una lista di segni e sintomi nelle persone che gli stanno a cuore. Questo è vero per me, in ogni caso, e in ogni altro dottore che io conosca. Proviamo a lasciarlo al lavoro, ma non è che stia zitto. Quando vedi un livido di uno strano colore, o una zoppia, o sentire un lamento riguardo un mal di testa non puoi semplicemente mettere a tacere quella parte di te che comincia a cercare segni, a diagnosticare. La maggior parte della mia carriera è stata occuparmi di giovani uomini e donne estremamente in salute con ferite traumatiche, non ferite da medico di famiglia, ma l’istinto, e la conoscenza, è ancora lì. Se io fossi di più come Sherlock avrei cancellato larghi pezzi di quella conoscenza che una volta ho accettato per commissione, ma non l’ho fatto. Ne faccio tesoro, lo trovo confortante. Nei momenti più disperati e preoccupanti della mia vita mi ci sono rifugiato, catalogando mentalmente i più banali, ordinari segni e sintomi per mantenermi sano e concentrato: non c’è niente come diagnosticare tranquillamente i tuoi rapitori con anemia, asma, diabete di tipo due, ipertensione o epatite. Suppongo sia un modo in cui senti di avere il controllo, o il potere, in una situazione in cui non hai nessuno dei due.
In ogni caso: segni e sintomi di malattia, qualsiasi malattia, sono cose di cui sono sempre e inconsciamente alla ricerca.


Quindi da quest angolo, avvicinandomi leggermente per appoggiare la tazza di tè di Sherlock sul tavolo in fianco a lui, posso vedere qualcosa: sua testa appoggiata indietro e i suoi occhi sul soffitto mi permettono di vedere un bitorzolo alla base della sua gola, una sporgenza che non dovrebbe essere lì. La fisso per un secondo,un'inopportunità: la sua tiroide, troppo larga, visibile quando la sua testa forma quell’angolo. Come ho fatto a non vederlo prima? Immediatamente le cause si affollano nella mia mente: mancanza di iodio? Improbabile. Tiroidite di Hasimoto(1)? Morbo di Basedow-Graves(2)? E poi infine: cancro(3)? Improbabile. Raro. Probabilmente non è nulla. Sicuramente no.

Non è uno dei miei pazienti, anche se spesso facciamo finta che lui lo sia, quando è utile. Non è il mio paziente, è il mio coinquilino, il mio amico, il mio migliore amico in effetti, quindi il mio stomaco si stringe un po’  quando il cancro mi attraversa la mente. Ma il cancro alla tiroide è il “cancro buono”, è il cancro che sceglieresti se dovessi averne uno. Se lui fosse mio paziente, per davvero, se lui fosse solo un ragazzo per strada e io avessi la mia solita oggettività medica, non sentirei questa punta di preoccupazione, questa paura per lui. Saprei che le statistiche sono dalla sua parte. Gli direi che tutto andrà bene, ma ha bisogno di cure. Andrei a casa e non ci penserei più. Ma lui non è un ragazzo per strada, e la mia oggettività è compromessa.

Il momento in cui ho optato per prendere la stanza al piano di sopra, il momento in cui ho realizzato che Sherlock non è solo il mio coinquilino ma, in qualche modo, il mio salvatore, la cura per la mia depressione e la mia zoppia psicosomatica e gli incubi terribili, il fattorino del mio più nuovo scopo di vita, la persona attorno a cui la mia vita gira; in quel momento ho preso l’incarico di assicurarmi che Sherlock sia a posto, insieme a Mrs. Hudson e i suoi biscotti e a Mycroft Holmes e le sue formidabili risorse. Questo è il compromesso.

Sherlock mi salva; io lo salvo in ogni modo possibile. Sapevo che avrei dovuto salvarlo da se stesso, tenerlo pulito e sobrio, trattenerlo dal gettare via la sua vita in rischi inutili (come tassisti con pillole e assassini con un’inclinazione per indomabili consulting detective). Non avevo realizzato che trovare e combattere il cancro fosse parte del pacchetto.

Non è cancro. Questo è perdersi nei propri pensieri, ed è tempo di tornare alla realtà.

“Sherlock.” C’è uno spazio per la mia tazza di tè sul tavolo. La metto lì, marrone latteo in fianco al nero trasparente di Sherlock. Respira, ma non si muove. “Sherlock.” Ancora niente.

Mi sposto dietro di lui e appoggio le mani sulle sue spalle. Comincia. “Hai…” non sono sicuro di come finire la frase, quindi non lo faccio.

Non so che cosa dire; sono un po’ fuori dal mio elemento, fermo qui nel mio salotto, con il mio coinquilino. Sto indossando delle pantofole, non c’è il camice bianco, non c’è alcun ufficio attorno a me, nessuna segretaria che mi guarda con quello sguardo che significa, puoi muoverti? Abbiamo la coda qui fuori.

“Ho appena notato qualcosa sul tuo collo,” provo ancora. “Ho bisogno di controllarlo, ok?”  Non oppone resistenza. Si rilassa, continua a guardare il soffitto, le dita intrecciate. È come pensavo. Sto cercando nelle sue tasche il suo cellulare, o qualcos’altro di incredibilmente intimo a cui Sherlock non pensa. Muovo le mani contro la sua gola, le dita premono contro la clavicola, e sento.

La pelle è più calda di quanto mi aspettassi; lui è così pallido, così magro, immagino sempre che sia freddo. Scolpito nella roccia. Una perfetta, marmorea impronta d’uomo. Ma non lo è, la sua pelle è calda, morbida come la pelle è sempre. Posso sentirlo inspirare ed espirare. Mi avvicino e sento i suoi capelli sulla mia faccia, profuma di shampoo (apparentemente ha usato il mio questa mattina) e, stranamente, polvere da sparo. (cosa stava facendo questo
pomeriggio?). Riesco a respirare sulla sua pelle, un odore che porta con sé, impossibile da descrivere. Sa di vivo. Completamente.


Non riesco a immaginare Sherlock seriamente malato. È come se una parte di me non crede che lui sia completamente umano, come se lui non possa essere sensibile alle fragilità della condizione umana. Respiro il sapone della lavanderia sui suoi vestiti, il profumo della sua pelle, dei suoi capelli, umano, reale, vivo, sto cercando di mettere Sherlock e cancro nella stessa stanza e non ce la faccio.

Se devo farlo curare, credo sarebbe la nostra morte. Ma no: è ridicolo pensare così. Una ghiandola della tiroide infiammata è solo una ghiandola della tiroide infiammata. È solo un semplice gozzo. Magari tutti gli Holmes ce l’hanno. Non significa nulla. Perché gli sto assegnando l’ipotesi peggiore solo guardandolo?

È improbabile. Non impossibile, ma altamente improbabile.
Sentirà la mia preoccupazione; lo spaventerà, anche se non lo ammetterebbe. Pensa alle statistiche, non alla paura. Non alla preoccupazione. Realtà. Sposto le dita di Sherlock lontano dalla sua clavicola, localizzo la ghiandola, i suoi contorni, sento se c’è qualche anormalità.


So cosa sembra, quello che gli sto facendo: sembra che io stia provando a soffocarlo. Ho bisogno di sentire i suoi contorni, facendo pressione: sta premendo contro la sua trachea ora, lo sentirà, è fastidioso, ma non si muove. Lo riesco a sentire deglutire una volta, due volte, come se stesse cercando di allontanarmi solo usando il suo esofago. Sospira lievemente, non si muove, non mi oppone resistenza.

La sua tiroide è decisamente troppo larga: circa il doppio di quello che dovrebbe essere forse un po’ di più. Come ho fatto a non vederla finora? È stata nascosta dalla sua testa inclinata, il mento appoggiato al petto , dietro una sciarpa, dietro al bavero e alle dita, ma avrei dovuto vederlo. Non ho prestato abbastanza attenzione. Maledizione. Troppo larga, due noduli distinti. Duri; cristallizzati? Non posso fare questa diagnosi ora, ho bisogno degli ultrasuoni, una biopsia. È impossibile da dire così.

Sherlock sposta la sua testa più indietro e prova a guardarmi a testa in giù. Solleva un sopracciglio. Abbasso le mani dal suo collo e prendo la mia tazza di te, cammino fino alla mia poltrona e mi ci siedo. Riesco a sentire I suoi occhi su di me per tutto il tempo. Non dice nulla, ma i suoi occhi non mi lasciano.

“Credo” dico, cercando di trovare le parole più neuter possibili, prendendo un articolo di giornale che non sembra essere parte dell’attuale progetto di Sherlock, “che prenoterò degli ultrasuoni e una biopsia per quello, se non ti da fastidio.”

Sherlock mi fissa, e io lo fisso di rimando, ma mi concentro sul suo zigomo destro. Ridicolosamente prominente. Riesco a vedere il suo teschio troppo facilmente. Sembra una creatura di un altro mondo, come una fatina dei fiori, un’acquaforte vittoriana. Forse è un bambino-sostituto, una fatina-bambino aggiunta alla famiglia Holmes, con magia nel sangue.
Lo renderebbe resistente a queste maledizioni umane, sarebbe un vantaggio.


“Perché?” la sua mano si muove sulla gola, strofina dov’erano le mie dita.

“La tua tiroide è infiammata,” spiego, cercando di mantenere la mia voce calma e sicura. È molto più facile farlo nel mio ufficio, con un camice bianco addosso e lo stetoscopio tra le mani. “Probabilmente non è nulla, ma è meglio tenerlo d’occhio.” Bevo un sorso del mio tè, prendo il giornale e fingo di leggerlo.

“Va bene,” dice. Una pausa. “Lo farai tu?”

“No,” dico, osservando un titolo di testa, cercando invano di concentrarmici. “Non ho l’attrezzatura. Non so come usare l’attrezzatura, in verità. Scriverò una richiesta per te. Va bene?” Lo guardo. Cerco di agire con nonchalance, ci sto provando davvero, ma so che lui può vedermi dentro. “Probabilmente non è nulla. I gozzi solitamente non sono nulla. Ereditari.”

“Va bene,” dice ancora. Chiude gli occhi, e ri-intreccia le dita.

Lui non beve mai il suo tè. Diventa freddo, e la mattina seguente io lo verso nel lavandino.
 
 (1)  Si parla di questo (http://it.wikipedia.org/wiki/Tiroidite_di_Hashimoto) wiki è più istruita di una povera Babbana come me
(2) Ancora, si parla di questo (
http://it.wikipedia.org/wiki/Morbo_di_Basedow-Graves)
(3) E, ancora, credo che tutti voi sappiate cosa sia il cancro, ma se volete saperne di più, ecco il link di Mamma Wiki (
http://it.wikipedia.org/wiki/Tumore_della_tiroide) oppure googlate per pagine più precise ^^

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Capitolo 2
*** Un paziente è un campo di battaglia ***


Capitolo 2: Un paziente è un campo di battaglia
Beta:
fanny_23

Non mi lasceranno stare con Sherlock mentre fanno la biopsia, il che non mi sorprende. Perché dovrebbero? È la semplice procedura, sarei tra i piedi e basta. Lo aspetterò qui, gli occhi incollati alla porta.

Sono andato con lui a prendere la vestaglia e ho levato la sua camicia di sartoria e la maglietta che indossava al di sotto di essa; è stata una strana cosa, per me. Molto strana.
Nessuno mi ha guardato di traverso, ma non aveva per niente bisogno di me per indossare la sua vestaglia, vero? Non ha obiettato, comunque. Ha lasciato che mi avvicinassi, non ha nemmeno detto nulla quando si è sbottonato la camicia, me l’ha allungata e si è tolto la maglietta.
Non l’ho mai visto gironzolare per l’appartamento mezzo nudo; non l’ho mai visto seminudo. Quindi è stato strano, ho realizzato che era strano quando stavo lì in piedi, la porta in fabbricato chiusa dietro di me, guardandolo mentre si sbottonava la camicia e la toglieva, togliere la sua maglietta, stare in fronte a me nudo fino alla vita. Ho preso i vestiti da lui, come se fossero un peso che non avesse bisogno di portare. Perché? Non lo so; ancora una volta lui non ha obiettato.


Magari trova confortante avermi qui, essere venuto con lui. Mi piacerebbe immaginare che è vero. Sono suo amico, il suo migliore amico, sa che si può fidare di me. Ho ucciso per lui. Sono il suo dottore; spogliarsi di fronte a me non dovrebbe essere un problema in un contesto come questo. Non è troppo intimo. Non è strano. Non è un preludio a qualcosa di sessuale. È solo scienza medica. È solo preoccupazione.

Starei mentendo se dicessi che non ho sentito niente nel vederlo così, spogliato delle sue piume. Petto liscio, il suo piatto, imbarazzante stomaco. Sherlock non è quel tipo di persona che è nuda con grazia; lui si allunga, muove i piedi, cerca invano di provare a coprirsi usando le sue ali inutilizzabili per volare, le sue braccia troppo magre. Imbarazzato. Non lo avrei mai immaginato; fino a questo momento lo avrei immaginato strapparsi i suoi vestiti di dosso con leggerezza, pensando di rivelare la sua carne che è solo il suo mezzo di trasporto. Ma non così. Ha chiuso gli occhi dopo, e gli ho messo una mano sul braccio. Volevo aiutarlo a stare in piedi, dargli un po’ di forza. Non ha scrollato via la mia mano.

Non ho idea di come si senta in merito, riguardo a qualsiasi cosa. Non so come chiedere. La sua faccia è semplicemente bianca. Posso presumere alcune cose riguardo la mancanza del suo solito colorito, ma non so se sono corrette.

Quindi non ho chiesto. Ho semplicemente piegato i suoi vestiti e li ho messi sulla panca; ho preso la vestaglia e l’ho aiutato a indossarla. Ho guardato il suo corpo magro e scarno, le sue spalle magre avvolte dal tessuto troppo lavato blu; così vulnerabile. Così dolorosamente vulnerabile. Non dovrebbe farmi male così, tenere ad un paziente.

Posso mentire al sistema, posso dire che sono il suo medico di base ma lui è mio amico, sono di parte, sono emotivamente coinvolto. Ho paura per lui. Ho allacciato la vestaglia sulla sua schiena, poi ho preso una seconda vestaglia, ho aiutato a infilare le braccia nelle maniche, e l’ho allacciata davanti. Avevo una mano sulla sua spalla, una dietro al suo collo, davvero non so perché. Riesco ancora a sentire il calore del suo collo sul palmo della mia mano, mi aggrappo alla memoria del tessuto sotto le mie dita.

“Non farà tanto male,” ho detto, probabilmente facendo emergere più preoccupazione di quanto non avessi intenzione. È impossibile tenere qualcosa lontano da Sherlock. “Solo pressione.”

Non ho potuto andare con lui durante la procedura, nonostante ci abbia provato, ho discusso per questo. Sherlock rimaneva in silenzio; non so se mi volesse o no lì dentro, francamente. Mi hanno lasciato guardare gli ultrasuoni, comunque; probabilmente hanno capito che avrebbero avuto bisogno di una mano per tenere Sherlock buono.
L’hanno fatto; lui ha guardato lo schermo per tutto il tempo, ha provato a correggere l’angolo, ha dato consigli. Due noduli calcificati, questo era chiaro. Sherlock ha annunciato ognuno di essi quando è comparso sullo schermo; aveva fatto qualche ricerca, sapeva cosa guardare nell’immagine degli ultrasuoni. Non ho avuto bisogno di aspettare il referto per sapere che aveva ragione. Ma il referto dice così, comunque: biopsia raccomandata. Ne avevo il presentimento. Non mi piacciono troppo i miei presentimenti questi giorni.


Non sentivo niente dall’altro lato della porta, quando stavano passando un piccolo ago sotto la pelle di Sherlock, dritto nella tiroide. Ma ovviamente non avrei sentito nulla. Non griderebbe, non ne farebbe un problema, non rovescerebbe gli strumenti, non prenderebbe a calci il dottore negli stinchi, non correrebbe fuori dalla stanza gridando, con l’ago rimasto in gola.

Sherlock non ha paura del dolore, ma non gli piace essere indifeso.
Non ho mai considerato quanto un paziente si debba sentire indifeso di fronte al professionista medico; un paziente è un campo di battaglia, la scena di guerra, non un soldato, non un generale. Siamo noi quelli con le armi: i dottori, i chirurghi, i tecnici. Noi controlliamo l’attrezzatura, controlliamo le foto, ci inviamo note a vicenda. Il paziente deve stare sdraiato e fermo, ed essere un oggetto, il campo di gioco, non deglutire, Sherlock. Non deglutire. Sherlock non è un oggetto, e non si comporterà come se lo fosse. Non si farà zittire.

Vorrei che mi avessero lasciato entrare con lui.
Ci impiegano circa venti minuti, non di più. Viene fuori da solo, ha una serie di punture rosse e macchie sul collo ed è appiccicoso del liquido degli ultrasuoni, giallo di iodio. È bloccato nella vestaglia, dai miei nodi sicuri. Mi guarda, fa un cenno con il capo. Mi alzo e lo riaccompagno allo spogliatoio.
“Aspetta,”dico, e mi affretto ad andare dalle infermiere. Mi danno una tinozza d’acqua calda e sapone, un piccolo asciugamano; chiudo la porta in prefabbricato dietro di noi. Si siede: mi inginocchio di fronte a lui.

“Non vorrai sporcare la tua camicia,” dico. Lascia che io lavi via lo iodio e il lubrificante da lui, anche se trasalisce quando muovo l’asciugamano sopra le chiazze rosse. Le conto; sette. Sette diversi punti d’entrata. Hanno fatto fatica a prendere un campione, ovviamente. Lavo via lo iodio dal suo collo, e lavo via anche le gocce che gli sono cadute sul petto. Lo avrebbero dovuto ripulire prima di averlo mandato fuori; lo stanno trattando semplicemente come un campione di tessuto, come qualcosa che può essere marchiato e inviato al patologo. Gli occhi di Sherlock sono chiusi. Le mie dita contro la sua pelle. La pelle è sempre morbida, e lui è sempre caldo. Trema. Uso il dietro della vestaglia per asciugarlo.

“Stai bene?” chiedo, infine. Mi sento come se avessi evitato di chiederglielo.
“Bene,” dice. “Sto bene.” I suoi occhi sono ancora chiusi.

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Capitolo 3
*** Nessuno sceglie un cancro ***


Capitolo 3: Nessuno sceglie un cancro
Beta: fanny_23

Mycroft viene a conoscenza del risultato prima di me. Entra nel mio ufficio come se avesse un appuntamento (non ce l’ha), e si siede in fronte a me. Ha in mano la cartella; la lascia cadere sulla scrivania, di fronte a me, senza gesti plateali.

Papillary carcinoma (1). I noduli sono larghi; rispettivamente 2cm e 3cm. La sua tiroide è più ingrossata di quanto pensassi quando l’ho sentita sotto le mie dita. Raccomandazione: rimozione della tiroide(2), terapia chirurgica. Per una cura per un cancro sembra relativamente semplice. Nessuna chemio, solo chirurgia, e pillole RAI(3). Semplice. Guardo Mycroft, e leggo la preoccupazione sulla sua faccia.

“Se si dovesse scegliere un cancro,” dico “si sceglierebbe questo.”

“Questa è una sciocchezza,” scatta Mycroft. “Nessuno sceglie un cancro.”

Annuisco. È vero. Nessuno lo farebbe. Non so cosa dire.

“Glielo dirai?” chiede Mycroft.

“Certo.” Lui non vuole che lo faccia? Non posso non dirglielo. Non riesco a immaginare come glielo dirò, come reagirà, cosa dirà. Ma di sicuro glielo dirò.

“Troverò il miglior chirurgo in Europa,” dice Mycroft. “Ti manderò via fax l’appuntamento. Perfavore, diglielo in fretta.”

“Dovremmo controllare pure te.” Queste cose sono decisamente genetiche, e quando non lo sono, sono legate all’ambiente. Mycroft e Sherlock hanno chiaramente condiviso l’ambiente durante gli anni.

Mycroft mi rivolge un sorriso condiscendente, come se fosse divertito dal fatto che io possa considerare di visitarlo, come se non avesse già un gruppo dei miglior dottori disponibili, poi si alza e se ne va, senza un’altra parola.

Quindici minuti dopo le informazioni per l’appuntamento compaiono dal fax. La sala operatoria è prenotata per domani.

 

(1)  Nell’originale dice così, quindi ho deciso di lasciare invariato

(2)  thyroidectomy. Io sono ignorante in materia, quindi qui c’è un link per gli interessati: http://en.wikipedia.org/wiki/Thyroidectomy e anche un video (ATTENZIONE! Se sei debole di stomaco ti sconsiglio altamente di aprire il video, perché potresti svenirmi sulla tastiera, e la cosa non mi fa piacere: apri il video consapevole di star per guardare un’operazione chirurgica, in cui la tiroide viene rimossa. GUARDALO SOLO SE SEI SICURO AL 1000‰ CHE NON DARAI DI STOMACO graaaazie!): http://www.youtube.com/watch?v=ZUhpivAkeHI

(3) Siccome non sapevo di cosa si stesse parlando ho googlato un paio di cose, e ho scoperto questo: http://www.cancer.org/Cancer/ThyroidCancer/DetailedGuide/thyroid-cancer-treating-radioactive-iodine  All’interno del sito dicono “RAI”, ecco il motivo della mia traduzione. Se ho sbagliato, e voi sapete l’esatta traduzione di “radioiodine pill“ non esitate a dirmelo, che correggerò!

Chiedo umilmente perdono per la mia assenza durante questa settimana, ma sono stata in vacanza al mare, e non ho potuto aggiornare! Per farmi perdonare nel weekend avrete un altro capitolo, anche perché questo era proprio cortino! A prestissimo! :D

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Capitolo 4
*** Sto bene ***


Capitolo 4: Sto bene
Beta:

Non sono sicuro del perché, ma ho sempre saputo che avrei parlato a Sherlock di questo a Baker Street, non nel mio ufficio. È iniziato tutto a casa, nel salotto, con un casuale, totalmente inappropriato controllo; sento che deve continuare lì, rimanere inappropriato. È confortante, accogliente. Ogni paziente non dovrebbe avere l’accoglienza della propria casa quando gli viene diagnosticato il cancro? Portarlo nel mio ufficio sembra troppo freddo, troppo imbarazzante. Lo saprebbe dal momento in cui gli chiedo di entrare. Dopotutto, lui non è un paziente come gli altri.

Ma magari quello non è la ragione per cui ho deciso di fare così; penso che sia per i miei sentimenti al riguardo, per quanto sono spaventato, quanto le mie emozioni siano coinvolte in questo. Non sarebbe giusto paragonarlo ad un paziente nel mio studio. È qualcosa che devo continuare a fare a casa.

 Quindi prendo del takeaway, gli faccio una tazza di the. Nulla di straordinario. Lo guardo mangiare, e noto l’assenza dei cerotti sulle sue braccia. I segni sul suo collo sono spariti, ora. I risultati sono arrivati più velocemente del normale, Mycroft deve essere intervenuto. So quello che devo fare: dare la notizia, e compilare qualche modulo da inviare al suo chirurgo. Pre-operazione. Dovrà essere visitato prima del suo appuntamento, lo dovrò dichiarare idoneo per l’operazione. Lo avrei dovuto passare ad un collega tempo fa; perfino Sarah sarebbe stata più obiettiva di me.

 Sherlock solleva un sopracciglio nella mia direzione. “Problemi?”

 Quasi mi si spezza il cuore. Problemi? Puoi dirlo forte.

 “Ho ricevuto i risultati della tua biopsia,” dico. Sento un’onda di terrore abbattersi su di me. Cosa farà quando glielo dico? Sarà arrabbiato. Sarà arrabbiato con me? Si agiterà, piangerà, distruggerà la casa?

 Sherlock annuisce e basta. “Cancro,” dice. Non è nemmeno una domanda. Sembra quasi annoiato. La sua faccia è illeggibile, impenetrabile. Ricordo il modo in cui tremava quando ho pulito il suo petto dallo iodio, la sensazione umana della sua (morbida, calda) pelle. Ora lo vorrei toccare, ma sembra inappropriato. Ha così tanto auto-controllo.

“Sì.”

 Sherlock solleva un lo mein alle sue labbra e se lo mette in bocca, piano. Mastica, deglutisce, e poi dice “Mycroft mi ha prenotato un appuntamento con il miglior chirurgo del Paese?”

 “Sì.”

 “Per domani?”

 “Sì.” Immagino che non avrei dovuto aspettarmi nulla di diverso da Sherlock. Ovviamente sa giù tutto, o immagina. Chissà com’è nel suo cervello, sapere ogni sorpresa prima che capiti. “Non hai davvero bisogno di sentire me che te ne parlo, vero?”

 “Non particolarmente, no.”

 “Lo sai che puoi essere curato, vero?” Le statistiche su questo tipo di cancro alla tiroide sono molto buone. Potrei dirgli tutto riguardo le statistiche, ma sono certo che lui le conosce già. Sono un po’ perplesso.

 “Sì.” Sembra quasi offeso che io abbia chiesto.

 “Stai…” Voglio chiederglielo, stai bene, sei scosso, di cosa hai bisogno, ma non so come far uscire le parole dalla mia gola. La sua faccia rimane illeggibile, intoccabile.

 “Sto bene,” dice. Beve il suo the.

 “Vuoi parlare del trattamento?”

 "No,” dice. “Sto bene.”

Ed ecco qua, come avevo promesso! Continuate pure a lasciare recensioni e a esprimere tutto il vostro ammmmore per ivy! :P

A prestissimo!


P.S. Il capitolo non è betato, ovvero se ci sono boiate è tutta colpa mia e non dell'amabile beta! :D

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Capitolo 5
*** È un buon segno, davvero ***


Capitolo 5: È un buon segno, davvero

Dopo cena, e dopo qualche shot di whiskey per me, Sherlock accontenta le mie richieste e si spoglia, indossando solo la sua vestaglia, e si sdraia sul suo letto. L’ho fatto apposta; il letto di Sherlock non viene mai rifatto, ma per l’occasione l’ho rifatto io stesso. Angoli da ospedale e tutto. Esaminare il tuo coinquilino nudo sul suo letto dopo aver bevuto qualche drink sarebbe visto poco professionale in ogni caso.

Abbiamo già misurato altezza e peso in bagno; ho annotato i risultati sul modulo che Mycroft mi ha inviato via fax questo pomeriggio, insieme alle sezioni precompilate che indicavano il tipo di sangue di Sherlock (0 negativo, sorprendentemente: l’avevo catalogato come AB) e le sue malattie sessualmente trasmissibili (nessuna). Non ha allergie. Ho agitato il termometro e guardato l’orologio.

“Ti prego, dimmi che lo devo tenere in bocca,” dice Sherlock, le braccia incrociate al petto e le caviglie incrociate. Non posso fare a meno di ridere.

“Ma certo!” lo appoggio sulle sue labbra fino a quando non apre la bocca, la lingua alzata. Ce lo spingo dentro e lui chiude la bocca. “Eccellente.”

Controllo l’orologio ancora; aspetto sessanta secondi. Probabilmente non avrei dovuto bere quell’ultimo shot di whiskey. Sherlock sembra un dodicenne con un lecca-lecca in bocca. L’immagine mi fa ridere.

Dopo un minuto controllo il termometro e appunto la sua temperatura. Poco più alta del normale, ma potrebbe essere colpa dei due shot di whiskey che ha bevuto. La annoto come normale. Lo faccio sedere.

La sua pressione sanguigna, sorprendentemente, è totalmente regolare. Esamino orecchie, naso, gola: normali. Le sue labbra sono un po’ screpolate, ma ancora, così sono le mie. Un veloce esame delle sue giunture dimostra che non ci sono problemi. Ascolto i suoi polmoni, lo sento respirare profondamente; c’è un qualcosa di musicale in tutto questo, il suono del respiro di Sherlock. Lo faccio sdraiare ancora una volta e poggio il mio stetoscopio sul suo petto, sull’addome. Passo due minuti buoni ad auscultare il suo cuore. È perfetto, e il suo suono mi piace.

“Ok amico.” questo è un po’ imbarazzante. “Tirati su.”

“Questa è la parte in cui tu mi chiedi di girare la testa e tossire?” sembra più divertito che angosciato.

“Temo di sì.”

Si alza in piedi e slaccia la vestaglia, e porta le mani dietro la schiena. Mentre sono accanto a lui, pesando i suoi testicoli nella mia mano realizzo che ho fatto l’intero esame senza guanti.

“Gira la testa e tossisci.” dico. Lo fa. Non ha un’ernia. Comunque, ha un’erezione, che entrambi facciamo fatica ad ignorare. Per un momento penso di dare uno sguardo al suo pene e prepuzio mentre è in queste condizioni, e ammetto che la curiosità ha avuto la sua parte nella mia decisione di andare avanti e fare così.

“Vuoi un momento?” chiedo. Sembra solo beneducato. Probabilmente avrei dovuto aspettare di chiedere prima di avere una presa sul suo pene. Il whiskey potrebbe avermi dato alla testa un po’ più in fretta di quanto io abbia immaginato.

“Sto bene,” dice Sherlock. È un po’ confuso.

“È inusuale questo, per te?”

“Sì,” dice Sherlock. Poi vedo qualcosa che pensavo non avrei mai visto: è arrossito, dal petto fino al viso. Non credevo fosse possibile. Do uno sguardo veloce, esamino il suo prepuzio, e poi lo lascio andare, e annoto sul file. Normale.

“Va tutto bene,” lo rassicuro. “Succede sempre durante gli esami.” Quello che non dico è che solitamente non causa una reazione simile nel dottore. “È un buon segno, davvero.”

“Va bene,” dice Sherlock. Non esattamente miscredente, ma sicuramente sarcastico.

“Non c’è nulla di cui aver paura qui,” dico, dando un’occhiata ancora, poi chiedendomi cosa diavolo io stia facendo. “Qualcosa di cui puoi essere fiero, decisamente.”

Sorride il suo mezzo sorriso sghembo. Mi chiedo: quando Sherlock è diventato interessante a livello sessuale e/o romantico, per me? È stato durante i suoi vari test e procedure?

Vorrei che la risposta fosse sì, in un certo senso, perché sarebbe tutto più semplice; potrei considerare questo come un desiderio di confortarlo in un momento molto difficile. Abbiamo una relazione strana, ma molto vicina, dopotutto. Per me significa molto di più di chiunque io abbia mai incontrato. È facile confondere i tuoi sentimenti quando stai davanti all’uomo che metaforicamente (e qualche volta letteralmente) salva la tua vita, ti fa sentire intero, ti da uno scopo. Il corpo è veramente semplice, davvero: reagisce e tutti i tipi di stimoli, che siano o non siano sensati per il tuo cervello. È facilmente confuso. Pensavo che sarei disturbato di più dall’elemento omosessuale di tutto questo, ma stranamente non è così. Penso che abbia a che fare con la mia - relativa - maturità.

“Un’altra cosa, solo un’altra,” dico. Gli tolgo la vestaglia, proprio come ho tolto quella in ospedale. È in piedi, di fronte a me, completamente nudo. È una lunga striscia di bianco sotto le luci delle lampade, con una rete blu di vene tracciata sul suo corpo come vernice. È come un’opera d’arte. Le sue palpebre sembrano pesanti, e mi chiedo se lui stia pensando alla stessa cosa a cui io sto pensando. “Devo controllare la tua schiena per i nei. Puoi sdraiarti a pancia in giù?” la mia voce è un po’ più roca del previsto. Come ho detto: non sempre faccio esami nel mio appartamento, o su un letto, o sul letto del mio coinquilino. Lui si adatta.

Lo copro con una coperta; comincia a fare un po’ freddo ora. Faccio una rapida ispezione, sollevo la coperta quando ne ho bisogno, e poi sfrego le mie mani sulle sue spalle e sulla sua schiena. Spingo le dita tra la tensione dei suoi muscoli, li massaggio finché non si rilassano, e li sento sciogliersi sotto le mie dita. Spengo tutte le luci tranne una sul suo comodino. Non c’è più bisogno di luce. C’è qualcosa nel suo respiro, lo so e basta.

Mi sdraio accanto a lui, si gira, e prima che io possa capire chi abbia cominciato, o chi si sia mosso verso chi, le mie labbra sono contro le sue e la mia lingua è contro la sua. Riesco a sentire il suo sapore di whiskey, il takeaway, the. È caldo contro di me, disperato, tutto bisogno e dolore e paura. Questa è la prima volta in cui ho sentito la paura in lui; la paura della chirurgia, del cancro o del trattamento, paura di morire, paura di vivere con la morte imponente sotto la forma di un cancro imprevedibile. Perfino questo: paura di non esprimere qualcosa, di lasciar andare qualcosa; sembrava che avessimo le nostre vite da sistemare in questa relazione complicata, e che ora le abbiamo distillate in una sola notte di pelle, mani, frizione, baci, di suoni incontrollato e meravigliosi dal profondo del suo petto. Prova a prendere fiato e sento che sta per scoppiare a piangere, ma non lo fa. L’evidenza di questa esperienza finisce sulla mia maglietta, sui miei jeans che, come il resto dei miei vestiti, non sono riuscito a levarmi. Finisce la serata accoccolato in fianco a me, la sua mano tra i miei capelli, il suo viso, finalmente rilassato nel sonno, contro il mio petto.

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Capitolo 6
*** Annegando ***


Capitolo 6: Annegando
Beta:

 

Vi avverto: se avete un cuoricino sensibile/fatto di burro/you just can’t handle all of these feels (cit. intero popolo di Tumblr) vi consiglio di tenervi vicini dei fazzoletti e una scodellina di gelato. Non si sa mai, potreste aver bisogno di supporto. E poi il gelato è buono e fa bene.

 

 

È più lungo di quanto avessi pensato. Ho incontrato il suo chirurgo; sembra una donna gentile. Mani piccole, probabilmente un dono per un chirurgo così. Passano quasi quattro ore da quando l’ho visto entrare nella sala operatoria, sembrando più debole e fragile di quanto mi piaccia, prima che io lo veda ancora nella camera di rianimazione, a riprendersi. È un miracolo che mi ci abbiano lasciato entrare (1). Probabilmente un miracolo chiamato Mycroft Holmes. 

È ancora intubato quando lo vedo per la prima volta, ed è il contrasto più forte che io possa immaginare da ieri notte. È passato da essere completamente vivo sotto le mie mani, tutto calore, carne e suoni, ad avere una macchina che spinge l’aria nei suoi polmoni. C’è un gran bendaggio sul suo collo; tutto il lavoro chirurgico coperto con cotone, incluso il tubo di drenaggio che hanno cucito dentro. Sta indossando i tubi sulla sua vestaglia come una banda al merito. Ha un’endovena alla mano, con già la morfina che gli scorre nelle vene. Una gentilezza. Si sveglia, i suoi occhi mi catturano, è c’è del panico. Gli dicono che sta bene, gli dicono che stanno per levare il tubo. Gli dicono che deve tossire. Lo fa, come un gattino debole. Levano il tubo e collassa. Sta respirando in panico, come se stesse annegando, i suoi occhi mezzi chiusi. Non è del tutto cosciente. Le infermiere si allontanano, e si spostano da un altro paziente, facendo spazio per me. Mi avvicino, gli prendo la mano. Una macchina, collegata al suo dito, gli controlla il battito cardiaco. Sta emettendo dei “beep” leggeri ma veloci. La evito, sfregando le mie dita contro il suo palmo. “Stai bene, Sherlock” gli dico. “Chirurgia perfetta. Stai bene. Vai bene.”

È tremolante, ma il panico sul suo viso sembra sparire leggermente. Le infermiere lo stanno tenendo d’occhio, come fanno sempre con i pazienti. “Sherlock,” dico, avvicinandomi a lui, vicino al suo orecchio. Passo le dita tra i suoi capelli. “Ti amo.” È una cosa strana detta da me, perfino dopo l’intimità di ieri sera. So che è strana, ma so anche che è vera. L’ho portato in ospedale stamattina, una mano sul suo gomito. Non ci siamo abbracciati, non ci siamo baciati. Non so se mai faremo queste cose ancora. Ma la verità rimane. “Ti amo,” dico ancora, perché so che è vero. Mi guarda. Le sue labbra sono secche, quasi screpolate. “John,” mormora, la voce roca per colpa dell’anestesia e della morfina. Gli si chiudono gli occhi e sviene un’altra volta. Pensate che sia una cosa coraggiosa, quella che ho fatto? Perché davvero non lo è. Sherlock non se ne ricorderà. So che non se ne ricorderà.

 

(1)  Recovery room io l’ho tradotto così, anche se sinceramente mi fa pensare alla stanza in cui portano i pazienti appena dopo la chirurgia, non alla stanza in cui sono ricoverati poi… se qualcuno di voi ne sa di più/ha una traduzione migliore non esitate a dirlo! :)

 Mi scuso ancora tanto per il ritardo, sono partita per due settimane, credendo di riuscire ad aggiornare anche in vacanza, ma la chiavetta internet mi ha abbandonato! :’( sono state le due settimane più dure della mia vita XD BTW ora son  tornata a tradurre! Cercherò di recuperare il paio di capitoli persi il più in fretta possibile!

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Capitolo 7
*** Non sei altro che efficiente ***


Capitolo 7: Non sei altro che efficiente
Beta:

Mi sveglio quando la porta della camera di Sherlock si apre. Questo significa che mi sveglio ogni due ore. L’infermiera entra, fa la sua faccia da mi dispiace tanto svegliarti ancora e si avvicina a Sherlock, che è continuamente svegliato dalla sua presenza, proprio come me.
   Gli misura il collo usando il metro di stoffa che gli hanno appoggiato sulle spalle; il gonfiore sta diminuendo ogni ora. Un buon segno. Gli prende la mano e tocca il palmo, gli tocca gli zigomi e fa scorrere le dita sulle guance. Gli chiede piano se sente pizzicore alle labbra o alle punte delle dita. Ogni volta lui risponde di no. Il segno di un buon chirurgo; nessun urto alla paratiroide(1) nessun incremento dei livelli di calcio. Controlla se c’è un’emorragia, sposta il bendaggio e da uno sguardo a quello che c’è sotto, poi lo risistema sotto alla sua vestaglia. Tornerà a casa prima di quanto io credessi.

Quando l’infermiera se ne va mi alzo, ogni volta, mi metto in fianco a lui, gli tocco la mano o i capelli, il viso, e il suo sguardo incontra il mio. Non parliamo. Le sue palpebre si abbassano e dorme un po’ di più. Fino alla prossima interruzione. Dopo la terza, Sherlock deve svuotare la vescica. Stacco l’endovena dal muro, e lo accompagno in bagno. La sua vestaglia è abbassata assieme al catetere, forma angoli bizzarri, è aperta in punti strani.(2)  

Vedo le sue lunghe, magre gambe; i suoi piedi grandi e lunghi. Non si guarda nello specchio in bagno, non muove la mano per toccare la gola ben bendata. Le sue gambe sono instabili, quindi lo faccio sedere invece che di farlo stare in piedi per urinare.
   L’endovena nella sua mano non è più morfina; è una soluzione salina.

Dopo questa prima visita al bagno comincia a doverci tornare ogni mezz’ora. Lo accompagno ogni volta. Non sembra che gli importi. Mi sveglio di nuovo intorno alle sei al suono di delle scarpe sul pavimento, la porta che si apre. Mycroft. Gli occhi di Sherlock si aprono ancora.

“Ho sentito che è andato tutto bene,” dice, con un sussurro. “Sì,” rispondo, perché preferisco che Sherlock non ci provi. Chiude gli occhi ancora, facendo finta di essere addormentato. “Dice che è andata benissimo. si sta riprendendo molto bene, credo che tornerà a casa oggi.”

“Non affrettiamo le cose,” dice Mycroft, e ho paura che avremo un’altra notte da passare in questo posto infernale. L’ospedale sembra così eccitante per me come dottore, ma come amico di un paziente, non voglio altro che uscire di qui. “Ho prenotato l’ablazione(3) tra un mese”. “Non sei altro che efficiente,” dico.

“Avrà bisogno di aiuto per le prossime sei settimane, come minimo”
“Ah, sì?” rispondo. “Certamente,” dice Mycroft. “Ha una grave forma di ipotiroidismo. Lo potrai aiutare?” “Sì,” dico, sentendomi un po’ stupido. Certo che avrà una grave forma di ipotiroidismo. Non ha più la tiroide. “Sì, certo che posso.” “Assumerò qualcuno,” dice Mycroft. “Per aiutarti. Per tenerlo d’occhio.” “No,” dico, chiedendomi perché sono così sicuro di non volere aiuto. Sarebbe bello avere qualcuno vicino che sistema e lava i piatti. Ma dentro di me so che non voglio un estraneo nell’appartamento. È il mio lavoro, il mio ruolo. Prendermi cura di Sherlock è la mia responsabilità.

“Posso farcela.” “Trasferirò dei fondi al tuo conto,” dice Mycroft. “Se aiuterai non voglio che tu vada all’ambulatorio, nemmeno part-time. Non voglio che lo lasci da solo.” “L’ipotiroidismo non è l’epilessia, non ha bisogno di qualcuno che gli faccia da babysitter.” Mi sento indignato per Sherlock. Può farcela. Starà bene.

“Nonostante ciò,” insiste Mycroft “se insisti a voler continuare a lavorare all’ambulatorio per i prossimi due mesi assumerò qualcuno per controllare Sherlock.” Cos’altro posso fare? “Va bene,” dico sospirando. “a Sarah non piacerà affatto.” “L’ho già informata della tua assenza,” mi fa notare Mycroft. “Le ho procurato un sostituto.”

Tipico. Guardo Sherlock. Continua a far finta di stare dormendo, ma posso vederlo fare un sorrisetto.

 

(1) La paratiroide è una ghiandola endocrina posta vicino alla tiroide

(2)Vi prego di perdonarmi per la licenza poetica (assoluta libertà) che mi sono presa, ma davvero non sapevo come tradurre questa frase: His gown is weighed down with his drain, pulls at a weird angle, makes it open at odd places.  Ho chiamato una mia amica per un aiuto, ma anche lei non ha saputo dare una mano… ho cercato di tradurla come meglio potevo, la verità è che non l’ho proprio capita… scusatemi, magari sarà una cosa semplicissima, è che proprio non l’ho capita D: Ok, aggiornamento: grazie mille a OceanMind che mi ha suggerito questa frase come traduzione... se mai vi capiterà di leggere questa storia dopo la sua fine e avete una traduzione diversa non siate timidi e fracassatemi pure i boccini come meglio preferite! (ecco, magari se avrò finito di pubblicare mandatemi un mp su MyPassion, il mio profilo, vi risponderò sicuramente!)

(3) In medicina, solitamente, l’ablazione è la rimozione di una parte (solitamente superficiale) di tessuto biologico. Come al solito Wikipedia ne sa più di me, ecco a voi un link utile http://it.wikipedia.org/wiki/Ablazione#Medicina

Vi chiedo ancora una volta perdono per il ritardo… non è che io sia in vacanza o che, sono a casa… il motivo è uno solo, per cui mi sento tanto stupida: è il punto due .-. Mi sono spaccata il cervello su quella frase per qualcosa come tre giorni, il capitolo era pronto già da un po’… è che davvero non riuscivo a trovare una traduzione, e quindi sono andata in palla… carina, eh? E pensate che studio lingue! Io davvero non ce la posso fare! In ogni caso non temete, ora che arriva settembre e la scuola (sigh) non tarderò, riesco sempre ad avanzare del tempo per me dopocena, quindi gli aggiornamenti continueranno ad arrivare ogni settimana! :D
Ah, dimenticavo: se mai doveste notare qualcosa che non vi convince nel capitolo non esitate a farmelo notare, che io lo correggo; nonostante tutte le vostre belle parole (seriamente, come si può non amarvi?) sono ancora “piccola” e ho tanto da imparare, e a volte mi capita di fare errori stupidi. Segnalatemeli pure!

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Capitolo 8
*** È tutto normale ***


Capitolo 8: È tutto normale
Beta:

 

Siamo riuniti attorno a un cadavere nel fango, sulle rive del Tamigi. Pensavo che non avremmo fatto nulla di tutto ciò fino alla fine del trattamento di Sherlock, proprio come Lestrade; ma eccoci qui. Gli occhi di Donovan sono sbalorditi, sembra non riuscire a smettere di fissare la cicatrice di Sherlock. Anche se: non si può riuscire a vedere la cicatrice, non ancora. È coperta dal nastro chirurgico, strisce verticali, che formano una specie di bizzarra collana tribale. Ci sono macchie di sangue sulle strisce, ma non sono ancora pronte per andare via. Sherlock sta fingendo che tutto è normale.

Per la maggior parte delle cose è normale. L’unica differenza è che io sono nervoso riguardo la sua cicatrice, sono attento che lui non la urti e la faccia riaprire. Lui accontenta le mie richieste: niente alzarsi di botto dal letto, niente sollevamento di oggetti pesanti, e sta attento quando gira la testa. Lo aiuto a lavarsi i capelli, solo che con quelle strisce non ha davvero bisogno del mio aiuto. Sto con lui, comunque, quando entra nella doccia la mattina. Spingo la testina della doccia, mirando gentilmente alla sua cicatrice. Finisco con l’avere la maglietta e i pantaloni del pigiama umidi, ma non m’importa. Li appendo alla porta durante il giorno, e sono asciutti ora di sera.

“È stato nell’acqua per un po’,” uso la punta della scarpa per sollevare la mano dell’uomo morto. “Dire tre giorni.”

“Concordo,” dice Sherlock, ignorando tutti gli sguardi curiosi puntati sulla sua cicatrice.

“Ovviamente è separato da poco, visto la depressione sul suo anulare, mancante dell’anello. È improbabile che gli sia caduto, visto quanto si è gonfiato. Lestrade, devi trovare sua moglie il prima possibile.”

Lestrade sembra decisamente instabile, e di certo non posso biasimarlo. Sherlock ha lasciato l’ospedale due giorni fa, ed eccolo qui, comparire sulla scena del crimine come se nulla fosse successo. Con una vistosa cicatrice di quindici centimetri alla base della gola e i segni dell’endovena ancora sulla mano. Non si è dimostrato molto interessato nel prendere antidolorifici, ma a parte qualche movimento del collo ora proibito, non sembra essere rallentato per nulla.

Rimane terribilmente pallido dall’anestetico. Continuo a prepararmi a vederlo cadere in deliquio(1).

“Sherlock,” dice Lestrade, nel tono più gentile che io gli abbia mai sentito usare, “sei sicuro che sia una buona idea per te--“

“Dall’aspetto delle sue unghie,” continua Sherlock, come se non fosse stato interrotto, “direi che era un meccanico d’auto; dal tipo d’olio sotto le unghie, direi industriale. Camion di petrolio. BP o CPL(2). Uno dei due avrà denunciato la scomparsa di un meccanico.”

“Sei pazzo?” dice Donovan. Ha le braccia incrociate al petto, la sua posa è un po’ arrabbiata. “Beh, lo sappiamo tutti che sei un po’ matto, ma hai appena lasciato l’ospedale! Non ti prenderai un’infezione o qualcosa, stando attorno e toccando cadaveri? O non te ne importa proprio?”

“Come sta il tuo nuovo fidanzato, Sally?” chiede Sherlock. “Hai già detto ad Anderson di lui?”

Donovan diventa di un rosa intenso. Anderson, che stava in fianco al corpo, ignorando Sherlock, improvvisamente solleva la testa. “Cosa?”

E pensare che Mycroft era convinto che Sherlock avesse bisogno di aiuto. È tornato ad essere il vecchio Sherlock, direi. Più o meno.

 

(1) Mi perdonerete se per spiegare cos’è il deliquio vi copio-incollo la spiegazione che la deliziosa lucia mondella ha dato in The Progress of Sherlock Holmes (in caso voi non l’abbiate letta): Deliquio traduce swoon, termine un po’ datato e letterario per indicare uno stato di estasi o di violenta emozione che porta allo svenimento, alla perdita di coscienza. È tipico appunto delle protagoniste femminili dei romanzi vittoriani, intrisi di elementi romantici e per noi oggi, naturalmente, fortemente stereotipati.

(2) Il nome di due compagnie di petrolio: http://www.bp.com/bodycopyarticle.do?categoryId=1&contentId=7052055 e http://www.cplpetroleum.co.uk/

 

Non riesco a spiegare a parole quanto voi siate adorabili e quanto io apprezzi tutto il vostro supporto e le vostre belle parole nelle recensioni… credetemi, è una cosa fantastica leggere ad ogni capitolo i vostri ringraziamenti o i vostri complimenti per la traduzione… sono io a dover ringraziare voi per quanto siete splendidi!

Dovete sapere che io sono una linguista (ok, ok, studio “solo” al liceo, ma whatever!), studio al liceo linguistico, e quindi sentirmi dire che traduco bene è uno dei complimenti migliori che possiate farmi… la volete sapere una cosa? Mi state rendendo esageratamente presuntuosa v.v il fatto è che inizio la seconda a settembre, e mi sento un po’ speciale per il lavoro che sto facendo (tutto merito di voi favole!)… avete dato una botta assurda alla mia autostima, grazie! Davvero, grazie mille, siete una cosa fantastica! <3

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Capitolo 9
*** Non c'è calore ***


Capitolo 9: Non c’è calore
Beta:

Sono quasi le dieci e mezza e Sherlock è già andato a letto, un segno che l’ipotiroidismo sta cominciando a farsi sentire. È un processo lento, più lento di quanto pensassi. È passata una settimana, e sto iniziando a vedere solo ora gli ovvi segni. Sta diventando stanco. Non riesce più a stare alzato tutta la notte. Si sveglia stanco e debole. Mi risponde male, è frustrato, arrabbiato, ma non mi offendo. Si scusa, riconosce che si sente irritabile.

“Lo so,” dico, ogni volta che capita. “È normale che accada. Va tutto bene.”

Gli ho levato le applicazioni chirurgiche questa mattina con un paio di pinzette. La cicatrice è larga, più di quindici centimetri. È gonfia e rossa, la sua pelle non ha gradito il tubo di drenaggio, le applicazioni o qualsiasi altra cosa. Non è frastagliata o grossolana, è una linea perfetta; il chirurgo ha cominciato nel mezzo della gola e ha tagliato dritto, poi a sinistra. È raggrinzita dove i punti sono stati passati, ed è gonfia e punteggiata da macchie rosse. Indossa una sciarpa morbida quando va a dormire. Credo stia cercando di impedirsi di toccarla. È un corpo estraneo, qualcosa che non riuscirebbe a togliere se ci provasse. È una parte di lui, ora.

L’ho messo in doccia dopo, sono entrato con lui, ho lavato l’incisione al posto suo sotto l’acqua calda. Credo guarirà bene. L’ho tenuto vicino a me, nella doccia, gli ho lavato i capelli e l’ho insaponato, l’ho sciacquato, accarezzando la sua pelle - troppo - bianca. L’ho baciato, piano, gentilmente, sulle labbra. Ha tenuto gli occhi chiusi e le braccia attorno a me. Non lo avrei mai immaginato così. Indifeso. L’idea di lui solo ad affrontare tutto questo mi spaventa.

Ho spalmato la cicatrice di vitamina E prima di metterlo a letto, e ho sentito la linea ruvida del tessuto cicatriziale sotto il mio dito. Me lo ha lasciato fare, guardandomi con i suoi occhi curiosi.

Abbiamo passato la giornata risolvendo puzzle nel parco, gironzolando, comprando il pranzo lì. Lo voglio mantenere in movimento, fargli fare un po’ di esercizio senza che se ne accorga. È stata una bella giornata.

Ci siamo fermati vicino ad una fontana, guardando i bambini giocare sui ciottoli vicino, e poi lui ha preso la mia mano. Era fredda, e io l’ho presa nella manica del mio giubbotto per riscaldarla.

“John,” chiama, dal suo letto. La sua voce è debole e tesa. Pensavo stesse dormendo.

Lascio il mio libro e vado in camera sua, mi fermo ai piedi del suo letto. “Tutto a posto, Sherlock?”. È sdraiato sul fianco, al buio, acciambellato sotto le coperte.

“Sto morendo di freddo,” dice, la sua voce soffocata dalle coperte. “Non riesco a… scaldarmi.” Gli ho messo tre coperte in più quando è andato a letto, ma ha ancora freddo. Mi abbasso e tocco il suo collo; freddo.
La temperatura corporea sta cominciando ad abbassarsi. Ipotermia costante.

Non glielo chiedo, anche se probabilmente dovrei. Sono già in pigiama, quindi mi levo il maglione e mi metto a letto in fianco a lui. Sembra un letto vuoto, non emana calore. Lo avvicino a me, avvolgo le braccia attorno al suo petto magro, la guancia contro il suo collo. Riesco a sentire il freddo che emana. In pochi minuti il mio calore corporeo scalda il letto e riesco a sentirlo rilassarsi. Prende la mia mano e la stringe, piano. Poi si addormenta, e il suo respiro regolare mi culla e mi fa cadere nel mondo dei sogni, la sua mano ancora nella mia.

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Capitolo 10
*** Intollerabile ***


Capitolo 10: Intollerabile

Siamo nel bel mezzo di una scena del crimine quando Sherlock stesso stacca la spina. Non ho voluto dirgli nulla, ma è rallentato così tanto che sembra una persona nella media. Eppure, neanche quello.

“Non ci riesco.”

Sono determinato ad assicurarmi che il cancro non lo uccida, ma l’ammissione potrebbe. Non ce la può fare. Non ha l’energia per arrivare sulla scena del crimine, senza considerare inseguire criminali, schivare pugni e proiettili. Niente cadute sui ciottoli, niente scalate di balconi, non ora. E anche se riuscirebbe ad arrivare sulla scena del crimine, il cappotto svolazzante e la sua arroganza tipica, sta perdendo la sua mente veloce come un fulmine. Rimane un osservatore migliore di chiunque altro, rimane un genio, ma riesco a vederlo rallentare, e così fanno glia altri. Gli ci vuole di più per trovare l’indizio vitale. Dobbiamo aspettarlo.

“Non ci riesco,” dice, calmo.  La sua voce è diventata rauca, come se avesse l’influenza. Ma non ha l’influenza. Si è svegliato con la voce rauca e non è tornata normale. È iniziato un paio di giorni fa e mi ha fatto preoccupare: è un segno della sua degenerazione. Speravo che non accadesse.

“Lo so,” gli dico. Le persone si muovono attorno a noi e Sherlock è in slow motion, ogni movimento è lento, perfino i suoi pensieri sono rallentati con lui. Sono rallentato anche io, per adattarmi ai suoi ritmi. Lo sveglio lentamente la mattina con una tazza di the, cammino al suo passo quando andiamo da Tesco, ora ci andiamo insieme. (non mi piace lasciarlo a casa da solo, e camminare gli fa bene.) Senza gli altri che si affrettano attorno a lui non riesce a vedere quanto sia diventato lento. Deve aver visto la verità qui, nel cuore di Londra, con uomini d’affari e le loro valigette che lo sorpassano, dandogli spallate per farlo spostare; non riesce a tenere il passo. Le giunture si sono gonfiate un po’, le sue dita sono ghiacciate. È indolente e debole, una breve passeggiata non viene mai presa in considerazione. “Non è permantente.” rispondo alla domanda che non mi sta chiedendo, perché ne sa di più e non chiederebbe se non lo sapesse. “Tornerà.”

“È così il tuo cervello?”

“Sorrido. “Sì, sono sicuro che il mio cervello sia così,” dico.  Chiamo un taxi e mando un messaggio a Lestrade.

Non sarà sulla scena del crimine oggi. Non lo sarà finché non starò meglio. Grazie per la tua pazienza.

“Intollerabile,” dice Sherlock, ma senza amarezza. È stanco. I suoi occhi sono gonfi.  La pelle delle sue mani è ruvida. Ogni giorno lo massaggio con la crema, ma i suoi gomiti e le sue ginocchia sono secche e screpolate. La tristezza nei suoi occhi è difficile da vedere; è come fissare il sole. Terribile. Impossibile. Accecante.

“Credo di star morendo.” dice.

“Non morirai,” dico automaticamente, ma penso abbia ragione. Questo è un modo di morire. È molto lento e duro da vedere, ma senza un organo essenziale come quello che il chirurgo ha rimosso, senza medicine per sostituirlo, morirà. Ha solo una settimana prima del prossimo stadio del trattamento.

È difficile vederlo rallentare così, vederlo invecchiare di cinquant’anni in tre settimane. Mycroft aveva ragione. Ha bisogno di aiuto. Sono grato di non essere alla clinica. Non voglio lasciarlo solo.

“Lo farò,” mi corregge.  “Morire. Alla fine. Tutti lo fanno.”

“Beh, suppongo di sì,” ammetto. “Ma non sarà per questo. “

Penso al suo trattamento, di quanto sembrasse semplice sulla carta. È semplice per un dottore, un dottore distante che non deve guardare un grand’uomo con una mente grande distruggersi così. Aspettare. La vita che scivola fuori da lui. È semplice perché il suo corpo si sta chiudendo senza il nostro aiuto o il nostro intervento. Non si può avvelenare senza la chemioterapia. Sta distruggendo la sua mente, l’unica parte di se stesso a cui tiene vagamente.

Lo aiuto a entrare nel taxi, e lui non fa resistenza. La sua pelle è fredda al tocco, ma non se ne lamenta più ormai.

Lestrade mi risponde: Bene. Prenditi cura di lui. Lo vogliamo indietro appena è pronto.

Lo porto a casa e lui mi batte a scacchi. Tre volte di fila. Lo fa sentire chiaramente meglio. Non lo stavo lasciando vincere, davvero, è solo che non sono bravo a scacchi.

Vi chiedo perdono per il ritardo assurdo del capitolo, è che con la prima settimana di scuola ho dovuto riprendere il ritmo di sonno e dei compiti, quindi è stato un po' un casino... anyway non disperate (e chi dispera, direte voi), che non mollo... magari i prossimi 2/3 aggiornamenti avverranno ogni settimana e mezza, ma non temete^^

Grazie per le recensioni e l'affetto, siete una meraviglia!

Baci,

Ary

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Capitolo 11
*** Io, al massimo ***


Capitolo 11: Io, al massimo.

È ancora addormentato quando mi sveglio. Accendo la coperta elettrica, senza avere la minima intenzione di lasciare il letto se diventa freddo.
Passo le dita tra i suoi capelli; sono diventati secchi  e ne vengono via troppi quando lo accarezzo. Gli bacio la tempia.

Quando il letto è sufficientemente caldo, mi sbroglio da lui senza svegliarlo, e vado in cucina a fare il the. Io, al massimo: faccio il the. Il teschio sarebbe stato inutile per questo.
Porto la tazza calda in camera a Sherlock, e i suoi occhi sono aperti.
Si gira e mi guarda entrare, si mette a sedere.

“Ancora un giorno,” gli dico, e sorrido. “Ti sentirai meglio molto presto.”

Mi guarda in modo assente. “Cosa?”

“Domani verrai ricoverato per la radioterapia, ricordi? Finirà presto.” Il suo sguardo vuoto mi fa preoccupare seriamente.

Sospira. “Io non…” comincia. C’è la disperazione più totale sul suo volto. “Non riesco a capire.”

Gli passo il suo the e mi raggomitolo nel letto con lui, lascio che si appoggi a me, i suoi capelli sotto al mio naso. “Bevi il tuo the,” mormoro.

Dopo un po’ si gira e mi guarda. “Di qualcosa.”

“Come ti senti?”

“Stanco,” dice. “Stavi parlando prima, ma non ti ho capito.”

“Oh?” penso a quanto ci voglia per morire di questo. Penso siano altri due mesi, e non riesco nemmeno a immaginare che mesi possano essere.

“Il mio cervello è diventato perfino più lento del tuo,” dice tristemente.

“Non lo dirò a nessuno,” dico. “Sarà il nostro piccolo segreto.”

Mi sorride con affetto, ma non riesce a scacciare la tristezza dai suoi occhi. Beve il suo the.

Hey! Scusate il giorno di ritardo, avevo una verifica abbastanza importante per cui prepararmi! Anyway I'm back! 

Questo capitolo è MOLTO corto, ragion per cui cercherò di farvi arrivare il prossimo aggiornamento per venerdì/sabato, ma non vi prometto nulla, dato che ho il week-end infestato da verifiche e interrogazioni... se volete prendervela con i miei prof non vi fermerò di sicuro! xD

Also, please note that io non sono ivy, quindi se sperimentate taaaanto dolore alla fine di questo capitolo, volete gridare FEELS! a gran voce o, ancora peggio, accusarla di essere peggio di Moffat... beh, vi do ragione xD 

baci,

Ary

 

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Capitolo 12
*** Più pericoloso che mai ***


Attenzione: Se nello scorso capitolo stavate gridando a pieni polmoni MY FEELS! THEY WON'T RECOVER EVER AGAIN! IVY I'LL KILL YOU ADBFJASDVBJDSFBV OMG I CAN'T, sappiate che farete altrettanto durante questo capitolo. In poche parole, siete spacciati. Come al solito io ve lo dico: ambasciator non porta pena, prendetevela con quel magnifico genio (criminale) che ivy è <3

Buona lettura!

Capitolo 12: Più pericoloso che mai.

È la notte più quieta della storia. 
Riesco a sentire l’orologio sul muro del salotto, e sono sdraiato sul letto di Sherlock. Il mio è rimasto abbandonato per settimane. Non voglio andare la da solo. Almeno riesco ancora a sentire l’odore di Sherlock, qui. La sua assenza è palpabile, e lo odio.

L’ho lasciato in ospedale questa sera, con nient’altro che un libro di seconda mano, un vecchio paio di ciabatte, un sacchetto di caramelle al limone, un tubo di vitamina e, shampoo dell’hotel e il mio vecchio telefono. È la notte prima dell’inizio del suo trattamento; lo vogliono in ospedale questa notte. Ero contento che questa fase iniziasse, ma una volta che ho visto la stanza ho sentito un groppo in gola che non se ne voleva andare. È così sterile, il pavimento coperto con la carta da parati, l’unica sedia nella stanza ricoperta dalla carta da parati. Una camera preparata per una vittima pericolosa, per qualcuno che sta per diventare pericolosamente radioattivo. Non gli è permesso di andare a piedi nudi sul pavimento. Tutto quello che entra con lui non può uscire. Una Chernobyl in miniatura. Questo è quello che sarà. Più pericoloso che mai.

Almeno la camera ha un termostato. L’ho sollevato a 28 gradi. Il letto ha solo le lenzuola, solo quello che è facile da lavare. Avrà freddo. Non è abituato a dormire da solo, con solo il calore del suo corpo. Niente abiti, ma vestaglie. L’ho vestito, messo i suoi vestiti da parte, e poi l’ho aiutato a infilarsi la vestaglia dell’ospedale ancora una volta. Una allacciata davanti e una allacciata dietro. Gliene ho messo un’altra sulle spalle per tenergli caldo. Gli ho rimboccato le coperte, sistemandogliele in base alla sua altezza. Ho spalmato un po’ di vitamina e sulla sua cicatrice, e gli ho ricordato di farlo due volte al giorno. Gli ho accarezzato la fronte, ho intrecciato le mie dita tra i suoi capelli. I suoi occhi gonfi hanno incrociato i miei. Mi sono abbassato e gli ho baciato la fronte. Dovevo andare. Non perché volevo, o perché dovevo andare da qualche parte. Solo che lo staff dell’ospedale si aspettava che lo facessi. Diventiamo schiavi delle loro aspettazioni. Indifesi di fronte a loro.

Ha appoggiato la mano sulla mia spalla, mi ha guardato il volto, cercando qualcosa. Mi ha tirato vicino a sé e mi ha baciato. Le sue labbra, la sua lingua, la sensazione dei suoi capelli sotto le mie mani. È così debole, mi spezza il cuore. Sta dicendo addio.

“Tre giorni,” dico, cercando di essere il più allegro possibile. “Tre giorni e poi questa cosa sarà quasi finita.”

Sherlock annuisce.

Ho pianto quando l’ho lasciato lì, non in fronte a lui, ma nel corridoio, dietro la porta chiusa. Sembrava così perso, così confuso, così indifeso in quel piccolo letto, solo. Quattro notti, tre giorni. Non è molto lungo. Sembra un’eternità. Non lo posso vedere, non posso entrare. Non una volta che ha preso le pillole. Nessuno può entrare, e lui non può uscire.

Il mio cellulare suona. Un messaggio.

Mycroft mi ha portato un contatore geiger(1) tutto mio! SH

Che bel pensiero! Cosa leggi?

Due. Forse è solo la camera. SH

Era autorizzato a venirti a trovare dopo l’orario di visita? Psh.

Mycroft vive in un mondo senza regole. SH

Mi piacerebbe viverci.

Lo odieresti. SH

È strano qui, senza di te. 

Lo immagino. È la mia camera da letto. SH

Non ti chiederò come fai a sapere dove sono. 

Ti conosco. SH

Credo di sì. Mi manchi. 

Mi hai sorpreso. SH

Davvero? Non credevo di poterti sorprendere. 

Sembra di sì. Non credevo di essere interessato ad una cosa simile. SH

Che cosa? Oh… quello? Quella cosa lì?

Sì, quella cosa lì. Non mi è mai interessato prima. SH

Beh, sei compromesso. Se non vorrai continuarlo(2) quando starai meglio per me va bene. 

Davvero? SH

Beh, ovvio. Forse me ne(3) sono approfittato. 

Non lo direi. SH

Ma non stai bene.

Non sono stupido. Beh, immagino di essere un po’ stupido ora come ora. SH

È stata una sorpresa anche per me, davvero.

Immaginavo lo fosse. SH

Sì. Credo sia il tipo di cosa che ti obbliga a guardare e a vedere per davvero. 

Osserva e deduci SH

Tipo.

Se tu ti intrufolassi e trascorressi la notte con me non credo che nessuno se ne accorgerebbe SH

Quindi è ciò che faccio. Mi intrufolo nell’ospedale, salgo al quinto piano, dove si trova la camera d’isolamento di Sherlock, controllo che nessuna infermiera mi veda e entro. 
Sta respirando così lentamente, sdraiato su quel letto così piccolo che per un momento penso stia dormendo. Ma non è così. Si sposta un poco, mi fa spazio.

Prende il mio viso tra le sue mani e mi bacia.

Sbottona la mia camicia e me la leva; tira i miei pantaloni finché non me li levo e li faccio cadere sul pavimento. Non si ferma finché non sono nudo come lui lo è sotto la sua vestaglia. Mi accarezza, mi esplora, mi bacia la giugulare, il fianco, l’interno coscia. Ci addormentiamo in un pasticcio di gambe e fluidi corporei. Mi sveglio, nel mezzo della notte, con le sue dita che disegnano ghirigori sul mio petto, sul mio stomaco. Sento il suo respiro contro il mio collo.

“John,” dice. È pieno di significato. Bacio i suoi occhi chiusi, e ci riaddormentiamo. La sua stanchezza è così pesante. e io riesco a sentirne il peso.

La mattina dopo disfo e rifaccio il suo letto, lavo Sherlock da testa a piedi e gli cambio la vestaglia. Sgattaiolo fuori. Nessuno sa che sono stato lì. Dopo minuti che sono uscito entrano con la scatola contenente le sue due pillole e un bicchiere d’acqua.

Quando torno a Baker Street c’è un contatore sul tavolo della cucina, come quello che Mycroft ha dato a Sherlock. Capisco immediatamente perché me l’abbia dato. Qualcuno sa dove sono stato la scorsa notte.



Saaaalve! So che vi avevo detto che il capitolo sarebbe arrivato venerdì/sabato, ma (me tapina) ho avuto la febbre, quindi non ho potuto mantenere la promessa! Mi spiace! Sarò più puntuale con il prossimo aggiornamento, prometto! ^^
Come sempre, se vedete degli Orrori segnalatemeli che li correggerò immediatamente! :D
Baci,

Ary 

(1) In un paio di recensioni mi hanno fatto notare cosa sia il contatore geiger: serve per misurare le radiazioni da cui Sherlock verrà bombardato durante il trattamento. Ecco un link che può esservi utile se volete saperne di più http://it.wikipedia.org/wiki/Contatore_Geiger 
(2) e (3) Mi avete fatto notare che anche questo non si capisce molto bene, chiedo perdono, avrei dovuto mettervi una noticina: Sherlock e John stanno parlando della loro relazione-non-relazione-indefinita. Chiedo scusa! :)
In caso di altri errori/cose poco chiare non abbiate paura a scrivermelo nelle recensioni: non mi offendo, anzi, sono contenta! Dopotutto se faccio un lavorone voglio che sia fatto bene, e se mi fate notare gli errori mi fa solo piacere! E poi miglioro la traduzione per le anime future che leggeranno! :D


P.S. Ci tengo a ringraziarvi per le vostre recensioni: sono sempre molto incoraggianti e deliziose, davvero, sono apprezzatissime in tutta la loro dolcezza. Grazie!

 

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Capitolo 13
*** La linea di gesso ***


Capitolo 13: La linea di gesso

C’è una linea fatta col gesso attorno al letto ora, marca dove i visitatori possono stare in sicurezza senza essere irradiati da Sherlock quando è a letto. Esattamente sull’orlo c’è una sedia di plastica rossa, su cui mi siedo. Il mio contatore geiger è sul bracciolo della sedia, quello di Sherlock è sul suo grembo. Lo controlliamo a intervalli. C’è stato un breve periodo in cui abbiamo dovuto spostare la linea, quasi buttandomi fuori dalla camera.

Le infermiere non sono deliziate dalla cosa, ma con il supporto di Mycroft e nessun danno dimostrabile per me (finché Sherlock non si muove verso la finestra, e finché io non sorpasso la linea), accettano il compromesso. Sherlock è il primo paziente nella storia dell’ospedale ad avere un visitatore regolare ogni giorno del suo isolamento radioattivo.

Gli ricordo di bere acqua. Gli ricordo che deve tirare lo sciacquone tre volte ogni volta che usa il bagno. Gli ricordo quando deve cambiare le lenzuola (tre volte al giorno) e cambiarsi la vestaglia (lo stesso). Gli ricordo quando deve farsi il bagno (tre volte al giorno). È così debole e stanco che è fisicamente doloroso guardarlo fare tutto il lavoro e non poterlo aiutare. Non dire nulla su quanto sia doloroso vederlo soffrire e non poterlo toccare.

Il primo giorno gli ho letto Il Leone, la Strega e l’Armadio ad alta voce. Sta sdraiato con gli occhi chiusi per la maggior parte del tempo, e sono quasi certo che stia dormendo finché si interrompe per dire quanto siano ridicoli certi elementi della trama.

“E comunque da dove è arrivata questa strega?” chiede.

“Oh, questo è in un altro libro, è una storia completamente diversa.”

“Il leone ha creato questo mondo, no? È stato lui a creare la strega, vero? Se sì, perché l’ha fatto? Ha creato qualcuno più potente di sé? E,” continua lui, “se sì, è colpa sua se l’inverno non finisce mai e tutte le creature sono di pietra. Perché gli abitanti di Narnia non gli danno la colpa?”

“Beh, lui non l’ha creata, lei viene da un altro mondo.”

“Un altro pianeta?”

“È difficile da spiegare. Ti leggerò dopo quella storia, se ti va.”

“Perché il leone è rimasto in disparte e ha lasciato che la strega facesse queste cose terribili? Sembra molto irresponsabile.”

“Devi cambiare le lenzuola un’altra volta, Sherlock. Levale e fatti un bagno, ti rifarò io il letto.”

Gli leggo Il nipote del Mago la sera, dopo il suo terzo bagno, e lui si addormenta a metà del racconto.

Nel pomeriggio del suo secondo giorno gli leggo Harry Potter e la Pietra Filosofale. Gli piace Silente. Dice che io sarei un Grifondoro, ma lui sarebbe chiaramente un Serpeverde. “Avrei detto Corvonero,” dico.

“Noioso,” mi risponde. “Sembra solo che leggano libri e che vadano bene in esami riguardanti il governo. Sembra Mycroft. Vai avanti. Cosa succede dopo?”

A metà del primo capitolo di Harry Potter e la Camera dei Segreti, proprio quando l’infermiera gli porta la cena, la nausea lo colpisce. Si tiene lo stomaco, e i suoi piedi si infilano nelle pantofole. Se vomita la radiazione nella camera potrei essere costretto a lasciarla. Nessuno potrà aiutarlo a pulirla, comunque. Corro a cercare un secchio di plastica, ma quando torno in camera è in bagno. Riesco a sentirlo respirare, ma non i conati. Vorrei gettare la prudenza al vento e andare ad aiutarlo, ma so che non posso.

“Porta,” dice, “via,” respira pesantemente, “il cibo.”

Prendo un respiro profondo, supero i limiti e sposto il cibo fuori. Lo metto su un porta vassoi e lo spingo contro la parete. È abbastanza innocuo: zuppa, pane e una mela. Non esattamente qualità da guida Michelin, ovviamente, ma nulla di terribile. La nausea stava solo aspettando uno stimolo, quindi.

Rientro in camera. Lui è ancora in bagno. “Tutto bene?”

Lo sento respirare. Non dice nulla. Ovviamente per nulla(1). Metto le pillole in una ciotolina e sorpasso la linea di gesso, guardando il mio contatore geiger. Arrivo al letto quando mi devo fermare. Metto giù la ciotolina sul bordo del tavolo vicino al letto e mi riavvicino alla mia postazione sicura.

“Sherlock,” dico, “tutto bene? Ti ho portato del dimenidrinato(2), è sul tavolo in fianco al letto.”

Grugnisce.

Prende il dimenidrinato, torna a letto e non vomita. Ma la nausea diminuisce solamente, non va via. Finisco di leggergli Harry Potter e la Camera dei Segreti quando è addormentato. 

 

 

 

 

(1) John si riferisce al suo precedente “tutto bene?” con “ovviamente per nulla”. Nell’originale è chiaro, è che non sono riuscita a trovare un modo chiaro per farlo notare senza inserire questa nota… se avete idee dite pure!

(2) il dimenidrinato viene usato in caso di nausea o vertigini.

Chiedo perdono per l’aggiornamento tardo ma, ahimè, la mia settimana è stata strapiena di verifiche e interrogazioni! Giusto sabato ho fatto una verifica di scienze in cui, se prenderò quattro, sarà già tanto! (dopotutto ho scelto il linguistico per un buon motivo ahahah)

Come al solito se notate degli errori ditemelo pure, sono ben contenta di correggerli, non mi fate un dispiacere! ^^

Se poi vi vergognate in una recensione/non avete voglia/volete rompermi un po’ così, a random, potete trovarmi su twitter https://twitter.com/AriSnape e su tumblr http://thekingdomofreelove.tumblr.com/ (ho gli ask anonimi aperti, il che significa che potete scrivermi anche se non avete un account). Lasciatemi pure i vostri contatti twitter/tumblr, così mi metto a seguirvi, è bello avere fan in più da stalkerare! :D

 

 

 

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Capitolo 14
*** Come le cose sono cambiate ***


Capitolo 14: Come le cose sono cambiate

 

Un messaggio mi sveglia alle due di mattina.

È contro intuitivo(1) che una piccola parte di popolazione respinga persone in base alla loro discendenza. SH

Mi ci vuole un buon minuto per capire quello che vuole dirmi. Sta parlando di Harry Potter.

L’odio raramente è logico. Credo sia fatto per essere analogo al razzismo.

L’abilità di parlare ai serpenti sempre interessante, ma dubito che abbiano qualcosa di importante da condividere. SH

Non riesci a dormire?

Sì. Troppo silenzio. La tua assenza continua a svegliarmi. SH

Ti porterò a casa domani.

Però non puoi dormire con me. SH

All’inizio sembra un rifiuto, poi capisco quel che vuol dire. È vero. Lui sarà troppo radioattivo per un bel periodo di tempo, non potrò stargli così vicino. Dovrò stare per un paio di giorni in camera mia. Sarà un’agonia.

Ti sei abituato a condividere il letto abbastanza in fretta.

L’ho fatto, non è così?(2) Ci sono altre parti dell’esperienza a cui vorrei abituarmi. SH

So esattamente quel che vuol dire. Penso stia provando a flirtare con me. Sta funzionando. Sembra che tutte le cose più veritiere che Sherlock mi debba dire me le dica via messaggio. Una volta ha detto che preferisce mandare messaggi invece che di parlare (3). Non rispondo, sono troppo impegnato a cercare di capire cos’ha in mente. Mi sento un quindicenne, un po’ disorientato, curioso e un po’ più disperato di quanto io non voglia ammettere.

Mi manchi. Terribilmente. SH

Oh, Dio, Sherlock anche tu mi manchi.

 

 

(1) Ho tradotto così counterintuitive, affidandomi a quella bestia di google translator: né Wordreference né il mio amatissimo Garzanti 2009 hanno saputo darmi una traduzione (mi sento tradita), e quindi ho dovuto accontentarmi dell’opzione B che wordreference mi dava, ovvero google. Se avete opzioni migliori ditemelo pure, sarò ben felice di correggere!
(2) quel “non è così” traduce le famosissime question tags, tanto odiate dagli studenti (I did, didn’t I?).
(3) Qui ivy fa riferimento a quel momento del Pilot/A Study in Pink in cui Sherlock chiede a Stamford il telefono per inviare un messaggio, e alla sua domanda “perché non usi il telefono fisso?” risponde che preferisce mandare messaggi.

 

… non mi tirerete i pomodori dopo questo capitolo, vero? Vero? *schiva un paio di ortaggi marci*

Vengo a chiedervi scusa in ginocchio per il ritardo, ma è stata una settimana un po’ schifosa… questa che sta per cominciare, comunque, sarà fantastica, e il prossimo capitolo arriverà per mercoledì/giovedì, considerando la lunghezza di questo e il fatto che ho una gita giovedì, avrò tempo per grattarmi la pancia e tradurre qualcosina per voi <3 Spero vi piaccia nonostante la brevità (si dice brevità, vero? lol), e a prestissimissimissimissimo (più un’altra quindicina di -issim).

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Capitolo 15
*** L'attenzione di cento occhi ***


Capitolo 15: L’attenzione di cento occhi

Mycroft è entrato nel mio ufficio all’ambulatorio come se avesse avuto un appuntamento. (Questa volta ce l’aveva, a quanto pare: il paziente era stato segnato come “George Clooney”. Deve aver fatto sgranare gli occhi alla receptionist finché non l’ha visto.) Fa cadere la cartella sulla mia scrivania. I risultati degli esami. Si siede sulla sedia dei pazienti, di fronte a me, accavalla le gambe e sorride quel suo sorriso compassato(1).

Guardo i documenti e gli getto un’occhiata da sopra la cartella. È il referto della radiologa della PET-CT(2), che mostra l’assorbimento del radioiodio. È coperto di note scritte a mano, che cancellano possibili preoccupazioni. La sua tiroide è luminosa come un albero di Natale nelle immagini, ma le note dicono che è normale, da aspettarsi, routine. “Beh, mi sembrano buone notizie,” dico. Normali buone notizie. Nessun passo più in la nell’immediato futuro; esami del sangue tra tre mesi. Riferirsi al dottor J.H.Watson.

“Proprio così,” dice. “Buone.”

“Ci sarà un seguito, ovviamente, e ad essere onesto non sono sicuro che i livelli della sua tiroxina(3) siano a posto. Ha bisogno di un endocrinologo, non solo di un medico di base.”

Il sorriso compassato si allarga. “Non sottovalutarti, John.” guardo la cartella. Ovviamente Mycroft ha qualcuno che controlla ogni dose che prescrivo, ogni referto, ogni esame del sangue. Scrutino le note scritte dalla radiologa. Piccole, appuntite lettere, scritte in inchiostro. Dovrei trovarlo fastidioso, ma è rassicurante ad essere sincero. Nessuna firma eloquente, però. Se Mycroft può procurarsi il miglior chirurgo in Europa con così poco tempo non mi sorprenderei se riuscisse anche a procurarsi il miglior endocrinologo del Regno Unito.
“Nessuno potrebbe prendersi meglio cura di mio fratello. Temo che nessuno ne abbia la pazienza.” Si avvicina leggermente. “Certamente nessuno ha guadagnato appieno la sua fiducia.”

Non cercherò di leggere troppo tra le righe; ci sono certe conversazioni e rivelazioni che non sono ancora pronto a fare. Tutto ciò che avviene sul suolo britannico non è una novità per Mycroft Holmes, e non è che mi vergogni, eh. Certe cose sono… personali. Private. Esitanti. Non ancora pronto all’attenzione di cento occhi, che è quello che Mycroft sembra.

“Grazie per avermi trovato un sostituto all’ambulatorio,” dico, e poi aggiungo “avevi ragione. Aveva bisogno di aiuto.”

Un altro sorriso tirato, ma credo fosse vero.
“Non l’avrebbe accettato da nessun altro.” Sospira, poi si alza, guardandomi in una maniera non scortese. “Ha ancora bisogno di aiuto, ovviamente. Credo ne avrà sempre, anche se si rifiuta di riconoscerlo. Continuerai a tenerlo d’occhio, sì?”

“Ovviamente,” dico. Per quanto provi a reprimerlo sento del rossore sul collo. “Assolutamente.”

“E mi farai rapporto sulle sue… attività?”

“Ho paura che la risposta sia ancora no,” dico, appoggiandomi allo schienale della sedia. “Non sono una brava spia.”

Mycroft sorride e scuote la testa. “No, immagino di no.” Lo sguardo soddisfatto che ricevo quando si gira prima di andarsene mi fa capire che era la risposta che voleva. 

(1) Compassato significa “controllato con precisione, controllato, moderato”. Non è che vi considero ignoranti eh, è che siccome non sapevo nemmeno io cosa volesse dire ho pensato che sarebbe stato comodo per voi avere questa nota ^^

(2) È una sigla, che significa Positron emission tomography - computed tomography, ovvero tomografia ad emissione di positroni, tomografia computerizzata. Praticamente ci sono due dispositivi che scattano foto (per così dire) del corpo del paziente, e poi le foto vengono unite, per avere un quadro generale più dettagliato e ampio (praticamente come se voi faceste un collage di immagini). Questo è il link di Wikipedia, purtroppo non c’è l’articolo in Italiano, ma solo in Inglese: http://en.wikipedia.org/wiki/PET-CT

(3) Ormone iodato tiroideo

La prima parte di questo capitolo è stata un PARTO: non trovavo da nessuna parte il significato di sigle varie e le traduzioni, e c’erano un sacco di parole che avevano qualcosa come otto miliardi di traduzioni possibili (esagerataaaaa!), ma alla fine ce l’ho fatta! YAY. Ho mantenuto la promessa, posso avere un biscottino? :)

A presto con il prossimo capitolo (ahi, che dolore, la storia è quasi finita!)! Bye!

 

 

 

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Capitolo 16
*** Guarda qua ***


Capitolo 16: Guarda qua

Dimmock non ha la stessa pazienza che Lestrade ha per Sherlock, nemmeno nei suoi momenti migliori, ma perfino lui è cauto e quieto mentre Sherlock esamina il corpo. Anderson sta gironzolando a pianterreno, spuntando dalle scale come un cane impaziente; chiaramente gli è stato detto di stare alla larga da Sherlock. Perfino Donovan ha evitato di usare la parola “freak”(1) , almeno per una volta. Scotland Yard si sta comportando davvero bene oggi.

Se Sherlock se ne accorge non lo fa capire. Sta soltanto facendo quel che deve fare; mani ricoperte dai guanti sulla giacca dell’uomo, controlla le tasche, la parte posteriore delle sue scarpe, la carta tra i capelli dell’uomo morto, apre brevemente i suoi occhi, tira su il retro della sua giacca per un momento e poi si alza.

“Qualche idea?” chiede Dimmock.

“Un paio,” dice Sherlock, il barlume di un sorriso all’angolo della bocca.

Eccolo qui. Sta per sbalordirli un’altra volta. Ha ancora una cicatrice rossa (che sta scomparendo lentamente) sul collo, la maggior parte coperta da una sciarpa, ma la sua mente è perfetta e veloce come prima.  Magari ancora di più; c’è qualcosa da dire a proposito di perdere qualcosa di così prezioso per la tua vita e per te stesso, per poi riaverlo indietro. Sherlock non ci ha messo tanto quanto pensasse a tornare a tutta velocità. Sono passate solo poche settimane dalla prima piccola pillola verde. Continuo a tenere d’occhio un paio di giunture gonfie, ma la sua voce è tornata normale, e i suoi livelli di energia sono tornati al massimo. Non è ancora l’energia frenetica che aveva, ma ci arriverà. Non ha più bisogno della coperta elettrica o del calore corporeo del suo coinquilino, ma soltanto uno di questi due è confinato nella seconda camera da letto(2).

Sherlock mi guarda con quel suo sguardo che dice sei pronto? Guarda qua. E comincia a raccontare la storia dell’uomo morto e della sua morte, nei minimi dettagli. Parla così veloce che Dimmock fa fatica a stargli dietro. Straordinario. Davvero straordinario.

 

 

(1) Come luciamondella aveva fatto, ho evitato di tradurre “freak”, perché secondo me è una parola facilmente intuibile da chiunque e perché l’italiano non rende la crudeltà che ha in inglese. La trovo molto sottile e cattiva, in quanto significa “scherzo della natura”, “mostro”… personalmente se mi chiamassero freak prima piangerei per una buona mezz’ora poi cambierei i connotati a chiunque l’avesse detto :P

(2) ovviamente è la coperta quella che fa la forever alone nella seconda camera da letto! :D

Saaalve gente!
Perdonatemi il ritardino, ma ero a casa con la febbre (per la seconda volta -.-“) e mi sentivo così schifezza da non riuscire nemmeno ad aprire tumblr… che cosa triste! Ora sono guarita però, ed ecco a voi il penultimo cortissimo capitolo.
Ebbene sì, la storia è quasi finita, e mi dispiace tantissimo, perché me ne sto occupando da un po’ e mi mancherà davvero tanto! L Questo è - se possibile - il capitolo più corto di Helpless, ragion per cui, come al solito, in settimana arriverà l’ultimo capitolo, giusto per non tenervi troppo sulle spine… lo so che siete curiosi come un gattino di fronte ad una scatola! ;)

 

 

 

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Capitolo 17
*** Una singola sillaba ***


Capitolo 17: Una singola sillaba

Il bollitore fischia e io metto due tazze sul piano da cucina: una bustina di tè per una. Verso l’acqua; quasi fino all’orlo per Sherlock, un centimetro di spazio per me. Zucchero nel suo, latte nel mio.

Sherlock sta lavorando per quattro casi contemporaneamente. Ha documenti e foto attaccati al muro con lo scotch apparentemente senza un ordine ben preciso, e sta sfrecciando da un lato all’altra della stanza, verificando dettagli da una serie di libri aperti, dal computer in salotto (il mio, di nuovo) e un altro sul tavolo della cucina (il suo, ovviamente), e sta inviando un messaggio.

Rimane fermo per un momento e riflette su ciò che c’è appeso al muro, quindi gli passo il suo tè. Lo prende e sorride.

“Grazie,” dice.

“Certo.” bevo un sorso del mio. “Quale verrà risolto per primo?”

“Questo,” dice, indicando la foto di un braccio ferito. “Semplice.”

Senza toccare  il suo tè, Sherlock si abbassa e mi bacia. “Sarà una lunga notte,” mi avverte. “Potrei non andare a dormire.”

Annuisco. Questa non è esattamente una sorpresa. Non mi importa. È bello rivederlo in forze, dopotutto. Ad un certo punto avrà bisogno di raccogliere prove, oppure di correre via per catturare qualcuno, e mi trascinerà con lui, informandomi sulla via. So come funziona.

Dato che il mio computer è occupato, e Sherlock non sembra avere bisogno di me, mi siedo in poltrona e prendo un libro. In questo modo sto fuori dai piedi di Sherlock, ma non sono troppo lontano. Ogni tanto passa le dita tra i miei capelli, come se lo aiutasse a pensare.

Il mio telefono squilla. Un nuovo messaggio. “È per te?” chiedo. Le vecchie abitudini.

“No,” dice Sherlock. “È per te.”

Prendo il telefono e controllo. Non è per Sherlock; è da Sherlock.

“Perché mi stai mandando messaggi?”

Sta mordicchiando la coda della sua penna, fissando il muro su cui sono attaccate tutte le prove, i suoi occhi che scorrono su di esse. Non risponde.

Non sono più compromesso. SH

No, non lo sei, rispondo. Non lo sei per nulla. Mi sento sciocco a mandare un messaggio ad una persona che è a meno di tre metri da me. Sento il suo telefono squillare nella sua tasca. Le persone normali comunicano così tra di loro?

Sono ancora interessato a quella cosa, in caso te lo stessi chiedendo. SH

Sorrido. “L’avevo capito.”

Non vorrei che la pensassi diversamente. SH(1)

“Molto gentile da parte tua,” dico. “L’ho capito quando non mi hai cacciato dal tuo letto.”

“Una deduzione impeccabile.” Appoggia una mano sulla mia spalla e si abbassa, preme le sue labbra sul mio collo. “Impeccabile.”

Prendo il telefono e lo fisso per un momento, mentre Sherlock digita qualcosa sul mio computer, la penna messa dietro l’orecchio.

Ti amo, gli scrivo, e premo invio. Sento il suo telefono squillare. Il mio stomaco fa uno strano salto. Il digitare di Sherlock sul mio computer si ferma. Lo guardo mentre fissa il telefono, quel mezzo sorriso disarmante sulle labbra. Mi guarda. Nessuno potrebbe capire o credere quanto calore ci possa essere in uno sguardo. Elimina la spiegazione e salta dritto al significato.

“John.” così tanto in una singola sillaba. E capisco. Gli sorrido di rimando.

“Mi vuoi aiutare?” chiede.

“Certo,” rispondo. Mi passa il mio computer. È una pagina piena di un testo senza senso. “Dobbiamo trovare lo schema.”

Sospiro. I suoi occhi luccicano deliziati, e non sono io o semplicemente il caso; è entrambi. Allo stesso tempo. È indifeso di fronte a così tante prove, la risposta fuori dalla sua portata, ma non troppo. Non può andare meglio di così.

 

(1) ovviamente è Sherlock che non vuole che John la pensi diversamente

O hai guise!

Chiedo scusa per il ritardo assurdo, ma ho avuto problemi in famiglia, la mia mamma non stava bene (anche se ora è tutto passato per fortuna!), e non ho avuto un secondo libero per mettere le mani sul computer!

Eccomi qua, con l’ultimo capitolo (sigh)… devo ammettere che sono sia triste che sollevata, perché ho finito il mio lavoro di traduttrice… è stata una bella esperienza: pur essendo dei capitoli corti è stato impegnativo e ha preso una buona parte del mio tempo, ma posso affermare con certezza che è stato del tempo molto ben speso.

Mi mancherà leggere le vostre recensioni adorabili (le solite meraviglie), ma credo che non mi fermerò qui con il lavoro di traduzione. È una cosa che mi piace fare, e se si presenterà l’occasione magari metterò le zampe su un’altra storia (magari tra un po’, eh?). Da quando ho preso in mano questa storia sono migliorata molto, e rileggendo i capitoli tradotti precedentemente mi sono accorta che ci sono cose che avrei tradotto diversamente, quindi nei prossimi due giorni sistemerò un po’ la storia per i lettori futuri. È stato davvero un piacere lavorare per voi!

Un bacione,

Arianna

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