La Prima Edizione della Memoria

di _Chimi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Era diventata una lotta ormai,una lotta per la sopravvivenza,un circolo vizioso dal quale non potevi uscire, se non volevi che tuo figlio finisse nell’ arena quell’ estate. Mancavano poche ore alle votazioni, poche ore al momento in cui tutti i cittadini maggiorenni avrebbero scritto su un foglio il nome di un ragazzo e di una ragazza dai dodici ai diciotto anni del proprio Distretto,poche ore al momento in cui Sveva, l’ accompagnatrice del Distretto Uno, avrebbe annunciato davanti a una folla impaziente e sull’orlo di una crisi di nervi i nomi dei due tributi mandati a morire dalle persone con cui erano cresciuti.Poche ore ancora per dimostrare ai concittadini che i propri figli erano adorabili e,decisamente, non quelli da votare.
Kailas li odiava, tutti. Ma soprattutto odiava Capitol City. Non gli era bastato condannarli al sacrificio annuale di due ragazzi, sorteggiati casualmente,no. “Per ricordare il male che i ribelli inflissero consapevolmente ai loro figli” aveva spiegato in diretta il presidente Klein, mentre ricordava al pubblico che quell’ anno,il venticinquesimo dall’ istituzione degli Hunger Games,si sarebbe svolta la prima edizione della memoria nella quale gli abitanti di ciascun distretto avrebbero dovuto scegliere i propri tributi.
 Da allora,sembrava che il Distretto Uno si fosse trasformato in un utopia, dove le persone non facevano altro che abbracciarsi, baciarsi,sorridere,offrire gelati e dolci ai bambini. Tutti i precedenti rancori e le frequenti discussioni si erano dissolti improvvisamente, lasciando posto a un clima orrendamente falso di dolcezza e amore verso il prossimo. Non più una ragazza usciva di casa coi capelli fuori posto o con il vestitino spiegazzato, erano scomparsi i ragazzi che prima bighellonavano e facevano scherzi in giro per le strade. La casa del sindaco e delle persone più influenti del distretto erano letteralmente sommerse di torte,regali,bigliettini,dolcetti,specialità cucinate appositamente per loro. I genitori facevano di tutto per mettere in mostra i loro figli:se una bambina aveva una bella voce,ecco che veniva organizzato un concerto per far vedere a tutti quanto fosse brava e carina. Purtroppo, non tutti i ragazzi erano superdotati o avevano famiglie in grado di organizzare eventi in loro onore.
Kailas guardava fuori dalla finestra, contrariato. Pioveva a dirotto,ma ciò non interessava alle altre persone, troppo occupate a mettersi in mostra e ad essere gentili e disponibili con tutti i passanti per preoccuparsi del tempo. Non gli era mai piaciuta la gente del suo distretto,ma in quei giorni,davvero,stavano mostrando il peggio di loro stessi. La scena che stava osservando dalla finestra di camera sua,attraverso le macchie di sporco sul vetro, rappresentava alla perfezione la situazione di quei giorni. Il temporale. La disperazione,il terrore, l’ odio. I palloncini che il panettiere stava distribuendo ai bambini, i vestiti colorati e vistosi delle ragazze,le risate forzate delle signore,l’eccessiva gentilezza degli uomini. L’egoismo,la debolezza,la falsità. Ancora una volta,la sottomissione.

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Non sentiva più nulla. Lui, Kailas Sommer, lui, il ragazzo strano e solitario. Lui, il ragazzo che il Distretto Uno aveva scelto come tributo. Non capiva. Gli altri anni c’erano sempre stati dei volontari, giovani forti che si allenavano fin da quando erano bambini per poter vincere gli Hunger Games e portare gloria e onore al proprio distretto.Ma certo, pensò. Che stupido. Quell’ anno era l’edizione dei reietti. Non avrebbero ottenuto la stessa gloria combattendo contro gli scarti degli altri Distretti. Lui, uno scarto. Quante persone conoscevano il suo nome?Suo padre,i compagni di scuola,i professori, i vicini di casa. Come diavolo poteva esserci finito il suo nome nella busta? Un errore? Impossibile, gli strateghi non sbagliano queste cose. Qualcosa di flaccido gli toccò la mano e lo riportò alla realtà. Sveva, l’accompagnatrice. Una donna grassoccia, vestita secondo l’ultima orrenda moda di Capitol City. Gli sorrise e strinse la sua mano, sollevandola al cielo a mo’ di saluto e blaterando qualcosa riguardo all’ orgoglio che doveva provare per essere stato scelto. Vaffanculo, mormorò. Vaffanculo a tutti quanti. “Bene,e adesso, stringetevi pure la mano” disse Sveva, rivolta ai due tributi. Fu allora che Kailas si ricordò di non essere l’unico. C’era anche una ragazza sul palco, di fianco a lui. Doveva avere sedici anni. Chissà perché era stata votata. Chissà perché era stato votato lui. La folla scoppiò in un applauso fragoroso non appena i due si strinsero la mano. Due Pacificatori salirono sul palco e li condussero al Palazzo della Giustizia, dove avrebbero dato l’addio ai loro cari. Chi sarebbe venuto da lui? Suo padre, forse. A meno che in quel momento non si trovasse in qualche sporco pub, ubriaco fradicio, in compagnia di qualche bella donna o di qualche amico non meno sobrio.  Scacciò quel pensiero. Sarebbe venuto. Era suo figlio, diamine,e quella sarebbe stata quasi sicuramente l’ultima volta che avrebbe potuto vederlo. Forse suo padre sarebbe riuscito a spiegargli perché c’era lui in quella stanza,e non un ragazzone muscoloso e allenato, pronto ad uccidere e addestrato alla perfezione. Ma dove diavolo era? I minuti passavano, cominciava ad essere impaziente. La porta si spalancò all’ improvviso.           “Non ci saranno visite per te,andiamocene” disse un Pacificatore, burbero.
“Mio padre… mio padre arriverà a momenti” disse Kailas, ostentando una sicurezza che non aveva. Evidentemente, questa affermazione era molto divertente,perché l’ uomo scoppiò a ridere.
“Quindi non lo sai,ragazzo?” domandò sogghignando. “Tuo padre non è qui, perché si vergogna. In fondo ti voleva bene, ne sono sicuro. Ma a quanto pare,voleva più bene ai soldi.” Scoppiò a ridere nuovamente.
“Cosa?” Non capiva. Meglio, non voleva capire.
“Sveglia,cretino. Usa il cervello. Ti ha venduto alle autorità,ha venduto il tuo nome. Proprio qui,in una di queste stanze. E’ venuto qualche giorno fa. Il sindaco,ovviamente,ha accettato. Non abbiamo neanche letto i nomi dei ragazzi sulle schede. Perché sprecare tanta fatica e recare dolore a una famiglia che ci tiene ai propri figli,quando avevamo già il tributo, consegnatoci da suo padre? Ora muoviti, siamo in ritardo.” Lo strattonò per un braccio.
Il pugno partì da solo, come un riflesso incondizionato. Il sangue iniziò a scendere a fiotti dal naso del Pacificatore,e la mano del ragazzo si bagnò del liquido caldo e appiccicoso. L’ uomo reagì immediatamente, spingendo Kailas contro il muro. “Complimenti, bastardello. Se meni così,hai una minima speranza di tornare a casa dal tuo caro paparino” mormorò.

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