Il momento giusto

di _Jaya
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** parte I ***
Capitolo 2: *** parte II ***
Capitolo 3: *** epilogo ***



Capitolo 1
*** parte I ***


Note preventive: La storia che state per leggere è stata ideata prima della messa in onda dell'ultima puntata della quarta serie in Gran Bretagna. Mi ci è voluto molto per finirla e si è allungata parecchio rispetto al piano originale, formata solo da questo capitolo. Scrivendo mi è venuto naturale il continuare a scrivere e non mi sono fermata. Sono in totale due parti e un epilogo che non so se pubblicare separato dal secondo capitolo oppure no.
Non so cos'altro se non Buona lettura!
Non posseggo nessun diritto sul telefilm Merlin trasmesso sulla BBC né sugli attori. Non è stato scritto a scopro di lucro.

Il momento giusto





La primavera era arrivata presto a Camelot quell’anno: era la fine di marzo e già i primi fiori sbocciavano diffondendo nell’aria il loro dolce odore e donando ai prati intorno alla città un tocco di vivacità. Lillà e margherite spiccavano con il loro colore sui prati verdi, attraversati in quei giorni da molte persone: un torneo stava per avere luogo a Camelot e, come ogni volta, la gente dei paesi vicino alla città stava affluendo per vederlo.
Quasi tutta Camelot era lì ad assistere ai combattimenti. Il popolo era sugli spalti ad agitare la bandierina del proprio campione preferito: i più patriottici stringevano il logo del Re, gli altri si erano distribuiti fra gli altri cavalieri, magari scegliendo per i colori a loro più congeniali o per le possibilità di vittoria. Ogni singolo elemento del pubblico amava i combattimenti con le spade, i tornei con le lance, la violenza.
Questo era un torneo indetto in onore al primo anniversario di matrimonio del re Arthur e la regina Guinevere. I sovrani volevano approfittare della festa per annunciare l’arrivo di un erede al trono, quindi niente e nessuno doveva turbare la giornata di festa.
« Merlin! Ma dove sei finito? » la voce del Re tuonava nei suoi appartamenti. Il servitore arrivò carico dell’armatura.
« Eccomi, Sire » gli rispose quello poggiando con malagrazia i ferri sul tavolo di legno. Era andato a recuperarli nell’armeria del castello, che, data l’occasione, era gremita di servitori dei cavalieri, pronti a recuperare le cotte di maglia dei propri principali. Tutti sembravano presi da una forte frenesia; questo torneo stava veramente risucchiando le energie di tutti: i cavalieri che combattevano fino alla spossatezza, servitori che lucidavano elmi e armature fino a consumare completamente gli stracci, le dame che facevano gli occhi dolci ad ogni combattente…
« Muoviti, voglio passare prima da Gwen! » disse il Re finendo di indossare la cotta di maglia e lasciando che il proprio servitore gli mettesse i pezzi dell’armatura al posto giusto. Merlin annuì distrattamente e, canticchiando un motivetto che aveva sentito intonare da un altro servitore, completò la vestizione del padrone.
« Merlin potresti smetterla? Mi fai venire il nervoso… » lo rimbeccò Arthur, sempre pronto a criticare l’amico.
« Ma voi non siete mai nervoso no? Voi non avete mai paura! » lo canzonò Merlin alludendo alla sua posa immobile e a diversi battibecchi precedenti.
« Taci… » fu l'unica risposta che ottenne dal biondo.
Re Arthur Pendragon era un bell’uomo, ammirato da tutta la popolazione femminile di Camelot, e non solo. Era biondo e i suoi occhi erano azzurri come il cielo a mezzogiorno. Era forte come un orso e coraggioso come un leone. E scemo come un asino, avrebbe aggiunto Merlin.
« Ci vediamo alla tenda » disse il Re indossando il secondo guanto di cuoio. Prese la corona e se la mise sui capelli prima di uscire dalla stanza.
« Ah Merlin? » aggiunse facendo capolino alla porta. Il servitore si voltò nella sua direzione « Prepara un bagno caldo per quando sarà tutto finito! » gli ordinò, riuscendo tranquillamente. Merlin fece una smorfia buttando le casacche del sovrano nell’armadio. “Merlin fa questo, va di là, sellami il cavallo, prepara la cena, Merlin dov’è la cintura? Merlin, Merlin, Merlin.” Il servitore sospirò e completò le sue mansioni nella camera del Re in qualche minuto, dopodiché uscì e si recò alla tenda del suo padrone. Sarebbe dovuto essere lì già da un po’, ma per sua fortuna il Re si stava intrattenendo con la consorte ed era in ritardo.
Il pubblico stava salendo sugli spalti e, vedendo il servitore del Re, si immobilizzò per qualche secondo aspettandosi il comparire del monarca.
A vederlo da lontano sarebbe potuto sembrare un bambino alto, tanto Merlin era gracile. Avvicinandosi si potevano distinguere una folta chioma corvina, dove ogni capello aveva una direzione differente dall’altro. Tentavano, invano, di nascondere le orecchie leggermente a sventola, ricordo di tutte le volte in cui Mastro Laces lo aveva preso per le orecchie per portarlo dalla madre e raccontarle la sua ultima marachella. Merlin era assolutamente sicuro che fosse colpa sua, ma nessuno conosceva questa versione se si escludeva la madre Unith e l’amico d’infanzia William. Ma non erano i capelli o le orecchie a colpire in quel buffo ragazzo: senza dubbio erano gli occhi blu e il sorriso instancabile ad attirare l’attenzione dell’osservatore. Occhi di un blu talmente profondo che si rischiava di caderci dentro, come in un pozzo senza fondo. Alla fine, forse, si sarebbe scoperto che questi nascondevano un enorme segreto per un ragazzo così fragile: la magia era nata e cresciuta con lui, faceva parte della sua natura, come una mano o un piede.
Merlin entrò nella tenda dedicata al suo padrone sgualcendo il tessuto Rosso Pedragon e non molti minuti passarono prima che il re facesse il suo ingresso. Aveva lasciato che la regina andasse sugli spalti a presenziare e a rendere pubblico l’ordine dei combattimenti che si sarebbero susseguiti nella giornata.
« Bella giornata no? » disse Merlin, tanto per fare conversazione « Piena di sole… perfetta per combattere! E sono arrivati comodamente tutti i partecipanti, senza nessun incidente! Non avevo mai visto una preparazione così attenta e solerte da molti tornei, e dire che insieme se ne sono viste di… »
« Merlin, taci » gli ingiunse il re passando le dita sulle meningi e massaggiandole lentamente.
« Sì, Sire » rispose il servitore per niente intimorito dal tono scortese del suo padrone « Spero proprio che tutto vada come deve, Camelot merita un po’ di pace e poi sono sicuro che voi… »
« Merlin! » la voce di Arthur risuonò più perentoria del solito. Quando usava dire il nome stesso del suo servitore come un insulto era il momento giusto per tacere: Merlin sapeva che non avrebbe ottenuto nessuna parola dal Re se non la minaccia di mandarlo alla gogna senza tanti problemi.
Merlin legò il mantello e lo fissò al suo posto cercando la giusta posizione affinché non desse fastidio al Re durante la cerimonia di inizio. Arthur sapeva essere molto puntiglioso quando si trattava del suo aspetto fisico, e non solo quando Merlin lo accusava non molto velatamente di essere grasso: ogni cosa doveva essere perfetta e in ordine, come era sempre stato e come doveva essere. Questo attaccamento quasi maniacale all’etichetta comparso dal matrimonio del re con Guinevere aveva stupito non poco Merlin, e da un certo punto di vista ne era rimasto anche preoccupato. Che questa fissazione improvvisa fosse una diretta conseguenza del matrimonio non tradizionale? Arthur aveva seguito l’amore e non la legge, e per quanto la parola di ogni re fosse legge, era abbastanza raro che un sovrano sposasse una serva.
Finalmente Arthur fu soddisfatto della sua figura e uscì dalla tenda. Non rispose al “Buona fortuna” di Merlin se non con un’occhiataccia poco amichevole. Prima di ogni torneo Arthur era teso, ma in questo momento lo sembrava addirittura di più, forse per l’annuncio che doveva seguire ad esso.


Il torneo cominciò normalmente per Merlin, senza grandi novità rispetto alla solita routine: i cavalieri, sempre “dannatamente arroganti”, erano pronti a sfidarsi a colpi di spada, i paggi e gli scudieri si affaccendavano nei dintorni delle tende portando continuamente acqua e cibo per i loro padroni. Il popolo ammirava le gesta di ogni cavaliere, facendo il tifo per entrambi. Finalmente scese in campo il Re di Camelot, accolto con urla e inni intonati in suo onore.
Merlin sorrise immaginandosi come il già enorme ego di Arthur stesse crescendo a dismisura in quei momenti: ci volevano le sue battute sgradevoli per rimetterlo a con la testa sulle spalle. Il servitore scosse la testa e cominciò a studiare l’avversario. Indossava l’elmo calato sul volto da cui si riuscivano a percepire solo un paio di grandi occhi verdi. Non aveva una grande stazza, anzi era piuttosto magrolino e gracile per essere un combattente. Non indossava alcuna insegna conosciuta da Merlin sull’armatura scura, ma solo un araldo viola con il simbolo di un fulmine che si abbatte sulla terra. Egli teneva la pesante spada con entrambe le mani e sembrava conoscesse bene il modo di combattere dell’avversario, fin dai primi colpi che si scambiarono. Merlin vide le labbra del re dire qualcosa all’avversario, che per tutta risposta si dimostrò ancora più aggressivo.
Arthur rispose agli attacchi con violenza, e con un colpo con lo scudo riuscì a far volar via l’elmo all’avversario. Il pubblico rispose urlando incitamenti al proprio sovrano, prima di zittirsi quasi completamente. Merlin fissò una massa di capelli neri cascare sull’armatura scura e realizzò subito la vera identità del combattente.
Morgana era entrata con l’inganno a Camelot e si era iscritta al torneo mostrando delle carte fasulle. Probabilmente aveva stregato i sorteggi dei combattimenti per affrontare subito il fratello, impaziente come al solito di aspettare. Arthur fissò per qualche momento la sorellastra, poi fece roteare la spada e la puntò verso di lei. Sul volto della donna comparve un sorriso terribile, seguito subito da una risata malefica e si preparò a colpire con la magia.
Merlin giudicò in fretta il momento propizio, e dopo qualche istante l’arena era piena di polvere alzatasi da un vento evocato nello stesso momento. Gli occhi del mago erano ancora dorati quando cominciò a correre verso il punto in cui qualche attimo prima aveva visto la figura del re. Doveva portare Arthur in salvo dalla rabbia della sorella, che era sempre stata pericolosa, ma da quando aveva scoperto come usare al meglio i suoi doni magici, era diventata ancora più spregiudicata. Merlin arrivò davanti alla figura del re, piantata in mezzo all’arena, con l’arma abbassata accanto al suo corpo.
« Arthur andate là dietro! » ordinò Merlin al sovrano cercando di trascinarlo via. Era troppo pericoloso. Non poteva lasciarlo lì, davanti a tutta Camelot, a lottare con la sorella. Lei era dotata di poteri magici e sapeva usarli fin troppo bene. Arthur non avrebbe avuto speranze contro di lei.
« Merlin ma cosa credi di fare? Io non scappo! » fu la secca risposta che ricevette il servitore. Il re era ben piantato con i piedi per terra. Merlin sembrava sconsolato. Possibile che Camelot avesse un sovrano così asino?
Una spinta ben assestata, con un certo aiuto magico riuscirono a convincere il monarca ad arretrare di qualche passo.
« Ma lei ha la magia! » cercò di motivare il servitore. Doveva mettere in salvo il re prima di affrontare Morgana. Quella volta l’aveva colto di sorpresa e non aveva avuto l’occasione di pensare ad un contrattacco velato.
« E tu cosa puoi fare? » chiese il Re puntando i suoi occhi in quelli del mago, distogliendoli per la prima volta dalla sagoma della sorellastra.
“Allora non è poi così asino…” pensò Merlin con un leggero sorriso.
Dentro si sentiva morire. Stava per spazzare al vento anni di amicizia e bugie. Finalmente l’avrebbe conosciuto per quello che era veramente: Merlin non si sarebbe tirato indietro questa volta né si sarebbe nascosto. Era tempo che Arthur aprisse i suoi occhi alla verità. Era pronto per fare un passo del genere, anche se non sapeva quanto potesse costargli.
« Non è la sola… » sussurrò il mago. I suoi occhi indugiarono in quelli dell’amico ancora un attimo. Voleva vedere la sua reazione a questa magra confessione. Le sopracciglia del re scattarono verso l’alto, ma nei suoi occhi non comparve alcun lume di comprensione. Forse non aveva ancora capito completamente le conseguenze della frase del suo servitore. Merlin dette un'ultima spinta al re e corse voltandosi indietro, verso Morgana. Il sipario si stava aprendo e il pubblico era seduto al proprio posto: si andava in scena.
Il cuore gli batteva forte. Stava per compiere una pazzia, che l’avrebbe condannato all’esilio solo nella migliore ipotesi. Gaius l’avrebbe sicuramente rimproverato per essersi fatto scoprire, ma per Merlin era un peso continuare a mentire ad Arthur, perché, in fin dei conti, lo considerava suo amico. Non poteva essere come realmente era, magia compresa. E ormai era troppo tardi per tornare indietro.
L’adrenalina scorreva veloce nelle vene del ragazzo che non riusciva a calmare il respiro nemmeno da fermo. Ricordava l’altra volta in cui aveva svelato i suoi poteri a qualcuno: Agravaine era davanti a lui, una povera e piccola pedina nelle mani di Morgana. Non era stato difficile avere la meglio su di lui, non dotato di magia e privo di un grande potere di persuasione.
La nebbia da lui provocata si stava diradando. Il mago si fermò poco distante dalla strega, aspettando una reazione da parte di Morgana. Ormai era tempo che conoscesse la vera identità del suo avversario, potente quanto, se non più di lei.
La strega guardò il servitore del re e sospirò. Sul suo bel volto si aprì un sorriso crudele che ormai la accompagnava da molto tempo.
« Merlin vai via, non è posto per te » gli ordinò con un pigro gesto della testa. Non aveva intenzione di giocare ora con lui. Prima voleva compiere la sua missione di uccidere il fratellastro. Poi si sarebbe potuta divertire con Merlin, aveva un conto in sospeso con lui dopotutto.
Il mago rimase immobile a un centro dell'arena ovale. Il silenzio era palpabile, risuonava nelle orecchie degli spettatori, abituati a forti suoni. Un sibilo arrivò fino alle orecchie del ragazzo "Merlin non fare l'eroe", proveniente da dietro di lui, ma nessuno, né nell’arena né nel pubblico, ci badò.
« Io invece ritengo sia arrivato il momento » disse semplicemente. La sua voce risuonò sicura in tutta l'arena. Morgana non riusciva a capire: cosa voleva fare quello stupido servitore davanti a lei?
« Emrys, quello che tu chiami Emrys, non è lontano » le parole uscirono dalla bocca del mago chiare e limpide. Pronunciando quel nome Merlin si guadagnò tutta l'attenzione della strega Morgana.
« Tu sai chi è Emrys… » sussurrò ella più a se stessa che al ragazzo. I suoi occhi fissi in quelli di Merlin, tanto che sembrava non esistesse nessun altro al mondo. Ormai anche il suo desiderio di vendetta sembrava venire meno davanti a quella rivelazione.
« Dov'è? Chi è? Che si faccia vedere! » La voce della strega era sempre più stridula dall’agitazione. Aveva pensato all'eventualità di trovarsi a faccia a faccia col suo nemico, ma non l'aveva considerata molto probabile. Dopotutto erano pur sempre a Camelot, luogo ostile alla magia. Gli occhi di Morgana lasciarono la figura del ragazzo davanti a lei e vagarono fra il pubblico dell’arena. Che fosse là, nascosto fra quelle persone, Emrys?
« È davanti a te »
Le parole suonarono piano nell'aria, cogliendo tutti di sorpresa, compresa la stessa Morgana. La strega riportò gli occhi sgranati dallo stupore su di lui. L'aria si riempì di brusii del popolo, che non capiva né chi fosse Emrys né perché il servitore del loro re stesse fronteggiando la strega.
La prima a riprendersi della scoperta fu appunta Morgana, anche se era evidentemente scossa.
« Tu... » sussurrò « Sempre al fianco di Arthur, a guardargli le spalle... uno stregone tanto potente un banale servo? » domandò poi, sorpresa.
Ma la strega non aspettò alcuna risposta alla sua domanda: attaccò subito il ragazzo con una magia, come per provare la veridicità delle parole di Merlin. La forza misteriosa mandata dalla strega fu prontamente respinta con un pigro movimento del braccio del servitore. Gli occhi azzurri del ragazzo diventarono per alcuni secondi dorati, per poi tornare del colore originale.
Arthur non fiatava, gli occhi fissi sul servitore e su quello che credeva fosse un amico sincero e leale. Che cosa era successo? Era sempre stato così e lui non si era accorto di niente? Tutte le frasi spezzate, le allusioni ritornarono nella mente del re. Lo aveva colpito in particolare una sua frase, pronunciata molto tempo prima.
“Posso distruggerti con meno di un soffio”.
Non aveva capito sul momento, ma ora tutto acquisiva una nuova prospettiva con quella scoperta. Non era stato l’amico di Merlin a Ealdor a compiere la magia, ma Merlin stesso. Non aveva ucciso lui la Bestia Errante, ma Merlin. Non era stato lui ad abbattere il drago, ma Merlin.

Incantesimi e stregonerie, magie pronunciate o istintive riempirono l’arena. Le magie si succedevano varie e diverse. Varie volte i corpi di entrambi finirono per terra, schiacciati dalla magia altrui.
Il pubblico piano piano si stava risvegliando. Nonostante lo spettacolo non fosse dei più frequenti a Camelot, le persone del regno avevano cominciato ad urlare ed inneggiare chi Morgana chi Merlin. A momenti alterni erano i primi a festeggiare o i secondi, a seconda di quello che accadeva nell’arena.
Ormai gli occhi dei due potenti maghi non sembravano mai tornare del loro colore naturale: le magie si susseguivano veloci e l'aria era piena di fumo e di sbuffi di scintille.
Morgana parve rendere improvvisamente il sopravvento sull'avversario. Aveva pronunciato una breve frase in una lingua sconosciuta ma dalla musicalità altalenante ed ora Merlin si stava rimpicciolendo sempre più. Questo vantaggio non durò a lungo: subito Merlin era passato al contrattacco senza preoccuparsi della sua statura minore del solito. Gli occhi dello stregone divennero dorati, e subito delle fiamme si strinsero intorno alla strega Morgana. Sembrava che i due maghi si fossero sopraffatti a vicenda con quella serie incalzante di magie. Morgana era accasciata a terra, ancora vigile, ma incapace di spegnere le fiamme. Merlin riuscì a gridare qualcosa che i popolani del pubblico definirono "un suono gutturale e inquietante” prima di accasciarsi a terra anche lui. Nessuno osò muoversi per qualche istante e l'arena cadde nel silenzio. Ben presto però le urla riempirono l'aria di nuovo: i cittadini di Camelot festeggiavano la caduta della strega Morgana, portatrice di tremendi mali al regno.
Arthur osservò il suo vecchio amico perdere le sue dimensioni originali e cercò di avvicinarsi a lui. Il re riuscì a percorrere solo qualche metro, ma un movimento d'ali lo costrinse a sfoderare la spada. Un drago enorme stava sorvolando l'arena in quegli istanti e si stava abbassando sempre più. Esso sputò fuoco alimentando il cerchio incandescente attorno a Morgana, finendola completamente.
Il drago rivolse la parola al biondo « Spostati re di Camelot! Devo compiere la missione per cui sono stato chiamato »
Il re fu sorpreso nel sentire un drago parlare, ma non si mosse da davanti a Merlin. Il suo animo era troppo puro per permettere che il drago uccidesse anche il mago: era dotato di magia, ma era suo amico.
"Asino" percepì da dietro di sé. La voce di Merlin sembrava più acuta del solito, forse perché rimpicciolendosi la sua altezza, anche le sue corde vocali stavano diminuendo di dimensione. Arthur si voltò verso di lui e il drago planò nell’arena vicino al corpo del mago approfittando della distrazione del re.
« Vai via! » gli urlò appunto il cavaliere cercando di spaventarlo con la spada, ma il drago non presto la minima attenzione alle parole del ragazzo. Chinò la testa su Merlin e aprì le fauci.
Non uscirono fiamme, ma un’aura magica circondò il giovane mago accasciato al suolo. Il ragazzo respirò a pieni polmoni l’ossigeno ma rimase a terra ancora per qualche istante, perso nella magia che riusciva a saturare l'aria, un’aria che aveva tradito da troppo tempo la sua natura, un'aria che mancava da troppo tempo della sua linfa vitale.
Il drago volò via subito dopo aver visto gli occhi azzurri di Merlino aprirsi e tingersi d’oro. Il suo compito era finito e poteva tornare nella foresta, lontano da quella miriade di uomini incapaci di vedere la grandezza della magia.
« Coff, coff… » un tossire prese completamente l’attenzione del mago. Non era ancora finita allora? Morgana era ancora viva, forse la magia della strega era più forte di quanto aveva preventivato Merlin. Il mago chiuse per un istante gli occhi per chiamare a sé tutte le forze che riuscì a trovare nel suo gracile corpo. Sarebbe rimasto nell’ozio per molto tempo dopo quella battaglia, se fosse riuscito ad uscirne vivo e a sopravvivere alle conseguenze della rivelazione della sua magia. Gli occhi blu si riaprirono di scatto. Il mago riuscì ad alzarsi a fatica e mandò con un movimento del braccio il Re al riparo dietro alle barriere in legno che chiudevano l’arena. Un ultimo sforzo, doveva farcela, per il futuro, per Albion, per Arthur.
La strega era ancora a terra davanti a lui, apparentemente priva di forze e di salute. Il suo petto si alzava febbrilmente, e di tanto in tanto più bruscamente ed era scossa da dei profondi colpi di tosse. Ad un occhio clinico sarebbe stato evidente le ferite interne, ma dei semplici occhi bastavano per riconoscere le brutte bruciature che facevano bella mostra di sé su ogni superficie del corpo. Ma non sembrava conclusa la battaglia: Morgana riuscì ad aprire gli occhi e a vibrare un attacco, evidentemente alla cieca, al fratello. La vendetta non passava mai in secondo piano agli occhi della strega, e anche ora, morente, voleva portare Arthur con sé nel mondo da cui non si ritorna più. Merlin però non le permise questo suo ultimo desiderio e rispedì l’attacco al mittente. Alzò la mano e con un gesto secco l’onda di energia ritornò indietro, abbattendo Morgana al suolo definitivamente.
Lo scontro era finalmente finito: Morgana era uscita sconfitta dal combattimento contro Emrys e Camelot poteva finalmente tirare un sospiro di sollievo. Non sarebbe più stata attaccata dalla strega o dalle sue bestie magiche.
Dopo un attimo di silenzio ci fu un grande boato: tutti si abbracciavano e gridavano contenti per la fine della maledizione, altri volevano vedere da vicino il mago Merlin, altri ancora si stavano chiedendo se si fossero persi un editto reale che concedesse l'uso della stregoneria.
Merlin rimase immobile, la mano ancora distesa in avanti dopo l'ultimo attacco. Non riusciva veramente a credere di aver sconfitto la strega e di aver svolto così buona parte del suo destino. Ora doveva solo riuscire a proteggere Arthur fino alla fine dei suoi giorni senza farsi vedere. Era sicuro che il re non lo avrebbe più voluto né vedere né sentire per molto tempo, se non per sempre: conosceva la sua proverbiale cocciutaggine e testardaggine, con cui più volte si era scontrato.
Lasciò cadere la mano lungo il fianco e Merlin si concesse il lusso di un breve sorriso per festeggiare la propria vittoria, prima di ritornare serio e uscire dall'arena a testa bassa. Alzò il capo solo per intravedere l'amico Gaius che lo fissava, orgoglioso di quello che aveva appena fatto. Riuscì a fare un secondo sorriso, seppur molto tirato, al suo mentore prima di raggiungere il re. Merlin rimase fermo davanti a lui, senza sapere cosa dire e cosa fare. Sapeva che Arthur si stava sentendo tradito e abbandonato da lui, suo amico da ormai molti anni.
Trovò la forza di cadere in ginocchio, ai piedi del Re come mai aveva fatto. Non si era mai inchinato davanti a lui, neppure la prima volta in cui si erano incontrati. La testa ciondolò sul petto.
« Sire... » una singola parola uscì dalle labbra del mago. Merlin non riusciva a trovare niente da dire, e ciò era strano per lui, perché era sempre stato conosciuto come un gran chiacchierone.
Intorno a loro calò il silenzio: chi conosceva l'amicizia che c'era tra il servitore e il re iniziò a sperare per il giovane mago che l'odio per la magia radicato in Arthur fosse minore di quello del padre Uther.
« Merlin! »
Un sussurro arrivò alle sue orecchie qualche secondo prima di un paio di braccia. La regina, da sempre amica fidata del ragazzo, si era inginocchiata accanto a lui e lo stava abbracciando, il volto rigato dalle lacrime. Merlin abbracciò un po' impacciato la regina, senza sapere cosa fare.
« Ho avuto così paura per te... » disse la donna, che però aggiunse « Cioè, sei mio amico e io ti voglio bene, non in quel senso, ma insomma, avevo paura di vederti cadere sotto Morgana… » le parole di Gwen riempirono l’aria come le prime volte in cui i due ragazzi si erano parlati: impacciate, sempre a correggersi. Merlin alzò lievemente la testa per vedere l'espressione di Artù.
Milioni di pensieri passarono per la mente del mago: l'avrebbe mai perdonato? Sarebbe riuscito a guardarlo di nuovo in viso senza accusarlo con lo sguardo di aver tradito la sua fiducia? L'avrebbe esiliato per sempre dal regno di Camelot o gli avrebbe permesso di restare, anche se ben lontano da lui? Lo avrebbe ringraziato e commentato che conosceva già della sua magia? Avrebbe mai potuto fidarsi ancora di lui?
Merlin trovò il re a fissare la mano del mago sulla schiena di Gwen, evidentemente perso nei propri pensieri. Il ragazzo sciolse l’abbraccio con l’amica e così facendo gli occhi del re incontrarono quelli della regina, che annuì. Ella avrebbe appoggiato ogni decisione del marito, sia che fosse quella che lei sperava sia fosse quella più dura, che andava contro il suo stesso volere. Avrebbe provato a fargli cambiare idea, ad ottenere al massimo l’esilio, perché mai avrebbe potuto sopportare di vedere Merlin sul rogo.
Merlin rimase inginocchiato per terra, sembrava un’altra persona rispetto a qualche minuto prima: se in precedenza aveva affrontato con coraggio una potente strega sotto gli occhi di tutta Camelot e della corte, ora era inginocchiato davanti a Arhur senza sapere cosa fare e cosa dire. I suoi occhi erano fissi un punto non ben definito vicino ai piedi del sovrano.
« Merlin, tu sarai… » il tono di Arthur, quando cominciò a parlare, fu autoritario, deciso: nessun’ombra di dubbio lo toccava. Sia il mago sia la regina chiusero gli occhi in attesa della sentenza. Gwen cercò e strinse la mano al marito, cercando forse di infondergli del coraggio. « Sarai ferito, fatti curare da Gaius, dopo presentati nella sala del trono »
Merlin strinse le labbra e le morse leggermente. Poi abbassò il capo e sussurrò un « Sì, Sire » prima di alzarsi e dirigersi verso il castello, affiancato dal medico di corte. Zoppicava leggermente nel camminare e sembrava ancora più pallido del solito. Gwen lo guardò preoccupata allontanarsi prima di voltarsi verso il marito. Voleva bene a Merlin ed era preoccupata per lui.
Arthur guidò la moglie verso il castello, per portarla nelle tranquillità delle loro stanze. Nelle sue condizioni aveva subito troppe emozioni, e nemmeno lui si sentiva molto bene. Troppi sentimenti si agitavano nel suo cuore: felicità e delusione, amarezza e serenità. Era felice perché con la morte di Morgana era finita la sua minaccia contro Camelot. Era deluso da Merlin, che non lo aveva fatto a parte di un segreto così grande. Amareggiato dal comportamento del suo servitore tanto tenuto in considerazione, che era riuscito a sorprenderlo negativamente così tanto: Arthur non riusciva a credere che un idiota come lui fosse un mago, anche potente da come era riuscito a sconfiggere Morgana. La serenità veniva dalla mano stretta in quella dell’amata moglie e dal pensiero dell'erede.




Fine prima parte


Note dell'autrice: Sono doverosi dei ringraziamenti:
-a elyxyz per avermi permesso di utilizzare il celeberrimo "Rosso Pendragon" e per alcuni consigli davvero molto preziosi. Vi consiglio di leggere le sue storie, è bravissima!
-al mio ipod e al mio computer che mi hanno vista sclerare per riuscire a completare questa fan-fiction -alla serie di Merlin e ai suoi bravissimi attori che ci permettono di sognare con la fantasia.
Grazie dell'attenzione, alla prossima parte :)
Chiara



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Capitolo 2
*** parte II ***


Note preventive: Ecco il secondo capitolo. La storia comprende ancora un altro capitolo, l'epilogo, molto più corto e sintetico rispetto agli altri capitoli.
Spero che la storia vi piaccia *w* Buona lettura!
Non posseggo nessun diritto sul telefilm Merlin trasmesso dalla BBC né sugli attori. Non è stato scritto a scopro di lucro.

Il momento giusto





« Merlin, tu sarai… » il tono di Arthur, quando cominciò a
parlare, fu autoritario, deciso [...] « Sarai ferito, fatti curare da Gaius,
dopo presentati nella sala del trono »
Merlin strinse le labbra e le morse leggermente. Poi abbassò il capo e sussurrò
un « Sì, Sire » [...] Gwen lo guardò preoccupata allontanarsi prima di voltarsi verso
il marito. Voleva bene a Merlin ed era preoccupata per lui.




La giornata era una delle più serene: il cielo era terso, solo verso le colline si potevano intravedere delle nuvole candide. I normali rumori di una città riempivano l’aria e giungevano attutiti alle finestre del castello. Da alcuni corridoi più alti si potevano vedere le tende dei combattenti piantate intorno all’arena.
Arthur sospirando si allontanò dal vetro della finestra e prese una camicia bianca dall’armadio. La sua regina lo aspettava nella camera a fianco, come gli aveva annunciato una guardia. Il re non aveva alcuna intenzione di far aspettare Gwen, ma sapeva già il tema che voleva toccare la ragazza, un argomento che non gli aveva fatto chiudere occhio per tutta la notte.
Merlin.
Quel ragazzo sapeva essere un vero mistero quando voleva, un grattacapo davvero non facile.
Molto spesso lui stesso aveva paragonato Merlin a un puzzle complicato, ad un libro di cui non riusciva a leggere alcune parti. Perché aveva sempre avuto l’impressione di non conoscere a fondo il ragazzo che lo serviva da tanti anni. Mai nessun servitore, a parte la sua balia, era resistito così tanto. Solo lui.
Perché riusciva ad esasperare ed allo stesso tempo divertire il sovrano. Erano riusciti ad instaurare un rapporto basato sull'amicizia, quella vera.
Ma aveva un buio segreto, che era venuto alla luce solo il giorno prima. Possedeva la magia. Ed era un reato molto grave nel regno di Camelot, punibile con la morte.
Arthur aveva visto tantissime persone essere processate per aver compiuto magie ed essere decapitate o bruciate sul rogo per questo. Anche la sua stessa moglie aveva rischiato, ma si era salvata, come per miracolo o intercessione divina. Oppure semplicemente il destino aveva voluto così.
Destino… molto spesso aveva sentito dire quella parola dalle labbra di Merlin e di altre persone a lui vicine. Che fosse destino l’amicizia tra un mago e il sovrano di Camelot, luogo ostile alla magia?
Arthur non lo sapeva. Lui non aveva mai capito nulla di magia o di cose simili. Non si era mai sentito a suo agio quando l’argomento era la stregoneria: aveva provato odio per i maghi perché avevano provocato, con la loro stessa esistenza, la morte di entrambi i suoi genitori. Morgana aveva gettato al vento la loro amicizia a causa della magia. Però era anche vero che aveva pronunciato un giuramento tempo prima. Arthur ricordava bene di aver promesso allo spirito che si era impossessato del corpo di Sir Elyan che Camelot non avrebbe più condannato con la morte un mago solo perché creatura dell’Antica Religione. I ricordi di quei terribili momenti passarono davanti agli occhi del sovrano rapidi e inesorabili.
Il re si passò una mano sulla fronte, come per distendere delle rughe immaginarie, e lasciò la stanza per recarsi dalla moglie, anche se sapeva bene di non essere pronto ad affrontare l’argomento Merlin: percorrendo il breve corridoio che separava le due stanze ordinò ad una guardia di andare nelle stanze del medico di corte per convocare Merlin a comparire davanti alla corte.
« Comunica a Gaius di mandare il mio servitore tra due ore nella sala della tavola rotonda » disse, rifiutandosi di pronunciare il nome di Merlin « e di presentarsi egli stesso tra mezz’ora »
La guardia abbassò il capo in segno di rispetto e obbedì. Immediatamente tornarono alla mente del sovrano le innumerevoli occasioni in cui Merlin aveva osato contraddire i suoi ordini e i suoi comandi. Arthur scosse la testa e bussò alla porta della camera della sua regina. Aprì la porta l’ancella della ragazza, una giovane fanciulla dalla pelle porcellana e con dei luminosi occhi castani. Ella fece una riverenza e si fece da parte sussurrando delle parole come “La regina si sta acconciando i capelli”. Pochi secondi dopo la regina stessa fu visibile dalla porta ed accolse il marito con un sorriso luminoso.
« Arthur! » lo chiamò e gli fece cenno di avvicinarsi. Si rivolse poi alla serva e con gentilezza le chiese di recarsi alla lavanderia del castello a prendere la biancheria pulita.
« Subito, Maestà » rispose la ragazza che in qualche secondo fu fuori dalla porta. Per quanto stesse bene in compagnia della sovrana, la serva aveva sempre avuto terrore del Re.
« Povera Claire » commentò Guinevere avvicinandosi al marito e poggiando le sue mani sul suo petto « non riesce proprio a non vederti come il lupo cattivo… »
Arthur guardò sorpreso la moglie prima di rispondere « Perché? Cosa le ho fatto? »
« Niente in particolare, ma nel castello è famosa la tua scarsa pazienza con i servi… » le parole di Gwen galleggiarono nell’aria per qualche secondo prima che Arthur la stringesse a sé.
« Mi sei mancata Gwen » disse, per poi correggersi « mi siete mancati »
Sul volto della giovane regina si aprì un sorriso felice e le sue mani scesero verso il proprio ventre. « Non cambiare argomento, Arthur » lo ammonì blandamente. Il marito si scostò da lei e si avvicinò alla finestra. Nel cortile poteva vedere dei cavalieri a cavallo e dei servi affaccendarsi intorno a loro. Attraversò lo spazio vuoto anche Claire, l’ancella della regina, che fu subito raggiunta da un altro servitore.
« Cos’hai deciso? » domandò la regina. Ella prese la spazzola dalla toeletta e cominciò a pettinarsi i lunghi capelli.
Non serviva pronunciare il nome del mago, con la casuale frase precedente era ben chiaro di chi stesse chiedendo notizie.
« Non so cosa fare Gwen » ammise Arthur lasciando che la sua stessa la testa gli ricadesse sul petto « Ho sbagliato tutto… come ho potuto non accorgermene? Sono stato così cieco per così tanto tempo? Non… non ha senso » poi, come per rendere più chiaro il concetto, ripeté « Merlin non può essere uno stregone »
Pronunciando quelle parole rialzò la testa e si voltò a guardare Gwen. Ella rispose allo sguardo senza capire cosa vedessero in realtà i suoi occhi.
« Ricorderai sicuramente di quando mio padre ti accusò di stregoneria, giusto? » al cenno di assenso della ragazza continuò « Merlin entrò nella sala del consiglio subito dopo il tuo arresto, accusandosi di essere un mago, cercando di provare la tua innocenza. Io lo feci passare per pazzo, convincendo mio padre che fosse innamorato di te e che quindi stesse cercando di far ricadere la colpa su di sé. Invece stava pronunciando la verità. E io non l’ho riconosciuta »
Gwen si avvicinò al marito « Questo non me lo avevate mai detto, né Merlin né te » considerò la regina, per poi aggiungere « Il suo animo è buono, Arthur, lo sai bene »
Il re si voltò nuovamente verso la finestra e chiuse gli occhi. Rimase per qualche minuto in quella posizione e pronunciò la sua sentenza « Non posso far finta che non sia successo niente, perché qualcosa si è rotto »
Detto quello, Arthur si avvicinò a Gwen e le baciò la fronte. Sapeva di darle un dispiacere, ma una decisione andava presa. Con un’ultima carezza sulla guancia lasciò la regina da sola.
Gwen si sedette sul letto. Abbandonò la spazzola accanto a sé e i suoi occhi si persero nel vuoto. Gli episodi che aveva passato con il mago le vennero alla mente e cominciò a guardare al passato con un nuovo punto di vista, più consapevole e sicuro. Merlin era stato un suo amico, aveva combattuto per lei e le era sempre stato affezionato. Doveva fare qualcosa per salvarlo.


La convocazione nella sala del trono era per quella mattina: una guardia aveva avvisato il medico di corte di prima mattina ed era rimasta di controllo davanti alla porta dell’infermeria. Merlin era uscito molto debilitato dallo scontro con Morgana e, grazie al potente sonnifero somministratoli da Gaius, era riuscito a dormire tutto il pomeriggio e la notte, risvegliandosi alle prime luci dell’alba seguente. In un primo momento non sembrava ricordarsi della situazione: soltanto dopo essersi alzato a sedere sul letto ed essere caduto sdraiato di nuovo sul materasso per le forti vertigini cominciò a ricordare.
Il giorno precedente aveva mostrato i propri poteri ad Arthur e sconfitto Morgana. Non sapeva se dirsi più soddisfatto o più preoccupato per le conseguenze del proprio gesto.
Il ragazzo rimase steso sul letto per qualche minuto prima di cominciare a sentire dalla parte opposta della porta dei movimenti. Gaius doveva essersi svegliato e stava cominciando a preparare le sue pozioni per gli abitanti del castello e della città. A un certo punto Merlin credette di essersi riaddormentato giacché fu risvegliato da un timido bussare alla porta.
« Avanti » borbottò portandosi una mano sugli occhi e stropicciandoli. Doveva proprio essersi assopito, il sole non gli era sembrato così forte prima.
« Posso? » domandò una voce femminile. La regina fece capolino alla porta. I lunghi capelli ricci erano lasciati liberi sulle spalle, solo qualche ciuffo era tirato indietro. Il volto era preoccupato, i grandi occhi castani si muovevano repentini sulla figura del ragazzo, alla ricerca di una qualunque ferita.
« Vieni Gwen! » la accolse Merlin con un sorriso sulle labbra. Non aveva mai dubitato di lei, il suo buon cuore era più forte di ogni possibile convinzione.
La ragazza entrò nella stanza, chiudendo la porta troppo in fretta dietro di lei: non si era ancora abituata ai lunghi vestiti regali, e spesso le capitava di chiudere un bandolo di stoffa nella porta. Merlin accennò una risata e Gwen lo guardò male, prima di scoppiare a ridere con lui.
« Come ti senti Merlin? » gli domandò una volta che l’attacco di risate fu concluso. Merlin scrollò le spalle e rispose: « Normale, gli intrugli di Gaius fanno miracoli. »
Gwen sorrise, evidentemente soddisfatta dalla risposta, prima di mordersi il labbro: cominciava ora la parte più spinosa da affrontare, la magia.
« Perché non mi hai mai detto di essere un mago? » chiese. Accorgendosi di aver usato un tono forse un po’ scortese o accusatorio, Gwen corresse la sua frase « Cioè… volevo dire… non me lo avevi mai accennato, non ti avrei mai denun… »
Merlin frenò ogni tentativo di Gwen di continuare la frase. « Non potevi saperlo, era troppo pericoloso. Nessuno lo sapeva. » Gwen si morse le labbra, soddisfatta della risposta, ma curiosa di conoscere qualcosa di più sull’amico.
« Sono nato con i miei poteri, fanno parte di me. Li ho usati spesso per aiutare Camelot, e anche per proteggere Arthur o il Re »
« Hai protetto anche Uther? Ma lui avrebbe potuto metterti a morte! » ribatté la ragazza senza capire la logica del mago.
« Era il padre di Arthur. So cosa vuol dire vivere senza padre. E poi, se Arthur avesse ucciso il padre, sarebbe stato condannato sicuramente e così non sarebbe potuto salire al trono! » spiegò Merlin semplicemente. Con una mano lisciò il lenzuolo che copriva il suo torace, e la fissò con malinconia. Alzò poi lo sguardo per fissare gli occhi dell’amica « Sei una vera amica Gwen » le disse con un sorriso.
« Oh Merlin! » la ragazza lo abbracciò di slancio « Ti voglio bene, e sono sicura che anche Arthur smetterà presto di tenere il muso »
Merlin chiuse gli occhi nel sentire nominare il nome del Re, ma non disse niente. Doveva ancora decidere cosa fare e come comportarsi con lui.
« Lo sai bene com’è fatto » continuò la sovrana senza sciogliere l’abbraccio « è un asino cocciuto per quanto riguarda la magia. »
Merlin si ritrovò a sorridere e a ripetere una sua solita battuta « E’ una testa di legno » ma non trovò alcuna consolazione in ciò. La paura di aver rovinato tutto, il loro rapporto, la loro amicizia, lo attanagliava. Sapeva di aver tradito la sua fiducia.
Dopo qualche altro minuto Gwen dovette lasciare la stanza dell’amico per recarsi nella sala della tavola rotonda, dove si sarebbe tenuto il consiglio per emettere la sentenza sul giovane mago. La regina si scusò di non poter rimanere di più, ma Merlin le sorrise e pronunciò qualche parola a lei incomprensibile. Era una lingua antica, che era ormai parlata e compresa solo da poche persone. Una rosa comparve nel palmo del servitore e la porse alla regina. Ella lo guardò piena di stupore e allungò la mano fino a prendere il fiore. Si morse un labbro, terrorizzata dal potere che aveva davanti ma allo stesso tempo terribilmente affascinata.
« Grazie Merlin » disse appuntando la rosa al vestito « Ci vediamo dopo »


Merlin tornò a pensare alla questione della fiducia mentre si vestiva per recarsi all’udienza con tutta la corte. L’amicizia tra lui e Arthur era evidentemente in bilico su un filo molto sottile, bastava un minimo tentennamento da una sola parte e sarebbe potuta finire nel dimenticatoio. Merlin si sarebbe dovuto assumere la responsabilità di non essersi fidato di Arthur tanto da dirgli della sua natura magica, Arthur si sarebbe dovuto fidare di Merlin così com’era, com’era sempre stato del resto.
Una lacrima scese solitaria dall’occhio del mago, ma ebbe una vita assai breve: una mano la cancellò immediatamente. Le guardie che erano rimaste a controllare la porta dell’appartamento del medico, entrarono nella stanza e annunciarono che era finalmente giunta l’ora di andare. Merlin annuì e si lasciò trascinare verso la sala del consiglio dove era stata posta la tavola rotonda. Per tutto il tragitto fu preso dai brividi al solo pensiero di rincontrare il Re e di leggere delusione e odio nei suoi occhi.
Dopo aver aspettato qualche minuto fuori dalla porta, Merlin credette di non riuscire più a restare in piedi: i brividi erano sempre più forti e la tremarella stava cogliendo le sue ginocchia. Gwaine uscì dalla sala davanti a lui e lo raggiunse, cercando di rincuorare un po’ l’amico con qualche battuta: lui non essendo cresciuto a Camelot non aveva mai avuto in odio la magia. Purtroppo le battute del cavaliere non fecero star meglio il mago, troppo ansioso di scoprire il proprio futuro per prestare attenzione a lui. Se fosse stato condannato, avrebbe potuto fuggire da Camelot grazie ai suoi poteri, ma non sapeva se fosse le giusta decisione: se fosse fuggito non sarebbe più potuto tornare nel regno e poter compiere il suo destino. Aveva forse fallito proprio con la sconfitta di Morgana?
Le porte della sala si aprirono e Gwaine guidò all’interno Merlin, sempre scortato dalle due guardie. Lo strano quartetto si fermò a qualche metro dal tavolo e le guardie si fermarono ai lati del mago, a qualche passo di distanza, pronte a intervenire in ogni momento.
Merlin osservò i personaggi seduti al tavolo, rispondendo ai loro sguardi curiosi. Arthur prendeva posto direttamente davanti a lui ed era l’unico che non lo guardasse direttamente. Osservava i fogli posti davanti a lui con fissità e non dava segno di voler alzare la testa. Accanto a lui sedeva la Regina, Guinevere, che ruotava alternativamente gli occhi tra il marito e l’amico, indecisa su chi fosse ad avere più bisogno di conforto in quel momento difficile. Al petto aveva sempre appuntata la rosa donatale dal mago.
Accanto ai sovrani sedevano i cavalieri più importanti per il Re: Sir Leon e Sir Percival prendevano posto alla sinistra di Arthur, mentre Sir Elyan e il posto vacante di Gwaine erano alla destra del sovrano, accanto alla Regina. Gaius, medico di corte e consigliere, Goffrey di Monmouth, cerimoniere di corte, e qualche altro personaggio importante completavano la tavola.
Il bibliotecario di corte richiamò l’attenzione di tutti i presenti tossendo lievemente. Gwaine fece un sorriso di scuse e si allontanò dall’amico, risedendosi attorno alla tavola rotonda. Rimasero tutti seduti, soltanto Goffrey si alzò in piedi. Fra le mani teneva un rotolo di pergamena scritto fittamente. Merlin pensò che fosse evidentemente la decisione presa dalla corte su di lui.
Geoffrey di Monmouth cominciò a parlare leggendo quello che era stato deciso in precedenza: « L’alta corte del Regno di Camelot, presieduta dal re Arthur Pendragon, figlio di Uther Pendragon, legittimo erede della stirpe Pendragon, ha stabilito la colpevolezza di Merlin, valletto al servizio dello stesso Re, reo di aver praticato la magia e di tradimento nei confronti del Regno. »
Il bibliotecario prese fiato. Merlin guardò il volto del Re. Non esprimeva alcuna espressione, i suoi occhi erano fissi su una piuma intinta di inchiostro abbandonata sul tavolo.
« Secondo la legge di Camelot il ragazzo sarebbe mandato a morte. » Merlin chiuse i suoi occhi di un profondo azzurro per un tempo maggiore di normale battito di ciglia. Aveva vissuto diversi anni con il rischio di essere scoperto, di rivelare la propria natura magica da un momento all’altro. Ogni tanto era stato vicinissimo dall’essere scoperto dall’attuale Re.
Goffrey proseguì « Ma secondo gli ultimi accordi presi da Arthur Pendragon, re di Camelot, con lo spirito di un bambino druidico, il reato di magia non sussiste più. Per quanto riguarda il reato di tradimento, tutta la corte si è trovata d’accordo nel sollevare ogni possibile pena per ringraziarlo di aver salvato la vita del nostro Re, della nostra Regina e di tutto il popolo di Camelot »
Era salvo. Merlin non riusciva a crederci. La sua vita non era in pericolo, almeno per il momento.
Ma, nonostante questa fosse un fatto di indubbia importanza, non riuscì a sentirsi felice, bensì soltanto lievemente sollevato. Rispose al sorriso della Regina con un abbozzo di sorriso, ma sapeva che la sua battaglia non era stata ancora veramente vinta.
« Essendo questo provvedimento retroattivo, la reputazione di ogni mago punito soltanto per essere in possesso di arti magiche o aver attuato magie non nocive alla salute di alcun individuo o contro il Regno di Camelot è riabilitata. »
Molte persone avrebbero ringraziato molto calorosamente Merlin per questo risultato, molte altre sarebbero riuscite a vivere alla luce del sole la loro vera natura.
« Questa è la parola di Arthur Pendragon, sovrano di Camelot » concluse il sovrano alzandosi in piedi, come da rito, senza però alzare lo sguardo sul suo servitore. Con questa frase la riunione fu conclusa. Il re fece cenno a tutti i presenti di uscire, ma trattenne accanto a sé Gwen.
« Visto Merlin? » disse Gwaine al mago una volta che furono fuori dalla stanza « Sei un eroe »
Merlin finalmente si concesse un sorriso sincero e abbracciò per qualche secondo l’amico. Tutti gli altri cavalieri si complimentarono con lui e qualcuno lo prese in giro commentando la sua potenza, « potresti sconfiggere tutti i cavalieri di Camelot insieme » insinuò Leon.
Merlin arrossì leggermente ricordando un episodio in cui, travestito da Dragoon, aveva disarmato e resi innocui con estrema facilità tutti i cavalieri lì presenti. Non sembravano aver preso troppo male quella scoperta, perfino Sir Leon, il più ligio cavaliere che Camelot avesse mai conosciuto. Forse nella sua ottica la fedeltà dimostrata da Merlin nel corso degli anni era molto più importante del possedere la magia.

Dopo qualche altro minuto di chiacchiere, i cavalieri dovettero lasciare il mago per ritornare ad adempiere i loro doveri. Il mago sgattaiolò nella sua stanzetta e rimase lì, finalmente più tranquillo, fino al primo pomeriggio. Dalla finestra della camera poté vedere come i cavalieri stessero finendo il loro allenamento – sempre con la mazza ferrata, una tra le armi preferite del re – e come il Re si stesse incamminando verso il castello. Il mago si torturò a lungo le mani prima di decidere che fosse certo di trovare Arthur in camera. Fece passare ancora un po’ di tempo per essere sicuro di non trovarlo dentro la vasca del bagno – allora avrebbe sicuramente ripensato alla sentenza della mattina e lo avrebbe messo, come minimo, alla gogna per direttissima.
Merlin si fermò davanti alla porta del Re, ancora incerto sul da farsi. Aspettò qualche secondo prima di colpire brevemente il legno. Un invito a entrare risuonò dall'interno, e il mago tirò un sospiro per infondersi un minimo di coraggio prima di varcare la soglia.
Aveva paura di quello che sarebbe successo dentro quella stanza, temeva quel momento più di quanto avesse temuto l'esito ufficiale di quella mattina. Dopotutto avrebbe potuto fuggire dalle prigioni in ogni momento, con la minima fatica, evitando così la condanna.
Ma adesso era differente: Merlin avrebbe finalmente saputo se Arthur valesse davvero la sua fiducia, se potesse vederlo e apprezzarlo per quello che realmente era. Finalmente avrebbe smesso di dire quanto fosse incapace o sfaticato. Magari il sovrano avrebbe avuto addirittura paura di lui, del suo immenso potere.
La stanza del sovrano era molto disordinata, segno evidente della mancanza di un valletto da almeno una giornata. Arthur era seduto alla scrivania e apparentemente sembrava aver appena interrotto la lettura di un documento molto importante. Non appena riconobbe la figura sull’uscio, il sovrano riabbassò lo sguardo sui fogli, rimanendo in silenzio. Ad uno sguardo superficiale il suo viso poteva sembrare completamente privo di espressione, ma Merlin aveva imparato a conoscerlo durante gli anni passati al suo servizio. Avevano passato insieme tanto tempo e riconosceva bene i vari sintomi: la mascella contratta e la mano chiusa a pugno erano chiari simboli della tensione che regnava nel corpo del re. Ma non per questo il mago si tirò indietro dalla sua decisione: gli era costata non poca fatica convincersi di arrivare fino a lì.
Merlin provò a parlare « Arthur, io... » ma fu bruscamente interrotto dalla voce del sovrano. Finalmente Arthur si era alzato in piedi, appoggiandosi con braccia alla scrivania. I suoi occhi fiammeggiarono in quelli del servitore, pieni di rabbia.
« Perché? » domandò, sentendo da solo quanto fosse infantile una domanda del genere e arrabbiandosi ancora di più per questo.
Merlin prese fiato e cominciò a rispondere, parlando con chiarezza, ripetendo le parole rivolte quella mattina a Gwen: « Sono una creatura dell'antica religione, sono nato con i miei poteri, non potrei esistere senza... »
« No » riprese a parlare il re « io intendevo un’altra cosa… perché non me lo hai mai detto? »
Fu il turno di Merlin di rimanere in silenzio, senza trovare una risposta precisa. I suoi occhi lasciarono quelli dell’amico per indugiare sul pavimento ai suoi piedi.
Cosa poteva rispondergli in fin dei conti? Che aveva avuto paura di essere denunciato al Re? Che aveva paura di non essere accettato per la sua natura? Che non voleva rompere l’amicizia che li legava?
Arthur abbassò per un momento gli occhi seguendo la direzione dello sguardo di Merlin, ma poi li rialzò. Girò intorno alla scrivania per trovarsi davanti al servitore.
« Credevi seriamente che ti avrei denunciato a mio padre? Non ti fidavi di me? »
La domanda aleggiò nell'aria immobile. Il silenzio durò ben poco. Merlin era conosciuto per la sua loquacità, e nemmeno questa volta riuscì a stare in silenzio.
Il mago alzò gli occhi sul viso del Re e rispose, scandendo bene le parole: era per lui necessario e fondamentale che Arthur capisse le sue ragioni e che riuscisse a perdonarlo.
« Io ho sempre avuto fiducia nell'uomo, nel re che sareste diventato, fin da subito. Se non vi ho rivelato i miei poteri, è stata... prudenza immagino. Il mio compito, il mio destino, è quello di starvi vicino, di assistervi, in ogni situazione, in ogni luogo, ed io sono sempre stato con voi. » Merlin fece una leggera pausa, aspettando che le sue parole facessero effetto, poi concluse con una domanda « Se vi avessi rivelato chi ero, mi avreste tenuto vicino come prima? »
« Credi davvero che valga così poco l’amicizia che ci lega? Sono anni che passiamo insieme praticamente ogni momento, ogni situazione, sia piacevole che spiacevole. » rispose Arthur. Merlin riuscì a capire dalle sue parole che doveva aver pensato parecchio quella notte, a quello che doveva dirgli. Sentiva le parole scorrere via, come un discorso già deciso da tempo. Ma non era quello l’Arthur che conosceva lui.
« Dovevi dirmelo » concluse il Re incrociando le braccia al petto e imbronciando leggermente le labbra, facendo una smorfia buffa con le labbra, degna di un bambino capriccioso. Merlin intuì a ragione che questa fosse un’“aggiunta” al programma originario e apprezzò di più questa breve frase offesa delle parole precedenti.
« Avevate già troppi pensieri, dovevo aggiungere anche questo alla lista delle vostre preoccupazioni? » rispose Merlin accennando un sorriso « un asino, seppur reale, non può portare troppo carico »
« Merlin! » lo riprese il re usando un’inflessione particolare nel nome del ragazzo, come faceva di solito per rimproverarlo. Spesso il mago si domandava se il sovrano usasse il suo nome come un insulto o se solo gli piacesse ripeterlo in continuazione. « Sì, sire? » chiese innocentemente Merlin.
« Vuoi stare alla gogna fino alla fine dei tuoi giorni? » lo minacciò il sovrano. Senza nemmeno accorgersene aveva lasciato l’argomento principale del loro colloquio per continuare a litigare come al loro solito. Avrebbero proseguito a lungo su questa linea d'onda se Merlin non fosse deciso a terminare quel discorso una volta per tutte.
« No sire, non ci tengo particolarmente… ho ben altre ambizioni » rispose il mago concludendo così la breve schermaglia.
Dopo un attimo di silenzio Merlin aggiunse « Sono venuto per dirvi che lascio il posto di valletto e… »
« Lasci? » lo interruppe Arthur seriamente contrariato. Aggrottò la fronte e guardò il servitore stupito.
« Credo sia la cosa migliore, mio signore » rispose Merlin senza guardare un punto preciso. I suoi occhi serpeggiavano da una parte all’altra, senza mai fermarsi per più di qualche secondo su un oggetto preciso. Il labbro inferiore del mago continuò ad essere torturato per tutto il silenzio che seguì le sue parole.
« Credevo che avrei dovuto ucciderti per liberarmi di te… e invece lasci spontaneamente » commentò Arthur sinceramente sorpreso.
« Non voglio mettervi in difficoltà sire » la voce di Merlin risuonò così sincera e pura che il re non trovò niente da rispondere. Dentro di sé si sentiva offeso, ma purtroppo il suo cervello riusciva a capire le motivazioni del mago.
« Fai come vuoi Merlin, non sarò io a trattenerti » gli rispose con voce dura dando voce all'amicizia tradita, evitando di guardare dentro i suoi occhi « spero che Gaius non sentirà troppo la tua mancanza, e nemmeno Gwen… ti ha sempre voluto tanto bene »
Merlin rimase qualche istante in silenzio « Gaius sa della mia decisione… Gwen è intelligente, capirà »
Arthur annuì e strinse le labbra in una smorfia strana. Entrambi rimasero in silenzio per quasi un minuto, ognuno perso nei propri pensieri. Sembrava strano ad entrambi dire infine addio all’altro. Avevano passato insieme quasi ogni istante degli ultimi anni e ora sarebbe finito tutto. Tutte le loro avventure, le loro discussioni, i loro scherzi, i loro divertimenti… tutto sarebbe rimasto solo un ricordo. Un bel ricordo però.


Merlin percorse velocemente il cortile del castello. Voleva fare veloce, o non sarebbe riuscito a mantenere fede al suo proposito. I suoi occhi erano pieni di lacrime, ma stringendo forte i pugni riuscì ad evitare che scendessero troppo presto. Non si voltò indietro nemmeno una volta fino a che non raggiunse la foresta che circondava Camelot. Solo lì si volse indietro e ammirò la città, la sua casa per così tanto tempo, così come l’aveva ammirata la prima volta che c’era arrivato. I tetti delle case rilucevano sotto la luce del sole nascente e il castello si ergeva nella sua immensa imponenza. Delle bandiere sventolavano dalle torri più alte, rosse con un dragone dorato sopra.
Merlin non respinse le lacrime quella volta, che scesero copiose sulle sue guance. Era sempre stato un ragazzo emotivo e in questa occasione non faceva eccezione.
Lasciava Camelot, la sua casa, i suoi amici, il suo re. Una sua parte sarebbe sempre rimasta lì, una parte del suo cuore avrebbe continuamente domandato il motivo di questo allontanamento così doloroso. Perché era dovuto andarsene? Perché doveva abbandonare così i suoi amici?
Sarebbe ritornato, era suo destino farlo, di questo era certo. In tempi migliori, più calmi e sereni. Intanto il suo incantesimo di protezione, tanto potente da lasciarlo ancora spossato nonostante fossero passate diverse ore dal suo compimento, brillava intorno alle persone a cui voleva più bene.
I cavalieri, Gwen, Gaius. Arthur.
Il re del passato e del futuro era arrivato. La minaccia di Morgana era stata sconfitta. Albion era stata concepita.
Il suo destino era concluso.




~ Fine ~







Note dell'autrice: Grazie per essere arrivati fin qui! Per me è molto importante, come ho già detto questa storia me la sono portata dentro per diversi mesi prima di darle una forma definitiva.
Inoltre un enorme abbraccio va a chi ha recensito la storia e chi l'ha messa tra le seguite :) mi inchino davanti a tanta gentilezza!
Volevo notare una cosetta, sperando di non essere troppo prolissa nelle note finali xD Non ho descritto la fine dell'incontro tra Arthur e Merlin per passare subito alla partenza del mago per dare a ognuno la possibilità di immaginarsi una conclusione, in versione più romantica, slash o drammatica. Non era mia intenzione mettere dello slash, ma credo che qualche parolina qua e là facciano intuire che non mi dispiaccia particolarmente!
Tra non troppo arriverà l'epilogo della storia, cosa pensate possa trattare?
Grazie dell'attenzione, all'epilogo :)
Chiara



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Capitolo 3
*** epilogo ***


Note preventive: Ecco finalmente l'epilogo. Scusate il ritardo sulle solite due settimane tra un capitolo e l'altro, ma l'ispirazione era andata a farsi friggere con la tesina. In ogni caso questo è l'epilogo completo, di cui sono orgogliosa (ma non trattenetevi dallo smontarmi o dal lancio di pomodori, ve ne prego!), anche se è lungo quasi quanto un capitolo >.<
Ma da quand'è che sono così logorroica?!
Buona lettura!
Non posseggo nessun diritto sul telefilm Merlin trasmesso dalla BBC né sugli attori. Non è stato scritto a scopro di lucro.



Il momento giusto









Una bimba correva nel bosco cercando di fuggire dalla sua balia. I capelli castani scuri, quasi neri, erano al vento, e le piccole onde naturali rimbalzavano sulla schiena a tempo: i suoi capelli erano lunghissimi, arrivavano quasi alla vita della bambina. La carnagione non era chiara, né olivastra, ma di un magnifico color ambrato. Gli occhi vispi erano di un turchese splendente, sempre pronti ad osservare tutto e tutti in ogni situazione. Ogni tanto scoppiava a ridere da sola pensando alla faccia che avrebbe fatto la sua balia una volta che si fosse accorta della sua assenza.
Dopo qualche minuto si fermò per riprendere fiato, sedendosi su un tronco di albero caduto. Dei movimenti sospetti attrassero l’attenzione della bimba. Qualcuno si stava muovendo dietro ad un cespuglio. Comparve improvvisamente un elmo che nascondeva una chioma corvina, seguito qualche secondo dopo da una mano armata. Gli occhi dell’uomo erano di un blu più scuro di quello della bambina, e la spaventarono: le vennero alla mente le immagini dei personaggi cattivi delle sue fiabe preferite, così simili a quella figura minacciosa.
La bimba squittì spaventata e cercò di correre via e nascondersi. L’uomo coprì con pochi passi la distanza che li separava e alzò minaccioso la spada, puntandola alla gola della bambina. I suoi occhi erano spalancati e sbarrati dalla paura. Molto spesso le venivano raccontate brutte storie sugli incontri nei boschi, sua madre era stata attaccata da alcuni banditi una volta, e tutti quei racconti ora le risuonavano in testa come degli avvertimenti mai ascoltati con la dovuta attenzione.
« Ma che bel pulcino che c’è qui! » disse con voce rauca l’uomo « E che graziosi vestitini che indossi… papà è molto ricco, nevvero? E qui cosa abb… »
Il bandito non riuscì a completare la frase: una forza potente e improvvisa lo sbalzò all’indietro, lontano dalla bambina. Questa si voltò meravigliata e trovò a qualche metro da sé un altro uomo con una mano alzata nella direzione in cui il bandito era volato: l’uomo aveva dei capelli corvini e una leggera barba sul volto, ma quello che la colpì più di tutto furono gli occhi. Per qualche secondo rimasero dorati per poi diventare di nuovo blu, un colore simile da quello del bandito, ma terribilmente più sinceri.
Egli abbassò la mano e si voltò verso la bimba. La guardò per qualche istante e si avvicinò a lei con una leggera corsa.
« Ti ha fatto del male? » domandò accucciandosi al suo fianco.
La bambina scosse la testa e chiese all’uomo « Ma era magia quella? Mi puoi insegnare? Deve essere fantastico poter muovere le cose solo con un movimento del dito! Mamma mi ha parlato tanto della magia! E babbo mi ha raccontato di un suo amico che diverse volte gli ha salvato la vita con la magia! Però è sempre triste quando ne parla… credo abbiano litigato, sai, prima della mia nascita. »
Lo stregone sorrise alla parlantina della bambina. « Sì, era magia, ma non posso insegnartela… è un dono che si ha dalla nascita, spesso la erediti dai tuoi genitori. Sai cosa vuol dire ereditare? » le domandò poi dubbioso.
La bimba annuì e pomposamente cominciò a spiegare « Ovviamente! Ereditare significa che i genitori regalano ad un figlio o ad una figlia qualcosa dopo la loro morte. Il mio papà mi ha insegnato anche questo! »
Il mago sorrise, sinceramente divertito dalla sorprendente loquacità della creatura. Il blu dei suoi occhi si perse per un attimo nel turchese di quelli della bimba, prima di continuare a parlare: « Ma cosa ci fai tutta sola nel bosco? Non c’è la tua mamma con te? »
La bimba gonfiò il petto « Sono grande abbastanza da andare in giro da sola! E poi mamma è la regina, e la regina non può andare in giro da sola per i boschi! »
L’uomo sgranò gli occhi per qualche secondo sentendo queste parole. “Possibile che sia lei… ?!” pensò ritrovando dei lineamenti a lui familiari nel tratti del volto della bambina. Lei continuò a parlare senza accorgersi dello stupore del suo interlocutore. « Il mio nome è Albion Ygraine Pendragon, il tuo? »
« Merlin » rispose semplicemente il mago camuffando bene la sua sorpresa « Vieni da Camelot, vero? Se vuoi possiamo fare la strada insieme, devo andare anche io in quella direzione »
« Ma se torno Mary mi sgrida! » rispose la bimba in tono lamentoso « E se lo dice a papà lui diventa cattivo con me! »
Lo stregone intuì che Mary fosse la balia addetta al controllo e alla cura della principessina e cercò di convincere la bambina « Non lo verrà a sapere nessuno, sarà il nostro piccolo segreto »
La bimba arricciò le labbra e alla fine annuì soddisfatta. Merlin considerò che in fin dei conti non sembrava così diversa dal padre. Il sorriso un po’ storto era lo stesso, il modo in cui le si illuminano gli occhi identico. La nostalgia di Camelot e dei suoi amici si fece un po’ più forte in quel momento.
« Allora va bene, andiamo! » disse Albion prendendo per mano il mago. Merlin si lasciò guidare dalla bambina verso il castello senza perdere nemmeno un angolo di quel bosco così ben conosciuto.
Era da quelle parti che gli abitanti di Camelot si erano rifugiati dopo un attacco della strega Morgana. Un po’ più in là invece Merlin ricordava di essersi quasi fatto scoprire in qualità di mago. Là infondo, invece, lo stregone ricordava ci fosse la spianata vicino alla città, in cui di solito chiamava il drago Kilgharrah.
Tantissimi tristi ricordi vennero alla mente del giovane uomo, ma la vocetta acuta e vivace della bambina riuscì a portarli via tutti. All’improvviso lasciò la sua mano e corse in avanti per qualche metro. Si fermò in un punto in cui le piante diradavano e concedevano ai viandanti di vedere il paesaggio. Albion si voltò verso Merlin e lo guardò impaziente.
« Guarda, questa è Camelot! » il dito indice della bimba era diretto verso la vecchia città e verso il castello, poco sopra a questa. Merlin affiancò Albion e osservò il panorama.
Era identica a come l’aveva vista l’ultima volta, allontanandosi da Camelot, qualche anno prima: sempre la stessa atmosfera calorosa, piena di vita ad ogni ora del giorno e della notte. Riusciva a percepire i rumori della vita quotidiana fin da lì: le voci delle donne e dei venditori al mercato, il chiasso dei giochi infantili, il clangore delle spade dei cavalieri. Anche gli odori sembravano i medesimi: il profumo dei fiori, dei frutti del mercato, delle cucine si mescolavano tutti insieme creando un odore buono, che sapeva di casa.
« Dai andiamo! Ti faccio conoscere la mia mamma! » Albion riprese la mano del mago e cominciò a tirarlo verso la cittadella. La strana coppia superò le mura cittadine passando relativamente inosservata, a parte qualche guardia che accennò un saluto – completamente ignorato – alla principessa.
Mano a mano che Merlin percorreva quelle strade si sentiva sempre più andare indietro nel tempo. Alle finestre delle case erano affacciate persone che gridavano qualcosa a chi passava lungo la strada. Dei bambini giocavano rincorrendosi e brandendo delle spade di legno si colpivano a vicenda. I venditori reclamavano i loro prodotti come i migliori del regno e le donne si avvicinavano curiose per osservare le varie mercanzie.
« Da questa parte » lo guidò Albion scivolando in un vicolo secondario che, Merlin lo ricordava bene, portava dritto dritto ad un entrata del castello.
Ora che stava per arrivare lì, nel cuore di Camelot, il ritornare a casa non gli sembrava più una buona idea. Il terrore di rivedere la delusione negli occhi del vecchio amico lo attanagliava non appena li aveva riconosciuti nella piccola Albion. Si sentiva scoperto, nudo, ora. Aveva sempre avuto un segreto da nascondere percorrendo quelle strade, una maschera dietro cui celare la sua vera natura, un’essenza da temere. Adesso invece no. Poteva essere se stesso, e questo lo spaventava un po’.
« Ecco, questa è la mia casa! » annunciò Albion una volta che il castello fosse ben visibile. Avrebbero dovuto percorrere un breve tratto di mura prima di entrare per il ponte levatoio.
Merlin rimase per qualche istante immobile ad osservare il panorama e la bimba gli tirò impaziente la mano che teneva sempre stretta con le sue piccole dita.
« Andiamo dai! » lo incitò facendogli cenno di raggiungere l’ingresso principale del castello.
Merlin la seguì sempre con un’aria svagata in volto. Voleva ritrovare ogni piccolo particolare nella sua memoria e non si accorse di essere stato lasciato solo dalla bambina.
Osservava la scalinata, dove spesso aveva battibeccato con Arthur, il cortile che aveva visto attacchi spaventosi e momenti felicissimi, le finestre luminose che rispecchiavano la luce del sole.
« Eccolo è lui! » la voce squillante di Albion risvegliò la mente del mago dai suoi pensieri. Era circondata da alcune guardie che lo presero e lo trascinarono via. Alcuni servitori lì intorno che assistettero alla scena domandarono alle guardie cosa fosse accaduto, ma nessuna di esse rispose loro. Nemmeno le richieste di Merlin di sapere il motivo di quel gesto ottennero una reazione: Albion era troppo distante per interrogarla, e il mago valutò se liberarsi con la magia oppure no. Non ebbe il tempo nemmeno di pensare se applicare la sua magia che venne trascinato via, entrando dentro il castello.
Merlin notò che non lo stavano portando nelle segrete, né nella sala del trono, ma le guardie erano dirette verso gli appartamenti reali, o almeno dove un tempo erano questi. I servitori di cui Merlin riusciva a incrociare lo sguardo erano stupiti, ma non fecero domande. Lo strano corteo arrivò fino ad una stanza protetta da una guardia. Albion sussurrò qualcosa all’orecchio di questa, che, riluttante annuì e aprì la porta. La bambina entrò nella stanza e chiuse la porta dietro di sé.
Il mago fece una smorfia; questo comportamento era proprio da degna figlia di Arthur: credere che tutti fossero a tua completa disposizione.
Dopo circa due minuti la bimba riuscì dalla stanza e fece cenno alle guardie di far avanzare Merlin.
« Su, vieni! C’è qualcuno che ti vuole conoscere! » incitò il mago ad avanzare « Dai! »
Merlin sospirò leggermente e prese la mano che Albion gli offriva e fece il suo ingresso nella stanza. Tenne la testa bassa e gli occhi incollati sul pavimento fino a che non sentì la porta dietro di sé chiudersi completamente. Ecco, ora si poteva decisamente definire in trappola.
« Venite avanti, viandante… » disse una voce sconosciuta al mago. Egli alzò di poco lo sguardo e fece due passi in avanti.
Seduta su una seggiola piuttosto pesante c’era una donna dalla pelle caffelatte, che stava dedicando la sua attenzione al prezioso lavoro di ricamo che teneva in grembo. Accanto a lei stava seduta una ragazzina di qualche anno più giovane di lei che le passava i fili dei diversi colori. Ad aver parlato era invece un uomo di mezz’età piantato in mezzo alla stanza che reggeva in mano un rotolo arrotolato: l’espressione con cui lo guardava sembrava parecchio scocciata, forse perché l’ingresso di Albion aveva interrotto una lettura importante.
« Scusatemi per il trattamento che vi ha fatto avere Albion, deve ancora impar… » la voce morì in gola alla regina. Il suo volto sbiancò e delle lacrime raggiunsero l’angolo interno dell’occhio. Inizialmente Guinevere rimase seduta artigliando con le lunghe dita i braccioli della sedia, ma poi si alzò in piedi di slancio. Avanzò rapidamente sotto lo sguardo stupito e oltraggiato del funzionario di corte e si fermò solo a meno di un paio di passi di distanza dal mago.
« Merlin? » domandò la regina allungando una mano verso l’uomo « Sei veramente tu? »
Merlin smise di mordersi il labbro inferiore e alzò lo sguardo sulla donna. La sua amica Gwen era diventata una vera dama di corte: i capelli erano raccolti elegantemente sulla nuca, il vestito impeccabilmente elegante, le mani curate e lisce.
Il luminoso sorriso del ragazzo fu sufficiente alla regina per togliere ogni dubbio: abbracciò l’amico e gli strinse le braccia al collo. Qualche lacrima sfuggì alle lunghe ciglia della regina e bagnò la casacca del mago.
« Merlin mi sei mancato tanto… » gli confessò. Merlin strinse l’amica a sé più forte.
« Scusami se sono fuggito così… Ma era l’unica cosa che potessi fare » si giustificò il mago sciogliendo l’abbraccio.
« Ma mamma! Tradisci così il babbo? » la voce trillante di Albion ruppe il momento di riconciliazione tra i due amici. L’uomo di corte sembrava pensare la stessa cosa. Gwen rise apertamente della frase della figlia e si abbassò alla sua altezza per parlarle meglio.
« Questo è un caro amico della tua mamma e del tuo papà… hai presente quel potente mago di cui ti raccontavo le avventure? È lui, Merlin »
Albion arricciò il naso e osservò a lungo l’uomo che l’aveva salvata nel bosco, poi commentò « Io me lo aspettavo molto più vecchio quello stregone! »
Sul viso di Merlin il sorriso si allargò fino a diventare una risata aperta. Gwen si ritrovò a sospirare e ad andare dietro alla sua ilarità. Le era mancato tantissimo in quegli anni in cui si era assentato da Camelot.


« Quindi è solo questo quello che hai fatto? » domandò Gwen all’amico. Stavano passeggiando per il bosco intorno alla città di Camelot raccontandosi l’un l’altro quello che avevano passato negli anni di lontananza.
« Non avevo più vicino una calamita per i guai come Arthur… » le rispose Merlin ridendo. Rimasero in silenzio ancora per qualche istante ritornando verso la città. La sera stava calando ed era ora di rientrare. La regina si morse un labbro e fece uscire dalle sue labbra una domanda che la attanagliava e che la tormentava da quando si era resa conto di avere accanto a sé veramente Merlin.
« Arthur sa che sei tornato? Cioè… voglio dire… resti, vero? » le parole rimasero nell’aria. Merlin chiuse gli occhi per qualche attimo e si umettò le labbra prima di parlare.
« Non avevo in programma di tornare… ho incontrato semplicemente Albion nel bosco e l’ho riaccompagnata a casa »
Gwen sorrise e prese una mano del mago fra le sue prima di rispondergli: « Ti ha portato a casa… Camelot è anche casa tua Merlin, non scordarlo mai »
Merlin fece un movimento con la testa e sbatté velocemente le ciglia sugli occhi velati di lacrime. Sul viso si aprì una smorfia che svelava l’indecisione e la confusione che albergavano nella testa del mago. Da una parte sapeva bene che i suoi passi lo avevano portato lì perché era già da tempo che intimamente voleva tornare. D’altra parte non aveva alcuna intenzione di forzare Arthur in alcun modo, sia in senso positivo che negativo. Si erano lasciati come sospesi, avevano deciso, pur senza dirlo apertamente, di cercare di salvare la loro amicizia, forte e vera: il ritorno di Merlin avrebbe significato un’accelerazione del meccanismo di risanamento fra di loro, un meccanismo particolarmente difficile da far muovere da parte di entrambi.
« Non lo so Gwen, io… io so di appartenere a questo posto, a questa città. Ma, lo sai, non posso imporre la mia presenza ad Arthur così »
« Non credo ne sarebbe così scontento » rispose Gwen « e sicuramente sia io che Albion saremmo felicissime di avere un amico magico vicino a noi »
La regina abbandonò il suo portamento regale ancora una volta e abbracciò il mago. Merlin strinse a sé l’amica, con le lacrime che gli solleticavano gli occhi.
« Merlin? »
Non era un urlo, né un grido. Nemmeno una richiesta di aiuto o una supplica. No, era una domanda piena di sorpresa e di dubbio, di incertezza e di incredulità. Perché Arthur non poteva davvero credere di trovare il proprio migliore amico lì, abbracciato alla moglie in mezzo al bosco. Non dopo tanti anni dalla sua scomparsa, dalla sua fuga volontaria. Non l’aveva biasimato più di tanto all’epoca, non sapendo come comportarsi. Con la moglie aveva relegato l’argomento “Merlin” in un angolo poco visitato della loro relazione.
I due amici si separarono all’istante e si voltarono verso il re di Camelot, appena giunto nella foresta. La sua figura apparve poco distante da loro, quindi Merlin non riuscì a leggere la sua espressione.
Come di riflesso ai passi sempre più vicini del re, il cuore di Merlin cominciò a battere sempre più frenetico.
« Merlin » ripeté il sovrano riconoscendo veramente il vecchio servitore. Non si fermò, ma avanzò sempre più vicino a lui. Piantò la spada che teneva in mano nel terreno a qualche metro di distanza per avere le mani libere, e, secondo Merlin, per non avere la tentazione di infilzarlo con essa.
Una parte del suo cervello registrò che non si trattava di Excalibur, ma di una spada comune.
Ma non era questo che importava il mago in quell’istante. La velocità di marcia di Arthur non era affatto diminuita e il moro si ritrovò a socchiudere gli occhi, in attesa di uno schiaffo, di una furia proveniente dal suo re.
Quello che ricevette non fu uno schiaffo, anche se la forza che lo travolse fu poco minore. Arthur aveva abbracciato il suo ex-servitore portandogli le mani dietro alla schiena e stringendolo violentemente a sé. Gli occhi del mago si aprirono di scatto, non essendo abituato a un approccio del genere da parte del sovrano di Camelot.
« Merlin » la voce questa volta era quasi rotta dall’emozione e Merlin non poteva davvero credere che provenisse dal suo re. Arthur aveva sperato tante volte di poter rivedere il suo vecchio servitore, il suo amico, il suo angelo protettore che tante volte l’aveva salvato, e una volta ritrovato davvero tutte le parole e i discorsi costruiti per l’occasione erano spariti lasciando il posto solo ad un’emozione enorme. Il re strinse gli occhi e poi li riaprì per guardare il cielo, non voleva piangere.
« Arthur… » sussurrò Merlin, rispondendo alla stretta solo dopo essersi ripreso dall’immediata sorpresa. Il mago non si fece gli scrupoli del re e delle lacrime scesero dai suoi occhi blu. La magia dentro di sé ribolliva e danzava felice, la sentiva dentro ogni sua vena, ogni sua singola porzione di carne: pulsava dentro di lui per essere liberata.
Poi Arthur pronunciò quella frase che mise tutto a posto e che li riunì ancora più profondamente.
« Bentornato a casa » queste parole aleggiarono nell’aria per arrivare alle orecchie acute di un drago.
Dopotutto due facce della stessa medaglia non possono stare lontane troppo a lungo.





~ Fine ~







Note dell'autrice: Finiiiito! Mi sento pienamente soddisfatta, ma sono ugualmente ansiosa... ho deluso qualcuno? La mia anima di slasher si è fatta lievemente sentire in questo epilogo, ma spero non dia noia a nessuno... si può benissimo vedere come amicizia, come [SPOILER 4 STAGIONE] il primo abbraccio tra i due, entrambi consapevoli. Ho in testa le immagini dell'episodio in cui Arthur abbraccia Merlin pieno di fango... credo sia stato quello a farmi venire in mente tutto [FINE SPOILER]
Ringrazio tantissimo miharu87 per la recensione e crownless per la gentile concessione su Albion (anche se sono diverse non posso non escludere che l'idea su di lei mi sia venuta grazie alla sua ff Map of the problematique che tra l'altro vi consiglio di leggere)
Anche se sono alla fine dedico questo capitolo a tutti maturandi e a un'amica particolare. In bocca al lupo Anna!
Grazie dell'attenzione,
Chiara



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