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di LucyInTheSky_Rory
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sono solo parole. ***
Capitolo 2: *** The only exception. ***
Capitolo 3: *** Kiss. ***
Capitolo 4: *** Rumor has it. ***
Capitolo 5: *** Forget you. ***
Capitolo 6: *** Goodbye. ***
Capitolo 7: *** Feels like fire. ***
Capitolo 8: *** Do you want to know a secret? ***



Capitolo 1
*** Sono solo parole. ***


Capitolo 1

 

Sono solo parole.

 

La sveglia suonò con il suo solito rumoraccio fastidioso.

Quella sveglia elettronica sul comodino in legno di ciliegio non solo stonava con la camera color azzurro cielo di Lauren, ma intonava un messaggio molto chiaro per lei:

Svegliati, è ora di andare a scuola!”

«Mm.. Altri cinque minuti.» disse con un filo di voce coprendosi la testa con il morbidissimo cuscino.

Lauren esitò un momento, ma poi con un gesto assonnato spense la sveglia essendo consapevole che era una questione di secondi prima che la madre arrivasse per scuoterla bruscamente, oppure innaffiarla con una caraffa piena d'acqua.

Dopotutto da Claire non ci si poteva aspettare altro, era una persona abbastanza prevedibile. Per lei veniva prima il lavoro, e solo dopo questo assillante pensiero c'era la sua figlia quindicenne, Lauren. Almeno questo era quello che la ragazza pensava.

Ma nonostante questo Lauren non odiava la madre. Il loro rapporto madre-figlia era speciale. Ogni cosa era divertente, se fatta insieme. Forse perché si assomigliavano molto, ma Lauren sapeva solo che quando stava con la madre era libera di essere se stessa, perché lei sapeva che la madre poteva vedere dietro quella maschera che ogni giorno si sentiva costretta a indossare.

Si alzò levandosi di dosso il suo piumone color ciliegia. Si specchiò, come tutte le mattine. Il pigiama celestino con sopra le pecorelle le donava molto.

Lauren si sbrigò a prendere un asciugamano dal cassetto del comodino, e si avviò nel bagno diretta verso il box doccia.

Per quanto poteva sembrare strano a Lauren, ultimamente sentiva un legame con l'acqua. Era l'unica cosa che la faceva sentire a suo agio.

Purtroppo quei minuti di profonda tranquillità furono interrotti dall'irruzione di Claire nel bagno.

«Lauren sbrigati, che devo uscire anche io!» sbraitò la madre.

Lauren emise un lieve sospiro facendo roteare i suoi occhi neri.

«Non vorrai arrivare tardi anche gli ultimi giorni di scuola!?» detto questo Claire se ne andò sbattendo bruscamente la porta.

Lauren sgranò i suoi occhioni neri.

Non si sentiva più la sua performance vocale, ma solo l'acqua che sgorgava dal telefono della doccia.

Era stupita. Ultimi giorni di scuola? Di che stava parlando? Perché lei non sapeva niente di questa storia?!

Chiuse il rubinetto dell'acqua, e uscì di corsa dal box doccia.

Ancora con l'asciugamano avvolto al suo esile corpo, si sciolse i capelli nero corvino e, dopo aver preso la solita spazzola grigia, iniziò a pettinarsi.

Raccolse i capelli in una coda con un fiocco rosso che non rifletteva affatto il suo umore, aveva il presentimento che quella giornata non sarebbe stata la più bella della sua vita. Dopo aver indossato la gonna scozzese, la camicia bianca e il resto necessario per la divisa scolastica, scese subito al piano di sotto.

Vide la madre seduta su una sedia in salone. Muoveva nervosamente la gamba, e non era una buona cosa. Prese subito il cellulare antiquato dalla tasca posteriore dei pantaloni, ma Lauren la interruppe.

«Mi spieghi cosa succede?» chiese attraversando a passo deciso il salotto.

Si sedette di fronte alla madre con le braccia incrociate sul tavolo rotondo.

Claire abbassò la testa emettendo un lieve sospiro.

«Vi dovete trasferire».

Gli occhi castani di Claire fissavano quelli di Lauren, che iniziavano a farsi lucidi. Lauren sentì gli occhi appannarsi.

«Cosa significa “dovete”? Io e papà?»

«Si.. tuo padre lavorerà lì e non vuole lasciarti qui come l'ultima volta. Quindi andrai con lui in Italia.» Claire incrociò le gambe.

Lauren fece un sorrisino, ma non uno dei suoi soliti sorrisini soddisfatti, un sorrisino di.. delusione. Claire recepì il messaggio e cercò di farle vedere il lato positivo della situazione anche se non era semplice, non solo per la pessima situazione, ma anche per il caratteraccio delle due donne. Se c'era una cosa che si tramandava nella famiglia Motta/ Van Daalen, era il pessimismo.

«Stavo pensando che se vengo anche io, possiamo prendere una casa io e te, se non vuoi stare da papà..»

«“Se”? Fammi indovinare, devi vedere se al lavoro ti concedono il trasferimento?» disse Lauren interrompendo la madre.

«Senti Laur, tuo padre ha preso questa decisione così all'improvviso, ed io farò il possibile per venire. Te lo prometto..»

«Dici sempre così, ma alla fine sono solo parole. Scusami, ma ora devo andare a scuola, non posso arrivare tardi anche gli ultimi giorni, no?» Detto questo, Lauren si mise lo zaino azzurro sulle spalle e uscì, soffocata da una strana sensazione di smarrimento.

 

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Capitolo 2
*** The only exception. ***


Capitolo 2

The only exception.

 

Goodwin Street sembrava diversa quella mattina, o forse era lei che la vedeva da un altro punto di vista. Diamine, lì aveva passato tutti i momenti più belli della sua infanzia, si ricordava benissimo quando suo padre la faceva dondolare sull'altalena nel parchetto vicino casa, oppure quando la madre le insegnò ad andare in bicicletta.. no, non era pronta a dire addio a quel posto.

Settimane fa lasciare quel posto non le sarebbe sembrata una cattiva idea, ma ora che si ritrovava in quella scomoda situazione il solo pensiero di andarsene dalla sua amata Australia, le dava la nausea. Era evidente che ci sarebbero stati dei problemi, non riguardo alla lingua, per fortuna la scuola disponeva di un corso d'italiano, ma alla parte che riguardava scuola e amici.

Anche se Lauren non era popolare e non reputava le amiche che aveva la cosa più importante nella sua vita, non poterle vedere la rendeva triste e senza voglia di ricominciare la sua nuova vita sociale, senza voglia di reinventare e indossare da capo un'altra maschera, mostrandola in tutto il suo splendore davanti ai suoi nuovi amici italiani, perchè l'unico vero amico con cui riusciva a confidarsi ed essere se stessa era Chris. Lui era probabilmente l'unica persona affidabile di tutti i suoi amici. Simpatico, un ottimo consigliere e protettivo al punto giusto. Si conoscevano già da nove anni, il loro rapporto era quasi fraterno. Era sicuramente Chris la persona che le sarebbe mancata di più, l'unica persona con cui riusciva ad essere se stessa. “No, non mi importa quello che penseranno gli altri, VOGLIO essere semplicemente me e dire quello che penso” pensò convinta.

Poche persone apprezzavano la sincerità di Lauren che, soprattutto quando era arrabbiata, diventava molto esplicita, forse un po' troppo.

Dipende dai punti di vista” si ripeteva sempre, “per alcune persone offendo, per altre sono solo sincera”.

Un soffio di vento freddo le sfiorò il viso, distogliendola dai suoi pensieri.

In pochi minuti arrivò all'entrata di scuola, dove in cima all'edificio emergeva la scritta “Lyneham High School”. Nel cortile riconosceva poche facce. Come ogni liceo, al Lyneham High School c'erano vari gruppetti. Lei? Non apparteneva ad un gruppetto in particolare. Certo, adorava stare con Abby, ma non quando era a scuola, quando Abby stava con il suo gruppetto, creando una specie di muro attorno a loro che Lauren non riusciva a scavalcare.

La campanella suonò e Lauren non esitò ad entrare.

La puzza del detergente usato dai bidelli le riempì i polmoni, provocandole anche un po' di nausea. Si avvicinò agli armadietti blu, inserendo la combinazione aprì il suo e ci riose dentro tutti i libri.

Vide subito Melanie con il suo gruppetto ed Abby, ovviamente. Gli occhi scuri di Melanie sembravano pieni di malinconia, “Sicuramente le sarà successo qualcosa” pensò. Il suo istinto le suggeriva di andare lì e dirle semplicemente “Hey Mel, va tutto bene?”, ma se le avreb e risposto con un cenno assente della testa? Dopotutto chi era lei per Melanie? Quasi sicuramente la ragazza era anche gelosa del rapporto fra Lauren ed Abby. Sarebbe sembrata solo un'impicciona.

«Smettila, Lauren, fatti gli affaracci tuoi!» si disse fra sé e sé.

«Wow, Lauren. Sapevo che eri un po' svitata, ma non così tanto da parlare da sola!» Era Chris che passeggiava nei corridoi, molto probabilmente nella direzione di Abby. Diamine, si vedeva da un miglio che era cotto di quella ragazza. Ogni ragazza sarebbe stata felice di essere corteggiata da Chris, ma non Abby, o forse era solo perchè era cotta di Matt, il solito presuntuoso, popolare e carismatico ragazzo che c'è in ogni scuola. Lauren non sopportava Matt, era.. beh, era la versione al maschile di Lauren, ed era proprio per questo che quando i due si scontravano si scatenava una tempesta e nessuno li fermava più. L'unica persona che si permetteva di mettersi in mezzo era Chris, che era quasi finito con una punizione, ma lui con la sua positività faceva calmare Lauren, come in quel momento, tutto la pesantezza del trasferimento sembrava svanita nel nulla, grazie al suo sorriso.

«Ciao “Christina”, è un piacere anche per me rivederti!» ribattè Lauren chiudendo l'armadietto.

«Smettila di chiamarmi come una ragazza.»

Lauren fissò lo sguardo sul petto del ragazzo. «Scusa, ma non riesco a distogliere lo sguardo dalle tue.. forme. Cioè, intendo-»

«Ok, ok, oggi non ho voglia di risponderti in continuazione, hai vinto tu.»

Lauren sentendo quella frase fece un ghigno di soddisfazione e Chris mise un braccio attorno al collo di Lauren, con l'intenzione di trascinarla con lui fino alla fine del corridoio, da Abby e Melanie.

«Mm.. dove stiamo andando?» chiese Lauren temendo la risposta.

«Da Abby e Mel, anzi, da Abby. Forse le devi dire qualcosa».

Chris aveva un tono serio e naturale, e Lauren sapeva bene a cosa si riferiva.

«Come l'hai saputo? Io stessa l'ho saputo oggi» disse Lauren abbassando la testa.

Chris non l'avrebbe dovuto sapere così, Lauren ci teneva veramente a dirglielo di persona.

«Dovresti saperlo mio padre e tua madre si sentono molto ultimamente, lei non te ne ha parlato?»

tagliò corto Chris. In realtà Claire non le diceva mai niente riguardo la sua vita privata, per questo non restò stupita dall'esclamazione di Chris. Forse l'aveva fatto per il suo bene, per non creare una situazione d'imbarazzo fra lei e Chris. Forse aveva frainteso il rapporto tra i due ragazzi, forse credeva in qualcosa di più di un'amicizia. Beh, Claire si sbagliava di grosso, Chris era solo un amico niente di più, Lauren non riusciva a vedere nient'altro nella sua “Christina”.

Ma anche se Chris era il suo migliore amico, non le andava di annoiarlo con i strani pensieri della madre, così rispose semplicemente con un “No”, la notizia della partenza era già abbastanza per lui. Ad un certo punto Chris si fermò, Lauren guardò i suoi occhi castani, iniziavano a diventare lucidi.

«Laur, mi mancherai» Chris strinse a sé la ragazza, lei si fece contagiare dalle lacrime e gli stampò un bacio sulla guancia.

«Anche tu, Mago Pancione.» Lauren cercò di mettere un pizzico di ironia nelle sue frasi così da far sorridere Chris, ci riuscì.

«Chris, in questa scuola c'è gente che non considero, o di cui me ne frega poco, ma tu.. sei l'unica eccezione, te lo giuro. Ti voglio bene.»

Ormai le lacrime rigavano i visi dei ragazzi già da tempo, entrambi si sentivano fragili, non volevano sentire nostalgia di niente, ma lasciarsi i ricordi alle spalle.

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Capitolo 3
*** Kiss. ***


Capitolo 3

 

Kiss.

 

«Lauren, è suonata già da un po', tra poco l'intervallo finirà» Chris non riusciva proprio a smuovere Lauren dal suo cornetto alla nutella, usato ormai come scusa per non andare da Abby.

«E per favore, puoi smetterla di mangiare quel cornetto? Almeno mastica a bocca chiusa, mi viene la nausea solo a vederti!»

«Ok, finisco di mangiare e poi vado a parlare con Abby, contento?!» disse a bocca piena, Chris reagì con una faccia disgustata. Per porre fine a quello spettacolo prese il pezzo rimanente e lo mangiò in pochi secondi.

«Hey!» l'ammonì Lauren.

«Ok, ora vai» Lauren fece il verso a Chris, ma poi si decise ad andare.

Eccola lì, la sua bellissima amica, sorridente, felice. Lauren si domandava se avrebbe sentito la sua mancanza, se dopo quella notizia sul suo viso sarebbe apparsa un espressione malinconica.

Si avvicinò sicura di sé, come la solita Lauren, quella che la maggior parte delle persone conoscevano ed ammiravano. Chiamò subito Abby, portandola verso il suo armadietto, Chris ovviamente se ne era andato.

«Abby, ti devo dire una cosa importante».

Abby guardando l'espressione triste di Lauren si preoccupò e l'allegria che c'era nei suoi occhi azzurri si spense.

«Mi devo trasferire, in Italia».

«Lauren stai scherzando, vero?! E' nell'altro emisfero! Quando l'hai saputo?»

Abby non era mai confusa, specialmente in quel momento, sapeva che Lauren aveva bisogno di qualche parola che la faceva un po' calmare, che le dava sicurezza e coscienza.

«Questa mattina, me l'ha detto mamma, però credeva che papà già me l'avesse detto.»

Lauren non le andava di spiegare per la seconda volta tutta la vicenda, quindi rifilò ad Abby la scusa della fine dell'intervallo.

«Hey, ci rivediamo alla quinta ora?»

«Si, c'è italiano, e riguardo le ultime notizie, direi che devo recuperare se voglio uscire almeno con un otto» Disse in tono ironico, in effetti non era mai stata una cima a scuola.

La testa le girava leggermente e aveva un po' di nausea, “Tutta colpa del cornetto” pensò subito.

O forse si doveva solo calmare, rilassare un po' i muscoli.

Entrò nel bagno, pieno di liceali come sempre, alcune si truccavano, altre chiacchieravano, beh, era da sempre stato un luogo di ritrovo.

Si bagnò la faccia con un po' d'acqua fredda che la fece svegliare.

Fra cinque minuti la campanella avrebbe suonato e lei voleva passare quei cinque minuti in tranquillità, senza Abby, senza Matt e addirittura senza Chris, voleva stare sola, per questo andò subito in palestra, l'unico posto non preso in considerazione all'intervallo.

C'era una tranquillità spaventosa, si sentiva solo il cigolio delle Converse nuove.

Si rannicchiò vicino al muro, poggiando la testa sulle ginocchia.

Stranamente era ansiosa, come se in quel preciso istante, qualcosa l'attendesse.

«Van Daalen!» Lauren sollevò la testa e si alzò da terra.

Era Matt che, come al solito, le dava sui nervi con quel suo modo di fare che sprizzava sicurezza da tutti i pori.

«E' possibile che devi sempre rompere le-»

«Non c'è bisogno di essere scortesi, sai?» Quella frase la infastidì ancora di più, dopotutto era Matt che era andato in palestra ad infastidirla, nonostante lui sapesse che la sua faccia era per Lauren già altrettanto fastidiosa.

«Ok, allora che vuoi?» Disse Lauren sospirando.

Matt rimase in silenzio, si limitò a fare un sorrisetto. Si avvicinava sempre di più, ad un tratto infatti Lauren riusciva a sentire i respiri sulla sua pelle, non sapeva perchè non faceva niente per staccarsi dal suo sguardo, da quel mancato contatto. Si sentiva incantata, ipnotizzata da lo sguardo di Matt, le sembrava di essere in sintonia con lui in quel momento, come se stessero condividendo i proprio pensieri. Lauren rabbrividì, fu come un risveglio e finalmente capì l'intenzione di Matt quando ormai le loro labbra erano a pochi millimetri di distanza.

Allontanò il viso di Matt spingendolo con l'indice, lo guardò inarcando un sopracciglio, girò i tacchi e se ne andò, consapevole dell'espressione di Matt, un'espressione di sconfitta, di vergogna.

Cosa le era successo? Non le piaceva Matt, eppure in quei pochi istanti si era sentita vicina a lui, o meglio, ne era affascinata. Suonò la campanella, l'occasione perfetta per scappare in aula, l'occasione perfetta per non vedere Matt fino alla fine dell'ora, ma non non importava, perchè la sua mente si era già persa nei suoi occhi incredibilmente azzurri.

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Capitolo 4
*** Rumor has it. ***


Capitolo 4

 

Rumor has it.

 

«Ok, ragazzi. Per mercoledì voglio un tema di almeno tre colonne su cosa significa la famiglia per voi.» Disse la professoressa Morris soddisfatta della sua consegna.

Si sentiva una strana euforia nella sua voce, era sicuramente l'insegnante migliore di tutta la scuola, l'unica a cui importava veramente qualcosa di insegnare ad un adolescente, un sognatore ad occhi aperti. A giudicare dalla capacità d'insegnamento degli altri docenti, si poteva dire che la loro laurea fosse stata vinta ad una partita di poker.

Gli alunni delle lezioni della signorina Morris non sembravano mai delusi dai suoi temi, neanche Lauren, la quale nei temi non era mai andata bene.

Eppure in quella occasione non era entusiasta della traccia, cos'era per lei la famiglia?

Non lo sapeva, forse perchè non aveva mai vissuto con entrambi i genitori nella stessa casa senza una discussione alquanto brusca, o magari era anche normale vivere in quel contesto di famiglia, dopotutto la separazione era consueta, ma in un caso o nell'altro lei avrebbe consegnato il foglio in bianco, prendendo una stupidissima F. Anche se avesse saputo cosa scrivere non avrebbe messo mai a nudo i suoi sentimenti davanti ad una comune professoressa, rivelando così la parte debole di Lauren, quella che lei stessa detestava, quella che nascondeva. Raramente aveva avuto il coraggio di scrivere delle sue paure, dei suoi rimpianti, dei suoi sentimenti, riusciva ancora a ricordarsi una delle tracce: “Spiega che cos'è la nostalgia per te”. Si pentì amaramente di aver completato quel tema così personale non appena sentì la professoressa leggerlo davanti a tutta la classe ; riuscì addirittura a far piangere qualche compagno di classe per le sue parole toccanti.

Non si vergognava per il modo in cui scriveva, ma per quello che scriveva, gli argomenti di quei temi personali andavano condivisi solo con se stessa.

«Lauren, posso parlarti un attimo?» Ormai l'aula era già vuota e Lauren sapeva benissimo cosa voleva dire quel richiamo: Un altro compito andato male.

«L'altro giorno stavo rileggendo il tuo tema sulla nostalgia e guardando i progressi che hai fatto sia con la grammatica che con i temi, soprattutto quelli personali, ho deciso di alzarti il voto. Inoltre ho parlato con tua madre.» Lauren sentiva puzza di guai, non le erano mai piaciuti i colloqui con i genitori.

«Ho saputo del tuo trasferimento, quindi io ed il consiglio di classe abbiamo deciso di inserirti nel corso intensivo di lingua italiana, anche se è già iniziato. Oggi passa a dare un occhiata, avvisa i tuoi genitori nell'ora di buco» Lauren non si era mai accorta della preoccupazione della Morris nei suoi confronti, avrebbe voluto dire molto di più di un semplice “Grazie mille”. Quando se ne andò da quell'aula il mal di testa non le era ancora passato, avrebbe chiesto alla madre di portarle qualche medicinale, ma doveva prima avvisarla del corso di potenziamento e doveva assolutamente sedersi vicino ad Abby in classe, aveva voglia di chiacchierare con lei, e con la poca furbizia della Hagberg, la solita insegnante ultra cinquantenne in procinto di pensione, non era certo un problema.

Entrò nell'aula che, come al solito, puzzava di chiuso per colpa delle solite lamentele dei professori che dicevano “C'è corrente”. C'erano alunni che copiavano i compiti frettolosamente, altri che lanciavano aerei di carta, secchioni che ripassavano per essere volontari ad un'interrogazione..

Ecco cos'è un liceo, la brillante idea della società di mettere alunni completamente diversi in vari aspetti in un unico edificio. Il posto vicino ad Abby era già occupato da Melanie, beh, non le andava di portare avanti altri stupide liti come al solito, ma tutto cambiò quando si accorse che l'unico posto libero era vicino a Matt.

«Mel, ti dispiace se mi metto io vicino ad Abby?» chiese rivolgendo un sorrisetto a Melanie.

«Beh, non ti puoi mettere vicino a Matt?»

«Io e Matt? Vicini? Seriamente?! Tutta la scuola sa che per me è solo un riccone superficiale!» Rispose Lauren senza farsi scrupoli.

«Ok. Comunque dovresti provare ad essere un po' più carina con Matt, fidati, è il mio migliore amico, sono sicura che infondo gli stai simpatica.» Finalmente Melanie si spostò vicino a Matt,

Lauren rimase basita. Non tanto perché sarebbe stato più che impossibile essere amica ad un soggetto come Matt, ma per il fatto che Matt riusciva ad essere gentile con una ragazza come Melanie, intelligente, simpatica ed acqua e sapone. Forse Lauren riusciva a comprendere Matt, forse lui indossava una maschera uguale a quella di Lauren, forse lei avrebbe potuto capirlo..

No, non posso fare la carina con Matt, soprattutto con quello che è successo ieri in palestra! Dovrò evitarlo.”

pensò. Appena la professoressa Hagberg entrò tutta la classe si zittì, alzandosi in piedi all'unisono.

«Seduti» gli alunni eseguirono a comando.

Appena la professoressa iniziò a spiegare, l'intera classe iniziò a parlottare sottovoce, ma come al solito non ci fù nessun richiamo. Lauren si sentì chiamare alla sua destra. Era Melanie.

«Hey Laur, scusa per prima, ora capisco perchè ti comporti così con Matt, dovresti chiarire i tuoi sentimenti con lui» Melanie aveva assunto un tono comprensivo.

Lauren non capiva quello che voleva dire Melanie, ma poi realizzò.

Ricordò la conversazione con lui il giorno prima a ricreazione, quando come al solito Matt l'aveva provocata chiamandola “Boing boing” e “Signora dell'abbondanza”, Lauren non sopportava quei stupidi nomignoli, anche se aveva un po' più seno delle altre ragazze ed era leggermente sproporzionata rispetto al resto del corpo non voleva dire che era esageratamente dotata.

Chiamami come vuoi, ma io non rischierei così tanto dopo quello che è successo in palestra” ecco come rispose ai continui attacchi di Matt.

Beh, sapeva bene che aveva rischiato grosso, dopotutto spargere qualche stupida voce era la cosa più prevedibile che Matt poteva fare, ma rimaneva il fatto che ora metà scuola credeva che lei era cotta di Matt e che lui l'aveva rifiutata. In quel momento Lauren moriva dalla voglia di prendere a pugni quel bugiardo, non era mai stata così arrabbiata, in quella situazione poteva scoppiare da un momento all'altro.

«Chi te l'ha detto?» chiese incuriosita.

«Alex Tokins, uno del gruppetto di Matt-»

«Van Daalen e Brown, dato che avete tanta voglia di parlare, perché non ci ripetete quello che ho appena detto?»

Diamine, non si era mai comportata così, perchè proprio in quell'ora aveva voglia di rimproverare?

«Mi dispiace prof, ci siamo distratte un attimo» si giustificò Melanie.

«Mi dispiace ragazze, sono costretta a mettervi una nota sul registro»

La Hagberg non aspettò un minuto per iniziare a scrivere la solita frase: “Van Daalen e Brown disturbano durante la lezione”.

«Scusa» bisbigliò Lauren.

L'ora di scienze sembrò infinita e l'intera classe non riusciva più a reggere la lezione della Hagberg.

Per fortuna è la sesta ora” pensò, ma poi si ricordò del corso di potenziamento di italiano, beh, almeno c'era anche Chris.

Uscì dall'aula, notò la Hagberg che le lanciò un occhiataccia.

Oggi è una giornata no” si rassegnò.

«Hey, svitata!» Chris corse verso l'amica, stringendola a sé.

«Ciao, Chris.» Disse con aria triste, era così giù che non si sentiva in vena neanche di scherzare con Chris, stranamente neanche il suo sorriso l'aveva fatta sentire meglio.

«Aspetta, qualcosa non va, vero? Perchè non mi hai chiamato Christina?» Disse stupito.

Lauren raccontò tutta la vicenda, Chris sembrò prenderla addirittura peggio di lei, mantenne un espressione dura per i seguenti cinque minuti fino a quando non arrivò Matt con il suo gruppetto.

«Hey Lauren, sai, si è sparsa la voce!» Disse ridendo con gli altri ragazzi.

Lauren era seriamente preoccupata, per Chris. Sembrava che stesse per scoppiare.

Infatti.

Chris si fiondò su Matt sbattendolo agli armadietti, iniziarono a colpirsi sul viso, erano diventati ciechi dalla rabbia.

Per fortuna Lauren intervenne in tempo prima che i due iniziassero ad andarci troppo pesante.

Lauren si ritrovò presto nell'ufficio del preside affiancata dai due ragazzi pieni di lividi che si lanciavano sguardi di odio a vicenda, la ragazza non poteva credere a quello che era successo.

Sicuramente i ragazzi si sarebbero trovati in guai seri.

Se lo sentiva, sarebbero successi più casini a scuola nei suoi ultimi giorni che nell'ultimo anno, ma era pronta a difendere Chris, come lui aveva fatto solo per lei, la sua migliore amica da sempre.

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Capitolo 5
*** Forget you. ***


Capitolo 5

 

Forget you.

 

«Il minimo è una sospensione di tre giorni, insomma qui non stiamo parlando di un atto vandalico, ma di una rissa» Il preside Doorsey cercava di aiutarci in tutti i modi possibili, ma era una situazione troppo difficile, Chris e Matt sarebbero stati sospesi e Lauren avrebbe avuto i sensi di colpa a mille. Perché aveva minacciato Matt?! Avrebbe voluto riavvolgere il nastro per evitare quel bacio, quella orrenda situazione, ma non si poteva.

«Ragazzi, cercate di capire, mi ritrovo con le mani legate, sono costretto a tre giorni di sospensione». Matt e Chris annuirono, si alzarono e uscirono dall'ufficio.

Lauren era sempre pronta a separarli da un'altra eventuale rissa, c'era troppa tensione nell'aria per stare tranquilli. Si allontanarono da scuola e quando finalmente Matt si allontanò, Lauren si sentì libera di fare la ramanzina a Chris.

«Che ti è saltato in mente, sei impazzito?!» Lauren era più che arrabbiata.

«Che dirai a tuo padre quando tornerai a casa? Ho menato un tipo a scuola perché disturbava la mia migliore amica?»

Chris non rispose, aveva gli occhi lucidi. Abbassò la testa e iniziò a piangere.

«Hey, Chris, vieni qui» Lauren strinse Chris a sé, non sopportava vedere il suo migliore amico piangere.

«ascolta» Disse zittendo Chris.

«Ho capito cosa c'è che non va. Hai paura, paura che non sarò più tua amica, paura che non ci rivedremo più. Beh, sai che ti dico? Ti telefonerò, tutti i giorni, perlomeno ti invierò un messaggio-»

«Lauren, ti dimenticherai di me!» urlò Chris. I due si zittirono per alcuni minuti, non furono minuti di silenzio imbarazzante, si zittirono perchè volevano sentire la quiete attorno a loro, volevano allontanarsi un attimo da quella situazione. Lauren sciolse l'abbraccio, non salutò neanche Chris, che rimase lì a testa bassa fin quando Lauren non era più nei dintorni.

Il suo cellulare vibrò. Era un messaggio di Lauren, quando lesse il messaggio non poté fare a meno di sorridere.

Non ti dimenticherò mai. Come ho già detto, un messaggio al giorno, partendo da oggi ;)”

 

La pioggia iniziò a scendere in sintonia con l'umore di Lauren, beh, dire che era giù era poco. L'unica persona forte attorno a lei, ora aveva bisogno del suo aiuto.

Il cellulare vibrò facendo suonare Highway to hell degli AC/DC, il nome “Papà” apparì sul display in caratteri cubitali.

«Papà?» disse con tono scocciato. Non aveva voglia di parlare con il padre, anche perchè al cinquanta percento avrebbero litigato.

«Lauren? Puoi venire a casa? Dobbiamo parlare di-»

«Papà, se ti riferisci al fatto che fra qualche settimana partiamo.. beh, già me l'ha detto mamma»

Lauren aveva un tono pacato, era stranamente calma. Luke non proferiva parola, era cosciente dello sbaglio che aveva commesso. Finalmente dopo qualche minuto di tensione Luke spiegò.

«Laur, vieni a casa mia, ti devo parlare di una cosa. Ho già avvisato tua madre»

«Ok, arrivo» disse attaccando.

Si domandò che altro doveva dirgli il padre, sicuramente qualcosa di bello a giudicare dal tono emozionato dell'ultima frase.

In pochi minuti arrivò alla piccola villa, dalla casa proveniva una voce femminile a lei sconosciuta.

Bussò con insistenza al campanello, fu il padre ad aprirle, aveva un sorriso a trentadue denti stampato sul viso. Lauren notò subito una donna con un sorriso smagliante seduta sul divano che sorseggiava un po' di tè, “Ecco di chi era la voce femminile” pensò.

«Lauren, lei è Melissa Sparks» disse Luke presentando la donna.

Era sicuramente una delle donne più belle che Lauren avesse mai visto.

Aveva una carnagione olivastra, dei lunghissimi capelli castani e degli occhi che sembravano iniettati d'inchiostro, un inchiostro incredibilmente nero.

«io e lei ti dovremmo parlare di una cosa-»

«Mi vado a cambiare e poi mi dici» Disse Laur abbozzando un sorriso.

Entrò nella sua camera sbattendo la porta, non perché era arrabbiata, perché era stressata.

Sentiva il peso del mondo sulle sue spalle, ora si era anche presa la responsabilità di passare un po' di tempo in più con Chris negli ultimi giorni, di ascoltarlo, di aiutarlo.

Beh, anche lei aveva bisogno di aiuto, ma doveva solo resistere un altro po', fino a quando Chris non si sarebbe rilassato completamente dopo il litigio con Matt, “Il padre l'avrà già messo in punizione” pensò tristemente.

Si levò la divisa scolastica e si mise a cercare qualcosa da mettersi dalla poca scelta nel cassetto vicino al letto. Alla fine optò per un top azzurro cielo e per un paio di jeans.

Uscì dalla stanza sciogliendo i suoi splendidi capelli neri.

«Lauren siediti» Disse gentilmente il padre, la figlia obbedì.

«Allora, Melissa ha una figlia della tua stessa età che era interessata a fare la studentessa di scambio, ci siamo informati e.. ci siamo organizzati con i documenti necessari per far sì che sua figlia, Agnes, venga con noi in Italia!» Il tono di Luke era pieno di enfasi, a differenza di quello di Lauren. Certo, le faceva piacere avere una coinquilina in questo lunghissimo viaggio, ma voleva dire aprirsi con un altra persona, esporsi e socializzare con questa nuova persona che mano a mano sarebbe entrata sempre di più nella sua vita. “Bicchiere mezzo vuoto” pensò, alla fine se guardava il lato positivo riusciva a vedere solo un'ottima notizia. Era sicura che questa Agnes sarebbe stata simpaticissima, se lo sentiva nel profondo, inoltre non voleva deludere il padre, stava facendo il possibile per farla stare meglio con questa novità.

«Fra quanto pensi di partire?» Chiese Lauren al padre.

«Più o meno due settimane.. va bene per te, Laur?» Il padre sembrava seriamente interessato alla risposta della figlia, per questo Lauren rispose “Certo, è tutto ok”, dopodiché si distese sul letto in camera sua, desiderosa di svegliarsi da quello che ormai era diventato un incubo. Tutta quella storia non era per niente ok, lei voleva restare lì, a Goodwin Street, con Chris, con sua madre, con il suo concetto di famiglia.

 

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Capitolo 6
*** Goodbye. ***


Capitolo 6
 
Goodbye.
 
«Non me ne voglio andare, papà. Voglio restare qui, in Italia, con i miei amici»
Erano quelle le parole che sentì Lauren in un sogno, un sogno ricorrente in quelle ultime due settimane. Era ormai diventata un’ossessione.
La speranza di trovarsi bene in Italia era nata come una piccola scintilla, ma si era trasformata pian piano in una fiamma che aveva fatto bruciare Lauren.
Chiuse la valigia velocemente e prese il cellulare.
Appena puoi al parco, io sto arrivando!” digitò sulla tastiera.
Diede uno sguardo all’orologio, le sei e mezza. Chris si era alzato alle sei per vedere lei, lo stesso Chris che arrivava a scuola in ritardo per la sua poca fantasia nel svegliarsi presto, lo stesso Chris che quando progettò di stare sveglio fino all’alba con Lauren, si addormentò sulla spalla di lei come un ghiro.
Svegliò la madre, fra un’ora l’avrebbe dovuta accompagnare in aeroporto.
«Mamma, io vado al parchetto insieme a Chris, mi vieni a prendere lì?» chiese con voce soffiata.
«No, vai a casa di Chris, devo parlare con il padre» disse Claire con la voce ancora impastata dal sonno.
Senza salutare neanche uscì di casa e si avviò al parchetto.
Vide Chris che si dondolava lentamente su una vecchia e arrugginita altalena.
I cigolii acuti dell’altalena la stizzivano alquanto, le procuravano ansia, proprio come l’espressione malinconica dipinta sul volto di  Chris.
Lauren occupò l’altalena affianco.
«Hey, come va?» chiese Chris mostrando un falso sorriso.
Beh, dire semplicemente che era giù di morale non esprimeva la sua frustrazione, la sua rabbia, il suo dolore.
«Lo sai benissimo come sto» rispose schietta.
Un sorriso solcò il viso di Chris.
«Ma guardaci, stiamo qui ad intristirci per qualcosa di cui dovremmo essere felici» Disse iniziando a dondolare più velocemente.
«Che intendi? Un attimo fa eri tu il depresso!» ribatté Lauren, veramente non riusciva a capire gli sbalzi di umore di Chris.
«Intendo che non dovremmo vedere questa cosa come negativa. Che ne sai se in Italia non troverai un ragazzo? O magari una vera amica, non come quella bastarda di Abby!» Chris pronunciò le ultime parole con una punta di amarezza nel tono, Lauren rimase a bocca aperta, ma riuscì a capire subito che qualunque cosa avesse fatto Abby, aveva fatto arrabbiare Chris.
«Chris, piantala di fare l’idiota, prendi iniziativa» disse Lauren con un tono di rimprovero.
Chris fece finta di  non capire, anche se era consapevole che Lauren riusciva a leggere tutto nei suoi occhi.
«Iniziativa? Di che parli?» Mentì Chris.
«Certo che non sai proprio niente riguardo a noi ragazze e una cosa che si chiama appuntamento!» disse Lauren scandendo bene l’ultima parola.
«Allora, tutti sanno che sono sempre i ragazzi a prendere iniziativa, se ti piace Abby, perché non le chiedi di uscire? E non venire a raccontarmi che non ti piace, perché mio caro Chris, si vede da un miglio» spiegò.
«Mm, vediamo, perché non le interesso?! E poi chi sei tu per parlarmi di appuntamenti? Sbaglio o sei tu la ragazza che non ha mai avuto un ragazzo a sedici anni?» rispose Chris arrossendo.
Lauren aprì la bocca, ma non ne uscì alcun suono.
In effetti Chris aveva ragione, Lauren non aveva mai avuto un ragazzo o un semplicissimo appuntamento. Lei dava colpa al suo carattere, che diventava infantile quando si parlava di ragazzi.
«Senti, lo sai meglio di me, non piaccio molto ai ragazzi e soprattutto non sono quel tipo di ragazza che si mette con il primo che passa» si giustificò. Si sentiva a disagio con quella conversazione, ma se non ne parlava con Chris, con chi doveva parlarne?
«Lauren, io non ti sto imponendo di metterti con qualcuno, sto solo cercando di vedere il lato positivo in questa merda di situazione» spiegò Chris, il sorriso che aveva si era ormai spento.
Lauren sospirò.
«Va bene, non importa. Torniamo a casa che tra poco mamma mi passa a prendere»
I due ragazzi tornarono a casa, Claire l’aveva preceduti.
Salutarono i genitori, vedendo Claire seduta al tavolo, Lauren e Chris realizzarono che era arrivato il momento di salutarsi.
Salutò in modo formale il signor White per poi correre fra le braccia di Chris, si lasciò solcare il volto da una lacrima, lo stesso fece Chris.
«Tu signorina Van Daalen, ti farai sentire ogni tanto dall’Italia, ok?»
«Come non potrei!» L’abbraccio si sciolse.
«Goodbye » disse rivolgendo un ultimo sorriso al ragazzo.
 
In una mezz’oretta si ritrovò all’aeroporto, il padre l’aspettava per fare il check-in.
«Lauren, chiamami, mi raccomando. E un’altra cosa, non vorrei che pensassi che io non voglia venire in Italia. Lo sai, non è semplice trasferirsi così all’improvviso, ma sono sicura che troverò un accordo a lavoro, farò il possibile» Claire sembrava sincera, Lauren aveva fiducia in lei, perciò la abbracciò e prese  sul  serio ogni singola parola.
«Mi mancherai» disse Lauren stampando un bacio sulla guancia della madre.
«Buon viaggio, Laur».
A malincuore Lauren si avviò verso l’aereo, passò mezz’ora, un’ora e poi l’aereo partì, lasciando nel cuore di Lauren tristezza, ma anche ansia per la vita che l’aspettava in Italia, ovviamente senza lasciarsi i ricordi alle spalle.

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Capitolo 7
*** Feels like fire. ***


MI SCUSO PER L'ENORME TRISTEZZA DI QUESTO CAPITOLO, MA SI, ERA NECESSARIO.

PS: NON HO POTUTO RIGUARDARE IL CAP, SCUSATE PER EVENTUALI ERRORI.

 

Capitolo 7

 

Feels like fire.

 

Fiamme.

Era tutto ciò che Adrienne vedeva attorno a lei.

Tante fiamme che avvolgevano la sua casetta in Provenza.

Era terrorizzata, non sapeva che fare, l'unica cosa in cui riusciva era piangere e gridare “aiuto”.

Gli occhi le bruciavano, sentiva il calore delle fiamme sulla sua pelle, lei stessa si sentiva parte del fuoco.

Il panico la stava opprimendo, voleva sentire di nuovo il profumo della lavanda, la tranquillità di quel posto quasi sacro, ma in quel giorno tutta l'atmosfera paradisiaca era svanita nel nulla, o meglio, nelle fiamme.

Era successo tutto troppo in fretta, aveva ancora il body della lezione di danza da cui era appena tornata.

Riuscì a sentire le urla disperate dei genitori provenienti dal piano di sopra, erano in trappola..

 

Adrienne si svegliò urlando.

I suoi capelli biondo cenere erano impregnato di sudore, così come il corpo, coperto solo da un pantaloncino e una canotta.

Avrebbe voluto dire che era stato solo un sogno, ma sarebbe stata solo un’enorme bugia. “Non sono in Francia, sono in Italia, con zia Emma e zio Carlo” pensò rassegnata.

Si alzò, in direzione del bagno. Aprì il getto d’acqua fredda, riempiendosene le mani, si bagnò il viso. L’impatto con l’acqua fredda le fece uno strano effetto, la spense.

Spense la sua mente, e i pensieri che la percorrevano, che la tormentavano, soprattutto uno, da cosa era stato causato quell’incendio? E quanto ci avrebbe messo la Polizia a scoprirlo?

Fissò il suo riflesso nello specchio, notò per l’ennesima volta una stranezza nei suoi occhi, non erano più di quell’irresistibile azzurro ghiaccio, ma si erano tinti di rosso, lo stesso rosso della pietra che portava al collo, trovata nei resti della casa dopo l’incendio, l’incendio che aveva tolto la vita ai suoi genitori.

Si affacciò al balconcino della sua cameretta, la vista la incantò, il vento soffiava sulle sue guance candide.

La luna era piena quella notte, rifletteva in tutto il suo splendore sull'acqua tremula, quasi dello stesso blu del cielo, cosparso di stelle che luccicavano come se fossero diamanti.

Avrebbe voluto restare lì in eterno avendo i brividi sulla pelle al contatto con l'aria fresca, a godersi quella pace che nel giorno a Roma, molto probabilmente una delle città più chiassose per lei, era impossibile percepire.

La porta si aprì e zia Emma, una signora sui quaranta, entrò con un espressione preoccupata sul volto, Adrienne si voltò di scatto.

«Zia, scusa se ti ho svegliata» disse rientrando nella camera.

«Non ti preoccupare» disse la donna mostrando un sorriso comprensivo, poi continuò «Ti ho sentita..» Emma abbassò la testa, non riusciva a sopportare il fatto che la sua nipotina, quella che aveva sempre amato, stesse in quella situazione.

«Sto bene» Adrienne cercò far suonare la frase più vera possibile, troppo difficile.

Nonostante Emma si accorse della falsità della frase fece finta di niente, avrebbe solo complicato le cose.

«Adrienne, vai a letto, cara. Domani ti aspetta il primo giorno alla scuola di danza» Emma accarezzò il viso freddo della giovane ed uscì dalla porta.

Adrienne non esitò a mettersi a letto e a calarsi in uno dei più profondi sonni.

La mattina alle nove e mezza una sveglia la fece alzare. Non ci mise molto a lavarsi vestirsi e prepararsi la borsa, ma quanto vide il suo vecchio body di danza, i ricordi della sua vecchia vita sbocciarono ancora.

Li scacciò bruscamente.

Senza neanche fare colazione uscì di casa e si avviò alla scuola di danza vicino casa, non era l'accademia, ma sarebbe stata sicuro una buona scuola.

Appena arrivata la segretaria le indicò una stanza, dove altre dieci ragazze con un fisico peretto come il suo si allenavano facendo streaching, seguendo un'uomo sulla trentina che, accogendosi della sua presenza si presentò come Paolo e la invitò alla lezione.

Adrienne non esitò un momento, dopotutto era molto sicura sulle sue capacità nella danza.

«Concentratevi, chiudete gli occhi e immaginate di avere una palla in mano» disse Paolo facendo da esempio.

Adrienne si sentì molto in imbarazzo, gli esercizi in accademia si limitavano a sforzi fisici.

Iniziava a sentire caldo, la testa le pulsava. Continuava a dare la colpa al digiuno mattutino.

Ma quando aprì gli occhi, tutto cambiò.

Vide le tende infiammate, come quelle di casa sua il giorno dell'incendio.

Diede uno sguardo allo specchio, i suoi occhi erano rossi.

Fu l'ultima cosa che vide prima di cadere a terra, sconvolta.

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Capitolo 8
*** Do you want to know a secret? ***


PAPPARAPAPPAPAPPAPAAAAAA!

Non mi uccidete. Mi rendo conto che l'ultimo cap. pubblicato risale a Dicembre, ma detto con moooooolta sincerità, nun c'avevo genio.

Saluto con taaaaanto amore Blaze (<3), e spero di non fermarmi più con la pubblicazione di questa FF.

Buona lettura, Lucy.

 

 

Capitolo 8

 

Do you want to know a secret?

 

«Adrienne?! Grazie al cielo, si sta riprendendo!»

Adrienne era spaesata, non aveva la minima idea di dove si trovava, o chi fosse la gente che la circondava, riconobbe solo zia Emma. Ma poi, vedendo la poltroncina rivestita di velluto rosso, riuscì a capire che si trovava nella sala d'attesa della scuola di danza.

Vide l'ennesima espressione sconvolta, con gli occhi contornati da lacrime sul volto della zia.

Immaginava come si sentiva in quel momento, nello stesso modo in cui si era sentita Adrienne in quella sera di Maggio, dove il fresco odore della lavanda era scomparso, inghiottito da alte fiamme che avevano portato via le persone che l'avevano messa al mondo.

Adrienne strinse i pugni dalla rabbia, le dava fastidio vedere la zia in quello stato, ma un dolore lancinante le colpì le mani. Erano ustionate.

Eppure le tende erano lontane dalla sua postazione..

Allora non era stata lei ad immaginare il fuoco fra le sue mani, quel fuoco c'era, era stata lei a provocare l'incendio.

Non dire assurdità, Adrienne, non sei neanche capace di accendere il gas..! Eppure il fuoco era lì, tra le mie mani..” pensò, non riusciva a rimettere insieme tutti i tasselli.

Quella storia era assurda.

Si alzò lentamente, rifiutando l'aiuto delle persone intorno a lei, che osservavano con attenzione ogni suo gesto.

Chiese la loro versione dei fatti, ignorando per pochi minuti quello che la sua mente aveva percepito. Eppure.. era stato così reale.

Riusciva ancora a sentire il calore del fuoco nelle sue mani. Poteva addirittura affermare di aver provato gioia, di essersi sentita in pace con se stessa.

Doveva assolutamente nascondere quel che aveva visto a tutti, l'avrebbero presa per pazza.

Come un lampo balzò in piedi. Mormorò una serie di “sto bene”, spiegando che era svenuta a causa dell'ansia.

Riuscì a convincere Emma a portarla a casa, dove si chiuse subito in camera.

La testa le girava, non si tolse neanche il body.

Decise di stare sdraiata sul letto per circa una mezz'oretta, fino a quando il telefono squillò.

Adrienne sbuffò, quel giorno voleva solo essere lasciata in pace. Promise a se stessa che non avrebbe pensato più alla faccenda dell'incendio.

Si fece coraggio e raccolse il cellulare all'angolo del comò.

«Pronto?» esclamò scocciata.

«Adrienne, ciao! Non so se ti ricordi di me, sono Bree, del corso di danza» La voce era squillante, Adrienne la riconobbe subito.

«Oh, si.. Bree. Dimmi pure».

Adrienne decisamente non si aspettava una chiamata da una sua compagna di danza.

«Stavo pensando.. Lo so che sei rimasta abbastanza scioccata, ma.. Magari uscire e distrarti un po'.. ti farebbe bene» disse scegliendo accuratamente le parole da dire.

La ragazza capì subito che quella poteva solo essere una scusa per parlare dell'incidente alla scuola di danza.

Il viso di Adrienne era pallido. E se non fosse stata solo lei a vedere quel fuoco?

Se Bree sapesse fin troppo?

Come l'avrebbe messa a tacere?

Basta, mi sto facendo solo domande inutili.. Tutto quello che ho visto è impossibile.. Sono solo scossa” pensò decisa.

Si scordò quasi di Bree al telefono, infatti fu chiamata svariate volte dalla ragazzina.

«Oh, si, scusa.. Certo, per me va bene. Ci vediamo alle tre in piazza e ci facciamo un giro?»

Accettò l'invito.

Se Bree l'avesse accusata, Adrienne avrebbe sicuramente smentito dandole della pazza.

«Ok, allora a dopo».

Adrienne salutò la ragazzina e attaccò.

Decise di mangiare presto dato che prima di uscire era intenzionata ad una rilassante doccia.

Andò in cucina, la zia non c'era.

Trovò un suo biglietto firmato.

 

Sono uscita, un'urgenza in banca con tuo zio!

Il frigo è pieno, cucina quello che vuoi.

Tornerò verso le sei.

Baci

Zia.

 

 

Adrienne sbuffò scocciata.

Non era brava a cucinare, era proprio negata.

Non riusciva a regolarsi con gli ingredienti, le quantità e i tempi di cottura.

Una volta riuscì addirittura a bruciare i wrustel in padella.

Tutto del mondo culinario le sembrava tremendamente complicato, dal cucinare i surgelati fino a condire una stupidissima insalata.

Tuttavia la zia continuava a lasciarle in mano pentole e padelle proprio come in quel momento.

Decise di farsi un piatto di pasta, quindi iniziò a preparare il sugo.

Impugnò il coltello ma lo gettò per terra subito, si era completamente scordata delle ustioni.

Non sapeva con cosa curarle, così le fasciò semplicemente con una benda.

Si fece coraggio e strinse i denti, sopportando il dolore.

Dopo aver preparato il tutto per il soffritto, si avvicinò ai fornelli con in mano un accendino pronta ad accendere il gas.

Ma poi si guardò le mani.

Si ricordò dell'incendio, le tende che andavano a fuoco, le sue iridi di quel colore scarlatto, il fuoco fra le sue mani.

Fu così che fece cadere improvvisamente l'accendino a terra, continuando a fissare il piano cottura, dove il gas continuava a uscire.

Continuava a guardarlo, aspettando che il fuoco uscisse, come per magia.

La puzza del gas iniziò a farsi sentire e Adrienne capì che stava delirando, che diavolo aveva per la testa?!

Mise le pentole sul fuoco e si diresse verso il bagno.

Si fece una doccia veloce e si asciugò la massa di capelli biondi.

Si infilò un vestitino estivo e delle ballerine, poi scese di sotto per pranzare con una sbobba rossa che sarebbe dovuta essere “pasta”.

Si assicurò di aver messo tutto in borsa ed uscì, sbattendo la porta.

Per strada accelerò il passo, fra tre minuti sarebbe dovuta essere in piazza, invece era solo a metà strada, fino a quando una scena non la rallentò.

C'era una ragazza, seduta su una panchina che continuava a fissare la pietra portata al collo da Adrienne, poi capì il perché.

L'altra bionda, ne aveva una simile, quasi della stessa forma, solo verde.

Adrienne sentì l'impulso di andare da lei, e chiederle dove l'aveva presa, poi capì che era solo un'altra delle sue idiozie.

Appena ci fu il contatto visivo fra le due, provò una strana sensazione, come se quell'incontro fosse programmato.

Si chiese se anche quella ragazza stava provando lo stesso, anche perché la sua espressione non era tanto diversa da quella di Adrienne.

La suoneria del cellulare la svegliò da quello stato di “trance”, rispose immediatamente.

«Adrienne, io sono in piazza, tu a che punto sei?» squillò la voce di Bree.

«Tre secondi e sono lì» mentì Adrienne, poi riattaccò.

Era incredibile il modo in cui riusciva a mentire spudoratamente, le veniva naturale, proprio come le veniva naturale fare la stronza.

Eppure c'era sempre quel momento in cui si chiudeva in camera e piangeva, chiedendosi perché tutta la scuola la chiamasse “strega” appena lei raccontava qualcosa di troppo alle sue “amiche”, quelle che le stavano accanto solo per fare gossip o per guadagnarsi la sua popolarità, l'unica cosa che l'era rimasto ormai nel vecchio istituto.

Eh si, purtroppo Adrienne era proprio il prototipo di ragazza popolare, bionda e stronza del liceo, che se ne fregava, o meglio, faceva finta di fregarsene del parere degli altri e, una volta perso tutto, si chiudeva in se stessa.

Ecco perché in parte era felice di iniziare il suo quarto anno in Italia, in una nuova scuola, con gente nuova e, magari, con una nuova Adrienne.

Dopo un paio di minuti arrivò in piazza, vide subito una biondina sorridente che continuava ad agitare la mano a distanza: Bree.

Adrienne la raggiunse correndo, già pronta con la scusa per il ritardo.

«Ciao Bree! Scusami per il ritardo, mi ero persa per strada, ora che ci penso sono uscita poche volte da quando sono arrivata» disse con l'affanno.

La bionda la guardò con uno sguardo comprensivo.

«Ah, non ti preoccupare, sono arrivata da.. poco» disse guardando l'orologio insicura, nascondendo il fatto che era arrivata da circa un quarto d'ora prima della bionda, ma quello era il carattere di Bree.

Buona come un pezzo di pane, non era in grado di deludere nessuno attorno a lei, ma soprattutto i suoi genitori, che avevano sempre molte aspettative da lei.

Ecco perché dava sempre il massimo a scuola e nella danza.

Le due raggiunsero un piccolo bar in centro e si accomodarono all'esterno, la luce del sole sulle spalle nude le rilassarono ed era esattamente ciò che serviva ad Adrienne, rilassarsi.

La maggior parte degli argomenti erano sulla danza, l'unica cosa che le due avessero in comune, o sugli amici di Bree, la quale continuava a ripetere di essere in dovere di presentarglieli.

Adrienne si sentiva sorprendentemente a suo agio con Bree. Forse perché l'angelica biondina dagli occhi verdi era il suo esatto contrario.

La conversazione andò avanti per ore, mentre le due passeggiavano per le stradine della periferia di Roma, fin quando, arrivate su una spiaggia libera, non si sederono sulla riva, con il sole che era sul punto di tramontare.

Rimasero in silenzio per un po', prestando attenzione alle onde che si infrangevano sugli scogli lontani.

«Adrienne, vuoi sapere un segreto?» riprese a parlare Bree.

«Spara» rispose l'altra, stendendosi mentre faceva scorrere la sabbia fra le sue dita, completamente rilassata.

«Io.. riconosco le persone speciali. E oggi ho capito che tu sei una di quelle persone» confessò calma Bree, mentre si stendeva vicino ad Adrienne che, nonostante iniziasse a essere preoccupata, decise di chiedere le ragioni della sua strana affermazione.

«Probabilmente mi prenderai per pazza, ma.. so cosa è successo a scuola oggi, e so anche che tu lo sai, ma hai paura» disse tutto d'un fiato.

Adrienne provò a risultare il più naturale possibile, ma le era molto difficile, data la situazione.

«No, io non ho paura. Ma dimmi la tua versione! Cos'è successo all'Accademia secondo Bree?» disse Adrienne spostando l'argomento sulla compagna.

«Non c'è bisogno che te lo dica, Adrienne. Ma posso raccontarti una storia simile alla tua» rispose Bree mettendosi a sedere, con le braccia che circondavano le ginocchia.

«C'è.. questa ragazza che io conosco molto bene.. lei è più o meno come te, ha le tue stesse.. capacità» concluse Bree, mentre osservava Adrienne alzarsi, Bree si sbrigò subito a seguirla mentre si incamminava per la strada.

«Io non ho nessuna capacità, Bree! Non dire cazzate..» disse Adrienne accelerando il passo, Bree la bloccò prendendola per un polso.

Sapeva bene che tutta quella storia era assurda, ma era anche reale. Assurda, ma reale.

Adrienne doveva capirlo.

«Dammi un'altra occasione per spiegarti meglio, ti prego».

Adrienne non ci capiva più niente dell'intera questione.

Era spaventata, non solo dalle conoscenze di Bree.

Ormai era quasi sicura che l'incendio alla scuola di danza l'avesse causato lei, come, non ne aveva la minima idea.

Ma se fosse stata lei la causa dell'incidente in Provenza? Cosa sarebbe successo?

Niente sarebbe stato più lo stesso, come aveva potuto uccidere i suoi genitori?

Non sono stata io, non è stata colpa mia” provò a convincersi.

Bree si accorse della battaglia interiore che Adrienne stava combattendo, così la prese per mano e provò a consolarla.

Ma cos'altro poteva fare lei? Adrienne si sarebbe fidata? Avrebbe creduto a quello che le avrebbe raccontato?

«Senti, ho bisogno di una mano. Tu mi devi raccontare un bel po' di cose, quindi ora ti spiegherò come si concluderà la giornata di oggi, ok? Annuisci» esordì Adrienne, mantenendo un tono di voce abbastanza duro. Bree annuì, senza aprire bocca, stupita dalla determinazione della ragazza.

«Tu ora chiamerai i tuoi genitori e gli dirai che stasera resterai a dormire da me, Bree. Perché non so cosa fare. Non so se mi sveglierò scoprendo che tutto questo è stato solo un sogno, non so se è stata colpa mia per l'incidente di oggi, ma se tu puoi aiutarmi, ti prego di farlo» Adrienne scoppiò a piangere. Improvvisamente ebbe una strana sensazione, come se il tempo si fosse fermato, non sentiva più le onde, non sentiva più le gentili carezze del vento. Riusciva a sentire solo l'abbraccio di Bree, e doveva ammettere che quella ragazza era comparsa al momento giusto.

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