Boule de neige di Aura (/viewuser.php?uid=1032)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Odore di bruciato ***
Capitolo 2: *** L'incantesimo ***
Capitolo 3: *** Il freddo ***
Capitolo 4: *** Non Vale ***
Capitolo 5: *** Corsa contro il tempo ***
Capitolo 6: *** La battaglia, e la fine ***
Capitolo 7: *** Le cose perse ***
Capitolo 8: *** L'ultima palla di vetro ***
Capitolo 1 *** Odore di bruciato ***
not my 1
The world is full
of wonderous things, it's true
But they wouldn't have much meaning
without you.
(Wonderful, wonderful -Johnny Matis-)
Raccolse le pergamene sparse alla
rinfusa, proprio non era da lei tutto quel disordine, d'altra parte
quel piccolo capovolgimento delle sue abitudini era dovuto al fatto
che anche lei, come tutti, spesso perdeva minuti di coscienza,
annebbiata dai pensieri del passato. Da chi non c'era più.
Era
trascorso troppo poco tempo perché il lutto potesse essere
elaborato; e l'essere tornata ad Hogwarts, al contrario di Harry e
Ron, aveva anche a che vedere con il
fatto che per la prima volta si trovava a dover gestire
qualcosa senza sapere da che parte cominciare.
Hermione era
logica, metodica, e questo l'aveva aiutata nelle più disparate
situazioni, facendole cogliere il particolare insignificante ma che
si rivelava sempre essere la chiave del problema; ora invece il lutto
pesava come un masso sul suo cuore, soffocandolo di tristezza, e non
capiva come fare per gestirlo.
Si era allontanata, andando nel
posto che sarebbe sempre stato il monumento ultimo di quella guerra
che aveva portato via troppe persone, anche per non dover sopportare
l'eterno sguardo di smarrimento negli occhi di chi amava; ma ora lo
smarrimento era in lei, e gli occhi che rimanevano vacui, ripensando
alle vittime strappate via dalla vita, erano i suoi.
Mascherava
quel lato in via di corrosione di sé con l'apparenza che il mondo le
aveva sempre affibbiato, ma quando si ritrovava sola ecco che il
blackout si prendeva gioco di lei, come una valvola di bollitore la
corrosione che premeva per uscire si rivelava in gesti stupidi, come
delle pergamene sparpagliate senza cura su uno scrittoio.
Ricordò
quando rimise piede nella tana per la prima volta dopo la fine della
battaglia; l'assenza di Fred era soffocante, la percepiva ovunque: il
silenzio che rimbombava nelle stanze, lo strano tic che prendeva
possesso della mano della signora Weasley, che continuava a portarsi
una mano al petto come a voler proteggere il suo cuore dal dolore
peggiore per una madre, la ruga perenne tra le sopracciglia di
George, pensieroso, nell'attesa infinita della sua metà.
Ron si
muoveva cercando di non dare nell'occhio, ottenendo con maldestro
impaccio l'effetto opposto, ed Hermione, guardandolo, guardandoli
tutti insieme, sentì ancora più amplificato il dolore della
perdita.
Erano passati appena due giorni, e le sembrava che il
mondo non avrebbe mai potuto ricominciare a girare.
Poi la
vita era ripartita, gradualmente, e poco a poco l'apparenza acquisiva
le tinte seppur sbiadite del passato, forse a causa dell'orgoglio,
della voglia di riappropriarsi della vita per chi era stato
risparmiato, l'istinto naturale di sopravvivenza insomma; eppure
c'erano ancora molti segni ridondanti che il lutto non era finito, e
che i cuori feriti si sarebbero forse rimarginati un poco, ma la
lacerazione sarebbe stata lì, per sempre.
Hermione aveva fissato
Teddy, pensando a quando sarebbe arrivato il giorno per tutti loro di
trattenere le lacrime e raccontare a quel bambino chi erano i suoi
genitori; e guardando Molly, che leggeva il Profeta con la mano
posata distrattamente sul cuore, Ron, che parlando continuava a far
cadere ogni cosa che toccava, si era sentita una codarda col suo
desiderio di tornare a Hogwarts.
Non solo suo padre e sua madre,
anche i Weasley erano la sua famiglia e lei, seppur non direttamente,
li stava abbandonando.
- Forse potrei studiare a casa, e dare solo
i Mago... - disse a Ron, pensierosa, in una sera d'estate.
Lui,
incredibilmente, la capì immediatamente, ma in fondo a dirla tutta
non era la prima volta che la sorprendeva.
Le strinse la mano, in
un gesto d'affetto ancora lievemente imbarazzato nonostante ormai
fossero a tutti gli effetti una coppia.
- Hermione, - le disse,
zittendola, - per quanto sia difficile dobbiamo andare avanti con la
nostra vita. Tu vuoi andare a Hogwarts, nessuno si
permetterebbe di aspettarsi che tu non ci vada.
- Abbiamo perso
abbastanza persone da fermarci un attimo e tirarci su tra di
noi.
Anche il suo ragionamento non faceva una piega, ma Ron era
troppo convinto da lasciarle l'ultima parola, per bene che fosse lei
la sua interlocutrice, Hermione Jane Granger, umanamente impossibile
da zittire.
- Hermione, - l'ammonì. Lo guardò, quasi offesa dal
tono di voce che lui aveva usato, che era quasi l'antitesi di Ron
stesso. - dobbiamo andare avanti, e farlo per loro.
La mano si
chiuse maggiormente sulla sua, mentre in silenzio le lasciava il
tempo per comprendere cosa voleva dire. Nel lutto non c'era un giusto
e uno sbagliato, nel dolore le scelte che si compiono non sono da
giudicare. Hermione partì per Hogwarts, Ron l'accompagnò al
binario, rimanendo sulla banchina fino a che il treno partì,
lentamente.
Lei aveva abbassato il finestrino e lo guardava, in
quel silenzio che non ha bisogno di molte parole: si sarebbe sentita
sola senza lui e senza Harry, gli avrebbe scritto e preteso in
risposta lettere dettagliate; si raccomandava che lui non oziasse e
che sfruttasse quel periodo in modo produttivo.
Ron sollevò un
angolo delle labbra,
- Non cambierai mai, Hermione Granger. - Le
disse poi, con tenera fierezza.
Hermione distese la fronte
crucciata, e rispose al sorriso mentre il treno acquistava
velocità.
Odore di bruciato: lo sentiva ovunque, nei
corridoi della scuola. Hogwarts non era più quella dei suoi ricordi
d'infanzia ma di sicuro era stata ricostruita abilmente, eppure
Hermione camminando sentiva sempre odore di bruciato. Si ritrovò a
convincersi che fossero le sue narici ad esserlo, o che fosse quasi
una parte dentro di sé che aveva continuato ad ardere; eppure
complice quell'odore nauseabondo, che le ricordava troppo i momenti
della battaglia, camminava stringendo la bacchetta spasmodicamente,
come se avesse dovuto parare un attacco da un momento all'altro.
La
Sala Grande era diventata un incubo: ogni volta che vi entrava le
sembrava di vedere i corpi che giacevano sulle panche, sui tavoli;
lividi ed inermi, totalmente reali.
Le mancava il fiato, come quel
giorno che vi entrò e scorse il corpo di Fred, esanime.
Si era
sentita persa, guardando quelle labbra sicuramente inclinate
nell'ultimo sorriso, sperando con tutto il suo cuore che fosse
l'ennesimo scherzo del ragazzo: se solo avesse aperto gli occhi
quella volta avrebbe potuto perdonarglielo.
Ma intorno a lui la
sua famiglia piangeva, stringendo per l'ultima volta la mano di Fred,
accarezzandogli la guancia, ripromettendosi forse di vendicarlo.
Hermione aveva capito, non era uno scherzo. Aveva stretto la mano di
Ron, piangendo in silenzio.
Ora faceva di tutto per non guardare
in quella direzione, come se avesse potuto trovare ancora un qualcosa
che lo ricordasse, o peggio, vedere che niente faceva capire che cosa
era successo in quel punto.
Prima dell'ora dei pasti, quando non
studiava, camminava per i corridoi, sentendo l'acre odore di
bruciato, aspettando che il battito del suo cuore rallentasse e che
l'ansia di tornare nella Sala Grande cessasse.
Tutto era come
sarebbe stato se non fosse mai diventata amica di Harry e Ron: sempre
eccellente in classe, infaticabile nello studio a qualsiasi ora del
giorno e della notte, qualche saluto scambiato tra una lezione e
l'altra, qualche chiacchiera nei dormitori e nella sala comune, ma
nulla di più. In quel momento Hermione non voleva di più, mentre
cercava di capire come liberarsi da quel peso sul cuore e allo stesso
tempo aveva paura del momento in cui sarebbe avvenuto: del momento in
cui avrebbe dimenticato.
Inoltre, non sapeva se doveva farlo o
meno: il suo istinto, che nel suo caso era paradossalmente il lato
più razionale, le diceva di evitare semplicemente di pensare,
procrastinare la tristezza in attesa del momento in cui il ricordo le
avrebbe fatto meno male; eppure la sua coscienza strideva con questo
pensiero, suggerendole che non solo la sua anima si sarebbe
intorpidita con quello sforzo ma nessuno dei morti meritava il
mancato onore della memoria, della sofferenza.
E allora cercava di
farsi coraggio, entrava nella Sala Grande e camminava, avvicinandosi
a quel punto che sempre evitava; poi la forma delle mattonelle, il
numero dei passi, la faceva desistere. Il suo coraggio era un altro,
non comprendeva l'essere capace di affrontare il dolore per la sua
perdita.
Aveva sorpreso uno strano movimento, intorno al
reparto proibito: qualcuno andava e veniva costantemente, si era
trovata ad indagare e a concentrarsi sui più piccoli indizi fino a
scoprire un gruppo di studenti che stavano facendo una ricerca. Più
precisamente su un incantesimo antico, che si diceva avesse il potere
di mischiare il presente al passato e dare un nuovo futuro a chi non
lo aveva potuto avere.
Irruppe così nell'angolo della libreria
dove quei ragazzi si erano riuniti.
- Non sapete, - li riprese, la
severa Caposcuola, - che cose terribili succedono ai maghi che si
intromettono nel tempo? Non sapete, - continuò, - che non si può
riportare in vita chi non è più di questo mondo? Siamo maghi e
streghe, non degli dei: se fosse stato possibile a quest'ora ognuno
avrebbe ancora qui i propri cari. - Loro la guardavano, ammutoliti,
cercando di nascondere il libro che avevano trovato: Hermione,
integerrima, notò il movimento e si avvicinò sicura al ragazzo del
quinto anno, togliendogli il libro dalle mani. - Ora, non vi farò
punire solo perché siete stati terribilmente stupidi, non questa
volta: immagino che ognuno di voi abbia un motivo per essere qui;
d'altra parte vi vieto anche solo di pensarci un'altra volta. Vado a
mettere al sicuro questo libro, al mio ritorno non vi voglio più
trovare qui: sta per scattare il coprifuoco.
Si allontanò, con
passo spedito, pronta a consegnare alla bibliotecaria il
volume.
Voltò la testa, per assicurarsi che gli studenti fossero
andati via, e tornando a girarsi inciampò nel piede di una sedia
fuori posto.
Aveva sbattuto le ginocchia a terra, sicuramente si
erano sbucciate, e controllò un'escoriazione sul lato della sua
mano: era una cosa da niente, ci avrebbe pensato lei stessa, senza
dover andare in infermeria. Rialzandosi si guardò intorno, in cerca
del libro, e lo scoprì sotto a un tavolo. Si mise a carponi, per
raggiungerlo, e tirandolo a sé così come era caduto si ritrovò a
non riuscire a distogliere la vista dal punto in cui si era
aperto.
Una figura occupava un'intera pagina, la figura di un
ragazzo sul punto di morire, con gli occhi socchiusi che la
guardavano, guardavano lei.
Era Fred.
Chiuse di scatto il
libro, sicuramente quell'immagine figurava chi, la persona che
leggeva il libro, desiderava riportare in vita, eppure non riuscì a
riprendere a camminare. Fissò a lungo la copertina, poi nascose il
libro nel mantello della sua divisa e si diresse verso il suo
dormitorio.
Era così concentrata su quello che stava facendo
che per una volta non notò l'odore di bruciato: i suoi occhi
saettavano in continuazione, il suo cervello continuava a fornirle
scuse nel caso qualcuno l'avesse sorpresa e al contempo moniti
continui di riportare il libro al suo posto; il braccio stretto
convulsamente al fianco, dove aveva incastrato il grosso volume, era
così premuto che i muscoli le facevano male.
Borbottò alla
Signora Grassa la parola d'ordine, lasciandosi andare a uno sbuffo
all'ennesimo momento di protagonismo della donna del quadro, e quando
finalmente la fece entrare si infilò nel passaggio, percorse a passi
lunghi e rapidi la sala comune ed infine salì verso il suo
dormitorio.
Le altre ragazze, che dividevano con lei la stanza, si
erano riunite su un letto, e ridacchiavano scambiandosi delle foto,
-
Ciao Hermione, vieni anche tu? Stiamo componendo la nostra squadra
ideale di Quiddich, in base a dei canoni che sono molto importanti,
anche se nessuno ci dà peso: bellezza, fisico e fascino!
Hermione
si sforzò di sembrare naturale,
- Scusatemi, ma ho degli
arretrati da studiare, sarà per un'altra volta!
Si sedette
sul suo letto, fece scorrere la tenda intorno al baldacchino e lanciò
un incantesimo insonorizzante. Anelava la pace, in momenti come
quello rimpiangeva non poter avere una camera tutta per sé. Sfilò
il libro dal suo nascondiglio, e lo riaprì: ancora la stessa pagina,
ancora quel viso. Lo chiuse di scatto, gattonò sopra alle coperte e
lo nascose sotto al materasso: la tentazione di leggerlo, di sapere,
era arricchita non solo dalla sua proverbiale sete di conoscenza, ma
anche dal pensiero che stava lentamente insidiandosi, come un
serpente, nella sua mente. Forse c'era un modo per salvarlo. Fred o
qualcun altro.
Ripeté come un mantra le parole che aveva detto al
gruppo di studenti in biblioteca, rivolte a sé stessa, per far sì
che si imprimessero bene in lei e scacciassero la tentazione.
Non
era il suo destino.
La storia del secondo fratello Peverell.
Non
apparteneva più al mondo dei vivi.
Eppure continuava a sentirsi
in colpa, come se la sua prudenza fosse il motivo per cui non poteva
scoprire se poteva dargli un nuovo presente, un futuro che era stato
strappato via dal male.
Aprì gli occhi, capendo di essersi
addormentata sfinita dai suoi ragionamenti, realizzando allo stesso
tempo che per quanto avesse dormito, ore o pochi minuti, la sua
razione di sonno per quella notte era già stata esaurita. Scostò le
tende, scoprendo che nella stanza era calato il buio e che le altre
ragazze dormivano tranquille. Prese la vestaglia, la sua bacchetta e
decise di andare a leggere qualcosa nella sala comune. Poco prima di
uscire dalla stanza però tornò verso il suo letto, prendendo il
libro da sotto il materasso: aveva bisogno di sentirlo accanto a
sé.
La sala comune era uno di quei posti tornato rapidamente
ad assumere l'aspetto che aveva sempre avuto, si accoccolò sul
divano ravvivando il fuoco con un colpo di bacchetta e iniziò a far
vagare lo sguardo tra quelle mura.
Solo in un punto, il muro
dell'uscita, c'era qualcosa di diverso: i ritratti dei vecchi
compagni che avevano perso la vita durante l'ultima guerra magica,
sormontati da una targa dorata che recitava:
Con amore nel loro ricordo,
Grifondoro fino alla fine.
Passò
in rassegna i loro visi, alcuni meno conosciuti, alcuni terribilmente
cari come Lupin e Sirius, che era stato affisso nonostante la sua
morte fosse avvenuta poco prima della comprensione da parte di tutti
del ritorno di Voldemort.
I loro visi erano come se li sarebbe
sempre ricordata, con lo sguardo fiero, l'espressione tranquilla.
Proseguì, incontrando il ritratto che tra tutti l'aveva sempre messa
a disagio: Fred, con una fossetta accennata sulla guancia, un piccolo
particolare che forse sfuggiva a chi non l'aveva conosciuto appieno;
era come l'inizio di un sorriso, di una risata. La turbava perché
per quanto così rappresentato fosse felice, in realtà qualunque
persona che sta per sfoderare un sorriso non può essere definita in
pace: in pace è chi è già arrivato al culmine del sorriso, o chi è
tornato esteriormente serio conservandolo negli occhi e nel cuore,
non chi sta per esprimerlo.
Perciò il quadro di Fred non le
trasmetteva un fiero ricordo, come per gli altri.
Non avevano
voluto fossero animati, pensavano che aiutasse chi li aveva
conosciuti ad osservarli senza rimpianti, con serenità.
Ed
invece, incrociando lo sguardo dell'amico, i rimpianti di Hermione si
accavallavano sempre di più, torturandole la coscienza.
Traduzione della citazione musicale iniziale:
Il mondo è pieno di cose meravigliose, è vero,
ma non avrebbero molto senso senza di te
Nda Con sorpresa mi do ai contest,
questo specialmente è stata una bella fonte d'ispirazione, e mi
ha fatto buttare su questo pairing che ho scoperto interessarmi molto.
La storia è consegnata, i capitoli non amo pubblicarli tutti insieme, quindi contate su una frequenza settimanale.
Bhe, spero che vi piaccia!
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Capitolo 2 *** L'incantesimo ***
bdn 2
Era
suo il viso che aveva visto nel libro. E lei lo stava ignorando.
Un
ceppo nel camino scoppiò, facendola sussultare.
Era beffardo,
perché le ricordava una notte simile a quella, in cui aveva capito
che non sarebbe riuscita a dormire, durante il suo quarto
anno.
Hermione sussultò, lo schioppo l'aveva
distolta violentemente dai suoi pensieri, si ritrovò a guardarlo
seria, come rimproverandolo.
- È solo un pezzo di legno. Non può
scusarsi.
Si girò verso Fred,
- E tu che ci fai sveglio? - gli
chiese, non sapendo se essere lieta per avere una compagnia o
infastidita per non essere sola.
- George. - disse lui, come se il
solo nome del fratello bastasse per spiegare tutto.
- Scherzo?
-
Pozione Antisonno. Tu?
Hermione alzò le spalle,
- Non lo so,
forse l'ha data anche a me... - ipotizzò, mentre Fred si sedeva
accanto a lei. Scostò i piedi, per fargli posto,
- Certo, certo.
- fece lui, accondiscendente.
- Qualcosa mi dice che mi stai
prendendo in giro, - lo accusò, osservandolo attentamente.
-
Assolutamente no. Stavi studiando? - disse, sfilandole il libro dalla
mano e cambiando discorso.
- Non proprio... - cercò di fermarlo,
ma Fred stava già sfogliando l'album.
Lo vide ridere,
- Ah,
gli annuari, sono proprio crudeli. Guarda questa, è Harry svenuto
dopo una partita di Quiddich, - rise, - e qui c'è Percy quella volta
in cui gli abbiamo colorato i capelli di blu, e lui è andato a fare
la ronda conciato così!
Gran parte di quelle foto aveva come
protagonista uno scherzo dei gemelli, ma altre erano semplicemente
momenti divertenti o belli da ricordare. Hermione si avvicinò a lui,
e iniziarono a guardarlo insieme.
- Siete davvero pestiferi... -
commentò, con un sorriso benevolo.
Aprì gli occhi di scatto,
svegliata da un altro scoppiettio del camino.
- Eh? - disse,
insonnolita, mettendosi a sedere. Si guardò intorno, distinguendo
Fred con in mano la macchina fotografica,
- Asciugati la guancia,
Hermione, questa andrà dritta nell'album, così tutti ricorderanno
che quando dormi sbavi come una lumaca . - rise.
Cercò di
raggiungerlo, per portargli via la macchina, ma lui aveva il
vantaggio di essere lucido e non appena sveglio come lei, così
riuscì a scappare chiudendo con un incantesimo la pellicola in un
baule.
- Ti prego, Fred, dammela! - disse stizzita,
-
Assolutamente no. - Soddisfatto tornò sul divano, - Non ce n'erano
di abbastanza divertenti su di te, e questa è un buon inizio. Vai a
dormire Hermione, su: ti avrei portato a letto io stesso, ma sai che
non posso.
Ancora imbronciata gli diede le spalle,
incamminandosi.
- Ehi, - la chiamò poi Fred.
Si girò,
-
Che c'è ancora?
- Quello stupido è ancora troppo piccolo e
troppo tonto per accorgersi di te, ma presto lo farà, vedrai.
Rimase a guardarlo impietrita,
mentre Fred le strizzò l'occhio e come se niente fosse si voltò,
rimettendosi a guardare le foto.
Si
morse il labbro, e si avvicinò allo scaffale, estraendo un album.
Lo aprì, sicura, trovando la pagina dove era stata sigillata la
sua foto, perché lei non potesse strapparla.
Ora, più che sé
stessa addormentata con la bocca aperta, i capelli arruffati e un
rivolo di saliva sulla guancia, rivedeva chi le aveva scattato quella
foto.
E si giudicava aspramente, accusando la sua prudenza, il suo
buonsenso, il suo sapere che era sbagliato come paura e
codardia.
Chiuse l'album con un tonfo, lo rimise sullo scaffale
con un gesto secco e meccanico. Si voltò, fissò il libro appoggiato
sul divanetto. Non poteva lasciarlo incustodito, lo prese, e si
diresse nuovamente sulla soglia della sua stanza.
- Accio borsa. -
disse, sicura, tendendo la mano. In caso di una qualsiasi evenienza,
non aveva mai perso l'abitudine di tenerla pronta e a portata di
mano. Socchiuse la porta, facendo attenzione a non fare rumore, e
ridiscese le scale della torre, fino a tornare alla sala comune.
Il
cuore le martellava, i pensieri erano soggiogati dall'agitazione
febbrile, ancora non credeva a quello che stava per fare.
Si
sedette sul divano, incrociando le gambe, mentre rapidamente
rifletteva che forse la causa di tante avventure pericolose con Harry
e Ron era proprio lei, e ne era la prova vivente in quel preciso
momento.
Fissò la copertina, che iniziò a sembrarle minacciosa:
aveva paura di cambiare idea, paura di non cambiarla e combinare la
più grande pazzia mai sentita. Inspirò, aprì il libro e iniziò a
leggere sommessamente la formula.
Quelle antiche parole,
mentre le scorrevano sulla lingua, le parlavano, spiegando al suo
inconscio cose che avrebbe ricordato, cose che avrebbe dimenticato,
moniti terribili e incoraggiamenti speranzosi.
Sapeva di non avere
molto tempo per l'organizzazione, stava tornando indietro nel tempo e
doveva scegliere immediatamente la destinazione. Fred doveva essere
vivo, e solo.
Un racconto di Ginny le tornò alla mente, la
mattina in cui Harry l'aveva baciata, George li aveva sorpresi. La
camera dei gemelli.
Si fece tutto buio. Freddo. Puzza
insopportabile di bruciato, fetore di muffa e decomposizione, ma fu
questione di un attimo.
Vide al di là delle sue palpebre
chiuse una luce aranciata, tenue, contro la sua pelle sentiva un
calore confortevole e le sue narici erano solleticate da un
famigliare profumo: un miscuglio di legno, ciambellone di zucca, e un
che di floreale. Casa. Casa Weasley, la Tana, senza alcun dubbio.
Aprì gli occhi, cautamente, mentre una voce stupita la chiamava,
-
Hermione, cosa ci fai qui?
Non si sarebbe mai aspettata di poter
reagire così, ma forse non le era mai venuto in mente di poter
rivedere un amico che credeva morto da tempo. O meglio, che sapeva
con assoluta certezza morto da
tempo.
Il respiro le si seccò in gola, per riprendersi poi con un
singhiozzo, liberatorio. Si fiondò su Fred, abbracciandolo,
dimenticando che lui ignorava chi era veramente e perché era lì,
nascondendo il volto rigato dalle lacrime contro la sua spalla.
-
Maledetto, maledetto Fred! - si ritrovò a borbottare, non riuscendo
ad esprimere altro.
- Ehi, io non c'entro! - si giustificò lui,
confuso.
Si mischiò una risata tra le lacrime di Hermione, mentre
si staccava da lui.
Si asciugò il volto, nonostante vedere
nuovamente il suo viso e sapere che era lui le stava portando una
nuova ondata di commozione.
- Sì che c'entri, stupido. - disse,
benevola.
Lo guardò per qualche istante, mentre Fred la fissava a
sua volta spaesato,
- Si può sapere che cosa ti prende? Sarà
stato George, ora è abbastanza facile riconoscerlo da me, no?
Si
ritrovò a dargli uno spintone amichevole,
- Non è un commento
carino da fare nei confronti di tuo fratello, - lo rimproverò.
-
Hermione, - le disse lui, ignorando il rimprovero, - che cosa ci fai
ancora in vestaglia? Se non sbaglio cinque minuti fa eri chiusa in
bagno giurando di aver quasi finito. E che razza di capelli hai? -
osservò, poi.
Si portò automaticamente una mano alla testa, già
sapendo che era impossibile domare il groviglio con solo le dita.
-
Non ho tempo per questo, - disse, prendendogli il polso. Poi sembrò
ripensarci, - anzi, è meglio se lo fai tu: smaterializziamoci da un
altra parte. Un posto sicuro, e senza gente. - precisò. Lo vide
tentennare e strattonò il suo braccio, - Forza!
Riconobbe la loro
destinazione come l'ufficio sopra ai Tiri Vispi, sospirò soddisfatta
riflettendo che era meglio non usare la bacchetta, finché era lì,
per non insospettire il ministero: né lei né il suo doppione
passato avevano più la Traccia addosso, ma meno dava nell'occhio
meglio era.
- Abbiamo un matrimonio a cui tornare... - la
risvegliò dai suo ragionamenti, con tono canzonatorio.
Un nuovo
sospiro, questa volta atto a darle coraggio: il coraggio si
spiegargli chi era veramente, e perché era lì. Preannunciargli la
sua morte, senza ancora sapere se sarebbe riuscita a salvarlo e come:
i ricordi di quello che aveva scoperto mentre pronunciava
l'incantesimo cominciavano a svanire, lasciandole delle sensazioni, e
aveva la sensazione che per il fatto di essere tornata nel passato
non voleva dire automaticamente che Fred si sarebbe salvato.
-
Quindi non ho molto tempo, - iniziò, - e tu devi credermi, anche se
sarà difficile farlo.
Fred l'ascoltò, dapprima incredulo, poi
sbalordito, spaesato, confuso, ma mentre il racconto proseguiva
sembrò capire, sempre di più.
- E così io sono morto in
battaglia, - concluse poi, quando lei finì, - beccati questa,
orecchio di George.
Hermione sollevò d'istinto la bacchetta, poi
ripensandoci afferrò il grosso fermacarte che si trovava sulla
scrivania, cercando di colpirlo con quello.
- Razza di stupido, e
c'è da vantarsi per questo? Sei morto, morto!
Fred
sembrava tranquillo, le bloccò la mano che brandiva il fermacarte,
-
Ma sei qui per evitare che accada, no?
Hermione rilassò le
spalle,
- Non è detto che ci riesca. - Gli ricordò, grave.
Vide
la fossetta incompiuta che tanto aveva odiato ricomparire sul suo
volto,
- Non sei forse la strega più brillante della tua età? -
Il tono era quasi scherzoso, ma non sarcastico. - Non potrei essere
in mani migliori. - la rassicurò, mentre il sorriso si allargava.
Si
sentì più serena, e ricambiò il sorriso, in silenzio. Fred guardò
l'orologio, continuando,
- Quindi, salta il matrimonio?
Hermione
scosse la testa,
- Assolutamente no, non dobbiamo cambiare il
passato, o per lo meno il meno possibile. Ho dei libri, - disse,
sollevando la borsetta, - io starò qui a fare qualche ricerca,
ricorda: è vitale che nessuno sappia che sono qua. Quindi assicurati
che nessuno venga, o se George dovrà venire fai in modo di
precederlo per portarmi via: è meglio che io non usi la magia, se
non è strettamente necessario.
Fred annuì, sembrò sul punto di
chiederle qualcosa ma le strizzò semplicemente l'occhio, scomparendo
alla sua vista.
Estrasse ad uno ad uno tutti i libri dalla
sua borsa, in una sorta di censimento, seccata sapendo già che non
avrebbe trovato niente di utile per una magia oscura e proibita come
quella che aveva messo in moto.
Forse poteva scrivere un elenco di
testi che Fred poteva procurarle.
Scosse la testa: non poteva
cambiare il passato.
Una sensazione, un istinto latente si fece
strada in lei: come poteva non cambiare un passato che non conosceva?
Lei non sapeva cosa aveva fatto Fred mentre lei era con Ron e Harry a
caccia degli Horcrux. Forse quello le dava più raggio
d'azione.
Certo, molte delle risposte avrebbe potuto trovarle nel
libro che l'aveva condotta fin lì, ma ricordava che era bruciato tra
le sue stesse mani, non appena aveva finito di pronunciare la
formula: zero punti a Hermione Granger, per essere stata così
stupida da non averlo prima
studiato.
Si alzò, dirigendosi alla finestra, guardando Diagon
Alley per metà in rovina. Sapeva perché aveva agito così: non
voleva cambiare idea, non voleva che la sua coscienza razionale le
impedisse di tentare di salvare Fred.
Appoggiò la fronte al
vetro, odiava brancolare al buio.
- E come speri che io entri
inosservato a Hogwarts, prenda il libro e lo porti qui? - le chiese,
quasi divertito dall'assurdità della richiesta.
- Dobbiamo
studiare un modo, ma per il momento la strada da seguire è quella:
per fortuna abbiamo molto tempo prima della battaglia, e in qualche
modo ce la faremo. - Asserì Hermione, sicura. Fred si allungò sul
divanetto dello studio, sbuffando,
- Piton è di guardia da quando
Silente è morto, quel Mangiamorte...
- Il professore Piton... -
Hermione si bloccò, non doveva svelare a Fred parti del futuro non
necessarie, e la vera fedeltà del professore era tra le cose che
dovevano rimanergli nascoste.
- Quindi? - Incalzò lui, in attesa.
Hermione scosse la testa,
- Nulla. Oh, perché ho questa
sensazione che se fosse un altro a sapere della mia presenza qui
oltre a te sarebbe pericoloso? Neville torna a scuola, a settembre:
avremmo potuto chiedere a lui di procurarci il libro, e di portarlo
da Aberforth.
- Aberforth? -
- Lascia stare. - Sbuffò,
sprofondando accanto a lui, con le braccia conserte.
Fred cercò
di collaborare,
-
Forse potrei chiederglielo lo stesso, senza nominarti. - Propose.
-
E con che giustificazione gli chiederesti un libro del reparto
proibito che ha il potere di portare in vita i morti?
- Potrei
inventarmi qualcosa.
- Non si può fare tornare i morti in vita
così, - schioccò le
dita, - tanto perché ci va, altrimenti in molti sarebbero di nuovo
qua. Deve essere qualcosa di più unico che raro, un motivo che sia
più forte del destino, con la fermezza mentale e il coraggio per
farlo: Non puoi chiederglielo.
Fred fu sul punto di dire qualcosa,
ma rimase in silenzio, mentre lei continuava:
- E poi, tu che
chiedi a Neville un libro di cui nemmeno io
ero a conoscenza? Oh, - rise, sarcastica, - è esilarante.
Fred
fece una smorfia,
- Senti un po', piccola saputella, mi ritieni
forse uno stupido?
- Sai che non è così, ti ho sempre detto che
se tu e George metteste la metà dell'ingenio che usate per fare
scherzi nello studio chissà dove sareste ora. - Fece una pausa,
cercando di scendere a patti con tutto ciò in cui credeva. - Ma va
bene così, fate la cosa che vi rende felici. - Ammise infine.
-
Dove sei, ora? - le chiese, di punto in bianco, cambiando
argomento.
Hermione si portò una mano al mento, pensierosa,
fissando il soffitto senza vederlo realmente per cercare di mettere
in ordine le idee.
- Siamo a Grimmauld Palace, cercando di
scoprire che fine ha fatto il medaglione di Regulus,
l'originale.
Fred si mise più comodo,
- Raccontami della
ricerca degli Horcrux.
- Dobbiamo cercare un modo per...
La
zittì,
- Avanti Hermione, abbiamo mesi. E tu hai bisogno di
pensare ad altro, per avere una delle tue intuizioni fenomenali. -
disse, convincendola. Hermione gli sorrise, sistemandosi più
comodamente sul divano,
- Allora, lasciato il matrimonio abbiamo
raggiunto la Londra babbana...
Nda Benritrovati a tutti, innanzitutto
specifico che la parte in corsivo a inizio capitolo è un ricordo
di Hermione, mi sento stupida a farlo ma mi accorgo che a volte do per
scontate cose che magari nella mia mente sono assodate, ma che ad occhi
nuovi non lo sono per niente. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e
che troviate la storia interessante, ora come avrete capito stiamo
entrando nel vivo del racconto, vi prometto che il prossimo sarà
più lungo e più ricco di avvenimenti ;-)
Grazie mille a smelly che ha recensito, e a chi ha messo la storia tra le seguite! Alla prossima!
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Capitolo 3 *** Il freddo ***
3 bdn
Sentì
dei passi sulle scale, e si nascose dietro al divano. Spiò, vedendo
la maniglia in ottone girarsi con qualche difficoltà, la porta dello
studio si aprì e Fred entrò, carico di libri,
- Era ora! -
osservò impaziente, uscendo dal suo nascondiglio, - ce ne hai messo
di tempo!
Fred fece cadere la catasta sulla scrivania, mentre lei
richiudeva per precauzione la porta e lo raggiungeva, ignorandolo e
mettendosi curiosa a spulciare i volumi.
- Non so se lo sai, siamo
in tempo di guerra: credi sia una passeggiata recuperare questi testi
proibiti?
- Ne mancano alcuni, - osservò, continuando a
ignorarlo. - Oh, Fred, - disse poi girandosi verso di lui e cambiando
il tono di voce, che assunse una tinta supplichevole, - trasfigurami
e portami con te a cercarli!
- Non se ne parla, ne abbiamo già
discusso mille volte. - le rispose piatto, ripetendo la negazione
ormai in maniera automatica. Hermione depennò dalla lista i titoli
reperiti, e iniziò a sfogliarne uno, camminando senza sollevare lo
sguardo verso il divano, per poi lasciarsi cadere sopra a peso
morto.
- Deve pur esserci qualcosa da qualche parte, sono mesi che
cerchiamo. - Borbottò tra sé e sé. L'autunno era arrivato, Fred
andava a trovarla giornalmente e aveva fatto degli incantesimi
protettivi all'edificio per evitare che i Mangiamorte, che andavano a
saccheggiare e distruggere la comunità magica, la trovassero lì. In
genere passava tutti i pomeriggi, a volte andava anche la mattina se
poteva, ma quando Hermione lo mandava alla ricerca di qualche nuovo
libro poteva passare anche una settimana prima che lui tornasse, e
quelle settimane di segregazione e solitudine non facevano che farla
tornare alla carica con il suo desiderio di uscire di lì.
Fred si
rifiutava di accontentarla, senza scendere troppo nel particolare di
quello che accadeva al di fuori della sua fortezza personale, e
quindi era una lotta continua.
La ricerca di indizi che
l'aiutassero a capire come portare a termine l'incantesimo, dopo
averlo salvato, non proseguiva molto: parecchi libri trattavano
l'argomento, ma nessuno l'incantesimo che aveva praticato Hermione, e
quindi erano sempre ad un punto morto; e lei sentiva come un muro
davanti a sé, come se avesse la soluzione a portata di mano ma senza
poterla afferrare.
Sapeva, per lo meno, che più cose avrebbe
scoperto, più cose avrebbe capito, più quel muro si sarebbe
assottigliato, rendendone più facile la rottura.
Appoggiò il
libro accanto a sé, avvicinandosi alla finestra per guardare fuori:
Fred aveva fatto un incantesimo che lei gli aveva suggerito, per
evitare che dalla strada la vedessero mentre lei guardava il mondo
esterno indisturbata.
Le mancava non prendervi parte, percepiva la
forza della guerra e nonostante la sua passata sé stava combattendo
con le unghie e con i denti per salvare il Mondo Magico odiava
starsene rinchiusa lì, si sentiva inutile e codarda.
Fred la
distolse dai suoi pensieri,
- Non sono ancora passato da casa, se
vuoi mangiare qualcosa adesso dovrai accontentarti delle cose che
abbiamo nel negozio, - la informò.
Hermione si voltò,
trattenendo un sorriso,
- Fred Weasley non mi convincerai mai
ad assaggiare le vostre famose Merendine Marinare, l'ho giurato,
ricordi? È il principio che non mi va, inoltre non so quanto
nutrimento possano darmi visto che poi rimetterò tutto.
Lui
rise,
- Non abbiamo mica solo quelle, malfidente. Vieni, - disse,
tendendole la mano, - ti faccio fare un tour e puoi scegliere quello
che vuoi.
Il negozio era spesso chiuso: era vero che la gente
aveva bisogno di ridere, ma ridere della morte, farlo nel bel mezzo
di una guerra, era decisamente di cattivo gusto.
Scesero piano i
gradini in legno, che in qualche modo le ricordarono quelli della
Tana, e Fred accese qualche luce perché lei potesse vedere.
-
Stamattina ho finito quello che mi avevi portato, ho una fame
allucinante, - sospirò Hermione.
- Tranquilla, mentre tu mangi
questi io vado a cercarti qualcos'altro, cibo vero.
Continuò a
tenerle la mano, facendole strada tra gli scaffali e illustrandole i
vari prodotti,
- Qui abbiamo le Crostatine Canarine e i
Pasticcetti Svenevoli, forse sono le cose più sostanziose, poi
troviamo le Mou Mollelingua, il Torrone Sanguinolento...
Hermione
si fermò, guardando crucciata,
- Mi ero dimenticata che cosa si
può trovare qui. Forse preferisco aspettare.
Fred sollevò le
spalle,
- Come preferisci, torniamo su: gli incantesimi di
protezione sono più concentrati, - disse, tornando sui suoi passi.
Camminando poi accanto alla cassa si bloccò, tanto rapidamente che
Hermione, che lo seguiva, andò a sbattergli addosso, - dimenticavo:
qui forse è rimasto qualcosa delle scorte per gli spuntini miei e di
George.
Aprì un cassetto, frugando alla cieca finché non ebbe
trovato un pacchettino.
- Trovato?
- Andiamo su.
Tornati
nello studio lo aprì, estraendone un innocua barretta,
- Farò
presto, vedrai, - le assicurò, mentre Hermione si consolava
sgranocchiando il dolcetto. Però c'era qualcosa di strano, e quel
qualcosa erano gli occhi di Fred fissi su di lei. Si chiese come
diavolo avesse fatto a cascarci, in maniera così stupida: fece
cadere la barretta a terra, ma il morso che aveva fatto le era
bastato. Guardò truce Fred, che ormai stava sbellicandosi dalle
risate,
- Che cosa c'è? - provò a dirgli, ma al posto della sua
voce sentì solo uno starnazzare. Corse allo specchio, la sua testa
si era trasformata in quella di una papera, - Me la pagherai! -
inveì, provocando solo altro starnazzare che fece quasi rotolare
Fred dalle risate,
- Non ho resistito, è una delle ultime
creazioni, troppo forte. Non ti preoccupare, ochetta: in mezz'ora
sarai come prima, e potrai insultarmi quanto vuoi.
Hermione
starnazzò nuovamente, lui prese la giacca,
- Qualsiasi cosa sia,
lo so. Sarò qui in un lampo.
Quando tornò la trovò con le
sue reali sembianze, pronta a sfogarsi,
- Mi hai preso in giro! -
Tuonò, non appena lo vide entrare. Fred cercò di evitare di ridere,
anche se gli riuscì parecchio difficile,
- Quante storie che fai,
era per farsi due risate, no?
- A mie spese però. - sottolineò,
ancora offesa e stizzita con sé stessa per essere caduta nella
trappola.
Lui ignorò le sue frecciatine, appoggiando sul tavolo
le cibarie che aveva portato,
- Questo ti basta per una proposta
di pace? - Le disse, poi.
Hermione sentì lo stomaco
gorgogliare,
- Tregua, per il momento. - Si sedette, addentando un
pezzo di pane e sospirando soddisfatta.
-
Lasciamene un po', questa volta non dovrà bastarti a lungo, - le
ricordò, prendendogli la pagnotta dalla mano.
- Fred, - rise alla
fine lei, - ne hai un sacchetto pieno qui davanti, com'è che devi
sempre rubarmi la mia?
- Vizio da fratello maggiore, Ron si è
sempre imbufalito quando glielo facevo. - Bevve un sorso d'acqua, e
poi la osservò pensoso, - Ho sbagliato a parlare di lui?
Hermione
lo guardò, sentendosi improvvisamente a disagio a parlarne con
lui,
- No, mi manca Ron come mi manca Harry, - balbettò.
Fred
scosse la testa,
- Carino paragonare il proprio ragazzo a un
amico. - Disse sarcastico, senza peli sulla lingua.
Hermione si
accigliò, continuando a mangiare in silenzio, - Andiamo, non ti
sarai mica offesa, vero?
- No, - mentì lei, sicura, - ho solo
molta fame, mangiamo.
- Notizie da casa? - gli chiese,
sinceramente interessata: non sapeva cosa avevano fatto i suoi amici
mentre lei non c'era, a parte qualche sporadico episodio
raccontato.
Fred sollevò il naso dal giornale che stava
leggendo,
- Mah, niente di che: mamma è preoccupata matta per voi
tre, papà continua a indire riunioni dell'Ordine una dopo l'altra e
George se la fa con Angelina, la mia ex. Carino. - Commentò.
Hermione
lo guardò, sbalordita,
- Non avrete mica litigato? - si
assicurò.
- No, lui non sa che io so, ma è ovvio che lo so: gira
per casa come se fosse perennemente sotto l'effetto della pozione
Sogni Svegli. - le spiegò, noncurante, tornando a leggere.
Hermione
continuò anche lei la sua lettura, ma non si trattenne a lungo,
-
E a te non dispiace?
Fred rise,
- Curiosità, il tuo nome è
strega: persino l'integerrima Hermione Jane Granger è intaccata da
te. - Chiuse il giornale, tranquillizzandola, - Scherzavo prima, non
mi importa di George e Angelina, anzi, sono contento per loro. Primo
perché eravamo ragazzini quando io e Angelina stavamo insieme, e
secondo: se alla fine io morirò George avrà una spalla su cui
piangere.
Hermione rimase sbalordita da quell'ultima
dichiarazione,
- Fred! Come se alla fine morirai,
non ti sarai rassegnato? - gli chiese, quasi con rimprovero: se
smetteva di crederci lui era dura farsi forza da sola.
Lui sollevò
le spalle, adagiandosi sul divano,
- Non mi sono rassegnato, ma
sai com'è: è dicembre, sono passati cinque mesi e ce ne rimangono
altrettanti, e non è che in questi abbiamo fatto chissà che
progressi. Mi fido di te, ma sono pronto ad affrontare il mio
destino, qualunque sia.
Hermione lo fissò, pensierosa,
-
Scusa, ma allora perché se la pensi così stai tanto tempo con me e
non rimani un po' con la tua famiglia?
Fred si alzò e andò verso
la finestra, fissando il cielo.
- Te l'ho detto: ho te dalla mia
parte, le possibilità di fallimento sono pari a zero, era solo un
pensiero. Ti ho portato un regalo, credo che stia per mettersi a
nevicare e immagino che sia il momento adatto per dartelo. - Disse,
cambiando argomento. Sfilò un fazzoletto dalla tasca della sua
giacca, lo aprì con cura e le porse una ciocca di capelli, - A
te.
Hermione capì immediatamente cosa significasse:
- Mi porti
fuori! - Esultò.
Fred ridacchiò, guardando la sua reazione:
già stava cercando la fiala della pozione Polisucco nella sua borsa,
- È quasi Natale e sta per nevicare, ti meriti un giro, ma nella
Londra babbana: nonostante tutto è più sicuro. Mi farai tu da
guida.
Hermione si portò l'intruglio alle labbra, bevendone un
sorso,
- Bleah, - commentò, e mentre il suo aspetto mutava
toglieva dalla borsa il necessario per una passeggiata all'esterno
sotto alla neve.
- Con quella borsa potresti fronteggiare un
esercito, - ammise, quando lei fu pronta ad uscire.
L'albero
di Natale era già issato a Trafalgar Square, così come le luci e
gli addobbi che adornavano l'intera piazza. Qualche fiocco di neve
prese a cadere, Hermione, nei panni di una babbana stata di recente
da un parrucchiere vicino al Paiolo dove Fred aveva rubato la ciocca,
sollevò il volto al cielo, lasciando che la neve si posasse sulla
sua pelle. Era meraviglioso, ed era da tempo che non se lo concedeva:
lo scorso inverno aveva ben altro a cui pensare.
- Che profumo, -
inspirò, a pieni polmoni.
- Del gas delle auto babbane, - notò
lui, non abituato. Hermione lo guardò, si sollevò sulle punte per
chiudergli gli occhi con le sue mani e lo invitò a respirare,
-
Forza, non lo senti il profumo della neve? - Vide il suo volto
distendersi, rilassato, e assumere un'espressione soddisfatta, pensò
che lo sentisse. Sorrise, imitandolo inconsciamente, - Allora? -
indagò.
- Veramente sento il tuo,
di profumo.
Staccò le mani dal suo viso, evitando il suo sguardo
e iniziando a camminare,
- Vieni, - disse, in preda ad un
inspiegabile imbarazzo, - andiamo a vedere le bancarelle: scommetto
che potrai trovare qualcosa di carino per tuo padre, e con me ho un
po' di soldi babbani.
- Mi chiedo cosa non hai in quella borsa. -
Il tono di Fred era invece tranquillo, per nulla turbato. In effetti
nemmeno Hermione doveva esserlo, si ricordò, e si concentrò alla
ricerca delle bancarelle.
Lo aiutò a scegliere una sfera in
cristallo, simile a quella di Divinazione con il suo sostegno in
pietra, che però al suo interno aveva una miniatura della Clock
Tower. e che capovolta si riempiva di piccole pietrine bianche e
brillanti, come neve.
- Vedrai, - gli assicurò, - gli piacerà. A
me sono sempre piaciute, non è bellissima? - Gli chiese,
capovolgendola con un movimento sciolto del polso e alzandola in
mezzo a loro due.
L'imbarazzo era passato, ora era più
tranquilla e più che decisa a godersi quelle ore di libertà; dopo
averla messa in borsa lo guidò verso un bar.
Si accomodarono in
un tavolino vicino alla grossa vetrina, in modo che lei potesse
indicargli il paesaggio fuori e spiegargli cosa li circondava.
Ordinò
sicura due cioccolate con la panna, e le tornò in mente quando, non
lontani di lì, ordinò davanti a Harry e a Ron un cappuccino.
-
Sei contenta? - Le chiese, notando la sua espressione.
-
Tantissimo, ma a dir la verità stavo ridendo perché ho ripensato ad
una volta che ho ordinato una cosa in un bar babbano, e tuo fratello
mi ha guardato come se avessi parlato arabo. - Gli spiegò.
Guardò
fuori, verso il cielo: da qualche parte lei e Harry stavano andando
verso Godric's Hollow, e Ron stava cercandoli.
- Ti manca? Sai, ho
pensato a lungo ad un modo per farteli vedere, lui ed Harry, come
regalo di Natale; ma non credo che ci sia una soluzione.
Hermione
tornò a fissarlo, quasi scandalizzata,
- Ma sei pazzo? Loro li
vedrò comunque, prima o poi, - mentì, cercando di sembrare
convincente: in realtà non ne era così sicura. - sono qui per te,
non dobbiamo in nessun modo mettere tutto a repentaglio, specie per
un po' di nostalgia! Sai bene cosa c'è in ballo. - Gli
ricordò.
Trovava sempre più difficile dirlo esplicitamente,
ultimamente si limitava ad alludere alla sua morte.
- Già, -
concordò lui. La cameriera arrivò con le cioccolate, Hermione la
pagò e si dedicò alla sua panna. - Quindi, - le chiese, dopo aver
fatto passare i minuti in cui aveva capito sbolliva l'irritazione, -
che cosa c'è tra te e Ron? Finalmente si è accorto di te, se non
sbaglio.
Hermione rimase con il cucchiaino a mezz'aria per la
sorpresa, e la panna scivolò lungo il manico, cadendo sulla
tovaglia.
- Vuoi parlare di questo? - era meravigliata,
specialmente da come lui aveva tirato fuori l'argomento.
Fred
sollevò le spalle, noncurante, iniziando ad attaccare la sua
cioccolata,
- Beh, non è la prima volta che ne parliamo, a volte
dimentico che sei una ragazza, - le spiegò, meritandosi un calcio da
sotto il tavolo. Ridacchiò, continuando, - e quindi ho pensato che
forse volevi parlarne con qualcuno, e si dà il caso che ultimamente
i tuoi contatti umani siano molto limitati.
Hermione sospirò,
cosa doveva raccontargli? L'attuale realtà o quello che da mesi
stava maturando dentro?
- Pensavo che Ron fosse la mia
aragosta...
Si dovette interrompere, osservando la faccia di Fred
che sembrava sul punto di esplodere. E in effetti così fece,
- La
tua cosa? - rise, -
No, ti prego, non ci posso credere. Oh Merlino, questa poi... -
Continuò a ridere, nonostante le occhiate allusive di Hermione che
lo implorava silenziosamente di calmarsi, dopo essersi accorta che
tutti li stavano guardando.
Fred si asciugò le lacrime, una volta
calmo.
- Beh, - disse allora, offesa, - si può sapere che cosa
c'è tanto da ridere?
Fred riprese a ridere incapace di
trattenersi, e a poco poco, contagiata dalla risata, Hermione
dimenticò l'offesa iniziando a sogghignare.
Finirono le
cioccolate, con le risate che scoppiavano ogni volta che incrociavano
gli occhi, rompendo il silenzio rilassato.
Uscirono dal bar,
fianco a fianco, Hermione sollevò la testa e incontrò il sorriso di
Fred, particolarmente tranquillo. L'espressione cambiò rapidamente,
diventando allertata, la prese per un braccio e la trascinò in un
angolo nascosto,
- Svelta, - le intimò, - la pozione.
Hermione
estrasse la fiaschetta e lo specchio,
- Non me ne ero accorta, è
da molto che è finito l'effetto?
- Sì, non ci ho fatto caso: -
la coprì con la sua figura, mentre lei beveva, - sicuramente alle
aragoste eri già
così. Scusami.
Lo vide sinceramente dispiaciuto,
- Fred, -
disse una volta cambiate le sembianze, richiamando la sua attenzione
appoggiandogli una mano sul petto. Lui tornò a guardarla, - è solo
una precauzione, qui siamo al sicuro, in mezzo ai babbani: non è
niente.
Si incamminò, voleva vedere il Tamigi e Westminister,
gli disse.
Non nevicava più, ma per conto suo poteva anche
grandinare, o esserci un sole che spaccava le pietre, Hermione era
semplicemente felice di camminare all'aria aperta: le luminarie poi
erano stupende. Infilò il braccio sotto a quello di Fred, e lo
guidò.
- L'estate alla fine del sesto anno, - iniziò a
raccontare, quando costeggiarono il fiume, - ero con mia mamma,
guardavamo una storia babbana e una protagonista diceva che le
aragoste, quando si innamorano, restano insieme per la vita. Credevo
seriamente che Ron fosse la mia aragosta, voglio dire, tutto quel
tempo, quegli anni, ad aspettarlo. Lui finalmente si è accorto di
me, e pensavo onestamente che fossimo destinati a stare insieme per
la vita.
Si fermò, alzando lo sguardo verso le torri della
chiesa.
Fred la imitò, rompendo il silenzio,
- Sbaglio o c'è
un ma?
Hermione
spostò lo sguardo verso di lui, strinse le labbra tra di loro in un
sorriso dispiaciuto.
- Forse staremo insieme per la vita, ma come
amici. Non lo amo, Fred: me ne sto accorgendo, già prima, prima di
partire lo sentivo, ma volevo ignorarlo. Finalmente lo avevo, non
volevo rovinare tutto: pensavo fosse una cosa passeggera. Gli voglio
bene, tantissimo bene, ma non lo amo.
Ripresero a camminare,
tornando verso il Paiolo.
- Beh, però alla fine un po' ci
assomiglia ad un'aragosta, mio fratello.
- Fred! - scoppiò a
ridere senza volerlo.
Raggiunsero i Tiri Vispi, Hermione sentiva
che l'effetto della pozione stava svanendo ma ormai non aveva più
importanza. Salì i gradini seguita da lui, con ancora il sorriso
dipinto sul volto: quel pomeriggio era valso i mesi in segregazione,
assolutamente. Entrò nello studio, togliendosi il cappotto e
appoggiandolo alla sedia affinché l'umidità si asciugasse, prima di
riporlo, e fece lo stesso con gli stivali. Guardò verso Fred, ancora
una volta sembrava sul punto di dire qualcosa, e ancora una volta ci
ripensò.
- Vai a casa? - lui annuì, - Vorrei dirti di salutarmi
tua mamma, ma so che non è possibile.
Fred le strizzò l'occhio,
e fece per uscire. Poi si bloccò,
- Hermione? - tornò a
guardarlo, ancora quell'espressione che aveva imparato a conoscere.
Ora sembrava voler continuare. Appoggiò lo stivale a terra, senza
distogliere lo sguardo da lui. - Perché vuoi salvare proprio me?
Da
un lato era da tempo che aspettava e temeva la domanda, d'altro canto
la sorprese, come una di quelle cose che finché non accadono speri
che non si verifichino mai.
- Perché sei tu, Fred. Vorrei
spiegarti, ma non lo so nemmeno io, so solo che è perché sei
tu.
Non sapeva perché, era stata onesta; aveva mentito quando
gli aveva assicurato che chiusa quella parentesi la sua vita sarebbe
tornata alla normalità: non sarebbe successo, forse il prezzo da
pagare per salvarlo era proprio lei. Però, per qualche motivo che
ancora non comprendeva, era disposta a pagarlo.
Nda: ciao a tutti!
Innanzitutto grazie a chi ha recensito lo scorso capitolo, mi fa molto piacere che seguiate questa storia!
E quindi ovviamente grazie a chi l'ha inserita nelle seguite/preferite :-)
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, qui compare la prima Boule
de Neige detta volgarmente in italiano... non so, io la chiamo palla di vetro con la neve ;-) e vi anticipo che se questa fic si chiama così un motivo c'è :-P
Prossimo capitolo carico di atmosfera natalizia, e si sa, Natale è sempre bello.
Alla prossima!!!
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Capitolo 4 *** Non Vale ***
4 bdn
L'atmosfera
del Natale era sublime, l'aveva sempre amata, eppure quell'anno non
riusciva a coglierla. Avrebbe voluto addobbare lo studio, sia per lei
che per Fred, che ormai passava più tempo lì che altrove, ma non
poteva uscire e di usare la bacchetta per una cosa tanto futile non
se ne parlava nemmeno. E la cosa frustrante era che non poteva
chiedere a nessuno, nessuno doveva sapere che lei era lì.
Per
questo una mattina, quando al suo risveglio trovò lo studio
addobbato a festa, rimase senza fiato dalla sorpresa, quasi commossa
che Fred avesse indovinato il suo desiderio.
- Continua pure a
dormire, bavosa, - la
prese in giro, - potevo essere chiunque e tu ancora che
russavi.
Hermione gli lanciò addosso il suo cuscino,
- Non
chiamarmi così. - lo rimproverò, non riuscendo a distogliere lo
sguardo dagli addobbi. - Come hai fatto?
- Dimentichi che ho una
sorella, per quanto tu sia la strega più capace della tua
età rimani sempre una ragazza.
Ora devo scappare, sono già in ritardo, - disse, guardando
soddisfatto il suo lavoro, - ci si vede.
Hermione lo guardò
uscire, poi tornò ad ammirare gli addobbi.
Camminò scalza,
trovando di tanto in tanto sotto ai piedi degli aghi di pino che Fred
aveva fatto cadere, e si avvicinò alla finestra sperando di vedere
anche al di fuori qualche simbolo del Natale, segno quell'anno anche
della speranza mai morta delle persone. Avrebbe voluto dirlo, alla
gente, che erano gli ultimi mesi di sforzi, gli ultimi momenti di
paura, ma ovviamente non poteva farlo. Scorse Fred, ormai in fondo
alla strada, camminare svelto e si trovò a sorridere guardandolo.
Era abbastanza lontano, eppure riconosceva la sua tipica andatura
dinoccolata. Istintivamente si avvicinò maggiormente al vetro,
cercando di vedere meglio: Fred aveva raggiunto una sagoma femminile
che evidentemente lo stava aspettando, lo aveva preso a braccetto e
si erano incamminati insieme.
Scomparvero dalla sua vista,
Hermione notò che il suo riflesso sul vetro era crucciato.
Scosse
la testa, come per scacciare quei pensieri, e iniziò la sua routine
quotidiana: si sarebbe lavata, vestita, e avrebbe continuato a
spulciare i libri che ormai formavano una catasta alta quasi quanto
l'albero di Natale che Fred aveva portato.
Era da tempo che
ormai ci pensava, inizialmente aveva subito scacciato il pensiero,
ben sapendo quanto fosse difficile, ma mano a mano che le ricerche
proseguivano, con altrettanti buchi nell'acqua, quella sembrava
essere ancora l'ultima fiaccola di speranza:
non poteva far
fuggire Fred o fargli evitare lo scontro; rischiava di cambiare il
risultato dell'intera battaglia.
Tutto doveva andare come si era
svolto in origine; eppure Hermione era tornata indietro nel tempo per
salvare Fred: doveva trovare un modo per proteggerlo e fargli
affrontare Rookwood come aveva fatto, doveva indurre una morte
apparente da cui però si sarebbe svegliato. L'unica soluzione
possibile era lì.
Alzò gli occhi dalla pergamena su cui si
appuntava le varie intuizioni, scoprendo che era diventato buio: andò
ad accendere la luce e si sedette sul divano, guardando
distrattamente in direzione della porta.
Era tardi, e Fred non
era ancora arrivato.
Il suo stomaco gorgogliò, allungò la mano
e prese dal tavolino un sacchetto di carta, contenente dei pezzi di
ciambellone di zucca di Molly che Fred le aveva sottratto con chissà
quale scusa, e cominciò a mangiare, quasi indolente.
Chi era
quella ragazza, e perché lui non l'aveva nominata? Certo, non era
obbligato a raccontarle tutto, ma era anche vero che passavano così
tanto tempo insieme...
Si scoprì quasi gelosa a pensare che lui
stava tardando perché era con lei, e si pentì del suo egoismo: era
lì per salvargli la vita, lui non era di sua proprietà e poteva
fare quello che voleva, con chi voleva.
Nonostante quei pensieri
maturi quando sentì scattare la maniglia si finse assorta nella
lettura, evitando di andare a nascondersi già sapendo che era lui.
-
Oh, - lo accolse, distratta, - sei già qui?
Lo sguardo di Fred la
fece sentire immediatamente in colpa: tante volte in passato l'aveva
fatta arrossire o abbassare gli occhi con quello sguardo, sicuro di
sé e divertito, e quella volta non fu da meno.
- Passata una
buona giornata? - le chiese lui, ignorando il suo rossore. Hermione
tossicchiò e annuì,
- Molto proficua, in effetti. Sto cambiando
direzione nelle ricerche, forse è la volta buona.
Fred
appoggiò la busta con il cibo per lei sul tavolo, avvisandola,
-
Io ho già mangiato, questo è tutto per te.
Si alzò, svogliata
per mantenere una calma che in realtà inspiegabilmente non aveva,
avvicinandosi al tavolo.
- Immaginavo, vista l'ora. - Commentò.
Non voleva dare a vedere che se ne era accorta, ma le parole le erano
uscite di bocca prima che potesse fermarle.
- Oh, sei
già qui? - la scimmiottò Fred,
ridendo, senza dar peso all'occhiataccia che lei gli stava
rivolgendo.
Decise
di ignorare il suo impasse,
- Anche io, a dirti la verità, stavo
già cenando, mi era rimasto dal pranzo un po' di ciambellone.
Si
azzardò a guardarlo, con la coda dell'occhio, e ancora il suo
sguardo sicuro e tranquillo la costrinse a girarsi. Si stava
decisamente innervosendo, non capiva perché e non ne aveva
l'intenzione.
Tentò di mordersi la lingua, ma la domanda uscì
melliflua nonostante il suo impegno:
- E tu? Passato una
buona giornata?
Fred sollevò le spalle,
- Ottima direi,
grazie.
Lo guardò, scoprendosi ancora osservata,
- Ti diverto?
- lo sfidò. Più lei si innervosiva più lui era tranquillo,
divertito, appunto.
- Un po', sei abbastanza buffa stasera. - le
rispose, evitando il pezzo di dolce che Hermione gli aveva scagliato
addosso dopo la sua risposta, - Ho visto Ginny, oggi: è tornata a
casa per le vacanze, le manchi molto.
- Ginny? - gli chiese,
mentre a poco a poco gli eventi che l'avevano fatta innervosire
assumevano nuove tinte, rendendola un po' stupida.
- Esatto.
Lo
sguardo di Hermione si raddolcì,
- Manca molto anche a me. Quando
è arrivata?
- Ieri sera, è tutto il giorno che la porto in giro
in cerca di un regalo per Harry: dice che si sente che per Natale
magari si farà vivo.
- Questa volta si sbaglia, spero che non ne
rimanga delusa.
- No, - la tranquillizzò, - ho cercato di
limitare di danni e dissuaderla.
- Fred! Tu sai che Harry non si
farà vivo perché sai come stanno le cose, e se questo cambiasse il
corso del futuro? - lo rimproverò.
- Glielo avrei detto in ogni
caso: chi vuole che la propria sorella si faccia delle illusioni
imbastite da sensazioni?
Aveva ragione, ma ormai Hermione era
diventata paranoica su quell'argomento,
- Spero che tu abbia
ragione. - Commentò, con forzata accondiscendenza. Poi si sentì in
dovere di rassicurarlo, - Harry comunque la pensa sempre, per lui è
stato più duro di quanto volesse far credere partire senza di lei;
ma voleva proteggerla.
- Ha portato te. - Sottolineò Fred.
-
Credi davvero che qualcuno possa portarmi o impedire di andare da
qualche parte? - Lui sorrise, sapendo che era vero, - E inoltre, noi
siamo un trio: non avrebbero mai funzionato senza di me. Così come
per ognuno di loro due, dovevamo farlo assieme.
- Ora però sei
qui da sola.
Hermione andò verso la finestra, scrutando il cielo:
da un lato non era da sola, a Godric's Hollow era con Harry, e Ron li
avrebbe presto raggiunti.
- Odiavo con tutta me stessa Harry
quando lo ripeteva, così convinto che fosse vero, - disse, poi, - e
ora sono io a dirlo, ma so di avere ragione: è una cosa mia, dipende
da me.
Fred le andò accanto,
- Questo conferma la mia ipotesi,
- disse. Hermione lo guardò, interrogativa, nascondendo l'agitazione
che le stava nascendo dentro: di che ipotesi parlava? Una cosa non
detta, non accennata, senza ancora un nome e una sembianza,
impalpabile e labile, che non era reale; non sapeva cos'era ma ne era
al tempo stesso spaventata. Lui le strizzò l'occhio: - sei sempre
stata tu la matta del trio.
L'inquietudine era già volata via,
come se non fosse mai esistita, mentre Hermione rideva a
quell'uscita,
- Sai, - confermò, - credo di averci fatto caso
anche io, in un episodio o due.
Tornò a guardare fuori,
-
Domani è la vigilia di Natale, - osservò, - non stare a
preoccuparti per me: io indagherò sulla mia nuova pista e sarò
occupatissima a scriverti un nuovo elenco di libri che mi servono,
stai a casa con la tua famiglia.
Delle semplici parole
sincere, che cercavano anche di mettere a posto la sua coscienza dopo
la pazzia che l'aveva colta quella sera.
Non si pentiva di
averglielo chiesto, desiderava realmente che lui passasse le feste
con la sua famiglia, ed era più che pronta ad accettare la
malinconica solitudine che l'aveva colta.
Simile a quella del suo
viaggio ad Hogwarts, quando seduta sul treno accanto a Ginny
continuava a fissare la porta dello scompartimento, aspettandosi di
veder entrare da un momento all'altro Ron ed Harry.
Però, in un
certo senso, aveva bisogno di rimanere da sola: così come in passato
era stata tentata di accantonare la tristezza in un piccolo angolo
remoto della sua testa, ora sapeva che stava facendo qualcosa di
molto simile.
Stava ignorando deliberatamente una sensazione,
senza darle la possibilità di esistere nella sua testa, correndo il
rischio di ingigantirla senza nessun motivo.
Forse era sciocca a
sprecare del tempo che avrebbe potuto sfruttare studiando con quei
pensieri, eppure era pur sempre la vigilia, e poteva essere un
momento opportuno per una pausa.
La gelosia che l'aveva colta la
sera prima non era nata dal nulla, lo sapeva. Faceva sempre finta di
niente, eppure quella domanda continuava a torturarla: perché Fred,
proprio Fred?
Era sempre stato importante per lei, su questo non
c'era alcun dubbio. Come risposta era soddisfacente, eppure ne
conseguiva un altro quesito: perché, più passava il tempo, e più
era disposta a sacrificarsi per lui?
La sua importanza stava
aumentando, e se doveva essere del tutto onesta con sé stessa
Hermione doveva ammettere che non era perché era l'unica persona che
avesse accanto: aveva passato molto tempo sola con Harry, l'anno
prima, e quello non aveva cambiato le cose.
Aveva più a che
vedere con l'effetto che aveva sempre avuto su di lei, la sua
capacità a farle abbassare lo sguardo, confusa senza un motivo
reale, il modo in cui riusciva a farle scaturire una risata.
La
mancanza che sentiva di lui quando non c'era, il sorriso che le
compariva istantaneo quando sentiva i suoi passi sulle scale.
Ma
soprattutto, e solo perché rafforzato da tutti i motivi precedenti,
il batticuore che la coglieva sempre impreparata.
Impreparata come
in quel momento, in cui capì di non essere pronta ad accettare tutto
quello.
Aveva messo via l'orologio, per non essere costretta a
cadenzare con precisione il tempo che passava lì, nella sua
auto-imposta prigionia; eppure quella sera, forse per mettersi il
cuore in pace prima di andare a dormire, lo cercò dentro alla sua
borsa.
Mezzanotte meno un quarto.
Spostò una sedia accanto
alla finestra, prese la coperta dal divano che già aveva allestito a
letto e vi si avvolse, augurando mentalmente buon Natale ai suoi
cari.
Si tirò su all'improvviso, sentendo al piano di sotto la
porta del negozio che si apriva, e spaventata da chi potesse essere
rimase pietrificata mentre i passi veloci sulle scale si facevano
sempre più vicini.
La maniglia scattò,
- Eccomi, ce l'ho
fatta. - Esordì Fred, entrando.
Hermione si rialzò da dietro il
divano, dove si era accucciata, tenendo ancora stretta a sé la
coperta che la avvolgeva.
- Tu? - disse spiazzata. - Ma non
dovevi passare la vigilia a casa?
Fred si tolse il cappotto pieno
di neve,
- L'ho fatto, ma non abbiamo parlato della mezzanotte, e
credo che ti meriti anche tu un momento di festa.
L'angolo della
bocca di Hermione si alzò, incerto, per poi contagiare tutto il viso
in un sorriso.
- Non avresti dovuto. Grazie.
- Credevi davvero
che non mi sarei fatto vivo, oggi? - Scosse la testa, come se la
considerasse un'eventualità terribilmente stupida. Le porse un
sacchetto, - Abbiamo poco tempo, diamoci da fare: ieri mi sono
dimenticato il dettaglio principale.
Hermione lo aprì, trovandolo
pieno di candeline con cui addobbare l'albero e lo studio.
Si mise
subito al lavoro, lei le posizionava e Fred con la bacchetta le
accendeva, di tanto in tanto accendendo quella che lei aveva ancora
in mano.
- Se mi bruci... - gli diceva lei, come monito, senza
finire la minaccia. Fred sghignazzava, e le metteva fretta dicendole
che la mezzanotte si avvicinava, e per mezzanotte dovevano aver
finito.
La sollevò infine con un Levicorpus, in modo che lei
potesse mettere la candela a forma di stella sulla cima dell'albero,
e la fece atterrare di fianco a lui.
- Ottimo lavoro, tempismo
perfetto: manca ancora un minuto abbondante.
Hermione si guardò
intorno, sorridendo dal calore che aveva assunto la stanza: era una
vera vigilia, senza alcun dubbio.
Si bloccò, vagamente stupita,
quando notò il ramo di vischio appeso sopra di loro, chiedendosi se
anche Fred se ne fosse accorto. Lo guardò, cercando di capirlo, ma
incontrò il suo sguardo, che poi si sollevò curioso sopra di
loro.
Non vide la sua espressione quando si abbassò nuovamente a
guardarla, perché in quella frazione di secondo chiuse
istintivamente gli occhi, mentre sentiva le labbra di lui appoggiarsi
delicatamente alle sue.
Dalla strada salirono voci che si
scambiavano gli auguri, campanelle che suonavano, segno che era la
mezzanotte, era Natale.
Fred continuava ad accarezzarle le labbra,
e per il cuore di Hermione, che le suggeriva quanto in realtà avesse
desiderato quel momento, era il miglior regalo di Natale.
Poi,
colta improvvisamente dalla realtà, si staccò da lui,
- Aspetta,
- gli chiese, ancora con gli occhi chiusi. Li aprì lentamente, - non
va bene, sono la ragazza di tuo fratello. - gli ricordò.
Fred la
guardò, dubbioso,
- Ma...
Hermione lo bloccò,
- Lo so, ma
in questo momento, per lui, sono ancora la sua ragazza: non è
giusto.
Che poi di quegli ultimi mesi quel singolo gesto era solo
il più eclatante, in fatto di rispetto verso Ron neanche il fatto di
essersi imbarcata senza dirgli nulla in quel viaggio temporale era il
massimo.
Fred sorrise, e le posò un semplice bacio sulla
fronte.
- Buon Natale, Hermione.
Mentre lo guardava, ancora
così vicino a lei, capì come sarebbe solo stato tutto più
difficile, dai mesi che li aspettavano al momento della
battaglia.
Ricambiò il sorriso, imbarazzata dal bacio che c'era
appena stato tra di loro,
- Buon Natale, Fred.
Non capì bene
da dove lo tirò fuori, ma le stava porgendo un pacchetto.
Il suo viso si fece
serio, assumendo un'espressione crucciata:
- Non dovevi, sai che
io non ho potuto prenderti niente. - disse, dispiaciuta.
Fred la
sorpassò, sedendosi sul divano,
- Dai, Hermione, almeno un misero
regalo dovevi averlo. - si giustificò, guardandola mentre incerta
soppesava il pacchetto.
Si sedette accanto a lui, appoggiando il
regalo in grembo, e iniziò a sciogliere il nodo,
in
silenzio.
Era contenta che l'avesse pensata, e nonostante quel
gesto la faceva sentire in debito, capiva perché lui l'aveva fatto:
per lo stesso motivo per cui era andato lì prima della mezzanotte,
per portarle la vigilia.
Per ricordarle che non era sola, lui si
stava occupando di lei esattamente come lei aveva fatto con lui,
sfidando la legge universale e tornando nel passato per
salvarlo.
Iniziò ad aprire le pieghe della carta, con attenzione,
ricordando come sua madre le aveva insegnato che il gusto del regalo
non è solo nella sorpresa o nell'oggetto in sé, ma anche in quei
piccoli gesti.
Tolse infine la carta, trovandosi davanti una
scatola in cartone. Aprì la linguetta e tolse il coperchio mentre il
sorriso illuminava il suo viso.
- Fred! - rise contenta, mentre
estraeva delicatamente dalla scatola una palla di vetro, simile a
quella che avevano preso insieme per Arthur.
La sollevò, al posto
della torre del Big Ben era raffigurata una miniatura della
Westminister Abbey. L'agitò, ammirando la neve che brillava
all'interno della boccia, danzando.
Lo guardò, aspettandosi una
spiegazione, senza riuscire a cancellare il sorriso dal volto.
Fred
sollevò le spalle, come se fosse una cosa da poco conto,
- Mi ha
accompagnato Ginny, ieri: io non sarei mai riuscito a raccapezzarmi
tra le strade babbane, lei è più in gamba di me. Mi ha fatto un
sacco di domande, ovvio, ma sono riuscito a inventarmi qualcosa.
-
Cosa? - chiese, automaticamente.
Le strizzò l'occhio, scuotendo
la testa,
- Mi dispiace, ma le scuse di un gemello Weasley
rimangono segrete, esattamente come quella che ho usato per uscire
stasera.
Hermione tornò a fissare la sfera, la neve si stava
ormai depositando. Era impossibile guardarla senza pensare al
pomeriggio che avevano passato insieme.
- Grazie. - sussurrò,
mentre la capovolgeva nuovamente.
- Tu che lo dici a me?
Ironico.
Appoggiò la sfera al tavolino davanti al divano,
-
Non dire così. - disse, continuando a guardare la neve che volava
all'interno del vetro.
Fred si sporse, imitandola.
- No,
Hermione, - disse piano. - non è solo perché vuoi salvarmi la vita,
o meglio, sì; ma la mia gratitudine non va alla vita, in sé
per sé. - Si voltò a guardarla, incrociando il suo sguardo ora su
di lui, - È per il vuoi che ti ringrazio. È quello.
Hermione
sbatté le palpebre, commossa. Si chiese se ce l'avrebbe mai fatta.
Tornò a guardare il regalo che le aveva fatto Fred, abbassando la
testa e appoggiandosi alla sua spalla. Sentì le sue labbra posarsi
sui suoi capelli, e poi guardarono insieme gli ultimi fiocchi che
volteggiavano sopra Westminister.
Si svegliò che era ormai
mattino, non si era accorta di essersi addormentata. Fred l'aveva
allungata sul divano e l'aveva coperta, prima di andarsene.
Si
stiracchiò, intorpidita e confusa, a disagio dal sottile calore
della felicità che la avvolgeva come la coperta. Era il ricordo
della sera prima a renderla felice, e il disagio nell'ammetterlo.
Si
sentiva in colpa per quella felicità, nei confronti di Ron che non
solo ne era ignaro, ma era ignaro anche di come i suoi sentimenti per
lui fossero cambiati.
Aveva impiegato tanto tempo per ammetterlo
perché dopo tutti quegli anni lo considerava un fallimento, senza
soffermarsi a pensare che alla sua età era naturale che il suo cuore
evolvesse, staccandosi dal suo primo amore.
E avrebbe fatto
attenzione a quella cosa con Fred, alla quale non poteva ancora dare
un nome, per riguardo nei confronti di Ron.
Poi la tristezza
tornò ad avvolgerla: per quanto le sembrasse tutto reale, e
destinato a durare, Fred sarebbe morto, se non avesse trovato un modo
per salvarlo.
Sembrava che tutti i moniti ricevuti in passato
fossero stati dettati in previsione di quella situazione, eppure
Hermione non aveva scelta: doveva salvarlo, doveva evitare che
morisse. Il solo pensiero del fallimento era ancora più tremendo;
non aveva mai voluto salvarlo solo per Molly, George, o per il resto
della famiglia, ma anche per sé stessa.
Nonostante fosse la
mattina di Natale si mise di buona lena a prendere appunti su ciò
che Fred doveva procurarle, ben sapendo che l'avrebbe ritenuta
pazza.
Infatti, la sua espressione quando gli ebbe spiegato il
nuovo piano, era tutta un programma:
- Non mi guardare così, ce
la possiamo fare. - Gli promise, convinta.
- Proteggermi e al
tempo stesso indurmi una morte apparente per far sì che l'andamento
della battaglia non cambi? Sarebbe già complicato singolarmente,
insieme...
Hermione gli prese la mano tra le sue, richiamando la
sua attenzione,
- Lo so, non è una cosa da niente. Lo so, la
morte apparente, in un contesto di battaglia, è molto rischiosa, ma
non se io ti fossi accanto per farti l'incantesimo appena dopo
l'esplosione.
- Non pensare che io accetti che qualcuno corra
rischi di questo genere per me, e men che meno qualcuno con cui sto
avendo questa conversazione. Se tu fossi impegnata a farmi un
incantesimo del genere non potresti difenderti.
Hermione si
mordicchiò le labbra: poteva essere un burlone, mettere tutto sullo
scherzo e trovare sempre il lato positivo in tutto, eppure quando si
metteva in mente qualcosa era incredibilmente testardo e sapeva
essere anche serio.
- Potremmo evitare la protezione annullando
semplicemente l'incantesimo: ricordo di aver visto il Mangiamorte che
ti ha ucciso a Malfoy Manor, forse potrei compromettergli la
bacchetta rendendogli impossibile quel preciso incantesimo in quel
preciso momento. Potrei prendere il posto della attuale me quando
Bellatrix mi crucerà, e...
- Quando cosa, scusa? - la
interruppe, scrollandole le spalle.
Hermione abbassò il viso,
colpevole,
- Ci sono cose che ti ho omesso, non mi piace parlarne.
- Sollevò la manica sinistra, dove ancora la cicatrice Mudblood
si intravvedeva sull'avambraccio.
Guardò Fred, che fissava il
suo segreto. Il viso era contratto dalla rabbia, lo sguardo su quel
piccolo pezzo di pelle; sentendosi a disagio cercò di coprirsi ma le
dita di lui la fermarono.
- Mi hai detto la verità, ci penserà
mia madre ad ucciderla? - Hermione annuì,
- Sì, stava per
colpire Ginny e lei l'ha affrontata.
- Se lo avessi saputo, se
avessi saputo cosa ti ha fatto, non ci avrei pensato due volte a
farla fuori se me la fossi trovata davanti.
- Fred, - cercò di
farlo ragionare, - un conto è lottare per difendersi, un altro è
cercare vendetta: tu non sei così, lo sai.
Fred sbuffò,
- È
terribile, Hermione. È peggio di quello che hai detto è capitato a
me.
Lo sapeva che era terribile, lo sapeva bene: aveva lottato,
per dimenticarlo e sopravvivere. Era atroce, in quel frangente di
delirio la sua mente si augurava letteralmente di morire subito, e
rimpiangeva di non essere già morta. Sentì il respiro farsi
faticoso,
- Basta, per favore: non ne voglio parlare. - disse,
chiudendo gli occhi per scacciare il ricordo dalla mente.
Fred le
abbassò delicatamente la manica, con rispetto, come se il suo
braccio fosse una reliquia,
- E tu vorresti riviverlo? - la
rimproverò, piano.
Scosse la testa,
- No. Ma se potesse
essere la soluzione...
- Non è la soluzione. Vieni, usciamo da
qui.
Hermione strinse la mascella, nello sforzo di dimenticare, e
afferrò la sua borsa, dove nella fialetta era rimasta la pozione di
qualche settimana prima.
La ingollò senza sforzo, al pensiero di
quello che aveva passato quel sapore era nullo.
Si vestì in
silenzio, e lo raggiunse accanto alla porta,
- Due uscite nello
stesso mese? Mi vizi. - provò a sorridere.
Lui le prese la mano,
mentre scendevano le scale,
- Solo quando l'occasione lo richiede,
e come se non bastasse quello di cui abbiamo parlato prima, oggi è
ancora Natale.
Era ancora mogia, non voleva esserlo, avrebbe
voluto godersi quei momenti di libertà, eppure sentiva ancora la
tristezza in agguato.
Fece qualche passo, assaporando il rumore
della neve sotto al suo stivale,
- Dove andiamo?
- Via di qua,
poco ma sicuro.
La guidò svelto, fuori da Diagon Alley, dove la
sentiva più protetta.
Lì l'atmosfera del Natale era
amplificata, dove i babbani erano inconsapevoli della guerra e della
paura, lì tutto era più luminoso.
- È ancora più strano di
quanto non sia sempre stato, - osservò lui, - immagino che dovrei
essere io a guidarti, ma non so dove andare.
- Ovunque, non ha
importanza, - rifletté lei: più camminava e respirava e più tutto
sembrava tornare più sopportabile.
Le strade erano relativamente
vuote, la gran parte delle persone era ancora in casa a smaltire i
festeggiamenti del mezzogiorno o a finirli, però incontrarono
diverse persone che passeggiavano senza meta, come loro.
E il
rumore, la consistenza della neve: era stupendo, non capitava spesso
che a Natale nevicasse.
- Possiamo fare una cosa, - disse poi,
colta da un'illuminazione improvvisa, - vieni, dobbiamo camminare un
po'.
Gli fece strada tra vicoli e viali, a volte sembrava
trovare scorciatoie, delle altre cercare un percorso
dimenticato.
Fred la seguiva, commentando l'abbigliamento delle
persone che sorpassavano, o esprimendo la sua opinione per la strada
che lei sceglieva di percorrere.
- Fidati, - lo rassicurò, - so
come tornare indietro. - Rallentò e bevve un altro po' di pozione, -
Eccoci, siamo arrivati, sei pronto?
Davanti a loro una ringhiera
scura che delimitava una lastra immacolata, ai piedi della Tower of
London. Hermione lo guidò sicura tra le persone, raggiungendo
l'ingresso dove c'era lo stand per il noleggio dei pattini.
Fred
guardò le persone sulla pista, e poi guardò lei,
- Sei sicura?
- Altroché: i miei
mi hanno portato qui un Natale, quando ero piccola; è stato uno dei
più belli della mia vita.
In realtà era
abbastanza impacciata, ma qualcosa le diceva che lui era uno di quei
talenti naturali che dopo un secondo sul ghiacciano sembrano già
pattinatori professionisti. Nonostante fosse negata però si era
divertita, e quella le sembrava il giorno giusto per ripetere
l'esperimento.
Fred, una volta indossati i pattini, entrò nella
pista; dubbioso ma tutto sommato più sciolto di lei che gli
arrancava dietro. Stava osservando le altre persone, mentre Hermione
si arpionava al bordo e procedeva con piccole scivolate di
riscaldamento, per riprendere confidenza.
Dopo qualche minuto le
sfilò accanto,
- Non credo che tu lo stia facendo in maniera
corretta, - la prese in giro, - nessun altro fa così, nemmeno quei
vecchietti.
I pattini erano più incerti ed era più pericolante
di quanto si ricordasse, iniziava ad avere dei dubbi sulla sua grande
idea,
- Piantala, ti prego. Com'è che tu sei già a tuo agio?
Lui
provava e sperimentava nuove andature,
- Stile, talento. - si
vantò. - Ora vieni, hai zoppicato abbastanza.
Hermione non riuscì
ad impedirsi di urlare mentre Fred le prendeva la mano e la staccava
dal bordo,
- Fermati, fermati ti prego: non ce la posso fare! - lo
implorò. Lui rideva,
- Ti tengo, fidati, - guidandola nel mezzo
della pista. La teneva per le spalle, pattinando per entrambi mentre
la spingeva, - forza, - la incoraggiò, - muovi un po' quei piedi.
-
Tu sei pazzo, - dichiarò, mentre avanzava malamente sotto il suo
consiglio.
Non aveva più paura di cadere, sentiva la presa salda
di lui, eppure non si sentiva per niente sicura.
Era concentrata
nello sforzo di stare in equilibrio e di muovere un piede dopo
l'altro, ma iniziò ad ammettere che guidata da lui sentiva di
essere un po' meno impacciata.
- Sei tu che sei voluta venire, -
le ricordò, lasciando la presa sulle sue spalle e portandosi
velocemente al suo fianco, prendendole la mano, - ora aumentiamo la
difficoltà.
Regolò l'andatura a quella di lei, aiutandola quando
c'erano e curve e scegliendo il percorso meno trafficato, visto che
era abbastanza ovvio che lei non sapesse frenare.
Di tanto in
tanto la lasciava, divertendosi a lanciarla contro il bordo per
vederla andarci a sbattere sgraziata, poi incurante delle sue
proteste la tirava nuovamente in mezzo alla pista.
- Sto
diventando bravina, vero? - gli chiese, quasi con il fiatone.
Fred
rise, iniziando a girarle intorno,
- Vedi allora di non venirmi a
sbattere addosso.
Raccolse la sfida, seppur persa in partenza,
lamentandosi,
- Se cadi mi metto a ridere, e se cado io mi rialzo
e ti butto giù: puoi scommetterci. - Lo minacciò.
Si stava
divertendo, nonostante tutto, e sapeva che anche per Fred era lo
stesso.
Era liberatorio ridere e pattinare in mezzo ad altre
persone, ed essere per un momento esattamente come loro: senza
nessuna sentenza di morte in agguato e senza il peso di stare
sfidando le leggi della natura e del destino per salvare una
persona.
Inciampò nei suoi piedi, ma fu trattenuta nella caduta
dalle sue mani, stabili e ferme sulle sue braccia.
- Hai visto? -
si dissero, quasi all'unisono, ognuno per sostenere una teoria
diversa.
Erano in piedi, in mezzo alla pista, mentre la gente li
sfrecciava intorno.
- Fred... - riuscì a bisbigliare Hermione,
quando capì cosa stava succedendo.
- Non vale, è ancora Natale.
- La zittì, prima di baciarla.
Era strano, come lui fosse
totalmente a suo agio nel contatto fisico: le faceva piacere e allo
stesso tempo la metteva in imbarazzo, perché a lei, anche
semplicemente camminare per la strada tenendolo per mano, le metteva
una strana agitazione.
Stavano rientrando, mano nella mano con le
dita intrecciate camminavano verso la Charing Cross Road, dove si
trovava il Paiolo Magico.
Era un contatto intimo, la faceva
sentire protetta e la destabilizzava. Fred le camminava accanto,
ricordandole di tanto in tanto certe sue figuracce sulla pista, e
ancora la realtà, quel passato diventato ormai più reale del
presente, era lontana.
Ma era pronta per tornarci, fedele più che
mai al suo obiettivo.
Nda: ecco il capitolo con un
paio di giorni di ritardo, sono stata un po' presa con dei preparativi
per il matrimonio di una mia amica, e non sono proprio riuscita ad
aggiornare venerdì!
Ecco la seconda Boule de Neige, che ve
ne pare del capitolo? Spero che vi sia piaciuto e che
continuiate a leggere questa storia,
e se vi va fatemi sapere che ne pensate :-)
Alla prossima!
Ps settimana prossima sono in ferie e
conto di fare un paio di giorni in montagna, per cui non so ancora il
giorno preciso dell'aggiornamento, ma male che vada sarà
domenica!
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Capitolo 5 *** Corsa contro il tempo ***
5bdn
I
giorni passarono più veloci del previsto, uscendo dalle feste e
rientrando rapidamente nella similitudine.
Hermione era
instancabile con le sue ricerche, finiva i libri più velocemente di
quanto ci mettesse Fred a procurarglieli, dichiarava di essere sempre
più vicina alla soluzione ma c'erano sempre diversi tasselli
mancanti, incongruenze da appianare.
Pozioni, incantesimi di
protezione, ma sembrava tutto troppo semplice sotto a un certo
aspetto, e di sicuro Hermione non era intenzionata a sfidare la
sorte senza essere più che sicura di quello che stava facendo.
Fred
era riuscito, grazie a Ginny e a una delle sue scuse, ad avere
accesso indiretto anche alla biblioteca di Hogwarts, e per quanto
pericolosa fosse quell'operazione i testi che aveva portato da lì
erano senza dubbio i più esaustivi, quelli dove Hermione trovava più
informazioni; anche se non c'era traccia del libro che l'aveva
condotta lì, come se si fosse autodistrutto in ogni dimensione
temporale.
Come durante l'autunno c'erano giornate in cui il
negozio era aperto, dove Fred con mille scuse teneva George lontano
dallo studio ed Hermione faceva attenzione a rimanere pressoché
immobile, nascosta in un armadio da cui filtrava solo un sottile
fascio di luce che le permetteva di leggere; poi il negozio chiudeva
e con qualche altra scusa Fred mandava via George, trattenendosi e
andando a liberarla.
Poi c'erano pomeriggi in cui stavano
semplicemente a leggere e a studiare, seduti sul divano schiena
contro schiena, con Fred che di tanto in tanto, annoiato, cercava di
rifilarle qualche prodotto del negozio solo per farsi due risate;
allora Hermione, la maggior parte delle volte assorta nelle ricerche,
accettava, cadendo nella trappola e maledicendolo in tutte le lingue
del mondo. Passata la tempesta lui le prendeva la mano con
naturalezza, chiedendole di raccontagli che cosa “l'altra lei”
stesse facendo.
Nonostante quei momenti ce ne erano altri dove
l'inquietudine di Hermione prendeva il sopravvento, quasi logorata
dal peso che si portava sulle spalle e dal timore di non riuscire a
trovare una soluzione in tempo utile. Pensava a tutto, colta dal
panico e dallo sconforto, con la sensazione opprimente di trovarsi in
un vicolo cieco; tutto le gridava che era impossibile, dai ricordi
delle parole dei suoi professori alle pagine che sfogliava senza
sosta: in fondo, se fosse stato possibile, i morti avrebbero potuto
essere molti di meno.
D'altra parte era convinta che, per il solo
fatto di essere arrivata lì, una soluzione ci doveva essere. Certo,
aveva un margine d'errore inesistente, una singola possibilità, ma
l'avrebbe colta.
Si calmava, e continuava la ricerca, con un
occhio fisso al calendario che avanzava incessantemente.
Fred
cercava di distrarla, anche se riteneva sempre meno prudente farla
uscire pur trasfigurata, ma il tempo continuava a correre.
-
Oggi sono passati Lupin e Tonks, lei è sempre più enorme.
Le
labbra di Hermione si arricciarono in un sorriso malinconico,
pensando che in quel momento erano ancora vivi, inconsapevoli forse
del loro destino, e che non li avrebbe più rivisti. Sapeva che non
poteva salvare tutti, le era stata data una possibilità sola, e
avendo scelto inconsciamente Fred si sentiva in colpa per tutti
quelli per cui non poteva fare niente.
- Tonks è una donna come
poche, - commentò, - vorrei che avesse avuto più tempo per godersi
il piccolo Ted.
- Programmi per oggi? - le chiese, sentendosi in
colpa per averli nominati. Hermione scosse la testa,
- Tu che dici?
Il solito, cerchiamo di risolvere il rompicapo. - disse lei,
grave.
Fred preparava i libri che lei aveva già letto, per
riportarli a Ginny alla prima occasione, mentre Hermione sfogliava
gli appunti per essere certa di non essersi lasciata indietro
niente.
Aveva preparato decine di schemi, opzioni, ma in ognuno
riusciva a vedere una zona d'ombra, in cui poteva accadere
l'irreparabile.
L'unica soluzione, lo sapeva e l'aveva sempre
saputo, era essere al suo fianco, per proteggerlo e al tempo stesso
lanciargli l'incantesimo che l'avrebbe fatto credere morto a tutti,
in modo che il corso della battaglia non fosse influenzato.
I suoi
rischi?
Oltre a quello che una volta gli aveva menzionato Fred,
ovvero non essere in grado di proteggersi, era anche perdere la
trasfigurazione ritornando ad avere le sue sembianze: non sapeva cosa
sarebbe accaduto in quel caso, il nodo temporale in cui si trovava
avrebbe potuto cedere portando chissà quali effetti.
Inoltre
aveva la percezione che la magia che l'aveva portata lì fosse
diversa dalla Giratempo, e che le desse una libertà di movimento
differente.
Si concentrò, evocando il ricordo del racconto di
Percy: lui e Fred erano uno al fianco dell'altro, spalle al castello,
quando ci fu l'esplosione e la torre rovinò. Lì stava la falla: se
Fred avesse avuto la possibilità di proteggersi, in quel frangente,
probabilmente l'avrebbe fatto.
Inoltre ricordava bene quella zona,
dopo la battaglia: non c'erano nascondigli o punti da cui lei avrebbe
potuto fare qualcosa.
Aveva disegnato inutilmente delle mappe,
basandosi sui suoi ricordi, per cercare un posto adatto, e non ce
n'erano.
Lo sentì alle sue spalle, mentre si abbassava su di lei
guardando i disegni:
- Non se ne parla, ricordi?
Hermione
sbuffò, voltandosi verso di lui,
- Io sono qui per salvare te,
non il contrario. - gli fece notare. - Ricordi? - lo
scimmiottò.
Arrotolò la pergamena,
- È inutile continuare
con questo discorso, devo continuare a cercare: la soluzione
arriverà. - continuò, poi.
Fred la girò sulla sedia, portandola
ad essere di fronte a lui, e si abbassò,
- Su una cosa dobbiamo
essere d'accordo: niente scherzi da parte tua.
Hermione lo guardò
negli occhi, mentre ricordava a sé stessa che era ancora
ufficialmente la ragazza di Ron. Si sfilò dalla posizione,
raggiungendo lo scaffale dove Fred aveva appoggiato le provviste.
-
Cosa mi hai portato? - Chiese, guardando nella busta. - E questa? Oh,
Fred! - esclamò, capendo subito che tipo di torta fosse: per tutta
settimana ci aveva pensato, e proprio quel giorno se ne era
dimenticata.
Si voltò verso di lui, per capire se fosse rimasto
deluso dal fatto che lei si era scordata il suo compleanno.
Era
disarmante, come sempre: se ne stava seduto tranquillo, sulla sedia
dove prima era lei, a guardare gli schizzi delle piantine che aveva
srotolato.
- No, non ti preoccupare, - le disse, semplicemente,
senza alzare gli occhi dalla pergamena.
- Non ti preoccupare? Ma è
il tuo compleanno! - ribatté. - Sai che mi è un po' impossibile
farti dei regali...
Lui si voltò,
- Ovvio, lo so perfettamente
e non me ne importa.
- Ma gli auguri! Sono così presa da questa
faccenda che me ne sono completamente dimenticata, e dire che sono
giorni che non faccio che pensarci. - disse, dispiaciuta.
L'ombra
di un sorriso comparve sul volto di Fred,
- Sono giorni che non
fai che pensarci?
Si sentì stranamente imbarazzata,
- Dai, lo
sai, è il tuo compleanno. - Si giustificò. Guardò speranzosa fuori
dalla finestra, - E se uscissimo a festeggiarlo?
Lui alzò il
sopracciglio, divertito,
- Bella battuta . - commentò,
sarcastico.
Si mordicchiò le labbra, desolata,
- Odio
essermelo dimenticato. - constatò.
Fred si alzò, mettendosi di
fronte a lei, e le sollevò il viso cercando di strapparle un sorriso
con una finta espressione crucciata,
- Non te ne sei
dimenticata.
- Non vale: ho visto la torta! - ammise. Osservò il
volto di lui aprirsi in un sorriso,
- Non vale,
- ripeté, malizioso, mentre si allontanava. Subito il pensiero di
Hermione andò alla sera di Natale, quando anche lui le aveva detto
quelle parole, ma come scusa per baciarla. Lo seguì con lo sguardo:
stava mettendo due forchette sul piatto della torta, e poi si andò a
sedere alla scrivania, mettendo il piatto nel mezzo. - Beh? - La
chiamò, - Non la mangi?
Si riscosse,
- Certo, certo. - disse
raggiungendolo. - Raccontami di cosa avete fatto oggi alla Tana. -
gli chiese, servendosi una forchettata.
- George ha nominato
Angelina. - le svelò.
Hermione sorrise,
- Oh, - disse, leziosa
e divertita, - facciamo progressi!
Lui annuì,
- Già, non so
che pensava, ma credo che fosse da un po' che voleva dirmelo.
Ovviamente gli ho dato la mia benedizione.
- Ne sei sicuro? - gli
sorrise, senza pensarci.
- Piuttosto sicuro.
La guardò, come
se in fondo a quelle parole ci potesse essere dell'altro. Poi,
proprio mentre lei era al culmine dell'imbarazzo, tornò a
concentrarsi sulla torta,
- Comunque a parte la torta niente di
che: lo sai, si sente aria di guerra ormai.
Il gufo di famiglia
sbatté contro il vetro, Fred si alzò a controllare di chi fosse, e
rise.
- La mamma, - le spiegò.
Hermione capì, poteva essere
qualcosa del tipo: Riporta la tua zucca a casa, prima che
mi decida a scoprire una volta per tutte cosa stai confabulando!
Almeno il giorno del tuo compleanno, diamine!
Rise,
porgendogli il piatto il più pulito che poteva.
- Quasi una
Strillettera?
- Esatto, devo proprio scappare.
Prese la sua
giacca, la sciarpa nuova e le prese il piatto dalle mani. Fece per
uscire, poi tornò da lei,
- Non vale, ricordati. - le assicurò,
prima di baciarla. Poi guardò il suo viso, che chiedeva una
spiegazione: - Prima era troppo facile: te lo aspettavi. - disse,
strizzandole l'occhio e uscendo.
Fred sarebbe venuto quella
notte a prenderla, e sarebbero andati ad Hogwarts. Hermione aveva
un'altra dose di pozione Polisucco, con tutte le persone che si
stavano dirigendo lì la sua presenza trasfigurata non avrebbe
causato nessuno scompenso temporale.
Avevano ripassato il piano
definitivo centinaia di volte: una volta arrivati lei si sarebbe
nascosta, quando sarebbe iniziato lo scontro gli avrebbe fatto gli
incantesimi necessari, lui avrebbe bevuto la pozione per la Morte
Apparente e poi si sarebbero salutati; Hermione sarebbe stata fuori
dalla battaglia, nascosta quel tanto che bastava perché si
concludesse il tempo che le era rimasto lì.
Controllò la borsa,
ed estrasse il mantello di Harry: lui glielo aveva prestato in caso
di incursioni nel reparto proibito della libreria, conoscendola; ora
lei lo avrebbe usato per far funzionare il vero
piano.
Lo rimise velocemente a posto, sentendo dei passi sulle
scale,
- Sei pronta? - le chiese.
Sembrava turbato, sebbene gli
avesse raccontato tutto nessuno era pronto a una guerra, nemmeno lei
era troppo a suo agio al pensiero di tornarvici in mezzo: da giorni
aveva ricominciato a sentire l'odore di bruciato.
Bevve un sorso
della pozione,
- Prontissima, - afferrò la sua borsetta e si
portò al suo fianco, - andiamo.
Fuori dal negozio montò a
cavalcioni della scopa, dietro di lui,
- Hermione Granger sulla
mia scopa: non sono cose che possono dire tutti. - cercò di
ironizzare, mentre partivano.
- Senti, io volo, solo che non ne
vado pazza. - Si ribellò, cercando di sfatare l'eterno mito che la
circondava. Si strinse a lui, capendo che il vero intento di
quell'affermazione era alleggerire la tensione. - E comunque non devi
farlo: io ci sono già passata, so cosa troveremo ora e che cosa
diventerà.
Nda Eccomi, tornata dal week end al mare, con il nuovo capitolo. È un po' breve, lo so, ma è un cuscinetto di passaggio prima della battaglia finale.
Nel prossimo Hermione dipanerà il suo vero piano per salvare
Fred, e andrà incontro a tutte le conseguenze che la aspettano:
come sappiamo fino alla noia non si può giocare con il
tempo, senza avere delle ritorsioni.
Buona domenica, fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto e alla prossima!
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Capitolo 6 *** La battaglia, e la fine ***
6 bdn
Non! Rien de
rien...
Non! Je ne regrette rien.
(Je ne regrette rien, Edith
Piaf)*
-
Sono pronto per la vestizione. - All'ora concordata la raggiunse,
qualche giorno dopo il loro arrivo. Fuori già implodeva la
battaglia, l'attacco stava per iniziare.
Hermione prese la sua
bacchetta, per la prima volta dopo tanto tempo, e la puntò verso
Fred, iniziando a recitare un incantesimo.
- Sicura di saperla
usare ancora? - disse, sarcastico, guadagnandosi una sua
occhiataccia.
Quando ebbe finito gli porse la pozione, un placebo,
ma lui non lo sapeva.
Lo guardò berla con apprensione,
- Andrà
tutto bene, - gli disse, - vedrai.
Lo doveva dire, ci doveva
credere.
Gli prese la mano, sorridendogli e cercando di imprimersi
nella memoria quello che avevano passato assieme; non tanto perché
aveva paura del suo fallimento, quanto perché non sapeva dire che ne
sarebbe stato di lei.
Fred strinse la mano,
- Ho te dalla mia
parte. - le ricordò.
Fece per avvicinarsi a lei, quando la vide
tentennare:
- Diamine, - la rimproverò, per una volta quasi
arrabbiato con lei, - Ron sarà ancora vivo, te lo devo ricordare?
Si
sentì in colpa, aveva ragione. Fred si era allontanato, stava
infilandosi il mantello,
- Scusa, - disse, raggiungendolo.
Si
alzò sulle punte, avvicinandosi al suo viso e aggrappandosi alle sue
spalle. Guardò gli occhi di lui, fissi nei suoi, mentre capiva che
era tutto molto simile a un addio: Fred aveva ragione, in circostanze
simili tutto sembrava una scusa. Socchiuse le palpebre, avvicinandosi
ancora qualche centimetro finchè sentì le sue labbra contro le
proprie; un bacio poteva racchiudere molti significati, e quello era
molto simile a una confessione che esigeva essere pronunciata ad alta
voce. Si staccò brevemente, e Fred intuendone il perché l'ammonì:
-
No, non dirmelo ora.
- No, se il ricordo delle persone che si sono
sacrificate vale a qualcosa, no: te lo devo dire, ora. Ti amo,
Fred.
In quel momento nemmeno il rispetto verso Ron, per cui aveva
cercato di lottare, tante volte invano, aveva senso.
Era sciocco
non dirlo per avere un motivo per sopravvivere, perché, lo sapeva, a
volte contro il destino non bastava nemmeno quello.
E lei stava
sfidando il destino: immaginava non sarebbe stato clemente con
lei.
Fred sorrise, prima di rubarle un altro bacio, un arrivederci
che per Hermione era troppo simile a un addio.
Lo guardò uscire,
si infilò il mantello dell'invisibilità e cercò di non impazzire
aspettando il momento in cui sarebbe dovuta entrare in azione.
Vide
Percy che si stava avvicinando a Fred, gli era accanto;
probabilmente lui se ne era accorto, date le occhiate che di tanto in
tanto volgeva alla sua direzione.
Strinse la bacchetta
convulsamente, nella consapevolezza che quello era il momento, quella
la frazione di secondo in cui non avrebbe potuto sbagliare. Deglutì,
sollevando la bacchetta verso di lui e attivando lo scudo di
protezione, proprio un secondo prima del fragore.
Fred era caduto,
ma vivo.
- Dannazione, ti ho sentita. - disse, tra i denti.
-
Non abbiamo tempo. - lo zittì, mentre si concentrava per
l'incantesimo più difficile. Percy si stava rialzando, si sarebbe
avvicinato al fratello e doveva crederlo morto. - Saresti pronto a
giurare che non l'avevi preso in considerazione, potevi giurare che
non te l'avrei fatta? - gli sussurrò, dolce, mentre vedeva i suoi
occhi chiudersi.
Si sollevò in fretta, mentre Percy si
accasciava su di lui, esprimendo il grido che lei aveva nel cuore.
Si
asciugò le lacrime, e si allontanò.
Non sapeva dove andare,
cercò di allontanarsi dal campo di battaglia, per creare meno
cambiamenti possibili.
Intuiva che stava finendo, forse era così
che ci si sentiva quando si moriva: respirare era faticoso, perché
ogni boccata d'aria era simile ad acido misto a schegge di vetro. Le
gambe iniziavano a rifiutarsi di essere comandate, quando non riuscì
più ad avanzare crollò a terra, e si ritrovò circondata dal
buio.
Era quella la sua punizione, lo sapeva.
La sua
gola sembrava rinata, l'aria era confortevole, per quanto opprimente.
Controllò, con la bacchetta illuminata, che effettivamente non ci
fosse niente intorno a lei; poi piegò il mantello e si sdraiò,
mettendoselo dietro alla testa.
I ricordi le affioravano alla
mente: la magia che aveva evocato le aveva parlato di quello, del
luogo senza tempo e senza spazio dove sarebbe stata destinata,
dandole la possibilità di tirarsi indietro.
Lei allora aveva
proseguito, meglio la pazzia ai rimpianti.
Pensò a Fred: sarebbe
stato vivo? Ce l'aveva fatta? Lo pensò al momento del risveglio,
cercò di immaginarselo mentre raccontava una delle scuse da gemello
Weasley, come le chiamava lui, per giustificare a tutti il suo
ritorno: non se ne pentiva, Fred si meritava di vivere.
Si chiese
se l'altra lei fosse ancora in giro, indovinando immediatamente la
risposta: nel momento in cui era stata portata in quel posto si erano
ricongiunte, il tempo si stava riallineando raggiungendo il presente
che lei aveva conosciuto, e lei era una variabile non presente in
nessuna delle due linee; chissà solo se le persone l'avrebbero
ricordata, o se la sua esistenza fosse stata cancellata dalla loro
memoria. Solo su una persona non aveva dubbi, Fred non l'avrebbe
dimenticata. Sperò che potesse perdonarla, e che con il tempo si
sarebbe rassegnato meglio di quanto aveva fatto lei con la sua
perdita.
Forse no, si sentiva in colpa per avergli mentito, per
essersi immolata consapevolmente senza dirglielo, eppure era l'unica
alternativa accettabile.
Sospirò, quanto tempo era passato da che
era lì?
Si rialzò, frugò nella borsa prendendo uno dei molti
libri che vi aveva nascosto: aveva un'eternità per impazzire, ma
avrebbe sfidato ancora una volta il destino che la voleva incatenata
nell'inquietudine dell'inedia ritardando quel momento il più
possibile.
Illuminò la punta della bacchetta con un Lumus e aprì
il libro iniziando a leggere, per una volta, senza fretta.
I
giorni passavano uno dopo l'altro, su una pergamena appuntava tutte
le volte che si svegliava, per avere l'accenno di un'idea di tempo,
nonostante ogni secondo fosse simile a quello prima e a quello dopo;
con quel suo cadenzare le veglie rimaneva lucida, aggrappata a una
realtà sempre più lontana e sempre più impalpabile.
Contò le
crocette, all'incirca un mese e mezzo di follia. La sua scorta di
libri era centellinata, sapeva di dipendere da quella e voleva durare
il più a lungo possibile, prima di perdere totalmente la speranza, e
cadere nell'abisso.
Hermione: responsabile, saggia. Incosciente,
leale. Logica, forte.
Pensò, a come Fred l'aveva arricchita,
scoprendo il suo lato più vulnerabile, spogliandola dalla sua
essenza senza mai rinnegarla e svelando la sua dolcezza, come le
aveva detto la vigilia: sarai anche la strega più capace
della tua età, ma rimani una ragazza.
Non si era mai vista sotto quell'aspetto: il suo riflesso che leggeva
dalle persone che le stavano accanto era molto variabile, ma in
genere quasi pretenzioso; in Fred percepiva anche le sue fragilità.
Lei gli aveva salvato la vita, ma al tempo stesso sentiva che era lui
che la stava proteggendo.
Ad occhio e croce era agosto, la
parabola della sua resistenza destinata alla discesa libera, sentiva
come se fosse aggrappata con la sola forza delle dita a un
precipizio, e le forze iniziavano a mancarle, il terreno a scivolarle
dalle mani. Era finita.
Una voce la stava chiamando, l'avrebbe
sempre riconosciuta: era morta?
Aprì gli occhi, lottando con le
palpebre che opponevano resistenza, scoprendo che il buio intorno a
sé si stava dissolvendo svelando uno strano grigiore, come se
sbiadisse; come la nebbia.
- Non puoi mollare proprio
ora, non ti pare?
-
Professore...
Era decisamente morta, altrimenti non avrebbe potuto
sentire la voce di Silente.
- No, signorina Granger, -
le disse, con una nota d'affetto nella voce, - non sei
morta.
- Ma allora com'è
possibile che io possa sentire la sua voce?
- Perché
sono qualcuno di cui ti fidi. Pare che tu ce l'abbia fatta, pur
contro le leggi del tempo e del destino hai fatto quello che ti eri
prefissata.
- Fred è vivo. -
sillabò, lentamente, grata di quella piena consapevolezza. - Com'è
potuto accadere?
- Vedi, ci sono molti fattori che sono
stati posti in difesa di questa magia, per evitare che fosse usata:
la natura deve fare il suo corso, come sai non si può portare in
vita i morti, ma in questo caso ci sono state molte combinazioni che
l'hanno reso possibile. - Fece
una pausa, mentre le sue parole acquisivano lentamente significato.
-Ci vuole una determinazione molto forte, per poter
compiere l'incantesimo, -
riprese, - la stessa determinazione che si può trovare in
una persona che ha perso l'amato, eppure in questo caso sarebbe
impossibile da compiere:
un cuore innamorato ha molta
determinazione, eppure questo sentimento così assoluto ha uno
spettro di egoismo in sé; l'incapacità di vivere senza una persona,
tutto sommato, è egoismo.
Hermione
capì: quando era iniziato tutto lei non amava Fred, e anche se con
il senno di poi aveva capito che il sentimento che provava aveva
delle radici passate non ne era stata consapevole.
- Inoltre,
- continuò Silente, - come avrà sperimentato è molto
difficile, una volta tornati nel passato, trovare la soluzione giusta
per poter salvare una persona senza cambiare il corso della storia:
l'incantesimo non permette a chi non ne ha l'ingenio di poter tornare
indietro, la sua valutazione è già un sinonimo di successo finale.
Ma comunque, anche dopo tutto questo, la storia cambia, e gli assi
temporali devono riallinearsi: la maledizione.
-
Il luogo dove sono io. - disse Hermione, ricordando più chiaramente
quello che aveva scoperto e dimenticato, compiendo l'incantesimo.
-
Esattamente, e come ha intuito la mancanza di tempo e di spazio porta
alla pazzia, ecco perché ancora una volta questa magia è
impossibile da fare: chi, con grande impegno e fortuna, riesce ad
arrivare a questo punto, è destinato al fallimento; questa prova è
la più difficile, anche i cuori più valorosi si arrendono e
l'incantesimo si spezza, tornando al punto d'origine.
Non
le era difficile da credere: era estenuante quella situazione,
Hermione immaginava come quel buio e quella nullità potessero
sfiduciare chiunque; in fondo era quello che stava succedendo a
lei.
Come se indovinasse i suoi pensieri Silente le fece notare:
-
È per questo che la tua esperienza è unica: hai resistito
ben più dell'immaginabile, è per questo che mi è stato concesso di
venire a parlarti. La magia a questo punto è irreversibile, l'unica
incognita è il tuo destino: se riuscirai a mantenere la lucidità
avrai successo, altrimenti il tuo animo rimarrà soffocato
dall'assenza di tempo, e morirà. Ricordi...
- Cose
terribili accadono ai maghi che si intromettono nel tempo. -
concluse, citandolo.
Vide il sorriso affiorare sul volto del
professore, e si chiese se in qualche modo lui già non avesse
saputo, quando le aveva detto per la prima volta quelle parole, a
cosa era destinata.
Si ritrovò di nuovo sola.
Non le aveva
detto quanto ancora sarebbe dovuta rimanere, indovinò che non gli
era stato permesso concederle quel dettaglio.
C'erano momenti
in cui la tentazione era più forte dell'istinto di sopravvivenza:
Silente le aveva confermato che Fred era vivo e sarebbe rimasto vivo,
il suo obiettivo lo aveva raggiunto, poteva semplicemente lasciarsi
andare, e nessuno oltre a lei ci sarebbe andato di mezzo. Era un suo
diritto, una sua decisione.
Fred si sarebbe arrabbiato, ma con il
tempo gli sarebbe passata.
Poi, il ricordo di lui, di quel
sentimento ancora inesplorato che li univa, il pensiero di Harry e
Ron, dei suoi genitori, dei suoi amici... attingeva la forza dai loro
volti, lottando e promettendosi di resistere ancora, ancora un
giorno, prima di ripensarci. Un giorno dopo l'altro.
Odore di
bruciato, nuovamente. Diverso dal solito: non era acre, era simile al
profumo delle castagne arrostite. Aprì gli occhi, accecata dai
colori che la circondavano dopo tanto grigiore. Un moto di paura la
colse: era lì, nella Sala comune, la sua vestaglia indosso. Aveva
fallito? Non si ricordava di essersi lasciata andare, forse era
potuto accadere nel dormiveglia?
Silente le aveva detto che ormai
l'incantesimo era irreversibile, faticava a credere che si fosse
sbagliato, eppure Hermione era tornata lì, dove tutto era
iniziato.
Il suo sguardo, comandato dalla sete di certezze, saettò
sulla parete dei ricordi, l'uscita: la fila di ritratti era sempre
lì, ma diversi da come li ricordava; le figure erano animate, ora
sembravano appisolate con la mano che riparava gli occhi dalla luce
del camino acceso. Ma il dettaglio più importante: Fred non era
presente. Si concesse di respirare ancora, mentre ne prendeva
atto.
Non ne aveva ancora la matematica conferma, non l'avrebbe
avuta finché non l'avesse visto in carne ed ossa davanti a lei, ma
l'assenza del ritratto era già qualcosa.
Dopo essere rimasta
immobile a lungo, seduta sul divano, capì di dover andare a letto:
quella notte era impossibile sapere di più.
Si alzò e radunò le
sue cose, per avviarsi verso il suo dormitorio; quando una spina
nella coscienza la fece avvicinare alla parete.
- Scusatemi. -
sussurrò, colpevole. Per non aver scelto loro.
Nda Buon venerdì, ed eccoci ritornati nel presente!
Spero di essere stata chiara in questo capitolo, e che le spiegazioni non siano state troppo confuse;
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Alla prossima.
* "No, niente di niente!
No, non rimpiango niente!"
Sono delle frasi di una canzone di Edith Piaf, vi lascio il link http://www.youtube.com/watch?v=Q3Kvu6Kgp88
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Capitolo 7 *** Le cose perse ***
8bdn
Non
riuscì a chiudere occhio, non appena si fece l'alba si vestì e uscì
dal dormitorio.
Mentre camminava per i corridoi, illuminati dalla
tenue luce del primo sole del mattino, si scoprì ansiosa di odorare,
ascoltare e guardare ogni piccolo particolare, per quanto
insignificante: i suoi sensi sembravano quasi ebbri dal ritorno alla
vita, se non avesse avuto una meta importante si sarebbe fermata ad
ogni passo, per ammirare ogni piastrella che le si parava davanti
agli occhi.
Ma aveva una meta, e doveva anche rifinire la sua
scusa prima di arrivarci: che cosa poteva inventarsi, per ottenere di
uscire dal castello? Alla preside McGranitt?
Come poteva trovarne
una all'altezza della realtà? Era assolutamente necessario per lei
assicurarsi che Fred fosse vivo, avere la certezza che quello che
ricordava era la realtà. Era assolutamente necessario vederlo.
Si
sentiva una stupida, lei, Hermione, che andava dalla preside a
chiedere un permesso per uscire dal castello, in un giorno di
lezioni: era totalmente folle, anche il suo desiderio era altamente
improbabile, per usare un eufemismo; eppure nonostante non riuscisse
ad esprimerlo la parte più profonda di sé lo concepiva come vitale,
e la spingeva a continuare a camminare.
- Buongiorno,
professoressa. - Esordì, entrando nell'ufficio.
Minerva McGranitt
sollevò lo sguardo dalla scrivania, e la guardò attraverso gli
occhiali, osservando i suoi movimenti con attenzione, come se in
qualche modo già sapesse che era una visita particolare.
-
Buongiorno signorina Granger, si accomodi, prego. - le disse,
indicandole la sedia di fronte alla sua scrivania.
Hermione prese
tempo, sedendosi con misurata lentezza, cercando nel frattempo di
decidere quale fosse il motivo più importante a cui avrebbe potuto
appellarsi per ottenere il suo permesso;
- Mi scusi per l'ora, ma
immaginavo di trovarla già sveglia. - Inspirò, - Avrei bisogno che
oggi mi esonerasse dalle lezioni, e che mi dia il permesso per uscire
da Hogwarts: devo tornare a casa. - le disse poi, guardandola negli
occhi.
Meglio non specificare nessun dettaglio, dal momento che
nessuno le pareva affidabile.
- Sa bene che mi è impossibile, a
meno che non mi fornisca un motivo valido.
Cercò di non
mordicchiarsi le labbra, mentre la preside declinava la sua
richiesta,
- Devo vedere una persona che è stata in punto di
morte, - disse, provando ad omettere il chi e il quando, - e
assicurarmi che stia bene.
Sentì lo sguardo indagatore della
professoressa McGranitt su di sé, e cercò di sostenerlo, fissandola
di rimando, senza abbassare gli occhi nemmeno per una frazione di
secondo.
- Mi sta chiedendo molto, immagino che lo sappia. -
osservò.
Stava vagliando la sua decisione, Hermione Granger era
una studentessa maggiorenne, e quindi non le sarebbe stato necessario
ottenere una richiesta da parte dei genitori; d'altra parte era una
richiesta inusuale, specialmente per lei.
Giunse le mani,
sospirando,
- Immagino che sia importante, dal momento che si è
presa la briga di venirmelo a chiedere. Mi aspetto che ripaghi la mia
fiducia, e che torni in orario per il coprifuoco: le regole rimangono
tali, anche se oggi non partecipa alle lezioni. Le ricordo che è
un'occasione eccezionale, e che non sarà dispensata dai
compiti.
Hermione rilassò le spalle,
- Grazie, professoressa,
tornerò in tempo: ha la mia parola. È veramente importante. -
aggiunse, prima di congedarsi.
Oltrepassò Gazza, che la
fissava con aria deplorevole forse pensando che la Umbrige non lo
avrebbe mai permesso, e si incamminò verso Hogsmead; da lì avrebbe
raggiunto la Tana.
Era molto presto, e nonostante le seccasse
essere scortese presentandosi a quell'ora immaginò che era meglio
farlo quando erano tutti riuniti al tavolo della colazione, Fred
compreso.
Si avvicinò alla porta d'ingresso, sentendo le voci
ovattate dall'interno: c'era allegria.
Non quella che avevano
imparato a ricostruire, era vera, era l'atmosfera della
Tana.
Ritirò la mano pronta a bussare, meditando se quell'indizio
non potesse esserle sufficiente: forse, prima di affrontare Fred,
avrebbe potuto chiarirsi con Ron, con calma...
La porta si aprì,
impedendole di scegliere,
- Hermione, - la salutò la voce di uno
dei suoi migliori amici, - che ci fai qui? Ehi, - gridò poi rivolto
agli altri, - guardate un po' chi ha marinato la scuola: Hermione!
Le
era mancato, le era mancato terribilmente: ad occhio e croce era
vissuta più di un anno senza vederlo. Si ritrovò ad abbracciarlo,
felice,
- Ron, come stai?
Nel frattempo gli altri membri della
famiglia attualmente in casa si erano affacciati: Molly, Arthur, e
George, pronto per andare al lavoro; e accanto a lui, Fred. Incontrò
il suo sguardo mentre era ancora abbracciata a Ron, ed ebbe un tuffo
al cuore, si sciolse dalle braccia dell'amico cercando di non
mettersi a piangere.
- Io sto bene, tu, piuttosto? Come mai non
sei a scuola? - le stava chiedendo: una scusa alla quale non aveva
pensato.
Fece scorrere di nuovo lo sguardo su tutti, solo per
avere il pretesto di guardare nuovamente Fred;
- Ecco, -
tentennò, - in realtà la preside temeva che il troppo studio mi
stressasse, così mi ha lasciato un giorno libero e ho pensato di
venire a trovarvi, non vorrei disturbare. - Una vera stupidaggine,
specialmente per chi conosceva la McGranitt.
Molly l'abbracciò,
-
Sciocchezze cara, sai che qui sei sempre la benvenuta. Hai fatto
colazione? Fatele posto, su: deve mangiare. Ginny come sta, studia
vero?
La spinse con la sua pratica dolcezza materna verso il
tavolo della cucina, mettendole davanti un piatto colmo. Hermione
sorrise,
- Non volevo disturbare, Ginny sta benissimo. - le
assicurò, lanciando un'occhiata a Ron, che si stava sedendo accanto
a lei. - E Harry?
- Come al solito, poi se vuoi andiamo a
trovarlo, - le rispose lui, afferrando un'altra pagnotta.
Molly lo
guardò,
- Scusa, ma tu non stavi uscendo? - gli chiese.
-
Mamma! - si difese lui, con la bocca piena, - Hermione è venuta a
trovarci, ci posso andare dopo, o un altro giorno!
Tutti avevano
ripreso a mangiare, Hermione guardò il tavolo dove si intrecciavano
le mani che prendevano la caffettiera e la rimettevano a posto, o
un'altra porzione di marmellata.
Sollevò lo sguardo, guardando
Fred: sembrava di fretta, lui e George probabilmente dovevano andare
ad aprire il negozio.
Perché lui non la guardava?
- Tutto
bene, cara? - la pungolò Molly, notando che non stava mangiando.
Fred si girò automaticamente verso di lei, incrociando il suo
sguardo prima che rispondesse a sua madre,
- Certo, - le assicurò,
mostrandole che beveva una tazza di caffè.
Con la tazza a
coprirla lo spiò, scoprendolo ancora a fissarla.
George lo stava
chiamando,
- Avanti, - gli disse, - a lavorare. Ciao Hermione,
passi a trovarci dopo?
Si alzarono, infilandosi le giacche
appoggiate agli schienali delle sedie,
- Sicuramente, - gli
assicurò, cercando ancora con lo sguardo Fred, - ovvio che vengo a
trovarvi.
George raccolse il suo apparente entusiasmo con un
espressione soddisfatta, mentre Fred sembrava pensieroso.
Finita
la colazione anche Arthur si congedò, diretto al Ministero, e Molly
cacciò lei e Ron via dalla cucina, dicendole che doveva godersi il
suo giorno di vacanza e che ci avrebbe pensato lei a
riassettare.
Rimasti soli sentiva uno strano imbarazzo: sapeva di
dover affrontare l'argomento il prima possibile, e non sapeva da che
parte iniziare; fu forse la prima volta in cui benedì la reticenza
di Ron verso il contatto fisico: sarebbe stato solo tutto più
difficile.
Guardò fuori dalla finestra,
- Andiamo a fare un
giro? - gli propose.
L'aria era fredda, ed Hermione era ancora
abbastanza disorientata: sentiva il profumo della libertà, dopo le
diverse prigionie che aveva vissuto.
Arrivarono allo stagno, e si
sedette su un masso accanto alla riva, aspettando che lui la
raggiungesse.
- Senti, - esordì, mentre cercava le parole
adatte.
- Lo so, Hermione: dobbiamo essere stati pazzi, è tutto
diverso ora.
Lo guardò, stranita,
- Stiamo parlando della
stessa cosa?
La domanda mandò in confusione Ron,
- Beh, ma tu
di che cosa stavi parlando? - Il sorriso spaccato a metà sul viso di
Hermione però gli fece capire che non era lontano dalla verità, -
Di noi, ovvio. - Disse
per entrambi, poi.
- Pensavo fosse una cosa momentanea: dopo tanto
tempo ad aspettarci non credevo che questa sensazione di sbagliato
durasse. - disse Hermione, cercando di riportare alla memoria i
sentimenti passati, quelli che un anno prima avevano iniziato a farla
dubitare.
- Sembrava funzionare, - concordò lui, - ma forse
eravamo troppo convinti, per questo ci abbiamo messo un po' ad
accorgerci che non proviamo quello che dovremmo. - Osservò.
Era
vero, ma era giusto in parte: era così prima. Davvero poteva mentire
al suo migliore amico?
Chiuse gli occhi, portandosi le mani alle
tempie,
- Ron, - lo fermò, - sono innamorata di Fred. - disse
tutto d'un fiato. Prima di poter cambiare idea.
- Fred? - le
chiese, dopo qualche attimo di secondo, come se pensasse di non aver
capito bene. Raccolse il suo silenzio come una conferma, - Fred.
Dopo
qualche minuto, quando ormai la notizia si era sedimentata, Hermione
aprì gli occhi.
- Come l'hai presa?
- Fred, diamine. Non lo
so, è strano: non ho mai pensato che...
- No, infatti. È
complicato Ron, non è il caso di parlarne ora.
Lui si alzò,
-
Sei mia amica Hermione, anche per me è meglio lasciarsi, ma forse
non è il caso di parlarne per un po': è troppo strano.
Si
allontanò, senza aspettarla, implicando che per il momento era
strano anche parlare con lei.
Rimase ad osservare l'acqua
dello stagno, le increspature che il vento provocava sulla
superficie.
Era successo tutto così rapidamente, si chiese se non
fosse stata frettolosa: qualche ora prima era in un limbo temporale e
ci era rimasta per mesi, appena tornata era corsa lì.
Si era
imposta, come prima cosa, di risolvere con Ron: voleva avere la
coscienza pulita, voleva poter guardare Fred a testa alta, ora che ne
aveva l'occasione; in passato aveva avuto l'attenuante che non
poteva, e ora che ne aveva la possibilità doveva mettere quella cosa
al primo posto.
Aprì la borsa, estraendone la sfera con
Westminister, la agitò e la posò sul sasso accanto a sé,
guardandola: d'altra parte, il vero motivo per cui era corsa lì in
fretta e furia, era perché voleva vedere Fred.
Riusciva a sentire
ancora la sensazione di quando l'aveva rivisto, poco prima:
incredulità e certezza, aveva smesso di vivere e nello stesso tempo
ricominciato una nuova vita.
Erano nel presente ora, davanti a
loro c'era solo il futuro, nessun ostacolo più li divideva.
L'aveva
visto, ora aveva bisogno di guardarlo.
Arrivò a Diagon Alley,
indugiando sul marciapiede davanti al negozio. Spiò dentro alla
vetrina, Fred sembrava intento ad illustrare a un ragazzo lo scaffale
delle novità; ammise che c'era qualcos'altro a turbarla: non lo
aveva capito. Fred l'aveva guardata, quella mattina, ma per lo più
le era sembrato come distante. Vide che il ragazzo si stava avviando
alla casa, Hermione entrò nel negozio, annunciata dal suono del
campanello sulla porta.
- Allora sei venuta, - l'accolse George, -
e nostro fratello dove lo hai lasciato?
Lei guardò in direzione
di Fred, chiamandolo con lo sguardo; lui si avvicinò,
- Mi prendo
una pausa. - disse al fratello, facendo a lei cenno di seguirlo.
Su,
nello studio, nella casa di Hermione.
Si guardò intorno, mentre
non perdeva di vista lui.
- Sei tornata. - notò.
- Lo hai
capito subito?
- Immediatamente. Come è andata con l'aragosta?
Dove lo hai lasciato?
- L'ultima volta che l'ho visto eravamo allo
stagno, vicino alla Tana: gli ho detto... - era incerta, gli aveva
detto una volta di amarlo ma in un altro contesto, in un altro tempo.
- di te. - Riprese, - Ron non ha reagito male, ma mi ha fatto capire
di aver bisogno di un po' di tempo per digerire la notizia.
Fred
scrutò il suo viso,
- Che cosa gli hai detto di me,
di aver vissuto un passato in cui io ero morto e di essere tornata
indietro per salvarmi la vita?
Sentiva i suoi occhi puntati su di
lei, era a disagio: percepiva che Fred era innervosito, e non
riusciva a capire perché, d'altro canto sentiva il vero significato
della domanda.
- Gli ho detto che sono innamorata di te. - Gli
disse allora, senza giri di parole.
La fronte di lui si spianò un
poco, ma era ancora distante,
- Quando ho aperto gli occhi ti ho
cercata, ma tu non c'eri: non esistevi, era come se non fossi mai
esistita. Tutti avevano la sensazione di scordarsi qualcosa, ma non
ti ricordavano. - le disse, grave. - Io invece ti ricordavo
perfettamente, non ho creduto un solo secondo di essere diventato
pazzo: ho capito a che cosa eri andata incontro, per fare di testa
tua e salvare me, e credimi se ti dico che sono andato molto vicino
ad odiarti. - Hermione abbassò lo sguardo, colpevole: ecco cos'era
successo quando era finita nella dimensione atemporale. - Poi, un
giorno, sei ricomparsa: fisicamente e nella mente di tutti, era come
se non fossi mai andata via: ma eri diversa; Ron diceva che eri
inconsolabile e non capivi come mai: tra tutti eri quella che sentiva
di più il lutto, ma senza capire il perché, senza sapere chi era
chi ti faceva tanto soffrire.
- Ero la io del passato, e tu eri
vivo: ecco perché non sapevo per chi soffrivo. - Capì Hermione.
Forse era stato quel momento in cui era stata decretata salva, quando
Silente era venuto da lei: una parte del suo spirito era tornata a
vivere, ma doveva aspettare il giorno in cui aveva fatto
l'incantesimo prima di ricongiungersi a quella parte, e tornare
definitivamente.
- Ciò non toglie che non ne ero certo felice:
sapevo che era colpa mia, e non sapevo che ne sarebbe stato di te,
fino a stamattina.
- La storia si è compiuta, e io ho resistito
all'inedia della bolla temporale in cui sono stata da dopo la
battaglia a ieri: ecco perché ho potuto tornare.
- Perché
proprio io, Hermione? Perché non dare almeno un genitore a Ted?
Perché non chiunque altro?
Capì: lui sentiva su di sé la colpa
di quella vita.
- Perché per me il mondo non era lo stesso senza
di te. - gli disse, semplicemente. - E, Fred: non rimpiango nulla.
Lo
disse con sincerità, con tutto il suo cuore: nonostante tutto,
nonostante ancora sentiva il peso degli attimi che aveva vissuto, non
lo avrebbe mai rimpianto.
- Impareremo insieme come vivere ancora.
- Aggiunse, prendendogli la mano.
Fred
non aveva detto niente, ma quelle parole avevano fatto scattare
qualcosa in lui, come se avesse deciso di metterle in pratica,
onorando quello che Hermione aveva fatto per lui e al tempo stesso
salvandola dalle conseguenze della sua stessa magia.
Il sabato
successivo era rimasta in camera, a studiare, quando un gufo le aveva
recapitato un suo biglietto: la aspettava ad Hogsmead e si stava
annoiando.
Il primo indizio di una normalità che stava cercando
di tornare, sul momento sorrise ma non ci diede più di tanto peso;
si vestì e lo raggiunse.
Insieme passavano momenti in cui era più
semplice vivere: la gioia nel vederlo, sentiva il cuore battere e
ricordava i momenti passati insieme; d'altra parte erano solo più
consapevoli, uno promemoria dell'altro, di quello che era
successo.
Era lei, a incupirsi: lo guardava cercando di
individuare un'ombra nei suoi occhi, per poi colpevolizzarsi;
nonostante al tempo stesso fosse grata della sua presenza. Fred forse
lo indovinava, perché riusciva a distrarla e a farle sbocciare una
risata, sempre.
Lo guardò, un sabato pomeriggio, vedendo
semplicemente il solito Fred; eppure il ricordo di quando lo aveva
rivisto era ancora molto forte in lei, per poter dimenticare la
maledizione che temeva pendesse sulla sua testa: quella della moglie
del secondo fratello Peverell.
Al tempo stesso, nonostante questi
buchi nella sua coscienza, quando incrociava il suo sguardo non
poteva fare a meno di sentirsi grata per la sua presenza, e incredula
di essere riuscita a sconfiggere il destino, riprendendolo.
Stavano
camminando sulla neve, come uno dei tanti sabati in cui si
vedevano,
- Quindi per Natale vieni alla Tana? - le
chiese.
Hermione tentennò,
- Non lo so se è il caso: non vedo
Ron da quando ci siamo lasciati. - gli ricordò.
- Viene anche
Harry, e per Ron non preoccuparti: rimanete pur sempre
amici.
Sospirò, pensandoci: in fondo nonostante passassero ogni
momento libero insieme tutto sommato lei e Fred non erano una coppia,
quindi non aveva motivo di esserne preoccupata nei riguardi di Ron.
Nonostante quello che provava.
Scrollò le spalle,
- Forse sarà
l'occasione per riconciliarci. - osservò.
Fred aveva annuito
soddisfatto, poi l'aveva presa per mano, guidandola verso la fine
della via, dove era radunato un gruppo di persone. Avvicinandosi
sentirono una musica leggera venire da lì, Hermione fece per
rallentare ma lui non glielo permise, tirandola,
- Che cos'hai in
mente? - gli chiese, nascondendo una risata, mentre lo vedeva puntare
verso il centro di quel capannello, dove alcuni ragazzi stavano
ballando.
Conosceva quella melodia, l'aveva sentita anche al
matrimonio di Bill e Fleur, ma la conosceva fin da bambina; era uno
dei pochi pezzi babbani di cui la comunità magica si era
impossessata, e non faticava a capirne il perché: come le disse una
volta sua madre, quando era bambina e camminavano insieme per le vie
parigine, in vacanza, era la canzone
per eccellenza.
Non conoscevano le parole, o forse non gli
importava cantarle, ma la musica era quella.
Fred l'aveva tirata a
sé,
- Spero che tu sappia ballare meglio di come pattini. - le
disse, poco lealmente, iniziando a guidarla.
Hermione superò
l'imbarazzo,
- Vicktor Krum sapeva farmi ballare bene, - osservò,
con un'accennata provocazione.
E Fred, sempre poco lealmente, fece
in modo di farle dimenticare quel ballo lontano: aiutato
dall'atmosfera surreale che la neve donava a quel momento, con il suo
modo di fare quasi impertinente, continuò a farla ballare,
fissandola negli occhi impedendole di guardare altrove.
La musica
sfumò, attorno a loro sentiva le risate provenienti da qualcuno che
probabilmente osando un caschè era finito tra la neve, ma erano
lontane. Continuando a guardarla le prese la mano, e si
incamminarono.
Nda: Penultimo capitolo, ormai manca solo l'epilogo.
La canzone che Hermione sente ad Hogsmead, mi sono presa una licenza
letteraria dicendo che i maghi si sono impossessati di quella musica
babbana, sarà svelata nel prossimo capitolo, e quando capirete
qual'è credo che nessuno penserà che sono stata troppo
esagerata in questo mio viaggio di fantasia in quanto è un
classico; ma la cosa curiosa è che il testo è
terribilmente adatto a loro due.
Mi dispiace vedere che non recensite più, tengo molto a
questa storia e immagino che sia perché non è proprio
semplice e lineare; d'altra parte nasce per un contest e la situazione
lo richiedeva, vedo che comunque continuate a leggerla e sappiate che
sono ben accette anche le critiche.
Buona domenica a tutti!
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Capitolo 8 *** L'ultima palla di vetro ***
bdn fine
Il
Natale dai Weasley era confusionario, colorato e profumato: i ragazzi
erano cresciuti, eppure c'era sempre baraonda in giro, per le scale
trovò pezzi di addobbi, nastri e quanto più poteva ricordare a un
ingenuo passante che quello era Natale.
Ginny si affacciò alla
ringhiera,
- Sei arrivata! - la salutò, facendole cenno di
raggiungerla. - Io e te dormiremo con Andromeda e Ted, non ti annoia,
vero? La mamma ha insistito per averli qui.
Hermione schivò un
Doxy che chissà come era finito lì, e trascinò il suo bagaglio per
le scale,
- Per niente, - la rassicurò, - anzi, è bello essere
tutti qui.
Dalla camera dei gemelli veniva un gran fracasso, e le
risate scoppiavano ad intervalli regolari, Ginny si giustificò:
-
Fred è esaltato perché ha ultimato l'ultimo prodotto per il
negozio, e George fa lo stupido perché stasera è venuta Angelina: è
la prima cena che fa qui da quando sono insieme.
La seguì, e
passarono di fronte alla camera di Ron, Hermione osservò la porta,
-
Tutto bene? - disse, indicandola.
- Sì, sai com'è fatto: gli
manchi. Harry è qui da ieri, e credo lo abbia convinto a finirla con
questa storia.
Hermione annuì, e appoggiò la borsa sulla sua
brandina, guardandosi attorno.
- Che bella l'aria di festa. -
commentò.
Sistemò le sue cose, chiacchierò con Andromeda e lei
e Ginny si divertirono a fare il bagnetto a Ted prima di metterlo a
dormire, poi, quando Ginny fu chiamata dalla madre al piano di sotto,
si defilò in corridoio, con la scusa di fare dormire tranquillo
Ted.
Arrivò davanti alla camera di Ron, e rimase a lungo
indecisa, prima di prendere coraggio ed entrare.
- Posso? - disse,
infilando la testa nella stanza.
- Merlino, Hermione, in genere si
bussa! - si lamentò lui, mentre Harry andava a salutarla.
- Buon
Natale Hermione! - l'abbracciò, tirandola all'interno, - noi tre
ancora tutti insieme, eh?
Guardò Ron allusivo, e alla fine lui
capitolò sbuffando,
- Buon Natale, Hermione.
Gli sorrise,
capendo che l'atteggiamento scostante che ostentava era solo una
facciata di cui non capiva neanche lui il motivo, ma che
testardamente perseverava.
Si sedette ai piedi del suo letto,
-
Harry, chiudi la porta. Ci ho pensato tanto, non sapevo se parlarvene
o no, ma devo dirvelo.
- prese un respiro, sapendo di aver catturato il loro interesse, - Vi
sembrerà allucinante, ma è successo.
Iniziò a raccontare
tutto, dalla fine della battaglia come se la ricordava ai giorni di
malinconia, vedendoli sempre più increduli. Raccontò del libro,
della figura sulla pagina e di come, una volta iniziato a recitare
l'incantesimo, tutto era cambiato.
Non si dilungò sul rapporto
con Fred, glissando su quei momenti, ma felice di poterne parlare non
lesinò i particolari dell'ultima esperienza, quando aveva creduto di
essere morta.
Dopo averlo espresso ogni ricordo appariva per
quello che era, passato e lontano, e sentiva di esserselo lasciato
definitivamente alle spalle; e i suoi interlocutori, pur non
riuscendo a comprendere appieno quello che lei raccontava, sembravano
essere sempre più convinti che quello che Hermione diceva fosse
reale.
- Da pazzi. - commentò infine Ron, spezzando il
silenzio.
- Non sapete che peso è stato non parlarvene. - li
rivelò lei, sentendo scorrere tra loro tre la stessa energia che li
aveva uniti per anni. Ron aveva abbandonato la sua scostanza, e Harry
non sembrava più preoccupato di doverli riappacificare.
La guardò
invece, protettivo,
- Sei stata incosciente, Hermione, ma se c'era
qualcuno in grado di farlo quella eri tu. - concluse, con una nota di
fierezza nella voce.
Ron ironizzò,
- Eh certo, il destino
non ha fatto i conti con il fatto che se ne va in giro con una borsa
piena di libri, che per una volta le sono stati utili. - Rise,
contagiando gli altri due.
Si svegliò dolorante: non aveva
riposato abbastanza avendo fatto tardi con Harry e Ron, ma l'amicizia
del loro trio era salva, e quello le bastava.
Si stiracchiò,
intravvedendo nella penombra Ginny che la aspettava, con gli occhi
che le brillavano,
- Sveglia? Tra un po' ti avrei svegliato io,
non ce la facevo più! Forza, mettiti la vestaglia e scendiamo: è
Natale!
La piccola di famiglia era entusiasta, aveva sempre
decretato il Natale come la sua festa preferita e con il tempo questo
non cambiava.
Hermione sbadigliò,
- Fammi almeno lavare i
denti...
Ginny le lanciò il suo necessaire,
- Muoviti, ti ho
aspettato fino ad adesso: gli altri sono già tutti giù. - le disse,
seguendola sulla porta del bagno. - Quindi, cos'è tutto questo
sonno, ieri sera tu e Fred avete fatto le ore piccole a guardarvi
negli occhi?
Lo spazzolino le cadde nel lavandino,
- Come,
prego? - disse, rischiando di strozzarsi con il dentifricio.
Ginny
si appoggiò allo stipite,
- Coraggio, Hermione: non penserai che
sono cieca e sorda, sono mesi che so che c'è sotto qualcosa, e vi ho
visti abbastanza a Hogsmead da sapere anche che più che guardarvi
negli occhi non fate.
Cercò di ritrovare il suo contengo, Ginny
era più incline a quel genere di confidenze di lei, ma Hermione
aveva comunque evitato di parlarle per via del fatto che in quella
storia c'entravano pur sempre due suoi fratelli.
- È abbastanza
complicato, - disse, mantenendosi vaga, - non sono propriamente la
sua ragazza.
- Ma è anche il momento di darti una mossa, e in
tutti i sensi: sciacquati la bocca e andiamo giù, o inizieranno a
scartare i regali senza di noi.
Raggiunsero la cucina,
accolte da osservazioni sarcastiche,
- Finalmente, - osservò
Charlie, - io ho un altro fuso orario e mi sono svegliato prima di
voi.
Ginny fece la linguaccia al fratello, prima di andare a
sedersi accanto ad Harry, con una naturalezza che lui non aveva
ancora imparato ad avere davanti al resto della famiglia;
- È
colpa di Hermione, - si difese.
- Abbiamo assodato che è sempre
colpa di Hermione. - osservò Ron, sogghignando, imitato prima da
Harry e infine da lei.
Cercò con lo sguardo Fred, e in qualche
modo forse lui capì che aveva raccontato a tutto ai due ragazzi,
perché nascose un sorriso.
- Colpa o no non importa, iniziamo. -
decretò la padrona di casa, distribuendo i regali.
- Ehi,
attenzione: - si alzò George, reclamando l'attenzione di tutti, - da
parte nostra avete un'anteprima assoluta: la nostra nuova creazione,
alla quale mio fratello, che temo si sia rammollito, ha dedicato
tutta la sua attenzione nell'ultimo periodo, perché fosse pronta
oggi.
Fred gli spostò la sedia da sotto, mentre si stava
sedendo,
- Tu ti
sei rammollito. Beh, aprite il pacchetto, avanti.
Tutti iniziarono
a scartare, curiosi, ma il suo sguardo era fisso su Hermione.
Lei
soppesò il pacchetto, con attenzione: la forma, il peso, il rumore,
erano molto simili all'unico regalo ricevuto l'anno precedente.
Si
sbrigò, notando che gli altri erano già più avanti di lei, per non
perdersi la sorpresa; tolta la carta sollevò il coperchio della
scatola, che rivelò tra la carta una sfera di cristallo, appoggiata
a un supporto in pietra. La estrasse, era vuota, ma guidata da una
sensazione la capovolse, imitata subito da tutti: la neve riempì il
cristallo, volteggiando intorno all'immagine che era comparsa.
Lei
aggrappata a Fred sulla pista di pattinaggio, uniti in una
risata.
Era perfetta, sollevò lo sguardo verso di lui,
incontrandolo mentre guardava la sua reazione,
- Grazie, - mimò
con le labbra.
Si levarono i commenti del resto della famiglia,
dove ognuno nella propria sfera aveva trovato un'immagine diversa:
chi un bel ricordo, chi uno divertente, a Ron era capitato quello
imbarazzante così come a Fleur, alla quale i cognati, poco
galantemente, avevano regalato il ricordo immortalato di lei nei
panni di Harry.
Tutti erano contenti e fecero ai gemelli i
complimenti per l'idea, assicurandoli un successo garantito, e poi
piano piano iniziarono a spacchettare gli altri regali.
Fu la
volta di Hermione, che guardò Fred mentre apriva una scatola del
tutto simile a quella che lei aveva appena ricevuto, che nascondeva
una sfera in cristallo con la riproduzione della Tower of London.
-
Guardate, - George richiamò ingenuamente l'attenzione di tutti, -
Hermione voleva copiarci l'idea!
Si sentì arrossire fino
all'attaccatura dei capelli, e non lesinò al ragazzo inconsapevole
del suo imbarazzo un calcio punitivo sotto al tavolo.
Fred la
raggiunse fuori, dove si era rifugiata con una scusa.
- Immagino
che tu sappia che giorno è oggi. - le disse, avvicinandosi.
Aveva
smaltito l'imbarazzo, ma averlo accanto a sé non la
tranquillizzava.
- Natale, - disse, sollevando lo sguardo verso di
lui. Aveva paura, ancora più che in passato, perché era il
presente: i suoi sentimenti le facevano paura, per la forza con cui
la spingevano verso di lui rendendolo sempre più necessario, e ad
ogni passo che faceva nella sua direzione aveva sempre paura di
esagerare.
- Ti dico una novità: da ora vale tutto.
Le prese
il volto tra le mani, sfiorandole le labbra come un saluto a lungo
atteso, e allo stesso tempo con la sicurezza di chi non ammetteva
essere respinto.
Quando la lasciò allontanare Hermione studiò
il suo viso: si era esposta per la seconda volta con la sua famiglia,
con un membro diverso.
- Fred... - sospirò, pensierosa. Aveva
paura di fare ancora la scelta sbagliata.
- Hermione, so che il
fatto di avermi salvato la vita incasina un po' le cose, - le disse,
leggero, come se quella frase fosse storia vecchia, - ma non devo per
forza essere la tua aragosta, e onestamente non mi interessa essere
nessun crostaceo: sono rosso, e le battute si sprecherebbero. - Si
fermò, osservando soddisfatto il sorriso che comparve sul volto di
lei, - Può essere fino a settimana prossima, per un mese o per un
anno, forse per più, ma che importa? Quello che conta è adesso. Ora
ti amo, e a me sembra più che sufficiente per continuare a
importunarti.
Hermione arricciò le labbra: le seccava che lui
avesse ragione, mentre lei aveva sbagliato clamorosamente, ma glielo
perdonò solo perché finalmente le aveva detto che l'amava.
Des yeux qui font
baiser les miens,
Un rire qui se perd
sur sa bouche,
Voila le portrait
sans retouche
De l'homme auquel
j'appartiens
Quand il me prend
dans ses bras
Il me parle tout bas,
Je vois la vie en
rose.
Il me dit des mots
d'amour,
Des mots de tous les
jours,
Et ca me fait quelque
chose.
Il est entre dans mon
coeur
Une part de bonheur
Dont je connais la
cause.
C'est lui pour moi.
Moi pour lui
Dans la vie,
Il me l'a dit, l'a
jure pour la vie.
Et des que je
l'apercois
Alors je sens en moi
Mon coeur qui bat
Des nuits d'amour a
ne plus en finir
Un grand bonheur qui
prend sa place
Des enuis des
chagrins, des phases
Heureux, heureux a en
mourir.
(La vie en rose,
Edith Piaf)*
The
End
(La fin)
*
Traduzione:
Occhi
che fanno abbassare i miei
Un
ridere che si perde nella sua bocca
Ecco il
ritratto senza ritocchi
Dell'uomo
al quale appartengo
Quando
mi prende fra le braccia
Mi parla
a bassa voce
Vedo la
vita tutta rosa
Mi dice
parole d'amore
Parole
di tutti i giorni,
E sento
che qualcosa
E'
entrato nel mio cuore,
Una
parte di felicità
Di cui
conosco la causa
E' lui
per
Me, io
per lui nella vita
Me l'ha
detto, l'ha giurato sulla sua vita,
E fin
dal momento in cui lo scorgo da lontano
Allora
sento in me, il cuore che batte...
Notti
d'amore senza fine
Una gran
felicità che si fa largo
I
fastidi, i dolori si cancellano
Felice,
felice da morire
Nda: Eccoci alla fine, La vie en rose
è la canzone a cui mi riferivo nello scorso capitolo, e la trovo
davvero perfetta per Hermione e Fred; spero che anche voi possiate
ritrovarvi in questo, come spero che questa fiction, per quanto un po'
fuori dal normale, vi sia piaciuta.
Grazie per le recensioni che mi avete lasciato, spero di sapere come vi è sembrato il finale, e grazie mille ad avalonne e al suo contest Not My Character, bitch! per l'ispirazione che mi ha dato, grazie a cui ho scritto Boule de Neige. Alla prossima!
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