Boule de neige

di Aura
(/viewuser.php?uid=1032)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Odore di bruciato ***
Capitolo 2: *** L'incantesimo ***
Capitolo 3: *** Il freddo ***
Capitolo 4: *** Non Vale ***
Capitolo 5: *** Corsa contro il tempo ***
Capitolo 6: *** La battaglia, e la fine ***
Capitolo 7: *** Le cose perse ***
Capitolo 8: *** L'ultima palla di vetro ***



Capitolo 1
*** Odore di bruciato ***


not my 1

Partecipa al contest Not My Character, Bitch indetto da Avalonne








The world is full of wonderous things, it's true
But they wouldn't have much meaning without you.
(Wonderful, wonderful -Johnny Matis-)




Raccolse le pergamene sparse alla rinfusa, proprio non era da lei tutto quel disordine, d'altra parte quel piccolo capovolgimento delle sue abitudini era dovuto al fatto che anche lei, come tutti, spesso perdeva minuti di coscienza, annebbiata dai pensieri del passato. Da chi non c'era più.
Era trascorso troppo poco tempo perché il lutto potesse essere elaborato; e l'essere tornata ad Hogwarts, al contrario di Harry e Ron, aveva anche a che vedere con il fatto che per la prima volta si trovava a dover gestire qualcosa senza sapere da che parte cominciare.
Hermione era logica, metodica, e questo l'aveva aiutata nelle più disparate situazioni, facendole cogliere il particolare insignificante ma che si rivelava sempre essere la chiave del problema; ora invece il lutto pesava come un masso sul suo cuore, soffocandolo di tristezza, e non capiva come fare per gestirlo.
Si era allontanata, andando nel posto che sarebbe sempre stato il monumento ultimo di quella guerra che aveva portato via troppe persone, anche per non dover sopportare l'eterno sguardo di smarrimento negli occhi di chi amava; ma ora lo smarrimento era in lei, e gli occhi che rimanevano vacui, ripensando alle vittime strappate via dalla vita, erano i suoi.
Mascherava quel lato in via di corrosione di sé con l'apparenza che il mondo le aveva sempre affibbiato, ma quando si ritrovava sola ecco che il blackout si prendeva gioco di lei, come una valvola di bollitore la corrosione che premeva per uscire si rivelava in gesti stupidi, come delle pergamene sparpagliate senza cura su uno scrittoio.
Ricordò quando rimise piede nella tana per la prima volta dopo la fine della battaglia; l'assenza di Fred era soffocante, la percepiva ovunque: il silenzio che rimbombava nelle stanze, lo strano tic che prendeva possesso della mano della signora Weasley, che continuava a portarsi una mano al petto come a voler proteggere il suo cuore dal dolore peggiore per una madre, la ruga perenne tra le sopracciglia di George, pensieroso, nell'attesa infinita della sua metà.
Ron si muoveva cercando di non dare nell'occhio, ottenendo con maldestro impaccio l'effetto opposto, ed Hermione, guardandolo, guardandoli tutti insieme, sentì ancora più amplificato il dolore della perdita.
Erano passati appena due giorni, e le sembrava che il mondo non avrebbe mai potuto ricominciare a girare.

Poi la vita era ripartita, gradualmente, e poco a poco l'apparenza acquisiva le tinte seppur sbiadite del passato, forse a causa dell'orgoglio, della voglia di riappropriarsi della vita per chi era stato risparmiato, l'istinto naturale di sopravvivenza insomma; eppure c'erano ancora molti segni ridondanti che il lutto non era finito, e che i cuori feriti si sarebbero forse rimarginati un poco, ma la lacerazione sarebbe stata lì, per sempre.
Hermione aveva fissato Teddy, pensando a quando sarebbe arrivato il giorno per tutti loro di trattenere le lacrime e raccontare a quel bambino chi erano i suoi genitori; e guardando Molly, che leggeva il Profeta con la mano posata distrattamente sul cuore, Ron, che parlando continuava a far cadere ogni cosa che toccava, si era sentita una codarda col suo desiderio di tornare a Hogwarts.
Non solo suo padre e sua madre, anche i Weasley erano la sua famiglia e lei, seppur non direttamente, li stava abbandonando.
- Forse potrei studiare a casa, e dare solo i Mago... - disse a Ron, pensierosa, in una sera d'estate.
Lui, incredibilmente, la capì immediatamente, ma in fondo a dirla tutta non era la prima volta che la sorprendeva.
Le strinse la mano, in un gesto d'affetto ancora lievemente imbarazzato nonostante ormai fossero a tutti gli effetti una coppia.
- Hermione, - le disse, zittendola, - per quanto sia difficile dobbiamo andare avanti con la nostra vita. Tu vuoi andare a Hogwarts, nessuno si permetterebbe di aspettarsi che tu non ci vada.
- Abbiamo perso abbastanza persone da fermarci un attimo e tirarci su tra di noi.
Anche il suo ragionamento non faceva una piega, ma Ron era troppo convinto da lasciarle l'ultima parola, per bene che fosse lei la sua interlocutrice, Hermione Jane Granger, umanamente impossibile da zittire.
- Hermione, - l'ammonì. Lo guardò, quasi offesa dal tono di voce che lui aveva usato, che era quasi l'antitesi di Ron stesso. - dobbiamo andare avanti, e farlo per loro.
La mano si chiuse maggiormente sulla sua, mentre in silenzio le lasciava il tempo per comprendere cosa voleva dire. Nel lutto non c'era un giusto e uno sbagliato, nel dolore le scelte che si compiono non sono da giudicare. Hermione partì per Hogwarts, Ron l'accompagnò al binario, rimanendo sulla banchina fino a che il treno partì, lentamente.
Lei aveva abbassato il finestrino e lo guardava, in quel silenzio che non ha bisogno di molte parole: si sarebbe sentita sola senza lui e senza Harry, gli avrebbe scritto e preteso in risposta lettere dettagliate; si raccomandava che lui non oziasse e che sfruttasse quel periodo in modo produttivo.
Ron sollevò un angolo delle labbra,
- Non cambierai mai, Hermione Granger. - Le disse poi, con tenera fierezza.
Hermione distese la fronte crucciata, e rispose al sorriso mentre il treno acquistava velocità.


Odore di bruciato: lo sentiva ovunque, nei corridoi della scuola. Hogwarts non era più quella dei suoi ricordi d'infanzia ma di sicuro era stata ricostruita abilmente, eppure Hermione camminando sentiva sempre odore di bruciato. Si ritrovò a convincersi che fossero le sue narici ad esserlo, o che fosse quasi una parte dentro di sé che aveva continuato ad ardere; eppure complice quell'odore nauseabondo, che le ricordava troppo i momenti della battaglia, camminava stringendo la bacchetta spasmodicamente, come se avesse dovuto parare un attacco da un momento all'altro.
La Sala Grande era diventata un incubo: ogni volta che vi entrava le sembrava di vedere i corpi che giacevano sulle panche, sui tavoli; lividi ed inermi, totalmente reali.
Le mancava il fiato, come quel giorno che vi entrò e scorse il corpo di Fred, esanime.
Si era sentita persa, guardando quelle labbra sicuramente inclinate nell'ultimo sorriso, sperando con tutto il suo cuore che fosse l'ennesimo scherzo del ragazzo: se solo avesse aperto gli occhi quella volta avrebbe potuto perdonarglielo.
Ma intorno a lui la sua famiglia piangeva, stringendo per l'ultima volta la mano di Fred, accarezzandogli la guancia, ripromettendosi forse di vendicarlo. Hermione aveva capito, non era uno scherzo. Aveva stretto la mano di Ron, piangendo in silenzio.
Ora faceva di tutto per non guardare in quella direzione, come se avesse potuto trovare ancora un qualcosa che lo ricordasse, o peggio, vedere che niente faceva capire che cosa era successo in quel punto.
Prima dell'ora dei pasti, quando non studiava, camminava per i corridoi, sentendo l'acre odore di bruciato, aspettando che il battito del suo cuore rallentasse e che l'ansia di tornare nella Sala Grande cessasse.
Tutto era come sarebbe stato se non fosse mai diventata amica di Harry e Ron: sempre eccellente in classe, infaticabile nello studio a qualsiasi ora del giorno e della notte, qualche saluto scambiato tra una lezione e l'altra, qualche chiacchiera nei dormitori e nella sala comune, ma nulla di più. In quel momento Hermione non voleva di più, mentre cercava di capire come liberarsi da quel peso sul cuore e allo stesso tempo aveva paura del momento in cui sarebbe avvenuto: del momento in cui avrebbe dimenticato.

Inoltre, non sapeva se doveva farlo o meno: il suo istinto, che nel suo caso era paradossalmente il lato più razionale, le diceva di evitare semplicemente di pensare, procrastinare la tristezza in attesa del momento in cui il ricordo le avrebbe fatto meno male; eppure la sua coscienza strideva con questo pensiero, suggerendole che non solo la sua anima si sarebbe intorpidita con quello sforzo ma nessuno dei morti meritava il mancato onore della memoria, della sofferenza.
E allora cercava di farsi coraggio, entrava nella Sala Grande e camminava, avvicinandosi a quel punto che sempre evitava; poi la forma delle mattonelle, il numero dei passi, la faceva desistere. Il suo coraggio era un altro, non comprendeva l'essere capace di affrontare il dolore per la sua perdita.

Aveva sorpreso uno strano movimento, intorno al reparto proibito: qualcuno andava e veniva costantemente, si era trovata ad indagare e a concentrarsi sui più piccoli indizi fino a scoprire un gruppo di studenti che stavano facendo una ricerca. Più precisamente su un incantesimo antico, che si diceva avesse il potere di mischiare il presente al passato e dare un nuovo futuro a chi non lo aveva potuto avere.
Irruppe così nell'angolo della libreria dove quei ragazzi si erano riuniti.
- Non sapete, - li riprese, la severa Caposcuola, - che cose terribili succedono ai maghi che si intromettono nel tempo? Non sapete, - continuò, - che non si può riportare in vita chi non è più di questo mondo? Siamo maghi e streghe, non degli dei: se fosse stato possibile a quest'ora ognuno avrebbe ancora qui i propri cari. - Loro la guardavano, ammutoliti, cercando di nascondere il libro che avevano trovato: Hermione, integerrima, notò il movimento e si avvicinò sicura al ragazzo del quinto anno, togliendogli il libro dalle mani. - Ora, non vi farò punire solo perché siete stati terribilmente stupidi, non questa volta: immagino che ognuno di voi abbia un motivo per essere qui; d'altra parte vi vieto anche solo di pensarci un'altra volta. Vado a mettere al sicuro questo libro, al mio ritorno non vi voglio più trovare qui: sta per scattare il coprifuoco.
Si allontanò, con passo spedito, pronta a consegnare alla bibliotecaria il volume.
Voltò la testa, per assicurarsi che gli studenti fossero andati via, e tornando a girarsi inciampò nel piede di una sedia fuori posto.
Aveva sbattuto le ginocchia a terra, sicuramente si erano sbucciate, e controllò un'escoriazione sul lato della sua mano: era una cosa da niente, ci avrebbe pensato lei stessa, senza dover andare in infermeria. Rialzandosi si guardò intorno, in cerca del libro, e lo scoprì sotto a un tavolo. Si mise a carponi, per raggiungerlo, e tirandolo a sé così come era caduto si ritrovò a non riuscire a distogliere la vista dal punto in cui si era aperto.
Una figura occupava un'intera pagina, la figura di un ragazzo sul punto di morire, con gli occhi socchiusi che la guardavano, guardavano lei.
Era Fred.
Chiuse di scatto il libro, sicuramente quell'immagine figurava chi, la persona che leggeva il libro, desiderava riportare in vita, eppure non riuscì a riprendere a camminare. Fissò a lungo la copertina, poi nascose il libro nel mantello della sua divisa e si diresse verso il suo dormitorio.

Era così concentrata su quello che stava facendo che per una volta non notò l'odore di bruciato: i suoi occhi saettavano in continuazione, il suo cervello continuava a fornirle scuse nel caso qualcuno l'avesse sorpresa e al contempo moniti continui di riportare il libro al suo posto; il braccio stretto convulsamente al fianco, dove aveva incastrato il grosso volume, era così premuto che i muscoli le facevano male.
Borbottò alla Signora Grassa la parola d'ordine, lasciandosi andare a uno sbuffo all'ennesimo momento di protagonismo della donna del quadro, e quando finalmente la fece entrare si infilò nel passaggio, percorse a passi lunghi e rapidi la sala comune ed infine salì verso il suo dormitorio.
Le altre ragazze, che dividevano con lei la stanza, si erano riunite su un letto, e ridacchiavano scambiandosi delle foto,
- Ciao Hermione, vieni anche tu? Stiamo componendo la nostra squadra ideale di Quiddich, in base a dei canoni che sono molto importanti, anche se nessuno ci dà peso: bellezza, fisico e fascino!
Hermione si sforzò di sembrare naturale,
- Scusatemi, ma ho degli arretrati da studiare, sarà per un'altra volta!

Si sedette sul suo letto, fece scorrere la tenda intorno al baldacchino e lanciò un incantesimo insonorizzante. Anelava la pace, in momenti come quello rimpiangeva non poter avere una camera tutta per sé. Sfilò il libro dal suo nascondiglio, e lo riaprì: ancora la stessa pagina, ancora quel viso. Lo chiuse di scatto, gattonò sopra alle coperte e lo nascose sotto al materasso: la tentazione di leggerlo, di sapere, era arricchita non solo dalla sua proverbiale sete di conoscenza, ma anche dal pensiero che stava lentamente insidiandosi, come un serpente, nella sua mente. Forse c'era un modo per salvarlo. Fred o qualcun altro.
Ripeté come un mantra le parole che aveva detto al gruppo di studenti in biblioteca, rivolte a sé stessa, per far sì che si imprimessero bene in lei e scacciassero la tentazione.
Non era il suo destino.
La storia del secondo fratello Peverell.
Non apparteneva più al mondo dei vivi.
Eppure continuava a sentirsi in colpa, come se la sua prudenza fosse il motivo per cui non poteva scoprire se poteva dargli un nuovo presente, un futuro che era stato strappato via dal male.

Aprì gli occhi, capendo di essersi addormentata sfinita dai suoi ragionamenti, realizzando allo stesso tempo che per quanto avesse dormito, ore o pochi minuti, la sua razione di sonno per quella notte era già stata esaurita. Scostò le tende, scoprendo che nella stanza era calato il buio e che le altre ragazze dormivano tranquille. Prese la vestaglia, la sua bacchetta e decise di andare a leggere qualcosa nella sala comune. Poco prima di uscire dalla stanza però tornò verso il suo letto, prendendo il libro da sotto il materasso: aveva bisogno di sentirlo accanto a sé.

La sala comune era uno di quei posti tornato rapidamente ad assumere l'aspetto che aveva sempre avuto, si accoccolò sul divano ravvivando il fuoco con un colpo di bacchetta e iniziò a far vagare lo sguardo tra quelle mura.
Solo in un punto, il muro dell'uscita, c'era qualcosa di diverso: i ritratti dei vecchi compagni che avevano perso la vita durante l'ultima guerra magica, sormontati da una targa dorata che recitava:


Con amore nel loro ricordo, Grifondoro fino alla fine.

Passò in rassegna i loro visi, alcuni meno conosciuti, alcuni terribilmente cari come Lupin e Sirius, che era stato affisso nonostante la sua morte fosse avvenuta poco prima della comprensione da parte di tutti del ritorno di Voldemort.
I loro visi erano come se li sarebbe sempre ricordata, con lo sguardo fiero, l'espressione tranquilla. Proseguì, incontrando il ritratto che tra tutti l'aveva sempre messa a disagio: Fred, con una fossetta accennata sulla guancia, un piccolo particolare che forse sfuggiva a chi non l'aveva conosciuto appieno; era come l'inizio di un sorriso, di una risata. La turbava perché per quanto così rappresentato fosse felice, in realtà qualunque persona che sta per sfoderare un sorriso non può essere definita in pace: in pace è chi è già arrivato al culmine del sorriso, o chi è tornato esteriormente serio conservandolo negli occhi e nel cuore, non chi sta per esprimerlo.
Perciò il quadro di Fred non le trasmetteva un fiero ricordo, come per gli altri.
Non avevano voluto fossero animati, pensavano che aiutasse chi li aveva conosciuti ad osservarli senza rimpianti, con serenità.
Ed invece, incrociando lo sguardo dell'amico, i rimpianti di Hermione si accavallavano sempre di più, torturandole la coscienza.






Traduzione della citazione musicale iniziale:
Il mondo è pieno di cose meravigliose, è vero,
ma non avrebbero molto senso senza di te






Nda Con sorpresa mi do ai contest, questo specialmente è stata una bella fonte d'ispirazione, e mi ha fatto buttare su questo pairing che ho scoperto interessarmi molto.
La storia è consegnata, i capitoli non amo pubblicarli tutti insieme, quindi contate su una frequenza settimanale.
Bhe, spero che vi piaccia! 


Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** L'incantesimo ***


bdn 2






Era suo il viso che aveva visto nel libro. E lei lo stava ignorando.
Un ceppo nel camino scoppiò, facendola sussultare.
Era beffardo, perché le ricordava una notte simile a quella, in cui aveva capito che non sarebbe riuscita a dormire, durante il suo quarto anno.


Hermione sussultò, lo schioppo l'aveva distolta violentemente dai suoi pensieri, si ritrovò a guardarlo seria, come rimproverandolo.
- È solo un pezzo di legno. Non può scusarsi.
Si girò verso Fred,
- E tu che ci fai sveglio? - gli chiese, non sapendo se essere lieta per avere una compagnia o infastidita per non essere sola.
- George. - disse lui, come se il solo nome del fratello bastasse per spiegare tutto.
- Scherzo?
- Pozione Antisonno. Tu?
Hermione alzò le spalle,
- Non lo so, forse l'ha data anche a me... - ipotizzò, mentre Fred si sedeva accanto a lei. Scostò i piedi, per fargli posto,
- Certo, certo. - fece lui, accondiscendente.
- Qualcosa mi dice che mi stai prendendo in giro, - lo accusò, osservandolo attentamente.
- Assolutamente no. Stavi studiando? - disse, sfilandole il libro dalla mano e cambiando discorso.
- Non proprio... - cercò di fermarlo, ma Fred stava già sfogliando l'album.
Lo vide ridere,
- Ah, gli annuari, sono proprio crudeli. Guarda questa, è Harry svenuto dopo una partita di Quiddich, - rise, - e qui c'è Percy quella volta in cui gli abbiamo colorato i capelli di blu, e lui è andato a fare la ronda conciato così!
Gran parte di quelle foto aveva come protagonista uno scherzo dei gemelli, ma altre erano semplicemente momenti divertenti o belli da ricordare. Hermione si avvicinò a lui, e iniziarono a guardarlo insieme.
- Siete davvero pestiferi... - commentò, con un sorriso benevolo.

Aprì gli occhi di scatto, svegliata da un altro scoppiettio del camino.
- Eh? - disse, insonnolita, mettendosi a sedere. Si guardò intorno, distinguendo Fred con in mano la macchina fotografica,
- Asciugati la guancia, Hermione, questa andrà dritta nell'album, così tutti ricorderanno che quando dormi sbavi come una lumaca . - rise.
Cercò di raggiungerlo, per portargli via la macchina, ma lui aveva il vantaggio di essere lucido e non appena sveglio come lei, così riuscì a scappare chiudendo con un incantesimo la pellicola in un baule.
- Ti prego, Fred, dammela! - disse stizzita,
- Assolutamente no. - Soddisfatto tornò sul divano, - Non ce n'erano di abbastanza divertenti su di te, e questa è un buon inizio. Vai a dormire Hermione, su: ti avrei portato a letto io stesso, ma sai che non posso.
Ancora imbronciata gli diede le spalle, incamminandosi.
- Ehi, - la chiamò poi Fred.
Si girò,
- Che c'è ancora?
- Quello stupido è ancora troppo piccolo e troppo tonto per accorgersi di te, ma presto lo farà, vedrai.

Rimase a guardarlo impietrita, mentre Fred le strizzò l'occhio e come se niente fosse si voltò, rimettendosi a guardare le foto.



Si morse il labbro, e si avvicinò allo scaffale, estraendo un album.
Lo aprì, sicura, trovando la pagina dove era stata sigillata la sua foto, perché lei non potesse strapparla.
Ora, più che sé stessa addormentata con la bocca aperta, i capelli arruffati e un rivolo di saliva sulla guancia, rivedeva chi le aveva scattato quella foto.
E si giudicava aspramente, accusando la sua prudenza, il suo buonsenso, il suo sapere che era sbagliato come paura e codardia.
Chiuse l'album con un tonfo, lo rimise sullo scaffale con un gesto secco e meccanico. Si voltò, fissò il libro appoggiato sul divanetto. Non poteva lasciarlo incustodito, lo prese, e si diresse nuovamente sulla soglia della sua stanza.
- Accio borsa. - disse, sicura, tendendo la mano. In caso di una qualsiasi evenienza, non aveva mai perso l'abitudine di tenerla pronta e a portata di mano. Socchiuse la porta, facendo attenzione a non fare rumore, e ridiscese le scale della torre, fino a tornare alla sala comune.
Il cuore le martellava, i pensieri erano soggiogati dall'agitazione febbrile, ancora non credeva a quello che stava per fare.
Si sedette sul divano, incrociando le gambe, mentre rapidamente rifletteva che forse la causa di tante avventure pericolose con Harry e Ron era proprio lei, e ne era la prova vivente in quel preciso momento.
Fissò la copertina, che iniziò a sembrarle minacciosa: aveva paura di cambiare idea, paura di non cambiarla e combinare la più grande pazzia mai sentita. Inspirò, aprì il libro e iniziò a leggere sommessamente la formula.



Quelle antiche parole, mentre le scorrevano sulla lingua, le parlavano, spiegando al suo inconscio cose che avrebbe ricordato, cose che avrebbe dimenticato, moniti terribili e incoraggiamenti speranzosi.
Sapeva di non avere molto tempo per l'organizzazione, stava tornando indietro nel tempo e doveva scegliere immediatamente la destinazione. Fred doveva essere vivo, e solo.
Un racconto di Ginny le tornò alla mente, la mattina in cui Harry l'aveva baciata, George li aveva sorpresi. La camera dei gemelli.



Si fece tutto buio. Freddo. Puzza insopportabile di bruciato, fetore di muffa e decomposizione, ma fu questione di un attimo.





Vide al di là delle sue palpebre chiuse una luce aranciata, tenue, contro la sua pelle sentiva un calore confortevole e le sue narici erano solleticate da un famigliare profumo: un miscuglio di legno, ciambellone di zucca, e un che di floreale. Casa. Casa Weasley, la Tana, senza alcun dubbio. Aprì gli occhi, cautamente, mentre una voce stupita la chiamava,
- Hermione, cosa ci fai qui?
Non si sarebbe mai aspettata di poter reagire così, ma forse non le era mai venuto in mente di poter rivedere un amico che credeva morto da tempo. O meglio, che
sapeva con assoluta certezza morto da tempo.
Il respiro le si seccò in gola, per riprendersi poi con un singhiozzo, liberatorio. Si fiondò su Fred, abbracciandolo, dimenticando che lui ignorava chi era veramente e perché era lì, nascondendo il volto rigato dalle lacrime contro la sua spalla.
- Maledetto, maledetto Fred! - si ritrovò a borbottare, non riuscendo ad esprimere altro.
- Ehi, io non c'entro! - si giustificò lui, confuso.
Si mischiò una risata tra le lacrime di Hermione, mentre si staccava da lui.
Si asciugò il volto, nonostante vedere nuovamente il suo viso e sapere che era lui le stava portando una nuova ondata di commozione.
- Sì che c'entri, stupido. - disse, benevola.
Lo guardò per qualche istante, mentre Fred la fissava a sua volta spaesato,
- Si può sapere che cosa ti prende? Sarà stato George, ora è abbastanza facile riconoscerlo da me, no?
Si ritrovò a dargli uno spintone amichevole,
- Non è un commento carino da fare nei confronti di tuo fratello, - lo rimproverò.
- Hermione, - le disse lui, ignorando il rimprovero, - che cosa ci fai ancora in vestaglia? Se non sbaglio cinque minuti fa eri chiusa in bagno giurando di aver quasi finito. E che razza di capelli hai? - osservò, poi.
Si portò automaticamente una mano alla testa, già sapendo che era impossibile domare il groviglio con solo le dita.
- Non ho tempo per questo, - disse, prendendogli il polso. Poi sembrò ripensarci, - anzi, è meglio se lo fai tu: smaterializziamoci da un altra parte. Un posto sicuro, e senza gente. - precisò. Lo vide tentennare e strattonò il suo braccio, - Forza!
Riconobbe la loro destinazione come l'ufficio sopra ai Tiri Vispi, sospirò soddisfatta riflettendo che era meglio non usare la bacchetta, finché era lì, per non insospettire il ministero: né lei né il suo doppione passato avevano più la Traccia addosso, ma meno dava nell'occhio meglio era.
- Abbiamo un matrimonio a cui tornare... - la risvegliò dai suo ragionamenti, con tono canzonatorio.
Un nuovo sospiro, questa volta atto a darle coraggio: il coraggio si spiegargli chi era veramente, e perché era lì. Preannunciargli la sua morte, senza ancora sapere se sarebbe riuscita a salvarlo e come: i ricordi di quello che aveva scoperto mentre pronunciava l'incantesimo cominciavano a svanire, lasciandole delle sensazioni, e aveva la sensazione che per il fatto di essere tornata nel passato non voleva dire automaticamente che Fred si sarebbe salvato.
- Quindi non ho molto tempo, - iniziò, - e tu devi credermi, anche se sarà difficile farlo.
Fred l'ascoltò, dapprima incredulo, poi sbalordito, spaesato, confuso, ma mentre il racconto proseguiva sembrò capire, sempre di più.
- E così io sono morto in battaglia, - concluse poi, quando lei finì, - beccati questa, orecchio di George.
Hermione sollevò d'istinto la bacchetta, poi ripensandoci afferrò il grosso fermacarte che si trovava sulla scrivania, cercando di colpirlo con quello.
- Razza di stupido, e c'è da vantarsi per questo? Sei morto,
morto!
Fred sembrava tranquillo, le bloccò la mano che brandiva il fermacarte,
- Ma sei qui per evitare che accada, no?
Hermione rilassò le spalle,
- Non è detto che ci riesca. - Gli ricordò, grave.
Vide la fossetta incompiuta che tanto aveva odiato ricomparire sul suo volto,
- Non sei forse la strega più brillante della tua età? - Il tono era quasi scherzoso, ma non sarcastico. - Non potrei essere in mani migliori. - la rassicurò, mentre il sorriso si allargava.
Si sentì più serena, e ricambiò il sorriso, in silenzio. Fred guardò l'orologio, continuando,
- Quindi, salta il matrimonio?
Hermione scosse la testa,
- Assolutamente no, non dobbiamo cambiare il passato, o per lo meno il meno possibile. Ho dei libri, - disse, sollevando la borsetta, - io starò qui a fare qualche ricerca, ricorda: è vitale che nessuno sappia che sono qua. Quindi assicurati che nessuno venga, o se George dovrà venire fai in modo di precederlo per portarmi via: è meglio che io non usi la magia, se non è strettamente necessario.
Fred annuì, sembrò sul punto di chiederle qualcosa ma le strizzò semplicemente l'occhio, scomparendo alla sua vista.

Estrasse ad uno ad uno tutti i libri dalla sua borsa, in una sorta di censimento, seccata sapendo già che non avrebbe trovato niente di utile per una magia oscura e proibita come quella che aveva messo in moto.
Forse poteva scrivere un elenco di testi che Fred poteva procurarle.
Scosse la testa: non poteva cambiare il passato.
Una sensazione, un istinto latente si fece strada in lei: come poteva non cambiare un passato che non conosceva? Lei non sapeva cosa aveva fatto Fred mentre lei era con Ron e Harry a caccia degli Horcrux. Forse quello le dava più raggio d'azione.
Certo, molte delle risposte avrebbe potuto trovarle nel libro che l'aveva condotta fin lì, ma ricordava che era bruciato tra le sue stesse mani, non appena aveva finito di pronunciare la formula: zero punti a Hermione Granger, per essere stata così stupida da non averlo
prima studiato.
Si alzò, dirigendosi alla finestra, guardando Diagon Alley per metà in rovina. Sapeva perché aveva agito così: non voleva cambiare idea, non voleva che la sua coscienza razionale le impedisse di tentare di salvare Fred.
Appoggiò la fronte al vetro, odiava brancolare al buio.

- E come speri che io entri inosservato a Hogwarts, prenda il libro e lo porti qui? - le chiese, quasi divertito dall'assurdità della richiesta.
- Dobbiamo studiare un modo, ma per il momento la strada da seguire è quella: per fortuna abbiamo molto tempo prima della battaglia, e in qualche modo ce la faremo. - Asserì Hermione, sicura. Fred si allungò sul divanetto dello studio, sbuffando,
- Piton è di guardia da quando Silente è morto, quel Mangiamorte...
- Il professore Piton... - Hermione si bloccò, non doveva svelare a Fred parti del futuro non necessarie, e la vera fedeltà del professore era tra le cose che dovevano rimanergli nascoste.
- Quindi? - Incalzò lui, in attesa. Hermione scosse la testa,
- Nulla. Oh, perché ho questa sensazione che se fosse un altro a sapere della mia presenza qui oltre a te sarebbe pericoloso? Neville torna a scuola, a settembre: avremmo potuto chiedere a lui di procurarci il libro, e di portarlo da Aberforth.
- Aberforth? -
- Lascia stare. - Sbuffò, sprofondando accanto a lui, con le braccia conserte.
Fred cercò di collaborare,
- Forse potrei chiederglielo lo stesso, senza nominarti. - Propose.
- E con che giustificazione gli chiederesti un libro del reparto proibito che ha il potere di portare in vita i morti?
- Potrei inventarmi qualcosa.
- Non si può fare tornare i morti in vita
così, - schioccò le dita, - tanto perché ci va, altrimenti in molti sarebbero di nuovo qua. Deve essere qualcosa di più unico che raro, un motivo che sia più forte del destino, con la fermezza mentale e il coraggio per farlo: Non puoi chiederglielo.
Fred fu sul punto di dire qualcosa, ma rimase in silenzio, mentre lei continuava:
- E poi, tu che chiedi a Neville un libro di cui
nemmeno io ero a conoscenza? Oh, - rise, sarcastica, - è esilarante.
Fred fece una smorfia,
- Senti un po', piccola saputella, mi ritieni forse uno stupido?
- Sai che non è così, ti ho sempre detto che se tu e George metteste la metà dell'ingenio che usate per fare scherzi nello studio chissà dove sareste ora. - Fece una pausa, cercando di scendere a patti con tutto ciò in cui credeva. - Ma va bene così, fate la cosa che vi rende felici. - Ammise infine.
- Dove sei, ora? - le chiese, di punto in bianco, cambiando argomento.
Hermione si portò una mano al mento, pensierosa, fissando il soffitto senza vederlo realmente per cercare di mettere in ordine le idee.
- Siamo a Grimmauld Palace, cercando di scoprire che fine ha fatto il medaglione di Regulus, l'originale.
Fred si mise più comodo,
- Raccontami della ricerca degli Horcrux.
- Dobbiamo cercare un modo per...
La zittì,
- Avanti Hermione, abbiamo mesi. E tu hai bisogno di pensare ad altro, per avere una delle tue intuizioni fenomenali. - disse, convincendola. Hermione gli sorrise, sistemandosi più comodamente sul divano,
- Allora, lasciato il matrimonio abbiamo raggiunto la Londra babbana...


















Nda Benritrovati a tutti, innanzitutto specifico che la parte in corsivo a inizio capitolo è un ricordo di Hermione, mi sento stupida a farlo ma mi accorgo che a volte do per scontate cose che magari nella mia mente sono assodate, ma che ad occhi nuovi non lo sono per niente. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che troviate la storia interessante, ora come avrete capito stiamo entrando nel vivo del racconto, vi prometto che il prossimo sarà più lungo e più ricco di avvenimenti ;-)
Grazie mille a  smelly che ha recensito, e a chi ha messo la storia tra le seguite! Alla prossima!



Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Il freddo ***


3 bdn

Sentì dei passi sulle scale, e si nascose dietro al divano. Spiò, vedendo la maniglia in ottone girarsi con qualche difficoltà, la porta dello studio si aprì e Fred entrò, carico di libri,
- Era ora! - osservò impaziente, uscendo dal suo nascondiglio, - ce ne hai messo di tempo!
Fred fece cadere la catasta sulla scrivania, mentre lei richiudeva per precauzione la porta e lo raggiungeva, ignorandolo e mettendosi curiosa a spulciare i volumi.
- Non so se lo sai, siamo in tempo di guerra: credi sia una passeggiata recuperare questi testi proibiti?
- Ne mancano alcuni, - osservò, continuando a ignorarlo. - Oh, Fred, - disse poi girandosi verso di lui e cambiando il tono di voce, che assunse una tinta supplichevole, - trasfigurami e portami con te a cercarli!
- Non se ne parla, ne abbiamo già discusso mille volte. - le rispose piatto, ripetendo la negazione ormai in maniera automatica. Hermione depennò dalla lista i titoli reperiti, e iniziò a sfogliarne uno, camminando senza sollevare lo sguardo verso il divano, per poi lasciarsi cadere sopra a peso morto.
- Deve pur esserci qualcosa da qualche parte, sono mesi che cerchiamo. - Borbottò tra sé e sé. L'autunno era arrivato, Fred andava a trovarla giornalmente e aveva fatto degli incantesimi protettivi all'edificio per evitare che i Mangiamorte, che andavano a saccheggiare e distruggere la comunità magica, la trovassero lì. In genere passava tutti i pomeriggi, a volte andava anche la mattina se poteva, ma quando Hermione lo mandava alla ricerca di qualche nuovo libro poteva passare anche una settimana prima che lui tornasse, e quelle settimane di segregazione e solitudine non facevano che farla tornare alla carica con il suo desiderio di uscire di lì.
Fred si rifiutava di accontentarla, senza scendere troppo nel particolare di quello che accadeva al di fuori della sua fortezza personale, e quindi era una lotta continua.

La ricerca di indizi che l'aiutassero a capire come portare a termine l'incantesimo, dopo averlo salvato, non proseguiva molto: parecchi libri trattavano l'argomento, ma nessuno l'incantesimo che aveva praticato Hermione, e quindi erano sempre ad un punto morto; e lei sentiva come un muro davanti a sé, come se avesse la soluzione a portata di mano ma senza poterla afferrare.
Sapeva, per lo meno, che più cose avrebbe scoperto, più cose avrebbe capito, più quel muro si sarebbe assottigliato, rendendone più facile la rottura.
Appoggiò il libro accanto a sé, avvicinandosi alla finestra per guardare fuori: Fred aveva fatto un incantesimo che lei gli aveva suggerito, per evitare che dalla strada la vedessero mentre lei guardava il mondo esterno indisturbata.
Le mancava non prendervi parte, percepiva la forza della guerra e nonostante la sua passata sé stava combattendo con le unghie e con i denti per salvare il Mondo Magico odiava starsene rinchiusa lì, si sentiva inutile e codarda.
Fred la distolse dai suoi pensieri,
- Non sono ancora passato da casa, se vuoi mangiare qualcosa adesso dovrai accontentarti delle cose che abbiamo nel negozio, - la informò.
Hermione si voltò, trattenendo un sorriso,
- Fred Weasley non mi convincerai
mai ad assaggiare le vostre famose Merendine Marinare, l'ho giurato, ricordi? È il principio che non mi va, inoltre non so quanto nutrimento possano darmi visto che poi rimetterò tutto.
Lui rise,
- Non abbiamo mica solo quelle, malfidente. Vieni, - disse, tendendole la mano, - ti faccio fare un tour e puoi scegliere quello che vuoi.
Il negozio era spesso chiuso: era vero che la gente aveva bisogno di ridere, ma ridere della morte, farlo nel bel mezzo di una guerra, era decisamente di cattivo gusto.
Scesero piano i gradini in legno, che in qualche modo le ricordarono quelli della Tana, e Fred accese qualche luce perché lei potesse vedere.
- Stamattina ho finito quello che mi avevi portato, ho una fame allucinante, - sospirò Hermione.
- Tranquilla, mentre tu mangi questi io vado a cercarti qualcos'altro, cibo vero.
Continuò a tenerle la mano, facendole strada tra gli scaffali e illustrandole i vari prodotti,
- Qui abbiamo le Crostatine Canarine e i Pasticcetti Svenevoli, forse sono le cose più sostanziose, poi troviamo le Mou Mollelingua, il Torrone Sanguinolento...
Hermione si fermò, guardando crucciata,
- Mi ero dimenticata che cosa si può trovare qui. Forse preferisco aspettare.
Fred sollevò le spalle,
- Come preferisci, torniamo su: gli incantesimi di protezione sono più concentrati, - disse, tornando sui suoi passi. Camminando poi accanto alla cassa si bloccò, tanto rapidamente che Hermione, che lo seguiva, andò a sbattergli addosso, - dimenticavo: qui forse è rimasto qualcosa delle scorte per gli spuntini miei e di George.
Aprì un cassetto, frugando alla cieca finché non ebbe trovato un pacchettino.
- Trovato?
- Andiamo su.
Tornati nello studio lo aprì, estraendone un innocua barretta,
- Farò presto, vedrai, - le assicurò, mentre Hermione si consolava sgranocchiando il dolcetto. Però c'era qualcosa di strano, e quel qualcosa erano gli occhi di Fred fissi su di lei. Si chiese come diavolo avesse fatto a cascarci, in maniera così stupida: fece cadere la barretta a terra, ma il morso che aveva fatto le era bastato. Guardò truce Fred, che ormai stava sbellicandosi dalle risate,
- Che cosa c'è? - provò a dirgli, ma al posto della sua voce sentì solo uno starnazzare. Corse allo specchio, la sua testa si era trasformata in quella di una papera, - Me la pagherai! - inveì, provocando solo altro starnazzare che fece quasi rotolare Fred dalle risate,
- Non ho resistito, è una delle ultime creazioni, troppo forte. Non ti preoccupare, ochetta: in mezz'ora sarai come prima, e potrai insultarmi quanto vuoi.
Hermione starnazzò nuovamente, lui prese la giacca,
- Qualsiasi cosa sia, lo so. Sarò qui in un lampo.


Quando tornò la trovò con le sue reali sembianze, pronta a sfogarsi,
- Mi hai preso in giro! - Tuonò, non appena lo vide entrare. Fred cercò di evitare di ridere, anche se gli riuscì parecchio difficile,
- Quante storie che fai, era per farsi due risate, no?
- A mie spese però. - sottolineò, ancora offesa e stizzita con sé stessa per essere caduta nella trappola.
Lui ignorò le sue frecciatine, appoggiando sul tavolo le cibarie che aveva portato,
- Questo ti basta per una proposta di pace? - Le disse, poi.
Hermione sentì lo stomaco gorgogliare,
- Tregua, per il momento. - Si sedette, addentando un pezzo di pane e sospirando soddisfatta.
- Lasciamene un po', questa volta non dovrà bastarti a lungo, - le ricordò, prendendogli la pagnotta dalla mano.
- Fred, - rise alla fine lei, - ne hai un sacchetto pieno qui davanti, com'è che devi sempre rubarmi la mia?
- Vizio da fratello maggiore, Ron si è sempre imbufalito quando glielo facevo. - Bevve un sorso d'acqua, e poi la osservò pensoso, - Ho sbagliato a parlare di lui?
Hermione lo guardò, sentendosi improvvisamente a disagio a parlarne con lui,
- No, mi manca Ron come mi manca Harry, - balbettò.
Fred scosse la testa,
- Carino paragonare il proprio ragazzo a un amico. - Disse sarcastico, senza peli sulla lingua.
Hermione si accigliò, continuando a mangiare in silenzio, - Andiamo, non ti sarai mica offesa, vero?
- No, - mentì lei, sicura, - ho solo molta fame, mangiamo.


- Notizie da casa? - gli chiese, sinceramente interessata: non sapeva cosa avevano fatto i suoi amici mentre lei non c'era, a parte qualche sporadico episodio raccontato.
Fred sollevò il naso dal giornale che stava leggendo,
- Mah, niente di che: mamma è preoccupata matta per voi tre, papà continua a indire riunioni dell'Ordine una dopo l'altra e George se la fa con Angelina, la mia ex. Carino. - Commentò.
Hermione lo guardò, sbalordita,
- Non avrete mica litigato? - si assicurò.
- No, lui non sa che io so, ma è ovvio che lo so: gira per casa come se fosse perennemente sotto l'effetto della pozione Sogni Svegli. - le spiegò, noncurante, tornando a leggere.
Hermione continuò anche lei la sua lettura, ma non si trattenne a lungo,
- E a te non dispiace?
Fred rise,
- Curiosità, il tuo nome è strega: persino l'integerrima Hermione Jane Granger è intaccata da te. - Chiuse il giornale, tranquillizzandola, - Scherzavo prima, non mi importa di George e Angelina, anzi, sono contento per loro. Primo perché eravamo ragazzini quando io e Angelina stavamo insieme, e secondo: se alla fine io morirò George avrà una spalla su cui piangere.
Hermione rimase sbalordita da quell'ultima dichiarazione,
- Fred! Come
se alla fine morirai, non ti sarai rassegnato? - gli chiese, quasi con rimprovero: se smetteva di crederci lui era dura farsi forza da sola.
Lui sollevò le spalle, adagiandosi sul divano,
- Non mi sono rassegnato, ma sai com'è: è dicembre, sono passati cinque mesi e ce ne rimangono altrettanti, e non è che in questi abbiamo fatto chissà che progressi. Mi fido di te, ma sono pronto ad affrontare il mio destino, qualunque sia.
Hermione lo fissò, pensierosa,
- Scusa, ma allora perché se la pensi così stai tanto tempo con me e non rimani un po' con la tua famiglia?
Fred si alzò e andò verso la finestra, fissando il cielo.
- Te l'ho detto: ho te dalla mia parte, le possibilità di fallimento sono pari a zero, era solo un pensiero. Ti ho portato un regalo, credo che stia per mettersi a nevicare e immagino che sia il momento adatto per dartelo. - Disse, cambiando argomento. Sfilò un fazzoletto dalla tasca della sua giacca, lo aprì con cura e le porse una ciocca di capelli, - A te.
Hermione capì immediatamente cosa significasse:
- Mi porti fuori! - Esultò.
Fred ridacchiò, guardando la sua reazione: già stava cercando la fiala della pozione Polisucco nella sua borsa, - È quasi Natale e sta per nevicare, ti meriti un giro, ma nella Londra babbana: nonostante tutto è più sicuro. Mi farai tu da guida.
Hermione si portò l'intruglio alle labbra, bevendone un sorso,
- Bleah, - commentò, e mentre il suo aspetto mutava toglieva dalla borsa il necessario per una passeggiata all'esterno sotto alla neve.
- Con quella borsa potresti fronteggiare un esercito, - ammise, quando lei fu pronta ad uscire.

L'albero di Natale era già issato a Trafalgar Square, così come le luci e gli addobbi che adornavano l'intera piazza. Qualche fiocco di neve prese a cadere, Hermione, nei panni di una babbana stata di recente da un parrucchiere vicino al Paiolo dove Fred aveva rubato la ciocca, sollevò il volto al cielo, lasciando che la neve si posasse sulla sua pelle. Era meraviglioso, ed era da tempo che non se lo concedeva: lo scorso inverno aveva ben altro a cui pensare.
- Che profumo, - inspirò, a pieni polmoni.
- Del gas delle auto babbane, - notò lui, non abituato. Hermione lo guardò, si sollevò sulle punte per chiudergli gli occhi con le sue mani e lo invitò a respirare,
- Forza, non lo senti il profumo della neve? - Vide il suo volto distendersi, rilassato, e assumere un'espressione soddisfatta, pensò che lo sentisse. Sorrise, imitandolo inconsciamente, - Allora? - indagò.
- Veramente sento il
tuo, di profumo.
Staccò le mani dal suo viso, evitando il suo sguardo e iniziando a camminare,
- Vieni, - disse, in preda ad un inspiegabile imbarazzo, - andiamo a vedere le bancarelle: scommetto che potrai trovare qualcosa di carino per tuo padre, e con me ho un po' di soldi babbani.
- Mi chiedo cosa non hai in quella borsa. - Il tono di Fred era invece tranquillo, per nulla turbato. In effetti nemmeno Hermione doveva esserlo, si ricordò, e si concentrò alla ricerca delle bancarelle.
Lo aiutò a scegliere una sfera in cristallo, simile a quella di Divinazione con il suo sostegno in pietra, che però al suo interno aveva una miniatura della Clock Tower. e che capovolta si riempiva di piccole pietrine bianche e brillanti, come neve.
- Vedrai, - gli assicurò, - gli piacerà. A me sono sempre piaciute, non è bellissima? - Gli chiese, capovolgendola con un movimento sciolto del polso e alzandola in mezzo a loro due.
L'imbarazzo era passato, ora era più tranquilla e più che decisa a godersi quelle ore di libertà; dopo averla messa in borsa lo guidò verso un bar.

Si accomodarono in un tavolino vicino alla grossa vetrina, in modo che lei potesse indicargli il paesaggio fuori e spiegargli cosa li circondava.
Ordinò sicura due cioccolate con la panna, e le tornò in mente quando, non lontani di lì, ordinò davanti a Harry e a Ron un cappuccino.
- Sei contenta? - Le chiese, notando la sua espressione.
- Tantissimo, ma a dir la verità stavo ridendo perché ho ripensato ad una volta che ho ordinato una cosa in un bar babbano, e tuo fratello mi ha guardato come se avessi parlato arabo. - Gli spiegò.
Guardò fuori, verso il cielo: da qualche parte lei e Harry stavano andando verso Godric's Hollow, e Ron stava cercandoli.
- Ti manca? Sai, ho pensato a lungo ad un modo per farteli vedere, lui ed Harry, come regalo di Natale; ma non credo che ci sia una soluzione.
Hermione tornò a fissarlo, quasi scandalizzata,
- Ma sei pazzo? Loro li vedrò comunque, prima o poi, - mentì, cercando di sembrare convincente: in realtà non ne era così sicura. - sono qui per
te, non dobbiamo in nessun modo mettere tutto a repentaglio, specie per un po' di nostalgia! Sai bene cosa c'è in ballo. - Gli ricordò.
Trovava sempre più difficile dirlo esplicitamente, ultimamente si limitava ad alludere alla sua morte.
- Già, - concordò lui. La cameriera arrivò con le cioccolate, Hermione la pagò e si dedicò alla sua panna. - Quindi, - le chiese, dopo aver fatto passare i minuti in cui aveva capito sbolliva l'irritazione, - che cosa c'è tra te e Ron? Finalmente si è accorto di te, se non sbaglio.
Hermione rimase con il cucchiaino a mezz'aria per la sorpresa, e la panna scivolò lungo il manico, cadendo sulla tovaglia.
- Vuoi parlare di questo? - era meravigliata, specialmente da come lui aveva tirato fuori l'argomento.
Fred sollevò le spalle, noncurante, iniziando ad attaccare la sua cioccolata,
- Beh, non è la prima volta che ne parliamo, a volte dimentico che sei una ragazza, - le spiegò, meritandosi un calcio da sotto il tavolo. Ridacchiò, continuando, - e quindi ho pensato che forse volevi parlarne con qualcuno, e si dà il caso che ultimamente i tuoi contatti umani siano molto limitati.
Hermione sospirò, cosa doveva raccontargli? L'attuale realtà o quello che da mesi stava maturando dentro?
- Pensavo che Ron fosse la mia aragosta...
Si dovette interrompere, osservando la faccia di Fred che sembrava sul punto di esplodere. E in effetti così fece,
- La tua
cosa? - rise, - No, ti prego, non ci posso credere. Oh Merlino, questa poi... - Continuò a ridere, nonostante le occhiate allusive di Hermione che lo implorava silenziosamente di calmarsi, dopo essersi accorta che tutti li stavano guardando.
Fred si asciugò le lacrime, una volta calmo.
- Beh, - disse allora, offesa, - si può sapere che cosa c'è tanto da ridere?
Fred riprese a ridere incapace di trattenersi, e a poco poco, contagiata dalla risata, Hermione dimenticò l'offesa iniziando a sogghignare.
Finirono le cioccolate, con le risate che scoppiavano ogni volta che incrociavano gli occhi, rompendo il silenzio rilassato.

Uscirono dal bar, fianco a fianco, Hermione sollevò la testa e incontrò il sorriso di Fred, particolarmente tranquillo. L'espressione cambiò rapidamente, diventando allertata, la prese per un braccio e la trascinò in un angolo nascosto,
- Svelta, - le intimò, - la pozione.
Hermione estrasse la fiaschetta e lo specchio,
- Non me ne ero accorta, è da molto che è finito l'effetto?
- Sì, non ci ho fatto caso: - la coprì con la sua figura, mentre lei beveva, - sicuramente alle
aragoste eri già così. Scusami.
Lo vide sinceramente dispiaciuto,
- Fred, - disse una volta cambiate le sembianze, richiamando la sua attenzione appoggiandogli una mano sul petto. Lui tornò a guardarla, - è solo una precauzione, qui siamo al sicuro, in mezzo ai babbani: non è niente.
Si incamminò, voleva vedere il Tamigi e Westminister, gli disse.
Non nevicava più, ma per conto suo poteva anche grandinare, o esserci un sole che spaccava le pietre, Hermione era semplicemente felice di camminare all'aria aperta: le luminarie poi erano stupende. Infilò il braccio sotto a quello di Fred, e lo guidò.
- L'estate alla fine del sesto anno, - iniziò a raccontare, quando costeggiarono il fiume, - ero con mia mamma, guardavamo una storia babbana e una protagonista diceva che le aragoste, quando si innamorano, restano insieme per la vita. Credevo seriamente che Ron fosse la mia aragosta, voglio dire, tutto quel tempo, quegli anni, ad aspettarlo. Lui finalmente si è accorto di me, e pensavo onestamente che fossimo destinati a stare insieme per la vita.
Si fermò, alzando lo sguardo verso le torri della chiesa.
Fred la imitò, rompendo il silenzio,
- Sbaglio o c'è un
ma?
Hermione spostò lo sguardo verso di lui, strinse le labbra tra di loro in un sorriso dispiaciuto.
- Forse staremo insieme per la vita, ma come amici. Non lo amo, Fred: me ne sto accorgendo, già prima, prima di partire lo sentivo, ma volevo ignorarlo. Finalmente lo avevo, non volevo rovinare tutto: pensavo fosse una cosa passeggera. Gli voglio bene, tantissimo bene, ma non lo amo.
Ripresero a camminare, tornando verso il Paiolo.
- Beh, però alla fine un po' ci assomiglia ad un'aragosta, mio fratello.
- Fred! - scoppiò a ridere senza volerlo.

Raggiunsero i Tiri Vispi, Hermione sentiva che l'effetto della pozione stava svanendo ma ormai non aveva più importanza. Salì i gradini seguita da lui, con ancora il sorriso dipinto sul volto: quel pomeriggio era valso i mesi in segregazione, assolutamente. Entrò nello studio, togliendosi il cappotto e appoggiandolo alla sedia affinché l'umidità si asciugasse, prima di riporlo, e fece lo stesso con gli stivali. Guardò verso Fred, ancora una volta sembrava sul punto di dire qualcosa, e ancora una volta ci ripensò.
- Vai a casa? - lui annuì, - Vorrei dirti di salutarmi tua mamma, ma so che non è possibile.
Fred le strizzò l'occhio, e fece per uscire. Poi si bloccò,
- Hermione? - tornò a guardarlo, ancora quell'espressione che aveva imparato a conoscere. Ora sembrava voler continuare. Appoggiò lo stivale a terra, senza distogliere lo sguardo da lui. - Perché vuoi salvare proprio me?
Da un lato era da tempo che aspettava e temeva la domanda, d'altro canto la sorprese, come una di quelle cose che finché non accadono speri che non si verifichino mai.
- Perché sei tu, Fred. Vorrei spiegarti, ma non lo so nemmeno io, so solo che è perché sei tu.


Non sapeva perché, era stata onesta; aveva mentito quando gli aveva assicurato che chiusa quella parentesi la sua vita sarebbe tornata alla normalità: non sarebbe successo, forse il prezzo da pagare per salvarlo era proprio lei. Però, per qualche motivo che ancora non comprendeva, era disposta a pagarlo.










Nda: ciao a tutti! 
Innanzitutto grazie a chi ha recensito lo scorso capitolo,  mi fa molto piacere che seguiate questa storia!
E quindi ovviamente grazie a chi l'ha inserita nelle seguite/preferite :-)
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, qui compare la prima Boule de Neige detta volgarmente in italiano... non so, io la chiamo palla di vetro con la neve ;-)  e vi anticipo che se questa fic si chiama così un motivo c'è  :-P
Prossimo capitolo carico di atmosfera natalizia, e si sa, Natale è sempre bello.
Alla prossima!!!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Non Vale ***


4 bdn


L'atmosfera del Natale era sublime, l'aveva sempre amata, eppure quell'anno non riusciva a coglierla. Avrebbe voluto addobbare lo studio, sia per lei che per Fred, che ormai passava più tempo lì che altrove, ma non poteva uscire e di usare la bacchetta per una cosa tanto futile non se ne parlava nemmeno. E la cosa frustrante era che non poteva chiedere a nessuno, nessuno doveva sapere che lei era lì.
Per questo una mattina, quando al suo risveglio trovò lo studio addobbato a festa, rimase senza fiato dalla sorpresa, quasi commossa che Fred avesse indovinato il suo desiderio.
- Continua pure a dormire,
bavosa, - la prese in giro, - potevo essere chiunque e tu ancora che russavi.
Hermione gli lanciò addosso il suo cuscino,
- Non chiamarmi così. - lo rimproverò, non riuscendo a distogliere lo sguardo dagli addobbi. - Come hai fatto?
- Dimentichi che ho una sorella, per quanto tu sia l
a strega più capace della tua età rimani sempre una ragazza. Ora devo scappare, sono già in ritardo, - disse, guardando soddisfatto il suo lavoro, - ci si vede.
Hermione lo guardò uscire, poi tornò ad ammirare gli addobbi.
Camminò scalza, trovando di tanto in tanto sotto ai piedi degli aghi di pino che Fred aveva fatto cadere, e si avvicinò alla finestra sperando di vedere anche al di fuori qualche simbolo del Natale, segno quell'anno anche della speranza mai morta delle persone. Avrebbe voluto dirlo, alla gente, che erano gli ultimi mesi di sforzi, gli ultimi momenti di paura, ma ovviamente non poteva farlo. Scorse Fred, ormai in fondo alla strada, camminare svelto e si trovò a sorridere guardandolo. Era abbastanza lontano, eppure riconosceva la sua tipica andatura dinoccolata. Istintivamente si avvicinò maggiormente al vetro, cercando di vedere meglio: Fred aveva raggiunto una sagoma femminile che evidentemente lo stava aspettando, lo aveva preso a braccetto e si erano incamminati insieme.
Scomparvero dalla sua vista, Hermione notò che il suo riflesso sul vetro era crucciato.
Scosse la testa, come per scacciare quei pensieri, e iniziò la sua routine quotidiana: si sarebbe lavata, vestita, e avrebbe continuato a spulciare i libri che ormai formavano una catasta alta quasi quanto l'albero di Natale che Fred aveva portato.

Era da tempo che ormai ci pensava, inizialmente aveva subito scacciato il pensiero, ben sapendo quanto fosse difficile, ma mano a mano che le ricerche proseguivano, con altrettanti buchi nell'acqua, quella sembrava essere ancora l'ultima fiaccola di speranza:
non poteva far fuggire Fred o fargli evitare lo scontro; rischiava di cambiare il risultato dell'intera battaglia.
Tutto doveva andare come si era svolto in origine; eppure Hermione era tornata indietro nel tempo per salvare Fred: doveva trovare un modo per proteggerlo e fargli affrontare Rookwood come aveva fatto, doveva indurre una morte apparente da cui però si sarebbe svegliato. L'unica soluzione possibile era lì.
Alzò gli occhi dalla pergamena su cui si appuntava le varie intuizioni, scoprendo che era diventato buio: andò ad accendere la luce e si sedette sul divano, guardando distrattamente in direzione della porta.
Era tardi, e Fred non era ancora arrivato.
Il suo stomaco gorgogliò, allungò la mano e prese dal tavolino un sacchetto di carta, contenente dei pezzi di ciambellone di zucca di Molly che Fred le aveva sottratto con chissà quale scusa, e cominciò a mangiare, quasi indolente.
Chi era quella ragazza, e perché lui non l'aveva nominata? Certo, non era obbligato a raccontarle tutto, ma era anche vero che passavano così tanto tempo insieme...
Si scoprì quasi gelosa a pensare che lui stava tardando perché era con lei, e si pentì del suo egoismo: era lì per salvargli la vita, lui non era di sua proprietà e poteva fare quello che voleva, con chi voleva.
Nonostante quei pensieri maturi quando sentì scattare la maniglia si finse assorta nella lettura, evitando di andare a nascondersi già sapendo che era lui.
- Oh, - lo accolse, distratta, - sei già qui?
Lo sguardo di Fred la fece sentire immediatamente in colpa: tante volte in passato l'aveva fatta arrossire o abbassare gli occhi con quello sguardo, sicuro di sé e divertito, e quella volta non fu da meno.
- Passata una buona giornata? - le chiese lui, ignorando il suo rossore. Hermione tossicchiò e annuì,
- Molto proficua, in effetti. Sto cambiando direzione nelle ricerche, forse è la volta buona.

Fred appoggiò la busta con il cibo per lei sul tavolo, avvisandola,
- Io ho già mangiato, questo è tutto per te.
Si alzò, svogliata per mantenere una calma che in realtà inspiegabilmente non aveva, avvicinandosi al tavolo.
- Immaginavo, vista l'ora. - Commentò. Non voleva dare a vedere che se ne era accorta, ma le parole le erano uscite di bocca prima che potesse fermarle.
-
Oh, sei già qui? - la scimmiottò Fred, ridendo, senza dar peso all'occhiataccia che lei gli stava rivolgendo.

Decise di ignorare il suo impasse,
- Anche io, a dirti la verità, stavo già cenando, mi era rimasto dal pranzo un po' di ciambellone.
Si azzardò a guardarlo, con la coda dell'occhio, e ancora il suo sguardo sicuro e tranquillo la costrinse a girarsi. Si stava decisamente innervosendo, non capiva perché e non ne aveva l'intenzione.
Tentò di mordersi la lingua, ma la domanda uscì melliflua nonostante il suo impegno:

- E tu? Passato una buona giornata?
Fred sollevò le spalle,
- Ottima direi, grazie.
Lo guardò, scoprendosi ancora osservata,
- Ti diverto? - lo sfidò. Più lei si innervosiva più lui era tranquillo, divertito, appunto.
- Un po', sei abbastanza buffa stasera. - le rispose, evitando il pezzo di dolce che Hermione gli aveva scagliato addosso dopo la sua risposta, - Ho visto Ginny, oggi: è tornata a casa per le vacanze, le manchi molto.
- Ginny? - gli chiese, mentre a poco a poco gli eventi che l'avevano fatta innervosire assumevano nuove tinte, rendendola un po' stupida.
- Esatto.
Lo sguardo di Hermione si raddolcì,
- Manca molto anche a me. Quando è arrivata?
- Ieri sera, è tutto il giorno che la porto in giro in cerca di un regalo per Harry: dice che si sente che per Natale magari si farà vivo.
- Questa volta si sbaglia, spero che non ne rimanga delusa.
- No, - la tranquillizzò, - ho cercato di limitare di danni e dissuaderla.
- Fred! Tu sai che Harry non si farà vivo perché sai come stanno le cose, e se questo cambiasse il corso del futuro? - lo rimproverò.
- Glielo avrei detto in ogni caso: chi vuole che la propria sorella si faccia delle illusioni imbastite da sensazioni?
Aveva ragione, ma ormai Hermione era diventata paranoica su quell'argomento,
- Spero che tu abbia ragione. - Commentò, con forzata accondiscendenza. Poi si sentì in dovere di rassicurarlo, - Harry comunque la pensa sempre, per lui è stato più duro di quanto volesse far credere partire senza di lei; ma voleva proteggerla.
- Ha portato te. - Sottolineò Fred.
- Credi davvero che qualcuno possa portarmi o impedire di andare da qualche parte? - Lui sorrise, sapendo che era vero, - E inoltre, noi siamo un trio: non avrebbero mai funzionato senza di me. Così come per ognuno di loro due, dovevamo farlo assieme.
- Ora però sei qui da sola.
Hermione andò verso la finestra, scrutando il cielo: da un lato non era da sola, a Godric's Hollow era con Harry, e Ron li avrebbe presto raggiunti.
- Odiavo con tutta me stessa Harry quando lo ripeteva, così convinto che fosse vero, - disse, poi, - e ora sono io a dirlo, ma so di avere ragione: è una cosa mia, dipende da me.
Fred le andò accanto,
- Questo conferma la mia ipotesi, - disse. Hermione lo guardò, interrogativa, nascondendo l'agitazione che le stava nascendo dentro: di che ipotesi parlava? Una cosa non detta, non accennata, senza ancora un nome e una sembianza, impalpabile e labile, che non era reale; non sapeva cos'era ma ne era al tempo stesso spaventata. Lui le strizzò l'occhio: - sei sempre stata tu la matta del trio.
L'inquietudine era già volata via, come se non fosse mai esistita, mentre Hermione rideva a quell'uscita,
- Sai, - confermò, - credo di averci fatto caso anche io, in un episodio o due.
Tornò a guardare fuori,
- Domani è la vigilia di Natale, - osservò, - non stare a preoccuparti per me: io indagherò sulla mia nuova pista e sarò occupatissima a scriverti un nuovo elenco di libri che mi servono, stai a casa con la tua famiglia.

Delle semplici parole sincere, che cercavano anche di mettere a posto la sua coscienza dopo la pazzia che l'aveva colta quella sera.

Non si pentiva di averglielo chiesto, desiderava realmente che lui passasse le feste con la sua famiglia, ed era più che pronta ad accettare la malinconica solitudine che l'aveva colta.
Simile a quella del suo viaggio ad Hogwarts, quando seduta sul treno accanto a Ginny continuava a fissare la porta dello scompartimento, aspettandosi di veder entrare da un momento all'altro Ron ed Harry.
Però, in un certo senso, aveva bisogno di rimanere da sola: così come in passato era stata tentata di accantonare la tristezza in un piccolo angolo remoto della sua testa, ora sapeva che stava facendo qualcosa di molto simile.
Stava ignorando deliberatamente una sensazione, senza darle la possibilità di esistere nella sua testa, correndo il rischio di ingigantirla senza nessun motivo.
Forse era sciocca a sprecare del tempo che avrebbe potuto sfruttare studiando con quei pensieri, eppure era pur sempre la vigilia, e poteva essere un momento opportuno per una pausa.
La gelosia che l'aveva colta la sera prima non era nata dal nulla, lo sapeva. Faceva sempre finta di niente, eppure quella domanda continuava a torturarla: perché Fred, proprio Fred?
Era sempre stato importante per lei, su questo non c'era alcun dubbio. Come risposta era soddisfacente, eppure ne conseguiva un altro quesito: perché, più passava il tempo, e più era disposta a sacrificarsi per lui?
La sua importanza stava aumentando, e se doveva essere del tutto onesta con sé stessa Hermione doveva ammettere che non era perché era l'unica persona che avesse accanto: aveva passato molto tempo sola con Harry, l'anno prima, e quello non aveva cambiato le cose.
Aveva più a che vedere con l'effetto che aveva sempre avuto su di lei, la sua capacità a farle abbassare lo sguardo, confusa senza un motivo reale, il modo in cui riusciva a farle scaturire una risata.
La mancanza che sentiva di lui quando non c'era, il sorriso che le compariva istantaneo quando sentiva i suoi passi sulle scale.
Ma soprattutto, e solo perché rafforzato da tutti i motivi precedenti, il batticuore che la coglieva sempre impreparata.
Impreparata come in quel momento, in cui capì di non essere pronta ad accettare tutto quello.

Aveva messo via l'orologio, per non essere costretta a cadenzare con precisione il tempo che passava lì, nella sua auto-imposta prigionia; eppure quella sera, forse per mettersi il cuore in pace prima di andare a dormire, lo cercò dentro alla sua borsa.
Mezzanotte meno un quarto.
Spostò una sedia accanto alla finestra, prese la coperta dal divano che già aveva allestito a letto e vi si avvolse, augurando mentalmente buon Natale ai suoi cari.
Si tirò su all'improvviso, sentendo al piano di sotto la porta del negozio che si apriva, e spaventata da chi potesse essere rimase pietrificata mentre i passi veloci sulle scale si facevano sempre più vicini.
La maniglia scattò,
- Eccomi, ce l'ho fatta. - Esordì Fred, entrando.
Hermione si rialzò da dietro il divano, dove si era accucciata, tenendo ancora stretta a sé la coperta che la avvolgeva.

- Tu? - disse spiazzata. - Ma non dovevi passare la vigilia a casa?
Fred si tolse il cappotto pieno di neve,
- L'ho fatto, ma non abbiamo parlato della mezzanotte, e credo che ti meriti anche tu un momento di festa.
L'angolo della bocca di Hermione si alzò, incerto, per poi contagiare tutto il viso in un sorriso.
- Non avresti dovuto. Grazie.
- Credevi davvero che non mi sarei fatto vivo, oggi? - Scosse la testa, come se la considerasse un'eventualità terribilmente stupida. Le porse un sacchetto, - Abbiamo poco tempo, diamoci da fare: ieri mi sono dimenticato il dettaglio principale.
Hermione lo aprì, trovandolo pieno di candeline con cui addobbare l'albero e lo studio.
Si mise subito al lavoro, lei le posizionava e Fred con la bacchetta le accendeva, di tanto in tanto accendendo quella che lei aveva ancora in mano.
- Se mi bruci... - gli diceva lei, come monito, senza finire la minaccia. Fred sghignazzava, e le metteva fretta dicendole che la mezzanotte si avvicinava, e per mezzanotte dovevano aver finito.
La sollevò infine con un Levicorpus, in modo che lei potesse mettere la candela a forma di stella sulla cima dell'albero, e la fece atterrare di fianco a lui.
- Ottimo lavoro, tempismo perfetto: manca ancora un minuto abbondante.
Hermione si guardò intorno, sorridendo dal calore che aveva assunto la stanza: era una vera vigilia, senza alcun dubbio.
Si bloccò, vagamente stupita, quando notò il ramo di vischio appeso sopra di loro, chiedendosi se anche Fred se ne fosse accorto. Lo guardò, cercando di capirlo, ma incontrò il suo sguardo, che poi si sollevò curioso sopra di loro.
Non vide la sua espressione quando si abbassò nuovamente a guardarla, perché in quella frazione di secondo chiuse istintivamente gli occhi, mentre sentiva le labbra di lui appoggiarsi delicatamente alle sue.
Dalla strada salirono voci che si scambiavano gli auguri, campanelle che suonavano, segno che era la mezzanotte, era Natale.
Fred continuava ad accarezzarle le labbra, e per il cuore di Hermione, che le suggeriva quanto in realtà avesse desiderato quel momento, era il miglior regalo di Natale.
Poi, colta improvvisamente dalla realtà, si staccò da lui,
- Aspetta, - gli chiese, ancora con gli occhi chiusi. Li aprì lentamente, - non va bene, sono la ragazza di tuo fratello. - gli ricordò.
Fred la guardò, dubbioso,
- Ma...
Hermione lo bloccò,
- Lo so, ma in questo momento, per lui, sono ancora la sua ragazza: non è giusto.
Che poi di quegli ultimi mesi quel singolo gesto era solo il più eclatante, in fatto di rispetto verso Ron neanche il fatto di essersi imbarcata senza dirgli nulla in quel viaggio temporale era il massimo.
Fred sorrise, e le posò un semplice bacio sulla fronte.
- Buon Natale, Hermione.
Mentre lo guardava, ancora così vicino a lei, capì come sarebbe solo stato tutto più difficile, dai mesi che li aspettavano al momento della battaglia.
Ricambiò il sorriso, imbarazzata dal bacio che c'era appena stato tra di loro,
- Buon Natale, Fred.
Non capì bene da dove lo tirò fuori, ma le stava porgendo un pacchetto.

Il suo viso si fece serio, assumendo un'espressione crucciata:
- Non dovevi, sai che io non ho potuto prenderti niente. - disse, dispiaciuta.
Fred la sorpassò, sedendosi sul divano,
- Dai, Hermione, almeno un misero regalo dovevi averlo. - si giustificò, guardandola mentre incerta soppesava il pacchetto.
Si sedette accanto a lui, appoggiando il regalo in grembo, e iniziò a sciogliere il nodo,
in silenzio.
Era contenta che l'avesse pensata, e nonostante quel gesto la faceva sentire in debito, capiva perché lui l'aveva fatto: per lo stesso motivo per cui era andato lì prima della mezzanotte, per portarle la vigilia.
Per ricordarle che non era sola, lui si stava occupando di lei esattamente come lei aveva fatto con lui, sfidando la legge universale e tornando nel passato per salvarlo.
Iniziò ad aprire le pieghe della carta, con attenzione, ricordando come sua madre le aveva insegnato che il gusto del regalo non è solo nella sorpresa o nell'oggetto in sé, ma anche in quei piccoli gesti.
Tolse infine la carta, trovandosi davanti una scatola in cartone. Aprì la linguetta e tolse il coperchio mentre il sorriso illuminava il suo viso.
- Fred! - rise contenta, mentre estraeva delicatamente dalla scatola una palla di vetro, simile a quella che avevano preso insieme per Arthur.
La sollevò, al posto della torre del Big Ben era raffigurata una miniatura della Westminister Abbey. L'agitò, ammirando la neve che brillava all'interno della boccia, danzando.
Lo guardò, aspettandosi una spiegazione, senza riuscire a cancellare il sorriso dal volto.
Fred sollevò le spalle, come se fosse una cosa da poco conto,
- Mi ha accompagnato Ginny, ieri: io non sarei mai riuscito a raccapezzarmi tra le strade babbane, lei è più in gamba di me. Mi ha fatto un sacco di domande, ovvio, ma sono riuscito a inventarmi qualcosa.
- Cosa? - chiese, automaticamente.
Le strizzò l'occhio, scuotendo la testa,
- Mi dispiace, ma le scuse di un gemello Weasley rimangono segrete, esattamente come quella che ho usato per uscire stasera.
Hermione tornò a fissare la sfera, la neve si stava ormai depositando. Era impossibile guardarla senza pensare al pomeriggio che avevano passato insieme.
- Grazie. - sussurrò, mentre la capovolgeva nuovamente.
- Tu che lo dici a me? Ironico.
Appoggiò la sfera al tavolino davanti al divano,
- Non dire così. - disse, continuando a guardare la neve che volava all'interno del vetro.
Fred si sporse, imitandola.
- No, Hermione, - disse piano. - non è solo perché vuoi salvarmi la vita, o meglio, sì; ma la mia gratitudine non va alla vita, in sé per sé. - Si voltò a guardarla, incrociando il suo sguardo ora su di lui, - È per il vuoi che ti ringrazio. È quello.
Hermione sbatté le palpebre, commossa. Si chiese se ce l'avrebbe mai fatta. Tornò a guardare il regalo che le aveva fatto Fred, abbassando la testa e appoggiandosi alla sua spalla. Sentì le sue labbra posarsi sui suoi capelli, e poi guardarono insieme gli ultimi fiocchi che volteggiavano sopra Westminister.

Si svegliò che era ormai mattino, non si era accorta di essersi addormentata. Fred l'aveva allungata sul divano e l'aveva coperta, prima di andarsene.
Si stiracchiò, intorpidita e confusa, a disagio dal sottile calore della felicità che la avvolgeva come la coperta. Era il ricordo della sera prima a renderla felice, e il disagio nell'ammetterlo.
Si sentiva in colpa per quella felicità, nei confronti di Ron che non solo ne era ignaro, ma era ignaro anche di come i suoi sentimenti per lui fossero cambiati.
Aveva impiegato tanto tempo per ammetterlo perché dopo tutti quegli anni lo considerava un fallimento, senza soffermarsi a pensare che alla sua età era naturale che il suo cuore evolvesse, staccandosi dal suo primo amore.
E avrebbe fatto attenzione a quella cosa con Fred, alla quale non poteva ancora dare un nome, per riguardo nei confronti di Ron.
Poi la tristezza tornò ad avvolgerla: per quanto le sembrasse tutto reale, e destinato a durare, Fred sarebbe morto, se non avesse trovato un modo per salvarlo.
Sembrava che tutti i moniti ricevuti in passato fossero stati dettati in previsione di quella situazione, eppure Hermione non aveva scelta: doveva salvarlo, doveva evitare che morisse. Il solo pensiero del fallimento era ancora più tremendo; non aveva mai voluto salvarlo solo per Molly, George, o per il resto della famiglia, ma anche per sé stessa.
Nonostante fosse la mattina di Natale si mise di buona lena a prendere appunti su ciò che Fred doveva procurarle, ben sapendo che l'avrebbe ritenuta pazza.

Infatti, la sua espressione quando gli ebbe spiegato il nuovo piano, era tutta un programma:
- Non mi guardare così, ce la possiamo fare. - Gli promise, convinta.
- Proteggermi e al tempo stesso indurmi una morte apparente per far sì che l'andamento della battaglia non cambi? Sarebbe già complicato singolarmente, insieme...
Hermione gli prese la mano tra le sue, richiamando la sua attenzione,
- Lo so, non è una cosa da niente. Lo so, la morte apparente, in un contesto di battaglia, è molto rischiosa, ma non se io ti fossi accanto per farti l'incantesimo appena dopo l'esplosione.
- Non pensare che io accetti che qualcuno corra rischi di questo genere per me, e men che meno qualcuno con cui sto avendo questa conversazione. Se tu fossi impegnata a farmi un incantesimo del genere non potresti difenderti.
Hermione si mordicchiò le labbra: poteva essere un burlone, mettere tutto sullo scherzo e trovare sempre il lato positivo in tutto, eppure quando si metteva in mente qualcosa era incredibilmente testardo e sapeva essere anche serio.
- Potremmo evitare la protezione annullando semplicemente l'incantesimo: ricordo di aver visto il Mangiamorte che ti ha ucciso a Malfoy Manor, forse potrei compromettergli la bacchetta rendendogli impossibile quel preciso incantesimo in quel preciso momento. Potrei prendere il posto della attuale me quando Bellatrix mi crucerà, e...
- Quando cosa, scusa? - la interruppe, scrollandole le spalle.
Hermione abbassò il viso, colpevole,
- Ci sono cose che ti ho omesso, non mi piace parlarne. - Sollevò la manica sinistra, dove ancora la cicatrice Mudblood si intravvedeva sull'avambraccio.
Guardò Fred, che fissava il suo segreto. Il viso era contratto dalla rabbia, lo sguardo su quel piccolo pezzo di pelle; sentendosi a disagio cercò di coprirsi ma le dita di lui la fermarono.
- Mi hai detto la verità, ci penserà mia madre ad ucciderla? - Hermione annuì,
- Sì, stava per colpire Ginny e lei l'ha affrontata.
- Se lo avessi saputo, se avessi saputo cosa ti ha fatto, non ci avrei pensato due volte a farla fuori se me la fossi trovata davanti.
- Fred, - cercò di farlo ragionare, - un conto è lottare per difendersi, un altro è cercare vendetta: tu non sei così, lo sai.
Fred sbuffò,
- È terribile, Hermione. È peggio di quello che hai detto è capitato a me.
Lo sapeva che era terribile, lo sapeva bene: aveva lottato, per dimenticarlo e sopravvivere. Era atroce, in quel frangente di delirio la sua mente si augurava letteralmente di morire subito, e rimpiangeva di non essere già morta. Sentì il respiro farsi faticoso,
- Basta, per favore: non ne voglio parlare. - disse, chiudendo gli occhi per scacciare il ricordo dalla mente.
Fred le abbassò delicatamente la manica, con rispetto, come se il suo braccio fosse una reliquia,
- E tu vorresti riviverlo? - la rimproverò, piano.
Scosse la testa,
- No. Ma se potesse essere la soluzione...
- Non è la soluzione. Vieni, usciamo da qui.
Hermione strinse la mascella, nello sforzo di dimenticare, e afferrò la sua borsa, dove nella fialetta era rimasta la pozione di qualche settimana prima.
La ingollò senza sforzo, al pensiero di quello che aveva passato quel sapore era nullo.
Si vestì in silenzio, e lo raggiunse accanto alla porta,
- Due uscite nello stesso mese? Mi vizi. - provò a sorridere.
Lui le prese la mano, mentre scendevano le scale,
- Solo quando l'occasione lo richiede, e come se non bastasse quello di cui abbiamo parlato prima, oggi è ancora Natale.

Era ancora mogia, non voleva esserlo, avrebbe voluto godersi quei momenti di libertà, eppure sentiva ancora la tristezza in agguato.
Fece qualche passo, assaporando il rumore della neve sotto al suo stivale,
- Dove andiamo?
- Via di qua, poco ma sicuro.
La guidò svelto, fuori da Diagon Alley, dove la sentiva più protetta.
Lì l'atmosfera del Natale era amplificata, dove i babbani erano inconsapevoli della guerra e della paura, lì tutto era più luminoso.
- È ancora più strano di quanto non sia sempre stato, - osservò lui, - immagino che dovrei essere io a guidarti, ma non so dove andare.
- Ovunque, non ha importanza, - rifletté lei: più camminava e respirava e più tutto sembrava tornare più sopportabile.
Le strade erano relativamente vuote, la gran parte delle persone era ancora in casa a smaltire i festeggiamenti del mezzogiorno o a finirli, però incontrarono diverse persone che passeggiavano senza meta, come loro.
E il rumore, la consistenza della neve: era stupendo, non capitava spesso che a Natale nevicasse.
- Possiamo fare una cosa, - disse poi, colta da un'illuminazione improvvisa, - vieni, dobbiamo camminare un po'.
Gli fece strada tra vicoli e viali, a volte sembrava trovare scorciatoie, delle altre cercare un percorso dimenticato.
Fred la seguiva, commentando l'abbigliamento delle persone che sorpassavano, o esprimendo la sua opinione per la strada che lei sceglieva di percorrere.
- Fidati, - lo rassicurò, - so come tornare indietro. - Rallentò e bevve un altro po' di pozione, - Eccoci, siamo arrivati, sei pronto?
Davanti a loro una ringhiera scura che delimitava una lastra immacolata, ai piedi della Tower of London. Hermione lo guidò sicura tra le persone, raggiungendo l'ingresso dove c'era lo stand per il noleggio dei pattini.
Fred guardò le persone sulla pista, e poi guardò lei,
- Sei sicura?

- Altroché: i miei mi hanno portato qui un Natale, quando ero piccola; è stato uno dei più belli della mia vita.

In realtà era abbastanza impacciata, ma qualcosa le diceva che lui era uno di quei talenti naturali che dopo un secondo sul ghiacciano sembrano già pattinatori professionisti. Nonostante fosse negata però si era divertita, e quella le sembrava il giorno giusto per ripetere l'esperimento.
Fred, una volta indossati i pattini, entrò nella pista; dubbioso ma tutto sommato più sciolto di lei che gli arrancava dietro. Stava osservando le altre persone, mentre Hermione si arpionava al bordo e procedeva con piccole scivolate di riscaldamento, per riprendere confidenza.
Dopo qualche minuto le sfilò accanto,
- Non credo che tu lo stia facendo in maniera corretta, - la prese in giro, - nessun altro fa così, nemmeno quei vecchietti.
I pattini erano più incerti ed era più pericolante di quanto si ricordasse, iniziava ad avere dei dubbi sulla sua grande idea,
- Piantala, ti prego. Com'è che tu sei già a tuo agio?
Lui provava e sperimentava nuove andature,
- Stile, talento. - si vantò. - Ora vieni, hai zoppicato abbastanza.
Hermione non riuscì ad impedirsi di urlare mentre Fred le prendeva la mano e la staccava dal bordo,
- Fermati, fermati ti prego: non ce la posso fare! - lo implorò. Lui rideva,
- Ti tengo, fidati, - guidandola nel mezzo della pista. La teneva per le spalle, pattinando per entrambi mentre la spingeva, - forza, - la incoraggiò, - muovi un po' quei piedi.
- Tu sei pazzo, - dichiarò, mentre avanzava malamente sotto il suo consiglio.
Non aveva più paura di cadere, sentiva la presa salda di lui, eppure non si sentiva per niente sicura.
Era concentrata nello sforzo di stare in equilibrio e di muovere un piede dopo l'altro, ma iniziò ad ammettere che guidata da lui sentiva di essere un po' meno impacciata.
- Sei tu che sei voluta venire, - le ricordò, lasciando la presa sulle sue spalle e portandosi velocemente al suo fianco, prendendole la mano, - ora aumentiamo la difficoltà.
Regolò l'andatura a quella di lei, aiutandola quando c'erano e curve e scegliendo il percorso meno trafficato, visto che era abbastanza ovvio che lei non sapesse frenare.
Di tanto in tanto la lasciava, divertendosi a lanciarla contro il bordo per vederla andarci a sbattere sgraziata, poi incurante delle sue proteste la tirava nuovamente in mezzo alla pista.
- Sto diventando bravina, vero? - gli chiese, quasi con il fiatone.
Fred rise, iniziando a girarle intorno,
- Vedi allora di non venirmi a sbattere addosso.
Raccolse la sfida, seppur persa in partenza, lamentandosi,
- Se cadi mi metto a ridere, e se cado io mi rialzo e ti butto giù: puoi scommetterci. - Lo minacciò.
Si stava divertendo, nonostante tutto, e sapeva che anche per Fred era lo stesso.
Era liberatorio ridere e pattinare in mezzo ad altre persone, ed essere per un momento esattamente come loro: senza nessuna sentenza di morte in agguato e senza il peso di stare sfidando le leggi della natura e del destino per salvare una persona.
Inciampò nei suoi piedi, ma fu trattenuta nella caduta dalle sue mani, stabili e ferme sulle sue braccia.
- Hai visto? - si dissero, quasi all'unisono, ognuno per sostenere una teoria diversa.
Erano in piedi, in mezzo alla pista, mentre la gente li sfrecciava intorno.
- Fred... - riuscì a bisbigliare Hermione, quando capì cosa stava succedendo.
- Non vale, è ancora Natale. - La zittì, prima di baciarla.

Era strano, come lui fosse totalmente a suo agio nel contatto fisico: le faceva piacere e allo stesso tempo la metteva in imbarazzo, perché a lei, anche semplicemente camminare per la strada tenendolo per mano, le metteva una strana agitazione.
Stavano rientrando, mano nella mano con le dita intrecciate camminavano verso la Charing Cross Road, dove si trovava il Paiolo Magico.
Era un contatto intimo, la faceva sentire protetta e la destabilizzava. Fred le camminava accanto, ricordandole di tanto in tanto certe sue figuracce sulla pista, e ancora la realtà, quel passato diventato ormai più reale del presente, era lontana.
Ma era pronta per tornarci, fedele più che mai al suo obiettivo.

















Nda: ecco il capitolo con un paio di giorni di ritardo, sono stata un po' presa con dei preparativi per il matrimonio di una mia amica, e non sono proprio riuscita ad aggiornare venerdì!
Ecco la seconda Boule de Neige, che ve ne pare del capitolo?  Spero che vi sia piaciuto e che  continuiate a leggere questa storia,
e se vi va fatemi sapere che ne pensate :-)
Alla prossima!
Ps settimana prossima sono in ferie e conto di fare un paio di giorni in montagna, per cui non so ancora il giorno preciso dell'aggiornamento, ma male che vada sarà domenica!

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Corsa contro il tempo ***


5bdn



I giorni passarono più veloci del previsto, uscendo dalle feste e rientrando rapidamente nella similitudine.
Hermione era instancabile con le sue ricerche, finiva i libri più velocemente di quanto ci mettesse Fred a procurarglieli, dichiarava di essere sempre più vicina alla soluzione ma c'erano sempre diversi tasselli mancanti, incongruenze da appianare.
Pozioni, incantesimi di protezione, ma sembrava tutto troppo semplice sotto a un certo aspetto, e di sicuro Hermione non era intenzionata a sfidare la sorte senza essere più che sicura di quello che stava facendo.
Fred era riuscito, grazie a Ginny e a una delle sue scuse, ad avere accesso indiretto anche alla biblioteca di Hogwarts, e per quanto pericolosa fosse quell'operazione i testi che aveva portato da lì erano senza dubbio i più esaustivi, quelli dove Hermione trovava più informazioni; anche se non c'era traccia del libro che l'aveva condotta lì, come se si fosse autodistrutto in ogni dimensione temporale.
Come durante l'autunno c'erano giornate in cui il negozio era aperto, dove Fred con mille scuse teneva George lontano dallo studio ed Hermione faceva attenzione a rimanere pressoché immobile, nascosta in un armadio da cui filtrava solo un sottile fascio di luce che le permetteva di leggere; poi il negozio chiudeva e con qualche altra scusa Fred mandava via George, trattenendosi e andando a liberarla.
Poi c'erano pomeriggi in cui stavano semplicemente a leggere e a studiare, seduti sul divano schiena contro schiena, con Fred che di tanto in tanto, annoiato, cercava di rifilarle qualche prodotto del negozio solo per farsi due risate; allora Hermione, la maggior parte delle volte assorta nelle ricerche, accettava, cadendo nella trappola e maledicendolo in tutte le lingue del mondo. Passata la tempesta lui le prendeva la mano con naturalezza, chiedendole di raccontagli che cosa “l'altra lei” stesse facendo.
Nonostante quei momenti ce ne erano altri dove l'inquietudine di Hermione prendeva il sopravvento, quasi logorata dal peso che si portava sulle spalle e dal timore di non riuscire a trovare una soluzione in tempo utile. Pensava a tutto, colta dal panico e dallo sconforto, con la sensazione opprimente di trovarsi in un vicolo cieco; tutto le gridava che era impossibile, dai ricordi delle parole dei suoi professori alle pagine che sfogliava senza sosta: in fondo, se fosse stato possibile, i morti avrebbero potuto essere molti di meno.
D'altra parte era convinta che, per il solo fatto di essere arrivata lì, una soluzione ci doveva essere. Certo, aveva un margine d'errore inesistente, una singola possibilità, ma l'avrebbe colta.
Si calmava, e continuava la ricerca, con un occhio fisso al calendario che avanzava incessantemente.
Fred cercava di distrarla, anche se riteneva sempre meno prudente farla uscire pur trasfigurata, ma il tempo continuava a correre.

- Oggi sono passati Lupin e Tonks, lei è sempre più enorme.
Le labbra di Hermione si arricciarono in un sorriso malinconico, pensando che in quel momento erano ancora vivi, inconsapevoli forse del loro destino, e che non li avrebbe più rivisti. Sapeva che non poteva salvare tutti, le era stata data una possibilità sola, e avendo scelto inconsciamente Fred si sentiva in colpa per tutti quelli per cui non poteva fare niente.
- Tonks è una donna come poche, - commentò, - vorrei che avesse avuto più tempo per godersi il piccolo Ted.
- Programmi per oggi? - le chiese, sentendosi in colpa per averli nominati. Hermione scosse la testa,
- Tu che dici? Il solito, cerchiamo di risolvere il rompicapo. - disse lei, grave.
Fred preparava i libri che lei aveva già letto, per riportarli a Ginny alla prima occasione, mentre Hermione sfogliava gli appunti per essere certa di non essersi lasciata indietro niente.
Aveva preparato decine di schemi, opzioni, ma in ognuno riusciva a vedere una zona d'ombra, in cui poteva accadere l'irreparabile.
L'unica soluzione, lo sapeva e l'aveva sempre saputo, era essere al suo fianco, per proteggerlo e al tempo stesso lanciargli l'incantesimo che l'avrebbe fatto credere morto a tutti, in modo che il corso della battaglia non fosse influenzato.
I suoi rischi?
Oltre a quello che una volta gli aveva menzionato Fred, ovvero non essere in grado di proteggersi, era anche perdere la trasfigurazione ritornando ad avere le sue sembianze: non sapeva cosa sarebbe accaduto in quel caso, il nodo temporale in cui si trovava avrebbe potuto cedere portando chissà quali effetti.
Inoltre aveva la percezione che la magia che l'aveva portata lì fosse diversa dalla Giratempo, e che le desse una libertà di movimento differente.
Si concentrò, evocando il ricordo del racconto di Percy: lui e Fred erano uno al fianco dell'altro, spalle al castello, quando ci fu l'esplosione e la torre rovinò. Lì stava la falla: se Fred avesse avuto la possibilità di proteggersi, in quel frangente, probabilmente l'avrebbe fatto.
Inoltre ricordava bene quella zona, dopo la battaglia: non c'erano nascondigli o punti da cui lei avrebbe potuto fare qualcosa.
Aveva disegnato inutilmente delle mappe, basandosi sui suoi ricordi, per cercare un posto adatto, e non ce n'erano.
Lo sentì alle sue spalle, mentre si abbassava su di lei guardando i disegni:
- Non se ne parla, ricordi?
Hermione sbuffò, voltandosi verso di lui,
- Io sono qui per salvare te, non il contrario. - gli fece notare. -
Ricordi? - lo scimmiottò.
Arrotolò la pergamena,
- È inutile continuare con questo discorso, devo continuare a cercare: la soluzione arriverà. - continuò, poi.
Fred la girò sulla sedia, portandola ad essere di fronte a lui, e si abbassò,
- Su una cosa dobbiamo essere d'accordo: niente scherzi da parte tua.
Hermione lo guardò negli occhi, mentre ricordava a sé stessa che era ancora ufficialmente la ragazza di Ron. Si sfilò dalla posizione, raggiungendo lo scaffale dove Fred aveva appoggiato le provviste.
- Cosa mi hai portato? - Chiese, guardando nella busta. - E questa? Oh, Fred! - esclamò, capendo subito che tipo di torta fosse: per tutta settimana ci aveva pensato, e proprio quel giorno se ne era dimenticata.
Si voltò verso di lui, per capire se fosse rimasto deluso dal fatto che lei si era scordata il suo compleanno.
Era disarmante, come sempre: se ne stava seduto tranquillo, sulla sedia dove prima era lei, a guardare gli schizzi delle piantine che aveva srotolato.
- No, non ti preoccupare, - le disse, semplicemente, senza alzare gli occhi dalla pergamena.
- Non ti preoccupare? Ma è il tuo compleanno! - ribatté. - Sai che mi è un po' impossibile farti dei regali...
Lui si voltò,
- Ovvio, lo so perfettamente e non me ne importa.
- Ma gli auguri! Sono così presa da questa faccenda che me ne sono completamente dimenticata, e dire che sono giorni che non faccio che pensarci. - disse, dispiaciuta.
L'ombra di un sorriso comparve sul volto di Fred,
- Sono giorni che non fai che pensarci?
Si sentì stranamente imbarazzata,
- Dai, lo sai, è il tuo compleanno. - Si giustificò. Guardò speranzosa fuori dalla finestra, - E se uscissimo a festeggiarlo?
Lui alzò il sopracciglio, divertito,
- Bella battuta . - commentò, sarcastico.
Si mordicchiò le labbra, desolata,
- Odio essermelo dimenticato. - constatò.
Fred si alzò, mettendosi di fronte a lei, e le sollevò il viso cercando di strapparle un sorriso con una finta espressione crucciata,
- Non te ne sei dimenticata.
- Non vale: ho visto la torta! - ammise. Osservò il volto di lui aprirsi in un sorriso,
-
Non vale, - ripeté, malizioso, mentre si allontanava. Subito il pensiero di Hermione andò alla sera di Natale, quando anche lui le aveva detto quelle parole, ma come scusa per baciarla. Lo seguì con lo sguardo: stava mettendo due forchette sul piatto della torta, e poi si andò a sedere alla scrivania, mettendo il piatto nel mezzo. - Beh? - La chiamò, - Non la mangi?
Si riscosse,
- Certo, certo. - disse raggiungendolo. - Raccontami di cosa avete fatto oggi alla Tana. - gli chiese, servendosi una forchettata.
- George ha nominato Angelina. - le svelò.
Hermione sorrise,
- Oh, - disse, leziosa e divertita, - facciamo progressi!
Lui annuì,
- Già, non so che pensava, ma credo che fosse da un po' che voleva dirmelo. Ovviamente gli ho dato la mia benedizione.
- Ne sei sicuro? - gli sorrise, senza pensarci.
- Piuttosto sicuro.
La guardò, come se in fondo a quelle parole ci potesse essere dell'altro. Poi, proprio mentre lei era al culmine dell'imbarazzo, tornò a concentrarsi sulla torta,
- Comunque a parte la torta niente di che: lo sai, si sente aria di guerra ormai.
Il gufo di famiglia sbatté contro il vetro, Fred si alzò a controllare di chi fosse, e rise.
- La mamma, - le spiegò.
Hermione capì, poteva essere qualcosa del tipo:
Riporta la tua zucca a casa, prima che mi decida a scoprire una volta per tutte cosa stai confabulando! Almeno il giorno del tuo compleanno, diamine!
Rise, porgendogli il piatto il più pulito che poteva.
- Quasi una Strillettera?
- Esatto, devo proprio scappare.
Prese la sua giacca, la sciarpa nuova e le prese il piatto dalle mani. Fece per uscire, poi tornò da lei,
- Non vale, ricordati. - le assicurò, prima di baciarla. Poi guardò il suo viso, che chiedeva una spiegazione: - Prima era troppo facile: te lo aspettavi. - disse, strizzandole l'occhio e uscendo.




Fred sarebbe venuto quella notte a prenderla, e sarebbero andati ad Hogwarts. Hermione aveva un'altra dose di pozione Polisucco, con tutte le persone che si stavano dirigendo lì la sua presenza trasfigurata non avrebbe causato nessuno scompenso temporale.
Avevano ripassato il piano definitivo centinaia di volte: una volta arrivati lei si sarebbe nascosta, quando sarebbe iniziato lo scontro gli avrebbe fatto gli incantesimi necessari, lui avrebbe bevuto la pozione per la Morte Apparente e poi si sarebbero salutati; Hermione sarebbe stata fuori dalla battaglia, nascosta quel tanto che bastava perché si concludesse il tempo che le era rimasto lì.
Controllò la borsa, ed estrasse il mantello di Harry: lui glielo aveva prestato in caso di incursioni nel reparto proibito della libreria, conoscendola; ora lei lo avrebbe usato per far funzionare il
vero piano.
Lo rimise velocemente a posto, sentendo dei passi sulle scale,
- Sei pronta? - le chiese.
Sembrava turbato, sebbene gli avesse raccontato tutto nessuno era pronto a una guerra, nemmeno lei era troppo a suo agio al pensiero di tornarvici in mezzo: da giorni aveva ricominciato a sentire l'odore di bruciato.
Bevve un sorso della pozione,
- Prontissima, - afferrò la sua borsetta e si portò al suo fianco, - andiamo.
Fuori dal negozio montò a cavalcioni della scopa, dietro di lui,
- Hermione Granger sulla mia scopa: non sono cose che possono dire tutti. - cercò di ironizzare, mentre partivano.
- Senti, io volo, solo che non ne vado pazza. - Si ribellò, cercando di sfatare l'eterno mito che la circondava. Si strinse a lui, capendo che il vero intento di quell'affermazione era alleggerire la tensione. - E comunque non devi farlo: io ci sono già passata, so cosa troveremo ora e che cosa diventerà.








Nda Eccomi, tornata dal week end al mare, con il nuovo capitolo. È un po' breve, lo so, ma è un cuscinetto di passaggio prima della battaglia finale.
Nel prossimo Hermione dipanerà il suo vero piano per salvare Fred, e andrà incontro a tutte le conseguenze che la aspettano: come sappiamo fino alla  noia non si può giocare con il tempo, senza avere delle ritorsioni.

Buona domenica, fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto e alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** La battaglia, e la fine ***


6 bdn


Non! Rien de rien...
Non! Je ne regrette rien.
(Je ne regrette rien, Edith Piaf)*







- Sono pronto per la vestizione. - All'ora concordata la raggiunse, qualche giorno dopo il loro arrivo. Fuori già implodeva la battaglia, l'attacco stava per iniziare.
Hermione prese la sua bacchetta, per la prima volta dopo tanto tempo, e la puntò verso Fred, iniziando a recitare un incantesimo.
- Sicura di saperla usare ancora? - disse, sarcastico, guadagnandosi una sua occhiataccia.
Quando ebbe finito gli porse la pozione, un placebo, ma lui non lo sapeva.
Lo guardò berla con apprensione,
- Andrà tutto bene, - gli disse, - vedrai.
Lo doveva dire, ci doveva credere.
Gli prese la mano, sorridendogli e cercando di imprimersi nella memoria quello che avevano passato assieme; non tanto perché aveva paura del suo fallimento, quanto perché non sapeva dire che ne sarebbe stato di lei.
Fred strinse la mano,
- Ho te dalla mia parte. - le ricordò.
Fece per avvicinarsi a lei, quando la vide tentennare:
- Diamine, - la rimproverò, per una volta quasi arrabbiato con lei, - Ron sarà ancora vivo, te lo devo ricordare?
Si sentì in colpa, aveva ragione. Fred si era allontanato, stava infilandosi il mantello,

- Scusa, - disse, raggiungendolo.
Si alzò sulle punte, avvicinandosi al suo viso e aggrappandosi alle sue spalle. Guardò gli occhi di lui, fissi nei suoi, mentre capiva che era tutto molto simile a un addio: Fred aveva ragione, in circostanze simili tutto sembrava una scusa. Socchiuse le palpebre, avvicinandosi ancora qualche centimetro finchè sentì le sue labbra contro le proprie; un bacio poteva racchiudere molti significati, e quello era molto simile a una confessione che esigeva essere pronunciata ad alta voce. Si staccò brevemente, e Fred intuendone il perché l'ammonì:
- No, non dirmelo ora.
- No, se il ricordo delle persone che si sono sacrificate vale a qualcosa, no: te lo devo dire, ora. Ti amo, Fred.
In quel momento nemmeno il rispetto verso Ron, per cui aveva cercato di lottare, tante volte invano, aveva senso.
Era sciocco non dirlo per avere un motivo per sopravvivere, perché, lo sapeva, a volte contro il destino non bastava nemmeno quello.
E lei stava sfidando il destino: immaginava non sarebbe stato clemente con lei.
Fred sorrise, prima di rubarle un altro bacio, un arrivederci che per Hermione era troppo simile a un addio.
Lo guardò uscire, si infilò il mantello dell'invisibilità e cercò di non impazzire aspettando il momento in cui sarebbe dovuta entrare in azione.

Vide Percy che si stava avvicinando a Fred, gli era accanto; probabilmente lui se ne era accorto, date le occhiate che di tanto in tanto volgeva alla sua direzione.
Strinse la bacchetta convulsamente, nella consapevolezza che quello era il momento, quella la frazione di secondo in cui non avrebbe potuto sbagliare. Deglutì, sollevando la bacchetta verso di lui e attivando lo scudo di protezione, proprio un secondo prima del fragore.
Fred era caduto, ma vivo.
- Dannazione, ti ho sentita. - disse, tra i denti.
- Non abbiamo tempo. - lo zittì, mentre si concentrava per l'incantesimo più difficile. Percy si stava rialzando, si sarebbe avvicinato al fratello e doveva crederlo morto. - Saresti pronto a giurare che non l'avevi preso in considerazione, potevi giurare che non te l'avrei fatta? - gli sussurrò, dolce, mentre vedeva i suoi occhi chiudersi.
Si sollevò in fretta, mentre Percy si accasciava su di lui, esprimendo il grido che lei aveva nel cuore.
Si asciugò le lacrime, e si allontanò.

Non sapeva dove andare, cercò di allontanarsi dal campo di battaglia, per creare meno cambiamenti possibili.
Intuiva che stava finendo, forse era così che ci si sentiva quando si moriva: respirare era faticoso, perché ogni boccata d'aria era simile ad acido misto a schegge di vetro. Le gambe iniziavano a rifiutarsi di essere comandate, quando non riuscì più ad avanzare crollò a terra, e si ritrovò circondata dal buio.
Era quella la sua punizione, lo sapeva.


La sua gola sembrava rinata, l'aria era confortevole, per quanto opprimente. Controllò, con la bacchetta illuminata, che effettivamente non ci fosse niente intorno a lei; poi piegò il mantello e si sdraiò, mettendoselo dietro alla testa.
I ricordi le affioravano alla mente: la magia che aveva evocato le aveva parlato di quello, del luogo senza tempo e senza spazio dove sarebbe stata destinata, dandole la possibilità di tirarsi indietro.
Lei allora aveva proseguito, meglio la pazzia ai rimpianti.
Pensò a Fred: sarebbe stato vivo? Ce l'aveva fatta? Lo pensò al momento del risveglio, cercò di immaginarselo mentre raccontava una delle scuse da gemello Weasley, come le chiamava lui, per giustificare a tutti il suo ritorno: non se ne pentiva, Fred si meritava di vivere.
Si chiese se l'altra lei fosse ancora in giro, indovinando immediatamente la risposta: nel momento in cui era stata portata in quel posto si erano ricongiunte, il tempo si stava riallineando raggiungendo il presente che lei aveva conosciuto, e lei era una variabile non presente in nessuna delle due linee; chissà solo se le persone l'avrebbero ricordata, o se la sua esistenza fosse stata cancellata dalla loro memoria. Solo su una persona non aveva dubbi, Fred non l'avrebbe dimenticata. Sperò che potesse perdonarla, e che con il tempo si sarebbe rassegnato meglio di quanto aveva fatto lei con la sua perdita.
Forse no, si sentiva in colpa per avergli mentito, per essersi immolata consapevolmente senza dirglielo, eppure era l'unica alternativa accettabile.
Sospirò, quanto tempo era passato da che era lì?
Si rialzò, frugò nella borsa prendendo uno dei molti libri che vi aveva nascosto: aveva un'eternità per impazzire, ma avrebbe sfidato ancora una volta il destino che la voleva incatenata nell'inquietudine dell'inedia ritardando quel momento il più possibile.
Illuminò la punta della bacchetta con un Lumus e aprì il libro iniziando a leggere, per una volta, senza fretta.



I giorni passavano uno dopo l'altro, su una pergamena appuntava tutte le volte che si svegliava, per avere l'accenno di un'idea di tempo, nonostante ogni secondo fosse simile a quello prima e a quello dopo; con quel suo cadenzare le veglie rimaneva lucida, aggrappata a una realtà sempre più lontana e sempre più impalpabile.
Contò le crocette, all'incirca un mese e mezzo di follia. La sua scorta di libri era centellinata, sapeva di dipendere da quella e voleva durare il più a lungo possibile, prima di perdere totalmente la speranza, e cadere nell'abisso.
Hermione: responsabile, saggia. Incosciente, leale. Logica, forte.
Pensò, a come Fred l'aveva arricchita, scoprendo il suo lato più vulnerabile, spogliandola dalla sua essenza senza mai rinnegarla e svelando la sua dolcezza, come le aveva detto la vigilia:
sarai anche la strega più capace della tua età, ma rimani una ragazza. Non si era mai vista sotto quell'aspetto: il suo riflesso che leggeva dalle persone che le stavano accanto era molto variabile, ma in genere quasi pretenzioso; in Fred percepiva anche le sue fragilità. Lei gli aveva salvato la vita, ma al tempo stesso sentiva che era lui che la stava proteggendo.

Ad occhio e croce era agosto, la parabola della sua resistenza destinata alla discesa libera, sentiva come se fosse aggrappata con la sola forza delle dita a un precipizio, e le forze iniziavano a mancarle, il terreno a scivolarle dalle mani. Era finita.

Una voce la stava chiamando, l'avrebbe sempre riconosciuta: era morta?
Aprì gli occhi, lottando con le palpebre che opponevano resistenza, scoprendo che il buio intorno a sé si stava dissolvendo svelando uno strano grigiore, come se sbiadisse; come la nebbia.
-
Non puoi mollare proprio ora, non ti pare?
- Professore...
Era decisamente morta, altrimenti non avrebbe potuto sentire la voce di Silente.
-
No, signorina Granger, - le disse, con una nota d'affetto nella voce, - non sei morta.

- Ma allora com'è possibile che io possa sentire la sua voce?
-
Perché sono qualcuno di cui ti fidi. Pare che tu ce l'abbia fatta, pur contro le leggi del tempo e del destino hai fatto quello che ti eri prefissata.
- Fred è vivo. - sillabò, lentamente, grata di quella piena consapevolezza. - Com'è potuto accadere?
-
Vedi, ci sono molti fattori che sono stati posti in difesa di questa magia, per evitare che fosse usata: la natura deve fare il suo corso, come sai non si può portare in vita i morti, ma in questo caso ci sono state molte combinazioni che l'hanno reso possibile. - Fece una pausa, mentre le sue parole acquisivano lentamente significato. -Ci vuole una determinazione molto forte, per poter compiere l'incantesimo, - riprese, - la stessa determinazione che si può trovare in una persona che ha perso l'amato, eppure in questo caso sarebbe impossibile da compiere:
un cuore innamorato ha molta determinazione, eppure questo sentimento così assoluto ha uno spettro di egoismo in sé; l'incapacità di vivere senza una persona, tutto sommato, è egoismo.


Hermione capì: quando era iniziato tutto lei non amava Fred, e anche se con il senno di poi aveva capito che il sentimento che provava aveva delle radici passate non ne era stata consapevole.
-
Inoltre, - continuò Silente, - come avrà sperimentato è molto difficile, una volta tornati nel passato, trovare la soluzione giusta per poter salvare una persona senza cambiare il corso della storia: l'incantesimo non permette a chi non ne ha l'ingenio di poter tornare indietro, la sua valutazione è già un sinonimo di successo finale. Ma comunque, anche dopo tutto questo, la storia cambia, e gli assi temporali devono riallinearsi: la maledizione.
- Il luogo dove sono io. - disse Hermione, ricordando più chiaramente quello che aveva scoperto e dimenticato, compiendo l'incantesimo.
-
Esattamente, e come ha intuito la mancanza di tempo e di spazio porta alla pazzia, ecco perché ancora una volta questa magia è impossibile da fare: chi, con grande impegno e fortuna, riesce ad arrivare a questo punto, è destinato al fallimento; questa prova è la più difficile, anche i cuori più valorosi si arrendono e l'incantesimo si spezza, tornando al punto d'origine.
Non le era difficile da credere: era estenuante quella situazione, Hermione immaginava come quel buio e quella nullità potessero sfiduciare chiunque; in fondo era quello che stava succedendo a lei.
Come se indovinasse i suoi pensieri Silente le fece notare:
-
È per questo che la tua esperienza è unica: hai resistito ben più dell'immaginabile, è per questo che mi è stato concesso di venire a parlarti. La magia a questo punto è irreversibile, l'unica incognita è il tuo destino: se riuscirai a mantenere la lucidità avrai successo, altrimenti il tuo animo rimarrà soffocato dall'assenza di tempo, e morirà. Ricordi...
-
Cose terribili accadono ai maghi che si intromettono nel tempo. - concluse, citandolo.
Vide il sorriso affiorare sul volto del professore, e si chiese se in qualche modo lui già non avesse saputo, quando le aveva detto per la prima volta quelle parole, a cosa era destinata.
Si ritrovò di nuovo sola.
Non le aveva detto quanto ancora sarebbe dovuta rimanere, indovinò che non gli era stato permesso concederle quel dettaglio.

C'erano momenti in cui la tentazione era più forte dell'istinto di sopravvivenza: Silente le aveva confermato che Fred era vivo e sarebbe rimasto vivo, il suo obiettivo lo aveva raggiunto, poteva semplicemente lasciarsi andare, e nessuno oltre a lei ci sarebbe andato di mezzo. Era un suo diritto, una sua decisione.
Fred si sarebbe arrabbiato, ma con il tempo gli sarebbe passata.
Poi, il ricordo di lui, di quel sentimento ancora inesplorato che li univa, il pensiero di Harry e Ron, dei suoi genitori, dei suoi amici... attingeva la forza dai loro volti, lottando e promettendosi di resistere ancora, ancora un giorno, prima di ripensarci. Un giorno dopo l'altro.

Odore di bruciato, nuovamente. Diverso dal solito: non era acre, era simile al profumo delle castagne arrostite. Aprì gli occhi, accecata dai colori che la circondavano dopo tanto grigiore. Un moto di paura la colse: era lì, nella Sala comune, la sua vestaglia indosso. Aveva fallito? Non si ricordava di essersi lasciata andare, forse era potuto accadere nel dormiveglia?
Silente le aveva detto che ormai l'incantesimo era irreversibile, faticava a credere che si fosse sbagliato, eppure Hermione era tornata lì, dove tutto era iniziato.
Il suo sguardo, comandato dalla sete di certezze, saettò sulla parete dei ricordi, l'uscita: la fila di ritratti era sempre lì, ma diversi da come li ricordava; le figure erano animate, ora sembravano appisolate con la mano che riparava gli occhi dalla luce del camino acceso. Ma il dettaglio più importante: Fred non era presente. Si concesse di respirare ancora, mentre ne prendeva atto.
Non ne aveva ancora la matematica conferma, non l'avrebbe avuta finché non l'avesse visto in carne ed ossa davanti a lei, ma l'assenza del ritratto era già qualcosa.
Dopo essere rimasta immobile a lungo, seduta sul divano, capì di dover andare a letto: quella notte era impossibile sapere di più.
Si alzò e radunò le sue cose, per avviarsi verso il suo dormitorio; quando una spina nella coscienza la fece avvicinare alla parete.
- Scusatemi. - sussurrò, colpevole. Per non aver scelto loro.









Nda Buon venerdì, ed eccoci ritornati nel presente!

Spero di essere stata chiara in questo capitolo, e che le spiegazioni non siano state troppo confuse; 

Fatemi sapere cosa ne pensate!

Alla prossima.

* "No, niente di niente!
No, non rimpiango niente!"

Sono delle frasi di una canzone di Edith Piaf, vi lascio il link http://www.youtube.com/watch?v=Q3Kvu6Kgp88


Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Le cose perse ***


8bdn




Non riuscì a chiudere occhio, non appena si fece l'alba si vestì e uscì dal dormitorio.
Mentre camminava per i corridoi, illuminati dalla tenue luce del primo sole del mattino, si scoprì ansiosa di odorare, ascoltare e guardare ogni piccolo particolare, per quanto insignificante: i suoi sensi sembravano quasi ebbri dal ritorno alla vita, se non avesse avuto una meta importante si sarebbe fermata ad ogni passo, per ammirare ogni piastrella che le si parava davanti agli occhi.
Ma aveva una meta, e doveva anche rifinire la sua scusa prima di arrivarci: che cosa poteva inventarsi, per ottenere di uscire dal castello? Alla preside McGranitt?
Come poteva trovarne una all'altezza della realtà? Era assolutamente necessario per lei assicurarsi che Fred fosse vivo, avere la certezza che quello che ricordava era la realtà. Era assolutamente necessario vederlo.
Si sentiva una stupida, lei, Hermione, che andava dalla preside a chiedere un permesso per uscire dal castello, in un giorno di lezioni: era totalmente folle, anche il suo desiderio era altamente improbabile, per usare un eufemismo; eppure nonostante non riuscisse ad esprimerlo la parte più profonda di sé lo concepiva come vitale, e la spingeva a continuare a camminare.
- Buongiorno, professoressa. - Esordì, entrando nell'ufficio.
Minerva McGranitt sollevò lo sguardo dalla scrivania, e la guardò attraverso gli occhiali, osservando i suoi movimenti con attenzione, come se in qualche modo già sapesse che era una visita particolare.
- Buongiorno signorina Granger, si accomodi, prego. - le disse, indicandole la sedia di fronte alla sua scrivania.
Hermione prese tempo, sedendosi con misurata lentezza, cercando nel frattempo di decidere quale fosse il motivo più importante a cui avrebbe potuto appellarsi per ottenere il suo permesso;
- Mi scusi per l'ora, ma immaginavo di trovarla già sveglia. - Inspirò, - Avrei bisogno che oggi mi esonerasse dalle lezioni, e che mi dia il permesso per uscire da Hogwarts: devo tornare a casa. - le disse poi, guardandola negli occhi.
Meglio non specificare nessun dettaglio, dal momento che nessuno le pareva affidabile.
- Sa bene che mi è impossibile, a meno che non mi fornisca un motivo valido.
Cercò di non mordicchiarsi le labbra, mentre la preside declinava la sua richiesta,
- Devo vedere una persona che è stata in punto di morte, - disse, provando ad omettere il chi e il quando, - e assicurarmi che stia bene.
Sentì lo sguardo indagatore della professoressa McGranitt su di sé, e cercò di sostenerlo, fissandola di rimando, senza abbassare gli occhi nemmeno per una frazione di secondo.
- Mi sta chiedendo molto, immagino che lo sappia. - osservò.
Stava vagliando la sua decisione, Hermione Granger era una studentessa maggiorenne, e quindi non le sarebbe stato necessario ottenere una richiesta da parte dei genitori; d'altra parte era una richiesta inusuale, specialmente per lei.
Giunse le mani, sospirando,
- Immagino che sia importante, dal momento che si è presa la briga di venirmelo a chiedere. Mi aspetto che ripaghi la mia fiducia, e che torni in orario per il coprifuoco: le regole rimangono tali, anche se oggi non partecipa alle lezioni. Le ricordo che è un'occasione eccezionale, e che non sarà dispensata dai compiti.
Hermione rilassò le spalle,
- Grazie, professoressa, tornerò in tempo: ha la mia parola. È veramente importante. - aggiunse, prima di congedarsi.

Oltrepassò Gazza, che la fissava con aria deplorevole forse pensando che la Umbrige non lo avrebbe mai permesso, e si incamminò verso Hogsmead; da lì avrebbe raggiunto la Tana.

Era molto presto, e nonostante le seccasse essere scortese presentandosi a quell'ora immaginò che era meglio farlo quando erano tutti riuniti al tavolo della colazione, Fred compreso.
Si avvicinò alla porta d'ingresso, sentendo le voci ovattate dall'interno: c'era allegria.
Non quella che avevano imparato a ricostruire, era vera, era l'atmosfera della Tana.
Ritirò la mano pronta a bussare, meditando se quell'indizio non potesse esserle sufficiente: forse, prima di affrontare Fred, avrebbe potuto chiarirsi con Ron, con calma...
La porta si aprì, impedendole di scegliere,
- Hermione, - la salutò la voce di uno dei suoi migliori amici, - che ci fai qui? Ehi, - gridò poi rivolto agli altri, - guardate un po' chi ha marinato la scuola: Hermione!
Le era mancato, le era mancato terribilmente: ad occhio e croce era vissuta più di un anno senza vederlo. Si ritrovò ad abbracciarlo, felice,
- Ron, come stai?
Nel frattempo gli altri membri della famiglia attualmente in casa si erano affacciati: Molly, Arthur, e George, pronto per andare al lavoro; e accanto a lui, Fred. Incontrò il suo sguardo mentre era ancora abbracciata a Ron, ed ebbe un tuffo al cuore, si sciolse dalle braccia dell'amico cercando di non mettersi a piangere.
- Io sto bene, tu, piuttosto? Come mai non sei a scuola? - le stava chiedendo: una scusa alla quale non aveva pensato.
Fece scorrere di nuovo lo sguardo su tutti, solo per avere il pretesto di guardare nuovamente Fred;
- Ecco, - tentennò, - in realtà la preside temeva che il troppo studio mi stressasse, così mi ha lasciato un giorno libero e ho pensato di venire a trovarvi, non vorrei disturbare. - Una vera stupidaggine, specialmente per chi conosceva la McGranitt.
Molly l'abbracciò,
- Sciocchezze cara, sai che qui sei sempre la benvenuta. Hai fatto colazione? Fatele posto, su: deve mangiare. Ginny come sta, studia vero?
La spinse con la sua pratica dolcezza materna verso il tavolo della cucina, mettendole davanti un piatto colmo. Hermione sorrise,
- Non volevo disturbare, Ginny sta benissimo. - le assicurò, lanciando un'occhiata a Ron, che si stava sedendo accanto a lei. - E Harry?
- Come al solito, poi se vuoi andiamo a trovarlo, - le rispose lui, afferrando un'altra pagnotta.
Molly lo guardò,
- Scusa, ma tu non stavi uscendo? - gli chiese.
- Mamma! - si difese lui, con la bocca piena, - Hermione è venuta a trovarci, ci posso andare dopo, o un altro giorno!
Tutti avevano ripreso a mangiare, Hermione guardò il tavolo dove si intrecciavano le mani che prendevano la caffettiera e la rimettevano a posto, o un'altra porzione di marmellata.
Sollevò lo sguardo, guardando Fred: sembrava di fretta, lui e George probabilmente dovevano andare ad aprire il negozio.
Perché lui non la guardava?
- Tutto bene, cara? - la pungolò Molly, notando che non stava mangiando. Fred si girò automaticamente verso di lei, incrociando il suo sguardo prima che rispondesse a sua madre,
- Certo, - le assicurò, mostrandole che beveva una tazza di caffè.

Con la tazza a coprirla lo spiò, scoprendolo ancora a fissarla.
George lo stava chiamando,
- Avanti, - gli disse, - a lavorare. Ciao Hermione, passi a trovarci dopo?
Si alzarono, infilandosi le giacche appoggiate agli schienali delle sedie,
- Sicuramente, - gli assicurò, cercando ancora con lo sguardo Fred, - ovvio che vengo a trovarvi.
George raccolse il suo apparente entusiasmo con un espressione soddisfatta, mentre Fred sembrava pensieroso.

Finita la colazione anche Arthur si congedò, diretto al Ministero, e Molly cacciò lei e Ron via dalla cucina, dicendole che doveva godersi il suo giorno di vacanza e che ci avrebbe pensato lei a riassettare.
Rimasti soli sentiva uno strano imbarazzo: sapeva di dover affrontare l'argomento il prima possibile, e non sapeva da che parte iniziare; fu forse la prima volta in cui benedì la reticenza di Ron verso il contatto fisico: sarebbe stato solo tutto più difficile.
Guardò fuori dalla finestra,
- Andiamo a fare un giro? - gli propose.
L'aria era fredda, ed Hermione era ancora abbastanza disorientata: sentiva il profumo della libertà, dopo le diverse prigionie che aveva vissuto.
Arrivarono allo stagno, e si sedette su un masso accanto alla riva, aspettando che lui la raggiungesse.
- Senti, - esordì, mentre cercava le parole adatte.
- Lo so, Hermione: dobbiamo essere stati pazzi, è tutto diverso ora.
Lo guardò, stranita,
- Stiamo parlando della stessa cosa?
La domanda mandò in confusione Ron,
- Beh, ma tu di che cosa stavi parlando? - Il sorriso spaccato a metà sul viso di Hermione però gli fece capire che non era lontano dalla verità, - Di
noi, ovvio. - Disse per entrambi, poi.
- Pensavo fosse una cosa momentanea: dopo tanto tempo ad aspettarci non credevo che questa sensazione di sbagliato durasse. - disse Hermione, cercando di riportare alla memoria i sentimenti passati, quelli che un anno prima avevano iniziato a farla dubitare.
- Sembrava funzionare, - concordò lui, - ma forse eravamo troppo convinti, per questo ci abbiamo messo un po' ad accorgerci che non proviamo quello che dovremmo. - Osservò.
Era vero, ma era giusto in parte: era così prima. Davvero poteva mentire al suo migliore amico?
Chiuse gli occhi, portandosi le mani alle tempie,
- Ron, - lo fermò, - sono innamorata di Fred. - disse tutto d'un fiato. Prima di poter cambiare idea.
- Fred? - le chiese, dopo qualche attimo di secondo, come se pensasse di non aver capito bene. Raccolse il suo silenzio come una conferma, - Fred.
Dopo qualche minuto, quando ormai la notizia si era sedimentata, Hermione aprì gli occhi.
- Come l'hai presa?
- Fred, diamine. Non lo so, è strano: non ho mai pensato che...
- No, infatti. È complicato Ron, non è il caso di parlarne ora.
Lui si alzò,
- Sei mia amica Hermione, anche per me è meglio lasciarsi, ma forse non è il caso di parlarne per un po': è troppo strano.
Si allontanò, senza aspettarla, implicando che per il momento era strano anche parlare con lei.

Rimase ad osservare l'acqua dello stagno, le increspature che il vento provocava sulla superficie.
Era successo tutto così rapidamente, si chiese se non fosse stata frettolosa: qualche ora prima era in un limbo temporale e ci era rimasta per mesi, appena tornata era corsa lì.
Si era imposta, come prima cosa, di risolvere con Ron: voleva avere la coscienza pulita, voleva poter guardare Fred a testa alta, ora che ne aveva l'occasione; in passato aveva avuto l'attenuante che non poteva, e ora che ne aveva la possibilità doveva mettere quella cosa al primo posto.
Aprì la borsa, estraendone la sfera con Westminister, la agitò e la posò sul sasso accanto a sé, guardandola: d'altra parte, il vero motivo per cui era corsa lì in fretta e furia, era perché voleva vedere Fred.
Riusciva a sentire ancora la sensazione di quando l'aveva rivisto, poco prima: incredulità e certezza, aveva smesso di vivere e nello stesso tempo ricominciato una nuova vita.
Erano nel presente ora, davanti a loro c'era solo il futuro, nessun ostacolo più li divideva.
L'aveva visto, ora aveva bisogno di guardarlo.

Arrivò a Diagon Alley, indugiando sul marciapiede davanti al negozio. Spiò dentro alla vetrina, Fred sembrava intento ad illustrare a un ragazzo lo scaffale delle novità; ammise che c'era qualcos'altro a turbarla: non lo aveva capito. Fred l'aveva guardata, quella mattina, ma per lo più le era sembrato come distante. Vide che il ragazzo si stava avviando alla casa, Hermione entrò nel negozio, annunciata dal suono del campanello sulla porta.
- Allora sei venuta, - l'accolse George, - e nostro fratello dove lo hai lasciato?
Lei guardò in direzione di Fred, chiamandolo con lo sguardo; lui si avvicinò,
- Mi prendo una pausa. - disse al fratello, facendo a lei cenno di seguirlo.
Su, nello studio, nella casa di Hermione.
Si guardò intorno, mentre non perdeva di vista lui.
- Sei tornata. - notò.
- Lo hai capito subito?
- Immediatamente. Come è andata con l'aragosta? Dove lo hai lasciato?
- L'ultima volta che l'ho visto eravamo allo stagno, vicino alla Tana: gli ho detto... - era incerta, gli aveva detto una volta di amarlo ma in un altro contesto, in un altro tempo. - di te. - Riprese, - Ron non ha reagito male, ma mi ha fatto capire di aver bisogno di un po' di tempo per digerire la notizia.
Fred scrutò il suo viso,
- Che cosa gli hai detto
di me, di aver vissuto un passato in cui io ero morto e di essere tornata indietro per salvarmi la vita?
Sentiva i suoi occhi puntati su di lei, era a disagio: percepiva che Fred era innervosito, e non riusciva a capire perché, d'altro canto sentiva il vero significato della domanda.
- Gli ho detto che sono innamorata di te. - Gli disse allora, senza giri di parole.
La fronte di lui si spianò un poco, ma era ancora distante,
- Quando ho aperto gli occhi ti ho cercata, ma tu non c'eri: non esistevi, era come se non fossi mai esistita. Tutti avevano la sensazione di scordarsi qualcosa, ma non ti ricordavano. - le disse, grave. - Io invece ti ricordavo perfettamente, non ho creduto un solo secondo di essere diventato pazzo: ho capito a che cosa eri andata incontro, per fare di testa tua e salvare me, e credimi se ti dico che sono andato molto vicino ad odiarti. - Hermione abbassò lo sguardo, colpevole: ecco cos'era successo quando era finita nella dimensione atemporale. - Poi, un giorno, sei ricomparsa: fisicamente e nella mente di tutti, era come se non fossi mai andata via: ma eri diversa; Ron diceva che eri inconsolabile e non capivi come mai: tra tutti eri quella che sentiva di più il lutto, ma senza capire il perché, senza sapere chi era chi ti faceva tanto soffrire.
- Ero la io del passato, e tu eri vivo: ecco perché non sapevo per chi soffrivo. - Capì Hermione. Forse era stato quel momento in cui era stata decretata salva, quando Silente era venuto da lei: una parte del suo spirito era tornata a vivere, ma doveva aspettare il giorno in cui aveva fatto l'incantesimo prima di ricongiungersi a quella parte, e tornare definitivamente.
- Ciò non toglie che non ne ero certo felice: sapevo che era colpa mia, e non sapevo che ne sarebbe stato di te, fino a stamattina.
- La storia si è compiuta, e io ho resistito all'inedia della bolla temporale in cui sono stata da dopo la battaglia a ieri: ecco perché ho potuto tornare.
- Perché proprio io, Hermione? Perché non dare almeno un genitore a Ted? Perché non chiunque altro?
Capì: lui sentiva su di sé la colpa di quella vita.
- Perché per me il mondo non era lo stesso senza di te. - gli disse, semplicemente. - E, Fred: non rimpiango nulla.
Lo disse con sincerità, con tutto il suo cuore: nonostante tutto, nonostante ancora sentiva il peso degli attimi che aveva vissuto, non lo avrebbe mai rimpianto.
- Impareremo insieme come vivere ancora. - Aggiunse, prendendogli la mano.



Fred non aveva detto niente, ma quelle parole avevano fatto scattare qualcosa in lui, come se avesse deciso di metterle in pratica, onorando quello che Hermione aveva fatto per lui e al tempo stesso salvandola dalle conseguenze della sua stessa magia.
Il sabato successivo era rimasta in camera, a studiare, quando un gufo le aveva recapitato un suo biglietto: la aspettava ad Hogsmead e si stava annoiando.
Il primo indizio di una normalità che stava cercando di tornare, sul momento sorrise ma non ci diede più di tanto peso; si vestì e lo raggiunse.
Insieme passavano momenti in cui era più semplice vivere: la gioia nel vederlo, sentiva il cuore battere e ricordava i momenti passati insieme; d'altra parte erano solo più consapevoli, uno promemoria dell'altro, di quello che era successo.
Era lei, a incupirsi: lo guardava cercando di individuare un'ombra nei suoi occhi, per poi colpevolizzarsi; nonostante al tempo stesso fosse grata della sua presenza. Fred forse lo indovinava, perché riusciva a distrarla e a farle sbocciare una risata, sempre.
Lo guardò, un sabato pomeriggio, vedendo semplicemente il solito Fred; eppure il ricordo di quando lo aveva rivisto era ancora molto forte in lei, per poter dimenticare la maledizione che temeva pendesse sulla sua testa: quella della moglie del secondo fratello Peverell.
Al tempo stesso, nonostante questi buchi nella sua coscienza, quando incrociava il suo sguardo non poteva fare a meno di sentirsi grata per la sua presenza, e incredula di essere riuscita a sconfiggere il destino, riprendendolo.
Stavano camminando sulla neve, come uno dei tanti sabati in cui si vedevano,
- Quindi per Natale vieni alla Tana? - le chiese.
Hermione tentennò,
- Non lo so se è il caso: non vedo Ron da quando ci siamo lasciati. - gli ricordò.
- Viene anche Harry, e per Ron non preoccuparti: rimanete pur sempre amici.
Sospirò, pensandoci: in fondo nonostante passassero ogni momento libero insieme tutto sommato lei e Fred non erano una coppia, quindi non aveva motivo di esserne preoccupata nei riguardi di Ron. Nonostante quello che provava.
Scrollò le spalle,
- Forse sarà l'occasione per riconciliarci. - osservò.
Fred aveva annuito soddisfatto, poi l'aveva presa per mano, guidandola verso la fine della via, dove era radunato un gruppo di persone. Avvicinandosi sentirono una musica leggera venire da lì, Hermione fece per rallentare ma lui non glielo permise, tirandola,
- Che cos'hai in mente? - gli chiese, nascondendo una risata, mentre lo vedeva puntare verso il centro di quel capannello, dove alcuni ragazzi stavano ballando.
Conosceva quella melodia, l'aveva sentita anche al matrimonio di Bill e Fleur, ma la conosceva fin da bambina; era uno dei pochi pezzi babbani di cui la comunità magica si era impossessata, e non faticava a capirne il perché: come le disse una volta sua madre, quando era bambina e camminavano insieme per le vie parigine, in vacanza, era
la canzone per eccellenza.
Non conoscevano le parole, o forse non gli importava cantarle, ma la musica era quella.
Fred l'aveva tirata a sé,
- Spero che tu sappia ballare meglio di come pattini. - le disse, poco lealmente, iniziando a guidarla.
Hermione superò l'imbarazzo,
- Vicktor Krum sapeva farmi ballare bene, - osservò, con un'accennata provocazione.
E Fred, sempre poco lealmente, fece in modo di farle dimenticare quel ballo lontano: aiutato dall'atmosfera surreale che la neve donava a quel momento, con il suo modo di fare quasi impertinente, continuò a farla ballare, fissandola negli occhi impedendole di guardare altrove.
La musica sfumò, attorno a loro sentiva le risate provenienti da qualcuno che probabilmente osando un caschè era finito tra la neve, ma erano lontane. Continuando a guardarla le prese la mano, e si incamminarono.










Nda: Penultimo capitolo, ormai manca solo l'epilogo.

La canzone che Hermione sente ad Hogsmead, mi sono presa una licenza letteraria dicendo che i maghi si sono impossessati di quella musica babbana, sarà svelata nel prossimo capitolo, e quando capirete qual'è credo che nessuno penserà che sono stata troppo esagerata in questo mio viaggio di fantasia in quanto è un classico; ma la cosa curiosa è che il testo è terribilmente adatto a loro due.
Mi  dispiace vedere che non recensite più, tengo molto a questa storia e immagino che sia perché non è proprio semplice e lineare; d'altra parte nasce per un contest e la situazione lo richiedeva, vedo che comunque continuate a leggerla e sappiate che sono ben accette anche le critiche.

Buona domenica a tutti!

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** L'ultima palla di vetro ***


bdn fine



Il Natale dai Weasley era confusionario, colorato e profumato: i ragazzi erano cresciuti, eppure c'era sempre baraonda in giro, per le scale trovò pezzi di addobbi, nastri e quanto più poteva ricordare a un ingenuo passante che quello era Natale.
Ginny si affacciò alla ringhiera,
- Sei arrivata! - la salutò, facendole cenno di raggiungerla. - Io e te dormiremo con Andromeda e Ted, non ti annoia, vero? La mamma ha insistito per averli qui.
Hermione schivò un Doxy che chissà come era finito lì, e trascinò il suo bagaglio per le scale,
- Per niente, - la rassicurò, - anzi, è bello essere tutti qui.
Dalla camera dei gemelli veniva un gran fracasso, e le risate scoppiavano ad intervalli regolari, Ginny si giustificò:
- Fred è esaltato perché ha ultimato l'ultimo prodotto per il negozio, e George fa lo stupido perché stasera è venuta Angelina: è la prima cena che fa qui da quando sono insieme.
La seguì, e passarono di fronte alla camera di Ron, Hermione osservò la porta,
- Tutto bene? - disse, indicandola.
- Sì, sai com'è fatto: gli manchi. Harry è qui da ieri, e credo lo abbia convinto a finirla con questa storia.
Hermione annuì, e appoggiò la borsa sulla sua brandina, guardandosi attorno.
- Che bella l'aria di festa. - commentò.
Sistemò le sue cose, chiacchierò con Andromeda e lei e Ginny si divertirono a fare il bagnetto a Ted prima di metterlo a dormire, poi, quando Ginny fu chiamata dalla madre al piano di sotto, si defilò in corridoio, con la scusa di fare dormire tranquillo Ted.
Arrivò davanti alla camera di Ron, e rimase a lungo indecisa, prima di prendere coraggio ed entrare.
- Posso? - disse, infilando la testa nella stanza.
- Merlino, Hermione, in genere si bussa! - si lamentò lui, mentre Harry andava a salutarla.
- Buon Natale Hermione! - l'abbracciò, tirandola all'interno, - noi tre ancora tutti insieme, eh?
Guardò Ron allusivo, e alla fine lui capitolò sbuffando,
- Buon Natale, Hermione.
Gli sorrise, capendo che l'atteggiamento scostante che ostentava era solo una facciata di cui non capiva neanche lui il motivo, ma che testardamente perseverava.
Si sedette ai piedi del suo letto,
- Harry, chiudi la porta. Ci ho pensato tanto, non sapevo se parlarvene o no, ma
devo dirvelo. - prese un respiro, sapendo di aver catturato il loro interesse, - Vi sembrerà allucinante, ma è successo.
Iniziò a raccontare tutto, dalla fine della battaglia come se la ricordava ai giorni di malinconia, vedendoli sempre più increduli. Raccontò del libro, della figura sulla pagina e di come, una volta iniziato a recitare l'incantesimo, tutto era cambiato.
Non si dilungò sul rapporto con Fred, glissando su quei momenti, ma felice di poterne parlare non lesinò i particolari dell'ultima esperienza, quando aveva creduto di essere morta.
Dopo averlo espresso ogni ricordo appariva per quello che era, passato e lontano, e sentiva di esserselo lasciato definitivamente alle spalle; e i suoi interlocutori, pur non riuscendo a comprendere appieno quello che lei raccontava, sembravano essere sempre più convinti che quello che Hermione diceva fosse reale.
- Da pazzi. - commentò infine Ron, spezzando il silenzio.
- Non sapete che peso è stato non parlarvene. - li rivelò lei, sentendo scorrere tra loro tre la stessa energia che li aveva uniti per anni. Ron aveva abbandonato la sua scostanza, e Harry non sembrava più preoccupato di doverli riappacificare.
La guardò invece, protettivo,
- Sei stata incosciente, Hermione, ma se c'era qualcuno in grado di farlo quella eri tu. - concluse, con una nota di fierezza nella voce.
Ron ironizzò,
- Eh certo, il
destino non ha fatto i conti con il fatto che se ne va in giro con una borsa piena di libri, che per una volta le sono stati utili. - Rise, contagiando gli altri due.

Si svegliò dolorante: non aveva riposato abbastanza avendo fatto tardi con Harry e Ron, ma l'amicizia del loro trio era salva, e quello le bastava.
Si stiracchiò, intravvedendo nella penombra Ginny che la aspettava, con gli occhi che le brillavano,
- Sveglia? Tra un po' ti avrei svegliato io, non ce la facevo più! Forza, mettiti la vestaglia e scendiamo: è Natale!
La piccola di famiglia era entusiasta, aveva sempre decretato il Natale come la sua festa preferita e con il tempo questo non cambiava.
Hermione sbadigliò,
- Fammi almeno lavare i denti...
Ginny le lanciò il suo necessaire,
- Muoviti, ti ho aspettato fino ad adesso: gli altri sono già tutti giù. - le disse, seguendola sulla porta del bagno. - Quindi, cos'è tutto questo sonno, ieri sera tu e Fred avete fatto le ore piccole a guardarvi negli occhi?
Lo spazzolino le cadde nel lavandino,
- Come, prego? - disse, rischiando di strozzarsi con il dentifricio.
Ginny si appoggiò allo stipite,
- Coraggio, Hermione: non penserai che sono cieca e sorda, sono mesi che so che c'è sotto qualcosa, e vi ho visti abbastanza a Hogsmead da sapere anche che più che guardarvi negli occhi non fate.
Cercò di ritrovare il suo contengo, Ginny era più incline a quel genere di confidenze di lei, ma Hermione aveva comunque evitato di parlarle per via del fatto che in quella storia c'entravano pur sempre due suoi fratelli.
- È abbastanza complicato, - disse, mantenendosi vaga, - non sono propriamente la sua ragazza.
- Ma è anche il momento di darti una mossa, e in tutti i sensi: sciacquati la bocca e andiamo giù, o inizieranno a scartare i regali senza di noi.

Raggiunsero la cucina, accolte da osservazioni sarcastiche,
- Finalmente, - osservò Charlie, - io ho un altro fuso orario e mi sono svegliato prima di voi.
Ginny fece la linguaccia al fratello, prima di andare a sedersi accanto ad Harry, con una naturalezza che lui non aveva ancora imparato ad avere davanti al resto della famiglia;
- È colpa di Hermione, - si difese.
- Abbiamo assodato che è
sempre colpa di Hermione. - osservò Ron, sogghignando, imitato prima da Harry e infine da lei.
Cercò con lo sguardo Fred, e in qualche modo forse lui capì che aveva raccontato a tutto ai due ragazzi, perché nascose un sorriso.
- Colpa o no non importa, iniziamo. - decretò la padrona di casa, distribuendo i regali.
- Ehi, attenzione: - si alzò George, reclamando l'attenzione di tutti, - da parte nostra avete un'anteprima assoluta: la nostra nuova creazione, alla quale mio fratello, che temo si sia rammollito, ha dedicato tutta la sua attenzione nell'ultimo periodo, perché fosse pronta oggi.
Fred gli spostò la sedia da sotto, mentre si stava sedendo,
-
Tu ti sei rammollito. Beh, aprite il pacchetto, avanti.
Tutti iniziarono a scartare, curiosi, ma il suo sguardo era fisso su Hermione.
Lei soppesò il pacchetto, con attenzione: la forma, il peso, il rumore, erano molto simili all'unico regalo ricevuto l'anno precedente.
Si sbrigò, notando che gli altri erano già più avanti di lei, per non perdersi la sorpresa; tolta la carta sollevò il coperchio della scatola, che rivelò tra la carta una sfera di cristallo, appoggiata a un supporto in pietra. La estrasse, era vuota, ma guidata da una sensazione la capovolse, imitata subito da tutti: la neve riempì il cristallo, volteggiando intorno all'immagine che era comparsa.
Lei aggrappata a Fred sulla pista di pattinaggio, uniti in una risata.
Era perfetta, sollevò lo sguardo verso di lui, incontrandolo mentre guardava la sua reazione,
- Grazie, - mimò con le labbra.
Si levarono i commenti del resto della famiglia, dove ognuno nella propria sfera aveva trovato un'immagine diversa: chi un bel ricordo, chi uno divertente, a Ron era capitato quello imbarazzante così come a Fleur, alla quale i cognati, poco galantemente, avevano regalato il ricordo immortalato di lei nei panni di Harry.
Tutti erano contenti e fecero ai gemelli i complimenti per l'idea, assicurandoli un successo garantito, e poi piano piano iniziarono a spacchettare gli altri regali.
Fu la volta di Hermione, che guardò Fred mentre apriva una scatola del tutto simile a quella che lei aveva appena ricevuto, che nascondeva una sfera in cristallo con la riproduzione della Tower of London.
- Guardate, - George richiamò ingenuamente l'attenzione di tutti, - Hermione voleva copiarci l'idea!
Si sentì arrossire fino all'attaccatura dei capelli, e non lesinò al ragazzo inconsapevole del suo imbarazzo un calcio punitivo sotto al tavolo.





Fred la raggiunse fuori, dove si era rifugiata con una scusa.
- Immagino che tu sappia che giorno è oggi. - le disse, avvicinandosi.
Aveva smaltito l'imbarazzo, ma averlo accanto a sé non la tranquillizzava.
- Natale, - disse, sollevando lo sguardo verso di lui. Aveva paura, ancora più che in passato, perché era il presente: i suoi sentimenti le facevano paura, per la forza con cui la spingevano verso di lui rendendolo sempre più necessario, e ad ogni passo che faceva nella sua direzione aveva sempre paura di esagerare.
- Ti dico una novità: da ora vale tutto.
Le prese il volto tra le mani, sfiorandole le labbra come un saluto a lungo atteso, e allo stesso tempo con la sicurezza di chi non ammetteva essere respinto.
Quando la lasciò allontanare Hermione studiò il suo viso: si era esposta per la seconda volta con la sua famiglia, con un membro diverso.
- Fred... - sospirò, pensierosa. Aveva paura di fare ancora la scelta sbagliata.
- Hermione, so che il fatto di avermi salvato la vita incasina un po' le cose, - le disse, leggero, come se quella frase fosse storia vecchia, - ma non devo per forza essere la tua aragosta, e onestamente non mi interessa essere nessun crostaceo: sono rosso, e le battute si sprecherebbero. - Si fermò, osservando soddisfatto il sorriso che comparve sul volto di lei, - Può essere fino a settimana prossima, per un mese o per un anno, forse per più, ma che importa? Quello che conta è adesso.
Ora ti amo, e a me sembra più che sufficiente per continuare a importunarti.
Hermione arricciò le labbra: le seccava che lui avesse ragione, mentre lei aveva sbagliato clamorosamente, ma glielo perdonò solo perché finalmente le aveva detto che l'amava.






Des yeux qui font baiser les miens,
Un rire qui se perd sur sa bouche,
Voila le portrait sans retouche
De l'homme auquel j'appartiens

Quand il me prend dans ses bras
Il me parle tout bas,
Je vois la vie en rose.

Il me dit des mots d'amour,
Des mots de tous les jours,
Et ca me fait quelque chose.

Il est entre dans mon coeur
Une part de bonheur
Dont je connais la cause.

C'est lui pour moi. Moi pour lui
Dans la vie,
Il me l'a dit, l'a jure pour la vie.

Et des que je l'apercois
Alors je sens en moi
Mon coeur qui bat

Des nuits d'amour a ne plus en finir
Un grand bonheur qui prend sa place
Des enuis des chagrins, des phases
Heureux, heureux a en mourir.

(La vie en rose, Edith Piaf)*




The End
(La fin)


* Traduzione:

Occhi che fanno abbassare i miei
Un ridere che si perde nella sua bocca
Ecco il ritratto senza ritocchi
Dell'uomo al quale appartengo
Quando mi prende fra le braccia
Mi parla a bassa voce
Vedo la vita tutta rosa
Mi dice parole d'amore
Parole di tutti i giorni,
E sento che qualcosa
E' entrato nel mio cuore,
Una parte di felicità
Di cui conosco la causa
E' lui per
Me, io per lui nella vita
Me l'ha detto, l'ha giurato sulla sua vita,
E fin dal momento in cui lo scorgo da lontano
Allora sento in me, il cuore che batte...

Notti d'amore senza fine
Una gran felicità che si fa largo
I fastidi, i dolori si cancellano
Felice, felice da morire






Nda: Eccoci alla fine,  La vie en rose è la canzone a cui mi riferivo nello scorso capitolo, e la trovo davvero perfetta per Hermione e Fred; spero che anche voi possiate ritrovarvi in questo, come spero che questa fiction, per quanto un po' fuori dal normale, vi sia piaciuta.

Grazie per le recensioni che mi avete lasciato, spero di sapere come vi è sembrato il finale, e grazie mille ad avalonne
e al suo contest Not My Character, bitch! per l'ispirazione che mi ha dato, grazie a cui ho scritto Boule de Neige. Alla prossima!

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1111276