The Mansion Where You Shouldn't Have Gone~

di Melabanana_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** {Prologo} Bloody Sentence ***
Capitolo 2: *** A Mysterious Mansion ***
Capitolo 3: *** Stupid Blond! ***
Capitolo 4: *** Shadows Game ***
Capitolo 5: *** The Piano ***
Capitolo 6: *** Hints and Partial Solutions ***
Capitolo 7: *** Prison and Solitude ***
Capitolo 8: *** { Faults } ***



Capitolo 1
*** {Prologo} Bloody Sentence ***


{Prologo} Bloody Sentence
 

Endou si strofinò la manica della maglietta sul viso, cercava di fermare il sangue che continuava  a sporcargli la fronte.
Era stata tutta colpa sua.
Adesso era nascosto in uno stupido armadio, aveva lasciato i suoi amici a girare per i corridoi…
Quel mostro faceva davvero troppa paura.
Sentì un urlo provenire proprio da fuori quella stanza, uscì di scatto dall’armadio.
Mise la mano sulla maniglia dorata della porta, tremava.
L’abbassò lentamente e spalancò la porta.
Del mostro nessuna traccia…
Ma vicino quel muro c’era qualcuno: Kazemaru.
Con gli occhi chiusi e i capelli color cobalto tinti di rosso.
Endou represse un urlo, si chinò sull’amico.
- Kazemaru? Ichikun? Rispondi – continuava a scuoterlo, ma niente, rimaneva immobile.
Però respirava, affannosamente … ma respirava.
- Endou! – il castano alzò la testa, vide Hiroto e  Midorikawa corrergli incontro.
- Cos’è successo? – chiese il verde.
Endou scosse la testa, cercava di trattenere le lacrime che combattevano per poter uscire.
Non era giusto piangere, non poteva piangere. Era stato lui a portarli lì dentro, a portarli in quel posto che forse era collegato direttamente all’Inferno.
Si sentirono altri passi.
Ecco arrivare gli altri, chi ferito, chi no.
Chi tremava, chi era pronto ad affrontare quel mostro maledetto per poter uscire…
Shirou, Atsuya, Gouenji, Kidou, Fudou, Burn, Gazel e Afuro.
Tutti lì intorno a lui e Kazemaru.
- Guardate qui! – esclamò Hiroto indicando un muro poco lontano – C’è scritto qualcosa -.
Endou si avvicinò per guardare meglio, la luce in quel corridoi era molto poca.
C’era una scritta inquietante e scritta con il sangue di qualcuno, di Kazemaru probabilmente. 

Voi che non saresti dovuti entrare…
Voi che avete chiuso la porta alle vostre spalle…
Siete pronti a vivere il terrore? A vedere il sangue dei vostri amici? Siete pronti a rimanere qui per l’eternità?
Il mostro non vi risparmierà la vita.
Scappate finché potete,  cercate la chiave che nessuno ha mai trovato.
 
Qualcuno riuscirà ad uscire da questa prigione di sangue e dolore?



 

*Angolo di Camy*
Buonasera bella gente.
Horror in arrivo X° Il prologo è corto, ma i capitoli saranno moooolto più lunghi.
La posto ora perchè domani non ci sarà - quadri scolastici e pranzo da zia -
Lo so che vi ho rotto con le mie fic
Questa credo sia la fic a cui tengo di più - insieme a Fearless - ed è da tanto che volevo postarla.
Visto che DL è alla fine, ho pensato di farvela leggere da stasera :'D - non mi odiate -
Le pairings presenti sono quasi tutte state decise, però potrei cambiare idea nel corso della storia e intanto non dirò nient'altro.
Ora vado a cena.
Grazie della pazienza, spero vi abbia incuriosito questo  prologo - e recensite!-
Mi sto gasando troppo, scusatemi ç w ç Perchè dovreste recensire una schifezza? X°°D
Ora vi lascio davvero :3
Camy

Per la fic ho preso ispirazione da un gioco horror che si chiama Ao Oni - non ci giocherò mai più da sola-

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Capitolo 2
*** A Mysterious Mansion ***


Ehilààààà :3
Stavolta le note le metto all'inizio. LOOOOOOL XDD
Allora iniziamo con il dire che questo capitolo è prima del prologo, quindi potrebbe risultare noioso - ma comunque è importante avere un punto d'inizio, non posso iniziare dal niente-.
I primi due capitoli saranno per la maggioranza ambientati fuori la casa - poi viene il bello 8D -
Già nel secondo penso di far succedere qualcosa, poi non so.
Comunque ringrazio quelli che leggono, che recensiscono e che seguono la fic e anche quelli che leggeranno questo capitolo fino alla fine. Grazie :3
Ora vi lascio leggere in pace, spero in un aggiornamento veloce, ma come vedete mi sto sforzando a fare capitoli lunghi xDD
Danke <3
Camy

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{Capitolo 1} A Mysterious Mansion

 

Endou era seduto vicino alla scrivania, continuava a sbattere la matita sul legno.
Non aveva proprio voglia di fare i suoi compiti, lui voleva uscire e andare a giocare con i suoi compagni. Sicuramente Kazemaru, Gouenji e Kidou lo stavano aspettando al campetto… e invece lui era lì a studiare ancora.
Sua madre non l’avrebbe fatto uscire!
Squillò il telefono – Rispondo io! – esclamò il castano alzandosi dalla sedia e correndo a prendere il telefono.
Alzò la cornetta – Pronto?
- Endou! Sono Kazemaru! Ma dove sei finito?
Endou sospirò – Non ho finito di studiare...
- Allora non ti aspettiamo?
Il ragazzo moriva dalla voglia di uscire e correre dai suoi amici. Sentì dei passi avvicinarsi all’ingresso.
- Mamoru! – la voce della madre lo chiamò – Mamoru esco a fare la spesa! – esclamò, poi Endou sentì la porta di casa aprirsi e richiudersi subito dopo.
- Ichikun sto arrivando! – esclamò e rimise giù la cornetta del telefono.
Kazemaru dall’altra parte del telefono arrossì sentendo il nomignolo che gli era appena stato affibbiato.
Endou aprì lentamente la porta, quando fu fuori iniziò a guardarsi intorno, via libera.
Stava per fare un passo quando si ricordò di prendere le chiavi di riserva…
Meno male che non aveva chiuso la porta!
Sgattaiolò di nuovo dentro casa, prese le chiavi dal mobiletto bianco che stava vicino al muro opposto alla porta e mentre si avvicinava all’uscita per poco non inciampò nel tappeto. Il telefono squillò nuovamente.
- Uffa! – esclamò Endou, avrebbe raggiunto quel maledetto campetto?
- Pronto – disse con tono scocciato.
- Mamoru!
Era sua madre. Meno male che aveva risposto…
- Si mamma. Sono io.
- Volevo controllare che non te ne fossi andato a giocare dai tuoi amici.
Endou sorrise, l’aveva scampata per un pelo – Certo che non sono uscito.
- Ciao tesoro. – disse la madre dolcemente, poi chiuse la telefonata.
Ora poteva andare al campo senza temere di essere scoperto subito, la madre non avrebbe telefonato di nuovo, o almeno era quello che sperava Endou.
Uscì di casa, chiuse la porta alle sue spalle. Si mise le chiavi in tasca e iniziò a correre verso il campo di calcio.
 
 
- Kazemaru! – esclamò quando vide il ragazzo con i capelli blu cobalto raccolti in una coda di cavallo girarsi verso di lui – Sono riuscito ad arrivare!
Il ragazzo lo guardò dispiaciuto per poi tornare ad osservare il campo.
Endou gli si affiancò.
Vide Gouenji e Kidou che stavano parlando con un uomo sulla quarantina con i capelli neri che teneva tra le mani un trapano – o almeno sembrava uno strumento simile -.
Poi notò un cartello: Lavori in corso.
 
Il campo era chiuso.
- Cos’è successo? – chiese Endou agitato.
- Durante le piogge dei giorni scorsi il fiume è uscito dal suo letto  e ha inondato il campo provocando non so cosa – rispose Kazemaru – Non sappiamo fino a quando ci saranno i lavori.
Endou sospirò – Non vale.
Gouenji e Kidou si avvicinarono agli altri due ragazzi – Hanno detto che nemmeno loro sanno quanto dureranno i lavori – disse il ragazzo con i capelli bianchi.
- Natsumi ci ha anche detto che il campo della Raimon è inagibile – aggiunse il ragazzo con i rasta e gli occhialini.
- E ora cosa facciamo? – Endou non aveva proprio voglia di restar lì  a far nulla. Non voleva rischiare una punizione per niente.
- Avete in mente qualcosa? – chiese Kazemaru.
I tre scossero la testa sconsolati.
Decisero di fare un giro per i quartieri vicini, magari gli sarebbe venuto in mente qualcosa di divertente.
 
 
Fudou se ne stava seduto all’ombra di un albero, non aveva assolutamente voglia di alzarsi di lì. Anche se aveva piovuto per qualche giorno la temperatura era rimasta abbastanza alta… in poche parole non c’era stato il sole, ma il caldo si sentiva lo stesso.
Ma stava arrivando la primavera, il sole avrebbe fatto capolino più spesso, non si sarebbe nascosto ancora per molto dietro le nuvole.
- Che noia – mormorò.
Vedeva persone che ridevano, camminavano insieme, litigavano, nessuno era da solo.
Decise che stare lì a non fare niente era ancora più noioso.
Mentre camminava intravide Kidou in compagnia di Endou, Kazemaru e Gouenji e decise di andare  da loro, si sarebbe sicuramente divertito a prenderli un po’ in giro.
Era da un po’  che non li vedeva.
- Quello è Fudou? – chiese Endou avvistando il ragazzo con la cresta avvicinarsi a loro.
Kidou annuì – Si.
Non poteva dire di essere contento nel vederlo, anche dopo il torneo mondiale continuava a non sopportarlo, lo innervosiva terribilmente.
- Come va?
Fudou aveva la solita aria di superiorità, teneva le mani nelle tasche e li squadrava, non notava nessun cambiamento.
Ma infondo era passato solo un anno dal Football Frontier Internetional.
- Bene – disse Endou – Ma non abbiamo un posto per giocare a calcio.
- Hanno chiuso il campo vicino al fiume… - mormorò Kidou.
- E anche quello della Raimon – aggiunse Gouenji.
- Potremo andare a quello della Royal. – propose Fudou, poi si girò si spalle convinto che l’avrebbero seguito.
Infatti Endou fu entusiasta di quell’idea e non ci pensò su due volte, seguì il vecchio compagno di nazionale.
Kazemaru sospirò e insieme a Gouenji e Kidou si avviò verso la Royal.
 
 
- Avete sentito?
- Cosa?
Un gruppo di quattro ragazzi con la divisa della Royal parlottava a bassa voce.
- Si dice che nessuno possa uscire da lì.
- Che brividi!
Endou si avvicinò a loro sentendo la conversazione – Di cosa parlate ragazzi?
I quattro si zittirono all’istante.
Doveva rimanere un segreto, era meglio non avvicinarsi a quella casa, era pericoloso.
- Eddai! Ragazzi! – esclamò Endou.
- Non stavamo parlando di niente d’importante – disse uno con i capelli rossicci.
Endou li guardò perplesso.
Fudou intervenì – Sicuri? Potremo sempre divertirci insieme allora… - fece un sorriso adorabilmente sadico e iniziò a palleggiare con il pallone che gli era stato dato da Sakuma poco prima.
I quattro ragazzi sbiancarono di colpo.
- Non gli ho dato quel pallone per minacciare i ragazzi – commentò Sakuma mentre osservava la scena affiancato da Kidou.
- Allora? – chiese Fudou leggermente irritato, la risposta tardava ad arrivare.
- Dicono che c’è una strana nebbia alla periferia di Tokyo… Dicono di aver visto una casa nella foresta, ma nessuno è riuscito a trovarla – rispose allora un ragazzino dai capelli biondi.
Endou era curiosissimo – Andiamo!
Il biondino sospirò. Fudou guardò Endou – Non sarà niente di buono.
- Fudou ha ragione. – commentò Kidou – Meglio stare lontani dalla nebbia.
- Andiamo dai! Troviamo la casa e ce ne andiamo!
Kazemaru lo guardò preoccupato – Endou…
- Dai ragazzi! Tanto non abbiamo niente da fare…
- Non sembra una grande idea. – mormorò Gouenji – Soprattutto se nessuno l’ha mai trovata la casa.
- La troveremo noi! – esclamò Endou -  Prendiamo il bus e arriviamo in periferia!
- E’ tardi ora… - commentò Kidou.
- Endou, dovresti tornare a casa prima di tua madre… - gli ricordò Kazemaru – Ci andiamo domani nella foresta.
Kazemaru esitò nel pronunciare la seconda frase, aveva una brutta sensazione, un’orrenda sensazione. Non sarebbe successo niente di buono. Ma Endou era davvero testardo.
- Allora a domani! – Endou sorrise.
Il ragazzo uscì dalla Royal, avevano davvero perso un sacco di tempo, ma almeno avevano scoperto qualcosa di interessante.
- Allora a domani – Fudou alzò la mano in segno di saluto e si incamminò verso la palestra della scuola, seguito da Sakuma.
Kidou, Kazemaru e Gouenji si lanciarono un’occhiata nervosa. Non potevano sicuramente lasciare Endou da solo.
I tre si salutarono – A domani…
Kazemaru si fermò davanti ad un negozio di elettrodomestici, trasmesso dalle TV in vetrina c’era il telegiornale.
 
Una strana nebbia si è alzata alla periferia di Tokyo.
Nessuno sa il motivo di questo fenomeno che molti definiscono inquietante.
Molti dicono di aver visto una strana casa in quella foresta, una vecchia ed enorme villa abbandonata. Le persone che l’hanno cercata, però, non hanno trovato niente.
Questo è davvero un mistero inquietante.
Molti ragazzi dicono di aver sentito anche delle voci provenire dalla foresta, ma non c’è nulla di accertato.
 
Ora passiamo ad altre notizie.
 
Kazemaru guardava ancora il televisore. Spaventato da quello che sarebbe successo.
Si, aveva paura. Paura di quella casa.
Paura di quello che poteva esserci dentro ad aspettarli.
Ma infondo, forse, avevano ragione  i telegiornali, se davvero c’era una casa non poteva essere di certo infestata.
Era una cosa scientificamente impossibile.
Avrebbero girato nella foresta senza trovarla per via della nebbia e sarebbero tornati a casa senza le lamentele di Endou nelle orecchie.
Il blu sospirò: non sarebbe successo niente di grave.
Stava solo cercando di auto convincersi: quella casa non avrebbe portato davvero nulla di buono, solo sofferenza e paura.
 

XXXXX

 

Treno in arrivo dall’Hokkaido.
Treno in arrivo dall’Hokkaido sul binario 3.
Tokyo, finalmente erano arrivati. Fubuki guardò suo fratello Atsuya dormire.
- Atsuya – mormorò – Svegliati, siamo arrivati.
Il ragazzo con i capelli rosa sbatté le palpebre e sbadigliò, aveva ancora sonno.
- Prendiamo le valigie. – disse Shirou sorridendo al fratello.
Il treno si fermò alla stazione, i due gemelli scesero dal treno.
Dovevano trovare Endou ora.
- Sono tornato, Tokyo. – commentò il ragazzo con i capelli argentati.
- Non vedo l’ora di conoscere questi tuoi amici Shirou! – esclamò Atsuya sorridendogli.
Uscirono da quella grigia ed enorme stazione.
Il vento era leggero, si sentiva l’arrivo della primavera.
Il sole ormai stava tramontando, Endou l’avrebbero cercato il giorno dopo, era ora di cercare un albergo economico dove passare la notte.
Sfortunatamente la stazione dove erano arrivati era in periferia, non in città.
L’aria era testa, le persone che abitavano da quelle parti sembravano spaventate.
- Non mi aspettavo questa nebbia. – commentò Atsuya.
- Nemmeno io. – rispose Shirou preoccupato. Sentiva che c’era qualcosa che non andava.
 
Foresta. Nebbia. Buio.
Tutte parole che ad una qualsiasi persone avrebbero preso il significato di “stai a casa e non entrare qui”.
Ma c’era qualcosa che diceva a Shirou e Atsuya di andare avanti. Cosa sarebbe successo?
- Shirou. – mormorò il rosa, aveva uno sguardo serio e angosciato – Non so se è una buona idea andare avanti.
- Neanche io lo so. – rispose l’altro – Ma c’è qualcosa che mi dice che dobbiamo arrivare al centro di questo bosco.
Fubuki ormai si fidava delle voci che sentiva nella sua testa – a volte pensava di essere davvero pazzo -.
Un passo, due passi, tre passi.
Davanti a loro un’enorme villa abbandonata. Le pareti  erano grigie – dovevano essere state bianche però, una volta.-
Le piante rampicanti si erano moltiplicate a vista d’occhio su quei muri. Le veneziane delle finestre erano chiuse, non avrebbero lasciato filtrare la luce del sole nemmeno se ci fosse stata. Uno di quei posti che si vedono nei film di paura.
La porta era gigantesca, di legno. C’era qualcosa di inquietante, di spettrale.
Una voce soave che li attirava verso il buio che c’era lì dentro.
Shirou e Atsuya si guardarono indecisi. Entrare o rimanere lì?

 

Non sapevano che quella decisione sarebbe stata la più importante della loro vita.

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Capitolo 3
*** Stupid Blond! ***


{Capitolo 2} Stupid Blond!


Cinque ragazzi erano seduti in treno, uno di quelli regionali che fanno percorsi di massimo 2 ore e dovrebbero passare ogni cinque minuti  - e che invece li vedi una volta ogni due ore-. Perdere quel treno avrebbe significato “niente Tokyo” per quattro di loro, per il biondino, il quinto, avrebbe significato “niente casa degli orrori dove divertirsi”.
Perché lui aveva una propensione ad andare dove erano i guai, quale matto sarebbe voluto andare in una casa che nessuno trova? Che tra l’altro si trovava in mezzo ad una foresta molto poco accogliente, avevano detto i passanti.
Quello con i capelli rossi e gli occhi verdi continuava ad infastidire il suo vicino di posto, un ragazzo dai lunghi capelli verdi legati in una coda e gli occhi color cenere.
- Smettila di infastidirmi! – esclamò dandogli uno schiaffo sulla spalla.
- Non essere così violento. – rispose l’altro mentre si  massaggiava il punto colpito.
Il ragazzo con i lunghi capelli biondi e occhi color rubino guardò fuori dal finestrino e sbuffò annoiato – Quanto ci mette questo coso ad arrivare? Ci perderemo tutto il divertimento.
Burn lo guardò accigliato – Divertimento? Troveremo solo guai.
- Per una volta sono d’accordo con il tulipano qui presente. – mormorò Gazel, più concentrato sul suo gelato che sui discorsi e le lamentele di Afuro Terumi.
- Gazel! – esclamò Midorikawa - Per favore vieni qui e tienimi lontano da Hiroto. – piagnucolò, Gazel non ne aveva l’intenzione, almeno finché non vide Hiroto mettere la mano sotto la maglietta del verde che avvampò.
- Stupido maniaco alzati di lì.
- Perché dovrei?
- Ti scaravento giù dal finestrino.
Midorikawa provò un grande sollievo quando il ragazzo con i capelli azzurri si sedette al suo fianco e quindi era finalmente lontano da Hiroto.
- Grazie. – mormorò.
Gazel non rispose, ma tornò a concentrarsi sul suo gelato azzurro – al sale marino – .
- Il mio vicino è diventato uno stalker rosso. – ridacchiò Burn.
Hiroto e Burn avevano un’amicizia bizzarra, molto bizzarra: un giorno litigavano furiosamente e l’altro erano complici di piani davvero idioti – spesso mandati all’aria da Gazel e Midorikawa -.
Erano imprevedibili, quella era la parola giusta per definirli quando erano insieme.
Gazel, Burn, Hiroto e Midorikawa erano andati allo stesso orfanotrofio quando erano piccoli e poi si erano trovati perfino a sfidarsi. Sembrava spezzato quel legame, che quando erano piccoli, sembrava così solido.
Invece Afuro – o Aphrodi – l’avevano conosciuto Burn e Gazel, cioè, erano stati  costretti a conoscerlo, giocavano nella stessa squadra ormai.
- Non manca molto. – mormorò il biondino.
 
XXXX
 
A casa Endou il telefonò squillò, Mamoru fece una corsa per afferrare il telefono prima di suo madre, che lo guardò confusa. Quando mai suo figlio rispondeva al telefono.
Il giorno prima era tornata e non lo aveva trovato a casa, si era innervosita e soprattutto preoccupata, non si sarebbe mai aspettata un comportamento del genere da parte di suo figlio.
- Endou? Sono Kazemaru – disse la voce dall’altra parte della cornetta –Alla fine ieri sei stato scoperto?
 - Kazemaru! – esclamò Endou – Si, ieri ho preso una bella strigliata da mamma.
Lo disse ridendo, anche se il giorno prima c’era rimasto male adesso sembrava aver capito il motivo della discussione che la madre aveva iniziato quando era tornato a casa.
La donna sorrise sentendo il figlio parlare al telefono con un tono di voce così felice.
Felice per cosa poi? L’aveva messo in punizione per tre settimane.
Tre settimane senza uscire, solo studio e soprattutto niente calcio.
Endou salì in camera sua e chiuse la porta.
Sua madre non doveva sentire per nulla al mondo quella telefonata.
- Allora oggi andiamo alla villa, okay? – chiese il castano abbassando la voce.
Kazemaru dall’altra parte del telefono non era molto convinto di quello che voleva fare l’amico, ma mica poteva lasciarlo da solo?
- D’accordo. – esitò – Chiamo Gouenji, Kidou e Fudou.
Chiuse la chiamata, Endou riportò il cordless al suo posto, sotto lo sguardo lievemente sospettoso della madre.
Adesso doveva trovare un modo per uscire senza farsi scoprire.
 
Kazemaru intanto stava chiamando gli altri compagni che sarebbero andati con loro a svelare il mistero.
Si sarebbero ritrovati tutti davanti alla foresta alle 17,00 in punto.
Qualcosa a quell’ora sarebbe cambiato. Il ragazzo con la coda di cavallo color cobalto si mise davanti uno specchiò e sbuffò, se ne sarebbe sicuramente pentito.
Però, con Endou sarebbe andato fino in capo al mondo, poco ma sicuro.
Appena furono le 16 e 30 sentì il citofono squillare: erano Gouenji e Endou.
Il ragazzo uscì e raggiunse gli amici.
- Ma non eri in punizione? – chiese quando vide Endou tutto sorridente che parlava con Gouenji di calcio – ovviamente -.
- Sono uscito dalla finestra del bagno. – rispose il capitano.
Gouenji scosse la testa sconsolato – E’ un caso perso. – mormorò.
- Già -.
- Abbiamo appuntamento con Kidou fra 15 minuti, quindi ci conviene avviarci verso casa sua. Lì ci sarà anche Fudou. – spiegò il biondo. Sia Endou che Kazemaru annuirono e iniziarono a camminare verso la casa del compagno.
 
XXXX
 
- Shirou. – mormorò Atsuya.
L’argenteo guardò ancora una volta quella casa, avvicinò la mano al legno della porta.
La maniglia era coperta di edera e alcuni rampicanti.
- Sembra uno di quei film di paura, non credi? – chiese ridendo nervosamente – Proprio uno di quelli.
Atsuya guardò il volto preoccupato e indeciso del fratello, e gli prese la mano.
- Sappi che se ci sarà bisogno ti proteggerò io! – esclamò sorridendo a Shirou.
Anche l’altro sorrise – Grazie.
Shirou bussò alla porta, avrebbe aperto qualcuno?
Con leggera sorpresa si accorse che la porta era aperta, peccato che prima non lo fosse…
- Insieme. – disse Atsuya – Andiamo, entriamo insieme!
I due fratelli avevano preso la loro decisione.
Entrarono in quella casa, l’atrio era davvero enorme, sembrava davvero una di quelle vecchie case da cui nessuno riusciva ad uscire.
Entrambi rabbrividirono quando sentirono la porta sbattere alle loro spalle.
Atsuya afferrò la maniglia e provò ad aprire: stavolta la porta era chiusa.
Guardò con terrore il fratello.
Lo riprese per mano e iniziarono a camminare per i corridoi di legno di quella mansione.
Avevano paura di entrare in una qualsiasi stanza…
Shirou aveva notato una cosa davvero strana: la luce era accesa… anche se lì non viveva nessuno.
- Forse per uscire dobbiamo trovare la chiave della porta. – ipotizzò Shirou.
Astuya annuì.
Poi sul suo viso si dipinse un’espressione di terrore, c’erano due occhi dietro suo fratello, due occhi e due mani. Cosa diamine era quella cosa ?!
- Shirou, corri! – esclamò il rosa prendendolo per un braccio e correndo via.
Quell’essere li stava seguendo.
- C-cos’è? – balbettò Shirou, anche lui spaventato. Atsuya scosse la testa.
- Non ne ho idea! Ma non sembra amichevole!
 

 

- Devo trovare un modo per tornare indietro! – esclamò il bambino con i capelli blu.
- Non puoi farlo!
- Si invece! Devo salvarlo!
Il ragazzo con i capelli argentati lo guardò triste, non avrebbe dovuto raccontargli quella storia.
- Ormai è tardi, non si può fare niente.
Mise una mano sul capo del bambino, aveva gli occhi arrossati.  L’altro si morse il labbro, non avrebbe davvero dovuto raccontare quella brutta storia ad un bambino.

 

XXXX
 
Il biondino alzò le braccia per stiracchiarsi.
- Finalmente siamo arrivati! – esclamò contento.
- Finalmente posso tornare ad abbracciare Midorichan! Burn non lo sopportavo più. – mormorò felice Hiroto mentre cercava di abbracciare il ragazzo con i capelli verdi.
Midorikawa gli mollò un sonoro schiaffo sulla testa – Lasciami in pace!
- Poi sarei io quello insopportabile. – mormorò l’altro rosso della compagnia.
- Anche tu lo sei. – disse piatto Gazel – Fate a gara tu e lui.
Burn non accettò di buon grado quello che aveva detto il compagno  e si arrabbiò – Anche tu sei insopportabile, stupido ghiacciolo!
- Chiamo Hera e gli dico che siamo arrivati! – cinguettò Afuro ancora super contento di essere arrivato a Tokyo.
Prese il telefono e digitò il numero, poi si bloccò.
- Che succede? – chiese Burn curioso.
Il biondo si rattristò – Non posso chiamarlo. Abbiamo litigato. – chiuse la telefonata e rimise il cellulare in tasca.
- Andiamo? – chiese, era tornato a sorridere.
Certo che quel biondino era davvero una persona particolare.
 
- Con tutta questa nebbia non vedo niente! – esclamò Hiroto – Midorichaaaaan!
- Sono qui, idiota! – esclamò il verde dandogli un pugno in testa – E leva quella mano!
Burn iniziò a ridere – Hiromaniaco dove tenevi la mano?
- Sapessi. – rispose lui malizioso.
Burn continuò a ridere. Conseguenza: fu picchiato anche lui insieme ad HiroManiaco.
- Certo che siete proprio ritardati voi due. – Gazel ne era sempre più convinto.
Perché aveva accettato di fare una cosa così idiota con dei tipi davvero stupidi – dire che avevano bisogno di uno psicologo era poco-.
Ad un certo punto i ragazzi sentirono uno strano rumore.
Burn appena capì cos’era successo riprese  a ridere come un’idiota – Il biondino è andato a sbattere contro qualcosa. – disse.
- Ahia! – si lamentò Afuro massaggiandosi il naso, poi alzò lo sguardo – Ehi, prima quella non c’era! – disse indicando l’enorme costruzione che sorgeva davanti ai suoi occhi rossi.
- Hai bisogno di occhiali, Afuro? – chiese Gazel fissando quella villa.
- Mi vengono i brividi. – mormorò Midorikawa.
- Ti proteggo io, Midorichan! – esclamò Hiroto, stranamente non lo disse con tono malizioso, forse non stava scherzando.
- La porta è aperta. – notò Burn.
Afuro cerco di vedere qualcosa dallo spiraglio che c’era essendo la porta di legno aperta, ma non vide nulla, solo tenebre.
- Andiamocene.- disse Midorikawa, sentiva che c’era qualcosa che non andava.
- Una sfida. – disse Afuro – Il primo che entra si fa tutto il giro della villa e poi esce vince! Non dovrà metterci meno di 3 ore. Sennò non vale. – disse sorridendo.
Gli altri lo guardarono come se fosse impazzito.
- Che ci giochiamo? – chiese Hiroto.
Il biondo fece spallucce.
- Quello che vince dovrà dare ordini a quelli che perderanno – disse Burn mostrando il suo sorriso beffardo –e  da essere superiore -.
- Okay! – esclamò Afuro – Io ci sto.
- Anche io! – aggiunse Hiroto.
Gazel e Midorikawa che si guardarono, chissà se stavano pensando la stessa cosa.
- Che idioti che siete. – mormorò l’azzurro.
Midorikawa annuì – già.
Si, stavano pensando la stessa cosa.
- Che noia che siete. – borbottò Burn – io comunque vado!
Il ragazzo con la capigliatura a tulipano aprì la porta ed entrò di corsa, seguito da Afuro.
- Sicuri di non voler venire? Potrebbe essere divertente. – Hiroto sorrise, non aspettò risposta, seguì anche lui gli altri due nell’oscurità di quella casa.
Midorikawa sapeva che non sarebbe successo niente di buono,per via del suo sesto senso, e probabilmente anche Gazel lo sapeva bene.
- Non possiamo lasciare quegli idioti girare dentro una casa sconosciuta. – mormorò Midorikawa.
Gazel inarcò un sopracciglio – Mi costa ammetterlo, ma è vero.
- Gazel. – disse Midorikawa – Restiamo uniti.
L’azzurro annuì – Non comportiamoci come quegli inetti.
Midorikawa cercò il sole, alzò lo sguardo, ma quello che vide fu solo nebbia.
Nebbia e alberi. Il sole non riusciva a vederlo da lì sotto.
E chissà se l’avrebbe mai rivisto.
Deglutì, poi fece un passo in avanti verso quella porta aperta, Gazel era dietro di lui.
Appena furono entrati la porta di legno si chiuse alle loro spalle con un cigolio temendo.
Gazel provò ad aprirla, ma nulla, era bloccata.
- Merda.
- Si è chiusa.
Adesso si che avrebbero dovuto avere paura.
- Se la casa  è abbandonata, perché la luce è accesa? – Gazel indicò il lampadario di cristallo dell’atrio, Midorikawa scosse la testa.
Dove diamine erano finiti?
Ora dovevano cercare Burn, Hiroto e Afuro. Ma qualcosa gli diceva che non sarebbe stato facile.
- Stupido biondo! – imprecò Gazel – Io lo ammazzo!
 
XXXXX
 
Kidou sentì il citofono suonare, andò a rispondere.
Ovviamente gli aveva risposto la voce irritante di Fudou Akio, avrebbe preferito mille volte sentire la voce entusiasta di Endou, che magari diceva un mucchio di idiozie, ma almeno non erafastidiosa.
- Scendo subito – mormorò. Si mise la giacca rossa e uscì di casa.
Proprio quando la porta si chiuse alle sue spalle arrivò un messaggio nella segreteria del telefono.
 
Fratellone?
Sono io, Haruna! Ti ho telefonato perché è da tanto che non ci sentiamo, da…
Lasciamo perdere.
Mi sto preoccupando sul serio.
Con tutte quelle notizie che arrivano dai telegiornali. Poi non essendoci gli allenamenti non abbiamo molte occasioni di vederci.
Cerca di non andare a cercare guai, fratellone.
Ora vado, ci vediamo presto.
Richiama quando senti il messaggio, per favore.
 
Chissà, se avrebbe mai sentito quel messaggio,,.. soprattutto perché stavano palesemente andando a cercare guai.
 
 
Appena Endou vide il ragazzo con gli occhialini lo salutò.
- Ciao ragazzi.
- Siete pronti? – chiese Endou eccitato – Io non sto più nella pelle.
Fudou lo guardò accigliato – Tu sei strano davvero. Contento di entrare in una foresta per cercare una villa fantasma.
- Ehi! Sei tu che mi hai fatto venire l’idea! – esclamò il capitano.
Fudou scosse la testa – Non ti sto costringendo ad andare, Endou.
- Smettetela e andiamo.- s’intromise Gouenji – Potrebbe farsi tardi dopo.
 
 
Dopo aver cercato un paio d’ore, avevano finalmente trovato la casa.
- Ora possiamo tornare indietro. – mormorò Kazemaru.
Ambiente spettrale.
- La porta è aperta – disse Fudou.
Kidou lo maledì per averlo fatto notare ad Endou.
Gouenji invece si soffermò su delle impronte lasciate dal fango, conducevano dentro.
- Qualcuno è stato qui di recente. – disse pensieroso.
Magari poche ore prima era entrato qualcun altro.
Ecco perché la porta era aperta.
Endou si affacciò dentro – Non c’è niente. – mormorò deluso.
Poi vide una fioca luce venire da lontano. Entrò senza neanche pensarci.
- Endou! – esclamò Kazemaru.
Gli altri quattro varcarono la porta di quella casa per riportare indietro Endou.
Brutta sorpresa: la porta era blindata.
Kazemaru sudò freddo. La sua sensazione. Avrebbe dovuto ascoltarla. 

 

Una foresta. La nebbia. Una villa nascosta. Degli occhi. Delle mani. Una chiave.
 
La casa dove non sareste dovuti entrare, nessuno di voi.
 
Quella porta non si aprirà più. Chissà dov’è la chiave. Nessuno l’ha mai trovata.
 
È ora di iniziare lo spettacolo.




 

*Angolo di Camy*
SalveH
Aggiorno oggi - di solito non sono così veloce - perchè fino a Domenica non potrò scrivere nulla :'D
Dal prossimo capitolo inizio a divertirmi davvero :D - Gli inazumiani no in effetti-
Endou e Afuro sono due idioti X°°
Devo scappare perchè devo pranzare (?)
I'm sorry!
Grazie per le recensioni çç davvero, grazie!
Camy

Prima di lasciarvi vorrei dirvi alcune pairing di questa fic :3
EndoKaze/GouFubu/HiroMido/BanGaze le altre ve le dirò il prossimo capitolo çç e mi dispiace ma non credo ci sarà l'AtsuAfu - ma sto scrivendo una OneShot sui quei due- e nemmeno la FudoKido :'D
Scusate çç Scusate, adesso potete linciarmi çç

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Capitolo 4
*** Shadows Game ***


{Capitolo 3} Shadows Game

 
 
- Endou, rallenta il passo. – mormorò Kazemaru guardandosi intorno.
Quel posto lo faceva stare male.
Luci accese, pareti in legno ben tenute, scale perfette, per salire ad un piano di sopra che avrebbe preferito non vedere, i pavimenti non sembravano eccessivamente deturpati.
Erano solo un po’ graffiati, si vedeva che erano abbastanza vecchi…
Però era eccessivo dire che era una villa abbandonata solo perché c’era l’edera sui muri esterni.
- Sembra una casa “normale”. – commentò Gouenji – La luce c’è, ed  è tutto in ordine…
Appena entrati avevano imboccato un grande corridoio sulla destra, ma finora avevano incrociato solo porte chiuse a chiave.
Endou si avvicinò all’ennesima soglia, nella speranza che si aprisse. E così fu, appena il moro abbassò la maniglia, la porta si aprì.
La porta in legno cigolava, quella sì che doveva essere vecchia!
Il ragazzo con la fascia arancione tra i capelli superò l’uscio della porta e si trovò faccia a faccia con un’enorme stanza: una sorta di biblioteca.
- E’ davvero immensa. – mormorò a bocca aperta e con gli occhi sgranati.
Kazemaru e Gouenji annuirono.
- Kidou, Fudou cosa ne pensate? – il ragazzo con i capelli a porcospino si girò per avere una risposta, ma i due ragazzi non c’erano più.
Gouenji mise una mano sulla spalla di Kazemaru che si voltò verso di lui.
- Spariti. – sussurrò l’attaccante della Raimon – Sono spariti.
Kazemaru non riuscì a dire niente, un urlo agghiacciante squarciò l’aria.
- Cosa diamine?!
Endou si sforzò nel sorridere – Vedrete che è solo uno stupido scherzo.
Scherzo a cui lui credeva, perché stava tremando come una foglia, non che i suoi compagni fossero più tranquilli.
- Dobbiamo andarli a cercare, non abbiamo scelta! – esclamò Kazemaru.
La porta della biblioteca si chiuse alle loro spalle.
Di fronte a loro c’era un tavolo: sopra c’era una lettera ammuffita dal tempo.
Si avvicinarono cautamente e Endou prese in mano la lettera.
- Stai attento. – gli raccomandò Gouenji.
Il moro annuì.
Dentro la busta c’era qualcosa. Una chiave.
- Chissà  a cosa serve. – mormorò il ragazzo curioso.
- Vedi se sta scritto qualcosa… - Kazemaru era abbastanza preoccupato.
Quella chiave non sembrava quella dell’ingresso. Troppo piccola per esserlo.
 
Qualcosa di finto troverai se al punto più alto, indenne, arriverai…
 
Il resto della lettera era illeggibile. Ormai troppo rovinata dal tempo.
Chissà in quale assurdo gioco erano capitati.
 
                                                                                           ******

Kidou continuava a guardarsi intorno, stava seguendo Endou, Gouenji e Kazemaru e dopo aver girato per un corridoio non li aveva più visti.
Erano come spariti nel nulla.
Fudou era alle sue spalle, sembrava piuttosto tranquillo.
- Secondo te dove sono? – chiese il ragazzo con i rasta, l’altro scosse la testa.
- Questa casa è troppo grande per poterlo dire…
Kidou sbuffò. Sakuma si sarebbe accorto della loro assenza e sarebbe andato a cercarlo con Genda, magari avrebbero tenuto fuori Haruna per non farla preoccupare.
Kidou avrebbe sicuramente preferito sapere che sua sorella era al sicuro a Tokyo piuttosto che in un bosco senza uscita per cercarlo.
- Se anche dovessero cercarci non è detto che riuscirebbero a trovare la casa.-  disse Fudou, più a sé stesso che al suo compagno.
Ma comunque lui non era mai stato uno che contava sull’aiuto delle persone, preferiva fidarsi solo di sé stesso.
- Hai un telefono? – chiese Fudou improvvisamente.
Kidou annuì  e lo prese dalla tasca – C’è poco campo, ma la batteria è al massimo…
Era un po’ riluttante all’idea di farglielo usare, però era una situazione poco sicura e se aveva un’idea per uscire da lì allora doveva fidarsi, almeno un po’.
- Chi chiami? – chiese Kidou.
- Il pinguinomane.
La linea era libera, solo un po’ disturbata, ma si sarebbe dovuta sentire abbastanza chiara la voce che avrebbe risposto dall’altra parte.
Peccato che non rispose nessuno.
Fudou riprovò ancora una volta. Strinse i pugni innervosito – Maledizione.
Kidou stava per replicare e dire qualcosa ma venne interrotto da un urlo, una voce familiare…
 
                                                                                          *******
 
Shirou tremava,  aveva la schiena appoggiata al muro e la mano sulla maniglia fredda e dorata della porta.
Atsuya invece era seduto sul pavimento,  lucido e decorato con mattonelle blu mare.
La porta era a vetro,  e  il mostro in quel momento sembrava non esserci; forse la sua attenzione era stata catturata da qualcos’altro.
- Almeno ha la decenza di non entrare nei bagni quando ci sono altre persone. – commentò Atsuya indicando la vasca e la tazza da bagno in marmo bianco.
- Non è divertente.
- Cercavo di sdrammatizzare un po’. – disse Atsuya facendo spallucce.
- Infondo c’è solo un mostro sconosciuto che ci stava seguendo…
Atsuya si alzò e si affiancò al fratello, poggiò un orecchio vicino al vetro.
Non si sentiva nessun  rumore, solo il loro respiro.
- Usciamo da qui, Atsuya…- mormorò Shirou.
- La porta si è chiusa… - Atsuya aprì il rubinetto del lavandino, evitando di fare troppo rumore, e si sciacquò il volto  madido di sudore.
- Allora ci deve essere una chiave…
I due gemelli annuirono – già, una chiave… - sussurrò Shirou.
Il suo respiro era tornato regolare, i battiti del cuore erano tornati stabili.
Ma la paura era rimasta…
 
Erano passati 20 minuti circa, o almeno così aveva calcolato Atsuya.
Ma in quella casa anche il tempo poteva essere impazzito.
Prese un lungo respiro, mise la mano sulla maniglia: era il momento di uscire.
Mise cautamente un piede oltre l’uscio della porta, Shirou che lo guardava terrorizzato.
Non c’era nessuno.
Vide solo un’ombra allontanarsi nel buio e sparire. Per questa volta avevano evitato i guai. Ma nessuno gli assicurava che quel mostro blu non sarebbe tornato.
- Atsuya, stiamo sempre vicini.- disse Shirou.
Il suo sguardo si era fatto serissimo e non aveva alcuna intenzione di morire in quella lugubre e sconosciuta villa.
Chissà quante persone avevano già perso la vita lì dentro…
 
                                                                                      ******

Afuro camminava per i corridoi più bui della villa, continuava a rigirarsi fra le mani il suo cellulare: era indeciso, terribilmente indeciso.
Chiamare Hera e scusarsi oppure no?
Poi scosse la testa, lui non avrebbe chiesto scusa a nessuno, tanto meno a quel bastardo che non faceva che ignorarlo!
Non gli avrebbe dato quella soddisfazione, per nessun motivo al mondo.
Girare da solo lo rendeva inquieto, c’era uno strano alone di mistero.
L’odore della casa era simile a quello dei detersivi per il pavimento, come se fosse stata pulita.
Il problema era che una casa disabitata non si pulisce da sola.
Afuro sentiva solo il rumore dei suoi passi sul pavimento, si fermò un attimo: si sentiva osservato da qualcosa, o qualcuno.
Continuava a sentire dei passi, erano pesanti. Il biondino iniziava a preoccuparsi.
Non era stata una grande idea fare quella sfida…
Doveva rimanere in quella villa almeno tre ore, sarebbero sembrate un’eternità.
I passi non si arrestavano, continuavano ad andare nella sua direzione e adesso Afuro percepiva anche l’aria appesantirsi.
Non c’era nessun dubbio, c’era qualcuno che gli faceva compagnia, e non doveva essere una persona molto piacevole…
Sempre se era una persona.
Il biondo riprese a camminare, era entrato in una stanza che doveva essere il luogo dove dormivano i proprietari.
Una stanza da letto.
Sentì il cigolio della porta, la stavano aprendo!
Si nascose velocemente sotto il letto e trattenne il respiro per qualche secondo.
Davanti al letto si era fermata una creatura dalla pelle graffiata e blu.
Il suo cuore accelerò i battiti.
Afuro mosse la mano verso il suo viso, per poter riprendere a respirare.
Quel mostro aveva portato un tanfo assurdo.
Mentre muoveva la mano, sentì una specie di maniglia.
Era steso sopra una botola di legno. Ad un tratto Afuro sentì il letto alzarsi sopra la sua testa.
Si trovò faccia a faccia con quel mostro. Ao Oni, così l’avrebbe chiamato più tardi.
Si alzò di scatto e aprì velocemente la botola.
Ci si butto dentro senza esitare. Urlò, magari qualcuno lo avrebbe sentito.
In quel istante pensò che non voleva morire, non prima di aver incontrato ancora una volta gli occhi limpidi e violetti della persona che amava.
Hera.

****** 

- Cerca di non inciampare nelle scale. – gli raccomandò Hiroto.
Lui e Burn avevamo trovato una rampa di scale che portava al piano di sopra e avevano deciso di andare ad esplorare quello che c’era sopra di loro.
I due rimasero in silenzio.
- Mi sembra di aver sentito una voce familiare.- mormorò il rosso.
Hiroto  fece spallucce – Non lo so, adesso sali e non fare storie!
Burn sospirò.
 
Quando furono al primo piano si trovarono faccia a faccia con una mappa, mal disegnata, della casa.
Burn indicò un punto – Dovremmo essere qui, no?
Hiroto annuì – Dovremmo.
I due si guardarono.
- Andiamo in qualche stanza! – esclamò Burn – magari troviamo qualcosa d’interessante, no?
L’altro rosso annuì.
 
- Apro? – chiese il ragazzo con gli occhi miele, aveva già la mano sulla maniglia della porta.
Hiroto annuì – Si, entriamo.
Davanti a  loro si apri una stanza non molto grande.
Il pavimento era in legno, e c’erano una scrivania fatto dello stesso materiale, però un po’ più scura e  un armadio sempre di legno.
Sul pavimento era poggiato un piccolo tappeto rosso che non doveva avere più di 15 anni, più o meno.
Sulla scrivania c’era un fazzoletto, sopra c’era una scritta sbiadita.
 
Attiro il rosso.
 
I due rimasero perplessi e interdetti a leggere quella frase.
Decisero di prenderlo e metterlo in tasca. Poteva essere un indizio.
 
                                                                                                   *******
 
Una chiave.
Ora per uscire serviva quella. Hiroto, Burn e Afuro sicuramente non lo sapevano.
Se n’era andati troppo velocemente. Quegli idioti imprudenti.
E ora chi era che era rimasto chiuso lì dentro? Lui e Midorikawa. Per colpa loro.
Midorikawa intanto cercava qualche cosa che attirasse la propria attenzione.
Un’ombra.
Un’ombra su di una porta di vetro.
- L’hai vista? – farfugliò rivolgendosi a Gazel e indicando la porta. L’azzurro scosse la testa, stava pensando ad altro. Il ragazzo si avvicinò alla porta e cercò di aprirla, ma era evidentemente chiusa.
-Non si apre.- commentò il ragazzo dai capelli verdi.
-Proviamo con quella porta laggiù, alla fine del corridoio.- disse Gazel indicando un’altra porta.
Midorikawa aprì la seconda porta. C’era un bagno. Era piccolo, aveva solo un gabinetto, dalla tazza rosa carne.
Bizzarro.
Le mattonelle del pavimento erano bianche, neanche un filo di polvere le ricopriva e nell’aria c’era odore di pulito.
Midorikawa superò Gazel e raccolse un oggetto che stava a terra.
- Sapone. – disse.
Sopra quel minuscolo oggetto roseo c’era una parola.
 
Servo per il rosso.
 
Gazel sospirò. Il mistero s’infittiva. Ma con questi indizi sarebbero arrivati a trovare la chiave per scappare?
Midorikawa si mise il sapone nella tasca dei pantaloni, uscirono entrambi da quel bagno, la porta richiudendosi  fece un cigolio inquietante. 
 

Era solo il principio. Solo l’inizio di questo lungo gioco.
Gioco d’ombre, di paura e sangue.






 *Angolo di Camy*
BuongiornoH
E' da stamattina che cerco di finire e postare questo capitolo D:
Devo ringraziare mio fratello Ren, che mentre cucinavo mi ha corretto un po' quello che avevo scritto.
Se non ci fosse lui **
Anche se ci picchiamo sempre, gli voglio bene lo stesso.
Comunque la casa dove sono finiti non sarà uguale a quella del videogioco - perchè non me lo ricordo tutto per filo e per segno D:
E anche la trama, prenderà un  trama un po' diversa, ma devo personalizzare la fic, no? 
Bhè, spero di aggiornare presto.
Ultimanente sto scrivendo un sacco di roba, mi metto sempre nei guai io °A°""
Grazie per le 8 recensioni del capitolo scorso ** Ringrazio tutti quelli che hanno letto e, appunto, recensito! 
Ora vado a lavorare alla mia fic con OC, già, ne avevo in mente una e spero che quando sarà il momento vorrete aiutarmi con i vostri personaggi =3
Ora vado davvero!
Camy

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Capitolo 5
*** The Piano ***


{Capitolo 4}  The Piano

 
Afuro si rimise in piedi a fatica. Aveva fatto davvero un bel volo, all’inizio aveva creduto di essere morto, ma poi aveva riconosciuto le pareti, l’odore di pulito di quella casa e aveva sospirato.
Era ancora lì dentro e non aveva idea di cosa potesse fare.
Di fronte a lui c’era un grande pianoforte grigio, aveva una patina di polvere sulla superficie, ma la cosa che lasciò perplesso Afuro fu un’altra: sui tasti d’avorio di quello strumento c’erano tracce di sangue.
Sangue secco. Gocce che non erano arrivate a toccare terra.
Afuro si sedette di fronte alla tastiera del pianoforte, sul morbido cuoio dello sgabello.
Era spaventato e allo stesso tempo curioso: qualcuno era stato lì prima di lui e forse non era nemmeno uscito vivo.
Sotto ad una crosta di sangue notò un’incisione, ma non si riusciva a capire di cosa si trattasse. Maledisse il fatto di non avere fazzoletti o acqua, avrebbe potuto pulire via quel rosso e dare un senso ai segni che  intravedeva sui tasti.
Con un dito seguì il profilò di uno dei tasti neri, appena lo sfiorò sentì qualcuno battere contro la porta. Rimase lì immobile, spaventato. Qualcuno urlava fuori la porta.
“E se fosse il mostro?”pensò il biondo. “Aspetta… No! Queste urla… Riconosco una  voce! E’ Fubuki!”
Corse verso la porta e cercò di aprirla, ma sembrava bloccata.
-Fubuki! Sono Afuro! La porta è bloccata! Cerco qualcosa per aprirla!- Urlò al suo amico.
Subito si mise a cercare per la stanza un qualche strumento utile, ma niente. Sembrava che quella porta fosse destinata a non aprirsi.  La paura di Afuro continuava ad aumentare, ed era aggravata da quelle  grida che gli imploravano di fare in fretta.
In realtà non era spaventato dalle urla in sé, ma dalla possibilità che quelle urla potessero cessare sotto la terribile forza di quel mostro.
“Aspetta!”Afuro si girò verso il pianoforte. Era l’unica cosa che non aveva ancora toccato.
“Forse…! Ma certo!”Afuro corse verso il piano e cominciò a premere tutti i tasti uno dopo l’altro. Quando tocco il “la” bemolle dell’ottava centrale, la porta si aprì e i due gemelli entrarono di corsa nella stanza e la porta si chiuse di scatto, come se fosse animata. Almeno per ora, erano salvi.
Quando la porta si richiuse alle loro spalle, si sentì uno strano rumore metallico.
I tre ragazzi guardarono la porta, stupiti.
Qualcosa gli diceva che quel “la” non avrebbe aperto più nessuna porta. 

*******

- Merda! – Burn aveva appena preso in pieno un tavolino di legno e adesso si massaggiava il ginocchio.
Ad Hiroto era scappato un risolino.
Anche se in realtà stava ancora pensando al fazzoletto che avevano trovato.
- Cerca di non farti uccidere dalla mobilia. – mormorò Hiroto.
- Divertente.- commentò Burn.
Non sapevano dove fossero e cosa dovessero fare, e nemmeno dove andare.
L’unico indizio che avevano era quel fazzoletto con  quella strana scritta sopra.
Decisero di fermarsi un momento a ragionare, peccato che di tempo non ce n’era, quando uno si blocca è perduto.
- Hiroto. – Burn si era fermato davanti ad una strana traccia sul muro, ci passò una mano sopra.
- Burn guarda! – il ragazzo indicò una porta di legno marcio, sembrava non essere stata toccata da tempo.
I due ragazzi ci misero un po’ ad aprire quella porta, infatti l’anta sembrava essersi incollata al terreno e non si decideva a muoversi.
Appena sentirono il rumore della porta che finalmente si apriva, in sottofondo si sentì il suono di un piano forte. Una melodia dolce e allo stesso tempo malinconica.
I due si guardarono negli occhi, l’anta era aperta leggermente.
Burn si chinò per vedere cosa ci fosse all’interno: un grosso mostro blu era in piedi, girato di spalle. Ciondolava avanti e indietro e con lo sguardo cercava qualcosa che non c’era.
Un urlo strozzato si disperse per la villa o, forse, era stata solo la loro immaginazione.
Hiroto che non vide quella scena prese Burn per il gomito e lo trascinò dentro.
Gli occhi del rosso si riempirono di spavento, sensazione che sparì appena vide che in quella stanza dalle pareti color sangue, non c’era nessuno.
Nessuno.
Nemmeno il compagno che lo teneva per il braccio qualche secondo prima.
 
Hiroto continuava a scrutare quella strana stanza dalle pareti color mare, a terra c’era un tappeto polveroso e sporco e di fronte a lui c’era una scrivania ebano.
Era abbastanza spoglio come luogo.
Prese il fazzoletto che aveva in tasca e lo fissò ancora una volta, poi pensò a Burn.
Non poteva essere sparito, era stato al suo fianco appena un momento prima.
L’inquietudine lo assalì.
Aveva detto di aver sentito un urlo, aveva detto di aver visto qualcuno…
Hiroto non sapeva più a cosa credere, i suoi occhi non sembravano più tanto attendibili. Sospirò e si sedette alla scrivania, esausto.
Aveva provato a riaprire la porta, ma niente. Sembrava aperta da fuori e chiusa da dentro. Una cosa che a sentirla è davvero assurda.
Anche il rumore del pianoforte era cessato, rendendo quel luogo ancora più inquietante. Adesso non gli restava che andare avanti, attraverso quella porta nera  che fissava da più di cinque minuti, senza toglierle gli occhi di dosso. 

********

Gazel era fermo davanti ad un muro. C’era una macchia rosso scuro sul muro. Aveva tutto per far pensare a sangue secco. Ci passò adagio un dito sopra, come se potesse farla sparire da lì.
Midorikawa lo guardava pensieroso, rifletteva su quello che avrebbero dovuto fare e  su quella piccola saponetta che avevano trovato nel bagno.
Un indizio per scappare. Questo era sciuro.
La loro attenzione fu richiamata dal suo melodioso di un pianoforte. Forse tutti in quella casa lo stavano ascoltando. Forse era l’unica cosa che li teneva collegati ai loro compagni. Pensarla così li faceva stare meglio, anche perché si presupponeva che gli altri fossero vivi e vegeti.
Il suo dello strumento li portò fino ad una porta di legno marcio, sembrava abbastanza scomoda da aprire, ma dovevano provarci.
Una sola, forte spinta e la porta si aprì. Gazel e Midorikawa avevano preso una rincorsa e sentendo il legno cedere facilmente al loro contatto, furono inghiottiti dall’oscurità della stanza.
Midorikawa chiuse gli occhi, li riaprì solamente quando sentì delle mani calde afferrarlo. Era qualcuno che era venuto a prenderlo per ucciderlo?
No, era solamente un ragazzo dagli occhi verde smeraldo e i capelli rossi. Era, grazie al cielo, Hiroto che gli aveva appena impedito di cadere faccia a terra.
Adesso gli rivolgeva un sorriso stentato, probabilmente per rassicurarlo. Midorikawa arrossì, però si sentì molto sollevato a vedere il proprio compagno lì.
Peccato che Gazel fosse sparito.
Gli occhi color cenere del ragazzo vagarono per la stanza, stupiti e intimoriti.
- Gazel? – chiese con un fil di voce.
Hiroto scosse la testa – Anche lui, come Burn, è sparito… - mormorò, cercava di trovare un collegamento a quei due avvenimenti.
 
Burn fissò stranito il ragazzo che era seduto sul tappeto. Quella porta si era aperta per una frazione di secondo, poi si era richiusa, bloccata.
Il ragazzo dagli occhi di ghiaccio lo stava fissando diffidente, quasi pensasse che ci fosse un estraneo davanti a lui.
- Gazel? – mormorò Burn, si avvicinò per toccargli una guancia, ma l’altro gli diede un pugno.
- Non toccarmi cavolfiore! – esclamò irritato.
Si, era davvero Gazel, o forse no. Burn non poteva essere più sicuro di niente in quella casa.
- Non è che sei Hiroto travestito da Gazel?
- Non è che sei più cretino di prima?
Hiroto non gli avrebbe mai risposto così. Doveva essere per forza il suo amato ghiacciolo – al sale marino -.
I due si fissarono per un altro paio di secondi. Poi indicarono la stessa porta nera, alle spalle del rosso e decisero di andare avanti.
Gazel mise la mano sul pomello e sospirò. O la va o la spacca.
La porta si aprì subito, ancora una volta non si vedeva la luce, solo oscurità, nient’altro che quella.
 
Erano due stanze parallele, se andavano tutti e quattro avanti si sarebbero incrociati.
 
Hiroto sorrise quando vide Burn e Gazel camminare nella loro stessa direzione.
Non sapeva come fosse possibile che fossero lì, però era sollevato.
Al sua fianco Midorikawa sembrava non essere più debole e indifeso, non aveva assolutamente la voglia di morire lì.
Quando s’incrociarono tutti e quattro non dissero nulla: sapevano che nessuno di loro avrebbe saputo dare una spiegazione a quello che era successo. Era impossibile.
Loro erano semplicemente capitati in una casa fuori dal normale, avevano voluto sfidare chi ci abitava. Ora stavano giocando, non potevano tirarsi indietro.
Di fronte a loro c’era un’altra porta, stavolta era molto grande, a vetri.
Da dietro proveniva il suono del pianoforte che avevano già sentito. Erano curiosi di sapere chi stava suonando, chi stava provando a riunirli tutti lì dentro.
Hiroto fece il primo passo. Stavolta ad aspettarli c’era una luce.
Quando furono fuori da quel lungo e stretto corridoio, la porta si chiuse con un grosso tonfo, la serratura si chiuse, da sola, in automatico.
Di fronte a loro, seduto al piano, c’era un ragazzo conosciuto, dai lunghi capelli biondi e gli occhi rubino. Non poté non fare un sospiro quando vide entrare in suoi quattro amici. Sollevato che fossero lì vivi, sollevato che non fosse entrato qualcun altro. Anche i due gemelli Fubuki ebbero la stessa reazione. Poi Shirou alzò la mano in segno di saluto e Hiroto ricambiò con un sorriso stanco.
 

*********

Ormai quel grido si era perso, inghiottito dai muri di quella grande casa.
Eppure Kidou era convinto che per arrivare dagli altri dovesse seguire quel suono agghiacciante. Era la loro unica possibilità.
Fudou lo seguiva. Ormai aveva capito dove aveva intenzione di andare o, almeno provava ad arrivarci.
Adesso sentivano solo il rumore dei loro passi. Anche quelli rendevano l’atmosfera inquietante e lugubre.
Ovunque andassero c’erano solo lunghi corridoi, flebili luci e lampadari ormai troppo vecchi per tenersi ancora attaccati al soffitto. Porte chiuse, alcune che sembravano nuove, altre ormai, stavano cedendo del tutto.
Ogni tanto si intravedevano delle finestre, ma sembravano affacciare sul nulla. Da fuori si potevano solo osservare dei rampicanti dai  quali fuoriuscivano lunghe spine.
Erano come le sbarre dei carceri, forse più pericolose.
Fudou lo prese per il mantello e lo fermò – La voce veniva dall’altra parte. – disse.
Kidou non sembrava tanto convinto. Davvero, adesso, non sapeva quale fosse la strada. Se la sua unica via di fuga era seguire Fudou, l’avrebbe fatto.
Se tutto ciò fosse successo anni prima, allora sarebbe andato per la sua strada, ma ora c’era sicuramente qualcosa di diverso. Si potevano definire amici, forse.
Ma ora non era il momento di pensare a quelle cose, dovevano sbrigarsi. Perché se qualcuno aveva urlato, ci doveva essere un motivo valido.
Un motivo valido che ora era alle loro spalle. Aveva un alito pesante e la sua prestanza fisica era avvertita anche se loro erano girati di spalle.
Li aveva trovati. Ora loro dovevano cercare  una tana dove salvarsi. Un incrocio tra nascondino e acchiapparello. Peccato che chi venisse preso non aveva possibilità di essere liberato.
L’unica cosa che i ragazzi ricordavano di quella corsa era lo spavento, il rumore dei passi di quello che forse una volta era stato un uomo, forse il proprietario della villa, i loro respiri affannati.
Una porta aperta. Ci si fiondarono dentro. Il letto era spostato e faceva vedere una botola nel pavimento.
Perché pensarci due volte? Male che fosse andate, sarebbero morti nell’oblio di una prigione.
Loro non urlarono, aspettarono in silenzio che quella caduta avesse fine, l’ultima cosa che vide Kidou furono i grandi occhi del mostro che li fissava imperterrito da sopra la botola.
Dopo qualche secondo sentì la terra sotto i piedi, Fudou gli stava tendendo una mano per rialzarsi, lui la prese. Intorno a loro c’era i due gemelli Fubuki, Afuro, Burn, Gazel, Hiroto e Midorikawa.
Mancavano all’appello le persone con cui aveva fatto irruzione in quella villa maledetta.
 
Erano quasi tutti lì, ma nessuno gli diceva che in quella stanza, l’Ao Oni non potesse entrare. Stava ancora aspettando la riunione generale, e mancava ancora qualcuno all’appello.
 

********* 

- Secondo te esiste un modo per tornare indietro? – il bambino dai capelli violetti lo fissava serio.
- Ti ho detto si smetterla, non devi pensare a queste cose. – l’uomo dai capelli argentei gli accarezzò i capelli.
Il bambino ci pensò su qualche secondo, appena il suo maestro si fosse allontanato, sarebbe andato in quella casa misteriosa. Se c’era un posto dove forse si poteva cambiare il passato, allora era proprio quello.
Lui, Yukimura, avrebbe salvato Atsuya Fubuki dall’incubo di quella casa.
Stavolta il suo maestro non l’avrebbe fermato e avrebbe potuto vedere il sorriso di entrambi. Forse sarebbero stati come una piccola famiglia. 

******** 

Il punto più alto. Indenne. Avrebbero trovato qualcosa.
Quelle parole continuavano ad essere nella sua testa, non pensava ad altro.
Adesso continuava a salire su per le scale fino ad arrivare a quel famigerato traguardo scritto nella lettera.
Poi pensava alla chiave. Pensava a cosa avrebbe potuto aprire. Era curioso di sapere, ma doveva aspettare.
Gouenji e Kazemaru erano poco più dietro di lui e lo osservavano preoccupati.
- Secondo te cosa pensa? – chiese il ragazzo dai capelli color cobalto.
Shuuya ci pensò su qualche secondo – Che se ci succede qualcosa sarà colpa sua.
Endou era fatto così, sapeva prendersi le sue responsabilità.
Però spesso tendeva ad esagerare sempre.
- Siamo quasi al punto più in alto. – mormorò guardando verso il tetto della casa. Quella era l’ultima rampa di scale. Peccato che ci fossero un sacco di porte e loro non avevano idea di dove dovessero entrare. Varcare la soglia sbagliata avrebbe potuto benissimo condannarli tutti.
- Endou, secondo te dove dovremmo andare?
Kazemaru lo guardò con aria interrogativa, il capitano della Raimon scosse la testa.
Non ne aveva la più pallida idea.
- Siamo nel punto più in alto. – mormorò.
Shuuya si guardò intorno – Forse no.
Sul quel piano c’era una finestra aperta, un soffio di aria gelida l’aprì di colpo e andò a scontrarsi con una porta semi aperta.
Il legno si scontrò con il muro, rivelando delle altre scale.
I tre ragazzi le percorsero lentamente, entrarono in una stanza anch’essa aperta.
Un’altra porta.
Endou sospirò e l’aprì. Shuuya e Kazemaru rimasero immobili.
Dietro la porta c’era il muro. La maniglia venne via dal buco sopra la serratura e Endou se la trovò in mano.
Un’incisione. 

La maniglia della sicurezza.

 
I tre si guardarono sbigottiti. Poi sentirono un flebile suono di pianoforte.
Era lì che dovevano andare. Qualcosa gli diceva che ci  sarebbero stati anche gli altri.

 

_______________________________________________________________________


*Angolo dell'autrice*
GiornoH
Perdonate il ritardo e i tanti errori che ci saranno X°
Il ritardo è dato dal fatto che sono una demente X° gli errori dalla stessa cosa, poi non ho il tempo di rileggere il capitolo, oggi.
Se trovare errori ditelo. Ho voluto postarlo ora, però, perchè vi ho fatto attendere troppo :)
Spero davvero di riuscire a sistemare la scaletta della storia così da poter scrivere più facilmente ;)
Grazie per le recensioni dello scorso capitolo, spero di vederne tante anche per questo ;)
E cercherò di rispondere :') 
Grazie ancora di tutto <3
Al prossimo capitolo - se i nostri eroi non mi uccidono prima -
Camy 

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Capitolo 6
*** Hints and Partial Solutions ***


{Capitolo 5}
Hints and Partial Solutions

 
Camminavano molto velocemente. Percorrevano il sentiero intrapreso prima, ma all’inverso. Ad ogni rampa di scale il loro cuore aumentava un battito.
Avevano timore di poter trovare una brutta sorpresa dietro ogni angolo di quella casa misteriosa. Il suono del pianoforte si faceva sempre più forte, faceva loro da guida.
Endou si girò a guardare la rampa di scale appena terminata, aveva sentito degli strani passi venire nella loro direzione. Aveva un brutto presentimento.
- Endou, sbrighiamoci. – lo riprese Gouenji, lo afferrò per un braccio e lo trascinò giù per percorrere gli ultimi gradini.
Kazemaru, intanto, diventava più inquieto ogni passo che faceva. Non era sicuro che seguire quel suono fosse la cosa più giusta da fare.
Ma avevano altra scelta? No, nessuna.
Quella melodia fluida e malinconica rendeva quei corridoi ancora più spaventosi.
Sembrava che il nulla fosse pronto ad inghiottirli da un momento all’altro.
 
Il dubbio più grande s’insinuò nella mente di Endou quando i tre ragazzi si ritrovarono davanti alla stanza dalla quale  sembrava provenire la musica.
Rimasero in silenzio.
- Dobbiamo andare. Vedrai che andrà tutto bene. – mormorò Kazemaru. Il suo tono di voce, però, tradiva un certo timore. Nemmeno lui credeva alle parole appena uscite dalle sue labbra.
Shuuya mise una mano sulla maniglia e aprì.
Il cigolio della porta congelò loro le vene. Un respiro e  poi dentro.
 
Afuro li guardò perplesso Shirou, invece, si sentì stranamente sollevato quando vide i suoi amici entrare nella sala del pianoforte. Quindi anche loro erano lì. Intrappolati.
Kidou si fiondò verso loro, seguito da Fudou.
- Per fortuna siete vivi. – mormorò il ragazzo con i rasta.
Kazemaru deglutì – V-vivi?
Fudou annuì – L’avete visto quel simpatico ometto blu che gira per la casa? È davvero adorabile, e sadico. – disse ironicamente.
Endou si sporse verso il capitano della Zeus – Suonavi tu, vero?
Il biondino annuì.
Shirou invece, dopo un attimo di esitazione, andò da Shuuya, seguito dallo sguardo geloso del fratello gemello. Per lui Shirou era intoccabile.
- G-Gouenji, in un certo senso sono contento di vederti qui senza nessun graffio. – disse imbarazzato. Sicuramente sarebbe stato molto meglio non rincontrarsi in un posto del genere, però con il biondo si sentiva protetto.
Divenne porpora quando Shuuya gli sorrise dolcemente – Usciremo di qui. Te lo prometto.
Prese una mano tra le sue.
Atsuya scattò subito verso i due ragazzi.
Allungò una mano verso Gouenji – Sono suo fratello gemello, Atsuya Fubuki. – il suo tono era acido e stizzito.
Gouenji lo guardò sorpreso – Certo che siete proprio simili. – mormorò. Atsuya stava per ribattere qualcosa di poco carino, ma Shirou gli mise una mano sulle labbra e lo zittì.
 
Burn  finse una tosse – Ragazzi, non mi sembra il caso di litigare e flirtare ora.
Gazel lo guardò e annuì. Per una volta erano completamente d’accordo.
Midorikawa si avvicinò al pianoforte e poggiò le dita sui tasti sporchi, Hiroto l’osservò curioso.
- Abbiamo un sapone. – mormorò Afuro – E anche un fazzoletto.
La scritta che diceva di attirare il rosso. Tutti indizi che dovevano a portare qualcosa. La soluzione era proprio davanti a loro.
- Dobbiamo pulire i tasti del pianoforte! – esclamò Kidou – Vedo un segno strano lì sotto.
Afuro lo guardò curioso, strofinò il sapone sul fazzoletto. Senz’acqua era impegnativo. Iniziò a strofinare i tasti d’avorio. Le croste sembravano venir via facilmente.
C’erano dei numeri. Altri indizi.
9014. Dovevano avere un significato quelle cifre. Ma nessuno riusciva a capire quale fosse. Endou intanto si era avvicinato ad una libreria. Aveva notato qualcosa di insolito dietro quel mobile di legno.
- Kazemaru! Vieni un attimo qui? – chiese. Il ragazzi dai capelli cobalto corse subito in suo aiuto. Sotto gli sguardi impazienti e stupiti degli altri, spingevano quella piccola libreria.
Una cassaforte dove servivano dei numeri da inserire.
Endou digitò i quattro numeri e dopo un leggero scattò, la porta di metallo della cassaforte si aprì: c’era l’ennesima chiave. Peccato che non sapessero a cosa servisse. Anche quella non sembrava appartenere alla serratura della porta d’entrata.
C’era un’area a loro sconosciuta? Se sì, era di sicuro quello l’oggetto per accedervi.
 
Un forte rumore squarciò il silenzio che era sceso in quella stanza.
La porta si aprì di botto. Un grosso uomo dalla pelle blu entrò nella stanza, le mani sporse in avanti. I suoi grandi occhi che li fissavano uno a uno.
Afuro si alzò di scatto dallo sgabello, Kazemaru tirò Endou contro la parete.
E ora? Cosa sarebbe successo?
Kidou guardò il mostro fissò negli occhi. Stava sudando e gli tremavano le mani. Lo aveva proprio di fronte a lui. Con uno scatto felino lo superò, correndo verso la porta.
Li avrebbe salvati lui stavolta. Ai suoi amici non sarebbe successo niente di brutto.
Il mostro si girò nella direzione dov’era fuggito il ragazzo, guardò un ultima volta la stanza. Il suo sguardo da vuoto era diventato estremamente accattivante.
Iniziò la corsa verso quella che sarebbe dovuta essere la sua prima vittima.
 
- Kidou! – l’urlò di Endou si sentì in tutta la villa, cercò di inseguire il suo amico, ma Kazemaru lo trattenne. Scosse la testa.
- Non rischiare. Sta cercando di salvarci.
Endou lo guardò con i suoi occhi nocciola, si morse il labbro, afflitto. Sapeva benissimo che il suo compagno aveva ragione.
Fudou li guardò stranito. Non potevano abbandonare Kidou a quel’assassino sadico e inquietante.
- Io vado a recuperare il nostro amico dei pinguini. – disse determinato il ragazzo con la cresta – Non mi sembra giusto che ci lasci le penne. In fondo ci sta salvando tutti.
Shirou e Atsuya annuirono e Gouenji si unì a loro.
- Dividiamoci. – propose Midorikawa serio – Lo troveremo più facilmente.
Tutti d’accordo. Il loro obbiettivo primario sarebbe stato salvare Kidou.
 
Uscirono tutti dalla stanza, divisi  due gruppi. Meglio essere in tanti mentre esploravano la villa.
Endou fissò l’ultima volta il fazzoletto e poi l’incisione sulla maniglia che avevano trovato nell’Attico.
La maniglia della sicurezza.
Già, magari lo fosse stata davvero. Magari una semplice maniglia dorata fosse stata la soluzione per quel intricato e orribile mistero.
Kazemaru e Gouenji chiamarono il capitano. Endou se la mise in tasca e li seguì. Non era il momento di pensare a quella. Doveva riflettere su altro.
 

XXXXX

 
Stava correndo al massimo delle sue possibilità.  Stava cercando di non morire lì, in quel posto oscuro e misterioso senza nessuno al suo fianco.
L’adrenalina lo aiutava nella sua corsa e anche la paura verso quel mostro, in un certo senso, aveva aggiunto un turbo ai suoi piedi.
Davanti a lui c’era un’altra porta. Questa però era aperta.
Una cucina. Frigo, forno, mobili. Ma quella stanza non aveva altre uscite. In poche parole era in trappola.
Sentì lo sguardo di ghiaccio del mostro proprio alle sue spalle.
In quel momento avrebbe voluto vedere il sorriso di Haruna. Avrebbe voluto poterle dire milioni di cose che non aveva mai avuto il coraggio di dirle. Rispondere a quelle domande lasciate in sospeso. E magari abbracciarla, stringerla tra le sue braccia e sentire il suo calore sulla pelle.
Ma era tardi. Troppo tardi. La morte stava davvero arrivando?
Si accucciò dietro l’unico bancone della stanza. Aprì lentamente le ante di mogano. C’erano dei piatti azzurrini e bianchi.
Prese un bel respiro, si fece coraggio e ne lanciò uno contro l’Ao Oni.
Colpito.
Poi un altro e un altro ancora, ma sembrava che non gli facessero nulla se non il solletico. Kidou aveva finito i piatti e ora rimaneva immobile, con lo sguardo fisso negli occhi di quel Demone Blu. Rimase così per circa 5 minuti. Il mostro non si muoveva. Stava cercando qualcosa nella stanza, ma senza risultati. Alla fine, senza trovare quel che desiderava, si girò e se ne andò.
Kidou si lasciò ricadere dietro al bancone. Sorrise stanco e ringraziò quegli Esseri Superiori in cui non aveva mai pensato di credere.
Prese il cellulare che aveva nella tasca, guardò la foto sullo sfondo. Un grande senso di nostalgia lo invase. Erano lui e Haruna. Erano felici.
In Kidou cominciò a crescere una strana sensazione: sopravvivenza. Lui voleva vivere. Lui voleva vivere con tutte le sue forze. Lui voleva vivere per poter rivedere la sorella ed abbracciarla.
 
Fudou era fermo sulla porta. Ansimava.  Si lasciò sfuggire un sorriso di sollievo quando vide Kidou steso dietro al bancone, sano e salvo.
Gli tese la mano. Kidou, nonostante l’antipatia che provasse per quel ragazzo, l’afferrò.
- Stavolta sei tu ad aver guadagnato un punto. – lo canzonò l’altro. Kidou annuì.
- Si direbbe di si.
Mark, Kazemaru e Shuuya ai avvicinarono all’amico. Il ragazzo dagli occhi rubino raccolse un frammento di piatto.
Le cose taglienti potevano sempre tornare utili.
I cinque ragazzi uscirono. Per quella volta se l’erano cavata. Ma era sempre e solo l’inizio. 

XXXXXX 

Alla fine di quelle ore che sembravano interminabili, tutti i ragazzi si ritrovarono a parlare in un corridoio. Nessuno sembrava sapere cosa fosse meglio fare. Nessuno aveva idee né voleva rischiare la vita.
Nessunovoleva sulla coscienza la morte dei propri amici, questa era la verità.
Endou prese la strana maniglia dalla tasca   – Kazemaru, Gouenji ed io abbiamo trovato questa prima di venire nella sala del pianoforte.
Hiroto guardò accigliato la maniglia, la prese e se la rigirò tra le dita.
Notò quella strana e piccola incisione, guardò Endou in cerca di spiegazioni, ma l’altro fece spallucce. Segno che ne sapeva quanto lui.
Niente di più, niente di meno.
- Forse dobbiamo trovare una chiave senza maniglia. – ipotizzò Burn.
- Ma non mi dire. – ironizzò Gazel.
- Abbiamo solo una cosa da fare.- sibilò Afuro – Dobbiamo dividerci.
Tutti, anche se contrari alla cosa, dovettero accettare che era l’unica possibilità per abbreviare la loro permanenza in quella casa degli orrori.
 
Hiroto, Burn, Gazel, Midorikawa, Afuro e Fudou si erano addentrati nei corridoi del piano terra. Le luci erano sempre ben accese.
Si fermarono davanti ad un armadio color erba.
I sei si avvicinarono, cosa poteva mai succedere, di fronte a loro non c’era nessuna stanza sconosciuta, solo due stupidissime ante chiuse.  Purtroppo quei due sportelli si aprirono di scatto. Le loro speranze furono vanificate.
L’Ao Oni era tornato alla carica. Il mostro uscì con forza. Le pareti di legno dell’armadio tremarono leggermente. Sul pavimento cadde un piccolo accendino rosso come il fuoco.

 
Misteri, Indizi, Stanze sconosciute. Sembrava tutto un percorso infinito, non si vedeva la fine.
Però, quando erano insieme, allora si che si sono sentiti al sicuro.
Ma presto, il timore e la pazzia li avrebbero divorati, lentamente, uno alla volta.



*Angolo dell'autrice*
SalveeeeeeeeeH, 
ecco un nuovo aggiornamento. Nel prossimo capitolo apriremo le danze, la parte del prologo si avvicina :'D
Nel prossimo capitolo inzieremo a vedere molto sangue :'D SSSSangueeeeH, okay la smetto D':
Mi sto impegnando molto con questa fic, ci metto molto tempo a scrivere XD Meno male che mio fratello mi aiuta a correggere i capitoli ;) lo ringrazio tanto <3
E poi mi serve perché finché la trama sarà simile a quella del gioco ho bisogno della sua conoscenza (?) ci ha giocato r25r3261 volte, io solo una D'; troppa paura - sono una codarda, una codarda.
Vi ringrazio per le recensioni,e  scusate se non ho risposto, io sono sempre più imperdonabile. MI DOVETE PICCHIARE.
Adesso vado a completare la scaletta, così scrivere sarà più facile ;)
A prossimo aggiornamento.
La vostra Camy <3

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Capitolo 7
*** Prison and Solitude ***


{Capitolo 6} Prison and Solitude


Endou rallentò il passo per un secondo. Aveva sentito dei rumori poco raccomandabili. Era sicuro che l’urlo che aveva appena udito fosse di una persona conosciuta.
- Avete sentito, vero? – Atsuya si guardava intorno – Deve aver trovato gli altri.
Shirou annuì.
- Non possiamo fermarci però – mormorò Shuuya – Sono sicuro che se la caveranno tutti.
Kidou annuì , invece Kazemaru prese per un braccio Endou e si avviò verso l’uscita della stanza dove avevano deciso di riunirsi: la biblioteca.
- E’ ora di andare anche per noi. – disse Shirou a bassa voce.
Era strano. Aveva lo sguardo fisso sul pavimento, le mani gli tremavano. Forse si sentiva in colpa per aver trascinato Atsuya lì dentro, forse aveva paura di trovarsi la morte in faccia.  Timore di tutto quel buio che aveva intorno, nonostante le luci fossero accese. Quel vuoto che riusciva a vedere solo lui.
Fissò il palmo della sua mano. La pelle era bianca come il latte, uguale a quella di suo fratello.
Nella sua mente balenò un pazzo e assurdo pensiero. Quel bianco sarebbe stato risaltato molto meglio se accompagnato dal rosso, quello acceso del sangue.
Shuuya gli mise una mano sulla spalla. L’albino annuì lentamente e sorrise.
In quella casa c’era qualcosa che lo rendeva irrequieto. Scosse la testa, pentendosi dei pensieri appena fatti. Stava succedendo qualcosa di strano.
 
- Dove andiamo? – Kidou e Endou camminavano davanti al gruppetto.
Il capitano della Raimon mosse il braccio verso destra, non disse nulla. Tutti si limitarono ad annuire. Nessuno aveva intenzione di dividersi dagli altri: non sarebbe stata una saggia idea.
I loro passi rimbombavano nel corridoio, la luce si faceva sempre più fioca.
Da quelle poche finestre che c’erano era impossibile capire se fosse giorno o notte. Non riuscivano più a capire quanto tempo fosse passato dal loro ingresso in quell’inferno.
Kidou si fermò quando notò un armadio, le ante erano aperte, sembrava non esserci niente d’importante dentro. Il ragazzo con gli occhialini lanciò uno sguardo agli altri.
- Controlliamo. – mormorò Shuuya.
Kazemaru si avvicinò all’armadio. Si alzò sulle punte per osservare anche i piani più alti, ma sembrava essere completamente vuoto.
Mentre si staccava da quel mobile sentì un rumore provenire dal pavimento. Un rumore quasi metallico, come se avesse preso a calci qualcosa. Poco lontano da lui c’era una macchietta rossa. Si chinò per prendere quell’oggetto.
Un accendino.
Lo prese e lo diede ad Endou, l’altro lo guardò curioso – Potrebbe servire.
Il castano lo prese, anche se non sembrava molto convinto di volerlo tenere lui. Sarebbe potuto servire a tutti…
Fece un sospirò e lo mise nella tasca dove aveva la maniglia.

 
Era ancora tutto tranquillo, forse troppo. Probabilmente quel mostro stava ancora inseguendo gli altri.
Loro invece continuavano ad esplorare quel piano terra pieno di misteri. Sperando di non trovare sorprese troppo spiacevoli.
Shirou chiudeva la fila. Sentiva le sue gambe farsi pesanti. Provava un’enorme stanchezza. Shuuya lo prese per le spalle e si abbassò per trovarsi faccia a faccia con il suo viso.
- Fubuki? Tutto bene?
L’albino annuì poco convinto – Passerà subito, non preoccuparti.
Intanto Atsuya era apparso proprio dietro le spalle del fratello e guardava accigliato il biondo.
- Ci penso io. – sobillò geloso.
Shuuya sembrò ignorarlo e rivolse un sorriso a Shirou. Poi gli accarezzò il capo delicatamente – Non sforzarti troppo.
Atsuya s’irritò ancora di più. Non doveva permettersi di ignorarlo. Era sempre il fratello di Shirou! E cosa più importante, doveva smetterla di provarci con suo fratello o si sarebbe trovato senza le dita, o peggio, senza le mani.
- Smettila di fare il fratello geloso. – mormorò alla fine Shuuya, mantenendo sempre il suo solito, calmo, tono di voce.
Gli occhi grigi di Atsuya e quelli scuri di Gouenji s’incrociarono per un attimo.
Magari quella guerra sarebbe stato meglio iniziarla fuori da quel posto, avevano già abbastanza problemi lì dentro.
 

L’ennesima porta che sembrava chiusa e invece era aperta. Kazemaru avrebbe tanto voluto sapere chi fosse il proprietario, o  almeno chi lo era stato.
Alcune cose facevano sembrare la villa abitata, mentre altre la facevano sembrare abbandonata da anni.
Troppa confusione. Mobili nuovi da una parte e polvere dall’altra. Tutto ciò lo innervosiva parecchio. Perché se avesse trovato il padrone della villa, mentre rideva delle loro disgrazie, lo avrebbe sicuramente ucciso. Anche se lui era una persona piuttosto calma e pacifica.
Ma mettere in pericolo dei ragazzi per divertimento,questo proprio non lo poteva accettare. Quindi sperò vivamente che i suoi sospetti fossero infondati.
La stanza dove entrarono i sei ragazzi sembrava accogliente. C’era un tappeto verdognolo sul pavimento, un divano color legno che sembrava essere abbastanza nuovo e dei quadri che rappresentavano varie persone.
Ce n’era una in  cui spiccavano un uomo dai capelli biondi e gli occhi azzurrissimi e una donna dai lunghi capelli corvini e gli occhi nocciola. Probabilmente le persone che avevano fatto costruire la casa. Sorridevano e abbracciavano un bambino. Quest’ultimo aveva uno sguardo triste, guardava il pavimento. Aveva gli occhi uguali a quelli della donna, mentre i capelli erano biondo scuro.
Kazemaru allungò le dite lungo il vetro, la cornice era dorata. Qualcuno doveva tenere molto a quella foto.
- Il caminetto è acceso. – mormorò Kidou notando il fuoco che illuminava una parte della stanza.
- Ormai non dobbiamo stupirci di nulla. – rispose Endou.
- Qui il muro è strano, la carta da parati cade a pezzi. – Atsuya poggiò una mano sul muro beige. Una parte di esso crollò a terra.
- Bravo Atsuya! – esclamò Shirou correndo vicino al fratello.
Shuuya osservò quello che era apparso dietro  ai buchi che si erano formati. S’intravedeva qualcosa color quercia.
Un’altra porta.
- Come facciamo a rompere il resto? – chiese Endou esaminando anche lui il punto che cadeva a pezzi.
Kidou ci pensò qualche secondo, poi prese il frammento di piatto che aveva messo in tasca – Con questo. – spiegò brevemente.
La punta del piatto squarciò ancora l’intonaco che dopo un paio di colpi cadde a terra. Ormai la porta era scoperta.
- Non ha la maniglia. – notò Shirou ispezionando la serratura. Endou mise la mano nella tasca, d’istinto.
Prese la “maniglia della sicurezza” e la porse a Kidou. L’altro la prese, combaciava perfettamente con il buco che c’era nella porta. Si sentì lo scatto della serratura.
Un respiro. Due respiri. Tre respiri. Cosa ci sarebbe stato là dentro ad aspettarli?
 Endou sentì un fremito di curiosità arrivargli al cervello.
- Proviamo? – chiese incerto. Kazemaru annuì per primo.
In fondo erano insieme e non avevano nulla da perdere.
 

XXXXX

 
Hiroto arrestò la sua corsa di colpo. Non vedeva più l’Ao Oni. Aveva smesso di inseguirlo?
Afuro spuntò da dietro al muro e sorrise debolmente al rosso.
- Se n’è andato. – mormorò – Siamo salvi per ora.
- Così sembra. – aggiunse Midorikawa togliendosi la polvere dalla maglietta.
- Mi ha fatto male quello stronzo. – ribatté Burn mentre cercava di fermare il sangue che gli colava dal braccio – Una manicure no?
Fudou scosse la testa e trattenne un risolino – Tu faresti mai una manicure ad un essere del genere?
- In effetti, mi farebbe schifo.
- Smettetela di dire cose stupide. – s’intromise Gazel. Prese un lembo della sua mano e fasciò la ferita del suo compagno.
- Ma è semplicemente la verità. Fa male con quelle cazzo di unghie.
Hiroto scosse la testa sconsolato. Burn sapeva essere sempre inopportuno, però almeno teneva su il morale. Era difficile deprimersi con lui vicino.
Midorikawa fissò il soffitto, poi il suo sguardo incrociò quello rubino di Afuro.
Dovevano decidere su quello che avrebbero fatto, e magari in un tempo decente e non dopo ore e ore di discussioni inutili in cui Burn e Gazel cercavano un motivo per picchiarsi e poi flirtare amorevolmente.
- Direi di farci un altro giro della casa. – disse Hiroto – Il mostro sembra essere lontano, ora. Anche se non si può mai sapere.
Afuro prese un bel respiro. Avevano corso molto.
- Basta che rimaniamo insieme. – disse infine, serio. 

XXXXXX

 
- Ditemi perché c’è una prigione davanti a noi. – disse Atsuya incredulo.
Dietro la porta senza maniglia c’era un’enorme stanza. Le sbarre di metallo la facevano sembrare davvero una cella.
C’era la porta aperta e s’intravedeva qualcosa che luccicava all’interno. Il pavimento era fatto con piastrelle grigie. Chissà chi aveva avuto la sfortuna di vivere in quel posto.
- Entriamo! – esclamò Endou. Si fiondò velocemente verso l’oggetto a terra.
Un’altra chiave. Però non c’era nessuna scritta, nessun indizio.
- Sento dei passi. – mormorò Shirou spaventato.
Atsuya lo guardò timoroso – Chiudiamo la porta. – disse velocemente. Lui e Shuuya chiusero il passaggio. Adesso erano chiusi nella prigione.
La porta senza maniglia si aprì con un gran tonfo. Il viso blu dell’Ao Oni fece capolino. I suoi occhi erano fissi su di loro.
I ragazzi arretrarono lentamente fino a che non sentirono le loro spalle aderire al muro umido.
Il mostro poggiò le sue mani sulle sbarre e iniziò a scuoterle. Uno strano verso fuoriuscì dalla sua bocca: sembrava frustrato.
Quei pochi secondi sembrarono un’eternità. L’Ao Oni fece qualche passo indietro e scomparve nuovamente dietro la porta.
Non era riuscito ad entrare.
I ragazzi caddero a terra e sospirarono sollevati: si erano salvati per un soffio.

 
Di nuovo in corridoio. Di nuovo senza metà, ma con la consapevolezza che potevano sfuggire alla morte. Che potevano aggirare quell’assurdo gioco. Ma dovevano essere prudenti.
- Abbiamo una  nuova chiave, quindi… - mormorò Kazemaru. Endou annuì – Ma non sappiamo a cosa serva. Non c’è scritto nulla…
- Lo scopriremo da soli. – Atsuya si mise le mani ai fianchi e sorrise beffardo.
Endou annuì – Hai ragione.
Intanto Shirou si appoggiò un attimo al muro. Gli girava la testa, non riusciva a capire nulla. Vedeva tutto girare.
Shuuya lo guardò allarmato – Fubuki?
L’albino non rispose. Chiuse un secondo i suoi occhi grigi e si mise le mani sul viso.
Atsuya lo guardò in silenzio.
Rumore di passi ancora una volta. Questa volta non avevano nessuna cella che li separava dal mostro. Non potevano fare altro che correre.
Era di nuovo pronto a giocare con loro, non vedeva l’ora di vedere il loro sangue sulle sue dita.
Shuuya prese Shirou in braccio, Atsuya lo seguì. Correvano a vuoto, come avevano sempre fatto durante gli inseguimenti di quell’essere.

 
Endou stava salendo le scale velocemente. Anche se non era dietro di lui, sentiva il respiro pesante dell’Ao oni. Vide una porta aperta, entrò nella stanza.
C’era un letto, una scrivania ed un armadio.
Aprì le ante di legno e si nascose dentro. Si mise le mani sulle orecchie, ma non poté fare  a meno di sentire un urlo agghiacciante.
Non poteva immaginare che  stava perdendo la persona più importante della sua vita.
 
 
{Aveva un coltello appuntito in mano. I suoi occhi lo fissavano senza pietà, mentre un sorriso sadico gli si dipingeva sul volto.
Alzò la lama. Non si scompose quando vide il sangue del ragazzo scorrergli sul braccio.
Quando capì quello che aveva appena fatto, lasciò cadere l’arma e corse via.
Stava davvero impazzendo.
Poggiò le spalle al muro. Con il sangue del suo amico, qualcuno aveva scritto qualcosa sulla parete.
Si mise le mani sul viso, prese un respiro e scappò via. Intanto sentiva il suo nome per i corridoi della casa. Lo stavano cercando in due.}

 

Continua...
 

*Angolo dell'autrice in ritardo*
GiornoH, sappiate che potere picchiarmi per il ritardo ùù  E dire che il capitolo l'avevo anche già scritto :'D Non sono normale.
Diciamo che da qua inizia la parte che per me è divertente, ci avviciniamo tantissimo al prologo, anzi, direi che ci siamo.
Penso abbiate capito chi è la persona alla fine. Sappiate che è un personaggio che io considero sadico da un certo punto di vista, anche se è tenero <3
Anche lui avrà avuto i suoi motivi?
Lo scoprirete solo continuando a leggere ;) Grazie a chi legge e chi recensisce *O* Davvero, grazie! 
Dedicato a Yamichan, perché mi sostiene sempre anche quando dico stronzate ** Ci vediamo al prossimo aggiornamento o sull'altro account <3
Camy

Scusate eventuali errori, sono fusa :'D


 

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Capitolo 8
*** { Faults } ***


{Capitolo 7} Faults

 

 
Era immobile, le mani sporche di sangue, chino sul corpo del fratello; Atsuya gli sorrideva per rassicurarlo, ma lui aveva paura lo stesso.
Quel mostro lo aveva ferito per colpa sua, ora cosa sarebbe successo?
Vide lo sguardo di Shuuya posarsi su di lui; per quanto Atsuya gli stesse antipatico, non poteva lasciarlo morire lì.  Se lo caricò in spalla.
- Deve esserci una specie di bagno in questo posto. – mormorò stringendo i denti.
- Mettimi giù porcospino! – si lamentò Atsuya. Il biondo scosse la testa.
- Shirou. – disse a bassa voce – Aspetta qui, torno fra poco.
I due ragazzi sparirono, lo lasciarono da solo. Shuuya stava cercando di salvare suo fratello.
Era troppo debole. Era inutile e basta.
Sul tavolo di quella stanza c’era un coltellino, si avvicinò lentamente e lo prese.
Stava impazzendo. Stava lentamente collassando in un baratro di cui non riusciva ad intravedere il fondo.
Il sangue del fratello si era asciugato sulle sue dita. Non aveva capito perché l’Ao Oni se ne fosse andato dopo averlo ferito. In quel momento aveva sentito la rabbia salire. Avrebbe voluto uccidere quel mostro con tutte le sue forze.
Uscì dalla stanza. Al diavolo le raccomandazioni, doveva uccidere l’Ao Oni. Era il momento di farlo. Sorrise debolmente. Dopo sarebbero stati tutti felici.

 
Stava salendo la prima rampa di scale. Vide Kazemaru correre in una direzione. Decise di seguirlo.
Magari il sangue di qualcuno avrebbe richiamato quel brutto mostro; però doveva essere fresco. Un’idea gli s’insinuò nella mente. Sorrise ancora una volta, stavolta mentre guardava la lama luminosa del coltello.

 
- Fubuki. – mormorò Kazemaru vedendolo, ansimava. Doveva aver corso molto anche lui. Forse credeva di avere alle spalle l’Ao Oni. Peccato che quel coso avesse inseguito Atsuya e non lui. Si sentì di nuovo nervoso e irascibile.
Non era giusto. Atsuya stava rischiando la vita. Ma in fondo Kazemaru che poteva farci? Peccato che in quel momento Fubuki fosse poco lucido.
- E’ colpa vostra…- disse a bassa voce. Kazemaru gli mise una mano sulla spalla e lo guardò preoccupato.
- Pensavo che fossi il mio migliore amico. – aggiunse. Le lacrime gli rigavano il volto. Kazemaru lo guardò spaventato quando lo vide alzare il coltello.
La lama s’illuminò un ultima volta, prima di diventare scarlatta.
Il ragazzo con i capelli cobalto urlò. Quella voce risvegliò Shirou. Si guardò le mani, poi il coltello e infine l’amico.
Inorridito da quello che aveva appena fatto, lasciò cadere la lama e corse via di lì.
Non avrebbe dovuto farlo. Cosa gli era preso? Lui non voleva essere un assassino.
Si voltò un’ultima volta, prima di scendere le scale. Intravide un’ombra.
 

XXXXX

 
Shuuya guardava basito la stanza: era vuota. Shirou non c’era più. Se n’era andato.
Atsuya si poggiò una mano sulla fronte, preoccupato.
Gouenji gli aveva fasciato la ferita ed erano riusciti a sciacquarla. Fisicamente stava molto meglio. Peccato che suo fratello gemello non fosse in quel posto e che stava girando da solo,  chissà in quale parte di quella casa.
- Dove diamine è andato…? – chiese Atsuya, cercò di nascondere il timore, ma la sua voce tremò.
Il biondo scosse la testa, allibito e preoccupato. – Non lo so. – Mormorò guardandosi intorno.
- Andiamo a cercarlo…
- Sì…
Shuuya lanciò un ultimo sguardo alla stanza che stavano per abbandonare: qualcosa lo intimidiva, lo tormentava.
 

XXXXX

 
Kazemaru sentì il muro freddo sotto le dita, abbassò gli occhi: un fiotto di sangue gli colava dal petto.
Il ragazzo iniziò a respirare affannosamente, strinse le dita intorno alla maglietta intrisa di liquido rosso e mormorò qualcosa.
Pianse. Una lacrima gli scivolò sul viso pallido: avrebbe voluto stringere Endou tra le braccia, sentire il calore della sua mano.
Invece stava finendo tutto in pochi attimi.
Il suo pensiero volò a Fubuki, quell’amico a cui aveva sempre voluto bene, il quale lo aveva colpito. Lo odiava…? Probabilmente no, avrebbe dovuto, ma non ci riusciva.
Iniziò a vedere tutto scuro, confuso, appannato; solo una voce lo tenne ancora per un istante nel mondo dei vivi, poi tutto scivolò lontano, nel nulla più assoluto.
- Ichikun! – Endou era uscito dalla stanza dove si era rifugiato e correva preoccupato verso la figura accasciata contro il muro grigio.
Kazemaru mosse le lentamente le labbra, un’ultima lacrima gli rigo il volto, proprio mentre diceva “ciao”.
Endou gli mise le mani sulle spalle e lo scosse, non voleva arrendersi all’evidenza, non voleva accettare quello che era successo, quello che aveva davanti agli occhi.
- Ichikun sono innamorato di te. – sussurrò tra le lacrime il castano.
Il viso poggiato nell’incavo del collo del ragazzo che giaceva contro il muro, sentiva  i singhiozzi, i sensi di colpa, le lacrime, il dolore.
- Endou! – Il ragazzo girò di scatto la testa; Hiroto e Midorikawa stavano correndo verso di lui. Dopo poco arrivarono anche Burn, Gazel e Afuro.
Tutti guardavano scioccati la figura “addormentata” di Kazemaru e gli occhi gonfi e rossi di Endou.
Continuavano a chiedersi chi fosse stato, com’era successo.
- Ragazzi! – La voce di Kidou attirò l’attenzione di tutti, alle sue spalle c’era anche Fudou.
- Endou cos’è successo…? – chiese il rasta, mentre il suo sguardo squadrava la ferita del ragazzo dai lunghi capelli cobalto.
Lui scosse la testa, i suoi occhi cioccolato trasmettevano disperazione.
Alle spalle del capitano spuntò Gouenji, gli occhi scuri che si spalancarono sconvolti quando vide Kazemaru, al suo fianco Atsuya e Shirou; quest’ultimo erano riusciti a trovarlo mentre camminava per i corridoi bui della villa, con il viso pallido e le mani sporche di liquido denso e rosso. Gli aveva detto che aveva incontrato il mostro blu e che era scappato per miracolo, fortunatamente quel sangue sembrava non essere il suo.
Shirou sentì una fitta al petto, un dolore lancinante, come se il coltello  nella carne l’avesse ricevuto lui.
- Non è stato l’Ao Oni. – affermò Fudou, tra le dita continuava a rigirarsi il coltello che aveva trovato sul pavimento, adagiato vicino al cadavere dell’amico.
- Dici che è stato qualcuno di noi…? – indugiò Afuro.
L’altro fece spallucce – Potrebbe anche esserci qualcun altro qui, non lo sappiamo.
Shirou si poggiò le mani sulla fronte, gli girava la testa, sentiva la nausea, voleva essere lui quello morto.
Nessuno disse altro, tutti rimasero in silenzio, amareggiati e inquieti per quello che era successo, per quegli occhi ambrati che ora sarebbero stati chiusi per sempre.
- Guardate qui! – esclamò Hiroto indicando un muro poco lontano – C’è scritto qualcosa -.
Endou si avvicinò per guardare meglio, la luce in quel corridoi era molto poca.
C’era una scritta inquietante e scritta con il sangue di qualcuno, di Kazemaru probabilmente.
 
Voi che non saresti dovuti entrare…
Voi che avete chiuso la porta alle vostre spalle…
Siete pronti a vivere il terrore? A vedere il sangue dei vostri amici? Siete pronti a rimanere qui per l’eternità?
Il mostro non vi risparmierà la vita.
Scappate finché potete,  cercate la chiave che nessuno ha mai trovato.
 
Qualcuno riuscirà ad uscire da questa prigione di sangue e dolore?
 
Endou strinse i pugni e digrignò i denti. – Usciamo da qui. – Mormorò tra i denti.
Annuirono tutti.
- Non diamola vinta a quel maledetto… - Si passò una manica sugli occhi. – Stiamo attenti e sconfiggiamolo.
 
 

XXXXX

 

Dopo le parole del capitano si erano di nuovo divisi; chi avrebbe trovato la chiave avrebbe cercato di rintracciare gli altri.
Ormai quel gioco non era più divertente.
- Secondo voi com’è successo…? – Atsuya si passò una mano sul viso, stanco e ancora dolorante per la ferita.
Gouenji fece spallucce, Shirou invece rimase in silenzio.
Dentro di lui sentiva il bisogno di urlare, di distruggere qualcosa, di graffiarsi, farsi male.
Aveva ucciso il suo migliore amico per semplice disperazione, per rabbia, per vendetta contro qualcuno che non poteva affrontare, che non poteva vincere.
Gli era tutto scappato di mano.
Shirou chiuse gli occhi e fece un bel respiro.
- Stai bene? – chiese il fratello, preoccupato. Fece per alzarsi dal tavolino su cui si era seduto qualche minuto prima, ma il gemello alzò la mano e annuì debolmente.
Aprì lentamente le palpebre, Atsuya gli sorrideva di nuovo, ancora una volta per tranquillizzarlo, ma Shirou sentì solo le lacrime pizzicargli di nuovo gli occhi.
 
 
- Shirou…! – il ragazzo dai capelli grigi aveva la schiena contro il muro, le mani poggiate alla parete riscaldata dal caminetto acceso.
Sentiva il cuore andargli a mille, il respiro rallentarsi. Gli occhi di quel mostro erano due pozze nere e vuote, presto ci sarebbe morto dentro…
Shuuya  scattò verso un mobile vecchio e polveroso, tastò con la mano il legno al di sopra dell’ultimo scaffale: afferrò qualcosa di freddo e metallico.
Lo passò ad Atsuya, che aveva il palmo della mano teso verso di lui.
- Io lo colpisco, tu pensa a Shirou. – Sussurrò.
Certo, avrebbe voluto salvare lui suo fratello, consolarlo, stringerlo a sé, ma il suo gemello sembrava essere innamorato di quel biondo dai capelli bizzarri, e lui rispettava quei sentimenti.
Quindi l’avrebbe salvato, pur rischiando la vita, ma almeno dopo, con Gouenji, Shirou sarebbe stato felice almeno un po’.
Il ragazzo dai capelli rosa, prima che Shuuya potesse fermarlo, si lanciò verso il mostro blu.
- Lontano da mio fratello! – Esclamò, l’Ao Oni lo guardò fissò, alzò gli artigli; Atsuya sentì un grande dolore, con forza infilò la lama nella scorza dura del mostro, che grugnì e allontano il muscoloso braccio, vide la creatura allontanarsi, poi si accasciò a terra, mentre suo fratello continuava ad urlare il suo nome, disperato.
 
 
Più attento. Avrebbe dovuto essere più attento. Invece si era fatto cogliere alla sprovvista, rassegnato alla morte.
Era tutta colpa sua.
Atsuya era rimasto ferito, Kazemaru era morto, Endou stava piangendo, il dolore che adesso seguiva tutti coloro che camminavano e vagavano per quella villa.
Stavolta Fubuki si lasciò andare; pianse lacrime amare e calde
Due braccia lo attirarono a sé, lo confortarono.
- Scusatemi… -
Shuuya gli baciò la guancia e le palpebre, asciugandogli le lacrima.
- Non scusarti. – mormorò, poi  poggiò le proprie labbra su quelle del ragazzo dai capelli argentati.
Shirou sentì una vampata di calore annientare il freddo che si era impossessato di lui.
Atsuya li guardò imbarazzato, borbottò qualcosa e si girò dall’altra parte.
Shuuya ridacchiò quando notò la reazione dell’altro Fubuki, mentre Shirou gli accennò un flebile e incerto sorriso.

 
XXXXX
 

- Stai pensando di ucciderlo…?
- Sto pensando a come collegare gli indizi…
- Magari c’è un posto sicuro nella villa.
Endou guardò perplesso il biondino che camminava di fianco a lui.
Quando si erano radunati avevano confrontato gli indizi trovati, ed in effetti poteva essere davvero come diceva Terumi: poteva esserci una stanza dove sarebbero stati tranquilli, o magari avrebbero trovato  la chiave per uscire.


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.:Angolo di una nanabananah_:.
Scusate il mostruoso ritardo.
Ho avuto problemi con l'ispirazione - e ho stravolto di nuvo la trama della fic :'D
Ho anche deciso di mettere due capitoli extra ùwù per fare 20 capitoli + prologo <3
E uno dei due lo vedrete tra un po', e potrebbe mettere un po' d'ansia :'D
Comunque adesso l'Ao Oni inizia a divertirsi, mentre Shirou si deprime alla grande :'' Ma io lo vedo troppo in versione psicopatica.
spero di aggiornare presto, e mi scuso con tutti quelli che hanno pazientato per leggere il nuovo capitolo :')
Be', grazie a tutti quelli che mi seguono ;) 
l'ottavo capitolo cercherò di iniziarlo al più presto ùwù
Un bacio a tutti
la vostra nanabananah_ <3 o Camy, come volete ;)

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