«Little Piece Of Heaven» - Everything Changes

di Miss V Blackmore
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** #1 Almost Easy ***
Capitolo 2: *** #2 Seize The Day ***
Capitolo 3: *** #3 City Of Evil ***
Capitolo 4: *** #4 Danger Line ***
Capitolo 5: *** #5 Scream ***
Capitolo 6: *** #6 Girl I Know ***
Capitolo 7: *** #7 Avenged Sevenfold ***
Capitolo 8: *** #8 (Un)Masked Games ***
Capitolo 9: *** #9 Dock Rock ***
Capitolo 10: *** #10 Stella ***
Capitolo 11: *** #11 December First ***



Capitolo 1
*** #1 Almost Easy ***


I Luna-Park hanno il magico potere di riuscire a trascinare le persone in realtà magiche, dove con un pizzico di follia e un soffio di libertà si può vivere la più magica delle avventure.

Era seduta su una ringhiera del Luna-Park di Santa Monica, il più famoso al mondo, uno dei più vecchi di tutta la California; aveva sempre desiderato andare a vederlo, di correre sul molo arrivare fino alla ruota panoramica e godersi della magnifica vista dell’oceano e di Los Angeles, su fino alla collina di Hollywood.
Non riusciva a intravedere l’amica, da quella posizione era praticamente bloccata senza visuale, e stava cominciando a pentirsi della sua scelta strategica. Aveva fallito la prima misera missione che si era imposta: osservare Brian – e la combriccola che si portava appresso –. Per poi, al loro arrivo, fingersi stupita, togliersi gli occhiali da sole accompagnando il gesto con una leggera torsione della testa, permettendo cosi ai suoi lunghi capelli di ondeggiare e ricadere morbidamente sulle spalle. Ma tutto quello che riuscì a fare fu un misero urlo strozzato quando Alex le diede un colpetto leggero sulla spalla destra.
“Hey sono io” rise l’amica mostrandole uno di quei sorrisi, che neanche nelle pubblicità dei dentifrici si sarebbe potuto vedere: pura gioia ed emozione.
“Eh grazie ora ti ho vista” rispose caustica sospirando profondamente.
“Abbiamo fatto il giro da dietro, oggi sembrano essere tutti qui a Santa Monica” commentò ilare indicando quattro persone dietro di se.
Uno. Due. Tre. Quattro.
Li contò almeno cinque volte; sapeva benissimo di non essere portata per la matematica, ma dietro alla sua amica c’erano quattro ragazzi: c’era quello alto e imponente con un amabile sorriso dipinto in volto, quello leggermente più basso con una pettinatura sbarazzina e degli enormi occhiali da sole scuri, uno piccoletto ma che indossava la mise più appariscente, e infine un quarto che aveva uno stile simile ai tre precedenti, ma i suoi occhi verdi erano in grado di sciogliere qualsiasi iceberg.
Lily avrebbe decisamente giurato che se il quarto fosse stato presente sul Titanic, Di Caprio sarebbe ancora vivo e sposato con una vecchia zucchina avvizzita. Ma la ragazza scosse la testa non appena quel pensiero le sfiorò la mente, e sorrise a tutti accompagnando il tutto con un gesto della mano timido.
Davanti a lei si ‘erigevano’ – date le altezze era un verbo più che azzeccato – i membri di una delle sue band preferite. Anzi, una delle band preferite di entrambe. In quel momento invidiò la tranquillità apparente dell’amica ad averli li vicino a lei.
“Alex ci è venuta in contro o non vi avremo di certo trovate” disse Matt spezzando quel silenzio quasi imbarazzante che si era venuto a creare.
“È sempre cosi affollato?” domandò Lily guardandosi intorno. “Voglio dire è una meraviglia, non lo facevo così grande… In televisione sembra tutto più piccolo” rise scuotendo la testa.
“Beh è tra i più piccoli e vecchi Luna Park della California” commentò Brian guardandosi intorno.
“Ha un qualcosa di magico” biascicò Lily annuendo.
“Allora ragazze come sta procedendo la vostra vacanza?” chiese Matt guardando l’altra ragazza che sorrise arrossendo leggermente.
“Bene, benissimo, non potremmo chiedere di meglio” rispose poi prendendo coraggio.
“Cosa avete visto fin’ora?” riprese avvicinandosi a lei, senza badare agli altri. Era attratto da lei e da quella spensieratezza che i suoi occhi esprimevano.
Qualche settimana prima si erano incontrati grazie a Kat Von D, e le due avevano spiegato alla band il perché di quel viaggio. Matt era rimasto colpito dalla storia di Alex, dal suo lasciarsi tutto alle spalle per ricercare qualcosa di diverso, di migliore o peggiore – non sapeva cosa le stesse organizzando il fato – ma aveva sentito l’esigenza di dover cambiare aria, lasciarsi indietro una vita buona. Per cercarne una migliore. Era riuscita a buttare quella gabbia in cui la routine, le esperienze e i legami ti ci incastrano, gettando la chiave, lasciandoti cullato dalla certezza e dalla mediocrità.
E lui si sentiva ormai chiuso in quella gabbia da troppo tempo.
Quando aveva provato ad allentarne la presa: tutto era scoppiato.
“Allora…” iniziò a dire pensierosa, portandosi il dito indice alle labbra, alzando lievemente gli occhi al cielo. “Los Angeles, quasi tutta, oddio… Quasi tutti i negozi” prese a dire ridendo. “Poi molte spiagge e ci siamo spinte fino all’inizio della Death Valley, ma ci siamo fermate” annuì soddisfatta avendo ricordato cosa avevano fatto in quei giorni.
“Insomma non avete visto niente” esclamò Zacky infilandosi amabilmente nella conversazione. Senza invito. Lui non ne aveva bisogno, lui aveva il pass-par-tout  per ogni discorso, evento, porta, qualsiasi cosa che suscitava il suo interesse.
“Beh, abbiamo più di quattro mesi da passare ancora qui” ribatté Alex con un sorriso.
“Dovreste venire ad Huntington Beach, lì si, che c’è il mondo” rise Zacky; ignorando tranquillamente le occhiatacce dei band-mate.
“Magari si” annui la ragazza tornando a guardare Matt, per poi osservare Johnny che si era allontanato per parlare al telefono.
“Allora che si fa? Passeggiata in spiaggia e poi giro al Luna Park?” domandò Lily.
“Ottima idea” le fece eco Brian subito, e la ragazza gli sorrise arrossendo.
“Zack!” esclamò Johnny chiudendo il cellulare. “Dobbiamo andare, Laura e Geena hanno bucato e stanno dando di matto” rise.
“Non puoi andare solo tu?” chiese.
“Con la tua macchina?” rimbeccò l’amico inarcando un sopracciglio.
“Merda andiamo!” sospirò il chitarrista afflitto.
“Noi rimaniamo qui” commentò Matt guardando Brian, che annuì tranquillo.
“Ci sentiamo stasera va’… Buona giornata ragazzi, e mi raccomando non spaventate le due” rise Johnny trascinando per un braccio Zacky: quando Laura chiamava, lui accorreva.

“Allora tu suoni?” domandò Brian sedendosi sulla sabbia vicino alla ragazza: erano troppo stanchi per seguire Matt e Alex arrivare al grande faro infondo alla spiaggia.
“Beh, suonare… Insomma, è un parolone” rise. “Strimpello la chitarra, ho la passione per i chitarristi” aggiunse senza pensare all’implicazione di quella stessa frase.
“Ah… Davvero?” chiese il ragazzo con un sorriso sornione.  “Chi è il tuo preferito?”
“Frank Iero” rispose dopo aver fatto tornare ossigeno al cervello, che aveva ripreso a funzionare correttamente; e non poté non sorridere nel vedere il sorriso di Brian trasfigurarsi in una smorfia di quasi orrore. “Scherzo, è Zacky!” rincarò la dose la ragazza.
“Mph” emise lui scuotendo la testa.
“E dai cosa vuoi che ti dica? Che sei tu? Non sarebbe troppo un clichet?” rise lei divertita.
“No!!” scosse la testa repentinamente. “Sarebbe un ottimo inizio!”
“Beh, allora dovrei dire prima tuo padre” annuì seria lei. “Poi te… Magari nella lista inserirei Zacky e Frank cosi per dimostrare che ci sono anche altri chitarristi” continuò.
“No, beh, se hai me nella lista ti può bastare… Sono semplicemente il migliore” statuì lui convinto, ma con un sorriso dolce.
“Mhm” annuì divertita la ragazza senza però continuare quell’assurdo discorso. Doveva riuscire a non far sentire a Brian come le batteva forte il cuore, pareva volesse esplodere nella cassa toracica.

“Ho un migliore amico pigro” rise Matt non appena si fermarono sotto il grande faro.
“Abbiamo una cosa in comune, ci hanno lasciato praticamente trecento metri dopo il molo” rispose lei con girandosi a guardarlo.
“Beh Brian fuma cosi tanto che tutti ci stupiamo che regga ancora ai concerti” ammise Matt.
“Lily no, solo che non ama camminare, ama altri tipi di sport” commentò lei scuotendo la testa. “Quel genere di sport dove se non esci con qualcosa di rotto non ti sei allenato abbastanza” precisò facendo ridere il cantante.
“E te? Cosa preferisci?” domandò fissandola.
“Le lunghe camminate in riva alla spiaggia e le corse di prima mattina”
“Beh in questo andiamo d’accordo, adoro correre, soprattutto qui in California il tempo non è mai afoso di prima mattina ne è troppo freddo” continuò precisando. “Magari una mattina ti porto a correre, c’è un posto vicino ad Huntington che è una meraviglia!” concluse esaltato.
“Volentieri, se continuo mangiare ai fast-food senza correre presto rotolerò a terra”
“Ma scherzi? Hai un fisico da fare invidia” rise lui scuotendo la testa, stupendo se stesso. Cosa stava facendo? Voleva conoscere quella ragazza, lo voleva realmente, e invece il risultato era un flirtare quasi senza senso. E tutti sapevano che Matt non era bravo in queste cose; anzi. In fondo aveva avuto solo una ragazza dai tempi del college fino a qualche mese prima. Una ragazza che aveva voluto, desiderato, amato e sposato, ma che poi con il tempo era sbiadita semplici ricordi e routine. L’ultimo anno aveva sconvolto tutti, e ognuno cercava un modo di poter tornare a respirare senza che coltelli affilati lacerassero ogni singola fibra del proprio essere.
C’era chi si era dato alla vita casalinga.
Chi invece nonostante un fidanzamento solido cercava svaghi in giro.
Chi voleva solo poter trovare la ragazza per se, con il giusto equilibrio di genio e sregolatezza.
Poi c’era lui. Scivolato in un antro buio e scadente del proprio essere, intrappolato tra paure, rimorsi, senza vedere una via d’uscita da quello stato d’animo. Dannato per l’eternità per aver lasciato l’ipotetico amore della sua vita e aver voluto qualcosa di diverso.
“Tutto bene?” chiese Alex osservando l’ombra scura che era calata sugli occhi del ragazzo.
“Scusa, a volte dovrei riuscire a svuotare la testa… Ma è  più complicato di quanto uno pensi” rispose Matt con un lungo sospiro.
“Sai cosa?” intervenne lei senza lasciarsi intimidire dal cambiamento repentino d’umore. “Dovremmo tornare correndo! Una corsa fino a raggiungere quei due pelandroni dei nostri amici, senza mai fermarci, anche se dovessimo sentire i nostri polmoni bruciare!”
Un fiume di parole che lo travolse in pieno, riuscendo a scuoterlo da quel torpore che lo avvolgeva.
“E ce la farai a starmi dietro piccoletta?” la provocò senza doppi fini.
“Sei sicuro che tu grande e grosso come sei riuscirai a stare dietro a me?” rimbeccò a tono lei, iniziando a correre verso la loro meta, senza nemmeno dargli un minimo avvertimento.
“Piccolo essere malefico!” urlò divertito, per poi iniziare a correre a sua volta senza parlarle: doveva risparmiare fiato per non fare brutta figura.

“Appena tornano i due stacanovisti voglio andare al Luna Park!” esclamò Lily dopo qualche minuto di silenzio in cui entrambi avevano osservato il lento incedere dell’oceano che infrangeva le proprie onde a riva.
“Ci andiamo si!” annuì lui. “Siete venute qui apposta no? Insomma ci avete fatto venire qui a Santa Monica apposta” aggiunse.
“Beh, nessuno vi ha puntato la pistola alla gola” rispose caustica lei, fraintendendo il vero significato della frase di Brian.
“Non volevo dire quello” precisò subito lui. “E tu non saresti permalosa?!” aggiunse poi con tono canzonatorio girandosi a guardare Lily. I lunghi capelli erano leggermente raccolti da un elastico che permetteva alla ragazza di muoversi con più libertà. Lo avevano colpito, si quella massa di capelli castano scuro lunghi fino a dopo il fondo schiena. Erano anni che non conosceva una ragazza con capelli del genere, la prima volta che la vide, dovette trattenersi dall’infilare una mano in quella selva morbida e che profumava di vaniglia. Avrebbe di certo fatto la parte del maniaco; su questo era certo.
“Se ti stai domandando se sono extentions: no non lo sono” disse Lily senza distogliere lo sguardo dall’oceano. “E li taglio di qualche centimetro ogni due mesi” aggiunse a titolo informativo.
“No stavo pensando che è raro trovare delle ragazze al giorno d’oggi con dei capelli così lunghi” rispose tranquillo tornando a guardare anche lui l’infrangersi delle onde a riva.
“Li ho avuti colorati, corti, lunghi, lisci, metà e metà, la cresta, sparati alla supersayan” prese a dire divertita “Poi una mattina mi son svegliata e mi sono resa conto che volevo tornare all’origine, volevo dare una vita più tranquilla alla mia povera chioma” rise infine.
“Ti stanno bene” commentò lui.
“Grazie…” disse lei girandosi e regalandogli un sorriso sincero.

“Prima!!” l’urlo di Alex fece trasalire i due ragazzi che si voltarono di scatto, giusto in tempo per vedere lei e Matt collassare stesi sulla sabbia con il fiato corto e un sorriso talmente ebete che fece scoppiare a ridere gli altri due.
“Ma che avete corso?” chiese Lily stupita, osservando i due riprendere fiato.
“Dal faro fino a qui!” esclamò l’amica che sembrava esalare l’ultimo respiro.
“E che si vinceva?” proseguì curiosa.
“Come che si vinceva?” domandò perplessa  Alex.
“Si insomma, era una gara no? Hai urlato che eri arrivata prima… In genere si fanno le gare per vincere qualcosa” e come se avesse appena finito di formulare la battuta esilarante del secolo, sia Alex che Matt scoppiarono a ridere fino a farsi lacrimare gli occhi e dolere tutti i muscoli del volto. Era bastata una semplice osservazione, uno scambio di sguardi e la scintilla prese fuoco come in uno spettacolo pirotecnico, una sorta di collisione tra due meteore che dopo quel momento presero a vivere nella stessa orbita, sfiorandosi senza mai intralciarsi. Perché sia Matt che Alex non avevano minimamente pensato a un premio, nemmeno alla gara in se, si sarebbe potuto dire – senza essere maligni – che non avevano pensato proprio; e dopo anni di sovraffaticamento mentale, tutto sembrava così… Libero. Infondo Alex lo aveva detto a Matt: niente era meglio di una corsa.
“Ok qui la follia sta raggiungendo i limiti!” commentò Lily alzandosi velocemente. “Io voglio andare al Luna Park… Se volete mi trovate li”
“Aspetta!” esclamò Brian allungando un braccio verso la ragazza. “Vengo con te dai, aiutami” propose con un sorriso. Lily non ci pensò due volte ad allungare un braccio stringergli la mano e provò a tirarlo su, ma con una mossa repentina Brian fece lo stesso, facendo perdere così l’equilibrio alla ragazza che cadde proprio sopra di lui.
“Cazzo che male!” proferì Lily senza badare molto al linguaggio. “Ma che sei scemo?!” continuò aprendo gli occhi, ritrovandosi cosi tremendamente – e pericolosamente – vicino al volto di Brian, che aveva un sorriso divertito molto simile a quello di un bambino che ne aveva appena combinata una.
“Scusa, pensavo avessi più forza” disse lui con aria angelica.
“Ma vai a cagare tu e la forza, peserai cento chili!” esclamò lei  contrariata rialzandosi a fatica.
“Hey!!!” rimbrottò offeso. “Non arrivo nemmeno a novanta!” puntualizzò il suo orgoglio con una frecciatina di acidità.
“Ahn” scosse la testa rassegnata.
“E dai Lily, lasciati andare un po’…” le disse Alex che aveva osservato tutta la scena con un occhio clinico, molto attenta a ogni singolo particolare e gesto dei due.
“Mi sono lasciata andare piombando sopra Brian, cosa vuoi che faccia?” borbottò imbarazzata.
“Non era quello che intendevo io” rise l’amica scuotendo la testa, facendo cosi scivolare la piccola pinzetta che le teneva la frangia alta verso sinistra, e tutti i capelli le caddero davanti al volto.
“Vedi? Anche la tua pinza si è suicidata per le cavolate che dici…” improvvisamente la gola di Lily si fece secca, e i suoi occhi provarono a fuggire dalle orbite non appena si posarono sul petto nudo di Brian, che si era tolto la maglia per pulirla dalla sabbia: rimanendo cosi solo con i pantaloni. Niente in quel momento avrebbe potuto distrarre l’italo-americana, nemmeno l’apparizione di qualche divinità, un bombardamento aereo o peggio; uno tsunami.
Nel frattempo Matt aveva recuperato dalla sabbia la pinza di Alex, e dopo averle tolto i capelli da davanti al volto con un gesto che mostrava un’intimità che neanche loro sapevano di aver raggiunto(,) li raccolse chiudendogli la pinzetta intorno, cercando di essere delicato. La ragazza non disse nulla, sorrise semplicemente stiracchiandosi; ma se solo il cantante avesse potuto leggerle la mente, avrebbe intravisto pensieri poco chiari ma decisamente accesi, per la precisione di un colore rosso.

“Ma Lily è sempre cosi nervosa?” chiese Brian ad Alex, mentre si apprestavano a occupare un tavolino lungo il molo dove poter cenare; mentre gli altri due erano a fare la fila per ordinare da mangiare.
“Diciamo che sei tu che la rendi nervosa” rispose tranquillamente la ragazza, riponendo il cellulare nella borsa – lo aveva spento, decidendo così che la sua ‘vacanza-viaggio’ non si sarebbe rovinato per nessun motivo appartenente al vecchio continente.
“Ma se faccio di tutto per farla sorridere!” brontolò il ragazzo. “Insomma… Generalmente ci riesco” aggiunse scrollando le spalle con aria afflitta.
“Forse fai troppo; insomma dalle il tempo di ambientarsi, lei è un po’ – fece una piccola pausa di riflessione per trovare la terminologia adatta a descrivere la sua migliore amica – una pentola a pressione?” propose facendo ridere Brian. “Sta lì, tutta seriosa timida e un po’ musona, ingloba e incassa di tutto… Poi fa BOOM!” annui gesticolando il tutto. “Si deve ambientare e se tu le stai troppo appresso finirà che esploderà con te, qualcosa di simile” .
“Oh…”
“Eh…” annuì arricciando leggermente l’angolo della bocca, chiudendo gli occhi. “Dovete trovare la giusta lunghezza d’onda e poi vedrai che aprirà la corazza e ti conquisterà” proferì l’ultima frase con fare teatrale alleggerendo così il carico emotivo della frase stessa.
“Ma non era una pentola a pressione?” domandò il chitarrista. “E non hai detto che se apre il coperchio poi fa BOOM?” aggiunse con tono divertito, prendendola lievemente in giro. “Le tue metafore fanno acqua da tutte le parti sai?” le fece notare.
“E tu la sai una cosa Brian?” domandò lei fissandolo, il ragazzo scosse la testa e lei riprese a parlare: “Sei proprio un cretino” disse seria per poi scoppiare a ridere.

I Luna-Park hanno il potere di far intrecciare il destino con il fato, la casualità con la convinzione delle stelle. Sono luoghi preclusi al tempo e allo spazio, dove il dolce odore di zucchero filato è semplicemente un ricordo che si custodisce con gelosia, le risate dei bambini sono la colonna sonora di un’intera vita; e il fremito al cuore è semplicemente il sorriso di qualcuno che si porterà per sempre con se.
I Luna-Park possono aprirti strade che la paura e l’orgoglio non avrebbero mai intrapreso.

“Basta vi prego, basta!” esclamò Lily portandosi le braccia conserte intorno allo stomaco. “Mi sto sentendo male e non riesco a muovere i muscoli del viso” aggiunse ridendo.
“Che ci posso fare? È tutto vero!” celiò Zacky annuendo convinto. “Dovremmo avere anche il video da qualche parte” aggiunse guardando Johnny che annuiva.
“I vostri backstage sembrano essere molto interessanti” intervenne Alex che stava vicino a Matt riparandosi cosi dal vento che aveva preso a soffiare insistente lungo tutto il molo.
“Abbastanza, sappiamo come divertirci. È anche un modo per allentare la tensione” rispose Brian con un sorriso. “Altrimenti va a finire che ti prende un infarto quando sali su un palco e sei tutto teso!” concluse versando un po’ d’acqua a Lily che ancora si stava riprendendo dalle risate.
“Insomma vi abbiamo convinto a venire ad Huntington?” chiese Johnny guardando le due ragazze.
“E dai… Che ci fate qui a Los Angeles? Insomma l’avete detto anche voi è tutta apparenza, la vera sostanza è ad Huntington!” continuò Zacky bevendo l’ultimo sorso di birra.
“Ma… Insomma… Ecco…” provò a dire Alex colta totalmente di sorpresa.
“Per me va bene” acconsentì Lily, d’altronde lei era abituata a viaggiare e stare sempre in movimento, era da quando aveva sedici anni che girovaga per il vecchio e il nuovo continente.
“Ti pareva se a te non andava bene” sbuffò l’amica contrariata. “Dov’è la solidarietà femminile?” domandò fissandola negli occhi.
“Saremmo ipocrite a rifiutare l’invito da parte degli Avenged Sevenfold, potrebbero offendersi” scherzò l’altra, e Alex si ritrovò a fissare i quattro ragazzi che annuivano tutti seri.
“Ok… Dai magari veniamo giù domani o dopo domani…” sospirò rassegnata.
“NO!” esclamò Zacky facendola sobbalzare. “Tornate con noi stasera, andiamo a fare le valige, siamo dei maghi ormai!”
“Ma… Non abbiamo nemmeno un posto dove dormire” obbiettò l’ennesima volta Alex, che sembrava essere l’unica ad avere un minimo di raziocinio quella sera. Lily avrebbe seguito Brian anche in capo al mondo, e se lei avesse dato retta a Zacky si sarebbe ritrovata magari a dormire su qualche giardino, prato o peggio: cimitero. Ok, loro erano gli Avenged Sevenfold, conoscevano la loro musica da anni, erano un po’ gli idoli di sempre; ma passare dal trascorrere una giornata insieme a Santa Monica ad andare con loro chissà dove per fare non si sa cosa, era tutta un’altra storia.
“Beh per stasera possiamo dormire tutti da Matt o da Brian, o anche in qualche Motel” disse il ragazzo come se fosse la cosa più normale del mondo.
“No, io voglio un posto pulito e comodo” intervenne Lily. “Viaggiare ok, ma con stile” concluse ridendo. “Proporrei casa di Brian!”
“Allora dovrai scendere a compromessi con la pulizia” celiò Matt sfoggiando un angelico sorriso.
“Ma vaffanculo Shads!” sbottò il chitarrista senza mezzi termini.
“E da Brian sia, almeno siamo sicuri che ci sarà la birra!” disse Zacky battendo le mani tutto felice. “Ora scusate devo chiamare Geena e dirle che non torno a casa…” aggiunse allontanandosi dalla tavolata. “Vi aspetto alle macchine!”
Gli altri annuirono e finirono chi di mangiare chi di bere per poi pagare il conto e incamminarsi al parcheggio.

“Allora pronte a impacchettare tutte le vostre cose?” chiese Zacky strofinandosi le mani a palmi chiusi una contro l’altra.
“Avvicinati alla mia roba e giuro che ti spacco in testa la lampada” disse statuaria Lily. “Non amo che si tocchino le mie cose” aggiunse poi con un sorriso tanto amabile quanto inquietante.
“Ok, Ok… Aiuto Alex, che lei mi vuole bene e non è una stronza acida come te” rispose lui muovendo qualche passo verso la parte della stanza che era dell’altra ragazza.
“Posso farcela anche da sola sai?” disse divertita Alex.
“Ma non hai la mente funzionale di un uomo, siamo progettati per queste cose” annuì il ragazzo che fece sospirare – quasi di esasperazione – tutta la stanza.
“Si ma non aprire il primo…” Alex non fece in tempo a finire la frase che il chitarrista aveva già aperto il cassetto e stava anche tranquillamente frugando tra la biancheria della ragazza, tirando fuori qualsiasi pezzo per osservarlo e commentarlo a bassa voce.
“ZACKY!” esclamò Johnny allibito.
“Testa di cazzo lascia stare!” aggiunse Matt attraversando la stanza con un paio di falcate decise.
“Brutto maniaco!” urlò Alex divertita lanciandogli addosso la spazzola che stava riponendo nel suo beauty, colpendolo dritto in volto.
“AHIO cazzo!” disse lui coprendosi il volto onde evitare altri attacchi. “Mi hai colpito l’occhio” continuò contrariato. Nella stanza calò un silenzio quasi irreale, rotto poi da una serie di risate divertite.
“Oddio scusa!” esclamò la ragazza mortificata. “Avevo mirato il braccio” aggiunse avvicinandosi a Zacky.
“Hai una mira del cazzo” continuò lui. “Sta sicura che mi verrà l’occhio nero” proseguì scuotendo la testa. “E pensare che volevo essere solamente utile” sospirò lui con aria teatrale sedendosi sulla poltroncina li a fianco.
“Vado a prendere del ghiaccio” ridacchiò Johnny uscendo dalla stanza.
“Non l’ho fatto con cattiveria giuro!” disse Alex mortificata proprio.
“Se lo avessi fatto con cattiveria mi avresti ucciso? Torturato? Menomato?” domandò lui per poi sorridere. “Tranquilla ne ho passate di peggiori” aggiunse per tranquillizzarla. “Per farti perdonare verrai in macchina con me..” la ragazza annuì con un sorriso, non sapendo a quale sorte stava andando incontro.

“Grazie per essere venuta in macchina con me” disse Brian mettendo in moto, aspettando poi che gli altri salissero in quella di Zacky.
“Ma scherzi? Dovrei essere io a ringraziare te per avermi salvato da una di quelle esperienze che potrebbero risultare tra le più traumatiche della mia vita” rise Lily stiracchiandosi. “E poi la tua macchina è più comoda”
“Alex bacerà il prato di casa mia non appena arriveremo, fidati, sarà l’ora più lunga della sua vita” commentò Brian, che conosceva molto bene la guida – leggermente – spericolata di Zacky. “Non è un cretino Zack, solo che a volte non si rende conto di come gli altri possono vederlo” spiegò.
“Mi sta simpatico, non ha una rotella al posto giusto” annuì Lily.
“Credo che nessuno tra noi ce l’abbia le rotelle a posto” convenne Brian.
“Sei sicuro che non ti da fastidio l’invasione di casa tua?” domandò poi curiosa. “Voglio dire siamo due perfette sconosciute e in più ti trascini dietro anche gli altri… Noi possiamo vedere se c’è qualche stanza libera in giro… Davvero…” disse tutto d’un fiato.
“Ma no figurati… Ho una casa grande, e purtroppo vuota” rispose lui. “Un po’ di compagnia non può far male, anzi, mi aiuta a non pensare…”
“Secondo me ci farai fuori tutti mentre dormiamo, hai l’aspetto di uno che lo farebbe” commentò tranquillamente Lily. “Oddio, Synyster Gates ce l’ha, il Brian che ho conosciuto meglio oggi, forse no”
“Beh, Synyster Gates è in ferie fino al prossimo tour” precisò. “Ma ultimamente è cambiato pure lui, niente purtroppo è come prima”.
“Deve essere stata dura” mormorò a bassa voce. “Non riesco a immaginare nemmeno lo stravolgimento delle vostre vite”.
“Rimanere uniti tra di noi ha aiutato molto, ma è come se nessuno fosse più lo stesso, certo ora a distanza di un anno, e con un tour mondiale lasciato alle spalle, riusciamo ad essere più sereni” prese a dire guardando la strada e rallentando un po’. “Ma di cose ne sono cambiate, io credo d’essere quello che ne ha risentito di più… Quello che ha… - scosse la testa non trovando le parole – Voluto rinnovarsi? Che ha voluto dare un taglio drastico a tutto e cercare un nuovo percorso!” concluse con un profondo sospiro.
“Io credo che qualsiasi cosa, strada, scelta, tu abbia intrapreso per sentirti meglio sia giusta, ognuno affronta le cose a modo proprio, non c’è una ricetta universale, c’è solo il coraggio di affrontarle le cose senza fuggire.”
“Dio” rise scuotendo al testa. “Ti sto annoiando a morte, davvero scusami, è che… Parlarne liberamente con gente che non è del giro, è…”
“Terapeutico?” rise lei cercando di sdrammatizzare tutta quella situazione.
“Assolutamente si! Perché non si è obbligati a pesare ogni singola parola ogni singolo pensiero per non ferire gli altri…” convenne lui. “Con Michelle è finita anche per questo: erano più gli argomenti tabù che altro, non potevo piangere, disperarmi o divertirmi, non potevo fare niente, dovevo starmene in una sorta di limbo grigio senza poter far passi avanti o indietro”.
“Non deve essere stato facile per nessuno” sospira. “Mi dispiace veramente tanto, ma se vorrai sfogarti sono qui, come para fulmine potrei avere un’ottima carriera” scherzò lei sorridente.
“Lo terrò a mente piccoletta”.

“TU!!! Pazzo, psicotico, suicida!” urlò Alex a denti stretti non appena Zacky scese dalla macchina. “Ma chi ti ha dato la patente? Ronald McDonald?” chiese allibita. “Andavi a duecento all’ora, facevi le curve come se esistessi solo tu lungo la strada!” continuò nervosa. “Pazzo psicotico suicida!” aggiunse portandosi le braccia conserte al petto, accompagnando il tutto con un’espressione buffissima che doveva sembrare minacciosa.
“Calma tigre” rise Zacky dandole un colpetto con il dito indice sulla punta del naso.
“Calmarmi? Ma non sentivi da dietro che ti imploravo di andare più piano? Mi sono ritrovata praticamente a due millimetri dal lasciare la mia foto ricordo sul finestrino della macchina tua!” aggiunse indispettita.
“Siamo arrivati? Si. Siamo tutti sani e salvi? Si. Prendi la vita con più leggerezza!” rispose serafico.
“Oh giuro che ti strozzo nel sonno stanotte” lo minacciò lei.
“Vuol dire che mi verrai a trovare in piena notte nella mia stanza?” celiò con un sorriso sornione. “Questa si che è una cosa interessante…” aggiunse con fare malizioso. Alex non rispose ma il colorito del suo volto passò da un rosa color pesca a un rosso ciliegia in un batter d’occhio.
“Sei impossibile!” borbottò girandosi per prendere il suo trolley e iniziando a incamminarsi verso la porta d’ingresso della casa di Brian, per poi sobbalzare quando sentì una mano accarezzarle la propria. Era Matt che le aveva delicatamente preso il trolley aiutandola così a portarlo su per i gradini d’ingresso e poi per le scale che conducevano alla zona notte.
“Questa casa è veramente grande” commentò Alex sedendosi sul lettone matrimoniale che avrebbe condiviso con Lily.
“Si, l’avevano comprata Brian e Michelle poco prima di sposarsi” rispose Matt appoggiandosi alla cassettiera proprio davanti alla ragazza. “Ora ci sta solo Brian, Michelle gli ha lasciato la casa ma si è portata via quasi tutti i mobili e le cose per la casa…” sospira.
“Ho notato lo stile un po’ spartano, ma pensavo fosse una scelta di lui” commentò lei guardandosi intorno.
“Non riesce ancora a lasciare andare del tutto la cosa, ma sta bene ora, l’importante è quello, i mobili di casa possono sempre aspettare” annuì con un sorriso.
“Assolutamente si” convenne lei. “Ma solo a me la giornata di oggi sembra essere presa da un episodio di ‘Ai confini con la realtà?’..” domandò dopo qualche secondo di silenzio. “Insomma… Siamo a casa di Brian, insieme a tutti voi… E non lo so, c’è qualcosa di stranamente… Strano?” rise divertita.
“Non invitiamo gente sconosciuta generalmente, soprattutto non mezze fan come potreste essere voi” ammise con un sorriso. “Ma Kat Von D ha garantito per voi, e poi le due/tre volte che ci siamo visti prima di oggi siamo stati sempre tutti molto bene insieme” continuò tranquillo. “Poi oggi abbiamo assecondato una follia di Zacky, non so dirti come si evolverà la cosa, ho quasi paura di scoprirlo… Sai?”
“Oh, non dirlo a me… Io ho il terrore di scoprirlo Matt! Stanotte io e Lily ci chiuderemo dentro a chiave!” rise la ragazza alzandosi dal letto. “E sbarreremo le finestre, come minimo!” aggiunse piegandosi in avanti per poter prendere la roba per lavarsi e cambiarsi, regalando cosi al cantante una bellissima panoramica del suo lato b; cosa che il ragazzo apprezzò moltissimo. “È ora di cambiarsi!!” esclamò Alex avvicinandosi al cantante. “Buona notte Matt, a domani!” disse alzandosi sulla punta dei piedi per dargli un bacio sulla guancia e uscire per dirigersi verso un bagno.
Il ragazzo rimase qualche secondo immobile, portandosi la mano a sfiorare la guancia proprio nel punto dove Alex qualche attimo prima lo aveva baciato. “Buona notte anche a te scricciolo” mormorò lui divertito uscendo dalla stanza.

 

 

Questa storia, sarà scritta a quattro mani con il mio tesoro Keiko. La potrete trovare non solo qui su EFP, ma anche nei due seguenti archivi: Sweet Revenge & Littile Piece of Heaven.
Non avrei mai pensato di tornare a scrivere sugli Avenged Sevenfold, ma il tempo sembra aver iniziato a sanare alcune ferite che pensavo impossibile guarire. Ma eccomi qui, con questa storia, nata da un soglio di Keiko, scritta per essere una One-Shot, e alla fine accettata come una long-fic di circa dieci capitolo. Cinque a testa. Il giusto compromesso per tornare in un mondo che ho creduto perso fino a qualche giorno fa. Spero che vi piaccia, che vi faccia sorridere e sognare proprio come ha fatto con me.
Inoltre vi consiglierei di iscrivervi all'archivio di Keiko, e leggerete storie meravigliose sui My Chemical Romance, Avenged Sevenfold, Harry Potter e tanto altro. <3
Se vi va iscrivetevi anche sul mio, per ora ci sono le stessere storie di EFP, ma con il tempo inserirò li dentro long-fic che non pubblicherò qui.

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Capitolo 2
*** #2 Seize The Day ***


Prima di lasciarvi alla lettura di questo fantastico capitolo, ci tengo a precisare che è stato scritto dalla mia tesora: Keiko.


Il mare è immenso e sconfinato, si estende sino all’orizzonte e si tuffa nel sole. L’uomo ha la sensazione di poter toccare quell’oro liquido e scivolare oltre quella linea di confine per convincersi di poter raggiungere il punto più lontano rispetto a dove si trova, ignorandone la distanza dalla terraferma. Per questo motivo gli esseri umani adorano incantarsi a fissare estasiati i tramonti: vogliono solo illudersi di poter raggiungere la propria meta, qualunque essa sia. E a volte, la loro destinazione, è così vicina da non essersi resi conto di essere già arrivati al capolinea.

Lily si gettò a peso morto sul letto dopo aver passato una decina di minuti a spazzolare i lunghi capelli castani, un gesto che Alex aveva imparato a ricondurre ad un rituale che le concedeva sicurezza e ripristinava i suoi poveri nervi ad uno stato di calma.
“Cos’hai Alex?”
“La domanda corretta sarebbe: cosa diavolo ti è preso, Lily.”
“Oh, andiamo… non mi dirai che…”
“Che?”
“Che non eri d’accordo!”
“Ovvio che no, non ero d’accordo.”
Alex aveva sbuffato  senza staccare lo sguardo dal romanzo che teneva tra le mani, fintamente presa dalla lettura di una riga su cui era già passata almeno una decina di volte: la testa, in quel momento, l’aveva felicemente lasciata fuori, un po’ sul sorriso di Matt, un po’ sullo spettacolo dell’oceano sotto il faro di Santa Monica, un po’ sulla stupidità di Zacky.
Insomma, era totalmente presa da altri pensieri, il primo dei quali era senza dubbio fuggire dalla casa di Brian Haner il più velocemente possibile.
Lily la fissò stringendo gli occhi a due fessure, avvicinandosi a lei a sufficienza per strapparle di mano il libro e gettarlo ai suoi piedi.
“Dammi tre validi motivi per cui non dovevamo accettare. E se saranno davvero validi, ti chiederò immensamente perdono. In caso contrario, mi sarai debitrice di un enorme favore.”
Alex si morse il labbro inferiore, sollevando lo sguardo verso il soffitto della stanza: da qualche parte, al piano inferiore o nelle stanze accanto, c’erano i loro idoli.
Be’, a essere sincere erano più gli idoli di Lily che suoi, per lei lo erano diventati  per ereditarietà, tipo teoria dei vasi comunicanti: da quando aveva conosciuto l’italo-americana la sua vita aveva preso una piega assurda, di quelle che ti fanno aprire gli occhi su quanto sia pericoloso restarsene aggrappati alle certezze senza osare mai.
Della cosa era a conoscenza da un pezzo, solo la parte difficile era stata trovare il coraggio necessario per buttare all’aria tutta la sua esistenza e provare a ripartire, in un qualsiasi posto in cui nessuno la conosceva, nessuno poteva dirle cosa fare o cosa non fare, libera di ridere e muoversi come meglio credeva.
Era stata Lily con il suo sorriso spensierato, con quel coraggio che sfociava spesso in un’incoscienza da bambina, con quella determinazione che la portava sempre nella direzione giusta per avvicinarsi ai suoi sogni, ad averla trascinata in California.
Alex le invidiava la capacità di non perdersi dietro paranoie e riflessioni pericolose, tipo quelle che la stavano assillando da quando Matt era uscito dalla stanza e lei si era trincerata al suo interno lasciando crollare ogni barriera emotiva.
“Allora, vediamo. Siamo arrivate a Los Angeles un mese fa, più o meno. Siamo andate da Kat Von D per farci tatuare” e sollevò il piede indicando le ali da pipistrello che si era lasciata marchiare sulla caviglia destra, soffrendo per altro come poche altre volte nella propria esistenza, “e abbiamo iniziato a parlare di cose di cui probabilmente non ho mai parlato nemmeno con mia madre. E okay, Kat ha la capacità magica di tirare fuori dalle persone cose che nemmeno loro credono di sapere, poter dire o fare, ma da qui al finire a casa di uno di questi pazzi ce ne passa, Lily.”
“Le motivazioni, Alex.”
L’inglese aveva sospirato, sprofondando ulteriormente tra le pieghe delle lenzuola color vinaccia del letto.
Certo che in fatto di gusti Brian non era esattamente allegro, eh.
“Oh, che cavolo di motivazioni vuoi che ci siano? Per una botta di culo – per la quale sconteremo la pena per tutto il resto della nostra vita, probabilmente – siamo finite a conoscere tu-sai-chi, siamo a dormire a casa di uno loro – con loro – e mi vieni a chiedere cosa c’è che non va?”
“Si, ovvio.”
“E’ tutto irreale, Lily. C’è la fregatura da qualche parte, e io sinceramente non ho la minima intenzione di…”
“Okay, hai violato il tabù. Tu hai semplicemente paura, non hai una motivazione plausibile per dire che stiamo sbagliando tutto.”
“Non ho detto questo, Lily.”
“L’hai pensato”, l’aveva accusata l’amica mettendo il broncio.
Ecco perché non si può parlare con lei di certe cose.
“No, ho solo detto che non voglio… okay mi arrendo, fa’ come ti pare:  ma ricordati tre cose. Sono famosi, possono avere tutte le donne che vogliono, sono anni luce lontano da noi.”
Lily l’aveva fissata incrociando le braccia sul petto, al pari delle gambe strette tra loro nella medesima posizione.
“L’ultima è una cazzata”, le aveva sibilato contro come se le avesse appena ammazzato tutti i sogni di una vita in mezzo secondo.
“Okay, sembrano esseri umani comuni, di questo ti do’ atto. Se sorvoliamo sul fatto che Zacky è palesemente schizzato, ma questo è un altro discorso. Il concetto è: quanto ci metti a perdere la testa per uno come loro? E non guardarmi così, Lily… cioè, sarebbe una reazione umana e matematica per chiunque.”
“Perché devi sempre pensare così tanto oltre?”
“Perché mi conosco Lily, e ti conosco, e non ho la minima intenzione di illudermi per due parole messe lì, al posto giusto, per fottermi.”
“Avevi giurato niente paranoie.”
Lily si era coricata accanto all’amica, scostandosi una ciocca di capelli dal volto e cingendole la vita con il braccio sottile.
“Domani ce ne andiamo di qui, hai vinto.”
“Ti ho distrutto ogni sogno, Lily?”
Non le aveva risposto, lasciando che il silenzio parlasse per lei, per quel suo respiro leggero che andava acquietandosi mentre ogni muscolo si rilassava a contatto con le lenzuola pulite e profumate di bucato fresco.
“L’ho visto come ti guardava, e come lo guardavi. E poi è Brian Haner, no? Quel Brian Haner. E’ come se io conoscessi Frank Iero, per dire.”
“Non capiresti più nulla?”
“Molto probabile. Vacci piano, okay? E’ un consiglio.”
“Non mi piace quando non ti lanci, Alex.”
“Non ho detto che non mi lancio con te, semplicemente porto il paracadute per entrambe.”
Erano scoppiate a ridere all’unisono, tuffando il viso tra i cuscini con l’animo più leggero. Era facile parlare, chiarirsi le idee dando voce ai pensieri e ai timori e tornare a guardare insieme al futuro con un po’ di sana illusione.
Lily era certa che quella fortuna sfacciata che le aveva portate sino a Los Angeles non le avrebbe tradite, non proprio in quel momento, quando la loro fata madrina faceva di nome Kat Von D e aveva spalancato loro le porte scintillanti dei sogni a portata di mano.

“Che avranno mai da ridere?”
Zacky fissava la distesa verde dell’imponente – quanto inquietante – parco della villa di Brian, il fumo della sigaretta a fargli compagnia nella notte californiana. Il sole di settembre, i bambini che riprendevano la scuola, gli adolescenti che invece marinavano andando negli stessi pub che avevano frequentato loro durante anni che sembravano essere passati in un soffio, lo innervosivano per la prima volta nella sua vita.
Tornare a casa era sempre stato un piacere, una certezza di serenità apparente e di riconquista della propria vita. Ora, invece, era tutto diverso e difficile, e Huntigton Beach era diventata una fossa comune in cui avevano deciso di gettarsi tutti insieme a marcire in compagnia.
“Sono donne, Zacky, non ti porre troppe domande.”
Il chitarrista aveva sollevato lo sguardo sull’amico, sorridendo divertito.
“Cos’è, qualche giornata ti è bastata per capire come funziona l’universo femminile? Non sei mai stato ferrato in materia, Matt. Lascia fare agli esperti.”
“E sarebbero?”
“Io e Syn, ovviamente.”
Matthew era scoppiato a ridere a propria volta, sedendosi accanto a Zacky ingollando un sorso di birra e fissando il cielo sopra di loro.
“Mi piacerebbe andare giù al molo ora, e stare lì a guardare l’oceano sino ad addormentarmi. Ti ricordi quando dormivamo in spiaggia?”
“Eravamo dei cazzoni e abbiamo fatto un sacco di casini.”
“Non abbiamo mai smesso, Zacky.”
Brian era appoggiato allo stipite della porta-finestra, perso dietro ai ricordi che tutti e tre cercavano di brandire come collante per restare insieme.
E non erano in realtà i ricordi la loro forza, ma quel legame che si crea con le persone a te più simili, quelle che per affinità elettiva ti ritrovi tra le mani e non sai bene come gestire.
Un po’ come le due che stavano ridendo – e forse ora dormendo – al piano di sopra.
“I guai sono solo all’inizio.”
“Casini con Michelle?”, gli aveva chiesto Matt indicandolo con la bottiglia mezza vuota tra le mani.
“Non la sento da qualche settimana, immagino sia meglio per tutti e due. Tu piuttosto hai deciso che cosa fare con Val?”
“Non c’è niente da fare, siamo a un punto morto. Lì, fermi ad aspettare entrambi di fare un passo falso e cadere di sotto.”
“Siete due coglioni.”
Zacky era quello che non aveva bisogno di dare giustificazioni per le sue uscite del cazzo, perché lui era quello che aveva ragione.
Sempre.
E benché Geena fosse semplicemente adorabile e perfetta, i fatti avevano cambiato le carte in tavola nelle loro esistenze e non bastava più cercare l’appoggio di chi c’era sempre stato, in chi conosceva ogni dettaglio della vicenda e sapeva sviscerarla e farla a pezzi centinaia di volte.
Quello di cui avevano bisogno era una ventata d’ossigeno – fosse di una settimana, un anno o una notte soltanto aveva poca importanza – per non sentirsi soffocare e sopraffare dall’orrore di vedersi scodellare davanti il peggio di sé stessi.
“Se vuoi farti una sana scopata non c’è niente di male. Lo fai e basta.”
“Stai facendo un mucchio di stronzate, Zacky, te ne pentirai.”
“Faccio quello che tu non hai il coraggio di fare, Matt. Cerco quello che mi fa stare bene. E questo non significa che non sia innamorato di Geena, significa… bah, che semplicemente una donna che non ti conosce non ti fa sempre le stesse domande. Una che ti porti a letto una notte soltanto non ti chiederà mai: come stai, Zacky? Io ne ho le palle piene di sentirmi chiedere come sto. Io voglio tornare a respirare. Vado a dormire.”
L’avevano lasciato rientrare, poi Brian e Matt si erano lanciati l’ennesimo sguardo carico di rimprovero per sé stessi, quello che li coglieva ogni volta che si rendevano conto di quanto la vita potesse essere bastarda e di quanto potevi perdere, in un colpo solo.
Perché non è la mancanza fisica quella che può farti male, ma il distacco che ne consegue, la crepa distruttiva che si espande come una chiazza d’olio maleodorante intaccando ogni cosa.
Anche la più bella.

I colpi sulla porta si erano fatti più insistenti, sino a quando Alex non era riuscita ad aprire gli occhi e lanciare un’occhiata al cellulare acceso ancora stretto tra le mani: le cinque e mezza.
Da quanto tempo si erano addormentate? Quattro ore?
Aveva lasciato scivolare il braccio di Lily lontano da sé, allungandosi quanto bastava per scendere dal letto e presentarsi alla porta della camera senza riuscire a connettere il cervello ai pensieri, risparmiandosi così una serie di paranoie di un vivace color fragola.
“Ti ho svegliata?”
“Direi di si… che ore sono?”, gli aveva risposto lei portandosi una mano alla bocca, cercando di trattenere uno sbadiglio a trentadue denti in stile il Re Leone appena sveglio.
“Le cinque e mezza. Ma  ti avevo detto che ti avrei portata a correre, no?”
Al sorriso di Matt, Alex aveva risposto stropicciandosi gli occhi e passandosi una mano nel nido di nodi e capelli arruffati che aveva in testa, realizzando solo in un secondo momento di essere a dir poco impresentabile, con una maglia di almeno tre taglie più grande dei Pistols dalla scollatura tagliata e le gambe nude.
“Non avevo pensato che… cioè, si, che potessi dormire.”
“Notte insonne?”
“Più o meno.”
“Dammi cinque minuti e andiamo a correre.”
Quello che doveva essere un sorriso indirizzato al ragazzo si era rivelata la smorfia d’orrore di chi è costretto a subire la peggiore delle torture, e Alex si era infilata le scarpe da ginnastica e un paio di shorts di jeans, indossando  sopra la maglia una felpa pesante.
Al piano di sotto, sette minuti e dodici secondi più tardi, si era presentata al fianco di Matthew sbadigliando.
“Scusami, devo ancora riprendermi  dalla levataccia.”
“Non volevo svegliarti, scusami.”
Lei era scoppiata a ridere, guardandolo di sottecchi da quella sua perenne posizione di svantaggio.
“Non si raccontano le bugie, Mister Shadows. Da quando si bussa a una porta alle cinque e mezza del mattino sperando che quelli dall’altra parte siano svegli? Ah, giusto, ma voi siete californiani, non dormite mai. Colpa di Las Vegas, eh?”
“L’avete vista?”
“Non ancora, ma temo possa essere la cosa più destabilizzante della mia vita.”
“Potremmo andare tutti insieme, sarebbe sicuramente più divertente. E due ragazze da sole in una città del genere sono soggette al peggiore dei trattamenti.”
E chi ci difenderà da voi?, si era domanda d’impulso Alex, scacciando il pensiero-minaccia scrollando il capo e puntando il dito contro il petto di Matt, visto che l’altezza massima che poteva raggiungere era proprio quella.
“Se la fortuna gira dalla vostra parte e riusciamo a vincere a qualsiasi cosa possibile, allora affare fatto. Lily sarà la donna più felice del pianeta.”
La loro, più che una corsa, si era rivelata una passeggiata in riva al mare mentre il sole ancora dormiva, e con lui tutta Huntigton Beach.
“Allora affare fatto, renderemo Lily la donna più felice del pianeta.”
Alex era scoppiata a ridere di nuovo, le mani affondate nelle tasche della felpa e il cappuccio sollevato sopra la nuca per ripararsi dalla brezza mattutina.
“Ma in California non dovrebbe esserci sempre caldo? Si gela!”
“Non ci ho mai fatto troppo caso, quando ci vivi probabilmente ci fai l’abitudine e ti convinci ci sia sempre caldo.”
“A Londra lo diciamo senza troppi problemi, che piove di continuo e fa freddo. Voi fate pubblicità ingannevole per attirare turisti, giocate sporco.”
Era scoppiato a ridere di nuovo, costringendo Alex ad assumere l’ennesima espressione buffa – ridicola, avrebbe giurato lei - visto quanto Matt la stava beatamente prendendo in giro.
“Cos’ho detto di così strano ora?”
“Sei buffa, gesticoli tantissimo quando parli, ti dimeni e non stai ferma un attimo. Sembra che tutto ciò che dici sia una grandissima verità.”
“Be’, in effetti è così. Allora io direi di fare questa fantomatica corsa a questo punto, no?”
Non aveva aspettato la sua risposta, si era tolta le scarpe sentendo la sabbia gelida scivolarle tra le dita dei piedi ed era schizzata in avanti senza pensare a nulla, solo a correre e correre sino al molo, per poter vedere il sole allungare i propri raggi sul loro nuovo mondo e chiudersi su di loro.
“Ma quanto cazzo sei veloce?”
“E’ solo perché sono più piccola di te”, era stata la risposta di Alex, che aveva scrollato le spalle per dare minor importanza alle proprie parole.
“Cavoli, ma è bellissimo!”
Aveva indicato il sole fare capolino oltre le case e le ville di Huntigton Beach, gettandosi a sedere sul pontile osservando sotto di loro alcuni surfisti diretti in acqua.
“Qui non dormite davvero mai voi…”
“Siamo abituati ad avere un ritmo di vita decisamente frenetico.”
“Di solito il mare calma i nervi, non li agita.”
“Ma questo è l’oceano.”
“E cosa c’entra?”, gli aveva fatto eco lei, mentre il ragazzo le si era seduto accanto contemplando una città della quale faceva fatica a ricordare i particolari, come una vecchia amante di cui dimentichi il nome. Quante città avevano sostituito Huntigton Beach, negli anni? Ognuna simile a un porto, tantissime in riva all’oceano, nessuna come la loro città natale.
“Non ti manca mai tutto questo quando siete in tour?”
Nemmeno gli avesse letto nel pensiero, Alex gli aveva rivolto la domanda guardandolo negli occhi, cercando di sistemare dietro l’orecchio una ciocca di capelli che si ostinava a sferzarle il viso.
“Si mi manca, ma me ne rendo sempre conto quando ritorno. Cioè, credi sempre che le altre città possano darti quello che ti offre Huntigton Beach e invece non è mai così.”
“Be’, ogni città diventa speciale nel momento in cui hai dei ricordi particolari che ti legano a lei. Qual è la tua città preferita?”
“Huntigton Beach.”
“Okay, ricevuto. E comunque ho vinto di nuovo io”, gli aveva fatto eco lei coricandosi per poter  guadare l’oceano alle loro spalle.
“E’ bello qui. Non sembra la California che ci rifilate nei film.”
“Non siamo noi a produrli, ma siamo fighi tanto quanto nei film.”
“Non puoi scaricare la colpa della pubblicità ingannevole su Hollywood. Guarda lì.”
Gli aveva indicato un punto tra l’oceano e il cielo dove non c’era nulla di differente rispetto al resto, ma il cantate era stato costretto a distendersi a propria volta per osservare quello che Alex voleva mostrargli.
“Lì non c’è niente.”
“Mi devi il mio premio.”
La verità era che Alex amava i tramonti, vi si perdeva dentro e si emozionava sino alle lacrime, per quel motivo ringraziava Dio – in cui non credeva, ma era tanto per dire – di essere in presenza di un’alba ancora grezza e grigia anziché di un’esplosione di arancione, perché era certa che in quel momento si sarebbe seriamente messa a piangere come una cretina.
Se ne stava lì, distesa su un vecchio pontile a osservare un punto di incontro tra cielo e mare sentendosi un po’ morire, parecchio stupida e decisamente fuori luogo con uno che faceva di nome Matthew Sanders ed era finito su miriadi di copertine di Kerrang! solo nell’ultimo anno.
Che cavolo andava a dire a uno così? Cioè, nemmeno lo conosceva e se ne stava lì a fare della filosofia gratuita su un pensiero scemo che le era venuto in mente.
Vedi quel punto? E’ differente da tutti gli altri perché è il primo che ti viene da fissare quando osservi l’orizzonte. E’ centrale allo sguardo, è perfetto, è il punto di incontro di due rette che hanno un fuoco che schizza via, lontano dallo sguardo.
E se quelle due rette fossimo noi?
Sei proprio la solita stupida sentimentale, Alexandra.
“Non abbiamo puntato nulla, o sbaglio?”
“Allora decido io il premio!”
Si era rizzata a sedere alzando le mani verso il cielo allungando i muscoli per poi tornare a guardarlo mentre se ne stava ancora coricato, sufficientemente incredulo da ritenere di avere a che fare con una pazza probabilmente.
“Non credo valga.”
“Be’, aspetta di sapere cos’è. Non sei curioso?”, gli aveva chiesto con un tono esageratamente deluso che aveva costretto Matt a fare i conti con l’ennesimo sorriso del primo mattino.
Era bello ridere appena svegli, era un ottimo esorcismo per tenere lontani i cattivi pensieri.
Cattivi o brutti? Una domanda da un milione di dollari, Matt.
“E cosa sarebbe?”
“Quando lo deciderò io, dovrai svelarmi un segreto. E non potrai negarmelo.”
“Scusa, ma poi non sarebbe più un segreto. E potrei mentirti, no?”
“Ma io l’ho vinto e tu… be’, tu non hai la faccia di quello che ti prende per il culo. Non come quel tuo chitarrista.”
Aveva sbuffato e Matt l’aveva osservata cambiare espressione per poi tornare improvvisamente allegra.
“Non l’avevamo deciso prima.”
“ Be’, lo decidiamo ora.”
Si era alzata in piedi afferrando le scarpe da ginnastica tra le mani, il tempo necessario per dare a Matt l’occasione per sfiorarle il polso senza riuscire ad afferrarla e scoppiare a ridere dandogli le spalle, iniziando a correre inseguendo i propri passi.
Il ragazzo aveva indugiato sul molo a fissare il punto dell’orizzonte che gli aveva indicato Alex, la sua voce che lo chiamava dalla spiaggia accompagnata da una risata divertita mentre inseguiva orme ormai cancellate dalle onde dell’oceano.
Erano un po’ una metafora del loro ritorno forzato ad Huntigton Beach, in cerca di un equilibrio che non avrebbero mai trovato continuando a tormentarsi  guardando al passato, e forse Zacky aveva ragione: lui era l’unico ad aver avuto il coraggio di dare un nome a quello che lui e Brian non osavano nemmeno immaginare.
Vivere nell’ignoranza, senza formulare ipotesi o nomi, a volte era la medicina migliore: d’altra parte, se il cieco non ha mai conosciuto il mondo, non potrà mai rimpiangere ciò che non ha mai potuto avere.

Lily se ne stava seduta sul divano in compagnia di Zacky, le mani strette in grembo mentre lo fissava torva.
“Cristo, ti dico che non le ho fatto niente!”
“Secondo me l’ha nascosta nel baule della macchina”, aveva rincarato la dose Brian dalla cucina, mentre era alle prese con una pila di pancake che Lily aveva prontamente provveduto a preparare per tutti quanti.
Anche per quella cretina della sua amica probabilmente morta annegata nell’oceano.
“Morta, ovviamente.”
“Vaffanculo, Brian. Questa qui già pensa che sia un pazzo maniaco, non peggiorare la situazione.”
“Veramente non hai fatto nulla per far supporre il contrario, eh”, l’aveva rimbeccato Lily continuando a tenersi a una distanza di sicurezza necessaria a farle saltare il divano con rapidità in caso di movimenti sospetti da parte del chitarrista.
Si be’, il numero due, il numero uno era dall’altra parte intento a versare succo d’acero sui pancake già pronti.
“Certo che metterti ai fornelli, Syn, non è esattamente una cosa virile.”
“Non sono ai fornelli, sto sciroppando l’acero… ne vuoi un po’?”
La domanda era stata rivolta a Lily, Brian che come un idiota si era passato una cucchiaiata di succo in bocca ammiccando alla ragazza, scoppiando poi a ridere all’unisono con Zacky.
“Almeno non faccio solo io la figura del pervertito qui in mezzo. Visto?”
Il viso di Lily aveva assunto la tonalità delle tende del salotto, un fantastico color amaranto: dove cazzo era Alex?
Il francesismo, nel caso, era assolutamente lecito, perché avrebbe resistito si e no ancora dieci minuti in compagnia di Zacky e Synyster Gates – Brian Haner probabilmente stava dormendo da qualche parte, in perfetto stile Dr. Jekyll e Mr. Hyde. Solo che lei preferiva di gran lunga Jekyll, ad Hyde – dopodiché avrebbe trovato un qualsiasi pretesto per suicidarsi.
“Chi è il pervertito Zacky?”
La voce di Matt le era apparsa come un messaggio divino – non era evidentemente giunta la sua ora di schiattare – e il volto di Alex che aveva fatto capolino a lato del ragazzo, sorridente e decisamente stanco, erano tutto ciò che poteva renderle quel poco di lucidità mentale che le era rimasta.
“Dov’eri finita?”
“A correre.”
I due sportivi si erano lanciati un’occhiata sorpresa prima di scoppiare a ridere per aver risposto all’unisono a una domanda decisamente scontata.
“L’ho svegliata presto, colpa mia.”
“Io non ho sentito nulla.”
“E’ perché non ti svegliano nemmeno i festeggiamenti del carnevale di Rio de Janeiro sotto casa, Lily.”
“Giusto, dovremmo andare a Rio quest’inverno a festeggiare”, aveva  proposto deciso Zacky in risposta all’inglese, nascosta dietro la Muraglia Sanders.  
“Visto?”
Zacky aveva lanciato un’occhiata offesa ad Alex, incrociando le braccia sul petto per accentuare il tutto.
Visto cosa?”
“Che sei un maniaco.”
“Io non farei tanto la schizzinosa”, aveva puntualizzato Lily prendendo le difese del chitarrista che – sorpreso – le aveva sorriso con una gratitudine a dir poco esagerata.
“Zacky ci ha trovato una sistemazione.”
Alex si era ammutolita, spostando lo sguardo da uno all’altro almeno una decina di volte, per poi focalizzarsi all’improvviso sui rumori che giungevano dalla cucina.
“Ehi Brian, non restiamo qui. Giusto?”, gli aveva chiesto allarmata, nemmeno le avessero proposto di dormire all’aperto nel mezzo della Death Valley.
“Chiedilo a Zacky, è lui il vostro salvatore.”
“Questo è tutto da vedere… “, aveva borbottato tra se’ Alex senza curarsi troppo di non farsi sentire dagli altri.
“Allora?”
Allora cosa, Lily?”, l’aveva rimbeccata lei mentre l’amica supportava innocentemente il pazzo.
“Be’, non sei curiosa di sapere cos’ha trovato Zacky?”
“No.”
“Ma come no! Non ci prendere per il culo dai, non puoi non essere curiosa!”
Zacky si era sollevato dalla propria posizione, cercando di vedere l’espressione della ragazza, ma senza risultato.
“Potrei anche non esserla.”
“E’ una bugia, non crederle. E’ la curiosità fatta persona.”
“Lily, io e te facciamo i conti dopo. Sentiamo: cosa sarebbe questa fantomatica sistemazione?”
Alex si era portata accanto al divano, sgusciando lontano dal comodo nascondiglio che offrivano le spalle di Matt.
“Un bungalow sull’oceano.”
Alex aveva sgranato gli occhi e spalancato la bocca in una “O” perfetta, prima di richiudere il tutto cercando di trattenere lo stupore, ma ovviamente il suo sguardo carico di stelle era una risposta più che sufficiente qualora qualcuno non si fosse reso conto dello stupore che gli si era dipinto in faccia alle parole di Zacky.
“Sta scherzando?”, aveva chiesto a Lily.
“No che non scherzo.”
“Non lo sto chiedendo a te, ma a lei!”
“No no, è tutto vero. Dopo la colazione andiamo all’appartamento.”
“E’ di un’amica di Geena, dice che non ci sono problemi e potete restare quanto vi pare. Visto che non sono un maniaco?”
“Potresti essere un maniaco altruista, no?”
Il suono del telefono aveva preso a propagarsi per la cucina, e i tre ospiti si erano zittiti per cercare di comprendere chi  fosse all’altro capo del telefono.
Lily aveva avuto un sussulto, e qualcosa le aveva serrato il cuore in una morsa di gelosia pura. Okay, Brian non era più sposato da un anno, poteva almeno illudersi di avere una possibilità su un milione con lui, no? E chissà perché, era certa fosse Michelle dall’altro capo del telefono.
“Si, okay, arrivo subito. Non ci sono problemi, tranquilla.”
Lily aveva visto Brian chinare il capo e scuotere la testa, Zacky tornare a sedere e strattonare Alex bruscamente, costringendola a sedere accanto a lui sul divano.
“Gates, colazione e poi giù alla spiaggia. Io porto la piccola tigre e tu Lily, okay?”
“Ehi, mi hai fatto male.”
“Tu continui a non avere un livido in pieno viso. Sono io quello messo peggio, te lo ricordo.”
Zacky si era voltato, rivelando un eccezionale ematoma di categoria A, viola e che si stava espandendo a macchia d’olio tutto attorno alla palpebra e sullo zigomo.
“Scusa scusa scusa, non volevo. Certo che ho una mira pazzesca, eh.”
“Mai pensato di giocare a baseball?”
“Lo odio.”
La voce di Matt era diventata un sottofondo sordo, sottile e fastidioso: Alex aveva preferito ignorarlo, concentrandosi sulle battute di Zacky ma Lily, invece, aveva la seria intenzione di non lasciar perdere nemmeno una di quelle dannate parole.
E sapere – con una logica assolutamente elementare – che Matt stava correndo da Valary, le dava fastidio. Cioè, non che avesse chissà quali idee su di lui, però… però allora perché portarsi via Alex nel cuore della notte?
Non era giusto anzi, era proprio scorretto.
Aveva incrociato lo sguardo di Brian prima di scivolare di nuovo accanto a Zacky ed Alex, e lui le aveva strizzato l’occhio facendole segno di restare in silenzio, e che dopo, avrebbero parlato.

“Scusami se ti ho chiamato senza preavviso.”
Matt aveva passato almeno un’ora nel cercare le parole con le quali affrontare Valary, ma l’unica cosa che si era detto era che tanto valeva essere sinceri, no?
Alla fine sarebbe stato meglio per tutti.
“Avevo bisogno di vederti, tutto qui.”
“Avevamo detto che era un periodo di riflessione, Val. Se continuiamo a vederci o sentirci ogni giorno non riusciremo mai a capire cosa vogliamo.”
“Io so cosa voglio. Voglio te, e non voglio perderti.”
Il ragazzo aveva sollevato gli occhi sulla moglie restando a fissarla seduto sulla panchina del parco, nascosta da alberi secolari che li avevano visti crescere e persino morire.
Giorno dopo giorno dietro gli stessi pensieri e le stesse persone, incastrati in un mondo perfetto incapace di cambiare e rinnovarsi.
“Val siamo fossilizzati a quindici anni fa. Non siamo andati da nessuna parte.”
“Siamo andati ovunque insieme, Matt. Abbiamo creato gli Avenged Sevenfold e li abbiamo fatti conoscere al mondo, abbiamo… abbiamo vissuto insieme ogni istante della nostra vita. Come fai a dire che non siamo andati da nessuna parte?”
“Perché se ti guardi attorno ti rendi conto che siamo cambiati tutti, e noi non siamo riusciti ad assecondare la curva che il mondo prendeva mano a mano che si stringeva su di noi.”
“Sono solo cazzate, Matt. Questa storia di Jimmy…”
Si era morsa il labbro inferiore, chinando il capo con aria di scusa.
“Vedi Val? Ogni volta che c’è un fottuto problema tiri fuori la solita scusa. Il fatto è che io non ce la faccio a reggere ancora, a fare finta che tutto sia come prima. Non c’è più niente che sia come un tempo, è tutto diverso e siamo cambiati anche noi. Tutti quanti.”
“Vuoi lasciarmi, vero?”
“Voglio solo avere il tempo per pensare senza dover dare giustificazioni.”
“Ho ricevuto il messaggio. Torno da Michelle a questo punto, almeno le farò un po’ di compagnia. Siete tutti uguali, voi cinque. Non avete mai capito un cazzo di come si risolvono i problemi e continuate a spalleggiarvi anche ora. Non siete mai diventati adulti, Matt. E’ questo che vi sta fottendo il cervello ora.”
Matt l’aveva guardata allontanarsi da lui di qualche passo, senza concedergli un abbraccio o una carezza: aveva sempre amato la forza di Val, la voglia che aveva di spaccare il mondo con lui, la forza che non la faceva piangere mai ma in quel momento, probabilmente, gli sarebbe bastato vederla nella veste morbida della moglie innamorata e non in quella incazzata che ti prenderebbe a schiaffi se solo ne avesse la forza fisica, per sistemare le cose in un secondo.
“Passo tra qualche giorno a restituirti le chiavi di casa. Cerca di cavartela e non fare troppi casini, okay?”
“Saprò cavarmela Val. Grazie.”
La cosa che Matt non riusciva più a sopportare era il non poter mostrare la propria fragilità, il poter lasciar fluire le emozioni fuori: dall’altro lato, Val era un muro che non sapeva – o non riusciva – a raccogliere il suo dolore.
Che cazzo di coppia erano, se insieme non riuscivano nemmeno più a mostrarsi per ciò che erano realmente?
Due sconosciuti che abitavano sotto lo stesso tetto e lui aveva bisogno di sentirsi di nuovo vivo, non bloccato nel corpo di un personaggio da poster persino per la donna che aveva giurato di amarlo per tutta la vita.
Matthew Sanders sarebbe riuscito a essere solo una persona come tante, per qualcuno al mondo, o sarebbe sempre stato M. Shadows?

 

“Spiegami perché dobbiamo fare la spesa a quest’ora. Ci sarà l’universo al supermercato.”
“Si ma il tuo socio stava morendo di fame, non so se l’hai notato che stava agonizzando sul divano.”
“Veramente credo avesse altro in mente, comunque, visto che non ho la minima intenzione di passare la giornata chiuso in mezzo al casino, facciamo un giro.”
“Stai scherzando spero.”
“No, ma è meglio se ti allacci la cintura, Lily. Sono pur sempre amico di Zacky”, e con quella frase aveva premuto il piede sull’acceleratore, inchiodando la ragazza al sedile dell’auto guidando come un pazzo per le strade di Huntigton Beach sino ad arrivare alla loro meta.
Alla meta di Brian, a voler essere pignoli.
“Dove stiamo andando?”
“Vediamo se indovini.”
“Non mi va, preferisco gustarmi la sorpresa. Siamo dentro o fuori Hungiton?”
“Sul margine.”
Lily si era voltata a guardarlo, il profilo perfetto del chitarrista che si stagliava  contro l'oceano che andava scivolando sempre più lontano da loro, mentre l'entroterra si faceva sempre più vicino.
“Cosa dovevi dirmi?”
“Riguardo a cosa?”
“A casa tua mi hai fatto segno di restare in silenzio che avremmo parlato dopo.”
“Davvero? Non me lo ricordo”, aveva replicato lui con un sorriso angelico stampato in volto.
“Era quando Matt era al telefono con Valary.”
“Chi ti dice che fosse lei?”
“Perché non credo che il tuo amico abbia una lista di donne da cui correre appena lo chiamano senza preoccuparsi di chi ha attorno.”
“Matt si preoccupa sempre troppo per chi ha attorno, si vede che non lo conosci.”
Lily si era zittita, costretta a vergognarsi delle proprie parole dall'accusa di Brian. Non voleva giudicare Matt ma era una conseguenza logica farlo, dato che se n'era andato senza salutare, cogliendo al volo l'occasione quando Alex era salita in camera per cambiarsi.
“Scusa, non volevo essere brusco.”
“No, scusami tu. Non ne avevo il diritto.”
Lily aveva posato il mento tra le mani, osservando il paesaggio cambiare attorno a loro sino a vedere – a pochissima distanza – la famosa scritta candida che recitava “Hollywood”.
“Che cosa significa?”
“Facciamo spesa qui.”
“Tu sei pazzo, ma che differenza faceva restare ad Huntigton?”
“Ci sono già troppi problemi là sotto, non mi va di peggiorare situazioni dall'equilibrio precario.”
Le piaceva parlare con Brian, ascoltarlo mentre dava voce a ogni pensiero con la tranquillità con cui lei si sarebbe confidata con Alex.
“Sono i soliti problemi, le persone non sanno mai quale strada intraprendere. Nemmeno noi lo sappiamo Per quanto la gente ci consideri delle divinità, non le siamo. Vorremmo sbagliare come tutti e invece non possiamo farlo.”
“Se puoi evitare di sbagliare perché devi provare per forza?”
“Come fai a sapere che ti stai sbagliando nel momento in cui fai qualcosa? E' come se ti precludessi delle strade a causa di preconcetti. Per dire...”
Aveva spento l'auto e si era voltato verso di lei sporgendosi sino a sfiorarle la punta del naso con il proprio, osservandola diventare rossa e allungare le mani verso di lui allontanandolo impacciata.
Aveva un buon profumo, Brian, di quelli che ti stordiscono e ti lasciano con il loro ricordo nel tempo.
Lily aveva distolto lo sguardo prima che il ragazzo potesse spostarsi dalla propria posizione e magari tentare di prenderla di nuovo per il culo, ridendo divertito del suo viso color pomodoro.
“Visto?”
“Visto cosa? Che sei scemo?”
“Tu credevi fosse sbagliato e ti sei preclusa una strada.”
E brava scema.
“Pensaci: perché sarebbe stato sbagliato?”
Bella domanda, forse perché aveva giurato ad Alex che si sarebbe gettata con il paracadute e invece la sua era una discesa libera che la stava facendo vorticare in aria prima di farla schiantare al suolo?
“Entriamo, o non saremo mai a casa in tempo per la  cena.”
Non l'aveva aspettata e Lily era stata costretta a gettarsi all'inseguimento del ragazzo cercando di mantenere il passo, come una bambina che tenta di imitare gli adulti. Ma Brian l'avrebbe baciata davvero?
Era poco probabile a essere onesti, ma il solo ricordo bastava a farla arrossire, nemmeno stesse pensando a quel ben di Dio che il ragazzo ostentava senza troppi problemi.
Okay, avrebbe pensato a una valida risposta da dare a Brian, non prima di aver scritto ad Alex la novità dell'ultima ora: Brian forse ha provato a baciarmi. Ma non ne sono sicura.

“Che razza di messaggio è?”
Alex aveva brontolato a mezza voce, mentre Zacky trascinava diverse valigie in una delle camere da letto, la prima in linea d’aria rispetto alla posizione del salotto.
“Che cosa?”
“Non sono affari tuoi.”
“Sempre simpatiche e carine, vero? E pensare che sono qui a sfacchinare ad aiutarti mentre Brian se la sta spassando per negozi.”
“Si vede proprio che non la conosci.”
Alex gli aveva lanciato un’occhiata divertita, osservandolo intento nel suo improvvisato lavoro di facchino. per poi avvicinarsi e sfilargli di mano la chitarra di Lily, superando Zacky e adagiando lo strumento accanto al letto.
“Cioè? Non mi dirai che è una pazza furiosa innamorata di Brian al punto da tentare di violentarlo mentre sono soli… devo avvisarlo del pericolo che sta correndo. Povero, ingenuo…”
“Sai che sei veramente scemo?”, era stata la laconica risposta della ragazza al tentativo del chitarrista di recuperare il cellulare dalla tasca dei pantaloni.
“Lily adora fare shopping, portarla in un centro commerciale equivale a restare ore ed ore ed ore a scegliere un paio di calzini.”
“Dove cazzo… posso fumare?”
“Non nella mia futura stanza, esci in giardino o in spiaggia o dove ti pare ma non qui.”
“Sarà la tua? Fantastico!”
Le era bastato mettere il naso in casa per innamorarsi della camera  posta all’altro capo del salotto, sulla cui parete  si apriva una finestra che si affacciava sul mare, racchiusa in una nicchia ottagonale alla cui base era stato ricavato un secondo letto protetti da un’alcova intima e sicura.
“Ti sei innamorata della visuale, vero? Non mi sembri il tipo alla Wendy e Peter Pan.”
Zacky aveva spalancato la finestra per far entrare la brezza marina, facendo sbattere così la porta della camera alle loro spalle.
“Ho preso un colpo, sei pazzo?”
“Sei suscettibile mica poco… e a te piacerebbero i film dell’orrore?”
“Be’, sarei una deficiente se credessi che esistono gli zombie, no?”
Alex si era avvicinata alla porta decisa ad uscire dalla stanza, ma la stessa cosa aveva pensato Zacky – o aveva invece pensato di non lasciarla uscire? – e avevano girato il pomello della porta nel medesimo istante, con la medesima forza.
L’uno a destra, l’altra a sinistra, e il pomo d’ottone si era magicamente staccato dalla porta restando nel palmo di Zacky.
“Cosa cazzo… sei un idiota con la laurea tu!”
Il chitarrista aveva spostato lo sguardo dal pomo alla porta, seguito a ruota da Alex che osservava il legno bianco come se si aspettasse che iniziasse a parlarle.
“Perché non si apre?”
“Forse perché abbiamo rotto la serratura?”
“Sei un genio, Zacky. No dico, non potevi startene alla finestra anziché venire qui a fare non-so-cosa? Ora chiamo Lily e le dico di venirci ad aprire.”
Alex aveva portato la mano alla tasca posteriore degli shorts, salvo assumere il colore candido e immacolato della porta un istante più tardi.
“Non ti senti bene?”
“Merda. Ho il cellulare di là.”
“Perfetto, allora credo proprio che avremo un interessante incontro a due sino al ritorno di Syn e Lily.”
“Chiama Brian, no? Io qui con te non ci voglio stare un minuto di più”, e dopo avergli lanciato un’occhiata in tralice si era allontana da lui di almeno tre passi, facendolo ridere di gusto.
“Ho dimenticato il cellulare in macchina.”
“Non ci credo, stai raccontando una bugia”, gli aveva risposto sgranando gli occhi nemmeno le avesse rivelato di essere il mostro di Dusseldorf.
“Vuoi perquisirmi?”
“Deficiente!”
Si era lasciata cadere sul letto a peso morto, le braccia incrociate sul petto e lo sguardo fisso su Zacky.
“Se potessi uccidermi lo faresti, vero?”
“Ovvio. Sei stato così idiota da lasciare il telefono in auto!”
“E tu così cretina da lasciarlo nell’altra stanza”, l’aveva rimbeccata puntandole il dito contro la fronte con una leggera pressione che lei aveva assecondato cacciando indietro la testa.
“Okay, hai vinto. Questa è una tregua, ma solo se giuri e spergiuri che ti comporterai da vero uomo.”
“Su questo ci puoi contare.”
“Intendevo dire galant’uomo. Come si dice dalle vostre parti? Principe azzurro? Cavaliere?”
“Non esistono più nemmeno nelle favole quelli.”
Le aveva risposto lui sedendosi accanto ad Alex costringendola ad allontanarsi come se fosse un lebbroso.
“Non mordo eh.”
“Non si sa mai, meglio essere prudenti con quelli pieni di tatuaggi e piercing. Comunque, nel caso non dovessi comportarti come Dio comanda, sai cosa ti aspetta.”
Gli aveva posato un dito sullo zigomo, dove il livido si era propagato in una chiazza violacea e pulsante.
“Ahio, cazzo! Fa un male cane!”
“Scusa.”
Gli aveva assestato una linguaccia per poi alzarsi e andare  alla finestra, osservando la distesa azzurra che si propagava al di sotto di essa sino all’orizzonte.
“Non possiamo nemmeno buttarci di sotto.”
“Perché?”
“E’ una pozza profonda e potrebbe essere pericoloso. Il dislivello è comunque di qualche metro, se non si è capaci di tuffarsi come Dio comanda rischiamo di romperci l’osso del collo.”
Alex si era ritratta dalla finestra sconsolata, e il solo pensiero di ammazzarsi anziché restare nella stessa camera di Zacky Vengeance aveva del ridicolo.
Se non si fosse rotta qualcosa sarebbe morta affogata, per cui era meglio rischiare e prendere il chitarrista a colpi di spazzola in viso, se si fosse rivelato necessario.
Le ragazze di mezzo mondo, comunque, avrebbero pagato oro per esser e al suo posto, e lei quello che stava chiedendo a un fantomatico dio era di riavere Lily a casa nel minor tempo possibile.
“Quindi sono chiusa qui dentro con te. Perfetto. La tua cara Huntigton Beach porta sfiga.”
“Secondo me porta una fortuna sfacciata invece.”
“E’ tua quella?”
Dopo una lunga pausa, Zacky aveva indicato la custodia della chitarra che poco prima teneva tra le mani Alex, e lei in risposta si era sollevata in piedi consegnandogliela.
“No, è di Lily. Infatti avrei dovuto portarla di là, ma mi scocciava lasciarti solo con le mie valigie. Puoi suonarla se vuoi, anche se dubito possa essere all’altezza di uno come te.”
“Una chitarra è pur sempre una chitarra. Le note le suona comunque. Tu non suoni?”
“Io disegno. Nel tempo libero si capisce.”
“Voglio vedere qualcosa di tuo.”
“Non è niente che possa piacere a uno che si tatua teschi e pipistrelli addosso.”
“Se io suono tu potresti disegnare.”
“Potrei anche leggere o ascoltare musica, volendo.”
“E’ un modo per ingannare l’attesa. Così non alzo le mani su di te e tu stai al sicuro. Semplice no?”
“Basterebbe che tenessi a freno lingua e ormoni. Non ce l’hai una ragazza tu?”
L’aveva borbottato più tra sé e sé che non per ricevere una risposta da Zacky – lo sapevano anche in muri che viveva con Geena – per cui era del tutto superficiale porre una simile domanda, e infatti il ragazzo si era limitato a sfilare lo strumento dalla propria custodia accennando i primi accordi.
“Ha un bel suono.”
“E’ una chitarra acustica, per forza ce l’ha.”
Stava per aggiungere qualcosa che doveva suonare molto patetico e romantico – tipo che le chitarre acustiche avevano un’anima dolce e malinconica, rispetto a quelle elettriche -, per cui era tornata a rovistare nel proprio zaino alla ricerca di matite e blocco da disegno trattenendosi dall’apparire una totale scema.
Non voleva mostrare a un perfetto sconosciuto una parte di lei che aveva a che fare proprio con quella Wendy, con un mondo fatto di sogni che dovevano scontrarsi con la realtà e di una vita che voleva inventarsi da zero.
La parte debole o, come avrebbe detto Lily, quella più dolce e fiabesca, ma erano tutte cose strambe uscite dalla bocca di una piccola peste.
Se dovevano aspettare, tanto valeva ingannare il tempo alla meno peggio no?
“Che facevi a Londra?”
“Tirocinante in ospedale.”
“Tipo la centralinista?”
“No, tipo il medico. In ospedale ci sono anche quelli, non so se li hai mai visti.”
La bocca di Zacky era rimasta spalancata il tempo sufficiente per dare aria al cervello e lasciarlo di nuovo senza, ma Alex aveva più il sentore che fosse semplicemente riuscita a zittirlo.
“Non puoi essere davvero un medico. Cioè, tu? Piccoletta e tutta incazzosa?”
“Che diavolo vorresti dire?”
Alex continuava a tracciare righe nere sul foglio bianco, sollevando di tanto in tanto il viso per osservare Zacky intento a suonare ed armeggiare con la chitarra di Lily.
“Se non la sai usare puoi anche evitare di rompergliela. O ti ammazza, e lei è capacissima di farlo sul serio.”
Lui era scoppiato a ridere chinando il capo in quel suo modo strano che aveva di nascondere un bel sorriso, quello che Alex aveva deciso di immortalare.
In fondo doveva pur farsi perdonare per avergli rovinato il faccino da rockstar, no?

Brian stava letteralmente trascinando Lily lungo le corsie del supermercato, indeciso se scappare con lei e non fare più ritorno ad Huntigton Beach e fregarsene di Michelle, dei casini del divorzio e degli amici di sempre, o se stare calmo ed evitare l’ennesimo colpo di testa da coglione.
Restava il fatto che secondo lui Zacky aveva perfettamente ragione su tutta la linea.
“Ti prego Brian, compriamo anche quello!”
“Cazzo, sembra che tu abbia cinque anni! Guarda il carrello della spesa, non c’è una cosa che non abbia miliardi di calorie. Ma come fate a essere tanto magre se mangiate solo questo schifo?”
“Certo che una predica del genere fatta da un californiano è veramente ridicola, eh”, gli aveva risposto lei gettando nel carrello della spesa un sacchetto di frutta mista ovviamente per Alex, o l’avrebbe ammazzata se non fosse tornata con una minima percentuale di cibi biologicamente incorruttibili.
Il rumore sordo che si era propagato per tutto il supermercato aveva costretto Lily ad arrestarsi con il braccio sollevato nel tentativo di recuperare i cereali preferiti dell’amica, lo sguardo terrorizzato puntato su Brian.
“Cos’è stato?”
Lui aveva sollevato le spalle, ma il secondo suono era stato talmente chiaro e vicino a loro – all’inizio della loro corsia – che si erano visti costretti a spostare entrambi la propria attenzione sul tizio vestito di nero e con il passamontagna in testa che stava loro dinnanzi.
“Questa è una rapina, alzate il culo e uscite di lì. Immediatamente. Avanti!”
Lily si era aggrappata al braccio di Brian, pallida come un morto, avanzando a piccoli passi nella direzione indicata dal rapinatore.
“E’ uno scherzo, vero?”
“Non credo Lily.”
“Cioè… fammi capire bene. Tu mi hai portata sino a Hollywood per fare una cazzo di spesa e siamo così sfigati da essere coinvolti in una rapina?”
“Non vorrei sembrarti banale ma la risposta è: si.”
“Zitti voi due e camminate più veloci!”
Il tizio incappucciato aveva allungato una spinta a Lily facendola inciampare nei propri piedi, e solo la schiena di Brian – sulla quale aveva sbattuto il naso – le aveva impedito di finire a terra.
“Ehi, vacci piano”, aveva scoccato gelida la ragazza allo sconosciuto.
“La prossima volta che la tocchi finisci nella merda, amico.”
“Non credo che tu possa essere in condizione di dettare le regole del gioco, bello.”
Lily aveva serrato la mano su quella di Brian chiusa a pugno, appoggiandovisi con il peso dell’intero corpo per far scivolare via la tensione dal ragazzo.
“Lascia stare, non ha fatto nulla.”
Lily, che aveva sempre avuto il temperamento di una pentola a pressione, avvertiva il pericolo di quelle pistole puntate discretamente vicine a loro, per quel motivo aveva dato sfoggio di una diplomazia che – con ogni probabilità – aveva scoperto di avere in quell’esatto istante.
Certo, se le avessero toccato Brian, non sarebbe stato tutto così semplice per loro.
“Stai bene?”
Brian era seduto accanto a lei, entrambi con la schiena appoggiata al reparto prodotti per l’infanzia tra biberon, giocattoli di gomma e pannolini.
“Si. Grazie per avermi difesa prima.”
“Credo che l’avrebbe fatto chiunque al mio posto. Insomma, questi sono dei pezzi di merda.”
Lily aveva sfiorato il telefono nella tasca dei pantaloni, ma senza osare tirarlo fuori: nei film di solito li requisivano, non voleva rimanere coinvolta in quella storia più di quanto non potesse già esserla. Ma perché era così sfortunata? Poteva essere un’uscita romantica con Brian, magari una specie di appuntamento, e invece erano stati sequestrati da quattro cretini.
“Perché sei voluto venire sino a Hollywood?”
“Perché è diversa da Huntigton e non ci incontri le solite facce.”
Forse non voleva incontrare Michelle.
“Capisco.”
Aveva lanciato un’occhiata a Brian e una cosa era certa: non era felice. Cioè, magari non lo era a causa della situazione ma aveva addosso sempre quell’aura un po’ malinconica che… che la rendeva un po’ triste e le faceva salire addosso una gran voglia di farlo ridere.
A lei Brian piaceva da impazzire, perché era tutto quello che lui aveva salvato da Synyster Gates, da quella fama che li aveva travolti inaspettatamente per nascondere agli estranei ciò che possedeva di umano e… semplicemente meraviglioso?
Persa nei propri pensieri – la voce di Alex che l’aveva interrotta sul più bello, pronta a far capolino dai ricordi della nottata precedente a proposito di un paracadute per due che si era ben guardata dal portarsi dietro – non si era accorta che Brian le si era avvicinato a sufficienza per ripararle la vista in direzione delle casse del supermercato.
“Cosa succede?”
“Non hai davvero sentito nulla?”
“No, stavo pensando e… no, non ho sentito.”
“Credo abbiano sparato a qualcuno perché ho sentito delle urla. Meglio che restiamo fermi qui e che non tiriamo fuori cellulari o cose simili. Credo si siano incazzati per una cosa del genere. Hanno già chiamato la polizia, è scattato l’allarme subito dopo il loro arrivo qui dentro.”
“Ti sei accorto di tutto questo?”
“No, è stato un passaparola generale. Hai paura?”
“Un po’. Ma mi fido di te.”
Aveva appena messo la propria vita nelle mani di Brian Haner, un perfetto sconosciuto – chitarrista della sua band del cuore e indiscusso principe azzurro di una vita, almeno nei suoi più rosei sogni – per cui, semplicemente, stravedeva.
E quello era solo un eufemismo.
Brian le aveva passato il braccio attorno alle spalle avvicinandola a sé, annullando la distanza che li separava.
“Okay, non dovevo portarti a Hollywood, ma mi sembrava una bella idea per mostrarti qualcosa di diverso.”
“Be’, non fa nulla: non li hai mica chiamati tu, no? ”
Lui le aveva scoccato il suo sorriso più diabolico, costringendola a trattenere le risate.
“O si?”
In ogni caso, Brian Haner, tutto quello che posso dirti è che non si può non adorarti.

“Tieni.”
Alex aveva disegnato tutto il giorno, accompagnata dagli accordi di Zacky, per poi andarsi a sedere accanto al lui sul letto porgendogli il blocco da disegno.
“Cazzo ma sei bravissima! Sono persino più bello che dal vivo! Si vede che hai colto l’essenza della mia anima.”
“Immagino sia l’essenza della tua musica, idiota. Se ti piace puoi tenerlo.”
“Me lo regali sul serio?”
“Si, io non so che farmene, ho miliardi di schizzi ovunque ormai. E’ tuo, per farmi perdonare dell’occhio nero. Mi dispiace sul serio.”
Alex aveva guardato l’orologio della sveglia, spostando poi lo sguardo sulla distesa nera che li circondava al di fuori della finestra.
“Ma quanto ci mettono a rientrare? Ormai è tardissimo.”
“Brian avrà convinto Lily a restare fuori a cena o l’avrà portata a casa sua o in un motel o…”
“Zacky basta! Okay, mi metto a dormire.”
“Questo significa che dormiremo insieme?”
Aveva ammiccato lui stirando le braccia in maniera tanto idiota che persino una tonta come Alex aveva compreso la tecnica più vecchia del mondo, scansando così lo pseudo-abbraccio del chitarrista scostandosi di lato e afferrando il cuscino dalla propria parte del letto matrimoniale per poi alzarsi in piedi e guardarlo sinceramente divertita.
“Si. Tu resti qui, io vado sulla panca ad aspettare Peter Pan.”
“Ma starai scomoda, scema.”
“Starò comodissima, fidati. E poi tu non ci staresti lì sopra, sei troppo grosso.”
“Hai così tanta paura? Oggi sono stato un signore, no?”
“Mai fidarsi di un musicista, sono i peggiori. E comunque tranquillo, torneranno a casa e sarà questione di poche ore. Buonanotte.”
E con quelle ultime parole aveva strattonato il copriletto, lasciando a Zacky solo un lenzuolo e un letto decisamente troppo ampio da riempire da solo.
“Sicura che non vuoi dormire sul letto? Dormo io sul pavimento.”
“Ora non esagerare. Sogni d’oro, Zacky.”
“Buonanotte Wendy.”
“Idiota.”
“Scema.”
Zacky si era girato verso la porta, cercando di udire al di là di essa un qualsiasi rumore di passi. Aveva persino sperato che Matt si facesse vivo per un qualsiasi motivo, ma con ogni probabilità aveva sistemato le cose con Val ed erano tornati felicemente a casa insieme, i problemi ancora una volta riposti nel cassetto per poi riemergere alla prima complicazione. Era così da un anno e mezzo ormai, perché continuare a prendersi per il culo?
Zacky era persino certo che Geena si stesse comportando come lui, e solo per quel motivo non erano scattate scenate di gelosia e scazzi perpetui.
Almeno, era ciò che si raccontava per placare la coscienza che gli ricordava che Zacky Vengeance non poteva conquistare il mondo senza poi pagarne lo scotto.
Si era rigirato per la centesima volta tra le lenzuola, fermandosi a osservare Alex che si agitava nel suo nido invaso di cuscini, l’I-Pod nelle orecchie e una mano a sfiorare il pavimento.
Si era alzato cercando di non fare rumore, portandosi accanto a lei e osservando il display luminoso scandire la scritta Seize The Day.
Si era seduto lì, accanto a lei, la schiena appoggiata alla parete, la testa tra le mani.
Si, stava per diventare tutto un grandissimo, fottuto casino.
Lo avvertiva dal fremito che provava alla punta delle dita di mettersi a comporre musica, che le cose stavano prendendo una piega assolutamente sinistra.

Quando gli agenti di polizia avevano circondato l’edificio e gli spari avevano preso a correre ovunque, Lily aveva seriamente creduto di morire.
Brian continuava  a tenerla stretta e lei, quando aveva visto il fascio di luce azzurra sferragliare dentro il supermercato, aveva deciso che non voleva sapere se c’erano cose sbagliate o cose giuste.
C’erano solo cose, al mondo, che dovevi scegliere se fare o meno e fregartene delle conseguenze.
“Brian?”
Lui si era girato a guardarla e lei aveva deciso, perdendosi in quegli occhi caldi e malinconici, che doveva farlo: se doveva morire, sarebbe morta felice.
Felice davvero come mai prima di allora.
Magari sarebbe morta di felicità, e allora poteva anche fregarsene dei rapinatori e degli spari.
Aveva sollevato il viso appoggiando le proprie labbra su quelle di Brian, gli occhi chiusi per non rendere tutto troppo rapido e difficile o complicato o.
Semplicemente, le aveva appoggiate lì, come se se fosse una cosa normale da fare mentre stanno per ammazzarti, ecco.
Nei film capitava, tanto valeva provare anche nella vita vera.
Brian era rimasto spiazzato, poi semplicemente aveva passato la mano dietro la nuca di Lily e l’aveva attirata a sé, stringendola con un po’ più di forza e dischiudendo le labbra su quelle di lei.
Cosa cazzo poteva significare un bacio in punto di morte?
Nulla, assolutamente nulla.
Oppure significava esattamente il contrario: tutto un mondo di illusioni e pretese a cui lui nemmeno voleva pensare.
Se doveva scegliere tra una rottura di palle o morire da coglione, preferiva decisamente la seconda, ma almeno se la sarebbe spassata sino alla fine.

*
Grazie a tutti quelli che hanno recensito il primo capitolo e che lo hanno letto. Le recensioni fanno sempre piacere... <3

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Capitolo 3
*** #3 City Of Evil ***


Piccolo avvertimento: Troverete delle foto lungo il capitolo basta cliccarci sopra per ottenere l'ingrandimento. Cosi vedrete anche i volti di questa storia.
Ps: Questo l'ho scritto io... Ju! XD


La magia che sprigiona la suggestione è un qualcosa di potente, di devastante e incontrollabile. Si cresce con delle idee, con delle aspettative che alla fine si tramutano in sogni e speranze. Niente come un cuore influenzato può indurre le persone a perseverare nelle azioni sbagliate, nel fare follie che con la mente lucida mai si sarebbero intraprese. La suggestione porta a credere nelle fate, nei folletti e negli spiriti maligni, ma il cuore se pur messo a tacere riuscirà sempre a raccontare la verità.

Zacky e Brian avevano appena lasciato la casa delle ragazze, aiutandole a sistemare le ultime cose ma soprattutto a controllare se stessero realmente bene. La prima giornata della loro nuova avventura non era stata poi cosi promettente come avevano sperato. Alex avrebbe voluto tranquillamente afferrare l’amica per le spalle, scuoterla fino a che la sua anima folle non ne sarebbe rimasta talmente frastornata da lasciarle in pace per le settimane a venire.
Lentamente l’inglese si diresse dall’altra parte del corridoio, dove c’era la stanza di Lily:  si era preoccupata a non sentirla, né suonare, né ascoltare la musica né altro. La casa era avvolta da un sottile strato di silenzio che rendeva tutto quasi surreale. Alex si guardava intorno osservando i dettagli di quell’appartamento. Era certamente di lusso, ogni dettaglio richiamava anche l’accuratezza di una casa arredata con l’amore e la passione di chi poi con quelle scelte deve vivere tutta la vita.
Ma Frannie, l’amica di Gena, aveva sicuramente trovato un posto migliore dove vivere, dato che quel piccolo angolo di paradiso l’aveva abbandonato.
“Chissà cos'avrà detto Zacky a Gena” mormorò la ragazza osservando la sua figura allo specchio, non aveva una cera bellissima, anzi, la stanchezza cominciava proprio a sentirsi: tutti quegli spostamenti, le avventure mirabolanti e le paure avevano segnato gli occhi con delle occhiaie lievi ma ben visibili. Senza considerare i capelli che sembravano più un intreccio di rovi del deserto che morbide onde castane.
Scuotendo la testa si riprese dai propri pensieri e raggiunse velocemente la camera dell’amica, una stanza più grande della sua, tutta sulle tonalità del grigio; la parete laterale era piena di finestre rettangolari o quadrate che regalavano una vista stupenda su un pezzo di giardino con dietro in lontananza l’oceano sconfinato. Il letto era posato su un rialzo che occupava gran parte del pavimento, i cuscini e le coperte erano di un rosso intenso, che creavano un magnifico contrasto con i colori tenui del resto del mobilio. Sul soffitto c’era un enorme  dipinto che fungeva anche da paralume, con decorazioni moderne sulle tonalità del bianco e del beige. Tutto in perfetta armonia.
L’unica nota stonata del quadro era Lily stesa a letto intenta a fissare quello stesso quadro, come se stesse attendendo una risposta di qualche genere da quei disegni.
“Io ho il bagno in camera” disse atona senza nemmeno alzare il volto per incrociare gli occhi di Alex: l’aveva sentita arrivare, e sapeva che non se ne sarebbe andata di averla fatta sfogare o, di farla sfogare, o quanto meno raccontare quello che era successo. Essere coinvolti in una rapina non era poi una cosa da poter tralasciare e ignorare, no?
“Sei una donna fortunata, mhm?” rispose con un sospiro, che decidenso di accomodarsi su delle poltroncine vicino a una delle vetrate. “Non hai nemmeno sfatto le valige, c’è qualcosa che non va…”
“Non ero dell’umore, e poi sono stata di là con te e Zacky tutto il tempo” rispose scrollando le spalle, stendendo le mani verso il muro dietro al letto facendo così scrocchiare le ossa che erano ancora intorpidite e decisamente poco collaborative nel farle meno male.
“Ho notato come tentavi di ignorare Brian, e anche come lui cercava di fare finta di nulla, si può sapere che è successo?” domandò con un'inclinazione della voce leggermente esasperata rispetto a quella che avrebbe voluto usare. “Avete per caso ucciso qualcuno? E non lo volete dire alla polizia? Insomma… Sarebbe stata legittima difesa! L’America è la patria della legittima difesa!” disse poi cercando di rompere quel muro di silenzio che cominciava a sentire come ostile.
“Oh ma dai!” sbottò ridendo Lily, mettendosi poi a sedere. “Ti pare che avremmo potuto uccidere qualcuno? Erano cinque tizi armati fino ai denti!” sospirò appoggiandosi alla comoda testiera del letto imbottita.
“Come se non ti conoscessi…” borbottò Alex contrariata. “Se solo quei tizi avessero osato far del male al tuo Synyster Gates, li avresti spellati vivi!!” aggiunse con un sorriso, addolcendo i toni della conversazione.
Lily annuì divertita, non aveva torto, lei stessa lo aveva pensato osservando uno dei rapinatori minacciare Brian, secondo, solo perché l’aveva difesa; e se avesse avuto dei super poteri o qualche taglia di stazza in più sarebbe stata la prima a far ingollare a quei rapinatori la propria pistola.
“Non era Synyster Gates in quel supermercato” disse cercando di trovare un minimo di logica in quel groviglio contorto e complesso che erano i suoi pensieri.
“Cosa scusa?” chiese scuotendo la testa stupita l’amica.
“Non era Synyster Gates, era Brian… Sono due cose diverse, sono due personalità ben distinte…” rispose lei con un tono che aveva una sfumatura di astio, ma non rivolta all’amica nei confronti dell’amica, ma direttamente all’affermazione stessa.
“A quanto pare sei destinata a imbatterti in persone che non sono semplicemente lineari…” commentò Alex con un sorriso.
“No a partire da te…” convenne Lily incrociando le gambe, e appoggiando le braccia sulle ginocchia e prendendo a giocare con una ciocca di capelli. “Sei così tesa e invasa da paure che non riesci nemmeno a goderti la bellezza di questa avventura. Scommetto che hai pronte almeno cinquanta obbiezioni diverse, una per ogni mia argomentazione, soprattutto dopo che hai saputo della sparatoria…” rise divertita scuotendo la testa. “Ma sono io quella che è finita in mezzo alle pallottole e per poco non si faceva ammazzare, credo che debba essere io ad avere il diritto di fare un bilancio della situazione…” concluse alzando infine lo sguardo incrociando quello dell’altra ragazza.
“Non credo che tu sia così tanto ingenua da pensare che vada tutto bene” puntualizzò Alex passandosi una mano tra i capelli e sospirando.
“Io dico solo di pensare dove saremmo ora se non fossimo partite…” rispose con troppa veemenza che non riuscì a controllare. Si erano ripromesse, sedute su degli scomodissimi sedili di aereo, che avrebbero vissuto quell’avventura senza troppi problemi, lasciandosi trasportare dagli avvenimenti; cosa che Alex riuscì a fare per le prime sedici ore: quelle del volo. “Tu ti staresti esaurendo in quel buco di clinica dove volevi tanto inserirti! Oppure tra le corsie di quell’ospedale che riusciva a succhiarti via ogni cosa bella che avevi!” continuò con lo stesso impeto di chi si sarebbe battuto fino allo stremo per difendere quell’idilliaca parentesi in cui stavano ‘momentaneamente’ vivendo. “Quante volte mi chiamavi stressata solo per sentire una voce amica che ti dicesse qualche cavolata, pur di non sentire altre tragedie, altri dolori o rimproveri?” proseguì senza nemmeno aspettare una risposta dall’amica, che se ne stava ferma immobile ad osservare la scena. “Senza considerare il fatto che Philip ultimamente ti stava talmente con il fiato sul collo con la storia della mamma-moglie, e non della moglie-dottoressa, che saresti scappata anche in Alaska se solo avessi potuto!” concluse riprendendo fiato e cercando di calmare il battito del proprio cuore che sembrava aver deciso di far arrivare la fine dei suoi giorni prima del previsto.
Ma Lily era appena riuscita a scamparla da una rapina con tanto di sparatoria, di certo avrebbe evitato di morire in maniera cosi imbarazzante: per infarto durante una discussione. Ma il suo cuore, già messo alla prova durante tutta quella giornata, non aveva intenzione di calmarsi.
Stupido muscolo involontario. Troverò il modo di farti fare quello che dico io.
“Ora che mi hai ricordato tutte le cose più piacevoli che potevi, mi spieghi cosa ti è successo?” domandò riuscendo a mantenere quella compostezza e calma tutta inglese, che mai Lily avrebbe potuto imitare.
“Appunto, che motivo abbiamo per tornare indietro?” rispose con una domanda, cosa scorretta e inappropriata quando c’è una discussione tra amiche. Ma in fondo le regole del gioco non erano state scritte, e Alex aveva sempre saputo quanto fosse difficile rapportarsi con Lily – sulle questioni serie – perché quella corazza di spavalderia e incoscienza non erano altro che mere maschere che indossava quando saliva su quel palcoscenico chiamato: mondo.
“Non ho mai detto di voler tornare Lily” rispose portandosi le gambe al petto, cingendole poi con entrambe le braccia, posando infine il volto nell’incavo creato dalle due ginocchia. “Realmente, questa volta stai facendo tutto da sola, l’unica mia raccomandazione era stata solo quella di andarci piano, di non sperare troppo in un’evoluzione alla ‘Come di Incanto’…” continuò tranquilla.
“Ma se te lo leggo in volto che hai una voglia matta di scappare da qui!” rimbeccò Lily.
“Assolutamente no, mi piace da morire questa casa, e come avevamo deciso ieri da Brian, mentre sistemavano le nostre cose, ho voglia di godermi questa parentesi…”
L’espressione che si disegnò sul volto dell’amica era semplice e puro stupore. Lily aveva sempre combattuto con lei per farla rilassare e vivere con quell’incoscienza che tendeva sempre a reprimere per comportarsi come avrebbero voluto gli altri; non come avrebbe voluto lei stessa. Non era debole anzi, Lily ammirava la tenacia che aveva Alex nel portare avanti i suoi progetti, i suoi doveri e obblighi, ma quello che le mancava era fare il famoso salto che le avrebbe permesso di vedere come sarebbero andate le cose se…
Se… Non si fosse sposata.
Se… Avesse lasciato la clinica privata.
Se… Avesse lasciato l’ospedale con tutti i suoi problemi.
Se… Fosse partita per dedicarsi alla ricerca di un qualcosa che nessuno sapeva definire.
“Ho baciato Brian” confessò liberando cosi l’enorme macigno da mille tonnellate che la teneva bloccata su quel letto facendo incetta di ossigeno, perché se solo si fosse alzata, il peso di quella situazione l’avrebbe schiacciata come se fosse stata uno schifosissimo scarafaggio.
“Tu hai cosa? Tu Brian… Eh?” domandò cercando di ricollegare ogni neurone del cervello per permetterle di elaborare la nozione nella maniera meno dolorosa possibile.
“Io ho baciato Brian, quando pensavo di morirci in quel supermercato!” spiegò lei. “Gli spari erano assordanti c’era del gas lacrimogeno ovunque, io mi sono girata e ho baciato Brian…” continuò gesticolando nervosamente, legandosi  i capelli per poi scioglierli in continuazione.
“E? Allora?” domandò curiosa. “Insomma come è stato???” aggiunse scendendo dalla poltroncina e raggiungendo l’amica a letto con pochi passi.
“Bellissimo? Intenso, parecchio, ma entrambi eravamo confusi e frastornati… Insomma… Dopo neanche ne abbiamo parlato…” sospirò. “Ci hanno interrotto i poliziotti che per poco non ci scoppiavano a ridere in faccia” aggiunse con una buffa smorfia di disappunto.
“Oddio” scoppiò a sua volta a ridere Alex riuscendo a stento a trattenere le lacrime.
“Brian per tutto il tempo che siamo stati lì mi teneva stretta a sé, come per proteggermi, e io ero avvolta da quelle braccia che ho sognato per una vita… E… Il suo profumo mi aveva fatto totalmente perdere ogni funzione cerebrale…”
“Ma quindi in macchina aveva provato a baciarti sul serio!” disse con un sorriso divertito.
“Si ma era stata una cosa strana e mi ero fatta prendere dal panico” spiegò lei.
“Quindi tutto il tuo nervosismo, il tuo essere taciturna e acida come uno yogurt andato a male, era dovuto al bacio e non alla rapina e alla situazione di pericolo di vita?” domandò infine riuscendo a ricollegare ogni singolo pezzo del puzzle.
“Ovvio che si” annuì Lily come se fosse una cosa del tutto normale, come se l’unica cosa realmente importante  fosse il fatto che alla fine di una giornata – che poteva essere tranquillamente definita come infernale -  lei e Brian si fossero baciati.
“Lui, mi ha portato ad Hollywood perché forse qui, avrebbe incontrato Michelle?” domanda più rivolta a sé stessa che ad Alex. “Non lo so… Ma è stato gentile e protettivo, solo che dopo la deposizione alla polizia non abbiamo parlato del bacio, e arrivati qui eravamo troppo impegnati a ridere del fatto che tu e Zacky eravate rinchiusi dentro la camera…” disse tutto di un fiato senza fare pause, a volte le capitava: di straparlare. Dire mille cose tutte insieme senza pause, senza quasi respirare.
“Non è stato divertente essere rinchiusa nella stanza con quello lì” borbottò lei tutta corrucciata.
“Ma se è l’essere che ha dato origine allo stile di Frank Iero!” commentò divertita Lily.
Alex aveva sempre avuto la ferma convinzione che Zacky Vengeance avesse rubato l’identità al suo amatissimo – ma anche un po’ odiato – Frank Iero. Si, il chitarrista dei My Chemical Romance, la band del cuore dell’inglese.
La prima grande lite tra le due ragazze fu proprio scaturita dall’affermazione di Alex che Vengeance fosse la copia di Iero, cosa che fece andare su tutte le furie Lily, discussero per un’intera notte per poi andare su internet e constatare che Zacky Vengeance con il suo stile un po’ pacchiano, un po’ strano e un po’ sfigato era cronologicamente venuto prima di Frank. Alex ammise la sconfitta, ma non smise di pensare che il suo amatissimo Iero fosse l’originale.
“No, non ti permetterò di iniziare nuovamente con questa storia!” sbottò allucinata alzando gli occhi al cielo e alzandosi di  scatto dal letto. “Me ne vado a letto che è meglio, o qui passiamo l’ennesima notte insonne.” Disse salutando l’amica con un cenno della mano e sparendo chiudendosi la porta alle spalle.

Quando era piccolo i genitori di Brian divorziarono, scegliendo due strade ben diverse, senza considerare l’impatto emotivo che avrebbe potuto avere una scelta del genere. Perché quando si ha sette anni e si crede ancora che sotto il letto ci siano i mostri cattivi, vedere la propria famiglia spezzarsi è un qualcosa che ti lascia un segno. Una piccola cicatrice che brucerà sempre, proprio sul cuore.
Di anni ne erano passati da quell’orribile estate, e sua madre si era felicemente risposata e gli aveva ‘regalato’ una sorellina minore che adorava letteralmente, aveva quattordici anni ed era una piccola peste.
Invece suo padre non si era mai risposato, la musica era la sua vera compagna, ma non per questo disdegnava la presenza di donne più o meno giovani. Non aveva smesso per un secondo di suonare: anche lui – come il figlio – era affascinante, pieno di tatuaggi e con il capello ribelle. Brian Haner Senior era il classico scapolo felice di esserlo, che adorava il figlio e la sua ‘band’, organizzava grigliate e serate di sola birra; non si era mai fermato un secondo, e Brian Jr lo adorava, stravedeva per quel padre che lo aveva iniziato al mondo della musica, lo aveva cresciuto e gli era stato sempre vicino nei migliori e nei peggiori momenti del suo percorso.
A differenza di quello che la gente pensava – o credeva di sapere per certo – a Brian non era mai pesato crescere all’ombra del padre come chitarrista, anzi, aveva preso quel fatto come stimolo per migliorare e differenziare – se non crearsi – il proprio stile.
L’impostazione classica che aveva avuto, la sua passione per il jazz e la chitarra acustica gli avevano permesso di ottenere una tecnica pulita e inconfondibile. Nonostante nei primi anni del nuovo millennio, quando la proposta di entrare in una band metal non lo allettava, la voglia di mettersi alla prova e di osare aveva avuto la meglio. Per fortuna si ripeté con il passare del tempo, perché entrare in quella band fu la scelta migliore della sua vita.
“Non è da te stare così cosi zitto” Haner Senior aveva appena fatto sventolare una bottiglia di birra davanti al volto di Brian, che si scosse dai propri pensieri ricomponendosi.
“Ho la testa dall’altra parte dell’universo” biascicò lui bevendosi un lungo sorso della bevanda ghiaccita, godendo appieno della sensazione di freschezza.
“Si beh non capita tutti giorni di invitare delle ragazze a dormire da te, di trovarle un alloggio, e di portarne una nell’unico supermercato dove viene eseguita una rapina con tanto di sparatoria” rise l’uomo appoggiandosi allo schienale della poltroncina in veranda.
“Si beh, ho avuto una cazzo di sfiga” commentò senza molta enfasi il figlio. “Esistono centinaia di supermercati e io dovevo proprio scegliere quello” farfugliò scuotendo la testa.
“Capita” annuì divertito l’altro.
“Capita un cazzo… Volevo evitare di incontrare Michelle, Val o chi per loro… Non mi andava di dare spiegazioni, da un anno a questa parte non faccio, anzi facciamo, altro che dare spiegazioni su spiegazioni” continuò iniziando a sfogarsi con il padre. Era estremamente liberatorio parlare con lui, e sapere che qualsiasi cosa sarebbe potuta accadere, nella propria vita ci sarebbe sempre stata quella persona su cui poter  contare.
“Non hai proprio voglia di vedere Michelle mhm?” chiese poi facendosi più serio.
“Ha rischiato di andare a letto con il cugino dei Madden, col cazzo che l’avrei perdonata, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso…” rispose secco. “Non mi interessa nulla, non era più lo stesso con lei, avevo in mente una storia e ne vivevo un’altra ogni giorno”.
“Questo lo so, e ho compreso la tua scelta sai? Non avrei mai potuto dirti di non divorziare Brian, mi chiedo solo se non è più difficile affrontare tutto da solo” lui non era un tipo apprensivo e iper-protettivo, ma la morte di Jimmy aveva cambiato tutte le carte in tavola, aveva stravolto la vita di quei ragazzi, strappandoli con una ferocia disumana da quella realtà di sogno in cui vivevano. Il loro successo era solo l’apice dell’apoteosi, non vivevano solo di quello, ma erano convinti di essere invincibili e immortali, di poter superare qualsiasi cosa, perché molti di loro erano partiti dal nulla per ottenere tutto.
“Non sono da solo, ho gli altri, e forse ha ragione Zacky, abbiamo bisogno di guardare al futuro senza trascinarci i bagagli emotivi del passato, non lo so, ho sempre creduto che fosse un coglione…” rise scuotendo la testa. “Ma è l’unico che sta facendo realmente qualcosa, l’unico che sta cercando di reagire, ok non sa bene neanche lui come fare, e forse nel farlo sta sbagliando, ma non sta fermo immobile in attesa che qualcosa cambi” sospirò riprendendo fiato, dopo aver pronunciato l’ultima frase senza mai fermarsi, come se dovesse convincere una giuria e non semplicemente esporre un proprio pensiero.
“Forse non ha tutti i torti, forse dovreste realmente iniziare a cambiare qualcosa, perché, e non c’è bisogno che te lo dica io, niente tornerà come un tempo…” proferì l’uomo osservando con attenzione il figlio.
Subito dopo la morte dell’amico di sempre, aveva passato un periodo orribile, buio e doloroso, non c’era giorno in cui non vedesse Brian piangere, arrabbiarsi e spaccare qualsiasi cosa, per poi bere senza controllo e cercare la forza – che al tempo neanche possedeva – per alzare la testa e reagire. Tutti erano distrutti, tutti ugualmente segnati dall’ennesima ingiustizia che sarebbe rimasta impunita, ma Brian a differenza degli altri, non sentiva dentro di sé l’esigenza di rialzarsi e lottare per quella vita che aveva appreso essere fragile e preziosa.
Matt aveva Val, due rocce che si sorreggevano a vicenda senza rendersi conto che si stavano lentamente sgretolando; Zacky nel suo modo contorto e alquanto imprevedibile era stato il primo a capire che non doveva più sprecare nemmeno un secondo e si era messo alla caccia di quello che voleva realmente, e una volta che lo avesse scoperto e trovato, niente lo avrebbe più fermato. Infine c’era Johnny che aveva la sua Laura, la donna che lo aveva cambiato in passato, strappandolo via dal circolo vizioso di alcool e droga e regalandogli – realmente – la possibilità di realizzare il sogno americano. Lui nella sua compagna aveva riscoperto tutto quello che poteva desiderare, e a qualche mese dalla scomparsa di Jimmy avevano deciso di andare a convivere, comprandosi una casetta sulle colline: una di quelle con lo steccato bianco.
“Senti” intervenne con un sorriso che non faceva presagire niente di buono. “Perché sabato non le inviti qui da me? Inviti anche gli altri, solo la band e le varie compagne, sempre che le vogliano portare…” intercalò l’ultima frase con un’ironia micidiale “Voglio conoscerle, voglio anche congratularmi con quella che ha fatto un occhio nero a Zacky, lanciandogli una spazzola e beccandolo al primo colpo!” concluse accompagnando la proposta con una fragorosa risata.
“Oddio non sono sicuro se portarle qui o meno” disse preso alla sprovvista.
“Beh? Che hai paura che ti soffio la ragazza?” lo provocò lui divertito.
“No è che… Beh… Una delle due… Insomma è una cosa complicata” borbottò contrariato scuotendo la testa, non avrebbe saputo spiegarla nemmeno lui la situazione.
“Secondo me solo la tua testa è complicata” celiò con un sorriso angelico il padre. “Brian le conosci da qualche settimana cosa può essere successo di così complicato? Oltre al fatto che hai tentato di farne fuori una portandola semplicemente a fare spesa?” domandò con fare leggermente retorico, conosceva bene il figlio, e sapeva con altrettanta sicurezza che le cose le avrebbe complicate in ogni modo possibile e immaginabile: era la sua specialità.
“La ragazza, Lily, quella della rapina… Ci siamo baciati, era più un gesto d’impeto, si è girata e mi ha baciato, e io non ho fatto altro che ricambiare con estremo piacere…” ammise con un sorriso. “Forse fin troppo…” aggiunse subito grattandosi la testa leggermente imbarazzato.
“Ok, beh, è un bacio, sarebbe stato più sconveniente se te la fossi fatta lì al supermercato” obiettò divertito.
“Solo che non ne abbiamo parlato, all’inizio eravamo ancora scossi per l’accaduto, poi ieri ci siamo accuratamente evitati di proposito, io non so nemmeno se mi piace realmente, non la conosco quasi!” ammise con un tono che aveva le sfumature dell’esasperazione. “Con lei però ci parlo benissimo, ogni volta che la vedo passiamo ore a parlare, - lui parlava, Lily semplicemente ascoltava - con lei non devo dare spiegazioni mai, posso dire quello che penso, posso essere libero di fare ciò che voglio” aggiunse.
“Beh è un ottimo inizio no?” constatò tranquillo, senza punzecchiarlo più, avrebbe aspettato momenti migliori per ricordargli di aver quasi fatto ammazzare la ragazza che aveva baciato.
“Assolutamente si, e poi ha degli occhi e dei capelli…” interruppe la frase ripensando alla prima volta che aveva conosciuto la ragazza a casa di Kat Von D.
“Cazzo, e se ha degli occhi e dei capelli è proprio una ragazza speciale!” lo prese in giro il padre.
“Fanculo!” esclamò Brian alzando gli occhi al cielo. “Volevo dire, che ha degli occhi verdissimi, e dei capelli lunghissimi, ti fan venire voglia ti affondarci le mani e giocarci…”
“Poi io non mi stupirei se ti denunciasse per molestie sessuali da depravato” annuì tutto convinto l’altro.
“È proprio rassicurante parlare con te pa’, cazzo!” sospirò rassegnato Brian.
“Io dico solo che se realmente ti interessa questa ragazza, perché non vedere come potrebbe evolvere la cosa?” aggiunse tornando più serio.
“Forse ho solo il timore che…” ma non finì la frase, perché si rese conto che tutti i suoi timori prescindevano da Lily, da un'eventuale implicazione o dal resto, erano semplicemente riconducibile al non voler spiccare un dannatissimo volo che avrebbe potuto farlo spiaccicare a terra. Era perfettamente consapevole che uscire dalla propria zona di sicurezza lo avrebbe potuto destabilizzare.
“È ora che vada…” disse guardando l’orologio. “Devo passare a riprendere Zacky che ha lasciato la macchina dal carrozziere e dopo andiamo da Matt, ieri ha rivisto Val e come al solito è di nuovo in crisi” sospirò scuotendo la testa. “Ora capisci perché preferisco farmi rapinare piuttosto che incontrare Michelle?” domandò rivolto al padre lanciandogli un’occhiata significativa.
“Secondo me se tu rivedessi Michelle ti renderesti conto che di lei neanche ti interessa più molto” proferì l’uomo richiudendosi alle spalle la porta della veranda. “Hai solo paura di rendertene conto perché dopo sei anni di relazione dovresti provare qualcosa in più”.
“Ti pare un brutto motivo per avere un po’ d’ansia?” rispose serafico il ragazzo uscendo dal portone principale salutando il padre alzando il braccio e facendo un cenno con la mano, senza nemmeno girarsi. Salì in macchina e con la testa piena di pensieri si diresse verso casa di Zacky.

“Grazie per essere venute ragazze” la voce calda di Matt le accolse non appena misero piede nell’ingresso di casa sua. Lily si guardò intorno, e il suo primo pensiero fu che quella casa aveva un non so che di spoglio, le dava una sensazione strana. Quando percorsero i pochi passi che le separavano dal salotto, ebbe conferma del suo primo pensiero: Val si doveva essere portata via la maggior parte della roba. E no, non intendeva i mobili, quelli apparentemente c’erano tutti, ma quegli oggetti che rendono una casa vissuta e accogliente.
“Figurati” disse Alex sorridendo dolcemente. La chiamata di Matt l’aveva incuriosita, le aveva invitate a passare a casa sua, e a rimanerci una mattina per aspettare il tecnico della caldaia e non sapevano chi altro.
“Scusate se vi ho disturbato non era mia intenzione” sospirò leggermente contrariato. “Ma Zacky e Brian sono in giro chissà dove, e Johnny è via per due settimane con la ragazza… E non potevo più rimandare la cosa… Sto facendo la doccia gelida da due settimane” disse guardandosi intorno.
“Beh, ma perché tu dove vai?” chiese Lily che – momentaneamente – aveva smesso di guardarsi intorno come se avesse dovuto fare uno scanner mentale dell’intera stanza.
“Devo portare mia madre, e le sue due sorelle a Los Angeles, dovrei tornare per l’ora di pranzo” rispose impilando dei fogli sul tavolo, dove affianco lasciò un assegno firmato e la penna vicino. “Dovrebbe passare il tizio della caldaia, dovete solo aprirgli e pagarlo” spiegò guardandosi intorno più e più volte; per poi prendere una scatola bianca e sistemarla sotto i fogli, sul tavolo. “Poi dovrebbe passare un mio amico, un tizio non tanto alto, tutto tatuato e che indossa sempre un cappellino da baseball, che dovrebbe ritirare questo!” prese fiato indicando la roba che aveva sistemato qualche istante prima.
Se non fosse stato che sarebbe risultato tremendamente maleducato, sia Lily che Alex sarebbero scoppiate a ridere fino alle lacrime per come si stava comportando Matt in quel momento: sembrava un cartone animato, tutto agitato. Certo, era plausibile, stava affidando la propria casa a due quasi sconosciute, lasciando nelle loro mani perfino un assegno firmato e in bianco. Chiunque forse sarebbe stato nervoso.
“Tranquillo ci pensiamo noi” lo rassicurò l’inglese. “Vai pure, ti aspettiamo qui…” aggiunse dando una gomitata a Lily che aveva ripreso a ficcanasare in giro.
“Si si tranquillo! La tua casa è in ottime mani!” esclamò con un sorriso talmente innocente da sembrare quasi inquietante.
“Perfetto io vado, in frigo e in dispensa c’è molta roba, prendete pure quello che volete…” disse infilandosi il giacchetto jeans e i suoi amati – e inconfondibili – Rayban.
Non appena uscì di casa e sentirono la macchina allontanarsi Alex prese uno dei cuscini da sopra il divano e lo diede in testa all’amica.
“Ouch!” esclamò massaggiandosi la testa, prima di girarsi a guardare la ragazza. “Ma che cazzo ti prende si può sapere?” chiese poi posando la borsa sul divano.
“Stavi tranquillamente ispezionando tutta la casa, sembravi un’invasata, ci mancava poco che andavi verso gli scatoloni e li aprivi per capire che contenevano!” disse l’altra scuotendo la testa. “Un po’ di dignità Lil…” aggiunse divertita.
“Perché tu hai il coraggio di dirmi che non sei curiosa?” domandò in risposta l’italo americana.
“Non come te, e soprattutto so contenermi, avresti potuto aspettare almeno che se ne andasse…”
Lily alzò le mani in segno di resa. “Ok scusami, contegno, ora me lo segno per la prossima volta, e giuro di non andare di sopra a curiosare in camera di Matt!” sorrise sedendosi sul divano.
La mattinata passò abbastanza velocemente, avevano scoperto che l’amico di Matt non era altro che Jason Berry uno dei due gemelli che da sempre facevano parte della crew, avevano parlato per quasi due ore, fino a quando il tecnico della caldaia non aveva interrotto la conversazione.
Erano tranquillamente sdraiate – senza neanche molta compostezza – sul divano a guardare MTV il megaschermo che Matt aveva recentemente comprato, ancora c’era la pellicola protettiva intorno allo schermo. Sentirono girare la chiave della serratura, e di scatto si misero a sedere e si sistemarono entrambe, ma la persona che varcò la soglia del salotto le lasciò Meravisgliate.
Stupore totalmente ricambiato dalla persona in questione che aprì la bocca un paio di volte per riuscire a parlare, ma non emise alcun suono.
“Ciao” disse Alex alzando una mano leggermente incerta.
“E voi chi siete?” domandò Valary riscuotendosi dallo stupore.
“Siamo amiche di Matt, doveva andare a Los Angeles con la madre, e dovevamo aprire la porta al tecnico della caldaia” spiegò subito imbarazzata. “Ecco stiamo aspettando che torni..” aggiunse prendendo a gesticolare appena.
“Non vi ho mai viste” commentò leggermente sospettosa.
“Non siamo di certo delle delinquenti” puntualizzò subito Lily sulla difensiva; non le piaceva quella visita inaspettata, ma soprattutto non aveva detto Matt ad Alex, che Val era tornata a vivere con Michelle nel loro vecchio appartamento? Che ci faceva li? Ma soprattutto perché aveva le chiavi di casa del ragazzo? Durante una pausa di riflessione – molto più simile a una quasi rottura – ognuno non dovrebbe rimanere distante dall’altro? A quanto pareva: no. Non solo Val chiamava Matt, ma andava anche a casa sua senza nemmeno avvisare, entrando con il bel doppione di chiavi facendo totalmente finta di niente?
No questa storia a Lily non piaceva, e non per la mancanza di coerenza nelle loro decisioni, alla fine, quello che facevano di certo non era affare suo, non avrebbe mai messo bocca – forse solo la punta del naso – in una relazione in cui non era coinvolta.
Ma quello che realmente la faceva innervosire, era che forse anche Michelle aveva le stesse libertà  della sua gemella. Forse anche l’altra ragazza andava a trovare Brian, lo chiamava e lo cercava costantemente. E Lily, sapeva benissimo che non avrebbe potuto informarsi – non dalla fonte principale – né tanto meno pretendere di cambiare la realtà dei fatti in caso la sua supposizione fosse stata corretta.
“Scusate vado a prendermi qualcosa da bere” disse con tono stizzito senza guardare nessuno, lasciando allibite le altre due ragazze presenti, che avevano preso a parlare senza coinvolgerla minimamente.
“Allora siete qui per qualche mese?” domandò portandosi le braccia conserte al petto e mordendosi il labbro inferiore: non poteva fare a meno di nascondere un certo imbarazzo misto a insofferenza che le due ragazze le creavano con la sola presenza in quella stanza, che fino a non molto tempo prima, era stata la sua casa dei sogni.
“Si, non sappiamo bene quanto” rispose tranquillamente Alex, cercando di mostrarsi più indifesa possibile. Si sentiva tremendamente a disagio in quella situazione e cominciava a pensare – avendone la conferma – che quel soggiorno ad Huntington Beach non sarebbe stato poi così piacevole.
“E avete conosciuto Matt tramite Kat…” ribadì come a voler sottolineare l’assurdità di quella situazione, cosa che per l’inglese era totalmente inutile, lei la comprendeva benissimo l'irragionevolezza di tutto quell’intreccio di conoscenze e della circostanza in cui si era ritrovata catapultata da due settimana a quella parte. L’unica che non voleva capire – o faceva finta  di non farlo – era Lily, ora che aveva raggiunto il suo sogno, lo aveva conosciuto e lo aveva baciato: niente avrebbe potuto farla desistere e cambiare meta.
“Si, se vuoi chiamarlo… Ecco insomma, fai pure, posso capire che per te sembri tutto una sorta di puntata di ‘Ai confini della realtà’..” balbettò imbarazzata l’inglese.
“Non c’è bisogno di chiamarlo” intervenne Lily comparendo dalla porta che conduceva fino alla cucina con in mano una lattina di coca-cola. “Sta arrivando, è a cinque minuti di macchina” aggiunse con un sorriso tanto amabile quanto tagliente. Ad Alex parve per un secondo di leggerei negli occhi della ragazza un’ira profonda, ma non poteva essere: Val non le aveva fatto assolutamente nulla.
“Beh allora noi possiamo andare!” colse la palla al balzo l’amica, che si girò a prendere le ricevute e il libretto delle riparazioni aggiornato. “Dai tu questo a Matt per favore?” chiese poi porgendo tutto alla ragazza che ancora leggermente frastornata annui e prese la roba.
“Piacere di averti conosciuto” celiò Lily afferrando la propria borsa mentre passava, per poi essere trascinata via dall’amica, che non aveva di certo intenzione di essere presa in mezzo in un’imbarazzante conversazione tra Matt, Val, e Lily che sembrava essere tornata dalla cucina posseduta da non si sapeva che essere malefico.

*

Aveva parlato con suo padre il martedì mattina, era ormai giovedì sera e ancora non aveva invitato le ragazze al barbecue, si erano visti un paio di volte in quei giorni, ma in maniera sporadica, e non avevano passato neanche tanto tempo insieme. Purtroppo il lavoro aveva richiamato i ragazzi alla triste realtà, e in quei giorni stavano decidendo cosa fare del loro futuro, e la voglia di prenderla quella decisione era pari a quella di farsi evirare senza anestesia.
Senza nemmeno accorgersene si era ritrovato davanti casa delle ragazze, e con la stessa vitalità di un condannato a morte abbassò il finestrino, suonò e attese l’apertura del cancello.
Non appena scese dalla macchina la testa di Lily fece capolino da dietro la porta, aveva i capelli legati e tutti scompigliati e indossava degli amabili occhiali da vista rossi.
“Brian?” chiese stupita, si sarebbe aspettata chiunque tranne lui, e in quel momento la sua mente – analitica ma ritardataria come il Bianconiglio – memorizzò il proprio abbigliamento, classificandolo come: codice nero. Portava i pantaloni di una vecchia tuta, almeno un paio di taglie più grandi della sua, un po’ logori ma che avevano un valore sentimentale pari ai gioielli della Regina d’Inghilterra, e per concludere in bellezza sopra indossava una canottiera grigia con disegnata Malfada e la sua celeberrima frase «Oggi Mordo». Ma il danno era ormai fatto e il dado era stato tratto: non poteva correre a cambiarsi o avrebbe di certo dato l’impressione sbagliata – ovvero, quella giusta – .
“Scusa l’improvvisata, ma non ho soldi sul cellulare e mi trovavo in giro…” disse scendendo dalla macchina e chiudendola per abitudine.
“Non aspettavo nessuno, ma entra pure, stavo leggendo” rispose lei con un sorriso, cercando di mascherare tutta la tensione che stava provando; il nodo allo stomaco pareva serrato in una morsa che avrebbe potuto anche ucciderla. Era agitata, frastornata e confusa, ma soprattutto: era sola. Alex aveva deciso di andare a fare una corsetta insieme a Matt, per poi passare in centro per prendere del nuovo materiale con cui disegnare. Insomma, l’aveva lasciata sola in balia di Brian e dei suoi pensieri, e cosa più infame: del proprio istinto.
“Non mi fermo molto, non voglio disturbare” sorrise entrando, dopo essersi pulito le scarpe con un po’ troppa enfasi.
“Tranquillo, sono sola e non disturbi” disse seguendo alla perfezione il manuale della perfetta padrona di casa. “Vieni in cucina ti offro un caffè, purtroppo non abbiamo birra” aggiunse facendogli strada per poi invitarlo ad accomodarsi.
“Il caffè va benissimo grazie mille” sorrise lui posando sul tavolo della cucina il pacchetto di sigarette e l’accendino. “Ti dispiace se fumo?” domandò poi non vedendo nemmeno un posacenere in giro.
“No tranquillo, fai pure” annui cercando un posacenere. “Eccolo!” esclamò tirando su da uno dei cassetti una strana cosa a forma di pesce. “Oddio almeno credo…” aggiunse posandolo sul tavolo “Secondo te è un posacenere?” chiese guardandolo con attenzione.
“Non lo so, ma credo di si… Che altro potrebbe essere?” rise divertito.
“Ah non lo so, considerato che ho trovato un vibratore, per fortuna ancora confezionato, nell’armadio…” celiò contrariata Lily.
“Cosa?” sbottò ridendo Brian. “Questa è bella, dopo devo dirlo a Zacky… Ma…”
“Se mi stai chiedendo se l’ho tenuto ti lancio quest’affare in testa Brian!” lo interruppe subito Lily.
“No ma che scherzi?” disse alzando le mani in segno di resa. “Ti sembro il tipo che ti chiederebbe una cosa del genere?” aggiunse sorridendo e sbattendo le palpebre più volte, imitando la perfetta espressione angelica di un diavolo tentatore. Lily rise scuotendo la testa e iniziò a preparare il caffè.
“Allora, che sei passato a fare?” domandò risultando un po’ troppo brusca. “Non fraintendermi mi fa piacere la tua visita, ma negli ultimi giorni siete stati molto impegnati, è successo qualcosa?” aggiunse addolcendo cosi il tono della conversazione.
“Sono passato a invitarvi per sabato… A casa di mio padre, fa un barbecue tra amici, e gli piacerebbe conoscervi” disse accendendosi una sigaretta, e facendo un lungo tiro prima di rispondere alla domanda.
“Oh… Da tuo padre?” chiese stupita Lily, il ragazzo annuì e sorrise. “Credo che non ci siano problemi, anzi, consideraci già lì” rispose entusiasta, prendendo tranquillamente l’impegno anche per l’amica.
E no, non era un fatto di simbiosi quello, ma Lily era famosa per prendere le decisioni per entrambe, dato che Alex spesso viveva nel limbo dell’indecisione e del timore.
“Benissimo!” convenne il ragazzo portando di nuovo alle labbra la sua amatissima Marlboro, niente infondeva una sensazione di calma come la nicotina che ti riempiva i polmoni facendo bruciare leggermente la gola.
“Dobbiamo portare qualcosa? Da mangiare, da bere, un regalo?” chiese poi versando il caffè bollente in due tazze, e le posò sul tavolo dopo essersi seduta.
“No tranquilla, pensa a tutto mio padre, lui adora fare i barbecue” rispose il ragazzo avvicinando a sé una delle due tazze, godendo appieno della sensazione di calore che emanava. Non era uno freddoloso, anzi, era la perfetta stufa che ogni ragazza avrebbe mai desiderato a letto, nelle fredde notti di inverno, ma quando era agitato le sue mani si trasformavano in due perfetti blocchi granitici di ghiaccio.
Tant’è che durante i primissimi concerti quando l’agitazione – per meglio dire: panico – era all’ordine del giorno pronta a prendere il sopravvento, lui si ritrovava a fine esibizione con le mani quasi sanguinanti piene di tagli e lividi. Ecco perché spesso portava i mezzi guanti, per evitare di rovinare del tutto le sue preziose dita.
“Ci sarà molta gente?” chiese curiosa, mordendosi la lingua fino a sentire il sapore amaro del sangue in gola, per evitare di pronunciare un semplice nome: Michelle. Il moto di gelosia che provava solo al pensiero di quella donna era un qualcosa di devastante e totalmente inappropriato, e lo sapeva.
“No solo la band, forse Gena e quelli della crew… Non vogliamo confusione, non in un periodo di decisioni” spiegò bevendo un sorso di caffè.
“Bene” si lasciò fuggire per errore.
“Perché?” chiese stupito lui. “Ci sono problemi?” chiese poi inclinando la testa leggermente a destra, osservando il volto della ragazza assumere prima sfumature più rosee per poi giungere a una perfetta sfumatura rosso peperone.
“No no!” si affrettò a dire Lily. “È  che in fondo ci stiamo ancora ambientando… E non lo so perché l’ho detto scusami” concluse distogliendo lo sguardo da quello magnetico del ragazzo.
“Immagino, siete ancora scombussolate?” domandò per poi pentendosi della domanda stessa, si era ripromesso di non trattare argomenti riconducibili al bacio.
“Non proprio, ma la situazione non è poi così semplice, almeno secondo Alex” precisò con un sorriso. Infondo Lily aveva deciso di prendere le cose come venivano, e vivere la vita a seconda di come girava il vento, se doveva essere spensierata di certo i problemi non li andava a cercare.
Che poi fossero loro a cercare lei. Beh, quella era un’altra storia.
“Insomma, se guardiamo con un occhio critico la realtà… Tutta questa storia sembra un po’ una follia…” riprese a parlare dopo qualche secondo di silenzio; prese la tazza del  caffè e la strinse tra le mani osservando il liquido come se potesse ricevere una risposta da esso. “All’inizio eravate, ecco, gli Avenged Sevenfold, M. Shadow,  Johnny Christ, Zacky Vengeance e Synyster Gates” accompagnò la lista dei nomi con il più dolce dei sorrisi, proprio quello che una fan farebbe parlando dei propri idoli. “Ma ora state diventando, Johnny, Matt, Zee e Brian…” sospirò mantenendo però un tono calmo. “Non è cosi semplice, è come se passassimo attraverso lo specchio e vivessimo una sorta di realtà parallela.” Tentò di spiegare.
“Beh…” provò a dire il ragazzo che venne interrotto da un gesto della mano di Lily.
“Non sto dicendo che non sia bello, forse lo è fin troppo… Ma ci stiamo adattando, abituando a questa nuova realtà e stanno subentrando anche i sentimenti, ci stiamo affezionando a voi” prese a dire alzando finalmente lo sguardo, incrociando e incatenando quello di Brian. “Non mi riferisco al bacio, tranquillo – specificò con una smorfia che era il pallido riflesso di un sorriso amaro – ma sto parlando dell’amicizia e al sentirsi parte di qualcosa…” continuò a dire decidendo di scoprire le carte in tavola, tutte meno quelle che aveva nascosto nelle maniche. “Ci conosciamo da un mese, ci siamo visti qualche volta, ma da quando siamo qui, non c’è giorno che non senta qualcuno di voi o che esca con qualcuno di voi… Ed è naturale pensare che sia meraviglioso… Ma forse siamo solo la novità del momento, forse, siamo lo svago e la ventata di aria fresca che ogni tanto serve…” aggiunse, scoprendo una consapevolezza che aveva il sapore del fiele; perché finché i pensieri rimanevo chiusi sigillati in un piccolo scompartimento della mente non causavano problemi, ma ora che stavano uscendo uno a uno, con un lento incedere quasi straziante, tutta l’allegria e la voglia di vivere il sogno stavano lentamente scivolando, sciogliendosi come neve al sole.
“Io, non so spiegarti ne so dirti cosa accadrà” prese a dire sincero, mantenendo per sé lo stupore che aveva provato sentendo da Lily una riflessione del genere. Era abituato a vederla sempre sorridente, sempre pronta a vivere un’avventura dopo l’altra, ma i suoi occhi ora erano come spenti e il suo sorriso imbarazzato; e con la luce del tramonto che filtrava dal lucernaio, era incredibilmente bella.
Un pensiero – scomodo e fastidioso – ma che gli avrebbe tenuto compagnia per molto tempo. “Posso solo dirti che non siamo gente che ama giocare, non diamo nemmeno molta confidenza ai fan per questo motivo” continuò il discorso, cercando di focalizzarsi su quello che era realmente importante e non sull’aspetto di Lily. “Non amiamo giocare con i sentimenti della gente, nutriamo un rispetto quasi reverenziale nei confronti dei nostri fan, grazie a loro siamo arrivati dove siamo oggi” sorrise alleggerendo così l’atmosfera – e i pensieri della ragazza – . “Con voi tutto è successo così naturalmente che neanche ci siamo posti il problema, e se ce lo fossimo posto, ci sarebbe stato Zack a rimediare al fatto” rise pronunciando l’ultima frase.
“Questo è vero, sapevo che non era normale ma non così tanto” annui Lily.
“Vedi? Non porti problemi che non esistono ok? Non eri tu che quasi due settimane fa’ mi dicesti di vivere la vita per come veniva?” le ricordò della chiacchierata lungo il molo di Santa Monica.
“Hai perfettamente ragione” annui la ragazza.
“Allora posso dire a mio padre che sarete dei nostri?” domandò tirando un lungo e profondo sospiro di sollievo mentale, almeno per quella volta se l’era cavata egregiamente.

*

“Lilian Morgan Santini!”
Il nome pronunciato per intero, il tono perentorio quasi furioso e una camminata molto più simile alla cavalcata delle valchirie che ad altro, fece intuire a Lily che Alex aveva appena trovato la porta di camera sua chiusa a chiave. E un dolce bigliettino appiccicato alla porta: «Trascina il tuo culo poco alla moda in camera mia».
“Prima che inizi a: sbraitare, lamentarti, opporti, e quant’altro…” iniziò a dire accompagnando l’elenco delle azioni a dei gesti delle mani, numerandole con le dita. “Sappi che oggi non sento ragioni, e tu verrai al barbecue come dico io!” concluse con un sorriso soddisfatto per l’arringa appena avvenuta.
Alex che sapeva benissimo di non avere scelta, si ritrovò a pensare – facendola sorridere da sola – che Lily non sentiva mai ragione, e che si faceva sempre come voleva lei, almeno per il novanta percento del tempo. Anche se, doveva almeno riconoscerlo per la propria onestà intellettuale, che se avessero fatto come desiderava lei, si sarebbero ritrovate a Londra nell’esatto punto dove tutto quel viaggio ebbe inizio: nella sua camera da letto a mangiare patatine con Lily.
“Ho paura ok? Non per offendere la tua sensibilità ma noi due abbiamo due stili diversi…” sospirò sedendosi su una delle poltroncine. “Non esagerare con me, va bene? Sai che non saprei dirti di no, ma poi passerei tutto il tempo del barbecue a disagio” aggiunse con un sospiro.
“Non ho intenzione di farci sembrare due escort” rispose secca l’amica che era intenta a guardare dentro uno dei cassetti. “Ma voglio che si rendano conto che siamo due belle ragazze” aggiunse con un sorriso. “Non mi sono allenata tutti i giorni della mia vita – anche se spesso con la wii – solo per farmi beccare da Brian vestita stile Maga Magò” concluse tirando fuori il costume per sé: un due pezzi bianco, al quale si aggiungeva una sorta di mini-ma-mini-mini gonnellina, tutto bianco a doppio strato.
“Non vorrai farmi mettere quello” scandì ogni parola lentamente, inarcando il sopracciglio evidenziando al massimo così il suo dissenso verso la scelta dell’amica.
“No, per te sono andata a comprarlo oggi!” rispose tutta contenta porgendole un pacchettino con un sorriso raggiante. “Io sono una che si organizza per queste cose” precisò tornando a rivolgere la propria attenzione all’armadio.
Alex lentamente estrasse i pezzi di stoffa dalla busta, e osservò il costume rigirandolo un paio di volte tra le mani. “Dove è la fregatura?” chiese notando che era un normale costume a due pezzi, reso frivolo da una trama a quadretti bianchi e rosa e dei piccoli pizzi arricciati di stoffa lungo le cuciture.
“Perché dovrebbe esserci la fregatura?” rispose girandosi. “Sempre meglio quello che i tuoi costumi interi da nuotatrice liceale” aggiunse divertita, per poi passarle un paio di sandali con allacciatura alla schiava.
“Cazzo!” si lasciò sfuggire l’inglese arrossendo poi. “Non puoi farmi mettere tacchi del genere…” aggiunse allibita osservando le scarpe che aveva poi posato sul tavolino vicino a lei.
“Alex non hanno nemmeno otto centimetri di tacco.. Non puoi andare a una festa in piscina con delle semplici infradito” puntualizzò Lily, come se quello che aveva detto fosse una qualche legge della fisica impossibile da sfidare.
“Questi sono bassi? E tu che razza di scarpe metti Miss Vans?” la provocò, per poi ingollarsi quasi la lingua guardando il paio di ‘sandali’ che aveva posato sul letto.
“Se te lo stai chiedendo sono un tacco dodici. Quelle hanno il tacco” celiò con soddisfazione la ragazza.
“Va beh, se tu sei scema mica posso sempre seguirti, ci tengo alla mia salute fisica” rise divertita l’altra.
“Vai a cambiarti in bagno io mi cambio qui, e in bagno trovi anche il copricostume: tranquilla è sobrio” specificò ridendo. “Ho anche portato qualcosa di più pesante per la sera, non possiamo rimanere in costume tutto il tempo” aggiunse divertita.
“Oddio, questo tuo lato coscienzioso mi spaventa ogni volta che viene fuori” disse a voce alta dal bagno.

Il tragitto in macchina fu abbastanza silenzioso, entrambe avevano la testa piena di pensieri e timori; sapevano che in qualche modo stavano per entrare nella tana del leone. Brian aveva detto – e confermato in seguito – che c’erano una quindicina di persone, e che l’invito si estendeva fin dopo cena.
“Sei pronta?” domandò Alex una volta che il motore della macchina smise di far rumore.
“No, ma non importa, avrei dovuto dirti ‘sono nata pronta’ e scendere dalla macchina come una vera dura, ma starei qui, a guardare quanto è bello questo intonaco veneziano abbinato al verde rigoglioso del giardino” rispose fino a perdere il fiato l’amica.
“Certo, come no, magari poi qualcuno esce o arriva e noi ci facciamo trovare qua come due idiote…” annuì fingendosi d’accordo con l’idea di Lily. “Sarebbe comunque un piano…”
“Hai un’idea migliore?” propose lei fissandola in maniera torva. “Basta andiamo, ho un Haner da conquistare e la cosa non è così semplice” aggiunse all’improvviso, ritrovando  la sua caratterista grinta che fece sorridere l’inglese e scendere cercando di raccogliere tutte le sue forze.
Suonarono al campanello un paio di volte, e stavano controllando se avessero sbagliato indirizzo.
“E voi sareste?” chiese un ragazzo appoggiandosi allo stipite della porta con un braccio, subito dopo averla aperta e aver con cura squadrato le due.
“Amiche di Brian” rispose lapidaria Lily.
“E avete il permesso di entrare?” domandò divertito cercando di fare lo splendido il ragazzo, che solo in quel momento l’italo-americana riconobbe: Matt Perry, uno dei due gemelli – quello stupido e brutto – che stavano nella Crew della band da tutta una vita.
“Non essendo vampira non mi serve” rispose varcando con sicurezza la soglia della porta, senza guardare il tipo che rideva divertito; Alex la seguì a ruota con più timore mormorando un ‘permesso’ non appena mise piede in casa di Haner Senior.
“Qui potete cambiarvi e posare la sacca, sono tutti in piscina, scusate mio fratello” una voce molto più familiare – e dolce – accolse nuovamente le due ragazze, che ringraziarono e si diressero a cambiarsi, ignorando volutamente gli apprezzamenti di Matt e gli sbuffi di Jason.

Lily non era bassa. Semplicemente con le scarpe da ginnastica misurava la bellezza di un metro e settantotto centimetri, ma con quei tacchi sembrava quasi una Dea Greca, raggiungendo la perfezione del metro e novanta. Quando scese i gradini che separavano il patio da un grazioso giardino che era non troppo distante dalla piscina tutti si fermarono a osservarla. Per poi sgranare gli occhi alla vista di una seconda stupenda fanciulla che con un andamento meno deciso, e leggermente più imbarazzato, raggiunse l’amica.
“Lily?” domandò Brian cercando di non perdere gli occhi per quanto erano usciti dalle orbite.
“Alex?” gli fece eco Matt stupito.
“Lily e Alex?” pronunciò Zacky raggiungendole con un paio di falcate, e se avesse potuto avrebbe tranquillamente volato da loro. “Wow ragazze siete incantevoli!” disse passando le braccia sulle spalle delle due divertito.
“Zacky” pronunciò con fare perentorio l’inglese guardandolo poi con la coda dell’occhio.
“Oh permalosa come sempre” si lamentò il ragazzo sciogliendo dalla presa le due.
“Ragazze vi presento mio padre” disse poi Brian cercando di ricordarsi che i volti delle due erano SOPRA il collo e non sotto. Ma era dannatamente difficile non fissare quelle curve perfette, due stili di bellezza diversi ma dannatamente interessanti.
Girarono l’angolo e si ritrovarono avvolte da un dolce profumo di brace, e dall’invitante odore della carne appena messa sulla griglia, ma quello che attirò l’attenzione delle due era un uomo, leggermente più alto di Brian, con un abbronzatura che avrebbe fatto invidia a qualsiasi californiano, dei tatuaggi veramente artistici e un sorriso che avrebbe steso chiunque.
“Papà ti presento Lily e Alex” disse il ragazzo indicando prima una e poi l’altra.
“Ho sentito dire in giro che è divorziato, se vuole posso tenerle compagnia io per il resto della vita” disse Lily facendo un passo avanti e stringendo la mano dell’uomo senza volerla poi lasciare.
“Brian mi aveva detto che avevi un carattere non indifferente” commentò divertito l’uomo facendosi una bella risata.
“Piacere di conoscerla signore” disse Alex vergognandosi profondamente al posto dell’amica, che a quanto pareva la dignità l’aveva lasciata da qualche parte nel tragitto dalla macchina a dove erano in quel momento.
“Per carità chiamami Papa Gates, come fanno tutti ormai, Signore mi fa sentire vecchio” rispose l’uomo.
“Sei vecchio” borbottò Brian contrariato da tutte quelle feste che stava ricevendo suo padre.
“Mi dica, posso fare qualcosa per lei?” interruppe i convenevoli Lily avvicinandosi all’uomo.
“Se rimani a farmi compagnia mi rendi un uomo felice” rispose lui lanciando un’occhiata divertita al figlio che aveva preso a borbottare come una vecchia teiera.

“Non mi aspettavo di vederti in costume” il commento si Zacky arrivò preciso e diretto al sistema nervoso della ragazza, che non fece altro che aprire gli occhi e fulminarlo con lo sguardo, per poi tornare a godersi il caldo tepore del sole.
“Come pensavi che venissi a una festa in piscina?” chiese lei sospirando con molta enfasi.
“In jeans e canottiera?” rispose lui sedendosi sul lettino a fianco quello della ragazza.
Touchè. Si ritrovò a pensare Alex, che decise che non gliel’avrebbe mai data vinta ammettendo quanto avesse ragione.
“Ciao Alexi” disse Gena con tonto tanto dolce quanto avvelenato, se solo le parole avessero potuto ferire o uccidere a quest’ora ‘Alexi’ si sarebbe ritrovata trafitta da cinquanta paletti, spalmata di burro d’arachidi e data in pasto alle formiche rosse del deserto.
“Semplicemente Alex” rispose tranquilla senza mostrarsi assolutamente turbata da quello sbaglio ‘innocente’. Era sempre stata remissiva e molto dolce, ma questo non era sinonimo dell’essere totalmente priva di intelletto e senza classe. Se Gena voleva fare la parte dell’oca giuliva gelosa, era la benvenuta ma sarebbe stata un’esibizione senza pubblico.
“Scusa, non ho proprio memoria per i nomi” celiò lei mostrando tutti i trentadue denti, che sembravano sbiancati dalla stessa ditta che aveva riverniciato la macchina al padre qualche anno prima, l’inglese si ritrovò a chiedersi se anche i denti della ragazza illuminati con una luce al neon fossero risultati fosforescenti.
“Per fortuna c’è Zack che i nomi se li ricorda molto bene” pronunciò chiedendo mentalmente perdono al ragazzo, ma non avrebbe permesso a un’oca californiana di fregarla.
“Ok, mi è venuta improvvisamente fame” esclamò il ragazzo avvolto da una gelida cortina di astio, e cominciava a temere il peggio: dover andare via perché Gena avrebbe sicuramente impuntato i piedi da lì a breve. E non era sua intenzione lasciare quella grigliata. “Andiamo a prendere qualcosa da mangiare?” chiese rivolto alla ragazza che annuì e si alzo girandosi di scatto, ricordando ad Alex una di quelle vecchiette che spesso incontrava sulla metropolitana che per una parola sbagliata o uno sguardo diverso si indispettivano e andavano via tutte impettite arricciando il naso, tant’è che scoppiò a ridere quasi senza motivo da sola.
“Come mai ridi?” la voce di Matt fu un caldo conforto per la ragazza, almeno lui non sarebbe mai stato ostile. Trattare con le persone difficili per lei era estremamente stancante, perché per sua indole personale avrebbe preferito di gran lunga beccarsi degli insulti che trattare in malo modo qualcuno.
Ma c’erano delle situazioni, delle occasioni in cui l’orgoglio e le unghie andavano sfoggiate, soprattutto perché trovava Gena realmente stupida. Perfino per uno come Zacky.
“Niente, pensieri vacanti” rispose scuotendo la testa divertita. “Te? Sei solo o accompagnato?” domandò poi volendo evitare altri attacchi di gelosia – del tutto ingiustificati – da parte di psicotiche americane.
“No no, sono solo…” rispose subito lui, forse troppo velocemente. “Sono stato lì al barbecue a vedere Lily placcare stretto il padre di Brian” disse poi.
“Oddio ancora?” chiese stupita. “Devo andare a trascinarla via di lì, o al posto del ketchup sulla nostra carne ci metterà il veleno per topi..”
“No scherzi? È uno spasso, ti giuro non mi sono mai divertito tanto, quello che si diverte meno è Brian” la tranquillizzò lui. “Hanno appena deciso di sposarsi e Lily ha detto a Brian che può anche non chiamarla mamma… Dovevi vedere la sua espressione, è stata indimenticabile!” continuò proprio ridendo.
“Mio Dio” mormorò Alex. “Spero solo non degeneri, a volte mi stupisco anche io di quello che riesce a fare” specificò desolata.
“Ma dai è divertente, almeno con lei non ti annoi mai” commentò Matt sdraiandosi sul lettino e stiracchiandosi le braccia le sfiorò il viso.
“Già” sospirò Alex, sentendo improvvisamente la pesantezza di quel rapporto tanto bello e prezioso quanto pesante e a volte logorante.
“Tutto bene?” chiese lui inclinando la testa per poterla osservare meglio. “Hai la stessa aria allegra di quando eri in macchina con Zacky” aggiunse.
“Ma si, solo qualche pensiero scomodo” minimizzò con un gesto delle mani e una scrollata di spalle. “Tu piuttosto, è qualche giorno che neanche vieni più a correre!” esclamò poi ritrovando un sorriso solare quasi contagioso.
“I soliti problemi, le solite discussioni, il solito circolo vizioso” sospirò scuotendo la testa.
“Val?” tentò senza nemmeno troppa difficoltà di indovinare, e Matt annui silenzioso. “Si è arrabbiata quando ha visto me e Lily a casa tua? Non ti sei fatto più sentire da allora…”
“No, era solo stupita, ma dopo è diventata incredula e paranoica, e mi era presa voglia di spiaccicarla al muro” borbottò contrariato “Ma quando l’ho vista piangere, beh li mi sciolgo sempre, non c’è cosa peggiore di vedere una donna piangere.”
“Hai un cuore tenero” commentò la ragazza tranquilla.
“No sono un coglione, il discorso è differente” rispose lui sconsolato, sentendo la frustrazione addosso come un cappotto troppo aderente, tanto da farlo sentire senza aria ogni tanto.
“Sono punti di vista, molte persone dovrebbero essere coglione come te allora” disse lei mettendosi seduta, per poter guardare il ragazzo negli occhi. “Ti preoccupi di chi ti sta intorno”.
“Non riesce a lasciarmi il mio spazio, più gliene chiedo meno libertà mi resta, io vorrei provare per una volta a fare quel che cavolo mi pare senza dover… Fare altro. Punto.” Pronunciò quelle parole che suonavano estremamente convincenti ad un orecchio esterno, e stavano per fregare anche Alex, se non fosse che era sicura che al primo squillo del cellulare: lui sarebbe corso da Val.
La ragazza aveva la convinzione che ci fossero delle relazioni destinate a perdurare nel tempo anche in assenza di un contatto fisico o emotivo, c’erano legami imprescindibili in grado di condizionare la vita anche a miglia di distanza. Non era riuscita ancora a capire bene se fosse il caso di Matt e Val, ma incominciava a capire che quella ‘famigerata’ pausa non era altro che una piccola parentesi, e che tutti i discorsi del ragazzo sulle nuove strade e le opportunità non erano altro che parole pronunciate cercando di alimentare una flebile fiamma di speranza.
Lily le aveva spiegato cosa avesse comportato la morte del bandmate per i ragazzi, almeno aveva tentato di farle capire un qualcosa di estremamente complesso, un concetto che non poteva essere composto di sole azioni e parole.

“Grazie per avermi degnato della tua compagnia” borbottò Brian dopo essere riuscito a separare Lily da suo padre, se avesse minimamente avuto l’idea di una reazione del genere, la grigliata l’avrebbe fatta a casa sua, senza il suo vecchio. Non che avesse mire precise o particolari piani, anzi, aveva optato per una tattica molto semplice: niente coinvolgimenti. Piano strategico che era andato a farsi friggere quando Lily aveva deciso di mettere in mostra il proprio corpo, regalandogli la paradisiaca visione di una bellezza quasi disarmante.
“Scusa, ma tuo padre dal vivo è meglio che in foto” commentò lei ridendo. “Sii contento qualcosa di buono dovrai averlo anche tu, se metà dei tuoi geni sono i suoi” aggiunse regalandogli un paio di amichevoli pacche di conforto sulla spalla.
“Io sono decisamente migliore, mio padre è il prototipo io sono la perfezione” rispose con enfasi che fece sorridere la ragazza.
“E mi stai portando in questo angolo appartato per?” domandò con finta innocenza non appena si rese conto di essere discretamente lontana dal resto della folla.
“Per mostrarti l’orto mediterraneo di mio padre?” rispose indicandolo con un dito proprio alla sua destra. Lily abbassò lo sguardo per osservare un rigoglioso cespuglio di rosmarino, uno di salvia e uno – forse – di timo, e lentamente la colorazione dorata del suo viso prese vita accendendosi con graziose sfumature rosse, ma che non ebbero sfogo nell’espressione torva e dura che aveva dipinto in volto.
“Certo e ora che l’abbiamo visto? Hai intenzione di mostrarmi la tua collezione di farfalle?” lo provocò deliberatamente, sapendo benissimo che a giocare con il fuoco si sarebbe finiti scottati, ma infondo ci sperava di finire bruciata da Brian. Con Brian. Pardon.
“Non credo che sia altrettanto interessante” disse lui avvicinandosi pericolosamente al volto della ragazza, poteva sentire tranquillamente l’odore del suo burro di cacao alla vaniglia e mandarino, osservare delle leggere efelidi che le coprivano il naso e parte delle guance. Quasi invisibili a una distanza normale.
“Te lo hanno mai detto che parli troppo?” proferì lei senza spostarsi, anzi, si sporse leggermente in avanti così da sfiorare il corpo del ragazzo con il proprio.
Non che il suo cervello stesse elaborando chissà quali informazioni, tutto il sangue stava defluendo in lidi ben lontani dalla testa del ragazzo, che senza riflettere spinse Lily contro la porta dell’ingresso alla lavanderia della casa: era leggermente rientrato dal muro, così da nascondere la loro presenza a occhi indiscreti. Quando Lily avvolse la vita del ragazzo con una gamba attirandolo a sé, lui capì perfettamente che la ragazza non si sarebbe più tirata indietro, la baciò e con delicatezza le sciolse l’allacciatura del costume, la parte superiore che scivolò a terra. Presto gli fecero compagnia gli altri pochi miseri indumenti che indossavano i due.

Chiuse gli occhi e prese un lungo e profondo respiro sentendo l’aria fresca pomeridiana pizzicarle i polmoni.
Si riesce a sentire il profumo dell’oceano. Si ritrovò a pensare irrazionalmente tenendo la fronte appoggiata alla spalla di Brian, cercando di riprendersi, aveva il fiato corto e la testa totalmente sgombra da pensieri e preoccupazioni. Era come se ogni suo problema fosse stato cacciato e rinchiuso in qualche baule sommerso poi di polvere.
“Tutto bene?” chiese il ragazzo baciandole lentamente il collo, per giocare poi con il lobo dell’orecchio e stringerla più a sé. Gli piaceva sentire il contatto con la pelle di lei, era calda e morbida.
“Non potrebbe andare meglio” rispose Lily riaprendo gli occhi, concentrando poi tutte le sue forze per alzare il viso e sorridere a Brian che la stava tenendo stretta a sé. Erano finiti nella lavanderia, stesi a terra coperti da un semplice telo da mare e basta. “Ma non ho più le forze per tornare di là” ammise divertita.
“Nemmeno io, ma ancora per un po’ non ci cercheranno non sono tutti scemi” commentò lui divertito, cominciando ad accarezzare i capelli della ragazza.
“Se fai così potrei anche addormentarmi” mormorò lei sistemandosi più comodamente addosso il ragazzo.
“Mi piacciono i tuoi capelli” rispose lui senza fermarsi. “Mi piaci tu” ammise poi, una rivelazione che – data l’ultima ora trascorsa insieme – non pensava implicasse troppe complicazioni.
“Sapevo che il costume bianco non avrebbe fallito” rise alzando il viso per baciare Brian a lungo, mordendogli il labbro. Aveva scoperto che era una piccola cosa che lo faceva impazzire: era stato il passaggio fondamentale dalla porta della lavanderia al pavimento.
“No direi di no” annuì lui guardandola. Non aveva più quell’espressione tagliente a volte saccente, ma un sorriso molto più naturale e uno sguardo dolce, quasi innocuo.
“Dovremmo tornare di là…” mormorò sentendo il chiasso provenire dal giardino poco distante.
“Vuoi proprio scappare?” chiese lui stringendola automaticamente a sé, come se non volesse permetterle di andare via.
“No voglio semplicemente andarmi a mangiare un dinosauro, perché sto morendo di fame” rispose tranquillamente. “E poi hai lasciato il mio costume lì alla porta, non vorrei che qualcuno lo trovasse” aggiunse allungando lo sguardo verso l’esterno. Neanche avevano chiuso la porta, il secondo round era stato molto più impetuoso del precedente.
“Era di intralcio” rispose lui alzando entrambe le spalle contemporaneamente, per poi guardarla con la stessa espressione che un bambino avrebbe avuto in volto dopo aver combinato una marachella.
“Se me lo strappavi, finiva in un’altra maniera la faccenda” rise lei alzandosi, avvolgendosi poi il telo che usavano come coperta, ma mentre allungava il primo passo verso la porta Brian strinse un lembo di stoffa, per poi tirarlo, lasciando così Lily senza veli. “Fanculo cretino” borbottò cercando di mascherare l’imbarazzo di essere rimasta senza veli, dandosi poi della cretina, perché quello che avevano appena fatto, era certa essere illegale in almeno un paio di paesi.
“Che ci posso fare se non amo le cose superflue?” celiò lui godendosi appieno di un panorama che nemmeno in sogno avrebbe immaginato di ammirare. In tutta risposta qualche secondo dopo il proprio costume gli volò dritto in faccia, seguito da una serie di improperi, alcuni anche divertenti.
“Posso usare il bagno passando dall’interno?” chiese poi risistemandosi il costume, ma voleva prima darsi una rinfrescata e vedere come era messa, aveva come il presentimento di essere leggermente impresentabile.
“Certo, basta che sali le due rampe di scale e tutto sulla destra ti ritrovi la stanza con il bagno dove vi siete cambiate all’inizio” rispose alzandosi dopo essersi infilato il costume, si avvicinò alla ragazza le diede un bacio e uscì.

Alex aveva deciso di non porsi domande, perché avrebbe innestato in lei una sorta di meccanismo malsano che si sarebbe concluso solamente con l’andare a cercare la propria amica. E non avrebbe mai voluto imbattersi in situazioni che le sarebbero costate: la crescita, la sanità mentale, ma soprattutto la visione – ancora integra – che aveva della sua migliore amica.
Non era un genio, ma non vedendo più in giro Brian e Lily, aveva capito che i due erano insieme, sicuramente a intrattenere una bella conversazione, una di quelle introspettive con un pizzico di malinconia. Certamente.
Quando aveva visto poi Brian ricomparire si era messa l’anima in pace, di certo non sarebbe tornato alla festa se avesse ammazzato la sua migliore amica.
“Ti stai divertendo?” chiese Haner Senior alla ragazza che se ne stava leggermente in disparte avvolta nei proprio pensieri.
“Assolutamente si, è interessante vederli interagire tutti insieme” commentò rivolta a un siparietto che Jason e Zacky avevano messo su per riuscire a dichiarare chi fosse il miglior giocatore di baseball di tutti i tempi. Ed era stato come osservare una partita di ping pong finita per essere una sorta di botta e risposta a suon di insulti.
Aveva vinto Zacky: con «Faccia di Merlo»1, nessuno avrebbe mai potuto controbattere a un insulto del genere.
“Sono una grande famiglia, sono il gruppo ristretto” iniziò a spiegare l’uomo stappandosi una bottiglia di birra. “Amano serate del genere dove possono tranquillamente divertirsi ma soprattutto rilassarsi senza che nessuno gli rompa le scatole” aggiunse poi con un sorriso.
“Credo che non sia tutto oro quello che luccica, e che persone famose come loro…” prese a dire “Deve essere stressante avere una sorta di riflettore sempre puntato addosso” concluse girandosi a guardarlo.
“Come se non bastassero i tatuaggi e i piercing ad attirarla l’attenzione” scherzò lui facendo ridere Alex.
“Beh, non tutti sono poi cosi brutti, anche se personalmente non me ne farei mai cosi tanti” ammise.
“Per un fatto estetico o morale?!” domandò curioso.
“No, niente di tutto ciò, per un fatto meramente fisico” disse lei ridendo. “Per fare questo – disse indicando il tatuaggio sulla caviglia – ho sofferto come non mai, e mi è bastato, anzi mi avanzerà per il resto della vita, vedere la quantità di tatuaggi che hanno i ragazzi, tutti a quanto pare, beh mi fa sentire male”.
“Credo che sia uno stile di vita” commentò lui “Quello di tatuarsi sulla pelle qualsiasi cosa, dai nomi, ai ricordi, a cose indefinite… Credo che sia come attaccarsi a quello che si ha per non perdere i pezzi di sé stessi” aggiunse bevendo un lungo sorso di birra. “Scusa ti starò annoiando” aggiunse scuotendo la testa.
“No assolutamente, mi piace come punto di vista” ammise sincera.
L’amabile conversazione fu interrotta da una serie di urla, che fece rabbrividire Alex in un solo secondo: una delle due voci era quella inconfondibile di Lily. Poteva riconoscerla anche in mezzo a uno stadio urlante, la cadenza che prendeva quando si innervosiva era un misto tra quella italiana, quella americana e quella inglese.
“Come cazzo ti permetti di rispondermi così eh?” Lily non era una dal temperamento pacato e calmo, anzi, ma sapeva sempre come comportarsi in ogni situazione. Ma – come in ogni bella favola o storia, c’era sempre un ma – se provocata o istigata, era più forte di lei: non sapeva trattenersi.
E se c’era una cosa che a Gena riusciva bene – essendo un tipo passivo aggressivo di natura – era quella di riuscire a rifilare fantastici insulti mascherati da commenti o affermazioni casuali.
All’italo-americana che stupida non era, non era sfuggito nessuno dei riferimenti alle oche, alle intruse, e nemmeno alla sicurezza nazionale. E mentre rimuginava sul nesso tra loro e la sicurezza nazionale – dato che le allusioni precedenti erano di facile intuizione – stava quasi per ammettere la genialità assoluta di Gena, quando udì uno dei pochi insulti che realmente la facevano scattare come una molla.
«Puttana»
Non perché la ferisse nell’orgoglio, lei aveva un atteggiamento molto libertino e solare, era una di quelle persone che non lesinava in abbracci o comunque gesti affettuosi, ma da quello a passare realmente per una poco di buono: la strada era tanta.
Certo, i gesti delle ultime due ore l’avrebbero contraddetta, dando piena ragione a Gena e alle sue insinuazioni fastidiose e al quanto oltraggiose, ma Lily in cuor suo sapeva benissimo che la storia con Brian, non era così lineare come sembrava, e soprattutto da parte sua c’era molto più coinvolgimento rispetto a quello che si sarebbe potuto credere.
“Perché vorresti farmi credere che se non ne avessi l’occasione, non ti lanceresti su uno di loro?” disse indicando i ragazzi intorno a lei. “Che non sei una di quelle che solo perché ha un fisico decente spera di arrivare a loro? Per quale altro motivo saresti qui?” domandò incrociando le gambe al petto con la stessa espressione trionfale di chi aveva appena vinto la battaglia del secolo.
Quando Lily aprì bocca, l’unico suono che le uscì fu un mezzo sbuffo. Se solo avesse potuto parlare tranquillamente e dire ciò che realmente aveva visto e appreso, se solo avesse potuto dare sfogo alla sua vera personalità Gena per prima cosa sarebbe finita nella piscina.
“Lo immaginavo, non sai che dire vero? Dovreste andarvene voi due invece che continuare a ronzare qui intorno, di gente pronta a tutto sapete quanta ne abbiamo vista passare?” continuò a inferire. “Dico solo che onde evitare figure patetiche nel prossimo futuro, beh, fatevi le vostre, foto i vostri autografi, e tornatevene da dove siete venute” concluse soddisfatta, per poi essere trascinata via da un ragazzo al quanto alterato. Zacky aveva deciso di porre fine a quella sciarada totalmente ingiusta e decadente.
Gena aveva esagerato: come al suo solito. Voleva bene a quella ragazza, l’affetto che legava i due era stato creato su basi solide e molto compatibili, ma ultimamente ogni cosa che lei faceva, sembrava finire con l’urtare sensibilmente il sistema nervoso del chitarrista.
“Si può sapere cosa cazzo ti prende?” chiese raggiungendo l’interno della casa.
“A me?” domandò stupita Gena. “Ma hai visto quelle due? Insomma ma chi si credono di essere? Invece che essere riconoscenti per l’alloggio che gli abbiamo trovato, e per il fatto che le abbiamo fatte venire qui alla grigliata…”
“Ma non dire cazzate Gena!” sbottò Zacky bloccandola. “Io le ho trovato l’alloggio ed è stato il padre di Brian a invitarle qui perché voleva conoscerle, hanno lo stesso diritto tuo di stare qui!” disse serio.
“Certo come no, ma si vede lontano un miglio che sono due zoccole che non vedono l’ora di portarvi a letto, con i loro sorrisi e le battute...” lo rimbeccò la ragazza.
“Ma tu sei paranoica!” rise lui in maniera nervosa, quasi metallica.
“Andiamocene a casa, non ho più voglia di stare qui, dai andiamo” rispose lei stizzita, stanca dell’ennesima lite per il milionesimo motivo che non prescindeva da loro. Almeno apparentemente.
“No mia cara” scosse la testa “Tu te ne vai, io rimango” aggiunse serio.
“Smettila di fare il coglione e andiamo siamo con la tua auto” disse lei battendo un piede a terra.
Zacky sospirò abbassando lo sguardo e scuotendo la testa, infilò una mano in tasca ed estrasse le chiavi della macchina, lanciandole alla ragazza che le prese al volo sbigottita. “Fai un solo graffio all’auto e giuro che ti rompo l’osso del collo” rispose lapidario uscendo di nuovo in veranda. Era veramente stanco di quell’atteggiamento da prima donna e da quella paranoia costante che lo faceva sentire perennemente braccato, con il fiato di Gena sul collo.

*

SMS: Brian To Lily H 02:20 AM
Sei sveglia? So che uscivi con Alex e andavate a bere qualcosa…
SMS: Lily To Brian H 02:23 AM
Siamo tornare da un’oretta e fa troppo caldo per dormire.
SMS: Brian To Lily H 02:24 AM
Anche qui, infatti ho deciso di comprarmi un cazzo di condizionatore, e farmelo montare ovunque.
SMS: Lily To Brian H 02:26 AM
Poi vengo a dormire a casa tua.
SMS: Brian To Lily H 02:27 AM
Potrei prenderla come una proposta molto allettante… Sai?
SMS: Lily To Brian H 02:28 AM
Forse lo è, o forse no… Devi rischiare per scoprirlo…
SMS: Brian To Lily H 02:30 AM
Magari se passo da te domain? Cioè… Oggi!?
SMS: Lily To Brian H 02:33 AM
Casa è libera, Zacky porta a una mostra Alex, e pensava di invitarla/rapirla per cena, se Alex non chiama la polizia per farsi liberare abbiamo l’intero pomeriggio e la sera.
SMS: Brian To Lily H 02:41 AM
Allora fa come se fossil ì. Scusa ma mi son fatto una doccia veloce o morivo.
SMS: Lily To Brian H 02:45 AM
Domani la faremo insieme. Buona notte.

*

“Allora ti elenco le regole per una calma e pacifica convivenza” esclamò Alex salendo in macchina, ancora prima di allacciare al cintura di sicurezza. “Se moriamo per incidente stradale: il mio spirito ti perseguiterà per il resto della tua eterna esistenza” disse perentoria. “Se hai intenzione di violentarmi, importunarmi o qualsiasi altra cosa che riguarda la mia persona fisica ho lo spray al peperoncino e non mi faccio remore a usarlo” aggiunse senza nessuna sfumatura di divertimento nella voce, sembrava tutto serio. Fin troppo.
“Prima che elenchi un terzo, noiosissimo, e serissimo punto da rispettare allacciati la cintura che si parte” la interruppe Zacky infilandosi i suoi amatissimi occhiali da sole.
“Ok” sospirò scuotendo la testa Alex. “Ho come l’impressione che tu non abbia sentito nemmeno una parola di quello che ho detto, vero?” domandò rassegnata girandosi a guardare il ragazzo che stava scrivendo qualcosa al cellulare, per poi richiuderlo e girarsi verso di lei.
Si fissarono qualche secondo poi Zacky esordì con un “Scusa stavi dicendo?”
“Che puoi tranquillamente baciarmi” lo sfidò Alex, che aveva già la mano pronta a scattare a velocità record, e colpire la guancia del ragazzo.
“E chi vuole baciarti?” rispose lui inclinando leggermente la testa lateralmente. “Lo hai sempre dato per scontato, che volessi baciarti, saltarti addosso o violentarti…” prese a dire girandosi leggermente spegnendo il motore della macchina. “Ma ti sei mai chiesta se tu in realtà saresti il mio tipo?” domandò con una tale naturalezza che lasciò di sasso la povera ragazza che assunse tutte le gradazioni del rosso, arrivando a raggiungere quella del viola.
“Beh” prese a balbettare agitata, giocando con l’orlo della gonna che indossava – su imposizione di Lily -.
“Ecco, insomma tu con me non sei mai stata proprio gentile, anzi…” continuò a dire divertendosi un mondo a stuzzicare e punzecchiare Alex, che era molto più sensibile di quanto avesse creduto. “Le prime volte neanche ci parlavi, poi a Santa Monica mi hai sempre trattato come se fossi un appestato contagioso, senza contare l’occhio nero di cui ancora porto i segni, e tutti gli insulti e le battute che mi hai fatto” concluse tutto concentrato, per poi girarsi e mettere in moto.
Proprio nell’esatto istante in cui Alex aveva deciso di scaraventarsi fuori dal finestrino, aveva appena realizzato di sentirsi estremamente a disagio.
I secondi passarono lentamente che quando arrivarono allo stop in fondo alla strada Alex si chiese da quante ore fossero già in viaggio, per rendersi conto che non erano nemmeno usciti dalla strada che conduceva a casa propria.
Zacky non riuscì a trattenersi un secondo di più e scoppiò a ridere come un matto, cercando però di mantenere il controllo della strada e non finire contro mano o giù per qualche fosso.
“Dio sei uno spasso Alex, ti giuro” prese a dire ridendo. “Stavo scherzando ok? Non che ti voglia saltare addosso… Ma sei una persona molto particolare, mi piacciono quelle difficili con le unghie sempre affilate”.
“Scusa se ancora non sono in grado di decifrare ogni tua singola turba psichica” rispose la ragazza tirando un enorme sospiro di sollievo mentale.
“Prima o poi imparerai” rispose facendo le spallucce dopo aver voltato in una stradina secondaria. “Tutti lo fanno” aggiunse accompagnando la frase con un sorriso quasi contagioso.
“Quando accadrà mi dovrò solo preoccupare di rendermi conto di frequentarti fin troppo spesso!” rispose la ragazza osservando l’asfalto diventare uno sterrato con molte buche. “Dove mi stai portando?” domandò leggermente intimorita dall’eventuale risposta che avrebbe potuto ricevere.
“Non voglio né violentarti né ucciderti” ribatté lui divertito.
“Non pensavo a quello, non proprio” balbettò lei in difficoltà.
“C’è una piccola chiesa sconsacrata…” prese a dire accendendo il riscaldamento della macchina, dopo aver notato Alex farsi piccola sul sedile a fianco e stringersi le braccia al petto. “Dove un nostro amico ha esposto i propri lavori, sono tutti lavori particolati, non ha uno stile preciso, si ispira a tutto ciò che vede, ha fatto delle rappresentazioni favolose” continuò a spiegare. “Credo che ti piacerà, ho insistito per portatici oggi perché la mostra è finita e tra un paio di giorni smonteranno tutto…”
“Oh, grazie” disse stupita girandosi a guardare il ragazzo.
“Ha detto che sul retro troviamo delle stampe, e se qualcuna ti piace puoi prenderla senza problema” aggiunse parcheggiando la macchina tranquillamente davanti alla porta dell’edificio, senza nemmeno curarsi di fare manovra.
Quando la ragazza scese rimase stupita dal posto: un immenso prato verde e questa chiesetta antica, e la vista su tutta Huntington Beach che si estendeva fino all’oceano.
“Oh mio Dio…” mormorò senza sapere dove posare gli occhi per concentrarsi sui dettagli, era un continuo guardare prima l’edificio, poi il terreno erboso e infine la città. Non si era nemmeno resa conto che Zacky si era incamminato per riuscire a togliere il catenaccio e il lucchetto dalla porta.
“Vuoi una mano?” chiese raggiungendolo con piccoli passi, molto più simili a dei saltelli in realtà.
“No ho quasi fatto, ma quel pirla mica mi aveva detto che aprire la porta sarebbe risultato semplice come forzare un caveau di una gioielleria” digrignò tra i denti cercando di spostare il grosso catenaccio arrugginito.
“Fai con calma, mica c’è fretta” lo rassicurò lei “È un posto meraviglioso qui!” disse proprio ritrovando tutta l’allegria che sembrava aver perso.
“Finalmente qualcuno che riesce ad apprezzare e a vedere oltre il palmo del proprio naso” rispose Zacky aprendo finalmente il portone. “Gena non ha fatto altro che lamentarsi delle zanzare, immaginarie presumo, Brian si è messo sdraiato sul pratino a bere e fumare…” scosse la testa contrariato. “Solo tu sembri riuscire a cogliere la bellezza che è questo appezzamento terreno.”
“Non che tu abbia proprio fatto l’esempio di due famosi per la passione per la natura e la cultura” borbottò Alex entrando nella chiesetta, evitando accuratamente lo sguardo divertito del ragazzo.
Passarono il pomeriggio a commentare ogni singola opera appesa o esposta, ridendo e scherzando come avrebbero fatto due amici di vecchia data. Avevano gusti leggermente differenti, e questa era stata la base per una delle discussioni più interessanti che Alex aveva avuto il piacere di intrattenere dal suo arrivo in America. La ragazza si ritrovò a pensare, stupendosi, che il chitarrista non era solo birra e tatuaggi, ma aveva una cultura del tutto personale e particolare. Non che questo avesse minimamente intaccato la convinzione che lui fosse uno psicotico, assassino, maniaco.
Beh ecco. Poteva essere tranquillamente uno psicotico, assassino, maniaco, e colto.

“Posso riconoscere a Brian che starsene sdraiati qui non è niente male?” chiese divertita portando entrambe le braccia incrociate dietro la testa.
“Si almeno non metterti a commentare le nuvole come se fossero opere d’arte” rise lui scuotendo la testa.
“No basta, ho la gola secca e la testa culturalmente vuota, ho tirato fuori tutto prima” rispose lei sincera.
“In effetti è la prima volta che ti ho sentita parlare e parlare, senza tirare fuori minacce o insulti” c’era qualcosa nella voce del ragazzo estremamente rilassante, non usava quel tono idiota che generalmente aveva quando faceva… L’idiota, appunto. Aveva una cadenza calma e profonda, e la sua risata era quasi contagiosa.
“A cosa stai pensando?” chiese lui che aveva preso ad osservarla. “Sembri tipo lontana anni luce”
“Stavo riflettendo sul fatto che sei quasi normale” rispose sincera. “Insomma non sei invadente, non sei tu.”
“Ah ecco” annui come se fosse del tutto normale quello che aveva appena detto la ragazza. “Scusa, ma io come sarei normalmente?” pose il quesito pentendosene nell’istante immediatamente successivo.
“Vuoi veramente saperlo?” Alex si tirò su a sedere e si girò verso il ragazzo, incrociando le gambe e strappando qualche ciuffo d’erba per poi giocarci.
“Non lo so” “Si” “Forse” “Non essere crudele” furono le fugaci risposte balbettate con un sorriso che mascherava alla perfezione l’incertezza.
“Non voglio mica che poi mi addebiti i conti dello strizza cervelli, alla gente come te, quando gli si dice la verità – o quella che potrebbe essere verità – schizza, e finisce nelle cliniche di riabilitazione” pronunciò stupendo sé stessa. Era la prima volta dall’inizio di quella vacanza che si sentiva libera di dire quello che realmente pensava, e usare quella sua ironia tutta inglese.
“Ouch” rise alzando le mani in segno di resa. “E ancora non hai elencato come sono in realtà, come mi vedi tu…”
“Beh? Già ti vuoi tirare indietro?”
“Assolutamente no”
“Sei pronto ad ascoltare? Non credo che sia una lista breve” scherzò lei iniziando a ridere.

*

Essere rapite e catapultate a casa di Matt, in una sorta di missione di salvataggio escogitata da Zacky non era il piano della serata delle due ragazze, ma non avevano saputo dire di no e resistere alla situazione che il chitarrista aveva dipinto dell’amico. Triste, solo in compagnia di una bottiglia di scotch, al buio e al freddo.
Ma quando varcarono la soglia di quella casa che avevano imparato a conoscere, sentirono il frastuono dello stereo messo al massimo volume, videro il cantante che a tempo di musica si esercitava a lanciare i piatti di carta sul tavolino del salotto, e Brian che stava sheckerando dei fantastici cocktails di benvenuto.
Il commento di Zacky fu semplicemente uno: «Ognuno si deprime come meglio crede, e io credevo male».
“Questa è la famosa cena alla Senders” esclamò il ragazzo posando in tavola delle confezioni in alluminio.
“Cena take away?” domandò Alex divertita osservando il logo della tavola calda dove – evidentemente – Matt aveva preso la cena.
“Assolutamente si!” Annuì Brian prendendone uno e osservando cosa c’era dentro.
“E vedrete, la serata è ancora lunga!” concluse Zacky. “Manca Johnny peccato, altrimenti avreste potuto vedere il vero spettacolo della serata, lui che da quanto mangia si sente male” aggiunse ridendo.
“Non mi sembra molta roba” commentò Lily osservando le confezioni in tavola.
“Semplicemente perché solo la prima tappa: la Cina, poi ci sarà il Giappone, la Thailandia, l’Italia, il Messico e infine l’America” spiegò Brian con un sorriso. “Ogni venti minuti un’ordinazione differente, tutti assaggi da tutte le parti del mondo, e senza muovere un dito fuori casa” concluse stiracchiandosi.
“Oh” commentarono all’unisono le due.
“Già, ed è una sorta di battezzo di fuoco, nessuno dei nostri gentili ospiti è andato oltre alla Thailandia o all’Italia, vedremo dove arriverete voi ragazze”.
“Io non voglio morire perché voi idioti avete escogitato una cosa del genere” rispose Lily statuaria.
“Ti stai tirando indietro piccoletta?” la provocò Brian.
“No, sto solo dicendo che non voglio mettere su rotoli di ciccia come avete fatto voi” puntualizzò lei con un sorrisetto soddisfatto, per poi scoppiare a ridere quando tutti e tre i ragazzi si guardarono in contemporanea la pancia abbassando la testa.
“Io voglio provare un po’ di tutto, ma il Giapponese sarà di certo guerra aperta” annui Alex pregustandosi già il suo amatissimo sushi.
“Oh oh…” esclamò Matt ridendo. “E qui si aprono le sfide, io e Zacky siamo in grado di mangiarci una quantità di Sushi pari al peso del nostro corpo” spiegò divertito. “Chi sarà il vincitore?”

*

1=  Battuta presa da una vecchia puntata di Gilmore Girls, dove Rory insulta così Logan.

Grazie a tutti quelli che hanno letto e a chi ha recensito. <3

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Capitolo 4
*** #4 Danger Line ***


Note di Keiko. Ho preso temporaneamente possesso dell'account della Judy per pubblicare il quarto capitolo di Piece. Vi ringrazio per il calore che avete manifestato per la storia che stiamo scrivendo, siete meravigliose (>//<). Spero non mi odierete per la graforrea, ma qui meno di venti pagine a capitolo non riusciamo a sfornarle *sob*. Buona lettura!

C’è una linea di confine sottilissima che divide il sogno dalla realtà, la ragione dalla follia, la vita che si sta vivendo e quella che si vorrebbe vivere. Passare dall’altro lato, superare quella linea pericolosa che ti può far tornare a respirare a pieni polmoni, che ti fa sentire leggero e in pace con il mondo, è un gesto da pazzi. Lasciare tutto ciò che si possiede di rassicurante per un ignoto che fa paura. Un pugno di certezze può davvero fare la felicità? Quelli che si sono buttati, che sono volati nello spazio per primi, hanno camminato sulla Luna. Perché la fortuna arride agli audaci, dopotutto, e forse ha semplicemente la tendenza a sorridere agli incoscienti.



Alex si era fermata all'Italia, il giro in Messico l'aveva lasciato a Lily visto che lei odiava il piccante, al punto tale da classificare i pub di Londra in “quelli dalle patatine molto salate” e “quelli con le patatine dolci”, scartando inevitabilmente i primi.
A lei piacevano i sapori delicati, un po' come le persone che dimostravano una certa sensibilità, e a quel pensiero lo sguardo gli era caduto inevitabilmente su Brian che rideva e scherzava con Lily: c'era qualcosa di assolutamente diverso in lei, in quel modo di stuzzicarlo e punzecchiarlo che non lasciava presagire nulla di buono.
Okay, non aveva indagato sui dettagli della festa in piscina, ma era evidente che Lily aveva già fatto più danni che altro: lite con Gena compresa.
In verità per quella non si era affatto sentita in colpa nei confronti di Zacky, un po' perché lui per primo aveva dimostrato di essersi incazzato per la sceneggiata di serie Z, un po' perché se da un lato poteva comprendere il punto di vista della ragazza riteneva il suo comportamento del tutto discutibile.
Alex era una di quelle che i problemi li risolvevano in privato, senza sbandierare ai quattro venti i fatti propri e, sotto un certo punto di vista, il suo atteggiamento era diametralmente opposto al focoso temperamento di Lily.
Il loro era un rapporto di quelli che sono e restano perfetti perché si è complementari, perché ci si completa a vicenda nonostante le liti e le diversità, con la certezza che alle mancanze dell'una sopperirà sempre l'altra.
Dal salotto arrivavano le risate di Lily e di Zacky, la voce di Brian impastata dall'alcol che tentava le peggiori imitazioni che Alex avesse mai sentito, ma lei aveva il classico umorismo intellettuale inglese e quindi era un caso a parte. Le piaceva ascoltarli e sentirsi parte di un qualcosa che aveva il tepore di una famiglia allargata e, ne era certa, quella sensazione per Lily era amplificata ai massimi livelli.
Dove sarebbero andate a finire con quell'avventura?
Non le piaceva essere in balia degli eventi, dei desideri folli di Lily, delle proprie paure e di un cuore che batteva con la stessa furia del frastuono dei temporali sull'oceano.
“Ehi tutto okay?”
Non aveva sollevato lo sguardo su Matt, non c'era bisogno di invitarlo a sedersi o cacciarlo: era normale andare a correre all'alba e trovarlo al molo senza nemmeno essersi dati appuntamento, avvertire quel suo sorriso da bambino esplodere per le battute di Zacky o gli atteggiamenti strambi di Lily.
Si vedeva che gli voleva bene davvero, ai quei tre scemi che per lui erano tutto.
“Stavo pensando.”
“Durante una festa in casa Sanders non si pensa, ci si diverte!”
Alex si era voltata verso di lui scoppiando a ridere, incassando la testa nelle spalle e abbassando lo sguardo sulla punta dei propri piedi nudi.
“Tutta questa voglia di fare casino da dove arriva? Hai risolto i tuoi dubbi amletici, Mister Shadows?”
“Per una volta non ci voglio pensare.”
E' quando le persone non riflettono che accadono i guai peggiori, Sanders. Lily ne è l'esempio lampante.
“Il tredici ottobre è il compleanno di Lily. Volevo organizzarle una festa a sorpresa, mi aiuteresti?”
Matt l'aveva fissata un po' sorpreso dalla richiesta, e Alex aveva realizzato una serie di tacite implicazioni che non aveva preso in considerazione prima.
“Fantastico! Hai già qualche idea?”
“Non ancora. Cioè, ovviamente se a te non da fastidio o non hai altro da fare. Lily deve essere tenuta a bada, è una curiosa di prim'ordine. E quindi ho pensato a Brian. Johnny è ancora in vacanza, quindi fuori gioco, e Zacky... Be', a parte che potrei non arrivare al compleanno di Lily con quel pazzo vicino, ma è molto più probabile Gena mi faccia fuori. E dato che alla mia vita ci tengo, eviterei volentieri di morire in modo tanto stupido. Con questo, non sei un ripiego, sia chiaro. Sei semplicemente l'unico adatto.”
“No, ti aiuto volentieri, non é che ci sia molto da fare ora, e con i ragazzi lavoriamo quando ci gira, non è esattamente una fase di registrazione in cui viviamo segregati in studio.”
“Grazie, ma se ci dovessero essere problemi, dimmelo. Non voglio portarti via tempo che potresti impiegare a fare altro. Promesso?”
Lui non le aveva risposto ma aveva sorriso, tendendole la mano grande e rassicurante che lei aveva fissato con scetticismo per poi sollevarsi in piedi offrendogli la propria.
Una vocina riconducibile alla sua coscienza continuava a ripeterle di non farsi fregare da quel sorriso che l'ammazzava ogni volta che si allargava sul viso di Matt, in perfetto contrasto con la voce della sua incoscienza – che aveva la tonalità spumeggiante simile a quella di Lily – che le diceva che anziché utilizzare quel fottuto paracadute, poteva per una volta sfanculare il mondo e agire d'istinto, senza valutare le conseguenze delle sue azioni.
Era sfigata, Alex, e lo sapeva benissimo: essere medico, l'applicazione dei metodi scientifici e roba simile, ti inibiscono l'impulsività.
Matt aveva allungato la mano verso la sua, stringendola e sollevandosi a propria volta, senza appoggiarsi alla ragazza.
“Rientriamo o ci danno per dispersi.”
E di certo non sarebbe stata quella la prima cosa che sarebbe venuta in mente a Zacky, né tanto meno a Brian o Lily.
Di quello ne erano certi entrambi.


“No, senti, tu avresti fatto cosa? Ti ha dato di volta il cervello?”
Lily si era presentata sulla porta della stanza di Alex abbattendosi come una furia sull'oasi di pace che sino a una decina di minuti prima – quando cioè le aveva dato la fatidica notizia – era la loro casa.
“Perché?” aveva replicato lei senza prestarle la dovuta attenzione, continuando a schizzare sul foglio segni decisi con la matita.
“Ma porca puttana, Alex! Ti ho presa con la forza dall'Inghilterra trascinandoti negli Stati Uniti per farti cambiare vita, non per farti fare anche qui il medico!”
“Lily mi devo pur mantenere in qualche modo, non posso vivere di ozio in eterno. Tanto più che la nullafacenza non è mai stata una prerogativa della mia esistenza e lo sai benissimo. Due mesi di vacanza sono più che sufficienti per la sottoscritta, è ora di tornare in pista!”
“Tu sei scema... Dipingi, no? Ecco, prova a vendere i tuoi disegni. Avresti un sacco di successo, sei bravissima!”
Lily si era lasciata cadere con fare teatrale sul letto, fissando attentamente Alex che – seduta a gambe incrociate sotto quella che ormai era diventata per tutti “la finestra di Wendy” - aveva posato il blocco da disegno sorridendole.
“Lo faccio perché è una delle poche cose che mi riesce bene nella vita.”
“Io non ci credo che volevi fare il medico sin da quando eri bambina.”
“Me l'hai già detto un centinaio di volte, e forse hai ragione tu e ho voluto emulare mio padre, ma quando dico che mi piace il mio lavoro non mento. E questo lo sai perfettamente.”
Si era chiesta spesso se la sua vita non fosse tutta una farsa, ma era stato proprio l'incontro con Lily a farle decidere che diventare dottoressa era la sua strada.
Una vita dedicata agli altri, più che a sé stessa, era un peso ingombrante e scomodo per un avvocato in carriera come Philip, il suo ex ragazzo, che desiderava una moglie da sfoggiare nella Londra borghese nella quale era cresciuta e da cui voleva scappare.
Si sentiva soffocare dagli obblighi, dalla formalità, dalla costrizione di tenere sempre un comportamento impeccabile in ogni situazione e, soprattutto, dalle aspettative che gli altri nutrivano su di lei: ma la vita era la sua e, volenti o nolenti, Lily era stata il trampolino di lancio per lasciarsi alle spalle tutto il mondo conosciuto per gettarsi – senza paracadute – in una nuova vita.
Cosa ci sarebbe stato di bello e di brutto non potevano saperlo, ma di una cosa era certa: di Philip poteva benissimo farne a meno, di Lily no.
“Sentiamo: come avresti fatto ad entrare all'Huntigton Beach Hospital?”
“Sono andata a letto con il direttore dell'ospedale”, e a quelle parole Lily aveva sgranato gli occhi a tal punto che Alex aveva creduto le uscissero dalle orbite, facendola scoppiare a ridere di gusto.
“Dai scema, come vuoi che abbia fatto?”, e si era sollevata andandosi a sedere accanto a lei, passandole un braccio attorno alle spalle.
“Ho mandato il mio curriculum e la richiesta di un colloquio. E ho chiesto al direttore del Mary Grace Hospital se poteva inviare una mail di credenziali in mio favore.”
“E l'ha fatto?”
“Evidentemente si, visto che venerdì ho il colloquio con il direttore in persona. Hanno sempre bisogno di medici nelle corsie d'emergenza, speriamo che fili tutto liscio.”
“Secondo me fai una cazzata.”
“Secondo me tu non vuoi aprire gli occhi sul fatto che non è un telefilm, questo, ma la vita. E non mi va di farmi fregare dall'euforia californiana e ritrovarmi tra un paio d'anni a essere un'oca giuliva. Ho studiato, mi sono fatta il culo e sono un medico. Vorrei non dover credere di aver sputtanato gli anni migliori della mia vita tra le corsie di ospedali, camere di cliniche psichiatriche e sui libri, di conseguenza farò quello che facevo a Londra. Però ad Huntigton Beach.”
“Hai già deciso. Perché dobbiamo continuare a discutere?”
“Io non sto discutendo, sei tu che ne stai facendo un affare di stato. Guarda che non sei sola, io ci sono comunque, e poi prima o poi inizierai ad annoiarti e troverai anche tu un lavoro o qualche corso da frequentare. Io anticipo i tempi come di consueto, i tuoi sono più lunghi. Ovviamente solo in questo campo, per le altre cose sei molto più avanti di me.”
Lily era arrossita violentemente, borbottando qualcosa che suonava come “nella prossima vita devo ricordarmi di non avere una migliore amica così rompipalle”, che aveva inevitabilmente fatto ridere Alex.
“Non viverlo come un tradimento, okay? Speravo fossi felice per me ad essere sincera.”
“Lo sarò quando ti vedrò realmente felice, mettiamola così.”
“Eccola qui, la clausola finale di Lilian Morgan Santini! Andiamo a fare un giro in spiaggia?”
“Okay, però non ti perdono tanto facilmente, sappilo.”
Alex si era alzata prendendo dal blocco il foglio su cui stava disegnando poco prima, porgendolo all'amica.
“E' per te, tonta.”
Lily aveva fissato le linee intrecciarsi e sfumare le une sulle altre, sino a comporre un ritratto di Brian che fissava l'oceano, sullo sfondo la ruota panoramica del molo di Santa Monica.
Aveva spostato gli occhi dal foglio ad Alex almeno una decina di volte, aprendo e chiudendo la bocca come se non riuscisse a trovare le parole adatte per esprimere quello che le passava per la testa in quel momento.
“Non è per farmi perdonare, ho la coscienza pulita. Mi andava di farlo, ecco tutto. Preparati che andiamo, e non metterci un'eternità come tuo solito.”
Ti voglio bene, Lil, e se anche ora non riesci a capirmi, quando troverai la tua strada sono certa che comprenderei tutto quanto.


Lily aveva approfittato dell'uscita pomeridiana di Alex e Matt per vedere Brian. Da un lato moriva dalla voglia di raccontare tutto all'amica, di chiederle consiglio e appoggio, ma poi dall'altro temeva la reazione classica della donna che persino da innamorata prima di concedersi ci mette mesi, insomma: una condanna lapidaria. E benché Alex fosse di larghe vedute, Lily aveva la certezza assoluta che non avrebbe affatto approvato il suo atteggiamento.
Aveva sospirato a quel pensiero, mentre Brian varcava la soglia di casa senza badare alla chitarra appoggiata al divano del salotto.
“Ehi sei pensierosa o sbaglio?”
“Sbagli, stavo ponderando... Alex e Matt non si stanno vedendo un po' troppo?”
Quello era il secondo cruccio che la tormentava, perché in un certo senso si sentiva tagliata fuori dalla vita dell'amica, cosa che Alex non aveva mai fatto e che, agli occhi di Lily, pareva il prezzo da scontare per il proprio silenzio.
Che stesse utilizzando la sua stessa tecnica?
Lo escludeva, erano troppo diverse eppure – da qualche parte nella sua testa – serpeggiava l'idea che la sua scorrettezza potesse in qualche modo ripercuotersi sulla loro amicizia.
“E' la stessa domanda che mi ha fatto Zacky, ma Matt ha troppi casini per la testa. Val non molla, e lui ancora non ha capito cosa vuole. Sei preoccupata?”
“No.”
Anche perché Alex piuttosto che lasciarsi andare si ammazzerebbe facendo il tour dei gironi infernali. Non è mica come me.
Si era sollevata in punta di piedi posando un bacio all'angolo della bocca del chitarrista, lasciando che la mano di lui le scivolasse sulla nuca per attirarla a sé e costringerla a prendere la giusta mira – le piaceva stuzzicarlo e vedere il suo sorriso sbocciare per lei soltanto – e continuare a baciarlo all'infinito.
Ecco, baciare Brian era diverso rispetto a tutti gli altri che c'erano stati prima: storie di poco conto, storie che potevano tranquillamente finire nell'arco di una settimana senza lasciare scorie negative o intaccare la sua corazza: Lily aveva sempre il coltello dalla parte del manico perché, come aveva sempre affermato con certezza l’amica, non si era mai innamorata davvero.
Poteva essersi innamorata di Brian nel giro di un mese? La risposta era molto più complessa: Brian era un sogno irraggiungibile diventato all'improvviso reale e tangibile, al punto da riuscire persino ad afferrarlo. Tenerlo stretto sarebbe stato ugualmente semplice?
A quella domanda nemmeno Alex avrebbe saputo rispondere, ne era certa. Il cardine di tutto quel discorso era talmente elementare da risultare scontato: lei Brian l'aveva sempre ammirato, idolatrato, piazzato al di sopra di ogni uomo, di conseguenza era del tutto normale lasciare senza troppi problemi le imitazioni e, per magia, aveva ora tra le mani la matrice originale di ogni orripilante clone che aveva incontrato sino al loro incontro.
Era ovvio che perdesse la testa, no?
Ammesso l'avesse avuta sin dall'inizio di quell'avventura.
“Ehi ehi ehi, non qui...”
La voce di Brian era stata un sussurro al suo orecchio e lei era scoppiata a ridere, prendendolo per mano e trascinandolo verso la propria stanza.
“Stavi suonando?”
“Scusa, che razza di domande fai ora?”
La chitarra aveva colpito l'attenzione di Brian, e Lily si era vista costretta a sbuffare tornando sui propri passi.
“Hai voglia di suonare?”
“Vorrei ritrovare la voglia di farlo, è difficile quando... Quando nelle canzoni che suoni sembra sempre manchi una parte importante come il ritornello.”
Okay, non voleva farlo e non l'aveva probabilmente nemmeno mai fatto a parte con Alex, ma gli si era avvicinata cingendogli la vita con le braccia sottili e abbronzate, il viso appoggiato sul petto del ragazzo, in un tepore che passava da corpo a corpo, dolce e carico d'affetto.
Un abbraccio carico di sentimento.
“Passerà, è solo questione di tempo. Cioè, sembra una cazzata ma secondo me la voglia di andare avanti la ritroverete. State già lavorando a un altro disco, anche se in embrione, e questo è già un segno. No?”
“Può darsi.”
Il bello di tutta quella conversazione era che Lily non strepitava, non starnazzava né mostrava una compassione miserevole e irritante: se ne stava semplicemente ad ascoltarlo nonostante avesse con ogni probabilità altri programmi per loro.
Lily aveva una cosa speciale che a lui serviva come l'ossigeno: la capacità di alleggerirgli la testa, in ogni modo possibile.
“Restiamo o andiamo?”
Lily gli aveva sorriso, indicandogli la propria camera da letto, in fondo al corridoio.
“Ti dovrai accontentare della camera, i luoghi comuni sono tabù. In rispetto per Alex.”
“Vuol dire che sfrutteremo casa mia per quello.”
Erano scoppiati a ridere all'unisono, in sottofondo il rumore delle onde del mare che giungeva dalla finestra di Wendy.
Era tutto come in una fiaba e persino migliore dei sogni.


Avevano vagato per tutta Huntigton Beach, sino a quando la scelta era ricaduta sul pub dove erano soliti passare i venerdì sera i ragazzi.
“Guarda che fa schifo come posto non è alla moda, non è chic, non è niente di niente.”
“E' il locale dove siete cresciuti, no? Allora sarà perfetto.”
Alex era scesa dall'auto seguita da Matt, che l'aveva però preceduta all'interno del locale deserto.
“Ehi, siamo ancora chiusi, passate più tardi. Non sapete leggere, razza di coglioni?”
“Sempre le solite buone maniere, eh.”
L'uomo al bancone aveva sollevato la testa dalla propria occupazione con un'aria di stupore che aveva lasciato il posto a un sorriso sincero, quando la vista aveva dato conferma al suo udito.
“Piccolo bastardo, è una vita che non vi vedo da queste parti. Come stanno andando le cose?”
“Risponderti di merda sarebbe come dirti che va tutto alla grande.”
Il proprietario del pub – con l'abbronzatura più incredibile che Alex avesse visto da quando erano arrivate negli Stati Uniti – aveva fatto il giro del bancone andando incontro a Matt abbracciandolo e dandogli una vigorosa pacca sulla spalla, per notare solo in un secondo momento Alex che si guardava attorno visibilmente a disagio.
“Non mi ero accorto fossi in compagnia... Beh , non direi proprio che ti va di merda, Matt, con una ragazza simile accanto. Sono Bob, il proprietario di questo buco di culo.”
“Alex.”
Lei aveva teso la mano con fare talmente compito ed educato che l'uomo aveva passato lo sguardo sul cantante come se avesse davanti un folletto irlandese.
“Scusami ma una tipa del genere che cazzo ci fa in tua compagnia?”
Alex si era portata la mano alla bocca emettendo una risata soffocata, mentre il ragazzo aveva l'aria più divertita che gli avesse mai visto da quando si erano conosciuti.
“E' una storia lunga, te la spiego davanti a una birra una di queste sere, che dici?”
“Porti anche gli altri tre coglioni però, voglio assicurarmi che non siate sul baratro della follia. Anche se il tuo di merda a me sembra decisamente relativo”, e aveva ammiccato ad Alex ridendo di gusto.
“Allora, come mai l'hai portata qui?”
“Vogliamo organizzare una festa di compleanno a sorpresa per venerdì prossimo, e abbiamo pensato di farla qui.”
“E tu vorresti il consenso per sfasciarmi il locale?”
“Saremo una decina Bob, non possiamo fare più danni di quanti non ne abbiamo fatti in passato. Se ci riservi il solito tavolo è perfetto.”
“Al centro del locale?”
“Si, o Zacky non potrà fare il suo solito giochetto ogni volta che entra una tizia che non ha mai visto.”
Alex aveva sorvolato sul “solito giochetto di Zacky” evitando di porsi domande a cui avrebbe potuto rispondere solo con immagini mute a dir poco imbarazzanti, e aveva spostato il proprio sguardo verso il centro del locale in cui si trovava un piccolo palco rialzato di forma circolare, delimitato da una bassa balaustra in legno.
“Vuoi che ceniamo lì?”, aveva domandato perplessa la ragazza indicando il palco privo di sedie e tavoli.
“E' un tempio sacro. Ci hanno fatto i loro primi concerti.”
“Sul serio?”
“Si, e ci siamo sempre divertiti un casino qui.”
“Aggiungerei che hanno sempre fatto un gran casino. Se questi muri potessero parlare sarebbero l'imbarazzante biografia ufficiale degli Avenged Sevenfold. Devo preparare qualcosa di particolare o vi basta il solito?”
“Il solito”, aveva risposto decisa l’inglese facendo ridere Matt.
“Non sa di cosa sta parlando, vero?”
“Ovviamente, ma è lei che decide, io sono la bassa manovalanza.”
“Autista, in questo caso”, l'aveva apostrofato lei con l'espressione più altezzosa che le riuscisse di trovare.
“Vorremmo portare un po' di decorazioni, possiamo passare magari venerdì nel pomeriggio? Così da non darle troppi problemi prima.”
“Dammi pure del tu, qui non siamo abituati a certe formalità. Passate pure quando volete, anche giovedì in nottata se vi va e non avete nulla da fare. Venerdì apriamo in serata visto che teniamo aperto sino all'alba. Se avete dei ripensamenti sul solito, fatemi un fischio.”
“Se non è un problema possiamo passare anche giovedì... Tu hai degli impegni, Matt?”
“Non credo, per me può andare direi.”
“Allora vi aspetto. Ma di chi è il compleanno?”
“Della mia migliore amica, Lily.”
“Il tredici ottobre è venerdì, ma qui in California non siamo particolarmente superstiziosi, e da voi? Non hai l'accento della California.”
“No, io sono londinese infatti. Avete solo invaso il mondo con otto film di Venerdì Tredici, dopo tutto, perché essere superstiziosi?”
“La ragazza mi piace, devi portarla più spesso.”
“Sarà fatto. Avviso gli altri per passare di qui una di queste sere, Bobby.”
“Okay e vedete di non darvi troppo da fare.”
Matt aveva letteralmente portato Alex fuori dal locale, in ritardo rispetto alle parole dell'uomo.
“Si be', prendilo un po' come viene... è il gestore di un pub per scaricatori di porto, me ne rendo conto. E' stato come un padre per noi, ci ha salvati durante le sbronze più colossali che ci siamo fatti in compagnia.”
“Si vede che è una brava persona, è simpatico. Mi ricorda Papa Gates.”
“Sono molto amici, sono cresciuti insieme.”
“Siete fortunati.”
Matt l'aveva guardata salire sull'auto senza prestargli attenzione, e solo quando aveva preso posto alla guida lei aveva proseguito il suo discorso.
“Avete moltissime persone che vi vogliono bene e vi sorreggono, è come se foste una grande famiglia. E' una cosa molto bella da vedere, sai?”
“Anche da vivere, sino a quando a volte non diventa troppo soffocante. Ci sono momenti in cui vorresti stare da solo ma non puoi, perché magari Zacky ha lo scazzo e ti piomba in casa alle cinque del mattino perché ha bisogno di sfogarsi; o magari Johnny che ti chiama nel cuore della notte chiedendoti se è normale desiderare di sposarsi solo guardando Lacey dormire o cazzate del genere. E' come se una vita tua non ce l'avessi più, ad un certo punto.”
“Dovreste mettere dei paletti.”
“Nell'ultimo anno e mezzo i mesi in cui siamo rimasti a casa per incidere il disco o durante le pause dal tour mondiale, eravamo sempre insieme, a casa dell'uno o dell'altro ma mai soli. Ce l'abbiamo fatta solo per quel motivo e adesso viene naturale continuare a farlo.”
“E ti pesa?”
“Solo a volte.”
“E' perché tu non lo fai, sei sempre quello che ascolta soltanto. Torniamo a casa, si è fatto tardi.”
Aveva troncato il discorso senza andare oltre, già maledicendo la propria lingua lunga per essersi spinta al di là di quello che avrebbe desiderato sapere. C'erano equilibri che aveva il timore di scoprire, cose di cui la gente non amava mai parlare perché implicava il giocare a carte scoperte e mostrarsi per quello che si è, con le fragilità del caso. Una delle prime cose che aveva capito Alex di Matt, era che al di là del cantante, dei tatuaggi e dell'imponenza fisica c'era una persona normalissima, cupa e riservata, troppo altruista per pensare di appoggiarsi agli altri.
Era una di quelle persone che non volevano disturbare mai il prossimo, una roccia che aveva la certezza di non poter crollare mai: ma il tempo levigava qualsiasi cosa, anche gli angoli più acuti degli speroni montuosi. Alex era certa che, prima o poi, il ragazzo avrebbe lasciato cadere ogni barriera mostrando una fragilità umana. Con quello non voleva dire che non si confidasse con gli altri – i problemi con Val erano noti a tutti – ma era ciò che gli passava per la testa ad essere di difficile comprensione per lei. Per gli altri, di certo era tutto molto più lineare, però... Però le sarebbe piaciuto capirlo. Ecco.
“Hai ragione.”
“Cosa?”
Erano arrivati a casa delle ragazze quando Matt aveva ripreso la parola dopo aver passato il tragitto a inseguire ognuno i propri pensieri.
“Anche gli altri ascoltano, non lo faccio soltanto io. Io faccio fatica a parlare, è questa la differenza.”
“Non saresti Shadows altrimenti. Grazie di tutto e buona serata.”
Si era allungata verso di lui posandogli un bacio sulla guancia prima di scendere e rientrare a casa, con la sensazione fastidiosa di aver messo a disagio Matt.
L'aveva guardata rientrare senza voltarsi a salutarlo, rimanendo come uno scemo appoggiato al volante dell'auto in attesa di qualcosa a cui non sapeva dare un nome. Quando era con Alex gli capitava sempre, quando si lasciavano, di essere rimasto con dei sospesi, come se ogni parola avesse avuto sottintesi a cui non avevano dato risposta. Era come se gli sfuggisse sempre un attimo prima di avere la risposta che desiderava: ma era certo avesse lei la soluzione ai suoi problemi?


“Perché io dovrei stare a casa a non fare nulla quando Brian se la spassa con Lily e tu e Matt siete in giro a divertirvi?”
“Tu sarai l'anima della festa, Zacky”, era stata la risposta pronta e decisa di Alex.
“Mi prendi per il culo?”
“No, girano solo voci su certi giochetti che fai alle nuove arrivate giù da Bobby...”
“Tutte palle per mettermi in cattiva luce”, aveva risposto Zacky sterzando pericolosamente sul lato della carreggiata rischiando di farli ammazzare.
“Ma sei scemo? Io speravo che almeno ad Huntigton evitassi di fare il pazzo!”
“Non ti sei ancora abituata?”
“Non mi abituerò mai alla guida di un folle... Te l'hanno mai detto che guidare nella realtà non è come in GTA?”
“Davvero Alex?”
Zacky aveva sgranato gli occhi spostandoli dalla strada alla ragazza stupito, ed entrambi erano scoppiati a ridere pochi istanti dopo, all'unisono.
“Come sei cretino, guarda dove stai andando piuttosto.”
“La strada per andare da Papa Gates potrei farla a occhi chiusi.”
“Beh, non quando ci sono anche io qui sopra. Per il resto, se vuoi ammazzarti, gradirei evitassi di farlo in dolce compagnia.”
“Quindi potrei tranquillamente farlo quando ci sei tu, tigre.”
La ragazza si era zittita, battuta dall'irriverenza del chitarrista.
“Guarda che vi dò una mano volentieri.”
“Non c'è molto da fare, dobbiamo solo recuperare le decorazioni fighissime, a detta tua, che sono da Brian e invitare suo padre.”
“Non ho capito cosa c'entra il padre di Syn.”
“E' per ringraziarlo dell'invito a barbecue, mi pare ovvio. E poi è una parte del mio regalo di compleanno.”
“Ah.”
Erano trascorsi almeno tre minuti e mezzo di silenzioso imbarazzo, quando Alex era stata costretta a prendere la parola giocando nervosamente con una ciocca di capelli che aveva preso ad attorcigliare attorno al dito indice.
“Non è per non volerti, e sono sincera. Cioè, Brian è libero da vincoli e mi serve stia appresso a Lil per creare un diversivo ad effetto e Matt... Beh, per ora non ha grossi problemi, ecco. Tu hai Gena, mi sembra scorretto chiederti di darci una mano sottraendo tempo a lei.”
“Si tranquilla, ho capito.”
Lei gli aveva lanciato un'occhiata fugace, per poi spostare lo sguardo sulla strada che si apriva dinnanzi a loro.
Era chiaro che no, Zacky non aveva capito, ma cosa doveva fare? Dirgli che Gena era una pazza furiosa e che alla sua vita ci teneva ancora?
Si, poteva essere davvero sincera, ma non gli sembrava carino - né tanto meno corretto – giudicare una tizia che nemmeno conosceva, specie se il destinatario della confessione era il suo ragazzo.
“Ti sei arrabbiato?”
“Perché?”
“Perché non parli, e quando non parli sei di cattivo umore per forza. Nel senso che stai zitto per non mandarmi a quel paese.”
“Mi sta sul cazzo parlare con un medico.”
Fantastico.
“Sempre simpatico mmh?”
“Cosa ti vuoi sentir dire?”
“Fammi scendere.”
“Eh?”
“Ti ho detto di farmi scendere. Ora.”
“Ma sei diventata scema?”
“No, sei tu che sei più coglione del solito e fai pure dei ragionamenti del cazzo. Io non voglio sentirmi dire nulla, stai facendo tutto da solo.”
“Non chiedermi se sono incazzato, allora, se conosci già la risposta.”
“Ferma questa cazzo di macchina, Zacky.”
Lui aveva inchiodato al centro della strada e Alex aveva ringraziato Dio non ci fosse nessuno dietro di loro o sarebbe successo un casino.
“Adesso che l'ho fermata sei contenta?”
Lei si era voltata a guardarlo e non gli aveva mai visto uno sguardo simile, freddo e cattivo persino: in quel momento gli era sembrato ci fosse molto di più dietro quella sua sfuriata senza senso, un qualcosa che doveva essere riconducibile a un atteggiamento che lo irritava terribilmente ma lei, in quel suo chiedergli se fosse arrabbiato, non aveva messo alcuna implicazione o accusa.
Le dispiaceva soltanto vederlo così, ecco tutto.
Glie l'aveva detto di non farsi problemi, no?
“Non sono Gena, ricordatelo. E adesso puoi anche ripartire.”
Zacky aveva distolto lo sguardo da Alex e aveva rimesso in moto l'auto, partendo in direzione della casa del padre di Brian sentendosi decisamente un idiota, premendo al massimo il piede sull’acceleratore per scaricare il nervosismo.
Non lo sapeva nemmeno lui il motivo, ma gli dava fastidio restarsene in disparte: sembrava che tutto il mondo corresse e lui fosse l'unico imbrigliato nella sua vecchia realtà nonostante fosse quello che più di tutti si era sforzato di viverla per intero, l'unica vita che gli era stata concessa.
Lo so che non sei Gena, cretina. Ed è proprio questo il problema.


“Sei sicuro che Brian non si incazzerà se gli entriamo in casa?”
“Andava a farsi un giro al mare, l'ha detto anche suo padre”, e le aveva sventolato sotto il naso le chiavi di casa di Syn con aria soddisfatta.
“Non puoi chiamarlo prima?”
“Ci ho già provato, ma non risponde. Avrà lasciato sicuramente il telefono in auto.”
“E' un vostro difetto di fabbrica?”
“Spiritosa.”
“Senza il mio senso dell'umorismo non sapresti che fare, quindi evita di fare del sarcasmo. Non funziona.”
Era stata la visita da Papa Gates a rimettere in piedi una giornata che sembrava ormai compromessa da un litigio senza senso in cui nessuno dei due avrebbe ceduto, perché significava ammettere di essere nel torto.
A essere sinceri Alex aveva la certezza di essere dalla parte della ragione visto che si era sinceramente preoccupata per Zacky: era lui a non aver capito nulla; affibbiando alle sue parole le stesse intenzioni che avrebbero mosso Gena in una situazione analoga.
E lei, con quella, non aveva nulla a che vedere, a partire proprio da un interessamento allo stato d'animo di Zacky che esulava ogni pretesto di litigio o sfuriata di gelosia: d'altro canto, lui era abituato a quel modo di vivere le cose e non ne conosceva altri.
O forse aveva dimenticato com'era fatto un rapporto sincero e pulito.
“Non mi sembra una buona idea”, aveva sbottato Alex mentre il ragazzo risaliva in auto dopo aver aperto il cancello automatico della villa dell'amico.
“Alla conquista di casa Haner!”
Zacky era sceso dall'auto aprendole la portiera con fare teatrale, e Alex l'avrebbe volentieri preso a schiaffi.
“E' violazione di domicilio...”
“Non se hai le chiavi. E comunque dobbiamo andare nel garage, tiene lì tutte le stronzate di Halloween e feste varie, riusciremo a trovare quello che ci serve.”
Avevano preso a girare attorno alla casa quando Zacky, che la precedeva, si era arrestato di colpo davanti a un'ampia portafinestra facendo sbattere Alex contro di lui.
“Adesso che diavolo ti prende?”
“Oh porca puttana.”
“Cosa cazzo...”
Lei si era girata verso la vetrata che avevano alla propria sinistra, ma Zacky era stato decisamente più veloce nel posarle una mano sugli occhi impedendole di vedere all'interno.
“Okay, ce ne torniamo a casa.”
“Guarda che non è divertente. Cosa sta succedendo?”
“E' un film vietato ai minori. Ti traumatizzeresti tu, sei troppo innocente.”
Alex aveva stretto la mano del ragazzo togliendosela di dosso senza nemmeno troppa fatica, sgranando gli occhi senza riuscire ad elaborare le immagini che le stavano passando davanti in rapida successione.
“Non... Cioè, non è...”
“Cazzo, hai capito Syn? Mica scemo, eh.”
Alex gli aveva assestato una gomitata nel costato, costringendolo a piegarsi su sé stesso emettendo un singulto.
“Ma mi vuoi ammazzare?”
“Non fare apprezzamenti sulla mia migliore amica in questo momento. Abbi un briciolo di decenza, è già imbarazzante così senza che tu peggiori la situazione.”
Lily era seduta a cavalcioni in braccio a Brian, coperta solo dalla biancheria intima, ed era realmente difficile comprendere chi aveva le mani dove, tant'è che Zacky stava cercando di memorizzare ogni fotogramma per chiedere poi delucidazioni a Brian in un secondo momento.
Poteva sempre tornare utile, no?
“Okay, ormai prendiamo su la roba e andiamocene.”
“Prego? Scordatelo, ce ne andiamo subito.”
Prima di vedere la fine indecente di quei due corpi avvinghiati in un amplesso buttato in pasto ai primi coglioni che passano di qui, nella fattispecie: noi.
Se avesse potuto morire, Alex avrebbe scelto di certo quel momento, in cui Lily si era alzata in piedi – riprendendo fiato e staccandosi di malavoglia dalle labbra di Brian – sfilandosi il reggiseno, lasciando anche alla vista di Zacky tutta la bellezza del suo corpo tonico dalla pelle ambrata.
“Oh cazzo, Lily non scherza eh.”
“Sei veramente un coglione,”
Alex gli aveva posato la mano sugli occhi per impedirgli di vedere altro, ma Brian evidentemente si era accorto del casino che stavano facendo, perché quindici secondi più tardi era davanti a loro sorridente, semplicemente con i boxer addosso.
“Volete unirvi alla festa?”
“Si!”, la risposta di Zacky era bastata per far trasalire Lily alle spalle di Brian, e Alex aveva staccato la mano dal viso del chitarrista per afferrargli la sua, strattonandolo in direzione dell'auto.
“Ci si vede, eh.”
“Mi sa che ci hanno beccato, Brian.”
“Secondo me volevano solo imparare.”
“Cazzo, ma tirare almeno le tende no?”, era stata la risposta secca di Alex, che li aveva costretti tutti a fare i conti con una scena talmente grottesca da risultare comica.
“Entrate, ormai che siete qui...”
“Almeno rivestiti Brian”, l'aveva supplicato Alex al limite della sopportazione.
“Lily se vuole restare così a me non da' fastidio.”
“Zacky...”
“Ho capito. Andiamo all'ingresso, così avete il tempo di tornare presentabili, ma sappiate che non li sarete più nella mia testa. Ho stima di voi, ragazzi.”


“Cioè, e quindi vi siete fatti scoprire dal pirla e Alex?”
Johnny aveva ingollato l'ennesimo sorso di birra ridendo di gusto, mentre un soddisfatto Zacky aveva appena spiattellato al residuo della band i cazzi privati di Brian che ormai erano alla mercé di tutti.
La privacy non era decisamente il loro forte.
“Si, e ci hanno pure interrotti sul più bello.”
“Di questo non ho dubbi. E com'è?”
“In che senso?”
“Lo sai in che senso...”
“Possono essere solo cazzi miei, quelli?”
Zacky aveva emesso un fischio di presa per il culo, alzando il boccale di birra verso l'alto in un brindisi immaginario.
“Brian che non si sbottona su una scopata è piuttosto interessante.”
“Se mi hai interrotto sul più bello, come posso dirti com'è?”
Da un lato avrebbe veramente voluto sentirsi un figo e raccontare anche del barbecue, ma c'erano di mezzo una serie di problematiche che preferiva non tirare in ballo, perché sarebbe stato troppo facile, per Zacky, capire che la semplice scopata poteva pericolosamente virare verso qualcosa di più complicato e serio.
Perché con Lily ci stava fottutamente bene, ecco tutto.
“Ah, allora non dici nulla perché sei andato in bianco”, aveva rincarato Zacky con una punta di delusione nella voce.
“Veramente dovevate vedere la faccia di Alex.”
“Secondo me l'avete traumatizzata a vita.”
Matt aveva tirato fuori dalla tasca dei jeans il cellulare, scrivendo rapidamente un messaggio alla ragazza per assicurarsi della condizione effettiva della sua salute psichica, e la cosa non era sfuggita a Johnny né, tanto meno, agli altri due.
“Secondo me c'è qualcuno qui che pensa sul da farsi. E tira fuori le palle, Matt”, l'aveva spronato bonariamente il bassista.
“C'è già Syn a combinare casini, senza che ci andiamo a complicare ulteriormente la vita.”
“Il sottinteso è che spera ancora si sistemino le cose con Val”, era stata la laconica risposta di Zacky.
“Credo sia normale dopo averci passato insieme metà della mia vita. Almeno non mi scopo la prima tipa che ammicca sotto il palco o che ci prova mentre siamo a bere in qualche pub.”
“La vita è una, non mi faccio cogliere impreparato.”
Zacky non era stronzo, era solo diventato disilluso facendosi molti meno problemi degli altri: aveva paura della morte, per quello riempiva ogni istante con le cose che credeva potessero fargli bene.
Ma erano tutte pillole amare, che lasciavano l'euforia di un paio d'ore o di una notte, poi, tutto ritornava come prima e l'oro lasciava il posto a un orrendo grigio topo.
“Sapete cosa vi dico? Secondo me quelle due le ha mandate Jimmy per farsi quattro risate dal posto in cui si trova ora. A Jimmy.”
I boccali si erano sollevati nell'aria, avevano battuto all'unisono sul piano del tavolo e poi avevano bevuto un sorso lungo quanto un respiro, contemporaneamente.
Ovunque fosse, ovunque fossero, lui ci sarebbe sempre stato con loro.


“Mi perdoni?”
“Per avermi traumatizzata a vita no, mi pare ovvio. Avevo un'immagine di te ancora immacolata, Lil.”
Lily era scoppiata a ridere, formando alcuni accordi con la chitarra senza alcun senso, distesa – sarebbe stato più corretto dire svaccata – sul divano del salotto di casa, occupandone i due terzi e lasciando ad Alex giusto lo spazio occupato dal suo sedere.
“Allora, com'è?”
“E' persino migliore di ogni aspettativa. E' bellissimo, è... È assolutamente perfetto?”
“Meno male ti avevo detto di essere cauta, eh? Tu e il tuo maledetto bikini bianco!”
“Lo sapevo che avrebbe fatto colpo, l'ho messo apposta”, aveva celiato Lily con una punta di compiacimento manifestata apertamente.
“Non è che Gena vi ha visti, mmh? Per aver avuto quella reazione dal nulla, o vi ha visti, o è pazza.”
“Quella è solo invidiosa. Hai visto Zacky com'era incazzato, no? E' un tipo passivo aggressivo, sai come si comportano quelle come lei. E poi è un'oca.”
“Questo non toglie che potrebbe avervi visti, se siete stati nella veranda. Cioè, avrebbe potuto vedervi chiunque a essere sincere. Ma dove hai la testa?”
“Quando si tratta di Brian non la uso. Uso solo questo”, e si era portata l'indice al petto indicandosi il cuore, costringendo Alex a una smorfia di disgusto.
“Non stai esagerando, Lil? Lo conosci da due mesi. Aspetta”, e l'aveva interrotta alzando una mano nella sua direzione, “non replicare dicendomi che lo conosci benissimo dalle interviste, dalla musica e bla bla bla.”
“No, infatti. Perché è assolutamente meglio.”
“Okay, quindi praticamente sei innamorata di Brian?”
“Non lo so”, aveva sospirato lei laconica, portando la testa all'indietro posandola sulle gambe dell'amica.
“Secondo te lui ci tiene a me?”
“Come faccio a saperlo? Io dico solo che chiunque non si sarebbe tirato indietro davanti a te al barbecue. Nemmeno uno come Matt.”
“Lo sapevo che mi avresti condannata”, aveva sbuffato lei corrucciando la bocca in un gesto tipicamente infantile che aveva fatto sorridere Alex.
“Non ti sto condannando, dovresti prenderlo come un complimento in realtà. Lo sai di essere bella e non devo essere io a dirlo. Vuoi sapere come la penso? Quando farai vedere a Brian la vera Lily, non potrà fare a meno di te.”
Le aveva arruffato i capelli sulla nuca rassicurandola, e Lily si era sollevata di scatto dal divano gettandole le braccia al collo.
“Lo pensi davvero? Non lo dici perché sei la mia migliore amica, vero?”
“No, lo dico perché lo penso. Quando fai una cazzata non mi risparmio dal fartelo notare, in genere.”
“Allora dici che ho fatto una cazzata?”
“No. La sarebbe se continuassi a fare la scema senza mostrarti per ciò che sei realmente. In un rapporto a due occorre giocare a carte scoperte.”
“Lo farò, promesso.”
“Lo so.”
“Scusa come fai a saperlo?”
“Perché sei innamorata, scema. Ma ti sei vista allo specchio? Ridi da sola pensando a non si sa cosa mentre cammini per casa, borbotti cose incomprensibili e poi scuoti la testa con aria disperata. Sei buffissima!”
“E tu con Matt?”
“Prego?”
“Ma si, dai, vi siete visti un casino in questo periodo.”
Alex era una pessima attrice, ma conosceva benissimo Lily da poterla tranquillamente fregare sul piano delle bugie a scopo benefico, che nel caso specifico era farle passare il compleanno più magico di tutta la sua vita. Quando le sarebbe capitata di nuovo un'occasione simile?
“Veramente ho visto anche Zacky, non solo Matt. Perché tu devi sempre trovare implicazioni sospette in ogni rapporto uomo-donna?”
“Perché sono una donna e perché tu non credi nell'amicizia tra sessi opposti. Questo è più che sufficiente direi. Secondo me non me la racconti giusta, Alex.”
“Allora, mettiamola così: io di finire ammazzata da queste californiane sinceramente non ne ho voglia, per cui eviterei ogni implicazione sentimentale di ogni tipo da qui all'eternità. Sai, vorrei poter raggiungere la soglia dei trent'anni, non chiedo poi molto.”
“E se non ci fossero le californiane?”
“Cioè vorresti mettere una legge che proibisca la nascita di persone di sesso femminile in California, Lil?”
“Eddai scema!”
“Okay, sarò seria. Matt è innamorato di Val, fine. Quindi alla tua domanda ho già risposto.”
“Non mi hai risposto, perché mi parli dei fatti, non dei tuoi sentimenti.”
“Non puoi competere con la donna di una vita, Lil. E Val è l'unico appiglio al passato di Matt, non si possono lasciare. Sono legati a doppia mandata, sono quel genere di persone che non possono vivere lontane. Tipo i canarini inseparabili, che se il compagno muore anche l'altro si lascia morire.”
“Questa metafora la posso raccontare a Zacky?”
“Si, compreso anche il contesto in cui è uscita, magari.”
“Okay, non ti chiederò nulla, tanto le bugie non sai raccontarle. Se ci fosse qualcosa con Matt saresti diventata rossa, avresti preso a gesticolare come una pazza per poi abbassare lo sguardo tenendo le mani inchiodate in grembo sospirando.”
“Quanto ti odio quando mi psicanalizzi.
“Ti conosco come le mie tasche, mia cara Alexandra.”
“La cosa è reciproca, Lilian”, l'aveva rimbeccata l'inglese.
E questa volta ti ho anche fregata.


“Hai lasciato casa libera a Lily e Brian?”
Zacky la stava aspettando davanti al pub di Bob, gli occhiali da sole calati sul viso e la sigaretta accesa stretta tra le dita.
“Hanno casa di Brian, anche se a questo punto credo che sarebbe persino più sicuro il molo di... Beh, lasciamo perdere.”
Alex era arrossita, puntando lo sguardo sull'insegna del pub per poi sedersi sul gradino dell'ingresso su cui si trovava Zacky.
“Volevi farti perdonare per l'altro giorno?”, le aveva chiesto a bruciapelo il chitarrista, nemmeno gli avesse fatto il peggiore dei torti. E lei, per altro, aveva dato per chiuso l'argomento.
“Mi dispiaceva realmente che ti fossi arrabbiato. Perché devi sempre credere che le persone abbiano un doppio scopo con te? Non sei molto diverso da Gena che ci accusa di essere due arriviste, se ti comporti a quel modo.”
Okay, a quel punto avrebbe dovuto incazzarsi – e in realtà si era incazzato – ma Alex continuava a guardarlo con l'aria di chi davvero si preoccupa per te, non con quella di chi vuole a ogni costo trovare il punto di attrito per farti esplodere o, peggio ancora, ti provoca toccando le corde che con più rapidità possono farti scattare.
“Adesso non arrabbiarti di nuovo, ma pensa a quello che ti ho detto, scemo. E comunque ti ho chiesto di vederci perché non ho ancora comprato il regalo a Lily e mi serve il tuo aiuto.”
“Potevi farti aiutare da Matt, no?”
“No.”
“Non sei coerente allora.”
Alex aveva sospirato rassegnata. Litigare con Zacky era l'ultimo dei suoi desideri, specie in vista della festa, e se era disposta a rispondere ad ogni provocazione del tutto bonaria, in ogni altro contesto era il suo self control britannico a farle scivolare addosso ogni tentativo di litigio. Solo alcune cose rientravano nella stretta cerchia delle eccezioni, e Zacky e il suo malumore non rientravano in queste ultime.
Certo che sei veramente assurdo: io non sarei coerente perché ti ho detto che non volevo rompere a te e Gena e ti chiedo un favore che dura due ore? Voi californiani non avete tutte le rotelle al posto giusto.
“Okay, non sono coerente, così sei contento?”
“Beh cosa cambia oggi dalle ultime due settimane?”
“Che devo andare a comprare il regalo di Lily e sei tu il chitarrista, non Matt.”
“Non credo di capire.”
“Voglio regalarle una chitarra nuova, ma voglio il tuo aiuto per farlo. Io non saprei che scegliere sinceramente, sono un'ignorante.”
“E cosa...”
“Ti avevo detto che il papà di Brian era una parte del regalo, no? Gli ho chiesto di dare lezioni serie a Lily.”
“Potevi chiederlo a me o Brian, no? Anzi, Brian si incazzerà a morte e non vorrà farla stare sola con suo padre un minuto soltanto.”
“Dovrete lavorare, prima o poi, o avete intenzione di vivere di rendita tutta la vita?”
“Tu si che sei la voce della razionalità. A proposito... Ma non avevi il colloquio in ospedale?”
“Già fatto. Lunedì si comincia.”
Gli aveva sorriso alzandosi in piedi tirandolo per la manica della giacca, costringendolo a sollevarsi a propria volta e seguirla.
“Dove andiamo a comprarla?”
“A Los Angeles, ovviamente.”
La ragazza aveva trasalito, ferma davanti all'auto del chitarrista incapace di credere di dover di nuovo ripercorrere il tragitto da incubo del loro arrivo ad Huntigton Beach e Zacky era scoppiato a ridere aprendole la portiera dell'auto e dandole una leggera spinta per farla salire.
“Saremo a casa per cena, che dici?”
“L'importante è che ritorniamo qui per le undici, abbiamo appuntamento con Matt per sistemare il locale per domani. Resti anche tu?”
Le era venuto spontaneo chiederglielo, salvo poi rendersi conto del problema che lo aspettava a casa. Ma perché doveva sempre pentirsi di quello che diceva? Sembrava un incubo, ogni volta trattenersi o ricordarsi di non dire o non fare certe cose perché tutto rischiava di diventare un affare di stato, e l'unica cosa che desiderava era creare a Zacky più problemi di quanti non ne avesse già.
“Se riesco volentieri, io ho un gusto estetico pazzesco per queste cose. Sono nato per organizzare feste!”
“Senti ma mi racconti la storia del giochetto alle sconosciute?”
“Ah, quello? Beh, accadeva tanti anni fa...”
“Zacky...”
“Okay, gli offrivo un bicchiere di birra e gli chiedevo il numero di telefono urlando come un pazzo per il pub. Credo che un paio di risse siano capitate perché lì c'erano i loro fidanzanti, anche.”
Aveva guardato il cellulare, poi aveva richiuso lo sportello e aveva messo in moto, la risata di Alex in sottofondo che scuoteva il capo divertita.
“Sei proprio scemo, Zacky.”
“Già.”
E non sai nemmeno quanto.
Lily e Brian erano sdraiati sul divano della casa delle ragazze, l'uno accanto all'altra, lei stretta nell'incavo tra il braccio che la cingeva e il petto del chitarrista, il viso appoggiato accanto al suo tra i cuscini.
“Secondo me Alex si è dimenticata del mio compleanno.”
Brian si era lasciato sfuggire una risata che Lily aveva interpretato come una presa in giro piuttosto che la reazione naturale di chi – da due settimane a quella parte – era stato il diversivo per eccellenza per non farle sospettare nulla.
Alex si era raccomandata di cancellare messaggi e telefonate, di renderla partecipe sui loro spostamenti – dopo averli beccati a casa di Brian ed evitare ulteriori scene imbarazzanti a cui assistere in compagnia – e, soprattutto, di non lasciarsi sfuggire nulla.
“Scusa quand'è?”
Lily si era sollevata fissandolo sorpresa, la mano di Brian che se ne stava placidamente posata sotto la sua maglietta, dandole un rassicurante senso di protezione e... Appartenenza?
Erano belle le mani di Brian, erano grandi ma non rozze, e aveva sempre quel modo di sfiorarla che la faceva sentire un qualcosa di prezioso e, se le sue chitarre erano trattate allo stesso modo, le invidiava enormemente.
“Non te l'ho detto? E' domani!”
“Oh cazzo, ma devo pensare al tuo regalo allora.”
Brian era compiaciuto del piano che aveva elaborato con Alex, specie perché la sorpresa sarebbe stata amplificata per mille, dopo l'impatto della delusione iniziale: e poi Lily ci stava cascando in pieno, e vederla passare dallo stupore al cipiglio infantile di chi si aspetta di essere ricordato come Dio comanda il giorno del suo compleanno, era la cosa più spassosa del mondo.
Il cellulare aveva vibrato, e con poca voglia aveva allungato una mano verso il tavolino prendendolo e guardando chi era a rompere le palle in quel momento e, in modo altrettanto scontato, era apparso il nome di Zacky tra i messaggi in arrivo.
“Vado con Alex a Los Angeles, non la riporto indietro per cena e poi passiamo da Bobby. Datti da fare amico.”
La risposta di Brian era stata uno spietato “Fai senza dirmelo, tu piuttosto riportala indietro integra”, unito a tutti i sottintesi del caso.
“Era Zacky, dice che ha rapito Alex e non la riporta indietro sino a stanotte. Per cui posso restare qui a oltranza.”
Lily aveva sorriso posandogli un bacio sulle labbra, per poi tornare a fissarlo con aria interrogativa.
“La riporta indietro integra, vero?”
“E' stata anche la mia risposta.”
“Un neurone per due, Mister Haner.”
“Cosa ti piacerebbe come regalo di compleanno?”
“Non vale così! E poi i regali sono belli perché non sai mai cosa aspettarti e quando ti regalano quello che proprio ti piace un casino ed è fatto su misura per te, ti senti la persona più felice del mondo.”
“Allora proverò a trovare qualcosa su misura per te. Non so, un completo intimo in pizzo nero?”
“Quello è un tornaconto personale, Brian.”
“Si, ma è un regalo che a me piacerebbe ricevere, sono onesto.”
Lily era scoppiata a ridere intrufolandosi di nuovo nel suo anfratto sicuro, tra le braccia di Brian, cingendogli la vita con il proprio braccio. Non si era mai sentita così leggera, senza troppi pensieri a ostruirle il cervello e stordita da una felicità del tutto fuori controllo.
Ecco, lui aveva il potere di renderla felice e farla sentire un po' speciale, senza sciorinarle addosso complimenti svenevoli: lo faceva stando con lei, ecco tutto.
Lily si sentiva addosso l'euforia che dovevano provare i tossici dopo essersi fatti la dose, con la certezza che lei, di Brian, non sarebbe più riuscita di farne a meno.


Valary era seduta sul divano mentre Matt se ne stava in piedi accanto al televisore cercando di trovare, per l'ennesima volta, le parole adatte per non creare altre complicazioni inutili o nuovi punti di scontro.
“Mi ha detto Gena della festa al barbecue, erano le due tizie che ho incontrato qui a casa nostra?”, e aveva sottolineato volutamente quell'ultima parola, a dimostrazione che nel torto, ancora una volta, c'era lui.
“Si.”
“Sono anche il motivo della tua voglia di mettere in dubbio la nostra storia, Matt? Davvero ti sei preso una sbandata per delle tizie che nemmeno conosci? Gena mi ha chiamata in lacrime dopo la festa, dicendo che Zacky l'aveva trattata come una cretina davanti a tutti. Sono due settimane che ti cerco e non rispondi mai e ho dovuto aspettarti a casa per poterti parlare. Che cazzo sta succedendo?”
“Gena ha fatto un sfuriata a Lily che non aveva senso di esistere, Val, era nel torto.”
“Come fai a dirlo? Vi siete appiccicati a due tizie che nemmeno conoscete. E risparmiati la fatica di dirmi che Kat ha assicurato per loro e cazzate simili. Una cena a casa sua in compagnia di due sconosciute che lei ha preso in simpatia è veramente ridicola come scusa per portarsi a letto due tipe che non aspettano altro.”
“Val non ti ci mettere anche tu con questa storia.”
“Sono vostre fans, no?”
“Si, no cioè... Si, credo di si. Non mi sono posto il problema sinceramente.”
Alex sembrava veramente trattarli come comuni esseri umani, mentre Lily aveva più l'aria trasognata quando li guardava, ma aveva ricondotto la cosa a un tipo di maturità differente senza stare a pensare su possibili doppie finalità di cui non aveva nemmeno avuto il sentore.
“Come il solito. Tu non vedi mai il marcio delle persone, Matt, e ti fidi di chiunque ti rifili un sorriso. Riflettici un attimo in modo razionale.”
Il problema era che di razionale non c'era proprio nulla in quella storia, era capitato che Kat li invitasse a cena per poi fare la conoscenza di due ospiti che avevano tutto fuorché l'aria di due esseri ordinari e se le erano portate ad Huntigton.
Perché?
La risposta a bruciapelo sarebbe stata perché Zacky aveva insisto, e quando si metteva in testa una cosa nessuno poteva fermarlo, la risposta ponderata era che non c'era un motivo: l'avevano fatto perché gli andava, tutto doveva per forza essere guidato da un pensiero logico?
“Non c'è un motivo razionale. Ci siamo fidati a pelle, e il nostro istinto non sbaglia mai. Non ci siamo mai fatti avvicinare dai fans più del dovuto o cazzate del genere. E se volevo farmi una scopata avrei evitato di sbandierartelo sotto il naso, Val.”
“Non sei capace di raccontare bugie, Matt, non ci saresti mai riuscito. Al massimo preferiresti cambiare nome alle cose per evitarti una serie di problemi che ti si presenterebbero alla fine con tanto di interessi da pagare. Stasera posso restare?”
“Ho un impegno, Val...”
Aveva posato il viso tra le mani a coppa, fissandolo, senza avere la minima intenzione di chiudere il discorso se non nel modo che lei aveva previsto sin dal principio.
“Tipo?”
“Stiamo preparando la festa di compleanno di Lily da Bob.”
“Fantastico! Anziché cercare di sistemare le cose con tua moglie vai a far casino con i tuoi amichetti per una tipa che non aspetta altro che infilarsi nei tuoi pantaloni?”
“Lily sta uscendo con Brian, per cui evita di tirare conclusioni affrettate, Val. Se ti dico che non ti tradisco non lo faccio. Non ci riuscirei nemmeno volendolo, ma ho bisogno di riflettere e di non sentirmi sempre giudicato e accusato. Ho bisogno di tornare a respirare.”
Con loro, che non chiedevano mai nulla, era facile tornare a farlo, era con tutto quello che avevano alle proprie spalle che sembrava impossibile riprendere a vivere il presente. Forse aveva ragione Johnny: le aveva mandate Jimmy per fargli comprendere quanto fosse stupido andare avanti senza vedere vie d'uscita, continuando a farlo perché era maledettamente più semplice fingere di poter risolvere i problemi e restare aggrappati a ciò che si conosceva anziché farsi spazzare via dalla corrente.
La barca doveva essere abbandonata mentre stava affondando, e benché il capitano nelle storie di mare si lasciasse morire con lei, c'erano situazioni in cui – seppur per ultimo – avrebbe lasciato che venisse inghiottita dal mare in solitudine.
Il nocciolo era semplice: era la differenza tra il vivere e l'esistere.
“Okay, resta pure. Ma non sarà una serata a sistemare tutto, Val.”
“Grazie”, gli aveva sorriso con la dolcezza che non l'aveva mai lasciata ma per Matt era come rivedere lo stesso fotogramma di un vecchio film per la milionesima volta: l'ennesima notte insieme per poi tornare a vivere separati nella speranza di cercare risposte nel mondo esterno.
Aveva guardato Val per poi dirigersi verso la cucina, con la certezza che non si sarebbero mai lasciati davvero. Qualcosa, che non riusciva nemmeno a capire se era affetto o amore o illusione, li teneva legati soffocandoli.


“Questa ha un suono perfetto, che dici?
“In effetti si, ed è bellissima! Possiamo farla personalizzare?”
Aveva chiesto al commesso ricoperto di tatuaggi che li stava sopportando da almeno due ore a causa di Zacky, che aveva passato in rassegna tutte le chitarre che gli avevano mostrato.
“Si certo, per quando vi occorre?”
“Domani sera”, aveva risposto candidamente Alex sfoderando il migliore dei suoi sorrisi. Sapeva bene che i tempi erano ridotti, ma gli ultimi giorni li aveva passati tra casa e l'ospedale, compilando moduli su moduli di noiosa burocrazia americana.
“Credo sia impossibile riuscirci,”
“Andiamo amico, sai chi sono no?”
“Sinceramente, no.”
“È il secondo chitarrista degli Avenged Sevenfold, sai... Quello che si fa chiamare Zacky Vengeance?”
“Se non ci fossi tu a mettere i puntini sulle i come farei?”
“Saresti perso. Qualcuno che ti dica la verità ti serve.”
Il commesso aveva passato in rassegna il ragazzo per alcuni minuti, poi aveva annuito tornando al bancone sollevando la cornetta del telefono.
“Sono quelli che ricordano i Pantera, no? Effettivamente gli somigli, senza il trucco non ti avevo riconosciuto.”
“Visto? La mia descrizione è stata perfetta!”, l'aveva apostrofato Alex mentre fissava speranzosa il commesso che attendeva una risposta dall'altro capo del telefono.
“Grazie”, aveva borbottato Zacky.
“Okay, a quanto pare possiamo farla per domani sera.”
“Sera? A che ora?”, aveva chiesto il chitarrista.
“Direi prima della chiusura.”
“Non facciamo in tempo... Non possiamo anticipare a metà pomeriggio?”
“Dipende da cosa volete farci. Se mi chiedete la riproduzione della Gioconda di Leonardo vi dico subito di no.”
Alex aveva passato una mano sulla superficie lucida dello strumento, soddisfatta.
“Solo una scritta semplice, sul bordo”, e aveva indicato la parte superiore e quella inferiore scorrendovi sopra il polpastrello dell'indice.
“Allora per le quattro è pronta. Cosa devo scrivere?”
“Deve essere viola con il bordo argento”, e aveva scritto la frase su un foglietto di carta sotto lo sguardo curioso di Zacky.
“Figo!”
“Sono i colori preferiti di Lily,” aveva aggiunto raggiante Alex.
“Anche quelli di Brian, si vede che sono fatti per stare insieme, già. Io comunque intendevo il messaggio.”
Il cellulare di Zacky li aveva interrotti con un trillo fastidioso, e il ragazzo aveva letto il messaggio di Matt telefonandogli un istante più tardi abbastanza scazzato da potersi permettere anche di sfanculare l'amico.
“Scusa perché stasera hai lì Val?”
“Le solite cose, Zacky.”
“È lì anche adesso, vero? Non dovevi aiutare Alex con i preparativi?”
“Non posso fare altrimenti, non ho molte possibilità di scelta. O mando a puttane completamente il mio matrimonio, o cerco in qualche modo di salvarlo.”
“Dillo ad Alex, perché lo dici a me?”
“Perché so che sei con lei.”
“No, perché sei un codardo del cazzo. Senti, siamo a Los Angeles ora, Gena mi ammazza se non torno a casa stasera.”
“Spiega la situazione ad Alex, capirà.”
Certo, lei capiva sempre tutto, non era mica scema, e infatti le era bastata l'ultima frase di Zacky per comprendere buonissima parte della situazione.
Il ragazzo si era sentito il peggiore degli stronzi per la situazione in cui erano finiti, ma lei gli aveva mostrato uno zero perfetto con le dita della mano destra senza apparenti segni di delusione stampati in viso.
“Vaffanculo Matt”, e aveva riagganciato.
“Potevi evitare.”
“Andiamo, lui e le solite menate con Val... Non cambierà mai nulla.”
“È perché non vuole che cambi. È la sua vita, lascia che la viva a modo suo, no? Quando torniamo ad Huntigton puoi andare a casa, non c'è molto lavoro da sbrigare e posso farlo tranquillamente da sola. Posso sempre chiedere aiuto a Bob.”
“Ti do una mano, facciamo prima così.”
“Devi tornare a casa, l'hai detto prima. Non preoccuparti, ci metterò pochissimo.”
“Ti devo lasciare nelle mani di Bobby?”
“Guarda che so difendermi. E poi a me non piacciono i vecchi.”
Aveva ricacciato il cellulare in tasca con un vago senso di schifo addosso: obblighi. La sua vita era costellata di obblighi e scelte costrittive che gli impedivano di fare ciò che voleva.
Ma si dai, 'fanculo.
“Allora prima di lasciarti da Bob andiamo a mangiare qualcosa.”
“Eh?”
“Ti porto all'Hard Rock Cafè mi sembra ovvio.”
“Non posso rifiutare, vero?”
“Direi di no, visto che guido io l'auto.”
Era il giusto compromesso per non lasciare Alex da sola e tornare in tempo da Gena per non vederla sclerare in modo del tutto gratuito, quello. A essere sinceri era la mediazione tra l'obbligo e il desiderio, ma quello era un altro discorso, anche se la sua coscienza non desisteva dal farglielo notare con un’insistenza quasi irritante.


“Ehi ma dove stai andando a quest'ora?”
“Oh sei già sveglia? Devo scappare in ospedale, mi hanno chiamata per un'urgenza... Credo che avrò il turno sino a mezzanotte oggi, non ce la faccio a esserci... È tardissimo, festeggiamo domani okay?”
Lily aveva sbattuto le palpebre tra loro passandosi la mano sul viso, cercando di cogliere nei gesti convulsi dell'amica un accenno di apparente logica.
“Che hai nel borsone?”
“Il ricambio, non vorrai che esca dall'ospedale vestita in questo modo, no?”
“Si ma oggi è il mio compleanno, devi proprio andare da quelli?”, aveva pigolato Lily, costringendo Alex a sentirsi l'essere più meschino del mondo per quelle stoccate del tutto gratuite che le stava lanciando e che, lo sapeva benissimo, andavano tutte a segno.
“Quando il lavoro chiama non posso rifiutarmi di andare in corsia, Lil. Lo sai benissimo. Ah, per farmi perdonare ho chiamato Brian: ti terrà compagnia lui oggi, per cui fai la brava e goditi questa giornata di assoluto amore.”
“Dai scema, non mi va di passare tutto il giorno del mio compleanno con lui. Cioè, è stupendo e meraviglioso ma voglio anche te. Insomma, sei la mia migliore amica, non ha senso festeggiare se non ci sei tu.”
Alex le si era avvicinata scoccandole un bacio sulla guancia, stringendola in un abbraccio sincero.
“Non fare i capricci, domani sarò tutta tua, promesso. Buona giornata.”
“Era questo uno dei motivi per cui non volevo tornassi a fare il medico.”
Alex aveva afferrato il borsone senza voltarsi o la voglia di spifferare tutto a Lily avrebbe prevalso sulla sua perfetta messa in scena, per quel motivo era uscita di casa di corsa dimenticandosi di farle persino gli auguri.
Posato il borsone sui sedili posteriori, aveva attaccato il navigatore all'auto uscendo dal vialetto di casa, diretta verso Los Angeles e poi di nuovo verso Huntigton Beach, per essere presente all'arrivo di Lily al pub.
Già si pregustava la sua espressione di stupore, gli occhi scintillanti di luci e lacrime, e i ragazzi che erano tutti lì per lei.
Alex aveva studiato tutto nei minimi dettagli per farle un regalo che fosse molto di più di una semplice festa di compleanno: aveva speso in quell'organizzazione folle tutto il tempo libero delle ultime due settimane, e la sera prima aveva studiato con Bob il menù della serata, sostituendo il solito – a base di onion rings e schifezze americane aberranti – con i piatti preferiti di Lily, solo per ringraziarla.
C'era tutto il suo affetto nella lettera che le aveva scritto, negli addobbi rubati a Brian e risistemati secondo il suo personale gusto, nel suo regalo di compleanno, nell’ averle dedicato tutto il tempo che aveva avuto a disposizione.
Era esistita solo Lily, in quelle due settimane: altro che Matthew Sanders, si era detta tra sé con fare compiaciuto Alex, mentre la highway lasciava il posto alla vista dei grattacieli di Los Angeles.


“Stai scherzando?”
“No, ti sto dicendo che esco con gli altri.”
“Soltanto?”
“Gena, per favore, non rompere come tuo solito. Domani devi lavorare, no? E poi non ti porto da Bob, tu lo odi.”
“Perché mi tratta come se fossi una cretina. Resti a dormire da Bri?”
Dio che nervi quando chiamava Syn a quel modo.
“Probabile, non aspettarmi sveglia comunque.”
“Ci saranno anche quelle due?”
“È il compleanno di Lily, mi sembra il minimo ci siano anche loro. E prima che tu possa dire qualsiasi cosa: no, non ti porto con me e no, non resto a casa. Quindi fattene una ragione.”
“Chi mi assicura che poi sarai da Brian?”
“Chiamalo.”
“Come se non vi paraste il culo a vicenda!”
“Non è lui che per poco non finisce a letto con il cugino dei Madden, Gena, per cui credo proprio tu non abbia motivo di sparare certe stronzate. Chiama da Brian o Brian, o chiama direttamente me. Fidati, altrimenti che senso ha stare insieme se non riesci nemmeno a stare tranquilla quando vado al pub con i miei amici?”
“Sono due groupie”, e aveva dato maggior enfasi alla frase incrociando le braccia sul petto.
“Alex è un medico, e ti posso assicurare che quella è tutto fuorché una groupie.”
“La conosci davvero così bene?”
“Okay Gena, pensa quello che vuoi. Ci vediamo domani.”
Non aveva voglia di incazzarsi, almeno per quella sera voleva essere libero e non sentirsi sul collo la presenza ossessiva di Gena che chiedeva e reclamava soltanto per sé, senza pensare ai suoi, di bisogni.
Quando era diventato difficile riuscire a parlare senza scannarsi?
Da poco tempo comunque e forse era stato il tour ad aiutarli a sopportarsi dopo la morte di Jimmy, perché i casini erano nati alla fine di tutto quel periodo di trambusto.
A volte, stare lontani, era la migliore delle terapie.


“Ho esagerato, credo. Certo che per essere il nostro primo appuntamento ufficiale potevi avvertirmi che dovevo essere più casual.”
Aveva indicato i tacchi e il vestito che indossava, ma il ragazzo le aveva scoccato il suo sorriso da piccola peste ammiccando.
“A me va benissimo, figurati.”
“Idiota”, e aveva accompagnato la frase colpendolo con la pochette in raso in cui aveva giusto il necessario per la serata.
L'insegna del pub era tra le più anonime che avesse mai visto e, detto sinceramente, dubitava persino che qualcuno potesse realizzare fosse un pub quello, tanto era spoglio.
“Sei sicuro sia questo il posto?”
“E' il pub dove veniamo sempre con i ragazzi, credo di saperlo riconoscere.”
A quelle parole Lily aveva avvertito un tuffo al cuore, come se solo quella rivelazione fosse bastata come regalo di compleanno: essere lì e condividere un pezzo di storia della sua band preferita con Brian non avrebbe mai avuto un prezzo.
Doveva ringraziare l'ospedale per averle portato via Alex proprio quel giorno, doveva ricordarselo.
Brian l'aveva preceduta all'interno del locale, e quando avevano varcato la soglia era buio pesto all'interno.
“Ma sei sicuro sia aperto? Forse siamo arrivati troppo presto?”
“Ma perché parli così a bassa voce? Guarda che non stiamo facendo una rapina”, e dopo averle sussurrato quelle parole replicando la sua stessa tonalità di voce, Brian l'aveva alzata per farsi sentire dagli altri.
“Ehi Bobby, puoi accendere queste cazzo di luci?”
Lentamente il locale aveva assunto le tonalità calde dei neon arancioni, mentre gli accordi di almeno un paio di chitarre avevano preso a espandersi nell'aria e due voci inconfondibili – l'una perché l'aveva sentita almeno un miliardo di volte su cd, l'altra perché la svegliava ogni mattina strepitando – avevano intonato la prima strofa di Happy Birthday.
Lily era incredula, semplicemente esterrefatta, con il cuore che le stava chiedendo pietà perché anche solo un'altra emozione le avrebbe causato un arresto cardiaco.
Dal centro del locale – su un palco rialzato e circolare dove era stata allestita una tavolata - Zacky, il padre di Brian e Johnny stavano accompagnando Matt e Alex che le cantavano la più bella, struggente e magnifica canzone di auguri che le sue orecchie avessero mai potuto ascoltare.
Si era portata una mano alla bocca per non gridare e interrompere tutto quell'idillio surreale, permeato di una magia fatta di tutto l'amore del mondo.
La sua attenzione era rivolta lì, al centro, sul viso sorridente e bellissimo della sua migliore amica, seduta su una panca con le gambe accavallate e le mani puntellate al bordo come se da un momento all'altro dovesse correrle incontro.
Lily mentalmente si stava ripetendo di non piangere come una cretina lì davanti, maledicendo Alex per averla presa per il culo in modo tanto plateale.
Non è un sogno vero?
Aveva chiuso le palpebre tra loro sino a vedere mille brillantini colorati, convinta che quando li avrebbe riaperti non ci sarebbe stato più nulla di tutto ciò ma solo Brian che suonava alla porta perché gli aprisse. Invece era stata travolta da un abbraccio inconfondibile, da una chioma di capelli castani di cui riconosceva il profumo dello shampoo alle mandorle, lo scalpiccio degli stivali da cavallerizza sul parquet del locale.
“Auguri Lil.”
Alex le aveva scoccato un bacio sulla guancia, accompagnato dagli applausi degli altri invitati e dalle grida di Zacky e Johnny che stavano intimando cose innominabili.
“Sei una stronza.”
“Lo so.”
“E' il regalo più bello che potessi farmi.”
“Il problema è che non è questo il mio regalo. Dai vai, gli altri ti aspettano.”
Le aveva dato una leggera spinta, costringendola a farsi il suo personale bagno di folla tra le persone che ormai avevano il valore di una famiglia per lei.
“L'hai ammazzata emotivamente.”
Alex aveva lanciato un'occhiata divertita a Brian, portandosi le braccia al petto.
“Se lo meritava. Grazie per essere stato al gioco.”
“Non mi è dispiaciuto affatto.”
“Di questo non avevo dubbi, Brian, Ehi Zacky, ma cosa fai? Non puoi darle il tuo regalo prima del mio!”
“È più euforico lui all'idea di darglielo che lei di riceverlo.”
“Già.”
“Ti ha detto cos'è?”
“Si, e il tuo cos'è?”
“Una sorpresa. E il tuo?”
“Una sorpresa”, l'aveva rimbeccato lei ridendo.
Lily si sentiva ubriaca nonostante non avesse bevuto nulla, inebriata di una felicità nuova e assolutamente devastante. Avevano finito di cenare e Alex aveva permesso agli invitati di dare i propri regali a Lily prima dell'arrivo della torta.
“Vado a farmi dare un paio di birre per Johnny e Zacky e arrivo. Intanto puoi iniziare ad aprire i regali, festeggiata.
“Grazie capo”, le aveva risposto Lily che – per contro – teneva già tra le mani il regalo di Zacky.
“Aspetta e guarda almeno il mio regalo, no?”
Il ragazzo aveva bloccato Alex trattenendola per un polso, e lei aveva sbuffato sedendosi di nuovo al proprio posto.
“Allora dopo apri anche il mio e poi vado a fare la cameriera a tempo perso.”
“Ti darò una mano, contenta?”
“Insomma basta! Fatemi aprire questi regali, sto morendo di curiosità!”
Si era rigirata tra le mani il pacco un paio di volte tastandolo, per poi strapparne con avidità la carta di un pallido lilla.
Quando ne aveva visto il contenuto, era certa sarebbe morta: Zacky le aveva regalato la sua giacca di pelle, quella con il retro su cui era dipinto il Deathbat – simbolo della band – e la scritta Avenged Sevenfold.
Lily era rimasta in silenzio per almeno trenta secondi, poi aveva sollevato lo sguardo colmo di riconoscenza verso il chitarristsa e gli si era letteralmente gettata addosso, stampandogli un bacio sulla guancia.
“Ehi Brian, per competere con il mio regalo dovrai darti molto da fare, eh.”
“E' assolutamente fantastica!”
“Ti starà larga...”
“Ma è bellissima così, credimi. Ho persino paura a metterla.”
“Povera Lily, chissà quali malattie potresti contrarre”, li aveva presi in giro Alex facendo ridere di gusto Johnny e Lacey.
“Scema.”
Lily aveva teso poi la mano verso Alex, aspettando il suo regalo.
“Allora... Essendo un po' ingombrante direi che dovrai prima portarti al centro. Ecco brava, allontanati da Zacky. Ora. Questa è la prima parte” - e le aveva posato sul tavolo una cosa esageratamente grande, aspettando che la aprisse.
La carta era la stessa del pacco di Zacky, ma quando aveva preso a scartare e aveva letto la parola Fender si era dovuta sedere, interrompendo almeno tre volte l'apertura del pacco tanto le tremavano le mani.
Quando aveva sentito scattare i ganci metallici della custodia e l'aveva aperta, si era ritrovata a fissare ipnotizzata la superficie nera lucidissima, la scritta Be true to the end a costeggiare il bordo dello strumento.
“Tu sei pazza...”
“Ecco, essendo che tu non sei affatto in grado di suonare un simile gioiello, ti ho anche trovato un maestro di chitarra. Ti darà lezione Papa Gates.”
Zacky, Matt e Johnny erano scoppiati a ridere divertiti, Brian che aveva fissato torvo Alex che indicava suo padre con l'espressione di una televenditrice, prima di battere una mano sul tavolo per attirare l'attenzione.
“Un momento. Perché non posso darle io lezioni di chitarra?”
“Perché tuo padre è migliore. Mi sono documentata su chi aveva più pagine dedicate su Google.”
“Perfetto, allora vorrà dire che le regalerò un maestro di chitarra che sia chiaramente gay.”
Il padre di Brian aveva riso di gusto: era bello vedere i ragazzi liberi e sereni, senza pensieri ad ammazzargli la vita. Quelle due facevano bene al gruppo, sapevano come divertirsi senza strafare e, soprattutto, non si tiravano mai indietro.
“Alex io ti amo!”
Lily si era gettata addosso all'amica rischiando di farla cadere a terra, le braccia strette al collo mentre continuava a dirle cose all'apparenza senza senso.
Le sarebbe stata riconoscente tutta la vita per quel compleanno da favola, per aver pensato a ogni particolare per rendere tutto perfetto e magico. Ad Alex piacevano i dettagli, le aveva sempre detto che sono quelli a fare la differenza nelle persone, e allo stesso modo erano stati i piccoli accorgimenti di quella serata a renderla assolutamente unica.
“Dai, vado a prendere le birre. Tu continua ad aprire i regali, okay?”
Zacky si era alzato offrendosi di darle una mano, e i due si erano diretti al bancone chiedendo a Bob quattro pinte di birra da un litro.
“Alex bevi anche tu?”
“No, a me la birra non piace. Poi qualcuno li dovrà riportare a casa, dopo tutto questo casino.”
Per poco non le scivolarono di mano i boccali di birra quando, voltandosi per ritornare al tavolo, aveva visto la falcata da fotomodella di una tipa che aveva già visto, una che non prometteva nulla di buono.
Doveva pagare le conseguenze di qualche enorme peccato?
Alex aveva fatto un veloce calcolo mentale e no, non aveva infranto la Legge delle Dieci Tavole,
“Merda”, le era sfuggita l'imprecazione senza che se ne rendesse conto e aveva lanciato un'occhiata a Zacky cercando la conferma del proprio orrore; la DiBenedetto aveva guardato nella loro direzione per poi proseguire decisa verso il centro del locale.
“E' Val?”
Aveva chiesto esitante, quasi speranzosa, che fosse la gemella che avevano già conosciuto.
“Purtroppo credo sia Michelle”, erano state le ultime parole di Zacky prima che i due si scambiassero un’occhiata caricata di preoccupazione.

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Capitolo 5
*** #5 Scream ***


Avviso: prima della lettura un piccolo avviso, durante il capitolo ci sarà un lungo monologo di una delle protagoniste. È stato scritto come se si rivolgesse a una persona (leggendo capirete :P ) i tempi verbali del discorso variano dal passato remoto al presente, ci saranno alcune ripetizioni di parole, ma dovete figurarvi la scena come se fosse un telefilm, ovvero uno di quei pezzi dove uno dei protagonisti parla parla parla (di cose interessanti of course) e tutte le domande e le interazioni con il secondo soggetto avvengono solo alla fine (si, ve la descriverò, ma delle spiegazioni sono necessarie). La scelta è stata ardua, ma era l’unico modo per riuscire realmente a cogliere il punto di vista. Volevo anche scusarmi per la lunghezza di tale capitolo. Ma come capirete durante la lettura, c’erano parecchie matasse che dovevano essere dipanate XD

#5 Scream

Le fiabe ti insegnano che i sogni sono desideri. La vita ti impartisce dure ripetizioni facendoti capire che devi stare attenta a quello che desideri.

I sogni non sarebbero mai potuti essere cosi belli. Lily ne era certa; sembrava che tutto quello  ciò che di negativo aveva vissuto in quegli anni fosse semplicemente stato riscattato dalla  festa. Nessuno dei presenti – esclusa la sua migliore amica – poteva minimamente immaginare quanto fosse importante per lei.
Non era solo una festa con i propri idoli, era il ritrovare la voglia di credere e sperare in un qualcosa di migliore. Si era fermata a fissare Brian nel momento in cui il ragazzo smise di urlare a Johnny qualcosa e le sorrise girandosi proprio verso di lei, facendole infine l’occhiolino.
“Auguri Briciola” disse divertito dandole un lieve bacio. “Bella la festa vero?” domandò poi cingendole il fianco con un il braccio; non aveva più senso stare distanti ora che tutti – grazie ai suoi migliori amici – sapevano che stavano insieme.
“Meravigliosa, ora sono curiosa di aprire il tuo regalo” commentò lei felice.
“Prima mi devi dire a cosa si riferisce l’incisione sulla chitarra” rispose lui posandole un lieve bacio sulla punta del naso. “Io e Zacky ce lo stiamo chiedendo da due giorni”.
“Magari ne parliamo con più calma domani? O quando sarai libero…” disse lei cercando di trattenere un lungo, forse troppo, sospiro. Alex aveva ragione, doveva dire a Brian chi fosse in realtà, non che nascondesse uno di quei segreti sconvolgenti del tipo: prima mi chiamavo Mari.o Ma non era la vera Lily, non al cento per cento.
I due non fecero a tempo a dirsi altro che una sagoma comparve di fronte a loro. L’italo-americana poté tranquillamente sentire ogni muscolo di Brian tendersi neanche fosse una corda di violino, lentamente sentì il suo braccio sciogliere la presa.
“Michelle?” pronunciò con tono di voce incerto, come se quello fosse un misero incubo dal quale si sarebbe svegliato prima o poi.
“Sono passata a fare gli auguri alla festeggiata, no?” rispose lei mostrando i denti in quello che doveva sembrare un sorriso, ma che appariva come una smorfia sgradevole agli occhi di chiunque.
“Spero che ti stia godendo questa festa” disse secca avvicinandosi a Lily che aveva appena  indossato la giacca di pelle che le aveva regalato Zacky. “Tutto molto carino, dovresti essere fiera di chi l’ha organizzata, la tua amichetta con l'aiuto dei tuoi idoli...” Il tono mellifluo e sarcastico, era presagio di una di quelle discussioni fastidiose e scorrette.
Lily chiuse le mani a pugno e cercò di respirare rimanendo sorridente, sapeva benissimo cosa era venuta a fare lì Michelle, e cosa la stava aspettando dietro l'angolo. Non c’era bisogno di capire che aveva saputo di lei e Brian, e quale occasione migliore per mettere in evidenzia il lato peggiore della faccenda, se non una festa che sembrava perfino troppo perfetta per essere vera e sentita realmente dai ragazzi?
“Hey Michelle calma ok?” La voce di Johnny risuonò quasi perentoria, ma venne tranquillamente ignorata dalla ragazza con un gesto della mano. Nessuno avrebbe potuto fermarla, non in quell’occasione. Dopo il divorzio era riuscita più o meno a farsene una ragione, non era così stolta da ignorare ogni segnale precario che aveva incontrato lungo la strada; ma quando Gena e Val l’avevano informata con perizia su quello che stava accadendo aveva semplicemente deciso di fare qualcosa. Era l’unica che poteva permettersi un passo falso: aveva giù perso tutto. La sorella era decisamente legata ancora a Matt, mentre Gena stava disperatamente tentando di non perdere l’ultima chance con il proprio ragazzo.
“Sono calma, voglio solo spiegare come stanno le cose alla festeggiata” rispose con un sorriso molto più simile a quello di una iena che altro. “Non sono stata invitata, ma un posto in più a tavola non è mai stato un problema vero?” domandò guardando il suo ex.
Lily non si era mossa di un millimetro, stava in piedi a osservare quella ragazza che negli occhi aveva tanta rabbia quanta ne potesse contenere in corpo. Qualsiasi cosa sarebbe accaduta da li a pochi minuti, sarebbe stata diretta conseguenza di ogni suo comportamento. Poteva quasi sentire risuonare le parole di Alex, ma mai avrebbe ammesso di aver sbagliato, avrebbe accettato tutta la merda del mondo piuttosto, niente e nessuno sarebbe riuscito a strapparle dal cuore quella gioia che aveva provato fino a un istante prima. Di conti salati nella vita ne aveva saldati fin troppi, l’ennesimo non avrebbe influito.
“Io credo che magari, ci sarebbero occasioni migliori per fare una rimpatriata” intervenne prontamente Zacky che aveva raggiunto il palco pochi secondi dopo aver riconosciuto la ragazza.
“Io credo che, magari, se tu riuscissi a tenerlo nei pantaloni qualche volta, avresti meno problemi a casa”
Colpito e affondato.

Mai e poi mai, scatenare l’ira di una donna che non ha niente da perdere. Perché si otterrebbe solo l’inizio di un gioco votato al massacro e basta.

“Invece che sputare addosso a gente che ci tiene a te” intervenne Lily facendo un passo avanti. “Puoi tranquillamente parlare a me, sono qui, pronta ad ascoltarti” non aveva minimamente intenzione di farsi difendere da nessuno; non ne aveva bisogno. Almeno così credeva.
“Mph” scosse la testa la ragazza squadrando dalla testa ai piedi l’altra. “Credi di sentirti spalleggiata? Credi che loro ti difenderebbero? Oppure ti senti parte della famiglia?” domandò con un’ironia quasi lacerante. Il tono era fiele puro, se solo avesse potuto avrebbe anche ucciso con il semplice uso delle lettere.
“Non penso, sinceramente, che siano fatti che ti riguardino” Lily aveva come l’impressione che il tempo si fosse fermato, e che uno a uno tutti i presenti in quella stanza stessero sbiadendo fino a sparire senza lasciare traccia.
“Voglio solo fare la brava ragazza e farti aprire gli occhi” rimbeccò lei senza demordere.
“Avanti, prima finisci di parlare prima posso tornare a festeggiare il  mio compleanno” cercò di tagliare corto la ragazza, non riuscendo a pensare lucidamente. In occasioni diverse sarebbe stata in grado di rigirare Michelle come se fosse stata un vecchio calzino, ma in quel momento riusciva solo a sentire il sangue gelarsi nelle vene. Non sarebbe finita bene.
“Wow ne hai di grinta da vendere” rise beffarda la DiBenedetto. “Voglio solo che tu non ti faccia illusioni, che ti, anzi, vi rendiate conto che siete la novità che presto diventerà noia” prese a dire portandosi le braccia conserte al petto. “Sarete l’avventura di passaggio, presto verrete scaricate quando si saranno annoiati di voi, e quando passeranno venti ore nello studio di registrazione, dimenticandosi perfino di mangiare. Nella loro vita non ci sarà più spazio per voi” sospirò con fare teatrale per poi tornare a parlare. “Sai, almeno l’amica tua ha avuto la decenza di non scoparsi nessuno, tu? Lo faresti anche in pubblico se solo potessi, non è vero?” provocò sferrando l’ennesima delle tante mazzate che Lily aveva incassato in quei pochi minuti di conversazioni. “Pensi di essere la prima? Pensi di essere speciale? Non sai quante fan si è sbattuto Zacky dietro nei backstage per poi scaricarle neanche fossero state dei preservativi usati? Non immagini quanti flirt ha avuto Brian nel corso della storia? O quanti dubbi avessero tormentato Matt?” scosse la testa con sdegno. “Come credi che reagirai quando Brian sfiorerà la chitarra molto più spesso di quanto riesca a sfiorare te?” aggiunse senza premura. Era li per ferire e finire all’inferno, ma se doveva perire avrebbe trascinato giù con sé più persone possibili. Sparare per uccidere, non per ferire.
“Penso solo che se non sei riuscita a tenerti stretta il tuo uomo, non debba capitare a me” fu la risposta secca della ragazza, che cominciava a sentire una notevole pressione addosso.
“Sei una sorta di  prostituta che non viene pagata in denaro ma con pezzi di una vita che non potrà mai avere, mi fai quasi pena” rise maligna l’altra inclinando la testa. “Vivi una vita che non è nemmeno tua!” esclamò ad alta voce quasi ridendo. “Stai in una casa a sbaffo dall’amica di Gena, esci con una persona che nemmeno conosci se non tramite qualche video, e frequenti una comitiva di persone che nemmeno ti conoscono” sospirò mal celando una tremenda soddisfazione nel poter tirare fuori tutto quell’odio che covava dentro da troppo tempo.
“Io direi che potremmo piantarla con questa sceneggiata” la voce di Haner Senior era calma e rilassata, ma il suo sguardo non presagiva niente di buono. “Avanti Michelle, tu sei meglio di quella che appari stasera” aggiunse poi rivolto alla ragazza.

Papa Gates era riuscito a portare via Michelle, erano andati a sedersi al bancone per bere qualcosa. Lily si lasciò cadere sulla sedia, come se in quel preciso istante sentisse la pressione atmosferica volerla schiacciare. Scosse la testa cercando di cacciare via ogni singolo pensiero, non riusciva nemmeno più a pensare liberamente. Vide Alex uscire dal locale con Matt, non ci fece caso, sentiva solamente la presenza di Brian al suo fianco tesa e silenziosa, non si erano rivolti parola, stavano seduti vicini ma era come se fossero distanti anni luce.
“Matt si può sapere che hai?” sbottò Alex innervosita. “Non credi che dovremmo stare dentro? Di certo non voglio lasciare sola Lily con quella stronza”. Non diceva di sovente le parolacce, né si innervosiva; ma sentire Michelle sparare a zero su chiunque fosse presente per poi piazzare una bella pugnalata all’amica, aveva alterato il suo self-control.
“Credo...” sospirò. “Insomma, ecco...” scosse la testa passandosi una mano sul volto. “Ho detto a Val di Brian e Lily, presumo che sia per quello che stasera Michelle si sia presentata qui.” ammise con tono colpevole e con sguardo realmente dispiaciuto.
“Cosa?” chiese quasi incredula Alex. Come si poteva essere cosi stupidi? Insomma, Matt le era sempre sembrato il più maturo e il più attento a questo genere di cose, ma - evidentemente - si sbagliava. Non serviva di certo una laurea in neurologia per comprendere che Val avrebbe riferito nell’istante successivo alla rivelazione  tutto quanto alla sorella.
“Credeva che mi portassi a letto una delle due, Gena l’aveva messa in guardia e mi è sfuggito” biascicò strascicando le parole. Non era sicuro del perché stesse facendo tutto quello, alla fine poteva tranquillamente starsene zitto e lasciare che le cose scorressero via lontane. Ma sentiva dentro di sé  una piccola vocina che strepitava per chiarire tutto con Alex. Quella ragazza aveva impiegato due settimane per organizzare la festa, e in quel momento si rese conto di quale immane cazzata avesse fatto.
“Dio, ma perché siete tutti cosi paranoici qui in California?!” sbottò esasperata lei allargando le braccia. “Siete bravi a giudicare solo dalle apparenze, da quello che volete vedere, e non per quello che accade realmente!” continuò fissando il cantante con astio.
“Non abbiamo giudicato nessuno noi!” esclamò lui in risposta. “Anzi, mi sembra che vi abbiamo accolto in maniera più che calorosa!” precisò senza alzare la voce, di certo non avrebbe voluto litigare, non con lei.
“Oh grazie della gentile concessione M Shadow!” lo apostrofò volutamente in quella maniera, in fondo lui le aveva appena fatto capire che era una sorta di omaggio a due povere imbecilli la loro ‘amicizia’.
“E dai Alex, stai travisando quello che dico” sospirò lui guardandola realmente dispiaciuto.
“Sai cosa? Tu hai perfettamente ragione che ci avete accolto con un calore e una semplicità incredibile” annui lei portandosi una ciocca di capelli dietro al viso. “Ci fate sentire parte di un qualcosa che evidentemente neanche ci appartiene, sono gentili concessioni e basta. Perché li dentro…” prese a dire indicando la porta del pub. “Li dentro nessuno di voi ha avuto le palle di zittire quella vipera, nemmeno quando ha insultato vi ha insultati” sospirò senza forze. “Solo Zackary ha avuto il coraggio di provare a stopparla” concluse scrollando le spalle. “Nemmeno al barbecue avete tirato fuori le palle per far tacere Gena, e sia lei che Michelle non hanno fatto altro che prendersela con Lily e lei – fidati lo so – per l’immenso rispetto che nutre nei vostri confronti non ha reagito come avrebbe potuto!”
Non aveva più le energie, ogni singolo muscolo del suo corpo era teso e tirato fino quasi allo spasmo, la sua gola le bruciava per lo sforzo, e gli occhi stavano trattenendo con enorme difficoltà le lacrime di rabbia. Aveva impiegato giorni a organizzare il regalo per la sua migliore amica, e tutto stava andando in fumo.
“Non è cosi facile come pensi” puntualizzò lui a mezza voce. “Ci sono in ballo miliardi di cose…”
“E in fondo noi non siamo altro che le ultime venute, non è vero? Noi siamo sacrificabili se necessario, ma indispensabili se si deve fare qualche stronzata o sfogarsi… Perché buttare addosso agli altri la propria merda fa tornare a respirare, vero Sanders?”
Non era cattiveria quella che fuoriusciva dalle labbra di Alex. Quelle parole non erano pronunciate con astio, ma erano la semplice verità. Se le stava trattenendo da giorni, perché nonostante tutte le disavventure il bilancio della giornata era sempre stato chiuso in positivo; fino a quel momento.
“Io, sai… Insomma…” sospirò. “Non intendevo quello, ho sbagliato ok? Non avrei dovuto, ma non riuscivo a ragionare, c’erano coinvolte cosi tante cose che ho pensato a salvare la mia di situazione, mandando a puttane quella… Dio… Mi dispiace cosi tanto” scosse la testa.

L’aria pungente della sera la stava facendo tornare a respirare, il vento fresco era quasi rinvigorante. Aveva lasciato il pub a qualche metro di distanza, il rumore ovattato di musica e risate le permetteva di non pensare a niente. Avrebbe voluto scappare di li, se solo ne fosse stata il tipo, purtroppo lei non era una che mollava. Anzi. L’esatto opposto. Certo razionalmente il cervello le aveva dato almeno una buona decina di motivi per andarsene senza dover dare spiegazioni, ma non aveva commesso niente di sbagliato; non avrebbe dato adito ad altri pettegolezzi o allusioni, sarebbe rimasta li finché Bob non l’avesse cacciata alle prime luci dell’alba. Avrebbe continuato a sorridere e respirare ricordando a sé stessa che non stava affogando, anche se la sensazione era esattamente la stessa.
Era vero: frequentava il letto di Brian. E non solo quello.
Era una fan che aveva intrapreso quel viaggio per conoscerli.
Era una bella ragazza con un carattere spumeggiante e irriverente.
Ma nessuna di quelle verità poteva giustificare un tale accanimento verso  sé stessa o sull’amica. Aveva perfettamente compreso i sentimenti di Michelle. Era una donna ferita che stava cercando di reagire nell’unico modo in cui era capace: ferendo gli altri per farli soffrire tanto quanto stava facendo lei. L’unico problema era il livello di sopportazione di Lily, che stava tranquillamente andando a farsi fottere, e se la serata non fosse migliorata, insieme a quello, ci sarebbero andate un bel po’ di cose a quel paese.
“Stai fuggendo?” una voce a lei fin troppo familiare le aveva fatto raggelare il sangue nelle vene, per l’ennesima volta in quella serata che sembrava non finire più.
“No, cercavo solo aria da respirare, ma quanto pare è impossibile da trovare” rispose girandosi per fronteggiare Michelle che si stagliava di fronte a lei con la sicurezza di chi aveva il coltello dalla parte del manico.
“Mhm, fai la spiritosa ora?” domandò in maniera retorica. “Povera pagliaccia, non sai quante energie stai spendendo in una storia senza capo né coda” continuò fingendosi teatralmente rammaricata per la sua situazione.
“Non credo che sia una questione che ti riguarda, l’ultima volta che ho controllato sul dizionario, alla parola ‘Divorzio’ c’era scritto che i fatti dell’ex-marito non dovrebbero essere cazzi tuoi” rispose iniziando a sentire la rabbia crescerle dentro, un piccolo gomitolo nell’angolo dello stomaco.
“Uh allora ce l’hai una lingua” la prese in giro lei alzando le mani in segno di resa.
“Ribadisco: potresti farti i cazzi tuoi e sparire, non sei la benvenuta” non aveva nessuna voglia di essere diplomatica e disponibile, non le interessava nulla se non sbarazzarsi di quella presenza fastidiosa per poi poter tornare a casa e mettersi a dormire.
“Non credi che mi riguardi la faccenda? Ci tengo ancora, a tutti loro, sono stati la mia famiglia per anni, e non voglio permettere che la prima che passa rovini le cose” rispose stizzita Michelle.
“Ma che ne sai tu, di come sono le cose? Neanche mi conosci, non dire stronzate, hai saputo che Brian stava con qualcuna e non ti andava la cosa e sei venuta qui a fare la gradassa solo perché giochi in casa!” rise in risposta Lily, trovando realmente assurda quella motivazione.
“Non sto facendo la gradassa!” scosse la testa “Ma hai detto bene: gioco in casa, tu qui sei l’intrusa, sei la scopata passeggera” prese a dire facendo un passo avanti. “Sei tu quella che non riesce a capire che è di troppo, che sta giocando con equilibri precari, e che sei solo un diversivo per non affrontare la realtà!”
Di lezioni di psicologia ne aveva prese fin troppe, quella spicciola poi le era stata propinata ogni giorno da quando aveva messo piede in California.
“Certo, ti do’ perfettamente ragione” annui Lily sarcastica. “Meno male che al mondo ci sei tu Michelle, senza di te a questo punto della mia vita starei in un oblio di buio e incertezza” la prese in giro.
“Non esagerare ragazzina” la minacciò facendo un passio avanti. “Non ci metto niente a rimetterti al tuo posto” concluse poi con tono cattivo.
“Ovvero? Tra le braccia di Brian?” la provocò con un sorriso angelico.
“Stai scherzando con il fuoco piccoletta, te l’ho detto: non sei la benvenuta, insomma nemmeno la decenza di tenerle chiuse quelle gambe vero?” insulti, frecciatine atte a colpire a segno. Voleva solo farla soffrire, non la conosceva, non sapeva nulla di lei se non le cose che le erano state dette da Gena o da sua sorella, ma non le importava, la sua era una questione di principio.
Lily non seppe dire cosa successe, nemmeno perché reagì in quel mondo, ma il suo braccio si mosse quasi automaticamente, animato da una forza del tutto autonoma che fece chiudere a pugno la mano, e non si fermò finché non colpì il volto di Michelle. Che ci mise qualche secondo a riprendersi dal gesto e rispondere a sua volta.

Non ci volle molto affinché qualcuno si accorse di quello che stava succedendo, e corse dentro a chiamare aiuto. Passarono svariati secondi quando quasi tutta la folla nel locale si riversò nel parcheggio, e mentre c’era chi si fermava a osservare la scena con una birra in mano, una piccola ragazza inglese fece cadere a terra il proprio calice e corse da Lily e Michelle che erano ormai a terra ad azzuffarsi nella più violenta delle maniere. Ma non appena si avvicinò per separare la bionda dalla propria amica, la ragazza si girò e con cattiveria la spinse a terra facendola cadere rovinosamente giù.
“Cazzo lasciala stare lei!” disse Lily prima di avventarsi come una furia su Michelle, sbattendola a terra mentre tentava di tenerle ferme le mani  con una delle sue, con l’altra la colpiva ripetutamente in volto.
“Aiutatemi cazzo!” urlò Alex rivolta alla gente intorno a loro non appena vide Michelle reagire graffiando il volto della ragazza fino a farla sanguinare.
“Puttana psicotica, tu sei tutta matta!” urlò la Californiana rivolta a Lily, che non ci vide più dalla rabbia, usò tutte le sue energie per far del male alla sagoma che aveva tra le mani, neanche distingueva  i contorni del volto o del terreno, niente, era totalmente accecata dalle lacrime e dal nervosismo.
“LILY! BASTA CAZZO” la voce di Brian fu l’unica cosa che riconobbe prima di essere sollevata dal corpo di Michelle e gettata lateralmente a terra, come se fosse un incomodo sacco di patate. Vide il ragazzo lanciarle un’occhiataccia e chinarsi su Michelle. E in quel momento si lasciò andare: cadde sdraiata a terra cercando di asciugarsi gli occhi, perché non c’era dolore al mondo più forte di un cuore ferito.
“Lily… Lily…” la voce preoccupata di Alex fu un caldo tepore in quel momento, cercò di mettere a fuoco la figura dell’amica e sorrise.
“Hey…” disse con voce roca e affaticata, cercando di mettersi almeno seduta a terra.
L’inglese era troppo scossa per poterla solo rimproverare o dire qualcosa a riguardo, l’unica cosa che riusciva a notare erano i graffi e i lividi che aveva in volto Lily, senza considerare i tagli dovuti al rotolarsi azzuffandosi sul breccino del parcheggio, il vestito era tutto rotto e la sua bellissima amica sembrava un pallido riflesso della strega cattiva di Biancaneve.
“Mi aiuti a rialzarmi?” domandò, per poi rendersi conto di altre due figure al suo fianco: il papà di Brian e Zacky, che con delicatezza l’aiutarono a rialzarsi. Le presero la giacca e la borsa e si allontanarono dalla confusione. “Grazie” mormorò appoggiandosi allo sportello della macchina che avevano noleggiato da qualche settimana.
“Tutto bene?” chiese Papa Gates osservando le ferite.
“Niente che un po’ di disinfettante e una dormita non possano sistemare” rispose Lily cercando di riacquisire la calma.
“No, tu vieni con me al pronto soccorso!” squittì Alex, che venne affiancata da Zacky quasi come se il ragazzo volesse proteggerla o abbracciarla per calmarla: tremava visibilmente.
“Ho bisogno solo di riposo.” Sospirò Lily sentendosi tremendamente in colpa per quello che era appena successo. Aveva promesso alla sua migliore amica di non combinare nulla in quel periodo di vacanza, e aveva infranto il patto. Il suo sguardo vagò fino a trovare la figura di Brian che stava aiutando Michelle a rientrare al pub, e una fitta al cuore le fece mancare il respiro. “Zac, ti dispiace accompagnare a casa tu Alex? Io me ne vado adesso, ho bisogno di starmene tranquilla” disse abbassando lo sguardo, senza trovare il coraggio di fissare nessuno dei tre presenti negli occhi.
“Non spegnere il cellulare” disse il padre di Brian dandole un bacio affettuoso sulla testa, aveva perfettamente intuito quello che voleva fare Lily: guidare finché ci sarebbe stata benzina nella macchina.
“Ma Lil…” la fievole protesta dell’amica fu interrotta dal braccio di Zacky che le cinse la vita attirandola a sé.
“Te la riporto io integra ok? Niente pazzie al volante capito?” sorrise il ragazzo.
“Senti chi parla” provò a scherzare lei senza però riuscire a sorridere. “Io vado, ci vediamo a casa” continuò salendo in macchina, e sparendo a una velocità abbastanza sostenuta.

*

Il dolore è un sentimento aberrante: riempie il cuore di speranze infrante, sogni abbandonati e rancori irrisolti. Riesce a sprigionare un’energia che veloce fluisce in ogni terminazione nervosa e sembra bruciare ogni singola molecola di ossigeno del tuo corpo. Lasciandoti solo con la voglia di spegnerti per sempre.

“Allora” Lacey si stava guardando in giro cercando di fare il punto della situazione “Abbiamo messo tutti i regali in camera di Lily, quelli chiusi anche, tutti hanno chiesto di lei” sospirò sedendosi poi sul divano sopra le gambe di Johnny che l’abbraccio tenendola stretta a sé.
“Non credo che abbia voglia di scartare regali o ricordarsi della serata” celiò Alex. “Scusate sono solo nervosa” disse poi chiudendo gli occhi.
“Tè caldo per tutti!” disse Zacky comparendo nel salotto indossando un grembiule rosa, portando con molta disinvoltura un vassoio con quattro tazze di tè.
“Sei proprio scemo” commentò Alex scuotendo la testa, ma dentro di sé apprezzò il gesto, anche il semplice fatto di essersi occupato di tutto lui insieme a Johnny: torta, regali, cose di Lily, tutto per alleggerirle un po’ il carico che aveva ricevuto in omaggio con una serata andata in fumo.
“Grazie per essere qui” disse dopo qualche istante di silenzio. “Davvero siete molto gentili, anche tu Lacey, grazie per avermi aiutata prima” annui con un sorriso dolce e timido; si sentiva stranamente scomoda in quella situazione. Non sapeva bene spiegarsi il perché nemmeno lei, ma qualcosa era come rotto.
“Non dirlo nemmeno per scherzo ok?” rispose subito la ragazza. “Ci mancava solo che ti lasciassimo da sola a riordinare tutto, idee comprese” sorrise.
“Dopo quello che ha detto al pub, sono felice che Lily abbia picchiato quell’oca isterica” borbottò Johnny, strappando una risata sincera ad Alex. “Ha sempre avuto atteggiamenti isterici, ma non ha mai digerito che Brian avesse chiesto il divorzio, non sai quante gliene ha fatte passare” aggiunse serio.
“Posso immaginarmi vagamente che tipo sia” sospirò l’inglese.
“Ah! Ora non vi lamentate più di Gena!” borbottò Zacky scuotendo la testa. “Scherzi a parte, mi domando cosa possa essere accaduto stasera, credo che Michelle abbia portato a termine quello che aveva iniziato Gena, è facile prendersela con Lily.”
“Credo solo che non siamo le benvenute qui, e forse abbiamo sbagliato noi in primis” disse Alex, decidendo di essere sincera, senza dover soppesare le parole.
“Non dire cazzate” l’apostrofò il chitarrista. “Non rientra nella normalità ma di certo non siete malvolute qui!” precisò subito, trovandosi d’accordo sia con Johnny che con la sua ragazza. “Non è un periodo semplice, non lo sarà più, mi dispiace che ne stiate pagando lo scotto voi, ma le cose stanno cambiando, c’è solo chi non vuole rendersene conto”.
“Già, ma non ci meritiamo tutto questo, di certo non se lo merita Lily, non ha fatto nulla di sbagliato, tutti danno per scontato che sia colpa sua, ma neanche Brian è innocente, di certo se Lily gli ha fatto delle avances lui non si è tirato indietro” rispose tutto d’un fiato.
“Nessuno dei presenti ha mai giudicato Lily e Brian per quello che facevano” intervenne Lacey con un sorriso. “Anzi, Johnny mi ha detto che da quando frequenta Lily ha ripreso a suonare un po’…”
“Felice per lui” borbottò l’inglese contrariata. “Ma quello stronzo poco fa ha spinto a terra Lily! Quella che ipoteticamente – apostrofò la frase facendo il segno delle virgolette con le dite – dovrebbe essere la sua ragazza! Per soccorrere quella stronza di Michelle!”
Il chitarrista provò a dire qualcosa ma le parole gli morirono in gola, nemmeno lui sapeva perché Brian si fosse comportato così.
“Non avrà ragionato lucidamente, avrà solo visto Lily avventarsi su Michelle” sospirò Johnny.
“Non importa cosa ha visto, se solo lo rivedo lo uccido, e ora con la sua fotografia che Lily ha in camera ci gioco a freccette” borbottò la ragazza in risposta.

Non appena la coppietta si congedò, Zacky prese la scatola del pronto soccorso e mise a sedere Alex sullo sgabello della cucina.
“Non credi che sappia giudicare da sola se mi servono medicazioni?” lo rimbeccò lei.
“Non è vietato ai medici curarsi da soli e curare i loro amici e familiari?” celiò il ragazzo con un sorriso di vittoria. “Lascia fare a me sono esperto, e domani mattina mi ringrazierai” aggiunse sorridendo.
“Certo, immagino” borbottò poco convinta Alex, che si arrese, apprezzava molto il gesto del ragazzo, anche il semplice fatto che non l’aveva lasciata sola, ma che le stava tenendo compagnia nonostante avesse una ragazza gelosa e dispotica ad aspettarlo a casa. “Ora tutti penseranno che Lily sia una psicopatica rissaiola” sospirò.
“Oppure una che sa come menare le mani, se ne sono date di santa ragione” rispose lui.
“Se solo sapessi tutto quello che c’è dietro Zack, non giudicheresti Lily così male.”
“Io non l’ho giudicata male” disse lui fissandola dritto negli occhi.
“Vorresti dire che non hai nemmeno una volta, una singola volta, pensato che Lily sia una facile? Una montata o viziata?” chiese lei senza distogliere lo sguardo. “Non mentirmi” aggiunse poi abbozzando un sorriso malinconico.
“Ok, è vero, non è difficile inquadrarla sai? Insomma è una che si fa notare, sa di piacere, ma non risulta boriosa, e beh, con Brian c’è finita subito” replicò lui.
“È tutta una montatura” esclamò lei sentendo gli occhi bruciare per lo sforzo di trattenere le lacrime. “Proprio come lo sono i vostri Alter Ego, è solo un modo per affrontare la sua vita che non è semplice… Lily non è come pensate, non del tutto, come tu non sei Zacky Vengeance e Brian non è Synyster Gates.” sospirò.
Cosi tra le lacrime iniziò a liberarsi di un peso con cui aveva convissuto in tutti quegli anni. Aveva custodito quelle confidenze come il più prezioso dei tesori, ma anche il più grande dei fardelli.

La prima volta che conobbi Lily, non fu un incontro piacevole, né pensai che saremmo riuscite a legare. Quando vedi il buio più profondo delle persone difficilmente ti avvicini, hai sempre paura che ti trascinino in una spirale discendente, e che l’impatto con il fondo infrangerà ogni tuo singolo osso e pensiero. Non fraintendermi ok? Prima di poter solo commentare o fare domande, ascolta quello che sto per dirti. Non ti piacerà, né ci crederai del tutto, ma è giusto che dia delle spiegazioni per quello che è accaduto stasera. Perché tu e anche gli altri, possiate capire appieno Lily, anzi entrambe.
Stavo facendo volontariato al Mary Grace Hospital di Londra, uno dei migliori, mi servivano crediti ed esperienza per poter entrare alla scuola di medicina, e i turni notturni erano quelli valutati come i migliori, perché – come diceva sempre il mio tutor – la notte tira fuori il peggio delle persone. Arrivarono due ambulanze, due codici rossi, ci preparammo e accogliemmo la prima: una signora che aveva tentato il suicidio tagliandosi le vene per poi conficcarsi il coltello da sola nello stomaco. La seconda era una ragazzina di appena sedici anni accoltellata tre volte: due ferite lievi e una profonda. Io fui l’incaricata alla sorveglianza della ragazza, non solo perché le sue condizioni non erano belle, ma anche perché la prima testimonianza di una violenza domestica è la più importante. Anche se eticamente scorretto, spesso quando sono sedati i pazienti non mentono, non riescono. Così conobbi Lily: era lei quella ragazzina.
Passai la notte nella sua stanza, senza spostarmi, provavo una pena tremenda per quello scricciolo che mentre era ancora incosciente sembrava dormire tranquillamente. Devo essermi addormentata, perché quando mi svegliai la vidi quasi seduta che mi fissava con curiosità. Mi aspettavo un fiume di domande, mi aspettavo di vederla in lacrime o che chiedesse dei suoi familiari, invece mi chiese semplicemente chi fossi, e che facevo lì. Le spiegai la situazione e dissi che avrei dovuto chiamare subito la polizia e un medico, che dovevano prendere la sua deposizione e denuncia. Ancora ricordo quello sguardo fisso su di me, riusciva quasi a darmi i brividi, pensai che fosse estremamente strana, se solo avessi potuto sarei scappata a gambe levate. Ma dopo capii tutto. Mi disse semplicemente che la denuncia non era necessaria, che sua madre l’aveva accoltellata in preda a dei deliri schizofrenici. Che doveva assolutamente chiamare qualcuno dei suoi vicini per controllare che stesse bene. Capisci Zacky? Lei si era presa tre coltellate dalla madre e ancora si preoccupava per quella donna. Ancora prima che potessi rispondere entrarono i medici. L’unica cosa che riuscii a sentire dalla porta chiusa furono le urla di Lily che pretendeva di andare subito nella camera della madre. Stettero insieme in una sorta di isolamento, solo loro due in quella stanza, e lei passò cinque giorni a tenere la mano della donna pregando che si risvegliasse. Quando si riprese la trasferirono nella clinica privata in cui era in lista d’attesa. Una delle migliori al mondo.
Cosi conobbi Lily: priva di sensi e dopo essere stata accoltellata più volte. Non la vidi per qualche settimana, era come sparita, poi una sera uscii dall’ospedale e la vidi venirmi incontro con un caffè caldo, e un sorriso quasi raggiante. Era riuscita finalmente a rivedere la madre, dopo le classiche tre settimane di isolamento che l’imponevano nella clinica, e voleva ringraziarmi per essere stata con lei quella notte.
Non so se ti è mai capitato, ma sentii quel ringraziamento come sincero, come voluto e apprezzato, era felice di non essere stata sola anche se incosciente, mi si strinse il cuore a pensarla sola a vivere una situazione del genere. Venni a sapere in una delle nostre molte chiacchierate successive, che aveva un padre e un fratello. Ma erano tornati uno in Italia e l’altro in America lasciandole un fondo fiduciario e un conto in banca per pagare le spese della madre, ma loro non ne volevano più sapere, e quando Lily prese le difese della donna non esitarono a lasciarla li e basta. Una ragazzina di quattordici anni e una madre con delle malattie psichiche di stadio avanzato. Per due anni studiò a casa, era molto sveglia e si diplomò a tempo di record, per fortuna il sistema scolastico Americano è molto meno rigido di quello Europeo, e una volta preso ‘il pezzo di carta’ come disse lei, riuscì ad ottenere l’emancipazione e far richiesta alla Psychic Valley a Londra. Ma vivere con sua madre non è mai stato semplice, mi ha raccontato certi episodi, io non so… Non ho mai capito nemmeno chiedendolo come avesse fatto a sopportare tutto quello.
La cosa più bella è che più le cose andavano storte, più lei si rinchiudeva nel suo mondo dei sogni e riusciva a sopravvivere, anzi a vivere. Stava sempre con il lettore mp3 acceso e le cuffie sulle orecchie, e li attraverso la musica reagiva e lottava. Mi ricordo ancora quando ricevette la lettera da Harvard: l’avevano presa alla scuola di Medicina, con indirizzo in Psichiatria, era entusiasta, era sicura di poter riuscire a trovare un rimedio per sua madre. Aveva tutte le possibilità per prendere la laurea in pochi anni, e tornare a Londra a fare studi più approfonditi. Cosi fece, tre anni e ottenne la laurea, cosi lei ad appena venti anni si ritrovava con una laurea in Analisi Comportamentale e una confusione in testa notevole.
La ospitammo noi quando tornò, i miei genitori l’adoravano, come potevi non farlo? Con tutto quello che aveva passato aveva lottato e reagito senza farsi fottere da una vita schifosa.
Ero quasi gelosa di tutta quella forza, a volte convivere al fianco di persone così tenaci che ne avevano passate così tante non è semplice. Ti stimola ad apprezzare tutto quello che hai, ma anche a sentirti quasi sempre inferiore se ti viene da piangere perché il tuo ragazzo ti ha risposto male. Non che Lily mi ci facesse sentire, ma i paragoni erano inevitabili.
Chi vincerebbe tra: un ragazzo scorbutico e una madre che non solo ti ha accoltellata, ma ti picchiava o neanche ti riconosceva quando tornavi da fare la spesa?
Vedi anche quello che sto dicendo adesso, quanto posso essere stupida a dirlo?
A parte questo, Lily è sempre riuscita a tirare fuori la grinta in me, il farmi vivere meno di paure. Insomma deve avere carisma una che è riuscita a farmi lasciare con il ragazzo con cui stavo da una decade, e venire in California per cercare di conoscere quattro idioti tatuati fino ai denti.
Senza offesa. Scusami. Ma era quello che pensavo allora. – E forse un po’ anche adesso -
Negli ultimi quattro anni Lily ha letto ogni libro possibile sull’argomento, sai cosa riesce a fare? A capire da un battito di ciglia se menti. Hai presente tutte le puttanate che vedi in tv? Criminal Mind, Lie To Me e qualsiasi altra stronzata? Beh. Lei è cosi. E se metti che è empatica di natura, hai risolto ogni problema. Con lei non puoi mentire, punto. Molte volte, anzi sempre, lascia correre, non le interessa fare i profili, lavorare chissà dove o altro, vorrebbe solo ritrovare sua madre. Ha un vuoto dentro di sé tremendo, ma cerca sempre di non farlo mai pesare. Ci credi se ti dico che l’ho vista piangere solo due volte in vita mia? E la terza è stata stasera, proprio quando Brian l’ha spintonata e fatta cadere a terra per poi soccorrere Michelle, era sconvolta, è esplosa. L’ho sempre sentita piangere la sera, soprattutto i primi tempi dopo la laurea, ma al mondo mostrava solo un sorriso di una dolcezza unica. Ma… Sembra che voi Californiani riusciate a farla scattare come mai ho visto fare prima. Prima la lite con Gena, poi Michelle che è venuta alla sua festa di compleanno solo per umiliarla e insultarla. Ma ha detto l’unica offesa che riesce veramente a far cadere in mille pezzi la maschera di forza che ha Lily: sociopatica e psicopatica. Non mi stupisco che si sia accanita contro lei con tutta la sua rabbia repressa, credo che Michelle abbia pagato il conto di anni e anni di frustrazioni.
Ma le sta bene. Se solo becco una delle due gemelle giuro che gli farò lo scalpo. Mentre sentivo Michelle insultare Lily mi era venuta voglia di prenderla a calci . E sai quanto io non ami la violenza.
Ma a parte questo, ti sto riempiendo di chiacchiere, forse ti ho fatto venire solo il mal di testa, ma volevo che tu sapessi l’intera storia, sei l’unico che è sembrato stare dalla nostra parte, dalla parte delle ultime arrivate. E so che non deve essere stata una scelta semplice; anzi, quando tornerai a casa ti aspetterà Gena arrabbiata come non mai, e tu sei qui, a prenderti cura del mio livido che non è nemmeno cosi pronunciato. Dovevo aspettarmelo che provando a separare quelle due mi sarei presa una sberla anche io. Ma non avevo mai visto Lily cosi fuori di sé, tanto da vederle scendere lacrime dagli occhi e mancarle il fiato. Dio, non so nemmeno dove sia ora, era stravolta… Io dovrei chiamarla, dovrei cercarla, dovrei…

“Devi solo stare seduta qui” intervenne Zacky riuscendo finalmente a trovare il coraggio di parlarle e di rispondere. Aveva ascoltato attentamente ogni singola parola della ragazza, che mai come allora gli sembrava piccola e indifesa, tanto che avrebbe voluto abbracciarla e stringerla forte a sé.
“Non posso lasciarla in quelle condizioni, è totalmente…” sospirò. “Impazzita.” Aggiunse con gli occhi velati di tristezza e la gola che si chiudeva sempre più ad ogni parola pronunciata.
“Ci penso io, tra poco esco e vado a cercarla, ma credo che abbia solo bisogno di prendere un po’ d’aria” tentò di rassicurare Alex. “Posso chiederti una cosa?”
“Certo, credo che tu abbia tutto il diritto di fare domande, ti ho rovesciato addosso una serie infinita di cose” sospirò affranta. “Scusa” aggiunse, ma il ragazzo scosse la testa sorridendo.
“Ma davvero riesce a fare le cose della tv?” domandò lui con una curiosità così genuina che Alex non poté fare altro che scoppiare a ridere, sentendo tutta la tensione cominciare a scivolare via.
“Non proprio, ma uno dei suoi professori è stato uno degli sceneggiatori di Lie To Me” rispose serena lei, sorridendo a sua volta. “Devi vedere quando in tv dicono qualcosa di sbagliato, oppure esagerano, passa minuti interi a borbottare contro lo schermo, oppure gareggia con i protagonisti per riuscire a capire chi sia l’assassino per prima”.
“Non deve essere stato facile, e non dico per Lily, ma per te…” commentò lui sedendosi sul divano e sentendosi le gambe stanche e le spalle doloranti, come se tutto il peso che provava l’Inglese avesse trovato rifugio su di lui. Zacky non amava le cose complicate anzi, era uno che la linearità della vita l’aveva sempre apprezzata. Ma tutta quella situazione aveva un qualcosa di strano, di quasi attraente – a livelli quasi paradossali -.
“Fidati, se la conosci come la conosco io, vivere al fianco di Lily è realmente bello” la difese subito Alex.
“Non lo metto in dubbio, ha carisma, riuscirebbe a trascinarti ovunque, un po’ come me” scherzò divertito lui, facendo sorridere ancora una volta ragazza.
“Dio” sospirò guardando l’orario. “Sono le una e mezzo” mormorò scuotendo la testa.
“La vado a cercare io ok? Non può essere sparita, tu vedi di riposarti” rispose subito il ragazzo.
“Forse è meglio che venga con te, non sapresti nemmeno che dirle” si preoccupò Alex, non per mancanza di fiducia ma per l’eccesso di affetto che provava nei confronti dell’amica.
“Hey non sono nato ieri Alex, dammi un po’ di fiducia, appena la trovo ti mando un messaggio” diede un bacio in testa all’amica e si alzò.

SMS: Johnny To Zacky H 01:20 AM
Stiamo andando da Brian, non sta messo bene. Vieni anche tu?
SMS: Zacky To Johnny H 01:22 AM
Sto cercando Lily,  ancora non è tornata a casa, non passo da Brian pensateci voi.
SMS: Johnny To Zacky H 01:26 AM
Mi raccomando ok? A dopo idiota.

“Bel cazzo di lavoro” mormorò Matt scendendo dalla macchina. Era passato a prendere il bassista, Brian l’aveva chiamato totalmente ubriaco, e si era preoccupato.
“Cosa ti aspettavi? Che andassimo a dormire tutti felici e contenti?” domandò Johnny “Hai riportato tu Michelle a casa?” domandò poi.
“Sta da noi stanotte, vogliono denunciare Lily” sospirò il cantante prima di raggiungere il vialetto di ingresso che conduceva a casa di Brian. “Le ho convinte a ripensarci, in fondo Michelle l’aveva provocata davanti a tutti, insomma sporgere denuncia sarebbe realmente stato troppo”.
“Un problema in meno dai” Johnny girò la chiave nella toppa e fece il primo passo all’interno della casa dell’amico, accese la luce e vide Brian seduto sulla poltrona dell’ingresso con in mano una bottiglia di whiskey.
“Qui ne abbiamo un altro” mormorò Matt avvicinandosi all’amico. “Basta fare stronzate dai, e basta con quella bottiglia, non l’hai nemmeno pagata a Bob” la sua voce era seria ma tradiva una sfumatura di dolcezza inconfondibile. Una dolcezza quasi paterna, non solo fraterna. Brian aveva deciso di darci un taglio con gli alcolici pesanti dopo aver rischiato un paio di incidenti e il coma etilico dopo la morte di Jimmy.
“Non credi che abbia il diritto di bere stasera?” chiese il ragazzo alzando lo sguardo verso l’altro. “Insomma quella che doveva essere una festa è diventata una cazzo di parata di carnevale!” sbottò alzandosi in piedi.
“È tutto risolto” rispose secco Matt. “Michelle è a casa con Val, Lily sarà sicuramente con Alex, non ci sono più cocci da raccogliere, sono sicuro che tra una settimana ci rideremo su” aggiunse fermamente convinto delle sue parole.
“Ma stai zitto Matt cazzo!” rise Brian scettico. “Mi è sembrato di vivere un deja-vù in perfetta regola, uno di quelli che ti inchioda a terra e ti lascia con il culo dolorante” sospirò. “Sono stanco cazzo! Sono stanco!!” urlò agitandosi, aveva la voce roca e gli occhi rossi iniettati di sangue. “Per una cazzo di volta che stavo bene, sereno… Non lo so, cosa cazzo ho fatto di male? Cosa? Cazzo! Cazzo!” sbraitò innervosendosi ancora di più.
“Brian datti una calmata” rispose a tono il cantante, mentre il bassista osservava la scena, non gli piaceva per niente l’andazzo che aveva preso quella faccenda, non solo la serata, ma tutte le conseguenze che si stavano sviluppando erano decisamente pessime.
“Non dirmi cosa devo fare” disse per poi lanciare la bottiglia di whiskey in direzione di Matt, che prontamente si scansò onde finire in ospedale, e Brian finì per prendere in pieno però lo specchio vicino alla porta di ingresso.
“Ok, ora che hai fatto la tua scena da prima donna, mi stai a sentire?” la voce di Johnny risuonò decisa, quasi perentoria. “Basta drammi, basta stronzate, basta tutto quanto. Ogni volta che ti sfiora la vecchia vita cadi giù nel baratro, e cazzo non voglio andare a un altro funerale!” disse guardandolo dritto negli occhi con una serietà che nemmeno gli apparteneva, non del tutto. “Abbiamo seppellito Jimmy, non voglio perdere nessun’altra testa di cazzo ok? Credete che tutto quello che ci stia accadendo sia normale? No merda” sospirò scuotendo la testa. “State tutto il tempo a riflettere, a pensare a ricordate, e la vita vi scorre tra le dita come se fosse sabbia, tutti grandi pensatori che non fanno nulla, nulla. Nemmeno per sopravvivere”.
I due ragazzi non riuscivano nemmeno a replicare alle parole dell’amico, sapevano benissimo che stava semplicemente dicendo a voce alta la verità che tutti conoscevano. Ma sentirsela sputare addosso con così tanta convinzione, era come ricevere uno schiaffo in pieno volto.
“Non so se Val è quella giusta Matt, nessuno verrà a dirtelo e nessuno starà a tenerti la mano mentre tenti maldestramente di salvare capra e cavoli” si rivolse al cantante che in quel momento si sentiva piccolo rispetto all’amico. “E te Brian, perché hai reagito in quella maniera? Non era Lily la tua ragazza? Cosa, rivedere Michelle ti ha fatto capire quanto ti fosse mancata?” domandò con ironia. “Non penso o non l’avresti mollata sola al pub mandandola a quel paese, non sto prendendo le difese di Lily, ma stasera sei stato semplicemente una testa di cazzo. Non è modo di comportarsi, nemmeno con l’ultima arrivata”.
“Hai ragione” esordì il chitarrista fissando l’amico. “Non so cosa sia successo, era tutto opprimente, vedere Michelle sparare a zero su tutti, colpire così basso anche le persone con cui era cresciuta…” scrollò le spalle e sospirò “è stato destabilizzante, non sapevo nemmeno io cosa fare, non che con Lily sia amore eterno, ma sto bene con lei, è pazzesca non solo a letto… Ma… Michelle era così ferita, non mi ero reso conto di quanto male le avevo inflitto, e vederla a terra con…”
“Michelle sapeva benissimo quello che stava facendo” intervenne Matt. “Val e Gena l’hanno aggiornata su tutto, è stata colpa mia, mi è sfuggito che te la facevi con… Insomma, Michelle sapeva benissimo dove voleva andare a parare.”
“Merda” sbottò esausto Brian che si girò per raggiungere il salone e lasciarsi andare sul divano in preda al mal di testa peggiore che avesse mai avuto. Non era dovuto all’alcool, poteva tranquillamente asserire che il suo corpo era composto per il cinquanta percento di C2H5OH, ovvero: etanolo puro.
“Sapete chi passerà la nottata peggiore di tutte? Zacky” commentò Johnny divertito. “Sta andando a cercare Lily, ed è stato fino a poco fa con Alex, Gena quando torna a casa lo picchierà, ne sono certo” concluse la frase accennando a una risata.
“Ormai è abituato ad avere occhi neri” aggiunse Brian con un mezzo sorriso. “Forse dovrei cercarla io. Dovrei parlare e spiegarle cosa è accaduto stasera, non se la starà passando per niente bene…”
“Non credo che abbia voglia di vederti” ammise Matt ragionandoci su.
“Mio padre mi ha scritto che sono un coglione” borbottò il ragazzo leggendo alcuni messaggi, provando una sorta di delusione notando che il nome suo non compariva ne tra le chiamate né tra la posta in arrivo.
“Tuo padre riesce sempre a cogliere il punto della situazione con estrema sintesi!” Annuì Johnny con un sorriso soddisfatto.

In quel preciso momento si sentiva tanto originale quanto stupida; Los Angeles svettava davanti a lei sottoforma di un’immensa distesa di luci più o meno colorate. Non aveva nemmeno pensato dove andare o cosa fare; voleva solo allontanarsi dal pub e cercare di dimenticare quello che era successo. Si sentiva tremendamente in colpa, era certa di aver bruciato l’unica chance di poter realmente entrare a far parte di quella comitiva che non vedeva più come idoli da poster, ma come persone con sui si trovava realmente bene. Avevano smesso di essere: M Shadow, Johnny Christ, Zacky Vegeance e Synyster Gates; ed erano diventati semplicemente: Matt, Johnnino, Zee e Brian.
“Davvero?” una voce a lei familiare la fece sobbalzare dallo spavento, e per poco non scivolava giù dalla lettera L di ‘Hollywood’ dove si era arrampicata. “Davvero Lil? Insomma, proprio qui dovevi finire?” disse Zacky che la stava fissando da terra, spalancando le braccia rivolte verso il basso. “Insomma, non fa troppo Teen-Movie?” continuò divertito prendendo a fare il giro della struttura e salire attraverso la scaletta a pioli che avevano installato quelli della Contea per evitare che la gente si ferisse nel tentativo di ‘essere padroni del mondo’.
“Stavo pensando la stessa cosa, ma non sapevo dove altro andare” rispose la ragazza tentando di asciugarsi le lacrime con il braccio. “E poi non c’ero mai stata, Alex soffre di vertigini non si è voluta nemmeno avvicinare a questa scritta” aggiunse poi con un sorriso.
“Non la biasimo, se dovessimo scivolare cadremmo fino ad arrivare a rotolare nella parte bassa di LA” disse lui guardandosi intorno per poi sedersi. “La gente sciroccata viene qui per suicidarsi ma si buttano male e finiscono con il rompersi una gamba e basta” aggiunse con lo stesso tono professionale di una guida turistica.
“Non ho nessuna intenzione di suicidarmi” precisò lei.
“Non l’ho minimamente pensato, non sei una da suicidio” annuì lui serio. “Al massimo potresti fare una strage e dopo farti ammazzare dalla polizia puntando la pistola contro la barricata” aggiunse.
“Hai un’immaginazione fervida sai?” rise lei scuotendo la testa.
“Sono un’artista, è normale che sia cosi” convenne, cercando di concentrarsi per non scoppiare a ridere.
“Che ci fai qui?” chiese poi girandosi a guardare il ragazzo.
“Avevo voglia di aria fresca” annui lui con un sorrisone talmente genuino e innocente che fece scoppiare a ridere la ragazza, e sentì come parte della tensione iniziare ad allentare la presa intorno ai suoi muscoli.
“Ti ha costretto Alex a venire?” domandò poi più dolcemente, ricordandosi solo in quel momento che non aveva fatto sapere alla sua amica che era sana e salva, ma aveva paura: sapeva benissimo di averne combinata una grossa.
“Per essere una che dovrebbe leggere le persone, beh… Fai un po’ schifo” commentò lui scuotendo la testa, per poi accendersi una sigaretta “No, non mi ha costretto a venire qui lei…”
“Peggio, ti ha detto tutto” sospirò Lily scuotendo la testa. “Ci mancava anche questa” borbottò tutta contrariata, passandosi poi una mano tra i capelli, che avevano assunto le sembianze di un nido di qualche uccello che non aveva doti da architetto.
“Ti puoi fidare di me, sono muto come una tomba” rispose lui annuendo.
“Certo tanto muto da dire a Johnny a Matt che avevi beccato me e Brian?” chiese lei, e prima che il ragazzo potesse anche solo proferire parola lo zittì con un gesto secco della mano “So che non lo hai fatto con cattivi propositi, nemmeno Matt lo ha detto con cattiveria a Val, la presenza di Michelle sarebbe stata inevitabile comunque” sospirò. “Di certo questo compleanno non lo dimenticherò mai” aggiunse poi con un sorriso malinconico. “Non volevo aggredire Michelle, non razionalmente, non so cosa mi sia preso, ero stanca di essere il bersaglio per le frustrazioni di chiunque”.
“Non ti biasimo” convenne lui sincero. “Michelle credo che abbia solo gettato benzina sul fuoco, ma cazzi suoi se si è scottata” aggiunse con senso quasi liberatorio. “Quando succedono queste cose, e non mi riferisco solo alle risse, ti rendi conto di quanto le persone cambino, di quanto tutto inevitabilmente muta in un qualcosa che sta solo a definire che non sarai più quello di una volta”.
“Non avrei mai creduto di potervi conoscere, non così, non riflettevo ok?” ammise lei abbassando lo sguardo per fissare i graffi che aveva sulle gambe che neanche le dolevano più, era tutta intorpidita, come se il suo corpo avesse settato l’impostazione: sopravvivenza. “Non riuscivo a credere, ogni giorno era una di quelle avventure che ti ritrovi a sognare o guardare nei telefilm, mi sentivo come graziata, avevo iniziato a pensare che fosse una sorta di ricompensa per tutto quello che avevo vissuto” continuò con una dolcezza nel tono che fece quasi tenerezza a Zacky che stava incominciando a intravedere dei lineamenti ben definiti dietro quella maschera di forza e spensieratezza. “Ma chi sono io per poter ricevere tanta grazia? Alla fine non ho trovato la cura per qualche malattia, o un metodo per far giungere la pace nel mondo, ho solo avuto una madre con dei problemi… - scosse la testa tristemente – Ho molto dalla vita, non fraintendermi, e mi sento fortunata: ho un bel fisico, ho un conto in banca consistente, ho una laurea e una specialistica di livello, potrei teoricamente considerare la mia vita perfetta.” Statuì amaramente. “E tutti pensano che sia così, non faccio molto per contraddirli o fargli cambiare idea, a volte è meglio che pensino sia una stronza egocentrica e viziata. Se mi affezionassi alle persone, scoprirebbero che non è tutto oro quello che luccica e mi lascerebbero lungo la strada dopo qualche settimana di avventura” sospirò alzando finalmente lo sguardo fino a fissare il manto stellato, sdraiandosi poi all’indietro e portando entrambe le braccia incrociate dietro la testa.
Al ragazzo non sfuggi  la cosa e si girò totalmente verso di lei, per chinarsi sopra la ragazza, appoggiando una mano vicino al suo viso e reggere cosi il peso del corpo: i loro visi distavano solo qualche centimetro, e i loro sguardi era incatenato uno all’altro.
“E se io ora ti baciassi?” chiese con un tono di voce più caldo e profondo del normale. Lily non rispose, stette qualche secondo in silenzio senza muoversi di un millimetro, aveva assunto le stesse sembianze di una statua di cera.
“Provaci, no?” rispose tranquillamente, per poi dopo qualche secondo scoppiare a ridere, allontanando da sé il ragazzo mentre tornava su seduta, portandosi poi le braccia intorno alla pancia continuando sempre a ridere.
“Che cazzo hai ora?” chiese lui leggermente seccato.
“Non hai creduto nemmeno per un secondo di baciarmi, volevi solo provare, solo riuscire a fare qualcosa di estremamente stupido” rispose lei tranquillamente. “Nonostante il tuo corpo e la tua voce fossero quasi perfetti, ti hanno tradito le pupille: non si sono dilatate”. Prese a spiegare tranquillamente. “Quando si prova eccitamento e attrazione, beh, le pupille degli occhi si dilatano leggermente.”
“Vorresti dire che non ti trovo bella?” domandò lui perplesso.
“No, voglio dire che nonostante tutti ti diano dello stronzo, non hai tradito Gena cosi tante volte come le persone pensano, e che non è nella tua natura ferire deliberatamente le persone a cui tieni” rispose lei con lo stesso tono dolce che aveva usato poco prima.
“E questo l’avresti dedotto solo perché ho provato a baciarti senza fiondarmi su di te come un cazzo di maniaco?” chiese allibito, sgranando i grandi occhi verdi con immenso stupore.
“No, dai mesi in cui sono stata in vostra compagnia, posso non aver detto o commentato le cose, ma fin da piccola ho sempre amato osservare” rispose scrollando le spalle. “E non serve una specialistica in analisi comportamentale o una laurea in psichiatria neurologica per capire che siete incasinati” statuì con calma “E per quanto sia stata dolorosa la morte del Rev, beh non è l’unico fattore scatenante, ma questo è un altro discorso” concluse scuotendo l’ennesima volta la testa, come se volesse scrollare via tutti gli altri pensieri.
“Posso usarti come teste in aula, quando il processo delle streghe busserà alla mia porta?” chiese tranquillo. “Allora, cosa vuoi fare, vogliamo stare qui tutta la notte oppure ce ne torniamo a casa?”
“Casa? Abbiamo ancora una casa?” chiese con finta ironia.
“Guarda che non è successo niente che non abbiamo già visto” la tranquillizzò “Solo che Val a un’oca di fan l’ha stesa beccandosi una di quelle denunce che rischiavano di finire nel penale” rise ricordando l’accaduto.
“Tu non avrai problemi con Gena?” domandò poi preoccupandosi. “Non devi aver vita facile, stai cercando in tutti modi di reagire, ma c’è sempre qualcuno che ti trattiene” continuò addolcendo il tono.
“Nessuno mi trattiene” ammise “Sono abbastanza autonomo per cavarmela da solo, la gente pensa che sia uno stronzo o un pazzo, ma è la spiegazione che da meno problemi” rispose con un sorriso.
“L’amore non è mai semplice mhm?”
“Non è questione di amore Lil” proferì lui girandosi verso la ragazza “In una relazione l’amore è solo l’inizio, non dura per sempre, si trasforma, diventa sentimento e affetto” sorrise leggermente accendendosi una sigaretta. “Potrà sembrare un cliché, ma in un rapporto con una persona subentra molto altro. L’amore è la spinta iniziale, ma successivamente prendi a vivere con i difetti, con i modi di fare di quella persona… Capita a volte di vederli trasformati in enormi caricature di loro stessi, e lì le cose cominciano a farsi difficili. Quando quello che resta del tuo rapporto non basta più” sospirò prima di fare un lungo tiro, e buttare fuori il fumo come cenno quasi liberatorio.
“Non ho mai cercato l’uomo della mia vita, ho sempre avuto la testa piena di altre cose, ho avuto storie e flirt, ma niente di più” rispose lei. “Non ho permesso a nessuno di avvicinarsi a me cosi tanto da conoscermi realmente” ammise “Vedevo Alex soffrire mentre stava con Philip, mentre lui la tradiva deliberatamente prima del matrimonio,  avevo anche pensato di pagare qualcuno per massacrarlo di botte” scosse la testa ridendo.
“Non che sia la massima autorità, ma credo che le carte in tavola con Brian siano cambiate vero?”
“Brian mi odia vero?” chiese poi all’improvviso guardandolo con una tristezza infinita negli occhi.
“No, odia più sé stesso, non avrebbe dovuto spingerti via, è solo confuso…” rispose lui parlando tranquillamente per l’amico, no, lui non possedeva qualche laurea speciale, ma semplicemente conosceva Brian come se fosse una sua metà.  La ragazza sospirò alzandosi.
“Grazie per essere venuto qui, Alex lo apprezzerà moltissimo” disse Lily una volta arrivati alle proprie macchine. “E non rispondere ok? So che Ci tieni da morire a lei” statuì entrando in macchina, per poi aspettare che il ragazzo facesse lo stesso nella propria  e partirono insieme: di ritorno a casa.

“Pronto?”
“Hey, tutto bene vero?”
“Si abbastanza, mi volevo scusare, per essermene andata via in quella maniera, ma soprattutto per aver rovinato la festa a tutti…”
“Hey piccoletta la festa era la tua, niente scuse ok?”
“Beh, mi sento un po’ un vile verme.”
“Sapessi quante risse ho fermato, o quante ferite ho disinfettato.”
“Immagino, le interviste dei ragazzi erano piene di questi aneddoti.”
“Mai quanti ne so io, volevo solo assicurarmi che stessi bene, quel caprone di mio figlio deve crescere.”
“Non è mica stata colpa di Brian.”
“Non provare a difenderlo ok? Ho contribuito a metterlo al mondo, posso esonerarti dal sentirti in colpa se vuoi insultarlo.”
“Ok grazie, come al solito sai come farmi migliorare l’umore, è vero allora quello che si dice: sei divino.”
“Oh, dai mi hai scoperto, tu puoi continuare a chiamarmi Papa Gates però.”
“Ok, Papa Gates, sto parcheggiando quindi sono sana e salva.”
“Bene, presto inizieremo le nostre lezioni ok? Hai una Fender da imparare a usare, vedrai che magie farai.”
“Mi mette ansia, gente ucciderebbe per avere lezioni da te.”
“E lasciali rosicare, noi ci divertiremo.”
“Non lo metto in dubbio.”
“Buonanotte tigre.”
“Grazie per la telefonata, buona notte…”
Spense il telefono raccogliendo le sue cose e un sorriso sincero e genuino le si dipinse in volto, per poi sentire la porta dell’ingresso aprirsi e una piccola scheggia correre verso di lei e abbracciandola fortissimo: si, era appena tornata a casa.

 

“Dove sei stato?”
“Cosa hai fatto?”
“Ti rendi conto di quello che è successo?”
“Sono le tre di notte! Dio!”
“Si può sapere perché hai staccato il cellulare?”
Zacky era fermamente convinto che esistesse una legge che proibisse di essere travolti da cosi tante domande ancora prima di riuscire a chiudere la porta della propria casa. Doveva almeno esistere una sorta di attenuante in caso di omicidio no? Avrebbe dovuto informarsi il giorno successivo.
«Sono cazzi miei. Sono cazzi miei. No. Grazie dell’aggiornamento. Sono cazzi miei.»
Sarebbero state queste le risposte che avrebbe voluto dare se la conseguenza logica di quelle parole non fosse stata lo stare in piedi fino al mattino ad ascoltare le urla strepitanti della sua ragazza. Non c’era mai fine ai drammi e alle paranoie, non c’era mai fine a un bel cazzo di niente in quel periodo; era un percorso continuo ed infinito sulle montagne russe: alti, bassi, curve che quasi ti proiettavano fuori dall’abitacolo e urla continue.
“Gena, ti prego, mi fai parlare? Una volta tanto, siediti e stai zitta cazzo” sospirò sentendosi di nuovo come se la gravità lo stesse schiacciando a terra, con una forza tale da fargli dolere ogni singolo osso.
“Voglio sapere quale mirabolante scusa troverai ora” squittì la ragazza sedendosi impettita sulla poltroncina.
“Non ho scuse, sono stato prima da Alex,  e poi sono andato a vedere come stava Lily” rispose lui tranquillamente. “No Gena, non ci sono andato a letto nemmeno questa volta, né hanno provato a circuirmi” rispose lui incassando la testa nelle spalle per poi chiudere gli occhi qualche secondo. “Non so se ci hai mai pensato, ma non sono interessate a rubarti il posto, a rubarlo a Val o che altro, e si, ci stiamo affezionando a loro, siamo essere umani, non siamo degli automi del cazzo che potete comandare a bacchetta”.
Non voleva litigare, ma doveva pur dire la sua, si sentiva quasi castrato dalla ragazza in ogni loro discussione; era difficile mantenere il precario equilibrio che rendeva la loro storia una relazione. I compromessi erano sempre più frequenti e invadenti,  e lui non riusciva quasi più a ricordare come era bello stare insieme all’inizio senza inibizioni e problemi.
“Si può sapere perché stai sorridendo?” chiese Gena inarcando il sopracciglio.
“Stavo ricordando il  tour nel quale ci hai seguiti senza darci tregua” sorrise; ed era quando si erano conosciuti, Gena sembrava averlo dimenticato: ma lei era stata una fan, molto più accanita di quanto fossero Lily e Alex.
“Oddio” sbottò ridendo la ragazza rilassandosi quasi totalmente, come se quel ricordo avesse fatto cancellare le ore di paranoie e preoccupazioni; riportando a galla dei sentimenti e un affetto che il tempo stava rischiando di strapparle via dalle mani. “Ero totalmente pazza di te, ero sempre in prima fila e a fare foto e autografi ricordi?” commentò alzandosi e andandosi a sedere sopra le gambe di Zacky posandogli un dolce bacio sulle labbra.
“Me lo ricordo si, Brian era terrorizzato dalla tua presenza, spuntavi fuori ovunque, solo dopo scoprimmo che avevi pagato Big-T per farti dire dove alloggiavamo” rise lui scuotendo la testa. “Avevi questi capelli biondissimi, e nel giro di quei tre mesi cambiasti taglio almeno sei volte”
“Te lo ricordi?” chiese stupita fissandolo intensamente, per poi mordersi il labbro inferiore. “Te lo ricordi…” mormorò dopo qualche secondo e le vennero quasi gli occhi lucidi.
“Certo che me lo ricordo” sospirò lui sciogliendosi come neve al sole: una sua grande debolezza era l’effetto che gli faceva vedere una donna piangere, se poi quella donna era la sua, si trasformava in una poltiglia di dolcezza e preoccupazione. “Mi ricordo del reggiseno che mi hai regalato con su scritto il tuo numero di telefono, il pupazzetto di Aladin che aveva gli stessi miei pantaloni” prese a dire lui accarezzandole un fianco. “Per non dimenticare la sera che mi hai offerto una birra, e poi anche il dolce, eri cosi emozionata bellissima, non capivi più nulla, mi facevi una tenerezza immane, senza considerare quanto risultavi sexy con quella maglia della Vengeance University tutta tagliata e un po’ logora…” Non fece in tempo a finire la frase che la ragazza lo abbracciò fortissimo, per poi baciarlo con una passione e una dolcezza che ricordava perfettamente quella passata, e non la rabbia e il senso di possesso delle loro ultime notti di fuoco; dove il sesso era semplicemente un modo per illudersi di stare insieme.

*

Rabbia. Pura rabbia, non riusciva a provare altro nello stringere l'amica che singhiozzava in lacrime. Odiava la California, odiava Brian e il suo modo di comportarsi, ma sopratutto lo odiava per essere riuscito a spezzare Lily quando una vita fottutamente bastarda non c'era riuscita. Avrebbe solo voluto prendere il primo aereo e portarla lontano, ma Alex sapeva che ormai il cuore di Lily - seppur spezzato e calpestato - apparteneva ad Huntington Beach. Avevano passato gran parte della notte a parlare, e Alex era rimasta in silenzio quando Lily aveva tirato fuori tutti i suoi pensieri, le sue paure e le sue aspettative. Che era innamorata di Brian non ne faceva più mistero: non avrebbe potuto negare più l’esistenza di quei sentimenti. Il solo pensiero di averlo perso per sempre l’aveva fatta piangere tutte le lacrime che le erano rimaste.
“Devo metterti dei punti Lily” sospirò Alex allontanando da sé l’amica. “Hai graffi ovunque, e non li hai nemmeno disinfettati” aggiunse preoccupata. “Dovresti farti una doccia e filare a letto, e anche mangiare qualcosa”. Non era nervosa, non stava straparlando, ma semplicemente prendendosi cura dell’amica di sempre, che in quel momento più che mai aveva bisogno di lei.
“Non ho molta fame” ammise la ragazza tirando su con il naso e asciugandosi gli occhi con un fazzoletto. “Non sanguino più, sono necessari i punti?” domandò lei con tono dolce e remissivo, in altre occasione l’italo-americana avrebbe sbraitato fino a perdere il fiato per evitare i punti: odiava gli aghi e vedere la sua pelle trafitta per essere richiusa con un filo.
“Fai una bella doccia, io ti preparo un caffèlatte e vediamo ok?” propose Alex, sapeva che quando sarebbe tornata l’amica un secondo round di chiacchiere le avrebbe attese.

Object: Scommetto che sei sveglia…
From: Masteroftheuniverse@vengez.com
To: Rainbowcandy@aol.com

Volevo solo sapere come stavi, non deve essere una nottata semplice la vostra, avete parecchi cocci da recuperare.  Io sono sano e salvo, a quanto pare stasera Gena ha provato ha darmi fiducia e un po’ di tregua. Ho parlato con Matt e Johnny, sono da Brian, dormono li stanotte, non era propriamente lucido, ma è una scena già vista. Io dovrei mettermi a disegnare la nuova linea della Vengeance University, ma tutto quello che ho fatto è stato solo fare un bellissimo punto nero sul figlio bianco. Una figata spaziale non trovi? Magari ci pianto sotto un “Pointless” e la faccio passare per qualche stronzata da intellettuale, come quelle d’arte moderna, che quando sono andato a una mostra non sapevo se l’estintore appeso al muro era una delle opere o un semplice estintore.  Magari c’è qualche fan sciroccato che le comprerebbe, che dici? Io dico che è un’idea che potrei realmente provare, grazie dell’aiuto, come sempre sei illuminante.
Buonanotte, ci sentiamo domani cosi mi dici come state.

“Tu che stai al pc in piena notte?” chiese Lily tornando in sala, indossava una tuta e si stava strofinando i capelli con un asciugamano. “Qui gatta ci cova” aggiunse divertita, gemendo poi quando per sbaglio si era toccata una delle tempie, da dove iniziava un enorme livido che arrivava fino al naso. Il suo aspetto non era dei migliori, forse era la volta che si era fatta più male in assoluto, graffi e lividi ovunque. Aveva riconosciuto che Michelle era una che ci sapeva fare con le mani.
“Mi ha scritto Zacky, voleva sapere come stavamo, e mi ha gentilmente informata di una sua strampalata idea” rispose la ragazza chiudendo il portatile e posandolo sul tavolino. “Caffèlatte e qualche biscotto, ti avrei portato anche la torta di compleanno, ma ti sarebbe andata di traverso” aggiunse abbassando lo sguardo per un secondo.
“Scherzi? È stato il compleanno più meraviglioso del mondo!!” esclamò sincera, con un sorriso appena pronunciato dato che non riusciva a muovere bene le labbra per l’intorpidimento.
“Non devi dirlo per forza Lily, hai pianto fino a due secondi fa, sei distrutta, mi dispiace, non era cosi che l’avevo progettato” disse l’amica con un sospiro, sentendosi in colpa per come si erano evolute le cose.
“Ok, ho pianto, mi sono sfogata, ma mentre facevo la doccia ho avuto un’epifania bella e buona” rispose lei sedendosi vicino all’amica, prendendole le mani e stringendole nelle sue. “Ho passato un compleanno insieme agli Avenged Sevenfold, ho la giacca di Zacky, le lezioni di chitarra con il papà di Brian, ho una marea di regali e i ricordi migliori del mondo” disse dolcemente. “Se penso a tutto questo mi verrebbe voglia di saltellare su e giù, certo poi però mi vengono in mente le parole di Michelle, e lo sguardo di Brian” sospirò rattristandosi quasi subito. “Beh quello sguardo è difficile da dimenticare, mi ha fissato come se fossi una pazza, forse l’ho spaventato, forse è giusto che sia andata così” aggiunse tutto d’un fiato.
“No, è lui che è stato un coglione Lily, lui doveva difendere te non spintonarti via, è stato un cafone, se solo lo becco uno di questi giorni gli stacco la testa” esclamò Alex innervosendosi leggermente.
“La cosa brutta è che alla festa, quando mi abbracciava, o semplicemente mi guardava.. Al… Ti giuro mi sentivo come se niente potesse più abbattermi, era cosi bello sentire le sue mani sfiorarmi o quando mi dava quei piccoli baci sul collo, sussurrandomi cose all’orecchio che tu non dovrai mai sapere…”
“E non voglio ASSOLUTAMENTE sapere” precisò subito l’inglese. “Basta avervi visto poche settimane fa” aggiunse rabbrividendo. “Ho gli incubi! Grazie a Dio che Brian aveva ancora i boxer, o avrei dovuto amputarmi via occhi e cervello.”
“Scema!” esclamò ridendo l’amica, per poi abbracciarla fortissimo. “Sei la mia salvezza sai?” aggiunse riconoscente.
“Tu hai salvato tante volte me” rispose lei con un sorriso.
“Ho ricevuto gli auguri da mio padre… Mi sono arrivati mentre facevo la doccia” le porse il cellulare.
Tanti auguri di Buon Compleanno Lilian. Lorenzo.
“Si è sprecato cazzo” esclamò allibita Alex.
“Che vuoi che sia? Secondo me l’ha scritto la sua segretaria, neanche si sarà ricordato lui, sempre meglio di mio fratello che non si è fatto vivo” sospirò. “Ho provato a chiamare la clinica per sentire mamma, ma mi hanno detto che era sedata e non poteva neanche parlare bene” scosse la testa chiudendo gli occhi per scacciare ogni pensiero.
“Mi dispiace così tanto” sospirò. “Mio padre ha chiamato mentre eri via, domani richiama, non gli ho detto della rissa, non volevo farlo preoccupare.”
“Oh, tranquilla ok? Sarò muta come un pesce, domani lo richiamiamo, i tuoi sono sempre dolcissimi con me” sorrise felice.
“Lily sai che con me non devi far finta di niente, vero?” chiese all’improvviso, notando che l’amica era entrata nella modalità del pilota automatico: va tutto bene.
“Basta ok? Ho bisogno di non pensare a quello che è successo stasera, ho paura che se crollo del tutto non mi rialzo più, scoprire che una semplice persona conosciuta realmente da così poco tempo abbia un potere così elevato mi spaventa” ammise.
“Questo perché Brian non riesci a controllarlo, perché con lui non hai più una mentalità clinica e calcolatrice, ma ti lasci andare totalmente, perché lui riesce a tirare giù la tua maschera” le fece notare Alex.
“Sono vulnerabile così, e non è un lusso che a quanto pare posso permettermi.”
“Sei innamorata, è un pericolo che non hai mai corso realmente.”
“La smetti di essere il grillo parlante?” borbottò Lily scuotendo la testa. “Insomma!” sorrise, poi lasciò cadere lo sguardo sul cellulare che prese a vibrare, e la foto che comparve sullo schermo le diede il colpo finale: Brian. Quella foto l’aveva fatta al barbecue, ne voleva una da mettere come ID di chiamata, e lui aveva iniziato a fare come il suo solito mille facce stupide, e lei aveva scattato a caso, ma dopo aveva sorriso e l’aveva baciata mentre nessuno poteva vederli.
“Proporrei una cosa, che il tuo cellulare lo tengo io” esclamò Alex sfilandolo dalle mani dell’amica, e premendo tranquillamente il tasto ‘IGNORA’; lanciando così un messaggio inequivocabile al ragazzo.
“Ma…” provò a obiettare flebilmente.
“Niente ma, sei ancora  sconvolta, non è il momento di rispondere a certe telefonate” statuì l’inglese decisa. “Ricordi cosa facesti quando decidemmo di partire?”

*Flashback*
“Hai preso tutto?” chiese Lily con un sorriso, sedendosi di peso sul letto con un sorriso che sembrava quasi ridicolo per quanto grande.
“Come faccio a sapere se ho presto tutto Lil? Non sappiamo nemmeno quanto stiamo via” puntualizzò l’amica con fare scettico. L’idea di quel viaggio-avventura non la entusiasmava come quando glielo aveva proposto: un conto era progettarlo, un altro era avere il biglietto in mano di sola andata.
“Non torneremo nemmeno per il mio compleanno, forse neanche per natale” rispose l’amica con un sorriso amabile, in fondo mancavano solo poco più di quattro mesi alle festività natalizie; perché affrettare i tempi?
“Semplice dirlo per te” sospirò Alex abbattuta, chiudendo la seconda valigia. Aveva decisamente bisogno di qualche tempo per digerire quella partenza, i tre mesi che l’avevano preceduta non le erano serviti a nulla, se non a crearle ancora più confusione in testa di quanta ne avesse già.
“Non hai nemmeno bisogno del pass, hai visto che gli avvocati di mio padre sono stati tempestivi?” commentò ilare senza preoccuparsi dei timori della migliore amica, erano del tutto innocui, uno degli obbiettivi di quel viaggio era proprio far rilassare Alex, che aveva cominciato a sentire il peso sulle spalle di un mondo che non le apparteneva.
“Certo, sono degli squali pronti a tutto, fare ottenere una green card alla migliore amica della figlia del capo deve essere stato come risolvere il sudoku alla pagina dei giochi dei bambini” borbottò contrariata, aveva sperato nella difficoltà di ottenere un visto permanente, per avere almeno la parvenza di una data di scadenza.
“Se Lily vuole, Lily ottiene” rispose lei annuendo tutta fiera. “E poi con Josh ci sono andata a letto, e lui non sapeva chi fossi, quindi appena vede una mia chiamata trema” rise divertita alzandosi per andare ad abbracciare l’amica in uno slancio di affetto. “Dai ne hai passate troppe per rimanere qui a Londra, stai diventando una vecchia insopportabile e non hai nemmeno ventotto anni!”
“Chissà perché ho come l’impressione che tutto questo ‘mortorio’ come lo chiami tu, mi mancherà da morire?” domandò laconica scuotendo la testa.
“Vuoi che ti ricordi di come hai beccato Philip insieme a Lorelay?” disse di punto in bianco, con un tono quasi funereo. “Vuoi che ti ricordi che…” iniziò a dire dirigendosi all’armadio  con passo deciso “Hai uno stracazzo di vestito da sposa che avresti dovuto mettere tra tre settimane?!” prese l’abito sventolandolo davanti agli occhi dell’amica, per poi gettarlo a terra. “Oppure dovrei ricordati che Vanessa ti è passata davanti in graduatoria perché è andata a letto con il primario della clinica?”
“Basta!” urlò Alex con gli occhi lucidi e un dolore fisso al cuore tanto che dovette sedersi sul letto per riprendere fiato; tutto aveva preso a girare in maniera quasi oscena, e lei provava la stessa nausea di una sbronza colossale l’ultimo dell’anno.
“No, non la smetto! Perché a quanto pare tu non sei mai convinta di niente Alexandra.” Urlò in risposta calpestando l’abito da sposa per raggiungere l’amica e fissarla qualche secondo. “Hai mille motivi, hai mille occasioni davanti a te, e con il restare qui finirai solo con il farti del male ogni giorno di più..” continuò a dire addolcendo il tono della voce, e accucciandosi davanti all’amica, per prendere il viso tra le mani e asciugarle le lacrime che sparute avevano iniziato a scendere. “Hai sempre detto che invidiavi la mia spensieratezza che sfiorava la follia e l’ingenuità, tu non ci hai mai provato, è ora di alzare il culo e di darti una mossa” aggiunse poi facendola sorridere; Lily scivolò seduta a terra ma tenne stretta tra le sue la mano dell’amica. “A volte il mondo non si ferma quando ci travolge con tutte le sue cose, belle o brutte che siano, sta a noi decidere di fermarci e cambiare rotta. Non hai più diritto di stare qui e soffrire; abbiamo l’America da scoprire, no?” chiese con un sorriso.
“Ma se tu sei nata e cresciuta a New York” rise l’amica tra le lacrime, tornando a respirare con regolarità: Lily non aveva tutti i torti; stava facendo di tutto per farla stare meglio, erano quasi due mesi che l’italo-americana aveva tentato ogni cosa per alleviarle il dolore di vedere il proprio uomo, quello che avrebbe dovuto sposare, a letto con la propria segretaria. Ma ogni cosa a Londra riportava alla memoria tanto belli quanto dolorosi ricordi, in fondo con Philip ci stava da quasi dodici anni.
“Ho anche la cittadinanza italiana se è per questo, capriccio di mio padre e delle sue stupidi origini” borbottò incassando la testa nelle spalle. “Ma l’italiano non lo parlo da una vita, ogni volta che devo leggere qualche rivista italiana o libro mi viene il mal di testa” aggiunse con un sorriso.
“Perché vuoi andare in California?” domandò poi l’amica, che ancora non era riuscita a far confessare tutte le motivazioni che aveva la ragazza. “Odi il sole, tu sei una che vive bene sotto zero, abiteresti in un Igloo in mezzo al nulla piuttosto che stare stesa a non fare nulla sotto il sole cocente” puntualizzò. “E secondo le statistiche la California ha le temperature più alte dell’emisfero settentrionale”
“Shsh!” disse subito Lily “Basta con le tue statistiche, le tue analisi, basta eh. La California è la meta perfetta: bei ragazzi, il surf, il lusso più estremo e ha dato i natali a parecchie persone interessanti” borbottò tutta contrariata.
“Come gli Avenged Sevenfold?” chiese con un sospiro. “Sai che io amo più i My Chemical Romance? E che New York sarebbe più adatta a me? Anzi sarebbe perfetta” sospirò una seconda volta in pura estasi.
“Si e io che me ne faccio di quattro pagliacci? Voglio dire, sono dei coglioni e lo dici anche tu che li adori” le fece notare l’amica.
“Ok, va beh, ma scusa…” scosse la testa per scacciare via i pensieri che aveva della band “Però posso capire che non vuoi vivere un’avventura nella tua città natale, ma la California è sempre territorio tuo” borbottò.
“No, sarà mio, aspetta che andremo lì..” rise l’amica divertita. “La California ci permetterà di realizzare tutto, male che vada se sarai ancora così tanto depressa chiederà a mio padre di comprarti letteralmente quei pirla per farteli suonare solo per te”
“Ah! Mi piace… Me lo prometti?” scherzò lei con un sorriso.
“Va bene, tanto mio padre pur di non avere a che fare direttamente con me mi comprerebbe anche la luna” sorrise.
“Non dire così” celiò Alex leggermente imbarazzata da quel tipo di discorsi, lei non concepiva dei genitori che non volessero bene ai figli. La sua famiglia non era ricca, non era sulle pagine dei rotocalchi, ma era unita, e più viveva con Lily e più si rendeva conto di quanto fosse fortunata ad averla. Insomma, la madre di Lily era malata, ma il padre che scusa avrebbe potuto avere per non badare a Lily? E il fratello maggiore? Aveva sedici anni più di lei, nemmeno lui si era preso cura dell’amica. Ok aveva un carattere caparbio, ma non era così tremenda tanto da essere abbandonata a sé stessa.
Alex aveva incontrato solo una volta l’uomo, che le aveva pacatamente riso in faccia quando gli aveva chiesto del perché non stesse dietro a sua figlia, rispondendole: «E’ una ragazzina intelligente, se la sa cavare benissimo da sola.»
“Guarda che non ci vuole uno scienziato per capire che sono stata una gravidanza inaspettata” rise Lily con quella frivolezza che spesso nascondeva turbamenti ben peggiori. “Mio fratello lo ha avuto da molto giovane, quando ancora non era nessuno, poi ha fondato la Santini International, e se fai due calcoli io sono capitata nel momento esatto in cui mia madre cominciava a sentire la solitudine di stare con un magnate, insomma!” sospirò divertita.
“Secondo me non è andata cosi” continuò con l’ottimismo di chi non ammetterebbe mai una cosa aberrante come il non amar ugualmente i propri figli.
“Secondo me si, ma la cosa bella è che io ho voi come mia famiglia, ma posso sfruttare il nome di mio padre in caso di bisogno, ho imparato da te: devo prendere le cose belle e gettare le altre” annuì divertita. “Ora basta divagare, non possiamo partire depresse, deve essere una sorta di sballo totale questo viaggio: niente problemi, niente pensieri e niente cuori infranti, ok?” propose alzandosi in piedi.
“Promesso pazza” annui Alex abbracciando l’amica. “Aiutami a sistemare la roba nel bagaglio a mano dai, che tra poche ore dobbiamo andare in aeroporto”.
*Fine Flashback*

*

Non era riuscito a mettersi in contatto con Lily:  chiamate e messaggi tutti ignorati; la cosa cominciava a metterlo in ansia, aveva capito – anche grazie all’aiuto degli altri – che si era comportato da vera testa di cazzo, e non era stata minimamente sua intenzione esserlo. Anzi.
Con l’irrequietezza che da sempre lo aveva contraddistinto, aveva perfino sistemato interamente il suo garage, pulito casa, e camera sua. Un vero e proprio miracolo in meno di dodici ore; ma non riusciva a stare fermo, doveva avere qualcosa da fare pur di non fermarsi a pensare. Aveva anche deciso di andare dal padre due giorni per schiarirsi le idee, e magari riuscire a contattare Lily per poterle parlare e chiedere umilmente perdono.
“Oh oh” una voce femminile gli fece alzare la testa e togliere gli occhiali. “Stai pulendo la macchina, c’è qualcosa che ti turba?” chiese con un sorriso dolce.
“Cosa vuoi Michelle?” il tono volutamente brusco e lo sguardo per niente accondiscendente avevano fatto desistere il sorriso della ragazza tramutandolo in un lungo sospiro. “Ho saputo da Val che eri viva, mi bastava quello per stare in pace” aggiunse gettando nel secchio con l’acqua e sapone la spugna.
“Siamo ridotti a questo punto Brian?” domandò lei laconica. “Che una pazza mi picchia e a te basta una telefonata da Val?”
“L’hai provocata, non eri tu quella che mi diceva che chi seminava vento raccoglieva tempesta?” chiese ironico. “Non voglio altre bugie, sapevi benissimo cosa accadeva tra noi, ieri sera mi hai mentito dicendo che era stata una doccia fredda vedermi baciare Lily!” esclamò cercando di mantenere un tono di voce calmo, cosa non facilissima in quel frangente.
“Non... Riflettevo ok? Non ho pensato a quello che stavo facendo, ma... Davvero... Ci tengo a te, e non voglio che la prima belloccia riesca...”
“Riesca cosa Michelle? A farmi stare bene come non stavo da mesi se non anni?” disse lui bruscamente.
“Riesca a imbambolarti! Non lo vedi che è interessata alla band? E alla vostra vita, è una di quelle arriviste subdole che tanto detestavi! E solo perché ha le curve al punto giusto tu non capisci più, e ragioni solo con il cazzo!” rispose a tono allibita.
“Michelle, te lo dico solo una volta, in nome dell’amicizia che ci legava e della nostra storia: non intrometterti più nella mia vita, mai più. Ti ho dato infinite chance per tornare amici o provare ad esserlo, le hai esaurite, ti voglio fuori dalla mia esistenza” statuì il ragazzo con una stanchezza nella voce che stupì perfino la ragazza. “C’è stato un tempo1 appena separati che avrei pregato per una tua intrusione del genere nella mia vita, avrei pagato oro affinché tu ti interessassi a me ancora una volta, provassi a porre rimedio a una situazione che era precipitata, scivolata via dalle nostre mani che neanche ci apparteneva più…” ammise sincero guardandola negli occhi. “Ma quel tempo è passato, sanando ogni ferita, ora ho con me solo i ricordi migliori del nostro rapporto, ho l’esperienza acquisita da una delle più grandi delusioni della mia vita, e so quello che voglio.”
“Sarebbe facile dirti che vorrei tornare con te, che ora che ti ho perso per sempre mi sono resa conto di quello che non mi appartiene più, vero?” sospirò Michelle distogliendo lo sguardo.
“Si, sarebbe semplice ma anche altrettanto inutile, perché mi vorresti indietro solo per capriccio, perché ora non sto più da solo a commiserarmi ma sto provando a voltare pagina… Ma c’è un limite al dolore che un uomo può provare2, e con il nostro divorzio e la morte di Jimmy, io ho esaurito il mio”.
“Quindi è una sorta di addio?” domandò lei incerta.
“No è un saluto, prima o poi riusciremo a tornare amici, ma non adesso, adesso ho realmente bisogno di spazio, solo per me e per capire ciò che realmente mi fa stare bene”.
“Ok” statuì tranquilla, teneva a Brian, e doveva dargli la pace che si meritava, in fondo lei di tempo per sé ne aveva avuto più che a sufficienza. “Stammi bene ok?” aggiunse poi con un sorriso amaro.
“Anche tu” rispose semplicemente lui infilandosi nuovamente gli occhiali da sole, e tornando a pulire la macchina: aveva bisogno di andare da suo padre almeno un paio di giorni. L’alternativa era finire in manicomio.

Papa Gates aveva sempre creduto e sostenuto fino allo sfinimento che l’essere genitori non era una scienza. Ma era istinto e protezione nei confronti del figlio (o dei figli) nel non fargli commettere i propri errori. Ammesso e non concesso che con Brian un paio di sbagli li aveva fatti, lui non aveva mai fatto mistero di essersi preso delle licenze poetiche e di aver adattato il proprio ruolo di padre a suo piacimento.
“Ho lasciato i cani a casa, ci passa dopo Amanda” esclamò Brian sedendosi sul lettino a bordo piscina, dopo aver portato una birra ghiacciata anche al padre.
“Non hai sentito Lily, vero?” chiese l’uomo bevendo un sorso di bibita. “Fissi il cellulare come se potesse comparire il genio della lampada da un momento all’altro” aggiunse leggermente divertito.
“Le ho mandato alcuni messaggi e chiamata varie volte ma rimette sempre giù, quindi ho smesso” sospirò il ragazzo. “L’andrò a trovare domani con Matt” aggiunse poi scuotendo la testa.
“Beh, fossi in lei avrei preso le tue foto e gli avrei dato fuoco in attesa che mi si presentasse davanti la copia originale” commentò divertito l’uomo.
“Fanculo Pa’…” rispose semplicemente Brian. “Non è facile la situazione ok? L’altra sera ero totalmente in subbuglio, ho rivisto Michelle per la prima volta dopo mesi, e non ho capito nulla” sospirò afflitto. “Non mi rendevo nemmeno conto di quello che facevo sai? Agivo come un automa, senza cervello”
“Non dirle queste cose a un padre per favore, non a uno come me, potrei torturarti fino all’infinito con queste affermazioni” rispose l’uomo. “Lascia il tempo alle ragazze di digerire la questione ok? Stanno bene, devono solo riprendersi da un treno in faccia che non si è fermato vedendole in mezzo ai binari” rispose pacatamente senza ironia. “Hanno capito che la nostra vita non è tutta oro, ma non stanno demordendo stanno solo metabolizzando la cosa.”
“Mi dispiacerebbe se Lily se ne andasse” ammise il ragazzo “Insomma, non solo perché è uno schianto, ma lei sa ascoltarmi realmente, sa capirmi, con lei non ho bisogno di giustificazioni” spiegò più rivolto a sé stesso che al padre. In fondo quelle parole prima d’allora erano rimaste semplici pensieri vaghi nella sua testa, ma pronunciarle ad alta voce cominciavano ad acquisire uno spessore di rilevanza.
“Non devi convincere me, ma lei” disse l’uomo con un sorriso sincero.
“Spero di poterle parlare domani, e di chiarire, ho come l’impressione che non sarà semplice aggiustare le cose” commentò Brian stiracchiandosi.
“No, ma se fossero semplici tu non le vorresti, non hai mai amato le cose facili, ti sei sempre andato a cacciare o nei guai, o in situazioni talmente ingarbugliate che non sapevi nemmeno come uscirne” rise l’uomo bevendo l’ultimo sorso di birra.
“Pa’ hanno suonato” biascicò Brian dopo qualche minuto.
“Alza il culo e vai ad aprire, ho ancora il diritto di comandarti a bacchetta quando sei qui” disse tranquillamente l’uomo accavallando una gamba all’altezza della caviglia e portandosi entrambe le braccia dietro la testa.
“Despota” borbottò il ragazzo alzandosi, per poi entrare in casa. Prese una maglietta al volo e la infilò dirigendosi verso l’ingresso, si sistemò i capelli allo specchio ed andò ad aprire la porta, per poi rimanere completamente di sale quando vide Alex stagliarsi davanti a lui.
Tutto durò nemmeno una manciata di secondi, la mano di Alex si mosse come se animata di vita propria e colpì la guancia di Brian, che automaticamente aveva serrato la mascella non appena aveva visto il movimento del braccio.
“Cazzo che male!” esclamò Brian stupita. “Ma sei pazza?” chiese poi allucinato.
“No” rispose in maniera seria e dignitosa, sistemando poi bene la maglietta e massaggiandosi così la mano indolenzita lungo il fianco: non avrebbe mai dato la soddisfazione a Brian di sentirla lamentare per il dolore. “Te lo sei meritato” aggiunse poi borbottando contrariata. “C’è tuo padre? Sono passata per parlargli” chiese poi guardandosi intorno.
“È in giardino psicotica” rispose lui cercando di trattenere la rabbia che sentiva montargli dentro, sia perché Alex era una donna e lui non l’avrebbe sfiorata nemmeno per sbaglio, ma perché era la migliore amica di Lily, e comprendeva che stava semplicemente difendendo l’amica.
Alex entrò in casa e si diresse in giardino, tirando un sospiro di sollievo quando vide Brian salire le scale per andare al piano superiore e non seguirla fuori.
“Hey straniera” esclamò l’uomo stupito. “Pensavo passassi più tardi o domani mattina” si mise seduto dopo aver fatto scrocchiare l’osso del collo e quelli dei gomiti.
“Lily mi ha convinta a passare ora, l’ho lasciata sola a casa controvoglia” ammise Alex con un sorriso, sedendosi davanti all’uomo. “Ti ho riportato: libri, cd, e film” disse prendendo la roba dalla borsa e lasciandola sul tavolino vicino alle bottiglie di birra ormai vuote. “Ieri sera al pub mi sono dimenticata di restituirteli, Lily ti ringrazia moltissimo e anche io, un paio di film li ho adorati” annui la ragazza.
“Sai che potevate tenerli anche all’infinito, vero?” disse l’uomo divertito passandosi una mano tra i capelli spettinati. “Ma sono felice che sei passata, come vi vanno le cose?” chiese poi curioso.
“Bene? Lily si è ripresa ha fatto una lunga dormita e si è tranquillizzata, io pensavo di stare bene ma ho appena tirato uno schiaffo a tuo figlio, non è da me” disse poi tutto d’un fiato arrossendo come poche volte in vita sua a quelle affermazioni, imbarazzo ampliato dalla risata dell’uomo.
“Oddio, perché non sono venuto ad aprire anche io?” chiese divertito. “Povero Brian, non gliene va una giusta” disse poi sospirando divertito scuotendo la testa.
“Dopo gli chiederò scusa, non ho mai fatto una cosa del genere nemmeno in situazioni peggiori è che.. Ho visto quel suo sorriso, non mi aspettavo di trovarmelo davanti, e…”
“Non c’è bisogno che ti giustifichi davvero, ti capisco, ha la sua bella età non ha bisogno di un difensore” le disse l’uomo per tranquillizzarla. “Ma non metterlo alla gogna subito, ok? Non voglio giustificarlo ma ieri sera è stata una bella botta per tutti, io non gli ho detto niente, sta a lui capire come muoversi da solo nel guado...” aggiunse poi serio, ma con un tono dolce e paterno.
“Io, beh, ok...” borbottò imbarazzata. “Sono di parte lo riconosco, ma avrei tranquillamente dato fuoco (calci XD) a Brian per aver spinto e fatto cadere a terra Lily, non perché si stavano frequentando ma perché una donna per principio non si dovrebbe toccare.”
“Ma io sono d’accordo con te, solo che era molto confuso e lo è tutt’ora, dategli l’occasione di chiarire ok?” rispose lui cercando di spezzare una lancia a favore del figlio, che per quanto avesse sbagliato lo aveva compreso e voleva porre rimedio alla situazione.
“Non deve chiarire con me, ma con Lily, solo che ha bisogno di tempo, la conosco è impulsiva, scommetto che se vedesse Brian neanche ci penserebbe due volte a perdonarlo e coccolarlo, ma voglio che scinda la visione mentale che ha di lui in quanto chitarrista della sua band del cuore...” spiegò sinceramente Alex “Lei si sta innamorando di lui realmente, e non come infatuazione da groupie, quindi voglio che abbia il tempo per metabolizzare tutto e agire con un minimo di raziocinio.”
“È fortunata ad avere un’amica come te” commentò l’uomo facendo arrossire la ragazza.
“Grazie, ma siamo fortunate entrambe, ci copriamo le spalle a vicenda” rispose lei con un sorriso. “Ora è il mio turno” aggiunse divertita.

Aveva appena fatto cinque volte il giro dell’intera casa, sistemato i regali e buttato via tutte le cartacce. Era sola da nemmeno dieci minuti che già le mancava l’aria dentro a quelle mura; sentiva come se l’irrequietezza sua solita si stesse ampliando di minuto in minuto, fino a divorarla viva.
“Basta io vado da Brian” esclamò prendendo il telefono di casa per chiamare un taxi, dato che la macchina l’aveva presa Alex per andare da Papa Gates, e dopo avrebbe dovuto riportarla al noleggio.
Il tragitto che la separava dalla propria abitazione a quella del ragazzo le parve infinito, era come se tutto le apparisse nuovo e spaventoso, il cuore aveva preso a battere velocemente e il respiro cominciava a ribellarsi alla sua normale funzione. Ma doveva comunque affrontarlo prima o poi, no? In fondo Alex le aveva detto semplicemente di non rispondere a sue eventuali chiamate, mica le aveva espressamente detto di non andare a casa del ragazzo.
Suonare il campanello fu l’operazione del secolo, nessuno dei suoi arti voleva contribuire attivamente, dovette richiamare a sé tutte le sue forze e suonare, sentì del trambusto provenire da dietro la porta dopo che lo stereo aveva smesso di sparare musica – decisamente discutibile – a tutto volume.
Una voce fin troppo femminile colse di sorpresa Lily, che si ritrovò a fissare una sagoma esile e slanciata che si era quasi uccisa aprendo la porta, dopo aver urlato un ‘Eccomi arrivo rivo rivo’ con il fiatone.
“E tu chi sei?” chiese stupita scuotendo la testa per riprendersi dallo stupore.
Beh almeno non era Michelle.
“Scusa, chi saresti tu” rispose impettita la ragazza legandosi i lunghi capelli biondi con un elastico viola. “Sei tu che hai suonato qui, mica io, che tra l’altro sarei la padrona di casa” disse poi con un tono frizzante e allegro, per niente sprezzante.
“Hai ragione, perdono, sono Lily, cercavo l’altro padrone di casa quello grande, grosso e moro” rispose con un sorriso la ragazza.
“Oh mio fratello? Non c’è…” rispose lei “Ma tu sei quella Lily?” chiese poi curiosa, il fratello le aveva detto di frequentare una ragazza, ma non se ne aspettava una così carina. “Dai accomodati ti offro una limonata” aggiunse subito dopo, ancora prima che l’italo-americana potesse rispondere.
“Grazie” rispose lei entrando in casa “Comunque credo di essere io quella Lily, anche se ho il timore di sapere a cosa ti riferisci” disse poi accomodandosi sullo sgabello della cucina.
“Quella che ha preso a uscire con mio fratello” disse semplicemente lei. “Non mi dice i particolari per telefono, nostra madre è una rompipalle, e oggi quando mi ha chiamato ha solo detto che potevo stare qui oggi e domenica e badargli ai cani” spiegò lei non riuscendo a frenare le parole.
Lily si ritrovò a pensare che di Brian non aveva nemmeno un particolare, era piccola ed esile, aveva due grandi occhi celesti e lunghi capelli biondi, senza considerare che il modo di fare e la parlantina erano totalmente differenti.
“Tu quindi saresti Amanda” esclamò ricordando il nome della ragazza che era venuto fuori in una delle loro tante chiacchierate.
“In persona, felice che mi abbia almeno nominata, generalmente tende a nascondermi sai? Dice che parlo troppo, che faccio venire il mal di testa alle persone” rise la ragazza mentre prendeva la bevanda dal frigo. “E poi è geloso, sai che lui, Zacky e Matt hanno minacciato un ragazzino con cui uscivo? Lui aveva diciassette anni, io ne ho quattordici e loro lo hanno minacciato” prese a dire tutta allegra, sembrava uscita da un cartone animato. “L’unica cosa positiva che poi sono stata con Zacky un pomeriggio intero, mentre tentavo di progettare una morte lenta e dolorosa per Brian, perché devi sapere che a me va bene se esci con mio fratello, ma Zacky è OUT-LIMITS!!” esclamò fissandola per qualche secondo, senza permetterle di replicare. “Devi sapere che il mio amore è Zacky, l’unico e vero, quello per cui ho perso la testa da una vita intera! Ma per lui sono solo una nanerottola, meglio così sennò finirebbe in galera, è ancora illegale frequentare una quattordicenne! Quindi io vorrei lasciarlo in pace, non si merita di finire in prigione…” scosse la testa tutta concentrata “Però devo dire che dovrei mobilitarmi a trovargli una compagna, una giusta e non come quella, quella lì… Gena! Sai no? Una sorta di mostro perennemente vestito di rosa con i tentacoli lunghi due metri… Una  palla al piede incredibile! Quella demente è la fautrice dei peggiori tagli di capelli al mondo: ha tagliato i capelli a mio fratello! Cazzo si può essere più dementi? Neanche il nonno di Silvya che è rinchiuso in una casa di riposo sarebbe cosi demente! L’ho detto che è demente??? No perché hai visto che cavolo fa? Zacky gli ha perfino comprato un salone dove poter lavorare…” sospirò riprendendo fiato dopo aver travolto – letteralmente – Lily con quel fiume di parole. “Quel demente…” aggiunse sconsolata.
“Oddio” scoppiò a ridere la ragazza senza riuscire a controllarsi, cercando poi di ricomporsi senza però riuscirci facilmente. “Sei una forza della natura sai?” commento divertita.
“Grazie, Brian mi dice che sono uno scherzo della natura, sto migliorando” annui tutta felice. “Senti ma, posso farti una domanda? Ma te, ci sei nata cosi bella o ti ci ha fatto il chirurgo plastico?” domandò poi inclinando leggermente la testa lateralmente per poterla squadrare per bene.
Se Lily non fosse stata seduta su quello sgabello sarebbe finita a terra in meno di due secondi, totalmente sbigottita da quella domanda. “Ci son nata, tutto frutto di madre natura” rispose cercando di mantenersi calma.
“Oh che fortuna” esclamò la ragazzina alzando gli occhi al cielo.
“Beh mica sei brutta tu, anzi sei una ragazza molto carina” rispose subito Lily sincera, e non per compiacere l’ego di una perfetta sconosciuta.
“Si beh, vallo dire ai ragazzi, mica la pensano proprio come te” borbottò lei.
“Non immischiarti con loro finché non sarà necessario” disse Lily scuotendo la testa. “Non è bello come sembra, anzi, è complicato”.
“Tu lo dici solo perché sei finita per invischiarti con mio fratello, ma devi sapere una cosa, lui è un tipo problematico, non solo crea problemi ma ne ha anche parecchi!3” rispose la ragazza sedendosi di fronte a lei e bevendo un lungo sorso di limonata.
“Buono a sapersi” rise ironica.
“Ma senti, tu per caso non potresti darmi qualche dritta?” chiese poi circospetta.
“Per?” domandò Lily inarcando il sopracciglio. “Conquistare Zacky?”
“No, sempre un Baker, il minore dei tre fratelli ha un anno più di me, e io sono totalmente invisibile ai suoi occhi!” sospirò. Lily si trovò a riflettere su quanto fosse simpatica quella ragazzina, del tutto fuori dal comune, che le stava parlando e la stava trattando come se si conoscessero da una vita, e non da una manciata di minuti.
“Magari una volta possiamo vederci ok? Prima però parlane con tuo fratello” rispose pacatamente lei.
“Oh bell’affare, fosse per lui dovrei ancora credere alle api ai fiori e alla cicogna” pigolò tutta triste.
“Vediamo ok? Ti lascio il mio numero, magari uno dei prossimi week-end usciamo a fare compere” disse lei stupendo totalmente Amanda.
“Davvero mi porteresti con te a fare compere?” chieste stupita.
“Beh? Perché non dovrei?” domandò lei altrettanto stupita.
“Michelle rimandava sempre, diceva che dovevo crescere, non ha mai voluto uscire con me” rispose lei.
“Si beh, io non sono Michelle” disse facendole l’occhiolino, e passandole un bigliettino su cui aveva scritto il suo numero di telefono. “Chiamami ok? Manda pure messaggi, vedrò di risponderti” disse alzandosi; per raccogliere le sue cose e sospirare. “Puoi evitare di dire a tuo fratello che sono passata? Sai doveva essere una sorta di sorpresa” aggiunse imbarazzata.
“Va bene, ma tranquilla ti verrà a cercare lui, so cosa è successo” disse accompagnandola alla porta.
Perfetto, insomma aveva appena fatto la figura dell’idiota, salutò la ragazzina e decise di incamminarsi a piedi, avrebbe cercato un taxi solo quando fosse stata stanca di camminare; aveva alcune cose su cui riflettere e poi camminare per Huntington le piaceva.

Zacky era passato a prendere le due ragazze, per poi accompagnarle in una delle più grandi concessionarie della California, che distava solo mezz’ora da dove abitavano. Lily aveva sentito la necessità di doversi comprare un’auto, non potevano andare avanti con i noleggi, volevano avere più indipendenza. All’inizio il ragazzo era quasi tentato di rifiutare la richiesta, e spedire qualcun altro al suo posto, non era un esperto di motori ma sapeva benissimo che portare due ragazze a scegliere una macchina avrebbe potuto rivelarsi un’esperienza traumatica.
Ma contrariamente a ogni sua aspettativa, la scelta fu rapida e indolore: Alex non aveva ritenuto di possedere il diritto di scelta, dato che la macchina l’avrebbe pagata interamente l’amica. E Lily sapeva benissimo che macchina voleva, era entrata nella concessionaria con la stessa decisione di chi sa cosa vuole, prese il primo venditore libero e gli chiese di mostrargli il catalogo delle Camaro che aveva a disposizione. Nel giro di un’ora erano già fuori con macchina pagata e le proverbiali chiavi in mano. Lily aveva deciso di comprare quella che tenevano in esposizione; una Chevrolet Camaro 2010 full optional.
Aveva intenzione di vivere quell’avventura in pieno, e con grande stile; basta paranoie, basta sotterfugi , aveva passato tutta la sua vita a far finta di non essere figlia del magnate industriale, o che non avesse una madre che l’aveva perfino accoltellata, o di non vestirsi mai troppo provocante per non intimidire.
Aveva represso a tal punto la propria natura che neanche si ricordava con precisione chi realmente fosse; e quella macchina non era semplicemente un mezzo di trasporto, ma un’affermazione. Basta maschere, se solo avesse potuto ci avrebbe fatto incidere ‘Be true ‘till the end’; cosa che aveva accuratamente evitato onde evitare di finire realmente nel ridicolo.4
“Io con questa cosa dovrei andarci al lavoro?” pigolò Alex leggermente turbata. “Ma tu non puoi avere gusti normali? Nel senso… Dai! Ma l’hai vista?” disse agitandosi non appena il commesso della concessionaria aveva passato le chiavi in mano a Lily. “Hai visto come si aprono gli sportelli? Ma dai… Lily” aggiunse sospirando, non appena aveva visto le portieri alzarsi per verticale.
“Tranquilla Al, possono aprirsi anche nella maniera normale, sono fatti apposta” la rassicurò con una pacca sulla spalla.
Ma l’inglese non riusciva a calmarsi, quella macchina era come un enorme scritta lampeggiante che stava a indicare: ‘Hey guardatemi sono qui’. Poteva comprendere il gesto di Lily, ma cominciava a sospettare che l’amica non stesse poi così bene come voleva far credere, mai si era messa cosi tanto in risalto. Tirò un lungo sospiro. “Io torno a casa con Zacky” proferì poi stupendo tutti i presenti, e anche un po’ sé stessa; non avrebbe mai e poi pensato di poter dire una frase del genere.
“Wow!” esclamò il ragazzo tutto felice.
“Non iniziare a pensare che abbia iniziato a fidarmi di te” precisò la ragazza. “Solo che so come potrà guidare Lily questa macchina, soprattutto come prima guida, e tra i due mali preferisco il minore” aggiunse tutta contrariata.
“Va bene, lo capisco, ci vediamo a casa nostra ok?” disse l’amica tutta felice. “Faccio il giro più  lungo io, voglio godermi il nostro nuovo acquisto” disse salendo nella vettura e partendo con abbastanza calma da non terrorizzare Alex.
“WOW!” ribadì Zacky del tutto scombussolato.
“Aspetta a dirlo, fai un giro con Lily, poi imparerai a comprendere cosa prova la gente a salire in macchina con te” celiò Alex entrando nella macchina del ragazzo e si allacciò la cintura.

*

1= Come ben sapete, nella realtà dei fatti Brian e Michelle si sono felicemente sposati ad aprile 2010 –intorno a quella data- nella fic, per licenza poetica ho pensato che si fossero sposati prima della morte i Jimmy e si fossero separati per poi divorziare subito dopo.
2= Citazione rubata a The Vampire Diaries, ultima puntata la 12, dove Damon è riuscito a farmi piangere come una fontana. Non potevo non omaggiarlo in questo capitolo un po’ angst.
3= Definizione che diede una mia amica in un gioco di ruolo per delineare il personaggio di Brian. Definizione che io trovo azzeccata e meravigliosa.
4= Spero riusciate a perdonarmi quest’uscita molto MarySuesca, ma quella macchina io la sogno da praticamente una vita. La desidero con tutta me stessa. Si ho un’anima tamarra, lo so benissimo. Ma dato che se continua cosi non potrò mai averla, la farò avere alla mia pupilla. XD E sono dell'idea che a volte nelle storie che si scrivono si deve un po' osare, se scrivessimo solo di cose reali, io mi ritroverei a scrivere lo stress di fare la tirocinante in un agenzia pubblicitaria e studiare. Non sarebbe divertente.
Mi scuso per la lunghezza di questo capitolo, ma come detto in precedenza c’erano e ci saranno grandi matasse da sbrogliare. Purtroppo vi informo che fino al 10 Marzo, gli aggiornamenti saranno più graduali non pià ogni 5/6 giorni, una lavora come una pazza, e l’altra è incastrata in un tirocinio di otto ore al giorno con 4 esami da dare in 3 settimane.

Vogliamo ringraziare chiunque lasci una recensione e legga questa storia. Ci riempite di gioia infinita.

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Capitolo 6
*** #6 Girl I Know ***


© Keiko

Note di Keiko. Sono Keiko, attualmente in possesso dell'account di Judy (questa cosa sta diventando un'abitudine...) So che potreste odiarmi per un mucchio di motivi, primo tra tutti la lunghezza indiscussa di questo capitolo, per cui mi scuso anticipatamente per ogni cosa *occhi da gatto con gli stivali*.
Ne approfitto per ringraziarvi ancora tutte - a nome mio e di Judy - per l'affetto e l'entusiasmo che state dimostrando per la nostra prima produzione di coppia, speriamo di non deludervi e sapervi fare divertire per parecchio tempo ancora (si, lo so, sembra una minaccia ma non la è).
Ed ora vi lascio alla lettura!







La mancanza è la sensazione di incompletezza che ti coglie impreparato nella notte, quando il pensiero di una certa persona diventa ossessione e quando speri che nella tua mano venga deposto un tesoro prezioso quanto un cuore innamorato. Come gestirlo, quel cuore, non lo sai, ma hai la certezza che saprai custodirlo in eterno. Quando avverti quel genere di mancanza sei spaventato, assolutamente privo di difese: è più facile ferirti e colpirti, ma è altrettanto più semplice ferire gli altri.
Quando si avverte la mancanza, tutto diventa più soffuso e prevale un istinto di sopravvivenza che abnega qualsiasi razionalità: l’uccisione della solitudine di due numeri primi.
 
 
“Bene, è ora di mettere in ordine la tua stanza Lil.”
Alex le era caracollata in camera alle prime luci dell’alba senza badare né al fatto che lei stesse ancora dormendo e si fosse appena concessa una breve tregua dal pianto, né tanto meno aveva usato un briciolo di tatto nei suoi confronti.
L’aveva letteralmente tirata giù dal letto lasciandola con il sedere al vento, mentre la brezza del mattino spirava – gelida – dalle finestre spalancate dell’intera abitazione.
“Cosa diavolo…”
“Buongiorno Lil! Oggi è una giornata eccezionale per fare un po’ di pulizie.”
“Alex…”
“Niente pigolii da Calimero, oggi non sarai né piccola né nera né vittima. Avanti, alza il culo e fila a farti una doccia che poi iniziamo a sistemare questo porcile.”
“La mia camera non è un porcile”, aveva sottolineato l’italo-americana con una punta di fastidio nella voce.
“Finché avrai foto di Brian appese ovunque, cd di musica discutibile e poster alle pareti si, sarà un porcile. E non sono ammesse repliche: prima ripuliamo il tutto da quest’atmosfera da teenager e prima riusciamo ad andare a fare un po’ di compere.”
“Cosa vorresti fare, scusa?”
“Tra dieci minuti ti voglio pronta. Io intanto vado a preparare la colazione.”
Lily aveva mugugnato qualcosa mentre Alex aveva preso le coperte gettandole lontano da lei senza badare minimamente alle sue proteste.
“Sei un mostro! Io sto da schifo e tu che cazzo fai, scusa? Mi maltratti pure!”
“Lilian Morgan Santini ti devo ricordare che hai distrutto il mio abito da sposa con le tue stramaledette scarpe con il tacco poco più di due mesi fa?”
“Non l’avresti mai messo tanto…”
Chissenefrega, come minimo porta sfiga e non mi sposerò mai. Per cui, sentendoti in colpa per avermi resa una zitella per il resto dei miei giorni, vedi di parcheggiare il tuo sedere fuori di qui che abbiamo una miriade di cose da fare oggi.”
“Non ho voglia di uscire.”
“Se non vuoi farlo perché speri che passi Brian sei una cretina. Hai intenzione di attendere qui in eterno quello scemo? Si farà vivo, figuriamoci se quello conosce il significato della decenza, ma non puoi stare qui ad aspettarlo come una sposina… è nauseante.”
“Senti da che pulpito, mi hai appena accusata di essere la causa della tua zitellaggine!”
“Be’ è vero. Per seguire te guarda dove sono finita: in California in mezzo a un branco di pazzi furiosi e donne isteriche, talmente immaturi da non sapere nemmeno cosa fare della propria vita alla soglia dei trent’anni.”
“Non vorrei dirtelo, ma sei nella stessa posizione pure tu.”
“Non esattamente. Io so cosa voglio fare nella mia vita, e di certo non è piangermi addosso per qualsiasi cosa. Dai Lily, reagisci. Solo per oggi ti chiedo di sfogarti a modo nostro. Se non lo cerchi e lo ignori tornerà da te perché gli manchi, ma se cedi subito nessuno dei due capirà davvero cosa vuol dire stare lontani. E’ poco che vi frequentate, tenere distinta la passione da qualcosa di più profondo è essenziale per andare avanti. Pensa a questa cosa mentre sei sotto la doccia, okay?”
Alex le aveva posato un bacio sulla fronte costringendo Lily a una smorfia di dolore.
“Ti fa male, vero?”
“Cazzo se picchia duro, Michelle.”
“Mi sa che nessuna delle due c’è andata leggera, eh.”
“Direi di no.”
“Credo che Brian si vanterà a vita del fatto che due donne hanno fatto a botte per lui.”
“Dici?”
“Be’ io me ne vanterai Lil.”
Erano scoppiate a ridere entrambe per poi vedere l’italo-americana portarsi una mano al viso dolorante.
“Fa un male cane, non riesco nemmeno a ridere.”
“Meglio, almeno non ti sentirai obbligata a farlo come tuo solito.”
 
 
“Come sta?”
“Come vuoi che stia, Brian? Ti sei comportato da testa di cazzo, puoi tranquillamente fare due calcoli anche da solo.”
“Ehi Zacky vuoi una birra?”
Papa Gates aveva posato una bottiglia nella mano del ragazzo, fissando divertito il proprio figlio vessato dall’ennesimo amico dalla lingua decisamente troppo lunga.
“Sono passato da te prima e mi ha aperto Amanda. Sei pazzo a lasciarla da sola a casa? E’ ancora una bambina.”
“Per favore Zacky, ha quattordici anni e ad Huntigton non ci sono serial killer pronti a far fuori delle ragazzine. Tanto più che Amanda verrebbe riconsegnata al mittente dopo nemmeno mezz’ora da un suo ipotetico rapimento, e ci pagherebbero pure per riprenderla indietro.”
Il chitarrista aveva riso, mentre Brian Haner Senior aveva mollato uno scapellotto al figlio costringendolo a voltarsi e fissarlo torvo.
“Fanculo Pa’.”
“Non parlare così di tua sorella.”
“Comunque Lily è un osso duro, dovresti sforzarti di conoscerla anziché portartela a letto soltanto.”
“Echecazzo Zacky!”, l’aveva apostrofato Brian con una punta di fastidio nella voce. Okay che aveva un rapporto alla pari con suo padre, ma certe cose avrebbe preferito fargliele solo immaginare.
“Io non mi scandalizzo Brian, sono fiero di te in quanto padre. Quanto meno posso affermare che mio figlio abbia un ottimo gusto in fatto di donne, visto che pecchi in fatto di sensibilità posso consolarmi con il tuo gusto estetico. La tigre ha avuto ragione, comunque, almeno ti ha fatto ragionare in modo un po’ più rapido anche se meno indolore.”
“Che ha fatto Alex?”, aveva chiesto incuriosito Zacky rivolto a entrambi.
“Non te l’ha detto?”
Brian aveva irrigidito la mascella in modo istintivo al ricordo dello schiaffo dell'inglese, sorseggiando un po’ di birra ghiacciata direttamente dalla bottiglia.
“Quella pazza è arrivata qui e mi ha mollato un ceffone appena gli ho aperto la porta.”
Zacky l’aveva fissato incredulo per poi lanciare un’occhiata al padre di Brian che aveva annuito confermando la teoria del figlio.
“Non è la stessa persona che conosco io.”
“Avrà una doppia faccia, cosa cazzo vuoi che ti dica? E non ho potuto nemmeno reagire, è pur sempre una donna.”
“Secondo me non te ne avrebbe dato il tempo, Brian.”
“Ma da che parte stai, Pa’?”
“Da quella di chi ha ragione, mi pare ovvio.”
“Secondo me dovresti alzare il culo e decidere in fretta cosa fare. Più passa il tempo, peggio è. Se hai svegliato Alex credo sarà dura farle passare l’incazzatura.”
“Mica sto con lei.”
“Be’, se stai con Lily è un po’ come se stessi anche con Alex. Quelle due o le accetti insieme o avrai di certo qualche problema.”
“Detto così suona come una comune”, aveva riso Papa Gates passando lo sguardo dal figlio a Zacky. Quando si fermava a studiare quel gruppo di delinquenti che gli bazzicavano per casa da tempi immemori, si rendeva conto di essere terribilmente vecchio e non perché gli anni erano passati troppo in fretta e li avevano resi esattamente ciò che desideravano: teste di cazzo che volevano vivere su un fottuto tour bus sino a quando non gli sarebbe venuta a noia la vita fatta di eccessi, casino e musica.
Sulla musica era certo non ci sarebbe mai stata la parola fine – era un qualcosa di troppo intimo perché potessero lasciarla del tutto, perché era sempre stata parte della loro vita da quando avevano quattordici anni e persino meno, e tutto era nato grazie a lei. E quando c’è lei di mezzo, non puoi fare altro che alzare bandiera bianca perché non potrai mai più farne a meno – sul resto… be’, sarebbe arrivato un momento in cui avrebbero dovuto fare i conti con la quotidianità e una vita fatta di piccole cose e grandi soddisfazioni.
Certo non si poteva chiedere a uno come suo figlio di essere felice con l’arrivo di un marmocchio, tanto per capirsi, ma sarebbe bastato ritrovare una serenità smarrita tra le pieghe di una realtà impietosa che li aveva strappati a un’adolescenza apparente per costringerli a guardare all’età adulta, fatta di stronzi e docce fredde.
“Non è esattamente così, ma sono un po’ come noi. Abbiamo le chiavi di casa di tutti gli altri, sembriamo degli stalker o dei malati di mente. E’ normale per certe persone creare dei legami fottutamente forti. Certo Alex è più fortunata, ha una strafiga come Lily accanto, mica un coglione come Brian o un nanerottolo come Johnny.”
“Matt è intoccabile per caso?”, gli aveva chiesto lapidario Brian con una punta di palese scazzo nella voce.
“No, ma è talmente buono che è impossibile prenderlo per il culo.”
Tonto vorrai dire.”
“Anche. Credo si sia fatto tardi, vado a vedere come stanno le ragazze e complimentarmi con Alex per lo schiaffo. Doveva giocare a baseball, sarebbe stata la degna erede di Joe di Maggio.”
“Un battitore infallibile”, aveva grugnito l’amico di rimando facendo ridere di gusto Papa Gates.
“Vai da Lily quando sarai certo di quello che vorrai fare. E’ un’impaziente come te, va a finire che più rimandi più peggiori la situazione per cui vedi di trovare alla svelta una soluzione.”
“Da quando sei diventato così saggio?”
“Da quando devo farvi da balia?”
“Gena non ti ha fatto il culo per l’altra sera?”
Zacky aveva sorriso in un modo talmente eloquente che aveva lasciato Brian alle prese con un’enorme domanda che si era guardato dal porre ad alta voce.
Aveva la strana sensazione che Zacky fosse riuscito a riportare la sua relazione all'ennesimo punto di equilibrio precario, quel fottuto sentimentale, ma chi era lui per dire a Zacky che forse stavano davvero sbagliando tutto?
Se fossero stati insieme, nel ripartire da zero, sarebbe stato tutto più facile, ma per farlo avrebbero dovuto lasciare Huntigton e lì c’era tutta la loro vita.
Quando sei californiano lo resti tutta la vita e nessun altro posto può competere con la California per quello sei costretto a restarci finché non schiatti: è un rapporto morboso quello con la terra calda e assolata, con le nebbie autunnali e l’oceano a un passo da casa.
Ad Huntigton Beach ti sentivi sempre il padrone del mondo, ecco cos’era che li rendeva invincibili: un feudo che non sarebbe mai caduto.
 
 
“Ma sei pazza! Tu sei totalmente uscita di testa! Ti proibisco di vedere Zacky per i prossimi dodici anni, è colpa sua vero?”
“Cosa?”
“Questo tuo comportarti da perfetta dittatrice!”
“Ho avuto un'ottima insegnante.”
Alex si era arrestata sulla porta della stanza di Lily bloccandole il passaggio con un sorriso perverso dipinto sul viso.
“Alex…”
“Questa è una terapia d’urto, signorina. Alza il sedere e inizia a tirare fuori dai tuoi scrigni segreti tutte le tue cianfrusaglie da teenager.”
“Col cazzo!”
“Fallo con quello che vuoi, puoi anche usare la telecinesi. Voglio sul tuo letto cd, poster, magliette, felpe strappate, calzini, mutande… tutto. Anche i diari, i disegni e le lettere che non gli hai mai inviato. E non dimenticarti dei peluche.”
Lily fissava Alex con il più cieco risentimento, senza avere la minima intenzione di cedere a quello che appariva ai suoi occhi come un ricatto morale della peggior specie.
“No.”
“In che senso Lily?”
“Nel senso che non butto via nulla.”
Alex non si era fatta ripetere la cosa due volte e a passo deciso si era avvicinata alla parete della stanza strappando un poster della band gettandolo poi a terra.
“Fuori uno.”
“Non starai facendo sul serio, vero?”
“Prova. E' catartico.”
“E' idiota. Loro sono tutto, sono...”
“Ehi Lil,”e Alex le aveva puntato l'indice alla fronte sfiorandole la punta del naso con il proprio.
“Vuoi davvero sapere a cosa ti serve?”
“Sarà una cazzata.”
“E' una cosa seria invece. Basta trattarli come figurine da poster e cartolina: ora sono reali, sono nella tua vita. Butta tutto quello che erano prima e lasciali scivolare giù dall'altare. Sarà più semplice affrontare la vita che ti sta aspettando qui ad Huntigton. So che non ce ne andremo da qui nemmeno da morte, perché come minimo mi obbligherai a infestare la casa di Brian sotto forma di spettro. Ma per viverla in modo sereno devi staccarti dall'immagine che hai di loro nella tua testa.”
“Questo lo so, è solo che...”
“Brian non è poi così figo, sbaglia ed è un coglione come tutti gli uomini quando si tratta di vedere una donna piangere. Ha agito d'impulso ma deve tornare qui strisciando. E’ il dazio che deva pagare per averti ridotta in questo stato.”
“Non essere così dura con lui, io ho sbagliato: ho menato la sua ex moglie.”
“Fermo restando che Michelle è arrivata lì a causa di Matt, lei si è comportata da vera cafona, non ci ha fatto una gran figura.”
“E io?”
“Be'... tu sei stata... californiana? Direi che hai avuto un comportamento in perfetto stile con quei quattro.”
Lily aveva sorriso puntando gli occhi sulla pila di cd adagiati sul comodino accanto al letto.
“Anche i miei cd?”
“Si, anche loro. Magari poi te li ricompro, okay?”
“Forse hai ragione. Sulla storia dell'idealizzazione e cose del genere, dico. Ora che sono nella mia vita è strano dire che sino a qualche mese fa erano solo un agglomerato di idee e supposizioni su come fossero nella vita reale, lontani da quello che sono sul palco. Ora è tutto reale e alienante.”
“Cosa pensi di fare con Brian?”
Lily aveva sospirato, tornando a fissare l'amica.
“Un mucchio di cazzate? Tu cosa faresti al mio posto?”
L'inglese ci aveva riflettuto su un istante, poi si era coricata accanto all'amica portando le braccia dietro la nuca.
“Farei un mucchio di cazzate. Gli telefonerei, vorrei vederlo, lo cercherei e farei di tutto per riconquistarlo. Averti tolto il cellulare è stata una vittoria. Sono giorni che Brian ti cerca.”
“Eh?”
“Non ti arrabbiare perché non te l'ho detto. Non ha senso che parliate al telefono, dovreste chiarirvi di persona quando avrete il coraggio per guardarvi negli occhi. A te manca Brian, ma tu manchi a lui? Lui ti cerca ma chissà, potrebbe essere il senso di colpa. E' già in ritardo sulla tabella di marcia, comunque, quello scemo.”
“Che tabella?”
“Sono passati tre giorni dalla rissa e non si è ancora presentato qui. Credo abbia paura, in realtà, ma questo non toglie che io al suo posto mi sarei precipitato qui il giorno dopo.”
“Hai appena detto che occorre tempo.”
“Si be', per chiarirvi. Per le scuse o quanto meno per sapere come stavi poteva anche alzare il culo già sabato quando l'ho trovato da suo padre.”
“Credi che vorrà tornare con me?”
“Non vi siete nemmeno lasciati, Lily. Tu ricordati quello che ti ho detto: sii te stessa. Se vuoi che Brian si lasci andare ha bisogno che anche tu getti la maschera. Un rapporto d'amore deve essere uno scambio alla pari.”
“La questione del dare e avere?”
“Anche, ma è soprattutto una questione di coerenza. Se vuoi conoscere e piacere a Brian, e non a Synyster Gates, devi dargli l'opportunità di conoscere la vera Lily. A te non piacerebbe stare con un personaggio, no? Non credo che piacerebbe nemmeno a lui.”
“Meno male ci sei tu.”
“Sei troppo remissiva... che hai combinato?”
“Sono andata da Brian l'altro giorno... ma non era in casa.”
Alex si era rizzata a sedere scuotendo il capo con fare disperato, enfatizzando il tutto sollevando gli occhi al cielo. Se fosse stata una situazione differente le avrebbe rivelato di aver dato uno schiaffo al chitarrista quello stesso giorno ma aveva preferito tacere per una nobile causa: farle dare un taglio netto al passato, e per farlo doveva giocare sporco costringendola a gettarsi alle spalle un accumulo di chincaglieria a cui aveva dato un valore affettivo fuori luogo e deleterio.
“Non c'era davvero.”
“Immagino, o non avresti quella faccia ora. Iniziamo a fare un po' di posto?”
 
 
“Ehi Brian finalmente sei a casa! Sai che si sente proprio la mancanza di un tocco femminile qui?”
Il ragazzo era rabbrividito non appena varcata la soglia, investito dalle note melense delle canzoni di Miley Cyrus.
“Potresti togliere quella musica oscena?”
“Non ne capisci nulla di musica tu!”
“Veramente sei tu quella che ha preso dal lato sbagliato del dna, quello che non sa cantare un happy birthday senza stonare.”
“Quando mi chiederai un altro favore eviterò di farmi trovare e lascerò che quelle palle di pelo muoiano di stenti.”
Brian aveva sorriso posando il borsone a terra, dirigendosi ad abbassare il volume della radio alzato al massimo per potersi liberare da quella tortura.
“Amanda hai mangiato questo schifo per tre giorni?”, gli aveva indicato un cumulo di scatolette di McDonald’s scrupolosamente impilate per colore e una quantità incalcolabile di sacchetti, il residuo di involucri di caramelle chimiche.
“Hai per caso violentato anche il mio lettore dvd con i tuoi film strappalacrime?”
Amanda gli aveva risposto con una linguaccia, lanciando in aria un marshmallow e afferrandolo al volo con la bocca spalancata, costringendo Brian a una smorfia di disgusto.
“Ti si carieranno i denti e il tuo Baker non ti vorrà nemmeno più vedere.”
“Chi scusa?”, aveva finto di non capire, gettandosi a peso morto sul divano con il sacchetto di caramelle colorate stretto tra le mani.
“Mamma si arrabbierà un casino perché sei stato da Brian lasciandomi qui e sai quanto rompe mamma se sa che sono a casa da sola. Nella tua, casa da sola. Secondo me pensa che tu abbia poster di donne nude incollate alle pareti e croci rovesciate nascoste nella cantina. Dovresti spiegarle che essere una rock star non significa essere un satanista che so, perché non glielo fai spiegare da Matt? Lui è l’unico che ha la faccia da bravo ragazzo, magari così si calma e mi fa venire qui senza farsi venire gli attacchi d’ansia.”
“Amanda…”
“Si?”
“Respira tra una parola e l’altra.”
“Comunque devo dire che il tuo gusto estetico è migliorato, secondo me essere scaricato da Michelle ti ha fatto bene alla vista che poi l’ho sempre detto, io, che Michelle non era adatta a te.”
“Amanda evitiamo questo argomento, eh.”
Brian era stato punto sul vivo – e solo il sentire il nome della sua ex moglie gli bastava per sentirsi realmente un verme – per cui non aveva dato troppo peso al resto della frase della ragazzina, specie perché costringersi a seguire il filo logico dei discorsi di Amanda era una cosa davvero complicata.
Anche perché non ce l’avevano proprio, un filo logico.
“Dovresti lavare quella palla di pulci, ha un puzzo infernale… da quanto non gli fai un bagno? Se vuoi posso portarla io al negozio di toelettatura per animali, so che è poco virile uscire con questo gomitolo di lana bianca di dimensioni naniche al guinzaglio. Ma cazzo Brian, uno da Synyster Gates si aspetta un rottweiler, quando hai comprato questo mostro a che cosa pensavi?”
“Ehi, modera il linguaggio.”
“Ho quattordici anni, posso anche permettermi di dire cazzo ogni tanto! Tu hai iniziato molto prima sicuramente.”
“Prepara le tue cose che ti riporto da tua madre, o mi romperà le palle in eterno.”
La loro madre, per Brian, diventava automaticamente solo la genitrice di Amanda quando doveva rimproverarla, giusto per dimenticare quella metà di dna in comune che possedevano.
“Manchi a mamma, ti vorrà da noi per cena e se non vuoi che le dica che mi hai lasciata qui da sola dovrai accettare.”
“La fortuna di avere una famiglia allargata… dovremmo ricordarci di ridurre le parentele: non più di un padre e una madre per famiglia, già uno per tipo sono una rottura infinita. Fare doppietta è un suicidio.”
“Oh, a proposito! Sai che è davvero bellissima? Io non credevo sai che potessi puntare così in alto… mi hai rovinato l’infanzia con quel tuo truccarti da procione, le mie amiche mi chiedevano se avevo un fratello o una sorella! Tutta colpa tua se venivo presa in giro alle elementari, dovresti ringraziarmi per averti difeso a spada tratta in quel periodo… meno male ora eviti certi atteggiamenti. Secondo me sei fortunato se Lily ti sopporta nonostante tu abbia un gusto pessimo per l’ottanta per cento delle cose che ti competono. Okay, esclusa lei si capisce. E’ simpatica sai? Mamma vorrà conoscerla, quindi preparati al fiume di domande e…
“Ehi calma un attimo. Cosa cazzo c’entra Lily?”
“Oh, non te l’ho detto? E’ passata di qui un paio di giorni fa. Be’ mi aveva chiesto di non dirti nulla perché voleva farti una sorpresa ma non me la sono bevuta, secondo me voleva fare pace con te ma ha trovato me al tuo posto. Un po’ deludente come cosa, ma è stata davvero carina. Mi piace e se vuoi sposarla hai la mia benedizione.”
Brian teneva il borsone da viaggio della sorella - che pesava come un macigno – a mezz’aria, fissandola con l’aria più stupida del mondo.
“Non l’hai sentita?”
“E’ dal suo compleanno che cerco di chiamarla e non mi risponde, quindi non prendermi in giro Amanda. Non è giornata.”
“Se ti dico che ha due occhi verdi grandissimi e bellissimi, dei lunghi capelli castani morbidi e folti e un fisico da urlo te ne convinci? Okay, non era esattamente in forma smagliante per via della rissa, però è davvero bella. E poi ha un sorriso dolce, si vede proprio che è una persona a posto. Non una montata come Gena, ecco.”
Il chitarrista aveva creduto per un istante che Amanda tirasse di nuovo in ballo Michelle, e il solo pensiero di dover affrontare sua madre – anche – gli metteva addosso abbastanza esasperazione da preferire di gran lunga ritornare a farsi prendere per il culo da suo padre.
“Non posso restare a cena, chiedi tu scusa a mamma?”
“Perché non resti? Vai da lei?”
“Immagino di si.”
O quanto meno, ci avrebbe provato.
“Portale un mazzo di rose, la farai cadere ai tuoi piedi fratellone.”
Con l’espressione di una donna navigata, Amanda aveva addentato l’ennesimo marshmallow superandolo lungo il corridoio e uscendo in giardino.
“Ci penso io a tenere buona mamma , promesso. Ma tu mi devi un favore, visto che ti ho dato il pretesto per correre dalla tua Lily.”
“Amanda non fare dell’ironia con me, sai che non funziona.”
Sua sorella stava facendo bullismo su di lui e la cosa peggiore era che doveva subire passivamente le stramberie di una quattordicenne vivacissima che si stava auto-proclamando la degna sostituta di Cupido.
“Sai cosa penso Brian? Dovremmo trovare una fidanzata seria a Zacky.”
“Amanda allacciati la cintura e stai zitta per cinque minuti senza sparare cazzate? Zacky e Gena stanno benissimo insieme.”
La ragazza aveva sbuffato incrociando le braccia sul petto e Brian le aveva lanciato uno sguardo in tralice, certo di aver appena acceso la miccia per far esplodere la sua adorata sorellina, con la quale aveva in comune solo la madre e quindi metà del dna soltanto.
Grazie a Dio.
Brian adorava Amanda, solo che era difficile da gestire un po’ come quando sei alle prese con un cucciolo di cane a cui devi insegnare tutto e che, comunque, se ne frega di quello che gli dici e ti distrugge casa.
Amanda era un ciclone, un vulcano di allegria e adrenalina allo stato puro e quello che più lo lasciava atterrito, nell’ultimo periodo, era come stesse cambiando velocemente.
Lei diventava grande e lui invecchiava ed era così evidente, quando erano insieme nelle pause da un tour all’altro, che Brian realizzava come fosse difficile – crescendo – stare lontani da casa per periodi sempre più lunghi.
Tutto cambiava, ad Huntigton, e lui restava sempre lo stesso.
Era stato fedele alla propria immagine sino a quando non era venuto a mancare un tassello essenziale della sua vita e allora aveva realizzato come tutto fosse effimero e labile.
Voleva davvero perdersi dietro la musica quando la vita di chi gli stava attorno cambiava velocemente? Amanda stava diventando una donna, suo padre invecchiava e lui?
Avrebbe davvero continuato a fare musica all’infinito fregandosene e poi pentendosi di non esserci stato – alla laurea della sua adorata sorellina casinista, al secondo matrimonio di sua madre, alla nascita dei figli di Matt - o avrebbe deciso di appendere la chitarra al muro e osservare la vita scorrergli davanti?
No, avrebbe vissuto ogni istante sino a farsi venire il fiatone, correndo per non farsi sopraffare dalla pigrizia.
Lily era importante, era stata il pretesto per riprendere in mano la chitarra e fare la pace con la sua amante di sempre: la musica.
Si, doveva ringraziarla: forse lei l’avrebbe mandato a fanculo ma lui doveva farglielo sapere, che era riuscita a scalfire una corazza che credeva invulnerabile.
 
 
“Ehi che cazzo succede? Traslocate?”
Zacky si era tolto gli occhiali da sole fissando lo scatolone che Alex aveva deposto – dieci minuti prima – accanto alla porta d’ingresso, sul quale aveva prontamente rischiato di inciampare e ammazzarsi.
“No, è una trappola contro i coglioni. Sai, per fargli rompere l’osso del collo prima che varchino la soglia di casa nostra e liberarci dei seccatori prima che ci infestino casa”, aveva scoccato lapidaria Alex uscendo dalla cucina con in mano una bottiglia di birra e un sorriso divertito stampato in viso.
“Tieni, è per te, sono andata prima a fare la spesa e ti ho comprato la birra. Dato che farai da balia a Lily questa sera, devo sdebitarmi in qualche modo.”
“Alex vuoi sposarmi?”
“Sono stata maledetta da Lily, non mi sposerò mai. Quindi visto che ci tengo all’indubbia proliferazione della dinastia dei Baker per il mondo, ti lascio l’opportunità di sposare una donna che non si trasformi in un’assassina e non ti uccida nel sonno.”
“Cos’è, il remake de La Sposa Cadavere?”
“Si, La Sposa Assassina”, ed era scoppiata a ridere prendendo posto sul divano.
“Come sta?”
“Un po’ meglio, non credo si metterà a piangere in tua presenza, tranquillo. Eviterai così di provare a baciarla per consolarla.”
“Ma che cazzo, ti ha raccontato tutto quella scema?”
“No, solo quello. C’è altro? Certo che sei proprio tonto. Ti avevo appena raccontato che ha studiato Analisi Comportamentale e ti sei fatto fregare come un fesso.”
Zacky si era portato le braccia dietro la nuca, il capo appoggiato allo schienale del divano nel posto accanto a quello della ragazza.
“L’ho fatto apposta no? Ero curioso di sapere se davvero sapeva fare le cose che si vedono nei telefilm. Lily è la donna di uno dei miei migliori amici, è off limits.”
“Hai un codice d’onore, Baker?”
“Molto più duro di quello dei samurai.”
Alex l’aveva guardato con quello che Zacky aveva imparato a chiamare “sguardo obliquo”, fissandolo ruotando leggermente il capo di lato lasciando che lo sguardo scivolasse molto più lontano rispetto al viso, un mezzo sorriso dolcissimo ad accompagnare il tutto.
Si, oggettivamente, era una cosa di Alex che non comprendeva per due motivi: il primo era che non riusciva a leggere il significato di quell’espressione unica, il secondo era che – in conseguenza al primo – ne restava sempre colpito.
Steso, se doveva essere sincero con sé stesso, ma essendo un fottuto curioso e assolutamente molesto nei confronti delle zone d’ombra della vita, era ovvio che l’istinto che lo costringeva ad ascoltarla sillaba dopo sillaba – anche nelle cazzate più assolute che andavano a raccontarsi a vicenda – era il chiaro segnale che Alex lo incuriosiva, semplicemente.
Perché se lui amava la linearità degli eventi e della vita, Alex era quanto di più lontano dalla Highway americana potesse esistere al mondo.
“Se lo dici tu” e aveva posato la testa a poca di stanza dal braccio di Zacky, osservando il soffitto dell’abitazione su cui si rincorrevano i raggi del sole del tardo pomeriggio.
“Grazie per tutto quello che fai. Anche Lily lo apprezza, ti vuole bene. E sta imparando che non siete esattamente uguali a quello che lei aveva immaginato, ma credo sia il bello della scoperta, no?”
“E tu?”
“Io cosa?”
“Cosa stai imparando?”
“Che siete esseri umani. Ho conosciuto la vostra musica a causa di Lily e-”
Grazie a Lily, vorrai dire”, l’aveva interrotta lui spinto dalla vanità dell’ego smisurato di quello che era Zacky Vengeance, numero seriale – ed inimitabile – 6661.
Si era voltata per guardarlo sorridendo divertita.
“Oggettivamente i vostri primi album erano inascoltabili, Zacky. Facevano veramente pena.”
“Facevamo un genere diverso, ci siamo evoluti ecco. Chi rimane radicato nelle proprie convinzioni e non osa è un ottuso. Noi abbiamo sperimentato ed eccoci qui, i più fighi sul mercato.”
Ruttavate in un microfono, abbi pietà per la Musica e ammetti le vostre colpe. L’unica canzone degna di questo nome che abbiate sfornato in quel periodo è stata Warmness of the Soul.”
“E’ stata la nostra linea di passaggio.”
“La chiamerei la vostra ancora di salvezza.”
“Ti farò cambiare idea e capirai che gli Avenged Sevenfold sono il massimo.”
“Il massimo in fatto di Coglioni Seriali lo so già. Risparmiati la fatica Zacky.”
“E’ una sfida?”
Lei si era rizzata a sedere guardandolo divertita porgendogli il mignolo.
“Come i bambini?”
“Come i bambini, Baker.”
Nel chiamarlo con il suo cognome non c’erano né la rabbia né la delusione che aveva scaricato solo qualche giorno prima addosso a Matt, ma la solennità che hanno i ragazzini quando si scambiano promesse che credono potranno mantenere per tutta la vita.
Il chitarrista l’aveva guardata negli occhi per un istante e poi aveva stretto il proprio mignolo attorno a quello sottile di lei.
Se c’era una cosa che non avevano calcolato, è che il Destino fa puntate cospicue sulle promesse degli uomini: e divertito, ne attende l’esito della propria – scontata – vincita.
 
 
Era mezz’ora che Brian era a casa di Matt senza che nessuno dei due trovasse il coraggio di dire all’altro ciò a cui stava pensando, ovvero correre ai ripari di una situazione resa irrimediabilmente critica con il trascorrere delle ore, nemmeno ne andasse delle loro esistenze.
O forse in parte era anche così e non volevano ammetterlo a sé stessi. Scoprire all’improvviso che la mancanza che avverti non è dettata dalle risate con gli amici, da una buona birra o tua moglie ma dal sorriso di una quasi sconosciuta ti gela il sangue nelle vene e ti costringe a fare i conti con la tua fottuta coscienza e il suo flusso di ricordi e problemi e dinamiche che si innestano e sembrano averti ingoiato in un circolo vizioso dal quale non scorgi uscita.
Nemmeno quella d’emergenza.
“Dovremmo andare da loro e vedere come stanno, Matt. Cioè, voglio chiarire con Lily, sono tre giorni che non la vedo e non la sento, e che vengo accusato di essere una grande testa di cazzo.”
“E’ il caso di fare ammenda?”
“No, è il caso di chiarire. Lily mi piace e io sono stato un coglione, ma è un incidente di percorso. Capita a tutti no?”
“Capita anche che divorzi dopo anni di matrimonio e convivenza, e la gente chiama anche quello un incidente di percorso.”
Brian aveva fissato l’amico abbassando il sopracciglio destro e sollevando il sinistro, assumendo quella sua tipica espressione idiota che faceva impazzire le fans.
Anche Lily era una di quelle che allungavano le mani sotto il palco cercando di sfiorarti, come se fossi un dio?
“E questo cosa c’entra, Matt?”
“Che è tutto relativo, Brian. E che quello che per te può essere risolvibile con due parole messe al posto giusto – e tu non sei Zacky, per cui non saprai metterle esattamente dove dovrebbero stare perché le cose si aggiustino in dieci minuti – per gli altri può non essere così semplice.”
“Lily mi somiglia.”
“Ma Lily non è te. Potrebbe pensare o credere cose differenti.”
Il chitarrista aveva esitato un istante, poi si era stirato allungando le braccia verso l’alto tornando poi a fissare l’amico.
“Naaa, Lily capirà.”
“E cosa te lo fa credere?”
“Perché è una testa calda come me.”
E perché non può davvero essere incazzata, o non sarebbe venuta a cercarmi. Solo che forse dovrei essere io a cercare lei dopo essermi dimostrato tanto coglione.
“Okay, fa’ come ti pare. Tanto andresti comunque, no?”
“Con te sarà più semplice. E poi devi tenere buona la belva.”
Matt aveva riso ma a Brian non era piaciuto il tono con il quale non era riuscito a mascherare una sottile inquietudine.
“Che cazzo è successo?”
“Nulla, perché?”
“Non mi freghi. Risata nervosa è sinonimo di cazzate per te.”
Matt aveva sospirato, schiacciando senza un senso apparente alcuni tasti del pianoforte che si trovava nel salotto di casa sua.
“E’ dalla sera della festa che non sento Alex, immagino perché ho creato tutto quel casino parlando di te e Lily a Val. Io non credevo che… sai benissimo cosa penso.”
“Certo, che le persone che conosci non potranno mai ferirti, no? Quelle di una vita, intendo. Ma non hai ancora capito che una donna innamorata è disposta a tutto per difendere quello che crede le appartenga di diritto. L’ha fatto Michelle per il solo gusto di assaporare di nuovo un ascendente che non ha più su di me, pensi che non lo faccia Val? E’ ancora tua moglie e reclama il posto che le spetta nella tua vita, nella vostra casa, nel vostro sogno.”
“Forse non esiste più niente del genere. E’ cambiato tutto Brian, ed è inutile che restiamo a parlarne sino all’alba: noi non siamo più gli stessi. Ci siamo sempre sentiti dei fighi perché credevamo che la vita non ci avrebbe mai toccati e invece siamo qui, talmente incasinati da fare schifo.”
“Cerca di capire cosa vuoi, ma lascia fuori ogni donna dalla tua vita per un po’. Più le cerchi, più ti confonderanno le idee, amico.”
“Mi hai appena chiesto di accompagnarti da Lily o sbaglio?”
“Si ma Lily è ancora la mia ragazza, credo, e Alex non è umana. Quindi non ci sono donne a disposizione su cui puntare il tuo sguardo da cucciolo. E ora andiamo, o facciamo notte a sparare le solite cazzate.”
Brian si era alzato in piedi aspettando Matt ma c’era una cosa che lo preoccupava molto più di quanto non volesse ammettere a sé stesso: se era stato facile per lui aprire uno spiraglio a Lily, dal quale lei era entrata un po’ troppo violentemente nella sua vita, conoscendo Matt era altrettanto facile credere che le cose potessero sistemarsi allo stesso modo, con la medesima facilità.
Avevano bisogno di essere ascoltati, di non essere giudicati ma compresi. E quando tutto sembra crollare attorno a te, non fai altro che la cosa più naturale del mondo: allontanarti per ripararti dalla caduta dei calcinacci e guardare un po’ più lontano, in cerca di un porto più sicuro.
 
 
Zacky avrebbe desiderato pagare il biglietto da spettatore della prima fila, quando Alex si era alzata dal letto di Lily per andare ad aprire alla porta.
Erano tutti e tre intenti a giocare a poker – Alex a perdere, Lily a vincere e Zacky a comprendere come cazzo facesse a fotterlo così facilmente – quando il campanello aveva suonato in modo quasi irritante.
Lily aveva sussultato sgranando gli occhi, stringendosi un poco nelle spalle e fissando Alex in cerca di una risposta a una domanda decisamente ovvia.
“Vado io.”
“Alex…”
“Tranquilla, faccio in un attimo. Tra poco devo anche prepararmi per andare in ospedale, figurati se ho voglia di perdere tempo.”
Zacky le aveva lanciato un’occhiata tornando poi a osservare Lilyche aveva sporto le gambe al di fuori del letto, il capo chino mentre dondolava nervosamente i piedi avanti e indietro cercando di scaricare la tensione.
“Farà un casino pazzesco. Non puoi andarla a fermare? Se ci sei tu sarà più calma.”
“E’ giusto che faccia quello che sente. Ha il diritto anche lei di dire la sua, e per te sarebbe anche disposta a uccidere.”
Lily aveva riso puntandogli gli occhi addosso, poi aveva scosso il capo con aria divertita.
“Lo so benissimo. E’ proprio quello che mi spaventa.”
In quell’istante la porta d’ingresso aveva sbattuto violentemente sui propri cardini, smorzando un misero tentativo di protesta da parte dello scontato ospite.
Che fossero due, Zacky e Lily non potevano saperlo, e nemmeno Alex, per quello quando si era ritrovata davanti Matt e Brian li aveva fissati malamente per poi sbattergli la porta in faccia pochi secondi più tardi.
“Te l’avevo detto che è pazza.”
“E’ incazzata, Brian”, l’aveva corretto Matt abbastanza a disagio da credere che quella stesse per diventare l’ennesima guerra-lampo che avrebbero dovuto combattere.
Brian, dalla propria, aveva ripreso a suonare il campanello fregandosene della buona educazione, della maturità e anche della finezza.
Se non ci fosse stato Matt, infatti, avrebbe anche preso a calci la porta, tanto per far capire ad Alex che non avrebbe mosso il suo culo di lì sino a quando non fosse riuscito a vedere Lily.
“Sei veramente limitato, Haner.”
La porta si era aperta all’improvviso, e oltre alle parole di Alex, a colpire i due ragazzi in pieno viso erano stati una quantità di oggetti più o meno contundenti dall’inconfondibile profumo di donna un po’ ovunque.
“Che cazzo fai?”
“Prenditi le tue responsabilità e le tue cianfrusaglie del cazzo, e vattene.”
Brian aveva posato lo sguardo sul contenuto della scatola che l’inglese gli aveva appena riversato addosso, notando senza troppo sforzo la propria faccia su una copertina di Guitar World - a cui qualcuno aveva provveduto a disegnare baffi raccapriccianti e orecchie da cane -, maglie e felpe della band e una doppia copia dei loro cd.
“Sei scema?”
“Cosa vuoi?”
“Voglio parlare con Lily, mi sembra ovvio. E’ in casa?”
“Fatti un esame di coscienza e poi torna quando sarai pronto, Brian.”
“Senti, Lily è abbastanza grande da potermi affrontare senza avere un cazzo di avvocato difensore. Quindi se non ti spiace…” e aveva mosso in avanti un passo, ma Alex gli aveva sbarrato la strada portando il proprio braccio contro lo stipite della porta, l’altro ben saldo sulla maniglia: gliel’avrebbe persino scaraventata addosso se ne avesse avuto la forza.
Sapeva benissimo che Brian e Matt avrebbero potuto entrare senza il minimo sforzo, ma come gesto risoluto le sembrava più che sufficiente per ampliare la distanza tra il tesoro che difendeva e quei due idioti.
“Ti ho detto di andartene.”
“Alex…”
Errore, grandissimo errore, Sanders, era stato il suo primo pensiero quando l’attenzione della ragazza si era posata su di lui.
“Dovrei essere diplomatica, Matt? La è stata Michelle? No. La è stata Gena? No. Lo sei stato tu, Brian? Mmh? Per tre giorni non ti sei fatto sentire, avresti dovuto venire da Lily molto prima.”
“Non sono cazzi tuoi, e poi non rispondeva alle telefonate. Cosa cazzo dovevo fare? Venire qui strisciando?”
“Esattamente. Tu non meriti Lily, e sai perché? Perché se tu fossi stato solo una stramaledetta figurina lei non ci avrebbe perso un secondo in più con te. Se credi che tutte le tue fans siano delle groupie non hai capito niente. Hanno un cuore, e quello di Lily è luminosissimo e capiente quanto il tuo fottuto oceano. Non siete una grande famiglia? Non è Zacky quello che dice che i vostri fans sono i migliori del mondo? Allora forse meritano di essere trattati in modo differente, sai? Perché lei non ti ha chiesto nulla, e tu non sei nemmeno riuscito a capire qual’era la cosa più importante. E tra la tua ex moglie e la tua attuale ragazza, la scelta era abbastanza scontata.”
“Non hanno tutti un pensiero lineare come il tuo, dottore.”
“Il problema è che io non sono lineare, Brian, ma ho la decenza di avere delle priorità nella mia vita e mettere quelle al di sopra di tutto. Io penso che tu adesso stia facendo i conti con anni di menefreghismo ed egoismo. Non te n’è mai importato nulla del mondo se non dei tuoi amici. Adesso le cose cambiano e tu non sai gestirle. Torna e casa e prenditi il tempo che ti serve per capire quanto puoi fare male a una persona quando lei crede in te e tu, inevitabilmente, la deludi.”
Matt la fissava come se avesse davanti una sconosciuta, perché quella piccoletta che sorrideva sempre abbassando il viso stava affrontando senza paura una situazione che non era nemmeno di sua pertinenza e non lo faceva strepitando o piangendo, lo faceva con la freddezza di una persona che sapeva esattamente dove colpire e affondare.
“Lily come sta?”
“Con Zacky.”
Quello era un colpo bassissimo perché nei gesti e nelle parole di Alex non c’era solo il desiderio di proteggere Lily ma quello di far comprendere loro quanto fossero stupidi.
Era stato un gettargli in faccia un passato a cui non volevano restare legate, era stato mostrargli quanto potesse essere sbagliato giudicare solo dalle apparenze e restare in balia dei venti della vita in attesa che tutto, in qualche modo, si sistemasse.
Quello che aveva fatto Alex era stato molto di più: gli aveva fatto comprendere che loro non erano semplici fotografie da poster, che non erano solo musica e voce e suono, ma che erano – prima di tutto – persone come loro.
E non gliene fregava niente se erano rock star, perché la vita non ti riserva mai una fortuna tanto grande da poter incontrare i tuoi idoli e riuscire a sposarteli senza che ci sia la fregatura.
La vita non era una favola, l’happy end – spesso – era solo una fottuta utopia e loro erano scappate dall’Europa per non lasciarsi abbindolare da quello che tutti ritenevano giusto.
Avevano preso il largo, facendo quello che loro – e non il mondo - ritenevano corretto.
“Andiamo Brian.”
Matt aveva posato una mano sulla spalla dell’amico, ma questi non si era mosso di un passo fissando Alex.
“Sei sicura?”
“E’ meglio per tutti.”
La sua voce si era fatta più dolce mentre la mano si staccava dallo stipite della porta lasciando un passaggio che Brian non avrebbe comunque sfruttato.
“Voglio chiarire con lei, Alex, Cristo Santissimo.”
“Datti tempo. Ora non stai nemmeno ragionando. Parli mosso dal senso di colpa. Ti hanno dato tutti della testa di cazzo, è normale. Ora devo andare al lavoro, buona serata ragazzi.”
Se avesse potuto fare una cosa qualsiasi, probabilmente si sarebbe messa a piangere per scaricare la tensione. Al di là del fatto che Brian avrebbe dovuto sconfiggere i demoni infernali per potersi far perdonare da Lily – a voler essere sincere Lily l’aveva persino già perdonato, era Alex che si illudeva che la rabbia che provava fosse almeno in minima parte provata anche dalla sua migliore amica, ma era solo un’illusione e ne era consapevole  - restava comunque innegabile si sentisse una vera stronza per averlo trattato in modo tanto crudele.
Se c’era una cosa che aveva capito, però, era che quei quattro tizi ricoperti di tatuaggi erano molto più facili da prendere con le terapie d’urto, un po’ come Lily.
Forse era per quello che li adorava tanto?
“I miei cd”, era stata la flebile replica di Lily quando Alex era ricomparsa nella sua stanza.
Zacky la guardava senza fiatare, semplicemente incredulo.
“Sei stata troppo dura.”
“E’ l’unico modo per fargli capire le cose. Brian se non lo prendi a schiaffi non si rende conto di quello che fa.”
Il ragazzo era scoppiato a ridere, costringendole entrambe a focalizzare l’attenzione su di lui.
“Ha ragione, tranquilla. Gli farà bene, Alex gli ha assestato il colpo di grazia.”
“Il problema non è il fatto che io abbia trattato Brian e Matt in quel modo ma che se ne avesse avuto l’occasione, Lily sarebbe schizzata da Brian appena sentito suonare il campanello. Sbaglio?”
L’italo-americana l’aveva fissata corrucciando le labbra per quanto le fosse possibile, accompagnando il tutto con una smorfia che doveva imitare il fare dell’amica.
“Ti odio.”
“Anch’io ti voglio bene Lily. Evitate di fare troppo casino stanotte, e tu Zacky giù le mani.”
“Sarò un angelo.”
“Grazie.”
Aveva scoccato un bacio sulla fronte a Lily e arruffandole i capelli le aveva sorriso.
“Sistemerete tutto, datti il tempo per farti passare questo livido. Sei impresentabile, scema. Ti lascio in buone mani.”
 
 
Lacey teneva la testa appoggiata al petto di Johnny, distesi l’uno accanto all’altra sul letto della propria camera.
“Pensi che si sistemerà tutto? Sei preoccupato, vero?”
Johnny le aveva posato un bacio sulle labbra, accarezzandole i capelli in gesti delicati e intimi, con la dolcezza di chi si sta prendendo cura del proprio magico tesoro.
“Parli di Brian e Lily?”
“Anche.”
“Sistemeranno tutto, Brian ha trovato in lei qualcosa che non credeva possibile esistesse. Quando lui e Michelle si sono lasciati ha smesso di credere che fosse possibile trovare una persona sincera. Non ha dei grandi esempi attorno, se ci pensi. A parte te, Gena continua a menarla a Zacky per qualsiasi cosa e lui, di rimando, finisce nel primo letto disponibile per scaricare la tensione e gli ormoni, e la perenne crisi di Matt e Val non fa che avvalorare la tesi di Brian secondo cui l’amore eterno è una grandissima stronzata.”
“Credi nell’amore eterno, Johnny?”
“Credo nell’amore, perché?”, gli aveva chiesto lui con fare del tutto innocente.
Lacey era scoppiata a ridere, posandogli un bacio sulla guancia resa ruvida dai primi accenni di barba.
A lui non sfuggiva nulla e a lei piaceva come Johnny riusciva sempre a centrare il bersaglio, a non perdere mai di vista le cose che contavano davvero: era per quel motivo che Johnny non si era perso, dopo la morte di Jimmy.
“Così, era tanto per sapere.”
“Guarda che l’amore sei tu eh.”
Lei aveva stretto un po’ più forte la vita del bassista, il petto che si muoveva all’unisono con quello dell’altro ad ogni respiro. L’amore era fatto anche di quello: di respiri sincronizzati allo stesso millesimo di secondo.
“Mi piacciono Lily e Alex, sono diverse da tutto quello che ho visto e che conosco da quando stiamo insieme.”
“Siete molto simili, specie tu e Alex sembrate arrivate dalla stessa parte di mondo. Vi piace la cultura, fate lavori importanti ma non siete né boriose né rompicoglioni. E’ questo che mi fa paura, in realtà.”
“Cosa scusa? Che Alex sia una persona del tutto normale e che mi piaccia?”
“Lily è appariscente, è un vulcano ed è bellissima. Sa di esserlo e non ne fa mistero, è una a cui piace divertirsi e che negli Avenged Sevenfold è perfetta. Lily però, a differenza di Michelle, non è né stronza né altezzosa. E’ alla mano ed è assolutamente spassosissima. E’ divertente stare in sua compagnia, non ci si annoia mai. Alex invece è un mondo sconosciuto. E’ una cosa che sfugge perché è l’opposto di tutto quello a cui siamo abituati ed è questo che incanta. E’ una scoperta, capisci?”
“Credi che possa essere un problema?”
“Alex è intelligente e brillante, è molto più riservata di Lily e… non lo so, ho un brutto presentimento.”
“Non mi stai dicendo tutto quello che pensi, vero?”
“Lacey non leggermi nel pensiero, dai!”
“Io fossi in te sarei felice se Alex diventasse la ragazza di uno dei miei migliori amici.”
“Stai augurando a Matt o Zacky di passare per l’Inferno, lo sai? Non ti facevo così crudele.”
“No, mi piacerebbe solo che trovassero tutti un po’ di serenità. Da quando è morto Jimmy è tutto un eterno casino. Avete deciso che doveva essere messo in discussione ogni aspetto della vostra vita ma non è questo che si fa quando muore una persona a cui si vuole bene come a un fratello. Ci si siede e si cerca di capire cos’è importante e cosa no, ma non perché è un obbligo: è fisiologico porsi delle domande e comprendere quanto vale una vita. Ne abbiamo una, non cento o mille. Se ti freghi questa, sei finito.
Ma ti capisci davvero solo riflettendo, Johnny, non prendendo sbandate e finendo nel letto di una fan a caso della prima fila.”
“Lo so, hai ragione. Ma li conosci, no?”
“Proprio per quel motivo credo che faranno un mucchio di casini prima di crescere davvero.”
“Io sono fortunato ad avere te, riesci sempre a salvarmi il culo.”
“Tu saresti bravissimo a tirarti fuori dai guai anche senza di me. Diciamo che io sono un buon motivo per non farti cadere, ecco.”
Johnny le aveva posato un bacio tra i capelli tornando poi a fissare il soffitto della stanza.
Se avesse creduto in qualche dio avrebbe chiesto un passo in avanti di qualche anno, giusto per vedere dove sarebbero finiti. Jimmy non gliel’avrebbero restituito, per cui tanto valeva cercare di capire dove mettere le pezze prima che i suoi amici iniziassero a virare tra uno slalom di cazzate di massimi livelli.
Lacey aveva ragione: quando si sarebbero fermati per trovare il tempo di pensare davvero alla propria vita?
Johnny conosceva benissimo la risposta, però, perché era dannatamente più semplice correre all’impazzata sino a farsi bruciare i polmoni, piuttosto che sedersi in riva all’oceano e chiedersi quanto fosse lontano l’orizzonte della propria meta.
 
 
“Davvero credi che Alex non sia stata troppo dura con Brian e Matt?”
Zacky beveva la propria birra mentre Lily morsicava nervosamente la cannuccia del proprio succo di frutta alla pera, intenta a fissare una luna gigantesca proiettarsi sul mare.
Faceva freddo restare sulla spiaggia, ma l’aria ghiacciata la faceva sentire viva, a differenza di tutte le cose che di solito le procuravano interesse e che in quel momento non le erano di nessun aiuto.
Alex si era portata via lo scatolone con i loro gadget di fans e un bagaglio di ricordi, e capiva benissimo il messaggio nascosto nel suo gesto.
“No, te l’ho detto. Sono anche convinto che Brian non l’abbia menata solo perché è una donna. E’ più incosciente di te quando si impegna.”
“Sai cosa mi ha detto Alex oggi, mentre buttavamo tutto nello scatolone? Noi non siamo solo due cretine che ascoltano la loro musica, Lily. Siamo esseri umani, con vite e caratteri differenti. Viviamo tutti sotto lo stesso cielo, che cazzo te ne fai di un’immagine quando hai l’originale ora? Ha sempre ragione, Alex.”
“Secondo me sta solo usando la razionalità che manca a te. Ma è normale che sia lei a farti ragionare ora, capiterà anche il contrario.”
“E’ già accaduto. Quando l’ho costretta a partire per Huntigton ho esagerato, effettivamente.”
“L’hai chiusa in bagno e le hai fatto sentire il nostro primo cd per una notte intera?”
“Non sono così stronza, Zack!”
Erano scoppiati a ridere perdendosi a fissare le onde lambire la riva e allungarsi sempre più vicino a loro.
“Perché proprio Brian, Lily?”
“Scusa?”
“Perché proprio lui, in fondo eravamo in cinque e, oltre a noi, il mondo è pieno di tamarri con i tatuaggi.”
“I tatuaggi di Brian fanno schifo se è per quello. E’ lo sguardo delle persone che mi affascina.”
“Ehi, ma io sono quello con lo sguardo ammaliatore!”
“Ma quello di Brian è triste.”
“Hai la vocazione della crocerossina?”
“No, ma se lo guardi ti accorgi che non è tutta quella spavalderia che ostenta. Con Brian ci puoi parlare di un casino di cose, e la gente pensa solo che sia un coglione o, in alternativa, un puttaniere. A me questa cosa da fastidio perché se ci fermassimo tutti a riflettere sulle cose, eviteremmo di creare dei mostri sociali.”
Zacky era rimasto in silenzio, intento a osservare la luna da dietro il vetro della propria bottiglia: era verde e strana, sembrava una luna aliena e crudele disposta a mangiarseli vivi.
“Quando non distingui più te stesso dal personaggio che ti sei creato, sei un mostro. Io sono fortunata, sai?”
“Perché hai Alex?”
“Si, mi ricorda sempre che essere me stessa è la cosa migliore del mondo.”
Il chitarrista aveva abbassato la bottiglia osservando il profilo di Lily stagliarsi contro la luce del faro del pontile, tesa verso quella luna che sembrava esageratamente grande rispetto a loro. Nella vita, quando arrivava il momento in cui un uomo riusciva a sentirsi a proprio agio contro gli altri adulti?
Davanti alla confessione dell’amica si era sentito abbastanza a disagio, anche, ed era una cosa che non gli capitava mai. Non era perché Lily si confidava con lui come se si conoscessero da sempre, ma perché in quella frase impressa sulla chitarra che le aveva regalato Alex c’erano tutto un mondo e una storia in cui loro non erano contemplati, un qualcosa che rispecchiava un legame fortissimo che lui aveva visto solo all’interno della sua cerchia di amici e non credeva possibile replicato altrove, legato da un vincolo che superava di gran lunga quello del sangue.
“Dite anche le stesse cose, però. Attenta o Brian potrebbe decidere di mettersi con Alex.”
“Al massimo Alex accetterebbe per ammazzarlo nel cuore della notte. Non mi tradirebbe mai. Rientriamo? Vai pure a casa, o Gena si arrabbierà. Prometto che non mi lascerò morire in mare aperto come la Sirenetta.”
“E vorrei vedere…”
Zacky le aveva scompigliato i capelli sulla nuca, cingendole poi le spalle con il proprio braccio.
“Secondo me devi solo avere l’occasione per parlare con Brian.”
“Dopo quello che gli ha detto Alex passeranno secoli.”
Lui aveva sorriso serafico al nulla, annotandosi mentalmente di chiamare Johnny e chiedere il suo aiuto.
“La pazienza non è il punto forte di Brian Haner.”
“Nemmeno di Lilian Santini.”
Erano scoppiati a ridere e Lily si sentiva leggera, si sentiva bene quando c’era Zacky perché riusciva sempre a infonderle un po’ di coraggio in più, in quei giorni in cui si autoconvinceva che Brian non avrebbe più desiderato vederla.
Era un po’ come avere accanto Alex, con la differenza che quando l’abbracciava lei sentiva che c’era il mondo a stringerla.
 
 
Matt e Brian avevano mangiato qualcosa da Bob e poi il cantante aveva accompagnato a casa l’amico, guidando senza una meta precisa per tutta Huntigton Beach, cercando nella luna immensa un po’ di quella maturità che - prima o poi – avrebbe dovuto possedere. Se avesse letto Shakespeare al liceo – o anche solo qualsiasi altra cosa, in realtà – avrebbe saputo che appellarsi alla luna bugiarda era l’errore più grande che potesse fare, ma Matthew Sanders era un solitario di natura, un leader senza volerlo e – soprattutto – un istintivo.
Non sentiva né vedeva Val dalla notte del compleanno, quando avevano riportato a casa Michelle, e il problema era stato che in quei tre giorni tutto quello che era riuscito a fare era pensare a come risolvere la situazione con Alex, come se con Val nemmeno ne esistesse più una.
Valary c’era sempre stata ed era la certezza di una vita ma proprio i punti di forza della loro storia erano diventati quelli deboli che era troppo facile calpestare. Quando egoisticamente ti aspetti che tutto l’amore del mondo riesca a colmare il vuoto lasciato da qualcun altro perdi di vista la persona che hai davanti, la trasfiguri in qualcosa di diverso, un essere in grado di darti risposte che non ha nemmeno per sé.
Nemmeno Alex aveva le risposte che desiderava, ma lei nemmeno pretendeva qualcosa da lui: ascoltava, comprendeva – e se fingeva di farlo lo faceva veramente bene – e, soprattutto, lo faceva sentire maledettamente a proprio agio, come quando arrivi a casa dopo una giornata di merda e sai che troverai il conforto sicuro di un riparo che non ti tradirà mai.
Aveva vagato per ore e solo verso le tre del mattino, come un coglione, si era ritrovato davanti all’ingresso dell’ospedale aspettando che Alex uscisse dal turno di notte.
Non sapeva bene quali fossero i suoi orari, né tanto meno se fosse già uscita, ma avrebbe atteso sino all’alba visto che il sonno sembrava non avere troppa voglia di portarlo con sé.
Seduto nella propria auto, solo, sentiva la voglia di mandare a fanculo tutto e ripartire da zero e dopo Alex, il secondo desiderio della nottata era prendere in mano la chitarra e comporre. Nell’attesa aveva preso un block notes dal cruscotto dell’auto e aveva iniziato a scrivere bozze di frasi e parole, battendo il tempo sul volante con la biro rosicchiata dal cane di Zacky o di Brian in qualche frangente del tour. Era in nottate come quella che gli mancava il genio di Jimmy, il suo ricordare ogni nota perfettamente, persino suonata con i bicchieri colmi di birra.
Era stata la voce di Alex, in lontananza, a costringerlo a sollevare gli occhi dal suo mondo fatto di musica e parole, fermandosi a rileggere quella roba assurda – Frontier, l’aveva chiamata – ed era evidente quale fosse la sua priorità in quel momento.
L’aveva guardata avvicinarsi alla sua auto senza notarlo, stiracchiandosi e poi stringersi nel cappotto viola mentre la nebbia si sollevava avvolgendo tutta la città.
Si sarebbero svegliati in un piccolo bozzolo di sicurezze, forse, e Matt era sceso dall’auto bloccando Alex che l’aveva appena superata senza prestargli attenzione.
“Che cazzo… Matt? Che ci fai qui?”
La presa del ragazzo sul suo polso, nel parcheggio immerso nella penombra e nella foschia, l’aveva spaventata a morte, cogliendola alla sprovvista.
“Avevo bisogno di parlarti.”
“Un’altra volta. Ora ho il taxi che mi aspetta per tornare a casa, voglio vedere come sta Lily.”
“Per favore, Alex. Voglio portarti a vedere una cosa.”
“Non possiamo andare in un altro momento? Ho appena finito il turno di notte in corsia, e… sei sicuro di stare bene?”
L’aveva guardato con fare preoccupato, cogliendo in quella richiesta improvvisa un’urgenza che aveva collegato ad altri problemi che andavano a sommarsi a quelli già esistenti.
“Non sei arrabbiata con me?”
“Sono troppo stanca per pensarci, credo.”
“Dormi mentre sei in auto.”
“Mi vuoi rapire Sanders?”
 “Si ma solo per qualche ora.”
C’era qualcosa, nello sguardo di Matt, che l’aveva totalmente spiazzata. Se Lily gliel’avesse chiesto, le avrebbe risposto che era una luce differente da quella che aveva sempre, era una cosa che non aveva mai visto in nessuna persona prima d’ora.
Era la certezza di avere la risposta ad ogni domanda, e nemmeno Dio poteva averla.
“Vado a pagare il tassista e torno.”
Alex si era allontanata da lui portandosi poco oltre il cancello dell’ospedale, tirando fuori dal portafoglio una moneta da dieci dollari per il disturbo della chiamata a vuoto all’autista, poi aveva fissato il display del cellulare: le 4.30.
“Lil è passato di qui Matt, dice di volermi parlare. Torno appena abbiamo finito, tu fai la brava e non ammazzare di paranoie Zacky se è ancora lì. E ricordati di dargli la torta prima di tornare a casa.”
Era tornata sui propri passi fissando Matt, appoggiato alla portiera del fuoristrada, che l’attendeva con le mani infilate nella tasca centrale della felpa con il cappuccio.
“Sicuro di sentirti bene? Sei strano stasera.”
“Tutto okay.”
E davvero, erano mesi che non si sentiva così bene.
“Dove vuoi andare?”
“E’ una sorpresa. Dormi pure, in un’ora saremo là. Non voglio che Lily mi ammazzi perché ti ho riportata a casa sottoforma di cadavere ambulante.”
Alex aveva riso allacciandosi la cintura.
“E’ stata una nottata abbastanza tranquilla. Niente aspiranti suicidi, solo vecchie signore ipocondriache alla ricerca di un po’ di conforto e sicurezza.”
“Di quello ne abbiamo bisogno tutti, non solo loro.”
“Okay mi arrendo, sei peggio del solito. Hai discusso ancora con Val? Dovresti prenderti un periodo di vacanza da tutti e andartene da qualche parte con lei. Lontano da qui sarà più facile chiarire, perché non…”
Mentre Huntigton sfrecciava veloce lontano da loro, al di là del finestrino, Alex aveva capito che non ci sarebbero state spiegazioni o parole sino al loro arrivo a destinazione.
C’erano cose che solo lei e Matt potevano capire, come quando era bastato correre sino a farsi dolere i polmoni per dimenticare tutto quello che stava oltre il pontile di Santa Monica, cose che anche se non erano dette erano chiare e nette pronte a fendere l’aria come lame.
C’erano sempre un mucchio di parole, nei loro silenzi, e Alex le ascoltava attentamente una a una, raccogliendole e sistemandole in una piccola scatola rossa che avrebbe restituito a Matt quando si fosse deciso a prenderla con sé.
 
 
Brian non aveva trovato un’idea migliore se non aspettare che Matti si levasse dalle palle per tentare di chiamare Lily.
O meglio, aveva fatto passare ore da quando si erano separati, e tutto quello che aveva fatto il chitarrista era fissare il vuoto ascoltando il silenzio della propria abitazione.
C’erano state sere in cui aveva odiato il vuoto lasciato da Michelle e aveva preferito uscire cercando per Huntington Beach una compagnia qualsiasi – e spesso finiva con l’andarsi a sbronzare da Bob, piuttosto che a spassarsela con qualche straniera in cerca di un paio d’ore d’allegria – e altre in cui l’aveva ammazzato costringendo Matt o Zacky o Johnny a fare casino sino all’alba.
Di tutto ciò non era rimasto in quell’istante che il desiderio di quel silenzio: aveva imparato a conviverci, a ritrovarsi – seppur raramente – in una casa gigantesca e spoglia in perfetta solitudine. Poteva però fare un mucchio di cazzate che prima, quando viveva con Michelle, non gli erano concesse e la vita da scapolo si, aveva un suo senso logico.
Quando ti abitui a una presenza, al vivere in coppia, finisci con il dimenticare come ci si sente da soli: era quello che mancava a Matt? O quello che cercava Zacky quando si sbatteva qualche tizia conosciuta per caso?
Il capire quanto poteva essere catartico liberarsi e gettare al vento tutto quanto, sentirsi leggero dopo lo schifo… ecco, se avesse potuto riavvolgere il nastro della propria vita sarebbero stati due, i punti nei quali si sarebbe fermato: il giorno prima della morte di Jimmy – e sperare di fottere quella stronza, anche se aveva la certezza che sarebbe stato solo un buco nell’acqua – e la sera del compleanno di Lily, perché con Michelle probabilmente le cose sarebbero finite ugualmente e con Lily si sarebbero comunque trovati.
“Fanculo.”
Aveva composto il numero di Lily attendendo che dall’altro capo gli rispondesse, senza badare troppo all’orario.
“Alex sei ancora fuori? E’ tardissimo, sono le cinque del mattino e… Brian?”
La voce di Lily era un sussurro, resa ovattata da strati di lenzuola sotto le quali era sicuramente avvolta, e aveva sentito tutta l’esitazione e la perplessità nel trovarsi, all’altro capo del telefono, lui e non l’amica.
“Scusami, non volevo svegliarti. Volevo solo sapere come stavi.”
Che coglione.
“Oh… direi che potrebbe andare peggio, no?”
“Già.”
“Tu come stai?”
“Comodamente seduto in poltrona a fissare il nulla.”
Lily aveva riso, trattenendo quasi il respiro: c’era Brian lì, da qualche parte nella notte, a pensarla e a cercarla, nel tentativo di accorciare di un paio di passi le distanze tra loro.
“Ecco… be’, quando hai tempo possiamo vederci se ti va.”
Non le era uscito nulla di meglio e, a essere sincere, non sapeva bene cosa fare. Assonnata, ancora arruffata come un cucciolo di gatto abbandonato sotto la pioggia, era certa che ogni cosa detta o fatta nell’arco dei prossimi dieci minuti sarebbe stata una cazzata. La sveglia improvvisa non era una di quelle cose che adorava né di quelle che le concedevano una rapida e lucida analisi psicologica della situazione.
Era totalmente in balia degli eventi, insomma.
“Direi di si. Be’, ti lascio dormire, scusami per il fuori programma, non volevo svegliarti.”
“Ne approfitto per vedere se Alex è rientrata e andare in bagno, così. Mi hai fatto da sveglia.”
“Sei a casa da sola?”
“C’era Zacky sino a un paio d’ore fa, poi l’ ho costretto ad andare a casa e io mi sono infilata a dormire. Comunque è tutto a posto, tranquillo.”
Cretina, non ha minimamente mostrato di essere preoccupato.
Brian non le aveva risposto, cercando di sentirsi il meno stupido possibile. Sarebbe corso da lei e lo sapeva decisamente troppo bene, un altro discorso era poi decidere cosa dirle e come affrontarla, ma aveva bisogno di vederla, di sentire la sua voce e vederla sorridere.
Ecco, quello era fondamentale: se Lily sorrideva, stava bene o, almeno, era quello che credeva.
“E’ meglio che vada.”
“Si, scusami. Ci sentiamo nei prossimi giorni.”
“Okay. Buonanotte Brian.”
Mi manchi Lily.
 “Buonanotte Lily.”
“Grazie.”
Lily aveva tuffato il viso nel cuscino fissando il display del cellulare segnare tre minuti di chiamata, di cui almeno due erano stati di imbarazzato silenzio. Doveva rimettersi in sesto fisicamente e mentalmente e trovare la forza per incontrarlo.
Sarebbe bastato fargli le sue scuse per ripartire?
C’era una cicatrice molto più profonda, del tutto simile a quella lasciata da un tradimento, a inciderle il cuore e per quanto potesse credere in sé stessa era stata lasciata senza vestiti in mezzo a una piazza. Nuda e perfettamente scoperta, si era ritrovata a fare i conti con la propria improvvisa fragilità e quello non le piaceva affatto.
Se l’amore era una fregatura tanto grande c’era un motivo se lei non ci era mai cascata: era stata più scaltra di tanti altri, sino a quando non aveva assaporato come un sogno possa impallidire se messo a confronto con la realtà.
Si era rigirata su sé stessa, coprendosi il viso con l’avambraccio scacciando le lacrime.
Le mancava Brian ed era come se un peso le soffocasse il respiro: era davvero tanto stronzo l’amore da farti morire, anche, perché quella persona tanto speciale sapeva persino darti l’ossigeno per farti sentire viva?
Voleva Brian, solo e soltanto Brian.
Come riottenerlo, però, era una domanda a cui non sapeva rispondere.
 

C’era voluta poco più di un’ora e mezza per ritrovarsi a Tijuana alle soglie di un’alba grigia. Quando Alex aveva realizzato di essere arrivata alla frontiera tra Stati Uniti e Messico le era sembrato di sentire il proprio cuore incrinarsi pericolosamente.
Quanti confini ci sono nella vita media di un essere umano, da superare?
“Matt…”
“Dai scendiamo, tra poco vedremo sorgere il sole, mangiamo qualcosa e poi torniamo ad Huntigton. Hai fame?”
Alex si sentiva estremamente stupida e tristemente consapevole di non poter fuggire da quella situazione, con la certezza – da quando era salita in auto – che avrebbe incoccato una serie di cazzate una più grande delle altre da quel momento in poi, come se quel vicolo cieco l’avesse già messa con le spalle al muro. Aveva fatto ridicoli tentativi per cercare di far tornare Matt sui propri passi, ma era stata vittima di una paura folle che le aveva inchiodato la lingua al palato, impedendole di risultare convincente almeno per sé stessa. Non avrebbe saputo dire se era davvero paura o tensione o semplice stupore.
Il problema era il cuore, perché quando aveva visto davanti a sé la palizzata di legno tagliare in due la spiaggia e il cielo farsi chiaro contro l’orizzonte, si era sentita una perfetta stupida.
Perché a parlare per simbolismi finivi poi con il comprendere anche quelli degli altri.
Matt se ne stava lì a guardarla, l’uno accanto all’altra a contemplare l’ennesimo orizzonte ma sconosciuto a entrambi.
“Si può saltare dall’altra parte?”
“No, ma possiamo passare la frontiera in auto se ti va.”
“Siamo comunque con un piede in California e uno in Messico. E’ strano, è…”
Una metafora del cazzo.
Lei, Matt e Val: i tre lati del medesimo cubo.
C’erano un milione di pensieri che le vorticavano per la testa e le sarebbe piaciuto potersi aggrappare anche a uno solo per inseguirlo e trovare una qualsiasi risposta che potesse placare la cavalcata del suo cuore.
Aveva sollevato lo sguardo su Matt ed era insolito vederlo senza i soliti Ray-ban, con quel suo profilo simmetrico nelle geometrie della forma.
“Facciamo una corsa?”
Era stata la prima cosa che le era venuta in mente e anche la più manifesta reazione a quella situazione: sarebbe fuggita se solo ne avesse avuto l’occasione o le palle per dire “no” a tempo debito.
Solo che era impossibile rifiutare qualcosa a Matt, c’era sempre un sottile senso di colpa che si impossessava di lei quando quel loro rapporto dalla luce soffusa e dal tepore primaverile veniva scosso da una tempesta improvvisa come la sua incazzatura o qualche sano e deciso rimprovero che aveva avuto lo scopo di farlo svegliare e tornare con Val.
E se invece avesse sortito l’effetto opposto?
“Tu fuggi sempre, mmh? Anche a Santa Monica abbiamo corso sino a scoppiare e…”
“… ed è stato catartico. Sarà barare, però potremmo dire di aver corso sino alla frontiera con il Messico.”
Lui aveva riso divertito e Alex aveva distolto lo sguardo da lui portandolo verso la palizzata in legno che si stagliava a qualche centinaio di metri da loro.
Era abbagliante e stordente, il sorriso di Matt: era quello il problema di quella nottata che stava assumendo i contorni di una fuga in piena regola, anche se doveva ancora comprendere da cosa.
E sinceramente, aveva davvero paura a scoprirlo.
Macina metri, miglia, ore e minuti.
Corri sino a sentire i polmoni bruciare e l’aria venire meno, sino a quando il rumore del cuore non zittirà quello del mare, sino a quando...
L’aveva fatto.
Cioè, non si aspettava che finisse in quel modo – non era stato il motivo principale per il quale l’aveva portata a Tijuana, per farla breve -, ma aveva preso il coraggio e se n’era fregato di quello che era giusto e di quello che era sbagliato, di tutto quello che aveva lasciato ad Huntington e di anni di vincoli collaudati e corrosi.
L’aveva seguita con lo sguardo per pochi istanti e poi le si era gettato al seguito cercando di non perderla mai di vista.
Avvolta nel cappotto svasato di una tonalità indefinita di viola era piccola, i capelli scarmigliati dal vento e i piedi nudi che battevano sulla sabbia gelata un ritmo che a Matt sembrava andare al pari con quello del proprio cuore.
“Ho vinto!”
Per lei era facile dimenticare tutto correndo, era una cosa che aveva imparato quando era bambina e che aveva applicato crescendo. Con lo sport che staccava la spina del cervello concentrandosi su ogni tensione del proprio corpo, immaginando la curva dei muscoli contrarsi per lo sforzo contro la pelle poi era subentrata la pittura ma se con la corsa dimenticava, con la pittura invece si costringeva a pensare.
Aveva inspirato l’aria dall’odore salmastro sollevando il viso verso il punto in cui credeva potesse trovarsi Matt e in quel momento aveva avvertito il braccio del ragazzo cingerle la vita, la sua presenza dietro le proprie spalle mentre con la mano libera le indicava la palizzata davanti a loro.
“Secondo te vale la pena saltare dall’altra parte?”
“Non sai cosa c’è di là. Lo stesso mare, la stessa spiaggia e poi? Dopo il proseguimento di quello che c’è qui non sai cosa ti aspetta, Matt.”
“Non puoi mai sapere cosa accadrà domani, è quello che vivi ora la cosa più importante.”
“Non è questione di avere paura, è questione di… Matt, andiamo, non puoi davvero credere che…”
Aveva cercato di scivolare via dalla sua stretta, ma era stato del tutto inutile e anzi, Matt le aveva cinto la vita anche con l’altro braccio, appoggiando la testa sulla spalla di lei intonando alcune parole di una canzone sconosciuta.
 
You’re the frontier that I reached
Please let the right on it
And you take my hand and go away with me
Across this world until the end of the sunsets
Don’t be afraid to jump with me
Because I hold you on my skin
 
“Matt io non…”
Aveva girato il viso verso di lui cercando di guardarlo negli occhi e dirgli tutto, perché non era il tipo di persona che ti dice le cose guardando dall’altra parte: ti guardava sempre in faccia, anche quando doveva prenderti a schiaffi, era quando rideva che si nascondeva, nemmeno stesse facendo un torto a qualcuno.
Non aveva però avuto il tempo di aggiungere nulla, perché le mani di Matt – calde e grandi – le avevano stretto il viso in una coppa accogliente e lui, semplicemente, vi aveva attinto.
Alex non aveva opposto resistenza quando le labbra del ragazzo si erano posate sulle sue, totalmente inerme e sconfitta da una cosa troppo grande e struggente per essere allontanata.
Le sembrava quasi che tutto si fosse riavvolto su sé stesso e il tempo fosse tornato al molo di Santa Monica, quando Lily e Brian ridevano felici, quando lei e Matt correvano senza giocare a chi sputava fuori più metafore per non dire la verità così, come stava.
Matt le accarezzava i capelli e lei aveva stretto tra le dita la stoffa della felpa del ragazzo, sulla schiena, aggrappandosi con tutta sé stessa a quell’unico istante che potevano concedersi.
L’unico Alex, il primo e l’ultimo.
Era tutto sbagliato, non c’era niente di giusto, non c’erano tramonti per loro od orizzonti senza fine ma solo il frastuono maledetto del suo cuore che sovrastava ogni razionale sentimento, ogni singolo maledetto neurone che impazzito le gridava di andarsene e gettarsi in mare piuttosto che continuare a baciarlo ma il suo corpo – e pure il cuore – non volevano allontanarsi di un passo.
Aveva stretto le palpebre un po’ più forte, poi aveva deciso di spezzare l’incantesimo e li aveva riaperti: anche la magia più grande finisce sempre nel momento in cui ti risvegli.
“Matt?”
Lui aveva staccato le proprie labbra da quelle di lei, stranito.
“Torniamo a casa?”
Aveva indugiato con lo sguardo sul viso accaldato di lei per poi abbracciarla di nuovo, avvolgendola in un’alcova di tepore che però, non le apparteneva.
“Abbiamo la frontiera davanti e dobbiamo solo scegliere.”
Se Alex avesse avuto sedici anni – o anche solo sei mesi prima, a dirla tutta – sarebbe stata raggiante a quelle parole ma ora tutto le pareva troppo squallido.
Non c’era magia, non c’era amore, c’era solo confusione da entrambe le parti e due cuori che correvano troppo forte nel tentativo di sintonizzarsi sulla stessa frequenza cardiaca.
“Non hai possibilità di scelta e lo sai anche tu”, gli aveva risposto con una dolcezza che Matt non le aveva mai udito nella voce, differente da quella che riconosceva nel suo essere mite, anche quando si arrabbiava.
“Perché hai così tanta paura, Alex? Dammela questa fottuta possibilità. Sei l’unica che può cambiare le cose.”
“Matt… tu sei sposato.”
“Lascerò Val. Io so cosa voglio adesso e non è un matrimonio che risolverà i miei problemi.”
“Non li risolverai nemmeno con un’amante. So cosa significa essere traditi dalla persona che ami: perdi la fiducia nel mondo intero. Non puoi fare del male a Val in questo modo dopo tutti gli anni trascorsi insieme e…”
“Era solo un bacio, Alex.”
L’inglese aveva sgranato gli occhi, poi aveva spostato lo sguardo dal cantante ai propri piedi e si, Matt aveva realizzato di aver detto la più grande cazzata dell’universo.
“Ti sei risposto da solo. Torniamo a casa ora, il sole è già sorto.”
“Alex non intendevo quello, maledizione, aspetta.”
Non era solo un bacio, cazzo.
No.
Era la sua porta di ingresso per il mondo delle fiabe e lo sapeva benissimo che con una come Alex non ci sarebbero mai stati problemi, che non ci sarebbe stato bisogno di troppe parole o spiegazioni perché i loro fraintendimenti erano dettati dall’impulsività di Alex, da quel suo voler comprendere solo ciò che le faceva comodo capire quando la verità, invece, la coglieva benissimo.
“Non era solo un bacio.”
“Quando lo saprai, dimmi cos’era.”
Le aveva afferrato il polso costringendola a fermarsi ma non si era voltata per guardarlo e Matt le aveva sollevato il viso nascosto dai capelli per poterla guardare di nuovo negli occhi.
“Ehi, io non volevo che...”
“Lascia perdere, facciamo finta che non sia successo nulla.”
La mano di Matt era scivolata dal polso a quella di Alex e insieme, mano nella mano, si erano avviati verso l’auto.
A chiunque potevano sembrare due innamorati ma se ci fosse stata Lilly, lì, avrebbe colto subito quanto dolore c’era in quella stretta, in quel non volersi lasciare per non perdersi del tutto l’uno nell’altra e poi entrambi dentro sé stessi.
Era diventato tutto un enorme casino, ora.
 
 
“Sono preoccupata.”
Lily aveva sbuffato gettandosi a peso morto sul divano, incrociando le gambe sul tavolino basso che vi stava di fronte, gesto che aveva assimilato per osmosi dal suo compagno di nottate fatte di serie televisive e noia mortale.
“Perché?”
“Alex sono due giorni che quasi non parla e non è normale.”
“Sarà stanca, quando sono arrivato qui si era svegliata da un paio d’ore.”
“Sta già lavorando troppo quella scema, e non le ha di certo fatto bene stare fuori una notte a sorbirsi le menate di Matt. Anche ieri si è dimenticata che dovevamo uscire con Lacey.”
“Conoscendo Matt si saranno chiariti su quello che è accaduto, tranquilla. Com’è andata con Lacey?”
“Oh benissimo, è assolutamente adorabile! Johnny è davvero fortunato ad avere una ragazza così carina! Ed è anche intelligentissima, ma lo sai che è avvocato?”
“Secondo te?”
“Ah, giusto, scusami. Comunque la cosa non mi convince. E’ strana, capito? Dorme tutto il giorno, non è da lei.”
“Non farmi venire l’ansia, Lily. Sarà stanca, te l’ho detto. E’ un essere umano anche lei.”
“Tu non la conosci. Alex è instancabile, la sua è… be’, nulla. Stasera l’aspetterò sveglia.”
“Lily alza il tuo bel culo dal divano che andiamo a mangiarci un hamburger. Mi sembra di vivere a sbafo a cenare sempre qui da voi, e poi ho fame.”
“Io e te a cena da soli?”
“No, ho chiamato anche Johnny, scherzi? Se lo sa Gena mi ammazza.”
“A proposito, come vanno le cose?”
“Direi meglio, ma preferisco non pronunciarmi ed evitare di dovermi pentire delle mie stesse parole.”
“Okay andiamo.”
“Esci così?”
“Scusa non devo uscire con Brian, sono con te e Johnny. Posso anche venire vestita a questo modo”, e aveva indicato i leggings a cui aveva abbinato una camicia a quadri larga sotto la quale aveva indossato una semplice maglietta grigia.
“Come vuoi. Andiamo allora.”
Il chitarrista si era sollevato lasciando che Lily lo precedesse verso l’auto e, nel vedere quella delle ragazze parcheggiata nel vialetto di casa aveva guardato l’amica perplesso.
“Scusa ma Alex con cosa va in ospedale?”
“In taxi. Dice che non userà mai quest’auto senza di me. La solita esagerata. Sali o resti lì come uno scemo?”
“Vuoi guidare tu?”
“Certo, devo sgranchirmi un po’ le gambe. Dove devo andare?”
“Giù al molo, Johnny ci aspetta là. C’è un bar sulla spiaggia dove vanno solo surfisti, è uno spasso. E la sera non c’è mai troppo casino, specie di questi tempi.”
“Serata tranquilla o voglia di guai, Zacky?”
“Scherzi? Tranquillissima!”
Lily aveva premuto al massimo il piede sull’acceleratore schiacciando Zacky contro al proprio sedile e facendogli sbattere la testa quando aveva inchiodato, per poi sterzare violentemente in retromarcia fuori dal vialetto di casa.
“Oh merda.”
“Cosa?”
“Alex aveva ragione.”
“Alex ha sempre ragione.”
La ragazza aveva abbassato i finestrini facendo entrare folate d’aria gelida dentro l’auto, ridendo mentre costeggiava l’oceano in direzione della zona indicata da Zacky.
“Stai meglio, vero?”
“Devo prendere quello che di bello viene. E poi forse è solo questione di avere pazienza, ma non è il mio forte. Devo limare un po’ il mio carattere, diciamo.”
“Rallenta Lily, siamo quasi arrivati.”
E lei, per tutta risposta, aveva accelerato.
“Guarda che voglio arrivarci ai trent’anni!”
“Stai dicendo che guido male?”
“No, sto dicendo che se ti dico di rallentare tu devi rallentare perché è qui, il parcheggio.”
“Ah,” e con quell’esclamazione aveva sterzato a destra rischiando un testacoda, mentre Zacky ringraziava il santo protettore di Alex, perché se era sopravvissuto a quelle montagne russe del tutto inaspettate evidentemente, lo doveva a lui.
 
 
“Ehi siete puntuali, credevo arrivaste in ritardo… di solito le donne sono lunghe in questi casi.”
“Lacey non c’è?”, aveva domandato un po’ delusa l’inglese.
“Aveva da fare per lo studio, arriverà più tardi.”
“Peccato. Sei fortunato lo sai? Lo dicevo anche a Zacky che Lacey è splendida, a differenza di qualcun'altra di mia conoscenza.”
“Perché Gena ha sempre la colpa di ogni cosa?”
“Perché è insopportabile e davvero troppo poco per te?”, aveva scoccato lapidaria Lily, avviandosi verso il piccolo bar con terrazza che dava dritto sull’oceano.
“Wow è bellissimo! Un po’ troppo romantico, forse… Johnny dovresti portarci Lacey, secondo me è la scelta migliore. Anzi, mi crea quasi disagio, perché non andiamo da McDonald’s?”
“Non vuoi sapere il retroscena di questo posto?”
Lily si era voltata verso Johnny incuriosita, arrestandosi per attendere i due ragazzi che le stavano dietro di qualche passo.
“Zacky ha portato qui Gena al loro primo appuntamento.”
“Fanculo Johnny.”
“Tu?”
“No, il mio gemello cattivo… quanti Zacky conosci, scusami? E quante Gena?”
“Grazie a dio uno è la risposta a entrambe le domande.”
Lily non si era riscattata né tanto meno aveva dimenticato Brian, ma la sua chiamata nel cuore della notte – dopo il primo, traumatico impatto – le aveva dato la voglia di riscattarsi e riprendersi la sua vita nonché il suo inguaribile spirito ottimista.
Il che non implicava che non soffrisse per la mancanza di Brian – anzi, ad ogni sorriso corrispondeva una fitta sul cuore, come se ad ogni tacca dovesse ricordare che senza di lui non sarebbe stata felice. Non del tutto - ma che c’era anche solo una possibilità di riavvicinarsi.
Era andato a cercarla a casa, l’aveva chiamata per giorni e Alex aveva sempre rifiutato le sue chiamate e, alla fine, si erano riusciti a sentire.
Lontanissimi, certo, ma la voglia di non perdersi c’era e questo Lily l’aveva capito almeno in parte. Quando sei innamorato tendi sempre a perdere di vista i fatti oggettivi, passando  il tempo o a illuderti come una scema o a piangerti addosso come una cretina.
Lei aveva fatto entrambe le cose ed era giunto il momento di crescere: sarebbe stata la solita Lily, ma per stare con Brian doveva  migliorare perché in amore ogni angolo va smussato per potersi incastrare perfettamente l’uno nell’altra.
E poi Brian doveva essere orgoglioso di lei.
“Vado a vedere se hanno riservato il tavolo intanto.”
“Vengo con te Jonhnny!”
Il trillo inquietante della suoneria di Zacky li aveva interrotti, e lui aveva sorriso – anzi, era più corretto dire che aveva fatto una smorfia – e poi risposto.
“Ciao Gena.”
“Dove cazzo sei?”
“Fuori con Johnny, perché?”
“Perché sei un figlio di puttanta, Zacky! Hai prenotato per due persone da Mikey’s Mousse stasera. E l’altra persona non sono io… non hai nemmeno la decenza di tenere i nostri ricordi fuori dalle tue cazzate con i tuoi amici?”
“Gena posso spiegarti la cosa un istante senza che tu inizi a soffocarmi di domande?”
Johnny, nel mentre, faceva gesti convulsi a Zacky che – senza pensarci due volte – aveva iniziato a battere una mano sulla cornetta del telefono gracchiando.
“Non… sento. Richiamo… io… subito” e, dopo aver rivolto un sorriso a Johnny e Lily, si era avvicinato a loro.
“Allora questa cena?”
“Ehi Zack puoi dire a Gena di gridare meno, al telefono. La sentivo da qui.”
La voce calda e inconfondibile di Brian aveva investito Lily come una doccia fredda e si era girata verso Zacky fissandolo atterrita.
“In bocca al lupo.”
Johnny le aveva dato una leggera spinta facendola entrare nel locale e poi si era gettato all’inseguimento di Zacky aveva preso a correre in direzione del parcheggio non appena aveva udito la voce di Brian, mentre il chitarrista li guardava dalla terrazza senza capire cosa stessero facendo.
Lily aveva esitato tra le poche coppiette sedute ai tavoli, la luce soffusa e le lanterne di carta che oscillavano lungo il perimetro della costruzione che non l’aiutavano affatto a prendere il coraggio a due mani e affrontare Brian.
Aveva inspirato, osservando la sagoma della sua figura stagliarsi contro una pozza di nero indistinto in cui le uniche luci erano quelle delle stelle, delle lanterne e di una luna immensa.
Okay Lily, andiamo.
“Ehm… ciao Brian.”
Lui si era voltato di scatto, sorpreso e assolutamente sconcertato, imbarazzato a sufficienza da non sapere cosa dire né tanto meno, cosa fare quando si era trovato davanti la ragazza. Aveva infatti creduto che quello di Zacky e Johnny fosse uno dei loro scherzi del cazzo, tanto per cambiare.
“Lily?”
“Credo sia colpa di Zacky e Johnny, io non sapevo che c’eri tu o mi sarei messa qualcosa di decente!”
Brian l’aveva squadrata scoppiando a ridere, poi si era staccato dalla balaustra e le si era avvicinato per poi entrare prima di lei all’interno del locale.
Per un istante era stato quasi sul punto di baciarla e fregarsene delle conseguenze, ma aveva già fatto abbastanza casini per quel motivo l’aveva guardata – l’aveva ricordata, pelle contro pelle – e si era lasciato sopraffare dal suo profumo.
“Hai fame?”
“Un po’.”
In verità le si era brutalmente serrato lo stomaco dall’emozione. Cosa gli avrebbe detto ora?

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Capitolo 7
*** #7 Avenged Sevenfold ***


Da zero a cento in un secondo.
Ecco quanto ci aveva messo il suo cuore prima di prendere a battere all'impazzata. Non aveva mai creduto che qualcosa del genere potesse accadere, proprio la sera prima l'aveva passata in compagnia di Lacey e Johnny a criticare le scelte da teenseries di 90210.
“Allora che vi porto?” la voce della cameriera aveva destato i due ragazzi che da una manciata buona di minuti erano totalmente immersi nella lettura di menù di appena otto pagine.
“La grigliata di mare” risposero entrambi all'unisono, strappando così un sorriso complice e compiaciuto della cameriera, che neanche si era accorta dell'imbarazzo dei due, ma che stava pensando che erano una coppia adorabile.
“Una birra grande bionda” disse poi Brian quando 'Tess' aveva rialzato lo sguardo dopo aver appuntato sul suo palmare l'ordine.
“A me una bottiglia d'acqua frizzante e le patatine fritte” aggiunse con un flebile sorriso. La ragazza si congedò lasciandoli cosi alla loro realtà d'affrontare.
“Non appena vedo Johnny e Zacky li uccido” esordì Brian contrariato, avrebbe voluto essere a conoscenza della cosa, almeno per prepararsi ad affrontarla.
“È così brutto ritrovarsi qui con me?” chiese lei abbassando lo sguardo a fissare la candida tovaglia bianca.
Zitto. Avrebbe dovuto rimare zitto. Aveva l'incredibile dote di aprire bocca e fare danni. Zitto.
“Non intendevo assolutamente questo” sospirò lui leggermente scoraggiato. “Anzi sono sorpreso che tu sia qui, senza Alex soprattutto, iniziavo a pensare che quella ragazza avesse il dono dell'ubiquità” commentò facendo sorridere Lily, e lui ebbe una fitta potente al cuore.
Era come se non si ricordasse fino a quel momento di quanto potesse essere bello il suo sorriso.
“Mi ha protetta, funziona cosi tra di noi, sempre a guardarci le spalle” rispose annuendo la ragazza, trovando finalmente la forza e il coraggio di guardarlo negli occhi.
“Ha fatto bene, se non fossi io il diretto responsabile della situazione mi sarei preso a cazzotti” annuì lui.
“Chi ti ha detto che hai tutto questo potere su di me?” chiese freddamente, indurendo tutti i lineamenti del viso trasformandosi cosi in una maschera di ghiaccio. Parlare per colpire. E non fare prigionieri. Il suo sistema di autodifesa si era innescato immediatamente.
“Io... Beh...” farfugliò totalmente preso alla sprovvista da quel cambiamento repentino di umore.
“Scusa” sospirò l'ennesima volta lei avvilita. “Ho il pilota automatico, la difesa è il miglior attacco” scosse la testa.
“Io mi ricordavo l'inverso” commentò divertito lui cercando di smorzare la tensione.
“Non so neanche più quello che dico” borbottò confusa lei.
Brian decise di mettersi in gioco, allungò la mano e accarezzò per poi stringerla dolcemente quella della ragazza che era abbandonata sopra il tavolo. Lily ebbe un fremito che le percorse tutta la schiena fino al cuore, che finì aprendosi in un sorriso timido ma sincero sul suo volto.
“Calma ok? Sono io ricordi?” disse addolcendo il tono, privo di imbarazzo o timore. “Niente paranoie o filtri, era questa la nostra forza ok?” cercò di calmarla, trovando in se un coraggio che mai avrebbe creduto di possedere, e una sicurezza che lo stupì.
“Hai ragione, giù le maschere entrambi ok?” rispose lei senza togliere la mano, sentiva un calore diffuso propagarsi dalla mano fino al braccio e sulle guance. “Se vogliamo chiarire dobbiamo essere sinceri uno con l'altro...” aggiunse fissandolo negli occhi, e trovandoci solo Brian, un ragazzo spiazzato e timoroso proprio come era lei.
“Allora inizia con il considerarmi Brian e non Syn” esordì con un lieve sospiro. L’aveva detto, la frase che non voleva pronunciare era uscita diretta e senza zucchero a indorare la pillola.
“A volte siete tutti esageratamente paranoici” sospirò scuotendo la testa. “So benissimo distinguere Brian da Synyster, meglio di quanto tu immagini” puntualizzò fissandolo dritto negli occhi. “Ho permesso ad Alex di accantonare i vostri gadget, magliette, e qualche cd” continuò prendendo fiato “Le ho permesso di demonizzare la band affinché trovasse qualche appiglio per aiutarmi – abbassò lo sguardo qualche secondo fissando il marrone lucido del tavolo – ma non sono idiota, né tanto meno un’invasata”. Concluse cercando di sorridere.
“Io non ho scuse per come ti ho trattato la sera del tuo compleanno” ammise abbassando lo sguardo. “Solo che…”
“C’era la tua ex-moglie stesa a terra mentre si picchiava con l’ultima arrivata” lo interruppe la ragazza. “Avresti potuto trovare altri metodi ma hai agito semplicemente d’istinto”.
“Questo non giustifica che sia stato uno stronzo”.
“No. Non lo fa, ma siamo qui per chiarire no?” disse lei con un sorriso; e sapeva benissimo che c’era molto altro da dire, soprattutto che lei doveva dirgli. Ma non se la sentiva ancora, doveva riuscire ad abituarsi al dover essere sincera e buttare giù la maschera; lui lo stava facendo e si stava impegnando. Ma il tirare fuori il discorso della madre non era il momento né tanto meno il luogo.
“Ti ricordi che ti avevo promesso il giorno del mio compleanno di spiegarti la frase della chitarra?” domandò addentando un anello di mare, prendendolo con le mani dal vassoio che la cameriera aveva appena posato. Brian annuì e si servì la sua parte di grigliata. “Beh, è una cosa lunga, e magari con calma, più avanti... Potremmo parlarne, non voglio tenerti sulle spine”.
“Va benissimo quando ti sentirai pronta, sarò lì, lo giuro niente più cazzate” aggiunse con un sorriso.

*

SMS: To  Zacky From Alex H 08:13 AM
Tu sei un uomo morto.
SMS: To  Zacky From Alex H 08:13 AM
Giuro che se ti becco in giro ti prendo sotto con la macchina.
SMS: To  Zacky From Alex H 08:14 AM
Ps: quando passi, puoi comprarmi il latte e della birra?

I tre messaggi che gli aveva mandato Alex lo avevano fatto ridere come non mai. Aveva cancellato solo l'ultimo, giusto per sicurezza in caso Gena avesse curiosato tra le sue cose – abitudine che aveva imparato ad accettare -. Era appena uscito dal supermercato con tre buste di spesa, ed era psicologicamente pronto ad affrontare qualsiasi tipo di ramanzina, sfuriata, ritorsione fisica che l'inglese gli avesse rivolto. Aveva passato la notte di sesso più appagante delle ultime settimane, nelle vene scorreva una buona dose di nicotina, ed era stato a fare colazione nella sua pasticceria preferita.
Era pronto ad affrontare un'altra giornata alla Vengeance.
Non appena scese dalla macchina vide la sagoma di Alex scagliarsi – quasi – addosso a lui, e come se fosse trattenuta da una catena invisibile si fermò a pochi centimetri.
“Tu non puoi essere lasciato solo che combini guai mhm?” esclamò cercando di non alzare la voce.
“Ora che avrei combinato?” chiese scuotendo la testa.
“Il fatto che stamattina quando sono rientrata dal turno di notte, sono andata a vedere come stesse Lily e insieme a lei c'era Brian?” disse lei incredula. “Che erano entrambi mezzi nudi a dormire insieme? Nello stesso letto? Sotto le stesse coperte?” continuò scandendo ogni domanda con il picchiettare sul petto di Zacky il proprio dito indice.
“Ah, quello?” chiese con un sorriso quasi ebete per quanto soddisfatto. Prese una nota mentale: dire a Johnny che erano due geni indiscussi.
“A H   Q U E L L O ?” ripeté lei allucinata. “Dove è andata a finire la tua solidarietà alla mia causa?” chiese allibita, ma doveva aspettarselo un tiro mancino dal ragazzo, era stato tutto dannatamente facile fino a quel punto.
“Hey!!! Sono stato solidale alla tua casa finché aveva il diritto di stare in piedi!” annuì serio. “Ma entrambi avevano bisogno di chiarirsi, e quanto pare l'hanno fatto al...” ma interruppe la frase giusto in tempo per non beccarsi uno schiaffo di Alex, o qualcosa di mortalmente più doloroso.
“Uff” sospirò sconsolata, come se tutte le energie l'avessero abbandonata all'improvviso.
“Sta bene Lily, stava bene Alex, aveva metabolizzato il tutto, e non mi stupisco che abbiano passato buona parte della nottata a parlare” aggiunse lui dandole una piccola pacca sulla spalla in segno di conforto.
“Non mordo mica” rispose laconica lei.
“No, ma sei manesca, ho già avuto un occhio nero a causa tua, errare è umano ma perseverare è diabolico” sorrise lui girandosi a prendere le tre buste della spesa.
“Hai intenzione di trasferirti a mangiare sempre da noi?” chiese la ragazza sfilandogli dalle braccia dei sacchetti.
“No, ma sono stato qui spesso, anche Johnny e Lacey, mi sembrava il minimo comprare le cose che ci piacciono per trovarle pronte” scherzò lui divertito. “Erano mesi che non avevamo un punto di ritrovo, generalmente era casa di Jimmy” sospirò lui.
“Secondo me dovreste lasciarlo in pace” rispose Lily comparendo alla porta, vestita solo con una maglia di Brian che era abbastanza grande per usarla come abitino. “State attribuendo a lui ogni fortuna, sfortuna o cosa, vi state ponendo problemi e questioni... Che non necessariamente devono avere risposta” aggiunse facendo passare i due.
“Ben svegliata principessa” rispose ironico il chitarrista andando a posare la spesa in cucina.
“Dico davvero, vi state aggrappando a lui come se non ci fosse un domani certo per nessuno di voi” prese a dire con tono serio ma particolarmente dolce. “Non usatelo come pretesto se vi siete resi conto di essere cresciuti, la cosa migliore per voi è non sentirvi più in colpa se vi viene da ridere o se non state male” concluse sedendosi sullo sgabello addentando poi una mela dopo averla lavata.
“È la psichiatra che parla?” chiese lui inarcando il sopracciglio.
“No, l'amica” rispose lei amabilmente “Ti ho visto in mutande e ti ho fatto il bucato, mi sono arrogata il diritto di poterti parlare tranquillamente, quando capirete che Jimmy non svanirà mai tra i vostri ricordi, riuscirete a sentirvi di nuovo bene”.
“Ne dubito” rispose lui sincero sedendosi sullo sgabello della cucina, per poi allungare le braccia in alto e stiracchiarsi per bene. “Ho fame” aggiunse dopo che il suo stomaco aveva emesso un brontolio quasi sinistro.
“Preparo io la colazione” esclamò con un sorriso Lily, saltando giù da dove era seduta. “Indosso la biancheria Zack, inutile che cerchi di slogarti l'orbita oculare per scoprirlo” rise lei aprendo il frigo e tirando fuori tutti gli ingredienti che le servivano.
“Maledetto pervertito” il borbottio di Alex fu appena udibile ma scatenò la più fragorosa delle risate da parte di tutti i presenti – pervertito incluso -.

 

Lily non era cattiva, non era nemmeno buona e naif come Alex; ma la sua indole era per lo più protettiva; e come ogni ‘mamma-chioccia’ che si rispetti, ogni campanello d’allarme che sentiva suonare anche in lontananza lo prendeva sul serio. E Alex in quei giorni stava emettendo una sorta di sirena anti bombardamento, altro che campanello.
Ma quello che più la rendeva inquieta era il fatto che l’amica la stava evitando come la peste nell’ultimo periodo. Fingeva telefonate inesistenti, andava sempre prima al lavoro e tornava sempre più tardi del dovuto, imputando le colpe: al traffico, al capo, ai colleghi, e perfino ai folletti della Cornovaglia se ne avesse avuto l’occasione.
E la pazienza di Lily era esaurita.
E la preoccupazione di Lily era troppa.
E il tutto sfociò con una serie di domande senza tregua, tese a riscontrare ogni singola incertezza dell’inglese per usarla contro se stessa, in un interrogatorio che aveva lasciato i due ragazzi senza parole.
Lily aveva portato Alex al punto di rottura. Tant’è che la ragazza esplose confessando un fatto che nessuno si sarebbe MAI e poi MAI aspettato. Aveva baciato Matt. E aveva quasi pensato d’oltrepassare il confine con lui e svanire per qualche tempo.
“Sei contenta ora?” domandò Alex con gli occhi lucidi di lacrime.
“Sei contenta tu a tenerti tutto dentro?” rispose Lily che era scesa dallo sgabello fermandosi di fronte all’amica, con una postura quasi imponente, Brian aveva paura che si sarebbe spezzata da lì a poco da quanto fosse tesa.
“Non hai il diritto di entrarmi in testa così, di usarmi come cavia per i tuoi giochetti!” statuì Alex senza spostarsi di un millimetro.
“E tu non devi mentirmi o proteggermi da chissà che cosa” prese a dire lei portandosi le braccia conserte al petto. “Perché mi hai evitato per giorni facendomi preoccupare il doppio, perché hai fatto una cosa che ti peserà sulle spalle a lungo” sospirò cercando di addolcire quella discussione che cominciava a diventare sgradevole.
“Non puoi sapere tutto Lily, rassegnati!” la voce di Alex era ferma ma priva di forze, come se avesse combattuto da sola contro un esercito fantasma. Adorava Lily, per quella ragazza provava un sentimento che prescindeva dalle canoniche etichette, ma in quel preciso istante avrebbe voluto che sparisse.
Lei, la California e tutto quel caos, avrebbe semplicemente voluto chiudere gli occhi e finire in qualche realtà parella, perfino nella Terra di Mezzo, tutto fuorché stare lì.

*

“Non credi di essere stata troppo... Invasiva con Alex?” chiese Brian richiudendo alle proprie spalle la porta della camera di Lily. Non l’aveva mai vista cosi intenta verso un obiettivo, aveva iniziato a pressare l’amica fino a farla crollare e farle sgretolare la maschera di indifferenza che stava malamente tentando di tenere su.
“Invasiva?” domandò ridendo lei scuotendo la testa. “Sa benissimo che non deve mentirmi, per nessuna ragione al mondo, fosse anche quella di proteggermi” aggiunse seria.
“Io so che hai un background di studi particolare, è l’unica cosa che ho saputo estorcere a Zacky” ammise lui. “Ma averlo, essere in grado di ‘leggere’ le persone – sospirò scuotendo la testa leggermente – non ti da il diritto di usufruirne quando vuoi, e per riuscire a ottenere quello che vuoi” concluse leggermente titubante. Al contrario di lei, Brian non aveva la più pallida idea di come avrebbe potuto reagire lei, e di cosa quella discussione avrebbe portato.
“Alex è la mia migliore amica” puntualizzò leggermente indispettita l’italoamericana.
“Non c’entra assolutamente niente, a maggior ragione, avresti dovuto mantenere la calma e non incastrare Alex con una serie di domande a raffica” continuò leggermente con più coraggio. “L’hai messa all’angolo davanti a me e Zacky, l’hai fatta capitolare, ci hai quasi spaventato ti mancava la mannaia in mano ed eri peggio di un Serial Killer” aggiunse strappandole un sorriso. “Non hai idea, eri fredda e calcolatrice si vedeva proprio che volevi condurre la discussione in quella direzione, hai usato la nostra presenza come rinforzo”
“Okay, calma un attimo” disse lei interrompendo il discorso del ragazzo. “Mi stai dipingendo come una dannata maniaca psicotica” rise nervosamente.
“Sai benissimo che non intendevo dire questo, ma se tu facessi una cosa del genere con me, io non sarei in grado di perdonartelo, perché non è lasciare pensare con la propria testa, è manipolazione quella.” disse tutto d’un fiato. Avevano deciso di essere sinceri, e doveva dirgliele quelle cose.
Inizialmente pensava tutti i discorsi del bandmate fossero esagerazioni, a differenza sua, Zacky viveva di serie televisive, film cinematografici e quelli mentali pure, tendeva ad avere un punto di vista alquanto unico della vita reale. Brian con gli anni aveva imparato a filtrare le parole dell’amico e a comprendere l’angolazione dal quale guardare le cose. Ma dopo aver visto la discussione delle due, iniziava a comprendere Lily di più; e quel suo lato lo spaventava. Sarebbe stato più sincero dire: lo infastidiva. Non era un tipo che faceva quello che gli dicevano gli altri, anzi era il classico esempio di persona che andava d’amore e d’accordo con la psicologia reversa.
Lui non doveva mangiare le caramelle?
Dopo neanche una manciata di secondi era a rubarle dentro qualche supermercato.
E il solo pensiero che Lily in qualche maniera potesse manipolarlo, o farlo crollare come aveva appena visto fare con Alex, lo faceva rabbrividire.
“Immaginavo che dicessi una cosa del genere” sospirò abbattuta. “E non perché so leggerti, ma perché è il primo pensiero che viene in mente a chiunque conosca la mia carriera universitaria” sospira. “Non sono una che manipola le persone, non l’ho mai fatto, non puoi giudicare una discussione tra me e Alex estrapolata dal contesto” continuò pacatamente.
“Estrapolata dal contesto?” chiese quasi allibito. “Cazzo Lily ero lì da ancora prima che vi parlaste, e sono rimasto li finché non ti ho seguito qui!” aggiunse incredulo. “Non ho estrapolato un bel niente dal contesto.” Precisò guardandola, per poi sorridere dolcemente, volendo allentare così l’eventuale tensione che si era andata a creare.
“Il contesto non è questo” rispose con altrettanta calma, anche se dentro di lei stava montando una rabbia non indifferente, cominciava a sentirsi giudicata da una persona, che nonostante tutto, era totalmente estranea ai fatti. “Il contesto sono quasi dieci anni di amicizia, il contesto è il sapere benissimo che Matt vuole tornare con sua moglie, ma voleva provare prima l’avventura di una conquista straniera” iniziò a dire con un tono più duro di quanto volesse in realtà. “E non dirmi che queste cose non le so, perché tu le sai meglio di me, ma Matt è il tuo migliore amico da una vita è normale che gli pareresti il culo anche davanti a un plotone di nazisti” aggiunse subito fissandolo dritto negli occhi. “Alex è la classica ragazza che si tiene tutto dentro pur di non soffrire o disturbare gli altri, è una ragazza che non è facile da conquistare ok, ma le sue barriere sono molto meno efficaci di quanto pensi lei stessa.” Interruppe qualche secondo chiudendo gli occhi, riprendendo così fiato e tranquillizzandosi leggermente. “Quindi la mia terapia, per quanto tu creda sia crudele e meschina, è solo il mio modo di interagire con lei, ne abbiamo passate così tante e non sarà di certo questo viaggio a incasinare il nostro rapporto”. Puntualizzò cercando di concludere così tutto il discorso, non sarebbero arrivati a una fine: non in quel momento.
“Quando tornerà dal lavoro sarà tutto risolto, almeno per Alex” Lily ruppe il silenzio dopo una buona manciata di minuti in cui entrambi erano vicini a fissare il vuoto, intrappolati nei loro pensieri e nei loro schemi mentali.
“Intendi dire che Zacky sarà un problema?”
La voce di Brian era calma e calda, e quando le sue braccia cinsero l’esile vita di Lily lei si sentì in pace con il mondo. Chiuse gli occhi e si appoggiò al petto del ragazzo sospirando lievemente.
“Non so, non posseggo mica la palla di cristallo” celiò lei tranquilla. “Il fatto che si sia alzato senza dire una parola e abbia sbattuto il portone di casa è abbastanza semplice da capire” rise girandosi, rimanendo però stretta tra la presa del ragazzo.
“Iniziavo a pensare che possedessi realmente qualche potere speciale” rispose lui chinandosi leggermente in avanti per darle un lungo bacio.
“Alex dice che potrei andare in giro a fare la cartomante o la sensitiva” scoppiò a ridere la ragazza scuotendo lievemente la testa. “Dice che potrei costruirci un impero tutto per me” aggiunse ridendo.
“Zacky mi hai detto che non hai problemi di soldi” annuì lui. “Insomma non ha mai visto comprare a nessuno una macchina come quella con un solo pomeriggio di preavviso” spiegò poi con un sorriso.
“I soldi non mi mancano” rispose con noncuranza lei. “Non sto con te per i soldi Haner, almeno questo puoi starne certo” aggiunse divertita sciogliendo l’abbraccio.
“Non l’ho mai pensato sinceramente” rispose lui stiracchiandosi. Quel genere di dubbi non l’avevano mai assalito, in fondo sapeva giudicare abbastanza bene le persone e con Lily non aveva mai provato quel fastidio lieve, che provava ogni volta quando era in compagnia della persona sbagliata.  “Non ti ho mai visto come arrivista Lily, altrimenti non ti avrei mai avvicinato” aggiunse sincero mettendosi comodamente stravaccato su una delle poltroncine della camera.
“Beh anche perché al nostro primo appuntamento” iniziò a ridere facendo il gesto delle virgolette con le dita della mano, per evidenziare l’ultima parola “Hai dimenticato il portafoglio a casa” concluse.
“Si beh non è stata una serata brillante quella” ammise lui con un sorriso.
“Invece si, credo che sia stata la prima serata in cui entrambi siamo stati noi stessi senza incorniciarci nei nostri classici ruoli”
“Ovvero?”  domandò curioso alzando lo sguardo, squadrando per bene Lily che si stava vestendo, e si stava infilando delle calze autoreggenti bianche che stavano facendo passare ogni voglia di uscire a Brian.

 

Cosa avrebbe detto a Matt non lo sapeva nemmeno lui, non riusciva a ragionare lucidamente, era come se fosse in preda a chissà quale possessione. Una volta salito in macchina e acceso il motore aveva preso a girovagare senza meta per Huntington Beach; fino a ritrovarsi davanti casa del cantante. Razionalmente pensando non aveva nessun motivo per voler urlargliene quattro, e nemmeno per impicciarsi di quella situazione. Lui le matasse da sbrogliare le aveva sempre eliminate con un taglierino piuttosto che sedersi sciogliendo con calma ogni nodo.
Chiuse gli occhi cercando di capire meglio la situazione:

  1. Matt aveva portato Alex al confine con il Messico
  2. Si erano baciati
  3. Pensavano di fuggire.

Non gli restava altro che comprendere il suo ruolo in tutto questo; perché onestamente non riusciva a cogliere nessun indizio che indicasse il suo DOVER far qualcosa. Ma lo sentiva, era un piccolo tarlo che gli stava letteralmente comandando di intervenire. Poteva mentalmente figurarselo: un piccolo coso verde vestito da vecchietto con pipa e occhiali che gli urlava di far qualcosa.
Non provava attrazione per Alex, non nel suo solito ‘MO’1, era una bellissima ragazza, laureata in medicina e con uno spiccato accento Inglese che la rendeva molto sensuale. Assomigliava a una di quelle tipe mega sexy che si vedevano nei film di spionaggio, non aspettava altro che vederla uscire dall’oceano con la muta da sub, sfilarsela e avere sotto un bellissimo e scollatissimo abito da sera.
Una cosa alla James Bond.
Una cosa che trovava dannatamente attraente.
A controbilanciare aspetto fisico e pronuncia però, c’era una spiccata propensione al malmenarlo procurandogli fastidiosi lividi, e il carattere mutevole come il tempo in mare aperto.
In quei mesi era riuscito però ad afferrare la vera natura della ragazza, e ne era rimasto affascinato; escludendo totalmente dall’equazione: Lily, Gena, Matt e chiunque altro. Il risultato di quell’operazione era semplicemente uno: voleva difendere Alex impedendogli di rimanere invischiata in un triangolo amoroso che le avrebbe solo procurato ferite inutili.
Matt & Val erano semplicemente Matt & Val.
Erano più di dieci anni che se pronunciavi il nome di uno, in mente ti si proiettava l’immagine di entrambi. Anche nelle serate tra ragazzi, spesso compariva una Val con cappello in testa e sigaro in bocca; non c’era la minima chance che i due chiudessero sul serio tra di loro. Lui non era nemmeno sicuro che uno potesse esistere senza l’altro, non serenamente.
“Zacky?” la voce di Matt gli fece quasi venire un infarto, tanto era assorto nei propri pensieri.
“Stavi uscendo?” chiese il chitarrista scendendo dalla macchina.
“No ti ho visto qui fermo, mi son preoccupato” rispose tranquillamente l’altro. “Entri? Che fai? Tutto bene?” domandò velocemente.
“Una birra me la farei volentieri” annuì per poi sospirare.
“Alle nove e mezzo della mattina?” replicò perplesso l’amico, insomma, nessuno di loro poteva definirsi astemio, ma così presto di prima mattina non era mai un buon segno.
“Cazzo hai ragione” scoppiò a ridere grattandosi la testa imbarazzato. “Ho la testa che implode” aggiunse divertito. “Un caffè va’ meglio, poi mi fate una sorta di ‘Intervento’ come avete fatto a Brian, e lì vi dovrei uccidere tutti” concluse divertito entrando in casa dell’amico.
“Lì ci voleva, insomma, non poteva continuare in quella spirale negativa, o sarebbe finito presto” ricordò il cantante scuotendo la testa. “Allora, mi dici che ti frulla in quella zucca o devo tirare a indovinare?”
“Ho saputo di te e di Alex”
Diretto, schietto, inaspettato.
“Ah”
Sconcertato, imbarazzato, colpevole.
Non potevano esistere segreti e bugie, non tra loro, si conoscevano fin troppo bene, era come se ognuno potesse entrare e uscire nei pensieri dell’altro, con la stessa facilità con cui si entra a casa propria. Non era questione di studi o chissà quale sensibilità, ma semplicemente di conoscenza.
E il tralasciare bugie e segreti faceva semplicemente parte del quieto vivere, nessuno avrebbe ammesso un’intrusione forzata nella propria vita, quando notavano qualcosa che non andava, se non eccessivamente grave lasciavano correre, e questo era da sempre il loro segreto per rimanere uniti come una famiglia ma senza essere oppressi da obblighi e doveri.
Loro non credevano solamente nei legami di sangue, la band era la dimostrazione vivente che il sangue non era un fattore predominante.
“Non hai intenzione di provarci seriamente con Alex vero?” domandò infrangendo così uno spesso muro di silenzio, più eloquente di qualsiasi parola o gesto in quel momento.
“No, non ci siamo rivisti, ma non ha funzionato” ammise il ragazzo scuotendo la testa, per poi passarsi una mano tra i corti capelli cercando di riuscire a riordinare tutti i suoi pensieri. Aveva sbagliato, non c’erano dubbi, da nessuna delle parti – sia lese che no -; ma quello che non riusciva a capire era come porre rimedio a tutto quel caos.
“Come hai potuto minimamente pensare che potesse funzionare?” sbottò Zacky quasi incredulo. “Insomma Matt: non avete niente in comune.” Aggiunse senza mezzi termini, in fondo tra di loro non c’era mai bisogno di indorare la pillola, era una perdita di tempo, e nessuno di loro era famoso per il tatto dimostrato nelle situazioni delicate.
“Non lo so ok?” ammise il cantante sconcertato. “Insomma, è Alex, hai visto che cazzo di sorriso che ha?” aggiunse stizzito, forse sarebbe stato meglio dire contrariato e infuriato nei confronti di se stesso.
“Si, e so anche che odia Kandiskij, lo trova assolutamente privo di fascino” aggiunse divertito “E mentre lei considera Kandiskij un pittore fallito, tu pensi al locale sulla quinta strada a Los Angeles”.
“Con questo che vorresti dire?” chiese perplesso.
“Che siete su due cazzo di pianeti differenti” rise il chitarrista. “Dai Matt… Parliamoci chiaro, posso capire la sbandata per un fisico pazzesco, ma tu ti nascondi dietro un’affinità intellettiva che nemmeno esiste”.

Giocare a carte scoperte.
Sempre quando stringi tra le dita la mano vincente.

L’incontro con il chitarrista non lo aveva turbato, anzi gli era servito per riuscire a ritrovare gli attributi che pareva aver perso per strada. E decise di chiamare Alex; le doveva delle scuse, doveva dirle quanto gli dispiaceva tutto quel malinteso, e sapere che lei stesse bene. Non si sarebbe mai perdonato il fatto di averla fatta soffrire, non che fosse sicuro che l’inglese stesse morendo dietro il suo pensiero… Non era di semplice interpretazione, anzi, a tratti era quasi criptica. Ma, non era adatta a lui, semplicemente perché non era Val.

To: theval@live.com
From: sandershadow@gmail.com
Subject: Hey…
Non so se ti sei resa conto che sono circa due giorni che nemmeno ci sentiamo. Ma sono successi un po’ di casini, e come sempre si prova a rimediare. Ho saputo che Michelle è partita per New York, è decisa realmente a frequentare quel corso?
Immagino che ti mancherà da morire, anche se ultimamente discutevate. Non so bene il perché ti stia scrivendo, presumo che sia quel senso di nostalgia che non mi ha mai abbandonato che mi fa fare di queste cavolate. È che… Ho realizzato di essere stato un coglione, sia con te che con altre persone; non voglio che sia troppo tardi per porre rimedio, non ti sto dicendo di tornare insieme, non con una stupidissima mail. Ma vorrei che tu provassi a rientrare nel giro, insomma, dovresti vedere i miglioramenti e i cambiamenti. So che Gena e Lacey ti tengono informata, ma ci manchi. Brian è tornato a suonare la chitarra, ha composto un pezzo bellissimo, solo che io non riesco a pensare nemmeno a una parola; la melodia è un qualcosa di magico. Ma in testa non ho altro che il nulla. Tutte le ultime tensioni, le incomprensioni e i problemi peggiorano solo la situazione.

*

Non aveva mai provato qualcosa del genere, non che le relazioni per lui fossero totalmente estranee, ma con Michelle le cose erano andate decisamente in modo diverso. Si conoscevano praticamente da una vita, e prima di mettersi insieme erano amici. Con Lily invece, era tutto nuovo, uno scoprirsi continuo.
Scese dalla macchina prendendo un enorme scatolone che conteneva un costume da angelo per Halloween. Una sorpresa per Lily, lui non gli aveva detto niente, aveva semplicemente ordinato su internet il costume e glielo stava portando, non sapeva nemmeno a quale delle mille feste che c’erano in quel periodo sarebbero andati.
“Brian?” chiese la ragazza cogliendolo alla sprovvista, che stava rientrando a casa da una breve corsetta per il quartiere.
“Hey, sorpresa!” esclamò il ragazzo divertito facendo le spallucce.
“Sorpresa si, oggi non ti aspettavo” rise stampandogli un bacio sulla guancia e anticipandolo verso la porta di ingresso, per aprirla e farlo passare. “Cos’è?” chiese curiosa.
“Un costume per Halloween, l’ho visto e l’ho comprato” rispose lui tutto fiero. “Un costume da angelo, se ti sta bene potrei fare il diavolo io” rise divertito, e senza neanche attendere risposta Lily prese lo scatolone immediatamente e corse in camera, minacciandolo di rimanere seduto dov’era se non voleva subire ritorsioni fisiche.
“Brian… Ma è un vestito… Da farfalla!” esclamò divertita Lily. “Sto finendo di indossarlo, ma ti assicuro che non è da angelo” aggiunse divertita.
“Ma davvero?” esclamò stupito. “Ero sicuro di aver scelto quello da angelo, mai più acquisti su internet” borbottò poi contrariato. “Come ti sta? Dai fatti vedere!”
“Un secondo” rispose leggermente affaticata. “Queste ali sono immensamente meravigliose” commentò ilare, guardandosi allo specchio. “Ma Brian dove vuoi andare? Perché ti assicuro che questo abito non è proprio un costume da Halloween”.
Il chitarrista poté costatarlo con i suoi occhi quando Lily comparve in salotto: le ali era realmente immense ma coloratissime, e lei sembrava alta due metri con quei tacchi rivestiti di brillantini blu, proprio come il resto del costume. Ma quello che lasciò basiti entrambi erano i nemmeno 30 centimetri quadrati di intimo che ricoprivano il corpo della ragazza.
“So che ti piacciono le ragazze vestite sexy, ma con questo sembro più pronta per una sfilata di Victoria Secret!” esclamò girando su se stessa.
“Sinceramente non mi interessa nulla di cosa ti fa sembrare” disse facendo le spallucce, per poi muoversi verso di lei e prenderla in braccio con un gesto fulmineo. “So solo che ora te lo tolgo tempo tre secondi” rise cercando di raggiungere la stanza di Lily nonostante l’ingombro delle ali.

 

“Alex” la voce di Lily non prometteva niente di buono. “Sai cosa ho appena letto su Facebook?” chiese la ragazza entrando nella stanza dell’inglese. “Che Val si sta preparando per uscire con Lacey, e di per se non mi interesserebbe nulla” continuò a dire nonostante l’amica stesse provando tranquillamente ad ignorarla. “Se non fosse che Lacey dovrebbe venire qui per decidere cosa indossare come costume a quella stupida festa a cui Johnny e Zacky hanno deciso di andare.” Imperterrita proseguì con il discorso. “Ora che Zacky abbia scelto quel party solo perché è presente l’arci-nemica di Gena, posso solo ammirarlo, perché le ha fatto capire che alle sue stronzate non è più disposto a stare” puntualizzò con un sorriso ironico. “Ma perché Val dovrebbe venirci? Non dovrebbe andare a qualche festa da sfigati per leccare le ferite di Gena?”
“E siamo sintonizzati su Radio HB Gossip” esclamò Alex girandosi a guardare l’amica con un sorriso. “Val vuole sotterrare l’ascia di guerra, e io e Lacey abbiamo pensato che fosse una buona idea provare a fare qualcosa di innocuo come scegliere i costumi di Halloween insieme”.
“Mhm” annuì assottigliando gli occhi per squadrare l’amica. “E sono sicura che proporrà Jem e le Hologram, sarà il cliché delle proposte!” si lagnò l’italoamericana ridacchiando. “Oppure qualcosa tipo Sailor Moon!” aggiunse dopo qualche secondo di silenzio, facendo scoppiare a ridere anche l’amica.
“Certo ce la vedo proprio Val persa per i Manga e gli anime” annui accondiscendente l’altra.
“Secondo me potrebbe tirare fuori qualcosa di peggio.” Mormorò scuotendo la testa.
“Giuro che ti prendo a schiaffi se non la smetti Lily! Troveremo qualcosa di carino che sia anche sexy e divertente, come tu vorrai” la rincuorò stiracchiandosi. “Tu che idea avevi?”
“Svelerò la mia brillante idea solo in presenza di un avvocato” rispose seria.
“Io penso che dovrei rinchiuderti in qualche oscuro manicomio e lasciarti lì” sospirò sconsolata l’amica.
“Tra noi…” prese a dire seriamente. “È tutto a posto?” domandò poi fissandola negli occhi.
“Certo che lo è, come sempre, avevi ragione a sospettare che ci fosse qualcosa di sbagliato. Certo avrei preferito farlo in privato, ma mi sono fatta un’idea che ormai Brian lo vedrò spesso” disse tranquillamente “e incluso nel pacchetto Brian c’è anche Zacky”.
“Io sono dell’idea che il pacchetto Zacky sia incluso più con te che con Brian, sai i tizzi grossi e tatuati non sono il suo tipo” proferì con tono malizioso e uno sguardo ammiccante che non nascondeva per niente l’intendo della ragazza di dirle che Zacky era interessato a lei.
“Lily lui sta con Gena, ne ho avuto abbastanza di tatuati californiani” sospirò lei scuotendo la testa. “E poi Zacky è un ottimo amico, per ora sto bene come sto”
“Ma infatti non ho detto che lui ti interessa” celiò con un sorriso Lily “Ma che tu interessi a lui”.
“No per carità no. Nemmeno ci voglio pensare, e poi hai visto Gena? Quella mi sa pazza come Michelle” scosse la testa rabbrividendo.
“Se solo provasse a sfiorarti con quelle sue unghia finte potrei anche ucciderla” borbottò contrariata Lily.
“Non ne hai abbastanza di picchiare la gente?” rise divertita l’inglese.
“No se ci vado preparata” statuì.
“Tu sei scema, ma forse è per questo che ti voglio così bene.”

 

Dopo circa dieci proposte rifiutate, sei schernite, quattro ignorate, la decisione finale era venuta fuori. Che aveva messo d’accordo tutte e quattro le ragazze, anzi, le aveva proprio entusiasmate a tal punto che erano tutte intente a fare ricerche su internet, chiamate chiedendo favori personali e liste di cose da comprare. Nessuno avrebbe saputo da cosa si sarebbero mascherate, lo avevano giurato tutte e quattro, e forse era la prima volta in cui Alex e Lily, in quei tre mesi che avevano vissuto in California, facevano realmente parte di un qualcosa. Lily e Val dopo una buona dose di frecciatine e commenti conditi all’acido, avevano deciso di abbassare l’ascia di guerra; e rendere più respirabile l’aria in quel salotto che era satura di tensione e preoccupazioni.
Val aveva riconosciuto gli errori della sorella e del loro intromettersi nelle faccende personali di Brian.
Lily aveva ammesso che non si era mai posta nella maniera più accessibile.
Lacey e Alex avevano semplicemente finito di trattenere il fiato in attesa di un’eventuale esplosione da parte delle due ragazze. In fondo avevano entrambe un carattere molto forte e abbastanza impulsivo.
“Io credo che possano procurarci tutti gli strumenti del mestiere i nostri due amici” disse Lacey chiudendo il cellulare con un sorriso soddisfatto.
“Io ho chiamato i due costumisti che ho conosciuto ad Hollywood due mesi fa” annuì Lily. “Se domani mattina andiamo da loro, ci faranno avere tutto entro domani sera, quindi magari rimaniamo a Los Angeles senza fare avanti e indietro!” esclamò poi stiracchiandosi.
“Siamo fortunate… Alla festa vengono dei truccatori, amici miei, possono truccarci subito prima, cosi fino all’ultimo manteniamo il segreto…” Val aveva dato la conferma che il loro piano sarebbe andato alla grande, e le tre ragazza si ritrovarono a fissare l’inglese che si stava mordendo quasi a sangue il labbro inferiore.
“Non provare nemmeno a rovinare la perfezione di questo piano” apostrofò Lily che, quella faccia, la conosceva alla perfezione.
“Ma io domani lavoro” sbuffò la ragazza dopo aver trattenuto il fiato fin troppo. “Già mi hanno dato i giorni di Halloween liberi solo per paura di vedere te andare in giro per l’ospedale a insultare la gente” aggiunse scrollando le spalle.
“Non c’è problema, andiamo su con due auto e io e Alex torniamo il pomeriggio” disse Lacey con un sorriso. “Devo assolutamente fermarmi da un professore per il dottorato” aggiunse.
“Quindi io e Lily rimaniamo a Los Angeles in attesa dei vestiti?” chiese Val, senza mostrare il benché minimo tentennamento.
“Per me va bene” rispose impassibile a sua volta Lily; non sarebbe stata da meno, e di certo non avrebbe fatto nulla per rompere l’equilibrio che si stava andando a creare: non si sarebbe accollata nuovamente la colpa.
“Ma secondo voi riusciremo a mascherarci?” domandò Lacey con un sorriso divertito.
“Beh: abbiamo a nostra disposizione di tutto, vediamo cosa ne viene fuori, ho come l’impressione che ne vedremo delle belle” rise in risposta Val.

*

“Vedrai che dopo starai meglio…”
“È la cosa più logica da fare”
“Il momento migliore è quando entrambi potete avere il tempo di chiarire”

La voce squillante di Lily le ronzava in testa nemmeno le fosse stata a fianco in quel preciso istante. Le osservazioni dell’amica le erano sembrate del tutto giuste e razionali nell’esatto istante in cui le aveva sentite pronunciate. Ma in quel momento, mentre stava davanti alla porta di casa di Matt, le sembravano assurde e pericolose. Per una lunga lista di motivi:

  1. La logica di Lily era agire d’impulso e picchiare la quasi-moglie del suo ragazzo.
  2. Lei non era stata assolutamente meglio nel periodo successivo alla lite.
  3. Lei non aveva mai voluto trovare il tempo per chiarire con Brian. Nemmeno quando avevano passato la notte a parlare.

Ma se si trovava davanti a quel portone la colpa non era di certo della sua migliore amica, ma semplicemente la propria. Lily era a Los Angeles a tenere impegnata Val con la storia di Halloween.
Non era sicura di cosa avrebbe dovuto parlare, o di come si sarebbe dovuta comportare. In fondo le cose le avevano lasciate totalmente sospese, e quelle sporadiche volte che si erano incontrati avevano tranquillamente fatto finta di niente. Entrambi avevano chiuso gli occhi per non guardare l’enorme elefante rosa nella stanza.
Il suono del campanello la fece quasi sobbalzare: nemmeno si era resa conto di averlo suonato.
“Alex?” chiese stupito il cantante.
“Disturbo?” domandò leggermente agitata, appuntandosi mentalmente che non avrebbe più permesso a se stessa di dare ragione a Lily. Era come accettare viaggi in macchina da Zacky: sapevi quando partivi ma non quando, e se, arrivavi.
“No certo che no… Vuoi entrare?” chiese con un sorriso fin troppo raggiante. Non che volesse dare l’impressione sbagliata, nemmeno lui sapeva cosa fare. La confusione regnava sovrana.
Non solo nella testa del ragazzo.
“Hai avuto un tornado in casa?” chiese l’inglese guardandosi intorno, e se non ci fosse stata già tra quelle mura, nemmeno avrebbe riconosciuto il posto: pile di riviste sparse ovunque, vestiti in ogni dove, cartoni di pizza e bottiglie di birra vuote.
Ma più passava il tempo e più si rendeva conto che era quello il vero lato di M Shadow. Apparente ragazzo coscienzioso che in realtà non era altro che un cazzaro e un casinista di prima lega. E non era sicura più di quello che provava: era in balia delle emozioni, e la cosa la destabilizzava.
“No scusa” sospirò. “Non sono un amante dell’ordine” ammise imbarazzato.
“Ti do una mano a sistemare va’…” rispose lei scrollando le spalle e posando la propria borsa vicino all’ingresso. Sapeva benissimo che non avrebbe dovuto farlo, perché se avesse voluto avere una minima chance di conquistarlo, non era la tattica migliore fare l’amica.
“Non c’è davvero bisogno” provò a dire lui sospirando.
“Vai a farti una doccia è meglio” rispose atona la ragazza.
Lily l’avrebbe torturata per quella decisione, ma Alex non riusciva ad essere impulsiva come lei, anzi era l’esatto opposto: calcolatrice di emozioni. Così la definiva la migliore amica; ma a differenza sua, Alex aveva già provato cosa voleva dire essere legati a qualcuno che non era sulla stessa lunghezza d’onda.
E ci aveva sofferto.
E con Matt aveva iniziato a risentire quel lieve fastidio di insofferenza nel sentirlo lontano o pensarlo con Val. Ci si era affezionata a lui, al suo essere così diretto e sempre disponibile, non poteva negarlo, ma gli ultimi accadimenti l’avevano turbata, e si era ripromessa che prima che qualcuno avesse avuto così tanto potere su di lei, ne sarebbe passato di tempo.
Sistemare il disordine di Matt l’aveva aiutata a capire che lui, senza una donna al suo fianco non sarebbe mai arrivato dove era, e che con un effetto domino ogni certezza di lui era scivolata via lentamente man mano che per capriccio, pretendeva di stare lontano da Val.
“Io non voglio tornare con Val” la voce del ragazza la fece trasalire.
“Cosa?” chiese spaesata.
“Se ti stai chiedendo se io voglio tornare con Val, non è così” continuò lui portandosi l’asciugamano intorno al collo, tenendolo con entrambe le mani ai due lembi opposti, mettendo in risalto così degli addominali quasi perfetti.
“Non sono di certo venuta qui in attesa di una risposta del genere” rise leggermente nervosa. Anzi, forse sarebbe stato più corretto dire: leggermente adirata. L’arroganza con lei non aveva nessuna chance. E in quel momento il dolce e caro Matt le sembrava solo un arrogante. “Se avessi voluto conquistarti, tornare da te, o baciarti, di certo non mi sarei messa a pulire casa tua” puntualizzò stizzita.
“Ok” alzò le mani in segno di resa. “Scusa” sospirò.
“Volevo solo riuscire a chiarire, porre rimedio all’imbarazzante situazione che si è venuta a creare dopo il Messico” precisò abbassando il tono della voce.
“Possiamo sempre rimanere amici no?” chiese lui. “Ma non voglio mettere di certo la parola fine tra di noi” aggiunse subito dopo. “Tu mi piaci realmente”
“Matt non credo che ci sia mai stata nemmeno una parola inizio” sospirò lei. “Non mentirmi per favore, ti piaccio, ma tu non potrai mai troncare con Val…“
L’aveva finalmente detto, e un peso le stava scivolando lentamente via dal petto. Aveva appena espresso ad alta voce il motivo per cui, tra lei e Matt non avrebbe mai funzionato.
“Ma chi lo dice?” esclamò scontroso.
“Il fatto che nessuno di voi due lo confermi parla da solo, finché non ve la chiarite tra di voi evitate di trascinare nel vostro vortice altre persone” e con quella frase era certa di aver messo bene in chiaro il suo pensiero.
“Stai esagerando” sospirò il ragazzo scuotendo la testa.
“Buffo, ho pensato la stessa identica cosa quando mi hai baciata” e con quella piccola ‘steccata’ finale, Alex uscì da casa Sanders, e si diresse alla fermata dell’autobus con un sorriso quasi contagioso. Non era mai aggressiva, ma sapeva farsi valere nei momenti in cui le era richiesto di tirare fuori le unghie.
Aveva finalmente messo in chiaro la situazione, e poteva tornare a vivere più serenamente. Ora non rimaneva altro che stupire tutti ad Halloween. Avrebbero fatto scintille.

*

«This is Halloween»

“Oh cazzo”
“Oh merda”
“Oh mamma”
“Oh diamine”
Brian, Zacky, Matt e Johnny non potevano credere ai loro occhi non appena la luce si riaccese su un piccolo palco tenuto nascosto da due tende che erano state aperte: e quattro figure uscirono da dietro le quinte e si fecero avanti lasciando basiti tutti i presenti.
“Per allietare questa fantastica serata, avremmo un piccolo spettacolo” la voce di Joel Madden risuonò per tutta la stanza. “Gli Avenged Sevenfold” e con quelle parole riuscì a mandare di traverso l’aria ai quattro ragazzi che non riuscivano a capacitarsi del perché di quella cosa, ma soprattutto del quando era stata organizzata senza saperne nulla.
Se non fosse stato per la stazza e le curve ben piazzate delle ragazze sul palco, notare la differenza con gli originali era letteralmente impossibile. I dettagli erano stati curati con la precisione più assoluta, perfino la riproduzione dei tatuaggi sulle varie parti del corpo. Non appena la musica partì in playback, le quattro ragazze presero a muoversi sul palco esattamente come i diretti interessati, riuscendo a raffigurare ogni gesto e sfumatura quasi alla perfezione.
Alex era un Vengeance con tanto di strisce nere sotto gli occhi e capello viola.
Val stava interpretando Matt con tanto di occhiali e bandana.
Lacey esibiva una cresta fucsia che avrebbe fatto invidia a chiunque.
Lily tra fedora e giacca a righe era l’esatta trasposizione femminile del suo ‘ragazzo’.
“Io non ci posso credere che l’abbiano fatto” commentò Johnny stupito. Non solo Lacey era riuscita a mantenere il segreto, ma era perfino stata in grado di depistarlo per bene.
“Io non posso credere che abbiano aspettato anni a farlo!” fu l’entusiasta risposta del secondo chitarrista, che stava riflettendo sul fatto che qualcuno avrebbe dovuto interpretarli, e che quell’idea lo aveva conquistato. Qualche anno prima Brian aveva deciso di interpretare Zacky, ma era solo una volgare – e sterile – parodia; ma lo spettacolo a cui stava assistendo, ‘invece’ era puro amore.
“Io non so se piangere o ridere” fu il laconico commento di Brian che fece ridere Matt, che stava osservando le quattro ragazze esibirsi su quel palco, senza coltelli nascosti dietro la schiena o granate da lanciare.
Che avessero chiarito? Che fosse una sorta di celebrazione per aver sotterrato l’ascia di guerra?
Era felice; di quello era certo. Ma ciò che comportava? Non voleva arrendersi agli eventi e tornare con Valary, ma Alex non era disposta a fare un piccolo passo verso di lui. E Matt non aveva la più pallida idea di cosa poter fare, avrebbe voluto semplicemente chiudere gli occhi e riaprirli.
Lo fece.
E si ritrovò davanti uno Zacky Vengeance con un’espressione che non preannunciava niente di buono.
“Io e te: dobbiamo parlare Matt!” esclamò convinto.
“Perché ho l’impressione che questa conversazione andrà a finire male? Molto male?” chiese.
“Ho appena avuto l’idea del secolo!” aggiunse con l’aria di un bambino a cui era stato rivelato il segreto della vita stessa.
“Posso sapere di cosa si tratta?” chiese il cantante sconsolato.
“Loro gireranno il nostro prossimo video!!” celiò con un sorriso vittorioso.
“Cosa?” sbottò allucinato il ragazzo. “Tu hai bevuto troppo Vengeance! Troppo!”
“No… Sarebbe una cosa del tutto nuova!” enfatizzò lui con una mimica che avrebbe fatto invidia al più esagitato del mondo.
“Non è propriamente in linea con il filone di Nightmare…” ci tenne a precisare.
“E quando mai noi ci siamo fatti fermare dai nostri stessi pensieri?”
Non si sarebbe arreso, avrebbe trovato il modo per imporre la sua idea alla band, ed era pienamente convinto che farlo sarebbe stato meno difficile che convincere Alex a girare il video, e gestire le paturnie di Gena.

 

“E tu chi saresti?” l’inconfondibile accento gallese fece voltare di scatto Lily, che si ritrovò un perfetto Ian Watkins in versione vampiro davanti. Scelta più che ovvia e scontata. Ma in fondo lui non voleva essere originale, voleva semplicemente apparire.
“Secondo te?” domandò lei con un sorriso divertito. “Straniera in terra straniera come te” aggiunse poi scuotendo la testa.
“Quindi tu sai chi sono…” commentò il ragazzo affiancandola, appoggiando anche lui i gomiti sul bancone del bar.
“Assolutamente no, ma ho riconosciuto l’accento del Galles, ho vissuto per anni in Inghilterra” lo zittì lei con un sorriso talmente solare quanto letale. Sapeva benissimo chi fosse in realtà, ma era anche a conoscenza altrettanto bene che un pizzico di divertimento non avrebbe nuociuto a nessuno.
“Ah” mormorò leggermente contrariato.
“Mi piace molto il tuo costume” disse la ragazza sistemandosi per bene la bandana sulla testa e il cappello che aveva momentaneamente posato sullo sgabello al suo fianco.
“Tu sei troppo esile per poter interpretare Synyster Gates” commentò lui, accompagnando con una piccola smorfia la pronuncia del nome.
“Beh, sai, non so se conosci il termine parodia” puntualizzò lei risentita.
“Evidentemente sei tu quella che non lo conosce” annui lui “Una parodia enfatizza i difetti, o comunque mette in risalto il lato divertente di un qualcosa” prese a dire fissandola dritta negli occhi. “Voi avete fatto un’imitazione anche abbastanza seria, siete praticamente identiche, stazza a parte”.
Lily raramente rimaneva senza parole, generalmente: era lei a lasciare di stucco gli altri. Non il contrario.
Fu salvata dalla vibrazione del proprio telefonino: un messaggio da parte di Brian.
«Stai lontana dal Gallese! Non è un tipo affidabile»
Sorrise pronta a rispondere quando il cellulare le venne sfilato dalle mani da Ian stesso, con una semplicità e normalità che fece rimanere basita Lily.
«Tranquillo OC, non mordo. Solo su richiesta»

To be continued...

*

1= Modus Operandi

Mi scuso per la lunga attesa.
E per la "brevità" del capitolo; ma finalmente siamo tornate! Speriamo di non farvi più attendere cosi.
Grazie a tutte quelle che hanno recensito, le vostre parole ci riempono sempre di gioia!

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Capitolo 8
*** #8 (Un)Masked Games ***


Video trailer creato dalla nostra amatissima Keiko. <3

Halloween è la notte degli inganni, la notte in cui tutto può accadere dietro l’alibi di maschere di mostri ed esseri fatati. A giocare con le maschere della vita, però, sono tutti bravi durante i trecentosessantaquattro giorni rimanenti, ma quando si tratta di Halloween è una questione di legami alchemici: gli spiriti irrequieti che sfuggono alla vita ogni giorno, per una notte, si mescolano alla folla dei giocatori d’azzardo.
In quel momento, nella notte della finzione per eccellenza, tutto diventa possibile.

“OC?”
“E’ Original Character, Gates.”
La voce divertita di Alex, alle sue spalle, aveva provocato in Brian un moto d’irritazione che a stento era riuscito a dominare, ordinando il primo cocktail che gli fosse passato per la testa alla barista del locale.
“Sei scappata dal resto della tua band?”
“Veramente ci siamo disperse per tornare a respirare. L’idea di Lily ha steso decine di vostri fans. E non solo loro, a quanto vedo.”
“Tu e Val non vi siete ammazzate?”
Alex aveva sollevato lo sguardo sul volto di Brian, levandosi il cappello da baseball e arruffandosi la frangia corvina con aria imbarazzata, un mezzo sorriso a solcarle il viso.
“Okay, sotterro l’ascia di guerra. Contento? Valary deve chiarire con Matt, dei loro problemi non si può far carico nessun altro.”
“Ma potresti essere tu un loro problema.”
“Solo nella testa del tuo amico, credimi.”
“Niente fughe in Messico?”
“No, direi di no. Mi avrai tra i piedi ancora per parecchio tempo. E non ti perdonerò facilmente l’aver rovinato il compleanno dell’anno. Sappilo.”
Alex aveva chiesto una bottiglietta d’acqua frizzante al bancone – con sorpresa e fastidio della barista che sino a qualche attimo prima stava servendo cocktail e superalcolici – stappandola e bevendone un lungo sorso.
“Sei odiosa quando t’impegni.”
L’aveva fissato in tralice, sorridendogli.
“Anche tu.”
“Eccovi!”
La voce di Zacky aveva interrotto il flusso di pensieri e torture psicologiche tra i due, il più dolce – e pericoloso – dei sorrisi stampato in viso.
“Che cosa state complottando?”
“La tua morte”, gli aveva risposto lapidaria Alex, costringendo Brian a trattenere a stento le risate. Se non altro, sapeva sdrammatizzare le situazioni nel migliore dei modi, la ragazza.
“Cazzo Alex, sei davvero… Perfetta.”
“Il tuo è un complimento autoreferenziale, Zacky?”
“Ho sempre desiderato provarci con me stesso” e le aveva passato un braccio attorno alle spalle, attirandola affettuosamente a sé. Per tutta risposta Alex aveva alzato gli occhi al cielo, mentre Brian le aveva ricacciato il cappello in testa divertito.
“Siete effettivamente identici. A parte…”
“Brian!”
“Okay, avete capito, no?”
“Saremmo una coppia perfetta, vero? Io e il mio gemello… Cazzo, è una figata assurda!”
“Ehi Narciso, sai che fine ha fatto il tuo predecessore? È morto annegato. Attento alle piscine nei prossimi mesi.”
“Sei la solita guastafeste! Idea geniale, lo sai?”
“È merito di Lily e uno staff degno della notte degli Oscar. In realtà ci siamo divertite un sacco e i fratelli Madden si sono massacrati di risate. Specie per la cresta di Lacey, ci ha fatte impazzire.”
Alex si era sfilata dall’abbraccio di Zacky sedendosi su uno sgabello che le permetteva di avere piena visuale sulla marea di Frankenstein, Jack Skellington e licantropi in circolazione, fissando il puntolino lontano di una fedora rossa e di un mantello da vampiro.
“Potevate avere un’idea più originale anche voi, però.”
“Ci ho provato, ma Lily mi ha dato buca.”
“Ah si, il vestito da porno-angelo?” era stata l’ammiccante risposta di Zacky.
“E tu come lo sai?”
Brian e Alex si erano scambiati un’occhiata infastidita dal coretto improvviso che avevano creato, portando poi lo sguardo sul chitarrista.
“Ehi ragazzi, io sono onnisciente. Io so tutto. E vi dirò anche che Matt e Val stasera faranno pace. Guardate là.”
Zackary Baker, dal novanta per cento della popolazione mondiale compresa la sua fidanzata, era considerato uno stronzo. Spesso le persone tendono a considerare tale il comportamento diretto di chi non ha peli sulla lingua, senza considerare la sincerità una qualità rara da trovare. Brian aveva finto indifferenza alla stoccata dell’amico, certo che invece fosse andata perfettamente a segno dritta al cuore dell’inglese.
Quello che non sapevano – perché Matt non aveva avuto intenzione di tornare sull’argomento con i ragazzi – era che Alex si sentiva in pace con il mondo, stato della California incluso. Esistevano equilibri inviolabili, e benché si fosse affezionata a Matt, il cantate aveva fatto il grosso, incredibile errore di farla sentire una preda, una ruota di scorta, un pretesto per scappare. Alex, di fughe, era un’esperta: l’essere il biglietto per un volo di sola andata verso una felicità – per altro presunta – senza avere la certezza di aver chiuso a doppia mandata ogni porta con il passato, aveva la matematica conclusione che il biglietto di ritorno le sarebbe prima o poi costato ben più di qualche sospiro e una sfuriata da parte di Lily.
Alex aveva visto in Matt una cosa che le aveva fatto capire quanto stupidi possano essere gli uomini, e quanto stupida fosse stata lei nel lasciarsi fregare dal suo sorriso da bambino e dalle battute divertenti: Matt aveva l’arroganza tipica di chi non ammette rifiuti.
E lei era stata la prima a levarsi da una storia che li avrebbe portati semplicemente al massacro.
“Secondo me Matt dovrà sudarsi la riconquista.”
“E tu come lo sai?”
“Sono onnisciente, io so tutto. Sono o non sono Zacky Vengeance?”
Zacky era scoppiato a ridere, poi l’aveva lasciata scivolare via verso Lacey e Valary, immerse tutte e tre nella folla di corpi danzanti.
Di tutto quello che poteva pensare, il ragazzo aveva capito due cose: Valary non ce l’aveva con Alex e le ragazze andavano davvero d’accordo. Non c’erano finzioni, era palese: su quel palco erano adrenalina pura. Per quanto fosse tutto finto, loro si erano divertite davvero come matte.
“Secondo te che è successo?”
“Alex ha parlato con Valary. Per Matt sono cazzi adesso.”
“Istinto alla Vengeance?”
“Si, come quello che mi dice che il tuo fegato si sta spappolando, e non per i cinque Jack Daniel’s che ti sei scolato da quando le ragazze sono scese dal palco. Chi è quello con Lily?”
“Il gallese.”
Zacky aveva ingollato aria a vuoto, poi aveva trangugiato il cocktail verde acido che teneva tra le mani, lanciando occhiate tra la folla.
Quel gallese?”
“Ne conosci altri, Zacky?”
“Non vorrai una rissa a ruoli invertiti, vero? Se ad ogni festa in cui andiamo finiamo a pugni, è meglio se ci diamo a sport meno violenti. Alex un’altra serata come quella del compleanno di Lily non credo la regga. Ci sfancula sul serio a questo giro.”
“No, niente scenate. Non voglio rovinare la serata a tutti quanti.”
“Da quando sei così maturo, Syn?”
Il chitarrista non aveva risposto, portando di nuovo lo sguardo sul damerino e la sua ragazza. Avrebbero potuto incontrare chiunque, e in quel resto del mondo era evidentemente contemplato anche il più presuntuoso dei rompicoglioni.

 

Lily aveva boccheggiato alla risposta del signor gallese – signor gallese che in Inghilterra era sulle copertine di Kerrang! e Rock Sound come ogni altra rock star degna di tale nome – ma Brian aveva preferito tacere, cessando di dare segni di vita dalla propria parte.
La ragazza aveva rinfoderato il cellulare nella tasca della giacca evitando accuratamente di non prestare attenzione alle parole di Brian, certa che Ian Watkins non potesse nuocere a nessuno. E poi erano ad una festa in maschera: poteva conoscere gente senza avere doppi fini, no?
Insomma, se i Madden erano okay, perché non poteva esserlo anche il gallese?
“Tu che ci fai a Los Angeles?”
“Potrei farti la stessa domanda.”
Il cantante aveva sorriso – uno di quei sorrisi che difficilmente lasciano una donna dotata della capacità di intendere e di volere dopo il loro passaggio  -, ma Lily aveva sorriso divertita, chinando il capo e nascondendo il viso tra le mani.
“Sono qui con la mia migliore amica. Abbiamo deciso di ripartire da zero.”
“Ripartire da zero in California non è mai una buona scelta. Se hai vissuto in Inghilterra sai com’è diverso stare a Londra piuttosto che a Los Angeles.”
“In California sono meno atroci di quanto si possa credere. Un po’ rozzi, ma sono simpatici. Ma tu non mi hai ancora risposto.”
“Potrei non farlo, ho avuto la risposta che cercavo. Potrei dirti che sono qui per trovare il grande amore, no?”
Lily era scoppiata a ridere di gusto, portandosi il calice di vino rosso alle labbra.
“Ian Watkins, la tua fama ti precede su chilometri di distanza lo sai?”
Il ragazzo aveva sorriso, sollevandosi il bavero del mantello con aria fiera.
“Era impossibile che non mi conoscessi, in effetti.”
“Sei sui rotocalchi inglesi più spesso di quanto non ricordi. Allora? Se non mi dai la risposta giusta ti lascio a fissare la tua bellissima immagine sugli specchi della parete.”
“Sono in vacanza da alcuni amici. Mi sto prendendo un po’ di tempo prima di rimettermi a comporre.”
“Lo dici da anni, questo album non vedrà mai la luce.”
“Sei una nostra fan?”
“No, ma le voci girano.”
“Che ci fai con quei californiani? Non mi sembrano tipi nelle tue corde.”
“Mai dire mai, a volte sotto un sorriso d’angelo si nasconde un diavolo.”
A Lily, parlare con l’ennesima rock star, non faceva un effetto particolare: aveva compreso quanto fosse semplice cadere in una spirale di battute, stoccate e risate. Erano persone come tutte le altre, bastava dimenticarne il background per rendersi conto di quanto potessero essere piacevoli.
Los Angeles e gli Stati Uniti erano una continua scoperta: e lei era assolutamente estasiata da tutto quello che la circondava.

 

Matt e Valary si erano scambiati qualche battuta, avevano parlato ma di certo non dei loro problemi. Matthew Sanders non sarebbe tornato sui propri passi e Val, dal canto proprio, sapeva bene che le cose si erano complicate ulteriormente, anche se la matassa dei sentimenti si stava lentamente sbrogliando. Era l’unico uomo che avesse mai amato, ed era l’unico uomo con cui avrebbe condiviso il resto della sua vita: di quello, era fermamente convinta. Conoscere Alex, costretta da Lacey e Johnny, le aveva fatto capire quanto potesse essere facile farsi fregare da un mondo distante anni luce dal tuo: resti ammaliato da qualcosa che non ti appartiene proprio perché non lo conosci.
Lily e Brian erano un capitolo a parte, perché Lily era molto più californiana di Alex, molto più aperta ed espansiva, molto più passionale e diretta, testarda e casinista, ma lei… Era inglese in ogni sua sfumatura, era un mondo che Matt non avrebbe mai compreso nemmeno se avesse avuto dieci vite per poterlo fare.
Alex era stata onesta, e sincera: le aveva raccontato del Messico e di come si fosse caracollata a casa di Matt per parlargli.
Delle risposte del suo quasi-marito, non aveva parlato o meglio, aveva raccontato tutto come se la colpa fosse solo sua cosa che – agli occhi persino di una che era stata allontanata dalla propria vita dalle incertezze di un bambino troppo cresciuto – risultava discretamente poco credibile. Principalmente perché conosceva Matt, e in secondo luogo perché Alex le aveva dato a più riprese l’impressione di essere tutto fuorché un’arrivista, una montata, una stronza.
Val si era allontanata da Matt cercando Zacky e Brian, venendo intercettata però da Benjamin Madden prima di raggiungerla.
“Ehi Val, ci fate il bis?”
“Stai scherzando vero?”
“Siete state pazzesche, ci avete ammazzati dalle risate. Dovevi vedere la faccia dei ragazzi, sembravano veramente degli idioti.”
“Più di quanto non lo sembrino di consueto?”
Il ragazzo aveva riso, abbracciandola con affetto.
“Si sistemerà tutto, lo sai? E’ un cazzone.”
“Lo so, basta avere pazienza.”
“Perché non suonate Dear God?”
“Preferisco lavare i panni sporchi a casa nostra, ma ti ringrazio davvero. Sei il migliore degli amici.”
“Sono un amico, dubito di essere il migliore. Recupera le ragazze, prepariamo la scena per voi.”
Valary aveva sospirato, prima di essere raggiunta da Lacey e Alex che sgomitavano tra la folla cercando di recuperarla.
Di quello strano sodalizio femminile, di quelli embrionali che ti fanno sentire come una sedicenne, non avvertiva la magia da anni: con Gena e persino con Michelle, tutto era finito con l’essere trasposto sul piano delle loro storie finite male, o delle loro storie e basta.
Il sorriso raggiante di Alex che la strattonava per una manica, le mani di Lacey che si muovevano a tempo di musica, le avevano fatto ricordare quanto fosse bello avere delle amiche che ti tengono lontani i pensieri negativi. Valary non era certa che le cose si sarebbero sistemate – e di certo non sarebbe avvenuto nel breve periodo – e aveva anche paura di non avere tutta la pazienza necessaria per sopportare le indecisioni di Matt, ma aveva come la sensazione di poter di nuovo contare su qualcuno. Era come se Alex e Lily avessero ricucito gli strappi delle loro vite: almeno della parte marginale della loro famiglia, quella acquisita negli anni, stava tornando a respirare davvero.
Non era magia, non era nemmeno finzione: era semplicemente il mettersi in gioco senza sotterfugi. E Valary, semplicemente, aveva amato quello che non vedeva da tempo attorno a sé: la complicità di due migliori amiche, il divertimento con cui erano pronte a canzonarsi e poi consolarsi.
Alex e Lily le avevano ricordato come doveva essere l’amicizia: pulita e dannatamente sincera.

 

“Ehi Lily, ci vogliono sul palco.”
Alex l’aveva salvata, almeno era quello che aveva creduto, non fosse che Ian Watkins si era sollevato in piedi precedendola, baciando la mano dell’inglese. Alex le aveva scoccato un’occhiata scettica, prima di riconoscere il gallese.
“È lei vero?”
“Hai riconosciuto l’accento?”
Lily sembrava quasi spossata, e Alex l’aveva osservata pressoché allibita. Averla lasciata volutamente in balia dello sconosciuto per fare un dispetto a Brian forse non era stata la migliore delle idee, non se il ragazzo in questione era la quint’essenza del principe azzurro in versione rock.
“Ian.”
“Alex.”
“Alex e basta?”
“Alexandra, ma puoi chiamarmi Alex. E’ bello sentire un accento conosciuto, ormai mi stavo rassegnando all’idea di dover essere circondata solo da americani.”
“Il mondo è piccolo, evidentemente. E voi avete bisogno di un batterista.”
“Non credo che…”
Lily aveva cercato di parlare ma il ragazzo si era semplicemente allontanato da loro scomparendo tra la folla. Alex l’aveva fissata sgranando gli occhi, poi l’aveva presa per mano strattonandola giù dalla sedia.
“Tutto okay?”
“Si, cioè… Più o meno.”
“Non fare cazzate. C’è Brian.”
“Lo difendi?”
“No, se potessi vederlo soffrire le pene dell’inferno probabilmente ne sarei felice. Ma ricordati: non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te. Prima o poi va a finire che ti torna tutto indietro.”
“La famosa legge karmica?”
“Chiamala come vuoi. Dai, andiamo, o ci daranno per disperse. E anziché farti rimorchiare dal primo indipendentista che ti passa davanti, stai un po’ con noi. Ci stiamo divertendo un sacco. Devi vedere Johnny. Ha chiesto a Lacey di sposarlo a patto che tenga la cresta fucsia!”
“Cioè, mi sono persa la sua proposta di matrimonio?”
“Be’, forse era un po’ ubriaco…”
“Solo un po’?”
“Per i loro standard credo siano ancora lontani dall’arrivo. Ti stai divertendo?”
“Un mondo. E’ tutto… Fantastico?!”
Alex era scoppiata a ridere, passando un braccio attorno alle spalle dell’amica.
“E cosa non sarebbe fantastico, qui, a Los Angeles?”
“Hai ragione!”

 

Potevano non crederci, ma sul palco c’erano di nuovo le loro ragazze. Quelle per cui tutti li stavano fottutamente invidiando. Quelle per cui, loro, erano fottutamente orgogliosi.
“Io mi sposo Lacey, ragazzi. Giuro che le chiedo di sposarmi!”
“Johnny, sei ubriaco. E gliel’hai chiesto.”
“Glielo chiedo comunque, Zacky!”
“Dobbiamo fare quel cazzo di video, Matt! Sarebbe una figata pazzesca… Guardale: il pubblico le ama già!”
“Che video?” aveva rimbeccato Brian scettico.
“Zacky ha proposto di metterle nel nostro prossimo video. In versione Avenged Sevenfold, ovviamente.”
“Sei un fottuto genio, Zacky!”
Brian aveva spostato lo sguardo sul bassista che aveva sollevato la bottiglia di birra in aria brindando all’amico, poi il chitarrista era tornato a fissare Matthew tra lo scettico e il rassegnato.
“Non ci starai pensando sul serio, vero?”
“Potrebbe essere divertente.”
“Hai pensato a Gena, Zack?”
La domanda era caduta nel vuoto quando, dal nulla, la batteria aveva preso a suonare davvero. Niente playback, niente sonorità inconfondibile di Jimmy.
Quando l’attenzione era tornata a focalizzarsi sul palco, le cose avevano preso a girare in modo decisamente differente. Alla batteria Ian Watkins aveva iniziato a suonare a modo proprio, Lily stava strimpellando i quattro accordi imparati dal padre di Brian – ben decisa a non lasciare una vittoria tanto plateale al gallese -, Val aveva preso a fare screamo vecchio stampo - quello che a Matt mancava davvero un mondo a volte - e Alex e Lacey erano state costrette a fare l’unica cosa che fosse venuta loro in mente: i cori, l’una vicina all’altra, schiena contro schiena, un unico microfono da condividere per scena.
D’altra parte gli Avegend Sevenfold li conoscevano dannatamente bene, no?
“Dovremmo fermarle?” aveva chiesto incerto Matthew.
“Finiranno quando smetterà la canzone, non durerà in eterno. Sono brave a tenergli testa però, il gallese sta facendo davvero lo stronzo” gli aveva risposto Zacky che non riusciva a staccare gli occhi di dosso ad Alex, per il solo fatto che non l’aveva davvero mai vista tanto sciolta e disinibita.
E, cosa straordinaria, era totalmente sobria: esistevano davvero persone come lei allora?
Se Ian Watkins voleva qualcosa, la otteneva.
Quello che desiderava era farsi quattro risate ai danni di Haner Jr., così, per il solo gusto di sfanculargli la serata. Non si aspettava ovviamente che le ragazze potessero in qualche modo arrampicarsi sugli specchi mandando a farsi friggere il suo proposito di rendere il playback improvvisato nella vera parodia dei ragazzi – erano troppo serie e perfette, l’aveva detto anche a Lily -, rendendo l’improvvisazione un qualcosa che stava facendo pogare gente ubriaca e strafatta sotto il palco.
Val era un vulcano, sarebbe bastata lei a tenere la scena senza troppi problemi in quel crescendo di percussioni e mentre la base musicale lanciava gli assoli di Synyster Gates che decretavano la fine della canzone, Lily si era inginocchiata a terra davanti alla batteria a rendere onore – con il migliore dei playback, ora – al loro improvvisato batterista.
“Bastardo.”
Il labiale di Lily, accompagnato da un sorriso sornione, l’aveva letto benissimo.

Joel Madden aveva la tendenza a ficcare il naso nelle cause non proprie, ma solo se le riteneva abbastanza importanti da dover alzare il culo dalla propria sedia. Val e Matt erano un motivo più che sufficiente per farsi i cazzi altrui e ciò che era in suo potere, era un dj a sua completa disposizione.
“Ragazzi, visto lo strepitoso successo dei nuovi Avenged Sevenfold, vogliamo offrirvi lo spettacolo di un gioco di specchi: i nostri amici balleranno per noi la prossima canzone, con i rispettivi sé stessi. Niente menate Zacky, si vede benissimo che non stai già nella pelle dall’eccitazione.”
Aveva iniziato a ridere decisamente meno Alex, che aveva visto Zacky sventolare le braccia al cielo in direzione di Joel con fare esaltato.
Lily si era gettata letteralmente giù dal palco in cerca di Brian, invece.
Lacey, ridendo, si era lasciata inghiottire dalla folla in direzione di Johnny e Valary si era fermata qualche istante per squadrare in malo modo il gallese prima di immergersi a propria volta nella folla.
Di tutto quello che poteva fare, Joel Madden aveva scelto di essere bastardo sino al midollo, e aveva fatto ciò che la metà del gruppo composta da M. Shadows e Zacky Vengeance  - in duplice copia – avrebbe evitato più che volentieri.
Valary si era sentita morire sin dalle prime battute della canzone, e aveva ringraziato di avere ancora addosso i Ray Ban o, con ogni probabilità, non sarebbe riuscita a trattenere le lacrime.
Chi si sarebbe mai aspettato che Valary DiBenedetto scoppiasse a piangere?
Nessuno, per quello sarebbe stato un vero spettacolo.
Aveva deglutito guardando Matt negli occhi.
“Dobbiamo farlo, vero?”
“In genere alle feste non ci si tira mai indietro. E’ solo una cazzata di Joel, tranquilla.”
“Già.”
Era davvero bravo, Matt, a rendere le cose decisamente vuote e senza significato. Gli bastava estrapolarle dal contesto, prendere semplicemente il dato di fatto senza le implicazioni tacite: e riusciva a ferirti senza nemmeno accorgersene.
Lily aveva sorriso a Brian raggiante, cingendogli il collo con le braccia.
“Allora?”
“Non mi piace il vostro batterista.”
“E’ stato un autoinvito, nessuno gliel’ha chiesto.”
Brian le aveva cinto i fianchi strattonandola a sé, facendo si che i loro corpi aderissero perfettamente l’uno all’altro: era possesso, chiaro e inconfutabile dominio sulla sua donna.
“Le lezioni di mio padre sono servite a qualcosa.”
“Non ti fidi di tuo padre?”
“Ti devo ricordare il tuo esordio durante la grigliata?”
“A me interessa solo un Haner, Brian.”
“Spero di essere io.”
“Secondo te?”
Si era sollevata in punta di piedi e gli aveva posato le labbra sulle sue, schiudendole: le piaceva provocare Brian, le piaceva sentirlo vicino e sapere che non c’era altro, attorno, che potesse colpirli.
Il gallese, ancora sul palco, li fissava divertito: la caccia era aperta e il chitarrista aveva appena barricato il suo prezioso tesoro.
Alex aveva fissato Zacky incerta, abbassando il capo: se avesse potuto scomparire, l’avrebbe fatto volentieri.
“È solo un ballo, e giuro che non ci proverò con me stesso.”
“No, potrebbe uccidermi Gena. Ma grazie del pensiero Zacky.”
Aveva sospirato, cingendo il collo del chitarrista con riluttanza.
“Ma fai sul serio allora!”
“Cosa dovrei fare? Ballare la Macarena?”
“Perché no?”
Zacky aveva riso, stringendola con un più forza di quanto non avesse voluto, ma Alex era estremamente remissiva e morbida e no, la cosa non andava affatto bene perché poteva non badare al fatto che fosse una donna – si era sforzato di evitare i dettagli femminili dell’inglese per un buon ottanta per cento, sorprendendo persino sé stesso per la bravura con cui riusciva a prendersi per il culo a volte – in ogni frangente della giornata, ma non se la stringeva tra le braccia.
Okay, sto ballando con me stesso. Non ti faresti realmente il tuo riflesso, vero?
“Perché è il loro momento. Non mi va di rovinarglielo.”
“Niente guerre stasera?”
Si era limitata a scuotere il capo posandolo sul proprio braccio, la nuca a sfiorargli il viso, senza rispondergli né guardarlo negli occhi. Non c’era molto da dire, dopotutto.
Johnny l’aveva invece fatto davvero: aveva stretto a sé Lacey, le aveva posato un bacio sulla guancia e le aveva chiesto di sposarlo.
Così, sulle note della canzone d’amore scritta dal suo migliore amico, ma che poteva valere benissimo per ognuno di loro, aveva trovato il coraggio per fare il grande passo.
Lacey si era arrestata fissandolo sorpresa.
“Stai dicendo sul serio?”
“Sono sbronzo ma lo dico davvero. Cazzo Lacey, ci manca solo questo cazzo di matrimonio. Facciamolo e basta.”
“Ti amo anche per questo motivo Johnny: sai sempre come dire le cose a modo tuo, lo sai?”
Aveva riso, e gli aveva posato un bacio sulla guancia in risposta: la loro era una complicità che non si sarebbe più spezzata.  A differenza di Val e Matt avevano scoperto altri mondi, prima di incontrarsi: la curiosità verso l’ignoto non li avrebbe divisi.
Lacey era raggiante: aveva tre damigelle d’onore con cui passare i prossimi mesi.
Aveva lanciato un’occhiata attorno: in fondo, quello era proprio un Halloween con i contro cazzi.
Alla Vengeance, insomma.

*

“Com’è stato ballare con Zacky?”
“C’è per caso Brian di là?”
Alex aveva distolto l’attenzione dal cumulo di fogli non meglio identificati  che stava leggendo, squadrando l’amica. L’inglese aveva accantonato l’idea di avere un po’ di privacy già da un pezzo, specie perché a casa loro, a qualsiasi ora del giorno e della notte, riusciva a trovarci qualcuno che non fosse solo Lily.
“È in bagno, non sente.”
“Ho ballato, cosa dovevo fare?”
“Non è da te startene per cinque minuti incollata a un tizio così, perché ti viene imposto.”
“Esigenze di copione.”
“Hai dormito?”
“Si, perché?”
“Sei mattiniera, ti ho sentita muoverti per casa già un paio d’ore fa.”
“Scusami, non volevo svegliarti. Sono andata a correre.”
Lily aveva sospirato gettandosi sul divano a peso morto, i piedi puntellati sul tavolino basso del salotto.
“Sei pazza. E instancabile. Cosa leggi?”
“Documenti da presentare per il dottorato. Fare il medico ha più burocrazia che diventare avvocato.”
“Ti do una mano?”
Alex le aveva sorriso, scaricandole sulle gambe almeno la metà dei fogli che teneva in grembo.
“Sei un amore. Quando hai tempo, non c’è fretta. Hai letto il messaggio di Lacey?”
“No, figurati, mi sono appena svegliata.”
“Oggi alle diciotto da Bob. Puntuali.”
“E come mai?”
“Ci deve parlare.”
“E tu dove vai ora?”
“In ospedale.”
“Ma non sei di turno oggi, no?”
“No, ma ho corretto alcune tesi per il professore, faccio un salto a consegnargliele e poi torno a casa. Spero solo non ci siano casini. Alle sei comunque saremo al pub, non fare tardi che appena rientro partiamo.”
“Lavori sempre, io non ti ho portata in California per vederti sfacchinare. Lo sai che…”
“A me il mio lavoro piace, lo sai. Non ci avrei speso anche parte della mia adolescenza. Io vivo comunque, e ti vedo sempre. Ammesso non ci sia il chitarrista tatuato a intrufolarsi in casa nostra.”
“Quale dei due?” l’aveva apostrofata divertita Lily.
“Credo faccia poca differenza, ormai. Puoi fare un salto al supermercato con Brian? L’altro giorno abbiamo finito tutto ciò che c’era di commestibile in casa. E non fare la tua solita spesa, okay?”
“Okay mammina. Mi ricorderò la parte salutista della lista per te.”
“Grazie.”
Alex le aveva posato un bacio sulla nuca prima di uscire, lasciandola sola immersa nel silenzio del salotto, un quantitativo di noiosissimi questionari da compilare.
Ovviamente, l’avrebbero fatto insieme in un gelido pomeriggio di novembre per ammazzare il tempo, magari davanti a una tazza di tè che gli riportasse alla mente l’Inghilterra.
Se chiudeva gli occhi, Lily poteva ancora visualizzare ogni dettaglio delle strade di Londra, tra Carnaby e Soho, senza dimenticare nulla, ma se doveva essere sincera non le mancava l’Inghilterra. Probabilmente era perché aveva con sé Alex, anzi, sicuramente era così: in qualsiasi posto al mondo si sarebbe sentita a casa solo con lei accanto. Anche a due isolati di distanza, ma saperla nella stessa città, sempre presente e vicina, le dava la sensazione di poter vivere in qualunque posto senza avere mai nostalgia di nulla.
Avrebbe avuto solo nostalgia di Alex, al massimo, ma lei non era un luogo: era la sua famiglia.
“A che pensi?”
La voce di Brian l’aveva distolta dai propri pensieri, costringendola a sollevare lo sguardo su di lui.
“Sei proprio buffo appena sveglio.”
“Perché?”
“Sembri un orsetto lavatore” gli aveva risposto lei scoppiando a ridere divertita.
“Avrei preferito un complimento migliore”, gli aveva risposto lui sbuffando.
“Cosa sono?”
“Documenti per il dottorato di Alex, una noia di perizie mediche, questionari idioti sulla sua vita personale e capacità mediche, ovviamente.”
“E glieli compili tu?”
“Della sua vita so tutto, non mi ci vuole molto. Comunque ci ha ordinato di fare la spesa se non vogliamo morire di fame.”
“Pensavi al lavoro di Alex?”
Brian Haner non si lasciava fregare da un fiume di parole in piena e Lily non era stata abbastanza abile da depistarlo.
“Pensavo a Londra. Non mi manca casa mia, e credo che il merito sia proprio di Alex. È il mio punto di forza, anche se a volte convivere è davvero difficile.”
“Lo è in tutte le famiglie, anche tra di noi non è mai così lineare come sembra.”
“Guarda Brian, non lo sembra affatto, di questo puoi starne certo. La prima cosa che abbiamo capito è che tra di voi c’è un’energia che taglia fuori tutto il resto del mondo, e quello che accade al suo interno, rimane solo affar vostro. Anche Valary, nonostante tutto, ne è tagliata fuori. Per pararvi il culo a vicenda vendereste l’anima al diavolo senza pensarci due volte.”
“Ammesso non l’abbiamo già fatto.”
“Non credo proprio.”
Come in ogni famiglia c’erano i pro e i contro anche nel loro rapporto: discutevano, si arrabbiavano, alzavano la voce e piangevano come pazze, ma senza portare rancore. Forse era perché Alex era remissiva di natura, e perché aveva la tendenza a perdonare ogni sfuriata di Lily o forse perché Lily riusciva a comprendere i silenzi di Alex senza costringerla a parlare, l’unica in grado di scuoterla da quella sua fastidiosa voglia di essere invisibile.
Se Lily la obbligava a combattere, lo faceva.
Se doveva combattere per Lily, lo faceva senza nemmeno pensarci.
Di ciò che poteva essere certo nella loro esistenza, l’unica cosa su cui avrebbero puntato tutto quello che possedevano era l’una, il nome dell’altra.

 

Gena era incazzata.
Anzi, più che incazzata aveva lo scazzo da post sbronza, il che aveva implicato per Zacky la mattinata più snervante delle ultime settimane. Era rincasato quasi all’alba, e Gena ancora non era rientrata, per cui si era messo a dormire sul divano – era decisamente troppo sbronzo per trascinarsi sino alla camera da letto – aspettandola. Non l’aveva sentita rincasare né tanto meno si era preoccupato di avvertirla di essere in salotto, ovviamente, e la cosa aveva mandato in paranoia la ragazza che non l’aveva trovato nel loro letto.
“Cazzo Gena… Mi scoppia la testa. Divertita ieri?”
“Assolutamente si. Evitare i Madden evidentemente è stata una scelta vincente.”
“Buon per te allora.”
“Dov’eri?”
“Come dov’ero? Ho dormito sul divano per aspettarti, solo non ti ho sentita rientrare e…”
“Io non ti ho visto.”
“Eri sbronza, era ovvio non mi vedessi. E non dire di no, si vede dalle occhiaie.”
“Avresti dovuto venire alla nostra festa, ti saresti divertito un mondo.”
“Sinceramente preferisco passare Halloween con i miei amici, sai quanto amiamo fare casino insieme, e sai altrettanto bene che lo festeggiamo insieme da quando eravamo dei mocciosi. È inutile menarla ogni volta, Gena. Certe cose non cambieranno mai.”
Nemmeno noi, temo.
“Vinci sempre tu, no?”
“Sono o non sono Zacky Vengeance?”
Lei aveva alzato gli occhi al cielo, esasperata.
“Prima o poi la maschera la dovrai gettare, Zacky, e quello che ci sarà sotto ti piacerà davvero? Piacerà a qualcuno?”
Gena sapeva colpire basso, quando voleva, e per altro senza scadere in sfuriate isteriche da nevrosi.
“Se non ti piace puoi sempre alzare il culo e andartene. Cazzo Gena, non puoi farmi menate appena sveglio, sotto effetto sbronza sia tu che io. Possiamo rimandare le discussioni a quando ci sarà passato lo scazzo dei postumi?”
“Come vuoi tu.”
Rassegnata, ecco cos’era Gena.
Insofferente a qualsiasi curva che la strada poteva prendere, come se la vita dovesse essere un eterno rettilineo. Zacky le aveva posato un bacio sulla nuca, prima di portarsi in bagno e lavarsi di dosso le scorie della nottata.
E il profumo di Alex dai pensieri.

 

Quando Lily aveva deposto nel carrello una scatola contenente pomodori, Brian aveva sospirato rassegnato: stava spingendo da almeno quaranta minuti un carrello colmo di ogni cibo preconfezionato e di derivazione biologica.
“Non potete vivere sotto lo stesso tetto.”
“Invece si. Mi costringe anche a mangiare la verdura verde” e aveva accompagnato l’aggettivo arricciando il naso e facendo la linguaccia, schifata come se stesse mangiando il peggiore dei cibi.
“Andiamo Lily, non starai dicendo sul serio vero?”
“Assolutamente si. Odio la verdura, se verde poi non ne parliamo. Cioè, che senso ha mangiare l’insalata? E’ erba! Io mi sento una pecora.”
Brian aveva dovuto trattenere a stento una risata, spingendo il carrello poco più avanti lungo la corsia.
“Cos’hai da ridere, ora?”
“Mi è venuta in mente la nostra prima uscita al supermercato.”
Brian l’aveva fissata con aria sorpresa prima di scoppiare in una risata divertita, portando la mano al portafogli.
“Non era nei programmi farci rapinare, lo giuro”, aveva risposto alzando le mani in segno di resa.
“Ammettilo, è stata tutta una tua montatura perché ti baciassi. Così non hai dovuto fare lo sforzo di fare il primo passo e ricevere il due di picche.”
Era tornata sui propri passi fissandolo torva, per poi prendere da uno degli scaffali i cereali preferiti di Alex e proseguire con aria di sufficienza.
“Non farai davvero l’offesa, vero?”
Lily non parlava da dieci minuti, e l’unica volta in cui Brian l’aveva messa a tacere era stato la sera del suo compleanno, dunque era legittimo supporre si fosse arrabbiata.
Stare con Lily era strano, se ci rifletteva per qualche istante poteva capire esattamente il motivo del perché con lei tutto fosse diverso e una scoperta continua: Lily aveva una vita normale.
Quand’era stata l’ultima volta che era andato a fare la spesa al supermercato da solo? Michelle andava per negozi, non a fare la spesa. Michelle, nemmeno cucinava per la maggior parte delle volte. Lily era invece la certezza di poter vivere, e Brian si era reso conto di come fosse importante, per lui, potere realizzare che il tempo che scorre non è fatto solo di sballi e divertimento, ma anche di piccoli attimi di quotidiano che ti danno respiro dalla merda della vita.
“Fratellone?”
Lily si era voltata giusto in tempo per vedere spuntare da dietro gli scaffali una chioma bionda che puntava nella loro direzione a passo rapidissimo.
“Ciao Amanda!”
Brian si era irrigidito sul proprio posto, pregando che sparisse: se non credi alle fate, le ammazzi. Almeno, se pensi di non credere all’esistenza di tua sorella, potrebbe sparire, no?
“Che fate di bello?”
“Secondo te ?”
“Wow, da quando mangi questa roba Brian?”
“E’ la mia spesa, tuo fratello mi ha accompagnata. Come stai?”
“Oh benissimo! La scuola va uno schifo, mamma mi ha lasciata andare al mio primo concerto sabato scorso e… Be’, potremmo parlarne in privato?”
Allo sguardo in tralice lanciato da Amanda al fratello, era seguito quello di puro scherno di Lily, che le aveva stretto l’occhio sorridendole.
“Se vuoi puoi venire con noi a casa nostra, e se per Brian non è un problema puoi…”
“Per me è un problema.”
“ … Restare da me qualche ora”, aveva concluso Lily senza prestargli la minima attenzione.
Amanda aveva emesso un gridolino estasiato di puro trionfo, mentre guardava la ragazza di suo fratello con aria adorante.
Totalmente ignorato. Perché la complicità femminile era così fottutamente invincibile?
“Non dirai sul serio, vero?”
“Possiamo lasciarla da te quando andiamo al pub da Lacey. E’ solo per un paio d’ore, no? E’ un sacco di tempo che non vedo Amanda, e poi devo farmi raccontare del suo primo concerto.”
Brian aveva spostato lo sguardo dalla propria ragazza alla sorella, fissandola torvo.
“A proposito: cos’è questa storia?”
“Parlane con mamma se ti da fastidio.”
“E perché tu vorresti parlare in privato con Lily?”
“Sono cose da donne, mi pare ovvio.”
“Credo che a una risposta del genere tu possa solo dichiararti sconfitto Brian.”
Donne: chi aveva detto che erano la cosa più bella e dolce del mondo, evidentemente non aveva mai avuto una sorella minore né una fidanzata fuori dal comune.

 

SMS: To  Lily From Alex H 16:55 PM
Passi da casa? Così andiamo da Bob insieme. Devo farti conoscere una persona.
SMS: To  Alex From Lily H 16:58 PM
Non hai portato a casa il gallese, vero?
SMS: To  Lily From Alex H 17:01 PM
Non arrivare tardi però, o Lacey ci ammazza!
SMS: To  Alex From Lily H 17:05 PM
Sono in autobus, dagli il tempo di passare almeno. Ma chi dovrei conoscere? Babbo Natale?
SMS: To  Lily From Alex H 17:06 PM
Ti mando Zacky.
SMS: To  Alex From Lily H 17:08 PM
Prendo un taxi, tra venti minuti sono a casa. Spero valga la pena di tutto questo casino, la nostra superstar.

 

“Ehi, sono a casa!”
“Wow!”
Non era una risposta da Lily, quella, e soprattutto ad una prima occhiata il salotto sembrava essere stato invaso da una colonia di rappresentati di cosmetici e trasformato in beauty farm. Lily aveva fatto capolino dalla cucina sorridendo, il volto coperto da una maschera di bellezza di un fastidioso azzurro ghiaccio, accanto a lei un mostriciattolo dai capelli arruffati che sventolava all'aria dita dalle unghie laccate di nero come se fossero bandierine di benvenuto e il viso coperto del medesimo intruglio.
“Lil?”
Era riuscita a evitare la morte in balia di Zacky, era certa che quindi la sfiga le avrebbe riservato qualcosa di ben peggiore nelle prossime ore.
“Oh, senza offesa ma Lily è decisamente più piazzata di te, eh. Mio fratello ha proprio gusto, ha scelto la più bella.”
Alex aveva sgranato gli occhi, poi era scoppiata a ridere divertita, posando la borsa per terra.
“Quindi tu saresti Amanda? Alex, piacere.”
Le aveva scoccato un sorriso sincero, porgendole la mano.
“Deve asciugarmi lo smalto, Lily mi ha insegnato come stenderlo senza farci venire le grinze. Non so perché ma quando ci provo io va a finire che sembra che ho le unghie di cartapesta!”
“Capita sempre così le prime volte, basta farci l'abitudine. Lily, Brian non dovrà mai sapere che hai messo una maschera antirughe a sua sorella, vero?”
“Prevenire è meglio che curare, Alex, dovresti saperlo.”
“Non voglio che mi vengano le rughe d'espressione come a Gena! L'avete vista quando ride? Ha quelle due cose lì, ai lati della bocca. Mi chiedo come faccia a piacere a Zacky!”
“Non abbiamo avuto l'onore di vederla ridere, temo.”
“Antipatica com'è, ride solo per delle cose senza senso. Nemmeno io che ho quattordici anni rido a certe battute da adolescenti!”
Alex aveva riso di nuovo, lanciando un'occhiata complice a Lily: si erano divertite un mondo, niente da eccepire.
“Dobbiamo andare ora, però, o faremo tardi all'appuntamento con Lacey e Val. Amanda tu che fai?”
“Dovreste lasciarmi da mio fratello e poi mi stresserà per farmi il terzo grado sul concerto. Cosa ne può sapere lui dei sentimenti di una donna? Per lui sono solo una mocciosa, e anche per Baker... Oh, te ne ha parlato Lily?”
“No, Lily mantiene sempre i segreti. Solo i propri non sa dove nasconderli.”
“Bella migliore amica che sei!”
“E' la verità.”
“Comunque, a me piace il fratello di Zacky, ma proprio tanto. Cioè, all’inizio mi piaceva Zacky solo che una storia tra noi due non avrebbe avuto senso. Gli voglio troppo bene per volerlo vedere in galera. Per Baker non esisto, però. Anche sabato, al concerto... Eravamo in uno dei locali del centro, suonavano degli amici che abbiamo in comune ma lui non ha avuto occhi che per la birra e il pogo!”
Non c’era che dire: Amanda sapeva esattamente come manifestare il proprio punto di vista.
“Si accorgono delle donne sempre troppo tardi, dagli tempo.”
“E non prendere esempio da Lily, o ti ritrovi in mezzo ai guai. A sedici anni non ci pensano molto, alle ragazze. E tu sei carina da morire, lì sotto, ne sono certa.”
Alex aveva preso dal tavolino alcune salviettine struccanti e le aveva porte alle due ragazze.
“Forza, lavatevi che si parte. Ci aspettano a cena.”
Amanda aveva offerto alle due amiche il più mesto degli sguardi, e Lily aveva lanciato un'occhiata complice ad Alex.
“Cosa ne dici? Pensi che Lacey...”
“Penso che sarebbe un delitto condannarla alla compagnia di Brian tutta sera. Solo tu puoi farcela, sai, la forza dell'amore.”
Amanda aveva sgranato gli occhi sfregandosi vigorosamente il viso.
“Davvero mi volete con voi?”
“E' una serata tra amiche, dubito ci possano essere problemi, no?”
“Wow, sarà la mia prima vera serata tra donne! Di solito mi snobbano tutti perché sono piccola, ma sono molto matura per la mia età. Ovviamente sarò muta come una tomba sui vostri segreti. A Brian non ho detto subito che eri passata... Cioè, gliel'ho detto qualche giorno dopo, quando mi ha riportata a casa. Alex lo sai che mi piaci anche tu?”
Lily era scoppiata a ridere, seguita a ruota da Alex e da Amanda, che da tutti quei sorrisi aveva capito che quelle due erano davvero simpatiche, che non se la tiravano e che erano davvero due strafighe, non nel senso fisico del termine, ecco.
Se non poteva avere la carrozzeria di Lily, si sarebbe accontentata di essere come Alex. Insomma, alla fine erano proprio belle così: per i sorrisi che le regalavano senza malizia o il retrogusto amaro della presa in giro che coglieva sempre nelle parole di Michelle o Gena.
“Anche tu Amanda. E visto che sei di gran lunga più simpatica di tuo fratello, potrai venire a trovarci tutte le volte che vorrai.”

 

Matt aveva fissato il display del cellulare per buona parte della giornata, poi si era deciso a spegnerlo definitivamente senza aspettare di ricevere uno straccio di parola da parte di Val o Alex.
Non che si fosse aspettato piagnistei e spasmi d'amore, solo... Non lo sapeva. Ballare con Val sulle note della canzone che le aveva dedicato gli aveva fatto uno strano effetto, ma era stato alienante più che destabilizzante. Val non riusciva più ad essere una sorpresa per lui, era la certezza della sua esistenza e, come ogni certezza, aveva finito con l'essere scontata e priva di attrattiva.
Matthew Sanders era anche abbastanza testardo da fregarsene dei consigli dei suoi amici, all'occorrenza, per cui aveva riacceso il cellulare e inviato un sms ad Alex, chiedendole cosa stesse facendo.
Okay, aveva voglia di vederla, ma senza implicazioni: con Alex era facile parlare, bastava lasciarsi andare e pensare che non l'avrebbe giudicato. Si aspettavano tutti che tornasse con Valary, ma la vita era la sua ed era stanco di dover fare ciò che gli altri ritenevano giusto per lui. Voleva fare le proprie scelte, cadere e rialzarsi da solo come sempre.
Anche Alex, però, aveva cercato di ricacciarlo indietro, proprio come tutti gli altri.
Il cellulare aveva vibrato, lasciando il nome di Alex lampeggiare violentemente sul display.
“Sono fuori con le ragazze. Matrimonio in vista a quanto pare!”
“Brian e Lily?”
“Sbagliato. Il tuo bassista. A quanto pare ieri era davvero serio. Sarà la magia di Halloween.”
“O di Dear God.”
“E' una bellissima canzone d'amore. Ma preferisco sempre Warmness of the soul.”
Matt aveva fissato quelle parole per almeno dieci minuti, prima di risponderle. Cosa poteva dirle? Erano le canzoni d'amore che aveva scritto per un'altra donna, tutto sarebbe stato davvero troppo idiota.
Non me l'hai mai detto.”
“Non me l'hai mai chiesto.”
Se per quello non le aveva nemmeno chiesto di baciarla: l'aveva fatto e basta. Si era ricordato della canzone che aveva scritto – una bozza, ma pur sempre la prima canzone che gli usciva da un anno e mezzo a quella parte – e aveva preso ad armeggiare accordi con la chitarra ma tutto, su quelle parole di una frontiera distante anni luce ormai, era dannatamente simile a Dear God.
“Cazzo.”
Perché doveva essere sempre così incasinato? Anzi, era stato così certo di ogni cosa, nella sua vita, che alla fine si era fottuto da solo.

 

Di tutto quello che poteva aspettarsi, Lily non poteva prevedere la presenza di Gena, o con ogni probabilità avrebbe lasciato Amanda da Brian, onde evitare di rendere la serata il martirio di un'innocente.
Aveva un dubbio su chi, delle due, fosse la vittima sacrificale in quel caso, ma aveva preferito lasciare in sospeso la domanda.
Lacey era raggiante, e quando aveva dato loro la notizia della proposta di matrimonio di Johnny, le ragazze avevano preso a urlare e fare un casino pazzesco nel locale quasi deserto.
“Un altro matrimonio! Fantastico!”
“Vi voglio come mie damigelle d'onore, si capisce. Vi ho volute qui apposta stasera, non ne ho parlato nemmeno a mia madre e mio padre.”
“Cioè... Noi siamo le prime?”
Lily era senza parole, e più di tutto Lacey era riuscita a zittire persino Gena con la sua decisione perentoria.
Lacey non ammetteva litigi, rotture di palle, scazzi gratuiti: se a lei una persona piaceva, poteva diventare la sua migliore amica anche se era il figlio di Satana.
“Certo, e chi altrimenti? Ora dovrete aiutarmi con l'abito, le bomboniere, la cerimonia e tutte quelle cose nauseanti da donne che ci renderanno assolutamente sceme agli occhi dei nostri uomini.”
“Io mi occupo dell'addio al nubilato! Ehi Bob, ci fai cinque cocktail? Più uno analcolico, qui si festeggia un matrimonio.”
“Due analcolici, grazie. Faccio compagnia ad Amanda”, era stata l'aggiunta di Alex all'ordinazione dell'amica.
Lily sapeva come farsi notare, sempre.
Era un ciclone, e all’energia viva di un fuoco che arde nessuno può sfuggire.
E se c'era una cosa che Gena sapeva fare, era farsi notare a propria volta: ovviamente non per i meriti che possedeva la prima.
“Forse dovrebbe essere Lacey a decidere chi dovrebbe farlo. Mi sembra poco carino che l'ultima arrivata si arroghi diritti che non possiede.”
“Per me è okay se lo fa Lily, ci sa fare in queste cose.”
“Ovviamente possiamo organizzarlo tutte insieme, come abbiamo fatto per i costumi di Halloween.”
Lily aveva incassato la stoccata di Gena colpendo a propria volta: non aveva intenzione di rovinare la serata a tutte a causa di Miss Stronza, tanto più che la felicità che provava per Lacey – e per esserne stata partecipe con una sincerità che l'aveva colpita – era davvero alle stelle.
“Ehi ragazze, ecco qui. Chi si sposa? Lily, tu e Brian?”
“Naaa, Johnny e Lacey.”
“Il nanerottolo non perde tempo eh! Ci rimane solo Baker a questo punto.”
“Dai Bob, unisciti a noi” l'aveva invitato Valary ridendo.
“Tanto Zacky non la sposa, faccio in tempo a diventare vecchia io.”
Ad Alex era andato di traverso il succo di frutta alla pera, e in quel momento aveva desiderato avere tra le mani un Jack Daniel's per potersi ritrovare ubriaca in meno di mezzo bicchiere ed evitare di assistere ad una carneficina.
“Non sono affari che ti riguardano, direi.”
“Oh si, be', riguardano un po' tutti qui. Non siete una grande famiglia?”
Lily si era irrigidita sulla propria sedia, e per un istante aveva compreso come doveva sentirsi Alex quando lei lanciava frecciate a destra e manca, affondando il nemico.
Amanda, comunque, era appena stata eletta a sua pupilla: stava crescendo davvero bene.
La domanda della ragazzina era caduta nel vuoto, e Lacey aveva fatto spallucce sollevando il bicchiere verso il cielo: Gena era un'immatura, che si mettesse ad attaccar briga con la sorella minore di Brian era davvero ridicolo.
E lei agli scazzi delle prime donne, era ormai avvezza, per quel motivo aveva imparato a gestirli lasciandoli cadere nel vuoto.
D’altra parte, un’attrice recita solo se c’è un pubblico ad assistere alla sua messa in scena.
“Alla sposa”, aveva scandito Val sollevandosi in piedi.
“Alle amiche della sposa”, aveva aggiunto Lacey sollevandosi a propria volta.
Le altre le avevano imitate, facendo tintinnare i bicchieri in aria e rovesciando cocktail sul tavolo e sui vestiti ridendo.
C'era tutta l'euforia di un momento magico, la voglia di festeggiare e stare insieme: Lily si sentiva davvero a casa, in quel momento, complice e parte di un qualcosa di irripetibile in cui l'avevano inglobata non per pietà, ma per affetto.
Alex era felice, perché Lacey si era rivelata tra le migliori persone che potessero conoscere ad Huntigton e perché lei e Johnny erano stati gli unici a trovare davvero la forza di sorreggersi e andare avanti. Gli altri si erano spezzati, o persi per strada, o si stavano perdendo.
Lo sguardo ferito di Gena – che Lily e Amanda avrebbero poi chiamato carico di invidia – la diceva lunga su quanto i suoi desideri e le sue aspettative fossero disattese.
Nei mesi in cui aveva imparato a conoscere Zacky, aveva compreso una cosa: Zackary Baker non si sarebbe mai fatto mettere un guinzaglio al collo se non da una persona che davvero gli avrebbe fatto muovere mari e monti, una che gli avrebbe fatto perdere la testa con un colpo secco.
Un salone di bellezza poteva essere un pegno d'amore sufficientemente grande?
Alex non ne era così sicura.

 

“Vi dico che è gelosa perché è brutta!”
“Secondo me Gena è una bella ragazza invece.”
“Alex tu hai una buona parola per tutti, non fai testo”, le aveva risposto Lily durante la strada del ritorno verso casa di Brian.
“Zacky non si sarebbe mai messo con una donna normale.”
“Questo è poco ma sicuro: quella è pazza. Ha aggredito persino Amanda!”
“Intendevo dire che lui ha bisogno di una donna che gli altri guardino.”
“Perché si rende ridicola?”
“Giusto, che senso ha stare con un'oca starnazzante? E ringraziamo che stasera si sia cucita la bocca, avete visto che smorfie faceva? Sembrava che il mondo dovesse ascoltare e fare solo ciò che voleva lei!”
“Voi due siete un'associazione a delinquere, mi rifiuto di fare l'avvocato difensore di chiunque: non avrei la forza di ribattere se vi coalizzate.”
“Io e Amanda, unite, possiamo fare qualsiasi cosa dunque?”
“Avete il potere di distruggere qualunque cosa. Siete due diavoletti della Tazmania.”
Amanda era scoppiata a ridere, divertita, rischiando di soffocarsi con il chew-gum alla fragola con il quale stava creando e poi scoppiando palloncini da quando erano salite in auto, con una cadenza al limite dell’irritante.
“Io sono proprio curiosa di vedere come si concerà al matrimonio. Vorrà essere più bella di Lacey”, aveva proseguito Amanda imperterrita sulla strada della demolizione di Gena Pahulus.
“Secondo me ha solo voglia di sposarsi.”
“Chiunque vorrebbe sposare Zacky!” aveva risposto esaltata Amanda alla flebile risposta di Alex.
“Includendo le sue fans, è poco ma sicuro.”
“Potrebbe aspirare a qualcuno di meglio, Gena è troppo poco per lui.”
“In questo siamo tutti concordi, Alex compresa.”
“Davvero?”
Amanda si era sporta indietro, incastrando il volto nello spazio tra i due sedili anteriori dell'auto, fissando Alex con aria estasiata.
Folle, era stato il primo aggettivo che si era imposta di sostituire seduta stante nella sua mente, che aveva cacciato via per non sentirsi in colpa con sé stessa.
“Si. Le poche volte in cui abbiamo visto Gena non ha mai brillato per essere una persona positiva, mettiamola così.”
“Uff, dovremmo trovare una fidanzata adatta a Zacky.”
“Già.”
Lily aveva fissato dallo specchietto retrovisore l'amica, intenta a osservare la notte allungarsi su Huntigton Beach.
Insomma, lei un nome ce l'aveva già ed era certa che anche Zacky avesse la risposta ai suoi problemi, ma preferiva ignorarla.
Alex era troppo brava a scansare le persone, per poterle lasciare entrare davvero nella sua vita. E questo Lily lo sapeva molto bene.

*

“E questo cos'è?”
“Inizio a lavorare anch'io, così non mi dirai più  che perdo tempo.”
Alex aveva riletto almeno tre volte l'annuncio scritto con orrendi caratteri stilizzati al computer, lanciando occhiate cariche di scetticismo all'amica mentre sorseggiava una tazza di caffé, addentando a cadenza regolare quello che restava di una fetta di pane imburrata e ricoperta d marmellata.
“Lil, questo non è un lavoro. È il tuo modo per fare casino e conoscere più gente possibile. Cazzi loro compresi. Radio HB ha bisogno di te?”
“Non tutti i lavori devono essere intellettualmente devastanti come il tuo.”
“Sarebbe anche il tuo, se non scappassi di continuo.”
“Senti da che pulpito, eh, Forrest?
“Sai come la penso, Lily. Sei sprecata.”
“Lo dicono tutti di un sacco di cose. Tu eri sprecata a Londra, tu saresti stata sprecata con Matt, non io a lavorare in un pub. Voglio farlo perché mi voglio divertire, non sarò io a poter trovare la cura per mia madre. E non sarai tu che cambierai il mondo salvando gente nelle corsie d'emergenza di un ospedale.”
“Lo so, ma non ho la pretesa di farlo. Faccio il possibile nella cosa che ho sempre desiderato fare. Magari tu vuoi formare una band e nemmeno lo sai. Quando troverai la tua strada ti dirò che stai facendo la cosa giusta. Per ora ti dico che stai solo temporeggiando.”
“Voglio divertirmi e non pensare alla mia vecchia vita.”
“Ne hai tutto il diritto, Lil.”
“Tu non ti stanchi mai?”
“Di cosa?”
“Di fare quello che fai. Di tacere sempre per evitare di ferire gli altri.”
“A Valary ho parlato.”
“Perché non sai mentire, quello ti fregherà sempre. Non sai raccontare bugie, giochi sempre a carte scoperte. Per questo perdi sempre a poker, non sai bluffare. Non hai mai pensato a una vita diversa?”
“No, io volevo diventare medico e ci sono riuscita. Posso dire di aver realizzato il mio sogno.”
“A volte mi chiedo se fosse davvero tuo o di qualcun altro, lo sai?”
“A volte mi chiedo la stessa cosa sulla California, e sai cosa mi rispondo? Che a volte è bello condividere il sogno di qualcun altro perché quando diventa tuo, lo ami come se lo fosse sempre stato.”
Lily aveva sorriso, con le lacrime agli occhi: di tutto quello che poteva dirle Alex, aveva scelto le parole più belle.
Le aveva dato la certezza di non aver fatto alcuna, atroce cazzata, strappandola da Londra e tenendosela stretta al cuore.

 

Essere convocate a casa Baker, una settimana dopo, era preoccupante.
“Zacky avrà deciso di sposare quella pazza” aveva esalato in un lungo sospiro Lily.
“Purtroppo ho come l’impressione che quello sarebbe il minore dei mali.”
Arrestata l’auto davanti la villetta del chitarrista, Alex e Lily si erano scambiate un’occhiata carica di comprensione: le poche volte in cui avevano messo piede a casa del ragazzo, era sempre stato quando Gena era fuori per lavoro o per i fatti suoi, il tempo di recuperare qualcosa che lui aveva – ovviamente – dimenticato.
Alex, le poche volte che vi aveva messo piede, si era sempre sentita un’ospite indesiderata e aveva sempre pregato per uscire dall’abitazione nel minor tempo possibile. Da un lato la cosa era data dalla sensazione claustrofobica che le lasciavano addosso le pareti dipinte a tinte forti delle stanze, per non parlare delle teste mozzate di animali attaccate alle pareti.
La casa di Zacky era, sotto un certo punto di vista, inquietante.
In quel momento, la sensazione di disagio aveva raggiunto i massimi livelli.
“Mi sento non gradita… Tu non hai questa sensazione, Lily?”
“Non ci avrà chiamato qui se c’è quella strega, fidati. Zacky non è così stupido.”
E invece si.
Zacky era più stupido di quanto credessero, almeno, perché quando avevano suonato alla porta era stata Gena – sorriso falsissimo stampato in viso – ad aprire.
“Sono le ragazze?”
“Visto che mancano solo loro, direi di si.”
“Possiamo entrare?”
La domanda di Alex era caduta nel vuoto, visto che Gena aveva lasciato la porta aperta e si era allontanata lasciandole come due idiote sulla soglia di casa.
“Evviva l’educazione.”
“Lily aspetta. Giurami che non farai danni, di qualsiasi genere e natura.”
“La settimana scorsa sono stata encomiabile.”
“Se fai il bis faccio tutto quello che vuoi.”
“Sicura?”
“Entro i limiti della decenza.”
“Sei una donna d’onore, è questo che mi piace: che moralmente ti senti obbligata per qualsiasi cosa sempre e comunque. Figuriamoci quando poi si tratta di scommesse e favori. Okay, mi dovrai un favore, mettiamola così.”
“Come sei magnanima, mmh?”
Si erano guardate e poi a passo deciso si erano addentrate all’interno del salotto, posizionandosi l’una accanto all’altra sul divano dove si trovava Brian, intento ad armeggiare con una bottiglia di birra ancora ghiacciata.
“Perfetto, di comune accordo abbiamo preso una decisione. Il nostro prossimo video sarà girato a Las Vegas.”
“Sai la novità, ci avete girato pure Bat Country. Non vi state fossilizzando per caso?”
“Lily, ascolta il genio prima di parlare.”
Johnny era scoppiato a ridere, indicando Matt.
“Secondo me dovresti spiegare alle ragazze che qualche canzone all’attivo l’abbiamo, o sembriamo degli idioti.”
“Questo lo spiegherà Matt dopo, io sono quello delle spiegazioni fighe ed esaltanti, lui penserà ai tecnicismi.”
“Come il solito, eh, Vengeance”, l’aveva apostrofato l’amico.
“Abbiamo ruoli ben precisi, dobbiamo rispettarli.”
“Quindi ricordati che sono il primo chitarrista, Zacky.”
In risposta a Brian, il ragazzo aveva sollevato il dito medio, tornando a parlare gesticolando come un pazzo.
“Dunque, visto il successo spaziale di Halloween, abbiamo deciso che girerete il prossimo video insieme a noi. I ruoli saranno gli stessi, per cui Val tu interpreterai Matt, Lacey sarà Johnny, e voi due” – e aveva indicato Lily e Alex puntando contro di loro l’indice di entrambe le mani – “sarete me e Brian.”
Il divano era diventato un letto di chiodi sotto le chiappe di Alex e il silenzio che aveva inghiottito le ultime parole di Zacky era stato il più eloquente degli indizi di quanto li attendeva.
Lily era esaltata almeno quanto Zacky, visto e considerato che si dimenava sul divano nemmeno stesse annaspando in cerca di recuperare la riva dal mare aperto, di conseguenza non aveva minimamente preso in esame che l’idea di Zacky aveva un piccolo, enorme, astronomico buco nero nel mezzo: e chi diceva che non tutte le ciambelle escono con il buco, non aveva proprio capito un cazzo della vita.
Valary aveva lanciato un’occhiata a Matt che, distrattamente, giocherellava con il piercing al labbro rigirandolo tra le dita, fissando l’amico che – al centro della stanza – faceva da mattatore del danno irreparabile.
Matthew Sanders si era già fatto un’idea di come le cose sarebbero state un gran casino e aveva pregustato il divertimento di quella scena da melodramma, ma Zacky quando aveva un obiettivo – che diventava sempre un’ossessione, nel suo caso – se ne fregava del contorno e, soprattutto, del buon senso.
Semplicemente, non era rimasto altro – ai ragazzi – di aspettare e vedere la reazione di Gena. Brian aveva scommesso sulla sfuriata di Gena e uno schiaffo ad Alex, Johnny aveva invece aveva optato per l’uscita di scena in lacrime con tanto di boa di piume di struzzo e Matt si era limitato a dire che Zacky avrebbe urlato come un ossesso prima incazzarsi seriamente.
Le loro puntate sul piatto, non erano state poi disattese di molto.
“Zacky scusami… Ed io?”
Il silenzio che aveva inghiottito la stanza pochi istanti prima era stato spezzato dalla voce di Gena, per una volta non querula ma semplicemente incerta, e già incrinata dal pianto.
Dovevano essersene accorte tutte quante, Lily compresa, perché le ragazze avevano portato lo sguardo da Gena a Zacky nel medesimo, fatidico istante.
“Tu ci aiuterai con il trucco e le acconciature, ne avranno bisogno. Andremo tutti a Las Vegas e ci ammazzeremo di divertimento!”
Con la tua donna al fianco, a Las Vegas non ti diverti proprio per un cazzo, Zack.
Aveva scacciato il pensiero, tornando a fissare Gena sorridente, costringendosi a rivedere la propria allegria nel vedere come la sua ragazza non fosse affatto dell’avviso di ridere, seduta con le mani strette tra le ginocchia, accanto a Matt, lo sguardo fisso su di lui.
“Spiegami una cosa. Val interpreta Matt, Lacey Johnny, Lily Brian… Perché Alex dovrebbe interpretare te?”
Il ragionamento di Gena non faceva oggettivamente una grinza, e la stessa domanda – seppur con scopi totalmente differenti – era balenata anche alla mente di Alex, che però era stata battuta sul tempo nel tentativo di fare le proprie rimostranze.
Ed ora l’apocalisse si stava per abbattere su di loro: dov’era la sua prontezza d’animo quando serviva? A farsi fregare dall’incredulità, ecco dov’era.
“Perché l’ha fatto anche alla festa dei Madden, ed era perfetta. Semplice no?”
Oggettivamente, no.
“Quel posto credo dovrebbe essere mio a prescindere dalla festa dei Madden, Zacky.”
“Lo farà Alex. Se tu fossi venuta anziché rompere le palle con le tue solite menate da presa di posizione del tutto gratuita, ti saresti divertita e ci saresti stata.”
“I posti erano, sono e resteranno comunque quattro. Una è di troppo.”
Alex aveva abbassato il capo, mordendosi il labbro inferiore: non aveva voglia di piangere, o meglio, aveva una voglia matta di piangere, urlare e andarsene da lì.
Nemmeno lo voleva, lei, quel posto in un video musicale: perché doveva sentirsi tirata in ballo senza potersi nemmeno difendere?
L’istinto, quello che metteva sempre a tacere quando si trattava dei tuffi del cuore, le diceva che era meglio tacere, anziché intervenire in un litigio che aveva radici molto più profonde che non il video a Las Vegas.
Nonostante lo capisse perfettamente, una vocina dentro di lei continuava a dirle di alzare il culo e andarsene un’altra – che rispondeva a quella di Lily che, accanto a lei, la stava guardando come se avesse già capito tutto prima ancora che scattasse – che non doveva osare muovere un muscolo.
“Gena i posti sono quattro più uno. Abbiamo deciso all’unanimità, quindi non vedo dove sia…”
“E da quando non siete all’unanimità voi? Vi parate il culo a vicenda, chi di noi non lo sa?”
“Ti devo ricordare che la tua arci-nemica, quella per cui non sei venuta alla festa, è diventata tale per aver scopato il fidanzato della tua migliore amica?”
“Questo non c’entra. Voglio essere in quel video, Zacky.”
“No.”
Cosa potevi rispondere a un uomo che ti negava l’esistenza, voltandoti persino le spalle per guardare un’altra?
Quella che avresti dovuto essere tu, poi?
“Zacky io sarò in quel video. Potresti dire qualcosa anche tu, Alex, no?”
“Non tirarla in mezzo, Gena.”
“Voglio sapere cosa ne pensa.”
Gli occhi di tutti puntati addosso, e il viso che avvampava: dove lo trovava il coraggio di affrontare una donna sull’orlo delle lacrime, innamorata persa di un uomo che – oggettivamente – non l’amava?
“Non so se riuscirò a girare il video, ho la reperibilità per le urgenze in ospedale. Non posso assentarmi da Huntigton tutte le volte che voglio e…”
“Ma puoi chiedere le ferie, no?”
Maledetta Lily: non potevano discutere lì in mezzo, certo, ma sapeva bene che l’avrebbe volentieri massacrata e presa a sberle per aver fatto ancora una volta il gioco altrui e il suo temporeggiare era solo un modo per allungare l’agonia di tutti.
“Si, potrei ma non so se me le lasceranno. Se i ragazzi hanno delle scadenze…”
“Non abbiamo scadenze, tranquilla. Non puoi rifiutarti, in ogni caso. Siamo la maggioranza a votare la tua presenza, per cui sei costretta a esserci.”
Dov’erano le mani alzate in suo favore?
Io starei benissimo fuori da tutta questa storia e mi godrei Las Vegas senza telecamere e video musicali in mezzo, eh.
“Non ha la certezza di esserci, io si.”
“Tu non sei Alex, non sai interpretare il sottoscritto per cui verrà lei. Troveremo il modo di rapirla dall’ospedale, eventualmente. Tu sei dei nostri?”
“Non mi faccio portare via il posto dall’ultima arrivata.”
“Non iniziare con una storia del cazzo come quella di Michelle. Le possibilità per fare tutto quello che hanno fatto loro le hai avute e te ne sei fregata. Cazzi tuoi, Gena, okay? Se vuoi darci una mano a Las Vegas lo farai da dietro le quinte altrimenti fa’ un po’ quello che ti pare ma non rompere i coglioni.”
“Sei uno stronzo, lo sai?”
“L’hai sempre saputo.”
“Non te ne frega niente, vero?”
Silenzio, silenzio e ancora silenzio: sembrava di essere in un film dell’orrore, in cui tutto ha un suono ovattato e ti sembra di sentire solo il rumore delle lacrime.
“Non l’ho mai detto.”
“Allora fammi cambiare idea e lasciami il posto di Alex.”
“Ti ho già detto che è una storia chiusa, abbiamo deciso. Fattene una ragione.”
Gena si era alzata, oltrepassando Zacky e fermandosi in un punto ben preciso del salotto, attratta come una falena da un tepore rassicurante.
“Esci da casa mia.”
Fredda, decisa, disperata: come ogni donna che non sa più a cosa aggrapparsi per non perdere l’ultima briciola di orgoglio che le resta.
Alex l’aveva guardata negli occhi e si era sentita terribilmente meschina e sporca, senza motivo. Non voleva sulla coscienza le lacrime di Gena: che cazzo di colpe aveva, poi?
Zacky le aveva afferrato bruscamente il polso, costringendola a voltarsi e guardarlo dritto negli occhi: quando erano così sottili, così scuri, facevano paura. Non ci leggevi dentro dolcezza o allegria, solo la pozza di una rabbia che stava per esplodere e investirli.
“Adesso mi sono davvero rotto le palle. Questa è casa mia, per cui ora esci fuori dalle palle Gena e torni quando hai imparato come cazzo ci si comporta. Mi sono rotto davvero i coglioni di tutto. Vattene di qui, i miei amici non li devi nemmeno guardare. Non osare mai più Gena, capito? Avresti dovuto essere felice per le nuove canzoni, per le nuove idee e la voglia che abbiamo di ripartire invece continui a macinare una cazzo di gelosia assurda e odio gratuito verso il mondo. È un atteggiamento che mi fa schifo, quanto cazzo sei egoista?”
“Ti odio.”
Gliel’aveva sussurrato a denti stretti, poi si era scollata di dosso la sua stretta e se n’era andata sbattendo la porta di casa, lasciando di nuovo i ragazzi nell’imbarazzo generale.
Le puntate nel piatto le aveva vinte tutte Zacky, comunque: Gena non si era lasciata andare agli strepiti e al pianto dirotto di un’isterica, ma era stata costretta a giocare mantenendo un sangue freddo che non le era proprio.
Era stata costretta a usare le armi di quella che riteneva la sua rivale, cercando di usare lo spiraglio che Zacky le aveva lasciato per salvarsi, ma aveva fallito.
Lei amava davvero Zacky: odiava sentirsi messa da parte, sentirsi l’eterna seconda a qualcosa – Alex era solo l’ultima di una lista infinita di cose, passioni e persone -, l’eterna certezza di un letto caldo quando fuori, erano altre a scaldarlo.
Tra quelle altre, una volta, c’era stata anche lei.
Amava Zacky e avrebbe desiderato essere al posto di Lacey e Johnny invece, non aveva nulla: cos’aveva sbagliato nella sua vita?
Voleva solo essere amata: era una richiesta così difficile da esaudire?

 

“Potevi risparmiarti una scenata del genere, sinceramente. Almeno davanti a noi.”
Alex l’aveva colto alla sprovvista, e quando sei scoperto sul fianco non puoi fare altro che attaccare per difenderti.
“Non iniziare Alex, okay? Non ho niente da nascondere e comunque, non sono cazzi tuoi.”
“Senti Zacky, lo diventano nell’esatto istante in cui i cazzi tuoi li metti in piazza e mi ci tiri in mezzo. Potrebbe non fregarmene niente di quella poveretta che hai appena mandato via in lacrime, ma che tu passi per lo stronzo che non sai mi da’ i nervi.”
“Non mi conosci, sono il signore degli stronzi io.”
“Piantala di sparare a zero su tutti quelli che hai tiro! Apri gli occhi, Zacky: se ami una persona non la tratti come stai facendo tu con Gena.”
“Non… Non ti ci mettere anche tu, cazzo. Se non ti sta bene quello che dico o faccio puoi alzare il culo anche tu e andare via da qui.”
“Cosa ti costava non alzare la voce a quel modo? C’erano mille modi di dire le cose, tu la sensibilità nemmeno sai cosa sia quando ti sforzi.”
“Mi hanno insegnato anche a portare rispetto solo alle persone che lo meritano, se per questo.”
Alex aveva fissato la porta di ingresso, poi era tornata a sedersi accanto a Lily.
La ragazza aveva creduto che sarebbe scoppiata a piangere, ma l’inglese aveva emesso un lungo sospiro sbuffando, gonfiando le guance lanciando un’occhiata a Zacky che si era diretto verso la cucina.
“L’hai detto davvero?” le aveva chiesto Lily sorpresa.
“Cosa?”
“Quello che hai detto, ovvio”, l’aveva rimbeccata l’altra fiera. Non le avrebbe perdonato l’arrampicata sugli specchi nel tentativo di lasciare il posto a Gena – lei, per altro, non avrebbe mai fatto nulla con quella al fianco – ma visto lo scivolone finale e la caparbietà con cui Zacky le aveva imposto di farlo, poteva comunque ritenersi soddisfatta del risultato.
“Be’, qualcuno doveva farlo. Noi non eravamo stati così diretti, ma Alex ha fatto bene.”
Matt l’aveva guardata sorridendo: era stato il primo ad avvertire il retrogusto amaro delle prese di posizione decise – e inamovibili – dell’inglese, e la scena a cui aveva assistito non aveva fatto altro che fargli comprendere come Alex fosse tutto fuorché l’apparente concentrato di dolcezza che traspariva ad una prima occhiata.
“Zacky non le rivolgerà la parola per almeno due settimane.”
Alex aveva sgranato gli occhi fissando Brian con aria atterrita.
“Ho esagerato così tanto?”
“È solo permaloso, tranquilla”, l’aveva apostrofata il chitarrista con una punta di puro sadismo nella voce.
Lily le aveva lanciato un’occhiata eloquente, di quelle che erano un messaggio a caratteri cubitali: alza il culo e vai a chiarire.
Perché la sua vita privata doveva essere di pubblico dominio e con Zacky dovevano avere l’accortezza di tacere verità inconfutabili?
Alex aveva sospirato, posando il mento tra le mani aperte a coppa fissando la porta della cucina indecisa sul da farsi, il salotto immerso nel più totale silenzio.
Fantastico vivere in una famiglia di bastardi squilibrati.
“Va bene, ho recepito il messaggio.”
A quelle parole si era alzata e si era diretta verso la cucina, sentendo ogni movimento lento e pesante come se si fosse trasformata in un burattino di legno.
Perché doveva sempre finire così?

 

Aveva udito i passi avvicinarsi, alle sue spalle, ma non si era preso il disturbo di guardare chi fosse: di certo non uno dei ragazzi, ma si era aspettato Lily anziché Alex.
“Posso?”
“Ti sei già seduta, no?”
“Ehi, si può sapere che diavolo ti è preso?”
“Mi sono rotto le palle di dover litigare per qualsiasi cosa.”
“Tu fai di ogni cosa una guerra, Zacky. Perché non cerchi di capire davvero cosa vuoi dal tuo rapporto con Gena? Di solito la persona che amiamo dovrebbe tirare fuori il meglio da noi stessi, non il peggio.”
“Mi stai dicendo di lasciare Gena?”
“Ti sto dicendo che non sei tu, quando sei con lei. Sei davvero patetico, come stasera. Riesci a trasformarti veramente in una grandissima testa di cazzo. E in senso negativo.”
“C’è n’è anche uno positivo?”
“Si, quando fai la testa di cazzo generalmente lo fai in modo positivo. Mi piaci quando non diventi un concentrato di odio senza motivo.  Avremmo potuto risolvere la cosa in altro modo e trovare una soluzione senza quella scenata, Zacky.”
Sicura non ci sia un motivo?
Alex aveva ricacciato la voce di Lily molto, molto lontano dalla sua ragionevolezza.
“Tipo?”
“Ti sei reso conto che Gena ha cercato di parlare con te e tu l’hai massacrata?”
Zacky si era finalmente voltato a guardarla, sorpreso.
“Ma tu da che parte stai? Prima mi dici lasciarla e poi…”
“Non ti ho detto di lasciarla. Ti ho detto che dovresti avere accanto una persona che sappia tirare fuori solo il meglio di te stesso. Tutti abbiamo dei difetti, ma ci sono persone che sanno smussare i nostri angoli.”
“Ti stai proponendo come sostituta?”
Zacky le aveva sorriso divertito, ma il tono della sua voce aveva quella fastidiosa inflessione in cui Alex non distingueva mai sino dove arrivasse lo scherzo e dove iniziasse un’ipotetica verità, ed era una cosa che la metteva sempre a disagio.
“Vado a sentire quello che ha da dire Matt. Entri anche tu o fai l’asociale per il resto della serata?”
Si era sollevata in piedi puntellandosi con le mani alle mattonelle fredde del gradino su cui erano seduti, posandogli una mano sulla nuca in una carezza leggera prima di voltargli le spalle e rientrare in casa.
Scusami se mi sono incazzato anche con te.

 “Allora, cosa devi dirmi?”
“Oltre al fatto che Zacky è un genio?”
Lily aveva sorriso a Brian, accoccolandosi nello spazio lasciato tra il corpo del ragazzo e il braccio. Le piaceva restarsene in quella posizione, le sembrava di essere perfetta, un proseguimento di Brian come la sua chitarra.
“Elogi Zacky un po’ troppo per i miei gusti.”
“L’idea è spaziale, se per questo. E anche voi siete su di giri, si vede lontano un miglio, per cui non denigrare l’intelletto del tuo amico. Comunque non era questo che volevo dirti.”
“Allora cosa?”
“Faceva sul serio Zacky stasera, vero?”
Brian le aveva posato un bacio sulla fronte, continuando a carezzarle il braccio nudo con delicatezza, mentre Lily distendeva ogni muscolo e abbassava ogni difesa come un gattino in cerca di coccole.
“Non sei tu quella brava a leggere la gente?”
“Non lo faccio a comando, tranquillo. Volevo solo la conferma.”
“Zacky è al limite, ma vuole davvero bene a Gena. Non mollerà sino a quando non arriverà alla frutta.”
“Impazzirà per amore? Romantico, eh.”
“E’ già pazzo, tranquilla.”
“A me sembra invece perfettamente lucido.”
Gli aveva posato il capo sul petto, chiudendo gli occhi per sentire il battito del suo cuore: era lento, un moto regolare che non aveva sussulti. A qualsiasi donna sarebbe piaciuto un batticuore da cavalcata delle valchirie, ma a Lily bastava il fragore del proprio: quello di Brian era bello da ascoltare perché era dolce, delicato come una ninna nanna.
Da un chitarrista ricoperto di tatuaggi e dallo sguardo triste, non ti aspetti sappia cantare restando in silenzio.

 

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Capitolo 9
*** #9 Dock Rock ***


“Assolutamente no” la voce risoluta di Alex fece sbuffare sonoramente l’amica. “Io la tua macchina non la guido” puntualizzò guardando la carrozzeria lucida e gli interni quasi immacolati.
“È una macchina Alex, non è il Santo Graal” rispose Lily ormai quasi rassegnata. “Devi andare a Los Angeles a prendere dei documenti non puoi andarci in Autobus e tornare in tempo per il turno” le ricordò con un sorriso quasi beffardo. Aveva appena fatto leva su uno dei punti cardine dell’inglese: il senso del dovere.
“Ma se la rigo?” mormorò sconfitta allungando la mano per prendere le chiavi.
“Se la righi me ne farò una ragione” rispose scrollando le spalle Lily.
“Ma tu come fai tutto il giorno senza? Io non riesco a tornare a casa…”
“Se magari la smettessi di trovare scuse riesci a evitare il traffico dell’ora di pranzo” annui lei, in risposta a un’altra domanda evidentemente, si ritrovò a pensare Alex. “Ci vediamo domani mattina” aggiunse poi per girarsi e tornare dentro casa, lasciando una povera inglese con una macchina fin troppo tecnologica per i propri gusti.
Dove erano finiti i tre pedali?
E il cambio? La leva del freno a mano?
E perché si accendeva con un pulsante anziché girando la chiave che nemmeno esisteva più?
“Alex!” l’urlo di Lily la fece sobbalzare. “Parti cazzo! È una macchina non è un ufo!” e con quella frase richiuse quella porta alle proprie spalle ridendo. Prese il libro che aveva iniziato a leggere e saltò – letteralmente – seduta sul divano rilassandosi. Godendosi una tranquilla giornata a casa; dopo gli ultimi trambusti che erano successi aveva bisogno di un pomeriggio di relax.
Ma non passarono nemmeno una manciata di minuti che il campanello di casa prese a suonare.
Una. Due. Tre volte.
“Cosa hai dimenticato?” sbuffò aprendo il portone la ragazza, certa di trovarci Alex, per poi rimanere stupita di fronte al capello biondo platino di Gena e quello rosso fuoco della sua amica: la padrona del bungalow dove alloggiavano. “Ah siete voi” disse tranquilla. “Ci sono problemi?” domandò poi con tuta l’ingenuità che poteva dimostrare; anche se sapeva benissimo cosa stesse accadendo: Gena stava semplicemente facendo il gioco che le riusciva meglio, quello che prevedeva lo sfruttamento di ogni tattica possibile: soprattutto se passivo-aggressiva.
Ma dato che l’atteggiamento passivo non aveva portato risultati, stava per intraprendere la strada aggressiva?
“No” squittì Gena. “Possiamo entrare o ci fai attendere qui tutto il giorno?” aggiunse con una smorfia indignata.
Lily in tutta risposta spolverò la sua faccia più indifferente e fece le spallucce. “Come volete” e senza nemmeno guardare la bionda si girò e andò a sedersi sul divano.
“L’educazione non la insegnano dalle tue parti?” mormorò la ragazza, che evidentemente voleva solo cercare un pretesto per discutere con l’ultima arrivata. Ma a quel giro Lily non avrebbe ceduto.
“Oh scusa, da come ci avevi accolto tu l’altro giorno, pensavo fosse usanza Californiana essere sgradevoli quando qualcuno ti viene a trovare” disse con un sorriso amabile.
“Senti siamo qui per parlarvi dell’affitto” intervenne prontamente l’amica di Gena, sporgendosi in avanti sul divano, come se si preparasse a dover fermare un’imminente rissa.
“Immaginavo si trattasse di questo” annuì Lily tranquillamente.
“Sai è da mesi che state qui, e doveva essere una soluzione temporanea” prese a descrivere la bionda platinata, con la stessa concentrazione di chi stava esponendo una difficile relazione, o forse con chi stava lottando con i propri demoni, e aveva trovato un probabile punto debole da colpire.
Quello che non sapeva però era che aveva davanti una persona, che all’occorrenza poteva dimostrare la stessa pietà di un boia nell’antico Medio Evo. Lily non era come Alex, che aveva un animo dolce e comprensivo, una bontà unica quasi  al limite del possibile. No, lei aveva unghie e artigli pronti a graffiare, non era cattiva, nemmeno egocentrica come molti pensavano, ma lottava per le cose in cui credeva: a volte con irruenza e impulsività, altre con una freddezza clinica. Ma non avrebbe permesso a nessuno di distruggere quello che stavano creando le ed Alex in California. E non era solo coronare il sogno di una fangirl, era molto di più.
“Ok, è vero, ma dato che non ci hai detto nulla” rispose lei guardando Melanie. “Pensavamo che andasse tutto bene” concluse con un sorriso sincero.
“Vorrei tanto riuscire a venderlo il Bungalow, prima che il mercato crolli ancora di più” prese subito a dire la ragazza gesticolando un po’.
“Quanto pensi di guadagnare?” chiese Lily tranquillamente, per niente turbata dalla faccenda.
“Beh, compreso il terreno, io direi sui duecentomila dollari, ma dovrei prima dargli una bella sistemata” rispose la ragazza che aveva fatto qualche ricerca prima.
“Se ti dicessi che te lo comprerei? Che domani potresti venire qui con un notaio e firmerei subito?” propose Lily seria, senza nemmeno battere ciglio, al contrario delle due ragazze che stavano letteralmente fissando l’italo-americana come se fosse venuta da un altro pianeta.
“Stai scherzando o è una scusa per prendere tempo?” domandò Melanie che in quella faccenda sentiva puzza di bruciato.
“Se conosci un notaio puoi farlo venire qui, se ti affidi a qualche agenzia allora fai venire qui l’agente” disse subito.
“Non mi sfidare un amico è l’agente immobiliare più conosciuto della zona, potrebbe essere qui in cinque minuti!” Celiò Melanie con lo stesso sorriso di chi aveva quasi la certezza di aver sferrato il colpo vincente.
“Bene sarà il caso che allora inizi a mettere su il caffè e preparare qualche snack” esclamò Lily alzandosi dalla poltroncina con un sorriso sincero. “Chiama l’amico tuo, tratteremo sul prezzo ma stasera avrai un po’ di soldi da spendere come vuoi” aggiunse facendole l’occhiolino amichevolmente.

Circa tre ore dopo Lily era stesa sul divano e aveva sopra di se il contratto di proprietà del terreno e del bungalow. Avrebbe dovuto provare un senso di gioia, di rivalsa, ma invece aveva solo il timore della reazione della band, ma soprattutto di Alex. Sapeva benissimo che la ragazza che le avrebbe urlato dietro che nemmeno per un pomeriggio poteva lasciarla sola, che lei ne combinava una delle sue.
Sospirò a lungo, cercando di pensare a cosa potesse fare. Nascondere la cosa? Non era sicura che Gena avrebbe tenuto la bocca chiusa, non dopo aver provato a farle rimanere senza un tetto. E poi come avrebbe spiegato a tutti l’acquisto cosi repentino?
Forse dovrei sfruttare il grande giardino sul retro per farci una piscina. Pensò scoppiando a ridere da sola: quella si che era un’ottima alternativa, o una via di fuga. Far rientrare Alex a casa l’indomani dopo un turno massacrante, con gli operai che alle sei della mattina iniziavano a scavare la terra per farci una piscina.
Prese il cellulare e compose il numero di Brian.
“Brian, disturbo?”
“Hey piccola no dimmi pure… Sono in giro con Matt e Johnny” disse il ragazzo ridendo, per poi zittire i due compagni che avevano preso a fare versi stupidi e rumori di baci.
“Era solo un saluto” disse sospirando mentalmente, non voleva di certo spiegare tutto a tutti.
“Piccola chiudo che qui sto guidando e i due coglioni rompono le palle, ti chiamo dopo.”
Click.
“Si tranquillo” borbottò la ragazza scorrendo ancora una volta la rubrica del proprio cellulare.
“Lily?” una voce squillante ma stupita fece sorridere la ragazza.
“Val scusa il disturbo, mi stavo chiedendo se tu fossi libera e se passeresti un secondo da me”
“Mezz’ora e sono li, ma va tutto bene? Ci sono problemi?”
“No per carità, solo ho bisogno di un consiglio, e riguarda Gena” spiegò lei.
“Capito, arrivo, ciao!”
Almeno lei salutava quando riattaccava al telefono, mica come il suo ragazzo.

“Tu vorresti dire che Gena era venuta qui con l’intento di sbattervi fuori di casa?” domandò per la terza volta Valary che stringeva tra le mani il contratto che qualche ora prima Lily aveva firmato.
“Beh, non che l’abbia detto così esplicitamente ma parlavano di vendita e di tempistica…”
“E tu ti sei comprata casa e terreno così su due piedi?” quella domanda non era nemmeno venuta troppo presto come si aspettava, anzi.
“Si” annui semplicemente Lily. “Me lo potevo permettere” aggiunse poi abbozzando un sorriso imbarazzato. “E se ti stai chiedendo se sono ricca diciamo una via di mezzo, la mia famiglia lo è, io ho avuto la fortuna di portare il cognome che ho” spiegò cercando di minimizzare, tutte le informazioni superflue e troppo personali. Ci sarebbe stata un’occasione migliore per spiegare tutto a tutti.
“Quindi sei una sorta di ereditiera?” chiese leggermente curiosa.
“Una specie, ma una di quelle che non ama finire sui rotocalchi o sulla bocca di tutti” rispose lei. “Ora puoi spiegare a Michelle che non sto con Brian per i soldi” aggiunse leggermente velenosa. “Scusa” aggiunse poi sospirando: “Brutta abitudine a morire quella di lanciare frecciatine.”
“Tranquilla” scosse la testa Valary. “Devo dire che sono sorpresa”
“Non mi interessano i soldi o la fama di Brian, non amo nemmeno ostentare, ma ci sono volte in cui i soldi possono realmente facilitarti la vita” prese a dire tranquillamente. “Avrei potuto dare la soddisfazione a Gena di vederci sbattere fuori di casa, ma c’è un qualcosa dentro di me, che Alex chiama ‘stronzaggine’ che mi impedisce di farmi mettere i piedi in testa”.
La sincerità e la calma con cui Lily esponeva i fatti, aveva quasi fatto pentire Val di tutte le cattiverie che lei, Michelle e Gena avevano detto su di loro. Ma era stato decisamente più facile giudicarle senza prendersi la briga di conoscerle realmente. Non era invece stato solo per mancanza di bontà, ma semplicemente perché tutte sapevano che l’equilibrio era ormai rotto, e il loro gruppo solido e invincibile era stato schiacciato e sbriciolato come sabbia al vento.

*

C’era un tempo in cui ‘Dear God’  riusciva a tranquillizzarla e farla sentire a casa, anche se era in viaggio. Ma in quel momento provava solo una fastidiosa sensazione di irritazione. La discussione con Alex l’aveva turbata, a volte era cosi buonista da farle venire il nervoso. Secondo la logica dell’amica avrebbero dovuto trasferirsi a vivere sotto un ponte anziché comprare il bungalow e far rodere Gena all’infinito. Ma Lily una cosa del genere non l’avrebbe mai concepita. Nonostante le difficoltà in famiglia, sapeva benissimo che la sua vita era stata agiata e agevolata dai soldi e dall’aspetto fisico, ma non per questo aveva voluto prevalere sul prossimo come voleva e faceva la ragazza di Zackary.
Non era colpa sua se era nata attraente e se suo padre era un industriale di tutto rispetto.
Non era colpa sua se Gena aveva paranoie e paturnie che presto l’avrebbero allontanata da tutti.
Non era colpa sua se Alex non comprendeva in pieno l’idea di vivere senza problemi.
Lily era sempre scesa a compromessi, ma ora che aveva un ragazzo di cui era follemente innamorata, che viveva nel posto al mondo più bello e travolgente che ci fosse, i compromessi non servivano.
“Io credo, ecco…” la voce di Zacky la destò dai i suoi pensieri. “Se mi lasciassi il braccio, potrei continuare a suonare” aggiunse con una piccola smorfia di dolore, e la ragazza scattò subito con lo sguardo sulla propria mano che stava stringendo fortemente il braccio del chitarrista.
“Oddio scusa!” esclamò imbarazzata.
“Spero che qualsiasi cosa a cui tu stessi pensando non si manifesti all’improvviso o la uccidi” sorrise divertito.
“Credo che la settimana prossima Alex quando si ritroverà gli operai a scavare nel giardino laterale per la piscina, ci divertiremo” aggiunse con un pizzico di acidità nella voce.
“Credo che se continuate a discutere per quella casa una delle due finirà nella fossa prima della vasca” borbottò contrariato. “Non è bello quando litigate fra di voi, vi preferiamo quando litigate con il mondo esterno”
“Senti non è colpa mia se Gena voleva farci buttare fuori di casa” statuì seria con un tono che non avrebbe permesso nemmeno una replica. “Stanno per ultimare i lavori all’interno, no? Ora voglio pensare all’esterno!” sorrise poi amabilmente.
“Cambi umore più velocemente di Brian, siete fatti per stare insieme” borbottò scorrendo in avanti, arrivando al bancone, e osservando poi la ragazza parlare con il tizio che le stava mostrando i vari tipi di piscina nella fascia delle grandezze che potevano inserirsi in giardino. E notò una cosa che mai aveva visto prima: Lily ci sapeva fare, sapeva piazzare sorrisi raggianti a battutine per indirizzare una persona dritto nella tela del ragno. Che lo avesse fatto con loro? Più passavano i giorni e più quello strano duetto cominciava a giocare con le carte scoperte, e lui non sapeva dire se era affascinato dalla novità che avevano portato nel gruppo, oppure dalla semplice curiosità che lo spingeva a conoscere tutti i retroscena delle due.
Alex era dolcissima, timida, ideologicamente corretta e irreprensibile. Era la classica persona che con la sua semplicità e la sua dolcezza riusciva a disarmarti senza molte difficoltà. Aveva una parola buona per tutti, ma lottava contro quelle cose che reputava sbagliate.
Lily era lunatica, e impulsiva. Una combo che spesso lo terrorizzava. Era fermamente convito che una ragazza della sua avvenenza con un conto in banca che nemmeno loro potevano immaginare, avrebbe tranquillamente conquistato il mondo senza problemi. Era meglio se l’avesse tenuta amica.
Era perfetta con Brian. Erano due totalmente senza briglie.
E loro, gli altri rimasti a fare da cornice a questa strana coppia, erano semplicemente e irrimediabilmente: fottuti.
“Ci mettono perfino una cascata artificiale che scende giù in piscina!! E fanno il patio piastrellato coperto da un grande gazebo per cucina esterna con barbecue!” esclamò felice Lily tornando a guardare Zacky.
“Per fortuna che avevi detto qualcosa di sobrio…” borbottò l’amico.  
“No ho deciso che se tanto devo far arrabbiare qualcuno, mi prendo le parole per qualcosa che mi piace!” rispose solare la ragazza dando una pacca sulla spalla a Zacky.
“Dio, sei tremendamente simile a Brian, mi fai quasi paura.”
“Sai, alla fine voi tutti conoscete così poco di me e di Alex, potremmo essere due geni della truffa che vi potrebbero lasciare in mutande!” celiò Lily divertita, mentre firmava degli assegni da lasciare al titolare come anticipo.
“Io da te e da lei mi ci farei lasciare volentieri in mutande!” rispose prontamente il ragazzo. “Ma tu hai sbagliato chitarrista, e l’amica tua mi detesta” borbottò in fine sconsolato.
“Fidati tu non reggeresti i miei livelli!” scherzò in risposta Lily con così tanta naturalezza che a Zacky per qualche secondo parve che quella frase esprimesse tutta la totale verità della situazione.
Rientrò a casa dopo aver riaccompagnato Zacky in saletta; e non si era nemmeno fermata a vedere se c’era Brian. Si sarebbero visti la sera a cena, e lei aveva decisamente bisogno di non sentirsi gli sguardi addosso come se fosse una sorta di animaletto da vivisezionare. Era ricca, si era comprata una casa e l’aveva fatta ristrutturare, ora ci voleva aggiungere la piscina. Essere giudicata da delle presunte rockstar che si erano fatte riempire una piscina di champagne non le piaceva. Ma nemmeno essere criticata da Alex, che come al suo solito non era entrata nell’ottica di vivere una follia come se non fosse la fine del mondo.
Lily era consapevole che  non avrebbe dovuto spendere così tanto, nemmeno buttare le carte scoperte sul tavolo, ma era anche stanca di doversi limitare. Aveva fermamente creduto che in California avrebbe potuto dare sfogo alla sua personalità, che di certo non si conteneva facilmente, era convinta che nella nazione delle star Hollywoodiane tutto fosse concesso. A Londra pur essendo una città cosmopolita tanto quanto New York, si era sempre trattenuta, perché aveva imparato che tutte le ragazze carine che amavano vestirsi in maniera sexy: o passavano per stupide, o per poco di buono. Così al posto di minigonne svolazzanti e canottiere provocanti c’erano gonnelline da avvocatessa frustrata e camicette bianche. Lei era una bella ragazza, e ne era sempre stata consapevole, e ammetteva tranquillamente che a volte guadagnava più con una smorfia civettuola che con anni di studio. Non era imputabile a lei però la superficialità dell’uomo medio. Lei che nel circolo ristretto ed Elitario di Harvard si era ritrovata a dove sopportare ogni genere di pettegolezzo e cattiveria per ogni lode ricevuta. L’ultimo anno si era ritrovata perfino il proprio numero di telefono nei bagni maschili con tanto di dedica per magici servizi.
Non faceva la vittima, non tirava fuori il suo passato incasinato per giustificare i suoi colpi di testa, e non voleva di certo fare colpo su chissà chi. Doveva smettere di idealizzare il mondo in cui voleva vivere, e guardare con occhi più obbiettivi quello in cui viveva.

Mentre una si godeva un riposo non troppo meritato, l’altra aveva appena concluso un turno di otto ore…

“Tieni” fu l’unica parola che Alex sentì prima che una catasta di almeno quindici cartelle cliniche le piombasse davanti, con molta poca delicatezza. Non appena la ragazza, ripresasi dal mezzo infarto alzò gli occhi, quello che vide fu solo una zazzera bionda a capo di due spalle belle massicce. Le ci volle qualche secondo a calcolare la forza che avrebbe dovuto imprimere con le sue braccia per tramortire quel bell’imbusto che aveva davanti, con le cartelle; purtroppo però superava la sua soglia massima. Avrebbe voluto avere vicino Matt, o Zacky e la sua stupida mazza da baseball in quel momento.
“Scusami” esclamazione secca e perentoria, Jacob si girò con un sorriso stampato in volto e annuì. “Credo che queste…” prese a dire afferrando le cartelle che il cavernicolo le aveva sbattuto davanti. “Ti appartengano” aggiunse lasciandole cadere una a una sulla parte del bancone rialzato proprio davanti al tizio.
“Hey sono nuovo di qui, nel mio vecchio ospedale il lavoro si divideva” rispose con uno spiccato accento, Alex non era sicura se fosse texano o comunque del sud.
“Mi prendi in giro?” domandò lei stupita. “Insomma, chi ti ha mai visto? Chi vuole aiutarti a dividere il lavoro eh?”
“Mi hanno detto che sei tra le ultime arrivate…” ma prima che potesse finire la frase lei lo zittì con uno sguardo a dir poco agghiacciante.
“Sei tu l’ultimo arrivato. Punto” celiò con un sorriso guardando l’orologio. “E il mio turno è finito mezz’ora fa…” sospirò scuotendo la testa: aveva promesso a Lily di tornare in tempo per cenare insieme, ma non ce l’avrebbe fatta nemmeno con il teletrasporto.
“Problemi all’orizzonte?” chiese il tipo osservando l’espressione corrucciata di lei.
“Uno: alto biondo e abbronzato” bofonchiò in risposta la ragazza.
“Ma tu sei sempre così impudente o oggi è il mio giorno fortunato?” domandò lui con un sorriso.
“Alex, c’è un ragazzo che ti sta cercando, ti aspetta all’ingresso, sa che il tuo turno è finito quasi un’ora fa”. L’infermiera neanche si fermò per essere ringraziata e prese a camminare velocemente verso il proprio reparto. La ragazza non si fece perdere l’occasione e con un sorriso di circostanza si congedò prendendo la propria roba e si diresse verso l’uscita. Chiunque fosse lì fuori l’aveva appena salvata: gli doveva almeno una birra.
“È il tuo ragazzo?” la voce dell’ultimo arrivato la fece rallentare per qualche secondo, ma si riprese e tornò a camminare con passo spedito verso l’atrio.
“Ma ti ci hanno fatto cosi rompiscatole?” domandò senza girarsi. “Comunque no, non ho un ragazzo” puntualizzò stizzita.
“E chi lo avrebbe mai detto…” rise in risposta prima di doversi fermare bruscamente, perché lei si era impuntata davanti a lui, con il dito indice che picchiettava sul suo petto. Se solo avesse avuto la forza, era certo, che quella dottoressa tutto pepe l’avrebbe ucciso li davanti.
“Uno: non so come ti chiami. Due: non ti conosco. Tre: fatti gli affari tuoi e qui campi cento anni!”
Un monito di guerra.
“Jacob White” rispose lui con un sorriso amichevole. “Trentacinque anni, vengo da Dallas, e sono uno che va matto per i dolci, ora sai tutto di me!” continuò a dire, come se quella fosse una normale chiacchierata per conoscersi meglio. “Non voglio vivere così a lungo… Preferisco viverne cinquanta di anni ma fino all’ultimo che risparmiami meravigliose avventure!”
“Ma tu esci da un pacchetto di patatine per caso?” domandò esasperata Alex.
“Beh…” prese a dire lui osservando il nome sulla targhetta. “Alexandra, no provengo dai tuoi sogni più reconditi!”.
Lei non fece in tempo nemmeno a rispondergli che si ritrovò sollevata a mezz’aria, lui l’aveva presa in braccio in perfetto stile principessa, lei si dimenava senza aver le parole adatte per insultarlo.
“Bob!” vide la guardia all’ingresso girarsi verso di loro e sorridere. “Bob aiutami! Fammi mettere giù ti prego!”
“Ma signorina, si diverta un pochino, e poi il dottor White mi sembra reggerla bene!”
“Esatto Brontolo goditi la vita no?!” rise il dottore che le suggerì di passargli le braccia intorno al collo per non cadere e farsi realmente male: perché di certo, lui non l’avrebbe lasciata.
“E dai cosa vuoi fare?” domandò esasperata Alex.
“Voglio vedere il misterioso ragazzo che ti sta aspettando!”
“No no no! No! Dai lasciami giù!” protestò lei senza ricevere attenzioni.
“Chi è qui per la dottoressa McLiar?” urlò lui una volta fuori nell’ingresso.
“Io” la voce funerea di Zacky era inconfondibile, e quando Jacob si girò in direzione del proprietario della voce, entrambi videro un ragazzo con lo sguardo lugubre e le braccia incrociate al petto.
“Jake lasciami subito giù” disse lei seria, e il ragazzo annuì posandola delicatamente a terra.
“Mi piace che passiamo già ai vezzeggiativi, Alex” rispose lui con un sorriso quasi sornione, le prese il viso tra le mani e le diede un bacio sulla guancia, come se i due si conoscessero da sempre.
“Ciao” squittì lei in risposta girandosi imbarazzata.
“A domani Doc, sarà un piacere lavorare insieme” si congedò quell’essere che secondo l’inglese doveva per forza essere uscito da qualche sceneggiatura strampalata di serie Z.
“E lui chi era?” chiese subito il chitarrista inarcando il sopracciglio.
“Un collega” rispose lei non capendo la seccatura che leggeva tra le sfumature di quella domanda.
“E basta?”
“E tu che ci fai qui?” chiese lei ripresasi sia dall’imbarazzo che dalla confusione.
“Mi ha mandato Lily, lei ha deciso di iniziare prima al pub, tanto sapeva che non ce l’avresti fatta per cena.”
“Non mi stupisce” sospirò dispiaciuta.
“Ci vediamo tutti al pub a cena, cosi la facciamo impazzire al primo giorno di lavoro”.
“Ma io avrei voglia di farmi una doccia e andare a letto…” provò a dire Alex.
“E permetterai a Lily di rinfacciarti a vita che non c’eri il suo primo giorno di lavoro?” ghignò divertito Zacky, consapevole della vittoria che aveva in pugno.

Non avevano mai visto così tanta gente di mercoledì sera. Il pienone generalmente era nei week-end, e quando c’era la serata karaoke. I ragazzi erano fortunati ad avere fatto riservare un tavolo da Bobby, che senza fare storie aveva scelto il migliore di tutto il locale: quello davanti al bancone dove la loro amica-apprendista avrebbe lavorato per la prima sera. Entrarono tutti insieme, erano una tavolata di almeno dieci persone: tutta la band, Valary, Lacey, Alex e i due gemelli Berry. Tutti li per vedere Lily alle prese con un lavoro. Uno vero.
C’era stato un giro di scommesse su quanto avesse retto, la migliore ipotesi era una giornata, la peggiore un’ora. Solo Alex aveva ipotizzato che quel lavoro non l’avrebbe lasciato mai. Aveva visto l’entusiasmo della ragazza, fin troppo spiccato, nel servire drink in un pub. Il che racchiudeva alcune tra le cose preferite dall’Italiana: inventarsi intrugli sempre diversi, ammiccare ed essere sorridente, e farsi dire dalle persone tutto.
Negli ultimi giorni aveva effettuato ricerche su internet e non solo, si era vista le Ragazze del Coyote Ugly, cosa che aveva terrorizzato Alex, perché non voleva che la propria migliore amica si trasformasse in una mezza spogliarellista che faceva docce di alcool agli avventori del locale.
Il silenzio nella tavolata calò quando Lily tornò dallo scantinato con delle casse di bottiglie di vodka tutte colorate.
“Porca troia” sbottò Brian allibito.
Gli shorts jeans realmente shorts, il costume nero che svettava da una camicetta allacciata praticamente sotto il seno, non lasciava molto all’immaginazione, e per concludere un simpatico cappello nero da cowboy concludeva un quadretto niente male per tutti i clienti maschili del pub.
Lily amava esagerare. E lo avrebbe fatto capire a chiunque, che se le si tarpavano le ali, lei si sarebbe ribellata e avrebbe fatto quello che voleva. Non amava essere una pedina manovrabile nelle mani di nessuno.
“Dovevo proibirle di guardare le Ragazze del Coyote Ugly” sospirò Alex sconsolata.
“Io vado al bancone a prendermi un drink!” cinguettò tutto felice Zacky. “Brian su con la vita! Non abbiamo nel pub pali da spogliarellista” scherzò il ragazzo gettando una manciata di malumore nel mix micidiale che stava provando Brian in quel momento di sentimenti e sensazioni.
Lily era bella, era di certo la prima caratteristica che aveva notato in lei. Era un uomo, certe considerazioni venivano automatiche. Ma era anche molto più di un corpo in mostra, e lo aveva capito con il passare de tempo, conoscendola, aveva capito che era intelligente, romantica, spigliata e pazza. Ma in quel momento odiava quel lato sbarazzino suo, avrebbe preferito avere una ragazza timida e che amava stare in disparte; piuttosto che una che stava dispensando risate e commenti a chiunque.
“Io ho trovato la mia gallina dalle uova d’oro” commentò Bobby comparendo praticamente dal nulla. “Ha già capito come farmi fare soldi” ride.
“Si stando mezza nuda” borbottò Brian contrariato.
“E’ caldo Brian li dietro, se osservi anche l’altra ragazza è vestita come Lily” gli fece notare l’uomo.
“Si ma tutti fanno la fila da Lily”
“Ma questo lo pensi tu, vecchio gelosone” lo prese in giro Bobby. “È una brava ragazza, e ha detto a tutti che è impegnata, quindi se qualcuno ci prova ci pensa il suo ragazzo a spaccargli la faccia”.
“Mhm” annuì lui non ancora del tutto convinto. Ma alla fine che avrebbe potuto fare? Ancora le cose con lei non erano tornate come prima della lite, e aveva notato subito la differenza, impercettibile agli esterni, ma era come se lei non fosse più libera di lasciarsi andare totalmente con lui. Era tra le righe dei suoi atteggiamenti che Brian sentiva ancora di essere messo alla prova, ma non sapeva dire se fosse solo un timore suo di perderla, o fosse realmente così.

*

Entrò in cucina indossando solamente una maglietta un po’ logora e leggermente sbiadita, che Brian usava un tempo come pigiama. Indosso a Lily sembrava un mini vestito. “Mi stavo domando cosa avresti fatto, se avessi provato a stuprarti” esclamò lei aprendo il frigo alla ricerca di qualcosa da sgranocchiare. “Dico… Si, insomma, se ti avessi beccato dopo un concerto e sbattuto al muro, come avresti reagito?” continuò a chiedere senza osservare l’espressione allibita del proprio ragazzo. Di domande strane lui, ne aveva sentite a decine, ma quella batteva tutte.
“Piccola, sinceramente, se una come te mi avesse sbattuto al muro, mi sarei fatto stuprare senza tante resistenze” rispose inarcando il sopracciglio fissandola.
“Era per sapere” rispose lei ridendo.
“Ma tu certe domande te le pensi la notte anziché dormire?” chiese divertito lui versandosi la seconda tazza di caffè.
“Alcune si, vengono fuori e non riesco a toglierle dalla testa senza prima aver trovato una risposta” rispose seria lei.
“Ahn, tutto normale no?” domandò divertito.
“Brian non hai mai un cavolo in casa, ora capisco perché vieni sempre da noi” si lamentò chiudendo il frigo.
I due interruppero la conversazione quando il campanello di casa prese a suonare come se ci fosse qualcuno attaccato; e in effetti c’era. Quando Brian aprì la porta la zazzera bionda della sorella fece capolino davanti a lui.
“Ciao fratellone! Oggi c’è assemblea di istituto e son venuta qui! Perché non avevo voglia di starmene in giro. Posso stare vero? Rimango anche a pranzo! Mamma e papà sono d’accordo.”
E ci credo che loro erano d’accordo. Si ritrovò a pensare il ragazzo chiudendo la porta.
“Wow! Ti sei fermata a dormire qui? Ho interrotto qualcosa? Mi dispiace! Ma tu sei uno schianto anche di prima mattina? Brian ti ha scelto bene, una cosi bella non gli ricapita nemmeno tra cento anni, generalmente tutte le sue fan sono racchie o realmente fuori di testa!”
Amanda Haner era di certo il membro della famiglia che Lily adorava di più, era un vulcano in piena attività, travolgente e con una parlantina veloce e coinvolgente.
“Buongiorno Mandy” rispose semplicemente la ragazza sorseggiando il caffè.
“Passeremo la giornata insieme? Sai, devo dirti tantissime cose! Brian non mi ha mai voluto dare il tuo numero di casa…” prese a dire, e venne interrotta dalla mano del fratello che le si posizionò davanti alla bocca. Passarono solo una manciata di secondi prima che il ragazzo si allontanasse di scatto, liberando la sorella dalla presa.
“Mi ha morso!” esclamò poi lui muovendo la mano avanti e indietro.
“Mi stavi soffocando” si difese lei.
“Siete favolosi” commentò Lily divertita. “Guarda Mandy io e te andiamo a fare spesa ok? Brian lo lasciamo qui a casa” disse facendo l’occhiolino al ragazzo, che da dietro la sorella mimò con la bocca ‘grazie’.
Brian adorava sua sorella, era affezionato da morire a quell’esserino caricato a molla e con pile perpetue, ma aveva programmato quella mattina di farsi un lungo bagno, e sistemare tutte le sue chitarre; dato che erano un paio di mesi che nemmeno le toccava.

*

Santa Monica, la Mecca della loro iniziale vacanza, il punto di incontro tra sogno e realtà. Il luogo mistico dove la speranza di un qualcosa di diverso aveva travolto due ragazze, che ignare si erano lasciate guidare da un fato birichino e decisamente intento a shakerare le loro esistenze fino a confonderle l’una nell’altra. Ma i giocatori chiamati in causa, erano più delle due ragazze, erano una manciata di avventurieri, cavalieri dall’armatura ammaccata che erano stati disarcionati da un giro di ruota sfortunata. Nessuno aveva compreso la vastità del loro primo incontro.
Nemmeno Lily, la piccola grande veggente, aveva ben compreso il susseguirsi di tutti quegli eventi, dal loro primo incontro: e di cose ne erano successe; fin troppe.
Le mancava la madre, e casa. Il padre e i fratelli decisamente no, troppo presi dal lavoro per capire che vivevano nel ventunesimo secolo, e Lily non era un’incapace che doveva starsene a casa a fare la maglia.
“Perché sei voluta venire qui?!” Chiese Brian girando il volto a osservare quello della sua ragazza più pensieroso. Era dannatamente bella, i suoi occhi avevano assunto sfumature di un verde scuro, come a rispecchiare il tempo nuvoloso di Los Angeles quel giorno.
“Mi piace qui, quando non ho nulla da fare vengo spesso qui, alla fine è meno di mezz’ora di macchina” disse sincera.
“Qui è dove abbiamo deciso che voi dovevate venire ad Huntington” disse lui accompagnando la frase con una leggera risata.
“L’unica pecca è che mancavo io” la voce divertita di Ian fece trasalire Brian, che si era quasi dimenticato della presenza del Gallese, ma la sua figura si stagliò  dritta da dietro Lily con un sorriso tanto amabile quanto finto.
“Perché hai voluto invitare proprio tutti?” domandò Brian cercando di ignorare il ragazzo. Non che avesse qualcosa contro lui, ma solo contro il suo smisurato Ego. Insomma, lui di ego-maniaci era un esperto; Synyster Gates deteneva il trono sul suolo Americano, ma a quanto gli era parso, Watkins aveva l’immunità diplomatica. E Brian si era ritrovato con le mani legate. Se lo avesse offeso o comunque coinvolto in una rissa senza motivo, tutti gli avrebbero puntato il dito contro etichettandolo come geloso cronico. Il che era anche vero, ma non voleva tirare ancora una corda non del tutto saldata.
“Siamo venti persone e più, ci sono perfino alcuni colleghi di Alex, è un pretesto per stare tutti insieme” disse lei con un sorriso dolce. Di certo non avrebbe mai ammesso che adorava vedere Brian geloso alle prese con un Ian Watkins impertinente  e leggermente fastidioso.
“Jacob che tipo è?” chiese poi il chitarrista pronto a cambiare discorso. “Zacky dice che è un pallone gonfiato” aggiunse accendendosi una sigaretta, e facendo un lungo tiro, riempiendosi così i polmoni di nicotina.
“Io lo trovo un tipo simpatico” rispose Ian alzandosi in piedi e pulendosi granelli di sabbia invisibili – dato che era seduto su un telo praticamente monopolizzato da lui – dai pantaloni.
“Non lo mettevo in dubbio” borbottò l’altro ragazzo scuotendo la testa.
“Lo sai vero che non devi temere la presenza di Ian, si?” disse Lily girandosi per guardare il ragazzo.
“Sono geloso, è nel mio DNA” rispose lui soffiando lateralmente il fumo.
“E mi piaci geloso davvero” annuì lei. “Ma non farti rovinare una giornata così bella solo perché non sa tenere la lingua a freno” rise divertita. “Ok?”
“Ok” rispose lui con la stessa convinzione di chi era destinato a finire al patibolo.

“Vuoi dirmi che mentre eri in Colombia hai salvato la vita a un ragazzino semplicemente con una camicia e del legno?” chiese stupita Val sgranando gli occhi, domanda che era venuta in mente a tutti i presenti; mentre Jacob raccontava le sue avventure con Medici Senza Frontiere in sud America. Lui le faceva sembrare semplici aneddoti per far sorridere le persone, ma agli occhi dei presenti era una sorta di Superman con il camice bianco.
“Assolutamente si, ma la vera magia è accaduta stamattina, non so se avete sentito parlare dell’incidente in prossimità del ponte…” prese a dire lanciando un’occhiata in direzione di Alex che sorrise arrossendo leggermente. “Beh eravamo di turno io e Alex, e siamo stati chiamati sul posto per soccorrere le vittime dell’autobus ribaltato.”
“Wow davvero? Ho sentito la notizia al telegiornale!” esclamò Ian stupito.
“C’era questo ragazzo con la gamba incastrata sotto i rottami del bus, che aveva bisogno di una tracheotomia di urgenza, ma purtroppo non avevamo con noi il kit, dato che i feriti soccorsi erano stati a decine, quindi Alex ha preso il bisturi e guardandosi intorno ha trovato una penna in mano a un paramedico che stava compilando il modulo, gliel’ha strappata via dalle mani, usandola come canula per far passare l’aria, taglio netto e deciso all’altezza della carotide e il ragazzo ha preso a respirare!” descrisse la cosa con un entusiasmo quasi contagioso, si vedeva lontano un miglio che stimava la ragazza.
“Beh questo sarebbe stato inutile se tu non avessi trovato il modo di liberagli la gamba senza doverla amputare!” intervenne Alex, per cercare di distogliere l’attenzione su di se, dato che era semplicemente il suo lavoro.
“Ma quanti anni aveva?” chiese Johnny bevendo un sorso di birra.
“Ventuno compiuti la settimana scorsa, non potevo amputargli una gamba.”
“Già ha quasi rischiato di rimanere lui senza braccio! A quanto pare le procedure sul campo non lo coinvolgono, lui segue regole tutte sue” lo rimbeccò Alex.
“Dettagli avevo calcolato tutto” rise lui scrollando la testa, come se volesse sottolineare la piccolezza di quei gesti.
“Come no?” lo schernì Alex.
“Allora ci dite come avete fatto?” interruppe il siparietto Johnny che era proprio preso dalla cosa.
“Con le lamiere di due sportelli, e l’aiuto dei vigili del fuoco abbiamo fatto leva, poi infilando il mio braccio sono riuscito a sfilare la lamiera del bus dalla gamba del ragazzo e l’hanno tratto in salvo” spiegò Jacob mimando la scena.
“Tre secondi dopo tutto si è accartocciato su se stesso!” squittì Alex. “Sei stato solo fortunato!”
“Hai urlato così forte che per poco non credevo di essere rimasto incastrato là sotto in qualche modo!” disse il dottore passandole un braccio intorno alle spalle e attirandola a se. “Che ci posso fare? Ho già fatto colpo, la piccoletta era preoccupata per la mia incolumità” pronunciò con aria strafottente ma scherzosa.
“Col cavolo!” rispose lei calpestandogli un piede per far si che sciogliesse la presa. “Sai che rapporto dovevo stilare se fossi rimasto incastrato li sotto? Mi sarei persa la serata a Santa Monica!” aggiunse portando le braccia conserte al petto e si girò di tre quarti con fare impettito.
Lei e Jacob nel giro di poche settimane si erano ritrovati a lavorare molto spesso insieme, più di quanto la ragazza si sarebbe mai aspettata; aveva il vago sospetto che Mister Capello Biondo, avesse sbattuto le ciglia lunghe a qualche capo reparto e farsi affidare i turni con lei. Poco male, alla fine non era così pessimo come aveva pensato i primi giorni, bastava solo prenderlo dal verso giusto, ed era una compagnia quasi piacevole.
Non aveva molti legami all’interno dell’ospedale, molte conoscenze e buoni rapporti, ma niente cose eclatanti; si era imposta di non incentrare la sua vita all’interno dell’ospedale. Non solo aveva promesso a Lily di non esagerare, ma aveva capito che il suo grande errore era stato anche lasciarsi fagocitare dal lavoro, redendolo il perno e il centro della propria vita. C’erano doppi turni, pause passate con i colleghi a bere un caffè e commentare i casi, c’erano le colazioni alle cinque di notte dopo dei turni massacranti, le festività passate con i pazienti malati, i favori a destra e manca. In fondo l’ospedale era la perfetta concentrazione della vita: c’era la nascita, c’era la sofferenza, la malattia, la gioia, gli amici, i legami, le gelosie e i rapporti amorosi. C’era anche la morte. Se volevi tra quelle mura trovavi tutto.
Ma aveva già commesso l’errore di essere assorbita dall’ospedale, e aveva visto la sua vita ‘esterna’ andare a rotoli, per poi cadere in pezzi. Solo quando si era allontana dalla sua amata Londra, ed era finita catapultata in una vita di surf, drink e feste, aveva capito che si era persa molte cose. Avere un ragazzo e un lavoro non era più tutto.
Si era resa conto di aver bisogno di svago, di divertimento e di leggerezza.
Jacob era stato lo strappo alla sua regola di non fraternizzare troppo. Lui l’avrebbe comunque presa per sfinimento. Erano usciti a cena insieme, e lo aveva invitato a casa dove aveva passato ore a parlare con Lily di neurologia. Erano diventati, una sorta di amici; ma si era resa conto che almeno il tempo in ospedale alle prese con lui passava più velocemente.

“Tu che hai fatto stamattina?” chiese Zacky avvicinandosi a Brian trovandolo in disparte a bersi una birra.
“Credo nulla, penso di essermi svegliato a mezzogiorno” rispose il ragazzo sincero.
“Pure io” borbottò l’amico sconsolato.
“Perché lo chiedi?” domandò il chitarrista incuriosito.
“Perché il nuovo amichetto di Alex a quanto pare ha salvato svariate vite, ed evitato di amputare una gamba a un ragazzino.” Esclamò stizzito storcendo il naso.
“Non è bello non essere il più figo della comitiva eh?” lo prese in giro Brian divertito. “Perché non lo ammetti che ti piace Alex?”
“Perché non è quello di cui stiamo discutendo ok?” precisò lui talmente serio che Brian alzò le mani in segno di resa e annui. “È non lo so’… C’è qualcosa in lui che non mi quadra, tutto qui”.
“Io penso lo stesso di Ian, ma lui ha davvero qualcosa che non va’, secondo me è tipo, boh, che ne so, un serial killer sotto mentite spoglie” borbottò contrariato.
“Non stiamo parlando di te Haner!” puntualizzò lui. “Sei un cazzo di egocentrico lo sai?”
“Come mai Gena non è venuta?” chiese il chitarrista bevendo l’ultimo sorso di birra. La quarta del pomeriggio, di certo non avrebbe guidato al ritorno, per fortuna Lily non aveva toccato nulla: avrebbe guidato lei.
“Stiamo cercando di trovare un compromesso” rispose. “Non sappiamo bene come andare avanti, siamo arrivati al punto in cui dovremmo affrontarci” scrollò le spalle.
“Hai paura di perderla?”
“Ho paura di realizzare così tante cose, che sto cercando di posticipare” ammise sinceramente il ragazzo.
“Terrorizzava anche me” annuì Brian. “Ma noi abbiamo aspettato troppo Zack, tutto ci è scoppiato tra le mani.”
“Hai mai pensato che sareste potuti tornare insieme?”
“Non proprio, quando ci siamo affrontati era troppo tardi, e avevamo bruciato ogni possibile ponte di congiunzione” sospirò il chitarrista. “Michelle era speciale, ma poi tutto è cambiato, e non siamo stati in grado di cambiare insieme, abbiamo preso strade differenti”
“A volte ho paura anche di questo sai?” disse Zacky. “Di intraprendere una strada nuova, non sono uno bravo ad affrontare certe cose, ho sempre preso su quello che capitava.”
“Non dire stronzate Zack” sbottò quasi inconsapevolmente Brian. “Insomma! Cavoli, ne avete affrontate di cose tu e lei, devi solo dirti se sinceramente la vuoi ancora nella tua vita o no”.
“Non è così semplice cazzo.”
“Non fare come Matt” rispose calmandosi. “Insomma guardalo è tornato con Val solo perché credeva di non poter avere di meglio, o comunque non aveva nessuna sostituzione pronta…”
“A te è andata bene no?” rise l’amico.
“Sto ancora cercando di capirlo, dopo la lite con Michelle le cose sono cambiate”
“Secondo me ti sta facendo pagare il fatto di essere stato un idiota, ma è persa di te” aggiunse Zacky sincero.
“Vedremo, intanto non cambiare discorso, lo fai sempre tu” rise.
“Sono un mago per certe cose, ancora devo discutere con Matt su la vecchia intervista rilasciata a Kerrang! Due anni fa” scherzò ridendo Zacky.

*

Una manciata di giorni dopo…

Nella vita aveva commesso molti sbagli, aveva compiuto azioni che avrebbero ritratto uno a uno i sette peccati capitali; era come se la sua filosofia di vita gli permettesse di coesistere con sbagli ed errori. Con il passare degli anni aveva imparato anche a porre rimedio ai torti fatti, e l’umiltà era una lezione che la vita gli aveva impartito più di una volta: lasciandolo in ginocchio senza aiuti.
Zacky di errori poteva annoverarne molti, ma quello che stava stringendo tra le braccia era di certo quello che gli avrebbe cambiato la vita: per sempre.
“Io esco” furono le uniche due parole che gli rivolse Gena, senza urla, senza pianti: sterili parole che avevano l’eco di un addio. Ma non era il momento di preoccuparsi della sua ragazza, che era in grado di camminare, parlare e guidare un’auto quando, davanti a lui un esserino totalmente vestito di rosa lo stava fissando con espressione incerta.
Zackary James Baker aveva una figlia.
Era una bastardina tutta rosa con profondi occhi chiari, che riuscivano a fargli venire i brividi se solo i loro sguardi si incrociavano.
Gli assistenti sociali avevano suonato alla sua porta, gli avevano fatto delle domande, e andandosene lasciarono in quella casa un piccolo essere di sei mesi.
Il fatto che la madre fosse una tizia newyorkese non lo interessava, nemmeno che aveva abbandonato la figlia per una grave depressione post-parto, e che quella piccola si chiamasse Stella forse, nemmeno l’aveva ben memorizzato.
Gena era rimasta in disparte a osservare tutte le domande poste al proprio ragazzo, e quello che provò non fu rabbia, ma semplicemente come se una delle sue paure più profonde si fosse realizzata.
Sapeva benissimo delle sbandate del ragazzo, ma vederne il frutto lì davanti la devastò.
Lui nemmeno provò a giustificarsi, nemmeno la guardò uscire di casa, era solo preso da se stesso, dal suo futuro incerto, e che a quanto pareva portava il nome di Stella.
La cosa che lo colpì era l’assoluta certezza che quel Cosetto rosa, fosse suo, da li a poco sarebbe andato in ospedale per fare l’attestato di paternità, ma lui già sapeva il responso. Aveva chiamato Alex in preda al panico, senza dirle nulla, pregandola di passare da lui non appena fosse stato possibile, e lo scorrere lento del tempo non riusciva a placare quella sensazione di panico puro che lo stava avvolgendo.
Sapere di avere una figlia era una notizia che aveva accolto con estrema calma.
Sapere di doverla crescere era un passaggio che il suo cervello non voleva elaborare.


L'angolo della scrittrice!

Scusate l'immenso ritardo, speriamo che tutti gli imprevisti li abbia finiti in questi mesi. E si, la fine di questo capitoli è sconvolgente lo so'. Ma il prossimo sarà strabiliante, e sarà nelle mani di Keiko, quindi fuochi d'artificio assicurati. Grazie per la pazienza, per recensire la storia e tenerla tra le preferite/ricordate/seguite.

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Capitolo 10
*** #10 Stella ***


Scritto da: Keiko

Ti svegli una mattina e scopri che il tuo mondo potrebbe subire un cambio di rotta di quelli che non sai dove ti potranno condurre, di quelli che potrebbero renderti un vincente oppure affossarti nella tana dei perdenti, sul fondo del mondo. Sei davanti  a una di quelle scelte che potrebbero renderti un uomo migliore, magari il pretesto per mostrati per ciò che sei realmente e gettare le maschere che ti sei appiccicato addosso negli anni. La scelta più dolorosa è quella che tutti si aspettano e che tu non faresti mai, oppure quella che nessuno si aspetta e che tu sei deciso a portare avanti anche da solo: di certo, è la più difficile e la più giusta. È quella del pazzo, del matto del mazzo dei tarocchi, l’imprevedibilità su cui punti tutte le fish del tuo piatto a Las Vegas e ne esci vincente al termine di una serie di fallimenti. Il destino arride a chi osa, a chi è disposto a mettersi in gioco e non ha paura di nulla. Il destino, nel dolore delle scelte più scomode, ti offre sempre un appiglio a cui aggrapparti, che può darti la forza ricordandoti quanto sia sensata la tua scelta. Nell’essere giusto e corretto, il destino è costretto a chinarsi davanti a te e restituirti la felicità che ti ha sottratto, giorno dopo giorno, per restituirtela in misura raddoppiata.

Zacky teneva la bambina stretta tra le braccia come se fosse di vetro. Aveva tenuto allo stesso modo i suoi nipoti, ma non era mai stata una cosa a lungo termine come poteva essere un intero pomeriggio da solo in compagnia di un poppante. Nessuno, d'altra parte, gli aveva spiegato che i neonati mangiano ogni tre ore, che i pannolini vanno cambiati spesso e tutte quelle cose che una madre porta nel DNA, mentre il padre riesce tutt'al più a svenire in sala parto. Passata quindi la probabile figura di merda del collasso alla vista della nascita di un marmocchio, il chitarrista si trovava a fissare l'orologio a parete in modo ansioso, tenendo tra le braccia – avvolta in strati di panni e coperte rosa – sua figlia. O meglio, quella che dicevano dovesse essere frutto di una sua ipotetica – e probabile – avventura newyorkese. Bastava guardarla negli occhi per capire che era sua figlia: stesso colore di occhi, impossibile da replicare sulla tavolozza di Alex, stesso taglio allungato e ciglia sottili.
“Ma quando cazzo stacca?”
A quelle parole, come a voler manifestare le proprie rimostranze nei confronti della veemenza del padre, Stella si era agitata allungando le mani grinzose verso di lui, emettendo versi incomprensibili.
“Oh cazzo, l'ho svegliata!”
Evidentemente a sua figlia – per lui la era già, la verità era quella. Il problema era che anche lei sapeva di condividere metà dei propri cromosomi con il tizio che la teneva goffamente tra le braccia dunque, se ne stava già approfittando – la parola “cazzo” non andava a genio, perché alla seconda imprecazione, oltre a prendere a scalciare come a volersi liberare dalle coperte che la tenevano praticamente immobile, aveva iniziato a piangere. Dapprima Zacky aveva visto gli occhi ingrandirsi all'inverosimile, poi aveva osservato le guance ingrossarsi come a voler immagazzinare tutto il fiato che potevano contenere i polmoni per poi sputarlo fuori sottoforma di grida acute, lacrime e bava.
“Fantastico, no sul serio... adesso che cazzo faccio?”
Stella aveva preso a dimenarsi, continuando a piangere senza sosta, il viso paonazzo. Non sarebbe morta soffocata, vero? E se invece avesse avuto qualche problema di salute e gli assistenti sociali non gliel'avessero rivelato, nel timore che si rifiutasse di prendere in custodia la bambina?
A quel pensiero, accompagnato dal sottofondo sonoro di Stella, Zacky aveva deciso che non c'era tempo da perdere: se Maometto non andava alla Montagna, la Montagna sarebbe andata da Maometto, così aveva recuperato dallo sgabuzzino la cesta con cui Gena portava le bestie pelose dal veterinario – e Gena, quando sarebbe rientrata, si sarebbe incazzata un sacco per averla usata per qualcosa che non fosse, appunto, il trasporto dei quattro zampe – e vi aveva adagiato Stella, nel maldestro tentativo di renderle confortevole il tragitto da casa all’ospedale. Zackary James Baker non aveva un cuore sufficientemente grande per amare il mondo ma gli era bravo a farsi fottere dalla dolcezza di cani e marmocchi – o dalle curve ben piazzate di qualche ragazza – piuttosto che dalle calamità mondiali. Non era un filantropo, lui, ma aveva un cuore su cui bastava davvero poco per fare leva e farlo capitolare.

“Dottoressa McLiar? C'è un tizio poco raccomandabile ricoperto di tatuaggi che chiede di lei, dice che non si muoverà da dove si trova sino a quando lei non andrà da lui.”
Alex aveva sollevato lo sguardo sul proprio orologio da polso: nemmeno le diciotto. Zacky l'aveva chiamata non più di due ore prima dicendole di avere assoluto bisogno di lei e che doveva passare a casa sua appena possibile. “L'appena possibile” era stato tradotto nella fine del suo turno, alle venti, ma era evidente che quell'idiota non sapesse nemmeno più contare.
“Puoi dirgli di aspettarmi? Puoi farlo accomodare nel mio studio, finisco il giro di controllo in corsia e arrivo da lui.”
E questa volta mi sente sul serio.
“Ehi, Doc, non è professionale avere i tuoi corteggiatori che assediano il reparto…”
“Jake non corteggiatori…” aveva puntualizzato l’inglese con il suo solito cipiglio infastidito, scacciando le sue parole con un gesto secco della mano. Se c’era una cosa che aveva imparato il texano, era che Alex assumeva sempre quell’espressione quando si trattava di prenderla in giro sulla sua pressoché inesistente vita sentimentale. A Jacob piacevano la professionalità di Alex e la sua dedizione a Lily, più che ai quattro scapestrati musicisti con cui avevano costantemente a che fare.
“Dai, vai dal tuo amico. Ci penso io a finire il giro per te.”
La ragazza gli aveva lanciato un’occhiata in tralice, tamburellando nervosamente la punta della biro sulla pila di cartelle mediche che teneva tra le braccia.
“E quanto mi costerebbe?”
“Una cena insieme.”
“Soltanto?”
“No, magari racconto a tutti i pazienti che hai preferito uscire con un ragazzo poco raccomandabile piuttosto che salvare la loro vita.”
“Sei odioso.”
“Adoro quando lo dici.”
Alex l’aveva superato, ignorando il resto del suo sproloquio, cercando di accelerare i tempi per poter arrivare all’urgenza californiana che si dimenava – di certo imprecando – su una delle scomode poltroncine del suo studio. In un certo senso era così abituata ad averli intorno che non era nemmeno preoccupata dell’arrivo improvviso, perché Lily poteva aver mandato lì Zacky o Johnny nel tentativo di rapirla e riportarla a casa prima della fine del turno o, quanto meno, all’orario prefissato, non con gli extra non retribuiti che le prosciugavano ogni energia lasciandole però una buona dose di felicità addosso.
L’infermiera, quindici minuti più tardi, era tornata da lei con aria mortificata, cercando di mantenere l’aria più professionale che potesse riuscirle, ma con risultati davvero pessimi.
“Il suo amico… dice che è questione di vita o di morte.”
“Sta sanguinando?”
“No, ma è piuttosto pallido. Potrebbe venire in ufficio a rassicurarlo? Non sappiamo se riusciamo a gestirlo e controllarlo, è piuttosto nervoso e…”
“Non morde, abbaia ma non morde” l’aveva rassicurata l’inglese, rivolta più a sé stessa che non alla donna che le stava dinnanzi. Alex aveva sbuffato rassegnata, sbattendo in malo modo le cartelle cliniche contro al petto di Jacob, quel suo insopportabile sorriso da vincitore stampato in viso.
“Allora cena confermata, Doc?”
“Da quando sei così solidale con il genere umano, tu?”
“Da quando posso guadagnarci. Alice mi accompagni nel giro di routine della dottoressa McLiar?”
L’infermiera non se l’era fatto ripetere due volte e si era messa al servizio del medico, lasciando Alex in balia della frustrazione e di quel cieco senso di impotenza davanti al ciclone Baker. Perché Lily doveva sempre mandare lui a distruggere ogni singola particella di serenità che esisteva nella sua vita, già sufficientemente messa in difficoltà dalla pazzia della sua migliore amica?
Adesso mi sente, giuro che lo ammazzo e chi se ne frega se mi mettono dentro. Avrò una vita di pace ed equilibrio in carcere.
“Zacky non puoi permetterti di…”
Le parole le erano morte in gola non appena aveva varcato la soglia del proprio studio, Zacky seduto su una delle poltroncine d’attesa e quintali di copertine rosa e bianche che si dimenavano come possedute da una forza sconosciuta all’interno di una cesta per cani posata sulla scrivania alle sue spalle.
“Mi hai portato uno dei cani di Gena? Non sono un veterinario e…”
“Non sono così stupido, eh. Alla buon’ora comunque. Lo sai che poteva morire? Cazzo, meno male che si è calmata.”
Era stato quando Zacky si era alzato in piedi facendole cenno di avvicinarsi, che Alex aveva dovuto fare i conti con le manine dalle dita sottili e grinzose che afferravano l’aria, le gambe paffute che si dibattevano come ossesse nel tentativo di liberarsi dalla prigione in cui l’avevano infilata e lo sguardo attento e vigile che si posava su tutto ciò che si muoveva lì intorno. In quel momento la sua attenzione era stata catturata dai capelli di Alex, che le ricadevano sulle spalle sino a sfiorare il viso della bambina.
“Dove… cioè, rapisci i bambini Zacky?”
“Ma sei scema? Cioè, sei più scema di me?”
“È… tua?”
A guardarla bene, la creatura aveva gli stessi occhi del ragazzo: stesso colore, stessa forma, stessa aria strafottente.
E ha solo pochi mesi.
“Si, insomma, ho pensato a te. Voglio dire, si è messa a piangere e non sapevo cosa fare. Gena è uscita e…”
“Okay, fatti fare un caffè dalle ragazze. Io la porto alla nursery e poi mi spieghi cos’è accaduto. Almeno ti riprendi un po’, hai una faccia… sembra che tu abbia visto un fantasma.”
“No, mi hanno solo detto che sono padre. Ma sta male?”
“No, tranquillo. Alla nursery le daranno da mangiare. Hanno bisogno di farlo spesso nei primi mesi di vita, probabilmente aveva fame. Ha pianto molto?”
“Si è calmata quando siamo arrivati qui.”
“Sarà stanca, specie se le hai fatto subire uno dei tuoi viaggi in auto da pazzo. Un nome ce l’ha questa piccolina?”
“Stella.”
“Allora, Stella, adesso ti porto a conoscere altri esserini come te.”
Alex l’aveva sollevata stringendola tra le braccia, passandole una mano dietro la nuca e, con l’altra, sistemandole attorno al corpo le coperte per tenerla al caldo.
“Hai visto come devi tenerla?”
“Come?”
“Così…” e gli aveva mostrato la posizione in cui aveva preso Stella, che le aveva posato il viso sul petto imbrattandole di saliva il camice immacolato.
“Sbava…”
“Tutti i bambini sbavano, Zacky.”
“Come i cani?”
“Tu ne hai due, per cui non credo che ti causerà problemi, no? Ma hai visto come tenerla?”
“Si si…”
“E hai capito?”
“Si…”
“Vuoi portarla tu alla nursery? Ti faccio strada io.”
“Ho paura di romperla.”
Alex aveva sgranato gli occhi, poi aveva sorriso al ragazzo cercando di incoraggiarlo.
“Okay, vado e torno, ma dovrai imparare a farlo da solo. Prenditi un caffè e aspettami qui. Evita di dare di matto e non farti vedere da Jake in queste condizioni, se non vuoi dargli un motivo per sfotterti a vita.”

Gena aveva afferrato l'auto e guidato per due ore in preda alle lacrime, aveva chiamato Melanie chiedendole se poteva ospitarla per qualche tempo poi, era ritornata sui suoi passi ritornando a casa sua. Quella che era stata la sua dimora sino a sei ore prima, quando due perfetti sconosciuti avevano sbattuto davanti a lei e Zacky una marmocchia scalmanata per cui, quello scemo del suo ragazzo, aveva perso la testa alla prima occhiata. Che fosse sua figlia l'avrebbe capito chiunque, aveva già il temperamento dei Baker addosso, ma né lei né Zacky avevano davvero affrontato l'argomento “si, mi sono scopato una tizia a New York. E magari ho altri bastardi sparsi per il mondo e non lo so ancora.
Il sospetto era un'ottima arma per potersi illudere, un veleno sottile che ti penetra sotto pelle e scava sino a fotterti e corroderti ossa e anima: lei, ad impazzire di gelosia, non ci era arrivata per il solo motivo che il destino aveva giocato d'anticipo, presentandole il conto di uno dei tradimenti di Zacky. Che ce ne fossero altri, ne era certa. Da quando era morto Jimmy, quei quattro avevano preso a reagire come meglio credevano, chi cercando tranquillità e pace in ciò che restava come Johnny, chi trovando la forza per andare avanti in ciò che aveva accanto come Brian e Matt e chi, come Zacky, aveva deciso che la vita andava vissuta sino alla fine, senza privarsi di nulla. Dunque ora lo scotto da pagare era crescere un figlio non suo, che sarebbe diventato il ritratto vivente di una donna che aveva condiviso lo stesso letto di Zacky. Lei cosa doveva fare? Attenderlo e risolvere il problema? Chiedergli di scegliere tra lei e la mocciosa? Farsi dare delle spiegazioni? Si sentiva stupida solo a pensarci, a tutte quelle domande banali e idiote. Avrebbe raccattato le proprie cose e si sarebbe trasferita da Melanie. Ai chiarimenti, ma soprattutto alle spiegazioni, ci avrebbe pensato in un secondo momento, quando Zacky avrebbe valutato l'ipotesi di dare in affido o in adozione la bambina. Non voleva davvero tenerla, no?
Casa loro era deserta, immersa in un innaturale silenzio. Zacky era uscito, aveva visto che l'auto non era parcheggiata lungo il viale d’ingresso e quello, in un certo senso, le facilitava il compito. Lei lo desiderava un figlio, ma Zacky non ne aveva mai voluto sentir parlare, men che meno nell'ultimo anno. Prima c'erano gli Avenged Sevenfold poi, quando si sarebbero stancati e avessero deciso di fermarsi un po', allora avrebbero pensato a un figlio. Era bastato che gliene offrissero uno già pronto perché tutti i propositi fatti, però, sfumassero. Non andava bene come madre? Gena si era chiesta se non fosse lei, dunque, il problema. Che le cose tra loro non andassero bene era cosa risaputa, ma cercavano di galleggiare e superare la crisi: era legittimo farlo, era sacrosanto provarci, era normale superarla insieme. A lei, invece, pareva di essere l'unica a sforzarsi in quella direzione, come se Zacky avesse deciso di metterle tutto in mano, fregandosene del loro futuro. Ma lui poi un futuro insieme lo desiderava ancora? Dei due innamorati che si tenevano per mano alle feste, dei viaggi fatti insieme, dei progetti e dei sogni che avevano condiviso, le sembrava non fosse rimasta altro che cenere, come un fuoco dimenticato accesso a cui nessuno aveva prestato attenzione sino a quando non si era spento del tutto, senza possibilità di essere ravvivato in alcun modo. Tutto era rimasto come quando l’aveva lasciato, fatta eccezione per il cassettone della loro stanza svuotato di ogni singolo capo di abbigliamento: probabilmente Zacky aveva cercato qualcosa che non gli era riuscito di ricordare al primo colpo dove fosse stata riposta. Gena aveva sospirato, recuperando dalla cabina armadio il trolley da viaggio e un borsone da palestra, iniziando a gettarvi dentro alla rinfusa i propri abiti, le fotografie, le cianfrusaglie ricordo di mille viaggi e tappe di tour. Le ci era voluta mezz’ora per fare i bagagli e lasciare la loro casa spogliata della propria parte, denudata di quel lato femminile che era riuscita a ritagliare al suo interno soprattutto al secondo piano, dove Zacky andava solo a dormire, lasciandole la totale libertà di fare di quelle stanze il suo personale rifugio. Si era accucciata sul letto, portandosi il braccio al viso, schermandosi dalla luce morente del sole. Dov’era Zacky? Una parte di lei desiderava vederlo, affrontarlo, gridargli in faccia quanto schifo facesse; dall’altra, c’era la donna sconfitta che parlava con voce stanca da un futuro lontanissimo, in cui era un’infelice senza una propria famiglia ma con una serie infinita di bastardi e amanti che spuntavano da ogni parte del mondo. Desiderava una vita costruita sulla menzogna, sulla routine e sul terrore di perdere l’uomo che amava? Voleva perdere, giorno dopo giorno, la propria dignità per un amore che non le avrebbe lasciato altro che gli avanzi di un ricco pasto che Zacky avrebbe sempre consumato con qualcuno altro?
“Non so se ci rivedremo. Questo è stato il colpo di grazia.”
Su quell’ultimo post-it giallo, attaccato con una calamita comprata a Parigi all’anta del frigorifero, Gena si era lasciata alle spalle casa propria e tutta la sua vita. Tra quelle quattro mura restavano ancora Zacky e il suo cuore. Sarebbe tornata a riprendere almeno quello, un giorno, o avrebbe deciso di farne a meno. In quel momento, però, faceva troppo male pensare di affrontare un discorso complicato come quello di una bambina illegittima, perché aveva troppa paura di doverne uscire sconfitta. L’unica mossa sensata era quella di precorrere i tempi, lasciando Zacky per prima.

Alex non le aveva risposto ai messaggi che le aveva inviato rifiutando tutte le sue chiamate e, la stessa cosa, l’aveva fatta Zacky. Lui, per inciso, doveva recuperare Alex e portarla a casa, visto che l’auto era servita a lei durante la giornata per accompagnare Amanda a fare compere.
“Lo sai – le stava dicendo la ragazzina, seduta accanto  a lei sul lato passeggero masticando un chew-gum al gusto di arancia – che ho sempre sognato di fare quello che abbiamo fatto oggi? Si insomma, l’estetista, la parrucchiera e poi il giro per i negozi durante il pomeriggio… wow! È così che ci si sente ad essere donne?”
Mandy si era data una scrollata alla chioma biondo platino, fresca di hair-stylist, e Lily le aveva sorriso raggiante.
“No, questa è solo una minima parte. Sono quelle cose che fai solo con le amiche, il resto dell’essere donne lo scopri con il ragazzo che ti piace.”
“Quindi siamo amiche?” le aveva chiesto sgranando gli occhi in un’espressione che la rendeva più simile a Brian di quanto non lo fossero decine d’altre. Lily non aveva mai visto il ragazzo con un’espressione così infantile stampata in viso, ma c’era qualcosa – nell’insieme – che li rendeva consanguinei, in qualche modo realmente fratelli.
“Certo, perché? Non dovrebbe essere così? Le amiche escono insieme, si raccontano i loro problemi, si tirano su il morale a vicenda e pranzano insieme nei locali più spaziali della storia,” le aveva risposto la ragazza strizzandole l’occhio.
“Allora posso chiederti un consiglio?”
“Si tratta di Baker?”
“Si, insomma… io vorrei andare alla festa di Natale che sta organizzando con i suoi amici, ma non mi vorranno mai! Sono tutti ragazzi, fanno un sacco di casino e vogliono solo delle tizie di quelle che si mettono le gonne cortissime e tacchi vertiginosi. Mio padre se mi vede uscire di casa conciata a quel modo mi attacca al muro, e anche mio fratello. Come posso conquistarlo?” aveva sospirato lei in attesa di una risposta che avrebbe risolto ogni suo problema da parte di Lily, intenta a guidare sulla via del ritorno verso casa di Brian.
“Secondo me dovresti essere solo te stessa.”
“Parli bene tu, con il fisico che ti ritrovi” aveva sbuffato la bionda, sconsolata.
“Senti ma non posso conoscerlo, questo fratello di Zacky?”
“Si può darsi… cioè, non lo so, vuoi imbucarti a qualche loro festa? Perché se ci sei tu io non ci metto piede, è una battaglia persa in partenza, tipo uno scontro tra titani. Tutti guarderebbero te soltanto, mi pare ovvio.”
“Perché non venite al pub, una sera?”
“È più problematico di quanto non sembri. Io non posso stare fuori sino a tardi, e poi lì c’è sempre mio fratello che ti fa la guardia… e quindi non potrei fare nulla senza che lui si metta a farmi fare figure imbarazzanti davanti ai miei amici e a lui!” aveva preso a dire lei gesticolando convulsamente con le mani, andando a sbattere con forza contro lo specchietto retrovisore, spostandolo totalmente rispetto alla visuale sulla quale l’aveva posizionato Lily.
“Oddio scusami! Si è rotto? Dio, dieci anni di sfiga proprio ora no, significa che resterò zitella a vita!”
“Sono sette gli anni – l’aveva corretta la ragazza scoppiando a ridere – e non credo possano essere considerati una vita intera.”
“Be’, li sono. Sette anni significano che Aaron può trovarsi decine d’altre fidanzate e lasciarmi qui ad Huntington Beach a marcire in solitudine.”
“Vorresti scappare con lui?”
“No, voglio sposarlo” le aveva risposto convinta.
“Non è un po’ presto per decidere una cosa del genere?”
“Tu non vorresti sposare mio fratello? Oh, ti suona il cellulare Lily…”
Amanda aveva dato un’occhiata al display che si illuminava a intermittenza, all’interno della borsa lasciata aperta ai suoi piedi, fissando con curiosità il nome che vi compariva sopra, distraendosi totalmente dalla conversazione con Lily.
“Credo sia Alex…”
“Puoi rispondere tu e metterla in viva voce?”
La piccola Haner aveva seguito le istruzioni di Lily, e pochi istanti dopo erano in comunicazione con l’inglese.
“Si può sapere dove sei? Sono ore che cerco di chiamarti e tu non mi stai minimamente prestando attenzione!”
“Com’è andato il pomeriggio?”
“Benissimo, avresti dovuto esserci anche tu… tutto okay in ospedale? Di solito riesci a trovare trenta secondi per assicurarmi che non sia tu ad avere bisogno di un medico. Fermo restando che con uno come Jake accanto farei in modo di averne bisogno anche io, e molto spesso.”
“Smettila di fare la scema con Mandy lì di fianco!”
“È una maga?” aveva chiesto la ragazzina con lo sguardo folle di chi ha appena scoperto la gallina dalle uova d’oro.
“No, conosce ogni mia singola abitudine. Ogni volta che sono in auto con qualcuno, faccio mettere il viva voce, è più forte di me. E poi così possiamo fare una chiamata multiutenza.”
“Si, dovresti organizzarti per fare le videoconferenze, Lily, lo sai?”
“Comunque, perché non hai risposto?”
“Emergenze in corsia, tra cui Zacky. Ma ti spiego tutto appena rientro a casa.”
“Tutto okay? Si cioè, si è fatto male? Brian non mi ha avvertita di nulla.”
“No, è solo un attacco di panico di quelli pazzeschi. Uno dei peggiori che abbia mai visto.”
“Lui? Un attacco di panico?” le aveva chiesto scettica l’amica.
“Lily, ti proibisco di farne parola con chiunque finché non ti spiego tutto con calma. E la stessa cosa vale per Amanda, capito?”
“Si si, abbiamo capito – e Lily aveva strizzato l’occhio alla ragazzina che, sorridente, si era già messa alla ricerca del proprio cellulare per avvertire suo fratello – ma spero non sia nulla di serio comunque.”
“Dipende dai punti di vista. Di certo è una di quelle cose che, nel bene o nel male, gli cambierà la vita.”
“E la band?”
“Dipende da Zacky. E adesso smettila di preoccuparti, okay? Volevo solo farti sapere che è tutto a posto, ho visto le mille chiamate e ho dedotto che stessi per chiamare il 911.”
“Be’, li magari mi avresti risposto.”
Erano scoppiate a ridere, poi Alex le aveva salutate e aveva riattaccato. A Lily la storia delle crisi di panico di Zacky non piaceva affatto: come avrebbe fatto in tour, o se fosse stato colto di sorpresa da un attacco durante un concerto? Sapeva che, ora che il primo video era stato girato, era solo questione di tempi per l’incisione dell’album e poi sarebbe partito il tour, e con lui anche Brian si sarebbe allontanato da Huntington Beach. Lei cos’avrebbe fatto? Non era come Val, non sarebbe mai riuscita a starsene con le mani in mano mentre il suo uomo girava il mondo, dunque l’avrebbe di certo seguito. I costi della notorietà erano alti, specie per l’amore: e lei non aveva affatto voglia di mettere in discussione costante la sua storia con Brian. Erano ancora in quella fase per cui andavano cauti ad ogni passo, timorosi di pestarsi i piedi e perdersi in un istante senza nemmeno accorgersene. Avevano spazzato via ogni barriera – ci avevano provato, almeno a livello diplomatico – ma le ferite erano ancora aperte, e i ricordi difficili da cancellare. Lily non dimenticava mai i torti subiti e se anche avesse perdonato a Brian ogni cosa, le difese che aveva preso verso Michelle erano state il peggiore dei tradimenti, l’unica cosa che non gli avrebbe mai perdonato. Per quel motivo l’avrebbe seguito in tour: per impedirgli che potesse fare l’unico errore a cui non sarebbero mai riusciti a riparare.

 

“Zacky dovresti fare il test di paternità e decidere se vuoi tenere Stella e prenderti cura di lei, o se darla in affido. Puoi farlo se vuoi.”
“Dovrei farlo?”
“È mio dovere informarti,” gli aveva risposto Alex seduta accanto a lui, con un'aria professionale che, anche annullando la distanza della scrivania tra loro, lo metteva a disagio.
“Dov’è ora?”
E cazzo, non guardarmi così.
“La stanno tenendo in osservazione alla Nursery. Le hanno dato da mangiare ed ora sta dormendo. Sta benissimo ed è una bambina bellissima. Essere padre non è facile, comporta un sacco di sacrifici e un cambio di rotta totale della tua vita. Non puoi portarla in tour, non puoi farle prendere l’aereo continuamente e farla vivere in un tourbus, non puoi farti gli affari tuoi e fregartene della sua istruzione ed educazione. Se hai un figlio diventa la tua priorità nella vita, il resto è secondario. Avenged Sevenfold compresi.”
“Posso pensarci?”
Devi. E devi parlarne anche con Gena. Ci sono gruppi di supporto, psicologi che aiutano ad affrontare questo genere di situazioni. Ti lascio il numero del consulente a cui ci affidiamo qui in ospedale se vuoi.”
“Si grazie. Ma stanotte cosa devo fare?”
“Svegliarti ogni tre, quattro ore per darle da mangiare e assicurarti che dorma tranquilla. Probabilmente dovrà ambientarsi. I bambini non dormono mai al momento giusto. Quando tu vorrai dormire, lei vorrà giocare o avrà fame o dovrai cambiarle il pannolino. Un figlio è un grandissimo onere e una grande responsabilità.”
“Ti è mai capitato di avere una storia come questa? Di un tizio che diventa padre all’improvviso, come me?”
Ad Alex, Zacky faceva tenerezza. Era spaesato e terrorizzato, era un uomo che si era visto sbattere in faccia una realtà totalmente nuova e un mondo al quale non era stato preparato. Ci sono cose nella vita che ti accadono di punto in bianco e tu non hai il tempo per riflettere sul da farsi. Devi agire, solo quello. Lei, di persone spaventate, nella sua vita ne aveva viste a centinaia: Lily era stata tra le prime, poi erano seguiti una serie di personaggi a volte bizzarri, altri spaccati dal dolore, altri solo troppo ansiosi per un braccio fratturato o una distorsione.
“No, mi è capitato più spesso vedere giovani ragazze dover rinunciare ai propri figli,” era stata la sua risposta sincera, forse troppo. Zacky le aveva puntato il proprio sguardo addosso, gli occhi sgranati di chi è appena stato preso a schiaffi in modo del tutto inaspettato e ingiusto. Touché.
“Scusami non volevo infierire.”
“Mi fido di te.In genere i medici finiscono con il dirti la verità senza fronzoli e se ne fregano di ciò che puoi provare. Tu non fai eccezione, però hai questa tendenza a far aprire gli occhi alla gente solo parlando, raccontando e rassicurando chi hai davanti. Lo fai sempre?”
“Se sei medico devi avere l’intenzione di salvare vite, non puoi pensare di fare quello che faccio io stando seduto dietro una scrivania fregandotene di ciò che accade in corsia. Ma ci sono un sacco di medici così, lo so benissimo, uomini e donne che trattano i propri pazienti come pezzi di carne. All'università pretendevano che non ci fosse contatto umano con i nostri pazienti, che fossimo il più distaccati possibile e questa è una cosa che ti costringono a fare per farti vivere con meno difficoltà il tuo lavoro. Ma non è una cosa che sono riuscita a mettere in pratica, anche se ogni tanto mi farebbe comodo. Vuoi che andiamo a vedere Stella?”
“Possiamo?”
“Puoi anche portarla a casa, se per questo. Ti ho fatto recuperare un po’ di cose dai magazzini dell’ospedale, per questa notte avrai tutto il necessario per prenderti cura di lei.”
“Ce la farò?”
“Ti spiegherò tutto io, tranquillo. E poi ci sarà Gena, le donne sono portate per questo genere di cose.”
“Tutte le madri sanno fare le mamme?” gli aveva chiesto lui scettico.
“No, o tu non avresti Stella qui in questo momento.”

“Cosa cazzo hai fatto ai capelli?”
“Non ti piacciono fratellone?”
“Sta benissimo, non trovi?” aveva rincarato la dose Lily, posandogli un bacio all'angolo della bocca, mettendolo in imbarazzo davanti ad Amanda.
“Mi passa a prendere papà?”
“No, devo portarti a casa io.”
“Oh, quindi significa che mi spedisci subito da lui per poter stare con Lily, vero?” era stata la risposta sconsolata della ragazzina. Perché sua sorella doveva essere così invadente? Perché Lily le stava dando troppa confidenza, ovvio. Michelle non era mai stata sfiorata dalla remota ipotesi di passare un intero pomeriggio con una teenager iperattiva, rompipalle e fastidiosa come una mosca. Lily, invece, sembrava persino felice. Quando suo padre gli aveva detto di prestare attenzione ai dettagli, probabilmente non si riferiva alla lingerie di pizzo della sua fidanzata ma, forse, a piccolezze a cui non avrebbe mai fatto caso se non associandole a Michelle. Brian non era tipo da fare paragoni o da poter decidere di ritornare dalla sua ex quasi-moglie – fedifraga, per di più, non dimenticarlo – e il fatto che queste associazioni mentali lo cogliessero sempre alla sprovvista, lo faceva sentire abbastanza uno stronzo.
“Perché non ceni con me e Brian, Amanda? Ti riportiamo a casa appena abbiamo finito.”
“Dici davvero che posso restare? Sicura che non disturbo o che magari mio fratello non decida di avvelenarmi per levarsi di torno la sottoscritta una volta per tutte?”
“Ordiniamo cinese?”
“Lily, sei tu ora che ci vuoi avvelenare tutti, per caso?”
“Burger King?” aveva proposto sua sorella sventolando le mani in aria convinta di essere già la vincitrice della contesa, saltellando sul posto come se dovesse scattare dalla postazioni di partenza di una corsa a ostacoli.
“Amanda ordini tu? Per me il solito,” era stata la resa di Brian davanti all'esuberanza di sua sorella e al sorriso divertito di Lily.
“Per me il solito di Brian,” aveva decretato quest'ultima avvicinandosi a lui pericolosamente.
“Vado a ordinare, poi posso giocare con la Playstation? Ovviamente prima aiuto Lily a preparare la tavola e...”
“Col cazzo che qui segui le buone maniere. Mangiamo nei cartoni, così come è giusto a casa mia.”
“Lo sai che si prendono un sacco di malattie assurde a fare come stai dicendo tu?” gli aveva risposto lei piccata, le mani puntellate sui fianchi e un'espressione di rimprovero dipinta in viso.
“Scusa, se mamma fa tanta fatica per educarmi, perché tu vuoi rovinare il suo lavoro?”
“Perché ci pensi già tu ogni volta che ne hai la possibilità, Amanda.”
Lei gli aveva mostrato la lingua, dileguandosi nella direzione della cucina. Il tempo di vederla scomparire oltre l’angolo del corridoio, e già lo sguardo di Brian si era focalizzato in quello di Lily, con aria severa.
“Non la stai viziando un po’ troppo? Non sei obbligata a fare nulla, né ad avere rapporti con la mia famiglia se non vuoi.”
“Tuo padre è un ottimo insegnante di chitarra, e poi Mandy era lì da lui e si stava annoiando un sacco. Ci siamo andate a fare un giro insieme dopo pranzo. Non per questo divento la sua migliore amica, no?”
A Lily Amanda piaceva perché era spensierata, era in quella fase della vita in cui tutto ti sembra dannatamente difficile eppure tutto ti conquista fagocitandoti con lo stesso entusiasmo che ha una giornata di fuga da scuola e, in un certo senso, le piaceva credere di poterle rendere la vita un po’ più leggera. I drammi dei teenagers lei li aveva vissuti in misura amplificata e trovarsi ad alleviare le pene d’amore e la voglia di essere già un’adulta della sorella di Brian, le facevano ricordare come – la vita – a lei aveva riservato tutto fuorché un’adolescenza normale. In un certo senso, però, non le era di peso, le serviva per ricordare il percorso che l’aveva portata sino lì, in California, dall’uomo dei suoi sogni, trascinandosi appresso la sua migliore amica. Avrebbe avuto la stessa determinazione, se la sua vita fosse stata costellata solo da naufragi amorosi e litigate tra amiche? No, ne era convinta.
“No, ma la sua confidente. La fai sentire… grande, ed è solo una ragazzina.”
“Guarda che a quattordici anni nessuno ti vieta di fare casino o innamorarti, lo sai? Amanda crescerà e tu nemmeno te ne renderai conto. Non fare il fratello scorbutico e geloso, Brian, ti riesce da schifo come ruolo. Anche se sei davvero tenero, lo sai?”
Si era sollevata in punta di piedi, posandogli un bacio sulle labbra e cingendogli il collo in un abbraccio accogliente e morbido. Lily gli dava sempre l’idea di essere delicata, leggera, assolutamente perfetta aderente al proprio corpo, come se fosse stata creata per stargli accanto sin dal primo momento. Era un gioco di incastri o di prospettive forse, ma a Brian spiazzava sempre il modo in cui si accorgeva di quanto perfetta fosse Lily, e dannatamente docile quando gli si accoccolava accanto. O addosso.
“Zacky non si è sentito bene, è andato in ospedale da Alex,” aveva sparato con noncuranza la ragazza, nel tentativo di scoprire cosa ci fosse in realtà sotto il presunto malessere del chitarrista, considerando che aveva trovato le risposte di Alex davvero molto poco credibili. Anche senza averla davanti, dunque, aveva capito che le aveva raccontato un sacco di bugie, ma perché mentirle? Lei aveva il sentore che, da Halloween, qualcosa tra i due fosse cambiato. Non credeva fosse amore, o chissà che, ma era come se avessero paura di sfiorarsi o stare nella stessa stanza da soli: sembravano sempre due anime in pena, due energie contrapposte che avrebbero rischiato far esplodere il pianeta se fossero entrate in collisione tra loro. Il problema, comunque, era Gena, e doveva trovare il modo di liberarsi di lei molto in fretta. Non avrebbe di certo messo da parte la propria determinazione ora che il tarlo del sospetto aveva preso a divorarla e far lavorare le sue cellule cerebrali in modo molto poco ortodosso, dritte in un viaggio mentale tipico della sua fervida immaginazione.
“Ah si? Ma ti ha detto cos’ha avuto? Tipo, una sbronza da restarci secco? Zacky regge bene qualsiasi cosa e poi non credo sia riuscito ad arrivare a tanto in un solo pomeriggio.”
E nemmeno nella peggiore delle ipotesi avrebbe pensato che l’avesse fatto per Jimmy, o per qualche ricordo che gli si era insidiato in testa fottendolo. Zacky, al massimo, avrebbe iniziato a prendere a pugni ogni cosa: le sbronze per dimenticare erano una prerogativa sua, invece.
“A me sembrava che Alex mi stesse raccontando una bugia.”
“E che motivo avrebbe avuto per farlo?”
“Non lo so… un appuntamento con Zacky?”
“Con Gena anche?”
Brian le rovinava sempre ogni illusione, smontando tassello dopo tassello le sue teorie da complottista.

SMS: To  Lily From Alex H 10:15 PM
Passo la notte da Zacky, la situazione è piuttosto problematica, per cui preferisco fermarmi qui.
SMS: To  Alex From Lily H 11:27 PM
Sicura che sia tutto okay? Dobbiamo venire lì anche io e Brian?
SMS: To  Lily From Alex H 11:29 PM
No, è tutto sottocontrollo tranquilla. Se resti da Brian ricordati che domani mattina vengono i tizi dei serramenti nuovi, per cui devi farti trovare a casa presto. Dormi al calduccio eh!
SMS: To Alex From Lily H 11:35 PM
Secondo me anche tu dormirai sonni sereni, o sbaglio?
SMS: To Lily From Alex H 11:38 PM
Temo che passerò la notte in bianco, invece.

 

A quel punto Lily aveva emesso un grido, allungando il cellulare in direzione di Brian facendogli segno di leggere tutti i messaggi dell’amica.
“Visto? Te l’ho detto che c’è qualcosa di strano! Alex non resterebbe mai e poi mai sola, per una notte, a casa di Zacky!”
“Io mi preoccuperei più del fatto che tutto ciò avvenga con Gena nelle vicinanze. Ma sei sicura che, semplicemente, Zacky non stia male davvero?”
Brian, nei messaggi di Alex, in effetti aveva letto preoccupazione più che non una labile copertura di una tresca nata malissimo, a suo avviso, ma Lily – dal canto proprio – aveva la certezza di conoscere l’amica meglio di sé stessa ed era convinta che, in qualche modo, il ragazzo fosse riuscito a far capitolare l’inglese, fosse solo rapendola. Non ci voleva di certo una come lei per comprendere che a Zacky Alex interessava almeno un po’, e la ragazza si divertiva un mondo a pungolarlo con trappole talmente stupide che nemmeno un adolescente innamorato sarebbe stato così fesso da farsi fregare per più di due volte consecutive. Zacky era ingenuo, e il suo sbuffare e fingere noncuranza rispondendo con domande mirate che nulla avevano di lasciato al caso alle illazioni di Lily, le avevano fatto supporre che ci fosse qualcosa di più che il mero desiderio da parte del chitarrista. La cosa peggiore, in realtà, era la sua cieca convinzione che quei due mondi – distanti anni luce – potessero in qualche modo prendere a orbitare l’uno vicino all’altra, cancellando distanze all’apparenza insormontabili, riuscendo persino a entrare in collisione senza annientare l’uno lo spazio vitale dell’altro. Lily, insomma, nelle giornate trascorse in compagnia di Zacky dopo Halloween, aveva iniziato a farsi normalissimi e scontati viaggi mentali su un’ipotetica storia d’amore che non le apparteneva ma che, di fatto, l’avrebbe resa felice persino più della propria.
“Secondo me a Zacky piace Alex,” aveva esordito lei dopo una pausa durata diversi  minuti nella quale Brian aveva persino creduto che si fosse addormentata. Mai abbassare la guardia, Brian. Non con Lily.
“Scusa? Lily non stai esagerando con questa storia?”
“Che male ci sarebbe se scoprissero di essere innamorati e fatti per stare insieme?”
“Io Alex ce la vedo molto di più a fare da segretaria o da madre a Zacky, che non la fidanzata.”
Probabilmente l’avrebbero tutti quanti digerita molto più di Gena, e su quello poteva dirsi certo. Se non altro avrebbero avuto la decenza di prendersi a male parole lontano da loro, considerando come Alex avesse la dote innata di ingoiare rospi e lavarsi poi di dosso i problemi lontano da occhi indiscreti. Compresi i loro. Alex sapeva tenere testa a Zacky in un modo tutto suo, ma ci riusciva. Era quello che li aveva sorpresi un po’ tutti quanti, quel suo modo di parlare in tono distaccato e pacato senza alzare la voce quando si arrabbiava. E Brian era certo che nemmeno l’avessero mai vista, davvero incazzata.
“Non ti mettere in testa strane idee,” aveva aggiunto, come se le stesse leggendo nel pensiero.
“Mi rovini sempre il divertimento. Insomma, da che parte stai? Vuoi davvero che Zacky resti a vita con Gena?”
“Se è felice perché devo frantumargli le palle mettendogli in testa cose assurde a cui magari nemmeno pensa? Alex è lontano anni luce dalla California.”
E da noi.
“Si sta abituando. Dopotutto sono anni che ha  a che fare con me,” e con quelle parole Lily gli aveva cinto la vita, baciandogli il petto prima di posarvi il viso, inspirando ed espirando al suo stesso ritmo. Le piaceva dormire con Brian, le dava quella strana sensazione di pace che il resto del mondo non sapeva concederle, come se ci fosse anche per lei un pezzetto di felicità ad attenderla. Non era facile essere Lilian Morgan Santini, però era sempre più convinta che fuggire in California fosse stata la scelta giusta per farsi accettare dal mondo e, in un certo senso, accettarsi. Non l’avrebbe mai ammesso nemmeno al proprio riflesso, ma forse il problema era anche lei: imbrigliata nelle convenzioni, impossibilitata a essere davvero sé stessa, bloccata sempre da ciò che era giusto e da ciò che tutti avrebbero pensato di lei, aveva finito con il legarsi mani e piedi e imbavagliarsi da sola per evitare problemi. Per evitare drammi. Per evitare di essere una cattiva figlia e una pessima amica. Huntington Beach le aveva fatto capire che quando voleva qualcosa poteva ottenerlo; che poteva osare oltre ogni limite perché lì tutto era possibile e nessuno le avrebbe mai detto nulla per un’auto troppo sportiva o gli shorts troppo corti. Aveva conquistato Brian, il suo idolo di sempre dopotutto. Se Alex si fosse invece innamorata di Zacky, be’, avrebbe avuto la certezza matematica che l’America era davvero il luogo ove tutto l’impossibile diventa realtà, e dove quest’ultima supera di gran lunga l’immaginazione.

“Ho bisogno di te.”
Alex teneva con una mano la cesta dove Stella si dimenava come un’ossessa, nell’altra la ventiquattr’ore con le cartelle cliniche dei pazienti che non aveva finito di controllare in ospedale e a tracolla una borsa contenente biberon, ciuccio, qualche giocattolo e una buona scorta di pannolini e latte liofilizzato.
“Bella forza, Baker. Cos’è, sono diventata la tua schiava per qualche motivo a me sconosciuto? Tipo che Lily ti ha venduto la mia dignità e io non ne sono a conoscenza?”
Indaffarata a sorreggere il prezioso carico, non aveva fatto troppo caso alle luci spente all’interno dell’abitazione o al fatto che Zacky si fosse arrestato bruscamente sulla soglia rischiando di farla cadere, convinta com’era di poter entrare e posare a terra tutto ciò che non era la cesta e i suoi sei chili abbondanti di essere umano.
Il ragazzo era avanzato di qualche passo nell’atrio andando a colpo sicuro in salotto, accedendo le luci per dare ad Alex l’opportunità di non ammazzarsi insieme a Stella nel buio di una casa che non conosceva. L’inglese l’aveva seguito sbattendo con le borse contro i mobili dai colori bizzarri dell’ingresso sino ad arrivare nell’ampio salone di casa Baker: a quel punto era impossibile non accorgersi del cambiamento che era avvenuto nelle ultime settimane e, a giudicare dal volto tirato di Zacky, probabilmente nelle ultime ore. Non c’era traccia delle fotografie dei viaggi fatti da lui e Gen né di quelle cianfrusaglie pacchiane e glitterate che malamente si accompagnavano con il macabro gusto con cui Zacky aveva gestito la propria parte di arredo. Di Gena, non c’era traccia. Ad Alex ricordava l’abitazione di Matt quando Val se n’era andata e non era rimasto altro che un involucro vuoto di una casa a metà, di un qualcosa che era stato smantellato dai propri ricordi pezzo dopo pezzo, lasciandovi solo la parte più dolorosa all’interno: quella dei rimpianti.
“Credo di avere bisogno di te sul serio ora,” aveva rincarato stornando lo sguardo verso di lei, posandolo poi su Stella.
“Gena non…”
“Se n’è andata, cazzo. Mi ha mollato qui come un coglione quando avevo bisogno di lei, ecco cos’è accaduto. Bella fregatura lo stare insieme.”
“Perché non provi a chiamarla?”
“Pensiamo a Stella, dovremmo metterla a dormire da qualche parte, no?”
Alex aveva lanciato un’occhiata alla bambina, tornando a fissare poi il ragazzo che, a passo spedito, si stava dirigendo al piano superiore senza aspettarla, a capo chino.
“Ehi…”
“Che c’è?” aveva sbottato lui, brusco, pentendosi nel medesimo istante del tono di voce che aveva utilizzato. Non ce l’aveva con Alex, ovviamente, era solo tutto troppo assurdo. Aveva scoperto di essere padre e avere una figlia; Gena l’aveva mollato e aveva fatto così pena ad Alex da chiederle di restare da lui in modo del tutto implicito, senza porsi il problema di un potenziale rifiuto. Patetico.
“Ti preparo un bicchiere di latte caldo. Tra poco Stella deve mangiare, ne approfitto per prepararlo anche per te.”
Come se non l’avesse nemmeno udito, ingoiando un milione di parole scomode che chiunque gli avrebbe invece rivolto, Alex aveva tirato dritto sulla strada di ciò che era giusto fare, e non perché era medico, ma perché Zacky era un essere umano e chiunque, nella sua situazione, si sarebbe sentito in diritto di sfanculare il mondo. E a ragione, anche.
“Come fai a sopportarmi in questo momento?”
“Lo faccio per Stella, non per te.”
Gli aveva strizzato l’occhio, prendendo in braccio la bambina porgendogliela.
“Dovrai pur imparare a tenerla, o pensi ci sia sempre qualcuno a farti da passeggino? Coraggio, sali…”
“Ma proprio sulle scale? E se mi cade?”
“Dio come sei imbranato! Ma tu non eri quel californiano per cui milioni di donne in tutto il mondo farebbero follie? Hai paura di una bambina? Dai muoviti, o non farai progressi per i prossimi vent’anni. E a quel punto lei non avrà più bisogno di te.”
“Quanta simpatia stasera… tu godi della sfiga che mi perseguita, per caso? Sei persino più rilassata del solito, in altre circostanze mi staresti a debita distanza, lo sai?” le aveva chiesto lui, divertito.
“Sai Baker, a volte mi chiedo come tu faccia a contemplare una marea di cazzate che supera di gran lunga ogni previsione possibile. Non mangi e poi, in caso, io sono più veloce a mordere di te.”

Nel giro di due ore, era convinto di aver fatto passi da gigante. Alex gli aveva spiegato cosa poteva mangiare Stella e l’indomani l’avrebbe accompagnato al supermercato per aiutarlo nella spesa, nonché sarebbero andati a comprare vestiti e tutto l’occorrente per darle una degna esistenza alla Vengeance. Era fuori discussione, dunque, che Stella finisse in qualche casa d’accoglienza od orfanotrofio. Il pensiero non l’aveva sfiorato nemmeno per un istante e questo aveva stupito l’inglese, che aveva accolto l’entusiasmo di Zacky con pazienza e una buona dose di sorrisi e incoraggiamenti. Lui, d’altro canto, si era rivelato un ottimo allievo. Oltre a essere riuscito a far scaldare il latte senza far esplodere il bollitore, era riuscito anche a cambiare per ben due volte il pannolino a Stella prima che si addormentasse tra le braccia di Alex. La prima, a essere sinceri, era stata un trauma: Zacky si sentiva in imbarazzo a dover avere a che fare con una femmina, così Alex l’aveva costretto a fare i conti con Stella a tu per tu, nel suo primo, vero dialogo con sua figlia. C’erano voluti venti minuti abbondanti, ma alla fine era riuscito a prepararla per metterla a dormire.
“Non è così difficile, vero?”
“No, sinceramente pensavo peggio.”
Zacky si era seduto accanto a lei, sul divano, stappandosi una bottiglia di birra, mentre Stella dormiva nella sua cesta accanto a loro.
“Dovremmo metterla a letto. Te la senti di dormire con lei? Non ruzzolerà giù dal letto, il problema sei tu… se ti dimeni nel sonno potresti schiacciarla.”
Zacky si era quasi soffocato con la birra e lei l’aveva guardato sorpresa prima di scoppiare a ridere, divertita.
“Scherzavo, Zacky.”
“Non è che… si insomma, puoi dormirci tu con lei? Mi sentirei più tranquillo. Sai quelle cose, tipo che i bambini si soffocano nel sonno…”
“Tu rischi di soffocarti da sveglio, figurati… perché ti vuoi privare di questa cosa, Zacky? È tua figlia, è meravigliosa e tu vuoi farla dormire con me? Andiamo, non essere stupido. Non accadrà nulla di pericoloso, e poi io sono qui.”
“C’è la camera degli ospiti, non ti lascio dormire sul divano.”
“Devo sbrigare le cose che ho lasciato in sospeso dal lavoro e portarle domani mattina a Jake, dato che mi sostituirà lui. Ne approfitto per dargli due indicazioni su alcune cose che non gli ho ancora spiegato.”
“È davvero così magnanimo come sembra?” gli aveva chiesto lui sorseggiando di nuovo la propria birra, assaporandone il sapore amaro scaldargli la gola arida.
“Assolutamente no. Sappi che la tua giornata di shopping compulsivo da neo papà esaltato, mi costerà una cena con Jacob. Soprattutto per il fatto che sarò costretta a pagare io,” aveva scoccato lei, seria.
“Andiamo a dormire?”
Gli aveva indicato di caricarsi in braccio Stella e portarla in camera, seguendoli per spegnere le luci del piano terra. Si era assicurata che Zacky sistemasse la piccola nella posizione corretta, poi aveva lasciato che si sdraiasse al proprio posto. Non era solo, qualcuno a condividere quel letto c’era ancora, nonostante Gena se ne fosse andata.
“Alex?”
“Si?”
“Credi che sarò un buon padre?”
“Il migliore del mondo.”
“Grazie.”
“Buonanotte Zacky.”
L’aveva guardato distendersi accanto a Stella trattenendo il respiro nel timore di svegliarla. Era certa che avrebbe passato la notte in bianco e lei sarebbe stata sveglia nella stanza accanto, pronta a placare ogni sua paranoia sul nascere. Si era sempre dimostrato un pirla, di fatto Zacky aveva un cuore grande che l’aveva colta alla sprovvista. Non aveva mai creduto che fosse cattivo, solo scemo come tutti gli altri invece, senza battere ciglio, quello svitato nemmeno si era posto il problema di disfarsi della bambina e proseguire la sua vita. Era certa che non si rendesse conto del prezzo di libertà a cui avrebbe dovuto rinunciare per quella bambina, ma era anche convinta che non sarebbe mai tornato sui propri passi, una volta presa la decisione finale. In maniera scontata, lei conosceva già la risposta.

SMS: To Lily, Brian, Johnny, Lacey, Val, Matt From Zacky H 05:38 AM
Domani sera alle cinque ci troviamo tutti a casa di Lacey e Johnny. Riunione straordinaria, nessuno deve mancare.

Zacky si era rigirato il cellulare tra le mani, osservando Stella dormire accanto ad Alex. Non aveva chiuso occhio sino a quando aveva notato che la luce nella stanza degli ospiti continuava a restare accesa, dopodiché si era deciso ad andare a verificare che Alex non si fosse addormentata, trovandola intenta a scrivere velocemente alcuni appunti a lato di cartelle cliniche che a lui parevano tutte uguali. Alla fine Stella si era svegliata, Alex le aveva preparato da mangiare e poi aveva cercato di farla riaddormentare, considerando quanto Zacky si trovasse nel panico più completo nel sentire le grida di ribellione di Stella.
“Senti, quanti figli hai avuto tu?”
“Miliardi… che cazzo di domande fai?”
Ogni tanto dimenticava che Alex era un medico e si stava persino convincendo che era stata la divina provvidenza a lasciargliela lì, ad Huntington Beach. Era quasi l’alba, e sia Alex che Stella erano crollate addormentate, dopo una battaglia durata ore. Protetta tra il corpo della ragazza e il suo braccio, Stella dormiva supina con il pollice in bocca, un rivolo di bava a scivolarle fuori dalle labbra socchiuse. Erano tutti così i bambini? Stella sembrava sapere un sacco di cose, dopo appena dodici ore di convivenza. Alex era diventata una cosa rassicurante, lui la cosa che la trattava in modo un po’ meccanico e goffo. Zacky aveva provato per quasi un’ora a farla addormentare, poi ci aveva rinunciato. Ad Alex i tentativi non erano andati meglio, sino a quando non aveva tentato di distendersi accanto a lei accarezzandole delicatamente la nuca, sorridendole. A Zacky, nel vederle lì, insieme, pareva di essere quello sbagliato e fuori posto: era un bozzolo di pace e serenità tutto femminile, un contesto di amore incondizionato tra due soggetti che non avevano nulla in comune che, però, insieme sembravano perfetti. Era stato in quel momento che aveva capito di sentirsi sereno, privo di ogni tensione nervosa come se tutta la merda fosse scivolata via all’improvviso dopo una doccia gelida, per la prima volta in pace con il mondo da quando Jimmy se n’era andato. Immerso nel silenzio di una notte che sfumava nell’alba, aveva compreso che Stella aveva bisogno di lui per sopravvivere e diventare grande e che anche lui, nonostante avesse quasi trent’anni più di lei, aveva bisogno di Stella per diventare davvero adulto.
È difficile capirti, Alex, sei un autentico casino, ma in questo momento quello di cui ho bisogno è qualcuno che mi stia accanto e mi dica che sto facendo la cosa giusta, solo questo.
Tu resti, vero?

Alex aveva lasciato Zacky e Stella alle prese con gli ultimi acquisti, dopo una mattinata passata a placare il ragazzo ed essere scambiata per la bella madre dell’adorabile bambina. Al decimo negozio, l’ottava strisciata di Master Card e il quarto pannolino cambiato, il buon senso di Alex aveva chiesto l’armistizio.
Perché lo fai?
Per un amico. E perché sono assolutamente stupida, questo lo so benissimo.
“Sicura di prendere l’autobus? Posso accompagnarti in ospedale senza problemi. Ora che Stella ha il suo seggiolino non abbiamo più paura di nulla, vero?”
Lei lo fissava con gli occhi sgranati, nemmeno sapesse quanto suo padre fosse un autentico pericolo in auto, scuotendo in aria un pupazzo a forma di coniglio che le aveva comprato Alex.
“Lo sai che non puoi superare le sessanta miglia orarie, con lei a bordo?”
“Scusa?”
“Non vorrai ucciderla così piccola! Comunque ci vediamo da Johnny e Lacey. Sei deciso allora?”
“Assolutamente si.”
Sei anche abbastanza coglione, di questo ne sono certa. E a me tocca lavare i tuoi panni sporchi: assurdo.
Alex aveva lasciato padre e figlia alle prese con il loro modo – strambo e impacciato – di scoprirsi, prendendo un taxi e facendosi accompagnare allo Starbucks vicino all’ospedale, dove aveva dato appuntamento a Gena. O meglio, aveva chiesto a Val di darle appuntamento fingendo di essere lei a doversi presentare, in modo da non offrire alla bionda qualche scusa per disertare. Quando l’aveva vista arrivare l’aveva squadrata in malo modo, memorizzando le occhiaie che le cerchiavano gli occhi, i capelli arruffati e i jeans sui quali aveva indossato un maglione oversize rubato dal guardaroba di Zacky.
“Val adesso entra in combutta con voi?”
“Una tregua me la concedi almeno per oggi?”
“Cosa vuoi? Se è per Zacky puoi anche tenertelo.”
“È per Zacky ma non è quello che pensi.”
“Dalla tua faccia non si direbbe, lo sai?”
Alex aveva incassato il colpo, ordinando un caffè americano alla cameriera. Gena non era una persona con cui andare per il sottile o con la quale la diplomazia avrebbe funzionato, eppure aveva deciso di mettere da parte tutto ciò che Lily le aveva insegnato, mettendo a tacere la voce della sua coscienza che le intimava di farsi i fatti suoi vivendo decisamente meglio. Peccato che avesse smesso di possedere il senso della privacy nell’esatto istante in cui casa sua era invasa 24 ore su 24 da intrusi.
“Ho passato la notte a casa vostra per controllare la bambina. Credevo ci fossi tu, invece quando siamo rientrati non…”
“Non sono disposta a crescere i bastardi di Zacky. Sai cosa fa male? Avere davanti il frutto del suo tradimento ogni giorno di tutta la mia vita. Non riuscirei a sopportarlo.”
“È un bambino, non ha colpe. Davvero chiederesti a Zacky di portarla in orfanotrofio o di darla in affidamento?”
“Non sceglierebbe me, comunque. E poi non tutti sono così magnanimi da poter amare un figlio non proprio. Io non saprei farlo e Zacky l’adora già.”
“Si, stravede per lei. È imbranato, ma se la sta cavando. Perché non vuoi aiutarlo Gena? Ha bisogno di qualcuno che gli stia accanto. So che è difficile, ma potreste andare da degli psicologi che potranno darvi tutto l’aiuto necessario per…”
“Ha i ragazzi, ha te e Lily anche. Ha un sacco di gente attorno che può aiutarlo. Io non farò la differenza. Gli ho chiesto decine di volte un figlio e non ha mai voluto sentire ragioni. Diceva che veniva prima la band, che aveva un sacco di progetti e un figlio a nemmeno trent’anni era prematuro. E guardalo ora… forse avrei dovuto cercarlo da sola, un bambino, e metterlo davanti al fatto compiuto.”
“Non sei così meschina.”
“Così l’ho perso per sempre.”
Gena era scoppiata a piangere e ad Alex erano morte le parole in gola. Cosa poteva dirle? Che le dispiaceva? Che c’era ancora la possibilità di recuperare il loro rapporto? Non erano amiche, non erano niente se non due sconosciute. Si era presa la libertà di supplicarla di tornare da Zacky e sentire almeno la sua versione dei fatti, ma Gena aveva già deciso tutto quanto e da sola. Così come lui aveva deciso in perfetta autonomia di tenere Stella.
“Non gli hai detto che mi avresti incontrata, vero?”
“No, non l’ho fatto. Speravo di poterti far cambiare idea. Si, insomma, che gli avresti dato una possibilità. Un figlio cambia un sacco di cose, ma cambia anche le persone. Ho visto coppie in crisi tornare ad amarsi dopo aver avuto un figlio. Non è tua, è vero, ma è così piccola che è come se la fosse. Ti sto parlando da medico, comunque, non da amica” aveva precisato l’inglese lasciando sul tavolo una banconota da cinque dollari.
“Torni da Zacky?”
“Vado da Johnny e Lacey. A quanto pare vuole dare la notizia ai ragazzi. Vuoi venire anche tu?”
“No, io mi sono tirata fuori dai giochi ieri sera. Tu cosa faresti al mio posto?”
La ragazza si era morsa il labbro inferiore, spostandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, lo sguardo perso ad osservare le sfumature di colore che assumevano le unghie di Gena sotto la luce dei neon.
“Se fossi innamorata di Zacky gli starei accanto e lo aiuterei, rispettando le sue scelte. Non sarà facile stravolgere la sua vita in funzione di una bambina. Ha bisogno di qualcuno che lo supporti.”
“Io non sono adatta nel ruolo. E poi so che c’è chi ci sta già pensando, o sbaglio?”
“Sono solo un medico, è normale farlo per me.”
Non si sarebbe lasciata trascinare in una spirale di colpi bassi e stoccate e frecciatine. Gena, però, non le sembrava pronta a ferire, quanto piuttosto rassegnata a perdere un match dal risultato già deciso in partenza.
Non basta un bambino per fregarti il buon senso e mettere in gioco ogni tua certezza, e quello era un dato di fatto.

“Mi spiegate perché Zacky deve decidere di fare riunioni a casa altrui? Cazzo ha anche lui una casa ed è sicuramente più comoda da raggiungere che non la mia!” stava brontolando il bassista, mentre Lacey offriva ai ragazzi e a Lily qualche tartina preparata per ingannare l’attesa del ritardatario.
“Alex mi ha avvertita che arriveranno con dieci minuti di ritardo, è passato a prenderla in ospedale e sono bloccati nel traffico. Dovrebbero essere qui a minuti.”
“Secondo voi che ci deve dire? Si, insomma, l’ultima volta ha avuto l’idea del video a Las Vegas ed è successo un mezzo casino…”
“Quello stronzo! Ha voluto farvi venire tutti qui perché così non distruggeremo casa sua! Lacey, andiamo fuori sotto al portico, almeno salviamo gli interni.”
Lily e Val erano scoppiate a ridere, mentre Lacey aveva dato un’occhiata all’esterno, attirata dal rumore di un’auto che inchiodava a pochi metri dal portico, appunto.
“Se un portico lo avremo ancora, Johnny… Zacky ci ha quasi parcheggiato dentro.”
“E Alex è ancora viva?” aveva chiesto Matt divertito mentre Lacey si era diretta alla porta di casa per aprire agli ultimi arrivati.
A varcare la soglia per primo era stato Zacky, solito sorriso e l’aria stanca, ma tutti avevano focalizzato l’attenzione prima sulla cesta che teneva stretta in mano, fiaccamente lasciata a penzoloni al suo fianco poi, risalendo alle sue spalle, si erano arrestati a fissare il bozzolo rosa che si dimenava tra le braccia di Alex.
“Cosa… Zacky?” aveva chiesto Matt incerto.
“Alex?” era stata la naturale domanda di Lily, un sorriso a trentadue denti stampato in volto e già il peso del corpo spostato in avanti, pronta a scattare addosso all’amica per sapere i dettagli di quell’adorabile e fantastica novità.
“Ma vaffanculo Zacky! Io ti dico che mi sposo a maggio e tu, da grande egocentrico del cazzo quale sei, sforni un figlio in ventiquattr’ore? Dio quanto mi stai sul cazzo…” aveva preso a farneticare Johnny per stemperare la situazione che, già di per sé, risultava abbastanza paradossale.
“Ti sei messo a rapire bambini, Zee?” aveva chiesto Brian, sperando che la sua versione fosse anche quella corretta e, di conseguenza, il male minore.
“È Stella, mia figlia.”
Alex era scoppiata a ridere, superando il ragazzo e portandosi accanto a Lily: frase ad effetto alla Vengeance, si era detta l’inglese.
“Lo so che la vuoi tenere in braccio, è tutta tua. È da quando siamo partiti che si dimena come una pazza, te la lascio volentieri. È davvero figlia di quel pazzo di Zacky, comunque.”
“Tu… sei rimasta da lui per questo?”
Ad Alex non era sfuggita la punta di delusione nella voce dell’amica, ma le aveva sorriso serena tendendole la bambina.
“Che ti aspettavi? Avanti, prendila.”
“Io non…”
Brian aveva notato lo sguardo carico di tensione che la  ragazza aveva rivolto all'amica, quasi avesse più paura di Zacky nel tenere Stella per un po'.
“Senti, di imbranati qui c’è già Zacky, tu adori i bambini… prendila, coraggio.”
“Vai Lily, tanto dovrai iniziare a fare le prove in vista dei marmocchi tuoi e di Brian, no?”
“Magari, cara la mia testa di cazzo, sarebbe il caso che ci raccontassi com’è che sei diventato padre di questo mostro, no?”
La voce di Brian era poco più che un sussurro, e il problema era – tecnicamente – uguale per tutti i presenti di sesso maschile nella stanza. Se le ragazze infatti si erano lasciate conquistare da Stella che allungava le mani nel tentativo di arraffare qualsiasi cosa le capitasse a tiro dalla sua posizione altissima a causa dei tacchi vertiginosi di Lily, ai ragazzi iniziava a mancare l’aria. Era quel mettersi dinnanzi alle scelte importanti, a quelle cose che si fanno quando si diventa adulti, al dismettere i panni di quattro coglioni e fare i conti con la vita e le sue priorità. Gli Avenged Sevenfold erano stati il sogno di cinque amici legati come fratelli ora, che erano rimasti in quattro e avevano una neonata a cui badare, aveva davvero senso finire l’incisione dell’album, partire per un tour mondiale e lasciarsi di nuovo alle spalle tutto quanto?

“Non credevo che Zacky decidesse di tenere Stella. Hai visto com’è carina?”
“Sbava, caga troppo e mangia e piange come una psicopatica. È di certo figlia di Zacky, di questo ne abbiamo avuto la dimostrazione,” era stata la risposta sconfitta di Brian. Durante il viaggio di ritorno al bungalow, Brian era stato certo che Lily avrebbe ripreso l’argomento, così come sarebbe toccato anche a Johnny. Ma se quel nano maledetto sarebbe stato persino felice di diventare padre, lui non era del medesimo avviso. Zacky li aveva fatti sentire tutti abbastanza immaturi e stupidi, a essere sinceri, e a Brian la cosa aveva messo addosso una buona dose di scazzo. Zacky era migliore di lui solo perché aveva deciso di tenere la figlia di una sconosciuta con cui era andato a letto per puro divertimento a New York? Al di là della sfiga intrinseca nella probabilità di mettere incinta al primo colpo una donna, restava comunque il fatto che Zacky non avesse la minima intenzione di separarsi dalla bambina. Il problema era la band. Erano arrivati alla conclusione che potevano incidere l’album e non fare nessun tour, a detta di Matt.
“La gente non ti vuole più se non ti fai vedere sul palco” gli aveva risposto Brian secco.
“Be’, prima o poi i Sevenfold smetteranno di suonare no? Preferirei avere la musica della mia band preferita dalla sala d’incisione piuttosto che non averla affatto.”
Matt aveva ragione, solo che a Brian urtava prendere di petto la realtà e vedere come l’amico aveva scelto di crescere senza di loro. E di lui. Jimmy aveva deciso di non crescere affatto, Zacky – dall’oggi al domani – aveva deciso invece di farlo, costringendo tutti quanti a seguirlo.
“Hai una visione deviata della realtà. Zacky si sta adattando benissimo, stando a quello che dice Alex” stava continuando Lily, intenta a mandare messaggi all’amica con aria distratta.
“Perché lo fa? Nessuno la obbliga.”
“Ha parlato con Gena, ma non l’ha detto a Zacky. Ha provato a convincerla a tornare da lui e le ha detto di no.”
“Non puoi biasimarla, un figlio lo devono volere entrambi o diventa un’imposizione che ti porta a scappare prima o poi.”
“Io sono la figlia non voluta, so come ci si sente. È meglio così per Stella. Alex dice che Gena sarebbe un’ottima madre, comunque.”
“Rassicurante.”
Lily, con una semplice frase, aveva spiazzato Brian. Lo metteva sempre in difficoltà riconoscere il passato della sua ragazza come una sorta di guerra continua alla disperata ricerca della sopravvivenza. Dimenticava troppo spesso che non aveva avuto un’adolescenza facile né un’infanzia felice eppure, quando la guardava ridere, o scherzare con Zacky, o parlare fitto con Alex, si chiedeva dove avesse cacciato tutto quel dolore. Credeva che fosse riuscita a nasconderlo molto a fondo, dove nessuno l’avrebbe trovato mai, e spesso era caduto nel desiderio di chiederle di svelare anche a lui il segreto per dimostrarsi vincente al mondo mascherando alla perfezione il tuo doloroso passato. Perché a volte il ricordo di Jimmy, il suono della sua voce e della sua batteria, superavano ogni cosa, serrandogli lo stomaco sino a rendergli impossibile il respiro.
Puoi respirare sott’acqua?
Quando il ricordo di Jimmy diventava violento, Brian si sentiva proprio in quello stato: in totale apnea, dove solo l’eco della memoria e dei rimpianti riuscivano a raggiungerlo.
“Dormiamo?”
Brian si era lasciato baciare da Lily, cingendole la vita e posandole il viso nell’incavo tra spalla e guancia, lasciandole un bacio delicato sul collo.
“Sei stanca stasera?”
“Si, fare la baby sitter non è il mio forte. Ma Zacky ha detto che mi lascerà Stella, a condizione che non metta i tacchi. Ha paura che possa cadere con lei in braccio. Secondo me sarà di una noia mortale come padre. Uno di quei tizi ansiosi sino al limite del soffocante.”
Brian si era aspettato che Lily iniziasse a parlare dei loro ipotetici figli, dei nomi che le sarebbe piaciuto utilizzare e le mille cose che sognava avrebbero fatto una volta adulti, invece si era limitata alle constatazioni sulla situazione di Zacky, senza andare oltre con la fantasia.
Michelle l’avrebbe fatto.
Fottiti Brian, cazzo, basta con questa storia.
Si era sentito meschino per quel paragone del tutto gratuito, ma ciò che l’aveva lasciato perplesso era la totale mancanza, da parte di Lily, di farsi trascinare nel vortice dei suoi sogni ad occhi aperti e delle sue congetture mentali. Quello di cui non si rendeva conto, Brian, era che Lily aveva una paura fottuta di fare del male agli altri. Avere dei figli era il suo terrore – e il suo desiderio – più grande. Quando non hai una famiglia alle spalle speri sempre di riscattarti creandone una tua soltanto, di cui andare dannatamente fiera. Lily non faceva eccezione ma l’eredità lasciatale da sua madre era scomoda e faceva paura. Nonostante le rassicurazioni di Alex e i controlli medici, temeva sempre che qualcosa le sfuggisse di mano, che tutto le apparisse assurdo e strano e cattivo facendola impazzire di punto in bianco. Non c’è un motivo per cui un individuo diventa un pazzo, giusto? Quella era una notte in cui avrebbe avuto bisogno delle rassicurazioni di Alex, non della presenza di Brian. Perché lui non poteva capire, invece Alex aveva capito benissimo: per quel motivo le aveva scaricato addosso Stella senza farsi troppi problemi e fregandosene delle sue paranoie. Era la sua terapia d’urto per ricordarle che era identica a tutti gli altri e che non era pazza. Magari un po’ matta, ma tutti i californiani lo erano, no?

“Val?”
Il ragazzo aveva aperto la porta di casa restando pressoché spiazzato dalla figura che gli si parava dinnanzi, il cappuccio tirato sulla nuca e le mani affossate nelle tasche della felpa.
“Entra, fa un freddo cane stasera.”
“Non si direbbe da come sei messo,” gli aveva risposto lei lanciandogli un’occhiata divertita, il petto nudo e i tatuaggi in bella vista. Matt era caloroso e adorava ricreare l’effetto serra in casa per potersene andare in giro con la stessa spavalderia con cui passeggiava in spiaggia il quindici di agosto.
“Come mai da queste parti? Tutto a posto?”
“Si, stavo pensando a quello che hai detto ai ragazzi stasera. Sei preoccupato, non è così?”
Valary aveva sempre capito ogni cosa di lui, anche tutte le frasi lasciate volutamente fuori da ogni discorso. La magia che c'era tra loro l'avevano costruita mattone dopo mattone, gradino dopo gradino, sino a decidere di condividere un percorso lungo una vita. Della promessa che si erano scambiati solo un anno e mezzo prima, a Matt sembrava restasse ben poco. Poteva dire di volere bene a Val, non sapeva dire se ne era ancora innamorato o se tutto si fosse spento senza che se ne rendessero conto. Alex era stata un pretesto per scappare e provare a cambiare vita, un comodo espediente che però gli si era rivoltato contro e che l'aveva messo con le spalle al muro. La ragazza non sarebbe tornata indietro e lui si era giocato l'unica alternativa alla sua attuale esistenza. Tornare con Val solo perché non aveva scelte, sarebbe stato solo da stronzi e da ipocriti, e se c'era una cosa di cui Matt poteva vantarsi era la totale incapacità di mentire.
“Volevo solo dirti che credo abbia ragione Brian. Perché Zacky ha deciso di tenere sua figlia non significa che gli Avenged Sevenfold siano finiti. I Metallica si portano in tour mogli e figli da sempre, Matt, rinunciare a tutto ora mi sembra un pretesto per evitare i problemi. E sai benissimo che il vostro problema è salire sul palco senza Jimmy.”
“Quindi cosa mi consigli?”
“Prima di tutto, di ripulire casa... è un porcile, lo sai?”
Si che lo so, manchi tu.
“Poi, credo dovreste trovare un batterista. Un turnista, uno che non necessariamente debba diventare un membro effettivo della band, magari un ragazzino giovane che vi ricordi perché avete iniziato a suonare. Anche se io avevo un'altra idea.”
“Tipo?”
“Chiediamo a Mike Portnoy di incidere il nuovo album con voi. Era il mito di Jimmy, chi meglio di lui potrebbe rendergli onore? Lavorate sulle canzoni, quando saranno pronte deciderete il da farsi. Non ha senso rinunciare a tutto ora, Matt. Siete diventati comunque adulti e siete ancora qui. La voglia di fare ce l'avete,ve lo si legge in faccia.”
“Tu leggi troppe cose nascoste,” l’aveva apostrofata il ragazzo con un sorriso divertito stampato in volto. Era la sua Val, non sarebbe cambiata mai. Anche nella merda più totale, lei avrebbe continuato ad andare avanti e combattere, senza fermarsi mai. Solo alla fine, qualora avesse perso tutto, si sarebbe dichiarata sconfitta.
“Ho imparato a farlo, e non brillate certo per originalità.”
“Resti?”
“No, torno a casa. Se ti va’ posso darti una mano a riordinare domani, senza implicazioni strane o una nuova partenza. Diamoci ancora un po’ di tempo, credo sia meglio per entrambi.”
Valary sapeva che Matt aveva sempre avuto bisogno di tempo per matabolizzare i cambiamenti, per riordinare la sua scala delle priorità e mettersi a lavorare. Lei c’era sempre stata, aveva creduto in loro quando non ci credeva nessun altro, e continuava a farlo. Anche se tra loro non si sarebbe sistemato un bel niente aveva un obbligo nei confronti di Jimmy: fare in modo che quelle quattro teste di cazzo non mandassero a puttane dieci anni di sogni e di vita. Jimmy, altrimenti, per cosa aveva vissuto?

Quando Lily era rincasata, Alex si trovava nel suo letto. Alle tre della domenica notte, poteva dire fosse un ottimo traguardo, considerando che non vedeva l’amica dall’incontro a casa di Johnny e Lacey, presa in modo forzato da Zacky per il residuo del week-end. Lily, però, non aveva di certo la decenza di considerare ciò che riguardava l’ amica una questione di privacy né, tanto meno, si era posta il problema dell’orario. Voleva sapere tutto, nei minimi dettagli, di conseguenza il suo gettarsi praticamente a peso morto sul letto di Alex, era stato un normale assalto e una sveglia – purtroppo preventivata – per l’inglese.
“Lil… che ore sono?”
“Le tre e un quarto più o meno… sei riuscita a fuggire da casa di Zacky?”
Alex aveva allungato il braccio al di fuori delle coperte, tastando il comodino sino ad agguantare la sveglia e portandosela sufficientemente vicina al viso per constatare l’orario.
E Lily, in fatto di tempismo del cazzo, si era proprio superata.
“Cosa vuoi sapere Lily? Sono tre notti che non dormo, possiamo parlarne domani, quando tornerò dal turno in ospedale?”
“E sarai più morta di adesso? Come hai fatto a farti dare i giorni di permesso?”
“Venerdì mi ha sostituita Jake, sabato e domenica ho chiesto un paio di giorni di riposo per motivi famigliari… ovviamente mi hanno chiesto di quale famiglia parlassi,” era stata la puntualizzazione sarcastica dell’inglese.
“Com’è?”
“Cosa?”
“Vivere con Zacky.”
“Non ho… okay, Zacky è l’uomo più apprensivo del pianeta.”
“Perché non sei rimasta con lui anche stanotte?”
Alex aveva sollevato la testa dal cuscino, i capelli che le ricadevano attorno al viso come un cespuglio di mangrovie ricco di nodi, lo sguardo assonnato e l’aria di chi non aveva nemmeno la forza di parlare.
“Deve imparare a fare il padre da solo, non ci sarò ogni secondo della giornata a seguirlo. Se ha scelto di tenere Stella con sé dovrà anche imparare a prendersene cura.”
“Tu andresti là anche nel cuore della notte, se ti chiedesse aiuto. Sei troppo buona, e ci tieni a lui, anche se non lo ammetteresti nemmeno sotto tortura.”
“No, ho solo la decenza di non volere sulla coscienza la vita di un neonato. Dove vuoi arrivare, Lily?”
“Da nessuna parte, volevo solo sapere com’era andata, tutto qui.”
Alex aveva portato lo sguardo sul display del proprio cellulare che, impostato sul silenzioso, emetteva stridii acuti muovendosi sul piano del comodino a causa della vibrazione. Lily, con aria trionfante, era scoppiata a ridere, l’aria soddisfatta di chi aveva già previsto ogni cosa.
“Non gli rispondi?”
“Cos’è, vi siete messi d’accordo per caso?”
Alex aveva osservato riluttante il telefono, prima di afferrarlo e decidere di rispondere: dall’altro lato provenivano rumori sommessi di sottofondo, poi il suono di qualcosa che cadeva a terra e si rompeva e le grida acute di Stella.
“Cazzo…” e Alex si era allontanata dall’orecchio il telefono, svegliandosi del tutto.
“Zacky tutto bene?”
“Si, cioè no… ho appena fatto cadere il biberon e il bollitore. Ora come faccio a calmarla?”
“Se l’hai fatto cadere ora, perché mi hai chiamata?”
“Volevo informarti che era tutto sotto controllo, solo che adesso non c’è più un cazzo sotto controllo!”
“Okay, Zacky. Io non mi muoverò da casa, per cui ora prendi una pentola qualsiasi, mettici dentro il latte e scaldalo. Falla bere con il biberon che avevamo preso dall’ospedale venerdì se hai rotto quello ipertecnologico che hai voluto comprare sabato.”
“Non lo trovo più, probabilmente l’ho buttato via. Era antiestetico.”
“Ma come cazzo fai a essere così scemo?”
“Okay, esco, vado a comprare il biberon con Stella e sistemo tutto.”
Venti minuti dopo, Stella e Zackary James Baker, un biberon avvolto nella propria confezione e un pacchetto di latte liofilizzato, si trovavano davanti al bungalow delle ragazze, il dito del chitarrista premuto con insistenza sul campanello.
“Cosa…”
“Ti avevo detto che avrei risolto tutto, no? Ci ho messo una vita a trovare un discount aperto a quest’ora… Eravate più vicine voi, così ho pensato di fermarmi qui per prepararle da mangiare, anche se ormai credo si sia sfiancata a forza di piangere e gridare. Potrebbe essere una grande cantante, secondo me. Tu che dici?” le aveva chiesto lui offrendole uno dei suoi sorrisi migliori, di quelli per i quali non potevi fare a meno di cedere.
“Zacky… sei un mostro,” e passandosi una mano tra i capelli, Alex aveva spalancato la porta ai due nuovi arrivati. Zacky aveva colpito basso e, in ogni caso, era così stanca che avrebbe ceduto persino dinnanzi a Brian e un seguito di ballerine di lap dance. La ragazza aveva la netta sensazione che le cose stessero prendendo una piega pericolosa che temeva di non saper arginare, come una palla di neve che – scendendo a valle – si trasforma in valanga, ma era bastato il sorriso di Lily che le chiedeva come dovesse fare per allattare la piccola, per capire che quella mocciosa che sorrideva sdentata avrebbe potuto risolvere ben più di un problema, costringendoli a mettersi tutti quanti in gioco. Non era una cosa che riguardava solo Zacky, quella. Alex, osservandolo seduto accanto a Lily sul divano del salotto, scorgeva qualcosa di nuovo e inaspettato. C’era  un’atmosfera dolce che sapeva di casa e serenità, come se Stella – nel gettarli nel panico più totale – riuscisse a creare quell’alchimia necessaria per scatenare equilibrio e sicurezza. Zacky aveva sollevato lo sguardo su di lei, i piedi nudi appoggiati sul bordo della poltrona e il mento sulle ginocchia persa a rincorrere i propri pensieri, sorridendole. Era il suo ringraziamento per esserci stata ancora una volta e lei, arrossendo, aveva distolto lo sguardo, tornando a guardare Stella addormentarsi, ormai sazia, tra le braccia di Lily.

*
Note delle Autrici

Abbiamo deciso di cambiare il titolo perchè abbiamo vcapitolo che il titolo della canzone è tra i più gettonati. Abbiamo aggiunto un sottotitolo tutto nostro. :)

Eccoci qua con un nuovo bellissimo capitolo. Stella è entrata a far parte della vita dei ragazzi... Non è adorabile?
Grazie a tutti quelli che seguono e recensisco la storia, ci rendete molto felici.
Alla prosisma!

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Capitolo 11
*** #11 December First ***


Se c’era una cosa in cui Lily riusciva divinamente era: esagerare. Per lei non c’erano mezze misure, nemmeno limiti, soprattutto quando in ballo c’era di mezzo il Natale. Quando le lancette dell’orologio scandivano la mezzanotte del primo dicembre la ragazza veniva posseduta dallo spirito natalizio.

Se c’era una cosa in cui Zacky riusciva divinamente era: fare follie. Per lui ogni occasione era buona per organizzare dei party, comprare alcolici, addobbi e festeggiare fino al week-end seguente. Le feste di casa Baker erano epiche, venivano ricordate come enormi buchi neri da parte degli ospiti. La leggenda narrava che il film ‘The Hungover’ fosse ispirata a una normale serata tra amici a Baker’house. Il mese di dicembre per il chitarrista aveva sempre rappresentato il traguardo per cui viveva ogni anno, tre delle feste più importanti al mondo si celebravano quel mese: il suo compleanno, Natale, e il nuovo anno. Tre ottimi motivi per cui folleggiare circa trenta giorni consecutivi.

*

Brian Edwin Haner Jr, stava cercando di attirare l’attenzione della propria ragazza che da oltre un’ora stava urlando al telefono contro quello e quell’altro imprevisto. Il bungalow doveva essere finito già da tre giorni, ma alcuni imprevisti avevano ostacolato la tabella di marcia della ragazza – in verità aveva ostacolato muratori ed elettricisti, ma Lily tendeva a prendere tutto a livello personale -. Lui, ingenuamente, non riusciva a comprendere lo stato d’ansia di lei.
“Se non finiscono entro questa settimana, Lily li fa secchi tutti” sconsolata Alex stava osservando pure lei la scena. “Lily ha un attaccamento quasi morboso con il Natale, fa paura Brian…”
“Bene, Zacky è ancora peggio, c’è di mezzo anche il suo compleanno…” borbottò contrariato; lui, che un tempo non molto lontano era il Re incontrastato delle feste, aveva abdicato al trono perché cominciava a rendersi conto di non avere più l’età, ne la pazienza, ne la voglia.
“Zacky è in ritardo, doveva essere qui da mezz’ora, deve lasciare Stella e venire con me…” sospirò guardando l’orologio: la puntualità non era uno dei principi che spiegavano ai californiani, dato che sembrava un terno al lotto riuscire ad avere un appuntamento puntuale da quando aveva conosciuto i ragazzi.
“Cosa?” esclamò sbigottito Brian. “No no! Noi non faremo i babysitter a quella palletta rosa!” rispose risoluto. Noi faremo del gran bel sesso, nella camera da letto della mia ragazza. Pensò intensamente.
“Sono solo due ore, e si è offerta Lily, io e Zacky abbiamo delle faccende da sbrigare” sorrise divertita l’inglese. “Suppongo che non ne abbia parlato prima con te…”
“Tu dici?” rispose seccato portando le braccia conserte al petto.
“Vedrai che con il termine dei lavori tornerà la calma” cercò di rassicurarlo, ma entrambi sapevano che stava mentendo, e non per il fatto che Alex era una pessima bugiarda, ma da quando Gena e l’amica avevano tentato di mettere all’angolo Lily… Avevano semplicemente risvegliato la belva; avevano come rotto tutti i sessantasei sigilli che tenevano a bada l’italo-americana, e le davano una parvenza di persona sana e normale. Se mai lo fosse realmente stata.
Alex aveva timore di questa sua reazione troppo marcata, sapeva benissimo che l’amica non era calma, anzi, poteva sentire la sua irrequietezza a chilometri di distanza mentre Brian provava una sorta di eccitamento nel vederla agitata, che faceva follie come se non ci fosse un domani. Gli Avenged Sevenfold erano gli imperatori incontrastati dell’eccesso, la biografia dei Mötley Crüe era la loro bibbia, ma nessuno della band aveva comprato casa dall’oggi al domani, ne tanto meno la stava ristrutturando come se dovesse partecipare a qualche gara di Architettura Moderna.
“Allora: domani vengono a finire il secondo bagno, e poi finiranno il patio, tutto entro venerdì!” esclamò Lily che silenziosamente era comparsa alle spalle dei ragazzi che sobbalzarono sentendo la voce così vicina.
Brian si girò per poter prenderla e tirarla giù verso di se e dargli un lungo bacio, per poi sospirare sentendo il campanello di casa suonare cinque volte. Quello spastico del suo amico, amava sempre esagerare…
“Ecco la meraviglia delle meraviglie!” disse Lily andando ad aprire la porta, nemmeno notò Zacky che sfoggiava un paio di occhiali da sole degni di un telefilm degli Anni Ottanta, ma si concentrò solamente su quell’esserino che indossava una tutina tigrata, con tanto di cuffietta con le orecchiette a forma di gatto.
“Questa è la tutina che abbiamo comprato insieme?” chiese divertita e il ragazzo annuì fiero. “Le sta benissimo” aggiunse Lily allungando le braccia per prendere la ‘nipotina’ ormai acquisita.
“I tacchi, o tu non ti avvicini nemmeno per sbaglio a Stella” puntualizzò lui serio: per essere un neo-papà con solo qualche ora di preparazione mentale Zackary era diventato una sorta di maniaco della sicurezza della sua piccolina. D’altronde quando ci si ritrova ad essere genitori all’improvviso, il cambiamento della propria vita è netto, radicale. Se prima si dormiva poco perché sempre in giro a bere e fare casino con gli amici di sempre; le notti insonni dopo, si trasformano in un sonno molto più simile a dormiveglia che altro; intervallato regolarmente con visite alla culla della bimba, per vedere se semplicemente respirasse ancora.
La vita di Zacky era totalmente cambiata, come se fosse stata gettata in un contenitore e shakerata alla massima potenza, e l’unica certezza rimasta era che niente sarebbe tornato come prima.
“Tolti, contento?” borbottò contrariata, proprio come aveva preso a fare Brian da circa cinque minuti buoni.
Alex si ritrovò a pensare che realmente Dio li faceva e poi li accoppiava. Si stiracchiò e congedandosi andò in camera propria, si sarebbe dovuta cambiare per uscire con l’amico.
“Ti cambi?” domandò curiosa Lily che cullava la piccola Stella intenta a giocherellare con una lunga ciocca di capelli della ragazza.
“Si, non lo so, ho questi abiti dal turno di stamattina…” sospirò guardandosi allo specchio.
“Ti vuoi fare bella per uscire con Zacky?”
Se solo avesse avuto una telecamera a disposizione avrebbe fatto un filmato della scena, e lo avrebbe distribuito a Natale come messaggio d’auguri. Davanti a lei si erigeva in tutta la sua altezza Alex con gli occhi sgranati e la bocca aperta, in preda a una sorta di spasmo – scientificamente chiamato: spasmo da pesce rosso – che la fissava intensamente.
“Tu sei scema, ho solo voglia di sentirmi un essere umano” rispose non appena il cervello aveva ripreso a processare correttamente input e output.  “E poi andiamo in centro a LA, ultimi acquisti per la pargola e per lui; ha bisogno di svago.”
“Non ti devi mica giustificare con me!” disse divertita, accarezzando con la punta del dito il nasino – perfetto – della bimba. “E poi Zacky ha bisogno di te, senza crollerebbe subito” aggiunse senza malizia nel tono della voce, dato che il sottointeso era più che malizioso.
“Ha bisogno di tutti noi, non è semplice digerire una cosa del genere, e poi Gena l’ha mollato…” prese a dire lei spostando una a una tutte le stampelle nel proprio armadio.
“Aspettami qui, ho la cosa adatta a te!”
Alex sospirò e si mise a sedere sulla rientranza della finestra più grande di camera sua, osservando il paesaggio fuori, guardando un punto non ben definito. Sentiva addosso la stanchezza degli ultimi giorni, dove, per cause di forza maggiore non aveva avuto nemmeno un secondo solo per se. La cosa non le destava grandi problemi, anche se avrebbe voluto solo farsi un lungo bagno, e leggersi un bel libro.
Ma doveva concentrarsi su Zacky, le aveva chiesto aiuto mostrandole un lato molto più maturo – anche se spaventato – e fragile di quanto lei si sarebbe mai immaginata.
“Eccomi” sorrise Lily entrando nella stanza, tra le braccia aveva una custodia bianca, e non più la piccola che era insieme al padre a ridere e gorgogliare tutta allegra. “Questo è l’abito adatto a oggi pomeriggio, e porta Zacky a fare un aperitivo a LA, io ho la situazione sotto controllo…”
“Guarda che Brian voleva rimanere solo con te, lo stai trascurando…” la rimbeccò affettuosamente l’amica, che rimase piacevolmente stupita quando aprì la sacca lo vide subito il vestito: bellissimo indubbiamente, e con più stoffa di quanto si aspettasse.
“Lo so, ci voglio parlare” disse tranquilla, senza dar vedere la tensione che provava: non si erano ancora confrontati seriamente su nessuna questione, tanto meno l’acquisto impulsivo di una casa. “Guarda questo abito è perfetto per te!” aggiunse aiutandola a infilarlo. Era un abito nero, di stoffa morbida e i pantaloni erano larghi e ricadevano dando alle curve della ragazza il giusto risalto, la parte superiore era un top che si allacciava dietro al collo lasciando la schiena scoperta.
“Se non c’è qualcosa di scoperto tu non lo compri vero?” chiese guardandosi allo specchio con un sorriso, quell’abito la faceva sentire semplicemente: bella.
“Indosserai questa giacca sopra” aggiunse passandogliela. “Poi all’aperitivo la togli, ed ecco fatto!” spiegò tutta entusiasta e soddisfatta. “Di certo devi scioglierti i capelli e ridargli un po’ di volume, e ci metti i tuoi stivaletti con il tacco!”
“Altro?” domandò divertita.
“Si, cerca di rilassarti anche tu, so che dovete fare dei giri, ma dovertitevi: ne avete entrambi bisogno!”
“E tu sei sicura di stare con Stella?” domandò guardandola dritta negli occhi.
“Non proprio, ma c’è Brian, e ci sapremo adattare per una serata no?” rispose tranquilla. “Sai benissimo come la penso sui bambini, ma non credo che stasera finirà il mondo…” aggiunse distogliendo prontamente lo sguardo.

Arrivarono a Los Angeles in meno di quaranta minuti, un tempo ragionevolmente buono a parere di Zacky e fin troppo perfetto secondo la ragazza, che però aveva notato come guidasse cercando di trattenersi, era certa che con Stella in auto il chitarrista non avrebbe mai superato le cinquanta miglia orarie in città.
“Oh mi mancava l’umidità di LA” commentò sarcastico stiracchiandosi le braccia. “Non te l’ho detto prima ma stai bene vestita così” disse poi avviandosi verso il lungo mare; “Sembri una ragazza qualsiasi e non uno zombie… Lavori troppo, e prima che tu possa dire qualcosa, si, è anche colpa mia, scusami” aggiunse cercando di mostrare indifferenza. Ma non era così; l’arrivo di Stella gli aveva aperto gli occhi, e volente o nolente stava facendo i conti con una vita fatta di cazzate e problemi. Ma Alex, in quelle prime settimane era stata la sua ancora di salvezza, era riuscita dove gente con cui era cresciuto e aveva condiviso di tutto, aveva fallito. Non rimproverava nessuno dei suoi amici, nemmeno Gena, ma nessuno di loro aveva provato a mettersi nei suoi panni, solo Alex era riuscita a comprendere realmente il suo stato d’animo e la situazione da un punto di vista senza pregiudizi.
“Sono i ringraziamenti peggiori che abbia mai ricevuto” commentò sincera e divertita la ragazza che si girò a fissarlo sorridente. “Ma non devi ringraziarmi, affezionarsi a Stella non è poi cosi difficile.”
“Sopportare me lo è, riesco a complicare tutto” ammise con un sospiro.
“Che ne dici se compriamo solo il latte per Stella e poi ce ne andiamo a fare un giro? Un bell’aperitivo lungo il molo?” propose rendendosi conto solo in quel momento delle profonde occhiaie del ragazzo e dello sguardo leggermente perso. Doveva essere stravolto anche lui, logorato anche dal fatto di sentirsi comunque solo e più isolato rispetto a come era il mese precedente. Un bimbo cambia la vita: non solo per le poche ore di sonno e gli impegni improrogabili, ma perché sai che un piccolo essere umano dipende interamente da te.
“Se trovo qualche addobbo natalizio, lo prendiamo” annuì con un sorriso, dopo aver sospirato di sollievo.
“Anche tu patito di Natale?”
“Dicembre è il mese che preferisco in assoluto…”
“Mi sembra di averla già sentita questa…” bisbigliò più a se stessa, che al proprio amico.
“Cosa?” chiese divertito, iniziando a rilassarsi; provava una strana sensazione che gli aveva fatto sciogliere i muscoli delle spalle e aveva voglia di sorridere. Ammise per la prima volta in quelle settimane, che non avere Stella intorno era una boccata di aria fresca.  “Mi sento uno stronzo” aggiunse subito dopo.
“Come mai?”
“Perché ho pensato che è la prima volta che senza urla e strepitii sto decisamente meglio.”
“Sei un essere umano, e per fortuna lo dici, mi stavo cominciando a preoccupare” lo rassicurò con un sorriso. “Ero convinta che saresti esploso prima o poi, hai preso fin troppo bene la situazione…”
“Che altro dovrei fare? Buttarmi a terra e piangere disperato? Stella non può di certo prendersi cura di se stessa…” sospirò pesantemente. “Sono fottutamente terrorizzato, ogni notte mi alzo almeno nove volte quando lei dorme per controllare se respira, senza considerare che vivo nel terrore che si becchi qualcosa…”
“Sei apprensivo ed è una bella cosa, ma devi ricordarti che comunque non puoi nemmeno farla vivere sotto una campana di vetro” cercò di rassicurarlo. Aveva assistito personalmente alle piccolo follie in casa Baker, in sole 72 ore aveva chiuso ogni presa della casa con l’apposito tappo e applicato della gomma piuma a ogni spigolo ad altezza bambino; senza rendersi conto che Stella nemmeno riusciva a gattonare ancora.
“Ho letto così tante cose che mi sembra di vivere in un mondo dove ogni cosa è mortale” aggiunse cercando di smorzare la tensione. Si era ripromesso di far divertire anche Alex, non gettarle addosso ancora più problemi e preoccupazioni.
“Ti dirò un segreto…” proferì ridendo stringendo le braccia attorno a quella del ragazzo accostandosi a lui. “Da piccola vivevo in una casa con un grande cortile sul retro, mi lasciavano libera di correre e giocare, era tutto recintato, e quando avevo due anni, per mesi mangiai il terriccio delle piante…” raccontò cercando di trattenere le risate. “Mia madre – patita di giardinaggio – pensava che avessimo delle piccole talpe o dei procioni” concluse scuotendo la testa, per poi ridere insieme a Zacky. “Insomma, ho mangiato terriccio per mesi, e non sono venuta così male no?” chiese con fare ironico.
“Direi che sei venuta su più che bene…” si lasciò sfuggire il ragazzo senza nemmeno rifletterci.
“Hai visto? Non tutti i mali vengono per nuocere…” gli fece l’occhiolino divertita.
“Allora, direi proprio che è il caso di fermarci a prendere un bell’aperitivo” disse lui per evitare un’imbarazzante silenzio, stava cominciando a rilassarsi, e non voleva rovinare la situazione.

“Silenzio?” chiese all’improvviso Brian guardandosi intorno: no muratori, no tv, no pianti; la pace e la tranquillità più assoluta.
“Si” annui Lily sporgendosi da dietro il divano. “Ho messo a letto Stella, e per circa tre o quattro ore dormirà, era stanchissima, dopo tutti i giochi…” spiegò scivolando delicatamente sopra a Brian, per poi baciarlo a lungo. “Ce la siamo cavata bene, sei davvero bravo a farla ridere…”
“Mi riesce bene essere pirla” ammise divertito, passando una mano tra i capelli della ragazza, poi sulla schiena, e infine lasciarla inerme su un fianco, a contatto con la pelle nuda di lei, proprio sotto la maglietta.
“Scusa, so che ultimamente abbiamo poco tempo da passare insieme, sto dietro ai lavori e ogni tanto si sta con Zacky e la pargola, ma…”
“So che lo hai fatto per dare un pomeriggio libero ai due, l’ho capito” scosse la testa interrompendo la ragazza, per poi alzare il volto e baciarla ancora. Ci aveva messo un po’ ad arrivarci, soprattutto perché non capiva appieno il comportamento di Lily, a volte sembrava che i bambini non facessero proprio per lei, poi passava un pomeriggio intero – come quello appena trascorso – con Stella e sembrava che la cosa fosse del tutto naturale. Non avevano parlato della situazioni figli, anche perché ancora non si erano nemmeno chiariti del tutto sulla questione ‘Michelle’, Brian aveva la sensazione che stessero entrambi girando intorno al discorso senza mai avere il coraggio di parlarne.
“Hai visto che faccia ha fatto Zacky quando ha visto Alex?” commentò gongolando la mora, mentre Brian scuoteva la testa rassegnato. “E dai, ha fatto uno di quei sorrisi, e poi Alex si è perfino messa i tacchi.”
“Giusto, se una donna si mette i tacchi…” la prese in giro ironicamente.
“Io li metto perché so che ti piacciono” disse sinceramente alzando la testa e guardandolo dritto negli occhi. “Quando mi vesto con cose attillate, scollate o corte… E metto i tacchi, tu mi guardi come se fossi l’unica” aggiunse arrossendo leggermente. “È una bella sensazione…”
“Ma tu mi piaci anche con la tuta quando vai a correre…” la strinse a se cingendole la schiena con entrambe le braccia.
“Lo so, cerchi sempre di farmi tornare a letto, per questo non corro più da mesi…” annuì ridendo la ragazza, cominciando a rilassarsi del tutto, tra i lavori, e il resto cominciava ad accusare la stanchezza delle settimane precedenti.
“Sei pigra da morire, tu dici di andare a correre solo per placare la coscienza…”
“E beh? Come si dice… L’importante è il pensiero no?” rispose convinta per poi scoppiare a ridere.
Chiuse gli occhi e calmò tra le braccia di Brian, posò la testa sulla sua spalla, e nascose il volto nell’incavo del collo, come se il tempo si fosse fermato, lei prese a perdersi nei propri pensieri, fin troppo rumorosi per quel dolce silenzio. In quel preciso momento era sicura che  tutto fosse al suo posto, o quasi, ma una piccola vocina interiore continuava a tormentarla, e sicuramente non l’avrebbe lasciata in pace tanto facilmente.
“Sarei curioso di sapere cosa si fa ora con la band…” proferì Brian dopo qualche minuto di silenzio.
“Fai passare le feste, dicembre non è un mese facile per voi, e con l’arrivo di Stella è come se vi avessero buttato dentro una lavatrice per la seconda volta…” rispose lei tirandosi leggermente su, quel poco che bastava per poterlo guardare dritto negli occhi.
“Un anno, ci credi? Jimmy è morto da un anno…”
“Non posso immaginare cosa voi stiate passando, ma ce l’avete fatta a sopravvivere; no?”
Ce l’avevano realmente fatta? Ognuno aveva arrancato come meglio poteva, e come l’istinto suggeriva. A Brian non sembravano nemmeno passati quasi dodici mesi, ma solo un tempo indeterminato che variava da schifo assoluto a una merda accettabile. Si era affezionato a Lily, era stata l’unica a strappargli di dosso un po’ di quel dolore che provava incessantemente da mesi, ma per il resto, avrebbe salvato ben poche cose.
Le loro vite erano state frantumate come vetro, e c’era chi arrancava come meglio poteva: Matt era tornato con Val, Johnny si sarebbe sposato in meno di sei mesi e Zacky aveva deciso di tenere una palletta rosa, che rideva e sbavava come poche cose aveva visto in vita sua. Lui aveva divorziato e stava riprovando a mettersi in gioco con una ragazza che era decisamente più problematica di quanto pensasse.
Era questa la cosa giusta da fare? Raccogliere i cocci e vivere un altro giorno?
Strinse Lily forte, fino quasi a farle mancare il fiato, sentiva il calore del suo corpo contro il proprio e la cosa lo faceva stare bene, il profumo della ragazza lo inebriava come la brezza mattutina al molo, e tutto in quell’istante era al proprio posto, ma quanto tempo avrebbe impiegato prima che i tasselli tornassero a staccarsi?
“Dovremmo organizzare qualcosa di carino per Zacky” la voce dell’italo-americana destò il chitarrista dai propri pensieri, facendolo tornare sul pianeta terra. “Per il suo compleanno, qualcosa che lo faccia divertire, e rilassare.”
“E come fa?”
Con Stella a carico?
“Si lascia la piccola dai suoi genitori e si va via un paio di giorni, niente festini.”
Col cavolo che vi lascio in mano alle spogliarelliste di Las Vegas.
“Hai già in mente dove andare?” chiese curioso. Gli piaceva quel lato di Lily: non si sarebbe mai arresa, avrebbe continuato a provare a fare parte di quel gruppo, nonostante nei mesi le motivazioni a supporto della cosa fossero sempre meno. Ma forse aveva ragione Zacky, tra gente incasinata ci si comprende comunque. Lui non sapeva cosa aveva passato Lily, se non qualche ritaglio rubato da conversazioni e pensieri, ed era certo però che lei sapesse esattamente cosa stava passando lui.
Zacky prima, e in seguito lei stessa, gli avevano detto cosa aveva studiato, cosa avrebbe potuto fare per lavorare, e aveva trovato quella specialità una figata unica, ed era questo il motivo che non gli permetteva di comprendere il perché Lily avesse scelto di lavorare come barista da Bob. Era uno spreco di talento. Ma anche qui, che diritto aveva lui di giudicare?
“Si! Ho fatto le mie ricerche, e per quando torniamo do una cena qui al bungalow, sarà tutto perfetto” rispose con un sorriso compiaciuto. “Vedrai che sorpresa sarà per Zacky.”
“Non so se vorrà allontanarsi dalla palletta, ci ha scritto e chiamato mille volte…”
“Se è per questo gli ho mandato una foto ogni ora… Cosi si rassicurava che stesse bene” rise divertita.

“Sta dormendo.”
Alex aveva appena finito di bere il suo drink e si era fermata ad osservare il ragazzo che con un sorriso ebete scorreva le foto di Stella, senza nemmeno rendersene conto. Zacky ce la stava mettendo tutta per fare la cosa giusta, certo portava tutto all’eccesso, ma non avrebbe mai fatto del male a quel piccolo esserino; si era dimostrato più maturo di quanto CHIUNQUE avesse mai creduto.
Era uno Zacky maturo, divertente, fin troppo ossessionato con i pericoli che Stella avesse potuto correre, uno Zacky diverso, semplicemente cresciuto.
“Se continui a fissarmi Alex, dovrò cominciare a pensare che ti piaccio…”
Ma in fondo era semplicemente Zacky.
“Non ti stavo fissando, stavo semplicemente mangiando le tue patatine…” rispose lei borbottando.
“Anche con Gena è iniziata così…” commentò scrollando le spalle; rendendosi immediatamente conto della stronzata che aveva appena pronunciato, infatti dovette praticamente lanciare una banconota da cinquanta dollari sul tavolo e inseguire Alex che stava camminando spedita verso la macchina.
“Aspetta…” disse cercando di non urlare, erano comunque circondati da altre persone e non voleva finire su qualche giornale immortalato a fare la figura del pazzo. “ALEX!” alzò leggermente la voce, per poi accelerare il passo e bloccarla tirandola per un polso, e per poco la ragazza non cadde, fermata semplicemente dal petto del chitarrista che sembrò un muro contro il suo viso.
“Ouch” commentò portandosi una mano sul naso. “Lasciami stare idiota” aggiunse non appena il suo cervello aveva ripreso a elaborare i pensieri in maniera corretta.
“Sei fuggita via, non hai nemmeno dato il tempo materiale per chiederti scusa… Ho detto proprio…”
“Una cazzata? Una stronzata? Una cosa senza capo ne coda? Hai dato fiato alle trombe senza nemmeno riflettere?”
In un piccolo angolo buio, e realmente riservato della mente, Zacky trovò Alex imprecare in quella maniera, mandando al diavolo la propria compostezza inglese, alquanto eccitante; quello che trovò meno interessante fu il sonoro schiaffo che gli arrivò qualche istante – millisecondo – dopo, quando la ragazza aveva capito che lui si era perso nei propri pensieri l’ennesima volta.
“Ma sei scema?”
“Facciamo che sei tu uno stronzo?” lo rimbeccò con aria sarcastica. “Non osare mai più, e dico M A I P I ù paragonare a me, Gena.”
Alex non seppe bene se fosse la stanchezza a parlare o semplicemente tutta la mole di rospi che nelle ultime settimane aveva dovuto ingollare senza respirare; ma stava provando una sorta di liberazione catartica sfogandosi in quella maniera. “Perché io sono stata al tuo fianco nonostante il tuo umore intrattabile, mi sono sorbita i pianti e le urla di Stella come se fosse realmente compito mio occuparmi di lei, ho fatto turni improponibili al lavoro solo per poterti aiutare…” non riusciva a stopparsi, era come se le parole la stessero forzando per uscire. “Io a differenza di Gena ho aspettative più alte che tagliare i capelli alle persone, non ho studiato una vita intera e lavorato più di quanto mi piacerebbe ammettere solo per venire qui e fare da balia a gente troppo incasinata per pensare a se stessa…”
Alex basta. Alex, ora è troppo… “Io ho delle aspettative molto più alte, io voglio solo fare la cosa giusta, non mi interessano i sacrifici o i compromessi, ma tu devi imparare a crescere…”
Il fiato corto, le mani gelide, e una morsa allo stomaco che erano sintomi di quanto le avesse fatto male sfogarsi così pesantemente con lui, generalmente avrebbe aspettato di tornare a casa e farsi torchiare da Lily per svuotare tutta la frustrazione e la rabbia; era decisamente più facile per la sua coscienza sapere che tutte le cose peggiori le erano state tirare fuori con la ‘forza’ piuttosto che sputarle addosso a chiunque.
Ma il chitarrista non era la prima persona a caso che stava passando per strada, no, era un ragazzo che aveva vissuto il sogno americano, ritrovandosi davanti al peggiore incubo di qualsiasi persona, accettare il tiro mancino del destino e crescere nel giro di pochi giorni. Alex lo sapeva, ne era perfettamente cosciente, ma sentirsi paragonare a un’oca senza cervello che era andata via ancora prima di sapere se era figlio di Zacky o meno… No. Non lo tollerava.
“Quanto è facile per te sputare giudizi?”
Quella di certo non era la risposta che si aspettava dal ragazzo.
“Per te con la tua laurea in medicina e con lo spirito da salvatrice, con gli amichetti che salvano vite e sciorinano le loro esperienze durante i cocktail party solo per poter apparire…” avrebbe voluto fermarsi, chiederle scusa, e far tornare tutto come prima; ma non tollerava che qualcuno lo giudicasse, soprattutto su questioni ben più importanti del suo stile di vita. “Non credevo che ti costasse così tanto aiutare un amico… Perché è questo che sono, e se ricordi bene sono stato l’unico stronzo a non trattarvi come due psicopatiche.”
Caricare. Puntare. Fuoco. Ferire senza uccidere.
“Quindi solo perché ti sei comportato in maniera corretta io devo per forza farmi carico di tutto il tuo bagaglio?”
Non poteva credere che quella serata così rilassante si stesse trasformando in una piccola carneficina, ma chi sarebbe stato il vinto e chi il vincitore? Il premio non era ne allettante ne prestigioso, sapeva di fiele e disappunto. Lei non avrebbe mai voluto tutto quello; e solo per un secondo – una frazione durata un millesimo di istante – si ritrovò a pensare che Lily aveva ragione: reprimere tutto non era stata la mossa vincente.
“Non ti ho mai chiesto aiuto se non i primi due giorni” sospirò stanco e amareggiato. “Ho sempre creduto che ti facesse piacere, che stessimo finalmente sulla stessa frequenza d’onda…”
Speravo che ti rendessi conto che non sono un coglione.
“Che vuol dire? Io… Zacky ascoltami, mi hai paragonato alla tua ex e, ammettiamolo, perfino la pazza del molo 17 che crede che l’invasione aliena stia per abbattersi sulle nostre vite, ne uscirebbe meglio…” sospirò.
Speravo che avessi una reputazione di me migliore, io non sono Gena, e mai potrei esserlo.
Ci furono una manciata di secondi nei quali si guardarono intensamente negli occhi, per poi scoppiare a ridere come due scemi in mezzo al passaggio, con la gente che continuava a transitare guardandoli in maniera torva. Risero per almeno cinque minuti, la Dottoressa McLiar avrebbe detto che era una normale risposta fisiologica alla tensione e all’adrenalina accumulata durante la discussione, che era sfociata nel rilasciare endorfine per allentare la tensione. Alex, l’amica, pensava semplicemente che a volte una risata poteva realmente sistemare le cose, mettere un nuovo tassello al proprio posto senza più complicazioni.

“Fai piano…” il bisbiglio divertito di Alex era dovuto al fatto che entrando in casa aveva scorto la testa di  Lily e i piedi di Brian sbucare fuori dal divano, con televisione spenta e luce soffusa: stavano dormendo. Lo spettacolo che però vide la lasciò per qualche secondo senza fiato.
Lily si era addormentata con una mano tra i capelli di Brian, e il ragazzo era steso appoggiato sulle gambe di lei, con sopra il petto Stella addormentata in una posizione buffissima e tenera allo stesso tempo: accovacciata con la testina piegata da un lato, e un braccio di Brian che la cingeva teneramente.
“Owuff” sbuffò Zacky inarcando il sopracciglio.
“Che era quel suono?” chiese Alex inclinando la testa verso il ragazzo dopo aver scattato una foto, per poi trascinarlo fino alla cucina per evitare di svegliare tutti.
“Ma ti pare il modo di tenere una bimba di pochi mesi?” domandò stizzito.
“Erano bellissimi non trovi?” commentò con un sorriso; avrebbe di certo dovuto parlare con Lily il prima possibile, vederla addormentata lì con Brian e una piccola bimba a completare il quadretto l’aveva fatta riflettere.
“No per un cazzo” rispose secco aprendo il frigo e prendendo una birra gelida. “Anzi, è rischioso, è folle… Dormono, ti rendi conto?” aggiunse continuando a sembrare più uno schizzato che il ragazzo che l’aveva fatta ridere fino a pochi secondi prima.
“Oh mio Dio…” proferì scandendo a una a una tutte le parole lentamente. “Sei geloso… Sei geloso di Stella, di averla vista tra le braccia di Brian!” squittì cercando di moderare il tono della voce, per poi andare subito a chiudere la porta della cucina e scoppiare a ridere.
“Assolutamente no! Che cazzo dici? Sei scema? Si sei scema!” rispose arrossendo visibilmente.
Troppo alcool, e troppa complicità con la ragazza, per poter mentire e fare la sua classica espressione da Poker; quella imperscrutabile. E poi… Anche se fosse stato geloso? Stella era sua figlia, e…
“Dai, si vede lontano un miglio che sei geloso, guarda che Stella non ha occhi che per te…” tentò di rassicurarlo, trovandolo quasi adorabile.
“Stella dovrà imparare che l’unico uomo della sua vita sarò io, e che deve stare alla larga dai ragazzi come noi” aggiunse serio. “Sono sicuro che quando avrà venticinque o ventisei anni, potrà iniziare a uscire con qualcuno…”
“Certo, e nel frattempo la recludi in una torre e le fai crescere i capelli stile Raperonzolo?” domandò divertita Alex.
“Non è una cattiva idea, ma non le permetterei mai di avere una treccia così lunga da poter usare come scaletta per gli estranei” borbottò scuotendo la testa.
“Sei assolutamente fuori di testa, ma sarai un ottimo padre…” convenne la ragazza, trovando quella gelosia del tutto inappropriata ma dolcissima.
“Lo spero, lo spero proprio…”

*

Fece un lungo sospiro, e sorrise; intorno a se c’era il caos primordiale: urla, risate, borbottii e rumori di martello che a seconda dell’intensità sembravano colpire direttamente al proprio sistema nervoso. Lily aveva appena finito di convivere con i muratori a casa propria, che si era ritrovata alla Baita in montagna delle DiBenedetto a sistemare tutto per il compleanno di Zacky. Purtroppo le avevano proibito di affittarne una e noleggiare perfino un elicottero per arrivarci; ed erano tutti scesi a compromessi…
Lei aveva accettato di organizzare la festicciola a sorpresa a casa della Ex-Moglie del proprio ragazzo; Val aveva accettato di non invitare la sorella onde evitare bagni di sangue del tutto gratuiti  e gli invitati avevano accettato il fatto che Stella non sarebbe rimasta dai genitori di Zacky ma sarebbe comunque stata parte dei festeggiamenti. Alex era stata chiara in merito, non era il momento adatto per separare i due, soprattutto con i Servizi Sociali che tampinavano Zacky nemmeno fosse uno dei figli di Satana.
La fortuna aveva voluto che l’11 Dicembre del 2010 cadesse di Sabato, il che aveva permesso a Lily e Leacy di organizzare il perfetto pretesto e la perfetta festa per il chitarrista; avevano preso in mano loro la situazione con lo stesso entusiasmo che due bambini avrebbero potuto avere davanti a una fabbrica di fuochi d’artificio incustodita.
Tutti speravano che non ci fosse nessuna esplosione, di nessun genere.
“Minchia se fa freddo quassù” il commento di Brian fece sorridere Johnny che aveva deciso di prendersi una pausa dall’incessante lavoro di mettere in sicurezza la Baita DiBenedetto; Stella non rotolava nemmeno su se stessa, le ragazze stavano decisamente esagerando…
“Dicono che questo fine settimana ci sarà neve a non finire…” proferì l’amico stiracchiandosi e guardandosi intorno, e una valanga di ricordi lo travolse, quella Baita quando erano ragazzini era il loro rifugio invernale preferito, ogni week-end con i pick-up attrezzati per affrontare i 50 cm di neve e la voglia di starsene in santa pace tutti insieme a fare un casino assurdo. Avevano sempre il terrore che con tutto il chiasso che generavano ben presto la montagna si sarebbe rivoltata, e li avrebbe travolti con una valanga di proporzioni bibliche.
“Dicono che ci toccherà portare più legna possibile adesso nel garage o ci mandano fuori anche se ci sono gli orsi polari…” borbottò scuotendo la testa.
“Non ti fa strano venire qua?” domandò il bassista curioso.
Tutti – esclusa Lily, per fortuna – sapevano che la Baita era il posto preferito di Brian e Michelle, dove passavano anche settimane intere separati dal resto del mondo, mentre l’appartamento a San Francisco era il preferito di Matt e Val.
“Da morire, ma non potevo porre il problema a Lily…”
“…Avrebbe significato dirle la verità” finì la frase l’amico.
“Esattamente, ma credo che sospetti qualcosa, spero non faccia qualche trucco mentale Jedi, vorrei realmente che Zacky passasse una bella festa” sospirò accendendosi una sigaretta, tirando un lungo respiro di nicotina pura che gli pizzicò i polmoni facendolo stare meglio.
“Spero anche io, non sarà un mese facile, per niente” annuì seriamente. “Un anno e…”
“No. Non tiriamo fuori ora questo discorso, non è ne il momento ne il luogo” lo fermò subito girandosi a guardarlo, con un’espressione troppo seria per poter essere contraddetto.
“Pardon” alzò le mani in segno di resa Johnny.
“Johnny!” la voce di Leacy lo fece sobbalzare. “Ti avevo detto di andare a prendere più legna!” gridò ridendo. “Alza il sedere e vai!”
“Ti conviene andare, o dice che la stanza singola non se la prende Zacky ma tu…” disse Lily uscendo in veranda, avvolta in un piumino di due taglie più grandi della sua. “Sto morendo di freddo, spero che Matt sappia quello che sta facendo o esplodiamo” disse ridendo, abbracciando Brian per poi baciarlo a lungo.
“Hai il naso gelido” rise lui sfregando il proprio contro quello della ragazza. “Il caminetto non basta più?” domandò divertito.
“Ero di sopra a sistemare le camere, sono infinite…” spiegò lei. “Credo di aver sistemato anche quella di Michelle” sospirò. “L’ho capito perché era piena di vostre cose, anche i tuoi vestiti” aggiunse leggermente imbarazzata. “Lacey si è offerta di dormire lei li… Spero non ti dispiaccia.”
“No” disse subito. “Va benissimo così…” aggiunse accarezzandole il viso. “Speravo avesse tolto tutto lei o Val, è un po’…”
“Strano e  imbarazzante” disse lei sincera. “Ma credo non ci si possa fare nulla, domani deve essere tutto perfetto…” rispose facendo le spallucce, senza ammettere che avrebbe preferito dormire in auto piuttosto che in quella casa. Non c’era voluto molto a capire che lì Brian ci andava spesso con Michelle: decine di foto di viaggi, roba di Michelle ovunque insieme a quella di Brian… Ma in fondo non poteva prendersela con nessuno, almeno Matt aveva provato a far sparire tutto in malo modo, per correttezza. Valary – presumeva Lily – invece, avrebbe voluto lasciare tutto com’era, giusto per stabilire che quello non era terreno neutrale anzi, che era proprio il luogo dove sua sorella e suo cognato avevano passato dei momenti indimenticabili.
“Siamo qua insieme no?” disse alzandole il volto con la punta del dito per poi baciarla.
Già, ma questo non cambia il fatto che mi uccide dentro stare in quella casa.

SMS: Zacky To Alex H 05:17 PM
Ciao, come va il seminario? Poi passi qui?
SMS: Zacky To Alex H 05:18 PM
Perché tutti mi ignorano?
SMS: Zacky To Alex H 05:19 PM
Anche tu ti ci metti ora?
SMS: Zacky To Alex H 05:19 PM
Quel pirla al lavoro ti sta importunando?
SMS: Zacky To Alex H 05:20 PM
Alex? Alex… E dai… Che ho combinato ora di sbagliato?
SMS: Zacky To Alex H 05:21 PM
Mi state tutti sul cazzo, magari sei con gli altri e mi ignorate tutti.
SMS: Zacky To Alex H 05:22 PM
Mi annoio…
SMS: Zacky To Alex H 05:23 PM
La noia non sta passando… Nemmeno lo scazzo.
SMS: Zacky To Alex H 05:29 PM
AIUTO!!! ALEX!!! AIUTO!!!
SMS: Zacky To Alex H 05:35 PM
Se fossi in pericolo di vita a quest’ora sarei morto…
SMS: Zacky To Alex H 05:36 PM
E il mio spirito ti starebbe perseguitando, guardati le spalle!
SMS: Zacky To Alex H 05:52 PM
Wow… Sei proprio senza anima…
SMS: Zacky To Alex H 06:01 PM
E io che ti volevo lasciare la mia collezione di DVD… Cambierò il testamento.
SMS: Zacky To Alex H 06:01 PM
Mi avrai sulla tua coscienza.
SMS: Alex To Zacky H 8:00 PM
Ero a un seminario, con il cellulare silenzioso in un armadietto. Non so neanche io come mai mi stia giustificando con te, psicopatico che non sei altro. Non passo, vado a casa, domani fatti trovare pronto per le 11. E NON DIMENTICARTI STELLA. ;)

Aveva letto tutti i quindici messaggi appena salita in macchina; aveva riso tra un imprecazione e un’altra, perché sapeva benissimo che Zacky era a casa a logorarsi con tutte le paranoie possibili; era convinto che i suoi amici si fossero dimenticati del suo compleanno solo perché ora aveva una figlia a cui pensare. Non poteva immaginare che i ragazzi avevano sistemato la Baita in montagna  e che avevano fatto spesa per un esercito, ed erano pronti di festeggiarlo per ben quattro giorni consecutivi: dal giovedì alla domenica sera. Erano riusciti benissimo a depistarlo, con la scusa della finale di NBA gli avevano perfino fatto credere che avrebbero festeggiato il suo compleanno il dodici dicembre. Con un giorno di ritardo, cosa inaccettabile per Zacky. Ma quello che Alex realmente agognava era semplicemente tornarsene a casa e averla tutta per se fino all’indomani mattina: no Zacky, no Stella, no Brian e nemmeno Lily. Davanti a lei si prospettava un bel bicchiere di vino rosso, e un bagno nella meravigliosa vasca idromassaggio che Lily aveva fatto mettere al Bungalow. Lo riconobbe perfino all’amica: aveva fatto un lavoro favoloso Lily con la ristrutturazione, anche se forse qualche fronzolo Alex lo avrebbe evitato.
Quando si immerse nell’acqua calda della vasca ogni tensione e ogni problema parvero sparire non appena il calore si diffuse lungo tutto il corpo; chiuse gli occhi per qualche secondo e si godette quell’attimo di assoluto silenzio che era prezioso come l’oro. La sua vita in California aveva subito un cambiamento drastico, e non solo per aver scoperto che le lunghe giornate soleggiate le preferiva a quelle uggiose di Londra; ma perché si era sentita come una pallina del flipper sballottolata qua e là senza mai fermarsi. Lavoro, Lily, Zacky, cene tutti insieme, gite fuori porta, lavoro, seminari, Zacky, Stella, Lily… Era felicissima di poter vivere al meglio l’esperienza, e non più essere assorbita dal lavoro, ma cominciava a sentire l’esigenza di avere del tempo per se. Senza l’intrusione di nessuno.
Non appena sentì il cellulare squillare, non fece altro che scivolare fin sotto la superfice dell’acqua, riemerse solo quando l’ossigeno cominciò a mancare, ma purtroppo la suoneria del telefono era ancora li a ricordarle che, forse, non aveva la possibilità di avere un po’ da dedicare a se stessa. Non ancora.
“Pronto!” la risposta fu brusca, e non guardò nemmeno chi fosse a chiamarla; voleva solo farla finita il più presto possibile e tornare a non fare nulla.
“Hey tigre, calma, volevo sentire se eri viva!” la voce stupita di Zacky le fece perdere ogni speranza: non si sarebbe liberata di lui altrettanto facilmente che con qualsiasi altra persona. Nel codice genetico dei Baker, tra quei ventimila geni che lo componevano, ce ne dovevano essere almeno un centinaio riservati solamente alla testardaggine e alla cocciutaggine; ne era quasi certa.
“Sto bene, ma ho come l’impressione che non sarà facile riagganciare…”
“Hai perfettamente ragione, non faccio altro che parlare bambinese da tutto oggi, devo comunicare con un adulto…”
“E perché proprio io?”
“Sei l’unica che ha risposto…”
Logico.
“Ti stanno ancora ignorando?”
“Porca miseria, li ho mandati tutti a cagare! Nemmeno a quello hanno risposto…”
“Ti stai esaurendo lo sai?”
“Dimmi qualcosa che non so…”
“Che vorrei essere lasciata in pace?”
“Per fortuna non hai mai fatto dei turni al telefono amico, la linea speciale anti-suicidio… Sai dare supporto morale quanto un plotone di esecuzione… Ti chiamo disperato in cerca di conforto e una voce amica, e mi fai notare che ho interrotto la tua serata libera… Ma ti sembra giusto? Mica ti sono piombato in casa, anche perché sarebbe difficile ora, avete messo un cancello automatico che non si apre più con un calcio, ma vi pare? Anche questa, è una cosa che devo discutere con Lily… è molto inospitale come situazione!”
La travolse letteralmente con quel fiume in piena di parole, quasi la fece sorridere, sentiva proprio la voglia di Zacky di non starsene da solo, all’inizio aveva pensato che fosse per il fatto che tutti erano impegnati in altre cose e lui doveva vedersela con Stella; ma poi si ricordò che il giorno della morte di Jimmy si stava avvinando, e forse la paura di rimanere soli aumentava. Alex poteva solo provare a immaginare cosa stessero passando tutti in quel periodo; ma per fortuna lei non aveva mai dovuto vivere in prima persona tragedie di quel calibro. Di riflesso, però, aveva visto le sfumature di dolore e disorientamento di Lily, e la tenacia dei ragazzi; e cominciava a pensare che il suo essere così coinvolta nella vita degli altri era per compensare la buona dose di ‘fortuna’ che aveva avuto nella propria.
“In questo momento Zacky sono immersa in una meravigliosa vasca idromassaggio, sto sorseggiando del vino rosso, e se non fosse che sto al telefono con te, tutto sarebbe perfetto… Anzi, nemmeno la tua presenza invadente è fastidiosa in questo momento” rispose divertita.
“Stai facendo un bagno?” chiese all’improvviso con una tonalità di voce decisamente più alta di qualche decibel.
“Si” rispose lei annuendo anche se sapeva che il ragazzo non era lì.
“Nuda?”
“No, vestita, è un’antica usanza inglese…” borbottò contrariata.
“Sto parlando con te, al telefono, mentre sei nuda in una vasca?”
Tu tu tu tu tu tu tu il rumore di un telefono riattaccato fu l’unica cosa che sentì il ragazzo dopo la sua ultima frase. Mentre a miglia di distanza Alex aveva il volto dello stesso colore di un peperone rosso maturo. Zacky aveva il magico potere di rendere qualsiasi tipo di affermazione decisamente maliziosa, quasi indecente, anche senza volerlo.

*

Zackary James Baker si sarebbe ricordato per sempre la festa del proprio ventinovesimo compleanno, quattro giorni ininterrotti di pranzi, cene e risate, quattro giorni isolati rispetto a un mondo che aveva continuato a girare senza la loro presenza. Tutti i suoi amici erano lì alla Baita a prendersi cura perfino di una bambina che solo da qualche settimana era entrata a far parte della comitiva. Era una piccola parentesi in mezzo a un caos che aveva preso a risucchiarli in un vortice negativo.
“Hai visto quanto è felice?” disse Valary a Matt, che era uscito a prendere una boccata di aria gelida e pungente.
“Non lo credevo possibile, insomma, tutti stiamo pensando che manca sempre meno…”
“No, l’avevi promesso, niente menate deprimenti Matt, lo dobbiamo a Zacky, lo dobbiamo a tutti” lo interruppe subito la ragazza.
“Hai ragione scusa, è che…”
“Ti senti in colpa a lasciarti andare, sapendo che il tuo migliore amico è tre metri sotto terra” concluse la frase la ragazza girandosi totalmente verso il cantante, passando le esili braccia intorno alla vita di lui, per poi alzarsi in punta di piedi e baciarlo a lungo. “Proprio per questo dovremmo vivere tutti al massimo, per onorare lui che non può farlo. Non c’è giorno che non mi manchi, e non c’è volta che mi squilli il cellulare che non speri di vedere un suo messaggio o una sua chiamata…” ammise con gli occhi lucidi. “Ma non c’è più, e non dobbiamo smettere di vivere, sarebbe insultare lui e tutto quello che rappresentava.”
Valary stava lentamente tirando fuori quelle parole con tutto il dolore che poteva provare, come se le bruciassero l’esofago e la lingua, sentiva il retrogusto amaro di quelle verità scomode e ingombrante. La morte di James era diventato una sorta di argomento tabù, tutti soffrivano in silenzio senza mai nominarlo o parlare di quello che provavano… Ma quel genere di atteggiamento non aveva portato a niente di buono, erano tutti fermi a piangerlo senza poter realmente sfogarsi, e quando le emozioni prendevano il sopravvento erano in grado di uscire solo sotto forma di rabbia, rancore e cattiveria. Ma non le sembrava più giusto, assolutamente, anzi era come mancare di rispetto a una persona che la vita l’amava e l’aveva vissuta fino all’ultimo secondo; commettendo degli errori, ma senza permettere a questi di gestire la sua esistenza.
“Facile a dirsi, sapessi quante volte mi ripeto anche io questa cosa…”
“James non tornerà, e dovremmo organizzare qualcosa, una veglia, una di quelle irlandesi…”
“Cosa cazzo stai dicendo Val?” sbottò lui allucinato. “Non credo che sia il caso di farlo, bere con musica e ricordi?”
“Non abbiamo fatto nulla l’anno scorso, a mala pena eravamo in grado di stare in piedi senza cadere a terra inermi” disse con convinzione. “Jimmy avrebbe amato una veglia in stile irlandese, dove avremmo tirato fuori tutto quello che avevamo da dirgli…”
Matt sospirò stringendo più forte a se la ragazza, come se quel contatto alleviasse il dolore e schiarisse la confusione che provava in quel frangente.
“Vediamo ok? Facciamo passare questo assurdo fine settimana poi ne parliamo con gli altri” annuì lui sorridendo dolcemente, appoggiando la testa su quella della ragazza.
“Certo” annui lei rilassandosi. “Torniamo dentro o diventiamo due ghiaccioli…”

“Mamma che stanchezza” sospirò Alex sedendosi sul divano vicino all’amica, che era rimasta a fissare il fuoco in silenzio negli ultimi dieci minuti. Erano tutti andati a letto dopo aver finito la torta di compleanno di Zacky, una fetta alla volta fino a lasciare solo briciole. “Hey ci sei?” chiese dando una gomitata alla ragazza che si girò a fissarla.
“Si scusa, ero presa da dei pensieri” ammise con un sorriso. “È stato un gran bel compleanno.”
“Si, Zacky era tutto turbato, aveva paura che gli altri si fossero dimenticati” rise scuotendo la testa.
“Figurati, non lo avrebbero fatto mai e poi mai” scosse la testa divertita “Anzi, questo è il loro lato migliore, sono realmente una famiglia, disfunzionale e bislacca, ma non dimenticherebbero niente di importante…”
“Volevo che fosse così anche il tuo di compleanno” sospirò flebile appoggiando la testa sulla spalla di Lily.
“Lo so, e per me lo è stato, l’incidente con Michelle non ha rovinato la meravigliosa sorpresa” la rassicurò dolcemente. “Ma credo che ci vorrà ben altro a farci ambientare del tutto, a farci accettare pienamente…”
“Come mai dici così?”
“Perché è così, non sai la soddisfazione di Val nel farmi comprendere che questa Baita era il rifugio di Brian e Michelle, ed è normale, si tratta di sua sorella e dei suoi migliori amici, chiunque provasse a intromettersi tra me e te finirebbe morto ammazzato, pagherei qualcuno per farlo fuori” esalò tutto di un fiato per poi fare un lungo e profondo sospiro. “E sinceramente questo periodo dell’anno non deve essere il migliore per stare intorno ai ragazzi” ammise, quasi in segno di sconfitta; la parte razionale stava per trionfare su quella romantica.
“Ed è normale dai, li conosciamo comunque da meno di un anno, anzi, Lily da realmente pochi mesi…” Alex, sapeva che nonostante l’amica le avesse promesso di andarci con i piedi di piombo, e di non lasciarsi trasportare troppo, era finita in quella realtà con entrambe le scarpe e vi era rimasta invischiata fino al collo. All’inizio Alex pensava fosse solo un bene che Lily focalizzasse la sua attenzione lontano dalla madre e da tutto quel dolore che si portava dietro da anni; ma ora aveva il timore che avesse raggiunto il limite della sopportazione e che sarebbe bastato realmente poco per romperla in mille pezzi.
“Hai ragione” annuì cercando di sembrare convinta, senza riuscirci. “Vado a letto, son proprio stanca, grazie per aver aiutato a sistemare.”
“Assecondo il tuo disturbo ossessivo compulsivo per l’ordine, o impazzisci e ci fai fuori tutti!”

*

Era passato un anno dalla morte del loro migliore amico, e di cose ne erano cambiate fin troppe, era come se la scomparsa di Jimmy avesse fatto cadere la prima tessera del domino, e che una dopo l’altra anche tutte le altre stessero cedendo. Ma ci sarebbe mai stato un punto  dove tutto si sarebbe fermato, e loro avrebbero potuto proseguire da lì? O era una caduta libera senza paracadute e la fine inevitabile era la terra ferma? Nessuno di loro lo sapeva, e nessuno di loro aveva risposte alle proprie domande, erano tutti a casa di Brian e avevano portato alcool e cibo a volontà. Erano stati informati che i fans di tutto il mondo quella sera avrebbero acceso una candela mettendola alla finestra, e sapevano che alla spiaggia si sarebbe tenuta una sorta di veglia tutta la notte; ma nessuno di loro se la sentiva di uscire e mischiarsi nella folla. I fans quell’anno erano stati meravigliosi, li avevano supportati qualsiasi cosa facessero – anche nel non fare proprio nulla – ma non erano pronti ad affrontare una realtà che li avrebbe travolti e risputati senza pietà.
Erano in nove in quella stanza, il gruppo originario: Zacky, Matt, Johnny, Syn, i due Berry, Lacey Val e Michelle. Tutti tesi e con le facce scure, tutti persi in ricordi e pensieri che facevano più male che bene.
“Credo che dovremmo iniziare a festeggiare” sospirò Valary guardandosi intorno.
“Che festeggiamenti del cazzo” sbottò Brian contrariato da quella situazione.
“Sapete tutti come funzionano le veglie irlandesi no?” lo ignorò la ragazza cominciando a dare a tutte le persone presenti un bicchierino. “Un primo brindisi a Jimmy e poi… Si comincia a parlare, e a ogni persona che parla ci si serve un altro po’ di Whiskey.”
Dovevano reagire, dovevano provare a muovere un primo doloroso passo in avanti, erano passati dodici mesi e ancora tutto era confuso, e Valary era sicura che questo non sarebbe stato di certo il volere del loro amico, se la situazione fosse stata diversa e a morire fosse stato un altro dei ragazzi, Jimmy per primo avrebbe onorato quello che era stato in vita e non pianto la morte così a lungo. Andare avanti faceva paura e anche discretamente male, ma era l’unica cosa che potessero fare in quel momento.

«Dato che nessuno inizia dovrò proprio farlo io. È passato un anno, trecentosessantacinque giorni in cui non ho fatto altro che aprire gli occhi la mattina e pensare quanto mi mancasse. Tutto è andato a rotoli, era come se fossi in caduta libera verso il vuoto più assoluto. In un anno ne sono cambiate di cose: in peggio. E questa cosa mi sta sul cazzo. Il mio matrimonio per poco non è andato a farsi benedire, voi non toccate uno strumento da mesi e mesi, e niente sarà più come prima. Come il giorno del mio matrimonio, quando lui si è tuffato in piscina e ci ha regalato il più bello dei discorsi, quando tutto filava come doveva, e niente poteva intralciare le nostre strade. Siamo partiti tutti dal nulla, e pensate dove siamo arrivati… Se avessi una chance di poter parlare a Jim un’ultima volta gli vorrei solo dire grazie, per avermi insegnato ad apprezzare tutto quello che capitava…»

«Mi ricordo quando comprò la sua prima tavola da surf, ci impiegò una settimana a rimetterla a nuovo, e ci disegnò sopra un botto di roba. Ci scrisse anche frasi che poi sarebbero state trasformate in canzoni, era un fottuto genio; era una di quelle persone che vedeva tutto in anticipo, ed era anni luce avanti a tutti gli altri. Così preso dal vivere in pieno il proprio sogno, che rendeva tutto una magica avventura, qualsiasi cosa fosse…»

Valary, Johnny, tutti uno a uno parlarono tra ricordi, risate, frasi mai dette… Tutti parlarono tranne Brian, che trovava tutta quella fiera assurda, senza considerare il fatto che era stato quasi obbligato a mollare Lily a casa per partecipare a quella cosa.
Lei non fa parte del gruppo.
Lei non lo ha nemmeno conosciuto.
Lei non può partecipare.
Era tutto vero, ma fin dal primo attimo che l’aveva incontrata, lui era riuscito a sfogarsi solo con lei, che non era pronta a giudicare qualsiasi cosa dicesse, a guardarlo con compassione se diceva semplicemente che gli mancava, non commentava ogni suo discorso. Era mille volte più liberatorio sfogarsi con chi non era cresciuto con te, piuttosto che con i tuoi amici. Brian non esternava quello che provava; e tutti sapevano che era come una pentola a pressione pronta a esplodere; e tutti provavano a farlo sfogare, irritandolo ancora di più. James era morto, e loro non potevano fare niente.

“Com’era?” chiese Alex non appena sentì la porta di casa chiudersi.
“Bellissimo, ci saranno state un migliaio di persone in spiaggia” rispose l’amica togliendosi le scarpe e gettando la felpa sulla poltrona. “Tutti con delle candele, erano ovunque, è stato commovente, nessuna scena madre, erano lì per stare insieme e basta…”
“Ti è passata un po’ l’irrequietezza?” domandò poi con un sorriso dolce, richiudendo il libro che stava leggendo, posandolo sul tavolino vicino al divano.
“No, avrei preferito di gran lunga stare con Brian” ammise senza problemi. “Ma alla fine saremmo state di troppo” sospirò pesantemente.
“Lo sai che in fondo è vero…” obiettò l’inglese. “Comunque la morte di Jimmy per loro è una sorta di tabù che non… Sanno nemmeno come gestire.”
“Non sto dicendo che hanno torto, sto semplicemente dicendo che non mi va a genio, anche perché è l’ennesimo gradino di distanza che si frappone tra me e Brian; lo so, lo capisco in pieno, è stato marchiato dalla scomparsa del suo migliore amico e dal tradimento di Michelle, ma… “ sospirò senza concludere la frase, restando in silenzio per un bel po’. Aveva troppe sensazioni contrastanti, ed era il ventotto dicembre anche per lei. E se inizialmente poteva essere solamente una fan che piangeva la perdita di un grande artista, ora sentiva caderle addosso anche tutta la sofferenza degli altri, leggeva senza difficoltà il loro dolore e l’incapacità di poter aprire gli occhi e guardare il futuro come un regalo prezioso. Lily non voleva un pezzo della loro fama, nemmeno una spolverata di magia che impregnava l’aura di quel gruppo altamente disfunzionale ma assurdamente perfetto quale erano. Lei amava Brian, soprattutto da quando aveva capito che dietro la maschera di Synyster Gates c’era un ragazzo con un cuore d’oro, che aveva solo paura di perdere qualcun altro, e non avere più le forze di reagire.
“Io credo che tu debba chiamarlo, almeno per sentire come sta” disse l’inglese stupendo l’amica.
“Pensavo mi dicessi di lasciar perdere e aspettare domani mattina…” la corresse la mora inclinando leggermente a destra la testa, scrutando attentamente ogni sua micro-espressione.
“Potrei dirtelo ma non mi ascolteresti, inizieresti a partire per la tangente e faresti qualche danno.” Annuì pacatamente, ormai rassegnata a non finire più quel libro, che aveva sul comodino da ben quattro mesi. Rimpiangendo vagamente un tempo quando di libri ne macinava almeno due a settimana. “Ti manca, diglielo, magari poi viene qua, devi imparare a convivere con loro, fare parte del loro gruppo vuol dire anche comprendere che non ne sarai mai pienamente dentro. Sarai sempre il ‘dopo Jimmy’...” sospirò. Alex non aveva studiato come Lily, ma di  certo aveva compreso le dinamiche di tutti loro, soprattutto quando Zacky in quei giorni le aveva offerto uno spaccato nudo e crudo della propria realtà.
E dovette ammettere che la cosa le era piaciuta. Perché Zacky aveva cercato lei, e aveva deciso di abbandonare un po’ quella spensieratezza lasciando l’Isola Che Non C’è, allontanandosi dai Bambini Sperduti e crescendo. Lei e Lily avevano riso un pomeriggio intero, qualche mese prima, quando si ritrovarono nuovamente a Santa Monica e, chiacchierando, venne fuori il paragone tra Huntington Beach e L’Isola che Non C’è. Perché tutti loro erano un po’ Peter Pan e un po’ Bimbi Sperduti alla ricerca di una strada da seguire.
“Quante volte hai pensato di tornare in Inghilterra?”
“Meno di quanto immagini, sono state più le volte che ho pensato ad andare a Seattle” rispose sincera. “Hanno un programma di Medicina avanzato, ancora meglio di quello californiano, e sinceramente temevo per te.”
“Per me?”
“Vuoi che non sappia quanto tu stia in pensiero per tua madre? E quanto sia stata male per come si sono comportati tutti?” chiese con fare accondiscendente.
“Mia madre per ora sta dove sta, non posso fare altro, aspetto ancora notizie dal Neurologo di Seattle.”
“Appunto” sospirò chiudendo leggermente gli occhi. “Ne hai parlato con Brian?”
“No.”
Assolutamente, indiscutibilmente: no.
“Lilian…” la redarguì con un tono molto più simile a quello bonario di un genitore che aveva colto in flagrante il figlio rubare un biscotto.
“Sicuramente Zacky gli avrà detto qualcosa no? E poi non abbiamo parlato mai chiaramente di niente, questo è il suo stile…” borbottò scuotendo la testa. “Fa peggio degli struzzi, non nasconde solo la testa sotto la sabbia, ci si scava proprio una buca.”
“Ti rendi conto che stai mandando in fumo anni di rigidi paletti personali e modi di fare?” le fece notare l’amica. “Tu paladina della coerenza, pur di stare con Brian stai annullando una parte di te, senza considerare quella che nascondi…”
“Proprio stasera vuoi farmi una paternale?” domandò con un leggero sbuffo.
“Beh, considerando che ogni sera non è quella giusta, tanto vale beccarti quando so che non puoi inventarti qualche stramba scusa e fuggire…”
Alex si era ripromessa di lasciare più libera Lily, di farle vivere in pieno la sua filosofia di vita del: Carpe Diem e di buttarsi a pieno nelle cose, ma non le stava piacendo il cambiamento repentino dell’amica. Aveva paura che se avesse continuato così si sarebbe sottomessa a Brian. Perché Lily, per quanti pregi potesse avere – anche qualche bel difetto – non era mai stata innamorata come lo era di quel californiano.
“Secondo me esageri” statuì dopo una manciata di secondi di puro silenzio.
“No, e lo sai meglio di me, sei testarda ma non sei mai arrivata  a mentire così spudoratamente a te stessa, ne a me…” in quel momento la ragazza si sentiva a disagio, intervenire così direttamente con una persona come Lily era sempre giocare con il fuoco; aveva un temperamento instabile, e riusciva a portare rancore anche a distanza di… Anni. Alex aveva sempre pensato che quando l’amica avesse capito la differenza tra Synyster Gates e Brian Edwin Haner Jr, il suo sentimento sarebbe cambiato con quella consapevolezza; e così fu: solamente, mutò in peggio. Quando si è innamorati, quando si sente battere il cuore solo in presenza della persona amata, si diventa ciechi e stupidi; lei stessa aveva sperimentato la cosa. A distanza di quasi un anno e mezzo ancora sentiva l’amaro dell’ultimo boccone che aveva digerito: il tradimento del suo quasi-marito. Lily, in quel frangente non solo era cieca, sorda, e totalmente in balia di Brian, ma era anche fragile, perché stava cominciando a comprendere cosa volesse dire avere vicino qualcuno che si prende cura di te, che c’è quando gli altri ti voltano le spalle e fanno finta di non guardare… Ma non riusciva a fingere di non vedere che Brian non le stava dando il cento per cento.
“Sto bene” prese a dire guardando un punto vago davanti a lei “Mi fa stare bene… Ed è come se non potesse accadermi nulla quando sto con lui, anche alla rapina… Ricordi?” chiese con fare retorico ridendo. “Non sono rimasta traumatizzata, ho solo il ricordo del suo abbraccio…”
“Che ne hai fatto della mia amica?” chiese di botto sgranando gli occhi; si sporse in avanti fino a gattonare sul divano raggiungendola, allungò le braccia afferrandole le spalle e la scrollò per un paio di volte. “Esci da questo corpo! Ridammi Lily!”

“Hai un umore del cazzo” statuì Zacky uscendo in giardino, accendendosi immediatamente una sigaretta, la centesima della serata. “Stiamo solo cercando di dare il meglio” aggiunse poi osservando l’amico, che se ne stava seduto sugli scalini del patio, con la schiena appoggiata alla ringhiera e lo sguardo perso in qualche galassia perduta.
“Non avresti voluto avere Gena al tuo fianco?”
“Assolutamente no, andando via in quella maniera? Sinceramente, se ne può stare dov’è” rispose onestamente, sedendosi dal lato opposto del gradino. “Ma se tu volevi Lily perché non l’hai portata?” chiese curioso.
“C’era il divieto ricordi?” rispose stizzito.
“Questa cosa non ti ha mai fermato, ne ha fermato lei…” gli fece notare. “Sai perché ci sono delle resistenze?”
“Perché sono una massa di paraculi?” domandò lui scetticamente; non riuscendo a capire dove volesse andare a parare l’amico.
“No, perché non ti vedono convinto, e vedono ancora con occhio sospettoso Lily. Ti ricordi quante me ne avete fatte passare prima di accettare Gena? Solo perché era nostra Groupie? Tu non stai lottando, per niente, sembra quasi che se c’è o non c’è è uguale, poi ti isoli e tieni il muso come un ragazzino di dieci anni…”
“Da quando applichiamo tra di noi la legge del taglione? E scusa se te lo dico: ma si è comportata come una stronza micidiale” aggiunse schiettamente.
“Hey, Brian… Sai benissimo cosa c’era dietro, hanno bussato alla porta consegnando la prova schiacciante di uno dei miei tradimenti, ogni battito di cuore di Stella avrebbe ricordato a Gena che non è mai stata l’unica, non nell’ultimo periodo” ammise senza batter ciglio: a che sarebbe servito non dire la verità? “Poi tu più di tutti dovresti sapere cosa si prova…”
“Oh, non so, vuoi fare altro? Prendermi a calci sui denti?” chiese sarcastico, sfoggiando il peggior sorriso da Synyster Gates.
“No farti capire che stai facendo una stronzata dietro l’altra, e se continui cosi…” sospirò scuotendo la testa. “Brian ma a te interessa Lily? Perché non bisogna essere degli Analisti Comportamentali per capire che lei è cotta di te.”
La domanda da un milione di dollari, la cui risposta tardava ad arrivare. Se fosse per timore o precauzione, Brian non ne era certo.
“Io, certo che ci tengo, è meravigliosa, con lei sto bene…”
“Allora fregatene di quel che dicono, come ben sai te l’ho appoggiata subito come cosa, e anche tuo padre…” lo esortò sapendo benissimo che una reazione attiva e repentina non sarebbe mai arrivata dall’amico, che quando trattava con i propri sentimenti e le proprie sensazioni aveva la velocità di elaborazione di un bradipo. “Guarda che non è Michelle, è una ragazza sveglia, benestante economicamente, perfetta fisicamente… Appena si rende conto che non stai lottando per la vostra relazione, o comunque non sei pienamente coinvolto, prende e se ne va…”
“Vedi? Non ha bisogno di me, non quanto io ne avrei di lei…”
Zacky in quel momento non seppe cosa lo trattene dal tirargli la bottiglia di birra che stringeva tra le mani insieme alla sigaretta, e anche le sue scarpe, in faccia.
“Le hai detto cosa ti ha fatto Michelle?”
“Assolutamente No. Lo sapete solo voi, se dovessi dirlo a Lily sarebbe la fine.”
Brian non stava gradendo la piega che la discussione aveva preso, non gli piaceva sentirsi con le spalle messe al muro, nemmeno confrontarsi così apertamente su questioni prettamente personali, e di certo non il giorno del primo anniversario della scomparsa di Jimmy. Ma lo sguardo e il tono dell’amico erano chiari segnali che non gli avrebbe dato tregua; e conoscendolo, era certo che lo avrebbe perseguitato fino a che non avessero concluso quella scomoda conversazione.
“Hai mantenuto il segreto per settimane con Val, anche quando ti ha rotto la tua chitarra preferita non hai battuto ciglio, e hai aspettato che Michelle trovasse il coraggio di parlarle…” prese a dire Zacky. “Tutti pensano che la colpa sia tua, e continui a fregartene, ma cosa ti blocca con Lily? Cazzo Brian, era la svolta che aspettavi, che volevi, è stata la ventata d’aria fresca…”
“Basta cazzo!” sbottò nervosamente. “Non lo so ok? Non so un cazzo. Vorrei solo evitare di parlare proprio oggi!”
“Ti prenderei a sberle, ti stai nascondendo dietro la morte di Jimmy, dietro alle tue miserie, e paure. Sei un fottuto vigliacco” statuì alzandosi di scatto, e per un secondo Brian ebbe quasi la certezza che l’amico gli tirasse un destro che gli avrebbe distrutto il volto: ma non lo fece; si limitò a guardarlo con compassione e tornare dentro dagli altri.
Lasciandolo solo.
Finalmente.
Di nuovo.
Di Synyster Gates il re incontrastato, non era rimasto altro che un pallido riflesso, il ragazzo con un ego troppo grande per chinare il capo e fare ammenda, non era altro che una maschera ben studiata, per nascondere un uomo con un disperato bisogno di essere amato nonostante i suoi difetti.

“Non dovevi passare la serata con gli altri?” chiese Lily non appena scese dall’auto, dato che aveva sentito il cancello aprirsi.  Gli aveva dato il telecomando appunto per occasioni come quella: quando era troppo tardi per suonare il citofono esterno. Poi lo aveva aspettato fuori, avvolta in una vecchia felpa, con un sorriso raggiante.
“È l’una e mezzo, è ufficialmente il ventinove dicembre” rispose lui allungando le braccia per attirare la ragazza a se e baciarla con passione.  Come se non ci fosse stato un domani. Semplicemente perché, nonostante tutto, gli era mancata.
“Entriamo dai, non ti lascio tornare a casa, sei ubriaco fradicio” aggiunse con un sorriso dolce, sentendo l’odore di alcool e tabacco che impregnava il ragazzo. “Ti va di farci un bel bagno?”
“È un nuovo modo, decisamente allettante lo ammetto, per dirmi che puzzo?” borbottò sotto voce facendo sorridere la ragazza. La seguì fino alla camera, per poi arrestarsi di colpo e prenderla in braccio baciandola ancora una volta. Non riusciva a separarsi da quelle labbra lisce, e dal profumo della sua pelle; lei era come una droga. Una volta assaggiata non ne potevi più fare a meno.
“No ho solo voglia di fare un bagno con te” rispose lei con un sorriso dolce, perdendosi nello sguardo del proprio ragazzo, due occhi più espressivi non li aveva mai visti in vita sua Lily. Sapevano trasmetterti molto più di quello che Brian riusciva a esprimere con gesti o parole.
“Ti va di stenderci a letto? Son davvero stanco morto…” ammise.
“Quello che vuoi, mi fa piacere che sei passato, stavo morendo dalla voglia di chiamarti” rispose lei sciogliendo la presa, stiracchiandosi. Entrambi si spogliarono in silenzio, sorridendo solo quando i loro sguardi si incrociavano. Si misero a letto velocemente, e Brian come di consueto si girò attirando a se la ragazza, che sistemò il proprio volto sul petto lui per poi chiudere gli occhi e godersi quelle lievi carezze che Brian le faceva lungo la schiena per farla addormentare.
Lily viveva per quei piccoli gesti.
Per quella routine che era solo loro.

*

“Stella no!” Alex rise prima di posare i decori che stava applicando alle pareti e andò verso la bambina, che aveva imparato a gattonare così velocemente da dover essere sorvegliata a vista. “Stella…” la ragazza si chinò in avanti, per poi piegare le gambe e allungare le braccia in direzione della piccola, che si era prontamente messa nella cuccia di Majesty, il cane di Zacky. “Dai, non è quello il tuo posto, so che è comodo…” rise scuotendo la testa. Ogni giorno Alex aveva la riprova che Stella era proprio la figlia di suo padre: ribelle e anticonformista a ogni costo; la bimba la fissava con un sorrisone sdentato, e gorgogliava tutta felice, non aveva nessuna intenzione di spostarsi di lì. Aveva conquistato il suo trono.
“Dove siete?” chiese Zacky entrando in salone non vedendo nessuna delle due. “Oddio” scoppiò a ridere – facendo ridere a sua volta la piccola marmocchia – avvicinandosi ad Alex e sedendosi a terra tenendo ancora al guinzaglio Majesty, che altrimenti avrebbe cacciato Stella dalla propria cuccia.
“È tremenda, è velocissima” commentò l’inglese sedendosi a sua volta.
“Gli piace la cuccia del cane, non so perché, ma ci va sempre, ieri l’ho beccata accucciata vicino a Maj, che si stava per addormentare. Sarà ora di montare il box e metterla lì dentro.”
“Allora, la roba da bere è stata tutta sistemata, e Lily sta sistemando le provviste di cibo” annunciò fiaccamente Brian, che era stato buttato giù dal letto all’alba delle undici di mattina, per andare a fare la spesa.
“Perfetto, devo sentire Valary e chiederle quanti siamo” rispose il padrone di casa stiracchiandosi. “Avanti Stella, lasciamo la cuccia a Majesty, che noi ce ne andiamo dove è più comodo ok?” parlò alla bimba, che sembrò ascoltare ogni singola parola. Era incredibile vederli alle prese uno con l’altro. Stella quando il ragazzo le parlava, era sempre rapita, come se il suono della voce di Zacky potesse calmarla.
“Brian hai una faccia…” commentò Alex osservando il ragazzo.
“Dillo alla tua amica, che mi tiene sveglio fino a tardi per guardare qualche stronzata alla tv, e poi mi sveglia all’alba!” borbottò contrariato scuotendo la testa.
“Erano le undici del mattino” sentenziò Lily entrando in sala. “Con tutte le ore che dormi potrei benissimo avere una seconda vita, e nemmeno te ne renderesti conto” aggiunse facendo ridere tuti i presenti.
“Brian ha bisogno di dodici ore minimo di sonno, altrimenti è intrattabile” convenne Zacky mentre teneva in braccio Stella, che si era accoccolata tutta su una spalla, e con la mano libera aveva preso a tirare fuori dallo scatolone il resto dei decori.
“È un ghiro, ha il sonno talmente pesante che quando dorme mi fa una tenerezza infinta” celiò Lily divertita.
“Non è vero che son intrattabile se dormo poco” provò a dire, ma venne prontamente interrotto da un ‘Taci che è vero’ all’unisono di tutti e tre i presenti. “Ok” alzò le mani in segno di resa sbuffando pesantemente.
“Andiamo ghiro, tu sarai l’addetto alla cucina con me, gli altri sistemano il salone.”
Brian non rispose, era ben felice di aiutare Lily in cucina, era talmente maniaca del controllo che a lui bastava sbagliare una cosa per essere messo in panchina e osservare tutto senza fare nulla. Non era certo che Lily non sapesse che questa fosse la sua tecnica, ma sembrava funzionare abbastanza bene.
“Vieni un attimo su Alex?” chiese Zacky con un sorriso. “Mettiamo a letto Stella e voglio farti vedere una cosa” aggiunse girandosi, senza nemmeno aspettare la risposta della ragazza, che posò per l’ennesima volta le decorazioni e seguì i due. Una volta messa nella culla la piccola, si diressero nella stanza che Zacky aveva fatto preparare per la ragazza, sia lei che l’altra coppia sarebbero rimasti a dormire lì un paio di giorni, compresa la notte di Capodanno, dato che avevano optato di fare qualcosa il più tranquillo possibile.
“Tieni” Zacky estrasse da sotto il letto un’enorme scatola di cartone bianco, con un fiocco dorato che la chiudeva. “Questo è per ringraziarti per tutto quello che hai fatto e stai facendo” disse leggermente imbarazzato. “Lo apprezzo tantissimo Alex,  mi hai praticamente salvato, quindi… Per favore accettalo senza fare storie…” aggiunse poi con un sorriso sincero.
La ragazza annuì leggermente in imbarazzo, allungò le mani per prendere la scatola, e solo allora notò una scritta in corsivo: Chanel, che brillava di riflessi dorati proprio come il fiocco; trattenne il fiato qualche secondo, e poi aprì la scatola tirandone fuori un abito viola: lo stesso che aveva desiderato per mesi.
“Tu sei pazzo!” esclamò nell’esatto istante in cui la sua mente le ricordò il motivo per cui non aveva già nell’armadio un vestito del genere: il prezzo.
“No, fidati, è molto meno di quanto ti aspetterebbe” aggiunse con un sorriso.
Alex si girò verso lo specchio portando a sé quel vestito di raso, seta e piume. Era a dir poco meraviglioso: lasciava le spalle scoperte, era un tubino di raso viola plissettato, per poi aprirsi in una gonna a sbuffo corta sul davanti e con un lungo strascico di piume e balze dietro. Lo aveva visto il secondo giorno che arrivarono a Los Angeles, lo avevano appena messo in vetrina  e lei se ne era innamorata.
“Te lo ha suggerito Lily?”
“Sorprendentemente no, ero andato in centro a comprare il vestitino per Stella, l’ho visto in vetrina e ti ho pensata” ammise sinceramente. “Solo dopo l’ho fatto vedere a Lily, e dalla sua reazione ho capito che ti sarebbe piaciuto”.
“Piaciuto? Lo amo già” annuì con un sorriso raggiante per poi girarsi e andare ad abbracciare l’amico, dandogli un bacio sulla guancia “Grazie Zacky, non dovevi, davvero...”
“So che indossarlo qui a casa non è come indossarlo su un Red Carpet, come avremmo dovuto fare, ma non ce la sentivamo d’affrontare una festa in grande stile a Los Angeles.”
“Oh, non ti preoccupare per quello” commentò la ragazza posando delicatamente l’abito sul letto. “Fidati che mi va molto meglio starcene qua a casa tua.”
“Ci sarà da ridere domani sera, sai? Viene anche il papà di Brian, ma ha detto di non dirlo al figlio” la informò ridendo.
“Oddio, sai quanto brontolerà lui? Lily gli darà tutte le sue attenzioni!” rise realmente divertita.
“Era una vita che non facevamo un capodanno tranquillo, soprattutto anche con i genitori, ma credo ce ne sia bisogno: amici, famiglia, e divertimento senza occhi indiscreti.”

Furono le quarantotto ore più caotiche e faticose di sempre. Tutte le ragazze si erano ritrovate a casa di Zacky a cucinare, sistemare, arredare, a fare di tutto affinché ogni cosa fosse al proprio posto per le otto del 31 dicembre. Avevano collaborato senza problemi, divertendosi anche, soprattutto nel coalizzarsi contro i ragazzi, che tra un attimo di lavoro e una pausa lunga due ore, avevano preso a fare un tornei all’X-box.  Le varie famiglie avevano cominciato ad arrivare, e le quattro ragazze erano salite a prepararsi. Lily le aveva obbligate tutte quante a mettersi in tiro, estorcendo a ognuna di loro la promessa di farsi truccare e pettinare da lei, ma anche sistemare ogni dettaglio della mise.
La prima a scendere fu Valary, avvolta in un tubino che la fasciava come una seconda pelle, la fantasia era una sequenza di stampe di giornali, aveva i capelli sciolti e lisci, le gambe erano state messe in risalto da delle scarpe decisamente troppo alte per lei, ma che Lily aveva insistito affinché le mettesse. Il trucco era sulle sfumature del nero e del bianco, proprio come l’abito, ma sulle labbra spiccava un lipgloss rosso accesso. Non appena il suo sguardo incrociò quello di Matt, vi lesse molto di più di quello che si potesse aspettare; la stava guardando come era abituato un tempo, quando routine e certezze non erano parte della loro vita, quando lui la desiderava sempre, ed ogni scusa era buona per chiudersi da qualche parte e fare l’amore con passione.
La seconda a scendere fu Lacey, avvolta in un meraviglioso vestito dorato, stile Marylin Monroe: un’ampia scollatura che partiva dalla vita, legando le due estremità dietro il collo, nel mezzo tre laccetti dorati per tenere unito il tutto. La schiena scoperta, e una gonna che arrivava sopra il ginocchio, ampia e sbarazzina. Anche lei ai piedi aveva un tacco alto, dei sandali legati fino al polpaccio, il trucco meno marcato di quello dell’amica, ma era comunque bella, si sentiva quasi una principessa.
“Cazzo se è meravigliosa la mia futura moglie!” esclamò Johnny a gran voce, facendo arrossire Lacey e ridere il resto della sala, che convenne con il ragazzo.
La terza a scendere fu Alex, con l’abito che le aveva regalato Zacky, delle plateau nere con un tacco meno alto rispetto alle altre: sapeva come tenere  testa a Lily ed evitare di assecondare ogni sua follia. Era pure consapevole che con i 15 centimetri che l’amica le avrebbe voluto far mettere, sarebbe sicuramente: scivolata a ruzzoloni dalle scale, inciampata, o perfino morta. Però aveva acconsentito alla piccola follia di abbinare al vestito un cilindro nero e un bastone con il pomello di strass viola. Non si chiese nemmeno dove avesse trovato quegli accessori, si trattava di Lily in fondo. I capelli ricadevano sulle spalle mossi e ribelli, e il trucco era uno smokey eye sulle tonalità del nero e del viola.
Quando l’inglese si accorse che tutti gli sguardi erano puntati su di lei arrossì visibilmente, avrebbe preferito fare un ingresso meno vistoso, ma sapeva benissimo che Lily ci sarebbe rimasta male se non avesse seguito le sue direttive, e si era impegnata tanto, non aveva motivo di disertare. Soprattutto quando la festa si era trasferita in un ambiente molto più controllato che una festa con paparazzi e Red Carpet.
L’ultima fu Lily, e tutti gli invitati stavano con il naso all’insù rivolti verso le scale, per vedere come si fosse vestita la ragazza, la maggioranza degli invitati era a conoscenza del temperamento di Lily, ed erano curiosi di vedere cosa avesse escogitato. Ma quando apparì in cima al primo gradino e prese a scendere, tutti rimasero stupiti. L’abito di un rosso accesso in cui era avvolta era meraviglioso, un bustino aderente con una sola spallina intarsiata di brillantini argentati; una gonna che partiva aderente fino ad arrivare a metà coscia e aprirsi in una coda di sirena ampia e voluminosa. Non si vedevano le scarpe, ma erano dei plateau rialzati con un tacco che sfiorava i diciassette centimetri; ritrovandosi così alta come Brian. I capelli raccolti in uno chignon che lasciava ricadere dei piccoli ciuffi di capelli ai lati della testa. Il trucco era leggero e metteva in risalto il colore chiaro degli occhi. Sapeva che per una festa in casa era un vestito esagerato, ma lo aveva comprato qualche settimana prima, proprio per la grande festa a Los Angeles. Era anche certa che molti invitati a quella cena non avrebbero compreso il gesto, considerandola una vanitosa o qualcosa di sicuramente peggiore, né avrebbero compreso il disappunto che provò quando Brian le disse che non sarebbero più andati a Los Angeles. Non le interessavano i paparazzi, o gli ospiti famosi, ma sarebbe stata loro prima uscita ‘ufficiale’, sarebbe stato come dire: ‘Hey, guardate, ammirate che uomo meraviglioso ho al mio fianco’. E lei aveva scelto con cura l’abito, il trucco perfino la biancheria intima, ci teneva da morire, e non avrebbe voluto far sfigurare Brian in nessun modo. Lei voleva essere bella per lui.
“Sei meravigliosa Lily” le disse Brian che si era avvicinato alle scale, prendendo a braccetto la ragazza quando fece l’ultimo gradino.
“Grazie, ti avevo detto che era qualcosa di speciale no?” sorrise lei.
“Lo è, siete tutte meravigliose stasera” disse lui guardandosi intorno.

“Non dire a Lily che ho tolto i sandali ti prego!” disse Alex vedendolo comparire fuori sul patio.
“Il tuo segreto sarà al sicuro con me” annuì lui avvicinandosi a lei. “Dovresti andare a lavorare così, sei uno schianto” ammise sincero.
“Certo e rovinare questa meraviglia? No grazie. Non ci dormirò abbracciata stanotte solo perché si rovinerebbe” rispose lei divertita. Era tornata ad assecondare il suo lato femminile, soprattutto negli ultimi tempi; quando si era resa conto che il lavoro l’aveva assorbita fin troppo. Non avrebbe mai voluto ripetere gli errori del passato e lasciare che la sua vita la vivesse qualcun altro al suo posto. Così i doppi turni erano tornati ad essere singoli; le ore di ricerca erano state diminuite e si erano trasformate in lunghe passeggiate al parco con Zacky e Stella; e le nottate passate sui libri erano uscite con Lily o semplicemente qualche film carino da vedere in televisione.
“Ti va di offrirmi un ballo?” chiese lui. “Sei fuggita via poco prima che potessi chiedertelo” la musica che proveniva dalla sala si sentiva ovattata in sottofondo, e lui dopo aver controllato Stella era sceso con l’intento di ballare con Alex, ma era sparita.
“Va bene” annuì lei con un sorriso. “Mi rimetto le scarpe?” chiese poi non sapendo bene cosa fare, ma Zacky scosse la testa e l’attirò a se, le passò le braccia intorno alla vita, e chinò il capo fino a sfiorare la fronte della ragazza.
“Ero pronto a fare un’arringa di almeno mezz’ora per convincerti a ballare…” ammise con un sorriso.
“Perché mai? Siamo a una festa no?” chiese lei leggermente stupita.
“Non sei una che sembra lasciarsi andare…” disse lui dolcemente.
“Solo perché non lo faccio come Lily… Non vuol dire che non sappia come divertirmi. Ho solo bisogno di più tempo: per adattarmi e conoscere chi mi sta intorno” ammise lei arrossendo leggermente. “Lily è quella dirompente, io sono solo più cauta”.
“Si lo abbiamo notato tutti” annuì divertito lui. “È perfetta per quell’idiota di Brian, si son trovati, e poi ammetiamolo: lui una bella in quella maniera nemmeno se la poteva sognare” disse con tono ironico e divertito.
“La farà soffrire?” gli chiese a bruciapelo, fissandolo negli occhi. Ultimamente le cose tra i due avevano preso a funzionare, mossi da una strana sinergia che li aveva portati ad essere più sinceri con loro stessi, ma soprattutto a fidarsi l’uno dell’altra.
“Potrebbe” disse sincero “Non è una persona cattiva, è solo confuso, ma ci tiene a Lily.”
“Tenerci non è abbastanza” ammise Alex con tono dispiaciuto. Zacky poteva leggere la preoccupazione negli occhi della ragazza e gli fece quasi tenerezza. Entrambe erano pronte a difendere l’altra in qualunque momento. “Lily non ha mai dipeso da nessuno, ma sta cominciando a farlo con Brian, la potrebbe spezzare in un istante.”
“Perché per una sera non provi a lasciarli perdere? Lasciare perdere il lavoro, e perfino me e Stella?” propose lui facendole fare un giro su se stessa, attirandola ancora più a se una volta finito. “Prova a rilassarti e goderti la serata” aggiunse serio, ma dolce.
Alex annuì, mordendosi la lingua almeno cinque volte prima di rinunciare a parlare; chiuse gli occhi e si rilassò, sentendosi stranamente al sicuro stretta in quell’abbraccio. Stavano danzando almeno da dieci minuti, ed era certa che entrambi stessero seguendo ben altra melodia da quella che proveniva dalla casa. Stavano ballando stretti l’uno all’altra un lento, quando dentro si ballavano le classiche canzoni sceme di capodanno. Ma le andava bene così, e una piccola parte del suo cuore tornò a battere più forte che mai, quando realizzò che avrebbe voluto fermare il tempo e rimanere così: al sicuro tre le braccia dell’unica persona a cui non avrebbe mai creduto di potersi affezionare. Ebbe un brivido che le percorse tutta la schiena, quando sentì – appoggiando la testa sul petto di Zacky – il battito accelerato del ragazzo. Che fosse emozionato anche lui?
“Hai freddo?” chiese quasi in un bisbiglio, come se fosse attento a non rovinare quell’equilibrio precario.
Alex alzò il volto scostandosi dal ragazzo e scosse la testa. “Sto benissimo così grazie” disse regalandogli uno dei sorrisi più sinceri e raggianti che Zacky ricordasse di aver mai ricevuto.
Non seppe dire bene cosa lo spinse, anzi, lo sapeva benissimo ma non lo ammise subito, o la paura lo avrebbe bloccato e inghiottito in un vortice nero senza via d’uscita. Ma chiuse gli occhi e si chinò in avanti, e dopo aver poggiato le labbra su quelle della ragazza, si aspettò di ricevere uno schiaffo o di sentirla divincolarsi per andare via da lui; ma quando sentì la mano di Alex accarezzargli il collo, per poi perdersi in mezzo ai capelli decise di approfondire il bacio, sentì le gambe quasi cedergli e il cuore fu certo che mancasse almeno un paio di battiti prima di cominciare a correre all’impazzata.
Erano anni che non si sentiva così vivo, che non stava in pace con il mondo; era certo che quello sarebbe stato il primo giro di ruota dal verso giusto. Era certo che Alex sarebbe potuta essere quella perfetta per lui, quella che sapeva tenergli testa tirando fuori solo la parte migliore di se stesso.

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