SEVEN - Why, What & How

di Phantom_Miria
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** How Lavi knew about Allen's scent ***
Capitolo 2: *** Why Fou went to see Bak ***
Capitolo 3: *** What Lavi could get Kanda involved in ***
Capitolo 4: *** Why Lenalee had that light in her eyes ***
Capitolo 5: *** What Lenalee actually knew ***



Capitolo 1
*** How Lavi knew about Allen's scent ***


EH? Inizio a sospettare che mi abbiano sostituito con un’altra persona. Davvero, già un aggiornamento? È anche vero che alla fine di SEVEN sono stata presa da una spossatezza letteraria orrenda, non riuscivo a scrivere nulla :I ora mi sto riprendendo un po’… forse.

Vabbè, sapete cosa aspettarvi, lol. Solita lunghezza non voluta, solito stile strano a frasi corte, semplici ed efficaci (??), solito ambiente, soliti idioti. Anche se questo capitolo non l’avevo neanche citato negli esempi xD Peròòò ne volevo uno che fosse adatto all’apertura di questa serie, e questo aveva a mio parere i requisiti necessari. Per evitare che commentiate la mia mancanza di originalità, questa fic, puntando abbastanza sulla semplicità e il plot non troppo elaborato, vede molti fatti del libro di Harry Potter traspostati in questa storia. Il lancio di una Ricordella, il contrabbando di draghi e cicatrici da Anatema non dovrebbero essere cose nuove per voi e con questa fic non miravo a ricreare un’intera storia xD comunque, I PROSSIMI CAPITOLI. NON SARANNO. COSI’ LUNGHI. CRIBBIO CAV—

Disclaimer: semplicemente, no.

 

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How Lavi knew about Allen’s scent

( S E V E N )

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Lavi si precipita su per l’ennesima rampa, premendosi una mano sul fianco per alleviare al meglio il dolore bruciante alla milza, e pregando ardentemente che le scale non decidano di giocare qualche scherzo proprio ora.

Si guarda intorno, nel buio fitto che invade il corridoio in cui è appena giunto, cercando di distinguere dei punti di riferimento che gli confermino di essere sulla strada giusta. Strizzando l’occhio nel tentativo di abituare la vista, intravede finalmente l’enorme e familiare arazzo con i troll e, dopo aver tirato un sospiro di sollievo, si lancia di nuovo in una corsa sfrenata.

Palesando una sorprendente forza fisica di riserva, liberata dalla gioia data dal riconoscimento dell’arazzo o forse dalla vicina presenza della loro unica possibilità di salvezza, Allen compie un ammirabile slancio in avanti, nonostante il respiro affannoso, e lo supera.  Mentre si sforza di raggiungerlo, Lavi lo guarda scattare freneticamente avanti e indietro a ridosso del muro. Alla sua terza inversione di marcia, i contorni di una stretta porta rettangolare si delineano magicamente sulla parete precedentemente vuota. Allen non fa neanche in tempo ad aprirla completamente che Lavi lo spintona dentro a forza, seguendolo e chiudendosi la porta alle spalle.

La continuata assenza di luce e l’improvvisa impossibilità di muoversi senza sbattere contro la porta o la schiena di Allen lo lascia perplesso.

“Ma che cazzo, Allen,” commenta faticosamente tra un ansito e l’altro, con una nota di fastidio misto a curiosità. “Uno sgabuzzino. Ma perché.”

“Non lo so, Lavi! Io ho solo pensato a ‘un posto dove potersi nascondere’,” risponde Allen con agitazione, ed inizia a dimenarsi sul posto. Lavi lo sente sbattere i palmi delle mani contro le strette pareti. “Non posso… muovermi—grazie al cielo non siamo claustrofobici.” E si lascia mollemente cadere all’indietro, contro il petto ancora ansante di Lavi.

Lavi emette una specie di rantolo di sorpresa. Si appoggia a sua volta alla porta, e chiude gli occhi – non che faccia molta differenza. “Non so, Allen, vuoi anche un cuscino?”

“Eh, perché no.” Allen sistema con disinvoltura la testa in una posizione più comoda, all’altezza del suo sterno. “Il tuo petto è troppo duro qua.” E dimostra la sua teoria picchiando qualche debole colpetto con la nuca sulla parte interessata.

In tutta risposta, Lavi gli ficca spietatamente due dita in un fianco.

Mentre Allen si contorce convulsamente per il solletico e la sorpresa, ridacchiando senza fiato, il rosso sogghigna e prolunga la tortura soffiandogli nell’orecchio.

“Lavi, basta! Che rischiamo di cadere fuori!” lo sgrida Allen, ma Lavi non gli risponde, rimanendo fermo ad annusare più attentamente il collo dell’altro.

Lavi… cosa stai facendo.”

Lavi non fa troppo caso al nervosismo nella sua voce, e lo blocca rapidamente in un abbraccio a tenaglia. A un certo punto solleva la testa e risponde sorpreso: “Hai un buon odore!”

Anche se non c’è alcuna luce in quello sgabuzzino, Lavi vede nella sua mente, con estrema chiarezza, l’espressione scettica che Allen di certo indossa in quel momento.

“Capita, quando ci si lava. Dovresti provare, sai. Una bella sensazione.”

Haha, molto spiritoso. Ma intendo dire che hai un odore strano addosso. Il tuo odore, penso. Tuo tuo. È strano, è come un incrocio tra il dolciastro e qualcosa di più fresco. Ma che shampoo usi?”

“Stiamo davvero avendo questa conversazione o sto solo sognando?”

“No, dai, è buono!” ripete Lavi, stranamente stupito dalla constatazione, e rituffa il naso nell’incavo del collo dell’altro come per accertarsene di nuovo, ignorando le vaghe proteste sempre più nervose di Allen. “Voglio conoscere il tuo segreto. Le ragazze vanno pazze per i buoni odori.”

“Chissà perché, eh?” fa Allen con tono sarcastico. “Comunque non lo so, non c’ho mai fatto ca—” Si blocca di netto alla sillaba, e il suo corpo s’irrigidisce di scatto. Lavi sta per chiedergli cosa c’è che non va, quando sente il rumore di passi irregolari rimbombare all’interno dello sgabuzzino come se la persona fosse esattamente davanti alla loro porta, o persino dentro lo sgabuzzino stesso.

La voce baritonale di Lvellie impreca coloritamente, segnata dalla fatica della corsa.

Lavi prega con tutto il suo cuore che il loro inseguitore riprenda la sua perlustrazione, e con il fiato sospeso attende di sentire i passi dell’uomo allontanarsi.

Ma quel rumore non giunge, se non dopo qualche interminabile minuto, dopo cui Lvellie non sembra né allontanarsi né avvicinarsi.

“Aspetta aspetta aspetta… non dirmi che conosce questo posto,” sussurra Allen terrorizzato.

“Allen, non lo so… Cristo non dovrebbe essere insonorizzata questa stanza?” chiede Lavi in un bisbiglio. “Perché lo sentiamo così bene?” Ma soprattutto, lui riesce a sentire loro? Ma questo, Lavi non lo domanda. Sa perfettamente che Allen si sta tormentando sullo stesso dubbio.

All’esterno, Lvellie fa avanti e indietro per il corridoio, come se stesse riflettendo profondamente o stesse… cercando qualcosa.

Malcolm… cosa ci fai qui?” dice una voce all’improvviso.

Lavi non lo credeva possibile, ma Allen riesce a schiacciarsi ancora di più contro di lui, quasi togliendogli il fiato. Il rosso non trova le forze per spingerlo via. Nel silenzio generale, si sente perfettamente la brusca inspirazione di Lvellie alla comparsa del nuovo arrivato.

“Potrei chiederti la stessa cosa, Komui,” risponde aggressivo il loro professore.

Un attimo di silenzio, e Lavi riesce quasi a visionare lo sguardo perplesso che il professor Lee deve avergli lanciato. “Stavo tornando dall’Ufficio del Preside.”

“E quali affari ti avrebbero trattenuto con il Preside così a lungo da fare le due di notte?” chiede Lvellie con un’odiosa voce viscida dal tono sospettoso.

Un’altra pausa. “Affari privati, direi,” gli risponde asciutto Komui. “E quali affari avrebbero trattenuto te in un corridoio buio del settimo piano fino alle due di notte?”

Lvellie sbuffa sonoramente, prima di ricominciare a camminare. “Per tua informazione, Lee, nutro la certezza che alcuni studenti siano fuori dai loro letti e in giro per i corridoi. Alcuni studenti della tua Casa, per inciso.”

I passi accelerano, decelerano, si avvicinano e si allontanano in continuazione.

“E come fai ad avere questa certezza, se posso chiedere?” lo interroga Komui dopo un po’.

Lvellie compie altri pochi passi, e si ferma. “Come? È molto semplice, il come,” comincia con tono mellifluo. “Poco fa ho ricevuto l’informazione da un altro studente che questa notte si sarebbe verificata una… gita notturna non autorizzata nei paraggi della Torre di Astronomia. Effettivamente, quando sono andato a controllare, ho sorpreso qualcuno. Ma sfortunatamente… dopo un arduo inseguimento, ho perso le loro tracce in questa zona. Sospetto che ci sia… qualcosa, vicino a questo corridoio. Non è possibile che li abbia persi completamente all’improvviso.”

“Te l’avevo detto,” bisbiglia Allen, iroso, “quel bastardo di Tyki ci ha mpfhh” Lavi gli ostruisce prontamente la bocca con la mano per zittirlo, troppo impaurito dall’idea che possano scoprirli. Allen soffoca quasi subito ogni protesta, e si lascia di nuovo andare contro il suo petto.

“Mi vuoi dire, caro Malcolm,” indaga Komui, apparentemente sorpreso, “che non sei riuscito a fermare uno o più ragazzini che scappavano da te nel buio quando tu invece potevi rendere nota la tua posizione senza problemi e tentare di ostacolarli con l’uso di incantesimi?”

Lvellie sputacchia qualcosa, ma si blocca subito. Lavi trattiene a stento una risata.

“Inoltre,” continua Komui, ora severo, “se uno studente te l’ha detto ‘poco fa’ vuol dire che l’hai incontrato all’esterno dei suoi dormitori. Spero che l’abbia messo in castigo con la stessa severità con cui intendevipunire gli altri… fuggitivi.”

Lvellie risponde prontamente con voce composta: “Era fuori perché tentava di sventare la fuga degli altri due, ovviamente. Scoprire quali erano i loro piani. E riferirli a me, in futuro.”

“Non è accettabile fare preferenze di questo genere, Malcolm,” e il tono di Komui non ammette repliche. “Spero tu te ne renda conto. Uno studente fuori dal suo dormitorio è uno studente fuori dal dormitorio, a prescindere dalla Casa a cui apparteniene e quali siano i suoi fini. Quindi, se mi puoi dire il nome, provvederemo alla sua punizione.”

Lvellie si chiude per qualche secondo in un silenzio oltraggiato, per poi tornare all’attacco. “Desidero che lei venga con me alla Torre dei Grifondoro.”

“Per la barba di Merlino, per quale motivo?” chiede Komui, stupito. Di certo il cambio della persona non è passato inosservato a nessuno.

“Lei lo sa bene! Sa chi sono i criminali in questione, signor Lee, non faccia finta di nulla!” sbraita Lvellie, le sue parole che risuonano macabre nel corridoio. “Deve venire con me al dormitorio dei Grifondoro perché io non conosco la parola d’ordine, e così potremo controllare chi è fuori dal proprio letto.”

“Mi dispiace, signor Lvellie,” risponde Komui, senza più nascondere il suo astio, “ma non verrò alla Torre con lei. In questo corridoio non c’è nulla di nulla, nessun nascondiglio, le posso assicurare. Perciò gli studenti in questione, di qualsiasi Casa siano, se davvero erano in giro, saranno tornati a dormire ormai. Mi dispiace dirle che probabilmente li ha solo persi di vista. …Di certo non sono nascosti qui, dietro il nostro amato arazzo di Barnaba il Babbeo. Non le pare?” Sospira, e con un sorriso nella voce aggiunge stancamente: “Vai a dormire anche tu, Malcolm. Si metta il cuore in pace. Rimarrò qui io per un po’, a controllare che non passi nessuno o nessuno… esca da dietro le armature.”

Segue un silenzio pregno di tensione, in cui Lavi e Allen tengono la bocca serrata, per la paura che anche un solo respiro possa tradirli, e Lvellie probabilmente lancia occhiate in cagnesco a Komui aggrottando le sue brutte sopracciglia nella concentrazione per trovare una scappatoia per ottenere ciò che vuole: rimanere in quel dannato corridoio a perlustrare ogni suo singolo angolo.

Ma a quanto pare Lvellie si arrende, perché a un certo punto lo sentono ringhiare e picchiettare rabbiosamente un piede per terra.

“Questa storia non finisce qui, Komui,” sentenzia minacciosamente Lvellie, e si sente un fruscio di vestiti che probabilmente accompagna il suo gesticolare frenetico. “Prima o poi li metterò con le mani nel sacco, quei mocciosetti.”

“Sì, ne sono convinto. A domani, Malcolm.”

Passano svariati minuti, che il cuore di Lavi sfrutta famelicamente per decelerare il suo battito, ma durante i quali sia lui che Allen sono sicuri di non sentire i passi di entrambi gli uomini allontanarsi. Il che significa che probabilmente Komui è ancora vicino a loro. Seppure essere trovati dal professore di Pozioni li spaventi molto meno rispetto all’essere beccati da Lvellie, tutto ciò costituisce comunque un problema. Per di più, Lavi è sicuro di non poter rimanere per tutta la notte in piedi in uno sgabuzzino, troppo stretto persino per poter piegare le gambe.

Ma il cuore gli finisce dritto in gola, e lo spavento gli fa girare la testa, quando la porta della Stanza delle Necessità si apre davanti a loro, e la faccia del professor Lee spunta nella biancastra luce della sua bacchetta.

“Beh, buonasera, ragazzi,” commenta Komui, poco sorpreso. Quando la porta è completamente aperta, butta un occhio all’interno. “Perché uno sgabuzzino?” domanda perplesso.

Lavi è ancora pietrificato sul posto, indeciso su cosa fare, se uscire o rimanere dentro lo stanzino a fare la statua, nella speranza che Komui non l’abbia davvero visto. Ma Komui sorride loro, stanco ed affabile, e il suo battito cardiaco rallenta, tranquillizzato. Dato che Allen sembra ancorato al suo posto, davanti a lui, Lavi lo spinge fuori dalla Stanza delle Necessità, seguendolo a ruota.

“Lo chieda ad Allen,” risponde mentre richiude la porta, lasciandosi scappare una risatina innaturale che spera allenti la tensione – la sua in particolare, che avvolge il suo cervello in una morsa che lo fa sentire frastornato.

Allen gli lancia un’occhiata omicida, prima di tornare a fissare con sguardo mortificato il professore. “Ci dispiace, professore. Ci dispiace davvero tantissimo. C’è un motivo per tutto questo, ma… non possiamo—”

“Avete affidato la Pianta Carnivora di Crowley al Comitato per il Controllo delle Piante Letali.” Le parole di Komui suonano innegabilmente come un’affermazione.

La mandibola di Lavi quasi tocca per terra, e quella di Allen sembra sulla medesima rotta. “Come… perché…” cerca di dire Lavi, ma lo sgomento gli impedisce di formulare una frase logica.

Il professore ridacchia silenziosamente, grattandosi il mento sovrappensiero. “Io e il Preside l’abbiamo scoperto poco fa. Poche cose avvengono in territorio scolastico senza che il Preside lo scopra,” spiega, e il divertimento che mostra alla vista delle loro facce viene quasi subito sostituito da una certa severità. “E per quanto io e il Preside ammiriamo la vostra abnegazione verso chiunque voi consideriate un caro amico, vi prego di non tenere segreti problemi di questo genere, se dovesse accadere di nuovo. La Pianta Carnivora di Crowley era sì una pianta assolutamente illegale, ma spero abbiate ormai capito che in queste faccende… io e il Preside siamo sempre inclini a… chiudere un occhio, e aiutare come meglio si può.” Komui fa loro l’occhiolino, prima di alzare la bacchetta e approfittare della loro allibita immobilità per Disilluderli.

All’improvviso una spiacevole sensazione di freddo gli cola dalla testa fino alla punta dei piedi, e in un attimo, guardando giù, Lavi non riesce più a scorgere con nitidezza le fattezze del suo corpo.

“Così dovrebbe bastare.” Komui volta loro le spalle, e comincia a camminare nella direzione opposta da cui è arrivato. “Questa volta avete rischiato grosso, ragazzi. Fate in modo da non cacciarvi in un altro guaio nell’immediato futuro. E badate a fare silenzio: Lvellie se n’è andato con gran lentezza. Potrebbe essere ancora in giro a perlustrare la zona.”

E detto ciò, se ne va con devastante tranquillità.

Lavi e Allen rimangono fermi come stoccafissi ancora per un po’, nel corridoio completamente buio, con delle espressioni ebeti stampate in faccia.

…Non ci credo. Credevo che questa volta sarebbe stata la fine. Che sarei dovuto tornare a casa con Cross per sempre,” bisbiglia Allen, e nella sua voce c’è un senso così profondo di sollievo e gratitudine verso Komui e la vita in generale che quasi Lavi si commuove.

“Sei un pessimista, Mammoletta. Io ero sicuro che saremmo scampati anche a questa.” E sorride all’inevitabile rimbeccata furente dell’amico.

Il ritorno alla Torre di Grifondoro è un successo, grazie anche agli ottimi Incantesimi di Disillusione di Komui. Con un po’ di insistenza da parte di Lavi e soprattutto di carinerie da parte di Allen dirette alla Signora Grassa, questa li lascia entrare sonnacchiosa nella Sala Comune. Una volta dentro, i due si afflosciano con poca grazia sul divano che fronteggia il camino, le gambe sull’orlo di trasmutarsi in gelatina.

“Dobbiamo andare a recuperare il Mantello dell’Invisibilità, in questi giorni,” commenta Allen sfinito, guardando assentemente le ceneri della legna.

Lavi annuisce, altrettanto privo di forze. “Ci ricorderemo… Come diavolo abbiamo potuto dimenticarci il Mantello in cima alla Torre? È stata una nottata terribile, tra questo e il fatto che Tyki sapeva tutto e c’ha messo alle calcagna quell’idiota di Difesa Contro le Arti Oscure… Giuro che se l’anno prossimo non cambia ancora, me ne vado.” Si gratta una guancia, sbuffando sonoramente più volte. “Ma perché Crowley si è procurato illegalmente una Pianta Carnivora? – e le ha anche dato un nome, Allen, un nome! Come puoi chiamare una… cosa che può ingoiare per intero la tua testa ‘Rosanne’?! – Ma soprattutto, perché poi dobbiamo occuparci sempre noi dei casini in cui si caccia lui? Salire su quella Torre di Astronomia di nascosto per contrabbandare una Pianta Carnivora con i parenti di Fou… Mai più.”

“Io aggiungerei,” continua Allen, che ha chiuso momentaneamente gli occhi, “perché non abbiamo pensato di chiedere aiuto al Preside? Avrebbe di certo dato una mano a Crowley…

Già…” concorda Lavi fiaccamente, prima di impensierirsi. “Ma Allen… Davvero, perché uno sgabuzzino? Come ti è venuto in mente?”

Allen fa un verso inconsulto, probabilmente di esasperazione, e alza gli occhi al cielo. “Perché siete tutti così fissati con questo sgabuzzino?” chiede stizzito. “Ho sbagliato, okay? Mi dispiace!”

Lavi si tira un po’ su con la schiena, e guarda meglio Allen, con un mezzo sorriso sulle labbra. “Non è questione di fissa, è che… con tutto quello a cui potevi pensare come ‘posto per nascondersi’ e quello in cui la Stanza poteva trasformarsi, è venuto fuori uno sgabuzzino. È assurdo. Devi averlo pensato specificatamente! E quindi mi chiedo: come ti è venuto in mente?”

 Allen sprofonda il viso tra le mani, e le ciocche di capelli bianchi gli ricadono in avanti, coprendo completamente i suoi lineamenti.

In quel momento, Lavi realizza che c’è qualcosa di strano e doloroso nel comportamento di Allen, e rimpiange di essersi lasciato trasportare dalla curiosità. Sta per dirgli di lasciar perdere, quando Allen parla.

“Non sono sicuro del perché. In realtà io non ho pensato consciamente allo sgabuzzino. Era più un pensiero di passaggio… Potrebbe essere per più di un motivo,” rivela, prima di sprofondare in un momentaneo silenzio di riflessione, in cui Lavi non fa altro che mordersi il labbro e cercare di sputare fuori quelle due paroline, ‘lascia perdere’. Ma la sua curiosità è sempre stata contro di lui.

“Probabilmente è stato a causa di un ricordo che avevo… legato alla scuola Babbana in cui andavo da piccolo,” risponde Allen bruscamente, e Lavi non può fare a meno di notare che ha quasi sputato fuori quelle parole, come se gli costasse un grande sforzo ammettere quella verità.

Non sa come rispondere. Vorrebbe ancora rimangiarsi la sua ultima domanda, ma non ci riesce e ormai il danno è fatto, perché Allen sembra sull’orlo di una crisi di nervi, e piuttosto imbarazzato. Vorrebbe posare una mano sulla sua spalla per incoraggiarlo, ma ha timore di fargli un dispetto infrangendo la privata bolla di solitudine che si è creata intorno a lui.

Non conosce alla perfezione il passato di Allen, ma sa che non è stato uno dei migliori. Tra i genitori e il padre adottivo morti a qualche anno di distanza gli uni dall’altro, e infine la sua infanzia passata sotto l’ala decisamente poco protettiva del suo tutore donnaiolo e con il vizio del gioco e dell’alcool, Lavi comprende che non dev’essere stato facile. Ma Allen non racconta spesso del suo passato, di Cross e della sua scuola Babbana precedente, e Lavi ha sempre evitato di indagare – quello che emergeva era sufficiente a disegnare un quadro piuttosto preciso del suo passato.

Ma Allen ad un tratto, con le guance un po’ arrossate, sospira e poi riprende fiato. “È che… andavo in questa scuola Babbana, prima di scoprire di essere un mago, no? E non era… una bella scuola. Gli episodi di bullismo nei confronti di bambini e bambine erano all’ordine del giorno, e i maestri se ne occupavano sì e no. C’era un bambino, in particolare, che era… un maiale. Nel senso che aveva proprio la faccia da maiale, davvero, era una palla di lardo con la faccia schiacciata di un barboncino e il naso—sono serio, Lavi!” ribatte concitato alla risata divertita di Lavi, ma con un mezzo sorriso sulle labbra che fa capire a Lavi di aver reagito nella maniera giusta. “Era un bambino orrendo. E ovviamente era il bullo numero uno della scuola. Non aiutava il fatto che facesse Judo già a quell’età.”

“Ahi,” intercala Lavi con una smorfia di sofferta comprensione.

“Già, ma grazie al cielo era negato. Comunque, io ero tra i bambini più gettonati su cui fare del bullismo. Ero piccolo, gracilino, avevo i capelli inspiegabilmente bianchi e quest’odiosa cicatrice sulla faccia.” Allen si passa assentemente un dito sulla lunga cicatrice rossa che gli percorre il lato sinistro del viso, e a Lavi viene voglia di dargli uno spintone e rivelargli con entusiasmo che quella cicatrice è la cosa più cool che abbia visto in faccia a qualcuno, ma evita. “Non ero famoso come lo sono nel mondo dei maghi. E nei primi anni di scuola… avevo davvero paura. La prima volta, quando avevo reagito ai suoi insulti, mi ero ritrovato con un labbro sanguinante e un dolore lancinante allo stomaco, e per di più chiuso a chiave nel bagno delle femmine. Abbastanza imbarazzante. Perciò ho passato i miei primi anni di scuola a scappare da quel tizio e i suoi compari, con la coda tra le gambe.” Allen pronuncia le ultime parole con un tale disprezzo che Lavi questa volta gli dà davvero un spintone.

“Allen, eri un bambino di quanti, sette o otto anni? È perfettamente comprensibile,” gli dice Lavi, ma con suo dispiacere Allen si esibisce in una smorfia di vergogna.

“Sì, ma ero terrorizzato da lui, e schifato dal modo in cui mi faceva sentire. Ma comunque, in tutta questa vicenda, ogni tanto succedevano cose strane. Quando quel bambino e i suoi amichetti mi inseguivano, decisi a darmi una lezione, io scappavo da loro e, non sapevo come, spesso ad un tratto mi ritrovavo in un ripostiglio. Si trovava in un’ala poco utilizzata della scuola, uno stanzino di cui non molti ricordavano l’esistenza, ed era piccolo, stretto, buio e puzzolente, ma allora ero così piccolo che sarei potuto stare in un armadietto senza problemi, e così impaurito che avrei sopportato di tutto. Mi ci ritrovavo sempre per caso, e allora giustificavo quella confusione con il panico che provavo in quei momenti – ora so che la faccenda era un po’ diversa, haha.” Allen si porta le ginocchia al petto, allacciando le dita sopra gli stinchi. “Quando questa notte… sentivo i passi di Lvellie dietro di noi, mi sono tornati alla mente quei giorni, e la paura che provavo allora – forse anche alimentata dal terrore dell’espulsione e dall’idea di dover fare eventualmente ritorno in quel paese orrendo, a vivere con Cross tutti i giorni della mia vita e dover sopportare le versioni cresciute di quegli stupidi ragazzini.”

Lavi lo guarda con rimorso. “Mi dispiace, Allen… Non volevo farti ricordare certe cose.”

E Allen, sorprendentemente, gli sorride, con apparente leggerezza. “Oh, ma non è un ricordo così tremendo.”

Lavi lo squadra, critico. “Cosa sei, masochista?”

Il più giovane ridacchia, e poggia una guancia sulle ginocchia, guardando il suo amico, divertito. “Non esattamente. Il fatto è che un giorno come tanti, quel bambino decise di infastidire una bambina con un problema alla gamba. Non camminava bene, forse, non ricordo. E io sono andato a difenderla. E quel giorno la magia, invece che farmi Materializzare dentro un orrendo sgabuzzino, si ritorse contro il bambino e gli altri. Devo confessarlo,” conclude Allen con un sorrisetto di soddisfazione, che Lavi ricambia con un accenno di risata, “non ho mai visto code di maiale così lunghe e arricciate in vita mia. Un bel ricordo.”

“Questo però non spiega perché sentissimo tutto come se la porta fosse fatta di carta,” medita il rosso, ancora ridacchiando.

Allen scrolla le spalle. “Forse sempre per lo stesso motivo. Dalla porta del ripostiglio stavo sempre ad ascoltare se arrivassero i passi di qualcuno, per sapere quando potevo uscire o meno.”

Lavi annuisce, sufficientemente convinto da questa teoria. “Comunque non credo che ci sentissero dall’altra parte. Ma… l’altro motivo che avevi mente per spiegare tutto questo?”

Con suo stupore, la faccia del suo amico avvampa prontamente di rosso a quelle parole. “Beh, no… non era un’idea seria, solo un vago sospetto…” spiega, con ovvia reticenza.

Lavi lo osserva di sottecchi per un attimo, prima di decidere che non vale la pena stressare ancora Allen – anche se quel rossore apparentemente immotivato lo incuriosisce abbastanza.

“Sai, Allen,” constata, divertito, “sei davvero cambiato da quando ti ho conosciuto.”

Allen si acciglia, e gli indirizza uno sguardo interrogativo. “In bene o in male?”

“In bene, direi,” ride Lavi. “Ma non è che se non fossi cambiato, ora non mi piaceresti. È solo che… in prima eri così… riservato e timido. Era come se non fossi disposto ad aprirti con le persone, come se avessi paura del contatto umano. Cosa che di per sé riesco a capire, da quello che so di te su quegli anni. Ma era… profondamente frustrante, ecco, credere che quel te di allora fosse solo un guscio di solitudine in cui ti nascondevi e da cui sembrava impossibile tirarti fuori; pensare che ci fosse altro, ma che tu non volevi mostrare a nessuno altro che quella facciata gentile e distaccata.”

Allen nasconde rapidamente la faccia tra le ginocchia, ma Lavi sorride, riconoscendolo come un peculiare segno di imbarazzo. “Mi conosci bene, Lavi. Troppo bene… penso che ora dovrò ucciderti.”

“Sì, certo. È da cose come questa che si capisce che sei cambiato. Ora sei molto più estroverso: fai amicizia facilmente con chiunque, sei sarcastico quasi quanto me – e questo è dire qualcosa – ma a differenza di me forse tu sai quando è il caso di usarlo, quel sarcasmo, o meno. E poi… sembra che tu non ti senta più in dovere di essere gentile con tutti per essere apprezzato, che puoi anche mostrati per quello che sei. Con tutta la dose di ironia annessa e… quella tua fastidiosa tendenza all’autodistruzione. Perché mi chiedo quando capirai che scherzare davanti a Kanda è come fare il trapezista su un burrone.”

L’amico sbuffa rumorosamente, lanciando alla cieca un cuscino addosso a Lavi, che manca spaventosamente il bersaglio.

Lavi ride e risponde con un’ulteriore cuscinata, prima di continuare, con un affetto nella voce che gli imbarazza un po’ mostrare: “Però si vedeva già allora… che eri una persona speciale. Sin da quando hai salvato la Ricordella di Rou Fa dalle grinfie di Road, da quando hai difeso Lenalee dai dispetti di Tyki e Skin, e tutti quegli altri tuoi atti da eroico pazzo scriteriato che la gente non si aspetterebbe di veder compiere da un bambino di undici anni. Era stupefacente vedere la determinazione di questo… tappetto, un moccioso alto un metro e un Boccino,” – “Lavi!” – “che si ribellava contro ogni male e ingiustizia!” Lavi guarda il tappeto rosso consulto dai piedi di migliaia di Grifondoro passati davanti a quel camino, e aggiunge in un sussurro: “Eri un bimbetto pelle e ossa, ed già eri un Grifondoro più di quanto lo fossero tutti i Grifondoro di allora messi assieme.”

Allen alza lentamente la testa e, quando lo guarda, Lavi pensa che sia sull’orlo delle lacrime. Ma dev’essere un abbaglio, perché un secondo dopo quelle lacrime sembrano sparite. Allen sospira pesantemente e ricaccia la testa tra le ginocchia con fare inspiegabilmente scoraggiato. “Oh, merda,” dice soltanto.

“Cosa?”

Allen mugola un ‘Niente, Lavi’, e scuote la testa tra le braccia.

Lavi sente l’improvviso, acuto bisogno di dire qualcosa, perché ha la spiacevole sensazione che qualcosa non vada con Allen e l’unica cosa che gli viene in mente per sollevargli il morale – sempre che quello sia il problema – è atterrare in territorio neutro. “Non mi hai detto che shampoo usi!”

Allen si passa una mano sugli occhi e se li stropiccia vigorosamente. “Perché non c’ho mai fatto caso, Lavi. Non ho idea di che shampoo usi, te lo posso anche prestare.”

“Dicono che la gente che mangia molti dolci tende ad avere un odore della pelle più dolce. E che di solito queste persone usano profumi più freschi per compensare,” lo informa Lavi. “Probabilmente il tuo shampoo è alla menta, o qualcosa del genere. Forse dovrei iniziare anche io a mangiare tanti dolci quanti ne mangi tu.”

Allen gli rivolge un sorrisetto malizioso. “Non penso che il tuo fisico sopporterebbe la quantità di dolci che io ingerisco.”

“Se non provo non posso saperlo,” precisa Lavi, anche se in cuor suo sa che quella è la dura realtà. Il metabolismo di Allen è una cosa dell’altro mondo.

Il giovane sospira, facendo spallucce. “Beh, dimmelo quando devo prenotarti un appuntamento dal dietologo.”

Lavi ride di gusto. “E dopo queste conversazioni profonde, dovremmo abbracciarci e passare ad altri argomenti frivoli quali il nuovo esotico taglio di capelli di Fou o i monotoni fermacapelli di Kanda.” E in un impeto di vivacità, spalanca le braccia davanti a lui.

Allen lo guarda con sconcerto. Lavi ride di nuovo, alzando le mani in segno di arresa. “Okay, okay, niente abbraccio. Siamo ragazzi pieni di virilità. Ma sui fermacapelli di Kanda c’è molto da dire.”

L’altro scuote la testa rassegnato, ma il sorriso affettuoso che non riesce a trattenere la dice lunga. Si alza lentamente dal divano, e si liscia i pantaloni disinvoltamente. “Ne sono certo, ma io penso di voler andare a dormire. Tu che fai?”

Lavi lascia cadere la testa all’indietro e fissa il soffitto, studiandone le crepe e le inspiegabili macchie e intaccature. “Penso che starò un attimo qui, a fissare il soffitto. Virilmente.”

Allen grugnisce qualcosa di incomprensibile, e gira sui tacchi, diretto al dormitorio maschile.

“Ehi, Allen?”

Il ragazzo si ferma, e si volta con faccia assonnata verso l’amico.

Lavi inspira, e alza un po’ la testa dal divano, per guardare Allen negli occhi. “So che può sembrare un po’ smielato, ma… penso che tu sia il migliore amico che mi potesse capitare nella mia vita.”

E dopo i primi secondi in cui rimane innegabilmente spiazzato dalla sua sincerità, per la prima volta Allen gli mostra quel sorriso, il sorriso che due anni più tardi Lavi imparerà a riconoscere e ad odiare, perché saturo di una felicità mista a un’inspiegabile tristezza che lui non saprà come cancellare per molto tempo.

Ma Lavi ancora non ci fa caso, e nel suo stato assonnato non nota minimamente la differenza.

“E tu lo sei per me, Lavi,” risponde Allen, prima di scomparire su per la rampa di scale.

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E fu così, in quella lunga notte primaverile del suo quinto anno a Hogwarts, che Lavi venne a conoscenza del particolare odore di Allen.

Ma la cosa davvero divertente?

 

Fu così, in quella lunga notte primaverile del suo terzo anno a Hogwarts, che Allen capì di essersi irrimediabilmente innamorato di Lavi.

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.

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Buondì! So che probabilmente questo capitolo non è piaciuto molto, a me l’ultima discussione tra loro due fa stracagare, ma come al solito non riesco a riparare. Cioè, boh çWç Che ppalle, madò.
Eniuei, mi serviva una cosa relativamente soft per iniziare, una cosa che rappresentasse un po’ il quadro generale della vita di Lavi e Allen a Hogwarts (e sì, questo quadro è composto da molte esperienze quasi terminate con un’espulsione LOL)
Fatemi sapere se avete apprezzato, ci terrei molto :D (mi sa cheee il prossimo sarà quello con Bak e Fou. E ovviamente implicito quasi-Laven per contorno).
(E per la cronaca, sì, Allen è cresciuto parecchio all’alba del quinto anno, ma così Lavi, quindi la differenza di altezza è diminuita ma non troppo, lol.) (E per la cronaca due, no, non ho idea di come Komui e il preside abbiano scoperto del contrabbando di piante carnivore. Mettetevi il cuore in pace, perché non lo saprete mai, né voi né io.) (E per la cronaca tre, avete capito qual era la seconda ipotesi di Allen sulla creazione dell sgabuzzino? Un aiutino lo trovate nell’ultima frase del capitolo ;D )

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Capitolo 2
*** Why Fou went to see Bak ***


Aaah! Mi sembra sia passato un secolo! (?) Un capitolo interessantissimo, questo! (Non è vero). Come vi avevo detto, questo è un BakFou con del Laven per contorno. Molto poco. Più un Allen e basta (e non perché non volevo Lavi ma… Lavi in quel momento era impegnato in un’altra faccenda lololol come si capirà dalle prime righe). Beh, cheddire apparte che non scriverò MAI PIU’ IN VITA MIA una BakFou perché è una COPPIA IMPOSSIBILE DA SCRIVERE (IC tendente a zero in questo capitolo)? :D Nulla. Quindi buona lettura, e ditemi cosa ne pensate.

Nota che rasenta l’inutile: mentre facevo un po’ i calcoli progettistici (?) su questa fic, avevo vagamente pensato che forse sarebbe stato figo fare anche qui sette capitoli. Ma contando i capitoli che avevo in mente di scrivere (ebbene sì! Vi ho ingannati per tutto il tempo, perché in realtà ho praticamente già deciso cosa scrivere quindi se volete qualcos’altro io vi ignorerò HAH.) ho fatto l’orrenda scoperta che sono otto D: In realtà senza saperlo inizialmente ne avevo progettati sette, ma poi dato che svariati volevano un capitolo postdichiarazione con Lavi ancora ad Hogwarts, sono diventati otto E E E. Panico, non riuscivo a decidere quale togliere. Perciò alla fine, panicando inappropriatamente, sono giunta alla conclusione che l’ultimo capitolo sarà un’unione sminchia tra due capitoli A__A
E così i capitoli saranno ufficialmente sette!

Disclaimer: semplicemente, no.

 

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Why Fou went to see Bak

( S E V E N )

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Poco distanti da un gruppo di studenti del sesto anno che ridono sommessamente e si scambiano confezioni di merce sospetta, Lavi e Lenalee sono seduti sul lungo e comodo divano della Sala Comune. La ragazza si passa le dita nel suo caschetto di lucidi capelli neri con un movimento insofferente, mentre le dita dell’altra mano tamburellano veloci sullo schienale ricoperto di stoffa rossa. Lavi, invece, ha palesemente la faccia di uno che vorrebbe Smaterializzarsi a qualche miglio di distanza.

Sfortunatamente per lui, a Hogwarts non ci si può Smaterializzare.

“Mi confondo sempre tra Nettuno e Urano: qual è quello che simboleggia la fantasia e auspica il crollo di illusioni?” la voce di Allen la fa trasalire, e la piuma scivola dalla sua mano sulla pergamena gialliccia , tracciando una riga sbavata d’inchiostro sul foglio precedentemente intonso.

“Ma poi perché mi preoccupo di Divinazione,” prosegue Allen, mentre si abbandona contro lo schienale della sua sedia e si stropiccia gli occhi stancamente, “se so già che all’esame improvviserò tutto? Dimmi la verità: tu hai mai visto qualcosa in quella stupida boccia di cristallo?”

In risposta, Fou si limita a sghignazzare sonoramente, prendendo in mano un pesante tomo rilegato in pelle e buttandolo davanti all’altro. Il ‘thump’ sordo che provoca incontrando il tavolo sembra quasi un presagio di sventura e insuperabili fatiche. “Infatti, dato che con Sokaro non avrai problemi, ti consiglio vivamente di ripassare Trasfigurazione. La Nine ha esplicitamente detto che non accetterà al sesto anno chi ha preso meno di O nei suoi G.U.F.O.

Allen giocherella spassionatamente con la sua penna piumata di grigio e scruta con svogliatezza quel libro che ora è piazzato in bella vista davanti a lui, impossibile da ignorare.

“Lo so,” risponde, tormentando un angolo della sua pergamena distrattamente, “ma non voglio immaginare cosa farebbe la Lotto se qualcuno dei suoi studenti prendesse una D… o peggio, una T. Cosa che trovo peraltro piuttosto possibile.”

Il comune senso di colpa contrae i loro visi in una prolungata smorfia di ansia e comprensione reciproca.

“Beh, magari c’è abituata…” suggerisce Fou con poca energia. “La divinazione non è una cosa che possono praticare tutti. E poi sicuramente il Preside le impedirà di fare qualche sciocchezza.”

Scoraggiato, Allen scrolla le spalle e apre il libro di Trasfigurazione, non risparmiandogli l’ennesima, ormai consueta occhiata critica.

“Odio il fatto che tu abbia la metà degli incantesimi da conoscere rispetto a me,” commenta aspramente.

Fou gli rivolge un sorriso impertinente, e per provare il suo punto, modifica la tonalità dei suoi capelli fino a farli diventare da rosa cicca a un altrettanto insolito rosa salmone tendente all’arancione.

“Non è colpa mia se mio padre è un Metamorphomagus,” chioccia con soddisfazione, arricciandosi una ciocca di capelli all’indice per esaminarne più da vicino il nuovo colore.

Allen aggrotta la fronte, sempre più rabbuiato. Prende in mano la sua bacchetta ed effettua un incantesimo di Rabbocco sul suo bicchiere, che immediatamente si riempie di nuova acqua limpida e fresca.

“Allora odio i Metamophomagi,” rettifica tetramente, afferrando il bicchiere e bevendo un sorso d’acqua, con una tragicità tale nei suoi movimenti che la scena risulta oltremodo comica.

Fou fa le fusa senza alcuna vergogna di sé, lisciando la sua pergamena e allungando la mano verso il libro di Antiche Rune con una pacatezza regale.

“Allen, Allen, persona debole, la tua invidia intensifica solo le mie abilità.”

Nonostante il fulmineo attacco di depressione, Allen scoppia a ridere quando Fou si volta verso di lui con uno schiacciato naso all’insù dall’aria spocchiosa e le sopracciglia arcuate in una forma assurda ma in una perfetta riproduzione di quelle di un loro passato – e odiato – insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure.

Una volta calmate le risa, Fou si mette in bilico sulle gambe posteriori della sedia e allaccia le dita dietro la testa. Mentre studia le curve dei drappi rossi dagli orli dorati che decorano la parete opposta con finto interesse, si mordicchia il labbro inferiore, taciturna. Di fianco a lei, Allen riprende a sfogliare il suo libro.

“Beh, Allen, mi sa che devo andare,” afferma, e fa per alzarsi.

Quando l’amico le chiede dove, lei esita un attimo, prima di replicare con un borbottio indistinto che spera vivamente basti a soddisfare l’altro.

Però ovviamente Allen si gira, questa volta più attento alle sue parole. “Eh?”

“A ripassare Antiche Rune,” ripete distintamente Fou, con una scrollata di spalle che mira a distrarre l’attenzione dalla sua immediata agitazione. “Con Bak. E i soliti di Tassorosso. Rou Fa, eccetera.”

Il ghigno d’intesa che si allarga da orecchio a orecchio sul viso pallido di Allen la infastidisce nel profondo, perciò reagisce rapidamente e istintivamente donandogli garbatamente un lieve pugno alla spalla.

Ow! Che cosa ho fatto!” si lamenta Allen mentre si massaggia l’arto ingiuriato, comportandosi come se lo avesse invece pugnalato a fondo.

“Sorridevi come un idiota,” si giustifica Fou asciutta. “Non lo sai che l’idiozia è un reato in certi Paesi? E Allen, era lieve.”

No che non lo era!”

Fou non degna l’amico di una risposta, e procede a chiudere il suo libro di Antiche Rune e a metterselo sottobraccio.

Mentre lei si alza, il ragazzo incrocia le braccia e la scruta con attenzione, la malizia che gli illumina le iridi tempestose.

“Si dichiarerà entro la fine dell’anno. Lui, o te,” commenta con voce limpida e esageratamente fiduciosa.

Fou solleva il mento e ostenta un’aria di indifferenza che non le è propria. “Non sono neanche sicura che mi piaccia, Allen.”

“Sì, proprio. È da un mese che vi girate intorno con occhi predatori! E anche se tu non fossi ancora sicura, lui secondo me lo è,” dice Allen, con una sicurezza che un po’ spiazza la ragazza.

“Non credo proprio, Al… Ci sono le stesse probabilità che succeda di quante ce ne sono che tu ti dichiari a Lavi entro fine anno. O in generale.” E questo è classificato, nell’enciclopedia personale di Fou, come un colpo basso. Ma Fou non si trattiene mai dal ricorrere a spietati sotterfugi quando si sente messa all’angolo – anche se di questo particolare ‘sotterfugio’ è davvero convinta.

La smorfia di Allen ha un che di profondamente patetico. Non esce mai una buona espressione quando si tenta di mischiare l’afflizione e l’amarezza con il fastidio.

“Allora mi dispiace per voi,” risponde con eccessiva calma. “Speravo vi poteste mettere insieme prima della mia morte.”

“Allen, dovresti…

“Ne abbiamo già parlato, Fou.”

La durezza nella sua voce è un chiaro segnale, che intima a Fou di non inoltrarsi nell’ennesimo battibecco destinato a sfociare inevitabilmente in un litigio. Ma questa volta Fou si sente particolarmente stufa di assecondare l’ennesima parata di finzioni adombrate da patetica rassegnazione che Allen trascina avanti con crescente fatica.

“Ne abbiamo già parlato, sì, e sai cosa ne penso,” esplode Fou, riuscendo però sorprendentemente a mantenere bassa la sua voce. “La verità, Allen, è che sei un codardo senza palle. Tutti quei discorsi sul lasciarlo decidere da solo, sul non condizionarlo… In realtà hai solo paura. Esattamente come lui. E se continuate così ancora per molto probabilmente non andrete a finire da nessuna parte. Uno di voi due si stancherà, e non avrete più occasioni. Perciò quello che ti consiglio di fare è alzarti, andare da lui, e dirgli… qualcosa. Risolvete la faccenda, prima che l’anno termini. Chi era che aveva detto di non lasciarsi rimpianti alle spalle?”

Allen si rifiuta di guardarla, ha gli occhi puntati caparbiamente su Lavi. Ma il suo cipiglio, le spalle rigide e le labbra serrate in una linea inflessibile dicono a Fou che l’ha ascoltata, e che è arrabbiato. O frustrato, Fou non riesce a capire. D’altronde non è lei quella innamorata del suo migliore amico, questa volta.

Perciò sospira pesantemente e, senza aspettare una risposta o il saluto di Allen, gira sui tacchi e s’incammina da sola verso la biblioteca.

Sulla strada, scivolando di corridoio in corridoio, evitando a malapena studenti e professori che vi passeggiano, Fou si massaggia impacciata il collo, realizzando di aver esagerato con Allen; e mentre si avvicina al punto d’incontro con Bak, pensa anche che si sia comportata in modo un po’ ipocrita.

Non è che Allen sia propriamente un codardo. In fondo ha anche lui le sue ragioni per fare quello che fa – seppure un po’ contorte, sono accettabili. Due anni passati con la speranza che Lavi si accorgesse di lui e dei suoi sentimenti devono essere stati piuttosto pesanti psicologicamente, soprattutto con il timore sempre incombente di poter rovinare un’amicizia vitale. Non è poi cosa da tutti giorni innamorarsi del proprio migliore amico, e in più dello stesso sesso. Al tempo, Fou non era stata capace di dispensare molti utili consigli – sia benedetta Lenalee.

Inoltre, se anche Allen fosse da considerare un codardo, di conseguenza lei certo non è da meno. Tra il primo e il secondo anno, Allen le era piaciuto per molti mesi, e così come aveva fatto il ragazzo, anche lei non aveva mai detto nulla – non sa neanche se Allen sia a conoscenza di questo dettaglio della loro lunga amicizia. Non che ora abbia molta importanza.

Ma forse, riflette Fou con una certa dose di vergogna, è per questo che tenta sempre di spingerlo ad agire, seppure spesso con troppa violenza: non vuole che Allen commetta i suoi stessi errori.

Nonostante ora Allen non le piaccia più, capita che, ogni tanto, quando è stesa sul letto a occhi chiusi, a ripensare alle giornata trascorsa o a un incontro con Bak, o ad Allen e Lavi che sono sempre così vicini – sempre più vicini – si chieda cosa sarebbe successo.

Cosa sarebbe successo se lei si fosse confessata. Se, facendolo, avrebbe scoperto di avere una possibilità, e si sarebbero poi messi insieme, sarebbero stati una coppia, quanto sarebbero durati…

Si rende conto che, ragionando obiettivamente, Allen e lei non sarebbero mai stati una coppia duratura. Non ne è certa, ma quasi. Da sempre Allen l’ha di certo vista sempre e solo come una sorella, niente di più, e ormai anche Fou non riuscirebbe a vederlo in altro modo. Ma soprattutto, Fou non ha mai avvertito tra loro quella sensazione che invece avverte a vere e proprio ondate tra lui e Lavi.

Lavi. Allen non le ha mai dato l’impressione di essere gay, eppure… c’è qualcosa che clicca perfettamente tra di loro. Sono come due tasselli di un puzzle, che scivolano l’uno sull’altro e s’incastrano alla perfezione, dentellatura per dentellatura. E questo solo perché sono loro. A questo punto, Fou non riesce a spiegare a se stessa cos’è che davvero senta, però è innegabilmente lì, la percezione di una sintonia a un livello che tra lei e Allen non è mai stato raggiunto.

Ma è stato meglio così, si dice sempre Fou, ora che il dolore non esiste più.

Poi spesso le viene in mente anche Bak, con il suo passato amore viscerale per Lenalee, e la medesima confessione mancata. Si rende conto che lei e Bak appartengono alla stessa specie: persone che hanno amato, e che non hanno avuto il coraggio di mettersi in gioco, che fosse per paura, e per un senso di inadeguatezza. Ogni tanto Fou si chiede se potrebbe essere semplicemente quello ad averli uniti, il fatto che siano fatti della stessa pasta. Sono elementi di scarto di un quadro più grande che alla fine hanno trovato il loro posto insieme, accontentatisi l’uno dell’altro nonostante non siano ciò che desiderano.

Ma Fou non è mai stata una persona da ‘se’ e ‘ma’. Sa, in realtà, di essere forte e di non essere lo scarto di nessuno. Ha fatto le sue scelte, e andrà avanti per la sua strada innamorandosi di qualcuno che a sua volta sarà molto più di un semplice scarto.

Preferisce vivere nel presente invece che rinchiudersi nel passato e rimpiangere le occasioni perse. Perciò a questo punto delle sue deprimenti riflessioni, di solito, Fou scuote la testa e pensa ‘cosa cazzo me ne frega’, e ritorna con la sua mente al presente, al momento che sta vivendo, e smette di provare rimorso, che ha sempre pensato fosse una sensazione che non le addicesse.

E anche se ancora non è molto sicura che Bak le piaccia così tanto come Allen sembra pensare, si rende conto che la sicurezza che mostrava il suo amico parlando della sua confessione, e l’idea stessa della confessione di Bak, non la dispiacciono poi così tanto. E ciò le pare un utile indizio.

Quindi capita soltanto qualche volta che Fou non riesca a trattenersi dal chiedersi se

Una mano si stringe attorno al suo avambraccio con delicatezza, e Fou alza di scatto la testa per prendere visione di un Bak, dall’aspetto trafelato e il codino dal biondo dorato semidisfatto, che preme al petto il suo libro di Antiche Rune e le indirizza con i suoi occhi color cioccolato un mezzo sguardo apologetico.

“Scusami, aspetti da tanto?”

Fou sbatte le palpebre un paio di volte, per poi lanciare un’occhiata intorno a sé e accorgersi di essere già arrivata all’entrata della biblioteca. “Ah,” risponde laconicamente, sinceramente stupita. Non ricorda di aver camminato fino a là.

Questo è il motivo per cui non le piace pensare ai problemi di cuore. Liquefa il cervello alla radice.

Quando Bak si fa perplesso e manifesta un crescente affanno, Fou si preoccupa di elaborare. “No no, non aspetto da… tanto. O almeno credo.”

Bak sembra non capire, e Fou non lo biasima. “Beh, in ogni caso… non è che ti va di andare a studiare fuori, oggi?” chiede il ragazzo con voce agitata, ma tinta di speranza.

“E Rou Fa e gli altri?” indaga lei.

“Ah,” Bak si dimena sul posto come se stesse camminando su braci ardenti, e questa volta è Fou a non capire, “non potevano. Stavano facendo… altro.”

Fou annuisce riluttante, ma segue obbediente Bak nei corridoi, oltre il portone e infine fuori dal castello – e ritornando piano piano in se stessa, biecamente e con un sorrisetto tronfio, la ragazza fa notare all’amico la differenza tra le quantità di rubini e topazi che riempiono le rispettive, gigantesche clessidre accostate all’ingresso che rappresentano i punteggi delle Case.

Poco dopo raggiungono un rigoglioso e robusto albero che si innalza imperioso su una collinetta del vasto prato a loro disposizione, e che sparge ombra e frescura tutt’intorno alle sue lunghe radici. Sedutasi subito sull’erba, da lì Fou contempla per un attimo lo specchio d’acqua scura che si stende in quel bacino verdeggiante, che da lontano sembra un’infrangibile lastra di vetro opaco. Nonostante il piacevole venticello che scorre tra gli steli d’erba e smuove con leggerezza le cime degli alberi della Foresta Proibita, non una sola onda increspa la calma quasi spettrale del Lago Nero.

In quei tranquilli secondi, Fou viene colta da una fortuita e piuttosto idiota rivelazione: le dispiacerebbe lasciare Hogwarts senza mai aver visto la Piovra Gigante.

“Sei silenziosa oggi,” constata Bak a mezza voce, come impaurito che parlando possa disturbare la sua apparente concentrazione. “Voglio dire. Di solito mi insulti di più.”

Con un sospiro, Fou si butta a terra, e alza gli occhi verso le fronde verdi dell’albero, tra cui ammiccano luminosi i raggi di sole. “Sono solo stanca. Non ho più voglia di studiare.”

Bak annuisce comprensivo, ancora indeciso se parlare o no. Probabilmente il suo silenzio lo disorienta, realizza Fou, per poi scoprire che la cosa la diverte un poco. È in momenti come questo che si chiede se suo padre, oltre alle capacità di un Metamorphomagus, le abbia trasmesso anche il suo naturale sadismo.

“Beh, ma… dovremmo studiare, ormai che siamo qui. Con i libri.”

Fou si tira di nuovo su e quando si volta verso Bak con una sorpresa per lui in serbo, quest’ultimo starnazza qualcosa in modo incomprensibile e arrossisce fino alla punta delle orecchie.

“Dovremmo studiare, ormai che siamo qui,” lo scimmiotta Fou dilettandosi in svariate smorfie con le fattezze di Bak che ha appena assunto. Bak pare oltremodo indignato – ed è la parola più perfetta con cui lo si possa descrivere, manca solo la mano con le dita tese davanti alla bocca, ed è un quadro perfetto di pura ed elegante ‘indignazione’.

“Non ho un naso così lungo!” obietta scandalizzato, puntando un dito accusatorio contro la protundenza per lui inaccettabile.

Fou ride sguaiatamente, ma decide bonariamente di concedergli una pausa psicologica, tornando lentamente alle sue solite sembianze. “Sì che ce l’hai, stupiBak!”

“No che non ce l’ho… stupiFou!”

“Beh, quello sì che era un insulto creativo,” asserisce Fou con pesante sarcasmo.

“Creativo quanto il tuo!”

“Sì ma io quello lo uso sempre, quindi a prescindere dalla sua creatività, è consolidato. Affermato come verità indiscutibile.” Fou ignora spudoratamente l’espressione scettica che ha davanti a sé, e piega le labbra in un nuovo ghigno di scherno. “Non dovevamo studiare, Bakkino?”

Così, con un Bak dalle guance imporporate e una Fou dal sorriso maligno, lo studio di Antiche Rune all’ombra di quel grande albero florido ha inizio. I minuti passano e si trasformano in una mezz’ora piacevole, durante la quale i due dividono un unico libro per ripassare e tentare delle traduzioni aiutandosi a vicenda.

Bak è insolitamente irrequieto quel giorno, si accerta finalmente Fou dopo un po’. Se il fatto che continui a stropicciarsi la frangia i capelli biondi non è un segno, dato che lo fa spesso, di certo lo è il suo continuo intrecciare le dita in una morsa convulsa, come anche la circospezione e l’allarme nei suoi occhi che sarebbe più naturale vedere nelle pupille di un animale braccato, e alcune altre inezie che nel complesso iniziano a dare a Fou il mal di testa.

Però con quel mal di testa, giunge anche il presentimento che… qualcosa stia per succedere. Lo avverte nell’aria vibrante che staziona tra di loro, nei gesti impacciati di Bak, nel modo in cui i muscoli delle sue stesse spalle si sono tesi come corde di violino ai primi accenni dell’irrequietezza di Bak, come se il suo corpo avesse intuito prima della sua mente l’attesa di quel… qualcosa.

In realtà ha una mezza idea di quello che potrebbe succedere di lì a qualche secondo. Bak ha l’aspetto di uno che sta per rivelare un gravoso segreto – non sa bene come fa a saperlo, ma immagina sia dovuto al fatto che in quei gesti riconosce la lei di qualche anno prima… il Lavi di questi giorni – e, per lo stesso motivo, Fou è parecchio certa di sapere di che segreto si tratta. La cosa invece preoccupante è il conflitto che prende luogo nella sua testa quando tutto quello che avverte e intuisce assume quel chiaro significato: seppure fino a non molti minuti prima abbia esplicitamente sperato che ciò avvenisse, seppure Allen glielo abbia praticamente predetto e lei non abbia mosso un muscolo per impedirlo, ora come ora Fou non è più sicura di volere che quel qualcosa succeda. Non è più sicura di niente, per essere precisi.

O forse si è solo dimenticata cos’è che vuole veramente.

“Questo corno di Erupmental è un due, giusto?”

Ma spesso sapere che qualcosa sta per accadere, non rende preparati al momento in cui questo accade.

Nell’attimo in cui Fou adocchia la runa indicata e rialza lo sguardo, pronta a rispondere di sì, la ragazza si accorge che Bak è oscenamente vicino a lei – eppure un secondo prima non lo era. O almeno non così tanto. Ma ora lo è così tanto che quel misero, insignificante, monosillabico ‘sì’ non abbandona mai la punta della sua lingua.

Bak agisce con tale rapidità che Fou ci mette un po’ a portare il suo cervello al passo con gli eventi, anche se i suoi nervi funzionano perfettamente, perché la sensazione delle labbra di Bak che si posano sulle sue di certo non passa inosservata. Anzi, in quel momento sembra l’unica cosa rilevante al mondo.

E come è arrivata, la bocca di Bak si allontana, ma solo di qualche centimetro. Bak la guarda negli occhi e per un attimo sembra essere soddisfatto di se stesso. Quello dopo, deve invece aver notato l’espressione di Fou pietrificata in uno stato di shock e i suoi occhi spalancati e vitrei che assomigliano più a due Boccini che a bulbi oculari, perché Fou inizia ad intravedere i primi segni delle familiari chiazze rosse sulla sua pelle.

“Hai cambiato colore di capelli,” tira Bak fuori dal nulla, anche se la cosa stupefacente è che sembra serio e stupito mentre lo dice, come se non avesse sfruttato quella frase casuale solo per spezzare la tensione.

Ma a prescindere dal perché l’abbia detto, sono quelle parole che gli costano il repentino pugno che scatta verso il suo volto dalla sua destra.

Mentre si alza di scatto e scappa in direzione del castello come se avesse alle calcagna un esercito di Folletti della Cornovaglia, senza degnare Bak di un ulteriore sguardo, in un angolo remoto della sua testa Fou giura con spregiudicata sicurezza che mai più insulterà Allen per essere un codardo e che, soprattutto, s’impegnerà nell’imparare a non reagire a chiunque tenti di intromettersi verbalmente o fisicamente nella sua vita amorosa, dispensando pugni in faccia.

Deve davvero lavorarci, su questa cosa.

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E fu così che, alla fine del suo quinto anno ad Hogwarts, Bak si dichiarò a Fou e ricevette, in cambio del suo amore, un livido violaceo sullo zigomo destro – che però scomparve nel giro di dieci minuti grazie all’aiuto dell’infermiera di Hogwarts, da cui Bak arrivò, senza forze e demotivato, solo grazie ad alcuni suoi compagni di Tassorosso che si erano nascosti nelle vicinanze per spiare la sua dichiarazione.

Due giorni dopo, Bak e Fou si misero insieme – una volta che Lenalee riuscì finalmente a convincere Fou a guardare in faccia Bak. Con la sua faccia, senza le sopracciglia di Lvellie, le guance di Crowley o le occhiaie della professoressa Lotto, che, per quanto riuscissero ad allentare qualsiasi tipo di tensione, non erano molto pratiche nella risoluzione di problemi seri.

 

Questo però non fermò i Grifondoro dallo stracciare la squadra di Tassorosso di Bak nella successiva e ultima partita di Quidditch.

(Fou passò il resto dell’anno scolastico a rinfacciarlo a Bak).

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Madò, mai più. Ventiquattro ore per descrivere una scena finale e fare un minimo di introspezione (semifallita). La fatica per scrivere questo capitolo è una cosa imbarazzante.

Ma scommetto che siete rimasti stupiti dalla cosa del Metamorfomagus :D è cheee mi è venuta in mente solo in questa storia LOL! Però dato che alla fine Fou non compariva molto in SEVEN, ci stava che non venisse fuori la cosa *annuisce a se stessa*. E poi è perfetta lei, per esserlo *_* Un premio a chi mi dice chi è invece un personaggio Animagus in questa storia e in cosa si trasforma! (si scoprirà più in là lololol).

Ah, qui le motivazioni di Allen sul perché non si confessa blahblahblah sono solo accennate, verranno spiegate meglio in un altro capitolo. Più avanti. Abbastanza assai più avanti.

E se Fou vi è sembrata poco convinta sui suoi sentimenti per Bak… beh, lo è xD Cioè, alla fine non è sempre rose e fiori, no? Una persona può avere un colpo di fulmine o metterci tanto a realizzare, può capire di essere innamorato senza esperienza o ha bisogno di provare a costruire quel rapporto di cui all’inizio avverte solo la potenzialità. Inoltre Fou, nonostante non sia più innamorata di Allen, tiene comunque tanto a lui e lei stessa (a mio parere) si rende conto che quel vederlo come fratello non è proprio VERO. È come se la sua esperienza mancata con Allen le fosse sempre rimasta dentro. In realtà nella fic (e qui) penso di non essermi spiegata molto bene, quella parte introspettiva è un po’ uscita a caso mentre scrivevo, ma dato che (SEPPURE appunto non l’abbia spiegata bene), mi sembrava realistica, l’ho lasciata :I Vi assicuro comunque che frequentando Bak, Fou si innamorerà in piena regola xD  VABBE’ DAI non si capisce. *si ammazza* *no, prima va a dormire*

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Capitolo 3
*** What Lavi could get Kanda involved in ***


Bum. Questo capitolo non ha senso. Scusate maaa c’ho messo un po’ a scriverlo. Non tanto perché fosse lungo o perché non avessi idee, ANZI. Ne avevo TROPPE, una più lollosa dell’altra, perciò c’ho messo eoni per trovare una versione in cui tagliare meno episodi possibili. Poi vabbè, c’è stata la parte impossibile dell’esplosione ormonale cheee… due ore? Tre? Quattro? Non so °w° ed è parecchio cacca HAHAHAH. No seriamente, mi dispiace perché non l’avevo segnalata all’inizio (neanche l’avevo prevista ‘-‘), ma c’è un po’ di smuttina qua D: Non succede nulla di particolare eh! È tutto abbastanza implicito, quindi non dovrebbe dare troppo fastidio. SE PERO’!, volete comunque saltarlo, basta che quando incontriate le parole ‘ormai avvezze’ saltate un po’ più in giù fino a ‘è un miracolo’. Ecco.

Non so a che rating metterlo, comunque D: Giallo o arancione? Consigliatemi voi, io per prudenza fo’ arancione per ora D:

 Ah, a un certo punto si accenna al passato/presente di Kanda. È di uno striminzito pauroso, e questo perché non avevo voglia di parlarne, quindi accettate questa realtà .-.

MA POI PERCHE’ DIAVOLO E’ LUNGO 8000 PAROLE, CRISTO. E’ LA LUNGHEZZA DI UNA ONESHOT SINGOLA, 8000 PAROLE. Va beh, godetevelo çwç 

Disclaimer: semplicemente, no.

 

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What Lavi could get Kanda involved in

( S E V E N )

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Tenendo la bacchetta puntata davanti a sé, osserva il modo in cui le ruvide pareti di pietra scura si fanno man mano più strette, mentre la fine di quell’interminabile tunnel si avvicina sempre di più. Dopo circa cinquanta metri, raggiunge una solida parete di legno curato che interrompe bruscamente il passaggio, ma con sicurezza il ragazzo vi posa una mano e la spinge in avanti: questa si apre, docile, mostrando una piccola stanza bianca, ben illuminata, e completamente vuota.

Il ragazzo balza giù dall’apertura del tunnel e, sistemandosi alla meglio l’indomabile frangia di ciuffi bianchi come la neve, bisbiglia un debole ‘nox’. La luce che si dirada dalla punta della sua bacchetta si affievolisce in un lampo fino a scomparire.

“Levati, idiota,” grugnisce una sgraziata voce femminile dietro di lui, e l’interpellato prontamente si allontana per far spazio all’amico.

La minuta ragazza dai capelli rosa cicca esce completamente dal tunnel, per poi guardarsi intorno con sguardo truce. “E ora?” chiede in tono scontroso.

L’altro le lancia un’occhiata critica e profondamente contrariata. “Yuu, persino Fou non si acciglia così tanto.”

Kanda incrocia prepotentemente le braccia e gli rivolge uno sguardo che potrebbe rivaleggiare per pericolosità con l’Anatema che Uccide. “Mi hai fatto trasformare in una ragazza, Lavi. Cosa ti fa pensare che me ne possa fregare qualcosa della credibilità?”

Lavi fa spallucce, mentre scosta la borsa che gli pende dalla spalla e adocchia con attenzione il suo corpo, più basso del solito, sorridendo in profondo apprezzamento. Si palpa un po’ le natiche con entrambe le mani, giusto per mettere alla prova i suoi ricordi, e – sì, è proprio il fondoschiena di Allen, conferma con orgoglio. “Io ti avevo offerto Allen, ma tu hai preferito Fou piuttosto che lui. L’hai voluto tu.”

Kanda sfodera la bacchetta più velocemente di quanto Lavi si aspettasse. “Sì, l’ho voluto io quando hai lasciato intuire che c’era il rischio che mi saltassi addosso solo perché avevo il suo asp—Vaffanculo, Lavi, è così gay e malato che non riesco neanche a dirlo.”

Il suo amico lo studia con la bacchetta levata, probabilmente impegnato a scegliere l’incantesimo più consono da scagliargli contro. Lavi è pressoché terrorizzato ora – vedere Fou al posto di Kanda decisamente non fa lo stesso effetto, ma Fou è altrettanto capace di incutere timore quando vuole –, perciò opta acutamente per un sorrisetto nervoso e un vago appello all’unica fonte di salvezza quando si tratta di Kanda – anche se avere l’aspetto di Allen non costituisce un elemento a suo favore.

Kanda,” e all’interpellato probabilmente non sfugge l’accorto uso del suo cognome, “ricordati che… lo stai facendo per Lenalee?”

E Kanda, sorprendentemente, seppur con lentezza esasperante, abbassa la bacchetta e arretra.

Tch.”

Lavi interpreta ottimisticamente quel verso ricorrente come una sorta di momentanea vittoria e, asciugandosi le immaginarie gocce di sudore che era sicuro di trovare sulla sua fronte, ne approfitta per allontanarsi, scivolando verso la porta e aprendola sull’esterno.

Il familiare corridoio del settimo piano è inondato di luce, e l’arazzo che raffigura i grandi troll di montagna è sempre lì, immenso e perenne nella sua bruttezza. Non c’è ancora nessuno, perciò Lavi esce e aspetta che Kanda lo segua fuori prima di chiudere la porta.

“Perché mi hai coinvolto in tutto questo,” grugnisce Kanda, e Lavi è stupito di trovare nella sua voce una sorta di tono lamentoso sul disperato andante.

“Dai, Yuu,” lo incoraggia Lavi con esuberanza, trattenendo le risate, “oltre al fatto che rivedrai Lenalee, che immagino non sia mai un male, hai partecipato con successo all’ennesima trasgressione delle regole della scuola! Ormai è l’ultimo anno di Allen, e dopodiché non avremo più scuse per fare di queste cose. Annusa, annusa! Non ti mancava quest’odore di castello, armature, libri e passaggi segreti?”

Kanda non accenna ad annusare.

“Comunque sospetto che io e te deteniamo un record per la quantità di divieti infranti. Per carità, Allen, Fou e Lenalee ci seguono a ruota, ma siamo stati noi a trascinarli sulla via del crimine scolastico, non è fantastico?”

Fou’ si appoggia contro la parete e alza lo sguardo verso il soffitto. Lavi sospetta sia una tecnica per non vedere il suo attuale corpo.

“Rammenti i bei tempi, in cui eravamo solo io e te?” gli ricorda Lavi, sognante, puntando lo sguardo nel nulla, e godendosi lo scorrere di quei ricordi lontani sette o otto anni. “Quando abbiamo messo quei Folletti della Cornovaglia nella stanza della Fay? O quando abbiamo fatto credere alla Lotto di avere il Gramo? Haha, per quella mi sono sempre sentito un po’ in colpa.”

“La maggior parte delle volte eri solo tu che facevi casino,” precisa Kanda, con crescente collera.

“E tu che mi seguivi senza discutere,” sghignazza Lavi. “E poi non è vero, ammettilo che ti sei divertito anche tu. Non ti sarai dimenticato quella volta in cui ti sei vendicato di Tyki facendogli esplodere davanti alla faccia quel bicchiere di whisky? Aah, è stato bellissimo. Tyki senza sopracciglia. Una cosa mostruosa.”

Lavi nota con piacere che un angolo della bocca di Kanda è leggermente piegato all’insù in una metà stentata di sorriso.

“Alla fine ne abbiamo passate tante insieme, e tutto grazie alla fortuna di essere capitato nel tuo stesso compartimento sul treno, al primo anno. Avevi un’aria così minacciosa, allora, che nessuno aveva il coraggio di avvicinarsi a te. Ma io!, stoico e coraggioso, non mi sono tirato indietro.”

“Che peccato,” conclude Kanda, con abbondante sarcasmo.

Il rosso gli sorrido ma non aggiunge altro, conscio del fatto che le cose sono molto cambiate, dopo sette anni.

Effettivamente, seppure quelle peripezie siano valse la pena, a detta di Lavi, i primi tempi della loro amicizia furono più difficili di quanto alla natura accomodante di Lavi piaccia ricordare: Kanda non proviene da una famiglia tutta ‘rose e fiori’. Il fatto che i suoi genitori l’abbiano quasi diseredato quando è stato smistato in Grifondoro è un utile indizio sulla sua reale situazione familiare.

Ma in tutti quegli anni, Kanda è cambiato – a Lavi piace pensare ‘cresciuto’. Anche se per molti si tratterebbe di cambiamenti pressoché impercettibili. La loro amicizia, e quella con Allen, Fou e soprattutto Lenalee, l’ha trasformato come Lavi non si sarebbe mai aspettato.

Rimane indubbio che Kanda abbia ancora la capacità di socializzazione di un Gigante delle montagne, e che per essere considerato da lui con un minimo di rispetto, sia necessario abituarsi alla convivenza con un pericolo di morte costante – forse è per questo, ragiona Lavi tra sé e sé, che, nonostante gli infiniti battibecchi e le innumerevoli risse, Kanda ha sempre segretamente rispettato Allen: messo alle strette, questi ha una malata tendenza a sorridere in faccia alla minaccia e al pericolo mortale, ed è occasionalmente capace di far scappare il pericolo stesso con la coda tra le gambe.

Certo, adoperano tecniche diverse: Kanda usa la sua incontrollata rabbia, Allen usa i suoi finti sorrisi. Ma non è un caso che entrambi mirino a lavorare come Auror per il Ministero.

Lavi si gratta il bordo della bocca per nascondere il ghigno che gli sorge spontaneo all’idea fondata che Allen e Kanda si assomiglino più di quanto farebbe a loro piacere. 

Evita accuratamente di farlo notare a Kanda.

Perciò Lavi si perde in altre considerazioni personali e rivisitazioni mentali di ricordi lontani, mentre assentemente si passa una mano tra i capelli bianchi, sulla cicatrice, sul collo, sulle maniche della camicia che odora ancora di Allen.

“La vuoi smettere?” sbotta Kanda a un certo punto, incomprensibilmente stizzito – se non per il fatto che è Kanda, cosa che giustificherebbe a vita il suo essere stizzito.

Lavi si volta, comunque confuso. “Smettere che?”

Kanda pare oltremodo sconcertato. “Di… palpare la mammoletta, idiota. Sembri un pervertito.”

Lavi prorompe in un verso di teatrale indignazione. “Ehi! Scommetto che faresti la stessa cosa se ti fossi trasformato in Lenalee!”

L’occhiata di Kanda sembra però affermare tutt’altro, quindi Lavi retrocede e tenta un’altra via. “Allen è il mio ragazzo. Posso farci quello che voglio con il suo corpo,” afferma con altezzosità.

L’amico sbuffa e, con sorpresa di Lavi, quel verso assomiglia a un’appena soffocata risata di scherno. “Certo. Lo riferirò alla mammoletta, appena lo vedo.”

Lavi inorridisce all’idea. Lascia automaticamente ricadere le braccia lungo i fianchi, e al contempo la sua mente registra impietosamente la schiacciante vittoria segnata da Kanda.

Questa volta Kanda non si preoccupa di trattenere il suo crudele ghigno canzonatorio.

“Sei ridicolo, comunque, con quei pantaloni,” lo informa per contorno.

Il rosso incrocia le braccia, irritato. “Non è colpa mia se Allen lascia da me solo le sue camicie. Ho dovuto rimediare con dei miei pantaloni e una cintura. E poi non sono ridicolo, Allen non è così tanto più piccolo rispetto a me…

Ed è vero. Allen è mostruosamente cresciuto durante il sesto anno, e anche se rimane ancora più basso di lui, e decisamente più magrolino, i suoi pantaloni non paiono così lunghi e larghi rispetto a come sarebbero parsi due anni prima.

Seppure Allen diventi soltanto più affascinante ogni anno che passa, Lavi sa che rimpiangerà il momento in cui non potrà più appoggiare il mento su quella testolina di morbidi capelli bianchi. Ormai in vena di riesumazioni di ricordi antichi, la sua mente viaggia con gioia all’indietro nel tempo, rivivendo un episodio in cui, schiacciato contro il suo petto all’interno di un finto sgabuzzino e ansimante a causa di una corsa sfrenata, Allen non gli arrivava neanche alla spalla.

E al pensiero, si asciuga con l’indice un’invisibile lacrimuccia di malinconia, e, giustamente, Kanda lo guarda come se fosse pazzo.

Grazie al cielo, una figura slanciata e quasi felina compare all’estremità della rampa di scale più vicina e interrompe la loro semi-conversazione. Atterra sul pavimento solido e statico un attimo prima che, con un rumoroso sfregamento di marmi, l’intera scala cominci a muoversi. La nuova arrivata si avvicina, e i suoi occhi color ametista scintillanti e i capelli corvini lisci e lunghi che sussultano ondeggiando ad ogni suo rapido passo si potrebbero riconoscere a un miglio di distanza.

Il cambiamento che avviene nella piccola figura incurvata e caparbia di ‘Fou’ è subitaneo e palpabile.

Lavi si morde il labbro per non ridere.

“Suppongo che Kanda non sia Allen,” dichiara Lenalee raggiante. Cercando probabilmente di nascondere divertimento suscitato dal vedere Kanda in quello stato, Lenalee zompetta avanti e indietro di fronte alla Stanza delle Necessità per tre volte, prima di aprire la porta e infilarcisi dentro trascinando con sé una Fou un po’ impacciata e a disagio.

“E suppongo che Allen ti stia aspettando al vostro punto di ritrovo,” cinguetta Lenalee, “Mi ha fatto piacere rivederti, Lavi, ci vediamo alla partita di Quidditch. Li stracciamo i Corvonero, quest’anno!” E dopo avergli indirizzato un pugnetto trionfante e un ampio sorriso frizzante, sbatte la porta dietro di sé. Lavi non fa in tempo a vedere in cosa si sia trasformata la Stanza.

“Alla faccia dei saluti tra amici!” le urla dietro Lavi, ma dubita che Lenalee lo possa sentire.

Così si avvia per le scale con passo affrettato, il sangue che ribollisce nel pregustare ciò che avverrà di lì a poco, e la testa in un mondo in cui lui è già arrivato alla sua destinazione.

Durante il cammino, mentre la sua vista abbraccia amorevolmente ogni familiare particolare racchiuso nelle mura di quel posto che è destinato a non mutare mai, dall’armatura ammaccata all’angolo della salita verso il quinto piano alla brusca svolta che porta all’aula di Divinazione, Lavi prende a vanagloriarsi con studiata calma del suo piano fantastico. Avvisare Allen tramite il caminetto della Sala Comune è stata la parte più divertente, dopo l’aver visto Kanda trasformarsi in una donna. Il volto piacevolmente scioccato di Allen continua a ripresentarglisi alla memoria, come anche i suoi tentativi davvero poco convincenti di farlo desistere dall’impresa.

Il secondo piano è piuttosto affollato in quel momento della giornata, e Lavi comprende quasi subito il motivo per cui alcuni tra gli studenti che si incamminano sulle scale gli indirizzano occhiate disorientate e perplesse. Lui si limita a rispondere con il suo miglior sorriso – o meglio, il miglior sorriso di Allen. Ma alcune persone, dopo averlo visto, sembrano ancora meno convinte.

Lavi aggrotta le sopracciglia, sentendosi offeso senza un motivo ben preciso. Ricambiando distrattamente l’energico saluto da parte di un cavaliere variopinto in sella a un affaticato pony che ospita uno dei tanti quadri appesi alle pareti, si chiede se davvero il suo modo di sorridere sia così diverso da quello di Allen.

Rapidamente, percorre metà del corridoio, e già esulta mentalmente per il successo del suo piano perfetto, quando, a un passo dalla porta del bagno dei maschi, una voce chiama il nome di Allen.

Si blocca di colpo, un po’ interdetto, con una mano sulla maniglia. Un terzo del suo cervello non riconosce quel nome come un motivo valido per fermarsi, mentre l’altro terzo, quello ancora abituato ad andare sempre in giro per il castello con Allen e a fermarsi in concomitanza con l’altro, gli impone di girarsi subito. L’ultimo terzo, quello cosciente del suo attuale aspetto, si dimentica di intervenire.

Lavi lascia cadere la mano e davanti a lui appare fulmineo Timothy, districatosi abilmente dalla marea di studenti. Ha un’espressione stupita e calcolatrice sul volto, come se stesse mentalmente cercando la soluzione a uno degli insoliti indovinelli dell’entrata della Sala Comune di Corvonero.

“Allen, come hai fatto?” gli chiede Timothy, guardandolo con circospezione, alla ricerca sul suo volto di solo Merlino sa cosa.

Perciò Lavi prova ad immaginare quale sia la risposta più adatta a quella domanda apparentemente senza significato.

“Ehm,” fa poi, arrendendosi in pochi secondi, “come ho fatto cosa?”

Timothy lo squadra con maggior sospetto. “Lo sai cosa,” lo accusa a bassa voce, scrutandolo con occhi socchiusi. “Sei entrato nel bagno appena un minuto o due fa. C’è un’uscita che io non conosco o semplicemente ti ho perso di vista?”

Lavi pensa velocemente, e di nuovo fallisce nel trovare una frase adeguata. “Penso che tu mi abbia perso di vista, Tim, sono uscito poco fa per controllare una cosa, ora—”

Quella risposta sembra convincere Timothy del fatto che stia mentendo. “Fammi entrare,” lo interrompe.

“No.”

Timothy esibisce una smorfia di modulata sofferenza e impazienza. “Dai, Allen! Mi avevi promesso che se ti liberavo il bagno dal fantasma mi avresti detto a cosa ti serviva!”

“E te lo dirò, Tim, ma prima devo finire quello che sto facendo!” decreta Lavi con severità, sperando che sia sufficiente a persuadere il ragazzo a togliersi dai piedi.

Ma tra il riflettere e il rispondere deve aver commesso un passo falso, perché Timothy ora lo fissa con occhi nuovi, e un’espressione di profondo sgomento che in pochi attimi lascia spazio alla pura delizia.

Lavi si accorge troppo tardi che il suo tic di stuzzicarsi l’elastico della benda sull’occhio l’ha colto in un momento inopportuno e le sue dita stanno ora inconsciamente torturando la pelle delle tempie senza trovare nessun tubicino nero.

Ma soprattutto, da quando Timothy è un tale osservatore?

Oooh,” pigola comunque il ragazzino, sfoggiando un ghigno fastidiosamente trionfante. “Ma è fantas—Pozione Polisucco?”

“Sì,” ringhia Lavi, abbassando la voce, “Pozione Polisucco, ora ti leveresti dalle scatole, Tim?”

Ma Timothy non accenna ad andarsene. “Aspetta aspetta, aspetta… io vi ho sgombrato il posto perfetto di ritrovo. Sento di dover ricevere qualcosa in cambio…

Una vena pulsa quasi dolorosamente sulla tempia di Lavi. “Non è l’unico posto a disposizione, eh. Potremmo anche andare da qualche altra parte.”

Timothy ridacchia, strafottente all’inverosimile e convinto di avere il coltello dalla parte del manico, e a Lavi sale nelle vene l’impulso di scorticarlo vivo sul posto. “Lavi, sappiamo che in questo bagno non ci mette mai piede nessuno perché tutti sanno che è il laboratorio mio e di Tsukikami… è senza dubbio il posto perfetto se non vuoi essere scoperto a fare le… cosacce.”

Lavi si rifiuta di ammettere che è vero, e la sua attenzione è stata in ogni caso attirata da un’altra parola che lo lascia senza fiato per un istante. “Cosacce? Tim, è un bagno! Non faremmo niente del genere!”

Tutti i terzi in cui si è involontariamente sezionato il suo cervello poco prima concordano sul fatto che stia mentendo spudoratamente. E Timothy pare aver acquistato da qualche parte il dono dell’onniscienza quel giorno, perché la sua faccia quasi si spacca in due per la vastità del suo ghigno.

“Va bene, qualsiasi cosa facciate, mi spetta comunque qualcosa. E poi non voglio niente di particolare in cambio…” spiega con una voce subdola che non promette nulla di buono. “…Soltanto una o due porzioncine di Polisucco.”

Il sorriso smielato che gli rivolge Timothy fa suonare migliaia di campanelle d’allarme nella sua testa.

“Non ce l’ho,” mente di nuovo Lavi.

Timothy sbuffa sprezzante. “Certo che ce l’hai, come faresti ad andartene via, sennò.”

Lavi fa caso solo vagamente al tic all’occhio sinistro che gli contrae spasmodicamente la palpebra, ma l’impressione di avere ora la situazione quasi in pugno riesce a calmarlo.

“Tim, andrò via più tardi, per un’altra strada e con un altro metodo, non avrò bisogno di un’altra dose. Però…” s’interrompe, fingendo di riflettere per qualche secondo, “se non sbaglio, Kanda si sentiva più incerto, e dovrebbe averne portata una con sé. Magari potresti chiedere a lui.”

Il sorriso di Timothy cade repentino. “Credo che ne farò a meno,” afferma atterrito.

Lavi sogghigna compiaciuto, anche se l’atteggiamento che Timothy assume mentre arretra e scompare tra la folla è innegabilmente quello di uno che sta rimuginando un qualche losco piano alternativo. Mentalmente prende nota di riferirlo ad Allen.

L’aria all’interno del bagno è particolarmente umida, ma Lavi non si stupisce di ciò: il fantasma che infesta perennemente i cubicoli di quella stanza, e che inspiegabilmente esegue soltanto gli ordini del Preside o di Timothy, passa il tempo a tuffarsi nei water e allagare il bagno o aiutare Timothy in esperimenti magici di dubbia moralità.

Ma fortunatamente quel giorno i pavimenti non sono allagati, anzi, sembrano persino più lindi del solito, e Lavi si chiede se sia per opera di Allen o dello spirito domestico di Tsukikami.

Dopo aver estratto la bacchetta e usato Muffliato sulla porta, in due falcate arriva al centro del bagno, e ogni pensiero sulla pulizia del pavimento lo abbandona per lasciare spazio a delle sommesse fusa di goduria che gli inebriano il cervello e gli invadono il petto alla vista di Allen.

È seduto per terra, con la schiena appoggiata al muro, la bacchetta che si rigira tra le mani e, poggiato sulle cosce, un libricino dalla copertina blu e i bordi dorati che Lavi conosce molto bene. Con la testa alzata e gli occhi grigi puntati su di lui, Allen lo scruta con un mezzo sorriso beato sulle labbra.

Lavi si avvicina rapido, buttando la borsa per terra, e inginocchiandosi a solo qualche centimetro da Allen.

“‘Il Quidditch attraverso i secoli’? Un classico. Un capitano di una squadra di Quidditch dovrebbe conoscerlo a memoria,” commenta, e si accorge a malapena di stare quasi bisbigliando.

Allen chiude il libro con calma e lo posa al suo fianco. “Ed è così, ma ogni tanto mi viene da rileggerlo. Mi fa sempre venire in mente il tizio che me l’ha regalato. Una persona un po’ scema, a dirla tutta,” precisa con sufficienza. “Pensa di essere un genio, invece. Ha un’inclinazione all’infrangere ogni tipo di regola. Ed è sempre lì a darsi arie! Crede di essere una sorta di… Veela in versione maschile.”

Il rosso annuisce, interessato. “E invece, com’è?”

Il ragazzo sospira, chiudendo gli occhi per qualche secondo, per poi riaprirli. “Beh, devo ammettere che ha ragione. Ma non glielo direi mai e poi mai in faccia.”

Lavi si sfiora il mento con le dita, con fare comprensivo. “Sì sì, posso capire…

Allen non smette di guardarlo, con un’aria un po’ divertita e al contempo meravigliata. Sta fermo, lì, come in attesa di qualcosa da parte sua.

Ciaaao,” dice quindi Lavi, ormai abituato al tono un po’ trasognato che gli viene naturale quando contempla Allen da vicino, lo stesso tono che qualche anno prima l’avrebbe fatto rabbrividire dall’orrore.

“Ciao,” fa Allen di rimando sorridendogli con una tale faccia da beota che Lavi vorrebbe prendere una macchina fotografica, scattargli una foto e prenderlo in giro per il resto della sua vita.

Non avendo una macchina fotografica a portata di mano, Lavi fa altro.

Gli appoggia le mani sulle ginocchia, e allungandosi in avanti chiude la distanza tra loro, e sfiora le labbra di Allen con le sue. È un semplice bacio a stampo ma è sufficiente a far sì che un brivido elettrico dilaghi fulmineo dalla sua bocca verso ogni appendice del suo corpo.

Ma non fa in tempo ad approfondire il bacio, che Allen lo spinge via con forza, facendolo cadere dolorosamente all’indietro sul sedere.

“Lavi!” esclama Allen, che sembra esageratamente indignato, e per la testa di Lavi passa istantaneo l’assurdo e spiacevole pensiero che quello sia in realtà Timothy che è riuscito a rubare la Pozione a Kanda.

“Allen!” risponde sardonico, in mancanza di altro da dire.

Suddetto Allen lo guarda torvo. “Non ho intenzione di baciare me stesso, Lavi.”

Dopo un attimo di attonito silenzio, Lavi ride, stupendosi sempre di più della sua idiozia. E in un lampo, l’immagine di Timothy che beve la Pozione Polisucco viene sostituita da due Allen, sdraiati l’uno sull’altro, che si baciano avvolti da una fervente passione—poi cerca prontamente di distrarsi pensando a cose più orride come… suo nonno, perché quell’immagine in realtà non è per niente spiacevole. Si tira su dal pavimento piastrellato e si riavvicina all’altro.

“Sicuro sicuro? No perché nella mia mente non suona così male,” dice, non tanto per tentare seriamente di convincerlo a pomiciare con stesso, quanto perché la libido di Lavi, ora che Allen è fisicamente davanti a lui, si sta rivelando più irrefrenabile del previsto.

O forse Kanda ha ragione, e lui è diventato un pervertito.

Dire che Allen è scandalizzato è un eufemismo. La sua intera faccia si tinge rapidamente di un rosso vivo.

“Ma che caz—Lavi. Ma sei un pervertito? No. Non pensarci nemmeno, davvero. No.”

Lavi non fa caso a quella conferma della sua natura, e ammicca, strisciando verso il suo ragazzo lentamente. Allen, a quel punto, si preoccupa di nascondere il rossore del suo viso tuffandolo tra le mani.

Mioddio, Lavi, non fare mai più quella cosa con la mia faccia!”

Lavi ride di gusto, ma non insiste, preferendo non rinunciare a un Allen di buon umore.

“Non è che sono un pervertito, Al,” si giustifica – parlando più a se stesso che all’altro –, “è che non ci vediamo da… tre mesi!”

Allen alza un sopracciglio. “Sette giorni,” lo corregge in tono piatto. “Ci siamo visti ad Hogsmeade durante l’ultima gita.”

Lavi gli sventola una mano davanti al naso, con fare contrariato. “Ah, lo sai anche tu che quella non conta. Sono state solo due orette ed eravamo in gruppo con tutti gli altri! Era un raduno, non un appuntamento! Ma sono io l’unico che durante questi tre mesi di sofferto apprendistato in giro per l’Inghilterra ha sentito la tua mancanza?!”

“Beh, di certo io non ho sentito la mia mancanza,” commenta Allen facendo spallucce.

Lavi si vendica attaccando i suoi fianchi con dita impietose. Prevedibilmente, Allen inizia a contorcersi come un furetto in preda a un attacco di epilessia, e tra una risata isterica e l’altra, cerca di riprendere fiato e intimargli di smetterla.

“Lavi, no no no n—hahahaha, NO! Lavi! Smettila! Non ho—hahaha—più aria… muoio…

E solo quando Allen è ridotto a una figura ansimante e senza forze, Lavi si allontana con un ghigno soddisfatto.

Il ragazzo dai capelli bianchi mugola, affaticato, rimanendo steso per terra a pancia all’aria. “Ti odio,” afferma con voce spossata.

“Sì, anche io ti voglio bene, Al.”

Allen volta la testa verso di lui, e lo scruta per qualche secondo in silenzio. “Dove hai preso quella camicia?”

“Dal mio armadio. Ce ne ho un paio tue che tieni di scorta, hai presente?”

L’altro annuisce in silenzio, mentre respira profondamente e finalmente sembra riprendersi da quella dura guerra a base di solletico.

“Quindi, cosa facciamo ora?” domanda Lavi, guardandosi intorno con curiosità, e chiedendosi cosa racconterebbero i lavandini e i cubicoli del bagno riguardo agli esperimenti di Timothy, se potessero parlare. Magari c’è un incantesimo, per scoprirlo.

Allen si rialza e si siede di fronte a lui, incrociando le gambe. “Aspettiamo.”

Perciò aspettano. Parlano a lungo, per dieci, venti, trenta minuti, dei M.A.G.O., di Fou e Lenalee, del lavoro di Kanda, delle novità sui professori, e quella conversazione senza scopo e apparentemente infinita li riporta agli anni passati, in cui capitava che si sedessero nel prato o sulle scricchiolanti sedie della biblioteca o sulle confortevoli poltrone della Sala Comune e parlavano ininterrottamente, di nulla e di tutto.

“Ma quindi Kanda si è trasformato in Fou per nulla?” chiede Allen dopo un po’. La sua voce trasuda una sorta di intenso appagamento alla notizia appena datagli.

“Beh, abbastanza. La Pozione serviva perché potessimo girare con voi per il castello indisturbati, ma non ho capito se Lenalee ha intenzione di uscire dalla Stanza. Immagino che userà il resto più tardi, questo pomeriggio.”

Alle ridacchia divertito. Tira fuori dalla tasca dei suoi pantaloni una manciata di TuttiGusti+1 e ne lancia una color violetta a Lavi, che la prende al volo. “Come va con l’apprendistato al negozio di bacchette?”

“Bene, continuo a imparare tantissime cose interessanti. Per inciso, lo sapevi che le bacchette sono discendenti delle clave dei cavernicoli? E poi questi ultimi tre mesi li abbiamo passati in montagna a studiare le interrelazioni tra gli uomini e le Banshee – di cui poi ti devo assolutamente raccontare questa cosa che è successa tra me e una Banshee, c’è mancato poco che morissi per infarto. Sai com’è fatto il nonno, è un costruttore di bacchette ma la sua curiosità spazia in ogni campo, e lui si sente in dovere di illuminare di conoscenza anche me. …Certo, è un dittatore, non mi lascia mai un attimo di tregua…” si lamenta, buttandosi la caramella in bocca e tirando un sospiro di sollievo quando sente sulla lingua un strano sapore dolce, di fiore. Passabile.

Allen non dev’essere stato così fortunato, perché dopo una smorfia di dolore sputa velocemente la sua facendo centro nella tazza del water più vicino. “Immagino… un crudele trattamento che non meriti, no? Tu, persona altamente responsabile e diligente.”

Lavi sbuffa sonoramente. “Non fare il sarcastico, Allen, è davvero tremendo! L’altro giorno mi ero appisolato sul bancone mentre era fuori, e…

“Appisolato mentre lavoravi al bancone?”

“Sì, ma non è questo il punto! Il punto è che mi ha svegliato usando su di me la Pastoia Total Body! Mi ha lasciato per terra per minimo mezz’ora, Allen! Non puoi capire, sa essere così perfido…

Allen non tenta neanche di nascondere il suo scetticismo misto a divertimento.

“Comunque il mio piano perfetto sta funzionando, no?” commenta con gioia Lavi, tanto per cambiare discorso.

“Sì, Lavi, sta funzionando, ma sai perfettamente che saremmo potuti uscire io e Lenalee a Hogsmeade piuttosto che voi entrare a Hogwarts,” obietta Allen, lisciandosi assentemente le pieghe del pantaloni.

“Ma era una cosa che dovevo provare!” s’impunta Lavi. “Mio nonno si tiene sempre una scorta di Pozione Polisucco, ed era semplicemente… irresistibile, Allen. Ho tentato di trattenermi, ma non ce l’ho fatta.”

Il ragazzo sembra poco convinto, ma non dice nulla, anzi, gli indirizza un sorriso di malcelata soddisfazione – perché Allen è sempre stato un po’ un ipocrita.

“Allen, tanto lo so che lo dici solo perché non vuoi sentirti in colpa se ci scoprissero,” lo punzecchia Lavi con tono artificiosamente vanitoso, “la verità è che morivi dalla voglia che venissi qui per te.”

Sssì, va bene,” ribatte Allen in tono di scherno, alzando gli occhi al cielo – ma il modo in cui sprofonda il mento tra le ginocchia e evita di guardarlo è sufficientemente rivelatorio.

“Speravo di poter terminare la faccenda dell’Animagus entro oggi,” continua Lavi, facendo finta di non notarlo, “ma ho ancora dei problemini, quindi ho optato per una via più facile. Per di più, Kanda non sarebbe in grado di venire, nel primo caso.”

L’altro pare improvvisamente sulle spine. “Non vedo l’ora di vedere come sarai da Animagus,” chioccia Allen estasiato, stringendo le dita attorno agli stinchi.

Lavi annuisce con fierezza. “Ti piacerà tantissimo, vedrai.”

“Continuo a pensare che una lepre o un coniglio fossero più adatti a te,” commenta Allen, ridendo sotto i baffi, “e sono sicuro che anche Kanda è d’accordo.”

Lavi alza lo sguardo per ribattere che lui ha la stoffa per essere molto più di un semplice, soffice coniglio, ma all’improvviso Allen sgrana gli occhi e s’irrigidisce, fissando con curiosità la sua fronte.

Gli effetti della Pozione stanno finalmente svanendo.

Si guarda affascinato le mani, mentre, molto meno dolorosamente rispetto alla prima trasformazione, le sue nocche sputano fuori dita più lunghe, la pigmentazione della sua pelle si scurisce, la camicia comincia a farsi fastidiosamente stretta, e la vista del suo occhio destro peggiora ogni secondo di più.

Allen lo osserva in silenzio, ammirando la magia insolita dei capelli che rientrano nel cranio e si tingono di un rosso infuocato, gli zigomi che si distanziano tra di loro, gli occhi che si assottigliano e un’iride che viene invasa da screziature verdi smeraldo più o meno intense.

Lavi si affretta a togliersi la camicia che da lì a poco lo soffocherebbe, e si sfila la cintura allacciata ora ad un buco troppo stretto dai pantaloni che invece calzano sempre più a pennello. Mentre si spoglia, Lavi si chiede se Allen ha capito che quella scusa per denudarsi fa parte del generale piano di seduzione della giornata – tre mesi passati con suo nonno tra le montagne a studiare Banshee e altre creature magiche, una più pericolosa dell’altra, l’hanno temprato e irrobustito un po’, e spera che Allen noti, ed apprezzi, la differenza.

(Irrobustimento che è destinato a svanire velocemente data la sua nota pigrizia al negozio del vecchio – Lavi giurerebbe che c’è un qualche incantesimo segreto che permea il bancone da lavoro e che ha un effetto soporifero su chi ci lavora. In ogni caso, preferisce non pensarci.)

E a quanto pare Allen la nota, perché i suoi occhi dalle pupille dilatate si spalancano lievemente per la sorpresa e percorrono tutto il suo petto, famelici, mentre la sua lingua dardeggia occasionalmente fuori a bagnare il labbro inferiore. Lavi trattiene il sorrisetto tronfio che gli sale alla bocca. Non gli dispiace vedere, infatti, come Allen lo stia praticamente mangiando con gli occhi e sia in trepidante attesa, inginocchiato per terra di fronte a lui, con l’atteggiamento di un leone che è pronto a balzare addosso alla sua preda.

Non gli dispiace per nulla.

Perciò l’assalto frontale che subisce una volta terminata la trasformazione e riacquistato appieno il suo aitante aspetto originale, non lo stupisce.

Allen attacca le sue labbra voracemente, e gli sale in grembo con una velocità spiazzante che rincuora un po’ Lavi – ricevere la conferma di non essere stato l’unico a soffrire come un cane per un’astinenza di più di tre mesi fa sempre piacere, d’altronde.

Lavi precipita con la schiena per terra, a contatto con il pavimento freddo, e Allen ne approfitta per bloccarlo lì, sedendosi sul suo bacino, con i palmi stesi sul suo petto, e le gambe premute contro i suoi fianchi. I denti del più giovane gli mordono dolcemente il labbro inferiore, mentre le mani cominciano ad esplorare senza sosta la sua pelle nuda sottostante, sfiorando e accarezzando ogni suo centimetro che incontrano. Il cuore di Lavi batte all’impazzata, e pulsa il sangue nel suo corpo così rumorosamente che Lavi si sorprende nel non sentire Allen chiedere ‘il tuo cuore ha comprato un grancassa?’

Ormai avvezze dopo mesi di pratico allenamento, le sue dita sbottonano la camicia di Allen con una maestria automatica che compiace molto Lavi. E una volta aperta la camicia, le sue mani si fiondano dentro, a contatto con la pelle sempre più accaldata di Allen, e passano, esperte, a stuzzicare e stimolare le sue zone più sensibili.

Allen si lascia sfuggire un gemito di piacere di cui le orecchie di Lavi godono infinitamente, ancor di più dopo la convivenza con delle Banshee, tra tutte le creature immaginabili. Ma il ragazzo, imperterrito, continua a scendere con la sua bocca, lasciando una scia di pelle umida e sensibile dalle sue labbra ansimanti al suo collo. A un certo punto, Lavi chiude gli occhi e si gode la sensazione dei denti e della lingua di Allen che torturano di piacere quel lembo di pelle nell’incavo della spalla e poi si allontanano, lasciandosi dietro una chiazzetta arrossata che Lavi di solito ama sfoggiare in pubblico – e Allen lo sa.

Dopo quell’attimo, le mani di Lavi riprendono a muoversi, incapaci di stare immobili su quel corpo così familiare quanto eccitante. Mentre si lascia spogliare completamente della camicia, Allen s’interrompe e rimane a fissarlo con uno sguardo intenso e indecifrabile, con le labbra rosse e umide, le iridi brillanti che occhieggiano da sotto le palpebre socchiuse, e i bianchi capelli disordinati che ricadono scompostamente lungo i lati del viso.

Lavi gli toglie la camicia alla cieca e la butta da qualche parte, troppo intento a ricambiare quello sguardo, con il cuore che scoppia di gioia e, innegabilmente, i pantaloni sempre più scomodi.

È allora, quando vede le pupille di Allen saettare quasi impercettibilmente da un occhio all’altro, che la sua mente riemerge a fatica dal mare di piacere e gli ricorda di aver ripreso le sue sembianze senza aver indossato la sua fedele benda nera.

Perciò, prima che Allen torni a baciarlo, Lavi lo ferma.

In realtà non sa come spiegarsi, sa solo che forse dovrebbe dire qualcosa.

Lavi deglutisce, tentando di nascondere l’improvviso disagio, e allunga una mano a casaccio da una parte, in cerca della sua borsa.

“Aspetta che metto la benda,” spiega titubante a un Allen perplesso, sorridendo imbarazzato.

Lo sa, lo sa che Allen l’ha già vista, e che non ha mai commentato, non ha mai mostrato disgusto… ma è anche vero che Allen è gentile, e sa fingere, e a lui non costa niente metterci una benda sopra per fargli piacere, davvero

Quanto può essere bello, in fondo, darci dentro con uno sfregiato da una cicatrice giallastra e orrenda su una palpebra che nasconde solo in parte la maledizione di un occhio di un bianco latteo e una pupilla vacua e cieca?

Allen ha il respiro corto e il battito accelerato e lo sta guardando con una certa impazienza e irritazione.

“Lascia perdere,” risponde seccamente, come se Lavi l’avesse personalmente offeso, e quindi prende tra le mani il suo viso con inaspettata gentilezza, e procede a ricoprire di baci leggeri la sua fronte, i suoi zigomi, le sue palpebre, quella sua orrenda cicatrice che evita sempre di guardare più del minimo indispensabile.

Lavi s’innamora di Allen daccapo, per l’ennesima volta in quei due anni – e se non gli dispiacesse interrompere il loro bacio, lo informerebbe subito della cosa.

Con un movimento fluido fa rotolare Allen di lato in modo da stendersi sopra di lui, e l’altro subito avvinghia i polpacci attorno ai suoi fianchi, e le braccia attorno al suo collo. Lo trascina più giù con lui, in un bacio impetuoso che gli toglie il fiato.

Non è che stiano facendo molto, ma di certo a Lavi basta perché l’eccitazione salga rapidamente a livelli considerabili. Allen, i suoi baci, i suoi capelli – oddio, quanto gli sono mancati quei capelli, realizza, mentre passa le dita tra le ciocche candide come la neve –, il suo corpo, Allen, le sue labbra, Allen, i suoi occhi, Allen, Allen, Allen. Oh, i suoni che Allen emette. Darebbe qualsiasi cosa per sentirli in ogni momento.

Mentre i suoi sensi esplodono di piacere ad ogni tocco e ad ogni suono, e si perdono in una sorta di… Allen-vortice che sembra essere l’unico componente dell’intero l’universo in quel momento, la sua mente tenta di ricordargli qualcosa, di buttargli davanti agli occhi un pensiero relativamente importante di cui dovrebbe informare Allen, ma ogni volta che gli pare di essere sul punto di raggiungerlo, il suo ragazzo gli accarezza un certo punto, o ne stuzzica un altro con la lingua, sensualmente, e ogni volta l’integrità della sua parte razionale si frantuma come una sfera di cristallo schiantata al suolo.

Lavi gli passa languidamente la lingua nell’incavo del collo, e Allen chiude gli occhi e apre la bocca per lasciar uscire un ansito particolarmente rumoroso, che spedisce un brivido di eccitazione dritto al suo inguine. Allora, Lavi inizia una partita di botta e risposta fisica con Allen – perché le parole sarebbero troppo difficili da articolare in quel momento, e perché non sarebbe la prima volta che lo fanno.

Perché per quanto possa sembrare irreale in quel preciso istante, tra un bacio e l’altro, la cruda realtà è che sono sul pavimento di un bagno pressoché inutilizzato della scuola, e se Allen continua a fare quei suoni e a mordicchiare la pelle del suo collo in quel modo le cose sono destinate a degenerare, ed urge una silenziosa consulenza.

La sua mano scende alla cintura dei pantaloni di Allen, e gioca con la fibbia di cuoio per qualche secondo. Per Lavi, questo è un chiaro modo di chiedere ‘cosa vuoi fare?’ perché, appunto, la situazione non è delle più favorevoli, e sono sul pavimento di un bagno, su cui chissà quanti esperimenti magici orrendi ha fatto Timothy.

E il fatto che continuare a pensarci così apertamente però non affetti minimamente la sua libido e che, anzi, preoccupazioni di tal genere gli paiano oscenamente irrilevanti, significa che il punto di degenerazione è particolarmente vicino. Si costringe a chiudere gli occhi per non dover guardare la pelle pallida del petto di Allen, i suoi capelli bianchi che fanno risaltare il suo viso arrossato, le sue pupille velate dal desiderio—chiudere gli occhi si rivela poco utile, Lavi deduce quando scopre che ogni particolare è indelebilmente marcato a fuoco sul retro delle sue palpebre.

Allen risponde alla sua domanda strofinando violentemente i loro bacini insieme.

Il gemito strozzato che gli fuoriesce dalla gola gli fa cadere la fronte sulle piastrelle fresche accanto alla testa di Allen, e quest’ultimo procede come se niente fosse nel leccargli e baciargli la pelle sensibile lungo la clavicola. Lavi si sente abbastanza sicuro nell’interpretare le azioni di Allen come un implicito ‘che si fotta, il pavimento del bagno’.

In ogni caso, procede, portando la mano alla base della schiena dell’altro, e infilando la punta delle dita oltre l’orlo dei pantaloni: ‘quanto vuoi andare a fondo?’. Allen geme debolmente e annuisce vigorosamente, inarcando la schiena quando le sue dita seguono sinuosamente la sua spina dorsale.

Di solito non finisce lì, quando si tratta di ‘occasioni particolari’ come quella, perché Allen è una persona infida che inconsciamente si diverte a lanciare segnali forvianti. Se si deve lamentare, lo fa sempre quando ormai è troppo tardi – grazie al cielo, la maggior parte delle volte si lamenta alla fine del tutto.

Ma la libido di Lavi è ormai partita per la tangente; perciò, al primo via libera il rosso slaccia abilmente la cintura dei pantaloni di Allen con un gemito eccitato.

È un miracolo che Tsukikami compaia quando Lavi ha solo metà palmo infilato poco cerimoniosamente nei boxer di Allen. Quel vago ‘pensiero relativamente importante’ ora fluttua davanti a loro, lattiginoso e evanescente, con un sorriso mellifluo che adorna il suo viso inappropriatamente candido e affabile.

“Mi turba interrompervi, ma penso non sia molto igienico, ragazzi.”

La voce divertita del fantasma fa trasalire Allen così violentemente che questi si aggrappa a Lavi con gambe e braccia come farebbe un gatto tramortito dallo spavento. Contemporaneamente, una mano di Lavi schizza via dai pantaloni dell’altro alla velocità di un Lepricano, e rimane lì penzoloni nell’aria, apparentemente sperduta e senza scopo, mentre l’altra scatta a coprire il suo occhio destro.

“Beh, comunque sospettavamo fosse qualcosa del genere,” commenta Tsukikami. “Timothy mi ha detto di avvisarvi che il pavimento sembra così pulito perché vi abbiamo testato una nuova sostanza impermeabile per un progetto futuro. Solo che non conosciamo ancora eventuali effetti collaterali. Timothy era preoccupato che tutta quella pelle a diretto contatto con il suolo potesse causare qualche… eh, irritazione.”

È una fortuna che Tsukikami sia già morto, perché se le occhiate potessero uccidere, quella che Allen gli lancia in quel momento sarebbe di certo letale. Questi spinge via Lavi da sé con lo stesso riguardo che si offrirebbe a un sacco di frattaglie di Schiopodi Sparacoda, e scatta seduto, allacciandosi velocemente i pantaloni e afferrando la sua camicia poco distante.

Dall’altra parte, tra un ansito e l’altro anche Lavi si tira su, con maggior svogliatezza, passandosi una mano sulla faccia e tentando di non dar voce a quel gemito bloccato a metà gola e a quel continuo pensiero che ora invade la sua mente, il cui succo è abbreviabile a un conciso e sofferto ‘che palle’. Al contrario di Allen, il rosso decide che riallacciare i pantaloni e mettersi qualcosa addosso, oltre che a essere spossante, non attenuerebbe di molto l’assurdità della situazione. Perciò alza gli occhi al soffitto poco interessante e opta per un semplice non guardare né Allen, né il cavallo dei suoi pantaloni, per evitare di cadere in una spirale di frustrazione tanto psicologica quanto fisica.

Cerca di concentrarsi sulle Banshee e i Giganti di montagna.

“Perché Timothy non me l’ha detto ieri quando gli ho chiesto di lasciare sgombro il bagno?” chiede Allen con voce inviperita. Lavi nota con la coda dell’occhio il modo in cui le sue mani si tastano preoccupate la pelle della schiena, e scopre con sorpresa che una delle sue sta involontariamente facendo la stessa cosa.

Tsukikami ha il coraggio di mostrarsi costernato. “Perché ovviamente non immaginavamo che poteste adoperare questa stanza per una cosa del genere! Non ci hai detto nulla!”

Allen gli sorride con dolcezza, ma l’aura omicida che lo circonda non fa altro che intensificarsi fino a diventare quasi visibile. “Ottimo. Riferisci a Timothy che lo distruggerò, e che è sull’orlo di un’espulsione dalla squadra.”

Tsukikami svanisce già nelle tubature il più silenziosamente possibile.

Lavi e Allen si scambiano un’occhiata esasperata, ancora vagamente ansimanti per lo spavento, per la rabbia e per altro, e Lavi lascia cadere pesantemente la mano dalla sua faccia.

“Mi sono dimenticato di dirti che… Timothy mi ha beccato fuori dal bagno, sì. E sembrava avere qualcosa in mente,” Lavi informa inutilmente l’altro con voce piatta.

Allen geme per la frustrazione – Lavi non sa se per colpa sua o di Timothy, ma non indaga.

“La prossima volta la prendiamo noi la Stanza delle Necessità,” ringhia Allen, ancora fumante.

E allora Lavi viene colpito dalla divertente realtà dei fatti di quel giorno; cioè che si è infiltrato nella sua ex-scuola dicendo a suo nonno che andava a comprare dell’inchiostro dall’altra parte della strada, ha preso le sembianze di Allen e ha convinto Kanda a prendere inutilmente l’aspetto di Fou per personale soddisfazione, ha pomiciato con Allen sul pavimento probabilmente infetto di un bagno in disuso del castello dove un bimbetto e il suo fantasma di fiducia conducono esperimenti che trasbordano nell’illegalità e che nel momento più serio di quella piacevole attività è stato interrotto da suddetto fantasma, che di certo andrà a riferire tutto al suo padrone nella speranza che sia utile materiale da ricatto – difficilmente.

E da qualche parte nel mezzo di quelle considerazioni, Lavi inizia a ridere.

Allen lo fissa poreoccupato, probabilmente chiedendosi se quello è un effetto collaterale della sostanza del pavimento, eppure dopo qualche secondo lo segue a ruota nella sua risata di crescente intensità. Alla fine si ritrovano praticamente rotolanti sul pavimento in preda a immotivate convulsioni da risa – fino a che non si ricordano della sostanza impermeabile e si ritirano su di scatto.

“Beh, direi che Tsukikami ha un po’ rotto l’atmosfera,” constata con ovvietà Allen, mentre si asciuga una lacrima all’angolo di un occhio.

Lavi annuisce. Si appoggia sui palmi delle mani e fa cadere indietro la testa, contemplando vacuamente il soffitto. “Potremmo sempre riprendere da dove avevamo lasciato,” suggerisce con finta disinvoltura.

Allen ridacchia, anche se c’è dell’evidente esasperazione nella sua voce. “Per essere interrotti un’altra volta da un fantasma ai comandi del Diavolo incarnato? Ho come la sensazione che potrebbe ricomparire da un momento all’altro.”

Lavi concorda, anche se con una certa mestizia, e tira fuori dalla sua borsa un’altra porzione di Pozione Polisucco.

“Non servirà a molto trasformarti di nuovo in me,” commenta Allen con perplessità.

“Infatti questo,” spiega Lavi scuotendo la fialetta che tiene delicatamente tra le dita, “non sei tu, ma Lenalee.”

Ovviamente risulta faticoso fare in modo che Allen ascolti le sue richieste disperate di vendetta verso Kanda, il quale, a sua detta, non gli avrebbe permesso di trasformarsi in Lenalee, come avevano progettato perché potessero andare liberamente in giro per il castello; e questo perché Allen è sempre pronto a giudicarlo negativamente e a pensare che Lavi sia solo un pervertito che mira a sperimentare per un po’ tutto quel ben di Dio che è Lenalee—ma no, Lavi mira sempre e soltanto all’esperimento per amore della scienza magica.

Anche se Allen si rifiuta di crederci, alla fine, di fronte all’evidente difficoltà che porrebbe il girare per tutto il giorno con un Mantello dell’Invisibilità addosso, questi acconsente a fargli bere la Pozione, e Lavi estrae con eccitazione i vestiti consoni alla ragazza cinese dalla sua borsa.

“Se Kanda lo scopre, mi uccide,” dichiara Allen asciuttamente. “E poi uccide te.”

Ma a prescindere da ciò, Lavi passa una giornata fantastica, esplorando daccapo l’amato castello, casa della sua adolescenza, in compagnia di Allen. Parlano, ridono, per di più mangiano – ovviamente; si sta pur sempre parlando di Allen.

Solo all’ora di cena, lui e Lavi convengono a malincuore sul fatto che sia il caso di separarsi, e la comparsa di una figura bassa e dai capelli rosa appostata davanti alla porta della capanna di Crowley conferma che la giornata volge al termine.

Così, dopo un tentato omicidio, ben previsto da Allen, da parte di una Fou adirata – rimasto ‘tentato’ solo grazie alla misericordiosa impossibilità di Kanda di picchiare e distruggere qualcosa che ha l’aspetto di Lenalee – Lavi e Kanda salutano Crowley e aspettano che gli effetti della Pozione si dissolvano su entrambi. Quando il loro ex-professore di Cura delle Creature Magiche accenna loro a una nuova specie di piante da lui stesso allevate e curate nell’orto di zucche dietro casa, i due trovano opportuno cominciare ad allontanarsi: il più moderatamente possibile e gentilmente possibile, nel giro di trenta secondi scappano dalla rustica capanna con addosso il Mantello di Allen, diretti al Platano Picchiatore.

“Come facciamo col Mantello?” chiede Kanda nel silenzio del crepuscolo, ringhiando ogni volta che Lavi incespica accidentalmente nei suoi piedi.

“Non hai ascoltato?” dice Lavi sbuffando. “Lo prenderà Crowley tra un po’ e lo darà lui ad Allen.”

Tch.”

Il Platano Picchiatore rimane sempre uguale a prescindere da quanti anni passino, pensa Lavi mentre fa levitare un sasso e lascia che questo cada su uno degli intricati nodi di radici del grande albero. I rami del grande albero s’immobilizzano, e Lavi e Kanda sfruttano il poco tempo a disposizione per avvicinarsi all’ingresso del passaggio segreto e calarcisi dentro.

Nel momento in cui Lavi ha già una gamba nel buco e lascia cadere per terra il mantello ora inutile, una scimmia compare sul campo erboso ai margini della Foresta.

La mente di Lavi non realizza subito la particolarità del vedere una scimmietta dal pelo dorato nel clima freddo scozzese, perciò continua a infilarsi nel passaggio segreto senza preoccuparsene. Ma quando incrocia ancora una volta lo sguardo innaturalmente sveglio di quell’animaletto, il sangue gli si gela nelle ossa.

Oops,” sussurra, mentre scompare il più in fretta possibile nel buio dello stretto tunnel per sfuggire agli occhi castani della professoressa Nine e al suo sorriso appuntito e minaccioso.

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E fu così che Lavi e Kanda riuscirono a intrufolarsi ad Hogwarts con successo – o quasi.

A detta di Allen, la professoressa Nine continuò per il resto dell’anno a osservarlo con aria imperscrutabile durante le sue lezioni e a mostrargli qualche occasionale sorrisetto appena accennato con gli angoli delle labbra, che aveva la capacità di impaurire Allen più di molte altre cose – perché, seriamente, la Nine che sorride?

Anche se temeva di conoscere la motivazione dietro quegli inquietanti sorrisi, Allen non ne fu mai certo, poiché Lavi si dimenticò di dirgli che era stato beccato in pieno non soltanto da Timothy.

Data la sensazione poco piacevole causata dall’ingerire la Pozione Polisucco e date le minacce di suo nonno che ovviamente si accorse del furto, Lavi non riutilizzò più quel metodo. Ma quello non rappresentò più di tanto un problema, perché poco tempo Lavi divenne a tutti gli effetti un Animagus.

E in fondo era molto più pratico e rapido entrare a Hogwarts nella forma di un agile ed elegante—

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Lo so, la fine fa stracagare, ma non so perché non ne potevo più di sto capitolo LOL, dovevo scriverlo da troppo tempo :I Perdonatemi OTL. Non credo mi piaccia molto come sia venuto. Ci devo pensà :I Ho la sensazione che siano capitoli sempre più… strani LOL no non so perché P_P Mi sa che nell’ultima parte ci sono un botto di errori, li rileggo domani, ok =w= ?

Di nuovo, SCUSSSATEEE per la lentezza dell’aggiornamento, appunto. Io non dovrei neanche essere qua, ma a studiare çWç Aaah, che strazio, voler fare cento cose e DOVERne fare altre mille çWç (melodramma mode off). Tutta quell’esplosione di ormoni non prevista, è che.. sembrava adatta °A° Anche se non adatta alle mie capacità di descrivere scene pseudoyaoi che vadano più in là di un bacetto a stampo HAHAHAHHA se qualcuno ha un manuale su come scrivere yaoi con efficacia me lo passi per favore (eppure ne ho lette così tante… bah *affoga nell’imbarazzo*). Quindi mi dispiace se non ve la siete gustata per quello çOç Comunque questo è l’unico di tal genere, gli altri ritornano ad essere del solito livello soft.

E lo so, la parte su Lavi e il suo occhio sono un po’ insensati magari se si pensa che stanno insieme da due anni, però ci stava, e ciccialculo èçè

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Capitolo 4
*** Why Lenalee had that light in her eyes ***


Solo altri tre capitoli, TRE CAPITOLI >:I ce la posso fare. In ogni caso, posso dire che non mi piace? Non mi piace. Non so, l’idea mi soddisfa ma non sono riuscita a concentrarmi e a scrivere quello che volevo scrivere decentemente. Semplicità spiazzante e introspezione zero (sarà che mi è drenata tutta via con Hic Sunt Dracones? Facciamo che è così, dai).

Ma ciccialculo, tanto non è un capitolo LAVEN A______A *DISCRIMINANTE*. MA POI PERCHE’ E’ KANDALENALEE, ED E’ COSI’ LUNGO? AL DIAVOLO.

La cosa pressoché divertente è che quando scrissi il quinto capitolo di SEVEN, il motivo della ‘luce negli occhi di Lenalee’ ce l’avevo in mente, e mi soddisfaceva. Poi è passato il tempo, e io me lo sono dimenticato e mai più ricordato con ESTREMO mio rammarico. Perciò, questa è l’unica cosa che mi è venuta in mente *_*’ , e ammetto che non mi dispiace.

Ho realizzato mentre scrivevo che io uso spesso termini harrypotteristici che se uno non ricorda bene o non ha neppure letto i libri non può capire .__. Quindii:

Puffola Pigmea: animaletto fluffoso, peloso e assolutamente adorabile, dal pelo dai colori improbabili, ad es. lilla, rosa, ecc.

Berretti rossi: folletti che si nascondono tra antichi ruderi e rovine di castelli e attaccano i viaggiatori uccidendoli e intingendo i loro copricapi nel loro sangue. Assomigliano a dei vecchietti brutti.

Marciotti: spiritelli a una gamba sola che fanno perdere la strada ai viaggiatori accendendo le loro lanterne e facendo credere che vi siano abitazioni umane (e causandone spesso la morte).

Disclaimer: semplicemente, no.

 

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Why Lenalee had that light in her eyes

( S E V E N )

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Una palpebra di Kanda si contrae in un tic d’irritazione, quando la mammoletta si lascia andare anima e corpo a un ennesimo, lungo, sonoro sospiro e, spazientito, chiude il suo libro di Erbologia con un tonfo e lo butta nell’erba.

“Ti hanno trasfigurato in uno sfiatatoio umano?”

Allen si volta di scatto, con le sopracciglia bianche aggrottate e il labbro superiore arricciato per lo sdegno. Le sue dita stringono gli steli d’erba così forte che le sue nocche si fanno più pallide.

“Non posso neanche respirare ora?” chiede bruscamente.

Kanda sbuffa e mette da parte anche lui il libro di studio. “Quello non è respirare, cretino. È imitare una balena che emerge.”

Allen dev’essere miracolosamente d’accordo con lui, perché ritorna silenziosamente a contemplare il tramonto. Sospira di nuovo. Una vena comincia a pulsare dolorosamente sulla tempia di Kanda, tanto che questi si sente invogliato a condividere uno dei suoi rari e saggi consigli di vita per far sì che tutto ciò finisca.

“Senti, mammoletta—

“È Allen.”

“Non m’importa. Se hai qualche problema, allora fai qualcosa per risolverlo.”

Quando il più giovane guarda torvo il cielo con una certa caparbietà, Kanda sa di aver colpito nel segno – non che ci volesse molto. Lo ‘scoop dell’anno’, lo chiama ormai Lenalee segretamente.

“Come se fosse facile,” lo rimbecca Allen con acidità, e ci manca poco perché incroci le braccia, metta il broncio e si volti dall’altra parte per crogiolarsi solitario nella sua inguaribile frustrazione.

Kanda sospira – e si blocca a metà, colto dall’orrendo dubbio che quella che manifesta Allen sia una malattia contagiosa – perché, se Lenalee ha davvero ragione, e Lenalee ha sempre ragione quando si tratta di faccende di cuore, Kanda può affermare senza remore che quei due rasentano l’idiozia pura. “Perché poi sono qui con te, io?”

Allen rotea gli occhi con tale enfasi che Kanda sospetta abbia avvertito una fitta di dolore, dietro i suoi stupidi bulbi oculari. “Forse perché Lavi se n’è andato ormai da una buona mezz’ora, idioKanda?” risponde sardonicamente, senza enfasi. “Ma te ne sei accorto solo ora? Pensavi fosse stato rapito da dei Berretti Rossi?”

“Dimmi anche perché non ti ho ancora massacrato di fatture da quando ti conosco?” chiede Kanda di rimando.

La mammoletta ghigna beffarda. “Troppo carino e simpatico per uccidermi? Penso che la causa sia comunemente chiamata ‘amore omosessuale non ricambiato’. Kanda, lo so che ti piaccio, non c’è bisogno di sfogare la tua frustrazione sessuale in questo modo violento.”

Kanda gli scocca un’occhiata tra il disgustato e l’allibito. “Tu… che… Lavi,” grugnisce in preda a un attacco simultaneo di ribrezzo e stupore.

Gli occhi di Allen sembrano ora due palle da golf. “Oddio,” geme, prendendosi la testa tra le mani, “sembravo Lavi. Oddio. Io non farei mai, mai, battute gay riguardanti me e te. Ora mi sento… Non lo so. Contaminato.”

Kanda simula un conato molto realistico. “Se prima non ero sicuro, ora lo so per certo: stai troppo con quell’altro deficiente.”

Allen alza la testa, e si guarda momentaneamente intorno con aria smarrita. Sospira di nuovo. “Già, probabilmente,” ribatte, perdendosi di nuovo ad osservare le nuvole sopra la sua testa.

Kanda avrebbe preferito rimangiarsi le sue parole, se non per pietà – perché è certo non si tratti di ciò – almeno per evitare il ritorno della mammoletta a quello stato di calma depressione.

Perché quella storia diventa sempre più irritante, ogni giorno che passa. Ed è già passato un mese.

Non che a Kanda interessi qualcosa di quei due idioti: potrebbero venire gettati vivi in un covo di draghi affamati, per quanto si preoccupa per loro. Ma la faccenda sta avendo delle ripercussioni sulla sua vita privata, e la sua capacità di sopportazione viene ogni giorno messa a dura prova. Perché a causa di quei due che, a quanto si dice, non fanno altro che girare uno attorno all’altro come un sistema di pianeti attratti dalla forza gravitazionale in attesa di un’improbabile collisione, in quel periodo Lenalee non pensa a nient’altro.

Qualcosa, nella sua natura femminile, le impedisce di trattenersi dal ficcare il naso ovunque ci sia una possibile storia d’amore che non prende piede. Deve sempre sforzarsi per gli altri, risolvere i loro problemi laddove essi stessi non riescono in alcun modo—Lenalee è troppo buona per l’umanità. E se questo non affatica lei, di certo però affatica Kanda e la sua capacità di sopportazione.

“Il cielo è bellissimo, vero? Solo in prossimità dell’estate ha questi colori,” Allen tira fuori dal nulla. Poi s’acciglia. “E solo in prossimità dell’estate e della scomparsa definitiva della mia sanità mentale tenterei di far notare a te una cosa del genere.”

È soltanto rosso, medita Kanda osservando con occhi spenti l’approssimativamente monocromatico tramonto racchiuso tra la superficie oleosa del Lago Nero e i frastagliati pendii di montagne lontane.

“È come sempre. Solo… rosso, e ancora rosso,” gli rivela perciò, senza troppa enfasi.

Allen grugnisce, e osa lanciargli uno sguardo impietosito. “Questo la dice lunga sul tuo senso del romanticismo. Dimmi Kanda, qual è l’ultima cosa romantica che hai fatto per Lenalee?”

“Cosa c’entra questo?” domanda lui con stizza.

Allen gli rivolge quella solita smorfia che è un chiaro invito all’uso della violenza. “Rispondi e basta, idioKanda.”

Non vorrebbe, ma Kanda riflette, la sua memoria entrata automaticamente in azione. Riflette per svariati minuti, e con crescente – ma poco evidente – disperazione, si rende conto che l’ultima volta risale a Natale, quando ha regalato a Lenalee Komurin, la soffice Puffola Pigmea acquistata in un negozio di scherzi di Diagon Alley – peraltro regalo che Lavi lo aveva pressoché costretto a fare, convinto che Lenalee ne sarebbe rimasta deliziata. A Kanda, d’altronde, l’idea di dare a Lenalee un animale piccolo, peloso, potenzialmente puzzolente, e facilmente uccidibile, non allettava più di tanto.

Lenalee ne fu effettivamente deliziata, ma il fatto che l’avesse subito chiamato Komurin al tempo concretizzò tutti i suoi timori.

Kanda non è neanche sicuro che quella volta conti. Non tanto per la spinta di Lavi, quanto perché era Natale.

Komurin,” ringhia, laconicamente.

Komurin, idioKanda?” rimbecca Allen con voce schernente, “Era Natale. Mica vale.”

Kanda l’aveva supposto.

La fastidiosa mammoletta si astiene dall’aggiungere altro in proposito – forse perché è soddisfatto a sufficienza, o forse perché sa che può insultare Kanda sull’inesistenza del suo spirito romantico almeno tanto quanto Kanda può insultarlo riguardo alla sua cotta per Lavi. “Penso che dopo questa illuminante conversazione, tornerò indietro al castello. Mi sta venendo fame.”

“Tu hai sempre fame,” precisa Kanda con disprezzo.

“Come tu sei sempre scemo.”

Kanda sa che a Lenalee non piace che lui faccia del male ad Allen, ma Allen sta tirando troppo la corda, e più cresce, più in lui la disciplina e il rispetto per i più grandi va perdendosi. “Vai, mammoletta, prima che la mia mano raggiunga la mia bacchetta.”

Allen ridacchia di gusto, mentre raccoglie il suo libro da terra. “Non ci metto mica una settimana ad arrivare alla Sala Grande.”

Quando la mano di Kanda saetta alla sua cintura, Allen comincia a correre a perdifiato verso il castello.

E mentre fa previsioni sulle possibilità di Allen di arrivare alla Sala Grande senza risultare vittima di un Marciotto lungo la strada, Kanda si alza e si dirige con tranquillità verso la Foresta Proibita.

La luce del tramonto filtra a malapena nella radura in cui Kanda si ferma, circondato dai grossi alberi millenari dai tronchi scuri e i rami cadenti. Il tappeto di aghi, radici e terriccio scricchiola piacevolmente sotto i suoi piedi, in quel silenzio rilassante fatto di pause tra lievi bubbolii e lontani stridii di falchi. Kanda si siede su una familiare radice che si snoda da sottoterra, e infila la mano nella sua borsa, alla ricerca del trancio di carne cruda presa poche ore prima nelle cucine.

Una volta tiratolo fuori, lo butta per terra, e chiude gli occhi.

Non deve attendere molto, prima che i fruscii nell’aria aumentino. In pochi minuti, svariate paia di sgranati occhi bianco latte, senza pupille, fanno capolino tra le ombre degli alberi. Le grosse e scheletriche creature dal manto nero e la testa di draghi scivolano lentamente alla fioca luce rossastra del sole, che le fa apparire ancora più demoniache.

I tre Thestral avanzano, con le loro grandi ali da pipistrello ripiegate lungo i fianchi, e si avvicinano al pezzo di carne cruda, annusando il terreno davanti a loro con circospezione.

Uno di loro è particolarmente giovane, le sue zampette magre si agitano irrequiete intorno alle altre creature più grandi, e Kanda ne osserva in silenzio l’aspetto tetro e inquietante, gli occhi lattiginosi e le ossa prive di carne che si scorgono perfettamente attraverso lo strato di pelle nera, aspettando che si faccia coraggio e venga più vicino.

I Thestral sono creature curiose, ha sempre pensato, dato il loro aspetto inquietante e ‘malvagio’, così in contrasto con la loro docile indole. Destinati a essere temuti e considerati simbolo di disgrazia.

Dei reietti nel mondo dei maghi.

Kanda rammenta per un attimo la paura che attanagliò il suo cuore alla vista di quegli esseri orrendi per la prima volta, all’inizio del suo secondo anno, e ai ricordi che riportò lo scoprire che potevano vederli solo coloro che avevano conosciuto la morte.

Un nome affiora alla mente, ma Kanda è troppo spaventato dal solo ricordo di quella persona. Così il nome sprofonda di nuovo, non detto, negli antri della sua memoria.

I Thestral più grandi iniziano a dilaniare il piccolo pezzo di carne cruda, ma il piccolo si avvicina cautamente, un po’ altalenante, a lui. Il suo muso dalle narici rotonde e frementi sfiora il palmo teso della sua mano, e subito Kanda tira fuori un altro pezzo di carne.

Mentre il cucciolo di Thestral afferra con i denti bianchi ed equini il trancio sanguinolento e lappa con affetto la mano sporca, Kanda abbozza un mezzo sorriso, mentre realizza che probabilmente non vi sarà mai una creatura che preferirà più dei Thestral.

Quella notte, Kanda non riesce a dormire. Steso sul suo letto a baldacchino, rimane sveglio, a meditare.

In quei pochi momenti in cui cade vittima del pressante sonno, sogna se stesso, la sua famiglia, il suo passato, Alma—e prontamente si sveglia, con il cuore martellante nel petto.

I sospiri e l’intermittente russare e parlottare di Lavi nel letto accanto lo distolgono a malapena dal suo filo di pensieri – solo quando, nel sonno, Lavi sembra dilettarsi quasi apposta in una lunga serie di sospiri, Kanda gli lancia un’occhiata truce intimandogli telepaticamente di smetterla e di risolvere i suoi problemi, perché quei sospiri sono proprio uguali a quelli di Allen—magari è contagioso. Magari dovrebbe star loro lontano di questi tempi.

È proprio durante una di quelle divagazioni, mentre agguanta il cuscino con aggressività e lo lancia addosso alla faccia di Lavi, segretamente bramando di trascinare i corpi dei due idioti nella Foresta Proibita e cospargerli di sangue affinché i Thestral li scambino per carne macilenta e commestibile, che viene folgorato da un’idea.

“Sono sicura, Yuu, Lavi sta solo fingendo. E male, anche,” gli spiega sovrappensiero Lenalee, il giorno dopo, mentre camminano fianco a fianco sull’erba del prato, diretti alla capanna di Crowley. Lenalee si gratta la guancia con irritazione, per nulla conscia del disinteresse di Kanda. “È come se tutta la sua abilità recitativa scomparisse completamente intorno ad Allen!”

“Che peccato,” risponde Kanda poco eloquentemente, come suo solito.

“Dai, Yuu, non fare lo scontroso, so che ci tieni anche tu a loro! Allen sbava dietro a Lavi da secoli ormai, e ora sento che sta per succedere qualcosa, deve succedere! Ne sono sicura al cento per cento! Hai presente quando l’altra volta siamo andati al cucina-party, quando Allen ha detto a Lavi che c’era un innamoramento in vista? Giuro che Lavi è sbiancato di colpo, pareva avesse incrociato lo sguardo di un Basilisco. Tra Bak e Fou poi…! L’aria di cambiamento mi sta dando alla testa! …Davvero, Yuu, non posso essere l’unica eccitata per tutta questa faccenda.”

Kanda guarda gli occhi di Lenalee che brillano per l’emozione e le sue mani che si muovono febbrilmente, irrequiete come il suo animo. Gli ricorda una Puffola Pigmea.

“Cosa ti ha dato quell’idea?” chiede, sicuro di aver trattenuto al meglio l’intonazione sarcastica.

Lenalee sbuffa e si morde agitata l’interno della guancia, mentre Kanda riesce quasi a sentire gli ingranaggi della sua mente che si mettono in moto all’unisono.

“Stiamo escogitando un piano per accertarcene,” continua Lenalee come se Kanda non avesse mai parlato, “perché se da un lato io ne sono certa, dall’altro Allen è praticamente sull’orlo di un collasso nervoso, anche se no lo dà a vedere – per la barba di Merlino, sapevo che Allen era bravi a fingere, ma non credevo così bravo. Comunque è arrivato a pensare che Lavi si stia comportando così perché ha scoperto di piacergli – teme di aver fatto qualcosa che non doveva quando era ubriaco, ma ne dubito, dato che siamo stati insieme tutto il tempo. E poi è una cosa assurda: prima di tutto Lavi è un idiota e non può averlo capito così all’improvviso, e inoltre, se anche l’avesse scoperto, non reagirebbe mai in questo modo.”

Kanda è perplesso dalla parlantina di Lenalee. Tenta di rammentare quand’è stata l’ultima volta che ha inspirato.

“In ogni caso,” dice Lenalee a voce più bassa e meno alterata, “devo chiedere aiuto a mio fratello… qualcuna delle sue pozioni potrebbe tornarci utile…

“Io penso,” s’inserisce Kanda con voce controllata, “che dovresti lasciare che loro se la sbrighino da soli. Se vogliono comportarsi come delle stupide femminucce, che lo facciano. È colpa loro se sono dei codardi.”

“Dice il ragazzo che ci mise un anno a dichiararsi,” lo punzecchia Lenalee con ilarità evidente, “Dico bene, Yuu Kan-da?”

Kanda si volta dall’altra parte e fissa l’orizzonte con caparbietà.

Di fianco a lui, la risata di Lenalee risuona leggera e piacevole nell’aria, mentre le dita affusolate di lei aprono dolcemente la mano stretta a pugno di Kanda e vi si infilano subdole.

È pomeriggio inoltrato ormai, la brezza che accarezza la sua pelle è fresca e rinvigorente. I suoi occhi si posano sulla capanna rotonda e solida di Crowley, dal cui camino esce inaspettatamente uno sbuffo di fumo rosso.

Lenalee sembra essersi ormai calmata, e il suo sguardo vaga per il profilo della foresta, del lago, delle montagne. Poi sospira pesantemente.

Kanda è sul punto di scuoterla per le spalle e urlarle ‘lo dicevo che era contagioso!’ quando ingoia le parole sulla punta della lingua e deglutisce rumorosamente.

Lenalee, dovresti smetterla con tutto… questo. Di solito, quando sei così esagitata, tendi a causare soltanto danni. Se davvero si piacciono, prima o poi si sveglieranno. Forse dovresti lasciarli fare a modo loro.”

Pfff, lasciarli fare,” ribatte Lenalee, gonfiando le guance e sbuffando tragicamente, “da soli non arriverebbero da nessuna parte neanche entro il secolo!”

Ma le guance soffuse di rossore non sembrano concordare con le sue parole, e infatti la voce di Lenalee si spegne, per poi alzarsi in un nuovo sospiro.

La palpebra di Kanda si contrae in un tic nervoso.

“Il fatto è che… Yuu, lo sai che Allen ha avuto una vita un po’ difficile… vi somigliate così tanto – e non ne siete neanche consapevoli, mi sorprende che non ci sia maggior… empatia tra di vuoi. Ma comunque, non ti piacerebbe vedere Allen sinceramente felice per una volta?”

La domanda lo prende in contropiede.

Vagamente ritorna con la mente a tutte le ragazze di Lavi in quegli anni, e Allen sempre fastidiosamente allegro e sorridente attorno a lui, sempre in sua compagnia…

Sì—“Non m’importa,” riprende secco, scrollando le spalle.

Lenalee si rabbuia istantaneamente, e Kanda capisce di aver commesso un errore. Ha un piano preciso in mente, e non ha intenzione di rovinarlo per alcun motivo.

Stringe la mano libera in un pugno.

Io… ho dato un consiglio alla mammoletta ieri,” ammette con una certa dose di reticenza, indeciso su come proseguire e incerto su come reagirà la sua ragazza.

Lenalee gli rivolge giustamente un’espressione confusa. “Riguardo a cosa?”

“Al coniglio.”

Gli angoli della bocca della ragazza si piegano leggermente all’insù. “E cosa gli hai detto?”

“Che se c’è qualche problema che lo disturba così tanto, dovrebbe impegnarsi a risolverlo,” modifica adeguatamente le parole.

Nonostante l’espressione di Lenalee sia contraddittoria, un misto tra divertimento e esasperazione, il suo sorriso s’intensifica.

“Sono sicura che Allen abbia apprezzato,” annuisce, decisamente più allegra di pochi secondi prima.

“Di certo,” conferma spudoratamente Kanda, trattenendo un ghigno alla corsa smodata di Allen su per il prato.

A quel punto Lenalee si ferma, ormai poco distanti dalla capanna, e si volta verso di lui, con un ampio sorriso che le illumina il volto incorniciato dai capelli corvini. Kanda sospetta che ci sia del sangue Veela nella sua famiglia, nonostante le innegabili origini cinesi.

La ragazza si alza sulla punta dei piedi e schiocca un bacio sulla sue labbra. “Yuu, io lo so che tanto non sei così orrendo e insensibile come vuoi che la gente creda,” gli rivela, con fare complice.

I pensieri di Kanda si dirigono automaticamente verso l’immagine dei Thestral della Foresta Proibita.

“Vieni,” le ordina con impeto, prendendola per mano e trascinandola con sé verso la foresta.

Cosa—ma non stavamo andando a trovare Crowley?” chiede Lenalee concitata, notando il loro allontanarsi dalla capanna.

“Non ho mai detto che saremmo andati da Crowley,” si giustifica lui, addentrandosi nel folto degli alberi in un battibaleno. La mano di Lenalee si stringe velocemente attorno alla sua. Dopo una decina di minuti arrivano alla ombrosa pianura del giorno prima.

Lenalee butta un’occhiata per terra, e individua subito gruppetti di foglie macchiate di una sostanza fluida e rossastra. Kanda la osserva sgranare gli occhi in segno di comprensione.

“È qui che vieni a dare da mangiare ai Thestral?” chiede Lenalee in un sussurro impaurito. Kanda sospetta che l’immagine del pezzo di carne che viene maciullato da denti invisibili a mezz’aria, durante quella fatidica lezione di inizio anno, non abbia mai lasciato la sua memoria.

Nonostante per lei non sia la stessa cosa, dato che non li può vedere, Lenalee ha sempre accettato la strana abitudine di Kanda di scomparire ogni tanto dalla circolazione per andare a fare compagnia ai Thestral. Kanda è abbastanza sicuro che lei non abbia capito davvero cosa significhino per lui quelle creature, ma gli basta che non lo guardi come se fosse pazzo – come ogni tanto fa Lavi.

Kanda tira fori un altro pezzo di carne procurato apposta per l’occasione e, come il giorno prima, non ci vuole molto prima che due Thestral compaiano tra gli alberi. Gli occhi di Lenalee sono spalancati e guardinghi, mentre osservano le foglie smuoversi apparentemente da sole.

Kanda si avvicina a uno dei Thestral e sussurra poche parole all’orecchio, con la certezza assoluta che la creatura comprenda ogni sua parola.

Dopodiché fa cenno a Lenalee di seguirlo, e comincia ad allontanarsi dalla radura. Lenalee si affretta a raggiungere il suo fianco, continuando a gettare occhiate preoccupate alle sue spalle.

“Sbaglio o ci stanno seguendo?” gli chiede, e nel suo tono spicca un’inquietudine consistente, come se trovasse assolutamente sbagliata o inverosimile l’intera situazione.

Camminano per qualche minuto, finché non raggiungono una sponda del Lago Nero. Lenalee è più stupita e confusa che mai, mentre alla luce di un sole calante su uno sfondo striato di rosso Kanda offre un altro po’ di cibo ai due Thestral.

“Perché siamo venuti qui?”

Il ragazzo risponde cedendole in mano un pezzo di carne cruda e sanguinolenta. Lenalee non ha il tempo di reagire prima che una bocca invisibile si avventi su di lei, togliendoglielo di mano, e ingurgitandolo in un secondo. La ragazza esclama per la sorpresa e lo spavento, ma Kanda si posiziona dietro di lei e le prende una mano, muovendola lentamente nell’aria.

Lenalee sussulta quando sente una lingua ruvida e umida leccarle golosamente le dita sporche di sangue. Kanda le fa quasi ritirare la mano, ma dopo qualche secondo ella ride, scuotendo le dita davanti a lei, cercando di sfuggire momentaneamente alla sensazione di solletico.

“Sono gentili,” sussurra, ammaliata.

Lui scrolla le spalle. “Se li tratti bene,” risponde, con una certa ovvietà, come se stesse esplicitando la verità più ovvia del mondo.

Allora Kanda le muove l’altra mano lungo il collo della creatura, e Lenalee rimane sempre più estasiata. Poco dopo continua ad accarezzare l’aria davanti a lei con un sorriso di pura meraviglia sulla bocca.

“Beh,” fa poi, mentre prende dalla borsa di Kanda l’ultimo pezzo di carne rimasto e lo rifila a quel Thestral invisibile, “e ora che facciamo?”

Kanda accarezza il dorso del Thestral, intimandogli con una lieve pressione sulla sua colonna vertebrale di abbassarsi e inginocchiarsi. “Voliamo.”

La faccia di Lenalee si pietrifica in un’espressione indecifrabile. “Cosa.”

Prima che possa ribellarsi con maggior decisione, superato lo shock, Kanda la issa sul Thestral, e balza sullo scheletrico dorso anche lui.

Yuu, no. Nooo, no no no! Yuu! Yuu Kanda, noi non ci muoviamo da qu—Aaaa!”

Il grido di sgomento di Lenalee si solleva nel tramonto, quando il Thestral spalanca le ali nere e le sbatte potentemente nell’aria. Automaticamente, le sue braccia si avvolgono intorno al busto di Kanda, la faccia repentinamente sprofondata nella schiena. Con una rapidità data anche dall’abitudine, Kanda allaccia le gambe oltre la giuntura delle ali, e si tiene al collo dell’animale il più saldamente possibile.

Il Thestral si solleva nell’aria con un secondo battito d’ali e, in pochi secondi, sono sopra il Lago Nero.

Kanda adora ogni momento di quel volo. Il fresco vento sul suo volto, gli scompiglia la frangia, s’insinua tra i vestiti, la tiepida luce del sole morente, l’umido odore dell’acqua dolce e delle nuvole, la fragranza degli alberi, la pelle fremente di quella creatura possente sotto di lui…

Ma l’obiettivo è far sentire tutto quello anche a Lenalee.

Gli occhi della ragazza sono ancora serrati, mentre questa si stringe sempre più forte a lui.

Lenalee, apri gli occhi,” le ordina Kanda, “questo lo devi vedere.”

Secondi importanti scorrono via, ma è chiaro il momento in cui Lenalee riesce finalmente a trovare il coraggio di aprire gli occhi, perché il suo fiato si mozza, improvvisamente, e la sua presa intorno al torso di Kanda si fa inconcepibilmente tenace.

Kanda non la può vedere, ma la immagina guardarsi intorno, all’inizio spaventata dal vuoto sotto di lei, dal fatto di trovarsi a cavallo del nulla, sospesa a una decina di metri sopra la superficie del lago che riflette quel tramonto infuocato che sicuramente lei apprezza di più; scorgere al loro fianco inspiegabili spruzzi d’acqua che si alzano poco distanti da loro in infinite gocce brillanti come minuscoli diamanti e ricadono increspando il lago; sentire l’aria della sera inondarle il viso, farle ondeggiare i capelli, farla sentire leggera e libera. Kanda si piega di più sul suo dorso per permetterle di avvertire ancora meglio quella sensazione. E prevedibilmente, sente le braccia di Lenalee sfilarsi dal suo busto, ancora incerte. Probabilmente, Kanda, pensa, ora chiuderà gli occhi, allargherà le braccia verso l’esterno, e sorriderà al mondo intero.

Il Thestral plana rapidamente a pochi metri dalla superficie, e Lenalee si riappiccica a lui in un istante, con una risata nervosa.

Ma le ali e le gambe del Thestral frangono lo specchio d’acqua, sollevando un’altra scia di gocce che rinfrescano le loro gambe come una doccia fredda. Lenalee ride, ora divertita, sporgendosi da un lato per osservare meglio.

Kanda coglie il momento per girarsi e osservare l’espressione estasiata di Lenalee, la quale, quando lo nota, gli indirizza il suo miglior sorriso.

“È bellissimo, non è vero? Solo a fine primavera ha quei colori.”

Kanda annuisce, e mentalmente si rifiuta di ringraziare Allen per avergli ispirato l’idea. Molto alla lontana.

Solo quando molti minuti dopo, Lenalee inizia a rabbrividire per il freddo, Kanda dirige il Thestral verso la riva. Continuerebbe così per sempre, ma persino lui ammette che non sarebbe una fine molto romantica se la lasciasse sulla sponda del lago con un ‘questa è la tua fermata’ e ripartisse per l’orizzonte. Planano con dolcezza a terra, e Lenalee salta giù agilmente, andando subito a cercare il collo del Thestral e accarezzarlo.

“Grazie,” mormora gentilmente Lenalee all’orecchio della creatura. In tutta risposta, il Thestral scuote la testa.

Ripercorrono gran parte della strada verso il castello in un insolito silenzio: Lenalee cammina tranquilla con un sorrisetto perenne stampato in faccia, e lo sguardo perso sulle aguzze guglie del castello, che lentamente vengono inglobate dal buio della sera. Kanda, sorprendentemente, non vede l’ora che la ragazza dica qualcosa.

Allora…” comincia perciò una volta arrivati all’ingresso della Sala Grande, poco distanti dalle grandi clessidre delle Case. Ora, con il rumoroso vociare di sottofondo proveniente dalla Sala, si sente pronto ad affrontare una discussione seria. Dove con il termine ‘seria’, Kanda intende una  discussione basilarmente mirata a scoprire se può rinfacciare alla mammoletta il successo di quella giornata. “Ti è… piaciuta?”

Lenalee si appoggia alla parete, con le palpebre che le cadono chiuse per la stanchezza. “Oh, è stato… così…

“Romantico?” suggerisce lui. Il suo tono non è in alcun modo speranzoso.

Ma non può controllare Lenalee come controlla la sua mente, e infatti la ragazza gli lancia un’occhiata curiosa e al contempo divertita. “Stavo per dire esaltante, in realtà.”

“Non romantico,” sentenzia Kanda, e la delusione nella sua voce dev’essere solo una sua allucinazione.

Lenalee lo sta però fissando con chiara compassione – ma che cazzo. “Yuu, la tua intenzione era organizzare un qualcosa di romantico?”

Sì. “Ovviamente no.”

“Okay, perché tu non sei il tipo romantico.”

Kanda si stropiccia un occhio, cercando di nascondere l’irritazione che all’improvviso l’ha inspiegabilmente assalito. Ma Lenalee allunga una mano, prende delicatamente la sua e l’allontana dalla sua faccia.

“Quello che intendevo dire,” mormora la ragazza con voce calma, “è che se dici così, mi vien da pensare che qualcuno ti abbia stuzzicato abbastanza da farti credere che fosse necessario fare qualcosa di romantico per me.”

E a quel punto Kanda deve obbligarsi a tenere su la mandibola, perché è irreale che Lenalee sia così intuitiva. Ma il senso di colpa dev’essere evidente, perché la ragazza fa un mezzo sorriso comprensivo.

“Ma la verità è, Yuu,” continua lei, alzando l’altra mano e poggiandola con dolcezza sulla sua guancia, “che non ce n’è assolutamente bisogno. Mi piacciono le romanticherie, ma non sei costretto a farle – soprattutto se sono Lavi o Allen ad obbligarti. Perché, per quanto clichée ciò che sto per dire possa sembrare… mi piaci così come sei.”

Lenalee lo guarda dritto negli occhi, e gli accarezza di nuovo la guancia. Solo allora, Kanda si accorge che gli occhi di Lenalee sembrano quasi più radiosi del solito, luminosi come due ametiste incastonate nelle orbite di una scultura perfetta. Ma quello è un pensiero troppo sdolcinato per essere nato dal suo cervello, quindi Kanda semplicemente lo rifiuta, lo ributta indietro negli anfratti della sua mente come un barattolo ammaccato e inutilizzabile.

Ma ciò non lo ferma dal continuare a contemplarla.

“Ma,” conclude Lenalee quasi in un sussurro, “oggi è stato come se avessi potuto scrutare dentro di te, un luogo il cui accesso non è stato concesso a nessun altro all’infuori di me. Vedere ciò che sei veramente. Mi sono sentita così… speciale, e felice. E sì, è stato molto romantico.”

E con quello, in mancanza di una frase con cui rispondere in modo appropriato, Kanda appoggia una mano contro il muro e intrappola Lenalee con il suo corpo – d’altronde, non è mai stato un tipo di molte parole. Il silenzio gli è sempre piaciuto.

Piega il collo e si avvicina alle labbra di Lenalee, le cui palpebre intanto si sono chiuse. Ora può sentire il suo respiro sulla sua bocca, e—dalla Sala Grande si sente un sonoro tonfo e il rumore di un’esplosione soffocata. In un attimo, il vociare degli studenti si trasforma in un boato rumoroso di esclamazioni di stupore e di spavento, ed invade l’intero corridoio esterno.

Kanda si allontana di malavoglia da Lenalee, deciso a scoprire cos’è successo di tanto grave da rovinare gli ultimi attimi di una giornata perfetta—dalla Sala scatta fuori a una velocità impossibile una scia di familiari e fastidiosi capelli rossi.

“Ehi, Yuu! Ti saluterei ma vado di fretta!” urla Lavi nella sua corsa frenetica, e in pochi secondi dalla Sala spunta anche la mammoletta, tossendo ripetutamente, e ricoperto da uno strato di sostanze indefinibili—ci sono sicuramente delle patate, nel tutto. Senza perdere tempo, Allen corre dietro a Lavi, seguito a ruota da un’urlante professoressa Epstein, dai capelli scompigliati e il viso arrossato, che viene seminata rapidamente dai due.

Bookman, tutte queste idiozie e sperimenti sui Serpeverde devono finire!” grida furente la professoressa. “Quaranta punti in meno a Grifondoro, ha capito?! Lei non passerà i M.A.G.O., gliel’assicuro, chiederò al preside di espellerla! Walker—Walker! Spero lo stia inseguendo per riportarlo indietro ad affrontare la sua punizione! Walker, non si metta nei pasticci anche lei, quando per una volta può evitarlo!”

Lenalee assiste alla scena, con volto impassibile.

Kanda, d’altra parte, inizia a fumare dalla rabbia. “Domani li uccido. Tutti e due.”

Con suo stupore, Lenalee non muove protesta.

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E fu così che Lenalee s’illuminò per una buona settimana, piroettò trasognata per i corridoi senza alcuna preoccupazione a macchiare la sua felicità.

E fu così che Kanda scoprì e gustò la bellezza dell’organizzare qualcosa di romantico per la sua ragazza.

(La quantità di personali idee romantiche e la sua capacità di metterle in atto, in ogni caso, non aumentarono negli anni).

Lavi continuò a prendere in giro Kanda con insinuazioni e battute per tutta la settimana; Allen, semplicemente fissava Lenalee. E si chiedeva cosa diavolo era successo – e se per caso fossero state in qualche modo le sue parole ad essere la parziale causa di quell’inquietante e frivolo comportamento.

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THESTRALs FTW (e il prossimo capitolo… è quello che svariate aspettano dall’inizio della storia. Credo. Ambientato durante tutto SEVEN. Cosa sarà mai? ;) ).

Per la cronaca, essendo questo il punto di vista di Kanda, lui giustifica tutto quello che fa di carino (?) con altre motivazioni. Ad esempio casuale, quando dice ad Allen di fare qualcosa riguardo a Lavi, pensa di dirlo perché gli dà fastidio il suo continuo sospirare, che è PRINCIPALMENTE VERO, però ddaaai lo fa anche perché in realtà ci tieneee *sguanciotta* (no non è vero).

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Capitolo 5
*** What Lenalee actually knew ***


SONO VIVA. Stupiti, vi vedo stupiti [cit.] Sono viva e vi dirò di più, sento in me l’estremo dovere di finire questa storia mai terminata perché io non scrivo d’inverno una volta per tutte. Eee beh, è strano perché non sono riuscita a scrivere questo capitolo per sei mesi e oggi l’ho scritto in un giorno. Mi ha fatto tribolare perché non ricordavo più una minchia della storia originale ma va beh, se notate cose che non hanno senso o che sono tempisticamente scorrette, ignoratele e fate sì con la testa perdonando la mia memoria corta. Un tempo questo lato della storia mi sembrava più logico! Va beh.

Il titolo si basa sull’affermazione di Lenalee del sesto capitolo di SEVEN, quando dice a Lavi di ‘non sapere nulla’ in proposito ai sentimenti di Allen. Enjooooy!

Disclaimer: semplicemente, no.

 

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What Lenalee actually knew

( S E V E N )

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Lenalee è perplessa.

Guarda Timothy, che domanda esagitato per l’ennesima volta il racconto della vittoria contro i Serpeverde, e s’interrompe tra una frase e l’altra per vomitare una lumaca nel secchio sulle sue gambe.

Guarda Fou, che si esibisce in una smorfia sardonica, contenta che la sua squadra abbia vinto ma arrabbiata per non aver potuto partecipare, e che affoga la frustrazione nelle confezioni di Cioccorane Extra Large e in coloriti insulti contro i Noah.

Guarda Kanda, che sta in disparte seduto su una sedia ai piedi del letto di Lavi, braccia incrociate e un tentativo di espressione stoica e menefreghista che gli scivola via dalla faccia ogni volta che sente la storia daccapo.

Guarda Allen, che sfoggia un ampio sorriso da clown che sembra stampato sulla sua faccia da un incantesimo indelebile; che parla in tono eccitato, si dimena sul suo sgabello accanto al comodino di Lavi, e ovviamente s’ingozza di Calderotti e tante altre schifezze a portata della sua mano.

E poi guarda Lavi, che guarda Allen, la testa strettamente fasciata da garze bianche, la schiena appoggiata al cuscino e le gambe nascoste sotto le coperte del suo temporaneo letto d’infermeria.

Lavi ride, scherza con Allen, lo ascolta, insulta i Serpeverde, e poi, di punto in bianco, arrossisce.

Allen scoppia in una risata fragorosa a un commento particolarmente acido di Fou e Lavi arrossisce, con la mano infilata per metà nel pacchetto di Api Frizzole di Allen, già occupato dalle dita dell’altro.

“Ehi, non osare prendere le mie.”

E previdente, Lenalee si prepara alla solita sfilza di mugolii rattristati e di battibecchi concitati e superficiali tra i due.

Ma Lavi ritrae svelto la mano dal cibo e la lascia ricadere sulle lenzuola, senza dire una parola.

 

Il vociare della Sala Grande è stranamente conciliante. Accanto a lei, Fou grugnisce e borbotta come una scoppiettante Salamandra Infuocata. Non può davvero biasimarla, quando la testa di Lavi collide con il tavolo per la quinta volta in quattro giorni. Allen soffoca sul suo boccone di cibo, e Kanda stringe il coltello nel pugno con un pericoloso fare omicida.

“Allen, puoi gentilmente riferire a Lavi di smettere di tentare di lasciare il segno del suo passaggio sul tavolo dei Grifondoro? Sarebbe carino da parte sua,” commenta con un’acidità che non le è propria, e di cui subito si pente.

“Perché non ci dici una volta per tutte cosa c’è che non va in quella tua stupida testa?” Lenalee evita di  aggiungere altro o di sedare Fou – sia perché Lavi un po’ se lo merita, sia perché Fou è intrattabile in queste occasioni. La ragazza semplicemente non riesce a sopportare la gente che si demoralizza e non chiede aiuto a nessuno. Lenalee è quasi affascinata dalla sua mancanza di empatia in tali situazioni. Sa che non lo ammetterebbe mai, ma Fou odia sentirsi impotente.

Ascolta a malapena le successive battute della misera conversazione, troppo concentrata sul non perdere le staffe e urlare a Lavi qualcosa che rimpiangerebbe – perché è chiaro che Lavi ha un problema, e il fatto che si rifiuti categoricamente di parlarne persino con Allen e Kanda, sta diventando deprimente, ormai.

Fino a che Lavi dice la frase più improbabile e apparentemente scollegata dal contesto che potesse dire.

È quasi divertente il modo in cui Allen si rattrappisce su se stesso, nonostante il suo viso sia diventato istantaneamente una maschera di impassibilità. Lenalee lo guarda allibita, cercando di trovare un senso a ciò che Lavi ha detto con un intrascurabile tono sfrontato, come se avesse rivelato per dispetto o rabbia un segreto che sarebbe dovuto rimanere tale. Lenalee non ricorda di aver mai visto Lavi rivolgere un’espressione tanto infastidita a Allen.

…Tre giorni fa.”

E in quel momento, Lenalee vede distintamente sulle facce dei suoi amici l’identica espressione di fulminante comprensione, come se nelle loro teste fosse scattata contemporaneamente la stessa sintetica frase esplicativa.

‘Hogsmeade, a Allen piace Lavi, Allen ubriaco marcio.’

Lenalee è scioccata all’idea che qualcosa che non sa – o che non ricorda – sia successo dopo Hogsmeade e, mentre la sua immaginazione corre sbizzarrita, non perde di vista lo scontro di sguardi che sta avendo luogo tra Lavi e Allen. Sembra che stiano entrambi aspettando quello che dei due si rompe per primo.

È sinceramente grata a Kanda quando questi decide di intervenire, ponendo fine a quella anormale situazione.

“Bene,” sputa Lavi rancoroso, prima di alzarsi goffamente e allontanarsi dal tavolo senza più voltarsi.

Lenalee lo guarda sparire oltre le porte della Sala Grande con la testa china, e i pugni serrati lungo i fianchi.

“Forse è solo stressato…” commenta Fou nel mentre, con voce imbarazzata. Si gratta la nuca, impacciata, senza riuscire a guardare Allen, e Lenalee pensa che neanche lei avesse la minima idea che tutto questa faccenda potesse essere legata ad Allen, sennò si sarebbe probabilmente trattenuta dall’insistere, con Lavi. Fou si stropiccia le mani, con la faccia di una che ha commesso un errore ma non sa come porvi rimedio.

Allen non le risponde, seduto rigidamente con la braccia appoggiate sul tavolo, l’espressione arrabbiata puntata con fermezza sul suo piatto.

Passa qualche secondo prima che la facciata adirata di Allen cominci a frantumarsi e scivolare via, lasciando il posto a una nuova frustrazione che stringe dolorosamente il petto di Lenalee.

Allen…” Fa per allungare una mano verso la schiena dell’amico, ma quest’ultimo scuote la testa e scruta per un attimo il piatto ancora pieno di cibo davanti a lui, prima di spingerlo via aggressivamente, facendolo cozzare contro quello di Lavi.

Fanculo.”

Nessuno ha qualcosa da aggiungere.

 

“Mi odia, Lenalee, è semplice.”

Lenalee sbuffa con tale veemenza che un piccolo gufo, placidamente appollaiato sul trespolo accanto a lei, si sveglia bruscamente e arruffa le penne grigiastre infastidito.

“Non fare il melodrammatico, per favore,” lo prega con voce esasperata mentre porge una manciata di chicchi di grano al gufo di Allen, che allunga il cullo piumato, interessato. “Lo sai che non è così. Siete amici da cinque anni, non ti volterebbe mai le spalle in questo modo. E poi ora è tornato a comportarsi normalmente, no?”

Allen grugnisce qualcosa sottovoce, prima di rispondere in un tono pesantemente sarcastico: “Oh, certo, come prima. Fammi il piacere, sta tentando di comportarsi come prima, e sta fallendo. …Giuro che ogni tanto mi guarda come se fossi un troll con due teste.”

“Credo che io e te abbiamo una visione diversa della situazione. E comunque, tu stai al suo gioco, mi pare.”

“Perché lui è troppo fottutamente importante perché io mi possa permettere di perderlo, Lenalee!” inveisce Allen.

Alcuni gufi sbattono le ali, turbati dal rumore, altri si alzano in volo e si lanciano fuori dall’ampia finestra della Guferia, dritti nel cielo primaverile.

Allen sgrana gli occhi, stupito dalla sua stessa esplosione, ma Lenalee non lo sgrida. Attende silenziosamente che il respiro dell’amico si calmi, e indica a Timcanpy di raggiungere il suo padrone. Quando l’esile gufo dalle rare piume dorate gli mordicchia un dito con severità, Allen tira un lungo sospiro.

“Scusami, è che… non mi piace come si sta mettendo. All’inizio… pensavo fosse per qualche problema che non voleva confidarmi, e mi irritava perché pensavo non volesse preoccuparmi o non se la sentisse… Non… non pensavo che riguardasse me. Dio, Lenalee, quando ha detto quella roba… devo aver detto e fatto qualcosa quella notte. Qualcosa che gli ha fatto capire che mi piace e non ho idea di cosa, non ricordo praticamente nulla!”

Lenalee è già giunta alla stessa conclusione ma, probabilmente allo stesso modo di Allen, più tenta di riportare alla mente immagini di quella notte, più queste tendono a farsi sfocate ed incerte.

“Sì, ma, se invece, per caso,” comincia, finalmente esponendo la teoria che la sta tormentando, e che sfortunatamente Allen non sembra aver preso minimamente in considerazione, “qualsiasi cosa tu abbia fatto, in realtà gli ha… aperto gli occhi? Se fosse in crisi perché non sa più cosa prova per te ma nel senso positivo non indeciso tra amicizia e schifo, ma tra amicizia e amore?”

Allen scruta attentamente i suoi occhi per qualche istante, con una faccia che lascia temere che voglia contattare al più presto il San Mungo per farla ricoverare d’urgenza. “Sì. Certo.”

“Oh, andiamo, Allen!” Lenalee gli lancia addosso una manciata di mangime, a cui l’altro risponde con un verso di stupita indignazione. “Potrebbe essere! I segni sono tutti lì, se tu solo ti degnassi di notarli invece di ostinarti a credere che sia tutta colpa tua! È ovvio che la faccenda riguarda te, e okay. È supponibile che riguardi il fatto che ti piace, e ancora okay. Ma in più, Lavi ti guarda, sempre. E non intendo dire che ti ascolta mentre parli o che fa le solite facce schifate quando mangi. Intendo dire che proprio ti fissa. Ti fissa e nel mentre il suo cervello fuma per il troppo pensare, e quando si accorge di starlo facendo di nuovo tenta di nasconderlo, cosa in cui, come abbiamo tutti notato, non riesce. E ti posso giurare, su qualsiasi cosa, per la barba di Merlino, che non ha la faccia di uno che sta guardando un troll bicefalo. Anzi.”

Allen è taciturno mentre accarezza sovrappensiero il suo gufo. Lenalee aspetta quieta di vedere come reagirà alle sue parole, e a stento si trattiene dal tirargli in faccia altri chicchi di grano.

E dopo quello che le sembra un’eternità o più, la bocca di Allen si piega in una smorfia semi-divertita. “Davvero mi fissa?”

Lenalee risponde con un sorriso così ampio che sente una fitta alle guance. ‘Oh, questo è l’Allen che conosco!’ avrebbe voglia di gridargli scuotendolo con gioia per le spalle, ed è ormai convinta di avere la vittoria in pugno.

Oh, sempre. Come quella strega che non riusciva a staccare gi occhi dal libro che leggeva,” tuba con soddisfazione.

“Inquietante,” scherza Allen.

“Non sai quanto,” ne conviene lei. “Peraltro, ho in mente un piano che potrebbe essere utile per testare le acque. A questo cucina-party è il tuo turno con la lettura della tazza, no?”

“Ora non ti seguo più.”

Lenalee sorride maliziosamente. “Beh, potremmo truccare un po’ una delle letture.”

L’espressione di Allen si fa sarcastica. “Ma noi trucchiamo sempre le letture.”

Touché,” ride Lenalee, “ma questa volta lo faremo in modo più mirato.”

 

A distanza di settimane, in un fulminante colpo di realizzazione indotto forse dallo studio intensivo di Divinazione, le tornano in mente la reazione di Lavi in Infermeria e altri sparsi, piccoli accadimenti.

“Sto iniziando a sospettare che Lavi non sappia che gli piaci.”

In risposta, Allen geme stressato e sprofonda il viso tra le innumerevoli pergamene srotolate davanti a lui sul tavolo della biblioteca, apparentemente non intenzionato a riemergerne mai più. “Lenalee, non puoi davvero tirare fuori quel discorso ora.”

“E io che pensavo che avrei finalmente terminato questo maledetto capitolo prima di pranzo,” asserisce Fou con stizza, prima di richiudere il grosso tomo di Storia della Magia e ruotare la sua sedia verso Lenalee con un cipiglio altero, “Tanto vale che ce lo dica ora, sennò non smetterai più di assillarci con le tue nuove ipotesi.”

Allen grugnisce una risata, e Lenalee si sente ferita nell’orgoglio. Ma solo per un attimo, prima di perdersi nel racconto dell’Infermeria e degli altri sparsi, piccoli accadimenti.

“Non ho notato nulla, io!” è la prima cosa che esclama indispettito Allen.

“Tu non noti mai nulla.”

“Non è vero,” brontola lui a mezza voce, incrociando le braccia. Ha anche il coraggio di mostrasi offeso.

“Capite? È iniziato tutto prima di Hogsmeade! Quindi tu potresti non aver fatto nulla di particolare quella sera! Lui era già partito per la tangente per allora! E se ora stesse facendo finta di nulla e negando tutto a se stesso perché ha paura di affrontare i suoi sentimenti?”

“Quindi stai dicendo,” s’intromette Fou ancora irritata, “che un giorno Lavi s’svegliato e ha capito pressoché di punto in bianco che gli piace Allen.”

…circa, sì?”

Fou scrolla le spalle. “Per me suona credibile.”

“Per me no,” ride Allen con una nota di isteria nella voce. “Sono l’unico rimasto sano qui?”

“Non sei mai stato sano, tu.”

“Grazie, Fou, ma non è questo il—”

“Ah!” esclama di colpo Lenalee, che ignora apertamente il balzo di spavento di Fou e Allen sulle loro sedie. “E se fosse stato Lavi a fare qualcosa la notte di Hogsmeade?” elabora rapidamente, non volendo rimanere indietro rispetto al suo flusso di realizzazioni repentine. “Qualcosa che tu non ricordi!”

“Tipo cosa,” commenta Allen con sarcasmo, “baciarmi?”

“Sì, tipo.”

Allen ha già la bocca aperta e la battuta tagliente pronta sulla lingua, i denti scoperti in un sorriso canzonatorio che gli incurva le labbra. Ma da qualche parte nel procedimento la sua mente dev’essersi persa nel mondo dell’immaginazione, perché la sua faccia si trasfigura tempestivamente in un pomodoro, e la battuta non lascia mai la sua bocca.

Lenalee ha il tatto di non scoppiare a ridergli in faccia, a differenza di Fou.

“Me lo ricorderei,” borbotta soltanto Allen, e in attimo il suo libro di Divinazione ha tutta l’attenzione che il ragazzo non gli ha mai concesso in cinque anni.

“Ma Allen, se fosse così si spiegherebbe tutto!”

“Tutto cosa?”

…tutto!”

“Oddio,” s’inserisce Fou, “Lenalee ha la Sindrome dell’Amortientia.”

“La cosa?” chiede Allen perplesso.

“La Sindrome dell’Amortentia,” ripete la ragazza dai capelli rosa cicca con ovvietà. “È andata in fissa con la vostra love story travagliata e ora si sente in dovere di giocare la parte del Cupido finché non avrà ottenuto quello che vuole, cioè che vi mettiate insieme. Io starei attenta se fossi in te, Allen.”

Fou ha ragione, Lenalee, rilassati. È la mia vita, non la tua. Risolverò la faccenda, in qualche modo, senza che tu debba… Lenalee?”

Ma Lenalee ha smesso di ascoltare da un po’, e l’unica parola che le rimbomba nella testa e che catalizza tutta la sua concentrazione, è ‘Amortentia’.

 

Da qualche giorno l’attenzione di Lenalee cammina sul filo di un rasoio, e la maggior parte delle volte cade da un lato; Lenalee non si sforza troppo nel cercare di concentrarsi su obiettivi più utili, come i G.U.F.O., giusto per fare un esempio.

Da una parte del rasoio, ci sono le vicende romantiche dei suoi amici, che stanno finalmente iniziando a imboccare il verso giusto, per una buona volta.

Fou ha appena ammesso di nutrire un qual certo affetto per Bak. Dal canto suo, Bak è palesemente cotto da più di un mese, perciò Lenalee spera vivamente che accumuli il coraggio necessario per dirle qualcosa, perché di certo da Fou non partirà nulla entro la fine dell’anno.

Per quanto riguarda Lavi e Allen, beh, l’esperimento con l’Amortentia non avrebbe potuto dare risultati migliori.

“Mi ha chiesto se volevo andare ad allenarmi nella Stanza delle Necessità con lui, stanotte,” tira fuori Allen di punto in bianco con voce gongolante, semi sdraiato sul tavolo di fianco a lei, col mento sorretto dal palmo della mano e un’espressione piuttosto idiota dipinta sul volto. “Non me lo chiedeva da secoli.” E dopodiché, risprofonda quietamente nella sua bolla di spazio personale, a fissare con sguardo sognante le monotone scaffalature della biblioteca.

Dall’altra parte c’è Kanda. Le vengono ancora i brividi di eccitazione se ripensa al volo sul Thestral dell’altro giorno. Se si concentra, le sembra di poter sentire di nuovo l’odore di Kanda mentre tiene la faccia immersa tra le sue spalle, troppo impaurita per sollevarla; le striature vermiglie di cui è tinto il cielo del tramonto; gli occhi di Kanda quando sono tornati al castello, il modo impacciato in cui ha cercato di indagare se le era parso romantico o meno…

Si scioglie al solo ricordo, sospirando dolcemente nell’aria fresca della biblioteca. In cuor suo spera che Kanda le chieda nuovamente di accompagnarlo nella Foresta, ma dubita che questo succederà, e lei di certo non osa chiederglielo.

“È fantastico, Allen,” gli risponde, con sincerità seppur con la testa nettamente altrove.

“Come hai fatto a convincere Komui a partecipare al piano, comunque?” chiede Fou perplessa mentre avvicina a sé uno dei tomi con un incantesimo di librazione, apparentemente l’unica dotata delle facoltà mentali necessarie per realizzare che manca davvero troppo poco agli esami finali.

“Ah, è stato facile,” commenta Lenalee, accompagnando le sue parole con un gesto sbrigativo della mano, “lui è mio fratello, d’altronde. Gli ho semplicemente detto di mettere un calderone con un po’ della sua scorta di Amortentia davanti a un banco e far sì che in quel banco ci stesse Lavi. Gli ho spiegato che era un nostro esperimento. Che, a quanto ho carpito da Kanda, ha iniziato ad avere i suoi effetti appena Lavi è entrato nell’aula. Dice di non aver mai visto Lavi fare una pozione orrenda come quella. E sappiamo tutti che l’unico motivo per cui a Lavi una pozione non debba venire perfetta, è perché è molto, molto distratto da qualcosa.”

“Così distratto che s’è beccato una punizione da Komui,” ghigna Fou perfidamente. “Quand’è l’ultima volta che quell’uomo ha dato una punizione? Quando quel Corvonero ti ha ‘importunato’ chiedendoti di uscire con lui?”

“Non penso che quella punizione sia nulla in confronto a quella che gli darà Kanda per avergli imbrattato i capelli di pozione fatiscente.” Lenalee si decide ad aprire svogliatamente il libro di Babbanologia. “Comunque, se la mia teoria è corretta, cosa che indubbiamente è, questo casuale incidente ha aiutato Lavi a venire ai patti con i propri sentimenti, e ora ha ripreso a comportarsi normalmente con Allen proprio perché ha deciso di accettare la realtà.”

Dal canto suo, Allen non sembra starla ascoltando con molta attenzione, se lo sguardo vacuo e il sorriso gongolante ne sono una prova sufficiente.

“Allen, devi davvero uscire da questo stato di trance ora,” gli ordina Fou schioccando rumorosamente le dita. Lenalee annuisce con la testa, sentendosi un po’ ipocrita dato che la cosa che più desidera fare ora è tornare a fantasticare su future e improbabili gite fuori dal castello con Kanda.

Ma Allen si limita ad allargare il suo serafico sorriso. “Mi sento stupido.”

“Beh, sembri stupido,” lo informa Lenalee.

“Tu sei stupido,” li interrompe bruscamente Fou. “Ora chiudete la bocca e studiate.”

 

Lenalee non riesce davvero a capire.

Sono passate più di due settimane dall’incidente dell’Amortentia, e guardare Allen e Lavi interagire si sta rivelando divertente, elettrizzante e allo stesso tempo puramente struggente.

È come se stessero danzando uno intorno all’altro, in attesa di un qualcosa estremamente impreciso che Lenalee appunto non coglie. Cosa diavolo stanno aspettando?

Non è che il loro modo di comportarsi tra di loro sia drasticamente cambiato, eppure ora c’è qualcosa in più che si coglie osservandoli trascorrere il tempo insieme, a cui Lenalee non sa dare un nome.

Dal suo punto di vista, quello che Allen vuole è chiaro come il sole. E dal canto suo, quando pensa che nessuno lo stia guardando, Lavi si atteggia ad eroe tragicomico. Quindi perché si tira indietro ogni volta che Allen gli lascia un’apertura per agire grande come una casa? Non può essere che Lavi non abbia capito nulla… o forse , si sta sempre parlando di Lavi, che seppure abbia un’intelligenza sopra la media e un’ottima capacità nell’analizzare la gente, ha anche un potere di auto-persuasione notevole, e quando si rifiuta di vedere una cosa, semplicemente non la vede.

Forse Lavi ha solo bisogno di un’ultima spintarella – che Allen d’altronde non gli offrirà mai.

Lenalee è personalmente convinta che Allen sia impazzito. I due anni passati con la certezza che non sarebbe mai successo nulla tra lui e Lavi devono avergli fritto il cervello, e ora che quella certezza è stata smontata dall’evidenza del contrario, Allen non ha più il coraggio di fare nulla di drastico. Cosa che non è da Allen, ed è per questo che Lenalee pensa sia impazzito.

“Ma ora le cose vanno bene, perché dovrei cambiarle,” le dice sorridendo, un giorno, “è una sua scelta ora. A me sembra di essere stato… relativamente chiaro.” E Lenalee non può fare a meno di concordare su questo punto, soprattutto sul ‘relativamente’. Perché per quanto Allen possa far finta di non saperlo, a suo parere una dichiarazione è generalmente più esplicita di gesti fugaci e battute maliziose. Ma si astiene dal farglielo notare prima che abbia finito di parlare. “Se non reagisce, è perché non vuole avere a che fare con me in quel senso. O ci sta ancora pensando. E a me va bene così, davvero!”

“Senti, perché non glielo dici e basta?” chiede esasperata.

Questa volta Allen la guarda come se il San Mungo non fosse abbastanza. “Lena, non posso dirgli una cosa del genere.”

“Perché no?”

“… semplicemente non posso.”

Lenalee gli lancia un’occhiata velenosa. “Allora glielo dirò io che ti piace, almeno se non se n’è reso conto mettiamo le cose in chiaro.” In quel momento le sembra di ritornare ai tempi delle elementari, quando le coppie si formavano sempre solo grazie alle generose azioni di un bimbo intermediario. Si odia un po’ per questo.

La mandibola di Allen casca verso il basso. “Cosa—No! No, no no no no, Lenalee, non puoi dirgli nulla!” le ordina con voce strozzata.

“Perché no?!” ripete lei.

Perché…” Allen non finisce mai la frase. È allora che Lenalee capisce con sconcerto che per Allen nulla di quello che è successo da oltre un mese a quella parte rappresenta una certezza come lo è per lei. Nella sua testa probabilmente, il fatto di piacere a Lavi è solo una possibilità tra le tante interpretazioni, e che quella che ritiene più probabile è che tutto sia in realtà una grande, orripilante coincidenza. Così assurda che anche lui fatica a crederci, ma che non si permette di vedere in altri modi. Non si permette di illudersi. Perciò ora il suo futuro è basilarmente nelle mani di Lavi.

Per un lungo momento, Lenalee non sa se abbracciarlo o lanciargli contro una maledizione.

Ma non fa nessuna delle due cose. Si limita ad allontanarsi, innervosita, ringhiando “Maschi!” abbastanza forte perché la sentano dall’altra parte del castello.

Il giorno dopo, Lenalee decide che a Lavi quella spintarella serve proprio.

Perciò si alza dalla comoda poltrona in velluto cremisi accanto al camino e percorre la Sala Comune in direzione del divano e della persona che vi è seduta sopra.

 

Quando Lenalee quel giorno si ritrova per caso nel corridoio in cui sta infuriando il duello tra Grifondoro e Serpeverde, la prima cosa che vede è la liscia coda nera di Kanda che ondeggia sinuosamente tra una spalla e l’altra del suo proprietario, mentre questi arresta un incantesimo con un perfetto Sortilegio Scudo. Il suo cuore si gonfia momentaneamente di fiero orgoglio alla scena, perché nessuno batte il suo Kanda in un duello – eccetto Allen, ma lui gode della sua amorevole autorizzazione.

La seconda cosa che vede è una Fattura Orcovolante colpire in piena faccia Road Kamelot e, per quanto Lenalee sia contro il risolvere i disaccordi e i conflitti con la violenza magica, non riesce a provare un briciolo di dispiacere davanti a quello spettacolo – non che si sforzi molto, in realtà.

La terza cosa che vede, e che quando vede non può fare a meno di chiedersi come abbia fatto a non notarla subito, perché salta proprio all’occhio una volta svoltato l’angolo, sono Lavi e Allen sul pavimento, intenti a baciarsi come se non ci fosse un domani, incuranti dl resto. Sembrano abbastanza fuori dal mondo, lì, in mezzo al corridoio, con gente che urla, fatture che volano, e professori che tentano invano di riportare l’ordine togliendo manciate di punti a chi capita loro sottomano. Sospetta che se in quel momento il castello crollasse intorno a loro, non se ne accorgerebbero neanche.

L’improvvisa esplosione di gioia in lei non l’aiuta a trattenere il grido eccitato di un “Finalmente!” che, nonostante il frastuono generale, pare elevarsi sopra ogni altra voce e attirare l’indesiderata attenzione di tutti.

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E fu così che Lenalee giocò abilmente – e con una certa ossessività – una parte fondamentale nella storia.

Lavi scherza e dice, con tono cantilenante, che ciò che ha trascinato lui e Allen insieme oltre le difficoltà di quel periodo si chiama ‘vero amore’. Allen invece ogni tanto lo chiama ‘Lenalee’.

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La Sindrome dell’Amortentia suppongo che nel mostro mondo si possa tradurre con ‘fangirl-ite acuta’. Probabilmente in questo capitolo Lenalee è stra OOC, come anche Allen (ALLEN COSA TI HO FATTOOOOO çOOOç se riscriverò questo capitolo lo farò solo per te çOç) , però non ho saputo fare di meglio, scusate xD L’atmosfera che si era andata creato mentre scrivevo non mi dispiaceva, quindi mi sono lasciata trasportare xD

Alla fine questo era il capitolo importante di questa storia/raccolta. Non voglio dire che non scriverò i due rimanenti, però di fatto non sono particolarmente importanti o pieni di grandi cose belle, quindi… Questo era invece tutto quello che succedeva al di fuori della testa di Lavi durante SEVEN xD Immagino che tutti voi vi aspettavate fosse dal punto di vista di Allen, e INVECE! So’ stronza e l’ho fatto con Lenalee. Spero comunque che vi sia piaciuto, in ricordo che bei vecchi tempi çwç (wtf)

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