Solo una semplice storia.

di Cristie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1.Dove si parla di licenziamenti e di persone distratte. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. Dove si parla di persone e di costellazioni ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. Dove ci si dedica alla lettura e si hanno conclusioni di serata fuori programma. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4.Dove ci si confronta e si sente il rumore della pioggia. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5. Dove il Natale è quasi alle porte e si fanno operazioni nascoste. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6. Dove si fanno scelte azzardate con poca possibilità di successo. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7.Dove ci si prepara alla cena di Natale e si servono vendette. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8. Donna Noble - Passato parte 1. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9. Donna Noble - Passato parte 2 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10. Dove si fanno battute e si sentono conversazioni indesiderate. ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11. Dove ci sono nuovi sorrisi, si consola un'amica e si rivaluta una persona. ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12.Dove si viene osservati e si ricevono telefonate da persone a cui non si pensava più. ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13. Dove ricordi così dolorosi non smettono di lasciare il loro segno. ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14. Dove qualcosa viene distrutta, ma non si scappa. ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15. Dove vengono consegnati pacchi di notte da autisti appostati. ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16. Dove ci si strozza a tradimento con una brioche. ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17. Dove si sono riconciliazioni e picchi preoccupanti di gelosia. ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18.Dove si scelgono abiti e ci si prepara al grande evento. ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19. Dove si celebra il matrimonio. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1.Dove si parla di licenziamenti e di persone distratte. ***


 
Salve e ben trovati in questo piccolo attacco di follia! Questa è in assuluto la mia prima fanfc su Doctor Who.  Ho scoperto questa serie a partire dalla quinta stagione, e per compensare mi sono messa a guardare le serie precedenti. Naturalmente imbattendomi nella seconda serie è scoppiata la scintilla per questa splendida coppia.
E quindi eccoci qui. Confesso di essere un pò dubbiosa sulla pubblicazione di questo capitolo, ma sapete come si dice, la fortuna aiuta gli audaci no? Mi raccomando fatemi sapere cosa ne pensate, consigli e suggerimenti sono semre bene accetti! XD

Per concludere solo una piccola nota: in questa storia il Dottore lo identifico con il suo pseudonimo, altrimenti sarebbe alquanto strano che una persona normale si facesse chiamare il Dottore.







Capitolo 1.


Dove si parla di licenziamenti e di persone distratte.

 
 
 
 

- Rose Tyler sei licenziata!!!! – l’urlo di Miss Hobbes, una donna che aveva passato la cinquantina da un bel pezzo e che di “Miss” gli era rimasto ben poco ormai. Sempre ammesso che in gioventù fosse stata diversa.
La suddetta ragazza era in quel momento intenta a sistemare i nuovi capi da esporre, più precisamente stava sistemando un bellissimo vestito tanto bello quanto il costo totale della sua paga di un anno.
- Rose!!! Che hai combinato stavolta??? – le chiese Meggie, un’altra commessa del grande negozio di abbigliamento dove lavora.
- Stavolta non so proprio cosa posso aver fatto…almeno credo. – fece lei rallentando la sua alzata di spalle, mentre si rendeva conto di essere stata scoperta.
Il ticchettio dei tacchi, risuonava profondo, nel silenzio che era immediatamente calato dopo l’urlo della titolare, che avanzava verso di lei temendo tra le mani quello che sembrava un pezzo di stoffa ripiegato.
- Rose…sai dirmi cos’ho tra le mani? – fece lei aprendo la stoffa rivelando un bellissimo fazzoletto di seta, finemente decorato…con un buco al centro, una bruciatura di un ferro da stiro probabilmente.
- Posso spiegare! – fece subito la ragazza. Ma lo sguardo della titolare le intimò di non insistere.
- Ma lo so Rose, una nonna che rovina il regalo per la nipote, una donna che decide di concedersi un capo che non può permettersi chiedendo un pagamento dilazionato…. Quello che forse non hai compreso, che questo non è un’associazione della carità, questo è un negozio di classe. Quello che pagano non può e non deve essere restituito per danneggiamento. –
Rose voleva spiegarsi, ma aveva finalmente capito che gli aveva fornito il pretesto preciso per farsi licenziare.
-  Mi dispiace solo per tua madre, che mi aveva pregato di darti una seconda possibilità, vai a casa, passa domani prima della chiusura, ti farò trovare tutti gli incartamenti per il tuo licenziamento-
- Sa invece una cosa Miss Hobbes, sono io che me ne vado, sono finalmente libera di andarmene e non vedere più la sua faccia e combattere con i suoi modi sgarbati, passerò domani a prendere la mia roba, a domani. – le rispose a tono prima di prendere la sua borsa  e salutare la sua ormai ex-collega Maggie.

 
 

***

 
 

- Così ti ha licenziata…di nuovo -
- Si ma mi sono licenziata anche io – le rispose Rose, era seduta sul divano del salotto della casa in cui convivevano .
- Perdonami Rose, quale sarebbe la differenza stavolta?- le chiese Martha Jones, sedendosi anche lei e porgendo all’amica una coppa di gelato.
Rose le sorrise grata, era la sua migliore amica dai tempi della scuola. Si erano allontanate per un certo periodo, ma alla fine era stata Martha, che aveva cominciato il suo tirocinio in ospedale a proporle di andare a vivere insieme.
- Che stavolta dirò a mia madre che non ho intenzione di riandare a lavorare il quel negozio-
- La verità Rose è che sei sempre stata troppo buona, e in qualunque modo cerchi sempre di aiutare tutti. E come sempre quella che finisce nei guai sei tu. -  fece Martha continuando a mangiare con gusto il suo gelato alla vaniglia.
- Comunque cambiando argomento, come sta il tuo ragazzo? Quando avrà la licenza?- Chiese Rose per cambiare discorso, gli occhi dell’amica nel sentire il riferimento alla licenza di Mikey Smith si illuminarono. Erano una coppia fantastica, anche se non avevano molto tempo per vedersi. Avevano scelto delle vite spese per gli altri, lui come militare nelle forze di pace, e Martha come medico. Ma quando riuscivano a stare insieme, quei pochi mesi che gli permette la licenza di Mikey, era come se per Martha il mondo durasse solo per quel periodo.
Di tanto in tanto Rose si univa a loro, per un cinema o una pizza insieme ad altri amici.
Ed era in quel momento che arrivava quel sentimento, quando vedeva il loro amore non poteva fare a meno di pensare se un giorno sarebbe mai riuscita a trovare qualcuno che l’avrebbe coinvolta in un amore così simile al loro. Fino a quel momento aveva avuto solo una storia importante con Mitch ragazzo simpatico, ma quando le cose stavano per farsi serie ha preferito troncare.
“Ma anche se fosse durata, non saremo stati di certo come Martha e Mikey”
- Terra a Rose! Mi ricevi? – le chiese Martha divertita.
- Si scusami, stavo pensando..-
- Allora non mi ero sbagliata! Stavi pensando a come dirlo a tua madre! Dì la verità-
Rose fece un sospiro sconsolato. – Per quello credo che non ci sia problema, anzi sono convinta che nel momento stesso in cui sono uscita dal negozio, Miss Hobbes si sia precipitata a chiamarla –
- Ma allora che aspetta a chiamarti? Jackie non è tipo da rimuginare troppo sulle situazioni -
- Probabilmente vuole essere prima molto “ben informata” prima di trovare le parole per chiamarmi- le rispose lei virgolettando con le dita, per far comprendere meglio il concetto alla sua amica. Facendola scoppiare a ridere.
- Dai non fare così amiamo Jackie per questo! – le disse Martha ancora in un sorriso.
- Adoro mia madre, è la mia migliore amica, ma hai ragione se non fosse così impicciona non sarebbe lei. –
Continuarono a chiacchierare su quel divano per molto e molto tempo, come quando da bambine passavano interi pomeriggi a fantasticare sul loro futuro.
Quando il telefono cominciò a trillare.
- Allora sei pronta ad affrontare tua madre?-
- No, ma credo di non poter ignorare una sua chiamata -.
- Pronto? Mamma! –
- ROSEEEE! Dimmi che quello che mi ha detto Miss Hobbes non è vero! Ma dico hai idea di quanto mi ci sia voluta per non licenziarti davvero l’ultima volta? Pomeriggi interi passati a prepararle tea e biscotti e tu cosa fai? Ne combini un’altra delle tue? – Rose dovette allontanare la cornetta dall’orecchio , tanto era alto il tono di sua madre, permettendo così alla sua coinquilina di ascoltare e di farsi una bella risata mentre lei veniva sgridata.
-Mamma, vuoi ascoltarmi un momento? – Provo ad interrompere sua madre.
- Ascoltami bene signorina, questa è l’ultima volta che sistemo le cose, domani mattina andrò a parlare io con…-
- Mamma non sarà necessario, ho chiuso con quel negozio. Da domani mi cercherò un altro lavoro -
- Sei sicura della tua scelta? –
- Mamma non sai stata più sicura di così, senti allora ci vediamo giovedì a pranzo, non vedo l’ora di riassaggiare la tua cucina!-
- D’accordo tesoro, a te la scelta, ci sentiamo domani. Ti voglio bene. –
- Anche io mamma tanto – e riattaccò mandandole un bacio.
Il resto del pomeriggio lo passò in fretta, poi conclusero la serata con una pizza e poi dritte a letto nelle proprie camere.

 
 
 

*** 

 
 

Svegliarsi alle nove e trenta di un plumbeo martedì mattina londinese poteva essere molto molto soddisfacente, anche se disoccupati.
Rose si stiracchio con calma, poi scese in cucina per fare colazione, dove l’attendeva un post-it di Martha attaccato al frigo, che l’avvisava che non sarebbe potuta tornare a casa per il pranzo.
Fece colazione, rifece il letto e attivò la lavatrice. Nel mentre si fece una lunga doccia per togliersi il sonno residuo.
Dopo un’ora e mezza, tutta asciutta e profumata e vestita. Finì di mettere i panni a stendere ed uscì di casa verso la fermata degli autobus.
Passando davanti ad un’edicola prese alcuni giornali con annunci di lavoro, dovette pagare di corsa perché il suo autobus stava arrivando.
Trenta minuti e dieci fermate dopo, era arrivata in centro, l’autobus si fermò ad una ventina di metri dal suo ex luogo di lavoro.
- Salve! Miss Hobbes sono arr….- Meggie la prese per un braccio trascinandola, il tutto accompagnato da uno – Shhhhhhhhh- bassissimo che lei ebbe appena il tempo di sentire.
- Meggie che succede? – Chiese alla sua ex collega che l’aveva portata nel reparto uomo.
- Miss Hobbes mi ha incaricato ti fermarti, in questo momento non può venire da te, sta servendo un CLIENTE. – Quelle parole sussurrate fecero scattare l’interesse in Rose, quando la titolare del negozio si metteva a servire un cliente, voleva dire solo una cosa, un riccone con tanti soldi da spendere.
- Vieni, da qui li possiamo vedere bene!- e seguì Meggie mentre si metteva a sbirciare. Vide un uomo ed una donna di spalle, la donna indossava un tailleur da lavoro grigio, si vedeva lontano un miglio che era di una qualche firma importante, aveva dei lunghi capelli rossi fino a metà schiena, l’uomo invece era alto e magro, con un completo gessato, teneva le mani nelle tasche dei pantaloni, e si guardava intorno con aria indifferente.
- Il cliente è la donna vero?-  chiese Rose a Meggie
- No è l’uomo, e credimi è veramente un osso duro, sta mettendo Miss Hobbes in difficoltà –
E come ad avvalorare le sue parole, apparve la sopracitata che avanzava alquanto affaticata tenendo un completo marrone –Questo è l’ultimo che abbiamo – fece lei con un sospiro.
- Che ne pensi John? – le domandò la donna.
- Nhaaa, non mi piace un gran che.- fece lui, incurvando leggermente le spalle, per poi tornare a voltarsi altrove distratto.
- Stavolta sembra davvero in difficoltà vero? Rose? – ma al suo fianco non c’era nessuno.
Meggie vide, una testa bionda avvicinarsi alla sua ormai ex datrice di lavoro perché di una cosa era sicura, l’avrebbe sicuramente licenziata.

 
 

- Perché non prova questi? –Se ne uscì Rose per attirare l’attenzione aveva tra le mani un completo blu, con camicia e cravatta bordeaux.
- Rose, non credo che il signor Smith sia interessato – Fece Miss Hobbes.
- Lei che ne dice signor Smith? – e l’interessato incrocio il suo sguardo. In quel momento fu come se una scossa attraversasse entrambi.
- John? Che vogliamo fare? –
- Me li dia …Rose, li proverò con piacere. Solo una cosa, per le scarpe? – il suo tono era morbido e guardava dritto nei suoi occhi nocciola.
- A dire il vero pensavo a queste – e gli mostro un paio di converse dello stesso colore della cravatta.
Lui scoppio in una risata – Devo ammetterlo Rose, ha veramente uno spirito d’iniziativa, fossero tutte così le sue collaboratrici vero Miss Hobbes?-
- Concordo con lei signor Smith, Rose è una delle mie collaboratrici più affidabili.-
La stava chiaramente elogiando e lei non potè fare a meno di sorridere apertamente, e John sorrise di rimando, per poi andare a provarsi gli abiti in camerino.
- Devo ringraziarla, altrimenti ci avremmo fatto le radici in questo negozio, sono Donna Noble, piacere - e le porse la mano.
- Rose Tyler, piacere mio –
- Senti mi sei simpatica, voglio darti il mio biglietto da visita c’è il mio numero, perché non mi chiami una volta di queste potremo andate a fare baldoria insieme!-
Rose accettò non sapendo bene cosa dire, quei due erano di certo molto particolari. Il biglietto da visita riportava. “ Donna Noble –Direttore Generale delle Tardis Industries” con riportato un numero di telefono.
Intanto le tende del camerino si aprirono. – Non so tu Donna – Fece John, dirigendosi verso di loro, annodandosi la cravatta. – Ma credo, che la qui presente Rose abbia indovinato su tutto, anche il numero delle scarpe, allora che ne dite?- . Chiese rivolgendosi alle tre donne.
Come risposta non ottenne altro che il silenzio.
“Devo ammettere che ho davvero buon gusto” venne da pensare a Rose, che visto il silenzio continuò si affrettò a dire –Direi che le sta bene signor…? –
- John Smith, dovevo presentarmi un po’ prima, ma le pubbliche relazioni non sono il mio forte-
Gli disse stringendole la mano in una presa che le trasmetteva forza e vitalità.
- Come dice? Pubbliche relazioni? –chiese lei.
- Infatti mi occupo anche di questo, dobbiamo sbrigarci John  abbiamo una riunione importante prima di pranzo.- si intromise Donna, che lo prese di forza e lo trascinò nel camerino gridandogli di cambiarsi. Mentre lei andava a pagare il completo indossato.
- E’ stato un vero piacere, verremo spesso ora che abbiamo trovato qualcuno capace di accontentare le bizzarrie di John! Buona giornata! – Detto questo se ne andarono, ma non prima che John le lanciasse un caloroso sorriso.
Si ritrovarono Miss Hobbes, Meggie e lei.
- E’ andata? – chiese Meggie.
- Sembra di sì- le rispose Rose.
- Un nuovo CLIENTE, non ci credo…Cara Rose, io e te dobbiamo fare una lunga chiacchierata. Vieni andiamo a parlare in ufficio -. E se ne andò diretta in ufficio. Rose la seguì con la strana sensazione che quel “cara Rose” non promettesse nulla di buono.
 

 
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. Dove si parla di persone e di costellazioni ***


NELLE PUNTATE PRECEDENTI : Rose fa la commessa presso un negozio di abbigliamento. Vive con la sua migliore amica la specializzanda Martha Jones e deve combattere con quella pazza pettegola di sua madre. Finchè una mattina del suo ennesimo licenziamento una donna elegante con i capelli rossi, accompagnata da un uomo alto da l'aria distratta non si recano al negozio a fare compere...

note e ringraziamenti a fine capitolo ^^





Capitolo 2.


Dove si parla di persone e di costellazioni.
 
 
 
 

Le persone che ci rendono felici,
non sono mai le persone che ci aspettiamo
SKINS

 
 
 
 
 
 
 
- Quindi fammi capire…sei stata riassunta?-
- Si –
- Con il doppio dello stipendio –
- Si –
- Ma non eri tu quella che aveva “Chiuso con quel negozio e con il caratteraccio di Miss Hobbes?” –
- Si –
- Rose! Vuoi piantarla di rispondere sempre di si, ed articolare qualche parola?- Le chiese Martha spazientita.
- Hai ragione, lo avevo detto. Ma dovevi essere lì sono passata dal essere una piaga per la sua attività, ad attira “CLIENTI” col doppio della paga. Avere dei soldi extra, non sarebbe male, almeno tutto il mio stipendio non andrebbe tutto speso in affitto e bollette. – si decise a risponderle Rose anch’essa seduta sul loro carissimo divano.
- Non credi che sia una fregatura? Voglio dire questo tanto acclamato “Cliente” – e lo disse mimando le virgolette – potrebbe anche non tornare più, e questo significherebbe niente paga doppia e riavere nuovamente a che fare con il carattere della tua titolare, sbaglio? – chiese Martha.
- Il tuo discorso non fa una piega, ma come ti ho detto quei soldi mi servono.  E comunque posso sempre licenziarmi no?- fece Rose e le fece l’occhiolino.
- Secondo me stai sbagliando. Comunque come si chiama la gallina dalle uova d’oro che ti ha fatto riassumere?-
- John Smith – fece  Rose.
- John Smith, quel John Smith??? – le chiese Martha girandosi, con tutto il corpo per vederla bene in faccia.
- Un uomo alto, sulla trentina con occhi nocciola e capelli acconciati come se si fosse appena alzato dal letto…che c’è? – si interruppe notando l’espressione della sua amica.
- Direi che per averlo visto per poco tempo ti è rimasto molto impresso, comunque ho capito perché Miss Hobbes non vuole lasciarti andare…se anche tu hai fatto la stessa impressione che lui ha fatto a te…si ripresenterà in negozio molto spesso! – Rose lanciò uno sguardo interrogativo, sia alla allusione che aveva appena fatto, ma anche a chi fosse in realtà John Smith. Notando lo sguardo interrogativo di Rose, Martha alzò gli occhi al cielo. Di fronte all’ignoranza della sua coinquilina.
- Fossi in te farei una piccola ricerca su Google, stasera. Giusto per sapere con chi hai a che fare…- le disse con fare misterioso – ora scappo che ho il turno di notte! -
 
 
 
***
 
 
Erano ormai passate le nove di sera, quando Rose fini di sistemare le stoviglie. Prima di questo aveva chiamato sua madre per accennarle del lavoro. Cosa che indubbiamente la fece felice. Fatto tutto questo si era appena messa seduta comoda sul divano, avvolta nel suo pigiama di pile preferito, Martha lo trovava osceno, ma a lei non interessava. Stava per accendere la tv, quando le tornarono in mente le parole della sua amica, e corse a prendere il portatile che aveva in camera.
Aperta la pagina del motore di ricerca digitò : John Smith, e premette invio.
Tutte le voci della ricerca erano più o meno cosi : “il famoso scrittore John Smith ha annunciato la data di uscita del quarto libro della celebre saga del Doctor Who, come sempre ancora massimo riservo sul titolo del prossimo episodio”.
E poi ancora un’altra pagina : “il fenomeno Doctor Who non conosce battute di arresto, non solo i libri, e il film in produzione. L’amministratore delle Tardis Indistries pare che abbia recentemente annunciato la lavorazione per una serie televisiva.”
E così via dicendo, pagine e pagine su questo Doctor Who, ma quasi nulla sul suo creatore se non qualche sporadica notizia come la data di nascita, 1971.
- Cara Martha, stavolta il tuo suggerimento è stato un buco nell’acqua…- si ritrovò a dire ad alta. Delusa spense il portatile, andandosene a dormire.
I due giorni successivi passarono molto in fretta, Rose l’attribuì al nuovo clima di considerazione di cui godeva grazie al suo nuovo CLIENTE.
Miss Hobbes le affidò molti clienti importanti, anche se a lei nella cosa non ci veda poi tutta questa grande differenza, infondo non erano altro che persone che spendevano molti più soldi di quelli che spendevano le persone normali, buon per loro che se lo potevano permettere.
Arrivò il giorno del fatidico pranzo a casa di sua madre a Pawell Estate, l’appartamento comprato da Pete e Jackie dove ci aveva passato tutta una vita.
Tornare a casa per lei era un po’ come tornare bambina, aiutava sua madre a preparare il pranzo a cucinare, mentre Jackie non finiva mai di raccontare di Marv. Un uomo che frequentava da ormai tre mesi. Rose stette ad ascoltarla con un sorriso che le nasceva dal cuore, contenta che finalmente sua madre fosse andata avanti dopo la morte di suo padre avvenuta quando lei aveva sei anni.
- A proposito, dov’è Marv? -
- L’ho mandato a giocare a poker dai suoi amici, oggi questa casa è solo per noi- le disse Jackie facendole l’occhiolino complice.
Consumarono il pranzo spettegolando sui vari accaduti nel palazzo dove Jackie, a dire il vero era la sua attività preferita. Dopo sua madre andò a stendersi un po’ sul letto. Lei invece uscì e scendendo le scale arrivò fino al sottoscala. Dove c’era una volta lo studio di suo padre.
- Ciao Papà – disse alla stanza in penombra, sapeva benissimo che la stanza era vuota, ma era un modo per continuare a ricordarlo e salutare ad alta voce gli faceva venire in mente quando se ne stava chino sul suo banco da lavoro. Per poi vederlo girarsi e sorridere, mentre lei lo avvertiva che era pronto il pranzo o che era ora che tornasse a casa.
Era ancora persa nei ricordi, quando il trillo dei suo cellulare la riportò alla realtà. – Pronto-
- Rose, sono Evan come stai? -
- Evan che bello sentirti, ne è passato di tempo! Dimmi tutto –
- Sono contento di sentirti, ti ho chiamato perché avrei bisogno di un favore. Una delle ragazze ha disdetto all’ultimo momento, non posso fare a meno di una cameriera e mi chiedevo se potessi venire tu. –
- Volentieri! Dimmi a che ora e dove! – gli chiese lei entusiasta, Evan era una sua cotta da adolescente, mai passata del tutto ed era sempre nel lieta di rivederlo, anche se aveva fatto una chiamata di lavoro.
- Ti passo a prendere per le 17.00, il ricevimento comincia per le 19.00, la divisa te la presto io. Ti ringrazio Rose, mi hai salvato-
- Figurati! Ci vediamo dopo allora – e riagganciò il telefono, salendo le scale verso casa e avvertendo sua madre.
 
 

***

 
 
  - Un po’ di vino signore?- chiese Rose porgendo il suo vassoio ad un attempato uomo d’affari.
Questi prese il bicchiere senza neanche ringraziarla.
“Cafone!” voleva urlargli contro, ma non sarebbe stata la migliore soluzione.
La residenza in cui stava lavorando apparteneva ad un tale Sir Reginald Godwing, un politico che amava circondarsi di sfarzi e ogni fine settimana organizzava feste conosciute in tutta Londra.
Gli invitati erano uomini e donne, dell’alta società londinese, Rose potè giurare di aver riconosciuto qualche personaggio famoso.
Rose si diresse in cucina per andare a prendere altri bicchieri di vino, quando notò una figura in blu in lontananza. Capelli scompigliati e sorriso gentile, stava parlando con una coppia che si teneva per mano.
- John – si ritrovò a dire a bassa voce, sicura di non essere sentita, vista la distanza tra loro.
Ma lui girò la testa verso di lei. Senza ripensamenti, semplicemente.
John le fece un largo sorriso, disse qualcosa alla coppia e prese a camminare verso di lei.
- Rose!  Non pensavo che ti avrei rivisto proprio qui. – fece lui allungando una mano, sfiorandole delicatamente la spalla, scendendo fino alla curva del gomito, dove fece una leggera presa come per non lasciarla andare via.
- Sono qui per fare un favore ad un mio amico, aveva bisogno di una cameriera…- rispose lei incerta, totalmente distratta da quella mano calda intorno al suo braccio. Quel contatto la disorientava, come John del resto non sapeva come comportarsi.
- Fino a che ora rimarrai? – gli chiese lui guardandola  negli occhi.
- Per le 22.00. Domani ho il turno di mattina al negozio.-
- Ti sentiresti offesa se mi proponessi per accompagnarti a casa? –
- Ma no, non fa nulla. Mi sarei fatta venire a prendere dalla mia coinquilina …- mentì lei.
- Per favore – insistette lui, aumentando di poco la stretta al suo braccio.
- D’accordo allora grazie, ora devo tornare a lavorare, e la ringrazio del passaggio. –sentì la presa sul suo braccio allentarsi, e lei fece per andarsene. – Rose? – si voltò verso di lui – dammi del tu, a dopo –
Per tutto il resto della serata, tutto ciò che fece Rose lo compì non prestando una reale attenzione a quello che faceva. Tutta la sua attenzione era focalizzata su John e su quanto era stata una stupida ad accettare il passaggio da uno sconosciuto. Come poteva essere? Cosa la spingeva a fidarsi così tanto di una persona in quel modo?. Tutti interrogativi a cui purtroppo non poteva rispondere.
 
 

***

 
- Grazie ancora Rose, mi sei stata di grande aiuto – fece Evan abbracciandola. – Sicura allora che non vuoi che ti riporti a casa, non costa nulla staccarmi un attimo. -
- Sei gentile, ma ho trovato un passaggio – disse lei girando leggermente la testa, per indicare ad Evan  John che si stava mettendo un lungo cappotto marrone.
- Ok, buonanotte – Fece lei. Per andare incontro a John che l’aspettava. Insieme si diressero verso l’uscita, inosservati mentre la musica gli invitati e i camerieri continuavano come se nulla fosse.
- Non ti dispiace essere andato via così presto? – gli chiese Rose.
- Nahhhhhh. Mi stavo annoiando, sono dovuto venire perché  in questo modo Donna la smetteva di darmi il tormento. – disse facendo un sospiro. – Quando si avvicina l’uscita di un nuovo libro diventa veramente impossibile.-
Intanto erano arrivati al cancello esterno, il quartiere era uno dei più eleganti di Londra, le case quindi tutte le case erano belle con giardini curatissimi.
- Sei stanca? Perché prima di accompagnarti a casa vorrei mostrarti una cosa- fece lui, guardandola negli occhi.
- Va bene! – disse subito lei. John con un sorriso le porse la mano. Rose allo stesso modo in cui aveva risposto senza riflettere, prese la sua mano.
- Bene sei pronta? Allonz-y! – fece lui cominciando a correre a perdi fiato.
- Allonz-y?- gli chiese Rose ridendo.
- Adoro dirla! – le disse continuando a correre. John la trascinò per stradine e vicoletti, fino ad arrivare in un prato, che si affacciava davanti al fiume Tamigi.
- Eccoci arrivati…- le disse col fiato corto per la lunga corsa.
- Bel posto…solo come mai siamo qui? –
- Guarda in alto – e Rose lo fece, il suo sguardo venne accolto da un manto stellato come mai era riuscita a vedere in tutta la sua vita. Un po’ per il fiato da recuperare e un po’ per la meraviglia l’unica cosa che riuscì a dire fu  - Bellissimo – farfugliato.
John intanto si era tolto il cappotto per adagiarlo a terra. – Vieni stenditi –
- Ma così ti macchierai il cappotto! – fece lei sulla difensiva.
Lui in tutta risposta si sdraio accavallando le gambe e appoggiandosi sui gomiti. Lei fece la stessa cosa, il cappotto non era grandissimo e per starci comodi dovevano stare vicini. Riusciva a sentire la vicinanza tra il suo braccio e quello di John. D’un tratto lui alzo la mano verso le stelle e cominciò a fare una specie di disegno –Che costellazione è? – le chiese.
- l’Orsa maggiore – rispose subito lei.
- E questa?-
- Scorpione –
- Sei brava complimenti – lei rispose con un sorriso imbarazzato.
- Allora perché prima te ne sei uscito con Allonz-y? – chiese Rose curiosa. Lui si girò a guardarla un attimo. – Non hai letto nessuno dei miei libri?-
- Prima di vederti al negozio non sapevo chi fosse “ Doctor Who”- confessò lei con sincerità.
- Ma è ovvio il Dottore sono io! – le disse con un largo sorriso. – Dovremo rimediare a questa tua lacuna , domani ti manderò delle copie dei libri -
- Tu non ti stanchi mai di sognare  vero?- disse lei con un po’ di nostalgia.
- E tu Rose non sei stanca di fare questa vita? Guanda in alto? – e lei lo fece- Prova solo ad immaginare che quelle stelle siano sistemi planetari popolati da tante razze diverse, con culture totalmente differenti dalla nostra. Se ne avessi la possibilità non vorresti andarle a vedere?-
- Credo che faccia molto Star Trek, comunque sì…sarebbe molto bello se solo fosse possibile –
- Non dovresti mai smettere di sognare Rose Tyler- le disse con tono di chi la sapeva lunga.
- Davvero? Quindi tu chi saresti? John Smith oppure il Dottore che si spaccia per un essere umano?- provocò lei.
- Hey!! Hai detto che non avevi letto i miei libri!-
- E’ vero, ma Google è un’ottima fonte d’informazione! – le rispose lei ilare.
Passarono molto altro tempo a chiacchierare, ridendo come due ragazzini scoprendo una complicità del tutto inaspettata per due sconosciuti.
Arrivò il momento di tornare a casa, Rose conobbe Ianto Jones, l’autista che Donna aveva affibbiato a John. Una persona molto cortese, solo che per Rose era un po’ troppo rigido.
- Buona notte Rose, grazie per avermi fatto compagnia – le disse una volta scesi dalla macchina.
- Grazie a te per avermi accompagnato. Notte ….Dottore – e aprì la porta di casa, facendo attenzione a non svegliare Martha che sicuramente stava dormendo.
Qualche minuto dopo si infilò nel letto ripensando a quella strana serata con un sorriso che si allargò ancora di più pensando a John .
 

***
 

- Ciao Martha ci vediamo a pranzo! – disse Rose uscendo di corsa diretta verso la fermata dell’autobus. Quando un pacco attirò la sua attenzione. C’era un biglietto con il suo nome scritto a mano da una calligrafia elegante.
 

Rose
“ La vita e i sogni sono fogli di uno stesso libro. Leggerli in ordine è vivere, sfogliarli a caso è sognare (Schopenauer)”.
Spero che questi miei libri possano farti sognare.
Il Dottore



Rose sorrise e si mise il pacco sotto braccio, non aveva tempo per portarlo a casa, perché l’autobus stava passando proprio in quel momento. Poteva arrivare tardi al lavoro, ma nulla in quel momento poteva toglierle il sorriso. Perché comunque fosse andata. In ritardo oppure no. Quella sarebbe stata una bellissima giornata.







Eccoci qua. Benvenuti! ^^
Prima cosa volevo ringraziarvi per le recensioni che avete lasciato. E' veramente bello sapere quello che pensano le altre persone di quello che scrivo. Per quanto riguarda questo capitolo devo dire che si è praticamente scritto da solo. Un giorno ho aperto il file di word e tre giorni dopo il capitolo era bello e pronto. Quindi mi auguro che possa piacere leggerlo.
Il prossimo aggiornamento dovrebbe arrivare tra un paio di settimane. Purtoppo conciliare università, ispirazione e finalmente il tanto agognato lavoro non è molto facile. Ma cercherò di tenete almeno una cadenza mensile.

piccole note: 1 il fenomeno DW va inteso come una collana di libri e tutto quello che comporta più o meno come possono essere Harry Potter e Twilight insomma con film e oggetistica.
2 le citazioni, sono una delle mie passioni appena ne trovo una non posso fare a meno di appuntarla e ho provato ad inserire nel capitolo quelle che ritenevo più opportune, è una cosa che mi piacerebbe fare anche nei prossimi capitoli...ma ammetto che è difficile tovarne una adatta ad una determinata scena..quindi può anche darsi che non ci siano sempre ecco.

Detto questo vi saluto e vi invito a lasciare una recensione qualora vi andasse! Al prossimo capitolo Cristie.


 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. Dove ci si dedica alla lettura e si hanno conclusioni di serata fuori programma. ***


Questo capitolo non era previsto, ma visto la vostra reazione a questa storia questo è il ringraziamento. Spero che vi piacerà.  Come al solito ci vediamo a fine capitolo! ^^


NELLE PUNTATE PRECEDENTI : dopo essere stata riassunta nel negozio in cui lavora, Rose cerca qualche notizia riguardo un certo scrittore della celebre saga del Doctor Who . Per aiutare un suo amici Rose va a fare da cameriera ad un ricevimento dove rincontra John che si offre di accompagnarla a casa, e finiscono a guardare le stelle e a ridere come due bambini. La mattina dopo mentre la ragazza sta andando a lavoro, trova vicino alla porta un pacco da parte dello scrittore…
 
Capitolo 3.
 
Dove ci si dedica alla lettura e si hanno conclusioni di serata fuori programma.
 
 

La settimana successiva alla serata con John, fu una delle più strane per Rose. Miss Hobbes con la sua barboncina Duchessa avevano vinto un premio ad una mostra canina. Meggie aveva prenotato la chiesa per il matrimonio. Sua madre era partita per una piccola vacanza insieme a Marv. Martha era in fibrillazione per l’esame appena superato e per l’avvicinarsi della licenza di Mikey.
E Rose?
Leggeva. Tutte le persone in quella settimana avevano fatto qualcosa di importante per le loro vite , mentre lei leggera i libri che John gli aveva fatto trovare davanti alla porta.
Imparando anche lei ad amare il Dottore, un uomo solo che si trascinava il peso di una lunga vita con delle scelte e delle conseguenze dovute ad esse.
Cercando di riconoscere John tra quelle pagine, quanto ci sia in lui nel Dottore e…forse sbagliava a pensarlo anche la cosa contraria.
Apprese del Tardis, la macchina del tempo – spazio del Dottore sottoforma di una cabina blu della polizia, di Davros suo antico nemico, della guerra del tempo contro i Dalek e della distruzione del pianeta natale Gallifrey insieme alla sua stessa razza.
- E’ così triste – disse lei ad alta voce.
- Stai ancora leggendo? – le chiese Martha dalla cucina.
- Sono i libri che mi ha prestato John –
- Quindi siamo arrivati a John adesso? – le chiese la sua coinquilina in tono malizioso.
- Non è il caso di insinuare nulla…lui è …beh…non so lui cosa rappresenti, so che è poco più di uno sconosciuto, ma con lui ho parlato di così tante cose che non mi ricordo neanche più…a volte vorrei vederlo, ma poi mi rendo conto che non posso provare una cosa del genere per qualcuno che avrò visto solo due volte..- borbottò lei dirigendosi verso la cucina.
- Ok, ok frena un attimo. Rose ti conosco da tutta una vita e non ti ho mai vista in questo modo, e credimi sono felicissima per te. – fece Martha bloccandola.
- Che vorresti dire?-
- Che il famoso John Smith ti attrae – concluse lei con una logica deduzione.
- E questo dovrebbe farti felice? E’ troppo lontano per una come me – Chiese Rose non del tutto convinta.
- Santo cielo Rose! Apri gli occhi! Possibile che non ti rendi conto che anche lui è interessato a te. Voglio dire, prima ti porta a guardare le stelle e poi ti manda le copie dei suoi libri con la speranza che questi ti facciano sognare!!!  Ma tanto che parlo a fare, hai talmente paura di quello che sta succedendo che non vuoi ammettere quello che provi neanche con me…-sbottò Martha amareggiata.
- Martha …-
- E’ solo Rose che delle volte davvero non ti capisco. Ti accontenti quando potresti avere molto altro, non puoi aspettare che le occasioni ti cadano dal cielo, sei tu che devi far si che accadano!-
Rose scoppiò a ridere seguita a ruota dalla sua amica – Dimmi un po’ quanto manca al ritorni di Mikey, per renderti così positiva?-
- Stasera ha il volo…quindi è molto probabile che da qui alle prossime ventiquattro ore riuscirò a vederlo – le trillò Martha, felicissima.
- Sono veramente contenta, e poi sai anche io non vedo l’ora di rivedere Mikey –
Una musica dal salotto le fece zittire un attimo, Rose corse a rispondere – Pronto?-
- Rose? Sei tu? – le rispose una voce che aveva già sentito.
- Si sono io. Con chi parlo?-
- Sono Donna Noble, ci siamo incontrate due settimane fa al negozio. – sentendo quelle parole Rose rimase stupita – E dove hai preso il mio numero?-
- Ho promesso un’ordinazione mensile d’abbigliamento per John a Miss Hobbes in cambio del tuo numero. Senti hai da fare stasera?-
-No..-
- Bene allora stasera esci con me per una bella seratina all’insegna sbronza. A proposito hai la patente?-
- Si…-  
- Bene allora passo a prenderti alle ventidue! Non mettere nulla di elegante! Andremo in giro per bar!! A dopo!-
Solo dopo qualche secondo Rose decise di attaccare anche lei.
- Allora? – le chiese Martha interrogativa.
- A quanto pare ho trovato cosa fare questa sera, andare a bere con Donna Noble –

 
 
 

***

 

- Avanti Rose!!!!! Butta giù! – le urlò Donna. Mentre lei mandava giù il primo ed unico drink ordinato a quel bar.
Rose guardò Donna preoccupata, non era normale voler prendere una tale sbronza da non riuscire quasi a ricordare il proprio nome, senza un valido motivo.
Da quando Donna era passata a prenderla, circa tre ore fa erano passate a bar dai nomi altisonanti con la loro clientela. Però una volta entrata in questo denominato Sunshine, Rose decise che ne aveva avuto decisamente abbastanza. – Ok Donna, si va a casa. Ce la fai a camminare?-
-Nohhhhhhhh restiamo un altro po’ –
- Per farti un altro giro di tequila? No grazie – Ma Donna la prese per un braccio. – Per favore. Solo un altro po’. Non prendo altro. Ma non voglio tornare a casa ancora….sai tra undici ore mi sarei dovuta sposare – le fece Donna guardandola negli occhi, Rose lesse dolore in quello sguardo.
- Continua –
- Non che ci sia molto da dire: l’avevo incontrato due anni fa. Tutto è andato bene fino a questo pomeriggio, quando rientrando a casa ho trovato un biglietto, dove mi diceva che mi amava troppo e che sapeva di non essere l’uomo giusto per me. Capisci, lui mi ha lasciata perché mi amava troppo! Gli uomini sono davvero dei maestri nell’inventare scuse-
- Donna mi dispiace – le disse Rose, a bassa voce.
- Tranquilla, una volta uscita dal lavoro non volevo tornare a casa a piangermi addosso. Così ti ho chiamato – poi tentò di alzarsi, ma riuscì a rimanere in piedi solo grazie a Rose. – Credo proprio che ora puoi portarmi a casa –
Rose non seppe dire con esattezza come riuscì a caricare Donna nella macchina. Cercare di interpretare le indicazioni per arrivare alla sua casa tra le varie imprecazioni di Donna verso il suo ex-fidanzato. E poi riuscire ad arrivare fino alla sua camera da letto per metterla a dormire.
- Sai che sei proprio una brava ragazza?-
- Non ne dubito, ora però mettiti a dormire.  -  la salutò mentre intanto compose con il cellulare il numero di una società taxi. La ragazza del centralino le assicurò che il taxi sarebbe arrivato a momenti.
 
 
 
 

***

 
I momenti diventarono quaranta minuti. E Rose non aveva la più pallida idea di cosa fare. Optò per prendere l’autobus. Da quello che ricordava il notturno passava almeno ogni ora.
Fortunatamente un bus passo proprio in quel momento. Naturalmente era quasi deserto e quel poco che vide bastò a farle venire i brividi. “Complimenti Rose”.
Appena salita si sedette ai posti davanti. Dietro l’autista, dando le spalle a due di ragazzi che le stava letteralmente facendo la radiografia.
A Rose non piacevano quel genere di sguardi, generalmente non promettevano nulla di buono.
E così accadde.
Lo capi nell’esatto momento in cui si alzò per scende che i ragazzi si fecero più attenti. Sfortunatamente per lei la fermata più vicina a casa sua era a circa tre traverse dalla sua via, visto che il notturno faceva un tragitto diverso.
Appena scese dal autobus cominciò a camminare a passo sostenuto. La strada era deserta gli unici rumori che si sentivano erano quelli dei suoi passi, più altri passi un po’ più distanti da lei.
D’un tratto si mise a correre.  I due ragazzi cominciarono a correre un po’ dopo perché presi alla sprovvista. Ma erano molto più veloci di lei.
- Hey! Quanta fretta! – fece uno dei due quando riuscì a prenderla per un braccio.
- Lasciami – gli sibilò Rose cercando di liberarsi dalla stretta.
- Dai piccola, perché non vieni a fare un giro con noi? –
- Se non mi lasciate mi metto a urlare! –
- Davvero? Urla pure, sono le tre del mattino chi pensi che verrà ad aiutarti? – le sussurrò il ragazzo troppo vicino all’ orecchio di Rose. Questi intanto cominciava a sfiorarla sempre più continuamente. Mentre la ragazza si contorceva per tentare di liberarsi, finché con una strattonata decisa si liberò dandosela a gambe. Doveva arrivare a casa il prima possibile e seminarli.
Continuò a correre con tutto il fiato che aveva in corpo, a scuola non la corsa non era mai stata il suo forte ma quella sera superò se stessa.
Il panorama intorno a lei cominciava a cambiare cominciava a vedere la sua abituale strada di casa, le mancava così poco per arrivare. Quando quei due che la stavano inseguendo sbucarono da una stradina di fianco.
- Sia tesoro … - disse quello con più fiato dopo la corsa - ..credo che siamo partiti con il piede sbagliato. Non puoi scappare, quindi perche non vieni con noi e fai la brava? – continuò dicendo mentre si avvicinava.
Rose ebbe veramente paura.
- Fossi in voi la lascerei andare – una voce sorprese i ragazzi che si voltarono alle loro spalle, anche Rose ne fu sorpresa ma per un motivo diverso, riconosceva quella voce ed un briciolo di speranza si accese in lei.
- Senti amico, lascia perdere siamo in due e non credo che tu voglia passare le prossime ore al pronto soccorso – disse il ragazzo che tratteneva Rose, tenendola stretta a sé e facendo vagare le mani lungo il suo corpo – vedi vogliamo solo divertirci un po’ con questa bella signorina … -
- Non sono stato chiaro – continuò John in penombra. – Andatevene -  disse lui continuando ad avanzare.
Il corpo di Rose in quel momento tesissimo a causa della situazione, percepì un brivido ma non suo, ma del ragazzo che la stava trattenendo. Volava voltarsi per osservare la sua reazione, ma trattenuta com’era non potè.
John fece un passo avanti verso la luce, e Rose capì. Lo sguardo con cui stava guardando i due ragazzi non era il volto sorridente a cui lei era abituata. Il suo viso e quegli occhi privi di espressione. Che fecero rabbrividire anche lei. Cosa che credeva che non sarebbe mai accaduta da quando lo aveva visto per la prima volta solo qualche tempo fa.
Ma gli diedero ascolto, poiché prima una mano del ragazzo che la teneva si staccò seguita lentamente dall’altra.
Una volta libera, Rose fece qualche passo verso John che tuttavia continuava a tenere lo sguardo puntato verso i ragazzi.
Questi fecero qualche passo indietro con le mani nelle tasche dei pantaloni.
- Stai attenta piccola, perché si possono fare brutti incontri la notte, stasera sei stata fortunata. Ed anche tu – fece uno dei due, con una lieve velata minaccia. E se ne andarono.
Poi quando si furono allontanati John si lascio andare in un lungo sospiro si sollievo tanto che si lascio sfuggire – Per un pelo! – ad alta voce.
- John? -
- Si Rose?- disse lui mettendosi le mani in tasca e avvicinandosi verso di lei.
- Non fare mai più una cosa del genere, mi hai fatto prendere un colpo! – sbottò lei alzando lo sguardo verso di lui e ritrovandoselo inaspettatamente vicino.
Rose non seppe mai a cosa fu dovuto, se alla luce del lampione che rifletteva su di loro, se ad un suo momento di debolezza a causa del pericolo che aveva appena evitato, oppure se erano stati gli occhi di John che dato la vicinanza del suo viso apparivano come due pozze profonde pronte a risucchiarla via.
Fatto sta che in quel momento si stavano scambiando uno dei baci più coinvolgenti che avessero mai dato e ricevuto in vita loro.
Rose si mise in punta di piedi, allacciando le braccia al collo di John, mentre lui faceva scorrere le mani lungo la sua schiena, lentamente come a memorizzare con il tocco il suo corpo.
Rimasero ancora abbracciati.
Dovettero staccarsi per riprendere fiato, ma John appoggiò la guancia sulla testa di Rose ed espirò il suo odore. E rimase in quella posizione, come se non volesse affrontare lo sguardo di lei.
- Va tutto bene? – gli chiese quest’ultima dubbiosa, notando la sua espressione inquieta, posando delicatamente una mano sul suo viso.
- Perdonami – disse lui strusciando il viso sul palmo di Rose.
- Di cosa? A me non è dispiaciuto – fece lei incoraggiante.
- E’ ancora troppo presto – sussurrò lui allontanandosi.
- Che cosa stai dicendo…John…?-  
- Mi dispiace davvero Rose…ora è meglio che tu vada a casa, adesso buonanotte – mormorò poco convinto lui, per poi lasciarla lì da sola interdetta.

 
 

***

 

Rose rientrò silenziosamente in casa, sistemò il cappotto sul attaccapanni dietro la porta. Poi risistemandosi la borsa in spalla salì le scale per andare al piano di sopra il tutto il più silenziosamente possibile e completamente al buio. L’ultima cosa che voleva per concludere la serata era svegliare Martha con il suo sonno leggero.
Arrivata alla sua camera si getto sul letto senza neanche cambiarsi, improvvisamente si sentiva stanca e confusa, con un sospiro si mise ad osservare in alto.
Domani avrebbe chiamato Donna per sapere della sua salute…e magari avrebbe chiesto anche notizie di John.
“Non ho neanche un numero dove rintracciarlo” si disse con un po’ di amarezza.
“ Attenta Rose, stai per prenderti una bella batosta con cuore spezzato di conseguenza” si disse nuovamente.
La sua mente era stracarica di pensieri, troppo caotici e febbrili per essere compresi da lei stessa. Così lentamente il suo respiro si fece lentamente più regolare. E tuttavia il suo ultimo pensiero fu la faccia addolorata di John prima che le desse le spalle.






Rieccoci!!! Come sempre bentornate/i e ben trovati a coloro che hanno aggiunto questa fanfic nella zona  preferita/ricordata/seguita....a voi va il mio grazie ed ancora grazie!!!
Parlando del capitolo sembra che sia succeso qualcosa a John...di che si tratterà? La risposta nel prossimo capitolo, che secondo la tabella di marcia dovrei pubblicare tra una decina di giorni.
Detto questo vi lascio, che scappo al lavoro! Mi raccomando di lasciare una piccola recensione qualora vi andasse, sappiate che è terapeutica per l'autore. Richiede solo cinque minuti del vostro tempo ed è una carica di autostima per chi pubblica mi raccomando!!! A presto Cristie

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4.Dove ci si confronta e si sente il rumore della pioggia. ***


NELLE PUNTATE PRECEDENTI: dopo aver riportato a casa Donna. Rose ha un ritorno a casa un pò fastidioso a causa di un paio di ragazzi che la stavano seguendo ed importunando. A salvarla ci pensa John, che appare improvvisamente davanti a lei. Tutto finisce al meglio perchè i ragazzi se ne vanno. E allora perchè alla fine John prima bacia Rose e poi scappa alla velocità della luce? Rose non sa proprio cosa pensare...


Capitolo 4.

Dove ci si confronta e si sente il rumore della pioggia
.

Donna Noble quella domenica mattina si svegliò con un mal di testa post-sbronza più forte che avesse mai avuto dai tempi del collage. Ovvero uno di quei cerchi alla testa che ti facevano dimenticare il proprio nome. La cosa migliore da fare era quindi avere almeno una parvenza da essere umano, decise quindi di farsi una lunga doccia, sperando che fosse abbastanza ristoratrice.
- Decisamente meglio! – disse a sé stessa in mezzo ad un cumulo di vapore, davanti allo specchio.
La doccia era stata un vero toccasana, tanto che ora poteva ricordare alcuni particolari un po’ nebulosi sulla serata. I suoi pensieri andarono immediatamente a Rose, che aveva costretto a scarrozzare per bar. Appena la sua mente avesse ricominciato a dare segni di lucidità avrebbe fatto una lunga chiamata di ringraziamento a quella ragazza, che in una sera aveva fatto la parte di autista/compagna di sbronze, confidente/responsabile di lei…praticamente erano diventate migliori amiche in sei ore senza che neanche se ne rendessero conto.
Tuttavia c’era qualcosa che non quadrava, come se un dettaglio molto importante le stesse sfuggendo… un particolare.
Svogliatamente fece scorrere la lista delle chiamate ricevute sul suo cellulare fino a che non lesse l’ora,le cinque del mattino, la voce corrispondente a quel numero diceva “ John Smith”.
Letto il nome della sua fonte di reddito da ormai sei anni si ricordò di quello che era successo qualche ora fa.

 

 

-Pronto..?-
-Donna sono John, sei a casa?-
-A.Aspetta un secondo – e Donna allontanò un attimo il cellulare per dare un’occhiata traballante intorno a lei –Siiiiii…sono nel mio letto –
- Donna con chi sei uscita? Chi ti ha riportato a casa? –
Passò un altro minuto buono prima che Donna fosse in grado di rispondere…- Roseeeee! Tee la ricordi? La piccola biondina che non riesci a toglierti dalla tesssta!-
-         E lei dov’è adesso?- Lei fece un altro giro con gli occhi per vedere se era in stanza con lei - …non è qui …- rispose incerta.
-         Quindi lei ti ha portata a casa e non sei stata nemmeno capace di chiamarle un taxi?-
Donna ci mise un po’ a rispondere, conosceva quel particolare tono di John questo unito al suo recente interesse per la piccola Tyler non prometteva nulla di buono.
-         Posso chiamarla al telefono… - tentò lei
-No vado a cercarla, ti chiamo domani –

 
 

Donna ammise tra sé di non essere stata un grande esempio di comportamento responsabile in tutta la sua vita, ma per una volta doveva ammettere quella notte la sua proverbiale vena egoistica aveva preso un po’ troppo il sopravvento
“ Devo chiamare Rose”

 
 

***

 

Il sole era ormai alto e Rose si rigirò per l’ennesima volta nelle coperte, maledicendosi per non essersi ricordata a chiudere le persiane la sera precedente. Avrebbe potuto alzarsi e chiuderle, ma non voleva muoversi da quelle calde coperte che l’avvolgevano in un guscio protettivo.
“Delle volte rifugiarsi nel proprio mondo era molto meglio che affrontare la realtà. Una cosa in cui John sembrava essere un maestro” si disse.
Stava per ricadere nel mondo dei sogni quando il cellulare che aveva lanciato sulla scrivania la sera prima prese a vibrare.
Decise di ignorarlo. Ma quella fastidiosissima vibrazione continuava. Sbuffando per l’irritazione si precipitò a rispondere, non prima di aver urtato il mignolo del suo piede destro contro la fredda gamba di legno della sedia vicino alla scrivania.
- Pronto - fece lei non nascondendo il suo tono irritato facendo sentire in colpa chiunque avesse osato chiamarla.
- Direi che dal tuo tono che questa chiamata non è desiderata, ma ormai ti ho svegliata…-
- Donna Noble – scandì Rose con  una voce che veniva dall’oltretomba.
- Ascolta io volevo solo sapere come era andato il tuo ritorno a casa…insomma non ero molto lucida ieri sera, mi sen.. –
- Ti senti in colpa Donna, lo capisco. Tranquilla va tutto bene, non sono arrabbiata con te. E’ solo che in questo momento ho una tale confusione in testa…- confessò la ragazza sedendosi nuovamente sul letto e toccandosi la testa.
- E suppongo che John abbia la sua parte di responsabilità vero?- sentendo quelle parole Rose alzò la testa. – E tu come sai…?-
- Ascolta, voglio riparare al disastro che ho combinato, quindi vestiti che passo a prenderti tra un’ora. Dobbiamo fare una lunga chiacchierata -
 

 

- Così eccoci qua – le fece Donna, con un tono alquanto diverso da quello che Rose aveva imparato nel sentire.
Nel mentre, una cameriera che dal tesserino portava il nome di Sally prendeva note del ordinazione di Rose. – Sei sicura di non volere nulla? – chiese quest’ultima.
- Rose devo ancora riprendermi dalla sbronza, e ti assicuro che in questo momento l’ultima cosa a cui voglio pensare è il cibo. – le disse Donna mentre sfogliava distrattamente il menu. Probabilmente stava aspettando che la cameriera se ne andasse prima di parlare. Quindi Sally girò i tacchi per tornare al suo lavoro.
- Allora cos’è successo? – le chiese Donna.
E Rose si mise a raccontare tutto quello che era successo in quel viaggio di ritorno...tuttavia ebbe qualche difficoltà verso la fine.
- Allora?- La incalzò la rossa.
La ragazza trangugiò tutto d’un sorso il suo tea ancora particolarmente caldo. Tanto che poteva percepire il suo percorso dalla gola allo stomaco. Fece un bel sospiro e si decise a confessare quello che la metteva più confusione. – Mi ha baciato –
Donna conservò per un momento la stessa espressione, come per elaborare quello che le era stato detto. – Beh..direi che è positivo, specie per uno come John –
- Esattamente, è stato bello ma dopo si è scusato e se n’è andato …io non capisco Donna, più mi sento coinvolta da lui e le cose si fanno più confuse. Voglio dire io non so nulla di lui…e lui invece sembra conoscermi anche troppo…sa dove abito, riesce a trovarmi…-
Un’espressione comprensiva attraversava il viso della rossa. – John è un enigma. Lavoriamo insieme da quasi sei anni, e ci sono cose che ancora non so neanche io. Lui è diverso Rose, ma questo credo che l’abbia capito anche tu. Il suo apparire è solo una maschera, il suo stesso carattere…fa vedere solo quello che vuole lui. Ma tu non eri prevista Rose –
- Che significa Donna?-
- Ascolta Rose io voglio aiutarti, mi sei simpatica e ti considero un’amica. Ma John è come un fratello e voglio proteggerlo. Quindi perdonerai la mia franchezza, ma se la tua è solo una cotta passeggera allora fattela passare prima che sia troppo tardi… – le disse guardandola dritta con quei suoi occhi chiari – Se invece sei seria con i tuoi sentimenti allora ti aiuterò come meglio potrò. Ti parlerò di lui e ti darò dei consigli…sarà come giocare una partita a scacchi no?- terminò rivolgendosi alla ragazza di fronte a lei che la stava osservando con occhi un po’ increduli.
- Tu sei una delle persone più pazze che abbia mai incontrato! -  le disse Rose ora serena e sorridente.
- Aspetta e vedrai Rose! La partita è appena iniziata! –

 
 
 

***

 
 

 - La prima cosa che devi fare è andare da lui – le fece Donna, sistemandosi meglio sulla sedia del ristorante.
- Dovrei andare a casa sua? – le ripeté la ragazza non molto convinta.
- Ti darò l’indirizzo e il numero di cellulare, così potrai andarci immediatamente!- disse la rossa annuendo.
- Ma..-
- Poche storie, fatti portare il conto che ti accompagno io. –
Così si ritrovarono di nuovo nella macchina della rossa. A Rose tornò immediatamente al ricordo della sera prima, dove si era dovuta caricare in spalla fino alla sua casa la conducente del veicolo stesso. La ragazza non poté fare a meno di chiedersi la sbronza le fosse totalmente passata perché la sua guida era leggermente spericolata. Ma solo poco.
- Vado troppo veloce?-
- No noo! Tranquilla solo……ATTENTA ALLA MACCHINAAAAA! – urlò la ragazza con quanto fiato aveva in corpo. Donna fece una sterzata repentina, in modo da sviare le macchine ed uscire tutte intere da quel incrocio.
- Tranquilla Rose, sei al sicuro con me, il mio numero di incidenti è veramente minimo –
- E quelli delle altre macchine?- chiese l’altra non troppo convinta vedendo  dallo specchietto retrovisore che le macchine che la rossa aveva schivato per miracolo, erano andate a schiantarsi tra loro.
Cercando di non pensare ad una sua morte imminente, Rose cercò di isolarsi, la conducente lo intuì e si limitò a rimanere in silenzio fino alla fine del viaggio.
-Fammi capire questa è la sua casa?-
-Esatto Alice benvenuta nel suo Paese delle Meraviglie. – Le fece Donna risalendo in macchina per poi andarsene.
Rose doveva ammettere che Alice nel Paese delle Meraviglie non era mai stato il suo cartone preferito, tuttavia di colpo era come se ci si fosse veramente trovata in mezzo.
“Grazie a Donna e alle sue battute sto cominciando a darle retta” questo passò nella mente della giovane mentre stava per suonare il campanello di quella dimora gigantesca. Ormai non poteva tirarsi indietro, soprattutto perché non aveva la più pallida idea di come tornare a casa. La residenza, perché in altri modi non poteva essere chiamata,era situata a circa trenta minuti buoni di macchina fuori di Londra. Donna le aveva anche accennato che era in quella casa dove John si chiudeva a scrivere. Era lì dove lui aveva ricostruito il grande universo del Dottor Who.
Rose prese un bel respiro e si decise a premere il bottone del  citofono.
- Si?- le rispose la voce un po’ sgranata di John a causa del citofono.
- Sono Rose- replicò lei. E come risposta ricevette qualche secondo di silenzio poi..-Entra! Percorri tutto il viale, ci vediamo davanti alla porta centrale! – e il cancello in ferro battuto si aprì.
Rose si strinse nel suo cappotto e cominciò a camminare lungo il viale. Il giardino era curato con l’erba tagliata di fresco e nessuna foglia giaceva per terra. La ragazza si guardava in torno con curiosità, fino a quel momento non notava nulla di stravagante. Certo a parte la residenza che aveva davanti era grande come minimo quattro volte la casa che divideva con la sua amica Martha. Ma fino a qui tutto nella norma. Sapeva infatti che per John i soldi non erano un problema e probabilmente non lo sarebbero mai stati.
Ormai stava quasi per intravedere la fine del viale, quando qualcosa attirò la sua attenzione, qualcosa di blu. Ci mise qualche secondo a relazionare. Una cabina blu della polizia, di quelle che si trovavano tranquillamente in giro per Londra negli anni cinquanta.
- Rose vieni! Entra – la voce di John la fece tornare alla realtà. La ragazza non poté fare a meno di sorridere guardando l’abbigliamento del padrone di casa. Ovvero vestaglia e pantofole.
- Ciao – disse lei un po’ imbarazzata, non sapendo esattamente come muoversi. Memore di quello che era successo la sera precedente. John la stava osservando e forse intuendo parte dei suoi pensieri fece un sorriso e disse – Ciao! Vieni dentro, sta cominciando a piovere – e la prese per mano e la trascinò in casa, mentre stava chiudendo la porta, un lampo attraversò il cielo grigio.
Per dei buoni cinque minuti in quella casa regno una quiete irreale, scandita solo dalla pioggia e dai loro passi che salivano le scale. John camminava avanti e teneva ben stretta la mano di Rose, come se non avesse alcuna intenzione di lasciarla andare, cosa di cui la ragazza era ben felice.

 
 

***

 

Le porte si chiusero in uno scatto silenzioso.
Le stanze erano poco in semi oscurità. John le aveva spiegato che usava solo quella piccola parte della residenza, rendendola un piccolo appartamento. L’aveva buttata sul ridere dicendo che altrimenti la mattina sarebbe sicuramente caduto dalle scale a causa del sonno.
Rose si tolse il cappotto e lo depose sul divano del soggiorno, intanto si diede un’occhiata intorno. L’atmosfera non era male, le pareti erano di un colore tenue, nulla di troppo aggressivo. C’era un televisore davanti ai divani, una libreria a parete stracolma di libri, il tutto in perfetto ordine.
Troppo perfetto.
Continuando a girare vide un piccolo tavolo con delle cornici, tutte vuote tranne una più piccola che era caduta in avanti non facendo vedere l’immagine. Rose stava per prenderla per risistemarla…
- Allora, cosa ti porta nella mia umile dimora? – fece John uscendo dalla sua camera, si era cambiato, indossava un paio di jeans e una camicia. Percorse qualche passo verso di lei, ma non troppi e si mise in attesa di una risposta.
- E’ stata Donna a portarmi qui – rispose lei. Avrebbe voluto aggiungere che voleva chiarire quello che era successo  la sera prima, ma d’un tratto si ritrovò a corto di fiato per continuare.
- Bevi qualcosa? Posso offrirti del caffè oppure posso preparare il tea- chiese John mentre si dirigeva in cucina, seguito dalla ragazza.
- Un caffè andrà benissimo grazie – e l’uomo cominciò ad armeggiare con la caffettiera.
Il fatto che fosse di spalle fece prendere a Rose un po’ di coraggio, John era una persona molto espressiva, e lei non era del tutto sicura di voler vedere la sua espressione mentre gli domandava – Cos’è successo ieri sera John?-
Lui smise di preparare il caffè, ed appoggio le mani sul lavandino. – Ti ho baciato Rose- bisbigliò sempre di spalle.
- Perché sei scappato dopo? Voglio dire dopo…-
- Dopo cosa? Mi avresti fatto salire da te? Mi avresti offerto da bere e poi avremmo concluso la serata un bellezza? – gli urlò John, voltandosi, avrebbe voluto dirle molto altro, ma i suoi propositi evaporarono davanti  allo sguardo serio di Rose.
- Non era quello che intendevo – si limitò a dire lei facendosi più vicina, i suoi occhi non abbandonavano mai quelli di John, come se temesse che una volta perso quel contatto non avrebbe avuto altri appigli per arrivare a lui.
John non abbassò lo sguardo mentre la ragazza diminuiva la distanza che li separava, ad ogni suo passo, sapeva di non poter scappare. Niente maschere, bizzarrie e nessun Dottore. Solamente Rose e lui.
- Di cosa hai paura?-
- Io non ho paura-
- Davvero? E allora perché te ne sei andato?- continuò lei implacabile, perché sapeva che se solo gli avesse concesso un po’ di respiro, sarebbe evaporata la sua unica occasione di parlare al cuore di John, quello che solitamente teneva chiuso a doppia mandata dentro di lui.
- Rose faresti meglio ad andartene...sta smettendo di piovere…-
- E’ la solitudine? Hai paura a stare da solo?-
- Non è questo..- fece lui in un sospiro.
- Allora cosa? John non chiudermi fuori, sono qui. Parla!- lo incitò lei con la voce che cominciava ad incrinarsi. Quel confronto la stava sfinendo.
Aveva provato, ma a quanto sembrava non era stato abbastanza. Per cui desistette, fece un sospiro e si asciugò l’unica lacrima scesa rappresentante di tutte quelle che Rose avrebbe voluto versare. Ma non lo fece, stava per dirigersi a prendersi le sue cosa e correre via lontano da lì.
- Mi piaci. Mi piaci molto Rose…- e la ragazza si voltò -…tu mi fai sentire come non mi sentivo da tempo. Ho cominciato a cercare la scusa più stupida per venire al negozio – si era voltato e la guardava – Ho persino fatto prendere a Donna un mucchio di vestiti solo per avere il tuo numero. Poi ieri l’ho chiamata, e mi ha detto che non sapeva dove fossi, mi sono preoccupato e sono venuto a cercarti…e mi sono sentito un vigliacco perché non ho avuto neanche il coraggio di chiamarti… -
- John …- fece lei delicatamente, mettendogli una mano sulla spalla.
- …poteva succederti qualunque cosa Rose, e la colpa sarebbe stata solo mia. E poi invece lì sana e salva…ed io non ho saputo controllarmi…- Rose intanto si faceva più vicina.
- A me va bene…-
- Noi non possiamo –
- Va tutto bene –
- Non ci conosciamo neanche – cominciò afferrando Rose per le mani.
- Abbiamo tutto il tempo per imparare a conoscerci…-
- Ci sono alcune cose di me che non sai -  continuò lui avvinandosela di più.
- Non si può sapere tutto di una persona…-
- Sono più grande di te- disse a pochi centimetri dal suo viso.
- L’età non è un problema – continuò lei a bisbigliare mentre veniva stretta da quelle braccia forti e sicure.
- Diamoci questa possibilità John –
John non rispose, ma il suo abbraccio si fece più stretto. E Rose non fece altro che appoggiare la testa sul suo petto.
Facendo un lungo sospirò la ragazza pensò, di non aver mai considerato tutto questo. La sera prima era triste nel suo letto ed ora era lì con John. Quello che gli aveva detto era vero. Non si conoscevano abbastanza, età diverse…probabilmente erano diversi in molte altre cose.
Ma non c’era fretta.
Piccoli passi, anche piccoli come quelli di una formica se necessario.
- Un passo alla volta John, un piccolo passo-
John allentò la presa.  E le disse – Mi piacciono i dolci alla banana con le palline argentate –
Rose scoppiò a ridere.
John aveva capito.




Buon pomeriggio e ben trovate/i a tutti! Spero che stiate passando un bel weekend non come me bloccata a casa dal raffreddore, per cui eccomi qui a postare il capitolo.
Ci tengo a spendere un paio di parole al riguardo, per cui armatevi di pazienza! XD. Prima cosa chiedo scusa per la lunghezza, di solito tento sempre di rimanere nelle quattro pagine di word ma c'era così tanto da dire, e sopratutto cercare di renderlo comprensibile,  che non potevo rimanere nella mia solita lunghezza.
Seconda cosa, il comportamento del nostro caro Dottore. Ebbene nel capitolo precedente a agito per paura. Paura che a Rose potesse capitare qualcosa di veramente brutto a causa della sua codardia di non essere riuscito a chiamarla per telefono. Ma la paura non è stata la sola cosa, perchè ad essa si è aggiunto prima il sollievo nel vedere che era salva e che non gli era accaduto nulla  che lo ha portato a baciarla e poi la confusione, che lo ha spinto ad andarsene.
Terza cosa, che è direttamente collegata alla spiegazione di sopra. In questo capitolo John rivela a Rose quelli che sono parte dei suoi dubbi. Come ad esempio il non conoscersi ancora bene, e la differenza di età. Questa storia infatti segue idealmente la linea temporate del Doctor Who ed è ambientata nel 2005 con le seguenti età che David Tennant e Billie Piper avevano in quel periodo, ovvero 34 e 23 anni. Undici anni di differenza delle volte posso essere un problema per una coppia, John non è fatto altro che dare voce ad un suo dubbio...ma io che sono l'autrice vi posso assicurare che non sarà un problema! XD
Ultima cosa. La frase finale di John, la trovo molto da lui perchè se nè uscito in maniera poco opportuna e allo stesso tempo fa un piccolo passo verso Rose. Infondo non hanno alcuna fretta no? ^^


Ok è il momento dei saluti. Grazie per aver letto tutta questa accozzaglia di frasi. Spero che questo capitolo vi piaccia e che lascerete un piccolo commento, grazie ancora al prossimo capitolo!


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Capitolo 5
*** Capitolo 5. Dove il Natale è quasi alle porte e si fanno operazioni nascoste. ***


NELLE PUNTATE PRECEDENTI: dopo il bacio che John a dato a Rose, ed alla sua successiva fuga. La ragazza, con l'aiuto dell'ormai amica Donna, decide di andare a casa sua per un chiarimento. Dopo aver parlato decidono di procedere a piccoli passi, e vedere  quello che succederà...


Capitolo 5.

Dove il Natale è quasi alle porte e si fanno operazioni nascoste.



 

Incredibile come la vita potesse scorrere così velocemente una volta inquadrata la giusta prospettiva. Di come fare sempre le stesse cose, come il lavoro lo stesso posto in autobus la quotidianità potesse passare con una luce tutta nuova grazie ad una novità. Era circa questo che passava per la testa di Rose, in piedi sopra ad una scaletta alquanto instabile intenta a sistemare le decorazioni natalizie sulla grande vetrina espositiva che dava all’esterno.
- Quante ne mancano ancora?-
- Rimane solo qualche nastro, ma quelli possiamo sistemarli anche in basso. Quindi fammi il favore scendi da quell’affare – la incalzò Meggie che teneva la scaletta.
Rose una volta scesa, si diede un’occhiata intorno. Per valutare con occhi critico il negozio adornato e doveva ammettere che lei e la sua collega avevano fatto un ottimo lavoro. A rovinare l’atmosfera su il ticchettio dei tacchi della titolare.
- Ragazze, un magnifico lavoro! Complimenti! – cinguettò Miss Hobbes, particolarmente positiva.
- Grazie, anche se è stata Rose a fare tutto – chiarì immediatamente Meggie.
- Non ti avrei mai fatta salire, devi stare molto attenta. Qui si parla del mio primo nipote! – le rispose Rose a bassa voce. Vedendo la sua collega sorriderle con calore e posare le mani sul ventre. Era ancora presto e visto l’inverno con vestiti molto pesanti,  la pancia non era che appena pronunciata. Ma la ragazza scommetteva che sarebbe stato un maschio.
- Mia cara Rose, non dovresti andare a casa…voglio dire ancora –
- Non so che  intenda, cosa riguarda?- chiese innocente la bionda facendo l’occhiolino a Meggie.
- Cara, mi riferivo al tuo accompagnatore…il signor Smith –
- Ah John! – fece Rose con ovvietà, continuando a lanciare sguardi alla sua collega, che si era allontanata un po’ per trattenere il risolino che stava per uscire dalla sue labbra.
- Ha detto che mi sarebbe passata  a prendere, ma ancora non si è fatto vedere, si sarà dimenticato -
- A dire il vero, sono qui. Stavo aspettando fuori –  si udì la voce di John dall’ingresso. Nel guardare la faccia di Miss Hobbes Rose alzò gli occhi al cielo. Da quando avevano cominciato a frequentarsi “come amici” lei e John si vedevano praticamente ogni giorno. Non importava per quanto fosse, potevano essere quei dieci minuti che la macchina di John impiegava a portare Rose a casa. Oppure una serata intera a mangiare  a casa della ragazza, in compagnia della sua inquilina Martha e del ragazzo Mikey. Non aveva alcuna importanza, bastava solamente vedersi. Martha la definiva una specie di simbiosi….e Rose era da un po’ che si ritrovava a pensare che  forse non aveva tutti i torti. Intanto mentre la ragazza era intenta nelle sue macchinazioni interiori, John stava scambiando delle amabili chiacchiere con la sua collega.
- Allora sei pronta?- chiese lui.
- Il tempo di andare a prendere cappotto e borsa- rispose la ragazza precipitandosi a prendere le sue cose.
- Allora che programmi avete per la serata?- sentì la ragazza chiedere da Miss Hobbes estasiata.
- La mia manager mi ha trovato due biglietti per il teatro.-
- Ma davvero? Cosa vi andate a vedere?-
- “Molto rumore per nulla”, sembra interessante, quando l’ho proposto a Rose ha accettato all’istante- le disse John.
- Sono sicura che Rose accetterebbe qualunque sia richiesta…- un colpo di tosse, fece volutamente interrompere quello che Miss Hobbes stava dicendo.
- Allora andiamo?- chiese Rose avvicinandosi. John le sorrise e la prese per mano.
Salutarono e uscirono, perche il taxi li stava aspettando. E non poterono far a meno di sogghignare nel sentire i languidi sospiri della datrice di lavoro.

 

***

 
Quando lo spettacolo terminò mancavano pochi minuti alla mezzanotte.
John e Rose non avevano risparmiato applausi per tutti gli attori che erano stati veramente bravi.
Quando uscirono il silenzio aveva fatto posto al caos della città, immergendo quella via in una quiete quasi estranea a Londra, che decorata sembrava anticipare già di un mese il Natale.
Stavano finendo di commentare lo spettacolo, a John cadde l’occhio su alcune decorazioni natalizie.
- Cosa stai guardando? -
- Guardavo le decorazioni, manca ancora un mese ed è già stato tutto decorato in anticipo –
- Non me ne parlare! Sono tre giorni che metto addobbi e solo oggi erano quasi finiti- esclamò lei con un po’ di esasperazione, a causa del rancore verso degli inanimati addobbi natalizi.
- Che programmi hai per Natale?-
- Quello che farò da un paio di anni a questa parte, chiuderò il negozio e andrò a cena a casa di mia madre e da Marv –
- Solo voi tre? – chiese John interessato.
- Generalmente siamo noi e qualche vicino. Tu invece che farai?-
Forse Rose aveva fatto la domanda sbagliata, perché lui rallento un po’ il passo e la prese per mano.
Fecero qualche passo in silenzio, e mentre la ragazza cercava dentro si se qualcosa da dire, John le rispose. – In genere non faccio un granché, sai io e mio fratello non siamo in rapporti così buoni…a dire il vero è da un po’ che non festeggio il natale- ammise alla fine con un sorrido imbarazzato.
Rose allora lasciò la sua mano e si mise davanti a lui. E con fare da maestra lo scimmiottò – “ Dovremmo rimediare a questa tua lacuna”…- fece lei imitando il tono e le parole che lui le aveva rivoltò tempo fa. – Perché non vieni a cena con me e mia madre, già ti avverto in anticipo che dovrai avere la pazienza di un santo e che ti farà domande a raffica stile interrogatorio. Ma dato che sei uno scrittore sei molto bravo con le parole, svicolare non dovrebbe essere un problema! –
John si mise a ridacchiare, e Rose con lui, contenta di essere riuscita a sollevargli il morale.
- Perché invece non venite voi da me?-
- E dove scusa? – chiese lei sorpresa.
- Dove mi sei venuta a trovare tu! – Fece lui entusiasta.
- Ma solo noi quattro..non sarebbe un po’ troppo grande? –
- Possiamo estendere altri inviti, a Martha e Mikey alle loro famiglie. Poi potrei chiedere anche a Donna,  invitare Jack…- fece lui affrettando il passo, seguito dalla ragazza, per poi arrestarsi e mettere una mano sotto al mento con fare pensoso -…ma probabilmente Donna mi ucciderebbe….ma certo! Ianto!- il tutto sotto lo sguardo di Rose.
- Credo di aver perso qualche passaggio… -
- Non ti preoccupare è tutto sotto controllo! Ora devo solo chiamare il servizio catering, un’orchestra un decoratore…-
- Ok…frena! Nessun decoratore e nessun servizio di catering e ti prego nessuna orchestra –  puntualizzò lei. E alla risposte dello sguardo interrogativo si sbrigò a dire – John noi siamo gente semplice, a Natale ceniamo in jeans e maglietta e la sola musica che sentiamo è quella dei cori natalizi lungo la via. Possiamo fare che ognuno porti qualcosa da sé, basterà portare un albero qualche addobbo e uno stereo.-
John guardò Rose un po’ stupito delle sue parole. Mentre la ragazza terminò di dire – Magari conviene anche una televisione, per accontentare tutti, lascia fare a me tu concentrati nel completare il libro entro la scadenza. A proposito, come la stesura?-
- Alla grande! Ora però dobbiamo sbrigarci, la metropolitana è ancora lontana! – glissò lui che la prese per mano e le disse – Corri!.- Ed insieme si misero a correre, non avevano fretta eppure Rose sentiva di avere una gran voglia di correre.
 

***

 
 
 

- Avete qualche programma per Natale?- chiese la bionda.
- Starò con Mikey e le nostre famiglie probabilmente. – le rispose Martha in un sospiro – questi saranno gli ultimi mesi prima che torni in missione, e non mi va di toglierlo ai suoi. Tu invece Donna?-
La suddetta in questione stava passandosi l’ennesimo strato di smalto sulla mano sinistra. – Credo che andrò a qualche festa di qualcuno. Devo solo fare un paio di telefonate. Ho tutto il tempo. Rose piuttosto come mai questa domanda?-
- Io e John stiamo organizzando una cena di Natale e vorremmo che voi veniste. Potrete anche portare qualcuno. Martha tu potresti far venire i tuoi con i genitori di Mikey -  rispose Rose sistemandosi meglio sul letto matrimoniale della sua camera avvolta nel suo adorato pigiama di pile rosa – e lo stesso vale per te Donna puoi portare chi vuoi! – terminò lei.
- Sembra una bella idea, domani ne parlo con Mikey. Invece come vanno le con John? – Domandò Martha fintamente incurante. A quella domanda ci fu un rapido cambio delle posizioni, Rose si fece più rigida e Donna si sedette anche sul letto.
- Al momento siamo solo amici –
- Tutto qui?- chiese Donna scettica.
- Vogliamo fare le cose con calma – giustificò ancora Rose.
- Con questo ritmo avrete il primo appuntamento quando avrai quarant’anni!- esclamò Martha con il suo classico tono critico.
Rose alzò gli occhi al cielo dall’esasperazione e poi si infilò nel letto. – Mi ricordate il motivo di questo pigiama party improvvisato?- chiese poi.
- Perché mi si è fermata la macchina e la casa  più vicina da farmi lasciare dal carro attrezzi era la vostra – fece Donna in risposta.
- Ah ah! Comunque ragazze si va a nanna, domani devo andare ad aprire il negozio- 
Martha si dileguò alla velocità detta luce dopo aver salutato con una buona notte, Donna si infilò nella parte opposta a Rose dandole le spalle.
- Rose?- fece lei. Ed in risposta ricevette un mugugno dalla bionda. – Volevo dirti grazie, per tutto. Ti suonerà un po’ infantile…ma sono contenta che siamo amiche – terminò lei.
Nessun  mugugno di risposta dall’altra.
Stava per mettersi a dormire, quando Rose proveniente dal mondo dei sogni bisbigliò - Jack –
Donna nell’udire quel nome si raggelò.
-   Chi è Jack?- chiese la rossa sperando che avesse sbagliato nome.
- …non lo so…John ha detto di averlo invitato alla cena, e che avrebbe invitato anche Ianto…ma tu questo non lo devi sapere…- continuò Rose nel sonno. Donna la perse definitivamente quando la ragazza cominciò a russare leggermente, come un rumore di fondo.
La rossa guardò il soffitto cominciando a meditare vendetta contro John  per il brutto scherzo che gli stava tirando.
“Aspetta e vedrai John” si disse. Si mise poi a dormire, con un piccolo ghigno che le increspava le labbra.

 
 

***

 
 
 

Intanto dall’altra parte della città John spense il portatile e si alzo dalla sedia.  Con calma si diresse in cucina dove si versò un bicchiere di vino. Camminò fino alla finestra del soggiorno. Per vedere in lontananza Londra di notte.
Un lungo manto di luci che brillava nella notte.
I suoi pensieri andarono inevitabilmente a Rose. A quello che stava accadendo tra loro. A quello che si erano detti e di quello che dovevano ancora parlare.
Piccoli passi gli aveva detto.
….tuttavia quei piccoli passi sarebbero bastati a tenerla ancora al suo fianco, una volta che gli avrebbe raccontato tutto?
Un’improvvisa onda di sconforto prese il sopravvento in lui. Bevette il restante contenuto del vino in una sola sorsata e lo depose nel lavello della cucina.
Prese il cellulare e compose un messaggio:

 

Che tu possa avere, sempre, il vento in poppa, che il sole ti risplenda in viso e che il vento del destino ti porti in alto a danzare con le stelle. (George Jung)
 
Questo è quello che mi auguro per te, Rose, sempre.
Buonanotte compagna di viaggio.

 
 
 
E premette invio. E si diresse in bagno per farsi una doccia.
Torno dopo una quindicina di minuti dopo già con il pigiama a dosso. Il suo cellulare lampeggiava.
Un messaggio da Rose:
 

Come fai a trovare frasi del genere a quest’ora della notte?
Buonanotte anche a te, e non fare tardi! A domani.
Dottore.

 
 
E John si mise a letto e spense la luce. Si era appena messo a letto quando gli sfuggì un lungo
 –ETCIUUUUUUU!!!!!-.
Mentre si toccava il naso John sperò che nessuno stesse parlando male di lui. E con questo pensiero decise di mettersi a dormire.
 




Ciao a tutti! Come sempre ben tornate/i!!! ^^
Volevo ringraziarvi per le quattro recensioni del capitolo precedente!
Parlando di questo capitolo, direi che siamo decisamente in tema con il Natale alle porte. Anche se in questo capitolo siamo ancora a novembre. Vi assicuro che il tempo passera molto velocemente! XD
Diamo il via alle note del capitolo.
1 lo spettacolo che John e Rose vanno a vedere é questo --> 
http://david-tennant.com/2009/id160.html. Ed è l'ultimo spettacolo teatrale con David Tennant e la mitica Catherine Tate. Io mi sono limitata a mettere per titolo la traduzione italiana. Non so bene di cosa si tratti. Se qualcuno lo sa sono ben lieta di sapere di cosa  tratta.
2 il fratello di John. Questo sconosciuto. Chi sarà mai? Si accettamo scommesse, anche se per scoprire chi ha ragione dovrete aspettare un paio di capitoli più o meno.
3 il Natale nella grande residenza di John Smith.  Siete pronti? A dire il vero non so neanche io che verrà fuori. Ma credo che sarà divertente da scrivere.
4 Jack, ebbene il capitano Harkness sbarcherà a breve, nella storia...vi anticipo solo brutti periodi per il povero Ianto! Il tutto sarà trattato in maniera estremamete leggera, anzi sarà interessante vedere Ianto come interagirà con lui.

Detto questo vi saluto e chiedo scusa per orrori ortografici vaganti. Entro domani provvederò ad una rilettura per eliminare gli errori. A presto e passate a lasciare un commento! Cristie

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Capitolo 6
*** Capitolo 6. Dove si fanno scelte azzardate con poca possibilità di successo. ***


Capitolo 6.


Dove si fanno scelte azzardate con poca possibilità di successo.







Monsters are real, ghost are real too.
They live inside us, and sometimes, they win.
 
I mostri sono reali, i fantasmi anche. Vivono dentro di noi, e qualche volta vincono.
Stephen King

 
 
 
 
 
“ Così il Dottore si rigenerò per la decima volta. Novecento anni di vita. Eppure l’universo non gli era mai sembrato così nuovo ed inesplorato. Fece un bel respiro di trepidazione. Impostò le coordinate del Tardis e disse a gran voce –Preparati Rose sto venendo a prenderti! -”
 
 
John rilesse le righe finali e premette  Salva con il mouse del suo portatile. Si allontanò dalla scrivania e si tolse gli occhiali.
Guardò l’orologio che aveva attaccato alla parete. Segnava le dodici e dieci, il giorno prima Rose gli aveva accennato che avrebbe avuto la pausa per le tredici. Se si fosse sbrigato sarebbe riuscito ad arrivare in tempo per pranzare con lei.
- Ianto la macchina è pronta? Dovrei andare urgentemente in centro. – fece lui al telefono.
- Sono già di sotto signore-
- Allora sto prendendo la giacca, arrivo – disse lui, compiendo quello che stava dicendo.
Dieci minuti  dopo erano già in strada, il traffico non stava dando una mano. Tanto che era quasi tentato di mandare un messaggio a Rose, per dirle se volevano pranzare insieme. Ma poi cambiò idea, voleva farle una sorpresa.
-Arriveremo in tempo - lo rassicurò l’autista.
- Dove? -
- Dalla signorina Tyler.- continuò Ianto e John gli sorrise grato.
Qualche tempo dopo erano arrivati nella via principale, ad una cinquantina di metri dal negozio dove lavorava Rose. Lo scrittore la vide infatti uscire con indosso un cappotto nero e tenendo con una mano la borsa, e non si era accorta che lui la stava raggiungendo.
- Mamma ho capitolo, gliene parlerò ma non so se potrà venire- le sentì dire questo lo scrittore, mentre si avvicinava da dietro.
- D’accordo, ora ti lascio che sto andando a mangiare. Ti chiamo quando arrivo a casa. Ti voglio bene-
 - Rose!- gli fece lui da dietro le spalle, la ragazza saltò, non aspettandosi la voce.
- Ma sei matto?- gli si parò di fronte con tono irritato.
John sapeva che quella irritazione era momentanea e dettata per lo più dallo spavento, ma ormai la conosceva abbastanza da sapere cosa fare per farle tornare il buon umore. Disse quindi la verità.
- Hai ragione, non volevo spaventarti, ma avevo voglia di vederti. Vorrei portarti a pranzo. Per cui sono piombato di corsa, quando ti ho visto ho pensato di non raggiungerti, mi dispiace-
E Rose a quelle parole si sciolse e sul suo viso comparve un grande sorriso. Immediatamente girò le spalle e prese a camminare –Per oggi passi, ma la prossima volta mi arrabbierò sul serio! –
- Quello era un sorriso!- insinuò John.
- Non era un sorriso – fece lei incurante.
- Certo che lo era!-
- Ti dico che ti stai sbagliando! Allora dove mi porti a mangiare?- chiese Rose prendendolo per mano.
- Ti porto a mangiare un panino nel miglior chiosco della via, per di qua signorina – continuarono a camminare.
- Ho detto a mia madre della festa – cominciò a dire la ragazza.
- Bene e che vogliono fare?-
- Vorrebbero venire, ma prima mia madre vorrebbe conoscerti…vorrebbe invitarci a cena, oppure passare a prendere un tea, per lei qualsiasi giorno andrebbe  bene. Basta solo avvisarla – Rose vide John riflettere alle sue parole, sperando che prendesse la decisione giusta.
- Ok accetto volentieri – rispose lui sorridendo. Ecco appunto, scelta sbagliata.
- Io invece preferirei di no, mia madre sa essere un vero martello pneumatico quando vuole sapere qualcosa – John allora gli lanciò un’occhiata interrogativa. – Vorrei solo aspettare ancora un po’. Mia madre e Marv verranno comunque. Basterà elencare le cose che ci saranno e verrà senza dubbio…vorrei conoscerti meglio degli altri…è una così sbagliata?-
- Al contrario Rose, sono molto contento di questo, ora sbrighiamoci che la tua pausa non dura in eterno!-
 

***


- Puoi accostare qui Ianto, parcheggia e vieni con me-
- Signore?-
- Vado a trovare un amico che non vedo da tempo e non mi va di farti aspettare fuori. Quindi vieni con me –
- Ma al suo amico starà bene?-
In tutta risposta John sogghignò e disse –Se conosco bene Jack e se in questi anni non ha avuto alcuna crisi mistica so che ti adorerà -. L’autista lo guardò non molto convinto, ma fece quello che John gli aveva chiesto. Quindi dopo aver parcheggiato la macchina scese con lui. Si avviarono verso un vecchio palazzo dal portone di legno pesante, appena accostato. Lo scrittore lo aprì e comincio a salire le scale, si muoveva con sicurezza. Sapeva esattamente dove andare. Percorsero con calma quattro rampe di scale. Fino a che John non si fermò davanti ad una porta, sul campanello si poteva leggere il cognome a lettere grandi “HARKNESS”. E suonò.
Ad aprire la porta fu un uomo. – Si?-
- Buonasera, vorrei parlare con Jack è in casa?-
- Ma prego entrate pure, tanto io me ne sto andando…CAPITO JACK?- e l’uomo prese la giacca e se ne andò sbattendo la porta.
- A quanto pare ora tutti sanno che se ne sta andando –borbottò Ianto.
- Sono d’accordo, soprattutto quando si va via senza salutare – fece un uomo in corridoio proveniente dal corridoio.
- Ianto lui è Jack, il mio datore di lavoro – e Jack strinse la mano dell’autista e ricevette in risposta una forte stretta di mano – Pensavo che la signorina Noble fosse il suo capo signore. –  fece il giovane completamente rivolto allo scrittore. Ignorando il padrone di casa.
- Solo del quarantacinque per cento dell’azienda, il resto è mio – e detto questo Jack si rivolse allo scrittore abbracciandolo stretto. – È bello vederti amico –
- Sei tu quello che se né andato in giro per i mari del mondo. Per quattro anni! – apostrofò John ricambiando la stretta – Per quanto resterai? – chiese sempre lui andandosi a mettere seduto su una delle comode poltrone di pelle di gran lusso del soggiorno.
- Resterò per un po’. Credo che le cose potrebbero farsi interessanti – e Jack lanciò uno sguardo ammiccante a Ianto, ma questo fece finta di niente, al contrario si alzò e disse – Credo che abbiate molte cose di cui parlare e a me non va di essere indiscreto, grazie per l’ospitalità signor Harkness – e puntò diretto verso la porta.
- Puoi chiamarmi Jack, mi farebbe molto piacere – il padrone di casa si avvicinò lentamente, come si faceva con un animale selvatico.
- Credo che cominciare a chiamarla per nome sia prematuro. Buonasera – aprì la porta di casa e se ne andò.
Jack rimase un attimo a guardare la porta, per poi guardare  il suo amico – E quello dove lo hai trovato?-
- È l’autista che mi ha affibbiato Donna,  Ianto non è una persona facile da comprendere -
- Lo immagino, ma questo lo rende ancora più intrigante! – John fece un sorriso compiaciuto e la buttò là – Mi ha detto che verrà anche lui alla cena di Natale - disse con fare non curante, per far vedere che non aveva in programma di invitarlo.
- Un momento, quale cena?- John sorrise e cominciò ad accennargli alla cena e già che c’era gli parlò anche di Rose. Jack era veramente contento sia della ragazza che della cena, specie se era sicura la presenza di Ianto.
- Credo proprio che mi unirò a voi –
- Aspetta non ti ho invitato!-
- Non è necessario, sono il tuo datore di lavoro, non c’è bisogno di nessun invito – rispose jack con sicurezza.
John scoppiò a ridere. Così Jack si era ufficialmente auto invitato, sperò con tutto il cuore che Donna con le sue mille trovate non lo venisse a sapere. Altrimenti avrebbe attentato di sicuro in qualche modo  alla sua carriera
 
 

***

 
Sfortunatamente per lui, il fato gli sguinzagliò Donna per un altro motivo.
- John! Che Cosa Hai Fatto???- gli apostrofò per telefono la rossa.
- Non ho idea a cosa ti riferisci –
- Del libro John. Ecco di cosa parlo. Il correttore di bozze ha finito di rileggere e come sempre mi sono messa a leggere quello che hai scritto…-
- Donna fai un bel respiro, ti assicuro che era necessario-
- Necessario John? Avevamo già preso accordi sullo sviluppo della trama e tu cosa fai? Me lo fai rigenerare…-
- Così sarà migliore! – cercò lui di contenere la bomba che stava per esplodere.
- …ma hai fatto diventare Decimo te stesso ed hai inserito Rose nella storia. MA TI È  PARTITO COMPLETAMENTE IL CERVELLO?? Ma questa volta non farai a modo tuo, ora tu terminerai il romanzo originale, chiaro?-
- Non posso farlo –
- John ho sempre assecondato i tuoi colpi di testa, ma ti rendi conto che questa è una follia?-
Lo scrittore si sistemò meglio sulla sedia del soggiorno. E si tolse gli occhiali – Questo è il mio regalo per Rose…anzi per noi. Glielo devo Donna –. Lui sentì la rossa sospirare dall’altra parte del telefono. – Spero che non te la prenderai troppo, se ti dico che forse non gradirà questo tuo regalo, lei è una persona concreta…-
- Esatto! Voglio insegnarle questo, a sognare ancora!-
- Ma non è trascinandola nelle tue fantasie che costruirete un rapporto stabile- . John rifletté sulle parole della sua manager, tanto che lo indusse a dare voce ad una sua grande paura. – La verità è che non posso darle altro che questo. Storie create da me –
- Perche invece non le regali te stesso, per quello che sei veramente?Credo sarebbe un bellissimo regalo –
- Scapperebbe a gambe levate …-
- John, questo avrà delle conseguenze, lo sai? Con la società, per non parlare del film e della serie-
- Ascolta film e serie non saranno coinvolti, almeno non subito. Ci sono cinque libri con il Nono Dottore su cui lavorare. Utili per il film che farà da prequel e per la serie, su cui possiamo lavorare per almeno due stagioni –
- Posso concedertelo,  ma dopo?-
- Introdurremo Decimo, i lettori avranno tutto il tempo per abituarsi a lui. Andrà tutto bene, mi sono forse mai sbagliato? –
- Proprio non riuscirò a farti cambiare idea – il tono della rossa suonava come rassegnato. Mentre lo scrittore si sentì soddisfatto, ancora una volta era riuscito a spuntarla contro quella tempesta rossa della sua manager.
- Puoi continuare a provare se vuoi, magari domani in ufficio avrai nuovi argomenti per tentare di convincermi! –
- Ti odio quando fai così! – e John si fece una grande risata, per poi salutare ed agganciare il telefono.
La manager mise giù con un po’ troppo fervore. Cominciando a sudare freddo, al pensiero di dover combattere con gli amministratori l’indomani. Per un breve istante sperò che fosse già la cena di natale, per godere della faccia di John alla sua piccola contromossa. Ma si sa la vendetta è un piatto che va gustato freddo.
 
 

***

 
 
 
Quando era troppo era troppo.
Ianto era una persona paziente e composta, ma questo era veramente al di fuori dei suoi limiti.
Davanti al suo portone di casa,  c’era un pacco con un biglietto. Si avvicinò ad esso con circospezione ed attenzione. Come facevano gli artificieri quando si trovavano davanti ad un oggetto potenzialmente dannoso.
Senza farsi vedere dai vicini, prese il pacco e lo aprì. Il pacco era  in realtà un elegante scatola regalo. Dove capeggiava a scritte fine ed eleganti la firma “ ARMANI”.
Spinto dalla firma, si affrettò ad aprire la scatola e vederne il contenuto.
Una camicia, bel tessuto liscio e leggero al tocco delle dita.
Taglio elegante, ma non troppo. Adatto a qualsiasi occasione la si volesse indossare. Anche le misure erano perfette. Tanto che la suddetta camicia calzava alla perfezione senza nessuna forzatura nei movimenti.
Ianto si guardò allo specchio. E gli stava veramente bene. E poi lesse il biglietto.
 
Sono passato davanti ad un negozio e quando ho visto questa camicia ho pensato a te. Penso di aver trovato il tuo colore. Non voglio che mi vieni a prendere con quei tuoi noiosi completi grigi. Un po’ di colore non può che farti bene.
 
Jack Harkness
 
 
Quelle parole gli gelarono il sangue, perché quella mattina stessa apprese che gli era stato affidato anche il trasporto del grande capo. Sua Grazia il capitano Jack.
I suoi colleghi si erano complimentati con delle pacche sulla spalla.
Ma per Ianto non era la stessa cosa.
Perché la camicia era bellissima e quasi perfetta. Ed era quel quasi a rovinare il tutto.
Era rosa. Rosa confetto. Puro stile Barbie.
E togliendosela sempre davanti allo specchio disse a se stesso riflesso – Ci aspetta davvero un brutto periodo-
 



 

Ok. Ragazze/i. Vi invito a mandare giù questo capitolo così com'è. Tutto in blocco. Così passa prima e possiamo pensare al prossimo capitolo senza problemi. Così come ho fatto io. Ebbene, ho appena terminato il capitolo nove e questo che avete appena letto è il capitolo che mi è piaciuto di meno. Non mi sono divertita a scriverlo. L'ho riscritto da capo due volte, l'ho riletto ed ho detto basta, si vede che è nato sfortunato poveraccio. Per cui eccolo qui.
Jack ha fatto la sa comparsa, ma si espimerà al suo meglio tra tre capitoli esatti. Grazie per il vostro tempo e spero che passerete a lasciare un piccolo commento.
Voglio ringraziarvi sopratutto per le cinque recensioni dello scorso capitolo. Mi hanno caricata tantissimo...anche se possono capitare piccoli incidenti di percorso come questo. Grazie ancora al prossimo aggiornamento!

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Capitolo 7
*** Capitolo 7.Dove ci si prepara alla cena di Natale e si servono vendette. ***


Capitolo 7.


Dove ci si prepara alla cena di Natale e si servono vendette.




Così il giorno di Natale arrivò. Tutti i giorni precedenti si erano susseguiti ad una velocità assurda.
La mattina di Natale,  chi più chi meno erano impegnati,  o lo sarebbero stati presto, a preparare qualcosa. Jackie, la madre di Rose  alle sette e trenta di quel mattino era  già davanti ai fornelli. Cucinando i broccoli ed inondando la casa di un odore nauseabondo.
- Jackie. Cos’è questa puzza? Che stai combinando?- chiese Marvin uscendo dalla camera da letto, diretto in cucina.
- Buongiorno tesoro! Sto preparando l’antipasto per questa sera! –
- Ed  era necessario cominciare la preparazione almeno dieci ore prima? – provò a trattare lui, in uno sbadiglio ad interrompere il tanfo
- Stai scherzando spero! Deve essere tutto buonissimo! Non possiamo presentarci stasera con qualcosa  che non mangerà nessuno –
- Tua figlia ci ha detto che sarà una serata tranquilla e rilassata. Qualsiasi cosa cucinerai andrà benissimo –
- Ma non è sugli altri che voglio fare buona impressione! È sullo scrittore, il padrone di casa! –
- Parli dell’uomo che ci ospita? –chiese Marv ancora con uno sbadiglio.
- Esatto! Se riusciremo a fargli una buona impressione saremo a cavallo! Pensa se sposasse Rose! Ricco com’è saremo sistemati a vitaaa!- trillò la donna rimettendosi ai fornelli.
Marv se la guardò non molto convinto, sapeva che Jackie delle volte poteva peccare di superficialità. Ma la amava anche per questo. Senza questo difetto non sarebbe stata la sua Jackie.
E con questi pensieri profondi se ne tornò a dormire. Aveva ancora tre ore di sono prima di andare a lavoro.

 
 

***

 

Stessa ora, stesso giorno a qualche via di distanza.
Il sole stava cominciando a penetrare tenue dalle persiane delle finestre. Due figure se ne stavano abbracciate e dormienti. Martha si girò delicatamente nell’abbraccio di Mikey. Si protese verso il comodino che aveva di fianco al letto, dove c’era il suo telefono, che una volta illuminato lo schermo mostro l’ora , 07: 31.
Con delicatezza fece per sfilarsi dalla presa del suo ragazzo. Voleva andare a preparare la colazione per portarla in camera.
Si stava puntellando con i gomiti per rialzarsi, quando la presa tornò a farsi di nuovo stretta.
- Quanta fretta – bisbigliò Mikey sul suo orecchio.
- Sei tu che hai l’udito troppo sviluppato, resta ancora qui. Vado a preparare la colazione – insistette Martha . ed il suo ragazzo allentò la presa. Con fare svelto scese dal letto e si diresse verso la cucina al piano di sotto. Non si curò di tenere un passo silenzioso, poiché la sua coinquilina si era alzata al’alba per andare ad aprire il negozio. Con cura cominciò ad armeggiare con la credenza, prendendo tutto l’occorrente per la colazione. Prese il latte in frigo e lo mise a scaldare in un tegame. E la mente di Martha cominciò a vagare in pensieri che non avrebbe dovuto fare almeno quel giorno. Pensò ai giorni con Mikey. Giorni che presto sarebbero terminati perché da lì ad un mese sarebbe tornato in missione. Delle lacrime segnarono il volto della ragazza. Perché tutto quello che lei e Mikey avevano non le bastava più. Perché non voleva che lui ripartisse  a rischiare la vita. Non voleva che passassero altri cinque mesi prima di rivederlo.
Voleva quotidianità.
Voleva chiamare la sera il suo ragazzo con la certezza di poterlo vedere il giorno per andare a fare colazione insieme.
Voleva la monotonia del rapporto dove a volte si litiga per qualsiasi cosa. Perché con il confronto un rapporto può migliorare.
Glielo avrebbe detto a Mikey anche milioni di volte se fosse riuscita a farlo desistere nel partire. Avrebbe spinto il suo egoismo fino a quei limiti se fosse stato necessario. Ma non lo avrebbe fatto.
Perché sapeva di non poterlo fare . Mikey era ciò che era ed esattamente come lei aveva scelto di salvare delle vite. Lui aveva scelto di difenderle.
Il borbottio della macchina del caffè la riportò coi piedi per terra. Con un bel respiro finì di preparare il tutto per poi metterlo in un vassoio e portarlo in camera.
-Allora eccola la colazione! Pensavo che fossi andata a comprare il latte al supermercato. –disse il suo ragazzo mettendosi a sedere.
- Stai dicendo che ci ho messo troppo?-  lo minacciò la ragazza, ruotando il cucchiaino da zucchero davanti alla sua faccia, il ragazzo si affrettò ad abbracciarla. – Sto dicendo che nonostante tu sia un bradipo in cucina a me va bene lo stesso, perché ti amo…Così mi perdoni?- chiese Mikey con occhi da cucciolo. Martha se lo guardò e gli disse – Lo sai che ti avrei perdonato lo stesso!...Ma che fai?-
- Sposto il vassoio –
- Ma non hai fame?-
- La colazione può aspettare – bisbigliò il suo ragazzo con un tono che non ammetteva repliche .
Come se Martha avesse voluto sollevarne alcuna mentre Mikey la prendeva e la trascinava nel letto sotto di lui.
Quando fecero colazione, tempo dopo. Tutto ormai era freddo.

 

***

 

Qualche ora dopo. Sempre a Londra.
Donna Noble stava finendo di guardarsi allo specchio, dopo essersi truccata. Fasciata come sempre da un tailleur griffato.
I giorni successivi alla chiacchierata al telefono con il suo scrittore di punta erano stati come un duello degno di un film western. Tanto sembrava che fosse scoppiata la rivoluzione in azienda alle parole di John.
Il Nono Dottore era molto amato dal pubblico. Era il giusto mix tra carisma e oscurità, ma votata al bene che avrebbe sempre fatto successo. I precedenti quattro libri con lui protagonista avevano avuto una tiratura di un milione di copie vendute al mondo. E tutti erano consapevoli che farlo rigenerare al culmine della sua popolarità poteva essere una cantonata di dimensioni colossali che avrebbe fatto perdere molti punti alla azienda. Con gli anni era diventata una casa editrice di successo che puntava molto su scrittori emergenti. Ma John rimaneva la loro punta di diamante. Ed un suo fallimento avrebbe avuto serie conseguenze su tutti.
Sperò con tutto il cuore  che così non sarebbe stato.
In tutto questo aprì l’armadio per vedere il vestito che aveva comprato per la cena. Un abito sobrio, nulla di troppo appariscente, elegante quanto bastava.
- Donna sarai splendida stasera- disse a se stessa la rossa, appoggiandosi il vestito e vedendosi allo specchio. La figura che avrebbe fatto con il vestito avrebbe fatto rimanere di sasso Jack e allo stesso tempo avrebbe fatto prendere un infarto secco al suo scrittore, anche  se per altre ragioni, ovvio.
“ Non vedo l’ora che arrivi questa sera!”
Dopo di che  chiuse l’armadio e con borsa alla mano si diresse fuori dalla porta diretta al lavoro.

 
 

***

 
 

- Sono cinquantasette sterline signora – disse Meggie con un sorriso. La cliente prese in vestito e poi aggiunse – Mi può fare un pacco regalo?-
- Da questa parte signora – la richiamò Rose con una busta da regalo sul tavolo. L’ennesima della giornata. Con dei movimenti meccanici le mani si muovevano ormai da sole. Ed era questo quello che Rose odiava, il continuo impacchettare dei regali. Perché la maggioranza della gente doveva ridursi sempre all’ultimo minuto, a fare regali? Anche questa era la domanda che la ragazza si faceva puntualmente tutti gli anni, e ancora non aveva trovato una risposta.
-Pensa a questa sera!- la incoraggiò la sua collega, vedendo la sua espressione sconsolata. Rose le sorrise. E salutò la cliente del pacco regalo.
Erano solo le dieci del mattino. Altre quattro ore e sarebbe  potuta tornare a casa a prepararsi. Per la cena. Si chiese se il regalo che aveva preso a John gli sarebbe piaciuto. In cuor suo sperò di sì.
Nel negozio c’era molto da fare, molto spesso Miss Hobbes dava il cambio a Rose per andare a sistemare della merce, e rimpiazzarla nel caso fosse terminata. La titolare non faceva altro che sbraitare con quella voce dal tono  stridulo –Rose vai di là! - oppure – Rose fai questo! –
Insomma la ragazza bionda si sentiva un po’ comandata a bacchetta. Tuttavia fece un bel respiro e fece tutto quello che le veniva chiesto. Oggi era un bel giorno, e di certo non se lo sarebbe fatto rovinare dalla sua datrice di lavoro. Sperò con tutta se stessa che il tempo cominciasse a passare più velocemente. Non vedeva l’ora di andare da John.

 
 

***

 
 
 

John stava camminando avanti e indietro. Mentre leggeva la prima stesura della sceneggiatura del film sul Doctor Who. L’idea di partenza non era male, ma dovevano essere corrette alcune cose.
Si mise sul tavolo a scrivere qualche appunto. Quando il campanello di casa si mise a suonare per un paio di volte. John alzò lo sguardo verso l’orologio sul mobile che segnava le diciassette e trenta.
Poteva essere solo una persona.
- Rose?- chiese lui già con un sorriso.
- Così non vale! – gli ripose lei dal microfono.
- È inutile! Ormai ti precedo!-
- Come no! Se magari volessi farmi salire eviterei il congelamento! – John trattenne a stento le risate e premette il pulsante per aprirle il portone.
Rose entrò decisa in casa, sapendo esattamente dove andare. Non salì le scale che portavano alle stanze di John. Ma procedette dritta oltre di esse per poi svoltare a destra. Dove si trovava il grande salone che avrebbe ospitato circa una ventina di persone tra amici e parenti di questi ultimi. Tutto era già stato preparato da alcuni giorni. Sulla parete era stato messo un tavolo dove sarebbero state le portate di cibo, con bevande e bicchieri annessi. A formare un piccolo buffet. C’era poi un grande tavolo, dove tutti avrebbero trovato posto. Rose aveva appena adagiato la borsa su una sedia, per dare un’occhiata intorno. Quando venne bloccata da due braccia, che la cinsero stretta.
- Allora che ne pensi? – bisbigliò John al suo orecchio, appoggiandosi alla spalla della ragazza.
- Direi che va bene. Speriamo che anche a gli altri piaccia – rispose la ragazza appoggiandosi allo scrittore che non accennava a mollare la presa.
Allora la ragazza ruotò su se stessa, per ritrovarsi faccia a faccia con lui. -  Vorrei darti il mio regalo di Natale. – fece lei guardandolo in quei suoi occhi marroni. E mettendo lentamente le mani al suo collo.
- Ora che mi ci fai pensare devo darti anche il mio – fece lui avvicinandosi al suo viso. Con lentezza facendosi sempre più vicino. La ragazza rimaneva ferma con lo sguardo puntato nei suoi occhi. Mancavano solo pochi centimetri e le loro labbra si sarebbero toccate.
E John si ritrovò a baciare…l’aria.
Perché la bionda era sgusciata via dalla presa e stava correndo verso le scale. – Te lo devi guadagnare il bacio! – gli urlò lei dalla rampa.
John da prima rimase senza parole, e poi le corse dietro, fino a chiudere le porte delle sue stanze.
Rose lo aspettava in salotto.
- Questo è per te – iniziò lei, porgendogli il regalo. Una piccola scatolina rettangolare. John pensò subito ad una penna, ma una volta aperto rimase senza parole.
- Mio padre inventava cose… quello che hai tra le mani è il prototipo per una lampadina tascabile. L’ho trovata qualche giorno fa, mentre sistemavo le cose nel laboratorio di mio padre. Appena l’ho trovato mi ha fatto venire in mente…-
- Il cacciavite sonico! Mi hai regalato un cacciavite sonico!- la interruppe John non contenendo l’entusiasmo. Questo fece sorridere la ragazza.
- Sono contenta che ti piaccia –
- Scherzi, ho un cacciavite sonico! Ora sono veramente il Dottore! –
- Ora tocca a me – e allungo la mano aperta davanti allo scrittore. Questi sorrise e le allungò una busta da lettera. Sigillata.
- Cos’è? – chiese la ragazza rigirandosi la busta tra le mani, e guardando lo scrittore con aria interrogativa.
- Aprila – e alle sue parole la ragazza  la aprì. E si ritrovò tra  le mani una carta geografica del mondo.
-  Che significa?- Chiese allora lei, ancora un po’ incredula. E lui sorrise tenero. – È un viaggio Rose. Per noi. Andremo in qualunque posto tu voglia andare. Scegli un posto ed una data. E partiremo – la ragazza era letteralmente senza parole.
- Non so cosa dire …- John le fece un gran sorriso.
- Nulla, quando avrai deciso partiremo. – e si avvicinò di nuovo a lei e la strinse a sé – Ma dimmi…me lo merito questo bac..?- e come risposta Rose incollò le sue labbra con quelle dello scrittore.
Tutto successe con lentezza. John che le accarezzava la schiena, Rose che si metteva in punta di piedi per essere un po’ più alta. L’inattesa vicinanza dei loro corpi.
In quel bacio c’era tutta quell’intimità che si affacciava timida e sporadica tra di loro. Si staccarono entrambi a corto di fiato. Ma rimasero ancora abbracciati, con John che continuava a baciarle la fronte.
- Stavi chiedendo? – prese parola la ragazza con il suo meraviglioso sorriso.
- Dunque…non me lo ricordo più! – e scoppiarono a ridere insieme come matti.

 
 

***

 

DLIN – DLON!!!
 
Il campanello suonò per l’ultima volta quella sera. Martha e Mikey, con le loro famiglie furono i primi ad arrivare. Seguiti poi da Donna con i genitori di Rose.
Inizialmente c’era un po’ di imbarazzo da tutte le varie parti. Ma John da buon padrone di casa riuscì a mettere a suo agio tutti, tanto che dopo un’ora stavano tutti ridendo e scherzando. Complice un buon bicchiere di vino e una bella atmosfera.
Tuttavia ancora non erano arrivati tutti.
Per John era il momento della verità. Quando si diresse ad aprire si ritrovo davanti il suo autista, con uno sgargiante colletto rosa confetto che si intravedeva dalla giacca.
- La prego signore, non una parola – disse solo Ianto il perché del suo silenzio.
- Allora non trovi che quel colore gli doni! – chiese Jack rivolto al padrone di casa, mentre si appoggiava casualmente al giovane autista. Questi si affrettò ad entrare in casa stizzito.
- Mi detesta con tutte le sue forze – confidò Jack allo scrittore, con un tono amaro.
- Forze ti vedrebbe diversamente se la smettessi di comportanti  da megalomane – suggerì quest’ultimo che ricevette un mugugno affermativo in risposta. Ed entrarono.
Una volta salutato tutti gli ospiti, qualcuno venne incontro a loro.
Capelli rossi – Chi non muore si rivede Jack –
- Donna!- fece lui voltandosi – Sei splendida stasera, sembra che il tempo non sia passato per te – si complimento per blandirla.
- Invece per te, sembra passato molto veloce, l’aria del mare non fa bene alla tua pelle – fece lei guardandolo in cagnesco.
- Visto che siamo tutti, che ne dite di cominciare a mangiare? – si intromise John interrompendo una lite sul nascere.
- Pienamente d’accordo – asserì Jack scappando dalla rossa.
- A dire il vero manca ancora qualcuno – esordì Donna serafica. E ad avvalorare le sue parole, un rombo di moto si udì a poca distanza. Accompagnato dal suono del campanello.
- Oh no! -  fece John, come un fulmine a ciel sereno.
- Oh si! – rispose la rossa andando alla porta.
- Che succede? – chiese Rose.
- Rose vorrei presentarti una persona – continuò la rossa, aprendo la porta – Lui è Christopher, il fratello del nostro John –
Ed entrò un tizio con una giacca nera di pelle, abbastanza alto occhi azzurri e grandi orecchie.
- Buonasera gente! Buon Natale – disse questo agli altri ospiti.
- Tu! – esclamò lo scrittore, facendo voltare l’ultimo arrivato.
- Ma guarda! Ci sei anche tu! Ciao fratellino –
 E Rose si ritrovò tre espressioni diametralmente diverse tra loro davanti. Quella trionfante di Donna, quella totalmente incredula di John, e quella sorridente del nuovo arrivato Christopher.
Si era appena scatenata una riunione di famiglia e la serata era appena cominciata.
- Wow – fu l’unica cosa che riuscì a dire la ragazza.

 

FINE PRIMA PARTE.




Eccoci qui! Ciao a tutte! Come state? Io bene, dovevo aggiornare ieri ma Efp ha dato un pò di problemi così ho rimandato a questo pomeriggio.
Allora parlando del capitolo spero che vi sia piaciuto, con questo credo di essermi riscattata dal precedente, trovo che sia molto divertente.
Come potreete notare ho fatto una panoramica di un pò tutti i personaggi, anche se naturalmente i protagonisti indiscussi sono John e Rose. A proposito che ne pensate dei regali che si sono scambiati? Vi piacciono? Io ci ho pensato un bel pò, e credo che questi vadano bene. Rose infatti gli regala qualcosa che identifica John sempre  più con il Dottore, stessa cosa per il nostro scrittore che regala un viaggio verso qualsiasi posto lei voglia andare.
Ma parlando del fratello del nostro potagonista...Il caro Nine!Non ve lo aspettavate vero? Non poteva mancare in questa storia, e poi anche se c'è stato solo per una stagione è colui che ha rilanciato la serie. Questo quindi è il mio omaggio a lui.
Con questo capitolo si conclude la prima parte della storia, dove hi introdotto più o meno tutti i personaggi della storia.
Rose e John e tutti gli altri matti  di questa storia si uniscono a me per augurarvi delle buone feste ed un buon nuovo anno.
Prossimo aggiornameto la prima settimana del 2012. Un abbraccio grande e lasciate un commente se volete! 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8. Donna Noble - Passato parte 1. ***


Passato parte 1.
 
Donna Noble sei anni prima.
 



 

C’era un vecchio detto che diceva all’incirca così : “ Una volta che si tocca il fondo è in quel momento che incomincia la risalita.”.
Beh, tutte balle.
Donna Noble aveva toccato il fondo da ormai un anno e  non si accennava a nessuna risalita. La casa editrice di suo nonno faceva ormai parte delle storiche aziende fallite della cara e vecchia Londra.
- Dove sistemiamo questo? – le chiese uno dei traslochi.
- Portatelo pure via. Tra un mese questo palazzo sarà demolito – rispose lei in tono amaro dal dispiacere. E l’uomo portò via l’ennesimo mobilio, ogni cosa che veniva portata via, era sempre una ferita più profonda nel suo cuore.
Perché aveva fatto una promessa a suo nonno morente. Quella di continuare a tenere in vita la sua casa editrice, lo scopo della sua vita. E non ci era riuscita.
Ci aveva provato con tutte le sue forze. Ma cosa poteva fare una piccola realtà nell’immenso oceano dell’editoria? Gli scrittori che seguiva il nonno se ne erano tutti andati alla notizia della sua malattia ed incoraggiati da offerte di aziende rivali.
Così eccola lì, a sbaraccare la sede di quello che in passato era stato il suo mondo di libri da bambina.
Tutto sarebbe finito con quello sgombero.
- È permesso? -  fece voltare la rossa. Un uomo alto se ne stava davanti alla porta ad osservarla.
- Non può stare qui. Come vede stiamo sgomberando –
- In che senso? Vi state forse trasferendo?- evidentemente il tizio in questione non era un pozzo di scienza. Questo unito alla tensione generale rese la rossa altamente scorbutica. – Nel senso che stiamo chiudendo – tagliò corto lei.
- Ma davvero? È un vero peccato, ero venuto qui a proporle il mio libro – disse lui guardandosi intorno.
- Credo che dovrà proporre il suo lavoro a qualcun altro signor..?-
- Smith, John Smith – rispose lui distrattamente attratto da una foto appesa al muro.
- Bene signor Smith, le auguro una buona fortuna, spero che ne abbia più di me – lo congedò la rossa, diretta verso la porta.
- No –
- No cosa?-
- Non intendo andarmene, non prima di averle consegnato questo. Lo legga e mi contatti, c’è il mio numero all’interno – e gli porse una busta da documenti alquanto alta.
- Starà scherzando spero. Questa azienda chiuderà ufficialmente i battenti entro sera. Anche se il suo libro fosse un best seller, io non potrei occuparmene.  –
Lui si voltò verso di lei, bloccandola sul posto con uno sguardo più penetrante che la donna avesse mai visto. Si avvicinò a lei.  – Le sto offrendo signorina Noble una possibilità di riscatto. Per entrambi. Lo legga e mi faccia sapere –

 
 

***

 
 

Donna arrivò a casa. Era come se ci mancasse da un secolo. Quella era stata veramente una giornata pesante. Posò la borsa e il cappotto. Diretta in camera da letto per cambiarsi e mettersi qualcosa di più comodo. Ne uscì con indosso un pantalone ed una felpa spaiati. Del tutto ignari di che fine  avessero fatto le loro rispettive controparti. Con poca grazia si lanciò sul divano. Accese il televisore che si sintonizzò su un canale che faceva varietà e sitcom divertenti, dove le risate venivano dallo schermo.
- Che tristezza – esclamò la rossa ad alta voce. Quella giornata si stava chiudendo in una noia mortale.
Poi d’un tratto l’illuminazione.
Di corsa si alzò per andare a prendere la borsa, e sempre con quella mano corse nel suo studio a prendere una matita e gli occhiali da lettura.
“Caro signor Smith sto per metterti in ridicolo” disse stavolta dentro di sé.
Aveva trovato un bel divertimento che probabilmente l’avrebbe trattenuta tutta la notte nella correzione del libro. Correggere bozze era la cosa che le veniva meglio, ma non solo, aveva anche la  competenza necessaria per giudicare una buona trama e qualora ci fosse stata l’occasione, apporne qualche modifica, per rendere la storia più interessante e scorrevole.
Prese la busta e la aprì e ne tirò fuori il contenuto. A giudicare dalla altezza si trattavano di almeno mille pagine, se non di più.
- A noi due! – disse guardando il gran mucchio di fogli davanti a lei.
Indosso gli occhiali e cominciò a leggere.
Nove ore e cinque caffè dopo Donna terminò di leggere l’ultima pagina.
Nulla non aveva corretto nulla. Il testo era immacolato. Fatta eccezione dell’inchiostro dei caratteri.
Nessun errore, grammatica e vocabolario perfetti.
E la storia.
Avvincente, da tenere incollato alla sedia chiunque lettore si sarebbe messo a leggerla.
Quel libro era praticamente perfetto. In qualunque accezione il termine potesse essere applicato a milleottocentonovantacinque pagine di testo.
La rossa si era già trovata di fronte a libri simili. Frutto di mesi di lavoro di correzione da parte dello staff di suo nonno, quando era poco meno di una donna affacciata al mondo del lavoro.
Le sfuggì un ghigno. Erano le otto del mattino di una domenica londinese. Chiunque sarebbe rimasto a dormire fino a tardi no?.
Prese il telefono e compose il numero e lascio squillare.

 
 

***

 
 
 

- Pronto…? – le rispose una voce assonnata dal capo opposto del telefono.
- Lei è un imbroglione. E mi ha preso in giro – cominciò Donna a fare l’elenco degli epiteti eleganti che aveva pensato per il signor Smith.
- Donna, che piacere sentirla – disse il sopracitato con sarcasmo.
- Non mi piace essere presa in giro. In quanti avete lavorato per realizzarlo? – continuò lei come posseduta.
- Nessuno a parte me –
- Starà scherzando spero, un lavoro del genere non può essere… - gli urlò lei carica al telefono.
-..fatto da una sola persona, ho capito..ma se fosse?- ventilò lui l’ipotesi.
- Se fosse vorrebbe dire che lei è un genio della scrittura e io una pazza a non pubblicare un lavoro del genere. Ma non posso farlo. Non ho più una casa editrice, quindi dovrà proporre il suo lavoro ad altri. Io distruggerò la copia  che mi ha dato, stia tranquillo sono una professionista. – lo rassicurò la rossa diretta in cucina a preparare l’ennesimo caffè.
- Fossi in lei non lo farei, quella è l’unica copia esistente, neanche un documento salvato sul computer…Donna è ancora lì?- indagò John dall’altro capo del telefono. Donna in realtà si era presa un momento e si era messa a sedere nel salone, attendendo la fuoriuscita del caffè. E tremante dallo stupore finalmente rispose –Lei..lei è completamente pazzo lo sa?-
- Credo che non sarà l’unica volta che lo dirà. Ascolta, abbandoniamo le formalità. Voglio proporti un accordo –
- Cioè?-
- Gestirai il mio lavoro, far si che venga pubblicato. Sarà un successo e faremo metà sui profitti –
- Lo sai che al momento non ho il becco di un quattrino?-
-Allora siamo sulla stessa barca, sono squattrinato almeno quanto te –
- Ed ora? – fece lei versandosi il caffè.
- Ed ora io stacco il telefono e torno a dormire…e Donna? Basta farmi la guerra, siamo soci ora. A presto! –
Ed attaccò.
Così Donna si ritrovò da sola con il telefono ancora attaccato all’orecchio, con una tazza di caffè fumante davanti a lei.
Attaccò in telefono, e cominciò a ridacchiare, da prima in tono basso in un crescendo fino a ridere con le lacrime agli occhi.
Finalmente si sentì leggera come non era mai stata in quell’ultimo anno.
- Si torna in pista! – urlò in mezzo al corridoio diretta alla doccia, aveva un mucchio di cose a cui pensare ed organizzare.

 
 

***

 
 
 
 

I giorni passavano, e la rossa doveva ammettere che quel John Smith non era affatto come se l’era immaginato. Certo era indubbiamente un egocentrico come pochi, ma aveva un’ironia tutta sua. Che a volte poteva essere molto sottile, da lasciar intendere molto poco di quello che realmente voleva dire.
E poi c’erano quei momenti, in cui la sua mente e il suo corpo correvano binari opposti. Come in quel momento. Fisicamente John era davanti a lei, seduto ad un tavolo con una cioccolata fumante davanti ai suoi gomiti, in uno dei tanti pomeriggi che passavano a pianificare, o meglio Donna parlava a ruota libera, e lui che l’ascoltava, o almeno ci provava.
- Domani mi recherò da questa casa editrice, vedremo quello che ne verrà fuori… - e Donna si interruppe, perché l’uomo non la stava ascoltando da ormai un pezzo.
Lei fece un’espressione un po’ confusa, non sapendo come agire, molto spesso rimaneva in silenzio anche lei, aspettando che lui tornasse alla realtà. Altre volte provava a rompere il ghiaccio.
Altre volte…
- Sei mai scappata da qualcosa Donna? – quella domanda fece voltare la rossa, non sapendo cosa realmente rispondere, si rigirò la sua tazza tra le mani e si decise a rispondere.
- Da molte cose : da una situazione difficile, da una relazione che non avrebbe portato da nessuna parte…da bambina persino da mia madre! – esclamò lei scherzosa, ed un piccolo e breve sorriso a l’uomo seduto di fronte a lei.
- E dai ricordi? Sei mai fuggita da quelli? –
- Non esiste una via di fuga da quelli, qualunque cosa faccia. Può passare del tempo  e chiudere un ricordo nella parte più profonda di se stessi. Ma basta un qualsiasi cosa per farlo tornare a galla –
E lui che fino a qual momento non aveva fatto che guardare fuori dalla finestra, si volto per osservarla con attenzione. – Quindi non esiste una possibilità di riscatto? Una redenzione? –
- Il tempo non può essere riavvolto, per quanto noi possiamo impegnarci tutte le nostre azioni influiscono solo sul nostro presente, non nel passato. L’unica cosa che possiamo fare è accettare il passato ed andare avanti. Per quanto possa essere doloroso certe volte… - come risposta ottenne il silenzio da l’uomo che stava riflettendo con attenzione alle sue parole.
- …è per questo che hai inventato il Dottore John? Per riscattarti dal passato? –
- …Qualcosa del genere – rispose semplicemente lui, prendendo il portafogli e tirandone fuori una banconota, che depose sul tavolo insieme ad una foto.
Era una bambina, seduta su un prato e faceva un gran sorriso sdentato alla foto. Sembrava felice.
- Il suo nome era Jenny, è da lei che sto scappando, ogni singolo istante della mia vita – si riprese la foto. Per poi mettersi il cappotto e salutarla con la promessa di chiamarsi a giorni. Lasciando Donna da sola a finire di sorseggiare la sua cioccolata.

 
 

Per quanto possa essere insolito, fu da quel momento che ricominciò la mia risalita,curioso a  pensarci ora. Il tutto cominciato perché il tizio più strano che abbia mai visto è piombato nella mia vita. Non lo conoscevo come lo conosco ora. Ma sapevo già da allora che aveva un dolore che non riusciva a superare. Anche se con gli anni si è fatto sempre più bravo a nasconderlo. Peccato che l’amore lo stia rendendo meno cauto, e Rose non ci metterà molto a capire che John nasconda qualcosa. Ma ora non voglio parlarvi di loro, perché questa è la storia della mia risalita. E non potrebbe essere completa senza prima raccontarvi di un uomo Jack Harkness”  



Buongiorno e buon anno nuovo!!! Eccoci qui, avevo detto che avrei pubblicato entro la prima settimana di gennaio e sono stata di parola! Come avete festeggiato ieri? Io me ne sono andata in giro per Roma, rientrando a casa in un'orario abbastanza giusto. Ed oggi alzata alle dieci a causa di una punizione divina chiamata lavoro. questo infatti è un aggiornamento molto in corsa!
Parlando di questo capitolo che è puramente di passaggio. Ecco come si sono incontrati. In realtà il questa è la prima parte, il capitolo originale era venuto fuori di otto pagine di Word, ed ho preferito dividerlo in due. 
Mi preme inoltre dirvi GRAZIE. A tutte voi ( do per scontate che siate tutte ragazze, se c'è un qualche ragazzo scusa in anticipo!), che seguite e recensite la storia, che l'abbiate aggiunta alle seguite o alle preferite, che siate delle lettrici silenziose oppure no, voglio ringraziarvi davvero tanto, perchè altrimenti questa storia non avrebbe mai toccato i quindici capitoli salvati nel mio pc. Mi auguro di arrivare ad almeno altri quindici di pubblicazione. Grazie ancora, ci vediamo tra due settimane con l'ultima parte del capitolo!

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Capitolo 9
*** Capitolo 9. Donna Noble - Passato parte 2 ***


Passato parte 2.




Donna incontrò Jack Harkness precisamente dopo un mese esatto da quando un tale John Smith si era presentato un pomeriggio alla chiusura della sua azienda.
Quella mattina la rossa era decisamente troppo nervosa.
- Forse non sono stata chiara…- ripeté per l’ennesima volta alla segretaria tutta truccata stile Barbie, apostrofando parola per parola come a voler farsi intendere da qualcuno che non comprendeva la sua lingua. - …questo appuntamento  è stato fissato da una settimana, ho chiamato ieri per avere un’ulteriore conferma. Ed ora lei mi viene a dire che nessun appuntamento era stato programmato per oggi? -
La segretaria biondo platino fece ondeggiare le sue lunghissime ciglia sapientemente truccate. Poi cominciò  a digitare sulla tastiera con le sue unghie laccate dalla manicure. Guardò ancora lo schermo  e si rivolse a Donna – Mi dispiace signora Nodol, ma non c’è nessun appuntamento per oggi. Il signor Harkness è impegnato in una riunione con l’amministrazione e…-
- Signorina Noble . -
- …non ho capito..?- chiese la segretaria dalla bocca a cuore.
- È il mio nome, non è così difficile da dire o da imprimere nella sua memoria. Ore, le sarei grata di fissarmi nuovamente un appuntamento…- e  Donna si mise a leggere interessata il nome della segretaria.
- Evelyn P…dove P sta per?-
- Palmer – rispose questa.
- Bene Evelyn Palmer,  farò il suo nome nel caso anche questo appuntamento dovesse venire cancellato – le disse con fare leggero la rossa, mentre si appuntava il nome della segretaria, che evidentemente non aveva capito il perché le avesse chiesto il suo cognome.
Si fece ficcare nuovamente un appuntamento e uscì alquanto contrariata dalla società, quando alla apertura delle porte automatiche non ricevette una spallata.
- Sono desolato- si scusò una voce maschile.
- Guardi dove va la prossima volta!- sbottò lei stizzita. Non degnandosi neanche di alzare la testa per guardare in faccia l’uomo che l’aveva colpita, l’unica cosa che voleva era uscire da quel covo di snob.
Era ormai sul marciapiede dopo l’uscita, quando sentì alle sue spalle.
- Ben tornato signor Harkness! -
A quella frase di benvenuto Donna girò su se stessa, e rientrando come una furia dalla porta automatica a passo di marcia mise una mano sulla spalla. La stessa spalla che l’aveva urtata pochi secondi prima e fece – Jack Harkness? Vorrei parlarle un momento. –

 
 
 

***

 

- Dunque signorina Noble…mi faccia capire, lei vuole propormi un libro? – chiese Jack alzando un sopracciglio verso la donna che gli sedeva davanti.
- Esatto, mi creda sarà un successo! –
- Bene allora.  Lo lasci pure alla segreteria, lo farò leggere ad uno dei miei collaboratori e vi faremo sapere. –
- Io invece credo che dovrebbe leggerlo ora, mi creda, non sono una che parla a sproposito o che non conosce questo ambiente, ne faccio parte da quando sono nata . Per cui prego – e tirò fuori dalla borsa i primi due capitoli e glieli porse augurandogli una buona lettura.
Jack non aggiunse nulla. L’unica cosa che fece fu una gran risata.
Dopo una ventina di minuti e di religioso silenzio, Jack posò il blocco di fogli sulla scrivania, e tirando fuori uno dei suoi sorrisi più affascinanti fece a Donna – Che ne dice di discuterne meglio stasera a cena in un buon ristorante?-
Stavolta fu il turno di Donna di annuire senza sapere cosa aggiungere.

 

***

 
 

Due settimane dopo quella giornata e relativa uscita a cena Donna era già completamente innamorata del ricco Jack. Insieme erano una coppia fantastica, uscivano praticamente ogni sera. Jack la trascinava per i quartieri esclusivi di tutta Londra e la viziava a non finire. L’aveva portata a fare shopping e le aveva comprato qualsiasi cosa avesse adocchiato, letteralmente. Tanto che al momento di riporli tutti nel suo armadio, alquanto risicato, questi non entravano ed alcuni capi se ne rimasero infelici nelle proprie scatole griffate.
- È praticamente perfetto – ripeté per la dodicesima volta lei a John, che le rispose con un mugugno annoiato.
- Fossi in te non mi farei strane idee – la mise in guardia lui, mentre rigirava il suo cucchiaino da caffè.
- In che senso scusa?-
- Nel senso che forse lo stai vedendo per quello che non è – cominciò a spiegare lui.
- Vorresti dire che non è bello e che non usa soldi come carta straccia, e che non è preso da me?-
- Eppure non è mai salito a casa tua per trascorrere la notte con te o sbaglio?. Ti conosco abbastanza da immaginare che tu lo abbia invitato.. – la provocò lui.
“ Nega! Sempre e comunque! Oppure inventa! Fallo sgonfiare” furono questi i pensieri che passavano più o meno nella testa della rossa, che ci mise qualche secondo a decidere quale corrente di pensiero seguire per non darla vinta per l’ennesima volta a quello pseudo scrittore.
Per cui tirò fuori il suo miglior finto ghigno di vittoria che le poteva uscite e cominciò a parlare.
- A dire la verità, abbiamo trascorso piacevoli momenti tra le lenzuola.. – si lasciò scappare lei chiaramente allusiva. Infondo stava conversando con un uomo. A loro bastava solo dargli il La e avrebbero fatto tutto da soli.
Ma lui no.
- Stai mentendo Donna – la liquidò lui in fretta, guardandola negli occhi.
Donna mantenne lo sguardo ancora qualche secondo per poi sgonfiarsi come un palloncino.
- E va bene, non è successo nulla, ma ha detto che gli piaccio molto e che tiene a me -
Un lampo passò negli occhi di John, facendogli cambiare espressione uno sguardo privo di espressione, che poteva leggerti dentro e trapassare le tue difese interiori. Ma non era a lei che era rivolto, ma verso l’esterno di dove si trovava. Poteva quasi riuscire a percepire la sua mente che elaborava.
- John?- lo richiamò lei.
- Credo che dovrò fare una bella chiacchierata con il nostro finanziatore –
- Tu non farai un bel niente, per poi parlare di cosa? Non lo hai neanche visto un faccia! –
- Ti assicuro che grazie alle tue descrizioni lo potrei riconoscere tra mille –
- Non ti riguarda, lasciami fare il mio lavoro e stanne fuori. – sbottò lei, che non gradiva che lui si intromettesse nella sua vita. Lui la guardò un po’ strano. Poi alzò le mani in segno di resa e si limitò a dire – Poi non dire che non te lo avevo detto –

 
 

***

  

Il tempo inspiegabilmente passo tremendamente veloce, le settimane divenne mesi. Tanto che dopo molto lavoro, il libro era bello che pronto. E distribuito a giorni.
- A noi! – brindò Jack alzando il bicchiere si un costoso vino rosso che aveva fatto distribuire a tutti i collaboratori che si trovavano nella stanza.
Donna e John erano presenti anche loro, eleganti come non erano mai stati in tutta la loro vita.
- Ma soprattutto – riprese parola Jack – niente sarebbe stato realizzabile senza questi due. Per cui a John Smith e Donna Noble, la donna più caparbia e affascinante che conosca- e tutti alzarono nuovamente i bicchieri in onore della coppia.
- Jack vorrei parlarti un secondo – gli propose Donna un attimo in disparte. L’uomo annuì e camminarono fino al suo studio in fondo al corridoio.
- Di cosa vorresti parlarmi? Spero che non ci siano stati ancora problemi con il piano di distribuzione…- azzardò lui andandosi a sedere.
- nulla di tutto questo, volevo solo dirti  che dovresti stare un po’ più attento…sai potrebbero cominciare a sospettare.. – lo mise in guardia lei, ma forse sarebbe dovuta essere un pochino più esaustiva, perche dalla espressione facciale di Jack, comprese che non aveva capito dove volesse andare a parare. Così aggiunse. – Parlo di noi due…della nostra storia insomma –
La curva delle sopracciglia dell’uomo si fece ancora più marcata. – Quale storia scusa?-
- Parlo della nostra relazione, sarebbe il caso di non farla sapere in ufficio, voglio dire, collaboro con voi da quasi un anno, non vorrei che gli altri pensassero…-
- Ok! Riprendi un attimo fiato ti prego! Donna tra noi due non c’è alcun tipo di relazione. Siamo solo colleghi di lavoro – disse lui piano, sperando che non facesse scenate.
- Ma che stai dicendo? – Chiese lei con un tono di voce appena più acuto.
Lui le lanciò un’occhiata consapevole, quasi come un padre che cerca di spiegare qualcosa alla propria bambina. – Donna credo che tu abbia frainteso. Sei fantastica e molto bella. Ma non mi piacciono le donne, sono gay e tutte l’azienda ne è al corrente, non l’ho mai tenuto nascosto…pensavo lo sapessi.- tirò fuori lui.
- Ma…all’inizio, mi hai portato fuori a cena, a fare shopping..-
- Era un modo per conquistarmi la tua fiducia. Sapevo che ti piacevo e credevo che continuando a rifiutare i tuoi inviti a salire a casa tua, ti saresti fatta delle domande..-
Donna rimase a fissarlo un momento, poi un lampo di comprensione passò nei suoi occhi –Tu hai aspettato che firmassimo l’accordo di esclusiva con la sua azienda.-
- Pensavo lo sapessi…-
- Sapevi che provavo qualcosa per te ed hai giocato ad illudermi, solo per farci firmare –
- Il piano era così all’inizio! Ma poi sei diventata mia amica..!- tento lui di spiegare.
- Amica? Jack io non voglio essere un’amica per te!-
- Non posso darti quello che vuoi Donna,  ed essere amici è il miglior compromesso-
- L’essere presa in giro non vale nessun prezzo!- rispose la rossa urlando.
- Stai per essere assunta come socia! – rispose lui a tono, battendo i pugni sulla scrivania. Nell’udire quelle parole Donna lo squadrò con un’occhiata di ghiaccio.
- Questo non vuol dire nulla! Sai che sono brava nel mio lavoro…ma ora basta me ne vado a casa. Ho bisogno di schiarirmi le idee. Comunque complimenti Jack,  sei esattamente un approfittatore come quelli che mi hanno fatto chiuderla casa editrice di mio nonno. Identico a loro fino al midollo. Illusa io che mi ero innamorata di te, pensavo fossi diverso. – durante tutto il monologo di Donna, Jack se n’era rimasto seduto in silenzio a lasciarla sfogare.
- Donna non la prendere in questo modo –
- In che altro modo dovrei prenderla? Mi hai manovrato usando quello che provavo per te, non vedo altro modo per intendere il tuo agire.- rispose la rossa in tono basso, non avendo neanche più la voglia di alzare la voce. E approfittò di quell’istante di pace per uscire da quella stanza, prendere le sue cose ed andarsene a casa a piangere.

 
 

***

 
 

Non seppe Donna come fece ad arrivare a casa quel pomeriggio. Tuttavia la prima cosa che fece dopo aver buttato a casaccio borsa e cappotto fu quella di spegnere immediatamente cellulare e telefono fisso. Non aveva proprio alcuna voglia di sentire nessuno. Solo silenzio. Ecco cosa voleva.
Così si rannicchiò sul suo divano e si mise ad osservare la finestra.
Il sole lentamente cominciò a calare, fino a che non divenne buio.
Donna per tutto quel tempo era rimasta sul divano nella stessa posizione.
- Allora ti decidi a muoverti o vuoi assomigliare ad una mummia? – Donna non riconobbe subito il timbro di voce e questo le fece fare venti salti indietro dallo spavento.
- Tu!Che sei diventato anche un ladro adesso? Da dove sei entrato?-  chiese la rossa puntando il dito verso l’uomo che aveva davanti.
- Sono salito dalla scala antincendio e sono entrato dalla finestra della tua camera da letto. Fossi in te non la terrei aperta, sarebbe potuto entrare chiunque- le suggerì John come se nulla fosse, mentre si dirigeva in cucina e mettendosi ad armeggiare con le stoviglie. Il tutto alla portata di orecchie della rossa che insospettita per il rumore decise di andare ad indagare.
Trovò il piccolo tavolo della cucina apparecchiato per due, con due pizze fumanti nei piatti.
- Bene pensavo che fossi tornata di nuovo catatonica. Siediti.- la invitò lo scrittore mentre prendeva posto. Donna anche se riluttante fece lo stesso, non aveva molta voglia di mangiare, ma lo stomaco traditore cominciò a protestare.
- Buon appetito allora! – le disse John addentando il suo trancio di pizza. La rossa diede un morso iniziale non troppo convinta, ma nel sentire la bontà della pizza, la fame ebbe la meglio così anche lei cominciò a mangiare con gusto. Cenarono in silenzio, per John sembrava non essere un problema, era una cosa inedita per Donna invece che non riusciva mai a restare in silenzio. Fino a quando non venne il momento di sparecchiare.
- Come mai sei venuto?-
- È stato Jack a chiamarmi, era preoccupato per te – rispose lui in tono neutro mentre finiva di sciacquare le stoviglie e metterle nella lavastoviglie .
- Suppongo che ti abbia raccontato allora.-
- In grandi linee mi ha detto quello che è successo. E mi perdonerai se t..-
- Non dire “te lo avevo detto “ perché non potrei rispondere di me. Grazie- taglio corto lei.
- Credo che tu sia vittima di un malinteso Donna –
- È lui che ha giocato con i miei sentimenti! –
- Ma non ha mai fatto nulla per crearti qualche falsa speranza-
- Mi stavo innamorando di lui – confessò infine lei evitando lo sguardo dello scrittore.
- Lo avevo capito. – rispose lui paziente.
- Per questo avevi provato a mettermi in guardia tempo fa?- chiese la rossa, e lo scrittore annui.
- Non voglio vederlo mai più –
- Questo sarebbe un errore, io ho fatto la mia parte con il libro, ora devi fare la tua e farlo pubblicare-
- Hai ragione, manca così poco. Non possiamo mollare ora. Farò finta che non sia successo nulla. Ma Jack Harkness per me non esiste più – fece lei perentoria. Sentenziando la sua decisione. John  se la guardò un momento e poi alzando le mani in segno di resa si limitò a dire – L’orgoglio non ha mai portato lontano, ma la decisione rimane comunque la tua –

 
 

Il resto è storia. Di lì a qualche mese lanciammo il libro, naturalmente fu un successo. Molto al di sopra  di quello che ci aspettavamo. Questo contribuì ad inserire me e John nelle Tardis Industries. La grande casa editrice di Jack, quanto ai rapporti con lui, accennarne ad alcuno sarebbe veramente troppo. Perché da parte mia dopo quella specie di chiarimento, non ce ne furono. Fu lui a cercare di parlarmi, ma lo evitai in una maniera peggio della peste. Alla fine non ci incrociavamo neanche più a lavoro, poiché prendevo turni totalmente opposti ai suoi. Poco tempo dopo seppi che era partito per un viaggio, che aveva proposto me come direttore generale, in sua vece, fino al suo ritorno. Ovviamente accettai, ma non per fargli un favore, ma per dimostrare a me stessa che ce la potevo fare. Lo dimostrarono i quattro anni successivi, fino a l’attuale ritorno di Jack. Ad oggi non provo altro che amarezza nel suo modo di agire. Quello che auguro a lui è di trovare qualcuno che lo faccia innamorare in una maniera tale da spingerlo a cambiare in meglio.
Mentre io a quanto pare sembra che abbia consacrato la mia vita al lavoro, anche se c’è un vecchio detto che sembra molto adatto alla mia vita, ovvero “mai dire mai” infatti non si sa mai quello che può capitare no?

  

Salve! Eccoci qui, con la conclusione della regressione tutta dedicata a Donna Noble, spero che vi sia piaciuta. 
È stato svelato il motivo di tanto odio della rossa verso il caro Jack. Donna è una persona da l'innamoramento facile, e Jack con la sua gentilezza ed indubbio fascino si è "semplicemente" dimenticato di dirle che la considerava solo un'amica.
Per quanto riguarda il confronto tra i due è stato un duro colpo per entrambi, anche se causato da loro stessi. con l'incapacità di Donna nel vedere le cose per quello che erano in realtà e Jack che non le aveva detto la verità perchè gli faceva comodo che la rossa fosse innamorata di lui.
Forse in futuro non è detto che non si chiariscano.
Nella parte finale invece, le parole di Donna si stanno rivelando profetiche, perchè Jack troverà davvero una persona che lo coinvolgera tanto da spingerlo a cambiare. Speriamo solo che Ianto sia preparato a l'idea!
Detto questo vi saluto , grazie a tutti coloro che leggeranno e che se vorrano lasciare un commento. Appuntamentamento tra due settimane, buon weekend! Cristiana.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10. Dove si fanno battute e si sentono conversazioni indesiderate. ***


Salve a tutti! ^^ Solo una piccola introduzione prima di cominciare la lettura. Questo capitolo riprende direttamente dal capitolo 7. 



Capitolo 10.
Dove si fanno battute e si sentono conversazioni indesiderate. 





- Hey voi! Volete venire a mangiare? Altrimenti cominciamo senza di voi!- si sentì richiamare il piccolo gruppo che sostava davanti alla porta di casa.
La prima a riscuotersi fu Donna, che si rivolse a Christopher,  chiedendogli di andare a sedersi. Questo le fece un gran sorriso e le porse il braccio, andandosene via come una coppia d’altri tempi. Rose si lasciò sfuggire un sorriso nel vederli, e poi volse lo sguardo verso lo scrittore. Ed il suo sorriso sparì.
Perché  John non stava sorridendo, se ne stava con la stessa espressione che aveva quella sera in cui era stata importunata da quei due ragazzi. Con lentezza si avvicinò al suo fianco, dove c’era la mano sinistra, e lentamente gliela prese, intrecciandola con la sua. Nel loro linguaggio senza parole, significava vicinanza e sostegno. John infatti parve riscuotersi dal torpore e voltandosi verso di lei con un sorriso. E le chiese – Vogliamo andare anche noi Miss Tyler?-
- Con vero piacere Mr Smith!- rispose la ragazza altrettanto altisonante. Dirigendosi quindi verso la tavola con gli altri ospiti.
Chris aveva già preso parola,rispondendo alle domande che Jackie gli stava facendo a raffica. Il malcapitato non sembrava affatto atterrito, anzi più domande la madre della bionda faceva e più il suo sorriso si allargava.
- Fa sempre così – sentì dire Rose di fianco a lei, questa rispose scoccando uno sguardo interrogativo allo scrittore, che sedeva accanto a lei – adora essere al centro dell’attenzione – terminò lui di spiegare, continuando a guardare il fratello con uno sguardo che rose non riusciva a decifrare.
- Ma come mai è sempre in viaggio?Nessuna che l’aspetta a casa?- chiese per l’ennesima volta Jackie inesistente.
- Mamma! Non credo che sia il caso di tempestare il signor Smith di altre domande. Grazie.- la ragazza interruppe la madre.
- Va tutto bene Rose! Non preoccuparti! Tua madre è una donna così incantevole, che può chiedere tutto quello che desidera! Per rispondere alla sua domanda Jackie devo dirle che io non sono nato per vivere tra quattro mura. Sono un cittadino del mondo! E mi creda… qualunque donna che incrocio nella mia vita è cosciente di questo, e accetta più che volentieri di vivere solo un’avventura al mio fianco. – e con questa frase d’effetto fece calare il silenzio tra la tavolata.
John  se lo guardava con il viso leggermente reclinato appoggiato alla mano destra, ed aggiunse – che tradotto in poche parole, dopo l’ennesima trasferta in qualche paese tropicale è stato buttato fuori da Joan, una santa d’infermiera che ha avuto il fegato di sopportarlo per quasi dieci anni! –
Il primo a cominciare a sogghignare fu Marv, che stava sorseggiando dell’acqua, e che a momenti stava per lavare Mikey  seduto di fronte a lui. Seguito da Ianto, che tuttavia cercava di mantenere una parvenza di compostezza,  cercando di mascherare la risata con un improvviso eccesso di tosse. Mentre Jack si scioglieva in un sorriso da ebete nel vederlo ridere. Così tutti a modo loro cominciarono a ridere. Rose non ce la faceva trattenersi, con le mani tentava di tenersi la pancia, senza rendersene conto, si inclinò di lato per appoggiarsi allo scrittore. John accolse Rose in un abbraccio, ma non prese parte alle risa generali, ma fece un piccolo sorriso. Per poi alzare lo sguardo verso il fratello. Anche Chris infatti stava facendo lo stesso.
Stava ricambiando il suo sguardo. In un muto dialogo di cui solo loro erano protagonisti. Tagliando tutti gli altri fuori.
- Bene  fratellino…- cominciò a dire il fratello maggiore, dopo che le risa si furono calmate e dopo aver terminato il contenuto del bicchiere, vino probabilmente, in una sola sorsata. -…sei stato tu a iniziare, quindi non dire che non sono stato leale. Allora vorrei raccontarvi qualche piccolo aneddoto sulla gioventù di questo scrittore. Ebbene quando aveva sei anni…-
 
 
 

***

 
- Ah,ah! Non ci posso credere! Davvero ti sei lanciato dal tetto di casa, per testare la forza di gravità???- chiese Mikey a John interessato.
- Fuori aveva nevicato per tre giorni. Mi sono lanciato sopra ad un punto in cui la neve non era stata compattata. Ha attutito la caduta, non mi sono fatto nulla! – rispose non curante lo scrittore  con una scrollata di spalle.
- Tu non ti sei fatto nulla. Certo! Tranne che a nostra madre sono venuti i capelli bianchi, mentre ti vedeva lanciarti dal tetto! –
E così altre risate. La serata stava trascorrendo nel migliore dei modi.
- Torno subito – disse Rose a Martha alzandosi diretta al bagno. Gli altri invece avevano cominciato a danzare con i rispettivi compagni e consorti. Inutile dire che il povero Ianto stava diventando sempre più rosso ad ogni giravolta che Jack gli faceva fare.
Chris stava ballando con Donna, che si stava complimentando con lei per i suoi passi di danza. In lontananza vide che suo fratello si stava allontanando. Per fortuna o per caso, il cellulare di Donna prese a squillare in quel momento, facendola abbandonare il lento in fretta con uno – Scusami!- urlato dal tavolo.
Così ritrovatosi da solo, Chris girò i tacchi ed uscì dalla stanza, ripercorrendo i passi fatti precedentemente dal fratello.
Lo trovò infatti in una piccola stanza adiacente alla cucina. In piedi ad osservare fuori dalla finestra la neve che cadeva.
- Così è qui che ti sei rifugiato! Davvero accogliente non c’è che dire- esclamò chiudendo la porta dietro di sé.
- Peccato che non resterai così a lungo, per poter godere della comodità di questa casa – fece John non voltandosi neanche a guardarlo.
L’altro sembrò non toccato affatto, da quelle parole, anzi con un tono divertito gli rispose – Questo tuo tono non è affatto cambiato, non ci vediamo da tre anni e tutto quello che hai da dirmi è di andarmene in fretta. Decisamente non sei cambiato.-
-Forse perché sei il solito osservatore distratto. Hai sempre avuto difficoltà  ad avere una visione d’insieme  Christopher –
- Esattamente l’opposto John. Ho notato tutto con molta attenzione. Grande casa, un lavoro da favola con un’opera  di successo. Circondato da persone  che ti stimano. Come Donna, e poi Rose. Ragazza davvero incantevole. E sai che penso? Che per l’ennesima volta sei riuscito ad ingannare un mucchio di persone!-
- Abbassa la voce. –
- Certo hai ragione. Non bisogna incrinare l’immagine che hai costruito davanti a loro. Ma almeno la tua Rose è a conoscenza di almeno un dettaglio del tuo passato?- chiese il fratello maggiore, con voce bassa, ma che esprimeva un grande impeto.
- Non le ho raccontato nulla, al momento stiamo bene così – e John si girò ad osservarlo.
- Vuoi dire che tu stai meglio così – Chris fece un passo avanti.
- Perché sei qui Christopher?-
- Sono stato invitato  -
- Perché non mi dici la verità una volta tanto?-
- Te la sto dicendo. E ti dirò di più, ho anche intenzione di restare. Donna mi ha offerto un posto di lavoro, che ho tutto l’intenzione di accettare. Quindi sarò un tuo collega a partire dal nuovo anno – e Chris si mise ad osservare l’espressione meditabonda del fratello, questi gli chiese – Perché restare qui, non c’è nulla per te-
- Nonostante tu sia il responsabile di quello che successe, continui ancora ad incolparmi. Io ho solo cercato di nasconderti la verità, sapevo che era troppo per te. Caro il mio John. Così intelligente e fragile. Con una predilezione  per la fuga a sorpresa, quando le cose cominciano ad andare male per te –
- Smettila! Sono passati sei anni! Devo andare avanti! – gli urlò stavolta il fratello minore. Chris allora batte un pugno al muro per la rabbia.
- Ma lo stai facendo a modo tuo, come sempre! Non hai detto loro nulla di quello che è successo! Per ora le cose vanno bene. Tiri avanti raccontando quella stupida favola, che succederà quando cominceranno a fare domande? Cosa farai quando Rose comincerà a fare domande su di te? – ed ottenne il silenzio come risposta. Perché l’unica cosa che John potè fare fu quello di evitare gli occhi azzurri del fratello. Che vista la sua reazione commentò solamente – John…io ti vedo con lei, so che la ami, anche se noi hai il coraggio di ammetterlo. Se davvero tieni a lei dovrai dirle come stanno le cose. Prima  che sia troppo tardi e le spezzerai il cuore. Io continuerò la farsa del fratellone simpatico, ma resterò a guardare e nel caso tu non abbia il coraggio di parlarle, allora lo farò io. – e con questo senza dare al fratello il tempo per rispondere uscì e richiuse la porta, per tornarsene alla festa.
In quello stesso istante, un’altra porta si chiuse, ma con più dolcezza, era Rose che era uscita dal bagno adiacente alla stanza dove i due fratelli avevano parlato, e nonostante si ritenessero distanti e quindi quasi sicuri di non essere sentiti, quella casa aveva muri sottili, forse troppo.
 
 
 

***

 
- Va tutto bene?- chiese Martha alla bionda che si stava sedendo di fianco a lei, notando il suo pallore.
- Non mi sento molto bene, a dire la verità – ammise Rose con un sorriso di circostanza.
- Non hai  la febbre – constatò Martha, toccandole la fronte e sentendole il polso.
- Già! Tuttavia credo che me ne andrò a casa, non vorrei che diventasse qualcosa di serio –
- Ok vado ad avvertire Mikey che andiamo – rispose lei andando a prendere la borsa.
- No. Voi restate, stasera dormo da mia madre, vado con loro –
- Ok…- rispose lei un po’ presa in contropiede.
Mentre la ragazza bionda si alzava ed andava ad avvisare la madre.
Jackie in quel momento si stava facendo grandi risate con Jack, che le stava raccontando qualche stravaganza dei posti da lui visitati. A qualche sedia di distanza c’era Ianto seduto che si stava godendo il momento di pace, da Jack Harkness. Da quando gli era stato affidato il compito di accompagnarlo, il mese precedente, per Jack ogni scusa era buona per passare del tempo con lui. E così faceva un sacco di domande su qualsiasi cosa gli passasse per la testa.
Dal colore preferito al cibo odiato. Jack sembrava alla disperata conoscenza di cosa Ianto odiasse ed amasse.
- Ianto?- si sentì richiamare il giovane.
- Signore?- e nel sentire quella parola Jack lo sorprese, mostrandogli per la prima volta un sorriso stanco, da quando si erano conosciuti.
- Riuscirai mai a chiamarmi per nome e darmi del tu prima o poi?- chiese lui  a voce bassa, avvicinandosi un po’ a lui per non far sentire quello che stava dicendo agli altri.
- Signore …io non la conosco..-
- Lo so, me l’hai detto la prima volta che ci siamo visti ricordi?- ed il giovane annuì.
- Esci con me-
- Cosa?-
- Ti sto chiedendo un appuntamento Ianto. Ti do tempo una settimana  per decidere dove e quando, altrimenti ci penserò io – e detto così sembrò suonare come una minaccia.
- Sembra dare per scontato che io sia in qualche modo attratto da lei – lo provocò il giovane, stranamente coraggioso.
Jack sorrise malizioso e con lentezza si alzò per andare dietro di lui ed abbassarsi all’altezza del suo orecchio – E allora perché stai tremando in questo momento? – chiese suadente, dandogli una pacca sulla spalla ed andandosene a prendere qualcosa da bere.
 

***


-È… l’amore – sospirò Jackie che si era guardata la scena dei due uomini da vicino. Ripromettendosi mentalmente di dire a Rose di tenerla aggiornata sugli sviluppi tra quei due.
- Mamma – la richiamò la figlia mettendole una mano sulla spalla.
Una madre sa sempre quando qualcosa non va in una figlia, è qual semplice istinto che rende il legame tra madre e figlia qualcosa di indissolubile.
- Rose..- si limitò a dire Jackie, aprendo le braccia ed accogliendo sua figlia che la stringeva in un abbraccio forte, bisognoso di sicurezza.
- Andiamo a casa, mamma . – e quelle parole furono sufficienti . perché esattamente dieci minuti dopo erano davanti alla porta. Stavano salutando tutti. Marv sembrò quello meno contento di andarsene, perché si stava divertendo molto.
- Che succede? – chiese il padrone di casa, che fino a quel momento era sparito chissà dove. – Rose? – la richiamò lui, avvicinandosi con una faccia preoccupata.
Rose inizialmente rimase accanto ai suoi, non sapendo bene come muoversi. Ma lo sguardo di ghiaccio di Chris puntato verso di sé la riscosse.
Fece un paio di passi verso di lui, e gli prese la mano. – Domani devo alzarmi presto. E me ne sto andando via con loro, perché è una tradizione tra me e mia madre, tornare a dormire a casa per le feste. Va tutto bene, ci sentiamo domani ok?- e gli sorrise, ma non con il suo solito sorriso.
- A domani allora. Buonanotte. – e le diede un bacio sulla fronte. Così se ne andarono.
Il tragitto verso casa fu lungo e silenzio. Almeno lo fu per la ragazza, persa nei suoi pensieri.
Tutta quella conversazione, sentita inavvertitamente continuava a ronzargli nella mente, ponendole interrogativi ai quali lei non poteva dare risposta. 
 
 

***

 

L’orologio digitale della sua vecchia camera, segnava le quattro del mattino. E per tutto per tempo non aveva fatto altro che rigirarsi nelle coperte.
D’un tratto, il suo cellulare si illuminò. Un messaggio. Poteva essere solo una persona.
John.
 
“Tutto bene? Mi sei sembrata strana, mentre ci salutavamo. Chiamami appena ti svegli. Ero preoccupato”
 
Rose rilesse quelle poche righe, per poi spegnere il cellulare ripromettendosi di chiamarlo la mattina. La rassicurazione che John si fosse preoccupato per lei l’acquietò.
Le sue membra cominciano a rilassarsi, permettendo al sonno di impadronirsi di lei. E proprio mentre stava per chiudere gli occhi un pensiero si fece strada in lei.
 

Cosa mi nascondi John?


 

Allora eccoci qui! ^^ Come state? Io comincio un pò ad accusare l'accavallamento d'impegni, infatti sono stata costretta a rallentare con l'aggiornamento. cosa che continuerà purtroppo. =( la storia sta continuando bene, anche se ci stiamo avviando alla fine. Sono abbastanza avanti con i capitoli e mancano solo un paio da scrivere...sono triste già al pensiero!
Ora vi saluto, come sempre spero che passerete a lasciare un commento! A presto!

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Capitolo 11
*** Capitolo 11. Dove ci sono nuovi sorrisi, si consola un'amica e si rivaluta una persona. ***


Capitolo 11.
 
Dove ci sono nuovi sorrisi, si consola un'amica e si rivaluta una persona.




 

Il periodo delle festività, a volte è come se avesse una volontà tutta sua. Per alcune persone, quei pochi giorni sembrano lunghi e interminabili. Per altre invece può passare molto velocemente. Per John, Rose e tutti gli altri loro conoscenti fu quest’ultimo caso.
Il nuovo anno arrivò altrettanto velocemente così come quello vecchio se ne era andato. Già dalla prima settimana di gennaio Chris prese a lavorare nella casa editrice. Così come Donna voleva che fosse.
Posto assegnatogli: segreteria.
Mansioni : rispondere al telefono, scrivere e ricordare appuntamenti, portare caffè qualora ce ne fosse stata richiesta.
Il tutto al suono di una sola voce femminile. Quella di Donna Noble naturalmente.
Quest’ultima che si era messa a cercare il fratello maggiore del suo scrittore, solo per una pura ripicca, con il tempo si ritrovò sempre più interessata a lui.
Era una persona molto alla mano, pronto a regalare un sorriso a chiunque. Tanto che già nel piano dove lavorava era ben voluto da tutti. Era inoltre molto intuitivo e sarcastico quanto bastava da non risultare offensivo. Doveva poi ammettere che nonostante quelle orecchie, parecchio a sventola, quasi gli donavano, con quei suoi occhi azzurri e quell’espressione non era veramente niente male…
“Ok Donna, ora decisamente basta!” si disse da sola nella mente. Interrompendo il flusso dei suoi pensieri, mentre il protagonista di tali elaborazioni stava avanzando portando una tazza vuota su una mano e una brocca di caffè nel’altra.
- Buongiorno Donna! – la salutò lui.
- ‘giorno a te Christopher. Allora come ti trovi? Ti piacciono i colleghi?- chiese lei da capo diligente, mentre lui le versava il caffè.
- Mi trovo bene, mi sono ambientato in fretta. Con i colleghi ho fatto subito conoscenza…sarà per questa faccia da scemo che mi ritrovo…comunque non ti ringrazierò mai abbastanza per questo lavoro –
-Figurati, si vede che sei uno a cui piace stare in mezzo alla gente. Puoi restare quanto vuoi. –
- Sempre ammesso che al mio caro fratellino questo stia bene – fece lui, spostando la sedia  per mettersi a sedere.
- Sai qual è il vantaggio di essere il capo? Poter fare esattamente quello che si vuole – rispose lei facendosi avanti verso di lui, e unendo le mani per usarle come appoggio per la testa. Chris si fece una grossa risata seguito dalla rossa.
Poi Donna terminò di bere il contenuto della tazza per porgerla a Chris.  Che sempre sorridente la prese, sistemò la sedia e se ne andò. Quando la porta del suo studio si richiuse, per rimanere nuovamente sola. La rossa non potè fare a meno di lasciarsi sfuggire un sorriso. Decisamente l’anno era cominciato nel migliore dei modi

 
 

***

 

- Quello lo mangi?- chiese Rose, occhieggiando alla pastarella al centro del tavolo. John sorrise e per ripicca prese la pastarella alla crema, mangiandosene metà.
- Hey! Quella è mia! – e prese il restante pezzo dalle sue mani, e se lo finì con gusto. John stette a vederla mangiare. I suoi occhi erano sereni, e prendendole una  mano poggiata sul tavolo chiese – Allora come va?-
Rose si mordicchiò le labbra, non voleva mentirgli. Eppure i suoi occhi erano così entusiasti, che non se la sentiva di rovinare quella lucentezza  dei suoi occhi.  Così cercò di rispondere sfoggiando il suo migliore falso sorriso che meglio gli riusciva –Tutto bene. Sono solo preoccupata per Martha. Sai Mikey è partito stamattina molto presto, per lei  lasciarlo andare si sta facendo più difficile…- optò per una mezza bugia, dicendogli che la causa della sua preoccupazione era solo per la sua amica. E non per quella conversazione sentita di straforo tra lui ed il fratello.  John la guardò con un’espressione consapevole, tanto che le disse accarezzandole la mano.
- Sai..credo che io non ce la farei a reggere una situazione del genere. Perché lascarti andare sarebbe difficile. Molto difficile -
Rose continuò a guardarlo interdetta. Come si poteva reagire a quelle parole, se non diventare completamente rossi?. –Sei..troppo..diretto – bisbigliò la bionda a bassa voce.
- E tu tendi ad arrossire troppo facilmente – ribatté lui ilare come  la ragazza non lo aveva mai visto da quando si erano incontrati mesi prima.
- Sei felice – constatò lei.
- Come potrei non esserlo? Guarda Rose, siamo in una delle giornate meno fredde del’anno. Siamo insieme e sto passando un magnifico pomeriggio in tua compagnia. Ed in questo preciso momento stanno cominciando le riprese del film su un personaggio creato da me. Non potrebbe andare meglio. Sbaglio?-
- Certo! – fece lei, non avendo il coraggio di contraddirlo. In quel momento sembrava emanare un’aura di positività che non voleva in nessun modo scalfire. Tuttavia non potè fare a meno.
- Parlami un po’ di te -.
La faccia dello scrittore assunse un’espressione interrogativa tanto che chiese –Come mai questa domanda?-
- Così…è che mi sto rendendo conto che da quando ti conosco, non ho fatto altro che raccontarti di me..-rispose lei in una scrollata di spalle.
- Allora, che vuoi sapere?-
- Che tipo eri da bambino? Quali erano i tuoi sogni?-
- Ero come un qualsiasi altro bambino. Dopo scuola andavo sempre a giocare con gli altri bambini al parco dietro casa. Il mio sogno più grande invece era quello di fare l’astronauta da grande…ma se ti metti a ridere non ti racconto più!- si bloccò lui.
- No no!  Continua per favore, è solo immaginavo volessi esplorare già da piccolo. – trattò lei con le mani alzate.
- Per il mio settimo compleanno mia madre mi regalò una visita al planetario. Mio fratello invece un libro sulle costellazioni. Lo conservo ancora-
- Devi essere molto legato a lui – la buttò lì la bionda, memore della  precedente discussione, la sera di Natale.
John infatti ci mise un po’ a rispondere, mentre giocherellava con le mani – Una volta lo eravamo. Ora siamo poco più di due estranei…- terminò lui.
- Come mai?-
- La vita, ci impone di fare delle scelte. Lui ha fatto le sue, ed io ne ho fatte di completamente diverse –
- Non potrebbe esserci una riconciliazione tra voi due?-
- Tempo fa forse, ora sarebbe difficile, veramente difficile.-
Rose voleva chiedere molto altro, ma aveva veramente a cuore John, così decise per il momento di abbandonare il voler capire cosa nascondesse per risollevarli il morale.
- Sai invece, cambiando discorso..sto scegliendo la meta del nostro viaggio! – a quelle parole John si riprese immediatamente.
- Bene!  Devo andare a rifare il mio guardaroba estivo allora!- rispose lui, mentre mangiava il suo gelato.
- Fossi in te non lo farei, anzi rinforzerei il tuo vestiario invernale- le suggerì velatamente lei con un ghigno di trionfo. E quando un’espressione  consapevole si dipinse sul voltò del uomo davanti a lei, scoppio a ridere di gusto.
- Tu..non puoi..farmi questo! Io pensavo che ti piacessero luoghi estivi! Caraibi! Pensavo a sabbia bianca, con alte palme a farci da ombra..! – biascicò lui.
- Spiacente! Tu non mi hai imposto nessun confine, quindi si va dove ho scelto!-
- Nessun ripensamento?- ed ottenne una risposta negativa della bionda con la testa.
- Bene. Allora vuoi dirmi la destinazione?-
- Norvegia –
- Perfetto – borbottò lui mangiando il suo ultimo cucchiaino di gelato alla vaniglia. Tuttavia il broncio durò solo un altro paio di secondi, perché Rose poggiò le mani sul tavolo e facendo leva su di esse si sporse verso di lui. Sfiorandogli delicatamente le labbra.
- Vaniglia  - giudicò lei. Dopo un’attenta analisi del gelato che aveva rubato dalle labbra dello scrittore. E questi guardando sconsolato il bicchiere vuoto che fino a qualche momento prima c’era il gelato le disse – Potevi dirmelo prima, te ne avrei lasciato un po’. Comunque, a quando la partenza?-
- Per il mio compleanno!-
- Bene! Norvegia arriviamo! – fece lui. Mentre dentro di se non faceva che ripetersi “ Cavolo, quando è nata Rose?”.
Doveva assolutamente chiedere a qualcuno..e chi meglio di Jackie Tyler per sapere la risposta?

 
 

***

 

La porta di casa si aprì in uno scatto. Una volta entrata Rose si guardò intorno un po’ spaesata di fronte al buio. Era convinta che ci sarebbe stata Martha a casa.
- Sono tornata! – esclamò ad alta voce, verso le scale che portavano alle camere del piano di sopra. Nessuna risposta.
“ Eppure..” si disse, cominciando a fare le scale, diretta verso la camera della sua amica.
- Oh Martha – fece quando la vide  nel suo letto a piangere. Se ne stava distesa di fianco con le spalle che le tremavano.
Con lentezza si avvicinò al letto, mettendosi nella stessa posizione ma facendo in modo di trovarsi di fronte a lei.
- Perché non mi hai chiamato? Sarei tornata a casa prima-
- Eri con John. Avevi tutto il diritto di stare insieme a lui-
- Credimi, delle volte penso di non conoscerlo affatto – confesso la bionda, accarezzando la testa dell’amica, cercando di calmarla.
- Ma lui è sempre qui, ed hai ogni occasione  per parlare con lui. Di chiarirvi. Io invece ogni volta che lo lascio andare so che potrebbe capitargli qualunque cosa-
- Mi dispiace che tu debba sopportare tutto questo-
- Ci siamo lasciati –
- Cosa? Perché?- Rose smise di calmare la sua amica, concentrandosi su quello che stava per dire.
- Stamattina in aeroporto. Tutto stava andando bene. Ci stavamo salutando come al solito. Con un arrivederci ed un sorriso sulle labbra…poi mi sono fatta prendere dal panico. E gli ho chiesto di non partire..- Martha fece una pausa guardando la ragazza bionda che non fece altro che restare ad ascoltare , facendole un piccolo cenno con la testa, ad invogliarla  a continuare a parlare.
Martha infatti prese un bel respiro e continuò a raccontare-…Mikey mi ha guardato come se mi avessero dato un colpo in testa. Gli ho detto che se davvero mi amava come diceva. E se teneva alla nostra storia doveva rimanere. Perché io non avrei retto altri sei mesi senza di lui-
- Come l’ha presa?-
- Male. Si è arrabbiato. Mi ha chiesto come mai me ne fossi uscita con tutto questo solo in quel momento, invece di discuterne mentre lui era ancora qui. Poi hanno cominciato a chiamare i passeggeri. Mi ha detto che ne avremmo parlato meglio quando sarebbe atterrato. Io gli ho detto che era finita-
-  Sei sicura della tua scelta?- chiese Rose.
- No, ma non sapevo che altro fare – Martha appariva in tutta la sua fragilità, con quella risposta detta a bassa voce.
- Mi dispiace..dai vieni qui. Fatti abbracciare-  e la strinse in un forte abbraccio, lasciandola sfogare fino a quando non avesse avuto più lacrime da versare. La ragazza non immaginava quante ne avrebbe versate lei di lì a qualche mese.

 
 

***

 
  

Jackie  era immersa nel’ascolto della sua vicina di casa Margaret, insieme ad un altro paio di vicine, a proposito  degli ultimi pettegolezzi avvenuti nella loro via.
- Ve lo giuro! Ho visto con questi stessi occhi, la figlia degli Anderson uscire dalla finestra della casa  dei Freeman questa mattina presto!- trillò lei entusiasta.
- E cosa facevi sveglia così presto?-
- Portavo la mia Betsy a passeggio!- rispose sempre Margaret indicando con lo sguardo la vecchia bassotta che se ne stava a sonnecchiare placida vicino al termosifone caldo.
In tutto quel borbottio di comari, qualcuno bussò alla porta.
- Arrivo! – si ritrovò a dire Jackie diretta alla porta.
- Buonasera Jackie – la salutò una cortese voce maschile.
- Buonasera a lei signor Smith! Che sorpresa, la prego entri! – la padrona di casa gli  spalancò la porta e con un gesto della mano lo stava invitando ad entrare.
- La ringrazio, ma vedo che è in compagnia..non vorrei disturbare –
- Nessun disturbo! Le ragazze se ne stavano andando..vero?! – urlò Jackie verso le sue ospiti, che rimasero un attimo interdette. Tanto che una chiese –Ma scusa? Non dovevamo rimanere a cena?-
- Ma no! Cara hai confuso le mie parole. Prima ho detto che forse vi avrei offerto la cena. Possiamo fare tranquillamente la settimana prossima! – occhieggiando a più non posso a John, che stava di spalle ignaro della conversazione silenziosa. Le altre vicine molto perspicaci presero di peso, quella che ancora non aveva capito, e velocemente salutarono e fecero l’occhiolino alla signora Tyler. John entrò nel salotto mentre le vicine, compagnie di pettegolezzi uscivano di casa.
- Si sieda, predo – e John si sedette.
- Immagino  che si domanderà il perché di questa visita..- aprì lui il discorso.
- Un po’ sorpresa lo sono, a dire la verità, ma da quello che mi ha raccontato Rose su di lei. So che è una persona imprevedibile – Jackie sistemò il vassoio con tea e pasticcini sul piccolo tavolino davanti al divano.
- Beh..ecco sono qui perché avrei bisogno di sapere il giorno del compleanno di Rose.-
- Il viaggio certo! È nata il ventidue settembre-
- Bene allora! Comincerò ad organizzare tutto per quel periodo – esclamò lui con un entusiasmo un po’ forzato a causa della tensione di trovarsi davanti la madre della propria ragazza/quasi fidanzata o quello che erano..un momento. Cos’era tutto quel panico.
- John…spero che non le dispiaccia se la chiamo per nome, ecco devo chiederglielo. Quali sono le sue intenzioni con mia figlia?-
John divenne rigido di colpo, cominciando a sudare freddo – Al momento ci stiamo frequentando..-
- Tutto qui? Vi conoscete da mesi e l’unica cosa che mi sa dire è che vi state frequentando?  - il tono di Jackie non era in alcun modo arrabbiato, stava solo cercando di occuparsi di sua figlia. Comprendere questo incoraggio John, facendolo sentire a suo agio.
- Non credo che sia necessaria  una parola per identificare quello che c’è tra di noi.- John la guardò negli occhi, per dimostrargli la trasparenza delle sue parole.
- Questo lo lascio decidere a voi. Ma almeno le ha detto quali sono i suoi sentimenti per lei? Vede John da quando mia figlia la frequenta, i suoi occhi si illuminano ogni volta  che mi parla di lei. Non l’ho mai vista così spensierata se non quando aveva sei anni e voleva sposare Leonardo di Caprio, la prima volta che gli feci vedere Titanic..- e si interruppe , prendendo un sorso di tea.
- Ho l’impressione che stia arrivando il fatidico “ma”-
- Lei sicuramente è molto bravo con le parole. Comunque si in tutto questo c’è un ma. Dalla sera della festa a casa sua Rose so comporta in modo strano. E credo sia a causa sua –
 Quelle parole calarono su John come una doccia fredda.
- Anche io ho notato questo cambiamento. Non penso dipenda da me, non ho detto nulla che potesse ferirla..-
- Forse è questo il problema, dovrebbe parlare un po’ più di sé stesso-
- Parlare del passato non serve a niente – tagliò corto lui, infastidito dalla piega che stava prendendo la conversazione.
- Non sono d’accordo. Aprire il nostro cuore alla persona amata è l’atto di fiducia più profonda che possiamo regalargli. Dopo la morte di Pete, il padre di Rose, non ho più avuto il coraggio di innamorarmi. Tutta la mia vita era concentrata  nell’assicurare  a Rose il futuro che io e suo padre desideravamo per lei. Poi un giorno entro al supermercato a prendere lo zucchero. Solo che era troppo in alto per me. Allora mi sono messa a chiedere aiuto alla prima persona che mi era passata accanto. Lo sa chi era? La stessa persona che mi dorme accanto da un anno ormai. È stato difficile a l’inizio, ma poi parlare ha fatto si che non ci fosse alcuna barriera tra di noi.-
-  Marvin deve essere una persona molto fortunata ad aver lei accanto – disse John sinceramente. Rivalutando la sua opinione sulla madre di Rose.
- Certo che lo è! Gliela dica. Qualsiasi cosa sia che la stia bloccando. Rose ascolterà, non la lasci nel’incertezza… Allora vuole rimanere a cena? –
- No la ringrazio, è stato un bene che sia venuto. Grazie mille Jackie – e l’abbracciò grato.
- A buon rendere! – trillò lei facendogli l’occhiolino. E dopo un’ulteriore saluto si diresse a casa di Rose.
 

 

***
 

 

 Dlin-Dlon!

Il campanello interrupe la scena madre del film, dove il protagonista stava morendo tra le braccia della sua amata.
Premette la funzione PAUSA del telecomando del dvd. Ed andò ad aprire.
- John? È successo qualcosa?- vedendo che lo scrittore se ne stava sulla porta tremante.
- Sono rimasto un’ora qua fuori. Camminando avanti e indietro cercando di fare discorsi plausibili, poi arrivi tu ad aprirmi la porta e tutto evapora – parlò lui, continuando a camminare davanti a lei. Rose lo osservava confusa, non riuscendo a decifrare il suo comportamento – Ma che stai dicendo?-
- Sto dicendo che ti amo Rose – sbottò lui fermandosi, e prendendogli entrambe le mani – Ti amo dalla prima volta che ti ho visto al negozio. Quando mi hai portato il completo, quando quella bisbetica di Miss Hobbes aveva perso le speranze. Ti amo ed ho paura. Perché più mi avvicino a te, prima arriva il momento in cui dovrò raccontarti qualcosa di me. E questo mi fa paura. Quando te ne parlerò, tu te ne andrai, questo mi spezzerà il cuore. Non voglio che tu..-
- Vuoi stare zitto per un secondo?-  urlò la bionda, e subito lui ubbidì – Bene, entra ora. Fuori si gela – lo prese per mano e lo trascinò dentro. Chiudendo la porta e salendo le scale fino alla sua camera.
- Dov’è Martha?- chiese lui durante il tragitto.
- Dormirà qualche giorno dai suoi. Deve riprendersi dalla rottura con Mikey..-
- Non sapevo che avessero rotto..-
- Non ci provare! Non provare a cambiare discorso, chiaro?- e lo lanciò sul letto, con una forza inaspettata, facendolo mettere a sedere dalla sorpresa.
- Ma dico, ti pare il modo di dirmi che mi ami? Questa è stata decisamente la dichiarazione meno romantica, che un uomo mi abbia mai fatto – John nel sentire quelle parole abbassò la testa sconfitto. Una mano gentile si posò sul suo mento facendogli alzare lo sguardo. Rose aggiunse -  Ma è in assoluto la più vera che abbia mai sentito –
- Rose..-
- Lasciami finire, ora che ne ho il coraggio. John ti amo anche io. E come te ho paura. Ma non del tuo passato. Ma di come questo torni a condizionarti come sta facendo ora. Lascalo stare e vai avanti. Hai lavorato tanto per avere tutto questo. Guarda noi? Non è forse meraviglioso stare insieme? Io e te ? Così?- e se lo baciò, con calma senza fretta. Gustandosi quel momento di intimità che era solo loro.
- Rose perché non ci siamo incontrati prima?-
- Perché forse prima non avrei mai lavorato al negozio, magari avrei frequentato l’università ed allora sì che non ci saremo incontrati. E tu?-
- Io? Un arrampicatore sociale. Uno squalo che voleva solo superare suo padre, e che non ne ha ricavati nulla. –
La ragazza scolpì quella frase nella mente. Ma passò oltre, non voleva rovinare quel momento.
- Resta qui stasera. Non andartene – chiese lei, cercando di trasmettergli in quelle poche parole, tutto il bisogno che aveva di lui. E John capì, perché le diede le spalle, togliendosi il cappotto per appoggiarlo alla sedia della scrivania. Tornò verso di lei e circondandola con le braccia la coinvolse in un abbraccio bramoso. Sempre in quel abbraccio, cominciarono a togliersi i vestiti. Non potendo fare a meno di esplorare l’uno il corpo del’altro. E quando la ragazza bionda rimase solo con l’intimo addosso. Si allontanò un momento per chiudere la porta dietro di sé.
Nessuno gli avrebbe disturbati quella sera.
 




Buongiorno  a tutte! Aggiornamento mattutino, probabilmente non sarà l'unica volta..sto aggiornando ora per far riprendere un pò di ossiggeno al mio cervello che è settato in modalità "preparazione esame".
Come sempre voglio ringraziarvi per le recenzioni che lasciate, leggerle ogni volta mi rende volto felice! XD
Parlando del capitolo, è venuto fuori piuttosto carammelloso, attenzioni a picchi glicemici improvissi! Però era quasi d'obbligo, poichè questo capitolo è la cosiddetta calma prima della tempesta!  Parlando invece della destinazione del viaggio...John è rimasto a bocca asciutta, ho preso spunto da questa immagine:        

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Spero che si veda, io ogni volta che la guardo non riesco a fare a meno di non ridere voi?
C'è poi da considerare la destinazione del viaggetto? Dove altro potevano andare se non in Norvegia?
Dite la vostra al riguardo, mi raccomando! XD  Con questo vi saluto! Grazie a tutti coloro che seguono la storia, che la commentano ed anche a quelli silenziosi! Al prossimo aggiornamento, un bacio a tutti e buona giornata!

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Capitolo 12
*** Capitolo 12.Dove si viene osservati e si ricevono telefonate da persone a cui non si pensava più. ***




Dove si viene osservati e si ricevono telefonate da persone a cui non si pensava più.




Il passato non può essere riavvolto,  poiché è una sequenza di momenti unici ed irripetibili, che non potranno mai ripetersi una seconda volta. Quello che non viene mai detto è che queste sequenze che vanno a comporre i nostri ricordi,  sono a loro volta formate da azioni attuate dalle persone attorno a noi. Queste persone  a seconda del’importanza che per noi hanno, fanno si di rendere il loro agire per noi assai importante. E noi che riteniamo quelle persone importanti scolpiamo quelle azioni nella nostra memoria.
Così ci si ricorda dei compleanni, della nascita di un figlio o di un funerale. Ma alcuni ricordi dovrebbero rimanere ben nascosti. E con loro le persone che ne facevano parte. È così difficile riuscire a ricostruire qualcosa. Dopo tanto dolore…è sufficiente un accenno e tutto crolla.

 
 
Chris aveva passato una serata magnifica insieme a Donna. Di recente avevano preso l’abitudine di uscire insieme il sabato sera. Andando a cena fuori e dopo a ballare. Se la sera invece non faceva troppo freddo, passeggiavano. Raccontandosi della loro infanzia, oppure aneddoti divertenti capitati a loro stessi o a qualche conoscente. Altre volte parlavano di frivolezze, di tutto e niente.
- Sei divorziato?- gli chiese Donna a qualche passo davanti a lui, i suoi lunghi capelli rossi si muovevano con grazia, oscillando a destra e sinistra. Con l’oscillazione interrotta ad intervalli irregolari dalle varie folate di vento che le scompigliavano i capelli.
- No – rispose seccamente Chris a caldo, continuando anche lui a camminare. Prendendosi il suo tempo per rispondere – Io e Joan abbiamo convissuto. Una volta gli ho proposto di sposarmi, ero serio..ma lei non ha voluto. Diceva di stare bene come stavamo e che non erano lo scambio di due fedi e mettere un paio di firme, non consegnavano le  chiavi della felicità-  avvertì una mano gentile sulla sua guancia destra, quella di Donna con il suo tocco delicato.
- Mi dispiace – disse semplicemente, evitando di dire sempre frasi di circostanza, su quando una coppia che è stata insieme dieci anni si separa.
- Col senno di poi ha avuto ragione lei. Quando ci siamo lasciati non avevamo più nulla da dirci, eravamo come degli estranei.  Ora dobbiamo solo ricominciare da capo..tu invece? Mai fatto il grande passo? – Chris si guardò in torno vedendo altre persone che come loro, se ne andavano in giro.
- Qualche mese fa..ci sono andata molto vicina, anche se lui mi ha mollato  il giorno prima delle nozze. –
- Che bastardo – sibilò lui dal più profondo del suo cuore. Quale essere aveva potuto fare una cosa del genere ad una come Donna?
- Tu dici? – lo prese lei in contropiede – Forse aveva molta più ragione di quanta non ne avessi io. Voglio dire..- e si  passo una mano suo capelli, mandandoli di lato  -..passo dieci ore della mia vita in ufficio, questo non aiuta a mantenere una storia, probabilmente l’ho trascurato. Peccato però,  mi sarebbe piaciuto tanto avere una famiglia..- e lascio cadere la frase, mettendosi le mani nelle tasche riprese a camminare. Irrigidendo le spalle.
Amarezza
Fu quello che decifrò Chris dal linguaggio del corpo di Donna.
- Lo dici come se non avessi più il tempo – la stuzzicò lui, cercando di sollevargli il morale facendola rispondere per le rime.
-  Il mio orologio biologico mi sta dicendo che non mi rimane molto tempo se voglio avere un figlio –
Chris aumentò il passo raggiungendola. Non sapendo cosa rispondere a quella ammissione. Rimase quindi in silenzio, osservando forse per la prima volta,  la  vera essenza di Donna.
E la trovò bellissima.
Spigliata ma timida, dura ma anche dolce, decisa e allo stesso tempo insicura. Tutto un miscuglio di caratteristiche totalmente contrapposte che contribuivano a caratterizzare la donna che gli stava camminando di fianco in quel preciso istante.
Improvvisamente trovo qualcosa da dire.
- Non ti arrendere.. – e Donna alzò lo sguardo verso di lui – se c’è una cosa che ho imparato nella vita, è che quando non ci viene data una possibilità, allora dobbiamo crearne una noi. Non ti serve un uomo che faccia da padre a tuo figlio. Io per molto tempo non sapevo chi fosse mio padre, eppure ho avuto un’infanzia  normalissima. Ci scommetto, sarai una madre coi fiocchi, ed ora..- si interruppe un attimo, guardandola negli occhi - ..ora posso baciarti?-
In tutta risposta Donna gli mise le mani intorno al collo, e facendo forza su di esse si mise in punta di piedi, per essere alla sua stessa altezza. E si decise a posare le labbra su quelle del’uomo.
Dopo qualche istante si separarono per recuperare ossigeno.
- Direi che te la cavi piuttosto bene – espresse Donna il suo giudizio positivo.
Gli occhi azzurri di Chris sembrarono alquanto divertiti dal complimento appena fattogli. – Posso accompagnarti alla macchina? –
E Donna si mise a ridere – Me se sono io, che ti riporto a casa! Non hai neanche una macchina! –
Chris gli rispose con una silenziosa alzata di spalle. Per poi mettere le mani in tasca e seguire la rossa verso la sua macchia.
Decisamente dovevano ancora lavorare molto sul lato romantico.
 
 
Rientrò in casa, un modesto monolocale in affitto a poche sterline, che poco  aveva da spartire con la “piccola” residenza del fratello.  Almeno aveva un letto dove dormire e tetto sotto cui ripararsi, questo andava più che bene.
Non era tardissimo, l’orologio da polso segnava appena le undici e trenta. Tuttavia sia lui che la rossa sarebbero dovuti essere in ufficio già dal primo mattino.
Il suo cellulare, che se ne stava calmo e placido in una tasca della sua giacca di pelle, prese a squillare.
Con il pensiero che fosse Donna si sbrigò a prendere il telefono.
Ma nel leggere la sequenza di numeri, di cui il proprietario era stato cancellato da tempo dalla rubrica, lo costrinse a frenare l’entusiasmo.
- Perché hai chiamato? – abbaiò lui con rabbia.
- Questa sì che è una bella accoglienza, stavi dormendo? Confesso di non aver fatto molti calcoli con il fuso orario..- gli rispose una voce di donna dal tono prettamente ironico.
- Non sei divertente Melody . Perché hai chiamato?-
- Il solito, per sapere di tuo fratello –
- Dove sei ora? – Chris cominciò a misurare con grandi passi il monolocale.
- Sto seguendo degli scavi in Perù, non hai risposto alla mia domanda – e lui fece un bel respiro e gli disse le cose come stavano.
- È felice Mel, frequenta una donna. È sereno come un tempo..- l’uomo avverti un lungo sospiro proveniente dalla donna da l’altro capo del telefono. - È una cosa seria?-
- Firma le carte per il divorzio. Lascialo andare, non torturarlo ancora per una colpa che non ha.. –
Una risata amara lo interruppe.
- Lasciarlo libero? Ha ucciso mia figlia! -
- Eravamo tutti lì, è stato solo un tragico incidente. E dovresti metterla di torturare te stessa e lui, per una colpa che non avete –
- Come sempre è un piacere parlare con te. Per quanti contrasti ci siano tra te e John, continui sempre a difenderlo. Ti chiedo solo una cosa. Il suo nome –
- Cosa? –
- Il nome della donna che se la fa con mio marito –
- Melody, non fare nulla di stupido.. si chiama Rose Tyler – rispose lui.
- Grazie Christopher – ed attaccò .   
Lui non seppe cosa fare, ma ebbe il presentimento di trovarsi nella calma prima della tempesta.
 
 

***

 
Quella il telefono cominciò a squillare dalle nove del mattino. Stava squillando una seconda volta. Ianto si stava godendo la colazione, mangiando con estrema lentezza.
Infondo era il suo giorno libero, aveva tutto il tempo del mondo. Nella sua casa regnavano le due cose che amava di più al mondo. L’ordine ed il silenzio…
Dopo un numero imprecisato di squilli la segreteria partì con un acuto bip.
…o almeno finche duravano entrambe.
“ Ianto sono Jack..” l’uomo alzò un sopracciglio per nulla sorpreso, e continuo ad intingere i biscotti nel suo cappuccino. “…perché ieri non sei venuto a l’appuntamento? Ti ho aspettato per un’ora!” e qui la voce di sua grazia Jack si stava alzando gradualmente. Così come la sua irritazione era evidente. Jack aveva fatto tutto da solo. Tanto che non gli aveva neanche lasciato il tempo di rispondere che non si sarebbe presentato neanche su ordine della corona inglese.
Risultato? Ianto a casa, e Jack ad aspettarlo inutilmente davanti a l’entrata del ristorante.
Il padrone di casa terminò la sua colazione, e mise la tazza della colazione a lavare. Nel mentre osservava la strada riempirsi lentamente di macchine.
“ Ascolta, non mi piace fare questo monologo. Quindi smettila di guardare il panorama, e vieni ad aprire la porta!” e Ianto si bloccò.
Ok, il fatto di essere spiato a casa sua non era previsto.
Infatti eccolo lì Jack, a sbracciarsi e fargli segno di aprirgli la porta.
Qualche secondo e il campanello suonò- Ianto! Apri la porta, dobbiamo parlare! –
Il suddetto in questione si avvicinò alla porta che rimase chiusa – Si rende conto che questo si chiama stalking  Signore?-
- Jack, è il mio nome. Ti costa veramente così tanto chiamarmi per nome e darmi del tu, almeno quando non siamo a lavoro?- la voce di Jack arrivò a Ianto un po’ ovattata a causa della porta che li divideva.
- Signore se ne vada, questo è il mio giorno libero-
-  Che passerai a casa senza fare nulla –
- L’idea era quella –
- Volevo proporti, se ti andava di fare una passeggiata in centro. E poi magari andare a pranzo da qualche parte, conosco un ristorante italiano che è la fine del mondo -  e dopo una piccola pausa aggiunse – Prometto che non ti farò guidare, andremo in taxi –
Ianto colse qualcosa di diverso in quella proposta, certo Jack gli propinava proposte di appuntamento a non finire, solo che stavolta sembrava che il suo tono fosse addirittura rassegnato.
- Signore…-
La porta ebbe un piccolo sussulto partito dal’esterno, forse Jack aveva cambiato posizione o si era appoggiato alla porta.
- Cosa devo fare, per farti capire che sono realmente interessato a te? Le sto provando tutte, ma tu puntualmente rifiuti i miei inviti oppure mi fai aspettare come un cretino davanti ad ristorante. Io sono Jack Harkness. Io sono quello che viene aspettato! Non che aspetta! Ci sono persone che sarebbero lusingate per avere almeno un briciolo del’attenzione che dedico a te. Ma tu niente! Perché non capisci che non voglio prenderti in giro! Apri questa porta -
Ianto era rimasto ad ascoltare quel fiume in piena  di parole.
- Ianto devi fare una scelta. Continuare a vivere in questa specie di bozzolo anti-rapporti-umani, in cui ti sei volontariamente chiuso, e ti rassegni a non conoscere mai la completezza nello stare con un a persona al proprio fianco. Oppure apri questa porta e mi dici chiaro e tondo che è stata tutta una mia fantasia , che l’interesse che vedo nei tuoi occhi è solo una mia convinzione. Dimmelo e ti prometto che non mi vedrai neanche a lavoro. Tornerai alla tua mansione, precedente. E non sarai più costretto ad ascoltare i miei sproloqui. Decidi Ianto. Perché io non me ne vado da qui senza aver sentito una tua risposta -
Ed il silenzio calò.
Ianto rimase in silenzio a pensare. La sua prima decisione fu quella di spalancare la porta e dirgli quello che voleva sentire, per toglierselo definitivamente dalle scatole…ma..
…Ma era realmente quello che voleva? Tornare a quella mezza specie di vita apatica che conduceva, prima che quel tornato di Jack stravolgesse la propria vita?
Siamo troppo diversi di disse.
Jack era un ritardatario cronico, lui spaccava sempre il minuto.
Jack amava parlare di qualunque cosa, lui amava il silenzio.
Jack era disordine, lui ordine perfetto.
Jack era un’espressione sorridente che ti scalda il cuore, lui un discreto osservatore.
Jack era interessato a lui e non aveva intenzione di prenderlo in giro, lui era troppo ancorato ad una vita ben oleata che non aveva bisogno di essere stravolta.
Cosa doveva scegliere?
Eppure Ianto scelse.
Fece un piccolo scatto ed apri la porta a Jack che se ne stava in attesa. – Entra – disse solo e l’altro ubbidì immediatamente. Nel mentre si diede un’occhiata intorno e trovò la casa esattamente come il suo padrone. Ordinata ma vissuta.
Jack si tolse il lungo cappotto invernale e lo mise su una sedia. Rimanendo solamente in camicia e gilet. Per poi mettersi ad osservare il padrone di casa, che indossava pantaloni della tuta e una maglietta chiara a maniche corte.
Questi prese posto su una poltrona, Jack fece lo stesso con quella accanto alla sua.
Ianto fece un bel sospiro – Non è vero che non ti sopporto. È solo che siamo troppo diversi e nonostante tutto è vero che mi piaci. Ma ora come ora non voglio una relazione…possiamo provare ad essere amici.. –   - Certo!-  lo interruppe Jack a voce un po’ troppo alta dalla felicità. Mentre il padrone di casa fece un piccolo sorriso Jack chiese – Ed ora?-
Ianto si alzò – Tu aspetti qui buono, senza devastarmi il salotto. Io vado a cambiarmi così possiamo andare in centro. A proposito che specialità hanno al ristorante dove dobbiamo andare a pranzo?-
La domanda che gli era stata posta non aveva nulla di comico. Ma Jack scoppio a ridere lo stesso. Una risata calda dal tono basso. Che fece aumentare i battiti del cuore di Ianto.
 
 

***

 
 
Rose abbassò la serranda del negozio alle nove e un quarto di un piovoso giovedì sera. Era stato un pomeriggio infernale, con  Meggie che era entrata in maternità e la nuova ragazza che lei doveva affiancare. Il tutto condito da l’occhio quasi onnipresente della titolare che non perdeva un secondo per tartassarla. Risultato? Un gran mal di testa ed una gran voglia di buttarsi a letto a dormire.
- Roseeee! – si sentì chiamare e si aprì lo sportello di un’utilitaria dai vetri scuri.
- John?-
- Avanti sali!- e facendo una corsa la ragazza salì.
- Che stai facendo?- chiede lei, quando lui avvio il motore della macchia della direzione opposta a casa sua.
- Siamo in fuga. Io da una noiosissima riunione serale di lavoro, e tu dalla cena con tua madre – quella risposta sorprese la ragazza – Ma non dovremo almeno avvisare?- e lui le fece un furbo sorriso a trentadue denti.
- Già fatto Miss Tyler. Ora devi solo stare qui seduta buona e guardarti il panorama – e così la bionda fece, guardando la macchina addentrarsi in strade che Rose ignorava l’esistenza.
- Allora dove siamo?-
- A toccare un sogno realizzato – e prendendola per mano la guidò verso un grosso capannone, recintato e chiuso a chiave. Che John naturalmente aprì con la chiave, e Rose venne trascinata ancora. Aprendo poi una porta che dava al buio.
-John?- chiese lei incerta quando lui le lasciò la mano.
- Solo un secondo! Sto accendendo gli interruttori! -  sentì rispondere lei da un’indistinta parte dietro di lei.
Qualche secondo dopo sentì un “TAC” e le lampade si accesero una ad una, rivelando la grandezza della struttura, ma non era solo questo. Era quello che c’era a l’interno, che stava ammirando rapita. Tanto che l’unica cosa che potè fare fu salire qualche gradino.
E guardarsi intorno. Una specie di console piena di improbabili bottoni, strane strutture simili a coralli che fungevano da colonne, lampade che emanavano una debole luce e strani tubi che pendevano dal soffitto.
Rose seppe esattamente dove si trovava, perché aveva letto una descrizione minuziosa e dettagliata di quello che era stato ricostruito, fedelmente grazie ad una magia che solo il cinema poteva creare.
- Questo..è il Tardis vero? – chiede allo scrittore che nel frattempo aveva cominciato a spingere qualche comando, e la console comincio a muoversi, con tanto di rumore proveniente da sotto la console.
- Esatto! Il Tardis ricostruito in sezione! – fece lui esultante, aprendo le braccia e facendo un giro su se stesso. Felice come un bambino nel giorno del suo compleanno.
- Ce l’ho fatta Rose! Siamo nel set dove a breve cominceranno le riprese sul Tardis! –
- Sono felice per te! Te lo meriti! –
- Prima di portarti qui, ho fatto una chiacchierata con l’attore scritturato per impersonare il Dottore. David Tennant. Lo trovo perfetto –
- Non lo conosco un gran che. – ci pensò un attimo lei.
- Lo conoscerai presto tranquilla! – e prendendola di nuovo per mano. La trascinò verso i vari nemici del Dottore : Dalek, Slitheen  e Cyberman, e molto altro ancora.
La ragazza non seppe assolutamente dire quanto esattamente stettero lì dentro. Quando cominciò ad avvertire la stanchezza si avvicinò e gli disse semplicemente - È ora di andare – e lui con una strana espressione, annui e si diresse verso gli interruttori.
- Cosa c’è? – chiese la ragazza.
- Non sarebbe bello se tutto questo fosse realmente reale Rose? Pensaci, poter viaggiare sempre e vedere i momenti più belli e indelebili della nostra storia. Noi due e nessun altro con l’universo come nostro unico limite…- cominciò lui, voltandosi verso di lei.
- Io non potrei viaggiare con te per sempre. Tu come Dottore ti rigeneri, non invecchi. Io invece continuerei ad invecchiare. Potrei viaggiare con te solo per un tempo limitato e alla fine mi lasceresti indietro lo stesso…- - Mai! – interruppe lui, avvicinandosi a lei e stringendole le mani.
- Se io fossi il Dottore, farei tutto ciò che è in mio potere per tenerti al mio fianco. Farei qualsiasi cosa –
E Rose commossa gli mise una mano sul viso. – Fortuna invece che siamo entrambi umani, possiamo invecchiare insieme …anche se tu diventerai un vecchio brontolone prima di me! –
- Hey! Non eri tu quella che non dava importanza alla differenza d’età? – fece lui prendendola da dietro e cominciando a farle il solletico. Facendo contorcere la bionda da spasmi per le risa.
- Ti amo Rose -  bisbigliò al suo orecchio, baciandole il collo.
Finirono di spegnere la luce, chiusero, il capannone. Diretti a casa.
 
 
 
Casa di Rose, molte ore dopo.
La ragazza stava facendo una ricca colazione. Ricordando contenta l’ennesima sorpresa che John gli aveva fatto quella sera.
Poi il campanello suonò.
Doveva essere arrivato quel librò importante di cui Martha le aveva accennato giorni prima.
Così si precipitò ad aprire la porta.
Trovandosi davanti una donna bionda sulla trentina.
- Posso fare qualcosa per lei? – chiese la ragazza cortese, intuendo che non si trattava del libro della sua coinquilina.
 - Salve! Mi chiamo Melody Pond. Lei deve essere Rose Tyler – chiese la donna.
- Sono io –
- Vede Rose io e lei abbiamo qualcosa in comune. Si da il caso che per uno strano scherzo del destino siamo legate allo stesso uomo. Mi spiego meglio sono la moglie di John. –
E la ragazza sgrano gli occhi. – Non capisco –
- Lei è stata ingannata,  John se né andato di casa ma io non ho mai smesso di amarlo…ascolti Rose, la vedo un po’ pallida, perché non entriamo, e parliamo davanti ad una bella tazza di tea? Abbiamo molto di cui parlare – e Rose la fece entrare in casa.   




Buona sera mie care! Come state? Io sono ufficialmente alla vigiglia di un esame. Avete presente quando bombardate il vostro cervello di informazioni in dosi così massicce sino ad arrivare alla soglia di mandarlo in pappa? Ebbene essendo il mio caso eccomi qui ad aggiornare..in questo capitolo bello pienotto di avvenimenti riguardo particolare va a Jack, pseudo stolker del povero Ianto..che alla fine a dovuto cedere almeno di un pò. Senza contare della new entry..una certa Melody Pond. Vi dice qualcosa a voi? XD 
Ora vi lascio. Aggiornamento tra due settimane come sempre! A presto!

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13. Dove ricordi così dolorosi non smettono di lasciare il loro segno. ***



Capitolo 13.


Dove ricordi così dolorosi non smettono di lasciare il loro segno.




Rose rimase un attimo interdetta dalle parole della donna che stava davanti a lei, seduta nella sua cucina a sorseggiare un tea. Con una sicurezza dei movimenti con cui sollevava quella tazzina, come se fosse lei la padrona di casa, e non una inaspettata ospite.
- Credo di non aver capito le sue parole- Melody Pond terminò  di bere ed adagiò delicatamente la tazzina sul piattino.
- Rose, capisco che per te sia una notizia sconvolgente. Ma devi sapere la verità –
La ragazza la stette ad osservare un attimo – Come faccio a sapere che non è tutto uno scherzo e lei una impostora? –
La donna senza battere ciglio tirò fuori un vecchio diario blu, era logoro e sembrava vecchio. Lo adagiò sul tavolino e lo spinse avanti alla ragazza, rimanendo poi ad osservarla. Rose lo interpretò come un silenzioso invito ad aprirlo. E lo fece.
E si trovo davanti agli occhi l’immagine si una coppia con vestiti di cerimonia, lui in tight molto elegante, la donna invece con un bellissimo abito bianco.
Davanti a quella foto che sembrava così reale, priva di contraffazione.
Davanti a quella stessa donna ritratta nella fotografia, più grande, seduta davanti a lei.
Davanti a John, chiaramente più giovane di quello che conosceva, ma che aveva uno sguardo che mai aveva visto in quel volto sorridente e giocoso. Che lo faceva apparire come un estraneo.
Rose poté sentire che una piccola crepa si stava formando nel suo cuore.
- Vuoi ascoltarmi? Poi chiederai tutte le conferme che vorrai a John. Ma ascoltami prima -
 La ragazza si trovava in bilico su un filo molto sottile. Voleva sapere la verità…ma era disposta a pagarne il prezzo?
Niente più bugie, solo la verità. Si disse nella sua mente.
- La ascolto -
E Melody Pond cominciò a raccontare  - Lo vidi per la prima volta dopo la mia laurea. Lavoravo come cameriera in un ristorante. Una sera entrarono un gruppo di uomini. Trasudavano soldi ad ogni passo che facevano. Abiti firmati e ventiquattrore alla mano. Erano uomini maturi, tutti tranne uno, più giovane di loro, probabilmente aveva la mia stessa età forse. Una mia collega al bar mi disse che erano degli importanti avvocati di un importante studio legale, e che il più giovane era il loro più giovane associato. Questo mi colpì. Feci comunque il mio lavoro presi le loro ordinazioni e mi dedicai agli altri tavoli. A fine serata quando gli portai il conto, e lui..beh mi strinse la mano presentandosi..si chiamava John Saxton –
Rose si intromise un attimo – Il cognome di John è Smith –
- Lui e suo fratello usano quello della loro madre…diciamo che considerano il padre una presenza scomoda..-
- Un momento..Saxton..come il nostro Primo Ministro..- sussurrò Rose ancora più incredula, per quanto potesse ancora essere possibile.
- Esatto, sono fratellastri.- ripeté lei  aspettando che la ragazza assimilasse la notizia.
- Continui-
- Ci piacemmo si da subito. Cominciammo a frequentarci anche se era sempre molto impegnato con il lavoro trovava sempre del tempo per me. Si presentava da me alle ore più assurde, sbucando davanti a me con delle proposte assurde.. – un altro “crack” immaginario venne percepito da Rose, la crepa che aveva nel suo cuore si fece più profonda -.. sembrava che non fosse mai cresciuto. Lo fa ancora vero? Lo intuisco dalla tua faccia…io ero innamorata di lui. Davvero, e come innamorata ero così cieca da non vedere quanto mi fossi illusa. Ero convinta che anche lui fosse innamorato di me, almeno prima della nascita di Jenny, ovviamente..- la voce della donna che fino a quel momento non aveva mai vacillato cominciò ad incrinarsi. Fu Rose allora a parlare – Avevo capito che aveva una figlia. Vede..a casa sua non c’è una fotografia, solo cornici vuote. La prima volta che sono andata a casa sua ho visto la foto di una bambina bionda, stava sorridendo – ed una sola lacrima solitaria rigò il volto di Melody.
- Povera piccola..ha pagato lei per una colpa che non aveva-
- Cosa le è capitato?-
- È morta Rose, investita dalla macchina di John.-
- Come ..?- fu l’unica cosa che riusciva a bisbigliare, con la mente completamente vuota.
- Era sempre così di corsa…   

 
 
 
 

“ – Buon Compleanno Jenny! Soffia le candeline piccola! – la incoraggiò suo zio Chris, che teneva una macchina fotografica tra le mani, pronto allo scattare al soffio della bambina.
Jenny osservava le candeline con la torta un po’ incerta.
- Prendi un bel respiro e spegni le candeline tesoro!- la incalzò la madre dietro di lei, che se ne stava con le mani poggiate sulle sue piccole spalle. La bambina attese ancora, guardandosi un altro po’ attorno, per poi alzare la testa indietro chiedendo alla madre – Perché papà non c’è?-
A Melody si strinse il cuore.
- Vado a chiamarlo, sono sicura che tra poco sarà qui per mangiare la torta! – cerco di convincere la figlia, allontanandosi lentamente con il miglior finto sorriso che sperava di riuscire a sfoggiare. Nello stesso istante lanciò uno sguardo a Chris, e questi colto il messaggio al volo cominciò a fare il solletico sulla pancia della piccola.
Provando a farle dimenticare l’ennesima assenza del padre anche solo per un secondo.
La donna intanto si diresse a passo svelto verso lo studio con cellulare alla mano. Compose il numero del marito ed avvio la chiamata. Naturalmente si attivò la segreteria telefonica.
- Non ho la più pallida idea di dove tu sia. Ma spero di cuore che tu stia arrivando…perché in soggiorno c’è una bambina che non vuole spegnere le candeline senza il suo papà. Quindi per favore lascia stare il lavoro per una volta e vieni a casa. Noi ti aspettiamo, fai attenzione alla neve. A dopo – Melody lanciò uno sguardo sconsolato alla finestra, osservando la via innevata. Tutto era ricoperto di bianco : dalla strada alle case terminando con le macchine.
Decisamente non era il tempo migliore per uscire. La temperatura era certamente al di sotto dello zero, ma John quella mattina volle uscire lo stesso per andare a lavorare – Sarò a casa per l’ora di pranzo – aveva liquidato lui la discussione salutandola con un freddo cenno del capo, mentre la loro bambina stava ancora dormendo ignara della assenza del padre.
-Non essere così triste, non se lo merita – la voce di Chris le arrivò calda e rassicurante dietro le sue spalle. E non disse altro l’unica cosa che fece fu abbracciarla”    

 
 
 
 

Melody si interruppe un attimo, facendo una pausa per riordinare i pensieri. Osservando quella ragazza con cui credeva di non aver nulla in comune, fino ad ora.
- Voi due avevate…una relazione?-  chiese Rose, guardando quegli occhi azzurri che si incontrarono con i suoi.
- Eravamo soli entrambi, incatenati in relazioni che non sentivamo più nostre. Siamo sempre stati amici leali…è questo che ha continuato a legarci..ha fatto da padre più lui,passando tantissimo tempo con mia figlia,  che John quando raccontava le favole a Jenny prima di farla addormentare…- nel mentre la donna di passava una mano sui folti capelli biondi, per alleggerire la tensione che l’attanagliava.
- Continui a raccontare –
E guardandola negli occhi Rose sentì il proprio cuore rompersi definitivamente.
- Fu un incidente…-

 
 
 

“- Perché non ho scelto il fratello giusto? – chiese Melody appoggiando la fronte sulla spalla di Christopher, mentre questo continuava ad abbracciarla stretta.
- Per via delle mie orecchie a sventola-
- Trovo le tue orecchie davvero sexy..anche se sono due parabole! – scherzò lei alla smorfia di lui.
- Davvero divertente. Ah ah, sto morendo dalle r…-
 
PAPAAAAAAAAAAAAAA!
 
Una sterzata
 
La macchina di John contro un albero.
 
E Jenny distesa nella neve, in mezzo alla strada”.
 

 
 
 
 

- …l’avevamo lasciata da sola solo pochi minuti…aveva visto la macchina di John, gli era andata in contro. Lui era al telefono..era distratto…-

 
 

“ – JENNiFERRRRR! JENNY! -  L’urlo di Melody squarciò quel silenzio innaturale. Risvegliando la via del suo torpore.
Molti portoni si aprirono a l’istante, con vicini che andarono a vedere spaventati.
- Chiamate un’ambulanza! – sentì urlare da qualche vicino Christopher, mentre teneva stretta Melody che lottava come una furia per arrivare dalla sua piccola.
- Non toccarla, potrebbe avere delle lesioni –
- PERCHÉ NON SI SVEGLIA!! JENNY..LASCIAMI ANDARE FAMMI ANDARE DA MIA FIGLIAAA! –
Poi voltò la testa verso la macchina, e vide John uscire lentamente, da solo in piedi gettare uno sguardo alla strada, e poi voltarsi verso di lei..con lo sguardo terrorizzato.”
 

 
 
 
 

- L’ambulanza arrivò subito. La portammo in ospedale…ci dissero che aveva una emorragia cerebrale…che dovevano operarla subito…ma.. -

 
 

            “- ..Potrebbe non svegliarsi..- furono queste le parole asciutte e prive di emozione del chirurgo che aveva appena operato sua figlia.
- Andrà tutto bene, Jenny è una bambina forte – bisbigliò piano Chris. Mentre Melody poteva vedere i due poliziotti che stavano parlando con John in una stanzetta”

 
 
 
 

- Chris aveva ragione. Jenny resistette due giorni…prima che il suo cuore smise di battere…John in tutto quel tempo non si era mai avvicinato a vedere come stava…non le ha neanche detto addio..-

- Ora del decesso 10.21 –
Quella frase calò su di loro come il sibilo della spada che stava per ferire a morte.
Un semplice orario fu sufficiente a distruggere l’unica cosa buona che Melody e John avevano.
La loro figlia.”

 
 

- Si fece vedere solo per il funerale..ma non me ne accorsi neanche…e poi sparì…non ricordo un gran che di quel periodo. Nessuna madre dovrebbe sopravvivere al proprio figlio… è contro natura..i figli sono il nostro futuro, loro vanno avanti, quelli che dovrebbero rimanere indietro dovrebbero essere i genitori. -
Rose l’unica cosa che poté fare fu offrirle un bicchiere d’acqua.
Che Melody accettò silenziosamente.
- Omicidio colposo…fu questo quello che mi disse l’agente di polizia che venne a bussare a casa mia…lui invece sparì..una mattina mi venne recapitata una lettera. Poche righe in realtà, dove diceva che mi lasciava libera..che era il modo migliore per riparare in una piccolissima parte a tutto quello che aveva causato. Oltre alla lettere c’erano anche dei documenti che mi nominavano unica proprietaria della casa…e poi nulla -
- Cosa ha fatto fino ad ora?- le chiese la bionda incerta.
- Ho sfruttato la mia laurea, sono un’archeologa…ho girato il mondo, lavorando a siti meravigliosi…fino ad un mese fa. Quando mi sono arrivate le carte per il divorzio. Allora sono tornata a Londra..solo per vederti. Non fare il mio errore, allontanati da lui prima che rovini anche la tua vita –
Rose fece rigirare un paio di volte la tazzina sopra il piattino, facendo sentire un debole stridio causato dalla ceramica. Non ebbe il coraggio di guardarla in faccia mentre confessava – Lo amo –
- Anche io l’ho amato, e questo mi ha reso cieca -
- Ma lui è cambiato, la persona di cui mi ha parlato non ha nulla a che fare con il John che conosco..-
- Perché ha dato un bel colpo di spugna al passato..a Jenny..avrei potuto perdonargli tutto..tranne questo. Io mi sono annullata per lui, costretta in una casa  a fare la casalinga..e lui non ha neanche detto addio a sua figlia. Ti distruggerà Rose, ti entrerà così nella pelle che quando se ne andrà desidererai non averlo mai conosciuto..-
E il cuore di Rose si ruppe definitivamente.

 
 

***

 
 

Una settimana.
Sette giorni ad ignorare chiamate e visite.
- Rose..tesoro, non puoi continuare così…-  Jackie l’abbracciò stretta, sperando che quella volta sua figlia l’avrebbe detto cosa gli fosse capitato.
Ma nulla. La sua amata bambina si limitò a stringerla più forte e scoppiare in un pianto silenzioso.
Finché alla fine anche le lacrime finirono. – Che giorno è oggi? –
- Il 14 febbraio – rispose un po’ stupita la madre. Specie alla vista della figlia che si fiondava al bagno a farsi una doccia, dopo una settimana consecutiva in cui l’unico indumento indossato era il pigiama col quale dormiva.
- Devo andare da una parte, ho bisogno che Marv mi dia un passaggio…glielo puoi chiedere per favore? –
- Certo, ti accompagnerà senza dubbio..ma cosa devi fare? –
- Andrà tutto bene, tutto tornerà come prima..-  e lasciò la stanza per chiedere a Marv del passaggio.
Jackie ebbe la sensazione che quella rassicurazione la figlia l’avesse rivolta a sé stessa.

 
 

- Vuoi davvero che ti lasci qui? – il tono poco convinto di Marv le fece fare una smorfia divertita.
- Più che sicura…e non dirlo alla mamma per favore..- ma fu certa che lui non l’avrebbe mai detto di aver accompagnato sua figlia ad un cimitero.
Ringraziando ancora, chiuse la portiera ed entrò.  Fermandosi in da un fioraio.
- Vorrei un mazzo di gigli bianchi, grazie – se li fece legare e se li portò con sé, sapeva esattamente dove andare.
Percorse un corridoio di lapidi per circa tre minuti per poi fermarsi, trovando la persona che cercava.

 

Jennifer Evelyn Saxton

 

Depose con delicatezza il mazzo dei fiori.
- Mi sarebbe piaciuto tanto conoscerti – si ritrovò a confessare ad alta voce. Ed attese. Lui sarebbe arrivato.
Aspettò due ore.
La pioggia leggera non accennava a smettere di cadere, ma Rose non si mosse. Restava immobile ad osservare il viso di quella  bambina che se n’era andata troppo presto…
E lui arrivò, a passo svelto con la sua camminata lievemente ondeggiante il lungo cappotto marrone mai chiuso, nonostante il freddo invernale.
- Ciao John –
 E lui arrestò la sua avanzata, spostandosi prima in avanti e poi ancora indietro.  E con l’equilibrio appena ritrovato si mise dritto e finalmente la guardò negli occhi. Rose vi lesse panico.
Ma la ragazza non si lasciò condizionare.
- Ho pensato di portarle dei gigli, nel linguaggio dei fiori simboleggiano la purezza – cominciò lei voltandogli le spalle e facendo un paio di passi verso la lapide, scrutando attentamente la foto – Ti somigliava, aveva i tuoi occhi – commentò lei.
- Rose.. –
- Mi avresti mai detto di Jenny? – lo interruppe lei sul nascere dal tono basso e duro.
- Un giorno.. – rispose lui altrettanto privo di tono.
- Perché? Perché non sin da l’inizio? –
- Perché ti amo…tu mi hai reso migliore di quanto avrei potuto mai essere..grazie a te ho trovato il coraggio di costruire di nuovo un legame..hai fatto si che io non affondassi di nuovo in quello che stavo diventando sei anni fa – provò a spiegare lui, facendo qualche passo verso di lei, e prendendole una mano..
- Non mi toccare – il sibilo da parte della ragazza, fu sufficiente a raggelarlo.
- Dopo il suo funerale…mi ritrovai da solo con me stesso. Provai uno schifo tale per quello che ero diventato che pensai a come cancellare John Saxton.  – decise di spiegare fino in fondo – un uomo che aveva anteposto il giudizio di un padre assenteista davanti a tutto. Un uomo incapace di preservare il legame con la donna che amava, che non ci pensava due volte ad andare a lavoro sotto una neve incessante nonostante il compleanno della figlia. Un uomo così attaccato al lavoro da non riuscire a percorrere solo venti minuti di strada senza essere al telefono. Così me ne andai…e decisi di ricominciare da capo…raccontando storie..a Jenny piacevano tanto le storie che le raccontavo. – ed alzò lo sguardo,  e Rose vide i suoi occhi farsi lucidi - ..la sua storia preferita era quella di uno strambo alieno che viaggiava in una nave spaziale attraverso il tempo… Il Dottore è il personaggio che ho deciso di coltivare…il successo che ha  avuto non è altro che mera cosa in confronto al sorriso che mia figlia mi faceva prima di addormentarsi.. –
Rose rimase ancora ferma, ascoltando e provando a capire.
- Sono stato un fallimento, come padre..come marito e come uomo..non pagherò mai abbastanza per quello che ho fatto..ma ho te…ce la faremo Rose..insieme  -
- Tutto quello che sei, quello che mi hai raccontato..quello che abbiamo condiviso..è mai stato importante per te? Come posso avere la certezza che tutto quello che abbiamo vissuto non era altro che una bugia? –
John sgranò gli occhi per l’incredulità – Come puoi anche solo credere una cosa del genere? Il passato non ha nulla a che fare con noi due. Fidati di me ..-
- È questo il problema -
Lui per la prima volta dopo moltissimo tempo si senti totalmente inutile,  ma la cosa non gli importò, perché a quanto pare una vita non sarebbe stata sufficiente per rimediare a quello che era.
- Finalmente Rose hai un quadro completo di me. Niente più punti oscuri, tutto è davanti ai tuoi occhi. Non sono più quella persona, anche io posso cambiare…ogni giorno è una lotta continua contro me stesso per non tornare ad essere la persona che ero. Perché merito anche io una seconda occasione…insieme a te Rose..-
- No John..-
- Rose.. –
- I-io devo starmene da sola per un po’..non cercarmi mi faccio sentire io..- e gli voltò le spalle, per non farsi vedere da lui in lacrime.
Ma John non  volle lasciarla  e la prese per un braccio, strattonandola con forza, senza neanche rendersene conto – Mi stai dicendo che tra noi è finita? –
- No John..non è mai iniziata. Ti amo anche io, ma sei troppo torbido dentro di te..non riuscirei a fidarmi ancora .. -
La pioggia infine si fece più insistente, cominciando a cadere molto più forte.
In quel pomeriggio di pioggia, il cuore ormai in pezzi di Rose fece cadere il suo ultimo pezzetto. Con un delicato strattone tirò via il braccio dalla presa dello scrittore, che lasciò che si allontanasse lentamente voltandogli le spalle.
- Non  mi arrendo Rose, non con te. Ora sai la verità non mi importa chi sia stato a dirtela..alla fine ha avuto il coraggio che non ho avuto io. Tu mi ami, e questo non si cancella facilmente… ti aspetterò..finché riuscirò a sopportare di essere lontano da te, allora dovrai darmi una risposta definitiva.. fino a quel momento sappi che ti amo come mai in tutta la mia vita…-
E poi nulla, perché la ragazza cominciò a correre verso l’uscita con quanto fiato aveva in corpo. Pregando con tutta se stessa  di riuscire a non voltarsi indietro ed abbracciarlo.
Lui stette a guardarla farsi sempre più piccola mano a mano che la distanza tra loro aumentava. Solo quando sparì dalla sua vista permise alle lacrime di rifargli il volto.
Ancora una volta aveva pagato per i suoi errori.
Ancora una volta non era riuscito a venire a patti con le sue scelte.
Prima aveva pagato Jenny.
Ora era il turno di Rose. 











Intanto buon pomeriggio! Allora...ho sganciato la bomba per così dire, ora tocca a voi. Sono pronta a qualunque recensione sia positiva che negativa che sia.
Questo capitolo così come un pò tutto il resto della storia è un pò surreale, quindi non fate curatevi troppo se possono esserci alcune incongruenze con la vita reale.
Mi soffermo invece su John, vero potagonista in questo capitolo. Forse è stato un'azzardo ma ho tentato di far intravedere ciò che era John durante la sua relazione con Melody. Un uomo che teneva più al suo lavoro che alla sua famiglia, che non potendo sopportare le conseguenze delle sue scelte ha preferito la fuga. Un uomo ben diverso da quello che ha incontrato Rose, ma di neanche tanto perchè il John che Rose ha conosciuto doveva ancora venire a patti con i suoi demoni, ma sopratutto affrontarne una volta per tutte le conseguente. Cosa che non aveva mai fatto prima di incontrare la ragazza.
Un uomo molto diverso dal Dottore, con delle imperfezioni che lo rendono solo un semplice uomo.
Ok è il momento dei saluti.
A dire il vero sono un pò sulle spine...perchè non so come sarà la vostra reazione al capitolo, ma sono qui a rispondere alle vostre perplessità e  interrogativi se ce ne saranno.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14. Dove qualcosa viene distrutta, ma non si scappa. ***


Capitolo 14.
 
 
Dove qualcosa viene distrutta, ma non si scappa.
 
 
 
 
 
 
 
 
Apatia.
Così si senti Rose, fredda e totalmente distante a qualsiasi cosa le capitasse attorno.
Ma questo non la fermò, si recava al lavoro.
Provvedeva alla casa quando la sua inquilina era in ospedale.
Andava a cena o a pranzo da sua madre due volte alla settimana.
Ad una valutazione di un perfetto sconosciuto poteva apparire una normale ventitreenne che cerca di costruirsi una vita.
Non era così.
La prima ad accorgersi che qualcosa non andava nella sua amica era stata Martha. Che aveva trovato la porta di casa accostata e l’interno completamente al buio al suo ritorno.
- Rose!!!!- chiamò lei a gran voce, pensando che fossero entrati dei ladri.
- Rose !! – chiamò ancora la ragazza alzando il tono della voce, percorrendo a due a due gli scalini che conducevano alle camere. La trovò nella vasca da bagno.
- Rose..- chiamò la ragazza per la terza volta, a voce bassa questa volta. Si avvicinò lentamente vedendo che la sua amica non la guardava. Posò delicatamente una mano sulla spalla della bionda.
- Martha..- sussurrò la ragazza seduta nella vasca.
- Vieni Rose…l’acqua è gelida ti ammalerai -  e la fece alzare, la circondo con l’accappatoio, mentre accendeva il caldo bagno, per riscaldarla almeno un po’.
- Tempo fa mi hai detto che io ero fortunata, perché John rimaneva qui con me. Che potevo sempre sistemare le cose con lui, qualunque cosa fosse successa…ti sbagliavi..avevi torto Martha. –
Martha non le chiese cosa fosse capitato tra loro, a volte non era necessario insistere. Bastava solo esserci, dare un segno tangibile della propria presenza nei confronti di un’amica. 
Con calma l’aiutò a vestirsi. Le asciugò i capelli, mentre Rose non accennava a muoversi. Restava esattamente ferma ed assente.
- Vieni ti preparo una tazza di cioccolato – e tenendola per mano la trascinò di sotto in cucina. 
Il silenzio era  interrotto solo dal ticchettio ritmato del orologio a parete che si trovava sopra la porta della cucina.
Sedute al piccolo tavolo, Martha fece scorrere due tazze di cioccolata fumanti davanti a loro.
Nessuna delle due disse una parola. La ragazza aspettava che la sua amica si aprisse. Che le parlasse. Che piangesse.
Che facesse qualunque cosa. 
Ma così non accadde.
Semplicemente Rose terminò la sua tazza in lunghi sorsi, incurante del’alta temperatura della cioccolata e rivolse a Martha un debole – Buonanotte – per poi alzarsi ed andare e dirigersi in camera sua.
E Martha che aveva una mente fredda e sempre pronta alla reazione, era fondamentale se voleva diventare un medico, non seppe cosa fare.
 
 
***
 
 
La porta della sua camera si chiuse con uno scatto deciso.
Rose fece un paio di passi che la condussero verso il suo letto, dove ci si infilò provando a trovare conforto nel calore delle coperte invernali.
Solo allora, quando era ormai certa di non venire disturbata permise a sé stessa di piangere. 
E pianse tutte le lacrime che aveva.
Per lei e per John. 
Per essere stata così cieca, nel essersi innamorata di una maschera.
Per un uomo su cui l’ombra del passato non si era mai dissipata. 
Rose fece uscire tutte le lacrime che poteva versare, le lasciò uscire fino a quando i suoi occhi non smisero di produrne.
E si ripromise di non versare mai più così tante lacrime in tutta la sua giovane vita.
 
“Ti distruggerà Rose, ti entrerà così nella pelle che quando se ne andrà desidererai non averlo mai conosciuto”
 
Quelle parole risuonarono nella sua mente come un presagio appena avverato. 
John le aveva detto d’amarla, eppure era riuscito a straziarle il cuore.
Ma quella era l’ultima volta che avrebbe pensato a John Smith.
- Domani si ritorna alla solita vita – disse al suo riflesso nello specchio. E detto questo spense la luce e andò a dormire.
 
 
***
 
 
 
Rumore, silenzio…ancora silenzio seguito da rumore.
Christopher si mosse con una lentezza guardinga mentre saliva le scale. Quasi intimorito dal rumore di quelli che potevano essere vetri o altro che andavano frantumandosi.
Le porte del appartamento di suo fratello erano socchiuse, ma lasciavano intravedere un sottile spiraglio di luce.
Apri le porte con estrema lentezza, pronto ad aspettarsi di tutto.
Il salotto, o almeno quello che ne rimaneva era tutto rivoltato a terra. La roba di vetro era ribotta in mille pezzi. I libri erano stato molto più fortunati e giacevano a terra aperti alla meno pezzo con pagine spiegazzate alla rinfusa. – John? – chiese rivolto indistintamente alla stanza, non sapendo dove suo fratello si fosse cacciato, e non provando neanche a girare per la casa trovando altro mobilio distrutto.
- Perché sei qui? - 
Chris lo trovo in cucina, appoggiato al lavello a braccia conserte.
- Donna ti ha chiamato molte volte al cellulare, ed avevi anche il fisso staccato. Si era preoccupata e voleva venire lei a qui…ma ho preferito venire io, sapevo che non saresti stato tranquillo…che è successo qui? -  chiese allargando le braccia per indicare il disastro intorno circostante.
- Quindi sei stato tu a dire tutto a Rose? – chiese il fratello di rimando con voce aspra e sibilante, tremante di rabbia.
Chris stette qualche secondo ad osservarlo, poi rispose solamente. - È stata Melody, ma sono stato io a raccontargli di Rose – 
- Perché ? -
- Per vendetta probabilmente..per farti provare anche solo una parte del dolore che lei ha provato quando Jenny è morta –
John fece una risata sarcastica – Poi sono io quello che non è andato avanti – 
- Dovreste farvi un bel’esame di coscienza tutti e due - 
- Eri tu quello che se la faceva con mia moglie – lo attaccò lo scrittore.
- Tra me e Melody non c’è mai stata una relazione! Te lo vuoi mettere in testa una buona volta? Il mio unico errore è stato quello di non dirti che nostro padre ti stava solo usando, non scaricare su gli altri le tue colpe –
- Mi ha detto che si sarebbe fatta sentire lei – biascicò John a bassa voce. – Rose – terminò di dire lui.
- Dalle tempo John, ti ama è chiaro come il sole. Deve solo assimilare la cosa –
- Ed io cosa dovrei fare nel frattempo? – Gli chiese lo scrittore, non sapendo egli stesso come andare avanti.
Per un attimo a Christopher sembrò di essere tornato alla sua adolescenza, quando il suo fratellino non faceva altro che tormentarlo di domande su qualsiasi cosa. E lui si atteggiava da grande saggio e gli diceva perle di saggezza spiccia, ma sempre efficace.
Fu esattamente quello che fece in quel momento. Gli mise una mano sulla spalla e avvicinandosi a suo fratello che si era seduto su l’unica sedia non ribaltata del soggiorno, con le mani al volto per non farsi vedere.
- Non scappare questa volta John. Devi concentrarti su le altre cose della tua vita. Il film che sta per uscire..la serie..un nuovo libro magari, poi non lo so fatti un cucciolo e portalo al parco. Ma non mollare tutto di nuovo. Fallo per Rose, falle vedere che ci sei e che affronterai tutto questo a testa alta -
John rimase ad osservarlo per qualche secondo, valutando le parole che suo fratello gli aveva appena rivolto, e con un piccolo sospiro sorrise, con un sorriso molto simile a quello che aveva da bambino. – Non sai quanto mi costi dirlo, ma hai ragione. Resterò e affronterò qualunque cosa ne verrà fuori a testa alta, o almeno prometto di provarci –
E Chris da bravo fratello maggiore, gli diede il suo appoggio. 
Con una pacca sulla spalla, infondo era la prima conversazione in cui non volavano oggetti e non si urlavano dietro. Al contrario, John  suo fratello minore gli chiedeva un consiglio.
Chi aveva detto che le cose non potevano cambiare?
“ Io” si rispose da solo.
Eppure suo fratello gli aveva appena dato ragione giusto qualche attimo prima. Non era un gran che, ma poteva essere un piccolo passo per tornare ad essere fratelli, forse si.
 
 
 
 
***
 
 
I giorni irrimediabilmente passarono. John mise in atto il consiglio che suo fratello gli aveva dato, si buttò a capofitto nel lavoro.
Partecipò attivamente sia alla sceneggiatura del film, che alle conseguenti prime basi per la serie televisiva. I collaboratori erano sorpresi dalla sua dedizione al progetto, non passava una riunione senza che lui si presentasse sempre con nuove idee da proporre agli altri sceneggiatori.
- E con questo abbiamo terminato per oggi, a domani buon pomeriggio -  e con questo augurio si salutarono.
Donna li vide uscire dal suo ufficio che destava giusto un paio di metri dalla sala riunione che ospitava la riunione in via del tutto eccezionale. Poiché gli Studios erano eccezionalmente chiusi a causa di una manutenzione straordinaria.
Li vide uscire tutti a passo lento, con un’andatura eccessivamente curva per alcuni, altri si massaggiavano chi il collo o gli occhi.
John invece se ne stava un po’ più indietro rispetto agli altri, intento a parlare con uno sceneggiatore, Donna lo vedeva gesticolare con le mani, facendogli fare ampie rotazioni, per rimarcare bene il suo discorso probabilmente.
La rossa lo vedeva, e non poteva far altro che dispiacersi. Sapeva quello che era successo tra lui, e Rose, anzi solo una parte della questione. Aveva provato a chiedere a Chris , capendo che suo fratello aveva qualcosa che non andasse. Ma lui aveva interrotto le sue domande rispondendole che John e Rose avevano un po’ di problemi che dovevano risolvere.
- Non sembra neanche lui vero? Così partecipe al progetto -
Donna si voltò di scatto e vide Jack che se ne stava appoggiato alla porta d’ingresso per il suo studio.
Indossava una camicia grigio-azzurra, con un gilet nero che gli fasciava il torace. Non era cambiato Jack. Sapeva di essere un uomo affascinante e non faceva nulla per nasconderlo, anzi.
Eppure qualcosa nel suo sguardo era cambiato, c’era un qualcosa che lo faceva sembrare una persona in qualche modo più adulta. Che fino a quel momento Donna non si era mai accorta di quanto il suo capo potesse essere cambiato.
Ma non gli disse nulla di tutto questo, dopotutto teoricamente doveva essere ancora infervorata a morte con lui. Quindi raddrizzò le spalle, e si limitò a rispondere con tono del tutto indifferente.
- A quanto pare si è deciso a crescere un po’ -
Jack nel sentire quelle parole fece lentamente qualche passo nel suo ufficio, non smettendo di osservare l’espressione disinteressata della rossa, pronto a uscire alla velocità della luce appena avesse notato una qualche increspatura di troppo nel suo viso.
- Non gli sento nominare Rose di continuo da un po’ di tempo…- la buttò lui così, cercando di trovare un argomento di conversazione comune. Infondo era la prima volta da quando era tornato in azienda che riuscivano a fare un discorso in maniera civile.
- Diciamo che per il momento è meglio evitare di chiedergli di lei – rispose la rossa.
- Problemi? –
- Si sono presi una piccola pausa..- e Jack fece un’espressione dispiaciuta. 
Donna finì di ammucchiare i documenti che aveva sulla scrivania, una volta impilati con cura si alzò e si diresse verso Jack, che stava ancora osservando lo scrittore parlare animatamente.
- Risolveranno la cosa. Vedrai – si augurò Jack, un po’ come se fosse una predilezione a colpo sicuro.
- Me lo auguro – rispose la rossa con un sospiro. – Piuttosto. Ti vedo veramente in forma – osservò alla fine non riuscendo a resistere.
Jack le fece un sorriso a trentadue denti – Già, hai pienamente ragione. Mi sento alla grande! –
A Donna sfuggì una risata seguita poi da un’alzata di sopracciglia – Allora sono vere le voci che girano – constatò.
- Quali voci? –
- Su te e Ianto Jones, si vocifera che siate piuttosto…intimi – e fu il turno di Jack di essere sorpreso.
- Stiamo solo uscendo qualche volta nulla di serio…-
- …almeno per lui – insinuò la rossa. Jack invece non voleva dirle tutto - …voglio dire Jack, dovresti vederti, sei scintillante e se è il nostro autista a farti questo effetto sono contenta per voi. E prima che tu possa pensare che lo stia dicendo malignamente. Beh, caro mio sei in errore. Mi auguravo questo per te. Anche cinque anni fa-  e scoppiò a ridere a l’espressione scioccata di Jack.
- Non so cosa risponderti…grazie? –
Lei se lo stette a guardare qualche secondo, per poi scoppiò a ridere una seconda volta – Dio Jack sei un vero spasso -  e non riuscì più a contenere le risate.
- Sono contento anche io per te, vederti felice è una cosa bellissima - 
Quella risposta del tutto diretta e spontanea la mise direttamente in allarme.
“Okay Donna, niente panico siete stati attenti, almeno tu lo sei stata. Lui ha la propensione innata a raccontare tutto a chiunque…nega, Negaaaaa!
Un momento, perché negare? Lui ha il coraggio di ammettere la sua relazione ed io no?”
Per cui rispose, semplicemente  - Lo so, al momento siamo appena a l’inizio, non è nulla di serio…ma stiamo bene insieme – e per finire gli fece un sereno sorriso a trentadue denti.
Jack diede le spalle alla vetrata, facendo distogliere alla donna la visuale dello scrittore.
Gli si fece un po’ più vicino – Sono contento che possiamo finalmente parlare da persone civili – ammise lui, con quel suo tono basso e suadente che anni addietro l’avevano conquistata.
Anni addietro appunto, perché Donna gli puntò il dito indice sul petto – Guarda che io non mi sono comportata come una ragazzina se è questo che intendi…-
Decisamente quello era il momento per Jack di levare le tende.
- Hey invece di tubare, perché non ci andiamo a prendere una pizza? -  propose John affacciandosi nello studio della rossa.
Sia Jack che Donna si sentirono in imbarazzo, essendo stati scoperti mentre stavano facendo pace. Si diedero però entrambi un contegno, erano inglesi infondo. Jack raddrizzò le spalle e si risistemò il gilet, Donna invece prese la borsa ed il cappotto.
- Hai detto pizza?- chiese Jack un po’ dubbioso.
- C’è un ristorante italiano che è la fine del mondo. Allora si va? –
La rossa se li guardò un momento e poi avviandosi verso l’uscita fece – Beh? Che state aspettando? Andiamo a mangiare! -
  


 
***
 
 
Quattro settimane.
Questo era il tempo in cui era riuscito a resistere senza ne vedere o chiamare Rose.
Ma ormai aveva raggiunto il suo limite.
Così eccolo lì, ad una cinquantina di metri dal negozio d’abbigliamento dove lavorava. Se ne stava appoggiato sul muretto di recinzione di una casa accanto alla fermata del’autobus. In attesa che cominciasse la sua pausa per potersi avvicinare.
Attese con una pazienza che era convinto di non poter possedere.
Ed infine eccola lì, uscire come sempre sorridente dal negozio con quei suoi capelli biondi che venivano sollevati dalle folate di vento. Un piccolo sorriso stava nascendo sul volto dello scrittore, ma si tramutò in una smorfia amara.
“ No..non può essere…” ebbe solo il coraggio di pensare.
Perché Rose stava tendendo la mano a qualcuno che non era lui. Un ragazzo suo coetaneo probabilmente. E lei gli stava sorridendo, con lo stesso sorriso che le illuminava gli occhi ogni volta che lui le faceva visita nei momenti più impensabili.
- E tu che ci fai qui? -
Una voce squillante, appartenente ad una donna minuta con lunghi capelli rossicci.
John l’aveva vista molte volte prima che lasciasse il negozio per entrare in maternità. Ora il pancione era diventato molto più evidente.
- Ciao Meggie – rispose lui, con un sospiro sconfitto.
La donna davanti a lui, provò un enorme tristezza nel vedere il volto dello scrittore così abbattuto.
- Vieni, ti offro qualcosa. Dobbiamo parlare di un bel po’ di cose -    
 
 
 
 
 




Salve! Come vi va il finesettimana?  Spero bene ovviamente, il capitolo che avete appena letto è puramente di passaggio, ma almeno Jack ha fatto la sua comparsata.
I protagonisti invece si sono sfogati a loro modo per assimilare il recente distacco, che ne pensate?
Non mancate di farmi sapere le vostre opinioni mi raccomando! XD
Voglio spendere un po’ di tempo, perché vi voglio ringraziare tutte. Dalla prima a l’ultima, da chi commenta ogni capitolo a chi invece legge solamente. 
Perché comunque so che ci siete. 
La storia ormai è quasi al termine. Ma non voglio dirvi quanti capitoli mancano, non voglio essere sadica per carità è solo dirvi quanti capitoli mancano alla fine mi mette molta tristezza. =( 
Grazie ancora a tutti e un bacio grande ci si vede tra due settimane!

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Capitolo 15
*** Capitolo 15. Dove vengono consegnati pacchi di notte da autisti appostati. ***


Capitolo 15

 Dove vengono consegnati pacchi di notte da autisti appostati.




Se ne stavano seduti in uno dei tanti ristoranti poco lontani dal negozio dove lavorava Rose.
Dove l’aveva appena vista allontanarsi per mano con un altro uomo.
- Si chiama Mitch, si sono incontrati qualche giorno fa – cominciò Meggie a raccontare mentre stava sfogliando attentamente il menu scegliendo cosa mangiare per pranzo.
- Perché ho come l’impressione di conoscere questo nome?- borbottò lui, non degnando neanche di uno sguardo il menu. Di colpo gli era passata la fame.
- Era il suo ex, hanno ricominciato ad uscire –
Bene, ora era sicuro che l’appetito fosse l’ultimo dei suoi problemi. Tanto che non sicuro di non aver ben compreso richiese nuovamente – Puoi ripetere per favore? –
Meggie posò il menu sul tavolo, e guardandolo con quei suoi occhi azzurri, leggermente sorpresi, si affretto a spiegare – Era il ragazzo che frequentava un paio di anni fa. Solo che lui l’ha lasciata quando le cose avevano cominciato a farsi serie…Povera Rose, è veramente sfortunata con gli uomini…con la batosta che le hai dato..-
- Va bene, ho capito grazie. Non è necessario insistere chiaro? – interrupe lui visibilmente irritato.
La vita al ristorante procedeva come se loro fossero assolutamente silenziosi. I camerieri facevano la spola dalla cucina alla sala, con piatti alla mano, oppure con il foglietto delle ordinazioni appena segnate.
Meggie si mise a mangiare non appena la cameriera le portò il piatto.
- Le darò altro tempo – convenne lo scrittore, seguito da una arcata di sopracciglia da parte della donna seduta di fronte a lei.
- Sarebbe il minimo – commentò lei sarcastica. John ricambiò facendo una smorfia, gli era sempre stata simpatica, sempre gentile con lui. Avevano scambiato un paio di chiacchiere qualche volta, mentre aspettava Rose per andare a pranzo insieme. Ora invece se ne stava sulla difensiva e cercava di proteggere la sua amica, invitandolo a pranzo per farla uscire tranquilla per mano con quello che era il suo ex ragazzo.
Sembra passata una vita intera si disse.
- Lei mi ama Meggie, non rinuncio a Rose. Le serve tempo e lo avrà…ma prima o poi, riusciremo a parlare. Solo noi due…mi dispiace per come sono andate le cose..ma se è veramente finita dovrà dirmelo lei guardandomi negli occhi.. – sentenziò lui, con quel suo tono inflessibile che solo poche altre persone, a parte Rose, avevano avuto l’occasione di sentire. Frugò nella tasca del suo lungo cappotto marrone, tirandone fuori il portafogli. Aprendo anch’esso estrasse una banconota che appoggiò sul tavolo. – Spero che mi scuserai, ma non ho molto appetito. Ti faccio tanti auguri per il bambino e per il tuo matrimonio. Buona giornata  - e detto questo se ne andò tremante di rabbia.
Decise volontariamente la fuga, di nuovo. Per non mostrarsi arrabbiato di fronte alla collega di Rose.
Doveva allontanarsi, chiudersi in casa davanti al computer e scrivere. Canalizzare la sua rabbia, in qualcosa.
E poi il lampo di un’idea.
Continuando a camminare estrasse il cellulare, facendo scorrere i numeri salvati memoria.
Premette il tasto di chiamata. Dovette aspettare solo il terzo squillo.
- Ciao dolcezza – lo salutò la voce femminile da l’altra parte del telefono.
- Dobbiamo parlare, basta con i giochi Melody –
- E allora ti aspetto John, sai esattamente dove trovarmi – ed attaccò.
John mise via il cellulare con un sospiro, si tornava a casa.
 
 

***

 
Ripercorrere quelle strade fu diverso, quel pomeriggio la neve non c’era. Al contrario vi era solamente un plumbeo cielo, che sembrava promettere pioggia da un momento a l’altro eppure questa non accennava a cadere.
John si fece lasciare a l’inizio della via, aveva bisogno di arrivarci a piedi. E passo dopo passo mettere un piccolo mattoncino per andare a comporre un solido muro nella sua mente, per schermarsi dal dolore. Come un film a rallentatore i fotogrammi di quel maledetto ritorno a casa gli si stamparono nella testa.
 
 

PAPAAAAAAAAAAAA!
 

 
 
L’urlo di Jenny riecheggiava ancora lungo quella via, ora silenziosa.
Istantanee di una vita recisa troppo presto che sarebbe dovuta diventare prima una adolescente e poi una donna bellissima. Ma non sarà mai così.
Non ebbe neanche bisogno di arrivare fino alla sua vecchia casa.
Lei era lì, al centro della strada…in quel punto esatto. E lo stava fissando ora.
- Ciao dolcezza -
Un brevissimo accenno di sorriso tirò le labbra contratte  dello scrittore, al ricordo del modo in cui solo sua moglie lo chiamava.
- Sei qui..- cominciò lui.
- Esattamente come quella volta…ma aspetta questa volta sei venuto a piedi, vedo che alla fine anche tu puoi rimediare ai tuoi errori –
John nel sentire quelle parole, avvertendo l’odio per niente trattenuto dal tono tagliente di Melody, perse colore.
- Non farti questo solo per ferirmi  - sussurrò lui, sperando che la smettesse di rivangargli in faccia quel giorno.
Melody parve fare un’espressione assorta, come se stesse valutando le sue parole, per poi aggiungere – Come hai fatto tu? Dare un bel colpo di spugna? Dimenticare? DimenticarLa?Non lo farò mai – sibilò lei.
Era bella Melody, come la sera  in cui l’aveva conosciuta. Lo sguardo, era molto diverso. I suoi occhi azzurri quella sera di molto tempo fa erano curiosi ed anche un po’ insicuri. Ora quegli stessi occhi lo stavano guardando con disprezzo ed odio. Perché John sapeva che stava solo usando il ricordo di sua figlia per incolparlo di tutto ciò che lei e Jenny avevano subito. Il suo assenteismo in famiglia.
- Come potrei dimenticarla Melody. Amavo Jenny più della mia stessa vita, anche sé non sono mai riuscito a dimostrarlo..dal giorno in cui me ne sono andato da casa non ho fatto altro che cercare di perdonarmi .Con la testa sapevo che era stato un incidente causato della neve. Ma il cuore mi diceva che se solo avessi visto Jenny ora lei sarebbe qui. In questi anni il momento peggiore è stato la notte, quando il dolore e i brutti ricordi tornavano a galla. …- e si interruppe un attimo a  raccogliere le forze e buttare tutto fuori, sotto gli occhi di Melody, che perdeva la sua espressione glaciale ad ogni sua parola.
-…ho cercato con tutte le mie forze di provare ad andare avanti, non rendendomi conto che non facevo altro che rimanere ancora più ancorato al passato. La realtà intorno a me andava avanti come se nulla fosse. Ma io rimanevo indietro chiuso in me stesso con i miei fantasmi. Poi è arrivata Rose.  E con lei al mio fianco tutto è cominciato ad andare meglio, con lei sono migliore, posso essere migliore….So che sei stata tu ad andare da lei, a raccontarle tutto..-
Lei lo guardava senza parole, poiché percepiva la verità di ciò che lo scrittore le aveva rivelato fin dentro il suo cuore, che ormai non faceva altro che battere solo per una necessaria funzione corporea ma che non amava più da quel pomeriggio di sei anni addietro.
Era diverso John, diverso in un modo in cui lei non avrebbe mai potuto renderlo.
- ..Gliene avrei parlato di lei, di noi. Volevo solo aspettare  che tu firmassi i documenti per il divorzio . Volevo trovare il coraggio di ammettere chi ero stato, e che forse sono ancora. -
E lei fece l’unica cosa giusta da fare, perché poteva solo agire, le parole non erano necessarie.
Gli diede le spalle e cominciò ad incamminarsi verso una piccola villetta dalla porta verde. Mentre camminava a passo leggero sentiva dietro di sé il marciare dello scrittore, che un po’ stupito aveva esitato ad andargli dietro.
Camminarono in questo modo per circa una ventina di metri, poi Melody aprì la porta. – Entra – lo invitò lei quando vide che John era restio ad entrare. Così lo prese per un braccio e lo trascinò a forza. Ed entrambi dopo anni si ritrovarono sotto lo stesso tetto.
La casa era spoglia, con molti scatoloni accatastati in quello che una volta era il salotto di casa.
- Tra qualche giorno verranno dei camion per finire di portare via tutto. Questa casa l’avevo messa in vendita tempo fa..a quanto pare sono riuscita a trovare un compratore… - e lo guardò attentamente negli occhi. -…sono andata da Rose, perché non volevo che tu fossi felice eliminando il passato…volevo che sapesse che persona eri in realtà. Ben aldilà di tutte le frivolezze con cui ti sei circondato… non sono pentita di quello che ho fatto. Eppure quella ragazza ti ama. – lo disse come se fosse una cosa del tutto anomala.
John stette ad ascoltarla attento, non perdendosi neanche un suo movimento od un piccolissimo accenno di espressione, qualsiasi potesse essere. E seppe con estrema chiarezza che se lui, era riuscito a cambiare, seppure in una piccolissima parte grazie a Rose. La donna di fronte a lui negli ultimi anni non aveva fatto altro che alimentare il dolore che portava dentro.
- Come avrai già visto è stato quasi tutto imballato c’è solo una stanza che rimane da fare..e vorrei che mi aiutassi…- e fece qualche altro passo verso una stanza.
E John, per quanto potesse essere ancora possibile, si fece ancora più pallido.
La stanza di Jenny, il letto e i mobili tutto era coperto da teli per non farli impolverare.
- Non avuto neanche il coraggio di spostare nulla..aiutami con questa stanza, firmerò i documenti per il divorzio e sarai libero…e così anche io..-
John che era sempre stato un uomo quasi impenetrabile non potè fare a meno di trattenere le lacrime.
Perché era arrivato finalmente il momento di salutare la loro piccola. Entrambi a modo loro stavano per chiudere con il capitolo più doloroso della loro vita. Ma senza dimenticare.
Stavano per dire addio al dolore.
Ora dovevano solo andare avanti da soli.
 
 

***

 
 
 
Due mesi.
Da quando aveva smesso di vedere John. E lui non si era più fatto vedere. Era stato quasi di parola, quasi perché sapeva che sarebbe arrivato il momento del confronto.
 
Di cosa hai veramente paura Rose?
 
La domanda,che Martha le aveva posto la sera precedente, continuava a ronzarle nella testa.
Di cosa aveva paura?
Di essersi innamorata di una immagine. Di quello che John aveva costruito intorno a sé ma che non rispecchiava minimamente ciò che era il suo vero io.
Quello che gli aveva raccontato quella donna, Melody Pond, gli ronzava ancora nelle orecchie come un sottofondo fastidioso che non accennava a smettere.
Ed aveva fatto sì di insinuare il dubbio in quelle che per Rose erano sempre state delle certezze.
Come il sorriso che John le rivolgeva, sempre luminoso e contagioso.
Ma il dubbio, una volta instillato continuava a crescere. Portando a compiere decisioni del tutto sconsiderate.
- Tesoro? -
Rose voltò la testa, rivolgendo una annoiata attenzione a l’uomo che sedeva accanto a lei. Alla sua destra in una comoda poltrona del cinema.
Mitch.
Si erano rincontrati una mattina per caso, ad incrocio improvviso di sguardi. Lui dopo averla riconosciuta le aveva sorriso ed insistito per offrirle qualcosa al bar. Si erano visti il giorno seguente e quello dopo ancora. Sempre su richiesta di lui. E lei non aveva fatto altro che annuire con quella passiva attenzione che veniva prestata per questioni assolutamente prive di importanza.
Così si era trovata coinvolta in questo ciclo di appuntamenti inconcludenti.
“ Sta provando a riconquistarmi a piccole dosi” pensò una volta.
E lei glielo stava lasciando fare. Come se la cosa non gli importasse. Perché Mitch non era John, mano che in quel momento stava stringendo la sua non era quella calda e rassicurante di John.
E a lei stava bene.
Così permise al ragazzo di continuare a tenerle la mano. Mentre si rimettevano a guardare una insulsa commedia.
 
 
- Allora buona notte Rose – fece Mitch augurandole la buona notte davanti al portone di casa della ragazza.
- Notte anche a te.. – e la sua voce si spense quando vide che l’uomo si stava abbassando alla stessa altezza del suo viso, con gli occhi fissi sulle sue labbra. Qualche secondo e si sarebbero baciati, forse…perché la bionda voltò la testa, ottenendo una lieve pressione sulla guancia.
Senza dire nulla, non preoccupandosi del’occhiata delusa che gli aveva rivolto il suo accompagnatore si sbrigò a chiudere. Quando il lampeggiare in lontananza di fare di una macchina che conosceva molto bene le fecero chiudere con più lentezza la porta.
Ianto Jones, l’autista della casa editrice dove John lavorava era ad una decina di metri di casa sua. Appostato peggio di una sentinella.
Tuttavia l’autista non sembrava una persona che potesse fare cose come spiare..a meno che..
…a meno che non lo avesse mandato John. Doveva assolutamente verificare.
Così aspetto di sentire il motore della macchina di Mitch avviarsi per poi andarsene. Prontamente la ragazza aprì la porta e si diresse verso Ianto a passo di marcia.
- Buonasera signorina Tyler -  salutò lui formale, una volta sceso dalla macchina – chiedo scusa per l’appostamento, ma era l’unico modo per attirare la sua attenzione.. -
La postura così abbottonata con cui si presentava l’autista aveva sempre fatto apparire un piccolo sorriso alla bionda.
- Ianto che ci fa qui a quest’ora?- chiese la ragazza, aveva visto Ianto Jones solo un paio di volte. Tuttavia sua madre era diventata, inspiegabilmente, una convinta sostenitrice, di una “presunta relazione” tra lui e Jack Harkness, John parlava spesso di loro.
- A dire il vero, volevo parlarle del signor Smith –
Il tono grave che aveva usato la mise subito in allarme. - È successo qualcosa? – chiese immediatamente con voce agitata.
- No no! – chiari subito l’autista, alquanto sorpreso dalla grande preoccupazione mostrata dalla ragazza, pensava che ormai la loro storia fosse un capitolo ormai chiuso. A quanto pare si sbagliava.
Decise per cui, di tentare una cosa.
- Il signor Smith sta bene, anche se passa gran parte del suo tempo a lavorare. Ce la sta mettendo tutta. E lei? -
- Il ragazzo che mi ha riaccompagnato a casa non significa nulla per me…- si difese subito lei, portando le mani avanti.
- Non volevo insinuare nulla –
- Davvero..Mitch non significa nulla. È una brava persona ma - - Ma non è John, era questo che voleva dire? – azzardò lui. E la bionda annuì lievemente con la testa.
La ragazza non ebbe il coraggio di sostenere il suo sguardo, questo fece provare molta tenerezza a l’autista. Così decise di essere sincero anche lui. Perché se Rose avesse dimostrato di non provare più alcun sentimento per lo scrittore, allora avrebbe liquidato quel improbabile  appostamento con una qualche scusa convincente.
Fortuna che non era così.
Per cui se ne tornò in macchina aprendo lo sportello dalla parte del passeggero e ne tirò fuori un pacco, che porse alla bionda.
- Questo è qualcosa che lei non dovrebbe avere. Non so che cosa sia, quello che le posso dire è che è per lei. John ci ha messo quasi due ore a scriverlo, per poi gettarlo nella spazzatura. So che non sarei dovuto andare a vedere, ma dopo che lui se n’è andato dal suo ufficio, mi sono ritrovato questo pacco tra le mani con il suo nome scritto..ho pensato che dovesse averlo…-
Rose gli scoccò uno sguardo interrogativo, rigirandosi il pacco tra le mani, incerta.
- Ci dia un’occhiata e poi decida…la scelta spetta solo a lei. Buonanotte signorina Tyler -  Ianto si congedò silenziosamente ed educatamente, nella stessa maniera con cui aveva attirato la sua  attenzione appena dieci minuti prima.
Ianto accese la macchina e se ne andò, dallo specchietto retrovisore vide la figura della ragazza,che teneva ancora il pacco tra le mani, farsi ancora più piccola a causa della distanza.
Silenziosamente continuò a guidare, percorrendo un altro buon quarto d’ora di strada prima di poter parcheggiare la macchina davanti alla propria casa. Trovando un’ospite che l’aspettava sulle scale del portone.
- Ma dove accidenti sei stato? Non hai risposto alle mie chiamate! – tuonò Jack, dal tono si capiva che si era preoccupato. Ianto non mancava mai di rispondere a chiamate o messaggi. Solo che quella volta aveva deciso di corsa di andare da Rose, di fare qualcosa per lei e John ,non aveva pensato al fatto che ora non rispondeva più solo a se stesso.
- …Mi dispiace, mi sono dimenticato di avvisarti – biascicò l’autista con un tono abbastanza sconvolto per essere giunto ad una tale constatazione.
- Ok. Basta solo che la prossima volta non mi fai preoccupare- lo rassicurò Jack in tono leggero.
- Ora è meglio se vai, domani hai una riunione importante – lo congedò Ianto Jones mentre apriva il portone di casa.
- Mi fai salire? – Ianto inarcò le sopracciglia, in una palese espressione scettica. Non era la prima volta che Jack gli faceva una richiesta del genere, o che non palesasse la voglia di farlo rimanere a casa sua per la notte.    
Ianto sapeva essere molto paziente, almeno quanto Jack poteva battere sullo stesso tasto una volta che si metteva in testa una cosa.
Quindi sapeva che prima o poi lo avrebbe invitato, ma non quella sera.
Ma questo non voleva dire che non poteva prendersi una piccola rivincita su di lui. Così lanciandogli uno sguardo penetrante lo tenne fermo con lo sguardo, mentre faceva un paio di passi verso di lui.
Prendendosi tutto il tempo che gli occorreva, sapendo che gli occhi di Jack non lo perdevano di vista, inclinò leggermente la testa. Facendo pericolosamente vicino a lui. L’altro se ne stava immobile in attesa.
Un secondo ed agì. Veloce come un fulmine sfiorò  la sua fronte con le proprie labbra  per poi staccarsi con altrettanta velocità.
- Notte Jack- e altrettanto velocemente girò la chiave del portone ed entrò. Lasciando Jack completamente inebetito .
Salendo le scale, Ianto udì chiaramente la risata fragorosa di Jack riecheggiare da l’esterno per poi sentirgli dire – Prima o poi Ianto! Prima o poi…- in una velata minaccia.
A l’autista scappò un piccolo sorriso.
 
 
 

***


Con un passo silenzioso, per non svegliare Martha che dormiva nella camera accanto, Rose aprì la porta della sua stanza e la richiuse dietro di sé.
Si sedette sul letto a gambe incrociate, poggiando il pacco che aveva tra le mani davanti a sé.
Cosa doveva fare, vederne il contenuto oppure difarsene e chiudere con il capitolo John Smith?
Ma era quello che voleva veramente? Dimenticare tutto quello che avevano condiviso?
No si disse la ragazza. Perché le emozioni che aveva provato con John non le avrebbe mai provate con Mitch, per quanto lui ce la mettesse tutta per far funzionare le cose.
John aveva preparato quel pacchetto per una ragione, per dirle qualcosa.
Lo scartò si ritrovò tra le mani due grandi libri e un gruppo di fogli.
 
 
“ Rose,
non so perché sto scrivendo questa cosa…lettera? Si lettera, ti sto scrivendo una lettera dove posso scrivere tutte le cose che non ho ancora il coraggio di dirti in faccia…e credimi sono veramente tante. La verità  è che mi manchi, e sentire la mancanza di qualcuno fa compiere azioni inaspettate. Qualche settimana fa ero ad una ventina di metri dal tuo negozio e ti ho visto uscire con un ragazzo.
La tua collega Meggie che ho incontrato lo stesso giorno mi ha detto tutto, non nascondendo una nota leggermente contenta nel vedermi ferito nel vederti con qualcun altro nonostante non ne abbia nemmeno il diritto.
Ma se c’è una cosa che ho imparato nella mia vita è che non si può scappare per sempre. Perché, sarà una frase fatta, alla fine tutti i modi tornano al pettine..le cose lasciate in sospeso tornano a farsi vive con una potenza che non sempre siamo in grado di sopportare, e allora si scappa. Perché è molto meglio ricominciare sempre daccapo che cercare di salvare quello che resta di una situazione. Stavolta non sarà così.
Stavolta è mia intenzione restare. Con i miei guai e i miei difetti…che mi rendo conto essere l’unica cosa che posso darti.
Vorrei convincermi di essere una persona altruista, e dire che sono contento di vederti con un’altra persona al tuo fianco. Non è così. Perché volevo esserci io a tenerti per mano.
Continuo ad aspettarti Rose, il viaggio in Norvegia continua a rimanere prenotato. Spero che riusciremo a farlo insieme.
Solo un’ultima cosa i due libri che ti ho dato insieme a questi fogli. Sono le bozze definitive del prossimo libro che pubblicherò. Se vuoi conoscermi e rivivere la nostra storia attraverso i miei occhi dovrai leggere fino a l’ultima riga. Poi potrai sentirti libera di fare qualunque cosa.
Ad essere onesti non ho la più pallida idea se avrò mai il coraggio di consegnarti tutto questo. Forse non lo riceverai. Ma fino a che non avrai questo pacco spero che tu sappia che hai il mio cuore e sé anche questo non dovesse bastare, hai anche la mia mente. Perché non c’è giorno che passi da quando è successo tutto questo che non pensi a te Rose.
Insieme possiamo farcela, ce la posso fare ad essere migliore per te.
 
Ti amo
John”
 
 
 
 
Il cuore di Rose ci impiegò circa dieci minuti per tornare a battere normalmente.  E la ragazza non perse altro tempo. Prese il primo libro ed iniziò a leggere.








Buona sera! Eccoci qui con il nuovo capitolo, naturalmente spero che vi piaccia. Che ne pensate dei comportamenti di John e Rose? Aspetto di sapere le vostre impressioni, come potete notare la ditta Jack & Ianto ha fatto nuovamente la sua comparsa. Devo ammettere che mi diverto molto a scrivere di loro.
Detto questo vi lascio alla lettura, lasciate un commento se volete.
Grazie mille a tutti voi che seguite la storia, il prossimo aggiornamento verso la metà di aprile! Ciaooooo Cristie.

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Capitolo 16
*** Capitolo 16. Dove ci si strozza a tradimento con una brioche. ***


Capitolo 16.



Dove ci si strozza a tradimento con una brioche.






 A Martha Jones sembrava di essere tornata indietro nel tempo quella mattina. Quando uscendo dalla sua camera diretta al piano di sotto per fare colazione, trovò la sua amica Rose immersa nella lettura.
- Rose? – la chiamò lei un po’ incerta, ricevendo dalla bionda un vago mugugno, senza tuttavia staccare gli occhi da libro.
La dottoranda perse un po’ di tempo a scrutare la coinquilina, e da l’attenzione con cui non si perdeva nemmeno una parola significava solo una cosa : quello che la bionda aveva tra le mani era un libro scritto da John.
Solo allora lo sguardo di Martha si fece un po’ perplesso. Sapeva solo in grandi linee quello che era successo tra di loro, non aveva mai avuto il coraggio di chiedere i dettagli. Tuttavia non aveva mai espresso la sua opinione su John. Infondo anche lei aveva nascosto le sue paure a Mickey tanto che alla fine nulla di meno a potuto fare se non metterlo forzatamente ad un bivio…ma come poteva dire tutto a Mickey?
- Puoi entrare, non devi mica aspettare il mio permesso! – il tono leggermente irriverente di Rose le fece riprendere il contatto con la realtà, così la ragazza entrò nella camera dell’amica sedendosi accanto a lei sul letto.
I suoi occhi si posarono chiaramente sul libro, dove poté leggere a chiare lettere d’orate il nome di John. Decise comunque di non indagare – Allora hai già fatto colazione? –
Rose le scoccò uno sguardo un po’ sorpreso, chiaramente non era quella la domanda che si aspettava di ricevere.- Non mi chiedi nulla? – alzando il libro che aveva tra le mani.
Martha prese un lungo respiro, prendendosi tutto il tempo per rispondere – Rose non ho nulla da chiederti, se mai l’unica cosa che posso augurati è quello di fare una scelta e di non pentirtene –
- È tutto così difficile – confessò al bionda tenendosi la testa tra le mani – Cosa dovrei fare Martha? Ho bisogno che mi dici quello che devo fare -
- Mi dispiace Rose, ma in questo momento sono nella stessa posizione di John..Devi decidere tu –
Rose la osservò con uno sguardo strano alle sue parole, tuttavia decise di passarci sopra per il momento – Questi libri..- e pose le mani su entrambi i libri – sono la nostra storia. Tutta quanta. Dal primo giorno che ci siamo incrociati al negozio –
- Ci sei anche tu nella storia? -
- Il Nono Dottore nella sua ultima storia incontra una nuova compagna di viaggio. Si incontrano nel negozio di abbigliamento dove lei lavora, la salva da un gruppo di manichini impazziti…è assurdo, è totalmente assurdo… - - Rose..- la chiamo piano Martha.
- …Poi si scopre che Londra sta subendo un’invasione da parte di una forma di vita aliena che comanda la plastica..insieme ce la fanno a salvare il pianeta. Ed il Dottore chiede alla ragazza di andare con lui..-
- Smettila Rose, ti fai solo del male..- cercò nuovamente di fermare il monologo della ragazza, con successo questa volta. La bionda cominciò a piangere copiosamente.
- Quando si è innamorati Rose è come se tutto fosse perfetto. Avere dei sentimenti per una persona, ed essere ricambiati è la cosa più bella. Si cerca in tutti i modi di non rompere l’equilibrio, magari non raccontando cose che potrebbero ferire l’altra persona.  Io stessa non mai avuto il coraggio di dire a Mickey quanto stesse diventando difficile per me lasciarlo andare. Di quanta paura avessi che il nostro salutarsi a l’aeroporto alla sua partenza potesse essere l’ultima volta. Eppure quello che fa rappresenta la sua vita. Chi ero io per chiedergli di smettere di fare un lavoro pericoloso? Così mi sono detta che era meglio tacere. Che le mie paure si sarebbero attenuate una volta che lui fosse tornato accanto a me e alla sua famiglia…-
Mentre Martha continuava a raccontare, Rose si era calmata un po’ smettendo di piangere – Non è quello che ha fatto John..- la interruppe un attimo.
Lo sguardo di Martha si fece più affilato – Io credo che sia la stessa cosa, invece perché lui non ha dimenticato il suo passato solo perché non ne ha fatto parola con te. Vuoi forse condannarlo solo per non averti detto di un fatto di anni fa?-
Il tono arrabbiato di Martha la fece arretrare un po’. – Lui..non è la persona che pensavo – biascicò la bionda
- Certo che non è Rose! – sbottò la ragazza con ovvietà – Sono passati anni, neanche tu se la stessa persona di quando avevi quindici anni! Il tempo e le decisioni che prendiamo ci portano a cambiare…non fare lo stesso errore che ho fatto io. Ti conosco sei ancora innamorata di lui, lo vedo. Non tagliare definitivamente i ponti per un’incertezza. Ascoltalo e decidi. Ora scusami, ma devo sbrigarmi a fare colazione – e detto questo se ne andò dalla camera scendendo le scale due a due per andare a fare colazione.
Una volta arrivata  in cucina si verso del succo di frutta in un bicchiere, mangiandosi poi una merendina.
Il tutto con estrema velocità. Voleva uscire di casa il prima possibile. Non ce l’aveva con la sua amica per carità, ma vederla in quello stato le ricordava troppo la sua situazione con Mickey. Non voleva riaprire una ferita che si stava ricucendo molto lentamente.
Si diresse in bagno velocemente, uscendone con indosso una tuta, passò in camera sua per recuperare l’ ipod  ed con un saluto urlato uscì di casa.
Correre era la migliore medicina quando si voleva smettere di pensare. Basta indossare le cuffie alle orecchie.
Direzione Hyde Park. Il parco era deserto quella mattina, un po’ per l’ora un po’ per la giornata lavorativa, le altre persone non avevano il tempo di passare la giornata a l’aria aperta.
Non buttò mai l’occhio su l’orologio. Si prese tutto il tempo di cui aveva bisogno per schiarirsi le idee. Solo quando i muscoli delle sue gambe cominciarono a protestare vivacemente decise allora di rallentare e di ritornare verso casa tranquillamente a piedi.
E nel percorrere la via del ritorno che i suoi occhi incrociarono quelli di qualcuno che non doveva essere lì.
- Ciao Martha –
- ..Ciao Mickey – ricambiò il saluto non ancora del tutto convinta, Mickey  Smith era davanti a lei.
 
 

***

 
Il rumore assordante del citofono unito ad un forte bussare cadenzato, accompagnarono John nella discesa della scalinata verso il portone d’ingresso.
- Avanti John sbrigati ad aprire! Non vorrai lasciarmi qua fuori al freddo! – sbraitò la voce da fuori la porta, lo scrittore tuttavia non affrettò la sua discesa.
- Chris? – domandò John non convinto nonostante si trovasse suo fratello davanti a lui. Il maggiore tuttavia non perse molto tempo e borbottando un “Era ora!” con tono alquanto scocciato scansò il fratello minore per dirigersi a passo di marcia verso la cucina in cima alle scale.
- Come mai sei qui? È successo qualcosa?- gli domandò John una volta che lo ebbe raggiunto al piano di sopra. Contrariamente a quanto si potesse pensare la mattina era una vera lumaca e ci metteva molto tempo a carburare per bene.
Nel mentre Chris aveva messo il caffè e il latte sul fuoco, porgendo allo scrittore un sacchetto contenente una brioche ancora leggermente calda.
- Avanti siediti – e lo scrittore ubbidì, mentre il fratello gli serviva un cappuccino bello fumante dentro una tazza.
A John non rimase altro che fare colazione. – Allora si può sapere che succede? – domandò per la seconda volta con il boccone della brioche in bocca e prendendo un sorso di cappuccino.
- Ho intenzione di chiedere a Donna di sposarmi –
Secco e diretto.
Come solo suo fratello Christopher poteva essere.
Peccato che la reazione del più giovane non fu esattamente come se l’aspettava.
John infatti cominciò a tossire rumorosamente cercando di non strozzarsi con il pezzo di brioche al cioccolato che stava finendo nel condotto sbagliato.
Il tutto sotto lo sguardo azzurro di Chris, che si limitò a commentare – Non esserne troppo contento mi raccomando –
John intanto prese un paio di respiri con la bocca, giusto per vedere se tutto funzionasse correttamente per poi dire semplicemente – Beh ..wow –
- “Wow”? Ti dico che voglio chiedere a Donna di sposarmi e “Wow” è l’unica cosa che ti viene da dire? E io che avevo bisogno del tuo aiuto -
- Per questo mi hai portato le colazione? La prossima volta porta un fagottino alla crema! – gli suggerì lo scrittore mentre continuava a fare colazione. Intanto suo fratello maggiore continuava a pascolare avanti e indietro per il soggiorno. Prima sbuffando sonoramente e poi portandosi le mani ai lati della testa.  Poi dopo l’ennesimo avanti e indietro si rigirò verso il fratello – Devi dirmi se sto per fare una grossa cavolata –
John si riconobbe in quel tono e in quella sottile paura, la stessa che lo aveva spinto a confessare a Rose che l’amava. Cosa di cui non si era mai pentito.
- Se fossi un fratello responsabile ti direi che è una vera follia. Le cose tra voi due non sono diventate così serie, perché ci sia la certezza che lei ti dica di sì…- vide Chris scoccargli uno sguardo perplesso - …Siccome sono esattamente il contrario di dico . Fallo. Quanto state insieme Donna è veramente felice. Non posso dirti con certezza se accetterà ma almeno ci avrai provato no?-
- La fai troppo facile – a quella risposta John finì di bere il suo cappuccino per poi adagiarlo a tavola con fare spazientito.
- La ami? –
- Certo che l’amo! Che domanda è? – John allora si alzò, voltò suo fratello e poggiò le mani sulle sue spalle giudandolo verso l’uscita. – Allora fai le cose per bene e chiediglielo! –
Il tutto accompagnato dallo scatto della porta che si era richiusa dietro Chris.
Così messo alla porta l’unica cosa che poté fare, a parte alzare gli occhi al cielo, fu quella di scendere le scale ed andarsene. Doveva fare un paio di cose importanti prima di vedersi con Donna nel tardo pomeriggio.
 
 

***

 
 
 
Firme, firme ed ancora firme.
La mano che impugnava la malcapitata penna si muoveva ad una velocità meccanica. Tanti erano i documenti da firmare quel giorno. Donna si era rifiutata categoricamente di leggerli uno per uno. Aveva lasciato questa sgradita incombenza la sera prima a Chris, per questo si sia sentita alquanto infame per l’azione compiuta, ma le mansioni di segreteria comprendevano anche questo.
“ Spero solo che non sia arrabbiato” pensò tra sé .
Guardò sconsolata l’orario sullo schermo del computer. La lunga strada verso l’uscita con Chris sarebbe accaduta solo tra  altre otto ore.
La rossa rivolse una silenziosa preghiera al cielo per far si che di colpo il tempo passasse più velocemente e che fosse già sera.
Decise di sgranchirsi un po’ le gambe, andando a prendere un po’ d’aria in terrazza.
Con lentezza salì le due rampe di scale che l’avrebbero portata a destinazione. Una volta arrivata e aperta la porta un tenue sole che preannunciava l’arrivo della tanta sospirata primavera l’accolse avvolgendola con i suoi caldi raggi.
Prese il cellulare e compose il numero da chiamare.
Fece sei squilli, poi la chiamata venne interrotta.
Donna allontanò il cellulare da l’orecchio squadrandolo stranamente, come se la colpa fosse del’oggetto. “Strano..” le venne da pensare.
Provò quindi una seconda ed una terza volta. Ma niente. Puntualmente le chiamate venivano rifiutate.
- Bene – ripeté ad alta voce ad una terrazza deserta. A quanto pare quella mattinata di riposo Chris aveva deciso di passarla a rifiutare le sue chiamate.
E visto che rifiutava le chiamate evidentemente non era ne malato e ne moribondo. Aveva qualcosa di meglio da fare.
Questo. Non . Andava. Bene.
Rimise il cellulare nella borsa con la stessa velocità con cui lo aveva preso in precedenza, in preda alla trepidazione, era riuscito a farla arrabbiare.
Non voleva essere nei suoi panni quella sera.
 
 
 
 
Chris si fece trovare a l’ingresso del’azienda, e vide da lontano la rossa, avvolta nel suo cappotto invernale. Sembrava molto stanca. Tanto che stava camminando massaggiandosi il collo.
Camminava a passo lento, ma quando alla fine anche lei lo vide aumentò il suo passo per raggiungerlo.
- Ciao – salutò lui,  con uno dei suoi grandi sorrisi.
“ Sembra tutto normale” pensò Donna con cautela, inizialmente voleva fargli una sfuriata ma se c’era una cosa che aveva imparato era di agire prima di pensare. Magari nella mattinata quando Chris ha rifiutato le sue chiamate aveva veramente qualcos’altro di importante da fare. Per cui anche lei si limitò semplicemente ad un sorriso stanco e ricambiando il saluto.
- Ti vedo stanca -
- È stata una giornata infernale oggi. A te il compito di distrarmi a dovere – scherzò lei, cominciando a rovistare nella borsa per cercare le chiavi della sua macchina.
- Ferma, non prendiamo la macchina. Andiamo a piedi. – ribatté lui, con un tono divertito alla espressione interrogativa della rossa.
- Quindi devo lasciare la macchina qui – constatò lei, e l’uomo annuì – Bene, dove mi porti allora?-
- Stasera cena casalinga, si va a casa mia –
- Ma …con queste scarpe..?-  e a quel bisbiglio Christopher non poté non  trattenere una risata, così tolse dalla spalla lo zaino che stava tenendo. Sotto lo sguardo della rossa, che osservava un po’ interdetta lo zaino particolarmente capiente, Chris cominciò a rovistare nello zaino e porse alla donna un paio di scarpe da ginnastica. – Tieni –
Donna squadrò circospetta il paio di scarpe, per poi passare lo sguardo alle sue costose scarpe con tacco e plateau che aveva indosso.
Le suddette scarpe che Chris teneva in mano stonavano completamente con il tailleur che lei aveva indosso quella mattina.
- Non vorrai soffrire camminando su quei trampoli, fino a casa solo perché le mie scarpe non si abbinano con i tuoi vestiti?- la sfidò lui, intuendo i suoi dubbi ed esternandoli.
 Donna ridusse i suoi occhi a due fessure, indubbiamente sfidata. Che naturalmente accettò.
- Dammi qua -  
  Con grazia si tolse le sue bellissime tacco dodici, per rimanere semplicemente in calze e infilarsi le scarpe da ginnastica. Velocemente pose a Chris le sue scarpe che aveva appena tolto dicendogli allo stesso momento un – Andiamo? – e senza aspettare la risposta cominciò ad incamminarsi.
Arrivarono esattamente quaranta minuti dopo, Chris aveva avuto fortuna nel trovare un appartamento non troppo distante dal luogo di lavoro.
Chris aprì la porta con una mano mentre con l’altra teneva la busta della spesa. Donna entrò dopo di lui anch’essa con una busta alla mano. Una volta arrivati posarono le buste sul tavolo della cucina.
Si erano ormai fatte le sette di sera, e mentre Chris si precipitò in cucina cominciando a mettere l’acqua sul fuoco, il piatto della serata era la pasta alla amatriciana, Donna si passò la mano che reggeva la busta sui jeans.
Esatto jeans, un pantalone della sua taglia ovviamente non era l’abbigliamento con cui era uscita da l’ufficio quasi un’ora prima.
Lungo il tragitto infatti Chris aveva trovato la scusa per fermarsi ad un bar, vari bar visto che si era cambiata tutta l’unica cosa che teneva dalla sua uscita da l’ufficio era stato il cappotto.
E lei glielo aveva lasciato fare. Non sapeva dire di no. A quegli occhi azzurri ma soprattutto a quelle adorabili orecchie a sventola.
“ Donna la cosa tra voi due sta diventando seria” disse tra sé. Era la verità con il passare del tempo le cose tra di loro si facevano sempre più serie, uscite a cena , cinema. Ma anche un normale pranzo veloce durante la pausa pranzo. L’importante era vedersi.
E Donna lo sapeva, stava per prendersi l’ennesima e colossale sbandata. E come ogni volta non poteva farci nulla, o forse non voleva .
Perché Chris non era Jack del quale si era innamorata vedendo in lui qualcosa che non c’era.
E non era nemmeno Robert che l’aveva lasciata il giorno prima di andare a l’altare. Ma lui l’aveva fatto perché l’amava troppo.
Ormai da lungo tempo non faceva che provare un’insolita stanchezza. Era stanca di donare il suo cuore a uomini che puntualmente perché non potevano dargli quello che voleva .Oppure perché l’amavano troppo.
Persa nei suoi pensieri non si accorse che Chris la stava osservando da un po’, notando l’espressione pensierosa e leggermente dolente della rossa.
Doveva distrarla in qualche modo, non doveva essere triste a causa di un pensiero che quella sera non si sarebbe dovuto presentare.
Dalla distanza in cui  trovava voltò lo sguardo verso la cucina, soffermandosi sulla credenza. Allora gli venne un’idea.
Lentamente si diresse in cucina, prese la busta della farina e l’aprì il più delicatamente possibile, la rossa sembrava infatti non averlo sentito.
Fece piccoli passi  e quando fu dietro di lei portò la busta di farina sopra la testa della rossa, che proprio in quel momento si accorso del uomo dietro di lei ed ebbe solo il tempo di chiedere – Chris ma che stai…? – e poi…
 
 

Pufff

 
 
Una nuvola di farina ora ricopriva la testa della rossa, rendendo i suoi capelli tutti bianchi.
L’espressione sorpresa di Donna era impagabile, era rimasta a bocca aperta in una tipica espressione ad “ O”. Causata dalla sorpresa.
- Brutto figlio…- ringhiò a bassa voce per poi andandosene dalla vista di Chris, che ipotizzò che forse era andata al bagno a pulirsi.
- Avanti Donna! È solo uno scherzo innocente che vuoi che sia un po’ di farina?- urlò lui in modo che la domanda la raggiungesse ovunque lei fosse.
 
 

Ciafff.

 
 
Qualcosa come cinque litri di acqua gli furono scaraventati addosso. Chris si passò una mano su gli occhi per togliere l’acqua, per trovarsi davanti a Donna piena di farina.
-         Stavi dicendo tesoro? – chiese lei strafottente.
E lui che non voleva altro che questo strinse la presa sulla busta di farina, sotto lo sguardo di lei.
- Dicevo, che te la sei cercata – minacciò lui.
E da lì le cose precipitarono in una maniera esponenziale. Continuarono a rincorrersi ed impiastricciarsi come ragazzini. Del tutto incuranti dello stato in cui stavano riducendo quel povero appartamento.
Dopo un tempo non quantificato Donna si sedette stremata sul divano. I suoi vestiti erano un motivo chiazzato tra macchie d’acqua, di farina e parti in cui si erano sovrapposte creando una indesiderata patina.
Chris era seduto accanto a lei con il fiato corto, con la differenza che lui era molto più bagnato di lei.
- Cavolo che macello dovremo ripulire tutto – constatò lei.
- Lo dici come se in realtà non ti fossi divertita – la pungolò lui, battendogli un paio di volte con il gomito sul fianco.
- Dovremo anche farci una doccia se è per questo -  fece un po’ lei la sostenuta per poi scoppiare a ridere non facendocela più a trattenere le risate.
E Chris desiderò poter fermare il tempo con Donna sorridente e impiastrata nel suo appartamento. Era tutto perfetto.
Decise che era quello il momento giusto, inconsciamente allungò la mano lungo la tasca dei suoi pantaloni, andando a tastare la protuberanza con sicurezza.
Si alzò per andare di fronte a lei.
- Hey – sussurrò semplicemente la rossa.
- Donna mi fai venire voglia fare follie come queste a giorni alterni. Giusto per avere almeno ogni tanto casa non invasa dalla farina –
- Okay so che sembrerà che non riesca a fare un discorso di senso compiuto. Ma che stai facendo?-
Donna lesse imbarazzo ed indecisione negli occhi di Chris, che si fece coraggio e portando la mano al fianco dei jeans ne tirò fuori una piccola scatolina.
- Sposami -  cominciò lui imperativo allo sbiancare di lei -  so già quello che stai pensando. E se mi permetterai confuterò tutti i tuoi dubbi. Dunque vediamo – e distolse un attimo lo sguardo da lei per raccogliere le idee – okay ce l’ho. Primo ci stiamo frequentando da poco . Posso dirti che non è importante quanto tempo si passa con una persona, ma come lo si passa. Ci frequentiamo da poco, eppure mi sembra di essere accanto a te da tutta una vita…- e nel dire questo portò avanti la scatolina a l’altezza del suo viso e l’aprì mostrando una semplice fece – Secondo non ci conosciamo abbastanza. Posso dirti che sei una persona bellissima che ha regalato il cuore a troppe persone, ma che nonostante questo non perdi mai la voglia di darti alle persone, non curandoti delle conseguente per te stessa. Tuttavia in mezzo a tutti questi bellissimi pregi hai anche un grosso difetto, sei terribilmente orgogliosa. Alla fine sai ammettere che anche tu puoi sbagliare. E poi un’ultima cosa ma non meno importante. Ti amo. -   e terminò il suo monologo rimanendo in attesa di una qualche reazione dalla rossa. Questa ormai aveva ripreso colore sul viso e con un’espressione alquanto infastidita fece – Peccato che in questo tuo monologo non mi hai fatto la domanda più importante –
Il tono freddo della rossa lo fece sudare freddo, che cercò di mascherare in tutte le maniere – E …quale sarebbe? –
- Se voglio sposarti. Lo hai dato per scontato -
- Oh beh si fa presto a rimediare –gli disse mettendosi in ginocchio davanti a lei – Donna Noble, sei pronta a dividere il resto della tua vita con me, anche quando sarai una vecchia bisbetica ed io un vecchio rimbambito? Sei pronta a rimanere al mio fianco anche quando avremo delle litigate in cui ci urleremo contro e probabilmente ci tireremo i piatti? Vuoi sposarmi? –
E a quella domanda, l’unica che Donna voleva sentire in effetti si sciolse, gli saltò addosso e con il viso rigato da lacrime di felicità.
-Si si ed ancora si! Perché sei così complicato nel dire le cose???Devi sempre girarci intorno –
Allora Chris se l’abbracciò stretto mentre lei continuava a singhiozzare.
-   Ora dobbiamo solo organizzare e dirlo a gli altri – constatò Chris.
Donna annuì con decisione -  E John e Rose saranno i nostri testimoni, si rimetteranno insieme prima del matrimonio, com’è vero che ho accettato di sposarti!-
- Non potevo chiedere di meglio -  fece lui per poi abbandonarsi in un lungo bacio.








Buonaseraaaa! Ed anche buongiorno a chi leggerà questo capitolo domattina. Dunque aggiornamento un pò in anticipo e capitolo leggermente più lungo assolutamente Donna&Chris centrico...Che ne pensate?
Ma sopratutto come avete passato Pasqua e Pasquetta? Pranzi con parenti ed amici con mille portate? Se si allora siamo in due! Comunque vorrei suggerurvi di cominciare a rimettervi in forma, cosa che sto facendo io naturalmente perchè siamo tutti invitati al matrimonio di due pazzi scatenati, cioè un tizio con le orecchie a sventola e una tipa con i capelli rossi.
Spero che verrete ovviamente!

Ok,  a parte la nota di sklero (sarà l'ora tarda) volevo solo dire che mancano esattattamente tre capitoli al termine, e che Eleven apparirà dal prossimo, non in questo come avevo detto la volta precedente, chiedo scusa per l'errore.
A parte questo, spero naturalmente che questo capitolo sia di vostro gradimento. 
Vi invito a lasciare un commento qualora vi andasse, per il resto appuntamento tra due settimane! Alla prossima!

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Capitolo 17
*** Capitolo 17. Dove si sono riconciliazioni e picchi preoccupanti di gelosia. ***


 


Capitolo 17.
Dove si sono riconciliazioni e picchi preoccupanti di gelosia
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La situazione era esattamente la seguente.
Cinque persone di cui tre uomini e due donne erano sedute ad un tavolo rettangolare. Un giovane ragazzo moro di ventiquattro anni circa stava a capo tavola. Teneva le mani poggiate ad un raccoglitore decisamente stracolmo di  fogli. L’abbigliamento appariva piuttosto retrò, indossava una camicia a quadri, una giacca grezza marrone ed aveva al collo un papillon rosso.
Con il suo sguardo azzurro scandagliava le persone sedute ai lati del tavolo.
Alla sua destra il primo posto era occupato da un uomo, indossava una giacca di pelle nera che gli calzava a pennello, teneva entrambe le braccia poggiate sul tavolo a mani unite e giocando con i pollici.
Alla destra di quest’ultimo sedeva una ragazza bionda, che in quel momento sembrava che avesse fissato lo sguardo in una direzione diagonale, cioè non perdendosi un micro movimento facciale della donna che sedeva alla sinistra del capotavola, facendo di tutto per evitare di voltarsi verso l’uomo seduto di fronte a lei. .
La donna che la bionda non faceva altro che scrutare aveva dei lunghi capelli rossi, raccolti in maniera sbrigativa con una matita e sembrava del tutto incurante degli sguardi che gli venivano rivolti. Teneva gli occhi puntati sul giovane, dai capelli pettinati a onda, in attesa.
Si terminava con l’ultimo uomo, in gessato scuro camicia con cravatta e capelli sparati in aria. La sua posa era diversa da quella degli altri, era leggermente più rilassato. Così rilassato da starsene con i piedi incrociati sul tavolo . Stessa cosa per le braccia se ne stavano conserte sul suo torace con lo sguardo fisso davanti a sé, la posa non era quella più consona, eppure nessuno glielo fece notare.
Dopo aver scandagliato nuovamente i presenti, il giovane decise aprire il raccoglitore dove c’erano scritti degli appunti.
Diede una rapida lettura unendo le mani per portarsele a l’altezza del naso per la concertazione.
Fece un profondo respiro. Nello stesso istante le pose dei presenti si fecero tese e rigide. In attesa.
- Non si può fare – sentenziò lui.
Uno sbuffare generale si diffuse nella stanza sino a quel momento silenziosa.
- Avanti Matt, non puoi mollarci . Ci dovrà pure essere un modo per organizzare questo matrimonio- sbottò Chris spazientito.
Il giovane in questione non batté ciglio – Sono le vostre condizioni, non è una cosa attuabile in poco tempo. Preparativi del genere devono essere centellinati in almeno sei mesi –
A quella frase Donna si proruppe in una alzata di spalle, fintamente incurante. Infondo non aveva preteso mica la luna. Voleva solo una cerimonia come si deve, con una grande chiesa illuminata alla perfezione, senza contare la scelta de l’addobbo floreale, il ristorante, l’abito, i vestiti delle damigelle, gli anelli, la casa.
Il tutto doveva essere organizzato per il  trenta di aprile, cioè tra un mese.
 
 
 
Qualche ora prima
 
 
Una vera follia.
Questo era quello che gli avevano risposto tutti i wedding planner  della città. Neanche si fossero messi d’accordo per usare tutti la stessa esatta frase.
Così si erano ritrovati al ristorante, i futuri sposi e i testimoni. Convincere John e Rose fu una tale impresa non tanto per John quanto la bionda.
- Sono felicissima per te Donna, ma non credo di essere la persona più indicata per essere la tua testimone -
A quella risposta Donna giocò la sua carta vincente.
Il senso di colpa.
- Vedi Rose, pensavo che fossimo amiche ormai…ma forse tu consideri la nostra amicizia con un metro differente dal mio -  appena terminata la frase la rossa non si perse il leggero spalancare di occhi da parte di Rose. Già solo da quel gesto seppe d’avercela fatta.
 
 
Il problema venne a crearsi dopo.
Quando nessuno voleva mettersi ad organizzare il matrimonio.
Si ritrovarono così loro quattro, seduti ad una caffetteria a discutere sul da farsi. O meglio Chris e Donna cercavano di proporre, John e Rose non facevano altro che guardarsi negli occhi.
- Ci rinuncio -  borbottò Chris, ma si trovò costretto a ritrattare allo sguardo fiammeggiante e azzurro della rossa. – Voglio dire a chi altro possiamo rivolgerci? Possiamo fare anche da soli..-
- Se facessimo da soli ci metteremo tantissimo –
- A dire il vero qualcuno ci sarebbe -  proruppe John vedendo che apparentemente non si riusciva a trovare una soluzione.
Chris ascoltò il suggerimento del fratello con attenzione, per poi farsi più pallido. – Non credo sia una buona idea –
- Conosciamo qualcun altro che possa aiutarci? -
- Qualunque altra persona andrà benissimo -
- È questo il problema, al momento non c’è nessuna altra persona che possa aiutarci – rimarcò John.
Le due donne stavano osservando la scena immobili, voltando solo la testa verso chi dei due parlava in quel’istante. Finché la rossa non ne ebbe abbastanza. – Volete spiegare anche a noi, se non vi è di troppo disturbo? –
Solo allora i due fratelli smisero di parlare tra loro, fu lo scrittore a spiegare – Una persona che può organizzare il matrimonio ci sarebbe..-
- Ma non è esattamente la persona più indicata – corresse immediatamente il fratello maggiore, come a sfatare qualsiasi iniziale entusiasmo che potesse provenire dalla sua fidanzata.
- Ci aiuterebbe se glielo chiedessimo – rimarcò John difendendo la sua idea.
- Andiamo! Devo farti presente che gli manca qualche rotella? –
- Ci deve un favore e farà esattamente quello che gli chiederemo –
- Insomma di chi state parlando?- chiese allora la bionda, lo scrittore allora si voltò verso di lei. Donna notando il calo di picco nell’intelletto dello scrittore si rivolse, a Chris – Allora? –
- Fa il wedding planner qualche volta, a dire il vero non lo vediamo da un po’ di tempo –
- Lo conoscete bene quindi?-
- È nostro cugino da parte di madre – rispose John.
- Ma per favore. Cugino di terzo grado, non abbiamo niente da spartire con lui –
- Chris è l’unico che può aiutarci –
- A questo punto direi che è l’unico a cui possiamo rivolgerci – consigliò Donna al suo quasi marito, mettendosi di punta di fronte a lui per poi baciarlo appassionatamente. Tanto bastò alla rossa per convincerlo. Quel giorno era veramente subdola, ma voleva il suo matrimonio. E lo avrebbe avuto.
 
Si diressero così verso il centro di Londra, perdendosi in delle viette pedonali .
Donna e Chris facevano da apri fila, con lui che continuava a borbottare  - Non è una buona idea –.
Seguivano poi in fila indiana Rose che camminava spedita e con le mani ben piantate nelle tasche del suo cappotto viola invernale. Teneva la testa bassa a fissare i piedi della coppia avanti a lei. John invece chiudeva la fila.
Rose era a meno di un metro da lui e non aveva neanche il coraggio di parlarle.
“ Cosa potrei dirgli?” provo a domandarsi lo scrittore, incerto come poche volte nella sua vita.
- Rose – la chiamò lui, con un tono di voce così basso che forse non aveva neanche sentito. Anzi sperò che lei non lo avesse udito, perché ora che l’aveva chiamata non aveva la più pallida idea di cosa poteva dirgli.
Ma l’aveva sentito, perché John poté vedere chiaramente le spalle della ragazza avanti a lui, farsi tese. L’aveva sentito ma non si era voltata verso di lui. E questo per lo scrittore fu peggio di una coltellata in pieno petto.
Tuttavia si disse, che quello non era il momento di mettere Rose alle strette. Ora era il momento di suo fratello e della sua manager.
Avrebbe chiarito preso con Rose, ma fino a quel momento doveva fare il bravo testimone dello sposo.
Chiusa la parentesi Rose nella sua testa, notò che il gruppo si era fermato davanti ad un anonimo portone di legno, con le maniglie in ferro battuto. Al lato destro vi era un normalissimo citofono.
Chris era davanti a quel citofono  con la mano a l’altezza del tastino che corrispondeva al cognome Smith.
- Avanti premilo – lo esortò il fratello.
- Non dirmi che lo stiamo facendo veramente…-
- Se non spingi il bottone, lo spingo io al posto tuo – e la mano di John andò a premere il bottone.
Dovevano solo aspettare che rispondesse, ammesso che fosse a casa ovviamente.
- Si? – chiese la voce dal citofono.
- Ciao Matt! Sono tuo cugino John, è da tanto che non ci vediamo. Che ne persi di farmi salire per un caffè? –
- John! Avanti salite! È un secolo che non ci si vede! – trillo la voce e con uno scatto il portone si aprì.
- Come faceva a sapere che non c’eri solo tu?- gli chiese la rossa, e lo scrittore le indicò silenziosamente il piccolo obbiettivo della telecamera che stava in cima al citofono.
Si ritrovarono così davanti ad un giovane uomo, di poco più grande di Rose.
Dopo il saluto di rito ai cugini Matt piantò il suo sguardo azzurro verso le ragazze.
- Loro sono Donna e Rose – e lui da uomo d’altri tempi prese le mano ad ognuna e baciò delicatamente il dorso e sussurrare – Incantato -
Per poi raddrizzare la schiena e dire – Avete due ragazze bellissime, specie la tua fidanzata Chris è la tua anima gemella –
- Come..?- fu la domanda accennata di Donna.
- Molto semplice, l’intimità fisica che c’è tra voi due – dedusse il giovane come se nulla fosse, mentre nello stesso istante Chris e Donna erano diventati dello stesso colore dei capelli di lei.
- Ed ora ditemi, che posso fare per voi?-
 
 
 
 
 
Ed ora si trovavano lì, seduti a quel tavolo a chiedere l’aiuto del cugino di terzo grado.
L’atteggiamento di Chris verso Matt era sempre stato fortemente pregiudizievole. Suo fratello maggiore era una persona troppo concreta,per poter comprendere a pieno il potenziale del ragazzo che avevano davanti, pensò John. Che invece aveva molti punti in comune con lui.
- Potresti vederla come una sfida – propose lo scrittore, catturando lo sguardo dei presenti su di sé.
- Non vedo come potrei – ribatté il cugino.
- Chris ha puntato i piedi peggio di un mulo per non venire da te, e Donna desidera il matrimonio dei suoi sogni. Accontentarla sarebbe un gran gesto di gentilezza, e senza contare che faresti veramente rosolare il mio fratellone dalla rabbia, perché ancora una volta ha sbagliato –
Quella frase fece accendere gli occhi di Matt, che assunse un’espressione molto simile ad un ghigno di trionfo, per passare ad una smorfia neutra, per non far vedere quanto le parole del cugino lo avessero irretito.
- In effetti non è propriamente impossibile.. – rispose il giovane in tono fintamente annoiato,  -…ho abbastanza conoscenze nel settore…dovrò solo passare a riscuotere qualche favore..- e poi non ce la fece più a contenersi -..ma il vostro matrimonio si farà. Geronimooooooo! – e con questo urlo da battaglia, si alzò a prendere il telefono e dopo aver digitato il numero salutò l’interlocutore da l’altro capo telefonico – Winston amico! Quanto tempo che non ci si sente! Ascolta avrei bisogno del tuo aiuto, che sicuramente mi darai…voglio dire non c’è bisogno che ti rammenti del matrimonio dei Cabot..vero? - e poi si rivolse a loro – Mi faccio sentire io! Ciao ciao!-
E dicendo questo si precipitò fuori dalla stanza.
- A questo punto credo sia meglio andare –
Chris stette un attimo a guardare suo fratello – Ma tranquillo, non è necessario che ti sforzi così tanto per mascherare quel sorriso –
John si strinse nel suo cappotto lungo – Non prendertela, sai che alla fine ho sempre ragione! –
- Modesto come sempre! – lo prese in giro Donna prendendo a braccetto Chris. Che nel frattempo aveva aperto la porta per uscire.
Indietro rimasero solo Rose e John, lo scrittore aprì la porta in attesa che lei passasse.
Rose fece un lungo respiro, e si decise a camminare.
- Mi manchi -
Stavolta la voce di John, era di un tono facilmente udibile, ed allo stesso tempo intrisa di dolore.
Dolore di cui Rose stessa era in parte causa.
Rose fece per sorpassarlo, ma poi si fermò davanti a lui voltandosi a guardarlo direttamente, come non era riuscita a fare per tutto il giorno.
Era diverso, una barba folta ora evidenziava i contorni del suo viso, rendendo particolarmente evidenti gli zigomi scavati, e ombre d’occhiaie che incorniciavano i suoi occhi marroni, gli stessi che non si perdevano in singolo movimento di lei.
- Anche tu – rispose lei quasi sussurrando, complice il calo improvviso di voce per l’emozione.
Era stata cieca, ma alla fine aveva capito. L’uomo davanti a lei, era l’uomo di cui si era innamorata, ma anche l’uomo che aveva preferito il lavoro alla sua famiglia, aveva perso sua figlia, si era reinventato la sua vita. E lo amava, non era forse per questo che aveva interrotto le noiose uscite con Mitch?  
Nella vita non c’era solo il bianco o il nero,  ma sfumature di grigio che rendono poco definiti i contorni di ciò che ognuno di noi ritiene giusto o sbagliato.
La verità era che il John che amava e che voleva al suo fianco, non era perfetto aveva fatto degli errori e ne avrebbe fatti ancora, come lei stessa del resto.
 John aveva rispettato la sua scelta, stando lontano da lei. E Rose aveva versato tutte le lacrime che poteva. E nel fondo del suo sfogo erano rimasti i sentimenti che provava per il suo pazzo scrittore. Che senso aveva rimanere ancora separati?
- Avrei dovuto starti vicina…devi aver sofferto così tanto – la mano destra di Rose si posò delicatamente sulla guancia dello scrittore, i cui occhi si sgranarono a quella frase.
Lui alzò una mano andando a prendere il polso sul suo viso,  ruotò leggermente la mano della bionda, baciandole il palmo della mano. – M-mi dispiace..avrei dovuto dirti tutto..avrei- la voce si fece sempre più incrinata, fino a quando Rose non lo avvolse in un caldo abbraccio. John era più alto di lei, eppure alla ragazza sembrò quasi che si stesse facendo piccolo nel suo abbraccio.
- Shhhhh. Non me ne vado John. Non ti lascio solo va bene?- e la ragazza lo vide annuire silenziosamente.
- Rose..- chiamò ancora lui disperato.
- Insieme John, ce la faremo, sei con me? – e una lacrima scese sullo sguardo del’uomo.
- Ti amo Rose –
- Anche io John – e congiunse le labbra con le sue, in un bacio che sapeva di bisogno e disperazione.  E tutto di colpo era magicamente sparito: Melody con la sua triste storia, la discussione davanti alla lapide della piccola Jenny, la rabbia di John, le lacrime di Rose.
Erano nuovamente loro. Così come doveva essere.
In quel istante tutto era nuovamente perfetto.
 
Un colpo di tosse.
- Ragazzi mi dispiace, ma ho del lavoro da fare. E credo poi che i futuri sposi vi stiano aspettando giù di sotto – il tono di Matt era quasi di scusa, per aver interrotto il momento.
I due naturalmente si staccarono imbarazzati per essere stati colti in fragrante, farfugliarono quindi  un saluto veloce per poi scendere le scale a tutta velocità.
Arrivarono giù che il portone era aperto, nel sentire i passi alle loro spalle. I futuri sposi si voltarono entrambi – Era ora! –
- Avete ragione scusate! Meglio affrettarsi a tornare! – esclamò John con troppa enfasi.
Chris scoccò ad entrambi uno sguardo alquanto divertito – Non cambieranno mai –
E Donna gli diede una piccola gomitata.
- Che c’è?-
- Guardali, noti qualcosa? – e con lo sguardo indicò la coppia che li precedeva  a pochi metri di distanza.
Un gran sorriso si distese sul volto di Chris quando capì cosa volesse dire Donna.
John e Rose finalmente si stavano tenendo per mano.
  
 

***

 
Martha e Mickey erano l’uno davanti a l’altra. Non si erano detti nulla quando lui gli era apparso davanti. Si erano guardati per un lungo istante negli occhi.
- Possiamo parlare? – gli aveva chiesto Mickey rompendo il contatto con gli occhi.
- Devo passare a casa, possiamo parlare lì – fece la futura dottoressa, mentre si toglieva le cuffiette dalle orecchie.
Camminarono per circa una decina di minuti, per poi entrare nella casa.
Martha era tutta sudata per via della corsa, eppure si diresse in cucina a mettere il caffè sul fuoco.
- Non ti fai una doccia? – le chiese Mickey pratico come sempre.
- Non è mai morto nessuno per una doccia in ritardo. Da quanto sei tornato? –
- È una settimana oggi. Sono stato congedato –
Le mani che tenevano le tazzine di caffè tremarono leggermente al sentire la notizia. Martha era totalmente spiazzata.
- Una sera di ritorno dalla pattuglia, eravamo tutti molto stanchi. La notte dura molto meno di quanto si possa pensare. Difficilmente il mattino seguente ti senti veramente riposato…sto divagando, mi dispiace. Quella sera insomma ci eravamo appena coricati nelle brandine un mio collega…non sapevo neanche il suo nome ha cominciato a parlare con la sua famiglia. A bassa voce, per non disturbare noi altri. Parlava con la sua famiglia e non faceva che ripetergli quanto gli mancavano e che presto sarebbe tornato a casa per abbracciarli.
Il suo discorso mi ha dato da riflettere – e si interruppe per prendere una sorsata dalla tazzina.
- Su cosa? – gli chiese lei non capendo bene dove volesse andare a parare.
- Al mio futuro, a l’idea di avere una famiglia tutta mia. Non ci avevo mai pensato seriamente prima. Sembra che alcune cose possano durare per sempre. Ma a volte bisogna capire quando arriva il momento di abbandonare una strada ed imboccarne un’altra. Ho ventinove anni, e voglio stare con una donna ed avere dei bambini, e voglio stare al loro fianco e non a combattere. –
A quelle parole Martha cominciò a sperare che Mickey fosse tornato per lei, per i sentimenti che gli avevano legati per quattro anni.
Doveva sapere, prima che il suo cuore cominciasse a sperare. – Sei tornato per stare con me? –
A quella domanda la faccia che assunse Mickey significò meglio di mille parole.
- Sono venuto a dirti che non sono arrabbiato, per quella mattina a l’aeroporto. Inizialmente ero furioso perché non mi avevi mai detto nulla sui dubbi che avevi. Ho capito ora…ma non sono tornato per stare di nuovo con te Martha. Il nostro è un capitolo chiuso insieme alla mia vecchia vita-
- Perché sei qui allora?- chiese la ragazza, con voce incrinata.
- Perché sei stata molto importante nella mia vita. È un addio, chiederti di restare amici sarebbe veramente ingiusto da parte mia. Siamo liberi entrambi –
- Così hai deciso tutto tu, io che dovrei fare? – Martha si alzò con fare nervoso con la sua tazzina vuota in mano, diretta verso la cucina per poggiarla nel lavello. – Dovrei semplicemente ubbidire senza obbiettare? Fare finta che sia tutto finito?-
- Sei stata tu a lasciarmi! –
- Ero spaventata! Dici di aver capito i miei sentimenti allora perché non possiamo ricominciare? Ora sei qui sarà tutto come prima!-
Mickey si mise una mano sulla fronte a raccogliere le idee, finché non disse quello che Martha non voleva mai sentire dalle sue labbra. – Mi vedo con un’altra ragazza -
- Vai via per favore – fu l’unica cosa che riuscì a sussurrare la ragazza.
Mickey si alzò di scatto, con un’espressione dolente – È la cosa migliore per entrambi – e con queste ultime parole aprì la porta e se ne andò.
L’unica cosa che rimase da fare alla dottoranda fu andare a lavarsi.
 
 

***

 
 
Quando era troppo, era decisamente troppo.
Era stato paziente, molto più paziente di quanto potesse esserne capace.
Si era dato tutto il tempo necessario per conoscerlo e farsi conoscere a sua volta.
Uscivano ormai regolarmente, non era successo nulla con suo dispiacere.
Ormai la sua ritrosia iniziale era ormai passa, scoprendosi una persona acuta con un sottile senso del’umorismo.
Gli regalava dei grandi sorrisi e profonde risate.
E lui cosa faceva?
Stava abbracciando un altro.
Jack gli aveva colti in pieno. Stava andando sotto casa di Ianto con due buste ricolme di messicano da esporto, voleva fargli una sorpresa dato che il pomeriggio gli aveva detto di non aver nessun programma per quella serata.
Così eccolo lì a cinque metri dal portone di casa di Ianto.
Nel mentre un taxi si era fermato davanti al portone, il portone di Ianto.
“Forse si sarà sbagliato” si ritrovò a pensare Jack senza una reale motivazione, ed  ecco invece la portiera che si aprì e ne scese un uomo.
“Davvero niente male” fu l’accurato responso di Jack nei riguardi del uomo. Anche se era coinvolto sentimentalmente con Ianto era comunque capace di vedere la parte oggettiva delle cose, e quel uomo era veramente attraente.
Il brutto arrivo dopo, perché dopo che questo aveva pagato il taxi e scaricato il proprio bagaglio, andò a suonare al citofono .
Il portone si aprì e ne uscì uno Ianto rosso in faccia e con il fiato corto, probabilmente per aver sceso di corsa le scale.
Questo fece un gran sorriso a l’attraente sconosciuto per poi abbracciarlo.
Questo decisamente non se l’era aspettato.
Chi era quel uomo? Che aveva da spartire con Ianto per meritarsi un abbraccio del genere?
Una tempesta di domande stava bombardando la mente di Jack, che se ne rimase immobile, mentre i due se ne andavano dentro il portone.
Jack fece marcia indietro, camminando verso la sua macchina. Al primo secchione disponibile gettò il messicano.
Di colpo non aveva più fame.
Non c’era cosa peggiore della gelosia .





...eccoci qua! Non mi ero persa al Polo Nord! No scherzi a parte sono in ritardo vergognoso, me ne rendo conto. E' solo che non è sempre facile riuscire a rispettare le scadenze che uno si prefigge. Sono stata costretta a ricredermi in queste settimane.
Comunque eccoci qua con il capitolo diciassette . 
Abbastanza lungo e alquanto pieno di avvenimenti, spero che vi piaccia. Detto questo vi auguro una buona serata! A presto Cristie.

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Capitolo 18
*** Capitolo 18.Dove si scelgono abiti e ci si prepara al grande evento. ***


Dopo millenni, eccomi qui ad aggiornare il penultimo capitolo della storia. Mi dispiace di questo aggiornamento in ritardo..ma il tempo mi è diventato davvero nemico. Ed è un vero peccato perchè la storia è completa ormai. Farò di tutto per non far passare troppo tempo per il prossimo aggiornamento. Detto questo buona lettura.


Capitolo 18.

Dove si scelgono abiti e ci si prepara al grande evento.





- Buon giorno a tutti! -
Quella mattina Ianto Jones entrò in ufficio con una carica particolarmente positiva.
Tanto che Chris, dalla sua postazione di segreteria se lo guardò un po’ sorpreso.
In genere si limitava ad un saluto educato ma non troppo informale.
- Ciao Ianto, sei arrivato presto a lavoro -
- È il mio giorno libero, volevo solo parlare un attimo con Jack – a quella risposta le sopraciglia di Chris si inarcarono in maniera un po’dubbiosa. – Non credo sia il caso -
- Che cosa? –
- È arrivato questa mattina presto, molto prima del’ora a cui arriva di solito. Si è chiuso in ufficio ed ha chiesto di non essere assolutamente disturbato –
Toccò a Ianto annuire titubante – Capisco, gli lascerò un messaggio al cellulare. Grazie Christopher, a domani – ed il segretario lo salutò con un cenno della mano.
L’autista ripercorse al contrario il tragitto appena percorso, ripassando nuovamente lungo il corridoio illuminato dal sole,per poi prendere l’ascensore che l’avrebbe portato giù per quindici piani.
 

 

Ciao, va tutto bene? Sono appena passato in ufficio, volevo pranzare insieme a te. Chris mi ha detto che non è una buona giornata.
Se per te va bene, vorrei vederti stasera dopo il lavoro. Devo parlarti di una cosa importante.
Passa una buona giornata .
Ianto.

 
 

L’uomo rilesse un paio di volte il messaggio e premette il tasto d’invio, e sperò con tutto il cuore che Jack fosse d’umore abbastanza buono per accettare di vederlo. Doveva parlargli assolutamente.
Poco tempo dopo, l’ascensore si arresto delicatamente al piano terra, e poi aprire le porte in una manciata di secondi.
A passo lento si avvio verso l’uscita, in lontananza vide un uomo appoggiato alla sua macchina scura.
Non sembrò farci molto caso, anzi si appoggiò accanto a lui sul cofano.
- Allora?- chiese l’uomo a Ianto.
- Per pranzo non se ne fa niente, forse stasera – fece l’altro.
- E allora vedrò il tuo Jack questa sera – il tono sarcastico usato da l’altro fece spuntare un sorriso a Ianto. Tanto che lo rassicurò – Ti piacerà vedrai –
- Come no, sicuro! – ed insieme risalirono in macchina diretti a casa del’autista.

 
 

***

 
 
 

Jack rimase a leggere il messaggio di Ianto, molte volte, tanto da essersi quasi impresso nella mente quasi tutte le parole.
Il testo non era nulla di trascendentale, che non lasciava intendere se Jack dovesse sentirsi contento o doveva cominciare a pensare che Ianto si fosse stancato di lui.
Sperò di cuore che così non fosse.
- Hey – lo chiamò Donna che si era affacciata con la testa da uno spiraglio della porta.
- Entra  - e la rossa entrò – Lo so che non vuoi essere disturbato, ma mi chiedevo se avessi impegni per il trenta aprile –
Jack si prese un po’ di tempo per rispondere, e lo impiegò scrutando Donna. Aveva qualcosa di differente, non aveva a che vedere con i capelli acconciati in uno chignon. Non era il vestito di una qualche marca famosa.
Erano i suoi occhi, erano brillanti e sereni, come mai aveva visto.
- Allora?- lo incalzò lei vista la mancata risposta.
- Potrei liberarmi per un motivo valido ovviamente – la punzecchio lui.
Lei allora alzò lo sguardo ed incrociando le braccia ribatté – Il mio matrimonio è abbastanza valido ?-
Il viso del’uomo espresse pura meraviglia – Davvero?-
- Perché è così una sorpresa il mio matrimonio – borbottò seccamente la rossa.
- No no! Ma che dici? Voglio dire…sono veramente contento per te. Tu e Chris sembrate fatti per stare insieme. Congratulazioni di cuore – e se la strinse in un abbraccio amichevole molto stretto, con tanto di pacca sulla spalla.
- Quindi sarai dei nostri?-
- Come potrei mancare? Proprio ora che siamo tornati a litigare con toni così accessi da farci sentire da tutto il piano? – e la fece scoppiare a ridere. – Ti va di dirmi che c’è che non va?-
Donna era seria nella sua domanda.
E Jack, che letteralmente aveva la necessita di confrontarsi con qualcuno, sulla scena che aveva visto pochi giorni prima, prese la palla al balzò e raccontò.
Non si risparmiò e nella narrazione di quella scena durata poco meno di cinque minuti, inframmezzò con le turbe mentali degne di premio Oscar, a proposito di quel’abbraccio e del sorriso a trentadue denti che Ianto non aveva mai rivolto a lui. Per poi completare il tutto, con la lettura completa del messaggio appena ricevuto.
Dopo di che se ne rimase in silenzio ad attendere la sentenza della rossa.
Donna tirò indietro la sedia e per poi mettersi comoda. – Sei un idiota Jack –
-È Ianto quello che si è abbracciato un altro! – esplose lui difendendo la sua idea. Donna non lo stava neanche guardando in faccia, stava leggendo un documento che Jack avrebbe dovuto già visionare e qualora lo avesse soddisfatto, firmarlo.
- Hai ascoltato quello che ti ho detto?-
- Ogni singola parola, per cui aggiungerò un altro bellissimo complimento nei tuoi riguardi. Non solo sei un’idiota ma sei anche completamente cieco perché non ti sei reso conto di quanto quel ragazzo sia cambiato stando accanto a te. Spero in meglio naturalmente, ma visto che siamo parlando di te non sono del tutto sicura. Quindi ecco cosa farai gli manderai un messaggio di risposta e gli dirai che vi vedrete a cena, o da te o da lui, questo è irrilevante, chiaro? E ti prego niente luce soffusa, accordi di violino in sottofondo. Lui ha qualcosa da dirti, quindi nessun film mentale stile colossal alla “Via col vento”. Ascoltalo e poi agisci di conseguenza. Sii uomo. –
- Devo dirtelo tu si che sai come spronare le persone – la prese un po’ in giro Jack sorridente, la rossa invece alzò gli occhi al cielo fintamente seccata – Non sono mica diventata vice presidente per nulla no?-
E detto questo si alzò dalla sedia e data una pacca amichevole sulla spalla del suo capo fece per andarsene.
- Donna?- la richiamo lui.
- Si?-
- Grazie –
- Figurati, è a questo che servono gli amici – e facendogli l’occhiolino tornò nel suo ufficio.
Appena la rossa ebbe chiuso la porta si precipitò a prendere il cellulare.

 
 
Ci vediamo per le 21.30 a casa mia,  porta tu il cibo ti aspetto. Jack
 

Dopo circa un’ora gli arrivò la risposta.
Facciamo a casa mia, vieni direttamente lì a stasera.
 
E Jack, che non voleva puntare i piedi più del dovuto, mandò in risposta un messaggio affermativo.
Non gli rimase solo che aspettare che venisse la sera.
 

 

***

 
 
 

Arrivò sotto casa Ianto che erano appena passate le nove e trenta. Non aveva fatto in tempo a passare a casa. Si era fermato solo un attimo al supermercato per comprare una bottiglia di vino rosso. Sotto richiesta del padrone di casa.
Suonò il citofono ed il portone si aprì con uno scatto.
Si prese tutto il tempo per fare le scale, ed intanto cercando di trovare una inesistente calma interiore.
Arrivò davanti alla porta, e bussò.- Ciao! Entra -  lo invitò Ianto, in quella che Jack giudicò essere una piena tenuta da cucina, ovvero una tuta che aveva visto annate migliori color blu scuro ed un buffo grembiule verde. L’accostamento di colore faceva male agli occhi.
Jack mise piede in casa con la sua solita finta spavalderia, andò in cucina a mettere il vino in fresco,  mentre Ianto continuava ad armeggiare ai fornelli.
Dopo questo si diresse nel salotto, ad appoggiare il cappotto invernale su l’appendiabiti.
E fu in quel’istante che si accorse di essere osservato.
L’uomo che Ianto aveva abbracciato, che era sceso dal taxi e che era salito in casa de l’autista.
Evidentemente ancora non se n’era andato.
- Salve! – lo salutò lo sconosciuto in questione, porgendogli la mano, che Jack strinse in una morsa d’acciaio. Se doveva combattere per avere Ianto, tanto valeva cominciare da subito.
- Però! Che presa, sono Dave  -  si presentò in tono amichevole.
- Jack -  ma quelle parole gli uscirono di getto, perché la sua mente era tutta concentrata a cercare di immaginare tutti i possibili scenari.
C’è qualcosa che non quadra fu la sua valutazione, non molto analitica per giunta.
- Dalle volte in cui mio fratello mi ha parlato di te, posso dire quasi di conoscerti – sogghignò Dave, chiaramente con lo scopo di prendere in giro il padrone di casa, che infatti si intromise con un gemito di disapprovazione.
- Non era necessario raccontargli tutti i particolari Dave, davvero – lo rimproverò Ianto dalla cucina.
- Ma scusa, non hai fatto altro che rompere tutto il giorno per farmelo conoscere! Il renderti ridicolo è il minimo! – ribatté lui prontamente, con tono innocente.
- Fratello? – ebbene si Jack si era preso il tempo per razionalizzare la cosa con estrema calma. Tuttavia il tono usato risultò tanto alto da risultare quasi falsetto. Costringendo i due fratelli, ero che lo sapeva era inspiegabilmente sollevato, a voltarsi.
- Scusa? – domandò Dave, completamente diverso da suo fratello.
- Beh…E-ero convinto che…già so che mi prenderete in giro a vita- cominciò Jack prendendo tempo.
 -Avanti! – lo spronò Ianto dalla cucina.
- Che voi due..che Ianto fosse innamorato di te -  a questa ammissione si guadagnò due occhiate stralunate dai due fratelli.
Per poi scoppiare a ridere tutti e tre. Dave e Ianto per l’assurdità della cosa,e Jack per il sollievo di essersi immaginato tutto.
Dopo quel momento di risata generale, la cena procedette con grande calma  Ianto era un cuoco eccellente ovviamente.
Avendo ormai capito che Dave non era più una minaccia fu libero di tempestarlo di domande.
Dieci minuti e scoprì che era un  assistente di volo, e che stava dividendo il suo periodo di ferie tra il soggiorno dal fratello, seguivano i genitori per poi completare una vacanza con fidanzata e gruppo d’amici.
Il fratellino minore non era cieco, vedeva il fratello lanciare delle occhiate al loro ospite e lui ricambiava con uno sguardo altrettanto carico di aspettative e sottointesi.
- Credo sia arrivato il momento di levare le tende -  e battendo le mani sulle ginocchia si alzò da tavola.
- Aspetta, dove vai? – chiese il fratello un po’ agitato.
Dave intanto era andato in camera a prendere la sua borsa – Stamattina ho prenotato in un ostello qui vicino, sai nel caso fosse stata necessario lasciare casa libera..-
- Ma veramente non è il caso, voglio dire sei qui in ferie non..- ci si mise anche Jack a cercare di convincerlo a non andarsene, mentre lui si stava infilando la giacca.
- Sarò etero ma capisco immediatamente quando gli ormoni cominciano ad impazzire.. – e ormai sulla porta fece l’occhiolino ad entrambi – dateci dentro ragazzi! -
E con questa battuta d’effetto chiuse la porta.
- Tuo fratello è completamente andato – fu l’unica cosa che gli venne da dire a Jack.
- Ora si è un po’ responsabilizzato, avresti dovuto vederlo al liceo –
E poi calò il silenzio trai due.
Jack  non si perse nemmeno un movimento di Ianto che veloce e nervoso stava sparecchiando la tavola.
- Posso andare a casa. Non c’è  problema – non voleva che il padrone di casa si sentisse a disagio.
Ianto smise di sistemare i piatti nella lavastoviglie. Stette un attimo ad osservare il pazzo scatenato che gli aveva completamente stravolto la vita. Con tono di chi sapeva cosa voleva rispose.
- Resta -
L’ordine più dolce che Jack avesse mai udito, insieme allo sguardo di Ianto, per la prima volta diretto e sicuro.
E così Jack seppe d’aver fatto la cosa giusta.

 
 
 

***

 

 - No. No ED ANCORA NO! -
- Se solo tu rossa, e quel dormi sonno di mio cugino vi foste svegliati prima, avrei avuto più tempo e tutte le tue strampalate richieste sarebbe state soddisfatte. Ma con neanche un mese di tempo questo è il massimo che posso fare! –
Matt e Donna fecero dei respiri furiosi, in una perfetta imitazione di due leoni affamati davanti ad una gazzella.
I due si guardavano circospetti, dritti negli occhi senza che nessuno dei due osasse abbassare lo sguardo. In una muta sfida di resistenza a chi avesse ceduto per primo.
- Avanti! Non vorrete davvero andare avanti così per tutto il pomeriggio! – la voce fuori campo di Christopher un tantino esasperata li fece rientrare in un parametro di conversazione civile.
Donna si sciolse la coda, lasciando i suoi capelli rossi liberi.
Aveva un gran male alla testa.
Doveva arrendersi, i geni della famiglia Smith non solo avevano una particolare inclinazione alla stramberia nella piena accezione del termine.
Ma anche una testardaggine che non aveva eguali. E Donna, cocciuta pure lei ci aveva sbattuto la testa sulla testardaggine dei geni Smith. Per tre volte.
Prima John, scrittore brillante e sua fonte di guadagno che faceva vendere puntualmente milioni di copie ad ogni libro .
Poi Christopher, fratello del sopracitato e non che suo fidanzato, e a breve, suo futuro marito.
Ed infine, Matt il cugino da parte di madre e non che loro wedding planner . Voluto da lei stessa per altro, Chris non era per nulla esaltato della questione, ma per amor suo aveva digerito la cosa.
- Come ho detto prima, non faccio miracoli. Sono riuscito a trovare una chiesa, grazie ad un favore che avevo fatto, Padre Davros ha deciso di ospitarci e di officiare la cerimonia…Che c’è? – Chiese interrogativo quando si trovò addosso gli occhi dei presenti.
- Padre Davros..sul serio? – l’espressione scettica di John era tutta un programma.
- È di origine messicana, comunque abbiamo un luogo sacro dove sposarvi –
- Per il ristorante? –
- Questa Chris è la parte che rientra nella categoria miracolo, che io non posso fare. Nessuna hotel o ristorante che conosca si può liberare per quella data.  –
- Per non parlare poi degli abiti da cerimonia, e  di quelli dei testimoni –
Donna si sedette, poggiò i gomiti sul tavolo e con le mani si sorresse la faccia. Fece una rapida osservazione dei presenti.
Matt era seduto di fronte a lei, si stava sistemando il papillon per poi allentare i polsini della camicia. Chris stava sfogliando una rivista in maniera distratta , solo osservando le figure ma ignorando completamente cosa dicessero gli articoli.
Su una poltrona John e Rose non facevano altro che scambiarsi sguardi disgustosamente languidi e tenersi per mano.
Ora che le cose tra loro avevano ripreso ad andare per il verso giusto, tutto sembrava più tranquillo. Le mostruose occhiaie di John erano finalmente scomparse, e Rose scoccava a chiunque splendidi sorrisi a trentadue denti.
 Già.
Intorno a loro c’erano cascate di arcobaleni ed il suo matrimonio probabilmente non si sarebbe fatto.
- Voi avete qualche suggerimento?- chiese la rossa giusto per stare a posto con la coscienza, per dire che almeno le aveva provate tutte.
La coppia sulla poltrona tornò alla realtà.
- Per i vestiti non dovrebbero esserci problemi, davanti al negozio dove lavoro  c’è una boutique di abiti da matrimonio. Senza contare che conosco una sarta che può fare tutte le correzioni che serviranno – se ne uscì la bionda. Nel contempo John batté una mano sul bracciolo della poltrona.
- Il rinfresco possiamo farlo a casa mia! Potremo mettere una serie di tendoni per riparare dal sole. Basterà poi ingaggiare un servizio catering. Devo chiedere a Jack, lui organizza party in quantità industriale, sono sicuro che saprà consigliarci qualcuno. –
Donna appoggiò le mani sul tavolo. Osservandoli entrambi.
Erano giorni che lei e il cugino di terzo grado stavano urlando per far valere le loro ragioni e quei due in due minuti avevano risolto tutto.
Inspiegabilmente Donna si chiese se avesse potuto farli a fette.
- Calma, stai calma sono i nostri due testimoni -  Chris avendo capito che la sua amata rossa stava per avere una crisi imminente, aveva accantonato la rivista per cercare di contenere i danni.
- Scusate ed allora io che ci faccio qui? – Chiese il cugino Matt, resosi conto che teoricamente tutto era pronto.
- Ma come sei parte della famiglia! – lo sfotté John prima di scoppiare a ridere, seguito a ruota da Rose, Matt e Chris che in barba alle occhiate omicide della sua futura moglie era scoppiato a ridere.
- Ce la faremo vedrai –la rassicurò lui.
 
 
Una settimana e quasi tutto era stato risolto.  Il giorno dopo la sfuriata tra Donna e il cugino Matt, Rose portò i futuri sposi e John a scegliere l’abito per il matrimonio.
- Dopo di voi – fece la commessa che stava accompagnando le signore in una lunghissima sfilza di abiti da sposa, di ogni modello e colore.
Rose si muoveva con disinvoltura tra le corsie di abiti. Facendo un elenco della stoffa usata e consigliando la rossa in base a ciò che le aveva detto. La commessa allora faceva strada verso gli abiti candidati per essere provati.
Ma la futura sposa sembrava non avere un’idea precisa, il suo sguardo correva da un vestito a l’altro non esprimendo alcuna preferenza.
La commessa cominciava a non avere più modelli da proporre.
Rose cercò di venirle in aiuto accostandosi a Donna – Trovato qualcosa che ti piace?-
Risposta negativa con la testa – Ce ne sono così tanti…- mormorò Donna dal tono perso,e di sicuro ben lontano da una decisione.
Si distaccò dalle due commesse, che stavano parlando animatamente riguardo a l’ultima stramberia di Miss Hobbes, quando inoltrandosi in una parte della boutique un po’ nascosta lo vide.
Un colpo di fulmine.
- Donna? Che fine avevi fatto?- le chiese Rose quando la trovarono.
- Questo è perfetto, quanto costa?-
A quella domanda la commessa si fece un po’ tentennante – A dire il vero non sarebbe in vendita, è stato comprato ma nessuno è mai passato a ritirarlo, stavamo per mandarlo via, ingombra solamente..-
- Che aspetti? Provalo! –la appoggiò la bionda.
Cosa che Donna non si fece ripetere due volte. Con un po’ di delicatezza indossò l’abito.
-È il suo signorina Noble – Le altre due donne non avevano nulla da obbiettare alla frase della commessa.
L’abito le fasciava il corpo alla perfezione.
Donna si guardò allo specchio soddisfatta, tutto sarebbe stato perfetto.
Per Rose unica damigella scelse un abito corto color giallo oro,  che si abbinava perfettamente con l’incarnato della ragazza.
- John ti salterà addosso alla prima occasione – predisse la sposa ad alta voce. Facendo fare un gran sorriso alla bionda.
La spedizione alla ricerca del’abito da sposa vide infine il suo termine quando arrivarono dalla sarta per prendere le giuste misure.
 
La controparte maschile, al contrario delle loro fidanzate era stata molto più veloce.
Si erano completamente affidati a Jack, che praticamente ci sguazzava negli abiti da cerimonia.
- Prova questo – e porse il completo a Chris – Tu quest’altro -.
I due si guardarono non molto convinti, tuttavia con i rispettivi abiti scelti alla mano entrarono nei camerini.
-Allora? – gli esortò Jack, vedendo che ci stavano impiegando un bel po’ di tempo a cambiarsi.
- Un attimo! – fece John, mentre si infilava cautamente la cravatta.
Dal camerino di Chris non venne una sillaba. Si aprì direttamente la tenda. E ne uscì il fratello maggiore dello scrittore.
Niente male  fu il giudizio critico di Jack, mentre l’altro uomo avanzava con il suo completo grigio chiaro, gli calzava a pennello.
 La porta del secondo camerino si aprì e John fece un paio di passi in avanti, finendo di fare il nodo alla cravatta. – Che ne dite? –
Entrambi stettero a guardarsi reciprocamente. Girando in cerchio, squadrandosi fecero un paio di giri, per poi terminare con un “Mmmm” di soddisfazione.
Jack alzò gli occhi al cielo, odiava fare da baby sitter a quei due fratelli troppo cresciuti.

 
 

***

 
 

Matt Smith finì di fare l’ultimo giro di telefonate, gli inviti erano stati spediti, le bomboniere ordinate e pronte, gli addobbi floreali sistemati nella chiesa, e il grande salotto della casa di John erano stati portati tavoli e sedie, per poter ospitare tranquillamente una trentina d’invitati.
Aveva affittato una limousine, che avrebbe portato gli sposi dalla chiesa fino a casa di John per il pranzo.
Si diede un’occhiata intorno, tutto sembrava apposto.
- Puoi smetterla di ricontrollare tutto – la voce di Chris gli arrivò dalla sua destra. Si muoveva con sicurezza in quella grande casa ora.
Matt aveva ascoltato, ma non aveva distolto lo sguardo da l’elenco che teneva in mano. Rilesse ancora una volta per poi rilassare le spalle. – Ora posso – terminò lui – Sei qui da solo? –
- Donna è al lavoro, io dovevo scambiare quattro chiacchiere con John…mi ha proposto di venire a vivere qui con Donna – buttò fuori d’un fiato infine Chris. Il cugino non era come John, molto espressivo di faccia, al contrario se ne rimase immobile.
- È un’idea fantastica, questa casa è troppo grande per una sola persona, avreste sempre la vostra privacy e stare insieme quando volete –
- Hai proprio ragione –
 
 
Intanto, qualche istante più tardi sempre nella grande casa.
Rose se ne stava a canticchiare un motivetto che le ricordava sua nonna, nel fare questo stava continuando a mescolare gli ingredienti della sua torta al cioccolato.
Quando infine l’impasto le sembrò mischiato in maniera omogenea, lo versò in una teglia, per poi metterla a cuocere nel forno già caldo.
Sullo stipite della porta d’ingresso della cucina, John se ne stava silenzioso ad osservarla.
Per un attimo pensò a tutto quello che era successo, alla capacità di saper rimediare ai propri errori.
Al dover cominciare a piccoli passi.
- Che stai facendo? Mi stai spiando? – lo sfidò fintamente la ragazza.
- Colpa del’odore che sta riempiendo la casa  - John fece un paio di passi verso Rose, circondandola con le braccia per poi darle un bacio. – Finito con la torta? Vorrei farti vedere una cosa –
Il fare misterioso dello scrittore la mise a l’erta. Poteva inventarsi di tutto, perciò rispose in maniera affermativa e si lasciò trascinare in soggiorno.
E le notò subito.
Le cornici non erano più vuote,  c’erano tutti Chris e Donna abbracciati sorridenti davanti ad una bellissima fontana in una rara giornata di sole, Jack che aveva appoggiato il viso sulla spalla di Ianto la foto risaliva a Natale a giudicare da l’espressione sconvolta che aveva.
E poi c’erano loro due, in foto singole oppure insieme. In tantissime istantanee che Rose ricordava di aver vissuto a mala pena.
- Sono bellissime – si espresse la ragazza, osservando John.
- Ho pensato che fosse arrivato il momento di riempirle con la mia sgangherata famiglia –
E non disse altro perché Rose capì a l’istante che tutte quelle persone significavano molto per lui, ed anche lei aveva molto per cui essere riconoscente. Perché se con Donna e Chris aveva stabilito un legame di amicizia, Con Ianto e Jack era poco meno di una conoscente, ma se una sera di alcune settimane addietro Ianto non avesse portato quella lettera lei non avrebbe mai veramente capito John.
- Tra quattro giorni ci sarà il grande evento…-
- Donna sta quasi per esplodere, povero Chris – scherzò lei continuando a guardare le foto, cercando di ricordarsi quando erano state scattate.
- Verranno a vivere qui –
- John ma è bellissimo! – trillò lei felice.
- Potresti venire anche tu a stare qui –
- Eh?-
John aveva un’espressione seria, e allo stesso tempo la stava guardando con una disarmante tenerezza. Ancora una volta le stava mostrando la sua fragilità . Il bisogno che lui aveva di lei al suo fianco. E molto altro ancora.
Troppe cose insieme, per poterle esprimere a parole.
Così si avvicinò e mettendogli le mani intorno al suo collo, mettersi in punta di piedi e baciarlo delicatamente.
- A mia madre verrà un colpo quando lo verrà a sapere, ma si abituerà a l’idea -  fece lei contro il petto di John.
-È un si? –
- Certo che è un sì! - 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Abito di Donna:  http://www.abitidasposaitalia.it/abiti-da-sposa/le-spose-di-gaia/collezione-sposa/zoom/12060.jpg
 
Abito di Rose : https://encrypted-tbn2.google.com/images?q=tbn:ANd9GcSanl_GD4WKShE-RYnBRa8mIwl4hJG6ck4waLB2M2RTPpxZaEhDZw
 
Abito di Chris: http://www.marchiabbigliamento.it/image/collezioni/corneliani/abito_da_sposo_collection_corneliani_02.jpg
 
Abito di John: https://encrypted-tbn0.google.com/images?q=tbn:ANd9GcRoUl3KqABAM40Dqp6aHfQDkYCRkplnbOIrFi_ELwYUUCRnI5yyCQ

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Capitolo 19
*** Capitolo 19. Dove si celebra il matrimonio. ***


Capitolo 19.
 
Dove si celebra il matrimonio.

 
 
 

I raggi del sole filtravano attraverso le finestre colorate della chiesa. Un piccolo gruppo di persone, una trentina massimo, stava prendendo posto in ordine silenzioso e composto.
I parenti degli sposi sedevano nei posti davanti.
Jackie Tyler si guardava intorno, osservando gli altri invitati e riconoscendone alcuni. C’era Martha, la ormai ex coinquilina di Rose,  in un bellissimo abito color panna. Sua figlia le aveva accennato alla rottura con Mickey, Jackie lo reputava un caro ragazzo ed era sicura che la loro rottura era solo una cosa temporanea. Nessuno poteva immaginare per quali vie tortuose il fato intrecciava la vita delle persone, facendole incontrare a volte in situazioni e contesti totalmente sbagliati, se osservati con un occhio razionale.
Jack Harckness fasciato in un elegantissimo tre pezzi blu scuro, era uno di quelli che ancora non aveva preso posto. Avrebbe probabilmente atteso l’arrivo dello sposo per dargli una pacca d’incoraggiamento sulla spalla. Se ne stava in mezzo al corridoio dove la sposa sarebbe stata accompagnata all’altare da suo nonno. Aveva il suo classico portamento fiero e sicuro, e non si stava perdeva alcun movimento compiuto dal signor Jones, che se ne stava a qualche metro lontano da lui.
C’era poi lo strano tipo che aveva organizzato il matrimonio in un lampo. Al momento stava distribuendo a ciascun invitato un sacchettino con del riso da tirare agli sposi alla fine della cerimonia.
Rose le aveva detto che era l’ennesimo Smith,  tanto che si chiese  quante persone andassero a comporre quel particolare nucleo famigliare.
Tuttavia mancava ancora qualcuno.
- La vedi? -  Marv voltò la testa verso di lei, con lo sguardo che simboleggiava solo una domanda “ Chi?”.
Jackie alzò gli occhi al cielo per l’esasperazione – Parlo del’ex moglie di nostro genero – bisbigliò lei a voce bassa per non farsi sentire.
- Non pensi che sia un po’ troppo presto considerarlo già nostro genero? – chiese Marvin pazientemente.
- Sciocchezze, ci scommetto le nostre prossime vacanze che sarà la mia Rose a prendere il bouquet –
- Staremo a vedere – disse Marv con tono neutro, aveva convissuto abbastanza con le ragazze Tyler da sapere che quando si mettevano in testa qualcosa allora sarebbero riuscite a compierla.
Il problema che Jackie non aveva considerato, era che Rose non aveva mai menzionato al matrimonio. Ma questo evitò di farlo presente alla sua consorte. Si mise quindi comodo in attesa che la cerimonia cominciasse.
 
 

Chris stava finendo di vestirsi nella saletta che gli era stata riservata, si stava allacciando la camicia, anche se il tremore delle mani non lo stava aiutando molto.
- Hey tutto a posto? – suo fratello irruppe nella stanza a passo silenzioso.
- Riuscirei a vestirmi più velocemente se smettessi di tremare…lo trovi divertente vero? – ma suo fratello non ripose, al contrario prese la cravatta del maggiore e dopo avergliela fatta passare da dietro, cominciò ad annodarla.
- Gli invitati si sono tutti accomodati, fuori è tutto tranquillo ed in perfetto ordine. Matt è peggio di una sentinella di Alcatraz. -
-Meglio così-
John fece un piccolo ghigno, avere a che fare con suo fratello in modalità tremolante e monosillabica era un’occasione che proprio non poteva lasciarsi scappare.
- Sei nervoso? -  cominciò quindi a pungolarlo.
- Già –
- Tranquillo, scommetto che Donna è molto meno isterica di te –
Chris ormai completamente vestito, stava giusto finendo di allacciarsi i polsini con i gemelli. – Ti stai divertendo vero? – avendo capito immediatamente a che gioco volesse giocare il fratello.
John infatti fece un gran sorriso – Moltissimo –
- Hai preso le fedi? – per un attimo si fece più pallido, credendo quasi che lo scrittore le avesse dimenticate da chissà quale parte. Ma i suoi timori sfumarono quando il fratello minore gli fece vedere la scatolina.
-È ora di andare – gli fece John mettendogli una mano sulla spalla. Ed insieme si avviarono verso l’altare, davanti a padre Davros, pronti ad attendere la sposa.

 
 

***

 
 

Intanto nella chiesa tutto era pronto, gli ospiti sedevano in religioso silenzio, con l’organista pronto ad attaccare con la marcia nuziale a l’arrivo della sposa.
Lo sposo ed il testimone erano ritti in piedi come fusi.
Poi le porte si aprirono. E la musica iniziò. La prima ad entrare fu Rose naturalmente, in quanto damigella d’onore.
Era molto nervosa, e stringeva tra le mani un piccolo mazzo di fiori come se stesse pregando. Dentro di sé la ragazza non faceva che ripetere: Un passo alla volta Rose, non cadere…non cadere.
Questo perché portare un tacco dodici sotto lo sguardo penetrante di John e nel mentre cercare di non fare una figuraccia poteva essere una bella impresa.
Seguivano poi dietro di lei, altre tre donne. Miranda, Charlotte e Samantha tre grandi amiche di Donna dai tempi del’università.
Dietro di loro, arrivò la sposa a braccetto con nonno Wilf, un vecchietto tutto pepe che Rose adorava.
Gli ospiti si alzarono in piedi, mentre Chris raddrizzava le spalle e spalancava gli occhi alla vista di Donna che avanzava avvolta nel suo bellissimo abito.
Nel vederli, un grande sorriso si formò sul volto della ragazza bionda. Ma non era l’unica, perché John stava sorridendo lui stesso, ed il suo sorriso si allargò ancora di più quando i suoi occhi incrociarono quelli della ragazza.
E così padre Davros cominciò a parlare.
Con il senno di poi Rose poté permettersi con se stessa, di ammettere di non aver seguito nemmeno una sillaba di ciò che fu detto quella mattina.
Per tutta la durata della cerimonia cercò di rimanere in uno stato si semi contatto con la realtà, fu il massimo che riuscì ad ottenere dalla sua mente.
Perché ad ogni parola, ad ogni sguardo che i due sposi si scambiavano, ad ogni sguardo che lei rivolgeva a tutti gli invitati, nella sua mente si stava scolpendo un termine che le calzava benissimo:
la quadratura del cerchio.
E questa espressione non era rivolta solo a se stessa, ma immancabilmente di applicava a tutte quelle nuove persone conosciute da poco meno di un anno, che avevano cominciato a riempirle la vita.
Jackie e Marvin : la sua incredibile e pettegola madre. Che aveva combattuto come una leonessa sin da appena dopo la morte di Pete. Che aveva lavorato facendo anche doppi turni lavorativi per permettere a sua figlia tutto quello che desiderava. Grazie a lei, Rose aveva imparato ad essere una persona responsabile senza contare la sensazione di complicità che solo con la propria madre si può avere.
Marvin invece si era fatto strada con discrezione nella vita di Jackie e nella sua. Avendo rispetto nel ricordi di suo padre ed allo stesso tempo amando sua madre di un amore maturo e consapevole. Come quelli di una volta, dove un legame tra due persone veniva costruito e cementato giorno dopo giorno, tra alti e bassi.
Facendo in modo che quel legame a due fosse qualcosa di veramente prezioso.
Non due…ma tre! Dovette correggersi la bionda. La notizia gli era stata data solo la sera prima. Sua madre Jackie era alla terza settimana di gravidanza. Quindi tra otto mesi circa, un nuovo pargolo avrebbe fatto il suo ingresso trionfale in casa Tyler.
Rose sperava di tutto cuore che fosse un maschio. Aveva sempre desiderato avere un fratellino.
Martha : la sua migliore amica, in tutta la loro via si erano perse e poi ritrovate. Ora sembrava molto più matura di quanto già non fosse. Dopo la notizia di Mickey era venuta a patti con i suoi errori. Buttando tutte le sue energie nello studio. Sarebbe diventata un grande medico. Di questo Rose ne era assolutamente certa. E forse avrebbe trovato anche lei quel’amore che Mickey non poteva più dargli.
Jack e Ianto  :  due persone totalmente opposte, ed era forse per questo che le cose tra loro andavano alla grande. Jack era irriverente di natura, e sembrava quasi che nulla potesse turbarlo, almeno finché non si parlava di Ianto. Una persona posata e riflessiva, Rose avrebbe sempre provato gratitudine verso di lui.
Donna e Christopher :  la storia più bella di tutte. Entrambi con un bel bagaglio di esperienze sulle spalle. Eppure eccoli oggi, ad unire le loro esistenze. Il loro legame è nato da così poco. Ma come lei stessa aveva capito,  non era veramente importante la quantità di tempo passata con una persona, ma come lo si trascorreva.
E poi l’ultimo ma non meno importante John.

 
 
 
 
 

Intanto nella funzione era arrivato il momento dello delle promesse.
Fu Chris ad iniziare.
- Si arriva ad un momento nella vita, in cui non ci si aspetta nulla al di fuori di quello che si ha.
Ma questo era prima di incontrarti, con te ho imparato nuovamente ad aspettarmi sempre qualcosa di nuovo dal futuro, e di questo non te ne sarò mai grato abbastanza. La promessa che faccio oggi è quella di rimanerti accanto ogni giorno di questa mia nuova vita al tuo fianco. Sempre.  -
Nel dirlo non aveva smesso di guardare Donna, che a quelle parole, si stava facendo venire gli occhi lucidi.
Venne il suo turno -  Sei entrato nella mia vita a passi così piccoli…che a volte devo sforzarmi per ricordare come erano le mie giornate senza di te. E le poche volte che mi ritrovo a pensarci, l’unica conclusione a cui arrivo alla fine è che non voglio più pensare alla mia vita prima di te. Con oggi ci sarai sempre tu al mio fianco-      
 
 
John poteva osservare le spalle del fratello tendersi alle parole di Donna. Ma il suo sguardo si sollevò molto al di sopra della sposa.
Eccola lì, Rose, che se ne stava ritta in piedi davanti alle altre tre damigelle. Guardava davanti a lei, ma aveva l’aria trasognante.
John capì che la sua testa non era con il resto del corpo nella chiesa, ad un matrimonio.
La ragazza aveva raccolto i capelli, ed aveva un trucco abbastanza semplice, che non faceva altro che aggiungere un tocco di eleganza ai suoi tratti, ma non solo. A John un altro aggettivo che venne da aggiungere era consapevolezza.
Rose era cresciuta, acquisendo un’espressione ormai completamente da adulta.
Il suo sguardo si fece attento quando la bionda sembrò riprendere contatto con la realtà ed incrociare finalmente il suo sguardo.
Si sorrisero.
E lui le disse solo una parola in labiale, scandendo lettera per lettera. – Grazie –
Non ci fu bisogno di ripeterla una seconda volta. Rose capì a l’istante il messaggio. Lo scrittore vide per un secondo gli occhi della giovane spalancarsi per la sorpresa, ma fu solo una questione di un attimo.
Poi vide il suo viso illuminarsi in uno splendido sorriso.
Ultimamente sorrideva spesso Rose, molto più di quando si erano conosciuti. Quando ancora le faceva incursioni a sorpresa e mandava messaggi alle ore più disparate della notte.
Ormai non c’era più necessità di fare tutto questo.
Perché ormai il Dottore non era altro che un personaggio letterario, ed a breve cinematografico, interpretato da un bravissimo attore.
Le notti invece non erano più un problema. Gli incubi di una vita passata e lontana, non popolavano più ogni singola notte, da quando ad ogni risveglio c’era Rose al suo fianco. Tornavano solo ogni tanto, ed i maniera sporadica.
Come a ricordargli la loro esistenza, e John abbracciava quei momenti, quei ricordi che ormai non facevano più alcun male.
La sua vita aveva preso finalmente il percorso giusto, dopo tanti vicoli ciechi.
Ragion per cui, mentre suo fratello e la sua manager pronunciavano le loro promesse di matrimonio, volle anche lui fare una promessa silenziosa.  Pronunciata solo nella sua mente certo, ma aveva la stessa valenza delle promesse che si stavano scambiando gli sposi.
Ti prometto non farti mai più del male, non volontariamente.
Ti prometto che da oggi in poi la vita che stiamo cominciando sarà solo nostra, senza fantasmi del passato a tormentarmi. Solo trasparenza.
Non ci saranno sempre giorni di risate e scherzi, ci saranno anche giorni di litigi e lacrime.
Ma da oggi, comincia la nostra più grande avventura che merita di essere vissuta, la nostra vita assieme Rose.
Intanto la cerimonia era ormai giunta al termine, ed alla frase di padre Davros – Lo sposo può baciare la sposa! –
Chris e Donna si scambiarono un bacio appassionato.
Intanto gli invitati si erano disposti a semi cerchio con riso alla mano, pronti a lanciarlo alla coppia che usciva dalla chiesa.
 

 

***

 

Il rumore del cristallo del bicchiere che veniva picchiettato da un’elegante forchetta d’argento, risuonò così limpido ed acuto da attirare l’attenzione degli invitati.
John prese parola, alzandosi e facendo un bel respiro.
- Quando cominciai a pensare che tra mio fratello e Donna stesse accadendo qualcosa, rimasi completamente stupito a l’idea. Voglio dire, conoscendoli entrambi non mi sarei mai immaginato che dalla loro frequentazione si sarebbe arrivati a tutto questo – e con le mani indicò i tavoli con gli invitati. – Eppure eccoci qua, io con in questo scomodissimo abito che di certo non metterò mai più, e voi ad abbuffarvi fino a scoppiare. Ma a parte gli scherzi voglio fare un brindisi al mio fratellone Chris e alla mia manager Donna. Perché ora che la famiglia si è finalmente riunita, auguro loro moltissimi giorni felici! A Donna e Chris! – e tutti gli invitati levarono su i bicchieri.
E mentre John si rimetteva a sedere, la sedia accanto alla sua si fece indietro.
Era il turno di Rose a fare il discorso.
- Quando Donna mi ha proposto di essere la sua damigella d’onore…mi sono sentita lusingata del pensiero. Voglio dire che è l’ennesima prova di quanto sia straordinaria, non la conosco da molto, ma per me è come se fossimo amiche da un’eternità. E Chris..? – la ragazza attirò l’attenzione sullo sposo, che si fece più attento con lo sguardo. – Quando Donna è con te è come se brillasse…non esiste un metro uguale per giudicare la profondità dei sentimenti che proviamo verso una persona, quindi non dubitare mai dei suoi sentimenti verso di te. Non farlo mai. Per cui propongo un brindisi agli sposi! -
E tutti brindarono alla coppia.
Rose si rimise seduta facendo un bel sospiro, il suo discorso era andato bene, a quanto pare.
- Bel discorso – si complimentò John seduto accanto a lei avvicinò poi una mano alla sua e gliela strinse, per farle capire che era andata alla grande.
E lei grata del sostegno annuì piano.

 
 

***

 
 
 

Donna se ne stava ancora seduta al suo posto a chiacchierare con sua madre ed un gruppo di amiche. Felice come non mai.
La sua vita non poteva essere più felice, suo marito era anche lui intento a parlare con un paio di invitati, ma non perdeva mai momento di incrociare lo sguardo con lei anche  solo per qualche secondo.
- Vi dico che è così! Quei due si rimetteranno insieme! -
- Io non credo, infondo lei non è una nobile. La regina si opporrà a qualsiasi matrimonio –
- Io li trovo perfetti insieme –
L’argomento della conversazione riguardava la storia del futuro regnante e della sua relazione con Kate, e di come si vociferassero voci di un matrimonio.
Tanto per rimanere in tema .
La rossa a tal proposito non si era pronunciata, non era ne pro e ne contro ad un matrimonio del genere, semplicemente per lei..l’amore era amore. In qualunque delle sue forme esso di manifestasse.
Chris interruppe quello scambio serrato di gossip facendo in piccolo colpo di tosse, ottenendo immediatamente l’attenzione delle signore sedute alla tavola.
- Chiedo scusa, posso rubarvi mia moglie? – il tono usato era così profondo e possessivo che Charlotte fece un sospiro invidioso.
Donna che aveva visto la scena, mentre si allontanava mano nella mano con suo marito, gli scoccò un’occhiata fulminante.
- Hai fatto colpo, bravo! – Chris se la guardò divertito, se bene la rossa non esprimesse sulla con il viso, il tono altamente sarcastico arrivò molto chiaramente. Ma Chris sapeva esattamente come rasserenarla. E portandola al centro della sala le lasciò la mano. – Non me ne sono neanche accorto, il mio cuore è già tuo. Ed ora balleresti con me? -

 
 
 
 

It's amazing 
How you can speak 
Right to my heart
Without saying a word, 
You can light up the dark 
Try as I may 
I could never explain 
What I hear when 
You don't say a thing 

 
 
 

La voce del vocalist della cover band assunta da Matt si diffuse in maniera avvolgente lungo tutta la sala.
Donna sorpresa per la canzone che Chris aveva scelto non dicendole nulla, rafforzò la presa sulle spalle del marito.
Chris invece la trascinò con passi lenti in un piccolo ballo.
 

 
 

The smile on your face
Lets me know
That you need me
There's a truth
In your eyes 
Saying you'll never leave me 
The touch of your hand says 
You'll catch me
Whenever I fall 
You say it best 
When you say 
Nothing at all 
 

 
 

Lentamente altre coppie li raggiunsero cominciando a ballare.
Ognuno con un proprio ritmo, chi un po’ più veloce rispetto alla canzone, chi molto più lentamente.
- Sei pensierosa – constatò lo scrittore, rivolto alla ragazza. La bionda tornò a guardarlo, facendo un lieve movimento con la testa per liquidare la faccenda, come se non fosse nulla di importante.
Peccato che John non era affatto convinto.
- Che hai Rose? – e la ragazza mangiò la foglia.
- È solo che tutto questo mi da l’idea della fine di qualcosa. Sono contenta per tuo fratello e Donna ovviamente…- e si fermò a quel punto non riuscendo a trovare le parole giuste per spiegare quel’attacco di malinconia improvvisa.
- Me lo hai insegnato tu Rose, il cambiamento arriva per tutti. Riesci ad immaginare che da domani loro due verranno a vivere insieme a noi. Qui? Non è bellissimo? –
Rose ancora una volta non rispose, non poteva trovare le parole, semplicemente.
John così felice e sereno come non lo aveva mai visto, era un qualcosa di così nuovo e unico. Che meritava di essere impresso nella memoria e di avere un posto speciale nel cuore.
 

 
 
 
 

Intanto mentre praticamente tutti si erano dati alle danze, una donna se ne stava seduta ad un tavolo a sorseggiare l’ennesimo drink della giornata.
Melody Pond ne aveva fatte di scelte sconsiderate nella sua vita, ma quella di andare al matrimonio di Chris era stata veramente una follia.
Era come infliggersi un’auto punizione volontaria. Peccato che Chris abbia insistito talmente tanto che gli era stato impossibile dirgli di no.
Tanto che a tratti, rimpiangeva la riconciliazione con il suo ex marito.
Ed ora eccola lì, ad essere praticamente l’unica ad essere seduta mentre una marea di coppie, sconosciuti per lo più, ballavano a tempo di quella canzone, che neanche al suo di matrimonio ormai naufragato da un pezzo, avrebbe mai usato.
Un altro sorso, ma stavolta  a vuoto.
Stava per alzarsi per andare a prenderne un altro, quando un bicchiere le scivolò davanti.
La scivolata proveniva dalla sua sinistra.
E fu lì dove si voltò infatti.
Un uomo era seduto poco lontano da lei. – Una signora non dovrebbe rimanere senza il suo drink –
Melody se lo squadrò da l’alto in basso. – Pensavo che una donna non dovesse rimanere seduta durante un ballo ad un matrimonio–
L’uomo che teneva anche lui un bicchiere in mano si sedette – Non è questo quello di cui hai bisogno Melody – e di fece vicino, molto vicino.
La donna era sorpresa ma non lo diede a vedere – Di cosa avrei bisogno allora? –
- Di qualcuno che ti faccia provare qualcosa, che ti faccia battere forte il cuore, che ti faccia sentire protetta -
Una risata genuina, come non uscivano da tempo. Quella follia era geneticamente ereditata solo da una famiglia, era l’unica soluzione plausibile. – Sei uno Smith vero? Cosa sei un nipote? –
- Sono il cugino Matt – e le porse la mano. Melody gliela strinse – Io sono l’ex moglie… - Avrebbe voluto continuare con qualche altra battuta sarcastica, ma gli morirono in gola.
Perché Matt gli strinse ma mano, per poi ruotarla in modo che avesse il palmo della sua mano verso di lui, e posarvi le labbra sopra. – Veramente incantato –
Dopo qualche secondi di smarrimento Melody si riscosse – Lo sai dolcezza che sei veramente un bel tipo? -
- Non sai quanto Melody Pond. -

 
 
 

Volete sapere come andò a finire?
 
Melody Pond è diventata nuovamente la signora Smith, non di John ovviamente, ma di Matt.
Dal giorno del matrimonio gli ha fatto una corte serrata, tanto che è riuscito a convincerla a sposarlo solo dopo quattro anni. Si erano trovati fin da subito, e grazie al lavoro di lei non fanno altro che viaggiare da un continente a l’altro…anche se al momento la loro destinazione è ignota, sono sempre molto misteriosi quei due.
 
La storia tra Ianto e Jack è ormai stabile, il loro rapporto è fantastico non fanno che litigare dalla mattina alla sera, l’amore che provano l’uno per l’altro non è mai venuto meno. Attualmente vivono insieme in una casa in centro, e Ianto attualmente è alla ricerca di un lavoro.  Jack ha cercato di farlo desistere in tutte le maniere. Ma l’altro è stato irremovibile nella sua decisone di cercarsi un altro lavoro. “Non posso vedere la tua faccia ventiquattro ore al giorno Jack!” si era deciso a confessargli Ianto dopo l’ennesima domanda.
Jack ha incassato la risposta e non ha più indagato, Ianto invece è rimasto sorpreso dalla sua stessa risposta preferendo abbandonare il discorso.
   
Martha si è trasferita negli Stati Uniti con il suo fidanzato, anche lui medico. La storia con Mickey l’ha superata da tempo ed ora vive serena. Mi manca non averla qui, per una cosa qualsiasi, che sia per uscire insieme o anche solo per quattro chiacchiere. Ma lì è felice, e questo mi fa stare bene.
 
Mia madre e Marvin…ed il piccolo Daniel! Il mio bellissimo fratellino, identico al padre dalla testa ai piedi, è un tipetto sempre allegro e ogni volta che lo vado a trovare mi accoglie sempre con un grande sorriso.
Mia madre è tornata ad essere la mamma che conoscevo e Marvin non poteva essere più contento di così.
 
 
Donna e Chris vivono nella grande casa insieme a noi da tempo ormai, e siamo più uniti di quanto avessi mai pensato quattro anni fa. Siamo una grande famiglia allargata, specie con gli ultimi due arrivati. Paul e Everett una coppia di gemelli, impossibile non vedere in loro i caratteri dei loro genitori:  capelli rossi, occhi azzurri ed orecchie leggermente a sventola, con grande soddisfazione di Chris, contento di aver passato la sua “peculiarità”.
Donna è cambiata la maternità le ha fatto veramente bene, è da un po’ di tempo che si è presa una pausa dal lavoro, preferisce accudire i suoi figli, molto spesso le do una mano.
Chris invece lavora ancora in azienda. Al momento ha preso il posto di Ianto, ed è quindi l’attuale conducente.
 
 
E poi ci siamo io e John.
La nostra storia era iniziata in maniera surreale, come uno scrittore un po’ eccentrico ed una ragazza che aveva voglia di grandi avventure e perché no, alla ricerca del grande amore.
Ma non si può vivere per sempre nel mondo delle favole, perché John aveva perso una figlia ed un matrimonio naufragato alle spalle  ed io ero ancora un po’ immatura nel capire che le persone portano delle cicatrici nelle loro anime, segni indelebili del passato.
Abbiamo finalmente raggiunto un equilibrio solo nostro.
Dove alcune cose sono mutevoli..ed altre sembrano non cambiare mai.
Il mio lavoro da commessa, dove miss Hobbes non perde occasione per essere petulante e Meggie non può fare a meno di alzare gli occhi al cielo.
John ha recentemente deciso ci smettere con le avventure del Dottore per dedicarsi ad altro , l’ultimo libro è stato veramente una grande avventura sia per lui che per me, lo ascoltavo sempre coinvolta mentre mi raccontava su come concludere la sua ultima avventura cartacea.
Penso che abbia scelto il finale più bello di tutti, Il Dottore in forma umana che va a vivere sulla Terra insieme alla sua Rose, pronto ad affrontare l’avventura più grande di tutte: una sola vita umana accanto alla persona amata.
Lo penso davvero.
La vita non può e non deve essere perfetta, devono esserci gli alti e bassi, ci devono essere i confronti in una coppia, perché senza di quelli non si può crescere e costruire una vita insieme.
Per cui siamo qui, con tutti i nostri amici più stretti che sono ormai diventati la nostra famiglia, con i nostri lavori a volte alienanti e con i nostri viaggi in giro per il mondo nei continenti e luoghi più disparati.
Ogni tanto mi viene da chiedermi cose sarebbe la mia vita ora, se quel martedì mattina di tanto tempo fa non fossi andata al lavoro e non avessi  incrociato quegli occhi nocciola.
Beh…non riesco mai a darmi una risposta.
Sarà che adoro la mia vita così com’è che non mi impegno ad immaginarmene un’altra.
Sarà per quest’uomo che ora mi sta circondando le spalle, e che mi sussurra piano nel’orecchio che mi ama.
Allora mi limito ad appoggiare la testa al suo petto e guardare di  fuori il traffico cittadino.
E mi ritrovo a sorridere.
Non c’è forse una fine migliore di questa? 
 

 
 
 
 

- Fine -

 
 
Ed Eccoci arrivati alla fine di questa storia. Il finale non è perfetto ma io lo preferisco così, fedele a l’idea su cui si basa questa fanfic. Personaggi umani con le loro vite e le loro interazioni, il tutto raccontato nella maggior parte in maniera surreale.
Questa storia avrà sempre un posto nel mio cuore, perché ne verranno altre, ma la prima long è qualcosa di speciale.
Rose, John…anzi Ten, Donna, Martha, (Nine) Chris, (Eleven) Matt, Jack e Ianto è come se fossero diventati quasi delle persone reali per tutto il periodo di questa fanfic, e lasciatemelo dire il merito è in gran parte vostro, di voi fantastiche persone che avete seguito e recensito, ma anche solo letto e basta.
Questo ultimo capitolo è interamente dedicato a voi.
L’unico mio rammarico per questa storia è stato quello di aver saltato la tempistica bisettimanale negli aggiornamenti.
Per questo ho deciso che, la prossima long, quando arriverà l’ispirazione aspetterò di scrivere tutta la storia o almeno la maggior parte.
 
 
E con questo vi saluto, consigliandovi questo video ( non di mia proprietà ovviamente) fatto da tutto il cast e la crew del Doctor Who, con David Tennant, quindi vedrete gran parte dei protagonisti della fic.
 
http://www.youtube.com/watch?v=3s4Czla6tXc&feature=related
 
 
Grazie ancora per tutto, e qualora vi andasse di lasciare un piccolo commento.
Alla prossima Long .
Cristie.

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