The dreamwalker

di orphan_account
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Abe ***
Capitolo 2: *** Date ***



Capitolo 1
*** Abe ***


Aprii gli occhi e mi guardai intorno, percependo nel silenzio della stanza che c'era qualcosa che non quadrava. Mi alzai di scatto con i muscoli tesi, esaminando gli oggetti nella stanza con tutti i miei istinti da Guardiano pronti a scattare contro qualche nemico invisibile, Strigoi che si nascondevano nell'ombra. I miei occhi si fermarono negli angoli più remoti, cercando figure che non ci sarebbero dovute essere.
La stanza era spoglia e piccola, con solo l'arredamento base. E non c'erano angoli bui dove qualcuno si potesse nascondere. In quel momento capii di non essere in pericolo di vita.
Per un terribile momento, pensavo di essere di nuovo con Dimitri, in quella maledetta villa che sembrava più una prigione, pronta a soddisfare ogni più piccolo desiderio del mio Dimitri.
Respirai profondamente. Era passata una settimana dal mio ritorno a St. Vladimir's eppure non riuscivo ancora a sottrarmi a quella sensazione di impotenza, accentuata dal fatto che Alberta non mi aveva ancora dato il permesso di riprendere gli allenamenti, usando la scusa che non mi ero ancora ripresa dal viaggio.
L'anta leggermente aperta dell'armadio mi mostrava che dentro era vuoto, così diverso dai vestiti sontuosi che riempivano quello in Russia. Il letto disfatto era singolo e stretto, nulla che avrebbe potuto ospitare me e Dimitri mentre ero 'in ostaggio'.
Ma la prova più lampante di tutte del fatto che fossi di nuovo all'Accademia era il pugnale con i motivi geometrici appoggiato al comodino e il bigliettino con la sua calligrafia, il ricordo che non ero riuscita ad uccidere Dimitri, che forse c'era ancora una speranza per lui. Ma era assurdo, perfino Olena e Mark avevano detto che non c'era modo per riportare indietro gli Strigoi. E poi, non sapevo dove fosse Robert, e l'unica persona che mi potesse aiutare a trovarlo era rinchiusa in una prigione di massima sicurezza chissà dove. Mi ricordai del biglietto che Abe, mio padre, aveva fatto scrivere ad Adrian, dicendomi velatamente quello che in fondo avevo già capito da me: Victor non mi avrebbe aiutata a trovare suo fratello. O almeno, lui aveva provato a convincermi a farlo evadere e per quanto potessi essere tentata, non ero ancora una criminale di quel calibro.
Mi stiracchiai, soffocando uno sbadiglio e raccogliendo dei vestiti a casaccio per poter andare a mangiare. Avevo voglia di cioccolato stamattina, ma mi sarei accontentata di qualunque cosa contenesse zuccheri.
E poi mi colpì una stilettata di nostalgia. All'improvviso, senza alcuna ragione apparente, mi erano tornate in mente le mattine prima della mia partenza, quando la prima cosa che facevo, quella che veniva automatica come respirare, era controllare il legame per vedere se Lissa stava bene, se era sveglia.
Oggi non avevo nemmeno pensato a lei, l'ultima Dragomir, la mia migliore amica dai tempi dell'asilo. Certo, ne era passata di acqua sotto i ponti da quando eravamo due bambine innocenti (o non tanto innocenti, nel mio caso) a partire dall'incidente e la formazione del legame, la fuga dall'Accademia, Dimitri, il rapimento da parte di Isaiah e l'altra Strigoi di cui non mi ricordavo il nome, la morte di Mason, i fantasmi, la battaglia nelle caverne e più recentemente il mio abbandono degli studi e Avery.
Chiusi gli occhi, anche se non ce n'era bisogno, e mi concentrai su quella parte di me che era collegata a lei. Era sveglia, riuscivo a sentire le sue emozioni contrastanti. C'era un po' di disagio sul fondo, ma era sotterrato da una vena di eccitazione che persino un cieco avrebbe visto.
Me la immaginavo mentre fremeva, troppo educata per alzarsi e urlare di gioia come avrei fatto io.
Finii di infilarmi la maglietta e cercai di mettermi le scarpe, sobbalzando qua e là per la stanza.
Scesi di corsa le scale fino alla mensa, immaginandomi che fossero tutti lì a fare colazione, e io ero la solita ritardataria. Ma non era colpa mia se i materassi erano così comodi e soffici che avrei potuto passarci una vita intera sopra!
Attraversai i corridoi conosciuti da anni e mi fermai davanti al portone, sorvolando le conversazioni animate che uscivano dalle facce eccitate di tutti, Moroi e Dhampir. Perfino i Guardiani non avevano la solita maschera di imperturbabilità.
Adocchiai la nuca bionda di Lissa che mi dava di schiena tra tavoli più in là. Più mi avvicinavo e più mi rendevo conto di quanto avessi sottovalutato la sua emozione.
Stava gesticolando freneticamente verso Adrian e Eddie, mentre il suo ragazzo, o forse era più corretto dire ex ragazzo, visto che Christian aveva chiesto un time-out dalla relazione, non era in vista.
Mi avvicinai al tavolo con passo veloce, cercando di ignorare il silenzio che seguì il mio ingresso nella sala. Nessuno era ancora riuscito a capire perché me ne fossi andata, ma le teorie erano tante e colorite. Quando sentii i bisbigli ripartire dietro di me, mi ricordai che mi ero fatta una cosa alta, in modo che i capelli non intralciassero con la mia visione. E che quindi i miei molnija erano ben in vista per chiunque mi guardasse il collo. Due giorni dopo il mio ritorno Alberta me li aveva assegnati per gli Strigoi che avevo ucciso in Russia, e Lionel, il Guardiano incaricato di tatuare quei piccoli simboli di prestigio, aveva borbottato sottovoce che non avrei avuto più spazio per il Marchio dopo il diploma, se avessi continuato di questo passo.
Digrignai i denti per controllare l'istinto di girarmi e mandarli tutti in quel posto lì.
Mi lasciai cadere con un tonfo sulla sedia di fianco a Lissa, guardandoli tutti ad uno a uno, i loro sorrisi enormi e lo sguardo lucido.
Socchiusi gli occhi, irritata da quel comportamento così strano: “Cosa sta succedendo in questa dannata scuola oggi?” domandai, e, prima che mi potessero rispondere, alzai una mano per fermarli.

Alt, non dite una parola. Vado a prendere qualcosa da mangiare e poi potete parlare.”
Mi avvicinai furtiva alla disposizione di cibo, notando con sollievo che c'era ancora un vasto assortimento di dolciumi da cui scegliere.
Mi infilai una grande quantità di cioccolato sul vassoio e tornai a sedermi, riuscendo ad ignorare i bisbigli, alcuni invidiosi e altri stupefatti.

Avanti, svuotate il sacco.” gli intimai, fissando Adrian con sguardo truce, visto che di solito era lui quello che ne sapeva più di tutti gli altri. Ii vantaggi di essere un
Ivashkov....
Scartai una barretta energetica e me la infilai in bocca, troppo affamata per pensare alle buone maniere. Attraverso il legame riuscivo a sentire il tacito
divertimento di Lissa al vedermi così ridotta.

Abbiamo una visita.” disse con una scrollata di spalle, ma il sorriso eccitato che dipingeva le sue labbra non rispecchiava le sue parole.
Tatiana?” domandai, riferendomi alla prozia di Adrian, che ogni tanto (ed erano avvenimenti importanti) veniva a trovarci. Eppure non era così raro vedere la regina alla St. Vladimir's, e non mi spiegavo l'eccitazione.
Lissa scosse la testa mentre si infilava una cucchiaiata di yogurt alla fragola in bocca.
Guardai Eddie, sperando che almeno lui si degnasse di spiegarmi qualcosa. Era fastidioso essere così impotente, quando un tempo ero la prima a sapere ogni genere di gossip.
Lui si concesse un breve sorriso: “Si dice che sia arrivato-”
La sua spiegazione fu interrotta dall'arrivo di Christian, che sembrava essersi materializzato dal nulla, perché io di certo non l'avevo sentito arrivare. Scossi la testa, riflettendo su quanto esattamente avessi perso durante il mio periodo di assenza. Se non riuscivo nemmeno più a sentire l'arrivo di un Moroi allora ero davvero messa male.
Sbatté poco delicatamente il vassoio sul tavolo, e sentii un'ondata di imbarazzo provenire da Lissa.
Ma lui non la degnò di un'occhiata, concentrandosi su Adrian: “Ragazzi, avete sentito?” il suo tono eccitato diceva già tutto.
Schioccai le dita davanti alla sua faccia per richiamare la sua attenzione: “Perché sono l'unica a non sapere quello che sta succedendo?” domandai con acidità, cercando di fare quell'alzata di un sopracciglio ma ero sicura, dall'espressione ilare del ragazzo, di sembrare sul punto di avere un aneurisma.

Periodo sbagliato del mese, Hathaway?” mi domandò, replicando alla perfezione per trucchetto con un sopracciglio solo, che anche lui sapeva fare perfettamente.
Nei tuoi sogni, Ozera.” ribattei, incrociando le braccia al petto.
Lui fece una smorfia a metà tra lo schifato e lo scandalizzato: “Credimi, non sono ancora caduto così in basso.” borbottò a voce bassa, e mi ricordai che lui il sangue lo beveva davvero.
Mi spuntò davanti agli occhi l'immagine di Christian che beveva il mio sangue da lì, e l'immagine si impresse nel mio cervello, riuscendo a fare quello che le battutine pressanti sul sesso di Adrian non erano ancora riuscite a fare: traumatizzarmi per il resto della mia vita.

Qualcuno mi dice perché diamine sono tutti così eccitati oggi?” ripetei per la terza volta, cominciando a perdere la pazienza.
Adrian si avvicinò attraverso il tavolo con aria complice: “È arrivato in visita un Moroi, uno di quelli che fanno donazioni enormi alla scuola per mandarla avanti.
Ha detto che vuole controllare la scuola e sua figlia, e che se non è tutto a posto e sua figlia in perfetta salute ritirerà il suo sostegno finanziario. È una specie di
boss della mafia, e se non lo è davvero di certo ci somiglia. L'ho sentito mentre discuteva con la Kirova, e devo dire che è quasi peggio di te: arrogante, sarcastico e irritabile. Per non parlare di come si veste. Come se avesse addosso un'intera miniera d'oro.” disse con un occhiolino e la sua risata maledettamente sexy.

Chissà chi è sua figlia” aggiunse Lissa, guardando attraverso la mensa come se stesse pensando a chi potesse essere la povera sfortunata.
Io mi soffermai sulle parole di Adrian, e mi sentii scossa da un tremito di realizzazione.
Quella poteva essere la descrizione di un solo Moroi: Zmey. Il padre che avevo appena scoperto di avere. Il pensiero che ora fosse qua mi faceva un po' paura,
anche perché non avevo ancora detto a nessuno che Abe era mio padre.
Farlo ora, davanti a tutti quanti, era abbastanza fastidioso.
Ma proprio in quel momento, mentre stavo cominciando a pensare ad una fuga veloce, Abe entrò nella mensa con a seguito la Kirova, e scese il silenzio più totale.
Tutti si girarono a guardarlo, e lo riconobbi subito per la sciarpa azzurra che stonava del tutto con il completo grigio e l'assortimento di oro che aveva addosso tra collane, braccialetti e orecchini.
Zmey mi notò dopo qualche perlustrazione della sala, puntandomi gli occhi neri contro e avviandosi verso di noi. Continuai a fissarlo mentre sentivo gli altri fare scommesse su chi fosse sua figlia. Davvero non riuscivo a capire come non riuscissero a vedere le somiglianze tra di noi.

Non mi meraviglia che la gente sia terrorizzata da lui.” disse Eddie, muovendosi a disagio sulla sedia.
Mi domando come mai un tipo come lui abbia deciso di mandare sua figlia proprio nel bel mezzo del Montana.” aggiunse Christian, pensieroso.
Stavano ancora scommettendo quando Abe si fermò al nostro tavolo con il suo sorriso arrogante, appoggiandosi contro lo schienale della sedia di Adrian. Riuscii a vederlo teso, e incuriosito dal perché si fosse fermato qui.
Le risate si spensero di botto e calò un silenzio incredulo anche sui miei amici.

Principessa Dragomir, principe Ivashkov, principe Ozera, guardiano Castille.” fece dei cenni educati ai miei amici, e mi domandai dove avesse scovato i loro nomi.
Poi lo vidi voltarsi verso di me, e sorrisi con diffidenza quando mi rivolse la parola: “Rose.” disse soltanto, fissandomi con un sorriso ora più gentile.

Zmey. Cosa ci fai nel freddo Montana, lavoro?” domandai sfacciatamente.
Nah, sono venuto a controllare mia figlia, ragazzina.”
Christian non riuscì a stare zitto: “Poveretta, chiunque sia.” disse con quel suo sorriso arrogante.
Lo ignorai, concentrandomi sulla figura di Abe, che stava per far venire un infarto ad Adrian: “Allora, vecchietto, sei qua per riavere la tua sciarpa.”
Lui sbatté le palpebre un paio di volte: “Quello era un regalo. E sarebbe anche ora di finirla con questa pagliacciata, non mi piace farmi chiamare vecchietto. Chiamami papà.” disse con un occhilino.Se prima c'era una possibilità che Lissa vedesse questa scena come un incontro tra vecchi conoscenti, ora non ce n'erano più.
Sentivo il tacito stupore di Lissa, e immaginavo che anche per gli altri fosse lo stesso.

Allora, papà, cosa ci fai qua?” dissi, usando quell'appellativo con disprezzo.
Lui rise: “Non può ora un padre andare a trovare sua figlia senza ragione?”
La mia indignazione esplose: “Certo che no! Non se è stato assente per i primi diciassette anni della sua vita.”

Sai bene che non è stata una mia scelta.” disse, schioccando la lingua contro il palato.
Mi limitai a fissarlo con aria incredula, scuotendo la testa: “Oh, scusa. Hai ragione, sono stata io a dirti che non ti volevo vedere mai più. Perdonami, è passato
così tanto tempo che me ne sono dimenticata.” dissi sarcasticamente, seguita dai ringhio leggermente ferale di Abe.

Finiscila di scherzare con me.” Sbruffai, ma per una volta ero a corto di battute.
Sentii l'onda di disapprovazione di Lissa e il suo pensiero indirizzato a me.
Attenta, Rose. Non credo che sia il caso di usare il tuo comportamento normale con Mazur.
Mi girai a guardala, dimenticandomi per un istante di mio padre: “Io sono Rose Hathaway, non Mazur.”
Il suo sorriso si allargò e i suoi occhi scintillarono con non caratteristica malizia.
Stai finalmente ammettendo di essere figlia di tua madre?
Certo, magari i rapporti tra me e Janine stavano gradualmente migliorando, ma non era il caso di essere così precipitosi.

Non era quello che intendevo.” dissi, corrucciata, ma in fondo, sapevo che in realtà avevo voluto dire proprio quello.
Zmey si schiarì la gola, fulminandomi con lo sguardo: “Per quanto possa essere intrigante il vostro legame, non sono venuto qui per questo.”
Saltai in piedi, spaventando a morte i Moroi, e i guardiani di Abe, di cui uno me lo ricordavo dalla visita in Russia, Pavel mi sembrava si chiamasse, scattarono in avanti, pronti a bloccarmi se fossi diventata un pericolo.
Li ignorai, concentrandomi sul volto stupito di Abe: “Vedi? Hai appena ammesso che c'è una ragione per la tua visita.” dissi, fiera delle mie capacità di deduzione.
Lui sorrise: “Certo, altrimenti non sarei venuto fino a qua.” Bello, ero davvero contenta di significare così tanto per mio padre.

Stasera Ivashkov ha un appuntamento con sua figlia.” dissi velocemente Christian, e mi ritrovai ad impallidire. Per qualche motivo avevo il presentimento che ora Abe avrebbe minacciato di castrarlo.
Zmey lo guardò con curiosità, e lui diventò più pallido di un lenzuolo. Christian emise un mugolio di dolore, dal quale capii che Adrian doveva averlo colpito sotto il tavolo. Questo mi fece sorridere, anche se non era nemmeno lontanamente una punizione abbastanza decente.

Grazie per aver firmato la mia sentenza di morte.” mormorò, fissando Christian truce.
Poi si girò verso mio padre e gli rivolse uno di quei sorrisi a trecento volt che mi facevano impazzire: “Salve, Mazur, è un piacere conoscerla.” la sua voce era stabile, e avevo il presentimento che stesse usando tutti i suoi anni di educazione reale per far fronte a quella situazione.
Lui piegò la testa di lato: “Principe Ivashkov, ho sentito molte cose su di te.”
Adrian si schiarì la voce: “Oh, la prego, mi chiami Adrian. E non dovrebbe credere a tutto quello che dicono.”
Io in realtà sapevo che lui beveva e fumava solo per contrastare gli effetti distruttivi dello spirito, così come Lissa prendeva gli antidepressivi dopo il tentato rapimento da parte di Victor, ma non si poteva negare che fosse un donnaiolo di prima categoria.
Lo sguardo di Abe si trasformò in uno di interesse: “Dammi pure del tu, non sono poi così vecchio. Mi raccomando, tratta bene la mia bambina.” ci lanciò un ultimo sorriso e uscì dalla sala.
A parte per la chiara indignazione di vedermi chiamata bambina, farfugliai qualcosa di indistinguibile sul fatto che Abe avesse preso Adrian in simpatia. Non doveva succedere, anche perché tra me e Adrian non c'era nulla di serio.
Gli avevo promesso un appuntamento, e avrei prestato fede alla promessa, ma la cosa finiva lì.
Non ero ancora pronta a lasciar andare Dimitri, e se c'era la possibilità di riportarlo in vita di certo non mi sarei messa con nessun altro.
Guardai Christian, fissandolo con il mio migliore sguardo di fuoco: “Questa me la paghi.”
Lui ridacchiò, ma era spaventato dal mio sguardo: “In fondo vi ho fatto un piacere!”
Scambiai un'occhiata con Adrian vedendo che era d'accordo con me: “Comincia a correre, Ozera.”
Sorrisi. Era bello essere di nuovo con i miei amici. Mi ricordai del volto di Mia, con cui all'inizio non andavo per niente d'accordo; e di Mason, il mio caro amico Mason; Natalie, trasformatasi volontariamente in Strigoi per cercare di salvare suo padre; Aaron, che chissà che fine aveva fatto e Andre, che mancava da così tanto tempo che la sua presenza quasi non si sentiva più.
Ma non potevo permettere che i visi dei morti e dei dispersi mi torturassero per l'eternità, e quindi li lasciai andare, godendomi la compagnia delle persone che ancora mi erano vicine.

 

Ciao a tutti :)
Se siete arrivati fin qua a leggere vi ringrazio, perché forse significa che non fa poi così schifo.
Questa è la prima FF che pubblico su questo fandom (ahimè!) poco frequentato. Ho letto tutte le storie che ci sono, e alla fine ho deciso di pubblicarne anch'io una. Diciamo che l'idea è nata dopo aver riletto la fine di Blood Promise. Inizialmente era una One-Shot sull'appuntamento tra Adrian e Rose (che vedremo nel prossimo capitolo) e poi si è trasformata in questa cosa. Non sono una grande fan delle Rose/Dimitri, quindi qua Dimitri ci sarà ma non svolgerà un ruolo molto romantico nella vita di Rose, come invece Adrian e un'altra certa eprsoncina che non vi dico.
Il capitolo è quasi inutile, ma mi serviva per fare in modo che Abe fosse sulla scena e che tutti vi ricordaste di dove avevamo lasciato Rose.
Detto questo, spero che vi sia piaciuto. Vista la misera quantità di lettori, mi farebbe davvero piacere se mi lasciaste una recensione sul capitolo, anche negativa. Sarebbe davvero apprezzata :)
Comunque, spero di riuscire ad aggiornare prima di domenica, ma se non ci riuscissi sappiate che aggiornerò tra 3 settimane (per cause di forza maggiore, visto che vado a New York con la scuola).
Basta, l'ho tirata fin troppo sulle lunghe. Vi saluto.
Ele

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Capitolo 2
*** Date ***


Capitolo 2: Date
 
Bussai alla porta di Lissa con impazienza, sentendomi imbarazzata a dover chiederle aiuto per una cosa del genere. Lei ci mise qualche minuto ad aprire la porta, ma non me ne preoccupai, perché il legame mi diceva che stava bene ed era tranquilla, probabilmente si stava facendo una doccia.
Quello che più mi preoccupava erano i Guardiani incaricati di controllare che non sgusciassimo fuori dal nostro dormitorio dopo il coprifuoco, che dalla battaglia nelle caverne era stato accorciato ancora di più. Quando alla fine mi aprì la porta, sgusciai dentro e mi richiusi la porta alle spalle, guardando un suo sopracciglio pallido inarcarsi in un'espressione di sorpresa.
Aveva un asciugamano avvolto attorno al corpo, e un altro attorno alla testa come un turbante.
“Lissa, ho un problema.” esordii, lasciandomi cadere sul suo letto, molto più comodo del mio. Lei mi sorrise gentilmente, andando a cercare dei vestiti da mettersi addosso.
La sua voce mi raggiunse dal bagno: “Riguarda il tuo appuntamento con Adrian?” mi chiese con un sorriso nella voce. Attraverso il legame riuscivo a sentire la sua felicità per il fatto che mi fossi messa Dimitri alle spalle e mi stessi imbarcando in una nuova relazione.
Sbuffai: “Ésolo un appuntamento, non ci stiamo promettendo amore eterno.” le sue guance si tinsero lievemente di rosa, imbarazzata dal fatto che, ancora una volta, sapessi tutto quello che stava pensando.
“Sai che non mi piace quando lo fai.” disse, infilandosi un maglioncino verde di cachemire che le faceva risaltare gli occhi.
Sviai il suo commento, portando la conversazione a cose più importanti: “Lissa, non so cosa mettermi.” sussurrai, la mia voce piena di panico. In tutti i miei numerosi flirt, solo la mia relazione torturata con Dimitri era riuscita a farmi sentire così agitata, e adesso anche Adrian. Ma probabilmente era dovuto al fatto che fosse un Ivashkov, il pronipote preferito della regina, tra l'altro.
Lei mi guardò, soppesando le mie parole: “Da quando hai problemi di questo tipo?”
Mi rialzai dal suo letto, prendendole la mano e cominciando a fare avanti e indietro per il nervosismo.
“Non capisci. Il problema è che se mi vesto troppo elegante, penserà che io sia già caduta ai suoi piedi, ma se mi vesto normalmente si offenderà e penserà che io non abbia preso sul serio la cosa.” dissi. Cosa mi era saltato in mente di accettare il suo invito? Perché non gli avevo detto di aver bisogno di altro tempo, di non aver ancora superato Dimitri? E ora mi trovavo in un vicolo cieco.
Lissa mi posò le mani sulle spalle: “Rose, Rose guardami.” incontrai i suoi occhi verdi, gli occhi che da sempre ereditavano i Dragomir. La sua voce era tranquilla, e forse, ma in quel momento era un bene, c'era anche una traccia di Compulsione sotto tutto. Non che mi piacesse quando la mia migliore amica usava la Compulsione su di me, ma stavolta dovevo calmarmi se volevo che la serata con Adrian andasse a buon fine.
“Rose, tranquilla. Adrian è cotto di te, gli piacerai comunque andrai vestita.” disse gentilmente, cercando di asciugarsi la cortina bionda di capelli con l'aiuto di un asciugamano fradicio, che di certo non l'avrebbe aiutata.
Io sbuffai alle sue parole: “Lissa, io non piaccio ad Adrian. Sta solo cercando di sedurmi e portarmi a letto, così potrà dire di essersi fatto la Dhampir assegnata all'ultima Dragomir.”
Lei sorrise furbescamente: “Non ne sarei così sicura.”
Alzai gli occhi al cielo, sapendo che Lissa non avrebbe cambiato idea: “In ogni caso, come dovrei vestirmi?”
Lei ci rifletté un secondo: “Se punti sui jeans stai sul sicuro. Ce l'hai ancora quel top rosso che abbiamo comprato a Portland?”
Cercai di fare mente locale sul mio scarno guardaroba: “Quello di Target?” domandai.
Lei annuì, e sentii un'ondata di nostalgia, di cui solo metà mi apparteneva.
Subito dopo il nostro arrivo a a Portland Lissa aveva insistito perché andassimo a fare compere, e ovviamente, essendo uno dei nostri negozi preferiti, avevamo subito puntato su Target, sapendo di poterci permettere anche i loro vestiti costosi grazie al patrimonio lasciato in eredità a Lissa dai suoi genitori. Appena l'aveva visto, avevano cominciato a brillarle gli occhi. Ma sapeva bene che non sarebbe mai riuscita a tenerlo su, non con la sua taglia di reggiseno. Non voleva rinunciarci, e alla fine mi aveva spinta in un camerino, ignorando le mie proteste sul fatto che non potevo permettermi di mettere in pericolo la sua vita per provarmi un vestito.
Ma ogni mia protesta mi era morta sulle labbra quando mi ero vista allo specchio: mi calzava a pennello. Con ogni probabilità ero l'unica Dhampir nell'intera Accademia a poter portare un abito del genere e non sembrare una spaventapasseri. Il che era solo uno dei tanti vantaggi di avere un corpo formoso come il mio. Lissa era rimasta estasiata, e aveva subito deciso di comprarmelo, nonostante sapessi che non avrei avuto molte opportunità per mettermelo. Era troppo elegante per una normale giornata a Portland, ma non abbastanza per un ristorante di lusso.
“Ti ricordi?” mi domandò Lissa a bassa voce, guardandomi con gli occhi lucidi. Un'ondata di dolore proveniente dal legame mi travolse, lasciandomi tesa come una corda di violino mentre annuivo.
Lei si sedette vicino a me, toccando con le punta delle dita i piccoli tatuaggi sul collo.
“I-io vorrei s-solo tornare i-indietro e r-r-rifare tutto da capo.” la sua voce tremolante si spezzò e cominciò a piangere silenziosamente sulla mia spalla. La cosa mi prese alla sprovvista. Eppure avrei dovuto aspettarmi un crollo emotivo da un momento all'altro, solo che ero stata così impegnata a girare come una scema per mezza Russia nel tentativo di uccidere Dimitri che non mi ero accorta dello stato instabile di Lissa. Bella migliore amica che ero!
Le lasciai un paio di pacche affettuose, cercando di fermare i singhiozzi che la scuotevano: “Ehi, va tutto bene. Non fare così, ti prego.”
Ero sempre stata più brava coi fatti che con le parole, e Lissa non faceva eccezione. Mi trovavo in un territorio inesplorato quando si trattava di dover consolare le persone.
“C-ci hai mai pensato? A c-cosa s-sarebbe successo se n-non ci avessero riportate q-qua?” dal legame riuscivo a capire in che stato disperato si trovasse. Tra la mia scomparsa e la confusione causata da Avery, nell'ultimo periodo tutte le sue convinzioni le stavano crollando addosso.
Sospirai pesantemente mentre riflettevo sulla sua domanda. La verità era che in questi giorni, quando avevo giornate intere da buttare la vento, mi era capitato di pensare a dove saremmo state adesso se non fosse stato per la squadra di recupero della Kirova. Forse Mason non sarebbe mai morto. Dimitri non sarebbe stato trasformato in uno Strigoi, e nessuno di tutti quei Guardiani sarebbe morto. O forse si sarebbe svolto tutto nello stesso modo, con la differenza che saremmo state io e Lissa le prime vittime.
“Non dovremmo pensare a quello che sarebbe potuto essere, Lissa, non servirà a nulla.”
Lei però non era d'accordo con me: “P-pensaci Rose. Hai mai p-pensato che s-se non te n-ne fossi andata, A-avery non sarebbe riuscita a q-quasi uccidermi?” le allungai un fazzoletto dal comodino, e lei mi lanciò un'occhiata riconoscente prima di soffiarsi il naso.
Ma quelle parole avevano colpito un tasto dolente. Non era giusto da parte sua incolparmi per quello che era successo con  Avery. Magari avevo fatto male ad andarmene, questo glielo avrei concesso, ma si era messa nei guai da sola.
La presi per le spalle e la scossi, attenta a non farle troppo male: “Svegliati Lissa! Se non fossimo tornate, tu non avresti mai incontrato Christian e-” mi interruppi quando capii di aver detto la cosa sbagliata. Nominare il suo ex portava sempre ad un altro giro di lacrime.
Il rimpianto si fece strada nel suo cuore: “Sarebbe s-stato meglio, mi o-odia ora.”
Per quanto Lissa potesse essere brava con tutti i giochetti reali, non capiva proprio niente di relazioni. Scossi la testa: “Christian non ti odia. Ha solo bisogno di tempo per venire a patti con quello che è successo.”
Lei mi guardò con un'espressione ad un tratto speranzosa: “Potresti parlargli tu, lui stravede per te.”
La guardai, dubbiosa, pensando a tutte le volte che io e lui bisticciavamo. Nonostante riuscissi ad apprezzarlo di più da quando Alberta ci aveva appaiato nel periodo di prova sul campo, costringendoci ad una convivenza forzata, non potevamo proprio definirci amici.
“Non so, Liss. Ho paura che se lo facessi mi ritroverei con il didietro in fiamme.” dissi, strappandole un risolino divertito.
Il mio sguardo cadde sull'orologio appeso al muro, e constatai con un balzo che mancava poco meno di un'ora al mio appuntamento. E non mi ero ancora nemmeno fatta una doccia...
Feci un sorriso di scuse a Lissa, lasciandole un bacio sulla fronte mentre mi avviavo verso la porta.
“Devo scappare, oppure Adrian sarà costretto ad aspettare ore prima di vedermi uscire dalla camera. Tu non pressare Christian, vedrai che se gli darai tempo tornerà da te di sua spontanea volontà.”
Lei mi guardò con gli occhioni rossi leggermente sgranati, ma a parte per quello sembrò ignorare il mio consiglio: “Domani mi devi raccontare tutto. E intendo proprio tutto.”
*****
Avevo appena spento la piastra quando sentii bussare alla porta. Adrian era arrivato. Mi sentii improvvisamente imbarazzata da tutti gli sforzi che avevo fatto per essere presentabile: il top, il trucco, la piastra. Cosa me ne importava di un Moroi, alla fin fine? Non era come se potessimo sposarci e avere tanti bambini in una casa in campagna. La regina Tatiana non avrebbe nemmeno permesso che ci sposassimo, e i genitori di Adrian l'avrebbero diseredato prima di consentirgli di mettersi con una Dhampir. Ma quando bussò di nuovo mi scrollai di dosso i miei dubbi ad andai ad aprirgli.
Era appoggiato allo stipite della porta, un sorriso pigro affacciato sul viso.
Quando mi vide si rialzò immediatamente, guardandomi da capo a piedi con un sorriso più sincero in volto: “Rose... Sei stupenda.”
Allungò una mano verso di me, e in quel momento mi accorsi che stava reggendo in mano un mazzolino di margherite. Le presi con esitazione, pervasa da una strana sensazione di stupore. Nessuno mi aveva mai regalato dei fiori.
“Vieni dentro, devo cercare un vaso in cui metterle.” dissi, e lui mi seguì in camera, che per fortuna non avevo ancora incasinato completamente, visto che ero tornata da una sola settimana.
Girai per la stanza qualche minuto a vuoto, borbottando qualcosa sul fatto di non avere un solo vaso.
Alla fine mi accontentai di riempire d'acqua un bottiglia vuota, appoggiando poi il tutto sulla scrivania.
Adrian rise: “Ricordami di regalarti un vaso la prossima volta.”
Io lo trascinai fuori dalla porta, sbuffando: “Allora, dove mi porti?”
“Ti fidi di me?” mi domandò, e la sua voce roca mi fece spuntare la pelle d'oca su tutto il corpo.
Ero indecisa se dire la verità o prenderlo in giro per quella frase stupida, ma alla fine fu la mia voce a fare la scelta per me: “Secondo te se non mi fidassi di te ti avrei chiesto un prestito prima di partire?” gli domandai sarcasticamente.
“Bastava dire di sì.” disse Adrian, alzando gli occhi al cielo. Poi si mise a trafficare nella tasca dei pantaloni. Non avevo notato come fosse vestito prima, ero stata troppo impegnata a guardare i capelli scompigliati accuratamente e gli occhi verdi che brillavano, ma ora me ne accorsi.
“Stai bene in giacca e cravatta.” mormorai, pensando al fatto che con ogni probabilità era stato educato fin da bambino ad indossare un completo con stile. Se un Dhampir avesse provato a vestirsi così sarebbe stato deriso fino alla fine dei suoi giorni, ma su un Moroi regale sembrava una scelta azzeccata. E Adrian era capace di far sembrare quel completo comodo come maglietta e jeans.
Lui fece uno dei suoi sorrisi a trecento volt: “Tu stai bene sempre.”
In mano reggeva un fazzoletto di seta nero, che guardai con un po' di apprensione: “Cosa hai intenzione di farci, con quello?”
“Bendarti.” mi rispose con semplicità, mentre io rimanevo paralizzata dallo shock.
Corrugai le sopracciglia: “Ma... perché?” per quanto Adrian potesse essere strano, a volte, non avrei mai pensato che potesse fare richieste così assurde.
“Hai detto che ti fidi di me, no?” i suoi occhi scintillavano di divertimento, e un lato della sua bocca si alzò per formare un sorrisetto. In quel momento mi pentii di avergli detto di sì.
“Ti giuro, Ivashkov, che se mi succede qualcosa ti riterrò personalmente responsabile.” lo minacciai, per poi chiudere gli occhi e abbandonarmi nelle mani di Adrian. Anche se non ero certa che fosse una buona idea. Sentii la seta sfiorarmi la faccia, e le dita di Adrian che stavano approfittando della situazione per toccarmi il viso, perché se avesse provato a farlo prima della mia partenza, e in una situazione diversa, gli avrei staccato le dita a morsi.
“Troppo stretta?” domandò la sua voce vicino al mio orecchio, mentre mi teneva stretta la mano.
Scossi la testa, sentendomi persa senza il mio senso più forte.
Mi appoggiai a lui, facendo aderire i nostri corpi, e misi una mano attorno al suo fianco per mantenere l'equilibro. Lui cominciò a camminare, e io lo seguii senza timore. Sapevo che non mi avrebbe fatta sbattere contro nulla. Contai cento passi dritti, e poi girò a sinistra, facendoci passare su un tratto di erba umida. Colta da un impulso irresistibile, feci scivolare le mie dita sotto i suoi vestiti, accarezzando piano la sua pelle liscia. Sotto il mio tocco tutti i suoi muscoli si tendevano, e sorrisi nel ricordare che effetto facevo ai ragazzi. Per qualche ragione, con Adrian tendevo a dimenticarmi di come mi vedevano i ragazzi. Non ero uno scheletro, come i Moroi, e avevo molte più curve di qualunque Dhampir, grazie al mio periodo vissuto con Lissa tra gli umani.
Le mie dita scivolarono verso i muscoli che si ritrovava, sentendo sotto i polpastrelli quanto più di lui potessi. Il suo corpo venne scosso da un leggero brivido, e non riuscii a trattenere una risata. Era bello avere una tale ascendente su di lui.
“Ti stai divertendo a torturarmi?” mi domandò con voce anche più roca del solito Adrian.
Io sorrisi nella generale direzione del suo viso: “Non immagini nemmeno quanto.” smisi di camminare con lui, domandandomi dove fossimo. Adrian era noto per avere dei gusti un po' bizzarri.
Lui ridacchiò e mormorò qualche parola sottovoce, in modo che io non lo sentissi, poi, a voce più alta: “Siamo arrivati, Rose.” allungò una mano per sfilarmi la benda. Il quadrato di seta cadde nella mano aperta di Adrian, che stava osservando attentamente la mia reazione.
Io non potei che rimanere a bocca aperta mentre guardavo quello che Adrian aveva messo in piedi.
Era semplicemente stupendo. Eravamo in una parte del campus che non avevo mai visto prima, un patio che si affacciava sul prato. Al centro della stanza c'era un tavolo apparecchiato, da cui proveniva un profumo profondo. Ed era tutto illuminato dalla luce tremolante di dozzine di candele.
“Ti piace?” domandò leggermente Adrian, ma riuscivo a sentire la sua preoccupazione nascosta sotto l'allegria.
Mi girai a guardarlo con gli occhi che luccicavano: “Scherzi? Lo amo.”
I suoi occhi si rischiararono, e mi fece strada verso il tavolo. Mi sedetti di fronte a lui, e stavo giusto per aprire la bocca per chiedergli come avesse fatto ad organizzare tutto questo con così poco preavviso (gli avevo detto di sì due giorni fa), quando entrò un uomo con un vassoio, che appoggiò al centro del tavolo prima di sparire velocemente come era apparso. Adrian sollevò il coperchio, e vidi gli spaghetti.
“Cibo italiano. Il tuo preferito.” disse lui, mettendomi gli spaghetti nel piatto.
Li guardai con l'acquolina in bocca, ma prima dovevo fargli una domanda: “E tu come fai a saperlo?”
Lui mi fece un altro dei suoi sorrisi sghembi: “Sono riuscito ad imparare a leggere nel pensiero.”
Sentii la mia espressione cambiare radicalmente. Non era possibile.
Lui rise vedendo come ero stupita: “Scherzo. Ho chiesto a Lissa.” mi spiegò, e fui sollevata che non avesse ancora accesso ai miei pensieri.
Cominciammo a mangiare in silenzio, ma era un silenzio tranquillo, in cui tutti e due stavamo bene.
Quando il cameriere rientro, portando questa volta un tiramisù, guardai Adrian con la coda dell'occhio,l ripensando a cosa aveva detto Lissa prima.
Possibile che Adrian si stesse dando così da fare per me perché gli piacevo? In fondo, se stesse cercando qualcuno da portarsi a letto, c'erano almeno metà delle Moroi che gli andavano dietro come cagnolini, pronte a soddisfare ogni sul desiderio. Non avrebbe senso fare tutti questi sacrifici per me quando era chiaro che non avevo nessuna intenzione di andare a letto con lui. Scossi la testa mentre addentavo il tiramisù, sentendo il sapore del dolce invadermi la bocca.
“Adrian? Posso farti una domanda?” gli chiesi cautamente, anche se non sapevo nemmeno io quale risposta volessi sentirmi dire.
“Se mi devi chiedere se ho portato i preservativi, la risposta è sì.” disse. Io scoppiai a ridere. Era tipico di Adrian fare commenti del genere.
“Non era quella la domanda, ma buono a sapersi.” sorrisi verso di lui, non riuscendo a tranciare via gli ultimi rimasugli di dubbio.
Lui si fece improvvisamente più serio, allungandosi verso di me: “Cosa ti preoccupa? Sai vero che se vuoi puoi andartene in questo istante e non me la prenderò?” nonostante le sue parole gentili, riuscii a sentire come fossi in realtà ferito dal pensiero che non mi stessi divertendo.
Cercai di costringermi a sorridergli, ma uscì poco convinto: “No, non è questo. Stavo solo pensando, Lissa ha detto una cosa molto interessante oggi...”
“Cosa ha detto?” la sua voce era confusa, come se non capissi dove stessi andando a parare.
Guardai il mio piatto, cercando le parole giuste per spiegarglielo: “É convinta che tu... insomma, che io ti piaccia.” guardai la sua espressione mutare in una di incredulità, e mi bastò quello per rasserenarmi: io non piacevo ad Adrian.
“Ma non ti preoccupare, io non le credo.” finii con un sorriso spensierato. Lui annuì, anche se sapevo che c'era qualcosa che non mi tornava.
Poi sorrise: “Mi concederesti un ballo, Rose?” chiese, alzandosi e porgendomi una mano mentre l'aria veniva invasa dal suono di violini. Mi sentii arrossire fino alle punte dei piedi. Presi la sua mano e annuii, cercando di ricordarmi come fossero i passi di un lento.
Venne fuori che né io né Adrian eravamo ottimi ballerini, e quindi ci limitammo ad oscillare sul posto, la mia testa appoggiata all'incavo del suo collo. Il suo profumo di muschio e dopobarba era inebriante, e  anche di più lo era la sua mano, appoggiata con tranquillità al mio fianco.
Quando la musica finii, la mia reazione fu istintiva, e non riuscii a fare a meno di alzare il viso verso di lui e schiudere le labbra. Lui appoggiò le sue labbra sulle mie, e sentii l'odore leggere di tabacco che permeava sulla sua bocca morbida.
Le nostre labbra si muovevano lentamente in sincronia, e sentii i miei occhi chiudersi automaticamente. Adrian portò anche l'altra mano ai miei fianchi, il suo tocco leggero come quello di una farfalla.
Sentii il mio stomaco fare le giravolte mentre le mie mani esploravano il lembo di pelle sopra l'elastico dei boxer. Adrian approfondì il bacio, lasciando che le nostre lingue si incontrassero.
Alla fine fui costretta a staccarmi, senza fiato. Adrian cercò di allontanarsi, ma lo tanno vicino, sentendo i suoi respiri pesanti.
“Però, baci anche meglio di quando pensassi.” disse lui, con un sorriso arrogante, appoggiando la sua fronte sulla mia.
Io feci un sorriso uguale al suo: “Che coincidenza, penso lo stesso di te.” Mi raddrizzai, prendendo la sua mano mentre lui mi riaccompagnava ai dormitori.
I nostri palmi bruciavano a contatto l'uno con l'altro, e mi accorsi per la prima volta di essermi completamente dimenticata Dimitri in questo appuntamento. Mi accorsi a malapena del tragitto fino alla porta di camera mia, ma improvvisamente eravamo lì. Aprii la porta, domandandomi per un istante come avrei dovuto comportarmi con Adrian ora. Guardai il suo sorriso gentile e cacciai a calci i sensi di colpa mentre chiudevo la porta di nuovo.
Mi girai verso Adrian con un sorriso malizioso: “Cosa ne dici di uno sleepover?”
Lui ci misi un istante a capire che avevo tutte le intenzioni di passare la nottata in camera sua: “Cosa ti ha fatto cambiare idea? Non che io mi stia lamentando, sia chiaro.”
Scrollai le spalle: “Tu hai il letto matrimoniale.”
 

*ANGOLO AUTRICE*
Ciao :)
Ehm, credo di dovervi delle graaaandi scuse. Scusatemi tanto per il ritardo, sono stati due mesi incasinatissimi, ma prometto che non succederà più.
Detto questo, devo ringraziare di cuore tutte e tre le ragazze che hanno recensito, mi ha fatto davvero molto piacere :D e ovviamente anche tutte le lettrici silenziose. Passando al capitolo, stavolta i personaggi principali sono tre (nel prossimo torneranno tutti) e finalmente c'è un momento tra Rose e Adrian, che io adoro insieme. Anche se devo dire che sarebbe potuto venire meglio... Non cominciate a pensare male, non stanno per fare sesso, ma capirete cosa intendo nel prossimo capitolo ;)
Spero che vi sia piaciuto, anche se non è uno dei miei capitoli migliori. Vi chiederei molto gentilmente se per favore mi potreste lasciare una recensione piccola piccola, così so se vi piace o meno.
Va bene, la taglio corta.
Un bacio a tutte,
Ele 

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