Masquerade

di tenshina
(/viewuser.php?uid=99302)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Era in piedi.
Il volto impassibile, rivolto verso l’impersonale attività della metropoli autunnale, nascondeva il tumulto della sua anima.
Il suo più fidato collaboratore, la persona a cui aveva affidato la cura e la protezione dell’essere per lui più prezioso, lo aveva appena informato che Maya era caduta in un profondo stato di prostrazione.
Dopo il mancato appuntamento sul cavalcavia, non aveva più  avuto modo di incontrarla e, doveva ammettere con se stesso, aveva anche evitato di inviarle altri mazzi di rose scarlatte.
La vista della ragazza che baciava con tanta passione e trasporto l’unica rosa miracolosamente sopravvissuta all’assalto di quei bruti, prima, e delle auto indifferenti, poi, lo aveva abbacinato. Il suo ricordo lo accompagnava nella coscienza del giorno e nell’incoscienza della notte. Non capiva come doveva agire.
Recidere quell’unico legame che li teneva uniti? per lui era impensabile. Avrebbe significato perdere anche l’illusione di vivere che ancora persistentemente nutriva.
Continuare il suo ruolo di “donatore delle rose”? non era forse egoistico nei confronti di Maya? Se veramente era innamorata della sua ombra, come sembrava fosse, continuare avrebbe significato tenerla legata a sé per sempre, senza consentirle di vivere una vita sua.
Sapeva che prima o poi avrebbe dovuto fare i conti con la spietatezza del destino.
Tuttavia sperava, sempre, di rimandare l’inevitabile.
Il dannato matrimonio sempre più prossimo lo opprimeva e gli toglieva il poco di lucidità che gli era rimasto.
Rise di se stesso: dove era finito l’affarista senza scrupoli che Maya tanto odiava? dove si era nascosto il freddo individuo che per raggiungere i suoi scopi era pronto a sacrificare tutto e tutti? Ebbene… probabilmente era soffocato nella viscosa palude dell’incertezza e del dubbio: l’incertezza sul futuro, il dubbio sul presente.
Se solo fosse riuscito a risolvere i dilemmi che opprimevano il suo cuore, niente e nessuno sarebbe riuscito a fermarlo.
Hijiri gli aveva fatto un rapporto preoccupante sugli ultimi giorni di Maya. Pur essendo sempre puntuale alle prove, mostrava un totale disinteresse per tutto il resto. Più volte l’aveva sorpresa con lo sguardo perso nel vuoto o un’espressione sofferente sul bel viso. Gli occhi erano spesso segnati dal pianto. Kuronuma l’aveva ripresa più e più volte spronandola ad immergersi nella dea.
Hijiri l’aveva seguita, tenendola al sicuro e cercando di indagare, finché Maya il giorno prima, fuori dal teatro di prova, aveva alzato lo sguardo sul nugolo di giornalisti che era assiepato all’uscita. Aveva scrutato attentamente i loro volti e, rassegnata, si era incamminata verso casa.
Passando davanti al vicolo dove l’uomo era celato aveva mormorato un mesto “Mi ha abbandonata”. Il sussurro non era però sfuggito all’uomo.
Masumi era ammutolito: trovarsi di fronte, per l’ennesima volta, all’attaccamento di Maya per il suo ammiratore l’aveva paralizzato.
Non voleva che lei, il suo piccolo amore, pensasse che l’avesse abbandonata: mai avrebbe potuto. Ma non poteva neanche permettersi di pensare che ci sarebbe stata la remota possibilità di non essere più solo un’ombra. Rivelarsi significava solo dover fronteggiare di nuovo il suo disprezzo. Significava fronteggiare la sua più intima paura.

Non riusciva a venirne a capo.
Intanto i dipendenti della Daito Art Production iniziavano a prendere possesso delle varie postazioni. Anche l’efficiente Mitsuki, arrivata prima di tutti gli altri, di lì a qualche momento, sarebbe apparsa portandogli la stampa del giorno e la nuova corrispondenza.
Accendendosi una sigaretta cercò di ricomporsi e si avvicinò all’ordinata ed elegante scrivania. Si sedette proprio nel momento in cui la sua segretaria fece il suo ingresso.
La donna lasciò sulla scrivania tutte le pubblicazioni ed arretrò di qualche passo in attesa di eventuali istruzioni che il giovane vice-presidente avrebbe potuto impartirle.
“Qualcosa di interessante, stamane?”
“Sempre il solito signore: la casa di produzione H. ha annunciato la messa in scena di un nuovo Macbeth, mentre l’Associazione Nazionale Cinematografica ha svelato i dettagli dell’evento annuale che anticipa la premiazione dei film partecipanti al suo concorso.”
“Ah, si? Che cosa abbiamo quest’anno? Un’asta di beneficienza? Un galà con spettacolo canoro?” – L’atteggiamento del giovane uomo era quasi sprezzante. Raramente ormai riusciva a trovare interessanti quegli avvenimenti. Erano caratterizzati da troppa ipocrisia: falsi sorrisi, falsi convenevoli, false amicizie, falsi amori.
Con una punta di ironia, la collaboratrice rispose: “No signore. Quest’anno hanno ideato un ballo in maschera a tema: il Carnevale di Venezia. Vogliono così omaggiare uno dei più longevi festival del cinema del mondo occidentale, coniugandolo con la bellezza e la fastosità dei costumi tradizionali rinascimentali.”
Quella notizia lo scosse dalla monotonia dei suoi pensieri. Un’idea stava prendendo forma nella sua mente di affarista. Doveva essere cauto e pianificare tutto nei minimi dettagli. Se ci fosse riuscito, forse, sarebbe stato finalmente in grado di esprimere a Maya i sentimenti celati nel cuore del suo adorato ammiratore.
Sarebbe riuscito, finalmente, a mettere a nudo la sua anima pur indossando una maschera.
Avrebbe parlato con Maya come mai aveva potuto fare fino ad allora: avrebbe guardato i suoi occhi ridenti, avrebbe ascoltato la sua gaia voce squillante e avrebbe custodito quei ricordi per sempre.
Maya avrebbe esaudito il desiderio di parlare con il suo ammiratore e avrebbe avuto la certezza che mai sarebbe stata abbandonata. Magari una volta soddisfatto quel desiderio – Masumi sperava e temeva – lei avrebbe iniziato a vivere lontano dalle sue braccia. Ma questo gli avrebbe evitato di rivelarsi e, conseguentemente, di recidere il flebile legame che lo teneva ancorato alla vita.

La signorina Mitsuki, nel frattempo, studiava con interesse il lieve mutare delle espressioni sul volto del suo capo, nascosta dalle lenti ambrate. Aveva visto come un lampo improvviso nel suo ormai abituale sguardo spento e rassegnato. Si chiedeva a cosa fosse dovuto, visto che lei non aveva nominato Maya, né aveva ancora aperto le riviste che potevano contenere qualche trafiletto sull’attrice. Solo lei suscitava un tale interesse.
La donna non capiva come quell’uomo potesse essere così timoroso di fronte alla giovane donna.  Come spesso aveva sottolineato, il semaforo non resta rosso per sempre. Le persone cambiano. Il cammino che il tempo assegna ad ogni individuo porta la personalità ad adattarsi, maturare, guarire dalle ferite, comprendere, amare. Lei aveva colto dei chiari segnali di cambiamento in Maya: non era più battagliera di fronte alle provocazioni del signor Hayami, anzi, la sua espressione era quasi sempre velata da una strana mestizia. Il suo non era lo sguardo di una donna che odia. Era piuttosto quello di una donna innamorata che si sente respinta ed inadeguata.
A nulla erano valsi i segnali che aveva lanciato al suo capo. Chiuso nel suo tormento, restava cieco e sordo all’evidenza.
Venne riscossa dal suo superiore con l’elenco delle mansioni per la giornata. Mentre si apprestava ad uscire, con la coda dell’occhio, vide il vice-presidente che apriva una delle riviste proprio sul segno del ballo in maschera.
“Che stranezza!” pensò lei. Solo più tardi, nell’arco della giornata, le venne in mente una pazza ipotesi. Sarebbe stato interessante scoprire cosa sarebbe successo.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Anche quella mattina Maya si alzò di buonora per recarsi alle prove dello spettacolo dimostrativo. Si diresse alla fermata della metro e salì.
Non era ancora Akoya, solo un semplice simulacro. Capiva i sentimenti dell’amore negato, capiva il dolore lancinante del cuore della dea perché era il suo stesso dolore. Tuttavia non riusciva ad allentare il controllo sulle sue espressioni, perché temeva che il fiume in piena della sua tristezza non sarebbe mai più tornato dentro gli argini.
Aveva ormai compreso di aver perso anche il suo adorato ammiratore. Quel giorno aveva aspettato e aspettato invano che il signor Hayami si presentasse all’appuntamento rivelandosi finalmente per la persona che era. Ma lui aveva preferito continuare ad indossare la maschera che oramai era divenuta abituale. Si era illusa di essere più di un’attrice, di essere la sua anima gemella: evidentemente si era sbagliata.
Da quel giorno non ne aveva più ricevuto notizie.
Aveva atteso che il signor Hijiri si facesse vivo anche solo per raccogliere un suo messaggio vocale. Il suo adorato donatore di rose aveva, alfine, interrotto il loro legame. Probabilmente aveva osato troppo chiedendo quell’incontro.
Arrivata alla sala prove iniziò ad interpretare le sue battute. Era talmente assorta da non avvedersi del suo Isshin che si avvicinava.
“Akoya…”
Maya si riscosse e, timorosa, si voltò verso Sakurakoji. Il suo migliore amico, colui che le era stato vicino negli ultimi mesi. Colui che aveva ammesso di amarla e di volerla aspettare. Colui a cui doveva ancora dare una risposta.
In fondo al suo cuore sapeva che non avrebbe mai potuto ricambiarlo. Per lui nutriva un profondo affetto fraterno che mai avrebbe potuto tramutarsi nell’amore di anime. La sua infantile infatuazione era sparita ben presto, soppiantata dalla passione per il teatro prima e dal profondo amore per il signor Hayami poi.
Gli sorrise “Mio Isshin, ben arrivato. Vogliamo iniziare?”
Sakurakoji assentì.
Egli sentiva e vedeva che Maya era cambiata.
Non era più la ragazza gioiosa di un tempo, né vedeva affiorare più tanto spesso la passione per il teatro che la contraddistingueva. In quegli ultimi giorni era come svuotata e sapeva, con certezza, che tutto dipendeva dal fatto che quella dannata ombra non si era mostrata quel giorno sul cavalcavia.
Aveva desiderato che Maya verificasse con i suoi occhi che il sentimento che nutriva per uno sconosciuto non poteva essere reale. Se si fosse trovata di fronte ad una persona diversa da quella sognata, lui “sapeva” che avrebbe potuto prenderlo in considerazione finalmente come compagno di vita.
Invece quel vigliacco non si era presentato, continuando così a prolungare l’illusione del giovane cuore. Gli sembrava di sentire in petto il dolore che Maya stava provando ma, nonostante tutto, lei continuava a credere e sperare in colui che per tanto tempo l’aveva sostenuta.
Arrivarono anche tutti gli altri attori.
Quel giorno le prove furono più dure del solito con il regista che li spronava a dare diverse interpretazioni della stessa scena: il risveglio della dea.
Quando ormai era buio da un pezzo, andarono negli spogliatoi per prendere poi la via di casa.
Sakurakoji approcciò Maya con l’intenzione di accompagnarla fino a casa: quel giorno, in particolare, gli era sembrata troppo taciturna.
Lei lo ringraziò sorridendo ma, come temeva, volle tornare da sola.

Maya passeggiò lentamente lungo le strade della periferia di Tokyo. Arrivò a casa e mentre saliva le scale alzò gli occhi verso la grigia e buia coltre di nubi che rappresentava il cielo della capitale giapponese in quella sera di novembre. Quel cielo che lei sapeva essere stellato, quel cielo che custodiva nel suo cuore come un tesoro.
Lo ricordava, la prima volta al planetario quando la sua maestosità l’aveva fatta vacillare ed il signor Hayami l’aveva sostenuta: anche allora.
E lo ricordava la seconda volta, nella valle dei susini, quando lui le aveva confidato che il suo desiderio non si sarebbe mai avverato. Quanto avrebbe voluto consolarlo allora! Il suo cuore iniziava in quegli attimi a comprendere la triste dolcezza dell’amore eppure non aveva fatto in tempo… era arrivata tardi.
Una lenta lacrima di rimpianto scivolò sul delicato profilo della sua gota come una lucente perla sul velluto.
Stava per infilare la chiave nella serratura della porta di ingresso quando un leggero colpo di tosse attrasse la sua attenzione.


-------------------

Scusate, ma oggi non sarò in grado di postare: recupererò i prossimi giorni con più capitoli!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


In quel mentre, Masumi stava approssimandosi al ristorante dove aveva dovuto prenotare la cena per sé e la sua fidanzata.
Quando era uscito dalla Daito si era diretto allo Shuttle X. Voleva rendersi conto di persona dello stato d’animo di Maya. L’averla vista rifiutare la compagnia di Sakurakoji, avviandosi a testa bassa verso casa, l’aveva convinto di aver preso la decisione giusta. Quella visione gli aveva straziato il cuore, più del pensiero di essere per lei sempre e solo un’ombra scarlatta.

Entrò nel ristorante lasciando il soprabito al solerte cameriere. Shiori lo stava già aspettando al tavolo. Stancamente si scusò per il ritardo e prese posto esaminando con disinteresse il menù e la carta dei vini.
Non riuscire a ricambiare l’interesse che la donna evidentemente nutriva per lui lo allarmava, ma accettare quel fidanzamento mesi addietro gli era parsa una cosa plausibile: come spesso si era ripetuto, se non poteva avere Maya nella sua vita, tanto valeva sposare una donna che sarebbe stata utile alla Daito.
Questo era il suo intento iniziale. Ma più andava avanti e più capiva di essersi cacciato in una trappola lunga una vita.
Certo, non era ancora troppo tardi, ma pensava anche alla donna che aveva di fronte: se da un lato sapeva che non era giusto illuderla come aveva fatto e continuava a fare, dall’altro capiva che non avrebbe accettato di buon grado un suo eventuale ripensamento.
Shiori parlava della sua serra, di come curava le sue piante. Poteva apparire perfino graziosa in quei frangenti, ma lui non riusciva ad appassionarsi ai suoi discorsi né a rispondere con frasi che non fossero monosillabi. Soprattutto quando lei immaginava la loro vita da sposati, lui non riusciva a simulare la gioia che ci si sarebbe aspettati: erano altre le fantasie a cui agognava, altri gli occhi in cui desiderava perdersi, altre le mani che voleva stringere, altri i discorsi che voleva affrontare.
Che tristezza! Come avrebbe potuto continuare quella farsa?! Se solo fosse stato un matrimonio di interesse per entrambe le parti, sarebbe stato molto più semplice sia piegarsi sia opporsi perché sapeva che non ci sarebbero stati strascichi emotivi.
Sì, perché ora pensava realmente a come eludere quell’impegno.
Mentre la cena continuava con ritmo letargico e fastidioso, arrivarono finalmente al dolce. Non vedeva l’ora di poterla riaccompagnare a casa. Voleva rientrare nella tranquillità della sua camera per continuare a programmare il piano che stava orchestrando.
Guidando, compose un numero telefonico ed ascoltò con attenzione le parole che la persona all’altro capo della linea gli riferì. I suoi occhi si illuminarono.

Shiori Takamiya era appena scesa dalla macchina del suo fidanzato per rientrare nella sontuosa dimora di famiglia.
Quella sera, come spesso accadeva, Masumi era con la testa altrove. Sapeva che il lavoro lo prendeva molto e che era un uomo che aveva votato la sua esistenza all’attività imprenditoriale. Vi era abituata: suo padre si comportava allo stesso modo, salvo poi scoprire che l’interesse del genitore per il lavoro nascondeva la sua passione per il gioco d’azzardo. Il nonno l’aveva scoperto giusto in tempo, salvando in extremis le finanze familiari, prima che le voci di un eventuale tracollo finanziario giungessero all’orecchio degli operatori.
Masumi, naturalmente, era diverso. Aveva ricevuto un’educazione ben più ferrea di quella di suo padre: testimone ne era la continua crescita dell’impero degli Hayami.
Shiori però sapeva che il fidanzato le stava nascondendo qualcosa. Se il suo comportamento vago e freddo non dipendeva da comportamenti economici viziati, doveva forse temere un’altra donna?
Comprendeva che il matrimonio era stato fortemente voluto da suo nonno con lo scopo di riparare i danni provocati da suo padre: non era un’ingenua come spesso le piaceva lasciar credere. Più volte si era quindi interrogata sull’eventuale altra presenza femminile nella vita del suo futuro marito. Ma mai aveva individuato una possibile minaccia al suo status.

Poteva forse lei immaginare che quell’esserino tanto misero ed insignificante costituito dalla talentuosa quanto giovane attrice Maya Kitajima fosse in realtà al centro della vita del potente ed affascinante Masumi Hayami da ben sette anni?

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Maya si girò di scatto, trovandosi di fronte l’alta figura del signor Hijiri.
“Signor Hijiri…” sussurrò. Non riusciva a crederci.
Dopo tutti quei giorni finalmente l’intermediario tra lei ed il suo donatore era ricomparso.
“Come sta signorina Maya? La vedo triste.”
“Oh signor Hijiri… credevo… pensavo… che non l’avrei più rivista!” riuscì a dire lei in un soffio.
L’uomo si avvide del sollievo e del sorriso dell’attrice: aveva quindi ragione. Era all’ammiratore che si riferiva la giovane donna lamentandone l’abbandono.
“Signorina Maya, lei non dovrà mai dubitare della mia presenza. Credo di poter affermare che il suo ammiratore mai lo permetterebbe!”
“Lo pensa davvero, signor Hijiri?” – la flebile domanda racchiudeva tutta la sua speranza.
“Sì, signorina. Lo so.” – affermò con forza – “Sono qui per portarle un messaggio dal suo ammiratore. Spero che sia di suo gradimento. Se vuole potrei ritornare domani per ascoltare una sua eventuale risposta.”
“Certo! Certo!” – come erano diverse, ora, le lacrime che facevano capolino tra le sue lunghe ciglia, da quella solitaria che aveva visto cadere prima!
Le consegnò senza altri indugi la lettera accompagnata dall’immancabile rosa.
Maya corse in casa con i suoi tesori stretti al petto. Le stanze erano ancora buie: Rei non era tornata. Si diresse verso la sua piccola camera e, cercando di calmare il respiro, si accinse ad aprire la missiva.
Solo in quel momento capì quanto aveva sperato in un segno del signor Hayami. L’aveva atteso ogni giorno, ogni ora, perfino ogni secondo da quel pomeriggio sul cavalcavia.
Finalmente aveva tra le mani un suo messaggio.
Aprì con dita tremanti la pesante busta in carta pregiata, tanto diversa dal foglietto di block-notes che aveva accompagnato il suo primo omaggio floreale.
Mentre estraeva la lettera cadde un piccolo cartoncino. Prendendolo in mano iniziò a leggere. Come ogni volta cercava di simulare nella sua mente la calda voce del signor Hayami. La stessa voce che aveva sognato quella notte al tempio e che l’aveva accompagnata fino all’alba.

Cara Maya,
come sta? Ho sentito che il suo burbero regista la sta pressando molto, ma non abbia timore: come per Lande Dimenticate, sono certo che riuscirà ad ottenere una rappresentazione meravigliosa della Dea Scarlatta: la sua Dea mi ammalierà e mi darà la certezza della sua esistenza.
Le scrivo dopo tutto questo tempo perché ho molto riflettuto dopo il suo gentile invito ad incontrarla.
So che l’ho fatta soffrire e me ne rammarico perché non era certamente questo il mio intento.
Fino alla fine sono stato indeciso se recarmi al suo appuntamento: alla fine è prevalso il timore di deluderla sul desiderio d’incontrarla.
Mi rendo conto comunque di averla privata della possibilità di parlarmi senza alcun filtro. Posso intuire come il suo animo sia combattuto. Per questo voglio farmi perdonare e, se me ne darà la possibilità, vorrei incontrarla.
In allegato a questo mio semplice messaggio troverà l’invito a partecipare ad un ballo in maschera indetto dall’Associazione Nazionale Cinematografica. E’ un evento importante che spero la vedrà presente. In quell’occasione saprò farmi riconoscere.
Voglio che lei sia libera di vivere la sua vita senza che si senta obbligata in qualche modo nei miei confronti. D’altro canto, io continuerò a vegliare su di lei: non dubiti mai di questo.

                        Il suo affezionato ammiratore.


La rilesse una, due volte.
Voleva capire e, allo stesso tempo, temeva di comprendere le parole scritte.
Il signor Hayami aveva deciso di incontrarla ad un ballo in maschera. Questo significava che avrebbe parlato con la sua ombra e che lui non si sarebbe rivelato?
E poi, cosa significava che la voleva “libera di vivere la sua vita senza sentirsi obbligata nei suoi confronti”? Come poteva pensare che lei potesse vivere lontana dal suo cuore.
Decise di non farsi turbare da tristi pensieri e di concentrarsi sul ritorno sospirato del suo donatore di rose. Il solo fatto che non l’aveva abbandonata e la rassicurazione che mai l’avrebbe fatto bastava a renderla felice.
Né poteva pensare, senza un brivido caldo che le percorresse la schiena, che avrebbe potuto parlare al signor Hayami, avrebbe potuto esprimersi senza dover indossare la maschera della “ragazzina” dietro cui gli anni passati a battibeccare l’avevano costretta.
Aveva capito infatti che era stato il suo atteggiamento infantile ed il suo continuo disprezzo per Masumi Hayami a rafforzare la figura d’ombra dell’ammiratore.
Negli anni la dualità tra il produttore senza scrupoli, che la provocava e la ostacolava, e la figura dell’ammiratore, che la sosteneva e la coccolava, era divenuta talmente accentuata che lei stessa aveva stentato a credere che fossero la stessa persona.
Quando aveva compreso la verità, aveva finalmente capito che anche gli atteggiamenti sprezzanti dell’uomo erano modi per indirizzarla sulla giusta via: era stato lui a farla tornare nel mondo dell’arcobaleno dopo la morte di sua madre, lui ad indirizzarla verso le audizioni delle Due Regine, lui aveva attirato l’attenzione della critica su Lande Dimenticate.
E lei, a tutto questo, aveva risposto con odio e disprezzo, giustificati, secondo lei, dalla morte di sua madre, dall’astio tra la signora Tsukikage e Masumi Hayami, dall’atteggiamento di quest’ultimo.
Era quindi solo sua la colpa se il signor Hayami aveva timore di rivelarsi. Temeva che sarebbe stato disprezzato anche dopo.
Il ballo in maschera sarebbe stata l’occasione per trovare il modo di convincerlo: che si sbagliava, che poteva rivelarsi, che sarebbe volata tra le sue braccia se avesse voluto. Avrebbe fatto di tutto per realizzare questo suo proposito.
Presa questa decisione, andò a letto: il futon l’accolse in un calmo sonno ristoratore per la prima volta dopo settimane di angoscia.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***



Masumi scese dalla macchina nella rimessa della villa. Entrò nella buia residenza e si diresse verso la sua camera. Una volta arrivato, con eleganza, si tolse gli abiti formali, indossando una morbida veste da camera.
Con le candide dita affusolate prese uno dei bicchieri di cristallo posti sul tavolino e si versò dello scotch ambrato.
Bevendo lenti sorsi ripensò alle parole di Hijiri: “La signorina Maya è rinata!”
Gli era bastato questo per capire: finalmente era sulla strada giusta. Per tanto tempo aveva vagato nell’oscurità dell’incertezza, ma ora poteva muoversi verso la direzione che aveva scelto. Avrebbe rischiato: avrebbe permesso a Maya di incontrare il suo ammiratore.

Nella sua camera Eisuke Hayami stava riflettendo.
Aveva sentito suo figlio rientrare e aveva colto un passo leggermente meno strascicato del solito.
Il vecchio generale aveva iniziato a dubitare delle sue decisioni già qualche mese prima.
Dopo le sue pressioni affinché Masumi si fidanzasse, aveva visto il figlio perdere quel poco di passione per la vita che di solito manifestava.
La frequentazione con Shiori aveva peggiorato al situazione. Il presidente sperava di evitare al figlio la triste vita che lui aveva passato. Vederlo crescere senza alcun interesse a parte il lavoro l’aveva indotto a credere che aveva esagerato spronandolo negli affari. Presentandogli Shiori come la candidata ideale per l’impero degli Hayami, il genitore voleva assicurare al figlio una vita meno cupa rispetto alla propria, nascondendo le sue intenzioni dietro il velo del matrimonio di convenienza.
Lui sapeva infatti che, nonostante la rete di conoscenze, la famiglia Takamiya aveva bruciato buona parte dei fondi di cui disponeva. Chiaramente non era sul lastrico, ma gli Hayami erano decisamente più potenti.
Masumi gli aveva ribadito di non essere interessato a nessuna donna in particolare. Lui aveva quindi deciso di indirizzarlo.
Ma ora, dopo i mesi di fidanzamento trascorsi, dopo l’incupirsi del figlio, era giunto alla conclusione che “doveva” essere interessato ad un’altra donna.
Credeva anche di sapere di chi si trattava: l’uomo doveva essere convinto di non essere corrisposto. Solo una donna, il vecchio conosceva, che odiava apertamente suo figlio e che aveva attratto il suo interesse e la sua protezione negli ultimi sette anni: una delle candidate al ruolo di Akoya. Come il padre prima di lui, anche Masumi era rimasto incantato. A differenza sua però, lui amava la donna, non quello che rappresentava, e l’aveva amata da lontano, donandole tutto quanto poteva senza mai rivelarsi per riscuotere la sua gratitudine.
Era combattuto perché sapeva che il matrimonio tra suo figlio e la nipote di Takamiya sarebbe stato infelice ma non poteva decidere da solo. Voleva che suo figlio uscisse dall’incertezza, che combattesse finalmente per la sua felicità.
Da anni aveva capito che Masumi non lo considerava un padre e lui aveva un carattere troppo introverso per cercare di risolvere le loro divergenze. Sapeva di aver sbagliato più e più volte con suo figlio. L’aveva fatto soffrire e l’aveva reso l’affarista senza scrupoli che era diventato. I lunghi anni di solitudine l’avevano aiutato a capire, ma, ironia della sorte, Masumi era caratterialmente più simile a lui di quanto lo sarebbe stato un suo vero figlio e questo rendeva difficile un qualsiasi approccio di avvicinamento. Entrambi non volevano mostrarsi deboli: Masumi per vendetta, Eisuke per principio.
Eisuke decise che avrebbe fatto quanto era necessario per riparare ai torti commessi, ma avrebbe dovuto essere Masumi a prendere l’iniziativa.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Come splendeva caldo il sole novembrino di quella mattina.
Maya pensò che fosse dovuto sicuramente al suo stato d’animo più leggero. L’apparizione del signor Hijiri ed il messaggio del signor Hayami le avevano instillato nuova forza.
Arrivò sorridente agli studi di prova e salutò tutti con un sorriso che pensava di aver dimenticato. Sakurakoji, incuriosito, le si avvicinò chiedendole a cosa fosse dovuto quel cambio d’umore gradito quanto inaspettato.
Maya gli rispose con trasparenza: “Il mio ammiratore è tornato da me, non mi ha abbandonata!”
Lo sguardo del ragazzo si fece di ghiaccio infuocato: “Come puoi ancora farti influenzare dalle sue misere lettere? Non ricordi il dolore che hai sofferto in queste ultime settimane? Perché ti ostini ad amare un uomo che non conosci, quando… quando…” – l’attore si bloccò, aveva visto il sorriso di Maya incrinarsi, ma ormai aveva espresso il suo pensiero – “quando io ti sono stato accanto in quei momenti? Perché non ami me?!”
Maya restò per un istante muta, valutando le dure parole dell’amico. Voleva mettere tutto in chiaro, non aveva senso prolungare la sua incertezza.
“Sakurakoji, mi dispiace. Ciò che dici sarebbe giusto se io non conoscessi nulla di quella persona, ma quelle che tu chiami ‘misere lettere’, sono frammenti della sua anima che egli mi dona ogni volta. E’ vero, ho sofferto! Ma anche lui è stato tormentato! E’ vero, tu mi sei stato vicino, ma ‘devi’ sapere che per me sei il più caro amico, sei il fratello che non ho mai avuto! Non posso trasformare questi sentimenti nell’amore di anime! Ti prego, accettalo!”
Sakurakoji tentò di dire qualcosa, ma rinunciò di fronte a tanta veemenza. Decise di dirigersi negli spogliatoi.
Maya fece per seguirlo, ma fu bloccata da Kuronuma.
Il regista aveva notato il cambiamento d’umore di Kitajima e aveva assistito allo scambio tra i due ragazzi. Finalmente aveva visto la grinta sul volto della sua prima attrice.
“Non seguirlo, ha bisogno di stare solo. Non ti preoccupare, vedrai che capirà… E tornerà ad essere l’amico che tu conoscevi.”
“Lo spero veramente!” – singhiozzò la ragazza.
“Kitajima, tu hai fatto la tua scelta, è giusto che lui l’accetti. Ora che hai preso la tua decisione e sei uscita dalla coltre dell’incertezza, riversa tutto il tuo essere in Akoya e nella tua dea!”
“Signor Kuronuma…” – Maya lo guardò commossa. Aveva bisogno del suo sostegno in relazione a Sakurakoji – “Grazie. Vedrà che riuscirò ad interpretare una dea umana, che lascerà a tutti un ricordo indelebile.”
“Sono felice di sentirtelo dire! E ora: a lavoro!”
Maya si diresse verso gli altri membri della compagnia, mentre Kuronuma si appostò fuori dagli spogliatoi. Voleva attendere Sakurakoji per valutarne le intenzioni.
Qualche minuto dopo l’attore uscì e, trovandosi di fronte il regista, fece per evitarlo. Kuronuma lo afferrò ad un braccio: “Che hai intenzione di fare Sakurakoji?”
“Non lo so ancora! So solo che voglio uscire e passare del tempo per conto mio. Non mi aspettavo che Maya fosse tanto ingenua!”
“Potrei dire lo stesso di te! Era chiaro dall’inizio come Kitajima non ricambiasse i tuoi sentimenti. Hai confuso la pièce teatrale con la realtà. Non hai voluto vedere la verità nascosta dietro i suoi occhi. Fidati di lei. Fidati del suo buon animo! Sono sicuro che sorprenderà tutti!”
“Ma come posso accettare tutto di buon grado? Io l’amo! E lei invece preferisce un’ombra a me.”
“Tu l’ami… non vuoi per questo vederla felice? Se la sua felicità è amare quell’anima sconosciuta chi sei tu per impedirglielo? Kitajima ti ha detto chiaramente che non potrà mai ricambiarti! Non ti è sembrata abbastanza chiara?”
L’attore titubò per qualche secondo: “Si, certo. E’ stata chiara, ma forse, se aspettassi…”
“Sakurakoji non fare il bambino. Dovresti ormai sapere che certi sentimenti ci sono o non ci sono, sbocciano o non sbocciano. Maya ti conosce ormai da sette anni, pensi che se ti potesse considerare più di un amico non l’avrebbe ancora scoperto? Le due questioni, quella dell’ammiratore sconosciuto e la tua, sono distinte. Se anche Maya non amasse più lui, non amerebbe comunque te. Quindi, ora se vuoi prenderti un giorno per riflettere fa pure, ma domani ti voglio di nuovo qui a provare!”
“Si… signore. Farò come dice. E… grazie.”
Con passo lesto si avviò verso la porta: avrebbe passato la giornata al mare. Passeggiare sulla sabbia con le onde invernali che rumoreggiavano l’aveva sempre aiutato a riflettere. Avrebbe sicuramente ritrovato la serenità.

Masumi Hayami era arrivato alla solita ora in ufficio. Anche lui si sentiva l’animo un po’ più sollevato: sapere come Maya si fosse tranquillizzata alla comparsa del suo collaboratore l’aveva confortato. Ma era ancora ben lungi dal provare felicità. Sapeva che per quell’obiettivo avrebbe dovuto rischiare tutto quanto aveva e sapeva che troppe erano ancora le mani da giocare in quella partita: doveva ancora capire fin dove poteva spingersi.
Attendeva con impazienza l’arrivo della sera con il nuovo rapporto di Hijiri. Occupava alacremente il tempo attendendo a tutti gli impegni presi per la giornata.
La serata sarebbe stata tranquilla: Shiori era impegnata con le altre signore del club di giardinaggio in un evento benefico a favore della protezione e salvaguardia delle acque marine. Lui avrebbe potuto dedicarsi al piacere dei ricordi, come sempre faceva quando era solo.
Mitsuki vegliava sempre con interesse.



_________________________________________
Continua lunedì...

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Le prove procedevano con ritmo sostenuto, concentrandosi sulle scene dove Isshin non era presente.
Maya aveva dato un’impressione totalmente diversa dal giorno prima. Sembrava riuscire ad esprimere in Akoya tutto il sentimento che fino ad allora aveva tenuto stretto nel suo cuore. Gli altri attori erano in fibrillazione, perché per la prima volta iniziavano a credere che Ayumi Himekawa ed Hajime Onodera non avrebbero avuto una vittoria facile.
Maya sapeva da cosa derivava quel cambiamento: lei non poteva aspirare ad essere ricambiata dal signor Hayami, ma la sola volontà dell’uomo di incontrarla con la maschera del suo ammiratore aveva acceso in lei la speranza di poter comunque parlare al vero signor Hayami, quello che l’aveva protetta ed aiutata, senza sarcasmo e cinismo.
Questa nuova speranza aveva generato determinazione, anche nell’interpretare Akoya. Mai aveva dimenticato la promessa fatta all’uomo di creare una dea che potesse farlo credere di nuovo.

Concluse le prove, la ragazza se ne andò svelta verso casa, impaziente di incontrare il signor Hijiri, che sicuramente la stava aspettando. Durante la lunga giornata aveva spesso pensato al suo partner di scena. L’aveva ferito e lo sapeva, ma non poteva comunque continuare a dargli delle illusioni. Se avesse ritardato ancora il momento della verità l’avrebbe fatto soffrire ancor di più.
Accelerò il passo mentre la sera cedeva il posto alla notte. Aveva deciso di fidarsi del suo amico e delle parole del signor Kuronuma.
Finalmente arrivò a casa. Avvicinandosi alle scale, vide un’ombra muoversi nel buio. Attese: non voleva attirare l’attenzione di qualche sconosciuto sulla figura del signor Hijiri.
L’alta sagoma dell’uomo si fece avanti. Aveva negli occhi un caldo sorriso d’affetto.
“Buonasera signorina Maya. Come sta?”
“Molto bene signor Hijiri, sì, oggi sto molto bene!” – esclamò la ragazza.
L’uomo sapeva che non mentiva: lo vedeva nei lucenti occhi della donna.
“Ha letto la lettera che il mio datore di lavoro le ha recapitato ieri?”
“Sì, signor Hijiri, certo. Non avrei potuto farne a meno neanche volendo.”
“Signorina Maya, sono felice di constatare che il suo affetto e la sua stima per il suo ammiratore non sono scemati in queste ultime settimane…”
Maya lo guardò leggermente stranita – “No, signor Hijiri. Mai potrei far perdere il mio affetto al mio ammiratore. Può sicuramente rassicurarlo sul fatto che nessun evento potrebbe mai farmi ricredere sulla sua persona.” Le parve di cogliere del sollievo nei suoi begli occhi.
“Questo mi fa piacere. Cosa pensa di rispondere al messaggio del mio datore di lavoro?”
Maya senza indugiare trasse dalla piccola borsa una bianca busta. La consegnò ad Hijiri. “La prego, la dia al mio ammiratore!”
“Certamente signorina, sarà contento di leggere le sue parole.”
Una volta congedatosi e risalito in macchina, chiamò Masumi Hayami.

Masumi era rientrato a casa e aveva cenato con un leggero piatto di verdure. Si era poi appartato in camera, affacciandosi sul nudo terrazzo per fumare le sue Vogue. Sapeva di mettere a rischio la sua salute, ma fumare il sottile cilindro bianco intontiva i suoi nervi come il bicchiere di scotch che abitualmente beveva prima di andare a letto.
Rispose al cellulare sapendo già di chi potesse trattarsi. Ascoltò le parole del suo collaboratore: il resoconto puntuale dell’incontro con la sua ragazzina. Rimasero d’accordo che si sarebbero incontrati la mattina successiva al solito posto.

La notte passò per entrambi. Tranquilla per Maya, soddisfatta perché aveva potuto scrivere quelle poche righe al signor Hayami. In attesa per Masumi, che aspettava l’incontro del mattino successivo.

Il giovane uomo si svegliò prima del solito, recandosi all’appuntamento. Il parcheggio era pressoché deserto a quell’ora. Solo la macchina di Hijiri era parcheggiata in un angolo buio dell’area sotterranea. Masumi si avvicinò abbassando il finestrino.
Il suo collaboratore fece altrettanto e gli passò una cartelletta, all’interno della quale sapeva esserci la lettera di Maya.
Entrambi lasciarono il parcheggio prendendo la propria strada.
Masumi Hayami si recò in ufficio tenendo la cartella sottobraccio. Nessuno se ne sarebbe chiesto il perché: era solito portarsi il lavoro a casa.
Entrato nell’ambiente discreto del suo ufficio, si chiuse la porta alle spalle e si accomodò nell’ampia poltrona in pelle della sua scrivania.
Prese il pregiato stiletto in argento intarsiato che utilizzava come tagliacarte ed aprì la leggera busta, tanto semplice quanto simile alla sua ragazzina. La carta era segnata dalla sottile grafia che aveva imparato ad amare. Lesse con attenzione e trasporto, parole schiette e vere. Quanto avrebbe voluto che il sentimento che traspariva da esse fosse rivolto anche a Masumi Hayami e non solo alla sua ombra scarlatta, al suo alter ego. Rise, scoprendosi una volta di più geloso… geloso di se stesso. Già… oramai era un’abitudine. Era geloso del suo partner Sakurakoji, che i giornalisti vedevano come suo partner anche nella vita. Era geloso delle sue amiche, che potevano stare con lei e godere dei suoi sinceri sorrisi. Era geloso del vento che accarezzava i suoi lunghi capelli color del caldo cioccolato. Era geloso di tutto ciò su cui si posava il suo sguardo, perché sapeva che i suoi occhi non avrebbero mai guardato lui con i sentimenti della benevolenza e dell’affetto. Lui poteva ricordare quegli sguardi appassionati e caldi solo quando lei era sul palcoscenico e si rivolgeva ai suoi co-protagonisti. Mai avrebbe potuto sperare di ricevere altro che lampi di disprezzo e dardi rabbiosi.

Mio caro donatore di rose,
il mio cuore è sollevato dal sapere che lei è ancora al mio fianco. La tristezza e lo sconforto che mi hanno colta dal giorno del nostro mancato appuntamento si sono disciolti come neve al sole.
D’altro canto, mi rendo conto di averla costretta a compiere una scelta sofferta. La mia anima trabocca di gratitudine e felicità, al pensiero di poterla incontrare al ballo a cui mi ha gentilmente invitata.
Accetto quindi con piacere e non vedo l’ora che arrivi quella sera.
Senza mai stancarmi di comunicarle il mio affetto e la mia gratitudine, la saluto.
                        Maya Kitajima.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Masumi fu sollevato dalla comprensione di Maya. Non avrebbe mai sperato tanto: temeva di aver reciso il sottile filo scarlatto che li legava con la latitanza che si era imposto e, invece, Maya aveva compreso che il suo invito l’aveva posto di fronte a degli interrogativi.
Finalmente libero di agire chiamò la sua segretaria: era l’unica di cui si potesse fidare in quel frangente.
Mitsuki comparve solerte. Aspettava la chiamata del suo principale da un momento all’altro, visto che quella mattina non l’aveva ancora convocata. Entrò con il solito plico di riviste e corrispondenza ed il solito blocco di appunti.
Con aria sorniona Masumi Hayami iniziò ad elencarle le commissioni per quella giornata. Iniziò dall’ordinaria amministrazione: appuntamenti, lettere da scrivere, contratti da perfezionare. Con sguardo attento passò a quelle più impegnative – “Infine signorina Mitsuki, passando a quel ballo in maschera a cui accennava qualche giorno fa, non potendo esimermi dal partecipare, dovrei procurarmi dei costumi.”
“Costumi, signore? Ha forse intenzione di cambiarsi d’abito?”
La battuta provocò un minimo volgersi all’insù degli angoli della bella bocca – “No, signorina Mitsuki. Non ho intenzione di cambiarmi d’abito, ma ho intenzione di andare accompagnato!”
La risposta dell’uomo non la colse di sorpresa, ma male interpretò le sue parole – “Pensavo che la signorina Takamiya non avesse intenzione di affidarsi a sarti che non fossero i suoi personali.” C’erano arrivati finalmente. “Infatti non andrò con la signorina Shiori.”
Mitsuki restò per qualche istante a bocca aperta: “Ma allora…”
Subito si riprese con uno scintillio negli occhi che la diceva lunga – “Sì signore, mi dica pure!”
La successiva mezz’ora fu dedicata alla definizione dei dettagli. Per i sarti sarebbe stata una bella sfida: realizzare due abiti in stile rinascimentale con quei tessuti e quel pregio in pochi giorni avrebbe richiesto un impegno non indifferente.
Prima di congedarsi, Mitsuki prese coraggio e chiese: “Ha finalmente deciso di lottare, signore?”
“Ho deciso di vedere se ci sono speranze per cui valga la pena di lottare” – lo sguardo dell’uomo era sereno, nulla a che vedere con quello tormentato e sofferente che aveva caratterizzato il suo volto negli ultimi mesi.
“E’ comunque un bel passo avanti, signore. E sono sicura che di «speranze» ne troverà parecchie!”
“Ah, signorina Mitsuki! Lei e le sue assurde congetture! Chissà quante volte le dovrò ripetere che quella ragazza mi odia! Voglio solo cercare di capire la natura dei suoi sentimenti per il donatore di rose”
“Si, certo signore! Chissà quante volte le dovrò ripetere io, invece, che probabilmente avrà delle sorprese!”
“Vada, signorina Mitsuki, vada!”
Con il sorriso sulle labbra, Mitsuki si congedò: “Con permesso.”

Masumi Hayami, di nuovo solo, sorrise con soddisfazione, ché non capitava spesso di sorprendere la sua collaboratrice. Pensò di contattare Hijiri quella sera stessa: gli spiaceva arrivare a tanto, ma avrebbe dovuto fare in modo di evitare la presenza di Shiori la sera del ballo in maschera e avrebbe approfittato dell’occasione per far investigare dall’interno il suo uomo.


*******
Ringrazio Rospina, Nisi e Tetide per gli assidui commenti!! ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


I giorni passavano veloci.
La sera del ballo in maschera si avvicinava, ma Maya non se ne preoccupava. Hijiri le aveva assicurato che il suo ammiratore stava organizzando tutto per il meglio e che lei avrebbe dovuto concentrarsi solo sulle sue prove.
La mattina si svegliava, chiacchierava amichevolmente con Rei durante la colazione, andava alle prove. La sera rientrava, cenava e si chiudeva in camera aspettando il sonno ristoratore mentre fantasticava su come si sarebbe comportata la sera del ballo. Sapeva che l’emozione le avrebbe attanagliato lo stomaco, ma sapeva anche che sarebbe stata la sua unica occasione per esprimere la sua gratitudine e tutto l’amore di cui era capace, convincendolo che poteva rivelarsi, che non doveva temere.
Era un obiettivo arduo, lo sapeva, perché non poteva far capire al signor Hayami che conosceva il suo doppio ruolo e doveva anche ricordarsi che Masumi Hayami era un uomo fidanzato con una bellissima ed altolocata signorina.
Sospirò: si chiese se sarebbe rimasto sconvolto, l’austero Masumi Hayami, se avesse saputo di quali fantasie era protagonista nella mente di quella ragazzina.
Forse era questo che intendeva la signora Tsukikage quando affermava che due anime gemelle non potevano che cercarsi pazzamente quando si incontravano: lei sicuramente era pazza.

Rei Aoki notò il cambiamento dell’amica. L’ombra che la perseguitava nelle ultime settimane era sparita e Maya sembrava essere rifiorita e divenuta donna. Aveva gli occhi ridenti. Tutto il giorno aveva lo sguardo di quando saliva sul palcoscenico. Lo sguardo di chi amava.
L’energica ragazza restò interdetta: sapeva dell’attaccamento di Maya al suo ammiratore, ma mai avrebbe immaginato che la ricomparsa di quella figura misteriosa provocasse un cambiamento tanto radicale.
Al contempo, era preoccupata: se l’uomo non si era mai mostrato, doveva aver avuto le sue ragioni. Quindi lei temeva che prima o poi Maya sarebbe dovuta tornare con i piedi per terra perché non era detto che l’invito al ballo in maschera si rivelasse più di quello che era. Quante volte aveva sperato la giovane attrice di veder rivelata l’identità nascosta? Ogni volta era rimasta delusa. Rei ricordava ancora l’invito al ristorante prima della rappresentazione de “ Le Due Regine”: anche quello si era rivelato solo un mezzo dell’ammiratore per aiutare Maya ad interpretare la dolce e solare Ardis, con la partecipazione inconsapevole di Masumi Hayami.
Concluse alla fine che altro non poteva fare se non aspettare e supportare Maya nel caso in cui anche questa volta non ci fosse stato nessun risultato.
Rei non poteva sapere che la piccola Maya già conosceva l’identità di quell’ombra che l’aveva seguita.

Karato Hijiri stava seguendo pedissequamente le indicazioni del suo principale. Aveva sorvegliato la villa dei Takamiya annotando tutti i movimenti in entrata ed in uscita. Alla fine aveva fatto domanda di essere assunto quando il capo dei domestici aveva inspiegabilmente dato le dimissioni.
Voci di corridoio sussurravano che avesse ricevuto una cospicua eredità. In realtà, lui sapeva che il signor Hayami aveva fatto in modo di farlo assumere presso un’altra famiglia molto altolocata dell’estremo nord del Giappone.
Forte delle sue false referenze, Hijiri era stato prontamente assunto: la famiglia non poteva certo permettere che la numerosa servitù si auto-gestisse. L’impiego di maggiordomo consisteva in un impegno effettivo abbastanza limitato nel tempo; inoltre aveva accesso a tutte le stanze della residenza. Questo gli consentiva di girovagare indisturbato, raccogliendo informazioni e pianificando le sue mosse in vista della sera del ballo in maschera.
Era stato molto sollevato quando il signor Hayami aveva deciso di incontrare Maya. Lei era diventata anche la sua protetta. Dopo tutti gli anni passati a seguire le evoluzioni e a risolvere le problematiche relative alla ditta M. aveva fatto sue le intenzioni del suo capo, capendone anche i sentimenti: il radioso sorriso della ragazza, la sua bontà d’animo, la sua schiettezza e la sua forza, tutto, aveva contribuito a ridare il cuore all’algido superiore. E, nel momento stesso in cui riprendeva a battergli nel petto, il suo cuore gli veniva rubato inesorabilmente dalle stesse virtù.
Hijiri era grato a Maya. Masumi Hayami era quello che aveva dato un senso alla sua vita di uomo inesistente e soffriva nel vedere l’odio e la sete di vendetta, l’ambizione e la freddezza che albergavano in quell’animo che lui sapeva essere nobile.
Ricordava ancora il primo incarico che gli aveva affidato in relazione a Maya. Quando gli aveva parlato della ragazza aveva mantenuto il solito atteggiamento freddo e distaccato, ma quando l’uomo gli aveva chiesto come mai si interessasse per la prima volta ad un’attrice, per di più tanto inesperta, con lo sguardo perso in lontananza ed un lieve tremito nella voce, il giovane aveva affermato: “Maya Kitajima ha ancora la forza di vivere per i suoi sogni e arde della passione necessaria per raggiungerli. Non permetterò a nessuno di spegnerne la fiamma.”
Erano passati anni da allora: aveva visto tutti i mutamenti nel cuore del suo principale. Dall’istinto di protezione iniziale era passato all’attaccamento: non passava settimana senza che l’importante Masumi Hayami, vice-presidente della Daito Art Production, non trovasse modo di incontrarla casualmente e divertirsi a battibeccare con lei. Dall’attaccamento all’amore il passo fu breve: come poteva non riconoscerlo dopo la morte della signora Haru e tutto quello che fece per farla ritornare a vivere nel mondo dell’arcobaleno? Da quel momento il suo cuore fu attraversato da sentimenti sempre più forti e totalizzanti: il desiderio, glielo leggeva nello sguardo ogni volta che parlavano di lei e pensava di non essere visto; la gelosia, ad ogni notizia riguardante i suoi partner di scena; il tormento, quanto soffriva per l’odio ed il disprezzo che credeva di vedere nello sguardo di Maya ogni volta che la incontrava; l’altruismo, donava tutto di sé per favorirla.
L’uomo ombra della Daito sperava che, indossando una maschera, questa volta Masumi Hayami sarebbe riuscito ad essere se stesso. Chissà che non avesse potuto finalmente provare anche la felicità, la completezza, l’appagamento ed il senso di appartenenza che l’amore dona ai fortunati che glielo consentono!

Saeko Mitsuki, nel frattempo, aveva dato le disposizioni necessarie ai sarti della Daito per il taglio e la cucitura dei costumi. Era molto soddisfatta delle idee che aveva avuto in merito ai decori: il signor Hayami avrebbe sicuramente apprezzato. Doveva solo procurarsi gli accessori ora: maschera, gioielli, scarpe.
La donna non avrebbe mai creduto possibile di poter ricordare il giorno in cui l’animo tormentato e ferito del giovane uomo avrebbe provato ad emergere dal pozzo senza fondo in cui si era voluto nascondere.
Era fermamente convinta che i suoi sentimenti fossero ricambiati, pertanto credeva che anche nascosti dalle maschere, una volta che i due avessero iniziato a parlare sinceramente, non più semplici caricature di se stessi – l’ammiratore e l’affarista senza scrupoli, da una parte, e la ragazzina sfrontata e sprezzante, dall’altra – le loro anime veramente si sarebbero incontrate.

Shiori Takamiya non stava più nella pelle. Il suo bel fidanzato l’aveva invitata ad un ballo in maschera e, adesso, non vedeva l’ora di parteciparvi.
Ancora ricordava lo sguardo languido di Masumi mentre la invitava: erano nel salotto di villa Takamiya mentre il nuovo assunto supervisionava il servizio del tè da parte della servitù.
Masumi le aveva fatto una sorpresa presentandosi inaspettatamente a metà pomeriggio a casa sua. Si era cortesemente scusato di non averla avvisata e le aveva proposto quel piacevole diversivo alla solita routine.
Lei aveva naturalmente accettato entusiasta: non aspettava altro di vedere come si sarebbe comportato il freddo fidanzato nascosto da una maschera. Shiori avrebbe convocato immediatamente i suoi sarti personali per iniziare a confezionare l’abito. Avrebbe sedotto il suo fidanzato con lo stesso fascino di una figlia dei dogi.
Hijiri aveva assistito alla scena pensando che il suo capo avrebbe benissimo potuto fare l’attore: dovette sforzarsi non poco per non sorridere sarcasticamente.

Eisuke Hayami, chiuso nella sua villa, cercava di capire cosa stava accadendo.
Vedeva suo figlio fare delle strane mosse e non riusciva a coglierne il senso: l’assunzione di Hijiri presso i Takamiya ne era un esempio.
Che avesse deciso finalmente di muoversi? Lo sperava, ma ancora non scorgeva il disegno d’insieme.
Avrebbe atteso.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Di ritorno dalla villa dei Takamiya, il vice-presidente della Daito Art Production non poté resistere alla tentazione di recarsi alle prove della Dea Scarlatta della compagnia di Kuronuma. Era tanto tempo, troppo, che non aveva occasione di vedere e parlare con la sua ragazzina: gli mancava la sua voce squillante perché, nonostante gli insulti che gli avrebbe affibbiato, era in grado comunque di fargli dimenticare la monotonia e l’ipocrisia della sua vita. Inoltre voleva vedere il suo volto radioso, così come gliel’aveva descritto Hijiri.
Parcheggiò la lussuosa auto lungo il marciapiede. Scese con movimenti fluidi e si avvicinò all’entrata. Il cuore gli batteva talmente forte da fargli temere che gli uscisse dal petto. Posando la mano sul maniglione della porta della sala prove trasse un profondo sospiro ed entrò. L’ampia stanza era avvolta nella penombra. Solo un’area era illuminata, quella che doveva essere dedicata ad un palcoscenico.
Lì, al centro della luce, Akoya si prendeva cura di un Isshin ferito dalla spada della battaglia.
Le sue amorevoli mani lo curavano, la sua voce calda cullava il suo riposo, il suo sguardo appassionato raccontava dei sentimenti che il giovane uomo suscitava in quel cuore puro.
Come ogni volta, Masumi guardava Maya rapito, pur non potendo fare a meno di serrare i pugni fino a incidere la pelle dei palmi con le unghie. Come poteva dar torto ai giornalisti che ipotizzavano una liaison tra i due? Vedeva lui stesso il loro affiatamento sul palcoscenico, i loro occhi che si incatenavano, dimentichi del mondo che li circondava.
Mentre le prove procedevano, non visto, si avvicinò alla buia postazione di regia.
“Buona sera signor Kuronuma!” – salutò con voce tirata senza perdere una sola battuta.
“Giovane presidente Hayami! Buona sera! A cosa debbo la sua visita?”
“Come al solito, sono venuto a vedere a che punto siete con le prove. Che cosa ne pensa? Mi pare che i due protagonisti se la cavino abbastanza bene!”
Kuronuma rispose sinceramente: “Ero preoccupato per Kitajima. Fino alla settimana scorsa sembrava essere svuotata di ogni sentimento. Veniva alle prove, pronunciava le battute, ma non riusciva a infondervi nessuna passione, tristezza, amore, calore, furore. Più volte l’ho ripresa, anche duramente. Poi, un giorno, arrivò ed era tornata quella di sempre, dando fiducia a tutta la compagnia. Come può vedere, adesso è un’Akoya radiosa.” – Kuronuma fu soddisfatto della risposta: da tempo aveva intuito il particolare interesse del giovane presidente per la sua prima attrice.
Masumi aveva chiaramente compreso a quale giorno si riferisse il burbero regista, tuttavia la sua insicurezza non poteva evitare di volere delle conferme: “Evidentemente la ragazzina aveva problemi con il suo partner, problemi che deve aver risolto abbastanza bene a quanto posso vedere.” – La smorfia della bocca rafforzò il sarcasmo nella sua voce.
Kuronuma lo guardò stranito: “No, anzi. Quel giorno i problemi con Sakurakoji si sono creati. Poi, fortunatamente, sono riusciti ad appianare le loro… ahehm… divergenze, per così dire.”
“In che senso, scusi?”
“Beh…” – Kuronuma non sapeva se mettere a parte il presidente Hayami degli eventi che si erano verificati, ma poi pensò che se l’uomo avesse voluto notizie non avrebbe faticato a procurarsele – “Ecco, Kitajima quel giorno ha detto a Sakurakoji che non può ricambiare i suoi sentimenti e il ragazzo ha stentato ad accettare la sua decisione.”
Masumi Hayami quasi non riusciva a credere a quanto aveva appena sentito. Ah, il suo cuore stava cantando!
“Capisco. Certo, non si direbbe!”
“Che vuole che le dica?! Kitajima è riuscita finalmente ad essere chiara con quel ragazzo. Certo, era deluso, ma ha capito che non poteva continuare una corte indesiderata. L’importante comunque è che abbiano ritrovato l’affiatamento sul palcoscenico.”
Il giovane chiese se poteva restare ad assistere ancora qualche minuto. Il regista non si oppose: “Faccia pure con comodo, presidente. Le prove sono quasi giunte al termine: fra una decina di minuti farò riaccendere le luci”.
Masumi si rilassò sulla piccola sedia, godendosi lo spettacolo della piccola creatura che impersonava la dea scesa in terra. La sua mente era in fibrillazione: pensava freneticamente. Il giorno successivo in cui Maya aveva ricevuto il messaggio dell’ammiratore aveva trovato la forza di fermare gli approcci di quel ragazzo. Questo non faceva che rafforzare le teorie di Mitsuki e di Kuronuma. La sua segretaria sosteneva che Maya non fosse innamorata di Sakurakoji: a ragion veduta, non poteva darle torto. Kuronuma asseriva invece che lo fosse dell’ammiratore segreto. Il suo cuore iniziava a contemplare la possibilità di rivelarsi cercando di immaginare la reazione della ragazza: non riusciva però a superare il terrore di essere odiato ancora di più. Rivelarsi significava distruggere la figura dell’uomo di cui era innamorata: l’uomo amato, in realtà, era colui che più lei odiava. Tuttavia, una flebile ed assurda luce stava facendosi largo nel suo animo.
Nella penombra si alzò e si diresse verso l’uscita, mentre alle sue spalle Kuronuma stava dando il segnale di accendere le luci.

Maya si riscosse lentamente dalla maschera di Akoya, si alzò e si diresse verso i camerini. Mentre usciva dalla sala, le parve di scorgere l’alta figura di spalle del signor Hayami, ammantata dal solito lungo impermeabile grigio. Si disilluse subito: era troppo impegnato per venire ad assistere alle sue prove.
Velocemente si cambiò d’abito e, salutando gli altri, uscì in fretta dirigendosi verso casa.
Rifletteva sul nuovo rapporto che stava cercando di creare con Sakurakoji, quando si sentì chiamare.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Quella voce… quel tono… non poteva essere lui! Eppure… eppure!
“Ragazzina!”
L’appellativo lasciato sospeso nella fredda aria della sera. Maya lasciò che quella parola le scivolasse addosso andando a colmare la mancanza di lui che aveva sentito. Era tornato come suo ammiratore segreto ed era tornato come Masumi Hayami.
Lentamente, lentamente si girò.
Lo vide lì, con il suo impermeabile, appoggiato alla sua lussuosa auto. Quanto aveva desiderato rivederlo: era più bello di come lo ricordava. Le bionde ciocche gli incorniciavano i tratti delicati del viso. Gli occhi, così azzurri e profondi, le stavano rivolgendo un muto sorriso. La bocca virile era piegata nell’abituale smorfia ironica. Una mano guantata alzata a mo’ di saluto.
E ora? Ora cosa doveva dire?!
Decise di lasciare a lui la parola. Semplicemente lo salutò inchinandosi profondamente: “Buona sera signor Hayami!”. Non voleva battibeccare come al solito. Non sapeva se ne avrebbe avuto la forza. Gli rivolse un sorriso che voleva essere tranquillizzante.

Fortuna era appoggiato all’auto, altrimenti avrebbe vacillato.
Cos’era quell’inchino? Cosa quel sorriso? Possibile non abbia intenzione di sbraitarmi contro?
Fu curioso. Decise di testare il terreno.
“Ragazzina, come mai quell’inchino? Non ci sono mai state queste formalità tra noi!”

Uff… ma proprio non può evitare di provocarmi? Perché deve rendere vani i miei sforzi?
Cercò di essere paziente.
“E’ vero signor Hayami. Però aveva ragione quando mi consigliò di essere educata nel nostro ambiente. Sto cercando di seguire i suoi consigli.” Ed era vero.
Fu spiazzato una seconda volta nel giro di pochi istanti.
“E da quando segue i miei consigli?”
Ecco! Ora ne ho la conferma: il suo è un vizio.
“Da quando ho capito che sono corretti, signor Hayami. Non sono più una ragazzina. Riesco a pensare con la mia testa, sa?”

Rise tra sé e sé. Ecco che finalmente la sua ragazzina impertinente tornava a fare capolino.
“Bene, ne sono felice ragazzina” – calcando volutamente su quel termine da lei tanto odiato.
Da quanto tempo era che non si divertiva più con lei in quel modo? Nemmeno lo ricordava più, tanto era stato buio il tempo che aveva trascorso cercando la via da percorrere.
“Ci sono altri miei consigli che sente di dover mettere in pratica?” – La guardava con occhi ridenti.

Ma perché il signor Hayami si ostina a prendermi in giro? Eppure sono tanto felice di vederlo… possibile che lui non pensi ad altro che a divertirsi alle mie spalle?
“No, signor Hayami. Questo è l’unico suo sconsiglio che mi sento di seguire. Ma cosa ci fa da queste parti, signor Hayami?”
Questa volta era stata lei a sottolineare il suo appellativo.

Sempre più divertente!
“Sono venuto a vedere come procedono le prove dei nostri rivali. Mi erano giunte voci preoccupanti sulla sua interpretazione. Ma a quanto ho potuto vedere, erano prive di fondamento!”
Non poteva certo dirle che guadarla solo sulle immagini del suo album non gli bastava più…

“La ringrazio signor Hayami per la sua attenzione. Sì, ora non si deve più preoccupare!”
E’ venuto a vedere me, solo me, non la compagnia!
“Ragazzina… significa forse che mi sarei dovuto preoccupare prima? Non si faccia distrarre da cose superflue! Le va di seguire questo mio consiglio?”
Gli occhi dell’uomo brillavano, ché ben sapevano quali erano state le preoccupazioni della giovane donna.
“Signor Hayami, come le ho detto, decido io quali consigli seguire e decido sempre io quali sono le questioni superflue. Il mio ammiratore non è tra queste”.
Il tono, partito battagliero, si addolcì alla fine. I suoi occhi fiammeggianti si mitigarono in un caldo sole primaverile. La piccola mano si era stretta al petto.
Signor Hayami, perché? Perché mai fa queste domande se non ha intenzione di rivelarsi?!

L’uomo contemplava la piccola ed appassionata figura. Ora che ce l’aveva dinanzi, capiva quanto le era mancata e quanto la voleva. Era inutile chiamarla “ragazzina”. Non lo era più da tempo.
“E’ tardi, ragazzina. Non le andrebbe di essere accompagnata in auto?” – aveva parlato prima ancora di pensare. L’unico suo intento era di passar ancora un po’ di tempo con lei. Sinceramente, non credeva che avrebbe accettato.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***



Maya era tentata, si vedeva che era tentata. Voleva prolungare ancora i momenti da passare con lui.
“La ringrazio, signor Hayami. Accetto volentieri!” – e gli si avvicinò abbassando leggermente lo sguardo. Non voleva che le leggesse dentro l’agitazione che le aveva provocato dire quelle poche parole.
Se non avesse abbassato lo sguardo avrebbe invece visto l’impassibilità scomparire dal viso dell’imperturbabile presidente della Daito. Vedendola avvicinarsi, si scostò dall’auto, aprì la portiera e galantemente, togliendosi il guanto, le offrì la mano per aiutarla a salire.
Quelle dita sottili nel suo palmo parvero imprimere il loro marchio. Una volta chiuso lo sportello strinse a sé quella mano: avrebbe voluto trattenere il suo calore per sempre.
Salì in auto e mise in moto: non voleva certo che ci ripensasse.
“Quasi non ci credo ragazzina! Per farla salire in macchina non ho dovuto ordinarglielo, né sbraitare e nemmeno portarla di peso. Cosa c’è? Non sono più inaffidabile e odioso?”
Ora era lui che si chiedeva come mai non riusciva a chiudere la sua boccaccia: perché vederla tanto docile scatenava in lui l’istinto di provocarla?
Dopo qualche istante, in cui lui pensò che Maya non avrebbe detto una parola, la sua risposta giunse inattesa nei toni e nei contenuti. Con voce pacata la ragazza rispose: “E’ strano signor Hayami, ma ultimamente mi sono resa conto che è sempre stato una persona affidabile e… no, non la odio più. L’ho perdonata da tempo per la morte della povera mamma. All’epoca ero veramente una ragazzina e feci sopportare anche a lei il peso del mio dolore e dei miei sensi di colpa. Non è certo stata solo colpa sua quello che è successo. L’ho capito da tempo.”
Finalmente era riuscita a dirglielo. L’aveva in cuore da prima che scoprisse la sua vera identità, ma solo dopo se n’era accorta. Prima era troppo accecata da quello che lei credeva rancore e disprezzo. Aveva poi capito che non si rivelava anche perché pensava che lei l’odiasse. Ora l’aveva detto. Chissà se qualcosa sarebbe cambiato?
Sicuramente lei non era la sua anima gemella, vista la sua splendida fidanzata, ma almeno poteva sperare di veder evolvere il loro rapporto in qualcosa di migliore rispetto a quello che era stato finora.

“Grazie… Maya”

Quelle parole, sospese nel silenzio dell’abitacolo, pronunciate dalla sua voce calda e fremente, senza inflessioni ironiche o provocatorie, furono la prova del grande peso che gravava sul suo cuore. Quel nome, pronunciato quasi con dolcezza, era il riconoscimento più gradito.
“Prego, signor Hayami. Era da tanto che volevo dirglielo, ma le nostre conversazioni non sono mai abbastanza…” – si fermò in cerca dell’aggettivo adatto.
“Serene” – dissero entrambi.
Si guardarono brevemente e sorrisero.
“Signor Hayami, lei è comunque un affarista senza scrupoli!” – alzò la voce lei.
Lui volse i suoi occhi azzurri verso quella figurina perduta nel comodo sedile della sua auto e scoppiò in una risata liberatoria.
“Anche lei è comunque una ragazzina!”
Sorridendo Maya gli rivolse una linguaccia.
Nel frattempo erano arrivati.
Masumi spense la macchina.
Il tempo era trascorso velocemente. Quello di cui avevano discusso era il massimo a cui aveva mai osato aspirare. Il perdono della sua ragazzina… non l’odiava più. Gli aveva parlato con calma, cullata dai rumori attutiti che si percepivano nell’abitacolo. Non avrebbe mai dimenticato quel giorno: sarebbe sempre rimasto in fondo al proprio cuore.
Si voltò a guardarla. Lei era ferma, in attesa di una sua parola.
“Maya, faccia del suo meglio. Si ricordi la promessa che mi ha fatto!”
“Non si preoccupi, signor Hayami. Sto entrando molto bene nel personaggio di Akoya e della sua dea. Ogni giorno vedo più in là e più a fondo.” – stette un attimo silenziosa, poi riprese, con voce più tenue: “Ricordo la promessa che le ho fatto! E’ mia intenzione mantenerla signor Hayami. Lo farò per lei… e anche per il mio ammiratore.”
“Il suo ammiratore è sempre molto importante per lei, vero?”
Dèi, fate che non possa sentire il battito del mio cuore! pensò Maya mentre abbassava lo sguardo arrossendo.
“Sì, signor Hayami. Lui è sempre più importante per me.”
“Se fossi in lui, anche lei lo sarebbe per me…”
I suoi occhi si spalancarono. Le sue gote si imporporarono.
Cielo! Come erano arrivati a quei discorsi? L’uomo non lo sapeva. Era stato sul ciglio del dirupo della verità e si era tirato indietro. Non poteva rischiare tutto, non subito, non ora che sapeva che lei l’aveva perdonato. Doveva muoversi con cautela.
Con questi pensieri, Masumi ritornò ad essere un Hayami, riprese il controllo del proprio corpo e, insieme, della situazione: “Venga, l’aiuto a scendere.”
Maya annuì, gli occhi sempre bassi, aspettando che la portiera si aprisse.
Con studiata lentezza e cortese garbo il presidente della Daito Art Production tese la mano alla ragazza e l’accompagnò fuori dall’abitacolo.
Si salutarono con un sorriso che ricordava ad entrambi i momenti appena vissuti.
Maya si diresse verso le scale dal suo piccolo appartamento guardandolo.
Masumi Hayami rientrò in macchina e si diresse verso casa.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Di ritorno verso casa, Masumi Hayami ripensò ad ogni dettaglio degli eventi appena trascorsi. In confronto, la rivelazione di come Maya avesse respinto Sakurakoji sbiadiva. Ora capiva meglio Maya: lei, negli ultimi tempi, gli era sempre sembrata in attesa di dirgli qualcosa e restia a rispondere alle sue provocazioni. Ancora ricordava il suo sguardo ferito quando l’aveva pungolata nella Valle senza rendersi conto della presenza della sua fidanzata. Capiva che fin da allora Maya voleva trasmettergli il suo cambiamento.
Si sentiva leggero: forse poteva ritenersi libero di non temere più il suo odio ed il suo disprezzo, per lo meno non per gli eventi del passato.
Se lui avesse deciso di rivelarsi, avrebbe dovuto affrontare la sua rabbia per averla ingannata, ma molte erano le motivazioni che l’avevano spinto. Iniziò a coltivare la speranza che lei avrebbe potuto perdonarlo anche per quello.
Rientrato in garage, spense il motore e chiamò Hijiri per avere un rapporto dettagliato di come si erano svolti i fatti in casa Takamiya dopo la sua partenza.
Quello che il suo collaboratore gli riferì lo incuriosì.

Maya rientrò in casa tendendo l’orecchio al rumore dell’acceleratore che dava gas all’auto del signor Hayami.
Finalmente! Finalmente era riuscita a dirgli parte della verità che le gravava in petto.
Aveva visto le spalle dell’uomo sollevarsi come libere da un macigno da cui erano gravate. Mai avrebbe pensato di poter influenzare tanto l’animo di un uomo come Masumi Hayami eppure lei lo conosceva, sapeva della nobiltà del suo spirito e della gentilezza del suo cuore.
Quanto doveva aver sofferto, da solo, ogni volta che lei lo accusava degli atti peggiori.
Ogni volta che qualcosa andava storto, “doveva” essere colpa del signor Hayami ed era stata cieca, cieca agli atti positivi che lui si era spinto a fare o causare per lei.

Shiori se ne stava tranquilla davanti alla sua toeletta in camera: ancora ripensava all’inaspettata visita del pomeriggio di Masumi.
Come aveva supposto, la freddezza solita dell’uomo non era da imputare alla presenza di un’altra donna. Il ballo in maschera sarebbe stato un’ottima occasione per lasciarla da parte ed invitare un’altra, visto che tutti sarebbero stati nascosti agli occhi indiscreti.
Invece lui l’aveva appositamente invitata.
Dopo che l’aveva lasciata sola, erano giunti i suoi sarti per mostrarle alcuni tessuti e scegliere il modello dell’abito. Si era completamente spogliata per permettere alle sartine di prendere le misure: voleva che il corsetto fosse più aderente che mai. Voleva incantare e sedurre il suo fidanzato.
Fu proprio in quel momento che il nuovo maggiordomo entrò nel grande salone: la colse così, in biancheria intima. Subito si scusò per l’intrusione, asserendo che pensava che lei si fosse ritirata nel suo salottino privato. Si inchinò, in attesa di un suo eventuale rimbrotto.
La donna guardò l’alta figura inchinata del giovane e prestante domestico. Ricordando la scintilla di apprezzamento che aveva notato subito nel suo sguardo, l’aveva congedato senza grossi rimproveri.
Era stata proprio fortunata a che il vecchio maggiordomo fosse stato sostituito da quell’esemplare di uomo: avrebbe dovuto chiedere a suo nonno se avesse potuto portarlo con sé nella nuova residenza, dopo il matrimonio. Non sarebbe stato un problema convincere Masumi: in fondo pendeva dalle sue labbra.

Chiuso nella sua stanza, nell’ala della servitù, Hijiri risentiva corrergli lungo la schiena il brivido di disagio che l’aveva colto sotto lo sguardo della fidanzata del suo principale.
Era entrato nel gran salone per il solito giro di controlli. Effettivamente non si aspettava di trovarla lì, come si era affrettato a spiegare. E, soprattutto, non si aspettava di trovarla semi-nuda. Si era subito inchinato scusandosi in attesa di essere congedato.
Aveva atteso e finalmente un mellifluo “Può andare” raggiunse il suo orecchio. Prima di uscire le lanciò una fugace occhiata: uno sguardo che ben poco aveva di misterioso e dolce seguì la sua figura fuori dalla stanza.
Questo era stato il rapporto che aveva fatto al signor Hayami. Attendeva ora indicazioni su come muoversi visto che la sera del ballo era sempre più vicina.


***************

E con questo ho concluso la pubblicazione della settimana... continuo lunedì...
Ringrazio tutti coloro che hanno letto e, soprattutto, coloro che hanno anche recensito.
Spero che la storia vi piaccia anche in futuro!

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Mentre il tempo passava, Maya migliorava sempre di più, tanto che anche Kuronuma poteva dirsi soddisfatto.
Anche Sakurakoji non poteva non riconoscere che mai l’aveva vista risplendere in quel modo.
Dopo quel giorno in cui si era assentato dalle prove, aveva cercato di recuperare almeno il rapporto di amicizia che lo legava alla ragazza. Aveva capito che il suo modo di fare l’aveva fatta chiudere in se stessa, facendole rinunciare anche a quello che lei considerava essere il suo migliore amico.
E aveva anche capito, soprattutto, che Kuronuma aveva ragione: se Maya non ricambiava i suoi sentimenti dopo tutto il tempo che avevano trascorso insieme, nulla sarebbe cambiato anche se l’ammiratore non si fosse più fatto sentire: lei avrebbe continuato a considerarlo alla stregua di un amico.
Aveva pertanto ripreso le prove, approcciando la ragazza con atteggiamento franco e privo di secondi fini. Le aveva dichiarato di aver compreso la sua posizione, che si sarebbe impegnato ad essere solo un amico per lei e che avrebbe voltato pagina.
Restava convinto che la ricomparsa dell’ammiratore non fosse una buona cosa per lei e, quindi, voleva comunque essere presente e sostenerla quando se ne sarebbe presentata la necessità.

Maya guardava il nuovo Sakurakoji. Non credeva fosse possibile un cambiamento tanto repentino di atteggiamento.
Forse neanche lui si era reso conto che il sentimento che nutriva per lei evidentemente non era tanto profondo quanto lui si era ostinato a pensare. Lei ricordava lo shock che aveva subito quando aveva scoperto del fidanzamento del signor Hayami. Aveva pianto lacrime e sangue. Non era riuscita a guardarlo negli occhi per molto molto tempo.
Ora la situazione sembrava migliorata perché il suo povero cuore sperava in qualcosa visto il rinnovato interesse dell’ammiratore. Ma il suo dolore non era certo fugato. L’unica spiegazione che le venne in mente fu la sostanziale differenza di carattere del ragazzo. Evidentemente era più realista di quanto non fosse essa stessa. E, forse, era da considerare anche la filosofica spiegazione delle anime gemelle: se Sakurakoji non era la propria anima gemella, Maya non poteva essere quella del ragazzo.
Le prove avevano giovato di questo nuovo rapporto che si era creato tra i due protagonisti. Entrambi sembravano aver scelto finalmente la strada da percorrere. Non vi erano più insicurezze o titubanze nei loro occhi.
A tarda serata, con il cuore leggero, Maya si diresse verso casa.
Ad attenderla trovò una Rei stranamente agitata.
“Maya! Maya! Devi venire! Non perdere tempo a cambiarti! C’è un messaggio per te ed un grosso pacco! Sono troppo curiosa… ti prego aprilo!”
L’euforia dell’amica contagiò anche lei ed in fretta si tolse le scarpe avvicinandosi al tavolo su cui era appoggiato il tutto.
Rei le disse che era venuto un facchino durante l’ora di pranzo. Lei immaginò che si trattasse del signor Hijiri. Prese la pesante busta, l’aprì e lesse.

Cara Maya,
come promesso le invio oggi l’abito per il ballo in maschera che si terrà domani sera.
Spero che il costume sia di suo gradimento.
Manderò qualcuno a prenderla alle 20.00 domani sera.
Attendo di vederla.
                                        Il suo affezionato ammiratore.

Maya strinse al petto il biglietto e lo ripose sul tavolo.
Sotto gli occhi spalancati dell’amica tolse il coperchio alla grande scatola. Vi era un insieme di scatole più piccole ed un costume piegato con cura.
Da quello che poteva vedere era in un bel velluto pesante di colore viola. Vi erano degli inserti in velluto nero che modellavano la linea sottile del corpetto. Un fine profilo di raso nero rifiniva la discreta scollatura quadrata.
Passò ad aprire le altre scatole. Quella più grande conteneva un ricco mantello in velluto viola. In un’altra vi era un grazioso paio di scarpe in raso nero con un leggero tacco. E poi, una splendida maschera bianca e lucente decorata finemente con delle rose viola su un lato ed un velo in merletto nella parte bassa; dei gioielli e dei decori per l’acconciatura ornati da piccole ametiste che rilucevano dei loro splendidi riflessi.
La giovane donna guardò estasiata tutti i tesori che il signor Hayami le aveva inviato. Non riusciva a credere ai propri occhi. Tutto era stato fatto per lei. Ormai avrebbe dovuto essersi abituata alle sue attenzioni, invece trovarsi di fronte a tali oggetti le faceva mancare il fiato. Richiuse tutte le scatole, le prese e, chiedendo a Rei di aiutarla l’indomani ad indossare tutto, si diresse in camera.
Era troppo scossa.

Nel frattempo, a villa Takamiya, Hijiri stava predisponendo i dettagli per la strategia dell’indomani. Avrebbe dovuto muoversi con cautela, ma era più che certo di raggiungere il risultato sperato.

Masumi era in piedi di fronte all’ampia vetrata della sua camera.
Il momento più importante della sua vita si stava avvicinando. Probabilmente da lì alle prossime ventiquattr’ore avrebbe rischiato tutto ciò che di prezioso aveva.
Sperava di cogliere in Maya dei segnali che potessero rincuorarlo e spingerlo ad agire.
I doni che le aveva inviato quel giorno forse sarebbero stati gli ultimi da parte dell’ammiratore segreto. Il loro incontro lo faceva ben sperare.
Avrebbe voluto vedere il suo sguardo mentre apriva le scatole. Purtroppo quello era un piacere che da sempre si era negato, dipendendo in tutto dai resoconti del suo collaboratore.
Avrebbe aspettato l’indomani per poterle finalmente parlare.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


La mattina giunse troppo tardi per Maya.
Già da tempo era sveglia nel suo letto pensando alla serata che l’attendeva. Visto che le prove procedevano con soddisfazione di Kuronuma, aveva chiesto al regista di potersi assentare per motivi personali.
L’uomo aveva acconsentito, ben sapendo che erano più le volte in cui la ragazza si assentava senza dire nulla per capire i propri personaggi che quelle in cui chiedeva del tempo per se stessa.
Appena il sole iniziò a fare capolino all’orizzonte si alzò ed uscì per recarsi alla “sua” altalena. Quante volte il signor Hayami l’aveva ripescata dal suo nascondiglio? Quanta pioggia aveva dovuto prendersi l’uomo per farla tornare in sé? Ricordava ogni singolo momento. Rimpiangeva di non essere stata più avvezza alla comprensione dei cuori, perché altrimenti avrebbe presto capito il motivo della persistenza nella sua mente e nel suo cuore di quei ricordi; avrebbe certamente compreso l’origine della sensazione di pace e calore che provava ogni volta che il signor Hayami si mostrava gentile con lei.
Ripensare a quei momenti nel freddo sole mattutino le stava riscaldando il cuore. Chissà cosa sarebbe successo quella sera? Cosa le avrebbe detto il signor Hayami? Sarebbe stata capace di convincerlo a rivelarsi? E… sarebbe stata in grado di non lasciar trapelare il dolore che albergava nel suo cuore sapendolo di un’altra?

Intanto, nella strada che costeggiava il parco cittadino era parcheggiata una berlina scura di grossa cilindrata. Era da poco ferma in quel punto e non sembrava che qualcuno ne volesse uscire. Solo un fil di fumo usciva dal finestrino leggermente aperto e volteggiava disperdendosi piano nell’aria.

Shiori era particolarmente euforica quel giorno.
Aveva passato una notte agitata da sogni riguardanti Masumi e la serata che avrebbero condiviso.
Si accinse a far colazione con il suo solito latte macchiato: il suo sguardo tradiva il desiderio che il tempo passasse in fretta.
Dopo colazione si ritirò nella sua serra sperando che le sue care orchidee potessero chetare la sua anima.

Masumi Hayami spense la solita sigaretta e rimise in moto.
Andando al lavoro era passato per il parco e lì, sull’altalena, aveva scorto la sua ragazzina. Quanto era bello osservarla anche solo da lontano: la vedeva dondolarsi sulle snelle gambe, appoggiata con le mani ed il viso ad una delle catene. Le guardava gli occhi sognanti, le mani sottili e piccole, tutto il suo essere che tanto amava.
Ripromise a se stesso che niente e nessuno l’avrebbe tenuto lontano da quel tesoro! Anche se avesse dovuto rischiare di rimanere per sempre nell’ombra.



*** Scusate, oggi capitolo corto... ***

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Masumi Hayami lavorò per tutta la giornata, facendo susseguire briefing con la sua segretaria a riunioni con il direttivo della Daito, appuntamenti con influenti personaggi della società nipponica a firme di documenti di poco conto.
Era ormai pomeriggio inoltrato quando si decise finalmente a recarsi a casa per prepararsi alla serata.
Giunto all’ingresso della villa il maggiordomo lo informò che la signorina Shiori era impossibilitata ad accompagnarlo al ballo in maschera. Si dichiarava molto dispiaciuta, ma aveva avuto uno dei soliti mancamenti ed il nonno le proibiva di muoversi da casa.
Gli angoli della sua bocca si alzarono impercettibilmente: il suo piano stava funzionando.
Il vecchio servitore lo informava infine che il padre voleva incontrarlo. Chiedendosi cosa mai volesse e stando in guardia si diresse verso la sua camera.

Eisuke Hayami aveva sentito della telefonata ricevuta da suo figlio a proposito del malore della fidanzata e sapeva della commissione di confezionare uno splendido costume rinascimentale impartita ai sarti della Daito da parte della segreteria della presidenza. Ora la presenza di Hijiri a casa Takamiya iniziava ad assumere dei connotati più nitidi.
Forse il figlio aveva finalmente deciso di muoversi e di non indugiare oltre.
Voleva vedere come avrebbe reagito se l’avesse punzecchiato un po’.
Ascoltò il figlio bussare alla porta ed entrare con passo lento ma fermo.
“Volevi vedermi, padre?”
“Sì, Masumi. Ho sentito che la tua fidanzata ha avuto un malore.”
“Sì, padre. Non sembra essere niente di preoccupante tuttavia. Ho intenzione di chiamarla, comunque.”
“Perché non le fai una visita piuttosto che andare a quel ballo? Sarebbe sicuramente contenta!”
Un brivido freddo corse lungo la schiena del giovane. Non avrebbe rinunciato per niente al mondo alla sua partecipazione a quel ballo. Si stava giocando tutto, arrivando anche ad ingannare la donna che si supponeva diventasse sua moglie. No, non avrebbe certo rinunciato per un “consiglio” del genitore.
“Penso che una chiamata sia sufficiente. Non credo gradisca che la si veda debilitata. Inoltre devo prendere parte all’evento organizzato dall’Associazione Nazionale Cinematografica”.
L’accento sul “dovere” non sfuggì al padre. Rise sotto i baffi: sembrava molto impaziente di partecipare all’evento. Di solito era così disinteressato, invece. Era una situazione veramente divertente.
“Ho capito. Ma ti toccherà andare solo al gran galà! Attento a che non si spargano strane voci sull’assenza della tua fidanzata.”
“Certo padre, come sempre. Non devi preoccuparti. In fondo è un ballo in maschera. Nessuno ci farà caso.”
“Ho capito. Va pure allora. Divertiti.”
Appena chiuse la porta sentì la risata del padre risuonare tra le pareti dell’ampia stanza. Non credeva di aver detto nulla di divertente: cosa stava tramando?

Rientrato in camera chiamò Villa Takamiya. Rispose il maggiordomo: riconobbe la voce del suo collaboratore. Chiese notizie della signorina e se era possibile parlarci.
“Certamente signore, gliela passo subito. La signorina ha avuto un leggero mancamento. Ora è nella sua camera.”
Restò in attesa mentre la chiamata veniva inoltrata all’interno.
Passò i successivi interminabili minuti ad ascoltare le sue lacrime, il suo dispiacere ed il suo rammarico per non poterlo accompagnare. Cercò di rassicurarla dicendole che ci sarebbero state altre occasioni e che l’evento comunque si sarebbe risolto in uno dei soliti noiosi e convenzionali galà.
Si salutarono in modo formale, come sempre.
Iniziando a prepararsi, Masumi avvertì in fondo al cuore il senso di colpa per averla delusa e averle provocato il leggero malore. Aveva preso accordi con Hijiri perché le somministrasse un leggero farmaco sedativo durante la mattinata. Aveva previsto che il comportamento iperprotettivo del nonno di lei non le avrebbe mai consentito di uscire quella sera.
Era proprio un affarista senza scrupoli. Shiori non lo meritava. Ma non poteva più ignorare il senso di soffocamento che provava ogni volta che si trovava vicino a lei. Doveva trovare il modo ed il motivo per uscire da quella farsa.

Nella sua bella camera, una Shiori Takamiya ben diversa da quella che Masumi Hayami conosceva tracciava passi stizziti e furiosi da un lato all’altro della stanza. Avanti e indietro.
Non si capacitava della sfortuna che aveva avuto quel giorno.
Di solito non era avvezza allo svenimento, semplicemente li manovrava. Aveva capito fin dalla più tenera età che mostrare una salute cagionevole l’avrebbe favorita. Quindi aveva “imparato” a svenire quando più le faceva comodo: sfuggire una punizione dei genitori, sviare un’interrogazione da parte dei suoi precettori, farsi corteggiare da Masumi.
Il fatto che quella mattina, invece, non avesse avuto nessun controllo la preoccupava. In più ci si era messo suo nonno che le aveva fatto sfumare l’occasione di sedurre Masumi.
Santi Dèi! Più ci pensava e più si alterava.
In quel mentre bussarono alla porta.
In tutta fretta si infilò sotto la calda coltre delle coperte adagiandosi sul mucchio di morbidi cuscini in piuma d’oca. Assumendo un’espressione debilitata e sofferente fece entrare il domestico.
Inaspettatamente era il bel maggiordomo.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***



“Le ho portato la cena, signorina. Spero di non averla disturbata. So che sarebbe stato meglio che gliel’avessi fatta portare dalla sua cameriera, ma ero preoccupato…” – si trattenne un attimo e poi aggiunse – “Mi scusi.”
Shiori sorrise del suo imbarazzo. Sapeva di essere affascinante. Evidentemente aveva fatto colpo su di lui. Questo le fece migliorare leggermente l’umore.
“Non preoccuparti. Prego, entra. Non ho mai seguito molto le convenzioni sociali.”
Hijiri pensò a quanto ipocrita fosse quell’affermazione. Non aveva forse incontrato a scopo matrimoniale il signor Masumi proprio in funzione della sua appartenenza ad una famiglia di spicco dell’alta società giapponese?
Tuttavia non lo diede a vedere: non era andato in camera sua per mostrare sentimenti negativi.
“Si, signorina. Grazie.”
Entrò con il carrello delle vivande ed apparecchiò velocemente in modo impeccabile il piccolo tavolo al centro della camera. Sentiva gli occhi della donna scorrergli addosso, lungo la schiena.
Stava per congedarsi quando la calma voce della donna lo fermò – “Ti andrebbe di farmi compagnia?”
“Ma… signorina… non è decoroso che un domestico segga allo stesso tavolo della sua padrona!” – di proposito aveva usato un tono esageratamente deferente.
“Takeshi… posso chiamarti così, vero? Ti ho già detto che non mi formalizzo. Ti prego accomodati. Fammi compagnia durante la cena e anche dopo. Mi sento così sola questa sera…” – i suoi occhi spaziarono da destra a sinistra, abbracciando tutto lo spazio vuoto dell’elegante camera. Alla fine si fermarono su di lui: sembrava volessero implorarlo.
“Si… signorina.”
Mentre Shiori si alzava con studiata lentezza dal suo letto, Hijiri si avvicinò per sorreggerla. Tuttavia non sembrava che ne avesse bisogno. La fece accomodare al tavolo e, mentre lei iniziava a piluccare le prelibatezze che la cuoca le aveva preparato, lui studiava il suo volto. Cosa che non sfuggì alla donna.
A ben vedere poteva dar ragione ai rotocalchi che la giudicavano bella quanto una dea: l’incarnato diafano come alabastro, i profondi occhi neri, i lineamenti delicati, i lunghi capelli neri come il carbone. Quello che però gli altri non vedevano e lei non lasciava trasparire era uno spirito cinico che annullava l’aspetto angelico. Lui aveva colto alcuni sguardi che Shiori aveva lanciato al suo principale e nulla avevano degli occhi innamorati che invece vedeva sul volto di Maya.
Ora voleva capire se aveva colto effettivamente la sua essenza o si era trattato di un banale errore di valutazione.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Maya rientrò a casa a metà mattina.
Preparò alcune pietanze per il pranzo attendendo il ritorno di Rei. Si erano messe d’accordo che l’amica l’avrebbe aiutata ad abbigliarsi per il ballo in maschera prendendo un pomeriggio libero dal lavoro.
Dal canto suo, Rei non voleva perdere l’opportunità di ammirare la piccola Maya nelle vesti della solare Ardis fuori dal palcoscenico!
Fecero pranzo silenziosamente perse ognuna nei propri pensieri: Maya ancora indecisa sull’atteggiamento da tenere, Rei curiosa della piega che stavano prendendo gli eventi. Nel frattempo il piccolo televisore trasmetteva le notizie di cronaca e attualità del giorno.
Verso le quattro del pomeriggio iniziarono a stendere sul letto il contenuto delle varie scatole.
Maya si rilassò nella vasca da bagno colma di calda acqua profumata, mentre Rei pensava all’acconciatura da fare.
Sarebbe stato bello intrecciare i sottili fili di perle e ametiste ai suoi setosi capelli, raccogliendoglieli alla nuca e lasciando sfuggire qualche ciocca.
In un festoso clima iniziarono la “vestizione”: di fronte alla modesta toeletta Maya vide trasformarsi.
Dapprima il lungo e pesante abito, poi l’elaborata acconciatura, infine il leggero trucco. La “ragazzina” era scomparsa per lasciare spazio ad una gran dama del Rinascimento. La maschera donava una nota misteriosa all’insieme. Nessuno avrebbe potuto riconoscerla e lei si sentiva meno inadeguata ed imbarazzata del solito rimirandosi nello specchio. Forse era l’effetto della maschera, pensò.
Quando puntualmente alle venti l’autista bussò alla sua porta, quello che si presentò davanti agli occhi dell’uomo era una piccola creatura che si muoveva con leggiadria ed eleganza, creando tenui fruscii con il velluto. Il pesante e lungo mantello la copriva interamente ed il grande cappuccio era calato sugli occhi.
Velocemente si diressero verso il centro e l’hotel che era stato allestito per l’evento. Maya approfittò dei brevi attimi di calma per cercare di chetare il proprio cuore. Quella sera avrebbe cambiato il suo futuro: nel bene o nel male la sua vita non sarebbe più stata la stessa. Respirò profondamente più volte: l’avrebbe visto subito? sarebbe stato presente? avrebbe dovuto cercarlo? come si sarebbe presentato? Queste erano solo alcune delle domande che le affollavano la mente mentre scendeva dalla vettura e si avvicinava all’ingresso camminando con passo leggero e a testa alta sul tappeto scarlatto della scalinata.
I flash dei fotografi giunti per l’occasione la abbagliavano ma non vi prestò attenzione. Si stava dirigendo verso il futuro.

Masumi Hayami era arrivato ormai da una decina di minuti. Era entrato in incognito, mascherato come si conveniva. Certo, la sua statura non lasciava molti dubbi sulla sua identità, ma non era l’unico giapponese alto un metro e ottanta che si occupava di spettacolo: c’erano anche parecchi attori.
Una volta lasciato il mantello di velluto al guardaroba si era diretto nel grande salone, appoggiandosi con le spalle alla parete di fondo da cui dominava tutto l’ingresso e a cui gli altri invitati non davano importanza.
Fu con un bicchiere di champagne in mano che notò l’ingresso di Maya. Se non avesse conosciuto nei minimi dettagli il suo costume non l’avrebbe mai riconosciuta.
Ne rimase abbagliato: emanava eleganza e grazia. Era di una bellezza sfolgorante.
Non credeva possibile una tale mutazione: dove era finita la sua ragazzina impacciata? dove si era nascosta? Non riusciva a rispondersi, perché davanti a lui vi era una favolosa giovane donna dal corpo minuto ma proporzionato che si muoveva con calma e sicurezza apparenti, piccole mani candide dalle lunghe dita affusolate ornate da un piccolo anello d’ametista. La scollatura quadrata dell’abito metteva modestamente in evidenza dei piccoli seni che si abbassavano e si alzavano al ritmo del suo respiro: l’elegante ciondolo che aveva al collo vi attirava l’attenzione. L’alta acconciatura esaltava la curva delicata del collo e della nuca. Le poche ciocche che sfuggivano sembravano chiedere alle sue mani di rimetterle al proprio posto. Le piccole labbra che si scorgevano appena sotto il pizzo della maschera erano leggermente socchiuse e velate di rosso. Si stava lentamente voltando da destra a sinistra cercando,  pensava lui, di individuare colui che l’aveva invitata.
Guardandola, doveva ammettere con se stesso che i sarti della Daito avevano fatto un ottimo lavoro.
Con eleganza si staccò dalla parete prendendo un’altra coppa di champagne da un cameriere di passaggio. I suoi occhi non l’abbandonavano un istante. Muovendosi con lenti passi pregustava ogni momento del suo incedere.
Stava andando incontro al suo destino, lo sapeva: ora che l’aveva vista, non avrebbe resistito e non si sarebbe tirato indietro. Avrebbe lasciato decidere a lei della sua vita e anche della morte della sua anima.

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


La cena procedeva con Shiori che mangiucchiava mentre interrogava Hijiri sulla vita che aveva preceduto l’assunzione presso la sua casa: presso quali famiglie aveva lavorato? cosa l’aveva portato a Tokyo?
Hijiri rispondeva secondo il copione che aveva stabilito con il suo principale. I dati del suo curriculum erano certo noti anche alla signorina.
Arrivata all’ultima portata, Shiori iniziò a fare domande sulla sua vita privata: aveva una fidanzata? No!? Come mai?
Hijiri rispondeva in modo garbato lasciando intendere che aveva provato un sentimento non corrisposto verso una sua datrice di lavoro che l’aveva poi portato ad abbandonare quella casa. Mentre raccontava la vicenda, assumeva un’aria sofferente mista all’imbarazzo che avrebbe provato se tali fatti tanto personali ed equivochi fossero stati veri e ne avesse trattato effettivamente con lei.
Intrecciando le dita delle mani appoggiate al tavolo, l’uomo raccontò di come la figlia del suo “padrone” fosse tanto buona d’animo quanto cagionevole di salute. Lui se ne era innamorato osservando la sua gentilezza nel trattare con i subordinati: mai un minimo di rabbia, mai un moto di superbia. La sua figura ispirava il suo istinto protettivo ed il proprio cuore aveva risposto al suo animo tanto solo.

Shiori ascoltava rapita mentre comprendeva che la figura che Takeshi stava dipingendo si adattava perfettamente a se stessa, o per lo meno all’immagine di sé che lasciava trasparire: forse l’attesa per il matrimonio sarebbe stata meno noiosa di quanto si aspettava.
“Visto che ora sei qui, deduco che questa storia non abbia avuto un lieto fine. Non è così?”
“No, signorina. Nonostante non avessi fatto nulla per mettere in imbarazzo la signorina, i miei sentimenti trasparivano dai miei atteggiamenti troppo solerti. La signorina ne sembrava felice, lo stesso non posso dire di suo padre che pur non potendomi attribuire comportamenti sconvenienti preferì allontanarmi dalla residenza.”
I suoi occhi mesti dicevano che il suo cuore era ancora preso da quella fanciulla.
“Takeshi, non voglio riaprire vecchie ferite. Ora che me ne hai parlato, capirò se vorrai starmi lontano!”
“Signorina! Non potrei mai! Mi scusi se mi permetto, ma lei mi sembra talmente sola che una persona amica potrebbe aiutarla” –  e aggiunse con deferenza – “Naturalmente, so di non poter aspirare a tanto”.
Lei colse la palla al balzo.
“Tu sembri conoscermi perfino più di me stessa. Hai ragione, sono sola. Non bastano le attenzioni di mio nonno, né la cortesia del mio ‘fidanzato’ a rallegrare le mie giornate!”
Hijiri si rese conto del tono che lei aveva utilizzato al momento di pronunciare “fidanzato” e ne approfittò per indagare sui reali sentimenti della signorina per il signor Hayami.
“E’ facile, signorina. Chiunque si renderebbe conto al solo guardarla che nonostante il matrimonio imminente non è felice. Mi chiedo solo come mai possa essere possibile!”
“Saresti felice se dovessi sposare una persona che vede in te solo un ‘affare’? Fin dall’inizio l’incontro con il signor Masumi è stato dettato dalla volontà delle due famiglie di unirsi. Io non ho fatto altro che adeguarmi. E continuerò in questo modo. Neanche il mio fidanzato è molto partecipe, ma va bene così…”
“Ma signorina… eppure quando gli parla mi sembra così innamorata!”
Lei si rese conto delle attenzioni inavvertite che il maggiordomo le aveva riservato in quei pochi giorni e si sentì lusingata e potente.
“E’ l’ipocrisia del nostro ceto. Si conviene che io mi mostri innamorata e allora io mi mostro tale. Se devo essere sincera, come sembra che questa sera debba succedere, ti confesso che non penso di essermi mai innamorata. L’amore non va d’accordo con le esigenze di famiglia.”
Shiori sollevò il capo e lo guardò con occhi che volevano comunicare tutta la sua tristezza.
Hijiri, fedele al suo personaggio, decise di essere partecipe della sua malinconia, pur rendendosi conto della visione fondamentalmente cinica che aveva la signorina nei confronti di tutto l’affare.
“Signorina, non posso credere che non voglia essere felice! Se non vuole sposare il signor Hayami, sono sicuro che suo nonno capirà! Se io stesso soffro a vederla tanto affranta, posso solo immaginare i suoi sentimenti!”
“No. Tu hai in mente l’immagine di un nonno affettuoso. Devi capire che le sue attenzioni per me sono limitate all’utilità che rappresento per la famiglia.”
Una lacrima scese solitaria sulla sua guancia. La lasciò scorrere. Evidentemente ben sapeva l’effetto che le lacrime possono avere sul cuore di un uomo.
Hijiri l’osservò e ricordò un’altra lacrima. Quanto era diversa questa, caduta nel mezzo del compassionevole monologo, da quella che Maya si era lasciata sfuggire giorni prima quando era da sola e guardava le stelle, pensando che la persona a cui più teneva l’avesse abbandonata.
“Signorina, le posso solo dire di lottare per la sua felicità. Non si arrenda per convenzione!”
L’uomo sorrise tra sé: quante volte aveva cercato di far capire lo stesso messaggio al suo capo? Non ricordava neanche più…
“Non c’è modo di uscirne. Cercherò di far funzionare il mio matrimonio tentando di avere un rapporto sincero almeno con mio marito e prendendo quel che di buono vorrà venire.”
I suoi occhi si posarono per qualche secondo sulla figura del maggiordomo per poi tornare alla luce pulsante del fuoco che ardeva nel caminetto. Vivaci bagliori si riflettevano sul suo volto.
Proseguì dicendo che era stata felice di parlare con lui, ma che era ora che si riposasse.
Si alzò lentamente ed iniziò a camminare verso il grande letto.
Fece qualche passo per poi sentirsi mancare. Immancabilmente, pensò lui, con un pensiero segretamente malizioso.
Hijiri fu pronto a sorreggerla ritrovandosela tra le braccia.
Le sue piccole mani si aggrapparono alle sue spalle, rendendogli più semplice il compito, mentre un leggero rossore si diffondeva sul viso della donna.
“Perdonami… sono proprio incorreggibile” – sussurrò.
“Non si preoccupi signorina.” L’uomo la prese in braccio e l’adagiò nel letto, mentre gli occhi di lei continuarono ad essere allacciati ai propri e le sue rosse labbra restavano socchiuse lasciando intravvedere i piccoli denti di perla.
Lentamente Hijiri la lasciò e con la mano seguì il suo esile braccio, finché, arrivato alle sue dita, non avvertì una leggera stretta. La guardò negli occhi, lei sostenne il suo sguardo per soli pochi secondi per poi abbassare le ciglia ed arrossire ancora di più.
Forte dell’atmosfera che si era creata, Hijiri trattenne la sua mano e con l’altra le diede una leggera carezza sul volto appoggiando brevemente le labbra sulla sua fronte.
La vide spalancare gli occhi e trattenere il fiato.
In tutta fretta si volse, uscendo dalla camera e chiudendosi la porta alle spalle, non senza prima notare un leggero sorriso di trionfo aleggiare su quelle labbra.

Il maggiordomo, conclusi i compiti della sera, si ritirò nella sua stanza. Pensò soddisfatto di aver posto le basi per un’eventuale rottura del fidanzamento del suo capo. Inoltre, le informazioni che stava raccogliendo erano proprio interessanti.

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Aveva lasciato il pesante mantello nel guardaroba all’ingresso. Si era diretta verso il salone adibito all’evento. Aveva sceso i pochi gradini che la separavano dagli altri invitati.
Ora voltava lo sguardo intorno a sé, osservando quello che si presentava ai propri occhi.
L’ambiente era sontuoso. L’alto soffitto dominato da stucchi e trompe-d’oeil rimandava allo stile barocco occidentale. Semplici colonne in marmo bianco sormontate da capitelli sorreggevano il soffitto circondando tutto l’ambiente. Grandi finestre in legno davano su quello che doveva essere il terrazzo affacciato sul giardino interno. Un lato della sala ospitava una piccola orchestra che suonava melodie classiche.
Coloro che erano già riuniti sfoggiavano costumi e maschere all’altezza dell’evento: i colori erano vivaci come variegate erano le fattezze ed il taglio dei costumi. Qualcuno si era prestato al gioco con una maschera talmente ridotta da renderne facile il riconoscimento: era il caso del presidente dell’Associazione Nazionale Cinematografica che stava dando in quel momento il benvenuto a quanti erano convenuti prima di far riprendere i musicisti a suonare.
Lo sguardo della ragazza vagava per la sala: il signor Hayami era già arrivato? come avrebbe fatto ad individuarlo?
Nel frattempo notò un uomo che si stava dirigendo verso di lei con andamento fermo: era alto e teneva in mano un paio di coppe di quello che doveva essere champagne.
Si chiese se non fosse lui. Il suo cuore accelerò i propri battiti. Sembrava volerle uscire dal petto!
La distanza si accorciava…

Masumi si dirigeva verso la ragazza ammirandone i dettagli a mano a mano che si avvicinava. Ad un certo punto però vide un uomo che la puntava. Le si stava avvicinando di lato.
Vide gli occhi di lei illuminarsi d’aspettativa. La vide protendersi in avanti: i bicchieri rischiarono di infrangersi al suolo e poteva affermare con certezza che solo la maschera che indossava stava salvando il suo autocontrollo dallo stesso destino.
Arrestò il suo cammino, osservando il nuovo venuto. Il suo occhio allenato riconobbe le movenze e gli atteggiamenti di un giovane attore che aveva collaborato anche con la Daito Art Production. Doveva ricordarsi di allertare Mitsuki sul fatto di non chiamarlo più ai loro provini: ironizzò sulla sua gelosia immediata.
Pur dovendo ritardare il suo incontro con Maya, voleva restare nelle vicinanze: nel caso avesse avuto bisogno di lui, certo!
Certo… e chi pensi che ci creda? – Si chiese.
Con i due calici si avvicinò ad una colonna e riprese la sua posizione iniziale. Da lì poteva avere una visione chiara di entrambi i protagonisti di quel siparietto.
L’uomo stava sfoderando un sorriso magnetico.
Accidenti! E’ proprio vero che non è più una ragazzina! Ovunque si muova ha pretendenti affascinati pronti a corteggiarla!
Appoggiò la coppa della ‘ragazzina’ sul tavolo vicino: non voleva attirare l’attenzione.
Con apparente indifferenza continuò a sorseggiare la propria.

Quando la distanza si annullò, l’uomo le offrì il calice che teneva in mano salutandola con voce ferma ma allo stesso tempo gioiosa:
“Buonasera! E’ venuta sola al gran ballo?”
Gli occhi d’ebano la scrutavano in attesa da dietro la maschera.
Ebano? Ebano?! Oh no! Non è lui! Devo trovare il modo di liberarmi!
“No, mi scusi! Sto aspettando una persona!” rispose lei lasciandogli in mano la coppa.
“Ma quanto sono sfortunato!” – insisté il ragazzo – “Una così bella dama! Non è un cavaliere fidato se la lascia venire da sola. Io invece…”
L’accenno all’inaffidabilità del signor Hayami le fece perdere le staffe. Si rendeva conto del luogo dove si trovava, ma non poteva fare a meno di insorgere in sua difesa: troppe volte l’aveva attaccato lei stessa ingiustamente.
“Lei invece che cosa? Lei mi starebbe vicino qualsiasi cosa succeda? Lo farebbe se cadessi in disgrazia? Lo farebbe se perdessi la gioia di vivere? Non credo debba paragonarsi ad una persona che neanche conosce! E ora, se vuole scusarmi, devo cercare il mio accompagnatore!”
La sua voce che era partita in tono abbastanza sommesso aveva alzato i toni fino a raggiungere le orecchie di alcuni invitati poco lontano. Le signore guardavano l’uomo con un mezzo sorriso di scherno, mentre Maya lo lasciava impalato con le due coppe di champagne. Gli uomini invece gli riservarono occhiate di comprensione, mentre seguivano quella piccola donna che si era rivelata oltremodo decisa.

Masumi stentò a credere ai proprio occhi!
Aveva visto e sentito tutto. Eppure ancora non ci credeva.
Aveva notato il momento in cui Maya si era irrigidita ed aveva concluso che l’uomo non era il suo ammiratore: dedusse che doveva averlo giudicato troppo giovane per esserlo. Era l’unica spiegazione che era in grado di darsi.
Aveva visto il sorriso sornione del tipo ed aveva stretto i pugni per evitare di prenderlo per il bavero del suo bel costumino.
Come si permette di essere tanto ammiccante?
Aveva alfine udito le gelide eppur furiose parole che Maya aveva scagliato come frecce su quel pover’uomo, difendendo colui che neanche ancora conosceva.
Gli si strinse il cuore ed allo stesso tempo, non senza divertimento, constatò che si era destreggiata proprio bene e che una volta tanto il suo temperamento non era stato rivolto al famigerato affarista senza scrupoli Masumi Hayami.
Preso da una gioia inaspettata, riprese il calice e si diresse nella direzione che aveva preso la ragazza.
Una volta raggiunta, attrasse la sua attenzione con le stesse parole con cui il damerino l’aveva salutata: l’avrebbe accolto allo stesso modo? anche lui sarebbe sembrato troppo giovane rispetto all’idea che si era fatta?
Dissimulando leggermente la propria voce disse:
“Buonasera! E’ venuta sola al gran ballo?”
E si preparò all’attacco frontale.

**********
Continua lunedì...
Buona lettura!

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


La vide bloccarsi.
Passarono un paio di secondi prima che la donna si girasse con occhi furenti:
“Se ancora non ha capito, io sono…”
“Lei è ‘cosa’ signorina?” – il tono più dolce.
Aveva colto il momento in cui gli occhi della giovane avevano afferrato che non era l’individuo inopportuno di prima. Ma ora, come l’avrebbe accolto?

Maya si girò di scatto.
Ma cosa aveva quella sera attaccato alla schiena? Un cartello con scritto “Vi prego, sono sola fatemi compagnia?”
Ad ogni festa a cui era andata aveva fatto da tappezzeria, tranne naturalmente quando il signor Hayami pensava a curare le sue pubbliche relazioni ed anche lì non si poteva certo affermare che lo facesse per farle avere successo con l’altro sesso. Possibile che il solo vestito fosse in grado di provocare tutto questo?
“Se non ha ancora capito, io sono…”
La parole le morirono in bocca!
Non era possibile… era lui! Finalmente era lui! L’aveva raggiunta. Doveva averla sentita battibeccare con lo sconosciuto ed il sorriso divertito che vedeva aleggiare sulle sue labbra bastò a darle la conferma.
“Lei è ‘cosa’ signorina?”

Cos’è questo sguardo? Pensavo che dovessi battibeccare! Invece come mai la sua furia si è subito spenta? Forse non vuole essere scortese con uno sconosciuto?! Si deve essere così!
“Io sono… molto felice di incontrarla. Finalmente. Non sa da quanto tempo aspettavo che si palesasse a me…”
Come? Come può aver capito che sono io l’ammiratore? Non le ho detto nulla, non sa che aspetto lui abbia. Il mio costume non richiama in alcun modo il suo!
Masumi non riusciva a credere alle sue orecchie, ma i suoi occhi gli confermavano ciò che aveva udito. Le mani giunte della ragazza, il profondo inchino in cui si era profusa ed il suo sguardo, tanto simile (eppur diverso) a quando dava vita ad Akoya innamorata non gli lasciavano dubbi: lei sapeva che aveva di fronte il suo donatore di rose, il suo ammiratore.
“Non capisco signorina! Chi pensa che io sia?”
Gli era venuto spontaneo. Non aveva resistito. Lei l’aveva preso in contropiede.

Maya senza farsi demoralizzare da quell’interrogativo espresso, sembrava, per confonderla rispose:
“Lei è il mio prezioso ammiratore! Lei è colui che dal mio primo spettacolo mi è stato vicino e mi ha aiutata in tutti i modi possibili, a volte anche senza che me ne rendessi conto. Lei è colui a cui debbo ciò che sono ora. Non mi sbaglio!”
Dopo che aveva rialzato la schiena dall’inchino, aveva visto l’incertezza comparire nei suoi occhi azzurri – sì, finalmente era lo sguardo giusto!
Aveva immaginato che non si sarebbe aspettato un simile riconoscimento da parte sua, ma per una volta voleva essere lei a spiazzarlo.
Quando l’aveva visto, aveva concluso che tutti i suoi interrogativi su come comportarsi o quale atteggiamento assumere erano spariti di colpo: avrebbe detto e fatto quello che il momento le avrebbe ispirato. Non c’era un copione da seguire stavolta. Avrebbe seguito la marea delle sue emozioni.
Per questo si era voluta prendere una piccola soddisfazione.

Con voce calma l’uomo le chiese come potesse esserne certa.
Maya lo guardò, pensando a come formulare la sua risposta. Dopo un breve momento e guardandolo dritto negli occhi rispose:
“Ne sono certa perché anche questa sera, come ha sempre fatto, mi ha seguita da vicino nel caso avessi avuto bisogno. Me l’ha fatto capire il suo saluto.” – e, con un leggero rossore, ammise – “Immagino abbia assistito al mio poco decoroso battibecco con quell’individuo!”
“Rag… Maya, la devo ringraziare per la sua strenua difesa della mia persona. Inoltre, mi ha stupito. Non è facile, gliel’assicuro. Ma lei l’ha fatto ben due volte questa sera. Speravo che sarei stato io a sorprenderla, invece prima ho visto come ha liquidato un corteggiatore inopportuno e poi ho saggiato sulla mia povera pelle il suo spirito d’osservazione! Decisamente non è più una bambina.”
“Ma lei mi ha sorpresa così tante volte che per una volta ho voluto farlo io. Volevo anche ringraziarla per tutti i suoi doni: sono magnifici. Quasi non mi riconoscevo!”
Ed ecco ricomparire la ragazzina gioiosa…
Masumi non capiva! Dove era stata nascosta quella Maya così aperta?! Pur riconoscendo che era cresciuta, immaginava comunque di trovarsi di fronte una ragazza impacciata come l’aveva sempre ricordata. Invece aveva incontrato una giovane dal piglio deciso.
La serata si stava svolgendo in un modo del tutto inaspettato.
“Maya devo essere io a ringraziarla: ogni personaggio a cui ha dato vita mi ha rubato il fiato. Lei è quello che è oggi perché mai si è arresa in passato. I miei aiuti sono stati ben poca cosa. Come ben poca cosa è l’abito che le ho donato stasera. Indosso ad un’altra donna non avrebbe dato lo stesso risultato!”
Vide i suoi occhi dietro la maschera allargarsi per lo stupore e vide le piccole labbra tremare leggermente. Si chiese se non avesse esagerato!
Non voleva pensasse che la stava adulando. Credeva ad ogni lettera che aveva pronunciato… come poteva essere altrimenti?
Sperando di togliersi d’impaccio le porse una mano invitandola a ballare.
Lei accettò chinando lievemente il capo e appoggiando le sue dita nel palmo lo seguì al centro della pista da ballo insieme alle altre coppie.

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Con la mano posta in quella dell’uomo, Maya si diresse  verso la pista da ballo. La mano di Masumi scivolò sulla sua vita sottile, mentre quella della giovane si appoggiava sulla sua spalla. Sembravano aver trovato armoniosamente il loro posto nell’universo, lì, l’una nelle braccia dell’altro.
Masumi si muoveva con passo sicuro intorno alla pista. Maya lo seguiva lasciandosi guidare.
La ragazza ancora ripensava al breve dialogo che avevano avuto. Sembrava quasi che il signor Hayami l’avesse considerata una donna. Era gentile il signor Hayami quella sera. Ed affascinante. Proprio come se lo ricordava al loro primo incontro. Lei così spaurita. Lui così sicuro di sé. Non era cambiato. Lei invece si era fatta donna: certo, a volte non se ne rendeva conto e le sembrava di essere ancora una bambina, ma i suoi pensieri ed i suoi sentimenti erano maturati, grazie a lui.
Alzò lo sguardo con occhi sognanti: voleva guardargli il viso, ma sapeva che avrebbe incontrato solo una maschera. Diversa da quella che indossava di solito come Presidente della Daito Art Production, ma era comunque una maschera. Tutte le loro vite sembravano essere segnate dalle maschere che indossavano.
Lo trovò intento a fissarla: solo gli occhi erano rivelati dalla maschera. Quei favolosi occhi azzurri che la scrutavano come non ricordava avessero mai fatto.
Li ricordava beffardi nelle loro scaramucce; preoccupati e colpevoli dopo la morte di sua madre; pensierosi e nostalgici il giorno del giro in barca; titubanti la sera dell’appuntamento; infuocati la notte al tempio. Arrossì e riabbassò lo sguardo al ricordo ed al pensiero che aveva formulato: ringraziò il velo della maschera che nascondeva il suo imbarazzo.
Poi ricordò che quella era la sua occasione quindi, decisa, rialzò il volto: ed eccoli ancora lì quegli occhi!
L’abbraccio dell’uomo si strinse iniziando i giri vorticosi del valzer. Maya non staccò più i suoi occhi dallo sguardo di zaffiro dell’uomo.
Mai coppia appariva più affiatata! Sembrava di ammirare un unico corpo che girava e girava leggero sul lucido pavimento.

Masumi passò i brevi minuti del ballo ad osservare la ragazza.
Scrutava con attenzione il volto tanto amato. Avrebbe voluto che nessuna maschera potesse offuscarne la vista, ma allo stesso tempo ringraziava quell’artificio che gli avrebbe permesso di passare quella magica serata insieme a lei.
Non sapeva neanche lui cosa sperava di vedere nei suoi occhi. Inizialmente aveva tenuto il volto basso, forse presa dalla sua timidezza proverbiale. Poi si era accinta ad alzarlo ma, evidentemente, non si aspettava di incrociare il suo sguardo perché l’aveva quasi subito riabbassato.
Infine, decisa, gli aveva puntato in viso i suoi caldi occhi color del cioccolato senza più riabbassarli. Approfittando del momento, l’uomo strinse la presa sul suo corpo sottile ed iniziò una serie di giri vorticosi che Maya seguì con entusiasmo.
Avrebbero avuto tutta la sera per parlare. Per ora, decise, avrebbe semplicemente goduto di quel momento insieme.

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***



Mentre le ultime note svanivano e permettevano ai ballerini di rallentare gli ampi giri, Masumi si chinò ad accostare il suo volto all’orecchio della ragazza.
Beandosi del sottile profumo che Maya emanava la informò con voce dolce:
“Maya, l’orchestra ha appena suonato una delle composizioni di un musicista austriaco noto per i suoi valzer e vissuto nell’Ottocento. Vuol conoscere come si intitola il pezzo che abbiamo appena ballato?”
Maya rimase nel suo abbraccio, godendo della sua vicinanza e dei gentili brividi che le percorrevano la schiena. Sentiva le guance che le stavano andando a fuoco. Come potevano quelle semplici parole provocarle un tale effetto?
Un flebile “Sì” uscì dalle sue labbra.
Lentamente, rialzandosi e guidandola ai margini della sala, con voce pacata la informò che il pezzo si intitolava “Rose del Sud” e che era stato dedicato ad un re d’Italia dallo stesso compositore.
“Non trova, Maya, che sia stato gentile da parte dell’orchestra omaggiare il nostro incontro con una tale accoglienza?”
La giovane donna, con ancora la mano destra appoggiata in quella dell’uomo, osservava il suo profilo seminascosto.
“Sì, è vero.” – Maya non capiva se fosse serio, vedeva solo la curva morbida delle sue labbra piegate in un lieve sorriso.
“Venga Maya, andiamo a prendere un po’ d’aria fresca. Ci aiuterà a riprenderci dal vortice del valzer e potremo parlare in tranquillità.”

Con gentilezza la condusse sulla terrazza lievemente illuminata. Entrambi si appoggiarono con le mani alla bianca balaustra in marmo. Le loro dita erano talmente vicine che un unico piccolo movimento sarebbe bastato a farle sfiorare.
Per qualche minuto tennero lo sguardo fermo e perso sul buio giardino. Solo le sagome degli arbusti più alti e dei pini erano riconoscibili grazie al tenue riverbero che proveniva dalle luci della città.
Alzando gli occhi al cielo, Maya scorse ben poche stelle che potevano considerarsi abbastanza luminose da vincere contro la cupola illuminata di Tokyo.
Era la prima volta dall’incontro nella Valle che si ritrovavano a guardare il cielo notturno insieme. Masumi la osservava silenzioso e, senza saperlo, i suoi pensieri corsero nella stessa direzione di quelli della ragazza. Chissà se poteva permettersi di esprimere quel desiderio che al tempo non aveva avuto il coraggio di formulare.
Maya voltò il viso per osservarlo.
Senza riflettere gli chiese: “Guarda spesso le stelle?”
Masumi la osservò e decise che non valeva la pena dissimulare. Pertanto rispose sinceramente: “Quando ero ancora un bambino? Sì. Ora non più. Allora osservare le stelle era l’unica cosa che mi dava sollievo. L’universo è così vasto, così immenso… il solo osservarlo ridimensiona tutti i problemi che in genere ci angustiano. Maya, ha mai fatto caso a quanti siano i problemi risolvibili per cui perdiamo inutilmente il sonno? E quante poche siano invece le avversità che meritano le nostre lacrime ed il nostro dolore?”
Lei lo fissava. Era veramente il signor Hayami, quell’uomo mesto e fatalista con cui stava parlando? Effettivamente aveva la stessa rassegnazione di quando si era rifiutato di esprimere il desiderio irrealizzabile sotto la volta stellata della Valle.
“Sì, me ne sono resa conto molto presto nella mia vita, ma ho capito appieno il significato di ciò che mi sta dicendo solo recentemente.”
Il non detto fece sospettare all’uomo che la sua latitanza avesse fatto maturare in quel verso la sua ragazzina. Avrebbe dovuto sentirsi responsabile anche di quella dura lezione impartita alla giovane donna?
Masumi fece cadere l’argomento, anche per evitare che Maya ricollegasse il loro discorso a quello che avevano affrontato nel pomeriggio al planetario.
“Allora… Maya…” – iniziò voltandosi leggermente verso di lei – “Come mai voleva incontrarmi?”
“Ho voluto incontrarla per vari motivi. Il primo, naturalmente, è ringraziarla per tutto quello che ha fatto per me in questi lunghi sette anni. Grazie a lei sono diventata un’attrice che merita di concorrere al ruolo della Dea Scarlatta nel capolavoro scomparso. Grazie a lei non sono più una ragazzina.” – Maya usò volontariamente quell’appellativo. Voleva che il signor Hayami se ne rendesse conto anche per il suo dire.
“Lo sa che quel poco che ho fatto per lei non ha bisogno di ringraziamento?! Il mio miglior premio è sempre stato, è e sarà sempre vederla risplendere…”
“… nel mondo dell’arcobaleno!” – concluse lei.
“Come?!”
“Sì.” – continuò la ragazza – “Il mondo dell’arcobaleno: quello in cui si può essere chi si vuole e vivere tante vite diverse. Me ne ha parlato la prima volta una persona che credevo di odiare.”
Masumi non si aspettava di sentir parlare di sé in quel frangente. Maya aveva finalmente incontrato colui che diceva di amare. Perché iniziava a parlargli di colui che invece doveva odiare?
Titubante ed incerto si accinse a chiedere: “E ora… ora non lo odia più?”

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


I tratti malinconici della ragazza si distesero in un’espressione di dolcezza:
“No, non lo odio più da molto tempo. Da quando ho capito che anche lui, pur con metodi discutibili, si è sempre mosso per aiutarmi. Mi addolora molto non avergliene mai parlato. L’ho spesso accusato ingiustamente.”
Masumi era sconvolto. Il cuore gli batteva in petto come il galoppo selvaggio di un cavallo finalmente libero di correre.
A tal punto è mutata la sua visione del vero me stesso? Come ho potuto non rendermene conto?
“Sono sicuro che gli farebbe piacere saperlo. Come mai non gliene ha mai parlato? Il coraggio non le manca, non le è mai mancato! Spesso si è opposta con successo a personaggi del calibro di Masumi Hayami, che certo non gode di buona fama.”
Cosa mi risponderà ora? Perché parlava di me, no? Doveva parlare di me!
“Sì, ha ragione. Ma proprio perché non mi è mai mancato il coraggio di attaccare il signor Hayami, quando ho capito, finalmente, era tardi. Lui è convinto che io lo odi, come potrebbe altrimenti? Avrebbe sicuramente delle riserve sulle mie parole. Capirei come potrebbe stentare a credere ad un mio cambiamento tanto radicale nei suoi confronti.”
“Sono sicuro, invece, che se è una persona che l’ha aiutata sarà felice di sapere che non lo odia più.” – insistette l’uomo.
Allora è vero… mi ha perdonato per sua madre e per tutti gli altri miei intrighi.
L’uomo non capiva come la sua ragazzina avesse compreso il suo comportamento. Forse era diventato troppo imprudente quando si trattava di lei.

Maya avvertiva il cambiamento nella voce dell’uomo. Sembrava stentare a pronunciare anche quelle poche parole. Aveva la voce rotta dall’emozione. Riusciva a percepirlo nonostante la maschera. Sarebbe bastato a farlo svelare? Le sue mani tremavano dall’agitazione. Solo il tenerle appoggiate alla balaustra le permetteva di nasconderlo.
Era così forte l’emozione in quel momento. Quell’attimo era il culmine dei sette anni che avevano vissuto dacché si erano incontrati. Sentiva che quell’istante sarebbe stato fondamentale per il suo futuro. Voleva lottare fino alla fine per vivere l’amore della sua vita.
Non sapeva cosa provasse per lei il signor Hayami: forse era davvero la sola ammirazione per le sue doti di attrice a spingerlo ad aiutarla. Ma come poteva allora essere così triste? Aveva tutto! L’amore di una donna stupenda come la signorina Shiori, il successo negli affari… proprio quella tristezza, paradossalmente, sembrava darle speranza.
“Non credo… vede, il signor Hayami oramai non ha più tempo per me. Si sta per sposare ed io sono solo la sua gallina dalle uova d’oro!”
Accidenti! C’è sempre Shiori di mezzo! Chissà se il suo ammiratore riesce a convincerla?!
“Secondo me dovrebbe provare. Sono proprio sicuro che l’apprezzerebbe! Se si è preso cura di lei, anche se in modo maldestro, deve considerarla importante!”
La giovane donna sollevò una mano al viso e, coprendosi le labbra, si lasciò sfuggire un risolino nervoso. Masumi la guardò interrogativo.
“Signor Ammiratore, lo sa che ha utilizzato quasi le stesse identiche parole del signor Hayami nei suoi confronti? Vi conoscete forse?”

Ragazzina… ci sei andata vicina stavolta!
Un lieve rossore imporporò il viso di Masumi, che benedisse l’oscurità che lo proteggeva.
“Forse…” – rispose laconicamente, ma subito riprese – “Quali sono gli altri motivi per cui voleva incontrarmi?”
Lo capiva… era stato un codardo. Quale migliore occasione per rivelarsi se non quella? Sarebbe stato talmente facile!
Non ho mai gradito le cose facili. Si rimproverò.

Uff… lo sapevo! Non è bastato. Ma quanto è difficile signor Hayami?!
“Beh… il secondo motivo riguarda anche il signor Hijiri. Lui mi ha detto che lei sarà sempre presente per me. Ma io come potrei esserne sicura?”
Poi lentamente, impiegando tutto il suo talento di attrice, si girò togliendosi la leggera maschera. Gli piantò in volto i suoi occhi sfavillanti: erano sul terrazzo deserto, protetti dall’oscurità. Il suo era un palese invito a rivelarsi.
“Nel suo messaggio mi diceva che dovevo essere libera di vivere la mia vita senza sentirmi in obbligo nei suoi confronti! Ma io… io non voglio vivere lontano da lei!”

Lui era abbacinato, incantato.
I suoi occhi lo guardavano come non avevano mai fatto! Con più passione di quanta ne riservava alla recitazione ed alle sue rose.
Quanto ancora a lungo poteva resisterle?
“Hijiri… Hijiri ha espresso bene il mio… pensiero. E’ vero, non l’abbandonerò mai! Lei è veramente troppo importante per me! Lei è capace di farmi sentire vivo con un solo sguardo, una sola espressione fuggente, un solo movimento inaspettato, un solo messaggio!”
Lo sentiva… mancava poco.
Il suo autocontrollo proverbiale stava lentamente ma inesorabilmente andando a farsi benedire. Infatti, continuò incoscientemente:
“Esserle accanto, aiutarla in caso di bisogno, vederla superare le difficoltà anche grazie ai miei piccoli aiuti è per me fonte di gioia. Lo strano legame che ho, che abbiamo intessuto mi salva ogni giorno dalla disperazione di una vita fatta di un lavoro che non mi entusiasma più da tempo e… e basta.”
Non poteva parlarle della sua vita privata. Sarebbe stato ingiusto.

Maya lo guardava estasiata. Tutto il suo piccolo corpo si protendeva nella sua direzione. Le piccole mani erano strette al petto. La maschera abbandonata sulla balaustra. Il suo volto era rivolto a quello nascosto dell’uomo. Il signor Hayami la guardava, eppure i suoi occhi sembravano persi altrove. Forse era vero che la sua vita non era come appariva.

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


“Allora… allora… resti qui con me, la prego. In tutti questi anni non ho fatto altro che cercarla. Aspettavo… e aspettavo che lei si rivelasse a me. Nell’attesa riflettevo e pensavo a quanto generoso lei fosse, che animo nobile dovesse avere per prendersi cura di una ragazzina che ancora così poco sapeva della vita. Lei mi ha permesso di continuare a fare l’attrice. Lei ha pagato i miei studi. I suoi messaggi sono gli unici apprezzamenti che attendo con trepidazione. La prego… mi dica… si sveli!”
Mai Maya aveva utilizzato una voce più accorata. Le parole sembravano seguire la forza della corrente dei suoi sentimenti, tanto erano forti. Masumi non ricordava di averla mai vista in quel modo.
Come posso resisterle? Come?
Con un ultimo barlume di lucidità si oppose:
“Se io ti rivelassi chi sono mi odieresti!”
Nemmeno si era reso conto di essere passato ad un linguaggio informale. Solo la sua voce, abbassatasi di un tono, sembrava aver colto quel cambiamento.
I suoi occhi limpidi si spalancarono quando videro la piccola mano di Maya staccarsi dal suo petto e muoversi al rallentatore verso il suo viso. Le dolci e sottili dita si appoggiarono sulla piccola porzione di pelle scoperta del suo volto saggiandone la morbida consistenza.
Brividi percorsero contemporaneamente le schiene dei due innamorati inconsapevoli.

Era la prima volta che Maya toccava in modo tanto dolce il signor Hayami. Lo sapevano entrambi. Una sola volta, prima di quel momento, lei lo aveva toccato volontariamente, ma allora voleva solo asciugarlo dalla pioggia del tifone. Ora, invece, vi era il chiaro intento di accarezzarlo.
No! Non sta accarezzando me! Sta accarezzando il donatore di rose!
Con tutta la tenerezza e la forza di cui era in grado Maya lo salvò dal baratro.
“Non ti odierei neanche se tu fossi un affarista senza scrupoli come credevo che fosse il signor Hayami.” – fece una pausa, lasciando che la sua mano facesse piccoli movimenti, carezze leggere come le ali di una farfalla – “Ti prego… fidati di me!”
Come fosse stata la sua stessa anima a rispondere, dal suo intimo emerse una sola sillaba che avrebbe cambiato per sempre i loro destini.
“Sì.”
Lentamente, quasi temesse che un movimento troppo brusco potesse fargli cambiare idea, Maya gli tolse il copricapo che aveva nascosto per tutta la serata le tanto amate ciocche bionde.
E poi, con il fiato in gola e gli occhi che le brillavano per le lacrime che stavano iniziando silenziosamente e lentamente a scendere, con entrambe le mani prese la maschera.
Masumi era ipnotizzato dalla scena che si parava davanti ai suoi occhi. Cosa sarebbe successo? La paura ed il terrore si riaffacciarono nella sua mente. Avrebbe voluto abbassare le palpebre come fossero state delle pesanti tende che lo avrebbero protetto dal mondo.
Ma resistette: probabilmente quella sarebbe stata l’ultima volta in cui avrebbe visto Maya tanto vicina a sé.
Era giunto infine al termine del suo tormento. Come avrebbe reagito la sua piccola Maya? Avrebbe fatto librare in alto il suo cuore o l’avrebbe precipitato nel pozzo più profondo della disperazione?

Dal canto suo Maya stava assaporando ogni singolo istante. Il signor Hayami si era infine affidato a lei. Leggeva nei suoi occhi il timore, ma allo stesso tempo scorgeva un piccolo lume di speranza.
Con un ultimo, lento movimento delle mani sfilò la maschera.

Silenzio.

Niente sembrava turbare quell’attimo.
Non il vento, che si era fermato e non accarezzava più gli aghi dei pini del giardino.
Non la musica, che solo lievemente giungeva attraverso le vetrate.
Non la città, che sembrava immobile, anch’essa in attesa di scoprire se quelle due anime si sarebbero infine incontrate.
Non loro due, che, muti, continuavano a fissarsi.

Maya finalmente poteva vedere con i propri occhi quello che aveva scoperto mesi addietro.
Masumi era stupito di non veder comparire ancora le espressioni di disprezzo e di odio che tanto aveva temuto.

La giovane donna ruppe per prima l’immoto incantesimo. Quasi temendo di essere respinta, piano, si avvicinò al signor Hayami, stese le braccia e lo strinse, affondando il volto infuocato nel suo petto.

Non ci credo! Deve essere un sogno! Adesso mi sveglierò, lo so!

Alcuni brevi secondi che sembravano eterni passarono prima che Masumi si rendesse conto che no, non stava sognando e Maya lo stava realmente abbracciando.
Non avrebbe fatto fuggire quel momento: avrebbe colto la possibilità di essere felice.
Alzò le braccia e la strinse, forte, come un naufrago stringe il suo unico appiglio nell’oceano in tempesta.
La strinse come aveva fatto nella sua villa a Nagano, ma ora non c’erano bende che lo nascondevano ai suoi occhi. Nulla aveva più importanza: solo la presenza della giovane donna tra le sue braccia.
E così, stretti l’uno all’altra rimasero per lunghi momenti.

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


Dopo alcuni minuti in cui i due stavano stretti, con i loro cuori che battevano all’unisono l’un contro l’altro ed i loro respiri che si confondevano leggeri, sempre tenendola, Masumi sospirò:
“Quando… quando è successo? Come è stato possibile?”
Nel suo animo stava ancora ringraziando il cielo ché non credeva veramente di avere Maya tra le braccia.

Con voce rotta dall’emozione, finalmente Maya poté dare libero sfogo al suo cuore:
“Alla premiazione di Lande Dimenticate l’ammiratore mi mandò un messaggio complimentandosi con me e citando il colore azzurro della sciarpa usata durante lo spettacolo. Quella sciarpa si rovinò la sera della prima, la utilizzammo solo allora. Solo un uomo poteva averla vista. Un uomo che aveva sfidato perfino un tifone per venire allo spettacolo e mantenere la sua promessa. Eri tu… ed era il mio ammiratore.”
La voce le si incrinò mentre poche lacrime scesero lungo le sue guance.
Masumi le asciugò con una leggera carezza della sua mano.
Non voleva interromperla. Intuiva, sapeva, che c’era dell’altro.
“Poi venne l’anniversario della morte di mia madre e trovai un tuo mazzo di rose sulla sua tomba. Avevi dimenticato anche la tua stilografica. Era la certezza che mi mancava. Feci in modo di fartela restituire e tu la mettesti nel taschino.”
Sorrideva Maya. Dimentica del dolore che aveva sofferto. Masumi l’aveva abbracciata, non l’aveva respinta. Ora voleva realmente rivelargli tutto.
“Passai giorni terribili” – si interruppe, ma subito continuò perché non voleva che l’uomo continuasse ad angustiarsi – “non riuscivo a credere che quella persona tanto gentile fossi tu. Allora rimisi in discussione tutto quello che sapevo di te, ricordai tutti i nostri incontri. Ricordai anche come mi stupivo ogni volta che l’ammiratore mi aiutava: come faceva a sapere che avevo bisogno del suo aiuto?!
“E allora capii.
“Capii che eri stato tu, eri sempre stato tu, tu che mi aiutavi come donatore di rose e mi ostacolavi come Masumi Hayami. Eppure, ogni volta che mi ostacolavi ne venivo fuori più forte e più brava.
“E capii quanto dovevi aver sofferto tu stesso per la morte della mamma. Ripensai a tutte le volte in cui ti avevo accusato ingiustamente, mentre tu, imperterrito, continuavi a starmi accanto. Come hai potuto resistere?! Come puoi resistere?!”
“Maya! Basta! Non preoccuparti! Ora è tutto passato! Non sentirti in colpa. Lo sai! Sono un affarista senza scrupoli. Non ho fatto nulla che non avessi previsto di fare. Ogni volta volevo farmi odiare da te perché sapevo che avresti tirato fuori il meglio solo sfidandomi! Quindi, non pensare neanche per un momento di sentirtene responsabile. La tua stessa esistenza per me è diventata indispensabile. Tu mi hai fatto riscoprire di avere un cuore. Ogni nostro incontro è un segno indelebile nella mia mente.”
“Eppure… eppure ti stai per sposare…” – non era riuscita a trattenersi. La sua gelosia aveva avuto il sopravvento.
Con una languida carezza sulla schiena l’uomo rispose: “Non temere. Farò in modo di liberarmi di quel fidanzamento. Doveva essere un matrimonio per fondere le due famiglie ed i due patrimoni. Ma ora che so…” – e la guardò con i suoi veri occhi, non più quelli rassegnati della Valle, non più quelli beffardi di Masumi Hayami, ma quelli dolci e appassionati di Masumi – “ora che so, non ho più intenzione di prestarmi al loro giochetto. Avevo già iniziato a muovermi. Si tratterà solo di accorciare leggermente i tempi. Fidati di me, ragazzina”

L’uomo sorrise tra sé. Non aveva resistito. Voleva vedere se il temperamento “vivace” di Maya c’era ancora. Non conosceva altro modo. Ed infatti, la sua reazione non tardò ad arrivare…
“Ancora?! Pensavo di essere stata chiara: non sono più una ragazzina mio caro Presidente! Si rende conto di quanto mi ha fatto penare questa sera per portarla a rivelarsi? Mi sono dovuta impegnare parecchio, sa?”
Ed eccola lì, la sua risata, quella forte, sincera, quella che faceva ad ogni sua gaffe. Quella che le faceva mancare alcuni battiti al cuore. Quella che la faceva tremare nel profondo. Quella che lo faceva apparire ancora come un ragazzino.
“Hai ragione! Ho visto… ti sei divertita parecchio a tendermi la trappola?!”
“Beh… in quel momento no. Non sapevo cosa sarebbe successo. Ma ora… devo ammettere che sì, è stato divertente…” – e sorrise con il suo sguardo birichino da ragazzina.
Masumi si finse arrabbiato. La costrinse contro la balaustra, imprigionandola tra le sue braccia senza ancora toccarla. Si abbassò, come aveva fatto alla fine del valzer.
“E ora? Ora ti stai divertendo?” – la voce bassa dell’uomo le richiamò i brividi; le gambe sembravano volerle cedere; le solite farfalle le stavano volando nello stomaco.
“Sì, direi di sì.” – la giovane donna sospirò fremente.
“Bene…” – l’uomo sembrava volerla ammaliare. Voleva assaggiare di nuovo le sue dolci labbra. Questa volta lei sarebbe stata con lui. Si avvicinò lentamente al suo viso.
Maya tremava d’aspettativa! Stava veramente succedendo! Masumi ricambiava i suoi sentimenti. E ora sembrava intenzionato a baciarla.
“Ti amo…” – singhiozzò lei.
“Ti amo… ragazzina” – con il tono talmente dolce che Maya avrebbe voluto continuare per sempre ad essere chiamata in quel modo.
Alla fine le loro labbra di incontrarono.
Dolci e pazienti quelle di Masumi, titubanti ed arrendevoli quelle di Maya. Tanti piccoli baci all’inizio: sulle labbra, sulle gote, ancora sulle labbra.
La stava baciando come se volesse accarezzarla. Piano portò le mani alla sua vita e la strinse a sé.
Ora non l’avrebbe più lasciata fuggire.
Mai più.
Troppe volte era corsa via. Troppe volte l’aveva lasciata andare.
In un sospiro, Maya schiuse leggermente le labbra. L’uomo l’accarezzò ed approfondì il bacio.
Quello che fino a quel momento era una tranquilla esplorazione dei sensi, divenne, come in una spirale, un vortice caldo di emozioni. Le labbra si muovevano le une sulle altre; le lingue si intrecciavano. Non erano mai sazi, mai paghi.
Le piccole mani di Maya erano aggrappate al suo petto e si alzarono fino ad intrecciarsi dietro la sua nuca.
Eccola dunque la passione che entrambi avevano coltivato per anni.


Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***


Rimasero ancora, per lungo tempo, sulla terrazza.
Niente poteva distrarli. Neppure la frescura di quella notte di inizio dicembre.
A tratti si tenevano per mano e si raccontavano.
Altre volte si abbracciavano stretti per sentirsi ancora più vicini. Non smettevano mai di guardarsi, ancora increduli.

Il ballo stava ormai giungendo al termine. Decisero quindi di concedersi un ultimo giro in pista prima di lasciare la sala. Entrambi rimisero la propria maschera e, mano nella mano, rientrarono.
Masumi si diresse con Maya nei pressi dell’orchestra. La ragazza non sentì le sue parole, ma alle prime note che si alzarono nell’aria comprese. Stavano suonando ancora il valzer delle Rose del Sud, quello che aveva segnato l’inizio della serata. Abbracciati l’una all’altro, guardandosi, senza più timore o tormento, danzarono.
La pista era oramai pressoché deserta. Erano gli unici a godere di quei momenti.
Alla fine, fermandosi, Masumi si chinò sulla mano di Maya, accolta tra le proprie e, baciandogliela, sussurrò un “Grazie” che suonava dolce come il miele.
La giovane lo guardò adorante.
Si diressero entrambi verso l’uscita, con l’intento di recuperare i propri mantelli.
Vennero fermati dall’uomo che Maya aveva incontrato all’inizio della serata.
Lo sconosciuto la stava infatti apostrofando: “Allora era vero che non era da sola… speravo fosse una scusa e che avrei potuto parlarle durante la serata!”
Doveva essere alticcio perché non considerava minimamente la presenza di Masumi al suo fianco. Con uno sguardo d’intesa, egli chiese a Maya il permesso di intervenire: era da prima che voleva rimettere a posto quel giovinastro.
“Ragazzo… la signora è evidentemente occupata. Vada a cercare compagnia altrove!” – la maschera rivelava solo gli occhi di ghiaccio, ma sarebbe stato sufficiente anche solo il tono della voce per farlo allontanare… se fosse stato sobrio.
“Ma la signora potrebbe non essere dello stesso parere…” – insistette infatti.
“Non mi faccia essere scortese. Se vuole la risposta della signora, si ripeterà l’imbarazzante scena dell’inizio della serata! Se la ricorda?! Io sì e credo che lo stesso possa valere per molti altri qui intorno. Inoltre, se vuole continuare a lavorare in ambito cinematografico anche in futuro, le consiglio di andarsene. Non le conviene avermi per nemico!”
La minaccia neanche tanto velata alla sua carriera lo fece desistere finalmente.

Masumi e Maya recuperarono i mantelli dal guardaroba e, uscendo nel freddo della sera, trovarono l’autovettura del giovane ad attenderli. Si accomodarono sul sedile posteriore, mentre l’autista partiva alla volta dell’abitazione della donna.
“Lo sa che è proprio cattivo, signor Presidente? Minacciare così quel pover’uomo solo perché ha provato a parlarmi!” – scherzò lei.
“Ti stai prendendo gioco di me, vero? Ti diverti a vedermi geloso. Sapessi quante volte lo sono stato e non potevo fare niente… ogni volta era peggio!” – ribatté lui serio.
Con sguardo sognante Maya chiese: “Quante?”
“Se te lo dicessi, mi prenderesti per pazzo!”
“Dimmelo, ti prego!” mormorò.
“Sono stato geloso praticamente di tutti i tuoi partner di scena… lo sono stato pazzamente del tuo primo amore… non hai notato come abbia smesso di lavorare nel mondo dello spettacolo Shigeru Satomi dopo che ti ha abbandonata? Non ti sei mai chiesta il perché?”
Gli occhi le si illuminarono. Saperlo innamorato da tanto tempo la rendeva felice. Quanto tempo aveva perso dietro alle sue scaramucce!
“Ma allora è proprio perfido!” – sorrise. Poi continuò in tono più serio – “Comunque non provo rancore nei suoi confronti. Neanche all’epoca ne provai. Anche lui non fu altro che un’infatuazione. Solo più seria di quella che ebbi per Sakurakoji quando avevo 14 anni!”
Masumi colse la palla al balzo. Era quello di cui era stato più geloso in assoluto. Meglio metterci una pietra sopra: “Ho saputo che l’hai respinto. Come l’ha presa?”
Lei lo guardò stupita: “Ma come fai a sapere sempre tutto? E comunque sembra essersi ripreso….”

In quel mentre arrivarono sotto casa di Maya.
Le prese entrambe le mani portandosele al viso. Le baciò per poi baciare lei.
Prima di aiutarla a scendere la rassicurò:
“Non ti preoccupare. Continua le prove con tranquillità in vista dello spettacolo dimostrativo. Mi sto già muovendo. Ti prometto che presto, il prima possibile, saremo insieme alla luce del sole. Abbi fiducia in me!” – si zittì un attimo per subito dopo riprendere – “Dèi, già mi manchi!”
“Non temere” – lo rassicurò lei – “ti aspetterò. Vieni presto!”

Con un ultimo struggente bacio si augurarono la buonanotte.
Masumi attese finché la ragazza non rientrò, poi ordinò all’autista di condurlo a casa.
Sapeva che avrebbe dovuto sentirne la mancanza per qualche tempo, ma sperava di risolvere la questione con la famiglia Takamiya entro breve, soprattutto dopo le informazioni che aveva già raccolto Hijiri. Non poteva rischiare di coinvolgere Maya in uno scandalo.
Ora sapeva. Sapeva che Maya lo amava, che l’aveva accettato per quello che era. Se ne rendeva conto al solo parlarle. Si sentiva leggero e rilassato quando era con lei: si sentiva libero, finalmente.
La partita si stava avvicinando alla chiusura, ma non era ancora finita. Troppe erano ancora le incognite da risolvere: il suo sguardo divenne freddo e calcolatore.
Tornò ad essere Masumi Hayami. Mandò un messaggio al suo collaboratore: “Accelera i tempi”. Sorrise.

Rientrò a casa che il buio della notte stava lasciando il posto alle prime luci dell’alba all’orizzonte. Le stelle stavano lentamente sbiadendo. Di lì a poco avrebbe dovuto recarsi a lavoro, ma non sentiva la stanchezza. Come avrebbe potuto?!
Salì in camera, si spogliò del costume. Si concesse pochi momenti di relax sotto una doccia bollente e si rivestì pronto per scendere a fare colazione con suo padre.
Il suo pensiero non abbandonava i momenti che aveva vissuto quella sera. Un alone di dolcezza gli sembrava che lo avvolgesse.
Sorrise. Che effetto devastante aveva Maya su di lui!

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***


Dall’altra parte della città, in un piccolo appartamento di periferia che niente aveva a che vedere con la solenne villa della famiglia Hayami, Maya uscì dalla sua camera per fare colazione con Rei con un sorriso raggiante.
Sentiva di camminare ad un metro da terra. Non ricordava di avere mai provato una sensazione del genere.
Non sapeva cosa avrebbe raccontato all’amica. Avrebbe voluto dirle tutto, in fondo la ragazza le era sempre stata vicina, ma sapeva che non sarebbe stato sicuro per Masumi.
Si inginocchiò ad un lato del kotatsu ed iniziò a mangiare silenziosamente. Gli occhi le brillavano anche se cercava di apparire come al solito.

Rei la guardava con interesse: non era triste, quindi doveva aver incontrato l’ammiratore. Lei si era preparata a doverla consolare, ma evidentemente non ce ne sarebbe stato bisogno.
Inoltre sembrava quasi che l’amica si stesse trattenendo: aveva gli occhi brillanti e cercava di non sorridere. Senza potersi fermare, Rei se ne uscì con un “Si è rivelato, vero? Sei riuscita ad incontrarlo! … E… Ti ricambia!!”
“Come? Cosa?” – Maya era interdetta. Veramente era così trasparente fuori dal palcoscenico? Eppure si era impegnata per mostrarsi indifferente.
Rei rise. E rise di gusto.
“Scusa Maya, ma dovresti proprio vederti! Hai una faccia adesso!!” – e rideva. Poi si interruppe – “A parte gli scherzi, non devi stupirtene. Siamo amiche da tanto tempo, è normale che io ti conosca e ti capisca. Sono contenta per te.”
“Perdonami Rei, ma io non so se…” – incominciò Maya.
“Non sai se puoi dirmi di chi si tratta? Non preoccuparti, io una mia idea me la sono fatta quando ti ho vista stamattina. Ed il fatto che tu non sappia se puoi dirmelo o meno me la conferma. Così, facciamo finta per ora che tu ieri sera non sia andata al ballo in maschera, non abbia incontrato il tuo ammiratore, non abbia capito di chi si tratta, non ti ricambi. In questo modo” – continuò lei – “non sarai costretta a dirmi cose che non sai se puoi rivelarmi. A me basta che tu stia bene. Quando potrai, me ne parlerai.”
“Grazie Rei.” – poté solo aggiungere la ragazza.

Masumi scese nel solarium per fare colazione con suo padre. Si muoveva in modo compassato, simulando una stanchezza che non provava.
Si sedette dall’altro capo del tavolo rispetto all’anziano genitore. Eisuke lo stava guardando con molto interesse: non era mai successo che suo figlio tornasse da un evento mondano all’ora a cui era tornato quella mattina. Di solito assicurava la sua presenza per il minimo indispensabile ad intessere nuove relazioni d’affari o a consolidare quelle già in essere.
Rise fra sé. E così aveva avuto ragione. Suo figlio finalmente si era mosso e, a giudicare da come si sforzava di apparire dimesso quella mattina, doveva anche aver raggiunto ottimi risultati.
“Allora, come è andato il ballo in maschera ieri sera?” – chiese con voce piana il vecchio.
“Bah… come sempre. C’erano le solite facce note: attori per lo più, produttori, registi…”
“Come mai sei tornato tanto tardi allora? In genere ti defili subito!”
Masumi si aspettava anche quella domanda: “Volevo parlare un po’ con tutti. In fondo non capita spesso di avere tutti riuniti ad un unico evento.”
“Immagino” – chiosò Eisuke – “Hai concluso qualcosa?”
Fortunatamente il giovane aveva pensato anche a quello. Si era fatto prendere un appuntamento nel primo pomeriggio del giorno prima con il presidente di una casa di produzione americana che sapeva sarebbe stato presente al ballo. Avevano raggiunto l’accordo per incaricare la Daito Art Production della distribuzione in Giappone dei suoi film. Ne parlò quindi al padre.
“Molto bene. Le candidate alla Dea Scarlatta erano presenti?”
Ecco, questa invece non se l’aspettava. Impiegò qualche secondo per rispondere: “No, non mi sembra di averle viste” – sostenne pensoso – “Immagino siano impegnate nelle prove. I tempi stringono!”
Suo padre sogghignò con soddisfazione.
Suo figlio lo scambiò per un ghigno di crudeltà. Sapeva a cosa stava pensando: se Maya Kitajima avesse vinto i diritti di rappresentazione e non li avesse ceduti alla Daito avrebbe dovuto distruggerla.
Ma questo non sarebbe mai successo. Mai.
Terminata velocemente la colazione si alzò e si diresse in ufficio. Voleva stare il meno possibile sotto lo sguardo indagatore del generale.

Andando in ufficio, l’uomo pensò a come affrontare la sua segretaria. Metterla a parte degli avvenimenti significava condannarsi ad una vita di “Gliel’avevo detto!” o “Erano anni che glielo dicevo!”. Ma non poteva neanche evitarlo… d’altra parte gli era stata molto utile.
Entrando nel disimpegno del suo ufficio la trovò già alla sua postazione. Stava evidentemente morendo dalla curiosità: la vide trepidante appena appoggiata sulla sedia, agguantare il block-notes e prepararsi a seguirlo.
Masumi alzò una mano: “Non ancora signorina Mitsuki, la chiamo io quando sarà il momento.”
Se proprio devo subire le sue frecciatine, per lo meno mi voglio divertire prima.

Mitsuki si rassegnò e si risedette.
Aveva visto il signor Hayami entrare con passo spedito e sguardo sereno. Qualcosa ‘doveva’ essere successo! Lei pensava che l’avrebbe resa partecipe, ma l’atteggiamento dell’uomo non sembrava andare in quella direzione.
Giocherellò con le matite e le penne per un bel pezzo.
Sicuramente non sarebbe riuscita a portare avanti nessun lavoro tant’era la curiosità.
Passò poi a temperare tutte le matite e a riordinare meccanicamente pile di documenti già perfettamente organizzati.
Dopo ben due ore il suo principale la chiamò all’interfono:
“Venga signorina Mitsuki, altrimenti non concluderà niente tutt’oggi!”
Svelta, entrò nell’ufficio della Presidenza e restò in attesa di fronte alla scrivania.
Non si vedeva fumo nell’aria. Come poteva essere che Masumi Hayami non avesse fumato neppure una sigaretta in due ore di permanenza?
Vedendola annusare leggermente l’aria la informò: “Non ho fumato perché non ne sento il bisogno!”
“Ah.” – fece la segretaria – “E questo cambiamento dipenderebbe da…?”
“Lo sa da cosa dipende signorina!”
“Non credo di saperlo.” – insistette lei.
“Come ho fatto a sopportarla per tutti questi anni? Me lo sa dire?” – un lento sorriso iniziava a formarsi sulle labbra dell’uomo.
“Forse mi sopporta perché a volte do voce alla sua coscienza e… visto il risultato deduco che avevo ragione anche riguardo ai sentimenti di Maya.”
Ed eccolo, il suo incubo divenuto realtà.
“Sapevo che se le avessi detto che aveva ragione avrei dovuto fare i conti con i suoi commenti ogni volta che si fosse entrati in argomento…”
La donna aveva gli occhi che le brillavano, da dietro le lenti ambrate.
“Signor Hayami, mi lasci dire che la mia più grande soddisfazione è vederla finalmente vivere le sue emozioni. Le rose che aveva nel suo cuore avevano bisogno di sbocciare alla luce del sole.”
Masumi la guardò grato. Sapeva che poteva fidarsi di lei. Risolsero alcune questioni di carattere lavorativo ed infine le raccontò per sommi capi quello che era avvenuto.
Lei gli pose alcune domande sul suo fidanzamento e l’uomo la rassicurò che tutto stava andando come doveva andare.

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** Epilogo ***




****

E con questo epilogo la storia si conclude. Ringrazio coloro che hanno letto e anche coloro che hanno commentato. In particolare Rospina, Tetide, Seferidi, Nisi, Silvermoon74.
Ringrazio anche coloro che l'hanno seguita (BrianneSixx, Sailorgemini, Saruccia, Silvj, Tetide, The_time_is_over) e preferita (Rospina, Arcadia5 e Seferidi).

****

2 mesi dopo…

Eisuke Hayami era seduto sulla sua sedia a rotelle nella platea dello Shuttle X. Osservava rapito le prove della nuova Dea Scarlatta. Non credeva ai propri occhi: oramai erano innumerevoli le volte in cui l’aveva vista rappresentare il capolavoro scomparso… eppure… ogni volta era come la prima.
Aveva visto la ragazza alla competizione preliminare, l’aveva vista nelle successive prove una volta che Chigusa Tsukikage le aveva assegnato i diritti di rappresentazione e l’aveva vista di fronte al pubblico.
Ogni volta veniva rapito fuori dal suo corpo e con lo sguardo incantato veniva condotto nella magica Valle dei Susini.
La Dea Scarlatta lo prendeva per mano, gli parlava del suo amore umano e del suo sacrificio. Ogni volta riviveva la sua intera esistenza. Era incredibile!
Non perdeva occasione di osservare la giovane, soprattutto dopo che la Daito aveva ottenuto la delega per l’allestimento dello spettacolo.
Ricordava ancora quando la candidata vincitrice aveva scelto loro: Chigusa Tsukikage non aveva battuto ciglio. Doveva aspettarselo.
Di lì a poco le prove si sarebbero concluse. Attese pazientemente.

Saeko Mitsuki era in giro per Tokyo in uno dei suoi rari giorni liberi. Doveva incontrarsi con il suo compagno. Già da tempo aveva quella relazione che si era cementata anche grazie alle vicende sentimentali del suo principale.
Si era detta che se lei aveva avuto la possibilità di incontrare una persona che la faceva sentire accettata per quello che era, che non pretendeva che si comportasse in modo diverso da come sentiva, che l’attraeva nel profondo e che era in grado di farla sentire ‘a casa’ in ogni parte del mondo si trovasse, allora non doveva buttarla al vento.
Avevano così deciso che avrebbero sempre cercato di superare i problemi che si sarebbero presentati: non avrebbero abbandonato la nave al primo cenno di tempesta.

Masumi Hayami stava per lasciare l’ufficio.
Da quando si era sposato non aveva più orari di lavoro massacranti.
Andava presto in azienda, ma non vedeva l’ora di tornare a casa da sua moglie. Aveva atteso talmente tanto, che ora ogni minuto lontano da lei gli sembrava un’eternità.
Ogni sera tornava a casa e la trovava lì, accogliente con i suoi dolci occhi innamorati ed il suo caldo sorriso di benvenuto.
Solo lei era in grado di riscaldare la fredda dimora della famiglia Hayami.

Mentre Eisuke stava aspettando la giovane attrice, ripensò divertito alla mattina in cui suo figlio si presentò nella sua stanza con una cartelletta piena di resoconti economico-finanziari sul gruppo Takamiya.
“Non ho intenzione di fondere le imprese Hayami e la Daito Art Production con un gruppo che sta rischiando il fallimento. Ti sei fidato troppo degli analisti e della tua ‘amicizia’ con l’imperatore. Le voci non si sono ancora sparse, ma sarà solo questione di tempo. Non voglio che la nostra liquidità vada a far fronte ad impegni non mantenuti per colpa del ‘vizietto’ del padre di Shiori.” – disse tutto d’un fiato.
Il vecchio, con sguardo vivo, restò in silenzio.
Infine rispose con un laconico: “E allora?”
Il figlio comprese in quel momento che Eisuke Hayami era ben consapevole della situazione del gruppo Takamiya.
“Se sapevi tutto, perché hai acconsentito alla fusione ed al matrimonio?” – chiese Masumi con impazienza.
“Al di là del fatto che il gruppo Takamiya, pur nella difficile situazione finanziaria in cui versa, è comunque un buon investimento, ero giunto alla conclusione che fosse tempo che ti trovassi una moglie. Non voglio che ti ritrovi alla mia età senza nessuno accanto perché sei stato accecato dal lavoro.” – sospirò profondamente il vecchio, come se si decidesse a fare un passo importante – “Ho commesso molti errori nella mia vita e molte conseguenze ricadono anche su di te. Volevo provare a riparare.”
Masumi non riusciva a capire se l’uomo che aveva odiato dalla fine precoce della sua infanzia stesse mentendo o se finalmente stava rivelando di avere un cuore.
“Ammesso e non concesso che quello che dici sia vero, padre, perché i Takamiya? Perché Shiori?”
“Perché quando ho avuto modo di conoscerla mi è sembrata una bella signorina aggraziata, molto dolce e gentile, del tipo che poteva sciogliere il tuo gelo…”
Masumi non sapeva se ridere o piangere. Il vecchio generale non si era mai comportato da padre e, per una volta che ci provava, stava per farlo finire in una trappola.
Con un mesto sorriso il figlio gli rivelò: “Non sembra che tu sia un giudice affidabile in fatto di donne: ti vorrei far notare che Shiori è ben consapevole che io non l’amo, che tuttavia accetta il matrimonio per salvare le finanze di famiglia e che intende prendere il buono che dalla nostra unione verrà, ivi compreso il maggiordomo.” – si fermò un attimo per vedere l’effetto che le sue parole avrebbero prodotto sul volto del genitore. Sembrava averlo realmente stupito, pertanto continuò: “Visto e considerato che ho prove circostanziate sia della situazione finanziaria del gruppo Takamiya, sia delle intenzioni di quella persona tanto dolce e gentile che è la mia fidanzata, ti informo che intendo sciogliere l’atto preliminare stipulato nell’uno e nell’altro verso. Inoltre, ho le carte in regola per non far pagare nessuna penale alla Daito, vista la falsificazione dei libri contabili che ci sono stati consegnati al momento della trattativa e della firma.”
“Bene” – concluse il vecchio – “Raramente ti ho visto tanto deciso. Hai la mia benedizione… ad un paio di condizioni.”
Eisuke immaginava il cervello del figlio arrovellarsi per trovare una soluzione a tutte le possibili richieste che lui gli avrebbe avanzato: era proprio suo figlio.
“La prima è che voglio essere presente quando lo comunicherai all’imperatore ed alla sua delicata nipotina. Non vorrei proprio perdermi lo spettacolo.” – un breve sorriso sarcastico accompagnò la sua richiesta.
Masumi attese un attimo e fece un breve cenno di assenso con il capo.
“La seconda” – proseguì in tono piatto – “è che non appena ti sarai liberato da questo impegno porterai a casa la signorina Kitajima nella veste ufficiale di tua fidanzata.”
Ah! Ah! Vide il figlio sobbalzare dalla poltrona. Era troppo concentrato a trovare una contromossa ad un suo eventuale attacco, per aspettarsi di vedere le proprie carte scoperte in modo tanto sfacciato.
“Ma padre… cosa dici??”
“Masumi, ti conosco molto bene, contrariamente a quello che credi. Ho visto che questo matrimonio non ti entusiasmava e che, nonostante questo, l’avevi accettato passivamente. Ora ti presenti da me con tutte le carte in regola per mandarlo a monte. L’unico pensiero è che sei innamorato e che solo recentemente… diciamo ad esempio dalla sera del ballo in maschera? hai scoperto di essere ricambiato. Se consideriamo che hai corteggiato nell’ombra la signorina Kitajima da quando non era nemmeno adolescente e ti sei premurato ben bene di farti invece odiare come Masumi Hayami, allora deduciamo che lei ti abbia scoperto ed abbia concluso che ricambia i tuoi reali sentimenti. Quindi… quando pensi di portarla a casa?”
“Credo… padre…” – si vedeva che stava cercando di riprendersi dal colpo – “che sarebbe il caso di aspettare l’esito dello spettacolo dimostrativo.”
“Concordo. E ora vai e fai quello che devi.”
Masumi si alzò e fece per andarsene. Si fermò, girandosi ancora a guardare suo padre: “Grazie.”
“Figlio, ho fatto ben poche cose degne di un padre nella vita che ho vissuto con te… spero alla fine di riuscire in parte a rimediare”.
Vide il figlio portarsi una mano alla fronte mentre si avvicinava alla porta. Una piccola lacrima fece capolino nei suoi occhi. Quasi non si rendeva conto di cosa fosse.
I suoi ricordi furono interrotti da una piccola mano ornata da una sottile vera d’oro giallo che si appoggiava sulla sua spalla.
“Vogliamo andare? Masumi rientrerà tra poco a casa!”
“Sì, Maya. Andiamo a casa.”

Chigusa Tsukikage era tornata a Nara. Aveva atteso fino alla prima messa in scena de La Dea Scarlatta e poi, affidandosi a Genzo, era tornata nella sua terra.
Ora si trovava a casa, adagiata in una comoda poltrona di vimini sotto il portico, a respirare la fresca e pulita aria delle sue montagne.
Aveva apprezzato entrambe le prove delle sue allieve, ma come aveva detto a Genzo tempo prima, Maya era avvantaggiata.
L’aveva visto già alla prima scena: nei suoi occhi bruciava un fuoco che Ayumi ancora non conosceva. Maya brillava della stessa luce di cui aveva brillato lei nella sua giovinezza. I suoi movimenti, i suoi occhi, il suo sorriso, la sua voce, tutto faceva pensare che provasse nel suo cuore il vero amore di anime. Ayumi aveva invece fatto risaltare le sue capacità interpretative e la sua eleganza. Aveva dato vita ad una Dea scesa in terra che non si era liberata della sua divinità e non era stata catturata nel profondo dal sentimento umano dell’amore. Il suo era stato uno spettacolo esteticamente accattivante. Ma solo quello.
Le sue stesse reazioni le aveva colte anche nel pubblico. Ayumi aveva destato la meraviglia per i suoi movimenti e la sua grazia. Maya aveva catturato il loro favore facendo vivere a tutti gli stessi sentimenti che albergavano nel suo cuore.
La vecchia attrice sorrise nel buio.
Ricordava l’imbarazzo misto alla gioia con cui Maya le si era presentata dopo il verdetto.
La donna le aveva riservato un aperto sorriso di approvazione e l’aveva lodata per i risultati che aveva conseguito. Maya aveva pianto silenziose lacrime di riconoscenza rifugiandosi nell’abbraccio di colei che considerava una seconda madre.
“Signora… signora… la ringrazio per tutto! Per tutto! Se non fosse stato per lei, non avrei mai potuto nemmeno iniziare il percorso che mi ha portato fin qui” – singhiozzò.
“Maya, in un modo o nell’altro ci saremmo incontrate. Il fuoco del teatro già ardeva in te. Era solo questione di tempo.” – si interruppe per poi continuare – “Inoltre, quello che hai fatto oggi non te l’ho insegnato io. Oggi hai recitato seguendo i sentimenti che vivono in te. Hai incontrato anche tu la tua anima compagna. Sei fortunata. Rallegratene.”
Maya si allontanò arrossendo e abbassando lo sguardo.
“Sì, signora Tsukikage. L’ho incontrata. E’ una persona gentile e generosa, anche se non sembra. Si è sacrificato nell’ombra pensando che non lo ricambiassi. Mi è sempre stato accanto e io non l’ho riconosciuto per molto tempo!”
L’alta figura in nero rimase immobile.
Maya stava parlando del suo ammiratore? L’aveva infine incontrato?
“Sono contenta per te, Maya. Quando avrò modo di conoscere questa persona?”
“Ecco… lei lo conosce già, signora.” – Maya sembrava sempre più imbarazzata. La donna non capiva per quale motivo.
“Da come vi comportate, non mi sembrava che amassi Sakurakoji.”
“Infatti…” – rispose sinteticamente Maya.
“Ma allora… non sarà? Non dipenderà da tutto questo l’annullamento del matrimonio di Masumi Hayami?”
Maya lasciò andare un leggero sospiro: “Sì, signora. Vede è stato Masumi che mi ha sostenuta in tutti questi anni nell’ombra. E’ lui che mi mandava sempre i mazzi di rose scarlatte. Lui che mi ha indirizzata per farmi migliorare. L’ho scoperto dopo Lande Dimenticate.” – disse tutto d’un fiato ché non voleva che la signora iniziasse a parlare di intrighi e pregiudizi.
“Non credevo fosse possibile. Alla Valle l’avevo visto diverso dal solito, senza più il ghiaccio che gli bruciava negli occhi. Ora capisco perché.” – si sedette in una poltrona vicina – “E’ stato merito tuo, Maya! Tu hai cambiato quell’uomo. Gli hai ridato l’anima.”
Un lieve cenno di diniego col capo: “No, signora Tsukikage. Masumi ha avuto sempre un’anima gentile. Era solo troppo ferito.”
“Capisco. Quindi immagino che i diritti di rappresentazione li lascerai a lui!”
Altro cenno di diniego: “No. Masumi mi ha proposto di cedere il solo allestimento della Dea Scarlatta alla Daito con contratti annuali, in modo da tutelarmi pienamente. Non vuole che si pensi ad un suo interesse economico nella nostra relazione. Inoltre avrò un ruolo decisivo nelle scelte della messa in scena.”
“Bene” – sospirò di sollievo la donna – “Quando vi sposerete?”
Maya arrossì di nuovo. Questa volta fino alle orecchie.
“Ecco… pensavamo dopo la prima messa in scena. Ritarderemo poi il viaggio di nozze fino alla fine delle repliche.”
Il flusso dei ricordi fu interrotto dal buon Genzo che la invitava a rientrare.
“Che ti dicevo Genzo? Maya ci ha sorpreso veramente!” – disse guardandolo con dolcezza.
“E’ vero, signora! Ha proprio ragione!”
“Genzo, il mio tempo sta finendo… lo sento. Ma, grazie a te e a quelle ragazze, i miei ultimi anni sono stati piacevoli.”
“Signora!” – Genzo, commosso, l’aiutò a rientrare in camera e a sdraiarsi per la notte.

Shiori Takamiya girava le strade di Ginza alla ricerca di qualche nuovo abito. Ancora non si capacitava di quello che era avvenuto negli ultimi due mesi.
Aveva dato per scontato di aver accalappiato lo scapolo più ricercato della buona società nipponica ed invece poco prima delle nozze Masumi aveva annullato tutto. Si era opposta con tutte le sue forze quando aveva visto suo nonno capitolare di fronte alle prove della frode contabile del gruppo Takamiya. Aveva pianto, era svenuta… le aveva provate tutte. Eppure, quando era svenuta, Masumi non si era degnato nemmeno di soccorrerla e avrebbe rischiato di finire per terra se non avesse deciso di buttarsi dalla parte del divano dello studio.
Inoltre i suoi strepiti non avevano fatto altro che indurre Masumi a tirare fuori una registrazione compromettente in cui lei provava a sedurre Takeshi, il loro giovane maggiordomo.
Suo nonno era rimasto attonito dall’imbarazzo e dal trovarsi di fronte aspetti della nipote che non si immaginava.
Lei aveva mandato a chiamare il maggiordomo, sperando in una sua smentita.
Dopo lunghi minuti di attesa e di pesante silenzio, un cameriere si era presentato dicendo che non lo si trovava da nessuna parte e che l’uomo aveva liberato perfino la sua stanza.
Era stato tutto così sconvolgente che non aveva potuto ribattere nulla. Inoltre avevano dovuto sottostare alle condizioni della famiglia Hayami, pena la denuncia della frode alle autorità.
Il vecchio Eisuke sembrava essersi goduto lo spettacolo.
Dopo qualche settimana, ricordava Shiori, seppe che Masumi aveva annunciato il fidanzamento e l’immediato matrimonio con la nuova Dea Scarlatta. Tutti i suoi ‘amici’ si erano premurati di avvisarla.
Quella piccola ragazzina impudente!!
In un moto di stizza batté un tacco. Un passante si voltò stupito dall’atteggiamento di quella donna all’apparenza tanto elegante e sofisticata.
Shiori si scusò a mezza bocca notando in quel mentre la segretaria del suo ex-fidanzato al tavolino di un ristorante con un bell’uomo, vestito con un completo di alta sartoria.
Dalla posizione in cui era lo vedeva solo di spalle, ma provò invidia per quella donna che lei riteneva quasi scialba.
La sagoma dell’uomo aveva un che di familiare, ma non se ne curò e continuò per i suoi acquisti. Quei plebei non meritavano certo la sua considerazione!

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1117629