Le cronache di Oythiu

di ECHludo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Oythiu ***
Capitolo 3: *** 2. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Quando il pianeta Terra fù pervaso dalla tenebra, di persone come Reheni  erano scomparse ormai da secoli. Lei  era un umana.  
Gli elfi sulla Terra apparsero cento anni dopo la Grande Distruzione, Rinascita o Apocalisse. Questa razza, secondo dei documenti le cui fonti sono sconosciute, nacque dalle acque del Mar Madre come miliardi di anni prima fecero i primi anfibi.  Nel Mare in origine, come nella terra, non c’erano altre forme di vita se non in forma cellulare, e proprio queste, per cause sconosciute, crescevano fino a diventare piccoli girini che nuotavano e si agitavano nell’acqua muovendosi in modo vibrante senza meta e scopo. 
Durante un eclissi di sole tutto il mondo si oscurò ma innaturalmente il Mar Madre si illumino di una luce dorata come se il sole si fosse trasferito negli abissi del mare, la luce aumento gradualmente e da dorata diventò man mano più luminescente  illuminando le spiagge, le scogliere, intere distese che precedevano le coste, e tutto si fece bianco. 
Quando la luce scomparve il sole era già sul mezzogiorno, splendente.
In seguito a questo evento i gerini, che abitavano gli  abissi del Mare si sarebbero mutati in quelli che oggi noi siamo.
Da recenti studi condotti da i grandi maestri e avventurieri si è venuto a conoscenza che la nostra razza sarebbe proveniente da quella degli esseri umani che noi riteniamo ormai estinta e inferiore.”
 
                                                                                                                    Da: Leggende e Virtù Del Mondo Elfico
                                                                                                                                       Di: Kiomi Jei
                                                                                                                                    Università Dell’ Acqua

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Capitolo 2
*** Oythiu ***


OYTHIU

Rheni, era una ragazza di sedici anni, ormai era in piena età adolescenziale e sentiva che nella sua esistenza mancava un pezzo di puzzle,sentiva che qualcosa le mancava ma allo stesso tempo ne era estranea, e nessuno dei suoi coetanei, essendo diversi, comprendevano.
 Rheni abitava a Oytiu (Villaggio dell'Acqua). Oytiu era una cittadina fortificata che si sviluppava a cono formato da diversi livelli. Il villaggio fluttuava sopra le acque grazie alla magia elfica proprio al centro del Lago Tiu, e come collegamenti con la terra ferma c’erano piccoli ponticelli di legno che fluttuavano anch’essi con l’intero villaggio. Quest’ultimo era un anfratto di casette che si sovrapponevano tra di loro  e man mano che si saliva di altezza la circonferenza del villaggio si restringeva fino al vertice, dove  risiedeva il re di Oytiu nel suo immenso castello. Dall’esterno l’intero insieme di edifici sembrava un intera  residenza imperiale, le case bianche davano al villaggio un aspetto fatato  e divino  dove regnava la pace, gioia e serenità. Il primo piano, che era il più vicino  all’acqua, era il più verde infatti dai terrazzamenti esterni spuntavano varie piante  e fiori che dipingevano la bianca tela delle mura e altre  che si gettavano nel lago come cascate.  Nel livello intermedio si gettavano vere cascate d’acqua da quattro angolazioni diverse, queste arricchivano il quadro di altri colori, di un panorama mozzafiato, le cascate al violento contatto con il lago formavano enormi nuvole d’acqua  che si diffondevano come nubi per l’intero primo livello. Il livello intermedio  che era chiamato anche Livello Idraulico,  serviva per l’eventuale spostamento del villaggio mediante la chiusura delle cascate e l’apertura degli spettri Kju, (spettri di luce che, circondando la città la smaterializzerebbe in caso di emergenza) e per la semplice distribuzione dell’acqua.
La vita di Oythiu si viveva sopra il livello intermedio dove c’era la piazza e il mercato che occupava ogni vicolo e via, tanto che per non far cadere oggetti, frutta … o qualunque altra cosa fosse posta sulle bancarelle era necessario stringersi sulla parete opposta o camminare in fila indiana nel caso in cui le bancarelle fossero poste l’una di fronte all’altra. Nella Domenica (Vhior) in tutte le vie si diffondevano odori di quelle  pietanze che solo una volta a settimana, la gente di Oythiu poteva permettersi di fare e che avevano il potere di diffondere in tutto il lago, in tutto il villaggio, in tutte le strade il senso e la necessità di riunione, riunione tra i propri cari tra vecchi amici, tra quelli  appena ritrovati o scoperti. In questo giorno le persone facevano sfoggio dei sentimenti più puri come la felicità, il perdono, la fede, il rispetto, la gratitudine … non che negli altri giorni non lo facevano ma nel Vhior venivano fuori particolarmente e in diversi modi, infatti tutti gli abitanti di Oythiu iniziavano la giornata molto presto svegliandosi al primo grido  di Kut preparando una colazione ricca (come si poteva) e consumandola con la propria famiglia intorno ad un tavolo circondati dalla leggera brezza e dalla opaca luce mattutina  proveniente dalla finestra aperta della cucina in cui escono le prime parole e i primi suoni di quel sacro giorno.
In seguito alla riunione mattutina le donne toglievano dalla polvere e dalla fame degli acari i loro eleganti vestiti,per poi, lavarli e stirarli per porli con cura  devozione sulla sedia.  Già dal tardo mattino le porte delle case incominciano ad aprirsi e di fronte agli abitanti si apriva uno spettacolo di colori, di magia e di suoni. Le strade i vicoli non erano come quelli dei giorni precedenti non regnava soltanto il bianco o il grigio dei muri ma tutto era trasformato come se una mano armata di pennello abbia ridipinto il villaggio con gli occhi di un innocente bambino.
Un rumore acuto. Un grido. Il Kut!
Il suono entrò nella sua stanza, la fece aprire gli occhi con quasi spavento e nemmeno datosi il tempo di abituarsi alla luce mattutina e di strofinarsi gli occhi, Reheni si diresse a capofitto giu in cucina, tanto da trascinarsi le lenzuola del letto fino alle scale.

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Capitolo 3
*** 2. ***


                                                                                         2

Si precipitò in cucina dove Efaisil e Julius stavano apparecchiando la tavola per la colazione, il tavolo era pieno di cose che Reheni amava di piu: frutta, carne di Lum, erbe del bosco Jumno, latte, vino…
Ma non era questo il motivo per cui la giovane era particolarmente felice, infatti quella mattina aveva l’appuntamento con  Redum.
 
Si erano conosciuti una sera. Reheni , dopo una pessima  giornata passata a litigare con dei suoi coetanei  e con i suoi genitori,  aveva deciso di andare nel suo luogo preferito.  Lo chiamava ‘La Cascata degli Arcobaleni’.
 Reheni era lì, seduta su un muretto con le gambe che penzolavano sullo strapiombo dove una cascata, che partiva dal Livello Intermedio, sopra di lei,  si gettava sotto i suoi piedi, sul letto del Lago Tiu, formando grandi schizzi e vere nuvole di vapore che, con il sole, componevano dei veri spettacoli. Grandi fasci di colori si estendevano sotto i  piedi della ragazza facendoli sembrare dei ponti magici che un potente mago elfico aveva creato propio per lei, avevano la consistenza del nulla ma ai suoi occhi quel niente divenne unico e legato  solo a lei e a quel luogo.
Un urlo. Sobbalzò. Le sue fantasie come fumo si dissolsero lasciando la ragazza un attimo disorientata.
Ancora urla. Era un litigio. Le voci si avvicinavano. Reheni presa dalla paura e dal disorientamento rimase immobile, fissando l’angolo della strada. In quel momento il sole calò e l’aria si era fatta pesante e umida.
L’ultimo bagliore arancio del tramonto svanì e vennero in scena le  tenebre.
Dalla strada sbucò una sagoma nera che avanzava affannata verso di lei, avava il capo coperto da un cappuccio e quando era sufficemente vicina, Reheni riuscì a guardare che sotto il mantello di quell’uomo si nascondeva la divisa dell’Armata. Reheni rimase impietrita da quello che vide voleva gridare, chiedere aiuto ma rimase lì piantata sul pavimento.  Dietro il cavaliere avanzò un altro figuro piu robusto anche lui coperto in violto, a differenza del primo questo aveva una andatura più decisa e stringeva nella mano destra un pugnale che premeva sulla schiena del cavaliere. Perdeva gia sangue dal fianco sinistro, si fermo: -Aspetta! Ti giuro non so dirti altro! Lasciami o  ti giuro che questa volta ti spezzo le mani!-.
Il figuro incappucciato, per niente intimidita rispose: - Avrai capito che di te non mi importa niente. Se sai quello che devo sapere questa sera andrà bene per tutti e due! Comunque… se realmente non sai niente… bhè non mi perdo certo l’occasione di divertirmi un po con te! -. 
Un lampione in fondo alla strada si accese. La luce bianca la illuminò. Il cavaliere spalancò gli occhi, il suo stomaco divenne un nodo, non poteva permettere che quella ragazza restasse convolta!
Era disarmato, aveva un pugnale puntato sulla schiena pronto a trafiggere la sua carne. Fece appello alla sua lucidità mentale, chiuse gli occhi e si ripasso in mente tutte le tecniche di combattimento che aveva imparato all’accademia. Un battito di ciglia e tutto era chiaro.
Tutto si svolse in pochi istanti. Diede un calcio al piede del nemico per distrarlo, si abbasso e durante una giravolta gli rubo il pugnale tra le mani,adesso era lui che conduceva i giochi, non ci pensò molto e lo trafisse sotto il mento con un colpo deciso. Il misterioso figuro incappuciato cadde inerme sul selciato, formando una larga pozza di sangue.
Reheni  ancora era lì, era accaduto tutto così velocemente! Corse via, il vento colpiva le guancie, diventarono rosse e cominciarono a rigarsi dalle calde lacrime provenienti da quei occhi che quella sera, quel giorno  avevano visto abbastanza.
Durante la corsa disperata, affianco a lei, nella traversa davanti, udì dei passi di qualcuno che correva, come lei, ma non si voleva  fermare voleva ritornare a casa, non voleva più vedere niente. Doveva solo superare la traversa e tutto sarebbe finito, non voleva scoprire chi o cosa era!
Fu travolta. Una presa salda la prese i fianchi, stava per cadere ma la cosa la resse in piedi.
 Voleva urlare per la disperazione. Una mano gli attappò la bocca.
 Gli occhi pieni di lacrime riuscirono riconescerlo. Era il Cavaliere. Era Redum.


Spero vi piaccia, so che ci sono errori. Il fatto è che lo faccio solo per divertimento e per sfogo quindi... ecco.. cercate di capire.. *scappa via*

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