I Will Wait You

di Momoko The Butterfly
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Clara Evans ***
Capitolo 3: *** Buonanotte ***
Capitolo 4: *** Confusione ***
Capitolo 5: *** Incontro ***
Capitolo 6: *** Alba ***
Capitolo 7: *** Melodia ***
Capitolo 8: *** Rapimento ***
Capitolo 9: *** Amore ***
Capitolo 10: *** Ti Amo... ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 Capitolo 1

 Salve a tutti!^^ Per tutti quelli che non mi conoscono, sono Momoko, e mi appresto per la prima volta a pubblicare fanfiction @_@ Spero che non mi menerete per aver scritto tale schifezza, e che in un modo o nell'altro, vi possa piacere^^
Buona lettura :)

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La pallida luce della luna illuminava i contorni di una piccola foresta in lontananza.

Le fronde degli alberi erano mosse da un leggero vento primaverile, frusciando tra loro, e l’erba danzava sinuosa su un vasto prato verde scuro.
Il luogo era pervaso da un tale senso di tranquillità e serenità, che era impossibile non lasciarsi trasportare dal suo richiamo silenzioso e godere di quel piacere assoluto che la natura sa regalare unicamente al cospetto del satellite argentato.
 
Ma poco a poco, un rumore si diffuse riecheggiando tra gli alberi, sinistro: quello di passi lenti e trascinanti che, a breve distanza l’uno dall’altro, diventarono ben presto qualcosa di più concreto.
Difatti, in poco tempo, dall’ombra della foresta emerse una figura; alta e snella, dalla pelle grigio chiaro e dai capelli d’ebano raccolti in una coda scomposta che gli ricadeva sulle spalle, pareva arrancare da un tronco all’altro con fare stanco.
Uno sguardo più attento, inoltre, rivelava che la figura – maschile – indossava un frac nero e una tuba dello stesso colore, molto eleganti, accompagnati da una camicia bianca e da una cravatta scura sotto.
Ma nonostante fosse perfettamente curato nel vestire quanto nell’aspetto, camminava barcollando con la schiena leggermente ricurva in avanti e la mano destra volta a stringersi i vestiti nella zona della spalla sinistra, più scuri del normale e anche bagnati.
La figura rimase completamente in ombra, fino a quando non andò incontro ad una quercia abbastanza robusta, sedendosi ai suoi piedi e incontrando un fascio di luce lunare che ne illuminò il volto.
Apparve il viso di un giovane uomo, pallido e imperlato di sudore, ma soprattutto due occhi dorati e brillanti, con un neo sotto al sinistro; sulla fronte, delle croci nere che si ripetevano come a formare una corona, che finiva dove cominciava l’attaccatura del capelli sulle tempie. E attorno alla sua spalla sinistra, sangue.
Nero e caldo sangue che gli colava lungo il braccio e sulla mano, lasciata immobile sull’erba come senza vita, ramificandosi in tante venature rosse scure che finivano poi per cadere come gocce sulla terra, macchiandola.
Oltre alla spalla, anche il fianco sinistro sanguinava. I vestiti lì erano stracciati e sporchi, lasciando intravedere sotto di essi un vuoto, un buco ancora più nero del frac che l’uomo indossava.
Ansimava, pareva mancargli il respiro.
Si tolse la tuba dal capo e la poggiò accanto a sé, sull’erba soffice. La sua testa parve come respirare, e i suoi capelli mossi riacquistare volume, dondolando sotto la leggera spinta del vento.
Dopodiché, i suoi occhi d’oro incontrarono la  figura argentata della luna, in tutta la sua rotondità. Sua onnipresente compagna di notti di sangue e morte, ora era per lui un’amica silente, che accoglieva i suoi più oscuri pensieri dettati dal dolore e dal rimpianto.
Chiuse gli occhi, sospirando.
Infondo, non gli dispiaceva andarsene, anche se avrebbe certamente preferito continuare a vivere. Avrebbe preso la morte con filosofia, come una cosa naturale, quando essa sarebbe arrivata. Non avrebbe di certo provato paura per la morte! Quel sentimento, quella debolezza umana che gli faceva venire il voltastomaco, ma che in quel momento, parve insinuarsi lentamente come un parassita nella sua mente.
Non avrebbe mai provato paura, se fosse morto combattendo per una giusta causa. Avrebbe preso la sua dipartita con più leggerezza, sapendo che i suoi ideali sarebbero comunque andati avanti, che non sarebbero morti con lui e che avrebbero continuato a vivere nei suoi famigliari. Di sicuro, la sua memory si sarebbe reincarnata in qualcun altro, permettendo così al Conte e al resto dei Noah di perseguire la loro lotta contro l’Innocence e gli esorcisti.
 
Tuttavia, per lui ora era diverso.
Sapeva benissimo che il Conte non aveva ritegno nello sbarazzarsi di coloro i quali non gli erano utili; sotto a quel sorriso perenne si nascondeva infatti una personalità agghiacciante, per nulla allegra e spensierata come si mostrava a prima vista.
Avrebbe dovuto capirlo, invece di fare ciò che aveva fatto. Invece di tradirlo.
Aveva avuto il coraggio di voltargli le spalle.
 
Era accaduto tutto quella stessa notte; dopo avergli detto che non avrebbe più lavorato per lui, con la solita calma e compostezza di sempre, il Lord gli aveva risposto, con finto rammarico: “Se le cose stanno così… Allora non ci servi più ♥”
E subito dopo, aveva sentito un dolore atroce, prima lungo il fianco, poi lungo tutto il corpo. Il respiro gli si era bloccato  all’istante, e la sua bocca era rimasta immobile, aspettando di far uscire altre parole. Invece, però, aveva sputato del sangue, che gli aveva macchiato le labbra e i vestiti.
Successivamente, i suoi occhi dorati, che parevano essere stati ciechi fino a quel momento come colti da un lampo di luce, si erano accorti della figura ingombrante del Conte davanti a loro; e poco più giù, la sua spada, conficcata nel suo corpo, che lo aveva attraversato da parte a parte.
Non aveva nemmeno avuto il tempo di pensare, o di dire qualcosa, che le parole del Conte, avvicinatosi a lui per guardare meglio la sua espressione sofferente e sorpresa, gli erano arrivate come sussurri incomprensibili all’orecchio: “ Anche se mi dispiacerà perdere del tempo prezioso, aspetteremo che un altro prenda il tuo posto. Di sicuro, sarà un Noah meno scapestrato di te…”
Road aveva mosso qualche passo verso lo zio, ma il padre Cheryl l’aveva afferrata per una spalla, costringendola a fermarsi. Lei allora lo aveva guardato con un volto supplicante, pregandolo di lasciarla andare con lo sguardo. Ma lui aveva scosso la testa. Ribellarsi ad una decisione del Conte non sarebbe servito a niente; per quanto gli dispiacesse perdere un famigliare, non potevano farci nulla.
Gli occhi di Road erano diventati lucidi di lacrime, e due parole amare quanto sofferte le erano scappate dalle labbra: “Stupido Tyki…”
Il Lord aveva ritirato la spada con un sibilo improvviso, facendo cadere a terra il Noah del Piacere con un tonfo attutito. Altro sangue aveva preso a scorrere, espandendosi lungo il pavimento di Villa Kamelot.
La tuba gli era caduta, finendo poco sopra la sua testa, con la parte inferiore della cupola verso di lui.
Tyki aveva stretto i denti per contenere il dolore, e subito dopo aveva iniziato a rialzarsi con enorme sforzo. Con una mano si era stretto il buco che gli era appena stato fatto e dal cui interno stava continuando a sgorgare fuori altro sangue.
“Ti rialzi di già?”Aveva commentato placidamente il Conte, con una risatina sommessa e con una mano guantata sul pancione, volta a farlo contenere.
Lui intanto si era ripreso il cappello e se lo era calcato bene sulla testa, come se i fatti accaduti pochi istanti prima non fossero mai avvenuti.
Poi, aiutandosi con le ginocchia, si era issato in piedi, ansimando lievemente. Il suo sguardo si era posato sulla nipote e sul fratello, ai quali rivolse un sorriso debole e velato di dispiacere.
 
“Scusatemi”.
 
Infine, con calma, aveva iniziato a mettere un piede dietro l’altro, portandosi così a debita distanza dal Conte, che aveva continuato a guardarlo senza capire cosa gli passasse per la testa. E subito dopo, aveva iniziato a inabissarsi velocemente nel pavimento, passandoci attraverso come niente e sparendo via via alla vista dei famigliari.
Il Lord del Millennio allora aveva reagito tempestivamente e aveva sparato un raggiò di energia violacea e luminosa che come un proiettile aveva colpito la spalla del Noah, un attimo prima che questo fosse sparito del tutto.
Reso furibondo dal tradimento e dalla mancata uccisione dell’ex alleato, il Conte si era voltato verso i presenti e aveva esclamato, con finta allegria: “Dobbiamo cercarlo! Vivo o morto che sia, va trovato e portato indietro. Su, fratelli! ♥”.
E mentre i primi apostoli si lanciavano nelle ricerche, Tyki era apparso in una foresta ignota, all’interno della quale aveva vagabondato barcollando fino a ritrovarsi ai piedi di quella grossa quercia da cui poi non si era più mosso.
 
Rievocando quei cupi ricordi, nella propria mente, riusciva ancora a distinguere nettamente il dolore che aveva provato nell’attimo in cui si era ritrovato quella grossa spada infilata nel fianco, e l’espressione triste di Road e Cheryl.
“Stupido Tyki…”… Le parole di Road gli apparvero come una serie di lettere scomposte ed evanescenti che sparivano dissolvendosi come fumo di sigaretta.
Le sue sigarette… Cosa avrebbe dato in quel momento per poter fare una tirata! Di sicuro lo avrebbero aiutato a rendere meno massacrante il dolore. E l’amara verità che sovrastava le sue azioni: aveva fatto tutto per amore.
Per l’amore di una persona che a malapena conosceva, ma per la quale aveva iniziato però a provare quella strana sensazione che ti attorciglia lo stomaco e ti tiene sopra le nuvole.
 
All’inizio, non avrebbe pensato che una semplice donna umana potesse scatenare in lui tanti affanni e cambiamenti, che gli facesse provare delle vere emozioni; le stesse che lui repelleva con tanto disgusto perché ritenute deboli e inutili.
Però, dopo averla conosciuta, qualcosa di lei lo aveva scosso. Era il suo sorriso, i suoi modi cordiali, la sua sincerità o i suoi occhi smeraldini illuminati dalla passione? Forse tutto, forse niente. Ma probabilmente Clara gli aveva solo ricordato i piaceri dell’essere umano, che lui aveva da tempo – forse volutamente – dimenticato.
Come quando viveva assieme ai suoi amici in miniera, e come quando regalava al piccolo Ease le pietruzze luccicanti che raccoglieva in mezzo alle grosse pietre che spaccava.
Tuttavia, in quella doppia vita aveva sempre prevalso quell’aria falsa, menzognera, che a lui non dava poi tanto fastidio, per carità, ma che in qualche modo gli ricordava chi era veramente e cosa faceva realmente.
Lui era Tyki Mikk, il terzo apostolo, il Noah del Piacere, Joyd. Lui lavorava per il Conte del Millennio, uccideva gli esorcisti e recitava il copione della fine del mondo assieme agli altri Noah.
Ma da quando aveva terminato la sua battaglia all’interno della vecchia arca, aveva perso qualcosa.
Aveva sempre cercato di contenere il suo Noah, la sua integrità, per poter tornare dalle persone a lui care e continuare a vivere quella doppia vita che tanto gli piaceva, ma dopo aver perso contro gli esorcisti non era stato più in grado di rivedere i suoi amici; e Ease.
Alla fine, il suo lato nero aveva in qualche modo prevalso, soffocando un altro po’ il suo lato bianco e celandolo sempre più in profondità.
 
Tuttavia, Clara lo aveva riscoperto. Era stata capace di riportare alla luce il Tyki che scherzava con gli amici, che lavorava in miniera, che sorrideva a quel piccolo bambino a cui regalava tutto ciò che di prezioso trovava. Aveva ridato vita ad una parte importante di lui.
E con le parole di quella donna a guidarlo si era permesso di ribellarsi al Conte, rendendosi poi conto di aver compiuto un gesto troppo avventato e fatale.
 
Le ferite gli facevano sempre più male, bruciando in modo allucinante; e allo stesso tempo si sentiva trafitto da innumerevoli aghi appuntiti, che gli bucavano la pelle penetrando in profondità e lacerando le carni.
Ad ogni fitta il respiro veniva mozzato, e diventava sempre più irregolare, mentre goccioline di sudore gli scendevano lungo le tempie e sul collo.
Il volto era stanco e pallido, straziato dal dolore e dalla fatica. Aveva sonno. Ma probabilmente non si trattava di semplice stanchezza, bensì della vita che lentamente stava scivolando via da lui.
Col poco tempo che gli rimaneva, volse il suo sguardo ancora verso la luna e si abbandonò ai ricordi, per ripercorrere come in una vecchia pellicola dai toni di seppia, tutti gli eventi precedenti il suo tradimento...

 

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Se state leggendo queste righe e avete letto fino in fondo, be'... arigatou gozaimasu *si inchina*. Spero vivamente che come prologo vi abbia incuriosito, che il mio caro Tyki-pon non sia troppo OOC (forse è un po' presto per dirlo, ma... era l'idea di base della storia che poteva non coincidere completamente col suo personaggio); nel caso in cui lo dovesse essere, m'impegnerò a fondo per migliorare! *occhi fiammeggianti di determinazione*.
Lasciate un commentino se la storia vi è piaciuta o se non vi è piaciuta, sono sempre aperta a critiche e consigli (Non è vero >.> ndTyki) (Taci e continua a fare il moribondo tu! ndMomoko).
A parte questo, vi ringrazio ancora per aver letto, e a presto! ^^

Momoko.

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Capitolo 2
*** Clara Evans ***


Capitolo 2
Clara Evans

Tyki e Cheryl si dirigono alla villa della famosa Clara Evans. Il Noah del Piacere la descrive come una ‘non facile da gestire’.
Cosa potrà mai esserci di tanto difficoltoso nel farla diventare un Akuma?

 
 
-Tyki? Tutto bene, fratellino?
 
La voce di Cheryl aveva riportato alla realtà il Noah del Piacere, costringendolo a distogliere lo sguardo dal finestrino della carrozza che sobbalzava correndo veloce per la campagna.
- Tutto bene? - ripeté il fratello maggiore chinandosi appena in avanti.
Il fratello minore scrollò le spalle e rispose, tornando a fissare la finestra con aria persa, il palmo poggiato sulla guancia:
- Sì, benissimo.
Sperava vivamente che il fratello tacesse e che non facesse altre domande, e invece...
- Sai, è da un paio di giorni che ti comporti in modo strano. Sei sicuro che vada "benissimo"?
Era sempre stato così... Quando voleva sapere qualcosa era capace di assillarti fino allo sfinimento, finendo poi per farti sputare fuori la verità contro ogni volontà.
- Sì... - biascicò Tyki. La voglia di non parlare era tanta. E per dimostrarglielo ulteriormente accavallò le gambe.
Cheryl non se ne curò, e continuò a parlare.
- Non parli nemmeno più, fratellino. Se stai male devi dircelo, intesi?
- Intesi… - fece il fratello minore con aria disinteressata, per poi aggiungere – E’ che ultimamente dormo poco, tutto qui.
Il suo sguardo, tornato a fissare con noia il paesaggio che scorreva veloce davanti a lui, faceva intendere che non aveva proprio intenzione di parlare ancora. E questa volta Cheryl tacque; per quanto avesse provato, negli anni, raramente era riuscito a persuadere il fratellino secondo la sua volontà, come invece con altre persone più facilmente riusciva a fare.
Purtroppo, Tyki non aveva mai amato parlare di sé, né tantomeno dei propri problemi personali. E questo il Noah del Desiderio non poteva certo cambiarlo. Si limitò quindi a fare qualche minuto di silenzio, per poi tornare a parlare cambiando argomento per spezzare la tensione creatasi.
- Il padre di Miss Evans non gode di buona salute, ultimamente. Temo che gli resti poco tempo.
- E allora? – domandò Tyki voltando nuovamente lo sguardo sul fratello, senza però fare il minimo movimento della testa.
Cheryl fece un sorrisetto malsano e rispose, alzando le spalle con aria di ovvietà:
- Il Conte dovrebbe essere informato. Avere una come Miss Evans tra le sue fila… Non pensi che sarebbe meraviglioso? – concluse, sognante.
- Miss Evans non è una facile da gestire - ribatté Tyki - Non penso che accetterà facilmente.
- Ma è proprio per questo che stiamo andando là! - esclamò Cheryl all'improvviso come mosso da un’energia invisibile- Dobbiamo indurla a intristirsi sempre più, così quando il Conte le farà visita non opporrà troppa resistenza!
Tyki sobbalzò leggermente, forse per la brusca curva che aveva fatto la carrozza, forse per la esagerata reazione del fratello. Come sentì quella risposta, il suo giovane e affascinante viso si corrugò in un broncio rassegnato.
- Quindi mi avresti portato con te per...
- Ma certamente! - concluse il fratellone per lui - Col tuo irresistibile fascino cadrà ai tuoi piedi! Non vedi quanto sei fortunato, fratellino adorato? Un bel visino come il tuo non capita spesso.
Si avvicinò poi per dargli un grosso pizzicotto amorevole sulla guancia. Tyki lo scansò con inaspettata rapidità, spostando la testa di lato giusto qualche secondo prima, e poi disse, telegrafico:
- Non provarci.
Poi, cercando di sviare dal discorso "bellezza di Tyki", aggiunse:
- Senti, perché Road non è venuta con noi?
A quel  nome il volto di Cheryl s'illuminò, per poi cadere nelle ombre più nere della depressione.
- La mia piccina... Il Conte l'ha mandata in missione... - singhiozzò - Tutta solaaa!
Poi ebbe un sussulto improvviso, raddrizzandosi di schiena e alzando l'indice per aria come a voler minacciare qualcuno:
- Se Allen Walker si azzarda a metterle le mani addosso, io... io...
 
- Siamo arrivati, Lord - li interruppe il cocchiere in quel momento, salvando Tyki dalla furia assassina del fratello che, tornato improvvisamente tranquillo e sereno, rispose:
- Benissimo!
Il Noah del Piacere sospirò. Alla fine, anche lui riusciva a manovrarlo a proprio piacimento. Bastava conoscere i suoi punti deboli, in questo modo evitava di incappare in discorsi scomodi.
La portiera della carrozza si aprì, e il ministro Kamelot scese per primo, seguito da Tyki, il quale inspirò a pieni polmoni l'aria fresca. Era stato chiuso in quel trabiccolo ermetico per parecchie ore.
Ad attendere i due fratelli c'era un signore lindo e composto, sulla cinquantina e con un grosso paio di baffi folti castani sotto al nasone.
- Benvenuti, Sir Kamelot e Sir Mikk. Miss Evans attendeva il vostro arrivo con trepidazione. Prego, vogliate seguirmi...
E fece segno ai due uomini di venirgli dietro.
Li condusse su per una piccola collinetta verde, rivelando un paesaggio mozzafiato: dove la collinetta si riabbassava, si stagliava una villa dalle mura bianche e pure, molto antica e circondata di verde. Più a nord, compariva una foresta che si estendeva per molti chilometri, fino alle montagne.
Lì viveva una delle più ricche e influenti famiglia dell'Europa: gli Evans.
La signora e il signor Evans, grandi imprenditori e proprietari di numerose attività in tutto il continente, avevano una figlia venticinquenne, di nome Clara.
Era lei che Cheryl e Tyki erano andati a visitare, per trascorrere il pomeriggio in sua compagnia. La villa era di sua assoluta proprietà, con tutto ciò che v'era annesso.
Il fatto che una ragazza giovane, senza impiego attuale, vivesse da sola in un edificio così immenso, con un giardino così vasto, lasciava intendere a sufficienza la disponibilità economica e il grado sociale della sua famiglia. Era quindi una colonna portante nell'aristocrazia, su cui il Conte non avrebbe proprio potuto non fare affidamento.
Cheryl inoltre aveva visto bene: il signor Evans, a causa della veneranda età cui era giunto, si ritrovava in condizioni non troppo positive. Era quindi logico pensare che, presto o tardi, avrebbe tirato le cuoia. E se la figlia, giovane e intelligente, fosse diventata un Akuma, il Conte avrebbe avuto un alleato potente e prezioso al suo fianco.
 
L'uomo baffuto accompagnò i due fratelli fino al giardino della villa, che altri non era che il campo verde e libero attorno a essa. All'ombra di un grosso albero frondoso, seduta ad un tavolino tondo e bianco, stava una ragazza.
Aveva lunghi capelli castano chiaro, e due occhi che parevano due smeraldi incastonati nel bel viso pallido e delicato. Tante piccole lentiggini le ricoprivano il naso e la parte superiore delle guance, come tanti spruzzi di colore.
Indossava un modesto abitino color lavanda, decorato con morbide balze candide e spumose alla fine.
Una volta raggiunta dall'uomo baffuto, si alzò e con un sorriso solare in volto, disse:
- Grazie, George. Ora va' pure.
Questo si congedò, al termine di un accennato inchino, mentre i due fratelli rimasero fermi dov'erano, davanti alla giovane.
- Benvenuti, è un grande piacere per me incontrarvi di nuovo.
Cheryl le prese la manina e, chinandosi su di essa, le diede un piccolo bacio.
- Madame, il piacere è tutto nostro.
Poi si raddrizzò e disse, indicandosi e usando un tono molto cordiale:
- Sono sicuro che lei già mi conosce; sono Cheryl Kamelot, e questo affascinante signorino accanto a me è mio fratello...
- Tyki Mikk - concluse senza accorgersene la donna. Subito dopo si coprì le rosee labbra con la delicata manina e fece, dispiaciuta e imbarazzata:
- Oh, mi perdoni! In realtà, Sir Mikk e io ci siamo già conosciuti, al ballo di qualche sera fa’. Ricorda?
Tyki sorrise, cortese.
- Certamente - rispose, facendo alla ragazza un baciamano anche lui - E' stato piacevole ballare con lei.
Clara arrossì vistosamente.
- Era solo il mio primo ballo. Non sono abituata a quel genere di eventi.
Il Noah del Piacere soffocò una piccola risatina, evidentemente forzata, ma con molta convinzione.
- Suvvia, non sia modesta. E' stata eccellente.
La giovane arrossì ancora. Successivamente fece un repentino scatto verso le sedie, indicandole poi ai due uomini.
- Prego, sedetevi! - propose, prendendo posto sulla sua e attendendo che i due fratelli si accomodassero a loro volta.
Pochi attimi dopo, George, il maggiordomo personale di Clara, servì loro del buon thè inglese. Poi scomparve nuovamente, lasciando ai tre aristocratici la teiera, le tazze, lo zucchero e qualche pasticcino squisito, colorato e dall’aspetto invitante.
Per qualche minuto i tre non proferirono parola. Clara sembrava piuttosto imbarazzata ancora dall’equivoco precedente, e aveva sinceramente paura di aver rovinato l’incontro.
Fu Cheryl a spezzare quel tombale silenzio:
- Sappiamo che vostro padre, il signor Evans, non versa in ottime condizioni di salute…
La giovane sollevò lo sguardo di scatto, rimasto fermo a fissare le foglie nel thè come ipnotizzato, e disse, con un velo di tristezza:
- Dite bene. Mio padre è a letto da giorni, e mia madre teme sinceramente per la sua vita.
- E voi? – chiese improvvisamente Tyki, aprendo bocca per la prima volta.
Aveva intuito le intenzioni del fratello, e poteva soltanto assecondarlo.
Clara rimase piuttosto stupita. Nessuno le aveva mai chiesto come si sentisse lei, mentre invece l’attenzione era sempre stata tutta concentrata verso il padre malato.
- Non posso dire di stare bene, ma… - disse, concludendo con un sorriso – Sono fiduciosa e serena che presto o tardi, tutto tornerà come prima. E se anche dovesse accadere l’irreparabile, sarei pronta ad accettarlo con coraggio.
 
Ecco. Quella era Miss Evans, la donna sempre ottimista e che nessuna tragedia poteva scalfire. Nemmeno la morte del padre, a detta sua, avrebbe potuto scoraggiarla. Per questo Tyki l’aveva definita “non facile da gestire”.
Cheryl prese un sorso di thè, totalmente tranquillo, pur essendo conscio della difficoltà della ‘missione’ che stavano svolgendo. Tyki, invece, non toccò minimamente la tazza.
Il suo primo tentativo era andato a vuoto.
“L’avevo detto che non sarebbe stato facile…”pensò.
 
- Comunque, la morte di un genitore è molto sconvolgente – attaccò Cheryl, per dare man forte al fratello, al quale rivolse di soppiatto un sorrisino smielato; Tyki cercò di evitarlo con tutte le sue forze, schifato.
Clara bevette con grazia dalla propria tazzina, per poi rispondere,  calma e cordiale:
- Oh, sì, non ne dubito. Ma queste cose accadono lo stesso, e noi poveri esseri umani non possiamo farci nulla…
Mentre finiva di dire la frase, volse il suo sguardo verso l’immensità del paesaggio, ove questo s’incontrava con il cielo azzurro solcato da qualche nuvola grigina.
- … Possiamo solo andare avanti, col ricordo della persona a noi cara e defunta nel cuore, come un angelo custode che ci sorveglia e ci protegge.
Il suo viso, mentre diceva quelle parole, era velato di melanconia; quasi avesse nostalgia di non poter comprendere i grandi significati e interrogativi che circondano la vita. Ma al tempo stesso, un grande desiderio di conoscenza, di scoperta, la animava. Aveva la tipica indole da avventuriera, insomma.
 
- Oh, voi siete una poetessa nata, Miss Evans! – la adulò Cheryl con il suo solito falso sorriso.
Clara arrossì improvvisamente, per poi coprirsi le gote purpuree con le manine e mormorare:
- Lo state facendo apposta... Io dico solo ciò che penso...
Sembrava che il suo lato forte e fiducioso fosse improvvisamente svanito.
- Anche noi – le fece eco Cheryl, catturando l’interesse totale della donna e intrattenendosi con lei in mille discorsi differenti, suscitando ogni volta lo stesso rossore sulle candide guance della donna.
Il pomeriggio passò così, tra discorsi inutili - secondo Tyki - e falsi complimenti. I due fratelli si congedarono infine al tramonto quando il sole rosso fuoco stava andando a dormire tingendo di tinte calde il cielo.
Allora apparve il maggiordomo George, che li condusse nuovamente dall'altro lato della collinetta e quindi alla carrozza.
Il cocchiere era ancora lì, rimasto ad aspettare i due aristocratici per tutto il tempo. Il vecchio baffuto non osò chiederne il motivo, né parve interessarsene, e salutò i suoi ospiti con un cordiale inchino.
I due fratelli tornarono nella carrozza, e questa, dopo qualche incitamento dei cavalli da parte del cocchiere, si mosse, dondolando. Le ruote presero a girare con velocità, producendo un incessante scricchiolio sulla ghiaia e sulla terra sterrata che tappezzava la stretta stradina di campagna che stavano solcando.
Cheryl e Tyki non parlarono quasi per niente, lungo la via del ritorno. L’unico che aprì bocca fu il maggiore, il quale espresse con sentito interesse i propri pareri sulla giornata appena trascorsa.
Il minore, dal canto suo, era tornato a guardare distrattamente fuori dal finestrino, mentre rimuginava sulle parole dette da Clara.
“ Fiducia, coraggio… bah… Che mucchio di cavolate.”
- Tyki-pon? - lo chiamò Cheryl con tono malizioso.
- Ti ho detto mille volte di non chiamarmi così - sbottò Tyki scocciato - Cosa c'è?
- Come ti è sembrata?
- Chi?
- Miss Evans!
- Ah... Alquanto passionale a dirla tutta.
- Non intendendo quello, fratellino - fece Cheryl - Dicevo, se ti è sembrato avesse un qualche punto debole su cui possiamo insistere di più.
Il Noah del Piacere ci pensò un po' su, poi rispose:
- No, non mi è sembrato. E' impossibile scoprire il punto debole di una persona al primo incontro. Dovrai tornarci.
A quel punto il fratello maggiore esclamò:
- Oh, ma sono impegnatissimo! Ho delle riunioni importanti a cui non posso assolutamente mancare!
Poi si mise la mano sul mento, pensante. Infine, sollevando l'indice soddisfatto, disse:
- Ci andrai tu, Tyki-pon!
A quelle parole, il minore sbarrò gli occhi incredulo, poi ribatté:
- Aspetta. Chi ha detto che devo andarci io? Come se non avessi anch'io degli impegni importanti...
Cheryl sorrise sornione.
- Ma siamo tutti abbastanza sicuri che non ne hai...
"Dannazione!"
 
Per la prima volta, Tyki maledì la propria ignoranza. Se fosse stato più colto, come suo fratello - anche se non lo avrebbe mai voluto realmente - sarebbe sicuramente riuscito a trovare una scappatoia al supplizio che gli sarebbe toccato sopportare nei giorni a venire.

*

La carrozza si fermò dopo molte ore di viaggio, davanti alla villa Kamelot.
Era sera, e le prime stelle trapuntavano il cielo di tanti lumini brillanti.
I due fratelli percorsero un vialetto di pietra bianca ai cui lati facevano la loro figura delle belle siepi verdi e regolari, superarono una breve scalinata e bussarono all' immenso portone di legno di noce di Villa Kamelot.
Dopo qualche minuto ad aprirgli arrivò una bambina. Aveva dei capelli blu scuri e grandi occhi penetranti. Indossava uno sfarzoso abitino pieno di fiocchi e pizzi.
Dietro di lei una donna bionda, dalla pelle lattea e delicata, che vestiva decisamente in modo molto più sobrio, rimase sulla soglia, mentre la giovane correva a braccia aperte verso i due fratelli – o per meglio dire, verso Cheryl - , gridando:
- PAPAAAA’!!!
Questo fece lo stesso, con gli occhi lucidissimi di gioia.
- ROAAAD!!! - esclamò, mentre si stritolava, con la tanto amata figlioletta, in un abbraccio forse molto più paterno del normale.
Tyki rimase ad osservare la scena, totalmente indifferente, mentre gli si avvicinava la donna bionda.
- Buonasera, Trisha - la salutò lui togliendosi la tuba in segno di saluto.
- Buonasera Tyki - fece anche lei rivolgendogli un sorriso gentile.
In quel momento, irruppe la giovane Road, catapultandosi addosso allo zio talmente forte da farlo quasi cadere all'indietro.
- Tykiii!!! - gridò, allacciandosi al suo collo e muovendo ritmicamente le esili gambe su e giù.
Sembrava non li vedesse da una vita!
Il Noah del Piacere la afferrò per le ascelle e se la allontanò dal viso, guardandola. Anche se spesso dimostrava di essere la nipote più rompiscatole del mondo, almeno era l'unica che lo chiamava col suo vero nome, senza usare stupidi soprannomi o imbarazzanti vezzeggiativi.
- Yo, Road - disse lui con un piccolo sorriso, mettendola giù.
Cheryl intanto aveva dato un lieve bacio sulle labbra della moglie, anche se sembrava che le attenzioni fossero tutte per la figlia. Dopodiché, la seguì all'interno della villa.
Road gli andò dietro, ma poco prima si sparire completamente chiudendo il portone, si voltò verso il portico e vide Tyki fermo sulla soglia.
- Hey, Tyki... Tu non entri? - chiese con un sorriso furbetto.
Lo zio però rispose:
- No, il Lord mi ha dato un incarico importante da svolgere.
E calcandosi ben bene la tuba sulla testa, salutò la nipote, la quale rispose agitando la manina.
- Ci vediamo domani, Tyki - disse, chiudendo piano il portone.
- Ok - rispose lui, scendendo la scalinata e sparendo nella notte.

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Eccomi qua :D E' passato poco tempo, lo so, ma ho deciso di postare il capitolo oggi e adesso per vari motivi:
- Non mi andava di lasciare solo il prologo, volevo dare un idea maggiore della storia in sé per darvi una base da cui partire per recensire^^
- Da adesso in poi gli aggiornamenti saranno lentissimi, per cui questo consideratelo un piccolo regaluccio :)
Come capitolo non mi piace molto, vi avverto >.< Non ne sono molto soddisfatta, ma dai prossimi - che saranno più lunghi ed elaborati - spero di poter fare qualcosa in più ;)
E spero anche che Clara vi piaccia. E' una ragazza molto ottimista, anche se ancora non la conoscete del tutto *pensa agli sviluppi futuri con una risata maligna*.
Be', che dire, ringrazio Nuirene e Acquamaryne e Guchan per aver recensito, chi l'ha messa tra le seguite e tra le preferite (così presto xDD Sono commossa :°D). Mi auguro che continuiate a seguire la storia e che possa piacervi fino alla fine!!!

A presto, 

Momoko 

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Capitolo 3
*** Buonanotte ***


Capitolo 3
Il Conte trama qualcosa di losco per impossessarsi dell’anima di Miss Evans. 
E, mentre la giovane trascorrerà con Tyki una piacevole giornata, la notte la lascerà con l’amaro in bocca.

 
 
Road rientrò in casa, correndo allegra verso il padre, che stava salendo le lunghe scale centrali della villa, sorprendendolo alle spalle e circondandogli i fianchi con le braccia.
- Dove siete stati? - chiese, mentre lo vedeva voltarsi verso di lei e prenderla in braccio.
- A far visita a Miss Evans - rispose amorevolmente Cheryl, riprendendo a salire le scale, con la moglie affianco.
- E' stato divertente? - domandò nuovamente Road, falsando la voce e rendendola più acuta del normale.
- Moltissimo! - fece sorridendo il padre.
A quel punto la giovane aggrottò le sopracciglia.
- E allora perché Tyki era mogio?
- Non è stato divertente per tutti - fece Cheryl per tutta risposta, alzando l'indice per aria con fare saccente. Poi, voltandosi verso la moglie, le disse - Trisha, tu va' pure avanti, io vado a mettere a dormire la piccola.
La donna sorrise e fece, dando il bacetto della buonanotte alla figlia:
- Va bene caro, buonanotte.
- Buonanotte - dissero padre e figlia.
Quando Trisha fu sparita oltre la porta in cima alle scale, Road assunse all’improvviso un tono molto più maturo, e i suoi modi dolci e zuccherini sparirono; o almeno, quasi del tutto.
- Neh, papà… Che ha fatto Tyki? – chiese abbracciandolo.
- Credo che non si sia ancora ripreso del tutto, sai? – rispose Cheryl sospirando.
Il tono che aveva assunto improvvisamente la conversazione, non era per niente paragonabile a qualcosa di famigliare. In quel momento i due non parlavano come padre e figlia, ma come la Noah del Sogno e il Noah del Desiderio…
- Oggi si è sentito male? – tornò a domandare Road, stampando un sonoro bacione sulla guancia destra del padre, che diventò rosso come un pomodoro.
- O-Oggi no… Ma penso che la notte non riesca a dormire, povero fratellino – balbettò con un sorriso non poco malizioso in volto.
Road rimase in silenzio.
- Però, il Conte ha detto che a causa di ciò, il suo Noah si è risvegliato! – aggiunse il quarto apostolo.
E ancora una volta la giovane non fiatò, rimanendo pensosa.
Si, si era risvegliato, ma a quale prezzo?
Lei ricordava distintamente la paura provata nell’attimo in cui aveva temuto di perdere un componente importante della propria famiglia. L’avversione verso Allen Walker, conseguenza di ciò, erano quasi innaturali, per lei. Lei che sembrava giocare invece che combattere,  per una volta aveva sentito di non stare partecipando a un gioco, ma alla realtà; così… diversa dai suoi sogni… Che le dava persino fastidio.
 
Ma non disse nulla al padre, con il quale salì in silenzio le scale, fino a sparire completamente nel corridoio buio.
 

Tyki camminava lungo un vialetto di campagna, le mani in tasca e l’aria assorta. Teneva lo sguardo dritto di fronte a sé, con la tuba in testa e la lunga coda che dondolava al ritmo dei suoi passi sulla sua schiena.
Arrivò fino al limitare della campagna, dove vide cominciare un piccolo boschetto. Vi si addentrò, e dopo aver passeggiato per qualche minuto al suo interno, vide sbucare davanti a sé una porta.
Era completamente nera e tonda, più simile alla superficie increspata di una grigia pozzanghera; l’Arca. Quella nuova, s’intende.
Dall’interno della porta, emerse piano una figura panciuta e ingombrante, avvolta in un cappotto color crema che ne risaltava le forme tondeggianti. Portava una tuba anche lui, solo, molto più stravagante e decorata con vistosi fiorellini colorati; ben calcate sul naso, un paio di lenti tonde che nascondevano i suoi piccoli occhi dorati.
Ma il tratto di lui più caratteristico, era il sorriso; una bocca lunga e larga che si apriva in una perenne smorfia felice, che non spariva mai nemmeno con la peggiore delle disgrazie. Era, in altre poche parole, il Conte del Millennio. E già il suo nome parlava da solo, senza che il primo Noah dovesse necessariamente aprire bocca per presentarsi.
Si avvicinò a Tyki e gli diede una sonora pacca sulla spalla, ridacchiando contento. Poi tirò fuori un fazzoletto da una manica del cappotto e si pulì il naso, tirando su molto rumorosamente.
- State bene, Lord? – domandò il Noah del Piacere con falso interesse.
Il Conte non rispose. Cominciò a inspirare profondamente, trattenendo poi il respiro. Si portò le mani paffute e il fazzoletto al volto, e dopo interminabili attimi di attesa, esplose con un violento:
- ETCIUUUUUU’ ♥!!!!
Tyki si scansò alla velocità della luce con un salto all’indietro, evitando per un pelo di beccarsi in faccia muco e germi.
- Lord, avverta quando sta per starnutire! – lo rimbeccò.
- Scusa, Tyki-pon – biascicò il Conte, soffiandosi il naso – Temo di aver preso il raffreddore, sigh ♥.
A guardarlo bene, sembrava proprio uno straccio, e il portoghese si stupì. ‘L’uomo’ che avrebbe dovuto far sprofondare il mondo nella distruzione, il creatore degli Akuma, nonché primo apostolo dei Noah… che veniva messo K.O da una banale influenza.
Ma nonostante tutto, quello non era proprio il momento adatto per simili problemi…
- Allora, Conte – fece Tyki, cambiando argomento – Qual è il mio obbiettivo questa volta?
Il Conte ridacchio vistosamente.
- Oh oh oh… Nessuno! ♥ – esclamò infine.
- Come? - esclamò il Noah sgranando gli occhi.
- Non c'è nessuno da uccidere, Tyki-pon ♥ - ripeté più chiaramente il primo apostolo.
Tyki allora disse, spazientito:
- E allora per cosa mi avete chiamato, Lord?
Il Conte rise un'altra volta.
- Eh eh, vorrei che mi raccontassi di oggi ♥ - rispose gioioso.
A quella risposta, il Noah del Piacere per poco non gli gridò addosso, irato. Da quando era diventato la sua segretaria?!
Da un po’ di tempo le missioni che gli venivano affidate non comprendevano più la caccia agli esorcisti, o la ricerca del Cuore; anzi, a dirla tutta, era da un bel po’ che non andava in missione.
Probabilmente il Lord aveva qualcosa in programma, ma perché cancellare completamente ogni altro compito che, seppur meno importante, costituiva una parte fondamentale del loro piano?
Tyki tirò un grosso sospiro di rassegnazione, misto alla volontà di non voler sfogarsi sul suo capo.
In fondo, lamentarsi non sarebbe servito a molto… Se il copione del Conte era quello, i Noah avevano l’obbligo di seguirlo, benché non ne fossero pienamente a conoscenza. Eppure, il desiderio di poterlo leggere, era molto vivo nelle menti di ognuno, soprattutto in quella del terzo apostolo.
 
- A-ehm… - iniziò a parlare quest’ultimo, incerto e ancora scosso per l’amara scoperta – Be’, è stato abbastanza noioso…
Il Conte rise ancora, come se si fosse espresso male.
- Oh oh oh, non quello, Tyki-pon! ♥ – esclamò infatti, soffiandosi il naso.
E questa volta, Tyki fu sull’orlo di esplodere. Non gli piaceva mettersi in imbarazzo, neanche davanti al Conte. Ma forse ciò che gli dava più fastidio era quando qualcuno gli faceva notare i suoi errori o la sua ignoranza.
Ora non sapeva davvero che dire… Non era adatto a quel genere di ‘compiti’.
Fortunatamente, il Lord del Millennio sollevò da lui ogni dubbio. Dopo che ebbe riso di gusto per qualche minuto, si fermò a riprendere fiato, spiegandosi poi meglio.
- Volevo sapere solo se è possibile che Miss Evans diventi un Akuma e quanto tempo ci vorrebbe per far si che ciò avvenga ♥ - disse alzando le spalle e col solito sorriso a trentadue denti in volto.
- Ah… - mormorò il Noah leggermente in imbarazzo. Però, se c’era una cosa che gli riusciva bene, era quella di fare una ottima poker face che nascondeva la sua reale espressione senza che nessuno potesse notarla. Si schiarì la voce e iniziò a parlare, cercando di riferire i fatti accaduti nella maniera migliore possibile.
- Miss Evans è una donna molto difficile. Ma probabilmente farla diventare un Akuma non sarà impossibile.
Il Conte fece una piroetta agitando Lero – il suo golem a forma di ombrello – per aria, allegro. Poi si fermò e chiese ancora, piacevolmente sollevato della risposta appena ricevuta:
- E il caro signor Evans? ♥
Tyki rimase impassibile alla sua reazione, e rispose anche a quella domanda.
- Le sue condizioni non migliorano; tuttavia, non stanno nemmeno peggiorando. Continuando così, la cosa andrà per le lunghe.
Sebbene il primo apostolo inizialmente sembrasse felice di quella notizia, col finire della frase da parte del terzo apostolo s’intristì. Le lunghe orecchie a punta sembrarono persino abbassarsi, sconfortate.
- Oh… - biascicò.
Passarono diversi attimi di silenzio.
A Tyki non importava poi molto delle condizioni di salute di quell’uomo, né delle emozioni della figlia. In verità, tutta quella faccenda gli era completamente estranea. Già era difficile far buon viso a cattivo gioco durante i balli di gala e le feste – molto numerose nella sua famiglia - ; e se poi doveva persino lavorarsi persone di tale rango, la faccenda si faceva ancora più seccante del normale. Era Cheryl quello più adatto, non lui! Avrebbe preferito di gran lunga dare la caccia a un Esorcista che sorridere come uno qualsiasi a quella gente.
Ma il Conte parve non farci molto caso, perché nel giro di un secondo le sue orecchie si drizzarono, il viso s’illuminò e i suoi occhialetti tondi risplendettero nell’oscurità, allegri e maligni al tempo stesso. Perché se c’era una cosa che di lui era sì risaputa, ma anche temuta, era proprio quel suo atteggiamento falso, contraddittorio: a volte appariva gioioso, altre volte pervaso dalla pura malvagità; e tutto senza mai perdere quell’ambiguo sorriso.
E con quella diabolicità nel tono di voce, esclamò, dirigendosi verso il gate dell’arca e immergendovisi:
- Allora, Tyki-pon, farai in modo di accorciarle! ♥
 

Clara Evans salì una grande rampa di scale in legno, su cui facevano la loro bella figura un tappeto rosso sgargiante e un corrimano finemente intagliato. Attraversò un lungo corridoio tappezzato di grossi quadri alle pareti, raffiguranti onirici paesaggi e personaggi famosi, e abbellito da eleganti vasi bianchi pieni di fiori profumati e ben curati.
Vi arrivò fino in fondo, con passi lenti, fermandosi infine di fronte ad una pesante porta di legno dalla maniglia d’oro; era chiusa.
Bussò timidamente un paio di volte, aspettò qualche secondo, e infine afferrò la preziosa maniglia e la girò, entrando piano nella stanza che stava oltre.
Richiuse la porta alle sue spalle.
Si ritrovò in una camera da letto, dai toni caldi e rilassanti e da lunghe e pesanti tende color rosso granata alle finestre.
Al centro della stanza era presente un elegante letto a baldacchino dalle cortine dorate, tutte chiuse. Un soffice tappeto decorato da tanti ghirigori geometrici ricopriva tutto il pavimento, attutendo il rumore dei passi della donna che si avvicinava con cautela ad una sedia ai bordi del letto.
Vi si sedette sopra e, senza far rumore, scostò le cortine.
La luce flebile della candela poggiata sul comodino, che a malapena illuminava la stanza, tracciò i contorni di una mano vecchia e raggrinzita; e assieme ad essa, il tremolante contorno poco definito di un vecchio, la cui voce, debole e sussurrata, arrivò alle orecchie della giovane come una gentile carezza.
- Clara… Sei tu?
Questa afferrò la mano con delicatezza, stringendola con le proprie, giovani e candide.
- Sì, padre – disse, con un sorriso premuroso in volto.
Nonostante l’oscurità della stanza non permettesse alla figlia di vedere il volto del padre, questo abbozzò un sorriso contento e si abbandonò ad un lieto: “Ohh…”
- Come sono… contento di vederti… - mormorò con voce roca ma felice.
Tuttavia, la giovane assunse un tono piuttosto preoccupato, con il quale disse:
 - Padre, c’è una cosa di cui devo parlarvi.
- Che cosa c’è… piccola mia? – domandò la voce dal buio.
Dopo qualche attimo di esitazione, Clara parlò, un po’ titubante.
- Ecco, oggi sono venuti alla mia villa Lord Kamelot e Lord Mikk… Chiedevano di voi, e di me.
Il tono della voce, prima contento, s’incrinò; divenne preoccupato anche lui. Strinse maggiormente la sua mano attorno a quelle della figlia.
- E tu cosa… hai detto loro? – domandò, ansioso si sapere la risposta. E questa arrivò veloce e rapida, concisa, quasi a rassicurare l’uomo:
- Il meno possibile.
E dopo ciò, il signor Evans parve sollevato.
- Oh, bene… - mormorò.
Allentò la presa della propria mano, lasciandola immobile sulle lussuose coperte rossastre.
- Ricorda, - cominciò a dire, con voce piena di coraggio – non lasciarti mai abbattere… Se anche dovessi morire... tu dovrai continuare a vivere… per me, per tua madre…
Clara annuiva ad ogni parola, ascoltandolo con attenzione.
- Quei Lord… sono come degli angeli della morte… tesoro. Non fidarti mai… né di loro… né del Conte del Millennio. Soprattutto di lui.
Aumentò il tono di voce, facendolo diventare pieno d’odio e rabbia.
- Sono solo delle disgrazie!
Arrivato al culmine della frase, si abbandonò ad una pesante tosse secca, che gli smorzò ogni respiro in gola. Cominciò a tossire, e a tossire, tant’è che per qualche attimo smise persino di respirare.
Clara si avvicinò a lui, allarmata, porgendogli un bicchiere d’acqua preso dal comodino.
- Padre! – esclamò, aiutandolo a smettere e porgendogli l’acqua con tempestività – Non sforzatevi troppo!
Il signor Evans inspirò profondamente, recuperando il fiato perduto. Sembrava che quell’improvviso colpo di tosse gli avesse strappato via un po’ più vita di quanta gliene avesse già portata via.
- Sto bene… Non preoccuparti per me… - mormorò con voce più roca del normale.
Clara tirò un lieve sospiro di sollievo, nel vedere che l’uomo stava bene. Non si era però accorta di avere gli occhi lucidi come due perle di vetro. Il timore che ogni momento col padre potesse essere l’ultimo, la divorava nell’anima. Tuttavia, cercava sempre di apparire forte, per adempiere alla promessa fattagli molto tempo prima.
“Non abbandonarti mai al dolore”le aveva detto una sera. E lei da quel momento aveva portato quell’insegnamento sempre vivo nel proprio cuore.
 
- Padre – tornò a chiamarlo ancora, esitante – Io… penso che Lord Mikk non sia una disgrazia. Non mi è sembrato così al ballo, e nemmeno oggi pomeriggio. Credo che sia una perso-
- Clara – la interruppe il padre, serio – Non farti… trarre in inganno… La loro è solo… una maschera…
La giovane abbassò lo sguardo.
Sarà stata anche la maschera più convincente del mondo, la sua, ma lei aveva visto qualcosa; che fosse il suo sguardo, i suoi movimenti o atteggiamenti, ma… Le era parso di intravedere, anche se ben celato in profondità, un barlume di… umanità e sincerità.
Qualcosa le diceva che, in un angolo remoto della sua anima, quando lui sorrideva – al di là di qualsiasi banale recita atta a guadagnare consensi - , c’era della verità; quella pura e vera.
E nonostante il padre non fosse d’accordo, lei non poteva e non voleva negare al suo cuore di battere come un tamburello impazzito ogni qualvolta si trovava assieme a Lord Mikk.
 
Eppure, dopo quel pensiero dolce di disaccordo, Clara si ritrovò a dire, con un velo di sconforto nella voce:
- Sì, avete ragione.
Non voleva deludere suo padre, non adesso che il tempo che gli era concesso di vederlo era poco. Voleva che ogni momento fosse bello, speciale, senza le macchie di una discussione a rovinarlo.
- Bene… - mormorò questo, sollevato.
A quel punto Clara si alzò dalla sedia, sporgendosi in avanti, verso il viso del padre. Gli posò un delicato e affettuoso bacio sulla guancia e allontanandosi verso la porta sussurrò:
- Buonanotte, padre.
- Buonanotte… piccola stella… - si sentì rispondere dalla stanza buia ormai alle sue spalle.
 

 Il giorno dopo, il sole era più alto che mai, svettando sopra al cielo azzurro e terso. La luce si posava con grazia sulle colline, facendo brillare ogni filo d’erba come fosse stato d’oro.
Da una porta secondaria dell’antica villa intonacata di bianco, uscì Clara Evans, passata attraverso una porta secondaria posta sul retro.
Indossava un elegante eppure sobrio abito verde prato, con un cappello color crema dalla tesa molto larga decorato da un altrettanto elegante nastro lilla terminante con un vistoso fiocco penzolante.
Arrivò camminando fino al tavolino bianco sotto il grande albero frondoso che gli cresceva vicino, per poi prendere posto su una delle due sedie candide; attese, con le gambe accavallate e le mani posate con divina grazia sulle ginocchia coperte dal vestito.
Non passò molto che, dalla collinetta di fronte a lei, vide sbucare il proprio maggiordomo George, seguito da Tyki Mikk.
Come vide il lord, la giovane non poté fare a meno di trattenere un piccolo sorriso felice e timido, nel vedere che indossava un frac nero e una camicia bianca corredata di cravatta ben annodata al collo. I suoi lunghi capelli mossi erano raccolti in una coda scomposta alle sue spalle. E Clara in quel momento pensò che, vestito così, stava davvero bene…
Si alzò, e raggiunse i due uomini, congedando con la solita gentilezza il maggiordomo e salutando Tyki con un accennato inchino.
Lui le prese la mano e la baciò con delicatezza.
- Madame – disse, cordiale, con un sorriso – E’ un piacere rivedervi.
Clara arrossì. E non poté fare a meno di constatare quanto pensato la sera prima: c’era un fondo di verità nei suoi occhi, in quel momento neri e brillanti come pietre di onice. Era così contenta di averlo rivisto.
Ovviamente, Tyki non la pensava allo stesso modo. Per lui, quell’incontro era una scocciatura bella e buona! Ma nonostante tutto, era sollevato dal fatto di essere solo, e non in compagnia del suo ambiguo fratello.
 
I due tornarono verso il tavolino e vi si sedettero, in silenzio. Puntualmente, comparve dal nulla una cameriera che servì loro del thè, sparendo poi nello stesso modo con cui era venuta.
Clara sorseggiò tranquillamente dalla sua tazza, mentre Tyki non toccò minimamente la sua.
- Non è di vostro gradimento? – osservò la giovane indicando la bevanda dell’ospite. Questo sorrise e rispose:
- Oh, scusate. Non sono un grande amante del thè.
- Ma questo… sono sicura che vi piacerà – replicò Clara, fermamente convinta.
Tyki non capì.
- Ho fatto spedire l’infuso direttamente dal Portogallo – continuò a spiegare la donna.
Sapeva che il Noah era Portoghese, e per fargli una gentilezza aveva provveduto personalmente a farsi esportare  il thè direttamente dalla sua patria.
A Tyki, il fatto che venissero dalla propria terra natale, non importava poi molto. Non riusciva a capire bene perché lo avesse fatto, ma non aveva intenzione alcuna di apparire scortese, altrimenti avrebbe mandato a monte la missione.
Con un po’ di esitazione, sollevò delicatamente la tazzina stringendola con l’indice e il pollice, e sollevando il mignolo, come si conveniva ad un Lord del suo rango.
Eppure, quando sorseggiò timidamente la bevanda, non ne fu disgustato, anzi. Era dolce, seppur mantenesse quel suo tipico retrogusto amaro. E assieme a ciò al Noah parve di sentire persino l’aroma di ‘casa’, ricordandosi del suo paese e della sua infanzia. Ciò lo lasciò piacevolmente soddisfatto e sorpreso perché, senza accorgersene, aveva mutato l’espressione seria che solitamente aveva in un piccolo sorriso confortato.
Clara se ne accorse, e si compiacque.
In fondo, quella donna non era malaccio, pensò Tyki. Ci teneva a mettere a suo agio i suoi ospiti, come fa una mamma con i suoi bambini.
Il Noah posò la tazzina, e con un altro sorriso, ammise:
- Ha ragione. E’ molto buono.
La giovane fece un largo sorriso; in quel momento le sue lentiggini brillarono sotto a un raggio di sole filtrato dalle fronde del grosso albero accanto a loro, quasi a volerne sottolineare la delicatezza e la bellezza. E Tyki se ne accorse perfettamente…
 
Sorseggiarono con calma il thè, finché non ebbero finito entrambi.
Posarono le tazzine sul tavolino, vuote; Clara si alzò, stirandosi ben bene il vestito davanti e dietro, per poi proporre, con un sorriso:
- Le va di fare due passi nel boschetto qui attorno?
Tyki si mise di fronte alla donna e, facendo un piccolo inchino, rispose:
- Certamente, Miss Evans.
 
La giovane faceva da guida al Noah, che la seguiva osservando la natura che lo circondava con apparente interesse.
C’era una gran quantità di alberi: tassi, pini, faggi, noccioli, querce…
E proprio davanti a una di esse si fermò la donna, carezzandone con la punta delle dita la ruvida corteccia solcata dal tempo.
Tyki si avvicinò all’albero, leggermente incuriosito. La sua persona era ricoperta di macchie di luce e di ombra filtrate dalle fronde degli alberi, sempre in movimento sotto la leggera spinta del vento.
- Quest’albero – disse Clara, con un velo di nostalgia nella voce – E’ stato uno dei primi ad essere piantato. Esisteva al tempo del padre di mio nonno, e da bambina ci giocavo spesso attorno.
Tyki ammirò la possanza della quercia, inarcando un sopracciglio mentre sollevava lo sguardo verso le fronde danzanti.
“Ma è solo un albero” pensò tra sé e sé.
- E’ davvero bella – rispose invece con un sorriso, come se mentire fosse la cosa più facile del mondo.
Clara sorrise. Successivamente indicò due radici sporgenti nel terreno, abbastanza alte e in una posizione tale da potercisi sedere sopra.
- Prego, Lord Mikk – lo invitò a sedersi la donna, cordiale, indicando una delle due radici.
Il Noah si avvicinò e ci si sedette, con un po’ di esitazione, scoprendo poi che era molto comodo.
Il canto degli uccelli sembrava quasi un suono inudibile, ma sempre presente, tanto si erano abituati ad ascoltarlo.
Sollevando la testa, Tyki vide in cima all’albero una grossa tana scavata nel tronco. All’improvviso, uno scintillio; e la folta e morbida pelliccia di uno scoiattolo Europeo risplendette alla tenue luce del sole. La bestiolina incrociò i suoi occhietti color nocciola con quelli neri e brillanti del portoghese per alcuni istanti, poi artigliò ben bene la corteccia dell’albero con le zampine e infine, con uno scatto repentino, sparì dentro la tana buia.
Il Noah del Piacere tornò a guardare di fronte a sé, perdendosi nell’orizzonte del bosco coperto di alberi.
Tutto sommato, era un bel posto; silenzioso, pieno di pace e tranquillo.
Voltò la testa nella direzione di Clara: aveva gli occhi chiusi in un espressione beata e la schiena poggiata contro il tronco, il respiro regolare e calmo. La imitò.
Come chiuse gli occhi, si sentì come trascinato da una forza misteriosa e invisibile, lontano dalla quercia, lontano dal bosco, lontano dal mondo. Per un attimo, dimenticò ogni cosa. Ricordò solo la piacevole sensazione di benessere che in quel momento provava.
Proprio allora, si sentì chiamare.
- Lord Mikk…
Aprì piano gli occhi e li voltò verso la direzione da cui proveniva la voce: era Clara, che lo osservava con quei suoi occhi verdi di diamanti.
- Vi piace? – domandò poi questa, con un sorriso sincero
- Molto – rispose Tyki, per la prima volta, senza pensare a cosa dovere dire; semplicemente, seguendo il proprio istinto. O forse, lo sguardo della giovane…
 
Il tempo passò velocemente, in quel piccolo boschetto verde e rigoglioso. E venne anche il tempo, per Tyki, di congedarsi.
Anche se un po’ gli dispiacque, dovette lo stesso alzarsi e ripercorrere la strada precedentemente fatta all’incontrario, tornando alla villa.
Davanti al cancello principale, tuttavia, lo attendeva la sua carrozza.
Salutò Clara, porgendole ulteriori ossequi, e si diresse verso la vettura.
 
Una volta entrato, però, ebbe una grossa sorpresa.
Qualcuno gli saltò addosso, gridando il suo nome con una vocetta femminile fin troppo famigliare.
- Tykiii!!
Il Noah del Piacere se la scrollò di dosso e, quando ebbe visto di chi si trattava, esclamò, sorpreso:
- Road!
La nipote sorrise, sedendosi a cavalcioni sulle gambe, con un sorrisetto malizioso in volto.
- Cosa ci fai qui? – domandò lo zio con aria perplessa, senza badare alle manine della Noah che lo stavano circondando in un affettuoso abbraccio. Road, per tutta risposta, ridacchiò divertita.
- E’ ora di far visita al signor Evans, Tyki – disse solo.
E quello bastò a far intendere al Noah del Piacere la loro prossima meta.
- E’ allora perché sei venuta anche tu? – continuò però a chiedere, non riuscendo davvero a capire il perché della sua presenza.
La bambina gonfiò le guance e aggrottò le sopracciglia.
- Ma come sarebbe a dire? Non dirmi che volevi divertirti solo tu! – esclamò capricciosa, agitando su e giù le gambe coperte da un paio di calze a strisce violette e bianche.
Ma Tyki disse, per nulla toccato dai comportamenti della nipote:
- Non c’è nulla di divertente.
Insomma, che piacere poteva esserci nel porre fine alla vita di un vecchio, malato e per giunta umano? Assolutamente nessuno.
Non avrebbe tratto nessuna soddisfazione particolare nel farlo. L’unica cosa che lo consolava era che, dopo settimane, il Conte aveva voluto affidargli una missione diversa dal solito e più movimentata delle altre.
Road non si scompose a quell’affermazione, benché la trovasse parecchio insolita da parte sua.
Si sporse fuori dal finestrino e disse, con un sorriso complice:
- Hey, Akuma.
Il cocchiere voltò la testa nella direzione della Noah.
- E’ ora – concluse questa, sparendo di nuovo all’interno della carrozza.
L’Akuma frenò i cavalli, e facendo loro invertire la direzione, disse, eloquente:
- Agli ordini, Noah-sama.
 

Era notte fonda.
Clara si trovava accanto al padre, che giaceva a letto in pessime condizioni.
La candela sul comodino era stata sostituita, ma a parte essa non sembravano esserci stati altri cambiamenti.
- Non c’è bisogno che ti attardi per me, cara – sussurrava l’anziano prendendo le mani della figlia.
- Ma non mi sento tranquilla a lasciarvi da solo, padre – ribatté però questa, scuotendo delicatamente la testa.
Il signor Evans sorrise.
- Starò bene, non devi preoccuparti – le disse, mentre le lasciava le mani e le augurava la buonanotte.
Clara fece altrettanto, alzandosi poi dalla sedia; andò fino alla porta, e mentre la chiudeva con cautela, sussurrò:
- Buonanotte…
 
Poi, il silenzio avvolse la stanza, ancora illuminata dalla piccola candela.
E nell’oscurità della stessa, contemporaneamente risplendettero due paia di occhi dorati da predatore. Con il loro avvicinarsi alla fonte di luce, rivelarono di appartenere a due figure. una era alta e vestita di nero, dai capelli mossi e un portamento paragonabile a quello di un nobile; l’altra era più bassa, vestita di pizzi e fiocchi, dai capelli scuri dalle sfumature bluastre.
Si avvicinarono senza fare il minimo rumore al letto, e si scambiarono un’occhiata complice, i loro sorrisi maligni che brillavano nel buio con la stessa intensità.
Poi, la figura più alta si fece avanti, dirigendosi verso il contorno dell’anziano uomo che dormiva placidamente del proprio letto. Si chinò su di lui e subito dopo dai suoi occhi parve stillare una malvagità pura, e un morboso piacere nel sapere che presto l’avrebbe ucciso. La sua bocca si contrasse in un insano sorriso mentre, nella propria mano, brillò qualcosa di uno strano colore violaceo. Comparvero due piccole ali, sopra alle quali svettava un simbolo somigliante a un cuore. L’esserino sbatté piano le ali e volò con inaspettata grazia sul petto dell’uomo, rivelando alla tenue luce della candela ciò che realmente era: una farfalla.
La figura in nero tese una mano verso la creaturina, e con la semplice pressione delle dita la fece affondare piano all’interno del corpo dell’anziano, che socchiuse piano gli occhi ed ebbe solo il tempo di mormorare qualcosa, con voce tremante.
- N… o… a… h…
La figura sorrise.
- Esatto – disse, mentre ritirava la mano e si alzava – Buonanotte, signor Evans…
E mentre l’anziano chiudeva gli occhi per sempre, la figura più alta andò incontro a quella più bassa, prendendola per mano. Questa rise sommessamente mentre, assieme al compagno, sparivano oltre il muro della stanza senza lasciare alcuna traccia.

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♣ Angolo di sclero di Momoko - Attenzione: non adatto ai deboli di cervello o a chi non vuole ridursi come l'autrice dopo aver scritto tale scemenza 

Momoko: Ed ecco postato il terzo capitolo! E' stato un po' un travaglio, ma alla fine ce l'ho fatta! Spero che vi piaccia^^
Tyki: *Appare dal nulla* Hey!
Momoko: *Si gira* Oh, Tyki-pon! Ciao!
Tyki: Io non ci lavoro più con te! Sei solo una pazza!
Momoko: *Fa la finta tonta* Coome? Daaaaiii, pensaci su. 
Tyki: NO!
Momoko(parte sadica): *Ride malignamente* Ah, no?
Tyki: *Lievemente preoccupato* No...!
Momoko: *Sventolando foto yaoi AllenxTyki* Allora credo che queste verranno rese pubbliche, sai? Muhahahah....
Tyki: °A°"....... *Si prostra* Oh, Momoko, Dea Suprema, ti prego di perdonare questo umile stolto!!!
Momoko: Muahahahahahah!!!!!!!!! Perdonato >:)

Poco dopo...

Momoko: *Mostrando le foto a Road e a Cheryl* E questa è l'ultima!
Road: *Facendo la capricciosa* Uffa! Anch'io voglio delle foto con Allen!
Cheryl: *Con fiotti di sangue che vengono giù dal naso* Oh, ma quella posa non s'è mai vista! Sei davvero un esperto, fratellino caro!! <3 <3 <3 <3 <3 *^* 
Tyki: °A°' ....


♥ Ultimi ringraziamenti 

Momoko: Allora, ringrazio ancora di tutto cuore Nuirene, Acquamaryne e Guchan per le recensioni fatte fino adesso^^ Vi voglio bene ragazze <3 <3 <3 <3 <3
Conte del Millennio: Oh oh oh, anch'io!!! <3 <3 <3 <3 <3

A presto,
Momoko!

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Capitolo 4
*** Confusione ***


Capitolo 4
Ad un funerale molto importante, sembra mancare qualcuno altrettanto importante.

 
Pioveva.
Piccole goccioline di pioggia cadevano taglienti sulle foglie degli alberi di un giardino colorato eppure, allo stesso tempo, grigio e senza vita.
E, sotto al piano incessante del cielo, sfilò, accompagnata da un silenzioso abbraccio d’addio, una bara nera e imperlata di pioggia; era ricoperta di bellissimi fiori bianchi.
Sul suo coperchio, una foto di un uomo giovane, dagli occhi verdi e brillanti di una vita che ora non possedevano più. Sotto, un nome, inciso su di una scintillante targa d’oro: Carl Evans.
Attorno alla bara,  a seguire quel suo inarrestabile percorso, vi erano figure in nero, dai volti solcati da amare lacrime addolorate. Tra queste, quello di una donna robusta, di una considerevole età, era coperto da un velo nero ma abbastanza sottile perché vi si potesse vedere oltre.
Teneva lo sguardo basso e stringeva tra le dita guantate di nero un fazzoletto bianco, umidiccio. Ma non per la pioggia.
Accanto a lei, svettavano le figure del Conte del Millennio, di Cheryl, di Tyki e Road. Ognuno aveva in mano un ombrello, che li riparava dalle intemperie, e a quanto pare sembravano essere gli unici. Come se non volessero minimamente sentire il pianto del cielo sulla pelle. Come se fossero completamente estranei a tutto ciò.
 
La bara, trasportata da ragazzi giovani ma dai visi arrossati, terminò il suo viaggio una volta arrivata alla buca dentro la quale sarebbe poi stata deposta.
La donna col velo vi passò davanti, sfiorando con la propria mano la sua superficie lucida e bagnata. Guardò la foto, e subito avvertì le lacrime tornare imponenti per sgorgarle dagli occhi.
Avrebbe voluto essere al funerale di qualcun altro; avrebbe voluto che quello nella bara non fosse realmente suo marito. Invece, era proprio così…
Tyki la osservò allontanarsi mentre era sul punto di piangere, lo sguardo totalmente impassibile. Poi attese. Attese che anche un’altra persona arrivasse a rendere l’ultimo saluto all’uomo, ma… Non venne nessun altro.
Si guardò attorno, ma incontrò solo il viso di Road che, seppur triste, in realtà stava solo cercando con tutte le sue forze di non sorridere e fregarsene.
Mancava qualcuno, e quel qualcuno era Clara Evans, che quell’oggi non era presente a dire addio al padre defunto.
La cerimonia proseguiva. Clara non c’era.
E Tyki, per la prima volta, si sentì stranito. Qualcosa gli diceva che doveva andare a cercarla, nonostante lui, superficialmente, non la considerasse che una semplice donna. Tuttavia, mentre si chiedeva il perché di tutti quei presentimenti, non si era minimamente accorto di stare camminando, di stare abbandonando il funerale sotto gli sguardi stupidi del fratello e della nipote; di stare camminando sotto la pioggia bagnandosi fino all’osso, di stare raggiungendo un boschetto e di fermarsi di fronte ad una figura completamente vestita di nero.
I lunghi capelli castano chiaro le circondavano la schiena e le spalle, mentre la sua testa era nascosta dalle braccia, tenute incrociate sul vestito.
La donna sollevò piano la testa, come se all’improvviso le fosse diventata pesantissima. E in quel mare di pioggia, riconobbe la figura del Noah. Rimase ferma a guardarlo, con gli occhi liquidi e vitrei; le guance solcate da due righe bagnate, la fronte e la punta del naso arrossati.
E poi, in men che non si dica, Tyki se la ritrovò addosso. Lo stava abbracciando, e intanto aveva cominciato a piangere, sfogandosi tra le sue braccia. Inizialmente stupito da quella repentina reazione, si stupì ancora di più quando si vide circondarle le spalle a sua volta, stringendola di più a sé.
Ma… cosa significava? Si trattava della sua recita, o della realtà? In quel momento non gli importava poi molto.
Rimasero così, sotto la pioggia, abbracciati l’uno all’altra, senza saperne il perché, guidati dalle sensazioni che, come in un vortice tempestoso, avevano iniziato a vorticare nei loro cuori confusi.
 

I giorni, le settimane e i mesi passarono, forse anche troppo velocemente.
Tyki e Clara smisero di incontrarsi. Tutto tornò – all’apparenza – come prima.
 
Il Conte divenne particolarmente euforico, a causa di una missione imminente nel Nord America.
I Noah non ne sapevano poi molto, perché il primo apostolo teneva sempre per sé i suoi piani, e non li divulgava se non all’ultimo minuto, quando ormai il momento era giunto.
Nuove guerre presero a susseguirsi come foglie cadenti da un albero in tutto il mondo, inarrestabili. Cheryl aveva ripreso il suo normale lavoro di ministro, non più interrotto dai doveri che doveva rispettare come Noah.
E Tyki era rientrato in uno stato di inattività apparentemente senza fine.
Almeno, prima poteva per lo meno rilassarsi in compagnia della giovane Clara, passando i pomeriggi da lei e fuggendo così dalla noia che sembrava essere tornata a lambirlo in quelle settimane, peggio di una maledizione.
Non c’era nulla di divertente da fare. Niente esorcisti, niente missioni, niente stupidi compiti o chiacchierate con il Conte. In quel momento, gli sarebbe andato bene fare qualsiasi cosa, persino fare da baby-sitter a Road.
Era estate, faceva caldo e lui era sempre rimasto chiuso in casa. Per di più, da un paio di giorni le cicatrici gli davano molto fastidio, tanto da non lasciarlo dormire per niente la notte. Non ne aveva parlato con Road o Cheryl, sebbene gli avessero raccomandato di farlo, perché non voleva farli preoccupare più di quanto già fossero. E tutte le volte si sentiva come trascinato da una forza che nemmeno lui conosceva, e da sensazioni che gli mettevano addosso molta angoscia.
 
Si sentiva oppresso. E lui detestava il fatto di non poter essere libero, di non poter scegliere.
Un pomeriggio, fece qualcosa di insolito, che nemmeno lui stesso di aspettava di poter fare: andò da Clara. Di sua spontanea volontà, però. In verità, non aveva più l’obbligo di andarci, dato che la ‘missione’ era compiuta e presto la giovane avrebbe ricevuto la visita del Conte; ma lui sentiva il bisogno di rivederla.
E nonostante gli risultasse difficile da ammettere a sé stesso, gli mancava. Gli mancava la sua compagnia, i suoi sorrisi e i suoi occhi brillanti. Ma soprattutto, la sua premura e la sua gentilezza, talmente naturali per lei che per un attimo il Noah del Piacere aveva pensato che fosse finta, una bambola dal sorriso perenne.
Però poi si era reso conto di stare parlando con una persona reale, in carne ed ossa. Lei era vera. Lo aveva capito perché, tornando a casa dopo ogni pomeriggio passato con lei, si sentiva spudoratamente finto, per contrasto.
Loro erano due persona diverse. Una, l’incarnazione della purezza nella sua più primordiale forma; l’altro, il peccato in persona. Due opposti, eppure così vicini sia dentro che fuori. Be’ era anche vero che gli opposti si attraggono.
 
Non prese la carrozza, perché non voleva farsi notare troppo. Utilizzò invece l’arca, creando un portale e passandovici attraverso, per sbucare infine dall’altra parte, di fronte alla villa di Clara Evans.
La porta nera e liquida sparì, lasciando rimanere solo il Noah, il quale, con passo calmo, si diresse verso la porta principale, fermandosi infine di fronte ad essa.
Afferrò uno dei pesanti battenti di ferro e bussò una, due, tre volte, finché non venne ad aprirgli proprio la giovane.
Era vestita di blu scuro, quasi nero, e i capelli le ricadevano senza un ordine preciso lungo le schiena e sulle spalle. Gli occhi erano diventati, tutto d’un tratto, spenti. Avevano perso quella brillantezza che li contraddistingueva, come fossero morti.
La giovane sollevò lo sguardo verso il Noah e disse, con poca felicità nella voce ma molta impassibilità:
- Oh, buon pomeriggio, Lord Mikk.
Lui non ci fece caso; le prese la mano e la baciò con più delicatezza del solito.
- Madame. Scusate il disturbo – disse cordiale, col solito sorriso in volto.
- Si figuri se la sua presenza è un disturbo – rispose la donna, abbozzando un sorriso – Prego, entrate.
Tyki entrò e si tolse la tuba, tenendola tra le mani e seguendo la donna lungo un piccolo portico costeggiato di bellissime colonne bianche. Si diressero verso un tavolo grande e spazioso, di legno scuro ma pregiato, e vi presero posto.
Non vi era nulla sopra, ma il paesaggio che si poteva ammirare da quel punto era mozzafiato. Si vedevano le montagne, i boschi, i campi, le nuvole che solcavano le cime, così vicine da poter essere quasi toccate. Il tutto, sempre illuminato dalla raggiante luce del sole, che pareva donare vitalità a tutto ciò su cui si posava.
Clara si abbandonò sulla sedia, osservando il panorama con uno sguardo privo di vita.
Fu Tyki a rompere il silenzio.
- Come state? – domandò mentre accavallava le gambe e poggiava la guancia sul palmo.
La donna parve scuotersi e risvegliarsi, voltando i propri occhi spenti verso il Noah.
Il suo cuore cominciò a battere più velocemente, e il respiro le si mozzò in gola.
- Io… - mormorò, arrossendo a dismisura – Io non… Io sto…
Tyki si stupì: non l’aveva mai vista così. Era convinto che Clara fosse una donna più forte e coraggiosa. La persona che gli balbettava davanti in quel momento non poteva essere lei. Non riusciva davvero a riconoscerla in quei suoi atteggiamenti così insicuri e fragili. Che si fosse lasciata andare allo sconforto?
- Ho capito – disse infine Tyki, alzandosi dalla sedia e cogliendo totalmente di sorpresa la giovane. Afferrando il cappello disse:
- Mi scusi se ho deciso di disturbarla mentre non è nelle condizioni migliori. Con permesso.
E, detto questo, si allontanò con passo tranquillo, dal tavolo, tornando indietro.
“Vediamo come andrà a finire…” pensò con un sorriso furbo.
Voleva metterla alla prova. Chissà che non si risollevasse. Per quanto fosse distrutta, sapeva benissimo che non l’avrebbe mai data vinta alla tristezza. Aveva imparato a conoscerla.
E infatti…
- Lord Mikk! Aspetti! – la voce di Clara arrestò la camminata del Noah – Mi perdoni! Non volevo crearle fastidio…
Tyki si girò lentamente nella sua direzione.
- Ultimamente, sa, non sono più io… Però… sto bene – rise nervosamente – Ah ah ah… Se mio padre potesse vedermi… mi picchierebbe, vedendomi in questo stato.
Mentre finiva di parlare, si asciugò una lacrima, col palmo della mano, che le era parsa sull’occhio sinistro.
Il Noah si avvicinò alla donna e, senza che questa se ne accorgesse, la prese per le spalle.
Clara sussultò lievemente, sollevando lo sguardo timido verso il suo. Arrossì ancora.
- Se suo padre fosse qui – disse Tyki, con un sorriso – sarebbe fiero di lei.
La giovane tentò con tutte le sue forze di trattenere le lacrime. Lo avrebbe ringraziato, per quelle gentili parole che le dedicava, ma la sua bocca non riusciva a muoversi, rimasta come paralizzata.
Passarono alcuni istanti. Poi accadde qualcosa.
Tyki si strinse all’improvviso il petto, piegandosi in due dal dolore e ansimando.
Clara si allarmò e lo sorresse subito, parecchio preoccupata.
- Lord Mikk! Che vi succede?! – esclamò prendendolo sotto braccio.
Non sentendo alcuna risposta da parte del Noah, lo trascinò a fatica all’interno della villa, su per le scale, fino alla propria camera.
Lo fece adagiare sul letto con la schiena poggiata sulla testiera, poi lo chiamò ancora.
- Lord Mikk! Rispondetemi!
Cercò di prendergli la mano con cui si stava praticamente strappando i vestiti, ma Tyki la bloccò.
- Sto bene… - mormorò mentre aumentava la presa sui tessuti sgualciti che componevano il gilet e la camicia. Cercò di sollevarsi, ma Clara lo costrinse a ristendersi.
- No, non è vero! Mi lasci dare un’occhiata – ribatté la giovane, scostando le mani del Noah per aprirgli i vestiti.
Si sedette accanto a lui e scoprì le cicatrici delle ferite che Allen Walker gli aveva inferto sull’arca.
Tyki non riuscì a fermarla. Aveva la mente annebbiata a causa del dolore, stranamente più forte del normale, e non riusciva a capire bene cosa gli succedesse attorno.
Clara si coprì la bocca con una mano, mentre con l’altra sfiorava quei segni sulla pelle del Noah, incredula.
- Lord Mikk, ma… - balbettò – Come avete fatto a…
- Non è niente… - intervenne il Noah, mentre sentiva il dolore attenuarsi lentamente e il senso di confusione diminuire – Qualche mese fa ho avuto un incidente in carrozza, nulla di grave…
- E vi siete procurato simili ferite in un incidente in carrozza? – domandò la giovane porgendogli un bicchiere d’acqua, mentre si risedeva accanto a lui dopo essersi alzata per versarglielo.
Tyki annuì, mentre afferrava il bicchiere e beveva in silenzio.
Non ne sapeva il perché, però non credeva appieno alla storia del portoghese. Con ferite del genere, una persona sarebbe come minimo morta, o costretta a letto sommersa di tubi e flebo se non per sempre, almeno per molto tempo.
Tuttavia, non disse nulla, fiduciosa nelle sue parole.
- Posso fare qualcosa per voi? – domandò invece, apprensiva.
Tyki non disse nulla. Allungò semplicemente una mano verso il comodino ed indicò con un dito il bicchiere vuoto.
Clara capì al volo e si affretto a riempirglielo di nuovo, porgendoglielo e guardandolo poi mentre lo svuotava nuovamente. Sembrava avere molta sete.
Una volta finito lo diede alla giovane, la quale lo mise di nuovo sul comodino e aspettò altre indicazioni.
- Vorrei alzarmi… - disse il Noah, mentre cercava di sollevarsi dal letto.
- Ma certo! – rispose prontamente Clara prendendolo per le mani e tirandolo verso di lei. Mentre lo faceva, notò che la distanza tra i loro visi si accorciava sempre più, fino a ridursi a non più di qualche centimetro scarso. La donna arrossì, e come guidata da una forza invisibile, iniziò ad avvicinarsi ancora di più… fino a sfiorare le sue labbra.
Tyki se ne accorse, ma non oppose resistenza. Qualcosa di lui gli diceva di fare la sua stessa cosa.
Clara chiuse gli occhi, sentendo la distanza tra le loro bocche ormai nulla. Quel momento perfetto che niente avrebbe potuto interrompere…
 
Tranne lo scricchiolio della porta della stanza che si apriva. E, subito dopo, la figura alta e slanciata di Cheryl che, una volta vista la pericolosa vicinanza delle loro labbra, contrasse le proprie in un sorrisetto compiaciuto assai malizioso.
- Ecco dov’eri finito, fratellino! – esordì, facendo congelare sul posto i due giovani.
Accortasi della presenza dell’uomo, Clara si allontanò con uno scatto fulmineo dal Noah del Piacere, che ricadde sulla testiera in malo modo sbattendo leggermente la testa e massaggiandosela.
- Ripasso più tardi, se desiderate! – esclamò Cheryl facendo l’occhiolino al fratello minore, il quale voltò lo sguardo disgustato altrove, fregandosene del fatto che avesse ancora la camicia sbottonata.
Clara invece scese con un salto dal letto e si affrettò a spiegare, rossa in viso e con innaturale tempestività, cosa fosse realmente successo:
- Lord Kamelot! Non è come pensa! Lord Mikk ha avuto un malore e io mi sono offerta di aiutarlo, tutto qui!! Non è successo nulla!!
- Già… - ribadì il Noah del Piacere, rivestendosi con indifferenza.
Cheryl non smise di sorridere, anzi. Soffocò persino una piccola risatina divertita.
Clara era diventata bordeaux, mentre si sistemava impacciata la lunga veste scura con le mani, tremolanti.
Tyki finì di sistemarsi e si mise a sedere sul letto, accorgendosi poi di non riuscire a sollevarsi da esso. Per fortuna, intervenne il fratello maggiore, che gli afferrò la mano e lo tirò a sé, facendolo alzare. Camminò incerto fino alla porta, e si fermò ad aspettare il fratello maggiore.
Clara si affrettò a raggiungerli e a condurli dinnanzi alla loro carrozza, venuta a prenderli apposta.
Prima si salirvi, Cheryl scompigliò i capelli del fratello minore con una mano, ridacchiando divertito.
- E’ meglio che torni a casa! Era sparito da qualche parte senza dirci nulla. Grazie, Miss Evans, per averlo recuperato! Questo elegantone è un vero ribelle ♥ !
Tyki subì quella amorevole ‘carezza’ sulla propria testa in silenzio, ma con un’espressione parecchio scocciata in volto. Avrebbe voluto allontanarsi, ma dato che il fratello lo stava sorreggendo per una spalla impedendogli di cadere, non gli sarebbe convenuto per niente.
Clara rise lievemente, con ancora sulle guance un po’ di porpora.
- Sono io che devo ringraziarla. Se non fosse venuto qui, non avrei mai ritrovato il sorriso. Grazie, Lord Mikk.
Tyki si girò verso la donna. Sorrise.
- Di niente, Madame – rispose, salendo sulla carrozza aiutato dal fratello che, con una piccola riverenza, salutò la giovane e sparì poi dentro la vettura.
 
Il cocchiere fece schioccare le redini e infine i cavalli presero a muoversi, trotterellando lontani dalla villa della giovane Clara la quale, una volta resasi conto di essere rimasta da sola, tornò ad assumere un colorito normale e sorrise, mentre tre parole sussurrate le uscivano libere dalle rosee labbra, per disperdersi poi nel vento:
- Grazie, Lord Mikk…
 
Tyki continuò a guardare la sagoma della donna divenire sempre più nera e sottile, fino a scomparire del tutto dietro a una collinetta verde.
A quel punto tornò a sedersi normalmente, emettendo un grosso sospiro rilassato, aspettando che Cheryl iniziasse a parlare. Stranamente però il fratello maggiore lo guardava perplesso, mentre il monocolo che era solito portare brillava in contrasto con i raggi del sole, calante. Solo dopo qualche minuto di viaggio, si decise ad apri bocca.
- Il Conte ha deciso per stasera – disse, attirando su di sé la piena attenzione di Tyki – Ha detto di aver aspettato troppo tempo, e che ormai sarebbe ora di agire. Non sei contento, fratellino?
Il Noah del Piacere non rispose. Sembrava non gli importasse, e invece gli dispiaceva. Riteneva Clara una persona forte e libera, di carattere. L’aveva vista abbattuta nell’animo, ma subito dopo si era ripresa, più vigorosa che mai.
E non poteva negare di essersi accorto del suo tentativo di baciarlo… e del suo involontario assecondamento. Provava davvero qualcosa per quella donna?
Ogni volta che pensava a lei, sentiva come una morsa allo stomaco, e la voglia irrefrenabile di vederla. E ogni volta che era con lei si sentiva stranamente bene, come fosse stato in presenza di un parente caro o di un amico prezioso; o di Frank, Momo e Ease, persone a cui voleva molto bene ma alle quali purtroppo aveva dovuto rinunciare.
Si sentiva libero, quando stava con Clara. Si sentiva… umano.
 
Cheryl continuava a parlare, ma Tyki non lo ascoltava, perso com’era nei suoi pensieri. Tornati a Villa Kamelot, vennero accolti da una Road pimpante e gioiosa, che li salutò festante e li invitò tutti ad entrare. Dopodiché, si avvicinò allo zio e con una vocina stranamente gentile – per nulla tipica di lei – chiese:
- Yo Tyki, tutto bene?
Si poteva avvertire una certa nota calda nella sua voce.
- Sì, tutto bene – rispose il terzo apostolo, un po’ malinconico.
Road a quel punto gonfiò le guance, s’imbronciò e tirò un pugno all’addome dello zio, il quale s’inginocchiò a terra reggendosi la parte dolente. Subito dopo sbraitò:
- Che cavolo fai?!
E la nipote sbottò:
- Allora sorridi!
E se ne andò a passo di marcia.
 

- Noi andiamo a casa, Miss Evans – sussurrò George il maggiordomo con al seguito la servitù della villa, di fonte alla porta della stanza della giovane Clara.
- Va bene, a domani – rispose questa con un sorriso mentre, seduta su uno scrittoio, ricamava un piccolo centrino color crema.
L’uomo baffuto annui in silenzio, e chiuse piano la porta con un lieve scricchiolio.
Quando fu sola, la donna poggiò il centrino sul tavolo e si abbandonò con la schiena contro lo schienale della sedia, stremata, volgendo lo sguardo all’insù.
Tirò un lungo sospiro e chiuse gli occhi, nel tentativo di rimettere a posto le idee, i pensieri e le emozioni della giornata appena trascorsa.
Tuttavia, schiuse all’improvviso le palpebre quando sentì la porta scricchiolare di nuovo e aprirsi.
- C’è qualcosa che non va Geo-
Cercò di dire, mentre si girava, quando vide davanti a sé non il proprio maggiordomo, bensì una tonda figura vestita con un cappotto chiaro e una tuba allegramente decorata, apparsa dal nulla sulla soglia della sua stanza.
E prima che potesse pensare qualsiasi cosa, si sentì salutare cordialmente.
- Konbanwa, Miss Evans. ♥
Clara sbiancò, e il suo respiro divenne irregolare, quando si accorse che la figura che aveva davanti era quella del Conte del Millennio.
Come aveva fatto ad entrare? E poi… aveva un aspetto strano, decisamente… non umano.
Questo preoccupò la giovane ancora di più. Che cosa significava?
- Sono addolorato per la perdita di vostro padre – disse il primo postolo trotterellando verso la donna – Sono sicuro che lo sarete anche voi, non è vero? ♥
Clara esitò. Cosa doveva dire? Cosa doveva fare? Non era neanche riuscita a muoversi dalla sua sedia, figuriamoci se avesse potuto agire in qualche modo per difendersi.
- Sì… - rispose infine. Che cosa voleva da lei? Be’, l’unico modo per scoprirlo era stare al gioco.
Ora il Conte era vicinissimo, e quasi sussurrando disse, con tono allettante:
- Non le piacerebbe poterlo rivedere? ♥
 
- Che cosa? – domandò incredula Clara, ghiacciandosi sul posto, mentre nella sua mente i ricordi dell’adorato padre si susseguivano veloci e come un richiamo la esortavano a prestare attenzione all’intruso.
- Io posso far sì che il signor Evans ritorni in vita! ♥ - esclamò gioioso il Conte, imitando con le mani lo sbocciare di un fiore.
- Ritornare… in… vita…? – domandò ancora sorpresa la giovane, estranea al luogo e all’insolita compagnia ma sola con i propri ricordi.
Avrebbe davvero potuto riabbracciare suo padre? Rivederlo, era la sola cosa che desiderava. Poterlo vedere, toccare, sentire. La sua voce, la sua presenza sempre sicura e attenta, i suoi occhi ispiratori, la sua incrollabile forza d’animo… Avrebbe davvero potuto riavere tutto questo?
Completamente pervasa da un forte senso di speranza, domandò:
- Com’è possibile?
Il Lord del Millennio rise sonoramente, dando piccole pacche sulle spalle della donna e invitandola ad alzarsi.
- Oh oh oh mi segua! ♥ - vociò allegrò.
Clara si alzò dalla sedia e all’improvviso si ritrovò in uno spazio completamente bianco, pavimentato con motivi a scacchiera che parevano ripetersi all’infinito, disperdendosi all’orizzonte avvolti da una sorta di nebbiolina bassa e fumosa.
Il Conte fece qualche passo in avanti e solo allora richiamò l’attenzione della giovane, rimasta a fissare lo strano luogo nel quale si era ritrovata in pochi attimi e senza un modo preciso. Dietro di lui vi era qualcosa. Uno scheletro nero quasi meccanico, con un pentacolo ancora più scuro sulla fronte. Era sorretto da degli impianti metallici a cui era collegato, come un giocattolo.
- Questo è un corpo speciale di mia invenzione. Grazie a esso, potrà richiamare suo padre e continuare a vivere con lui una bella vita felice! ♥ - esclamò allegro il primo apostolo.
Clara si avvicinò, sfiorando delicatamente la superficie fredda dello scheletro con le dita candide; quando un pensiero, rapido e fulmineo, le attraversò la mente.
“- Quei Lord… sono come degli angeli della morte… tesoro. Non fidarti mai… né di loro… né del Conte del Millennio. Soprattutto di lui.”
Le parole di suo padre… perché le tornavano in mente proprio in quel momento?
Ebbe quasi l’impressione che fosse proprio lui e non il ricordo delle sue parole, ad insinuarsi nella sua testa.
“Padre, non vuoi più stare accanto a me?” si chiese.
Oppure… Che la stesse mettendo in guardia? Che stesse cercando di… proteggerla?
Ritirò le mani, congiungendole e lasciandole cadere sul lungo vestito davanti a sé.
- Che cosa – domandò, col volto abbassato e lo sguardo perso – volete in cambio, Conte?
Il primo apostolo rise.
- Oh oh oh… nulla. Tutto ciò che vi chiedo e di chiamare a gran voce vostro padre. ♥
- Basta… solo che lo chiami?
- Certo! ♥
 
La faccenda le pareva una matassa spinosa e di cui avrebbe fatto bene a dubitare. Le sembrava strano.
Certo, vedere suo padre di nuovo l’avrebbe resa felice, ma… tutta quella situazione le pareva comunque molto sospetta. Il Conte che appariva dal nulla, le offriva di riportare in vita suo padre, la portava in una stanza strana… Le sorrideva come se avesse vissuto, dal giorno di quel maledetto funerale, solo un brutto sogno e ora le chiedesse di svegliarsi.
Lei sapeva benissimo che una persona che muore, non torna più indietro. Sparisce per sempre.
Ma suo padre non era sparito. Era ancora vivo, dentro di lei. Non poteva vederlo, toccarlo o sentirlo, ma c’era. Ciò che le aveva lasciato, quanto di più bello ci fosse… era il suo ricordo e i suoi insegnamenti… che aveva intenzione di seguire!
 
- Conte… - mormorò Clara, alzando il capo verso lo scheletro – No.
Il Lord del Millennio s’accigliò.
- Come, prego? – domandò, perplesso.
Clara ripeté, con più sicurezza e determinazione:
- Ho detto di no. Che non intendo accettare la sua offerta.
 
Le lunghe orecchie del primo apostolo si drizzarono, e il suo sguardo mutò lievemente in un broncio.
- E’ sicura? Guardi che quella che le offro è un occasione unica, che non si ripeterà.
Clara strinse i pugni.
- Sì. Sono sicura. Ora mi riporti a casa, Conte, per favore.
Sembrava irritata.
- Come desiderate, Miss Evans… - uggiolò il Lord, e in un batter d’occhio la giovane si ritrovò nella propria stanza, da sola.
Il Conte era sparito.
C’erano lei, la sua camera e il suo centrino, caduto a terra e leggermente disfatto.
 

Il Conte del Millennio apparve nel salone di Villa Kamelot, dove i tre Noah stavano tranquillamente seduti su un comodo divano cremisi a leggere e a riposare.
Teneva in mano un fazzoletto che mordeva con insistenza in preda alla rabbia.
- Dannata donna! – sbraitò, tirando ancora più il fazzoletto tra le proprie mani e i propri denti appuntiti – Come ha osato?!
Cheryl si alzò e si avvicinò al Conte.
- Che vi prende, Lord? Qualcosa non va? – domandò con fare curioso.
Road lo abbracciò, affondando nel grosso cappotto.
- Centra qualcosa quella ragazza? – chiese con lo sguardo all’insù.
- Ghn ghn – riuscì a mugugnare il Conte, dato che si stava divorando il fazzoletto dalla frustrazione. All’improvviso, però, i suoi occhi dorati andarono ad incontrare quelli di Tyki, che se n’era rimasto zitto fino a quel momento.
Si tolse il fazzoletto dalla bocca dentata ed esclamò, a metà tra l’allegro e il furioso:
- Tyki-pon! ♥
L’interessato allora chiese, perplesso e anche un po’ preoccupato. Quando il Conte si arrabbiava, era davvero spaventoso.
- Cosa c’è, Lord?
- Oh oh oh…♥ - rise saturo di vendetta il primo apostolo – Clara Evans non ha accettato di diventare un Akuma. A quanto pare l’ho sottovalutata…
Road si stupì, e così anche gli altri due Noah.
- Davvero, Millennio? Ha rifiutato? – domandò la Noah del Sogno divertita – Che cosa farà adesso?
- E’ semplice, Road cara… - disse il Conte guardando Tyki con aria d’intesa – Se ne libererà Tyki-pon! ♥

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♣ Angolo di Momoko 

Momoko: Eeeccomi qui! Vi sono mancata? 
Pubblico: *se ne frega*
Momoko: *puntando un bazooka carico e potenzialmente pericoloso contro il pubblico* Ho detto, vi sono mancata?
Pubblico: *esulta* Sììììì!! Tantissimo! ^_^'
Momoko: Beeene... Mi scuso con tutti per l'attesa, ma alla fine sono riuscita a pubblicare il capitolo. Devo essere sincera, non mi piace molto, spero almeno che a voi lettrici care non sembri così orribile ç_ç Mi sono uccisa per scriverlo, tra i divieti di quei cari vecchietti chiamati 'mamma' e 'papà' e le continue lotte prive di decenza con i cosiddetti 'fratellini'.
Però, come vedete, sono ancora viva e con la voglia di scrivere più grande del mondo! :D Perché la storia si sta evolvendo e devo dire che mi soddisfa assai.
Spero che il capitolo vi piaccia e che mi perdonerete per la lunga attesa^^ Ma purtroppo gli aggiornamenti saranno sempre lenti e imprevedibili, e di questo mi voglio scusare con tutte voi lettrici. Purtroppo, a causa di impegni personali e a cui purtroppo non posso rinunciare, avrò meno tempo ancora da dedicare alla storia ç_ç Scusatemi tanto, non linciatemi.
Come sempre ringrazio di cuore Nuirene, Acquamaryne e Guchan per le recensioni^^ Sarà per voi che continuerò a scrivere, grazie al vostro sostegno. Se riuscirò vedrò di fare qualcosa, anche se non so ancora che cosa.... *va a pensarci su*

Intanto...

A presto,

Momoko.

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Capitolo 5
*** Incontro ***


Capitolo 5
 Spesso ci si accorge che coloro i quali sono stati i nostri peggiori nemici, in realtà sono i nostri migliori alleati.

 
Tyki non poteva crederci.
Clara aveva rifiutato di diventare un Akuma, scatenando le ire del Conte, che adesso la voleva morta; aveva inoltre ordinato a lui di eliminarla.
Perché a lui? Perché non a Road, o a Jasdebi? Quei gemelli casinisti sarebbero di sicuro andati meglio.
Ma perché stava cercando tutte quelle inutili scuse? Forse, in fondo, non avrebbe voluto doverla uccidere. Però doveva. Aveva giurato fedeltà al Conte, e doveva obbedire a qualsiasi suo ordine.
 
Eppure, quando si vide affidato quel nuovo incarico, la sua reazione fu tutt’altro che da persona fedele.
Si era alzato e, nel silenzio generale, se n’era andato su per le lunghe scale del salone, sparendo nei suoi corridoi limitrofi.
La nipote lo aveva guardato andarsene con un sorrisetto strano in volto, mentre Cheryl aveva fatto una faccia perplessa al Lord del Millennio, il quale non aveva osato per nulla aprir bocca.
Che si fossero sorpresi era dir poco.
Tyki invece, senza che le reazioni dei famigliari potessero minimamente toccarlo, era salito fino ad una stanza che usava solitamente quando dormiva dal fratello alla Villa.
Aveva camminato fino al letto e poi ci si era buttato sopra di peso, tirando un lungo sospiro rassegnato e volgendo lo sguardo al soffitto; sembrava un oracolo pronto a suggerirgli la cosa migliore da fare.
In quel momento, avrebbe preferito combattere contro cento esorcisti tutti insieme, piuttosto che ammazzare una comune donna umana. Come quando ogni cosa ti sembra migliore in confronto a quella che realmente dovresti fare…
Ma forse, il problema non stava nel fatto di doversi sbarazzare di una donna normale, bensì di Clara Evans, una giovane ragazza che, per lui, non era solo una comune donna umana. Si era accorto, a distanza di molto tempo, di volerle bene…
 
Il Conte, Road e Cheryl, però, non la pensavano allo stesso modo.
Già da qualche mese si erano accorti dello strano attaccamento che il Noah del Piacere provava nei confronti della donna. E il Lord del Millennio in un primo momento pensò di aver sbagliato ad affidare la sua eliminazione proprio a lui, ricredendosi poi in seguito. Ucciderla, per lui avrebbe significato rifiutare ancora una volta i sentimenti umani, rafforzando il suo Noah e aiutandolo a concentrarsi maggiormente sulla loro reale missione.
Sperava che tutto filasse liscio, e che non ci dovessero essere delle macchie che lui avrebbe sicuramente cancellato nel caso fossero sorte.
Road era rimasta piacevolmente stupita. Era curiosa di vedere come si sarebbe comportato lo zio, e ovviamente sperava che lui la uccidesse. Il timore però che potesse non farlo era sempre presente. Conosceva Tyki e sapeva bene quanto era attaccato al mondo umano. Per lui rifiutare i sentimenti a essi appartenenti non era facile, come non sarebbe stato facile uccidere una donna per la quale stava solo iniziando a provare qualcosa.
Decise perciò di salire le scale, una volta resasi conto che il padre e il Conte erano tornati ai loro affari quotidiani senza interessarsi troppo agli avvenimenti appena successi.
Percorse il lungo corridoio in penombra illuminato dalle candele appese ai muri e infine si soffermò di fronte alla porta del terzo apostolo.
Bussò, ma non sentì alcuna risposta giungerle dall’altra parte. Allora tentò di aprire la porta; era aperta.
Una volta entrata però, si accorse di una cosa; Tyki non c’era più.
La finestra era chiusa, ma questo era normale. Essendo il Noah del Piacere, poteva benissimo essere passato da un muro, o dal pavimento, senza neanche sfiorare l’ipotesi di scappare dalla finestra aprendola. Sarebbe stato piuttosto inutile da parte sua.
Road si diresse alla finestra, la aprì e vi si affacciò: la luna illuminava i campi e i contorni della città in lontananza come un vecchio quadro dalle curve morbide. Si appoggiò sul davanzale con i gomiti e osservò prima il paesaggio, poi il grosso satellite che lo illuminava di luce riflessa e argentea.
- Game start – sussurrò, con un sorrisetto malizioso. 

Il mattino dopo, a Tyki venne offerto di pranzare alla villa della giovane Clara.
“Sarebbe un’occasione perfetta” pensò mentre si trovava nella carrozza che lo avrebbe portato a destinazione.
Alla fine, aveva deciso: la sua identità di Noah e alleato del Conte del Millennio e i suoi obblighi in quanto tale, erano di gran lunga superiori ai sentimenti personali. Aveva intenzione di farla finita, ma senza alcun divertimento. L’avrebbe uccisa, e basta. Senza troppa scena e senza rimpianti.
Stava male. Forse si trattava dell’affetto per Clara che gli premeva sul petto e tentava di fermarlo, in lacrime. Pensava che se l’avesse eliminata, quella pressione spaventosa sarebbe sparita e lui sarebbe tornato alla sua normale vita.
Cacciare Esorcisti, recuperare i frammenti di Innocence, cercare il Cuore… e portare così il mondo intero verso la disfatta.
Era deciso. Sì, era la cosa giusta da fare. La migliore.
Si sentiva assolutamente, inderogabilmente deciso. Nulla lo avrebbe fermato.
 
Tranne, ovviamente, il viso di Clara Evans che, una volta arrivato, lo accolse come un sole mattutino fa sulle colline buie. E Tyki ne venne abbagliato.
In quel momento, ogni esitazione, ogni dubbio e incertezza… tutto tornò, in proporzioni assai maggiori, a premere sul suo cuore.
Tirò fuori un fazzoletto dal taschino e si asciugò la fronte, leggermente sudata a causa della tensione.
- Bentornato, Lord Mikk – lo accolse la giovane con un sorriso.
“Smettila di sorridere…” imprecò mentalmente il Noah. Ogni sorriso sembrava essere una pugnalata sulla sua coscienza.
Ormai non si stupiva più di tanto, della sua reazione a tutto ciò. Sapeva di volerle bene, sapeva che ucciderla sarebbe stata la cosa più difficile da fare in anni e anni di lavoro.
Le prese la mano, la baciò.
- Madame – disse.
Clara arrossì. Adorava il tono della sua voce quando la chiamava a quel modo.
Attraversarono la collina, per l’ultima volta. Entrarono nella villa, per l’ultima volta.
George il maggiordomo li condusse nella enorme sala da pranzo, splendente sotto i raggi del sole e delicata quanto un vaso di porcellana. Gli stessi che adornavano e decoravano con immensa finezza l’intera stanza.
Al centro, un lungo tavolo di legno scuro elegantemente apparecchiato attendeva i due giovani, che di presero posto senza esitazione.
Clara si sedette a capotavola, mentre Tyki dalla parte opposta a lei. A quel punto la giovane disse:
- La prego, si sieda al mio fianco. Gradirei chiacchierare tranquillamente con lei, senza dover parlare necessariamente ad alta voce.
Nonostante fosse un’usanza non prevista, Tyki acconsentì in silenzio, prendendo posto sulla sedia immediatamente alla sua destra.
A quel punto, una fila di camerieri servì i piatti, e i due nobili iniziarono a mangiare, in silenzio. Sarebbe stata sia la prima che l’ultima volta che pranzavano assieme.
Il Noah afferrò un boccone con la forchetta, e poi si bloccò ad osservare il proprio piatto con aria assente.
Clara lo notò, e si affrettò a riportarlo alla realtà.
- C'è qualcosa che vi turba? - domandò.
Tyki si scosse; sollevò lo sguardo verso quello della giovane e rispose con un sorriso sforzato:
- Nulla nulla, non si preoccupi.
- E' preoccupato per qualcosa? - tornò a domandare la padrona della villa.
A quanto pareva la sua espressione lasciava intendere benissimo le sue angosce.
- Be', a dire la verità, sì - ammise il terzo apostolo.
Clara mollò le proprie posate accanto al piatto.
- Ne vuole... parlare? - chiese, premurosa.
Tyki cedette. Si decise quindi a chiederle consiglio.
- Se le dicessero di fare qualcosa che non le va a genio, come pensa che reagirebbe?
La giovane fece un'espressione piuttosto stupita.
- Oh, io? - esclamò, indicandosi - Be', non la farei. Una persona è libera di decidere da sé cosa fare e chi essere. Chi ci impone qualcosa che non vogliamo non merita la nostra fiducia, né la nostra approvazione. In fondo, lei è piuttosto importante tra gli aristocratici, per cui non penso che debba necessariamente prendere ordini ed eseguirli, se questi non la soddisfano.
Il Noah del Piacere rimase assai colpito da quelle parole. In effetti, nonostante lui fosse un Noah e facesse tutto ciò che gli chiedeva il Conte del Millennio, non aveva alcun obbligo che gli imponeva di obbedirgli ciecamente. Anche lui possedeva - se ne era reso conto - dei sentimenti, che mai aveva potuto toccare con mano propria a causa dell'influenza del suo lato nero.
Si era innamorato di Clara e non voleva ucciderla. Voleva invece continuare a vederla, a parlarle, a passare i pomeriggi in sua compagnia; voleva continuare a udire la sua voce, a specchiarsi in quei suoi grandi occhi smeraldini e brillanti, a vederla arrossire e a sentirla ridacchiare timidamente.
Poteva anche essere un Noah, ma mai si sarebbe scordato di essere anche umano, e mai si sarebbe scordato i suoi principi.
Non avrebbe mai nemmeno sfiorato le persone a cui voleva bene, e al diavolo le conseguenze!
 
- La ringrazio molto, Clara - disse, con un sorriso più rilassato e ora senza dubbi.
- Mi ha... mi ha appena chiamato per nome... - osservò Clara, piacevolmente sorpresa.
- Lo so - confermò Tyki, senza smettere di sorridere - Se le fa piacere, può farlo anche lei.
La giovane arrossì vistosamente.
- Oh, no no... Sarebbe disdicevole - disse scuotendo la testa a destra e a sinistra.
- Non si preoccupi. Tanto, siamo tra amici... giusto?
Il colorito della donna aumentò notevolmente.
 Sì... giusto... - sussurrò, con le mani che si stringevano al bel vestito rosso vivo, nel tentativo di vincere l'imbarazzo - ... Tyki. 

Alla fine, Tyki stava viaggiando nuovamente a bordo della propria carrozza.
Clara era ancora viva.
E lui sarebbe stato nei guai. Ma non gli importava poi molto.
Era felice. Sapeva di aver fatto la cosa giusta. Non doveva pentirsi di nulla. Doveva essere fiero di sé stesso.
La vettura sobbalzò, riportandolo alla realtà e costringendolo a guardare fuori dal finestrino: si stava annuvolando all'orizzonte.
La sua mente si perse laggiù, tra ricordi del passato e previsioni future.
Chissà come il Conte l'avrebbe presa.
Dopo averci ragionato molto, aveva deciso di non essere più un suo subordinato. Aveva rinunciato a troppe cose importanti, e se avesse continuato si sarebbe ridotto sicuramente come lui: un orrendo pagliaccio grasso e grosso, a cui non importava nient'altro se non la fine del mondo.
Voleva dire basta a tutto, farla finita. Voleva tornare dai suoi amici in miniera, riprendere la sua vita di vagabondo in buona compagnia; e voleva anche poter continuare a vedere Clara.
 
Un altro sobbalzo. Tra poco sarebbe arrivato.
Cosa avrebbe detto? Come lo avrebbe detto?
Poteva già scorgere la punta del tetto della villa, che si scopriva ad ogni secondo un po' di più. Le finestre erano accese.
Sentì la carrozza rallentare lentamente.
Si fermò di fronte al grosso cancello. In quel momento gli pareva di stare andando lentamente al patibolo.
Scese, respirò a pieni polmoni l'aria fredda che sapeva di pioggia.
Le sue gambe si erano irrigidite. Tyki si soprese.
Significava che aveva paura? Tsk! Lui, avere paura! Figuriamoci!
Si diede un contegno e cominciò ad avanzare. Superò il cortile costeggiato di siepi, salì le bianche scale di pietra e si fermò infine di fronte all'immenso portone di legno scuro.
Esitò, infine bussò, dapprima piano, poi con più decisione.
La porta si aprì, e Road apparve sulla soglia, pimpante più che mai.
Sembrava una tipica scena della sua famiglia: lui che tornava dopo una missione; la Noah del Sogno che, puntualmente, aveva terminato la propria prima di tutti e che andava ad aprirgli tutta contenta e curiosa di sapere com'era andata. Lui entrava, salutava Cheryl e Trisha. Cenavano assieme, poi la donna andava a dormire e i tre apostoli avevano poi la serata libera per discutere di affari segreti.
Tutto ciò non sarebbe continuato ancora per molto. Sarebbe finito quella notte stessa.
- Yo Tyki! – esclamò Road, afferrandolo per una mano e esortandolo ad entrare.
Il Noah del Piacere si lasciò tirare all’interno, per poi richiudere il grosso portone alle sue spalle…
 


 

“No, non ho nulla di cui pentirmi” concluse Tyki, mentre osservava ancora la luna come uno specchio che rifletteva i suoi ricordi.
 
Nell'oscurità della foresta, il Noah del Piacere udì un improvviso fruscio provenire da ovest. Voltò lentamente la testa in quella direzione e scrutò le tenebre: non vide nulla.
Tornata la calma, riportò il volto allineato al corpo ed emise un profondo sospiro, mentre sentiva gli occhi farsi pesanti.
Ma pochi secondi dopo, il medesimo fruscio parve risvegliarlo. Si voltò nuovamente, e questa volta gli parve di scorgere uno scintillio candido in mezzo al nero della notte.
Subito dopo, una voce; una voce fin troppo famigliare, che si faceva sempre più vicina, e con essa dei passi misurati e attenti.
Resosi conto della situazione a cui andava incontro, Tyki cercò di alzarsi usando come punto d'appoggio il tronco della grossa quercia. Ansimò. Poi smise, assumendo un espressione quanto più impassibile possibile.
"Non pensavo che avrei fatto un simile incontro..."  pensò, drizzando la schiena e sistemandosi la tuba sulla testa.
Le ferite gli dolevano ancora molto; se avesse potuto si sarebbe piegato in due dal dolore, ma non poteva. Non in quella circostanza.
Il fruscio si fece ancora più forte, fino a che, dalle tenebre, emerse la figura di un ragazzo. Nonostante fosse notte fonda, i suoi capelli bianchi come la neve pura parevano risplendere. Indossava una divisa nera bordata di rosso e decorata in oro, con una croce del medesimo materiale appuntata sul petto.
Quando la luce della luna lo illuminò, sul volto apparve in un breve flash una cicatrice lunga tutto l'occhio sinistro, che terminava fin sopra esso con un pentacolo.
Come vide il Noah, si bloccò, interrompendo i suoi passi.
Strinse lo sguardo per mettere a fuoco, e subito esclamò:
- Tyki Mikk!
Tyki sorrise, malevolo.
- Ci si rivede, Shounen.
Il ragazzo serrò i denti e gli ringhiò:
- Che ci fai qui?
- Nulla di particolare.
- Sei qui per l’Innocence? – gli domandò in cagnesco il ragazzo albino.
“Innocence…?” si chiese il Noah. Quindi lui era lì per quello?
- Se ti dicessi di sì, che cosa faresti? – lo stuzzicò.
La comparsa di Allen Walker capitava proprio a fagiolo; terminare il gioco con un avvincente scontro con un Esorcista. Lui di solito li uccideva, li mieteva come fa la morte con la sua falce; questa volta invece sarebbe stato diverso.
 
Allen, a quella evidente provocazione, attivò la sua Innocence; un manto bianco bordato di pelo lo avvolse come un abbraccio, mentre una maschera piuttosto insolita fece capolino sotto al collo. Le dita della sua mano sinistra, la sua arma anti-Akuma, divennero lunghe e affilate, come degli artigli, mentre quelle della destra bianche e tonde, quasi indossassero un guanto.
I suo capelli candidi si divisero sulla fronte, scoprendola e lasciando intravedere la cicatrice maledetta su di essa.
Dopodiché, si mise in posizione di attacco.
- Finalmente potremo terminare la nostra sfida cominciata sull’arca – disse Tyki, con finta enfasi– Preparati a morire.
- Preparati tu! – ribatté l’esorcista  albino scagliandosi contro di lui a tutta velocità.
Inevitabilmente, il Noah del Piacere evocò una Tease, trasformandola in uno shuriken lucente, che usò per parare il colpo, respingendolo con forza all’indietro.
Ci fu un breve lampo violaceo nella foresta, che si estinse quasi subito.
Allen scivolò all’indietro, sollevando un gran polverone e creando una lunga scia di terra davanti a sé.
Subito dopo, Tyki avvertì un dolore acuto al fianco, su cui aveva fatto leva per difendersi; una gocciolina di sudore scese lungo la fronte, bollente.
Tuttavia, non ebbe il tempo di fare nulla che l’Esorcista gli fu di nuovo addosso. Lui, prontamente, parò il colpo.
- Combatti più seriamente – gli disse, mentre lo scaraventava via in malo modo.
Evocò poi una  miriade di Tease nere, avvolte da un alone viola. I Golem si ammassarono tutti a mezz’aria, per poi dirigersi minacciosi verso Allen.
Il mantello di questi si animò improvvisamente, risplendendo nell’oscurità e deformandosi fino a diventare gigantesco. Successivamente, un lembo gli si allungò più degli altri, scagliandosi verso le Tease e distruggendole con facilità.
Le piccole ma numerose farfalle nere caddero come petali sull’erba, esplodendo e sollevando polvere e sassi. E in mezzo al buio della notte il Noah del Piacere non si vide arrivare una striscia bianca e lunga che attraversando la nube polverosa gli cinse strettamente il busto, e con esso le braccia.
Venne quindi sollevato da terra e trascinato velocemente in mezzo alla polvere, per poi incontrare la figura dell’esorcista, il quale gridò: - Crown Belt! – mentre lo scaraventava a terra con violenza.
Mentre il fumo lentamente si diradava, Tyki s’inginocchiò sull’erba, avendo le braccia legate e la mente annebbiata. Maledizione, gli mancavano davvero le forze!
Tossì un po’ di sangue per terra e ansimò, allo stremo.
Ormai la fine era vicina, ma lui non si era potuto divertire per niente.
Intanto, Allen Walker si era avvicinato lentamente al suo nemico, e lo guardava dall’alto in basso. Tyki sollevò lo sguardo, languido, piegando poi le sottili labbra in un debole sorriso.
- Sembra che tu abbia vinto… Shounen… - mormorò, per poi cedere al dolore e accasciarsi a terra.
L'albino lasciò la presa sul Noah, che respirò a fondo sentendosi finalmente libero. Poi si chinò su di lui.
Possibile che avesse già vinto?
- Tyki... - lo chiamò piegando la testa di lato nel tentativo di scorgere il suo sguardo. Purtroppo, aveva gli occhi chiusi.
- Tyki! - lo chiamò ancora, e ancora. Ma non ricevette nessuna risposta.
Che fosse una trappola, un vile scherzo? Era impossibile che lo avesse battuto con tanta facilità!
Provò a scossarlo leggermente, poi a voltarlo. E quando gli afferrò le spalle, ritrasse la mano immediatamente per lo spavento: aveva appena toccato qualcosa di freddo e bagnato.
Si portò la mano sporca vicina al viso, sfregando tra loro l'indice e il pollice e scoprendo così che su di esse si era depositata una sostanza appiccicosa e... nauseabonda.
Portandosela al naso, infatti, scoprì che si trattava di...
- ... Sangue?
Lui non aveva inflitto nessun danno tanto grave a Tyki da causargli una perdita di sangue così abbondante.
Con una certa fatica - il Noah del Piacere era piuttosto pesante per lui - lo trascinò fino alla quercia, adagiandocelo contro.
Sotto alla tenue luce della luna, l'albino vide le sue ferite e il suo volto pallidissimo, perennemente piegato in un espressione sofferente.
Lo chiamò ancora.
- Tyki! Tyki!
Lo scosse nuovamente, e questa volta lo vide schiudere piano gli occhi lucidi.
Allen parve quasi sentirsi sollevato da quella reazione, benché non ne comprendesse appieno il motivo.
Il Noah, come vide l'esorcista accanto a sé, sorrise, divertito.
- Che sciocco... - mormorò, con un fil di voce - ... Hai l'occasione di far fuori un Noah... e lo soccorri... Credi che voglia... la tua pietà... Shounen?
- Non è pietà - rispose prontamente l'esorcista con tono duro, mentre allungava una mano verso il frac, per aprirlo. Però, si ritrovò il braccio bloccato dalla presa di Tyki, che lo strinse con tutte le sue forze, bloccandolo.
- Lasciami! - si divincolò, irritato.
- No... - gli rispose l'altro, senza accennare a mollarlo.
Ma Allen, roteando il braccio velocemente, si liberò dalla morsa, rimettendo le mani a posto.
Tyki invece poggiò la sua sulla ferita al fianco, trovando un po' di calore in più.
L’albino non demorse.
- Chi ti ha ridotto così? – domandò, con un tono di voce più calmo e tollerante, ma pur sempre duro. In fondo, lui era un Noah, e assumerci tutto d’un tratto un atteggiamento gentile non era proprio di un esorcista quale lui era.
- Ha davvero… importanza? –mormorò Tyki, riluttante a parlare – L’unica cosa… che conta… è che il nemico muoia…
- Non è stato un esorcista, giusto? – provò a indovinare Allen, come se non avesse minimamente udito le parole dell’altro.
Sapeva bene che l’avvistamento di un Noah era un fatto eclatante che faceva, nel tempo di pochi attimi, tutto il giro dell’Ordine Oscuro. Se un esorcista ne incontrava uno, mandava immediatamente un segnale con il proprio golem, ancora prima di iniziare a fronteggiarlo. Questo consentiva al Supervisore Komui Lee di inviare i rinforzi necessari o, se necessario, di dare ordini direttamente all’esorcista interessato sul da farsi.
- Sei perspicace… Shounen… - confermò Tyki, capendo di non potergli nascondere nulla - Ma anche se… te lo dicessi… cambierebbe qualcosa? Rimango sempre un Noah… non dimenticarlo…
 
A quel punto, Allen perse ufficialmente la pazienza. Ne aveva avuto abbastanza dei continui rigiri di parole di Tyki e del suo stressante fuggire alle sue domande.
Si era accorto che lui stava facendo così per provocarlo, ma cercò di non darlo a vedere.
Afferrò quindi il braccio con il quale si stava stringendo la ferita, lo scostò con pochi convenevoli e gli aprì il frac, scoprendo la pelle lacerata e sporca di sangue; inorridì appena. Mettevano sempre una certa soggezione le ferite profonde come quella.
Si sentiva uno stupido incosciente, ad aiutare un Noah, un suo nemico… Anche se sentiva che quella faccenda sapeva di menzogna e mistero, dentro di sé la convinzione che doveva farlo si faceva sempre più grande.
E Tyki non oppose più resistenza quando sentì il caldo tocco delle mani dell'albino sulla propria pelle, delicato e forte. Questi si era strappato parte della divisa e l'aveva usata per tamponare le ferite del Noah.
- Che sciocco... - sorrise divertito Tyki - Ma è inutile...
Allen non gli diede ascolto; scrollò le spalle e continuò a premere il pezzo di stoffa sulla ferita al fianco.
- Di' la verità - disse solo, concentrato sul suo lavoro.
Il Noah del Piacere lo guardò a lungo, poi mormorò:
- Perché... lo fai?
" E perché continui a rispondere alle mie domande con altre domande?" Pensò l'esorcista, seriamente intenzionato a dirglielo sul serio; ma si trattenne.
- Perché anche tu ha delle persone che aspettano il tuo ritorno - rispose invece, con un tono di voce più deciso e meno duro. Che si stesse abituando a Tyki e lo considerasse una presenza non pericolosa?
Intanto cambiò ferita, passando a quella sulla spalla.
Il Noah gemette piano di dolore, zittendosi però quasi subito: non voleva certo apparire debole proprio davanti a lui! Inoltre, non voleva dirgli che aveva perso i suoi amici; sarebbe potuto apparire sentimentale, e questo non lo voleva assolutamente. Non davanti a un esorcista, almeno.
 
Passarono diversi attimi, alla fine dei quali Allen udì la flebile voce del Noah del Piacere dire:
- Il Conte…
L’esorcista si girò di scatto verso di lui e fece, confuso:
- Cosa?
Tyki inspirò profondamente e ripeté:
- E’ stato… il Lord del Millennio…
Non che avesse improvvisamente cambiato idea su Allen, con quell’affermazione; voleva solo vedere come avrebbe reagito sapendo la verità. Si trattava di semplice e pura curiosità, come quella dei bambini. Sarebbe stato abbastanza divertente vedere come si sarebbe comportato di conseguenza il ragazzo.
E infatti, Allen sbiancò.
Come poteva, il Conte, avere fatto una cosa simile ad uno dei suoi alleati?!
Le sue iridi si ridussero a due puntini minuscoli, e le sue mani tremolarono lievemente.
Tyki si beò di quella sensazione di terrore che aveva invaso l’esorcista e ridacchiò sommessamente, piacevolmente divertito.
- Perché ridi? – sbottò l’albino, ancora scioccato per l’amara scoperta.
- Ci deve essere… un motivo? – mormorò il Noah recuperando il fiato - Mi fai ridere…
- Cos’è che ti fa ridere di me? – domandò irato l’altro. Ma come diavolo faceva a ridacchiare in una situazione del genere?!
- Per te… un compagno che muore… è orribile… giusto? – fece Tyki - Ma per noi... non significa niente...
- Ma Road ha detto che... - cercò di ribattere l'esorcista, con voce tremolante.
- Road... è Road. Noi... siamo la sua unica famiglia... - disse duro invece il Noah - Se però... uno di noi... muore... viene solo sostituito... e si ricomincia...
Allen non poteva credere alle proprie orecchie. Stava venendo a conoscenza di troppe brucianti verità, e tutte in una volta sola.
Sentiva uno strano formicolio dentro la pancia. Il sentore di dover fare qualcosa, senza sapere che cosa. Il suo corpo gli stava dicendo di agire. Ma come? Lui non lo sapeva.
- E poi chiamate noi posseduti... - riuscì solo a bofonchiare - Voi sembrate invece dei vecchi giocattoli in possesso al Conte.
Già. Esseri vuoti, senza volontà, sempre sul punto di rompersi; proprio come dei vecchi peluche, pronti a morire come insetti, per poi rinascere sotto diverso aspetto, ma alimentati dalla stessa sete di sangue di esorcista.
Be', a pensarci bene, anche loro all'Ordine, erano parecchio simili. Erano i giocattoli di Dio che lottavano tra di loro, pronti a venir sostituiti da un momento all'altro al minimo cenno di incrinatura.
Se uno di loro - sia Esorcisti che Noah - moriva, subito ne arrivava un altro.
Era triste a pensarci; in fondo erano tutte pedine di una guerra che era sempre stata nelle mani di pochi, misteriosi capi.
- Non siete in grado - aggiunse, alzando il tono di voce - Di pensare con la vostra testa?
I pensieri dovevano averlo animato, in qualche modo. Sembrava più energico, determinato a superare tutte le difficoltà.
Ma poi la risposta di Tyki lo fece trasalire:
- Be'... Io l'ho fatto...

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♣ Angolo di Momoko 

Momoko: *appare all'improvviso* Salve salvino gente! *le arriva un vaso di fiori in testa* Ok ok, lo so che sono passati anni e anni dall'ultimo aggiornamento. Ma vedete, in questi giorni mi sono drogata di Kuroshitsuji/Black Butler, e ho avuto anche una fugace storia d'amore con Sebastian e Grell (contemporaneamente).
Ma ora sono tornata, con nuovi adepti (trad: vittime) per le mie fanfiction, che sicuramente scriverò e pubblicherò a breve. Ne ho già in porto una, spero di potervela proporre il più presto posssibile e che possa piacervi naturalmente^^.

Riguardo a questo capitolo... be'.... c'è da dire che il luuuuungo flashback è finito e ora la storia può procedere tranquillamente. Ci sono un bel po' i questioni in sospeso, che spero di essere in grado sbrogliare nella maniera migliore. Ovviamente, spero anche in un giudizio sempre più imparziale di voi lettori, per aiutarmi a migliorare!
*con in sottofondo la musichina delle anteprime dei nuovi episodi di D. Gray-man in sottofondo* Ora che succederà a Tyki? E cosa deciderà Allen? Lo scoprirete nella prossima puntata! *fine musichina* xDD
Saluto ancora Nuirene, Acquamaryne (con cui mi scuso per il ritardo nel commento del suo ultimo capitolo) e Guchan. E ringrazio anche tutti voi lettori anonimi! Già il fatto che l'avete letta per me è una conquista :D 
Bene, ora vi lascio, vado a ingozzarmi di Nutella *prende barattolo e cucchiaino*.

A presto,

Momoko.

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Capitolo 6
*** Alba ***


Capitolo 6
Come l’alba fa svanire l’oscurità, una nuova speranza illumina la paura.

 
 
Certo che era venuta a crearsi davvero una stranissima situazione.
Un Esorcista che aiutava un Noah era pazzesco, per non dire quasi impossibile.
Eppure il giovane Allen Walker non aveva esitato a caricarsi sulle spalle Tyki Mikk, il quale aveva perso i sensi poco dopo il loro incontro nella foresta che stavano tutt’ora percorrendo, nel tentativo di uscirne e prestare l’aiuto necessario al Noah.
L’albino si sentiva stranamente esposto. Temeva che Kanda, o Link, i suoi compagni per quella missione di recupero di Innocence, lo scoprissero da un momento all’altro. E se fosse successo, sarebbe stato davvero in guai seri.
In particolare lo preoccupava l’investigatore, il cui compito principale – o meglio, unico – era sorvegliarlo notte e giorno, senza un attimo di distrazione. Era lui che più minacciava di saltar fuori da un momento all’altro dal nulla, per poi scoprire tutto.
Di Kanda non aveva la benché minima paura. Lo conosceva bene e sapeva che a lui, di quello che faceva, non gliene importava nulla. Poteva diventare parecchio seccante, tuttavia, se iniziava a sbraitargli contro richieste che lui in quel momento non poteva accontentare. Avrebbe potuto avere dei sospetti, anche se poi avrebbe dovuto rimangiarseli: tra loro due il rapporto non era così rose e fiori, quindi qualunque problema di questo tipo ci fosse stato in missione, Allen avrebbe dato la colpa a Kanda e alle sue maniere indelicate.
Ingoiò a vuoto.
Era assai preoccupato di Link! Nella sua mente ripeteva in continuazione, come un disco rotto “Fa che non mi veda” mentre incrociava le dita speranzoso.
 
In quel momento, udì un sibilo tremendo accanto all’orecchio sinistro. Soffocando un gridolino di dolore, si portò una mano alla cavità uditiva, per accertarsi di non essere diventato sordo. No, ci sentiva ancora bene, perché subito dopo i versi furiosi di qualcuno gli trillarono dritti nei timpani, forti e chiari.
- Razza di mammoletta! Dove diavolo sei finito?!
 
Era Kanda.
Allen cercò di rispondere meglio che poté, colto alla sprovvista da quella chiamata. Sbuffò, ma dopo si tappò immediatamente la bocca, in preda allo spavento. Non voleva che il giapponese lo sentisse, sembrava già abbastanza infuriato.
- Sono nella foresta, ho una faccenda da concludere – cercò di spiegare, in preda all’imbarazzo, senza sapere esattamente cosa dire.
La risposta gli arrivò secca e fulminea:
- Non mi interessano i tuoi affari. Piuttosto, noi qui avremo finito e vorremmo tornare alla Home. Inoltre c’è Howard che non la smette di assillarmi perché vuole sapere dove sei.
Allen parve come risvegliarsi. Era vero che senza di lui non potevano tornare indietro. Si scusò col compagno, cercando di mantenere la calma nonostante il nervoso che gli stava provocando.
- Vi apro subito un gate per l’Ordine nel nostro punto d’incontro! – esclamò, frettoloso.
Gli bastò pensarlo, focalizzando ben bene nella sua mente il luogo in cui voleva che apparisse il portale. Poco dopo udì nuovamente la voce di Kanda.
- Grazie, eh!
Il tono con cui ‘ringraziò’ l’albino era tutto fuorché grato. Sembrava che avesse cercato di farglielo capire come fosse uno stupido; ma Allen non si scompose.
- Di nulla, eh! – rispose, imitando il tono del compagno per prenderlo in giro. Sapeva vendicarsi a dovere, quando si trattava di Kanda. Conosceva i suoi punti deboli e non mancava mai di rinfacciarglieli ogni volta.
Il ricevitore all’orecchio emise una specie di ringhio, ma probabilmente non si trattava di un’interferenza…
- Vedi di finire quella faccenda in fretta, o ti rado a zero! – lo minacciò il giapponese, chiudendo la conversazione.
Ad Allen sembrò di sentire la voce di Link gridare “No, fammi parlare con lui!” prima di tornare a sentire normalmente i rumori notturni della foresta.
Stava ancora camminando e Tyki era ancora poggiato alla sua schiena come un sacco di patate. Il suo respiro era molto debole.
“Devo fare in fretta” si disse, aumentando il passo.
Il carico che si portava dietro era parecchio pesante, ma lui ormai ci aveva fatto l’abitudine.
 
Se c’era però una cosa che gli sembrava ancor più pesante, era tutta la faccenda che si stava creando alle spalle dell’Ordine che, all’oscuro di tutto, continuava la sua normale routine senza sapere che il Conte faceva la selezione naturale dei suoi seguaci.
Gli sembrava una tale ingiustizia da parte sua, che il suo odio crebbe ancora di più. La trovava barbara e priva di motivazione.
Chissà che cosa aveva fatto il giovane portoghese da finire in una simile situazione… Non sarebbe mai riuscito a farselo dire. Il Noah era bravo a celare le informazioni se voleva, e quando le sbandierava di fronte a lui o ai suoi amici, era solo per metterli ulteriormente sulle spine e prendersi gioco di loro.
Ad Allen quegli atteggiamenti non piacevano, ma dentro di sé sentiva di doverlo aiutare. Il suo cuore cercava, una dopo l’altra, una serie di giustificazioni al fatto che gli stesse salvando la vita. E ne aveva trovate alcune.
Si era convinto che lui avesse ancora quei suoi amici umani, e che volesse loro bene. Inoltre, se aveva abbandonato il Conte oramai non faceva più parte delle sue fila, anche se nonostante tutto rimaneva un soggetto altamente pericoloso per gli Esorcisti.
Aveva ucciso un sacco di suoi colleghi, distrutto frammenti e frammenti di Innocence rubata e aveva reso Suman Dark un Caduto. Senza contare che aveva cercato di ucciderlo ben due volte, mancando di riuscirci per un soffio in entrambe.
Be’, non aveva un bel ricordo di quell’uomo. Però lo stava salvando ugualmente. E ogni buona motivazione a tale gesto sembrava quasi annullarsi di fronte alle accuse del Noah, ben più gravi e prorompenti delle sue buone azioni.
Forse lo stava aiutando semplicemente perché lui era Allen Walker, una persona che pensa sempre a tutti e per tutti. Probabilmente aveva dato una chance a Tyki grazie al suo buon cuore, anche se era tanto modesto da non riuscire ad ammetterlo.
Tuttavia, ciò che provava in quel momento era fierezza. L’orgoglio di aver fatto, ancora una volta, la scelta giusta.
 
- Si vede una luce, laggiù – meditò Allen, aguzzando la vista e scorgendo in lontananza un lume fioco che, come una piccola candela, ballava leggermente in tutte le direzioni.
Tirò un sospiro di sollievo, continuando a camminare in quella direzione senza mai rallentare o fermarsi.
“Meno male” pensò. “Sono stanco morto”.
Arrivò alla fine della foresta, ritrovandosi a camminare su un bel prato di cui notò, nonostante il buio, l’estrema morbidezza e il modo ordinato e curato con cui era stato tagliato.
Davanti a lui si stagliò poco dopo una villa, dalle mura bianche di pietra e i tetti scuri, in netto contrasto. Sembrava quasi un castello fiabesco.
Allen passò accanto ad un albero con un tavolino e due sedie ai suoi piedi, e percorse uno stretto sentiero di terra battuta fino ad arrivare ad un immenso portone di legno.
Si liberò una mano e bussò, sperando di ottenere risposta.
Fu molto felice infatti quando sentì il rumore interno della porta che lentamente si apriva scricchiolando. Si vide aprirsi da una bella donna, alta, dai lunghi e mossi capelli castano chiaro e dagli occhi di smeraldo; la pelle delicata come petali di rosa e le lentiggini sul naso, sbarazzine.
Si sentì osservato da quelle pietre preziose incastonate per qualche secondo, fino a quando la donna non emise un grido allarmato, ma non rivolto a lui.
- Lord Mikk! Oh santo cielo che vi è successo?
Allen rimase letteralmente spiazzato da quella reazione. Lo conosceva veramente? Sembrava di sì. Poco male, almeno sapeva di affidarlo in mani sicure.
Clara lo fece entrare, tutta trafelata, mentre con la stessa fretta e agitazione condusse Allen in un salottino elegante, dicendogli di adagiare il corpo del Noah su uno dei preziosi divanetti.
Si inginocchiò poi accanto al suo viso e gli tolse il cappello, carezzandogli la fronte pallida e sudata con le mani tremolanti. Soltanto in quel momento Allen si accorse che le stigmate non c’erano più, e anche il suo colore di pelle era tornato normale. Forse a causa del buio della notte non si era accorto del suo cambio d’identità.
- Lord Mikk... Vi prego… Aprite gli occhi… - mormorava Clara, con gli occhi lucidi e il tono di voce supplicante.
Gli passò la punta delle dita candide e delicate sulla guancia, mormorando ancora il suo nome e implorandogli di aprire gli occhi. Tuttavia, Tyki non accennava a svegliarsi.
Stava per mettersi a piangere, quando si accorse della figura dell’Esorcista affiancarglisi.
- Dovreste chiamare un medico – la informò rivolgendole uno sguardo amichevole e comprensivo, in netto contrasto con il suo, che si stava consumando dalla disperazione.
Passò qualche attimo di silenzio. Clara guardava il viso del ragazzino sconosciuto che aveva portato fino a casa sua la persona che amava. Rapidamente quel sorriso e quell’improvvisa attenzione da parte sua la riportarono alla realtà. Si mise in piedi, e cercando di camminare il più velocemente possibile si diresse oltre il salottino. Afferrò una cornetta posta su un tavolino, compose un numero e dopo qualche secondo di attesa ricevette subito risposta. Iniziò a parlare, con più calma ma allo stesso tempo con un tono che facesse capire l’urgenza della sua chiamata, con il medico.
Allen non riusciva a sentire ciò che stava dicendo, così si soffermò a guardare Tyki. Sembrava così innocuo; non riusciva a credere che quell’uomo avesse causato tanti problemi a lui e a tutto il personale dell’Ordine Oscuro. Il Conte aveva allontanato una delle sue migliori pedine, ma di questo l’Esorcista albino non poteva che rallegrarsi.
Clara tornò, all’apparenza più calma e tranquilla.
- Ho chiamato il vecchio medico di famiglia, abita qui vicino e ci metterà poco ad arrivare – annunciò sollevata, avvicinandosi al Noah.
Allen sorrise, rincuorato.
- Bene – rispose, senza aggiungere altro.
Ma Clara si girò verso di lui.
- Vi ringrazio, se non fosse stato per voi a quest’ora Lord Mikk... A quest’ora…
Cercò di ringraziarlo, ma iniziò a tormentarsi le mani e la lacrimare, al solo pensiero di sapere morto Tyki. Allen le si avvicinò e le prese le mani, le quali si rilassarono immediatamente appoggiandosi alle sue in cerca di conforto.
- Non c’è bisogno che mi ingraziate, signorina – disse prontamente l’albino, sorridendo di nuovo.
Per qualche strana ragione, quei sorrisi premurosi erano capaci di placare qualunque tristezza.
Clara si asciugò le lacrime con il dorso della mano, tirando su col naso.
- Posso sapere il vostro nome? – chiese, mentre tirava fuori un fazzoletto dalla manica e puliva il viso.
- Allen Walker, molto piacere – si presentò l’Esorcista – E voi?
- Io sono Clara Natalie Evans; il piacere è tutto mio – disse la giovane, invitando il suo appena conosciuto ospite a sedere su di una poltroncina, mentre lei si sedeva sul bordo del divanetto accanto a Tyki, prendendogli la mano con dolcezza.
- Sapete – cominciò a parlare Clara, con un sorriso malinconico e nostalgico – Lui non ha mai voluto dirmi veramente dove si fosse procurato quelle cicatrici; ma a me andava bene così, perché mi fidavo di lui. Solo che…
Fece una pausa, trovando le parole adatte; strinse un po’ di più la presa sulla mano del Noah.
- … Avevo paura che me lo portassero via. Lui è… l’unica persona al mondo che mi abbia fatto sentire veramente felice.
 
In quel momento si udì un fruscio provenire dalla divisa di Allen, mentre qualcosa di veloce si muoveva al suo interno. Poco dopo spuntò fuori un esserino dalla forma sferica, color dell’oro e con due ali svolazzanti che sbattevano con rapidità fendendo l’aria.
Allen ebbe un sussulto.
- Oh, Timcampi! Sta’ fermo! Cosa c’è? – esclamò cercando invano di acchiapparlo con le mani. Ma il golem sfuggiva sempre alla sua presa. Fece un voletto attorno alla sua testa e gli mordicchiò una manica della divisa da Esorcista, tirandola a sé.
A quel punto Allen si alzò di colpo, come mosso da una forza invisibile.
- E’ vero!! – rammentò dandosi una pacca sulla fronte – Devo andare!!
Clara rimase stupita. Non aveva mai visto un aggeggio come quello in vita sua. Le parve piuttosto carino, sebbene le risultasse ancora difficile credere che potessero esisterne altri uguali. E fu proprio in quel momento che si accorse anche della strana divisa dell’albino.
Mentre lo vedeva allontanarsi con discrezione lo chiamò. Era fin troppo strano per lasciarlo andare via senza qualche risposta. Non aveva mai visto simili vestiti, né tantomeno degli esseri così bizzarri. Qualcosa le diceva che lui sapeva cosa era successo a Tyki e poteva spiegarglielo, tanto gentile gli era sembrato. Ma al tempo stesso temeva che quel ragazzo dagli insoliti capelli bianchi potesse avere direttamente a che fare con le condizioni del suo Lord.
Allen si fermò. Il tono con cui aveva pronunciato il suo nome era strano; probabilmente si era lasciata impressionare da Tim e ora voleva fargli delle domande.
“Accidenti”, imprecò mentalmente mentre Clara gli si avvicinava. Non poteva rivelargli la sua vera identità, non almeno, senza una valida ragione. In ogni caso lei conosceva Tyki, quindi anche gli altri Noah; e se anche non avesse saputo chi erano veramente, questi l’avrebbero potuta tenere d’occhio e, se ve ne dovesse essere stata l’estrema necessità, togliere di mezzo. Si stava andando a cacciare in un mucchio di guai!
- Scusate, vorrei porvi una domanda – disse infatti la giovane, cauta.
Allen sfoderò un sorriso quanto più gentile possibile, senza però tradire un certo disagio.
- Mi dica – cercò di dimostrarsi più disponibile possibile.
Clara fece un piccolo sorriso timido.
- Ehm… Volevo chiedervi che cos’è quella specie di animale dorato che vi insegue; e cosa significano le vostre vesti, per favore.
Ecco. L’aveva fatto.
Allen ebbe la fulminea idea di gettarsi fuori dalla porta e correre disperato il più lontano possibile, pur di non rispondere. Mai prima d’ora si era trovato tanto in difficoltà con una fanciulla, e dire che lui possedeva una buona parlantina, quando voleva.
Cercò nella propria mente una scusa per evitare di doverle raccontare la verità. Ma a giudicare dallo sguardo di Clara, difficilmente gli avrebbe creduto se le avesse raccontato una bugia. Tuttavia, non poteva mancare i suoi doveri e principi di Esorcista.
- L’ha notato, eh? – cominciò l’albino con una mano dietro la nuca, imbarazzato – Deve sapere che io lavoro per Scotland Yard, anche se non in veste ufficiale. Diciamo che a me vengono assegnati i casi più ‘delicati’. E lui è Timcampi, un apparecchio che mi consente di rimanere in contatto con i miei colleghi.
- Ah… - riuscì solo a mormorare Clara, abbassando lo sguardo.
- Ma non deve dirlo a nessuno, altrimenti passerei dei guai – concluse Allen, facendole l’occhiolino in segno d’intesa. Era certo di essere riuscito a dissipare ogni suo dubbio, ma la giovane, non convinta ancora del tutto, tornò a domandare:
- E, ditemi, cosa centra Lord Mikk con il vostro lavoro?
Allen prontamente rispose, con aria seria:
- Assolutamente nulla, signorina. Mi è capitato di scorgerlo nella foresta per caso, e quando mi sono avvicinato per controllare era già ferito a quel modo. Mi dispiace molto, dovete volergli molto bene. Ma state tranquilla, sono sicuro che in mano vostra non potrà che rimettersi in fretta.
E, detto questo, afferrò la maniglia del portone e la tirò, aprendolo.
- Devo andare adesso. E’ stato un piacere conoscervi, signorina. Porgete i miei auguri a Lord Mikk quando si sveglierà – disse uscendo – Arrivederci.
Il portone si chiuse. Il silenzio tornò a impadronirsi della villa.
Clara rimase davanti all’entrata ancora poco convinta di quanto sentito. Non conosceva molto bene quelli di Scotland Yard, ma non era ugualmente certa che il ragazzo le avesse detto la verità.
Però ormai era troppo tardi per chiedere chiarimenti. Cercò di farsi bastare quelle misere – e forse false – informazioni ricevute e tornò nel salone, ad occuparsi del Noah.
Si sedette nuovamente sul bordo del divanetto e fissò il suo sguardo sul suo volto.
 
Non gli sembrava vero. Se lo era ritrovato in casa in quello stato pietoso alla velocità della luce, accompagnato da un fantomatico ragazzo dai capelli bianchi. Lui le aveva detto di lavorare per Scotland Yard, ma lei non aveva creduto ad una sola parola.
Persino il fatto che ora il suo Lord Mikk giacesse in quelle condizioni era la prova che la scusa dell’incidente in carrozza era solo un’amara bugia. Lei però era stata zitta, come sempre.
Non aveva mai messo in discussione le parole o i credo di nessuno, perché le era stato insegnato così fin dalla più tenera età da suo padre. Inoltre, nel suo profondo aveva voluto credere a quella storia, pensando che lui non le potesse mai raccontare menzogne perché…
Be’, semplicemente perché era lui. Lei lo amava, sarebbe stato logico anche riporre così tanta fiducia nelle sue parole; oppure no?
Allungò una mano fino alla guancia, cominciando a sfiorarla con la punta delle dita.
Chissà se anche lui l’amava…
Ripensò al loro primo incontro: ricordava Tyki che, per la prima volta da quando era cominciata la malattia di suo padre, chiedeva a lei come stava; ripensò al giorno del funerale: lei gli era andata incontro, disperata, e lui l’aveva accolta tra le sue braccia, quasi a volerla proteggere. Ma da cosa?
Ripensò alla loro passeggiata nel bosco, alla quercia ai cui piedi si erano seduti, lontani dal mondo e dalle disgrazie. E poi ancora a quello stesso giorno, in cui lui le era parso così a disagio… facendole quella strana domanda: “Se le dicessero di fare qualcosa che non le va a genio, come pensa che reagirebbe?”.
Che centrasse qualcosa con lei o, ancor meglio, con le attuali condizioni del Noah?
Clara era fiduciosa ma non era né stupida né ingenua. Capiva benissimo che c’era qualcosa sotto. Era tutto troppo strano perché si trattasse solo in un incidente o di una coincidenza.
Quando Tyki sarebbe stato meglio glielo avrebbe chiesto, sicuramente. Ma sarebbe poi stata certa di ottenere risposte veritiere, e non altre misere scuse?
 
Un rumore improvviso la strappò ai suoi pensieri. Qualcuno stava bussando al grosso portone di legno con insistenza.
Doveva essersi talmente persa nei suoi ragionamenti, da non aver persino udito che aveva un ospite, nel silenzio quasi tombale della villa.
Staccò la mano dal viso di Tyki, si alzò e con passo svelto corse ad aprire.
Quando vide di chi si trattava, tirò un lunghissimo e meritatissimo sospiro di sollievo.
- Oh, siete voi, Dottor Landers – disse con un sorriso assai speranzoso in volto.
Davanti alla giovane si stagliava, non troppo imponente, la figura di un uomo probabilmente sulla cinquantina che, a giudicare dalla calvizie che lo aveva preso al centro della testa, dimostrava però anche dieci anni in più. Nascondeva due piccoli occhi castani dietro a un paio di grossi occhiali da vista tondi e ben calcati sul nasone baffuto.
- Salve, Clara. Sono venuto più in fretta che ho potuto – annunciò il medico togliendosi il capello e il soprabito e porgendoli alla giovane.
- Oh, non si preoccupi! La ringrazio per essere venuto anche a quest’ora della notte. So che è ancora in lutto per sua moglie, per cui mi perdoni se l’ho disturbata – disse Clara con tono dispiaciuto, afferrando gli effetti del suo ospite e appendendoli con cura su un appendiabiti.
Il medico rise goffamente, carezzando il viso della nobile.
- Oh oh oh non preoccuparti, bambina. Ricordo ancora quando avesti quell’attacco di febbre improvvisa. Anche se mi trovavo nelle Highlands sono venuto lo stesso, ricordi?
- Sì… Grazie comunque Dottore – fece la giovane con un piccolo sorriso.
Il medico parve poi tornare alla realtà.
- Oh! Qual è l’urgenza per cui mi hai chiamato poco fa?
Clara ebbe un sussulto. Si affrettò poi ad accompagnare l’uomo nel salottino.
- Si tratta di Lord Mikk, signore. Potete aiutarlo, vero? – lo supplicò poi chinandosi come lui sul Noah.
- Mhm… - mugugnò il medico prendendogli il polso e ascoltando – Sono abbastanza sicuro che non morirà. Ora, Clara, perché non vai a preparare un po’ di thè a questo povero vecchio? Simili scene per una fanciulla come te sono oltremodo sconvenienti, sai?
La giovane acconsentì. Non si era mai lasciata impressionare dal sangue, né da alcun intervento chirurgico, però fece come le era stato chiesto. In fondo, era lui il dottore, no?
Si diresse in cucina e cominciò a far bollire dell’acqua in un pentolino. Si sedette poi al grosso tavolo centrale e attese, nel silenzio più completo.
I minuti passarono, diventando ore.
Clara cominciò a diventare impaziente e tesissima. Batteva con insistenza le dita sul tavolo, mentre beveva l’ennesima tazza di thè. In quel momento vennero ad assalirla i peggiori dubbi: e se non ce l’avesse fatta?
 
Si stava rendendo impaziente come mai prima d’ora. Il solo timore di poter perdere Tyki la faceva stare male, tanto da poter sentire questa tensione ingarbugliarle lo stomaco e contorcerglielo. Era orribile aspettare, se ne rendeva conto solo in quel cruciale momento…
 
Le prime luci dell’alba spazzarono via le tenebre sulle colline, inondandole di luce come un fiume in piena.
Clara aprì lentamente gli occhi, segnati da una sottile riga scura che sembrava quasi circondarli. Si era addormentata. Sentiva il freddo della mattina entrarle nelle ossa e il corpo indolenzito, essendosi appisolata con la testa e le braccia incrociate sul tavolo. Cercò di muoversi, scoprendo con grande stupore di avere tutti i muscoli intorpiditi.
Ah, che sensazione terribile…
Sollevò la testa, guardandosi attorno con aria assonnata. C’erano la teiera e la tazza del thè, entrambi vuoti, che risplendevano sotto la luce nascente del sole. La porta della cucina era aperta. Nessun rumore.
Si lasciò ricadere sul tavolo, sconsolata. Le venne da piangere.
Perché ancora il Dottor Landers non le aveva fatto sapere nulla?
Gli occhi le pizzicavano da morire.
Forse… forse non ce l’aveva fatta…
Una lacrima scese silente lungo la guancia, rigandola dolcemente.
Nella sua mente apparve l’immagine del suo amore, e il suo nome: Tyki. Era talmente prorompente che sentì il bisogno di rendere quel pensiero concreto.
- T… Tyki… - mormorò, mentre altre lacrime calde scorrevano fuori dai suoi occhi e ricadevano con un sonoro ploc sul tavolo.
“Ti prego… non abbandonarmi anche tu…”
 
Fu allora che udì un paio di colpetti provenire dalla porta della cucina. Sollevò di nuovo la testa, incontrando, grazie al Cielo, la figura del medico.
- Dottor Landers… - riuscì a mormorare la giovane, sorpresa, mentre si asciugava le lacrime col dorso della mano.
L’uomo aveva un’espressione seriosa, i cui occhi erano anch’essi segnati dalla mancanza di sonno.
- Clara… - disse lui, sorpreso quanto lei di vederla – Ti sei addormentata sul tavolo, eh?
Si avvicinò, sollevando il coperchio della teiera e guardando con aria leggermente stizzita la tazzina.
- E ti sei bevuta tutto il thè… Cielo…
La giovane tirò su col naso, con gli occhi ancora pesanti dal sonno.
- Mi dispiace Dottore…
Poi parve animarsi, spalancando gli occhi all’improvviso e alzandosi di scatto dalla sedia.
- Dottore! Come sta Tyk- , ehm, Lord Mikk??
L’anziano medico si levò gli occhiali, massaggiandosi stanco gli occhi.
- Bambina mia…- disse, con tono dispiaciuto, senza continuare la frase.
Le mani di Clara tremarono; il suo corpo s’irrigidì. Cosa cercava di dire?!
Senza rendersene totalmente conto, lo afferrò per le spalle e lo scosse, quasi con violenza.
- Mi dica come sta! – esclamò, con la voce rotta dal pianto e l’aria disperata.
Il medico le prese una mano, dolce. La giovane si bloccò. Cosa stava facendo…? Non era da lei comportarsi così.
- Mi perdoni Dottore… Mi perdoni – mormorò
con voce tremula.
Fu in quel momento che l’uomo sorrise, ridendo piano e in modo goffo.
- Oh oh, tranquilla. Ora va da lui, bambina. Cerca di essere accanto a lui quando si sveglierà.


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♣ Angolo di Momoko 

Eccomi tornata! :D
Oggi sono immensamente felice (per la prima volta nella mia vita >.<), e sapete perché?
Ahahah non ve lo dico :P
Seriamente, sono riuscita a scrivere un capitolo in dieci giorni! Solitamente ci metto tre trilioni di anni luce ma 'sta volta padre Tempo è stato clemente con me ç_ç Inoltre mi è venuto in mente il finale adatto alla fic (che leggerete alla fine xD). 
Quando ho avuto il colpo di fulmine ero a letto ed era l'una ò_ò Ho avuto un flash improvviso, ho acceso la luce, ho tirato fuori il mio fido quaderno post-sclerum e ho iniziato a scrivere come una posseduta x°DDD Ci credete che mi son presa paura pure io!
Tyki: ma guarda tu questa maniaca assatanata <.<" 
*Tira ciabatta in testa* Comuuuuunque... lasciamo da parte la mia vita che non interessa a nessuno.
Tyki: *schiva ciabatta* Ben detto.
*Tira seconda ciabatta e lo prende in pieno*.
Allora... Parlando del capitolo! Per scriverlo ho iniziato a frequentare un circolo di emo depressi all'ennesima potenza e ho rischiato di venir trascinata nel vortice della malinconia ma... Ciò che conta è che lo abbia scritto, giusto? ^^"
Soltanto verso la fine ho allentato un pochino la presa, lasciando quel finale a metà che, credetemi, sta mettendo sulle spine pure me xDD Ora mi chiedo anch'io come continuerà è_è
Se non ci fossero stati Allen e Tim a smorzare l'ambiente tesissimo credo che sarei morta xP 

Una cosa che ci tengo a dirvi prima di lasciarvi alla vostra vita, è questa: probabilmente starò via per tutto il mese di agosto, e non avrò la possibilità di connettermi a Internet. Mi porterò dietro il pc per continuare a scrivere, ma potrò pubblicare solo da settembre/ottobre ç_ç Ragazze, mi dispiace tanto. Mi perderò un mucchio di vostri capitoli... sigh...

Va be', vi lascio^^ Ringrazio come sempre _Butterfly_, Guchan e Nuirene (dove sei finita Nui? ç_ç) e tutti i lettori che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate ecc... Mi farebbe piacere però anche avere un vostro parere sulla storia^^. Altrimenti, se sto scrivendo una castroneria, chi me lo dirà? ç_ç

A prestooooo e buona estate a tutti!!!

Momoko

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Capitolo 7
*** Melodia ***


Capitolo 7
Nessuna musica, per quanto dolce, può nascondere a lungo la dura verità.

 
 
 
 
Sul volto di Clara si fece strada pian piano un sorriso gioioso.
Sentì le lacrime premerle forti sugli occhi, ma non per la tristezza; bensì per la felicità.
Abbracciò il medico finalmente al settimo cielo, talmente forte da sollevarlo!
Questo continuò a ridere contento, ma ben presto si ritrovò ad essere quasi strozzato dalla giovane, troppo felice per accorgersene.
- Non respiro, bambina! – riuscì a biascicare a malapena.
Clara si staccò di colpo, imbarazzata dalla sua improvvisa reazione. Quando l’uomo ebbe ripreso a respirare e la guardò in volto, vide che piangeva di gioia.
- Chiedo perdono Dottore! – disse dispiaciuta, le guance tinte di porpora.
- Grazie grazie grazie grazie grazie!! – esclamò prendendogli le mani e stringendogliele con la voce piena di gratitudine.
Finalmente poteva tirare un sospiro di sollievo, urlare al mondo che non sarebbe rimasta da sola; che Tyki avrebbe continuato a stare accanto a lei! Tutta la paura, la preoccupazione e l’ansia erano mutate in felicità pura dopo la bellissima notizia del medico, e a malapena riusciva a contenerla.
Sembrava un cannone che sparava continuamente fuochi d’artificio in quel momento. Stelle luminose che esplodevano nel cielo con fischi e piogge di colori scintillanti.
Dopo essere riuscita a controllare la propria emozione, corse fuori dalla stanza e si diresse verso il salottino, senza curarsi minimamente del vestito che, lungo com’era, le intralciava la strada. Lo tirò su semplicemente prendendone un lembo e sollevandolo con le mani, scoprendo le pallide caviglie.
Entrò, arrivando a passo svelto accanto al Noah e sedendosi al suo fianco. Aveva addosso una coperta pesante e, sotto di essa, la giovane scorse tutta una serie di fasciature strette attorno alle ferite, già sporche di sangue.
Prima che potesse dire o fare qualsiasi cosa, la voce del signor Landers la sorprese alle spalle.
- Ha un po’ di febbre, ma non è nulla di grave; inoltre le bende vanno cambiate quotidianamente, altrimenti potrebbe fare infezione. E ricorda: fallo riposare e mangiare molto, ha bisogno di rimettersi in forze.
- Lo farò Dottore – annuì decisa più che mai Clara. Si sarebbe presa cura di lui fino all’ultimo momento!
- Bene – concluse l’uomo. Poi disse, raccogliendo i propri effetti: - Ora è meglio che vada, ho una giornata pienissima. C’è il signor Fender col raffreddore, la signorina Adele con lo scorbuto e chissà quanti altri pazienti!
- La ringrazio, Dottore – disse Clara con un sorriso pieno di riconoscenza.
Il signor Landers fece un cenno col cappello appena indossato, in segno di saluto, e si avviò da solo verso l’uscita.
 
A quel punto, rimasero solo Tyki e Clara.
- Ci penserò io a lei, non deve preoccuparsi – mormorò questa carezzando delicatamente una guancia del Noah, con un sorriso premuroso stampato in volto.
 
Proprio in quel momento, la giovane intercettò un rapido movimento del braccio del Noah e, successivamente, lo vide muovere piano la testa e gli occhi, i quali si schiusero stanchi e lucidi. Sbatté le palpebre un paio di volte per adattarsi alla luce mattutina.
Clara rimase piacevolmente stupita, mentre si sporgeva di più su di lui chiamandolo.
- Lord Mikk…- sussurrò.
Tyki si svegliò pian piano; si sentiva stordito, e vedeva e sentiva tutto come fosse ovattato. Aveva un caldo tremendo e inoltre era costretto dalle bende, che sulle ferite gli pizzicavano un po’. Tentò di fare qualche movimento ma si ritrovò tutti i muscoli indolenziti e deboli. L’unica cosa che in quel momento riusciva a non sembrargli strana e fastidiosa era la presenza di Clara. Tentò di sollevarsi per mettersi almeno a sedere.
- Clara, cosa… Argh!
Un dolore improvviso al fianco lo costrinse a ricadere sul divanetto. E in quel frangente notò che non si trovava affatto nella foresta, o dal Conte. Come minimo pensava che lo avesse ritrovato e portato via, ma… Ah! Lui aveva incontrato Allen Walker, che lo aveva aiutato. Che ragazzino ingenuo… Chissà, magari adesso si sentiva come una specie di Dio salvatore…
A quel pensiero dovette trattenere un sorrisetto divertito, mentre a strapparlo dai suoi caotici pensieri, arrivò Clara. Era ancora viva. Allora il Conte non l’aveva ancora uccisa…
- Lord Mikk, come vi sentite? – domandò premurosa la donna.
Una volta che fu diminuito il senso di confusione, il portoghese rispose, con voce debole:
- Molto meglio… Dove sono?
La giovane fece un sorriso rassicurante.
- Siete a casa mia. Ieri notte un ragazzo dai capelli bianchi vi ha portato qui in pessime condizioni, così ho fatto chiamare un medico.
- Ah, davvero? …  Il ragazzo aveva una cicatrice sull’occhio sinistro? – domandò Tyki mostrando il punto esatto su di sé.
Clara fece una faccia perplessa.
- Ehm, sì, ce l’aveva. Perché, lo conoscete?
Il Noah scosse la testa.
- No, mai visto in vita mia.
Aveva voluto chiedere una conferma. Ora era certo che fosse proprio il suo Shounen. E più ci pensava, più lo trovava divertente.
 
Clara invece di divertente non ci trovava nulla. Continuava a pensare che il portoghese non gliela raccontasse giusta, ma come al solito preferiva fidarsi di ciò che gli diceva; tuttavia, la sua sconfinata pazienza stava seriamente per toccare il fondo. Di sicuro non pensava che volesse prenderla in giro e darle della stupida, no. La sua ipotesi era che lui, e quell’altro ragazzo, facevano parte di una realtà che lei non poteva comprendere, o sapere.
In quel momento Tyki interruppe i suoi pensieri.
- Vorrei alzarmi… Mi può aiutare?
Clara sussultò, presa alla sprovvista.
- C-certamente! – disse col tono di voce più alto.
Gli fece passare un braccio sulle spalle e poi lo aiutò a sollevarsi con cautela. Quando però la coperta scivolò giù, Clara avvampò, coprendosi immediatamente gli occhi imbarazzata e spaventata al tempo stesso.
- L-Lord M-Mikk… - biascicò, con la voce tremolante e l’intero viso rosso come un pomodoro – S-siete… N-nudo…
Tyki reagì velocemente, coprendosi con la coperta e domandando, allarmato, seppur con un certo contegno:
- I miei vestiti…! Dove…
Non finì neanche di parlare che i suoi pantaloni  e le sue mutande gli caddero davanti come per magia. In realtà era stata Clara a porgerglieli, badando bene a non guardare.
Rapidamente li afferrò e appoggiò la schiena sulla spalliera del divano. Cominciò poi a vestirsi, anche se a fatica, mentre la giovane continuava a tenere gli occhi chiusi e coperti il più possibile.
Quando ebbe finito di indossare i pantaloni, tirò un sospiro di sollievo, levandosi finalmente la coperta senza alcun timore. A quel punto afferrò una manica del vestito di Clara e la strattonò leggermente, avvisandola così che poteva guardare.
La giovane si scoprì gli occhi, ancora rossa in volto. Per una signorina come lei era oltremodo sconveniente avere davanti agli occhi cose del genere.
Tyki era finalmente riuscito a sedersi, e ad appoggiare le piante dei piedi sul pavimento. Quella sensazione fredda gli scosse tutto il corpo, facendogli riacquistare un po’ di sensibilità.
Clara si sedette accanto a lui, guardandogli le bende con aria interrogativa. A giudicare dalla grandezza delle macchie di sangue che trasparivano come residui di colore su di una tela, presto sarebbe stato necessario cambiarle. Inoltre doveva preparare al portoghese qualcosa da mangiare.
I suoi domestici quel giorno erano a casa, essendo domenica ed essendo il loro giorno di riposo, come deciso dal padre defunto anni prima. Non poteva certo chiamarli.
Poco male! Avrebbe provveduto lei alla sua salute.
Si alzò, sistemandosi il vestito con cura. Poi si voltò verso Tyki e annunciò:
- Le preparo qualcosa da mangiare. Lei stia qui e se ha bisogno di qualsiasi cosa mi chiami, d’accordo?
Tyki fece un sorriso stirato.
- D’accordo. Grazie mille – fece. Poi però afferrò un braccio della giovane prima che questa se ne andasse, dicendole – E… mi chiami Tyki, per favore.
Clara arrossì. Non che non volesse farlo, al contrario. Il problema era che non era abituata a quel genere di approccio tra persone diverse e non imparentate. Se però si trattava di una richiesta del Noah, lei non poteva far altro che acconsentire.
- Va bene, Tyki – disse con un sorriso compiacente. Poi si allontanò.
Quando il portoghese fu rimasto solo, si abbandono completamente sul divanetto, portandosi una mano al fianco ferito. Gli faceva molto male, nonostante si fosse mostrato in salute pochi istanti prima. Non voleva far preoccupare Clara, semplicemente.
Si toccò la fronte, bollente, e scoprì da dove veniva quella sensazione di sonno e stordimento terribile: aveva la febbre. Non poteva stare peggio di così, pensò.
“Ci vorrebbe proprio una sigarett…!”.Si ricordò improvvisamente di controllare nel frac, e nelle tasche dei pantaloni. Per fortuna, c’era ancora una stecca nuova di zecca. Del perché non se ne fosse ricordato prima di quel momento, non lo sapeva proprio. Forse quella notte nella foresta aveva i pensieri altrove…
Trovò la sua scatola di fiammiferi dentro ad un’altra tasca, ne estrasse uno e lo usò per accendersi la sigaretta. Cominciò a fumare con gusto e soddisfazione, dopo molto tempo che non lo faceva. Almeno la nicotina avrebbe alleviato il dolore…
Mentre soffiava via l’ennesima boccata di fumo, un grande interrogativo gli si pose davanti: cosa avrebbe fatto in futuro? Non poteva certo stabilirsi a casa di Clara per sempre, né tornare dal Conte; di andare da Allen Walker e dagli altri Esorcisti non se ne parlava proprio. Forse gli sarebbe toccato tornare a vivere come faceva quando era assieme ai suoi vecchi amici, come semplice barbone. Non gli dispiaceva per nulla, anzi. Era uno stile di vita che lo allettava parecchio.
Tuttavia la minaccia del Conte e degli altri Noah, che si sicuro lo stavano cercando, era sempre presente. Era vero che ovunque fosse fuggito, quelli lo avrebbero scovato, prima o poi, e gliela avrebbero fatta pagare cara. Sicuramente Road e Cheryl avrebbero cercato di sostenerlo, senza farsi scoprire troppo, ma… finché fosse rimasto un Noah sapeva di essere nel centro del mirino. Di sicuro il Lord del Millennio si sarebbe servito di qualcuno molto caro a Clara per avvicinarlo…
 
Tutti quei ragionamenti lo stavano sfiancando. Non si era mai sentito tanto debole in vita sua, aveva proprio voglia di riposarsi… Cominciò a chiudere piano gli occhi con la sigaretta ancora accesa tra le labbra, la sensazione di sonno che cresceva sempre più…
- Tyki? – si sentì chiamare improvvisamente alle spalle. Si girò. Era Clara.
Reggeva un vassoio su cui faceva la sua bella figura tutta una serie di pietanze all’apparenza davvero ottime.
- Ehm… - cominciò a pronunciare la giovane, lievemente in imbarazzo per come si presentava al Noah in quel momento – Vi ho preparato degli spaghetti.
Non era abituata a fare la cameriera, ma sapeva cucinare. E anche se trovava difficile ammetterlo a causa della sua modestia, era piuttosto brava.
Tyki drizzò la schiena. Quando però si rese conto di avere ancora la sigaretta accesa, se la levò dalla bocca e fece per spegnerla. Strano, non era da lui pensare di stare compiendo un atto scortese nei confronti di qualcun altro. Clara però lo fermò.
- Stia tranquillo, non mi disturba il fumo.
Lo disse con un sorriso tanto radioso che Tyki, annuendo lievemente, si ricacciò la stecca tra i denti, quasi come ipnotizzato.
La giovane gli si sedette accanto e poggiò il vassoio in mezzo a loro. C’erano due piatti, due bicchieri e due paia di posate.
- Posso farle compagnia? Sa, non ho mangiato nulla nemmeno io… - si giustificò prendendo con grazia la forchetta tra le mani.
- Certamente – rispose Tyki. Figurarsi se non avesse voluto che stesse con lui!
Clara cominciò a mangiare, ma quando si accorse che il Noah non toccava il proprio piatto, smise per rivolgergli un’occhiata comprensiva ma allo stesso tempo severa.
- C’è qualcosa che non va? – domandò, pulendosi delicatamente le labbra col tovagliolo.
Tyki fece passare la sigaretta tra le dita della mano e soffiò fuori una boccata di fumo, stanco.
- Non ho molta fame – spiegò in un mormorio – Avrei bisogno di dormire…
La recita dell’uomo forte stava lentamente crollando. Non riusciva più a contenere il dolore.
La giovane lo capì, e così si alzò dal divanetto, fermandoglisi davanti con la mano tesa verso di lui.
- La porto nella stanza degli ospiti allora. Non posso certo lasciarla nel salotto, giusto?
- Giusto… - rispose Tyki con un sorriso debole, mentre metteva la propria mano nella sua.
Dopodiché passò il braccio sulle spalle della nobile; si fece poi aiutare per sollevarsi. Ogni sforzo sembrava essersi quadruplicato, non riusciva nemmeno a stare in piedi perché le gambe non erano capaci di sorreggerlo a dovere. Per fortuna c’era Clara a sostenerlo, e a condurlo piano piano verso le scale. Appena le vide il Noah pensò che sarebbe stato un inferno doverle salire, e così fu. Ogni scalino gli procurava una piccola fitta al fianco, che a lungo andare diventava piuttosto dolorosa; senza contare che i muscoli sembravano come intorpiditi e non funzionavano come dovevano.
La giovane riusciva però a trasportarlo con una forza che mai si sarebbe aspettato da lei, senza mai smettere di rivolgergli uno dei suoi bellissimi sorrisi rassicuranti.
Riuscirono infine a salire al primo piano, percorrendo poi un lungo corridoio fino a raggiungere una porta dalla maniglia decorata.
Clara la girò ed entrò in una stanza spaziosa, dalle tende blu oltremare e gli arredi di lusso fabbricati con un legno molto chiaro. Persino il letto a baldacchino possedeva delle cortine dai colori del mare, eleganti e sinuose ma allo stesso tempo rilassanti.
Si poteva dire che ogni stanza in quella villa possedesse un determinato colore, e che come tale ne esprimesse il significato. Il quel caso, il blu indicava la pace, la tranquillità mentale e la rilassatezza. Perfetto per Tyki, che non voleva nient’altro che riposare.
Clara lo adagiò con cura sul letto morbido. Il Noah venne vinto dal dolore e si portò la mano al fianco, mentre deglutiva a vuoto e respirava affannosamente.
- Prima che si addormenti, le devo cambiare le bende – lo informò la giovane, mentre estraeva da un cassetto del comò dalla parte opposta al letto dei rotoli bianchi e un panno. Riempì poi un catino con dell’acqua tiepida e si sedette accanto a Tyki, che la guardava leggermente preoccupato.
Cominciò così a srotolare le bende che avvolgevano il corpo del portoghese, facendo attenzione a non tirare troppo e a non sporcare col sangue il letto ordinato. Le accatastò tutte in una cesta, per poi prendere il panno e inumidirlo nell’acqua tiepida. A quel punto tamponò con delicatezza le ferite, che senza più tutto quel sangue a coprirle si vedevano benissimo; di esse rimaneva solo un taglio rossastro, attraversato da un filo sottile che lo teneva chiuso in modo tale da farle cicatrizzare meglio.
Per Tyki era una specie di tortura, perché gli dolevano ancora molto e sentiva un dolore netto tutte le volte che la giovane posava – seppure con cautela – le dita e il panno sulla parte arrossata.
Clara domandava scusa tutte le volte che vedeva il volto del Noah contrarsi in una smorfia di dolore, e provava perciò a essere più delicata possibile. Tuttavia, anche lei aveva dei limiti, e così cercò di finire più in fretta che poté per non arrecargli ulteriori danni.
Quando ebbe finito di pulire le ferite, afferrò il rotolo bianco e lo svolse pian piano, mentre lo usava per avvolgere nuovamente il corpo di Tyki, ora più rilassato, ma comunque sfiancato.
- Mi perdoni se le ho fatto male – si scusò la giovane.
- Non fa niente… - rispose invece il Noah del Piacere, mentre si sollevava leggermente per far passare le bende dietro la schiena.
- Non ho mai visto simili ferite… - pronunciò Clara, vaga – Cosa le è successo?
Tyki serrò i denti, preso alla sprovvista. Non poteva dirle di aver fatto un altro incidente, ma nemmeno che era stato quasi ucciso dal Conte del Millennio per aver impedito la sua eliminazione. In quelle condizioni trovare una buona scusa era assai complicato, eppure… Fece lo stesso un tentativo con la prima cosa che la sua mente riuscì a partorire.
- Sono stato aggredito nella foresta, non so da chi – spiegò cercando di risultare credibile.
Clara si così la bocca con la mano, spaventata.
- E cosa ci facevate da solo, nel cuore della notte, nella foresta? – tornò però a domandare. Voleva essere assolutamente sicura.
Tyki si scervellò all’inverosimile.
- Stavo passeggiando, a volte lo faccio quando ho molti pensieri nella testa – rispose infine.
Clara smise di bendarlo; il volto contrariato non lasciava presagire nulla di buono.
- Vi ho chiesto cosa vi fosse successo – disse, stringendo lievemente il rotolo di garza che ora si era ridotto notevolmente – Non di raccontarmi una favola.
Ne aveva abbastanza. Aveva sopportato troppa ansia, troppa paura, troppe emozioni tutte insieme per poter ancora annuire e continuare a credere a ciò che gli raccontavano come se nulla fosse; sempre a chiedersi se ciò che sentisse fosse davvero la verità, ma senza mai obbiettare, acconsentendo silenziosamente. Ora era stanca di farsi riempire la testa di bugie su bugie. Qualsiasi verità stesse proteggendo in quel momento Tyki, non poteva e non voleva assolutamente che gliela sostituisse con altre menzogne. Voleva che per una volta le dedicasse parole sincere, che potesse mettere alla luce quel fondo di sincerità che aveva visto nei suoi occhi il primo giorno che si erano incontrati.
Tyki, tuttavia, continuò a negare.
- Non è una favola. E’ la verità.
- Come può sapere che cos’è la verità, se fino ad ora non l’ha mai raccontata? – ribadì Clara, strappando le bende per separarle dal rotolo. Dopodiché raccolse il tutto e si alzò, andando a sistemarlo nel comò, dando le spalle al letto.
 
Il Noah era in trappola. Non era ingenua fino a quel punto, doveva aspettarselo. Ma che poteva fare, raccontarle tutto?! Assolutamente no.
Forse, se le avesse spiegato che non poteva rivelargli nulla, avrebbe capito…
- Ci sono cose – cominciò, con tono estremamente serio – che non deve sapere.
La giovane si voltò. Di quali cose stava parlando? Allora c’era davvero una faccenda più complicata, sotto.
- A volte – continuò Tyki – è meglio che la verità non venga conosciuta. Mi creda, se le dico che la sua vita verrebbe messa a rischio nel caso in cui dovesse scoprirla.
- Ma allora… - cercò di mormorare Clara, leggermente inquietata.
- E’ questa è la pura verità – concluse l’altro, freddo, mentre le mostrava uno sguardo duro, che non ammetteva repliche.
Era l’unico modo. Doveva farle capire che non poteva mettersi in pericolo, altrimenti questa volta non sarebbe dipeso da lui ucciderla. Anzi, lui non avrebbe nemmeno potuto impedirlo. Ci teneva a lei, e non voleva assolutamente che le accadesse niente.
Clara era stata come trafitta da quello sguardo gelido, che per un attimo dimenticò ogni cosa, persino respirare. Quegli occhi… così imperturbabili, autoritari. Avrebbe detto che nascondessero anche una strana luce maligna, che a tutto poteva farle pensare tranne che ad un essere umano.
Se ne andò così dalla stanza, in silenzio, la testa bassa e il passo lento e trascinato. Forse sbagliava a pretendere sempre la verità da tutti; forse non era possibile ottenerla ogni volta; forse… non era in diritto di saperla.
Sin da piccola, le avevano insegnato a non dire bugie, a predicare l’onestà e a combattere le lacrime col sorriso. E così lei era cresciuta con la convinzione che in ognuno ci fosse del buono, anche quando superficialmente non ve ne si trovava traccia. Probabilmente il suo problema era che, nelle persone, lei vedeva solo il buono.
Mai avrebbe potuto immaginare quale fosse la realtà che Tyki le stava nascondendo; che ci fosse una guerra tra Esorcisti e Noah, che il mondo fosse costantemente appeso a una fune, in procinto di spezzarsi. Aveva sempre vissuto la sua vita in modo allegro e innocente, senza mai farsi questo genere di problemi.
E ora, il sospetto che potesse esserci anche un lato in ombra, del mondo che lei conosceva, andava a sradicare le fondamenta stesse dei suoi insegnamenti; gli insegnamenti di suo padre…
Si lasciò scivolare lentamente lungo la parete del corridoio, accanto alla porta della stanza di Tyki.
Cosa avrebbe dato per avere un consiglio, in quel momento…
 

Dopo quel giorno, le cose procedettero molto lentamente.
Tyki non lasciava mai la stanza in cui riposava, e Clara si prendeva cura di lui, senza fare più nessuna domanda in merito a quella fatidica notte.
Ma a lei andava bene così; aveva imparato a tenere a freno la curiosità e a godersi solo i bei momenti che passava col Noah, senza chiederne più il perché.
Presto Tyki fu in grado di camminare. Questo avvenne dopo due settimane circa. Clara era sorpresa dalla velocità con la quale si stava rimettendo in sesto, e non poteva che esserne lieta.
Un pomeriggio, le chiese se poteva tagliargli i capelli. Lei non aveva mai fatto nulla di simile, anzi; temeva di combinare un pasticcio. Tuttavia, Tyki non demorse, e tentò ancora di convincerla.
Alla fine la giovane accettò, ed eliminò la fastidiosa coda del Noah. E quando questo la ringraziò per il favore fattogli, arrossì come non mai.
Stavano bene insieme. Davano tutta l’impressone di essere una giovane coppia di innamorati, sebbene tra loro non ci fosse proprio nulla. Nonostante lo amasse come nessun’altro, Clara non aveva il coraggio per rivelargli i suoi sentimenti. E non vedeva da parte di Tyki alcuna iniziativa. Col trascorrere del tempo cominciò perciò a pensare che forse lui la considerasse solo una buona amica, e non qualcosa di più. Era sempre molto gentile con lei, ma non sembrava che covasse altri sentimenti all’infuori dell’amicizia.
Questo la rattristava molto. Tuttavia, non smetteva mai di sorridergli e di prendersi cura di lui. Era fatta così.
Tyki si era ormai abituato alla giovane. Già da un po’ di tempo si era reso conto che le attenzioni che gli rivolgeva significavano ben più di quel che volesse far intendere. Anche lui provava qualcosa, ma non si trattava di vero e proprio amore.
Era, più che altro, una forma di affetto nei suoi confronti; come se Clara fosse una sorella, o qualcuno che doveva proteggere.
Non voleva che la giovane si prodigasse troppo per lui, perché sapeva che quella situazione non sarebbe potuta durare a lungo. Millennio si sarebbe mosso, e l’avrebbe sicuramente cercato ovunque. Anche lì. Per questo non voleva creare un legame troppo stretto con lei. Non voleva metterla inutilmente in pericolo; non voleva coinvolgerla in una guerra con la quale lei non c’entrava nulla.
Ovviamente, capiva che la sua presenza si sarebbe rivelata, a lungo andare, un grosso pericolo. Ben presto se ne sarebbe dovuto andare…
Non voleva perdere assolutamente le persone che gli stavano a cuore di nuovo. Era fatto così.
 
Una mattina, Clara sentì qualcuno bussare all’immenso portone principale della villa.
Non avevamo mai ricevuto visite fino a quel momento, il che pareva piuttosto strano. E quando andò ad aprire assieme al maggiordomo, rimase ancora più stranita.
- buongiorno, signorina. Disturbo? – pronunciò Allen Walker con un sorriso felice.
L’anziano servitore s’accigliò.
- Signorina, lo faccio entrare? – domandò con un tono cordiale alla padrona di casa.
- Certo George, fallo accomodare nel salottino. E portaci del thè, per favore – rispose Clara, ricambiando il sorriso dell’ospite con uno altrettanto gioioso.
- Come desidera – annuì il maggiordomo con un piccolo inchino, facendo cenno all’Esorcista di seguirlo all’interno.
Allen non se lo fece ripetere due volte e li lasciò condurre nella sala in cui era già stato settimane prima. Era interessante vedere come la giovane avesse mischiato il bianco e il blu. Grazie alle spaziose finestre la stanza sembrava risplendere di luce pura, fresca e piacevole.
Prese posto su di un divanetto – lo stesso della sua precedente visita – davanti al quale era stato aggiunto un tavolino di legno bianco basso, che gli arrivava alle ginocchia da seduto.
Il servitore apparve poco dopo con in mano un vassoio su cui facevano la loro bella figura un servizio da thè assai raffinato e un piattino pieno di deliziosi pasticcini. Posò tutto sul tavolino e attese che arrivasse Clara; dopodiché, a un cenno di quest’ultima, sparì.
- Chiedo perdono per essere venuto a disturbarvi a quest’ora – si scusò l’albino con un sorriso dispiaciuto – In realtà ero venuto per sapere se il vostro amico sta meglio.
La giovane lo guardò. Questa volta vestiva abiti del tutto normali: un gilet color nocciola e una camicia bianca, accompagnata da un paio di pantaloni scuri e un elegante fiocco rosso attorno al collo. Il dubbio che quel ragazzo non facesse parte affatto di Scotland Yard era sempre presente, ma aveva deciso di mettere al guinzaglio per un po’ i suoi sospetti. In fondo, finché si dimostrava una persona buona e gentile non c’era bisogno di averne.
- Non si preoccupi. Lei lo ha portato qui, è comprensibile che voglia sapere come sta – spiegò Clara, con tono delicato e pieno di gratitudine – Comunque, ora sta molto meglio. Grazie ancora per averlo aiutato.
- Ma si figuri! – esclamò Allen mettendosi una mano dietro la testa, imbarazzato. Quella donna non sapeva far altro che ringraziare!
Poco prima che la giovane tornasse a parlargli, notò però un’ombra fuori dalla finestra. Come voltò l’occhio nella sua direzione, questa sparì dissolvendosi dietro a un cespuglio.
- C’è qualcosa che non va? – domandò Clara, notando l’improvviso cambio di espressione dell’albino.
- Oh, no, niente – rispose allora lui abbozzando un mezzo sorriso.
Cos’era quell’ombra? Non poteva trattarsi di un Akuma, altrimenti il suo occhio avrebbe reagito in qualche modo… chissà…
- Ah! E’ vero! – esclamò improvvisamente la giovane, alzandosi con uno scatto dalla poltroncina sulla quale si era seduta – Mi sono ricordata di qualcosa che vorrei mostrarvi. Potete aspettarmi qui, per favore?
- Ehm… sì, certo.
Allen rimase così da solo nella stanza, a battere nervosamente le dita sulle ginocchia con le braccia rigide e lo sguardo fisso sulla teiera decorata. Non era abituato a tutto quello sfarzo. Da che ne aveva memoria non si era mai ritrovato immerso in così tanto lusso. Nemmeno l’ordine era tanto elegante, anzi. Non lo era per niente.
Per fortuna era riuscito a sfuggirvi un po’. Dopo che Link si era miracolosamente appisolato sulla scrivania dopo notti insonni passate a compilare scartoffie, lui aveva colto l’occasione al volo ed era scappato immediatamente. Aveva incontrato lavi e Linalee, mentre usciva, ma non gli avevano fatto troppe domande.
Era venuto lì per lo stesso motivo che aveva detto a Clara poco prima: gli interessava sapere se Tyki stava bene. Ormai non lo riteneva più un nemico pericoloso. Sapeva che non avrebbe più avuto alcun interesse a ucciderlo, tuttavia non riusciva ancora a considerarlo completamente neutrale. Lo preoccupava tutt’ora, e non pensava che quel senso di inquietudine che aveva in sua presenza sarebbe mai sparito. Era come se, con la sua sola presenza, il Noah riuscisse a metterlo in scacco.
Proprio in quell’istante, sentì la maniglia della porta girare, e poi aprirsi piano.
Allen si girò, tranquillo. Quando vide di chi si trattava, però, gelò sul posto, così come l’altro.
Rimasero così, a fissarsi per interminabili attimi, il tempo che pareva essersi fermato. Allen riuscì a smuovere la bocca, e a mormorare, stupito più che mai:
- Tyki…
Il Noah chiuse di colpo la porta. L’esorcista, ancora sorpreso, si precipitò fuori dalla stanza.
-Tyki! – gridò; ma non vide nessuno nel corridoio illuminato.
Accortosi di essere in posizione di attacco – com’era sua abitudine – si rilassò. Poteva essere stata… un’allucinazione? No, impossibile. Era sicuro di averlo visto davvero.
Ma dov’era andato?
Nello stesso istante in cui quel pensiero gli attraversò la mente, si ritrovò costretto attorno al collo da un braccio, e le mani immobilizzate a forza dietro la schiena. Non riusciva a respirare, e nemmeno a voltarsi! Che stava succedendo?! Cominciò a dimenarsi con tutte le sue forze, nonostante non riuscisse a liberarsi.
- Io non mi muoverei, Shounen. Perché…
Allen riconobbe subito quella voce, così suadente e fredda al tempo stesso.
“Tyki…?” Pensò. Poi avvertì una strana sensazione di calore all’interno del corpo, cui ne seguì un’altra di déjà vù.
- … potrei ucciderti all’istante – concluse il Noah, e immediatamente l’albino capì. Aveva infilato la mano nella sua schiena e ora minacciava di ucciderlo strappandogli il cuore.
- A- aspetta… ! – mugugnò l’Esorcista boccheggiando, sul punto di soffocare – Non sono qui per combatterti!
Tyki allentò leggermente la presa sul collo.
- E allora cosa sei venuto a fare? – domandò con la voce tagliente più di mille lame affilate.
- N… on… res… piro… - mormorò Allen ormai allo stremo.
- Rispondi – disse invece il Noah, senza preoccuparsi troppo della salute dell’altro.
 Le sue orecchie intercettarono però un rumore di passi che si faceva sempre più vicino.
Immediatamente lasciò la presa e fece cadere sul pavimento l’Esorcista, il quale si portò le mani al collo recuperando il fiato, rosso il viso.
Nel momento in cui si rialzava, la voce di Clara gli giunse preoccupata alle spalle.
- Allen! Che vi è successo? Siete bordeaux – gli fece notare la giovane. Poi vide Tyki accanto a lui.
- Ecco dove eravate finito, vi ho cercato dappertutto! – esclamò guardandolo con aria seriosa e aprendo la porta per entrare.
Allen recuperò il suo colorito normale e fissò i suoi occhi argentei sul Noah. Questo fece lo stesso con i suoi, neri più del buio stesso. Il loro incontro non era cominciato per niente bene.
Clara entrò dentro la stanza, seguita dai due ex nemici che non facevano altro che lanciarsi occhiate di fuoco. Si sedettero uno opposto all’altro, continuando a guardarsi come se da un momento all’altro dovessero combattere.
- Scusate il ritardo, Allen. Ma non riuscivo a trovarla, così ho chiesto a George di aiutarmi a cercarla – si giustificò la giovane posando al centro del tavolino bianco una scatola di forma rettangolare, piccola e graziosa. La sua superficie era incisa in oro e sul coperchio vi erano scritte delle iniziali in bella grafia: M e C.
Il materiale con cui era fabbricata era un legno dalle sfumature rossicce, lucido e bello.
- Era dei miei genitori. Prima che mi venisse affidata questa villa, vivevamo qui tutti insieme. Questo è uno dei pochi ricordi che ho di quei tempi.
Il tono con cui raccontò del proprio passato era pieno di malinconia. Le mancavano davvero i momenti passati assieme ai genitori.
Allen la guardava con un po’ di dispiacere. Tyki invece con apparente interesse.
Clara aprì la scatola. E subito dopo una dolce melodia soave invase la stanza. Aveva un vago suono metallico, e sembrava rappresentare la sua nostalgia, con le sue note lente, quasi sussurrate. Era proprio un bel motivo.
- E’ un carillon – constatò l’Esorcista tenendo le orecchie per poter ascoltare meglio.
La giovane annuì, le guance velate di rosa pallido. Era straordinario come una singola nota potesse riportarle alla mente in pochi secondi suoni, odori, colori, sensazioni del passato, come se li stesse vivendo per una seconda volta in quel momento.
Piano piano, la dolce melodia si dissolse, per poi sparire completamente. E fu tutto piuttosto strano, perché era come se avesse lasciato un vuoto. Come se, senza quelle soavi note, non fosse più la stessa cosa.
Clara aprì uno scomparto all’interno dello strumento, e ne estrasse una statuina, che raffigurava una ballerina col tutù mentre stava sulla punta di un piede, aggraziata.
Dopodiché, la porse a Allen.
- Questa ballerina doveva stare qui, vedete? – disse, indicando un buco dentro al quale provò a infilarci la statuina. Fece però notare all’Esorcista che a questa mancava però il piede  – Quel pezzo lo ha perso un po’ di anni fa, e da allora non ha mai più potuto girare… Il che era un vero peccato, perché a vederla danzare sulle note di questa melodia era davvero bella. Ora vorrei che la prendeste voi, come mio ringraziamento.
A quel punto l’albino si animò.
- No, aspetti! Non posso accettarla, davvero! Per voi è troppo importante, e…
- Ed è proprio per questo che gradirei voi l’accettaste. Il grande valore affettivo legato a quest’oggetto rappresenta tutta la mia riconoscenza per aver aiutato Tyki. Su, prego, prendetelo.
Alla fine Allen si vide mettere tra le mani la ballerina. La guardò meglio. Nonostante fosse passato tanto tempo, rimaneva sempre pulita e lucida, come se fosse nuova. Clara ci teneva davvero molto. Gli dispiaceva doverla prendere, perché per lui voleva dire separare una persona da un qualcosa con cui aveva un forte legame.
Tyki guardò i due parlare per tutto il tempo. A vederla, Clara gli sembrava proprio un angelo. Un guardiano celeste dalle ali piumate e splendenti.
Lui invece, era un demone la cui anima era macchiata dal peccato. Si chiese ancora come poteva uno come lui stare assieme a lei.
Inoltre, si ricredette sul suo Shounen: non era venuto lì per combatterlo, dunque non c’era affatto nulla di cui preoccuparsi.
 
La giornata volse alla fine. Allen doveva scappare all’Ordine, altrimenti chi l’avrebbe sentito Link? Quando fu sul punto per andarsene, udì la voce del Noah pronunciare:
- Lo accompagno un attimo.
Lo vide scendere gli scalini della villa e raggiungerlo, le mani in tasca e lo sguardo freddo gettato sul suo.
- Andiamo – lo incoraggiò in malo modo, ficcandosi una sigaretta appena accesa tra le labbra.
Allen non annuì, né rispose. Semplicemente, fece come gli era stato intimato.
I due cominciarono così a camminare lungo le collinette, avvolti dal silenzio di quella giornata che stava ormai terminando nei colori caldi del sole morente.
- Perché mi hai salvato, Shounen? – domandò all’improvviso Tyki – Se ti aspetti forse dei ringraziamenti, hai scelto la persona sbagliata.
Allen lo guardò storto.
- Non è per quello – rispose, volgendo la testa verso il basso con aria seriosa – So che ormai non sei più mio nemico. Non ha senso prendersela con chi non c’entra nulla.
Tyki fece un sorriso divertito.
- Ma io ho ucciso degli esorcisti, e un generale. Di tutti i Noah io sono sicuramente quello che più c’entra con questa guerra.
L’albino strinse i pugni, vedendosi contraddetto e in maggior ragione.
- Lo so – disse a denti stretti. Ricordava l’assassinio del Generale Yegar, e ancora non riusciva a perdonarlo – Ma il fatto è che ora non sei più un nemico, tutto q-
Non finì di parlare che si ritrovò Tyki a pochi centimetri dal naso. La sua espressione beffarda lo lasciò piuttosto irritato.
- Siete così divertenti, voi Esorcisti – disse soffiando in faccia all’albino il fumo della sigaretta con aria di superiorità – Dato che siete i paladini del bene vi mettete in testa di dover proteggere i deboli, gli innocenti… E il vostro cuore è così grande che non potreste mai lasciar morire qualcuno, anche se dovesse trattarsi di un pentito.
Era ironico, e quando pronunciava parole come ‘cuore’ o ‘bene’ si riusciva ad avvertire il disprezzo messo in quelle sillabe. Ad Allen non piacque per niente quel comportamento.
- Ma, Shounen – tornò a parlare il Noah – questa è una guerra. Qui non ci sono ripensamenti; non ci sono emozioni come la pietà o l’amore. Le tue…
Soffiò fuori il fumo dalla bocca, piegata in una piccola smorfia di disgusto.
- … Sono solo le smanie di un ragazzetto che si rifiuta di accettare la verità.


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♣ Angolo di Momoko 

Tadaaaan! Ecco Momoko che appare dal nulla.
Credevate che fossi già partita, ehh??? B)
Tyki: No, ma lo speravamo ''>.>
*Mena con badile*
Allora... Ehm.... cosa dire...
Acora non sono partita, penso che succederà lunedì o martedì (mia madre si è finalmente accorta che prima di andarcene serve preparare le valigie -_-'')
Per cui starò a vagabondare su EFP ancora per un po'.
Tyki: *pieno di sangue e lividi* Barbona ù_ù
*Mena con una bottiglia di birra frantumata* Senti chi parla! è_é
Tyki: *ancora miracolosamete vivo noostate i pezzi di vetro conficcati nella schiena* Su, sbrigati con 'ste note dell'autore del cavolo!
Tyki.... Lo vuoi un bel bacio?
Tyki: Da Clara-san? *.*
No, da me, tesoruccio!
Tyki: çAç *fugge urlado in preda al panico*.

Oookkk.... parte seria delle note di autore^^ 
Sono finalmente cominciate le olimpiadi. Sono curiosa di sapere quante medaglie vincerà l'Italia^^ Io guardo soprattutto scherma e tennis (la mia grande passione *W*), e voi?
Vorrei darvi una notizia riguardo alla storia. Ho già deciso che la finirò col decimo capitolo. Ma non temete! Arriverà il momento di Clara e Tyki! In questo capitolo rendo meglio noti i loro pensieri l'uno riguardo l'altra. Spero di non aver scritto una cavolata ò-ò Non mi intendo molto di amore, per questo trovo difficile (e anche imbarazzante lol xDD) scrivere parti romantiche. Preferisco di gran lunga le parti splatterose e piene di sangue @_@ 
Rigrazio come sempre tutti quelli che leggono la storia^^ Aspetto sempre con impazienza i vostri commenti :)

Va la', vi lascio ai vostri impegni^^ 
A prestooo,

Momoko.

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Capitolo 8
*** Rapimento ***


Capitolo 8
Non dovresti fare promesse, se sai che non le manterrai.

 
 
 
 
A quelle parole Allen reagì d’istinto, allontanando da sé Tyki con una violenta spinta. Il Noah indietreggiò pericolosamente, ma non cadde; rimase però molto sorpreso. Non si aspettava certo una reazione simile dall’Esorcista; da quell’Esorcista.
Quando lo vide in volto, notò che aveva gli occhi lucidi e lo sguardo rabbioso, rivolto a lui.
- Fa male ascoltare la verità, eh, Shounen? – gli chiese sarcastico.
L’albino non rispose, continuando a guardarlo nel peggior modo possibile.
- Però… - proseguì il Noah, aspirando il fumo della sigaretta con un ghigno divertito in volto - … è così.
- Non è vero! – ringhiò all’improvviso Allen. Una lacrima gli scese lungo la guancia – Non è assolutamente vero!
Strinse i pugni, talmente forte che le nocche diventarono bianche e i polsi tremarono.
- Quella notte… - mormorò, con la voce tremula ma carica di rabbia – … Ti ho salvato solo perché ho avuto pena di te!
Tyki sorrise, soffocando una risatina piena di dissenso. Quel ragazzino era capace di sorprenderlo ogni volta. Tirava fuori dal cilindro nuovi trucchi per tentare di sbalordirlo, ma alla fine era facile scoprire il trucco che realizzava l’illusione.
Allen era rosso di rabbia. Prima che potesse commentare la reazione del Noah, questo gli fece segno di ‘no’ con il dito, schioccando la lingua e trattenendo un’altra risata.
- Risposta sbagliata – disse.
- Non esistono risposte giuste e sbagliate! – esclamò l’albino, irritato.
Com’era possibile che quell’uomo trovasse divertente qualsiasi cosa?! Sembrava quasi che lui fosse una sottospecie di pagliaccio che lo facesse ridere in continuazione! Era davvero insopportabile.
- Ne sei sicuro? – domandò retorico Tyki – Allora perché reagisci in questo modo?
A quelle parole Allen si calmò improvvisamente. Lasciò andare i pugni, che si distesero lungo il fianco, e volse lo sguardo a terra.
Il terzo apostolo fece un sorrisetto compiaciuto. Amava metterlo in quel tipo di situazioni. Gli ricordava perché adorava uccidere gli Esorcisti.
Calò il silenzio.
Il sole ormai era scomparso dietro le colline, e il blu della notte stava lentamente prendendo il sopravvento.
Le ombre dei due ex nemici percorrevano tutto il viale allungandosi, fino a perdersi nel nulla dell’ombra. Le prime stelle cominciavano a punteggiare il cielo, come lumini sbiaditi immersi nel nero.
Una folata di vento scompigliò i capelli dell’Esorcista, e stuzzicò quelli del Noah. Il fumo della sua sigaretta fu portato via e si dissipò così nell’aria.
 
Due parole, due sole parole, scaturirono dalle labbra dell’albino, che col volto chino osservava sconfitto il terreno, sempre più irraggiungibile a causa dell’avanzata della notte.
- Hai ragione.
Tyki lo guardò stupito, spalancando gli occhi e lasciando la sigaretta a penzoloni sul labbro inferiore. Davvero gli aveva dato ragione?
- Hai assolutamente ragione – rimarcò Allen, sollevando piano il capo con un sorriso scoraggiato – So che, come Esorcista, ho un compito preciso, e non devo pensare ad altro. So che ci saranno persone che non potrò aiutare, che dovrò abbandonare al loro destino… Ma…
Incontrò lo sguardo di Tyki, sempre più attonito.
- … Ho ricevuto questo potere! – esclamò improvvisamente sollevando il braccio sinistro, la sua Innocence – E voglio sfruttarlo per dare alla gente il futuro che io non ho potuto avere! E per aiutare chi non ha più a che fare con questa guerra!
 
Dopo qualche attimo di silenzio, Allen udì Tyki scoppiare in una fragorosa risata, talmente forte che a un certo punto lo vide sedersi a terra, contro la parete della collina dalla parte interna della stradina. Rise e rise, senza mai smettere, e per un momento l’albino pensò che fosse impazzito.
Si ricredette quando lo sentì biascicare qualcosa, contro la risata che non voleva saperne si arrestarsi.
- Ah! Ah! Ah! Va bene! Mi arrendo! – esclamò alla fine, alzando le mani al cielo in segno di resa – Mi hai distrutto; contento, Shounen?
Allen non capì. Ma Tyki continuò a parlare, mentre smetteva gradualmente di ridere, incontrollato.
- Con tutta questa determinazione io non so proprio dove sbattere la testa. Seriamente… - disse, spegnendo la sigaretta contro un sasso sul terreno. Poi si alzò – Però hai il mio rispetto, Shounen.
L’Esorcista lo guardò allontanarsi con calma, dalla parte opposta alla sua.
- Ora che non devo più ucciderti, mi sento quasi sollevato. Resta un Esorcista, e cerca di sistemare in fretta la faccenda del Quattordicesimo. Sarebbe un vero peccato perdere qualcuno così divertente, eh eh eh…
Si girò nella sua direzione, guardandolo con un sorriso incoraggiante, diverso dai soliti che lui gli rivolgeva mentre combattevano all’ultimo sangue; i sorrisi predatori di chi non vede l’ora di sentire il sangue caldo scorrere via dal tuo corpo.
- Bye bye, Shounen – disse, salutandolo, mentre gli dava già le spalle. E se ne andò.
 
Allen lo guardò sparire con una strana espressione, a metà tra lo stupito e il confortato. Non si sarebbe mai aspettato una scena simile da quel Noah. Quando non fu più in grado di distinguerlo dalle ombre della notte che, sinistre, ondeggiavano col vento, riprese a camminare verso l’Ordine, determinato più che mai a seguire i suoi ideali; e gli insegnamenti di Mana.
Tyki invece tornò fino alla villa, all’interno della quale fu fatto entrare dal Maggiordomo, che richiuse poi l’immenso portone producendo un grande cigolio. Quando Clara gli andò incontro, sorrise divertita, coprendosi con un dito chiuso le rosee labbra.
- Cosa c’è? – domandò il terzo apostolo senza riuscire a capire la situazione.
La giovane soffocò una risatina.
- E’ la prima volta che vi vedo con quello strano sorriso in volto – affermò indicandolo – Sembra che vi siate fatto un nuovo amico, eh?
- Chissà… - ammise il Noah, con un occhio chiuso e uno, aperto, gettato truffaldino su Clara.
La giovane sorrise timidamente. Ormai era diventato una specie di gioco tra loro: sembravano volersi lanciare a vicenda delle frecce di Cupido. Uno dei due cominciava, e l’altro finiva in bellezza, anche se ancora non erano giunti a nessun tipo di conclusione; perché alla fine entrambi avevano sì provato a esprimere in modo non esplicito i loro sentimenti, ma senza mai lasciare nell’altro una traccia duratura di quel tentativo.
Serviva uno stimolo, un pretesto per far sì che o Clara o Tyki si dichiarasse all’altro. Tuttavia, in quei giorni, a parte l’inaspettata visita di Allen, non era successo proprio nulla di interessante.
Ai due innamorati non serviva che aspettare, attendere pazientemente che capitasse qualcosa che li spingesse ad esprimersi.
Per quella sera, intanto, cenarono tranquilli e si coricarono con la stessa calma, senza aver potuto attuare nulla.
 

Il giorno dopo il sole tardò a presentarsi. L’autunno era alle porte, e persino l’erba delle colline aveva perso quel suo verde brillante per far posto al giallo pallido e al freddo; e alla nebbia.
Al mattino il vento freddo entrava dagli spifferi producendo ululati sinistri che risuonavano per tutta la villa. Il maggiordomo aveva acceso tutti i camini, e faceva la spola da una stanza all’altra occupandosi di tenerle tutte pulite e ordinate, con meticolosa precisione.
Clara era andata a far visita alla madre. Era conscia che tenere Tyki nascosto nella propria abitazione fosse rischioso, e per sembrare più naturale e innocente possibile si faceva vedere spesso per strada, a svolgere mansioni dettate dal lavoro che stava solo in quel momento iniziando a prendere in mano, e a fare delle passeggiate con il Maggiordomo al seguito; come se tutto fosse normale.
Tyki rimaneva sempre all’interno della villa.  Usciva però in giardino cercando la tranquillità all’ombra di un grosso albero, o percorrendo il breve viale che separava il cancello della proprietà dal suo ingresso. Non ritornava mai in forma di Noah e non usava il suo potere, per evitare di essere scoperto da uno dei servitori o da Clara stessa. Si limitava quindi a vivere una sorta di vita – ammesso che si potesse definire tale – come uomo e soltanto uomo.
Tuttavia, quella specie di prigionia che lo costringeva a non muoversi mai cominciava sul serio a pesargli. Perché era sì consapevole di essere al sicuro, nella villa assieme alla giovane nobile, ma anche che in quelle misere condizioni la sua libertà sfumava, persa nel vento.
Arrivò, un giorno, mentre passeggiava nel vasto giardino, a pensare di preferire la sua vita da Noah. E dire che lui dal Conte, non poteva più tornarci, ormai. L’aveva tradito per vivere come un uomo, e come uomo ora doveva vivere, accettando con maturità ogni conseguenza.
Tuttavia, questi pensieri negativi sparivano completamente una volta che, tornando all’interno della residenza, incontrava lo sguardo di Clara: quei suoi due smeraldi brillanti incastonati gli facevano dimenticare qualsiasi rimpianto e gli ricordavano il motivo della sua difficile e sofferta scelta.
Sapeva che lei l’amava, e lui altrettanto. Ma la loro storia non poteva decollare. Era in una fase di stallo. Anzi: non era nemmeno cominciata.
Serviva che qualcuno facesse la prima mossa.
Mentre stava comodamente seduto all’ombra di un grosso albero frondoso, le cui foglie producevano un rilassante fruscio, pensò:
“E se… facessi io il primo passo?”
Si portò una mano al fianco, sul quale ora rimaneva solo un ricordo del dolore che aveva provato settimane prima: una grossa cicatrice, più recente delle altre. Ripensava alla voce di Clara, come ad una serie di rumori soffusi e dispersi con confusione nella memoria, mentre lo pregava di svegliarsi stringendogli la mano. Doveva ripagare al debito, in qualche modo. Voleva farle sapere di non essere totalmente indifferente al suo gesto, al suo amore. Per questo si mise a riflettere sul dichiararsi per primo.
In fondo, si amavano tutti e due. E rendere ciò qualcosa di concreto, di veritiero, era l’unica cosa che volevano entrambi.
Ma… il loro sarebbe mai stato un amore veritiero?
 
In una domenica di metà settembre, più mite del solito, le immense porte della residenza presero a bussare. I servitori non c’erano, essendo per loro giornata di riposo.
Clara andò ad aprire curiosa. Nessuno era mai venuto a trovarli, dopo Allen Walker. Che fosse di nuovo lui?
Si stupì molto nel trovarsi davanti il Dottor Landers, il medico amico di famiglia che aveva curato Tyki.
- Buona giornata, cara – aveva salutato l’anziano, facendo un gesto eloquente con la piccola bombetta.
- Buona giornata a lei, dottore – rispose con un sorriso la giovane, mentre lo faceva accomodare e gli prendeva cappello e giacca.
- Sono passato a salutarti, bambina. Da domani andrò a lavorare fuori da Londra.
Clara spalancò gli occhi smeraldini per la sorpresa.
- Davvero? – domandò stupita.
- Già – replicò il dottore – Ho deciso di avvicinarmi di più al mio nipote, che vive a Manchester. Pare che lì ci sia molto da fare, tra una fabbrica e l’altra, i malati si accumulano. Per questo sono passato a trovarti. Inoltre, desidererei sapere come sta il tuo amico, se si è ristabilito e quant’altro.
La giovane, che era rimasta alla notizia del trasferimento incredula, sentendo l’ultima parte del suo discorso cadde dalle nuvole, ritornando alla realtà.
- Oh, sì. Sta molto meglio, grazie a voi – disse, riponendo i suoi effetti su un appendiabiti vicino.
Proprio in quel momento apparve Tyki, rientrato con disinvoltura dall’apertura sul retro, dove si estendeva il grande giardino. Come vide l’uomo di fermò di colpo. Guardò Clara. Poi di nuovo il medico.
La giovane lo raggiunse, afferrandolo per una mano e attirandolo vicino all’ospite, contenta.
- Tyki, questo è il Dottor Landers. E’ stato lui a salvarvi – affermò, con aria festosa.
- Molto piacere – fece l’anziano, con un sorriso, mentre tendeva la mano per stringerla al Noah – Sono Alex Landers.
Tyki rispose al saluto.
- Tyki Mikk.
- Vedo che state già meglio, eppure sono passate solo due settimane – osservò il medico, sorpreso.
- Mi riprendo in fretta – fece schietto il Noah – Comunque, la ringrazio.
Il Dottor Landers fece una risatina goffa.
- Di nulla, di nulla! – esclamò. Poi tornò serio, rivolgendosi a Clara – Bambina mia, avrei bisogno di parlarti.
- Di cosa? – domandò la giovane, leggermente sorpresa.
- Affari. Dato che sto per trasferirmi, devo chiederti un paio di favori. Sta’ tranquilla, non c’entra nulla il denaro – rispose l’anziano massaggiandosi la testa con aria imbarazzata – Riguarda il mio precedente studio.
- Ah, bene. Si accomodi pure nel salotto – lo invitò Clara.
Mentre l’uomo si avviava da solo, la giovane si voltò verso Tyki.
- Scusatemi, devo assentarmi cinque minuti, ma non preoccupatevi. Tornerò subito – pronunciò con un sorriso dolce, seguendo l’ospite nel salottino.
Rimasto da solo in piedi all’ingresso, Tyki prese la strada opposta e si avviò su per le scale, con l’aria scocciata.
Il vecchio gli aveva fatto perdere un’occasione d’oro. Ora avrebbe dovuto aspettare che finisse di parlare con Clara, e che questa tornasse al suo solito umore di sempre perché, quasi sicuramente, dopo aver conversato con lui, sarebbe rimasta o triste o scossa.
Probabilmente il giorno dopo tutto sarebbe tornato normale, ma durante la mattina la giovane faceva visita alla madre e svolgeva delle commissioni. Il pomeriggio si sarebbe sicuramente occupata dello studio di quel dottore e chissà quando lui avrebbe avuto di nuovo l’opportunità di parlarle! E di confessarle il suo amore!
Visibilmente nervoso, si sedette sul letto. Nella sua mente si stampò il volto rugoso dell’uomo.
Perché, vedendolo, si era sentito strano? Perché aveva avuto l’impressione che fosse tutto fin troppo strano per essere realmente com’era?
Prima che gli venisse presentato, Clara gli disse che aveva uno studio a Londra. Be’, Clara svolgeva tutte le sue commissioni proprio lì. Possibile che non lo avesse mai incontrato, o che quantomeno lui non l’avesse mai contattata? I telefoni li possedevano eccome.
Veniva a farle visita proprio di domenica, il giorno in cui i suoi servitori erano a casa. Le chiedeva di parlarle in privato. Lui sentiva una strana sensazione ogni volta che lo pensava. Come se si trovasse di fronte a un… Akuma.
 
Un urlo di terrore improvviso attirò la sua attenzione. Un urlo femminile.
Proveniva dal piano di sotto.
Veloce, Tyki si sollevò con energia dal letto e corse fuori, percorrendo il corridoio e scendendo con rapidità le scale.
Raggiunse il salottino, spalancò la porta con violenza.
I mobili erano stati rivoltati. Le preziose porcellane erano in frantumi sul tappeto. I divanetti e il tavolino erano stati sbalzati via.
Davanti a lui, apparve la figura tremante di Clara, a terra e con le lacrime agli occhi. Di fronte a lei un essere dalla forma sferica, dalla quale spuntavano grossi cannoni e con una faccia bianca come la morte. Un pentacolo nero era stampato su di essa. Il suo volto era un misto di malignità e sofferenza.
Un Akuma! Come aveva pensato Tyki.
L’essere puntò i cannoni sulla giovane, ridacchiando in modo sinistro. Clara piangeva, mormorando il nome di quello che fino a qualche attimo prima era il Dottor Landers. Ora, tutto ciò che rimaneva di lui era accasciato sul pavimento: un involucro di pelle svuotata, simile a un vecchio costume di gomma.
L’Akuma sorrise in modo sadico. Le bocche dei cannoni brillarono di una luce violacea.
Partì un colpo. Poi un altro. E un altro ancora.
Clara gridò, coprendosi il volto con le mani, terrorizzata.
Una grossa esplosione devastò la stanza, portando via un pezzo di parete e scoprendola al giardino. Una nube di polvere e detriti si sollevò, densa e soffocante come se potesse essere persino tangibile. Venne poi risucchiata all’esterno, lentamente.
Quando si fu diradata, Clara aprì lentamente gli occhi, ancora spaventata.
Era… ancora viva?
Una voce le fece sollevare lo sguardo, liquido di lacrime.
- State bene?
La giovane spalancò gli occhi per la sorpresa.
Tyki era sopra di lei.
L’aveva protetta.
Annuì piano alla sua domanda, ancora tremante di paura per aver creduto di morire sul serio.
Il Noah del Piacere sorrise, sollevato.
Le sue mani si ricoprirono improvvisamente di stelle nere.
Clara esclamò:
- Tyki! Le vostre mani!
Il terzo apostolo se le guardò con indifferenza.
- Va tutto bene – disse solo.
In breve tempo infatti i simboli si dissolsero, e lui tornò come prima, senza alcuno graffio o ferita.
Clara non capiva. Cos’era quel mostro? Che cosa era successo al Dottor Landers? Perché c’era la sua pelle squarciata sul pavimento? E perché Tyki non era morto prendendo quei colpi al posto suo??
Il Noah si alzò un po’ tremolante, scrollandosi la polvere dal gilet con aria seccata, per nulla spaventato dal mostro dietro di lui.
Difatti, dopo essersi girato nella sua direzione, gli gridò, con autorità:
- Che diamine stai facendo, Akuma? Vattene da qui immediatamente! Obbedisci al tuo padrone!
La creatura sferica però rise, puntando nuovamente i cannoni verso di lui.
E a quel punto Tyki capì.
Era stato il Conte a mandarlo! Aveva capito dove si stava nascondendo?!
“Accidenti!”
 
Fu un attimo.
L’Akuma fece partire i colpi.
Tyki circondò Clara con le proprie braccia. Si sollevò con lei da terra. Sparì sul soffitto.
La stanza bianca e blu fu definitivamente rasa al suolo.
 
La giovane vide i suoi piedi staccarsi dal suolo. Il rumore della distruzione riempì le sue orecchie. Si ritrovò al primo piano della villa, mentre Tyki era davanti a lei, tenendola in braccio sicuro si sé.
Cominciò a tirarla, a correre lungo il corridoio.
Lei fece appena in tempo a sollevarsi col braccio libero il vestito e a seguirlo che un’altra esplosione la fece sbalzare in avanti, scaraventandola a terra con violenza.
 Quando provò a rialzarsi, avvertì un dolore indicibile alla caviglia. Ricominciò a piangere, terrorizzata.
- Tyki! Tyki! – lo chiamò disperata, stesa a terra, con il braccio teso verso di lui nel tentativo di afferrarlo.
Questo le corse incontro e la aiutò a sollevarsi. L’Akuma comparve dietro di loro, avanzando con un ghigno malefico impresso sul volto bianco.
I due nobili erano troppo lenti. Il mostro li stava raggiungendo.
Tyki strinse a sé Clara e scattò contro il muro. La giovane, temendo di finirci contro, gridò spaventata. Invece si ritrovò semplicemente nella stanza accanto, incredula.
Immersa in quel caos senza fine, non si era persino accorta di stare volando. I suoi piedi si trovavano a qualche centimetro da terra e scivolavano veloci senza toccarla.
Il Noah attraversò un altro muro, ritrovandosi così all’esterno della residenza. L’Akuma era lontano, ma presto li avrebbe raggiunti. Tornò a camminare sull’erba, posando con delicatezza una Clara sconvolta ai piedi di un albero, e chiedendole di non muoversi.
- Aspettate qui, e non muovetevi per nessun motivo – la raccomandò.
Poi fece per correre via, quando si sentì chiamare.
- Tyki! Cosa sta succedendo?! – gli domandò la giovane, stringendosi nelle ginocchia, ancora scioccata e con la caviglia dolorante.
Il Noah si chinò sul suo viso.
- Dopo vi spiegherò tutto – disse, con tono calmo e rassicurante, prendendole la mano e stringendogliela per darle sicurezza.
Clara rilassò il viso, tirando su col naso.
- Tutto?
- Tutto.
 
I due si separarono. Tyki lasciò la presa sulla candida mano della giovane e sparì, insediandosi all’interno della densa nebbia bianca di detriti. Saettò tra i cumoli di mattoni e travi frantumati e si guardò attorno. Riconobbe, suo malincuore, un pezzo di ceramica lucida bianca, con decorazioni blu floreali: parte del bellissimo salottino. E ora di quella stanza rimanevano solo indistinte macerie grigie e polverose.
Il Conte l’avrebbe pagata cara per tutto quello che aveva fatto a Clara. Gettò con rabbia il coccio e avanzò di qualche passo verso i resti di una parete.
Improvvisamente, udì un’esplosione, e altri mattoni volarono per aria, assieme a vetro e legno scheggiati. Tyki fece un balzo all’indietro ed evitò per un soffio un proiettile violaceo che si scagliò veloce subito alle sue spalle contro un albero. Questo si sgretolò come fosse diventato di sabbia. In mezzo ad una nuova nube di polvere, comparve l’Akuma.
Ghignava in modo terrificante, mentre teneva puntate le sue letali armi contro il Noah. Questo continuava a guardarlo con disprezzo.
Un minuto prima che le bocche dei cannoni iniziassero a brillare, fece un passo avanti e sbottò:
- Millennio ti ha mandato a finirmi? Che spreco!
Tese una mano, e sparò un raggio luminoso che colpì l’Akuma in pieno, facendolo esplodere in tante piastre metalliche e resti di cannoni incendiati. I pezzi volarono ovunque, e uno di essi gli finì addosso; usando i suoi poteri lo evitò lasciando che gli attraversasse la testa; come un fantasma.
Poi si guardò attorno. Il silenzio aveva inghiottito le macerie della villa. Tyki rimase in ascolto per un momento, ma non udì proprio nulla.
Si preparò a tornare indietro, preoccupato per Clara, quando la sentì urlare.
“Che succede?!” Si chiese mentre cominciava a correre all’impazzata tra i detriti, schivando i cumuli di legno che avevano preso fuoco dopo l’esplosione dell’Akuma. Quando raggiunse l’albero vicino al quale aveva lasciato la giovane, la trovò tra le grinfie di due Akuma di livello tre. Si dimenava e piangeva, pregando di essere aiutata disperatamente.
I due mostri ridevano di gusto, quando videro il terzo apostolo avvicinarsi. Strinsero di più la presa sulla nobile, che gridò ancora e si dibatté come un pesce preso all’amo. Tyki serrò i denti. In condizioni normali, avrebbe potuto far fuori le due creature con immensa facilità. Eppure qualcosa lo bloccava.
Aveva paura che si difendessero usando Clara come ostaggio o peggio, che la ferissero per ripicca.
- Se la rivuoi – ringhiò il primo Akuma, che teneva tra i suoi artigli la giovane – Vieni alle Rovine.
Poi sparì, assieme al compagno e all’ostaggio, in un batter d’occhio.
Tyki rimase da solo, davanti all’albero. In volto aveva ancora l’espressione di chi non perdona. Si guardò alle spalle. Vide i resti della villa. Poi davanti a sé: c’era una foresta che si protendeva per molti metri, e non riuscì a vederne la fine.
 
Si sedette nel punto esatto dove aveva lasciato Clara prima che venisse rapita.
Il Livello uno era soltanto una distrazione. In effetti, lui da solo non avrebbe potuto fare granché; anzi, non aveva fatto granché.
Il vero pericolo era rimasto nascosto aspettando un suo momento di distrazione. E al minimo cenno, era entrato in azione. Avevano scelto proprio il momento perfetto.
E ora Clara era nelle loro mani; nelle mani del Conte: quelle viscide e crudeli mani guantate di bianco…
Che il suo fosse solo un modo per attirarlo in trappola, era palese. Ed era altrettanto chiaro che se non fosse intervenuto per salvarla, l’avrebbero uccisa senza pietà. Millennio era fatto così.
Aveva due scelte: morire, o lasciar morire.
“Direi che sono messo piuttosto bene!” Esultò ironicamente alzandosi in piedi.
Ripensò alle parole dell’Akuma:
‘- Vieni alle Rovine.’
 
Le Rovine… il nome proprio di un posto non molto famoso, ma conosciuto.
Trent’anni prima, una residenza era stata divorata da un incendio. I padroni, due giovani appena sposati, morirono tra le fiamme lasciando i resti della loro abitazione. Quel posto, impraticabile, venne denominato ‘Rovina’ e il caso dell’incendio chiuso definitivamente senza particolari dettagli.
Non c’era molto da vedere. Circolavano anche un paio di storielle nelle quali si parlava persino di spettri che si aggirassero nel punto in cui erano morti i vecchi proprietari, quando la nebbia si alzava molto fitta.
Naturalmente non c’era neanche bisogno di dire che non esisteva nessun fantasma. Erano solo delle sciocche voci infondate. Jasdebi erano andati sul posto un po’ di tempo prima alla ricerca del cuore, ma non vi avevano trovato ‘un tubo’, come dissero, o per meglio dire esclamarono in preda alla rabbia, appena ritornati.
- Il palcoscenico ideale per la dipartita di un compagno! – esclamò Tyki, imitando la voce grave e cavernosa dell’ex capo.
Nervoso e frustrato, s’incamminò verso le macerie della villa di Clara. Calciò via un ciottolo e si sollevò dal terreno, esaminando i piani alti che, fortunatamente, erano ancora quasi del tutto intatti.
Volò fino a quella che poco prima era la camera della giovane nobile. Un bel pezzo di parete era scomparso, esponendo la lussuosa stanza all’esterno. Il Noah avanzò ciondolante al suo interno, osservando con poco interesse i mobili rotti e il tappeto impolverati, come se potessero aiutarlo a trovare una soluzione.
In realtà stava pensando. Cosa poteva fare, cosa non doveva fare, se doveva andare da solo, o se avrebbe invece dovuto trovarsi degli alleati. Il tempo a sua disposizione si accorciava ogni secondo che passava. La lotta per la vita di Clara era un conto alla rovescia al termine del quale nessuno sapeva cosa sarebbe successo.
Ma Tyki l’amava. L’amava tanto e non poteva lasciarla uccidere.
Se per farla sopravvivere si era ribellato al Conte, non poteva certo abbandonarla ora che era di nuovo in pericolo! Che senso avrebbe avuto il suo tradimento? Che senso avrebbe avuto rischiare di morire?
E dire che oggi le si voleva pure dichiarare. Non c’era limite alla sfortuna; ma lui alla cattiva sorte non ci aveva mai creduto…
Doveva andarci, doveva salvarla. Non gli importava di morire, non gli importava niente. Clara era sua, per lei aveva fatto enormi sacrifici. E se il Conte voleva liberarsi semplicemente di lui, non doveva usare le persone a lui care come esca per riuscirci.
C’era una sola cosa da fare, in quel momento: andare là, salvare Clara, e sistemare la faccenda. Una volta per tutte.

 

 

Si era fatto il tramonto, e le colline brillavano d’oro.
Tyki aveva indossato una camicia bianca e una giacca nera. Gli stessi vestiti che aveva quando aveva affrontato Allen Walker sulla vecchia Arca. Il suo frac aveva ben quattro buchi, davanti e dietro. Dopo essere stato ferito dal Conte, si era rovinato a tal punto che nemmeno Clara era stata capace di rammendarlo.
Non aveva portato nulla con sé. Aveva le Tease con lui, e ciò era sufficiente.
Camminava nella foresta, diretto verso le Rovine, il passo calmo e misurato.
La sua mente stava costruendo un piccolo piano per salvare Clara. Faceva delle ipotesi su dove potessero averla nascosta e poi cercava il modo per trarla in salvo. Ma ogni volta si accorgeva di quella piccola macchia che gli smontava l’intera pianificazione. E allora si diceva che lui non era mai stato una persona dalla mente infallibile. In ogni suo schema c’era sempre un’imperfezione. Quando credeva di aver ucciso Allen non aveva messo in conto che la sua Innocence lo proteggesse; e quando lo aveva combattuto sull’Arca non aveva calcolato il fatto che lui riuscisse a ribaltare la situazione volgendola dalla sua parte. Era Cheryl il pianificatore, non lui.
Ora però doveva farsi venire qualche idea. Altrimenti sarebbe andato incontro al suicidio senza speranze di salvezza per Clara. Doveva agire intelligentemente.
“E’ una parola!” esclamò mentalmente. E senza che se ne rendesse conto pensò al fatto di non essere andato a scuola. Davvero avrebbe fatto qualche differenza averla frequentata?
Avrebbe voluto proprio saperlo.
Poi ebbe un’idea.
Tese una mano in avanti, e da essa ne uscì una Tease: una piccola farfalla nera e viola con i semi delle carte impressi sulle ali. Un altro modo per manifestare la sua passione per il poker.
- Vai avanti. Trova Clara e poi torna indietro.
Con un veloce sbatter d’ali, il golem si librò in aria e, leggiadro, sparì in cielo oltre le fronde arboree.
Il Noah lo guardò volare via, sicuro che quella sua genialissima idea avrebbe portato buoni risultati.
 
Subito dopo, udì un rumore provenire dalla foresta: un misto di voci maschili e femminili sommesso, proveniente da una piccola radura alla sua destra.
Voltò la testa in quella direzione e poi si fermò. Tese un orecchio per ascoltare meglio, e riconobbe qualche suono.
“Sembra la voce del Guercino, questa” pensò annuendo piano nel confermare le sue ipotesi. Sì, uno era l’Esorcista dai capelli rossi con la benda. Poi c’era una ragazza, sicuramente la cinesina.
Ce n’era anche un’altra, fin troppo riconoscibile.
“E questa e quella del piccoletto” terminò così la sua analisi.
Si inoltrò nella direzione dalla quale provenivano le voci, facendo attenzione a non farsi scoprire. Per sicurezza, usò i suoi poteri per evitare di calpestare le foglie e i rametti secchi che si trovavano sulla sua strada.
Si accostò a un albero e da quello guardò verso la radura. Nonostante il buio che avanzava, li riconobbe tutti.
Vide una ragazza alta, dai capelli corti e di un verde scuro tendente al nero. L’aveva già vista e non gli fu difficile ricordare come si chiamava: Linalee. C’era poi un ragazzo, i capelli rossi sparati in aria da una fascia scura e una benda sull’occhio destro. Il giovane Bookman Junior, Lavi. E poi vide l’ormai indimenticabile figura di Allen Walker. Erano disposti a triangolo e parlottavano tra loro sul fatto di aver sbagliato strada o roba simile. A Tyki sembrò di capire che i tre Esorcisti erano lì per indagare sulle voci delle presenze spettrali del luogo; probabilmente per verificare che non avessero a che fare con l’Innocence.
Al Noah scappò quasi da ridere. Jasdebi avevano scoperto prima di loro che lì non c’era nulla.
“Che stupidi…” pensò mentre li guardava discutere in maniera animata.
 
- Allen, secondo me dovremmo tornare indietro – diceva preoccupata Linalee.
- No Allen! Dobbiamo continuare per di là! – Esclamava Lavi afferrando il compagno per un braccio e tirandolo nella direzione che indicava agitando il dito in quella direzione.
L’albino si lasciava strattonare dal rosso, mentre cercava di ragionare assieme alla cinese. Era completamente in balia dei due.
 
Tyki restò ad osservarli per un po’. Poi gli venne in mente un’altra, geniale, idea.
Annullò i suoi poteri, individuò dietro di sé un ramo caduto a terra e lo pestò col piede, spezzandolo e facendo più rumore che poté.
I tre esorcisti si voltarono con uno scatto improvviso nella sua direzione, zittendosi tutti nello stesso momento. La boscaglia però rendeva loro impossibile vedere il Noah.
- Chi c’è? – domandò Lavi mettendo mano la martello nel suo fodero.
Tyki restò nascosto nell’ombra, osservando gli esorcisti come fossero dei piccoli coniglietti spauriti e lui il lupo famelico. Quando decise che era il momento di uscire allo scoperto, si raccomandò di usare molto tatto perché, in caso contrario, le cose si sarebbero messe male prima ancora di poter pensare a salvare Clara.
Nella penombra emerse la sua figura, alta e sicura di sé, davanti ai tre Esorcisti. Apparve col suo solito e quasi provocatore sorriso, che mise subito in guardia Lavi. Il ragazzo estrasse il martello, lo ingrandì e lo puntò minaccioso verso il suo nemico.
Linalee si vide pronta ad attivare la sua Innocence mentre Allen, dietro di lei, rimase come paralizzato. Ebbe l’impressione di stare rivedendo un vecchio amico e non un nemico.
Tyki si vide puntare contro la pesante arma del rosso, con le croci sulle sue estremità ad un palmo dal naso. Eppure non indietreggiò.
- Cosa ci fai qui, Tyki Mikk? – gli ringhiò contro il giovane Bookman, tenendo ben salda la presa sul lungo manico.
Il Noah piegò il busto verso sinistra, riuscendo finalmente a vedere in faccia l’Esorcista che, col martello davanti al viso, non era riuscito a vedere.
- Ma allora è un’abitudine… - cercò di dire mentre tentava di non ridere. Si riferiva alla notte in cui aveva incontrato Allen nella foresta e questo gli aveva domandato, nello stesso identico modo, la stessa identica cosa.
Poi ricordò di essere diplomatico e di non agitare gli animi. Quei ragazzi erano assai suscettibili quando volevano e a lui servivano in atteggiamenti, se non amichevoli, almeno pacifici.
“Tatto… tatto…” Si ripeté come un disco rotto per non fare passi falsi.
- Nulla di particolare… - rispose allora come fece tempo addietro.
Lavi non parve ascoltarlo minimamente. Sollevò il grosso martello con una facilità e una scioltezza che solo lui e la sua arma possedevano, e si preparò a colpire il Noah.
- Gouka Kaijin, Hiba-
Non finì neanche di annunciare il suo attacco che Allen gli si parò davanti, aprendo le braccia e gridando al ragazzo di fermarsi.
- Aspetta, Lavi! Non attaccarlo!
L’Innocence del rosso però stava già ricadendo verso il basso, e colpì la testa di Allen talmente forte da schiacciarlo a terra e procurargli un enorme bozzo sulla nuca.
L’albino si rialzò con uno sguardo assassino in volto, rivolto al compagno che ora mormorava scuse su scuse e si preoccupava di non subire ripercussioni indietreggiando fino a nascondersi dietro a Linalee.
- Sta’ attento, Allen-kun! – esclamò Linalee, preoccupata per la sua salute.
Lavi gli si parò davanti e sbracciandosi contro di lui, sbraitò:
- Che cosa fai, Allen?! Ma lo sai chi è lui?
- Lo so! E non è più un nostro nemico!
 
A quelle parole i due Esorcisti si calmarono. Il giovane Bookman abbassò le braccia, lasciandole penzolare confuso; Linalee si zittì.
Non capivano cosa volesse dirgli. Ed entrambi – soprattutto Lavi – avevano una faccia a dir poco allibita. Sapevano che Allen aveva il cuore d’oro, ma fino a questo punto… ?
- Spiegati meglio – lo incalzò il rosso, mentre rivolgeva un’occhiataccia di sfuggita al Noah, del quale per nulla si fidava e voleva fidarsi.
L’albino prese un profondo respiro e iniziò a raccontare di quando lo aveva trovato nella foresta, delle cose che aveva scoperto e del fatto che ora Tyki non faceva più parte dei Noah.
Linalee parve capire; era sempre stata molto fiduciosa nei confronti del suo compagno, e sapeva che non avrebbe mai potuto mentirle. Lavi credeva sì alla sua storia, ma rimaneva comunque assai sospettoso del terzo apostolo. Il fatto che questo continuasse a guardarlo come a volerlo prendere in giro, lo innervosiva e non poco. Di lui aveva brutti ricordi. Certamente non gli pareva che avesse tradito il Conte; sembrava più una sorta di montatura. Una farsa per appropriarsi dell’Innocence e ucciderli.
Rimase in allerta, fidandosi dell’amico , ma non pienamente. Più che altro era di Tyki che non si fidava.  Lo avrebbe tenuto d’occhio e, al minimo problema, lo avrebbe fatto fuori.
Gli Esorcisti non devono fraternizzare con i Noah. E’ una regola che tutti sanno e rispettano. E’ un dovere assoluto, un tabù da non infrangere. Persino lui, che come Bookman doveva osservare imparzialmente il mondo da entrambi i lati, era conscio che ciò era impossibile.
 
Allen finì di raccontare. Attese in silenzio che i compagni si esprimessero.
Si fece avanti Linalee, che gli rivolse un sorriso amichevole e gli disse:
- Va bene.
Eppure anche lei la pensava come Lavi: era certa della sincerità dell’albino, ma non di quella del Noah. Perché nemmeno lei aveva bei ricordi di lui.
Il giovane Bookman allora disse, dopo una lunga riflessione, schietto e conciso:
- Allen, Io di lui non mi fido. Ma di te sì.
E mentre il compagno lo guardava sollevato, si mise di fronte a Tyki, squadrandolo, minaccioso.
- Se fai loro qualcosa, qualsiasi  cosa, e questa è solo una trappola, te la vedrai con me.
Il Noah del piacere gli rivolse un’occhiata maligna. Nemmeno il suo sarcasmo tagliente avrebbe potuto smorzare la determinazione di quel Guercino. Non restava che rendergli lo sguardo con altrettanto odio.
Non doveva però lasciare che si creassero delle antipatie. Quei tre ragazzini gli sarebbero stati molto utili per salvare Clara, non doveva mandare quell’occasione unica a farsi friggere. Avrebbe dovuto comportarsi civilmente e cercare di non farsi ammazzare dal rosso.
Mah, lui che si comportava civilmente con degli Esorcisti… Era una cosa senza senso!


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♣ Angolo di Momoko 

Eccomi tornata dalle vacanzeee!! :D
Tyki: *con zero enfasi* evviva... *si protegge la faccia temendo ripercussioni*
Mi siete mancate tutte ç_ç E anche tu, Tyki :)
Tyki: *sollevato* D... davvero? o.o
Sì :) Ora dimmi, vorresti qualcosa?
Tyki: *preoccupato* Cosa ti hanno fatto mentre eri in vacanza?! OAO'
Nulla... :) 
Allen: bentornata!
Grazie^^
Allen: ehm... Tyki... cosa posso fare per te?
Tyki: ò_ò Ma che diamine vi succede? *indica Momoko* tu dovresti pestarmi a sangue; *indica Allen* e tu pure. Che cosa ho fatto?
Allen: poverino... lui non lo sa...
Già... Poverino...
Tyki: che cosa non so?! COSA???!!! Volete dirmelo sì o nooo???!!
*Tutto diventa nero*

Eccomi qua con la parte seria delle note d'autore xDD Ormai 'sti sketch sono diventati una cosa di routine... Però mi diverto xDD Perdonatemi se a voi non fanno ridere. Ma un po' di sfogo che non sia il ballare/cantare priva di decenza per casa ci vuole ò_ò
Ebbene sì, sono tornata e la fanfiction ormai volge alla fine. Ho in mente di scrivere qualche altra long in futuro, terminata questa, sempre su D. Gray-man.
L'ultima parte di questo capitolo mi fa schifo ç_ç Dico davvero, non so come mi è uscita. La parte centrale invece mi piace assai. Mi ci voleva un po' di distruzione per movimentare la storia, che stava cascando nella noia più mortale del mondo.
Per ringraziare voi lettrici, ho deciso che alla fine del prossimo capitolo e dell'ultimo vi svelerò qualche retroscena della storia. E poi... *si imbarazza* mi sarei fatta un ritratto >///< Il ritratto di Momoko The Butterfly, ovviamente ù_ù ; non della disgraziata che sta' dietro al nome xD 
Spero di poterlo postare se non alla fine del prossimo, alla fine dell'ultimo capitolo, assieme a tante altre cose^^
Non so se questo sarà un modo per ringraziarvi a sufficienza, ma sappiate comunque che vi sono molto grata :)
Ringrazio mille volte chiunque abbia recensito, chi l'ha messa tra le preferite, le ricordate e le seguite; e anche chi ha letto rimanendo però nell'ombra ;) Che poi alla fine uno scrive per sé stesso e per gli altri, non per ricevere riconoscimenti, recensioni e co. xD Oh, be', almeno io la penso così^^

A prestoooooo <3
 
Momoko

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Capitolo 9
*** Amore ***


Capitolo 9
La fine è vicina; ma una nuova storia è appena cominciata.

 
 
 
 
 
 
 
Era scesa la notte.
La luna, piena, illuminava a dovere la sconfinata foresta dentro alla quale il gruppo di Esorcisti, assieme a Tyki, stavano marciando. I rumori della folta boscaglia facevano da sfondo a quel silenzio quasi spettrale, che avvolgeva i neo alleati.
Lavi, nella sua diffidenza, non aveva staccato gli occhi dal Noah, che si sentiva osservato e infastidito. Linalee camminava al fianco di Allen, che stava in testa al gruppo con un’espressione assai determinata. L’Esorcista albino si guardò alle spalle: Tyki camminava appena dietro di lui; Lavi gli era appresso come un condor su un’animale che sta per tirare le cuoia.
Sebbene lo avesse accolto nel gruppo, il portoghese non gli aveva detto ancora perché lo aveva voluto. Era improbabile che avesse deciso di aiutarli a cercare l’Innocence per la quale si erano spinti fin dentro quel reame boscoso; non sarebbe stata una cosa da lui.
No, c’era per forza qualcosa sotto. E lui doveva scoprirla.
Ma come? Lavi lo tampinava senza alcuna tregua. Se gli avesse detto di voler parlare con lui in privato avrebbe potuto pensarla male? Il giovane Bookman era imprevedibile.
Si voltò di nuovo a guardare Tyki, cercando, nella sua espressione, anche il minimo indizio su cosa avesse in mente. Il Noah però si accorse di essere osservato e alzò gli occhi. Allen distolse lo sguardo e tornò a volgerlo di fronte a sé, un po’ in imbarazzo per essere stato scoperto.
Proprio in quel momento scorse, tra gli alberi, una fonte. Anche se lontana, gli sembrava essere abbastanza grande per berci; e anche un’ottima scusa.
- Fermiamoci un attimo – disse all’improvviso, arrestandosi – Riposiamo un attimo laggiù.
Indicò la sorgente.
Lavi si catapultò in quella direzione sollevando un’enorme scia di polvere.
- Finalmente! Sono stanco mortoooo! – gridò sollevato. E mentre finiva la frase era già arrivato a sedersi su un masso e a bagnarsi il viso con l’acqua fresca, sollevando ogni tanto qualche sospiro di piacere che alle orecchie degli altri suonava un po’ imbarazzante.
Allen prese Linalee per mano, indirizzandola verso la fonte.
- Va’ anche tu, io vi raggiungo subito.
La cinesina si voltò per qualche attimo verso Tyki. Tornò poi a guardare il compagno, con un’espressione un po’ preoccupata.
- Non temere, va tutto bene. Ora va’ – la rassicurò l’albino, con un sorriso.
- … Ok… - rispose lei allora, allontanandosi piano da lui e inoltrandosi tra gli alberi.
 
Rimasti soli, Tyki cercò un masso abbastanza grande e vi si sedette sopra. Prese fuori una sigaretta e se la accese, iniziando a fumare con noncuranza; come se non avesse minimamente capito le intenzioni di Allen.
- Tyki – lo chiamò l’Esorcista, serio.
- Uh? – biascicò il Noah voltandosi nella sua direzione, curioso.
Allen gli si avvicinò e gli chiese:
- Perché hai deciso di venire con noi?
E stavolta non si sarebbe lasciato ingannare dalle sue bugie e non gli avrebbe permesso di fuggire alle sue domande. Avrebbe ottenuto la verità.
Strano ma vero, questa arrivò senza la minima fatica:
- Voglio chiudere la faccenda con il Conte – rispose il Noah soffiando via il fumo con espressione sofferente.
Ma all’albino non bastava come risposta. Voleva l’intera versione della storia.
- C’entra qualcosa quella donna? – chiese allora, il tono di voce più comprensivo del normale.
Tyki prese la sigaretta tra le dita. Abbassò lo sguardo. E Allen capì.
C’era qualcosa tra loro, allora. A pensarci bene, Clara si era vista molto disperata quando le aveva portato il Noah in fin di vita.
A quel punto volle altre conferme.
- Il Conte l’ha rapita?
Il portoghese annuì piano.
- E tu pensi che convincendo noi ad aiutarti la salverai?
Tyki si voltò a guardarlo sorpreso. Cavolo, era proprio un libro aperto per lui! Da quando aveva cominciato a fare così pena?
- Guarda che anche una scimmia lo avrebbe capito; sei qui perché speri che noi, senza sapere niente, ti aiutiamo a trovare quella donna – disse Allen cogliendo perfettamente l’espressione stupita dell’altro. Non che avesse imparato a comprendere quando diceva o no la verità, aveva semplicemente effettuato qualche calcolo e un paio di deduzioni. E il perché era venuto fuori da solo. Tyki non doveva sorprendersi di niente perché, quando capiva di non sortire alcun effetto con i suoi manierismi, non lo nascondeva minimamente. Forse ci provava, ma la sorpresa era troppo grande per lui.
Almeno in questo l’albino poteva ancora andare a ricercare qualche piccola vittoria personale. Nemmeno l’intangibile carattere sicuro e freddo di Tyki era perfetto. Lui era riuscito a trovare una crepa e a sfruttarla.
Il Noah non disse niente. Forse non si aspettava che Allen scoprisse i suoi piani. Probabilmente ora se ne sarebbe andato perché i tre Esorcisti non avrebbero avuto intenzione di aiutarlo e…
- Va bene.
 
... Come? Aveva capito bene?
Allen Walker aveva appena deciso di aiutarlo??
L’espressione stupita che fece questa volta fu persino buffa.
- Sì. Ti aiuteremo – ribadì l’albino, deciso.
Tyki continuava a guardarlo senza capire nulla, completamente perso.
- Be’, cosa c’è che non va? – sbottò l’Esorcista dandogli le spalle imbarazzato – Ho solo detto che ti aiuteremo, punto.
Ma Allen si girò subito quando sentì il Noah ridere. E non era più una risata insana, fredda; Tyki stava ridendo di lui, ma non come faceva di solito. Stava ridendo come fossero delle persone normali, degli amici. Una sottile differenza, che però l’albino fu in grado comunque di captare. E non ne fu affatto irritato, anzi: gli venne da ridere persino a lui. Cos’era successo a quell’uomo, da renderlo così umano come mai era stato?
Dato che il Noah continuava a ridere tenendosi pure la pancia, Allen gli si avvicinò ed esclamò, sentitosi preso in giro:
- Smettila! Non ho detto nulla di divertente!
Ma il suo tono di voce non era per niente serio, mentre lo diceva.
Tyki smise lentamente di sghignazzare, con le lacrime agli occhi.
 
In quel momento ritornarono Lavi e Linalee. Videro Allen rosso come un peperone e il portoghese sull’orlo di una crisi respiratoria. Le loro facce basite parlarono da sole, ma per fortuna non si azzardarono a chiedere nulla.
L’albino andò loro incontro e disse, irritato per essere stato visto dai compagni:
- Allora, andiamo?!
Questi annuirono leggermente spaventati, avviandosi nella direzione che stavano seguendo precedentemente. Solo Lavi osò fermarsi dopo qualche passo.
- Ehm, Allen… Non sappiamo dove andare, ricordi? – disse, misurando bene le parole per evitare la collera del compagno.
- L’Innocence non si trova in questa foresta – aggiunse Linalee.
- Siete stati alle Rovine? – domandò improvvisamente Tyki.
Allen si calmò subito. Guardò il Noah dietro di lui, capendo all’istante che quello doveva essere il luogo nel quale si trovava Clara. E forse anche l’Innocence, chissà.
- Di che parli? – sbottò Lavi, rivolgendogli in un’occhiata tutto il suo disprezzo. Aveva di nuovo messo mano al martello, senza rendersene conto.
Tyki lo notò.
- Che c’è, Guercino, non ti fidi?
E dopo averlo detto, si scusò mentalmente con sé stesso per quell’aspro commento. Si era detto di lasciar perdere il suo sarcasmo eppure non ci riusciva. Era troppo eccitante farli arrabbiare, era un piacere inaudito per lui.
Lavi aveva i nervi a fior di pelle, mentre cercava di contenersi. Una cosa che sapeva fare bene, essendo un Bookman. Ma quell’uomo riusciva a mandarlo su di giri come nessun’altro.
- No, ora che mi fai ricordare! – gli ringhiò addosso.
Allen vide i due rivolgersi occhiatacce sempre peggiori, e a quel punto intervenne, mettendosi tra i due. Non voleva ritrovarsi tra le mani una rissa.
- Lavi, calmati. Forse ha ragione – disse, bloccandolo con una mano sul suo petto – Qui non c’è nulla, forse vale la pena ascoltarlo. Dopotutto, non è più assieme al Conte, pensaci.
Il Bookman si rilassò, guardando il compagno come se lo stesse pregando di non fermarlo. Poi tirò un profondo sospiro e si rivolse al Noah con più autocontrollo.
- Dove sarebbero queste Rovine? – domandò, col tono di una madre al figlio che ha appena visto qualcosa che non esiste.
Tyki si stizzì appena. Gli stava forse dando dello stupido?!
Sollevò un braccio e puntò l’indice a nord.
- La direzione è quella – affermò con aria di sufficienza.
I tre esorcisti si girarono contemporaneamente verso la via indicata, confusi.
- E poi, cosa avete da perdere? Se mi sbaglio potete tornare indietro e continuare per la vostra strada – aggiunse il Noah sollevando le spalle.
Allen si mise nuovamente in testa al gruppo.
- Va bene. Mettiamoci in marcia – pronunciò deciso, avviandosi a nord con Linalee al seguito. La cinesina non aveva detto nulla perché preferiva credere in Allen. Fintanto che lui procedeva sicuro, a lei andava più che bene.
Lavi fece segno a Tyki di camminare davanti a lui, in modo tale che gli facesse chiudere la fila.
Il Noah ubbidì. Mentre passava davanti al rosso, gli soffiò in faccia il fumo della sigaretta, compiaciuto del suo gesto. L’altro strinse i pugni per la rabbia, ma li rilassò immediatamente. Doveva sopportarlo, anche se non capiva perché.
Lui ancora non sapeva la verità su Clara, perciò poteva solo immaginare quale fosse.
 
Allen si guardò nuovamente alle spalle, verso Tyki, rivolgendogli uno sguardo di rimprovero. Se quello sconsiderato si metteva in testa di combinare guai, lui non poteva fare altro che difenderlo. Ma se esagerava nessuno l’avrebbe salvato dalla furia di lavi…
Tyki invece si sentiva in una botte di ferro. Sapeva che, se mai avesse usato qualche parola di troppo, l’albino sarebbe corso ad aiutarlo. Già se lo immaginava a sbracciarsi con i compagni cercando una scusa ai suoi acidi commenti.
“Molto divertente…”  pensò.
La notte era silenziosa, forse troppo. Nemmeno gli animali notturni fiatavano. E così tutto era avvolto in una quiete spettrale, quasi inquietante.
Inquietante per Allen, che era conscio di stare andando incontro al Conte, forse ai Noah, e agli Akuma. Chissà cosa sarebbe potuto spuntare dai cespugli che costeggiavano il sentiero che stavano percorrendo…
Ben presto però gli alberi divennero meno fitti. La tetra e buia oscurità della foresta, celata dalle fronde degli alberi, divenne puntellata di luce lunare. Il gruppo si stava dirigendo verso il suo limitare.
Se ne accorsero quando, di botto, si ritrovarono in aperta campagna. Alle loro spalle c’erano gli alberi e i roveri. Davanti a loro, un curioso spettacolo.
 
Sul terreno si ergevano dei vecchi muri, decadenti, scomposti come gli antichi menhir.
Erano anneriti, sgretolati, divorati dai rampicanti e dai muschi. I mattoni che li componevano erano grigi, ruvidi e pieni di buchi.
Delle travi li legno, bruciacchiate e marce, si trovavano qui e la a ridosso delle mura consumate dal tempo e dall’incendio.
Il tutto appariva desolato e impregnato costantemente dall’odore di morte.
Gli Esorcisti e Tyki si guardarono attorno, circospetti.
Le rovine si estendevano per molti metri, creando punti d’ombra e piccoli cunicoli nascosti, dove nemmeno la luna riusciva a illuminare l’oscurità.
Lavi estrasse il proprio martello. Il manico si allungò notevolmente, fino a toccare il terreno erboso.
- Dividiamoci – disse schietto, tirando dalla propria parte Linalee e Allen. Quest’ultimo rivolse un’occhiata d’intesa a Tyki, il quale optò per esplorare la zona dalla parte opposta a quella presa dagli Esorcisti.
S’incamminò per una strada costeggiata da una lunga parete carbonizzata.
“Che posto schifoso per morire…”
Allungò una mano verso il muro e lo trapassò; la fece scivolare in avanti mentre lui continuava a camminare. Dove finiva il polso cominciava il muro. Ritrasse la mano, mettendosela in tasca.
Gettò a terra la sigaretta e la pestò col tacco delle sue scarpe nere e lucide, quando vide qualcosa.
Una macchiolina rossa nel terreno verde grigiastro. Si chinò appena per vederla meglio, constatando che si trattava di sangue.
“E anche piuttosto recente” aggiunse, lievemente preoccupato.
Il pensiero che potesse appartenere a Clara lo rese parecchio nervoso. Se Millennio le aveva fatto qualcosa, l’avrebbe pagata cara. Non si era mai sentito così in ansia per qualcuno prima d’ora…
Ebbe solo il tempo di rialzarsi e sollevare il capo che gli giunsero alle orecchie le voci degli Esorcisti. O per meglio dire, la voce di Lavi.
- Qui non c’è niente! – lo informò il Bookman, puntandogli il martello contro – Perché ci hai portati qui?!
La croce alle estremità della sua arma era vicinissima al volto del Noah. Questo allungò un dito e la scostò con aria indifferente, guardando malignamente l’Esorcista.
- Datti una calmata, Guercino – sibilò con voce tagliente. Poi si rivolse ad Allen – E’ qui.
L’albino spalancò gli occhi e cominciò a guardarsi attorno, in posizione d’attacco.
- Cosa ‘è qui’? – ringhiò Lavi a Tyki – Allen, che succede?!
 
Ma il compagno non ebbe nemmeno il tempo per girarsi.
Qualcosa fendette l’aria e si scagliò a gran velocità nel terreno. Il gruppo riuscì appena a capire cos’era: una candela rosa; poi esplose.
Un boato assordante si sollevò tra le macerie. Gli esorcisti furono sbalzati via, atterrando violentemente sull’erba grigia dopo un volo di otto metri. Tyki stava per finire contro un muro, ma vi passò attraverso con i suoi poteri. Non poté però evitare di rotolare sul terreno mentre i mattoni dei resti dell’antica villa volavano da tutte le parti.
La polvere si sollevò abbondante nell’area in cui la candela era esplosa.
Allen provò a muovere le dita della mano, poi il braccio. Aprì gli occhi, e vide Lavi e Linalee a pochi metri da lui, stesi a terra.
Gridò preoccupato i loro nomi, quando li vide alzarsi; fu molto sollevato di vedere che erano incolumi.
Si alzò un po’ tremolante e andò loro incontro.
- Come state? – domandò, tossendo a causa della polvere.
- Stiamo bene, Allen – rispose Linalee. La sua delicata voce angelica era incrinata dalla paura – Cos’è stato?
L’albino guardo verso la nube di polvere, serioso. Aveva già una mezza idea di chi potesse essere…
 
Tyki riuscì ad alzarsi.  Aveva preso una grossa botta allo stomaco, cadendo, e i capelli che fino ad allora erano rimasti tirati dietro la testa, ora gli ricadevano scomposti sul collo e sulla fronte.
Raggiunse gli Esorcisti, addentrandosi tra la nebbia e i detriti.
- Che cos’era? – gli domandò Allen coprendosi la bocca e il naso col braccio per non respirare.
Il Noah lo guardo preoccupato, ma non riuscì a rispondere perché subito dopo udirono una risata spandersi nella nube; era goffa e grave. Era quella del Conte.
La polvere se ne andò piano piano, schiarendo il mondo davanti agli occhi del gruppo.
Su un muro particolarmente alto erano sedute tre ombre: una grossa, una alta e una bassa. E quando agli occhi di Tyki furono ben visibili… Lì cominciò ad essere davvero preoccupato.
- Oh oh, ci rincontriamo – vociò grave il Conte del Millennio – Buonasera ♥.
Road salutò con la manina, esibendo un perfetto e falso sorriso innocente. Cheryl rivolse un’occhiata tristemente felice al fratello; ma quando vide che la figlia mandava bacini per via aerea all’albino, gettò su quest’ultimo il suo sguardo più assassino.
Allen non fece troppo caso ai due Noah e si concentrò sul Conte. Questo puntò Lero contro Tyki.
- Sei ancora vivo, eh? – domandò senza nascondere una certa rabbia – E hai portato questi Esorcisti con te per farti aiutare? Che tentativo ridi-
- Chiudi il becco – lo zittì Tyki, minaccioso – Se vuoi me lascia andare lei. Dov’è?
Il primo apostolo fece la faccia più compiaciuta del mondo. Aveva fatto bene a mandare i suoi Akuma a rapire la giovane donna. Era un’ottima esca… e ora il pesce aveva abboccato al suo amo.
Fece un giro allegro su se stesso sulla punta di un solo piede, fermandosi per indicare un punto lontano da loro. Tyki si voltò immediatamente in quella direzione.
Su un muro ancora intatto, legata per le mani e tenuta sospesa a mezz’aria, c’era Clara. Aveva il volto abbassato e gli occhi chiusi, ma non sembrava ferita.
Il Noah del Piacere fu molto sollevato di vederla incolume, tant’è che a stento riuscì a trattenersi dal correre in suo aiuto e portarla via.
Allen vide la giovane svenuta, e subito gli tornarono alla mente i ricordi di quando l’aveva conosciuta. Le era sembrata una ragazza tanto dolce e sensibile, per nulla coinvolta nella loro guerra. E subito si sentì ribollire di rabbia: come aveva potuto il Conte servirsi di lei per attirare Tyki?! Che essere meschino!
 
Non fece in tempo a dire nulla che il suo occhio sinistro s’illuminò. Vi si posò sopra una lente, con un occhio rosso e inquietante al suo interno che si muoveva freneticamente da un punto all’altro. Quel cambiamento gli diede un certo fastidio ma lo avvertì di una cosa: la zona circostante era piena di Akuma.
Infatti, questi sbucarono dal nulla all’improvviso: livelli 1, 2 e 3. Erano tantissimi per soli tre esorcisti, ma non diedero loro il tempo di pensarci troppo su. Li attaccarono sparando i loro proiettili viola senza sosta e all’impazzata, tutti con la stessa espressione maligna e con lo stesso pentacolo impressi per sempre sui loro volti.
La terra parve esplodere sotto la potenza dei loro colpi uniti, ma Allen, Lavi e Linalee furono pronti a reagire e con uno scatto rapidissimo di portarono in aria, attivando nello stesso momento la loro Innocence. Per un breve momento il cielo s’illuminò di una luce chiara e pura, poi le creature malvagie iniziarono a cadere a terra, sconfitte, o a esplodere sul posto. Una colonna di fuoco serpeggiava tra di loro, ringhiando e sibilando come un mostro, e lo scintillio di un mantello bianco che rifletteva la luce della luna per un istante luccicò in mezzo alla polvere e agli Akuma che, una volta liberati dalle anime incanalate al loro interno, brillavano finendo in pezzi sul terreno.
In mezzo  tutta quella confusione il Conte e i Noah non mossero un dito, ma Tyki pensò bene di cogliere quell’occasione al volo e di correre verso Clara. La trovò ancora incosciente. Si elevò a mezz’aria e raggiunse il suo viso candido e addormentato. Lo prese tra le mani e lo sollevò allineandolo al proprio.
Carezzò delicatamente col pollice la sua guancia e poi lo lasciò andare.
Si voltò verso le corde che le costringevano le mani; le afferrò il polso e poi utilizzò i suoi poteri per farvele passare attraverso. Il corpo della giovane si sbilanciò leggermente pendendo dalla parte opposta la sua. Stava per liberarle anche l’altra mano ma Allen fu più veloce; quando il Noah alzò lo sguardo sull’altra corda, vide che l’albino ci stava già trafficando sciogliendone pian piano il nodo fatto attorno a una sporgenza di metallo che fuoriusciva dal muro. Nel momento in cui i loro sguardi s’incontrarono, ci fu l’intesa; non l’odio, né l’amicizia. Ed entrambi ne rimasero soddisfatti.
Dopo che l’Esorcista ebbe liberato l’ultima mano, Clara cadde in braccio a Tyki, che la strinse a sé dicendosi che mai più le sarebbe capitata una cosa simile. Quando poi si accorse che Allen lo guardava con uno strano sorriso canzonatore in volto, si ricompose e si allontanò con la giovane tra le braccia, allontanandosi dal luogo dello scontro.
La adagiò contro un vecchio muro basso e la prese per le spalle, scuotendola piano per svegliarla.
Clara socchiuse così i suoi grandi occhi smeraldini, luccicanti di lacrime, e socchiudendo appena la bocca mormorò:
- Tyki…
- Sono qui – rispose il Noah prendendole le mani per rassicurarla.
La giovane abbozzò un sorriso felice, illuminando lievemente il suo viso triste, rigato dal pianto e intorpidito dal sonno.
- Siete venuto a salvarmi…
Tyki ricambiò il sorriso.
- Sì… - disse solo.
Poi l’espressione della giovane si contrasse. Si era ricordata di tutto quello che le era successo nelle ultime ore, anche la promessa del portoghese di spiegarle tutto.
- Tyki… che sta succedendo, chi erano quelle persone?
Tyki non voleva più mentirle. Si rassegnò a dirle la verità, e questa volta, tutta quanta. Non avrebbe più potuto trovare scappatoie, e ciò che era accaduto sarebbe rimasto impresso nella sua memoria per sempre. Non aveva altra scelta…
- Quelle persone sono Noah, esseri umani che sono stati scelti per essere i nuovi padroni del mondo. Poi ci sono quelli che li combattono, gli Esorcisti. Allen Walker è uno di loro.
Clara spalancò gli occhi. Noah…? Esorcisti? Che voleva dire?
- E io… - mormorò Tyki, mentre la sua pelle diventava color cenere, e si scostava i capelli dalla fronte, scoprendo così le sette stigmate su di essa - … Sono uno dei cattivi.
Clara non ci credeva. Vide l’uomo che amava assumere un aspetto completamente differente, trasformarsi in qualcosa che mai aveva visto. Qualcosa di non umano. E quando le sue mani si avvicinarono alle sue, le ritrasse immediatamente. Scivolò lungo il muro, scostandosi dal Noah. Nei suoi occhi c’era la paura, e un’intera speranza andata in frantumi. Lei l’aveva amato. Lei aveva creduto in lui. E ora, quei grandi sentimenti provati nel cuore si rompevano, andavano in mille pezzi.
- Clara… - sussurrò Tyki, avvicinandosi.
La giovane indietreggiò ancora. Una lacrima le scese lungo la guancia.
- Mi… mi avete mentito… per tutto il tempo… - riuscì appena a mormorare, distrutta.
Il Noah abbassò lo sguardo.
- All’inizio sì – disse, quasi vergognandosi – Ma poi… è stato tutto diverso. Credetemi, io non ho mai volu-
Non fece in tempo a terminare la frase che qualcosa lo colpì violentemente in faccia.
Clara gli aveva tirato un sonoro schiaffo sulla guancia. La stessa sulla quale Allen l’aveva colpito tempo prima.
Si portò una mano a massaggiarsi la parte arrossata.
“Mi sa che questo me lo merito…” pensò, amareggiato.
Quando si voltò verso la giovane, vide che piangeva; di rabbia, di dolore, per essere stata presa in giro e per aver lasciato che i propri sentimenti venissero trattati come carta straccia dalle mani della persona che amava. Poi si prese in viso tra le mani e si abbandonò al pianto, disperata.
Non le importava più di trovarsi in mezzo a una battaglia, non le importava di morire; nulla per lei era più sconvolgente dello scoprire che Tyki le aveva mentito. Credeva che anche l’interesse che aveva provato per lei fosse una vile menzogna. Anzi, non credeva più a niente.
Si sentiva come se avesse sempre corso, cercando di raggiungere qualcosa; e come se all’improvviso quel qualcosa fosse sparito, dopo tutta la fatica che lei aveva fatto, lasciandola col fiatone e l’amarezza per non averlo raggiunto prima. Scoraggiandola, buttandola a terra, ora le appariva la verità. Le diceva che quel qualcosa non esisteva. Che aveva corso per nulla.
E lei… come poteva sentirsi?
 
Tyki non riusciva a capirlo con certezza. Per lui i sentimenti erano qualcosa di strano, enigmatico. Non aveva mai dovuto averci a che fare e perciò non li conosceva. Non comprendeva dunque il turbinio di emozioni che scorrevano nel corpo della giovane. Però una cosa sì, l’aveva sentita pure lui: una leggera vergogna per non averle mai detto niente, per aver cercato di ucciderla e per aver ignorato sia le proprie che le sue emozioni.
Fu così che, per un motivo persino a lui inspiegabile, l’abbracciò. La strinse a sé come fosse l’unica e l’ultima cosa preziosa che possedesse. Doveva farle capire che i suoi sforzi non erano stati inutili. Lui ora era lì, per salvare lei. Non aveva corso inutilmente, aveva raggiunto il suo qualcosa: lui.
Clara smise di piangere. Sentiva il corpo caldo del Noah avvolgerla, proteggerla; i suoi capelli mossi che le solleticavano il viso, le sue braccia che le cingevano le spalle… e la sensazione che lui l’amasse veramente.
“Allora… è come pensavo… anzi, meglio… Quel barlume di umanità e sincerità è diventato una stella luminosa”.
Ricambiò l’abbraccio, stringendosi a sua volta a lui. Sì, aveva preso una grossa cantonata. Lui non poteva essere uno dei cattivi. I cattivi non rinunciano a tutto per amore.
 
Quando i due si separarono, fu Clara a parlare per prima, con una voce inspiegabilmente delicata.
- Vi chiedo perdono, per aver dubitato di voi… La verità è che…
Ma Tyki le posò un dito sulle labbra, zittendola dolcemente.
- A dopo le spiegazioni – disse – E questa volta, aspettatemi qui.
Sorrise, carezzando la guancia della giovane. Questa arrossì, prendendo la sua mano tra le sue.
- Va bene – mormorò, cercando di sorridere fiduciosa, come faceva sempre – Io… vi aspetterò.


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♣ Angolo di Momoko 

Heylà! :D
Sono ritornata! Viva e vegeta! So che non interesserà a nessuno, ma ho fatto oggi degli esami importanti, che spero siano andati bene ç_ç
Comunque! Questo capitolo è stato una specie di sfida xD Nel senso che mi sono messa a suon di sentimenti e di amore e ci ho scritto sopra l'ultima parte (quella di Tyki e Clara). Alla fine le parole sono venute così, senza troppo sforzo :) Spero che a voi sia piaciuto^^
Tyki: We!
*Si gira* Che c'è? -.-'
Tyki: non dovevi fare quella roba del "dietro le quinte"? E muoviti, che i lettori si rompono!
Moderi i modi, Lord Mikk... (amore della mia vita <3)
Tyki: Come? è_é
Niente! ò_ò
Be', sì, ecco, come il nostro carissimo Tyki-pon mi stava ricordando, avevo promesso che avrei fatto una specie di inserto speciale sulla storia. Nulla di ché, solo che volevo parlarvi di alcune idee che, nonostante non siano mai andate in porto, mi sono piaciute molto.
L'amore tra Tyki e Clara c'è sempre stato, fin dall'inizio (la fic si basa su questo ò_ò) ma quello che non sapete è che io volevo dare una spintarella in più a questo amore. Per intenderci, avrei voluto mettere una scena (ovviamente non descritta, ma solo sottintesa) in cui loro due... be'... facevano... Be', lo sapete cosa ù_ù'' *diventa tutta rossa in faccia*.
Tyki: O.O OMG... Pervertita...
Clara: *sogna a occhi aperti*
Allen: *avrebbe voluto esserci lui*
Comunque, quella parte non è stata messa per vari motivi:
- Il cambio di rating: non sapevo se avrei dovuto metterlo arancione o meno.
- Mancanza di tempo nella storia vera e propria. Avrei dovuto fare più di dieci capitoli ma io volevo fare un numero tondo ù_ù Mi dispiace. Poi non sarebbe centrato molto con il loro amore tormentato... 

La seconda cosa che volevo dirvi è il seguito della prima. Dopo la loro... nottata di fuoco xD Tyki se ne va, lasciando Clara da sola. In teoria l'Akuma dottore non sarebbe mai venuto, né tantomeno Clara sarebbe stata rapita... Ma questo continuo non mi soddisfava per niente. Sì, era molto bella la parte della separazione nella mia testa, ma il resto della storia come si sarebbe evoluta poi? :)

Bene, io ho finito, scusate se tutte 'ste cose non vi interessano (in caso fosse così, vi prego di dirmelo perché io sono pur sempre nuova di qui^^), ma mi sebrava un'idea carina e un ottimo modo per sdebitarmi di tutte le vostre stupende recensioni :D Arigatou gozaimasu!
Nel prossimo capitolo (che sarà quello finale) se vi va, vi dirò un altro paio di cosette^^ Sempre se vorrete, eh! ò_ò

A prestoooo e grazieee,

Momoko.

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Capitolo 10
*** Ti Amo... ***


 Capitolo 10
Perché non mi sorridi più?

 
 
 
 
 
 
 
Tyki tornò tra la confusione della battaglia, con la polvere che si sollevava sempre più densa tra le macerie. I tre Esorcisti combattevano senza sosta, distruggendo un Akuma dopo l’altro, facendoli schiantare al suolo ed esplodere con un boato assordante.
Il Conte del Millennio si beava di quello spettacolo, anche se in realtà cercava di individuare con lo sguardo l’ospite d’onore. Road e Cheryl osservavano divertiti la scena, nascondendo abilmente nei loro sorrisi una certa preoccupazione nei riguardi del parente.
Il Noah del Piacere saettò da una parete all’altra nascondendosi sfruttando le ombre della notte, i rumori e il caos provocato dagli Esorcisti. Quando l’ennesimo Akuma andò in pezzi bruciando, scattò dietro al muro accanto a lui, ritrovandosi proprio davanti al Conte che, ignaro, era concentrato a guardare la scena in un’altra direzione.
Tese le mani davanti a sé, e in un attimo una miriade di farfalle nere ne fuoriuscì svolazzando attorno al padrone, creando una massa compatta molto più simile a una nuvola nera che, a causa della nebbia grigia sollevatasi, non permetteva loro di essere intercettate. Mentre sbattevano le ali silenziose, il Noah emanò un ordine, e così volarono veloci, come proiettili, verso il Conte distratto, spostandosi come uno stormo di corvi.
Il quel momento Road si girò, e quando vide l’imminente attacco scagliarsi contro di loro, urlò tempestivamente:
- Millennio!
L’interessato fece in tempo a voltarsi e ad accorgersi del pericolo; senza la minima fatica, schioccò le dita. E in un attimo le farfalle nere presero fuoco, cadendo come fogli di carta sul terreno, diventando cenere prima di poterlo però raggiungere.
Dal punto in cui era nascosto, Tyki si vide in evidente difficoltà. Con quale coraggio gli aveva mandato contro le Tease? Le aveva inventate lui, dopotutto! La sua era stata un’avventatezza!
Il Lord del Millennio si mise una mano sulla fronte, usandola come visore, mentre scrutava attento attorno a sé con occhi luccicanti di determinazione.
- Tyki-poooon? ♥ - chiamò allungando le ‘o’ con aria interrogativa – Dove sei? ♥
Tyki schioccò la lingua, stizzito. Davvero pensava che avrebbe abboccato a una cavolata simile? Il suo ex capo stava perdendo punti…
Rimase nascosto e in silenzio dietro il muro. Contava sull’appoggio di Road e Cheryl, se non per aiutare lui, almeno per Clara. Dopotutto, erano una famiglia, anche al di fuori di quella dei Noah. Sperava davvero che lo supportassero, in qualche modo.
Non si sarebbe lamentato di nulla, nemmeno se suo fratello avesse avuto la malsana idea di stampargli un sonoro bacio sulla guancia…
“Forse sto esagerando” si disse, rendendosi conto di quanto fosse orribile la sua idea. Cheryl che gli dava un bacio… era il suo peggior incubo.
 
Si affacciò sul bordo del muro, pronto a muoversi, quando sentì qualcosa. Era una voce lontana, echeggiante. Si guardò attorno, ma non vide nessuno e comunque, in mezzo a quella confusione, sarebbe stato difficile distinguere i rumori della battaglia dalle parole, sempre più sommesse e irraggiungibili.
Non fece un altro passo che la sentì ancora, questa volta più nitidamente. Non apparteneva a nessuno che conosceva. Rimase però atterrito quando la udì dire:
Ciao, Joyd…
E a quel punto si portò una mano alla tempia, massaggiandosela infastidito. No, non veniva dalla battaglia… Era nella sua testa. C’era una voce nella sua testa.
Perché l’aveva chiamato Joyd? Che significava?
Si voltò, pronto ad andarsene da lì, ma davanti a lui c’era il Conte del Millennio, con una luce sinistra nei piccoli occhi gialli e un ghigno ricco di malvagità in volto.
- Troooovato! ♥ - esclamò euforico, colpendolo allo stomaco con un calcio violentissimo.
Tyki finì sbalzato via, attraversando l’aria e la polvere. Evitò di scontrarsi contro un muro e un attimo prima di rotolare per terra riuscì a raddrizzarsi, riacquistare il controllo e fermarsi a mezz’aria, riprendendo il fiato che gli era venuto a mancare all’improvviso a causa del colpo.
Il primo apostolo uscì saltellando felice dal suo nascondiglio, ridacchiando contento. In mano stringeva Lero.
- L’avete colpito forte, lero – commentò l’ombrello parlante, turbato.
Per tutta risposta il padrone rise, senza curarsi troppo delle considerazioni dell’altro.
Tyki gli rivolse un’occhiata di sfida, accennando un sorriso stupito.
- Come sapevi dov’ero? – domandò, sprezzante.
Il Conte rise ancora, contenendosi la pancia.
- Oh oh oh… Me lo ha detto Wisely! ♥ - affermò, come se fosse ovvio.
 
La prima cosa che venne in mente a Tyki fu:
“E chi sarebbe?!”
Subito dopo sentì di nuovo quella voce nella sua mente che, vaga, gli diceva:
Sono io. Wisely, il quinto apostolo, l’Occhio Stregato…
Tyki fece una faccia confusa. C’era davvero un Noah che gli leggeva la mente?
Sì…
Si sentì rispondere.
Ancora non lo conosceva, ma già cominciava a dargli sui nervi.
Il Conte ridacchiava senza controllo, rendendosi conto di aver colto il Noah di sorpresa. Tenendo saldo Lero davanti a sé, lo trasformò in una lunga spada dall’elsa dorata. Poi con un uno scattò agilissimo si diresse contro Tyki, sogghignando malignamente.
Il terzo apostolo fece appena in tempo a parare il colpo con una Tease, che brillò diventando gigantesca nella sua mano; ma il Conte la distrusse, riducendola in brandelli. Il Noah allora fece un salto all’indietro e gli lanciò una sfera di energia.
Sapeva di essere svantaggiato, e che da solo non l’avrebbe mai potuto battere.
Il colpo che aveva sferrato contro il primo apostolo fu evitato, ma in compenso si schiantò a terra sollevando polvere ed erba.
Tyki allora s’infilò tra i resti di un vecchio corridoio abbastanza stretto perché solo lui, con i suoi poteri, potesse attraversarlo. Era lungo e in ombra, ma il Noah non vi badò e, veloce, cominciò a correre.
A quel breve attimo di tregua seguì un boato che si dilungò per qualche secondo, simile a quello che segue un grosso proiettile o una palla di cannone; subito dopo i muri iniziarono a crollare verso l’interno, andando in frantumi dietro di lui. La polvere avanzava rapida nella sua direzione, intenzionata a sommergerlo, ma Tyki continuò a correre, usando i suoi poteri per evitare di essere colpito dai calcinacci e dai mattoni che volavano ovunque, spaccandosi a terra con un rumore orribile.
Quando ormai sentiva di essere in trappola, fece uno scatto a destra e si buttò letteralmente contro il muro, attraversandolo. Finì per cadere all’interno di una stanza, ancora perfettamente intatta nonostante il tempo si fosse pesantemente abbattuto su di essa.
Quando si rialzò un po’ dolorante si guardò attorno: l’ambiente era vuoto, privo persino di pavimentazione.
Non era difficile pensare al perché fosse in tali condizioni. Poteva esserci stato qualche furbo che si era dedicato a ripulire per bene la stanza, dopo l’incendio.
Sul muro opposto a lui, Tyki individuò un buco nel muro di forma quadrata, forse una finestra. Vi si affacciò e fu lì che vide Allen Walker, assieme ai compagni, combattere contro gli Akuma. Non ne erano rimasti molti, ma i tre Esorcisti sembravano ugualmente in difficoltà.
Tyki si rese conto proprio in quel momento di quanto l’albino potesse essergli utile. Solo lui poteva aiutarlo a tenere testa al Conte; solo lui poteva proteggere Clara…
 
Uscì dalla stanza e si precipitò verso di lui. Fortunatamente la distanza tra loro era poca, cosicché non gli ci volle molto per raggiungerlo.
Un Akuma stava per aggredirlo alle spalle. Il Noah allora tese una mano nella sua direzione e gli lanciò contro un raggio di energia, che lo ridusse in pezzettini.
Allen avvertì l’esplosione dietro di lui e si voltò verso Tyki.
- Guardati le spalle, Shounen! – si sentì gridare da quest’ultimo con aria di superiorità.
La creatura svanì nel nulla, e con essa anche l’anima al suo interno. Una lacrima cremisi gli scese lungo la guancia sinistra, mentre con il suo occhio maledetto la vedeva gridare straziata e dissolversi in una nuvola di dolore e disperazione.
Raggiunse Tyki e gli gridò contro, in preda alla rabbia:
- Perché… ?!
- Ti ho fatto un favore – rispose il Noah distogliendo lo sguardo dal suo.
L’Esorcista però non ne volle sapere. Alzò un braccio e indicò il punto in cui fino a qualche attimo prima c’era l’anima che avrebbe voluto poter salvare.
- Ci avrei pensato io! Non dovevi distruggerlo! – gridò esasperato – Quella persona…
Ma Tyki lo interruppe.
- Avresti preferito morire, allora? Spiegami, Shounen, sarebbe stato meglio l’Akuma… o te?
L’albino non seppe cosa rispondere. Sapeva solo che per quell’anima non ci sarebbe stata salvezza. Che era perduta per sempre, oramai. Strinse i pugni e sollevò lo sguardo, determinato, pulendosi la guancia dal sangue.
- Sta’ zitto – disse solo, schietto.
Tyki nascose un sorriso divertito. Quel piccoletto avrebbe sicuramente imparato la crudeltà della guerra, un giorno.
- Allora, che cosa c’è? – tornò a domandare l’albino con una nota stizzita nella voce.
- Devi farmi un favore… - biascicò il Noah dopo qualche secondo, vincendo il suo orgoglio che gli imponeva di non chiedere aiuto. La fatica con la quale lo aveva detto erano talmente innaturali per lui che Allen quasi non ci credette.
- Che genere di favore? – domandò allora l’albino, curioso.
Tyki prese un profondo respiro, raccogliendo tutta la sua forza di volontà in quell’unica parola che, qualche attimo dopo, pronunciò con fare solenne:
- Proteggila.
Allen sbarrò gli occhi.
- Come? – domandò, certo di non aver compreso ciò che gli aveva detto.
Il Noah si grattò la testa, senza sapere come farglielo capire senza sembrare troppo sdolcinato; un passo falso e la sua reputazione sarebbe stata definitivamente annientata.
- Devi… proteggere Clara… - ripeté – Se non potessi più farlo io… prenditi cura tu di lei…
Allen rimase a bocca aperta, incredulo.
Si rese conto in quel momento di quanto il Noah fosse cambiato. Sembrava avesse fatto una metamorfosi, come una farfalla. E ora finalmente aveva aperto le ali per volare.
Non gli stava mentendo; non lo aveva mai fatto. Non era mai riuscito a capire dove finisse la verità e cominciasse la menzogna, ma l’amore per quella donna vi aveva posto in mezzo un confine netto e chiaro, per cui ora lo mostrava ai suoi occhi più umano di qualsiasi altra persona.
Allen era semplicemente impressionato. Così, alla fine, mostrando la faccia più affidabile del mondo, rispose:
- Farò del mio meglio.
Tyki si sorprese. Mai si sarebbe immaginato tanto da quel piccoletto. Lo ringraziò con un sorriso complice, e tra i due ci fu un attimo d’intesa.
 
- Allen! – si sentì chiamare a gran voce l’albino. Si girò e vide Lavi, che avanzava verso di lui, soddisfatto.
- Li abbiamo distrutti tutti – spiegò il giovane Bookman, passandosi una mano tra i capelli, esausto – Tyki aveva ragione, qui c’è sicuramente qualcosa.
Linalee, dietro di lui, annuì sicura.
- Tu non hai visto niente? – domandò la cinesina disattivando la sua Innocence, che tornò a cingerle leggera le caviglie.
Allen stava per rispondere, quando si rese conto che continuare con quella farsa non sarebbe servito a niente. Ormai erano certi della sincerità di Tyki, per cui poteva provare a raccontar loro la verità. Si voltò verso il Noah, che era girato di schiena e pareva non interessarsi troppo alla loro discussione. Stava cercando qualcosa tra le rovine, forse il punto in cui Clara era nascosta. Si chiese se stesse bene, se fosse scappata via o se non si fosse mossa.
Non poteva preoccuparsi all’improvviso per lei e Tyki, altrimenti Lavi e Linalee si sarebbero insospettiti e avrebbero messo in dubbio sia lui, sia l’intera faccenda.
Perciò doveva dir loro ogni cosa, di ciò che aveva omesso la prima volta. Poi si sarebbero occupati tutti insieme della ragazza.
- Linalee… Lavi… - li chiamò, serioso.
I due si voltarono verso di lui, incuriositi dal suo improvviso comportamento.
- Che cosa c’è, Allen? – domandò il giovane Bookman.
- Ehm… D-devo dirvi una cosa – biascicò a bassa voce, un po’ timoroso delle loro reazioni.
Tyki si voltò verso di lui, intuendo che l’albino stava per vuotare il sacco; ma non lo fermò, perché era anche nel suo interesse avere l’appoggio degli altri Esorcisti.
- Ecco…
 
Ma non finì di parlare che si sentì tirare improvvisamente per la divisa. Perse l’equilibrio e volò per aria, mentre il terreno esplodeva dietro di lui.
Cadde a terra con un tonfo e ci mise un po’ a rialzarsi, dolorante da ogni parte, per poi scoprire che Tyki era accanto a lui. Tossì un paio di volte e si alzò tremolante, mentre la polvere li circondava velocemente impedendogli di vedere a un palmo dal loro naso. Nel punto in cui un attimo prima si trovavano, ora c’era un cratere largo e profondo che si apriva nel terreno, fumante. Dall’altra parte c’erano Lavi e Linalee, ancora vivi, che si rialzavano sostenendosi a vicenda. Ma Allen fu in grado di vederli solo per pochi attimi, poiché subito dopo furono sommersi nuovamente dalla nube, che li nascose completamente ai suoi occhi.
Alzò lo sguardo verso il cielo, da cui aveva pensato fosse arrivato il colpo, e incontrò la figura tondeggiante del Conte, che continuava a ridacchiare contento volteggiando a mezz’aria.
- Non è il tempo per le chiacchierare, questo ♥ - vociò agitando a destra e a sinistra l’indice in segno di diniego.
Allen si rialzò, attivò la sua Innocence e si lanciò contro il nemico sfoderando tutte le sue forze.
- Ha ragione! – gli ringhiò a denti stretti cercando di attaccarlo con la sua spada.
Il Conte però trasformò anche Lero e così i due finirono per scontrarsi con le loro due, identiche armi. Le lame sibilavano violente, producendo scintille e brevi e fugaci bagliori nel cielo.
Lavi ingigantì il suo martello, mentre sul terreno compariva un grosso simbolo luminoso. Abbatté l’arma su di esso e una grande colonna di fuoco serpeggiante illuminò a giorno l’ambiente, ringhiando come un’animale mostruoso e scagliandosi disastrosa verso il primo apostolo a fauci spalancate. All’ultimo momento fu però evitata, per andare poi a distruggersi sul terreno esplodendo in migliaia di fiammelle scintillanti.
Dopo l’attacco di Lavi, Linalee si librò in aria con un salto potente ma la tempo stesso, aggraziato. Gettò la testa all’indietro e chiuse gli occhi, mentre si fermava a mezz’aria per un unico, solo frangente, sopra al Conte. Quando cominciò a ricadere verso il basso, girò su sé stessa e si lanciò a piedi uniti come un missile sul suo obbiettivo.
In Quel momento anche Allen tentò un attacco frontale, e così il Conte si protesse liberando dal proprio corpo un’ondata di energia che si propagò nell’aria travolgendo i due Esorcisti.
L’albino cadde a terra e si rialzò, mentre Linalee non riuscì a spiccare un altro salto e cominciò a cadere gridando di paura. Stava per schiantarsi a terra.
Allen tentò di alzarsi ma avvertì un dolore improvviso alla gamba. Ogni sforzo che fece fu vano, perché irrimediabilmente perdeva le forze e cadeva a terra nuovamente. Ebbe solo il tempo di gridare il suo nome con tutta l’aria che aveva nei polmoni.
- LINALEE!!!
La cinesina stava ormai per toccare il suolo, gridando e invocando aiuto, quando un’ombra si gettò su di lei e l’afferrò prima che fosse troppo tardi. Quando riaprì gli occhi e sollevò lo sguardo, rimase sorpresa di vedersi tra le braccia di Tyki.
Il Noah la riportò a terra e la mollò, senza un minimo di interesse.
Linalee lo guardò a lungo, stupita e anche un po’ intimorita dalla sua presenza. Riuscì però ad abbozzare un sorriso e a mormorare, con un filo di voce:
- Grazie.
Tyki non rispose, ma voltò la testa altrove e si allontanò.
Immediatamente arrivò Allen, sorretto da Lavi perché non riusciva ad appoggiare il piede destro.
- Linalee! – la chiamarono i due Esorcisti, preoccupati.
La compagna andò loro incontro, gettando un’occhiata impensierita verso Tyki alle sue spalle.
- Sto bene. Mi ha salvata lui – spiegò.
Allen individuò con la coda dell’occhio il Noah. Avrebbe voluto ringraziarlo, ma non era quello il momento per farlo. Avevano un’altra faccenda di cui occuparsi, prima.
Il Conte si posò in punta di piedi sul soffitto dei resti di una vecchia stanza, ridacchiando in modo sinistro.
Si era stufato di giocherellare con loro, voleva finirla al più presto. E sapeva già come…
- Oh oh… Tyki-pon? – lo chiamò con una nota divertita nella voce.
Tyki si voltò verso di lui, guardandolo con aria di sufficienza.
- Sei proprio un galantuomo, sai? ♥ - continuò il primo apostolo – Ma è un’altra, la fanciulla che dovresti salvare…
Come terminò la frase il Noah si sentì ingarbugliare lo stomaco per la preoccupazione. Accennò qualche passe verso il luogo in cui Clara era nascosta, ma una voce lo costrinse ad arrestarsi, velata di disprezzo:
- Non ti muovere.
 
Road spuntò dall’ombra con il giovane viso corrugato in una spaventosa espressione di rabbia. Aveva avuto soltanto una volta quello sguardo, sull’Arca. E non prometteva nulla di buono.
Tyki spalancò gli occhi per lo stupore quando, dietro di lei, comparve Clara. Era priva di sensi, e veniva trascinata dalla Noah per il colletto del vestito sul terreno.
- Road, che diamine stai facendo?! – le gridò contro lo zio.
La nipote portò la giovane in mezzo a uno spiazzo d’erba, accanto a un vecchio muro. La mollò, facendola cadere a terra con pochi convenevoli. I suoi capelli castani chiari si sparsero sul suo viso e sull’erba, disordinati.
- Quello che avresti dovuto fare tu – pronunciò atona, gli occhi avvolti da un’ombra di malvagità mai vista.
Si allontanò di qualche passo da Clara. E subito dopo una grossa candela, lunga e appuntita, comparve sulla testa della donna.
- L’avresti dovuta uccidere tu, quando ne hai avuto l’occasione.
- Fermati, Road! – gridò Tyki, quasi supplicandola.
- Non avresti dovuto abbandonare la tua famiglia – continuò la Noah, sorda alle sue parole – Mollare tutto per una come lei… Un essere umano!
Strinse i pugni, sulla gonna piena di fiocchi che indossava, talmente forte che le nocche sbiancarono.
- Tu… - mormorò, la voce tremava di rabbia. E alla fine, esplose - … Maledetta!!
 
La candela si mosse rapida come un fulmine su Clara, pronta a colpirla.
Tyki cominciò a correre verso di lei. Le gambe sembravano sempre sul punto di cedergli, come se si trovasse in un orribile incubo. Si diede una spinta in più e si gettò su di lei.
L’avrebbe protetta, a qualsiasi costo! Non avrebbe più dovuto rinunciare a nulla, non avrebbe mai più dovuto dire addio a niente!
E quando l’ebbe circondata con le sue braccia, fu un attimo di sollievo.
Poi, solo dolore.
 
Road restò come paralizzata, gli occhi spalancati e le labbra socchiuse in un’espressione di amara sorpresa. Le tremavano le mani. Qualsiasi parola volesse pronunciare le moriva in gola, incapace di uscire fuori, come soffocata. Si era resa conto solo in quel momento di quando fosse stata stupida. Nel momento in cui aveva realizzato ciò che era successo, ebbe la viva sensazione di avere sbagliato tutto.
Indietreggiò, con movimenti meccanici e rigidi, senza staccare gli occhi dallo zio.
 
Il Conte saltellò da un piede all’altro agitando festoso Lero. Finalmente aveva ottenuto quello che voleva…
- E’ la fine, Tyki-pon ♥ - pronunciò con voce solenne ghignando in modo maligno.
 
Tyki riprese lentamente coscienza.
C’era lui, e c’era Clara. Aveva gli occhi chiusi, ma sembrava stare bene. Per fortuna non era ferita…
Tentò di muoversi, quando sentì un agghiacciante gocciolio sotto di lui e, subito dopo, una dolorosa fitta al ventre.
Abbassò lentamente lo sguardo. Poi la vide.
La candela di Road era conficcata nel suo stomaco, sporca del suo sangue. Lo stesso che ora colava a terra sempre più copiosamente.
Sentì il respiro mancargli, farsi pesante, le braccia cedergli e gli occhi chiudersi. Stava per svenire; e morire.
Per un attimo il dolore fu lancinante, insopportabile. Sentiva il sangue salirgli in gola, come un conato, e perdere lentamente il controllo delle braccia.
No, non poteva abbandonare Clara, lasciarla nelle grinfie del Conte. Non poteva e non voleva.
Non gli importava di sputare fiotti di sangue, di morire o essere torturato. Voleva stare con lei, e non dovervi mai rinunciare. Nonostante la grave ferita che aveva non si sarebbe mai tirato indietro, l’avrebbe difesa a qualunque costo.
 
Subito dopo, si sentì venir meno. Stava ansimando, e tutto attorno a lui diventava sempre più soffuso e indistinto. Il mondo gli vorticava intorno, perso nella totale confusione.
Qualsiasi sforzo di non cedere svaniva nel dolore. Poi, all’improvviso, perse le forze.
Si lasciò cadere, esanime, a terra, accanto alla donna che amava. Ma prima di toccare il suolo, gli si affiancò Linalee, che si passò un suo braccio sulle spalle e lo sorresse.
La sua giacca si era tinta di cremisi, e il Noah non dava segni di vita. La candela era scomparsa, dissolvendosi nel nulla così com’era apparsa, e lasciando che il sangue si spargesse ovunque.
Nonostante l’odore acre e pungente della sostanza le pizzicasse il naso, la cinesina non demorse, e riuscì a mettersi in piedi con Tyki accanto, privo di sensi.
Comparve Lavi, che come un fulmine si gettò su Clara e la prese in braccio. Poi entrambi si allontanarono in fretta per mettersi al sicuro, in un luogo nel quale non li avrebbero attaccati e dal quale avrebbero poi potuto informare l’Ordine.
Il Conte, disturbato dall’intervento dei due Esorcisti, fece per andar loro dietro, ma si ritrovò a respingere all’ultimo secondo un affondo della spada di Allen, che si era avventato su di lui con violenza per distrarlo e permettere a Lavi e Linalee di fuggire.
Ancora non poteva credere che Tyki si fosse sacrificato per Clara. Ma ciò che i Noah avevano fatto era imperdonabile, nulla li avrebbe salvati dalla sua collera!
- Maledetto!! – gridò con tutto il fiato che aveva in corpo, stringendo sempre più l’elsa della sua arma e tentando di colpirlo ancora.
Il Conte lo allontanò da sé in malo modo, poi ghignò in maniera inquietante, nascondendo perfettamente la frustrazione provata per essere stato interrotto.
- Eh eh eh… E’ arrivato il momento di salutarci, Allen Walker! – vociò con una punta di rabbia – Ci rivedremo molto presto. ♥
 
Dietro di lui comparve un gate dell’Arca, nero e liquido come la superficie di un lago d’inchiostro. Ci passò attraverso e sparì, senza dire nient’altro.
Allen rimase da solo, lasciando che il silenzio inghiottisse nuovamente le antiche rovine.
Mentre raggiungeva Lavi e Linalee, vide Road e Cheryl. Erano ancora lì, immobili, a pochi metri da lui. La Noah del Sogno avanzò qualche passo verso Tyki, ma il padre la afferrò per un braccio, costringendola ad arrestarsi. Scosse la testa, affrancato. Non disse nulla. Gli bastò guardarla negli occhi, per farle capire che non poteva fare nulla. Le voleva troppo bene per lasciarla, per dovere dire addio anche a lei.
Road capì, e così i due Noah se ne andarono, in silenzio, dentro al Gate dell’Arca. Ma prima di sparire completamente, la Noah si voltò verso Tyki. Una lacrima, una sola, le scese leggera, eppure carica, di tutto il dolore provato, lungo la guancia. Poi se ne andò, e scomparve.
 
Clara aprì lentamente gli occhi.
Vide il cielo che cominciava a schiarirsi all’orizzonte, tingendosi delle tenui sfumature dell’arcobaleno. Le nuvole brillavano d’oro, sostando nel cielo, simili a cumuli di panna montata.
Tutto era calmo e tranquillo, avvolto da un’insolita nebbiolina bianca, che s’insinuava tra le antiche rovine rinfrescando l’ambiente.
La giovane sbatté le palpebre un paio di volte, svegliandosi del tutto. A quel punto udì delle voci, vicino a lei, di cui una famigliare. Infatti, subito dopo, la figura amichevole di Allen Walker fece capolino davanti a lei e, prendendole la mano come un vero gentiluomo, la aiutò a mettersi a sedere. La testa era affollata di pensieri, che sembravano muoversi a velocità inconcepibile senza nemmeno darle il tempo di riflettervi sopra.
- State bene? – si sentì domandare dall’Esorcista, con un sorriso confortante. Dopo essere riuscita a mettere a fuoco ciò che aveva davanti, Clara rispose:
- Sì, ho solo un po’ di male alla caviglia. Grazie.
- Posso vedere? – chiese Allen facendo per scoprirgliela con delicatezza. La giovane annuì, ancora visibilmente confusa. Mentre l’albino le esaminava la caviglia senza trovarci nulla di rotto o grave, si guardò attorno. C’erano le Rovine, avvolte dalla nebbia. I muri erano crollati, e ovunque sul terreno comparivano segni di bruciature, enormi crateri, buchi, e sangue.
La battaglia era stava davvero estenuante, non aveva permesso un attimo di riposo a nessuno. Ancora si potevano vedere i resti di Akuma, sparsi qui e là, e i loro pentacoli che avvelenavano il terreno circostante come macchie d’inchiostro sull’erba.
Rispetto a quegli attimi, però, ora si respirava un’aria diversa: un’aria tranquilla, che sapeva di mattino, di erba, di sole. Stava cominciando un nuovo giorno, uno di quelli che significa cambiamento, vita nuova, grandi svolte.
Clara si sentì stranamente bene, per quel misero momento, completa di tutto e niente. Perfettamente equilibrata.
Poi Allen pronunciò qualcosa che cambiò tutto:
- Per fortuna quei Noah non vi hanno fatto nulla.
 
“Noah… ?

Noah?!

NOAH!”
 
- Tyki! – esclamò improvvisamente, ricordando all’istante ogni cosa. Un fiume di pensieri distrusse le barriere della sua mente e si riversò nei suoi ricordi, facendoli scorrere velocemente davanti a lei tanto che, per un secondo, le parve di vederli con i suoi stessi occhi.
Allen sussultò, sorpreso da quella reazione improvvisa. Ma non ebbe il tempo di fare nulla che Clara lo afferrò per la divisa e, tirandola a sé, esclamò:
- Dov’è?? Dimmelo!
L’Esorcista tentò di biasciare qualcosa, facendole notare che lo stava soffocando. La giovane se ne accorse e, con uno scatto imbarazzato, levo immediatamente le mani da lui.
- Perdonatemi… - si scusò abbassando la testa.
- No, no! State tranquilla, non è niente! – si affrettò a negare l’albino, agitando le mani a destra e a sinistra nel tentativo di distogliere i suoi pensieri da quel futile sbaglio. Poi capì ciò che gli aveva chiesto, e a quel punto la sua faccia si fece seria, per non dire dispiaciuta.
- Ecco… Tyki è…
Non riuscì a terminare la frase. Volse lo sguardo a destra, e Clara lo seguì, preoccupata.
Tyki era a pochi metri da lei, steso a terra e con gli occhi chiusi. La ferita al ventre era stata coperta da un panno, ma il sangue era ugualmente ben visibile su di esso e sulla camicia bianca e lacerata.
Clara non ci pensò un attimo. Si alzò e, zoppicando, corse da lui, poggiando la sua testa sulle sue ginocchia.
- Tyki! Tyki! – lo chiamò con le lacrime agli occhi, disperata. Lo scosse, scostò i suoi capelli dalla fronte scoprendo le stigmate, lo chiamò e lo chiamò ancora, agitata, frenetica.
All’improvviso il Noah socchiuse le palpebre, tossendo debolmente un po’ di sangue.
Clara si sentì sollevata; poi, tornò a preoccuparsi.
- Tyki… - mormorò ancora, mentre le lacrime cominciavano a rigarle le guance.
- Cla… ra… - sussurrò Tyki, respirando a fatica - … Sta… te… bene…
Tentò di alzarsi, ma la ferita cominciò a dolergli e a sanguinare ancora. Il suo viso si piegò dal dolore, mentre ricadeva sulle ginocchia della giovane, che premendo il panno sulla lesione esclamò:
- State fermo, altrimenti sanguinerete ancora!
Prese un fazzoletto dalla manica dell’abito, scoprì la fronte cinerea del Noah e iniziò ad asciugarla dal sudore, tamponando con delicatezza.
- Andrà tutto bene, vedrete. Ogni cosa si sistemerà – ripeté, quasi ossessivamente, cercando di arrestare le lacrime.
Tyki cercò di sorridere come meglio poteva, a quella dimostrazione di forza e coraggio.
Nulla sarebbe andato bene. Lo sapeva. Quelli, se ne rese conto in quel momento, erano i suoi ultimi attimi con lei.
 
Allen osservava i due, addolorato. Aveva visto la ferita del Noah, e sapeva bene quanto lui che non ci sarebbe stato niente da fare. L’Ordine non l’avrebbe mai aiutato. Se loro l’avessero fatto sarebbero stati puniti col carcere.
Abbassò lo sguardo, trattenendo le lacrime, sentendo la rabbia montare dentro di lui. Non avrebbe mai perdonato il Conte. Non avrebbe mai perdonato i Noah.
Strinse i pugni, resistendo all’impulso di batterli sul terreno e gridare. Non capiva il perché di quelle sensazioni, sapeva solo che tutto ciò era ingiusto. Non doveva accadere, assolutamente.
E poi, all’improvviso, sentì una lacrima scendergli lungo la guancia. Ne fu sorpreso. Davvero piangeva per un suo nemico?
 
Tyki sorrise ancora. Gli veniva sempre più semplice e spontaneo, davanti a Clara. Ed era così che voleva essere per lei, in quegli ultimi attimi.
Ammirava la sua forza, il suo inguaribile ottimismo, che né guerre né tempeste avrebbero mai potuto abbattere.
- Eh eh… Mi chiedo… se sia questo… il vostro lato… più bello… - mormorò flebile, carezzandole la guancia delicata con dolcezza; Clara arrossì - … O questo…
La giovane ricominciò a piangere. Prese la mano e la premette contro la propria guancia, come fosse stata qualcosa di prezioso, da coccolare.
- Perdonatemi per avervi dato quello schiaffo… ho sbagliato tutto… - cercò di spiegare, in lacrime. D’istinto aumentò la presa sulla mano del Noah. Voleva che sentisse che le dispiaceva, che vedesse quanta fiducia aveva riposto in lui; che lei lo amava.
Tyki soffocò una risatina, che si ridusse a un altro colpo di tosse secca.
- Me lo… meritavo… - cercò di sdrammatizzare, ansimando – Avrei dovuto… dirvi… la verità… invece di…
Tossì ancora sangue, stringendosi la ferita per resistere al dolore, crescente.
- Non parlate troppo … - raccomandò Clara, pulendogli la bocca dal sangue le gli colava dal labbro inferiore – Avremo tutto il tempo per parlare. Ora riposatevi.
Il Noah scosse piano la testa, sorridendo triste.
- No… il tempo è scaduto…
La giovane tremò appena, a quelle parole. Per poco non gli gridò contro di farla finita, che tutto si sarebbe sistemato. Si chiese invece perché non avesse già finito le lacrime da versare…
- Non dite così… vi prego… - supplicò, con la voce tremula – Vi prego…
 
Tyki sentì le forze cominciare a mancargli. Non gli rimaneva molto. Quel momento sarebbe stato l’unico a sua disposizione. Non sapeva che conseguenze avrebbe avuto, ma era l’ultima cosa che voleva fare, prima di chiudere gli occhi per sempre, prima di non poter più rivedere il viso della donna che amava.
Sorrise di nuovo, passando una mano dietro al suo collo, carezzandoglielo con il pollice.
- C’era… una cosa… che volevo fare… - sussurrò, raccogliendo finalmente il coraggio che avrebbe dovuto tirare fuori mesi prima.
Attirò a sé il viso della giovane, la quale arrossì, capendo cosa volesse fare. Ma non si allontanò. Era quello che voleva anche lei… Il momento che il suo cuore bramava, per il quale si era tormentata…
 
Le loro labbra si sfiorarono, per poi unirsi in un bacio. Nel Bacio. Quello che entrambi stavano aspettando, frementi. Quello che sanciva un amore pieno di ostacoli, impossibile, ma che aveva trovato la forza di sbocciare e diventare bellissimo, come una rosa.
Rimasero così a carezzarsi i visi, lasciando perdurare il più a lungo possibile quel primo e ultimo segno del loro amore, ad occhi chiusi, come in un sogno. Un sogno che finalmente era diventato realtà. Le lacrime si erano fermate. Non c’era più posto per il dolore. C’erano solo Clara, Tyki, e il loro amore, che sembrava creare attorno ai due innamorati un bellissimo giardino rigoglioso, che fioriva tingendosi dei colori dell’arcobaleno; e di bianco e nero. La completezza, la perfezione di quell’attimo che valse tutto il tempo per il quale lo si era aspettato; tutto il dolore patito e tutto il sangue perso.
E quando infine le loro bocche si separarono, Tyki disse le parole più veritiere di tutta la sua vita…
- Ti amo…
Poi chiuse gli occhi, ed esalò l’ultimo respiro, lasciando ricadere la testa all’indietro. La sua mano scivolò via dal collo della giovane, senza vita.
Clara spalancò gli occhi, entrando nel panico. Iniziò a tremare, e le lacrime tornarono a premerle forti sugli occhi.
- Tyki… - mormorò prendendogli il viso, scuotendolo leggermente. Ma il Noah non si svegliò.
- Tyki! – gridò ancora, iniziando a piangere copiosamente – TYKI!!
Ma non ricevette alcune risposta…
Si voltò verso Allen.
- Fate qualcosa, vi prego! Vi prego!
Ma l’Esorcista abbassò lo sguardo, sconfortato. Non c’era più nulla da fare, oramai…
Clara sentì il proprio cuore esplodere. Prese tra le mani il viso del Noah e lo avvicinò a sé, abbracciandolo, abbandonandosi completamente al pianto. Non poteva credere che fosse morto… non poteva assolutamente crederlo!
- Avevi detto che mi avresti spiegato tutto! Perché mi hai abbandonata?? – gridò stringendo ancora di più il corpo senza vita di Tyki – PERCHE’???
 
Lavi e Linalee comparvero al fianco di Allen, che guardava la giovane disperarsi sempre più.
- E’ finita… - pronunciò l’albino con voce tombale. Linalee si asciugò una lacrimuccia con l’indice della mano, mentre Lavi corrugò le sopracciglia, abbassando il viso. Anche loro erano dispiaciuti, per aver scoperto soltanto tardi le vere intenzioni del Noah.
- Dobbiamo chiamare l’Ordine e fare rapporto – sospiro il giovane Bookman senza staccare gli occhi da Clara, che piangeva e gridava e chiedeva perché al vento.
- Lo faccio io – si offrì Allen, senza il minimo entusiasmo. Si avvicinò a Clara, posandole una mano sulla spalla.
La giovane si voltò verso di lui, gli occhi rossi e segnati dalla disperazione.
- Mi dispiace… - disse, cercando di confortarla – Vi voleva molto bene…
Clara tirò sul col naso, mentre si calmava gradualmente.
- Penseremo noi a lui, non preoccupatevi – continuò Allen, abbozzando un sorriso amichevole, per cercare di tirarle su il morale.
La giovane adagiò il corpo di Tyki a terra, guardandolo in viso e carezzandone una guancia, come se stesse semplicemente dormendo.
- Grazie… - disse sorridendo debolmente, cercando di mostrare tutta la gratitudine che in quel momento riusciva a estraniare.
- Vi riporterò a casa, va bene? – domandò l’Esorcista, prendendole una mano per farla alzare, con gentilezza.
A quelle parole Clara s’intristì, abbassando lo sguardo.
- Ecco… - disse, tormentandosi le mani – La mia villa è stata distrutta… Io non… non ho più una casa in cui tornare…
Allen sorrise, trovando subito un modo per risolvere quel piccolo problema:
- Vedrò se il Signor Komui ha delle stanze libere…
 

Fine


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♣ Angolo di Momoko 

Tadaaaan!! Eccomi qua!
Credevate che vi avessi abbandonati, eh??  Invece ho semplicemente deciso di posticipare la pubblicazione a oggi perché oggi è il 20 settembre. E il 20 settembre... è il compleanno di Tyki xDD
Tyki: bel regalo davvero! >.> Mi fai pure morire!
Su, un po' di allegria! Oggi è il tuo compleanno! :D
Allen: *compare da nulla* oggi è il tuo compleanno?!
Lavi: Come come? 
Linalee: Oh, davvero?
*Appare Road*
Road: è il tuo compleanno, Tyki? <3
Cheryl: ma guarda chi mi compie gli anni oggi! Auguri caro! <3
Tyki: ò_ò Oddio...
Komui: *compare anche lui* facciamo festaaa!!!
*Parte musichetta da discoteca, il pavimento s'illumina e si accendono luci stroboscopiche ovunque*
Tyki: Ma che #*?%£!$ succede?! OAO''

Ecco, parte seria delle note dell'autore...
Wow, sono felicissima! Sono riuscita a terminare qualcosa! xD Spero che il finale vi soddisfi.
Vi giuro, mentre lo scrivevo ogni tre secondi mi mettevo a piangere come una depressa... Spero di essere riuscita a farvi piangere ù_ù Io ci sono riuscita xD
Comunque, ho finito la mia prima storia, ma non credete che mi fermi qui. Ho in programma altre storie dopo questa, sempre su D. Gray-man... Cercherò di farmi viva il prima possibile^^
Diciamo che questa è stata la mia pista di partenza. Rileggendo i vecchi capitoli e poi quelli 'nuovi' ho visto un certo miglioramento. Sono contenta, perché anche grazie a voi autrici ho potuto affinare al meglio il mio stile e arrivare dove sono ora. Grazie!! Avrò ancora molta strada da fare, ma sapere che ci sarete voi a deliziarmi con le vostre opere mi riempie di gioia^^
EFP è una comunità bellissima.
Ora, per ringraziarvi e per soddisfare la curiosità delle mie recensitrici, vi svelerò altri dettagli scabrosi riguardo alla fanfiction xD
*Parte la 5° sinfonia di Beethoven*

Allora... La prima chicca delle due di oggi, si ricollega alla storia della nottata di fuoco dei due innamorati svelata alla fine del precedente capitolo. Ricordate?
Tyki: Sì che se lo ricordano, e ora continua!
Bene, dovete sapere che, dopo la morte di Tyki, Clara scopriva di essere... ehm... incinta.
Tyki: O.O Oh santo Noè...
Clara: O.O
Sì sì, e alla fine la si vedeva in compagnia di questo bambino moro, dai capelli ricci e gli occhi smeraldini. E... sorpesa sorpresa... Il bambino avrebbe preso, in futuro, il posto del padre nel ruolo di Noah xDD E con questo chiudiamo il 'Finale Alternativo'.

La seconda cosetta che volevo dirvi, riguarda solo Clara. In particolare, il suo aspetto. Ecco, io me l'ero immaginata come una bella donna, dalla pelle chiara, i capelli castano chiaro e gli occhi verde smeraldo. Ecco, mi sono accorta solo dopo averla introdotta nella storia, di essermi palesemente ispirata ad un altro personaggio.
Lo volete vedere? xD Rimarrete sorpresi...
Tyki: io non penso.
Be', eccovela qui:


http://i47.tinypic.com/j90q3k.png

Il mio subconscio ha visto loro due ballare insieme, e mi ha inculcato questa idea in testa x°DD Grazie Subconscio!
Subconscio: di niente! B)

Bene, siamo alla fine.

 

Vorrei ringraziare di cuore tutte quelle che mi hanno recensita: Nuirene, _Butterfly_ (che cambia nick senza dirmi niente xD), Guchan, Asami chan e ShimizuBookman_ .
Ringrazio anche chi la messa tra le seguite, le preferite, le ricordate, o che l'ha semplicemente letta^^
A presto,

Momoko.


 

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