Un incontro dopo secoli

di Sashaprati
(/viewuser.php?uid=85268)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte Prima ***
Capitolo 2: *** Parte Seconda ***
Capitolo 3: *** Parte Terza ***
Capitolo 4: *** Quarta e ultima parte ***



Capitolo 1
*** Parte Prima ***


Mangiafuoco, lo sapete chi è?
Il burattinaio, quello che c'ha sempre in mano i fili, è quello che stabilisce "che tipo di ballo" devono ballare tutti quanti.
E' anche molto irascibile, Mangiafuoco.
Si arrabbia facilmente.
Per esempio:
"Attento a te, che vuoi andare controcorrente, che vuoi fare di testa tua, perché Mangiafuoco non può tollerarlo!"
Per lui è importante che tutti ballino "sempre" lo stesso tipo di ballo.
Anzi, se Mangiafuoco si accorge che tu vai su a tre binari, fai un altro tipo di ballo, ha due mezzi per richiamarti al tuo posto:
O chiama i gendarmi
Oppure ti fa dichiarare "pazzo"...

( Edoardo Bennato )

La "Supercazzola69Fanfiction"
a cura di
Sashapratitelesette e Lilith Noor Daimon

PRESENTA:

Un incontro dopo secoli

 Si ringraziano inoltre:

 il Trio Medusa per la canzone
Giovanni Ognibene per l'idea & il suggerimento
e i tre "matti" qua sopra per aver scritto il tutto...

BUON DIVERTIMENTO !!!

 

Elijah stava camminando lungo l'ingolfata New york, guardava diretto davanti a se e pensava a quanto era cambiato il mondo e quanta vita aveva vissuto. scuoteva la testa annoiato pensando alla sua lunghissima vita. L'Originario era ancora sotto choc per gli avvenimenti degli ultimi giorni: La loro madre aveva tentato di ucciderli e sembrava perfettamente determinata a riprovarci.
Doveva forse lasciarla fare? Non ne era affatto sicuro e si stava rendendo conto di una cosa molto semplice.
Nessun uomo deve vivere così a lungo, nessuno poteva rimanere identico nel corso dei millenni e tutti avrebbero subito cambiamenti di carattere e di pensiero compresa la sua adorabile famiglia.
Klaus, Rebekah, Kol e Finn; Con loro aveva compiuto di tutto, alzò gli occhi al cielo e ripensò all'unica volta che aveva permesso alla sua emotività di varcare la sua mente.
Il volto di Katerina Petrova si fece largo in mezzo ai ricordi dell'originario, Elijah si era sempre informato, nei limiti del possibile, sul Vampiro. Ricordava ancora la faccia del suo fratellastro di fronte alla trasformazione di Katerina.
La bocca di Elijah si increspò mentre passeggiava normalmente; non voleva usare le sue doti di vampiro perchè voleva provare delle sensazioni come un uomo normale.
Katherine era all'interno di una discoteca e stava ballando seducente davanti ad un ragazzo, era divertente e perfino intrigante. La Petrova era dubbiosa, si domandava se lui fosse "degno" di essere trasformato ma, decisa si allontanò apostrofando duramente quel ragazzo.

- Mi incuriosisci per ora, sii felice che non mi interessi del tutto!

Si allontanò ripensando alle parole di Damon Salvatore, l'avevano turbata a fondo anche se lo avrebbe ammesso di fronte a nessuno, la sua corta gonna sbatteva sulle sensuali gambe rimaste identiche nei secoli.
Adoperando le sue abilità vampiriche si allontanò velocemente, aveva deciso di non trasformare subito quel ragazzo perchè voleva ancora osservarne le reazioni.
L'originario aveva predisposto una identità di copertura come professore di folklore dei popoli del nord, era stato chiamato dall'università di New York per tenere un ciclo di conferenze.
Elijah si sarebbe predisposto a dormire in un albergo, un evento che turbava le sue abitudini vecchie di Millenni ma si sarebbe dovuto abituare.
Procedeva come un umano, ma i suoi sensi erano quelli di un vampiro e aveva già percepito la presenza di un suo simile nella città; anzi poteva permettersi perfino di pensare chi fosse.
Elijah sentiva il bisogno di parlare con lei ma il suo controllo glielo impediva, un altro pensiero che, sembrava ma non era marginale, era il dubbio riguardante un dettaglio.

- Quanto avrà pagato per un senso dell'onore che ho affidato a una persona indegna come mio fratello Klaus?

Fu il sommesso mormorio che venne emesso dalle labbra dell'originario, ripensando a tutti gli atti di "dubbia moralità", volendo usare un eufemismo, che aveva commesso affiancato a Niklaus.
Entrò all'interno del Roosvelt, aveva richiesto quell'albergo per il motivo che si addiceva al suo gusto classico.
I vampiri, soprattutto quelli più antichi, erano tendenzialmente di gusti molto "Old Style" ed Elijah non faceva eccezione nonostante la sua capacità di evolversi e di adattarsi nei secoli.
Dopo aver sistemato le formalità burocratiche salì in camera sua e come primo atto, dopo essersi chiuso dentro, fu quello di andare alla finestra e fissare vuoto panorama di New York cercando di ritrovare quella sensazione che aveva stimolato i suoi sensi, quell'odore familiare dell'unica persona che aveva rappresentato per lui una debolezza a cui si stava quasi per abbandonare.
Nella sua mente emerse una decisione, avrebbe controllato cosa faceva suscitare quella stranissima sensazione: Poteva essere un vampiro creato dalla petrova in quanto lui poteva percepire la sua discendenza di sangue oppure anche la petrova stessa. Elijah non poteva perdere tempo in esitazioni inutili, uscì dalla sua stanza d'albergo e discese nei vicoli di New York.

Katherine stava cercando di nutrirsi, aggirandosi per un vicolo in compagnia di un ragazzo di colore caratterizzato da un abbigliamento tipicamente da rapper. Un osservatore esterno avrebbe etichettato quella coppia come due fidanzatini ignorando la realtà.
Appena furono nel vicolo, distante da occhi Katherine afferrò con la mano destra il volto del malcapitato e affondò i canini nella sua carotide.
Le urla del ragazzo cessarono dopo pochissimi secondi, la Petrova sembrava inebriata da quel sangue all'apparenza così delizioso.
Una voce stoppò il nutrimento della Petrova.

- Katerina Petrova!

Quella voce, per la Petrova, era inconfondibilmente un segnale di pericolo e di fuga.
Ma qualcosa nel tono di voce era diversa, era umana e non fredda come al solito.
La petrova sospirò e si alzò con le labbra sporche di sangue, voltandosi e incrociando i suoi occhi in quelli del vampiro originario.

- Elijah!

Fu la semplice risposta da parte della Petrova, non percepiva più il pericolo da parte dell'originario ma non era solo quello.
Sentiva che, come lei era una leonessa, Elijah era un leone che non voleva sbranarla.
Non comprendeva cosa sentiva ma non sentiva l'impulso alla fuga anche perchè non aveva vie di scampo; si voltò dopo aver ripulito il suo volto dal sangue e si girò con il suo solito atteggiamento sarcastico proferendo qualcosa che sapeva non vero.

- Cosa c'è, caro originario, vieni per conto del tuo caro fratellino?

Un debole sorriso increspò le labbra dell'originario, Katerina lo aveva sempre affascinato ma non perse tempo a replicare senza perdere la sua consueta calma.

- Quando hai finito di pasteggiare, dovrei parlarti, penso si tratti di una cosa che potrebbe avere una certa utilità!

Aveva usato il tu anzichè il lei, Katerina lo fissò negli occhi cercando di trovare la sua caratteristica freddezza e, sapendo perfettamente che non avrebbe potuto sfuggirgli, annuì senza troppi problemi.
Stranamente non la trovò la consueta freddezza del maggiore della famiglia degli originari; anzi trovava uno sguardo amichevole e pronto al dialogo e, senza nemmeno sapere perchè lo stesse facendo annuì.
EliJah continuò il discorso proferendo delle parole che avrebbero disarmato, almeno per il momento, la resistenza di Katherine.

- Ti do la mia parola che non è una trappola, ho solo intenzione di parlarti nella sala ristorante del Roosvelt Hotel, ormai dopo gli ultimi avvenimenti non ho motivi per violare la parola data!

L'originario sospirò malinconicamente ripensando alla sequenza di fatti accaduti negli ultimi giorni: sua madre, la strega originaria, aveva tentato di ucciderli tutti; oltre a ciò era stato costretto a ricattare i fratelli Salvatore per farsi aiutare, usando nel più cinico nei modi l'odio di sua sorella Rebekah contro la Doppelganger Elena Gilbert...
Aveva ancora diritto di essere felice? Poteva ancora dire che era lui quello che si sforzava di essere virtuoso?
A interrompere i pensieri di Elijah ci fu la voce musicale di Katerina. All'originario sembrava ancora di sentire le asprezze dell'accento Bulgaro vecchie di secoli.

- Dammi un minuto per sistemarmi e verrò con te - rispose. - Del resto non è molto salutare far arrabbiare un originario così cortese e che non ha motivi di violare la parola data!

Katherine sorrise e fece per appartarsi, si sentiva strana e come se il suo cuore si fosse leggermente ridestato dopo secoli e secoli.

- Prima Damon... Poi lui!

Furono le parole emesse dalla Petrova, mentre si puliva la bocca dal sangue con una piccola salvietta in maniera tale da risultare presentabile.
Dopo pochi minuti si presentò da Elijah facendo cenno di farle strada.

 

continua col prossimo capitolo...

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Parte Seconda ***


I due vampiri iniziarono a camminare fianco a fianco, sembravano due leoni che, sazi, guardavano pigramente le loro prede.
Katherine sembrava sicura, priva di quel desiderio di fuga che l'aveva caratterizzata per secoli, camminava fianco a fianco all'unica persona che mostrasse preoccupazione per lei pur sapendo che era una Vampira.
Lei riteneva Elijah il più sciocco e privo di spina dorsale del gruppo, in quanto puro esecutore, ma fissandolo adesso negli occhi sembrava chiedersi se non avesse sbagliato nel giudicarlo.
Lo sguardo di Elijah non era quello di un "servo" bensì quello di un "capobranco" che, per qualche motivo, si legava a qualcuno con la sua parola.
Non poteva rimanere così taciturna. Katherine Pierce non subiva circostanze esterne perchè era LEI la circostanza esterna.

- Dimmi, Elijah Mikaelson, la parola ha sempre questa valenza così sacra per te?

Elijah si fermò per qualche istante, Katherine temeva di aver toccato un tasto sbagliato e suscitato così la sua rabbia.
Invece l'originario si voltò, mormorando sottovoce un discorso e ponderando le parole, rivolgendosi a lei con un sorriso.

- Katerina, nella nostra lunghissima vita solo due cose hanno un qualche valore e una qualche importanza: una è la propria famiglia, se se ne possiede una; l'altra è la propria parola e quanta importanza dai a te stesso... Solo con persone che non rispettano la propria parola puoi permetterti altrettanto!

Katherine lo fissò negli occhi, percependo in lui una forza della quale non si era mai resa conto.
Arrivarono rapidamente nei dintorni di una stazione della Metropolitana, quando il rumore caratteristico di un cane che veniva alzato attirò la loro attenzione.

- Ora vi fermate, e tu bellimbusto mi dai il portafoglio dopodiché mi divertirò con la tua amichetta!

Sulle labbra dell'originario si increspò un lieve sorriso.
Poteva percepire l'accellerato battito cardiaco dell'uomo e l'aumentata sudorazione. Elijah si voltò, estraendo il portafoglio dalla tasca interna sotto lo sguardo attonito di Katherine, e avanzò verso il ladro che lo teneva sotto tiro.

- Un agguato non si fa mai alle prime persone che capitano, potrebbero riservarti qualche sorpresa sgradevole... La preda va studiata con la massima accuratezza!

Così dicendo Elijah, con un movimento sovrumanamente rapido del braccio, disarmò il ladro finendo il discorso.

- Tu non lo hai fatto e ora noi dovremmo andare da un'altra parte!

Il tono cortese e freddo, unitamente agli occhi da predatore, ebbe un effetto terrorizzante sul povero malcapitato il quale scappò a gambe levate.
Alle spalle di Elijah si levò una risatina sommessa.
Katherine aveva osservato divertita la scena, l'originario si voltò dunque verso la vampira facendole cenno di proseguire verso il Roosvelt Hotel.
La Petrova pose all'originario una domanda precisa.

- Come mai non ne hai approfittato, ti eri già nutrito?

Elijah sorrise.
L'impetuosità e il calore che Katherine emanava, che da un lato lo affascinavano molto, spesso erano anche un segno che lei non aveva ancora del tutto superato il trauma della perdita della famiglia e della trasformazione in un vampiro.

- L'ostentazione della propria forza è potere Katerina ma in quel momento era del tutto fuori luogo, avremmo solo attirato in modo stupido l'attenzione!

Katherine annuì.
Certo comprendeva il suo modo di pensare e dalle sue labbra uscì una frase che, a sentire i fratelli Salvatore, sarebbe stata piuttosto sorprendente in quanto lei non dava confidenza a nessuno.

- Chiamami pure Katherine, per favore, comunque capisco il tuo ragionamento e lo trovo sensato!

Lei fissava Elijah e si sorprese nel rendersi conto di cosa questi dovesse provare nel suo animo; forse erano molto più simili di quanto lei aveva mai voluto ammettere.
Katherine Pierce aveva perso un figlio, mentre gli originari avevano i loro genitori che li volevano sterminare.
Mikael, il Padre, aveva dato la caccia agli originari fin dall'inizio e non per vendicarsi dell'omicidio della moglie da parte di Niklaus ma per qualche altro motivo.
Durante i secoli di fuga, Katherine aveva imparato che avere informazioni era fondamentale per sopravvivere; difatti era venuta a conoscenza delle intenzioni della loro madre, la strega originaria Esther.
Di fronte alla richiesta di Katherine, l'originario non rispose. Semplicemente registrò l'invito ad un tono più confidenziale e continuò a camminare; aveva intenzione di parlare meglio e più del necessario, solo una volta giunti al Roosvelt Hotel.
L'originario fissava di sottecchi Katherine e si rendeva conto che il detto "Family Above All", ovvero ciò che aveva condotto la sua vita fin dalla sua nascita, non aveva più alcun valore.
I suoi genitori gli avevano perseguitato l'esistenza, la sua e quella dei suoi fratelli e fratellastri fin dalla loro trasformazione in vampiri, in quanto Esther voleva distruggere l'abominio che aveva creato.
L'originario ripensò a tutto quello che era accaduto: non aveva torto la madre, in quanto i vampiri erano qualcosa di innaturale; il problema che smontava completamente il ragionamento della madre era che ormai i vampiri erano centinaia, anche trasformati contro la loro volontà, e quindi gli originari dovevano assumersi la responsabilità di ogni vampiro esistente.

Continua col prossimo capitolo...

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Parte Terza ***


Elijah e Katherine proseguirono senza troppi problemi in direzione dell'albergo. A vederli sembravano particolarmente affini, quasi come due fratelli... o come due fidanzati.
L'originario sorrise a Katherine, la quale osservava il Roosvelt Hotel con un sorriso vagamente ironico riflettendo sui gusti dell'originario.

- Sempre tutto impostato sulla massima eleganza, o sulla massima virtù... Eh, Elijah?

Lui la fissò con aria come di sufficienza tuttavia lei, per nulla infastidita, cominciò a ripensare ai dettagli del loro primo incontro secoli addietro.
Elijah era riflessivo e lei, a causa della giovane età, aveva confuso quella sua "timidezza" come vigliaccheria.
Invece lei aveva avuto un istintivo terrore del fratello Klaus, quando era vicino a quest'ultimo si sentiva un agnellino vicino ad un giovane leone affamato.

Elijah diede il braccio a Katherine ed entrambi entrarono nel Roosvelt Hotel.
Parevano davvero una coppia di sposi, tanto che il cameriere che li accolse non poté fare a meno di rivolgersi a loro in tal senso. 

- Signor Mikaelson, non ci aveva detto di sua moglie...

Katherine trattenne a stento una risata, mentre Elijah rispose apparentemente impassibile.

- Non è mia moglie, ma una persona che non vedevo da un sacco di tempo... quasi dei secoli, per così dire!

Il cameriere annuì con un sorriso e aggiunse che la "saletta riservata" era pronta per la loro cenetta.
L'originario fece un cenno di ringraziamento e si diresse in quella direzione. Katherine proseguì tranquillamente vicino ad Elijah arrivando nella saletta riservata accompagnata dall'originario.
Elijah sorrise e volle precisare un dettaglio.

- Non l'ho soggiogato, non è nel mio stile!


La sala da pranzo per "ospiti privati" del Roosvelt Hotel era una novità recente: consisteva in una vera e propria sala privata, arredata lussuosamente ma in modo tale da fornire una sensazione di intimità e riservatezza agli utilizzatori.
Elijah afferrò una bottiglia di vino e ne versò un bicchiere alla Petrova, senza sorridere ma con la massima premura. 
Lei se ne accorse. E dire che era convinta che un uomo che praticava il massimo stoicismo, come Elijah appunto, dopo millenni non ricordasse nemmeno più come si ridesse; stranamente però non le veniva da deriderlo, piuttosto si dispiaceva per lui.
Pur di far cessare quei pensieri che scavavano dolorose gallerie nel suo cervello, Katherine pose dunque una domanda all'originario.

- Come mai mi hai voluto portare qui?

Elijah si sedette e la fissò negli occhi, con quel suo sguardo apparentemente distaccato ma in grado di leggere nell'animo altrui, e la sua risposta sorprese Katherine per diversi motivi.

- Ti sei mai interessata alla tua discendenza? Penso di no, perchè il figlio che ti è stato strappato ti fa ancora male adesso dopo diversi secoli...

Katherine dovette trattenersi dallo scattare in piedi.
Non capiva come mai l'originario avesse toccato quell'argomento, pur sapendo benissimo cosa questo aveva significato per lei.

- Vai avanti - mormorò lei con rabbia evidente. - Mostrami dove vuoi arrivare!

Il suo tono era gonfio della più viva irritazione. Se ne sarebbe andata alla prossima parola fuori posto dell'originario e della reazione di Elijah non gliene importava.
I gesti che l'originario compì furono quantomeno singolari agli occhi della Petrova: Elijah si alzò e si diresse verso un cassetto posto affianco del tavolo da pranzo, tirando fuori una voluminosa cartella.

- Quando ho sostenuto che per me la famiglia viene sopra tutto è perchè ci credo - sottolineò l'originario, con voce calma e allo stesso tempo chiaramente sincera. - Nei secoli che ho trascorso affianco di Klaus, non ho mai smesso di gettare uno sguardo sulla discendenza di tuo figlio... oltre alla doppelganger!

Katherine non sapeva cosa pensare.
Aveva sempre desiderato conoscere che fine avesse fatto suo figlio e i suoi discendenti oltre ad Elena.
La risposta ad Elijah non fu particolarmente cortese, ma venne dal cuore ed esprimeva i sentimenti più puri di Katherine, al di là della sua maschera di strafottenza e di "femme fatale".

- Ti ringrazio, Elijah - esclamò in tono molto più addolcito. - Conoscere la vita del figlio che mi è stato strappato è una consolazione... Ma cosa dovrei fare ora? Tornare dai discendenti e rivelarmi? No, ormai per loro sarei solamente un disturbo, se non addirittura un intralcio; che vivano in pace, senza la presenza di Katherine Pierce!

Elijah tacque, puntando per una frazione infinintesimale lo sguardo in direzione del volto di Katherine. Lei sembrò indifferente e proseguì imperterrita nel suo discorso.

- Lo sai? Tu hai la tua famiglia ancora viva e non ti senti un estraneo, però io come mi sentirei? Non siamo in un film, su delle lampade elettriche che vengono chiamate vampiri!

Elijah non rispose, il suo corpo parlava per lui e comunicava a Katherine che il messaggio era stato recepito.
La pierce sorrise e si avvicinò a lui con un modo di fare familiare ed amichevole e gli sussurrò nell'orecchio un'unica frase.

- Comunque grazie, carissimo originario!

Dopo aver fatto questo, tornò a sedersi dall'altro lato della tavola e iniziò a consumare le portate che Elijah aveva fatto preparare. Era l'unica persona dalla quale non si sarebbe staccata per molto tempo, del resto era un pò "anziana" per credere a sciocchezze come l'amore eterno e altre simpaticherie.
Durante il pasto si accorse di un fatto piuttosto strano: I suoi occhi continuavano istintivamente a fissare l'originario il quale, compito e in modo molto elegante, mangiava cercando di ricambiare lo sguardo senza dire una parola.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Quarta e ultima parte ***


Quella elegante situazione di stallo non poteva durare ancora per molto, tuttavia i due non sembravano aver voglia di "rompere l'incanto" in quell'atmosfera di calma totale.
L'originario, conscio dei rischi che correva la Petrova, decise di assumersi la responsabilità di essere il primo a parlare.

- Suppongo che tu sia al corrente delle novità più recenti, vero Katerina Petrova?

Mentre poneva quella domanda , nel caso di Katherine retorica, Elijah stava sorseggiando del Tocai d'annata.
La Petrova sorrise e, cogliendo al volo l'ironia di quella domanda si apprestò a rispondere.

- Beh, Elijah... non sono rimasta libera dalle grinfie di Klaus per secoli, senza riuscire sempre a sapere le cose prima degli altri, no?

Elijah fece un sorriso sardonico, definibile quasi di complicità, e rispose con tono elegante.

- Nostra madre ci vuole uccidere tutti ma, come tu ben sai, non è una questione che riguarda solo noi!

Katherine sorrise.
Era davvero ironico di come Elijah con lei nutrisse un duplice comportamento: da un lato sembrava quasi innamorato, mentre dall'altro sembrava volerla tutelare ritenendola giovane.
La Petrova ebbe un moto di viva irritazione ma lo trattenne, non voleva innescare un inutile litigio.

- Elijah, non sono una bambina... So benissimo che se uccidi un originario distruggi anche tutta la sua stirpe; e io so solo che non discendo né da Kol, né da Finn ne da Rebekah, ma metterei la mano sul fuoco solo su Finn!

Anche Elijah sorrise.
 La Petrova si stava dimostrando un'abile mente, con un viso molto attraente, non aveva perso nulla della ragazza che era se non dell'ingenuità.
Improvvisamente il secondogenito della famiglia degli originari ebbe una sorta di "folgorazione", unitamente ad un sospetto riguardante il piano della strega originaria.

- Aspetta, Katherine - esclamò. - Per caso, Alaric non ha un anello che permette la comunicazione con l'oltretomba?

Katherine lo guardò interrogativa, non riusciva a capire perfettamente a cosa potesse servire quell'informazione. Subito però, dopo averci pensato un momento, diede la risposta e la sua deduzione.

- Non vorrai dire che tua madre riesce ad influire sulla mente di Alaric ogni volta che muore?

Elijah annuì.
Doveva tornare velocemente a Mystic Falls, per poter cercare di prendere in mano la situazione e potersi unire alla sua famiglia.

- Devo tornare a Mystic Falls!

Fu l'unica frase di Elijah, il quale cercò uno sguardo d'intesa con Katherine. Lei avrebbe creato dei grossi problemi a tornare a Mystic Falls, soprattutto nel "fronte" contro Klaus.
Anche Katherine annuì ma aveva qualcosa da obiettare all'originario.

- Voglio dirti una cosa, Elijah!

L'originario si fermò in piedi, a pochi centimetri dall'uscita, dopodiché si voltò e mormorò a malapena.

- Dimmi, Katherine...

Con passo deciso la Petrova si diresse verso il volto dell'originario e gli sussurrò con un tono vagamente autoritario.

- Siamo un pò cresciuti per credere a sciocchezze come l'amore eterno ma, in una vita lunga come la nostra, una persona che ci possa stare vicino senza avere dei legami di sangue ci può aiutare a vincere questa malinconia... e tu per me sei quella persona, Elijah, quindi non ti azzardare nemmeno a morire!

Gli occhi dell'originario strabuzzarono per un momento.
La dichiarazione che avrebbe sempre voluto sentire dalla Petrova, quando quest'ultima era in vita, gliel'aveva detta adesso che era una vampira; le sue labbra si mossero senza che la sua freddezza ebbe il tempo di controllarsi.

- Anche io, Katerina - rispose in un soffio. - Nemmeno tu devi azzardarti a morire!

Ciò detto, Elijah uscì dunque dal ristorante senza aggiungere altro.
Sapeva bene che Katherine non sarebbe venuta con lui, ma si sarebbe mostrata come e quando riteneva più opportuno.
Rapidamente l'originario si allontanò dall'Hotel, in direzione di Mystic falls. Costui sembrava quasi prevedere i pensieri di Katherine: avrebbe cercato di non rimanere spiazzata o priva di informazioni, e avrebbe attinto alla sua rete di informatori.
L'originario si allontanò a passo veloce, il suo corpo sembrava essere inghiottito dalle tenebre della grande mela ma la sua anima forse si era risvegliata per la prima volta dopo tanti secoli.

FINE?

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1040907